Regione Puglia Assessorato Agricoltura, Foreste, Alimentazione, Caccia, Pesca, Riforma Fondiaria PROGRAMMA OPERATIVO REGIONALE 2000-2006 COMPLEMENTO DI PROGRAMMAZIONE Misura 4.3 Investimenti nelle aziende agricole Misura 4.4 Insediamento giovani agricoltori AMBIENTE, IGIENE E BENESSERE DEGLI ANIMALI (Allegato A alla misura 4.3) Vademecum esplicativo Il presente documento è stato redatto da un gruppo di lavoro costituito da: Dr. Giuseppe D’Onghia (Assessorato Agricoltura della Regione Puglia); Dr.ssa Giulia Diglio, Dr. Pierpaolo Pallara e Dr.ssa Grazia Valentino (INEA - Osservatorio sul mondo rurale e sul sistema agroindustriale della Puglia). Il presente documento è stato esaminato dall’Autorità Ambientale – Assessorato all’Ecologia della Regione Puglia, che ne ha verificato la conformità a quanto riportato nell’Allegato A) alla misura 4.3 del Complemento di Programmazione del P.O.R. Puglia 2000-2006. La TF Ambiente a supporto dell’Autorità Ambientale ha curato l’aggiornamento dell’allegato “Normativa relativa ad Aree naturali Protette e Siti Natura 2000”. Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Indice Pag. Premessa 4 Articolazione del vademecum Sezione 1: Settore zootecnico 6 Sezione 2: Settore agricolo in generale 33 Sezione 3: Trasformazione e commercializzazione dei prodotti alimentari 59 SEZIONE 1: SETTORE ZOOTECNICO 6 A.1) Protezione degli animali negli allevamenti 7 A.1.1) Protezione dei vitelli 8 A.1.2) Protezione dei suini 8 A.1.3) Protezione delle galline ovaiole in batteria A.2) Condizioni e modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali A.2.1) Stabilimenti di allevamento di galline ovaiole 10 11 12 A.3) Condizioni zootecniche genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza 13 A.4) Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali. 14 A.4.1) Limiti massimi dei residui di sostanze attive dei presidi sanitari tollerate su e in cereali e prodotti di origine animale (residui negli alimenti), nonché di origine vegetale compresi gli ortofrutticoli. 14 A.5) Commercializzazione di carni fresche e di prodotti a base di carni 15 A.6) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni di coniglio e selvaggina di allevamento 17 A.7) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni fresche di volatili da cortile 18 A.7.1) Produzione ed immissione sul mercato di ovoprodotti 19 A.8) Requisiti della produzione per la commercializzazione del latte 20 A.9) Protezione degli animali nei trasporti 24 A.9.1) Protezione dei bovini nei trasporti 26 A.9.2) Protezione di ovini e caprini nei trasporti 27 A.9.3) Protezione dei suini nei trasporti 27 A.9.4) Protezione delle galline ovaiole nei trasporti 28 A.9.5) Protezione dei conigli nei trasporti 28 1 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP A.10) Protezione durante la macellazione e/o l'abbattimento 29 A.11) Marcatura del bestiame 30 SEZIONE 2: SETTORE AGRICOLO IN GENERALE 33 Sezione 2.1: Ambiente B.1) Ambiente naturale 33 B.2) Biodiversità 34 B.3) Desertificazione e siccità 35 B.4) Acqua 35 B.5) Rifiuti 39 B.6) Tutela del suolo nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura 41 B.7) Codice di buona pratica agricola 41 Sezione 2.2: Sicurezza nelle aziende B.8) Sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro e nelle aziende agricole 43 B.8.1) Caratteristiche del territorio aziendale 44 B.8.2) Impianti 45 B.8.3) Macchine, apparecchiature e utensili 45 B.8.4) Agenti chimici, gas e vapori 46 B.8.5) Polveri minerali e vegetali 46 B.8.6) Agenti cancerogeni 47 B.8.7) Agenti biologici 48 B.8.8) Esposizione al rumore 48 B.8.9) Vibrazioni mano braccio e a tutto il corpo 49 B.8.10) Radiazioni solari 49 B.8.11) Micro e macroclima 50 B.8.12) Movimentazione manuale di carichi 50 B.8.13) Informazione e formazione B.9) Materiali di moltiplicazione 50 51 B.10) Prodotti fitosanitari 53 B.11) Inquinamento 54 B.12) Impatto ambientale 57 SEZIONE 3: TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI C.1) Igiene dei prodotti alimentari 59 59 2 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP C.1.1 Tenori massimi di talune sostanze contaminanti presenti nelle derrate alimentari 60 C.2) Controllo Ufficiale dei prodotti alimentari 61 C.3) Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari 62 D.1) Metodo di produzione biologico 65 Sintesi dei riferimenti normativi contenuti nel Vademecum esplicativo 67 Elenco delle disposizioni normative 70 Allegato 76 3 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP PREMESSA Come disposto dai Regg. CE 1257/99 e 1750/99 e successivi Regolamenti di modifica ed integrazione, il sostegno agli investimenti nelle aziende agricole a valere sui Fondi Strutturali viene concesso ove queste rispettino, tra l’altro, requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali. Conformemente ed in attuazione di queste disposizioni, la Regione Puglia ha inserito nel proprio Programma Operativo Regionale (POR) 2000-2006 e nel conseguente Complemento di Programmazione (CdP) - in allegato alla misura 4.3 Investimenti nelle aziende agricole – un articolato elenco delle principali norme nazionali e comunitarie in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali. Al fine di consentire una più immediata ed agevole comprensione del contenuto tecnico di tali disposizioni, è stato predisposto – come previsto al punto 12) Condizioni di ammissibilità della scheda tecnica della citata misura 4.3 - il presente documento con valenza di vademecum esplicativo. ARTICOLAZIONE DEL VADEMECUM Il documento si suddivide in 3 sezioni. La prima è dedicata alle norme di interesse del settore zootecnico, ovvero alle disposizioni in termini di igiene e benessere degli animali. Nello specifico vengono trattate le disposizioni relative alle condizioni e modalità di allevamento, di trasporto, di abbattimento, di macellazione del bestiame, ecc. La seconda sezione illustra gli elementi normativi di interesse del settore agricolo in generale, con riferimento all’impatto ambientale, all’inquinamento, all’acqua, ai rifiuti, ai prodotti fitosanitari, all’ambiente naturale, ecc. Per ognuno degli argomenti trattati all’interno delle sezioni vi è in primo luogo l’indicazione dei riferimenti legislativi e successivamente la descrizione puntuale della loro contenutistica relativa a vincoli e regole da rispettare. A. SEZIONE 1: SETTORE ZOOTECNICO All’interno della sezione sono illustrate le norme relative all’intero settore zootecnico ed afferenti ai seguenti argomenti: Allevamento: protezione degli animali, divieti specifici, controlli, requisiti per la commercializzazione delle carni di conigli, selvaggina e volatili da cortile e del latte; Trasporto: protezione degli animali; Macellazione o abbattimento: protezione degli animali. B. SEZIONE 2: SETTORE AGRICOLO IN GENERALE All’interno della sezione sono illustrate le norme relative alla prevenzione dall’inquinamento e alla tutela dell’uomo e dell’ambiente in riferimento ai seguenti argomenti: 4 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Ambiente naturale: protezione degli habitat naturali e della biodiversità; Desertificazione e siccità: misure per attenuare gli effetti della desertificazione e della siccità; Protezione dell’ambiente e del suolo: protezione delle acque, riduzione produzione rifiuti, utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura; Codice di buona pratica agricola: indicazioni sulle norme di coltivazione e di allevamento rispettose dell’ambiente; Sicurezza nelle aziende agricole: misure per la salute e la sicurezza degli agricoltori. C. SEZIONE 3: TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI All’interno della terza sezione è riportata la normativa riguardante l’igiene dei prodotti alimentari e i relativi controlli. Inoltre, sono riportate le disposizioni normative sull’etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari. 5 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP SEZIONE 1: SETTORE ZOOTECNICO Riferimenti legislativi Convenzioni del Consiglio d’Europa sottoscritte a Strasburgo il 10 marzo 1976 e il 10 maggio 1979 decisione 78/923/CEE, decisione 2000/50/CE e legge 623/85. Contenuti normativi La Convenzione di Strasburgo, sulla protezione degli animali negli allevamenti e degli animali da macello, è stata ratificata dal Parlamento Italiano con la legge 623/85. Gli Stati membri firmatari della Convenzione hanno introdotto dei principi generali di protezione degli animali applicabili in tutto il territorio della Comunità. Questi principi sono stati definiti negli articoli 3, 4, 5, 6 e 7. Ai sensi dell’articolo 3 - “ogni animale deve beneficiare di un alloggio, di un’alimentazione e delle cure che – tenuto conto della sua specie e del suo grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento – sono appropriate ai suoi bisogni fisiologici e etologici”. Ai sensi dell’articolo 4 - “1. La libertà di movimento propria dell’animale, tenuto conto della sua specie e conformemente all’esperienza acquisita e alle conoscenze scientifiche, non deve essere intralciata in modo da causargli sofferenze o danni inutili. 2. Quando un animale è continuamente o abitualmente legato, incatenato o trattenuto, deve essergli lasciato uno spazio appropriato ai suoi bisogni fisiologici e etologici, conformemente all’esperienza acquisita e alle conoscenze scientifiche.”. Ai sensi dell’articolo 5 - “L’illuminazione, la temperatura, il grado di umidità, la circolazione dell’aria, l’aerazione dell’alloggio dell’animale e le altre condizioni ambiente come la concentrazione dei gas o l’intensità del rumore devono – tenuto conto della sua specie, del suo grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento – essere appropriate ai suoi bisogni fisiologici e etologici, conformemente alle esperienze acquisite e alle conoscenze scientifiche.”. Ai sensi dell’articolo 6 -“Nessun animale deve essere nutrito in modo da causargli sofferenze o danni inutili e la sua alimentazione non deve contenere sostanze che possano causargli sofferenze o danni inutili.”. Ai sensi dell’articolo 7 – “1. La condizione e lo stato di salute dell’animale devono essere oggetto di un’ispezione approfondita ad intervalli sufficienti per evitargli sofferenze inutili, ossia almeno una volta il giorno nel caso di animali custoditi in sistemi moderni di allevamento intensivo. 2. Gli impianti tecnici nei sistemi moderni di allevamento intensivo devono essere oggetto, almeno una volta il giorno, di un’ispezione approfondita e qualsiasi difetto costatato deve essere eliminato nei termini più brevi. Quando un difetto non può essere eliminato immediatamente, devono essere subito prese le misure temporanee necessarie per preservare il benessere degli animali.”. 6 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP A.1) Protezione degli animali negli allevamenti Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 98/581, D.lgs 146 del 21 marzo 2001. Contenuti normativi La normativa prevede misure generali da applicarsi in tutti gli allevamenti di animali: − gli animali devono essere accuditi da un numero sufficiente di addetti adeguatamente capaci (dotati di conoscenze specifiche e competenze professionali); − tutti gli animali, tenuti in sistemi di allevamento, devono essere ispezionati almeno una volta al giorno; − in caso di presenza di animali malati, deve essere sempre consultato un medico veterinario; − occorre tenere in azienda un registro sul quale annotare tutti i trattamenti terapeutici effettuati; − i materiali usati per la costruzione dei locali di stabulazione non devono essere nocivi; − i locali di stabulazione e i dispositivi di attacco degli animali devono essere costruiti e mantenuti in modo che non vi siano spigoli taglienti o sporgenze tali da provocare lesioni; − agli animali deve essere fornita un' alimentazione sana adatta alla loro età e specie e in quantità sufficiente a mantenerli in buona salute; − gli animali devono avere accesso ai mangimi ad intervalli di tempo adeguati alla loro necessità fisiologica; − la circolazione dell' aria, la quantità di polvere, la temperatura, l' umidità relativa dell' aria e la concentrazione di gas devono essere mantenute entro limiti non dannosi; − l’impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute e il benessere degli animali deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Nel caso di impianti a ventilazione artificiale è necessario un impianto di riserva e un sistema di allarme che segnali il guasto; − gli animali devono poter accedere in libertà ad un' appropriata quantità d’acqua e di cibo. Le attrezzature di somministrazione dei mangimi e d’acqua devono essere concepite, costruite e installate in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti; − nessun' altra sostanza, che non sia prevista ai fini terapeutici o profilattici o in vista di trattamenti zootecnici, deve essere somministrata agli animali; − è vietata la bruciatura dei tendini ed il taglio di ali per i volatili e di code per i bovini, se non ai fini terapeutici; la cauterizzazione dell' abbozzo corneale è ammessa sotto le tre settimane di vita; il taglio del becco è ammesso nei primi giorni di vita e la castrazione è consentita per mantenere la qualità del prodotto a condizione che sia effettuata prima dell' età della maturità sessuale (le pratiche devono essere effettuate con il controllo di un veterinario); 1 In relazione a questa direttiva è stata emanata la Decisione 2000/50/CE della Commissione del 17 dicembre 1999 relativa ai requisiti minimi applicabili all’ispezione degli allevamenti, inoltre è stato emanato il D.lgs 146/2001, in applicazione della direttiva citata. 7 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − non possono essere praticati procedimenti di allevamento, che provochino agli animali sofferenze o ferite anche minime. Possono essere fatti interventi, che non causano lesioni durevoli, solo se consentiti da disposizioni nazionali; − nessun animale può essere custodito in un allevamento se è ragionevole attendersi, in base al suo genotipo o fenotipo, che ciò abbia effetti negativi sulla sua salute o sul suo benessere. A.1.1) Protezione dei vitelli Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 91/629 (modificata dall' ultima direttiva 97/2 (recepita con 128/98) e dalla Decisione 97/182), D.lgs 533/92 (modificato dal D.lgs 331/98)2. Legge Contenuti normativi Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati dal proprietario o dalla persona responsabile almeno due volte al giorno. Quelli allevati all' esterno devono essere controllati almeno una volta al giorno. I vitelli, che presentano sintomi di malattie o ferite, devono ricevere immediatamente le opportune cure e qualora un vitello non reagisca al trattamento dell' allevatore, dev' essere sottoposto al consulto di un veterinario. Se necessario, i vitelli malati o feriti devono essere isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole. I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi ed accudirsi senza difficoltà. I vitelli non devono essere legati, ad eccezione di quelli stabulati in gruppo, che possono essere legati per un periodo massimo di un' ora al momento della somministrazione di latte o succedanei del latte. Se si utilizzano attacchi, questi non devono provocare lesioni al vitello e debbono essere regolarmente esaminati ed eventualmente aggiustati in modo da assicurare una posizione confortevole. Ogni attacco deve essere concepito in modo da evitare il rischio di strangolamento o ferimento. Ai vitelli non dev' essere messa la museruola. Gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mml/litro. Occorre somministrare una dose giornaliera di alimenti fibrosi dopo la seconda settimana di età, portando il quantitativo da 50 a 250 mg al giorno per i vitelli di età compresa fra le 8 e le 20 settimane. Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e, comunque entro le prime sei ore di vita. A.1.2) Protezione dei suini Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 91/630 (modificata dalla direttiva 2001/88 e dalla direttiva 2001/93), D.lgs 534/923. Contenuti normativi 2 Si evidenzia che alle indicazioni e prescrizioni elencate nel presente paragrafo vanno aggiunte quelle del paragrafo A.1. 3 Si evidenzia che alle indicazioni e prescrizioni elencate nel presente paragrafo vanno aggiunte quelle del paragrafo A.1. 8 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Le direttiva 2001/88 del Consiglio e 2001/93 della Commissione modificano la direttiva 91/630/CEE (attuata nell’ordinamento nazionale con il Decreto legislativo 534/92). Esse sono state attuate a livello nazionale con il Decreto Legislativo 20 febbraio 2004, n. 53. In base alle disposizioni normative contenute nelle direttive le aziende devono soddisfare i requisiti seguenti: - la superficie libera disponibile per ciascun suinetto o suino all' ingrasso allevato in gruppo deve essere pari almeno a: - 0,15 mq per i suini di peso medio pari o inferiore a 10 kg, - 0,20 mq per i suini di peso medio compreso tra 10 e 20 kg, - 0,30 mq per i suini di peso medio compreso tra 20 e 30 kg, - 0,40 mq per i suini di peso medio compreso tra 30 e 50 kg, - 0,55 mq per i suini di peso medio compreso tra 50 e 85 kg, - 0,65 mq per i suini di peso medio compreso tra 85 e 110 kg, - 1,00 mq per i suini di peso medio superiore a 110 kg. - i materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione e in particolare dei recinti e delle attrezzature, con i quali i suini possono venire a contatto, non devono essere nocivi e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati; - i suini non devono restare continuamente al buio. A tal fine I suini devono essere tenuti alla luce di un' intensità di almeno 40 lux per un periodo minimo di 8 ore al giorno. - qualora i suini siano tenuti in gruppo, occorre prendere misure opportune per evitare lotte, che vadano al di là di un comportamento normale; - tutti i suini allevati in gruppo o in recinti devono essere controllati almeno una volta al giorno dal proprietario o dal responsabile degli animali. Gli eventuali suini malati o feriti devono ricevere immediatamente le opportune cure; - i locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni suino: di coricarsi, giacere ed alzarsi senza difficoltà; di disporre di una zona pulita adibita al riposo; di vedere altri suini; - la stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili destinati ai suini devono essere puliti e disinfettati regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di organismi infettivi; - gli escrementi, l' urina e i foraggi, che non sono stati mangiati o che sono caduti sul pavimento, devono essere eliminati con la dovuta regolarità per ridurre gli odori e la presenza di mosche o roditori; - i pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai suini. Essi devono essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei suini. A tal fine è necessario che sia costruita una superficie rigida, piana e stabile; - a partire dalla seconda settimana d’età, ogni suino deve poter disporre di acqua fresca adeguata e sufficiente per le sue necessità; - le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell' acqua. - le superfici libere totali a disposizione di ciascuna scrofetta dopo la fecondazione e di ciascuna scrofa qualora dette scrofette e/o scrofe siano allevate in gruppi devono essere rispettivamente di almeno 1,64 mq e 2,25 mq. Allorché i suini in questione sono allevati in gruppi di meno di sei animali, le superfici libere disponibili devono 9 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP essere aumentate del 10 %. Allorché i suini in questione sono allevati in gruppi di 40 o più animali, le superfici libere disponibili possono essere ridotte del 10 %. - Le pavimentazioni devono essere conformi ai dei nuovi requisiti in particolare per le scrofette dopo la fecondazione e le scrofe gravide: una parte della superficie pari ad almeno 0,95 m2 per scrofetta e ad almeno 1,3 m2 per scrofa, deve essere costituita da pavimento pieno continuo riservato per non oltre il 15 % alle aperture di scarico. È ammesso il pavimento fessurato solo a determinate condizioni. - È proibita la costruzione o la conversione di impianti in cui le scrofe e le scrofette sono tenute all' attacco. L' utilizzo di attacchi per le scrofe e le scrofette è vietato a decorrere dal 1 gennaio 2006 (in applicazione dell’ultima dir. 2001/88). - Le scrofe e le scrofette sono allevate in gruppo nel periodo compreso tra 4 settimane dopo la fecondazione e 1 settimana prima della data prevista per il parto. I lati del recinto dove viene allevato il gruppo di scrofe o di scrofette devono avere una lunghezza superiore a 2,8 m. Allorché sono allevati meno di 6 animali i lati del recinto dove viene allevato il gruppo devono avere una lunghezza superiore a 2,4 m. - Le scrofe e le scrofette allevate in gruppo devono essere alimentate utilizzando un sistema atto a garantire che ciascun animale ottenga mangime a sufficienza senza essere aggredito, anche in situazione di competitività. Tutte le operazioni effettuate per scopi diversi da quelli terapeutici o diagnostici o per l' identificazione dei suini in conformità della legislazione pertinente, che possono provocare un danno o la perdita di una parte sensibile del corpo o un' alterazione della struttura ossea sono vietate, con le seguenti eccezioni: una riduzione uniforme degli incisivi dei lattonzoli mediante levigatura o troncatura entro i primi sette giorni di vita, che lasci una superficie liscia intatta; le zanne dei verri possono essere ridotte, se necessario, per evitare lesioni agli altri animali o per motivi di sicurezza. non è ammesso il mozzamento di una parte della coda, la castrazione di suini di sesso maschile con mezzi diversi dalla lacerazione dei tessuti, l' apposizione di un anello al naso (può essere effettuato solo quando gli animali sono detenuti in allevamenti). Né il mozzamento della coda, né la riduzione degli incisivi dei lattonzoli devono costituire operazioni di routine, ma devono essere praticati soltanto ove sia comprovata la presenza di ferite ai capezzoli delle scrofe o agli orecchi o alle code di altri suini. A.1.3) Protezione delle galline ovaiole in batteria Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 86/113/CEE (modificata dalla direttiva 88/166/CEE), DPR 233/884. Contenuti normativi Ai sensi delle norme di cui sopra s' intende per: − galline ovaiole, le galline adulte delle specie Gallus gallus allevate ai fini della produzione di uova; − gabbia di batteria, uno spazio chiuso destinato ad ospitare le galline ovaiole in un sistema a batteria; − sistema a batteria, un insieme di gabbie disposte in fila su un unico piano o incastellate. Le gabbie predisposte devono soddisfare i seguenti requisiti: 4 Si evidenzia che alle indicazioni e prescrizioni elencate nel presente paragrafo vanno aggiunte quelle dei paragrafi A.1. 10 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − le galline ovaiole devono disporre di almeno 450 cm2 di superficie della gabbia su un piano orizzontale, utilizzabile senza restrizioni, in particolare escludendo dal calcolo eventuali bordi deflettori antispreco; − deve essere prevista una mangiatoia utilizzabile senza limitazioni, di una lunghezza minima di 10 cm, moltiplicata per il numero di animali nella gabbia; − ogni gabbia in batteria deve disporre di un abbeveratoio continuo della stessa lunghezza della mangiatoia, a meno che non siano impiegati abbeveratoi a tettarella o a coppetta. In tale caso, almeno due di queste devono essere raggiungibili da ciascuna gabbia; − l' altezza minima della gabbia in batteria non deve essere inferiore a 40 cm per il 65 % della superficie e a 35 cm in ogni punto; − il pavimento delle gabbie deve essere costruito in modo da sostenere adeguatamente ciascuna delle dita anteriori di ciascuna zampa. La pendenza del pavimento non deve superare il 14 %. A.2) Condizioni e modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali Riferimenti legislativi La Direttiva comunitaria 98/92 (che modifica le direttive 70/524, 74/63, 79/373 e 82/471, 95/69), Legge 281/63, Dlgs 123/99 (integrato e modificato dal Dlgs 172/2000). I contenuti normativi La direttiva 95/69 (recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 123 del 1999) ha fissato le condizioni e le modalità applicabili a talune categorie di stabilimenti e di intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali. Lo scopo delle disposizioni normative è quello di applicare dei controlli ufficiali nel settore dell’alimentazione degli animali. In particolare tale controllo viene effettuato: sugli stabilimenti, intesi come unità di produzione o di fabbricazione e sugli intermediari, intesi come qualsiasi persona che detiene additivi, premiscele preparate a partire da additivi, alimenti composti o prodotti di cui alla direttiva 82/471/CEE. Gli additivi possono essere: gli antibiotici; i coccidiostatici e altre sostanze medicamentose; vitamine, provitamine e sostanze con effetto analogo chimicamente ben definito; oligoelementi; fattori di crescita; enzimi; microrganismi; cartotenoidi; sostanze con effetti antiossidanti. I prodotti contemplati dalla direttiva 82/471/CEE sono: prodotti proteici ottenuti con microrganismi appartenenti al gruppo di batteri, lieviti, alghe e funghi inferiori; prodotti accessori della fabbricazione di acidi amminati mediante fermentazione; amminoacidi e loro sali; analoghi idrossilati degli amminoacidi. Per poter essere riconosciuti gli stabilimenti devono possedere i seguenti requisiti: gli impianti e le apparecchiature di fabbricazione devono essere ubicati, progettati, costruiti e sottoposti a manutenzione in modo da essere idonei alle operazioni di fabbricazione dei prodotti in questione. Gli impianti e le apparecchiature devono essere strutturati, progettati ed utilizzati in modo da ridurre al minimo il rischio di errori e da consentire operazioni di pulizia e di manutenzione efficaci per evitare le contaminazioni e in generale di compromettere la qualità dei prodotti. Gli impianti e le apparecchiature destinati ad operazioni essenziali per la qualità dei prodotti devono formare oggetto di una verifica adeguata e periodica, conformemente alle procedure scritte prestabilite dal fabbricante per la produzione dei prodotti. 