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N. 15 – 26 aprile 2008 – PIAZZAMAGGIORE supplemento alla Borromea, foglio settimanale della parrocchia di San Lorenzo di Mestre – Direttore responsabile: Giuseppe Fausto Bonini – iscriz. Trib. di VE n. 331 5.6.62 - Distribuzione gratuita
Mestre: nuove strategie
per aiutare i nuovi poveri
all’interno
editoriale
La povertà cambia volto,
anche nella nostra città.
I nuovi poveri bussano
p. 7
alle porte delle case
e delle parrocchie
chiedendo un aiuto che
a volte anche i più generosi
non sanno dare.
Di fronte alle nuove urgenze,
anche il volontariato cristiano
è pressato e deve cambiare:
non basta più fare tanto,
pp. 8/9
donare tanto, offrire tanto...
E non si tratta di trovare
metodi più moderni:
al contrario, forse è il tempo
di tornare ad una carità
appassionata e profonda,
REGALI INTELLIGENTI
libera dal peso di certe zavorre REGALI BUONI.
che frenano e appesantiscono...
Oliamo gli ingranaggi
del carro armato
della solidarietà
A
iutare gli altri rende felici. E non è
una frase retorica, o strumentale, ma
una verità certificata. Lo dimostrano le più
recenti ricerche: gli italiani trovano la felicità non tanto nel rapporto di coppia, o nella costruzione della propria carriera, o nello spendere danaro, nel viaggiare o nel fare
attività sportiva… ma piuttosto nel chinarsi verso qualcuno che ha bisogno, per dargli una mano. Nel suo libro “Come siamo
felici”, in cui sintetizza anni di studi sull’argomento, il sociologo Enrico Finzi scrive: “L’atteggiamento positivo verso altri esseri umani, l’attenzione alla loro felicità o
infelicità, il desiderio emotivo o il bisogno
etico di fare qualcosa per loro, è tipico delle persone più felici in Italia, come ci ha
detto il 67% dei cittadini intervistati”.
Se è vero ciò che scrive Finzi allora si
comprende perché, nonostante i tempi che
cambiano, nonostante la tivù e nonostante
l’aria di crisi, le persone che si impegnano
gratuitamente nelle associazioni caritative
sono ancora tantissime, un vero esercito,
anche solo nella nostra città.
“La molla che fa scattare tanta solidarietà – dice Toni Sinatora, presidente della
Banca del Tempo Libero di Mestre – è il riferimento all’insegnamento evangelico: il
desiderio di amare gli altri come ha fatto
Cristo è la radice vera che muove tanti volontari, che li porta ad impegnarsi, e che
permette loro di superare anche le difficoltà
del lavoro a contatto con gli ultimi, i bisognosi, coloro che vivono nel disagio”. “Io
non credo – dice ancora Sinatora – che fare
volontariato dia una felicità immediata; anzi: chi fa la carità perché cerca una propria
gratificazione istantanea, spesso non la trova. Però è vero che impegnarsi per gli altri
ti cambia piano piano, e ti fa crescere, e ti fa
diventare più forte e alla fine più felice”.
Diamo allora per assodato questo primo
punto, e cioè che il mondo del volontariato
– in Italia così come a Mestre – gode di buona salute: diciamo che forse sta meglio di
quanto ci si potesse attendere. Proviamo
però a fare insieme un passaggio ulteriore, e
chiediamoci: questa grande macchina della
solidarietà potrebbe funzionare ancora meglio, e potrebbe essere ancora più utile al
servizio degli ultimi? Le tante associazioni e
i tanti volontari sono pronti alle sfide di una
povertà che cambia? sanno aggiornarsi e
mutare strategie? riescono a “fare rete”? sono in grado di costruire un rapporto ancora
più produttivo con le istituzioni pubbliche?
Se ci si pone questi interrogativi, forse si
scopre che il “carro armato” della solidarietà ha tanti ingranaggi funzionanti, ma
anche qualche rotellina arrugginita, che i
cingoli faticano a girare con la facilità di un
tempo, che il puntatore del cannone non
sempre inquadra il bersaglio alla perfezione.
Nelle pagine che seguono proponiamo
idee e analisi su questo tema, dando voce a
chi – dal Patriarca Angelo Scola agli operatori della solidarietà cittadina – ha a cuore
l’oggi e il futuro del volontariato. Sullo
stesso argomento ci confronteremo al Laurentianum il 7 maggio con alcuni testimoni
eccellenti della solidarietà, e con il nuovo
assessore comunale competente. L’obiettivo? Imparare a fare al meglio quella cosa
che può essere tanto utile e che può dare
tanta soddisfazione interiore: aiutare gli altri, stare al fianco dei più deboli, camminare in fianco ai poveri. Come faceva Gesù.
La Galleria San Lorenzo
riapre con una grande mostra
dedicata ad Augusto Murer
Con una mostra dedicata al grande
artista nativo di Falcade e alla sua
scultura “il risveglio” collocata in
Piazza Barche, la Galleria del Duomo
si ripropone alla città come luogo
d’arte e di cultura. La mostra dedicata si inaugura venerdì 9 maggio, e resterà aperta fino alla fine del mese.
Gli “Amici delle Missioni”
del Duomo al lavoro
per i bimbi del Madagascar
Continua con successo il lavoro del
gruppo “Amici delle Missioni”: quest’anno l’attenzione è concentrata
sul sostegno a Giovanna Varisco,
missionaria in Madagascar, e sulla
grande casa che vuole costruire per
i suoi bambini, tutti figli di carcerati.
alle pagg. 1/6
LIBRERIASANMICHELE
l’intervista
Don Virginio Colmegna: “Il volontariato
non è in crisi ma serve una scossa”
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on Virginio Colmegna è uno dei tanti sacerdoti in prima
linea. A Milano, dove vive e opera, si dà da fare per rispondere alle sfide della nuova povertà cittadina, attraverso il lavoro della Casa della Carità, di cui è presidente. Non è,
però, un prete di sola azione: sa infatti guardare a fondo alle radici della povertà. Alle radici storiche e a quelle più recenti, ugualmente tragiche.
Quanto alle radici storiche, don Virginio non ha dubbi: da sempre la Chiesa vive in simbiosi con la povertà, in un rapporto inscindibile, che fa sì che dove c’è il povero ci sia il cristiano, e dove
ci sono i cristiani ci siano i poveri: “Quello dei poveri – spiega – è
un problema che fa parte del patrimonio della discepolanza del Signore Gesù, ed è uno degli elementi che sostanzia la beatitudine
evangelica. C’è pertanto un forte interesse della Chiesa verso la povertà, poiché la povertà è una problematica che tocca le radici della buona novella del Vangelo”. Non c’è fede in Gesù Cristo che
non porti con sé l’appassionarsi agli ultimi: “Il rapporto di attenzione al volto dei poveri rafforza il tema delle relazioni e ci riporta
ad un senso di profonda giustizia”. (…)
continua alle pagg. 2/3
Tutte le informazioni sulla vita della Parrocchia del Duomo di Mestre nel sito www.duomodimestre.it
2
PIAZZAMAGGIORE
26 aprile 2008
LA CITTÀ
Il mondo della carità e del
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I cristiani hanno costruito tantissime opere caritative; queste opere, però, non sanno più testimoniare
l’amore di Cristo
La prima critica del Libretto nero è la seguente: i cristiani avrebbero
costruito una rete fitta di opere caritative; tante, attive, utili. Ma anche messe tutte insieme, queste numerosissime “opere pie” non sanno
testimoniare l’amore di Cristo.
In altre parole: i cristiani sarebbero bravi a costruire opere – mense,
centri d’ascolto, comunità di recupero… – ma queste opere non si distinguono come luoghi in cui diventa concreto l’amore cristiano. E
questo succede anche a Mestre: “Colpisce subito – sta scritto nel Libretto nero – l’alto numero di servizi e di soggetti promotori con sede
nell’area dei vicariati di Mestre e Carpenedo; ma stupisce la sensazione di improduttività di tante opere nello stimolare gli uomini all’incontro con Cristo e nel far godere la comunità cristiana della simpatia
di tutto il popolo”. Concludendo: se una volta le opere caritative dei
cristiani erano ammirate e diverse, perché vi si distingueva un amore
diverso, un amore di ispirazione divina, oggi queste stesse opere non
avrebbero niente in più di quelle organizzate dalla pubblica amministrazione, o dalle cooperative sociali…
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Le parrocchie hanno dimenticato come si fa la carità: ci pensa la Caritas, o la San Vincenzo, o la
Banca del Tempo libero
La seconda accusa è secca e chiara: le parrocchie non fanno più la carità, perché è scomoda; e così preferiscono “inventarsi” degli enti nuovi dedicati alla carità, meglio se completamente autonomi, a cui demandare tutto il settore caritativo.
Sentite con che durezza viene formulata questa critica nel Libretto nero della carità, nel capitoletto intitolato “Le comunità cristiane delegano la gestione delle indigenze”: “C’è la netta sensazione che la carità nelle parrocchie venga demandata alle ‘signore anziane’ della San
Vincenzo o del Gruppo Caritas, senza che la comunità si metta in discussione sulla povertà (in senso lato): la carità costruita in questo
modo rischia fortemente di non essere evangelizzante e di non essere
segno della fecondità del Vangelo”.
Non dovrebbe essere così, anzi: “Tenere in debito conto gli ‘ultimi’ significa, per le parrocchie, riordinare le cose, il tempo, le persone, i luoghi… a partire dai poveri. Quanti sono infatti i patronati vuoti o aperti solo un’ora alla settimana per la lezione di catechismo? E quante aule, giardini, saloni ospitanti magari mostre di pittura, concerti e commedie dialettali, ma restano chiuse a chi sperimenta la sfida della povertà?”. Ed ecco la considerazione finale: “Molte parrocchie non vivono le realtà caritative presenti come espressione della comunità; desidererebbero addirittura che i gruppi caritativi fossero autonomi (anche economicamente). Al massimo essi rappresentano un quadratino
nell’organigramma parrocchiale…”.
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Poiché non si formano, i volontari cristiani non
hanno niente in più rispetto a tanti altri uomini che
operano nel mondo del sociale
Il volontario cristiano dovrebbe avere una formazione e una carica tutte proprie, derivanti dal Vangelo e dall’esempio di Cristo. Ma non sarebbe così, secondo il Libretto nero della carità, secondo il quale, anzi, i volontari che lavorano nelle opere caritative cristiane sono in tutto simili agli altri operatori del sociale.
Scrivono gli autori della ricerca: “Che cosa caratterizza il volontariato
cristiano? Ciò che fa la differenza è sicuramente il riferimento alla Carità, intesa come Amore che viene da Dio e di cui l’uomo è solo uno
strumento. Il compito del volontario cristiano non è quello di ‘rispondere’ ad un bisogno, ma quello di ‘incontrare’ il bisogno. E i bisogni di
tutti! Se quindi i volontari non credenti possono limitarsi a distribui-
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3
Ci sono opere caritative che nascono solo perché
sono redditizie, dato che la pubblica amministrazione le finanzia lautamente
E poi c’e la terza critica. Ed è la seguente: c’è ambiguità, e a volte interesse, nel rapporto tra le associazioni caritative e la pubblica amministrazione.
