Corso di formazione sull’utilizzo
delle biomasse ligneocellulosiche
Con il contributo del Ministero dell’Ambiente
A cura dell’Istituto per le Piante dal Legno e l’Ambiente
(IPLA) – P.Cielo, R.Ursone
1
Presentazione
L’uso razionale delle risorse sta
diventando sempre più argomento
centrale della politica ambientale in
tutto il Pianeta.
Nessuno
può
sentirsi
escluso
all’appello nè come persona nè in
termini di comunità.
Argomenti
come
“sviluppo
sostenibile”
e
“effetto
serra”
impongono una riflessione profonda
sul nostro stile di vita che non si limiti
alle dichiarazioni di intenti, ma giunga
ai fatti. La nostra difficoltà a reagire
positivamente a qualche necessaria
rinuncia non può che essere superata
quando la posta in palio è l’offerta alle
future generazioni, i nostri figli, di un
futuro degno, privato dalle minacce
ecologiche che oggi incombono.
La Provincia di Torino, con il presente
manuale, intende contribuire a
diffondere l’uso razionale del legno
come
combustibile
per
il
riscaldamento
abitativo
che
rappresenta una quota rilevante della
ingente parte di energia finale
consumata dalle famiglie (oltre il 20%
degli usi finali di energia in Italia).
L’adozione di energie rinnovabili, in
particolare del legno, che in provincia
offre il contributo maggiore, non è una
ipotesi o un’alternativa, ma una
necessità. D’altronde nelle aree rurali,
soprattutto collinari e montane, il
corretto sfruttamento del combustibile
legnoso e l’incremento della domanda
che ne consegue rappresentano
un’opportunità cruciale e positiva dal
punto di vista economico e
occupazionale locale.
“Effetto serra”
Da alcuni anni si è cominciato a
parlare di un nuovo fenomeno
negativo legato all’uso delle
fonti fossili di energia, l’effetto
serra che è provocato
principalmente da alcuni gas
prodotti durante la combustione.
Tali gas hanno la proprietà di
costituire una specie di “filtro”
ai raggi solari che possono
percorrerli nel senso di ingresso,
ma non in senso inverso
impedendo così alle radiazioni
di uscire dall’atmosfera con
conseguente incremento della
temperatura della Terra e
relative problematiche annesse
L’utilizzo di
combustibile
rinnovabile riduce
la produzione dei
gas responsabili
dell’ “effetto
serra”.
Fonte ENEA con modifiche IPLA
“Sviluppo sostenibile”
Modello di sviluppo che, diversamente da quello attuale,
permette alla generazione presente di soddisfare i propri
bisogni, senza, compromettere la capacità delle future
generazioni di fare altrettanto.
Usi finali di energia in Italia
(dati 1998)
consumo delle
famiglie
21%
Fonte Enea "Rapporto Energia Ambiente 2000"
2
INDICE
Utilizzo del combustibile legno:
- nel mondo
- nei Paesi in via di sviluppo
- nei Paesi industrializzati
- in Italia
- in Piemonte
pag. 5 - 6
Argomenti a favore del legno come fonte di energia negli anni 2000
pag. 7
Filiera legno – energia
pag. 8
La filiera forestale legno–energia:
- superfici forestali e disponibilità di biomassa
nelle aree montane della Provincia
- sistemi di esbosco e costi di produzione del
cippato di legno
- sminuzzatura
- sostenibilità economica della filiera legno energia
- costo equivalente di legno/cippato
- margini di risparmio con la gestione a cippato di legno
- quale cofinanziamento
pag. 9 - 23
Altre fonti di approvvigionamento: agricoltura, pioppicoltura, verde urbano,
importazione, colture energetiche, industria prima lavorazione del
legno, rifiuti urbani
pag. 24
Relazione tra potere calorifico e umidità
pag. 27
Depezzatura e assortimenti: tronchetti, scaglie, pressati (pellet, brichetti) pag. 28
Utilizzo finale, generatori di calore:
- piccoli generatori
- generatori medio grandi
pag. 28 - 31
Valutazione per la realizzazione di una filiera legno energetica
pag. 32
Conclusione
pag. 33
3
Finalità del Corso
Il Corso si prefigge 4 finalità operative:
− Promozione dell’uso di energia rinnovabile disponibile sul
territorio, in particolare del combustibile legno
− Utilizzazione di tecnologie di combustione efficienti e
pulite
− Miglioramento qualitativo del bosco
− Valorizzazione delle risorse economiche e professionali
locali
4
Utilizzo delle biomasse
Situazione mondiale
Mondo
carbone
biomassa
idro
nucleare
gas naturale
petrolio
24%
34%
15%
6%
17%
Ad oggi le biomasse soddisfano il 15%
circa degli usi energetici primari nel
mondo.
L’utilizzo di tale fonte mostra, però, un
forte grado di disomogeneità fra i vari
Paesi.
4%
Paesi industrializzati
Paesi industrializzati
carbone
biomassa
25%
37%
idro
3%
nucleare
6%
gas naturale
6%
petrolio
23%
Nei paesi industrializzati le biomasse
contribuiscono appena per il 3% agli
usi energetici primari: gli USA
ricavano il 3,2% della propria energia
dalle
biomasse,
l’Europa
complessivamente il 3,3%.
