Abc Teoria Compendio PDF generato attraverso il toolkit opensource ''mwlib''. Per maggiori informazioni, vedi [[http://code.pediapress.com/ http://code.pediapress.com/]]. PDF generated at: Sun, 01 Dec 2013 16:22:36 UTC Indice Voci Apparato genitale maschile 1 Apparato genitale femminile 8 Candidosi 12 Herpes genitale 16 Chlamydia 19 Sifilide 21 HIV 29 Epatite C 40 Note Fonti e autori delle voci 49 Fonti, licenze e autori delle immagini 50 Licenze della voce Licenza 52 Apparato genitale maschile 1 Apparato genitale maschile L'apparato genitale maschile è l'insieme di organi e di strutture che permettono la riproduzione sessuale negli organismi animali di sesso maschile[1]. Anatomia umana L'apparato genitale maschile si sviluppa parzialmente verso l'esterno con il pene e lo scroto, contenente i testicoli e gli epididimi. Non sono invece visibili gli altri organi, ovvero le vie spermatiche, le vescicole seminali, le ghiandole bulbouretrali e la prostata. 1 - Vescica 2 - Osso pubico 3 - Pene 4 - Corpo cavernoso 5 - Glande 6 - Prepuzio 7 - Uretra 8 - Sigma (anatomia)Colon sigmoideo 9 - Retto 10 - Vescicola seminale 11 - Dotto eiaculatore 12 - Prostata 13 - Ghiandole di Cowper 14 - Ano 15 - Dotto deferente 16 - Epididimo 17 - Testicolo 18 - Scroto Organi genitali Testicolo umano, ricoperto dalle tre tonache. Apparato genitale maschile 2 Testicoli Per approfondire, vedi Testicolo. Il testicolo è un organo pari di forma ellissoidale che rappresenta la gonade maschile; misura 4–5 cm in lunghezza, 2,5 cm in larghezza e 3 cm nel suo diametro anteroposteriore e pesa solitamente sui 10,5-14 grammi. Il testicolo di sinistra si trova solitamente più in basso del testicolo di destra ed entrambi sono separati da un setto chiamato setto scrotale[]. Sono situati nella borsa scrotale, sotto il pene. Ciascun testicolo risulta mobile e la sua posizione dipende dal rilasciamento e dalla contrazione del muscolo cremastere e della parete della borsa scrotale. Ha una consistenza molle elastica e un colorito bianco-azzurrognolo. Risultano ricoperti da tre tonache, dall'esterno all'interno: la vaginale, l'albuginea e la vascolare. I testicoli sono responsabili della produzione dello sperma e del testosterone. Vie spermatiche Tubuli retti e rete testis Il parenchima testicolare è costituito da un limitato numero di tubuli seminiferi, la cui parte terminale del tubulo è rettilinea e viene chiamata tubulo retto. Questi, sprovvisti di cellule deputate alla spermatogenesi, vanno ad aprirsi in una struttura reticolare fittamente anastomizzata, definita rete testis e situata nel mediastino testicolare. Da questa originano una dozzina di condotti efferenti che raggiungono la testa dell’epididimo[2]. Struttura dell'epididimo: A. Testa B. Corpo C. Coda D. Dotto deferente Apparato genitale maschile 3 Epididimo Per approfondire, vedi Epididimo. L'epididimo è situato postero-lateralmente a ciascun testicolo. Strutturalmente si compone di una testa voluminosa, un corpo e una coda, che si continua con il dotto deferente. È formato da un singolo condotto che origina dai condotti efferenti della rete testis, lungo circa sei metri ed estremamente spiralizzato, mantenuto nella sua forma da connettivo fibroso. Qui avviene la maturazione definitiva degli spermatozoi[3][4]. Dotto deferente Per approfondire, vedi Dotto deferente. Lungo circa 30 cm, ha una forma cilindrica e una consistenza dura, dovuto al fatto che è fornito di un tessuto muscolare molto spesso. Originano dalla coda dell'epididimo e fungono da principale sede di deposito degli spermatozoi maturi. Dall'epididimo risalgono sino all'orifizio esterno del canale inguinale e lo imboccano per decorrervi internamente[5]. Una volta fuoriusciti dall'orifizio interno del canale inguinale, si portano, piegandosi, lateralmente alla vescica, e successivamente si dirigono medialmente incrociando gli ureteri e ricevendo, in corrispondenza della faccia posteriore della vescica, il dotto escretore della vescicola seminale. L'ultima porzione del dotto deferente è dilatata ed è definita porzione ampollare. Prostata e vescicole seminali in relazione con la vescica Apparato genitale maschile 4 Vescicole seminali Per approfondire, vedi Vescicola seminale. Le vescicole o vescichette seminali sono condotti spiraliformi, situati tra il retto e la vescica, di forma piramidale e lunghi circa cinque centimetri. Il polo superiore è a fondo cieco, mentre quello inferiore si unisce al dotto deferente a formare il condotto eiaculatore, che a sua volta percorrerà il parenchima della prostata per aprirsi nell'uretra[6]. Sono formate da epitelio pseudostratificato e sono responsabili della produzione di circa l'85% del liquido seminale. Prostata Per approfondire, vedi Prostata. La prostata è un organo ghiandolare posto inferiormente alla vescica e all'orifizio uretrale interno e circonda la prima porzione dell'uretra, definita pertanto uretra prostatica. Ha la forma, le dimensioni e la consistenza di una castagna[7]. È avvolta da una densa capsula fibrosa, mentre strutturalmente il parenchima prostatico è costituito da un insieme di ghiandole tubuloalveolari, circondate da un tessuto fibroso contenente cellule muscolari lisce che si contraggono al momento dell'eiaculazione[]. La prostata produce e secerne un liquido poco viscoso, alcalino e lattescente che serve a stimolare la motilità degli spermatozoi. È responsabile della produzione di circa il 15% del liquido seminale. Ghiandole di Cowper Per approfondire, vedi Ghiandole di Cowper. Le ghiandole bulbouretrali o di Cowper sono piccole ghiandole esocrine, di 3–5 mm di diametro e caratterizzate da un epitelio cubico o colonnare, situate alla radice del pene all'altezza dell'uretra membranosa. La loro capsula fibroelastica è composta, da fibroblasti e cellule muscolari lisce, oltre che dalle fibre muscolari scheletriche provenienti dai muscoli del diaframma urogenitale. Dalla capsula originano dei setti che dividono ogni ghiandola in lobuli definiti cisterne. Apparato genitale maschile 5 Pene umano. Sono visibili i tre corpi cavernosi che contribuiscono alla formazione e i rapporti con la prostata. Il pene Per approfondire, vedi Pene. Il pene è l'organo maschile deputato alla copulazione. È una struttura breve, pendula, sospesa dinnanzi e ai lati dall'arcata pubica. È formato da tre masse cilindriche di tessuto cavernoso erettile tenute insieme da connettivo fibroso e avvolte da cute: • le due masse con sede laterale sono dette corpi cavernosi del pene; • la terza massa, denominata corpo cavernoso dell'uretra o spongioso, costituisce la porzione ventrale dell'organo e avvolge il tratto penieno dell'uretra. Il termine cavernoso serve a indicare la notevole quantità di spazi venosi (caverne) presenti in tali strutture, possono riempirsi di sangue durante l'eccitazione sessuale per permettere il fenomeno dell'erezione. La porzione terminale del pene, detta glande, appare lievemente espansa ed è formata interamente dal corpo spongioso dell'uretra, ricoprendo dall'alto le estremità distali dei corpi cavernosi del pene. Verso l'apice del glande è visibile il meato uretrale, l'ultimo tratto dell'uretra. Il rivestimento cutaneo del pene è alquanto lasso e costituisce una piega, il prepuzio, che ricopre quasi completamente il glande. Apparato genitale maschile 6 Vascolarizzazione Per approfondire, vedi Funicolo spermatico. L’arteria più importante per il testicolo è l’arteria spermatica o testicolare. Quest’ultima nasce dalla faccia anteriore dell’aorta addominale a livello della L2 (stesso livello dell’origine del testicolo), in sede retro-peritoneale e fa parte dei rami pari (i rami dell’aorta addominale si dividono in pari e impari). Continua nella sua discesa lungo la parete addominale posteriore accompagnata dalla corrispondente vene e incrocia, sia a destra che a sinistra, l’uretere. Continuando la sua discesa passa al di sotto del peritoneo della cavità pelvica e si inserisce nel canale inguinale. Prima di raggiungere il testicolo, l’arteria spermatica cede dei rami all’epididimo che sono: un ramo anteriore, che va ad irrorare la testa dell’epididimo e un ramo posteriore, che va ad irrorare corpo e coda dell’epididimo. Raggiunge quindi l’organo e si divide in ramo mediale e laterale per le corrispondenti facce. Il ramo posteriore che irrora il corpo e la coda dell’epididimo, in corrispondenza della coda, andrà ad anastomizzarsi con l’arteria deferenziale che, come dice il nome, irrora il dotto deferente ed è un ramo della arteria vescicolodeferenziale . Il testicolo è raggiunto da tre arterie in tutto: l’arteria spermatica, l’arteria deferenziale, l’arteria funicolare cremasterica. Quest’ultima nasce dall’arteria epigastrica inferiore e scende insieme al funicolo spermatico fino alla porzione inferiore del deferente dove partecipa all’anastomosi con l’arteria deferenziale e il ramo posteriore dell’arteria spermatica. L’arteria funicolare cremasterica è molto importante per la vascolarizzazione delle tonache che circondano il testicolo. Per quanto riguarda il ritorno venoso, le vene che nascono dal testicolo e dall’epididimo vanno a formare un ricco plesso, il plesso pampiniforme, che si posiziona in parte anteriormente al dotto deferente, prendendo il nome di plesso predeferenziale (più voluminoso), e in parte posteriormente, prendendo il nome di plesso postdeferenziale. Questi plessi, che hanno anche una funzione termoregolatrice nei confronti del testicolo, si dirigono verso l’alto andando a far parte del cordone spermatico e subiscono poi due destini differenti: il plesso postdeferenziale, il meno voluminoso, si raccoglie in vene che andranno a confluire nella vena iliaca esterna; il plesso predeferenziale invece si raccoglie per formare la vena spermatico testicolare, la quale percorre il canale inguinale, fuoriesce dall’orifizio addominale, segue il decorso dell’arteria testicolare, incrociando l’uretere. Qui il destino delle due vene spermatiche è diverso (caratteristica delle vene genitali in generale, quindi anche quelle ovariche hanno lo stesso destino): la vena spermatica o testicolare di destra, come ci si aspetta, terminerà nella vena cava inferiore; la vena spermatica o testicolare di sinistra si porterà nella vena renale di sinistra, che a sua volta terminerà nella vena cava inferiore. Innervazione L'innervazione dell'apparato genitale maschile è estremamente importante sia per il fenomeno dell'eiaculazione sia per quello dell'erezione. L'eiaculazione è il processo mediante il quale, attraverso delle contrazioni ritmiche, viene espulso attraverso l'uretra peniena lo sperma maschile; lo sperma consta di una componente prodotta nei testicoli, principalmente spermatozoi, e di una componente propriamente detta liquido seminale prodotta nelle vescichette seminali e nella prostata. La prima parte dell'eiaculazione consiste quindi nel movimento degli spermatozoi dai testicoli fino all'uretra prostatica attraverso il dotto deferente, e questo movimento è assicurato da contrazioni della muscolatura involontaria adopera dell'ortosimpatico tramite il nervo genito-femorale. Anche la contrazione delle vescichette seminali e della prostata che contengono il liquido seminale avviene a opera dell'ortosimpatico che oltretutto opera un altro passaggio principale, ossia la chiusura dello sfintere interno dell'uretra. La contrazione dei muscoli bulbo-cavernosi e ischio-cavernosi invece è opera del sistema motorio e nello specifico del nervo pudendo, così come anche l'innervazione sensitiva è pudendo-dipendente. Il fenomeno dell'erezione invece avviene per la dilatazione vasale operata dal parasimpatico sacrale che favorisce l'afflusso di un maggior quantitativo di sangue. Il parasimpatico quindi opera inibendo la contrazione simpatica, e questo è possibile grazie al rilascio endoteliale di ossido nitrico che opera quindi in questo caso da secondo messaggero. Apparato genitale maschile 7 Note [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] Voce Treccani (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ apparato-genitale/ ) , 2009. , 2009. , 2001. , 2009. , 2009. , 2009. Bibliografia • Standring, Anatomia del Gray, Elsevier, 2009. • Wheater, Istologia e anatomia microscopica, Milano, Ambrosiana, 2001. ISBN 88-408-1171-0. Altri progetti • Commons (http://commons.wikimedia.org/wiki/Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altri file su Apparato genitale maschile (http://commons.wikimedia.org/wiki/ Category:Male_reproductive_system?uselang=it) Collegamenti esterni • Apparato genitale maschile (http://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=27751) in « Tesauro del Nuovo Soggettario (http://thes.bncf.firenze.sbn.it/)», BNCF, marzo 2013. Portale Anatomia Portale Medicina Apparato genitale femminile 8 Apparato genitale femminile L'apparato genitale femminile, negli organismi anfigonici è l'insieme degli organi e delle strutture che permettono la riproduzione e l'accoppiamento negli animali femminili. L'evidenza esteriore può assumere differenti aspetti anatomici, con l'orifizio posizionato presso l'apertura del sistema escretore, integrandosi con lo sbocco esterno del sistema escretore (apparato urogenitale), integrandosi anche con lo sbocco terminale del sistema digerente (cloaca), disgiungendosi completamente (esempio gonoporo nei crostacei ed altri artropodi), risultando coperto da strutture protettive, come l'epigino dei ragni o mancando totalmente di apertura esterna come negli organismi ad inseminazione traumatica, come alcuni emitteri eterotteri. Vista in sezione dell'apparato genitale femminile umano Anatomia dei vertebrati Anatomia umana L'apparato genitale femminile è composto da due parti principali: • genitali interni, utero e annessi (salpingi, ovaie) • genitali esterni, vulva e annessi. Genitali interni Vista in sezione dell'apparato genitale femminile di ragno Apparato genitale femminile 9 Ovaia Le ovaie sono organi pari, piccoli, situati sulle pareti laterali della piccola pelvi. Le ovaie sono formate da follicoli ovarici che liberano le cellule uovo mature: queste discendono nelle Tube di Falloppio dove avviene la fecondazione (se l'ambiente è favorevole e sono presenti spermatozoi attivi). Se l'uovo non viene fecondato entro 24 ore, viene eliminato tramite la mestruazione, se invece viene fecondato, l'ovulo discende nell'utero dove si forma lo zigote. Salpinge Tromba o tuba di Falloppio. Utero L'utero è un organo impari, cavo, muscolare. Assomiglia alla forma di una pera rovesciata. Si trova tra il retto e la vescica. La cavità dell'utero è distinta in tre parti: • corpo, in rapporto con la vescica e delimita lo spazio o cavo vescica-uterino; • collo; • istmo; L'utero è formato da tre tessuti diversi: • tonaca esterna o perimetrio, rappresentata da peritoneo; • tonaca muscolare o miometrio , composta da fasci di muscolatura liscia; • mucosa uterina o endometrio, un epitelio cilindrico monostratificato. Vista schematica frontale Apparato genitale femminile 10 Vagina La vagina è il canale antistante l'utero e, nel rapporto sessuale, è l'organo che accoglie il genitale maschile (pene). La vagina è la sede in cui si può prevenire