Il Libretto nero della carità al riguardo è molto chiaro. Dice: “Le
strutture caritative di ispirazione cristiana non devono essere lucrative o speculative”. Poi fa il quadro con un’analisi complessa: “La coesistenza di organismi pubblici e privati-ecclesiali su di uno stesso servizio – dice – può mettere in gioco la dimensione dell’utilità, e divenire luogo di scontro tra i promotori della gratuità e quelli dell’economicità. All’interno di questa dialettica si sono imbrigliate molte esperienze di servizio alle persone in grave stato di emarginazione. Può essere allora molto utile porsi il problema nel momento in cui ci si interroga sulle motivazioni dell’apertura o della prosecuzione di un servizio. In nome di un malinteso ‘buonsenso’ economico si rischia di innescare dinamiche che impediscono di riconoscere Cristo nel povero,
riducono a beneficenza (più o meno ben organizzata) la carità, confondono con un’etica l’annuncio evangelico”.
La chiusa del discorso è decisa: “Non si deve mai dare inizio ad un servizio perché redditizio, in modo da far cassa, anche se destinato ai poveri. Ciò sarebbe in contraddizione con la gratuità, con il servizio e
l’incontro con l’uomo che definiscono la carità”.
si vede più
segue da pag. 1
Don Virginio Colmegna:
“Il volontariato non è in crisi,
ma serve una scossa”
(…) E se da sempre i poveri accompagnano i pensieri della Chiesa, non per
questo le preoccupazioni diminuiscono. Specie in una società, quella attuale, che vede aumentare sempre più il divario fra ricchi e poveri. E che vede nascere “nuovi poveri”: “Quando si parla di povertà – spiega don Colmegna – di solito si pensa subito alla miseria, al disagio estremo. Tuttavia si
diffonde via via nelle nostre città una povertà dal volto normale, che è quella che nasce dal dramma delle solitudini, dalle povertà relazionali… È un
male che attanaglia soprattutto i giovani: i tanti, troppi casi di dipendenza
non nascono infatti semplicemente dalla cronicizzazione dell’uso di alcool o
di droga, ma sono provocati da fattori aggiunti, da fragilità esistenziali, e dal
disagio psicologico oltre che psichico”. Questo nostro modo di vivere, spiega don Colmegna, ci porta a misurarci solo sulla quantità – sulla quantità
di danaro accumulato, sulla quantità potere, sulla quantità di successo – e
così facendo apre dei vuoti di grave insoddisfazione.
Eppure, anche davanti allo spaccato di povertà e di disagio che incontra ogni giorno, don Virginio sa dire parole piene di speranza: “Siamo
straordinariamente ottimisti – dice – e non possiamo fare altrimenti, perché il Vangelo ci insegna che dobbiamo continuare ad avere grande fiducia in un Dio che si prende cura di noi. È vero, ci sono molte preoccupazioni, perché vediamo che il senso di indifferenza e di solitudine aumentano di giorno in giorno; ma appunto per questo devono aumentare
la nostra responsabilità e la nostra presenza. Non è tempo di essere pessimisti, c’è in giro tanta depressione nel mondo… Mai come oggi occorre
ricordare le parole dell’apostolo Pietro, che ci dice ‘Sappiate rendere ragione a chiunque della Speranza che è seminata in voi’. Dobbiamo pertanto cavar fuori tutte le nostre energie: dobbiamo sperare, e dobbiamo
aiutare la speranza a crescere”.
Non è un compito affidato solo ai singoli: anche la Chiesa nel suo complesso ha un ruolo decisivo nella costruzione di una nuova speranza. Anche nei rapporti con lo Stato. “La Chiesa ha un mandato evangelico – spiega don Colmegna – che è quello di star vicino alle persone. Vi è certamente
26 aprile 2008
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PIAZZAMAGGIORE
LA CITTÀ
volontariato
rivela una recente inchiesta
Sette critiche alle opere caritative e al mondo del volontariato
di ispirazione cristiana: vengono da un’inchiesta realizzata di recente
nella città di Mestre. Se è vero quanto scrivono gli autori,
sono questi i sette “peccati capitali” che andrebbero evitati per rinnovare e
rendere migliore l’impegno dei cristiani al servizio dei più poveri
re beni e/o servizi (semplificando, è il concetto di carità intesa come
elemosina/filantropia), il volontario credente deve sempre ‘incontrare
l’uomo’, farsi compagno di strada; la ‘carità’ in questo caso è intesa come ‘amore’ cioè caritas. Essere volontario cristiano significa passare
dal dare al servire, dai singoli atti isolati/occasionali ad un impegno globale di vita; richiede di non fermarsi alle soluzioni ‘consolatorie’, ma
di andare alle cause dei problemi; impone di non limitarsi ad assistere
le persone ma di promuovere la loro dignità per renderle capaci di diventare protagoniste della propria vita”.
La conclusione è anche in questo caso una frustata: “Se si perde il sentimento della ‘compassione’ di Dio, si perde il senso del cristianesimo”. In proposito, il Libretto nero è critico anche sulle scelte delle parrocchie e della Diocesi: “Si riscontra – dice – la pochezza di approfondimenti diocesani sulla carità, dovuta anche ai mancati investimenti di
risorse umane da parte delle parrocchie, per conoscere le problematiche in tale ambito”.
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Certe realtà caritative nascano a caso, senza verificare i reali bisogni e continuano ad operare anche se in realtà sono ben poco utili
Succede che si fondi una mensa là dove ce n’è già un’altra, o che si organizzi un centro d’ascolto dove in realtà questo servizio non è necessario? Sì, succede anche questo, secondo il Libretto nero. E succede
anche che un’opera caritativa “inutile” continui a lavorare a lungo,
senza verificare periodicamente se il servizio che offre è necessario:
“Molte realtà caritative – dicono i ricercatori – sono nate per rispondere ai bisogni che emergevano via via, ma senza una programmazione
derivante da un’attenta osservazione dell’evoluzione della società e
senza una periodica verifica dell’attualità della loro funzione”.
E allora secondo la ricerca anche a Mestre succede che “si rischia di
inaugurare un servizio (magari con ridondante pubblicizzazione dell’evento) perché piace o attiene alle peculiarità di qualcuno o è indice di
un certo prestigio, mentre si trascura una attività che risponderebbe ad
un bisogno impellente…”.
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È assente il coordinamento tra le associazioni cristiane, e tra queste e i servizi organizzati dalla
pubblica amministrazione
Secondo il Libretto nero, le realtà caritative cristiane faticano a coordinarsi tra di loro: molte sovrappongono i loro interventi nello stesso
territorio, o al servizio dello stesso bisogno. Servirebbe almeno un minimo di coordinamento… che però è difficile da realizzare: “A livello
diocesano il compito di coordinamento è affidato statutariamente all’organismo pastorale Caritas; ma l’assoluta indifferenza (e diffidenza)
di molti responsabili delle parrocchie rende difficile l’assolvimento del
compito con un minimo di organicità”.
E poi manca il coordinamento tra le opere caritative cristiane e il lavoro dei servizi sociali pubblici: “Il volontariato cristiano – si legge nel
Libretto nero della carità – deve ricercare nuovi rapporti con gli altri
attori che agiscono sullo stesso scenario a vantaggio delle stesse categorie emarginate. Deve accettare di lavorare con gli altri, senza gelosie, senza smanie di protagonismo, senza la lusinga di sentirsi dire che
si è più bravi degli altri. Deve promuovere una nuova cultura tra volontariato e pubbliche amministrazioni. In altre parole, deve avere la
gioia di collaborare insieme a progetti buoni anche se guidati da altri.
E poi il volontariato deve ‘autolimitarsi’, deve individuare gli spazi propri ed impegnarsi decisamente nel processo formativo a tutti i livelli:
dal saper al saper essere, dal saper fare al saper far fare”.
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una visione di sollecitazione, di testimonianza, di profezia e anche di denuncia se necessaria. Il nostro compito, come comunità dei cristiani è
quello di creare un forte grado di attenzione e sensibilità a tutti i livelli.
Allo Stato chiediamo grande attenzione alla dignità dell’individuo, non
solo in ambito assistenzialistico, ma soprattutto nella capacità di assumersi precise responsabilità di giustizia e cittadinanza”.
Don Colmegna rivolge per un attimo la sua attenzione anche al grande lavoro che la comunità cristiana svolge attraverso le associazioni di
volontariato e solidarietà. E anche qui lo sguardo è allo stesso tempo
preoccupato e pieno di speranza: “Il volontariato cristiano – spiega – è
certamente in una fase di grande transizione. Va ripensato e riqualificato, soprattutto quello dei giovani. C’è una crisi che non è tanto del volontariato in se stesso, ma è uno smarrimento complessivo della società,
della debolezza di istanze delle relazioni, di gratuità, di responsabilità. È
il momento in cui è necessario rimboccarsi le maniche e tirare fuori tutto l’entusiasmo che abbiamo perché è impensabile, vista la nostra vocazione di attenzione alla povertà e alla fragilità, smettere un solo momento di sperare in un futuro migliore”.
Federica Zanata
“È necessario rimboccarsi le maniche
– spiega il sacerdote milanese,
presidente della Casa della Carità –
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tutto l’entusiasmo che abbiamo,
perché è impensabile
smettere un solo momento
di sperare in un futuro migliore”
I cristiani non sanno più guardare ai poveri come
membri attivi della comunità, come coloro che rivelano il volto vero di Dio
Ecco l’ultima critica del Libretto nero: “Non viene dato adeguato risalto all’azione educativa e liberante dei poveri”.
“I documenti della Chiesa – spiega la ricerca – negli ultimi anni richiamano sempre più spesso l’esigenza di ‘ripartire dagli ultimi’ e dell’amore preferenziale per i poveri, ponendola in relazione chiarissima
con il Vangelo”. “Ma i poveri – ci ricorda ancora il Libretto nero – non
sono solo destinatari; essi stessi sono membri attivi della comunità, anzi i piccoli e i poveri ci rivelano il volto di Dio. La Chiesa stessa, facendo comunione con loro, è aiutata a comprendere meglio il Vangelo
e a lasciarsi rinnovare profondamente. Le comunità cristiane, quindi,
dovrebbero lasciarsi evangelizzare dai poveri”. Nessuno è soltanto un
povero, ma ognuno è un dono e una risorsa: occorre “fare in modo che
i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come a casa loro”.
Secondo il Libretto nero le comunità sarebbero ben lontane dal comprendere l’importanza di avere al proprio interno i poveri e gli ultimi.
Per provocarli, e scuotere i cristiani dal torpore, la ricerca propone
qualche idea provocatoria. Le parrocchie dovrebbero “avere dei poveri come membri qualificati dei Consigli Pastorali Parrocchiali, per poi
aprire, insieme a loro, dei cammini di condivisione, evitando di sollecitarli a cavarsela da soli oppure di organizzare dei servizi esclusivamente per loro. Il fatto di lavorare con i più poveri tra i poveri può essere davvero un buon presagio di cambiamento, purché si creda in essi e si creda in se stessi. Pare tutto sommato strano (se non antievangelico) il fenomeno di una Chiesa che ha rapporti conflittuali con i poveri e viceversa tranquilli e cordiali con i benestanti…”.
4
PIAZZAMAGGIORE
26 aprile 2008
LA CITTÀ
Bonaldi, della Caritas: “Non puoi fare il volontario
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na delle espressioni più belle che ben definisce l’azione
di chi volontariamente si
prende cura delle persone in difficoltà – emarginati, deboli, ultimi – è
racchiusa in quella frase inglese che
don Lorenzo Milani fece scrivere
sui muri della sua scuola di Barbiana: “I care”. Come dire: “Mi interessa”, “Mi prendo cura”.