Paesi in via di sviluppo
Paesi in via di sviluppo
carbone
biomassa
23%
26%
idro
nucleare
gas naturale
petrolio
7%
1%
5%
38%
I paesi in via di sviluppo, nel
complesso, ricavano il 38% della
propria energia dalle biomasse, ma in
molti casi tale risorsa soddisfa fino al
90% del fabbisogno energetico totale
mediante la combustione di legna,
paglia e rifiuti animali.
5
Utilizzo del combustibile legno
In Piemonte
• Il combustibile – legno, fino al 1987, era quello maggiormente usato per
il riscaldamento di abitazioni nei piccoli comuni montani e collinari (*)
• 1,3 milioni sono i piemontesi che si riscaldano a legno (**)
• il 70% del legno combustibile è direttamente prelevato dal bosco (*)
• il consumo di legno combustibile è pari a 0,47 Mtep (*, **) (oltre 4 volte
superiore rispetto ai dati del Bilancio Energetico Regionale) (**)
• l’uso del combustibile legno è gradito ai cittadini (*,**)
In Italia
• 17 milioni, il 31,4%, sono gli italiani che utilizzano il legno come
combustibile (**)
• 5,4 Mtep è l’energia prodotta dalla biomassa (5 volte superiore rispetto
ai dati dei Bilanci Energetici Regionali) (**)
• 21,5 milioni di tonnellate/anno il totale di legno consumato (**)
• 32,4 quintali/anno il consumo medio annuo per famiglia (**)
• 2000 miliardi di lire la spesa complessiva (**)
*(Enea-Ipla,1985e Regione Piemonte – Ipla 1987)
**(Indagine Enea - Cirm, 1998),
6
Argomenti a favore del legno come fonte di energia negli anni 2000
(Fonte: Vademecum “Energia dal Legno” a cura dell’Associazione Svizzera per l’Energia dal Legno –ASEL - con modifiche
dell’Ipla)
Motivi politici
- Indipendenza dall’estero
- Diversificazione dell’approvvigionamento energetico
Motivi economici
- Sostegno all’economia forestale locale
- Flusso economico che ricade localmente
(Vedi tabella a fianco -*)
Motivi ecologici
Destinazione flusso economico
area territoriale
Comune e CM
Regione
Nazione
Estero
legno
85 %
5%
10 %
0%
combustibile
gasolio
5%
70 %
25 %
(Regione Piemonte – Ipla, studio in corso)
- L’energia del legno è neutra dal punto di vista delle emissioni di CO2
- L’utilizzo a brevi distanze dal luogo di origine limita gli effetti ambientali
negativi dovuti ai trasporti
- Viene ridotto l’utilizzo di combustibili fossili
Motivi pratici
- Elevato comfort dei sistemi a legno grazie alla tecnologia più recente
- Disponibilità di sistemi a legno adatti per il riscaldamento sia di abitazioni isolate, sia
di fabbricati inseriti all’interno di centri densamente abitati (teleriscaldamento) oppure
come sistemi di complemento ad altri generatori di calore
L’uso del legno combustibile è gradito agli utenti
__________________________
*) La tabella evidenzia come, indicativamente la spesa dovuta all’utilizzo del combustibile
legno ricada per la maggior parte sul luogo di produzione e utilizzo (fino all’85% in
Comune e/o Comunità Montana), mentre per il gasolio avviene il contrario (soltanto il 5%
del flusso economico ha ricaduta locale). Quanto affermato per i, gasolio vale anche per
gli idrocarburi gassosi (metano, GPL, ecc.)
7
Filiera del legno-energia
In sintesi la filiera legno-energia può essere definita come l’insieme delle fasi operative che
portano il combustibile legno dalla produzione all’utilizzo finale nei generatori di calore.
La produzione comprende tutte le operazioni di messa a disposizione del combustibile legnoso,
essa varia in funzione del materiale, dei mezzi, del tipo di lavoro, dell’ impegno di manodopera
ecc. . Si differenzia molto a seconda delle fonti del legno; fra queste il bosco rappresenta
sicuramente quella più importante in termine di potenziale disponibilità e attuale utilizzo. La
modalità di produzione del combustibile legnoso si differenzia notevolmente anche rispetto
all’assortimento che si intende ottenere (tronchetto, cippato).
Le fasi intermedie della filiera (depezzatura o sminuzzamento, stoccaggio, trasporto ed
essiccazione) possono succedersi fra loro in modi differenti e ripetuti in virtù di circostanze
contingenti e situazioni locali. La trattazione dettagliata di questo argomento esula comunque dai
temi descritti dal presente documento.
Con “utilizzo finale” si intende la combustione del legno per ottenere calore. Si effettua in
generatori di calore (caldaie, stufe ecc.) appositamente costruiti. Esistono apparecchi di tipo
innovativo con rendimento termico elevato, ridotte emissioni e confort gestionale superiore.