11 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Il personale deve essere numericamente sufficiente ed essere in possesso delle competenze e qualifiche prescritte per la fabbricazione di tali prodotti. Tutto il personale deve essere informato per iscritto dei suoi compiti e delle responsabilità. Deve essere designata una persona qualificata e responsabile della produzione. Il fabbricante deve accertarsi, che le varie fasi della produzione siano svolte secondo le regole prescritte e assicurarsi che non ci siano punti critici. Deve essere designata una persona qualificata e responsabile del controllo della qualità. Il fabbricante deve, pertanto, disporre di un laboratorio di controllo dotato di apparecchiature idonee. Deve essere predisposto per iscritto ed attuato un piano relativo al controllo di qualità che preveda, in particolare, il controllo dei punti critici del processo di fabbricazione, i procedimenti e le frequenze di campionamento, i metodi di analisi e la loro frequenza, il rispetto delle specifiche e, in caso di non conformità alle medesime, il divenire per le materie prime, le sostanze attive, i supporti, i prodotti. Il magazzinaggio deve essere effettuato con recipienti appropriati, in luoghi progettati, adattati e sottoposti a manutenzione. I prodotti devono essere conservati in modo da essere facilmente identificati. Gli additivi devono essere etichettati e condizionati in conformità alle disposizioni previste dalla direttiva 70/524/CEE. Tutta la documentazione deve essere conservata dal fabbricante, in modo da poter eventualmente ricostruire l’intero iter di fabbricazione di ciascun lotto di prodotti messi in circolazione e di individuare le responsabilità specifiche in caso di reclamo. A tale scopo il fabbricante deve redigere un registro contenente i seguenti dati: natura e quantità degli additivi prodotti, nome e indirizzi degli intermediari, o di altri fabbricanti cui sono stati consegnati gli additivi e, eventualmente, la natura e quantità dei prodotti contemplati dalla direttiva 82/471/CEE. Qualora il fabbricante consegni un additivo o un prodotto ad una persona, questa e gli eventuali ulteriori intermediari che condizionino, imballino, immagazzinino, mettano in circolazione sono anch’essi soggetti agli obblighi relativi al controllo di qualità, al magazzinaggio e alla documentazione da conservare. L’ultima direttiva 98/92 ha modificato e integrato la direttiva 95/69. Questa è stata recepita nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 172 del 2000. Le novità rispetto alla normativa già in vigore riguardano le spese per il riconoscimento degli stabilimenti, la determinazione delle tariffe e delle modalità di pagamento per il riconoscimento degli stabilimenti. A.2.1) Stabilimenti di allevamento di galline ovaiole Riferimenti legislativi Direttiva 1999/74 del Consiglio, Direttiva 2002/4 Contenuti normativi La direttiva 1999/74 stabilisce che tutti gli allevamenti sono registrati dall' autorità competente, con attribuzione di un numero distintivo che consenta di rintracciare le uova immesse sul mercato e destinate al consumo umano. La registrazione degli stabilimenti mediante numeri distintivi è una condizione che consente di rintracciare le uova immesse sul mercato. A gennaio 2002 è stata emanata una nuova direttiva per stabilire una disciplina per la registrazione degli stabilimenti di allevamento di galline ovaiole. In base all’articolo 1 della direttiva gli Stati membri stabiliscono un sistema di registrazione di tutti i siti di produzione che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 1999/74/CE e attribuiscono un numero 12 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP distintivo. Inoltre, gli Stati garantiscono che per ciascuno degli stabilimenti siano fornite all' autorità competente delle informazioni (di cui al punto 1 dell' allegato). Solamente dopo che è completata la registrazione e l' assegnazione del numero distintivo lo stabilimento può regolarmente funzionare. A.3) Condizioni zootecniche genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza Riferimenti legislativi Direttiva 91/174, Decreto legge 529/92 Contenuti normativi La direttiva 174 riguarda le condizioni zootecniche e genealogiche per la commercializzazione degli animali di razza. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il Decreto Legge 529/92. Il decreto disciplina: l' istituzione del libro genealogico per gli animali, compresi nell' elenco di cui all' allegato II del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, ed appartenenti a specie e razze diverse da quelle regolamentate dalla legge 30/1991; l' istituzione del registro anagrafico per le specie e razze autoctone; la riproduzione di detti animali secondo le norme stabilite, per ciascuna razza e specie, dai relativi disciplinari dei libri genealogici o registri anagrafici; la commercializzazione degli stessi animali e dello sperma, degli ovuli e degli embrioni ad essi relativi, secondo le norme stabilite, per ciascuna razza e specie, dai relativi disciplinari dei libri genealogici o dei registri anagrafici, nonché sulla base della apposita certificazione genealogica. I libri genealogici ed i registri anagrafici sono istituiti, previa approvazione con decreto del Ministro dell' agricoltura e delle foreste, dalle associazioni nazionali di allevatori di specie o di razza. Detti libri genealogici e registri anagrafici sono tenuti dalle menzionate associazioni sulla base di appositi disciplinari, approvati anch' essi con decreto del Ministro dell' agricoltura e delle foreste. I soggetti delle specie e razze originari dei Paesi membri della Comunità economica europea sono ammessi alla riproduzione, sia in fecondazione naturale, che per inseminazione artificiale, purché in possesso dei requisiti genealogici ed attitudinali disciplinati dalla normativa comunitaria. Alle stesse condizioni è altresì ammesso l' impiego di materiale seminale, di ovuli ed embrioni provenienti da animali originari di tali Paesi. Allo stesso modo i soggetti delle specie e razze provenienti da Paesi terzi sono ammessi alla riproduzione, sia in fecondazione naturale che per inseminazione artificiale, solo alle stesse condizioni stabilite in Italia per i riproduttori delle medesime specie e razze. Alle stesse condizioni è altresì ammesso l' impiego di materiale seminale, di ovuli ed embrioni provenienti da animali originari di detti Paesi. Non sono ammesse condizioni più favorevoli di quelle riservate ai riproduttori originari dei Paesi comunitari. È consentita la commercializzazione di animali di razza di origine nazionale e comunitaria, nonché dello sperma, degli ovuli e degli embrioni dei medesimi, esclusivamente con riferimento a soggetti iscritti ai libri genealogici o registri anagrafici, che risultino accompagnati da apposita certificazione genealogica, rilasciata dall' associazione degli allevatori che detiene il relativo libro genealogico o il registro anagrafico. È ammessa, altresì, la commercializzazione di animali di razza originari dei Paesi terzi, per i quali il Ministro dell' agricoltura e delle foreste abbia con proprio provvedimento accertato l' esistenza di una 13 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP normativa almeno equivalente a quella nazionale. Alle stesse condizioni è ammessa la commercializzazione dello sperma, degli ovuli e degli embrioni provenienti dai detti animali originari dei Paesi terzi. Non sono ammesse condizioni più favorevoli di quelle riservate agli animali di razza originari dei Paesi comunitari. A.4) Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 96/22. Contenuti normativi La direttiva del Consiglio prescrive agli Stati membri di vietare la somministrazione di sostanze ormonali ad effetto tireostatico, androgeno, estrogeno e gestageno, eccetto per scopi terapeutici o ai fini di trattamento zootecnico, ad animali allevati (anche in acquacoltura), le cui carni e i cui prodotti sono destinati al consumo umano. È disposto, inoltre, il divieto di importare da paesi terzi animali ai quali sono state somministrate tali sostanze. È vietata, infine, anche solo la detenzione in azienda di animali a cui sono state somministrate tali sostanze. A.4.1) Limiti massimi dei residui di sostanze attive dei presidi sanitari tollerate su e in cereali e prodotti di origine animale (residui negli alimenti), nonché di origine vegetale compresi gli ortofrutticoli. Riferimenti legislativi Direttive comunitarie, 96/235, 2002/79 (che modifica le direttive 76/895, 86/362, 86/363, 90/642, 94/29, 94/30, 97/71), 2001/48 e 2002/76,, regolamento 645/2000, D.lgs 336/99, DM 9 agosto 1995, DM 12 agosto 1995, DM 16 luglio 1999, DM 22 gennaio 1998. Contenuti normativi La Direttiva 96/23/CE del Consiglio (attuato a livello nazionale con il decreto legislativo 336/99) concerne le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti. L' obiettivo vuole essere quello di eseguire in maniera efficace i controlli prescritti all' interno della Comunità per la ricerca di residui negli animali d' azienda, nelle carni e nei prodotti a base di carne. La direttiva stabilisce le misure di controllo relative alle sostanze e ai gruppi di residui di cui all' allegato I. In detto allegato le sostanze sottoposte a controllo sono suddivise in due gruppi: il primo include sostanze ad effetto anabolizzante e sostanze non autorizzate, il secondo medicinali veterinari e agenti contaminanti. Per perseguire le finalità stabilite nella direttiva gli Stati membri applicano le misure di controllo attraverso i Piani di sorveglianza per la ricerca dei residui o delle sostanze. La formulazione dei piani è affidata dallo Stato ad un servizio o organismo pubblico con il compito di coordinare le attività dei servizi centrali e regionali incaricati della sorveglianza sui vari residui e di raccogliere i risultati dei controlli e le informazioni da trasmettere alla Commissione. In seguito a controllo, se si verifica infrazione, devono essere adottate le seguenti misure: 5 Per l’applicazione di tale direttiva è stata emanata la Decisione 97/747/CE. 14 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − fare in modo che gli animali, nei quali si è riscontrato un livello di residui superiore al livello autorizzato, siano macellati separatamente dagli altri capi di bestiame e che le loro carcasse siano ritirate dal consumo umano; − sospendere o revocare le autorizzazioni o i riconoscimenti ufficiali; − applicare sanzioni penali e/o amministrative, con esclusione da qualsiasi possibilità di ricevere aiuti comunitari per un periodo di dodici mesi in caso di non cooperazione con l' autorità competente o di ostruzionismo. La direttiva 2001/48 e le precedenti direttive 362, 363, 642, 71, 29 e 30 (a queste direttive sono state apportate delle modifiche anche dal Regolamento 645/2000 della Commissione che stabilisce le modalità di attuazione necessarie per la corretta applicazione di alcune disposizioni dell' articolo 7 della direttiva 86/362/CEE e dell' articolo 4 della direttiva 90/642/CEE concernenti i sistemi di controllo delle quantità massime di residui di antiparassitari rispettivamente sui e nei cereali e su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli) sono state modificate dalla direttiva 2002/79 che fissa le quantità massime di residui di certi antiparassitari rispettivamente sui e nei cereali, prodotti alimentari di origine animale e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli. Gli antiparassitari considerati sono le sostanze: abamectin, azociclotin, bioresmetrin, bifentrin, bitertanol, bromopropilato, clofentezina, ciromazina, ciasatin, fenpropimorf, flucitrinato, esaconazol, matacrifos, miclobutanil, penconazolo, procloraz, profenofos, resmetrin, tridemorf, triadimefon e triadimenol. Con questa direttiva si sono fissati dei valori della quantità massima di residui al di sotto dei quali i residui degli antiparassitari in questione possono considerarsi inoffensivi per la salute umana. Tale controllo sui residui è fatto sui prodotti contemplati dalle direttive 362, 363 e 642 (come riferimento per il rispetto dei valori massimi dei residui delle sostanze citate si prendano gli Allegati della direttiva 2002/79).Con la direttiva 2002/76 sono state fissate le quantità massime di residui di antiparassitari di metsulfuron metile. A.5) Commercializzazione di carni fresche e di prodotti a base di carni Riferimenti legislativi Le Direttive comunitarie 91/497, 91/498 (modificano la direttiva 64/433), , , 92/5, 97/76 (modifica la direttiva 77/99 e 72/462), Dlgs 286/94, Dlgs 537/92, Dlgs 71/2000 e Legge 1073/71 I contenuti normativi Si stabiliscono le condizioni sanitarie per la produzione e l' immissione sul mercato di carni fresche destinate al consumo umano, ottenute da animali domestici delle specie bovina (comprese le specie Bubalus bubalis e Bison bison), suina, ovina, caprina e dei solipedi domestici. Le carcasse, le mezzene, le mezzene sezionate al massimo in tre pezzi o i quarti di carne fresca devono: a) essere ottenuti in un macello riconosciuto e controllato; b) provenire da un animale da macello, che un veterinario ufficiale ha sottoposto all' ispezione ante mortem, rilasciando un atto; c) essere trattati in condizioni igieniche soddisfacenti; d) essere sottoposti ad un' ispezione post mortem effettuata da un veterinario ufficiale e non devono presentare alcuna alterazione, ad eccezione di lesioni traumatiche sopraggiunte poco prima della macellazione e di malformazioni o di alterazioni localizzate, purché sia constatato, se necessario per mezzo di adeguate analisi di laboratorio, che tali lesioni, malformazioni o alterazioni non rendono le carcasse e le frattaglie inadatte al consumo umano; e) avere il bollo 15 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP sanitario; f) essere accompagnati durante il trasporto dal certificato sanitario, rilasciato dal veterinario ufficiale al momento del caricamento. La Direttiva 92/5 fissa le condizioni sanitarie per la produzione e l' immissione sul mercato di prodotti a base di carne e di altri prodotti di origine animale, destinati al consumo umano. Per prodotti a base di carne si intendono i prodotti ottenuti da carne o con carne sottoposta ad un trattamento tale che la superficie di taglio al centro permetta di constatare la scomparsa delle caratteristiche della carne fresca. Per altri prodotti di origine animale si intendono: 1) gli estratti di carne; 2) il grasso animale fuso: grasso ricavato per fusione dalla carne, comprese le ossa, e destinato al consumo umano; 3) i ciccioli: i residui proteici della fusione, previa separazione parziale di grassi e acqua; 4) le gelatine; 5) le farine di carne, le cotenne in polvere, il sangue salato o essiccato, il plasma sanguigno salato o essiccato; 6) gli stomaci, le vesciche e le budella, puliti e lavati, salati o essiccati e/o riscaldati; 7) i prodotti a base di carne corrispondenti a preparazioni culinarie, cotte o precotte, confezionati e conservati mediante il freddo. I prodotti a base di carne immessi sul mercato devono essere preparati e immagazzinati in uno stabilimento riconosciuto e controllato (le condizioni generali sono le stesse indicate per le carni fresche). Gli stabilimenti in cui si fabbricano, manipolano e confezionano prodotti a base di carne devono avere almeno: 1) locali adeguati sufficientemente vasti per il magazzinaggio separato; 2) un locale o un dispositivo per il deposito di certi ingredienti, come gli additivi alimentari; 3) un locale per il deposito del materiale necessario per il confezionamento e per l' imballaggio. Secondo il tipo del prodotto in questione, lo stabilimento deve avere: 1) un locale oppure, se non vi è alcun pericolo di contaminazione, un luogo per la rimozione dell' imballaggio; 2) un locale oppure, se non vi è pericolo di contaminazione, un luogo per scongelare le materie prime; 3) un locale per le operazioni di sezionamento; 4) un locale o un impianto per l' essiccazione e la stagionatura; 5) un locale o un impianto per l' affumicatura; 6) un locale per la dissalazione, il bagno e altri trattamenti dei budelli naturali, qualora queste materie prime non siano state sottoposte a dette operazioni nello stabilimento di origine; 7) un locale per la pulitura preliminare delle derrate necessarie all' elaborazione dei prodotti a base di carne; 8) un locale per la salatura in profondità munito, se necessario, di un dispositivo per la climatizzazione atto a mantenere la temperatura prevista; 9) un locale, se necessario, per la pulitura preliminare dei prodotti a base di carne destinati all' affettamento, al sezionamento e al confezionamento; 10) un locale per l' affettatura o il sezionamento e per il confezionamento dei prodotti a base di carne destinati ad essere commercializzati preimballati, munito, se necessario, di un dispositivo per la climatizzazione. Le operazioni, che possono costituire un rischio sanitario per taluni prodotti fabbricati simultaneamente e le operazioni che richiedono una produzione eccessiva di calore, devono essere effettuate in un locale separato. I locali in cui sono immagazzinati o lavorati i prodotti alimentari diversi dalle carni o dai prodotti a base di carne e di cui sono composti i prodotti a base di carne, vanno soggetti alle norme generali di igiene. Le temperature nei locali o in una parte dei locali in cui vengono lavorate le carni, le carni macinate, usate quali materie prime, le preparazioni di carne e i prodotti a base di carne devono consentire una produzione conforme alle norme igieniche; se del caso, questi locali o parti di essi devono essere provvisti di un impianto di climatizzazione. Nei locali in cui vengono effettuate le operazioni di sezionamento e di salatura in profondità, deve essere mantenuta una temperatura massima di 12° C. 16 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Ai sensi della direttiva 97/76, recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto 71 del 2000, gli stabilimenti che procedono al trattamento di stomaci, vesciche e budella debbono rispettare le seguenti condizioni: 1) le materie prime devono provenire da animali che, dopo le ispezioni ante mortem e post mortem, sono stati giudicati idonei al consumo umano; 2) i prodotti che non possono essere mantenuti a temperatura ambiente debbono essere immagazzinati fino al momento della spedizione nei locali adibiti a tal fine; in particolare, i prodotti che non sono né salati né essiccati debbono essere mantenuti a una temperatura inferiore a 3°C; 3) le materie prime debbono essere trasportate dal macello d' origine allo stabilimento in condizioni igieniche soddisfacenti ed eventualmente refrigerate in funzione del tempo trascorso tra la macellazione e la raccolta delle materie prime. I veicoli e i contenitori adibiti al trasporto debbono avere le superfici interne lisce e essere di facile lavaggio, pulizia e disinfezione. I veicoli utilizzati per il trasporto di materie prime congelate debbono essere concepiti in modo da mantenere la temperatura prescritta per tutta la durata del trasporto; 4) deve essere previsto un locale per il magazzinaggio del materiale di confezionamento e di imballaggio; 5) il confezionamento e l' imballaggio devono essere effettuati in maniera igienica in un locale o in un luogo adibito a tal fine; 6) l' impiego di legno è vietato; tuttavia, è autorizzato l' uso di palette di legno per il trasporto dei recipienti contenenti i prodotti in questione. A.6) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni di coniglio e selvaggina di allevamento Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 91/495, DPR 559/92, DPR 364/96, DPR 18/98. Contenuti normativi I DPR 559/92, 364/96 e 18/98 sono attuativi della direttiva comunitaria 91/495. Si intende per: − carni di coniglio: tutte le parti del coniglio domestico adatte al consumo umano; − carni di selvaggina d' allevamento: tutte le parti di mammiferi terrestri e volatili selvatici comprese le specie di cui all' articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 90/539/CEE6 - riprodotti, allevati e macellati in cattività, adatte al consumo umano. Le carni di coniglio devono possedere i seguenti requisiti: − essere ottenute in uno stabilimento conforme ai requisiti generali della direttiva 71/118/CEE; − provenire da un' azienda o zona che non sia oggetto di divieti per motivi di polizia sanitaria; − provenire da animali sottoposti ad ispezione veterinaria (da parte di un veterinario ufficiale) ante mortem; − essere trattate in condizioni igieniche soddisfacenti; − essere sottoposte ad un' ispezione post mortem effettuata da un veterinario ufficiale, che accerti l’assenza di alterazioni, ad eccezione di lesioni traumatiche sopraggiunte poco prima della macellazione e di malformazioni o di alterazioni localizzate. Se necessario 6 L’elenco di tali specie è il seguente: pollame: galline, tacchini, faraone, anatre, oche, quaglie, piccioni, fagiani e pernici, allevati o tenuti in cattività ai fini della riproduzione, della produzione di carne o di uova da consumo o della fornitura di selvaggina da ripopolamento. 17 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP si può ricorrere ad adeguate analisi di laboratorio, per accertare l’adeguatezza al consumo umano − essere munite del bollo sanitario. Le condizioni alle quali può essere autorizzata la commercializzazione, in grandi imballaggi di carcasse, parti di carcasse o frattaglie non marchiate sono che: − le carcasse siano conservate dopo l' ispezione post mortem, in condizioni igieniche soddisfacenti presso stabilimenti o depositi riconosciuti; − le carcasse siano trasportate in condizioni igieniche soddisfacenti. Le carni fresche di coniglio spedite verso il territorio di un altro Stato membro devono essere accompagnate da un certificato sanitario durante il trasporto verso il paese di destinazione. L' originale del certificato sanitario deve essere rilasciato da un veterinario ufficiale all' atto dell' imbarco. A.7) Requisiti della produzione per la commercializzazione di carni fresche di volatili da cortile Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 71/118 (modificata dalla Direttiva 92/116/CEE del Consiglio) e DPR 495/97. Contenuti normativi Per la produzione e l' immissione sul mercato, le carni fresche di volatili da cortile devono soddisfare le seguenti condizioni: − Le carcasse e le frattaglie devono: a) provenire da un animale che sia stato sottoposto ad ispezione; b) essere state ottenute in un macello riconosciuto, soggetto ad un controllo da parte dell' autorità competente; c) essere state trattate in condizioni di igiene soddisfacenti; d) essere state sottoposte ad ispezione sanitaria post mortem; e) essere sottoposte a bollatura sanitaria; f) dopo l' ispezione post mortem, essere manipolate ed immagazzinate, in conformità alle prescrizioni legislative in materia; g) essere adeguatamente imballate; h) essere trasportate conformemente alle prescrizioni legislative; i) essere accompagnate durante il trasporto: - da un documento di accompagnamento contenente un numero di codice, che consenta l' identificazione dell' autorità competente incaricata del controllo dello stabilimento d' origine e allo stesso tempo del veterinario ufficiale responsabile dell' ispezione sanitaria il giorno della produzione delle carni; tale documento deve essere conservato dal destinatario per un periodo minimo di un anno per poter essere presentato all' autorità competente a sua richiesta; - dal certificato sanitario, nel caso si tratti di carni fresche di volatili da cortile ottenute in un macello situato in una regione o in una zona soggetta a restrizioni di polizia sanitaria; j) essere sigillate. − Le parti delle carcasse e le carni disossate devono: a) essere state sezionate e/o disossate in un laboratorio di sezionamento riconosciuto e controllato; 18 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP b) essere state sottoposte al controllo in loco o in centri di riconfezionamento all' uopo riconosciuti dall' autorità competente; c) essere immagazzinate in condizioni igieniche soddisfacenti. Le disposizioni elencate non si applicano: a) alle carni fresche di volatili da cortile destinate ad usi diversi dal consumo umano; b) alle carni fresche di volatili da cortile destinate ad esposizioni, a studi speciali; c) alle carni fresche di volatili da cortile destinate esclusivamente al rifornimento delle organizzazioni internazionali. Ai sensi del DPR 495/97 presso gli impianti di macellazione e i laboratori di sezionamento a Bollo CEE è consentito svolgere tutte le operazioni di macellazione, senza alcun limite produttivo né commerciale. Per l' apertura di questi stabilimenti dovrà essere richiesto il riconoscimento comunitario per impianto di macellazione, ai sensi dell’articolo 7 del DPR 495. Per gli Impianti di macellazione e i laboratori di sezionamento a Bollo Regionale a capacità limitata sono oggetto a deroga per quanto riguarda alcuni requisiti strutturali e funzionali, previsti dalla normativa comunitaria. Sono vincolati, però, al rispetto di un limite produttivo fissato nella misura di 150.000 capi/anno e l' ambito di commercializzazione delle loro produzioni è limitato al mercato nazionale. Per l' apertura di questi stabilimenti dovrà essere richiesto il riconoscimento regionale per impianto di macellazione "a capacità limitata", pur nel rispetto dei requisiti previsti dall' art. 13 del DPR. Presso gli stabilimenti autorizzati è possibile produrre anche carni di pollame parzialmente eviscerato, ossia carcasse non sottoposte all’asportazione di cuore, polmoni, ventriglio, gozzo, fegato, reni, testa, esofago, trachea o zampe. Il sezionamento di tali carni dovrà avvenire in zona separata o in tempi differenti rispetto al pollame completamente eviscerato. Il riconoscimento attribuito ad impianti di macellazione e di sezionamento comprende l' attività di deposito frigorifero delle carni fresche oggetto della stessa attività. Tuttavia, l' attività di deposito e di magazzinaggio di carni fresche può essere autorizzata anche in stabilimenti autonomi riconosciuti idonei allo scopo. In questo caso occorre richiedere il Bollo CEE per attività di deposito frigorifero specificando che si intende svolgere l' esclusiva attività di magazzinaggio di carni fresche per la successiva vendita all' ingrosso. Lo stabilimento già riconosciuto idoneo per l' attività di macellazione ai sensi del DPR 495/97 può, a condizione che ne possieda i requisiti, essere riconosciuto idoneo anche per la macellazione e/o il sezionamento di conigli e di selvaggina d' allevamento (ai sensi del DPR 559/92). A.7.1) Produzione ed immissione sul mercato degli ovoprodotti Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 89/437, Dlgs 65/93. Contenuti normativi La direttiva 89/437 è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto 65/1993 che stabilisce i criteri igienico-sanitari da osservare nella produzione e nella commercializzazione dei prodotti d' uovo destinati sia al consumo umano diretto, sia alla fabbricazione di prodotti alimentari. I prodotti d' uovo, destinati al consumo umano diretto, oppure alla fabbricazione dei prodotti alimentari, devono rispondere alle seguenti condizioni: a) essere stati ottenuti da uova di galline, di anatre, di che, di tacchini, di galline faraone o di quaglie, escluse le miscele di specie diverse; b) riportare l' indicazione della percentuale degli ingredienti d' uovo che essi contengono quando siano in parte miscelati con altri prodotti alimentari o con gli additivi 19 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP consentiti; c) essere stati trattati e preparati in uno stabilimento riconosciuto e soddisfare le condizioni prescritte dalla legge; d) essere preparati, conformemente alle prescrizioni contenute ai capitoli III, IV e V dell' allegato7, con uova che soddisfino le condizioni riportate al capitolo IV dello stesso; e) essere stati sottoposti ad un trattamento termico, equivalente almeno alla pastorizzazione o ad un altro trattamento riconosciuto dal Ministero della sanità, idoneo a soddisfare i criteri microbiologici riportati al capitolo VI8 dell' allegato; g) essere confezionati per la commercializzazione conformemente alle prescrizioni riportate al capitolo VIII9 dell' allegato; h) essere immagazzinati e trasportati conformemente alle prescrizioni contenute ai capitoli IX e X dell' allegato; i) essere muniti del bollo sanitario di cui al capitolo XI dell' allegato. Le imprese produttrici di prodotti d' uovo devono, in particolare: a) sottoporre i prodotti a controlli analitici, presso un proprio laboratorio ovvero presso altro laboratorio esterno, per accertarne la rispondenza alle prescrizioni di legge. I risultati di tali controlli devono essere registrati e conservati per un periodo di due anni e presentati a richiesta degli organi di controllo. I laboratori esterni di cui all' art. 4 devono essere iscritti in un apposito elenco predisposto dal Ministero della sanità. Il trasporto dei prodotti d' uovo deve essere effettuato con veicoli capaci di garantire il rispetto delle temperature prescritte (capitolo IX e X della direttiva 437). Gli stabilimenti ed i centri di imballaggio sono soggetti ad un controllo periodico da parte del servizio veterinario dell' unità sanitaria locale. I prodotti d' uovo provenienti da Paesi terzi, introdotti nel territorio nazionale devono rispondere almeno alle condizioni prescritte per gli analoghi prodotti dal presente decreto. A.8) Requisiti della produzione per la commercializzazione del latte Riferimenti legislativi Direttive comunitarie 89/362 92/46, 92/47, DPR 54/97, RD 994/29 e Legge 169/89. Contenuti normativi In base a quanto è disposto dalla direttiva 89/362 (successivamente modificata dalle direttive 92/46 e 92/47) gli animali destinati alla produzione del latte crudo, se provenienti da allevamenti di vacche e bufale devono: − essere indenni da tubercolosi o brucellosi; − non presentare sintomi di malattie infettive trasmissibili all' uomo; − avere lo stato sanitario che non presenti alcun problema; − non presentare ferite della mammella; − non aver subito trattamenti mediante sostanze pericolose o potenzialmente pericolose per la salute umana. se provenienti da allevamenti di ovini e caprini devono: − essere indenni da brucellosi (no nel caso di latte destinato alla fabbricazione del formaggio); 7 Come riferimento bsi prendono i capitolo della direttiva 89/437 - CAPITOLO III riguarda l’iigiene dei locali, del materiale e del personale negli stabilimenti prescritta la massima pulizia possibile per quanto riguarda il personale, i locali ed il materiale; il CAPITOLO IV riguarda le prescrizioni relative alle uova destinate alla fabbricazione di ovoprodotti ; il CAPITOLO V contiene le prescrizioni di igiene particolari per la fabbricazione degli ovoprodotti. 