Ma ce ne sono ancora di persone
che sanno prendersi cura degli altri,
dei più poveri, in particolare? È vero che nel Veneto l’impegno nel volontariato non conosce crisi? Lo
chiediamo a Franco Bonaldi, consigliere della Caritas veneziana e referente per la formazione. Che risponde: “Dati certi sul numero di volon-
il parroco
Don Cristiano Bobbo: “È importante il legame
tra le opere caritative e la comunità dei cristiani”
“L’
“L’elemosina non è
la via migliore
per la solidarietà,
ma è un mezzo importante
per instaurare il primo contatto
e per capire”
Ancora, non sono formati a comprendere che apparteniamo tutti ad
uno stesso destino”.
Uno stesso destino per il povero e per l’operatore della carità… Che cosa significa?
Significa che i volontari non devono
porsi su di un piedistallo dal quale
guardano uno che ha bisogno. Devono invece avere la consapevolezza
di appartenere allo stesso destino, e
ciò significa trattare il povero alla
pari, come uno che riceve un aiuto,
ma che allo stesso tempo porta in sé
il volto di Cristo, e con la sua stessa
presenza arricchisce chi lo incontra
e chi lo aiuta.
Come si arriva a maturare questo atteggiamento, che dovreb-
be contraddistinguere il volontario cristiano da un normale
operatore del sociale? È difficile immaginare che questa consapevolezza possa essere raggiunta dai volontari con un
cammino personale…
Esatto: non sono cose che si acquisiscono senza una formazione seria… E poi c’è l’altra carenza del volontariato di oggi, che riguarda il
fatto di una scarsa maturazione comunitaria del ruolo che i volontari
svolgono. Agiscono spesso a livello
personale e non si sentono mandati
da una comunità cristiana.
Su questo ultimo aspetto, non
crede ci sia anche una responsabilità delle parrocchie?
Il Patriarca: È
che ci muove
“Forse si inizia a volte
per passatempo.
Ma poi la carità ti coinvolge”
azione caritativa non
può essere demandata
a realtà slegate dalle
parrocchie e magari anche economicamente autonome, ma la comunità cristiana deve sempre essere in grado di ridare loro un’anima”. Così don Cristiano Bobbo,
40 anni, parroco di San Giuseppe
in viale San Marco e assistente
spirituale della San Vincenzo mestrina, inquadra il ragionamento
sul legame tra la risposta al bisogno e il vissuto della fede.
Don Cristiano, quali sono le
strade perché la carità sia
davvero espressione della
parrocchia?
L’uomo per sua natura è portato a
impietosirsi di fronte alla sofferenza del prossimo, ma non può
bastare l’istintiva pacca sulla spalla o il generico incoraggiamento fine a se stesso. Servono conoscenza e condivisione. Senza la preparazione e l’impegno in prima persona non si può andare molto lontano perché si finisce sempre per
delegare a qualcun altro senza
spendersi autenticamente.
Non crede che da più parti ci
sia il pericolo che chi si prende carico di dare una mano ai
più bisognosi finisca per farlo
senza essere parte del contesto ecclesiale?
Certamente può capitare, così come c’è il rischio concreto di un’azione effettuata per rendita o beneficio personale. Sono due situazioni da evitare. Però io credo
che alla lunga il meccanismo che
s’instaura sia esattamente il contrario: tanti cominciano per riempire il tempo e finiscono per inserirsi nella vita della parrocchia
che li coinvolge. Inoltre io sono
di questa opinione: se una persona non può frequentare con costanza le attività in patronato magari perché è chiamata ad assistere un congiunto ammalato in una
casa di cura, non c’è da agitarsi:
in quel momento la Chiesa per lei
è questo.
Di fronte alla povertà in ogni
possibile sfaccettatura, c’è da
entrare in sintonia.
Mi viene in mente la pagina di
tari non ne abbiamo. Personalmente
ho l’impressione che siano in leggero calo, o quantomeno che aumenti
l’età anagrafica”. “Ma il problema
vero – continua Bonaldi – è che i
volontari cristiani oggi mancano di
formazione e, in modo particolare,
di formazione alla carità. Sono troppo spesso deboli nella consapevolezza dei valori che dovrebbero costituire la base del volontariato, e cioè
la solidarietà, la gratuità, la responsabilità, la scelta preferenziale dei
poveri. Anche se sono pieni di buona volontà, a volte non sono formati a riconoscere in ogni persona, dall’immigrato maleodorante al carcerato, al malato mentale, i diritti che
sono propri di ogni essere umano.
“Tanti cominciano
per riempire il tempo
e finiscono per inserirsi nella
vita della parrocchia
che li coinvolge”
Isaia sul servo di Dio oppure l’ammonimento di san Paolo che ci ricorda che “tutti soffrono assieme”. L’elemosina non è la via migliore per la solidarietà, ma è un
mezzo importante per instaurare il
primo contatto e per capire. Quindi è opportuno sviluppare un intelligente lavoro di coinvolgimento che sappia valorizzare quella
sensibilità diffusa che vedo già
presente un po’ dappertutto.
È una prospettiva che non
può non riguardare anche i
giovani, specialmente nell’ottica del ricambio generazionale di chi, da anni, “canta e
porta la croce”…
I ragazzi vanno sostenuti, incoraggiati e accompagnati, perché se è
vero che da una parte danno grande disponibilità, dall’altra è altrettanto vero che faticano a assumersi delle responsabilità. In questo io
seguo l’insegnamento di san Giovanni Bosco quando invitava a
“saper cogliere anche solo un piccolo seme” da cui, poi, mettersi al
lavoro.
Quale può essere la soluzione
per migliorare le risposte ai
bisogni dell’uomo, creando
un moto virtuoso di beneficenza cristiana?
Bisognerebbe ribaltare l’impostazione, passando dall’apertura dello
sportello cui demandare l’intervento in giorni e orari precisi che
giocoforza tengono conto delle disponibilità degli operatori che vi si
mettono a disposizione, a una strategia a 360 gradi che parta dalle
necessità concrete qualunque sia
il momento nel quale si presentano. Mi rendo conto che è un progetto utopico perché bisogna tener
conto del lavoro, della famiglia,
degli impegni e delle esigenze quotidiane delle persone. Ma solo a
pensarlo, ci dà un aiuto importante a cambiare mentalità fino a capire che l’obiettivo, in fondo, è
non tanto rispondere al bisogno
ma incontrarlo. Questo è l’amore
vero, quello privo di calcoli e bilancini. Allora si capisce meglio la
decisività dell’educazione al gratuito mediante la ripetizione costante dell’azione caritativa inserita nell’ambiente cristiano.
Alvise Sperandio
il Card. Angelo Scola
Il Cardinal Scola avverte:
«Ci si educa al gratuito donando
una parte del proprio tempo
alla condivisione del bisogno.
E occorre farlo senza pretese
e con molta umiltà, regolarmente
e in maniera sistematica...»
N
ei Vicariati di Mestre e Carpenedo ci sono numerose opere caritative di ispirazione cristiana. Questa ricchezza di servizi, però,
non sempre riesce a rivelare al destinatario il volto dell’amore di
Dio, e non sempre riesce a stimolare all’incontro con Cristo, quasi che
tutto questo rigoglio di attività risulti alla fine come un’azione fredda, o
scontata, o fatta di controvoglia. Al riguardo, il Patriarca Angelo Scola,
che in questi mesi sta percorrendo tutta la città nella sua Visita Pastorale,
ci ha proposto il suo prezioso punto di vista.
Eminenza, il gran lavoro fatto dai cristiani sul fronte della carità rischia di ottenere solo un effetto superficiale: eroghiamo servizi, ma
forse non riusciamo a dare la testimonianza, attraverso questo lavoro, di una comunità “appassionata” al povero e al bisognoso…
Voglio anzitutto dire che io sono meravigliato non soltanto per la quantità
di queste opere caritative, ma anche per la dedizione e la generosità dell’impegno che moltissime persone profondono in esse. Il problema che lei
pone è decisivo non solo per la carità e per il volontariato, ma per tutta la
vita cristiana. “Caritas Christi urget nos”, è l’amore di Cristo, riconosciuto ed umilmente corrisposto, che ci muove. È da questa consapevolezza piena di gratitudine che può nascere un’azione veramente gratuita e
fedele. L’unica possibilità per proporre l’incontro con Cristo è vivere dell’incontro con Cristo: bisogna che ogni atto e ogni gesto, compreso quello del volontariato, rifletta questa convinzione.
Di fronte alla necessaria condivisione del bisogno, che cosa distingue la carità, intesa come stile di vita permanente, dalla semplice
generosità o filantropia?
Diciamo innanzitutto che la filantropia non è necessariamente passeggera
e destinata a esaurirsi, anche se normalmente, fondandosi sulla pura generosità, è molto facile che i nostri limiti umani prendano il sopravvento
ed arrivino a spegnerla. Ma ciò che distingue la carità lo ha detto con chia-
26 aprile 2008
5
PIAZZAMAGGIORE
LA CITTÀ
l’assessora
cristiano se sei solo, e se non sei preparato”
Certamente. Anzi direi che le parrocchie hanno spesso snobbato il
settore della carità, ad esempio non
mandando le persone a formarsi. I
volontari che vengono ai corsi della Caritas per lo più vengono a titolo personale, non inviati dalle
parrocchie.
C’è quindi anche il rischio che
così, senza una solida formazione, il volontariato si riduca
ad essere erogatore di servizi.
È vero. Il volontario può essere un
produttore di servizi e non, come
diceva don Tonino Bello, un “padre” di cultura. Non si vede una
cultura che avanza. Quando qui
alla Caritas si presenta qualcuno
dicendo di essere intenzionato a
fare volontariato e subito ti chiede
se c’è il rimborso spese o la possibilità di andare all’estero, e come
motivazione ti dice che, essendo
andato in pensione, deve stare
qualche ora lontano dalla moglie… E si capisce quanto lavoro
ci sia da fare per far maturare la
cultura del volontariato.
Una proposta per superare
queste carenze.
Parlando con i responsabili della
San Vincenzo, ho proposto un accordo tra tutte le associazioni, per
riunire in un pomeriggio tutti gli
aspiranti volontari e con loro verificare quali sono le motivazioni al
servizio. Non puoi fare il volontario se prima non hai una educazio-
ne alla legalità e alla promozione
umana.
Se improvvisamente chiudessero tutti i servizi, le mense, i
centri d’ascolto, come si dovrebbe ripartire per un servizio più integrato e qualificato?
Innanzitutto, bisognerebbe mappare i bisogni e le nuove povertà. Poi
vedere cosa offre l’Ente pubblico, il
Comune, la Regione. La differenza
è lo spazio nel quale la comunità
cristiana dovrebbe interrogarsi. E
non solo per stimolare e sollecitare
il Comune a colmare le eventuali
mancanze, ma anche per vedere se
possiamo noi intervenire nelle varie emergenze. In un sistema a rete.
Perché uno degli errori che compie
il volontariato è di non ritenersi
“pubblico”. Anche noi siamo servizio pubblico. Non siamo concorrenti al Comune, all’Ulss o alla Regione. Ma qui lancio un’altra provocazione…
Quale?
Invece di ipotizzare la chiusura di
tutti i servizi, pensiamo che vengano a mancare i volontari. Che facciamo? Sarebbe un disastro. E qui
si ritorna alla necessità della formazione. E alla necessità di coinvolgere maggiormente le parrocchie,
perché si rendano conto che devono guardare al mondo del volontariato come ad una cosa importante,
che devono sentire propria.
