Regione Puglia
Assessorato Agricoltura, Foreste, Alimentazione, Caccia, Pesca, Riforma Fondiaria
PROGRAMMA OPERATIVO REGIONALE 2000-2006
COMPLEMENTO DI PROGRAMMAZIONE
Misura 4.3 Investimenti nelle aziende agricole
Misura 4.4 Insediamento giovani agricoltori
AMBIENTE, IGIENE
E BENESSERE DEGLI ANIMALI
(Allegato A alla misura 4.3)
Vademecum esplicativo
Il presente documento è stato redatto da un gruppo di lavoro costituito da:
Dr. Giuseppe D’Onghia (Assessorato Agricoltura della Regione Puglia);
Dr.ssa Giulia Diglio, Dr. Pierpaolo Pallara e Dr.ssa Grazia Valentino (INEA - Osservatorio sul mondo
rurale e sul sistema agroindustriale della Puglia).
Il presente documento è stato esaminato dall’Autorità Ambientale – Assessorato all’Ecologia della Regione
Puglia, che ne ha verificato la conformità a quanto riportato nell’Allegato A) alla misura 4.3 del
Complemento di Programmazione del P.O.R. Puglia 2000-2006.
La TF Ambiente a supporto dell’Autorità Ambientale ha curato l’aggiornamento dell’allegato “Normativa
relativa ad Aree naturali Protette e Siti Natura 2000”.
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Indice
Pag.
Premessa
4
Articolazione del vademecum
Sezione 1: Settore zootecnico
6
Sezione 2: Settore agricolo in generale
33
Sezione 3: Trasformazione e commercializzazione dei prodotti alimentari
59
SEZIONE 1: SETTORE ZOOTECNICO
6
A.1) Protezione degli animali negli allevamenti
7
A.1.1) Protezione dei vitelli
8
A.1.2) Protezione dei suini
8
A.1.3) Protezione delle galline ovaiole in batteria
A.2) Condizioni e modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni
stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali
A.2.1) Stabilimenti di allevamento di galline ovaiole
10
11
12
A.3) Condizioni zootecniche genealogiche che disciplinano la commercializzazione
degli animali di razza
13
A.4) Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni
animali.
14
A.4.1) Limiti massimi dei residui di sostanze attive dei presidi sanitari tollerate su e
in cereali e prodotti di origine animale (residui negli alimenti), nonché di origine
vegetale compresi gli ortofrutticoli.
14
A.5) Commercializzazione di carni fresche e di prodotti a base di carni
15
A.6) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni di coniglio e
selvaggina di allevamento
17
A.7) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni fresche di
volatili da cortile
18
A.7.1) Produzione ed immissione sul mercato di ovoprodotti
19
A.8) Requisiti della produzione per la commercializzazione del latte
20
A.9) Protezione degli animali nei trasporti
24
A.9.1) Protezione dei bovini nei trasporti
26
A.9.2) Protezione di ovini e caprini nei trasporti
27
A.9.3) Protezione dei suini nei trasporti
27
A.9.4) Protezione delle galline ovaiole nei trasporti
28
A.9.5) Protezione dei conigli nei trasporti
28
1
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
A.10) Protezione durante la macellazione e/o l'abbattimento
29
A.11) Marcatura del bestiame
30
SEZIONE 2: SETTORE AGRICOLO IN GENERALE
33
Sezione 2.1: Ambiente
B.1) Ambiente naturale
33
B.2) Biodiversità
34
B.3) Desertificazione e siccità
35
B.4) Acqua
35
B.5) Rifiuti
39
B.6) Tutela del suolo nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura
41
B.7) Codice di buona pratica agricola
41
Sezione 2.2: Sicurezza nelle aziende
B.8) Sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro e nelle aziende agricole
43
B.8.1) Caratteristiche del territorio aziendale
44
B.8.2) Impianti
45
B.8.3) Macchine, apparecchiature e utensili
45
B.8.4) Agenti chimici, gas e vapori
46
B.8.5) Polveri minerali e vegetali
46
B.8.6) Agenti cancerogeni
47
B.8.7) Agenti biologici
48
B.8.8) Esposizione al rumore
48
B.8.9) Vibrazioni mano braccio e a tutto il corpo
49
B.8.10) Radiazioni solari
49
B.8.11) Micro e macroclima
50
B.8.12) Movimentazione manuale di carichi
50
B.8.13) Informazione e formazione
B.9) Materiali di moltiplicazione
50
51
B.10) Prodotti fitosanitari
53
B.11) Inquinamento
54
B.12) Impatto ambientale
57
SEZIONE 3: TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI
C.1) Igiene dei prodotti alimentari
59
59
2
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
C.1.1 Tenori massimi di talune sostanze contaminanti presenti nelle derrate
alimentari
60
C.2) Controllo Ufficiale dei prodotti alimentari
61
C.3) Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari
62
D.1) Metodo di produzione biologico
65
Sintesi dei riferimenti normativi contenuti nel Vademecum esplicativo
67
Elenco delle disposizioni normative
70
Allegato
76
3
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
PREMESSA
Come disposto dai Regg. CE 1257/99 e 1750/99 e successivi Regolamenti di modifica ed
integrazione, il sostegno agli investimenti nelle aziende agricole a valere sui Fondi Strutturali
viene concesso ove queste rispettino, tra l’altro, requisiti minimi in materia di ambiente,
igiene e benessere degli animali.
Conformemente ed in attuazione di queste disposizioni, la Regione Puglia ha inserito nel
proprio Programma Operativo Regionale (POR) 2000-2006 e nel conseguente Complemento
di Programmazione (CdP) - in allegato alla misura 4.3 Investimenti nelle aziende agricole –
un articolato elenco delle principali norme nazionali e comunitarie in materia di ambiente,
igiene e benessere degli animali.
Al fine di consentire una più immediata ed agevole comprensione del contenuto tecnico di
tali disposizioni, è stato predisposto – come previsto al punto 12) Condizioni di ammissibilità
della scheda tecnica della citata misura 4.3 - il presente documento con valenza di
vademecum esplicativo.
ARTICOLAZIONE DEL VADEMECUM
Il documento si suddivide in 3 sezioni.
La prima è dedicata alle norme di interesse del settore zootecnico, ovvero alle disposizioni
in termini di igiene e benessere degli animali. Nello specifico vengono trattate le disposizioni
relative alle condizioni e modalità di allevamento, di trasporto, di abbattimento, di
macellazione del bestiame, ecc.
La seconda sezione illustra gli elementi normativi di interesse del settore agricolo in
generale, con riferimento all’impatto ambientale, all’inquinamento, all’acqua, ai rifiuti, ai
prodotti fitosanitari, all’ambiente naturale, ecc.
Per ognuno degli argomenti trattati all’interno delle sezioni vi è in primo luogo
l’indicazione dei riferimenti legislativi e successivamente la descrizione puntuale della loro
contenutistica relativa a vincoli e regole da rispettare.
A. SEZIONE 1: SETTORE ZOOTECNICO
All’interno della sezione sono illustrate le norme relative all’intero settore zootecnico ed
afferenti ai seguenti argomenti:
Allevamento: protezione degli animali, divieti specifici, controlli, requisiti per la
commercializzazione delle carni di conigli, selvaggina e volatili da cortile e del latte;
Trasporto: protezione degli animali;
Macellazione o abbattimento: protezione degli animali.
B. SEZIONE 2: SETTORE AGRICOLO IN GENERALE
All’interno della sezione sono illustrate le norme relative alla prevenzione
dall’inquinamento e alla tutela dell’uomo e dell’ambiente in riferimento ai seguenti
argomenti:
4
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Ambiente naturale: protezione degli habitat naturali e della biodiversità;
Desertificazione e siccità: misure per attenuare gli effetti della desertificazione e della
siccità;
Protezione dell’ambiente e del suolo: protezione delle acque, riduzione produzione rifiuti,
utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura;
Codice di buona pratica agricola: indicazioni sulle norme di coltivazione e di allevamento
rispettose dell’ambiente;
Sicurezza nelle aziende agricole: misure per la salute e la sicurezza degli agricoltori.
C. SEZIONE 3: TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI
All’interno della terza sezione è riportata la normativa riguardante l’igiene dei prodotti
alimentari e i relativi controlli. Inoltre, sono riportate le disposizioni normative
sull’etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
SEZIONE 1: SETTORE ZOOTECNICO
Riferimenti legislativi
Convenzioni del Consiglio d’Europa sottoscritte a Strasburgo il 10 marzo 1976 e il 10 maggio
1979 decisione 78/923/CEE, decisione 2000/50/CE e legge 623/85.
Contenuti normativi
La Convenzione di Strasburgo, sulla protezione degli animali negli allevamenti e degli
animali da macello, è stata ratificata dal Parlamento Italiano con la legge 623/85.
Gli Stati membri firmatari della Convenzione hanno introdotto dei principi generali di
protezione degli animali applicabili in tutto il territorio della Comunità. Questi principi sono
stati definiti negli articoli 3, 4, 5, 6 e 7.
Ai sensi dell’articolo 3 - “ogni animale deve beneficiare di un alloggio, di un’alimentazione e
delle cure che – tenuto conto della sua specie e del suo grado di sviluppo, d’adattamento e di
addomesticamento – sono appropriate ai suoi bisogni fisiologici e etologici”.
Ai sensi dell’articolo 4 - “1. La libertà di movimento propria dell’animale, tenuto conto della
sua specie e conformemente all’esperienza acquisita e alle conoscenze scientifiche, non deve
essere intralciata in modo da causargli sofferenze o danni inutili.
2. Quando un animale è continuamente o abitualmente legato, incatenato o trattenuto, deve
essergli lasciato uno spazio appropriato ai suoi bisogni fisiologici e etologici, conformemente
all’esperienza acquisita e alle conoscenze scientifiche.”.
Ai sensi dell’articolo 5 - “L’illuminazione, la temperatura, il grado di umidità, la circolazione
dell’aria, l’aerazione dell’alloggio dell’animale e le altre condizioni ambiente come la
concentrazione dei gas o l’intensità del rumore devono – tenuto conto della sua specie, del
suo grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento – essere appropriate ai suoi
bisogni fisiologici e etologici, conformemente alle esperienze acquisite e alle conoscenze
scientifiche.”.
Ai sensi dell’articolo 6 -“Nessun animale deve essere nutrito in modo da causargli sofferenze
o danni inutili e la sua alimentazione non deve contenere sostanze che possano causargli
sofferenze o danni inutili.”.
Ai sensi dell’articolo 7 – “1. La condizione e lo stato di salute dell’animale devono essere
oggetto di un’ispezione approfondita ad intervalli sufficienti per evitargli sofferenze inutili,
ossia almeno una volta il giorno nel caso di animali custoditi in sistemi moderni di
allevamento intensivo.
2. Gli impianti tecnici nei sistemi moderni di allevamento intensivo devono essere oggetto,
almeno una volta il giorno, di un’ispezione approfondita e qualsiasi difetto costatato deve
essere eliminato nei termini più brevi. Quando un difetto non può essere eliminato
immediatamente, devono essere subito prese le misure temporanee necessarie per preservare
il benessere degli animali.”.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
A.1) Protezione degli animali negli allevamenti
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 98/581, D.lgs 146 del 21 marzo 2001.
Contenuti normativi
La normativa prevede misure generali da applicarsi in tutti gli allevamenti di animali:
− gli animali devono essere accuditi da un numero sufficiente di addetti adeguatamente
capaci (dotati di conoscenze specifiche e competenze professionali);
− tutti gli animali, tenuti in sistemi di allevamento, devono essere ispezionati almeno una
volta al giorno;
− in caso di presenza di animali malati, deve essere sempre consultato un medico
veterinario;
− occorre tenere in azienda un registro sul quale annotare tutti i trattamenti terapeutici
effettuati;
− i materiali usati per la costruzione dei locali di stabulazione non devono essere nocivi;
− i locali di stabulazione e i dispositivi di attacco degli animali devono essere costruiti e
mantenuti in modo che non vi siano spigoli taglienti o sporgenze tali da provocare
lesioni;
− agli animali deve essere fornita un'
alimentazione sana adatta alla loro età e specie e in
quantità sufficiente a mantenerli in buona salute;
− gli animali devono avere accesso ai mangimi ad intervalli di tempo adeguati alla loro
necessità fisiologica;
− la circolazione dell'
aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'
umidità relativa dell'
aria
e la concentrazione di gas devono essere mantenute entro limiti non dannosi;
− l’impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute e il benessere degli
animali deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Nel caso di impianti a
ventilazione artificiale è necessario un impianto di riserva e un sistema di allarme che
segnali il guasto;
− gli animali devono poter accedere in libertà ad un'
appropriata quantità d’acqua e di cibo.
Le attrezzature di somministrazione dei mangimi e d’acqua devono essere concepite,
costruite e installate in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli
alimenti;
− nessun'
altra sostanza, che non sia prevista ai fini terapeutici o profilattici o in vista di
trattamenti zootecnici, deve essere somministrata agli animali;
− è vietata la bruciatura dei tendini ed il taglio di ali per i volatili e di code per i bovini, se
non ai fini terapeutici; la cauterizzazione dell'
abbozzo corneale è ammessa sotto le tre
settimane di vita; il taglio del becco è ammesso nei primi giorni di vita e la castrazione è
consentita per mantenere la qualità del prodotto a condizione che sia effettuata prima
dell'
età della maturità sessuale (le pratiche devono essere effettuate con il controllo di
un veterinario);
1
In relazione a questa direttiva è stata emanata la Decisione 2000/50/CE della Commissione del 17 dicembre
1999 relativa ai requisiti minimi applicabili all’ispezione degli allevamenti, inoltre è stato emanato il D.lgs
146/2001, in applicazione della direttiva citata.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
− non possono essere praticati procedimenti di allevamento, che provochino agli animali
sofferenze o ferite anche minime. Possono essere fatti interventi, che non causano
lesioni durevoli, solo se consentiti da disposizioni nazionali;
− nessun animale può essere custodito in un allevamento se è ragionevole attendersi, in
base al suo genotipo o fenotipo, che ciò abbia effetti negativi sulla sua salute o sul suo
benessere.
A.1.1) Protezione dei vitelli
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 91/629 (modificata dall'
ultima direttiva 97/2 (recepita con
128/98) e dalla Decisione 97/182), D.lgs 533/92 (modificato dal D.lgs 331/98)2.
Legge
Contenuti normativi
Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati dal proprietario o dalla
persona responsabile almeno due volte al giorno. Quelli allevati all'
esterno devono essere
controllati almeno una volta al giorno.
I vitelli, che presentano sintomi di malattie o ferite, devono ricevere immediatamente le
opportune cure e qualora un vitello non reagisca al trattamento dell'
allevatore, dev'
essere
sottoposto al consulto di un veterinario. Se necessario, i vitelli malati o feriti devono essere
isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole.
I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni vitello di
coricarsi, giacere, alzarsi ed accudirsi senza difficoltà. I vitelli non devono essere legati, ad
eccezione di quelli stabulati in gruppo, che possono essere legati per un periodo massimo di
un'
ora al momento della somministrazione di latte o succedanei del latte. Se si utilizzano
attacchi, questi non devono provocare lesioni al vitello e debbono essere regolarmente
esaminati ed eventualmente aggiustati in modo da assicurare una posizione confortevole.
Ogni attacco deve essere concepito in modo da evitare il rischio di strangolamento o
ferimento. Ai vitelli non dev'
essere messa la museruola.
Gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di
emoglobina di almeno 4,5 mml/litro. Occorre somministrare una dose giornaliera di alimenti
fibrosi dopo la seconda settimana di età, portando il quantitativo da 50 a 250 mg al giorno per
i vitelli di età compresa fra le 8 e le 20 settimane. Ogni vitello deve ricevere colostro bovino
quanto prima possibile dopo la nascita e, comunque entro le prime sei ore di vita.
A.1.2) Protezione dei suini
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 91/630 (modificata dalla direttiva 2001/88 e dalla direttiva 2001/93),
D.lgs 534/923.
Contenuti normativi
2
Si evidenzia che alle indicazioni e prescrizioni elencate nel presente paragrafo vanno aggiunte quelle del
paragrafo A.1.
3
Si evidenzia che alle indicazioni e prescrizioni elencate nel presente paragrafo vanno aggiunte quelle del
paragrafo A.1.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Le direttiva 2001/88 del Consiglio e 2001/93 della Commissione modificano la direttiva
91/630/CEE (attuata nell’ordinamento nazionale con il Decreto legislativo 534/92). Esse sono
state attuate a livello nazionale con il Decreto Legislativo 20 febbraio 2004, n. 53.
In base alle disposizioni normative contenute nelle direttive le aziende devono soddisfare i
requisiti seguenti:
- la superficie libera disponibile per ciascun suinetto o suino all'
ingrasso allevato in
gruppo deve essere pari almeno a:
- 0,15 mq per i suini di peso medio pari o inferiore a 10 kg,
- 0,20 mq per i suini di peso medio compreso tra 10 e 20 kg,
- 0,30 mq per i suini di peso medio compreso tra 20 e 30 kg,
- 0,40 mq per i suini di peso medio compreso tra 30 e 50 kg,
- 0,55 mq per i suini di peso medio compreso tra 50 e 85 kg,
- 0,65 mq per i suini di peso medio compreso tra 85 e 110 kg,
- 1,00 mq per i suini di peso medio superiore a 110 kg.
- i materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione e in particolare dei
recinti e delle attrezzature, con i quali i suini possono venire a contatto, non devono
essere nocivi e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati;
- i suini non devono restare continuamente al buio. A tal fine I suini devono essere
tenuti alla luce di un'
intensità di almeno 40 lux per un periodo minimo di 8 ore al
giorno.
- qualora i suini siano tenuti in gruppo, occorre prendere misure opportune per evitare
lotte, che vadano al di là di un comportamento normale;
- tutti i suini allevati in gruppo o in recinti devono essere controllati almeno una volta al
giorno dal proprietario o dal responsabile degli animali. Gli eventuali suini malati o
feriti devono ricevere immediatamente le opportune cure;
- i locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni suino: di
coricarsi, giacere ed alzarsi senza difficoltà; di disporre di una zona pulita adibita al
riposo; di vedere altri suini;
- la stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili destinati ai suini devono essere puliti e
disinfettati regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di
organismi infettivi;
- gli escrementi, l'
urina e i foraggi, che non sono stati mangiati o che sono caduti sul
pavimento, devono essere eliminati con la dovuta regolarità per ridurre gli odori e la
presenza di mosche o roditori;
- i pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai
suini. Essi devono essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei suini. A tal fine è
necessario che sia costruita una superficie rigida, piana e stabile;
- a partire dalla seconda settimana d’età, ogni suino deve poter disporre di acqua fresca
adeguata e sufficiente per le sue necessità;
- le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere
concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità
di contaminazione degli alimenti o dell'
acqua.
- le superfici libere totali a disposizione di ciascuna scrofetta dopo la fecondazione e di
ciascuna scrofa qualora dette scrofette e/o scrofe siano allevate in gruppi devono
essere rispettivamente di almeno 1,64 mq e 2,25 mq. Allorché i suini in questione
sono allevati in gruppi di meno di sei animali, le superfici libere disponibili devono
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
essere aumentate del 10 %. Allorché i suini in questione sono allevati in gruppi di 40 o
più animali, le superfici libere disponibili possono essere ridotte del 10 %.
- Le pavimentazioni devono essere conformi ai dei nuovi requisiti in particolare per le
scrofette dopo la fecondazione e le scrofe gravide: una parte della superficie pari ad
almeno 0,95 m2 per scrofetta e ad almeno 1,3 m2 per scrofa, deve essere costituita da
pavimento pieno continuo riservato per non oltre il 15 % alle aperture di scarico. È
ammesso il pavimento fessurato solo a determinate condizioni.
- È proibita la costruzione o la conversione di impianti in cui le scrofe e le scrofette
sono tenute all'
attacco. L'
utilizzo di attacchi per le scrofe e le scrofette è vietato a
decorrere dal 1 gennaio 2006 (in applicazione dell’ultima dir. 2001/88).
- Le scrofe e le scrofette sono allevate in gruppo nel periodo compreso tra 4 settimane
dopo la fecondazione e 1 settimana prima della data prevista per il parto. I lati del
recinto dove viene allevato il gruppo di scrofe o di scrofette devono avere una
lunghezza superiore a 2,8 m. Allorché sono allevati meno di 6 animali i lati del recinto
dove viene allevato il gruppo devono avere una lunghezza superiore a 2,4 m.
- Le scrofe e le scrofette allevate in gruppo devono essere alimentate utilizzando un
sistema atto a garantire che ciascun animale ottenga mangime a sufficienza senza
essere aggredito, anche in situazione di competitività.
Tutte le operazioni effettuate per scopi diversi da quelli terapeutici o diagnostici o per
l'
identificazione dei suini in conformità della legislazione pertinente, che possono provocare
un danno o la perdita di una parte sensibile del corpo o un'
alterazione della struttura ossea
sono vietate, con le seguenti eccezioni: una riduzione uniforme degli incisivi dei lattonzoli
mediante levigatura o troncatura entro i primi sette giorni di vita, che lasci una superficie
liscia intatta; le zanne dei verri possono essere ridotte, se necessario, per evitare lesioni agli
altri animali o per motivi di sicurezza.
non è ammesso il mozzamento di una parte della coda, la castrazione di suini di sesso
maschile con mezzi diversi dalla lacerazione dei tessuti, l'
apposizione di un anello al naso
(può essere effettuato solo quando gli animali sono detenuti in allevamenti).
Né il mozzamento della coda, né la riduzione degli incisivi dei lattonzoli devono costituire
operazioni di routine, ma devono essere praticati soltanto ove sia comprovata la presenza di
ferite ai capezzoli delle scrofe o agli orecchi o alle code di altri suini.
A.1.3) Protezione delle galline ovaiole in batteria
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 86/113/CEE (modificata dalla direttiva 88/166/CEE), DPR 233/884.
Contenuti normativi
Ai sensi delle norme di cui sopra s'
intende per:
− galline ovaiole, le galline adulte delle specie Gallus gallus allevate ai fini della
produzione di uova;
− gabbia di batteria, uno spazio chiuso destinato ad ospitare le galline ovaiole in un
sistema a batteria;
− sistema a batteria, un insieme di gabbie disposte in fila su un unico piano o incastellate.
Le gabbie predisposte devono soddisfare i seguenti requisiti:
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Si evidenzia che alle indicazioni e prescrizioni elencate nel presente paragrafo vanno aggiunte quelle dei
paragrafi A.1.
10
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
− le galline ovaiole devono disporre di almeno 450 cm2 di superficie della gabbia su un
piano orizzontale, utilizzabile senza restrizioni, in particolare escludendo dal calcolo
eventuali bordi deflettori antispreco;
− deve essere prevista una mangiatoia utilizzabile senza limitazioni, di una lunghezza
minima di 10 cm, moltiplicata per il numero di animali nella gabbia;
− ogni gabbia in batteria deve disporre di un abbeveratoio continuo della stessa lunghezza
della mangiatoia, a meno che non siano impiegati abbeveratoi a tettarella o a coppetta.
In tale caso, almeno due di queste devono essere raggiungibili da ciascuna gabbia;
− l'
altezza minima della gabbia in batteria non deve essere inferiore a 40 cm per il 65 %
della superficie e a 35 cm in ogni punto;
− il pavimento delle gabbie deve essere costruito in modo da sostenere adeguatamente
ciascuna delle dita anteriori di ciascuna zampa. La pendenza del pavimento non deve
superare il 14 %.
A.2) Condizioni e modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti
e intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali
Riferimenti legislativi
La Direttiva comunitaria 98/92 (che modifica le direttive 70/524, 74/63, 79/373 e 82/471,
95/69), Legge 281/63, Dlgs 123/99 (integrato e modificato dal Dlgs 172/2000).
I contenuti normativi
La direttiva 95/69 (recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 123 del
1999) ha fissato le condizioni e le modalità applicabili a talune categorie di stabilimenti e di
intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali. Lo scopo delle disposizioni
normative è quello di applicare dei controlli ufficiali nel settore dell’alimentazione degli
animali. In particolare tale controllo viene effettuato: sugli stabilimenti, intesi come unità di
produzione o di fabbricazione e sugli intermediari, intesi come qualsiasi persona che detiene
additivi, premiscele preparate a partire da additivi, alimenti composti o prodotti di cui alla
direttiva 82/471/CEE.
Gli additivi possono essere: gli antibiotici; i coccidiostatici e altre sostanze medicamentose;
vitamine, provitamine e sostanze con effetto analogo chimicamente ben definito;
oligoelementi; fattori di crescita; enzimi; microrganismi; cartotenoidi; sostanze con effetti
antiossidanti.
I prodotti contemplati dalla direttiva 82/471/CEE sono: prodotti proteici ottenuti con
microrganismi appartenenti al gruppo di batteri, lieviti, alghe e funghi inferiori; prodotti
accessori della fabbricazione di acidi amminati mediante fermentazione; amminoacidi e loro
sali; analoghi idrossilati degli amminoacidi.
Per poter essere riconosciuti gli stabilimenti devono possedere i seguenti requisiti: gli impianti
e le apparecchiature di fabbricazione devono essere ubicati, progettati, costruiti e sottoposti a
manutenzione in modo da essere idonei alle operazioni di fabbricazione dei prodotti in
questione. Gli impianti e le apparecchiature devono essere strutturati, progettati ed utilizzati in
modo da ridurre al minimo il rischio di errori e da consentire operazioni di pulizia e di
manutenzione efficaci per evitare le contaminazioni e in generale di compromettere la qualità
dei prodotti. Gli impianti e le apparecchiature destinati ad operazioni essenziali per la qualità
dei prodotti devono formare oggetto di una verifica adeguata e periodica, conformemente alle
procedure scritte prestabilite dal fabbricante per la produzione dei prodotti.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
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Il personale deve essere numericamente sufficiente ed essere in possesso delle competenze e
qualifiche prescritte per la fabbricazione di tali prodotti. Tutto il personale deve essere
informato per iscritto dei suoi compiti e delle responsabilità. Deve essere designata una
persona qualificata e responsabile della produzione. Il fabbricante deve accertarsi, che le varie
fasi della produzione siano svolte secondo le regole prescritte e assicurarsi che non ci siano
punti critici. Deve essere designata una persona qualificata e responsabile del controllo della
qualità. Il fabbricante deve, pertanto, disporre di un laboratorio di controllo dotato di
apparecchiature idonee. Deve essere predisposto per iscritto ed attuato un piano relativo al
controllo di qualità che preveda, in particolare, il controllo dei punti critici del processo di
fabbricazione, i procedimenti e le frequenze di campionamento, i metodi di analisi e la loro
frequenza, il rispetto delle specifiche e, in caso di non conformità alle medesime, il divenire
per le materie prime, le sostanze attive, i supporti, i prodotti.
Il magazzinaggio deve essere effettuato con recipienti appropriati, in luoghi progettati, adattati
e sottoposti a manutenzione. I prodotti devono essere conservati in modo da essere facilmente
identificati. Gli additivi devono essere etichettati e condizionati in conformità alle
disposizioni previste dalla direttiva 70/524/CEE.
Tutta la documentazione deve essere conservata dal fabbricante, in modo da poter
eventualmente ricostruire l’intero iter di fabbricazione di ciascun lotto di prodotti messi in
circolazione e di individuare le responsabilità specifiche in caso di reclamo.
A tale scopo il fabbricante deve redigere un registro contenente i seguenti dati: natura e
quantità degli additivi prodotti, nome e indirizzi degli intermediari, o di altri fabbricanti cui
sono stati consegnati gli additivi e, eventualmente, la natura e quantità dei prodotti
contemplati dalla direttiva 82/471/CEE.
Qualora il fabbricante consegni un additivo o un prodotto ad una persona, questa e gli
eventuali ulteriori intermediari che condizionino, imballino, immagazzinino, mettano in
circolazione sono anch’essi soggetti agli obblighi relativi al controllo di qualità, al
magazzinaggio e alla documentazione da conservare.
