Tra vecchio e nuovo Apprendistato professionalizzante: definizione e caratteristiche Francesco Rotondi - Avvocato in Milano, Lablaw - Studio Legale Failla Rotondi & Zambelli la tipologia - al lavoratore, oltre alla retribuzione, dovranno essere forniti adeguati insegnamenti per il conseguimento di una «qualifica professionale, di una qualificazione tecnico-professionale o di titoli di studio di livello secondario, universitari, o specializzazioni dell’alta formazione» (1). Il legislatore, a seguito della novella del 2003, ha previsto tre distinte tipologie di contratto di apprendistato: il contratto di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione; il contratto di apprendistato c.d. professionalizzante, volto a conseguire una qualificazione attraverso la formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base trasversali e tecnico-professionale; il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Attraverso la diversificazione delle tre tipologie appena descritte, il legislatore ha disegnato un meccanismo di accesso al mercato del lavoro modellato in funzione del ‘‘target /qualificazione professionale’’ che il lavoratore intende ottenere. In altre parole, potremmo trovarci innanzi a carriere che, come chiarisce lo stesso Ministero (2), si sviluppano attraverso la successione tra le diverse tipologie di contratto di apprendistato. contratto di apprendistato è fornita dal combinato disposto delle disposizioni della legge nazionale e regionale nonché da quelle della contrattazione collettiva. Per quanto attiene la fonte legale, il riferimento è agli articoli 47/53 del D.Lgs. n. 276/ 2003 nonché alle norme, «in quanto compatibili», della legge n. 25/1955. Diversamente, è affidata alla legislazione regionale ovvero alla contrattazione collettiva la regolamentazione dei profili formativi delle singole tipologie contrattuali. Limiti quantitativi alla stipulazione L’art. 47 del D.Lgs n. 276/ 2003 statuisce il limite massimo al numero di contratti di apprendistato che possono essere conclusi dal singolo datore di lavoro. Tale limite non potrà essere superiore al 100% delle «maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso». La norma prosegue affermando che, laddove la società datrice di lavoro non abbia nel proprio organico maestranze specializzate (o ne abbia in numero inferiore a tre) potrà concludere non più di tre contratti di apprendistato, con l’eccezione degli artigiani (a cui si continueranno ad applicare le disposizioni di cui all’articolo Fonti della disciplina Note: Oggi la regolamentazione del (2) Min. lav., circ. 14 ottobre 2004 n. 40. (1) Min. lav., circ. 14 ottobre 2004 n. 40. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 43/2008 Percorsi Il tema affrontato nel presente contributo riguarda l’inquadramento generale del contratto di apprendistato avendo riguardo alle tre tipologie attuabili alla luce del D.Lgs n. 276/2003. In particolare, l’attenzione verrà focalizzata sul contratto di apprendistato professionalizzante dando conto della novella introdotta dalla recente legge n. 133/2008, che ha convertito il D.L. n. 122/2008. Partendo dal primo intervento normativo, si nota che il D.Lgs. n. 276/2003 - cosı̀ come disposto dalla legge delega (art. 2, lett. b), della legge n. 30/2003) - ha razionalizzato la materia dei cosiddetti contratti a contenuto formativo, prevedendo il superamento del vecchio contratto di formazione e lavoro ed implementando il contratto di apprendistato, tipologia prima conosciuta e disciplinata dall’ordinamento italiano solo dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25. In questo contesto, il contratto di apprendistato rappresenta la forma contrattuale ‘‘principe’’ nell’ambito della quale vengono coniugate la prestazione di lavoro in senso stretto e l’elemento ‘‘formativo’’. Come accennato, il contratto di apprendistato si caratterizza rispetto all’ordinario rapporto di lavoro subordinato in ragione della causa mista del contratto stesso. Infatti, mentre in un ordinario rapporto di lavoro di natura subordinata la causa si esaurisce nella mera messa a disposizione di energia lavorativa a fronte del pagamento della retribuzione, nel contratto di apprendistato - a prescindere dal- 2441 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443). Sotto diverso profilo, occorre segnalare che il legislatore ha ritenuto di eliminare il riferimento, previsto dalla disciplina del 1955, alla necessità di autorizzazione da parte della Direzione provinciale del lavoro per la stipulazione del contratto (3). Forme di apprendistato Come anticipato in premessa, prima di approfondire la tematica del contratto di apprendistato professionalizzante oggetto, ad opera della legge n. 133/2008, degli interventi legislativi più pregnanti, occorre dar conto - seppur sinteticamente - delle tipologie in cui può articolarsi il contratto di apprendistato. Percorsi Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione 2442 L’art. 48 del D.Lgs n. 276/ 2003 regolamenta la prima forma di apprendistato, ossia quella volta all’espletamento del dovere di istruzione e formazione per i giovani e gli adolescenti che hanno compiuto quindici anni (4). Sotto questo profilo appare opportuno evidenziare che l’art. 1, comma 622, della legge n. 296/2007 ha innalzato dal 1º settembre 2007 il limite di età di accesso al lavoro da 15 a 16 anni di età (5). La durata del periodo di apprendistato è definita in base alla qualifica da conseguire, al titolo di studio posseduto dal dipendente, ai crediti professionali e formativi già in possesso dell’apprendista ed agli ulteriori crediti che potrebbero essere assegnati all’esito del tirocinio. In ogni caso la durata di tale tipologia di apprendistato non potrà superare il limite dei 3 anni. Per quanto attiene la determinazione della effettiva durata del contratto, essa è stata ri- messa alla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale o aziendale) a cui, inoltre, sono demandate anche le modalità di erogazione della formazione, secondo i limiti determinati dalle Regioni tramite i c.d. Regolamenti attuativi. Requisiti formali Sotto il profilo dei requisiti formali, il contratto richiede la forma scritta ad substantiam e deve riportare i seguenti elementi: la prestazione lavorativa oggetto del contratto; il piano formativo individuale; la qualifica da conseguire. In caso di mancanza della forma scritta, il contratto sarà affetto da nullità con conseguente conversione dello stesso nel diverso contratto di lavoro di cui possegga i necessari requisiti di sostanza e di forma. Per ciò che riguarda il quantitativo di ore dedicate alla formazione, queste dovranno essere svolte, sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro, alla presenza di un tutore aziendale dotato di formazione e competenza adeguate, secondo quanto definito sulla base degli standard fissati dalle Regioni competenti. (6) I profili formativi a norma dell’articolo 48 del D.Lgs n. 276/ 2003 dovranno uniformarsi ai seguenti criteri e principi direttivi: «a) definizione della qualifica professionale ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53; b) previsione di un monte ore di formazione, esterna od interna alla azienda, congruo al conseguimento della qualifica professionale in funzione di quanto stabilito al comma 2 e secondo standard minimi formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53; c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 43/2008 delle modalità di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni competenti; d) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali; e) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo; f) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate». Al termine del periodo fissato, l’apprendista avrà diritto al riconoscimento del livello professionale raggiunto, che verrà riportato sul libretto formativo. Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione Il legislatore, coerentemente con l’intento di introdurre uno strumento che consentisse la realizzazione di percorsi di formazione per il conseguimento di elevate professionalità, ha introdotto l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, disciplinato all’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 e recentemente novellato dall’articolo 23 della legge n. 133/2008. Questa forma di apprendistato si rivolge a lavoratori di età compresa tra i 18 e i 29 anni (7) (17 anni per i soggetti Note: (3) Art. 85, comma 1 del D.Lgs. n. 276/2003. (4) Cfr. Tiraboschi, ‘‘Il nuovo contratto di apprendistato e il contratto di inserimento’’, in Supplementi di Guida al lavoro 2003, 4. (5) Cfr. Min. lav., nota n. 25/I/0009799 del 20 luglio 2007. (6) Le Regioni e le Province autonome dovranno definire la qualifica professionale ed il monte ore di formazione, esterna ed interna, ai sensi di quanto previsto dalla legge 28 marzo 2003, n. 53. (7) Il limite dei 29 anni è da intendersi nel senso che è possibili concludere un contratto di apprendistato fino al compimento dei 30 anni (29 anni e 264 giorni), Min. lav., circ. 25 gennaio 2006, n. 2. zione dell’apprendistato di alta formazione è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai datori di lavoro con le Università e le altre istituzioni formative’’». Sotto connesso profilo, il legislatore del 2008 ha colto l’occasione per precisare che in relazione a tale forma contrattuale trovano applicazione, per quanto compatibili, i principi stabiliti all’articolo 49, comma 4, nonché le disposizioni di cui all’articolo 53 del D.Lgs. n. 276/2003. Contratto di apprendistato professionalizzante Come anticipato in premessa, si cercherà di focalizzare l’attenzione sul contratto di apprendistato professionalizzante che, ad oggi, rappresenta, in termini numerici e di interesse per le aziende, la forma di apprendistato più diffusa. Nel corso della trattazione si darà conto dei recenti interventi legislativi volti a novellare la disciplina prevista dal D.Lgs n. 276/2003, cercando di analizzare i possibili scenari di sviluppo di tale modello contrattuale. Campo di applicazione, limiti di età e durata In primo luogo, occorre ribadire che il contratto di apprendistato professionalizzante, come del resto le altre tipologie di apprendistato, è rivolto ai datori di lavoro appartenenti a tutte le categorie produttive senza alcuna distinzione. L’elemento caratterizzante di questo contratto consiste nel finalizzare questo rapporto al conseguimento di una qualificazione attraverso la formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali (9). Possono accedere al contratto di apprendistato professionalizzante tutti i giovani di età compresa fra i 18 ed i 29 anni (10) che hanno concluso il loro percorso formativo (anche attraverso l’apprendistato per il diritto-dovere di istruzione e formazione) (11). Teoricamente, dunque, saranno ipotizzabili periodi di 6 anni nel corso dei quali il dipendente svolge due tipologie/livelli di apprendistato. Sotto questo profilo, è evidente la fiducia che il legislatore ha inteso riporre in quest’istituto, tale considerazione assume maggior rilevanza se si considera che il contratto di formazione e lavoro aveva una durata massima di due anni e che la precedente disciplina dell’apprendistato prevedeva che la durata massima del contratto fosse di quattro anni. In ogni caso, è demandata alla contrattazione collettiva la determinazione della durata effettiva in relazione alla professionalità da conseguire. Ulteriore aspetto che merita di essere evidenziato riguarda la durata minima del contratto di apprendistato, anche in ragione della circostanza per cui tale aspetto è stato oggetto della recente novella del 2008. Sotto questo profilo, si evidenzia che, mentre la disciplina antecedente al 2003 prevedeva una durata minima di 18 mesi e la riforma del 2003 aveva fissato la durata minima del contratto in 2 anni, l’articolo 23, comma 1, della legge n. 133/2008 ha eliminato ogni riferimento alla durata minima, indicando soltanto il termine Note: (8) Non viene fornita alcuna linea guida circa i principi generali ai quali dovranno attenersi le Regioni e gli altri enti. (9) Cfr. punto 4.1 circolare, Min. lav., 14 ottobre 2004, n. 40. (10) Sotto questo profilo la circolare, Min. lav., 15 luglio 2005, n. 30 (in Dir. prat. lav., 2005, 32, 1779) ha chiarito che l’assunzione potrà essere effettuata fino al compimento del trentesimo anno di età ossia 29 anni e 364 giorni, nello stesso senso si è orientata la giurisprudenza del Supremo Collegio (Cass. n. 10169/2004). (11) Cfr. punto 4.3 Min. lav., circ. 14 ottobre 2004, n. 40 in cui viene chiarito che può essere prevista la stipulazione di un contratto di apprendistato professionalizzante che segua un contratto di apprendistato per il diritto dovere di istruzione ma, in questo caso, la durata massima cumulativa dei due contratti non potrà essere superiore ai sei anni. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 43/2008 Percorsi in possesso di qualifica professionale conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 543). L’apprendista, al termine del contratto, tende a conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione, ovvero per la specializzazione tecnica superiore di cui all’articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144. Sotto questo profilo, il terzo comma dell’articolo 23, comma 3, della legge n. 133/2008 prevede l’integrazione dei titoli universitari conseguibili, specificando che sono «compresi i dottorati di ricerca». La volontà del legislatore sottesa a tale integrazione è orientata nel senso di rendere ancora più stretto il legame fra il mondo accademico e quello del lavoro, consentendo attraverso il percorso formativo dell’apprendistato in azienda la possibilità di conseguire anche il titolo di studio universitario. Evidentemente è ipotizzabile un maggior rilievo della norma nell’ambito delle attività tecnico scientifiche. Anche in questo caso, il legislatore non fissa direttamente la durata del periodo di apprendistato e delega gli aspetti relativi all’erogazione della formazione alle Regioni con l’accordo delle associazioni territoriali dei datori di lavoro, delle Università e delle altre istituzioni formative (8). Anche sotto questo profilo, occorre segnalare l’intervento del Legislatore del 2008 teso ad incentivare lo sviluppo di tale tipologia di apprendistato attraverso la possibilità - in assenza di una regolamentazione regionale - della stipulazione di specifiche convenzioni fra le università e le altre istituzioni formative ed il datore di lavoro. In particolare, il comma 4 dell’art. 23 della legge n. 133/ 2008 recita testualmente «Al comma 3 dell’articolo 50 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 dopo le parole ‘‘e le altre istituzioni formative’’ sono aggiunti i seguenti periodi: ‘‘In assenza di regolamentazioni regionali l’attiva- 2443 Percorsi 2444 di durata massima oggi fissato in 6 anni. Tale riforma porta con sé alcune rilevanti questioni che attengono ad una scelta di politica legislativa. Come è stato acutamente osservato da una parte della dottrina, l’abolizione del termine minimo di durata dell’apprendistato professionalizzante svilisce il ruolo di strumento formativo dell’istituto a favore di una finalità meramente occupazionale (12). In altre parole, a fronte del superamento della durata minima del contratto di apprendistato, ben potranno essere conclusi contratti di brevissima durata in cui evidenti appaiono le criticità in ordine all’aspetto formativo. In tal contesto, si immagini la difficoltà di gestire un contratto di apprendistato di breve durata i cui aspetti formativi ricadono nella disciplina di cui al comma 5 dell’articolo 49 che prevede un monte ore di formazione - interna o esterna all’azienda - di almeno 120 ore. Il rischio potrebbe essere quello dell’utilizzo del contratto di apprendistato come una sorta di mini-contratto a termine per i lavoratori di età compresa tra 18 e 29 anni per la stipulazione del quale il datore di lavoro non sarà vincolato alla disciplina restrittiva prevista dalla legge n. 368/2001. Sotto questo profilo, prendono corpo e si palesano potenzialmente fondate le perplessità circa un eventuale utilizzo distorto dell’istituto. Forma del contratto Analogamente a quanto accadeva nel vigore della precedente disciplina e come abbiamo già avuto modo di osservare nel contratto di apprendistato stipulato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, il legislatore ha richiesto la forma scritta del contratto ad substantiam. Nel contratto dovranno essere indicati: la prestazione lavorativa oggetto del contratto; la qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro; il piano formativo individuale (elemento quest’ultimo non richiesto dalla precedente disciplina). Sotto il profilo della quantificazione della retribuzione spettante all’apprendista, il D.Lgs. n. 276/2003, analogamente a quanto stabilito in tema di contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, conferma il divieto di determinare il compenso dell’apprendista secondo le tariffe di cottimo, cosı̀ come peraltro già previsto dalla precedente normativa. Regolamentazione dei profili formativi La regolamentazione dei profili formativi nel contratto di apprendistato professionalizzante è la questione che, sicuramente, riveste maggior interesse e che è stata oggetto di ben due interventi correttivi dall’entrata in vigore della disciplina ad oggi e, da ultimo, tramite la legge n. 133/2008. L’interesse in merito a tale profilo è legato in primo luogo alla sua strumentalità rispetto alla concreta attuazione della disciplina ed, in secondo luogo, alla concorrenza di differenti fonti normative alle quali il legislatore ha delegato la regolamentazione della materia. L’articolo 49, comma 5, del D.Lgs. n. 276/2003 statuisce che: «La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale e nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: a) previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per l’acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali; b) rinvio ai contratti collettivi DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 43/2008 di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni; c) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali; d) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo; e) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate». Nella prima formulazione, come abbiamo visto dal citato articolo, la regolamentazione dei profili formativi era rimessa unicamente alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. All’indomani dell’emanazione della norma, il legislatore prese atto che, sebbene la scelta di affidare i profili formativi alle Regioni fosse astrattamente una scelta coerente anche con la ripartizione delle competenze Stato - Regioni data dalla riforma del Titolo V della Costituzione, trovava difficoltà di attuazione (13) tale Note: (12) Gianluca Spolverato, Apprendistato e orario di lavoro: le novità, in Dir. prat. lav., 2008, 35, 2025. (13) Sulla materia della ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni in materia di apprendistato professionalizzante cfr. G. Ferraro, Contratto di apprendistato, in Tipologie di lavoro flessibile, Torino Giappichelli, 2004, 119 e ss.; De Luca Tamajo, Rusciano, Zoppoli, Mercato del lavoro, Riforma e vincoli di sistema, Esi, Napoli 2004, 489; Bellocci, Apprendistato e contratto di inserimento, in AA.VV. Il nuovo mercato del lavoro, Bologna Zanichelli, 2004, 529, ss.; M. Novella, M. L. Vallauri, Apprendistato professionalizzante: alcune questioni aperte, in Dir. prat. lav., 2005, 46, 2526. enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». In altre parole, nella misura in cui la formazione sia esclusivamente aziendale (per aziendale non deve intendersi soltanto la formazione svolta nei locali del datore di lavoro ma anche quella gestita dall’azienda e che non richieda finanziamenti pubblici) (15), questa potrà essere determinata secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva di diverso livello (16) ovvero dagli enti bilaterali senza dover tener conto della normativa regionale. La differenza rispetto a quanto previsto dal comma 5 bis appare evidente: infatti mentre la disciplina introdotta dal 5 bis rappresentava una sorta di norma eccezionale ed intertemporale, posto che attribuiva ai contratti collettivi il potere di disciplinare gli aspetti formativi solo in attesa dell’emanazione delle norme regionali in materia, il comma 5 ter attribuisce - nella misura in cui la formazione sia esclusivamente interna - alla contrattazione collettiva il compito di determinare gli aspetti formativi. Sotto connesso profilo, occorre evidenziare che nella misura in cui il datore di lavoro sia presente in varie regioni d’Italia e possegga i requisiti previsti dal comma 5 ter, lo stesso avrà minori difficoltà nella gestione dei contratti di apprendistato poiché non dovrà soggiacere a differenti discipline regionali. Da ciò discendono tre ipotesi di regolamentazione dell’aspetto formativo del contratto di apprendistato: quella affidata alla legislazione regionale; quella affidata, nelle Regioni in cui non si sia ancora provveduto, alle previsioni del contratto collettivo applicato; da ultimo quella affidata, nell’ipotesi in cui la formazione sia gestita internamente all’azienda datrice di lavoro, ai contratti collettivi di diverso livello ovvero agli enti bilaterali. Sotto il profilo delle ore di formazione, l’art. 49 del D.Lgs n. 276/2003 prescrive che all’apprendista siano garantite, sia all’interno che all’esterno dell’azienda, almeno 120 ore annue (e ciò diversamente dall’art. 16 della legge n. 196/ 1997 che prevedeva che il limite minimo delle 120 ore fosse un valore medio da computarsi nel corso di tutto il rapporto). Nonostante il superamento della quantificazione del limite delle 120 ore come valore medio, si osserva la tendenza di alcuni contratti collettivi a mantenere la soglia di formazione minima in 120 ore medie annue (17). Le ore di formazione possono essere svolte - come detto sia all’interno dell’azienda che all’esterno e dovranno comprendere anche la c.d. formazione formale ossia la formazione erogata mediante percorsi formativi certificabili sulla base delle specifiche disposizioni indicate dalla legislazione regionale. Sul punto, occorre ricordare che al singolo apprendista verrà assegnato un c.d. ‘‘tutor’’ che dovrà essere munito di competenze ed esperienze ido- Note: (14) Min lav., interpello n. 50 del 7 ottobre 2008. (15) Min lav., interpello n. 50 del 7 ottobre 2008. (16) In senso contrario a favore della delega alla sola contrattazione di livello nazionale si era espresso Tiraboschi in Manovra d’estate: modifiche al contratto di apprendistato, in Dir. prat. lav., 2008, 32, 1840. (17) Ccnl Tessile del 24 aprile 2004; Ccnl Calzature del 18 maggio 2004; Ccnl Edili artigianato del 1 ottobre 2004; Ccnl alimentazione del 17 settembre 2005; Ccnl Legno e arredamento del 21 dicembre 2005; Ccnl Metalmeccanica Confindustria; Ccnl Metalmeccanica Confapi. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 43/2008 Percorsi per cui fino al 2005 (e cioè a due anni dall’entrata in vigore della norma), salvi i casi in cui si era proceduto ad ipotesi sperimentali (con durata predeterminata), l’apprendistato professionalizzante era uno strumento presente solo ‘‘sulla carta’’ in assenza di regolamentazione regionale. Contestualmente i contratti collettivi avevano previsto la disciplina, sempre più completa ed articolata, dei profili formativi del contratto di apprendistato professionalizzante. In questo contesto, si era creata una situazione paradossale per la quale la fonte normativa regionale, unica delegata dal D.Lgs. n. 276/2003, era di fatto inadempiente e quella contrattuale aveva fatto proprie le competenze che sarebbero spettate alle Regioni. Con l’art 13, comma 13 bis, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Legge sulla competitività), il legislatore ha posto rimedio a questa situazione di ‘‘empasse’’, introducendo il comma 5 bis all’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003, secondo cui: «Fino all’approvazione della legge regionale prevista dal comma 5, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». Sempre nel dichiarato (14) intento di implementare l’utilizzo dell’apprendistato professionalizzante, la legge n. 133/2008 ha introdotto il comma 5 ter, che recita testualmente: «In caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli 2445 nee per svolgere il ruolo (18). Sotto diverso profilo, alcune Regioni hanno previsto che il profilo formativo individuale debba essere sottoposto al parere di conformità degli Organismi bilaterali o delle Province (19). Con il rinvio a tale procedimento autorizzatorio, di fatto si attua un sistema di verifica del tutto simile a quello svolto, nel vigore della disciplina precedente, dalla Direzione provinciale del lavoro (che poi lo stesso legislatore nazionale ha inteso superare). Percorsi Incentivi economici e normativi e sanzioni 2446 Storicamente nei contratti in cui il datore di lavoro deve sopportare ‘‘il peso’’ della formazione l’ordinamento concede al datore di lavoro alcuni incentivi di carattere economico e normativo. Il primo di questi incentivi è rappresentato dalla possibilità per il datore di lavoro di inquadrare l’apprendista fino a livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, «in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti» (20). Sotto diverso profilo, gli apprendisti sono esclusi dal computo dei dipendenti per l’applicazione «di particolari normative ed istituti». La norma, peraltro, fa salvi gli incentivi contributivi e previdenziali previsti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25. Sotto il profilo sanzionatorio, l’art. 53 del D.Lgs. n. 276/ 2003 prevede che, in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro, (non sono ascrivibili al datore di lavoro omissioni e/o ritardi derivanti dalle altre strutture eventualmente coinvolte nel processo formativo) che impedisca la realizzazione delle finalità di cui agli articoli 48, comma 2, 49, comma 1, e 50, comma 1, il datore di lavoro sarà tenuto a versare la differenza fra la contribuzione versata e quella dovuta in relazione al livello che l’apprendista avrebbe raggiunto al temine del contratto maggiorata del 100 per cento (e quindi raddoppiati). La particolare severità di tale sanzione esclude, pena una palese irrazionalità nel sistema sanzionatorio, che ad essa possano aggiungersi le sanzioni ordinarie previste in caso di omissione contributiva. Osservazioni conclusive In conclusione, è possibile affermare che il legislatore del 2008 è intervenuto sotto diversi profili, con la finalità apertamente dichiarata di implementare l’utilizzo del contratto di apprendistato nelle sue varie forme. Per ciò che attiene il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, le novità introdotte appaiono finalizzate al superamento del vincolo rappresentato dalla necessità, ai fini della disciplina dell’istituto, dell’emanazione della legislazione regionale ed all’estensione al dottorato di ricerca dei titoli conseguibili attraverso tale istituto. Per ciò che attiene il primo aspetto, occorre evidenziare come il legislatore abbia fornito la possibilità, in assenza di normativa regionale, di concludere specifiche convenzioni fra università e datore di lavoro al fine di promuovere la stipulazione di tale forma di apprendistato, superando in tal modo le difficoltà di attuazione e quindi di diffusione dell’istituto. Sotto questo profilo, il meccanismo adottato dal legislatore appare sovrapponibile a quello già adottato in materia di apprendistato professionalizzante con il comma 5 bis dell’articolo 49. Per quanto riguarda il secondo aspetto (ossia l’inserimento del dottorato di ricerca fra i titoli di studio conseguibili tramite l’apprendistato), esso appare una scelta da salutare po- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 43/2008 sitivamente poiché avvicina il mondo universitario a quello del lavoro. Per quanto, diversamente, attiene il contratto di apprendistato professionalizzante, alcune perplessità emergono in ordine al superamento del limite minimo di due anni di durata del rapporto. Sotto questo profilo, si evidenziano infatti alcune difficoltà legate alla gestione ed alla effettività degli aspetti formativi del rapporto. Diversamente, appare largamente condivisibile anche alla luce della pronuncia della Consulta n. 50/2005 (21), la scelta del legislatore di devolvere alla contrattazione collettiva di tutti i livelli la disciplina degli aspetti formativi del contratto laddove questi vengano gestiti esclusivamente dal datore di lavoro e non siano dipendenti da fondi pubblici. Note: (18) Le varie legislazioni regionali hanno definito i requisiti del tutor facendo riferimento a quanto previsto dal D.M. 28 febbraio 2000 che prevede all’art. 2: «Le funzioni di tutore possono essere svolte da un lavoratore qualificato designato dall’impresa oppure, nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, dal titolare dell’impresa stessa, da un socio o da un familiare coadiuvante. Il lavoratore designato dall’impresa per le funzioni di tutore deve: possedere un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato; svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista; possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa; Il requisito di cui al comma 2 lettera c) del presente articolo non si applica nel caso in cui non siano presenti in azienda lavoratori in possesso di tale caratteristica. Ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti, ferme restando, per le imprese artigiane, le limitazioni numeriche poste dalla legge - quadro di settore.». Si segnala che alcune regioni hanno previsto la necessità che i tutor abbiano frequentato dei corsi di formazioni alla docenza presso organismi accreditati (12 ore per la Regione Marche; 12 ore per la Regione Veneto; 8 ore per la Regione Toscana). (19) Anche alcuni contratti collettivi hanno previsto che il profilo formativo venisse sottoposto alla valutazione di Enti bilaterali con l’obbligo di iscrizione allo stesso, in questo caso la circ. Ministeriale 30/2005 chiarisce che non vi è alcun obbligo di iscrizione se questo non sia previsto dalla legislazione regionale. (20) Art. 53, D.Lgs. n. 276/2003. (21) Corte Cost 28 gennaio 2005, n. 50, in Giur. cost., 2005, 1. Dopo la legge n. 133/2008 Apprendistato: nuove tipologie di contratto per l’impresa Alfredo Casotti - Consulente del lavoro Premessa Trascurando qui la storia e gli sviluppi di questa tipologia contrattuale e qualsiasi confronto tra il ‘‘vecchio’’ apprendistato di cui alla legge n. 25/1953 ed il ‘‘nuovo’’ attualmente disciplinato dal D.Lgs. n. 276/2003, si intende concentrare l’attenzione sull’istituto dell’apprendistato oggi utilizzabile e sui limiti che ne hanno in questi ultimi anni frenato l’utilizzo malgrado l’indubbia valenza di questo contratto sia per la promozione dell’occupazione giovanile, sia per l’integrazione tra i diversi mondi della scuola del lavoro e della formazione. Senza trascurare, poi, che i costi sostenuti in termini di tempo, risorse e impegno dedicati alla formazione sono riconosciuti dalla normativa, che consente alle imprese che assumono apprendisti di ottenere un notevole risparmio contributivo per tutta la durata del contratto. Il salario dell’apprendista è inoltre notevolmente ridotto rispetto a quello di un lavoratore qualificato di pari inquadramento. Infine, il contratto di apprendistato non impegna immediatamente l’impresa ad un inquadramento a tempo indeterminato e consente al giovane di verificare la sua reale propensione e attitudine per quel settore e ruolo professionale. Nuove tipologie contrattuali Il decreto legislativo 10 settembre 2006, n. 276 modula il contratto di apprendistato in tre tipologie: apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione (art. 48); apprendistato professionalizzante (art. 49); apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta professionalità (art. 50). Lo stesso decreto stabilisce i requisiti base delle tre tipologie contrattuali e demanda ai contratti collettivi nazionali e di secondo livello: le modalità di espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, in azienda, nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni competenti (art. 48, comma 4, lett. c); la determinazione della durata del contratto di apprendistato professionalizzante (art. 49, comma 3); le modalità di erogazione e di articolazione della formazione interna ed esterna all’azienda, dell’apprendistato pro- fessionalizzante (art. 49, comma 5, lett. b). Le tre tipologie hanno, peraltro, alcuni aspetti comuni, fra cui il richiamo ai diritti ed ai doveri dell’apprendista, le tutele previdenziali ed assistenziali, il regime contributivo, i limiti numerici e l’irrilevanza ai fini del computo della forza lavoro impiegata. Ambito di applicazione Innanzi tutto, il contratto di apprendistato può essere stipulato, in forma scritta, da qualunque datore di lavoro operante in qualsiasi settore (art. 48, 49 e 50 D.Lgs. n. 276/ 2003). Il requisito della forma è richiesto ab substantiam ed il contratto deve contenere il piano formativo individuale e indicare la qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto. Non è privo di rilievo che il legislatore usi il termine «eventuale qualifica», il che significa che al termine del percorso, segnatamente quello professionalizzante, la qualifica può non essere conferita. Limiti di età per l’assunzione Nel regime transitorio che in talune situazioni perdura, ossia fino a che non sia effettivamente possibile applicare il nuovo contratto di apprendistato - in quanto non disciplinato dal contratto collettivo applicato o mancante del necessario coordinamento fra norme contrattuali e di legge DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 Percorsi L’apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro che, oltre a prevedere la prestazione lavorativa riserva particolare attenzione all’aspetto formativo e di apprendimento, per cui il giovane assunto con contratto di apprendistato è chiamato a svolgere, contemporaneamente, un periodo di lavoro e di formazione. Il datore di lavoro è tenuto a retribuire l’apprendista per l’attività svolta e ad impartirgli, direttamente o tramite soggetti in possesso di idonee conoscenze, gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale. 2509 Percorsi 2510 - continuano a valere i limiti di età stabiliti dalla legge n. 196/1997, vale a dire 24 anni, elevati a 26 nelle aree di cui agli obiettivi n. 1 e 2 del regolamento (Cee) che identifica le zone con gradi più o meno elevati di difficoltà economica e di crisi. Con la messa a regime del nuovo apprendistato, i limiti di età salgono a 29 anni o meglio, come precisato dal Ministero del lavoro con la circolare n. 30/2005, a 29 anni e 364 giorni. Questo criterio è stato applicato, dallo stesso Ministero del lavoro, anche all’età per l’assunzione in base alla previgente legge n. 196/1997. Per la verifica dell’età, ha chiarito il Ministero del lavoro con la circolare n. 30/2005, che l’assunzione potrà essere effettuata fino al giorno antecedente al compimento del trentesimo anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni). Con la successiva risposta ad interpello il 24 marzo 2006, il Ministero ha precisato che tale principio, «sebbene sia stato recepito esplicitamente con riferimento alla tipologia contrattuale dell’apprendistato professionalizzante, sembra potersi adoperare anche in riferimento ad altre tipologie contrattuali la cui attivazione è subordinata a specifici requisiti di età, salvo che la formulazione normativa lo escluda espressamente. Cosı̀, ad esempio, la stipulazione di un contratto di apprendistato disciplinato dalla legge n. 25/1955 e dall’art. 16 della legge n. 196/1997 risulta ammesso anche per soggetti di età sino a 24 anni e 364 giorni». Divieti È vietato retribuire a cottimo o con premi commisurati all’entità della produzione conseguita dall’apprendista medesimo (art. 48, c. 3, lett. b, e art. 49 c. 4, lett. b, D.Lgs. n. 276/2003; art. 11, c. 1, lett. f e art. 13, c. 2, legge n. 25/1955). Purtuttavia, rispondendo in data 1º marzo all’interpello n. 13/2007 proposto da Federmeccanica, la Dire- zione Generale per l’Attività ispettiva del Ministero del lavoro evidenzia che l’obbligo «di non adibire l’apprendista a lavori di manovalanza e di produzione in serie» - contenuto nell’art. 11, lett. l), legge n. 25/1955 - è stato abrogato dall’art. 20, D.Lgs. n. 251/2004, cosicché risulta in linea con l’attuale quadro ordinamentale la previsione di rapporti di apprendistato per le «figure professionali addette a produzioni in serie svolte su linee a catena o di montaggio semplice», contenuta nel Contratto per l’Industria metalmeccanica e l’installazione di impianti. Appare pertanto compatibile con la previsione di cui all’art. 49, comma 4 lett. b), del D.Lgs. n. 276/2003 la corresponsione di un «utile di cottimo» all’apprendista quando l’emolumento sia pressoché totalmente sganciato dal «risultato produttivo» del lavoratore, costituendo viceversa una voce retributiva fissa. È vietato adibire l’apprendista minorenne al lavoro notturno (art. 10, c. 4, legge n. 25/1955), mentre agli apprendisti maggiorenni, per effetto dell’art. 2, c. 4, del D.Lgs. n. 66/2003 si applicano le disposizioni previste per i lavoratori qualificati per tutto ciò che concerne l’orario di lavoro. piuto della forza lavoro ai fini dell’ammissione, in azienda, di tirocinanti (interpello n. 44/2008) «anche in ragione del fatto che già con riferimento a tali categorie di lavoratori esistono limiti numerici legati alla necessità di garantire una adeguata proporzione tra questi ultimi e le ‘‘maestranze specializzate e qualificate’’ in servizio presso il datore di lavoro». Regime sanzionatorio In caso di inadempimento nella erogazione della formazione, di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui agli articoli 48, comma 2, 49, comma 1, e 50 comma 1 il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza fra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento (art. 53, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003). Limiti numerici Apprendistato part-time L’articolo 47 del D.Lgs. n. 276/2003 conferma che i datori di lavoro possono assumere con contratto di apprendistato un numero di lavoratori non superiore al 100 per cento delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso lo stesso datore di lavoro. In ogni caso possono essere assunti fino a tre apprendisti, fermo restando il regime di maggior favore applicabile alle imprese artigiane per le quali restano in vigore i limiti stabiliti dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443. Gli apprendisti in forza non si computano al fine dell’applicazione di pressoché tutti gli istituti contrattuali e normativi, sono esclusi anche dal com- Con nota del 13 dicembre 2006 il Ministero del lavoro ha confermato di non ravvisare preclusioni allo svolgimento del contratto di apprendistato a tempo parziale ma, come già precisato dalla circolare n. 9/2004, la particolare articolazione dell’orario di lavoro non deve essere di ostacolo al raggiungimento delle finalità formative tipiche del contratto di apprendistato. Pertanto, occorre valutare caso per caso se la durata della prestazione lavorativa sia tale da consentire il conseguimento della qualifica professionale e il soddisfacimento dell’esigenza formativa (v. circolare n. 46/2001). Ne consegue che il periodo di attività formativa (minimo 120 ore) non può essere riproporzio- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 Apprendistato per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione Il comma 1 dell’articolo 48 consente la stipula di questa tipologia contrattuale in tutti i settori di attività destinandola, però, ai giovani ed agli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni. Con la circolare n. 40 del 14 ottobre 2004 il Ministero del lavoro ha precisato che il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto - dovere di istruzione e formazione, in quanto finalizzato al conseguimento di una qualifica ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 o un titolo di studio, può essere stipulato da datori di lavoro appartenenti a tutti i settori lavorativi (comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali) nei confronti di soggetti tra i quindici e i diciotto anni non compiuti, che non abbiano ancora completato il percorso formativo. Peraltro, la disciplina di questa forma contrattuale è strettamente connessa alla riforma del sistema di istruzione prevista dalla legge n. 53/2003, tuttora in corso di attuazione e non è, al momento, possibile farvi ricorso. In attesa dell’attuazione della figura dell’apprendistato per il diritto-dovere di istruzione e formazione, il minore di anni diciotto che intenda accedere ad un rapporto di apprendistato deve adempiere all’obbligo formativo di cui all’art. 68 della legge n. 144/1999 - attuato dall’art. 5 del D.P.R. n. 257/2000 - mediante la frequenza di corsi esterni all’azienda, pari a 120 ore, in aggiunta al pari numero di ore dedicate alla formazione professionale. Come prevede l’art. 10 della legge n. 25/1955, le ore di insegnamento complementare sono equiparate a quelle di lavoro effettivamente prestato e, pertanto, devono essere retribuite, atteso che la formazione del minore persegue analoga finalità rispetto a quella direttamente inerente al rapporto di lavoro. Innalzamento dell’obbligo scolastico L’articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria 2007) innalza l’istruzione obbligatoria, con effetto dall’anno scolastico 2007/2008, da nove a dieci anni. Correlativamente, anche l’età per l’accesso al lavoro è elevata di un anno, passando da quindici a sedici anni. Apprendistato professionalizzante L’articolo 49 del D.Lgs. n. 276/2003 consente l’attivazione di questa forma di apprendistato in tutti i settori produttivi, con soggetti di età compresa tra i diciotto ed i ventinove anni. Il limite minimo di diciotto anni può essere anticipato di dodici mesi per quei soggetti che hanno già conseguito una qualifica professionale ai sensi della legge n. 53/2003. Il contratto di apprendistato professionalizzante è finalizzato al conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, la durata è demandata ai contratti collettivi che la stabiliranno in ragione del tipo di qualificazione da conseguire, in misura originariamente prevista in un minimo di due anni ed un massimo di sei. L’articolo 23 del decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modifiche nella legge 6 agosto 2008, n. 133 ha soppresso il limite di durata minima, pertanto attualmente la durata del contratto non può superare i sei anni. Forma del contratto Il contratto di apprendistato professionalizzante deve esse- re stipulato per iscritto ed è disciplinato secondo i seguenti criteri: a) forma scritta del contratto, contenente indicazione della prestazione oggetto del contratto, del piano formativo individuale, nonché della eventuale qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale o extra-aziendale; b) divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cottimo; c) possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2118 c.c.; d) possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell’ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione con quelli dell’apprendistato professionalizzante nel rispetto del limite massimo di durata di cui al comma 3. Vige tuttora il divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo È possibile sommare i periodi di apprendistato svolti nell’ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione con quelli dell’apprendistato professionalizzante, nei limiti di durata massima previsti dai contratti collettivi. Come puntualizza il Ministero del lavoro nella circolare n. 40/2004, il contratto di apprendistato professionalizzante può essere pienamente operativo solo in quanto siano state attuate tutte le previsioni normative, sia da parte delle regioni, sia dalle parti sociali. Dalle disposizioni del D.Lgs. n. 276/2003 deriva che, per attivare il contratto di apprendistato professionalizzante nelle Regioni che non hanno provveduto a definire i criteri formativi, non è sufficiente che il contratto collettivo applicato ne preveda la stipula, occorre che lo stesso contratto ne disciplini, direttamente o indirettamente i criteri formativi. Secondo il Ministero del la- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 Percorsi nato in relazione al ridotto orario di lavoro. 2511 voro (circ. n. 30 del 15 luglio 2005) «in attesa della regolamentazione regionale è pertanto legittimo il rinvio alla contrattazione collettiva nazionale previsto dall’articolo 49, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 276/2003, che dovrà in ogni caso applicarsi nel rispetto delle previsioni contenute nel D.Lgs. n. 276/2003». Percorsi Inquadramento 2512 L’apprendista può essere inquadrato in una categoria fino a due livelli inferiore a quella corrispondente alla qualifica da conseguire. Con interpello n. 8 del 2 febbraio 2007, il Ministero del lavoro ha evidenziato che non esiste alcuna previsione normativa che escluda, a priori, la possibilità di assumere giovani in apprendistato solo per il fatto di essere già stati in precedenza impiegati o comunque utilizzati dalla stessa impresa, non sembra ammissibile la stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per un periodo tale da far ritenere che non sia più necessaria alcuna attività formativa. A titolo esemplificativo, il Ministero indica un precedente rapporto di lavoro che abbia avuto una durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva per il contratto di apprendistato che si intenderebbe instaurare. Patto di prova È fatto salvo il patto di prova che, se inserito, consente legittimamente la risoluzione del rapporto durante detto arco temporale, anche se la prova dovrà riguardare la propensione del giovane e non la sua professionalità, oggetto del contratto e tutta da acquisire. Retribuzione La retribuzione è quella prevista dai contratti collettivi per il livello di inquadramento. Nel periodo transitorio, in caso di assunzione secondo le norme previgenti, continuano ad applicarsi le tabelle fissate specificatamente per gli apprendisti, che spesso determinano la retribuzione in misura percentuale rispetto a quella dei lavoratori qualificati. «Nell’impianto normativo antecedente al D.Lgs. n. 276/ 2003 la norma dell’art. 13, comma 1, della legge n. 25/ 1955 prevedeva la determinazione della retribuzione dell’apprendista mediante un procedimento di percentualizzazione graduale in base alla anzianità di servizio, determinato sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva. Ciò posto, tenuto conto della circostanza che la circolare n. 40/2004 di questo Ministero ha espressamente ritenuto ancora in vigore la disposizione innanzi citata, il nodo interpretativo da sciogliere attiene all’ammissibilità di un cumulo tra il regime del c.d. sottoinquadramento e quello della percentualizzazione della retribuzione in base all’anzianità di servizio. Si tratta, in altri termini, di stabilire se, in virtù del predetto procedimento di percentualizzazione, sia ipotizzabile una retribuzione inferiore a quella derivante dal sistema del sottoinquadramento. Al quesito deve essere data risposta negativa. Il rapporto tra le norme in questione deve, invero, essere interpretato in termini non già di cumulatività bensı̀ di alternatività. Conseguentemente, alla luce del generale principio del favor prestatoris, si ritiene di poter concludere per l’applicazione della norma di cui al citato art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, salvo che, beninteso, dall’applicazione della procedura di percentualizzazione derivi, in concreto, un trattamento più DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 favorevole per il prestatore» (v. interpello n. 28 del 1º ottobre 2007). Obbligo formativo I profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono, di norma, regolamentati dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e Bolzano d’intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. Ai sensi dell’articolo 49, comma 5, lett. a), del D.Lgs. n. 276/2003 la formazione formale, interna o esterna alla azienda, dovrà essere prevista per un minimo di centoventi ore all’anno, fermo restando che per formazione formale deve essere intesa quella fornita da strutture accreditate o all’interno dell’impresa secondo percorsi di formazione strutturati on the job e in affiancamento, certificabili e verificabili negli esiti secondo le modalità che sono definite dalle sperimentazioni in atto ovvero dalle future normative regionali. Rimane valida la distinzione fra competenze trasversali e tecnico-professionali di cui alla legge n. 196/1997 ed è consentita la formazione a distanza e strumenti di e-learning purché l’impresa sia adeguatamente attrezzata e rimanga traccia dell’effettiva partecipazione dell’apprendista. L’obbligo della formazione minima di almeno 120 ore non è derogabile, a differenza di quanto poteva avvenire vigente l’art. 16 della legge n. 196/1997 che disponeva un « ... impegno formativo per l’apprendista, normalmente pari ad almeno 120 ore medie annue, prevedendo un impegno ridotto per i soggetti in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto all’attività da svolgere». Nel D.Lgs. n. 276/2003 non vi è alcun richiamo alla possibilità che il numero di ore scenda al di sotto delle 120 indicate. pulato fra le Oo.Ss. dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative - individui contenuti e profili formativi atti a consentire l’erogazione della formazione, anche tramite il rimando ai modelli concordati con l’Isfol o con il mero rinvio agli enti bilaterali. Formazione Per l’operatività della disciplina relativa all’apprendistato professionalizzante è necessaria la regolamentazione dei profili formativi demandata dal D.Lgs. n. 276/2003 alle Regioni e alle Province autonome. In attesa di tale regolamentazione, a seguito dell’intervento operato dal D.L. n. 35/2005, il cui articolo 13-bis, comma 1, aggiunge il comma 5-bis, all’articolo 49, D.Lgs. n. 276/2003, l’apprendistato professionalizzante può essere avviato secondo la disciplina stabilita dai contratti collettivi nazionali di categoria. Diversamente, per l’apprendistato ‘‘base’’ per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione, occorre attendere anche la definizione delle modalità di riconoscimento dei crediti formativi da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - di concerto con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e previa intesa con le Regioni e le Province autonome. Un caso a sé è costituito dall’apprendistato di alto livello, che consente di conseguire un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione e per la specializzazione tecnica superiore, la cui realizzazione è demandata a convenzioni fra università, regioni, parti sociali. Si veda in tal senso la circolare n. 2/2006 del Ministero del lavoro. Formazione interna all’azienda Con il comma 5-ter dell’art. 49, introdotto dall’articolo 23 del D.L. n. 112/2008, il legislatore ha peraltro inteso agevolare l’accesso al contratto di apprendistato introducendo un ‘‘canale parallelo’’ a quelli di cui sopra. Il richiamato comma 5-ter demanda, infatti, al contratto collettivo, di qualsiasi livello, la regolamentazione della formazione interna, che può risolversi in attività anche esterne all’azienda, purché sia quest’ultima a dirigerne lo svolgimento e purché tale formazione non implichi finanziamenti pubblici. La contrattazione collettiva e gli enti bilaterali dovranno necessariamente disciplinare in dettaglio la formazione aziendale dell’apprendista, resa possibile dal D.L. n. 112/2008, determinando, per ciascun profilo formativo, «la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». Rispondendo al quesito della Confcommercio, il Ministero del lavoro con l’interpello n. 50 del 7 ottobre 2008 conferma che la nuova disciplina è immediatamente operativa, anche con riferimento ai contratti collettivi che hanno introdotto una nozione di formazione aziendale sulla base del preesistente quadro normativo. Ruolo degli enti bilaterali Il Ministero del lavoro ha ribadito con la circolare n. 30 del 15 luglio 2005 (come già affermato con la circolare n. 40/2004) che non sono da considerarsi legittime le clausole dei contratti collettivi e/o le previsioni che subordinino la stipula del contratto di apprendistato, o il parere di conformità per quanto attiene i profili formativi del contratto, alla iscrizione all’Ente bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore nazionale. In tal senso va anche la nota n. 389 del 12 aprile 2005 con la quale il Ministero afferma che «sono dunque da considerarsi validi DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 Percorsi Pertanto, le norme regionali o i contratti collettivi potranno solo individuare modalità e forme di articolazione delle ore di formazione formale: ad esempio, criteri di scelta tra la formazione da effettuarsi solo all’interno dell’azienda in possesso di adeguate strutture e quella da svolgersi presso strutture esterne accreditate; formazione a distanza od in aula; ripartizione del monte ore complessivo fra le varie discipline oggetto di trattazione all’interno del percorso formativo. Per quanto attiene alla valutazione di eventuali crediti formativi, all’inizio del rapporto di apprendistato deve ritenersi che eventuali competenze professionali di cui l’apprendista sia già in possesso all’inizio del rapporto non consentano una decurtazione del monte ore complessivo di formazione, ma al più possano incidere sulla distribuzione delle ore di formazione fra le varie materie e discipline (Min. lav., interpello n. 5/2005). La disposizione in deroga alla regolamentazione regionale deve essere intesa, secondo lo stesso Ministero, nel senso che «il legislatore, al fine di accellerare il processo di messa a regime dell’istituto, affida la definizione della disciplina per l’apprendistato professionalizzante agli stessi soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro, i quali potranno concordarla in qualsiasi momento senza, dunque, dover attendere la fase di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Nulla esclude peraltro, anche ai sensi dell’articolo 86, comma 13, del D.Lgs. n. 276/2003, che la regolamentazione della materia venga definita anche mediante uno o più accordi interconfederali». Pertanto, non tutti i contratti collettivi che hanno inserito nel testo disposizioni relative all’apprendistato professionalizzante possono ritenersi utili ad anticipare le disposizioni regionali nelle more dell’emanazione delle stesse. Occorre che il contratto collettivo - sti- 2513 Percorsi 2514 i contratti di apprendistato stipulati in assenza di iscrizione all’Ente bilaterale». Occorre però precisare che lo stesso comma 5 dell’articolo 49 del D.Lgs. n. 276/2003, alla lettera b), nel rinviare ai Ccnl l’individuazione delle modalità di erogazione e dell’articolazione della formazione, consente che ciò avvenga all’interno degli Enti bilaterali. Ne consegue che il contratto collettivo può prevedere l’obbligo per i soggetti che intendono sottoporre i contratti di apprendistato al parere di conformità degli Enti bilaterali, per quanto attiene i profili formativi dei contratti medesimi, «là dove tale obbligo sia previsto da una legge regionale e non si ponga in contrasto con i principi costituzionali di libertà sindacale» (Min. lav., circ. n. 30/2005). Secondo la stessa Confcommercio «mentre viene riconosciuta indispensabile la pronuncia degli enti bilaterali in merito alla conformità dei piani formativi delle aziende ... [omissis] ... il requisito dell’iscrizione all’ente non è considerato condizione di procedibilità». Per quanto riguarda i contratti collettivi che non hanno provveduto a regolare l’aspetto formativo, nelle more della regolamentazione regionale sarà possibile colmare la lacuna con accordo sindacale, senza necessità di attendere il rinnovo contrattuale. Nei territori ove sono state avviate iniziative sperimentali, il piano formativo deve essere coerente con i profili individuati dalle Regioni. Le prime forme di sperimentazione avviate, per esempio in Toscana ed in Emilia Romagna, hanno utilizzato i profili formativi già individuati per il Sistema regionale delle qualifiche. Alcune regioni, fra cui la stessa Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige hanno provveduto a inserire la materia nelle leggi regionali in materia di occupazione e mercato del lavoro. Tutor In azienda dovrà essere presente un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. Il Ministero del lavoro ha, però, riconosciuto che in caso di aziende in possesso di avanzate tecniche informatiche, non è necessario che il tutore sia presente, di persona, nello stesso luogo ove lavora l’apprendista. Piano formativo individuale L’articolo 49, c. 4, lett. a) nel richiedere la forma scritta del contratto di apprendistato professionalizzante stabilisce che lo stesso deve indicare, fra gli altri elementi, il piano formativo individuale. Per il rilevo di tale documento, sembra opportuno che esso sia redatto indipendentemente dal contratto che, nel richiamarlo, ne indicherà gli aspetti salienti. È del tutto ovvio che anche il piano formativo deve essere sottoscritto sia dal datore di lavoro che dall’apprendista. Appare utile riportare quanto stabilito nella delibera del 17 agosto u.s. della Giunta regionale dell’Emilia Romagna in ordine ai contenuti del piano formativo individuale (Pfi): a) dati identificativi del datore di lavoro (denominazione, codice fiscale, partita Iva, indirizzo della sede legale, indirizzo dell’unità operativa interessata, recapito telefonico/fax/e-mail, attività e contratto utilizzato); b) dati identificativi dell’apprendista (cognome, nome, codice fiscale, data e luogo di nascita, residenza, cittadinanza, scadenza del permesso di soggiorno nel caso di stranieri, titolo di studio, centro per l’impiego di riferimento ai sensi del D.Lgs. n. 297/2003); c) dati identificativi del tutore aziendale (cognome, nome, codice fiscale, livello, anni di esperienza, precisando altresı̀ se sia titolare dell’azienda interessata); d) qualifica del Srq assunta a riferimento quale esito del percorso formativo, il quale: – deve risultare coerente con DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 la qualifica indicata, fermo restando che, in ragione della durata del contratto e delle caratteristiche dell’apprendista, possono essere raggiunte solo alcune delle unità di competenza costituenti la qualifica; – può prevedere, in ragione delle caratteristiche dell’apprendista, interventi diretti all’acquisizione di competenze di carattere trasversale. Il piano formativo, fermo restando il riferimento alla qualifica, può essere adeguato in relazione all’andamento dell’attività formativa, nonché alla verifica delle effettive competenze dell’apprendista. Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione La terza forma possibile di apprendistato è regolata dall’articolo 50 del D.Lgs. n. 276/2003 e consente ai soggetti di età compresa tra i diciotto ed i ventinove anni di essere assunti in tutti i settori di attività per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, di titolo di studio universitario, dell’alta formazione o della specializzazione tecnica già prevista dall’art. 69 della legge n. 144/1999. Anche in questo caso il possesso di una qualifica professionale conseguita ex lege n. 53/2003, consente di anticipare di un anno l’assunzione. L’ultimo comma dell’art. 50 demanda alle Regioni la quantificazione della durata dei percorsi per il conseguimento del diploma o per i percorsi di alta formazione, per i soli profili che attengono alla formazione. A differenza delle due tipologie contrattuali avanti esaminate, non occorre però un atto normativo ma una semplice ‘‘convenzione’’ con le associazioni sindacali territoriali, con le Università e le altre istituzioni formative. È possibile avviare questa tipologia contrattuale in tutte le realtà regionali che già hanno stipulato le previste convenzioni, limitatamente alle parti sociali che tali convenzioni hanno sottoscritto. Con la modifica introdotta dall’art. 23 del D.L. n. 112/2008 non è, però, più necessario l’intervento della Regione. Cessazione del rapporto di apprendistato Durante il rapporto di apprendistato opera il divieto di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. La violazione del divieto consente al lavoratore di impugnare il provvedimento attivando lo strumento della tutela reale o di quella obbligatoria a seconda delle dimensioni aziendali. È, invece, possibile il recesso alla fine del periodo di apprendistato, previa disdetta ex art. 2118 c.c., con ciò ripetendo, sostanzialmente, quanto affermato a suo tempo dall’art. 19 della legge n. 25/1955. Su questo punto sia la giurisprudenza di merito che quella di legittimità sono concordi, nel senso che alla fine del rapporto formativo il datore di lavoro conserva integra la sua facoltà di recesso, in quanto si è esaurita la causa del contratto speciale. Resta altresı̀ salvo il patto di prova che, se inserito, consente legittimamente la risoluzione del rapporto durante detto arco temporale. Certificazione delle competenze I risultati conseguiti all’interno del complessivo percorso formativo e la qualifica professionale conseguita dovranno, comunque, essere certificati con la registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo. La soluzione del problema della armonizzazione delle qualifiche e, soprattutto, della loro ‘‘spendibilità’’ su tutto il territorio nazionale è, peraltro, affidata ad un mai emanato ‘‘repertorio delle professioni’’ che dovrebbe essere predisposto da un organismo tecnico del quale sono destinati a fare parte rappresentanti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative e della conferenza Stato - Regioni. 7 ottobre 2008, n. 50 Destinatario: Confcommercio Istanza: apprendistato professionalizzante - art. 49, comma 5-ter, D.Lgs. n. 276/2003 La previsione di cui al comma 5-ter è peraltro da considerarsi immediatamente operativa, anche con riferimento a quei contratti collettivi che hanno introdotto una nozione di formazione aziendale sulla scorta del preesistente quadro normativo. Nel caso di specie, nell’accordo per il rinnovo del Ccnl del Terziario siglato il 17 luglio scorso, le parti hanno concordato (art. 60, Dichiarazione a verbale n. 1) l’istituzione di una Commissione paritetica con il compito di applicare quanto demandato alla contrattazione collettiva dal succitato comma 5-ter e, in attesa delle determinazioni della Commissione Paritetica, il Ccnl conferma, anche per la formazione esclusivamente aziendale, i profili formativi definiti nel Protocollo Isfol del 10 gennaio 2002. 3 ottobre 2008, n. 44 Destinatario: Consiglio nazionale Ordine Consulenti lavoro Istanza: tirocinanti in aziende facenti parte di un Geie - computo apprendisti Con ulteriore quesito viene, inoltre, chiesto se nel computo dei lavoratori a tempo indeterminato necessari per determinare il numero massimo da ospitare in azienda vadano o meno inclusi gli apprendisti. Sul punto, in assenza di una espressa previsione normativa, è possibile fornire risposta in senso negativo ricordando che, sia ai sensi dell’art. 21, comma 7, della legge n. 56/1987 che dell’art. 53, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, «i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti». Del resto, appare ragionevole escludere dal computo gli apprendisti anche in ragione del fatto che già con riferimento a tali categorie di lavoratori esistono limiti numerici legati alla necessità di garantire una adeguata proporzione tra questi ultimi e le «maestranze specializzate e qualificate» in servizio presso il datore di lavoro. 10 giugno 2008, n. 14 Destinatario: Consiglio nazionale Ordine Consulenti lavoro Istanza: apprendistato e legge Regione Marche Se la disciplina normativa regionale non risulta applicabile per carenza relativa ai profili formativi o alle mansioni e la stessa, sul punto, non contiene alcun rinvio in funzione integrativa alla disciplina dettata dal contratto collettivo applicabile, i contratti di apprendistato potranno essere validamente stipulati sulla base della disciplina contenuta nel Ccnl di cui all’art. 49, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 276/2003. Ne consegue, in tale ipotesi, che laddove il contratto di apprendistato da stipularsi faccia riferimento, quanto alla disciplina applicabile, al Ccnl e non alla legge regionale, relativamente allo stesso contratto non sarà necessario il rilascio del parere di conformità da parte dei competenti organi regionali, applicandosi integralmente la disciplina contrattuale ai sensi del citato art. 49, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 276/2003. Percorsi Interpelli in materia di apprendistato (segue) DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 2515 Percorsi (continua) 27 marzo 2008, n. 9 Destinatario: Agens - Agenzia confederale dei trasporti e servizi Istanza: apprendistato nei servizi di condotta dei treni Ai sensi della disciplina in materia di apprendistato ed in particolare del D.M. del 28 febbraio 2000, il tutor ha il compito di affiancare l’apprendista nella formazione e di trasmettere allo stesso le competenze necessarie all’esercizio dell’attività lavorativa, collaborando attivamente alla definizione del relativo percorso formativo. Il suddetto ruolo del tutor, quale figura di riferimento per l’apprendista nel corso della sua permanenza in azienda, risulta, altresı̀, confermato, nell’ambito delle attività ferroviarie, dal Ccnl del 16 aprile 2003 (art. 18, punto 8) e dall’accordo nazionale sottoscritto, in data 1º marzo 2006, dalla stessa Agenzia interpellante e dalle organizzazioni sindacali firmatarie del Ccnl medesimo, compresa l’Or.s.a., Organizzazione Sindacati Autonomi e di Base - Settore Ferrovie. 11 febbraio 2008, n. 3 Destinatario: Consiglio Nazionale Ordine Consulenti lavoro Istanza: cumulo rapporti di apprendistato In particolare rileva, in materia di computo della durata dell’apprendistato, quanto stabilito dall’art. 8 della citata legge n. 25/1955, che cosı̀ recita: «i periodi di servizio prestato in qualità di apprendista presso più datori di lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima... purché non separati da interruzioni superiori ad un anno e purché si riferiscano alle stesse attività». In presenza delle condizioni indicate dal citato art. 8, un nuovo rapporto di lavoro, disciplinato dalla normativa e dalle disposizioni contrattuali sull’apprendistato professionalizzante, sarà instaurato tenendo conto, ai fini del computo della durata massima, del periodo di lavoro già svolto nel precedente rapporto. La durata del nuovo apprendistato potrà essere, dunque, calcolata sommando la durata del vecchio rapporto con quello nuovo. 29 novembre 2007, n. 36 Destinatario: Federmeccanica Istanza: operatività apprendistato qualificante ... la disciplina del rapporto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione e dei relativi profili formativi non è a tutt’oggi operativa in quanto strettamente connessa alla riforma del sistema d’istruzione prevista dalla legge n. 53/2003. Questo Ministero con circ. n. 30/2005 ha poi chiarito che, in attesa delle intese di cui al comma 4 dell’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003, per i giovani di età compresa tra i 16 e 18 anni, per i quali non risulti ancora utilizzabile l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, sono applicabili la disciplina di cui alla legge n. 25/1955, come modificata ed integrata dalla legge n. 56/1987 e dalla legge n. 196/ 1997 e, con riguardo alla parte normativa, nonché ai contenuti formativi, le disposizioni dei contratti collettivi che disciplinano la precedente tipologia di apprendistato, in quanto compatibili. 5 novembre 2007, n. 32 Destinatario: Fisascat Cisl Istanza: apprendistato e Cigs Non pare possibile estendere l’interpretazione in tema di integrazioni salariali formulata per il contratto di formazione e lavoro alle nuove tipologie contrattuali in cui si articola il rapporto di apprendistato. 1 ottobre 2007, n. 28 Destinatario: Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil Istanza: apprendistato e regime retributivo ... Nell’impianto normativo antecedente al D.Lgs. n. 276/2003 la norma dell’art. 13, comma 1, della legge n. 25/1955 prevedeva la determinazione della retribuzione dell’apprendista mediante un procedimento di percentualizzazione graduale in base alla anzianità di servizio, determinato sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva. Ciò posto, tenuto conto della circostanza che la circolare n. 40/2004 di questo Ministero ha espressamente ritenuto ancora in vigore la disposizione innanzi citata, il nodo interpretativo da sciogliere attiene all’ammissibilità di un cumulo tra il regime del c.d. sottoinquadramento e quello della percentualizzazione della retribuzione in base all’anzianità di servizio. Si tratta, in altri termini, di stabilire se, in virtù del predetto procedimento di percentualizzazione, sia ipotizzabile una retribuzione inferiore a quella derivante dal sistema del sottoinquadramento. Al quesito deve essere data risposta negativa. Il rapporto tra le norme in questione deve, invero, essere interpretato in termini non già di cumulatività bensı̀ di alternatività. Conseguentemente, alla luce del generale principio del favor prestatoris, si ritiene di poter concludere per l’applicazione della norma di cui al citato art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, salvo che, beninteso, dall’applicazione della procedura di percentualizzazione derivi, in concreto, un trattamento più favorevole per il prestatore. 11 luglio 2007, n. 17 Destinatario: Ass. Piccole e medie Industrie provincia Bologna ... il contratto di apprendistato non sarà prorogato e il periodo di malattia di breve durata, come evento singolo (o come sommatoria di una pluralità di brevi periodi) verrà considerato ininfluente nell’ipotesi in (segue) 2516 DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 Istanza: apprendistato e malattia di breve durata cui tale specifica indicazione sia espressamente prevista dalla fonte contrattuale applicata. Tuttavia, in mancanza di disciplina contrattuale espressa, si ritiene di dover continuare a far riferimento alla prassi amministrativa, cosı̀ come indicata nell’orientamento ministeriale sopra menzionato, considerando «breve» il periodo di malattia dell’apprendista inferiore al mese. 1º marzo 2007, n. 14 Destinatario: Ancl - Regione Marche Istanza: trasformazione da ‘‘vecchio’’ a ‘‘nuovo’’ apprendistato ... L’art. 47 del D.Lgs. n. 276 nel definire le nuove tipologie di apprendistato, al comma 3 prevede espressamente che «in attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del presente decreto continua ad applicarsi la vigente normativa in materia». Il Legislatore con tale previsione ha voluto coprire quel «vuoto di disciplina» che si sarebbe altrimenti creato nell’attesa della regolamentazione, da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, dei profili formativi richiesta dal comma 5 dell’art. 49. Pertanto, nei casi in cui sia completato l’iter regolatorio ex art. 49, si applica il nuovo regime, mentre i contratti in esecuzione, disciplinati dalle previgenti regole, rimangono soggetti allo stesso regime normativo al fine di escludere, tra il vecchio ed il nuovo, un’inopportuna commistione. Tanto sulla scia di quanto già affermato da questa Direzione con risposta ad interpello prot. n. 2464/2005. Marginalmente si sottolinea inoltre come, prescindendo dalla lettura dell’art. 47, sarebbe comunque difficile immaginare una trasformazione del contratto, stante la non omogeneità delle rispettive discipline, con riferimento sia ai requisiti formali che sostanziali richiesti. 1º marzo 2007, n. 13 Destinatario: Federmeccanica Istanza: apprendistato e tariffe di cottimo L’obbligo «di non adibire l’apprendista a lavori di manovalanza e di produzione in serie», contenuto nell’art. 11, lett. l), legge n. 25/1955, è stato abrogato dall’art. 20, D.Lgs. n. 251/2004, cosicché risulta in linea con l’attuale quadro ordinamentale la previsione di rapporti di apprendistato per le «figure professionali addette a produzioni in serie svolte su linee a catena o di montaggio semplice», contenuta nel citato Contratto per l’industria metalmeccanica e l’installazione di impianti. 2 febbraio 2007, n. 8 Destinatario: Confindustria Istanza: apprendistato professionalizzante e pregresse esperienze lavorative A mero titolo orientativo, non sembra ammissibile la stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per un durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva; tale conclusione è dettata dalla necessità che il precedente rapporto di lavoro, sotto il profilo dell’acquisizione delle esperienze e delle competenze professionali, non abbia a prevalere sull’instaurando rapporto di apprendistato. 18 gennaio 2007, n. 5 Destinatario: Regione Friuli Venezia Giulia Istanza: apprendistato professionalizzante e attività formativa ... il dettato normativo pone solo l’obbligo del rispetto del monte ore minimo di 120 ora annue, ferma restando l’autonomia della contrattazione collettiva e del legislatore regionale nell’individuazione di modalità e di forme di articolazione delle ore di formazione formale: ad esempio, criteri di scelta tra la formazione da effettuarsi solo all’interno dell’azienda in possesso di adeguate strutture e quella da svolgersi presso strutture esterne accreditate; formazione a distanza od in aula; ripartizione del monte ore complessivo fra le varie discipline oggetto di trattazione all’interno del percorso formativo. 18 gennaio 2007, n. 4 Destinatario: Ordine dei Consulenti del Lavoro di Viterbo Istanza: apprendistato part-time parere di conformità ... occorre ricordare che la circolare n. 30/2005 ha ribadito la legittimità delle clausole che prevedano, per l’applicazione del contratto di apprendistato professionalizzante, l’obbligo di sottoporre i profili formativi al parere di conformità dell’ente bilaterale, laddove tale obbligo sia previsto da una legge regionale e non sia in contrasto con i principi costituzionali di libertà sindacale. Qualora detto obbligo non sia stato previsto dal legislatore regionale ma sia comunque introdotto dalla contrattazione collettiva - quale fonte regolatrice del rapporto ai sensi dell’art. 49, comma 5 bis, D.Lgs. n. 276/2003 - lo stesso non può comunque rivestire carattere autorizzatorio. 13 dicembre 2006, Prot. 25/I/0007209 Destinatario: Confartigianato Cuneo Istanza: responsabilità del datore di lavoro e apprendistato part-time Dall’analisi della normativa vigente sull’argomento, non pare ravvisarsi alcun limite di orario minimo settimanale da osservarsi nella stipula del contratto. Si sottolinea, peraltro, che, come precisato dalla circolare di questo Ministero n. 9/2004, la peculiare articolazione dell’orario di lavoro non deve essere di ostacolo al raggiungimento delle finalità formative tipiche del contratto di apprendistato. Pertanto, occorre valutare Percorsi (continua) (segue) DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 2517 (continua) Percorsi caso per caso se la durata della prestazione lavorativa sia tale da consentire il conseguimento della qualifica professionale e il soddisfacimento dell’esigenza formativa (v. circolare n. 46/2001). 10 ottobre 2006, Prot. 25/I/0004584 Destinatario: Ordine dei Consulenti del Lavoro di Macerata Istanza: inclusione soci lavoratori nel calcolo percentuale per l’assunzione di apprendisti Sebbene le «maestranze» cui faceva e fa riferimento il legislatore non possono essere lette con riguardo a qualsiasi lavoratore si trovi a prestare attività lavorativa presso il datore di lavoro (ad esempio, lavoratori in somministrazione o lavoratori a progetto), pare tuttavia ragionevole ritenere che il socio lavoratore della società di persone (nell’esempio riportato s.n.c.) possa essere assimilato ai lavoratori dipendenti qualificati e specializzati, se e in quanto effettivamente e stabilmente inserito e occupato nello svolgimento dell’attività lavorativa aziendale e in possesso delle relative qualità e competenze professionali. 14 settembre 2006, Prot. 25/I/ 0003508 Destinatario: Ordine dei Consulenti del lavoro di La Spezia Istanza: apprendistato professionalizzante e sperimentazioni regionali Se la contrattazione collettiva ha disciplinato i profili formativi e applicativi dell’apprendistato professionalizzante, il datore di lavoro, in assenza della legge regionale in materia, dovrà assumere con contratto di apprendistato «professionalizzante» a norma del Ccnl di riferimento; altrimenti procederà all’assunzione dell’apprendista ai sensi della citata legge n. 25/1955 e successive modificazioni. 21 giugno 2006, Prot. 25/I/0000783 Destinatario: Apindustria Piacenza Istanza: apprendistato professionalizzante ... con riferimento alla fascia di età dai 16 ai 18 anni, in attesa della piena operatività del nuovo apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione di cui all’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003, appare possibile l’applicazione della previgente disciplina di cui alla legge n. 25/1955 e all’art. 16 della legge n. 196/1997. 21 giugno 2006, Prot. 25/I/0000782 Destinatario: Fippa Istanza: apprendistato e contratto collettivo L’art. 28 del Ccnl Panificatori del 19 luglio 2005, nell’ambito della disciplina dei contenuti della formazione da erogare nell’apprendistato professionalizzante, stabilisce espressamente che «in assenza della relativa normativa regionale o provinciale, ai sensi del comma 5 bis ... le parti potranno determinare il contenuto della formazione ai sensi del presente contratto collettivo e del rinvio che le parti stipulanti operano, alla luce della circolare n. 30/2005 ... ai Dd.Mm. 8 aprile 1998 e 20 maggio 1999 ed ai moduli formativi elaborati da Isfol ...»... sembra doversi confermare che le parti sociali, con l’art. 28 del Ccnl del 19 luglio 2005, ovvero mediante puntuali previsioni in materia formativa dell’apprendistato nonché mediante il rinvio ivi operato ai Dd.Mm. 8 aprile 1998 e 20 maggio 1999 e ai moduli formativi elaborati dall’Isfol, abbia correttamente e legittimamente espresso la propria autonomia collettiva nella materia de qua. 2 maggio 2006, Prot. 25/I/0003769 Destinatario: Ordine dei Consulenti del lavoro di Rimini Istanza: apprendistato stagionale Premesso che il D.Lgs. n. 276/2003 non detta alcuna disciplina espressa per l’apprendistato «stagionale» e atteso il requisito di durata del contratto di apprendistato professionalizzante (che, ai sensi dell’art. 49 comma 3, non può essere inferiore a due anni e superiore a sei) pare doversi necessariamente dedurre l’impossibilità di utilizzare il contratto de quo per le assunzioni nell’ambito delle attività a carattere stagionale. 2 maggio 2006, Prot. 25/I/0003772 Destinatario: Ordine dei Consulenti del lavoro di Rimini Istanza: apprendistato qualificante La mancata attuazione e la non attuabilità (perché connesso alla definizione della riforma scolastica) dell’apprendistato c.d. «formativo» fa obbligo di ricorrere alle disposizioni di cui alla legge n. 25/1955, come modificata e integrata dalla legge n. 56/1987 e dalla legge n. 196/1997, per l’assunzione con contratto di apprendistato degli adolescenti, vale a dire di quanti hanno un’età compresa fra i 15 e i 18 anni, salvo il caso del diciassettenne in possesso di qualifica professionale conseguita con altro contratto di apprendistato, che potrà svolgere l’apprendistato professionalizzante di cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003, sussistendone tutti i requisiti stabiliti dalla legge regionale e dal contratto collettivo nazionale di lavoro. 24 marzo 2006, Prot. 25/SEGR/ 0002732 Destinatario: Ordine dei Consulenti del lavoro di Bergamo Istanza: apprendistato e soggetto formatore Si ritiene che la valutazione della capacità formativa delle aziende spetti alla contrattazione collettiva come, peraltro, espressamente previsto dall’art. 49, comma 5, appena citato. D’altra parte, che tale competenza spetti alla contrattazione collettiva è in linea con quanto indicato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 2005 la quale, nel pronunciarsi in merito a questioni di legittimità costituzionale di talune disposizioni del D.Lgs. n. 276/2003, non ha rimesso alle regioni la disciplina della formazione all’interno delle aziende bensı̀, nell’indicare che la formazione aziendale inerisce al rapporto contrattuale, l’ha fatta rientrare nell’ambito di competenza della legislazione statale e della contrattazione collettiva. (segue) 2518 DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 24 marzo 2006, Prot. 2702/2006 Destinatario: Confapi Istanza: tipologie contrattuali e limiti di età Con circolare n. 30 del 15 luglio 2005 questo Ministero ha espressamente chiarito, in relazione ai limiti di età per l’attivazione dell’apprendistato professionalizzante, che «l’assunzione potrà essere effettuata fino al giorno antecedente al compimento del trentesimo anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni)». ... Tale principio, sebbene sia stato recepito esplicitamente con riferimento alla tipologia contrattuale dell’apprendistato professionalizzante, sembra potersi adoperare anche in riferimento ad altre tipologie contrattuali la cui attivazione è subordinata a specifici requisiti di età, salvo che la formulazione normativa lo escluda espressamente. Cosı̀, ad esempio, la stipulazione di un contratto di apprendistato disciplinato dalla legge n. 25/1955 e dall’art. 16 della legge n. 196/1997 risulta ammesso anche per soggetti di età sino a 24 anni e 364 giorni. 5 dicembre 2005, Prot. 2977/2005 Destinatario: Confederazione esercenti attività commerciali e turistiche di Ferrara Istanza: apprendistato e attività di «salvataggio sulla costa» ... tenuto conto che tra le finalità dell’apprendistato rientra sicuramente quella di offrire opportunità lavorative ai giovani disoccupati e considerato che nella normativa vigente non sembra esistano elementi ostativi alla stipula di tale contratto da parte degli assistenti ai bagnanti, si ritiene applicabile anche a questa figura professionale la disciplina dell’apprendistato, salvo, naturalmente, l’osservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi formativi, la presenza di un «bagnino» esperto in veste di tutor ed il possesso del previsto brevetto. 14 ottobre 2005, Prot. 2464/2005 Destinatario: Unionapi Emilia Romagna Istanza: apprendistato e contrattazione collettiva I nuovi limiti di durata dell’apprendistato professionalizzante e il relativo campo di applicazione soggettivo (età dell’apprendista) saranno applicabili solo dove risulti pienamente a regime la disciplina del D.Lgs. n. 276/2003. 3 agosto 2005, Prot. 2079/2005 Destinatario: Collegio dei Ragionieri Commercialisti di Macerata Istanza: limiti di età per l’assunzione con contratto di apprendistato - rettifica ... l’assunzione con contratto di apprendistato di giovani fino a 26 anni di età anche nelle zone ammesse a sostegno transitorio ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento (Ce) n. 1260/1999. 4 maggio 2005, Prot. 25/I/0003883 Destinatario: Ordine dei Consulenti del lavoro di Udine Istanza: trasformazione del rapporto di apprendistato e incentivi I benefici contributivi sono da collegare al momento fattuale della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato e pertanto, anche nella ipotesi in cui tale trasformazione avvenga in maniera anticipata rispetto al termine previsto nel contratto, il datore di lavoro avrà diritto a fruire dei benefici contributivi per l’anno successivo alla trasformazione dell’apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. 12 aprile 2005, Prot. 390/2005 Destinatario: Collegio dei Ragionieri Commercialisti di Macerata Istanza: limite di età per l’assunzione con contratto di apprendistato Il limite di età per l’assunzione con contratto di apprendistato viene elevato a ventisei anni per i datori di lavoro localizzati «nelle aree obiettivi n. 1 e 2 del regolamento (Cee) n. 2081/93 del Consiglio del 20 luglio 1993, e successive modificazioni». DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 44/2008 Percorsi (continua) 2519 Ulteriori variazioni La previdenza nell’apprendistato Angelo Sica - Avvocato in Milano Contributi Benché non trovino applicazione i comuni criteri di contribuzione, nel periodo in cui si svolge il rapporto di apprendistato è comunque assicurata a questa speciale categoria di lavoratori la copertura assicurativa ai fini previdenziali. Ma i contributi, che pure garantiscono all’apprendista la medesima tutela previdenziale e assistenziale dei comuni lavoratori dipendenti, sono di ammontare significativamente più basso rispetto a quelli previsti per la generalità dei lavoratori. Misura Fino a tutto il 2006 il contributo si componeva di una quota fissa a carico del datore di lavoro e in una quota in percentuale a carico dell’apprendista. Il contributo fisso datoriale era di diverso ammontare a seconda che il datore di lavoro fosse un’impresa artigiana ovvero non artigiana. Per la prima era previsto un trattamento ulteriormente favorevole, che escludeva il datore di lavoro dal versamento di qualsiasi contributo (ad eccezione di quello per la tutela della maternità), il cui carico era addossato alle Regioni. Il contributo fisso riguardava sia le contribuzioni dovute all’Inps che quelle spettanti all’Inail (4). Dal 2007 la contribuzione a carico dei datori di lavoro è sensibilmente aumentata, anche se è rimasta ancora ben lontana dai livelli previsti per i lavoratori comuni. Stabilisce infatti il comma 773 dell’articolo unico della legge n. 296/2006 (Legge finanziaria 2007) che, con effetto sui periodi contributivi maturati da tale anno, la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani è complessivamente rideterminata nel 10 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Per i datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, l’aliquota del 10 per cento è ridotta in ragione dell’anno di vigenza del contratto di 8,5 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto, fermo restando il livello di aliquota del 10 per cento per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al secondo. A tale contribuzione va sempre aggiunta la quota in per- Note: (1) D.P.R. 30 dicembre 1956, n. 1688; legge 28 febbraio 1987, n. 56, art. 21; legge 24 giugno 1997, n. 196, art. 16; legge 2 agosto 1999, n. 263. (2) L’art. 47 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede tre tipologie di contratto di apprendistato che vengono stipulate: a) per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione; b) per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale (apprendistato professionalizzante); c) per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. (3) Al fine della quantificazione dei contributi dovuti, non si applicano pertanto agli apprendisti le comuni percentuali sull’imponibile (che è formato dalle retribuzioni e dagli altri emolumenti corrisposti in relazione al rapporto di lavoro, con esclusione delle ‘‘voci’’ espressamente elencate dalla legge, e cioè dall’articolo 6, primo comma, del D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997, che ha sostituito l’articolo 12 della legge n. 153/1969). (4) Il contributo fisso per gli apprendisti per il 2006 ammontava ai seguenti importi. Fpld: a) contributo settimanale base euro 0,0868; b) contributo settimanale adeguamento euro 2,75. Cuaf: contributo settimanale euro 0,0347. Maternità: contributo settimanale euro 0,0165. Inail: contributo settimanale euro 0,0930. Totale contributo settimanale: escluso Inail, euro 2,89; compreso Inail, euro 2,98. Per le aziende artigiane resta fisso, a carico del datore di lavoro, il contributo di maternità pari a 0,02 euro settimanali (0,0165 euro arrotondato a 0,02 euro). DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 Percorsi Le modifiche apportate all’apprendistato dall’articolo 23 del D.L. n. 112 del 25 giugno 2008 (c.d. Manovra d’estate), convertito dalla legge 5 agosto 2008, n. 133, non hanno toccato la sfera contributiva e previdenziale dell’istituto, che era stata già riformata dalla legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), al comma 773 dell’articolo 1. Sicché, per delineare il profilo della materia sotto questo aspetto occorre fare riferimento a tale ultima normativa e alla disciplina prevista dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e alla sue successive modificazioni (1), a cui rinvia espressamente il quarto comma dell’articolo 53 del D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003, che ha radicalmente modificato l’istituto dell’apprendistato (2). Con riguardo alla disciplina previdenziale, gli apprendisti sono equiparati ai lavoratori dipendenti comuni, salvo le particolarità di cui si darà conto di seguito, soprattutto per quanto attiene alle prestazioni pensionistiche. Diversamente sul versante contributivo, alcuni dei principi portanti del sistema non trovano applicazione per gli apprendisti in quanto la legge prevede trattamenti speciali a favore dei datori di lavoro allo scopo di facilitarne l’assunzione. Le agevolazioni contributive non incidono comunque sui trattamenti previdenziali degli apprendisti (3). 2565 Percorsi 2566 centuale a carico dell’apprendista. Con l’introduzione dal 2007 della nuova misura del contributo a carico del datore di lavoro, viene meno per le Regioni l’obbligo del pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani di cui all’articolo 16 della legge 21 dicembre 1978, n. 845. La nuova aliquota si applica, oltre che ai rapporti da costituire, anche a quelli già in essere al momento dell’entrata in vigore delle nuove norme. Quanto ai criteri per il calcolo dei dipendenti, l’Inps precisa (5) che, per le assunzioni intervenute dopo l’entrata in vigore della legge n. 296/2006, il momento da prendere in considerazione per la determinazione del requisito occupazionale (fino a 9 addetti) è quello di costituzione dei singoli rapporti di apprendistato. Per le assunzioni precedenti (operate entro il 31 dicembre 2006), ai fini della valutazione della consistenza aziendale, si fa riferimento alla media degli occupati dell’anno 2006. Nel calcolo dei dipendenti, vanno compresi i lavoratori di qualunque qualifica (lavoranti a domicilio, dirigenti, ecc.). Il lavoratore assente, ancorché non retribuito (es. per servizio militare e/o gravidanza), va escluso dal computo solamente se, in sua sostituzione, è stato assunto altro lavoratore, il quale viene computato. Precisa ancora l’Inps che dal computo vanno esclusi gli apprendisti, eventuali lavoratori a contratto di formazione e lavoro ancora in essere dopo la riforma operata dal D.Lgs. n. 276/2003, i lavoratori assunti con contratto di inserimento/ reinserimento ex D.Lgs. n. 276/2003 o con contratto di reinserimento ex art. 20 della legge n. 223 del 23 luglio 1991, i lavoratori somministrati con riguardo all’organico dell’utilizzatore. I dipendenti a part-time si computano sommando i singoli orari individuali in proporzione all’orario svolto in rapporto al tempo pieno, con arro- tondamento all’unità della frazione di orario superiore alla metà di quello normale (articolo 6, D.Lgs. n. 61 del 25 febbraio 2000, e successive modificazioni). I lavoratori intermittenti, ex D.Lgs. n. 276/2003 e successive modificazioni vanno considerati in base alla rispettiva normativa di riferimento. Per la determinazione della media annua, i dipendenti a tempo determinato, con periodi inferiori all’anno, e gli stagionali devono essere valutati in base alla percentuale di attività svolta. L’ente, inoltre, osserva che il requisito occupazionale va determinato tenendo conto della struttura aziendale complessivamente considerata e che le misure ridotte trovano applicazione con esclusivo riferimento ai rapporti di apprendistato, sono collegate al periodo di vigenza del contratto di lavoro e sono mantenute anche se, nel corso dello svolgimento dei singoli rapporti di apprendistato, si verifichi il superamento del previsto limite delle nove unità. Conseguentemente, dopo il primo biennio di ogni rapporto, le riduzioni non possono più trovare applicazione, a prescindere dalla dimensione aziendale, e pertanto tutti i datori di lavoro saranno comunque tenuti al versamento della contribuzione nella nuova misura complessiva del 15,84% (10% + 5,84% a carico dell’apprendista, di cui si dirà subito dopo), a nulla rilevando il periodo di vigenza contrattuale. La differenza della misura del contributo rispetto al passato non è dunque di poco conto dato che, come si è visto, i contributi a carico del datore di lavoro prima della modifica del 2007 erano di ammontare quasi nullo. Alla contribuzione a carico del datore di lavoro si aggiunge, come si è detto, quella a carico dell’apprendista. A decorrere dal 1º gennaio 1996, l’art. 21 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 ha istituito un contributo a percentuale per il Fondo DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 pensioni lavoratori dipendenti a totale carico dell’apprendista (6), che dal 1º gennaio 1998 è stato fissato nella misura del 5,54 per cento per effetto della soppressione del contributo Ssn ad opera dell’art. 36, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Il contributo a carico dell’apprendista è stato poi aumentato di 0,30 punti, in linea con l’aumento dello stesso ammontare della contribuzione a carico dei lavoratori dipendenti stabilito dal comma 769 della legge n. 296/2006 (7). Di conseguenza, il contributo a carico del lavoratore ammonta al 5,84 per cento dell’imponibile retributivo. Il contributo a percentuale a carico dell’apprendista va corrisposto insieme alla contribuzione dovuta dal datore di lavoro, con onere a carico di quest’ultimo per il versamento del contributo complessivo. Sanzioni Già l’art. 16, comma 2, della legge 24 giugno 1997, n. 196 sottoponeva le agevolazioni contributive alla condizione che gli apprendisti partecipassero alle iniziative di formazione esterna all’azienda pre- Note: (5) Inps, circ. n. 22 del 23 gennaio 2007. (6) L’art. 21 della legge n. 41/1986 stabilisce: «A decorrere dal periodo di paga in corso al 1º gennaio 1986 è estesa a carico degli apprendisti la disciplina degli obblighi contributivi a carico della generalità dei lavoratori dipendenti relativamente: a) all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, con una riduzione di tre punti della relativa aliquota contributiva; b) alla contribuzione per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, con una riduzione di 0,50 punti della quota prevista dal comma 1 del successivo articolo 31». (7) Il comma 769 dell’articolo 1 della legge n. 296/2007 prevede che, per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, con effetto dal 1º gennaio 2007 l’aliquota contributiva di finanziamento a carico del lavoratore è elevata dello 0,30 per cento. Pertanto per i lavoratori comuni, il carico complessivo per l’assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti (assicurazione pensione) non può superare, nella somma delle quote dovute dal lavoratore e dal datore di lavoro, il 33 per cento della retribuzione imponibile. Proroga I benefici contributivi sono mantenuti per un anno dopo la trasformazione del rapporto di apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art. 21, comma 6, legge 28 febbraio 1987, n. 56). In ogni caso, devono essere osservati i minimali del settore di appartenenza ed è consentito di applicare il minimale per il part-time, sempre che ne ricorrano le condizioni. Secondo un parere espresso dal servizio legale dell’Inps, il beneficio sussiste anche in favore del datore di lavoro che abbia ritardato la qualificazione degli apprendisti a decorrere dalla data di retrodatazione della qualificazione, sia che venga effettuata spontaneamente sia che consegua ad un intervento ispettivo dell’ente previdenziale. In base ad una direttiva dello stesso ente previdenziale risalente nel tempo (messaggio Inps n. 26443 rcv del 16 dicembre 1988), eventuali eventi sospensivi del rapporto di lavoro, quale ad esempio il servizio militare, possono essere considerati neutri ai fini del mantenimento del beneficio contributivo concesso dall’art. 21. Durante il periodo di proroga della contribuzione ridotta, i lavoratori sono considerati qualificati agli effetti delle prestazioni spettanti (8). Di conseguenza, possono beneficiare delle prestazioni di cassa integrazione e di disoccupazione, al pari degli altri lavoratori e il periodo di proroga è considerato utile ai fini della maturazione dei requisiti necessari per ottenere le prestazioni di disoccupazione (9). Prestazioni Anche se versati in misura ridotta, i contributi degli apprendisti hanno la medesima efficacia dei contributi obbligatori ai fini pensionistici. Oltre la pensione, ad essi spettano le seguenti prestazioni previdenziali di carattere temporaneo: l’indennità di malattia dal 2007, l’indennità di maternità, l’assegno per il nucleo familiare, le prestazioni di infortunio sul lavoro, ove sussiste il rischio assicurabile, il congedo matrimoniale. è richiesto alcun requisito contributivo ma solo l’esistenza dell’evento debitamente documentata. L’indennità, non spettando nei primi tre giorni di malattia (periodo di carenza), decorre dal quarto giorno in poi fino a un massimo di 180 giorni complessivi in ciascun anno solare. La misura dell’indennità è fissata in percentuale sulla retribuzione, crescente in relazione alla durata della malattia, e viene corrisposta dal datore di lavoro che l’anticipa in luogo dell’Inps con il quale effettua il conguaglio con i contributi dovuti e da versare. Il periodo di malattia dà luogo all’accredito figurativo a favore dell’apprendista, purché questi abbia almeno un contributo settimanale versato prima dell’evento. Fino a tutto il 1996, il periodo massimo accreditabile non poteva superare le 52 settimane, e cioè i 12 mesi, in tutta la vita assicurativa; successivamente, il D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564 ha elevato tale limite a 14 mesi nel triennio 1997-1999 e lo ha ulteriormente incrementato di altri due mesi per ogni triennio successivo sino ad arrivare a 24 mesi complessivi dal 2012 in poi (10). Tale contribuzione figurativa non è utile per il raggiungimento dei 35 anni di contributi per la pensione di anzianità mentre concorre per la maturazione dei 40 anni e del requisito per la pensione di vecchiaia. È invece utile per la determinazione della misura di qualsiasi tipo di pensione. Indennità di malattia A decorrere dal 1º gennaio 2007, per effetto del comma 773 della Legge finanziaria 2007, ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del capo I del titolo VI del D.Lgs. n. 276/2003, e successive modificazioni, sono estese le disposizioni in materia di indennità giornaliera e di malattia, secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati. Va ricordato che, per godere dell’indennità di malattia, non Indennità di maternità All’apprendista spetta, secondo la disciplina generale prevista per gli altri lavoratori dipendenti, anche l’indennità di maternità secondo i criteri stabiliti dal Testo Unico di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151. Note: (8) Inps, circ. n. 58 pmmc del 27 ottobre 1987. (9) Inps, circ. n. 274 del 3 dicembre 1991. Percorsi viste dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Tale condizione è rimasta anche nella legislazione successiva, la quale subordinava la fruizione delle agevolazioni contributive alla partecipazione degli apprendisti alle iniziative e ai percorsi di formazione secondo i dettami del capo primo del sesto titolo del D.Lgs. n. 276/2003 e dell’articolo 23 della legge n. 133/2008. Infatti, stabilisce l’articolo 53 del D.Lgs. n. 276/2003, come riformato dal D.Lgs. n. 251/2004, che in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui agli articoli 48, comma 2, 49, comma 1, e 50, comma 1, dello stesso D.Lgs. n. 276/2003, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del cento per cento. La maggiorazione cosı̀ stabilita esclude l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione. (10) Inps, circ. n. 220 del 14 novembre 1996. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 2567 Percorsi 2568 Nei cinque mesi di astensione obbligatoria dal lavoro (due prima e tre dopo il parto o, se si preferisce e se il medico è d’accordo, uno prima e quattro dopo) spetta una indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione. Il congedo può essere goduto anche parzialmente, in alternativa alla lavoratrice apprendista, dal padre lavoratore in caso di grave infermità della madre o di abbandono o di affidamento esclusivo a lui del bambino. Per il periodo previsto dopo il parto, il congedo può essere richiesto anche in caso di adozione o affidamento. Dopo l’astensione obbligatoria, entrambi i genitori nei primi otto anni di età del bambino possono beneficiare, anche insieme, di un periodo di astensione facoltativa dal lavoro fino ad un massimo complessivo di dieci mesi (elevato a undici se del congedo usufruisce il padre per un periodo di almeno tre mesi). Durante il periodo di congedo spetta una indennità di diverso importo a seconda della durata del congedo e delle condizioni di reddito. Il congedo spetta, sia pure con criteri diversi, anche ai genitori adottivi o affidatari. Nel caso in cui il bambino sia affetto da un handicap grave, la madre, o in alternativa il padre, possono chiedere il prolungamento fino a tre anni, purché il bambino non sia ricoverato in un istituto specializzato. L’accertamento della gravità viene fatto da una commissione medica presso l’Asl. Assegno per il nucleo familiare Agli apprendisti spetta anche l’assegno per il nucleo familiare, come a tutti i lavoratori dipendenti, in presenza dei requisiti prescritti (11). Va ricordato che, l’assegno per il nucleo familiare è un trattamento che viene erogato per l’intero nucleo familiare e il suo ammontare varia a seconda della composizione e del reddito da questo prodotto. Ne hanno diritto i lavoratori dipendenti, in attività e in quiescenza, privati e pubblici. Quindi, anche gli apprendisti, essendo essi lavoratori dipendenti. Sono invece escluse le altre categorie di lavoratori, ad esempio i pensionati delle gestioni dei lavoratori autonomi, ai quali continuano a spettare le quote di maggiorazione di importo fisso per ogni familiare a carico. Il nucleo familiare è composto: dal richiedente la prestazione; dal coniuge; dai figli ed equiparati di età inferiore ai 18 anni; dai figli maggiorenni, ed equiparati, inabili a svolgere qualsiasi attività lavorativa; dai fratelli, sorelle e nipoti di età inferiore ai 18 anni, o maggiorenni inabili a svolgere qualsiasi attività lavorativa, purché siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto alla pensione ai superstiti, sia indiretta che di reversibilità. I soggetti che fanno parte del nucleo familiare possono non essere conviventi con il richiedente e non essere a suo carico. Il reddito familiare è costituito dalla somma dei redditi prodotti dai componenti del nucleo. Alla sua formazione concorrono i redditi complessivi assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche e i redditi di qualsiasi natura, compresi, se superiori a 1.032,91 euro l’anno (riferiti al nucleo familiare nel suo complesso), quelli esenti da imposta o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sostitutiva. Non concorrono alla formazione del reddito i trattamenti di fine rapporto, gli arretrati di integrazione salariale riferiti ad anni precedenti a quello di erogazione, l’assegno per il nucleo familiare e gli altri trattamenti di famiglia, le rendite vitalizie erogate dall’Inail e le pensioni di guerra, le indennità di accompagnamento agli invalidi civili totali, ai ciechi civili assoluti, ai minori invalidi non deambulanti, ai pensionati di inabilità dell’Inps non deambulanti e bisognosi di assistenza continua, ai titolari invalidi di pen- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 sioni privilegiate a carico dello Stato, ecc. L’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente o assimilati (pensioni di qualsiasi tipo o prestazioni previdenziali collegate al lavoro dipendente, quali integrazioni salariali, indennità di disoccupazione, di malattia o maternità, ecc.), relativi all’intero nucleo familiare, è inferiore al 70 per cento del reddito familiare complessivo. La misura dell’assegno varia in relazione alla situazione tipologica e al numero dei componenti del nucleo familiare e alla consistenza del suo reddito. I limiti di reddito per determinare il diritto e la misura degli assegni, contenuti in apposite tabelle ognuna per le varie situazioni, variano di anno in anno. Va infine segnalato che l’articolo 1, comma 200, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008) ha stabilito a decorrere dal 1º gennaio di quest’anno la rideterminazione dei livelli di reddito e degli importi dell’assegno per i nuclei familiari contenenti soggetti da tutelare (orfani o inabili), demandandone l’attuazione a un successivo decreto interministeriale (Politiche per la famiglia, lavoro, solidarietà sociale ed economia), che è stato adottato il 25 marzo 2008 (12). Pensioni In ottemperanza dell’articolo 21 della legge n. 25/1955, che ha esteso agli apprendisti l’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la contribuzione versata al Fondo pensioni lavoratori dipendenti è integralmente efficace ai fini pensionistici nel sistema previ- Note: (11) Sulle prestazioni spettanti agli apprendisti è utile riandare a alla circolare dell’Inps n. 41 del 13 marzo 2006, nella quale l’istituto ha compiuto la disamina degli aspetti previdenziali dei nuovi lavori della legge n. 276/2003 occupandosi delle prestazioni a sostegno del reddito. (12) Inps, circ. n. 68 del 10 giugno 2008. contributi ai fini pensionistici, con qualche precisazione indicata dall’Inps nella circolare n. 18 del 1º febbraio 2005, nella quale l’istituto ha fornito un sommario dei risvolti pensionistici collegati ai nuovi lavori previsti dalla ‘‘legge Biagi’’. L’ente, oltre a ribadire che la contribuzione accreditata a favore del lavoratore apprendista è utile ai fini del diritto e della misura delle pensioni, precisa anche che in materia non si applicano le disposizioni (art. 7, comma 1, 2 e 4, della legge 11 novembre 1983, n. 638, come modificato dall’art. 1, comma 2 della legge 7 dicembre 1989, n. 389) secondo cui il numero dei contributi settimanali da accreditare nell’anno solare è pari alle settimane in cui si è svolta l’attività lavorativa, sempre che sia rispettato il minimale di retribuzione (che è pari al 40 per cento del trattamento minimo mensile di pensione in vigore al 1º gennaio dell’anno considerato, come prevede l’art. 7, comma 5, della legge 638). Nota: (13) L’art. 23-ter della legge n. 485/1972 prevede quanto segue: «Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da documenti o prove certe». «I periodi non coperti da contribuzione di cui al comma precedente sono considerati utili anche ai fini della determinazione della misura delle pensioni». Va ricordato che il periodo di prescrizione decennale di cui al primo comma della norma riportata è stato ridotto a cinque anni, fermi rimanendo dieci anni in caso di denuncia del lavoratore, dall’art. 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Percorsi denziale obbligatorio. Pertanto, i periodi di lavoro svolto in posizione di apprendistato e i relativi contributi concorrono al raggiungimento del diritto per conseguire tali prestazioni (pensioni di anzianità e vecchiaia, trattamenti di invalidità, pensioni ai superstiti) e alla determinazione della loro misura. Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia versato la contribuzione, per quanto di ammontare pressoché simbolico fino al 2006 e dal 2007 di gran lunga inferiore a quella dovuta per i lavoratori comuni, si applica anche agli apprendisti il principio dell’automaticità delle prestazioni previsto dall’articolo 40 della legge 30 aprile 1969, n. 153, come sostituito dall’art. 23-ter del D.L. n. 267/1972, convertito nella legge 11 agosto 1972, n. 485 (13). Trovano dunque applicazione i criteri generali in materia di accredito e di valutazione dei DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 2569 Le novità del 2008 Apprendistato: profili ispettivi e sanzionatori Percorsi Pierluigi Rausei - Direttore della Direzione Provinciale del Lavoro di Macerata Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro nell’Università di Modena e Reggio Emilia (*) 2570 Il contratto di apprendistato, disciplinato originariamente dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25 (come modificata e integrata dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56 e dalla legge 24 giugno 1996, n. 197), da ultimo totalmente riformato dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successivamente modificato dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, con la legge 14 maggio 2005, n. 80, nonché più di recente dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, rimane a tutt’oggi un rapporto di lavoro subordinato di natura ‘‘speciale’’, da cui sorge l’obbligo per il datore di lavoro di impartire al giovane lavoratore l’insegnamento necessario ad ottenere le capacità tecniche ed operative, volte a conseguire una determinata qualifica o uno specifico inquadramento contrattuale, in cambio della prestazione lavorativa resa. Una vigilanza non approssimativa sul contratto di apprendistato deve tener conto della difficile e lunga fase di transizione fra il contratto di apprendistato cd. ‘‘classico’’ di cui alla legge n. 25/1955, che ancora in parte sopravvive, e le prime significative esperienze del contratto di apprendistato ‘‘professionalizzante’’, introdotto dall’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003, secondo la non agevole lettura degli interventi normativi in ambito regionale e contrattuale collettivo. Il Ministero del lavoro è intervenuto mediante tre importanti circolari, precisamente n. 40 del 18 ottobre 2004, n. 30 del 15 luglio 2005 e n. 27 del 10 novembre 2008, nonché con una lunga serie di interpelli, per chiarire la portata applica- tiva e normativa del nuovo e del vecchio apprendistato; mentre, dal canto suo, il legislatore nazionale, in occasione della conversione in legge del D.L. n. 35/2005, convertito dalla legge n. 80/2005, ha aggiunto un nuovo comma 5bis, all’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003, rimettendo alla contrattazione collettiva, fino all’approvazione dell’apposita legge regionale, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante, mentre il D.L. n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008, ha aggiunto un comma 5-ter che consente alla contrattazione collettiva aziendale di poter avviare un apprendistato soltanto aziendale con piano formativo individuato dalle parti sociali e sviluppato in azienda. Nell’approcciare la vigilanza e l’apparato sanzionatorio in materia di apprendistato professionalizzante, dunque, si tratta di aver ben chiara la portata della normativa che coagula (1): la legge n. 25/1955 e successive modificazioni, per i minori di 18 anni, fino all’operatività della riforma della scuola e per i maggiorenni, nei casi in cui non esista una normativa contrattuale collettiva e/o regionale per l’apprendistato professionalizzante; il D.Lgs. n. 276/2003 per i maggiorenni qualora il contratto collettivo nazionale abbia previsto l’attivazione dell’apprendistato professionalizzante o vi abbia provveduto la Regione territorialmente competente o ancora nella modalità ‘‘aziendale’’ introdotta dal D.L. n. 112/2008. Ciò premesso, quale che sia la tipologia di apprendistato posta in essere, classico o professionalizzante, vi sono alcune ca- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 ratteristiche che accomunano inscindibilmente le due ipotesi contrattuali in sede ispettiva. Gli step di una ispezione del lavoro e di previdenza in materia di apprendistato, in effetti, si caratterizzano, come di norma su una qualsiasi evenienza contrattuale individuale, sulle due fasi - genetica (del contratto) e funzionale (del rapporto) - della relazione soggettiva posta in essere dal datore di lavoro col singolo lavoratore. Ispezione nel contratto Sul contratto di apprendistato, pertanto, i funzionari di vigilanza del Ministero del lavoro, ma anche quelli dell’Inps e dell’Inail, avranno il prioritario onere di verificare: l’esistenza della stipulazione del contratto di apprendistato in forma scritta, comprensivo del piano formativo individua le; Note: (*) L’Autore è membro del Centro Studi Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, nonché del Centro Studi ‘‘Marco Biagi’’ dell’Università di Modena e Reggio Emilia e del Comitato scientifico della Fondazione Studi del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene. (1) In questo senso precisamente anche la risposta ad interpello n. 3 dell’11 febbraio 2008 secondo cui, appunto, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante «va integrata con le disposizioni contenute nella legge n. 25/1955, non abrogate dal citato D.Lgs. n. 276/2003, che continuano a trovare applicazione ai contratti di apprendistato, in quanto compatibili con il nuovo quadro normativo». Contratto in forma scritta Per espressa previsione di legge il contratto di lavoro in apprendistato deve essere redatto in forma scritta e deve contenere l’indicazione del piano formativo individuale, nonché della qualifica che l’apprendista dovrà poter acquisire al termine della formazione. Si tenga presente che la circolare del Ministero del lavoro n. 40/2004 ha specificato, proprio con riguardo all’apprendistato professionalizzante, che la forma scritta deve intendersi necessaria ad substantiam e che «il piano formativo individuale, documento distinto dal contratto di lavoro, dovrà essere allegato al contratto a pena di nullità dello stesso». La verifica della sussistenza della stipula del contratto di apprendistato in forma scritta, da parte del personale ispettivo, darà luogo alla possibilità di procedere all’esame degli altri profili attinenti al contratto e al rapporto di lavoro dell’apprendista. In caso di mancanza del contratto scritto, in effetti, l’ispettore dovrà provvedere all’annullamento dell’apprendistato e alla ridefinizione del rapporto di lavoro posto in essere nei termini di un normale lavoro subordinato a tempo indeterminato, con i conseguenti recuperi contributivi e retributivi, tenendo presente che per i crediti retributivi dell’apprendista si potrà fare ricorso alla diffida accertativa per crediti patrimoniali di cui all’art. 12 del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124. Si ritiene, infatti, che il personale ispettivo dovrà procedere alla ricostruzione di un lavoro subordinato standard ogni qualvolta si trovi a rilevare, e conseguentemente a verbalizzare, la mancanza o l’inosservanza dei diversi requisiti essenziali, posti dal legislatore a caratterizzare il contratto di apprendistato. Invero, non si tratta di una ‘‘sanzione’’ in senso stretto, mancando nella legge una espressa reazione sanzionatoria della conversione del contratto: si ragiona, piuttosto, in termini di ‘‘riqualificazione’’ o meglio ancora di ‘‘esatta qualificazione’’ del rapporto di lavoro effettivamente posto in essere, in ragione delle implicazioni derivanti dall’essere un contratto di lavoro speciale a causa mista. Potere qualificatorio che, in assenza di un provvedimento di certificazione del contratto di apprendistato, rientra fra i poteri sanzionatori tipici del personale ispettivo del Ministero del lavoro in applicazione dell’art. 7 del D.Lgs. n. 124/2004 (2). Requisiti normativi e contrattuali Un ulteriore profilo di verifica a cura dei funzionari ispettivi, fortemente inciso dal D.L. n. 112/2008 è quello della valutazione della sussistenza dei parametri normativi idonei alla stipula del contratto di apprendistato, con riguardo in specie al professionalizzante, in base alle previsioni delle leggi regionali, nonché della contrattazione collettiva, ma anche con riferimento alla residua occupabilità dei giovani lavoratori con l’apprendistato cd. ‘‘classico’’. Dovendosi verificare: se per le mansioni e la qualifica indicate è giuridicamente ammessa l’assunzione con apprendistato (professionalizzante o classico); se il contratto collettivo applicato dal datore di lavoro ha dato applicazione, disciplinandolo, all’apprendistato professionalizzante; se il profilo formativo individuato e il piano formativo individuale strutturato sono congrui e coerenti con l’approdo qualificatorio finale del lavoratore. Trattasi, in effetti, di elementi essenziali alla sussistenza di un genuino contratto di apprendistato, in mancanza dei quali l’ispettore dovrà provvedere all’annullamento del contratto formativo e alla ricostituzione del rapporto di lavoro subordinato secondo le specifiche più sopra dettagliate. Evidentemente, tuttavia, la portata caducatoria del mancato rispetto delle previsioni contrattuali collettive non potrà travolgere l’apprendistato per la sola omissione dell’acquisizione del parere di conformità da parte dell’organi- Nota: (2) Non cosı̀, tuttavia, con riferimento al contratto di apprendistato viziatamente posto in essere col lavoratore minore di 18 anni, in quanto essendo l’apprendistato, appunto, l’unica forma contrattuale lecita e legittimata dal legislatore per il compimento dei percorsi formativi antecedenti all’esperienza lavorativa piena, sembra doversi condividere la diversa opinione che predilige l’applicazione dell’art. 2126 c.c., vale a dire il riconoscimento della nullità del contratto con il conseguente diritto del lavoratore alle prestazioni indebitamente poste in essere a favore del datore di lavoro. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 Percorsi la possibilità giuridica di assumere con apprendistato professionalizzante (leggi regionali e contrattazione collettiva) ovvero con apprendistato cd. ‘‘classico’’; il rispetto delle previsioni normative per l’assunzione dell’apprendista in materia di mansioni, qualifica e piano formativo individuale; la registrazione dei dati dell’apprendista nei libri obbligatori di lavoro (fino al 17 agosto 2008) ovvero nel libro unico del lavoro (dal 18 agosto 2008); la consegna della dichiarazione di assunzione al lavoratore apprendista; la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro al centro per l’impiego attraverso il Sistema informatico Co; la durata del contratto di apprendistato; l’età dell’apprendista; la professionalità già posseduta dall’apprendista; la sussistenza del rispetto degli obblighi sanitari per l’apprendista minorenne; la correttezza dell’eventuale assunzione a tempo parziale dell’apprendista; il rispetto dei limiti quantitativi per l’assunzione di apprendisti. 2571 Percorsi 2572 smo bilaterale (3) individuato dal contratto collettivo, in quanto il passaggio di verifica della conformità o della congruità del piano formativo dell’apprendista potrà dirsi vincolante, con gli effetti sanzionatori anzidetti in caso di omissione, soltanto quando a stabilirne l’obbligo sia la normativa regionale, come precisato dal Ministero del lavoro con circolare n. 30/2005. Per quanto attiene alle condizioni giuridiche di attivazione dell’apprendistato professionalizzante, peraltro, occorre tenere presenti proprio le innovazioni apportate dal D.L. n. 112/2008, con speciale riguardo ai profili della formazione, giacché per effetto dell’art. 23, comma 2, qualora il datore di lavoro operi la scelta di assumere il giovane apprendista con una formazione ‘‘esclusivamente aziendale’’, i profili formativi dell’apprendistato non sono più disciplinati dalla normativa regionale, ma piuttosto vengono integralmente rimessi ai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali, stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale oppure, in alternativa, agli enti bilaterali. In questo caso, la verifica dell’ispettore dovrà andare ad incidere sulla disamina della contrattazione collettiva ovvero anche del ricorso al supporto di un ente bilaterale in merito alla concreta e corretta definizione della nozione stessa di ‘‘formazione aziendale’’ e della compiuta determinazione, per il profilo formativo investigato, della durata e delle modalità di erogazione della formazione, delle condizioni per il riconoscimento della qualifica professionale (art. 49, comma 5-ter, D.Lgs. n. 276/2003). Sul punto il Ministero del lavoro è intervenuto espressamente con il recente interpello n. 50 del 7 ottobre 2008 nel quale si è detto con chiarezza che il D.L. n. 112/2008 ha in merito introdotto un vero e proprio ‘‘canale parallelo’’, laddove spetta al contratto collettivo, di qualsiasi livello, precisare i contorni e i limiti della nozione di formazione interna, senza tuttavia mettere in alcun modo in discussione il ‘‘modello’’ di apprendistato professionalizzante che si è venuto a sperimentare in questi anni nelle Regioni più efficienti. D’altra parte, il medesimo interpello n. 50/2008 ha specificato che la formazione interna può anche risolversi in attività ‘‘fisicamente’’ esterne all’azienda, a condizione che sia il datore di lavoro a dirigerne e indirizzarne lo svolgimento e sempreché la formazione non implichi finanziamenti pubblici: in questa prospettiva la contrattazione collettiva, nel disciplinare la formazione aziendale non può essere condizionata in alcun modo dalle normative regionali. Sul punto, da ultimo, va rilevato che la previsione di cui all’art. 49, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 276/2003 è stata ritenuta dall’interpello n. 50/ 2008 ‘‘immediatamente operativa’’, anche con riferimento ai contratti collettivi che avevano già introdotto una apposita nozione di formazione aziendale sulla base del preesistente quadro normativo. Nello stesso senso anche la Circolare n. 27/2008, la quale peraltro sottolinea come ciò incida precisamente sulla natura stessa del contratto di apprendistato professionalizzante, giacché tale tipologia negoziale viene ad enucleare l’esigenza di fare acquisire all’apprendista una qualificazione e cioè una qualifica professionale «ai fini contrattuali», per cui anche la formazione esclusivamente aziendale dovrà essere coerente con l’obiettivo fondamentale della acquisizione delle relative specifiche competenze di base e tecnico-professionali. Età e professionalità dell’apprendista Con riguardo ai requisiti essenziali del lavoratore, l’ispettore deve verificare la sussi- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 stenza dell’età anagrafica dell’apprendista professionalizzante, che non può essere inferiore a 18 anni né superiore a 29 anni (art. 49, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003). Con riferimento all’età massima deve tenersi presente quanto richiamato dalla circolare ministeriale n. 30/2005, secondo cui «l’assunzione potrà essere effettuata fino al giorno antecedente al compimento del trentesimo anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni)» (4). Mentre per quanto attiene all’età minima per l’assunzione con contratto di apprendistato ex legge n. 25/1955, il Ministero del lavoro, con interpello n. 3772 del 2 maggio 2006, aveva ribadito il compimento dei 15 anni di età, previo assolvimento degli obblighi scolastici, nonostante l’espressa previsione contenuta nell’art. 16, comma 1, della legge n. 196/1997, a norma del quale «possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato, i giovani di età non inferiore a sedici anni» (5). Successivamente l’art. 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha stabilito che «l’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica Note: (3) Per la non obbligatoria adesione agli organismi bilaterali ai fini di una corretta attivazione dell’apprendistato si vedano: circolare n. 40/2004 del Ministero del lavoro e risposta ad interpello n. 389 del 12 aprile 2005. (4) Analogo discorso vale per l’apprendistato «classico» secondo i chiarimenti forniti dalla risposta ad interpello n. 2702 del 24 marzo 2006 per cui «la stipulazione di un contratto di apprendistato disciplinato dalla legge n. 25/1955 e dall’art. 16 della legge n. 196/1997 risulta ammesso anche per soggetti di età sino a 24 anni e 364 giorni». (5) In effetti, la disposizione da ultimo citata, nella sua seconda parte, stabilisce espressamente che «sono fatti salvi i divieti e le limitazioni previsti dalla legge sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti», vale a dire i limiti imposti dall’art. 3 della legge n. 977/1967 per l’assunzione del minore, secondo le modifiche introdotte dal D.Lgs n. 345/1999. Tutela sanitaria preventiva Il personale ispettivo dovrà considerare anche gli aspetti connessi alla sorveglianza sanitaria. Di sicuro rilievo appare, infatti, in tale prospettiva, l’abrogazione dell’art. 4 della legge n. 25/1955 disposta dall’art. 23, comma 5, lett. c), del D.L. n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008. La disposizione abrogata, in effetti, prevedeve che l’assunzione dell’apprendista, anche maggiorenne, dovesse essere in ogni caso preceduta da una apposita visita sanitaria per accertare l’idoneità delle condizioni fisiche dell’apprendista che gli consentivano di essere concretamente occupato alle mansioni oggetto del contratto. Il legislatore della recente riforma, orientato ad un totale snellimento degli oneri meramente formali e burocratici a carico dei datori di lavoro, nell’intento di ‘‘liberare il lavoro’’ per incidere su una migliore e maggiore occupazione, si volge verso un non appesantimento procedurale degli oneri datoriali, dunque, per eliminare l’inutile orpello della visita preassuntiva del solo apprendista maggiorenne, mentre rimane in vigore l’obbligo della visita medica preventiva e periodica, da parte del medico competente, per gli apprendisti esposti a rischio specifico, nei limiti di quanto ora sancito dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (cd. testo unico sicurezza), il cui art. 41, comma 3, lett. a), ha previsto il divieto tassativo di procedere a visite mediche preassuntive, divieto, tuttavia, che per effetto dell’art. 4, comma 2, del D.L. 3 giugno 2008, n. 97, come convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, si applica a decorrere dal 1º gennaio 2009. Mentre per quanto attiene agli apprendisti minorenni l’art. 8 della legge n. 977/1967, come modificato dal D.Lgs. n. 345/ 1999 prevede, in forma obbligatoria e ineliminabile, che l’assunzione dell’apprendista minorenne, indipendentemente dalla tipologia di attività svolta dall’azienda datrice di lavoro, deve essere necessariamente preceduta da una visita sanitaria al fine di accertare che le condizioni fisiche del minore da assumere come apprendista ne consentano a tutti gli effetti la valida e idonea occupazione nelle mansioni affidate. Ne consegue, pertanto, che il datore di lavoro prima di assumere apprendisti minorenni dovrà procedere a sottoporre i lavoratori alle prescritte visite preassuntive (7), secondo la seguente specifica: a) apprendisti che svolgono mansioni per le quali non è previsto l’obbligo di sorveglianza sanitaria (Titolo I, capo IV, del D.Lgs. n. 626/ 1994): le visite mediche preassuntive vengono effettuate presso un medico del Servizio sanitario nazionale (medico di base o medico del Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro delle Asl o medico delle Unità ospedaliere di medicina del lavoro); b) apprendisti che svolgono mansioni assoggettate all’obbligo di sorveglianza sanitaria: le visite mediche d’idoneità vengono effettuate dal medico competente aziendale. Si tenga presente che tale obbligo è soggetto a una tutela di tipo penalistico, in quanto la sua violazione integra una specifica ipotesi di reato punito con la pena alternativa dell’arresto non superiore a 6 mesi o dell’ammenda fino a euro 5164. Note: (6) Peraltro, ai sensi dell’art. 1, comma 623, della legge n. 296/2006, nella provincia autonoma di Bolzano, per il suo particolare sistema della formazione professionale, l’ultimo anno dell’obbligo scolastico può essere speso «anche nelle scuole professionali provinciali in abbinamento con adeguate forme di apprendistato». (7) La questione, peraltro, è stata ritenuta tutt’altro che pacifica, in ragione della modifica del Titolo V della Costituzione italiana e della previsione della competenza legislativa delle Regioni, che ha riconosciuto al legislatore regionale la facoltà di normare separatamente (anche in deroga rispetto alle leggi nazionali) in taluni settori fra i quali è compreso anche l’ambito delle tutele sanitarie: da qui, in effetti, la scelta di alcune Regioni ad esempio Lombardia (legge regionale n. 12 del 4 agosto 2003) e Friuli-Venezia Giulia (legge regionale n. 21 del 18 agosto 2005) - di stabilire con proprie leggi regionali (finalizzate ad una semplificazione amministrativa attraverso l’abolizione di alcune certificazioni) la non più necessaria sottoposizione a visita preassuntiva dell’apprendista. In verità, sul punto, necessita una sicura chiarezza, al fine di non incorrere in ragionevoli sorprese anche di natura sanzionatoria: tali normative derogatorie non assumono alcuna valenza giustificativa, neppure nell’ambito dei territori regionali interessati. Infatti, la facoltà legislativa riconosciuta in materia sanitaria alle Regioni non può incidere sulla specifica attuazione delle tutele di cui all’art. 32 della Costituzione che, al contrario, devono essere garantite in forma paritaria e nel rispetto del principio di uguaglianza su tutto il territorio nazionale: in questo senso si è precisamente espresso il Consiglio di Stato con proprio parere n. 3208/2005 del 9 novembre 2005, comunicato ufficialmente dal Ministero del Lavoro con propria circolare prot. n. 15/VI/7144/14.01.01.02 dell’11 aprile 2006, nella quale si afferma espressamente la permanenza dell’obbligo in questione anche nelle regioni interessate. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 Percorsi professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età» e che «l’età per l’accesso al lavoro è conseguentemente elevata da quindici a sedici anni», a decorrere dall’anno scolastico 20072008, quindi a far data dal 1º settembre 2007. Impatto normativo rafforzato dal decreto del Ministro della Pubblica istruzione 22 agosto 2007, n. 139, recante il regolamento per l’attuazione della norma citata, il cui art. 1 ribadisce, appunto, che l’istruzione obbligatoria viene impartita per almeno dieci anni e si realizza, in prima attuazione, per gli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009, «anche con riferimento ai percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale» (comma 1), stabilendo altresı̀ che il nuovo obbligo di istruzione decennale «decorre a partire dall’anno scolastico 2007/2008 per coloro che hanno conseguito il titolo di studio conclusivo del primo ciclo nell’anno scolastico 2006/2007» (comma 3). Ne consegue che l’apprendistato classico, a far data dal 1º settembre 2007, non può essere avviato con chiunque non ha ancora compiuto i sedici anni e non ha frequentato l’ordinamento scolastico per dieci anni (6). 2573 Percorsi Adempimenti per l’assunzione 2574 Con riguardo agli adempimenti obbligatori per l’assunzione regolare dell’apprendista (professionalizzante o classico) va senza dubbio segnalato che, fin dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 276/2003, è venuto meno l’obbligo della preventiva autorizzazione da parte della Direzione provinciale del lavoro. Anzitutto, il nuovo testo dell’art. 9-bis, comma 2, del D.L. 1º ottobre 1996, n. 510, convertito nella legge 28 novembre 1996, n. 608, come sostituito dall’art. 1, comma 1180, della legge n. 296/ 2006, obbliga il datore di lavoro ad effettuare al Centro per l’impiego territorialmente competente, per il tramite del servizio informatico predisposto sul nodo regionale di riferimento (ovvero l’apposito portale ministeriale in via transitoria), dopo l’entrata in vigore del D.I. 30 ottobre 2007 (1º marzo 2008) (8), una apposita comunicazione, con data certa di trasmissione, mediante modello UnificatoLav in tutti i casi di instaurazione di rapporti di lavoro, compreso, dunque, l’apprendistato. Tuttavia, la specialità della comunicazione di assunzione dell’apprendista aveva fatto escludere la procedura di accentramento delle comunicazioni obbligatorie per l’apprendistato in una sola regione, secondo le indicazioni offerte dal Ministero del lavoro con nota circolare 21 dicembre 2007, n. 8371 e successivamente specificate con nota 8 maggio 2008 (Modelli e Regole. Comunicazioni obbligatorie), in ragione della circostanza che essa deve specificamente contenere anche i riferimenti alla durata dell’apprendistato, al nominativo del tutor ed altre specifiche notazioni richieste dalla normativa regionale. Non cosı̀ per l’apprendistato professionalizzante con formazione (interna) aziendale, per il quale si può procedere all’accentramento come per la generalità delle comunicazioni obbligatorie mediante il Sistema informatico Co, cosı̀ puntualmente la DG Innovazioni Tecnologiche del Ministero del lavoro nella nota 17 settembre 2008, n. 6011. Sotto altro profilo si dovrà procedere alla registrazione dei dati dell’apprendista nel libro unico del lavoro a far data dal giorno 16 del mese successivo all’inizio del rapporto di lavoro, evidenziando e annotando i dati anagrafici, tutti gli elementi retributivi, assicurativi, fiscali e previdenziali, nonché il calendario delle presenze, con specifica annotazione delle assenze (art. 39, commi 1 e 2, D.L. n. 112/ 2008, come chiarito dalla circolare n. 20 del 21 agosto 2008). Da ultimo, anche l’assunzione dell’apprendista, analogamente alla generalità dei lavoratori dipendenti, deve tenere conto dell’obbligo datoriale di consegnare al lavoratore assunto la dichiarazione di assunzione, contenente tutte le informazioni inerenti la gestione e le condizioni del rapporto di lavoro, la quale peraltro, per effetto della semplificazione apportata dal D.L. n. 112/2008 potrà consistere nella copia del modello UnificatoLav di comunicazione dell’assunzione, ovvero nel contratto individuale di lavoro. Si tenga presente, infine, che l’art. 23, comma 5, lett. a), del D.L. n. 112/2008, ha espressamente abrogato la disposizione di cui all’art. 1 del D.M. 7 ottobre 1999, attuativo dell’art. 16, comma 2, della legge n. 196/1997, che prevedeva, fra l’altro, una «comunicazione all’amministrazione competente dei dati dell’apprendista e quelli del tutore aziendale entro giorni trenta dalla data di assunzione dell’apprendista stesso». Il legislatore della riforma sembra invitare il datore di lavoro a porre attenzione massima ai suoi doveri di svolgimento in concreto di una formazione efficace per la acquisizione della qualifica professionale, senza più obbligare a operazioni di DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 carattere meramente documentale e di natura solo formale che alla luce del ‘‘Sistema informatico Co’’ e della relativa banca dati, che consente un incrocio costante di elementi informativi, rappresentava un inutile appesantimento nella attivazione dell’apprendistato. Sotto altro profilo lo stesso art. art. 23, comma 5, lett. b), del D.L. n. 112/2008 abroga l’art. 21 del D.P.R. 30 dicembre 1956 n. 1668 (Regolamento per l’esecuzione della disciplina legislativa sull’apprendistato), che prevedeva l’obbligo di comunicare, entro dieci giorni, al centro per l’impiego i nominativi degli apprendisti ai quali era riconosciuta la qualifica, nonché i nominativi di coloro che, completato il quinquennio formativo o terminato il periodo di apprendistato, non avevano conseguito la qualifica, nonché i nominativi degli apprendisti che compivano i 18 anni di età e avevano effettuato l’addestramento pratico. Anche qui il legislatore elimina un inutile onere di carattere burocratico, a fronte dei nuovi sistemi informativi che governano anche l’assunzione dell’apprendista. Durata del contratto Un profilo di vigilanza molto importante, sul quale ha profondamente inciso il ‘‘Pacchetto Sacconi’’, riguarda la durata del contratto. Il comma 1 dell’art. 23 del D.L. n. 112/2008, infatti, ha eliminato dall’art. 49, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 il limite minimo inderogabile dei due anni, con ciò lasciando all’accordo tra le parti sociali la fissazione dei limiti di durata del rapporto, fermo restando Nota: (8) Si consideri che nella Provincia Autonoma di Bolzano l’obbligo di comunicazione esclusivamente telematica entrerà in vigore soltanto il prossimo 1º dicembre 2008 per far fronte alle esigenze di bilinguismo (art. 8, comma 3, D.I. 30 ottobre 2007). stero afferma che «non sembrano sussistere vincoli giuridici a una trasformazione, in qualunque tempo». Sempre alla luce della Circolare n. 27/2008, peraltro, rimane in capo al personale ispettivo del Ministero del lavoro e degli Istituti previdenziali l’obbligo di verificare la sussistenza di «eventuali condotte elusive», consistenti nella anticipata trasformazione di un rapporto che non si è mai svolto quale apprendistato, «in particolare nell’ipotesi in cui non sia stata effettuata alcuna attività formativa sino al momento della trasformazione del rapporto». D’altro canto, l’azione di vigilanza dovrà essere adeguata anche con riferimento alla durata massima del contratto di apprendistato (nondimeno per evitare la fruizione di benefici contributivi strettamente collegati alla regolarità pure temporale del contratto formativo). Va riconosciuta la legittimità dell’intervento ispettivo e sanzionatorio, di riconduzione dell’apprendistato ai limiti massimi contrattualmente stabiliti e, comunque, ai previsti limiti legali dei 6 anni complessivi, in considerazione della applicabilità del contratto collettivo nazionale di lavoro cosı̀ come applicato per scelta (cd. ‘‘elettiva’’) dal datore di lavoro. Peraltro, nel caso in cui l’apprendistato professionalizzante oggetto di ispezione risulti di durata superiore ai 6 anni, anche considerando l’eventuale cumulo con una precedente esperienza in apprendistato, la riconversione del contratto nei limiti massimi deriverà direttamente dall’applicazione del dettato normativo contenuto nell’art. 49, commi 3 e 4, lett. d, D.Lgs. n. 276/2003. Anche su questo aspetto è espressamente intervenuta la Circolare n. 27/2008 al fine di chiarire, riprendendo quanto già anticipato in due interpelli (1º marzo 2007 e 11 febbraio 2008) che l’art. 8 della legge n. 25/1955 trova applicazione anche nei riguardi del cumulo di un’esperienza di apprendi- stato classico con una di apprendistato professionalizzante, mentre non è applicabile per quanto attiene la ‘‘trasformazione’’ di un apprendistato classico non compiuto in professionalizzante (‘‘indebita commistione’’ fra vecchio e nuovo regime normativo). Sotto altro connesso profilo, infine, la Circolare ministeriale sancisce la possibilità di occupare un apprendista professionalizzante anche per un datore di lavoro (società consortile) la cui vicenda societaria venga a sciogliersi in data antecedente al compimento del percorso formativo dell’apprendistato, proprio in considerazione della cumulabilità dell’iniziale periodo in apprendistato con quello espletato dall’apprendista presso una delle società del consorzio dopo lo scioglimento della società consortile. Apprendistato part-time Per quanto concerne la legittimità dell’apprendistato a tempo parziale si può fare ancora riferimento alla circolare n. 102 del 26 agosto 1986 con la quale il Ministero del lavoro si espresse, all’atto della prima introduzione del lavoro a tempo parziale nel nostro ordinamento giuridico, per la piena compatibilità del contratto di apprendistato con una organizzazione del tempo di lavoro in regime di part-time. Residua in capo agli organismi ispettivi ministeriali e previdenziali una valutazione ex post della compatibilità del regime ad orario ridotto rispetto a quello contrattuale, con la effettiva possibilità, per l’apprendista assunto a tempo parziale, di seguire la formazione (formale e non formale, interna ed esterna) e l’addestramento. In questo senso anche la circolare n. 46 del 30 aprile 2001 del Ministero del lavoro. Limiti quantitativi L’art. 47, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, nel disciplinare i limiti quantitativi, di assunzio- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 Percorsi l’unico limite legale insuperabile dei sei anni. Decade, quindi, l’esclusione dell’utilizzo di tale contratto per lavorazioni o attività di breve durata ovvero a carattere stagionale, declinato con assoluta chiarezza dal Ministero del lavoro con la circolare n. 30/2005 e ribadito dalla risposta ad interpello n. 3769 del 2 maggio 2006, che ora la Circolare n. 27/2008 definisce espressamente come «superata». Il venire meno del limite minimo legale non ha aperto la porta a qualsiasi abuso della tipologia contrattuale, ma piuttosto faccia obbligo alle parti del contratto individuale di fare riferimento alle previsioni determinate dalle parti sociali nei contratti collettivi nazionali di lavoro applicati. Pertanto, può senza dubbio legittimarsi, anche in sede ispettiva, il ricorso all’apprendistato stagionale, precedentemente escluso, ma nel rispetto delle disposizioni dei contratti collettivi (si pensi, a titolo di esempio, alle ipotesi di accordo per il rinnovo, rispettivamente, del Ccnl Federturismo del 27 luglio 2007 e del Ccnl Assoturismo del 31 luglio 2007 le quali prevedono l’assunzione di apprendisti in appositi cicli stagionali). Secondo il ragionamento seguito dalla Circolare n. 27/ 2008 alla modifica normativa inerente la durata minima del contratto di apprendistato professionalizzante si aggancia la questione relativa alla trasformazione anticipata del rapporto. I chiarimenti ministeriali in proposito (riprendendo quanto già affermato in parte nella risposta ad interpello n. 3883 del 4 maggio 2006) che la trasformazione del rapporto di apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato antecedentemente alla scadenza prevista nel piano formativo individuale, con applicazione della disposizione agevolativa di cui all’art. 21, comma 6, della legge n. 56/1987, deve ritenersi ancora attuale e, addirittura, venuto meno il limite minimo inderogabile il Mini- 2575 Percorsi 2576 ne degli apprendisti non fa altro che richiamare il combinato disposto di cui all’art. 2, comma 3, della legge n. 25/ 1955, come modificato dalla legge 2 aprile 1968, n. 424 in uno con la ‘‘deroga’’ dell’art. 21, comma 1, della legge n. 56/1987, lasciando ferme le diverse disposizioni contenute nell’art. 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443 secondo cui il limite massimo degli apprendisti viene valutato in prospettiva dei limiti dimensionali delle imprese qualificabili come artigiane, in numero variabile a seconda del settore di attività dell’azienda. Il rispetto dei limiti quantitativi deve essere verificato, peraltro, anche con riferimento all’eventuale assunzione parttime, giusta quanto affermato dal Comitato regionale per i rapporti di lavoro delle Marche con decisione n. 2/2006 del 17 gennaio 2006 (9), secondo il quale ai fini del computo degli apprendisti assunti per la verifica del rispetto dei limiti quantitativi di assunzione, occorre valutare l’effettiva consistenza dell’assunzione, con riferimento specifico alle unità di personale in forza, anche considerando le previsioni in materia stabilite con riguardo alle assunzioni a tempo parziale dall’art. 6 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61 (criterio del pro rata temporis). Residua, peraltro, un limite che deve considerarsi invalicabile, relativo alla concreta ed effettiva possibilità di erogare la formazione e di ‘‘seguire’’ l’addestramento degli apprendisti pur assunti in numero superiore perché in regime di tempo parziale: in effetti, unanime appare l’opinione secondo la quale il fondamento della apposizione di un limite quantitativo per l’assunzione di apprendisti è da rinvenirsi nel nesso fra formazione e lavoro tipico del rapporto di apprendistato, considerato nella sua origine ‘‘al singolare’’ ovvero nella sua odierna declinazione ‘‘al plurale’’. Ispezione sul rapporto Quanto alla vigilanza sul rapporto di apprendistato, deve anzitutto segnalarsi che il personale ispettivo ministeriale e previdenziale sarà chiamato a verificare: la corrispondenza della attività in concreto svolta a quella dedotta nel contratto; il rispetto da parte del datore di lavoro degli specifici obblighi impostigli dalla legge; lo svolgimento effettivo della formazione prevista nel piano formativo individuale; l’orario di lavoro praticato dall’apprendista; la corresponsione della retribuzione effettivamente spettante. Genuinità del rapporto Per quanto attiene alla corrispondenza fra il momento genetico e quello funzionale dell’apprendistato con riferimento alle mansioni concretamente svolte dall’apprendista, occorre evidenziare che la verifica ispettiva dovrà sul punto concentrarsi, sotto un profilo strettamente probatorio, su quanto personalmente accertato dal personale di vigilanza e su quanto riferito dai lavoratori colleghi dell’apprendista e dallo stesso lavoratore in apprendistato. L’effetto sanzionatorio principe della non genuinità dell’apprendistato, inevitabilmente, sarà quello della ricostruzione in capo al lavoratore di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, fin dall’inizio dell’attività lavorativa, con i conseguenti recuperi contributivi e retributivi (questi ultimi mediante diffida accertativa ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004) (10). Violazione degli obblighi datoriali La legge n. 25/1955 permane attuale, anche dopo la riforma DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 di cui al D.L. n. 112/2008, per i profili di tipo sanzionatorio legati a specifiche condotte obbligatorie del datore di lavoro. Rilevano le ipotesi di violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi sanciti dall’art. 11 della citata legge n. 25/ 1955. Anzitutto, l’obbligo di impartire o anche di far impartire all’apprendista alle sue dipendenze l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità per diventare lavoratore qualificato (art. 11, lett. a). Si tratta di uno dei presupposti fondanti un regolare apprendistato che si basa proprio sull’obbligo di addestramento da parte del datore di lavoro, scisso nelle due forme, congiunte, della formazione pratica on the job e dell’insegnamento complementare teorico. Il datore di lavoro deve, inoltre, rispettare l’obbligo di collaborare con gli enti pubblici e privati preposti all’organizzazione dei corsi di istruzione integrativa dell’addestramento pratico (art. 11, lett. b): secondo le previsioni riformate dalla legge n. 196/1997, con riferimento all’apprendistato classico, ovvero in base alla contrattazione collettiva di lavoro e alle leggi regionali, con riguardo all’apprendistato professionalizzante, chi assume l’apprendista permane obbligato ad agevolare in ogni modo, collaborando attivamente, l’organizzazione dei corsi teorici di ‘‘formazione esterna’’ che Note: (9) Vedila in Dir. prat. lav., 2006, 7, 363 s. (10) D’altro canto, qualora la non corrispondenza dell’attività si accompagni ad un venire meno complessivo di tutte le caratteristiche del rapporto formativo, vi è una specifica ipotesi di illecito amministrativo che colpisce, in proposito, il datore di lavoro artigiano (come nell’esempio): l’art. 29, comma 1, della legge n. 25/1955, cosı̀ come modificato dall’art. 78 del D.Lgs. n. 507/1999, infatti, sanziona amministrativamente il datore di lavoro che sia un imprenditore artigiano, per aver notiziato il competente Centro per l’Impiego mediante comunicazione dell’assunzione come apprendista di un giovane lavoratore che, in realtà, risulta non esercitare e non aver esercitato effettivamente l’apprendistato. obbligo fissato dall’art. 10 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 in materia di orario di lavoro. Poiché anche la disposizione da ultimo citata è assoggettata a specifica sanzione pecuniaria amministrativa, occorre stabilire quale delle due reazioni sanzionatorie incomba sul datore di lavoro che omette di concedere le ferie all’apprendista. La soluzione si rinviene nell’art. 2, comma 4, del D.Lgs. n. 66/2003, laddove la norma stabilisce che la disciplina contenuta nel medesimo decreto «si applica anche agli apprendisti maggiorenni», ne deriva, dunque, che qualora il datore di lavoro ometta di concedere le ferie all’apprendista maggiorenne scatterà la sanzione amministrativa dettata dall’art. 18-bis, comma 3, del D.Lgs. n. 66/2003 (12), mentre se l’apprendista è minorenne la reazione punitiva sarà quella dell’art. 23, comma 1, lett. b) della legge n. 25/1955. Chi assume un apprendista, inoltre, non può adibirlo a lavorazioni retribuite a cottimo e, in ogni caso, a tutte le lavorazioni che siano valorizzate con sistemi ad incentivo (art. 11, lett. f). Si tratta di un divieto afferente ai profili retributivi dell’apprendistato. La norma vieta anche le lavorazioni ‘‘ad incentivo’’, invero, ciò sembra non escludere la possibilità che gli apprendisti (in particolare i maggiorenni) possano risultare destinatari di emolumenti legati ad obiettivi o produttività dell’azienda, partecipando a forme complessive di inserimento nell’organizzazione produttiva e/o logistica del datore di lavoro. Un altro obbligo del datore di lavoro è quello di accordare all’apprendista, senza operare alcuna trattenuta sulla retribuzione, i permessi occorrenti per la frequenza obbligatoria dei corsi di insegnamento complementare, nonché di vigilare sull’osservanza da parte dell’apprendista dell’obbligo di tale frequenza (art. 11, lett. g). Incombe in capo a chi assume un apprendista anche l’obbligo di riconoscergli i permessi ne- cessari per esami relativi al conseguimento di titoli di studio (art. 11, lett. h). Ciascuno degli obblighi-divieti esaminati è soggetto alla sanzione pecuniaria amministrativa stabilita dall’art. 23, comma 1, lett. b), della legge n. 25/1955, cosı̀ come modificato dall’art. 78 del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, nella misura da 103 a 154 euro, che ridotta a norma dell’art. 16 della legge n. 689/1981 è pari a euro 51,33 (un terzo del massimo). Con riferimento all’istituto della diffida obbligatoria (art. 13, D.Lgs. n. 124/2004) all’evidenza soltanto alcune delle previsioni sanzionatorie relative alle violazioni degli obblighi dell’art. 11 risulterebbero teoricamente sanabili - si pensi alle disposizioni di cui alle lettere c), g), h) ed i) -, in quanto sarebbero materialmente recuperabili gli interessi sottesi, tuttavia il Ministero del lavoro, con circolare n. 24 del 24 giugno 2004, affrontando espressamente la questione della sanabilità e dell’applicabilità della diffida, ha stabilito che non sia in alcun modo irrogabile la sanzione che deriverebbe dall’ottemperanza alla diffida, in quanto di importo più elevato di quel- Note: (11) Quale unica eccezione, la norma sembra non escludere che il datore di lavoro possa attribuire all’apprendista mansioni diverse da quelle originariamente dedotte in contratto nel caso in cui sia comprovata l’inidoneità del lavoratore a svolgere le mansioni per cui era assunto, ferma restando la possibilità obiettiva di conseguire la qualifica e di proseguire nel piano formativo individuale, sia pure con integrazioni e correzioni, svolgendo le diverse mansioni. (12) Si tratta della sanzione pecuniaria amministrativa prevista dall’art. 18-bis, comma 3, del D.Lgs. n. 66/2003, come introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 213/2004, nel testo modificato dal D.L. n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, da euro 130 a euro 780 per ogni lavoratore «e per ciascun periodo di riferimento di cui all’articolo 4, commi 3 o 4 cui si riferisce la violazione». Peraltro la sanzionabilità, pure a fronte del diverso dato letterale della norma, deve ritenersi in ogni caso collegata al periodo nel quale le ferie devono essere concesse e fruite: vale a dire l’anno di maturazione per le prime due settimane e i 18 mesi successivi per le restanti settimane. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 Percorsi accompagnano l’addestramento pratico sul lavoro, anche con l’assistenza e il percorso guidato dal tutor appositamente individuato dal datore di lavoro. Naturalmente l’obbligo non sussiste per quanto attiene al canale dell’apprendistato con formazione esclusivamente aziendale. Confermato è l’obbligo di osservare le norme dei contratti collettivi di lavoro e di retribuire l’apprendista in base alle previsioni della stessa contrattazione collettiva (art. 11, lett. c). D’altra parte, per quanto la norma non possa incidere sull’efficacia soggettiva dei contratti collettivi, ciò non può impedire la valutazione oggettiva del rispetto degli obblighi retributivi e contrattuali da quelli fissati, ove il datore di lavoro abbia scelto il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento dandone notizia al lavoratore nonché nel modello di comunicazione obbligatoria di assunzione. Altro obbligo che incombe sul datore di lavoro dell’apprendista è quello di non sottoporre il giovane lavoratore a lavori superiori alle sue forze fisiche e comunque non attinenti alla lavorazione o al mestiere per il quale è stato assunto (art. 11, lett. d). L’apprendista deve svolgere esclusivamente o con prevalenza netta ed assoluta l’attività afferente alle mansioni per le quali è stato assunto e in base alle quali si dirige verso la qualificazione professionale finale, al termine del periodo di apprendistato, conseguenza ne è che il datore di lavoro non deve e non può adibire l’apprendista ad altre attività che non attengano alla lavorazione o alle mansioni previste e dedotte nel contratto, in particolare con riferimento a quei lavori che risultino particolarmente gravosi e comunque superiori alle forze fisiche del giovane apprendista (11). Un ulteriore obbligo datoriale consiste nel concedere all’apprendista il previsto periodo di ferie retribuite (art. 11, lett. e). L’obbligo di concessione delle ferie all’apprendista deve ora coniugarsi col più generale 2577 Percorsi 2578 lo derivante dal calcolo della sanzione in misura ridotta (qui si avrebbero 103 euro di sanzione minima, a fronte dei 51,33 euro di sanzione ridotta). Si tenga presente, da ultimo, che il datore di lavoro fino al 24 giugno 2008 doveva farsi carico di informare periodicamente la famiglia dell’apprendista, o chi esercitava legalmente la potestà familiare sui risultati dell’addestramento (art. 11, lett. i). La norma che sembrava fare chiaro riferimento ai soli apprendisti minorenni risulta ora implicitamente abrogata per effetto della esplicita abrogazione delle disposizioni contenute nell’art. 24, commi 3 e 4, del D.P.R. 30 dicembre 1956 n. 1668 (Regolamento per l’esecuzione della disciplina legislativa sull’apprendistato), per effetto dell’art. 23, comma 5, lett. b), del D.L. n. 112/2008. L’abrogazione dell’obbligo informativo di cui trattasi, peraltro, appare sostenuta dalla circostanza che il monitoraggio e il controllo sull’andamento dell’apprendistato è affidato a meccanismi, anche sanzionatori, oltreché informativi (certificazione delle competenze acquisite e libretto formativo), di tipo sostanziale, al punto da poter superare e abbandonare ogni burocratismo formale. Sanzioni per omessa formazione Da ultimo il legislatore ha inteso stabilire una ipotesi sanzionatoria legata al rispetto degli obblighi formativi in capo al datore di lavoro che assume un apprendista con contratto di apprendistato professionalizzante. Sebbene caratterizzata, espressamente, come sanzione in materia previdenziale, in effetti, quella di cui all’art. 53, comma 3, del D.Lgs. n. 276/ 2003 è una vera punizione delle inosservanze di carattere formativo. Il legislatore della riforma prevede, con la disposizione in argomento, una specifica rea- zione all’inadempimento del datore di lavoro nei riguardi degli obblighi formativi incombenti sullo stesso, in ragione di quanto stabilito nel piano formativo individuale dell’apprendista. La sanzione per il datore di lavoro consiste nell’obbligo di versare «la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta per il lavoratore avente lo stesso inquadramento legale e contrattuale, maggiorata del 100 per cento», peraltro, è stabilito anche che per effetto di tale maggiorazione, onde evitare illegittime duplicazioni, viene esclusa l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione. Delineando i criteri di attribuzione di responsabilità datoriale, l’art. 53, comma 3, ha sancito che il datore di lavoro risponde delle inadempienze «di cui sia esclusivamente responsabile» e che risultino tali «da impedire la realizzazione delle finalità» stabilite dalla legge per l’apprendistato. Non tutte le omissioni in tema di formazione, dunque, sono assoggettabili a sanzione, ma solo quando, in caso di inadempimento nella erogazione della formazione, il datore di lavoro risulti ‘‘esclusivo’’ responsabile di esso e, contestualmente, se il mancato rispetto degli obblighi formativi abbiano concretamente impedito la realizzazione effettiva delle finalità formative ed occupazionali previste per l’apprendistato professionalizzante. Ne deriva, primariamente, una difficile azione di investigazione da parte del personale ispettivo previdenziale e ministeriale, con la immediata conseguenza che la capacità di deterrenza della disposizione in argomento (rispetto a condotte abusive o illecite di apprendistati fasulli senza alcuna formazione e privi addestramento), nonostante l’onerosità dell’ammontare della sanzione stessa, sembra essere messa a dura prova nella realtà dei fatti, prima ancora che nei suoi connotati normativi. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 A ben guardare, l’art. 53 del D.Lgs. n. 276/2003 sanziona il datore di lavoro inadempiente soltanto quando l’omesso adempimento in materia di formazione sia a lui attribuibile ‘‘esclusivamente’’, aspetto, questo, che trova nell’apprendistato esclusivamente aziendale di cui al D.L. n. 112/ 2008 una importante nuova fonte di verifica e controllo da parte del personale ispettivo. Spetterà, dunque, agli ispettori procedere ad evidenziare, mediante acquisizione di notizie e di apposita documentazione dallo stesso datore di lavoro e, salvo che nel canale ‘‘aziendale’’, dai servizi competenti delle amministrazioni provinciali e regionali, gli elementi che attestano l’assoluta responsabilità individuale e soggettiva del datore di lavoro. D’altro canto, sul punto specifico, il Ministero del lavoro nella circolare n. 40/2004 ha precisato che l’inadempimento formativo del quale si renda colpevole il datore di lavoro viene valutato in base all’intera osservazione del piano formativo individuale e della regolamentazione regionale, ovvero sulla scorta della contrattazione collettiva che ha attivato l’apprendistato aziendale. La precisazione ministeriale comporta, anzitutto, che l’inadempimento formativo datoriale potrà avere, in concreto e in generale, le seguenti manifestazioni: mancato rispetto della quantità di formazione, anche periodica, indicata nel piano formativo individuale o individuata dalla apposita regolamentazione regionale o dalla contrattazione collettiva; assenza di un tutor aziendale che possieda competenze adeguate, se previsto nella ipotesi dell’apprendistato esclusivamente aziendale; mancanza dell’effettivo esercizio delle funzioni tutoriali da parte del tutor aziendale o del datore di lavoro nel caso dell’apprendistato aziendale; omessa condivisione col la- Orario di lavoro Con riguardo all’orario di lavoro il personale ispettivo ministeriale e previdenziale do- vrà verificare, anzitutto, l’età dell’apprendista. Per quanto più sopra precisato, infatti, ai sensi dell’art. 2, comma 4, del D.Lgs. n. 66/2003 tutte le disposizioni in materia di orario fissate da tale decreto trovano applicazione anche nei confronti dell’apprendista maggiorenne (orario normale, orario giornaliero, lavoro notturno, pause, riposi). Non cosı̀ per l’apprendista minorenne, escluso dal campo di applicazione del D.Lgs. n. 66/2003, per il quale seguita ad operare il regime di tutela speciale di cui alla legge n. 977/1967, come modificata dal D.Lgs. n. 345/1999, con riguardo, in particolare, all’orario di lavoro massimo (8 ore giornaliere e 40 settimanali), al divieto di lavoro notturno (dalle 22 alle 6) e ai periodi di riposo. Retribuzione A margine del sistema sanzionatorio, concludendo i profili relativi alla conduzione di una indagine ispettiva in materia di apprendistato professionalizzante, sembra doversi segnalare l’opportunità di ben valutare tutti gli elementi e le circostanze relative alla retribuzione effettivamente spettante all’apprendista, con riferimento a quella in concreto corrisposta dal datore di lavoro. Sul punto la circolare, Min. lav., n. 40/2004 ha precisato, con riferimento all’apprendistato professionalizzante, che deve ritenersi in vigore l’art. 13, comma 1, della legge n. 25/1955 laddove la norma consente la determinazione della retribuzione dell’apprendista applicando una «percentualizzazione graduale in base all’anzianità di servizio (...) sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva». La vitalità della disposizione da ultimo richiamata è stata poi ribadita dalla circolare, Min. lav., n. 30/2005 alla luce della quale si può affermare che per l’apprendistato professionalizzante l’applicazione della aliquota percentuale si coniuga con il menzionato ‘‘sottoinquadramento’’. Con la risposta ad interpello n. 28/2007 il Ministero del lavoro ha chiarito che il criterio della scelta tra i due regimi di retribuzione sinteticamente evidenziati va «interpretato in termini non già di cumulatività bensı̀ di alternatività». Si ritiene, pertanto, che gli ispettori del Ministero del lavoro dovranno verificare la scelta operata dalle parti al momento della stipula del contratto individuale di lavoro, potendo conseguentemente agire per l’eventuale situazione di inadempienza patrimoniale, agevolando la soddisfazione dei crediti di lavoro dell’apprendista, mediante una diffida accertativa nei confronti del datore di lavoro. In argomento è ora intervenuta la Circolare n. 27/2008 al fine di chiarire definitivamente ogni aspetto della materia. Il Ministero del lavoro muove dal significato normativo dell’art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003 che viene letto come norma di garanzia per la fissazione di un limite minimo al dislivello di classificazione dell’apprendista, con riguardo al livello di uscita dell’apprendista, di norma individuato sulla scorta di una gradualità percentuale con riferimento ai livelli più bassi di inquadramento contrattuale. Si tratta allora di una norma che garantisce il corretto inquadramento e il corretto raggiungimento della qualifica finale da parte dell’apprendista senza segnare nessun automatismo in merito alla retribuzione da corrispondere all’inizio o alla fine del rapporto di apprendistato. Conclude sul punto la Circolare ministeriale sancendo che il sottoinquadramento potrà essere assunto come ‘‘tetto’’ del livello finale o come ‘‘soglia’’ di quello iniziale per la progressione percentuale della retribuzione, che dunque potrà essere in percentuale inferiore rispetto al sottoinquadramento fermo restando il raggiungimento di quel livello al termine della progressione retributiva. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 45/2008 Percorsi voratore del rispetto degli obblighi formativi. L’applicazione della sanzione segnalata, dunque, è strettamente connessa al rilievo e alla dimostrazione (con adeguati elementi di prova) della grave inadempienza imputabile in via esclusiva al datore di lavoro, con riferimento all’impedimento del raggiungimento della qualificazione professionale che è obiettivo strategicamente posto al contratto di apprendistato professionalizzante. Anche su questo punto è intervenuta la Circolare n. 27/2008 per chiarire, dopo le modifiche normative apportate dal decreto-legge n. 112/2008, che i profili di responsabilità del datore di lavoro, a fronte di un inadempimento nella erogazione della formazione per una carenza dell’offerta formativa pubblica, non possono realizzarsi. Non cosı̀, invece, qualora il datore di lavoro si avvalga del ‘‘canale parallelo’’ della formazione esclusivamente aziendale, giacché in tal caso non opererà alcuna esimente. Considerando precisamente il riferimento all’intero piano formativo individuale operato dalla circolare n. 40/2004 del Ministero del lavoro, occorre anche prendere in considerazione la diversa ipotesi di una vigilanza che interessi il rapporto di lavoro con l’apprendista non già a conclusione del periodo di formazione, ma finanche nel primo anno di apprendistato professionalizzante; in tal caso, non potendosi procedere ad applicare la sanzione di cui all’art. 53, comma 3, e non potendosi, analogamente, disconoscere la validità e la genuinità dell’apprendistato, tuttavia, il personale ispettivo ministeriale avrà la facoltà di attivarsi con i poteri suoi propri di disposizione, a norma dell’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004. 2579 Disciplina e profili formativi Apprendistato e contrattazione collettiva Maria Rosa Gheido - Consulente del lavoro Operatività della disciplina Per l’operatività della disciplina relativa all’apprendistato professionalizzante l’articolo 49, comma 5, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, prevede la regolamentazione dei profili formativi da parte delle Regioni e alle Province autonome, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. Fino all’approvazione della legge regionale, per effetto del comma 5-bis dello stesso D.Lgs. n. 276/2003 aggiunto dall’articolo 13-bis del D.L. n. 35 del 2005, la disciplina dell’ap- prendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria, può essere avviato secondo la disciplina stabilita dai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Come sottolinea il Ministero del lavoro «In attesa della regolamentazione regionale è pertanto legittimo il rinvio alla contrattazione collettiva nazionale previsto dall’articolo 49, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 276 del 2003, che dovrà in ogni caso applicarsi nel rispetto delle previsioni contenute nel decreto legislativo n. 276 del 2003» (circ. n. 30 del 15 luglio 2005). Il contratto di apprendistato professionalizzante può, quindi, essere pienamente operativo solo in quanto siano state attuate tutte le previsioni normative, sia dalle regioni, sia dalle parti sociali, non è perciò sufficiente che il contratto collettivo ne preveda la stipula, occorre che lo stesso contratto ne disciplini, direttamente o indirettamente i criteri formativi. La disposizione in deroga alla regolamentazione regionale deve essere intesa, secondo lo stesso Ministero, nel senso che « il legislatore, al fine di accelerare il processo di messa a regime dell’istituto, affida la definizione della disciplina per l’apprendistato professionalizzante agli stessi soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro, i quali potranno concordarla in qualsiasi momento senza, dunque, dover attendere la fase di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Nulla esclude peraltro, anche ai sensi dell’articolo 86, comma 13, del decreto legislativo n. 276 del 2003, che la regolamentazione della materia venga definita anche mediante uno o più accordi interconfederali». Pertanto, non tutti i contratti collettivi che hanno inserito nel testo disposizioni relative all’apprendistato professionalizzante possono ritenersi utili ad anticipare le disposizioni regionali nelle more dell’emanazione delle stesse. Occorre che il contratto collettivo nazionale - stipulato fra le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative - individui contenuti e profili formativi atti a consentire l’erogazione della formazione, anche tramite il rimando ai modelli concordati con l’Isfol o con il mero rinvio agli enti bilaterali. È dunque possibile - qualora manchi una legge regionale di regolamentazione del contratto di apprendistato professionalizzante ovvero qualora detta regolamentazione non risulti applicabile in quanto non contempla determinati profili formativi o figure professionali - stipulare validamente un contratto di apprendistato sulla base della disciplina contenuta nel contratto collettivo nazionale di lavoro di cui all’articolo 49, comma 5 bis, del decreto legislativo n. 276/2003 (1). Nota: Percorsi L’articolo 2 della legge 14 febbraio 2003, n. 30, conferma l’apprendistato «come strumento formativo anche nella prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da garantire il raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il passaggio da un sistema all’altro e, riconoscendo nel contempo agli enti bilaterali e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie in materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di realizzare l’inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in azienda», e delega il Governo a regolamentare i rapporti di lavoro con contenuto formativo, «nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in materia di occupazione. (1) V. Min. lav., circ. n. 27 del 10 novembre 2008. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 2613 Profili formativi Percorsi I profili formativi dell’apprendistato professionalizzante demandati alle regioni devono, peraltro, informarsi ai seguenti principi: previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per la acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali; rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni; riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali; registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo; presenza di un tutor azien- 2614 dale con formazione e competenze adeguate. Il Ministero del lavoro, con risposta del 10 giugno 2008 all’interpello n. 14/2008, ha ulteriormente chiarito che «se la disciplina normativa regionale non risulta applicabile per carenza relativa ai profili formativi o alle mansioni e la stessa, sul punto, non contiene alcun rinvio in funzione integrativa alla disciplina dettata dal contratto collettivo applicabile, i contratti di apprendistato potranno essere validamente stipulati sulla base della disciplina contenuta nel Ccnl di cui all’art. 49, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 276/2003. Ne consegue, in tale ipotesi, che laddove il contratto di apprendistato da stipularsi faccia riferimento, quanto alla disciplina applicabile, al Ccnl e non alla legge regionale, relativamente allo stesso contratto non sarà necessario il rilascio del parere di conformità da parte dei competenti organi regionali, applicandosi integralmente la disciplina contrattuale ai sensi del citato art. 49, comma 5bis, del D.Lgs. n. 276/2003». Formazione in azienda Ai fini che qui interessano, per Interpello n. 3508/2006 Se la contrattazione collettiva ha disciplinato i profili formativi e applicativi dell’apprendistato professionalizzante, il datore di lavoro, in assenza della legge regionale in materia, dovrà assumere con contratto di apprendistato «professionalizzante» a norma del Ccnl di riferimento; altrimenti procederà all’assunzione dell’apprendista ai sensi della citata legge n. 25/1955 e successive modificazioni. Interpello n. 782/2006 L’art. 28 del Ccnl Panificatori del 19 luglio 2005, nell’ambito della disciplina dei contenuti della formazione da erogare nell’apprendistato professionalizzante, stabilisce espressamente che «in assenza della relativa normativa regionale o provinciale, ai sensi del comma 5 bis ... le parti potranno determinare il contenuto della formazione ai sensi del presente contratto collettivo e del rinvio che le parti stipulanti operano, alla luce della circolare n. 30/2005 ... ai DD.MM. 8 aprile 1998 e 20 maggio 1999 ed ai moduli formativi elaborati da Isfol ...» ... sembra doversi confermare che le parti sociali, con l’art. 28 del Ccnl del 19 luglio 2005, ovvero mediante puntuali previsioni in materia formativa dell’apprendistato nonché mediante il rinvio ivi operato ai DD.MM. 8 aprile 1998 e 20 maggio 1999 e ai moduli formativi elaborati dall’Isfol, abbia correttamente e legittimamente espresso la propria autonomia collettiva nella materia de qua. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 formazione formale si intende quella fornita da strutture accreditate o all’interno dell’impresa, secondo percorsi di formazione strutturati on the job e in affiancamento, certificabili e verificabili negli esiti secondo le modalità che sono definite dalle sperimentazioni in atto ovvero dalle future normative regionali. Rimane valida la distinzione fra competenze trasversali e tecnico professionali di cui alla legge n. 196 del 1997 ed è consentita la formazione a distanza e strumenti di e-learning purché l’impresa sia adeguatamente attrezzata e rimanga traccia dell’effettiva partecipazione dell’apprendista. Con la risposta ad interpello n. 5 del 18 gennaio 2007 il Ministero del lavoro ha precisato che l’obbligo della formazione minima di almeno 120 ore non è derogabile, a differenza di quanto poteva avvenire vigente l’art. 16 della legge n. 196/ 1997 che disponeva un «... impegno formativo per l’apprendista, normalmente pari ad almeno 120 ore medie annue, prevedendo un impegno ridotto per i soggetti in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto all’attività da svolgere». Ne consegue che le norme regionali o i contratti collettivi potranno solo individuare modalità e forme di articolazione delle ore di formazione formale: ad esempio, criteri di scelta tra la formazione da effettuarsi solo all’interno dell’azienda in possesso di adeguate strutture e quella da svolgersi presso strutture esterne accreditate; formazione a distanza od in aula; ripartizione del monte ore complessivo fra le varie discipline oggetto di trattazione all’interno del percorso formativo. Con la circolare n. 27/2008 il Ministero afferma, invece, che «con riferimento al ‘‘canale parallelo’’ di cui al comma 5-ter, sono i contratti collettivi, di ogni livello, a stabilire cosa debba intendersi per ‘‘formazione esclusivamente aziendale’’ e a determinare il Ruolo della contrattazione collettiva Il ruolo della contrattazione collettiva è accentuato dal comma 5-ter dell’art. 49, introdotto dall’articolo 23 del D.L. n. 112/2008 che introduce un ‘‘canale parallelo’’ a quello della formazione erogata dalle regioni. Con questa misura il legislatore ha inteso agevolare l’accesso all’apprendistato superando la carenza di alcune regioni che ancora non hanno provveduto a quanto di loro competenza. Il comma 5-ter demanda, quindi, al contratto collettivo, di qualsiasi livello, la regolamentazione della formazione interna, che può risolversi in attività anche esterne all’azienda, purché sia quest’ultima a dirigerne lo svolgimento e purché tale formazione non implichi finanziamenti pubblici. La contrattazione collettiva e gli enti bilaterali dovranno necessariamente disciplinare in dettaglio la formazione aziendale dell’apprendista, resa possibile dal D.L. n. 112/2008, determinando, per ciascun profilo formativo, «la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». In tal senso il Ministero del lavoro, risponden- do con l’interpello n. 50 del 7 ottobre 2008 all’interpello proposto dalla Confcommercio, dichiara che la nuova disciplina è immediatamente operativa, anche con riferimento ai contratti collettivi che hanno introdotto una nozione di formazione aziendale sulla base del preesistente quadro normativo (v. riquadro a piè pagina). Ovviamente, come sottolinea lo stesso Ministero del lavoro (circ. n. 27/2008) in caso di scelta della formazione esclusivamente aziendale, il datore di lavoro non potrà invocare, come esimente del regime sanzionatorio previsto dall’articolo 51 del D.Lgs. n. 276/2003, l’assenza di una offerta formativa pubblica in ambito regionale. dendo la necessità di armonizzare la disciplina legale e la disciplina contrattuale anche in relazione alla fase formativa, concordano di identificare l’attivazione di interventi congiunti per affrontare i problemi della formazione, come uno degli obiettivi prioritari da perseguire per fornire una risposta adeguata alle esigenze delle aziende dei settori rappresentati e finalizzata all’acquisizione di professionalità conformi da parte degli apprendisti. Le Parti si impegnano a promuovere intese con le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per le parti che la legge ad essi demanda, e assegnano agli enti bilaterali un ruolo primario per il monitoraggio delle attività formative». Settore terziario Settore edile L’Accordo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi, sottoscritto il 18 luglio 2008 senza la firma della Cgil, prevede che «... In attesa che la nuova normativa di legge sull’apprendistato venga attuata anche con riferimento alla regolamentazione dei profili formativi rimessi alle Regioni e alle durate per l’apprendistato di tipo a) e c) le parti concordano la presente disciplina sperimentale dell’istituto dell’apprendistato definito professionalizzante, al fine di consentire lo sviluppo di concrete opportunità occupazionali. A tal fine le Parti, condivi- L’accordo del 18 giugno 2008 per i lavoratori dell’industria edile stabilisce a questo proposito che «la formazione si può svolgere all’interno dell’azienda in presenza dei requisiti previsti dalla legge in ordine al tutor aziendale e all’idoneità dei locali adibiti alla formazione medesima». Alla Scuola edile sono affidati i compiti di: raccolta e monitoraggio delle informazioni relative all’avvio dei rapporti di apprendistato, utilizzando a tal fine i dati in possesso della Cassa edile; definizione dei percorsi formativi relativi ai profili professionali determinati dalle regioni d’intesa con le organizzazioni territoriali aderenti alle Associazioni nazionali contraenti; individuazione delle modalità di erogazione dell’attività formativa; formazione dei tutor aziendali; consulenza e accompagnamento per l’impresa e per il lavoratore, nel percorso di inserimento lavorativo di quest’ultimo; attestazione dell’effettuazione della fase formativa e registrazione della stessa nel li- Interpello n. 50/2008 La previsione di cui al comma 5 ter è peraltro da considerarsi immediatamente operativa, anche con riferimento a quei contratti collettivi che hanno introdotto una nozione di formazione aziendale sulla scorta del preesistente quadro normativo. Nel caso di specie, nell’accordo per il rinnovo del Ccnl del Terziario siglato il 17 luglio scorso, le parti hanno concordato (art. 60, Dichiarazione a verbale n. 1) l’istituzione di una Commissione Paritetica con il compito di applicare quanto demandato alla contrattazione collettiva dal succitato comma 5-ter e, in attesa delle determinazioni della Commissione Paritetica, il Ccnl conferma, anche per la formazione esclusivamente aziendale, i profili formativi definiti nel Protocollo Isfol del 10 gennaio 2002. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 Percorsi monte ore di formazione formale (anche inferiore a 120 ore annuali) necessario per l’acquisizione delle competenze di base e tecnico-professionali». 2615 bretto individuale di formazione valevole ai fini della formazione continua Le imprese rilasceranno all’apprendista, oltre alle normali registrazioni nella scheda professionale, un documento che attesti i periodi di apprendistato già compiuti e le attività lavorative per le quali sono stati effettuati i periodi medesimi. Al termine del periodo di apprendistato il datore di lavoro attesta le competenze professionali acquisite dal lavoratore, con valore di credito formativo alle condizioni e secondo le procedure di legge. Per l’assunzione in prova dell’apprendista e per la regolamentazione del periodo di prova valgono le norme del Ccnl con riferimento al livello di assunzione dell’apprendista. (art. 94 Ccnl piccole imprese edili). Ruolo degli enti bilaterali Sul ruolo degli enti bilaterali il Ministero del lavoro si è espresso più volte, sottolineando che l’adesione non è obbligatoria, se non per coloro che aderiscono ad una delle associazioni firmatarie il contatto collettivo. In particolare, con la circolare n. 30 del 15 luglio 2005 è stato chiarito che non sono da considerarsi legittime le clausole dei contratti collettivi e/o le previsioni che subordinino la stipula del contratto di apprendistato, o il parere di conformità per quanto attiene i profili formativi del contratto, alla iscrizione all’Ente Bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore nazionale. In tal senso va anche la nota n. 389 del 12 aprile 2005, con il quale il Ministero afferma che «sono dunque da considerarsi validi i contratti di apprendistato stipulati in assenza di iscrizione all’Ente bilaterale». Peraltro, sempre secondo il Ministero del lavoro, il contratto collettivo può prevedere l’obbligo per i soggetti che intendono assumere un apprendista di sottoporre il relativo contratto al parere di conformità degli enti bilaterali, per quanto attiene i profili formativi dei contratti medesimi solo «là dove tale obbligo sia previsto da una legge regionale e non si ponga in contrasto con i principi costituzionali di libertà sindacale». Inquadramento e retribuzione L’articolo 53 del D.Lgs. n. 276/2003 consente l’inquadramento dell’apprendista con due livelli in meno rispetto a quello di qualificazione (c.d. ‘‘sottoinquadramento’’). Dall’inquadramento discende, ovviamente, la retribuzione contrattuale spettante. Chiarisce il Ministero del lavoro con la recente circolare n. 27/2008 che il criterio del sottoinquadramento può coesistere con quello della percentualizzazione che i contratti collettivi utilizzavano nel previgente regime della legge n. 25/1955. I due criteri possono coesistere, purché il livello minimo previsto nel sottoinquadramento «sia garantito almeno quale punto di arrivo della progressione retributiva». Percorsi Previsioni contrattuali Edilizia - Artigianato Accordo 23 luglio 2008 Con l’allegato D, art.7, le parti demandano al Formedil nazionale l’elaborazione, entro il 31 dicembre 2008, dei profili per l’apprendistato professionalizzante. Entro il 31 dicembre 2009 la Commissione paritetica prevista all’art. 77 del Ccnl dovrà rivedere, nell’ambito dell’attuale sistema di classificazione dei lavoratori, anche la definizione dei profili professionali attinenti i lavori stradali e la segnaletica. A decorrere dal 1º luglio 2008, la retribuzione dell’apprendista si determina mediante l’applicazione, per ciascun semestre, di percentuali calcolate sul minimo di paga, indennità di contingenza, indennità territoriale di settore, Elemento Economico Territoriale e percentuale per riposi annui spettante al lavoratore inquadrato al 2º livello. Per il 1º gruppo l’applicazione delle percentuali è effettuata sul lavoratore inquadrato nel 3º livello, in nessun caso la retribuzione di fatto dell’apprendista potrà superare la retribuzione globale minima spettante al lavoratore con qualifica di 2º livello. Edilizia - Pmi (Confapi) Accordo 1º luglio 2008 Nelle more, si conferma che l’istituto dell’apprendistato professionalizzante può essere adottato, anche per profili di cui all’Accordo nazionale del 13 dicembre 2005, anche per i profili di carattere generale, benché non espressamente previsti nel documento Isfol relativo all’edilizia quali, a titolo esemplificativo, le figure professionali di tipo amministrativo (art.94) Le parti stipulanti, in occasione dell’effettivo riconoscimento della rappresentanza dell’Aniem nel Formedil si incontreranno al fine di demandare al Formedil nazionale l’elaborazione, entro il 31 dicembre 2008, dei profili per l’apprendistato professionalizzante. Durata dell’apprendistato professionalizzante: qualifiche finali del 2º livello di inquadramento contrattuale massimo 3 anni; – qualifiche finali del 3º livello di inquadramento massimo 4 anni; - qualifiche finali dal 4º/5º livello di inquadramento massimo 5 anni. (segue) 2616 DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 (continua) Previsioni contrattuali Edilizia - Industria Accordo 18 giugno 2008 La durata del contratto di apprendistato è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, dal titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché dal bilancio di competenze realizzato dai soggetti pubblici e dalle Scuole edili accreditate mediante l’accertamento dei crediti formativi. (All. 22, art. 92). Per l’apprendistato professionalizzante sono fissate le seguenti durate: – qualifiche finali del secondo livello di inquadramento contrattuale massimo 3 anni; – qualifiche finali del terzo livello di inquadramento massimo 4 anni; - qualifiche finali dal quarto livello di inquadramento massimo 5 anni. La formazione sarà effettuata in via prioritaria presso le scuole edili secondo le linee guida stabilite a livello nazionale dal Formedil in conformità ai profili professionali ed agli standard minimi quadro definiti a livello regionale e nazionale. La formazione si può svolgere all’interno dell’azienda in presenza dei requisiti previsti dalla legge in ordine al tutor aziendale e all’idoneità dei locali adibiti alla formazione medesima. I periodi di servizio effettivamente prestati in qualità di apprendista presso più imprese si cumulano ai fini della durata prevista dalla presente regolamentazione, purché non separati da interruzioni superiori a un anno e sempre che si riferiscano alle stesse attività lavorative. Per ottenere il riconoscimento del cumulo di periodi di apprendistato precedentemente prestati presso altre aziende, l’apprendista deve documentale, all’atto dell’assunzione, i periodi già compiuti tramite i dati registrati sul libretto individuale dei crediti formativi, oltre all’eventuale frequenza di corsi di formazione esterna. Nel caso di cumulabilità di più rapporti, le ore di formazione saranno riproporzionate in relazione al restante periodo di apprendistato da svolgere. A quest’ultimo fine l’apprendista deve documentare l’avvenuta partecipazione all’attività formativa con l’attestato di frequenza rilasciato dalla Scuola Edile e/o con l’attestazione del tutor aziendale nel libretto di formazione. Terziario (distribuzione e servizi) Accordo 18 luglio 2008 Le imprese non potranno assumere apprendisti qualora non abbiano mantenuto in servizio almeno l’80% dei lavoratori il cui contratto di apprendistato sia già venuto a scadere nei ventiquattro mesi precedenti. A tale fine non si computano i lavoratori che si siano dimessi, quelli licenziati per giusta causa, quelli che, al termine del rapporto di apprendistato, abbiano rifiutato la pro- Percorsi Inquadramento e trattamento economico: un livello inferiore a quello della categoria per il quale è finalizzato il relativo contratto; in caso di primo inserimento lavorativo nel settore: – I livello per i contratti di apprendistato professionalizzante finalizzati al conseguimento del I e II livello; – II livello per i contratti di apprendistato professionalizzante finalizzati al conseguimento del IV livello; – III livello per i contratti di apprendistato professionalizzante finalizzati al conseguimento del V livello; Per l’apprendistato professionalizzante (sempre nell’ipotesi di primo inserimento) raggiunta la metà del percorso del periodo di apprendistato all’apprendista è riconosciuto l’inquadramento e il relativo trattamento economico di un livello superiore a quello di assunzione (con esclusione dell’apprendistato finalizzato al conseguimento del II livello). Il numero complessivo di apprendisti da assumere non può superare il numero totale delle maestranze specializzate o qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, può assumere un apprendista. Dal 1º gennaio 2009, i lavoratori potranno beneficiare, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi meteorologici, del trattamento di Cassa integrazione guadagni (Cig). Tale prestazione sarà erogata dalla Cassa edile per un massimo di 150 ore/anno di interruzione dell’attività lavorativa dovuta ai suddetti eventi e sarà pari all’80% della retribuzione persa dall’apprendista per gli stessi eventi, nei limiti dei massimali di legge. Il numero complessivo di apprendisti da assumere non può superare il numero totale delle maestranze specializzate o qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, può assumere un apprendista. (segue) DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 2617 (continua) Previsioni contrattuali Percorsi posta di rimanere in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e quelli i cui rapporti di lavoro siano risolti nel corso o al termine del periodo di prova. La limitazione di cui al presente comma non si applica quando nel biennio precedente sia venuto a scadere un solo contratto di apprendistato. I livelli di inquadramento professionale e il conseguente trattamento economico per gli apprendisti saranno i seguenti: – 2 livelli inferiori a quello in cui è inquadrata la mansione professionale per cui è svolto l’apprendistato per la prima metà del periodo di apprendistato; – 1 livello inferiore a quello in cui è inquadrata la mansione professionale per cui è svolto l’apprendistato per la seconda metà del periodo di apprendistato. Alla fine dell’apprendistato il livello di inquadramento sarà quello corrispondente alla qualifica eventualmente conseguita. Le aziende devono dare comunicazione per iscritto della qualificazione all’apprendista 30 giorni prima della scadenza del periodo di apprendistato. Il rapporto di apprendistato si estingue in relazione alle qualifiche da conseguire secondo le scadenze di seguito indicate: II 48 III 48 IV 48 V 36 VI 24 L’apprendista ha diritto, durante il periodo di apprendistato, allo stesso trattamento normativo previsto dal presente contratto per i lavoratori della qualifica per la quale egli compie il tirocinio. Le ore di insegnamento di cui alla lettera d) del precedente art. 50, sono comprese nell’orario di lavoro. Nel rapporto di apprendistato il lavoro a tempo parziale avrà durata non inferiore al 60 per cento della prestazione di cui all’art. 115 e seguenti, ferme restando le ore di formazione medie annue di cui all’art. 57 e le durate di cui all’art. 55. Superato il periodo di prova, durante il periodo di malattia l’apprendista avrà diritto: a) per i primi tre giorni di malattia, limitatamente a sei eventi morbosi in ragione d’anno, ad un’indennità pari al 60% della retribuzione lorda cui avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto; b) in caso di ricovero ospedaliero e per tutta la durata dello stesso, entro i limiti di cui all’art. 167, ad un’indennità a carico del datore di lavoro, pari al 60% della retribuzione lorda cui avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto. Il datore di lavoro ha l’obbligo: a) di impartire o di far impartire nella sua azienda, all’apprendista alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità per diventare lavoratore qualificato; b) di non sottoporre l’apprendista a lavorazioni retribuite a cottimo né in genere a quelle a incentivo; c) di non sottoporre l’apprendista comunque a lavori superiori alle sue forze fisiche o che non siano attinenti alla lavorazione o al mestiere per il quale è stato assunto; d) di accordare all’apprendista, senza operare trattenuta alcuna sulla retribuzione, i permessi occorrenti per l’acquisizione della formazione formale, interna o esterna alle singole aziende; e) di accordare all’apprendista i permessi retribuiti necessari per gli esami relativi al conseguimento di titoli di studio. Metalmeccanico - Industria Possono essere assunti con contratto di apprendistato giovani di età non inAccordo 20 gennaio 2008 feriore ai diciotto anni, salvo le deroghe consentite dalla legge, e non superioAccordo 19 gennaio 2006 re ai ventinove. Le qualifiche conseguibili sono quelle previste nelle categorie dalla 3a alla 7a, con riferimento, per quest’ultima, ai lavoratori che svolgono attività di alta specializzazione ed importanza ai fini dello sviluppo e della realizzazione degli obiettivi aziendali. La facoltà di assunzione mediante contratto di apprendistato non è esercitabile dalle aziende che risultino non avere assunto con contratto a tempo in(segue) 2618 DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 (continua) determinato almeno il 70% dei lavoratori il cui contratto sia già venuto a scadere nei 24 mesi precedenti. A tale fine non si computano gli apprendisti che non hanno concluso il periodo di apprendistato nonché i contratti non trasformati in rapporti di lavoro a tempo indeterminato in misura pari a quattro. La durata del contratto di apprendistato è determinata nelle seguenti misure massime in relazione alle qualifiche da conseguire: – 42 mesi per lavoratori con inquadramento finale in 3a categoria; – 52 mesi per lavoratori con inquadramento finale in 4a categoria; – 60 mesi per lavoratori con inquadramento finale in 5a categoria; – 38 mesi per lavoratori con inquadramento finale in 6a categoria; – 42 mesi per lavoratori con inquadramento finale in 7a categoria; per i lavoratori destinati all’inquadramento in 3a, 4a e 5a categoria, in possesso di diploma inerente alla professionalità da acquisire, la durata sarà ridotta di 6 mesi. Per i lavoratori destinati all’inquadramento in 5a categoria in possesso di laurea inerente, la durata sarà pari a 34 mesi. Saranno assunti lavoratori con inquadramento finale in 6a e 7a categoria solo se in possesso di laurea inerente. Le figure professionali per le quali è prevista la mobilità in 3a cosı̀ come stabilito dall’art. 4, lett. B), punto II e III (linee a catena), Disciplina generale, Sezione terza, al termine del periodo di apprendistato saranno inquadrate in 3a categoria; per le sole figure professionali addette a produzioni in serie svolte su linee a catena o di montaggio semplice quando le mansioni siano caratterizzate da attività brevi, semplici e ripetitive e comunque non ricomprendibili nella declaratoria della 3a categoria, la durata sarà pari a 24 mesi. Il livello di inquadramento di ingresso del lavoratore sarà inferiore di due livelli rispetto a quello di destinazione. La retribuzione sarà corrispondente a quella minima contrattuale prevista per il livello iniziale di inquadramento nel primo periodo. Nel secondo periodo, l’inquadramento sarà inferiore di un livello rispetto a quello di destinazione e la retribuzione sarà corrispondente a quella minima contrattuale prevista per tale livello. Nel terzo periodo, fermo restando l’inquadramento come disciplinato al precedente comma, la retribuzione sarà corrispondente a quella prevista per il livello di destinazione. La durata dei singoli periodi è stabilita dall’articolo 8 dell’Accordo 19 gennaio 2006. Le parti stipulanti convengono di affidare alla Commissione nazionale per la formazione professionale e l’apprendistato [...] i seguenti compiti: a) monitorare la normativa vigente in materia di formazione professionale sia a livello comunitario che nazionale; b) individuare le specifiche esigenze formative del settore metalmeccanico e della installazione di impianti, utilizzando in particolare i risultati dell’indagine sui fabbisogni di professionalità di cui all’Accordo Interconfederale del 20 gennaio 1993 e successive intese, nonché le indicazioni fornite dalle Commissioni territoriali di cui al successivo punto 4.2.; c) promuovere presso i Ministeri competenti le iniziative idonee a sostenere le esigenze del settore metalmeccanico e della installazioni di impianti; d) predisporre linee guida di indirizzo e di orientamento alle Commissioni territoriali di cui al successivo punto 4.2.; e) sviluppare, congiuntamente, come nel caso del progetto «Formazione per l’apprendistato», iniziative formative capaci di rispondere ai fabbisogni sopra rilevati con particolare riguardo a progetti finalizzati all’inserimento, all’aggiornamento e alla riqualificazione dei lavoratori in relazione a quanto imposto dall’innovazione tecnologica e organizzativa, nonché dalle esigenze richieste dalle politiche di qualità e dal mercato; f) operare, in collegamento sinergico con Fondimpresa per quanto di sua competenza e con gli Organismi paritetici regionali di cui all’Accordo interconfederale del 20 gennaio 1993 e alle successive intese, affinché le normative e le procedure elaborate in materia di formazione siano coerenti con le esigenze del settore prospettate al punto b) nonché allo scopo di individuare, sempre in collegamento con gli Organismi sopra citati, le opportunità e gli incentivi finanziari disponibili a livello europeo, nazionale e territoriale; g) individuare iniziative dirette a favorire adeguati interventi formativi a favore delle fasce deboli e dei lavoratori coinvolti in processi di mobilità; h) individuare modalità e strumenti diretti ad agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione al fine di un ottimale impiego professionale. Le parti condividono che la formazione erogata attraverso la piattaforma elearning www.apprendonline.it, promossa da Federmeccanica, Assistal e Percorsi Previsioni contrattuali (segue) DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 2619 (continua) Previsioni contrattuali Fim, Fiom e Uilm e finanziata dal Ministero del lavoro, è utile alla formazione sulle tematiche trasversali individuate nel presente articolo. Percorsi Studi professionali Accordo 3 maggio 2006 Accordo 29 luglio 2008 L’apprendistato professionalizzante è ammesso per tutte le qualifiche e mansioni comprese nel IIº, IIIº Super, IIIº, IVº Super e IVº livello della Classificazione del personale, di cui al Titolo XV articolo 83 del presente Ccnl. Ai sensi ed alle condizioni previste dalla legislazione vigente, possono essere assunti, con contratto di Apprendistato, i giovani lavoratori anche se in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale omogenei rispetto alle attività da svolgere. Il periodo di apprendistato si estingue alla scadenza del termine di 48 mesi per le qualifiche comprese nel livello IIº, IIIº Super e IIIº e alla scadenza di 36 mesi per le qualifiche comprese nel livello IVº Super e IVº. La durata massima del periodo di prova per gli apprendisti è fissata in 30 (trenta) giorni di lavoro effettivo, durante i quali è reciproco il diritto di risolvere il rapporto senza preavviso, con la corresponsione di tutti gli istituti contrattuali, compreso il trattamento di fine rapporto, con i criteri di maturazione previsti dal Ccnl. Il periodo di apprendistato effettuato presso altri studi e per la stessa tipologia, sarà computato presso il nuovo studio al fine del completamento del periodo prescritto dal presente contratto, purché l’addestramento si riferisca alle stesse specifiche mansioni e non sia intercorsa, tra un periodo e l’altro, una interruzione superiore ad un anno. L’apprendista ha diritto, durante il periodo di apprendistato salvo specifiche previsioni allo stesso trattamento normativo previsto dal Ccnl per i lavoratori della qualifica per la quale egli compie il tirocinio. Il trattamento economico sarà il seguente: – 2 livelli retributivi inferiori a quello in cui è inquadrata la mansione professionale per cui è svolto l’apprendistato per la prima metà del periodo di apprendistato; – 1 livello retributivo inferiore a quello in cui è inquadrata la mansione professionale per cui è svolto l’apprendistato per la seconda metà del periodo di apprendistato. In caso di malattia agli apprendisti verrà corrisposta una indennità pari al 100 per cento della retribuzione giornaliera per i primi 3 (tre) giorni, limitatamente a 5 eventi in ragione d’anno; pari al 33 per cento della retribuzione giornaliera per i giorni dal quarto al ventesimo; pari al 45 per cento della retribuzione giornaliera per i giorni dal ventunesimo al 180mo. La limitazione come sopra prevista per il periodo di carenza, vale esclusivamente solo per la fattispecie di eventi di durata uguale o inferiore ai 3 giorni In caso di infortunio sul lavoro agli apprendisti verrà corrisposta una indennità pari al 100 per cento della retribuzione giornaliera per il primo giorno; pari al 60 per cento della retribuzione giornaliera per i giorni dal secondo al quarto (periodo di carenza). A decorrere dal primo giorno successivo al periodo di carenza di cui sopra, verrà corrisposta dal datore di lavoro all’apprendista assente per inabilità temporanea assoluta derivante da infortunio sul lavoro un’integrazione dell’indennità corrisposta dall’Inail fino a raggiungere il 75 per cento della retribuzione media giornaliera calcolata con le modalità stabilite dallo stesso Inail. Alla fine dell’apprendistato il livello di inquadramento sarà quello corrispondente alla qualifica eventualmente conseguita. Per gli apprendisti assunti per l’acquisizione delle qualifiche e mansioni comprese nel 4º livello di inquadramento, l’inquadramento e il conseguente trattamento economico sono al 5º livello per la prima metà della durata del rapporto di apprendistato. Il lavoro a tempo parziale avrà durata non inferiore al 60 per cento del’orario di lavoro, ferme restando le ore di formazione, che sono comprese nell’orario normale di lavoro. Il riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna o interna allo Studio, verrà determinato in conformità alla regolamentazione dei profili formativi, rimessa alle Regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 49 comma 5 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276. In attesa della definizione delle modalità di attuazione dell’articolo 2, lettera i), del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 la registrazione delle com(segue) 2620 DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 (continua) petenze acquisite sarà opportunamente effettuata dal datore di lavoro o di un suo delegato. L’impegno formativo dell’apprendista è determinato, per l’apprendistato professionalizzante, in un monte ore di formazione interna o esterna allo Studio, di almeno 120 ore per anno. Per il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto/dovere di istruzione e formazione e per il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, le parti attueranno quanto sarà definito in materia dalle Regioni. A livello di Area Professionale e/o di Area Professionale Omogenea e/o al secondo livello di contrattazione, cosı̀ come previsto all’articolo 2 e all’articolo 8 del presente Ccnl, potranno essere stabiliti differenti impegni formativi e specifiche modalità di svolgimento della formazione interna ed esterna, in coerenza con le cadenze dei periodi lavorativi, tenendo conto delle esigenze determinate dalle fluttuazioni dell’attività delle strutture lavorative. Le attività formative svolte presso più datori di lavoro, cosı̀ come quelle svolte presso gli Istituti di formazioni accreditati, si cumulano ai fini dell’assolvimento degli obblighi formativi. È facoltà del datore di lavoro anticipare in tutto o in parte le ore di formazione previste per gli anni successivi. Per la formazione degli apprendisti i datori di lavoro faranno riferimento ai contenuti formativi elaborati a titolo sperimentale dalle parti stipulanti il presente accordo secondo il modello sperimentale sottoscritto presso l’Isfol in data 10 gennaio 2002 d’intesa con il Ministero del Lavoro. Le attività formative sono articolate in contenuti a carattere trasversale di base e contenuti a carattere professionalizzante. In particolare sia i contenuti a carattere trasversale di base sia quelli a carattere professionalizzante andranno predisposti per gruppi di profili omogenei della categoria in modo da consentire l’acquisizione delle conoscenze e competenze necessarie di base per adibire proficuamente l’apprendista nell’area di attività di riferimento. Le attività formative a carattere trasversale di base dovranno perseguire gli obbiettivi formativi, cosı̀ come articolati nelle seguenti cinque aree di contenuti: – accoglienza, valutazione del livello d’ingresso e definizione del patto formativo; – competenze relazionali; – organizzazione ed economia; – disciplina del rapporto di lavoro; – sicurezza sul lavoro. I contenuti e le competenze tecnico-professionali da conseguire mediante esperienza di lavoro dovranno essere definiti sulla base dei seguenti obbiettivi formativi: – conoscere i prodotti e i servizi di Settore nel contesto dell’Area Professionale; – conoscere e sapere applicare le basi tecniche/scientifiche della professionalità; – conoscere e sapere utilizzare tecniche e metodi di lavoro; – conoscere e sapere utilizzare strumenti e tecnologie di lavoro (attrezzature, macchinari, e strumenti di lavoro; – conoscere ed utilizzare misure di sicurezza individuale e tutela ambientale; – conoscere le innovazioni di prodotto, di processo e di contesto. Il recupero eventuale di conoscenze linguistiche/matematiche sarà effettuato all’interno dei moduli trasversali di base e tecnico-professionali. Le Parti si impegnano a meglio definire i profili della classificazione unica del personale e alcuni istituti contrattuali quali, apprendistato, contratto a termine e quanto alto previsto dal D.L. n. 112 del 25 giugno 2008 in materia di lavoro subordinato, non appena il decreto venga convertito in norma definitiva. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 Percorsi Previsioni contrattuali 2621 Disciplina delle condizioni di lavoro Apprendistato e nuove tutele Percorsi Pierguido Soprani - Avvocato 2622 Il rapporto di lavoro regolato dal contratto di apprendistato è disciplinato prioritariamente dal Capo I del Titolo VI del D.Lgs. n. 276/2003 di riforma del mercato del lavoro, dalla legge n. 25/1955, nonché transitoriamente dall’art. 16 della legge n. 196/1997 e, per ciò che attiene all’orario di lavoro, dal D.Lgs. n. 66/2003. Sul versante della tutela prevenzionistica, oltre che la normativa di base (D.Lgs. n. 81/2008 - Testo unico della Sicurezza sul lavoro), operano disposizioni speciali, quali la legge n. 977/ 1967 in tema di tutela del lavoro minorile. Mentre i contratti di apprendistato professionalizzante (per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali (1)), di apprendistato per l’acquisizione di un diploma (titolo di studio di livello secondario o universitario) e di apprendistato per percorsi di alta formazione, interessano secondo i casi - soggetti di età compresa tra i diciassette e i ventinove anni (fino al compimento del trentesimo anno d’età), l’apprendistato di base (per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione) riguarda anche gli adolescenti (minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni non compiuti), che non abbiano ancora completato il percorso formativo, i quali intendano terminare il corso di studi obbligatorio attraverso l’alternanza scuola-lavoro. Qualora il minore sia già in possesso di una qualifica professionale e non sia più soggetto all’obbligo scolastico, egli rimane escluso dal contratto di ap- prendistato di base, ma non da quello professionalizzante (a partire dal 17º anno di età), e da quello per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Egli può, in ogni caso, concludere un normale contratto di lavoro. L’apprendistato di base e quello professionalizzante richiedono entrambi la presenza necessaria di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. Secondo le indicazioni della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 40/2004, il nuovo contratto di apprendistato, disciplinato agli articoli 47 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003, «dà luogo a una tipica ipotesi di lavoro caratterizzato per il contenuto formativo della obbligazione negoziale. A fronte della prestazione lavorativa, il datore di lavoro si obbliga infatti a corrispondere all’apprendista non solo una controprestazione retributiva ma anche, direttamente o a mezzo di soggetti in possesso delle idonee conoscenze ed all’uopo individuati, gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale, di una qualificazione tecnico-professionale o di titoli di studio di livello secondario, universitari, o specializzazioni dell’alta formazione ... attraverso percorsi di formazione interna o esterna alla azienda». Il D.M. 28 febbraio 2000 ha disciplinato la figura del tutore aziendale. Circostanze rilevanti anche dal punto di vista prevenzionistico, sono che il tutor deve essere un lavoratore dipendente dall’impresa presso la quale opera l’apprendista, e designato dalla stessa. Nel caso di imprese con meno di DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 quindici dipendenti e nelle imprese artigiane, le funzioni di tutor possono essere svolte dal datore di lavoro, ovvero da uno dei soci o, nel caso di impresa familiare, da un familiare coadiuvante. Le esperienze professionali richieste per lo svolgimento delle funzioni di tutor sono il possesso di un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato; uno statuto mansionale coerente con le attività lavorative svolte dall’apprendista; ove sussistente in azienda, il requisito di almeno tre anni di esperienza lavorativa. Il citato D.M. 28 febbraio 2000 prevede, poi, che ciascun tutore può affiancare non più di cinque apprendisti. In attuazione della previsione dell’art. 16, comma 2 della legge n. 196/1997, il D.M. 8 aprile 1998 ha definito i contenuti formativi delle attività di formazione degli apprendisti che, nel primo anno, devono riguardare, oltre che la disciplina del rapporto di lavoro e l’organizzazione del lavoro, anche la conoscenza dei principali fattori di rischio, le misure di prevenzione per la tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, i modelli organizzativi e operativi della sicurezza sul lavoro ed elementi di tutela ambientale, secondo quanto riportato nella tabella a fondo pagina. Del resto, secondo quanto dispone la circolare del Ministero del lavoro n. 154 del 19 novembre 1996, i lavoratori ap- Nota: (1) Si veda la circolare del Ministero del lavoro n. 30 del 15 luglio 2005 e 42 Cost.), rispetto ai fattori di variabilità finanche individuale. La logica di individualizzazione della prevenzione e della protezione (concetto evidentemente diverso rispetto a quello della dotazione di dispositivi individuali di protezione) è di tale rilevanza che già l’art. 8 del D.Lgs. n. 277/1991, in tema di esposizione al rumore, aveva previsto la misura dell’allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona. Il D.Lgs. n. 626/1994 ha elevato poi tale specifico istituto a misura generale di tutela (art. 3, comma 1, lett. s), richiamandolo peraltro non solo quale norma di programma, ma anche come obbligo specifico del datore di lavoro sia in rapporto allo statuto mansionale del dipendente (art. 4, comma 5, lettera c: «nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza»), sia in relazione all’esposizione a specifici fattori di rischio professionale (art. 48, comma 4, lett. b, in tema di movimentazione manuale dei carichi; art. 54, comma 4, in tema di attrezzature munite di videoterminali; art. 69, comma 2, in tema di agenti cancerogeni mutageni; art. 72-decies, comma 5 in tema di agenti chimici; art. 86 comma 2 in tema di agenti biologici). Tale scelta Obiettivo formativo Contenuto formativo Contenuti misure collettive di prea carattere venzione; trasversale modelli operativi per la tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. conoscere gli aspetti normativi e organizzativi generali relativi alla sicurezza sul lavoro; conoscere i principali fattori di rischio; conoscere e saper individuare le misure collettive di prevenzione e protezione. sviluppo dei temi della sicurezza sul lavoro e dei mezzi di protezione individuali, propri della figura professionale in esame. conoscere ed utilizzare le misure di sicurezza individuale; la tutela ambientale. Contenuti a carattere professionalizzante di individualizzazione della prevenzione e della protezione è stata da ultimo confermata anche nel Testo Unico della Sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008, artt. 15, comma 1, lett. m; 18, comma 1, lett. c; 168, comma 2, lett. c; 175, comma 4; 242, comma 2; 229, comma 5; 279, comma 2). Anche in tema di informazione e di formazione professionale, riferendosi gli artt. 36 e 37 del D.Lgs. n. 81/2008 a ‘‘ciascun’’ lavoratore, confermano la scelta legislativa del perseguimento dell’obiettivo irrinunciabile dell’individualizzazione della prevenzione e della protezione sul luogo e durante il lavoro. Del resto il modello di impresa sicura, di derivazione comunitaria, vede nell’informazione e nella formazione professionale dei lavoratori i due pilastri su cui poggiano le misure organizzative e procedurali prevenzional-protettive: sicché è imprescindibile che il c.d. ‘‘sistema sicurezza’’ sia espressione di un modello organizzativo, programmatico e gestionale sostanzialmente (non solo virtualmente) condiviso, e dotato di efficacia e di effttività di tutela. Vediamo ora quali siano i principali aspetti che caratterizzano - in senso specializzante - la tutela delle condizioni di lavoro dell’apprendista. Per semplicità espositiva, si tratterà separatamente dei temi correlati al compimento o meno della maggiore età da parte dell’apprendista. Apprendisti maggiorenni L’apprendista maggiorenne è totalmente parificato, dal punto di vista sia strettamente prevenzionistico che dell’orario di lavoro, al lavoratore subordinato stricto sensu inteso. In forza dell’art. 2, comma 4 del D.Lgs. n. 66/2003, anche gli apprendisti maggiorenni possono ora svolgere lavoro notturno tout court (prima ciò era consentito solo nell’ambito DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 Percorsi prendisti devono essere computati ai fini della determinazione del numero di dipendenti rilevanti per l’applicazione degli istituti normativi del D.Lgs. n. 626/1994, i cui obblighi particolari sono condizionati da una determinata consistenza numerica dei dipendenti (ad es. criteri di designazione del Rls e del Rspp; redazione del piano di emergenza antincendio). Essi sono dunque inseriti a pieno titolo nel modello organizzativo aziendale di tutela prevenzionistica, del quale il Documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008 costituisce l’espressione sintetica più efficace. E non è un caso che il complesso delle misure di prevenzione dai rischi professionali, e di protezione dei lavoratori, debbano investire non solo l’ambito aziendale di lavoro globalmente considerato, ma finanche le esigenze di tutela di ciascun lavoratore considerato individualmente. Si tratta, come è noto, della logica della c.d. ‘‘individualizzazione della prevenzione e della protezione’’, in base alla quale le esigenze di tutela dell’integrità psicofisica del lavoratore hanno tale preminenza sul modello organizzativo del lavoro, che i fattori economico-produttivi che stanno alla base dell’attività di impresa devono poter cedere, in conformità alla gerarchia dei valori costituzionali di riferimento (art. 32 2623 delle aziende artigianali di panificazione e di pasticceria, e di quelle del comparto turistico e dei pubblici esercizi). Peraltro, secondo quanto dispone l’art. 14, comma 1 del D.Lgs. n. 66/2003 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2004), la valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire attraverso controlli preventivi e periodici volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro nottur- no, nel rispetto delle seguenti condizioni cumulative: a cura e a spese del datore di lavoro; per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche, o del medico competente; con cadenza almeno biennale. L’art. 5 del D.Lgs. n. 532/1999 dispone ulteriormente l’obbligo di effettuare accertamenti sanitari ad opera del medico competente, in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il proseguimento del lavoro notturno. Anche la durata massima settimanale dell’orario di lavoro, pari a 48 ore medie da calcolarsi nel periodo di riferimento (da 4 a 12 mesi), stabilita dall’art. 4, D.Lgs. n. 66/2003, vale nei confronti degli apprendisti maggiorenni. Su questi temi si è espressa, in conformità, la circolare Min. lav. n. 8 del 3 marzo 2005. Percorsi D.Lgs. n. 151/2001 - Allegato A Elenco dei lavori faticosi, pericolosi e insalubri 2624 Il divieto di cui all’articolo 7, primo comma, del testo unico si intende riferito al trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione connessa. I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso articolo, sono i seguenti: A) Quelli previsti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345 e dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 262; B) Quelli indicati nella tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per i quali vige l’obbligo delle visite mediche preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; C) Quelli che espongono alla silicosi e all’asbestosi, nonché alle altre malattie professionali di cui agli allegati 4 e 5 al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, numero 1124, e successive modificazioni: durante la gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto; D) I lavori che comportano l’esposizione alle radiazioni ionizzanti: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; E) I lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; F) I lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; G) I lavori che comportano una stazione in piedi per più di metà dell’orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; H) I lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; I) I lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; L) I lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; M) I lavori agricoli che implicano la manipolazione e l’uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; N) I lavori di monda e trapianto del riso: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; O) I lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro. D.Lgs. n. 151/2001 - Allegato B Elenco non esauriente di agenti e condizioni di lavoro A. Lavoratrici gestanti di cui all’articolo 6 del testo unico. 1. Agenti: a) agenti fisici: lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in camere sotto pressione, immersione subacquea; b) agenti biologici: toxoplasma; virus della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice è sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione; c) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti possono essere assorbiti dall’organismo umano. 2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario. B. Lavoratrici in periodo successivo al parto di cui all’articolo 6 del testo unico 1. Agenti: a) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono essere assorbiti dall’organismo umano. 2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 L’apprendistato, oltre che dalla legge n. 25/1955, è disciplinato, sul versante della tutela anche prevenzionistica, dalla legge n. 977/1967 che ha subito significative modifiche ad opera del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345 (G.U. n. 237 dell’8 ottobre 1999) per adeguarla ai principi e alle prescrizioni della direttiva 94/ 33/Ce del 22 giugno 1994. L’art. 12 del citato D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345 dispone che «per quanto non diversamente stabilito dal presente decreto si applicano le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (da intendersi ora riferito al D.Lgs. n. 81/2008 ai sensi dell’art. 304, comma 3 del medesimo), e successive modifiche». L’art. 2 della legge n. 977/1967 esclude dalla tutela gli adolescenti addetti a lavori occasionali o di breve durata concernenti servizi domestici prestati in ambito familiare, ovvero prestazioni di lavoro non nocivo, né pregiudizievole, né pericoloso, nelle imprese a conduzione familiare di cui all’art. 230-bis c.c.. La circolare del Ministero del lavoro 5 gennaio 2000, n. 1 ha sul punto chiarito che l’espressione ‘‘lavori occasionali o di breve durata’’ non ricomprende i rapporti di lavoro a termine e che la ratio della previsione risiede in prestazioni di lavoro che non consentono una previa programmazione e si concretano in attività fuori dalla logica della periodicità, svolte da soggetti non inseriti nell’organizzazione della famiglia o dell’impresa a conduzione familiare. In particolare, la dizione ‘‘lavori occasionali’’ si intende riferita a prestazioni casuali, sporadiche, saltuarie. La saltuarietà, tuttavia, di per sé non è elemento sufficiente ad escludere la presenza di un rapporto di lavoro; occorre, quindi, distinguere tra continuità di rapporto e continuità di prestazione, in quanto è possibile che alla continuità del rapporto si accompagni l’intermittenza delle prestazioni. I lavori di breve durata possono riferirsi a quelle prestazioni nelle quali l’elemento temporale non raggiunge quel minimo necessario perché l’attività svolta possa ricomprendersi in una delle fattispecie tipiche previste dalla legge (ad es. le ipotesi di contratto a termine). Alle apprendiste minorenni gestanti che abbiano informato il datore di lavoro del proprio stato di gravidanza, e a quelle puerpere o in periodo di allattamento, si applicano le disposizioni del D.Lgs. n. 151/2001 (c.d. T.U. della famiglia), ove è assicurato un trattamento più favorevole di quello della legge n. 977/1967 (ad es. in tema di lavori vietati, di lavoro notturno, di valutazione del rischio da parte del datore di lavoro, etc.). Va detto che il D.Lgs. n. 151/2001 prescrive misure per la tutela della loro sicurezza e salute durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio e prevede, altresı̀, il divieto di adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri indicati nell’Allegato A al D.Lgs. n. 151/2001, e ai lavori che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati nell’Allegato B al D.Lgs. n. 151/2001. In tali casi la lavoratrice è addetta ad altre mansioni, il che può avvenire in ogni situazione di lavoro o ambientale che risulti pregiudizievole per la salute della donna. Qualora la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo della Dpl competente per territorio, può disporre l’interdizione dal lavoro per il periodo di tutela legale. Apprendisti minorenni occupati a bordo delle navi Per gli apprendisti minorenni occupati a bordo delle navi (si consideri al riguardo che l’art. 2 del D.Lgs. n. 298/1999 ricomprende nella definizione di ‘‘lavoratore marittimo’’ anche gli apprendisti), è fatta salva la specifica disciplina in materia di sorveglianza sanitaria, lavoro notturno e riposo settimanale. Ciò in relazione alla peculiarità ed inderogabilità di molte norme sul lavoro marittimo, in vista della sua stretta connessione all’interesse pubblico, cosicché l’interesse generale alla sicurezza della navigazione è ritenuto prevalente e condizionante la stessa tutela predisposta per il lavoro subordinato (Min. lav., circolare 5 gennaio 2000, n. 1). Orario di lavoro Per ciò che riguarda l’orario di lavoro, la citata circolare del Ministero del lavoro n. 8/2005 correttamente fa rinvio alla disciplina speciale dettata dalla legge n. 977/1967, la quale, peraltro, definisce l’orario di lavoro allo stesso modo della normativa generale: «qualsiasi periodo in cui il minore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni». In linea generale, l’orario di lavoro degli apprendisti minorenni non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 settimanali (13 e 48 per i maggiorenni). Secondo la giurisprudenza, è l’imprescindibile finalità di tutela a giustificare la disciplina speciale (art. 18, legge n. 977/1967) su quella generale (2). Che l’orario di lavoro sia una variabile direttamente incidente sulle condizioni di vita e di lavoro, è una valutazione espressa sia nella sede internazionale (punti 7, 8 e 19 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dal Consiglio europeo il 9 dicembre 1989; 6º considerando della Direttiva 93/104/Ce) sia da parte del Ministero del lavoro Nota: Percorsi Apprendisti minorenni (2) Cfr. Cass. pen., sez. terza, 3 marzo 2003, con nota di Petruccioli. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 2625 Percorsi italiano (Circolare 6 novembre 2001, in tema di lavoro interinale). L’indicazione specifica che la materia dell’orario di lavoro rientra nell’ambito della sicurezza del lavoro, si ricava anche dal testo della Direttiva 2000/34/Ce (5º considerando), nella parte in cui raccomanda agli Stati membri di adottare tutti gli strumenti utili al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro «non perché lavorano in particolari settori o svolgono una particolare attività, ma per il fatto stesso che si tratta di lavoratori»; cosicché il legislatore comunitario ha valutato (sia pure con riguardo, sede materiae, ai soli apprendisti maggiorenni) che l’adozione di prescrizioni minime relative all’organizzazione dell’orario di lavoro avrebbe potuto migliorare le condizioni di lavoro, e meglio garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. Ulteriori norme in tema di orario di lavoro, poste a tutela delle condizioni di lavoro degli apprendisti minorenni sono quelle: che vietano il trasporto di pesi per più di 4 ore durante la giornata, compresi i ritorni a vuoto; che vietano l’impiego degli apprendisti minorenni a lavorazioni effettuate con il siste- ma dei turni a scacchi, salva l’autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente; che impongono riposi intermedi della durata almeno di un’ora (riducibile a mezz’ora dalla contrattazione collettiva o su autorizzazione della Dpl) al massimo ogni 4 ore e mezza di lavoro (riducibili a 3 in caso di lavori con carattere di pericolosità o gravosità, con rideterminazione della durata del riposo intermedio); che disciplinano il riposo settimanale e le ferie (artt. 22 e 23 della legge n. 977/1967). Lavori vietati Gli apprendisti minorenni non possono essere adibiti alle lavorazioni, ai processi e ai lavori indicati nell’Allegato I alla legge n. 977/1967, se non dietro autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro (esclusa per gli istituti di istruzione e di formazione professionale), previo parere dell’azienda unità sanitaria locale competente per territorio, in ordine al rispetto da parte del datore di lavoro richiedente della normativa in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro, e soltanto per indispensabili motivi didattici o di formazione professionale e per il tempo strettamente necessa- rio alla formazione stessa svolta in aula o in laboratorio adibiti ad attività formativa, oppure svolte in ambienti di lavoro di diretta pertinenza del datore di lavoro. In tali casi, è necessaria la sorveglianza di formatori competenti anche in materia di prevenzione e di protezione, e nel rispetto di tutte le condizioni di sicurezza e di salute previste dalla legislazione prevenzionistica vigente. Peraltro, l’autorizzazione riguarda l’attività di formazione e, pertanto, deve essere richiesta per specifiche qualifiche e non va ripetuta per ogni singola assunzione di minore (3). L’art. 6, ultimo comma della legge n. 977/1967 prevede l’adeguamento (periodico) con D.M. dell’allegato I in relazione «al progresso tecnico e all’evoluzione della normativa comunitaria». A tutt’oggi nulla è stato adeguato, il che rende l’elenco obsoleto e incompleto. Radiazioni ionizzanti Quanto alle attività lavorative in materia di radiazioni ionizzanti, mentre gli apprendisti Nota: (3) Sul tema si veda anche la citata circolare, Min. lav., n. 1/2000. Legge n. 977/1967 - Allegato I Mansioni, processi, lavori vietati I. Mansioni che espongono ai seguenti agenti 1. Agenti fisici: a) atmosfera a pressione superiore a quella naturale, ad esempio in contenitori sotto pressione, immersione sottomarina, fermo restando le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 321; b) rumori con esposizione media giornaliera superiore a 90 decibel LEP-d.comma 1, del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277. 2. Agenti biologici: a) agenti biologici dei gruppi 3 e 4, ai sensi del titolo VIII del decreto legislativo n. 626 del 1994 e di quelli geneticamente modificati del gruppo II di cui ai decreti legislativi 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92. 3. Agenti chimici: a) sostanze e preparati classificati tossici (T), molto tossici (T+), corrosivi (C), esplosivi (E) o estremamente infiammabili (F+) ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni e integrazioni e del decreto legislativo 16 luglio 1998, n. 285; b) sostanze e preparati classificati nocivi (Xn) ai sensi dei decreti legislativi di cui al punto 3 a) e comportanti uno o più rischi descritti dalle seguenti frasi: 1) pericolo di effetti irreversibili molto gravi (R39); (segue) 2626 DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 (continua) II. Processi e lavori 1) Il divieto è riferito solo alle specifiche fasi del processo produttivo e non all’attività nel suo complesso. Processi e lavori di cui all’allegato VIII del decreto legislativo n. 626 del 1994. 2) Lavori di fabbricazione e di manipolazione di dispositivi, ordigni ed oggetti diversi contenenti esplosivi, fermo restando le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302. 3) Lavori in serragli contenenti animali feroci o velenosi nonché condotta e governo di tori e stalloni. 4) Lavori di mattatoio. 5) Lavori comportanti la manipolazione di apparecchiature di produzione, di immagazzinamento o di impiego di gas compressi, liquidi o in soluzione. 6) Lavori su tini, bacini, serbatoi, damigiane o bombole contenenti agenti chimici di cui al punto I.3. 7) Lavori comportanti rischi di crolli e allestimento e smontaggio delle armature esterne alle costruzioni. 8) Lavori comportanti rischi elettrici da alta tensione come definita dall’art. 268 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. 9) Lavori il cui ritmo e’’ determinato dalla macchina e che sono pagati a cottimo. 10) Esercizio dei forni a temperatura superiore a 500 C come ad esempio quelli per la produzione di ghisa, ferroleghe, ferro o acciaio; operazioni di demolizione, ricostruzione e riparazione degli stessi; lavoro ai laminatoi. 11) Lavorazioni nelle fonderie. 12) Processi elettrolitici. 13) (numero soppresso). 14) Produzione dei metalli ferrosi e non ferrosi e loro leghe. 15) Produzione e lavorazione dello zolfo. 16) Lavorazioni di escavazione, comprese le operazioni di estirpazione del materiale, di collocamento e smontaggio delle armature, di conduzione e manovra dei mezzi meccanici, di taglio dei massi. 17) Lavorazioni in gallerie, cave, miniere, torbiere e industria estrattiva in genere. 18) Lavorazione meccanica dei minerali e delle rocce, limitatamente alle fasi di taglio, frantumazione, polverizzazione, vagliatura a secco dei prodotti polverulenti. 19) Lavorazione dei tabacchi. 20) Lavori di costruzione, trasformazione, riparazione, manutenzione e demolizione delle navi, esclusi i lavori di officina eseguiti nei reparti a terra. 21) Produzione di calce ventilata. 22) Lavorazioni che espongono a rischio silicotigeno. 23) Manovra degli apparecchi di sollevamento a trazione meccanica, ad eccezione di ascensori e montacarichi. 24) Lavori in pozzi, cisterne ed ambienti assimilabili. 25) Lavori nei magazzini frigoriferi. 26) Lavorazione, produzione e manipolazione comportanti esposizione a prodotti farmaceutici. 27) Condotta dei veicoli di trasporto, con esclusione di ciclomotori e motoveicoli fino a 125 cc., in base a quanto previsto dall’articolo 115 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e di macchine operatrici semoventi con propulsione meccanica, nonché lavori di pulizia e di servizio dei motori e degli organi di trasmissione che sono in moto. 28) Operazioni di metallizzazione a spruzzo. 29) Legaggio ed abbattimento degli alberi. 30) Pulizia di camini e focolai negli impianti di combustione. 31) Apertura, battitura, cardatura e pulitura delle fibre tessili, del crine vegetale ed animale, delle piume e dei peli. 32) Produzione e lavorazione di fibre minerali e artificiali. 33) Cernita e trituramento degli stracci e della carta usata senza l’uso di adeguati dispositivi di protezione individuale. 34) Lavori con impieghi di martelli pneumatici, mole ad albero flessibile e altri strumenti vibranti; uso di pistole fissachiodi di elevata potenza. 35) Produzione di polveri metalliche. 36) Saldatura e taglio dei metalli con arco elettrico o con fiamma ossidrica o ossiacetilenica. 37) Lavori nelle macellerie che comportano l’uso di utensili taglienti, seghe e macchine per tritare. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 Percorsi 2) possibilità di effetti irreversibili (R40); 3) può provocare sensibilizzazione mediante inalazione (R42); 4) può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle (R43); 5) può provocare alterazioni genetiche ereditarie (R46); 6) pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata (R48); 7) può ridurre la fertilità (R60); 8) può danneggiare i bambini non ancora nati (R61); c) sostanze e preparati classificati irritanti (Xi) e comportanti il rischio, descritto dalla seguente frase, che non sia evitabile mediante l’uso di dispositivi di protezione individuale: ‘‘può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle (R43); d) sostanze e preparati di cui al titolo VII del decreto legislativo n. 626 del 1994; e) piombo e composti; f) amianto. 2627 maggiorenni possono essere impiegati nelle attività proprie dei lavoratori esposti, i minori di anni diciotto possono più limitatamente ricevere dosi superiori ai limiti previsti per le persone del pubblico, secondo limiti di esposizione predefiniti (artt. 71 e 96 del D.Lgs. n. 230/1995), ma a tutt’oggi inattuati. Non solo l’orario di lavoro per gli apprendisti (sia maggiorenni, ma a fortiori minorenni) deve essere obbligatoriamente valutato ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008, quale specifico fattore di rischio professionale - tanto più tenendo conto della nuova definizione di ‘‘valutazione dei rischi’’ di cui all’art. 2, comma 1, lett. q) del decreto legislativo, allineata alla pronuncia della Corte di Giustizia 15 novembre 2001, in causa C-49/00, con cui si è esteso l’obbligo della valutazione a «tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori» (4) - ma il legislatore ha inteso dettare una norma specifica sul tema. L’art. 7 della legge n. 977/ 1967 ha introdotto uno specifico statuto integrativo dell’obbligo di valutazione dei rischi disponendo che il datore di lavoro, prima di adibire i minori al lavoro e ad ogni modifica rilevante delle condizioni di lavoro, è tenuto ad effettuare la valutazione dei rischi con par- D.Lgs. n. 151/2001 - Allegato C Elenco non esauriente di agenti processi e condizioni di lavoro di cui all’articolo 11 Percorsi A. Agenti 2628 1. Agenti fisici, allorché vengono considerati come agenti che comportano lesioni del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta, in particolare: a) colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti; b) movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi, soprattutto dorsolombari; c) rumore; d) radiazioni ionizzanti; e) radiazioni non ionizzanti; f) sollecitazioni termiche; g) movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all’interno sia all’esterno dello stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi all’attività svolta dalle lavoratrici di cui all’art. 1. 