L’ARTE DI BANKSY: UNA CRITICA AL “SISTEMA” CONTEMPORANEO
Alla mia metà e compagno nella vita, Gio
Ringraziamenti
Questa tesi di laurea è stata per me sia un piacere, sia una sfida, che mi ha messo alla prova sotto vari
punti di vista: non solo durante il lavoro di stesura, traduzione e analisi delle scelte traduttive, ma
anche perché ho dovuto cercare materiale e documentarmi in Inghilterra, dove mi sono recata per un
programma di studio Erasmus finalizzato alle ricerche per la tesi. A questo proposito, un sentito
ringraziamento va a quanti hanno reso possibile la mia permanenza all’estero, all’Università degli
Studi di Firenze, all’Università di Bristol e all’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio
Universitario della Toscana. Desidero ringraziare la relatrice del mio lavoro, la prof.ssa Lucilla Saccà,
e la correlatrice, la prof.ssa Christine Diane Richardson, che si sono occupate della correzione,
dandomi preziosi consigli. Grazie per la vostra saggezza, gentilezza e disponibilità. Un grazie di cuore
ad Ann, per avermi accolta e ospitata come una figlia durante i mesi in Erasmus. Ringrazio i miei cari
per avermi sempre sostenuta, anche nei momenti più difficili, in special modo la mia dolce metà, a cui
dedico questo lavoro. Grazie per il tuo amore, la comprensione e la pazienza, che mi hanno
accompagnata verso il traguardo di questi anni di studio. Durante questo cammino insieme, mi hai
dato tanta forza e senza di te non sarei mai diventata come sono oggi.
Indice
5
Premessa
6
Introduzione
Il sovvertimento dell’ordine urbano come fondamento della Street Art:
il Muro di Christo
11
La Difesa della Natura di Joseph Beuys
16
I. L’arte di strada: le origini e gli scopi
26
I. 1. La grande libertà espressiva dell’arte di strada
34
I. 2. Una panoramica della Street Art nel mondo
57
II. La critica sociale di Banksy: un apporto fondamentale alla Street Art
59
II. 1. I temi, la tecnica e le influenze
64
II. 2. Il lavoro di Banksy come critica al “sistema” contemporaneo
Traduzioni degli scritti di Banksy
I
Estratti da Banksy, Banging Your Head Against a Brick Wall (2001)
VIII
Estratti da Banksy, Existencilism (2002)
XIV
Estratti da Banksy, Cut it Out (2004)
1
Commenti alla traduzione
2
I giochi di parole di Banksy
16
La traduzione del verbo paint
17
La traduzione del pronome personale you
21
Il tono di Banksy
25
Lo stile colloquiale
31
La visione maschilista
33
I detti popolari
Bibliografia
Premessa
Fin dall’infanzia, la storia dell’arte è una delle mie più grandi passioni e prima di
partire per un programma di studio Erasmus a Bristol, in Inghilterra, ho voluto
fare una ricerca sulle opere d’arte nella città. E’ così che ho scoperto lo street
artist Banksy. Mi sono incuriosita molto quando ho letto che è una delle
personalità artistiche più influenti della nostra epoca.
I lavori di quest’artista inglese mi hanno colpito per la forza espressiva delle
composizioni figurate, provocatorie e poetiche, divertenti e sottili al tempo stesso.
Quando a Bristol e a Londra ho notato la grande forza comunicativa delle sue
opere, infatti, ho avuto l’impressione che prendessero vita e dicessero: «Ehi,
siamo qui!».
Il carattere satirico con cui l’artista di Bristol, attento osservatore delle dinamiche
sociali, affronta le tematiche attuali, come la crisi economica, la guerra o il
bullismo, rende i suoi graffiti unici. Mi sono interessata alla sua arte sempre più,
tanto che ho deciso che Banksy sarebbe stato l’argomento principale di questa tesi
di laurea.
Oltre ad aver nutrito fin da subito un forte interesse per le opere di questo famoso
artista, mi sono avvicinata al tema, poiché molti dei testi su cui ho studiato, trovati
anche durante la mia ricerca bibliografica in Inghilterra, sono scritti in inglese, che
da sempre mi affascina e ho scelto come lingua principale per il mio corso di
Laurea Magistrale, con curriculum in Teoria e Pratica della Traduzione Letteraria.
Grazie a questa tesi di laurea, quindi, ho avuto modo di mettere in pratica i metodi
traduttivi che ho appreso durante i corsi universitari e utilizzare le mie conoscenze
linguistiche, specialmente per tradurre in italiano gli scritti dell’artista.
Questa tesi si compone di tre parti: nella prima si trova una panoramica della
Street Art; la seconda, invece, si focalizza su Banksy e i suoi lavori, considerati
vere e proprie opere d’arte; l’ultima consiste di traduzioni inedite in italiano dei
libri dell’artista Banging Your Head Against a Brick Wall, Existencilism e Cut it
Out e comprende anche i commenti alle traduzioni.