L’ultima direttiva 98/92 ha modificato e integrato la direttiva 95/69. Questa è stata recepita
nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 172 del 2000. Le novità rispetto alla
normativa già in vigore riguardano le spese per il riconoscimento degli stabilimenti, la
determinazione delle tariffe e delle modalità di pagamento per il riconoscimento degli
stabilimenti.
A.2.1) Stabilimenti di allevamento di galline ovaiole
Riferimenti legislativi
Direttiva 1999/74 del Consiglio, Direttiva 2002/4
Contenuti normativi
La direttiva 1999/74 stabilisce che tutti gli allevamenti sono registrati dall'
autorità
competente, con attribuzione di un numero distintivo che consenta di rintracciare le uova
immesse sul mercato e destinate al consumo umano. La registrazione degli stabilimenti
mediante numeri distintivi è una condizione che consente di rintracciare le uova immesse sul
mercato.
A gennaio 2002 è stata emanata una nuova direttiva per stabilire una disciplina per la
registrazione degli stabilimenti di allevamento di galline ovaiole. In base all’articolo 1 della
direttiva gli Stati membri stabiliscono un sistema di registrazione di tutti i siti di produzione
che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 1999/74/CE e attribuiscono un numero
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distintivo. Inoltre, gli Stati garantiscono che per ciascuno degli stabilimenti siano fornite
all'
autorità competente delle informazioni (di cui al punto 1 dell'
allegato). Solamente dopo
che è completata la registrazione e l'
assegnazione del numero distintivo lo stabilimento può
regolarmente funzionare.
A.3) Condizioni zootecniche genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli
animali di razza
Riferimenti legislativi
Direttiva 91/174, Decreto legge 529/92
Contenuti normativi
La direttiva 174 riguarda le condizioni zootecniche e genealogiche per la
commercializzazione degli animali di razza. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento
nazionale con il Decreto Legge 529/92.
Il decreto disciplina: l'
istituzione del libro genealogico per gli animali, compresi nell'
elenco
di cui all'
allegato II del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, ed
appartenenti a specie e razze diverse da quelle regolamentate dalla legge 30/1991;
l'
istituzione del registro anagrafico per le specie e razze autoctone; la riproduzione di detti
animali secondo le norme stabilite, per ciascuna razza e specie, dai relativi disciplinari dei
libri genealogici o registri anagrafici; la commercializzazione degli stessi animali e dello
sperma, degli ovuli e degli embrioni ad essi relativi, secondo le norme stabilite, per ciascuna
razza e specie, dai relativi disciplinari dei libri genealogici o dei registri anagrafici, nonché
sulla base della apposita certificazione genealogica.
I libri genealogici ed i registri anagrafici sono istituiti, previa approvazione con decreto del
Ministro dell'
agricoltura e delle foreste, dalle associazioni nazionali di allevatori di specie o di
razza. Detti libri genealogici e registri anagrafici sono tenuti dalle menzionate associazioni
sulla base di appositi disciplinari, approvati anch'
essi con decreto del Ministro dell'
agricoltura
e delle foreste.
I soggetti delle specie e razze originari dei Paesi membri della Comunità economica europea
sono ammessi alla riproduzione, sia in fecondazione naturale, che per inseminazione
artificiale, purché in possesso dei requisiti genealogici ed attitudinali disciplinati dalla
normativa comunitaria. Alle stesse condizioni è altresì ammesso l'
impiego di materiale
seminale, di ovuli ed embrioni provenienti da animali originari di tali Paesi.
Allo stesso modo i soggetti delle specie e razze provenienti da Paesi terzi sono ammessi alla
riproduzione, sia in fecondazione naturale che per inseminazione artificiale, solo alle stesse
condizioni stabilite in Italia per i riproduttori delle medesime specie e razze. Alle stesse
condizioni è altresì ammesso l'
impiego di materiale seminale, di ovuli ed embrioni
provenienti da animali originari di detti Paesi. Non sono ammesse condizioni più favorevoli di
quelle riservate ai riproduttori originari dei Paesi comunitari.
È consentita la commercializzazione di animali di razza di origine nazionale e comunitaria,
nonché dello sperma, degli ovuli e degli embrioni dei medesimi, esclusivamente con
riferimento a soggetti iscritti ai libri genealogici o registri anagrafici, che risultino
accompagnati da apposita certificazione genealogica, rilasciata dall'
associazione degli
allevatori che detiene il relativo libro genealogico o il registro anagrafico. È ammessa, altresì,
la commercializzazione di animali di razza originari dei Paesi terzi, per i quali il Ministro
dell'
agricoltura e delle foreste abbia con proprio provvedimento accertato l'
esistenza di una
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normativa almeno equivalente a quella nazionale. Alle stesse condizioni è ammessa la
commercializzazione dello sperma, degli ovuli e degli embrioni provenienti dai detti animali
originari dei Paesi terzi. Non sono ammesse condizioni più favorevoli di quelle riservate agli
animali di razza originari dei Paesi comunitari.
A.4) Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni
animali
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 96/22.
Contenuti normativi
La direttiva del Consiglio prescrive agli Stati membri di vietare la somministrazione di
sostanze ormonali ad effetto tireostatico, androgeno, estrogeno e gestageno, eccetto per scopi
terapeutici o ai fini di trattamento zootecnico, ad animali allevati (anche in acquacoltura), le
cui carni e i cui prodotti sono destinati al consumo umano. È disposto, inoltre, il divieto di
importare da paesi terzi animali ai quali sono state somministrate tali sostanze.
È vietata, infine, anche solo la detenzione in azienda di animali a cui sono state somministrate
tali sostanze.
A.4.1) Limiti massimi dei residui di sostanze attive dei presidi sanitari tollerate su e in
cereali e prodotti di origine animale (residui negli alimenti), nonché di origine vegetale
compresi gli ortofrutticoli.
Riferimenti legislativi
Direttive comunitarie, 96/235, 2002/79 (che modifica le direttive 76/895, 86/362, 86/363,
90/642, 94/29, 94/30, 97/71), 2001/48 e 2002/76,, regolamento 645/2000, D.lgs 336/99, DM 9
agosto 1995, DM 12 agosto 1995, DM 16 luglio 1999, DM 22 gennaio 1998.
Contenuti normativi
La Direttiva 96/23/CE del Consiglio (attuato a livello nazionale con il decreto legislativo
336/99) concerne le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi
e nei loro prodotti.
L'
obiettivo vuole essere quello di eseguire in maniera efficace i controlli prescritti all'
interno
della Comunità per la ricerca di residui negli animali d'
azienda, nelle carni e nei prodotti a
base di carne.
La direttiva stabilisce le misure di controllo relative alle sostanze e ai gruppi di residui di cui
all'
allegato I. In detto allegato le sostanze sottoposte a controllo sono suddivise in due gruppi:
il primo include sostanze ad effetto anabolizzante e sostanze non autorizzate, il secondo
medicinali veterinari e agenti contaminanti.
Per perseguire le finalità stabilite nella direttiva gli Stati membri applicano le misure di
controllo attraverso i Piani di sorveglianza per la ricerca dei residui o delle sostanze. La
formulazione dei piani è affidata dallo Stato ad un servizio o organismo pubblico con il
compito di coordinare le attività dei servizi centrali e regionali incaricati della sorveglianza
sui vari residui e di raccogliere i risultati dei controlli e le informazioni da trasmettere alla
Commissione.
In seguito a controllo, se si verifica infrazione, devono essere adottate le seguenti misure:
5
Per l’applicazione di tale direttiva è stata emanata la Decisione 97/747/CE.
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− fare in modo che gli animali, nei quali si è riscontrato un livello di residui superiore al
livello autorizzato, siano macellati separatamente dagli altri capi di bestiame e che le
loro carcasse siano ritirate dal consumo umano;
− sospendere o revocare le autorizzazioni o i riconoscimenti ufficiali;
− applicare sanzioni penali e/o amministrative, con esclusione da qualsiasi possibilità di
ricevere aiuti comunitari per un periodo di dodici mesi in caso di non cooperazione con
l'
autorità competente o di ostruzionismo.
La direttiva 2001/48 e le precedenti direttive 362, 363, 642, 71, 29 e 30 (a queste direttive
sono state apportate delle modifiche anche dal Regolamento 645/2000 della Commissione che
stabilisce le modalità di attuazione necessarie per la corretta applicazione di alcune
disposizioni dell'
articolo 7 della direttiva 86/362/CEE e dell'
articolo 4 della direttiva
90/642/CEE concernenti i sistemi di controllo delle quantità massime di residui di
antiparassitari rispettivamente sui e nei cereali e su e in alcuni prodotti di origine vegetale,
compresi gli ortofrutticoli) sono state modificate dalla direttiva 2002/79 che fissa le quantità
massime di residui di certi antiparassitari rispettivamente sui e nei cereali, prodotti alimentari
di origine animale e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli. Gli
antiparassitari considerati sono le sostanze: abamectin, azociclotin, bioresmetrin, bifentrin,
bitertanol, bromopropilato, clofentezina, ciromazina, ciasatin, fenpropimorf, flucitrinato,
esaconazol, matacrifos, miclobutanil, penconazolo, procloraz, profenofos, resmetrin,
tridemorf, triadimefon e triadimenol. Con questa direttiva si sono fissati dei valori della
quantità massima di residui al di sotto dei quali i residui degli antiparassitari in questione
possono considerarsi inoffensivi per la salute umana. Tale controllo sui residui è fatto sui
prodotti contemplati dalle direttive 362, 363 e 642 (come riferimento per il rispetto dei valori
massimi dei residui delle sostanze citate si prendano gli Allegati della direttiva 2002/79).Con
la direttiva 2002/76 sono state fissate le quantità massime di residui di antiparassitari di
metsulfuron metile.
A.5) Commercializzazione di carni fresche e di prodotti a base di carni
Riferimenti legislativi
Le Direttive comunitarie 91/497, 91/498 (modificano la direttiva 64/433), , , 92/5, 97/76
(modifica la direttiva 77/99 e 72/462), Dlgs 286/94, Dlgs 537/92, Dlgs 71/2000 e Legge
1073/71
I contenuti normativi
Si stabiliscono le condizioni sanitarie per la produzione e l'
immissione sul mercato di carni
fresche destinate al consumo umano, ottenute da animali domestici delle specie bovina
(comprese le specie Bubalus bubalis e Bison bison), suina, ovina, caprina e dei solipedi
domestici. Le carcasse, le mezzene, le mezzene sezionate al massimo in tre pezzi o i quarti di
carne fresca devono: a) essere ottenuti in un macello riconosciuto e controllato; b) provenire
da un animale da macello, che un veterinario ufficiale ha sottoposto all'
ispezione ante
mortem, rilasciando un atto; c) essere trattati in condizioni igieniche soddisfacenti; d) essere
sottoposti ad un'
ispezione post mortem effettuata da un veterinario ufficiale e non devono
presentare alcuna alterazione, ad eccezione di lesioni traumatiche sopraggiunte poco prima
della macellazione e di malformazioni o di alterazioni localizzate, purché sia constatato, se
necessario per mezzo di adeguate analisi di laboratorio, che tali lesioni, malformazioni o
alterazioni non rendono le carcasse e le frattaglie inadatte al consumo umano; e) avere il bollo
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sanitario; f) essere accompagnati durante il trasporto dal certificato sanitario, rilasciato dal
veterinario ufficiale al momento del caricamento.
La Direttiva 92/5 fissa le condizioni sanitarie per la produzione e l'
immissione sul mercato di
prodotti a base di carne e di altri prodotti di origine animale, destinati al consumo umano. Per
prodotti a base di carne si intendono i prodotti ottenuti da carne o con carne sottoposta ad un
trattamento tale che la superficie di taglio al centro permetta di constatare la scomparsa delle
caratteristiche della carne fresca.
Per altri prodotti di origine animale si intendono: 1) gli estratti di carne; 2) il grasso animale
fuso: grasso ricavato per fusione dalla carne, comprese le ossa, e destinato al consumo umano;
3) i ciccioli: i residui proteici della fusione, previa separazione parziale di grassi e acqua; 4) le
gelatine; 5) le farine di carne, le cotenne in polvere, il sangue salato o essiccato, il plasma
sanguigno salato o essiccato; 6) gli stomaci, le vesciche e le budella, puliti e lavati, salati o
essiccati e/o riscaldati; 7) i prodotti a base di carne corrispondenti a preparazioni culinarie,
cotte o precotte, confezionati e conservati mediante il freddo.
I prodotti a base di carne immessi sul mercato devono essere preparati e immagazzinati in uno
stabilimento riconosciuto e controllato (le condizioni generali sono le stesse indicate per le
carni fresche). Gli stabilimenti in cui si fabbricano, manipolano e confezionano prodotti a
base di carne devono avere almeno: 1) locali adeguati sufficientemente vasti per il
magazzinaggio separato; 2) un locale o un dispositivo per il deposito di certi ingredienti,
come gli additivi alimentari; 3) un locale per il deposito del materiale necessario per il
confezionamento e per l'
imballaggio.
Secondo il tipo del prodotto in questione, lo stabilimento deve avere: 1) un locale oppure, se
non vi è alcun pericolo di contaminazione, un luogo per la rimozione dell'
imballaggio; 2) un
locale oppure, se non vi è pericolo di contaminazione, un luogo per scongelare le materie
prime; 3) un locale per le operazioni di sezionamento; 4) un locale o un impianto per
l'
essiccazione e la stagionatura; 5) un locale o un impianto per l'
affumicatura; 6) un locale per
la dissalazione, il bagno e altri trattamenti dei budelli naturali, qualora queste materie prime
non siano state sottoposte a dette operazioni nello stabilimento di origine; 7) un locale per la
pulitura preliminare delle derrate necessarie all'
elaborazione dei prodotti a base di carne; 8) un
locale per la salatura in profondità munito, se necessario, di un dispositivo per la
climatizzazione atto a mantenere la temperatura prevista; 9) un locale, se necessario, per la
pulitura preliminare dei prodotti a base di carne destinati all'
affettamento, al sezionamento e al
confezionamento; 10) un locale per l'
affettatura o il sezionamento e per il confezionamento
dei prodotti a base di carne destinati ad essere commercializzati preimballati, munito, se
necessario, di un dispositivo per la climatizzazione.
Le operazioni, che possono costituire un rischio sanitario per taluni prodotti fabbricati
simultaneamente e le operazioni che richiedono una produzione eccessiva di calore, devono
essere effettuate in un locale separato.
I locali in cui sono immagazzinati o lavorati i prodotti alimentari diversi dalle carni o dai
prodotti a base di carne e di cui sono composti i prodotti a base di carne, vanno soggetti alle
norme generali di igiene.
Le temperature nei locali o in una parte dei locali in cui vengono lavorate le carni, le carni
macinate, usate quali materie prime, le preparazioni di carne e i prodotti a base di carne
devono consentire una produzione conforme alle norme igieniche; se del caso, questi locali o
parti di essi devono essere provvisti di un impianto di climatizzazione. Nei locali in cui
vengono effettuate le operazioni di sezionamento e di salatura in profondità, deve essere
mantenuta una temperatura massima di 12° C.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
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Ai sensi della direttiva 97/76, recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto 71 del 2000,
gli stabilimenti che procedono al trattamento di stomaci, vesciche e budella debbono
rispettare le seguenti condizioni: 1) le materie prime devono provenire da animali che, dopo le
ispezioni ante mortem e post mortem, sono stati giudicati idonei al consumo umano; 2) i
prodotti che non possono essere mantenuti a temperatura ambiente debbono essere
immagazzinati fino al momento della spedizione nei locali adibiti a tal fine; in particolare, i
prodotti che non sono né salati né essiccati debbono essere mantenuti a una temperatura
inferiore a 3°C; 3) le materie prime debbono essere trasportate dal macello d'
origine allo
stabilimento in condizioni igieniche soddisfacenti ed eventualmente refrigerate in funzione
del tempo trascorso tra la macellazione e la raccolta delle materie prime. I veicoli e i
contenitori adibiti al trasporto debbono avere le superfici interne lisce e essere di facile
lavaggio, pulizia e disinfezione. I veicoli utilizzati per il trasporto di materie prime congelate
debbono essere concepiti in modo da mantenere la temperatura prescritta per tutta la durata
del trasporto; 4) deve essere previsto un locale per il magazzinaggio del materiale di
confezionamento e di imballaggio; 5) il confezionamento e l'
imballaggio devono essere
effettuati in maniera igienica in un locale o in un luogo adibito a tal fine; 6) l'
impiego di legno
è vietato; tuttavia, è autorizzato l'
uso di palette di legno per il trasporto dei recipienti
contenenti i prodotti in questione.
A.6) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni di coniglio e
selvaggina di allevamento
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 91/495, DPR 559/92, DPR 364/96, DPR 18/98.
Contenuti normativi
I DPR 559/92, 364/96 e 18/98 sono attuativi della direttiva comunitaria 91/495.
Si intende per:
− carni di coniglio: tutte le parti del coniglio domestico adatte al consumo umano;
− carni di selvaggina d'
allevamento: tutte le parti di mammiferi terrestri e volatili selvatici comprese le specie di cui all'
articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 90/539/CEE6 - riprodotti,
allevati e macellati in cattività, adatte al consumo umano.
Le carni di coniglio devono possedere i seguenti requisiti:
− essere ottenute in uno stabilimento conforme ai requisiti generali della direttiva
71/118/CEE;
− provenire da un'
azienda o zona che non sia oggetto di divieti per motivi di polizia
sanitaria;
− provenire da animali sottoposti ad ispezione veterinaria (da parte di un veterinario
ufficiale) ante mortem;
− essere trattate in condizioni igieniche soddisfacenti;
− essere sottoposte ad un'
ispezione post mortem effettuata da un veterinario ufficiale, che
accerti l’assenza di alterazioni, ad eccezione di lesioni traumatiche sopraggiunte poco
prima della macellazione e di malformazioni o di alterazioni localizzate. Se necessario
6
L’elenco di tali specie è il seguente: pollame: galline, tacchini, faraone, anatre, oche, quaglie, piccioni, fagiani e
pernici, allevati o tenuti in cattività ai fini della riproduzione, della produzione di carne o di uova da consumo o
della fornitura di selvaggina da ripopolamento.
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Vademecum esplicativo
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si può ricorrere ad adeguate analisi di laboratorio, per accertare l’adeguatezza al
consumo umano
− essere munite del bollo sanitario.
Le condizioni alle quali può essere autorizzata la commercializzazione, in grandi imballaggi
di carcasse, parti di carcasse o frattaglie non marchiate sono che:
− le carcasse siano conservate dopo l'
ispezione post mortem, in condizioni igieniche
soddisfacenti presso stabilimenti o depositi riconosciuti;
− le carcasse siano trasportate in condizioni igieniche soddisfacenti.
Le carni fresche di coniglio spedite verso il territorio di un altro Stato membro devono essere
accompagnate da un certificato sanitario durante il trasporto verso il paese di destinazione.
L'
originale del certificato sanitario deve essere rilasciato da un veterinario ufficiale all'
atto
dell'
imbarco.
A.7) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni fresche di volatili
da cortile
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 71/118 (modificata dalla Direttiva 92/116/CEE del Consiglio) e DPR
495/97.
Contenuti normativi
Per la produzione e l'
immissione sul mercato, le carni fresche di volatili da cortile devono
soddisfare le seguenti condizioni:
− Le carcasse e le frattaglie devono:
a) provenire da un animale che sia stato sottoposto ad ispezione;
b) essere state ottenute in un macello riconosciuto, soggetto ad un controllo da parte
dell'
autorità competente;
c) essere state trattate in condizioni di igiene soddisfacenti;
d) essere state sottoposte ad ispezione sanitaria post mortem;
e) essere sottoposte a bollatura sanitaria;
f) dopo l'
ispezione post mortem, essere manipolate ed immagazzinate, in conformità alle
prescrizioni legislative in materia;
g) essere adeguatamente imballate;
h) essere trasportate conformemente alle prescrizioni legislative;
i) essere accompagnate durante il trasporto:
- da un documento di accompagnamento contenente un numero di codice, che
consenta l'
identificazione dell'
autorità competente incaricata del controllo dello
stabilimento d'
origine e allo stesso tempo del veterinario ufficiale responsabile
dell'
ispezione sanitaria il giorno della produzione delle carni; tale documento
deve essere conservato dal destinatario per un periodo minimo di un anno per
poter essere presentato all'
autorità competente a sua richiesta;
- dal certificato sanitario, nel caso si tratti di carni fresche di volatili da cortile
ottenute in un macello situato in una regione o in una zona soggetta a restrizioni
di polizia sanitaria;
j) essere sigillate.
− Le parti delle carcasse e le carni disossate devono:
a) essere state sezionate e/o disossate in un laboratorio di sezionamento riconosciuto e
controllato;
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b) essere state sottoposte al controllo in loco o in centri di riconfezionamento all'
uopo
riconosciuti dall'
autorità competente;
c) essere immagazzinate in condizioni igieniche soddisfacenti.
Le disposizioni elencate non si applicano:
a) alle carni fresche di volatili da cortile destinate ad usi diversi dal consumo umano;
b) alle carni fresche di volatili da cortile destinate ad esposizioni, a studi speciali;
c) alle carni fresche di volatili da cortile destinate esclusivamente al rifornimento delle
organizzazioni internazionali.
Ai sensi del DPR 495/97 presso gli impianti di macellazione e i laboratori di sezionamento a
Bollo CEE è consentito svolgere tutte le operazioni di macellazione, senza alcun limite
produttivo né commerciale. Per l'
apertura di questi stabilimenti dovrà essere richiesto il
riconoscimento comunitario per impianto di macellazione, ai sensi dell’articolo 7 del DPR
495. Per gli Impianti di macellazione e i laboratori di sezionamento a Bollo Regionale a
capacità limitata sono oggetto a deroga per quanto riguarda alcuni requisiti strutturali e
funzionali, previsti dalla normativa comunitaria. Sono vincolati, però, al rispetto di un limite
produttivo fissato nella misura di 150.000 capi/anno e l'
ambito di commercializzazione delle
loro produzioni è limitato al mercato nazionale. Per l'
apertura di questi stabilimenti dovrà
essere richiesto il riconoscimento regionale per impianto di macellazione "a capacità
limitata", pur nel rispetto dei requisiti previsti dall'
art. 13 del DPR.
Presso gli stabilimenti autorizzati è possibile produrre anche carni di pollame parzialmente
eviscerato, ossia carcasse non sottoposte all’asportazione di cuore, polmoni, ventriglio, gozzo,
fegato, reni, testa, esofago, trachea o zampe. Il sezionamento di tali carni dovrà avvenire in
zona separata o in tempi differenti rispetto al pollame completamente eviscerato.
Il riconoscimento attribuito ad impianti di macellazione e di sezionamento comprende
l'
attività di deposito frigorifero delle carni fresche oggetto della stessa attività. Tuttavia,
l'
attività di deposito e di magazzinaggio di carni fresche può essere autorizzata anche in
stabilimenti autonomi riconosciuti idonei allo scopo. In questo caso occorre richiedere il
Bollo CEE per attività di deposito frigorifero specificando che si intende svolgere l'
esclusiva
attività di magazzinaggio di carni fresche per la successiva vendita all'
ingrosso.
Lo stabilimento già riconosciuto idoneo per l'
attività di macellazione ai sensi del DPR 495/97
può, a condizione che ne possieda i requisiti, essere riconosciuto idoneo anche per la
macellazione e/o il sezionamento di conigli e di selvaggina d'
allevamento (ai sensi del DPR
559/92).
A.7.1) Produzione ed immissione sul mercato degli ovoprodotti
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 89/437, Dlgs 65/93.
Contenuti normativi
La direttiva 89/437 è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto 65/1993 che
stabilisce i criteri igienico-sanitari da osservare nella produzione e nella commercializzazione
dei prodotti d'
uovo destinati sia al consumo umano diretto, sia alla fabbricazione di prodotti
alimentari. I prodotti d'
uovo, destinati al consumo umano diretto, oppure alla fabbricazione
dei prodotti alimentari, devono rispondere alle seguenti condizioni: a) essere stati ottenuti da
uova di galline, di anatre, di che, di tacchini, di galline faraone o di quaglie, escluse le miscele
di specie diverse; b) riportare l'
indicazione della percentuale degli ingredienti d'
uovo che essi
contengono quando siano in parte miscelati con altri prodotti alimentari o con gli additivi
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consentiti; c) essere stati trattati e preparati in uno stabilimento riconosciuto e soddisfare le
condizioni prescritte dalla legge; d) essere preparati, conformemente alle prescrizioni
contenute ai capitoli III, IV e V dell'
allegato7, con uova che soddisfino le condizioni riportate
al capitolo IV dello stesso; e) essere stati sottoposti ad un trattamento termico, equivalente
almeno alla pastorizzazione o ad un altro trattamento riconosciuto dal Ministero della sanità,
idoneo a soddisfare i criteri microbiologici riportati al capitolo VI8 dell'
allegato; g) essere
confezionati per la commercializzazione conformemente alle prescrizioni riportate al capitolo
VIII9 dell'
allegato; h) essere immagazzinati e trasportati conformemente alle prescrizioni
contenute ai capitoli IX e X dell'
allegato; i) essere muniti del bollo sanitario di cui al capitolo
XI dell'
allegato.
Le imprese produttrici di prodotti d'
uovo devono, in particolare: a) sottoporre i prodotti a
controlli analitici, presso un proprio laboratorio ovvero presso altro laboratorio esterno, per
accertarne la rispondenza alle prescrizioni di legge. I risultati di tali controlli devono essere
registrati e conservati per un periodo di due anni e presentati a richiesta degli organi di
controllo.
I laboratori esterni di cui all'
art. 4 devono essere iscritti in un apposito elenco predisposto dal
Ministero della sanità. Il trasporto dei prodotti d'
uovo deve essere effettuato con veicoli capaci
di garantire il rispetto delle temperature prescritte (capitolo IX e X della direttiva 437). Gli
stabilimenti ed i centri di imballaggio sono soggetti ad un controllo periodico da parte del
servizio veterinario dell'
unità sanitaria locale.
I prodotti d'
uovo provenienti da Paesi terzi, introdotti nel territorio nazionale devono
rispondere almeno alle condizioni prescritte per gli analoghi prodotti dal presente decreto.
A.8) Requisiti della produzione per la commercializzazione del latte
Riferimenti legislativi
Direttive comunitarie 89/362 92/46, 92/47, DPR 54/97, RD 994/29 e Legge 169/89.
Contenuti normativi
In base a quanto è disposto dalla direttiva 89/362 (successivamente modificata dalle direttive
92/46 e 92/47) gli animali destinati alla produzione del latte crudo,
se provenienti da allevamenti di vacche e bufale devono:
− essere indenni da tubercolosi o brucellosi;
− non presentare sintomi di malattie infettive trasmissibili all'
uomo;
− avere lo stato sanitario che non presenti alcun problema;
− non presentare ferite della mammella;
− non aver subito trattamenti mediante sostanze pericolose o potenzialmente pericolose
per la salute umana.
se provenienti da allevamenti di ovini e caprini devono:
− essere indenni da brucellosi (no nel caso di latte destinato alla fabbricazione del
formaggio);
7
Come riferimento bsi prendono i capitolo della direttiva 89/437 - CAPITOLO III riguarda l’iigiene dei locali,
del materiale e del personale negli stabilimenti prescritta la massima pulizia possibile per quanto riguarda il
personale, i locali ed il materiale; il CAPITOLO IV riguarda le prescrizioni relative alle uova destinate alla
fabbricazione di ovoprodotti ; il CAPITOLO V contiene le prescrizioni di igiene particolari per la fabbricazione
degli ovoprodotti.
8
il CAPITOLO 6 della direttiva 437 riguarda le caratteristiche analitiche riportando i criteri microbiologici e
altri criteri..
9
Il CAPITOLO VIII riguarda il confezionamento degli ovoprodotti.