Filiera legno - energia
Produzione
Depezzatura
Sminuzzamento
Stoccaggio
Trasporto
Essiccazione
Utilizzo finale
8
LA FILIERA FORESTALE LEGNO ENERGIA
Quando si vuole realizzare una filiera legno energia che veda stretti rapporti funzionali fra
produzione legnosa dei popolamenti forestali e centri di trasformazione del legno in energia
termica, occorre porsi le seguenti domande:
1) Le formazioni forestali dell’area presa in esame sono in grado di fornire il legname
richiesto dalla centrale termica attraverso prelievi che assicurino la salvaguardia dei
popolamenti assecondandone possibilmente le dinamiche evolutive verso cenosi (insieme
di organismi viventi in equilibrio dinamico fra di loro) più stabili da un punto di vista
ecologico e selvicolturale?
Se la prima domanda ha risposta positiva quella successiva può essere formulata nei seguenti
termini:
2) Date le condizioni orografiche dell’area in esame, gli interventi selvicolturali previsti, i
sistemi di esbosco impiegabili nelle operazioni di utilizzazione forestale e l’attuale
sviluppo della “rete viabile” è tecnicamente fattibile la produzione del cippato
necessario per l’approvvigionamento della centrale a partire dal legname proveniente
dai boschi della zona?
Se anche in questo caso la risposta è positiva si arriva al nocciolo del problema con la terza
domanda:
3) Tale approvvigionamento è economicamente conveniente od almeno sostenibile?
Il percorso proposto nelle seguenti pagine intende offrire alcune indicazioni utili per dare una
risposta alle domande sopra riportate. Per alcuni argomenti le conoscenze a disposizione ed il
livello di approfondimento della trattazione permettono agli Autori di giungere a risposte certe;
per altri i fattori in gioco possono variare da caso a caso ed il lettore troverà allora dati e spunti
di riflessione utili per arrivare a formulare egli stesso la risposta più convincente per la
situazione in esame.
Figura 1
Dai tagli di avviamento all’alto
fusto nei cedui di faggio
possono essere ritratti da 30 a
70 t/ha di legname a seconda
dell’età del ceduo e della
fertilità stazionale. In bosco
rimangono in piedi le piante più
rigogliose e di migliore
conformazione in ragione di
almeno 600-700 per ettaro, a
costituire una fustaia transitoria,
che nei casi più favorevoli dopo
15-20 anni potrà
essere
sottoposta ad un successivo
prelievo di pari intensità.
9
SUPERFICI FORESTALI E DISPONIBILITA’ DI BIOMASSE
LEGNOSE NELLE AREE MONTANE DELLA PROVINCIA DI TORINO
La Regione Piemonte ha sviluppato un sistema di pianificazione a livello sovra comunale per la
gestione e promozione del patrimonio forestale e pascolivo dell’intero territorio regionale,
denominato Piano Forestale Territoriale (PFT). Questo piano, oltre ad analisi relative all’assetto
territoriale, alla viabilità, all’alpicoltura e allo stato patrimoniale dei beni silvo-pastorali, è
costituito da un inventario forestale e da una cartografia in scala 1:25.000 che rappresenta le
principali caratteristiche tipologiche e selvicolturali, le funzioni, gli indirizzi e le priorità
gestionali dei boschi pubblici e privati, nell’ottica di una loro valorizzazione polifunzionale.
La redazione dei PFT è promossa dall’Assessorato regionale Economia Montana e Foreste, con
il coinvolgimento degli Enti Locali (Comunità Montane e Comuni) e il sostegno finanziario
dell’Unione Europea. Essa è attuata tramite l’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente - IPLA
S.p.A. di Torino, che svolge la funzione di Ufficio di Piano, coordinando e fornendo assistenza
tecnica ai Gruppi di lavoro (dottori forestali ed altre professionalità) incaricati per la stesura dei
singoli PFT. Il PFT costituisce quindi una base informativa aggiornata e approfondita, i cui dati
possono essere elaborati a diversa scala in modo assai proficuo per fornire elementi di supporto a
politiche o strategie d’azione nel settore forestale e territoriale.
In base ai dati dei PFT la Provincia di Torino ha una superficie di circa 682.690 ha, pari al 27%
di quella regionale; il 60% del territorio si trova in area montana ed è suddiviso
amministrativamente in 13 Comunità Montane (C.M.). Considerando le proprietà pubbliche e
private, in tali zone l’indice di boscosità è pari al 44%. Le formazioni forestali più
rappresentative sono i lariceti fra i boschi di alto fusto, con il 20% della superficie forestale, e fra
i cedui i castagneti con il 13%. Di rilievo sono anche le formazioni di recente costituzione in
seguito all’invasione di coltivi e pascoli abbandonati, fra cui si ricordano i betuleti e gli acerotiglio-frassineti che occupano il 15% della superficie forestale. Si tratta di popolamenti da seme,
allo stadio di spessina, perticaia o giovane fustaia, nella maggior parte dei casi non soggetti a
gestione attiva.