meccanicamente o chimicamente la fecondazione, inserendo appositi sistemi, quali ad es. il diaframma e la spirale intrauterina o I.U.D. (Intra Uterine Device), che vanno a chiudere la bocca dell'utero e/o inibire la fecondazione. Genitali esterni Vulva È un'area disposta in senso verticale e costituita da parti differenti: • • • • • • monte di Venere prepuzio clitorideo clitoride grandi labbra piccole labbra orifizio uretrale • imene • orifizio vaginale. Attività dell'apparato genitale femminile L'apparato genitale femminile ha funzioni sia riproduttive che endocrine: • funzione riproduttiva: produce gameti femminili; • funzione endocrina: produce ormoni femminili, quali gli estrogeni e i progestinici. Anatomia della vulva, dall'alto (pube) al basso (orifizio vaginale): — Pube - Monte di Venere — Prepuzio clitorideo — Glande clitorideo — Grandi labbra — Piccole labbra — Orifizio uretrale — Imene — Orifizio vaginale — Perineo — Ano Evoluzione embrionale e fetale dell'apparato genitale Maschi e femmine evolvono da un essere comune asessuato/ermafrodita dotato di genitali esterni di tipo femminile con un relativamente ampio clitoride. Nel maschio le labbra minori e quelle maggiori si fondono per formare lo scroto. Il vestibolo del clitoride si allunga e forma il pene. Nella donna la crescita delle piccole labbra e grandi labbra è molto superiore all'evoluzione del clitoride, che rimane di dimensioni ridotte. • Nel corpo dell'embrione e del feto, si trovano 4 condotti con forma di tubicini molto esili, chiamati con l'eponimo dei loro divulgatori: due dotti di Müller e due di Wolff. • Nel maschio i condotti di Wolff si sviluppano fino a formare i condotti eiaculatori, l'epididimo, i canali deferenti e la prostata. Gli abbozzi dei testicoli all'inizio si trovano molto più in alto, ai lati della vescica, sopra l'inguine (più o meno dove si trovano le ovaie nella donna), ghiandole gonadiche che nell'infanzia scenderanno nel canale inguinale (protette dal sacco costituito dal muscolo cremastere) e accompagnate dal funicolo spermatico per essere già presenti nello scroto (a 10 anni) prima dell'inizio della pubertà (11-12 anni). Per approfondire, vedi Apparato genitale maschile. • Nella donna, mentre i condotti di Wolff si atrofizzano, i condotti di Müller si fondono lungo un asse che formerà per 1/3 la vagina, per un altro terzo l'utero e per l'altro terzo rimarranno simili agli originali dotti di Müller formando le tube di Falloppio. Nelle fasi iniziali dell'embrione esiste soltanto l'ano, la vagina si trova all'interno dell'addome, dietro la vescica, ma lentamente si avvicina all'inguine per operarvi una scissura e diventare una cavità solo parzialmente aperta all'esterno, rimanendo una membrana più o meno sottile e cribrosa costituita Apparato genitale femminile 11 dall'imene. • Le tube di Falloppio non entrano in contatto con l'ovaio se non durante l'ovulazione, quando si approssimano ad esso per indurre l'ovulazione. • Alla nascita tutte le strutture principali sono presenti, variano soltanto in dimensioni, spessore e trofismo della mucosa, in base al tipo di ormone attivo in quel momento. Voci correlate • • • • • • • • • • Ciclo mestruale Ciclo ovarico Imene Utero Vagina Clitoride Dotto di Nuck Vulva Ghiandole di Bartolini Ghiandole di Skene Altri progetti • Commons [1] contiene immagini o altri file su Apparato genitale femminile [2] Collegamenti esterni • • • • Scheda esplicativa su Scegli Tu [3] Glossario di sessuologia clinica [4] Female Reproductive System [5] Apparato genitale femminile [6] in «Tesauro del Nuovo Soggettario [7]», BNCF, marzo 2013. Portale Anatomia Portale Biologia Portale Medicina Note [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Female_reproductive_system?uselang=it http:/ / www. sceglitu. it/ sesso-e-salute/ genitali-f/ lapparato-genitale-femminile http:/ / www. sexology. it/ glossario_sessuologia. html http:/ / kidshealth. org/ teen/ sexual_health/ changing_body/ female_repro. html http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=4088 http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ Candidosi 12 Candidosi Candidosi Coltura di Candida albicans Classificazione e risorse esterne ICD-9-CM (EN) 112 ICD-10 (EN) B37 [1] [2] La candidosi, detta anche candidiasi o moniliasi, è un'infezione da funghi del genere Candida, di cui Candida albicans è il più comune. La candidosi comprende le infezioni che vanno dal livello superficiale, come ad esempio il mughetto orale e le vaginiti, a quelle sistemiche potenzialmente mortali. Le infezioni da candida di quest'ultima categoria sono anche denominate candidemia e sono solitamente limitate alle persone gravemente immunocompromesse, come i malati di cancro, i trapiantati, gli affetti da AIDS così come i pazienti non traumatici sottoposti a intervento chirurgico di emergenza. Le infezioni superficiali della pelle e delle membrane mucose causate dalla candida sono responsabili di infiammazioni locali e di sensazioni di disagio in molte popolazioni umane. La malattia è sempre chiaramente imputabile alla presenza degli agenti patogeni opportunisti del genere Candida, ma la candidiasi descrive un numero di sindromi patologiche diverse che spesso differiscono nelle loro cause e nella prognosi. Storia La prima descrizione di quello che sembra essere il mughetto orale, risale el tempo di Ippocrate, intorno al 460-370 a.C.. Il genere e la specie di Candida albicans C. sono stati descritti dalla botanica Christine Marie Berkhout nella sua tesi di dottorato presso l'Università di Utrecht nel 1923. Nel corso degli anni, la classificazione dei generi e delle specie si è evoluta. I nomi obsoleti per questo genere includono Mycotorula e Torulopsis. La specie inoltre è stato conosciuta in passato come Monilia albicans e Oidium albicans. La classificazione attuale è nomen conservandum, il che significa che il nome è autorizzato per l'uso da parte dell'International Botanical Congress (IBC). Il genere Candida comprende circa 150 specie diverse, tuttavia, solo poche sono noti per causare infezioni umane. La C. albicans è la specie patogena più significativa. Altre specie patogene Candida nell'uomo comprendono C. tropicalis, C. glabrata, C. krusei, C. parapsilosis, C. dubliniensis e C. lusitaniae. Candidosi 13 Segni e sintomi La maggior parte delle infezioni da Candida sono curabili e portano a complicazioni minime, come arrossamento, prurito e fastidio, anche se, in certe popolazioni, le complicanze possono avere esiti gravi o addirittura fatali se non opportunamente trattate. In persone immunosoppresse, la candidosi si presenta come un'infezione molto localizzata della pelle o delle membrane mucose, compresa la cavità orale (mughetto), la faringe o l'esofago, del tratto gastrointestinale, della vescica urinaria, o dei genitali (vagina, pene). La candidosi è una causa molto comune di vaginite, e può verificarsi anche sui genitali immunocompromessi, le infezioni da Candida diventare potenzialmente sistemica, causando più grave, un fungemia chiamata candidemia. irritazione vaginale, o maschili. Nei pazienti può colpire l'esofago e una condizione molto I bambini, per lo più di età compresa tra tre e nove anni di età, possono essere colpiti da infezioni croniche da Candida della bocca, normalmente si presenta come macchie bianche intorno alla bocca. Candidosi orale. I sintomi della candidosi possono variare a seconda della zona interessata. Le infezione della vagina o della vulva possono causare prurito, bruciore, dolore e irritazione. Questi sintomi sono presenti anche nella più comune vaginosi batterica. In uno studio del 2002 pubblicato sul Journal of Obstetrics and Gynecology, solo il 33 per cento delle donne che erano in cura per una infezione da fungo in realtà aveva una infezione funginea, mentre la maggior parte presentava una vaginosi batterica o una infezione di tipo misto. I sintomi di infezione dell'apparato genitale maschile includono piaghe rosse, chiazze vicino alla testa del pene o del prepuzio, forte prurito o una sensazione di bruciore. Cause Per approfondire, vedi Candida albicans. I lieviti da Candida sono comunemente presenti negli esseri umani e la loro crescita è normalmente limitata dal sistema immunitario umano e da altri microrganismi, come batteri che occupano le stesse posizioni (nicchie) nel corpo umano. La C. albicans è stata isolata dalle vagine del 19% delle donne apparentemente sane, cioè quelle che avevano accusato lievi o neussun sintomo di infezione. L'uso esterno di detergenti o lavande o la presenza di disordini interni (ormonali o fisiologici) possono perturbare la normale flora vaginale, costituita da batteri lattici, come i Candida albicans vista al microscopio. lactobacillus e ciò si traduce in una crescita eccessiva di cellule di Candida che causano i sintomi di infezione, come l'infiammazione locale. La gravidanza e l'uso di contraccettivi orali sono stati segnalati come fattori di rischio, Il diabete mellito e l'uso di antibiotici sono anch'essi legati ad un aumento dell'incidenza di infezioni da lieviti. Una dieta ad alto contenuto di carboidrati semplici può influenzare i tassi di candidosi orale mentre la terapia ormonale sostitutiva e i trattamenti di infertilità possono essere fattori predisponenti. Indossare indumenti bagnati per lungo tempo è considerato un fattore di rischio. Candidosi 14 Un sistema immunitario indebolito o non sviluppato o la presenza di malattie metaboliche come il diabete sono importanti fattori predisponenti di candidosi. Le malattie o le condizioni legate alla candidiasi, comprendono l'AIDS, la mononucleosi, i trattamenti per il cancro, gli steroidi, lo stress e la malnutrizione. Quasi il 15% delle persone con sistema immunitario indebolito sviluppano una malattia sistemica causata dalla Candida. In casi estremi, queste infezioni superficiali della pelle o delle mucose possono entrare nel flusso sanguigno e causare infezioni sistemiche. Le cause della candidosi del pene includono: rapporti sessuali con partner infetto, bassa immunità, uso di antibiotici e il diabete. L'infezione genitale maschile è meno comune e l'incidenza è solo una frazione di quello delle donne, tuttavia la trasmissione con rapporti sessuali con un partner infetto non è rara. Una maggiore prevalenza di colonizzazione da C. albicans è stata segnalata in soggetti giovani con piercing alla lingua. In tutto l'emisfero occidentale circa il 75% delle femmine sono colpite in un qualche momento della loro vita. Diagnosi Per l'identificazione mediante microscopia ottica, un tampone della zona colpita viene posto su un vetrino da microscopio. Una singola goccia di soluzione di idrossido di potassio (KOH) al 10% viene aggiunta al campione. Il KOH scioglie le cellule della pelle ma lascia intatte le cellule di Candida, permettendone la visualizzazione. Per il metodo di coltura, un tampone sterile viene strofinato sulla superficie della pelle infetta. Il tampone viene poi posto su un terreno di coltura. Viene poi incubata a 37 °C per diversi giorni, per consentire lo sviluppo di lieviti o colonie batteriche. Le caratteristiche (come la morfologia e il colore) delle colonie possono consentire la diagnosi iniziale dell'organismo che sta causando i sintomi della malattia. Micrografia della candidiasi esofagea. Prevenzione L'adozione di alcune norme igieniche può essere utile per prevenire l'infezione da Candida a livello cutaneo (ad esempio evitando il contatto prolungato con tessuti sintetici che possono ostacolare una naturale traspirazione della pelle e non abusando di prodotti per l’igiene intima che possono alterare il pH vaginale). Inoltre si consiglia di usare il preservativo durante i rapporti sessuali.[3] Poiché la Candida è un’infezione frequente in caso di immunosoppressione, nei pazienti con compromissione del sistema immunitario può essere indicato un trattamento profilattico a base di farmaci antimicotici imidazolici o triazolici per via orale. Per ridurre il rischio di recidiva dell’infezione è importante seguire le indicazioni relative a dosaggio e durata del trattamento prescritto. La somministrazione infatti di dosaggi subterapeutici può favorire l’insorgere di resistenza, mentre l’interruzione anticipata della terapia può comportare la mancata eradicazione del patogeno. Candidosi resistenti ai trattamenti farmacologici potrebbero sottendere infezioni estese o alterazioni a livello immunitario . Candidosi 15 Trattamento In ambito clinico, la candidosi è comunemente trattata con antimicotici. I farmaci antifungini comunemente usati per trattare la candidosi sono: clotrimazolo, nistatina, fluconazolo e ketoconazolo topici. Rappresentazione grafica tridimensionale di una molecola di clotrimazolo, un farmaco utilizzato contro la candida. Ad esempio, una dose di fluconazolo (150 mg assunta per via orale) è stato segnalata come efficace per il 90% nei trattamenti di una infezione vaginale da lievito. Questa dose è efficace solo per le infezioni vaginali da lievito. La somministrazione di dosi elevate di fluconazolo (=/> 400 mg/die per via orale) è stata associata a teratogenesi[4][5]. Altri tipi di infezioni da lieviti possono richiedere dosaggi diversi. In caso di infezioni gravi l'amfotericina B, il caspofungin o il voriconazolo possono essere utilizzati. Il trattamento locale può comprendere ovuli vaginali o lavande medicate. Il risciacquo orale con clorexidina non è raccomandato per il trattamento di candidosi ma è efficace come profilassi. Il risciacquo con biossido di cloro è stato trovato efficace contro la Candida.. Nei pazienti di età pediatrica con candidosi orale (mughetto) è possibile effettuare la disinfezione delle mucose tramite garze sterili imbevute di acqua e bicarbonato [6]. La C. albicans può sviluppare una resistenza ai farmaci antimicotici. Infezioni ricorrenti possono essere curabili con altri farmaci antifungini, ma si può sviluppare resistenza anche a questi farmaci alternativi. Note [1] [2] [3] [4] [5] [6] http:/ / www. icd9data. com/ getICD9Code. ashx?icd9=112 http:/ / www. icd10data. com/ ICD10CM/ Codes/ B37-/ B37 Barbaro L., La Colposcopia in Italia, 2003, n 2, 18 Lee B.E. et al., Pediatr. Infect. Dis. J., 1992, 11(12), 1062 Pursley T.J. et al., Clin. Infect. Dis., 1996, 22(2), 336 Candida - Farmaci e terapie (Pharmamedix) (http:/ / www. pharmamedix. com/ patologiavoce. php?pat=Candida& vo=Farmaci+ e+ terapie) Altri progetti • Commons (http://commons.wikimedia.org/wiki/Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altri file su Candidosi (http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Candidiasis?uselang=it) Collegamenti esterni • Candidosi (http://search.dmoz.org/cgi-bin/search?search=Candidosi&all=yes&cs=UTF-8&cat=World/ Italiano) in «Open Directory Project», Netscape Communications. ( Segnala (http://www.dmoz.org/public/ suggest?cat={{{1}}}) su DMoz un collegamento pertinente all'argomento "Candidosi") Portale Medicina Portale Microbiologia Herpes genitale 16 Herpes genitale Herpes genitale Herpes genitale della mucosa vulvare Classificazione e risorse esterne ICD-9-CM (EN) 054.1 ICD-10 (EN) A60 [1] [2] Sinonimi Herpes genitalis La malattia infettiva nota