20
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
− avere lo stato sanitario che non presenti alcun problema ed in particolare non presentare
malattie nel tratto genitale con scolo, enteriti con diarrea e febbre o infiammazioni
individuabili alla mammella;
− non presentare ferite della mammella;
− non avere subito trattamenti mediante sostanze pericolose o potenzialmente pericolose
per la salute umana.
In caso di coabitazione di bovini, ovini e caprini, questi ultimi devono essere sottoposti ad un
controllo per la tubercolosi.
In generale il latte crudo deve provenire da aziende regolarmente registrate presso l'
Azienda
Sanitaria Locale.
Gli animali dell'
azienda vanno sottoposti a visite periodiche, quelli malati devono essere
isolati.
I requisiti igienici del latte:
Latte
Requisiti
Limiti
Vacca
Tenore di germi a 30° (per ml)
<100.000*
Titolo in cellule
<400.000**
Pecora e capra
Tenore di germi a 30° (per ml)
<1.500.000
*
**
media geometrica di due prelievi al mese per due mesi
media geometria di un prelievo al mese per tre mesi
Il latte non deve contenere residui di farmaci, ormoni, antiparassitari, disinfettanti, o altre
sostanze nocive. In particolare quello ovi-caprino, non rispondente ai requisiti indicati nella
tabella, può essere utilizzato per la produzione di formaggi, con stagionatura superiore ai 60
giorni. I locali per il magazzinaggio del latte devono essere muniti di impianti di
refrigerazione, adeguatamente protetti contro parassiti ed essere separati dai locali in cui sono
stabulati gli animali.
La mungitura - la fase più delicata dal punto di vista igienico è la mungitura.
I locali adibiti alla mungitura devono:
− essere situati e costruiti in modo da evitare qualsiasi contaminazione del latte;
− essere pulibili e disinfettabili;
− avere almeno le pareti e pavimenti di agevole pulizia;
− avere pavimenti che permettano il drenaggio dei liquidi;
− essere dotati di mezzi soddisfacenti per l'
evacuazione dei rifiuti;
− essere muniti di una ventilazione e illuminazione adeguate;
− disporre di dispositivi e attrezzature di agevole lavaggio, pulizia e disinfenzione;
− disporre di un impianto per l'
erogazione di acqua sufficiente nelle operazione di
mungitura.
È importante separare tutte le possibili fonti di contaminazione, quali gabinetti e cumuli di
letame.
Se le femmine da latte sono tenute in stabulazione libera all'
aria aperta, l'
azienda deve
disporre anche di una sala o una zona di mungitura adeguatamente separata dal locale di
stabulazione.
Per quanto riguarda le norme igieniche relativa alla mungitura devono essere rispettate le
seguenti condizioni:
− ogni animale deve poter essere identificato dal servizio sanitario;
− i capezzoli devono essere puliti con acqua potabile prima della mungitura;
− bisogna controllare l'
aspetto dei primi getti di latte prima della mungitura;
21
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
− il trattamento di disinfezione per immersione e per vaporizzazione dei capezzoli delle
bovine in fase di lattazione deve essere effettuato solo dopo la mungitura.
Immediatamente dopo la mungitura il latte deve essere posto in un luogo pulito e attrezzato in
modo da evitare eventuali alterazioni delle sue caratteristiche. Nel caso la raccolta non è
effettuata entro 2 ore dalla mungitura, il latte deve essere raffreddato ad una temperatura pari
o inferiore a 8° C, in caso di raccolta giornaliera, e a 6°C, se la raccolta non viene effettuata
giornalmente.
Durante il trasporto del latte refrigerato sino agli stabilimenti di trattamento e di
trasformazione la temperatura non deve superare i 10°C.
Attrezzature e utensili - quelli che vengono a contatto con il latte devono essere lisci per
facilitarne la pulizia. Essi, devono essere puliti e disinfettati dopo la mungitura. I contenitori e
le cisterne devono essere puliti e disinfettati prima della loro riutilizzazione almeno una volta
al giorno. Se il latte è sottoposto a filtrazione, il filtro deve essere sostituito o pulito prima che
finisca la capacità di assorbimento (anche prima di ogni mungitura). È vietato l'
uso di tessuti
filtranti.
Personale addetto alla mungitura e alla manipolazione del latte crudo - esso deve indossare
abiti da lavoro idonei, puliti e lavarsi le mani prima di ogni mungitura, restando con le mani
pulite per la durata dell'
operazione. Esso non deve avere malattie trasmissibili al latte, deve
essere munito del libretto di idoneità sanitaria rilasciato dall'
autorità sanitaria del comune di
residenza, previa visita medica e accertamenti idonei a stabilire che il richiedente non sia
affetto da una malattia infettiva contagiosa o da malattia comunque trasmissibile ad altri, o sia
portatore di agenti patogeni. Deve essere, inoltre, sottoposto alla vaccinazione antitificoparatifica, nonché ad ogni altro trattamento di profilassi che sia ritenuto necessario
dall'
autorità sanitaria competente.
Norme di igiene relative alla produzione - il veterinario attraverso il campionamento ufficiale
periodico effettua dei controlli per prevenire l'
aggiunta di acqua nel latte.
Gli stabilimenti di trattamento e di trasformazione - I reparti in cui si procede alla
preparazione e alla trasformazione delle materie prime e alla fabbricazione dei prodotti a base
di latte devono possedere:
− un pavimento in materiale impermeabile e resistente (facile da pulire e disinfettare);
− pareti con superfici lisce (facile da pulire e disinfettare) e munite di un dispositivo di
scarico;
− un soffitto facile da pulire nei locali in cui vengono manipolati, preparati o trasformati i
prodotti e le materie prime soggetti alla contaminazione e non imballati;
− porte in materiale inalterabile;
− un'
areazione sufficiente e se necessario un buon sistema di evacuazione dei vapori;
− un'
illuminazione sufficiente, naturale o artificiale;
− dispositivi per la manutenzione igienica delle materie prime e dei prodotti finiti;
− dispositivi di protezione contro animali indesiderabili;
− utensili in materiale resistente alla corrosione;
− recipienti speciali a perfetta tenuta, costruiti con materiali resistenti alla corrosione;
− un impianto per l'
evacuazione delle acque reflue;
− un impianto che fornisca esclusivamente acqua potabile;
− un numero di spogliatoi provvisti di pareti e pavimento lisci, impermeabili e lavabili, di
lavabi e latrine a sciacquone,
22
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
− un locale riservato all'
uso esclusivo del servizio veterinario, che deve poter essere
chiuso a chiave;
− attrezzature adeguate per la pulizia e la disinfezione delle cisterne utilizzate per il
trasporto del latte e dei prodotti a base di latte, liquido o in polvere.
I locali di stoccaggio - I locali di stoccaggio in regime di refrigerazione, congelazione e
surgelazione devono possedere una capacità frigorifera tale da mantenere le materie prime e i
prodotti a base di latte alle temperature fissate dal DPR 54/97. La presenza di pareti di legno è
consentita nel locali costruiti anteriormente al 1° gennaio 1993.
Nei locali adibibili alla fabbricazione e allo stoccaggio del latte e dei prodotti derivati non
sono ammessi animali. I roditori, gli insetti e qualsiasi altro parassita devono essere
sistematicamente eliminati nei locali o sulle attrezzature. I topicidi, i disinfettanti o altro
devono essere depositati in locali o armadi chiusi a chiave. Questi devono essere utilizzati in
modo da non aver effetti negativi sulle attrezzature, utensili, recipienti e altro.
L'
uso dell'
acqua potabile è d'
obbligo in qualsiasi caso. In via eccezionale è autorizzata l'
uso
dell'
acqua non potabile per il raffreddamento degli impianti, la produzione di vapore, la lotta
antincendio.
Con la legge 169/89 il legislatore italiano stabilisce che il latte per essere chiamato fresco
deve:
- arrivare crudo allo stabilimento e subire il trattamento termico (pastorizzazione) entro
48 ore dalla mungitura
- la pastorizzazione deve essere unica e "dolce" cioè a una temperatura compresa fra i
72° e il punto di ebollizione.
- rispettare una serie di parametri analitici prefissati
In pratica lo scopo della legge è di portare in vendita un prodotto il più simile al latte appena
munto. Nella legge ci sono anche riferimenti al latte UHT cioè al latte sterilizzato.
La disciplina della trasformazione del latte alimentare contenuta nella legge 169, presenta
profili di incoerenza con la disciplina comunitaria sia del regime di scadenza dei prodotti
alimentari in generale, di cui alle direttive 89/395 e 89/396/CEE e al d.lgs. 27 gennaio 1992,
n. 109 di recepimento, sia del regime produttivo del latte alimentare, disciplinato dalle
direttive 92/46 e 92/47/CEE recepite con D.P.R. 14 gennaio 1997, n. 54. Quanto alla
circostanza che la fissazione per legge della scadenza del latte pastorizzato risulti
eccessivamente rigida, può osservarsi che l'
aspetto problematico va individuato nella
circostanza che il vincolo legislativo non consente di adeguare i processi produttivi di
trasformazione del latte crudo alle innovazioni tecniche oggi disponibili, nonché di
valorizzare le produzioni di materia prima, ossia di latte crudo, di qualità. Si rileva infatti da
un lato che le imprese più dinamiche attive nel settore della trasformazione del latte risultano
oggi in grado di produrre latte pastorizzato fresco con una vita più lunga di quanto non sia
stabilito, in via generale, dalla legge. Dall'
altro si osserva che la qualità di latte crudo oggi
disponibile sul mercato nazionale ben consentirebbe la produzione di latte pastorizzato fresco
in grado di tollerare una scadenza sensibilmente superiore ai quattro giorni fissati dal
legislatore. Ma l'
incoerenza sistematica del quadro di riferimento normativo si manifesta in
modo particolarmente evidente, ove si consideri che il citato DPR 54/97 ha introdotto la
possibilità di produrre un latte del tipo pastorizzato ad alta temperatura. Questa tipologia di
prodotto, infatti, in ragione del trattamento termico subito dalla materia prima, risulta
teoricamente in grado di mantenere la propria integrità per un periodo di tempo (10-15 giorni)
ampiamente superiore a quello (4 giorni) imposto dalla citata legge 169/89. Tale
23
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
incongruenza normativa ha di fatto sino ad oggi impedito agli operatori nazionali di produrre
latte pastorizzato ad alta temperatura.
Le limitazioni contenute nell'
assetto normativo vigente costituiscono una delle più importanti
ragioni dell'
attuale rigidità della struttura dell'
offerta - oggi sostanzialmente limitata alle due
tipologie del latte fresco pastorizzato e del latte UHT-, che si traduce altresì in uno svantaggio
per i consumatori.
In conclusione la previsione contenuta all'
art. 5 della legge n. 169/89 non appare più oggi
sorretta da esigenze di interesse generale, mentre al contrario si rivela fonte di distorsioni del
corretto funzionamento del mercato, nonché di gravi forme di discriminazione in grado di
danneggiare la produzione nazionale..
A.9) Protezione degli animali nei trasporti
Riferimenti legislativi
Regg. 411/98, 1040/2003 (che modifica il regolamento 1255/97), Direttive comunitarie
91/628 (modificata dalla Direttiva 95/29) 64/432 (modificata dalla direttiva 97/12 e recepita
con Dlgs196/1999), 90/426, 91/68 (modificata dalla direttiva 2001/10), 92/65, Decisione
298/2001, D.lgs 388/98, D.lgs 532/92 e DPR 233/88.
Contenuti normativi
La decisione 2001/298/CE della Commissione, del 30 marzo 2001, ha modificato gli allegati
delle direttive 64/432/CEE, 90/426/CEE, 91/68/CEE e 92/65/CEE del Consiglio e della
decisione 94/273/CE e integra la direttiva 2001/10/CE, tutte disposizioni queste relative alla
protezione degli animali nel trasporto.
La prima direttiva che introduce disposizione in materia è la n. 91/628. Ai sensi della direttiva
la normativa in questione non è applicata nei seguenti casi:
a) il trasporto è privo di qualsiasi carattere commerciale e ogni animale è accompagnato da
persona fisica che ne ha la responsabilità;
b) gli animali domestici da compagnia accompagnano il loro padrone nel corso di un
viaggio privato;
c) il trasporto è effettuato su una distanza massima di 50 Km dal luogo di inizio a quello di
destinazione dagli allevatori con veicoli agricoli o mezzi di trasporto di loro proprietà;
d) le circostanze geografiche impongano una transumanza regionale senza scopo lucrativo
per alcuni tipi di animali.
Durante il trasporto gli animali devono disporre di uno spazio sufficiente per restare eretti
nella loro posizione naturale. I mezzi di trasporto devono:
- avere barriere che proteggano gli animali dai movimenti;
- essere costruiti in modo da proteggere gli animali dalle intemperie e dalle variazioni
climatiche;
- possedere uno spazio sufficiente per l'
areazione e i movimenti naturali dell'
animale;
- essere muniti di un contrassegno che indichi la presenza di animali vivi, nonché di un
segnale indicante la posizione in cui gli stessi si trovano;
- essere di facile pulitura e muniti di chiusura per impedire che gli animali possano fuggire.
Gli animali devono essere sempre accompagnati, tranne nei seguenti casi:
− se sono trasportati in contenitori sicuri, adeguatamente aerati, forniti di acqua e cibo
sufficiente per un viaggio di durata doppia rispetto a quella effettivamente prevista;
− se il trasportatore assume il compito di guardiano;
24
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
− se il mittente da incarico ad un proprio mandatario di accudire gli animali nei punti
sosta.
Regolamento (CE) n. 1040/2003 del Consiglio, dell’11 giugno 2003, che modifica il
regolamento (CE) n. 1255/97 concerne l’utilizzo dei punti di sosta. Detto regolamento oltre a
stabilire i criteri comunitari per i punti di sosta , adatta il ruolino di marcia previsto
dall'
allegato della direttiva 91/628/CEE, relativa alla protezione degli animali durante il
trasporto e reca modifiche delle direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE e 95/29/CE. Il
regolamento mira a rafforzare i requisiti in materia di polizia sanitaria applicabili ai punti di
sosta, per evitare il verificarsi di epidemie di afta epizootica dovute al mescolarsi degli
animali nei punti di sosta.
La definizione di “trasportatore” si trova nel DLgs 532/92, così come aggiornato dal DLgs
388/98, all’art.2 punto 2: «trasportatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica che, per fini
commerciali e a scopo di lucro trasporta animali per conto proprio o per conto terzi nonché
chi mette a tal fine un mezzo di trasporto a disposizione di terzi.
Il DLgs 532/92 relativo alla protezione degli animali durante il trasporto, responsabilizza in
modo preciso e spesso estremamente vincolante il trasportatore. Il primo passaggio per poter
essere trasportatore è quello di ottenere l’autorizzazione rilasciata dal Servizio Veterinario,
che attesti una sufficiente formazione o esperienza pratica del trasportatore ai fini del
benessere degli animali. Questa autorizzazione è valida per tutti i territori elencati
nell'
allegato I al decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93, ossia per tutta la CE.
Il Regolamento 411 del 1998, sempre in applicazione delle disposizioni contenute nella
direttiva 91/628, stabilisce norme complementari relative alla protezione degli animali
applicabili agli autoveicoli adibiti al trasporto di animali su percorsi di durata superiore a otto
ore. In base alle prescrizioni contenute nell’allegato del regolamento gli animali devono
disporre di una lettiera adeguata che ne garantisca il benessere e la cui quantità possa variare
in funzione, delle specie e del numero di animali trasportati, della durata del percorso, delle
condizioni atmosferiche e consenta un assorbimento e un'
evacuazione adeguati delle
deiezioni.
Inoltre, il veicolo utilizzato deve trasportare una quantità sufficiente di alimenti appropriati
per soddisfare il fabbisogno alimentare di detti animali durante il percorso in questione e
durante il percorso gli alimenti devono essere mantenuti al riparo dalle intemperie e dai
contaminanti quali la polvere, il carburante, i gas di scarico nonché le deiezioni animali.
I veicoli adibiti al trasporto devono essere attrezzati in modo da consentire in qualsiasi
momento un accesso diretto a tutti gli animali trasportati per poterli ispezionare e prestare loro
tutte le cure adeguate, compresi l'
alimentazione e l'
abbeveraggio. Il veicolo deve essere
munito di un sistema di aerazione adeguato, tale da assicurare in permanenza le condizioni di
benessere degli animali trasportati e deve essere provvisto di tramezzi che consentano di
formare compartimenti separati.
Il veicolo deve essere provvisto di un dispositivo che consenta l'
allacciamento ad un punto
d'
acqua durante le soste. Per il trasporto di suini, veicoli devono, in funzione della loro
capacit. di carico, e tenuto conto del numero di animali trasportati, nonché delle tappe previste
durante il percorso, essere provvisti di uno o più serbatoi d'
acqua di capacità sufficiente, per
consentire l'
abbeveraggio degli animali durante il percorso in funzione delle loro esigenze.
La direttiva 64/432/CEE, modificata dalla direttiva 97/12 e recepita nell’ordinamento
nazionale con decreto legislativo 196 del 1999 riguarda i problemi di polizia sanitaria in
materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina. In base alle
25
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
disposizioni contenute nel decreto gli animali i questione possono essere destinati agli scambi
solo se:
a) sottoposti ad un controllo di identità e ad un esame clinico, da parte di un veterinario
ufficiale, nelle ventiquattro ore precedenti la partenza e non presentano segni clinici di
malattia;
b) provenienti da un'
azienda o da una zona non soggette, in relazione alla specie considerata,
a divieti o restrizioni di polizia sanitaria, adottati sulla base di provvedimenti comunitari o
nazionali;
c) identificati conformemente alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 aprile 1996, n. 317, e successive modificazioni, e, per i bovini, quelle di cui al
regolamento (CE) 820/97, e successive modifiche;
d) non destinati, nell'
ambito di un programma nazionale o regionale per l'
eradicazione di
malattie contagiose o infettive, alla macellazione ne'essere soggetti a restrizioni di polizia
sanitaria;
e) non vengono in contatto con altri artiodattili di differente qualifica sanitaria dal momento in
cui lasciano l'
azienda di origine fino all'
arrivo a destinazione;
f) trasportati mediante mezzi di trasporto conformi alle prescrizioni di cui al decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 532, e successive modificazioni;
g) accompagnati durante il trasporto verso il luogo di destinazione da un certificato conforme.
Il certificato deve essere provvisto di un numero di serie, costituito da un unico foglio e
qualora sia necessario più di un foglio, comunque devono formare un documento unico non
divisibile, deve essere rilasciato il giorno dell'
esame clinico degli animali ed essere redatto
almeno in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di destinazione (ha una validita'di 10
giorni a decorrere dalla data del citato esame clinico).
Allo stesso modo la Direttiva 90/426/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, disciplina le
condizioni di polizia sanitaria degli equidi negli scambi e nei movimenti di provenienza dei
paesi terzi.
A.9.1) Protezione dei bovini nei trasporti
Nelle tabelle che seguono sono riportate le superfici
bestiame e per i vari tipi di trasporto.
Trasporto ferroviario e stradale
Categoria
Peso dell’animale (kg)
Vitelli d'
allevamento
55
Vitelli medi
110
Vitelli pesanti
200
Bovini medi
325
Bovini
di
grande 550
dimensione
Bovini di grandissime >700
dimensioni
Trasporto aereo
Categoria
Peso (kg)
Vitelli
50
70
Bovini
300
500
26
minime necessarie per categoria di
Superficie per animale (mq)
0,30 - 0,40
0,40 - 0,70
0,70 - 0,95
0,95 - 1,30
1,30 - 1,60
>1,60
Superficie per animale (mq)
0,23
0,28
0,84
1,27
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Trasporto marittimo
Peso (kg)
200 - 300
300 - 400
400 - 500
500 - 600
600 - 700
Superficie per animale (mq)
0,81 - 1,0575
1,0575 - 1,305
1,305 - 1,525
1,525 - 1,8
1,8 - 2,025
Per le femmine in gestazione va previsto un 10% in più di spazio.
A.9.2) Protezione di ovini e caprini nei trasporti
Nelle tabelle che seguono sono riportate le superfici minime necessarie per categoria di
bestiame e per i vari tipi di trasporto.
Trasporto ferroviario e stradale
Categoria
Peso (kg)
Superficie per animale (mq)
Montoni tosati
<55
0,20 - 0,30
>55
>0,30
Montoni non tosati
<55
0,30 - 0,40
>55
>0,40
Pecore
in
gestazione <55
0,40-0,50
avanzata
>55
>0,50
Capre
<35
0,20-0,30
35-55
0,30-0,40
>55
0,40-0,75
Capre
in
gestazione <55
0,40-0,50
avanzata
>55
>0,50
Trasporto aereo
Peso (kg)
Superficie per animale (mq)
25
0,20
50
0,30
75
0,40
Trasporto marittimo
Peso (in Kg)
Superficie in mq per
animale
20-30
0,241-0,265
30-40
0,265-0,290
40-50
0,290-0,315
50-60
0,315-0,34
60-70
0,34-0,39
Sia nel trasporto ferroviario, che in quello stradale, la superficie al suolo sopra indicata può
aumentare in base alla razza, allo stato fisico e alla lunghezza degli animali, nonché del
viaggio. Per piccoli agnelli, può essere prevista una superficie pari a 0,2 mq per animale.
A.9.3) Protezione dei suini nei trasporti
Trasporto ferroviario e stradale
Tutti i suini devono potersi coricare e restare naturalmente in posizione eretta. La densità di
carico dei suini del peso di 100 Kg non dovrebbe essere superiore a 235 Kg/mq. In base alla
razza, alle dimensioni e allo stato fisico dei suini, nonché alle condizioni meteorologiche e
27
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
alla durata del viaggio, può essere aumentata la superficie al suolo minima richiesta fino ad un
massimo del 20%.
Trasporto aereo
La densità di carico dovrebbe essere sufficientemente elevata per evitare ferite al decollo,
durante le turbolenze o all'
atterraggio. Si deve, inoltre, tener conto del clima, della durata del
viaggio e dell'
ora di arrivo.
Peso medio (Kg)
Superficie per suino (mq)
15
0,13
25
0,15
50
0,35
100
0,51
Trasporto marittimo
Peso vivo in Kg
Superficie in mq/animale
Fino a 10
0,20
20
0,28
45
0,37
70
0,60
100
0,85
140
0,95
180
1,10
270
1,50
A.9.4) Protezione delle galline ovaiole nei trasporti
Le cifre riportate nella tabella possono variare in base al peso, alle dimensioni, allo stato
fisico dei volatili, alle condizioni meteorologiche e alla durata del tragitto.
Categoria
Pulcini di un giorno
Volatili <1,6 Kg
Volatili <1,6-3 Kg
Volatili 3-5 Kg
Volatili >5 Kg
Superficie
21-25 cmq per pulcino
180-200 cmq/Kg
160 cmq/Kg
500 cmq/Kg
105 cmq/Kg
A.9.5) Protezione dei conigli nei trasporti
Durante il trasporto devono essere a disposizione dei conigli, cibo adatto e acqua in quantità
sufficiente, tranne nei casi di:
− trasporti di durata inferiore alle 12 ore, non tenendo conto dei tempi di carico e di
scarico;
− trasporti portati a termine nelle 72 ore successive alla nascita.
28
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
A.10) Protezione durante la macellazione e/o l'abbattimento
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 93/119, D.lgs 333/98, Legge 526/99.
Contenuti normativi
La presente normativa si applica al trasferimento, alla stabulazione, all'
immobilizzazione, allo
stordimento, all'
abbattimento e alla macellazione degli animali allevati, detenuti per la
produzione di carni, pelli, pellicce o altri prodotti, nonché all'
abbattimento degli animali a fini
di profilassi e lotta contro le malattie infettive e diffuse.
I cavalli, i ruminanti, i suini, i conigli e i volatili da cortile, trasportati nei macelli ai fini della
macellazione, devono essere:
− trasferiti e se necessario stabulati, facendo attenzione alla loro salute;
− alimentati in locali idonei (ventilati ed illuminati) ed atti a ricevere eventuali ispezioni,
in caso non siano macellati entro le 12 ore;
− immobilizzati evitando loro sofferenze e ferite. In generale, tutti gli animali, ad
eccezione dei conigli e dei volatili da cortile, non possono essere legati per le zampe né
sospesi prima dello stordimento o abbattimento, per i bovini, in particolare, è
obbligatoria l'
immobilizzazione con metodo meccanico;
− storditi prima della macellazione o abbattuti istantaneamente secondo i seguenti metodi:
a) stordimento (pistola a proiettile captivo; commozione cerebrale; elettronarcosi;
esposizione al biossido di carbonio);
b) abbattimento (pistola o fucile a proiettile libero; elettrocuzione; esposizione al
biossido di carbonio).
− dissanguati tenendo conto che tale operazione deve avvenire subito dopo lo
stordimento, un animale per volta e con la recisione di una delle carotidi o vasi
sanguigni ad essa collegati.
Gli strumenti, le attrezzature e gli impianti d’abbattimento devono essere progettati, costruiti,
conservati ed utilizzati in modo da assicurare lo stordimento o l'
abbattimento rapido ed
efficace. Deve essere sempre disponibile, inoltre, il materiale di ricambio. Tali strumenti
devono essere sottoposti al controllo del veterinario ufficiale (tutte le operazioni devono
essere effettuate da persone in possesso della preparazione teorica e pratica attestata dall’ASL
competente).
A.11) Marcatura del bestiame
Riferimenti legislativi
Direttiva comunitaria 92/102, regolamenti 494/98, 1760/2000, 1825/2000, DMPA 22
dicembre 1997.
Contenuti normativi
Le regole attuali in materia di identificazione e di registrazione dei bovini sono state fissate
dalla direttiva 92/102/CEE del Consiglio e dal regolamento (CE) n. 820/97. Il DPR del 30
Aprile 1996 n. 317 dispone l'
attuazione della direttiva 92/102/CEE. La normativa prevede che
il servizio veterinario della unità sanitaria locale competente per territorio debba tenere un
elenco, costantemente aggiornato delle aziende che detengono animali, nel quale devono
essere riportate almeno le seguenti indicazioni:
a) la denominazione dell’azienda;
b) il codice d’identificazione aziendale;
29
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
c ) l’ubicazione territoriale dell’azienda con le indicazioni del comune, provincia, località e
codice di avviamento postale;
d) il detentore, specificandone domicilio o residenza, codice fiscale o partita I.V.A.;
e) il responsabile dell’azienda, se diverso dal detentore di cui alla lettera d;
f) le specie degli animali tenute, allevate o commercializzate;
g) per la specie suina, la specificazione del consorzio di tutela della denominazione di origine
dei prosciutti cui l'
azienda abbia eventualmente aderito.
Il responsabile dell'
azienda deve presentare una richiesta di attribuzione del codice di
identificazione aziendale al servizio veterinario territorialmente competente. Il servizio
veterinario attribuisce il codice aziendale recante nell’ ordine le ultime tre cifre del codice
ISTAT del comune ove ha sede l’azienda, la sigla della provincia ove ha sede l’azienda e il
numero progressivo su base comunale assegnato all’azienda. Le aziende continuano a figurare
nell’elenco, finché non siano trascorsi i tre anni consecutivi durante i quali non siano presenti
animali nell’azienda. Il detentore deve tenere presso l’azienda un registro, intestato
all’azienda medesima, composto da pagine numerate progressivamente recanti il timbro del
servizio veterinario competente e la sigla del responsabile del servizio stesso. Il registro per la
specie bovina e bufalina, deve recare almeno le seguenti informazioni: a) il numero di animali
presenti nell’azienda e l’indicazione, per ciascun animale, del marchio di identificazione, del
sesso e della categoria; b) tutte le nascite, tutti i decessi e tutti i movimenti, con menzione
della loro origine o destinazione e della data dell’ evento, indicando in ogni caso, il marchio
di identificazione; tale registrazione è effettuata entro tre giorni dall’evento.