5
Introduzione
Il sovvertimento dell’ordine urbano come fondamento della Street Art:
il Muro di Christo
Dall’alba della modernità a oggi, la città ha subito una radicale trasformazione, sul
piano di una rivoluzione estetica del quotidiano presente non solo in Europa, ma
in tutto il mondo: in Occidente, ma anche in Oriente, soprattutto in Giappone e in
Cina, dove è maturata una cultura fatta di fumetti manga, gadget e tv, in India e in
Paesi emergenti, come Brasile e Messico.
Alle porte della modernità, la città era concepita come caos liberatorio ed era
identificata con l’idea stessa della libertà: tanto che, in epoca comunale, in
Germania c’era il detto Stadtluft macht frei (L’aria della città rende liberi)1. La
città era anche considerata un luogo prediletto, dal quale l’artista poteva trarre
ispirazione. Nel Primo Manifesto del Futurismo, pubblicato su “Le Figaro” nel
1909, e nel Manifesto dei pittori futuristi dell’anno seguente, infatti, Marinetti
esaltava il paesaggio urbano come fonte d’ispirazione2, come pure Baudelaire
aveva fatto qualche decennio prima3. All’alba della modernità, la città come luogo
di una vita non programmata e non condizionata dai ritmi produttivi del lavoro,
della mercificazione, del denaro, era anche il luogo di un approccio non
convenzionale all’esistenza: questa concezione del paesaggio urbano avrebbe
segnato l’arte, la letteratura e il cinema dei decenni a venire.
1
In questo contesto, il processo d’industrializzazione acquista particolare importanza. Dal XVII
secolo, infatti, in Europa (in particolare in Germania e in Gran Bretagna) la società passa
gradualmente da uno stadio rurale a uno industriale, con un conseguente abbandono delle
campagne e insediamento crescente nelle città, a favore del lavoro nelle fabbriche. Lo spazio
urbano, dunque, è inteso come centro della produzione industriale, del progresso e quindi della
vita.
2
“Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le
maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne” (Manifesto del
Futurismo, 1909).
E’ importante sottolineare che in Italia la rivoluzione industriale ebbe inizio alla fine
dell’Ottocento, in netto ritardo rispetto agli altri paesi europei. Sono questi gli anni in cui in Italia
si assiste a questo processo di cambiamento significativo che porta all’inurbamento, alla
modernizzazione e al progresso economico. Proprio come in tutti gli altri stati europei, nasce,
inoltre, l’idea della città come luogo della produzione e della vita.
3
Da À une passante (I Fiori del Male, 1857): “la rue assourdissante autour de moi hurlait” (la
strada intorno a me assordava di schiamazzo). Da un’altra poesia estratta da I Fiori del Male, Les
Sept Vieillards (I Sette Vecchietti): “fourmillante cité, cité pleine de rêves, où le spectre en pleine
jour raccroche le passant!” (città formicolante, città piena di sogno, dove lo spettro di giorno ferma
il passante!).
6
Come già accennato in precedenza, dalla modernità a oggi, però, la città è
cambiata radicalmente: non è più congruente a un progetto organico, ma è
caratterizzata
da
uno
sviluppo
disordinato,
basato
sul
frammento
e
sull’inconciliabilità degli stili, con orrori architettonici e edifici pubblici mai
terminati. La città ha ormai perso il fascino di centro propulsivo di energie
creative ed è incapace di comunicare, di diventare centro di cultura, tanto da
essere dominata dalla noia: la noia intellettuale, creativa e reale degli abitanti.
A questo proposito, a cinquant’anni di distanza dal futurismo, nel primo numero
del bollettino pararivoluzionario l’Internazionale Situazionista del giugno 1958, il
movimento d’avanguardia del situazionismo già profetizzava nel Formulario per
un nuovo urbanesimo:
Nella città ci annoiamo. Non c’è più il tempo del sole. Tra le gambe delle passanti
i dadaisti avrebbero voluto trovare una chiave a stella e i surrealisti una coppa di
cristallo. Tutto questo è andato perduto. Sappiamo leggere sui visi tutte le
promesse, ultimo stadio della morfologia. La poesia dei manifesti è durata
vent’anni. Ci annoiamo nella città4.
Il situazionismo si proponeva di tornare ad agire sulla realtà5, soprattutto sul
territorio urbano, cercando una via d’uscita da un’esistenza programmata in tutti i
suoi aspetti. Questo movimento d’avanguardia si basava sulla teoria della deriva e
sulla psicogeografia, che permettono di attuare un’analisi scientifica degli effetti
prodotti da un determinato ambiente geografico sulle azioni degli individui. Il
profeta del situazionismo, Guy Débord, definì così la teoria della deriva:
Una o più persone che si lasciano andare alla deriva rinunciano per una durata di
tempo più o meno lunga alle ragioni di spostarsi e di agire che sono loro
generalmente abituali, concernenti i lavori, le relazioni e gli svaghi che sono loro
propri, per lasciarsi andare alle sollecitazioni del terreno e degli incontri che vi
corrispondono6.
Débord spiegò che il fine del situazionismo è la “costruzione di situazioni”, che
“comincia al di là del crollo della moderna nozione di spettacolo”7. Secondo
4
Formulario per un nuovo urbanesimo, Internazionale Situazionista, 1958.