Sandro Bergantin
l’amore di Cristo
verso i più poveri
rezza San Paolo: “Posso anche dare il mio corpo alle fiamme, ma se non
ho la carità tutto è vano”. Torniamo, ancora una volta, alla questione cruciale che l’annuncio pasquale ci ha appena ricordato. Io sono chiamato a
riconoscere, fino a farne esperienza, di essere oggetto di un amore gratuito, totale, incondizionato. Mentre “ero ancora peccatore e nemico”, sono
stato amato da Uno che, essendo Dio, si è fatto uomo e, del tutto innocente, ha dato la sua vita per me. La carità come motivo dell’azione di volontariato domanda che in chi la pratica ci sia la coscienza chiara di questo amore di Cristo per ogni uomo.
Siamo al dunque: che cosa connota e contraddistingue, Eminenza,
il volontariato cristiano da un volontariato non cristiano?
Anche il volontariato non cristiano, e la filantropia e la generosità sono in
sé cose buone, perché nascono da quella compassione profondamente radicata nel cuore di ogni uomo, che ci spinge a condividere il bisogno dell’altro, soprattutto quando questo bisogno diventa imponente. Noi tutti
infatti siamo figli di Dio: questa inclinazione al bene e al patire insieme ci
è stata immessa profondamente da Dio stesso. Il volontariato cristiano, da
questo punto di vista, è come l’esperienza cristiana rispetto all’esperienza
umana. Non è che i contenuti materiali dell’esperienza cristiana siano diversi da quelli dell’esperienza umana: si tratta sempre di affetti, di lavoro
e di riposo. L’esperienza umana investita dalla fede, cioè vissuta da un soggetto che fa di Gesù Cristo e della sua Chiesa la ragione esplicita della propria vita, tende a connotarsi in maniera diversa e, nel pieno rispetto di tutti, in maniera qualitativamente più profonda. Questo deve avvenire anche
per la condivisione del bisogno.
Che cosa significa e come deve esplicitarsi concretamente nella vita di tutti i giorni l’educazione al gratuito?
L’educazione al gratuito si esplicita attraverso un’appartenenza solida ad
una comunità cristiana alla quale io mi consegno. Cristo infatti si fa, ogni
giorno, al mio incontro, dentro ogni circostanza e dentro ogni rapporto, attraverso la comunione vissuta con i fratelli. Il paradigma per educarsi al
gratuito è l’Eucaristia. Che cosa domanda la Chiesa? La fedeltà tutte le domeniche alla partecipazione all’azione più importante della nostra vita, che
è la Santa Messa. Allo stesso modo ci si educa al gratuito donando, senza
pretese e con molta umiltà, regolarmente e in maniera sistematica, una
parte del proprio tempo alla condivisione del bisogno.
È uno sforzo continuo di educazione…
Non c’è altra strada per creature limitate come noi siamo. La creatura contingente può penetrare nel senso profondo della carità e dell’amore soltanto con la ripetizione – non la ripetitività – di azioni che lentamente pieghino il nostro egoismo e la nostra resistenza alla condivisione, all’amore
vero per l’altro.
Eminenza, una parola sul tema del ricambio generazionale: come
si fa a coinvolgere i giovani nel volontariato, e in particolare nel
volontariato autenticamente cristiano?
Anzitutto proponendolo loro con più coraggio. Mi ha colpito una lettera
arrivata dalla comunità di Mestre in cui si racconta che, partendo dalla mia
insistenza sull’educazione al gratuito, si è iniziato a proporre ai giovani un
gesto di condivisione a Ca’ Letizia. La prima volta gli adulti che avevano
lanciato la proposta si sono trovati da soli perché nessuno dei ragazzi ha
partecipato. Ma in questo dato un po’ sconfortante essi hanno saputo scorgere il dito di Dio che indicava loro che non si può proporre nulla se non
a partire da sé. Poi pian piano, timidamente, i giovani si sono affacciati.
Anzitutto, quindi, bisogna non stancarsi di fare la proposta; e in secondo
luogo bisogna aiutare i giovani a vivere il volontariato dentro una comunità cristiana sensibilmente documentata, che cerchi di attuare tutti e
quattro gli scopi della Visita pastorale.
Alvise Sperandio
“Tra volontariato
e servizi sociali un rapporto
forte e produttivo”
Parla Delia Murer, assessora uscente
alle Politiche sociali del Comune
P
ersone, non problemi può
essere la sintesi di questa
intervista a Delia Murer –
che ha retto fino a pochi giorni fa
l’Assessorato alle Politiche sociali
del Comune di Venezia – alla quale abbiamo posto alcune domande
sulle nuove povertà e sui rapporti
oggi esistenti tra amministrazione
comunale e volontariato.
Assessora Murer, quali sono
le nuove forme di povertà più
presenti nel nostro territorio?
Tradizionalmente seguiamo alcune
fasce deboli che si rivolgono ai
servizi e che usufruiscono del minimo vitale e di contributi straordinari all’affitto. C’è però un dato
nuovo che deriva dalla scarsità di
reddito di salari e pensioni. È l’emergere di una precarietà forte
anche in persone che hanno un lavoro. E anche dal fatto che esiste
tanto lavoro precario nei giovani e
nelle giovani coppie. Queste direi
sono le nuove domande che registriamo e alle quali cerchiamo di
rispondere con interventi mirati,
in aggiunta cioè a quelli che già
facciamo.
Con alcuni dati sarà più chiara la portata di questi interventi straordinari…
Prendiamo il 2006, anno già assestato. Interventi di integrazione al
reddito: 710 in favore di famiglie
con minori per 514.400 euro;
761 in favore di persone adulte
per 564.000 euro; 400 contributi
all’affitto per 900.000 euro; 887
in favore di anziani per 600.000
euro.
Come è la situazione economica nell’area veneziana?
Di recente il Movimento dei Consumatori ha fatto una ricerca proprio sul Comune di Venezia in
collaborazione con l’Osservatorio
del nostro Assessorato. Da qui
emerge che nell’area veneziana la
situazione economica è peggiorata
per quattro famiglie su dieci rispetto allo scorso anno. Solo il
41,4% delle famiglie è riuscito a
risparmiare. Il 10,8% ha dovuto
utilizzare anche risparmi precedenti e il 43% ha speso tutto quello che aveva nel corso dell’anno.
Dalla ricerca emerge il forte rischio di indebitamento per le famiglie, motivato più da necessità
che da voluttà”.
Quali iniziative ha assunto il
Comune rispetto a questa situazione?
Da due anni abbiamo avviato una
sperimentazione del microcredito,
in collaborazione con la Mag e la
Banca Etica, per piccoli prestiti da
3000 a 5000 euro da restituire in
un massimo di 36 mesi. Una sperimentazione che valutiamo positiva, tanto che già prevediamo un
allargamento del fondo a disposizione. In più, con il bilancio del
2008, abbiamo varato altre risorse
per microcredito a famiglie numerose o in difficoltà economiche.
Inoltre, 100.000 euro sono stati
stanziati per madri sole con figli
minori. Con le Acli abbiamo avviato il gruppo di acquisto solidale
con l’obiettivo di ridurre la catena
distributiva e permettere ai produttori locali di vendere prodotti
di qualità. Presto sarà varata anche la Family Card per famiglie
numerose, da 4 o più persone oppure madri o padri soli con figli,
che consentirà l’acquisto a prezzi
calmierati di generi di prima necessità”.
Come sono i rapporti tra
Amministrazione comunale
e Volontariato?
Il rapporto si è molto consolidato
in un forte lavoro di rete con due
punti di riferimento fondamentali.
Delia Murer
“Si parla di flessione
nella partecipazione,
ma in realtà credo
sia molto difficile pensare
a questa città senza volontari.
Perché è una città
che ha nel suo dna
la disponibilità
nei confronti dell’altro,
in particolare le persone
più deboli e povere.
E nella nostra città
rispondono anche i giovani”
Il primo riguarda le esperienze
della “Vetrina del volontariato a
Venezia” e di “Spazio Mestre solidale” in via Olivi, a Mestre. C’è
stata una forte crescita delle associazioni di volontariato anche nella loro capacità di fare rete, con un
lavoro di sportello che a turnazione fanno tutti. Aiutano a tenere
un rapporto forte tra cittadini, rete di solidarietà e servizi. Questa è
una carta vincente. Altra operazione nuova, che coinvolge anche
cooperative sociali e associazioni
impegnate nella sostenibilità ambientale, è l’esperienza della
“Città dell’altraeconomia” alla ex
Plip di via San Donà. Una esperienza recente che mette assieme
45 soggetti. Il volontariato oggi è
una rete forte per costruire un
patto sulla solidarietà con l’amministrazione comunale”.
Quindi, nonostante si dica
che i tempi sono cambiati, il
valore della solidarietà è ancora forte...
Si parla di flessione nella partecipazione, ma in realtà credo sia
molto difficile pensare a questa
città senza volontari. Perché è una
città che ha nel suo dna la disponibilità nei confronti dell’altro, in
particolare le persone più deboli e
povere. E nella nostra città rispondono anche i giovani: abbiamo
messo in campo un progetto molto
bello, denominato “Progetto contatto”, il cui obiettivo è coinvolgere giovani delle scuole superiori in
esperienze di volontariato. E sono
oltre 2000 i ragazzi che hanno
partecipato a questo progetto.
Secondo lei, c’è il rischio che
al volontariato si affidi un
ruolo di supplenza rispetto ai
compiti spettanti all’ente
pubblico?
Non è il caso della nostra città.
Come amministrazione comunale
abbiamo molti servizi che si occupano delle varie situazioni di disagio sociale. E insieme con il privato sociale si può garantire una solidarietà efficiente. Forse bisognerebbe contaminare di più le varie
esperienze che vengono promosse
nelle parrocchie con le altre
realtà. E su questo punto, posso
assicurare che le porte sono sempre aperte.
Sandro Bergantin
6
PIAZZAMAGGIORE
26 aprile 2008
LA CITTÀ
I SERVIZI
L
e opere caritative di
ispirazione cristiana presenti
nel centro di Mestre
avranno anche dei limiti, come
evidenziato nelle pagine precedenti,
su cui è bene lavorare. Ma intanto
fanno un servizio profondo e
diffuso, che non va dimenticato.
E sono tantissime: lo evidenzia
questo elenco in cui sono suddivise
in base ai servizi che offrono.