Il registro per la specie suina deve recare almeno le seguenti informazioni: a) il numero degli
animali presenti nell’azienda con l’indicazione del relativo marchio di identificazione e della
categoria; b) tutte le nascite, tutti i decessi e tutti i movimenti con menzione della loro origine
o destinazione e della data dell’evento, indicando in ogni caso il marchio di identificazione,
tale registrazione è effettuata entro tre giorni dall’evento, salvo che per le nascite, che possono
essere registrate entro quindici giorni dal parto.
Il registro per le specie ovina e caprina, deve recare almeno le seguenti informazioni: a) il
numero totale di ovini e di caprini presenti nell’azienda alla data del 15 Marzo di ogni anno;
b) almeno ogni novanta giorni, il numero degli animali femmine presenti che abbiano
raggiunto l’età dodici mesi o abbiano figliato; c) il numero di ovini e caprini entrati o usciti,
con l’indicazione di origine o destinazione, categoria e data dell’avvenuta movimentazione. I
detentori di animali sono obbligati a fornire all’autorità competente, che ne faccia richiesta,
informazioni sull’origine, sull’ identificazione ed, eventualmente, sulla destinazione degli
animali posseduti, detenuti, trasportati, commercializzati o macellati. Il detentore di animali
che devono essere trasferiti da o verso un mercato o un centro di raccolta deve fornire
all’operatore, che sul mercato o nel centro di raccolta, è temporaneamente detentore degli
animali, uno dei documenti di accompagnamento previsti dalle disposizioni vigenti
contenente dati particolareggiati sugli animali, compresi i marchi di identificazione. I registri
e le informazioni, nonché copia del documento di accompagnamento, sono conservati presso
l'
azienda e tenuti a disposizione dell'
autorità competente che ne può fare richiesta per un
periodo di cinque anni.
Gli animali delle specie bovina, bufalina, suina, ovina e caprina devono essere contrassegnati
nell'
azienda di origine, a cura e spese del detentore, con un marchio recante il loro codice di
identificazione che deve contenere la sigla IT che individua lo Stato italiano, il codice
aziendale e il numero progressivo deve essere preceduto da una lettera corrispondente
30
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
all'
anno di nascita. Le caratteristiche dei marchi di identificazione e il sito dove apporli sono
stabiliti, per la specie ivi indicata, negli allegati I, II, III del DPR 317.
I marchi auricolari utilizzati nelle aziende devono essere di materiale inalterabile, leggibili per
l'
intera vita dell'
animale e utilizzabili una sola volta. Marchio e tatuaggio, in ogni caso,
devono essere di natura tale da rimanere sull'
animale senza compromettere il benessere.
L'
apposizione del marchio di identificazione deve avvenire nell'
azienda di origine prima della
movimentazione e comunque entro: a) trenta giorni dalla nascita, per bovini e bufalini; b)
sessanta giorni dalla nascita, per ovini e caprini. L'
identificazione degli animali di tali specie
può non essere effettuata qualora, prima del termine fissato, essi siano inviati direttamente ad
una impianto di macellazione; c) settanta giorni dalla nascita, per i suini.
Gli animali importati da un Paese terzo che abbiano superato i controlli di cui al decreto
legislativo 3 marzo 1993, n. 93 e che rimangono nel territorio comunitario, devono essere
identificati nell'
azienda di destinazione: a) entro trenta giorni dalla data in cui hanno superato
i suddetti controlli; b) comunque prima di ogni successivo spostamento.
Gli animali non possono essere spostati dall'
azienda in cui sono tenuti, allevati o
commercializzati, se non sono identificati e registrati in conformità alle disposizioni vigenti
appena descritte. Il regolamento 494/98 (modificato dal Regolamento 1825/2000) della
Commissione riguarda le modalità d'
applicazione del regolamento 820/97 (modificato dal
10
Regolamento 1760/2000 ), del Consiglio relativo all'
applicazione di sanzioni amministrative
minime nell'
ambito del sistema di identificazione e di registrazione dei bovini. Ai sensi del
regolamento qualora vi siano in un'
azienda uno o più animali per i quali non è soddisfatto
alcuno dei requisiti stabiliti dal regolamento 820/9711 viene imposta una limitazione dei
movimenti di tutti gli animali diretti verso tale azienda o da essa provenienti.
Il Regolamento 1825/2000 della Commissione è stato recepito nell’ordinamento nazionale
con il decreto legislativo del 58/2004,che riguarda l'
etichettatura delle carni bovine e dei
prodotti a base di carni bovine.
In base a quanto stabilito dal regolamento, l'
operatore o l'
organizzazione che commercializza
carni bovine prive in tutto o in parte delle indicazioni obbligatorie è soggetto al pagamento di
una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 euro a 12.000,00 euro. La medesima
sanzione si applica all'
operatore e alla organizzazione che commercializza carni bovine con
indicazioni obbligatorie non corrispondenti al vero. L'
operatore o l'
organizzazione che
commercializza carni bovine utilizzando, oltre alle indicazioni riportate al comma 1,
indicazioni non previste da un disciplinare approvato dalle autorità competenti, ai sensi
dell'
articolo 16, paragrafo 1, del regolamento 1760/2000, è soggetto al pagamento di una
sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000,00 euro a 6.000,00 euro. In caso di recidiva della
violazione è disposta la revoca dell'
approvazione del disciplinare stesso. L'
operatore o
l'
organizzazione che non adotti un sistema idoneo a garantire la veridicità delle informazioni
obbligatorie e facoltative e il nesso tra le carni e l'
animale o il gruppo di animali interessati è
soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa da 1.500,00 euro a 9.000,00 euro.
10
Il Regolamento CE n. 1760 del 17/7/2000 prevede l'
obbligo di etichettatura per le carni bovine e i prodotti a
base di carni bovine in modo da consentire la tracciabilità del prodotto lungo tutte le fasi di produzione e fornire
un'
informazione trasparente al consumatore.
11
Il sistema di identificazione e di registrazione dei bovini comprende i seguenti elementi:
a) marchi auricolari per l'
identificazione dei singoli animali;
b) basi di dati informatizzate;
c) passaporti per gli animali;
d) registri individuali tenuti presso ciascuna azienda.
31
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
L'
operatore o l'
organizzazione che non consente agli esperti della Commissione delle
Comunità europee, alle autorità competenti e agli organismi di controllo, riconosciuti
dall'
autorità competente l'
accesso ai propri locali e a tutta la documentazione è soggetto al
pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000,00 euro a 18.000,00 euro.
L'
operatore o l'
organizzazione che commercializza carni bovine utilizzando indicazioni o
segni che possono ingenerare confusione con le denominazioni previste è soggetto al
pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500,00 euro a 9.000,00 euro.
32
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
SEZIONE 2: SETTORE AGRICOLO IN GENERALE
Sezione 2.1: Ambiente
B.1) Ecosistemi naturali
Riferimenti legislativi
Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, DPR 357/97 (modificato dal D.P.R. 120/2003).
Contenuti normativi
La tutela ambientale costituisce una delle priorità nella politica comunitaria europea, da
perseguire attraverso la salvaguardia della biodiversità e la conservazione degli habitat
naturali, della flora e della fauna selvatiche. Al fine di garantire il mantenimento di uno stato
di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat di specie, le direttive 79/409/CEE
(Dir. Uccelli Selvatici) e 92/43/CEE (Dir. Habitat) del Consiglio Europeo hanno posto
l'
obiettivo di designare delle Zone di Conservazione Speciale.
La direttiva Uccelli Selvatici ha definito criteri per designare le Zone di Protezione Speciale
(ZPS) ed è stata recepita in Italia dalla Legge 157/1992, recepita a sua volta a livello
regionale dalla L.R. n. 27/1998.
La direttiva Habitat ha individuato una serie di habitat (allegato I) e specie (allegato II)
definiti di Importanza Comunitaria, attribuendo ad alcuni di essi un carattere prioritario. Essa
ha definito i criteri per l’identificazione dei Siti di Importanza Comunitaria (pSIC) da parte
degli Stati membri ed ha posto, inoltre, l'
obiettivo di creare la Rete Ecologica Natura 2000,
rete europea di aree (SIC e ZPS) contenenti habitat naturali e seminaturali e specie di
particolare valore biologico ed a rischio di estinzione, all'
interno delle quali attuare delle
opportune azioni di conservazione e salvaguardia della biodiversità.
La Direttiva Habitat è stata recepita a livello nazionale dal D.P.R. 357/1997, modificato ed
integrato dal D.P.R. 120/2003.
In attesa della designazione delle Z.S.C., gli Stati membri (e quindi in Italia anche le Regioni)
hanno l'
obbligo di "mantenere in un soddisfacente grado di conservazione" gli habitat e le
specie presenti in tutti i pSIC. In Puglia sono stati censiti nel 1995, con il programma
scientifico Bioitaly, 77 proposti Siti d'
Importanza Comunitaria e sono state designate, nel
dicembre 1998, 16 Zone di Protezione Speciale. A fine progetto, il Ministero dell'
Ambiente
ha emanato il D.M. 3 aprile 2000, che riporta l'
elenco dei SIC proposti e delle ZPS per ogni
Regione d'
Italia.
La Regione Puglia con Delibera G.R. n. 1157 dell’08/08/2002, pubblicata nel BURP n. 115
dell’11/09/2002, ha approvato la revisione tecnica e la delimitazione per la Regione Puglia
delle zone pSIC e delle ZPS designate, e con la recente D.G.R. n. 1022 del 21/07/2005 (in
corso di pubblicazione sul BURP) ha aggiornato l’elenco generale delle Zone di protezione
Speciale, in esecuzione della Direttiva 79/409/CEE ed in esecuzione della condanna della
Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 20 marzo 2003 ( causa C-378/01).
L’ aggiornamento si è reso necessario per la modifica delle delimitazioni di 4 Zone di
protezione Speciale e, in particolare:
1. Isole Tremiti : ZPS estesa 343 ha di parte terrestre delle Isole Tremiti, totalmente inclusa
nel Parco Nazionale del Gargano;
2. Laghi di Lesina e Varano: ZPS estesa 11.200 ha, quasi del tutto compresa nel perimetro
del Parco Nazionale del Gargano;
3. Promontorio del Gargano: ZPS estesa 70.000 ha che comprende tutte le ZPS già
classificate con ampliamento sino alla coincidenza con la superficie dell’IBA ( Important Bird
33
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Areas); Anche in questo caso i territori interessati sono tutti interni al Parco Nazionale del
Gargano;
4. Paludi presso il Golfo di Manfredonia. ZPS estesa 7.800ha. I territori interessati sono in
parte compresi nel Parco Nazionale del Gargano.
In base alle disposizioni normative contenute nelle direttive comunitarie, e nei loro
recepimenti nazionali e regionali, gli interventi ricadenti negli ambiti territoriali individuati
come pSIC e ZPS sono assoggettati alla Valutazione d'
Incidenza (così come disciplinato
all'
art. 5 del D.P.R. 357\97 e s.m.i.). A livello regionale dette norme sono state recepite nella
L.R. n. 11 del 12 aprile del 2001, Norme sulla Valutazione dell’Impatto Ambientale. Tale
obbligo è stato anche stabilito all'
articolo 41 della Legge Regionale n. 13 del 2000, di
attuazione del POR Puglia.
Informazioni di maggior dettaglio sono riportate nell’Allegato (Normativa relativa ad Aree
naturali Protette e Siti Natura 2000) al Vademecum.
NORMATIVA
COMUNITARIA
NORMATIVA
NAZIONALE
Dir. 79/409/CEE
Protezione uccelli selvatici
L. 157 dell’11/02/92
D.P.R. n. 357 dell'
8/9/97
D.P.R. n. 120 del 12/03/2003
Dir. 92/43/CEE
Conservazione degli habitat
naturali e seminaturali,
nonché della flora e della
fauna selvatica (Natura
2000)
Valutazione di Incidenza
NORMATIVA REGIONALE
D.P.R. n. 357 dell'
8/9/97
D.M. 3 aprile 2000
D.P.R. n. 120 del 12/03/2003
L. n. 394 del 06/12/1991
Legge Quadro sulle
protette
aree
L.R. 27 del 13/08/1998
Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma, per la tutela e la
programmazione delle risorse faunisticoambientali e per la regolamentazione
dell’attività venatoria
L.R. n. 11 del 12/04/2001
Norme sulla valutazione
ambientale
dell’impatto
D.G.R. n. 1157 del 08/08/2002
La regione Puglia ha trasmesso al
Ministero dell’Ambiente la revisione
tecnica delle delimitazioni di pSIC e ZPS
L.R. n. 19 del 24/07/1997, e s.m.i.
Norme per l'
istituzione e la gestione delle
aree naturali protette nella Regione
B.2) Biodiversità
Riferimenti legislativi
Legge 124/94, che recepisce i principi tracciati dalla Convenzione di Rio del 1992.
Contenuti normativi
La Convenzione sulla biodiversità, firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, è stata ratificata
in Italia con Legge n. 124 del 14 febbraio 1994 (e delibera Cipe del 16 marzo 1994,
documento: “Linee strategiche e programma preliminare per l’attuazione della Convenzione
sulla biodiversità in Italia”). Con tale legge l'
Italia conviene di perseguire gli obiettivi di
fondo quali:
− la conservazione della diversità biologica,
− l'
uso durevole dei suoi componenti,
34
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
− la ripartizione giusta ed equa di benefici derivanti dall'
utilizzazione delle risorse
genetiche.
In particolare essa impone di:
− istituire un sistema di zone protette o di zone dove misure speciali devono essere
adottate per conservare la diversità biologica;
− sviluppare le direttive per la selezione, la creazione e la gestione di zone protette o di
zone in cui sia necessario adottare provvedimenti speciali per conservare la diversità
biologica;
− promuovere la protezione degli ecosistemi, degli habitat naturali e del mantenimento
vitale delle popolazioni negli ambienti naturali;
− promuovere uno sviluppo durevole ed ecologicamente razionale nelle zone adiacenti
alle zone protette per rafforzare la protezione di queste ultime;
− riabilitare e risanare gli ecosistemi degradati e promuovere la ricostituzione delle specie
minacciate, per mezzo dello sviluppo e della valorizzazione di piani o di altre strategie
di gestione.
B.3) Desertificazione e siccità
Riferimenti legislativi
Convenzione ONU, Legge 170/97.
Contenuti normativi
La legge 170 ratifica la Convenzione di Parigi delle Nazioni Unite sulla lotta contro la
desertificazione nei paesi gravemente colpiti. I principi introdotti in occasione della
Convenzione sono stati recepiti anche nella Decisione del Consiglio CEE 98/216 (del 9 marzo
1998).
Detta convenzione si prefigge di lottare contro la desertificazione e di attenuare gli effetti
della siccità nei paesi gravemente colpiti, in particolare in Africa, grazie a misure efficaci ad
ogni livello, sostenute da intese internazionali di cooperazione e di partenariato, nell'
ambito di
un approccio integrato volto a contribuire al conseguimento di uno sviluppo sostenibile nelle
zone colpite.
Per lottare la desertificazione bisogna attuare delle attività connesse alla valorizzazione
integrata delle terre colpite e intese a:
a)
prevenire e/o ridurre il degrado delle terre,
b)
ripristinare le terre parzialmente degradate,
c)
restaurare le terre desertificate.
Nella convenzione sono riportate le direttive e le disposizioni, che lo Stato deve adottare per
l'
attuazione efficace degli obiettivi. Parte di essa è dedicata ai paesi della regione del
Mediterraneo settentrionale colpiti da problema della desertificazione e siccità. Al fine di
contrastare le conseguenze dovute a questi fenomeni ogni Stato redige il Piano d’azione
Nazionale. Questo fa parte integrante del quadro della pianificazione strategica per lo
sviluppo sostenibile dei paesi in oggetto.
In detti Piani i paesi possono prevedere misure concernenti:
a)
i metodi d'
utilizzazione delle terre, la gestione delle risorse idriche, la
conservazione del suolo, il genio forestale, le attività agricole e la sistemazione
dei pascoli e dei percorsi;
b)
la gestione e la conservazione della fauna e della flora e di altre forme di diversità
biologica;
35
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
c)
la protezione contro gli incendi forestali;
d)
la promozione di mezzi di sussistenza alternativi;
e)
la ricerca, la formazione e la sensibilizzazione del pubblico.
I paesi colpiti possono elaborare ed eseguire un programma d'
azione subregionale e/o
regionale destinato a completare i programmi d'
azione e a renderli più efficaci. Due o più parti
della subregione possono pure convenire l'
elaborazione di un programma d'
azione congiunto.
B.4) Acqua
Riferimenti legislativi
Direttive comunitarie 91/676 (Nitrati), 98/15 (che modifica la 91/271), 75/440, 76/464, 80/68,
Legge 36/94, D. lgs 152/99 (modificato dal D. lgs 258/2000), Legge 146/94, Legge 319/76,
Legge 183/87, Legge 290/99, Legge 584/94 e D. lgs 275/93
Contenuti normativi
Il Decreto legislativo n. 152 del 1999 (modificato con il D. lgs 258/00) nasce dall'
esigenza di
recepire la Direttiva 91/271 della Comunità, concernente il trattamento delle acque reflue
urbane e la Direttiva 91/676 relativa alla protezione delle acque dall'
inquinamento provocato
dai nitrati provenienti da fonti agricole.
Il decreto 258/00 riprende i principi fondamentali di uso sostenibile dell'
acqua introducendo
alcuni importanti elementi innovativi fra i quali:
− la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi della risorsa;
− la diversificazione delle azioni di tutela in base alla vulnerabilità del territorio;
− la qualità ambientale del corpo idrico (capacità dei corpi idrici di mantenere i processi
naturali), da affiancare agli standard qualitativi richiesti per le specifiche destinazioni
d'
uso. Si mira cioè alla salvaguardia degli ecosistemi acquatici nella loro interezza
(sponde, biota, sedimenti e acque), a prescindere dalla destinazione d'
uso dell'
acqua.
Il settore agricolo è chiamato in causa in relazione all'
inquinamento prodotto sulle acque dalle
attività legate alla coltivazione e da quelle zootecniche.
In particolare occorre che:
1) la pianificazione dell'
uso della risorsa idrica sia improntata al risparmio e al riutilizzo;
2) le Regioni individuino e prevedano misure specifiche nelle aree sensibili e nelle zone
vulnerabili ai nitrati di origine agricola e da prodotti fitosanitari, oltre che in altre zone
di degrado.
Relativamente all'
inquinamento delle acque reflue prodotte dall'
attività agricola e zootecnica,
particolare attenzione è stata posta dal legislatore sulle modalità di smaltimento. In relazione a
questo argomento si riportano le indicazioni, legate alle diverse tipologie aziendali, nelle
tabelle successive.
36
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Tipologia di azienda
Caratteristiche acque reflue
Luogo di Adempimenti amministrativi
scarico
a) Aziende agricole dedite Acque reflue industriali Suolo
− Tutti gli scarichi devono
esclusivamente alla coltivazione assimilabili alle domestiche
essere
preventivamente
del terreno e aziende silvicole.
autorizzati.
− Per scaricare sul suolo o sui
b) Aziende agricole dedite
corpi idrici superficiali è
all'
allevamento che dispongono
necessario
richiedere
almeno di un ettaro di terreno
Corpi
l'
autorizzazione
alla
agricolo, funzionalmente connesso
idrici
Provincia. La domanda di
all'
attività di allevamento: nel caso
autorizzazione deve essere
in cui gli affluenti di allevamento
accompagnata
da
una
contengono al massimo 340 Kg di
relazione sulle caratteristiche
azoto.
quantitative e qualitative
delle acque da scaricare.
c) Aziende precedentemente citate
− Per scaricare nella fognatura
che esercitano anche attività di
pubblica si deve chiedere al
trasformazione e di valorizzazione
Comune, dove è situata
della produzione agricola, inserita
l'
azienda,
l'
autorizzazione
con carattere di normalità nel ciclo
Fognatura
all'
allacciamento alla rete
produttivo aziendale e con materia
pubblica
pubblica.
prima lavorata proveniente per
almeno 2/3 dall'
attività dei fondi di
cui si abbia a qualunque titolo la
disponibilità
Aziende agricole o agroindustriali Acque reflue industriali
Suolo
− Tutti gli scarichi devono
qualificate come insediamenti
essere
preventivamente
produttivi ad eccezione delle
autorizzati; in particolare nel
aziende zootecniche che non
caso di apertura di nuove
originano acque reflue assimilabili
attività,
ampliamento,
alle domestiche.
cambio di destinazione,
Corpi
ristrutturazione,
idrici
trasferimento di attività
superficia
esistenti.
li
− Per scaricare sul suolo o sui
corpi idrici superficiali si
deve
chiedere
l'
autorizzazione
alla
provincia.
− La
domanda
di
autorizzazione deve essere
accompagnata
da
una
relazione in cui sono
riportate le caratteristiche
qualitative e quantitative
delle acque da scaricare.
37
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
a)
b)
c)
d)
Aziende con allevamento Acque reflue industriali
zootecnico di tipo familiare a
scopo di autoconsumo.
Aziende con allevamento
zootecnico che producono
soltanto letame o materiale
assimilabile.
Aziende con allevamenti
bovini, equini ed ovi-caprini
fino a 10 UBA o 20 UBA nel
caso di animali al pascolo per
almeno 4 mesi.
Tutte le altre aziende di
allevamento zootecnico, ad
eccezione delle precedenti,
che producono liquame
Suolo
agricolo
Frantoi oleari che utilizzano Acque reflue vegetali o di Suolo
agricolo
agronomicamente le acque di sansa
vegetazione
nei
limiti
di
accettabilità della legislazione
vigente: a) per le acque di
vegetazione provenienti da frantoi
a ciclo tradizionale il limite è 50
metri cubi per ettaro di superficie
interessata nel periodo di un anno;
b) per le acque di vegetazione
provenienti da frantoi a ciclo
continuo il limite è 50 metri cubi
per ettaro di superficie interessata
nel periodo di un anno.
L'
applicazione al terreno degli
affluenti
di
allevamento
zootecnico è soggetta a
comunicazione
preventiva
(almeno 30 gg. prima). In
particolare: 1) per le aziende al
punto a e b è sufficiente
denunciare
l'
attività
alla
Provincia; 2) per le aziende al
punto c è necessaria la denuncia
e la comunicazione preventiva
alla provincia; 3) per le aziende
al punto d è necessario fare la
denuncia, la comunicazione
preventiva
e
richiedere
l'
autorizzazione allo scarico alla
provincia. La domanda di
autorizzazione deve essere
accompagnata da una relazione
in cui sono riportate le
caratteristiche qualitative e
quantitative delle acque da
scaricare.
Per poter scaricare le acque
reflue vegetali o di sansa sul
suolo agricolo è necessario
effettuare la comunicazione al
Sindaco del Comune dove sono
ubicati i terreni, almeno 30 gg.
prima. La comunicazione è
accompagnata da una relazione
redatta da un agronomo, perito
agrario iscritto all'
albo e deve
riguardare
l'
assetto
pedogeomorfologico
e
idrologico del suolo agricolo
sul quale spandere.
La più recente direttiva 98/15/CE ha lo scopo di mettere termine alle differenze di
interpretazione degli Stati membri relativamente ai requisiti per gli scarichi provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane. In essa si precisa che:
• la possibilità di utilizzare medie giornaliere dei valori di concentrazione di azoto totale
concerne sia gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) compreso tra 10 000
e 100 000 sia quelli con un numero di a.e. superiore a 100 000;
• la condizione concernente la temperatura dell'
effluente nel reagente biologico e la
limitazione del tempo operativo che tiene conto delle condizioni climatiche regionali si
applica solo al metodo "alternativo" che utilizza le medie giornaliere;
• l'
utilizzazione del metodo "alternativo" deve garantire lo stesso livello di protezione
dell'
ambiente come la tecnica delle medie annue.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
B.5) Rifiuti
Riferimenti legislativi
Direttive comunitarie 91/156, 91/689 (rifiuti pericolosi) e 94/62 (imballaggi e rifiuti di
imballaggio), 75/442 - D. lgs 22/97 (modificato dal Dlgs 389/97 e Dlgs 173/98), DM 5
febbraio 1998, DM 471/99, DM 406/98, Legge 128/98.
Contenuti normativi
La materia dei rifiuti è disciplinata dal provvedimento Ronchi, che tende alla graduale
riduzione nella produzione dei rifiuti e all'
aumento della quantità di raccolta differenziata. Il
decreto fissa un preciso ordine di priorità nelle attività di gestione dei rifiuti, privilegiando la
prevenzione, il riciclaggio ed il recupero di materia prima rispetto al trattamento termico dei
rifiuti e allo smaltimento, che deve costituire un'
opzione residuale.
Sono esclusi dal campo di applicazione gli affluenti gassosi emessi nell'
atmosfera, in quanto
disciplinati da altre disposizioni legislative. Inoltre, sono esclusi: i rifiuti radioattivi e quelli
risultanti dalla prospezione, dall'
estrazione, dal trattamento, dall'
ammasso di risorse minerali o
dallo sfruttamento delle cave; le carogne, le materie fecali ed altre sostanze naturali non
pericolose utilizzate nell'
attività agricola ed in particolare i materiali litoidi o vegetali
riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici e le terre da
coltivazioni provenienti dalla pulizia dei prodotti vegetali eduli.
I rifiuti del settore agricolo e agroindustriale, disciplinati dal Decreto Ronchi, sono quindi tutti
classificati come rifiuti speciali e pericolosi.
I rifiuti pericolosi - sono tali i rifiuti provenienti da produzione (agrochimici, rifiuti della
produzione primaria, scarti vegetali, feci animali, urine e letame e rifiuti della silvicoltura), da
trattamenti e preparazioni di alimenti in agricoltura, orticoltura, caccia, pesca ed acquacoltura.
Tali rifiuti vanno raccolti e successivamente consegnati a terzi autorizzati (elenco delle ditte
reperibile presso la Camera di Commercio). Devono essere consegnati con cadenza almeno
bimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito o quando il quantitativo in deposito
raggiunge i 10 metri cubi. Il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il
quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi indipendentemente dalle quantità.
L'
imprenditore agricolo e agroindustriale può:
a) autosmaltire, raccogliendo e avviando i rifiuti alle operazioni di recupero o
smaltimento con cadenza almeno trimestrale, ovvero quando il quantitativo di rifiuti
non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi. Il termine di deposito
temporaneo è di 1 anno, nel caso il quantitativo dei rifiuti in deposito non superi i 20
metri cubi nell'
anno;
b) conferire a terzi autorizzati o a soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta
rifiuti urbani con i quali è stipulata una convenzione. L'
elenco dei soggetti atti al
servizio è reperibile presso la Camera di Commercio della propria provincia;
c) spedire oltre frontiera, assoggettandosi alla disciplina dettata dallo Stato che riceve i
rifiuti.
Il decreto legislativo 389/1997 modifica ed integra il decreto legislativo 22/1997 in materia di
rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio. Ai sensi del decreto i
rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento
con cadenza almeno bimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in
alternativa, quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i 10 metri cubi; il
termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito
non supera i 10 metri cubi nell'
anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
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temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori. I rifiuti non pericolosi
devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza
almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa,
quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine
di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non
supera i 20 metri cubi nell'
anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito
temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori (per quanto riguarda i
rifiuti non pericolosi è stato emanato il Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 che individua i
rifiuti non pericolosi, sottoposti a procedure più semplificate di recupero ai sensi degli articoli
31 e 33 del decreto legislativo 22/1997).
I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione delle reti e
delle utenze diffuse svolte dai soggetti pubblici e privati titolari di diritti speciali o esclusivi ai
sensi della direttiva 93/38/CE attuata con il decreto legislativo 158/1995, che installano e
gestiscono, direttamente o mediante appaltatori, reti ed impianti per l'
erogazione di forniture e
servizi di interesse pubblico, possono essere tenuti, nell'
ambito della provincia dove l'
attività è
svolta, presso le sedi di coordinamento organizzativo o altro centro equivalente comunicato
preventivamente alla provincia medesima.