2. Agenti biologici Agenti biologici dei gruppi di rischio da 2 a 4 ai sensi dell’art. 75 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché non figurino ancora nell’allegato II. 3. Agenti chimici: Gli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto che mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché non figurino ancora nell’allegato II: a) sostanze etichettate R 40; R 45; R 46 e R 47 ai sensi della direttiva n. 67/548/CEE, purché non figurino ancora nell’allegato II; b) agenti chimici che figurano nell’allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni; c) mercurio e suoi derivati; d) medicamenti antimitotici; e) monossido di carbonio; f) agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento cutaneo. B. Processi Processi industriali che figurano nell’allegato VIII del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. C. Condizioni di lavoro Lavori sotterranei di carattere minerario. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 ticolare riguardo ai seguenti elementi: a) sviluppo non ancora completo, mancanza di esperienza e di consapevolezza nei riguardi dei rischi lavorativi, esistenti o possibili, in relazione all’età; b) attrezzature e sistemazione del luogo e del posto di lavoro; c) natura, grado e durata di esposizione agli agenti chimici, biologici e fisici; d) movimentazione manuale dei carichi; e) sistemazione, scelta, utilizzazione e manipolazione delle attrezzature di lavoro, specificatamente di agenti, macchine, apparecchi e strumenti; f) pianificazione dei processi di lavoro e dello svolgimento del lavoro e della loro interazione sull’organizzazione generale del lavoro; g) situazione della formazione e dell’informazione dei minori, nei riguardi dei quali le informazioni di cui all’articolo 21 del D.Lgs. n. 626/1994 (ora art. 36 del D.Lgs. n. 81/2008) devono essere obbligatoriamente fornite anche ai titolari della potestà genitoriale. Con riguardo poi alle apprendiste minorenni gestanti che abbiano informato il datore di lavoro del proprio stato di gravidanza, e a quelle puerpere o in periodo di allattamento, l’art. 11 del D.Lgs. n. 151/2001 obbliga il datore di lavoro a valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavorcatrici, in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro - di cui all’Allegato C del decreto legislativo stesso -, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commis- Nota: (4) Riportiamo la definizione di ‘‘valutazione dei rischi’’ contenuta nel D.Lgs. n. 81/2008: «valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza». co competente, pubblico e privato, scelto dal datore di lavoro (6). Lavoro notturno Quanto al lavoro notturno degli apprendisti, per i maggiorenni vale la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 66/2003 e dal D.Lgs. n. 532/1999, la quale sancisce il criterio prioritario della volontarietà nell’adibizione al lavoro notturno (per tale intendendosi l’attività svolta nel corso di un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino), tenuto conto delle esigenze organizzative aziendali. I lavoratori notturni devono essere informati, prima dell’adibizione al lavoro: sugli eventuali maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno; devono essere sottoposti, a cura e a spese del datore di lavoro per il tramite del medico competente, ad accertamenti preventivi e periodici (con cadenza almeno biennale) volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui sono adibiti, ad accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno, con obbligo di mutamento della mansione o di trasferimento al lavoro diurno in caso di inidoneità alla prestazione di lavoro notturno. Durante il lavoro notturno il datore di lavoro deve garantire un livello di servizi e di mezzi di prevenzione o di protezione adeguati alle caratteristiche del lavoro notturno e deve assicurare un livello equivalente a quello previsto per il turno diurno. Per gli apprendisti minorenni, l’art. 15 della legge n. 977/1967 vieta, in linea generale, di adibire i minori al lavoro notturno (intendendosi per ‘‘notte’’ un periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l’intervallo tra le ore 22 e le ore 6, o tra le ore 23 e le ore 7), fermo restando il rispetto del limite massimo delle 8 ore giornaliere (7). Tuttavia i minori ultrasedicenni, ecce- zionalmente e per il tempo strettamente necessario, possono essere adibiti al lavoro notturno quando si verifica un caso di forza maggiore che ostacola il funzionamento dell’azienda, purché tale lavoro sia temporaneo e non ammetta ritardi, non siano disponibili lavoratori adulti e siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo entro tre settimane. In tal caso il datore di lavoro deve dare immediata comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro indicando i nominativi dei lavoratori, le condizioni costituenti la forza maggiore, le ore di lavoro. Esposizione al rumore Quanto all’esposizione al rumore, gli artt. 6 e 8 della legge n. 977/1967 (come emendati dal D.Lgs. n. 262/2000) hanno innalzato da 80 a 90 Dba il limite oltre il quale il minore non può essere adibito alla mansione. In caso di esposizione media giornaliera al rumore superiore a 80 decibel Lep-d, il datore di lavoro deve fornire i Dpi e una adeguata formazione all’uso degli stessi (per i maggiorenni il limite è di 90 Dba). In tale caso i lavoratori adolescenti hanno l’obbligo di utilizzare i mezzi individuali di protezione. In tema di controllo sanitario, Note: (5) L’art. 23, comma 5 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (conv. con mod. dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) ha disposto l’abrogazione, con decorrenza 25 giugno 2008, dell’obbligo di sottoporre l’apprendista a visita sanitaria preassuntiva, da effettuarsi gratuitamente presso la Asl competente (art. 4 della legge n. 25/1955), e precedentemente l’art. 4, comma 2 del D.L. 3 giugno 2008, n. 97 (conv. con mod. dalla legge 2 agosto 2008, n. 129) aveva disposto il rinvio al 1º gennaio 2009 dell’art. 41, comma 3, lett. a) del D.Lgs. n. 81/ 2008 introduttivo del divieto di effettuazione di visite mediche in fase preassuntiva. Come esplicitamente riconosce la circolare, Min. lav., n. 27 del 10 novembre 2008, nei confronti dell’apprendista «è oggi applicabile la disciplina generale della sorveglianza sanitaria di cui al D.Lgs. n. 81/2008». (6) Cfr. Min. lav., circ. 5 gennaio 2000, n. 1; Min. lav., circ. 17 gennaio 2001, n. 11. Percorsi sione dell’Unione europea, individuando le misure di prevenzione e protezione da adottare. L’obbligo di informazione stabilito dall’articolo 36 del D.Lgs. n. 81/2008 deve comprendere quello di informare le lavoratrici ed i loro Rls sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione adottate. Fermi restando i divieti stabiliti dall’articolo 7, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 151/2001, qualora i risultati della valutazione del rischio rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinché l’esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro. Ove la modifica delle condizioni o dell’orario di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro è obbligato a spostare la lavoratrice ad altre mansioni, dandone contestuale informazione scritta al servizio ispettivo della Dpl competente per territorio, che può disporre l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo di tutela legale. Per quanto non previsto dal D.Lgs. n. 151/2001, restano ferme le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008, nonché da ogni altra disposizione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. In tema di sottoposizione degli apprendisti alle visite sanitarie preventive e periodiche, mentre per gli apprendisti maggiorenni valgono le regole ordinarie (art. 41 e ss. del D.Lgs. n. 626/1994), (5) per i minorenni dispone specificamente l’art. 8 della legge n. 977/1967, il quale prevede che gli accertamenti sanitari devono essere effettuati ad intervalli non superiori ad un anno, a cura e spese del datore di lavoro, presso l’Asl territorialmente competente. Peraltro, ove si tratti di attività lavorative soggette alla normativa ordinaria sulla sorveglianza sanitaria, prevale quest’ultima, cosicché le visite mediche preassuntive e periodiche sui minori sono in tal caso effettuate dal medi- (7) Cfr. Cass. pen., sez. terza, 10 maggio 2006, n. 15933, con nota di Mauro. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 2629 Percorsi 2630 le visite sui lavoratori adolescenti devono essere svolte con le seguenti periodicità: ogni due anni se il Lep-d è compreso tra gli 80 ed i 85 Dba; ogni anno se il Lep-d è compreso tra gli 85 ed i 90 Dba. Si segnala, peraltro, che le misure di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione al rumore sono ora disciplinate dal Capo II del Titolo VIII del D.Lgs. n. 81/2008 (artt. 187-198). Secondo quanto dispone l’art. 7, par. 2, lett. d) della direttiva 94/33/Ce (originariamente recepita con il D.Lgs. n. 345/1999), il lavoro dei giovani dovrebbe essere vietato nel caso di attività «che presentino rischi di incidenti che presumibilmente i giovani, a causa della loro mancanza di senso della sicurezza o della scarsa esperienza o formazione, non possono individuare o prevenire». Tale considerazione introduce la problematica dell’affidamento al lavoro svolto dall’apprendista, da parte del datore di lavoro. Se è indiscutibile il principio per cui la condotta del lavoratore (apprendista o meno) può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che i soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza abbiano realizzato gli adempimenti prescritti (8) e che al datore di lavoro non è consentito fare affidamento sull’esperienza professionale del lavoratori (9) tuttavia, qualora egli abbia predisposto nel migliore dei modi le operazioni da compiere per l’esecuzione del lavoro, ha motivo per contare sull’esatto adempimento dell’obbligazione di lavoro da parte dei lavoratori e per attendersi da costoro l’uso della normale diligenza nell’eseguire l’operazione; ed infatti, se il lavoratore ha il diritto di aspettarsi che il datore di lavoro lo metta nelle condizioni migliori per lavorare, il datore di lavoro ha, dal canto suo, il corrispondente diritto di attendersi, una volta compiuto quanto gli spetta, che il lavoratore faccia quel che deve, ha diritto di fare affidamento sul- l’esatto adempimento da parte del lavoratore del proprio dovere (10). Va poi da sé che, in materia di sicurezza del lavoro, l’accertamento dell’idoneità del lavoratore a svolgere un lavoro di elevata complessità e pericolosità non esclude, ma attenua, l’obbligo del datore di lavoro di rendere edotto il lavoratore dei rischi specifici (11). Peraltro, il dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro è particolarmente intenso nei confronti del lavoratore di giovane età e professionalmente inesperto, tanto più se egli sia addetto a lavorazione di particolare pericolosità, ad esempio addetto ad una macchina il cui utilizzo non è esclusivamente diretto alla produzione, ma costituisce l’occasione dell’apprendimento professionale dedotto come oggetto tipico del rapporto (12). Cosı̀, se per una determinata attività lavorativa, a causa della pericolosità che la caratterizza, è necessaria una particolare competenza tecnica, colui che per la propria utilità consente l’esecuzione della stessa da parte di persona incompetente perché priva della qualifica professionale o perché, comunque, inesperta, risponde degli eventi dannosi derivanti dall’altrui imperizia, se questa gli è nota. La responsabilità sussiste anche nel caso in cui l’incapacità dell’esecutore non sia conosciuta nel momento iniziale dell’attività ma si manifesti durante il suo svolgimento, sempre che il soggetto, accortosi dell’imperizia dell’esecutore, anziché interrompere l’attività, lo abbia lasciato continuare. Tale responsabilità non viene meno nell’ipotesi di prestazione di cortesia perché gli ordinari canoni di diligenza e di prudenza impongano di servirsi, per il compimento di attività pericolose, di persone qualificate o, comunque, dotate di sufficiente esperienza tecnica. Essa non dà luogo a responsabilità oggettiva ma a responsabilità per colpa, di cui rappresenta un particolare profilo in quanto colui che, di fronte all’altrui DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 imperizia, non adotta le opportune cautele per evitarne possibili effetti dannosi, risponde per la propria omissione e non per l’altrui imperizia. Con riguardo allo specifico profilo dell’inesperienza lavorativa (tipico del rapporto di apprendistato), la Suprema Corte ha poi ritenuto che l’imprudenza commessa da persona priva delle nozioni tecniche necessarie per il compimento di un’attività pericolosa, non può essere valutata alla stessa stregua di quella di soggetto tecnicamente competente. Poiché l’inesperto non è in grado di apprezzare compiutamente il pericolo e di fronteggiarne i possibili effetti, il parametro di valutazione della colpa, fermo restando il libero apprezzamento del giudice di merito, può essere solo quello dell’ordinaria diligenza e prudenza richiesto dalle regole di comune esperienza, e non certo quello richiesto all’esecutore esperto (13). Più in generale, è orientamento costante di legittimità che non paga l’affidamento riposto in chi manchi dei titoli professionali richiesti per esercitare un determinato incarico e, conseguentemente, si avvalga soltanto della propria esperienza necessariamente non scientificamente fondata perché non accompagnata da adeguata e riconosciuta, preparazione Note: (8) Cfr. Cass. pen., sez. quarta, 25 agosto 2000, con nota di Archetti; Cass. pen., sez. quarta, 2 giugno 2000, con nota di Bagnoli; Cass. pen., sez. quarta, 30 maggio 2000, con nota di Giuzio e altro; Cass. pen., sez. quarta, 18 gennaio 1999, con nota di Cassella; Cass. pen., sez. quarta, 18 marzo 1986, con nota di Accettura. (9) Cfr. Cass. pen. 4 febbraio 1981, con nota di Pongolini. Contra, Cass. pen., sez. quarta, 9 febbraio 1993, con nota di Giordano e altro. (10) Cfr. Cass. pen., sez. quarta, 9 febbraio 1993, con nota di Giordano e altro. (11) Cfr. Cass. pen., sez. quarta, 24 giugno 2000, con nota di Colombo. (12) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 12 gennaio 2002, Farris c. Inail; Cass. civ., sez. lav., 2 ottobre 1998, Lombardelli c. Assic Generali Spa. (13) Cfr. Cass. pen., sez. quarta, 20 dicembre 1996, con nota di Fabbrolini. petizione non dà sicura garanzia che l’attività sia eseguita come la eseguirebbe il modello di agente, cioè «colui che non ometterebbe, di certo, di munirsi di titolo professionale, se richiesto, e di fondare su di esso la propria quotidiana esperienza» (14). Si vedano le pronunce di Cassazione e Corte d’Appello di Milano in merito a: un’ipotesi di condanna del datore di lavoro che si era limitato ad insegnare ad un apprendista le modalità operative del mestiere, senza renderlo edotto dei rischi relativi alle lavorazioni affidategli (15); un caso di assoluzione del datore di lavoro per la morte di un apprendista caduto dal tetto di un edificio, in ipotesi di omessa predisposizione di impalcati e parapetti di protezione, e di omesso controllo dell’uso delle cinture di sicurezza, laddove era stato fatto divieto all’operaio più anziano che istruiva il giovane di farlo salire sulla copertura dello stabile (16). Note: (14) Cfr. Cass. pen., sez. quarta, 27 febbraio 2002, con nota di Burali e altro. (15) Cfr. Cass. pen., 6 marzo 1991, con nota di Paravidino. (16) Cfr. Corte d’Appello Milano, 20 gennaio 1981, con nota di Costantino. Percorsi professionale. Non si può, cioè, confidare che adotti le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell’attività di lavoro che di volta in volta viene in questione (questo il principio dell’affidamento) chi non sia in grado di adottare le regole precauzionali richieste perché non in possesso (come l’apprendista) dei titoli che ne garantiscono la conoscenza; né il datore di lavoro può confidare sull’esperienza che quegli, pur in mancanza di titoli, possa avere acquisito. Non si può fare affidamento, insomma, sulla sola, quotidiana, ripetizione dell’attività propria dell’incarico ricevuto giacché questa esperienza-ri- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 46/2008 2631 Circolare n. 27/2008 Apprendistato professionalizzante: chiarimenti ministeriali Con l’art. 23 della legge n. 133/2008 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 112 del 25 giugno 2008 sono state introdotte profonde novità alla materia dell’apprendistato professionalizzante, le quali, se da un lato sono state accolte positivamente da una serie di operatori, dall’altro hanno portato grosse critiche da parte di altri soggetti che operano sul mercato del lavoro: in particolare, alcune Regioni hanno impugnato la norma avanti alla Corte Costituzionale, sostenendo che lo Stato ha invaso il loro campo, attesa la ripartizione delle competenze operata dall’art. 117 della Costituzione. Il Dicastero del lavoro è stato spinto ad operare le modifiche di cui si parlerà successivamente, soprattutto per quel che concerne la formazione interna, proprio per dare una spinta all’apprendistato che, dopo cinque anni dalla introduzione delle nuove disposizioni, non è affatto decollato. Con la circolare applicativa n. 27 del 10 novembre 2008 (cfr. pag. 2795), sono state effettuate una serie di valutazioni amministrative finalizzate, da un lato, a fornire direttive al proprio personale di vigilanza e, dall’altro, a favorire un uso corretto della tipologia contrattuale da parte dei cittadini ‘‘utenti’’: tutto questo anche alla luce di risposte fornite ad interpelli nel periodo compreso tra il 2004 ed il 2008. Ma andiamo con ordine seguendo nella riflessione l’ordine degli argomenti trattati. Durata del contratto Nel 2006 il Ministero del lavoro, sulla base della nuova dizione legale prevista per l’apprendistato professionalizzante relativamente alla durata (da due a sei anni), affermò l’impossibilità di utilizzare tale tipologia per le assunzioni nell’ambito di attività di carattere stagionale: ci fu una sostanziale sollevazione da parte degli operatori turistici e dei consulenti delle zone ubicate in località turistiche ed alberghiere. Finiva, con tale interpretazione, un uso dell’istituto non propriamente in linea con i nuovi formativi postulati dal D.Lgs. n. 276/2003, utile, in linea di massima, per far godere delle agevolazioni contributive i datori di lavoro assumenti, anche per brevi rapporti. Effettivamente, guardando le cose con lo sguardo rivolto al passato, non si può che convenire sul fatto che l’attività stagionale fosse poco ‘‘formativa’’ e molto ‘‘lavorativa’’. Ora, con il nuovo art. 49, comma 3, introdotto dall’art. 23, comma 1, della legge n. 133/2008, è stato cancellato il limite minimo dei due anni. Spetta ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, territoriale, o aziendale stabilire - avendo quale parametro di riferimento il tipo di qualificazione da conseguire - la durata del contratto di apprendistato professionalizzante il quale, in ogni caso, non può essere superiore a sei anni. Da tale assunto discendono alcune considerazioni che possono cosı̀ sintetizzarsi: a) il potere di disciplinare l’apprendistato per cicli stagionali è rimesso alla contrattazione nazionale o territoriale secondo il criterio della rappresentanza comparativa a livello nazionale tra le varie associazioni; b) la durata della formazione esterna all’azienda non potrà essere inferiore alle 120 ore annue, mentre, quella esclusivamente interna, stando sia al tenore letterale della norma che alla interpretazione fornita, a chiare lettere, dalla circolare n. 27/2008, può essere anche inferiore alle 120 ore. Il comma 5-ter, infatti, afferma che «i contratti collettivi e gli accordi bilaterali definiscono (...) la durata e le modalità di erogazione della formazione». La risposta alla domanda perché all’interno la formazione può durare meno che all’esterno, risiede nel fatto che sono le parti sociali, in relazione alla qualificazione professionale, a stabilirlo. Appare chiaro che lo stesso non può essere rimesso alla mera discrezionalità del datore di lavoro, dovendo lo stesso trovare la propria inderogabile disciplina nella pattuizione collettiva; c) i contratti collettivi stipulati nel settore del turismo con le organizzazioni sindacali dei lavoratori da Federturismo il 27 luglio 2007 e da Assoturismo alcuni giorni dopo, il 31 luglio, pur disciplinando, per certi versi, l’apprendistato stagionale e pur sottoscritti prima dell’entrata in vigore della nuova legge, sono perfettamente coerenti con il nuovo DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 48/2008 Approfondimenti Eufranio Massi - Dirigente della direzione provinciale del lavoro di Modena 2749 Approfondimenti 2750 impianto normativo e, quindi idonei, secondo la circolare n. 27/2008, a consentire l’assunzione di apprendisti da utilizzare in cicli stagionali. La stessa cosa, ad avviso di chi scrive, si può sostenere per il Ccnl degli Istituti di credito; d) i giovani che possono essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante devono avere, all’atto della costituzione del rapporto un’età compresa tra i 18 ed i 29 anni: il Ministero del lavoro ha chiarito come, secondo un indirizzo amministrativo già seguito per i contratti di formazione e lavoro, che il termine massimo per poter iniziare un’esperienza lavorativa con tale tipologia contrattuale è fissata a 29 anni e 364 giorni. C’è, poi, l’ipotesi prevista dall’art. 8 della legge n. 25/1955 per la quale il lavoratore apprendista che non ha terminato con un datore di lavoro il ciclo formativo, lo può continuare, fino alla scadenza, con un altro datore di lavoro, purché ciò avvenga nei dodici mesi successivi: se con la prima tranche l’apprendista ha superato il limite massimo di età, non ci sono ostacoli normativi a che, nel rispetto del citato art. 8, possa continuare - fino ad esaurimento della fase formativa (e ferma restando la possibilità della trasformazione a tempo indeterminato) - con il nuovo datore. Va poi sottolineato che, non avendo trovato ancora piena attuazione l’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003 sull’apprendistato inteso quale espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione e non avendo trovato piena applicazione, ai fini della qualifica professionale, la legge n. 53/2003, non è possibile anticipare di un anno la stipula del contratto di apprendistato professionalizzante (17 invece che 18 anni), come stabilito dall’art. 49, comma 2; e) i giovani assunti con rapporto di apprendistato sono esclusi dal computo numerico previsto da leggi o contratti collettivi per l’applicazione di particolari istituti. Vale per tutti l’esempio della legge n. 68/1999, in base alla quale gli apprendisti non rientrano per tutta la durata del contratto e fino alla trasformazione a tempo indeterminato - nella base di calcolo per il conteggio delle ‘‘scoperture’’ mentre, al contempo, i disabili possono essere assunti, attraverso l’istituto della convenzione ex art. 11, sentito il comitato tecnico, con tale tipologia contrattuale in deroga ai limiti di età ed alla durata prevista dal Ccnl; f) la risoluzione anticipata senza giusta causa o giustificato motivo oggettivo del rapporto di apprendistato segue le regole generali della tutela del posto di lavoro, a seconda che l’azienda sia dimensionata o meno sopra le quindici unità, con applicazione della tutela reale o della tutela obbligatoria. Trasformazione anticipata del rapporto La circolare affronta un tema, quello della trasformazione anticipata a tempo indeterminato del rapporto, che ha suscitato, da sempre, un notevole dibattito e che, negli ultimi anni, soprattutto per le difficoltà tecniche ed operative connesse alla formazione dei giovani sulla base di leggi regionali sovente anche di difficile applicazione, è stato oggetto di ulteriori riflessioni. Come è noto, l’art. 21, comma 6, della legge n. 56/1987 consente ai datori di lavoro che hanno trasformato il rapporto ante tempus di usufruire dell’agevolazione contributiva (ora pari al 10% della retribuzione imponibile) per i 12 mesi successivi. È evidente come una disposizione di tal genere si presti alla ‘‘tentazione’’ di usufruire dei benefici contributivi, ‘bypassando’’ in qualche maniera i ‘‘paletti legali’’. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali lo ritiene possibile ma gli organi di vigilanza sono tenuti a verificare che il comportamento datoriale non sia stato dettato soltanto dalla voglia di DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 48/2008 ‘‘eludere’’ la disposizione e di ‘‘lucrare’’ sugli sgravi previsti nell’anno successivo alla trasformazione, cosa che non sarebbe successa se l’assunzione fosse stata sin dall’inizio a tempo indeterminato. In sostanza, l’ispettore dovrà verificare, nel corso di eventuali accertamenti, se il rapporto di apprendistato (per il quale devono risultare alcuni atti ‘‘prodromici’’ legati alla particolarità del rapporto) è nato, legittimamente, e se la trasformazione, prima del termine, è stata preceduta da percorsi formativi, almeno iniziati; non dimenticando che in tale tipologia contrattuale la formazione - interna od esterna che sia - assume una valenza decisiva, essendo un elemento portante del contratto. Il rischio di elusione è vieppiù maggiore ora che è divenuto possibile l’apprendistato anche per brevi rapporti stagionali, atteso che il D.L. n. 112/2008, successivamente convertito nella legge n. 133/2008, ha stabilito, a partire dal 25 giugno u.s., l’eliminazione del limite legale minimo alla durata del rapporto. Detto questo, comunque, non ci sono ostacoli, di principio, alla trasformazione del rapporto atteso che anche la Corte di Cassazione (Cass. 30 gennaio 1988, n. 845) contemplò tra le possibili cause di trasformazione anche «l’attribuzione della qualifica da parte del datore di lavoro, in qualunque tempo, in modo esplicito od implicito, con il conferimento effettivo delle mansioni». Formazione esclusivamente interna L’esperienza di questi anni trascorsi ci porta a sottolineare come, alla base del mancato decollo dell’istituto, ci sia stata la frammentazione delle competenze tra parti sociali, Stato e Regioni, con queste ultime che, nell’ambito delle rispettive competenze, hanno nella maggior parte dei casi ‘‘partorito’’ norme difformi e di difficile applicazione: tutto fessionalizzante esclusivamente all’interno dell’azienda. Ovviamente, sia gli accordi collettivi che le determinazioni della ‘‘bilateralità’’ debbono definire la nozione di formazione aziendale, i profili formativi, la durata e l’erogazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione sul libretto formativo. Nei chiarimenti espressi nella circolare, il Dicastero del lavoro ha ripreso i contenuti di una risposta fornita ad un interpello (n. 50/2008) della Confcommercio in data 7 ottobre 2008: questa organizzazione chiedeva di conoscere se la previsione del nuovo articolo 49, comma 5-ter, fosse di immediata applicabilità per le aziende del settore terziario, alla luce del Ccnl siglato il 17 luglio u.s. Nell’articolo 60 dell’accordo (dichiarazione a verbale n. 1), infatti, è prevista l’istituzione di una commissione paritetica con il compito di applicare quanto demandato alla contrattazione collettiva dalla disposizione appena citata: in attesa delle decisioni di detto organo paritetico, il contratto collettivo conferma, anche per la formazione esclusivamente aziendale, i profili formativi individuati dal protocollo Isfol del 10 gennaio 2002. Il Ministero del lavoro ritiene che il nuovo Ccnl del terziario sia perfettamente allineato con i nuovi principi regolatori introdotti, in via definitiva, dalla legge n. 133/2008 e che, quindi, la formazione esclusivamente effettuata all’interno dell’azienda si possa applicare da subito nel rispetto, per ciascun profilo formativo, della individuazione della durata e delle modalità di erogazione della formazione, del riconoscimento della qualifica e della registrazione sul libretto formativo. Sulla base delle considerazioni appena effettuate si rendono necessarie alcune delucidazioni. La prima è rappresentata dal fatto che la norma appare dotata di una caratteristica di estrema flessibilità, potendosi legittimamente stabilire percorsi formativi all’interno dell’azienda sulla base di accordi che, attesa la tipicità di alcune imprese, possono essere prettamente a rilevanza locale. La soluzione adottata appare coerente con l’indirizzo espresso dal legislatore del 2008: se sono le parti sociali a definire i contenuti di norme che hanno la loro rilevanza sotto l’aspetto contrattuale, è giusto che ciò avvenga anche al livello più basso, ma più vicino alla realtà d’impresa. Ciò potrebbe portare ulteriori oneri interpretativi agli organi di vigilanza chiamati a controllare i rapporti di apprendistato, anche alla luce del dettato dell’art. 53 del D.Lgs. n. 276/2003. Tale flessibilità appare, come si diceva, in linea coerente con un sistema che individua negli accordi delle parti sociali l’elemento fondante per la gestione dei rapporti di lavoro all’interno dell’azienda. Ciò non è assolutamente nuovo, sol che si pensi, ad esempio, alla possibilità derogatoria, rispetto ai termini di legge, che le parti sociali hanno, ad esempio in materia massima di durata dei contratti a termine, dei diritti di precedenza. Il secondo chiarimento riguarda l’assenza di finanziamenti pubblici: tale canale formativo intanto può avere una propria piena legittimità, in quanto l’Ente pubblico (Regione o provincia autonoma) non concorra con alcun finanziamento. Nulla toglie, tuttavia, che le singole Regioni, in modo del tutto autonomo, possano decidere di finanziare, comunque, la formazione ex comma 5-ter: la nota ministeriale non ritiene la previsione di legge preclusiva, ma la formazione resta ‘‘aziendale’’. La terza riflessione riguarda il concetto di formazione interna all’azienda: cosa si intende? La nota ministeriale pone l’accento sul fatto che non necessariamente la formazione deve essere svolta nei locali all’interno dell’impresa, ma può essere svolta anche all’esterno (e, quindi, con altri soggetti) ma sotto il completo controllo della stessa che ne assume, quindi, la piena responsabilità. Si pone il problema se questi DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 48/2008 Approfondimenti questo in un quadro regolatorio ove la Corte Costituzionale, intervenendo su moltissimi aspetti della legge n. 30/2003 e del D.Lgs. n. 276/2003, ha auspicato, in un sistema di ‘‘concorrenza di competenze’’, un principio di leale collaborazione. Gli attriti tra l’Amministrazione centrale e gli Enti locali, sin dal momento in cui le competenze in materia di lavoro sono state delegate a questi ultimi, sono stati nell’ultimo decennio una costante che, spesso, ha portato ad una voluta disattenzione rispetto a certi indirizzi amministrativi dettati per uniformità di comportamento come, ad esempio, in una serie di questioni che hanno riguardato l’avviamento al lavoro dei disabili. Ovviamente, quando con il D.Lgs. n. 276/2003, attuativo della delega contenuta nella legge n. 30/2003, si è intervenuti su determinati istituti ed ambiti normativi c’è stato il ricorso alla Corte Costituzionale (anche per l’apprendistato professionalizzante) e la Consulta, con la sentenza n. 50/ 2005, ha dato ragione al Governo nella gran parte degli articoli impugnati. Per ovviare alle lentezze delle procedure in essere (e, in attesa dell’esercizio della delega da parte del Governo per una rivisitazione completa dell’istituto, cosı̀ come previsto dalla legge n. 247/2007 e come confermato dal disegno di legge n. 1441-quater - in discussione in Parlamento - ove si ‘‘allungano’’ a 18 mesi i termini per l’esercizio della stessa), il legislatore ha ipotizzato un nuovo e più agile canale attraverso il quale è possibile disciplinare la formazione dell’apprendista (art. 49, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 276/2003). Tale canale è, in un certo senso, ‘‘parallelo’’ rispetto a quello regionale, destinato a ‘‘vivere’’ del tutto autonomamente. La contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale o gli Enti bilaterali possono regolamentare, in maniera integrale, i profili formativi dei giovani destinati a svolgere la formazione per l’apprendistato pro- 2751 Approfondimenti 2752 soggetti, cui incombe l’onere della formazione interna, debbano essere qualificati o meno: la risposta è positiva nel senso che, ferma restando la responsabilità del datore di lavoro per tutta la formazione, gli stessi debbono essere professionalmente in grado di impartire la dovuta formazione, ma ciò non significa che debbano essere, necessariamente, iscritti ad un albo o avere una sorta di riconoscimento pubblico. Il quarto chiarimento concerne la piena operatività della disposizione nelle ipotesi in cui il contratto collettivo vigente abbia già disciplinato la materia sulla scorta del preesistente quadro normativo: la risposta del Ministero del lavoro è positiva, sulla base delle considerazioni esposte nell’interpello della Confcommercio sopra citato. Ciò significa, ad esempio, che anche nel settore del credito la norma può già trovare applicazione. La quinta delucidazione riguarda i controlli degli organi di vigilanza alla luce delle novità introdotte. Come è noto l’art. 53 del D.Lgs. n. 276/2003 afferma che «in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui agli articoli 48, comma 2, 49, comma 1 e 50, comma 1 il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%. La maggiorazione cosı̀ stabilita esclude l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione». Sul punto, la circolare n. 40/2004 fece alcune riflessioni circa l’imputabilità della mancata formazione al comportamento del datore di lavoro, osservando che lo stesso doveva essere valutato dagli organi ispettivi sulla base del percorso di formazione previsto nel piano e della regola- mentazione regionale. Alla luce di quanto sopra, la circolare n. 27/2008, afferma che, in caso di carenza dell’offerta formativa pubblica (es. per mancanza di corsi specifici), il datore di lavoro può assolvere l’obbligo formativo anche all’interno dell’azienda utilizzando percorsi alternativi previsti dal Ccnl o, in alternativa, ricorrendo ai profili predisposti dall’Isfol, come precisato nella circolare n. 30/ 2005. Il personale ispettivo, anche sulla base della direttiva di indirizzo del Ministero del lavoro del 18 settembre 2008, deve valutare concretamente sulla base dei differenti percorsi (regionale, aziendale, ex lege n. 196/1997 per quelle situazioni in cui ancora si applica l’art. 16 di quest’ultima norma), se la formazione c’è stata, se ci si trova di fronte ad un comportamento datoriale colpevolmente omissivo e, ricorrendone le condizioni, agire con la sanzione individuata dall’art. 53. La sesta questione riguarda le comunicazioni obbligatorie on-line dei contratti di apprendistato professionalizzante la cui formazione è effettuata completamente all’interno e a spese dell’azienda. La Direzione generale per l’innovazione e la comunicazione del Ministero del lavoro, in data 17 settembre 2008, ha sottolineato come l’erogazione diretta della formazione sulla base dei percorsi definiti dagli Enti bilaterali o dalla contrattazione collettiva, porti il datore di lavoro a svincolarsi dalla definizione regionale dei profili formativi. Ciò ha, come diretta conseguenza, il fatto che non c’è più l’obbligo di comunicare l’assunzione dell’apprendista (che effettua, si ripete, la formazione ‘‘esclusivamente aziendale’’) al sistema informatico in uso in ogni singola Regione, ma tutte le comunicazioni potranno essere accentrate su un solo sistema informatico prescelto secondo le modalità già definite con la nota del 21 dicembre 2007. La settima riflessione riguarda il concetto di qualificazione professionale che è diverso da quello di qualifica professionale. La circolare n. 27/2008 ri- DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 48/2008 corda che l’apprendistato professionalizzante è finalizzato alla acquisizione di una qualificazione rilevante «ai fini contrattuali»: in tale logica, anche la durata del monte ore destinato alla formazione deve essere coerente con l’obiettivo finale. Ciò significa che sia la durata che le modalità della formazione devono essere strettamente correlate con le qualifiche e le declaratorie contrattuali previste nei Ccnl. Ciò è completamente diverso dal titolo di studio o dalla qualifica professionale spendibile nell’ambito del sistema nazionale di formazione ed istruzione ex lege n. 53/2003, in materia di dirittodovere all’istruzione e formazione, come disciplinato dall’art. 48 del D.Lgs. n. 276/ 2003, ancora non attuato, in mancanza di una serie di elementi fondamentali come l’accordo nella conferenza StatoRegioni. Quest’ultimo appare strettamente correlato al successivo art. 52 sul riconoscimento dei crediti formativi che, tuttora, è rimasto ‘‘sulla carta’’. La circolare sembra, pertanto, fornire una risposta anticipata ai rilievi che alcune Regioni hanno avanzato nei confronti dell’art. 23 della legge n. 133/2008, con il ricorso avanzato alla Corte Costituzionale sulla base della ‘‘non spendibilità’’ della qualifica acquisita in ambito aziendale sull’intero territorio, atteso che la materia delle qualifiche appartiene alle competenze regionali in materia di istruzione. Inquadramento e profili retributivi Per ben comprendere la portata innovativa del chiarimento ministeriale, occorre partire sia dall’art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003 che dall’art. 13, comma 1, della legge n. 25/1955, il quale non risulta in alcun modo colpito dalle recenti abrogazioni. Il primo consente al datore di lavoro la possibilità di inquadrare il giovane - durante il rapporto di apprendistato - fino a due livelli inferiori rispetto ai lavoratori addetti a fun- Cumulabilità dei rapporti La circolare affronta, poi, il problema del raccordo tra l’art. 8 della legge n. 25/1955, tuttora in vigore, e la disciplina sull’apprendistato contenuta nel D.Lgs. n. 276/2003, affermando che il percorso formativo iniziato dal giovane con un datore di lavoro può essere completato anche presso un altro datore di lavoro da cui sia stato, successivamente, assunto. Il precedente rapporto va considerato, alla luce anche di quanto affermato nella risposta ad un interpello n. 3/2008, non solo per computare la durata complessiva dell’apprendistato ma anche per rimodulare i contenuti formativi dello stesso, cosa che dovrebbe consentire di tenere in debito conto l’esperienza già acquisita nel precedente periodo. Con una risposta apparentemente simile (interpello n. 14/2007) il Dicastero del lavoro ha affermato, invece, a titolo puramente orientativo, la non ammissibilità di un contratto di apprendistato professionalizzante per un giovane che abbia già svolto per un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per una durata superiore alla metà di quella prevista nella contrattazione collettiva. Da ultimo, riallacciandosi ad una precedente risposta fornita ad un interpello, si sottolinea come sia perfettamente ammissibile l’ipotesi in cui un giovane possa essere assunto da una società consortile, costituita soltanto per l’esecuzione di un’opera, sapendo sin dall’inizio che l’azienda si sarebbe comunque sciolta, per raggiungimento dello scopo, prima del completamento formativo dell’apprendista assunto con il professionalizzante. Sul punto, non si ritiene che sussistano dubbi applicativi circa l’art. 8 della legge n. 25/1955: il giovane può completare la sua formazione, finendo il periodo di apprendistato presso una società del consorzio. I principi interpretativi espressi dal Dicastero del lavoro - sia nella circolare n. 27/2008 che nelle risposte agli interpelli rappresentano, ad avviso di chi scrive, utili punti di riferimento anche per le commissioni di certificazione che, sovente, si trovano ad operare sulla tipologia contrattuale dell’apprendistato. Abrogazioni La nota ministeriale ricorda come risultino abrogati a partire dal 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del D.L. n. 112/2008: a) l’art. 1 del D.M. 7 ottobre 1999 (che imponeva l’obbligo al datore di lavoro di comunicare ai servizi regionali o provinciali per l’impiego una serie di dati relativi sia all’apprendista che al tutore aziendale); b) l’art. 21 (che conteneva l’obbligo di comunicare ai familiari, almeno ogni sei mesi, l’andamento in azienda del giovane) e l’art. 24, commi 3 e 4 (che imponeva ai datori di lavoro di comunicare entro dieci giorni ai servizi per l’impiego le qualificazioni raggiunte dagli apprendisti) del D.P.R. n. 1668/1956; c) l’art. 4 della legge n. 25/1955 che imponeva l’obbligo della visita sanitaria per gli apprendisti. Ovviamente, per i lavoratori minorenni continuano ad applicarsi le tutele, anche sanitarie, previste dalla legge n. 977/1967 e dal D.Lgs. n. 345/1999. In via generale, si ricorda che trova applicazione la disciplina generale sulla sorveglianza sanitaria di cui al D.Lgs. n. 81/2008. L’abrogazione delle norme riportate ai punti a) e b) è perfettamente coerente con una figura dell’apprendistato che non è più quella del 1955, quando l’obbligo scolastico era assolto con la quinta elementare e la maggiore età si compiva a ventuno anni ed il giovane andava ad imparare un mestiere: di qui la necessità di un raccordo stretto con la famiglia e la funzione ‘‘sociale’’ svolta dagli uffici di collocamento i quali erano tenuti ad aiutare le famiglie bisognose, allorquando avviavano al lavoro con nulla-osta gli apprendisti. A quegli obblighi (peraltro desueti) erano correlate anche delle sanzioni amministrative, rivalutatesi nel tempo, ma che sono state ora cancellate dal nostro ordinamento. DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 48/2008 Approfondimenti zioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto. Il secondo prevede la determinazione della retribuzione dell’apprendista in misura percentuale che sale gradualmente ed è correlata all’anzianità di servizio: la percentuale è fissata sulla base della retribuzione del lavoratore ‘‘livellato’’ dal contratto collettivo. La circolare del Ministero del lavoro si è posta il seguente problema: è compatibile il sotto inquadramento con la percentualizzazione della retribuzione legata all’anzianità di servizio? Nel 2007, con la risposta fornita con l’interpello n. 28, fu percorsa la strada della non cumulabilità tra i due istituti, con la motivazione che le due ipotesi erano tra loro alternative. Tutto questo, però, contrastava con il fatto che in taluni casi la contrattazione collettiva, come ad esempio, il Ccnl delle imprese edili artigiane, continuava a seguire il criterio della percentualizzazione graduale e progressiva. La risposta, fornita con la nota ministeriale che si commenta, rappresenta un radicale mutamento di orientamento rispetto al precedente indirizzo in quanto si sostiene che è possibile combinare i due istituti perché l’art. 53, comma 1 non stabilisce alcun automatismo sulla retribuzione, essendo di per se stesso ininfluente ed essendo una norma che si riferisce all’inquadramento dell’apprendista. Da ciò ne discende la possibilità che l’apprendista possa ricevere, durante lo svolgimento del rapporto, una retribuzione in percentuale inferiore a quella del sottoinquadramento, inteso come soglia retributiva iniziale da raggiungere, sotto l’aspetto della progressione retributiva, come traguardo finale. 2753 Procedure del personale Manovra «estiva» Le novità in materia di apprendistato professionalizzante Roberto Lucarini - Dottore commercialista Quali sono le principali modifiche intervenute nella disciplina dell’apprendistato professionalizzante? Che problemi comporta l’abrogazione della durata minima? Quali sono le novità circa la formazione interna? Quali semplificazioni burocratiche sono state attuate? intervenute, distinguendole tra variazioni di tipo sostanziale (c. 1 e 2), nell’ambito della strutturazione dell’istituto giuridico, e variazioni di tipo semplificativo (c. 5). I restanti c. 3 e 4 si riferiscono, invece, all’istituto dell’apprendistato di alta formazione. Eliminazione della durata minima Il recentissimo D.L. n. 112/2008, «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008 (con decorrenza 22 agosto 2008), nell’operare importanti innovazioni e semplificazioni in differenti ambiti legali, non ha risparmiato la normativa lavoristica. L’art. 23 del D.L. n. 112/2008, in specifico, è dedicato alle novità in tema di apprendistato, sostanzialmente operando modifiche all’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003 (Legge Biagi), titolato «Apprendistato professionalizzante». L’intervento del legislatore si è concretizzato, da un lato, nella modifica di taluni aspetti di tale istituto giuridico, mentre, dall’altro, ha operato una serie di semplificazioni di tipo burocratico. L’apprendistato professionalizzante, figlio della riforma operata nel 2003 con la Legge Biagi, ha in questi anni vissuto numerose vicissitudini che ne hanno in parte frenato la piena applicazione. La lentezza con cui le regioni si sono nel tempo, e in maniera frastagliata, dotate di una propria normativa, richiesta dal già citato art. 49, D.Lgs. n. 276/2003, portò infatti il legislatore ad intervenire nuovamente, inserendo nella disposizione anzidetta - a mezzo dell’art. 13, D.L. n. 35/2005, convertito con legge n. 80/ 2005 - il c. 5-bis, con il quale si affidava una funzione sostitutiva ai contratti collettivi nazionali di lavoro in attesa delle anzidette regolamentazioni regionali. Temi della modifica Analizzando comma per comma l’art. 23 del D.L. n. 112/ 2008, si possono valutare singolarmente le modifiche Il c. 1, art. 23, D.L. n. 112/2008, recita: «All’articolo 49, comma 3, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 le parole da ‘‘inferiore a due anni e superiore a sei’’ sono sostituite con ‘‘superiore a sei anni’’». Con tale modifica, in sostanza togliendo al c. 3 dell’art. 49 il limite minimo di durata dell’apprendistato professionalizzante, previsto in due anni, il legislatore ha di fatto liberalizzato - in termini di durata minima - detto istituto, pur mantenendo il limite massimo di durata, previsto appunto in sei anni. Nulla quindi è mutato per quanto concerne l’attribuzione della podestà di regolamentazione della durata dell’apprendistato professionalizzante, ancora demandata ai contratti collettivi nazionali di lavoro, nei quali, tuttavia, andrà tenuto conto della nuova disposizione circa la mancanza di una durata minima del periodo formativo. In attesa di commenti da parte del Ministero del lavoro, si è fatto notare come l’eliminazione del termine minimo di durata possa in qualche modo riaprire la strada all’apprendistato professionalizzante nelle attività di tipo stagionale. Si ricorda, infatti, che su questo specifico tema il Ministero del lavoro, con nota n. 3769/2006 - in risposta ad un interpello - si esprimeva in questo modo: «Premesso che il D.Lgs. n. 276/2003 non detta alcuna disciplina espressa per l’apprendistato stagionale e atteso il requisito di durata del contratto di apprendistato professionalizzante (che, ai sensi dell’art. 49 comma 3, non può essere inferiore a due anni e superiore a sei) pare doversi necessariamente dedurre l’impossibilità di utilizzare il contratto de quo per le assunzioni nell’ambito delle attività a carattere stagionale». Giungendo poi a negare, in maniera piuttosto netta, la possibilità dell’apprendistato professionalizzante in attività di tipo stagionale perché, Guida alle Paghe 632 10/2008 Procedure del personale Manovra «estiva» «per il tipo delle lavorazioni che ne costituiscono oggetto, si esauriscono nel corso di una stagione. La naturale breve durata delle attività a carattere stagionale, pertanto, si presenta incompatibile con il contenuto formativo dell’apprendistato diretto a far conseguire al lavoratore una determinata professionalità e che giustifica la durata minima di due anni del rapporto di lavoro». Le parole cassate dalla novella legislativa aprono quindi una nuova prospettiva su questo tema, che sarà senz’altro oggetto dell’attenzione del Ministero. Resta tuttavia, sul piano strettamente concettuale, il dubbio legato alla permanenza dell’effettivo svolgimento del periodo formativo, una volta che il limite di durata minima di tale istituto sia stato eliminato. Ci si chiede, infatti, come possa conciliarsi tale novità con la ragione fondamentale della fattispecie contrattuale in commento, indicata quale contratto a contenuto formativo. so formativo da somministrare al lavoratore apprendista. Una via che dovrà però essere percorsa dalla parti sociali (le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) in sede di contrattazione collettiva (si badi bene non solo nazionale ma anche di secondo livello) o all’interno degli enti bilaterali con una particolare attenzione alle concrete capacità aziendali di erogazione della formazione stessa. Con ogni probabilità sarà infatti operata, in via preliminare, una analisi circa la strutturazione aziendale e la sua concreta capacità di erogare formazione al suo interno, anche avuto riguardo alle offerte formative provenienti da soggetti esterni. Posto che la formazione è fondamento principale del contratto di apprendistato, l’analisi della sua effettiva erogazione e delle capacità del soggetto erogante saranno alla base dei futuri accordi, non meno della specificazione dei profili formativi e delle attività da porre in essere. Formazione interna Il c. 2 dell’art. 23, D.L. n. 112/2008 - in tema di formazione interna - aggiunge il c. 5-ter all’art. 49, D.Lgs. n. 276/ 2003: «In caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». Il legislatore, introducendo tale nuova regolamentazione, è andato in specifico ad occuparsi della formazione dell’apprendista che sia svolta «esclusivamente» in seno all’azienda. In tale situazione infatti, per richiamo normativo, non si applica il precedente c. 5 dell’art. 49 citato, il quale sostanzialmente, indicando taluni limiti, rimette la regolamentazione dei profili formativi alle regioni e alle province autonome. Nel caso di formazione da effettuarsi esclusivamente nell’ambito aziendale, la regolamentazione dei profili formativi è quindi rimessa «integralmente» ai contratti collettivi di lavoro, ovvero agli enti bilaterali. In dette sedi saranno specificati i diversi profili formativi di settore, e saranno indicate la durata e le modalità di erogazione della formazione dell’apprendista. Una nuova strada si apre, quindi, nell’ambito del proces- Semplificazioni burocratiche Il c. 5 dell’art. 23, infine, opera una serie di abrogazioni che vanno a colpire vincoli burocratici che apparivano, oramai, non più adeguati (uno sguardo alla datazione delle normative rende già l’idea). Si pensi, infatti, alle comunicazioni che attualmente sono poste in essere al momento della stipula (rectius: antecedentemente alla stipula) del contratto di lavoro. Le diverse informazioni richieste e, non da meno, il mezzo telematico, consentono la creazione di un data base aggiornato, sufficientemente esauriente e condivisibile tra diverse amministrazioni. Da qui l’opportunità di eliminare parte di quei lacci che imbrigliano l’attuale gestione delle aziende italiane. In sequenza vengono abrogati: . l’art. 1 del D.M. 7 ottobre 1999. Le aziende, in base a tale disposizione, dovevano comunicare ai servizi regionali o provinciali - entro 30 giorni dall’assunzione - i dati dell’apprendista e del tutore aziendale; . l’art. 21 e l’art. 24, c. 3 e 4 del regolamento di cui al D.P.R. n. 1668/1956. Viene abrogata l’informativa che l’azienda doveva effettuare, con cadenza semestrale, alla famiglia dell’apprendista circa l’andamento della formazione e del lavoro di quest’ultimo (art. 21). Gli abrogati c. 3 e 4 dell’art. 24, prevedevano: la comunicazione entro 10 giorni, da parte dei datori di lavoro agli Uffici di collocamento, dei nominativi degli apprendisti che erano stati qualificati, al termine del periodo formativo previsto (c. 3); la comunicazione, sempre nei 10 giorni, da parte dei datori di lavoro agli Uffici di collocamento, dei nominativi degli apprendisti che Guida alle Paghe 10/2008 633 Procedure del personale Manovra «estiva» avessero compiuto 18 anni e avessero effettuato un biennio di formazione, senza ancora attribuzione di qualifica (c. 4); . l’art. 4 della legge n. 25/1955. Con tale abrogazione viene eliminata la visita preassuntiva per gli apprendisti maggiorenni. Si segnala che, naturalmente, resta pienamente operativo l’obbligo di tale visita in caso di assunzione di minorenni (ex art. 8, legge n. 977/1967). Conclusioni La cosiddetta manovra d’Estate ha quindi modificato parzialmente la disciplina dell’apprendistato professionalizzante, nel tentativo specifico di rendere più agevole l’applicazione di un istituto che, in questi anni di vigenza, ha dovuto sopportare vincoli troppo stringenti. L’approssimazione ingeneratasi a livello di normative regionali, soprattutto la notevole confusione creatasi sul delicato tema dei profili formativi e sullo svolgimento dell’effettiva formazione, hanno messo in notevoli difficoltà gli operatori del settore. Una regolamentazione nazionale dei pro- fili formativi avrebbe senz’altro comportato una più semplice gestione dell’istituto in oggetto. L’apertura - in tema di formazione - operata verso la realtà della contrattazione collettiva potrebbe parzialmente attenuare i suddetti aspetti critici. La norma tuttavia, rimettendo «integralmente» la costituzione dei profili formativi alla sede contrattualistica (nel caso di formazione esclusivamente interna), non si limita a quella nazionale, ma si spinge verso quella territoriale o aziendale (cd. secondo livello). Il fatto che la contrattazione nazionale punti ad uniformare settorialmente i diversi profili formativi, e ad indicare puntualmente la formazione da erogare, può essere visto come un punto a favore di una maggiore chiarezza operativa. Il lascito, concesso dal legislatore, alla contrattazione di secondo livello, se da un lato appare come un concreto passo verso una migliore gestione dei rapporti a livello locale, dall’altro pone il fianco ad una nuova possibile burocratizzazione dell’approccio formativo, all’interno di un tipo contrattuale che, viceversa, dovrebbe essere lasciato operativamente snello al fine di incrementare il lavoro giovanile. Guida alle Paghe 634 10/2008 Riforma Welfare e Manovra estiva Quadro normativo e operativo I contratti flessibili Elisa Pau - Responsabile Area Lavoro e Contrattualistica Cna Interpreta Srl Andrea Bergamini - Consulente Area Lavoro e Contrattualistica Cna Interpreta Srl (*) La legge di Riforma del Welfare (legge n. 247/2007) e, successivamente, la cosiddetta Manovra d’estate (D.L. n. 112/2008, conv. in legge n. 133/2008), hanno apportato significative modifiche ai contratti che, più di altri, rappresentano uno strumento di inserimento agevolato e, in molti casi, flessibile della forza lavoro in azienda. In particolare, le modifiche hanno interessato: il contratto di apprendistato professionalizzante e il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, resi più operativi dall’introduzione di norme che vanno a superare la necessità di una disciplina regionale; il contratto a tempo determinato, con l’introduzione, in particolare, di un limite massimo di durata che può essere superato dalla contrattazione collettiva; i contratti a tempo parziale, prevedendo la possibilità di far ricorso alle clausole elastiche e flessibili solo se esiste una previsione in tal senso nel contratto collettivo; il contratto di lavoro intermittente, con l’iniziale abrogazione ed il successivo ripristino dello stesso; il contratto di lavoro accessorio, caratterizzato da una rivisitazione finalizzata a renderlo maggiormente utilizzabile; il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (cd. staff leasing), con l’abolizione del medesimo. Contratto di apprendistato Tipologie Causa mista Età di assunzione Il decreto legislativo n. 276/2003, come noto, disciplina tre tipologie di apprendistato: apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione; apprendistato professionalizzante; apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Le tipologie citate rappresentano contratti di lavoro subordinato a causa mista, mediante i quali il lavoratore si impegna a prestare la propria attività lavorativa in cambio di una congrua retribuzione e di un’adeguata formazione. Tipologia Età di assunzione Apprendistato per diritto dovere 16 - 18 anni Apprendistato professionalizzante 18 anni - 29 anni e 364 gg. Possibile assumere soggetto di 17 anni in possesso di diploma ai sensi della legge n. 53/03 Apprendistato per alta formazione 18 anni - 29 anni e 364 gg. Possibile assumere soggetto di 17 anni in possesso di diploma ai sensi della legge n. 53/03 Manovra d’estate Il D.L. n. 112/2008 ha apportato significative modifiche alle ultime due tipologie di apprendistato, lasciando invariata la prima (diritto-dovere), peraltro ancora non operativa. (*) l contratti di apprendistato, di lavoro intermittente e di somministrazione a tempo indeterminato, sono a cura di E. Pau. I contratti a tempo determinato, a tempo parziale e di lavoro accessorio, sono a cura di A. Bergamini. Guida alle Paghe - Allegato 12/2008 5 Riforma Welfare e Manovra estiva Quadro normativo e operativo Obbligo scolastico Percorsi formativi regionali Il medesimo decreto ha altresı̀ introdotto una modifica che, con esclusivo riferimento al rispetto della condizione relativa all’assolvimento dell’obbligo scolastico, rende potenzialmente più agevole assumere un minore con contratto di apprendistato. Come noto, infatti, a decorrere dal 1º settembre 2007 (art. 1, c. 622, legge n. 296/2006), le condizioni da rispettare per poter assumere un minore sono le seguenti: il minore deve aver compiuto 16 anni; il minore deve aver adempiuto all’obbligo scolastico di 10 anni. Il D.L n. 112/2008 (art. 64, c. 4-bis) dispone, tuttavia, che l’obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale e, transitoriamente, anche nei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale. Si ritiene che, quanto sopra, abbia la finalità di ampliare l’offerta formativa per i minori che devono adempiere all’obbligo di istruzione pari a 10 anni e di renderla immediatamente operativa. Sarà pertanto opportuno verificare, presso la Regione di appartenenza, quali percorsi formativi la stessa offra. Apprendistato professionalizzante Finalità Durata La finalità del contratto di apprendistato professionalizzante consiste nel conseguimento di una qualificazione professionale attraverso la formazione sul lavoro. Per qualificazione si intende l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali. L’obiettivo dell’apprendistato professionalizzante è infatti l’accrescimento delle capacità tecniche dell’individuo al fine di farlo diventare lavoratore qualificato. La durata del contratto di apprendistato professionalizzante non può eccedere i 6 anni (art. 49, c. 3, come modificato dall’art. 23, D.L. n. 112/2008). Durata apprendistato professionalizzante Apprendistato stagionale Operatività Decreto competitività Profili formativi Prima del D.L. n. 112/2008 Dopo il D.L. n. 