Prima del situazionismo, anche il lettrismo si proponeva lo stesso scopo. Creato nel 1946 da
Isidor Isou, esso era concentrato sulla critica dei processi artistici riguardo alla mancanza
d’incidenza sull’esistenza quotidiana, dunque sullo spazio fisico.
6
Débord Guy, Rapport sur la construction des situations et sur les conditions de l’organisation et
de l’action de la tendence situationniste internationale, Allia, Parigi 1957.
7
Riva Alessandro (a cura), Street Art, Sweet Art. Dalla cultura hip hop alla generazione pop up
(cat. mostra), Milano, Padiglione d’Arte Contemporanea, 8 marzo-9 aprile 2007, Skira, Milano
2007.
5
7
Débord, infatti, il non intervento del pubblico nello spettacolo costituisce uno dei
grandi problemi dell’arte: si deve, quindi, cercare di trascinare lo spettatore
nell’attività, sollecitando la sua capacità di cambiare la vita8. La questione di far
entrare il fruitore nell’attività, su cui si concentra Débord, caratterizza tuttora
l’arte contemporanea: lo spettatore è oggi sia spettatore che attore, sempre
secondo un gioco che non ha deciso lui9.
Tuttavia, il tentativo del situazionismo, sul piano della pratica artistica, per
eliminare la noia e cambiare dall’interno la vita quotidiana si rivelò solo un
grande insuccesso. Le teorie lettriste prima, e situazioniste poi, furono
affascinanti, ma del tutto utopiche.
Un esempio di sovvertimento dell’ordine urbano, come rottura dei codici e delle
relazioni convenzionali instaurati nella vita della città, in cui il fruitore dell’opera
d’arte ha un ruolo di attiva partecipazione, è il Muro temporaneo di barili
metallici di Christo, il famoso impacchettatore di monumenti. Egli ha raggiunto
fama internazionale proprio grazie a quest’opera, nonostante avesse già una
galleria d’arte in quegli anni. Questo tentativo non fa, però, parte delle esperienze
situazioniste, sebbene sia ben riuscito. L’opera in questione risale al 1962, ma è
stata progettata l’anno prima, un mese dopo la costruzione del muro di Berlino,
cui chiaramente s’ispirò l’artista. Il muro doveva essere realizzato in rue Visconti
a Parigi, in modo da chiudere completamente la strada al traffico.
8
A questo proposito, la conferenza di Marcel Duchamp del 1957 è significativa. L’artista pose
l’accento sull’importanza della ricezione, dichiarando: “ce sont les REGARDEURS qui font les
tableaux” (sono gli OSSERVATORI che fanno i quadri). Questa dichiarazione introduce il termine
osservatore, poco usato fino a quel momento, al centro del dibattito estetico. Lo spettatore, per
Duchamp, ha quindi un ruolo decisivo nell’atto creativo, perché “stabilisce il contatto tra l’opera e
il mondo esterno decodificandone e interpretandone le determinazioni profonde”. Egli contribuisce
perciò moltissimo al processo creativo. Questa concezione feconda della ricezione estetica è stata
assimilata dagli artisti, che si sono spesso sforzati di coinvolgere e spingere gli spettatori a
partecipare al processo di creazione.
9
Il successo del termine regardeur, introdotto da Duchamp nel ’57, porta gli artisti all’idea che lo
spettatore possa entrare in sintonia con il processo di creazione. Credono, inoltre, che si possa
arrivare a un’interazione tra artista e spettatore: l’interattività. Il coinvolgimento del pubblico nel
processo creativo diventa così cruciale: alcuni artisti invitano il pubblico ad assistere al loro
lavoro, altri promuovono gli spettatori al ruolo di protagonisti, avvalendosi delle forme di
creazione artistica che eliminano ogni distinzione netta tra creazione e ricezione e la distanza tra lo
spettatore e l’opera, come l’happening. Il fine è di liberare lo spettatore dall’accettazione passiva
non solo di quanto gli s’impone come arte, ma di un intero sistema di vita, ricollegandosi così agli
obiettivi del situazionismo.
8
Christo, Muro temporaneo di barili metallici, rue Visconti, Parigi, 1962.