8 il CAPITOLO 6 della direttiva 437 riguarda le caratteristiche analitiche riportando i criteri microbiologici e altri criteri.. 9 Il CAPITOLO VIII riguarda il confezionamento degli ovoprodotti. 20 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − avere lo stato sanitario che non presenti alcun problema ed in particolare non presentare malattie nel tratto genitale con scolo, enteriti con diarrea e febbre o infiammazioni individuabili alla mammella; − non presentare ferite della mammella; − non avere subito trattamenti mediante sostanze pericolose o potenzialmente pericolose per la salute umana. In caso di coabitazione di bovini, ovini e caprini, questi ultimi devono essere sottoposti ad un controllo per la tubercolosi. In generale il latte crudo deve provenire da aziende regolarmente registrate presso l' Azienda Sanitaria Locale. Gli animali dell' azienda vanno sottoposti a visite periodiche, quelli malati devono essere isolati. I requisiti igienici del latte: Latte Requisiti Limiti Vacca Tenore di germi a 30° (per ml) <100.000* Titolo in cellule <400.000** Pecora e capra Tenore di germi a 30° (per ml) <1.500.000 * ** media geometrica di due prelievi al mese per due mesi media geometria di un prelievo al mese per tre mesi Il latte non deve contenere residui di farmaci, ormoni, antiparassitari, disinfettanti, o altre sostanze nocive. In particolare quello ovi-caprino, non rispondente ai requisiti indicati nella tabella, può essere utilizzato per la produzione di formaggi, con stagionatura superiore ai 60 giorni. I locali per il magazzinaggio del latte devono essere muniti di impianti di refrigerazione, adeguatamente protetti contro parassiti ed essere separati dai locali in cui sono stabulati gli animali. La mungitura - la fase più delicata dal punto di vista igienico è la mungitura. I locali adibiti alla mungitura devono: − essere situati e costruiti in modo da evitare qualsiasi contaminazione del latte; − essere pulibili e disinfettabili; − avere almeno le pareti e pavimenti di agevole pulizia; − avere pavimenti che permettano il drenaggio dei liquidi; − essere dotati di mezzi soddisfacenti per l' evacuazione dei rifiuti; − essere muniti di una ventilazione e illuminazione adeguate; − disporre di dispositivi e attrezzature di agevole lavaggio, pulizia e disinfenzione; − disporre di un impianto per l' erogazione di acqua sufficiente nelle operazione di mungitura. È importante separare tutte le possibili fonti di contaminazione, quali gabinetti e cumuli di letame. Se le femmine da latte sono tenute in stabulazione libera all' aria aperta, l' azienda deve disporre anche di una sala o una zona di mungitura adeguatamente separata dal locale di stabulazione. Per quanto riguarda le norme igieniche relativa alla mungitura devono essere rispettate le seguenti condizioni: − ogni animale deve poter essere identificato dal servizio sanitario; − i capezzoli devono essere puliti con acqua potabile prima della mungitura; − bisogna controllare l' aspetto dei primi getti di latte prima della mungitura; 21 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − il trattamento di disinfezione per immersione e per vaporizzazione dei capezzoli delle bovine in fase di lattazione deve essere effettuato solo dopo la mungitura. Immediatamente dopo la mungitura il latte deve essere posto in un luogo pulito e attrezzato in modo da evitare eventuali alterazioni delle sue caratteristiche. Nel caso la raccolta non è effettuata entro 2 ore dalla mungitura, il latte deve essere raffreddato ad una temperatura pari o inferiore a 8° C, in caso di raccolta giornaliera, e a 6°C, se la raccolta non viene effettuata giornalmente. Durante il trasporto del latte refrigerato sino agli stabilimenti di trattamento e di trasformazione la temperatura non deve superare i 10°C. Attrezzature e utensili - quelli che vengono a contatto con il latte devono essere lisci per facilitarne la pulizia. Essi, devono essere puliti e disinfettati dopo la mungitura. I contenitori e le cisterne devono essere puliti e disinfettati prima della loro riutilizzazione almeno una volta al giorno. Se il latte è sottoposto a filtrazione, il filtro deve essere sostituito o pulito prima che finisca la capacità di assorbimento (anche prima di ogni mungitura). È vietato l' uso di tessuti filtranti. Personale addetto alla mungitura e alla manipolazione del latte crudo - esso deve indossare abiti da lavoro idonei, puliti e lavarsi le mani prima di ogni mungitura, restando con le mani pulite per la durata dell' operazione. Esso non deve avere malattie trasmissibili al latte, deve essere munito del libretto di idoneità sanitaria rilasciato dall' autorità sanitaria del comune di residenza, previa visita medica e accertamenti idonei a stabilire che il richiedente non sia affetto da una malattia infettiva contagiosa o da malattia comunque trasmissibile ad altri, o sia portatore di agenti patogeni. Deve essere, inoltre, sottoposto alla vaccinazione antitificoparatifica, nonché ad ogni altro trattamento di profilassi che sia ritenuto necessario dall' autorità sanitaria competente. Norme di igiene relative alla produzione - il veterinario attraverso il campionamento ufficiale periodico effettua dei controlli per prevenire l' aggiunta di acqua nel latte. Gli stabilimenti di trattamento e di trasformazione - I reparti in cui si procede alla preparazione e alla trasformazione delle materie prime e alla fabbricazione dei prodotti a base di latte devono possedere: − un pavimento in materiale impermeabile e resistente (facile da pulire e disinfettare); − pareti con superfici lisce (facile da pulire e disinfettare) e munite di un dispositivo di scarico; − un soffitto facile da pulire nei locali in cui vengono manipolati, preparati o trasformati i prodotti e le materie prime soggetti alla contaminazione e non imballati; − porte in materiale inalterabile; − un' areazione sufficiente e se necessario un buon sistema di evacuazione dei vapori; − un' illuminazione sufficiente, naturale o artificiale; − dispositivi per la manutenzione igienica delle materie prime e dei prodotti finiti; − dispositivi di protezione contro animali indesiderabili; − utensili in materiale resistente alla corrosione; − recipienti speciali a perfetta tenuta, costruiti con materiali resistenti alla corrosione; − un impianto per l' evacuazione delle acque reflue; − un impianto che fornisca esclusivamente acqua potabile; − un numero di spogliatoi provvisti di pareti e pavimento lisci, impermeabili e lavabili, di lavabi e latrine a sciacquone, 22 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − un locale riservato all' uso esclusivo del servizio veterinario, che deve poter essere chiuso a chiave; − attrezzature adeguate per la pulizia e la disinfezione delle cisterne utilizzate per il trasporto del latte e dei prodotti a base di latte, liquido o in polvere. I locali di stoccaggio - I locali di stoccaggio in regime di refrigerazione, congelazione e surgelazione devono possedere una capacità frigorifera tale da mantenere le materie prime e i prodotti a base di latte alle temperature fissate dal DPR 54/97. La presenza di pareti di legno è consentita nel locali costruiti anteriormente al 1° gennaio 1993. Nei locali adibibili alla fabbricazione e allo stoccaggio del latte e dei prodotti derivati non sono ammessi animali. I roditori, gli insetti e qualsiasi altro parassita devono essere sistematicamente eliminati nei locali o sulle attrezzature. I topicidi, i disinfettanti o altro devono essere depositati in locali o armadi chiusi a chiave. Questi devono essere utilizzati in modo da non aver effetti negativi sulle attrezzature, utensili, recipienti e altro. L' uso dell' acqua potabile è d' obbligo in qualsiasi caso. In via eccezionale è autorizzata l' uso dell' acqua non potabile per il raffreddamento degli impianti, la produzione di vapore, la lotta antincendio. Con la legge 169/89 il legislatore italiano stabilisce che il latte per essere chiamato fresco deve: - arrivare crudo allo stabilimento e subire il trattamento termico (pastorizzazione) entro 48 ore dalla mungitura - la pastorizzazione deve essere unica e "dolce" cioè a una temperatura compresa fra i 72° e il punto di ebollizione. - rispettare una serie di parametri analitici prefissati In pratica lo scopo della legge è di portare in vendita un prodotto il più simile al latte appena munto. Nella legge ci sono anche riferimenti al latte UHT cioè al latte sterilizzato. La disciplina della trasformazione del latte alimentare contenuta nella legge 169, presenta profili di incoerenza con la disciplina comunitaria sia del regime di scadenza dei prodotti alimentari in generale, di cui alle direttive 89/395 e 89/396/CEE e al d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 109 di recepimento, sia del regime produttivo del latte alimentare, disciplinato dalle direttive 92/46 e 92/47/CEE recepite con D.P.R. 14 gennaio 1997, n. 54. Quanto alla circostanza che la fissazione per legge della scadenza del latte pastorizzato risulti eccessivamente rigida, può osservarsi che l' aspetto problematico va individuato nella circostanza che il vincolo legislativo non consente di adeguare i processi produttivi di trasformazione del latte crudo alle innovazioni tecniche oggi disponibili, nonché di valorizzare le produzioni di materia prima, ossia di latte crudo, di qualità. Si rileva infatti da un lato che le imprese più dinamiche attive nel settore della trasformazione del latte risultano oggi in grado di produrre latte pastorizzato fresco con una vita più lunga di quanto non sia stabilito, in via generale, dalla legge. Dall' altro si osserva che la qualità di latte crudo oggi disponibile sul mercato nazionale ben consentirebbe la produzione di latte pastorizzato fresco in grado di tollerare una scadenza sensibilmente superiore ai quattro giorni fissati dal legislatore. Ma l' incoerenza sistematica del quadro di riferimento normativo si manifesta in modo particolarmente evidente, ove si consideri che il citato DPR 54/97 ha introdotto la possibilità di produrre un latte del tipo pastorizzato ad alta temperatura. Questa tipologia di prodotto, infatti, in ragione del trattamento termico subito dalla materia prima, risulta teoricamente in grado di mantenere la propria integrità per un periodo di tempo (10-15 giorni) ampiamente superiore a quello (4 giorni) imposto dalla citata legge 169/89. Tale 23 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP incongruenza normativa ha di fatto sino ad oggi impedito agli operatori nazionali di produrre latte pastorizzato ad alta temperatura. Le limitazioni contenute nell' assetto normativo vigente costituiscono una delle più importanti ragioni dell' attuale rigidità della struttura dell' offerta - oggi sostanzialmente limitata alle due tipologie del latte fresco pastorizzato e del latte UHT-, che si traduce altresì in uno svantaggio per i consumatori. In conclusione la previsione contenuta all' art. 5 della legge n. 169/89 non appare più oggi sorretta da esigenze di interesse generale, mentre al contrario si rivela fonte di distorsioni del corretto funzionamento del mercato, nonché di gravi forme di discriminazione in grado di danneggiare la produzione nazionale.. A.9) Protezione degli animali nei trasporti Riferimenti legislativi Regg. 411/98, 1040/2003 (che modifica il regolamento 1255/97), Direttive comunitarie 91/628 (modificata dalla Direttiva 95/29) 64/432 (modificata dalla direttiva 97/12 e recepita con Dlgs196/1999), 90/426, 91/68 (modificata dalla direttiva 2001/10), 92/65, Decisione 298/2001, D.lgs 388/98, D.lgs 532/92 e DPR 233/88. Contenuti normativi La decisione 2001/298/CE della Commissione, del 30 marzo 2001, ha modificato gli allegati delle direttive 64/432/CEE, 90/426/CEE, 91/68/CEE e 92/65/CEE del Consiglio e della decisione 94/273/CE e integra la direttiva 2001/10/CE, tutte disposizioni queste relative alla protezione degli animali nel trasporto. La prima direttiva che introduce disposizione in materia è la n. 91/628. Ai sensi della direttiva la normativa in questione non è applicata nei seguenti casi: a) il trasporto è privo di qualsiasi carattere commerciale e ogni animale è accompagnato da persona fisica che ne ha la responsabilità; b) gli animali domestici da compagnia accompagnano il loro padrone nel corso di un viaggio privato; c) il trasporto è effettuato su una distanza massima di 50 Km dal luogo di inizio a quello di destinazione dagli allevatori con veicoli agricoli o mezzi di trasporto di loro proprietà; d) le circostanze geografiche impongano una transumanza regionale senza scopo lucrativo per alcuni tipi di animali. Durante il trasporto gli animali devono disporre di uno spazio sufficiente per restare eretti nella loro posizione naturale. I mezzi di trasporto devono: - avere barriere che proteggano gli animali dai movimenti; - essere costruiti in modo da proteggere gli animali dalle intemperie e dalle variazioni climatiche; - possedere uno spazio sufficiente per l' areazione e i movimenti naturali dell' animale; - essere muniti di un contrassegno che indichi la presenza di animali vivi, nonché di un segnale indicante la posizione in cui gli stessi si trovano; - essere di facile pulitura e muniti di chiusura per impedire che gli animali possano fuggire. Gli animali devono essere sempre accompagnati, tranne nei seguenti casi: − se sono trasportati in contenitori sicuri, adeguatamente aerati, forniti di acqua e cibo sufficiente per un viaggio di durata doppia rispetto a quella effettivamente prevista; − se il trasportatore assume il compito di guardiano; 24 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − se il mittente da incarico ad un proprio mandatario di accudire gli animali nei punti sosta. Regolamento (CE) n. 1040/2003 del Consiglio, dell’11 giugno 2003, che modifica il regolamento (CE) n. 1255/97 concerne l’utilizzo dei punti di sosta. Detto regolamento oltre a stabilire i criteri comunitari per i punti di sosta , adatta il ruolino di marcia previsto dall' allegato della direttiva 91/628/CEE, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e reca modifiche delle direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE e 95/29/CE. Il regolamento mira a rafforzare i requisiti in materia di polizia sanitaria applicabili ai punti di sosta, per evitare il verificarsi di epidemie di afta epizootica dovute al mescolarsi degli animali nei punti di sosta. La definizione di “trasportatore” si trova nel DLgs 532/92, così come aggiornato dal DLgs 388/98, all’art.2 punto 2: «trasportatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica che, per fini commerciali e a scopo di lucro trasporta animali per conto proprio o per conto terzi nonché chi mette a tal fine un mezzo di trasporto a disposizione di terzi. Il DLgs 532/92 relativo alla protezione degli animali durante il trasporto, responsabilizza in modo preciso e spesso estremamente vincolante il trasportatore. Il primo passaggio per poter essere trasportatore è quello di ottenere l’autorizzazione rilasciata dal Servizio Veterinario, che attesti una sufficiente formazione o esperienza pratica del trasportatore ai fini del benessere degli animali. Questa autorizzazione è valida per tutti i territori elencati nell' allegato I al decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93, ossia per tutta la CE. Il Regolamento 411 del 1998, sempre in applicazione delle disposizioni contenute nella direttiva 91/628, stabilisce norme complementari relative alla protezione degli animali applicabili agli autoveicoli adibiti al trasporto di animali su percorsi di durata superiore a otto ore. In base alle prescrizioni contenute nell’allegato del regolamento gli animali devono disporre di una lettiera adeguata che ne garantisca il benessere e la cui quantità possa variare in funzione, delle specie e del numero di animali trasportati, della durata del percorso, delle condizioni atmosferiche e consenta un assorbimento e un' evacuazione adeguati delle deiezioni. Inoltre, il veicolo utilizzato deve trasportare una quantità sufficiente di alimenti appropriati per soddisfare il fabbisogno alimentare di detti animali durante il percorso in questione e durante il percorso gli alimenti devono essere mantenuti al riparo dalle intemperie e dai contaminanti quali la polvere, il carburante, i gas di scarico nonché le deiezioni animali. I veicoli adibiti al trasporto devono essere attrezzati in modo da consentire in qualsiasi momento un accesso diretto a tutti gli animali trasportati per poterli ispezionare e prestare loro tutte le cure adeguate, compresi l' alimentazione e l' abbeveraggio. Il veicolo deve essere munito di un sistema di aerazione adeguato, tale da assicurare in permanenza le condizioni di benessere degli animali trasportati e deve essere provvisto di tramezzi che consentano di formare compartimenti separati. Il veicolo deve essere provvisto di un dispositivo che consenta l' allacciamento ad un punto d' acqua durante le soste. Per il trasporto di suini, veicoli devono, in funzione della loro capacit. di carico, e tenuto conto del numero di animali trasportati, nonché delle tappe previste durante il percorso, essere provvisti di uno o più serbatoi d' acqua di capacità sufficiente, per consentire l' abbeveraggio degli animali durante il percorso in funzione delle loro esigenze. La direttiva 64/432/CEE, modificata dalla direttiva 97/12 e recepita nell’ordinamento nazionale con decreto legislativo 196 del 1999 riguarda i problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina. In base alle 25 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP disposizioni contenute nel decreto gli animali i questione possono essere destinati agli scambi solo se: a) sottoposti ad un controllo di identità e ad un esame clinico, da parte di un veterinario ufficiale, nelle ventiquattro ore precedenti la partenza e non presentano segni clinici di malattia; b) provenienti da un' azienda o da una zona non soggette, in relazione alla specie considerata, a divieti o restrizioni di polizia sanitaria, adottati sulla base di provvedimenti comunitari o nazionali; c) identificati conformemente alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996, n. 317, e successive modificazioni, e, per i bovini, quelle di cui al regolamento (CE) 820/97, e successive modifiche; d) non destinati, nell' ambito di un programma nazionale o regionale per l' eradicazione di malattie contagiose o infettive, alla macellazione ne'essere soggetti a restrizioni di polizia sanitaria; e) non vengono in contatto con altri artiodattili di differente qualifica sanitaria dal momento in cui lasciano l' azienda di origine fino all' arrivo a destinazione; f) trasportati mediante mezzi di trasporto conformi alle prescrizioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 532, e successive modificazioni; g) accompagnati durante il trasporto verso il luogo di destinazione da un certificato conforme. Il certificato deve essere provvisto di un numero di serie, costituito da un unico foglio e qualora sia necessario più di un foglio, comunque devono formare un documento unico non divisibile, deve essere rilasciato il giorno dell' esame clinico degli animali ed essere redatto almeno in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di destinazione (ha una validita'di 10 giorni a decorrere dalla data del citato esame clinico). Allo stesso modo la Direttiva 90/426/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, disciplina le condizioni di polizia sanitaria degli equidi negli scambi e nei movimenti di provenienza dei paesi terzi. A.9.1) Protezione dei bovini nei trasporti Nelle tabelle che seguono sono riportate le superfici bestiame e per i vari tipi di trasporto. Trasporto ferroviario e stradale Categoria Peso dell’animale (kg) Vitelli d' allevamento 55 Vitelli medi 110 Vitelli pesanti 200 Bovini medi 325 Bovini di grande 550 dimensione Bovini di grandissime >700 dimensioni Trasporto aereo Categoria Peso (kg) Vitelli 50 70 Bovini 300 500 26 minime necessarie per categoria di Superficie per animale (mq) 0,30 - 0,40 0,40 - 0,70 0,70 - 0,95 0,95 - 1,30 1,30 - 1,60 >1,60 Superficie per animale (mq) 0,23 0,28 0,84 1,27 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Trasporto marittimo Peso (kg) 200 - 300 300 - 400 400 - 500 500 - 600 600 - 700 Superficie per animale (mq) 0,81 - 1,0575 1,0575 - 1,305 1,305 - 1,525 1,525 - 1,8 1,8 - 2,025 Per le femmine in gestazione va previsto un 10% in più di spazio. A.9.2) Protezione di ovini e caprini nei trasporti Nelle tabelle che seguono sono riportate le superfici minime necessarie per categoria di bestiame e per i vari tipi di trasporto. Trasporto ferroviario e stradale Categoria Peso (kg) Superficie per animale (mq) Montoni tosati <55 0,20 - 0,30 >55 >0,30 Montoni non tosati <55 0,30 - 0,40 >55 >0,40 Pecore in gestazione <55 0,40-0,50 avanzata >55 >0,50 Capre <35 0,20-0,30 35-55 0,30-0,40 >55 0,40-0,75 Capre in gestazione <55 0,40-0,50 avanzata >55 >0,50 Trasporto aereo Peso (kg) Superficie per animale (mq) 25 0,20 50 0,30 75 0,40 Trasporto marittimo Peso (in Kg) Superficie in mq per animale 20-30 0,241-0,265 30-40 0,265-0,290 40-50 0,290-0,315 50-60 0,315-0,34 60-70 0,34-0,39 Sia nel trasporto ferroviario, che in quello stradale, la superficie al suolo sopra indicata può aumentare in base alla razza, allo stato fisico e alla lunghezza degli animali, nonché del viaggio. Per piccoli agnelli, può essere prevista una superficie pari a 0,2 mq per animale. A.9.3) Protezione dei suini nei trasporti Trasporto ferroviario e stradale Tutti i suini devono potersi coricare e restare naturalmente in posizione eretta. La densità di carico dei suini del peso di 100 Kg non dovrebbe essere superiore a 235 Kg/mq. In base alla razza, alle dimensioni e allo stato fisico dei suini, nonché alle condizioni meteorologiche e 27 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP alla durata del viaggio, può essere aumentata la superficie al suolo minima richiesta fino ad un massimo del 20%. Trasporto aereo La densità di carico dovrebbe essere sufficientemente elevata per evitare ferite al decollo, durante le turbolenze o all' atterraggio. Si deve, inoltre, tener conto del clima, della durata del viaggio e dell' ora di arrivo. Peso medio (Kg) Superficie per suino (mq) 15 0,13 25 0,15 50 0,35 100 0,51 Trasporto marittimo Peso vivo in Kg Superficie in mq/animale Fino a 10 0,20 20 0,28 45 0,37 70 0,60 100 0,85 140 0,95 180 1,10 270 1,50 A.9.4) Protezione delle galline ovaiole nei trasporti Le cifre riportate nella tabella possono variare in base al peso, alle dimensioni, allo stato fisico dei volatili, alle condizioni meteorologiche e alla durata del tragitto. Categoria Pulcini di un giorno Volatili <1,6 Kg Volatili <1,6-3 Kg Volatili 3-5 Kg Volatili >5 Kg Superficie 21-25 cmq per pulcino 180-200 cmq/Kg 160 cmq/Kg 500 cmq/Kg 105 cmq/Kg A.9.5) Protezione dei conigli nei trasporti Durante il trasporto devono essere a disposizione dei conigli, cibo adatto e acqua in quantità sufficiente, tranne nei casi di: − trasporti di durata inferiore alle 12 ore, non tenendo conto dei tempi di carico e di scarico; − trasporti portati a termine nelle 72 ore successive alla nascita. 