Elaborando i dati dei PFT è stato disegnato il grafico di figura 2 che illustra la ripartizione della
superficie per le principali categorie forestali, mentre nella tabella 1, è riportata quella per
Comunità Montana e tipo di intervento. Utilizzando una serie di coefficienti estimativi, è stato
quindi possibile calcolare con buona approssimazione gli assortimenti ritraibili nell’arco del
quindicennio di validità dei piani, e la loro ripartizione per assortimenti commerciali. Nel grafico
di figura 3 si può osservare che circa il 60% del legname troverebbe impiego come legname da
lavoro (14%) o come legna da paleria e da ardere in tronchetti (46%); tali assortimenti risultano
oggi discretamente remunerativi con prezzi del legname in tronchi bordo strada camionabile che
variano fra 100.000 e 200.000 Lit/t (fra 52 e 104 euro/t).
Viceversa, il legname da triturazione viene destinato attualmente alla produzione di pannelli di
particelle, o all’estrazione di tannino se si tratta di castagno, con prezzi che oscillano fra 20.000
e 60.000 Lit/t (10 e 31 euro/t).
Considerando di utilizzare solo quest’ultimo tipo di assortimenti, risulterebbero disponibili circa
204.000 m³, equivalenti a 183.000 t di legname fresco. Valutando in linea di larga massima che
il rapporto fra potenza termica installata (p.t.i.) e fabbisogno di legname fresco di taglio sia di
2.000 t all’anno per 1 MW p.t.i., si può concludere che i boschi sono in grado di alimentare
centrali termiche per complessivi 92 MW, utilizzando unicamente gli assortimenti che oggi
trovano scarsa valorizzazione sul mercato o vengono lasciati in bosco. Ciò significa che in media
nelle 13 C.M. della Provincia si possono installare 7 MW termici, che possono anche
raddoppiare qualora venisse giudicato conveniente avviare a combustione tutta la produzione
legnosa e non solo la parte qualitativamente più scadente.
10
Valutando la sola produzione legnosa proveniente dai boschi, l’attuale disponibilità
potenziale appare sufficiente per alimentare da 5 a 10 centrali termiche di potenza
superiore a 1 MW in ogni Comunità Montana della Provincia di Torino.
Occorre infine ricordare che le quantità di legname riportate nella tabella 2 rappresentano la
disponibilità potenziale dei boschi, ma realisticamente è difficile che esse saranno effettivamente
utilizzate nei prossimi quindici anni perdurando le attuali condizioni di mercato e della filiera
legno. In primo luogo non vi sono soggetti organizzati per la gestione delle proprietà forestali
(eccezion fatta per il Consorzio Forestale Alta Valle di Susa) in grado di dare seguito ad attività
continuative nel tempo, le utilizzazioni hanno un carattere saltuario sia per le proprietà pubbliche
che per quelle private. In secondo luogo gli interventi di miglioramento boschivo sono a
macchiatico negativo, costano cioè di più del valore del legname ritraibile e quindi possono
avere luogo solo con l’aiuto di finanziamenti pubblici. A conferma di ciò si riporta che le vendite
di lotti boschivi nelle proprietà pubbliche della Provincia degli ultimi 5 anni rappresentano il
33% circa di quelle potenziali (Pioppo escluso, Cielo e Gottero, 2001).
Figura 2 – Ripartizione della superficie forestale per categoria (dati Ipla PFT 2000).
Querceti e
robinieti
9%
Pinete
7%
Boschi di
neoformazione
Alneti
1%
Arbusteti
7%
Castagneti
20%
16%
Faggete
16%
Altre conifere
24%
11
Figura 3 – Distribuzione del legname potenzialmente ritraibile ogni anno dai boschi delle aree montane della
Provincia di Torino per tipo di assortimento.