Vi è, inoltre il decreto legislativo 173 del 1998, relativo al contenimento dei costi di
produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, che all’articolo 3 contiene
delle disposizione sullo smaltimento dei rifiuti in agricoltura. Ai sensi dell’articolo per
agevolare il conferimento di piccole quantità di rifiuti pericolosi agli appositi centri di
raccolta organizzati dal gestore del servizio pubblico, da concessionari di pubblico servizio o
da consorzi obbligatori, l'
iscrizione all'
albo di cui all'
articolo 30 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, non è richiesta per il trasporto ai predetti centri delle seguenti tipologie e
quantità di rifiuti effettuato direttamente dai produttori agricoli:
a) due accumulatori esausti per singolo trasporto;
b) quindici litri di olio esausto per singolo trasporto;
c) cinque contenitori di prodotti fitosanitari per singolo trasporto.
Gli imprenditori agricoli sono tenuti ad effettuare la comunicazione al catasto, ai sensi degli
articoli 11 e 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, dall'
anno successivo a quello di
entrata in vigore dell'
apposito modello di registro di carico e scarico di cui all'
articolo 18,
comma 2, lettera m), del citato decreto legislativo n. 22/1997, e per i rifiuti prodotti dalla data
medesima.
Il Decreto Ministeriale 471 del 25 ottobre 1999 è il regolamento tecnico di attuazione
dell'
art.17 del D.Lgs 22/97. Il decreto fissa i criteri e le procedure amministrative da seguire
nella bonifica dei siti contaminati e definisce i valori limite di concentrazione per il
suolo/sottosuolo e per le acque superati i quali il sito in oggetto dovrà essere considerato
inquinato. Nel caso del suolo, i limiti sono fissati in funzione della destinazione d'
uso (verde
pubblico e privato – residenziale- siti ad uso commerciale – industriale). Inoltre, individua le
procedure per il prelievo e l'
analisi dei campioni i criteri per la redazione del progetto di
bonifica e i criteri per gli interventi di messa in sicurezza d'
emergenza, bonifica e ripristino
ambientale, per le misure di sicurezza e messa in sicurezza permanente.
Il Decreto Ministeriale 406/98 disciplina le modalità e le condizioni per l’iscrizione all’albo
nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti. In particolare l’articolo 11 del
individua gli elementi che concorrono a formare i requisiti di idoneità tecnica e di capacità
finanziaria dell’impresa.
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B.6) Tutela del suolo nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura
Riferimenti legislativi
Direttiva 86/278, D. lgs 99/92.
Contenuti normativi
La direttiva è intesa a disciplinare l'
utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, in
modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'
uomo,
incoraggiando nel contempo la corretta utilizzazione di questi fanghi, a condizione che venga
garantita la tutela delle salute dell'
uomo e dell'
ambiente.
I fanghi devono essere trattati prima di essere utilizzati in agricoltura. Gli Stati membri
possono tuttavia autorizzare, secondo le condizioni da essi definite, l'
utilizzazione di fanghi
non trattati in caso di iniezione o di interramento nel suolo.
Gli Stati membri vietano l'
utilizzazione dei fanghi o la consegna dei fanghi per la loro
utilizzazione:
a) sui pascoli o sulle colture foraggere, qualora su detti terreni si proceda al pascolo o
alla raccolta del foraggio prima che sia trascorso un certo periodo. Questo periodo,
fissato dagli Stati membri, tenendo tra l'
altro conto della loro situazione geografica e/o
climatica, non può comunque essere inferiore a tre settimane;
b) sui terreni destinati all'
orticoltura e alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente
a contatto diretto col terreno e sono normalmente consumati crudi, nei dieci mesi
precedenti il raccolto e durante il raccolto stesso.
I fanghi devono essere analizzati, di norma, almeno ogni sei mesi. Qualora intervengano dei
cambiamenti nella qualità delle acque trattate, la frequenza delle analisi deve essere
aumentata. Se nel corso di un anno i risultati delle analisi non presentano variazioni
significative, i fanghi devono essere analizzati regolarmente almeno ogni dodici mesi.
Gli Stati membri stabiliscono la frequenza delle analisi successive in base ai risultati della
prima analisi, agli eventuali cambiamenti intervenuti nella natura delle acque reflue trattate e
ad ogni altro elemento pertinente.
B.7) Codice di buona pratica agricola
Con decreto del Ministero per le politiche agricole del 19 aprile 1999, l’Italia ha ottemperato
all’obbligo imposto con la direttiva CEE 91/676 di predisporre il proprio Codice di buona
pratica agricola (CBPA).
Il CBPA, introdotto in Italia, ha l’obiettivo di contribuire a realizzare una maggiore
protezione di tutte le acque dall’inquinamento da nitrati riducendo l’impatto ambientale
prodotto dall’attività agricola attraverso una più attenta gestione del bilancio dell’azoto e
attraverso la realizzazione di modelli di agricoltura economicamente e ambientalmente
sostenibili.
Esso delinea le norme generali da rispettare nelle procedure di coltivazione e di allevamento,
lasciando alle Regioni la possibilità di approfondirle e specificarle a seconda delle peculiarità
e delle esigenze dei territori regionali o locali.
Il DM citato stabilisce che il codice deve essere obbligatoriamente applicato dagli agricoltori
solo nel caso in cui i loro terreni ricadano nelle aree vulnerabili all’inquinamento da nitrati,
individuate dalle rispettive amministrazioni regionali, quindi oggetto delle misure restrittive
illustrate negli specifici programmi di azione, altrimenti la sua applicazione è a discrezione
degli stessi agricoltori.
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Per la Regione Puglia attualmente sono in corso le procedure per la delimitazione e la
designazione delle zone vulnerabili all’inquinamento da nitrati, ai sensi del D. Lgs. 152/99.
Su queste aree, al termine dell’iter previsto per la designazione, entrerà in vigore l’obbligo di
osservanza del CBPA. Pertanto, appare utile suggerire agli agricoltori di considerare da subito
il CBPA un utile documento con il quale confrontarsi nelle scelta delle pratiche agricole più
rispettose dell’ambiente12.
12
Il DM, contenente il CBPA, è stato pubblicato nella GU n. 95 del 22 aprile 2000.
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Sezione 2.2: Sicurezza nelle aziende
B.8) Sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro e nelle aziende agricole
Riferimenti legislativi
Direttive comunitarie 89/391, 89/654, 89/655, 89/656, 90/269, 90/270, 90/394 (modificata
dalla direttiva 99/38), 91/383, Dlgs 626/94, Dlgs 242/96 e Dlgs 277/91.
Contenuti normativi
Il decreto legislativo 626/94 (applicativo della direttiva comunitaria 89/391) prescrive misure
per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di
attività, privati o pubblici.
Esso impone anche all’imprenditore agricolo o datore di lavoro delle responsabilità, legate
all'
obbligo di determinare i rischi a cui sono esposti i propri dipendenti e di attuare, di
conseguenza, le misure di prevenzione e protezione tese al miglioramento delle condizioni
lavorative.
La molteplicità e l’eterogeneità dei diversi lavori colturali in agricoltura determina la
molteplicità e l’eterogeneità delle situazioni di rischio così come la varietà delle forme di
conduzione delle aziende, la polverizzazione e dispersione di queste nel territorio, la
variabilità del terreno (soprattutto in riferimento alle pendenze e alle caratteristiche fisicochimiche), le sistemazioni fondiarie, l’età lavorativa degli addetti.
Un importante compito del datore di lavoro è quello di mettere a punto un documento sulla
valutazione dei rischi aziendali. A tal fine è indispensabile seguire e attuare le seguenti fasi:
− definizione della valutazione dei rischi
− raccolta delle informazioni
− individuazione dei fattori di rischio o pericoli
− individuazione dei lavoratori esposti
− stima dell’entità delle esposizioni
− stima della gravità degli effetti che ne possono derivare
− stima della probabilità che tali effetti si manifestino
− verifica della disponibilità di misure tecniche, organizzative, procedurali, per eliminare
o ridurre l’esposizione e/o il numero degli esposti
− verifica dell’applicabilità di tali misure
− definizione di un piano per la messa in atto delle misure individuate
− verifica dell’idoneità delle misure in atto
− definizione dei tempi e dei modi per la verifica e/o l’aggiornamento della valutazione
− redazione del documento.
Le informazioni necessarie al completamento del processo valutativo vanno reperite nella
stessa azienda in riferimento ai seguenti argomenti:
− denunce di impianti e verifiche periodiche
− registro delle manutenzioni ordinarie e straordinarie
− schede di sicurezza di sostanze/prodotti/ apparecchiature/impianti
− schede tecniche e manuali operativi di macchine e impianti
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− risultati di precedenti indagini condotte sulla sicurezza e sull’igiene del lavoro inclusi
verbali di prescrizione degli organi di vigilanza
− risultati di eventuali misurazioni di igiene industriale (es. valutazione rumore D.Lgs
277/91)
− casi di malattia professionale, accertati o sospetti, verificatisi in azienda
− dati sugli infortuni (registro) (considerare la dinamica dell’accaduto)
− informazioni su eventi accidentali che non hanno prodotto danni alle persone (“infortuni
mancati”) (considerare la dinamica dell’accaduto)
− elenco e caratteristiche dei dispositivi di protezione individuale forniti ai lavoratori
− modalità pratiche di fornitura/ manutenzione/ ricambio dei dispositivi di protezione
individuale
− partecipazione a corsi di formazione e addestramento
− planimetria dei fabbricati e dei terreni
− eventuali misurazioni ambientali
− presenza di schede tecniche compilate in riferimento ad altri adempimenti di legge.
I fattori di rischio o pericoli, che in agricoltura provocano la maggior parte degli infortuni e la
maggior parte delle malattie da lavoro, possono essere determinati in relazione a:
1. caratteristiche del territorio aziendale
2. condizioni igieniche degli ambienti confinati
3. luoghi di lavoro e di passaggio
4. impianti
5. macchine, apparecchi e utensili
6. agenti chimici, gas e vapori
7. polveri minerali e vegetali
8. agenti cancerogeni
9. agenti biologici
10. rumore
11. vibrazioni mano braccio
12. vibrazioni a tutto il corpo
13. radiazioni solari
14. micro - macro clima
15. movimentazione manuale dei carichi e posture
Oltre al documento di valutazione dei rischi, il datore di lavoro/imprenditore deve, se
necessario, realizzare nella sua azienda quegli interventi di prevenzione sui citati fattori di
rischio necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori. In particolare egli deve:
1. attuare la formazione professionale e l’informazione a vantaggio dei lavoratori, dei loro
rappresentanti, dei componenti il Servizio di prevenzione e protezione dell’azienda,
2. imporre l’uso dei dispositivi di protezione individuali a tutti i lavoratori,
3. provvedere ad una razionale organizzazione del lavoro,
4. attuare la sorveglianza sanitaria.
B.8.1) Caratteristiche del territorio aziendale
I fattori di rischio, collegati alle caratteristiche del territorio aziendale, possono dipendere da:
− pendenze,
− spazi di lavoro,
− capezzagne,
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− dislivelli, fosse, terrazze,
− situazione idrogeologica.
Per poter fare una stima del rischio relativamente agli addetti più esposti diventa importante:
− esaminare il registro degli infortuni;
− esaminare gli eventuali “infortuni mancati”;
− esaminare la situazione dei terreni in cui sono presenti le colture;
− valutare se gli spazi di manovra per le macchine sono sufficienti;
− valutare lo stato di manutenzione delle strade poderali.
Infine, il datore di lavoro o l'
imprenditore agricolo è tenuto a prevedere delle misure di
miglioramento, possibilmente attuabili, tipo le seguenti:
− programmare gli interventi per migliorare i luoghi di lavoro dove devono operare le
macchine (es. manutenzione delle strade poderali e miglioramento dei collegamenti tra i
corpi poderali; aumento degli spazi di manovra ai lati delle colture e degli spazi tra i
filari; disposizione delle colture in modo da poter effettuare la lavorazione a rittochino);
− adeguare la coltura alla tipologia del terreno;
− segnalare le zone con rischi particolari e prevedere percorsi a minor rischio;
− prevedere che gli eventuali appezzamenti da mettere a riposo o a set aside siano quelli
più pendenti;
− in caso di lavorazioni da compiere su terreni a rischio scegliere i mezzi più appropriati.
B.8.2) Impianti
I fattori di rischio collegati agli impianti sono connessi a eventuali incendi, esplosioni,
elettrocuzioni, ecc..
Le misure da attuare per prevenire tali rischi possono essere:
− richiedere puntualmente agli organi competenti la verifica periodica degli impianti;
− programmare i controlli periodici dei diversi impianti da parte di tecnici qualificati per
adeguarli alle norme di buona tecnica e verificarne il funzionamento, con particolare
riguardo ai dispositivi di sicurezza;
− programmare gli eventuali interventi di manutenzione dei dispositivi di sicurezza.
B.8.3) Macchine, apparecchiature e utensili
In questo caso i fattori di rischio sono legati in particolare alla tipologia della macchina/
apparecchio/utensile utilizzato. Per ciascuna macchina, quindi, occorre predisporre una
documentazione nella quale indicare il numero e il nominativo dei lavoratori addetti e
registrare tutte le informazioni che possono essere utili, come:
− esaminare il registro degli infortuni;
− esaminare gli eventuali “infortuni mancati”;
− esaminare gli eventuali dati bibliografici (dati INAIL o altre fonti);
− considerare le reali condizioni d’uso.
Le misure di prevenzione da adottare sono le seguenti:
− programmare nel tempo la sostituzione del parco macchine, preferendo l’acquisto di
macchinari muniti di marchio CE e migliori dal punto di vista dell’igiene e sicurezza;
− programmare la manutenzione delle macchine indicando la periodicità dei controlli da
effettuare in azienda o in officina in base alle ore lavorate;
− programmare l’addestramento adeguato e specifico dei lavoratori all’uso idoneo e
sicuro delle attrezzature;
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− responsabilizzare gli utilizzatori delle macchine a segnalare guasti e rotture;
− controllare periodicamente l’efficienza dei dispositivi di protezione;
− organizzare il lavoro in modo che le macchine e le attrezzature siano utilizzate solo da
personale esperto ed idoneo dal punto di vista sanitario, prevedendo intercambiabilità
per le lavorazioni particolarmente faticose o prolungate;
− adottare opportuni accorgimenti nella scelta dei tempi di realizzazione delle diverse
operazioni di lavoro.
B.8.4) Agenti chimici, gas e vapori
I fattori di rischio collegati a tali elementi sono:
− l'
uso di prodotti fitosanitari, in serra, in pieno campo, per la conservazione delle derrate;
− l'
uso di antisettici o batteriostatici per le mucose e la cute - (es. fenolo, disinfettanti,
detergenti), per le operazioni di mungitura meccanica, assistenza al parto;
− l'
uso di antisettici o batteriostatici (es. formalina o formaldeide) per gli ambienti e per i
ricoveri zootecnici;
− l'
uso di disinfestanti chimici (presidi medico chirurgici) nei ricoveri zootecnici, nei
depositi per alimenti e per mangimi, nei depositi per rifiuti, nei depositi in genere;
− l'
uso di altre sostanze utilizzate per funzioni varie: solventi, lubrificanti, coloranti.
Per ciascun gruppo di agenti chimici, di cui è stata verificata la presenza o l'
impiego in
azienda, occorre individuare il numero e il nominativo dei soggetti esposti, ovvero gli addetti
alla manipolazione degli stessi.
È inoltre indispensabile per ciascun prodotto e sostanza di uso deliberato, per le quali è stata
verificata una condizione di esposizione dei lavoratori, indicare:
− natura e composizione (principio attivo, coformulanti, stato fisico, frasi di rischio
riportate in etichetta, ecc.);
− frequenza e durata dell'
operazione lavorativa che espone a rischio;
− quantitativi stoccati e utilizzati mensilmente;
− modalità di esposizione in relazione alle possibili vie di contatto;
− modalità di esposizione in relazione alla pericolosità dell'
operazione da compiere;
− presenza di misure di prevenzione.
Le misure di prevenzione, che possono essere adottate, sono:
− sostituire i prodotti utilizzati con prodotti a minor tossicità;
− migliorare l’areazione nei locali con possibile sviluppo di agenti nocivi;
− definire le procedure in grado di prevenire lo sviluppo di agenti nocivi;
− adottare le corrette procedure per effettuazione di ciascuna operazione che esponga a
rischio;
− addestrare all'
uso corretto dei dispositivi di protezione individuali;
− formare ed informare i lavoratori;
− adottare idonei dispositivi di scarico;
− controllare periodicamente gli apparecchi di produzione di calore.
B.8.5) Polveri minerali e vegetali
In questo caso i fattori di rischio derivano dall’uso di:
a) polveri inorganiche (lavori meccanici della terra);
b) polveri organiche animali (forfora, peli, crini, escrementi, ecc.);
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c) polveri organiche vegetali (cereali, foraggi, pollini, ma anche polveri prodotte con le
operazioni di movimentazione degli insilati, macinazione e preparazione mangimi,
alimentazione del bestiame lavorazioni fiori recisi);
d) miceti ed actinomiceti (derivanti dalle operazioni di movimentazione degli insilati,
alimentazione del bestiame, operazioni di vasetteria);
e) endotossine batteriche e aflatossine: (derivanti dalle operazioni di pulizia lettiera e
animali).
Per ciascun tipo di polvere di cui si è verificata la presenza in azienda occorre individuare
numero e nominativo dei soggetti esposti (es. addetti alle mansioni sopra indicate, ecc.).
Le misure di prevenzione da attuare sono:
− predisporre idoneo programma di manutenzione, adeguamento e sostituzione dei mezzi
meccanici sprovvisti di protezioni adeguate;
− ottimizzare l’areazione nei locali con possibile sviluppo di polveri;
− definire le procedure in grado di prevenire lo sviluppo di polveri (es. adeguate
procedure di pulizia locali, ecc);
− predisporre e verificare l'
impiego e la manutenzione dei dispositivi di protezione
individuali;
− organizzare il lavoro per la riduzione dei tempi di esposizione.
B.8.6) Agenti cancerogeni
Le disposizioni normative si applicano a:
1. sostanze o preparati a cui sia stata attribuita la frase “rischio R45 o R49”, classificati
nell’allegato I della Direttiva CEE 67/548;
2. sostanze o preparati, processi produttivi o parte di processi produttivi, individuati
nell’allegato VIII del Decreto.
Il datore di lavoro, ai fini dell’individuazione degli agenti cancerogeni, deve tenersi
aggiornato sugli adeguamenti pubblicati sulle Gazzette CEE, che riportano l’elenco delle
sostanze cancerogene (Allegato I della Direttiva CEE n. 67/548).
Il datore di lavoro non dovrebbe accontentarsi di quanto riportato sull’etichetta del prodotto
utilizzato perché un preparato potrebbe essere o venduto (partite in giacenza) riportando in
etichetta frasi di rischio non ancora adeguate agli ultimi aggiornamenti legislativi. Il datore di
lavoro deve quindi richiedere ai produttori le schede di sicurezza dei preparati assicurandosi
che le frasi di rischio siano aggiornate. Sulle schede di sicurezza dei preparati pericolosi sono
riportate: la composizione, le informazioni sui componenti, l'
identificazione dei pericoli,
misure corrette per la manipolazione e lo stoccaggio, l'
informazione tossicologica. In alcuni
casi l’elenco delle sostanze tossicologiche riportato in normativa può essere ampliato con altre
sostanze riportate negli elenchi di agenzie riconosciute a livello internazionale.
Un altro problema rilevante in agricoltura, come peraltro in altre attività lavorative, è che il
rischio può derivare non solo dai principi attivi contenuti nei formulati, ma anche da quella
parte definita “Coformulante” (es. solventi, coloranti, ecc.). Infatti nell’etichetta possono
comparire frasi di rischio dovute alla presenza nel preparato commerciale di altri componenti
diverse dal principio attivo (un esempio è quello dei prodotti contenenti epicloridrina).
Considerando questo aspetto, risulta ancora più importante il rapporto tra utilizzatori e
produttori, giacché questi ultimi dovranno, tramite le schede di sicurezza, fornire notizie sulla
composizione percentuale dei prodotti utilizzati.
Per l’identificazione di un agente cancerogeno in agricoltura è necessario quindi prendere in
considerazione:
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1. i prodotti fitosanitari nella loro completezza (principio attivo e coformulanti);
2. altre sostanze che possono essere utilizzate nel ciclo produttivo, in particolar modo:
coloranti (in floricoltura); solventi (usati impropriamente per la miscelazione o per
pulire parte delle macchine utilizzate); oli lubrorefrigeranti (macchine agricole).
Vi è, inoltre, la Direttiva 99/38 ha modificato la direttiva 90/394/CEE riguardante la
protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'
esposizione ad agenti cancerogeni
durante il lavoro, estendendola agli agenti mutageni.
B.8.7) Agenti biologici
Il problema del rischio biologico in agricoltura è fondamentalmente legato alle malattie di
ipersensibilità.
L’uso deliberato di agenti biologici in agricoltura può essere ricondotto schematicamente
all’uso di:
− prodotti fitosanitari microbici: batteri, funghi e virus (Bacillus Thuringensis subspecies
Kurstaki autorizzato in Italia come prodotto fitosanitario, Bacillus Subtilis, Virus
Noctuelle, ecc.);
− Inoculazione micorrize (di competenza laboratoristica);
− Sviluppo nuove sementi (di competenza laboratoristica);
− Batteri azotofissatori e umificatori (Azobacter chroococcum, Myxobacter cellvibrium e
cytophagum, Bacillus subtilis).
Per quanto sopra si ritiene opportuno che, qualora vengano utilizzati, nella valutazione del
rischio venga indicato l’agente biologico, il periodo, la quantità utilizzata e l’elenco degli
esposti.
B.8.8) Esposizione al rumore
Le disposizioni normative definiscono delle misure finalizzate alla protezione dei lavoratori
contro i rischi per l'
udito e, laddove sia espressamente previsto, contro i rischi per la salute e
la sicurezza derivanti dall'
esposizione al rumore durante il lavoro.
Ai sensi della normativa si intende per:
− esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore (LEP,d), l'
esposizione
quotidiana personale di un lavoratore al rumore espressa in dBA misurata, calcolata e
riferita ad 8 ore giornaliere di lavoro.
− esposizione settimanale professionale di un lavoratore al rumore (LEP,w), la media
settimanale dei valori quotidiani LEP,d , valutata sui giorni lavorativi della settimana.
Il datore di lavoro deve procedere all'
identificazione dei lavoratori13 e dei luoghi di lavoro14
considerati più esposti al rischio.
13
Nel caso si verifica il superamento del livello di esposizione quotidiana personale per almeno un giorno
dell'
addetto (>80dBA), il datore di lavoro deve informare sul rischio derivante da tale esposizione, sui mezzi di
protezione dal rischio e sul controllo sanitario a cui sottoporsi. Se l'
esposizione quotidiana dell'
addetto è
superiore agli 85 dBA il datore deve informare, inoltre, sull'
uso corretto delle attrezzature e deve fornire dei
mezzi personali di protezione dal rumore, effettuando sull'
addetto un controllo sanitario almeno ogni due anni.
Se si superano i 90 dBA, il datore di lavoro deve, inoltre, effettuare il controllo sanitario ogni anno e deve tenere
un registro con iscritti i lavoratori più esposti al rischio e le condizioni di esposizione (artt. 42, 43 3 44 del D.lgs
277/91).
14
Nei luoghi di lavoro che possono comportare, per un lavoratore che svolge la propria mansione per l'
intera
giornata lavorativa, un'
esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA oppure un valore della pressione
acustica istantanea non ponderata superiore a 140 dB (200 Pa) deve essere esposta una segnaletica appropriata,
perché devono essere identificati (art. 41 2° e 3° comma, del D.lgs 277/91).
48
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
La misurazione dei livelli sonori deve essere effettuata ad opportuni intervalli di tempo e ogni
qualvolta vi è un mutamento nelle lavorazioni che influisce in modo sostanziale sul rumore
prodotto, da personale competente. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere
adeguati.
Il datore di lavoro deve redigere e conservare (al fine di poterlo sottoporre al controllo
dell'
organo di vigilanza) un rapporto nel quale sono indicati i criteri e le modalità di
effettuazione della misurazione.
Dopo la valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve fornire i mezzi individuali di
protezione ai lavoratori. Tali mezzi sono considerati adeguati se, correttamente usati e
mantengono un livello di rischio uguale od inferiore a quello derivante da un'
esposizione
quotidiana personale di 90 dBA.
I lavoratori ovvero i loro rappresentanti devono essere consultati per la scelta dei modelli dei
mezzi di protezione.
Se nonostante l'
applicazione delle misure, il LEP,d risulta superiore a 90 dBA od il valore
della pressione acustica istantanea non ponderata risulta superiore a 140 dB (200Pa), il datore
di lavoro deve comunicare all'
organo di vigilanza, entro trenta giorni dall'
accertamento del
superamento, le misure tecniche ed organizzative di prevenzione applicate , informandone i
lavoratori.
Per determinare il livello sonoro, che deriva dall’uso delle macchine agricole si può ricorrere
al criterio di misurazione Leq15. La misurazione deve essere effettuata nelle reali condizioni
operative di lavoro, relative alle fasi colturali di maggior esposizione acustica degli addetti,
considerando sia i tempi di esposizione che la rumorosità delle macchine impiegate.
B.8.9) Vibrazioni mano braccio e a tutto il corpo
Al fine di prevenire i rischi legati alle vibrazioni per l’uso di strumenti/macchina è necessario
indicare il numero dei lavoratori addetti alle attrezzature per ciascun tipo di attrezzo, quindi
valutare l'
entità del rischio derivante dall’uso di strumenti vibranti, in funzione di:
− livelli di vibrazioni (espressi come accelerazione ponderata in m/s2). Tali misure devono
risultare dalla certificazione rilasciata dal costruttore;
− tempo di impiego medio per lavoratore e anzianità lavorativa nella mansione
comportante esposizione a questo rischio;
− interventi di manutenzione e vetustà del mezzo;
− eventuale addestramento specifico effettuato;
− tipo di terreno;
− sinergismo con altri fattori di rischio.
B.8.10) Radiazioni solari
Al fine di prevenire i rischi legati alle radiazioni solari è necessario indicare numero e il
nominativo dei lavoratori particolarmente esposti, in quanto dediti a operazioni prolungate in
pieno campo nella stagione estiva.
I fattori di rischio sono:
a) tempi di permanenza dei lavoratori nelle condizioni suddette;
15
Leq, livello acustico continuo equivalente, che è definito come "il livello continuo che ha il medesimo
contenuto di energia e quindi il medesimo potenziale nocivo per l’udito del livello acustico variabile".
49
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
b) coesistenza di ulteriori elementi di rischio cutaneo (irritanti chimici, allergeni potenziali,
ecc);
c) incidenza di eventuali patologie cutanee croniche o oculari recidivanti già verificatisi;
d) organizzazione del lavoro;
e) indumenti lavorativi.
B.8.11) Micro e macroclima
I fattori di rischi, collegati a tale argomento, sono le sfavorevoli condizioni di temperatura,
umidità, ventilazione in ambiente confinato (microclima) e non (macroclima). Anche in
questo caso, al fine di prevenire il rischio, è necessario indicare il numero e il nominativo dei
lavoratori a maggior esposizione in quanto dediti a operazioni prolungate in condizioni
microclimatiche (serre, magazzini frigoriferi, macchine operatrici, stalle, ecc) e
macroclimatiche (campo aperto, bosco, ecc) sfavorevoli.
B.8.12) Movimentazione manuale di carichi
I fattori di rischio sono legati ai compiti che comportano una movimentazione manuale dei
carichi, pertanto, si devono individuare il numero e il nominativo dei lavoratori che compiono
operazioni di tal genere.
Per la valutazione del rischio legato ad azioni di sollevamento si ritiene valida la procedura di
calcolo NIOSH - USA (National Institute of Occupational Safety and Health).