28 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP A.10) Protezione durante la macellazione e/o l'abbattimento Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 93/119, D.lgs 333/98, Legge 526/99. Contenuti normativi La presente normativa si applica al trasferimento, alla stabulazione, all' immobilizzazione, allo stordimento, all' abbattimento e alla macellazione degli animali allevati, detenuti per la produzione di carni, pelli, pellicce o altri prodotti, nonché all' abbattimento degli animali a fini di profilassi e lotta contro le malattie infettive e diffuse. I cavalli, i ruminanti, i suini, i conigli e i volatili da cortile, trasportati nei macelli ai fini della macellazione, devono essere: − trasferiti e se necessario stabulati, facendo attenzione alla loro salute; − alimentati in locali idonei (ventilati ed illuminati) ed atti a ricevere eventuali ispezioni, in caso non siano macellati entro le 12 ore; − immobilizzati evitando loro sofferenze e ferite. In generale, tutti gli animali, ad eccezione dei conigli e dei volatili da cortile, non possono essere legati per le zampe né sospesi prima dello stordimento o abbattimento, per i bovini, in particolare, è obbligatoria l' immobilizzazione con metodo meccanico; − storditi prima della macellazione o abbattuti istantaneamente secondo i seguenti metodi: a) stordimento (pistola a proiettile captivo; commozione cerebrale; elettronarcosi; esposizione al biossido di carbonio); b) abbattimento (pistola o fucile a proiettile libero; elettrocuzione; esposizione al biossido di carbonio). − dissanguati tenendo conto che tale operazione deve avvenire subito dopo lo stordimento, un animale per volta e con la recisione di una delle carotidi o vasi sanguigni ad essa collegati. Gli strumenti, le attrezzature e gli impianti d’abbattimento devono essere progettati, costruiti, conservati ed utilizzati in modo da assicurare lo stordimento o l' abbattimento rapido ed efficace. Deve essere sempre disponibile, inoltre, il materiale di ricambio. Tali strumenti devono essere sottoposti al controllo del veterinario ufficiale (tutte le operazioni devono essere effettuate da persone in possesso della preparazione teorica e pratica attestata dall’ASL competente). A.11) Marcatura del bestiame Riferimenti legislativi Direttiva comunitaria 92/102, regolamenti 494/98, 1760/2000, 1825/2000, DMPA 22 dicembre 1997. Contenuti normativi Le regole attuali in materia di identificazione e di registrazione dei bovini sono state fissate dalla direttiva 92/102/CEE del Consiglio e dal regolamento (CE) n. 820/97. Il DPR del 30 Aprile 1996 n. 317 dispone l' attuazione della direttiva 92/102/CEE. La normativa prevede che il servizio veterinario della unità sanitaria locale competente per territorio debba tenere un elenco, costantemente aggiornato delle aziende che detengono animali, nel quale devono essere riportate almeno le seguenti indicazioni: a) la denominazione dell’azienda; b) il codice d’identificazione aziendale; 29 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP c ) l’ubicazione territoriale dell’azienda con le indicazioni del comune, provincia, località e codice di avviamento postale; d) il detentore, specificandone domicilio o residenza, codice fiscale o partita I.V.A.; e) il responsabile dell’azienda, se diverso dal detentore di cui alla lettera d; f) le specie degli animali tenute, allevate o commercializzate; g) per la specie suina, la specificazione del consorzio di tutela della denominazione di origine dei prosciutti cui l' azienda abbia eventualmente aderito. Il responsabile dell' azienda deve presentare una richiesta di attribuzione del codice di identificazione aziendale al servizio veterinario territorialmente competente. Il servizio veterinario attribuisce il codice aziendale recante nell’ ordine le ultime tre cifre del codice ISTAT del comune ove ha sede l’azienda, la sigla della provincia ove ha sede l’azienda e il numero progressivo su base comunale assegnato all’azienda. Le aziende continuano a figurare nell’elenco, finché non siano trascorsi i tre anni consecutivi durante i quali non siano presenti animali nell’azienda. Il detentore deve tenere presso l’azienda un registro, intestato all’azienda medesima, composto da pagine numerate progressivamente recanti il timbro del servizio veterinario competente e la sigla del responsabile del servizio stesso. Il registro per la specie bovina e bufalina, deve recare almeno le seguenti informazioni: a) il numero di animali presenti nell’azienda e l’indicazione, per ciascun animale, del marchio di identificazione, del sesso e della categoria; b) tutte le nascite, tutti i decessi e tutti i movimenti, con menzione della loro origine o destinazione e della data dell’ evento, indicando in ogni caso, il marchio di identificazione; tale registrazione è effettuata entro tre giorni dall’evento. Il registro per la specie suina deve recare almeno le seguenti informazioni: a) il numero degli animali presenti nell’azienda con l’indicazione del relativo marchio di identificazione e della categoria; b) tutte le nascite, tutti i decessi e tutti i movimenti con menzione della loro origine o destinazione e della data dell’evento, indicando in ogni caso il marchio di identificazione, tale registrazione è effettuata entro tre giorni dall’evento, salvo che per le nascite, che possono essere registrate entro quindici giorni dal parto. Il registro per le specie ovina e caprina, deve recare almeno le seguenti informazioni: a) il numero totale di ovini e di caprini presenti nell’azienda alla data del 15 Marzo di ogni anno; b) almeno ogni novanta giorni, il numero degli animali femmine presenti che abbiano raggiunto l’età dodici mesi o abbiano figliato; c) il numero di ovini e caprini entrati o usciti, con l’indicazione di origine o destinazione, categoria e data dell’avvenuta movimentazione. I detentori di animali sono obbligati a fornire all’autorità competente, che ne faccia richiesta, informazioni sull’origine, sull’ identificazione ed, eventualmente, sulla destinazione degli animali posseduti, detenuti, trasportati, commercializzati o macellati. Il detentore di animali che devono essere trasferiti da o verso un mercato o un centro di raccolta deve fornire all’operatore, che sul mercato o nel centro di raccolta, è temporaneamente detentore degli animali, uno dei documenti di accompagnamento previsti dalle disposizioni vigenti contenente dati particolareggiati sugli animali, compresi i marchi di identificazione. I registri e le informazioni, nonché copia del documento di accompagnamento, sono conservati presso l' azienda e tenuti a disposizione dell' autorità competente che ne può fare richiesta per un periodo di cinque anni. Gli animali delle specie bovina, bufalina, suina, ovina e caprina devono essere contrassegnati nell' azienda di origine, a cura e spese del detentore, con un marchio recante il loro codice di identificazione che deve contenere la sigla IT che individua lo Stato italiano, il codice aziendale e il numero progressivo deve essere preceduto da una lettera corrispondente 30 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP all' anno di nascita. Le caratteristiche dei marchi di identificazione e il sito dove apporli sono stabiliti, per la specie ivi indicata, negli allegati I, II, III del DPR 317. I marchi auricolari utilizzati nelle aziende devono essere di materiale inalterabile, leggibili per l' intera vita dell' animale e utilizzabili una sola volta. Marchio e tatuaggio, in ogni caso, devono essere di natura tale da rimanere sull' animale senza compromettere il benessere. L' apposizione del marchio di identificazione deve avvenire nell' azienda di origine prima della movimentazione e comunque entro: a) trenta giorni dalla nascita, per bovini e bufalini; b) sessanta giorni dalla nascita, per ovini e caprini. L' identificazione degli animali di tali specie può non essere effettuata qualora, prima del termine fissato, essi siano inviati direttamente ad una impianto di macellazione; c) settanta giorni dalla nascita, per i suini. Gli animali importati da un Paese terzo che abbiano superato i controlli di cui al decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93 e che rimangono nel territorio comunitario, devono essere identificati nell' azienda di destinazione: a) entro trenta giorni dalla data in cui hanno superato i suddetti controlli; b) comunque prima di ogni successivo spostamento. Gli animali non possono essere spostati dall' azienda in cui sono tenuti, allevati o commercializzati, se non sono identificati e registrati in conformità alle disposizioni vigenti appena descritte. Il regolamento 494/98 (modificato dal Regolamento 1825/2000) della Commissione riguarda le modalità d' applicazione del regolamento 820/97 (modificato dal 10 Regolamento 1760/2000 ), del Consiglio relativo all' applicazione di sanzioni amministrative minime nell' ambito del sistema di identificazione e di registrazione dei bovini. Ai sensi del regolamento qualora vi siano in un' azienda uno o più animali per i quali non è soddisfatto alcuno dei requisiti stabiliti dal regolamento 820/9711 viene imposta una limitazione dei movimenti di tutti gli animali diretti verso tale azienda o da essa provenienti. Il Regolamento 1825/2000 della Commissione è stato recepito nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo del 58/2004,che riguarda l' etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine. In base a quanto stabilito dal regolamento, l' operatore o l' organizzazione che commercializza carni bovine prive in tutto o in parte delle indicazioni obbligatorie è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 euro a 12.000,00 euro. La medesima sanzione si applica all' operatore e alla organizzazione che commercializza carni bovine con indicazioni obbligatorie non corrispondenti al vero. L' operatore o l' organizzazione che commercializza carni bovine utilizzando, oltre alle indicazioni riportate al comma 1, indicazioni non previste da un disciplinare approvato dalle autorità competenti, ai sensi dell' articolo 16, paragrafo 1, del regolamento 1760/2000, è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000,00 euro a 6.000,00 euro. In caso di recidiva della violazione è disposta la revoca dell' approvazione del disciplinare stesso. L' operatore o l' organizzazione che non adotti un sistema idoneo a garantire la veridicità delle informazioni obbligatorie e facoltative e il nesso tra le carni e l' animale o il gruppo di animali interessati è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa da 1.500,00 euro a 9.000,00 euro. 10 Il Regolamento CE n. 1760 del 17/7/2000 prevede l' obbligo di etichettatura per le carni bovine e i prodotti a base di carni bovine in modo da consentire la tracciabilità del prodotto lungo tutte le fasi di produzione e fornire un' informazione trasparente al consumatore. 11 Il sistema di identificazione e di registrazione dei bovini comprende i seguenti elementi: a) marchi auricolari per l' identificazione dei singoli animali; b) basi di dati informatizzate; c) passaporti per gli animali; d) registri individuali tenuti presso ciascuna azienda. 31 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP L' operatore o l' organizzazione che non consente agli esperti della Commissione delle Comunità europee, alle autorità competenti e agli organismi di controllo, riconosciuti dall' autorità competente l' accesso ai propri locali e a tutta la documentazione è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000,00 euro a 18.000,00 euro. L' operatore o l' organizzazione che commercializza carni bovine utilizzando indicazioni o segni che possono ingenerare confusione con le denominazioni previste è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500,00 euro a 9.000,00 euro. 32 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP SEZIONE 2: SETTORE AGRICOLO IN GENERALE Sezione 2.1: Ambiente B.1) Ecosistemi naturali Riferimenti legislativi Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, DPR 357/97 (modificato dal D.P.R. 120/2003). Contenuti normativi La tutela ambientale costituisce una delle priorità nella politica comunitaria europea, da perseguire attraverso la salvaguardia della biodiversità e la conservazione degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatiche. Al fine di garantire il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat di specie, le direttive 79/409/CEE (Dir. Uccelli Selvatici) e 92/43/CEE (Dir. Habitat) del Consiglio Europeo hanno posto l' obiettivo di designare delle Zone di Conservazione Speciale. La direttiva Uccelli Selvatici ha definito criteri per designare le Zone di Protezione Speciale (ZPS) ed è stata recepita in Italia dalla Legge 157/1992, recepita a sua volta a livello regionale dalla L.R. n. 27/1998. La direttiva Habitat ha individuato una serie di habitat (allegato I) e specie (allegato II) definiti di Importanza Comunitaria, attribuendo ad alcuni di essi un carattere prioritario. Essa ha definito i criteri per l’identificazione dei Siti di Importanza Comunitaria (pSIC) da parte degli Stati membri ed ha posto, inoltre, l' obiettivo di creare la Rete Ecologica Natura 2000, rete europea di aree (SIC e ZPS) contenenti habitat naturali e seminaturali e specie di particolare valore biologico ed a rischio di estinzione, all' interno delle quali attuare delle opportune azioni di conservazione e salvaguardia della biodiversità. La Direttiva Habitat è stata recepita a livello nazionale dal D.P.R. 357/1997, modificato ed integrato dal D.P.R. 120/2003. In attesa della designazione delle Z.S.C., gli Stati membri (e quindi in Italia anche le Regioni) hanno l' obbligo di "mantenere in un soddisfacente grado di conservazione" gli habitat e le specie presenti in tutti i pSIC. In Puglia sono stati censiti nel 1995, con il programma scientifico Bioitaly, 77 proposti Siti d' Importanza Comunitaria e sono state designate, nel dicembre 1998, 16 Zone di Protezione Speciale. A fine progetto, il Ministero dell' Ambiente ha emanato il D.M. 3 aprile 2000, che riporta l' elenco dei SIC proposti e delle ZPS per ogni Regione d' Italia. La Regione Puglia con Delibera G.R. n. 1157 dell’08/08/2002, pubblicata nel BURP n. 115 dell’11/09/2002, ha approvato la revisione tecnica e la delimitazione per la Regione Puglia delle zone pSIC e delle ZPS designate, e con la recente D.G.R. n. 1022 del 21/07/2005 (in corso di pubblicazione sul BURP) ha aggiornato l’elenco generale delle Zone di protezione Speciale, in esecuzione della Direttiva 79/409/CEE ed in esecuzione della condanna della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 20 marzo 2003 ( causa C-378/01). L’ aggiornamento si è reso necessario per la modifica delle delimitazioni di 4 Zone di protezione Speciale e, in particolare: 1. Isole Tremiti : ZPS estesa 343 ha di parte terrestre delle Isole Tremiti, totalmente inclusa nel Parco Nazionale del Gargano; 2. Laghi di Lesina e Varano: ZPS estesa 11.200 ha, quasi del tutto compresa nel perimetro del Parco Nazionale del Gargano; 3. Promontorio del Gargano: ZPS estesa 70.000 ha che comprende tutte le ZPS già classificate con ampliamento sino alla coincidenza con la superficie dell’IBA ( Important Bird 33 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Areas); Anche in questo caso i territori interessati sono tutti interni al Parco Nazionale del Gargano; 4. Paludi presso il Golfo di Manfredonia. ZPS estesa 7.800ha. I territori interessati sono in parte compresi nel Parco Nazionale del Gargano. In base alle disposizioni normative contenute nelle direttive comunitarie, e nei loro recepimenti nazionali e regionali, gli interventi ricadenti negli ambiti territoriali individuati come pSIC e ZPS sono assoggettati alla Valutazione d' Incidenza (così come disciplinato all' art. 5 del D.P.R. 357\97 e s.m.i.). A livello regionale dette norme sono state recepite nella L.R. n. 11 del 12 aprile del 2001, Norme sulla Valutazione dell’Impatto Ambientale. Tale obbligo è stato anche stabilito all' articolo 41 della Legge Regionale n. 13 del 2000, di attuazione del POR Puglia. Informazioni di maggior dettaglio sono riportate nell’Allegato (Normativa relativa ad Aree naturali Protette e Siti Natura 2000) al Vademecum. NORMATIVA COMUNITARIA NORMATIVA NAZIONALE Dir. 79/409/CEE Protezione uccelli selvatici L. 157 dell’11/02/92 D.P.R. n. 357 dell' 8/9/97 D.P.R. n. 120 del 12/03/2003 Dir. 92/43/CEE Conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica (Natura 2000) Valutazione di Incidenza NORMATIVA REGIONALE D.P.R. n. 357 dell' 8/9/97 D.M. 3 aprile 2000 D.P.R. n. 120 del 12/03/2003 L. n. 394 del 06/12/1991 Legge Quadro sulle protette aree L.R. 27 del 13/08/1998 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunisticoambientali e per la regolamentazione dell’attività venatoria L.R. n. 11 del 12/04/2001 Norme sulla valutazione ambientale dell’impatto D.G.R. n. 1157 del 08/08/2002 La regione Puglia ha trasmesso al Ministero dell’Ambiente la revisione tecnica delle delimitazioni di pSIC e ZPS L.R. n. 19 del 24/07/1997, e s.m.i. Norme per l' istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella Regione B.2) Biodiversità Riferimenti legislativi Legge 124/94, che recepisce i principi tracciati dalla Convenzione di Rio del 1992. Contenuti normativi La Convenzione sulla biodiversità, firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, è stata ratificata in Italia con Legge n. 124 del 14 febbraio 1994 (e delibera Cipe del 16 marzo 1994, documento: “Linee strategiche e programma preliminare per l’attuazione della Convenzione sulla biodiversità in Italia”). Con tale legge l' Italia conviene di perseguire gli obiettivi di fondo quali: − la conservazione della diversità biologica, − l' uso durevole dei suoi componenti, 34 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − la ripartizione giusta ed equa di benefici derivanti dall' utilizzazione delle risorse genetiche. In particolare essa impone di: − istituire un sistema di zone protette o di zone dove misure speciali devono essere adottate per conservare la diversità biologica; − sviluppare le direttive per la selezione, la creazione e la gestione di zone protette o di zone in cui sia necessario adottare provvedimenti speciali per conservare la diversità biologica; − promuovere la protezione degli ecosistemi, degli habitat naturali e del mantenimento vitale delle popolazioni negli ambienti naturali; − promuovere uno sviluppo durevole ed ecologicamente razionale nelle zone adiacenti alle zone protette per rafforzare la protezione di queste ultime; − riabilitare e risanare gli ecosistemi degradati e promuovere la ricostituzione delle specie minacciate, per mezzo dello sviluppo e della valorizzazione di piani o di altre strategie di gestione. B.3) Desertificazione e siccità Riferimenti legislativi Convenzione ONU, Legge 170/97. Contenuti normativi La legge 170 ratifica la Convenzione di Parigi delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei paesi gravemente colpiti. I principi introdotti in occasione della Convenzione sono stati recepiti anche nella Decisione del Consiglio CEE 98/216 (del 9 marzo 1998). Detta convenzione si prefigge di lottare contro la desertificazione e di attenuare gli effetti della siccità nei paesi gravemente colpiti, in particolare in Africa, grazie a misure efficaci ad ogni livello, sostenute da intese internazionali di cooperazione e di partenariato, nell' ambito di un approccio integrato volto a contribuire al conseguimento di uno sviluppo sostenibile nelle zone colpite. Per lottare la desertificazione bisogna attuare delle attività connesse alla valorizzazione integrata delle terre colpite e intese a: a) prevenire e/o ridurre il degrado delle terre, b) ripristinare le terre parzialmente degradate, c) restaurare le terre desertificate. Nella convenzione sono riportate le direttive e le disposizioni, che lo Stato deve adottare per l' attuazione efficace degli obiettivi. Parte di essa è dedicata ai paesi della regione del Mediterraneo settentrionale colpiti da problema della desertificazione e siccità. Al fine di contrastare le conseguenze dovute a questi fenomeni ogni Stato redige il Piano d’azione Nazionale. Questo fa parte integrante del quadro della pianificazione strategica per lo sviluppo sostenibile dei paesi in oggetto. In detti Piani i paesi possono prevedere misure concernenti: a) i metodi d' utilizzazione delle terre, la gestione delle risorse idriche, la conservazione del suolo, il genio forestale, le attività agricole e la sistemazione dei pascoli e dei percorsi; b) la gestione e la conservazione della fauna e della flora e di altre forme di diversità biologica; 35 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP c) la protezione contro gli incendi forestali; d) la promozione di mezzi di sussistenza alternativi; e) la ricerca, la formazione e la sensibilizzazione del pubblico. I paesi colpiti possono elaborare ed eseguire un programma d' azione subregionale e/o regionale destinato a completare i programmi d' azione e a renderli più efficaci. Due o più parti della subregione possono pure convenire l' elaborazione di un programma d' azione congiunto. B.4) Acqua Riferimenti legislativi Direttive comunitarie 91/676 (Nitrati), 98/15 (che modifica la 91/271), 75/440, 76/464, 80/68, Legge 36/94, D. lgs 152/99 (modificato dal D. lgs 258/2000), Legge 146/94, Legge 319/76, Legge 183/87, Legge 290/99, Legge 584/94 e D. lgs 275/93 Contenuti normativi Il Decreto legislativo n. 152 del 1999 (modificato con il D. lgs 258/00) nasce dall' esigenza di recepire la Direttiva 91/271 della Comunità, concernente il trattamento delle acque reflue urbane e la Direttiva 91/676 relativa alla protezione delle acque dall' inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Il decreto 258/00 riprende i principi fondamentali di uso sostenibile dell' acqua introducendo alcuni importanti elementi innovativi fra i quali: − la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi della risorsa; − la diversificazione delle azioni di tutela in base alla vulnerabilità del territorio; − la qualità ambientale del corpo idrico (capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali), da affiancare agli standard qualitativi richiesti per le specifiche destinazioni d' uso. Si mira cioè alla salvaguardia degli ecosistemi acquatici nella loro interezza (sponde, biota, sedimenti e acque), a prescindere dalla destinazione d' uso dell' acqua. Il settore agricolo è chiamato in causa in relazione all' inquinamento prodotto sulle acque dalle attività legate alla coltivazione e da quelle zootecniche. In particolare occorre che: 1) la pianificazione dell' uso della risorsa idrica sia improntata al risparmio e al riutilizzo; 2) le Regioni individuino e prevedano misure specifiche nelle aree sensibili e nelle zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola e da prodotti fitosanitari, oltre che in altre zone di degrado. Relativamente all' inquinamento delle acque reflue prodotte dall' attività agricola e zootecnica, particolare attenzione è stata posta dal legislatore sulle modalità di smaltimento. In relazione a questo argomento si riportano le indicazioni, legate alle diverse tipologie aziendali, nelle tabelle successive. 36 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Tipologia di azienda Caratteristiche acque reflue Luogo di Adempimenti amministrativi scarico a) Aziende agricole dedite Acque reflue industriali Suolo − Tutti gli scarichi devono esclusivamente alla coltivazione assimilabili alle domestiche essere preventivamente del terreno e aziende silvicole. autorizzati. − Per scaricare sul suolo o sui b) Aziende agricole dedite corpi idrici superficiali è all' allevamento che dispongono necessario richiedere almeno di un ettaro di terreno Corpi l' autorizzazione alla agricolo, funzionalmente connesso idrici Provincia. La domanda di all' attività di allevamento: nel caso autorizzazione deve essere in cui gli affluenti di allevamento accompagnata da una contengono al massimo 340 Kg di relazione sulle caratteristiche azoto. quantitative e qualitative delle acque da scaricare. c) Aziende precedentemente citate − Per scaricare nella fognatura che esercitano anche attività di pubblica si deve chiedere al trasformazione e di valorizzazione Comune, dove è situata della produzione agricola, inserita l' azienda, l' autorizzazione con carattere di normalità nel ciclo Fognatura all' allacciamento alla rete produttivo aziendale e con materia pubblica pubblica. prima lavorata proveniente per almeno 2/3 dall' attività dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità Aziende agricole o agroindustriali Acque reflue industriali Suolo − Tutti gli scarichi devono qualificate come insediamenti essere preventivamente produttivi ad eccezione delle autorizzati; in particolare nel aziende zootecniche che non caso di apertura di nuove originano acque reflue assimilabili attività, ampliamento, alle domestiche. cambio di destinazione, Corpi ristrutturazione, idrici trasferimento di attività superficia esistenti. li − Per scaricare sul suolo o sui corpi idrici superficiali si deve chiedere l' autorizzazione alla provincia. − La domanda di autorizzazione deve essere accompagnata da una relazione in cui sono riportate le caratteristiche qualitative e quantitative delle acque da scaricare. 37 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP a) b) c) d) Aziende con allevamento Acque reflue industriali zootecnico di tipo familiare a scopo di autoconsumo. Aziende con allevamento zootecnico che producono soltanto letame o materiale assimilabile. Aziende con allevamenti bovini, equini ed ovi-caprini fino a 10 UBA o 20 UBA nel caso di animali al pascolo per almeno 4 mesi. Tutte le altre aziende di allevamento zootecnico, ad eccezione delle precedenti, che producono liquame Suolo agricolo Frantoi oleari che utilizzano Acque reflue vegetali o di Suolo agricolo agronomicamente le acque di sansa vegetazione nei limiti di accettabilità della legislazione vigente: a) per le acque di vegetazione provenienti da frantoi a ciclo tradizionale il limite è 50 metri cubi per ettaro di superficie interessata nel periodo di un anno; b) per le acque di vegetazione provenienti da frantoi a ciclo continuo il limite è 50 metri cubi per ettaro di superficie interessata nel periodo di un anno. L' applicazione al terreno degli affluenti di allevamento zootecnico è soggetta a comunicazione preventiva (almeno 30 gg. prima). In particolare: 1) per le aziende al punto a e b è sufficiente denunciare l' attività alla Provincia; 2) per le aziende al punto c è necessaria la denuncia e la comunicazione preventiva alla provincia; 3) per le aziende al punto d è necessario fare la denuncia, la comunicazione preventiva e richiedere l' autorizzazione allo scarico alla provincia. La domanda di autorizzazione deve essere accompagnata da una relazione in cui sono riportate le caratteristiche qualitative e quantitative delle acque da scaricare. Per poter scaricare le acque reflue vegetali o di sansa sul suolo agricolo è necessario effettuare la comunicazione al Sindaco del Comune dove sono ubicati i terreni, almeno 30 gg. prima. La comunicazione è accompagnata da una relazione redatta da un agronomo, perito agrario iscritto all' albo e deve riguardare l' assetto pedogeomorfologico e idrologico del suolo agricolo sul quale spandere. La più recente direttiva 98/15/CE ha lo scopo di mettere termine alle differenze di interpretazione degli Stati membri relativamente ai requisiti per gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. In essa si precisa che: • la possibilità di utilizzare medie giornaliere dei valori di concentrazione di azoto totale concerne sia gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) compreso tra 10 000 e 100 000 sia quelli con un numero di a.e. superiore a 100 000; • la condizione concernente la temperatura dell' effluente nel reagente biologico e la limitazione del tempo operativo che tiene conto delle condizioni climatiche regionali si applica solo al metodo "alternativo" che utilizza le medie giornaliere; • l' utilizzazione del metodo "alternativo" deve garantire lo stesso livello di protezione dell' ambiente come la tecnica delle medie annue. 