L’artista cercò di ottenere il permesso di chiudere la strada per costruire il suo
muro di barili, ma non ci riuscì neppure con una lettera al Presidente della
Repubblica. Nelle risposte delle autorità, dietro a motivi burocratici si celava
probabilmente il giudizio negativo sull’opera e quindi emergeva tutta l’ipocrisia
del potere, disposto a chiudere interi quartieri se lo richiedeva la legge di
Hollywood o della moda. Quando Christo decide di chiudere la via con il suo
simbolico muro di barili, lo fa quindi illegalmente, affittando un camion pieno di
barili, un operaio che lo aiuta a scaricarli e procedendo alla costruzione in pieno
giorno, nell’ora di maggior traffico. In Christo e Jeanne-Claude. Una biografia10,
si racconta come il muro fu costruito in meno di trenta minuti. Il primo poliziotto
arrivò mentre Christo e i suoi aiutanti stavano ancora scaricando i barili, osservò
allibito quell’agitazione frenetica e chiese alla compagna di Christo, JeanneClaude: «Che roba è?». Lei sorrise e rispose: «E’ un’opera d’arte». Il poliziotto
ribatté che era proibito e ordinò di sospendere la costruzione. Jeanne-Claude,
però, non fece una piega e gli rispose che non poteva interferire, perché l’opera
d’arte non era ancora finita. Spiegò che si trattava di un’attività legale e
temporanea. Quando il poliziotto tornò accompagnato dai suoi superiori, la
situazione era ormai diventata ingestibile. Christo e i suoi aiutanti avevano finito
di costruire il muro di barili e, nel frattempo, si era radunata molta gente che
pareva divertirsi un mondo, i giornalisti avevano trovato la notizia del giorno e
una barricata francese era passata alla storia. Gli abitanti del quartiere ebbero
reazioni diverse: molti erano sconvolti, altri divertiti. Le cronache raccontano
anche che un uomo buttò un secchio pieno di urina giù dalla finestra, che investì
in pieno Pierre Restany.
10
Chernow Bur, Christo e Jeanne-Claude. Una biografia, Skira, Milano 2001.
9
Questo resoconto è esemplare e simbolico, perché rappresenta una ricerca che
diventa un’arte di disturbo, di sovvertimento, che si riallaccia alle grandi utopie
d’intervento diretto sulla vita urbana.
Il compito principale di quest’arte è di mettere in crisi le nostre certezze sul modo
in cui viviamo la città.
Un muro di barili che blocca una strada senza alcun motivo utilitaristico è in
fondo più efficace di tanti discorsi sul rapporto tra l’arte e il contesto urbano, per
la sua semplicità e immediatezza. La forza dirompente di quest’opera è data dal
fatto che tutti gli spettatori, in un modo o nell’altro, ne sono coinvolti: da una
parte, infatti, ci sono i cittadini che incoraggiano l’artista a costruire un muro
inutile in mezzo a una strada; dall’altra ci sono i cittadini che protestano,
chiamano la polizia e arrivano persino a tirare un secchio pieno di urina su Pierre
Restany. Le loro reazioni, comunque, non sono stereotipate, poiché l’opera stessa
rifugge dalle categorie tradizionali. Gli spettatori, dunque, non hanno un ruolo di
contemplazione passiva, ma anzi di partecipazione attiva all’opera. L’assoluta
inutilità del lavoro, il suo creare un disturbo alla normale attività urbana senza uno
scopo preciso, genera uno spiazzamento nel pubblico, una rottura dei codici di
reazione tradizionali.
In questa sua prima opera di sovvertimento dell’ordine urbano, quindi, Christo
mise in campo questo senso di spiazzamento, attraverso la rottura della normale
routine urbana. Sono proprio la sensazione di spiazzamento degli spettatori e
l’eliminazione dei codici instaurati nello spazio urbano i principi fondamentali di
tutte quelle esperienze raggruppate sotto il nome di Graffitismo, Writing, Aerosol
Art o Street Art, arte di strada, poiché scaturisce dalla strada e da coloro che ci
vivono.
Tra queste esperienze s’inseriscono i lavori di artisti come Banksy, dal forte
potere spiazzante, che contrastano il grigiore del paesaggio urbano e criticano
determinati aspetti del mondo contemporaneo, dando voce a ideali anticapitalisti e
pacifisti.
10
La Difesa della Natura di Joseph Beuys
Oltre al Muro di barili di Christo, l’intervento di Joseph Beuys è particolarmente
importante per introdurre la Street Art come fenomeno artistico, perché anch’esso
rappresenta un esempio di riappropriazione dello spazio e soprattutto intende
stimolare una riflessione, una presa di coscienza. Le piantagioni dell’artista
tedesco s’inseriscono tra gli interventi che hanno come obiettivo primario la
difesa dell’ambiente, come quelli di Gianfranco Baruchello11.
Circa un decennio dopo l’intervento di Christo a Parigi, Beuys inizia a piantare i
primi alberi in Germania, negli ultimi quindici anni della sua vita.
Quest’operazione, chiamata Difesa della Natura, comincia nel 1971 con
l’intervento Azione settemila querce a Kassel ed è stata promossa anche in altri
Paesi, tra il 1972 e il 1985. Si tratta del più grande progetto mai realizzato
dall’artista tedesco. In Italia, Beuys lancia l’iniziativa di piantare settemila alberi
in via d’estinzione nella tenuta agraria dei baroni Durini (Buby Durini e Lucrezia
De Domizio Durini), che si trova nel piccolo comune di Bolognano, in Abruzzo:
l’operazione prende il nome di Piantagione Paradise. Divenuta anche portavoce
del pensiero beuysiano, Lucrezia De Domizio Durini collabora attivamente
all’iniziativa e dichiara in un’intervista:
Resta nella storia dell’arte mondiale l’insegnamento e il messaggio del mio
maestro Joseph Beuys, che continuerò a diffondere nel mondo fino alla mia morte
con tutti i mezzi, affinché si comprenda il suo grande capolavoro della Difesa
della Natura e la sua Living Sculpture12.