UN AIUTO PER NASCERE
■ Centro Aiuto per la Vita
Via Altobello, 9 – Mestre;
tel. 041 961381; fax 041 2394386
Sostegno ed aiuto per la vita
Referente: Pasquarosa Seno
■ Conferenza di S. Vincenzo
de’ Paoli
Via Querini, 19/a – Mestre;
tel. 041 959359; fax 041 5059322;
email: [email protected]
CA’ LETIZIA, Servizio di ristorazione serale e colazione al mattino;
Posti 118;
Referente: Teresa Calmasini
■ Padri Cappuccini
Via A. Costa, 7 – Mestre;
tel. 041 951725; fax 041 951952
Servizio di ristorazione diurna selfservice Posti 80/200;
Referente: fra’ Leopoldo Callegaro
■ Parrocchia Altobello
Via Altobello, 7 – Mestre;
tel./fax 041 980161; 338 6658572;
UN AIUTO PER VIVERE
email: [email protected]
LE URGENZE QUOTIDIANE
■ Gruppo Volontari Stazione
MENSA MIANI, Servizio di ristorazione diurna Posti 40;
di Mestre
Stazione ferroviaria, p.le Favretti – Referente: p. Carlo Crignola
Mestre; tel. 329 2134882;
■ Parrocchia S. Maria
email: [email protected]
Servizio di assistenza a persone di Lourdes
senza dimora nella stazione ferro- Via Monte Santo, 7 – Mestre;
tel. 041 974342; fax 041 989619;
viaria di Mestre
email: [email protected]
Referente: Roberto Trevisan
Consegna Buoni Mensa
per Ca’ Letizia
UN AIUTO PER NUTRIRSI
Referente: Franca Bernante
■ Banca del Tempo Libero
Via Giovanni XXIII, 4 – Mestre;
■ Parrocchia Ss. Gervasio
tel./fax 041 958418
Servizio di distribuzione viveri, e Protasio
presso Casa della Comunità della Via S. Donà, 2 Carpenedo – Mestre;
Parrocchia di S. Lorenzo Martire, tel. 041 5352327; fax 041 5342422;
email: parrocchia@parrocchiacarpeaccesso da via Querini, 19/a
nedo.it
Referente: Adriano Benin
Consegna Buoni Mensa
per Ca’ Letizia
■ Bottega solidale
Via S. Donà, 2 Carpenedo – Mestre; Referente: Orfeo Bellato
tel. 041 5352327; fax 041 5342422;
email: parrocchia@parrocchiacarpe- UN AIUTO PER VESTIRSI
■ Conferenza di S. Vincenzo
nedo.it
de’ Paoli
Servizio di distribuzione viveri;
Referenti: Maria Luisa Pozzobon, Via Querini, 19/a – Mestre;
tel. 041 959359; fax 041 5059322;
Mario Scagnetti
email: [email protected]
CA’ LETIZIA Servizio di distribuzione vestiario
Referente: Diana Munari
■ Magazzino S. Martino
(Ass. Carpenedo solid.)
Via Società 300 Campi, 6 Carpenedo – Mestre; tel. 041 5353204
Servizio di distribuzione vestiario
Referente: Danilo Bagaggia
tel./fax 041 5314717; email: [email protected]
Centro culturale ed artistico,
scuola di giornalismo
Referente: Giampietro Capogrosso
■ Centro culturale S. Maria
delle Grazie
Via Poerio, 32 – Mestre;
tel/fax 041 970723; 335 1677557;
email: [email protected]
■ Parrocchia S. Maria della Pace Centro culturale ed artistico
Via Varrone, 14 Bissuola – Mestre; Referente: Sabina Stoppa, presidentel. 041 615333; fax 041 616516;
te Sandro Bergantin
email: [email protected]
Servizio di distribuzione vestiario
■ ESODO (Associazione)
Referente: Adriano Campagnaro
V.le Garibaldi, 117 Carpenedo –
Mestre; tel./fax 041 5351908;
UN AIUTO PER LAVARSI
email: [email protected]
■ Conferenza di S. Vincenzo
Quaderni trimestrali di
de’ Paoli
approfondimento religioso,
Via Querini, 19/a – Mestre;
iniziative culturali
tel. 041 959359; fax 041 5059322; a favore della persona
email: [email protected] Referente: don Gianni Manziega
CA’ LETIZIA Servizio docce
Referente: Franco Voltolina
■ Laurentianum
P.zza Ferretto, 121 – Mestre;
UN AIUTO PER DORMIRE
tel./fax 041 970723; email: lauren■ Casa G. Taliercio
[email protected]
(Ass. S. Antonio Mestre)
Centro culturale ed artistico
Via Aleardi, 154 – Mestre;
Referente: Sabina Stoppa, presidentel. 041 5317715
te Alessandro Polet
Ospitalità per donne straniere in
difficoltà (max 6 notti)
UN AIUTO PER LAVORARE
Referente: Romano Berti
■ Parrocchia S. Paolo
Via Stuparich, 17 – Mestre;
UN AIUTO PER ABITARE
tel. 041 5350029; email: chiesacatt■ Magazzino S. Giuseppe
[email protected]
(Ass. Carpenedo solid.)
Assistenza a ricerca lavoro
Via Società 300 campi, 6 Carpenedo Referente: Antonio Masoch
– Mestre; tel. 041 5353204
Servizio di fornitura arredi
■ Senior Service
per la casa
Centro Don Vecchi
Referente: Danilo Bagaggia
V.le don Sturzo, 53 Carpenedo –
Mestre; tel. 041 5353205
UN AIUTO PER ISTRUIRSI
Consulenza sul mondo del lavoro
■ Centro culturale Kolbe
a favore delle persone anziane
Via Aleardi, 156 – Mestre;
Referente: Filippo Cosentino
UN AIUTO PER AVERE
INFORMAZIONI
■ Gente Veneta/GVradio/
GVonline
Via Querini, 19/a – Mestre;
tel. 041 959999; fax 041 5069621;
email: [email protected]; [email protected]
Organi diocesani di informazione
Referente: don Sandro Vigani
■ Caritas diocesana
via Querini, 19/a – Mestre;
tel. 041 975857; fax 041 989089;
email: [email protected]
SEGRETARIATO SOCIALE
Servizio di informazione
ed indirizzamento
Referente: Tina Gidoni
UN AIUTO PER L’AMORE
ED ALLA VITA DI COPPIA
■ Centro di consulenza
familiare Terraferma
Via Querini, 19/a – Mestre;
tel./fax 041 3969004;
email: [email protected]
Formazione e consulenza
alla coppia e alla famiglia
Referente: Germana Giora
UN AIUTO ALLA SOCIALITÀ
ED ALL’IMPEGNO POLITICO
■ Cooperativa El Fontego
Via Ca’ Savorgnan, 32 – Mestre;
tel. 041 980476;
email: [email protected]
Bottega del mondo per l’educazione
al consumo critico
Referente: Marina Gavagnin
■ Scuola di formazione
all’impegno sociale e politico
Via Querini, 19/a – Mestre
tel. 041 972234; fax 041 989849
Formazione all’impegno sociale e
politico con piano studi annuale
Referente: Fabio Poles
UN AIUTO PER VIVERE
LA PACE E LA GIUSTIZIA
■ Punto Pax Christi
Via Cima d’Asta 17, Carpenedo –
Mestre; tel. 041 5342344;
email: [email protected]
Educazione alla pace
e alla mondialità
Referente: Laura Venturelli
UN AIUTO
PER ACCOSTARSI
ALLA RELIGIOSITÀ
■ Centro S. Valentino
■ Segretariato Attività
(Comm. Dioc. Past. familiare)
Ecumeniche
c/o Caritas diocesana, via Querini,
Via Querini, 19/a – Mestre;
19/a – Mestre; tel. 041 950340; 041
tel. 041 5040539;
976578;
email: [email protected]
email: [email protected]
Itinerari di fede per fidanzati
Referente: don Silvio Zardon
Educazione al dialogo ecumenico
Referente: Edoardo Pastorelli
■ Scuola di formazione
■ Consultorio UCIPEM
biblico-teologica
Via S. Girolamo, 30 – Mestre;
S. Caterina d’Alessandria
tel. 041 5345322;
Via Querini, 19/a Mestre;
fax 041 5350835;
email: consultorioucipem@provin- tel. 041 5040509; fax 041 5069201
Formazione biblico-teologica
cia.venezia.it
Consulenza psicologica e giuridica con piano studi annuale
Referente: don Nini Barbato, segr.
alla coppia e alla famiglia
Paola Colecchia
Referente: Anita Moser Zorzi
26 aprile 2008
7
PIAZZAMAGGIORE
INTORNO AL DUOMO
La Galleria San Lorenzo sceglie Murer:
“Il risveglio” segnò il riscatto della città
L
a Galleria San Lorenzo riapre, e riprende il suo
lavoro a partire da Il risveglio di Murer. Parliamo della Galleria in fianco al Duomo, una delle realtà in cui si articola la Fondazione del Duomo di
Mestre, che dopo alcuni mesi di chiusura riapre i battenti, e lo fa in grande stile: ha deciso di ripartire dalla presenza di Augusto Murer in città, per rendere
omaggio alla grandezza di questo maestro del Novecento e per richiamare l’attenzione sull’ultima sua
opera, Il risveglio, nascosta dal continuo passaggio
veicolare e occultata dagli alberi dell’aiuola spartitraffico di Piazza Barche.
Obiettivo è ricostruire il percorso ideativo dell’artista, esponendo nella Galleria San Lorenzo, per la
prima volta, i disegni, i bozzetti preparatori e il modello in gesso, messi a disposizione dalla famiglia Murer e dallo Studio-Museo Murer di Falcade, quale
esempio del modo di procedere dell’artista.
Val la pena ricordare che l’approdo a Mestre della
scultura aveva costituito un momento di particolare
fervore per la città. Era stata commissionata nel 1984
ad Augusto Murer dalla amministrazione comunale di
allora, per commemorare l’anno successivo a Mestre il
Quarantennale della Liberazione dal nazifascismo.
L’obiettivo non era solo quello di celebrare una data
fondante l’Italia repubblicana, ma di offrire anche un
simbolo nel quale la città di Terraferma potesse finalmente riconoscersi. Scrive per l’occasione Ivo Prandin: “Il monumento alla libertà conclude una fase e ne
apre un’altra, o almeno la indica: chiude infatti i conti con il passato ‘selvaggio’, umiliante per i mestrini
vecchi e nuovi e per un ambiente paesano gonfiato fino ai limiti della sopportazione con iniezioni di cemento, con la concentrazione umana. Le costruzioni,
gli alveari nascevano su macerie, cioè sulla morte del
passato: non c’era spazio per i monumenti, erano infatti i condomini i nostri monumenti”.
L’opera rappresenta un giovane uomo che si sta alzando; ad averla fortemente voluta il sindaco di allora, Mario Rigo, prosindaco per Mestre Gaetano Zorzetto. All’inaugurazione, avvenuta il 28 aprile 1985,
è presente anche Giobatta Gianquinto, primo sindaco della città liberata.
È la seconda opera che lo scultore di Falcade realizza per la città: sulla riva di fronte ai Giardini della
Biennale si trova dal 1964 la sua Partigiana, collocata su una scenografia appositamente progettata da
Carlo Scarpa. Murer immagina un percorso ideale tra
L’ARTISTA
Augusto Murer:
un’arte che nasce
dall’oscurità del bosco
Augusto Murer nel suo studio
le due opere, come egli stesso precisa: “La Partigiana
testimonia, con la morte, la conclusione di una lunga
sofferenza. A risvegliarsi è un giovane che prende coscienza del suo nuovo status di uomo libero”. Proprio
mentre la sua vita si sta spegnendo, lo scultore, che
sarebbe mancato il successivo 11 giugno, trova la forza di offrire uno straordinario anelito alla speranza.
Tre giorni prima anche Cadoneghe, Padova, aveva
ricordato il 25 aprile con una scultura di Murer intitolata L’albero della vita, che con Il risveglio di Mestre, ultima opera in senso assoluto, costituisce il testamento civile di Murer.
Tiziana Agostini
La mostra dedicata a Murer si inaugura nella
Galleria San Lorenzo sabato 10 maggio, e resterà
aperta fino al 29 maggio. Dopo l’esposizione dedicata all’artista di Falcade, la Galleria ospiterà
esposizioni di artisti mestrini (per informazioni rivolgersi alla segreteria al 335.1677557) ed eventi
culturali organizzati dalla Fondazione del Duomo.