come herpes genitale è causata principalmente dal virus Herpes simplex di tipo 2 (HSV-2) e trasmessa prevalentemente per contatto venereo. Lesioni del tutto analoghe possono essere comunque sostenute dal virus Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1), responsabile dell'herpes labiale e del patereccio erpetico; in questi casi, la trasmissione avviene più frequentemente per contatto dei genitali con la mucosa labiale infetta o con le lesioni cutanee di mani o dita. Esame obiettivo dermatologico Per approfondire, vedi Lesioni cutanee elementari. L'herpes simplex genitale si manifesta con lesioni focali eritemato-edemato-papulo-vescicolari localizzate sulla mucosa vulvare (vestibolo, piccole labbra o sulla cute delle grandi labbra) o peniena (glande, solco balano-prepuziale o sulla cute di asta e prepuzio). Le lesioni evolvono verso piccole ulcere dolenti e cocenti dal fondo non sanioso talora ricoperte di croste. L'estensione e la gravità dell'herpes simplex genitale è maggiore in caso di prima manifestazione (infezione primaria), con lesioni che possono estendersi alla superficie mediale delle cosce, all'area perianale, alla vagina, all'ano e/o alla mucosa rettale. Herpes genitale Profilo clinico L'infezione primaria, più grave per estensione ed intensità dei sintomi, si manifesta nella donna con la comparsa delle lesioni caratteristiche sulla mucosa vulvare associate spesso a cervicite e vaginite. Il quadro clinico è caratterizzato da disuria, leucorrea, prurito e dolore vaginale e intensa dispareunia. Le lesioni possono estendersi alla cute di perineo, natiche, cosce e ano. Nell'uomo le vescicole compaiono con maggiore frequenza a livello del glande e/o del solco balanoprepuziale, talora con estensione verso l'asta, l'uretra, la cute delle natiche e delle cosce. Il quadro Herpes simplex genitale della cute di prepuzio e asta. Si notino le classiche lesioni vescicolari. clinico si caratterizza per intenso dolore, prurito e talora disuria. La cute anale e la mucosa rettale possono essere interessati per estensione delle lesioni primitive o per contatto diretto con soggetti infetti (proctite erpetica). Come per l'herpes simplex labiale o cutaneo, l'herpes simplex genitale tende a recidivare con frequenza notevolmente variabile dal soggetto a soggetto (stress psicofisico, episodi influenzali, malattie sistemiche acute o riacutizzazioni di malattie croniche). Le recidive (infezioni secondarie) si caratterizzano per minore estensione ed intensità dei sintomi; in questi casi, le lesioni si limitano alla mucosa di vulva e/o vagina o ano della femmina e al glande/asta o ano nel maschio, talora con estensione perineale. La comparsa delle classiche vescicole erpetiche è preceduta da prurito e/o bruciore locale associato alla comparsa di eritema. La durata delle lesioni secondarie è inferiore a quella delle lesioni primarie (6-8 giorni rispetto alle 1-4 settimane). Le lesioni guariscono con completa restitutio ab integrum della zona interessata, benché possa permanere un grado variabile di disestesia o dolore muco-cutaneo. Profilo diagnostico La comparsa nelle sedi descritte delle lesioni tipiche dell'herpes simplex è spesso sufficiente a porre diagnosi. In alcuni casi, dove può mancare la tipica eruzione vescicolo-ulcerativa (herpes neonatale o in soggetti immunodepressi) è tuttavia necessario escludere malattie sistemiche quali la rosolia, la toxoplasmosi o l'infezione da Citomegalovirus. In questi casi o nei casi dubbi, l'accertamento definitivo si attua con l'isolamento del virus (effetto citopatico tipico dopo isolamento in colture cellulari) nel materiale prelevato con tampone o biopsia. Terapia Nei soggetti immunocompententi, l'infezione primaria deve essere trattata per almeno 7-10 giorni con uno di questi farmaci: • Aciclovir orale, dose di 400 mg per 3 volte al giorno • Valaciclovir orale, dose di 1000 mg per 2 volte al giorno • Famciclovir orale, dose di 250 mg per 3 volte al giorno. Queste terapie non prevengono tuttavia la comparsa delle recidive. La riduzione della frequenza di queste ultime, può essere attuata con schemi terapeutici che prevedono l'impiego a dosaggi inferiori dei suddetti farmaci per almeno 2 anni. Tale schema terapeutico può essere utilizzato, sotto stretto controllo ginecologico e con l'attenta valutazione dei benefici, nelle donne portatrici in gravidanza. Tuttavia, la presenza di lesioni genitali visibili nella donna al momento del parto è un'indicazione sufficiente al taglio cesareo. In questi casi, al neonato si somministra aciclovir alla dose di 10mg/kg (il doppio se è prematuro) 3 volte al giorno per 10-21 giorni. Le recidive di herpes simplex genitali richiedono la stessa terapia dell'infezione primaria con dosaggi e per periodi di tempo minori. Nei soggetti immunocompressi, la terapia delle lesioni (primarie e secondarie) è invece molto più complessa, dovendo talora 17 Herpes genitale associare il foscarnet endovenoso o gel per uso topico a base di cidofovir. Note [1] http:/ / www. icd9data. com/ getICD9Code. ashx?icd9=054. 1 [2] http:/ / www. icd10data. com/ ICD10CM/ Codes/ A60-/ A60 Bibliografia • Mauro Moroni, Roberto Esposito, Fausto de Lalla, Malattie Infettive, 7ª edizione, Milano, Elsevier Masson, 2008. ISBN 9788821429804. • Braun Falco, Plewig, Wolff, Burgdorf, Dermatologia, Roma, Springer, 2002. ISBN 8847001684. • Paolo Fabbri, Carlo Gelmetti, Giorgio Leigheb, Manuale di dermatologia medica, Torino - Milano, Elsevier Masson, 2010. ISBN 978-88-214-3122-7. • Fabio Ayala - Paolo Lisi - Giuseppe Monfregola, Malattie cutanee e veneree, Padova, Piccin, 2007. ISBN 978-88-299-1846-1. • Miller, Jeffrey H.; Marks, James G., Lookingbill and Marks' Principles of Dermatology, Saunders, 2006. ISBN 1-4160-3185-5. • Callen, Jeffrey, Color atlas of dermatology, Philadelphia, W.B. Saunders, 2000. ISBN 0-7216-8256-1. • Wolff, Klaus Dieter; et al., Fitzpatrick's Dermatology in General Medicine, McGraw-Hill Medical, 2008. ISBN 0-07-146690-8. • James, William D.; et al., Andrews' Diseases of the Skin: Clinical Dermatology, Saunders Elsevier, 2006. ISBN 0-7216-2921-0. • Fitzpatrick, Thomas B.; Klauss Wolff; Wolff, Klaus Dieter; Johnson, Richard R.; Suurmond, Dick; Richard Suurmond, Fitzpatrick's color atlas and synopsis of clinical dermatology, New York, McGraw-Hill Medical Pub. Division, 2005. ISBN 0-07-144019-4. Voci correlate • Herpes simplex Portale Medicina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Medicina 18 Chlamydia 19 Chlamydia Chlamydia Inclusioni di C. trachomatis in coltura cellulare (in marrone). Classificazione scientifica Dominio Regno Prokaryota Bacteria Phylum Chlamydiae Classe Chlamydiae Ordine Chlamydiales Famiglia Genere Chlamydiaceae Chlamydia Specie • • • Chlamydia muridarum Chlamydia suis Chlamydia trachomatis Chlamydia è un genere di batteri gram-negativi, patogeni intracellulari obbligati. Descrizione Di forma grossolanamente tondeggiante, immobili, devono necessariamente vivere all’interno di cellule eucariote, in quanto privi degli enzimi necessari al metabolismo ossidativo. Sono pertanto dei parassiti obbligati. Questa caratteristica, unita alle dimensioni molto piccole, li ha fatti ritenere per molto tempo dei virus. Non sono dotati di parete cellulare formata da peptidoglicano ma come involucro esterno possiede una membrana costituita da una parete proteica interna ricca in cisteina e da una membrana esterna. Questa particolare struttura impedisce la fusione del lisosoma con il fagosoma in cui la clamidia è inglobata. Inoltre presentano una scarsa o nulla sensibilità agli antibiotici β-lattamici. La clamidia ha un ciclo vitale dimorfico: corpo elementare (CE) e corpo reticolare (CR). Il primo è piccolo (200-300 nm), rotondo, con citoplasma denso e compatto e rappresenta la forma infettante. Il corpo reticolare è più grande (600-1000 nm), il citosol meno denso, è metabolicamente attivo, si moltiplica per scissione binaria e rappresenta la forma non infettante. Benché non sia presente la parete cellulare, il corpo elementare riesce a sopravvivere nell'ambiente grazie alla presenza di molteplici legami disolfuro tra le proteine della membrana. Chlamydia 20 Differenze tra corpo elementare e corpo reticolare Proprietà Grandezza Legami disolfuri Attività metabolica tra proteine di membrana CE Infettante 300-400 nm Sì No CR Sostiene il ciclo replicativo 600-1000 nm No Sì Tassonomia Il genere comprende 3 specie: • Chlamydia muridarum, patogena per topi e criceti • Chlamydia suis, patogena per i suini • Chlamydia trachomatis, patogena per l'uomo In passato venivano inquadrate in questo genere anche alcune specie attualmente inquadrate nel genere Chlalmydophila, tra cui la Chlamydophila psittaci (sin.=Chlamydia psittaci), agente patogeno della psittacosi, malattia tipica dei volatili selvatici e domestici, trasmissibile anche ai mammiferi, tra cui l'uomo. Bibliografia Bush, R.M. and Everett, K.D.E. (2001). Molecular Evolution of the Chlamydiaceae. [1]. Int. J. Syst. Evol. Microbiol. 51: 203 - 220. Voci correlate • Infezioni da clamidia Altri progetti • Commons [1] contiene immagini o altri file su Chlamydia [2] • Wikispecies [3] contiene informazioni su Chlamydia [4] Collegamenti esterni • Diagramma tassonomico [5] • Chlamydia e gravidanza [6] Portale Medicina Portale Microbiologia Note [1] [2] [3] [4] [5] [6] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ entrez/ query. fcgi?cmd=Retrieve& db=PubMed& list_uids=11211261& dopt=Abstract http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Chlamydia?uselang=it http:/ / species. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it http:/ / species. wikimedia. org/ wiki/ Chlamydia?uselang=it http:/ / www. chlamydiae. com/ docs/ Chlamydiales/ diagram/ taxondiag. htm http:/ / www. come-rimanere-incinta. it/ desiderio-di-un-figlio/ clamydia-e-gravidanza/ clamydia-e-gravidanza. php Sifilide 21 Sifilide Sifilide Il batterio Treponema pallidum responsabile della malattia Classificazione e risorse esterne ICD-9-CM (EN) 090 ICD-10 (EN) A50 [1] -097 [3] [2] -A53 [4] La sifilide, conosciuta anche come lue (dal greco λύω=sciolgo) e con numerosi altri nomi, è una malattia infettiva a prevalente trasmissione sessuale. È causata da un batterio, il Treponema pallidum, dell'ordine delle spirochete, che si presenta al microscopio come un piccolo filamento a forma di spirale, identificato nel 1905 da Fritz Schaudinn e Erich Hoffmann. Oltre che per via sessuale, il contagio può estendersi al feto, nella donna gravida con infezione recente, attraverso la placenta (trasmissione transplacentare[5]). In tal caso, il feto presenta un quadro di sifilide congenita con malformazioni che possono interessare la cute e le mucose, l'apparato scheletrico, l'occhio, il fegato, il rene e il sistema nervoso centrale. Pertanto, questa malattia può essere contratta nella forma congenita in due modi: prima ancora della nascita, attraverso il sangue materno infetto; oppure alla nascita, durante la discesa nel canale del parto. Comunque, nella maggior parte dei casi, il contagio (possibile fin dalle primissime fasi della malattia) avviene attraverso i rapporti sessuali. I casi di acquisizione della malattia con le trasfusioni sono ormai rarissimi nel mondo, grazie ai controlli accurati che vengono effettuati prima che il sangue sia trasfuso. Ad August von Wassermann va il merito di aver scoperto il primo metodo biologico per compiere una diagnosi precisa sulla malattia. Sifilide Storia L'origine esatta della sifilide è tuttora sconosciuta. A lungo la storiografia europea ha sostenuto che la malattia si fosse diffusa dalle Americhe nel vecchio continente per mezzo dei marinai di Cristoforo Colombo. Da tempo questa tesi è stata parzialmente messa in discussione, ma uno studio pubblicato nel 2011 l'ha riportata nuovamente in auge. Gli scavi presso il monastero agostiniano di Kingston-upon-Hull, nel nord-est dell'Inghilterra, hanno portato alla luce scheletri di persone decedute prima del viaggio di Colombo, con evidenti segni della terza fase della malattia. Uno studio condotto dall'Università di Oxford e di Sheffield, attraverso il metodo del radiocarbonio, hanno stimato una datazione intorno al 1340[6], ma uno studio antropologico più recente ha dimostrato che solo una minoranza dei reperti rinvenuti presso il monastero presenta i segni diagnostici della sifilide, e la datazione fornita col metodo del radiocarbonio dev'essere opportunamente corretta tenendo conto del marine reservoir effect (effetto serbatoio marino) che può diventare significativo presso popolazioni che vivono in prossimità del mare, nutrendosi con un'alimentazione Manifesto per il test della sifilide, che mostra un prevalentemente a base di pesce. Secondo i ricercatori, infatti, la uomo e una donna che chinano il capo per la minoranza dei reperti con evidenti segni di sifilide risale al periodo vergogna (ca. 1936) post-colombiano, ma fornisce una datazione antecedente a causa della velocità relativamente lenta con cui il flusso del carbonio passa negli ecosistemi marini, sino a giungere ad essere organicato nei tessuti attraverso la rete trofica. Sembra che la prima epidemia di sifilide conosciuta sia scoppiata a Napoli nel 1495, a seguito della discesa del re francese Carlo VIII. Il ritorno dell'esercito francese verso nord diffuse la malattia in tutta Italia, per poi espanderla in tutta Europa, giungendo sino in Oriente. La malattia venne quindi conosciuta in quasi tutta Europa con il nome di mal francese, tranne in Francia, dove prese il nome di mal napolitain. Una teoria americanista sull'origine della malattia è stata formulata dal medico spagnolo Ruy Diaz de Isla, che nel 1539 scrisse il libro Tractado contra el mal serpentino que vulgarmente en España es llamado bubas, in riferimento alle cure da lui effettuate a Barcellona nel 1493, ad alcuni marinai di Colombo, affetti da una nuova malattia che identificò come sifilide.[7] La storia dell'attribuzione del nome sifilide è invece più chiara. Infatti, fu il medico e scienziato veronese Girolamo Fracastoro che impose questo termine, con la sua opera del 1530 Syphilis sive morbus gallicus ("Sifilide o il mal francese") e con il trattato De contagione et contagiosis morbis ("Sul contagio e sulle malattie contagiose") del 1546. Nello stesso periodo, il medico francese Jean Fernel le attribuì il nome di lue. Il batterio responsabile della sifilide, il Treponema pallidum, fu identificato per la prima volta da Fritz Schaudinn ed Erich Hoffmann nel 1905. Il primo trattamento efficace (grazie al farmaco Salvarsan) è stato sviluppato nel 1910 da Paul Ehrlich, e ad esso seguirono esperimenti con la penicillina e con la conferma della sua efficacia, avvenuta nel 1943. Prima dell'avvento di un trattamento efficace, erano usati comunemente il mercurio e l'isolamento, con risultati spesso peggiori della malattia stessa. Si ritiene che molti personaggi famosi abbiano contratto la malattia: tra di essi, Franz Schubert, Arthur Schopenhauer, Robert Schumann, Édouard Manet e Adolf Hitler.