Il progetto non è solo un’operazione ecologica, ma anche e soprattutto un’azione
simbolica volta a difendere l’uomo, la creatività e i valori umani. E’ un intervento
che, tramite l’arte, stabilisce un legame tra l’uomo e la Natura.
In molti si sono fatti coinvolgere dal progetto: tutti possono ripetere il gesto di
Beuys e partecipare così all’iniziativa a tutela dell’ambiente. La partecipazione
11
Gianfranco Baruchello, artista di fama internazionale, è stato un grande sperimentatore di
tecniche e linguaggi. Dalla seconda metà degli anni Sessanta, infatti, ricorre a diversi tipi di
linguaggio, tra cui appunto le operazioni agricole. Nel 1973, fonda l’azienda Agricola Cornelia
S.p.a., nel terreno di proprietà dell’artista in via di S. Cornelia, nella periferia di Roma. Con gli
anni l’azienda si espande, con un atteggiamento tra l’happening e l’intento politico. L’operazione
intende spingere alla riflessione sul valore del prodotto sia agricolo, sia artistico, oltre che sul
rapporto dei due prodotti. L’impresa, dal sapore duchampiano, è stata fonte d’ispirazione per una
serie di quadri e due libri: How to imagine e Agricola Cornelia S.p.a. 1973-1981, catalogo di una
mostra alla Galleria Carla Pellegrini di Milano, dove Baruchello espone i quadri e i materiali legati
all’azienda Agricola Cornelia.
12
http://www.artribune.com/2013/08/beuys-e-gli-artisti-del-silenzio-intervista-con-lucrezia-dedomizio-durini/.
11
dello spettatore si può ricollegare al movimento situazionista, che, come già
affermato in precedenza, ha lo scopo di spingere le persone a intervenire
direttamente sulla realtà, per cambiarla profondamente.
Beuys, Difesa della Natura, 1982.
L’artista tedesco descrive con queste parole il suo intervento:
La piantagione di settemila querce rappresenta solo un inizio simbolico (...). In
un’azione come questa ci si riferisce alla trasformazione della vita di tutta la
società e dell’intero spazio ecologico. (...) Ovunque sul globo terrestre, dove vi è
terra si ha bisogno degli alberi, ma non solamente alberi, bensì particolarmente la
forza e la forma di un’idea. In esso l’operazione di piantagione è solamente un
provvedimento, anche se urgentemente necessario13.
Ciò che auspica Beuys, con il suo progetto di difesa dell’ambiente, è che l’uomo
abbia nuove idee per far nascere concetti importanti e che agisca sulla realtà
tramite l’opera d’arte. Nella visione del mondo di Beuys è centrale il concetto di
energia: un’energia naturale, intesa in senso cosmico. L’artista, infatti, afferma:
“Noi piantiamo gli alberi e gli alberi piantano noi” 14, perché di certo la fatica di
piantare querce sarà ricambiata. Intervenire in difesa della Natura, infatti, influisce
positivamente sull’ambiente, migliorando il mondo, il luogo in cui viviamo: c’è
un’energia cosmica che l’uomo passa alla Natura e che questa gli passa di nuovo,
l’energia che sta alla base della vita di tutto l’ecosistema. Quest’energia vitale
diventa inno alla creatività umana: ciò genera un concetto ampliato di arte. Per
Beuys, infatti, l’arte può promuovere la sostenibilità ambientale, economica,
socio-culturale ed etica.
13
14
http://f-urbe.blogspot.it/2010/12/7000-querce.html.
http://www.planum.net/download/conti_beuys_i-pdf.
12
Anche i materiali che l’artista utilizza per le sue opere d’arte hanno proprietà
energetiche o sono frutto di processi energetici, per esempio lo zolfo, la cera
d’api, il grasso, il feltro, il rame e il sangue, metafora della Vita per eccellenza.
Il concetto di Libertà, inoltre, è fondamentale nel pensiero di Beuys e acquista
valore d’energia originaria, perché è in grado di stimolare le risorse dell’uomo e
dell’ecosistema, attraverso la creatività. L’arte, per l’artista tedesco, è un processo
liberatorio, non semplicemente immagine e forma: “Rendere le persone libere è lo
scopo dell’arte, quindi per me l’arte è la scienza della libertà”
15
. Dal concetto
ampliato di arte, l’unico mezzo rivoluzionario per intervenire sulla realtà, nasce
una nuova concezione di scienza. Beuys sostiene che, quando gli artisti si
accorgeranno della grande forza rivoluzionaria della creatività, in quel momento
capiranno il vero obiettivo dell’arte e della scienza.