Tondame da
lavoro
14%
Legna da
ardere e
paleria
47%
Assort. da
triturazione
39%
Ripresa potenziale
510.000 m3/anno
12
Tabella 1- Ripartizione delle superfici forestali per tipo di intervento nelle aree montane della Provincia di Torino (dati Ipla, PFT 2000)
Evoluzione naturale o TOTALE
Comunità montana
Tagli di maturità
Miglioramenti boschivi
controllata
ha
%
Ha
%
ha
%
ha
%
Alta Val Susa
8.172
32
4.222
16
13.250
52
25.645
100
Alto Canavese
2.138
43
1.846
37
946
19
4.930
100
Bassa Val Susa
5.501
23
7.930
33
10.380
44
23.810
100
Chisone e Germanasca
8.409
30
5.074
18
14.221
51
27.704
100
Dora Baltea Canavesana
1.093
29
480
13
2.145
58
3.718
100
Pinerolese pedemontano
2.935
41
2.999
41
1.309
18
7.243
100
Val Ceronda e Casternone
1.571
35
1.617
36
1.354
30
4.542
100
Val Chiusella
2.733
50
750
14
1.964
36
5.447
100
Val Sangone
3.501
34
3.626
36
3.042
30
10.170
100
Valle Pellice
5.325
39
3.589
26
4.839
35
13.752
100
Valle Sacra
1.819
51
186
5
1.563
44
3.568
100
Valli di Lanzo
6.110
21
9.467
33
13.526
46
29.103
100
Valli Orco e Soana
3.307
16
3.335
16
13.750
67
20.393
100
TOTALE
52.613
29%
45.121
25%
82.290
46%
180.024 100%
13
870.370
11%
519.282
502.133
199.212
423.524
118.971
490.706
434.814
684.450
321.952
718.212
504.233
5.237.870
68%
Bassa Val Susa
Chisone e Germanasca
Dora Baltea Canavesana
Pinerolese pedemontano
Val Ceronda e Casternone
Val Chiusella
Val Sangone
Valle Pellice
Valle Sacra
Valli di Lanzo
Valli Orco e Soana
Totale
35.929
85.359
2.531
33.553
18.470
2.209
11.909
4.182
451
270.008
107.439
14.283
200.172
Alto Canavese
284.048
Fustaia
120.209
Ceduo
Tagli di maturità
Alta Val Susa
Comunità Montana
79%
6.108.240
540.161
803.570
324.482
718.003
453.284
492.915
130.880
427.706
199.663
772.141
626.721
214.455
404.257
Totale
21%
1.577.775
135.965
361.929
6.660
118.432
106.168
27.449
26.868
93.506
17.141
214.016
297.229
53.528
118.884
Miglioramenti boschivi
100%
7.686.015
676.126
1.165.499
331.143
836.435
559.452
520.363
157.748
521.211
216.803
986.158
923.950
267.984
523.142
Totale
2,8
2,2
2,7
6,2
4,1
3,7
6,4
2,3
4,8
3,9
2,4
2,6
3,6
1,4
m³/ha anno
14
Ripresa unitaria
Tabella 2 - Ripartizione della ripresa potenziale nel prossimo quindicennio per tipo di intervento nelle aree montane della Provincia di Torino valori in m³ (dati Ipla, PFT 2000).
SISTEMI DI ESBOSCO E COSTI DI PRODUZIONE DEL CIPPATO DI LEGNO
L’abbattimento delle piante, la sramatura e depezzatura dei tronchi, l’esbosco ed accatastamento del
legname vengono chiamati nel loro complesso “utilizzazioni forestali”. Tali lavori possono essere
eseguiti sia nell’ambito di interventi volti alla conservazione e miglioramento colturale dei
soprassuoli forestali (denominati nel linguaggio tecnico “miglioramenti boschivi”) sia in quello di
operazioni più strettamente mirate alla raccolta del prodotto legnoso a fine ciclo di coltivazione
(dette “tagli di maturità”). Nell’ambito di una gestione forestale corretta anche queste ultime
devono venir condotte secondo specifiche tecniche selvicolturali e nel rispetto di numerose
prescrizioni normative, affinché sia assicurata la subitanea rigenerazione dei popolamenti dopo il
taglio per via naturale o mediante l’aiuto dell’uomo, per mezzo di semine o rimboschimenti.
Nel seguito sono descritte sinteticamente le principali operazioni di utilizzazione forestale,
necessarie per trasformare il legno delle piante in piedi in assortimenti semilavorati resi presso il
centro di trasformazione. La successione delle operazioni varia fra il sistema di lavoro tradizionale
(detto a legna corta) e quello a pianta intera, preferibile nel caso si voglia eseguire anche la
sminuzzatura (vedi schema di figura 4).
Abbattimento ed allestimento
La pianta viene recisa al piede, atterrata, sramata e depezzata. Il costo dipende dalle dimensioni
delle piante e dall’entità del taglio e varia fra 20.000 e 60.000 Lit/t (10 e 31 euro/t).
Concentramento ed esbosco
Il legname viene portato dal letto di caduta al più vicino piazzale raggiungibile con autocarri. Il
costo dipende dal sistema di esbosco, dalle dimensioni del legname, dalle distanze di esbosco,
dall’entità del taglio ed è compreso fra 40.000 e 160.000 Lit/t (20 e 82 euro/t).
Trasporto
Il legname esboscato viene caricato sui mezzi di trasporto e condotto all’utilizzatore finale o
all’industria di trasformazione. Solo nel caso in cui le distanze siano inferiori a 10 km circa il
trasporto può essere eseguito con mezzi agricoli o forestali, altrimenti si ricorre ad autocarri o
autotreni. In ambito provinciale il costo è in media di 20.000 L/t (10 euro/t).
Come si può notare, a differenza di altri lavori edili o di genio civile, le utilizzazioni forestali
presentano costi assai variabili a seconda delle dimensioni del legname e delle condizioni operative.
Sommando le voci sopra riportate i valori estremi sono compresi fra 80.000 a 240.000 Lit/t (41 –
124 euro/t). Il valore più basso si ha per esempio in tagli di ceduazione di boschi serviti da viabilità
o in tagli a buche in fustaie esboscabili con i trattori. Nel caso si debbano utilizzare la gru a cavo i
costi difficilmente scendono sotto le 120.000 Lit/t (62 euro/t). In caso di miglioramenti boschivi i
costi crescono sensibilmente a causa del taglio selettivo, che richiede tempi di esecuzione più lunghi
rispetto a quello a raso, e per il fatto che il legname di risulta, di piccolo diametro e poco
concentrato sul letto di caduta, determina produttività particolarmente basse nel concentramento ed
esbosco. I costi in questo caso variano da 160.000 a 240.000 Lit/t (82 –124 euro /t).