[8] 22 Sifilide 23 Epidemiologia Si ritiene che circa 12 milioni di persone siano state infette da sifilide nel 1999, con più del 90% dei casi registrati nei paesi in via di sviluppo. La malattia colpisce tra le 700.000 e le 1,6 milioni di donne gravide all'anno, con conseguenti aborti spontanei, bambini nati morti e casi di sifilide congenita. Nell'Africa sub-sahariana, la sifilide contribuisce a circa il 20% delle morti perinatali. L'incidenza è in Disability-adjusted life year per sifilide per proporzione più alta tra i consumatori di droghe per via endovenosa, in 100,000 abitanti nel 2004 coloro che sono infettati da HIV e negli uomini che hanno rapporti occasionali e frequenti. Negli Stati Uniti, i tassi di sifilide erano quasi uguali per gli uomini e per le donne nel 1997, ma nel 2007 erano sei volte maggiori negli uomini rispetto alle donne. La sifilide era molto comune in Europa nel corso del XVIII e XIX secolo. Nel mondo sviluppato, nel corso del XX secolo, le infezioni diminuirono rapidamente, grazie alla diffusione degli antibiotici. Dal 2000, i casi di sifilide sono aumentati negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Australia ed in Europa, soprattutto tra le persone omosessuali. La più alta incidenza di casi tra etereosessuali si ha, a partire dal 1990, in Cina e in Russia. Questo fatto è stato attribuito a pratiche sessuali non sicure, come la promiscuità sessuale, la prostituzione e lo scarso utilizzo del profilattico. Se non trattata, l'infezione ha una mortalità che va dall'8% al 58%, con un tasso di mortalità maggiore nei maschi. I sintomi della sifilide sono diventati meno gravi nel corso degli ultimi due secoli, in parte grazie alla diffusa disponibilità di trattamenti efficaci e in parte dalla diminuzione della virulenza della spirocheta. Con il trattamento precoce si verificano poche complicazioni. La sifilide aumenta il rischio di trasmissione dell'HIV da due a cinque volte e la coinfezione è frequente (30-60% in alcuni centri urbani). Eziologia Batteriologia Per approfondire, vedi Treponema pallidum. Il Treponema pallidum sottospecie pallidum è un batterio, Gram-negativo, altamente mobile, facente parte del phylum delle spirochete, ed è l'agente eziologico della sifilide. L'uomo è l'unico serbatoio naturale noto per la sottospecie pallidum. Esso è in grado di sopravvivere senza un ospite per pochi giorni. Ciò è dovuto al suo genoma piccolo (1,14 MDA) e per la sua incapacità di creare la maggior parte dei macronutrienti di cui necessita. Ha un lento tempo di raddoppio, superiore a 30 ore. Immagine istopatologica di spirochete Treponema pallidum Trasmissione La sifilide si trasmette principalmente per contatto sessuale o durante la gravidanza dalla madre al feto. La spirocheta è in grado di passare attraverso le mucose intatte o la cute danneggiata. È quindi trasmissibile attraverso contatti orali e attraverso rapporti sessuali vaginali e anali. Circa il 30 e il 60% delle persone esposte rispettivamente alla sifilide primaria o secondaria contrarranno la malattia. La sua infettività è resa evidente dal fatto che un individuo, a cui vengono inoculati solo 57 organismi, ha una probabilità del 50% di risultare infetto. Oltre che per via sessuale, Sifilide l'infezione può essere trasmessa attraverso la trasfusione di sangue o emoderivati. Tuttavia, grazie ai controlli, tale rischio risulta molto basso. Il rischio di trasmissione da aghi condivisi appare limitato. La sifilide non può essere trasmessa attraverso sedili WC, tramite le attività quotidiane, con l'uso di vasche idromassaggio, né con la condivisione di posate o indumenti. Segni e sintomi La sifilide si può presentare in una delle quattro diverse fasi: primaria, secondaria, latente e terziaria. Inoltre può presentarsi anche come malattia congenita. Sir William Osler la definì "la grande imitatrice" per via delle sue varie presentazioni. Sifilide primaria La sifilide primaria viene generalmente acquisita tramite diretto contatto sessuale con una persona affetta. Da circa 3 a 90 giorni dopo l'esposizione iniziale (in media 21 giorni) una lesione cutanea, chiamata sifiloma, compare nel punto di contatto. Questo generalmente, nel 40% dei casi, si presenta come una singola, compatta, indolore, non pruriginosa ulcerazione della pelle con una base pulita e bordi taglienti tra gli 0,3 e 3,0 cm. La lesione, tuttavia, può assumere praticamente qualsiasi forma. Nella forma classica, essa si evolve da una macula a papula verso un'ulcera. In alcuni casi Ulcera venerea causata dalla sifilide alla mano possono essere presenti lesioni multiple (~40%), più comuni quando vi è una coinfezione con l'HIV. Le lesioni possono essere dolorose (30%) e possono verificarsi anche al di fuori dei genitali (2-7%). Le localizzazioni più comuni sono: nelle donne il collo dell'utero (il 44%), il pene negli uomini che hanno contratto l'infezione con rapporti eterosessuali (99%) e la zona anale e rettale negli uomini che hanno ricevuto rapporti anali (34%). L'ingrossamento linfonodale frequentemente (80%) si verifica intorno alla zona di infezione, e si ha 7-10 giorni dopo la formazione del sifiloma. La lesione può persistere per 3-6 settimane se non viene trattata. Sifilide secondaria Il periodo secondario inizia circa 4-10 settimane dopo l'infezione primaria. La fase secondaria è nota per i molti modi diversi in cui può manifestarsi; nella maggior parte dei casi, i sintomi coinvolgono la pelle, le mucose e i linfonodi. Possono verificarsi eruzioni cutanee simmetriche di colore rosso-rosa, tipicamente sul tronco e agli arti. L'eruzione può diventare maculopapulare o pustolosa. Nelle mucose può presentarsi con lesioni piatte, larghe, di colore biancastro, simili a verruche note come latum condilomi. Tutte queste lesioni ospitano i Presentazione tipica della sifilide secondaria con batteri infettivi. Altre manifestazioni cliniche possono includere febbre, una eruzione cutanea sul palmo delle mani mal di gola, malessere generale, astenia, perdita di capelli e mal di testa. Rare manifestazioni comprendono anche epatite, disfunzioni renali, artrite, periostite, neurite ottica, uveite e cheratite interstiziale. I sintomi acuti di solito si risolvono dopo tre-sei settimane. Tuttavia, nel circa il 25% dei casi si può presentare una ricorrenza dei sintomi 24 Sifilide secondari. Molte persone che si presentano con sifilide secondaria (40-85% delle donne, 20-65% degli uomini) non riferiscono del sifiloma classico della sifilide primaria. Sifilide latente La sifilide latente è definita quando si ha la prova sierologica dell'infezione, ma non sono presenti i sintomi della malattia. Si distingue in precoce e tardiva, a seconda che si verifichi Papule rossastre e noduli su gran parte del corpo rispettivamente meno di 1 anno o più di 1 anno dopo la sifilide causate dalla sifilide secondaria secondaria. Il Regno Unito usa un valore di soglia di due anni per distinguere tra la sifilide latente precoce e quella tardiva. La sifilide latente precoce può avere una ricaduta dei sintomi. La sifilide latente tardiva è asintomatica e meno contagiosa. Sifilide terziaria Senza trattamento, un terzo delle persone infette sviluppano la malattia terziaria. La sifilide terziaria si può verificare da tre a 15 anni dopo l'infezione iniziale e può essere divisa in tre forme diverse: la sifilide gommosa (15% dei pazienti), la neurosifilide tardiva (6,5%), e la sifilide cardiovascolare (10%). Le persone affette da sifilide terziaria non sono contagiose. • La sifilide gommosa si verifica di solito da 1 a 45 anni dopo l'infezione iniziale, con una media di 15 anni. Questo stadio è caratterizzato dalla formazione di granulomi gommosi cronici di variabili dimensioni. Essi, in genere, colpiscono la cute, le ossa e il fegato, ma possono presentarsi ovunque. • La neurosifilide è un'infezione che coinvolge il sistema nervoso centrale. La neurosifilide precoce può presentasi velocemente ed asintomatica, in forma di meningite sifilitica, oppure in ritardo, come la sifilide meningovascolare, la quale comporta paresi, perdita di equilibrio e dolori agli arti inferiori. La neurosifilide tardiva si verifica in genere da 4 a 25 anni dopo l'infezione iniziale, nelle forme di gomma luetica, tabe dorsale, paralisi progressiva, sclerosi combinata luetica, oppure nella forma congenita. Segno tipico è inoltre la Pupilla di Argyll-Robertson (si osserva miosi solo in accomodazione e non per risposte alla luce). • La sifilide cardiovascolare si verifica di solito 10-30 anni dopo l'infezione iniziale. La complicanza più comune è l'aortite sifilitica che può portare a formazione di aneurismi dell'aorta. Sifilide congenita La sifilide congenita può essere contratta durante la gravidanza o durante il parto. Due terzi dei bambini nascono senza sintomi. I sintomi più comuni che poi si svilupperanno nel corso degli anni di vita comprendono epatosplenomegalia (70%), rash (70%), febbre (40%), neurosifilide (20%) e polmonite (20%). Se non trattata, la sifilide congenita può portare a deformazioni del naso, alla presenza del segno di Higoumenakis, alla tibia a sciabola, all'articolazione di Clutton e ad altre patologie. 25 Sifilide Diagnosi La sifilide è una malattia difficile da diagnosticare clinicamente. La conferma viene attraverso analisi del sangue o grazie al controllo visivo diretto usando la microscopia. Gli esami del sangue sono usati più comunemente, in quanto sono più facili da eseguire. Test diagnostici sono in grado di distinguere tra le fasi della malattia. Esami del sangue Gli esami del sangue sono divisi in test non treponemici e treponemici. Inizialmente furono utilizzati test non treponemici, che comprendono il Venereal Disease Research Laboratory test (VDRL). Tuttavia, poiché questo tipo di test a volte restituisce falsi positivi, è necessaria una conferma con un test treponemico, come il Treponema pallidum Haemoagglutination Assay (TPHA) o il Fluorescent-Treponemal-Antibody Absorption test (FTA-ABS). I falsi positivi sul test non treponemico possono verificarsi con alcune infezioni virali come la varicella e il morbillo, oppure in presenza di un linfoma, di tubercolosi, della malaria, di endocardite, di malattie del tessuto connettivo o in gravidanza. I test per gli anticorpi treponemici diventano positivi generalmente 2-5 settimane dopo l'infezione iniziale. La neurosifilide viene diagnosticata ricercando un alto numero di leucociti (prevalentemente linfociti) e livelli di proteine nel liquido cerebrospinale nel quadro di una infezione da sifilide nota. Un altro test diagnostico, ormai abbandonato, è anche la reazione di Wassermann. Osservazione diretta La microscopia a campo scuro del liquido sieroso proveniente da un'ulcera può essere utilizzato per fare una diagnosi immediata. Tuttavia, gli ospedali non sempre possiedono attrezzature e personale in grado di effettuare questo test, che deve essere svolto entro 10 minuti dall'acquisizione del campione. Si è segnalato che la sua sensibilità è di quasi l'80%, pertanto può essere utilizzata solo per confermare una diagnosi. Altri due test che è possibile effettuare su un campione del sifiloma sono il test di immunofluorescenza e la reazione a catena della polimerasi (PCR), quest'ultimo ricerca la presenza di geni specifici della sifilide. Questi test non sono time-sensitive, in quanto non necessitano di batteri viventi per fare la diagnosi. Trattamento Infezioni precoci La prima scelta di trattamento per la sifilide semplice rimane una singola dose di penicillina G per via intramuscolare o una singola dose di azitromicina per via orale. Scelte alternative sono la doxiciclina e la tetraciclina, che però non possono essere usate nelle donne in gravidanza. La resistenza agli antibiotici ha portato allo sviluppo di un certo numero di agenti, compresi i macrolidi, i clindamicina e i rifampicina. Il ceftriaxone, appartenente alla terza generazione di antibiotici cefalosporine, risulta più efficace come trattamento in sostituzione alla penicillina, specialmente nelle forme che hanno superato la barriera emato-encefalica e sono localizzate nel sistema nervoso centrale. La terapia della sifilide è comunque altamente specialistica (dermatologia, infettivologia, neurologia, medicina interna), visto il rischio di gravi reazioni infiammatorie come la reazione di Jarisch-Herxheimer. Infezioni tardive Alle persone affette da neurosifilide, a causa della scarsa penetrazione della penicillina G nel sistema nervoso centrale, vengono somministrati forti dosi di penicillina per via endovenosa per un minimo di 10 giorni. Se la persona è allergica, si possono usare ceftriaxone, doxiciclina o tetracicline, oppure si può provvedere a desensibilizzare il paziente. Altre presentazioni tardive possono essere trattate con la somministrazione per via intramuscolare di penicillina G per tre settimane. 26 Sifilide 27 Reazione di Jarisch-Herxheimer Per approfondire, vedi Reazione di Jarisch-Herxheimer. Uno degli effetti collaterali del trattamento è la reazione di Jarisch-Herxheimer. Essa inizia spesso entro un'ora dall'inizio della terapia e dura per 24 ore, con sintomi di febbre, dolori muscolari, cefalea e tachicardia. È causata dalle citochine rilasciate dal sistema immunitario in risposta alle lipoproteine, le quali sono a loro volta rilasciate dalla rottura dei batteri della sifilide. Prevenzione Fino al 2012, non esiste un vaccino efficace per la prevenzione dalla malattia. L'astinenza da contatto fisico intimo con una persona infetta è efficace nel ridurre la trasmissione della sifilide, così come l'uso corretto del preservativo in lattice. L'uso del preservativo, tuttavia, non elimina completamente il rischio.[9] Durante la gravidanza è possibile prevenire la sifilide congenita nei neonati, grazie allo screening precoce e al trattamento di coloro che sono infetti. La United States Preventive Services Task Force (USPSTF) consiglia lo screening universale di tutte le donne incinte, mentre l'Organizzazione mondiale della sanità lo raccomanda a tutte le donne che si sottopongono alla loro prima visita prenatale e di nuovo nel terzo trimestre. Se risultano positive, si raccomanda il trattamento anche dei loro partner. La sifilide congenita, tuttavia, è ancora comune nei paesi in via di sviluppo, in quanto molte donne non ricevono cure prenatali oppure lo screening non è incluso tra esse. Nei paesi sviluppati, le madri che fanno uso di droghe e alcol sono più inclini ad avere la malattia, in quanto con minore probabilità si sottoporranno alle cure durante la gravidanza. Una serie di misure per aumentare l'accesso ai test appare efficace nel ridurre i tassi di sifilide congenita nei paesi a basso e medio reddito. Il Centro di Controllo delle Malattie e della Prevenzione raccomanda a tutti gli uomini sessualmente attivi che hanno rapporti sessuali con altri uomini di effettuare il test almeno una volta all'anno. La sifilide è una malattia soggetta a denuncia in molti paesi, tra cui il Canada, l'Unione europea e gli Stati Uniti. Ciò vuol dire che gli operatori sanitari sono tenuti a informare le autorità di sanità pubblica nel caso si venga a conoscenza di un infetto. Note [1] [2] [3] [4] [5] [6] http:/ / www. icd9data. com/ getICD9Code. ashx?icd9=090 http:/ / www. icd9data. com/ getICD9Code. ashx?icd9=097 http:/ / www. icd10data. com/ ICD10CM/ Codes/ A50-/ A50 http:/ / www. icd10data. com/ ICD10CM/ Codes/ A53-/ A53 L'aggettivo che indica questa condizione è "eredoluetico", ovvero affetto da "lue" per via ereditaria. Keys, David (24 July 2000). "English syphilis epidemic pre-dated European outbreaks by 150 years". Independent News and Media Limited. Retrieved on 2008-02-08 The Indipendent (http:/ / www. independent. co. uk/ life-style/ health-and-wellbeing/ health-news/ english-syphilis-epidemic-predated-european-outbreaks-by-150-years-706243. html) [7] "Alle origini della sifilide" di Grazia Benvenuto, pubbl. su "D&T Diagnosi&Terapia", Mensile di informazione medico-farmaceutica - Anno XVII, N.4, 20 aprile 1997, pp. 13-19 [8] Hitler syphilis theory revived (http:/ / news. bbc. co. uk/ 2/ hi/ health/ 2842819. stm) BBC News March 12, 2003 [9] "How can syphilis be prevented?" (http:/ / www. cdc. gov/ std/ syphilis/ STDFact-Syphilis. htm#protect). Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Sifilide 28 Bibliografia • Antonio Del Sorbo, Pompeo Donofrio, Maria Teresa La Forza, Atlante di Dermatologia Genitale, Edizioni Dermo, 2001. • Alfonso Panuccio, L'infezione luetica. Infezioni sessualmente trasmissibili, Esadia, Roche. • Mario Pippione e Onorio Carlesimo Dermatologia e Venereologia,, Edizioni Minerva Medica, 1998, ISBN 88-7711-304-9. • Mauro Moroni; Roberto Esposito, Fausto De Lalla, Malattie infettive, 7ª edizione, Milano, Elsevier Masson, 2008. ISBN 978-88-214-2980-4. • Patrick R. Murray; Ken S. Rosenthal, Michael A. Pfaller, Microbiologia Medica, 6ª ed., Milano, Elsevier Masson, 2010. ISBN 978-88-214-3169-2.. • Eugenia Tognotti, L'altra faccia di Venere. La sifilide in Italia dalla prima età moderna all'avvento dell'Aids Presentazione di Giorgio Cosmacini, Franco Angeli Editore, Milano 2006. • Teodoro Pennacchia, Storia della sifilide, Giardini, Pisa 1961 • (EN) Parascandola, John. Sex, Sin, and Science: A History of Syphilis in America (Praeger, 2008) 195 pp. ISBN 978-0-275-99430-3 • (EN) Shmaefsky, Brian, Hilary Babcock and David L. Heymann. Syphilis (Deadly Diseases & Epidemics) (2009) • (EN) Stein, Claudia. Negotiating the French Pox in Early Modern Germany (2009) • Anna M. Molina Romanzi, Microbiologia clinica, Torino, UTET, 2002. ISBN 88-7933-251-1. Voci correlate • • • • • Donovanosi Studio sulla sifilide di Tuskegee Treponema endemicum Triade di Hutchinson Malarioterapia Altri progetti • Wikisource contiene un testo del Libretto personale Regio Esercito Italiano: Malattie veneree • • Wikiquote contiene citazioni sulla sifilide Wikizionario contiene il lemma di dizionario «sifilide» • Commons (http://commons.wikimedia.org/wiki/Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altri file sulla sifilide (http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Syphilis?uselang=it) Collegamenti esterni • (EN) MST - Sifilide: sintomi e trattamento (http://www.youngandhealthy.ca/caah/Informations/STI/ t428c431s509x413/Syphilis.aspx) • MSD Italia: Malattie a trasmissione sessuale, Sifilide (http://www.msd-italia.it/altre/manuale/sez13/1641427. html) • Digilander libero it (http://digilander.libero.it/camdic/LUES.html) - De Morbo Gallico • (FR) Informazioni sulla la sifilide (http://www.jeunesensante.ca/acsa/Informations/ITS+(Infections+ transmissibles+sexuellement)/t60c63s72x73/Syphilis.aspx) • Le FAQ: Malattie Sessualmente Trasmissibili, Sifilide (http://isd.olografix.org/faq/faq_malattie1.htm) Portale Medicina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di medicina HIV 29 HIV Virus dell'immunodeficienza umana Visione stilizzata di una sezione del virus dell'immunodeficienza acquisita umana Classificazione dei virus Dominio Acytota Gruppo Gruppo VI (retrovirus a ssRNA) Famiglia Retroviridae Sottofamiglia Orthoretrovirinae Genere Lentivirus Specie Human immunodeficiency virus 2 Nomenclatura binomiale Lentivirus human immunodeficiency virus 2 ICTV Il virus dell'immunodeficienza umana (HIV, sigla dell'inglese Human Immunodeficiency Virus) è l'agente responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). È un retrovirus del genere lentivirus, caratterizzato cioè dal dare origine a infezioni croniche, che sono scarsamente sensibili alla risposta immunitaria ed evolvono lentamente ma progressivamente e che, se non trattate, possono avere un esito fatale[1]. In base alle conoscenze attuali, HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1 e HIV-2. Il primo dei due è prevalentemente localizzato in Europa, America e Africa centrale. HIV-2, invece, si trova per lo più in Africa occidentale e Asia e determina una sindrome clinicamente più moderata rispetto al ceppo precedente. Descrizione Morfologia Il virione di HIV ha una struttura sferica del diametro di circa 100-120 nm, con due membrane esterne (pericapside), formate dal materiale della cellula che lo ha prodotto: le membrane sono un capside di forma conoide e un envelope che ospita le glicoproteine di membrana virali gp120 e gp41: la conoscenza di queste proteine è stata di particolare importanza nella lotta al virus poiché agendo su di esse si può rallentare o frenare il contagio di nuove cellule. La gp120 è infatti una sorta di chiave che il virus utilizza per trovare le particolari cellule umane in grado di replicarlo, funzionando quindi da recettore che aggancia HIV ai recettori corrispondenti sulle cellule bersaglio. La gp41 invece interviene quando i virus sono già agganciati, fondendo le membrane virali con la parete cellulare permettendo la penetrazione di HIV all'interno delle cellule, per questo è denominata proteina di fusione. Il materiale genetico del virione è costituito da due copie di RNA identiche a polarità positiva (mRNA), le quali sono legate a due proteine basiche del peso, rispettivamente, di 7 e 9 kDa (denominate p7 e p9). Tale complesso, insieme agli enzimi della trascrittasi inversa (una DNA polimerasi RNA-dipendente), della proteasi e dell'integrasi, è HIV 30 contenuto in una sezione centrale della particella virale denominata core, la quale presenta una struttura cilindro/conica ed è costituita completamente da una sola proteina (p24). Gli enzimi del virus sono fondamentali per il processo di riproduzione. Quello della trascrittasi inversa è una sorta di "traduttore", che trascrive il codice virale (RNA) utilizzando il DNA; le integrasi rendono possibile tale inserimento nel DNA della cellula ospitante; le proteasi invece modellano le macroproteine prodotte in una forma idonea a dar vita a nuovi virus. Tra il core e l'involucro lipoproteico del virus si trova uno strato di materiale elettrondenso costituito completamente dalla proteina virale p17 miristilata. La miristilazione è un fenomeno importante per la successiva interazione della p17 con la membrana cellulare al fine di dare avvio alla liberazione di nuovi virus replicati dentro la cellula, con un processo di gemmazione. Il genoma Come tutti i retrovirus HIV possiede i tre geni fondamentali per la sua replicazione: Gag, Pol ed Env. Gag (per 'group-specific antigen') codifica per le proteine del core del virione: p24, p17, p9, p7. Da Pol (per 'Polymerase') derivano la trascrittasi inversa, la proteasi e l'integrasi mentre Env (per 'Envelope') codifica per le proteine dell'involucro esterno. Sia Gag che Pol sono trascritti in un mRNA che viene poi tradotto in una proteina di 180 kDa (p180) che viene poi clivata tramite proteolisi. La sua scissione determina la Micrografia elettronica a scansione del virus HIV (in verde) in gemmazione da una cellula formazione della proteasi (p10), della trascrittasi inversa (p51/p66), della integrasi e di una proteina di 55 kDa (p55). Dalla p55, sempre per proteolisi, derivano la p17, la p24 e la p15. La p15 è il progenitore della p9 e della p7, anch’esse ottenute tramite l'intervento della proteasi. Env viene tradotto in una proteina di 88 kDa che viene successivamente glicosilata e a seguito di ciò il suo peso molecolare aumenta fino a 160 kDa (p160). Essa viene scissa, attraverso la proteasi virale, a formare le due glicoproteine legate alla membrana esterna: la gp120 e la gp41. La gp41 è una proteina transmembrana con l'estremo NH2 localizzato all'interno del virione mentre la parte COOH è esterna e serve come punto di legame per la gp120. Oltre a questi geni, HIV contiene altri sette geni accessori che hanno funzioni regolatorie del ciclo virale e della sintesi proteica: Tat, Rev, Nef, Vpr, Tev, Vif, Vpu (quest'ultimo nel genoma di HIV-2 non esiste e ve n'è un altro chiamato Vpx). Agli estremi si trovano due sequenze (dette long terminal repeats, LTR) contenenti elementi regolatori dell'espressione genica. In esse infatti si rinvengono regioni di legame per fattori sia di origine virale che cellulare i quali possono così aumentare o inibire il livello di trascrizione del genoma. Nei LTR si ritrovano siti di poliadenilazione, per il legame di fattori di trascrizione come SP1 e NF-kβ, la sequenza regolatrice TATA, la sequenza di transattivazione, dove si va a legare la proteina Tat, e anche zone con elementi regolatrori inibenti (RN, regolazione negativa). Il gene Tat, composto di due esoni, codifica per una proteina di 14.15 kDa con funzione di transattivatore che, in collaborazione con un fattore cellulare, è in grado di intensificare l'espressione dei geni virali. La sua azione si esplica tramite il legame a una regione dei LTR definita TAR (trans-active region). Si ritiene che con la sua azione sia in grado di aumentare la trascrizione dei geni virali di circa 1000 volte. Rev è essenziale per la trascrizione dei geni Gag, Pol ed Env. Sembra, infatti, che essa sia in grado di agire su Env a livello post-trascrizionale legandosi a HIV 31 una metà del gene sbloccando così la traduzione precedentemente inibita da fattori cellulari legatisi. Probabilmente l'azione a livello di Pol e Gag è simile. Sembrerebbe pure che sia in grado di inibire lo splicing del gene Env. Il gene Nef codifica per una proteina di 27 kDa capace di legare il GTP, dotata di attività GTP-asica, suscettibile di miristilazione e fosforilazione. Essa esplica un'azione inibitrice della trascrizione legandosi alla regione RN dei LTR. Vpr codifica per una proteina di 15 kDa (p15) che si ritrova associata al virione. Si sospetta che essa sia coinvolta nella riattivazione del virus in corso di infezione latente. Altri dati, inoltre, fanno supporre una sua possibile partecipazione nell'infezione di cellule a bassa proliferazione (come i macrofagi) e nel blocco del ciclo cellulare nella fase G2 al fine di favorire l'attività dei LTR. Per quanto riguarda i geni rimanenti sembrerebbe che: • Vif sia importante per l'infettività del virione. Si è visto, inoltre, che vif interagisce con una citidina deaminasi cellulare prevenendone la sua inclusione all'interno del virione in formazione ed evitando che essa possa danneggiarne il materiale genetico. • Vpu intervenga nella maturazione e liberazione del virus. Pare che abbia anche la funzione di degradare la proteina CD4 all'interno del reticolo endoplasmatico. La funzione del gene Tev è ancora ignota. Il genoma di HIV è ricco di zone di sovrapposizione. Ciò avviene non solo tra geni codificanti ma anche tra questi ultimi e varie regioni regolatorie. I genomi di HIV-1 e HIV-2 differiscono, come espresso precedentemente, nei geni Vpu e Vpx. In HIV-2, infatti, il primo manca e viene sostituito dal secondo. Quest’alta presenza di embricature nel genoma fa sì che ogni proteina possa venir sintetizzata solamente a seguito di complessi fenomeni di splicing alternativo. Di HIV-1 è nota la sua estrema variabilità. Esso viene diviso in due gruppi. Il primo, definito M, viene ulteriormente suddiviso in otto sottotipi i quali differiscono nei geni env per il 30% e gag per il 14%. Il secondo gruppo, indicato con O, è raro e si ritrova in Camerun. In generale in Europa e in America è più diffuso il ceppo di tipo B. In Africa si ritrovano più spesso i sottotipi A, C, D e in Asia si ritrovano quelli di tipo E, C e B. Il ciclo virale Aggancio e penetrazione Il ciclo replicativo di HIV-1 o HIV-2 avvia quando la proteina gp120, presente sulla membrana esterna del virus, riconosce il recettore omologo sulla superficie delle cellule bersaglio, ovvero una particolare proteina denominata CD4. Le cellule umane CD4-positive sono subito agganciate, diventando bersagli dei virus: nell'organismo umano quelle più ricche di CD4 sono alcuni tipi di linfociti cruciali nel processo di difesa immunitaria, denominati helper o inducer. La costante di dissociazione tra g120 e CD4 si aggira intorno a 4x10-9: il legame con CD4 coinvolge tre regioni non contigue e altamente conservate di gp120 separate da altre zone, invece, estremamente variabili. Affinché il virus faccia il suo ingresso nella cellula (sincizio) interviene il legame con un altro recettore, composto dalle molecole della famiglia dei "recettori con sette domini transmembrana accoppiati con la proteina G" (seven transmembrane domain G-protein-coupled receptor), in particolare CXCR4 (usati dai ceppi del virus con tropismo per i linfociti T) e CCR5 (tipici del ceppo avente tropismo per i macrofagi)[2]. Il legame del virus a uno o all'altro di questi recettori permette di dividere i ceppi di HIV in R5-using e X4-using. Dopo che è avvenuto il legame si avviano i fenomeni che danno luogo alla fusione tra la membrana virale e quella della cellula, che ha come protagonista la proteina gp41. Il processo di fusione è innescato da cambiamenti conformazionali scatenati dal legame con CD4 e, probabilmente, anche dall'attacco dell'ansa V3 di gp120 da parte di alcune proteasi cellulari. Gp41 ha una parte N-terminale, formata da aminoacidi apolari, che si inserisce nella membrana cellulare. HIV 32 Le cellule dotate di maggiori recettori CD4 nell'organismo umano sono i linfociti CD4 positivi. Si tratta di cellule particolarmente importanti nel sistema immunitario, veri e propri "direttori d’orchestra" che, attraverso messaggi biochimici, riconoscono i vari ospiti indesiderati dell'organismo (virus, batteri, protozoi, funghi, vermi e cellule tumorali) e attivano i settori del sistema immunitario di volta in volta più idonei a contrastarne la presenza. Ciò che manda KO queste cellule non è tanto al presenza del virus, ma il suo processo di replicazione, in particolare nell'ultima fase quando i nuovi virus lasciano la cellula perforandone la membrana e uccidendola (gemmazione). Un numero inadeguato di linfociti CD4+ paralizza il sistema immunitario, esponendo l'organismo al rischio di qualsiasi infezione e tumore. HIV è in grado di infettare anche altre cellule che possiedono, seppure in quantità minore, il recettore CD4: macrofagi, cellule della microglia del sistema nervoso centrale e cellule dendritiche dei linfonodi, le cellule cromaffini delle pareti intestinali, l’endotelio dei vasi sanguigni, i precursori delle cellule del sangue e i linfociti B e T-CD8+. Da alcuni esperimenti si è avanzata l'ipotesi che esso possa infettare anche i timociti. Anche gli astrociti subiscono l'infezione da parte di HIV sebbene essa non sia produttiva. Al momento non è dimostrato che anche i neuroni