E’ interessante notare che il progetto Difesa della Natura segue tutta una serie di
attività dell’artista, volte a sensibilizzare il pubblico a una riconversione alle
pratiche agricole e alla tutela dell’ambiente. Nel 1976, infatti, nell’ambito del
programma politico fondato dall’artista, Azione Terza Via, inizia la discussione
per la Fondazione dell’Istituto per la Rinascita dell’Agricoltura, promossa dalla
F.I.U. (Free International University), che è stata creata da Beuys con Heinrich
Böll. L’avvio dell’operazione Difesa della Natura, nel 1980, rappresenta il punto
di svolta di tutte queste attività. Dopo il lavoro ecologico di Lucrezia De Domizio
Durini alle isole Seychelles, tra il 1980 e il 1981, nel 1982 prende avvio il
progetto Piantagione Paradise: il recupero e il ripristino di alberi in via
d’estinzione a causa delle esigenze di mercato, ognuno di specie diversa, in un
podere di quindici ettari. L’artista commenta così il suo progetto: “A Kassel ho
lavorato con delle querce, mentre qui, a Bolognano, svilupperemo una specie di
Paradiso, dove avremo settemila alberi diversi”16.
Nel 1984, continua l’operazione Difesa della Natura, anche attraverso la
performance dal titolo Piantagione. A Bolognano, di cui Beuys diventa cittadino
onorario, l’artista sperimenta la sua teoria intesa a trasformare l’Umanità in
“scultura sociale: ogni uomo è un artista”17. L’uomo, come essere creativo, è
capace di progettare la propria esistenza in libertà e con la Natura, proprio come
15
http://www.planum.net/download/conti_beuys_i-pdf.
De Domizio Durini Lucrezia, Joseph Beuys, Difesa della Natura, Il Quadrante Edizioni, Torino
1988.
17
Burger P., Teoria dell’avanguardia, Bollati Boringhieri ed., Torino 1990.
16
13
Beuys, che, dopo aver fatto il viandante per alcuni anni, si trasferisce in Abruzzo,
riconciliandosi con la Natura e con gli uomini18.
E’ nel sentire universale del Maestro di Düsseldorf che dall’Abruzzo parte una
rinascita spirituale, ambientale ed etica del paesaggio italiano. Il suo pensiero
rappresenta per tutta l’umanità un esempio da seguire: sperimentare localmente
per innovare a livello globale.
Un progetto, previsto nell’ambito dell’iniziativa Difesa della Natura, avrebbe
dovuto essere quello di naturalizzare l’ecosistema montano di Vallo Malbasso, a
Foggia, non accessibile via terra: l’operazione Elicottero-semina montana. La
naturalizzazione non avrebbe dovuto essere solo locale, bensì un modello da
perseguire scientificamente anche altrove. Questo progetto rappresenta la
riconciliazione delle potenzialità tecnologiche umane con gli ecosistemi naturali,
ma rimane incompiuto a causa della morte dell’artista nel 1986.
Le sue ceneri sono state sparse nel Mare del Nord da una motobarca chiamata
Sueño (che può significare sia sogno, sia sonno). Il corpo di Beuys ritorna così
alla Natura, ma il suo pensiero, invece, rimane e si diffonde sempre più nel
mondo.
Per comunicare l’uomo si serve del linguaggio, usa gesti, oppure la scrittura, o
traccia un segno sul muro, o prende la macchina da scrivere e ne tira fuori delle
lettere. Insomma, usa dei mezzi. Quali mezzi usare per un’azione politica? Io ho
scelto l’arte. Fare arte è dunque un mezzo per lavorare per l’uomo nel campo del
pensiero19.
Il Maestro tedesco inventa la partitura, che è l’incontro tra linguaggio scritto e
disegno: un modo originale per dare forza ed energia alla comunicazione scritta.
Per Beuys, infatti, l’artista non deve prediligere l’aspetto estetico, ma deve sempre
conciliare una sua opinione al disegno.
Nel 1979, in occasione della grande mostra dedicata a Beuys dal Guggenheim
Museum di New York, esce un numero del settimanale “Der Spiegel” intitolato:
18
E’ interessante notare quanto la teoria della scultura sociale dell’artista tedesco sia simile al
pensiero di S. Francesco, basato sull’elogio della Natura e sul Cantico delle Creature. Sono molti i
punti d’incontro tra Beuys e S. Francesco: il saio del frate e i vestiti di feltro dell’artista; S.
Francesco rende mansueto il lupo, Beuys il coyote; l’uno predica agli uccelli, l’altro alle lepri; la
povertà francescana, l’austerità beuysiana; entrambi si ritirano a meditare in campagna; la
predicazione itinerante di S. Francesco e la discussione nomade di Beuys; il frate fonda un nuovo
ordine religioso, l’artista un nuovo movimento politico, “Azione Terza Via”; S. Francesco esalta la
bellezza della Natura e Beuys attua il progetto Difesa della Natura.
19
Bonito Oliva A., Partitura di Joseph Beuys, la rivoluzione siamo noi, in “Domus” n. 505,
Milano, 1971, pp. 48-50.
14
Beuys, ciarlatano o genio?20. Dopo aver letto l’articolo, però, il dubbio non è
chiarito.
Se non sarà definito genio, dovrebbe almeno essere riconosciuto come profeta,
poiché oggigiorno la tutela dell’ambiente è un vero e proprio problema e uno
degli argomenti più trattati dalla comunicazione mediatica21. Il libretto del 1978
Azione Terza Via – Iniziativa promozionale – Idea e tentativo pratico per
realizzare un’alternativa ai sistemi sociali esistenti nell’Occidente e nell’Oriente,
redatto dalla F.I.U., rappresenta un tentativo di trovare soluzioni ai problemi
mondiali.