L’agricoltura è condizionata dal fatto che spesso esistono situazioni dove il carico ha
contenuto instabile ed esistono condizioni microclimatiche sfavorevoli.
L’applicazione delle tabelle di calcolo per azioni di spinta, tiro e trasporto di carichi risulta
altrettanto problematica in quanto quasi sempre in agricoltura le suddette azioni avvengono su
terreno sconnesso e, comunque, non regolare. Si ritiene tuttavia utile applicare le suddette
procedure di calcolo tenendo presente che risultano tendenzialmente sovrastimati i relativi
carichi consigliati.
B.8.13) Informazione e formazione
In seguito alla valutazione dei rischi eseguita, il datore di lavoro deve:
a) informare i lavoratori sui rischi connessi all’attività dell’azienda agricola in generale e
nello specifico delle varie mansioni;
b) fornire indicazioni agli operai sulle misure di sicurezza adottate in relazione ai rischi
valutati, con particolare riferimento alle procedure di pronto soccorso e di evacuazione;
c) formare adeguatamente i lavoratori in caso di assunzione di nuovo personale o
cambiamento di mansione sui rischi connessi allo svolgimento delle stesse ;
d) ripetere l’attività di formazione in caso di introduzione di nuove attrezzature e variazione
dei fattori di rischio;
e) formare in modo particolare il rappresentante dei lavoratori alla sicurezza ed i lavoratori
addetti al pronto soccorso e alla prevenzione incendi.
Nel documento predisposto dal datore di lavoro in ottemperanza al D.Lgs. 626/94 dovrà
pertanto essere indicato il programma di formazione ed informazione dei lavoratori (con
specifica degli argomenti trattati durante i corsi e del periodo di esecuzione di questi ultimi).
In applicazione della direttiva 89/391 sono state emanate, inoltre, le seguenti direttive:
- Direttiva 89/654/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni
minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
- Direttiva 89/655/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa ai requisiti
minimi di sicurezza e di salute per l'
uso delle attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori durante il lavoro.
- Direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni
minime in materia di sicurezza e salute per l'
uso da parte dei lavoratori di attrezzature
di protezione individuale durante il lavoro.
- Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di
salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'
altro rischi
dorso-lombari per i lavoratori.
- Direttiva 90/270/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni
minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su
attrezzature munite di videoterminali.
- La Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991 completa le misure volte a
promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei
lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro
interinale.
B.9) Materiali di moltiplicazione
Riferimenti legislativi
Direttive 92/33, 92/34, 91/682, 93/61, 93/62, 93/48, 93/64, 93/79, 93/49, DM 14 aprile 1997
I contenuti normativi
I materiali di moltiplicazione delle piante ortive e da frutto, nonché i materiali di
moltiplicazione delle piante ornamentali, destinati ad essere impiegati da produttori, possono
esse commercializzati solo se hanno un certo livello qualitativo che ne garantisce: l'
identità
genetica, la sanità , l'
idoneità funzionale.
Le aziende che producono tali materiali devono perciò esser accreditate ossia riconosciute
idonee: questa idoneità viene riconosciuta solo per le aziende produttrici che dimostrano di
applicare al loro sistema produttivo un processo di analisi dei rischi, l'
individuazione dei punti
critici e di superamento degli stessi.
Le direttive riportate nei riferimenti legislativi sono state più volte modificate da direttive
successive, pertanto si riportano i contenuti delle più recenti disposizioni normative,
attualmente in vigore, che disciplinano la materia.
La direttiva 98/56/CE relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle
piante ornamentali è stata recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto Legislativo n. 151
del 2000 In Base alle disposizioni normative, i materiali di moltiplicazione possono essere
commercializzati dai fornitori registrati solo se soddisfano determinati requisiti previsti nello
stesso decreto. I materiali di moltiplicazione all'
atto della commercializzazione devono:
a) essere sostanzialmente esenti, almeno all'
ispezione visiva, da organismi nocivi tali da
comprometterne la qualità, come pure da relativi indizi e sintomi tali da ridurne la possibilità
di utilizzazione;
b) essere sostanzialmente esenti da difetti tali da comprometterne la qualita'come materiali di
moltiplicazione;
c) avere vigore e dimensioni sufficienti per quanto riguarda il loro uso quali materiali di
moltiplicazione;
d) nel caso delle sementi, avere una capacita'germinativa soddisfacente;
51
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
e) se commercializzati con un riferimento alla varietà di cui all'
articolo 8, avere un'
identità e
una purezza varietale soddisfacenti.
Ogni materiale di moltiplicazione che in base a indizi o sintomi apparenti non sia
sostanzialmente esente da organismi nocivi, deve essere immediatamente sottoposto ad un
trattamento appropriato o, se del caso, deve essere eliminato.
I materiali di moltiplicazione degli agrumi devono inoltre:
a) derivare da materiali iniziali che, al controllo, non presentavano alcun sintomo di virus,
organismi simili ai virus o malattie;
b) essere stati controllati risultando sostanzialmente esenti dai sintomi di detti virus,
organismi simili ai virus o malattie sin dall'
inizio dell'
ultimo ciclo vegetativo;
c) in caso di innesto, essere stati innestati su portinnesti non sensibili ai viroidi.
I materiali di moltiplicazione dei bulbi da fiore devono, altresì, derivare direttamente da
materiali che, controllati nella fase di crescita, siano risultati sostanzialmente esenti da
organismi nocivi e malattie, nonché dai relativi indizi e sintomi..
Ai fini dello svolgimento delle attività di commercializzazione dei materiali di
moltiplicazione delle piante ornamentali, i fornitori devono essere iscritti nei registri dei
produttori di cui all'
articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 536. i
fornitori che esercitano attività di produzione dei materiali di moltiplicazione devono:
a) identificare e controllare i punti critici del processo di produzione che influenzano la
qualità dei materiali;
b) conservare, per esame su richiesta dell'
organismo ufficiale responsabile, le informazioni sui
controlli;
c) prelevare, se necessario, campioni da analizzare in un laboratorio con impianti e
conoscenze specialistiche adeguati, riconosciuti idonei;
d) assicurare che i lotti di materiali di moltiplicazione siano identificabili e tenuti separati
durante la produzione.
I materiali di moltiplicazione sono commercializzati in lotti e accompagnati da un'
etichetta o
altro documento rilasciato dal fornitore. Inoltre, possono essere commercializzati con
riferimento alla varietà solamente nei casi seguenti: sia ufficialmente protetta da una privativa
per i ritrovati vegetali ai sensi delle disposizioni relative alla protezione di nuove varietà
(regolamento CE 2100/94 del Consiglio); sia registrata ai sensi dell'
articolo 10 del decreto
legislativo n. 535/92; sia comunemente nota; sia iscritta in un elenco tenuto da un fornitore
con la relativa descrizione dettagliata e la denominazione elaborato conformemente a linee
direttrici internazionali.
Nel caso i materiali sono di importazione da Paesi terzi i fornitori devono assicurare prima
dell'
importazione stessa, che tali materiali presentano garanzie equivalenti, sotto ogni aspetto,
a quelle dei materiali di moltiplicazione disciplinati dal presente decreto, in particolare per
quanto riguarda la qualità, l'
identificazione e gli aspetti fitosanitari. L'
importatore ha poi
l'
obbligo di notificare all'
organismo ufficiale responsabile l'
elenco dei materiali importati.
La direttiva 2003/61/CE in materia di sementi e materiali di moltiplicazione è stata recepita
nell’ordinamento nazionale con il Decreto Legislativo del 13 dicembre 2004, n. 331. Il
decreto stabilisce disposizioni concernenti prove ed analisi sulle sementi di piante foraggere,
sulle sementi di cereali, sui materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, sulle piantine di
ortaggi e sui materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi, sui materiali
di moltiplicazione delle piante da frutto e sulle piante da frutto destinate alla produzione di
frutti, sui materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali, sulle sementi di barbabietole,
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
sulle sementi di ortaggi, sui tuberi-seme di patate, sulle sementi di piante oleaginose e da
fibra.
Si prevedono dei controlli sulle sementi di piante foraggere, di cereali, di barbabietole, di
ortaggi, di piante oleaginose e da fibra e di tuberi-seme di patate, attraverso l’effettuazione di
prove e di analisi comparative, stabilite a livello comunitario, volte ad armonizzare i metodi
tecnici della certificazione e a controllare che le sementi ed i tuberi-seme di patate soddisfano
determinate condizioni. Il controllo è fatto a posteriori su dei campioni, prelevati mediante
sondaggi, e possono includere:
a) sementi e tuberi-seme di patate raccolti in Paesi terzi;
b) sementi e tuberi-seme di patate adatti all'
agricoltura biologica;
c) sementi e tuberi-seme di patate commercializzate per quanto riguarda la conservazione in
situ e l'
utilizzazione sostenibile delle risorse fitogenetiche.
Per quanto riguarda i materiali di moltiplicazione vegetativa della vite le prove e le analisi
comparative riguardano il controllo a posteriori di campioni, prelevati mediante sondaggi,
inclusi quelli riguardanti lo stato sanitario delle piante, di materiali di moltiplicazione
vegetativa della vite immessi sul mercato a norma delle relative disposizioni nazionali e
comunitariee possono includere:
a) materiali di moltiplicazione prodotti in Paesi terzi;
b) materiali di moltiplicazione adatti all'
agricoltura biologica;
c) materiali di moltiplicazione commercializzati nel contesto di misure volte alla
conservazione della diversità genetica.
Per quanto riguarda le prove ed analisi sulle piantine di ortaggi e sui materiali di
moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi, sui materiali di moltiplicazione delle
piante da frutto e sulle piante da frutto destinate alla produzione di frutti e sui materiali di
moltiplicazione delle piante ornamentali sono effettuate prove ed analisi su campioni per
verificare la conformità delle piante e dei materiali di moltiplicazione alle disposizioni
nazionali e comunitarie vigenti anche nel settore fitosanitario. Il controllo è effettuato a
posteriori su campioni, inclusi quelli riguardanti lo stato fitosanitario, di piantine di ortaggi e
di materiali di moltiplicazione di ortaggi, di materiali di moltiplicazione delle piante da frutto
e di piante da frutto destinate alla produzione di frutti, nonché di materiali di moltiplicazione
delle piante ornamentali, immessi sul mercato a norma delle relative disposizioni nazionali e
comunitarie, sia di carattere obbligatorio che facoltativo, e possono includere:
a) materiali di moltiplicazione di ortaggi, di piante da frutto e di piante ornamentali, nonché
piantine di ortaggi e piante da frutto destinate alla produzione di frutti prodotti in Paesi terzi;
b) materiali di moltiplicazione di ortaggi, di piante da frutto e di piante ornamentali, nonché
piantine di ortaggi e piante da frutto destinate alla produzione di frutti adatti all'
agricoltura
biologica;
c) materiali di moltiplicazione di ortaggi, di piante da frutto e di piante ornamentali, nonché
piantine di ortaggi e piante da frutto destinate alla produzione di frutti commercializzati nel
contesto di misure volte alla conservazione della diversità genetica.
53
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
B.10) Prodotti fitosanitari
Riferimenti legislativi
Direttive comunitaria 91/414, 67/548 il D.lgs 194/95, Dlgs 22/97, Legge 362/99, DPR
290/2001 e DPR 223/88.
I contenuti normativi
In particolare si tratta del commercio dei prodotti fitosanitari, che comportano rischi e pericoli
per l'
uomo, gli animali e l'
ambiente, in modo particolare se sono impiegati in modo scorretto.
Essi possono essere immessi in commercio ed utilizzati solo se autorizzati dal Ministero della
sanità che attraverso una Commissione, nominata dal DPR 1255/68, verifica i requisiti di
conformità del prodotto.
Sono vietati la produzione, il magazzinaggio ed il trasporto di prodotti fitosanitari non
autorizzati. Quelli autorizzati devono essere immessi in commercio solo dai titolari delle
autorizzazioni a tutte le condizioni previste nell'
autorizzazione.
L'
imballaggio e l'
etichettatura - i prodotti fitosanitari possono essere immessi al commercio,
solo se imballati in modo da impedire fuoriuscita del contenuto. Sull'
imballaggio deve essere
apposta l'
etichetta, recante alcune indicazioni sulla provenienza del prodotto, la
denominazione commerciale, il nome e l'
indirizzo del titolare dell'
autorizzazione, del
responsabile dell'
imballaggio, dell'
etichettatura e della distribuzione unitamente
all'
indicazione dello stabilimento di produzione. Inoltre, nell'
etichetta deve essere indicato
l'
esistenza di eventuali rischi particolari per l'
uomo, gli animali o l'
ambiente.
L'
impiego degli anti-parassitari - i distributori e gli utilizzatori di anta-parassitari sono tenuti
ad annotare su apposite schede i dati relativi alla vendita o all'
utilizzazione dei prodotti stessi.
Le schede relative alla: "dichiarazione di vendita" devono essere trasmesse dalle ditte
intestatarie delle registrazioni di presidi sanitari, dai distributori e dai venditori nonché da
coloro che effettuano trattamenti per conto terzi, e da ecc., al Ministero per le Politiche
Agricole entro il secondo mese successivo alla fine di ciascun semestre solare. Le schede
relative alla: "dichiarazione dei dati di acquisto e di utilizzazione" da parte degli utilizzatori
dei presidi sanitari, deve essere trasmessa, in triplice copia, entro il 28 febbraio di ogni anno
successivo a quella cui i dati si riferiscono, alle Unità Sanitarie Locali territorialmente
competenti, in relazione al luogo di utilizzazione del prodotto e viene trasmesso una copia al
Ministero delle Politiche Agricole. Gli utilizzatori devono conservare, per i presidi di prima e
seconda classe tossicologica una copia dei moduli di acquisto, mentre per gli acquisti di
presidi appartenenti ad altre classi devono custodire solo la bolla di accompagnamento.
Gli utilizzatori devono effettuare sul registro l'
annotazione dell'
operazione entro 16 giorni
successivi ad essa. Il registro deve essere sottoscritto dall'
utilizzatore, vidimato dalla ASL e
conservato presso la sede dell'
utilizzatore o dell'
Associazione professionale di categoria.
La Direttiva 90/624 (valevole solo per la trasformazione dei prodotti agricoli) riporta le
percentuali massime di residui antiparassitari su e in alcuni prodotti di origine vegetale,
compresi gli ortofrutticoli.
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
B.11) Inquinamento atmosferico
Riferimenti legislativi
Direttive comunitarie 70/220, 72/306, 77/537, 80/779, 82/884, 84/360, 85/203, 87/217, 96/61,
96/62, DPR 203/88, Legge 257/92, D. lgs 372/99, DM 6 settembre 1994, DM 14 maggio
1996
I contenuti normativi
La direttiva 96/61 prevede misure intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le
emissioni di sostanze nocive nell'
aria, nell'
acqua e nel terreno, comprese le misure relative ai
rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'
ambiente nel suo complesso.
I principi generali degli obblighi fondamentali del gestore di un impianto sono:
a) prendere le opportune misure di prevenzione dell'
inquinamento, applicando segnatamente
le migliori tecniche disponibili;
b) non fare verificare fenomeni di inquinamento significativi;
c) evitare la produzione di rifiuti, a norma della direttiva 75/442/CEE, in caso contrario,
questi sono ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono
eliminati evitandone e riducendone l'
impatto sull'
ambiente;
d) utilizzare l'
energia in modo efficace;
e) prendere le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;
f) provvedere affinché sia evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della
cessazione definitiva delle attività ed il sito stesso sia ripristinato in modo soddisfacente.
Le autorità pubbliche devono tenere conto di questi principi prima di concedere
l'
autorizzazione per il funzionamento dell’impianto.
La domanda di autorizzazione deve contenere la descrizione: dell'
impianto, del tipo e della
portata delle sue attività; delle materie prime e secondarie, delle sostanze e dell'
energia usate
o prodotte dall'
impianto; delle fonti di emissione dell'
impianto; dello stato del sito di
ubicazione dell'
impianto; del tipo e dell'
entità delle prevedibili emissioni dell'
impianto in ogni
settore ambientale nonché un'
identificazione degli effetti significativi delle emissioni
sull'
ambiente; della tecnologia prevista e delle altre tecniche per prevenire le emissioni
dall'
impianto oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle; ove necessario, delle misure
di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'
impianto; delle altre misure previste per
ottemperare agli obblighi fondamentali del gestore; delle misure previste per controllare le
emissioni nell'
ambiente. Ogni autorizzazione concessa o modificata deve includere le
modalità previste per la protezione di aria, acqua e terreno.
L'
autorizzazione deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in
particolare quelle elencate nell'
allegato III della direttiva. Per l’aria le sostanze sono: ossidi di
zolfo e altri composti dello zolfo, ossidi di azoto e altri composti dell'
azoto, monossido di
carbonio, composti organici volatili, metalli e relativi composti, polveri, amianto (particelle in
sospensione e fibre), cloro e suoi composti, fluoro e suoi composti, arsenico e suoi composti,
cianuri, sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da
poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell'
atmosfera, poli-cloro-dibenzodiossina (PCDD) e poli-cloro-dibenzo-furani (PCDF). Per l’acqua sono: composti
organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell'
ambiente idrico composti
organofosforici, composti organici dello stagno, sostanze e preparati di cui sono comprovate
proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico
o con il concorso dello stesso, idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti
e bioaccumulabili, cianuri, metalli e loro composti, arsenico e suoi composti e prodotti
55
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
fitofarmaceutici, materie in sospensione, sostanze che contribuiscono all'
eutrofizzazione
(nitrati e fosfati, in particolare), sostanze che esercitano un'
influenza sfavorevole sul bilancio
di ossigeno (misurabili con parametri quali DBO, DCO).
Le autorità competenti devono riesaminare periodicamente e aggiornare, se necessario, le
condizioni dell'
autorizzazione.
Ai sensi dell’allegato I della direttiva si definiscono le categorie di impianti soggetti ai valori
limite comunitari di emissione. Per quanto riguarda gli impianti che possono essere utilizzati
da operatori del settore agricolo si elencano: gli impianti per la concia delle pelli qualora la
capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito; macelli aventi una
capacità di produzione di carcasse di oltre 50 tonnellate al giorno; impianti relativi al
trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari a partire da: materie prime annuali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di
oltre 75 tonnellate al giorno,
- materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300
tonnellate al giorno (valore medio su base trimestrale). Impianti relativi al trattamento e
trasformazione del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno
(valore medio su base annua). Impianti per l'
eliminazione o il ricupero di carcasse e di
residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno. Impianti
per l'
allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: 40.000 posti pollame; 2.000
posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o 750 posti scrofe.
Il DPR 203 contiene delle disposizioni sull’Attuazione delle direttive 80/779/CEE,
82/884/CEE, 84/360/CEE e 85/203/CEE, concernenti norme in materia di qualità dell'
aria,
relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti
industriali. La direttiva successiva 96/62, che ha modificato dei contenuti delle direttive
citate, è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il Decreto legislativo 351 del 1999, con
il quale sono stati definiti i principi per:
a) stabilire gli obiettivi per la qualità dell'
aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre
gli effetti dannosi per la salute umana e per l'
ambiente nel suo complesso;
b) valutare la qualità dell'
aria ambiente sul territorio nazionale in base a criteri e metodi
comuni;
c) disporre di informazioni adeguate sulla qualità dell'
aria ambiente e far sì che siano rese
pubbliche, con particolare riferimento al superamento delle soglie d'
allarme;
d) mantenere la qualità dell'
aria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli altri casi.
Lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali, ciascuno per le proprie
competenze sono responsabili del conseguimento di detti obiettivi e, in particolare, devono
realizzarli attraverso un approccio integrato per la protezione dell'
aria, dell'
acqua e del suolo.
Inoltre, le misure adottate non devono essere in contrasto con la legislazione comunitaria
sulla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro e non devono
avere effetti negativi sull'
ambiente negli altri Stati dell'
Unione europea.
Con il decreto sono stati recepiti:
a) i valori limite e le soglie d'
allarme per gli inquinanti elencati nell'
allegato I16 della direttiva
96/62;
16
ALLEGATO I - ELENCO DEGLI INQUINANTI ATMOSFERICI DA CONSIDERARE NEL QUADRO
DELLA VALUTAZIONE E DELLA GESTIONE DELLA QUALITÀ DELL'
ARIA AMBIENTE - I. Inquinanti
che devono essere esaminati allo stadio iniziale, ivi compresi gli inquinanti disciplinati da direttive comunitarie
esistenti in materia di qualità dell'
aria ambiente. 1. Biossido di zolfo 2. Biossido/ossido di azoto 3. Particelle fini
quali la fuliggine (ivi ompreso PM 10) 4. Particelle in sospensione 5. Piombo 6. Ozono - II. Altri inquinanti
56
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
b) il margine di tolleranza fissato per ciascun inquinante di cui all'
allegato I, le modalita'
secondo le quali tale margine deve essere ridotto nel tempo;
c) il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto;
d) il valore obiettivo per l'
ozono e gli specifici requisiti di monitoraggio, valutazione, gestione
ed informazione.
B.12 Impatto ambientale
Riferimenti legislativi
Direttive 97/11del Consiglio (che modifica la direttiva 85/337/CEE) Legge 349/86, DPR
460/91, DPR 12 aprile 1996, DPCM 3 settembre 1999.
I contenuti normativi
Ai sensi della Direttiva 97/11, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché,
prima del rilascio dell'
autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto
ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia
prevista una valutazione del loro impatto. Possono rientrare i progetti riguardanti l’industria
dei prodotti alimentari: a) la fabbricazione di oli e grassi vegetali e animali; b) la
fabbricazione di conserve di prodotti animali e vegetali; c) la fabbricazione di prodotti
lattiero-caseari; d) industria della birra e del malto; e) la fabbricazione di dolciumi e sciroppi;
f) gli impianti per la macellazione di animali; g) l’industrie per la produzione della fecola; h)
gli stabilimenti per la produzione di farina di pesce e di olio di pesce; i) gli zuccherifici.).
Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche, che possono risentire
dell'
impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare: - dell'
utilizzazione attuale del
territorio; - della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse
naturali della zona; - della capacità di carico dell'
ambiente naturale, con particolare attenzione
alle seguenti zone: zone umide; zone costiere; zone montuose o forestali; riserve e parchi
naturali; zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette
speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; zone
nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione comunitaria sono già
stati superati; zone a forte densità demografica; zone di importanza storica, culturale o
archeologica.
La valutazione dell'
impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per
ciascun caso particolare gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: l'
uomo, la fauna e la flora; - il suolo, l'
acqua, l'
aria, il clima e il paesaggio; - i beni materiali ed
il patrimonio culturale; - l'
interazione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo trattino.
Nei progetti soggetti ad una valutazione dell'
impatto ambientale, il committente deve fornire
nella forma opportuna tutte le informazioni specifiche. Se le informazioni risultano
appropriate, si può avviare la procedura di autorizzazione, tenendo conto delle caratteristiche
peculiari del progetto specifico e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio.
Ogni domanda di autorizzazione nonché le informazioni raccolte devono essere messe a
disposizione del pubblico entro un termine ragionevole per dare la possibilità agli interessati
di esprimere il proprio parere prima del rilascio dell'
autorizzazione.
Le informazioni che il committente deve fornire devono comprendere almeno: - una
descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e
atmosferici 7. benzene 8. Monossido di carbonio 9. Idrocarburi oliaromatici 10. Cadmio 11. Arsenico 12.
Nichel, 13. Mercurio.
57
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
dimensioni; - una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente
compensare rilevanti effetti negativi; - i dati necessari per individuare e valutare i principali
effetti che il progetto può avere sull'
ambiente; - una descrizione sommaria delle principali
alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della
scelta, sotto il profilo dell'
impatto ambientale; - una sintesi non tecnica delle informazioni
indicate nei precedenti trattini.
Il DPR 12 aprile 1996, modificato dal DPCM 3 Settembre 1999, contiene disposizioni
attuative dell'
art. 40, comma 1, della Legge 146 del 22 febbraio 1994, concernente
disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale. Le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano assicurano che l'
attuazione della procedura di valutazione di
impatto ambientale per i progetti indicati negli allegati A e B del DPR avvenga nel rispetto
delle disposizioni della direttiva 85/337/CEE.
Per i progetti di opere o di impianti ricadenti all'
interno di aree naturali protette, le soglie
dimensionali sono ridotte del 50%. Per i progetti elencati nell'
allegato B, che non ricadono in
aree naturali protette, l'
autorità competente verifica, secondo le modalità di cui all'
art. 10 e
sulla base degli elementi indicati nell'
allegato D, se le caratteristiche del progetto richiedono
lo svolgimento della procedura di valutazione d'
impatto ambientale.
La procedura di valutazione di impatto ambientale deve assicurare che:
a) nei processi di formazione delle decisioni relative alla realizzazione di progetti individuati
negli allegati al presente atto siano considerati gli obiettivi di proteggere la salute e di
migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un migliore ambiente alla
qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la
capacità di riproduzione dell'
ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita, di garantire l'
uso
plurimo delle risorse e lo sviluppo sostenibile;
b) per ciascun progetto siano valutati gli effetti diretti ed indiretti sull'
uomo, sulla fauna, sulla
flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'
aria, sul clima, sul paesaggio e
sull'
interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale;
c) in ogni fase della procedura siano garantiti lo scambio di informazioni e la consultazione
tra il soggetto proponente e l'
autorità competente;
d) siano garantite l'
informazione e la partecipazione dei cittadini al procedimento;
e) siano conseguite la semplificazione, la razionalizzazione ed il coordinamento delle
valutazioni e degli atti autorizzativi in materia ambientale.
Lo studio d'
impatto ambientale è predisposto a cura e spese del committente o dell'
autorità
proponente.
La procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi con un giudizio motivato
prima dell'
eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che consente in via definitiva
la realizzazione del progetto e comunque prima dell'
inizio dei lavori.
Tali normative sono state recepite dalla Regione Puglia con la L.R. n. 11 del 12/04/2001
Norme sulla Valutazione dell’Impatto ambientale.
58
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
SEZIONE 3: TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI
C.1 Igiene dei prodotti alimentari (anche con riguardo al trasporto marittimo di oli e di
grassi e liquidi sfusi
Riferimenti legislativi
Regolamento 178/2002, Direttive comunitarie 93/43, 96/3 e il D.lgs 155/97 (d'
applicarsi solo
per la trasformazione dei prodotti, modificato dalla Legge 526/99).
I contenuti normativi
Le disposizioni normative definiscono le procedure da seguire nelle fasi successive alla
produzione, nello specifico la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il
confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o la
fornitura, compresa la somministrazione al consumatore.
In ogni fase devono essere applicate le procedure di sicurezza secondo i principi del sistema
di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP. Il responsabile deve redigere un
documento contenente l'
individuazione delle fasi critiche e delle procedure di controllo, che
intende adottare e le informazione sull'
applicazione di tali procedure, rilevando i punti critici
ed i relativi risultati.
Qualora in seguito all'
autocontrollo si rilevi un rischio per la salute del consumatore, il
responsabile deve dare immediata notizia all'
autorità competente. Il prodotto viene ritirato dal
commercio e resta sotto sorveglianza dell'
autorità sanitaria che provvede alla distruzione o
riutilizzazione per fini diversi dal consumo umano.
L'
azienda di trasformazione può utilizzare in questa fase di autocontrollo il manuale di
corretta prassi igienica. In particolare ai prodotti alimentari si applicano le seguenti
disposizioni: - le materie prime o ingredienti che risultano contaminati non vanno accettate.
Esse devono essere opportunamente conservate e immagazzinate nello stabilimento, in modo
da evitare il deterioramento nocivo e delle contaminazioni; - tutti gli alimenti manipolati,
immagazzinati, imballati e trasportati devono essere protetti da qualsiasi forma di
contaminazione e devono essere conservati a temperature, che non provochino rischi per la
sanità pubblica; - le sostanze pericolose, compresi gli alimenti per animali, devono essere
adeguatamente etichettate e immagazzinate in contenitori separati e ben chiusi.