38 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP B.5) Rifiuti Riferimenti legislativi Direttive comunitarie 91/156, 91/689 (rifiuti pericolosi) e 94/62 (imballaggi e rifiuti di imballaggio), 75/442 - D. lgs 22/97 (modificato dal Dlgs 389/97 e Dlgs 173/98), DM 5 febbraio 1998, DM 471/99, DM 406/98, Legge 128/98. Contenuti normativi La materia dei rifiuti è disciplinata dal provvedimento Ronchi, che tende alla graduale riduzione nella produzione dei rifiuti e all' aumento della quantità di raccolta differenziata. Il decreto fissa un preciso ordine di priorità nelle attività di gestione dei rifiuti, privilegiando la prevenzione, il riciclaggio ed il recupero di materia prima rispetto al trattamento termico dei rifiuti e allo smaltimento, che deve costituire un' opzione residuale. Sono esclusi dal campo di applicazione gli affluenti gassosi emessi nell' atmosfera, in quanto disciplinati da altre disposizioni legislative. Inoltre, sono esclusi: i rifiuti radioattivi e quelli risultanti dalla prospezione, dall' estrazione, dal trattamento, dall' ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; le carogne, le materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell' attività agricola ed in particolare i materiali litoidi o vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici e le terre da coltivazioni provenienti dalla pulizia dei prodotti vegetali eduli. I rifiuti del settore agricolo e agroindustriale, disciplinati dal Decreto Ronchi, sono quindi tutti classificati come rifiuti speciali e pericolosi. I rifiuti pericolosi - sono tali i rifiuti provenienti da produzione (agrochimici, rifiuti della produzione primaria, scarti vegetali, feci animali, urine e letame e rifiuti della silvicoltura), da trattamenti e preparazioni di alimenti in agricoltura, orticoltura, caccia, pesca ed acquacoltura. Tali rifiuti vanno raccolti e successivamente consegnati a terzi autorizzati (elenco delle ditte reperibile presso la Camera di Commercio). Devono essere consegnati con cadenza almeno bimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito o quando il quantitativo in deposito raggiunge i 10 metri cubi. Il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi indipendentemente dalle quantità. L' imprenditore agricolo e agroindustriale può: a) autosmaltire, raccogliendo e avviando i rifiuti alle operazioni di recupero o smaltimento con cadenza almeno trimestrale, ovvero quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi. Il termine di deposito temporaneo è di 1 anno, nel caso il quantitativo dei rifiuti in deposito non superi i 20 metri cubi nell' anno; b) conferire a terzi autorizzati o a soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta rifiuti urbani con i quali è stipulata una convenzione. L' elenco dei soggetti atti al servizio è reperibile presso la Camera di Commercio della propria provincia; c) spedire oltre frontiera, assoggettandosi alla disciplina dettata dallo Stato che riceve i rifiuti. Il decreto legislativo 389/1997 modifica ed integra il decreto legislativo 22/1997 in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio. Ai sensi del decreto i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno bimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i 10 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi nell' anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito 39 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori. I rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 20 metri cubi nell' anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori (per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi è stato emanato il Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 che individua i rifiuti non pericolosi, sottoposti a procedure più semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 22/1997). I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione delle reti e delle utenze diffuse svolte dai soggetti pubblici e privati titolari di diritti speciali o esclusivi ai sensi della direttiva 93/38/CE attuata con il decreto legislativo 158/1995, che installano e gestiscono, direttamente o mediante appaltatori, reti ed impianti per l' erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico, possono essere tenuti, nell' ambito della provincia dove l' attività è svolta, presso le sedi di coordinamento organizzativo o altro centro equivalente comunicato preventivamente alla provincia medesima. Vi è, inoltre il decreto legislativo 173 del 1998, relativo al contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, che all’articolo 3 contiene delle disposizione sullo smaltimento dei rifiuti in agricoltura. Ai sensi dell’articolo per agevolare il conferimento di piccole quantità di rifiuti pericolosi agli appositi centri di raccolta organizzati dal gestore del servizio pubblico, da concessionari di pubblico servizio o da consorzi obbligatori, l' iscrizione all' albo di cui all' articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, non è richiesta per il trasporto ai predetti centri delle seguenti tipologie e quantità di rifiuti effettuato direttamente dai produttori agricoli: a) due accumulatori esausti per singolo trasporto; b) quindici litri di olio esausto per singolo trasporto; c) cinque contenitori di prodotti fitosanitari per singolo trasporto. Gli imprenditori agricoli sono tenuti ad effettuare la comunicazione al catasto, ai sensi degli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, dall' anno successivo a quello di entrata in vigore dell' apposito modello di registro di carico e scarico di cui all' articolo 18, comma 2, lettera m), del citato decreto legislativo n. 22/1997, e per i rifiuti prodotti dalla data medesima. Il Decreto Ministeriale 471 del 25 ottobre 1999 è il regolamento tecnico di attuazione dell' art.17 del D.Lgs 22/97. Il decreto fissa i criteri e le procedure amministrative da seguire nella bonifica dei siti contaminati e definisce i valori limite di concentrazione per il suolo/sottosuolo e per le acque superati i quali il sito in oggetto dovrà essere considerato inquinato. Nel caso del suolo, i limiti sono fissati in funzione della destinazione d' uso (verde pubblico e privato – residenziale- siti ad uso commerciale – industriale). Inoltre, individua le procedure per il prelievo e l' analisi dei campioni i criteri per la redazione del progetto di bonifica e i criteri per gli interventi di messa in sicurezza d' emergenza, bonifica e ripristino ambientale, per le misure di sicurezza e messa in sicurezza permanente. Il Decreto Ministeriale 406/98 disciplina le modalità e le condizioni per l’iscrizione all’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti. In particolare l’articolo 11 del individua gli elementi che concorrono a formare i requisiti di idoneità tecnica e di capacità finanziaria dell’impresa. 40 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP B.6) Tutela del suolo nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura Riferimenti legislativi Direttiva 86/278, D. lgs 99/92. Contenuti normativi La direttiva è intesa a disciplinare l' utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull' uomo, incoraggiando nel contempo la corretta utilizzazione di questi fanghi, a condizione che venga garantita la tutela delle salute dell' uomo e dell' ambiente. I fanghi devono essere trattati prima di essere utilizzati in agricoltura. Gli Stati membri possono tuttavia autorizzare, secondo le condizioni da essi definite, l' utilizzazione di fanghi non trattati in caso di iniezione o di interramento nel suolo. Gli Stati membri vietano l' utilizzazione dei fanghi o la consegna dei fanghi per la loro utilizzazione: a) sui pascoli o sulle colture foraggere, qualora su detti terreni si proceda al pascolo o alla raccolta del foraggio prima che sia trascorso un certo periodo. Questo periodo, fissato dagli Stati membri, tenendo tra l' altro conto della loro situazione geografica e/o climatica, non può comunque essere inferiore a tre settimane; b) sui terreni destinati all' orticoltura e alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto col terreno e sono normalmente consumati crudi, nei dieci mesi precedenti il raccolto e durante il raccolto stesso. I fanghi devono essere analizzati, di norma, almeno ogni sei mesi. Qualora intervengano dei cambiamenti nella qualità delle acque trattate, la frequenza delle analisi deve essere aumentata. Se nel corso di un anno i risultati delle analisi non presentano variazioni significative, i fanghi devono essere analizzati regolarmente almeno ogni dodici mesi. Gli Stati membri stabiliscono la frequenza delle analisi successive in base ai risultati della prima analisi, agli eventuali cambiamenti intervenuti nella natura delle acque reflue trattate e ad ogni altro elemento pertinente. B.7) Codice di buona pratica agricola Con decreto del Ministero per le politiche agricole del 19 aprile 1999, l’Italia ha ottemperato all’obbligo imposto con la direttiva CEE 91/676 di predisporre il proprio Codice di buona pratica agricola (CBPA). Il CBPA, introdotto in Italia, ha l’obiettivo di contribuire a realizzare una maggiore protezione di tutte le acque dall’inquinamento da nitrati riducendo l’impatto ambientale prodotto dall’attività agricola attraverso una più attenta gestione del bilancio dell’azoto e attraverso la realizzazione di modelli di agricoltura economicamente e ambientalmente sostenibili. Esso delinea le norme generali da rispettare nelle procedure di coltivazione e di allevamento, lasciando alle Regioni la possibilità di approfondirle e specificarle a seconda delle peculiarità e delle esigenze dei territori regionali o locali. Il DM citato stabilisce che il codice deve essere obbligatoriamente applicato dagli agricoltori solo nel caso in cui i loro terreni ricadano nelle aree vulnerabili all’inquinamento da nitrati, individuate dalle rispettive amministrazioni regionali, quindi oggetto delle misure restrittive illustrate negli specifici programmi di azione, altrimenti la sua applicazione è a discrezione degli stessi agricoltori. 41 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Per la Regione Puglia attualmente sono in corso le procedure per la delimitazione e la designazione delle zone vulnerabili all’inquinamento da nitrati, ai sensi del D. Lgs. 152/99. Su queste aree, al termine dell’iter previsto per la designazione, entrerà in vigore l’obbligo di osservanza del CBPA. Pertanto, appare utile suggerire agli agricoltori di considerare da subito il CBPA un utile documento con il quale confrontarsi nelle scelta delle pratiche agricole più rispettose dell’ambiente12. 12 Il DM, contenente il CBPA, è stato pubblicato nella GU n. 95 del 22 aprile 2000. 42 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Sezione 2.2: Sicurezza nelle aziende B.8) Sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro e nelle aziende agricole Riferimenti legislativi Direttive comunitarie 89/391, 89/654, 89/655, 89/656, 90/269, 90/270, 90/394 (modificata dalla direttiva 99/38), 91/383, Dlgs 626/94, Dlgs 242/96 e Dlgs 277/91. Contenuti normativi Il decreto legislativo 626/94 (applicativo della direttiva comunitaria 89/391) prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività, privati o pubblici. Esso impone anche all’imprenditore agricolo o datore di lavoro delle responsabilità, legate all' obbligo di determinare i rischi a cui sono esposti i propri dipendenti e di attuare, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione tese al miglioramento delle condizioni lavorative. La molteplicità e l’eterogeneità dei diversi lavori colturali in agricoltura determina la molteplicità e l’eterogeneità delle situazioni di rischio così come la varietà delle forme di conduzione delle aziende, la polverizzazione e dispersione di queste nel territorio, la variabilità del terreno (soprattutto in riferimento alle pendenze e alle caratteristiche fisicochimiche), le sistemazioni fondiarie, l’età lavorativa degli addetti. Un importante compito del datore di lavoro è quello di mettere a punto un documento sulla valutazione dei rischi aziendali. A tal fine è indispensabile seguire e attuare le seguenti fasi: − definizione della valutazione dei rischi − raccolta delle informazioni − individuazione dei fattori di rischio o pericoli − individuazione dei lavoratori esposti − stima dell’entità delle esposizioni − stima della gravità degli effetti che ne possono derivare − stima della probabilità che tali effetti si manifestino − verifica della disponibilità di misure tecniche, organizzative, procedurali, per eliminare o ridurre l’esposizione e/o il numero degli esposti − verifica dell’applicabilità di tali misure − definizione di un piano per la messa in atto delle misure individuate − verifica dell’idoneità delle misure in atto − definizione dei tempi e dei modi per la verifica e/o l’aggiornamento della valutazione − redazione del documento. Le informazioni necessarie al completamento del processo valutativo vanno reperite nella stessa azienda in riferimento ai seguenti argomenti: − denunce di impianti e verifiche periodiche − registro delle manutenzioni ordinarie e straordinarie − schede di sicurezza di sostanze/prodotti/ apparecchiature/impianti − schede tecniche e manuali operativi di macchine e impianti 43 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − risultati di precedenti indagini condotte sulla sicurezza e sull’igiene del lavoro inclusi verbali di prescrizione degli organi di vigilanza − risultati di eventuali misurazioni di igiene industriale (es. valutazione rumore D.Lgs 277/91) − casi di malattia professionale, accertati o sospetti, verificatisi in azienda − dati sugli infortuni (registro) (considerare la dinamica dell’accaduto) − informazioni su eventi accidentali che non hanno prodotto danni alle persone (“infortuni mancati”) (considerare la dinamica dell’accaduto) − elenco e caratteristiche dei dispositivi di protezione individuale forniti ai lavoratori − modalità pratiche di fornitura/ manutenzione/ ricambio dei dispositivi di protezione individuale − partecipazione a corsi di formazione e addestramento − planimetria dei fabbricati e dei terreni − eventuali misurazioni ambientali − presenza di schede tecniche compilate in riferimento ad altri adempimenti di legge. I fattori di rischio o pericoli, che in agricoltura provocano la maggior parte degli infortuni e la maggior parte delle malattie da lavoro, possono essere determinati in relazione a: 1. caratteristiche del territorio aziendale 2. condizioni igieniche degli ambienti confinati 3. luoghi di lavoro e di passaggio 4. impianti 5. macchine, apparecchi e utensili 6. agenti chimici, gas e vapori 7. polveri minerali e vegetali 8. agenti cancerogeni 9. agenti biologici 10. rumore 11. vibrazioni mano braccio 12. vibrazioni a tutto il corpo 13. radiazioni solari 14. micro - macro clima 15. movimentazione manuale dei carichi e posture Oltre al documento di valutazione dei rischi, il datore di lavoro/imprenditore deve, se necessario, realizzare nella sua azienda quegli interventi di prevenzione sui citati fattori di rischio necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori. In particolare egli deve: 1. attuare la formazione professionale e l’informazione a vantaggio dei lavoratori, dei loro rappresentanti, dei componenti il Servizio di prevenzione e protezione dell’azienda, 2. imporre l’uso dei dispositivi di protezione individuali a tutti i lavoratori, 3. provvedere ad una razionale organizzazione del lavoro, 4. attuare la sorveglianza sanitaria. B.8.1) Caratteristiche del territorio aziendale I fattori di rischio, collegati alle caratteristiche del territorio aziendale, possono dipendere da: − pendenze, − spazi di lavoro, − capezzagne, 44 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − dislivelli, fosse, terrazze, − situazione idrogeologica. Per poter fare una stima del rischio relativamente agli addetti più esposti diventa importante: − esaminare il registro degli infortuni; − esaminare gli eventuali “infortuni mancati”; − esaminare la situazione dei terreni in cui sono presenti le colture; − valutare se gli spazi di manovra per le macchine sono sufficienti; − valutare lo stato di manutenzione delle strade poderali. Infine, il datore di lavoro o l' imprenditore agricolo è tenuto a prevedere delle misure di miglioramento, possibilmente attuabili, tipo le seguenti: − programmare gli interventi per migliorare i luoghi di lavoro dove devono operare le macchine (es. manutenzione delle strade poderali e miglioramento dei collegamenti tra i corpi poderali; aumento degli spazi di manovra ai lati delle colture e degli spazi tra i filari; disposizione delle colture in modo da poter effettuare la lavorazione a rittochino); − adeguare la coltura alla tipologia del terreno; − segnalare le zone con rischi particolari e prevedere percorsi a minor rischio; − prevedere che gli eventuali appezzamenti da mettere a riposo o a set aside siano quelli più pendenti; − in caso di lavorazioni da compiere su terreni a rischio scegliere i mezzi più appropriati. B.8.2) Impianti I fattori di rischio collegati agli impianti sono connessi a eventuali incendi, esplosioni, elettrocuzioni, ecc.. Le misure da attuare per prevenire tali rischi possono essere: − richiedere puntualmente agli organi competenti la verifica periodica degli impianti; − programmare i controlli periodici dei diversi impianti da parte di tecnici qualificati per adeguarli alle norme di buona tecnica e verificarne il funzionamento, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza; − programmare gli eventuali interventi di manutenzione dei dispositivi di sicurezza. B.8.3) Macchine, apparecchiature e utensili In questo caso i fattori di rischio sono legati in particolare alla tipologia della macchina/ apparecchio/utensile utilizzato. Per ciascuna macchina, quindi, occorre predisporre una documentazione nella quale indicare il numero e il nominativo dei lavoratori addetti e registrare tutte le informazioni che possono essere utili, come: − esaminare il registro degli infortuni; − esaminare gli eventuali “infortuni mancati”; − esaminare gli eventuali dati bibliografici (dati INAIL o altre fonti); − considerare le reali condizioni d’uso. Le misure di prevenzione da adottare sono le seguenti: − programmare nel tempo la sostituzione del parco macchine, preferendo l’acquisto di macchinari muniti di marchio CE e migliori dal punto di vista dell’igiene e sicurezza; − programmare la manutenzione delle macchine indicando la periodicità dei controlli da effettuare in azienda o in officina in base alle ore lavorate; − programmare l’addestramento adeguato e specifico dei lavoratori all’uso idoneo e sicuro delle attrezzature; 45 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP − responsabilizzare gli utilizzatori delle macchine a segnalare guasti e rotture; − controllare periodicamente l’efficienza dei dispositivi di protezione; − organizzare il lavoro in modo che le macchine e le attrezzature siano utilizzate solo da personale esperto ed idoneo dal punto di vista sanitario, prevedendo intercambiabilità per le lavorazioni particolarmente faticose o prolungate; − adottare opportuni accorgimenti nella scelta dei tempi di realizzazione delle diverse operazioni di lavoro. B.8.4) Agenti chimici, gas e vapori I fattori di rischio collegati a tali elementi sono: − l' uso di prodotti fitosanitari, in serra, in pieno campo, per la conservazione delle derrate; − l' uso di antisettici o batteriostatici per le mucose e la cute - (es. fenolo, disinfettanti, detergenti), per le operazioni di mungitura meccanica, assistenza al parto; − l' uso di antisettici o batteriostatici (es. formalina o formaldeide) per gli ambienti e per i ricoveri zootecnici; − l' uso di disinfestanti chimici (presidi medico chirurgici) nei ricoveri zootecnici, nei depositi per alimenti e per mangimi, nei depositi per rifiuti, nei depositi in genere; − l' uso di altre sostanze utilizzate per funzioni varie: solventi, lubrificanti, coloranti. Per ciascun gruppo di agenti chimici, di cui è stata verificata la presenza o l' impiego in azienda, occorre individuare il numero e il nominativo dei soggetti esposti, ovvero gli addetti alla manipolazione degli stessi. È inoltre indispensabile per ciascun prodotto e sostanza di uso deliberato, per le quali è stata verificata una condizione di esposizione dei lavoratori, indicare: − natura e composizione (principio attivo, coformulanti, stato fisico, frasi di rischio riportate in etichetta, ecc.); − frequenza e durata dell' operazione lavorativa che espone a rischio; − quantitativi stoccati e utilizzati mensilmente; − modalità di esposizione in relazione alle possibili vie di contatto; − modalità di esposizione in relazione alla pericolosità dell' operazione da compiere; − presenza di misure di prevenzione. Le misure di prevenzione, che possono essere adottate, sono: − sostituire i prodotti utilizzati con prodotti a minor tossicità; − migliorare l’areazione nei locali con possibile sviluppo di agenti nocivi; − definire le procedure in grado di prevenire lo sviluppo di agenti nocivi; − adottare le corrette procedure per effettuazione di ciascuna operazione che esponga a rischio; − addestrare all' uso corretto dei dispositivi di protezione individuali; − formare ed informare i lavoratori; − adottare idonei dispositivi di scarico; − controllare periodicamente gli apparecchi di produzione di calore. B.8.5) Polveri minerali e vegetali In questo caso i fattori di rischio derivano dall’uso di: a) polveri inorganiche (lavori meccanici della terra); b) polveri organiche animali (forfora, peli, crini, escrementi, ecc.); 46 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP c) polveri organiche vegetali (cereali, foraggi, pollini, ma anche polveri prodotte con le operazioni di movimentazione degli insilati, macinazione e preparazione mangimi, alimentazione del bestiame lavorazioni fiori recisi); d) miceti ed actinomiceti (derivanti dalle operazioni di movimentazione degli insilati, alimentazione del bestiame, operazioni di vasetteria); e) endotossine batteriche e aflatossine: (derivanti dalle operazioni di pulizia lettiera e animali). Per ciascun tipo di polvere di cui si è verificata la presenza in azienda occorre individuare numero e nominativo dei soggetti esposti (es. addetti alle mansioni sopra indicate, ecc.). Le misure di prevenzione da attuare sono: − predisporre idoneo programma di manutenzione, adeguamento e sostituzione dei mezzi meccanici sprovvisti di protezioni adeguate; − ottimizzare l’areazione nei locali con possibile sviluppo di polveri; − definire le procedure in grado di prevenire lo sviluppo di polveri (es. adeguate procedure di pulizia locali, ecc); − predisporre e verificare l' impiego e la manutenzione dei dispositivi di protezione individuali; − organizzare il lavoro per la riduzione dei tempi di esposizione. B.8.6) Agenti cancerogeni Le disposizioni normative si applicano a: 1. sostanze o preparati a cui sia stata attribuita la frase “rischio R45 o R49”, classificati nell’allegato I della Direttiva CEE 67/548; 2. sostanze o preparati, processi produttivi o parte di processi produttivi, individuati nell’allegato VIII del Decreto. Il datore di lavoro, ai fini dell’individuazione degli agenti cancerogeni, deve tenersi aggiornato sugli adeguamenti pubblicati sulle Gazzette CEE, che riportano l’elenco delle sostanze cancerogene (Allegato I della Direttiva CEE n. 67/548). Il datore di lavoro non dovrebbe accontentarsi di quanto riportato sull’etichetta del prodotto utilizzato perché un preparato potrebbe essere o venduto (partite in giacenza) riportando in etichetta frasi di rischio non ancora adeguate agli ultimi aggiornamenti legislativi. Il datore di lavoro deve quindi richiedere ai produttori le schede di sicurezza dei preparati assicurandosi che le frasi di rischio siano aggiornate. Sulle schede di sicurezza dei preparati pericolosi sono riportate: la composizione, le informazioni sui componenti, l' identificazione dei pericoli, misure corrette per la manipolazione e lo stoccaggio, l' informazione tossicologica. In alcuni casi l’elenco delle sostanze tossicologiche riportato in normativa può essere ampliato con altre sostanze riportate negli elenchi di agenzie riconosciute a livello internazionale. Un altro problema rilevante in agricoltura, come peraltro in altre attività lavorative, è che il rischio può derivare non solo dai principi attivi contenuti nei formulati, ma anche da quella parte definita “Coformulante” (es. solventi, coloranti, ecc.). Infatti nell’etichetta possono comparire frasi di rischio dovute alla presenza nel preparato commerciale di altri componenti diverse dal principio attivo (un esempio è quello dei prodotti contenenti epicloridrina). Considerando questo aspetto, risulta ancora più importante il rapporto tra utilizzatori e produttori, giacché questi ultimi dovranno, tramite le schede di sicurezza, fornire notizie sulla composizione percentuale dei prodotti utilizzati. Per l’identificazione di un agente cancerogeno in agricoltura è necessario quindi prendere in considerazione: 47 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP 1. i prodotti fitosanitari nella loro completezza (principio attivo e coformulanti); 2. altre sostanze che possono essere utilizzate nel ciclo produttivo, in particolar modo: coloranti (in floricoltura); solventi (usati impropriamente per la miscelazione o per pulire parte delle macchine utilizzate); oli lubrorefrigeranti (macchine agricole). Vi è, inoltre, la Direttiva 99/38 ha modificato la direttiva 90/394/CEE riguardante la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un' esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro, estendendola agli agenti mutageni. B.8.7) Agenti biologici Il problema del rischio biologico in agricoltura è fondamentalmente legato alle malattie di ipersensibilità. L’uso deliberato di agenti biologici in agricoltura può essere ricondotto schematicamente all’uso di: − prodotti fitosanitari microbici: batteri, funghi e virus (Bacillus Thuringensis subspecies Kurstaki autorizzato in Italia come prodotto fitosanitario, Bacillus Subtilis, Virus Noctuelle, ecc.); − Inoculazione micorrize (di competenza laboratoristica); − Sviluppo nuove sementi (di competenza laboratoristica); − Batteri azotofissatori e umificatori (Azobacter chroococcum, Myxobacter cellvibrium e cytophagum, Bacillus subtilis). Per quanto sopra si ritiene opportuno che, qualora vengano utilizzati, nella valutazione del rischio venga indicato l’agente biologico, il periodo, la quantità utilizzata e l’elenco degli esposti. B.8.8) Esposizione al rumore Le disposizioni normative definiscono delle misure finalizzate alla protezione dei lavoratori contro i rischi per l' udito e, laddove sia espressamente previsto, contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall' esposizione al rumore durante il lavoro. Ai sensi della normativa si intende per: − esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore (LEP,d), l' esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore espressa in dBA misurata, calcolata e riferita ad 8 ore giornaliere di lavoro. − esposizione settimanale professionale di un lavoratore al rumore (LEP,w), la media settimanale dei valori quotidiani LEP,d , valutata sui giorni lavorativi della settimana. Il datore di lavoro deve procedere all' identificazione dei lavoratori13 e dei luoghi di lavoro14 considerati più esposti al rischio. 13 Nel caso si verifica il superamento del livello di esposizione quotidiana personale per almeno un giorno dell' addetto (>80dBA), il datore di lavoro deve informare sul rischio derivante da tale esposizione, sui mezzi di protezione dal rischio e sul controllo sanitario a cui sottoporsi. Se l' esposizione quotidiana dell' addetto è superiore agli 85 dBA il datore deve informare, inoltre, sull' uso corretto delle attrezzature e deve fornire dei mezzi personali di protezione dal rumore, effettuando sull' addetto un controllo sanitario almeno ogni due anni. Se si superano i 90 dBA, il datore di lavoro deve, inoltre, effettuare il controllo sanitario ogni anno e deve tenere un registro con iscritti i lavoratori più esposti al rischio e le condizioni di esposizione (artt. 42, 43 3 44 del D.lgs 277/91). 14 Nei luoghi di lavoro che possono comportare, per un lavoratore che svolge la propria mansione per l' intera giornata lavorativa, un' esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA oppure un valore della pressione acustica istantanea non ponderata superiore a 140 dB (200 Pa) deve essere esposta una segnaletica appropriata, perché devono essere identificati (art. 41 2° e 3° comma, del D.lgs 277/91). 48 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP La misurazione dei livelli sonori deve essere effettuata ad opportuni intervalli di tempo e ogni qualvolta vi è un mutamento nelle lavorazioni che influisce in modo sostanziale sul rumore prodotto, da personale competente. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati. Il datore di lavoro deve redigere e conservare (al fine di poterlo sottoporre al controllo dell' organo di vigilanza) un rapporto nel quale sono indicati i criteri e le modalità di effettuazione della misurazione. Dopo la valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve fornire i mezzi individuali di protezione ai lavoratori. Tali mezzi sono considerati adeguati se, correttamente usati e mantengono un livello di rischio uguale od inferiore a quello derivante da un' esposizione quotidiana personale di 90 dBA. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti devono essere consultati per la scelta dei modelli dei mezzi di protezione. Se nonostante l' applicazione delle misure, il LEP,d risulta superiore a 90 dBA od il valore della pressione acustica istantanea non ponderata risulta superiore a 140 dB (200Pa), il datore di lavoro deve comunicare all' organo di vigilanza, entro trenta giorni dall' accertamento del superamento, le misure tecniche ed organizzative di prevenzione applicate , informandone i lavoratori. Per determinare il livello sonoro, che deriva dall’uso delle macchine agricole si può ricorrere al criterio di misurazione Leq15. La misurazione deve essere effettuata nelle reali condizioni operative di lavoro, relative alle fasi colturali di maggior esposizione acustica degli addetti, considerando sia i tempi di esposizione che la rumorosità delle macchine impiegate. B.8.9) Vibrazioni mano braccio e a tutto il corpo Al fine di prevenire i rischi legati alle vibrazioni per l’uso di strumenti/macchina è necessario indicare il numero dei lavoratori addetti alle attrezzature per ciascun tipo di attrezzo, quindi valutare l' entità del rischio derivante dall’uso di strumenti vibranti, in funzione di: − livelli di vibrazioni (espressi come accelerazione ponderata in m/s2). Tali misure devono risultare dalla certificazione rilasciata dal costruttore; − tempo di impiego medio per lavoratore e anzianità lavorativa nella mansione comportante esposizione a questo rischio; − interventi di manutenzione e vetustà del mezzo; − eventuale addestramento specifico effettuato; − tipo di terreno; − sinergismo con altri fattori di rischio. B.8.10) Radiazioni solari Al fine di prevenire i rischi legati alle radiazioni solari è necessario indicare numero e il nominativo dei lavoratori particolarmente esposti, in quanto dediti a operazioni prolungate in pieno campo nella stagione estiva. I fattori di rischio sono: a) tempi di permanenza dei lavoratori nelle condizioni suddette; 15 Leq, livello acustico continuo equivalente, che è definito come "il livello continuo che ha il medesimo contenuto di energia e quindi il medesimo potenziale nocivo per l’udito del livello acustico variabile". 49 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP b) coesistenza di ulteriori elementi di rischio cutaneo (irritanti chimici, allergeni potenziali, ecc); c) incidenza di eventuali patologie cutanee croniche o oculari recidivanti già verificatisi; d) organizzazione del lavoro; e) indumenti lavorativi. B.8.11) Micro e macroclima I fattori di rischi, collegati a tale argomento, sono le sfavorevoli condizioni di temperatura, umidità, ventilazione in ambiente confinato (microclima) e non (macroclima). Anche in questo caso, al fine di prevenire il rischio, è necessario indicare il numero e il nominativo dei lavoratori a maggior esposizione in quanto dediti a operazioni prolungate in condizioni microclimatiche (serre, magazzini frigoriferi, macchine operatrici, stalle, ecc) e macroclimatiche (campo aperto, bosco, ecc) sfavorevoli. B.8.12) Movimentazione manuale di carichi I fattori di rischio sono legati ai compiti che comportano una movimentazione manuale dei carichi, pertanto, si devono individuare il numero e il nominativo dei lavoratori che compiono operazioni di tal genere. Per la valutazione del rischio legato ad azioni di sollevamento si ritiene valida la procedura di calcolo NIOSH - USA (National Institute of Occupational Safety and Health). L’agricoltura è condizionata dal fatto che spesso esistono situazioni dove il carico ha contenuto instabile ed esistono condizioni microclimatiche sfavorevoli. L’applicazione delle tabelle di calcolo per azioni di spinta, tiro e trasporto di carichi risulta altrettanto problematica in quanto quasi sempre in agricoltura le suddette azioni avvengono su terreno sconnesso e, comunque, non regolare. Si ritiene tuttavia utile applicare le suddette procedure di calcolo tenendo presente che risultano tendenzialmente sovrastimati i relativi carichi consigliati. B.8.13) Informazione e formazione In seguito alla valutazione dei rischi eseguita, il datore di lavoro deve: a) informare i lavoratori sui rischi connessi all’attività dell’azienda agricola in generale e nello specifico delle varie mansioni; b) fornire indicazioni agli operai sulle misure di sicurezza adottate in relazione ai rischi valutati, con particolare riferimento alle procedure di pronto soccorso e di evacuazione; c) formare adeguatamente i lavoratori in caso di assunzione di nuovo personale o cambiamento di mansione sui rischi connessi allo svolgimento delle stesse ; d) ripetere l’attività di formazione in caso di introduzione di nuove attrezzature e variazione dei fattori di rischio; e) formare in modo particolare il rappresentante dei lavoratori alla sicurezza ed i lavoratori addetti al pronto soccorso e alla prevenzione incendi. Nel documento predisposto dal datore di lavoro in ottemperanza al D.Lgs. 626/94 dovrà pertanto essere indicato il programma di formazione ed informazione dei lavoratori (con specifica degli argomenti trattati durante i corsi e del periodo di esecuzione di questi ultimi). In applicazione della direttiva 89/391 sono state emanate, inoltre, le seguenti direttive: - Direttiva 89/654/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro. 50 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP - Direttiva 89/655/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l' uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro. - Direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l' uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro. - Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l' altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. - Direttiva 90/270/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali. - La Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991 completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale. B.9) Materiali di moltiplicazione Riferimenti legislativi Direttive 92/33, 92/34, 91/682, 93/61, 93/62, 93/48, 93/64, 93/79, 93/49, DM 14 aprile 1997 I contenuti normativi I materiali di moltiplicazione delle piante ortive e da frutto, nonché i materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali, destinati ad essere impiegati da produttori, possono esse commercializzati solo se hanno un certo livello qualitativo che ne garantisce: l' identità genetica, la sanità , l' idoneità funzionale. Le aziende che producono tali materiali devono perciò esser accreditate ossia riconosciute idonee: questa idoneità viene riconosciuta solo per le aziende produttrici che dimostrano di applicare al loro sistema produttivo un processo di analisi dei rischi, l' individuazione dei punti critici e di superamento degli stessi. Le direttive riportate nei riferimenti legislativi sono state più volte modificate da direttive successive, pertanto si riportano i contenuti delle più recenti disposizioni normative, attualmente in vigore, che disciplinano la materia. La direttiva 98/56/CE relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali è stata recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto Legislativo n. 151 del 2000 In Base alle disposizioni normative, i materiali di moltiplicazione possono essere commercializzati dai fornitori registrati solo se soddisfano determinati requisiti previsti nello stesso decreto. I materiali di moltiplicazione all' atto della commercializzazione devono: a) essere sostanzialmente esenti, almeno all' ispezione visiva, da organismi nocivi tali da comprometterne la qualità, come pure da relativi indizi e sintomi tali da ridurne la possibilità di utilizzazione; b) essere sostanzialmente esenti da difetti tali da comprometterne la qualita'come materiali di moltiplicazione; c) avere vigore e dimensioni sufficienti per quanto riguarda il loro uso quali materiali di moltiplicazione; d) nel caso delle sementi, avere una capacita'germinativa soddisfacente; 51 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP e) se commercializzati con un riferimento alla varietà di cui all' articolo 8, avere un' identità e una purezza varietale soddisfacenti. Ogni materiale di moltiplicazione che in base a indizi o sintomi apparenti non sia sostanzialmente esente da organismi nocivi, deve essere immediatamente sottoposto ad un trattamento appropriato o, se del caso, deve essere eliminato. I materiali di moltiplicazione degli agrumi devono inoltre: a) derivare da materiali iniziali che, al controllo, non presentavano alcun sintomo di virus, organismi simili ai virus o malattie; b) essere stati controllati risultando sostanzialmente esenti dai sintomi di detti virus, organismi simili ai virus o malattie sin dall' inizio dell' ultimo ciclo vegetativo; c) in caso di innesto, essere stati innestati su portinnesti non sensibili ai viroidi. I materiali di moltiplicazione dei bulbi da fiore devono, altresì, derivare direttamente da materiali che, controllati nella fase di crescita, siano risultati sostanzialmente esenti da organismi nocivi e malattie, nonché dai relativi indizi e sintomi.. Ai fini dello svolgimento delle attività di commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali, i fornitori devono essere iscritti nei registri dei produttori di cui all' articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 536. i fornitori che esercitano attività di produzione dei materiali di moltiplicazione devono: a) identificare e controllare i punti critici del processo di produzione che influenzano la qualità dei materiali; b) conservare, per esame su richiesta dell' organismo ufficiale responsabile, le informazioni sui controlli; c) prelevare, se necessario, campioni da analizzare in un laboratorio con impianti e conoscenze specialistiche adeguati, riconosciuti idonei; d) assicurare che i lotti di materiali di moltiplicazione siano identificabili e tenuti separati durante la produzione. I materiali di moltiplicazione sono commercializzati in lotti e accompagnati da un' etichetta o altro documento rilasciato dal fornitore. Inoltre, possono essere commercializzati con riferimento alla varietà solamente nei casi seguenti: sia ufficialmente protetta da una privativa per i ritrovati vegetali ai sensi delle disposizioni relative alla protezione di nuove varietà (regolamento CE 2100/94 del Consiglio); sia registrata ai sensi dell' articolo 10 del decreto legislativo n. 535/92; sia comunemente nota; sia iscritta in un elenco tenuto da un fornitore con la relativa descrizione dettagliata e la denominazione elaborato conformemente a linee direttrici internazionali. Nel caso i materiali sono di importazione da Paesi terzi i fornitori devono assicurare prima dell' importazione stessa, che tali materiali presentano garanzie equivalenti, sotto ogni aspetto, a quelle dei materiali di moltiplicazione disciplinati dal presente decreto, in particolare per quanto riguarda la qualità, l' identificazione e gli aspetti fitosanitari. L' importatore ha poi l' obbligo di notificare all' organismo ufficiale responsabile l' elenco dei materiali importati. La direttiva 2003/61/CE in materia di sementi e materiali di moltiplicazione è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il Decreto Legislativo del 13 dicembre 2004, n. 331. Il decreto stabilisce disposizioni concernenti prove ed analisi sulle sementi di piante foraggere, sulle sementi di cereali, sui materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, sulle piantine di ortaggi e sui materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi, sui materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e sulle piante da frutto destinate alla produzione di frutti, sui materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali, sulle sementi di barbabietole, 52 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP sulle sementi di ortaggi, sui tuberi-seme di patate, sulle sementi di piante oleaginose e da fibra. Si prevedono dei controlli sulle sementi di piante foraggere, di cereali, di barbabietole, di ortaggi, di piante oleaginose e da fibra e di tuberi-seme di patate, attraverso l’effettuazione di prove e di analisi comparative, stabilite a livello comunitario, volte ad armonizzare i metodi tecnici della certificazione e a controllare che le sementi ed i tuberi-seme di patate soddisfano determinate condizioni. Il controllo è fatto a posteriori su dei campioni, prelevati mediante sondaggi, e possono includere: a) sementi e tuberi-seme di patate raccolti in Paesi terzi; b) sementi e tuberi-seme di patate adatti all' agricoltura biologica; c) sementi e tuberi-seme di patate commercializzate per quanto riguarda la conservazione in situ e l' utilizzazione sostenibile delle risorse fitogenetiche. Per quanto riguarda i materiali di moltiplicazione vegetativa della vite le prove e le analisi comparative riguardano il controllo a posteriori di campioni, prelevati mediante sondaggi, inclusi quelli riguardanti lo stato sanitario delle piante, di materiali di moltiplicazione vegetativa della vite immessi sul mercato a norma delle relative disposizioni nazionali e comunitariee possono includere: a) materiali di moltiplicazione prodotti in Paesi terzi; b) materiali di moltiplicazione adatti all' agricoltura biologica; c) materiali di moltiplicazione commercializzati nel contesto di misure volte alla conservazione della diversità genetica. Per quanto riguarda le prove ed analisi sulle piantine di ortaggi e sui materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi, sui materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e sulle piante da frutto destinate alla produzione di frutti e sui materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali sono effettuate prove ed analisi su campioni per verificare la conformità delle piante e dei materiali di moltiplicazione alle disposizioni nazionali e comunitarie vigenti anche nel settore fitosanitario. Il controllo è effettuato a posteriori su campioni, inclusi quelli riguardanti lo stato fitosanitario, di piantine di ortaggi e di materiali di moltiplicazione di ortaggi, di materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e di piante da frutto destinate alla produzione di frutti, nonché di materiali di moltiplicazione delle piante ornamentali, immessi sul mercato a norma delle relative disposizioni nazionali e comunitarie, sia di carattere obbligatorio che facoltativo, e possono includere: a) materiali di moltiplicazione di ortaggi, di piante da frutto e di piante ornamentali, nonché piantine di ortaggi e piante da frutto destinate alla produzione di frutti prodotti in Paesi terzi; b) materiali di moltiplicazione di ortaggi, di piante da frutto e di piante ornamentali, nonché piantine di ortaggi e piante da frutto destinate alla produzione di frutti adatti all' agricoltura biologica; c) materiali di moltiplicazione di ortaggi, di piante da frutto e di piante ornamentali, nonché piantine di ortaggi e piante da frutto destinate alla produzione di frutti commercializzati nel contesto di misure volte alla conservazione della diversità genetica. 53 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP B.10) Prodotti fitosanitari Riferimenti legislativi Direttive comunitaria 91/414, 67/548 il D.lgs 194/95, Dlgs 22/97, Legge 362/99, DPR 290/2001 e DPR 223/88. I contenuti normativi In particolare si tratta del commercio dei prodotti fitosanitari, che comportano rischi e pericoli per l' uomo, gli animali e l' ambiente, in modo particolare se sono impiegati in modo scorretto. Essi possono essere immessi in commercio ed utilizzati solo se autorizzati dal Ministero della sanità che attraverso una Commissione, nominata dal DPR 1255/68, verifica i requisiti di conformità del prodotto. Sono vietati la produzione, il magazzinaggio ed il trasporto di prodotti fitosanitari non autorizzati. Quelli autorizzati devono essere immessi in commercio solo dai titolari delle autorizzazioni a tutte le condizioni previste nell' autorizzazione. L' imballaggio e l' etichettatura - i prodotti fitosanitari possono essere immessi al commercio, solo se imballati in modo da impedire fuoriuscita del contenuto. Sull' imballaggio deve essere apposta l' etichetta, recante alcune indicazioni sulla provenienza del prodotto, la denominazione commerciale, il nome e l' indirizzo del titolare dell' autorizzazione, del responsabile dell' imballaggio, dell' etichettatura e della distribuzione unitamente all' indicazione dello stabilimento di produzione. Inoltre, nell' etichetta deve essere indicato l' esistenza di eventuali rischi particolari per l' uomo, gli animali o l' ambiente. L' impiego degli anti-parassitari - i distributori e gli utilizzatori di anta-parassitari sono tenuti ad annotare su apposite schede i dati relativi alla vendita o all' utilizzazione dei prodotti stessi. Le schede relative alla: "dichiarazione di vendita" devono essere trasmesse dalle ditte intestatarie delle registrazioni di presidi sanitari, dai distributori e dai venditori nonché da coloro che effettuano trattamenti per conto terzi, e da ecc., al Ministero per le Politiche Agricole entro il secondo mese successivo alla fine di ciascun semestre solare. Le schede relative alla: "dichiarazione dei dati di acquisto e di utilizzazione" da parte degli utilizzatori dei presidi sanitari, deve essere trasmessa, in triplice copia, entro il 28 febbraio di ogni anno successivo a quella cui i dati si riferiscono, alle Unità Sanitarie Locali territorialmente competenti, in relazione al luogo di utilizzazione del prodotto e viene trasmesso una copia al Ministero delle Politiche Agricole. Gli utilizzatori devono conservare, per i presidi di prima e seconda classe tossicologica una copia dei moduli di acquisto, mentre per gli acquisti di presidi appartenenti ad altre classi devono custodire solo la bolla di accompagnamento. Gli utilizzatori devono effettuare sul registro l' annotazione dell' operazione entro 16 giorni successivi ad essa. Il registro deve essere sottoscritto dall' utilizzatore, vidimato dalla ASL e conservato presso la sede dell' utilizzatore o dell' Associazione professionale di categoria. La Direttiva 90/624 (valevole solo per la trasformazione dei prodotti agricoli) riporta le percentuali massime di residui antiparassitari su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli. 54 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP B.11) Inquinamento atmosferico Riferimenti legislativi Direttive comunitarie 70/220, 72/306, 77/537, 80/779, 82/884, 84/360, 85/203, 87/217, 96/61, 96/62, DPR 203/88, Legge 257/92, D. lgs 372/99, DM 6 settembre 1994, DM 14 maggio 1996 I contenuti normativi La direttiva 96/61 prevede misure intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni di sostanze nocive nell' aria, nell' acqua e nel terreno, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell' ambiente nel suo complesso. I principi generali degli obblighi fondamentali del gestore di un impianto sono: a) prendere le opportune misure di prevenzione dell' inquinamento, applicando segnatamente le migliori tecniche disponibili; b) non fare verificare fenomeni di inquinamento significativi; c) evitare la produzione di rifiuti, a norma della direttiva 75/442/CEE, in caso contrario, questi sono ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati evitandone e riducendone l' impatto sull' ambiente; d) utilizzare l' energia in modo efficace; e) prendere le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze; f) provvedere affinché sia evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività ed il sito stesso sia ripristinato in modo soddisfacente. Le autorità pubbliche devono tenere conto di questi principi prima di concedere l' autorizzazione per il funzionamento dell’impianto. La domanda di autorizzazione deve contenere la descrizione: dell' impianto, del tipo e della portata delle sue attività; delle materie prime e secondarie, delle sostanze e dell' energia usate o prodotte dall' impianto; delle fonti di emissione dell' impianto; dello stato del sito di ubicazione dell' impianto; del tipo e dell' entità delle prevedibili emissioni dell' impianto in ogni settore ambientale nonché un' identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull' ambiente; della tecnologia prevista e delle altre tecniche per prevenire le emissioni dall' impianto oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle; ove necessario, delle misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall' impianto; delle altre misure previste per ottemperare agli obblighi fondamentali del gestore; delle misure previste per controllare le emissioni nell' ambiente. Ogni autorizzazione concessa o modificata deve includere le modalità previste per la protezione di aria, acqua e terreno. L' autorizzazione deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell' allegato III della direttiva. Per l’aria le sostanze sono: ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo, ossidi di azoto e altri composti dell' azoto, monossido di carbonio, composti organici volatili, metalli e relativi composti, polveri, amianto (particelle in sospensione e fibre), cloro e suoi composti, fluoro e suoi composti, arsenico e suoi composti, cianuri, sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell' atmosfera, poli-cloro-dibenzodiossina (PCDD) e poli-cloro-dibenzo-furani (PCDF). Per l’acqua sono: composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell' ambiente idrico composti organofosforici, composti organici dello stagno, sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il concorso dello stesso, idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili, cianuri, metalli e loro composti, arsenico e suoi composti e prodotti 55 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP fitofarmaceutici, materie in sospensione, sostanze che contribuiscono all' eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare), sostanze che esercitano un' influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali DBO, DCO). Le autorità competenti devono riesaminare periodicamente e aggiornare, se necessario, le condizioni dell' autorizzazione. Ai sensi dell’allegato I della direttiva si definiscono le categorie di impianti soggetti ai valori limite comunitari di emissione. Per quanto riguarda gli impianti che possono essere utilizzati da operatori del settore agricolo si elencano: gli impianti per la concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito; macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 tonnellate al giorno; impianti relativi al trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari a partire da: materie prime annuali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno, - materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno (valore medio su base trimestrale). Impianti relativi al trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno (valore medio su base annua). Impianti per l' eliminazione o il ricupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno. Impianti per l' allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: 40.000 posti pollame; 2.000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o 750 posti scrofe. Il DPR 203 contiene delle disposizioni sull’Attuazione delle direttive 80/779/CEE, 82/884/CEE, 84/360/CEE e 85/203/CEE, concernenti norme in materia di qualità dell' aria, relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali. La direttiva successiva 96/62, che ha modificato dei contenuti delle direttive citate, è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il Decreto legislativo 351 del 1999, con il quale sono stati definiti i principi per: a) stabilire gli obiettivi per la qualità dell' aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi per la salute umana e per l' ambiente nel suo complesso; b) valutare la qualità dell' aria ambiente sul territorio nazionale in base a criteri e metodi comuni; c) disporre di informazioni adeguate sulla qualità dell' aria ambiente e far sì che siano rese pubbliche, con particolare riferimento al superamento delle soglie d' allarme; d) mantenere la qualità dell' aria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli altri casi. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali, ciascuno per le proprie competenze sono responsabili del conseguimento di detti obiettivi e, in particolare, devono realizzarli attraverso un approccio integrato per la protezione dell' aria, dell' acqua e del suolo. Inoltre, le misure adottate non devono essere in contrasto con la legislazione comunitaria sulla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro e non devono avere effetti negativi sull' ambiente negli altri Stati dell' Unione europea. Con il decreto sono stati recepiti: a) i valori limite e le soglie d' allarme per gli inquinanti elencati nell' allegato I16 della direttiva 96/62; 16 ALLEGATO I - ELENCO DEGLI INQUINANTI ATMOSFERICI DA CONSIDERARE NEL QUADRO DELLA VALUTAZIONE E DELLA GESTIONE DELLA QUALITÀ DELL' ARIA AMBIENTE - I. Inquinanti che devono essere esaminati allo stadio iniziale, ivi compresi gli inquinanti disciplinati da direttive comunitarie esistenti in materia di qualità dell' aria ambiente. 1. Biossido di zolfo 2. Biossido/ossido di azoto 3. Particelle fini quali la fuliggine (ivi ompreso PM 10) 4. Particelle in sospensione 5. Piombo 6. Ozono - II. Altri inquinanti 56 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP b) il margine di tolleranza fissato per ciascun inquinante di cui all' allegato I, le modalita' secondo le quali tale margine deve essere ridotto nel tempo; c) il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto; d) il valore obiettivo per l' ozono e gli specifici requisiti di monitoraggio, valutazione, gestione ed informazione. B.12 Impatto ambientale Riferimenti legislativi Direttive 97/11del Consiglio (che modifica la direttiva 85/337/CEE) Legge 349/86, DPR 460/91, DPR 12 aprile 1996, DPCM 3 settembre 1999. I contenuti normativi Ai sensi della Direttiva 97/11, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell' autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista una valutazione del loro impatto. Possono rientrare i progetti riguardanti l’industria dei prodotti alimentari: a) la fabbricazione di oli e grassi vegetali e animali; b) la fabbricazione di conserve di prodotti animali e vegetali; c) la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari; d) industria della birra e del malto; e) la fabbricazione di dolciumi e sciroppi; f) gli impianti per la macellazione di animali; g) l’industrie per la produzione della fecola; h) gli stabilimenti per la produzione di farina di pesce e di olio di pesce; i) gli zuccherifici.). Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche, che possono risentire dell' impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare: - dell' utilizzazione attuale del territorio; - della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona; - della capacità di carico dell' ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone: zone umide; zone costiere; zone montuose o forestali; riserve e parchi naturali; zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; zone nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione comunitaria sono già stati superati; zone a forte densità demografica; zone di importanza storica, culturale o archeologica. La valutazione dell' impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: l' uomo, la fauna e la flora; - il suolo, l' acqua, l' aria, il clima e il paesaggio; - i beni materiali ed il patrimonio culturale; - l' interazione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo trattino. Nei progetti soggetti ad una valutazione dell' impatto ambientale, il committente deve fornire nella forma opportuna tutte le informazioni specifiche. Se le informazioni risultano appropriate, si può avviare la procedura di autorizzazione, tenendo conto delle caratteristiche peculiari del progetto specifico e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio. Ogni domanda di autorizzazione nonché le informazioni raccolte devono essere messe a disposizione del pubblico entro un termine ragionevole per dare la possibilità agli interessati di esprimere il proprio parere prima del rilascio dell' autorizzazione. Le informazioni che il committente deve fornire devono comprendere almeno: - una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e atmosferici 7. benzene 8. Monossido di carbonio 9. Idrocarburi oliaromatici 10. Cadmio 11. Arsenico 12. Nichel, 13. Mercurio. 