Con una mostra dedicata
al grande artista
nativo di Falcade
e alla sua scultura
collocata in Piazza Barche,
la Galleria del Duomo
si ripropone alla città
come luogo d’arte
e di cultura
HANNO DETTO DI LUI
Andrea Zanzotto
Mario Rigoni Stern
Alberto Bevilacqua
Carlo Bo
Ivo Prandin
“Murer ed io,
“I suoi disegni
“Murer, spirito mitico “La sua arte insegue “Quel giovane
un vissuto simile” sono come un urlo”
e religioso” lo spirito della libertà” che sorge è Mestre”
er me Augusto Murer si
ontagne, pietre, cave,
uando per la prima volurer è un esempio raro
pre Il risveglio un pas“P
definisce soprattutto in “M miniere, fatiche, migra- “Q ta mi sono trovato di “M di equilibrio fra natura “A saggio verso il futuro:
tre immagini, tre idee: umanità zioni, guerre, lotte per la li- fronte all’opera mureriana, la e arte, una cosa che gli è riu- la città capisce che la frontieforte e ingegnosa, arte altrettanto viva e alta, e poi vicinanza, consonanza profonda tra
me e lui, vorrei dire prima come uomini che come artisti.
[…] Si trattava di una consonanza sfrangiata, misteriosa,
mossa, che si fondava su una
immediatezza della comprensione reciproca. Era anche conoscenza di noi stessi grazie ad
un vero e proprio dialogo. Il
nostro punto di contatto consisteva soprattutto in un vissuto
simile: Murer era come me un
uomo da sempre fedele al proprio luogo d’origine, uno dei
rari artisti capaci di rimanere
legati all’“origine” vivendone
ogni aspetto ed incontrando
quanto vi è in essa di metafisico, di rassicurante, ma anche
di brutalmente fisico, di limitante. Per lui, come per me,
l’“origine” è una parte essenziale della vita interiore, fonte
stessa della creatività. Una simile vicinanza all’“origine”
può anche tradursi in critica
della stessa, ma se ciò avviene,
la critica è produttiva, dall’interno, e dunque è in realtà
un’apertura verso orizzonti più vasti”.
omo della montagna, erede di saperi consolidati, Augusto Murer (1922-1985) ricavò proprio dal suo ambiente l’istintivo rapporto con il
legno, quale espressione della cultura del luogo,
ma il talento e la passione lo portarono oltre la
natia Falcade, a formarsi nella veneziana patria
dell’arte e a scoprire dall’incontro con Arturo
Martini la scultura come valore universale. Egli
aveva compreso che l’arte è in grado di rappresentare le nostre vite quotidiane, trascendendole
nella dimensione del sogno, in particolare l’artista ha la capacità di sublimare la grevità della materia nella leggerezza del risultato estetico, così
che il riscatto tocca persone e cose.
Scavare, togliere dall’informe oscurità l’eccedenza e scoprire il bello che dentro vi dimora, come nei legni che la natura ha prodotto: la sua mano trasforma in prodotto di cultura, prodotto cioè
dell’ingegno, ciò che il suo ambiente gli offre.
La sua arte ha un carattere ctonio, nasce cioè
dall’oscurità della vita, che è anche l’oscurità del
bosco fitto, dove la luce penetra solo a fatica. Ma
come dall’antro sotterraneo di Efesto usciva lo
splendente scudo di Achille, dalla forgia di Augusto emergono i suoi bronzi, prodotti di un vulcano, sostanza magmatica che rapprendendosi riesce a conservare la potenza della natura e lo stupore del vivere.
Fra i diversi temi raffigurati, particolare rilievo
assume quello femminile, legato alla dimensione
intima e domestica della maternità e dell’identità
privata, tributo discreto e intenso alla donna quale figura centrale nella vita del figlio e della montagna. Le sue sono madri dolci e felici, appagate
della propria condizione, rappresentata nelle forme del legno scheggiato come un tetto di montagna a scardole, memoria sullo sfondo del non finito michelangiolesco, o levigato in volume imponente e girevole, rimando quasi in forma di tributo alle forme di Moore e dei cubisti di inizio Novecento. Accanto alle madri le donne, creature per
una volta sottratte alla fatica quotidiana che gioiscono al sole o che si dedicano alla propria persona, archetipo femminile del bello, come nei mirabili Torsi di donna.
Creature della natura, nella loro ingenuità esistenziale sono anche i fanciulli, come l’Adolescente nel legno levigato del 1960, o il ragazzo che racchiude tra le mani la Rondine ferita (1965), perché
solo i semplici e i puri sanno accorgersi della sofferenza del mondo. È un adolescente anche Arlecchino, raffigurato a più riprese, nelle forme acerbe
di chi non è ancora adulto, ma se ne sta chiuso
nella sua incertezza sospesa di chi vive il Carnevale per gli altri e non per sé, pur essendo il simbolo
della gioia e della festa. Metafora della forza e della potenza sono invece i suoi tori, soggetti ricorrenti dalla remota civiltà minoica agli artisti contemporanei come Picasso.
La capacità di Murer di sentire il dolore e trascenderlo in modo plastico è particolarmente intensa quando viene chiamato a dare forma alla
sofferenza e alla tragedia della guerra e alla lotta
per la libertà, rappresentata in Italia dalla stagione della Resistenza e dell’esperienza partigiana. A
partire dagli anni Sessanta del Novecento molte
città lo invitano a realizzare per loro un’opera
pubblica con funzione civile, perché dia voce alla
sofferenza e al riscatto attraverso una sintassi di
pietra e di bronzo. La sua potenza espressiva gli
deriva anche dalla personale esperienza, che gli
aveva fatto vivere direttamente la seconda guerra mondiale, la brutalità nazista della morte e della deportazione e l’eroismo dei partigiani delle
montagne bellunesi.
La statuaria commemorativa di Augusto, di
grande intensità e suggestione, inserendosi nei
luoghi dove viene messa a dimora, li cambia con
la forza della storia e della verità materializzata
nelle forme. Da queste opere traspare l’anelito incontenibile alla libertà, che neppure il più crudele
carnefice può sopprimere, seppure ha cancellato
l’umana esistenza della sua vittima.
Il divenire dei giorni e la tensione costante a
trascenderli in sostanza ideale costituiscono il
tratto più importante della vicenda umana ed artistica dello scultore Augusto Murer, che ha saputo portare il nostro sguardo oltre la materialità
sulle ali della libertà e del sogno. (T.A.)
U
bertà: è da qui, e così, che nasce l’arte di Augusto Murer;
da questo mondo riceve ispirazione e forza morale, che gli dà
pure la forza fisica, perché era
forte Augusto e lavorava con
forza per creare i suoi capolavori.
Da ragazzo aveva capito il
segreto dei boschi e le fatiche
dei boscaioli, impara a faticare
con i maestri d’arte, con il disegno e con le forme, con i
partigiani approfondisce il
concetto di libertà. Ma la libertà va imparata anche dai
minatori della Valle Imperina,
lì nel sottosuolo, lì nel buio
della Terra-Madre.
I suoi disegni sono forti come un urlo che sale per ricordare a noi, uomini del Duemila, la fatica e la speranza, perché lui e i minatori erano orgogliosi del loro lavoro per tutti, per andare avanti insieme
non per opere di guerra ma di
pace”.
la Partigiana
mia memoria emozionale è
corsa ai bassorilievi in cui
Buddha viene venerato dai
suoi discepoli, o è rappresentato l’“albero del risveglio” (il
risveglio della vita, ovviamente). […] Tale spirito è mitico e
religioso. Attraversa molte
epoche ed è impregnato di magia; l’angoscia e la disperazione, la stessa sorda ribellione
che animano le figure di Murer non nascono da un io, ma
dalle classi che combattendosi
e fondendosi hanno fatto e disfatto la storia, Murer ne è il
medium. Dell’India remota ma
anche dell’Ellade: di ogni esperienza che ha cercato di liberare l’uomo dal suo cielo infernale […] I sogni degli uomini
sono vaghe forme, fluttuanti
immagini, mentre il sognare di
Murer consiste nel dar loro
corpo”.
scito di conservare anche
quando il successo e il rumore
del mondo lo hanno raggiunto
nel suo ritiro solitario. In fondo anche la sua adesione e la
sua milizia nelle file della Resistenza obbediscono a questo
principio di verità, per lui tutto è necessario per inseguire lo
spirito di libertà. La guerra, la
morte, la distruzione erano
tutti elementi di corruzione e
di alterazione: una perfida
contraddizione del suo bisogno
di libertà. Comunque, dobbiamo rifarci costantemente al
dato primo della sua storia artistica, alla passione che deve
avere acceso i suoi più antichi
momenti d’ascolto, la sua sillabazione della solitudine”.
ra è stata oltrepassata, e che si
è conquistato uno spazio nuovo, un livello più umano di
esistere e di coesistere. Avevamo, noi tutti mestrini con
radici culturali diverse, una
voglia urgente di simboli che
uniscono e che chiamano a
raccolta anziché separare o distruggere. Augusto Murer ha
caricato la propria scultura
monumentale di speranza, di
passione per la vita libera da
servitù ideologiche e politiche: il suo giovane che esce
dalla notte dell’oppressione
guarda direttamente nel cuore
del sole… E noi tutti, Mestre,
siamo identici a quel giovane
creato dallo scultore. Questo
è il significato del bronzo che,
in Piazza Barche, inaugura un
nuovo calendario”.
8
PIAZZAMAGGIORE
26 aprile 2008
INTORNO AL DUOMO
Per i bambini del Madagascar
il Duomo ha raccolto 46 mila euro
Linea diretta 1
Al telefono con don Giacomo e Elisa,
nei giorni degli scontri del dopo elezioni
iente scontri a Ol Moran, e a
N
Venezia si tira un sospiro di
sollievo. A tranquillizzare amici e
parenti preoccupati per le drammatiche notizie che a gennaio
giungevano dal Kenya sono stati
direttamente loro: don Giacomo
ed Elisa.
Un collegamento telefonico ha
permesso a un centinaio di persone raccolte al Laurentianum di
ascoltare in diretta la voce squillante e rassicurante dei due missionari. “Tutto ok qui ad Ol Moran – hanno confermato – niente
scontri, anzi si festeggia”. I disordini scoppiati in Kenya in seguito ai risultati delle elezioni politiche del
dicembre 2007 non hanno intaccato la serenità e il clima di sicurezza
che si respira nel territorio di Ol Moran, a 275 km da Nairobi. Elisa
e don Giacomo hanno potuto raccontare come la notizia dei disordini
avesse scosso la loro gente, ma senza creare allarmi. “La zona di Ol
Moran – ha spiegato don Giacomo – è talmente fuori mano e le strade sono così dissestate da percorrere che in qualche modo è stata ‘graziata’. Nessun episodio di violenza nelle vicinanze e nessuna emergenza sfollati. Qualche famiglia che fuggiva dalle zone degli scontri è venuta fin qui a cercar rifugio a casa di parenti proprio perché la zona è
considerata sicura”.
“Disponiamo di un dispensario – ha rassicurato Elisa – in caso di
emergenza siamo comunque provvisti di strumenti sanitari”.
Gli scontri nel Paese hanno comunque impedito al Patriarca e alla
delegazione al suo seguito di far visita ad Ol Moran, come era stato da
tempo programmato. Il viaggio è stato rimandato e si terrà in luglio.
G
iovani e adulti insieme,
uniti da una comune passione per le missioni: ecco cos’è il Gruppo “Amici delle
Missioni”, una nuova realtà che
ha il suo fulcro nella parrocchia
del Duomo di San Lorenzo.