Le disposizioni più recenti in materia sono contenute nel Regolamento 178/2002 del
Parlamento europeo e del Consiglio. Esso stabilisce i principi e i requisiti generali della
legislazione alimentare, istituisce l'
Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa
procedure nel campo della sicurezza alimentare.
Il regolamento costituisce la base per garantire un livello elevato di tutela della salute umana e
degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti, tenendo conto in particolare della
diversità dell'
offerta di alimenti compresi i prodotti tradizionali, garantendo al contempo
l'
efficace funzionamento del mercato interno. Esso stabilisce principi comuni e competenze, i
mezzi per assicurare un solido fondamento scientifico, procedure e meccanismi organizzativi
efficienti a sostegno dell'
attività decisionale nel campo della sicurezza degli alimenti e dei
mangimi. La legislazione alimentare persegue uno o più fra gli obiettivi generali di un livello
elevato di tutela della vita e della salute umana, della tutela degli interessi dei consumatori,
comprese le pratiche leali nel commercio alimentare, tenuto eventualmente conto della tutela
della salute e del benessere degli animali, della salute vegetale e dell'
ambiente.
59
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
C.1.1 Tenori massimi di talune sostanze contaminanti presenti nelle derrate alimentari
Riferimenti legislativi
Regolamento466/2001
I contenuti normativi
Il Regolamento 466/2001 e successive modifiche definisce i di nitrati, micotossine, metalli
pesanti, 3-MCPD, diossine. La fissazione di tenori massimi per queste sostanze contaminanti
mira a ridurre la presenza di tali sostanze in alcuni prodotti alimentari a livelli minimi che
consentano ragionevolmente l'
applicazione di buoni procedimenti di fabbricazione o agricoli,
al fine di garantire un elevato livello di protezione della salute pubblica, segnatamente per i
gruppi più sensibili della popolazione: bambini, persone allergiche, ecc.
I prodotti alimentari di cui all'
allegato I non devono presentare, al momento della loro messa
in circolazione, tenori di contaminanti maggiori di quelli stabiliti in tale allegato.
I nitrati sono soprattutto presenti nelle verdure (spinaci, lattuga). Per ridurre il tenore di
nitrati in tali verdure, il regolamento prevede l'
obbligo di modificare i metodi di coltura e
l'
applicazione dei codici di buone procedure agricole. I tenori dei nitrati variano molto in
funzione delle condizioni climatiche; alcuni Stati membri sono autorizzati a mettere in
vendita, sui rispettivi territori, spinaci o lattughe che presentano tenori di nitrati superiori a
quelli stabiliti nell'
allegato del regolamento, a condizione che tali quantità restino accettabili
da un punto di vista della tutela della salute pubblica. Il periodo transitorio deve consentire
agli Stati interessati di adottare i provvedimenti necessari al fine di arrivare quanto prima a
valori comuni. Sulla base dei risultati dei controlli svolti dagli Stati membri e delle relazioni
sull'
applicazione dei codici di buone procedure agricole e dei progressi scientifici, la
Commissione procede ogni 5 anni ad un riesame dei livelli dei tenori massimi.
Le aflatossine sono sostanze cancerogene genotossiche che si sviluppano in condizioni di
temperatura e di umidità elevate. Il regolamento stabilisce limiti al livello più basso possibile.
Per alcuni prodotti come le arachidi, i frutti con guscio e la frutta secca ed il mais, viene
riconosciuto che i metodi di cernita o altri trattamenti fisici consentono di ridurre il tenore di
aflatossine. Al fine di ridurre al minimo gli effetti sul commercio, è opportuno fin d'
ora
consentire tenori di aflatossine più elevati per tali prodotti quando essi non sono destinati al
consumo umano diretto ovvero a un'
utilizzazione come ingredienti di un prodotto alimentare.
In questo caso essi devono presentare un'
etichettatura che metta chiaramente in evidenza la
loro destinazione con la dicitura «prodotto destinato ad essere obbligatoriamente sottoposto a
un trattamento di cernita o ad altri trattamenti fisici per ridurre il livello di contaminazione da
aflatossine ».
L'
assorbimento del piombo può rappresentare un grave rischio per la salute pubblica in
quanto può frenare lo sviluppo cognitivo, ridurre le prestazioni intellettuali del bambino e
aumentare la tensione arteriosa e il numero delle malattie cardio-vascolari presso gli adulti.
Pertanto i tenori massimi di piombo dovrebbero essere ridotti ridotti al livello minimo
possibile.
L'
assorbimento del cadmio costituisce un fattore di rischio per l'
essere umano poiché può
portare a disfunzioni renali, problemi ossei e disturbi della riproduzione. Pertanto, i tenori
massimi di cadmio dovrebbero essere ridotti al livello minimo possibile.
Il mercurio può alterare lo sviluppo cerebrale dei lattanti e in presenza di tenori più elevati,
provocare trasformazioni neurologiche nell'
adulto. Il mercurio contamina essenzialmente i
pesci e i prodotti della pesca.
60
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Il monocloro-propano-1,2diol (3 MCPD) si forma in determinate condizioni durante la
trasformazione dei prodotti alimentari. Essa può essere prodotta segnatamente durante la
fabbricazione dell'
ingrediente alimentare salato denominato "proteina vegetale idrolizzata"
con il metodo dell'
idrolisi acida. L'
adattamento dei processi di produzione ha consentito una
diminuzione consistente del 3-MCPD nel prodotto suindicato. Trattandosi di un agente
cancerogeno, è opportuno stabilire limiti ai livelli più bassi possibili.
L'ocratossina A è una micotossina prodotta da vari funghi(delle specie «penicillium» e
«aspergillus»). Essa è naturalmente presente in numerosi prodotti vegetali del mondo intero,
quali i cereali, i chicchi di caffè, il cacao e la frutta secca. La sua presenza è stata quindi
riscontrata in prodotti quali quelli a base di cereali, il caffè, il vino, la birra, il succo d'
uva e
anche in prodotti di origine animale, segnatamente nei rognoni di suini. Alcune indagini sulla
frequenza e sui livelli di presenza dell'
ocratossina A nei campioni di prodotti alimentari e di
sangue umano, indicano che i prodotti alimentari ne sono spesso contaminati. L'
ocratossina A
è una micotossina dalle proprietà cancerogene, nefrotossiche, teratogene, immunotossiche e,
eventualmente, neurotossiche. Essa è stata del pari associata alla nefropatia che colpisce le
persone. L'
ocratossina A può avere una lunga semi-vita nelle persone.
Lo stagno inorganico si può trovare nelle scatole di conserva e di bevande. Esso può
provocare irritazioni gastriche in gruppi sensibili della popolazione (cfr. in appresso la rubrica
Atti connessi).
La patulina è una micotossina prodotta da vari generi di funghi. Essa si può trovare nei
succhi di frutta, specialmente nel succo di mela, nonché in prodotti alimentari ammuffiti:
pane, ecc. (cfr. in appresso la rubrica Atti connessi).
C.2 Controllo ufficiale dei prodotti alimentari
Riferimenti normativi
Direttive 89/397, 93/99, DM 16 dicembre 1993 e Dlgs 123/93, Dlgs 156/97 Regolamento
466/2001
I contenuti normativi
La Direttiva 89/397/CEE del Consiglio riguarda il controllo ufficiale dei prodotti alimentari.
In particolare sono contenute disposizioni volte a definire i principi generali per l'
esecuzione
di tale controllo ufficiale che le autorità competenti devono effettuare sui prodotti alimentari,
sugli additivi alimentari, le vitamine, i sali minerali, gli oligoelementi, altri additivi destinati
ad essere venduti e sui materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con tali prodotti
alimentari.
Il controllo si effettua in modo regolare e nei casi in cui si sospetti la non conformità dei
prodotti. Inoltre, deve essere svolto in modo proporzionato all'
obiettivo da perseguire.
Tale verifica di conformità deve essere estesa a tutte le fasi della produzione, della
fabbricazione, dell'
importazione nella Comunità, della lavorazione, del magazzinaggio, del
trasporto, della distribuzione e del commercio.
Le operazioni da eseguire consistono nell’ispezione, nel prelievo ed analisi di campioni, nel
controllo dell'
igiene del personale, nell’esame del materiale scritto e dei documenti di vario
genere e nell’esame dei sistemi di verifica eventualmente installati dall'
impresa e dei relativi
risultati.
Sono sottoposti ad ispezione: a) lo stato e l'
impiego nelle differenti fasi di cui all'
articolo 4,
paragrafo 3, di terreni, locali, uffici, installazioni e relativo ambiente, mezzi di trasporto,
attrezzature e materiali; b) le materie prime, gli ingredienti, i coadiuvanti tecnologici e gli altri
61
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
prodotti utilizzati per la preparazione e la produzione dei prodotti alimentari; c) i prodotti
semilavorati; d) i prodotti finiti; e) i materiali e oggetti destinati a entrare in contatto con i
prodotti alimentari; f) i prodotti e i procedimenti di pulizia e manutenzione nonché gli
antiparassitari; g) i processi utilizzati per fabbricare o lavorare i prodotti alimentari; h)
l'
etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari; i) i mezzi di conservazione.
Gli agenti incaricati del controllo possono prendere conoscenza del materiale scritto e dei
documenti d'
altro genere in possesso delle persone fisiche utili al controllo.
La direttiva 397 è stata recepita nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 123 del
1993.
Con la direttiva 93/99/CEE (recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo
156/2000) sono state introdotte delle misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei
prodotti alimentari. In particolare sono state introdotte norme concernenti: a) il personale delle
strutture cui compete il controllo ufficiale; b) i requisiti necessari per il funzionamento dei
laboratori adibiti al controllo ufficiale; c) gli organismi responsabili della verifica dei
laboratori adibiti al controllo ufficiale; d) i requisiti e le modalità dei sistemi di verifica dei
laboratori adibiti al controllo ufficiale; e) le procedure relative al sistema di mutua assistenza
amministrativa e di scambio di informazioni nonché alle ispezioni congiunte con gli agenti
dell'
Unione Europea.
In primo luogo l’autorità competente (es. Stato, Regione o altro ente locale) individua le
tipologie del personale delle strutture deputate al controllo ufficiale dei prodotti alimentari tra
cui quello che opera nei campi della chimica, della chimica alimentare, della medicina
veterinaria, della medicina, della microbiologia alimentare, dell'
igiene alimentare, della
tecnologia alimentare e della legislazione nel settore alimentare, tenendo conto, in relazione ai
diversi profili professionali delle caratteristiche e della portata delle attività ispettive, di quelle
relative al prelievo dei campioni ed al controllo analitico. Tale personale, esperto ed
adeguatamente qualificato farà parte delle strutture territoriali della stessa autorità.
I laboratori deputati al controllo ufficiale dei prodotti alimentari dovranno rispettare
determinati criteri: a) esigenze del territorio, in relazione al tipo ed alla consistenza degli
insediamenti produttivi, distributivi e di ristorazione, alla entità degli eventuali flussi di
importazione nonché alla densità di popolazione e al numero degli abitanti; b) esperienza
acquisita; c) dotazione di personale, strutture e strumentazione. Tali laboratori devono essere
valutati e riconosciuti da organismi designati dalle amministrazioni dello Stato, nell'
ambito
della rispettiva competenza. Tali organismi devono valutare il rispetto dei criteri generali
stabiliti dalla norma europea EN 45003 e dei criteri stabiliti dalla norma europea EN 45002.
C.3 Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari
Riferimenti normativi
Direttive 89/396, 2000/13,
I contenuti normativi
La direttiva 89/396 riguarda le diciture o marche che consentono di identificare la partita alla
quale appartiene una derrata alimentare. A livello internazionale, il riferimento alla partita di
fabbricazione o di condizionamento delle derrate alimentari preconfezionate costituisce ormai
un obbligo generalizzato. Pertanto è stato opportuno adottare a livello comunitario le norme,
di carattere generale e orizzontale, che devono presiedere alla creazione di un sistema comune
62
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
di identificazione delle partite alimentari. Ai sensi della direttiva una derrata alimentare può
essere commercializzata solo se accompagnata da un'
indicazione, che consente di identificare
la partita alla quale appartiene la derrata alimentare. Tuttavia, tale disposizione non si applica:
a) ai prodotti agricoli che, all'
uscita dall'
azienda agricola, sono: venduti o consegnati a centri
di deposito, di condizionamento o di imballaggio; avviati verso organizzazioni di produttori o
raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o
trasformazione; b) quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, le derrate alimentari
non sono preconfezionate, sono confezionate su richiesta dell'
acquirente o sono
preconfezionate ai fini della loro vendita immediata; c) alle confezioni o ai recipienti il cui
lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm$.
La partita è determinata in ciascun caso dal produttore, fabbricante o condizionatore del
prodotto alimentare di cui trattasi o dal primo venditore stabilito all'
interno della Comunità.
Le indicazioni devono essere precedute dalla lettera “L”, salvo nel caso in cui si distinguono
chiaramente dalle altre indicazioni di etichettatura.
La direttiva 2000/13/CE (che modifica le direttive 79/112, 89/395) del Parlamento europeo e
del Consiglio del 20 marzo 2000 riguarda il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri concernenti l'
etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la
relativa pubblicità. Essa ha lo scopo di stabilire le norme comunitarie di carattere generale ed
orizzontale applicabili a tutti i prodotti alimentari immessi in commercio. Le norme di
carattere specifico e verticale riguardanti soltanto determinati prodotti alimentari devono
invece essere stabilite nell'
ambito delle disposizioni che disciplinano tali prodotti.
Qualsiasi regolamentazione relativa all'
etichettatura dei prodotti alimentari deve essere
fondata anzitutto sulla necessità d'
informare e tutelare i consumatori. Un'
etichettatura
adeguata concernente la natura esatta e le caratteristiche del prodotto, che consente al
consumatore di operare la sua scelta con cognizione di causa, è il mezzo più adeguato in
quanto crea meno ostacoli alla libera circolazione delle merci.
Le norme di etichettatura devono comportare anche il divieto di indurre in errore l'
acquirente
o di attribuire ai prodotti alimentari proprietà medicamentose. Per essere efficace, tale divieto
deve essere esteso alla presentazione dei prodotti alimentari ed alla relativa pubblicità.
Ai sensi dell’articolo 2 l'
etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere
tali da indurre in errore l'
acquirente, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del
prodotto alimentare e in particolare la natura, l'
identità, le qualità, la composizione, la
quantità, la conservazione, l'
origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di
ottenimento, attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede,
suggerendogli che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i
prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche.
Nell’etichettatura sono obbligatorie le seguenti indicazioni: 1) la denominazione di vendita;
2) l'
elenco degli ingredienti; 3) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti,; 4)
per i prodotti alimentari in imballaggi preconfenzionati, il quantitativo netto; 5) il termine
minimo di conservazione o, nel caso di prodotti molto deperibili dal punto di vista
microbiologico, la data di scadenza; 6) le condizioni particolari di conservazione e di
utilizzazione; 7) il nome o la ragione sociale e l'
indirizzo del fabbricante o del condizionatore
o di un venditore stabilito nella Comunità.
Su ogni prodotto alimentare che sia stato trattato con radicazioni ionizzanti deve figurare la
seguente diciture “irradiato” o “trattato con radiazioni ionizzanti”.
L'
indicazione degli ingredienti non è richiesta nel caso: a) degli ortofrutticoli freschi,
comprese le patate, che non siano stati sbucciati, tagliati o che non abbiano subito trattamenti
63
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
analoghi, delle acque gassificate, dalla cui denominazione si rilevi quest'
ultima caratteristica,
degli aceti di fermentazione provenienti esclusivamente da un solo prodotto di base e purché
non siano stati aggiunti altri ingredienti; b) dei formaggi, del burro, del latte e delle creme di
latte fermentati, purché non siano stati aggiunti ingredienti diversi da sostanze del latte,
enzimi e colture di microrganismi necessari alla fabbricazione o ingredienti diversi dal sale
necessario alla fabbricazione di formaggi che non siano freschi o fusi; c) dei prodotti costituiti
da un solo ingrediente, a condizione che la denominazione di vendita sia identica al nome
dell'
ingrediente, o a condizione che la denominazione di vendita consenta di determinare la
natura dell'
ingrediente senza rischio di confusione.
L'
elenco degli ingredienti è costituito dall'
enumerazione di tutti gli ingredienti del prodotto
alimentare, in ordine di peso descresente al momento della loro utilizzazione. Esso è
preceduto da un'
indicazione appropriata contenente la parola “ingredienti”.
La quantità netta dei prodotti alimentari preconfezionati è espressa: in unità di volume per i
prodotti liquidi, in unità di massa per gli altri prodotti, utilizzando, secondo il caso, il litro, il
centilitro, il millilitro, il chilogrammo o il grammo.
Il termine minimo di conservazione di un prodotto alimentare è la data fino alla quale lo
stesso conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Nel caso
di prodotti alimentari rapidamente deperibili dal punto di vista microbiologico e che, di
conseguenza, possono costituire dopo breve tempo un periodo immediato per la salute umana,
il termine minimo di conservazione è sostituito dalla data di scadenza e deve essere preceduta
dalle parole “da consumare entro”. Le istruzioni per l'
uso di un prodotto alimentare devono
essere indicate in modo da consentirne un'
adeguata utilizzazione.
64
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
D.1) Metodo di produzione biologico
Riferimenti normativi
Regolamenti 1804/99, 2092/91 e 436/2001
I contenuti normativi
L'
agricoltura biologica è un metodo di produzione definito e disciplinato a livello comunitario
dal Regolamento CEE 2092/91 (oggi 436/2001), e a livello nazionale dal D.M. 220/95.
In agricoltura biologica non si utilizzano sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti,
anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere), né Organismi Geneticamente Modificati
(OGM). Alla difesa delle colture si provvede innanzitutto in via preventiva, selezionando
specie resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di coltivazione appropriate come,
per esempio: la rotazione delle colture cioè evitando di coltivare per più stagioni consecutive
sullo stesso terreno la stessa pianta. Così facendo, da un lato si ostacola l'
ambientarsi dei
parassiti, e dall'
altro si sfruttano in modo più razionale e meno intensivo le sostanze nutrienti
del terreno; la piantumazione di siepi ed alberi che, oltre a ricreare il paesaggio, danno
ospitalità ai predatori naturali dei parassiti e fungono da barriera fisica a possibili
inquinamenti esterni; la consociazione, cioè coltivando in parallelo piante sgradite l'
una ai
parassiti dell'
altra.
In agricoltura biologica si usano fertilizzanti naturali. In caso di necessità, per la difesa delle
colture si interviene con sostanze naturali vegetali, animali o minerali. Qualora, comunque, si
rendesse necessario intervenire per la difesa delle coltivazioni da parassiti e altre avversità,
l’agricoltore può fare ricorso esclusivamente alle sostanze di origine naturale espressamente
autorizzate e dettagliate dal Regolamento europeo (con il criterio della cosiddetta “lista
positiva”).
Anche l’allevamento biologico segue le norme dell’Unione Europea, con il Regolamento CE
1804/99, e a livello nazionale con il D.M. n. 91436 del 4 Agosto 2000. Gli animali devono
essere alimentati, secondo il proprio fabbisogno, con prodotti vegetali ottenuti ottenuti
anch'
essi con metodo di produzione biologico, coltivati di preferenza nella stessa azienda o
nel comprensorio in cui l'
azienda ricade. L'
allevamento degli animali con metodo biologico è
strettamente legato alla terra. Il numero dei capi che si possono allevare dipende dalla
superficie di terreno disponibile. I sistemi di allevamento adottati devono soddisfare i bisogni
etologici e fisiologici degli animali. Sono vietati il trapianto degli embrioni e l'
uso di ormoni
per regolare l'
ovulazione eccetto in caso di trattamento veterinario di singoli animali.
L'
impiego di razze ottenute mediante manipolazione genetica è vietato. Il trasporto del
bestiame deve essere quanto più breve possibile ed effettuarsi in modo da affaticare il meno
possibile gli animali. Le operazioni di carico e scarico devono effettuarsi senza brutalità. E'
vietato l'
uso di calmanti durante il tragitto. Il trattamento degli animali al momento della
macellazione o dell'
abbattimento deve limitare la tensione e, nello stesso tempo, offrire le
dovute garanzie rispetto all'
identificazione e alla separazione degli animali biologici da quelli
convenzionali.
E'preferibile allevare razze autoctone, che siano ben adattate alle condizioni ambientali locali,
resistenti alle malattie e adatte alla stabulazione all'
aperto. Le condizioni di allevamento
devono tenere conto del comportamento innato degli animali. In particolare. le strutture per
l'
allevamento devono essere salubri, correttamente dimensionate al carico di bestiame e
devono consentire l'
isolamento dei capi che necessitano di cure mediche. Inoltre devono
essere assicurati sufficiente spazio libero a disposizione degli animali. Per ogni specie e
categoria di animali il Regolamento CE 1804/99 definisce degli spazi minimi che devono
65
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
essere garantiti sia al coperto (in stalle, ricoveri) sia all'
aperto (paddock e altro). La dieta deve
essere bilanciata in accordo con i fabbisogni nutrizionali degli animali. Il 100% degli alimenti
dovrebbe essere di origine biologica controllata. Tuttavia, poiché ci possono essere delle
difficoltà nell'
approvvigionamento di alimenti biologici, è consentito l'
impiego di alimenti
non biologici fino al limite massimo del 10 % per i ruminanti e del 20% per gli altri animali,
calcolati sulla sostanza secca della razione alimentare.
66
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Sintesi dei riferimenti normativi contenuti nel vademecum esplicativo
Sezione 1: Settore zootecnico
Indice delle attività
Normativa di riferimento
Protezione degli animali negli allevamenti
Legge nazionale 623/85 - Decisioni 78/923/CEE e
2000/50/CE - Direttiva comunitaria 98/58
Protezione dei vitelli negli allevamenti
Legge nazionale 623/85 - Decisione 78/923/CEE,
Direttiva comunitaria 98/58 - Direttiva comunitaria
91/629 (modificata dall'
ultima direttiva 97/2 e dalla
Decisione 97/182) - Dlgs 533/92 (modificato dal Dlgs
331/98) – Legge 128/98 – Dlgs 146/2001
Protezione dei suini negli allevamenti
Legge nazionale 623/85, Decisione 78/923/CEE Direttiva comunitaria 98/58 - Direttiva comunitaria
91/630 (modificato dalle direttive 2001/88 e 2001/93)
- Dlgs 534/92
Protezione delle galline ovaiole in batteria negli allevamenti
Legge nazionale 623/85 - Decisione 78/923/CEE,
Direttiva comunitaria 98/58 - Direttiva comunitaria
86/113 (modificata dalla direttiva 88/166) - DPR
233/88
Condizioni e modalità per il riconoscimento e la
registrazione di taluni stabilimenti e intermediari
operanti nel settore dell’alimentazione degli animali.
Condizioni zootecniche genealogiche che disciplinano la
commercializzazione degli animali di razza
Direttiva 95/69 del Consiglio (che modifica le
direttive 70/524, 74/63, 79/373 e 82/471), 98/92,
Legge 281/63, Dlgs 123/99, Direttiva 1999/74 del
Consiglio, Direttiva 2002/4
Direttiva 91/174, Decreto legge 529/92
Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione
Direttiva comunitaria 96/22
ormonica nelle produzioni animali.
Misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli Direttive comunitarie 76/895, 96/23, 86/363, 97/71,
animali vivi e nei loro prodotti.
2001/48, 2002/76 e 2002/79 (che modificano le
direttive 86/362 90/642 e 94/30), 94/29, Regolamento
645/2000, Dlgs 336/99, DM 9 agosto 1995, DM 12
agosto 1995, DM 16 luglio 1999, DM 23 dicembre
1992, DM 30 luglio 1993, DM 22 gennaio 1998
Commercializzazione di carni fresche e di prodotti a base Le Direttive comunitarie 64/433, 72/462, 77/99,
91/497, 91/498, 92/5, 97/76, Dlgs 286/94, Legge
di carni
1073/71, Dlgs 71/2000.
Requisiti della produzione per la commercializzazione di Direttiva comunitaria 91/495 – DPR 559/92 – DPR
364/96 – DPR 18/98
carni di coniglio e selvaggina di allevamento
Requisiti della produzione per la commercializzazione di Direttiva comunitaria 71/118 (modificata dalla
Direttiva 92/116) – DPR 495/97 - Direttiva
carni fresche di volatili da cortile
comunitaria 89/437, Dlgs 65/93
Requisiti della produzione per la commercializzazione del Direttive comunitarie 92/46, 92/47, 89/362 - DPR
54/97 – RD 994/29 – Legge 169/89
latte
Direttiva comunitaria 91/628 (modificata dalla
Direttiva 95/29 - Dlgs 388/98 - Regg. 411/98,
1255/97, 1040/2003, Direttive comunitarie 91/628
(modificata dalla Direttiva 95/29) 64/432, 90/426,
91/68, 92/65, Decisione 298/2001, Dlgs 388/98, Dlgs
532/92 e DPR 233/88.
Protezione degli animali nei trasporti
67
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Protezione dei bovini nei trasporti
Protezione degli ovini e caprini nei trasporti
Protezione dei suini nei trasporti
Direttiva comunitaria 91/628
Direttiva 95/29 - Dlgs 388/98
Protezione delle galline ovaiole nei trasporti
(modificata
dalla
Protezione dei conigli nei trasporti
Direttiva comunitaria 93/119 - Dlgs 333/98
Protezione durante la macellazione e/o l'abbattimento
Sezione 2: Settore agricolo in generale
Ambiente naturale
Direttiva 85/337/CEE – D.P.C.M. 377 del 10/08/88 DPR del 12/04/96 - Direttiva comunitaria 79/409 Direttiva comunitaria 92/43 - DPR 357/97
Biodiversità
Legge 124/94
Desertificazione e siccità
Legge 170/97
Acqua
Direttive comunitarie 91/271,a 91/676, 98/15 (che
modifica la 91/271), 75/440- Legge 146/94 - Dlgs
152/99, Legge 152/99, Legge 146/94, DM 19 aprile
1999, Legge 36/94, Legge 319/76, Legge 183/87,
Legge 290/99, Legge 584/94 e Dlgs 275/93
Rifiuti
Direttive comunitarie 91/156, 91/689 (rifiuti
pericolosi) e 94/62 (imballaggi e rifiuti di
imballaggio), 75/442 - Dlgs 22/97 (modificato dal
Dlgs 173/98), Dlgs 389/97, DM 5 febbraio 1998, DM
406/98, DM 471/99, DM 23 marzo 2001, Legge
128/98.
Tutela del suolo nell'utilizzazione
depurazione in agricoltura
dei
fanghi
di
Direttiva comunitaria 86/278 - Dlgs 99/92
Direttiva comunitaria 91/676
Codice di buona pratica agricola
Sicurezza nelle aziende agricole
Caratteristiche del territorio aziendale
Impianti
Macchine, apparecchiature e utensili
Agenti chimici, gas e vapori
Polveri minerali e vegetali
Agenti cancerogeni
Direttive comunitarie 89/361, 89/654, 89/655, 89/656,
90/269, 90/270, 90/394, 91/383, Dlgs 626/94, Dlgs
242/96 e Dlgs 242/91.
Agenti biologici
Esposizione al rumore
Vibrazione mano, braccio e a tutto il corpo
Radiazioni solari
Micro e macroclima
Movimentazione manuale di carichi
Informazione e formazione
68
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Materiale di moltiplicazione
Direttive 92/33, 92/34, 91/682, 93/61, 93/62, 93/48,
93/64, 93/79, 93/49, DM 14 aprile 1997
Prodotti fitosanitari
Direttive comunitaria 91/414, 67/548 il Dlgs 194/95,
Dlgs 22/97, Legge 362/99, DPR 290/2001 e DPR
223/88
Inquinamento
Direttive comunitarie 70/220, 72/306, 77/537, 80/779,
84/360, 82/884, 85/203, 96/61, 96/62, 87/217 DPR
203/88, Legge 257/92, Dlgs 372/99, DM 6 settembre
1994, DM 14 maggio 1996
Impatto ambientale
Direttive 97/11del Consiglio (che modifica la direttiva
85/337/CEE) Legge 349/86, DPR 460/91, DPR 12
aprile 1996, Legge 574/96, DPCM 1 settembre 2000.