15
Figura 4 – Schema della successione delle operazioni nel ciclo di utilizzazione forestale
SISTEMA DI LAVORO
TRADIZIONALE
(“A LEGNA CORTA”)
SISTEMA DI LAVORO
“A PIANTA INTERA”
(CON SMINUZZATURA)
ABBATTIMENTO ED
ALLESTIMENTO
ABBATTIMENTO
CONCENTRAMENTO
ED ESBOSCO
CONCENTRAMENTO
ED ESBOSCO
(SMINUZZATURA)
TRASPORTO
ALLESTIMENTO E
SMINUZZATURA
TRASPORTO
Le condizioni di accessibilità dei boschi provinciali, secondo i dati dei PFT, non sono disprezzabili
da un punto di vista quantitativo (cioè come sviluppo della rete viabile), ma necessitano di forti
interventi volti all’ampliamento e sistemazione dei tracciati esistenti. La rete viabile silvo-pastorale
è infatti costituita in prevalenza da piste strette, con fondo sconnesso, che non consentono il transito
di autocarri ma solo quello di autoveicoli minori e/o trattori. Infatti, dopo aver escluso circa un 20%
dei punti inventariali in cui l’esbosco non è tecnicamente eseguibile con alcun sistema o non è
necessario date le caratteristiche rupicole o marginali del popolamento, nel 52% delle restanti 2.500
aree di saggio dell’inventario PFT eseguito sul territorio montano della Provincia di Torino, è
possibile impiegare trattori su distanze di esbosco fuori pista inferiori a 100 m, mentre nel 33% dei
lotti da teleferica la distanza media non supera i 450 m. Dopo la prima fase di esbosco fuoripista,
sempre secondo i risultati dell’inventario, è però necessario proseguire con i trattori su strade o piste
per un tragitto in media di 700 m prima di arrivare alla prima via camionabile, dove gli assortimenti
possano essere caricati sui mezzi di trasporto. Questa fase supplementare, che si colloca fra
l’esbosco ed il trasporto vero e proprio, fa lievitare i costi di almeno 10.000 Lit/t.(circa 5 euro) e,
dati i bassi valori di macchiatico dei boschi provinciali, risulta discriminante fra lotti a macchiatico
positivo e negativo.
Sminuzzatura
Il processo di riduzione del materiale legnoso di vario tipo e forma in elementi di piccole
dimensioni (detti “particelle” o “cips”) tramite un’azione meccanica di taglio è comunemente noto
con il termine di “sminuzzatura” o “cippatura”. Quest’operazione viene eseguita solitamente in
industria quando il legno trova impiego per produrre pannelli a base di legno (fibre o particelle),
carta e derivati oppure per estrarre il tannino. Nel caso invece dell’impiego energetico essa può
essere eseguita direttamente in bosco, presentando alcuni vantaggi in confronto alle tecniche
tradizionali di allestimento del legname, così sintetizzabili:
- permette di utilizzare tutta la biomassa legnosa disponibile, compresa la ramaglia
solitamente rilasciata sul terreno del bosco, che può costituire una facile esca per il fuoco;
- consente di eliminare parzialmente o del tutto la fase di allestimento e carico degli
assortimenti di piccole dimensioni con un risparmio di manodopera ed un miglioramento
nell'ergonomia del lavoro.
16
Tabella 3 – Ripartizione della superficie forestale per sistema di esbosco applicabile,
secondo i dati dell’inventario dei PFT (Dati Ipla, PFT 2000)
Sistema di esbosco
Avvallamento Gru a cavo
6%
47%
Alta Valle Susa
5%
12%
Alto Canavese
18%
21%
Bassa Valle di Susa
8%
36%
Dora Baltea canavesana
18%
9%
Pinerolese pedemontano
47%
0%
Val Ceronda e Casternone
9%
26%
Val Chiusella
19%
11%
Val Sangone
8%
69%
Valle Orco e Soana
24%
14%
Valle Pellice
3%
35%
Valle Sacra
35%
Valli Chisone e Germanasca 17%
24%
33%
Valli di Lanzo
15%
33%
Complessivo
130
450
Distanze di esbosco (m)
Comunità Montana
Trattore
47%
83%
61%
56%
73%
53%
64%
70%
23%
62%
61%
48%
42%
52%
90
Se la sminuzzatura viene eseguita su legname tondo precedentemente trasformato secondo il ciclo
tecnologico tradizionale, essa rappresenta un costo aggiuntivo che può variare fra 20.000 e 60.000
Lit/t (10 e 31 euro/t) a seconda del tipo di macchina impiegata, del tipo di materiale di partenza e
soprattutto del quantitativo annuo posto in lavorazione.