Alla domanda posta da “Der Spiegel”, possono benissimo rispondere le parole di
Beuys:
Che sia ciarlatano o genio non ha alcuna importanza. Importante è che la sua ArteScienza abbia stimolato la discussione, la presa di coscienza di quei grandi
problemi globali che sempre più assillano l’Umanità22.
Come l’arte di strada, dunque, tutti gli interventi del Maestro tedesco sono intesi a
generare una discussione, considerata da Beuys un importante atto di libertà,
perché grazie al processo creativo lo spettatore può acquisire una piena
consapevolezza dei problemi globali, che rappresenta il primo passo per risolverli.
Nella concezione di arte di Beuys, infatti, il processo di creazione è liberatorio:
essendo l’unico mezzo rivoluzionario, il suo scopo diventa l’intervento sulla
realtà.
20
“Der Spiegel”, 5 novembre 1979.
Per esempio, Our precious Planet. Why saving the environment will be next century’s biggest
challenge (Il nostro prezioso Pianeta. Perchè salvare l’ambiente sarà la più grande sfida del
prossimo secolo) è il titolo di un numero speciale del settimanale statunitense “Time” del
novembre 1997, dedicato al problema mondiale della sostenibilità ambientale.
22
http://www.planum.net/download/conti_beuys_i-pdf.
21
15
I. L’arte di strada: le origini e gli scopi
L’arte di strada o arte urbana (in inglese Street Art) è una forma d’espressione
artistica che si manifesta in luoghi pubblici con le tecniche più disparate: graffiti
(Aerosol Art), sticker, poster, collage, performance, happening, stencil, proiezioni
video, installazioni di ogni tipo, sculture, Street Art di tessuto e Green Graffiti (tra
cui i graffiti di muschio).
Il graffitismo23, da cui prende origine l’arte di strada o postgraffitismo, nacque a
New York alla fine degli anni Sessanta sull’onda della contestazione giovanile,
che produsse profondi mutamenti nella società civile americana, “quando artisti
come Taki 183, Julio 204, Cay 161 e Cornbread dipinsero i loro nomi sui muri o
nelle stazioni della metropolitana di Manhattan”24. Cornbread può essere
considerato il precursore del Writing, poiché cominciò a scrivere il suo nome
dappertutto già nel 1960.
Cornbread, Philadelphia, 1960.
La Graffiti Art o Writing, tuttavia, non può essere definito un movimento, ma un
moto di protesta pacifica da parte di giovani appartenenti al proletariato, spesso
23
E’ necessaria qui una distinzione tra l’arte di strada e il graffitismo, spesso confusi poiché hanno
numerosi punti in comune. A differenza dell’arte di strada, la Graffiti Art è vincolata dall’utilizzo
della sola vernice spray. L’arte di strada, invece, si avvale di diverse tecniche e comprende anche
quella del graffito. La differenza sostanziale tra graffitismo e arte di strada sta quindi nella tecnica,
mentre i punti d’incontro, che spesso fanno omologarle, sono i luoghi pubblici dove si realizzano
le opere e alcune modalità d’esecuzione, oltre al fatto che sono stati i mezzi di comunicazione di
massa ad aver dato il nome a entrambe le forme d’espressione artistica (in origine la Graffiti Art si
chiamava semplicemente Writing). Un’altra differenza fondamentale tra l’arte di strada e la
Graffiti Art si riscontra nello studio della lettera, indubbiamente importante per il graffiti artist.
24
Ganz Nicholas, Manco Tristan, Graffiti World: Street Art from Five Continents, Thames &
Hudson, London 2000.
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ideologicamente impegnati. La sua fortuna, in termini di comportamento sociale,
ha peraltro condotto a un esito contraddittorio: le amministrazioni hanno spesso
allestito spazi dedicati ai writers, gli autori di graffiti, che invece nacquero proprio
in opposizione a qualsiasi potere costituito.
Il termine graffitismo, così definito a livello giornalistico, non è ben accetto ai
writers, che lo rifiutano, soprattutto nella prima fase, e gli preferiscono le
espressioni tecnicamente più corrette di Aerosol Art e Subway Art.
Intorno alla fine degli anni sessanta, la maggior parte dei writers proveniva dai
quartieri più degradati di New York (come Washington Heights, West Bronx,
Flatbush,
Harlem),
popolati
da
afroamericani,
portoricani,
irlandesi
e
italoamericani, spesso in lotta fra loro. Il desiderio di emergere dall’anonimato e
la voglia di farsi conoscere spinsero molti giovani, dai tardi anni Sessanta, a
graffiare il proprio nome sui muri della città e ricoprire i vagoni della
metropolitana di disegni eseguiti a bombing (con bombolette di colore spray),
spesso ispirati ai fumetti o ridotti a firme personali (tags) e sigle sintetiche che
riportano il credo dell’autore, correndo spesso il rischio di arresto o di multe
salatissime. I vagoni della metropolitana erano considerati il luogo di elezione per
il bombing, perché grazie a essi i writers potevano assicurare alla loro arte la
circolazione quotidiana in tutta la città e la visione da parte di milioni di persone.