possano venir infettati dal virus. In generale quindi HIV provoca un’infezione sistemica e generalizzata, anche se le conseguenze più gravi sul piano clinico restano quelle legate alla diustruzione dei linfociti CD4+. Replicazione Una volta entrato nella cellula ospitante, si attiva un processo di installazione definitivo; l'enzima della trascrittasi inversa trascrive l'RNA come DNA il quale, grazie all'integrasi, si integra nel genoma della cellula ospite. La cellula infettata può attivare subito la replicazione virale, oppure può rimanere inattiva per un periodo di tempo compreso tra mesi e anni, comportandosi esattamente come una cellula non infetta. Le cellule infettate che non producono virus sono dette "latentemente infette" e costituiscono un serbatoio di HIV ineliminabile, che garantisce al virus la sopravvivenza nell'organismo ospitante a tempo indeterminato, per l'intera durata della vita del soggetto. Occasionalmente l'infezione latente si attiva, quando il virus obbliga la cellula ospitante a produrre al suo Replicazione (fase attiva) di un virus all'interno di un linfocita. interno le proteine e l’acido nucleico virale (RNA) che, come un puzzle, si assemblano all'interno della stessa cellula fino a creare virioni completi, che poi sono espulsi per gemmazione. Non è chiaro quale sia l'input che dà l'avvio alla trascrizione del genoma virale, ma sicuramente è legato a tutte le occasioni di stimolazione del sistema immunitario ed è probabilmente indotto da un insieme di stimoli: antigeni, citochine o anche infezioni da parte di altri virus. Esperimenti hanno infatti dimostrato che quando i linfociti e i macrofagi infetti si attivano per la loro normale riproduzione, anche la trascrizione virale tende ad attivarsi. Tra i fattori più coinvolti in questo processo sembrano esserci NF-kβ e citochine quali IL-6 e TNF-α. HIV 33 L'espressione dei geni virali è quindi divisa in due fasi: precoce e tardiva. Nella prima vengono espressi i geni regolatori mentre nella seconda quelli strutturali. I geni regolatori, di cui i più noti sono Tat, Nef e Rev e la cui sintesi avviene nel citoplasma grazie a eventi di splicing molteplici, consentono l'amplificazione della trascrizione genica a opera della RNA polimerasi cellulare di tipo II e la stabilizzazione degli RNA messaggeri creati successivamente. Nella fase tardiva avviene la sintesi dei geni strutturali i cui trascritti vengono portati nel citoplasma e lì sottoposti a un solo splicing e infine tradotti in proteine. È a questo livello che interviene la proteina rev che, come espresso precedentemente, si lega ai trascritti e ne facilita il trasporto nel citoplasma. Quando la sintesi viene completata le varie proteine strutturali si assemblano tra di loro determinando la formazione delle particelle virali che vengono poi rivestite da un envelope lipoproteico. Errori e mutazioni Caratteristica tipica del virus HIV, e dei retrovirus in particolare, è la spiccata tendenza a mutare: durante i cicli replicativi vengono frequentemente compiuti errori che portano a creare virus più o meno diversi dall'originale. Queste mutazioni sono per lo più svantaggiose per il virus, che genera una cospicua serie di virus modificati destinati a scomparire. Capitano comunque mutazioni vantaggiose, che permettono al virus di acquisire resistenza ai farmaci e alla risposta immunitaria dell'individuo ospitante. Grazie a tale facilità di mutazione, unita all'invisibilità del retrovirus all'interno delle cellule infette, il virus ha potuto eludere i principali metodi di annientamento virale del sistema immunitario e della medicina in generale. Alcune mutazioni hanno dato origine a sottotipi stabilizzati di HIV, a loro volta frammentati in sotto-sottotipi, chiamati clade. Nel mondo occidentale il clade più diffuso è quello di tipo B. La facilità dei trasferimenti e flussi migratori favoriscono la diffusione dei vari clade nel mondo intero e la presenza di "virus ricombinati" (CRF, Circulating Recombinant Form), ovvero gli esiti di scambi genetici tra virus appartenenti a clade diversi contemporaneamente presenti nello stesso individuo. HIV appare dunque come un mosaico di virus in continua trasformazione. Espulsione dei nuovi virus HIV, nei rapporti col proprio ospite, ha quindi due distinte opzioni, entrambe vantaggiose per il virus: l’infezione latente, previa trascrizione e integrazione, e la replicazione. Nel primo caso esso si garantisce un serbatoio inamovibile di genomi virali; nel secondo è messa in atto la possibilità di infettare un numero sempre maggiore di cellule CD4+. I nuovi virioni, come già accennato, fuoriescono dalla cellula che li ha prodotti per gemmazione, provocando sulla superficie cellulare delle lacerazioni che uccidono la cellula stessa. I virus vengono espulsi nel torrente circolatorio e in larga parte vengono neutralizzati dalla risposta immunitaria umorale. Alcuni infettano nuove cellule CD4+, perpetuando l'infezione. Si arriva così a una concentrazioni sempre maggiori di virus nel sangue e in altri liquidi biologici (soprattutto quelli genitali), il cui contatto con il sistema circolatorio di altri individui può portare a nuovi contagi. Il danno provocato da HIV, che porta alla sindrome di immunodeficienza acquisita, è dunque conseguenza della sola replicazione virale, mentre lo stato di latenza non induce immunodeficienza. HIV 34 Modalità di trasmissione Il virus presenta diverse modalità di trasmissione: • sessuale; • ematica; • verticale (madre-figlio). La più diffusa (85%) è quella sessuale seguita dal contatto con sangue o emoderivati infetti. Nei paesi in via di sviluppo particolarmente importante è la trasmissione verticale; questa può avvenire sia durante la gravidanza per passaggio trans-placentare (20-40%), sia durante il parto (40-70%) e infine nell'allattamento (15-20%). Vanno infine ricordati i rischi derivanti dall'uso di materiale medico-dentistico non sterilizzato e dal contatto del personale sanitario o di laboratorio con campioni infetti. La trasmissione sessuale è attualmente la modalità d'infezione più diffusa. Il virus si isola dal fluido seminale o come particella libera o all'interno delle cellule mononucleate. Si è visto che esso aumenta nel caso di stati infiammatori coinvolgenti i genitali a seguito del richiamo di elementi del sistema immunitario. HIV si identifica inoltre nello striscio cervicale e nel fluido vaginale. Tra le diverse tipologie di rapporti sessuali, quello anale, sia etero sia omo, viene considerato il più a rischio di infezione. Questo perché la mucosa intestinale della regione anale è una barriera meno efficace delle altre, essendo costituita da un epitelio piuttosto sottile e scarsamente lubrificato e dunque facilmente traumatizzabile durante il rapporto, creando così delle microlacerazioni che facilitano l'inoculazione del virus. Non è neppure escluso che si possano infettare direttamente le cellule di Langerhans della mucosa o altri elementi suscettibili (es. le cellule immuni delle placche del Peyer) senza che siano avvenute lacerazioni traumatiche della mucosa. Il rapporto vaginale pare meno a rischio di quello anale, in quanto l'epitelio vaginale è più spesso e più resistente ai traumi. La donna ha comunque un rischio venti volte maggiore di infettarsi rispetto a un uomo e il maggior rischio di infezione delle donne sembra da imputarsi al fatto che il fluido seminale infetto rimane nell'organismo femminile piuttosto a lungo. Infine è da considerare che tutte le infezioni che provocano ulcerazione dei genitali aumentano la suscettibilità nei confronti di HIV. Il rapporto orale è probabilmente tra tutti quello meno a rischio, anche se sono stati documentati casi di infezione anche attraverso tale modalità. Un altro veicolo di trasmissione assai importante, soprattutto nei paesi a più alto tenore di vita è il sangue e i suoi derivati. Le categorie a rischio per infezione tramite il sangue e gli emoderivati sono i tossicodipendenti che usano droghe per via endovenosa condividendo la stessa siringa tra più persone e gli individui soggetti a trasfusione. In Italia, negli anni ottanta e novanta, la percentuale dei tossicomani infettati arrivò a superare quella di tutte le altre categorie. (sia eterosessuali sia omosessuali). Attualmente il rischio d'infezione tramite emoderivati è stato drasticamente ridotto tramite l'uso di procedure di screening su tutti i campioni e al trattamento con processi virucidici sui prodotti emoderivati. Il virus è propagabile in modo verticale attraverso il contagio madre-figlio. Per lo più si ritiene che ciò avvenga nel periodo perinatale, in particolare al momento del parto durante il quale il bambino può entrare in contatto col sangue materno durante il tragitto nel canale del parto. Tuttavia sono stati anche registrati casi limitati in cui l'infezione era già avvenuta nel primo o secondo trimestre. Al fine di ovviare al possibile contagio si è ricorso al parto cesareo che ha dimostrato una riduzione importante del rischio di trasmissione al bambino. Sono stati messi anche a punto dei protocolli con la zidovudina da assumere dopo il secondo trimestre e che hanno anch’essi dimostrato una sensibile diminuzione del tasso di trasmissione dal 22,6% al 7%. Si è anche documentata la possibilità di infezione madre-figlio attraverso il latte o il colostro materni ed effettivamente il virus si può ritrovare in entrambi i fluidi. Questo comporta l'avvertenza di evitare l'allattamento al seno per tutte le madri contagiate dal virus. Ciò comporta dei problemi soprattutto nei Paesi in via di sviluppo in cui l'allattamento materno è spesso l'unica fonte di sopravvivenza e di protezione dalle infezioni per il neonato. L'OMS HIV 35 ha comunque modificato le sue direttive alla luce di nuove ricerche e scoperte: il 30 novembre 2009 ha pubblicato nuove raccomandazioni sull'alimentazione infantile da madri sieropositive, sostenendo che il bambino può beneficiare dell'allattamento al seno con poco rischio di contrarre l'infezione da HIV. Prevenzione Per approfondire, vedi Prevenzione dell'AIDS. Si è visto che la vaccinazione dal vaiolo risulta protettiva nei confronti dell'HIV, infatti i soggetti che sono stati sottoposti a tale vaccinazione hanno un livello di infettività del virus di 5 volte inferiore rispetto ai soggetti non vaccinati[3]. Una volta conosciute le vie di trasmissione la prevenzione è conseguente. L'HIV si trasmette per via sessuale, ematica e materno fetale. Perché il contagio avvenga è necessario che lo sperma, il liquido vaginale o il sangue della persona infetta venga a contatto con il sangue della persona non infetta. La trasmissione ematica prevede l'intervento di un qualche strumento come l'uso di siringhe sporche di sangue di altre persone o trasfusioni di sangue o comunque uso di strumenti contaminati da sangue che vengono a contatto con il sangue della persona non infetta. Prevenzione della trasmissione per via sessuale È il preservativo, usato correttamente e dall'inizio della penetrazione, il mezzo più sicuro per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale (AIDS compresa) e delle gravidanze indesiderate. In commercio oggi si trova anche un preservativo di poliuretano per quella piccolissima parte di popolazione allergica al lattice di gomma. Il preservativo, essendo uno strumento, ha bisogno di essere usato correttamente. Prevenzione della trasmissione per via ematica • non usare siringhe, aghi, lamette o qualsiasi altro tagliente già usati da altri, usare solo materiale monouso o sterilizzato; • richiedere l'autotrasfusione per qualsiasi intervento programmato a cui ci si dovesse sottoporre (questo oltre a rendere l'eventuale trasfusione assolutamente sicura per la persona, riduce anche il fabbisogno di sangue della banca del sangue e quindi permette una selezione maggiore sui donatori, rendendo così sempre più sicure le trasfusioni necessarie in caso di emergenza); oggi comunque i controlli sulle sacche di sangue e sugli altri emoderivati li rendono pienamente sicuri. • controllare sempre che gli strumenti taglienti o perforanti cui veniamo sottoposti siano sterili (strumenti del dentista, strumenti per tatuaggi e piercing, strumenti per pedicure-manicure, ecc. - basta controllare che gli strumenti vengano aperti in nostra presenza); Prevenzione della trasmissione per via materno-fetale In caso di sieropositività la gravidanza va affrontata con la consulenza dei medici: nei paesi in cui sono disponibili i farmaci antiretrovirali l'assunzione degli stessi (secondo un particolare schema) può ridurre a meno del 2% la percentuale di trasmissione materno-fetale. Per gli uomini sieropositivi esiste una procedura detta "lavaggio dello sperma", che evita il contagio sia della madre che del figlio. HIV 36 Obblighi informativi La legislazione italiana non prevede in generale l’obbligo di esternare il proprio stato sierologico al partner, fintanto che non sussista il rischio di contagio. Di conseguenza non si ha nemmeno il diritto d’essere informati sullo stato sierologico di un’altra persona. Se c'è il rischio di contagio, esistono gli estremi per una denuncia di comportamento omissivo colposo. Terapia Tra le varie fasi del ciclo vitale del virus quelle più facilmente aggredibili da farmaci sono la retrotrascrizione e le modifiche post-traduzionali a cui vanno incontro le proteine virali neoformate. I farmaci tuttora disponibili sono: • • • • • inibitori della trascrittasi inversa (NRTI, NtRTI, NNRTI); inibitori della proteasi (IP); inibitori della fusione; inibitori dell'integrasi; inibitori del co-recettore. Tali prodotti vengono adoperati in terapia in combinazione tra loro per evitare di produrre virus resistenti ai farmaci; di conseguenza vi è la necessità di un'aderenza fedele al trattamento da parte del paziente. Obiettivo della terapia farmacologica è quello di impedire la replicazione virale nell'organismo (e non l'eradicazione completa dell'infezione che rimane cronica) così da ridurre i danni provocati al sistema immunitario e consentire una sopravvivenza e una qualità di vita certamente maggiore. Attualmente è disponibile anche un farmaco appartenente alla classe degli inibitori della fusione che, agendo sulla gp41 di HIV impedisce la fusione del pericapside virale e la membrana esterna della cellula impedendo l'entrata del virus. Inoltre, due nuove classi di farmaci, gli antagonisti del co-recettore CCR-5 e gli inibitori dell'integrasi, sono state da poco approvate per l'uso clinico. Tutti i vaccini in fase di sperimentazione non sembrano dare risultati confortanti. Gli scienziati concordano nel dire che occorre dare nuova linfa a questo settore della ricerca. È chiaro che tuttora non esiste una terapia che eradica completamente l'infezione, di conseguenza è di fondamentale importanza la prevenzione. È però in fase di sperimentazione clinica 2 (2010) un vaccino di invenzione italiana che si basa sull'immunizzazione dell'organismo nei confronti della proteina del core p17 presente nel vaccino come antigene reso immunogeno. Si deve anche ricordare che, subito dopo una possibile esposizione al virus, allo scopo di ridurre la probabilità di contagio, è possibile sottoporsi a un trattamento farmacologico noto come profilassi post-esposizione ad HIV. Indennizzo del danno per trasfusioni infette In Italia esiste una legge dello Stato, la legge n. 210/92, che offre un indennizzo in termini pecuniari a tutti coloro che hanno contratto il virus (e di cui si abbia conclamazione accertata) da trasfusioni di sangue e/o emoderivati infetti e/o vaccini. Sono numerose le sentenze emesse da giudici di merito e dalla Corte di Cassazione che riconoscono, in aggiunta (totale o parziale) all'indennizzo previsto dalla L. 210/92, a soggetti che hanno contratto tale tipo di infezione virale a causa di trasfusioni, un risarcimento dei danni ritenendo, quindi, colpevole il Ministero della Salute (già della Sanità) per omessa attività normativa e carenza di pratica vigilanza circa la produzione, commercializzazione e distribuzione del sangue e suoi derivati. A coloro che già percepiscono l'indennizzo, si evidenzia che, sebbene detto beneficio economico debba essere rivalutato secondo il tasso annuale di inflazione programmato (t.i.p.), il Ministero non vi provvede se non dopo specifica e formale richiesta dell'interessato. HIV 37 Progetti Questo retrovirus per la sua particolare natura aggressiva, contagiosa e nella difficoltà di guarigione da esso ha modificato i comportamenti sociali e ritmi di vita, in particolar modo dei contagiati, i quali devono essere sottoposti a particolari cure e vedono la loro vita alterata da visite, cure specialistiche e eventuali malori associati, dato l'avanzamento tecnologico, sono stati creati degli strumenti di supporto per la gestione di questi cambiamenti e dare maggiori informazioni sulla malattia, come nel caso della "Network persone sieropositive Italia Onlus", che ha sviluppato "H-Bookmark", un'applicazione che può essere installata su uno Smartphone.