Igiene dei prodotti alimentari
Regolamento 178/2002, Direttive comunitarie 93/43,
96/3 e il Dlgs 155/97 (d'
applicarsi solo per la
trasformazione dei prodotti), Legge 526/99,
Regolamento 466/2001.
Controllo ufficiale dei prodotti alimentari
Direttive 89/397, 93/99, DM 16 dicembre 1993 e Dlgs
123/93, Dlgs 156/97
Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti Direttive 89/396, 2000/13, 92/102, Regolamento
494/98, DMPA 22 dicembre 1997
alimentari
Regolamenti 1804/99, 2092/91 e 436/2001
Metodo di produzione biologica
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Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Elenco delle disposizioni normative
Riferimento normativo
Numero e data di pubblicazione
Legge nazionale 623/85
GU n. 266 del 12 novembre 1985
Decisione 78/923/CEE
GUCE L 323 del 17 novembre 1978
Direttiva comunitaria 98/58
GUCE L 221 dell’8 agosto 1998.
Direttiva comunitaria 91/629
GUCE L 340 dell’11 dicembre 1991
(modificata dall'
ultima direttiva 97/2)
GUCE L 025 del 28 gennaio 1997
(modificata dalla Decisione 97/182)
GUCE L 076 del 18 marzo 1997
Dlgs 533/92
GU n. 7 dell’11 gennaio 1993
(modificato dal Dlgs 331/98)
GU n. 224 del 25 settembre 1998
Direttiva comunitaria 91/630
GUCE L 340 dell’11 dicembre 1991
Dlgs 534/92
GU n. 7 dell’11 gennaio 1993
Direttiva comunitaria 86/113
GUCE L 340 del 2 dicembre 1987
(modificata dalla direttiva 88/166)
GUCE L 030 del 1 gennaio 1989
DPR 233/88
GU n. 150 del 28 giugno 1988
Direttiva comunitaria 96/22
GUCE L 125 del 23 maggio 1996
Direttiva comunitaria 96/23
GUCE L 125 del 23 maggio 1996
Direttiva comunitaria 91/495
GUCE L 268 del 24 settembre 1991
Direttiva comunitaria 71/118
GUCE L 055 del 8 marzo 1971
(modificata dalla Direttiva 92/116)
GUCE L 062 del 15 marzo 1993
Direttiva comunitaria 92/46
GUCE L 268 del 14 settembre 1992
Direttiva comunitaria 92/47
GUCE L 268 del 14 settembre 1992
DPR 54/97
GU n. 59 SO 54L del 12 marzo 1997
Direttiva comunitaria 91/628
GUCE L 340 dell’11 dicembre 1991
(modificata dalla Direttiva 95/29
GUCE L 148 del 30 giugno 1995
Dlgs 388/98
GU n. 262 del 9 novembre 1998
Direttiva comunitaria 93/119
GUCE L 340 del 31 dicembre 1993
Dlgs 333/98
GU n. 226 del 28 settembre 1998
Direttiva comunitaria 79/409
GUCE L 103 del 25 aprile 1979
Direttiva comunitaria 92/43
GUCE L 206 del 22 luglio 1992
70
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
DPR 357/97
GU n. 248 del 23 ottobre 1997
Legge 124/94
GU n. 44 del 23 febbraio 1994
Legge 170/97
GU n. 142 del 20 giugno 1997
Direttiva comunitaria 91/271
GUCE L 135 del 30 maggio 1991
Direttiva comunitaria 91/676
GUCE L 375 del 31 dicembre 1991
Legge 146/94
GU n. 52 del 4 marzo 1994
Dlgs 152/99
GU n. 124 SO 101 del 29 maggio 1999
Direttiva comunitaria 91/156
GUCE L 078 del 26 marzo 1991
Direttiva comunitaria 91/689
GUCE L 377 del 31 dicembre 1991
Direttiva comunitaria 94/62
GUCE L 365 del 31 dicembre 1994
Dlgs 22/97
GU n. 278 SO 237L del 28 novembre 1997
Direttiva comunitaria 86/278
GUCE L 181 del 19 luglio 1986
Dlgs 99/92
GU n. 38 del 15 febbraio 1992
Dlgs 626/94
GU SO 265 del 12 novembre 1994
Decisione 2000/50/CE
GUCE L 19/51 del 25 gennaio 2000
Legge 128/98
GU n. 104del 7 maggio 1998
Dlgs 146/2001
GU n. 95 del 24 aprile 2001
Dir. 2001/88
GUCE L 316 del 1 dicembre 2001
Dir. 2001/93
GUCE L 316 del 1 dicembre 2001
Direttiva 95/69 del Consiglio (che modifica le
direttive 70/524, 74/63, 79/373 e 82/471)
GUCE L 332 del 30 dicembre 1995
Direttiva Comunitaria 98/92
GUCE L 346 del 22 dicembre 1998
Legge 281/63
GU n. 281 del 15 febbraio 1963
Dlgs 123/99
GU n. 303 del 27 aprile 1993
Direttiva 1999/74 del Consiglio
GUCE L 203 del 3 agosto 1999
Direttiva 2002/4
GUCE L 30 del 31 luglio 2002
Direttiva 91/174
GUCE L 85 del 5 aprile 1991
Decreto legge 529/92
GU n. 7 del 11 gennaio 1993
Direttiva Comunitaria 76/895
GUCE L 340 del 9 dicembre 1976
Direttiva Comunitaria 86/363
GUCE L 221 del 7 agosto 1986
Direttiva Comunitaria 97/71
GUCE L 347 del 18 dicembre 1997
71
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Direttiva Comunitaria 2001/48
GUCE L 180 del 3 luglio 2002
Direttiva
Comunitaria
2002/79
(che
modificano le direttive 86/362 90/642 e
94/30)
GUCE L 291 del 28 ottobre 2002
Direttiva Comunitaria 2002/76
GUCE L 240 del 7 settembre 2002
Direttiva Comunitaria 94/29
GUCE L 189 del 23 luglio 1994
Regolamento 645/2000
GUCE L 78 del 29 marzo 2000
Dlgs 336/99
GU n. 230 del 30 settembre 1999
DM 9 agosto 1995
GU n. 252 del 27 ottobre 1995
DM 12 agosto 1995
GU n. 252 del 27 ottobre 1995
DM 16 luglio 1999
GU n. 176 del 29 luglio 1999
DM 23 dicembre 1992
GU n. 305 del 30 dicembre 1992
DM 30 luglio 1993
GU n. 182 del 5 agosto 1993
DM 22 gennaio 1998
GU n. 78 del 3 aprile 1998
GUCE L 121 del 29 luglio 1964
Direttiva Comunitaria 64/433
Direttiva Comunitaria 72/462
Direttiva Comunitaria 77/99
Direttiva Comunitaria 91/497
Direttiva Comunitaria 91/498
Direttiva Comunitaria 92/5
Direttiva Comunitaria 97/76
Dlgs 286/94
Legge 1073/71
Dlgs 71/2000
GUCE L 302 del 31dicembre 1972
GUCE L 26 del 31gennaio 1977
GUCE L 268 del 24 settembre 1991
GUCE L 268 del 24 settembre 1991
GUCE L 57 del 2 marzo 1992
GUCE L 10/25 del 16 gennaio 1998
GU n. 111 del 14 maggio 1994
GU L 319 del 18 dicembre 1971
GU n. 74 del 29 marzo 2000
DPR 559/92
GU n 28 del 4 febbraio 1993
DPR 364/96
GU n 160 del 10 luglio 1996
DPR 18/98
GU n 33 del 10 febbraio 1998
DPR 495/97
GU n 20 del 26 gennaio 1998
Direttiva comunitaria 89/437
GUCE L 212 del 22 luglio 1989
Dlgs 65/93
GU n. 64 del 18 marzo 1993
Reg. 411/98
GUCE L 52 del 21 febbraio 1998
Reg. 1255/97
GUCE L 5174 del 2 luglio 1997
72
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Reg. 1040/2003
GUCE L 151/21 del 19 giugno 2003
Direttiva comunitaria 91/628 (modificata GUCE L 340 del 11 dicembre 1991
dalla Direttiva 95/29)
GUCE L 148 del 30 giugno 1995
Direttiva comunitaria 64/432
GUCE L 121 del 29 luglio 1964
Direttiva comunitaria 90/426
GUCE L 224 del 18 agosto 1990
Direttiva comunitaria 91/68
GUCE L 46 del 19 febbraio 1991
Direttiva comunitaria 92/65
GUCE L 268 del 14 settembre 1992
Decisione 298/2001
GUCE n. L 102 del 12 aprile 2001
Dlgs 532/92
GU n. 7 del 11 gennaio 1993
DPR 233/88
GU n. 150 del 28 giugno 1988
Direttiva comunitaria 98/15 (che modifica la
91/271)
GUCE n. L 67 del 7 marzo 1998
Direttiva comunitaria 75/440
GUCE n. L 194 del 25 luglio 1975
Legge 152/99
GU n. 124 del 29 maggio 1999
Legge 146/94
GU n. 52 del 4 marzo 1994
DM 19 aprile 1999
GU n. 102 del 4 maggio 1999
Legge 36/94
GU n. 14 del 19 febbraio 1994
Legge 319/76
GU n. 141 del 29 maggio 1976
Legge 183/87
GU n. 109 del 13 maggio 1987
Legge 290/99
GU n. 195 del 20 agosto 1999
Legge 584/94
GU n. 255 del 31 ottobre 1994
Dlgs 275/93
GU n. 182 del 5 agosto 1993
Direttiva comunitaria 75/442
GUCE n. L 194 del 25 luglio 1975
Dlgs 173/98
GU n. 129 del 5 giugno 1998
Dlgs 389/97
GU n. 261 del 8 novembre 1997
DM 5 febbraio 1998
GU n. 88 del 16 aprile 1998
DM 406/98
GU n. 276 del 25 novembre 1998
DM 471/99
GU n. 293 del 15 dicembre 1999
DM 23 marzo 2001
GU n. 126 del 1 giugno 2001
Legge 128/98
GU n. 104 del 7 maggio 1998
Direttiva comunitaria 89/361
GUCE L 153 del 6 giugno 1989
Direttiva comunitaria 89/654
GUCE L 393 del 30 dicembre 1989
73
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Direttiva comunitaria 89/655
GUCE L 393 del 30 dicembre 1989
Direttiva comunitaria 89/656
GUCE L 393 del 30 dicembre 1989
Direttiva comunitaria 90/269
GUCE L 156 del 21 giugno 1990
Direttiva comunitaria 90/270
GUCE L 156 del 21 giugno 1990
Direttiva comunitaria 90/394
GUCE L 196 del 26 luglio 1990
Direttiva comunitaria 91/383
GUCE L 206 del 29 luglio 1991
Dlgs 242/96
GU n. 104 del 6 maggio 1996
Dlgs 277/91
GU n. 200 del 27 agosto 1991
Direttive 92/33
GUCE n. 157 del 10 giugno 1992
Direttive 92/34
GUCE n. 157 del 10 giugno 1992
Direttive 91/682
GUCE n. 376 del 31 dicembre 1991
Direttive 93/61
GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993
Direttive 93/62
GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993
Direttive 93/48
GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993
Direttive 93/64
GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993
Direttive 93/79
GUCE n. 256 del 14 ottobre 1993
Direttive 93/49
GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993
DM 14 aprile 1997
GU n. 148 del 27 giugno 1997
Direttive comunitaria 91/414
GUCE n. 230 del 19 agosto 1991
Direttive comunitaria 67/548
GUCE n. 196 del 16 agosto 1967
Dlgs 194/95
GU n. 122 del 27 maggio 1995
Dlgs 22/97
GU n. 38 del 15 febbraio 1997
Legge 362/99
GU n. 247 del 20 ottobre 1999
DPR 290/2001
GU n. 165 del 18 luglio 2001
DPR 223/88
GU n. 146 del 23 giugno 1988
Direttiva comunitaria 70/220
GUCE n. 76 del 6 aprile 1970
Direttiva comunitaria 72/306
GUCE n. 190 del 20 agosto 1972
Direttiva comunitaria 77/537
GUCE n. 220 del 29 agosto 1977
Direttiva comunitaria 80/779
GUCE n. 229 del 30 agosto 1980
Direttiva comunitaria 84/360
GUCE n. 188 del 16 luglio 1984
Direttiva comunitaria 82/884
GUCE n. 378 del 31 dicembre 1982
Direttiva comunitaria 85/203
GUCE n. 87 del 27 marzo 1985
74
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Direttiva comunitaria 96/62
GUCE n. 296 del 21 novembre 1996
Direttiva comunitaria 87/217
GUCE n. 85 del 28 marzo 1987
DPR 203/88
GU n. 140 del 16 giugno 1988
Legge 257/92
GU n. 87 del 13 aprile 1992
Dlgs 372/99
GU n. 252 del 26 ottobre 1999
DM 6 settembre 1994
GU n. 220 del 20 settembre 1994
DM 14 maggio 1996
GU n. 251del 25 ottobre 1996
DPR 12 aprile 1996
GU n. 210 del 7 settembre 1996
Legge 574/96
GU n. 265 del 12 novembre 1996
DPCM 1 settembre 2000
GU n. 238 11 ottobre 2000
Regolamento 178/2002
GUCE L 31 del 1 febbraio 2002
Legge 526/99
GU n. 13 del 18 gennaio 2000
Direttive 89/397
GUCE L 186 del 30 giugno 1989
Direttive 93/99
GUCE L 290 del 24 novembre 1993
DM 16 dicembre 1993
GU n. 303 del 28 dicembre 1993
Dlgs 123/93
GU n. 97 del 27 aprile 1993
Dlgs 156/97
GU n. 136 del 13 giugno 1997
Direttive 89/396
GUCE L 186 del 30 giugno 1989
Direttive 2000/13
GUCE L 109 del 06 maggio 2000
Direttive 92/102
GUCE L 355 del 05 dicembre 1992
Regolamento 494/98
GUCE L 60 del 28 febbraio 1998
DMPA 22 dicembre 1997
GU n. 114 del 19 maggio 1998
Regolamento 1804/99,
GUCE L 222 del 24 agosto 1999
Regolamento 2092/91
GUCE L 198 del 22 luglio 1991
Regolamento 466/2001
GUCE L 304 del 21 novembre 2001
Regolamento 436/2001
GUCE L 63 del 3 marzo 2001
75
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
ALLEGATO - Normativa relativa ad Aree naturali Protette e Siti Natura 2000
Elenco aggiornato al 30/04/2005 dei Siti di Importanza Comunitaria (pSIC) proposti ai sensi
della Dir. 92/43/CEE e delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) designate ai sensi della
direttiva 79/409/CEE, per la Regione Puglia.
A. Siti di Importanza Comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio:
__________________________________________________
Codice Sito Natura 2000
Denominazione
_________________________________________________________________________________________________________________
__
Provincia di FOGGIA
IT9110001
IT9110002
IT9110003
IT9110004
IT9110005
IT9110008
IT9110009
IT9110011
IT9110012
IT9110014
IT9110015
IT9110016
IT9110024
IT9110025
IT9110026
IT9110027
IT9110030
IT9110032
IT9110033
IT9110035
Provincia di BARI
IT9120001
IT9120002
IT9120003
IT9120006
IT9120008
IT9120009
IT9120010
IT9120011
Provincia di TARANTO
IT9130001
IT9130002
IT9130003
IT9130004
IT9130005
IT9130006
IT9130008
Provincia di BRINDISI
IT9140001
IT9140002
IT9140003
Isola e Lago di Varano
Valle Fortore, Lago di Occhito
Monte Cornacchia - Bosco Faeto
Foresta Umbra
Zone umide della Capitanata
Valloni e Steppe Pedegarganiche
Valloni di Mattinata - Monte Sacro
Isole Tremiti
Testa del Gargano
Monte Saraceno
Duna e Lago di Lesina - Foce del Fortore
Pineta Marzini
Castagneto Pia - Lapolda, Monte la Serra
Manacore del Gargano
Monte Calvo - Piana di Montenero
Bosco Jancuglia - Monte Castello
Bosco Quarto - Monte Spigno
Valle del Cervaro, Bosco dell’incoronata
Accadia – Deliceto
Monte Sambuco
Grotte di Castellana
Murgia dei Trulli
Bosco di Mesola
Laghi di Conversano
Bosco Difesa Grande
Posidonieto San Vito - Barletta
Pozzo Cucù
Valle Ofanto - Lago di Capaciotti
Torre Colimena
Masseria Torre Bianca
Duna di Campomarino
Mar piccolo
Murgia di Sud-est
Pineta dell’Arco Ionico
Posidonieto Isola di San Pietro - Torre Canneto
Bosco Tramazzone
Litorale Brindisino
Stagni e saline di Punta della Contessa
76
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
IT9140004
IT9140005
IT9140006
IT9140007
IT9140009
Provincia di LECCE
IT9150001
IT9150002
IT9150003
IT9150004
IT9150005
IT9150006
IT9150007
IT9150008
IT9150009
IT9150010
IT9150011
IT9150012
IT9150013
IT9150016
IT9150017
IT9150018
IT9150019
IT9150020
IT9150021
IT9150022
IT9150023
IT9150024
IT9150025
IT9150027
IT9150028
IT9150029
IT9150030
IT9150031
IT9150032
IT9150033
IT9150034
Bosco i Lucci
Torre Guaceto e Macchia S. Giovanni
Bosco di Santa Teresa
Bosco Curtipetrizzi
Foce Canale Giancola
Bosco Guarini
Costa Otranto - Santa Maria di Leuca
Aquatina di Frigole
Torre dell’Orso
Boschetto di Tricase
Rauccio
Torre Uluzzo
Montagna Spaccata e Rupi di San Mauro
Litorale di Ugento
Bosco Macchia di Ponente
Alimini
Bosco di Cardigliano
Palude del Capitano
Bosco di Otranto
Bosco Chiuso di Presicce
Bosco Serra dei Cianci
Parco delle Querce di Castro
Bosco Pecorara
Bosco Le Chiuse
Palude dei Tamari
Bosco Danieli
Torre Inserraglio
Torre Veneri
Palude del Conte, Dune di Punta Prosciutto
Porto Cesareo
Bosco di Cervalora
Bosco la Lizza e Macchia di Pagliarone
Masseria Zanzara
Le Cesine
Specchia dell’Alto
Posidonieto Capo San Gregorio - Punta Ristola
B. Zone di Protezione Speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio:
________________________________________________________________________________
Codice Sito Natura 2000
Denominazione
IT9110006
IT9110007
IT9110008
IT9110009
IT9110010
IT9110017
IT9110018
IT9110019
IT9110031
IT9110036
IT9120007
Saline di Margherita di Savoia
Palude di Frattarolo
Valloni e Steppe Pedegarganiche
Valloni di Mattinata - Monte Sacro
Monte Barone
Falascone
Foresta Umbra
Sfilzi
Lago di Lesina (sacca orientale)
Ischitella e Carpino
Murgia Alta
________________________________________________________________________________
77
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
IT9130007
IT9140003
IT9140008
IT9150014
IT9150015
Area delle Gravine
Stagni e saline di Punta della Contessa
Torre Guaceto
Le Cesine
Litorale di Gallipoli e Isole di S. Andrea
_________________________________________________________________________________________________________________
Oltre ai siti Natura 2000, sul territorio pugliese sono presenti due Parchi Nazionali
(Gargano e Alta Murgia) e numerose aree naturali protette con diverse classificazioni. Si
riporta di seguito l’elenco completo, con le denominazioni di tali aree, gli estremi dei
provvedimenti istitutivi e la superficie delle stesse.
C. Parchi Nazionali e Riserve Nazionali
_________________________________________________________________________________________
Denominazione Tipologia
Provvedimento istitutivo
Data
Superficie
_________________________________________________________________________
(Ha)___ ---
Gargano
Parco Nazionale
DPR
05/06/95
121.118,00
Alta Murgia
Parco Nazionale
DPR
10/03/04
68.078,00
__________________________________________________________________________________
Isole Tremiti
Riserva Naturale Marina
DM
14/07/89
1.509,07
Torre Guaceto
Riserva Naturale Marina
DM
14/12/91
2.207,00
Torre Guaceto
Riserva Naturale Statale
DMAF
18/05/81
1.000,00
Porto Cesareo
Riserva Naturale Marina
DM
12/12/97
17.156,00
Il Monte
Riserva Naturale Statale
DMAF
15/07/82
129,73
Salina di
Margherita di Savoia
Riserva Naturale Statale
DMAF
10/10/77
3.871,00
Le Cesine
Riserva Naturale Statale
DMAF
13/08/80
348,60
Masseria Combattenti Riserva Naturale Statale
DMAF
09/05/80
82,00
Murge Orientali
Riserva Naturale Statale
DMAF
29/03/72
733,00
San Cataldo
Riserva Naturale Statale
DMAF
13/07/77
28,00
Stornara
Riserva Naturale Statale
DMAF
13/07/77
1.456,00
Falascone*
Riserva Naturale Statale
DMAF
26/07/71
48,00
Foresta Umbra*
Riserva Naturale Statale
DMAF
13/07/77
399,00
Ischitella e Carpino*
Riserva Naturale Statale
DMAF
13/07/77
299,00
Isola Varano*
Riserva Naturale Statale
DMAF
13/07/77
145,00
Lago di Lesina
(parte orientale)*
Riserva Naturale Statale
DMAF
27/04/81
930,00
Monte Barone*
Riserva Naturale Statale
DMAF
13/07/77
124,00
Palude di Frattarolo*
Riserva Naturale Statale
DMAF
05/05/80
257,00
Sfilzi*
Riserva Naturale Statale
DMAF
26/07/71
56,00
____________________________________________________________________________________
* Tali aree risultano ricomprese nel Parco Nazionale del Gargano.
D. Aree Naturali Protette Regionali formalmente istituite o con D.D.L. approvato dalla G.R.
______________________________________________________________________________________
Denominazione Tipologia
Provvedimento istitutivo
Data
Superficie
_______________________________________________________________________
__(Ha)__
Provincia di Bari
Laghi di Conversano
Riserva Naturale Orientata
Lama Balice Parco Naturale
d.d.l. appr. dalla G.R.
L.R. n. 9
78
23/12/02
01/06/04
347,00
125,00
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
Provincia di Taranto
Bosco delle Pianelle
Riserva Naturale Orientata
Riserve del "litorale
tarantino orientale"
Riserva Naturale Orientata
L.R. n. 27
23/12/02
590,00
L.R. n. 24
23/12/02
1.114,00
23/12/02
1.593,00
Provincia di Lecce
Palude e bosco di Rauccio Parco Naturale
L.R. n. 25
Isola di S. Andrea
Litorale di Punta Pizzo Riserva Naturale d.d.l. appr. dalla G.R.
Portoselvaggio Torre Uluzzo Parco Naturale
L.R. n. 9
Bosco di Trifase Costa Otranto –
S. Maria di Leuca Parco Naturale
d.d.l. appr. dalla G.R.
05/10/04
01/06/04
684,60
424,14
05/10/04
3.226,80
23/12/02
23/12/02
1.290,00
1.158,00
23/12/02
2.026,00
23/12/02
1.069,00
Provincia di Brindisi
Boschi di Santa Teresa e dei Lucci
Riserva Naturale Orientata
L.R. n. 23
Bosco di Cerano Riserva Naturale Orientata
L.R. n. 26
Saline di Punta della Contessa
Parco Naturale
L.R. n. 28
Dune costiere da Torre Canne a
Torre S. Leonardo Parco Naturale
d.d.l. appr. dalla G.R.
Provincia di Foggia
Nessuna area ha completato l’iter istitutivo
__________________________________________________
Su tutte le aree elencate (elenchi C e D) vigono le norme di salvaguardia stabilite dagli
atti normativi che regolamentano l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, ovvero
dalla Legge Regionale n. 19/1997, art. 8 e dalla Legge Quadro sulle Aree Protette n. 394 del
06/12/1991, art. 6, c. 3.
A livello regionale le aree in elenco sono state individuate nella L.R. n. 19 del
24/07/1997, e progressivamente istituite con i provvedimenti sopraelencati. In ogni legge
istitutiva sono stabilite le norme da rispettare nel territorio ricadente nel perimetro dell’area
protetta. Informazioni più dettagliate in merito a ciascuna area, sono reperibili sul sito
dell’Ufficio Parchi e Riserve naturali dell’Assessorato all’Ecologia della Regione Puglia: http:
www.regione.puglia.it/ parchi, o presso lo stesso Ufficio ([email protected]) .
Si riporta di seguito uno schema sintetico, per le aree con maggiore estensione, con
l’indicazione delle Autorità di Gestione attualmente responsabili del rilascio delle prescritte
autorizzazioni:
PARCO\AREA PROTETTA
Parco Nazionale del Gargano
Parco Nazionale dell’Alta Murgia
AUTORITA’ DI GESTIONE
Ente Parco Nazionale Del Gargano
via S. Antonio Abate, 121
71037 Monte Sant'
Angelo (Fg)
tel. 0884.568911- fax 0884.561348
e-mail: [email protected]
Ministero dell’ambiente e Tutela del Territorio
Direzione Protezione Natura – viale Cristoforo Colombo, 44 –
79
Ambiente, igiene e benessere degli animali
Vademecum esplicativo
POR Puglia 2000-2006 - CdP
00157 ROMA – 06 57225325
Riserva Naturale dello Stato. “Torre
Guaceto”
Riserva Naturale dello Stato “Saline di
Margherita di Savoia”
Riserve Naturali dello
Orientali” e “Stornara”
Stato
“Murge
Riserva Naturale Orientata Regionale
“Bosco delle Pianelle”
Riserve Naturali Orientate Regionali del
"litorale tarantino orientale"
Parco Naturale Regionale “Paludi e bosco
di Rauccio”
Parco Naturale Regionale “Isola di S.
Andrea
Litorale di Punta Pizzo”
Parco Naturale Regionale “Costa Otranto –
S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase” Riserva Naturale Orientata Regionale
“Boschi di Santa Teresa e dei Lucci”
Riserva Naturale Orientata Regionale
“Bosco di Cerano”
Parco Naturale Regionale “Saline di Punta
della Contessa”
Parco Naturale Regionale “Dune costiere da
Torre Canne a
Torre S. Leonardo”
Consorzio di Gestione di Torre Guaceto
Via S. Anna n°6
72012 Carovigno (Br)
tel./fax: 0831 990882- E-mail: [email protected]
Corpo Forestale dello Stato
Ufficio Amministrazione ex A.S.F.D. di Foresta Umbra
Telefono 0884 56044
Corpo Forestale dello Stato
Ufficio Martina Franca – 74015 Via Alcide de Gasperi, 3 Tel. 080
4306471 Amministrazione ex A.S.F.D
Sindaco del Comune di Martina Franca (provvisoria) Strada
provinciale Martina Franca - Massafra Km. 14+900 - 74015
Martina Franca (TA)
Tel. 080 4400950 - E-mail: [email protected]
Sito internet: www.boscopianelle.it
Sindaco del Comune di Manduria (provvisoria)
Piazza G. Garibaldi, 21 – 74024 Manduria (TA)
FAX 099 9795780 - Tel. 099 9702202
E-mail: [email protected]
Sindaco del Comune di Lecce
Sede: viale Rossini, 110 – 73100 Lecce
tel. 0832 231717 – 231749 – 682782
E-mail: [email protected]
Sito internet: www.comune.lecce.it
Ufficio Parchi e Riserve naturali della Regione Puglia
Assessorato all’Ecologia – Settore Ecologia
Via delle Magnolie – Z.I. Modugno (BA)
Tel. 080/5404366 – 4392 – 6861 – fax 080 540 6854
e-mail: [email protected]
80
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