Tutto questo accadde intorno al Sessantotto, in concomitanza con l’esplosione
contro culturale.
I primi bomber, dalla pelle per lo più scura o olivastra, provengono tutti dai ghetti
degradati della periferia, figli dei detriti e delle macerie di una metropoli fredda e
violenta. Intorno al ’68, i nomi dilagano sui muri dell’Upper West Side di
Manhattan straripando sui mezzi di trasporto di New York lungo le strade di
transito di massa che portano al Bronx e a Brooklyn. L’unico obiettivo di questi
primi spietati contaminatori era quello di diventare famosi, di far girare il più
possibile il proprio nome. I nomi, a volte, erano quelli di battesimo, più spesso si
trattava di soprannomi o nomi d’arte, presi a prestito o lasciati alla fantasia, a cui
si faceva seguire il numero della strada; vennero definiti tags dai primi scrittori25.
Il writer, dunque, ricorre a uno pseudonimo che viene ripetuto in serie e rivendica
un’identità, insieme alla libertà personale. I graffiti, infatti, sono spesso
interpretati come rivendicazioni di riconoscimento collettivo: i writers rifiutano
sia l’anonimato, sia l’identità borghese e per tale ragione creano uno pseudonimo.
25
Lucchetti Daniela, Writing – storia, linguaggi, arte nei graffiti di strada, Castelvecchi, Roma
1999.
17
La tag (firma), inoltre, è scritta in alto sui muri e di solito è di grandi dimensioni.
Spesso i writers cercano di scriverla più in alto possibile e in posti dove gli altri
writer non possono arrivare, con l’ausilio di scale o grazie alla loro statura. Ciò fa
pensare immediatamente al bisogno del writer di affermare se stesso: più la tag
sarà grande e in alto, più si sentirà importante. “If our name is enormous to us, it
is also not real – as if we have come from other places than the name, and lived in
other lives”26.
Esempi di tags a New York.
Il writer avverte la necessità di scrivere il suo nome in dimensioni enormi per
avere l’impressione di vivere un’altra vita, migliore di quella che ha. I ragazzi dei
ghetti di New York, infatti, si sentivano emarginati dalla società e utilizzavano i
graffiti come mezzo per affermare la loro identità nel mondo, scrivendo più volte
possibile i loro pseudonimi sui muri o sui vagoni della metropolitana, in modo da
farli circolare per la città e quindi far acquistare loro una grande visibilità. A
questo proposito, questa frase, tratta ancora dal libro The Faith of Graffiti di
Norman Mailer, è molto significativa: “graffiti writing is a way of gaining status
in a society where to own property is to have an identity”27. I graffiti sono
considerati un modo per conquistarsi un posto in una società di cui non si sente di
far parte e dove possedere una proprietà significa avere un’identità. Per acquisire
26
27
Mailer Norman, The Faith of Graffiti, Harper Collins Publishers, New York 2009.
ivi, p. 31.
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un’identità, dunque, i writer vogliono cercare di appropriarsi dei luoghi pubblici
dove esprimono la loro arte, riempiendoli di tag, come se, mettendo le loro firme
sull’edificio, potessero impadronirsene per sempre.
Nell’estate del 1971, il fenomeno del Writing assume dimensioni rilevanti,
ricoprendo soprattutto la metropolitana di New York. In quel periodo il
graffitismo si trasforma da attività clandestina in grande performance competitiva
fra i giovani newyorchesi, portando alla nascita delle cosiddette crew (gruppi),
spesso in competizione.
I primi anni Settanta sono anche quelli dell’innovazione tecnica ed estetica,
durante i quali le lettere delle tag diventano più gonfie e si sviluppano stili diversi.
E’ in questi anni che sono poste le basi del Writing. Fondamentale è l’istinto di
ribellarsi alle regole sociali, unito a un forte desiderio di libertà espressiva, che
invece è negato a certi gruppi subculturali.
Graffiti sulla metropolitana di New York, 1972.
Nell’autunno del 1972, l’amministrazione newyorchese ripulisce i vagoni della
metropolitana, senza prevedere che i vagoni puliti avrebbero prodotto un nuovo
stimolo alla competizione artistica e all’evoluzione dello stile. In quello stesso
anno, infatti, nasce la United Graffiti Artists (UGA), un gruppo organizzato di
graffitisti, che tenta di portare questa tendenza artistica nel mondo delle gallerie.
Tuttavia, il Writing si configura più come espressione concreta del disagio sociale
vissuto nelle periferie urbane, piuttosto che come semplice movimento artistico.
In questi anni le tag sui muri della città e sui vagoni della metropolitana si
arricchiscono di nuovi elementi: è nel 1973 che compare la prima scritta
tridimensionale, portando all’elaborazione del Wild Style, il primo stile
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l`arte di banksy: una critica al “sistema” contemporaneo