[4] Note [1] AIDS nel Libro dell'anno (2007) su Treccani.it (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ aids_(Il-Libro-dell'Anno)/ ) [2] I corecettori sono molecole appartenenti ai recettori per le chemochine. CCR5 è il recettore utilizzato dalle β−chemochine RANTES, MIP-α, MIP-β, LD78α e LD78β mentre CXCR4 ha come ligando naturale la chemochina SDF-1 (Stromal Derived Factor 1). [3] Stop a vaccini vaiolo forse causa boom casi HIV anni'70 (http:/ / www. ansa. it/ web/ notizie/ rubriche/ scienza/ 2010/ 05/ 18/ visualizza_new. html_1793857688. html) [4] Hiv Bookmark (http:/ / www. npsitalia. net/ article2805. html") Bibliografia • • • • Harrison, Principi di medicina interna, 16ª ed., Milano, McGraw-Hill, 2005. ISBN 88-386-2999-4. La Placa, Principi di Microbiologia Medica, Bologna, Società Editrice Esculapio, 2006. ISBN 88-7488-013-8. Dulbecco R., Ginsberg H.S, Virologia, Bologna, Zanichelli, 1993. ISBN 978-88-08-13838-5. Robbins e Cotran, Le basi patologiche delle malattie (7ª edizione), Torino - Milano, Elsevier Masson, 2008. ISBN 978-88-85675-53-7. • Abbas A.K., Lichtman A.H. e Pober J.S., Immunologia cellulare e molecolare, Padova, Piccin. 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I rapporti umani non trasmettono il virus Lega italiana per la lotta contro l'AIDS HLA-B • Truvada • Bugchasing HIV 39 Altri progetti • • Wikizionario contiene il lemma di dizionario «HIV» Commons (http://commons.wikimedia.org/wiki/Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altri file su HIV (http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:HIV?uselang=it) Collegamenti esterni • Centro Operativo AIDS (Istituto Superiore di Sanità) (http://www.iss.it/ccoa/) • AIDS nel Libro dell'anno (2007)" su Treccani.it (http://www.treccani.it/enciclopedia/ aids_(Il-Libro-dell'Anno)/) • Sito e learning sulle modalità di trasmissione/prevenzione dell'HIV (http://www.schivami.it/public/courses/ 01/) • FAQ del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/faqaids/faq.jsp) • (EN) HIV InSite (http://hivinsite.ucsf.edu) • (EN) UNAIDS: The Joint United Nations Programme on HIV/AIDS (http://www.unaids.org/en/) • (EN) Organizzazione Mondiale della Sanità: pagine sull'infezione da HIV (http://www.who.int/topics/ hiv_infections/en/) • (EN) HIV Medicine (http://www.hivmedicine.com) • (EN) HIV subtypes (http://www.hiv.lanl.gov/content/hiv-db/HelpDocs/subtypes-more.html) • (EN) Plwha.net (http://www.plwha.net) • HIV (http://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=13218) in « Tesauro del Nuovo Soggettario (http://thes. bncf.firenze.sbn.it/)», BNCF, marzo 2013. Portale Medicina Portale Microbiologia Epatite C 40 Epatite C Epatite C Virus dell'epatite C al microscopio elettronico Classificazione e risorse esterne ICD-9-CM ICD-10 (EN) 131 [1] (EN) B17.1 [2] , B18.2 [3] L'epatite C è una malattia infettiva, causata dall'Hepatitis C virus (HCV), che colpisce in primo luogo il fegato (epatite). L'infezione è spesso asintomatica, ma la sua cronicizzazione può condurre alla cicatrizzazione del fegato e, infine, alla cirrosi, che risulta generalmente evidente dopo molti anni. In alcuni casi, la cirrosi epatica potrà portare a sviluppare insufficienza epatica, cancro del fegato, varici esofagee e gastriche. L'HCV è trasmesso principalmente per contatto diretto con il sangue infetto, spesso dovuto all'uso di droghe per via endovenosa, a presidi medici non sterilizzati e trasfusioni di sangue. Si stima che circa 130-170 milioni di persone al mondo siano infettate dal virus dell'epatite C. L'esistenza dell'epatite C, in origine definita "epatite non A non B", è stata ipotizzata nel 1970 e confermata nel 1989. Il virus persiste nel fegato di circa l'85% delle persone infette. Questa infezione persistente può essere trattata con i farmaci interferone e ribavirina, che rappresentano la terapia di riferimento. Complessivamente il 50-80% dei pazienti trattati guarisce, mentre coloro che sviluppano cirrosi o cancro possono necessitare di un trapianto di fegato. Al 2012 nessun vaccino efficace contro l'epatite C è ancora disponibile. Storia A metà degli anni settanta, Harvey J. Alter, capo della sezione Malattie Infettive del Dipartimento di Medicina Trasfusionale presso lo statunitense National Institutes of Health, insieme al suo team di ricerca, dimostrò come la maggior parte dei casi di epatite post-trasfusionale non fossero causati dal virus dell'epatite A o B. Nonostante questa scoperta, gli sforzi di ricerca internazionali per identificare il virus, inizialmente chiamato epatite non A non B (NANBH), non ebbero successo per più di un decennio. Nel 1987, Michael Houghton, Qui-Lim Choo e George Kuo, della Chiron Corporation, in collaborazione con il dottor D.W. Bradley del Centers for Disease Control and Prevention (CDC), utilizzarono un nuovo approccio di clonazione molecolare per identificare il microrganismo sconosciuto e sviluppare quindi un test diagnostico. Nel 1988, l'esistenza del virus fu confermata da Alter verificandone la presenza in una serie di campioni NANBH e, nell'aprile 1989, la scoperta del virus HCV fu pubblicata in due articoli sulla rivista Science. La scoperta ha portato a significativi miglioramenti nella diagnosi e un migliore trattamento antivirale. Nel 2000, Alter e Houghton sono stati premiati con il Lasker Award for Clinical Medical Research per "lavoro pionieristico che ha portato alla scoperta del virus che causa l'epatite C e lo sviluppo di metodi di screening che hanno ridotto il rischio di trasfusione di sangue infetto da epatite negli Stati Uniti dal 30% nel 1970 quasi a zero nel 2000". Epatite C 41 Epidemiologia Si stima che vi siano circa 130-170 milioni di individui affetti da epatite C al mondo. Gli studi fanno ritenere, inoltre, che l'HCV sia responsabile, a livello mondiale, del 27% delle cirrosi epatiche e del 25% degli epatocarcinomi. In Italia vi sono circa 1 milione di persone infette con un'incidenza di 0,5 nuovi casi ogni 100.000 abitanti (nel 2004), in diminuzione, soprattutto nei giovani, grazie alla maggiore attenzione alle pratiche di sterilizzazione, all'impiego di materiali monouso in chirurgia e odontoiatria e al controllo delle trasfusioni. La coinfezione col virus HIV è comune e circa il 25% dei pazienti HIV positivi sono anche infettati da HCV. Sono disponibili test sierologici per rilevare la presenza dell'infezione. Inoltre la reazione polimerasica a catena (PCR) può essere usata per individuare il genotipo virale responsabile. Esistono diversi genotipi, distribuiti prevalentemente per area geografica; il genotipo 1a è il più comune in Nord America, mentre in Europa e in Italia il più diffuso è il tipo 1b. Distribuzione geografica mondiale della prevalenza dell'Epatite C nel 1999 (dati OMS) Disability-adjusted life year dell'epatite C nel 2004 per 100.000 abitanti (dati Organizzazione mondiale della sanitàOMS) La prevalenza dell'epatite C è alta in alcuni Stati dell'Africa e dell'Asia. Nazioni con alto tasso di infezioni includono: Egitto (22%), Pakistan (4.8%) e Cina (3.2%). Si ritiene che l'alta prevalenza in Egitto sia dovuta alla campagna di massa per la diagnosi di schistosomiasi in cui sono state utilizzate siringhe di vetro sterilizzate impropriamente. Eziologia Per approfondire, vedi Hepatitis C virus. L'agente eziologico dell'epatite C è l'hepatitis C virus (HCV), un virus dal diametro di 55-65 nm dotato di un pericapside a composizione prevalentemente lipidica e di un capside icosaedrico contenente una doppia molecola di RNA a filamento singolo con polarità positiva, lungo 9.100 nucleotidi. Si tratta di un appartenente al genere hepacivirus nella famiglia Flaviviridae. Sebbene sia noto che esistono diversi genotipi del virus, non esiste una classificazione universalmente accettata; quella più utilizzata, recepita dall'OMS, ne prevede 11, mentre altre ne identificano tra i 4 e i 7. Negli Stati Uniti, circa il 70% Microfotografia di un virus dell'epatite C (scala = 50 nm). dei casi sono relativi al genotipo 1, il 20% dal genotipo 2 e circa l'1% in ciascuno degli altri genotipi. Il genotipo 1 è anche il più comune in Sud America e in Europa. In tutto sono stati identificati circa un centinaio di ceppi virali. Epatite C 42 Trasmissione Nel mondo sviluppato, la via di trasmissione principale del virus è legata all'uso di droghe per via endovenosa, mentre nei paesi in via di sviluppo le cause maggiori sono le trasfusioni di sangue non sicure e le procedure mediche. Nel 20% dei casi, la causa di trasmissione rimane comunque sconosciuta; tuttavia si ritiene che la maggior parte di esse sia comunque legata alle iniezioni di sostanze stupefacenti. Consumo di droga per via endovenosa L'utilizzo di droghe per via endovenosa è un importante fattore di rischio per l'epatite C in molte parti del mondo. Dei 77 paesi esaminati, 25 hanno evidenziato una prevalenza tra il 60% e l'80% di epatite C nella popolazione facente uso di questo tipo di droghe e in dodici si sono registrati tassi superiori all'80%. Si ritiene che dieci milioni di consumatori di sostanze stupefacenti per via iniettiva siano infetti da epatite C: Cina (1,6 milioni), Stati Uniti (1,5 milioni) e Russia (1,3 milioni) hanno i tassi assoluti più alti. La presenza di epatite C tra i detenuti negli Stati Uniti è da dieci a venti volte superiore a quella riscontrabile nella popolazione generale, questo è stato attribuito a comportamenti ad alto rischio che avvengono nelle carceri come le iniezioni di droga e i tatuaggi con attrezzature non sterili. Trasmissione dell'epatite C secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention statunitense Esposizione legata a procedure mediche Le trasfusioni di sangue e i trapianti d'organi, in assenza di un controllo preventivo sulla presenza di HCV, sono procedure che comportano un alto rischio di infezione. Gli Stati Uniti, nel 1992, hanno istituito uno screening universale sulle sacche di sangue trasfuse e il rischio è diminuito da 1 su 10.000 a 1 su 10.000.000 per unità di sangue. Il Canada aveva istituito lo screening universale già nel 1990. Questo rischio, per quanto basso, è sempre presente per via di un periodo di tempo di circa 11-70 giorni (a seconda del metodo con cui si esegue il controllo) tra il possibile contagio del potenziale donatore e la capacità di rilevare il virus nel suo sangue. Alcuni paesi del mondo ancora non effettuano i dovuti controlli, a causa del loro elevato costo. Coloro che si pungono accidentalmente con un ago già venuto a contatto con un paziente HCV positivo, hanno una probabilità di circa l'1,8% di contrarre l'infezione. Il rischio è maggiore se la puntura avviene in profondità. Vi è anche un modesto rischio di trasmissione tra il sangue e le mucose, mentre è assente se l'esposizione del sangue avviene sulla cute integra. È stato provato che anche i presidi sanitari possono essere una causa di trasmissione di epatite C, se non vengono utilizzate adeguate precauzioni. Le limitazioni all'applicazione di rigorose e uniformate precauzioni in strutture mediche e odontoiatriche pubbliche e private sono note per essere la causa principale della diffusione del virus in Egitto, il paese con più alto tasso di infezione nel mondo. Trasmissione sessuale Il virus dell'epatite C, sebbene con frequenza di gran lunga inferiore a quella del virus dell'epatite B e/o dell’HIV, si trasmette per via sessuale. Tale trasmissione avviene solo se durante l'atto vi è scambio di sangue. Non sono infettanti né lo sperma, né la saliva, né le secrezioni vaginali. Il rischio è minore nei partner monogami sia eterosessuali, sia omosessuali, rispetto ai soggetti con numerosi partner sessuali. La coinfezione HIV–HCV aumenta il rischio di trasmissione sessuale di HCV. Altri fattori potenzialmente in grado di aumentare il rischio di infezione sono la presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili, quali Herpes simplex labiale e genitale, gonorrea e trichomoniasi vaginale. Il governo degli Stati Uniti raccomanda solo l'uso del preservativo per prevenire la trasmissione dell'epatite C negli individui con partner multipli. Epatite C 43 Piercing Alla pratica della tatuazione è associato un rischio da due a tre volte maggiore di contrarre l'epatite C rispetto alla popolazione generale. Questo può essere dovuto a uso di apparecchiature impropriamente sterilizzate o alla contaminazione dei coloranti utilizzati. I tatuaggi e i piercing eseguiti prima metà degli anni 1980 o in strutture non professionali destano una maggior preoccupazione, poiché i requisiti di sterilità, in tali contesti, possono essere mancati. Il rischio sembra essere maggiore per i tatuaggi più grandi. Si stima che quasi la metà dei detenuti abbiano utilizzato attrezzature per tatuaggi non sterili. Nelle strutture autorizzate è comunque raro poter contrarre un'infezione da HCV. Trasmissione parenterale inapparente Per approfondire, vedi Via parenterale inapparente. Oggetti per la cura personale, come rasoi, spazzolini da denti e attrezzature per la manicure o pedicure, possono essere contaminati con il sangue. La loro condivisione può portare all'esposizione al virus HCV. Un'appropriata cautela deve essere assunta in qualsiasi situazione in cui vi sia una perdita di sangue. L'HCV non si diffonde attraverso il contatto casuale, come ad esempio abbracci, baci