112/2008 Minimo 2 anni, massimo 6 Non superiore a 6 anni Si evidenzia che l’eliminazione della durata minima contribuisce a risolvere il problema dei contratti di apprendistato di breve durata. In relazione a questi ultimi, il Ministero del lavoro aveva chiarito (Min. lav. lettera 20 luglio 2005) che per essi si intende l’apprendistato svolto nelle attività stagionali. Tale tipo di rapporto può adesso esplicarsi anche per il tramite di contratti di apprendistato, dal momento che il nuovo apprendistato professionalizzante non ha più una durata minima pari a due anni. Al fine dell’operatività dei contratti di apprendistato di breve durata, tuttavia, occorre fare riferimento alla disciplina collettiva. In generale, le condizioni ‘‘strutturali’’ per considerare operativo l’apprendistato professionalizzante poste dalla normativa vigente (art. 49, c. da 1 a 5, D.Lgs. n. 276/2003) sono sostanzialmente due: 1) la Regione o la Provincia autonoma, ove ha sede l’impresa, deve avere definito il contenuto formativo dei diversi profili degli apprendisti; 2) il contratto collettivo applicato deve prevedere l’avvenuta regolamentazione di quanto demandato alle parti sociali dalla legge stessa: durate, retribuzioni, modalità di erogazione ed articolazione della formazione. Fino all’approvazione della Legge regionale, tuttavia, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 49, c. 5-bis, aggiunto dall’art. 13, c. 13-bis, legge n. 80/2005). Alla luce di tale provvedimento, nelle Regioni in cui l’apprendistato professionalizzante non è ancora stato disciplinato, è ugualmente possibile fare ricorso a tale contratto purché i contratti collettivi nazionali di lavoro abbiano regolamentato tutti gli aspetti di loro competenza. Per quanto concerne i profili formativi, nel predetto periodo transitorio i contratti collettivi Guida alle Paghe - Allegato 6 12/2008 Riforma Welfare e Manovra estiva Quadro normativo e operativo Formazione esclusivamente aziendale Contratti collettivi Entrata in vigore Profili formativi possono provvedere alla regolamentazione degli stessi anche mediante un rinvio agli enti bilaterali ovvero a prassi già esistenti e codificate dall’Isfol. Quanto sopra non si applica, invece, in caso di formazione esclusivamente aziendale (art. 49, c. 5-ter, D.Lgs. n. 276/2003). Infatti, la Manovra d’estate (art. 23, D.L. n. 112/2008), ha introdotto la possibilità, in questa ipotesi, di regolamentare l’intera attività formativa senza far riferimento alle leggi regionali. In particolare: i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) oppure agli enti bilaterali; la nozione di formazione aziendale deve essere definita dai contratti collettivi (o dagli enti bilaterali) che, con riferimento a ciascun profilo formativo, dovranno precisare: – la durata e le modalità di erogazione della formazione; – le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali; – la registrazione sul libretto formativo. Il Ministero del lavoro ha chiarito (Min. lav. risp. interp. n. 50/2008) che la formazione esclusivamente aziendale come descritta sopra, è da considerarsi immediatamente operativa anche con riferimento a quei contratti collettivi che hanno introdotto una nozione di formazione aziendale sulla scorta del preesistente quadro normativo. Il Ministero del lavoro conferma, inoltre, che l’individuazione dei profili formativi possa avvenire anche mediante il rinvio, da parte del contratto collettivo, al Protocollo Isfol del 10 gennaio 2002. In questo senso, si è considerato in linea con i dettati di cui al c. 5-ter dell’art. 49 in esame, l’accordo di rinnovo del Ccnl Terziario Confcommercio del 17 luglio 2008. Ccnl Terziario Confcommercio, accordo di rinnovo del 17 luglio 2008 (art. 60, dichiarazione a verbale n. 1) Le parti istituiscono una Commissione Paritetica con il compito di applicare quanto demandato alla contrattazione collettiva dall’art. 23, c. 2 del D.L. n. 112/2008 e dalla successiva legge di conversione entro il mese di novembre 2008. In attesa di tale risultato, le parti confermano, anche per la formazione esclusivamente aziendale, il riferimento ai profili formativi previsti dal Protocollo Isfol 10 gennaio 2002, recepito nel presente Ccnl o da analoghi protocolli sottoscritti o recepiti a livello settoriale, territoriale o aziendale. (...) Verifica dei contratti Si rende, dunque, necessario analizzare le disposizioni contenute nei contratti collettivi vigenti al fine di verificare che abbiano disciplinato tutti gli aspetti formativi di loro competenza. Solo in questa ipotesi potrà considerarsi immediatamente attuabile la formazione esclusivamente aziendale. Apprendistato per alta formazione Finalità Dottorati di ricerca Disciplina La terza tipologia di apprendistato è finalizzata a permettere l’acquisizione di un titolo di studio di livello secondario, per il conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, nonché a favorire la specializzazione superiore. A tal fine, la formazione pratica erogata all’interno dell’azienda deve essere integrata con la formazione secondaria, universitaria, di alta formazione o con una specializzazione tecnica superiore. In particolare, la possibilità di conseguire, oltre alla laurea o al diploma di specializzazione, anche un dottorato di ricerca, è stata introdotta dalla Manovra d’estate; la stessa è pertanto operativa dal 25 giugno 2008. La regolamentazione e la definizione della durata dell’apprendistato per diploma o per alta formazione è rimessa alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, nonché con le Università o le altre istituzioni formative. Tali intese possono essere realizzate attraverso: Guida alle Paghe - Allegato 12/2008 7 Riforma Welfare e Manovra estiva Quadro normativo e operativo Assenza di regole regionali Durata un accordo quadro; accordi ad hoc per il conseguimento di un titolo specifico. Nel caso in cui le Regioni non regolamentino la fattispecie in esame, dal 25 giugno 2008 è possibile comunque utilizzare tale tipologia di contratto a condizione che lo stesso venga disciplinato da apposite convenzioni stipulate dai datori di lavoro con le Università e le altre istituzioni formative (art. 50, c. 3, D.Lgs. n. 276/2003, come modificato dall’art. 23, D.L. n. 112/2008). La durata del contratto di apprendistato per diploma o alta formazione è definita nelle intese fra Regioni, parti sociali e istituzioni formative ovvero, in assenza di regolamentazione regionale, nelle convenzioni stipulate fra Università, o istituzioni formative e datori di lavoro. Durata apprendistato alta formazione Prima del D.L. n. 112/2008 Dopo il D.L. n. 112/2008 La durata è definita nelle intese fra Regioni, parti La durata è definita: sociali e istituzioni formative. – nelle intese fra Regioni, parti sociali e istituzioni formative; – ovvero, nelle convenzioni fra datori di lavoro e Università/Istituzioni formative. Non esiste durata minima o massima. Non esiste durata minima o massima. Può anche eccedere i 6 anni. Può anche eccedere i 6 anni. Sommatoria periodi di apprendistato Viste le differenti finalità perseguite dalle due tipologie di apprendistato in esame, è possibile assumere con contratto di apprendistato per diploma o alta formazione anche lavoratori che abbiano già portato a compimento in precedenza contratti di apprendistato professionalizzante. __________________________ ISFOL - Protocollo 10 gennaio 2002 (Estratto) Guida alle Paghe - Allegato 8 12/2008 Riforma Welfare e Manovra estiva Quadro normativo e operativo Profilo tipo Qualifiche Addetto food (e funzioni ausiliarie) Addetto ai negozi o filiali di esposizioni Addetto al centralino telefonico Aiuto commesso nelle aziende di vendita di prodotti dell’alimentazione generale Aiuto Banconiere spacci di carne Addetto al controllo delle vendite Preparatore di commissioni Cassiere Comune Commesso alla vendita al pubblico Commesso di rosticceria, friggitoria e gastronomia Banconiere di spacci di carne Specialista di macelleria, gastronomia, salumeria, pescheria, formaggi, pasticceria, anche con funzioni di vendita Addetto alle operazioni ausiliarie alla vendita nelle aziende a integrale libero servizio Magazziniere anche con funzioni di vendita Commesso specializzato provetto anche nel settore alimentare Macellaio specializzato provetto Altre qualifiche afferenti al profilo non espressamente comprese nella predetta elencazione Area di attività Front office e funzioni ausiliarie (aziende food) Settore Terziario distribuzione servizi Competenze di settore Conoscere le caratteristiche del settore Conoscere l’impresa di riferimento nei suoi aspetti organizzativi e gestionali ed il contesto in cui opera Saper operare nel rispetto delle norme e delle buone prassi in materia di prevenzione e protezione dai rischi per la sicurezza sul lavoro e di prevenzione e protezione dagli incendi Conoscere e sapersi adeguare alle innovazioni di prodotto, di processo e di contesto Competenze di area Conoscere il ruolo della propria area di attività all’interno del processo di produzione e di erogazione del servizio Sapersi rapportare alle altre aree organizzative aziendali Saper operare in un contesto aziendale orientato alla qualità ed alla soddisfazione del cliente Conoscere e saper utilizzare gli strumenti e le tecnologie proprie dell’area di attività Conoscere e saper utilizzare il glossario della professione Conoscere i sistemi di tutela del consumatore Conoscere e saper utilizzare le principali tecniche di comunicazione finalizzate alla relazione con il cliente Conoscere gli elementi basilari di una lingua straniera in modo da sostenere conversazioni brevi ed elementari Competenze di profilo Riconoscere il proprio ruolo all’interno del contesto aziendale e del processo di erogazione del servizio Conoscere e saper utilizzare le tecniche relative alle varie fasi della vendita Saper condurre una conversazione in lingua straniera finalizzata alle operazioni di vendita Conoscere la merceologia alimentare Conoscere e saper applicare le procedure stabilite per l’approvvigionamento, l’uso e la conservazione di strumenti, dotazioni, materiali Guida alle Paghe - Allegato 12/2008 9 Riforma Welfare e Manovra estiva Quadro normativo e operativo Leggere ed interpretare la documentazione tecnica Conoscere e saper utilizzare i materiali (materie prime, semi-lavorati, prodotti finiti) Saper riconoscere le specifiche di qualità e le criticità dei prodotti Saper trattare e conservare gli alimenti anche secondo le norme haccp Conoscere e saper utilizzare le tecniche di lay-out Saper utilizzare i principali software applicativi Saper organizzare gli spazi di lavoro in modo razionale Saper gestire le comunicazioni dirette e telefoniche Conoscere e saper utilizzare i diversi sistemi di pagamento e di incasso Conoscere e saper applicare le norme sulla etichettatura e marcatura dei prodotti Conoscere e saper utilizzare i dispositivi di protezione individuale Profilo tipo Qualifiche Addetto no food Dimostratore Informatore negli Istituti di informazioni commerciali Addetto di biblioteca circolante Addetto ai negozi o filiali di esposizioni Addetto al centralino telefonico Cassiere Comune Astatore Commesso alla vendita al pubblico Estetista, anche con funzioni di vendita Addetto al ricevimento ed esecuzione mansioni di bordo Telefonista addetto agli ordini nei magazzini di ingrosso medicinali, con conoscenza delle specialità farmaceutiche anche con digitazione del calcolatore Pompista specializzato Commesso stimatore di gioielleria Commesso di libreria Addetto alla vendita di autoveicoli con funzioni di stima dell’usato Sportellista nelle concessionarie di pubblicità Commesso specializzato provetto Addetto al controllo delle vendite Preparatore di commissioni Addetto alla materiale distribuzione di giornali e di riviste nelle agenzie giornalistiche Addetto alle operazioni ausiliarie alla vendita nelle aziende a integrale libero servizio Magazziniere anche con funzioni di vendita Allestitore di commissioni nei magazzini all’ingrosso medicinali con conoscenza delle specialità farmaceutiche Ottico diplomato Meccanico ortopedico ed ernista munito di patente Tecnico chimico anche con funzioni di vendita nel settore commercio chimico Altre qualifiche afferenti al profilo non espressamente comprese nella predetta elencazione Area di attività Front office e funzioni ausiliarie (aziende no food) Settore Terziario distribuzione servizi Competenze di settore Conoscere le caratteristiche del settore Conoscere l’impresa di riferimento nei suoi aspetti organizzativi e gestionali ed il contesto in cui opera Saper operare nel rispetto delle norme e delle buone prassi in materia di prevenzione e protezione dai rischi per la sicurezza sul lavoro e di prevenzione e protezione dagli incendi Conoscere e sapersi adeguare alle innovazioni di prodotto, di processo e di contesto Guida alle Paghe - Allegato 10 12/2008 Riforma Welfare e Manovra estiva Quadro normativo e operativo Competenze di area Conoscere il ruolo della propria area di attività all’interno del processo di produzione e di erogazione del servizio Sapersi rapportare alle altre aree organizzative aziendali Saper operare in un contesto aziendale orientato alla qualità ed alla soddisfazione del cliente Conoscere e saper utilizzare gli strumenti e le tecnologie proprie dell’area di attività Conoscere e saper utilizzare il glossario della professione Conoscere i sistemi di tutela del consumatore Conoscere e saper utilizzare le principali tecniche di comunicazione finalizzate alla relazione con il cliente Conoscere gli elementi basilari di una lingua straniera in modo da sostenere conversazioni brevi ed elementari Competenze di profilo Riconoscere il proprio ruolo all’interno del contesto aziendale e del processo di erogazione del servizio Conoscere la merceologia Conoscere e saper applicare le procedure stabilite per l’approvvigionamento, l’uso e la conservazione di strumenti, dotazioni, materiali Leggere ed interpretare la documentazione tecnica Conoscere e saper utilizzare i materiali (materie prime, semi-lavorati, prodotti finiti) Conoscere le specifiche di qualità e le criticità dei prodotti Conoscere e saper utilizzare tecniche di lay-out Saper utilizzare i principali software applicativi Saper organizzare gli spazi di lavoro in modo razionale Saper gestire le comunicazioni dirette e telefoniche Conoscere e saper utilizzare i diversi sistemi di pagamento e di incasso Conoscere e saper applicare le norme sulla etichettatura e marcatura dei prodotti Conoscere e saper utilizzare le tecniche relative alle varie fasi della vendita Saper condurre una conversazione in lingua straniera finalizzata alle operazioni di vendita Conoscere e saper utilizzare i dispositivi di protezione individuale __________________________ Guida alle Paghe - Allegato 12/2008 11 x Decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (articoli 47 - 53) -1- Titolo VI APPRENDISTATO E CONTRATTO DI INSERIMENTO Capo I APPRENDISTATO Art. 47. - Definizione, tipologie e limiti quantitativi 1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di diritto-dovere di istruzione e di formazione, il contratto di apprendistato è definito secondo le seguenti tipologie: a) contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; b) contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnicoprofessionale; c) contratto di apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. 2. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato non può superare il 100 per cento delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. La presente norma non si applica alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443. 3. In attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del presente decreto continua ad applicarsi la vigente normativa in materia. Art. 48. - Apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione 1. Possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni. 2. Il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e di formazione ha durata non superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l'impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l'accertamento dei crediti formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53. 3. Il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione è disciplinato in base ai seguenti principi: a) forma scritta del contratto, contenente indicazione della prestazione lavorativa oggetto del contratto, del piano formativo individuale, nonché della qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale od extra-aziendale; b) divieto di stabilire il compenso dell'apprendista secondo tariffe di cottimo; c) possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile; d) divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. 4. La regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato per l'espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: a) definizione della qualifica professionale ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53; b) previsione di un monte ore di formazione, esterna od interna alla azienda, congruo al conseguimento della qualifica professionale in funzione di quanto stabilito al comma 2 e secondo standard minimi formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53; c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di -2- erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni competenti; d) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali; e) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo; f) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. Art. 49. - Apprendistato professionalizzante 1. Possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. 2. Per soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. 3. I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o regionale stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione da conseguire, la durata del contratto di apprendistato professionalizzante che, in ogni caso, non può comunque essere superiore a sei anni.1 4. Il contratto di apprendistato professionalizzante è disciplinato in base ai seguenti principi: a) forma scritta del contratto, contenente indicazione della prestazione oggetto del contratto, del piano formativo individuale, nonché della eventuale qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale od extra-aziendale; b) divieto di stabilire il compenso dell'apprendista secondo tariffe di cottimo; c) possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile; d) possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell'ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione con quelli dell'apprendistato professionalizzante nel rispetto del limite massimo di durata di cui al comma 3; e) divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. 5. La regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale e nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: a) previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per la acquisizione di competenze di base e tecnicoprofessionali; b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni; c) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali; d) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo; e) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. 5-bis. Fino all'approvazione della legge regionale prevista dal comma 5, la disciplina dell'apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. 2 1 Comma così modificato dall’art. 23, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133. 2 Comma aggiunto dall'art. 13, comma 13-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80. -3- 5-ter. In caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo.3 Art. 50. - Apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione 1. Possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, per il conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, nonché per la specializzazione tecnica superiore di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144, i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni.4 2. Per soggetti in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, il contratto di apprendistato di cui al comma 1 può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. 3. Ferme restando le intese vigenti, la regolamentazione e la durata dell'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione è rimessa alle regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative. In assenza di regolamentazioni regionali l'attivazione dell'apprendistato di alta formazione è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai datori di lavoro con le Università e le altre istituzioni formative. Trovano applicazione, per quanto compatibili, i principi stabiliti all'articolo 49, comma 4, nonché le disposizioni di cui all'articolo 53.5 Art. 51. - Crediti formativi 1. La qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e di istruzione e formazione professionale. 2. Entro dodici mesi dalla entrata in vigore del presente decreto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'istruzione, della università e della ricerca, e previa intesa con le regioni e le province autonome definisce le modalità di riconoscimento dei crediti di cui al comma che precede, nel rispetto delle competenze delle regioni e province autonome e di quanto stabilito nell'Accordo in Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali del 18 febbraio 2000 e nel decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 31 maggio 2001. Art. 52. - Repertorio delle professioni 1. Allo scopo di armonizzare le diverse qualifiche professionali è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il repertorio delle professioni predisposto da un apposito organismo tecnico di cui fanno parte il Ministero dell'istruzione, della università e della ricerca, le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e i rappresentanti della Conferenza Stato-regioni. Art. 53. - Incentivi economici e normativi e disposizioni previdenziali 1. Durante il rapporto di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. 2. Fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti. 3 Comma aggiunto dall’art. 23, comma 2, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133. Comma così modificato dall’art. 23, comma 3, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133. 5 Comma così modificato dall’art. 23, comma 4, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133. 4 -4- 3. In attesa della riforma del sistema degli incentivi alla occupazione, restano fermi gli attuali sistemi di incentivazione economica la cui erogazione sarà tuttavia soggetta alla effettiva verifica della formazione svolta secondo le modalità definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. In caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui agli articoli 48, comma 2, 49, comma 1, e 50, comma 1, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento. La maggiorazione così stabilita esclude l'applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione.6 4. Resta ferma la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dallalegge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni e integrazioni. 6 Comma modificato dall'art. 11, comma 1, D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251. -5- Ministero del Lavoro x Circolare Min. Lav. 14 ottobre 2004, n. 40 Circolare in materia di contratti di apprendistato x Circolare Min. Lav. 15 luglio 2005, n. 30 Circolare in materia di apprendistato professionalizzante x Nota Min. Lav. 17 settembre 2008, n. 6011 Contratto di apprendistato professionalizzante – Disposizioni operative in materia di comunicazioni obbligatorie a seguito delle innovazioni contenute nell’articolo 23 della Legge n. 133 del 9 agosto 2008 x Circolare Min. Lav. 10 novembre 2008, n. 27 Art. 23, D.L. n. 112/2008 conv. da L. n. 133/2008 - apprendistato professionalizzante – chiarimenti INPS x Circolare INPS 21 febbraio 2007, n. 43 Estensione agli apprendisti delle prestazioni economiche di malattia Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Circolare N. 40/2004 Roma, 14 ottobre 2004 Prot: 32187/segr Alle Direzioni Regionali del lavoro Alle Direzioni Provinciali del lavoro LORO SEDI - Alla Regione Siciliana Assessorato lavoro Ufficio Regionale del lavoro Ispettorato del lavoro PALERMO Alla provincia Autonoma di Bolzano - Assessorato lavoro BOLZANO Alla Provincia Autonoma di Trento - Assessorato lavoro TRENTO - All’INPS Direzione generale ROMA All’INAIL - Direzione generale ROMA Alla Direzione generale AA.GG.R.U.A.I. - Divisione VII SEDE Al SECIN SEDE OGGETTO: Circolare in materia di contratti di apprendistato. 1 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Oggetto: Il nuovo contratto di apprendistato. 1. Premessa Il nuovo contratto di apprendistato, disciplinato agli articoli 47 e ss. del decreto legislativo n. 276 del 2003, dà luogo a una tipica ipotesi di lavoro caratterizzato per il contenuto formativo della obbligazione negoziale. A fronte della prestazione lavorativa, il datore di lavoro si obbliga infatti a corrispondere all’apprendista non solo una controprestazione retributiva ma anche, direttamente o a mezzo di soggetti in possesso delle idonee conoscenze ed all’uopo individuati, gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale, di una qualificazione tecnico-professionale o di titoli di studio di livello secondario, universitari, o specializzazioni dell’alta formazione (tra cui la specializzazione tecnica superiore di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144) attraverso percorsi di formazione interna o esterna alla azienda. Va peraltro subito precisato che con il decreto legislativo n. 276 del 2003 l’apprendistato diventa l’unico contratto di lavoro a contenuto formativo presente nel nostro ordinamento, fatto salvo l’utilizzo del contratto di formazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Nel settore privato, per contro, il contratto di formazione e lavoro continuerà infatti a trovare applicazione in via transitoria e meramente residuale nei limiti di cui al decreto legislativo 6 ottobre 2004, n. 251, recante "Disposizioni correttive del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in materia di occupazione e mercato del lavoro". Diversa è invece la funzione del nuovo contratto di inserimento disciplinato agli articoli 54 e ss. del decreto legislativo n. 276 del 2003, in cui la formazione del lavoratore è solo eventuale e non integra un elemento caratterizzante del relativo tipo contrattuale. Il nuovo apprendistato, così come configurato nel decreto legislativo di riforma del mercato del lavoro, vuole essere uno strumento idoneo a costruire un reale percorso di alternanza tra formazione e lavoro, quale primo tassello di una strategia di formazione e apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita. A tal fine sono state disciplinate tre diverse ipotesi di apprendistato: 1) l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; 2) l’apprendistato professionalizzante; 3) l’apprendistato per la acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Il raggiungimento effettivo delle finalità sottese alla nuova disciplina dell’apprendistato presuppone il raccordo tra i sistemi della istruzione e quelli della formazione professionale. Tale raccordo è particolarmente evidente con riferimento all’apprendistato per espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, che infatti presuppone per la sua piena operatività la definitiva implementazione delle deleghe di cui alla legge n. 53 del 2003. Anche l’apprendistato professionalizzante non è oggi pienamente operativo, in quanto presuppone una disciplina regionale dei profili formativi, da definirsi d’intesa con le parti sociali, a cui è subordinata l’applicabilità dei profili normativi definiti a livello nazionale, come legislazione di cornice, nell’ambito del decreto legislativo n. 276 del 2003. Pienamente operativa è pertanto da considerarsi unicamente la disciplina dell’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, rispetto al quale è possibile 2 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali avviare le prime sperimentazioni nei limiti e alle condizioni di cui all’articolo 50 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Le Regioni, nell’ambito delle competenze a loro attribuite, potranno peraltro rendere agevolmente operativo anche l’apprendistato professionalizzante dando luogo a quelle regolamentazioni, non necessariamente nella forma della legge regionale, che consentono di definire i profili formativi dell’istituto. 2. Limiti quantitativi alle assunzioni di apprendisti In conformità alla disciplina previgente, e in coerenza con le finalità dell’istituto, è stabilito un limite quantitativo alle assunzioni di apprendisti. Non è infatti possibile assumere con contratto di apprendistato un numero di apprendisti che sia superiore al 100 per cento delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso uno stesso datore di lavoro. Tuttavia, il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti fino ad un numero massimo di tre. Tale limite quantitativo non si applica alle imprese artigiane, per le quali resta applicabile la disciplina di cui all’articolo 4 della legge n. 443 del 1985. In caso di assunzione con contratto di apprendistato è da ritenersi immediatamente abrogato l’obbligo di richiesta di autorizzazione alla Direzione provinciale del lavoro ai sensi dell’articolo 85, comma 1, del d.lgs n. 276 del 2003. È fatto salvo tuttavia il diritto della normativa regionale di reintrodurre, in attuazione dell’articolo 2, comma 1, lettera b), della legge n. 30 del 2003, una diversa procedura autorizzativa, anche attraverso il rimando agli enti bilaterali. In mancanza di una disciplina regionale che regoli tale procedura non potranno essere considerate legittime le previsioni di contratti collettivi che subordinino la stipula del contratto alla autorizzazione dell’ente bilaterale. Non potranno altresì essere considerate legittime, neppure ai sensi dell’articolo 10 della legge n. 30 del 2003, le norme dei contratti collettivi che subordinino la stipula del contratto di apprendistato alla iscrizione all’ente bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore. 3. Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione 3.1 Le finalità L’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione è finalizzato al conseguimento di una qualifica di istruzione e formazione professionale ai sensi della legge 53 del 2003, ossia alla acquisizione, attraverso il rapporto di lavoro, di un titolo di studio, consentendo l’assolvimento dell’obbligo formativo attraverso lo strumento dell’alternanza scuola – lavoro. L’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione è infatti previsto quale percorso alternativo alla formazione scolastica ma ciò nondimeno integrativo dell’obbligo formativo che si traduce oggi nel “diritto dovere” di 3 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali istruzione per almeno 12 anni e comunque fino ai 18 anni d’età. Sussiste pertanto un diretto collegamento tra l’obbligo formativo del minore a 18 anni d’età e l’attività lavorativa oggetto del contratto. Con il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione si vuole dunque garantire ai giovani, che acquisiscono la capacità lavorativa a 15 anni, secondo l’articolo 2 del Codice civile, di poter terminare il corso di studi obbligatorio anche attraverso l’alternanza scuola-lavoro. L’apprendistato per il diritto-dovere di formazione si configura pertanto come l’unico contratto di lavoro stipulabile a tempo pieno da chi abbia meno di 18 anni e non sia in possesso di qualifica professionale conseguite ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 3.2 L’ambito di applicazione soggettivo Il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione può essere stipulato da datori di lavoro appartenenti a tutti i settori lavorativi, ivi comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, e con soggetti tra i quindici e i diciotto anni non compiuti, che non abbiano ancora completato il percorso formativo. Il contratto di apprendistato di primo tipo, essendo finalizzato al conseguimento di una qualifica ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 o un titolo di studio. 3.3 La disciplina del rapporto e dei profili formativi La disciplina del rapporto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione stabilita dal decreto legislativo n. 276 del 2003 è strettamente connessa alla riforma del sistema di istruzione prevista dalla legge n. 53 del 2003. Si rinvia pertanto alla implementazione della delega di cui alla legge n. 53 del 2003 per formulare gli opportuni chiarimenti rispetto alla disciplina dell’istituto che dunque non è al momento operativo. 4. Apprendistato professionalizzante 4.1 Le finalità Il contratto di apprendistato professionalizzante è finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale attraverso la formazione sul lavoro. La qualificazione del lavoratore nell’ambito dell’apprendistato professionalizzante deve essere intesa quale acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali. Non si persegue pertanto l’acquisizione di un titolo di studio o di una qualifica professionale del sistema di istruzione e formazione professionale, bensì l’accrescimento delle capacità tecniche dell’individuo al fine di farlo diventare un lavoratore qualificato. 4 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 4.2 L’ambito di applicazione soggettivo Il contratto di apprendistato professionalizzante potrà essere stipulato da datori di lavoro appartenenti a tutti i settori produttivi, comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, con soggetti dai 18 ai 29 anni d’età, secondo quanto disposto dall’articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Il contratto potrà altresì essere stipulato con soggetti che abbiano compiuto i 17 anni d’età e siano in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53. Tali limiti d’età sono direttamente collegati con le finalità perseguite e con la disciplina del nuovo apprendistato, pertanto non si considerano applicabili fino alla piena operatività dell’istituto. 4.3 La disciplina del rapporto Anche il contratto di apprendistato professionalizzante non è oggi pienamente operativo, in attesa delle discipline regionali, che andranno adottate d’intesa con le parti sociali, per quanto riguarda i profili formativi. E’ tuttavia opportuno fornire taluni primi chiarimenti in considerazione del fatto che il contratto di apprendistato professionalizzante è già stato oggetto di regolamentazione da parte di contratti collettivi nazionali con contenuti e profili non sempre coerenti con la lettera e la ratio del decreto legislativo n. 276 del 2003. Il contratto di apprendistato professionalizzante dovrà, in primo luogo, essere stipulato in forma scritta ad substantiam. All’interno del contratto dovranno essere indicati: la prestazione lavorativa a cui il lavoratore verrà adibito, la qualifica professionale che potrà essere conseguita al termine del rapporto e il piano formativo individuale. Il piano formativo individuale, documento distinto dal contratto di lavoro, dovrà essere allegato al contratto a pena di nullità dello stesso. Il contratto di apprendistato professionalizzante può avere durata minima di due anni e durata massima di sei anni. È rimessa alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare la durata dell’apprendistato professionalizzante sulla base delle competenze di base e tecnicoprofessionali da conseguire e della eventuale qualifica professionale, così come indicata altresì nell’istituendo “Repertorio delle professioni” presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Resta dunque inteso che, in attesa della concreta regolamentazione dell’istituto ad opera di Regioni e parti sociali resta in vigore la vigente normativa in materia anche per quanto attiene la durata del contratto di apprendistato. Per nulla rilevando diverse pattuizioni in sede di contrattazione collettiva. Trattandosi di contratti a finalità diverse, il contratto di apprendistato professionalizzante potrà essere stipulato anche successivamente ad un contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di formazione, in questo caso tuttavia la durata massima cumulativa dei due contratti non potrà essere superiore ai sei anni. Il datore di lavoro potrà recedere dal rapporto al termine del periodo di apprendistato, secondo la disciplina generale applicata al contratto di lavoro, anche se la qualificazione, 5 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali definita nel piano formativo individuale non è ancora stata conseguita. Sussiste invece il divieto per il datore di lavoro di recedere prima della scadenza del contratto, salvo giusta causa o giustificato motivo. In ogni caso l’apprendista ha diritto alla valutazione e certificazione delle competenze acquisite e dei crediti formativi maturati durante il periodo di apprendistato. La disciplina del contratto di apprendistato resta soggetta, in quanto compatibile, alle disposizioni previste dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25 e successive modificazioni. Pertanto sono da ritenersi ancora in vigore le norme di cui agli articoli 11 e 12 della legge n. 25 del 1955, relative ai diritti e doveri del datore di lavoro, nonché la disciplina previdenziale ed assistenziale prevista agli articoli 21 e 22, così come espressamente previsto dall’articolo 53, comma 4. Sarà altresì da ritenersi applicabile la previgente disciplina in materia di recesso dal rapporto, così come regolata dall’articolo 19 della legge n. 25 del 1955; pertanto allo scadere del termine del contratto di apprendistato professionalizzante, l’apprendista si riterrà mantenuto in servizio salvo disdetta a norma dell’articolo 2118 del Codice civile. L’articolo 85, comma 1, lettera b) del decreto ha tuttavia espressamente abrogato sia l’articolo 2, comma 2, sia l’articolo 3 della legge n. 25 del 1955 eliminando l’obbligo di richiesta di autorizzazione preventiva alla Direzione provinciale del lavoro. Pertanto, in attesa che la normativa regionale regoli i profili formativi del contratto di apprendistato professionalizzante, è da ritenersi ancora applicabile la disciplina previgente al decreto legislativo n. 276 del 2003, fatta salva l’abrogazione dell’obbligo di richiesta di autorizzazione preventiva alla Direzione provinciale del lavoro che infatti è immediatamente operativa. 4.4 La retribuzione dell’apprendista e gli incentivi economici e normativi All’articolo 49, comma 4, lettera b), è fatto divieto al datore di lavoro di retribuire l’apprendista con tariffe a cottimo. Si deve peraltro ritenere ancora in vigore il comma 1, dell’articolo 13 della legge n. 25 del 1955, il quale prevedeva la determinazione della retribuzione dell’apprendista mediante un procedimento di percentualizzazione graduale in base alla anzianità di servizio, determinato sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva. Il trattamento normativo e retributivo dell’apprendista è in ogni caso regolato dall’articolo 53, comma 1 del decreto legislativo n. 276 del 2003. La retribuzione dell’apprendista è stabilita sulla base della categoria di inquadramento dello stesso che non potrà, secondo quanto stabilito dalla norma, essere inferiore per più di due livelli all’inquadramento previsto per i lavoratori assunti in azienda ed impiegati per le stesse qualifiche cui è finalizzato il contratto, secondo le indicazioni del contratto collettivo nazionale. Fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti. 6 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 4.5 Il profilo formativo La regolamentazione dei profili formativi del contratto di apprendistato professionalizzante è demandata, nel rispetto della riforma del Titolo V della Costituzione, intervenuta con Legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, alle singole Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano. Tale regolamentazione dovrà essere emanata d’intesa con le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano regionale. L’articolo 49, comma 5, lettera a), fissa tuttavia un minimo di 120 ore di formazione formale che potrà essere svolta dall’apprendista all’interno o all’esterno dell’azienda, secondo quanto stabilito dal piano formativo individuale. Pertanto non è più previsto un monte ore minimo di formazione esterna obbligatoria, anche se il decreto impone comunque che si tratti di “formazione formale”, ossia di una formazione effettuata attraverso strutture accreditate o all’interno dell’impresa secondo percorsi strutturati di formazione strutturati on the job e in affiancamento certificabili secondo le modalità che saranno definite dalle future normative regionali. L’obbligo di formazione per l’apprendista potrà essere adempiuto anche tramite lo strumento della formazione a distanza e strumenti di e-learning. Durante il periodo di apprendistato dovrà essere garantita la presenza di un tutor con formazione e competenze adeguate, al fine di accompagnare l’apprendista lungo tutta la durata del piano formativo individuale. Nel caso in cui la formazione sia impartita attraverso strumenti di e-learning, anche l’attività di accompagnamento potrà essere svolta in modalità virtualizzata e attraverso strumenti di tele-affiancamento o video-comunicazione da remoto. Si rimanda alla normativa regionale per la definizione delle specifiche competenze del tutor. Si ritiene che, in conformità con quanto previsto dal D.M del 28 febbraio 2000, il ruolo del tutor potrà essere svolto dallo stesso datore di lavoro in possesso delle competenze adeguate o da un lavoratore che sia inquadrato ad un livello pari o superiore rispetto alla qualifica professionale che dovrà conseguire l’apprendista al termine del periodo di apprendistato professionalizzante, quale garanzia di possesso delle adeguate competenze all’accompagnamento del lavoratore. È rimessa alla normativa regionale la definizione degli strumenti per il riconoscimento della formazione sulla base delle competenze tecnico-professionali acquisite durante il periodo di apprendistato. Tali competenze verranno indicate sul “Libretto formativo del cittadino” come indicato nell’articolo 2, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 276 del 2003. 5. Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione 5.1 Le finalità L’apprendistato di terzo tipo è finalizzato alla acquisizione di un titolo di studio secondario, laurea o diploma di specializzazione, nonché per la specializzazione tecnica superiore introdotta con la legge 17 maggio 1999, n.144, integrando la formazione pratica in 7 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali azienda con la formazione secondaria, universitaria, di alta formazione o comunque con una specializzazione tecnica superiore. L’articolo 50, comma 1, prevede pertanto un diretto collegamento tra l’apprendistato per acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione e il sistema dell’istruzione e della formazione tecnica superiore come previsto all’articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144. 5.2 L’ambito di applicazione soggettivo Il contratto di apprendistato per acquisizione di un diploma o percorsi di alta formazione può essere stipulato tra datori di lavoro appartenenti a tutti i settori produttivi, purché esercitino attività compatibili con il perseguimento delle finalità del contratto, e soggetti di età compresa tra i tra i 18 e i 29 anni che siano già in possesso di un titolo di studio e vogliano conseguire una qualifica di livello secondario o superiore. Il contratto potrà tuttavia essere stipulato anche con soggetti che abbiano compiuto il diciassettesimo anno d’età qualora siano in possesso di un titolo di studio. Il contratto può essere stipulato anche con le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali. 5.3 La disciplina del rapporto La disciplina dell’apprendistato per la acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione è altamente flessibile in quanto presuppone moduli di formazione ad hoc tra loro liberamente combinabili: formazione formale, formazione non formale, formazione informale. Concretamente la disciplina dell’istituto dovrà essere individuata, per quanto attiene ai profili formativi e anche caso per caso, dalle Regioni ovvero dalle Province autonome di Trento e Bolzano, mediante un semplice accordo o convenzione con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, nonché con le Università o altre istituzioni formative. L'accordo dovrà prevedere programmi di lavoro specifici e coerenti con il percorso formativo che conduce al titolo di studio. Tali programmi si realizzeranno con il supporto di un tutor aziendale e di un tutor formativo nominato dall'Università o dall'Istituto formativo. Il contratto di lavoro dovrà essere stipulato in forma scritta ad substantiam e dovrà indicare: la qualifica da conseguire, la durata del contratto nonché il piano formativo individuale finalizzato a garantire la fissazione del percorso formativo dell’apprendista. Il piano formativo individuale dovrà essere allegato al contratto di apprendistato a pena di nullità dello stesso. L’innovazione contenuta nel decreto attiene alla ampia flessibilità dei percorsi di apprendistato di alta formazione che non presuppongono necessariamente una scissione tra attività lavorativa e la frequenza dell’apprendista a specifici corsi teorici di livello secondario, universitario, dell'alta formazione o per la specializzazione tecnica superiore. L’attività svolta in 8 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali azienda, così come concordata tra Regione, associazioni datoriali e sindacali e istituti formativi, potrà dunque integrare pienamente il percorso di formazione stabilito nel piano formativo individuale. Nei limiti indicati dalla regolamentazione regionale, in accordo con le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro e con le Università e gli altri istituti formativi, la durata dell’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per titoli di studio universitari, o specializzazioni dell’alta formazione (in particolare, la specializzazione tecnica superiore di cui all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144), è stabilita dalle parti in seguito ad una valutazione di bilanciamento tra le competenze che il soggetto possiede al momento della stipula e quelle che si potranno conseguire per mezzo della formazione in apprendistato. Tale valutazione sarà attuata all’interno del piano formativo individuale. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui alla legge n. 25 del 1955 e successive modificazioni, pertanto si considerano applicabili le norma in materia di diritti e doveri del datore di lavoro e dell’apprendista, nonché la disciplina previdenziale ed assistenziale. 6. Piano formativo individuale Il piano formativo individuale è un documento allegato al contratto di apprendistato il cui contenuto specifico sarà stabilito attraverso la definizione di un unico modello nazionale previsto dalle Regioni e dalle Province autonome. Nel piano formativo individuale andranno indicati, sulla base del bilancio di competenze del soggetto e degli obiettivi perseguiti mediante il contratto di apprendistato, il percorso di formazione formale e non formale dell’apprendista nonché la ripartizione di impegno tra formazione aziendale o extra-aziendale. Il piano formativo individuale dovrà essere elaborato in coerenza con i profili formativi individuati dalle Regioni e dalle Province autonome, con il supporto tecnico del Repertorio delle Professioni. In attesa di una regolamentazione a livello nazionale le Regioni e le Province autonome potranno autonomamente attivarsi per l’individuazione dei profili formativi. In considerazione della difficoltà di prevedere percorsi formativi precisi, in particolare nelle ipotesi di contratti di apprendistato di lunga durata, il piano formativo individuale sarà seguito da un piano individuale di dettaglio, elaborato con l’ausilio del tutor, nel quale le parti indicheranno con maggiore precisione il percorso formativo dell’apprendista. Spetta alle Regioni ed alle Province autonome definire le modalità per lo svolgimento, la valutazione, la certificazione e la registrazione sul libretto formativo delle competenze acquisite mediante percorso di apprendistato. 7. Contenuto formativo in caso di prestazioni erogate a distanza Quando l’azienda opera per l’erogazione “a distanza” di comunicazioni/informazioni ai clienti e/o al mercato attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici in rete, è possibile 9 Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali superare il concetto di unità produttiva localmente individuata. Infatti in questi casi le funzioni produttive sono virtualizzate e sono oggetto di concomitanti attività di controllo, monitoraggio, addestramento e formazione che si svolgono secondo i sistemi e-learning anche attraverso teleaffiancamento e video-comunicazione da remoto. Di conseguenza, qualora in azienda sia presente un idoneo numero di specializzati, non è rilevante la loro localizzazione nella unità produttiva ove operano gli apprendisti stante la peculiarità degli strumenti adottati. Per l’effetto, analoga soluzione può essere adottata per l’attività di tutoraggio il cui svolgimento, in questi casi, non può prescindere dalle modalità e dagli strumenti tecnologici sopradescritti. 8. Disciplina sanzionatoria L’articolo 53, comma 3, del d.lgs. 276 del 2003, così come modificato dall’articolo 11 del decreto legislativo 6 ottobre 2004, n. 251, introduce una severa disciplina sanzionatoria comune alle tre tipologie di apprendistato. A tutela del rispetto dell’obbligo formativo che il contratto di apprendistato fa sorgere in capo al datore di lavoro si prevede infatti che in caso di inadempimento all’obbligo formativo che sia imputabile esclusivamente al datore di lavoro e tale da impedire il raggiungimento della qualifica da parte dell’apprendista, il datore è tenuto a versare all’Inps, a titolo sanzionatorio, la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento. La maggiorazione così stabilita esclude l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione. L’inadempimento formativo imputabile al datore di lavoro sarà valutato sulla base del percorso di formazione previsto all’interno del piano formativo e di quanto regolamentato dalla disciplina regionale. Tale inadempimento potrà configurarsi in presenza di uno dei suddetti elementi: quantità di formazione, anche periodica, inferiore a quella stabilita nel piano formativo o dalla regolamentazione regionale; mancanza di un tutor aziendale avente competenze adeguate o di ogni altro elemento che provi una grave inadempienza del datore di lavoro nell’obbligo formativo. In caso di inadempimento dell’obbligo formativo, e conseguente applicazione della suddetta misura sanzionatoria, al datore di lavoro sarà preclusa la possibilità di continuare il rapporto di apprendistato con lo stesso soggetto e per l’acquisizione della medesima qualifica o qualificazione professionale. Roberto Maroni 10 MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI Circolare del 15 luglio 2005, n. 30 - (Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2005) Prot: 15/0012913/14.01.04.03 Alle Direzioni Regionali del lavoro Alle Direzioni Provinciali del lavoro LORO SEDI Alla Regione Siciliana Assessorato lavoro Ufficio Regionale del lavoro Ispettorato del lavoro PALERMO Alla provincia Autonoma di Bolzano Assessorato lavoro BOLZANO Alla Provincia Autonoma di Trento Assessorato lavoro TRENTO All'INPS Direzione generale ROMA All'INAIL Direzione generale ROMA Alla Direzione generale per l'attività ispettiva Al SECIN SEDE OGGETTO: Circolare in materia di apprendistato professionalizzante. I. Premessa Alla luce delle recenti modifiche del quadro normativo di cui alla legge n. 80 del 2005, di conversione del decreto-legge n. 35 del 2005 (c.d. Decreto Competitività), che introduce il comma 5-bis, all'articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003, ed a seguito dei chiarimenti intervenuti con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 2005, che si pronuncia anche con riguardo alla ripartizione di competenze nella regolamentazione dei profili formativi del contratto di apprendistato, si ritiene necessario fornire alcune delucidazioni operative in merito alla disciplina del contratto di apprendistato Professionalizzante. II. Contrattazione collettiva e regolamentazioni regionali Occorre precisare, in primo luogo, che a seguito della novella di cui all'articolo 13-bis, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2005, che aggiunge il comma 5-bis, all'articolo 49, decreto legislativo n. 276 del 2003, la disciplina dell'apprendistato professionalizzante è rimessa, in attesa di apposite leggi regionali da adottarsi di intesa con le parti sociali, alla autonomia collettiva nella forma dei contratti collettivi nazionali di categoria, stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La disposizione deve essere intesa nel senso che il legislatore, al fine di accelerare il processo di messa a regime dell'istituto, affida la definizione della disciplina per l'apprendistato professionalizzante agli stessi soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro, i quali potranno concordarla in qualsiasi momento senza, dunque, dover attendere la fase di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Nulla esclude peraltro, anche ai sensi dell'articolo 86, comma 13, del decreto legislativo n. 276 del 2003, che la regolamentazione della materia venga definita anche mediante uno o più accordi interconfederali. In attesa della regolamentazione regionale è pertanto legittimo il rinvio alla contrattazione collettiva nazionale previsto dall'articolo 49, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 276 del 2003, che dovrà in ogni caso applicarsi nel rispetto delle previsioni contenute nel decreto legislativo n. 276 del 2003. In considerazione del dato caratterizzante dell'elemento formativo, il contratto di apprendistato professionalizzante potrà in ogni caso essere considerato immediatamente operativo unicamente con riferimento a quei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, anche antecedenti all'entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, che abbiano determinato – direttamente o indirettamente, anche mediante semplice rinvio agli enti bilaterali ovvero a prassi già esistenti e codificate dall'ISFOL – gli elementi minimi di erogazione e di articolazione della formazione. In caso di dubbio circa la utilizzabilità del contratto collettivo le parti sociali interessate e i singoli datori di lavoro potranno utilizzare, per gli opportuni chiarimenti, l'istituto dell'interpello di cui al decreto legislativo n. 124 del 2004. Qualora il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato preveda la regolamentazione dell'istituto, ma non contenga una precisa disciplina dei profili formativi, le parti, in accordo tra loro, potranno determinarne il contenuto vuoi con riferimento ai profili formativi predisposti dall'ISFOL in vigenza della legge n. 196 del 1997 vuoi mediante l'ausilio degli Enti bilaterali e, qualora previsto dal CCNL applicato, previo parere di conformità degli stessi, vuoi, infine, tenendo conto di quanto previsto dai provvedimenti regionali fin qui adottati in materia di disciplina sperimentale dell'apprendistato professionalizzante. Ai fini della piena e immediata operatività dell'istituto restano infatti in vigore le sperimentazioni regionali e le relative delibere di giunta, purché compatibili con il dettato della decreto legislativo n. 276 del 2003 e dei principi e criteri direttivi in esso contenuti. Questo in considerazione del fatto che, come già chiarito dalla Circolare n. 40, del 2004, il decreto legislativo n. 276 del 2003 affida in via prioritaria a regolamentazioni regionali, da adottarsi d'intesa con le parti sociali, la disciplina dell'istituto. Peraltro, qualora vi siano sperimentazioni regionali in atto le parti sociali dovranno uniformarsi ad esse proprio in ragione del fatto che la cooperazione tra livello nazionale, livello regionale e parti sociali è il meccanismo individuato dal decreto legislativo n. 276 del 2003 per mettere a regime il nuovo apprendistato. III. Articolazione ed erogazione della formazione e competenze degli enti bilaterali Alla luce di quanto affermato all'articolo 49, comma 5, lett. b), ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati tra associazioni datoriali e organizzazioni dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale e agli enti bilaterali è assegnato, in via sussidiaria alla regolamentazione regionale, il compito di determinare le modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna o interna, alla singole aziende. Sono pertanto fatte salve le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro che prevedono, per l'applicazione del contratto di apprendistato professionalizzante e con riferimento ai soli profili formativi dell'istituto, il necessario parere di conformità da parte dell'ente bilaterale. A questo proposito, come già affermato con Circolare n. 40 del 2004, abrogato l'obbligo di richiesta di autorizzazione alla Direzione provinciale del lavoro ai sensi dell'articolo 85, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003, non sono da considerarsi legittime le clausole dei contratti collettivi e/o le previsioni che subordinino la stipula del contratto di apprendistato, o il parere di conformità per quanto attiene i profili formativi del contratto, alla iscrizione all'Ente Bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore nazionale. Saranno pertanto considerati validi i contratti di apprendistato stipulati anche in assenza di iscrizione all'Ente bilaterale. Va tuttavia precisato, come già specificato nella Circolare n. 40, che è pur sempre ipotizzabile un obbligo per tutti i soggetti di sottoporre i contratti di apprendistato al parere di conformità degli enti bilaterali, per quanto attiene i profili formativi dei contratti medesimi, là dove tale obbligo sia previsto da una legge regionale e non si ponga in contrasto con i principi costituzionali di libertà sindacale. Come previsto dall'articolo 49, comma 5, lett. a), del decreto legislativo n. 276 del 2003 la formazione formale, interna o all'esterna alla azienda, dovrà essere prevista per un minimo di centoventi ore all'anno. Come già specificato con circolare n. 40 del 2004, per formazione formale si intende la formazione effettuata attraverso strutture accreditate o all'interno dell'impresa secondo percorsi di formazione strutturati on the job e in affiancamento, certificabili e verificabili negli esiti secondo le modalità che sono definite dalle sperimentazioni in atto ovvero dalle future normative regionali. L'obbligo di formazione per l'apprendista potrà essere adempiuto anche tramite lo strumento della formazione a distanza e strumenti di elearning. Restano peraltro ancora valide le distinzioni tra competenze trasversali e tecnico professionali di cui alla legge n. 196 del 1997. Là dove esistano sperimentazioni in atto, e in attesa delle leggi regionali, il piano formativo individuale dovrà essere elaborato in coerenza con i profili formativi individuati dalle Regioni e dalle Province autonome, con il supporto tecnico del Repertorio delle Professioni. In attesa di una regolamentazione a livello nazionale le Regioni e le Province autonome potranno autonomamente attivarsi per l'individuazione dei profili formativi. IV. Limiti di età Così come previsto ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003, e confermato dai più recenti orientamenti della Cassazione (sentenza n. 10169/2004), possono essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante i soggetti di età compresa tra i 18 e 29 anni. L'assunzione potrà essere effettuata fino al giorno antecedente al compimento del trentesimo anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni). E' opportuno precisare, a questo proposito, che l'immediata operatività dei nuovi limiti di età opera unicamente con riferimento ai quei contratti collettivi che prevedano direttamente o indirettamente, come indicato sopra, gli elementi minimi di erogazione ed articolazione della formazione. Per le situazioni sopra descritte, viene così a decadere la vigenza della legge n. 196 del 197, che rimane comunque applicabile (in attesa delle intese di cui al comma 4 dell'art. 48 del decreto legislativo n. 276 del 2003 o delle leggi regionali di cui al comma 5-bis all'art 49 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003)per i giovani di età compresa tra i 16 e 18 anni, per i quali non risulti ancora utilizzabile l'apprendistato per l'espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione. Per la parte economica e normativa e riguardo ai contenuti formativi sono ad essi applicabili le disposizioni dei contratti collettivi che disciplinano la precedente tipologia di apprendistato, in quanto compatibili. V. Profili retributivi A conferma di quanto già affermato nella circolare n. 40/2004, la retribuzione dell'apprendista è stabilita sulla base della categoria di inquadramento dello stesso che non potrà essere inferiore per più di due livelli all'inquadramento previsto per i lavoratori assunti in azienda ed impiegati per le stesse qualifiche cui è finalizzato il contratto, secondo le indicazioni del contratto collettivo nazionale. Unitamente al livello di inquadramento iniziale dell'apprendista, spetta alla contrattazione collettiva nazionale stabilire la progressiva elevazione del livello di inquadramento, con riferimento al maturare dell'anzianità dell'apprendista. Come già specificato con circolare n. 40 del 2004, si deve peraltro ritenere ancora in vigore il comma 1, dell'articolo 13 della legge n. 25 del 1955, il quale prevedeva la determinazione della retribuzione dell'apprendista mediante un procedimento di percentualizzazione graduale in base alla anzianità di servizio, determinato sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva. VI. Durata Ai sensi dall'articolo 49, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003 la durata del contratto di apprendistato professionalizzante non può essere inferiore a due anni e superiore a sei. In tal senso pare opportuno rammentare che per la regolamentazione di rapporti di breve durata con giovani e adolescenti sarà possibile utilizzare lo strumento dei tirocini estivi di orientamento la cui regolamentazione, così come espressamente chiarito dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 50/2005, è rimessa alla competenza delle Regioni. FIRMATO IL MINISTRO ROBERTO MARONI Direzione Centrale Prestazioni a Sostegno del Reddito Direzione Centrale Entrate Contributive Direzione Centrale Prestazioni Direzione Centrale Organizzazione Coordinamento Generale Medico Legale Direzione Centrale Finanza, Contabilità e Bilancio Direzione Centrale Sistemi Informativi e Telecomunicazioni Roma, 21 Febbraio 2007 Ai Dirigenti centrali e periferici Ai Direttori delle Agenzie Ai Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali Al Coordinatore generale Medico legale e Dirigenti Medici Circolare n. 43 e, per conoscenza, Al Presidente Ai Consiglieri di Amministrazione Al Presidente e ai Componenti del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza Al Presidente e ai Componenti del Collegio dei Sindaci Al Magistrato della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo Ai Presidenti dei Comitati amministratori di fondi, gestioni e casse Al Presidente della Commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati Ai Presidenti dei Comitati regionali Ai Presidenti dei Comitati provinciali OGGETTO: Estensione malattia. agli apprendisti delle prestazioni economiche di SOMMARIO: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Premessa Ambito di applicazione Certificazione di malattia Controlli Misura durata e limiti della prestazione Contribuzione figurativa Adempimenti del datore di lavoro Istruzioni procedurali Istruzioni contabili 1. PREMESSA L’art.1, comma 773, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (finanziaria 2007), ha esteso agli apprendisti, a decorrere dall’ 1 gennaio 2007, la tutela previdenziale relativa alla malattia prevista per i lavoratori dipendenti. Il comma in questione, infatti, detta la nuova disciplina contributiva del contratto di apprendistato e prevede anche che, a decorrere da tale data, ai lavoratori assunti con questo tipo di rapporto ai sensi del capo I del titolo VI del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono estese le disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati. Ai fini dell’attuazione della predetta disposizione legislativa, si forniscono le seguenti istruzioni operative, fermo restando che, per quanto non espressamente previsto trattandosi sostanzialmente di un’estensione sic et simpliciter della disciplina generale ad un ambito lavorativo precedentemente sprovvisto di tutela previdenziale obbligatoria dell’evento malattia - le Sedi dovranno fare riferimento alle istruzioni vigenti emanate per la generalità dei lavoratori dipendenti. 