Persone provenienti da diverse
comunità e anche da diverse città
si riuniscono qui da ormai più di
un anno per organizzare e sostenere progetti missionari. Progetti
concreti, che piacciono, funzionano e vengono portati a termine
con successo. Nasce come evoluzione del gruppo “Amici di Ol Moran” che raccoglieva al suo interno persone interessate a sostenere
la realtà missionaria della parrocchia S. Mark di Ol Moran dove
operano i sacerdoti veneziani don
Giovanni Volpato e don Giacomo
Basso (già cappellano di San Lorenzo) ed Elisa Pozzobon, laica
“fidei donum”, volontaria nella
missione per un anno e mezzo.
Dal 2008 il gruppo ha deciso di
cambiare nome e di aprirsi all’intera realtà missionaria con cui la
Diocesi di Venezia è in contatto.
Nel 2008 obiettivo Madagascar. Il progetto 2008 del gruppo
Amici delle Missioni si intitola
“Una casa per i bambini di Giovanna”. L’obiettivo è sostenere
Giovanna Varisco, giovane mestrina missionaria in Madagascar,
nelle spese per la costruzione di
una casa che ospiterà lei e i suoi
25 bambini.
Giovanna Varisco ha 23 anni
ed è stata una parrocchiana di
San Lorenzo fino a quando ha deciso che la sua strada era quella di
partire per il Madagascar e dedicare la sua vita al servizio dei bisognosi. Ora vive ad Ambositra,
in un altopiano nel cuore del Madagascar. I problemi che si incontrano ad Ambositra sono quelli di
tutti i Paesi del Terzo Mondo: povertà, miseria, pigrizia mentale e
fisica, corruzione, mancanza di
beni primari, di mezzi, un presidente che pensa solo ai suoi interessi, una sanità pubblica inesistente, condizione dei carcerati
pessime e soprattutto condizioni
dei figli dei carcerati difficili:
proprio perché i loro genitori sono in prigione non possono giocare con gli altri bambini, non possono andare a scuola, hanno tutti
paura di loro.
Servivano 20 mila euro… Così Giovanna ha deciso di occuparsi di questi bambini e di donar loro una famiglia, una mamma, un
papà, dei fratelli, di mandarli a
scuola, insegnar loro catechismo,
curarli e amarli. Giovanna però
ora ha bisogno di una nuova casa
perché attualmente è in affitto e
le sue risorse economiche non le
permettono di pagare ancora per
molto.
A partire da febbraio 2008 è
stata promossa una raccolta fondi
con l’obiettivo di raccogliere almeno 20 mila euro. L’obiettivo è
stato brevemente raggiunto e più
che raddoppiato: nel corso della
quaresima sono stati raccolti oltre
46 mila euro. Sarà così possibile
costruire, oltre alla casa di cui
Giovanna ha bisogno, anche
un’altra struttura parallela per
l’ospitalità di volontari e collaboratori.
Cinque mestrini per venti
giorni in Madagascar. E a luglio
una piccola delegazione andrà a
far visita a Giovanna Varisco ad
Ambositra. Biglietti per il Madagascar sono già prenotati. Don
Gilberto Sabbadin, Cristian Rosteghin, Francesca Bellemo, Giovanna Sabbadin e Leandro De
Rossi, come rappresentanti del
gruppo “Amici delle missioni”, si
26 aprile 2008
9
PIAZZAMAGGIORE
INTORNO AL DUOMO
Continua con successo il lavoro del gruppo “Amici delle Missioni”:
quest’anno l’attenzione è concentrata sul sostegno a Giovanna Varisco,
missionaria in Madagascar, e sulla grande casa che vuole costruire
per i suoi bambini, tutti figli di carcerati
Di fronte al carovita,
i commercianti sono
al fianco dei consumatori
Calzavara (Confcommercio Ascom):
“Disponibili per iniziative
a vantaggio di chi è in difficoltà”
Linea diretta 2
La voce di Giovanna dal Madagascar
risuona nell’Aula Magna del Laurentianum
iove forte e i bambini sono già a letto quando squilla il telefono di
PnicoGiovanna,
ad Ambositra in Madagascar. Il secondo contatto telefomissionario avviene a pochi mesi di distanza da quello con Ol Mo-
recheranno a luglio in Madagascar, ad Ambositra per incontrare
Giovanna e i suoi bambini e per
consegnarle il ricavato della raccolta fondi promossa dal Duomo
durante la Quaresima. Gli oltre
46 mila euro raccolti in poche
settimane permetteranno a Giovanna di costruire una nuova casa per la sua grande famiglia mal-
gascia e anche una seconda struttura per i volontari e i suoi collaboratori. Il gruppo si rende disponibile, per i 20 giorni della sua
permanenza in Madagascar, ad
aiutare Giovanna nelle varie necessità quotidiane impegnandosi a
rafforzare il rapporto di vicinanza
della Diocesi di Venezia con la
sua realtà missionaria.
ran, la linea è disturbata dal temporale, ma sentire la voce di Giovanna
è comunque una grande gioia per le tante persone che ancora una volta
si sono raccolte al Laurentianum per essere vicino agli amici missionari. La mamma, il fratello e la cognata di Giovanna sono intervenuti nell’attesa del collegamento per spiegare la sua storia e il contesto sociale in
cui si è inserita, pur così giovane, in modo coraggioso.
Poi a Giovanna viene comunicata la notizia del raggiungimento della
quota da lei indicata per la costruzione della casa (20 mila euro). Di lì a
pochi giorni la cifra viene poi più che raddoppiata. Tanto che il gruppo
Amici delle Missioni ha pensato di lanciare una nuova proposta: “L’abbiamo chiamata ‘Nel cantiere di Giovanna’ – spiega Leandro De Rossi
a nome del Gruppo – e si tratta di un appello a quanti abbiano tempo e
disponibilità da offrire a Giovanna in Madagascar. Seguendo la sua vicenda ci siamo resi conto che questa giovane ragazza è fondamentalmente sola e che il suo entusiasmo e la sua determinazione non possono essere sufficienti a sostenerla di fronte ai grossi problemi che incontra ogni giorno. Le sarebbe utile anche solo un sostegno per la gestione
della casa, per la cucina, per accompagnare i bambini a scuola”.
È Giovanna stessa a confermarlo: “Mi sarebbe molto utile la presenza di alcuni amici – ha detto al telefono – ci sono tante cose da fare qui.
E non è necessario che si tratti di persone con competenze specifiche o
necessariamente di giovani. Anzi: questa casa è impostata come una casa famiglia, e questi bambini avrebbero molto bisogno di avere anche l’esempio dato da adulti, coppie, famiglie. Per me comunque sarebbe una
compagnia”.
La proposta è anche quella di costituire un apposito fondo per “l’adozione dei volontari”, cioè sostenere in parte le spese del viaggio di coloro che volessero rendersi disponibili ad offrire la loro presenza e il loro aiuto.
il progetto
“Sulla via di Ol Moran”,
un libro reportage
Centosessanta pagine di emozioni e immagini
per capire la realtà della missione in Kenya
P
er raccontare la realtà missionaria di Ol Moran e sensibilizzare
alla costruzione di uno stile missionario non assistenzialista è
nato anche un libro. A scriverlo è Francesca Bellemo, giornalista di Gente Veneta e membro del gruppo “Amici delle Missioni”, che
testimonia così la sua esperienza compiuta nel luglio 2007 insieme ad
altri 12 compagni di viaggio partiti dal Duomo di S. Lorenzo per visitare la parrocchia S. Mark di Ol Moran.
Sulla via di Ol Moran (ed. Cid srl) è un libro-reportage, ricco di immagini e interviste che vogliono descrivere l’esperienza missionaria incontrata negli altipiani a nord di Nairobi, nella Diocesi di Nyahururu
(e in particolare nella parrocchia S. Mark a Ol Moran, con la quale la
Diocesi di Venezia ha da 10 anni un rapporto speciale) come l’incontro con uno “stile missionario” da prendere ad esempio. La via di Ol
Moran, come quella dei tanti altri missionari incontrati in Kenya, può
essere forse la via privilegiata per innescare un processo di sviluppo
del paese capace di rendere finalmente protagonisti gli africani della
loro storia.
Al volume, realizzato grazie alla sponsorizzazione di Casinò di Venezia e Parco Scientifico e Tecnologico Vega, è connesso uno specifico progetto che Vega, nella persona dell’amministratore delegato
Gianpietro Marchiori, ha proposto: il ricavato della distribuzione del
volume presso le aziende e gli imprenditori del territorio veneziano
verrà destinato a sostegno di un progetto di sviluppo ad Ol Moran. Per
informazioni relative al progetto contattare Rossella Stocco (Vega) telefonando
allo 041.5093005.
Sulla via di Ol Moran
di Francesca Bellemo
Edizioni Cid srl
pag. 160
formato 29x21
prezzo di copertina 28 euro
testo inglese a fronte
Il libro si può acquistare presso la
Libreria San Michele
in via Poerio a Mestre.
L
a situazione economica di molte famiglie, di molte persone,
nel nostro Paese e conseguentemente anche nella nostra
Città, sta assumendo, soprattutto negli ultimi mesi, livelli che
da tempo non si riscontravano e che sembrava non dovessero interessare la nostra società, ma soprattutto quell’immagine della
società Italiana che, attraverso i media, dava la sensazione, più
che del benessere, dell’opulenza. L’immagine, ad arte costruita,
di un Paese ove il top dei problemi sembrerebbe essere quello di
decidere in quale località, spesso caraibica, passare il nostro
molto tempo libero in ogni periodo dell’anno. Non che non esistano anche queste situazioni, ma oramai da tempo la famosa
“forbice” si è ulteriormente allargata, collocando sempre meno
soggetti dalla parte di chi non ha problemi, è collocando sempre
più cittadini in quella di chi deve fare i conti con sempre maggiori difficoltà per arrivare a fine mese.
Quel che più rappresenta la novità in negativo è che in questa parte si collocano settori di occupati, di famiglie che sino a
poco tempo fa facevano parte di quel ceto medio che rappresentava il fiore all’occhiello del sistema economico italiano. Come
tutti i dati statistici, bisogna essere nelle condizioni di interpretare la situazione nella sua particolarità, nella sua articolazione
territoriale, dai dati economici di partenza.
Nel nostro territorio, pur in presenza di situazioni sempre più
“particolari”, non possiamo nascondere che il peso di tale impatto assume caratteristiche diverse, più o meno negative e/o
positive, a seconda se raffrontata con realtà del Sud, del Centro
o con altre del Nord del nostro Paese. Stiamo vivendo anche
nella nostra Città il risvolto negativo di quella che per anni ha
rappresentato la locomotiva per l’intera economia della Provincia ed oltre, Porto Marghera, alla quale il sistema della piccola
impresa, se pur positivamente, deve compiere sforzi enormi per
tenere il passo, per garantire la sicurezza occupazionale. Il clima
generale è un clima di non fiducia nel futuro.
Gli aspetti internazionali, costi del petrolio, dei cereali, riversano percentuali elevatissime di aumento dei prezzi dei prodotti per il consumatore. Se i dati ci dicono che l’82% degli italiani è proprietario della casa in cui vive, è pur vero che all’interno di queste cifre vi è chi sta pagando un mutuo e per chi
vuole farsi una nuova famiglia o vorrebbe crearsi una propria
vita staccandosi dai genitori, i costi dei mutui sono costi elevatissimi e, tale problema che la stampa si sforza di rilevare in
chiave americana, è purtroppo un problema che riguarda moltissimi italiani e mestrini. Nel periodo natalizio, i dati in possesso della nostra Associazione facevano rilevare come il boom
degli acquisti si rivolgesse a tutti quei generi, soprattutto elettrodomestici di vario genere, mobili e anche automobili, per i
quali era possibile applicare la logica del “compra oggi e paghi
fra tre-sei mesi”; oggi è arrivato il momento di far fronte alle
prime scadenze e, soprattutto per i più sprovveduti o in buona
fede, si iniziano a fare i conti col portafogli.