o con la condivisione di utensili da cucina. Trasmissione verticale Per approfondire, vedi Trasmissione verticale. La trasmissione verticale del virus dell'epatite C da una madre infetta al suo bambino avviene in meno del 10% delle gravidanze. Non vi sono misure preventive che modifichino tale rischio. Non è chiaro in quale momento della gravidanza possa avvenire la trasmissione, ma sembra che possa verificarsi sia durante la gestazione, sia al momento del parto. Non vi è alcuna prova che l'allattamento al seno possa essere causa di trasmissione del virus, tuttavia, a scopo cautelativo, si consiglia di evitarlo se i capezzoli sono sanguinanti, o se la carica virale risulti elevata. Epatite C 44 Clinica Infezione acuta L'infezione da epatite C provoca sintomi acuti nel 15% dei casi. Essi sono generalmente lievi e vaghi, tra cui una riduzione dell'appetito, stanchezza, nausea, dolori articolari o muscolari e perdita di peso. La maggior parte dei casi di infezione acuta è accompagnata da ittero. L'infezione si risolve spontaneamente nel 10-50% dei casi e più frequentemente in individui giovani e di sesso femminile. Infezione cronica Circa l'80% delle persone esposte al virus sviluppano un'infezione cronica. La maggior parte prova pochi o nessun sintomo durante i decenni iniziali dall'infezione, generalmente solo un Lo schema illustra le possibili progressioni dell'infezione da virus HCV. Si noti l'aumento po' di affaticamento. Dopo numerosi di probabilità di sviluppare scompenso epatico o epatocarcinoma se vi è una coinfezione anni, l'epatite C cronica può portare con virus HIV o se il soggetto è un forte consumatore di alcool. allo sviluppo di cirrosi epatica e cancro al fegato. Circa il 10-30% delle persone manifesta cirrosi dopo oltre 30 anni di malattia, in particolar modo i pazienti coinfettati con epatite B o HIV, alcolisti e di sesso maschile. Coloro che sviluppano cirrosi hanno un rischio 20 volte maggiore di carcinoma epatocellulare, e se questi sono anche forti consumatori di alcool, il rischio diventa 100 volte maggiore. L'epatite C è causa, in tutto il mondo, del 27% dei casi di cirrosi epatica e del 25% dei casi di carcinoma epatocellulare. La cirrosi epatica può condurre a ipertensione portale, ascite (accumulo di liquido nell'addome), ecchimosi o sanguinamento, varici (vene dilatate, soprattutto nello stomaco ed esofago), ittero, e una sindrome da deficit cognitivo conosciuta come encefalopatia epatica. Si tratta di una condizione che può richiedere il trapianto di fegato. Epatite C 45 Segni e sintomi extraepatici L'epatite C è raramente associata alla sindrome di Sjögren, una malattia autoimmune, a trombocitopenia, a lichen planus, al diabete mellito e a malattie linfoproliferative. La presenza di trombocitopenia è stimata tra lo 0,16% e il 45,4% delle persone con epatite cronica da HCV. Sono state segnalate anche correlazioni con la prurigo nodularis e la glomerulonefrite membrano-proliferativa. Diagnosi Vi sono una serie di test diagnostici per l'epatite C, tra cui: il test ELISA, il test Western blot e la verifica della presenza di RNA virale tramite reazione a catena della polimerasi (PCR) L'RNA del virus può essere rilevato tramite PCR tipicamente da una a due settimane dopo l'infezione, mentre la formazione degli anticorpi può richiedere più tempo e quindi inizialmente possono non essere rilevati. L'epatite C cronica è definita come l'infezione da virus dell'epatite C, individuato in base alla presenza del suo RNA, persistente per più di sei mesi. Le infezioni croniche sono in genere asintomatiche durante i primi decenni e quindi vengono più frequentemente scoperte in seguito ad indagini effettuate dopo una rilevazione di elevati livelli di enzimi epatici o nel corso di un'indagine di screening in individui ad alto rischio. Il test non è in grado di distinguere tra infezioni acute e croniche. Modello sierologico dell'infezione da HCV in caso di guarigione. Si nota la normalizzazione degli enzimi epatici (ALT), dopo la scomparsa del virus, ed la persistenza degli anticorpi anti-HCV (fonte: CDC). Diagnosi sierologica Il test per l'epatite C tipicamente inizia con l'analisi del sangue per rilevare la presenza di anticorpi contro l'HCV grazie ad un test immunoenzimatico. Se questa verifica ha esito positivo, un test di conferma viene quindi eseguito per verificare l'immunodosaggio e per determinare la carica virale. L'immunodosaggio è valutato mediante un test immunoenzimatico ricombinante, mentre la carica virale viene invece determinata tramite una reazione a catena della polimerasi effettuata sull'RNA del virus HCV. Sono necessarie circa 6-8 settimane dall'infezione affinché l'immunodosaggio dia risultato positivo. Modello sierologico dell'infezione da HCV in caso di cronicizzazione (fonte: CDC). Gli enzimi epatici, in particolar modo l'alanina transaminasi (ALT), sono variabili durante il periodo iniziale dell'infezione e in media iniziano a salire a partire dalla 7ª settimane successiva all'infezione. Il dosaggio degli enzimi epatici è quindi scarsamente correlabile alla gravità della malattia. Biopsia Per approfondire, vedi Biopsia epatica. Biopsie epatiche vengono utilizzate per determinare il grado di danno al fegato, tuttavia la procedura comporta dei rischi e nell'1-5% dei casi richiede l'ospedalizzazione. I cambiamenti tipici osservati sono un'infiltrazione linfocitaria all'interno del parenchima epatico, la presenza di follicoli linfoidi localizzati a livello della triade portale e l'alterazione dei dotti biliari. Vi sono anche un certo numero di esami del sangue disponibili per tentare di determinare il grado di fibrosi epatica e diminuire la necessità di effettuare biopsie. Epatite C 46 Trattamento Il virus dell'epatite C porta ad una infezione cronica nel 50-80% delle persone che lo contraggono, delle quali circa il 40-80% viene trattato. In rari casi, l'infezione può risolversi senza alcun trattamento. Ai pazienti affetti da epatite C cronica, si consiglia di evitare l'assunzione di alcool e di farmaci tossici per il fegato. È raccomandata inoltre la vaccinazione contro l'epatite A e l'epatite B. Ecografie di sorveglianza per il carcinoma epatocellulare sono raccomandate nei pazienti che sviluppano cirrosi. Trattamento farmacologico In generale, il trattamento farmacologico è consigliato nei pazienti con alterazioni epatiche provocate dal virus. Il trattamento di riferimento è una combinazione di interferone alfa pegilato e ribavirina, da assumersi per un periodo di 24 o 48 settimane, a seconda del genotipo del virus HCV. Si è osservato che questa terapia porta a miglioramenti nel 50-60% dei casi. Struttura della molecola di ribavirina. Per il genotipo 1 ed il genotipo 4, considerati meno sensibili all'interferone, un ruolo importante nella risposta alla terapia è giocato dalla carica virale nel sangue prima dell'inizio della cura. Nel corso del 2011, sono stati approvati due nuovi farmaci antivirali, il boceprevir e il telaprevir, che andranno ad affiancare l'interferone e la ribavirina contro i genotipi più difficili da trattare, in particolar modo il genotipo 1, portando il tasso di guarigione dal 40% al 70%. Gli effetti collaterali del trattamento sono frequenti, con la metà dei pazienti che avverte sintomi di tipo influenzali e con un terzo che presenta problemi emotivi. Il trattamento che avviene durante i primi sei mesi risulta più efficace rispetto a quando l'epatite C diventa cronica. Nei pazienti affetti da talassemia, la ribavirina sembra essere utile, ma aumenta la necessità di trasfusioni. Diverse terapie alternative sono rivendicate dai loro fautori per essere utili per l'epatite C, come l'utilizzo di cardo mariano, ginseng o argento colloidale. Tuttavia, nessuna terapia alternativa ha dimostrato di migliorare i risultati per il trattamento dell'epatite C e non esiste alcuna prova che queste terapie abbiano alcun effetto sul virus. Prognosi La risposta al trattamento varia in base al genotipo del virus ed è definita come la discesa dei livelli di RNA virale a valori non rilevabili dopo 24 settimane dalla sospensione del farmaco. Nel 40-50% delle persone con HCV di genotipo 1, la risposta avviene dopo 48 settimane di trattamento. In quelle con genotipo 2 e 3 la risposta si presenta invece dopo 24 settimane dall'inizio della cura per il 70-80% di esse, mentre per il genotipo 4 la risposta avviene nel 65% dei pazienti a 48 settimane. Per la risposta alla terapia nei pazienti affetti da virus con genotipo 6, non si hanno ancora dati certi, ma sembra che si avvicini alle tempistiche valide per i pazienti colpiti dal genotipo 1. Prevenzione Al 2012, non è ancora disponibile un vaccino efficace nella prevenzione dall'infezione da parte del virus dell'epatite C, tuttavia alcuni sono in fase di sviluppo e i primi risultati sono incoraggianti. Una combinazione di strategie per la riduzione del rischio, come l'utilizzo di aghi e siringhe monouso, hanno fatto diminuire del 75% il rischio di trasmissione di epatite C nei tossicodipendenti per via iniettiva. Nei paesi in cui c'è un insufficiente fornitura di siringhe sterili, i farmaci dovrebbero essere somministrati preferibilmente per os piuttosto che con iniezioni, al fine di ridurre il rischio di trasmissione interumana. Epatite C Si ritiene che solo il 5-50% delle persone infettate negli Stati Uniti e in Canada diventi consapevole della propria situazione. Il test di screening è raccomandato nei soggetti ad alto rischio, tra i quali quelli che hanno tatuaggi. ed è consigliato anche negli individui che presentano un aumento ingiustificato degli enzimi epatici, dal momento che questa condizione è spesso l'unico segno di epatite cronica. Lo screening di routine, tuttavia, non è previsto negli Stati Uniti. Lo screening dei donatori di sangue, invece, è fondamentale e aderisce alle precauzioni universali suggerite alle strutture sanitarie. Stato della ricerca Al 2011, vi sono circa 100 farmaci in sviluppo per l'epatite C. Questi includono, tra gli altri, vaccini, immunomodulatori e gli inibitori della ciclofilina. Questi potenziali nuovi trattamenti sono stati sviluppati in seguito ad una migliore conoscenza del virus dell'epatite C. Note [1] http:/ / www. icd9data. com/ getICD9Code. ashx?icd9=131 [2] http:/ / www. icd10data. com/ ICD10CM/ Codes/ B17-/ B17. 1 [3] http:/ / www. icd10data. com/ ICD10CM/ Codes/ B18-/ B18. 2 Bibliografia • aa.vv., Patologia medica Piccin. Aggiornamento 1989 (http://books.google.com/books?id=h6Fwq2UHlwQC& pg=PA57), PICCIN, 1989, pp. 57–. ISBN 978-88-299-0793-9. • Luigi Grazioli; Lucio Olivetti, Diagnostica per immagini delle malattie del fegato e delle vie biliari (http:// books.google.com/books?id=FLa0FhnyMEYC&pg=PA497), Elsevier srl, 2005, pp. 497–. ISBN 978-88-214-2729-9. • Mauro Moroni; Roberto Esposito; Fausto De Lalla, Malattie infettive (http://books.google.com/ books?id=dERPKnbk9LUC&pg=PA585), Elsevier srl, 2008, pp. 585–. ISBN 978-88-214-2980-4. • Michele Stefani, Lezioni di anatomia patologica (http://books.google.com/books?id=cUCpWrCrAL4C& pg=PA380), PICCIN, 1996, pp. 380–. ISBN 978-88-299-1184-4. • S. 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File:Cerebral lobes.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Cerebral_lobes.png Licenza: GNU Free Documentation License Autori: Kersti Nebelsiek, OldakQuill, Was a bee, Wyglif File:Asclepius_staff.svg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Asclepius_staff.svg Licenza: Public Domain Autori: AnonMoos, Lusanaherandraton, Popolon, VIGNERON, 2 Modifiche anonime Immagine:Genitali femminili.gif Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Genitali_femminili.gif Licenza: GNU Free Documentation License Autori: Utente:Paolo.santamato Immagine:Spider internal anatomy-it Repro.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Spider_internal_anatomy-it_Repro.png Licenza: Creative Commons Attribution 3.0 Autori: User:Maxcip, User:Pbroks13, User:Yiyi Immagine:Apparato genitale femminile.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Apparato_genitale_femminile.png Licenza: Public Domain Autori: Original uploader was Wizard at it.wikipedia File:VaginalOpening.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:VaginalOpening.png Licenza: GNU Free Documentation License Autori: Hariadhi (myself) File:DNA.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:DNA.png Licenza: Public Domain Autori: Original uploader was Giac83 at it.wikipedia File:Candida albicans PHIL 3192 lores.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Candida_albicans_PHIL_3192_lores.jpg Licenza: sconosciuto Autori: CDC/Dr. William Kaplan File:Human tongue infected with oral candidiasis.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Human_tongue_infected_with_oral_candidiasis.jpg Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 3.0 Autori: James Heilman, MD File:Candida albicans.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Candida_albicans.jpg Licenza: GNU Free Documentation License Autori: Y tambe Image:Esophageal candidiasis (2) PAS stain.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Esophageal_candidiasis_(2)_PAS_stain.jpg Licenza: Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported Autori: KGH File:Clotrimazole-3D-balls.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Clotrimazole-3D-balls.png Licenza: Public Domain Autori: Benjah-bmm27, Fvasconcellos File:Crystal Clear app virus detected.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Crystal_Clear_app_virus_detected.png Licenza: GNU Lesser General Public License Autori: Everaldo Coelho and YellowIcon File:SOA-Herpes-genitalis-female.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:SOA-Herpes-genitalis-female.jpg Licenza: GNU Free Documentation License Autori: Agnersales, Dirk Hünniger, Docu, Encephalon, Gambo7, GerardM, Russavia File:SOA-Herpes-genitalis-male.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:SOA-Herpes-genitalis-male.jpg Licenza: GNU Free Documentation License Autori: Docu, Encephalon, GerardM, Russavia, Vonvon, 1 Modifiche anonime File:Information-silk.svg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Information-silk.svg Licenza: Creative Commons Attribution 2.5 Autori: Information-silk.png: Mark James derivative work: KSiOM(Talk) Immagine:ChlamydiaTrachomatisEinschlusskörperchen.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:ChlamydiaTrachomatisEinschlusskörperchen.jpg Licenza: Public Domain Autori: User Marcus007 on de.wikipedia File:WikiSpecies notext.svg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:WikiSpecies_notext.svg Licenza: logo Autori: user:Lycaon File:Treponema pallidum.jpg Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Treponema_pallidum.jpg Licenza: Public Domain Autori: Photo credit: Content providers(s): CDC / Dr. David Cox File:Syphilis false shame and fear may destroy your future.png Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Syphilis_false_shame_and_fear_may_destroy_your_future.png Licenza: Public Domain Autori: Erik Hans Krause, born 1899, artist, in employ of Works Progress Administration. 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