Se invece opportunamente inserita nel ciclo della filiera legno-energia, questa operazione comporta
un abbattimento significativo dei costi di produzione incidendo soprattutto su quelli di allestimento
e carico del materiale, con un risparmio complessivo fino a 30.000 Lit/t (15 euro/t).
La sminuzzatura in bosco appare particolarmente utile nei cantieri in cui l’allestimento manuale
delle chiome richiede molto lavoro ed ha un alto costo per unità di prodotto rispetto al basso valore
degli assortimenti ottenuti. Questa lavorazione può essere eseguita sul letto di caduta, lungo una
pista forestale o all'imposto e quindi inserirsi prima o dopo l’esbosco nel ciclo di lavorazione. La
cippatura sul letto di caduta è praticabile solo su terreni pianeggianti (fino al 20% di pendenza) e
poco accidentati. Quando non è possibile lavorare direttamente in bosco a causa dell’eccessiva
pendenza o accidentalità del terreno, occorre esboscare la pianta intera fino al luogo dove verrà
eseguita la sminuzzatura, adottando il cosiddetto metodo di lavoro “a pianta intera” o “Full Tree
System”. Per l’esbosco a pianta intera sono utilizzabili i trattori con verricello (esbosco a strascico)
o le gru a cavo su terreni con pendenze superiori al 50%, mentre non è possibile adottare
l’avvallamento perché la chioma esercita un attrito troppo forte sul terreno per permettere lo
scivolamento della pianta su distanze significative.
17
I residui delle utilizzazioni
in molti casi, oltre a
richiedere molto lavoro per
il loro allestimento,
costituiscono un elemento
negativo per la prevenzione
degli incendi boschivi; nel
caso dei rimboschimenti di
media e bassa quota la loro
asportazione non sembra
essere di detrimento per il
corredo di sostanza organica
a disposizione del suolo.
Figura 5
Figura 6
Nelle stazioni meno fertili, a
forte pietrosità superficiale,
il rilascio delle ramaglie
minute può essere
preferibile da un punto di
vista ecologico. L’esbosco
del legname viene svolto
allora per avvallamento con
l’ausilio di resine in
polietilene.
Gli attesi risparmi nei costi di
produzione
del
legno
combustibile possono avere
luogo, però, solo se si dispone di un’adeguata rete viabile al servizio dei boschi, di macchine
cippatrici con elevata capacità di lavoro e di mezzi specializzati per il trasporto.
La presenza di tali presupposti richiede investimenti nella filiera solo in parte ammortizzabili nei
bilanci della centrale termica e comunque con flussi significativi di prodotto (almeno 2.000 t/anno).
Nel caso di progetti a scala minore si tenga conto che a fronte di investimenti in viabilità e
macchinari modesti, si avranno maggiori costi unitari di produzione. Per approfondimenti su
quest’argomento si rimanda a pubblicazioni specializzate (Cielo e Zanuttini, 1996, Spinelli, 2001).
18
Figura 7
Le cippatrici azionate dal
trattore, ad alimentazione
manuale, sono indicate per
sminuzzare piccole
quantità di legname
nell’ambito di aziende
agricole che producono il
cippato per autoconsumo
e/o di cantieri di verde
urbano. Nei casi più
favorevoli, partendo da
legname sramato,
depezzato e concentrato, si
possono ottenere
produttività di 5 t/h con 3
addetti.
Riassumendo si può affermare che allo stato attuale non sussistono particolari difficoltà da un
punto di vista tecnico nella produzione del cippato in foresta. I costi di produzione, dalla
pianta in piedi fino al prodotto reso alla caldaia, sono variabili a seconda del tipo di interventi
selvicolturali e delle condizioni operative locali fra 80.000 e 240.000 Lit./t (41 – 124 euro/t). La
sminuzzatura in bosco non comporta di per sé un aumento dei costi di produzione ma, previo
una riorganizzazione del ciclo di lavorazione nelle utilizzazioni forestali ed il miglioramento
della viabilità, permette una diminuzione dei costi di produzione.
Le cippatrici di grandi dimensioni sono dotate di gru idraulica per l’alimentazione del
materiale alla bocca, dove 2-4 rulli di trascinamento sono in grado di far avanzare il materiale
legnoso di qualsiasi tipo e forma verso l’organo di taglio.
Figura 8
La potenza del motore deve essere
di almeno di 200 kW. La
produttività del cantiere, che
richiede un solo addetto, varia fra
10 e 15 t/h a seconda del materiale
di partenza. Il carico può avvenire
contemporaneamente alla
sminuzzatura se la catena di
lavorazione è organizzata in modo
razionale.
19
SOSTENIBILITA’ ECONOMICA DELLA FILIERA LEGNO ENERGIA
Il costo totale dell’unità di calore prodotta (MWh) dipende da 3 fattori:
-
costi di ammortamento
costi di manutenzione
costi del combustibile
Nelle centrali termiche a cippato di legno i suddetti costi incidono sul costo complessivo in ragione
del 45, 10 e 45% circa (ASEB, 2000). Tali valori sono soggetti a variazioni del ±20% in relazione al
costo del combustibile e soprattutto al livello di utilizzazione della potenza installata. Infatti i costi
di ammortamento incidono pesantemente sul bilancio nel caso di impianti sovradimensionati.