57 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP dimensioni; - una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi; - i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull' ambiente; - una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell' impatto ambientale; - una sintesi non tecnica delle informazioni indicate nei precedenti trattini. Il DPR 12 aprile 1996, modificato dal DPCM 3 Settembre 1999, contiene disposizioni attuative dell' art. 40, comma 1, della Legge 146 del 22 febbraio 1994, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che l' attuazione della procedura di valutazione di impatto ambientale per i progetti indicati negli allegati A e B del DPR avvenga nel rispetto delle disposizioni della direttiva 85/337/CEE. Per i progetti di opere o di impianti ricadenti all' interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali sono ridotte del 50%. Per i progetti elencati nell' allegato B, che non ricadono in aree naturali protette, l' autorità competente verifica, secondo le modalità di cui all' art. 10 e sulla base degli elementi indicati nell' allegato D, se le caratteristiche del progetto richiedono lo svolgimento della procedura di valutazione d' impatto ambientale. La procedura di valutazione di impatto ambientale deve assicurare che: a) nei processi di formazione delle decisioni relative alla realizzazione di progetti individuati negli allegati al presente atto siano considerati gli obiettivi di proteggere la salute e di migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell' ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita, di garantire l' uso plurimo delle risorse e lo sviluppo sostenibile; b) per ciascun progetto siano valutati gli effetti diretti ed indiretti sull' uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull' aria, sul clima, sul paesaggio e sull' interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale; c) in ogni fase della procedura siano garantiti lo scambio di informazioni e la consultazione tra il soggetto proponente e l' autorità competente; d) siano garantite l' informazione e la partecipazione dei cittadini al procedimento; e) siano conseguite la semplificazione, la razionalizzazione ed il coordinamento delle valutazioni e degli atti autorizzativi in materia ambientale. Lo studio d' impatto ambientale è predisposto a cura e spese del committente o dell' autorità proponente. La procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi con un giudizio motivato prima dell' eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che consente in via definitiva la realizzazione del progetto e comunque prima dell' inizio dei lavori. Tali normative sono state recepite dalla Regione Puglia con la L.R. n. 11 del 12/04/2001 Norme sulla Valutazione dell’Impatto ambientale. 58 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP SEZIONE 3: TRASFORMAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI C.1 Igiene dei prodotti alimentari (anche con riguardo al trasporto marittimo di oli e di grassi e liquidi sfusi Riferimenti legislativi Regolamento 178/2002, Direttive comunitarie 93/43, 96/3 e il D.lgs 155/97 (d' applicarsi solo per la trasformazione dei prodotti, modificato dalla Legge 526/99). I contenuti normativi Le disposizioni normative definiscono le procedure da seguire nelle fasi successive alla produzione, nello specifico la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o la fornitura, compresa la somministrazione al consumatore. In ogni fase devono essere applicate le procedure di sicurezza secondo i principi del sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP. Il responsabile deve redigere un documento contenente l' individuazione delle fasi critiche e delle procedure di controllo, che intende adottare e le informazione sull' applicazione di tali procedure, rilevando i punti critici ed i relativi risultati. Qualora in seguito all' autocontrollo si rilevi un rischio per la salute del consumatore, il responsabile deve dare immediata notizia all' autorità competente. Il prodotto viene ritirato dal commercio e resta sotto sorveglianza dell' autorità sanitaria che provvede alla distruzione o riutilizzazione per fini diversi dal consumo umano. L' azienda di trasformazione può utilizzare in questa fase di autocontrollo il manuale di corretta prassi igienica. In particolare ai prodotti alimentari si applicano le seguenti disposizioni: - le materie prime o ingredienti che risultano contaminati non vanno accettate. Esse devono essere opportunamente conservate e immagazzinate nello stabilimento, in modo da evitare il deterioramento nocivo e delle contaminazioni; - tutti gli alimenti manipolati, immagazzinati, imballati e trasportati devono essere protetti da qualsiasi forma di contaminazione e devono essere conservati a temperature, che non provochino rischi per la sanità pubblica; - le sostanze pericolose, compresi gli alimenti per animali, devono essere adeguatamente etichettate e immagazzinate in contenitori separati e ben chiusi. Le disposizioni più recenti in materia sono contenute nel Regolamento 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio. Esso stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l' Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. Il regolamento costituisce la base per garantire un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti, tenendo conto in particolare della diversità dell' offerta di alimenti compresi i prodotti tradizionali, garantendo al contempo l' efficace funzionamento del mercato interno. Esso stabilisce principi comuni e competenze, i mezzi per assicurare un solido fondamento scientifico, procedure e meccanismi organizzativi efficienti a sostegno dell' attività decisionale nel campo della sicurezza degli alimenti e dei mangimi. La legislazione alimentare persegue uno o più fra gli obiettivi generali di un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, della tutela degli interessi dei consumatori, comprese le pratiche leali nel commercio alimentare, tenuto eventualmente conto della tutela della salute e del benessere degli animali, della salute vegetale e dell' ambiente. 59 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP C.1.1 Tenori massimi di talune sostanze contaminanti presenti nelle derrate alimentari Riferimenti legislativi Regolamento466/2001 I contenuti normativi Il Regolamento 466/2001 e successive modifiche definisce i di nitrati, micotossine, metalli pesanti, 3-MCPD, diossine. La fissazione di tenori massimi per queste sostanze contaminanti mira a ridurre la presenza di tali sostanze in alcuni prodotti alimentari a livelli minimi che consentano ragionevolmente l' applicazione di buoni procedimenti di fabbricazione o agricoli, al fine di garantire un elevato livello di protezione della salute pubblica, segnatamente per i gruppi più sensibili della popolazione: bambini, persone allergiche, ecc. I prodotti alimentari di cui all' allegato I non devono presentare, al momento della loro messa in circolazione, tenori di contaminanti maggiori di quelli stabiliti in tale allegato. I nitrati sono soprattutto presenti nelle verdure (spinaci, lattuga). Per ridurre il tenore di nitrati in tali verdure, il regolamento prevede l' obbligo di modificare i metodi di coltura e l' applicazione dei codici di buone procedure agricole. I tenori dei nitrati variano molto in funzione delle condizioni climatiche; alcuni Stati membri sono autorizzati a mettere in vendita, sui rispettivi territori, spinaci o lattughe che presentano tenori di nitrati superiori a quelli stabiliti nell' allegato del regolamento, a condizione che tali quantità restino accettabili da un punto di vista della tutela della salute pubblica. Il periodo transitorio deve consentire agli Stati interessati di adottare i provvedimenti necessari al fine di arrivare quanto prima a valori comuni. Sulla base dei risultati dei controlli svolti dagli Stati membri e delle relazioni sull' applicazione dei codici di buone procedure agricole e dei progressi scientifici, la Commissione procede ogni 5 anni ad un riesame dei livelli dei tenori massimi. Le aflatossine sono sostanze cancerogene genotossiche che si sviluppano in condizioni di temperatura e di umidità elevate. Il regolamento stabilisce limiti al livello più basso possibile. Per alcuni prodotti come le arachidi, i frutti con guscio e la frutta secca ed il mais, viene riconosciuto che i metodi di cernita o altri trattamenti fisici consentono di ridurre il tenore di aflatossine. Al fine di ridurre al minimo gli effetti sul commercio, è opportuno fin d' ora consentire tenori di aflatossine più elevati per tali prodotti quando essi non sono destinati al consumo umano diretto ovvero a un' utilizzazione come ingredienti di un prodotto alimentare. In questo caso essi devono presentare un' etichettatura che metta chiaramente in evidenza la loro destinazione con la dicitura «prodotto destinato ad essere obbligatoriamente sottoposto a un trattamento di cernita o ad altri trattamenti fisici per ridurre il livello di contaminazione da aflatossine ». L' assorbimento del piombo può rappresentare un grave rischio per la salute pubblica in quanto può frenare lo sviluppo cognitivo, ridurre le prestazioni intellettuali del bambino e aumentare la tensione arteriosa e il numero delle malattie cardio-vascolari presso gli adulti. Pertanto i tenori massimi di piombo dovrebbero essere ridotti ridotti al livello minimo possibile. L' assorbimento del cadmio costituisce un fattore di rischio per l' essere umano poiché può portare a disfunzioni renali, problemi ossei e disturbi della riproduzione. Pertanto, i tenori massimi di cadmio dovrebbero essere ridotti al livello minimo possibile. Il mercurio può alterare lo sviluppo cerebrale dei lattanti e in presenza di tenori più elevati, provocare trasformazioni neurologiche nell' adulto. Il mercurio contamina essenzialmente i pesci e i prodotti della pesca. 60 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Il monocloro-propano-1,2diol (3 MCPD) si forma in determinate condizioni durante la trasformazione dei prodotti alimentari. Essa può essere prodotta segnatamente durante la fabbricazione dell' ingrediente alimentare salato denominato "proteina vegetale idrolizzata" con il metodo dell' idrolisi acida. L' adattamento dei processi di produzione ha consentito una diminuzione consistente del 3-MCPD nel prodotto suindicato. Trattandosi di un agente cancerogeno, è opportuno stabilire limiti ai livelli più bassi possibili. L'ocratossina A è una micotossina prodotta da vari funghi(delle specie «penicillium» e «aspergillus»). Essa è naturalmente presente in numerosi prodotti vegetali del mondo intero, quali i cereali, i chicchi di caffè, il cacao e la frutta secca. La sua presenza è stata quindi riscontrata in prodotti quali quelli a base di cereali, il caffè, il vino, la birra, il succo d' uva e anche in prodotti di origine animale, segnatamente nei rognoni di suini. Alcune indagini sulla frequenza e sui livelli di presenza dell' ocratossina A nei campioni di prodotti alimentari e di sangue umano, indicano che i prodotti alimentari ne sono spesso contaminati. L' ocratossina A è una micotossina dalle proprietà cancerogene, nefrotossiche, teratogene, immunotossiche e, eventualmente, neurotossiche. Essa è stata del pari associata alla nefropatia che colpisce le persone. L' ocratossina A può avere una lunga semi-vita nelle persone. Lo stagno inorganico si può trovare nelle scatole di conserva e di bevande. Esso può provocare irritazioni gastriche in gruppi sensibili della popolazione (cfr. in appresso la rubrica Atti connessi). La patulina è una micotossina prodotta da vari generi di funghi. Essa si può trovare nei succhi di frutta, specialmente nel succo di mela, nonché in prodotti alimentari ammuffiti: pane, ecc. (cfr. in appresso la rubrica Atti connessi). C.2 Controllo ufficiale dei prodotti alimentari Riferimenti normativi Direttive 89/397, 93/99, DM 16 dicembre 1993 e Dlgs 123/93, Dlgs 156/97 Regolamento 466/2001 I contenuti normativi La Direttiva 89/397/CEE del Consiglio riguarda il controllo ufficiale dei prodotti alimentari. In particolare sono contenute disposizioni volte a definire i principi generali per l' esecuzione di tale controllo ufficiale che le autorità competenti devono effettuare sui prodotti alimentari, sugli additivi alimentari, le vitamine, i sali minerali, gli oligoelementi, altri additivi destinati ad essere venduti e sui materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con tali prodotti alimentari. Il controllo si effettua in modo regolare e nei casi in cui si sospetti la non conformità dei prodotti. Inoltre, deve essere svolto in modo proporzionato all' obiettivo da perseguire. Tale verifica di conformità deve essere estesa a tutte le fasi della produzione, della fabbricazione, dell' importazione nella Comunità, della lavorazione, del magazzinaggio, del trasporto, della distribuzione e del commercio. Le operazioni da eseguire consistono nell’ispezione, nel prelievo ed analisi di campioni, nel controllo dell' igiene del personale, nell’esame del materiale scritto e dei documenti di vario genere e nell’esame dei sistemi di verifica eventualmente installati dall' impresa e dei relativi risultati. Sono sottoposti ad ispezione: a) lo stato e l' impiego nelle differenti fasi di cui all' articolo 4, paragrafo 3, di terreni, locali, uffici, installazioni e relativo ambiente, mezzi di trasporto, attrezzature e materiali; b) le materie prime, gli ingredienti, i coadiuvanti tecnologici e gli altri 61 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP prodotti utilizzati per la preparazione e la produzione dei prodotti alimentari; c) i prodotti semilavorati; d) i prodotti finiti; e) i materiali e oggetti destinati a entrare in contatto con i prodotti alimentari; f) i prodotti e i procedimenti di pulizia e manutenzione nonché gli antiparassitari; g) i processi utilizzati per fabbricare o lavorare i prodotti alimentari; h) l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari; i) i mezzi di conservazione. Gli agenti incaricati del controllo possono prendere conoscenza del materiale scritto e dei documenti d' altro genere in possesso delle persone fisiche utili al controllo. La direttiva 397 è stata recepita nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 123 del 1993. Con la direttiva 93/99/CEE (recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 156/2000) sono state introdotte delle misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari. In particolare sono state introdotte norme concernenti: a) il personale delle strutture cui compete il controllo ufficiale; b) i requisiti necessari per il funzionamento dei laboratori adibiti al controllo ufficiale; c) gli organismi responsabili della verifica dei laboratori adibiti al controllo ufficiale; d) i requisiti e le modalità dei sistemi di verifica dei laboratori adibiti al controllo ufficiale; e) le procedure relative al sistema di mutua assistenza amministrativa e di scambio di informazioni nonché alle ispezioni congiunte con gli agenti dell' Unione Europea. In primo luogo l’autorità competente (es. Stato, Regione o altro ente locale) individua le tipologie del personale delle strutture deputate al controllo ufficiale dei prodotti alimentari tra cui quello che opera nei campi della chimica, della chimica alimentare, della medicina veterinaria, della medicina, della microbiologia alimentare, dell' igiene alimentare, della tecnologia alimentare e della legislazione nel settore alimentare, tenendo conto, in relazione ai diversi profili professionali delle caratteristiche e della portata delle attività ispettive, di quelle relative al prelievo dei campioni ed al controllo analitico. Tale personale, esperto ed adeguatamente qualificato farà parte delle strutture territoriali della stessa autorità. I laboratori deputati al controllo ufficiale dei prodotti alimentari dovranno rispettare determinati criteri: a) esigenze del territorio, in relazione al tipo ed alla consistenza degli insediamenti produttivi, distributivi e di ristorazione, alla entità degli eventuali flussi di importazione nonché alla densità di popolazione e al numero degli abitanti; b) esperienza acquisita; c) dotazione di personale, strutture e strumentazione. Tali laboratori devono essere valutati e riconosciuti da organismi designati dalle amministrazioni dello Stato, nell' ambito della rispettiva competenza. Tali organismi devono valutare il rispetto dei criteri generali stabiliti dalla norma europea EN 45003 e dei criteri stabiliti dalla norma europea EN 45002. C.3 Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari Riferimenti normativi Direttive 89/396, 2000/13, I contenuti normativi La direttiva 89/396 riguarda le diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. A livello internazionale, il riferimento alla partita di fabbricazione o di condizionamento delle derrate alimentari preconfezionate costituisce ormai un obbligo generalizzato. Pertanto è stato opportuno adottare a livello comunitario le norme, di carattere generale e orizzontale, che devono presiedere alla creazione di un sistema comune 62 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP di identificazione delle partite alimentari. Ai sensi della direttiva una derrata alimentare può essere commercializzata solo se accompagnata da un' indicazione, che consente di identificare la partita alla quale appartiene la derrata alimentare. Tuttavia, tale disposizione non si applica: a) ai prodotti agricoli che, all' uscita dall' azienda agricola, sono: venduti o consegnati a centri di deposito, di condizionamento o di imballaggio; avviati verso organizzazioni di produttori o raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o trasformazione; b) quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, le derrate alimentari non sono preconfezionate, sono confezionate su richiesta dell' acquirente o sono preconfezionate ai fini della loro vendita immediata; c) alle confezioni o ai recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm$. La partita è determinata in ciascun caso dal produttore, fabbricante o condizionatore del prodotto alimentare di cui trattasi o dal primo venditore stabilito all' interno della Comunità. Le indicazioni devono essere precedute dalla lettera “L”, salvo nel caso in cui si distinguono chiaramente dalle altre indicazioni di etichettatura. La direttiva 2000/13/CE (che modifica le direttive 79/112, 89/395) del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 marzo 2000 riguarda il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l' etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità. Essa ha lo scopo di stabilire le norme comunitarie di carattere generale ed orizzontale applicabili a tutti i prodotti alimentari immessi in commercio. Le norme di carattere specifico e verticale riguardanti soltanto determinati prodotti alimentari devono invece essere stabilite nell' ambito delle disposizioni che disciplinano tali prodotti. Qualsiasi regolamentazione relativa all' etichettatura dei prodotti alimentari deve essere fondata anzitutto sulla necessità d' informare e tutelare i consumatori. Un' etichettatura adeguata concernente la natura esatta e le caratteristiche del prodotto, che consente al consumatore di operare la sua scelta con cognizione di causa, è il mezzo più adeguato in quanto crea meno ostacoli alla libera circolazione delle merci. Le norme di etichettatura devono comportare anche il divieto di indurre in errore l' acquirente o di attribuire ai prodotti alimentari proprietà medicamentose. Per essere efficace, tale divieto deve essere esteso alla presentazione dei prodotti alimentari ed alla relativa pubblicità. Ai sensi dell’articolo 2 l' etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore l' acquirente, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l' identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l' origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento, attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede, suggerendogli che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche. Nell’etichettatura sono obbligatorie le seguenti indicazioni: 1) la denominazione di vendita; 2) l' elenco degli ingredienti; 3) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti,; 4) per i prodotti alimentari in imballaggi preconfenzionati, il quantitativo netto; 5) il termine minimo di conservazione o, nel caso di prodotti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, la data di scadenza; 6) le condizioni particolari di conservazione e di utilizzazione; 7) il nome o la ragione sociale e l' indirizzo del fabbricante o del condizionatore o di un venditore stabilito nella Comunità. Su ogni prodotto alimentare che sia stato trattato con radicazioni ionizzanti deve figurare la seguente diciture “irradiato” o “trattato con radiazioni ionizzanti”. L' indicazione degli ingredienti non è richiesta nel caso: a) degli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non siano stati sbucciati, tagliati o che non abbiano subito trattamenti 63 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP analoghi, delle acque gassificate, dalla cui denominazione si rilevi quest' ultima caratteristica, degli aceti di fermentazione provenienti esclusivamente da un solo prodotto di base e purché non siano stati aggiunti altri ingredienti; b) dei formaggi, del burro, del latte e delle creme di latte fermentati, purché non siano stati aggiunti ingredienti diversi da sostanze del latte, enzimi e colture di microrganismi necessari alla fabbricazione o ingredienti diversi dal sale necessario alla fabbricazione di formaggi che non siano freschi o fusi; c) dei prodotti costituiti da un solo ingrediente, a condizione che la denominazione di vendita sia identica al nome dell' ingrediente, o a condizione che la denominazione di vendita consenta di determinare la natura dell' ingrediente senza rischio di confusione. L' elenco degli ingredienti è costituito dall' enumerazione di tutti gli ingredienti del prodotto alimentare, in ordine di peso descresente al momento della loro utilizzazione. Esso è preceduto da un' indicazione appropriata contenente la parola “ingredienti”. La quantità netta dei prodotti alimentari preconfezionati è espressa: in unità di volume per i prodotti liquidi, in unità di massa per gli altri prodotti, utilizzando, secondo il caso, il litro, il centilitro, il millilitro, il chilogrammo o il grammo. Il termine minimo di conservazione di un prodotto alimentare è la data fino alla quale lo stesso conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Nel caso di prodotti alimentari rapidamente deperibili dal punto di vista microbiologico e che, di conseguenza, possono costituire dopo breve tempo un periodo immediato per la salute umana, il termine minimo di conservazione è sostituito dalla data di scadenza e deve essere preceduta dalle parole “da consumare entro”. Le istruzioni per l' uso di un prodotto alimentare devono essere indicate in modo da consentirne un' adeguata utilizzazione. 64 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP D.1) Metodo di produzione biologico Riferimenti normativi Regolamenti 1804/99, 2092/91 e 436/2001 I contenuti normativi L' agricoltura biologica è un metodo di produzione definito e disciplinato a livello comunitario dal Regolamento CEE 2092/91 (oggi 436/2001), e a livello nazionale dal D.M. 220/95. In agricoltura biologica non si utilizzano sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere), né Organismi Geneticamente Modificati (OGM). Alla difesa delle colture si provvede innanzitutto in via preventiva, selezionando specie resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di coltivazione appropriate come, per esempio: la rotazione delle colture cioè evitando di coltivare per più stagioni consecutive sullo stesso terreno la stessa pianta. Così facendo, da un lato si ostacola l' ambientarsi dei parassiti, e dall' altro si sfruttano in modo più razionale e meno intensivo le sostanze nutrienti del terreno; la piantumazione di siepi ed alberi che, oltre a ricreare il paesaggio, danno ospitalità ai predatori naturali dei parassiti e fungono da barriera fisica a possibili inquinamenti esterni; la consociazione, cioè coltivando in parallelo piante sgradite l' una ai parassiti dell' altra. In agricoltura biologica si usano fertilizzanti naturali. In caso di necessità, per la difesa delle colture si interviene con sostanze naturali vegetali, animali o minerali. Qualora, comunque, si rendesse necessario intervenire per la difesa delle coltivazioni da parassiti e altre avversità, l’agricoltore può fare ricorso esclusivamente alle sostanze di origine naturale espressamente autorizzate e dettagliate dal Regolamento europeo (con il criterio della cosiddetta “lista positiva”). Anche l’allevamento biologico segue le norme dell’Unione Europea, con il Regolamento CE 1804/99, e a livello nazionale con il D.M. n. 91436 del 4 Agosto 2000. Gli animali devono essere alimentati, secondo il proprio fabbisogno, con prodotti vegetali ottenuti ottenuti anch' essi con metodo di produzione biologico, coltivati di preferenza nella stessa azienda o nel comprensorio in cui l' azienda ricade. L' allevamento degli animali con metodo biologico è strettamente legato alla terra. Il numero dei capi che si possono allevare dipende dalla superficie di terreno disponibile. I sistemi di allevamento adottati devono soddisfare i bisogni etologici e fisiologici degli animali. Sono vietati il trapianto degli embrioni e l' uso di ormoni per regolare l' ovulazione eccetto in caso di trattamento veterinario di singoli animali. L' impiego di razze ottenute mediante manipolazione genetica è vietato. Il trasporto del bestiame deve essere quanto più breve possibile ed effettuarsi in modo da affaticare il meno possibile gli animali. Le operazioni di carico e scarico devono effettuarsi senza brutalità. E' vietato l' uso di calmanti durante il tragitto. Il trattamento degli animali al momento della macellazione o dell' abbattimento deve limitare la tensione e, nello stesso tempo, offrire le dovute garanzie rispetto all' identificazione e alla separazione degli animali biologici da quelli convenzionali. E'preferibile allevare razze autoctone, che siano ben adattate alle condizioni ambientali locali, resistenti alle malattie e adatte alla stabulazione all' aperto. Le condizioni di allevamento devono tenere conto del comportamento innato degli animali. In particolare. le strutture per l' allevamento devono essere salubri, correttamente dimensionate al carico di bestiame e devono consentire l' isolamento dei capi che necessitano di cure mediche. Inoltre devono essere assicurati sufficiente spazio libero a disposizione degli animali. Per ogni specie e categoria di animali il Regolamento CE 1804/99 definisce degli spazi minimi che devono 65 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP essere garantiti sia al coperto (in stalle, ricoveri) sia all' aperto (paddock e altro). La dieta deve essere bilanciata in accordo con i fabbisogni nutrizionali degli animali. Il 100% degli alimenti dovrebbe essere di origine biologica controllata. Tuttavia, poiché ci possono essere delle difficoltà nell' approvvigionamento di alimenti biologici, è consentito l' impiego di alimenti non biologici fino al limite massimo del 10 % per i ruminanti e del 20% per gli altri animali, calcolati sulla sostanza secca della razione alimentare. 