2. AMBITO DI APPLICAZIONE Destinatari della prestazione sono i soggetti, operanti in qualsiasi settore di attività, assunti con contratto di apprendistato come regolato dagli articoli 47 e seguenti del D.lgs. n. 276/2003 e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero - per le realtà territoriali nelle quali tali disposizioni non sono ancora operative – dalla normativa di cui alla legge n. 196/1997. Il rinvio a tale ultima disciplina riguarda anche gli apprendisti assunti con contratto stipulato prima dell'entrata in vigore del già citato decreto legislativo n. 276/2003. Per quanto riguarda la decorrenza della nuova tutela, essa trova applicazione per gli eventi morbosi insorti a partire dal 1° gennaio 2007. 3. CERTIFICAZIONE DI MALATTIA A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica ai soggetti individuati al punto 2 la disposizione di cui all’art. 2 del D.L. n. 663/1979 convertito nella legge n. 33/1980 e successive modificazioni ed integrazioni, che prevede l’onere del lavoratore di presentare o inviare all’INPS ed al datore di lavoro, entro il termine perentorio di 2 giorni dal rilascio, rispettivamente, il certificato e l’attestato di malattia compilati dal medico curante. In caso di presentazione o invio del certificato di malattia oltre il termine di legge, dovrà trovare pertanto applicazione la sanzione della perdita dell’intera indennità relativamente alle giornate di ritardo, salvo serio ed apprezzabile motivo giustificativo del ritardo addotto e adeguatamente comprovato dal lavoratore. Si fa, infine, presente che il certificato medico OPM-INPS verrà modificato inserendo tra le qualifiche lavorative una specifica dedicata agli apprendisti. 4. CONTROLLI A decorrere dal 1° gennaio 2007 ai soggetti individuati al punto 2 si applicano le disposizioni in materia di fasce orarie di reperibilità e di controllo dello stato di malattia (art. 5 D.L. 463/1983 convertito con modificazioni nella Legge n. 638/1983). Pertanto, a decorrere dalla citata data, l’Istituto è abilitato a disporre, d’ufficio o su richiesta del datore di lavoro, l’effettuazione di visite domiciliari e/o ambulatoriali volte ad accertare la sussistenza dello stato di incapacità lavorativa. Al fine di consentire il regolare espletamento dei predetti controlli, i soggetti di cui trattasi sono tenuti ad indicare sul certificato e sull’attestato di malattia l’esatto e completo indirizzo di reperibilità (residenza o temporanea diversa dimora) ed a comunicare tempestivamente, all’INPS e al datore di lavoro, ogni eventuale variazione dello stesso. Eventuali assenze ingiustificate a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, dovranno essere sanzionate secondo i criteri e le modalità già applicati per i lavoratori subordinati aventi diritto all’indennità di malattia. 5. MISURA DURATA E LIMITI DELLA PRESTAZIONE. Considerato che dottrina e giurisprudenza propendono a configurare il rapporto di apprendistato come un contratto a tempo indeterminato - con facoltà di recesso al termine del periodo di apprendimento ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile e con le peculiarità che lo contraddistinguono - ai fini della misura, della durata e dei limiti erogativi della prestazione di malattia di cui trattasi trova integrale applicazione la disciplina vigente per i lavoratori subordinati, nel rispetto del limite massimo indennizzabile di 180 giorni per anno solare previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti. 6. CONTRIBUZIONE FIGURATIVA. In considerazione del fatto che l’art. 1 comma 773 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, come detto in premessa, ha esteso sic et simpliciter agli apprendisti la tutela previdenziale relativa alla malattia prevista per i lavoratori dipendenti, ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato per gli eventi indennizzati a tale titolo dovrà essere riconosciuta contribuzione figurativa secondo le regole previste per la generalità dei lavoratori subordinati . 7. ADEMPIMENTI DEI DATORI DI LAVORO A decorrere dal 1° gennaio 2007, i datori di lavoro anticiperanno l’importo dell’indennità di malattia e lo porteranno a conguaglio con i contributi dovuti per i lavoratori dipendenti. A tal fine, si atterranno alla prassi già in uso per la generalità dei lavoratori dipendenti (quadro “D”- rigo 52 del DM10/2). 8. ISTRUZIONI PROCEDURALI. Nella procedura di gestione della certificazione di malattia è stato istituito il codice qualifica "A", accettato nell'acquisizione di certificati nei quali l'inizio di malattia dichiarato è successivo al 31.12.2006. Per tale categoria di lavoratori la procedura emette le lettere di sanzione previste per le altre categorie di assicurati, in presenza delle condizioni che ne determinano l'emissione. Nella procedura di pagamento diretto delle prestazioni di malattia è stato istituito il codice qualifica "AP" per gestire gli eventi di malattia degli apprendisti disoccupati o sospesi dal lavoro, in quanto per quelli in attività l'indennità è anticipata dal datore di lavoro e recuperata con le modalità previste per le altre categorie di lavoratori che hanno diritto all'indennità di malattia a carico dell'Inps. Gli eventi indennizzati sono quelli che iniziano successivamente al 31.12.2006. 9. ISTRUZIONI CONTABILI. Ai fini della rilevazione contabile delle prestazioni di che trattasi si confermano le istruzioni vigenti per tale tipologia di prestazioni che prevedono l’imputazione delle stesse ai conti esistenti PTP 30/070 (competenza “anno in corso”) e PTP 30/010 (competenza “anni precedenti”), se poste a conguaglio con la denuncia DM 10/2, ovvero ai conti, ugualmente esistenti, PTP 30/073 (competenza “anno in corso”) e PTP 30/003 (competenza “anni precedenti”), se erogate direttamente. Si confermano, altresì, le modalità di rilevazione di eventuali recuperi che devono essere imputati al conto esistente PTP 24/030. Il Direttore Generale Crecco m_lps.16.REGISTRO UFFICIALE MINISTERO DEL LAVORO.0006011.17-09-2008 m_lps.25.REGISTRO UFFICIALE MINISTERO DEL LAVORO.0015658.10-11-2008 Ministero del Lavoro – Rassegna interpelli x Part-time apprendisti e apprendistato professionalizzante – contratto di apprendistato professionalizzante e parere di conformità dell’Ente bilaterale 18 gennaio 2007, n. 4 x Apprendistato professionalizzante - formazione formale di almeno 120 ore per anno e modalità di erogazione ed articolazione della formazione 18 gennaio 2007, n. 5 x Assunzione di apprendisti che abbiano precedentemente prestato la loro attività lavorativa presso il medesimo datore di lavoro con rapporti di natura temporanea 2 febbraio 2007, n. 8 x Apprendistato – divieto di stabilire tariffe di cottimo 1° marzo 2007, n. 13 x Trasformazione di un rapporto di apprendistato in apprendistato professionalizzante 1° marzo 2007, n. 14 x Malattia di breve durata – sospensione e proroga della durata del contratto di apprendistato 11 luglio 2007, n. 17 x Trattamento retributivo dell’apprendistato professionalizzante 1° ottobre 2007, n. 28 x Trattamento straordinario di integrazione salariale – Riconoscimento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria ai lavoratori con contratto di apprendistato 5 novembre 2007, n. 32 x Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e disciplina applicabile 29 novembre 2007, n. 36 x Cumulo fra periodi di apprendistato ex L. n. 25/1955 e periodi di apprendistato professionalizzante ex art. 49, D.Lgs. n. 276/2003 11 febbraio 2008, n. 3 x Apprendistato professionalizzante – Figura del tutore aziendale 27 marzo 2008, n. 9 x Assenza di profili formativi specifici nella regolamentazione regionale Marche ed applicazione della disciplina del CCNL 10 giugno 2008, n. 14 x Limiti numerici di tirocinanti in aziende facenti parte di un Gruppo Europeo di Interesse Economico – computo degli apprendisti ai fini dei limiti numerici 3 ottobre 2008, n. 44 x Apprendistato professionalizzante – art. 49, comma 5 ter, D.Lgs. n. 276/2003 – applicazione 7 ottobre 2008, n. 50 INTERPELLO N. 4/2007 Roma, 18 gennaio 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. n. 25/I/0000803 Al Consiglio provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Viterbo Via Genova, 17 01100 – Viterbo Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - risposta istanze di interpello avanzate dall’Ordine dei Consulenti del lavoro di Viterbo – Part-time apprendisti e apprendistato professionalizzante – contratto di apprendistato professionalizzante e parere di conformità dell’Ente bilaterale. Con un primo quesito, l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Viterbo chiede se “l’attivazione del servizio ispettivo in merito alla trasformazione dell’orario di lavoro per gli apprendisti, al fine della garanzia del contenuto formativo del contratto, debba avvenire preventivamente anche per l’assunzione di apprendisti con contratto a tempo parziale” oltre che nell’ipotesi di trasformazione del rapporto di apprendistato da tempo pieno a tempo parziale. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Si ritiene opportuno premettere che nell’ipotesi di trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, come precisato dalla circolare di questo Ministero n. 46/2001, la procedura di convalida ha la finalità precipua di “verificare se la volontà manifestata dalle parti nell'atto di trasformazione corrisponda o meno ad una volontà reale, manifestata cioè senza condizionamenti” e che comunque la Divisione V della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro di questo Ministero, con nota del 2 aprile 2004, ha ritenuto che in tale sede possa essere effettuata anche una valutazione circa la compatibilità tra la riduzione dell’orario di lavoro ed il rispetto degli obblighi formativi del contratto di apprendistato. Nell’ipotesi oggetto di interpello, relativa all’assunzione di un apprendista a tempo parziale, la stipula del contratto non può essere subordinata alla preventiva verifica ispettiva circa la compatibilità tra contenuto formativo del contratto e riduzione di orario. La necessaria attivazione del Servizio ispettivo prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro contrasterebbe, infatti, con lo spirito e la lettera del D.Lgs. n. 276/2003, che ha abrogato l’autorizzazione preventiva rilasciata dalla Direzione provinciale del lavoro al fine di eliminare ogni appesantimento burocratico connesso alla stipula del contratto di apprendistato. 1 Con un secondo quesito, l’Ordine professionale dei Consulenti del lavoro di Viterbo chiede se “in mancanza di iscrizione e di conseguente parere di conformità all’ente bilaterale debba ritenersi preclusa la possibilità di accesso al contratto di apprendistato professionalizzante” e se, in assenza di detto parere di conformità, possano essere stipulati contratti di apprendistato nel rispetto dei profili formativi predisposti dall’Isfol o con riferimento a sperimentazioni regionali compatibili con il D.Lgs. n. 276/2003. Al riguardo si sottolinea che le circolari del Ministero del lavoro n. 40/2004 e n. 30/2005 hanno evidenziato l’illegittimità delle clausole dei contratti collettivi che subordinano la stipula del contratto di apprendistato o il parere di conformità sui profili formativi del contratto all’iscrizione all’ente bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore. Sulla base di tale interpretazione, questo Ministero, con risposta ad interpello del 12 aprile 2005, già rilevava che “sono da considerarsi validi i contratti di apprendistato stipulati in assenza di iscrizione all’ente bilaterale”. Ulteriori considerazioni merita invece il quesito con riferimento alle clausole dei contratti collettivi che prevedono il necessario parere di conformità dell’ente bilaterale circa i profili formativi del contratto di apprendistato. In proposito, posto che ricorra il caso, non espressamente richiamato dall’interpellante ma desumibile dalla formulazione del quesito, in cui il contratto collettivo disciplini compiutamente la materia, occorre ricordare che la circolare n. 30/2005 ha ribadito la legittimità delle clausole che prevedano, per l’applicazione del contratto di apprendistato professionalizzante, l’obbligo di sottoporre i profili formativi al parere di conformità dell’ente bilaterale, laddove tale obbligo sia previsto da una legge regionale e non sia in contrasto con i principi costituzionali di libertà sindacale. Qualora detto obbligo non sia stato previsto dal legislatore regionale ma sia comunque introdotto dalla contrattazione collettiva – quale fonte regolatrice del rapporto ai sensi dell’art. 49, comma 5 bis, D.Lgs. n. 276/2003 – lo stesso non può comunque rivestire carattere autorizzatorio. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP AR 2 INTERPELLO N. 5/2007 Roma, 18 gennaio 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Alla Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia Direzione Centrale Lavoro, Formazione, Università e Ricerca Via San Francesco 37 34133 Trieste Prot. 25/I/0000804 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - risposta ad istanza di interpello avanzata dalla Regione Friuli Venezia Giulia – apprendistato professionalizzante - formazione formale di almeno 120 ore per anno e modalità di erogazione ed articolazione della formazione. La Regione Friuli Venezia Giulia ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla possibilità che, in materia di apprendistato professionalizzante, il monte ore di formazione formale fissato in 120 ore annue dal D.Lgs. n. 276/2003, possa essere ridotto, in particolare nei casi di crediti formativi individuali. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Come già evidenziato dall’interpellante, in materia di attività formativa nel contratto di apprendistato professionalizzante, l’art. 49, comma 5, del D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce che “la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante é rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale” nel rispetto di criteri e principi direttivi, fra i quali il seguente: “previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda di almeno centoventi ore per anno, per la acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali”. Si ritiene che il predetto monte ore annuo vada inteso quale limite minimo posto dal legislatore a tutela della primaria esigenza formativa da assicurare all’apprendista. Il legislatore ha indicato quello che può definirsi il livello minimo dell’offerta formativa, ben potendo le parti sociali, in sede di contrattazione collettiva, modificare il dato delle 120 ore in aumento. 1 La circostanza segnalata dall’interpellante, secondo la quale alcuni contratti collettivi hanno previsto una riduzione del predetto monte ore di formazione formale per gli apprendisti in possesso di titolo di studio post-obbligo (es. CCNL dei settori Tessile ed Edilizia), nasce dalla convinzione che le 120 ore già indicate dall’art. 16 della L. n. 196/1997 e lo stesso monte ore oggi stabilito dal D.Lgs. n. 276/2003 si ispirino alla medesima logica. In realtà, il legislatore del 1997 – esprimendosi nei seguenti termini: “...impegno formativo per l’apprendista, normalmente pari ad almeno 120 ore medie annue, prevedendo un impegno ridotto per i soggetti in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto all’attività da svolgere” – autorizzava chiaramente la riduzione delle ore di formazione, a fronte di un titolo di studio coerente con il profilo professionale da far conseguire all’apprendista. Al contrario, nel D.Lgs. n. 276/2003 non vi è alcun richiamo alla possibilità che il numero di ore scenda al di sotto delle 120 indicate. Peraltro, al di là del tenore letterale del testo, è evidente il maggiore peso che oggi si vuole attribuire alla formazione nel contratto di apprendistato professionalizzante. Tale affermazione trova conforto nella considerazione che l’apprendistato professionalizzante costituirà, nel nuovo panorama normativo giuslavoristico, l’unico contratto di lavoro con specifico contenuto formativo, una volta venuta meno la tipologia del contratto di formazione e lavoro. Pertanto, si comprende anche che la logica posta alla base dei principi e criteri direttivi stabiliti dal legislatore nazionale sia quella di individuare la soglia minima di formazione, salva la disciplina di dettaglio (di origine regionale o di natura pattizia), che può derogarvi solo in melius. Venendo, quindi, alle specifiche domande poste dall’interpellante, si esprimono le seguenti considerazioni: x il dettato normativo pone solo l’obbligo del rispetto del monte ore minimo di 120 ora annue, ferma restando l’autonomia della contrattazione collettiva e del legislatore regionale nell’individuazione di modalità e di forme di articolazione delle ore di formazione formale: ad esempio, criteri di scelta tra la formazione da effettuarsi solo all’interno dell’azienda in possesso di adeguate strutture e quella da svolgersi presso strutture esterne accreditate; formazione a distanza od in aula; ripartizione del monte ore complessivo fra le varie discipline oggetto di trattazione all’interno del percorso formativo; x per quanto attiene alla valutazione di eventuali crediti formativi all’inizio del rapporti di apprendistato deve ritenersi che eventuali competenze professionali di cui l’apprendista sia già in possesso all’inizio del rapporto non consentano una decurtazione del monte ore complessivo di formazione, ma al più possano incidere sulla distribuzione delle ore di formazione fra le varie materie e discipline. Si tenga conto, infatti, che la formazione deve essere articolata su più aspetti; 2 in particolare, una parte di essa deve essere dedicata alle competenze di base e trasversali, come ad esempio: disciplina del rapporto di lavoro, organizzazione del lavoro, misure a tutela della sicurezza sul lavoro, comunicazione, comportamenti relazionali. Altra parte della formazione formale va invece dedicata all’acquisizione di competenze tecnico-professionali, con contenuti di tipo tecnico, scientifico ed operativo differenziato per ciascuna figura professionale: prodotti e servizi e contesto aziendale di riferimento, processi e relative innovazioni relativi al contesto aziendale, strumenti, materiali ed attrezzature utilizzati nel ciclo produttivo dell’azienda, sicurezza sui luoghi di lavoro, con riferimento specifico al settore di interesse. Su tali aspetti, pertanto, potrà modularsi un’offerta formativa individualizzata ispirata al criterio del bilancio delle competenze. Tenendo conto delle conoscenze già acquisite dall’apprendista, la sua formazione professionale potrà essere concentrata maggiormente su materie o conoscenze specialistiche nelle quali il soggetto abbia maggiori carenze, non avendole acquisite nel precedente percorso scolastico. Al contempo, si potranno ridurre le ore di formazione dedicate a specifiche materie per le quali il soggetto dimostri, attraverso crediti formativi, di possedere un bagaglio sufficiente di conoscenze. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP LA 3 INTERPELLO N. 8/2007 Roma, 2 febbraio 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Alla Confindustria V.le dell’Astronomia n. 30 00144 – Roma Direzione generale per l’Attività Ispettiva Prot. n. 25/I/0001223 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - risposta istanza di interpello avanzata da Confindustria – assunzione di apprendisti che abbiano precedentemente prestato la loro attività lavorativa presso il medesimo datore di lavoro con rapporti di natura temporanea. La Confindustria ha inoltrato richiesta di interpello a questa Direzione generale per avere chiarimenti in merito alla possibilità che un’azienda assuma con contratto di apprendistato professionalizzante uno o più soggetti che abbiano già prestato servizio presso la medesima impresa con rapporti di natura temporanea quale, ad esempio, un contratto a tempo determinato. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Va anzitutto ricordato che il contratto di apprendistato rappresenta uno strumento volto, da un lato, a facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro di soggetti privi di specifiche competenze e, dall’altro, a fornire agli stessi una formazione di base e tecnico professionale al fine di conseguire un’occupazione stabile e qualificata. Come evidenzia l’interpellante, non esiste in effetti alcuna previsione normativa “che escluda la possibilità di assumere giovani in apprendistato solo per il fatto di essere già stati in precedenza impiegati o comunque utilizzati dalla stessa impresa”, ma occorre chiarire la portata di tale affermazione, al fine di non eludere le citate finalità dell’istituto ed in particolare quella legata al raggiungimento di precisi obiettivi formativi. Va anzitutto chiarito che tale problematica non si pone qualora il soggetto da assumere con contratto di apprendistato professionalizzante abbia svolto in precedenza un periodo lavorativo in forza di una diversa qualifica professionale; in proposito, infatti, la giurisprudenza di legittimità – pur riferendosi ai contratti di formazione lavoro – ha chiarito che “anche durante lo svolgimento di un rapporto di lavoro a tempo determinato può ritenersi validamente concluso un contratto di 1 formazione e lavoro, ove le finalità formative traggano origine dal comune interesse delle parti ad un mutamento delle mansioni contrattuali o di quelle precedentemente svolte e, quindi, alla prosecuzione del rapporto di lavoro con mansioni diverse, in quanto in tali situazioni il contratto di formazione può assolvere pienamente alla sua ragione causale, quale mezzo idoneo a promuovere l'acquisizione di nuove professionalità (nell'interesse del lavoratore), oltre che l'esatto adempimento delle diverse mansioni (nell'interesse del datore di lavoro)” (Cass., 6 giugno 2002, n. 8250). Per quanto attiene invece all’eventuale coincidenza della qualifica professionale già in possesso del lavoratore con la qualifica cui tende il rapporto di natura formativa, in assenza di precisi riferimenti normativi e di indicazioni di natura contrattuale, sembra possibile far riferimento alla giurisprudenza in materia di contratto di formazione lavoro che, pur essendo una fattispecie contrattuale diversa, per quanto attiene ai profili formativi presenta elementi di contiguità con il contratto di apprendistato professionalizzante. Tale giurisprudenza ha dunque chiarito che “è ben possibile che un lavoratore già impegnato con un contratto di natura formativa possa essere parte di un ulteriore contratto che abbia come oggetto altro tipo di formazione, anche se astrattamente rientri nella stessa qualifica contrattuale purchè l’ulteriore contratto sia idoneo a conferire una professionalità diversa da quella già acquisita” (Cass., 1° novembre 2004, n. 17574). Detti principi sembrano dunque compatibili anche con riferimento al contratto di apprendistato professionalizzante di cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003. Tale istituto, infatti, a differenza delle altre tipologie contrattuali disciplinate dagli artt. 48 e 50 del D.Lgs. n. 276/2003, non è volto alla acquisizione di una qualifica professionale ma ad una qualificazione, cioè alla acquisizione di un bagaglio formativo di nozioni di carattere teorico-pratico quanto più completo possibile, legato non solamente allo svolgimento della mansione assegnata, individuata dalla qualifica contrattuale, ma ad una più complessa ed articolata conoscenza sia del contesto lavorativo che delle attività che in esso sono svolte. Ciò premesso, occorre valutare se, nell’ambito del piano formativo individuale sia ravvisabile un percorso di natura addestrativa di carattere teorico e pratico volto ad un arricchimento complessivo delle competenze di base trasversali e tecnico professionali del lavoratore. Appare inoltre evidente che, nell’ambito della valutazione, assume rilevanza non secondaria anche la durata del rapporto di lavoro precedentemente intercorso con il datore di lavoro, in quanto tale elemento incide inevitabilmente sul bagaglio complessivo delle competenze già acquisite dal lavoratore. A mero titolo orientativo, non sembra ammissibile la stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del 2 contratto formativo, per un durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva; tale conclusione è dettata dalla necessità che il precedente rapporto di lavoro, sotto il profilo dell’acquisizione delle esperienze e delle competenze professionali, non abbia a prevalere sull’instaurando rapporto di apprendistato. Comunque, l’applicazione di tale criterio, in quanto implica una valutazione delle competenze già in possesso del lavoratore anche ai fini della elaborazione del piano formativo individuale, suggerisce un opportuno coinvolgimento delle parti sociali finalizzato ad una più puntuale considerazione di quei contenuti formativi “diversi ed ulteriori” in grado di giustificare sia l’instaurazione del contratto di apprendistato, sia una eventuale diversa rimodulazione della durata dello stesso proprio in considerazione delle preesistenti esperienze del lavoratore. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP DP 3 INTERPELLO N. 13/2007 Roma, 1° marzo 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Alla Federmeccanica P.le B. Juarez 14 00144 - Roma Direzione generale per l’Attività Ispettiva Prot. n. 25/I/0002758 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - risposta istanza di interpello avanzata da Federmeccanica – apprendistato – divieto di stabilire tariffe di cottimo. La Federmeccanica ha inoltrato richiesta di interpello a questa Direzione generale per avere chiarimenti in merito al divieto, stabilito dall’art. 49, comma 4 lett. b) del D.Lgs. n. 276/2003, “di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cottimo”. In particolare si chiede se la corresponsione agli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante per le “figure professionali addette a produzioni in serie svolte su linee a catena o di montaggio semplice” – ai sensi del CCNL 19 gennaio 2006 per l’Industria Metalmeccanica e l’Installazione di Impianti – della voce “utile di cottimo” o analoghe formulazioni in atto in azienda contrasti con il divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cottimo, di cui al citato art. 49, comma 4 lett. b), del D.Lgs. n. 276 del 2003, laddove si tratti di importi fissi legati alla mansione e non più incentivanti, ovvero di una voce retributiva equivalente e sostitutiva definita contrattualmente in azienda con specifico riferimento agli apprendisti addetti alle linee a catena. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si osserva quanto segue. Va preliminarmente ricordato che l’obbligo “di non adibire l'apprendista a lavori di manovalanza e di produzione in serie”, contenuto nell’art. 11, lett. l), L. n. 25/1955, è stato abrogato dall’art. 20, D.Lgs. n. 251/2004, cosicché risulta in linea con l’attuale quadro ordinamentale la previsione di rapporti di apprendistato per le “figure professionali addette a produzioni in serie svolte su linee a catena o di montaggio semplice”, contenuta nel citato Contratto per l’Industria Metalmeccanica e l’Installazione di Impianti. 1 Quanto alla problematica relativa alla corresponsione di un “utile di cottimo” a lavoratori assunti con contratto di apprendistato, previsto nel citato CCNL 19 gennaio 2006, non sembrano sussistere perplessità sulla compatibilità di tale emolumento con la previsione di cui all’art. 49, comma 4 lett. b), del D.Lgs. n. 276/2003 qualora – come sottolineato dall’interpellante – lo stesso sia pressoché totalmente sganciato dal “risultato produttivo” del lavoratore, costituendo viceversa una voce retributiva fissa. Va infatti chiarito che la ratio della previsione contenuta nel D.Lgs. n. 276/2003 – peraltro del tutto analoga a quella riportata nell’art. 11, lett. f), della L. n 25/1955 – è di evitare che l’apprendista possa subire un pregiudizio dall’applicazione di una retribuzione commisurata al risultato, proprio in ragione della minore capacità produttiva dovuta evidentemente ad una minore esperienza di lavoro. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP DP 2 INTERPELLO N. 14/2007 Roma, 1° marzo 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Alla Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Regione Marche Via degli Orefici, 2 60121 - Ancona Prot. n. 25/I/0002759 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - risposta istanza di interpello - trasformazione di un rapporto di apprendistato in apprendistato professionalizzante. L’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, Regione Marche ha avanzato una richiesta di interpello a questa Direzione in materia di apprendistato professionalizzante. Nello specifico si chiede se un rapporto di apprendistato instaurato nel mese di dicembre 2003, secondo la disciplina posta dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25 , possa essere trasformato in apprendistato professionalizzante così come disciplinato dagli artt. 47 ss. del D.Lgs. n. 276/2003. La richiesta è motivata dalla circostanza che la Regione Marche, nell’esercizio della potestà regolamentare demandatagli dal D.Lgs. n. 276/2003, ha emanato la disciplina di dettaglio di tale contratto formativo, per cui diventa pienamente operativo l’art. 49 del citato D.Lgs. 276. Al riguardo, acquisito il parere della competente Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. L’art. 47 del D.Lgs. 276 nel definire le nuove tipologie di apprendistato, al comma 3 prevede espressamente che “in attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del presente decreto continua ad applicarsi la vigente normativa in materia”. Il Legislatore con tale previsione ha voluto coprire quel “vuoto di disciplina “ che si sarebbe altrimenti creato nell’attesa della regolamentazione, da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, dei profili formativi richiesta dal comma 5 dell’ art. 49. Pertanto, nei casi in cui sia completato l’iter regolatorio ex art. 49, si applica il nuovo regime, mentre i contratti in esecuzione, disciplinati dalle previgenti regole, rimangono soggetti allo stesso 1 regime normativo al fine di escludere, tra il vecchio ed il nuovo, un’inopprtuna commistione. Tanto sulla scia di quanto già affermato da questa Direzione con risposta ad interpello prot. n. 2464/2005. Marginalmente si sottolinea inoltre come, prescindendo dalla lettura dell’art. 47, sarebbe comunque difficile immaginare una trasformazione del contratto, stante la non omogeneità delle rispettive discipline, con riferimento sia ai requisiti formali che sostanziali richiesti. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP CA 2 INTERPELLO N. 17/2007 Roma, 11 luglio 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Alla Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Bologna Via Sebastiano Serio n. 26 40128 – Bologna DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. n. 25/I/0009191 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – malattia di breve durata – sospensione e proroga della durata del contratto di apprendistato. L’Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Bologna chiede se la malattia di breve durata, come evento singolo o come sommatoria di una pluralità di brevi periodi, determini la sospensione e la proroga della durata del rapporto di apprendistato. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Preliminarmente si osserva che se è pur vero che la disciplina legislativa non prevede il caso specifico oggetto dell’interpello, si può fare riferimento alla prassi amministrativa ed in particolare alla nota del Ministero del lavoro del 24 dicembre 1981, che in ottemperanza al principio di effettività, richiamando la circolare n. 196 del 4 marzo 1959, prevede in generale quali cause giustificative della proroga del contratto, i casi di malattia, infortunio, chiamata alle armi e sospensione dal lavoro. Secondo tale orientamento, tuttavia, le interruzioni del rapporto inferiori al mese sarebbero “ininfluenti rispetto al computo dell’apprendistato, perché di fatto irrilevanti rispetto al pregiudizio dell’addestramento”. Sarebbe necessario, difatti, verificare lo svolgimento effettivo e non meramente figurativo delle prestazioni lavorative da parte del dipendente e della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro, perché diversamente riuscirebbe difficile, se non impossibile, far acquisire al lavoratore le cognizioni tecniche indispensabili per lo svolgimento delle particolari mansioni cui l’apprendistato è indirizzato. In questo senso anche un recente orientamento giurisprudenziale (Cass., sez. lav., n. 6134 del 12 maggio 2000) che, ribadendo il principio di effettività sopra enunciato nel senso di necessità di “addestramento tecnico pratico dell’apprendista”, ritiene che la proroga contrattuale non operi per 1 un periodo di tempo non inferiore a quello ritenuto congruo dalla contrattazione collettiva per l’apprendimento dell’allievo. In virtù di tale recente orientamento, dunque, il contratto di apprendistato non sarà prorogato e il periodo di malattia di breve durata, come evento singolo (o come sommatoria di una pluralità di brevi periodi) verrà considerato ininfluente nell’ipotesi in cui tale specifica indicazione sia espressamente prevista dalla fonte contrattuale applicata. Tuttavia, in mancanza di disciplina contrattuale espressa, si ritiene di dover continuare a far riferimento alla prassi amministrativa, così come indicata nell’orientamento ministeriale sopra menzionato, considerando “breve” il periodo di malattia dell’apprendista inferiore al mese. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP DM 2 INTERPELLO N. 28/2007 Roma, 1° ottobre 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Alla FIOM-CGIL FIM-CISL UILM-UIL DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. n. 93/2007 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – risposta istanza di interpello avanzata dalla FIOM-CGIL in materia di trattamento retributivo dell’apprendistato professionalizzante. La FIOM-CGIL, la FIM CISL e la UILM-UIL hanno avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione in merito al trattamento retributivo dell’apprendistato professionalizzante di cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003. In particolare, viene chiesto di specificare il rapporto tra la norma di cui all’art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003 e quella dell’art. 13, comma 1, della legge n. 25 del 1955. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Com’è noto, ai sensi dell’art. 53, comma 1 del D.Lgs. n. 276/2003, durante il rapporto di apprendistato la categoria di inquadramento del lavoratore non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. Nell’impianto normativo antecedente al D.Lgs. n. 276/2003 la norma dell’art. 13, comma 1, della legge n. 25 del 1955 prevedeva la determinazione della retribuzione dell’apprendista mediante un procedimento di percentualizzazione graduale in base alla anzianità di servizio, determinato sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva. Ciò posto, tenuto conto della circostanza che la circolare n. 40/2004 di questo Ministero ha espressamente ritenuto ancora in vigore la disposizione innanzi citata, il nodo interpretativo da sciogliere attiene all’ammissibilità di un cumulo tra il regime del c.d. sottoinquadramento e quello della percentualizzazione della retribuzione in base all’anzianità di servizio. 1 Si tratta, in altri termini, di stabilire se, in virtù del predetto procedimento di percentualizzazione, sia ipotizzabile una retribuzione inferiore a quella derivante dal sistema del sottoinquadramento. Al quesito deve essere data risposta negativa. Il rapporto tra le norme in questione deve, invero, essere interpretato in termini non già di cumulatività bensì di alternatività. Conseguentemente, alla luce del generale principio del favor prestatoris, si ritiene di poter concludere per l’applicazione della norma di cui al citato art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, salvo che, beninteso, dall’applicazione della procedura di percentualizzazione derivi, in concreto, un trattamento più favorevole per il prestatore. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP AV 2 INTERPELLO N. 32/2007 Roma, 5 novembre 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Alla Fisascat Cisl Federazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali Affini e del Turismo Via Livenza n.7 00198 ROMA DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. 25/I/0014085 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – Trattamento straordinario di integrazione salariale – Riconoscimento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria ai lavoratori con contratto di apprendistato. La Fisascat Cisl/Federazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali Affini e del Turismo ha formulato istanza di interpello al fine di conoscere quale sia il parere di questa Direzione sul riconoscimento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi degli artt. 47 ss. del D.Lgs. n. 276/2003. Il quesito si fonda sul duplice presupposto che il trattamento straordinario di integrazione salariale è stato riconosciuto dall’INPS, con circ. n. 107/2006 emessa in ottemperanza a sentenza del T.A.R. del Lazio n. 8138/2005, ai dipendenti assunti con contratto di formazione e lavoro e che tale tipologia contrattuale, di fatto, è stata sostituita dal nuovo contratto di apprendistato. A tal proposito, acquisito il parere della Direzione generale degli Ammortizzatori Sociali, della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e dell’INPS, si espone quanto segue. In primo luogo è opportuno considerare, come peraltro ribadito dalla prassi di questo Ministero con circ. n. 31/2004 e n. 40/2004, che l’apprendistato disciplinato dal D.Lgs. n. 276/2003 è l’unico contratto di lavoro a contenuto formativo attualmente esistente ed è destinato ad esaurire l’ambito di operatività un tempo riservato al contratto di formazione e lavoro. Per quanto concerne le disposizioni previdenziali previste per il nuovo contratto di apprendistato l’art. 53, comma 4, D.Lgs. cit., statuisce che continua a trovare applicazione la precedente disciplina previdenziale e assistenziale di cui alla L. n. 25/1955 e ss. mm. 1 Andando ad esaminare in particolare l’art. 21 di tale legge si può osservare che nell’elenco delle forme di previdenza ed assistenza applicabili al lavoratore apprendista non rientra la tipologia delle integrazioni salariali. Sulla materia, poi, sono intervenute sia la Corte Costituzionale che, con ordinanza n. 411/1987, ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità della normativa disciplinante la cassa integrazione nella parte in cui non contempla gli apprendisti tra i beneficiari della stessa, sia la Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. lav., n. 8229/1994) che ha escluso l’integrazione salariale per gli apprendisti in ragione del fine formativo perseguito dal contratto stesso che mal si concilia e non può essere perseguito con la sospensione dell’attività produttiva dell’impresa. Del resto, a ben guardare le motivazioni addotte a sostegno dell’applicazione del regime delle integrazioni salariali ai contratti di formazione e lavoro nella sentenza del TAR Lazio n. 8138/2005, sopra citata, appare evidente come il giudice amministrativo parta dal presupposto che per tali contratti non vi sia disciplina specifica in materia e che quindi, in carenza di deroghe, debba applicarsi l’identico regime delle integrazioni salariali valido per i rapporti di lavoro ordinari. Situazione che non sussiste per il rapporto di apprendistato, ove esiste, come sopra evidenziato, la specifica disciplina delle prestazioni previdenziali di cui all’art. 21 L. n. 25/1955 che non contempla il riconoscimento della Cassa Integrazione Guadagni. Pertanto, alla luce di quanto finora esposto, considerati l’orientamento giurisprudenziale e le specifiche disposizioni normative in materia, non pare possibile estendere l’interpretazione in tema di integrazioni salariali formulata per il contratto di formazione e lavoro alle nuove tipologie contrattuali in cui si articola il rapporto di apprendistato. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP FF 2 INTERPELLO N. 36/2007 Roma, 29 novembre 2007 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Alla FEDERMECCANICA P.le B. Juarez, 14 00144 – Roma DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. 25/I/0015926 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e disciplina applicabile. La Federmeccanica ha avanzato richiesta d’interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla disciplina applicabile al contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione, nell’attesa della specifica regolamentazione di cui all’art. 47, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. L’apprendistato qualificante è disciplinato dall’art. 48 del citato decreto ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica d’istruzione e formazione professionale. Nel nuovo impianto normativo, esso costituisce l’unico contratto di lavoro stipulabile a tempo pieno da chi abbia meno di 18 anni, salvo che non si tratti di minore già in possesso di una qualifica professionale. Tuttavia, la disciplina del rapporto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione e dei relativi profili formativi non è a tutt’oggi operativa in quanto strettamente connessa alla riforma del sistema d’istruzione prevista dalla L. n. 53/2003. Questo Ministero con circ. n. 30/2005 ha poi chiarito che, in attesa delle intese di cui al comma 4 dell’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003, per i giovani di età compresa tra i 16 e 18 anni, per i quali non risulti ancora utilizzabile l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, sono applicabili la disciplina di cui alla L. n. 25/1955, come modificata ed integrata dalla L. n. 56/1987 e dalla L. n. 196/1997 e, con riguardo alla parte normativa, nonché ai contenuti formativi, le disposizioni dei contratti collettivi che disciplinano la precedente tipologia di apprendistato, in quanto compatibili. 1 Tale concetto è stato, peraltro, ribadito con la nota prot. 25/I/3772 del 2 maggio 2006, in risposta ad un’istanza d’interpello, che ha chiarito che per l’assunzione con contratto di apprendistato dei minori di 18 anni - salvo il caso di diciassettenne in possesso di qualifica professionale conseguita con altro contratto di apprendistato, il quale potrà svolgere l’apprendistato professionalizzante - si dovrà fare ricorso alle disposizioni di cui alla L. n. 25/1955, come modificata ed integrata dalla L. n. 56/1987 e dalla L. n. 196/1997. Alla luce di quanto sopra esposto e con particolare riferimento al settore metalmeccanico, per i contratti stipulati con giovani di età compresa tra i 16 e i 18 anni, la disciplina applicabile è quella di cui alla L. n. 25/1955, come modificata ed integrata dalla L. n. 56/1987 e dalla L. n. 196/1997 e si dovrà fare riferimento al CCNL del 7 maggio 2003, salvo per la parte retributiva, rispetto alla quale si dovrà tenere conto della regolamentazione contenuta nel più recente CCNL del 19 gennaio 2006. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro) PP IVR 2 INTERPELLO N. 3/2008 Roma, 11 febbraio 2008 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Al Consiglio Nazionale Ordine dei Consulenti del Lavoro Via Cristoforo Colombo, 456 00145 Roma DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. 25/I/0002322 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – cumulo fra di apprendistato ex L. n. 25/1955 e periodi di ex art. 49, D.Lgs. n. 276/2003. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha presentato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla cumulabilità, al fine di completare la durata contrattuale del rapporto di lavoro, fra periodi di apprendistato di cui alla previgente normativa e periodi di apprendistato professionalizzante disciplinato dal D.Lgs. n. 276/2003. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Il caso prospettato dall’interpellante attiene all’ipotesi in cui un lavoratore sia assunto con contratto di apprendistato professionalizzante dopo avere svolto un periodo di apprendistato nella vigenza della L. n. 25/1955. Il quesito attiene, in particolare, alla possibilità di cumulare i due periodi per raggiungere la durata massima dell’apprendistato prevista dalla contrattazione collettiva per la specifica figura professionale. La disciplina dell’apprendistato è stata, come noto, integralmente rivisitata dal D.Lgs. n. 276/2003, che ha introdotto tre distinte tipologie, ciascuna caratterizzata da diversi contenuti formativi. Tale disciplina, peraltro, va integrata con le disposizioni contenute nella L. n. 25/1955, non abrogate dal citato D.Lgs. n. 276/2003, che continuano a trovare applicazione ai contratti di apprendistato, in quanto compatibili con il nuovo quadro normativo (cfr. circolare del Ministero del lavoro n. 40/2004). In particolare rileva, in materia di computo della durata dell’apprendistato, quanto stabilito dall’art. 8 della citata L. n. 25/1955, che così recita: “i periodi di servizio prestato in qualità di apprendista presso più datori di lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima… 1 purché non separati da interruzioni superiori ad un anno e purché si riferiscano alle stesse attività”. In presenza delle condizioni indicate dal citato art. 8, un nuovo rapporto di lavoro, disciplinato dalla normativa e dalle disposizioni contrattuali sull’apprendistato professionalizzante, sarà instaurato tenendo conto, ai fini del computo della durata massima, del periodo di lavoro già svolto nel precedente rapporto. La durata del nuovo apprendistato potrà essere, dunque, calcolata sommando la durata del vecchio rapporto con quello nuovo. Il precedente periodo va tenuto in considerazione, peraltro, non solo per computare la durata complessiva dell’apprendistato, ma anche e soprattutto per rimodulare i contenuti formativi del nuovo rapporto. Ciò consente da un lato di tenere nella dovuta considerazione l’esperienza già acquisita dal dipendente nel precedente periodo, dall’altro lato di formulare un percorso di formazione personalizzato, così come richiesto dalla disciplina dell’apprendistato professionalizzante. Tale soluzione appare coerente con altri orientamenti interpretativi forniti dal Ministero del lavoro in relazione a questioni in parte coincidenti con l’argomento in esame (cfr. risposte ad interpello n. 8/2007 e n. 11/2007). Conclusivamente, può dirsi corretta la soluzione prospettata dall’interpellante, relativa alla cumulabilità dei due periodi, con la precisazione circa la necessità che il nuovo rapporto di lavoro individui contenuti formativi diversi ed aggiuntivi rispetto a quelli che hanno caratterizzato il primo rapporto, in modo da preservare i caratteri di diversità fra la vecchia e nuova tipologia di apprendistato, in particolare per quanto attiene ai contenuti formativi da assicurare all’apprendista secondo la nuova disciplina. IL DIRETTORE GENERALE ad interim f.to Massimo Pianese PP LA 2 INTERPELLO N. 9/2008 Roma, 27 marzo 2008 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale All’ AGENS - Agenzia Confederale dei Trasporti e Servizi Via Appia Pignatelli, 5 00178 Roma DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. 25/I/0004442 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – Apprendistato professionalizzante – Figura del tutore aziendale. L’AGENS - Agenzia Confederale dei Trasporti e Servizi - ha avanzato richiesta di interpello per conoscere il parere di questa Direzione in merito alla necessità o meno della presenza costante del tutore in affiancamento all’apprendista macchinista nei servizi di condotta dei treni. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di lavoro, si rappresenta quanto segue. A questo proposito, si fa presente che, ai sensi della disciplina in materia di apprendistato ed in particolare del D.M. del 28 febbraio 2000, il tutor ha il compito di affiancare l’apprendista nella formazione e di trasmettere allo stesso le competenze necessarie all’esercizio dell’attività lavorativa, collaborando attivamente alla definizione del relativo percorso formativo. Il suddetto ruolo del tutor, quale figura di riferimento per l’apprendista nel corso della sua permanenza in azienda, risulta, altresì, confermato, nell’ambito delle attività ferroviarie, dal CCNL del 16/04/2003 (art. 18, punto 8) e dall’accordo nazionale sottoscritto, in data 1/03/2006, dalla stessa Agenzia interpellante e dalle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL medesimo, compresa l’Or.S.A., Organizzazione Sindacati Autonomi e di Base – Settore Ferrovie. Le sopracitate fonti contrattuali, che consentono l’applicazione immediata dell’istituto dell’apprendistato professionalizzante nel relativo settore, prevedono, in particolare, anche con riferimento alla figura professionale del macchinista, in conformità alle disposizioni di cui al D.M. 28 febbraio 2000, n. 22, la nomina di un tutor aziendale, da parte del datore di lavoro, al fine di assicurare il necessario raccordo tra l’apprendimento sul lavoro e la formazione teorico-pratica, con 1 il compito di esprimere, altresì, le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista, ai fini della relativa attestazione di idoneità rilasciata dall’impresa. Per quanto attiene, più in particolare, alla problematica della presenza costante del tutore durante lo svolgimento della prestazione lavorativa dell’apprendista, dall’analisi della normativa vigente non si desume alcun obbligo di affiancamento continuativo, come si ricava indirettamente dalla previsione secondo cui “il tutor può seguire fino a 5 apprendisti”. Tale assunto risulta confermato, peraltro, dal CCNL Trasporto Merci, relativo ad un settore merceologico affine a quello in esame. L’art. 5, punto 14, (nel testo sostituito dal verbale di accordo del 18/10/2005 sull’apprendistato professionalizzante) del suddetto CCNL, con riferimento agli autisti inquadrati nei livelli 3° e 3° super, prevede, infatti, che l’accompagnamento da parte del tutor per l’intera la durata del contratto di apprendistato avviene “prescindendo dall’affiancamento fisico del tutor”, “considerato che per la guida dei veicoli industriali è già necessario il possesso di una serie di requisiti di legge che attestano la specifica idoneità tecnica”. Più specificatamente, per quanto attiene al settore ferroviario, dall’esame del punto 9 del sopra indicato accordo nazionale del 1/03/2006, risulta che il macchinista in apprendistato, nei primi 20 mesi, può essere utilizzato soltanto in servizi “a doppio agente”, nei quali la condotta del treno è affidata a due macchinisti (con funzione di “primo agente” e “secondo agente”); decorso il suddetto periodo, qualora sia in possesso delle previste abilitazioni, l’apprendista potrà essere utilizzato anche nei servizi ad agente unico. Nell’allegato 1, contenente “Profili formativi per la figura professionale di Macchinista – livello D”, che costituisce parte integrante dell’accordo di settore del 1/03/2006, è previsto, inoltre, un modulo formativo dedicato al tirocinio pratico. Quest’ultimo si articola in 250 giornate di prestazione di effettivo servizio di condotta, da parte dell’apprendista, in qualità di secondo agente, di cui almeno 10 in presenza dell’istruttore. Il testo in esame contiene, altresì, l’espressa precisazione che, nel corso delle suddette 250 giornate, i macchinisti impegnati nell’esercizio dell’attività di primo agente “non sono da considerare tutori aziendali per l’apprendistato”. Tale ultima precisazione, unitamente alla sopracitata disciplina normativa e contrattuale in materia di apprendistato, risulta, pertanto, confermare sia pur implicitamente l’insussistenza di un obbligo di affiancamento continuativo del tutore all’apprendista macchinista nell’esercizio nell’attività di condotta dei treni sull’infrastruttura ferroviaria. L’esigenza di garantire la circolazione del convoglio in sicurezza è affidata, in particolare, alle disposizioni che prevedono che l’apprendista abbia conseguito le necessarie abilitazioni, abbia concluso il tirocinio pratico e che sia decorso il periodo di 20 mesi previsto dall’accordo nazionale sopracitato per l’utilizzazione del macchinista in apprendistato nei servizi ad agente unico. 2 Si ritiene opportuno precisare da ultimo che tali considerazioni sono riferite “esclusivamente” all’attività di tutoraggio nell’apprendistato e non influenzano in alcun modo la più ampia problematica della “conduzione ad agente unico” che, per i profili legati alla circolazione ferroviaria ed alla sicurezza sul lavoro, è, ovviamente, oggetto di specifica trattazione in altre sedi. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Paolo Pennesi) MS 3 INTERPELLO N. 14/2008 Roma, 10 giugno 2008 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali Al Consiglio Nazione dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Via Cristoforo Colombo, 456 00145 Roma DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. 25/I/0007472 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – art. 49, comma 5 bis, D.Lgs. n. 276/2003 – assenza di profili formativi specifici nella regolamentazione regionale Marche ed applicazione della disciplina del CCNL. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha richiesto il parere di questa Direzione generale in merito alla corretta interpretazione dell’art. 49, comma 5-bis, D.Lgs. n. 276/2003. In particolare si chiedono chiarimenti in ordine alla possibilità di ricorrere ai profili formativi definiti dalla contrattazione collettiva di settore, nelle ipotesi in cui la regione Marche, pur avendo regolamentato l’apprendistato professionalizzante con la L. R. n. 2/2005, abbia individuato detti profili formativi soltanto per alcuni settori e non ancora per altri. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. L’art. 17, comma 2, L.R. Marche n. 2/2005 ha previsto che la Giunta regionale disciplini, in accordo con le Associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale, i profili formativi del contratto di apprendistato professionalizzante e le modalità di riconoscimento e certificazione delle competenze. Tale previsione normativa ha trovato attuazione, in sede amministrativa, con l’emanazione delle successive D.G.R. n. 976/2005, D.G.R. n. 1113/2005 e D.G.R. n. 73/2006, le quali hanno disciplinato organicamente l’istituto dell’apprendistato professionalizzante ex art. 49, D.Lgs. n. 276/2003. Si tratta dunque di stabilire se, fermo restando il rispetto dei requisiti di ammissibilità del ricorso all’apprendistato professionalizzante definiti con normativa regionale, gli stessi possano essere estesi anche a tutte quelle mansioni ed a tutti quei profili formativi non contemplati dalla normativa medesima, per i quali i CCNL (cui la stessa normativa regionale rinvia) prevedano la possibilità di stipulare detto contratto. Nell’esame della questione occorre muovere da due presupposti di legge. 1 In primo luogo, il dettato normativo osta alla stipulazione di contratti di apprendistato professionalizzante in assenza di una disciplina del nuovo istituto da parte del CCNL. In secondo luogo, l’art. 49, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 276/2003 attribuisce ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale la facoltà di dettare una disciplina esaustiva dei contratti di apprendistato, quindi comprensiva dei profili formativi, al fine di rendere immediatamente operativo questo istituto nel periodo transitorio, ovvero in attesa dell’emanazione della legge regionale prevista dallo stesso art. 49, comma 5. Sempre nell’ottica di garantire una più celere e piena attuazione dell’apprendistato, questo Ministero con circolare n. 30/2005 ha chiarito che: “qualora il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato preveda la regolamentazione dell’istituto, ma non contenga una precisa disciplina dei profili formativi, le parti in accordo tra loro, potranno determinarne il contenuto, vuoi con riferimento ai profili formativi predisposti dall’Isfol in vigenza della legge n. 196/1997, vuoi mediante l’ausilio degli Enti Bilaterali (...), vuoi infine tenendo conto di quanto previsto dai provvedimenti regionali fin qui adottati in materia di disciplina sperimentale dell’apprendistato professionalizzante”. Nella stessa ottica si collocano le discipline regionali che sono intervenute in via transitoria a dettare la regolamentazione dei profili formativi e alle quali si riconosce particolare rilievo nell’obiettivo di mettere a regime il nuovo istituto. Per tali discipline transitorie tuttavia, a differenza di quanto ritenuto per i CCNL, non è prevista, né pare configurabile conformemente alla loro natura di fonti normative e non negoziali, alcuna forma di “integrazione” da parte dell’autonomia individuale. Se dunque la disciplina normativa regionale non risulta applicabile per carenza relativa ai profili formativi o alle mansioni, come nei quesiti in esame e la stessa, sul punto, non contiene alcun rinvio in funzione integrativa alla disciplina dettata dal contratto collettivo applicabile, i contratti di apprendistato potranno essere validamente stipulati sulla base della disciplina contenuta nel CCNL di cui all’art. 49, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 276/2003. Ne consegue, in tale ipotesi, che laddove il contratto di apprendistato da stipularsi faccia riferimento, quanto alla disciplina applicabile, al CCNL e non alla legge regionale, relativamente allo stesso contratto non sarà necessario il rilascio del parere di conformità da parte dei competenti organi regionali, applicandosi integralmente la disciplina contrattuale ai sensi del citato art. 49, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 276/2003. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Paolo Pennesi) 2 INTERPELLO N. 44/2008 Roma, 3 ottobre 2008 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali Al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Via Cristoforo Colombo, 456 00145 Roma DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA Prot. 25/I/0013423 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – limiti numerici di tirocinanti in aziende facenti parte di un Gruppo Europeo di Interesse Economico – computo degli apprendisti ai fini dei limiti numerici. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha proposto istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione in merito alla portata della disposizione contenuta nell’art. 1 del D.M. 25 marzo 1998, n. 142 – regolamento recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all’art. 18 della L. 24 giugno 1997, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento – relativa al limite numerico dei tirocinanti che possono essere ospitati presso un datore di lavoro. La questione interpretativa sollevata attiene, in particolare, alla possibilità di poter rapportare il limite massimo dei tirocinanti presenti all’interno di un G.E.I.E. (Gruppo Europeo di Interesse Economico) alla totalità dei dipendenti delle imprese socie del gruppo. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. Per sciogliere il nodo interpretativo prospettato occorre prendere le mosse dalla finalità della norma sopra richiamata, nonché dalla natura giuridica del G.E.I.E. Com’è noto, il tirocinio formativo e di orientamento, o stage, è un periodo di formazione on the job, ossia una forma di inserimento temporaneo all’interno dell’azienda, non costituente rapporto di lavoro, finalizzata a consentire ai soggetti coinvolti di conoscere e di sperimentare in modo concreto la realtà lavorativa attraverso una formazione professionale e un addestramento pratico direttamente sul luogo di lavoro. Il rapporto di tirocinio è regolato da un’apposita convenzione e vede coinvolti tre soggetti: il soggetto promotore che procede all’attivazione dello stage (Università, istituzioni scolastiche, Enti di formazione ecc), l’azienda ospitante ed il tirocinante quale beneficiario dell’esperienza formativa. In base al dettato normativo di cui all’art. 4 del D.M. 25 marzo 1998, n. 142 è necessario allegare alla convenzione stipulata dai soggetti promotori e dai datori di lavoro un progetto formativo e di orientamento, per ciascun tirocinante, contenente, tra l’altro, gli obiettivi e le modalità di svolgimento del tirocinio ed il nominativo del tutore incaricato dal soggetto promotore e del responsabile aziendale. Nella cornice normativa regolante l’istituto, un ruolo nevralgico è riservato proprio alla figura del tutor formativo, quale soggetto che assume l’incarico di responsabile didattico-organizzativo delle attività del tirocinante. Il tutor, in sostanza, è chiamato a svolgere un’attività di affiancamento nei confronti del tirocinante nei momenti formativi e finisce per costituire il punto di riferimento per l’azienda per le problematiche che possono insorgere in ordine al rapporto di stage. Il Legislatore, nella materia in argomento, ha avvertito la necessità di fissare precisi limiti numerici al numero di tirocinanti che possono essere ospitati all’interno dell’azienda. In particolare, l’art. 1, comma 3, del richiamato D.M. sancisce i seguenti limiti numerici: - le aziende con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato possono ospitare un tirocinante; - quelle con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra sei e diciannove, non più di due tirocinanti contemporaneamente; - quelle, infine, con più di venti dipendenti a tempo indeterminato, un numero di tirocinanti, contemporaneamente, non superiore al 10% dei dipendenti. Detta necessità trova la sua ratio giustificatrice nell’esigenza di garantire il mantenimento dello stage nell’ambito delle finalità che gli sono proprie, ossia il momento formativo on the job, finalità che potrebbe essere frustrata qualora si consentisse un inserimento contemporaneo di un numero eccessivo di tirocinanti presso lo stesso datore di lavoro. In siffatta evenienza, invero, un’adeguata formazione e un effettivo sostegno del tutoraggio potrebbe, in concreto, apparire di difficile realizzazione. La medesima ragione giustificatrice inerente limite numerico dei tirocinanti pare potersi valorizzare pure nell’ipotesi in cui l’inserimento degli stagisti riguardi aziende socie di un G.E.I.E. Il G.E.I.E. è un soggetto, dotato di capacità giuridica, previsto dal Regolamento CEE n. 2137/85 del Consiglio del 25 luglio 1985 con l’obiettivo di promuovere una cooperazione transnazionale tra le imprese a livello europeo, mediante lo sviluppo, da parte del Gruppo, di un’attività comune ed ausiliaria rispetto a quelle delle imprese che lo costituiscono. Proprio in ragione di detto carattere ausiliario, l’attività del G.E.I.E. deve ricollegarsi all’attività economica dei suoi membri e non ad essa sostituirsi. 2 In sostanza, l’organismo in parola si presenta quale strumento giuridico mediante il quale i suoi componenti – almeno due, appartenenti a Stati membri e rappresentati da soggetti di diritto pubblico o privato, persone fisiche che svolgono un’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola o che forniscono servizi professionali o di altra natura all’interno della Comunità – pur mantenendo l’indipendenza economica e giuridica, possono migliorare o incrementare le proprie attività mediante la condivisione di risorse, attività ed esperienze. Ad analoga conclusione si perviene, inoltre, anche nell’ipotesi in cui i tirocinanti da inserire in azienda siano stranieri. Premesso che la materia dei tirocini formativi e di orientamento per i cittadini non appartenenti all’Unione Europea ha trovato regolamentazione nel Decreto interministeriale del 22 marzo 2006 – che al riguardo non detta deroghe specifiche quanto ai limiti numerici – non si comprende sulla base di quali dati positivi sia consentito, come richiesto dall’interpellante, eliminare o aumentare i limiti previsti dall’art. 1 del D.M. n. 142/1998. Con ulteriore quesito viene, inoltre, chiesto se nel computo dei lavoratori a tempo indeterminato necessari per determinare il numero massimo da ospitare in azienda vadano o meno inclusi gli apprendisti. Sul punto, in assenza di una espressa previsione normativa, è possibile fornire risposta in senso negativo ricordando che, sia ai sensi dell’art. 21, comma 7, della L. n. 56/1987 che dell’art. 53, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, “i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti”. Del resto, appare ragionevole escludere dal computo gli apprendisti anche in ragione del fatto che già con riferimento a tali categorie di lavoratori esistono limiti numerici legati alla necessità di garantire una adeguata proporzione tra questi ultimi e le “maestranze specializzate e qualificate” in servizio presso il datore di lavoro. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Paolo Pennesi) AV 3 INTERPELLO N.50/2008 Roma, 7 ottobre 2008 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali Alla Confcommercio Piazza G. G. Belli, 2 00153 – Roma DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA prot. 25/I/0013622 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – apprendistato professionalizzante – art. 49, comma 5 ter, D.Lgs. n. 276/2003 – applicazione. Con istanza di interpello la Confcommercio ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla applicabilità immediata, per le aziende del Terziario, della previsione di cui all’art. 49, comma 5 ter, del D.Lgs. n. 276/2003, recentemente introdotto dall’art. 23, comma 2, del D.L. n. 112/2008 (conv. da L. n. 133/2008). Detta previsione stabilisce che “in caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo”. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue. È opportuno anzitutto ricordare che il Legislatore, all’art. 49, comma 5, del D.Lgs. n. 276/2003 ha previsto che “la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante é rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale” nel rispetto di alcuni principi e criteri direttivi fra i quali: “la previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per 1 anno, per la acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali” e “la presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate”. La difficoltà rilevate nella adozione delle discipline regionali hanno spinto il Legislatore ad introdurre con D.L. n. 35/2005 (conv. da L. n. 80/2005), un comma 5 bis, all’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003, secondo il quale “fino all’approvazione della Legge Regionale prevista dal comma 5, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Come anche chiarito con risposta ad interpello n. 14/2008, è dunque possibile – qualora manchi una disciplina regionale del contratto di apprendistato professionalizzante ovvero qualora detta disciplina non risulti applicabile in quanto non contempla determinati profili formativi o mansioni – stipulare validamente un contratto di apprendistato sulla base della disciplina contenuta nel CCNL di cui all’art. 49, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 276/2003. La volontà del Legislatore di agevolare la diffusione di tale tipologia contrattuale, trova ora un ulteriore riscontro nel nuovo comma 5 ter dell’art. 49, introdotto dal D.L. n. 112/2008. La previsione, senza modificare l’impianto normativo preesistente, introduce dunque un “canale parallelo” a quelli descritti. Ai sensi del citato comma 5 ter, è infatti il contratto collettivo, di ogni livello, a dettare la nozione di formazione interna; formazione che può risolversi in attività anche “fisicamente” esterne all’azienda, purché sia quest’ultima a dirigerne lo svolgimento e purché tale formazione non implichi finanziamenti pubblici. In forza del dettato normativo è dunque la contrattazione collettiva a definire e disciplinare la formazione aziendale che, alla stregua di quanto chiarito dalla Corte Cost. con sent. n. 50/2005, non può dunque essere aprioristicamente determinata né tanto meno condizionata dalle normative regionali, competenti a disciplinare, d’intesa con le parti sociali di livello regionale, i contenuti e le modalità di accesso all’offerta formativa pubblica e alle relative risorse finanziarie. La previsione di cui al comma 5 ter è peraltro da considerarsi immediatamente operativa, anche con riferimento a quei contratti collettivi che hanno introdotto una nozione di formazione aziendale sulla scorta del preesistente quadro normativo. Nel caso di specie, nell’accordo per il rinnovo del CCNL del Terziario siglato il 17 luglio scorso, le parti hanno concordato (art. 60, Dichiarazione a verbale n. 1) l’istituzione di una Commissione Paritetica con il compito di applicare quanto demandato alla contrattazione collettiva dal succitato comma 5 ter e, in attesa delle determinazioni della Commissione Paritetica, il CCNL conferma, anche per la formazione esclusivamente aziendale, i profili formativi definiti nel Protocollo ISFOL del 10 gennaio 2002. 2 I contenuti del citato CCNL appaiono dunque in linea con i principi espressi dal comma 5 ter dell’art. 49, secondo il quale è rimessa alle parti sociali anche la facoltà di derogare ai principi e criteri direttivi di cui al comma 5 dello stesso art. 49. In tal senso la Confcommercio chiede peraltro se, nei casi di formazione esclusivamente aziendale: - la presenza e l’individuazione nominativa del tutor aziendale continui ad essere obbligatoria; - il piano di formazione individuale – predisposto dall’Azienda sulla base dei profili Isfol – debba rispondere a particolari requisiti di forma; - l’erogazione della formazione possa avvenire in ambito aziendale anche in modalità elearning (per alcuni moduli), oltre che in aula e “on the job”; - la registrazione della formazione erogata, in assenza del libretto formativo del cittadino, possa avvenire mediante supporti informatici e fogli firma. Al riguardo, nell’auspicare comunque che la contrattazione collettiva e gli enti bilaterali disciplinino nel dettaglio la formazione aziendale, va evidenziato che detta disciplina, secondo quanto specificato dal Legislatore, dovrà comunque e necessariamente determinare, per ciascun profilo formativo, “la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo”. IL DIRETTORE GENERALE (f.to Paolo Pennesi) DP 3 x Lettera di assunzione con contratto di apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione x Lettera di assunzione con contratto di apprendistato per l'espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione x Lettera di assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante x Lettera di licenziamento dell'apprendista al compimento del periodo di apprendistato x Piano formativo individuale Lettera di assunzione con contratto di apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione Egregio signor ........................................... ........................................... =================== Le comunichiamo l'assunzione alle nostre dipendenze con decorrenza dal .......... e con contratto di apprendistato al conseguimento del titolo di studio di ([oppure] al conseguimento della specializzazione tecnica superiore di) (*) ........... e alle seguenti condizioni: .......... a) ai sensi dell'art. 50 del decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 e del contratto collettivo la durata del contratto di apprendistato è fissata in .......... al termine del quale la .......... potrà dare disdetta ai sensi dell'art. 2118 cod. civ.; b) la Sua retribuzione sarà di euro ............... (orari o settimanali o mensili) (1) al lordo delle trattenute previdenziali e fiscali; c) il Suo luogo predominante di lavoro è presso la sede di .......... via .......... [resta inteso che Ella dichiara sin d'ora la Sua disponibilità a svolgere temporaneamente l'attività lavorativa anche in luoghi diversi da quello di assunzione e dalla sua originaria sede di lavoro (2)] (3); [d) viene pattuito un periodo di prova di ............; l'assunzione diverrà definitiva solo al superamento di detto periodo (indicare il periodo di prova previsto dal contratto collettivo per la qualifica corrispondente (4)) (2).] Per tutto quanto non espressamente previsto trova applicazione il c.c.n.l. di categoria (5). La preghiamo di restituirci copia della presente firmata per accettazione del suo contenuto. Data .............. Firma del datore di lavoro ............................. Firma del lavoratore ............................. [Firma dell'esercente la patria potestà ...................................] (6) Note (*) Il presente contratto di apprendistato può essere stipulato al fine del conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, per il conseguimento di titoli di studio universitario o di alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, oppure per la specializzazione tecnica superiore di cui all'art. 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144. (1) E' possibile anche limitarsi a richiamare il trattamento retributivo del c.c.n.l. prevedendo solo che "la Sua retribuzione è quella stabilita dal predetto c.c.n.l.". Nel caso che venga attribuito un superminimo individuale sarà opportuno specificare contestualmente se, in base agli accordi con il dipendente, esso sia assorbibile o no negli aumenti retributivi risultanti da rinnovi contrattuali, da avanzamenti di carriera o altro. (2) Clausola eventuale. (3) Nel caso di mancanza di una sede predominante di lavoro nella lettera c) deve essere inserita la seguente indicazione: "non è assegnata una sede fissa o predominante di lavoro, potendo Ella essere occupata, per contratto, in luoghi diversi; si precisa pertanto che la .......... (indicare il nominativo del datore di lavoro individuale, ovvero della società, ente, associazione che assume il lavoratore) ha sede/domicilio in .......... via .......... (oppure: ha domicilio in ........... via ..........)". (4) E' possibile pattuire un periodo di prova più breve o nessun periodo di prova mentre non è consentito pattuire un periodo più lungo. Dall'art. 2096 cod. civ. e dall'art. 10 della legge n. 604 del 15 luglio 1966 deriva che il periodo massimo di prova è di 6 mesi. L'art. 4 del regio decreto legge n. 1825 del 13 novembre 1924 stabilisce che, per l'assunzione di personale appartenente alla categoria degli impiegati il periodo di prova non può in nessun caso superare: - mesi sei per gli institori, procuratori, rappresentanti a stipendio fisso, direttori tecnici o amministrativi ed impiegati di grado e funzioni equivalenti; - mesi tre, per tutte le altre categorie di impiegati. E' possibile, in ogni caso, indicare un periodo minimo, prima del quale le parti non possono recedere dal contratto di lavoro. (5) Mediante il rinvio al contratto collettivo applicato si può adempiere l'obbligo di fornire al lavoratore le informazioni di cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 152 del 1997 sul patto di prova, sulla retribuzione iniziale e le sue componenti, sull'orario di lavoro, le ferie e il periodo di preavviso. (6) Solo se trattasi di apprendista minorenne. Lettera di assunzione con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione Egregio signor ........................................... ........................................... =================== Le comunichiamo l'assunzione alle nostre dipendenze con decorrenza dal .......... e con contratto di apprendistato al conseguimento della qualifica professionale di ........... e alle seguenti condizioni: ..........(*) a) ai sensi dell'art. 48 del decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 e del contratto collettivo la durata del contratto di apprendistato è fissata in .......... (1) al termine del quale la .......... potrà dare disdetta ai sensi dell'art.2118cod.civ.; b) la Sua retribuzione sarà di euro ............... (orari o settimanali o mensili) (2) al lordo delle trattenute previdenziali e fiscali; c) il Suo luogo predominante di lavoro è presso la sede di .......... via .......... [resta inteso che Ella dichiara sin d'ora la Sua disponibilità a svolgere temporaneamente l'attività lavorativa anche in luoghi diversi da quello di assunzione e dalla sua originaria sede di lavoro (3)] (4); [d) viene pattuito un periodo di prova di ............; l'assunzione diverrà definitiva solo al superamento di detto periodo (indicare il periodo di prova previsto dal contratto collettivo per la qualifica corrispondente (5)) (3).] Per tutto quanto non espressamente previsto trova applicazione il c.c.n.l. di categoria (6). La preghiamo di restituirci copia della presente firmata per accettazione del suo contenuto. Data .............. Firma del datore di lavoro ............................. Firma del lavoratore ............................. [Firma dell'esercente la patria potestà ...................................] (7) Note (*) Indicare il piano formativo individuale (v. apposito fac-simile) attraverso cui conseguire la qualifica che potrà consistere in formazione interna o esterna all'azienda. (1) Il contratto di apprendistato per il diritto-dovere di istruzione e di formazione ha durata non superiore a tre anni. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l'impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l'accertamento dei crediti formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 (art. 48, secondo comma del D.Lgs.n.276del2003). (2)E' possibile anche limitarsi a richiamare il trattamento retributivo del c.c.n.l. prevedendo solo che "la Sua retribuzione è quella stabilita dal predetto c.c.n.l.". Nel caso che venga attribuito un superminimo individuale sarà opportuno specificare contestualmente se, in base agli accordi con il dipendente, esso sia assorbibile o no negli aumenti retributivi risultanti da rinnovi contrattuali, da avanzamenti di carriera o altro. In ogni caso l'apprendista non potrà essere retribuito a cottimo. (3) Clausola eventuale. (4) Nel caso di mancanza di una sede predominante di lavoro nella lettera c) deve essere inserita la seguente indicazione: "non è assegnata una sede fissa o predominante di lavoro, potendo Ella essere occupata, per contratto, in luoghi diversi; si precisa pertanto che la .......... (indicare il nominativo del datore di lavoro individuale, ovvero della società, ente, associazione che assume il lavoratore) ha sede/domicilio in .......... via .......... (oppure: ha domicilio in ........... via ..........)". (5) E' possibile pattuire un periodo di prova più breve o nessun periodo di prova mentre non è consentito pattuire un periodo più lungo. Dall'art.2096cod.civ. e dall'art.10dellaleggen.604del15luglio1966 deriva che il periodo massimo di prova è di 6 mesi. L'art. 4 del regio decretoͲlegge n. 1825 del 13 novembre 1924 stabilisce che, per l'assunzione di personale appartenente alla categoria degli impiegati il periodo di prova non può in nessun caso superare: - mesi sei per gli institori, procuratori, rappresentanti a stipendio fisso, direttori tecnici o amministrativi ed impiegati di grado e funzioni equivalenti; - mesi tre, per tutte le altre categorie di impiegati. E' possibile, in ogni caso, indicare un periodo minimo, prima del quale le parti non possono recedere dal contratto di lavoro. (6) Mediante il rinvio al contratto collettivo applicato si può adempiere l'obbligo di fornire al lavoratore le informazioni di cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 152 del 1997 sul patto di prova, sulla retribuzione iniziale e le sue componenti, sull'orario di lavoro, le ferie e il periodo di preavviso. (7) Solo se trattasi di apprendista minorenne. Lettera di assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante Egregio signor ........................................... ........................................... =================== Le comunichiamo l'assunzione alle nostre dipendenze con decorrenza dal .......... e con contratto di apprendistato al conseguimento della qualifica di ........... e alle seguenti condizioni: ..........(*) a) ai sensi dell'art. 49 del decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 e del contratto collettivo la durata del contratto di apprendistato è fissata in .......... (1) al termine del quale la .......... potrà dare disdetta ai sensi dell'art.2118cod.civ.; b) la Sua retribuzione sarà di euro ............... (orari o settimanali o mensili) (2) al lordo delle trattenute previdenziali e fiscali; c) il Suo luogo predominante di lavoro è presso la sede di .......... via .......... [resta inteso che Ella dichiara sin d'ora la Sua disponibilità a svolgere temporaneamente l'attività lavorativa anche in luoghi diversi da quello di assunzione e dalla sua originaria sede di lavoro (3)] (4); [d) viene pattuito un periodo di prova di ............; l'assunzione diverrà definitiva solo al superamento di detto periodo (indicare il periodo di prova previsto dal contratto collettivo per la qualifica corrispondente (5)) (3).] Per tutto quanto non espressamente previsto trova applicazione il c.c.n.l. di categoria (6). La preghiamo di restituirci copia della presente firmata per accettazione del suo contenuto. Data .............. Firma del datore di lavoro ............................. Firma del lavoratore ............................. Note (*) Indicare il piano formativo individuale (v. apposito fac-simile) attraverso cui conseguire la qualifica che potrà consistere in formazione interna o esterna all'azienda. (1) La durata non può comunque essere superiore a sei anni. (2) E' possibile anche limitarsi a richiamare il trattamento retributivo del c.c.n.l. prevedendo solo che "la Sua retribuzione è quella stabilita dal predetto c.c.n.l.". Nel caso che venga attribuito un superminimo individuale sarà opportuno specificare contestualmente se, in base agli accordi con il dipendente, esso sia assorbibile o no negli aumenti retributivi risultanti da rinnovi contrattuali, da avanzamenti di carriera o altro. (3) Clausola eventuale. (4) Nel caso di mancanza di una sede predominante di lavoro nella lettera c) deve essere inserita la seguente indicazione: "non è assegnata una sede fissa o predominante di lavoro, potendo Ella essere occupata, per contratto, in luoghi diversi; si precisa pertanto che la .......... (indicare il nominativo del datore di lavoro individuale, ovvero della società, ente, associazione che assume il lavoratore) ha sede/domicilio in .......... via .......... (oppure: ha domicilio in ........... via ..........)". (5) E' possibile pattuire un periodo di prova più breve o nessun periodo di prova mentre non è consentito pattuire un periodo più lungo. Dall'art. 2096 cod. civ. e dall'art. 10 della legge n. 604 del 15 luglio 1966 deriva che il periodo massimo di prova è di 6 mesi. L'art. 4 del regio decreto legge n. 1825 del 13 novembre 1924 stabilisce che, per l'assunzione di personale appartenente alla categoria degli impiegati il periodo di prova non può in nessun caso superare: - mesi sei per gli institori, procuratori, rappresentanti a stipendio fisso, direttori tecnici o amministrativi ed impiegati di grado e funzioni equivalenti; - mesi tre, per tutte le altre categorie di impiegati. E' possibile, in ogni caso, indicare un periodo minimo, prima del quale le parti non possono recedere dal contratto di lavoro. (6) Mediante il rinvio al contratto collettivo applicato si può adempiere l'obbligo di fornire al lavoratore le informazioni di cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 152 del 1997 sul patto di prova, sulla retribuzione iniziale e le sue componenti, sull'orario di lavoro, le ferie e il periodo di preavviso. Lettera di licenziamento dell'apprendista al compimento del periodo di apprendistato Egregio signor ........................................... ........................................... =================== a mani (o a mezzo racc. a/r) (1) Con la presente Le comunichiamo che alla data del ........... scadrà il termine del rapporto di apprendistato instauratosi il .......... (oppure: con data odierna scade il termine del rapporto di apprendistato instauratosi il ..........) Le comunichiamo, pertanto, ai sensi dell'art.19dellaleggen.25del19gennaio1955, la nostra volontà di dare disdetta al rapporto a norma dell'art.2118cod.civ. dalla predetta scadenza del termine (oppure: con effetto immediato e pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso). [L'andamento complessivamente positivo del rapporto (e i risultati delle prove di idoneità) ci consente - come risulta dal Suo libretto di lavoro - di riconoscerLe il conseguimento della qualifica professionale di ..........] (2) Le Sue competenze e i Suoi documenti di lavoro saranno a Sua disposizione a decorrere dal..... Distinti saluti Data .............. Firma del datore di lavoro ............................. Note N.B.: E' consigliabile che la lettera di licenziamento sia: - o consegnata personalmente al dipendente in presenza di testimoni che ne conoscono il contenuto; in caso di rifiuto di riceverla da parte del lavoratore, è opportuno che il contenuto della lettera venga letto alla presenza di testimoni e che, in ogni caso, copia della lettera stessa venga spedita a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento; - o consegnata personalmente al dipendente con "firma per ricevuta" e data apposta dal dipendente stesso su una copia che rimarrà in possesso del datore di lavoro; - o notificata al dipendente; - o inviata per posta a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento. (1) Nel caso di consegna a mani è opportuno farsi restituire copia con data e firma per ricevuta o documento equipollente. (2) Frase eventuale. Piano formativo individuale Profilo tipo: Addetto .......... (indicare il profilo) Qualifica: ......... (indicare la qualifica) Area di attività: .......... (indicare l'attività aziendale in cui sarà occupato l'apprendista) Settore: indicare il settore merceologico cui appartiene il datore di lavoro Competenze di settore - Conoscere le caratteristiche del settore - Conoscere l'impresa di riferimento nei suoi aspetti organizzativi e gestionali ed il contesto in cui opera - Saper operare nel rispetto delle norme e delle buone prassi in materia di prevenzione e protezione dai rischi per la sicurezza sul lavoro - Conoscere e sapersi adeguare alle innovazioni di prodotto, di processo e di contesto Competenze di area - Conoscere il ruolo della propria area di attività all'interno del processo di produzione e di erogazione del servizio - Sapersi orientare in un contesto aziendale orientato alla qualità e secondo le procedure previste - Conoscere e saper utilizzare gli strumenti e le tecnologie proprie delle aree di attività Competenze di profilo - Riconoscere il proprio ruolo all'interno del contesto aziendale e del processo di erogazione del servizio - Conoscere e saper utilizzare le principali tecniche di . (specificare le tecniche necessarie per eseguire l'attività in relazione alla qualifica di riferimento (1)). - Conoscere e saper effettuare: . (specificare le attività necessarie per eseguire l'attività in relazione alla qualifica di riferimento) (2). - . indicare eventuali altre competenze connesse al profilo per cui è adusto l'apprendista Tutoraggio Il sottoscritto . (indicare il nominativo de Tutor) dichiara di essere in possesso della formazione e delle competenze adeguate all'attività di tutoraggio e si rende disponibile a frequentare gli specifici corsi di formazione (di durata non inferiore a 12 ore annue) finalizzati all'approfondimento dei compiti spettanti, alla definizione ed alla gestione del Piano formativo individuale nonché al rafforzamento dei requisiti e delle funzioni previste dal decreto del Ministro del lavoro del 28 febbraio 2000. Per la .................... (indicare il datore di lavoro). ............................. Il tutor ............................. N.B. Il Piano suesposto è esemplificativo. Esso, redatto con particolare riguardo al settore del Terziario, si presta ad essere utilizzato, opportunamente adattato, per gli altri settori. (1) Es. nel caso di un elettrauto, Conoscere e saper utilizzare le principali tecniche di riparazione settore elettrico-elettronico auto. (2) Es. nel caso di elettrauto, Conoscere e saper effettuare le attività di diagnosi e riparazione con particolare ma non esaustivo riferimento a quelle di . (indicare le principali a titolo indicativo). CASI RISOLTI dall’Archivio di ESPERTO x Apprendistato professionalizzante e autorizzazione all'assunzione (Alberto Russo e Niccolò Persico) x Apprendistato: costi per la formazione (Pietro Zarattini) x Trasferta dell'apprendista e necessità della presenza del tutor (Pierluigi Rausei) x Apprendistato: abolizione del limite minimo inderogabile dei due anni (Massimiliano Tavella) x Contratto di apprendistato in scadenza e matrimonio della dipendente (Alberto Russo e Niccolò Persico) x Cumulabilità di periodi di apprendistato (Alberto Russo e Niccolò Persico) x Apprendista maggiorenne: limiti del lavoro straordinario (Giacinto Favalli) x Apprendistato: durata (Luca Failla) x Assunzione part-time di minore: ammissibilità (Pietro Zarattini) x Licenziamento o dimissioni dell'apprendista: determinazione del periodo di preavviso (Francesco Rotondi) x Apprendistato e licenziamento per giustificato motivo (Francesco Rotondi) x Successione di contratti di apprendistato (Francesco Rotondi) x Sospensione del rapporto di apprendistato: proroga del termine (Filippo Collia) 12/12/2008 Apprendistato professionalizzante e autorizzazione all'assunzione Dobbiamo assumere dei dipendenti con contratto di apprendistato professionalizzante, il Ccnl è l'ANINSEI,il luogo di lavoro e la sede della società è Pomezia, la regione Lazio ha dato indicazione per detti contratti. Ci siamo rivolti all'Ufficio per l'impiego per avere l'autorizzazione ad assumere due apprendisti, lo stesso ha negato l'autorizzazione in quanto il Ccnl ha previsto la costituzione di una Commissione Paritetica regionale, che risulta essere l'unico organo autorizzato a rilasciare le autorizzazioni per assumere apprendisti professionalizzanti (tale Commissione peraltro pretende dai richiedenti un versamento di 550,00 euro annui per associarsi e avere le autorizzazioni). Siamo contretti a seguire tale iter o l'ufficio per l'impiego deve rilasciare detta autorizzazione? La legge regionale del Lazio (art. 3, comma 3, legge n. 9 del 2003) richiede che alla comunicazione di assunzione da inoltrare al Centro per l'impiego regionale sia allegato «il parere di conformità rilasciato dall'Ente bilaterale territoriale, ove previsto dalla contrattazione collettiva, oppure dalla Commissione provinciale prevista dall'articolo 20 della legge regionale 7 agosto 1998, n. 38». In merito, occorre ricordare che «non sono da considerarsi legittime le clausole dei contratti collettivi e/o le previsioni che subordinino la stipula del contratto di apprendistato, o il parere di conformità per quanto attiene i profili formativi del contratto, alla iscrizione all'Ente Bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore nazionale. Saranno pertanto considerati validi i contratti di apprendistato stipulati anche in assenza di iscrizione all'Ente bilaterale» (Circolare Ministero del lavoro n. 30 del 2005). Conseguentemente, neppure la prassi operata dalla Commissione paritetica regionale può porsi in contrasto con questi principi, onde salvaguardare il principio costituzionale di libertà sindacale. In caso contrario, il contratto potrà ritenersi comunque valido e sarà possibile ricorrere al parere della Commissione provinciale. di Alberto Russo e Niccolò Persico 03/12/2008 Apprendistato: costi per la formazione In caso di applicazione dell'apprendistato ai sensi della normativa previgente (legge n. 196/1997) in quanto il Ccnl metalmeccanica artigiana non ha disciplinato l'apprendistato professionalizzante il costo della formazione esterna è ha carico della regione o del datore di lavoro? La materia rientra nella competenza delle Regioni che possono offrire alle aziende prive di capacità formative interne condizioni agevolate per l'accesso ai corsi destinati agli apprendisti e svolti generalmente da strutture formative accreditate. Per accertare la disponibilità di corsi gratuiti, i requisiti e le modalità di fruizione, è necessario pertanto fare riferimento alla regolamentazione in vigore a livello territoriale. di Pietro Zarattini 02/12/2008 Trasferta dell'apprendista e necessità della presenza del tutor Un dipendente apprendista può recarsi in trasferta da solo o deve obbligatoriamente essere accompagnato dal tutor aziendale? Il tutor aziendale deve accompagnare l'apprendista professionalizzante (D.Lgs. n. 276/2003) e l'apprendista cd. classico (leggi n. 25/1955 e n. 196/1997) secondo le previsioni del percorso formativo e del contratto collettivo nazionale di lavoro, al fine di «seguirne» l'addestramento e accompagnarne l'effettività della formazione. Tuttavia ciò non toglie che l'apprendista possa trovarsi a svolgere, temporaneamente, una fase di lavoro o una parte dell'attività lavorativa anche senza la presenza fisica del tutor. Ovviamente laddove tale condizione si protraesse e non fosse del tutto eccezionale non sussisterebbero le condizioni essenziali per riconoscere la legittimità di un apprendistato, dovendosi riconoscere il lavoratore considerato dal datore di lavoro idoneo ad operare in via esclusiva e senza guida come correttamente qualificato professionalmente per le rispettive mansioni. Peraltro ciò potrà essere oggetto di specifici accordi, anche a livello aziendale, ove si prescelga il canale parallelo dell'apprendistato professionalizzante con formazione esclusivamente aziendale come chiarito dalla Circolare n. 27/2008 e dall'interpello n. 50/2008 del Ministero del Lavoro. Si segnala, con riferimento alla Circolare del 18 marzo 2004 del Ministero del Lavoro, che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell'Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l'Amministrazione cui appartiene. di Pierluigi Rausei 24/11/2008 Apprendistato: abolizione del limite minimo inderogabile dei due anni La manovra d'estate ha abolito il limite minimo dei 2 anni di apprendistato. E' quindi possibile assumere con contratto di apprendistato per qualsiasi periodo inferiore alla durata massima prevista dal Ccnl? In effetti, il comma 1 dell'art. 23 del D.L. n. 112/2008, ha eliminato dall'art. 49, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 il limite minimo inderogabile dei due anni, attribuendo alle parti sociali la facoltà di fissare limiti minimi di durata del rapporto di apprendistato. Sulla base della novella legislativa, la durata del contratto di apprendistato professionalizzante, che non può essere superiore a sei anni, è stabilita, dai contratti collettivi in ragione del tipo di qualificazione da conseguire. A chiarimento della disposizione, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, è intervenuto con la Circolare 10 novembre 2008, n. 27 evidenziando il ruolo «sostanziale» riconosciuto alla contrattazione collettiva, nazionale o regionale, nell'individuazione di percorsi formativi di durata anche inferiore ai due anni nel rispetto della natura formativa del contratto di apprendistato. Con la nuova disciplina risultano, dunque, in linea anche quei contratti collettivi che consentono l'assunzione di apprendisti da impiegare in cicli stagionali, in passato esclusi. L'abolizione del limite minimo legale, consente all'impresa la trasformazione «in qualunque tempo» del rapporto di apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'applicazione della disposizione agevolativa di cui all'art. 21, comma 6, della legge n. 56/1987. A tale proposito, la Circolare n. 27/2008, richiama il personale ispettivo del Ministero del lavoro e degli Istituti previdenziali a verificare la sussistenza di «eventuali condotte elusive », consistenti nella anticipata trasformazione di un rapporto che non si è mai svolto quale apprendistato, «in particolare nell'ipotesi in cui non sia stata effettuata alcuna attività formativa sino al momento della trasformazione del rapporto». di Massimiliano Tavella 14/11/2008 Contratto di apprendistato in scadenza e matrimonio della dipendente Una ditta intende risolvere il rapporto di lavoro con un'impiegata apprendista allo scadere del periodo di apprendistato. La dipendente ha comunicato che si sposerà, la tutela prevista in merito al divieto di licenziamento dal giorno delle pubblicazioni ad un anno dalla celebrazione del matrimonio, vige anche in questo contesto o il contratto di apprendistato potrà "esercitare" la sua naturale scadenza? Ai sensi dell'art. 35 del Codice delle pari opportunità di cui al D.Lgs. n. 198/2006 (che riprende i contenuti dell'abrogata legge n. 7/1963) sono nulli i licenziamenti attuati a causa di matrimonio. Secondo la legge si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio. Il legislatore dà peraltro al datore la facoltà di provare che il licenziamento della lavoratrice, avvenuto nel suddetto periodo, sia stato effettuato non a causa di matrimonio, qualora dimostri la sussistenza di una delle seguenti ipotesi specifiche: a) colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; b) cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; c) ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine. Con riferimento al caso in esame, non sembra che la scadenza del periodo di apprendistato possa rientrare nelle ipotesi c) di cui sopra, in quanto la scadenza di tale periodo non ha di per sé un effetto risolutorio, necessitando infatti di uno specifico atto di volontà del datore (la c.d. disdetta). Lo stesso decreto n. 276/2003, del resto, all'art. 49 (come già la legge n. 25/1955) richiama la possibilità per il datore di recedere liberamente dal rapporto ex art. 2118 c.c. La scadenza del termine di durata del contratto di apprendistato, dunque, non determina lo scioglimento del rapporto, ma costituisce in pratica un giustificato motivo ex lege di licenziamento (così Tribunale di Torino, Sent. 13 aprile 2005). Ad un risultato interpretativo opposto si potrebbe pervenire considerando il contratto di apprendistato quale contratto a tempo determinato in cui, anche in virtù delle specifiche caratteristiche formative, le parti abbiano sin dall'inizio conoscenza della scadenza e, quindi, debba in ogni caso essere garantita la libera recedibilità al termine. In tal caso si potrebbe configurare una ipotesi di estinzione del contratto per naturale scadenza del termine. Si deve tuttavia rilevare come la giurisprudenza in modo costante abbia sempre rifiutato di aderire ad interpretazioni estensive delle ipotesi giustificative di cui all'art. 35 D.Lgs. n. 198/2006. di Alberto Russo e Niccolò Persico 27/10/2008 Cumulabilità di periodi di apprendistato Un dipendente di uno studio professionale, assunto con contratto di apprendista impiegato d'ordine, 4° livello, dopo il regolare periodo di apprendistato è stato qualificato impiegato d'ordine di 4° livello (mansioni di addetto alla segreteria). E' regolare che il dipendente, dopo circa 2 anni, rassegnate le dimissioni, venga riassunto dallo stesso datore di lavoro con un nuovo contratto di apprendistato di 3° livello, impiegato di concetto con mansioni di addetto alla predisposizione dei cedolini paga e/o alla contabilità, ovviamente decurtando i 3 anni di apprendistato già svolti rispetto ai 4 previsti per il livello superiore? In caso affermativo è, altresì, corretto che, al termine del restante anno di apprendistato, una volta attribuita la qualifica di impiegato di 3° livello, il datore di lavoro usufruisca nuovamente degli ulteriori 12 mesi di agevolazioni contributive conseguenti alla qualificazione del rapporto di lavoro? La questione della cumulabilità dei precedenti periodi di apprendistato è disciplinata dall'art. 8, legge n. 25/1955. Tale articolo dispone che «i periodi di servizio prestato in qualità di apprendista presso più datori di lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima del periodo di apprendistato, purché non separati da interruzioni superiori ad un anno e purché si riferiscano alle stesse attività». Da evidenziare che la disposizione si riferisce ai periodi di apprendistato presso una pluralità di datori e non presso un unico datore di lavoro. E' chiaro infatti che un'impresa che ha già assunto un apprendista per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa, non lo può più riassumere con contratto di apprendistato per lo svolgimento della stessa attività. In caso invece di attività di professionalità diversa è da ritenersi che il datore di lavoro possa riassumere il lavoratore con un nuovo contratto di apprendistato. Non ci sono al riguardo specifici riferimenti giurisprudenziali, anche se sul punto si possono utilizzare le considerazioni svolte dai giudici in materia di CFL laddove hanno affermato che «è ben possibile che un lavoratore già impegnato con un contratto di natura formativa possa essere parte di un ulteriore contratto che abbia come oggetto altro tipo di formazione, anche se astrattamente rientri nella stessa qualifica contrattuale purché l'ulteriore contratto sia idoneo a conferire una professionalità diversa da quella già acquisita» (Cass. n. 17574/2004). Nel caso in esame l'attività ad oggetto del successivo contratto di apprendistato riguarda una qualifica contrattuale superiore a quella precedente, non rilevandosi quindi alcun profilo di problematicità. Ciò naturalmente a condizione che nei due anni successivi alla trasformazione dell'apprendistato in rapporto a tempo indeterminato, il lavoratore abbia continuato a svolgere prestazioni corrispondenti alla qualifica ottenuta. Ai fini della legittimità dell'apprendistato, infatti, il precedente rapporto di lavoro, sotto il profilo dell'acquisizione delle esperienze e delle competenze professionali, non deve prevalere sull'instaurando rapporto di apprendistato. In questo senso si è espresso il Ministero del lavoro che, con risposta ad interpello n. 8/2007, ha affermato la rilevanza della durata del rapporto pregresso, ritenendo, «a mero titolo orientativo, (...) non ammissibile la stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per un durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva». Ciò precisato, occorre peraltro evidenziare, sul presupposto della diversa attività oggetto del nuovo contratto e del decorso di un ampio lasso di tempo dalla precedente esperienza formativa, che la durata del primo apprendistato non sembra doversi computare ai fini del rispetto della durata massima del periodo di apprendistato. Per gli stessi motivi non sembra neppure doversi decurtare il periodo di apprendistato svolto precedentemente dal lavoratore per l'ottenimento della qualifica inferiore. Riguardo invece l'ulteriore quesito relativo alla possibilità o meno del datore di usufruire di nuovo dei benefici contributivi per i 12 mesi successivi alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, non sembra che dalla lettera della legge si possa dedurre l'applicabilità dei predetti benefici nei soli casi di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato del primo contratto di apprendistato. Il mero requisito della legittimità del secondo contratto di apprendistato dovrebbe quindi comportare il mantenimento del suddetto beneficio. E' vero che la ratio di tale agevolazione si individua in una incentivazione alla stabilizzazione, rispetto ad una situazione, quale quella del caso oggetto del quesito, in cui invece la stabilità era stata già raggiunta con la conversione a tempo indeterminato del primo contratto di apprendistato. Tuttavia la scelta del lavoratore di dimettersi e di essere riassunto con un contratto di apprendistato per il conseguimento di una qualifica superiore, rimette il lavoratore stesso nella situazione contrattuale di titolare di un rapporto lavorativo di durata determinata. La disposizione relativa alla prosecuzione degli incentivi nei 12 mesi successivi alla trasformazione conserverebbe, quindi, la finalità di incentivazione della stabilizzazione del rapporto. Occorre infine rilevare che profili di illegittimità potrebbero invece individuarsi laddove le dimissioni, preordinate ad una riassunzione con contratto di apprendistato, non siano frutto di un genuino atto di scelta del lavoratore in vista del passaggio di qualifica, ma coartate in una logica di flessibilità, anche in uscita, da parte dell'impresa, in frode alla normativa sui licenziamenti. di Alberto Russo e Niccolò Persico 22/10/2008 Apprendista maggiorenne: limiti del lavoro straordinario Il limite massimo di 4 ore settimanali di lavoro straordinario valido per gli apprendisti maggiorenni è stato abrogato? Se si, qual'è il riferimento normativo? Cosa dice in merito, se dice qualcosa, il Ccnl dell'industria metalmeccanica? Per quanto consta, il decreto legge n. 112 del 2008 non ha abrogato il limite delle ore di straordinario per gli apprendisti, ma ha invece abrogato alcuni obblighi informativi in capo al datore di lavoro in caso di superamento del limite di 48 ore settimanali. Vi è un accordo datato 28 marzo 2006 in materia di apprendistato professionalizzante per l'industria Metalmeccanica che però nulla prevede sul limite del lavoro straordinario limitandosi ad una declaratoria dei vari profili professionali. di Giacinto Favalli 22/09/2008 Apprendistato: durata A circa un anno dall'inizio del periodo di apprendistato (di due anni) l'apprendista ha usufruito dell'astensione anticipata e ordinaria per maternità al suo rientro mancavano due mesi alla scadenza del contratto. Alla data di scadenza l'azienda ha prorogato il contratto di apprendistato per un periodo pari a quello dell'astensione per maternità. Non appena avuta la proroga la dipendente è andata in astensione facoltativa e durante la fruizione di quest'ultima è rimasta di nuovo incinta e sta usufruendo dell'astensione obbligatoria per la seconda gravidanza. Il 30 settembre 2008 scade la proroga del contratto. L'azienda come si deve comportare, può cessare il rapporto di apprendistato al 30 settembre 2008 in quanto rapporto a termine già prorogato una volta, o deve ancora prorogarlo per tutta la durata dell'attuale assenza? In generale, l'art. 7 del D.P.R. n. 1026/1976 prevede che i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro non si computano ai fini della durata del periodo di apprendistato. L'orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione ritiene che si debbano escludere dal computo del periodo di apprendistato tutti i periodi di sospensione del rapporto, a prescindere dal fatto che le assenze siano imputabili al datore di lavoro o al lavoratore (Cass. 12 maggio 2000, n. 6134). di Luca Failla 19/09/2008 Assunzione part-time di minore: ammissibilità Una minorenne che frequenta la scuola (4° anno di scuola superiore) può essere assunta con contratto di apprendistato part/time durante i periodi in cui non frequenta le lezioni (nel pomeriggio)? La legislazione in materia di tutela del lavoro minorile fissa l'età minima per l'ammissione al lavoro nel momento in cui l'adolescente ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria. In base al combinato disposto di cui all'art. 3, L. n. 977/1967 e all'art. 1, comma 622, L. n. 296/2006, l'età minima per l'ammissione al lavoro è attualmente di 16 anni. Pertanto il datore di lavoro può assumere minori che abbiano compiuto l'età minima richiesta dalla legge, fermi restando i limiti d'impiego specificamente previsti (ad es. il divieto di adibire i minori alle lavorazioni elencate dalla L. n. 977/1967). di Pietro Zarattini 16/09/2008 Licenziamento o dimissioni dell'apprendista: determinazione del periodo di preavviso Nel caso in cui il Ccnl non preveda niente al riguardo, qual'è il preavviso nel caso di licenziamento o dimissioni dell'apprendista? Il quesito gentilmente posto dall'abbonato riguarda la determinazione del periodo di preavviso da concedere al lavoratore assunto con contratto di apprendistato. La determinazione del periodo di preavviso andrà effettuata avendo a mente le norme del contratto collettivo applicato nonché l'inquadramento attribuito all'apprendista al momento del licenziamento o delle dimissioni. di Francesco Rotondi 16/09/2008 Apprendistato e licenziamento per giustificato motivo Un dipendente assunto con contratto di apprendistato può essere licenziato per giustificato motivo se la ditta non ha più la commessa di lavoro e quindi viene meno la necessità di tenere il dipendente? Il quesito gentilmente formulato dall'abbonato riguarda la possibilità di risolvere per giustificato motivo oggettivo il rapporto di lavoro di un dipendente assunto con contratto di apprendistato. In primo luogo occorre chiarire che, sebbene il contratto di apprendistato sia un contratto «speciale» in ragione della causa mista lavoro/formazione che sottende alla stipulazione, rispetto alla risoluzione del rapporto non presenta particolari differenze rispetto ad un ordinario rapporto di lavoro. Da ciò deriva che, astrattamente e ferma restando una verifica più approfondita della situazione aziendale e la impossibilità di ricollocare il dipendente, sarebbe possibile sostenere una risoluzione del rapporto di lavoro sulla base della causale indicata nel quesito. di Francesco Rotondi 16/09/2008 Successione di contratti di apprendistato Un'azienda nel 2004 ha assunto un minorenne con il vecchio apprendistato e con la qualifica di muratore e nel 2007 il lavoratore si è dimesso. Il ragazzo, ora maggiorenne, può essere assunto dalla stessa azienda con apprendistato professionalizzante e la qualifica di carpentiere? Il quesito proposto riguarda la possibilità di concludere con lo stesso dipendente un nuovo contratto di apprendistato al termine del primo per il conseguimento di una diversa qualifica. La risposta al quesito è astrattamente positiva infatti non vi sono limiti alla stipulazione a successivi contratti di apprendistato purché il nuovo contratto sia effettivamente finalizzato al conseguimento di una qualifica diversa rispetto a quella di cui al primo contratto. Sotto questo profilo, è appena il caso di ricordare che il contratto di apprendistato essendo un contratto a causa mista (lavoro - formazione) è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale, pertanto nella misura in cui il lavoratore apprendista sia impegnato al conseguimento di una qualifica professionale diversa è ammissibile la stipulazione di un nuovo contratto di apprendistato. di Francesco Rotondi 04/09/2008 Sospensione del rapporto di apprendistato: proroga del termine Premesso che il rapporto di apprendistato rimane sospeso nei periodi di malattia, gravidanza, ecc., si deve intendere che la scadenza originaria del contratto viene di fatto prorogata di un periodo di durata pari a quello della sospensione? In merito alla durata del contratto di apprendistato, la Suprema Corte ha stabilito che dal computo del periodo di apprendistato vanno esclusi tutti i periodi di interruzione del rapporto, sia che siano imputabili al lavoratore, come ad esempio i giorni di assenza per malattia, sia che dipendano da comprovate esigenze produttive dell'impresa (Cassaz. 12 maggio 2000, n.6134). La giurisprudenza esclude pertanto dal calcolo della durata dell'apprendistato sia i giorni di assenza del lavoratore per malattia, sia i periodi di sospensione consensuale del rapporto per inattività aziendale derivante da mancanza di commesse. La ratio del rapporto di apprendistato infatti è che l'insegnamento venga effettivamente impartito per un periodo di tempo non inferiore a quello ritenuto congruo dalla contrattazione collettiva per l'apprendimento dell'allievo. Per tale motivo si può sostenere che la scadenza originaria del contratto di apprendistato debba essere di fatto prorogata di un periodo di durata pari a quello della sospensione, ciò al fine di impartire all'apprendista l'insegnamento per tutta la durata del periodo stabilito dalla contrattazione collettiva. di Filippo Collia