L’aumento del costo della vita ha toccato cifre che non si toccavano da anni, tutto sembra dipendere dai commercianti. Non
si da lo stesso rilievo, a mio parere, a tutti quegli aumenti, spesso a doppia cifra, stabiliti da Pubblica Amministrazione, Enti
Pubblici, Banche, Aziende Pubbliche-Partecipate-Municipalizzate che operano nei settori dei servizi, dei trasporti. Spesso ci
si dimentica che da anni si sostiene, da parte di molti, che è necessario ridurre le spese degli apparati di questi servizi, ridurre
gli sprechi, fare spese oculate, ma a queste condivisibili affermazioni non ne conseguono fatti concreti se non l’aumento dei
costi dei servizi.
A fronte di una situazione sulla quale è necessario non accentuarne i rilievi né in positivo né in negativo, molteplici sono gli aspetti sui quali dover intervenire. La distribuzione commerciale, unico settore nel quale si è assistito in questi anni ad
una vera liberalizzazione, garantisce una completa gamma di offerta commerciale anche di generi di prima necessità, modulata
su prezzi i più svariati ed accessibili. Mi sembra che serva però
una vera educazione all’acquisto, stante come ancor oggi i dati
sembrano indicare che più dell’acquisto che sappia abbinare
qualità prezzo, da parte di molti, si esercita ancora l’acquisto di
marca, frutto di quella pubblicità a cui mi riferivo prima. Nel
nostro territorio esistono, tra l’altro, due mercati all’ingrosso,
che da anni danno l’opportunità, in certe fasce orarie, per l’acquisto anche da parte di chi non esercita un attività commerciale. Rimane il problema che non è possibile acquistare piccole quantità di prodotto, ma in tal senso è apprezzabile lo sforzo, recentemente fatto anche da parte di ACLI, per la realizzazione dei gruppi d’acquisto. Da qui il presupposto per evidenziare come fortunatamente nel nostro territorio la presenza
consistente di iniziative umanitarie di solidarietà, rappresenti,
soprattutto per le situazioni di maggior difficoltà, un’ancora a
cui rivolgersi.
Da questo punto di vista ritengo che il nostro mondo, il mondo del commercio, potrebbe avere maggiori rapporti con tutte
queste iniziative: approfitto quindi di questa opportunità che mi
viene data, per rivolgere a tutti coloro che operano in queste
Associazioni e/o Parrocchie di contattarci per poter approfondire in che termini questa catena di solidarietà possa annoverare
al suo interno, oltre ai molti commercianti che già in modo non
organizzato vi contribuiscono, anche un’importante Associazione come ritengo sia la Confcommercio Ascom Mestre.
Doriano Calzavara
Presidente Confcommercio Ascom Mestre
INFORMAZIONE REDAZIONALE
IN UN ANNO SOSTITUITE 270.000 TESSERE
A maggio sui vaporetti e a luglio sui bus si viaggerà con imob.venezia®
270.000 sono gli utenti che hanno già sostituito la loro “CartaVenezia” o abbonamento con la nuova tessera elettronica contactless.
Lʼoperazione lanciata a giugno scorso dal Gruppo Actv, permetterà di utilizzare un unico documento per viaggiare su più vettori e, in un prossimo futuro, di usufruire anche di altri servizi.
Il nuovo sistema di bigliettazione automatizzata avrà inizio a maggio per le linee di navigazione e
a luglio per le linee automobilistiche.
Lʼavvio del sistema sarà comunicato da una innovativa campagna promo-informativa realizzata da
Vela e dedicata al cliente al fine di fornirlo di tutte le informazioni per rendere il passaggio dal vecchio al nuovo sistema il più semplice possibile.
Actv vuole, inoltre, ricordare, a coloro che ancora non hanno sostituito la loro tessera, che è possibile recarsi presso i rivenditori autorizzati e gli sportelli imob, per effettuare il cambio o richiedere la nuova tessera imob.
Fino al 31 maggio 2008, recandosi presso gli sportelli imob dedicati e gli 88 concessionari (tabaccai, edicole, etc.) sparsi sul territorio, si può effettuare gratuitamente la sostituzione della
“CartaVenezia” o abbonamento ricevendo una tessera imob con la stessa scadenza.
È sufficiente presentare il modulo di richiesta e dopo 15 giorni si potrà ritirare la tessera imob
presso lo stesso punto vendita a cui ci si è rivolti.
Presso il nuovo negozio Hellovenezia del Tronchetto, si può richiedere e ricevere immediatamente la nuova tessera elettronica contactless.
Come in precedenza si dovrà essere muniti di una fototessera e di una fotocopia (fronte retro)
di un documento di identità valido.
Actv ricorda che a partire da 1 giugno 2008 le vecchie tessere non saranno più valide e dovranno essere cambiate con le nuove tessere contactless imob.
La carta Venezia resta gratuita per i residenti nel Comune di Venezia, lʼabbonamento costerà
sempre 10,00 euro, ma ricordiamo che cʼè tempo fino al 31 maggio 2008 per rinnovarlo con
proroga della validità per altri tre anni (dal giorno del rinnovo) al costo di 5,00 euro.
Infine per eventuali dubbi o per ricevere maggiori informazioni, ci si può rivolgere al call center di
Hellovenezia (041 24 24), o visitare i siti internet www.hellovenezia.com e www.actv.it .
26 aprile 2008
11
PIAZZAMAGGIORE
INTORNO AL DUOMO
Mestre: la cultura cittadina cresce
all’ombra del campanile del Duomo
N
egli spazi congressuali ed
espositivi intorno al Duomo passa tutta la cultura
cittadina. La Fondazione del Duomo, i Centri culturali, la Libreria
San Michele e la Galleria San Lorenzo, infatti, producono in proprio
numerosissimi eventi, come quelli
presentati in questo numero di
Piazza Maggiore; ma la Parrocchia
di San Lorenzo mette a disposizione
della città i propri spazi congressuali ed espositivi, così che moltissime
delle conferenze, delle mostre, degli
eventi cittadini si svolgono proprio
all’ombra del campanile del Duomo.
Due grandi sale, molte altre
soluzioni. Uno degli spazi più prestigiosi in centro a Mestre è l’Aula
Magna del Laurentianum, l’Istituto
“storico” della città di Mestre.
L’Aula Magna occupa il piano alto
della prestigiosa Scuola dei Battuti,
un edificio del XIV secolo sito in
via Poerio accanto al Duomo di
San Lorenzo, con ingresso da Piazza Ferretto. Oltre alla vasta e signorile Aula Magna, il Laurentianum mette a disposizione altre salette più piccole per riunioni di
gruppo. Tecnicamente attrezzato, è
il posto ideale per accogliere iniziative pubbliche e private e per organizzare eventi, meeting, congressi,
seminari.
Il Centro Culturale Santa Maria
delle Grazie, sull’altro lato di via
Poerio, è un polo di pensiero, di dibattito e di cultura tra i più attivi in
città, sia per le iniziative ospitate,
sia per quelle organizzate in proprio.
I VIAGGI DEL DUOMO
tore
DAL 12 AL 16 GIUGNO 2008
l’Aula Magna del centro S. Maria delle Grazie
La sua sede è una struttura moderna ed efficiente, ideale per accogliere iniziative pubbliche e private.
Un’antica chiesa, risalente al 1520,
è la splendida cornice architettonica
per l’organizzazione di eventi, meeting, congressi, seminari, concerti e
per l’allestimento di mostre. Il Centro Le Grazie dispone di una grande
sala polifunzionale al primo piano,
con una capacità di 180 posti, valorizzata da un soffitto a capriate a vista e da ampie vetrate. Un corridoio
espositivo la collega ad una seconda
sala al pianterreno, con una capacità di 40 posti, prospiciente al grazioso giardino interno. Il complesso,
perfettamente attrezzato, è adeguato
alle normative per la fruizione delle
strutture pubbliche da parte dei disabili. Il Centro offre la possibilità
di concordare eventuali servizi di
supporto: dall’accoglienza in sala all’editing, dalla segreteria operativa
al catering.
Il pianterreno ospita la Libreria
San Michele, la più recente e moderna della città, con un fornito set-
multimediale.
Per gli artisti: la Galleria San
Lorenzo. Recentemente restaurata,
inserita nel numero degli enti della
Fondazione del Duomo di Mestre,
guidata da una commissione di persone particolarmente sensibili ai temi dell’arte, in particolare della pittura, la Galleria San Lorenzo, in
fianco al Duomo, propone durante
l’anno alcuni eventi organizzati in
proprio, a partire dal grande evento
dedicato ad Augusto Murer (vedi
Acli.
Tutti i colori
del fare bene.
l’Aula Magna del Laurentianum
pag. 7). Durante il resto della stagione, la Galleria ospita personali e
collettive di artisti cittadini e di pittori di altre città che intendono farsi conoscere a Mestre.
la Spagna
Per organizzare mostre, rassegne,
convegni ed eventi negli spazi congressuali ed espositivi del Duomo di
Mestre – e per ogni informazione
sull’affitto degli spazi stessi – ci si
può rivolgere alla Segreteria, telefonando al 335.1677557.
Un viaggio per scoprire alcune delle città più belle della Spagna
– Madrid, Toledo, Segovia, Avila – e in particolare il magnifico
Monastero di San Lorenzo dell’Escorial.
monastero dell’Escorial
Il viaggio è inserito nel programma di itinerari sulle tracce di
San Lorenzo e di San Michele, patroni del Duomo e della città.
Al viaggio partecipa mons. Fausto Bonini, arciprete del Duomo
di Mestre, come accompagnatore spirituale.
QUOTA DI PARTECIPAZIONE
Supplemento camera singola
Tasse Aeroportuali
€ 970
€ 150
€ 70 (indicative)
PER INFORMAZIONI
• dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00, c/o gli uffici CTA
di via Ulloa 3/a Marghera (tel 041.5321884 )
• dal martedì al sabato dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.30 (lunedì dalle
15.30 alle 19.30), c/o Libreria “S. Michele” in via A. Poerio 32 Mestre (tel 041-972658)
• Lunedì e mercoledì dalle 9.00 alle 12.00 c/o l’Accoglienza della Canonica del Duomo in Corte della Canonica 2 – Piazza Ferretto (chiedere di Nicola Lamia tel 041950666 / cell 334-8521478)
★★★
H O T E L
Al
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predisporre il 730 o il Modello unico, calcolare l’Isee, compilare il Red o
fare la Dichiarazione di Successione.
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La fiducia in buone mani.
SEDE PROVINCIALE
Marghera - Via Ulloa 3/a · 041.5314696
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30174 Mestre-Venezia
Piazza Ferretto, 73
Tel. 041.951385 - Fax 041.958891
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Casa storica regionale, completamente rinnovata, al servizio della città aspettando il centenario “1908-2008”
MESTRE NORD
Loc. Carpenedo,Via San Donà 137 · 041.8626900
altre sedi a:
Martellago · 041.5400400
Spinea · 041.8626941
Chioggia · 041.400543
Mirano · 041.5702031
S. Donà di Piave · 0421.52383
Mira · 041.421159
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Tutti i giorni dalle 18.00 alle 2.00
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