66 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Sintesi dei riferimenti normativi contenuti nel vademecum esplicativo Sezione 1: Settore zootecnico Indice delle attività Normativa di riferimento Protezione degli animali negli allevamenti Legge nazionale 623/85 - Decisioni 78/923/CEE e 2000/50/CE - Direttiva comunitaria 98/58 Protezione dei vitelli negli allevamenti Legge nazionale 623/85 - Decisione 78/923/CEE, Direttiva comunitaria 98/58 - Direttiva comunitaria 91/629 (modificata dall' ultima direttiva 97/2 e dalla Decisione 97/182) - Dlgs 533/92 (modificato dal Dlgs 331/98) – Legge 128/98 – Dlgs 146/2001 Protezione dei suini negli allevamenti Legge nazionale 623/85, Decisione 78/923/CEE Direttiva comunitaria 98/58 - Direttiva comunitaria 91/630 (modificato dalle direttive 2001/88 e 2001/93) - Dlgs 534/92 Protezione delle galline ovaiole in batteria negli allevamenti Legge nazionale 623/85 - Decisione 78/923/CEE, Direttiva comunitaria 98/58 - Direttiva comunitaria 86/113 (modificata dalla direttiva 88/166) - DPR 233/88 Condizioni e modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali. Condizioni zootecniche genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza Direttiva 95/69 del Consiglio (che modifica le direttive 70/524, 74/63, 79/373 e 82/471), 98/92, Legge 281/63, Dlgs 123/99, Direttiva 1999/74 del Consiglio, Direttiva 2002/4 Direttiva 91/174, Decreto legge 529/92 Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione Direttiva comunitaria 96/22 ormonica nelle produzioni animali. Misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli Direttive comunitarie 76/895, 96/23, 86/363, 97/71, animali vivi e nei loro prodotti. 2001/48, 2002/76 e 2002/79 (che modificano le direttive 86/362 90/642 e 94/30), 94/29, Regolamento 645/2000, Dlgs 336/99, DM 9 agosto 1995, DM 12 agosto 1995, DM 16 luglio 1999, DM 23 dicembre 1992, DM 30 luglio 1993, DM 22 gennaio 1998 Commercializzazione di carni fresche e di prodotti a base Le Direttive comunitarie 64/433, 72/462, 77/99, 91/497, 91/498, 92/5, 97/76, Dlgs 286/94, Legge di carni 1073/71, Dlgs 71/2000. Requisiti della produzione per la commercializzazione di Direttiva comunitaria 91/495 – DPR 559/92 – DPR 364/96 – DPR 18/98 carni di coniglio e selvaggina di allevamento Requisiti della produzione per la commercializzazione di Direttiva comunitaria 71/118 (modificata dalla Direttiva 92/116) – DPR 495/97 - Direttiva carni fresche di volatili da cortile comunitaria 89/437, Dlgs 65/93 Requisiti della produzione per la commercializzazione del Direttive comunitarie 92/46, 92/47, 89/362 - DPR 54/97 – RD 994/29 – Legge 169/89 latte Direttiva comunitaria 91/628 (modificata dalla Direttiva 95/29 - Dlgs 388/98 - Regg. 411/98, 1255/97, 1040/2003, Direttive comunitarie 91/628 (modificata dalla Direttiva 95/29) 64/432, 90/426, 91/68, 92/65, Decisione 298/2001, Dlgs 388/98, Dlgs 532/92 e DPR 233/88. Protezione degli animali nei trasporti 67 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Protezione dei bovini nei trasporti Protezione degli ovini e caprini nei trasporti Protezione dei suini nei trasporti Direttiva comunitaria 91/628 Direttiva 95/29 - Dlgs 388/98 Protezione delle galline ovaiole nei trasporti (modificata dalla Protezione dei conigli nei trasporti Direttiva comunitaria 93/119 - Dlgs 333/98 Protezione durante la macellazione e/o l'abbattimento Sezione 2: Settore agricolo in generale Ambiente naturale Direttiva 85/337/CEE – D.P.C.M. 377 del 10/08/88 DPR del 12/04/96 - Direttiva comunitaria 79/409 Direttiva comunitaria 92/43 - DPR 357/97 Biodiversità Legge 124/94 Desertificazione e siccità Legge 170/97 Acqua Direttive comunitarie 91/271,a 91/676, 98/15 (che modifica la 91/271), 75/440- Legge 146/94 - Dlgs 152/99, Legge 152/99, Legge 146/94, DM 19 aprile 1999, Legge 36/94, Legge 319/76, Legge 183/87, Legge 290/99, Legge 584/94 e Dlgs 275/93 Rifiuti Direttive comunitarie 91/156, 91/689 (rifiuti pericolosi) e 94/62 (imballaggi e rifiuti di imballaggio), 75/442 - Dlgs 22/97 (modificato dal Dlgs 173/98), Dlgs 389/97, DM 5 febbraio 1998, DM 406/98, DM 471/99, DM 23 marzo 2001, Legge 128/98. Tutela del suolo nell'utilizzazione depurazione in agricoltura dei fanghi di Direttiva comunitaria 86/278 - Dlgs 99/92 Direttiva comunitaria 91/676 Codice di buona pratica agricola Sicurezza nelle aziende agricole Caratteristiche del territorio aziendale Impianti Macchine, apparecchiature e utensili Agenti chimici, gas e vapori Polveri minerali e vegetali Agenti cancerogeni Direttive comunitarie 89/361, 89/654, 89/655, 89/656, 90/269, 90/270, 90/394, 91/383, Dlgs 626/94, Dlgs 242/96 e Dlgs 242/91. Agenti biologici Esposizione al rumore Vibrazione mano, braccio e a tutto il corpo Radiazioni solari Micro e macroclima Movimentazione manuale di carichi Informazione e formazione 68 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Materiale di moltiplicazione Direttive 92/33, 92/34, 91/682, 93/61, 93/62, 93/48, 93/64, 93/79, 93/49, DM 14 aprile 1997 Prodotti fitosanitari Direttive comunitaria 91/414, 67/548 il Dlgs 194/95, Dlgs 22/97, Legge 362/99, DPR 290/2001 e DPR 223/88 Inquinamento Direttive comunitarie 70/220, 72/306, 77/537, 80/779, 84/360, 82/884, 85/203, 96/61, 96/62, 87/217 DPR 203/88, Legge 257/92, Dlgs 372/99, DM 6 settembre 1994, DM 14 maggio 1996 Impatto ambientale Direttive 97/11del Consiglio (che modifica la direttiva 85/337/CEE) Legge 349/86, DPR 460/91, DPR 12 aprile 1996, Legge 574/96, DPCM 1 settembre 2000. Igiene dei prodotti alimentari Regolamento 178/2002, Direttive comunitarie 93/43, 96/3 e il Dlgs 155/97 (d' applicarsi solo per la trasformazione dei prodotti), Legge 526/99, Regolamento 466/2001. Controllo ufficiale dei prodotti alimentari Direttive 89/397, 93/99, DM 16 dicembre 1993 e Dlgs 123/93, Dlgs 156/97 Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti Direttive 89/396, 2000/13, 92/102, Regolamento 494/98, DMPA 22 dicembre 1997 alimentari Regolamenti 1804/99, 2092/91 e 436/2001 Metodo di produzione biologica 69 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Elenco delle disposizioni normative Riferimento normativo Numero e data di pubblicazione Legge nazionale 623/85 GU n. 266 del 12 novembre 1985 Decisione 78/923/CEE GUCE L 323 del 17 novembre 1978 Direttiva comunitaria 98/58 GUCE L 221 dell’8 agosto 1998. Direttiva comunitaria 91/629 GUCE L 340 dell’11 dicembre 1991 (modificata dall' ultima direttiva 97/2) GUCE L 025 del 28 gennaio 1997 (modificata dalla Decisione 97/182) GUCE L 076 del 18 marzo 1997 Dlgs 533/92 GU n. 7 dell’11 gennaio 1993 (modificato dal Dlgs 331/98) GU n. 224 del 25 settembre 1998 Direttiva comunitaria 91/630 GUCE L 340 dell’11 dicembre 1991 Dlgs 534/92 GU n. 7 dell’11 gennaio 1993 Direttiva comunitaria 86/113 GUCE L 340 del 2 dicembre 1987 (modificata dalla direttiva 88/166) GUCE L 030 del 1 gennaio 1989 DPR 233/88 GU n. 150 del 28 giugno 1988 Direttiva comunitaria 96/22 GUCE L 125 del 23 maggio 1996 Direttiva comunitaria 96/23 GUCE L 125 del 23 maggio 1996 Direttiva comunitaria 91/495 GUCE L 268 del 24 settembre 1991 Direttiva comunitaria 71/118 GUCE L 055 del 8 marzo 1971 (modificata dalla Direttiva 92/116) GUCE L 062 del 15 marzo 1993 Direttiva comunitaria 92/46 GUCE L 268 del 14 settembre 1992 Direttiva comunitaria 92/47 GUCE L 268 del 14 settembre 1992 DPR 54/97 GU n. 59 SO 54L del 12 marzo 1997 Direttiva comunitaria 91/628 GUCE L 340 dell’11 dicembre 1991 (modificata dalla Direttiva 95/29 GUCE L 148 del 30 giugno 1995 Dlgs 388/98 GU n. 262 del 9 novembre 1998 Direttiva comunitaria 93/119 GUCE L 340 del 31 dicembre 1993 Dlgs 333/98 GU n. 226 del 28 settembre 1998 Direttiva comunitaria 79/409 GUCE L 103 del 25 aprile 1979 Direttiva comunitaria 92/43 GUCE L 206 del 22 luglio 1992 70 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP DPR 357/97 GU n. 248 del 23 ottobre 1997 Legge 124/94 GU n. 44 del 23 febbraio 1994 Legge 170/97 GU n. 142 del 20 giugno 1997 Direttiva comunitaria 91/271 GUCE L 135 del 30 maggio 1991 Direttiva comunitaria 91/676 GUCE L 375 del 31 dicembre 1991 Legge 146/94 GU n. 52 del 4 marzo 1994 Dlgs 152/99 GU n. 124 SO 101 del 29 maggio 1999 Direttiva comunitaria 91/156 GUCE L 078 del 26 marzo 1991 Direttiva comunitaria 91/689 GUCE L 377 del 31 dicembre 1991 Direttiva comunitaria 94/62 GUCE L 365 del 31 dicembre 1994 Dlgs 22/97 GU n. 278 SO 237L del 28 novembre 1997 Direttiva comunitaria 86/278 GUCE L 181 del 19 luglio 1986 Dlgs 99/92 GU n. 38 del 15 febbraio 1992 Dlgs 626/94 GU SO 265 del 12 novembre 1994 Decisione 2000/50/CE GUCE L 19/51 del 25 gennaio 2000 Legge 128/98 GU n. 104del 7 maggio 1998 Dlgs 146/2001 GU n. 95 del 24 aprile 2001 Dir. 2001/88 GUCE L 316 del 1 dicembre 2001 Dir. 2001/93 GUCE L 316 del 1 dicembre 2001 Direttiva 95/69 del Consiglio (che modifica le direttive 70/524, 74/63, 79/373 e 82/471) GUCE L 332 del 30 dicembre 1995 Direttiva Comunitaria 98/92 GUCE L 346 del 22 dicembre 1998 Legge 281/63 GU n. 281 del 15 febbraio 1963 Dlgs 123/99 GU n. 303 del 27 aprile 1993 Direttiva 1999/74 del Consiglio GUCE L 203 del 3 agosto 1999 Direttiva 2002/4 GUCE L 30 del 31 luglio 2002 Direttiva 91/174 GUCE L 85 del 5 aprile 1991 Decreto legge 529/92 GU n. 7 del 11 gennaio 1993 Direttiva Comunitaria 76/895 GUCE L 340 del 9 dicembre 1976 Direttiva Comunitaria 86/363 GUCE L 221 del 7 agosto 1986 Direttiva Comunitaria 97/71 GUCE L 347 del 18 dicembre 1997 71 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Direttiva Comunitaria 2001/48 GUCE L 180 del 3 luglio 2002 Direttiva Comunitaria 2002/79 (che modificano le direttive 86/362 90/642 e 94/30) GUCE L 291 del 28 ottobre 2002 Direttiva Comunitaria 2002/76 GUCE L 240 del 7 settembre 2002 Direttiva Comunitaria 94/29 GUCE L 189 del 23 luglio 1994 Regolamento 645/2000 GUCE L 78 del 29 marzo 2000 Dlgs 336/99 GU n. 230 del 30 settembre 1999 DM 9 agosto 1995 GU n. 252 del 27 ottobre 1995 DM 12 agosto 1995 GU n. 252 del 27 ottobre 1995 DM 16 luglio 1999 GU n. 176 del 29 luglio 1999 DM 23 dicembre 1992 GU n. 305 del 30 dicembre 1992 DM 30 luglio 1993 GU n. 182 del 5 agosto 1993 DM 22 gennaio 1998 GU n. 78 del 3 aprile 1998 GUCE L 121 del 29 luglio 1964 Direttiva Comunitaria 64/433 Direttiva Comunitaria 72/462 Direttiva Comunitaria 77/99 Direttiva Comunitaria 91/497 Direttiva Comunitaria 91/498 Direttiva Comunitaria 92/5 Direttiva Comunitaria 97/76 Dlgs 286/94 Legge 1073/71 Dlgs 71/2000 GUCE L 302 del 31dicembre 1972 GUCE L 26 del 31gennaio 1977 GUCE L 268 del 24 settembre 1991 GUCE L 268 del 24 settembre 1991 GUCE L 57 del 2 marzo 1992 GUCE L 10/25 del 16 gennaio 1998 GU n. 111 del 14 maggio 1994 GU L 319 del 18 dicembre 1971 GU n. 74 del 29 marzo 2000 DPR 559/92 GU n 28 del 4 febbraio 1993 DPR 364/96 GU n 160 del 10 luglio 1996 DPR 18/98 GU n 33 del 10 febbraio 1998 DPR 495/97 GU n 20 del 26 gennaio 1998 Direttiva comunitaria 89/437 GUCE L 212 del 22 luglio 1989 Dlgs 65/93 GU n. 64 del 18 marzo 1993 Reg. 411/98 GUCE L 52 del 21 febbraio 1998 Reg. 1255/97 GUCE L 5174 del 2 luglio 1997 72 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Reg. 1040/2003 GUCE L 151/21 del 19 giugno 2003 Direttiva comunitaria 91/628 (modificata GUCE L 340 del 11 dicembre 1991 dalla Direttiva 95/29) GUCE L 148 del 30 giugno 1995 Direttiva comunitaria 64/432 GUCE L 121 del 29 luglio 1964 Direttiva comunitaria 90/426 GUCE L 224 del 18 agosto 1990 Direttiva comunitaria 91/68 GUCE L 46 del 19 febbraio 1991 Direttiva comunitaria 92/65 GUCE L 268 del 14 settembre 1992 Decisione 298/2001 GUCE n. L 102 del 12 aprile 2001 Dlgs 532/92 GU n. 7 del 11 gennaio 1993 DPR 233/88 GU n. 150 del 28 giugno 1988 Direttiva comunitaria 98/15 (che modifica la 91/271) GUCE n. L 67 del 7 marzo 1998 Direttiva comunitaria 75/440 GUCE n. L 194 del 25 luglio 1975 Legge 152/99 GU n. 124 del 29 maggio 1999 Legge 146/94 GU n. 52 del 4 marzo 1994 DM 19 aprile 1999 GU n. 102 del 4 maggio 1999 Legge 36/94 GU n. 14 del 19 febbraio 1994 Legge 319/76 GU n. 141 del 29 maggio 1976 Legge 183/87 GU n. 109 del 13 maggio 1987 Legge 290/99 GU n. 195 del 20 agosto 1999 Legge 584/94 GU n. 255 del 31 ottobre 1994 Dlgs 275/93 GU n. 182 del 5 agosto 1993 Direttiva comunitaria 75/442 GUCE n. L 194 del 25 luglio 1975 Dlgs 173/98 GU n. 129 del 5 giugno 1998 Dlgs 389/97 GU n. 261 del 8 novembre 1997 DM 5 febbraio 1998 GU n. 88 del 16 aprile 1998 DM 406/98 GU n. 276 del 25 novembre 1998 DM 471/99 GU n. 293 del 15 dicembre 1999 DM 23 marzo 2001 GU n. 126 del 1 giugno 2001 Legge 128/98 GU n. 104 del 7 maggio 1998 Direttiva comunitaria 89/361 GUCE L 153 del 6 giugno 1989 Direttiva comunitaria 89/654 GUCE L 393 del 30 dicembre 1989 73 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Direttiva comunitaria 89/655 GUCE L 393 del 30 dicembre 1989 Direttiva comunitaria 89/656 GUCE L 393 del 30 dicembre 1989 Direttiva comunitaria 90/269 GUCE L 156 del 21 giugno 1990 Direttiva comunitaria 90/270 GUCE L 156 del 21 giugno 1990 Direttiva comunitaria 90/394 GUCE L 196 del 26 luglio 1990 Direttiva comunitaria 91/383 GUCE L 206 del 29 luglio 1991 Dlgs 242/96 GU n. 104 del 6 maggio 1996 Dlgs 277/91 GU n. 200 del 27 agosto 1991 Direttive 92/33 GUCE n. 157 del 10 giugno 1992 Direttive 92/34 GUCE n. 157 del 10 giugno 1992 Direttive 91/682 GUCE n. 376 del 31 dicembre 1991 Direttive 93/61 GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993 Direttive 93/62 GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993 Direttive 93/48 GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993 Direttive 93/64 GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993 Direttive 93/79 GUCE n. 256 del 14 ottobre 1993 Direttive 93/49 GUCE n. 250 del 7 ottobre 1993 DM 14 aprile 1997 GU n. 148 del 27 giugno 1997 Direttive comunitaria 91/414 GUCE n. 230 del 19 agosto 1991 Direttive comunitaria 67/548 GUCE n. 196 del 16 agosto 1967 Dlgs 194/95 GU n. 122 del 27 maggio 1995 Dlgs 22/97 GU n. 38 del 15 febbraio 1997 Legge 362/99 GU n. 247 del 20 ottobre 1999 DPR 290/2001 GU n. 165 del 18 luglio 2001 DPR 223/88 GU n. 146 del 23 giugno 1988 Direttiva comunitaria 70/220 GUCE n. 76 del 6 aprile 1970 Direttiva comunitaria 72/306 GUCE n. 190 del 20 agosto 1972 Direttiva comunitaria 77/537 GUCE n. 220 del 29 agosto 1977 Direttiva comunitaria 80/779 GUCE n. 229 del 30 agosto 1980 Direttiva comunitaria 84/360 GUCE n. 188 del 16 luglio 1984 Direttiva comunitaria 82/884 GUCE n. 378 del 31 dicembre 1982 Direttiva comunitaria 85/203 GUCE n. 87 del 27 marzo 1985 74 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Direttiva comunitaria 96/62 GUCE n. 296 del 21 novembre 1996 Direttiva comunitaria 87/217 GUCE n. 85 del 28 marzo 1987 DPR 203/88 GU n. 140 del 16 giugno 1988 Legge 257/92 GU n. 87 del 13 aprile 1992 Dlgs 372/99 GU n. 252 del 26 ottobre 1999 DM 6 settembre 1994 GU n. 220 del 20 settembre 1994 DM 14 maggio 1996 GU n. 251del 25 ottobre 1996 DPR 12 aprile 1996 GU n. 210 del 7 settembre 1996 Legge 574/96 GU n. 265 del 12 novembre 1996 DPCM 1 settembre 2000 GU n. 238 11 ottobre 2000 Regolamento 178/2002 GUCE L 31 del 1 febbraio 2002 Legge 526/99 GU n. 13 del 18 gennaio 2000 Direttive 89/397 GUCE L 186 del 30 giugno 1989 Direttive 93/99 GUCE L 290 del 24 novembre 1993 DM 16 dicembre 1993 GU n. 303 del 28 dicembre 1993 Dlgs 123/93 GU n. 97 del 27 aprile 1993 Dlgs 156/97 GU n. 136 del 13 giugno 1997 Direttive 89/396 GUCE L 186 del 30 giugno 1989 Direttive 2000/13 GUCE L 109 del 06 maggio 2000 Direttive 92/102 GUCE L 355 del 05 dicembre 1992 Regolamento 494/98 GUCE L 60 del 28 febbraio 1998 DMPA 22 dicembre 1997 GU n. 114 del 19 maggio 1998 Regolamento 1804/99, GUCE L 222 del 24 agosto 1999 Regolamento 2092/91 GUCE L 198 del 22 luglio 1991 Regolamento 466/2001 GUCE L 304 del 21 novembre 2001 Regolamento 436/2001 GUCE L 63 del 3 marzo 2001 75 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP ALLEGATO - Normativa relativa ad Aree naturali Protette e Siti Natura 2000 Elenco aggiornato al 30/04/2005 dei Siti di Importanza Comunitaria (pSIC) proposti ai sensi della Dir. 92/43/CEE e delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE, per la Regione Puglia. A. Siti di Importanza Comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio: __________________________________________________ Codice Sito Natura 2000 Denominazione _________________________________________________________________________________________________________________ __ Provincia di FOGGIA IT9110001 IT9110002 IT9110003 IT9110004 IT9110005 IT9110008 IT9110009 IT9110011 IT9110012 IT9110014 IT9110015 IT9110016 IT9110024 IT9110025 IT9110026 IT9110027 IT9110030 IT9110032 IT9110033 IT9110035 Provincia di BARI IT9120001 IT9120002 IT9120003 IT9120006 IT9120008 IT9120009 IT9120010 IT9120011 Provincia di TARANTO IT9130001 IT9130002 IT9130003 IT9130004 IT9130005 IT9130006 IT9130008 Provincia di BRINDISI IT9140001 IT9140002 IT9140003 Isola e Lago di Varano Valle Fortore, Lago di Occhito Monte Cornacchia - Bosco Faeto Foresta Umbra Zone umide della Capitanata Valloni e Steppe Pedegarganiche Valloni di Mattinata - Monte Sacro Isole Tremiti Testa del Gargano Monte Saraceno Duna e Lago di Lesina - Foce del Fortore Pineta Marzini Castagneto Pia - Lapolda, Monte la Serra Manacore del Gargano Monte Calvo - Piana di Montenero Bosco Jancuglia - Monte Castello Bosco Quarto - Monte Spigno Valle del Cervaro, Bosco dell’incoronata Accadia – Deliceto Monte Sambuco Grotte di Castellana Murgia dei Trulli Bosco di Mesola Laghi di Conversano Bosco Difesa Grande Posidonieto San Vito - Barletta Pozzo Cucù Valle Ofanto - Lago di Capaciotti Torre Colimena Masseria Torre Bianca Duna di Campomarino Mar piccolo Murgia di Sud-est Pineta dell’Arco Ionico Posidonieto Isola di San Pietro - Torre Canneto Bosco Tramazzone Litorale Brindisino Stagni e saline di Punta della Contessa 76 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP IT9140004 IT9140005 IT9140006 IT9140007 IT9140009 Provincia di LECCE IT9150001 IT9150002 IT9150003 IT9150004 IT9150005 IT9150006 IT9150007 IT9150008 IT9150009 IT9150010 IT9150011 IT9150012 IT9150013 IT9150016 IT9150017 IT9150018 IT9150019 IT9150020 IT9150021 IT9150022 IT9150023 IT9150024 IT9150025 IT9150027 IT9150028 IT9150029 IT9150030 IT9150031 IT9150032 IT9150033 IT9150034 Bosco i Lucci Torre Guaceto e Macchia S. Giovanni Bosco di Santa Teresa Bosco Curtipetrizzi Foce Canale Giancola Bosco Guarini Costa Otranto - Santa Maria di Leuca Aquatina di Frigole Torre dell’Orso Boschetto di Tricase Rauccio Torre Uluzzo Montagna Spaccata e Rupi di San Mauro Litorale di Ugento Bosco Macchia di Ponente Alimini Bosco di Cardigliano Palude del Capitano Bosco di Otranto Bosco Chiuso di Presicce Bosco Serra dei Cianci Parco delle Querce di Castro Bosco Pecorara Bosco Le Chiuse Palude dei Tamari Bosco Danieli Torre Inserraglio Torre Veneri Palude del Conte, Dune di Punta Prosciutto Porto Cesareo Bosco di Cervalora Bosco la Lizza e Macchia di Pagliarone Masseria Zanzara Le Cesine Specchia dell’Alto Posidonieto Capo San Gregorio - Punta Ristola B. Zone di Protezione Speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio: ________________________________________________________________________________ Codice Sito Natura 2000 Denominazione IT9110006 IT9110007 IT9110008 IT9110009 IT9110010 IT9110017 IT9110018 IT9110019 IT9110031 IT9110036 IT9120007 Saline di Margherita di Savoia Palude di Frattarolo Valloni e Steppe Pedegarganiche Valloni di Mattinata - Monte Sacro Monte Barone Falascone Foresta Umbra Sfilzi Lago di Lesina (sacca orientale) Ischitella e Carpino Murgia Alta ________________________________________________________________________________ 77 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP IT9130007 IT9140003 IT9140008 IT9150014 IT9150015 Area delle Gravine Stagni e saline di Punta della Contessa Torre Guaceto Le Cesine Litorale di Gallipoli e Isole di S. Andrea _________________________________________________________________________________________________________________ Oltre ai siti Natura 2000, sul territorio pugliese sono presenti due Parchi Nazionali (Gargano e Alta Murgia) e numerose aree naturali protette con diverse classificazioni. Si riporta di seguito l’elenco completo, con le denominazioni di tali aree, gli estremi dei provvedimenti istitutivi e la superficie delle stesse. C. Parchi Nazionali e Riserve Nazionali _________________________________________________________________________________________ Denominazione Tipologia Provvedimento istitutivo Data Superficie _________________________________________________________________________ (Ha)___ --- Gargano Parco Nazionale DPR 05/06/95 121.118,00 Alta Murgia Parco Nazionale DPR 10/03/04 68.078,00 __________________________________________________________________________________ Isole Tremiti Riserva Naturale Marina DM 14/07/89 1.509,07 Torre Guaceto Riserva Naturale Marina DM 14/12/91 2.207,00 Torre Guaceto Riserva Naturale Statale DMAF 18/05/81 1.000,00 Porto Cesareo Riserva Naturale Marina DM 12/12/97 17.156,00 Il Monte Riserva Naturale Statale DMAF 15/07/82 129,73 Salina di Margherita di Savoia Riserva Naturale Statale DMAF 10/10/77 3.871,00 Le Cesine Riserva Naturale Statale DMAF 13/08/80 348,60 Masseria Combattenti Riserva Naturale Statale DMAF 09/05/80 82,00 Murge Orientali Riserva Naturale Statale DMAF 29/03/72 733,00 San Cataldo Riserva Naturale Statale DMAF 13/07/77 28,00 Stornara Riserva Naturale Statale DMAF 13/07/77 1.456,00 Falascone* Riserva Naturale Statale DMAF 26/07/71 48,00 Foresta Umbra* Riserva Naturale Statale DMAF 13/07/77 399,00 Ischitella e Carpino* Riserva Naturale Statale DMAF 13/07/77 299,00 Isola Varano* Riserva Naturale Statale DMAF 13/07/77 145,00 Lago di Lesina (parte orientale)* Riserva Naturale Statale DMAF 27/04/81 930,00 Monte Barone* Riserva Naturale Statale DMAF 13/07/77 124,00 Palude di Frattarolo* Riserva Naturale Statale DMAF 05/05/80 257,00 Sfilzi* Riserva Naturale Statale DMAF 26/07/71 56,00 ____________________________________________________________________________________ * Tali aree risultano ricomprese nel Parco Nazionale del Gargano. D. Aree Naturali Protette Regionali formalmente istituite o con D.D.L. approvato dalla G.R. ______________________________________________________________________________________ Denominazione Tipologia Provvedimento istitutivo Data Superficie _______________________________________________________________________ __(Ha)__ Provincia di Bari Laghi di Conversano Riserva Naturale Orientata Lama Balice Parco Naturale d.d.l. appr. dalla G.R. L.R. n. 9 78 23/12/02 01/06/04 347,00 125,00 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP Provincia di Taranto Bosco delle Pianelle Riserva Naturale Orientata Riserve del "litorale tarantino orientale" Riserva Naturale Orientata L.R. n. 27 23/12/02 590,00 L.R. n. 24 23/12/02 1.114,00 23/12/02 1.593,00 Provincia di Lecce Palude e bosco di Rauccio Parco Naturale L.R. n. 25 Isola di S. Andrea Litorale di Punta Pizzo Riserva Naturale d.d.l. appr. dalla G.R. Portoselvaggio Torre Uluzzo Parco Naturale L.R. n. 9 Bosco di Trifase Costa Otranto – S. Maria di Leuca Parco Naturale d.d.l. appr. dalla G.R. 05/10/04 01/06/04 684,60 424,14 05/10/04 3.226,80 23/12/02 23/12/02 1.290,00 1.158,00 23/12/02 2.026,00 23/12/02 1.069,00 Provincia di Brindisi Boschi di Santa Teresa e dei Lucci Riserva Naturale Orientata L.R. n. 23 Bosco di Cerano Riserva Naturale Orientata L.R. n. 26 Saline di Punta della Contessa Parco Naturale L.R. n. 28 Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo Parco Naturale d.d.l. appr. dalla G.R. Provincia di Foggia Nessuna area ha completato l’iter istitutivo __________________________________________________ Su tutte le aree elencate (elenchi C e D) vigono le norme di salvaguardia stabilite dagli atti normativi che regolamentano l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, ovvero dalla Legge Regionale n. 19/1997, art. 8 e dalla Legge Quadro sulle Aree Protette n. 394 del 06/12/1991, art. 6, c. 3. A livello regionale le aree in elenco sono state individuate nella L.R. n. 19 del 24/07/1997, e progressivamente istituite con i provvedimenti sopraelencati. In ogni legge istitutiva sono stabilite le norme da rispettare nel territorio ricadente nel perimetro dell’area protetta. Informazioni più dettagliate in merito a ciascuna area, sono reperibili sul sito dell’Ufficio Parchi e Riserve naturali dell’Assessorato all’Ecologia della Regione Puglia: http: www.regione.puglia.it/ parchi, o presso lo stesso Ufficio ([email protected]) . Si riporta di seguito uno schema sintetico, per le aree con maggiore estensione, con l’indicazione delle Autorità di Gestione attualmente responsabili del rilascio delle prescritte autorizzazioni: PARCO\AREA PROTETTA Parco Nazionale del Gargano Parco Nazionale dell’Alta Murgia AUTORITA’ DI GESTIONE Ente Parco Nazionale Del Gargano via S. Antonio Abate, 121 71037 Monte Sant' Angelo (Fg) tel. 0884.568911- fax 0884.561348 e-mail: [email protected] Ministero dell’ambiente e Tutela del Territorio Direzione Protezione Natura – viale Cristoforo Colombo, 44 – 79 Ambiente, igiene e benessere degli animali Vademecum esplicativo POR Puglia 2000-2006 - CdP 00157 ROMA – 06 57225325 Riserva Naturale dello Stato. “Torre Guaceto” Riserva Naturale dello Stato “Saline di Margherita di Savoia” Riserve Naturali dello Orientali” e “Stornara” Stato “Murge Riserva Naturale Orientata Regionale “Bosco delle Pianelle” Riserve Naturali Orientate Regionali del "litorale tarantino orientale" Parco Naturale Regionale “Paludi e bosco di Rauccio” Parco Naturale Regionale “Isola di S. Andrea Litorale di Punta Pizzo” Parco Naturale Regionale “Costa Otranto – S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase” Riserva Naturale Orientata Regionale “Boschi di Santa Teresa e dei Lucci” Riserva Naturale Orientata Regionale “Bosco di Cerano” Parco Naturale Regionale “Saline di Punta della Contessa” Parco Naturale Regionale “Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo” Consorzio di Gestione di Torre Guaceto Via S. Anna n°6 72012 Carovigno (Br) tel./fax: 0831 990882- E-mail: [email protected] Corpo Forestale dello Stato Ufficio Amministrazione ex A.S.F.D. di Foresta Umbra Telefono 0884 56044 Corpo Forestale dello Stato Ufficio Martina Franca – 74015 Via Alcide de Gasperi, 3 Tel. 080 4306471 Amministrazione ex A.S.F.D Sindaco del Comune di Martina Franca (provvisoria) Strada provinciale Martina Franca - Massafra Km. 14+900 - 74015 Martina Franca (TA) Tel. 080 4400950 - E-mail: [email protected] Sito internet: www.boscopianelle.it Sindaco del Comune di Manduria (provvisoria) Piazza G. Garibaldi, 21 – 74024 Manduria (TA) FAX 099 9795780 - Tel. 099 9702202 E-mail: [email protected] Sindaco del Comune di Lecce Sede: viale Rossini, 110 – 73100 Lecce tel. 0832 231717 – 231749 – 682782 E-mail: [email protected] Sito internet: www.comune.lecce.it Ufficio Parchi e Riserve naturali della Regione Puglia Assessorato all’Ecologia – Settore Ecologia Via delle Magnolie – Z.I. Modugno (BA) Tel. 080/5404366 – 4392 – 6861 – fax 080 540 6854 e-mail: [email protected] 80