Un’analisi approfondita di questi temi prescinde dagli scopi di questa dispensa e richiederebbe la
formulazione di numerose premesse e la configurazione di uno specifico contesto operativo tecnicoeconomico per poter arrivare ad elementi quantitativi certi. Con l’intento di fornire un primo
inquadramento del problema, si invita tuttavia a percorrere il seguente percorso logico:
1) Si stabilisce in via sintetica il prezzo a cui può essere ritirato il legname per avere costi di
gestione della centrale equivalenti a quelli di un’analoga alimentata a gasolio (costo
equivalente del cippato rispetto al gasolio).
2) Si considerano i costi di produzione del cippato proveniente da foresta nel caso di
utilizzazioni di maturità e nel caso di interventi di miglioramento boschivo (vedi paragrafo
precedente).
3) Si calcola il margine di risparmio per unità di calore prodotta o per bilancio annuo di
gestione.
4) In base a tale margine si indica sommariamente quale può essere la quota di
autofinanziamento del soggetto attuatore e quale la quota di contribuzione pubblica affinché
l’iniziativa sia sostenibile economicamente.
COSTO EQUIVALENTE CIPPATO DI LEGNO/GASOLIO
In tabella 4 è riportato il confronto energetico fra cippato di legno e gasolio tenendo conto, sulla
base dei dati tecnici attualmente disponibili, anche di una minore efficienza delle caldaie a legno. Il
contenuto energetico del cippato di legno è assunto cautelativamente in 800 kWh/m³ (vedi tabella
5).
Tabella 4 – Calcolo dell’equivalenza energetica gasolio/cippato di legno
gasolio
cippato di legno
p.c.i.
(kWh/kg)
11,86
3,13
p.c.i.
(kcal/kg)
10.200
2670
coeff. correttivo in base
al rendimento caldaia
1
0,875
equivalenza
energetica
1kg gasolio = 4,37
kg cippato di legno
Fissando il costo del gasolio Iva compresa in 1.500 Lit/kg –0,77 euro/kg- (al netto delle riduzioni
d’imposta a favore dei Comuni montani) si può calcolare il prezzo equivalente del cippato in 340
Lit/kg –0,17euor/kg- iva compresa, equivalente a 340.000 Lit/t.-175 euro/t- (Si noti che le aliquote
Iva non sono uguali per i due combustibili: il 20% per il gasolio, il 10% per il legno combustibile).
20
Tabella 5 - Caratteristiche fisiche ed energetiche di 1 m³ di cippato di legno di faggio e abete calcolate a differenti stati
igrometrici (s.s.= 240 e 170 kg e p.c.i.U =12% 15,91 e 15,07 MJ/kg).
Umidità
Specie
Peso
Contenuto energetico
100
faggio
abete
faggio
abete
faggio
abete
faggio
abete
kg
288
204
312
221
360
255
480
340
MJ
3.993
2.986
3.950
2.954
3.852
2.881
3.544
2.651
kWh
1.109
830
1.097
820
1.070
800
985
736
Mcal
954
713
943
705
920
688
847
633
150
abete
425
2.434
676
581
(U. rif. anidro %)
20
30
50
Variazione del contenuto
energetico in funzione
dell’umidità (U20%=100)
100%
99%
96%
89%
82%
Se si vuole tenere conto dei maggiori oneri di manutenzione di una centrale a cippato di legno
rispetto ad una gasolio (estrazione delle ceneri, controllo del regime di combustione, ecc.) si
possono detrarre circa 20.000 Lit/t (10 euro/t)ed arrivare quindi ad un valore equivalente
legno/gasolio di 320.000 Lit/t (175 euro/t).
MARGINI DI RISPARMIO CON LA GESTIONE A CIPPATO DI LEGNO
Confrontando il valore equivalente individuato in precedenza con i costi di produzione del cippato
esposti nella tabella 6, emerge che vi è un margine di risparmio di 170.000 e 100.000 Lit/t (88 – 52
euro/t)utilizzando materiale proveniente rispettivamente da tagli di maturità o interventi di
miglioramento boschivo.
Tabella 6
– Costo del cippato di legno e margini di risparmio rispetto al gasolio (prezzi in Lit/t.)
Costo
Costo
materia
produzione cippato
prima
in del cippato reso
piedi
Tagli
di 30.000
di Costo
Prezzo
Margine
equivalente
risparmio
150.000
rispetto al gasolio
320.000
maturità
Miglioramenti 0
boschivi
della
alla legno/gasolio gestione a cippato
centrale
120.000
di
170.000
(87,80 euro)
220.000
220.000
320.000
100.000
(51,65 euro)
Poiché 1 t di legno combustibile equivale a 3130 kWh, utilizzando cippato di legno si realizza un
risparmio per unità di energia termica prodotta pari a 54 Lit/kWh (0,028 euro/kWh) nel caso si
acquisti il materiale al costo più basso, oppure di Lit 31/kWh (0,016 euro/kWh) nel caso il legno
provenga da miglioramenti boschivi.
21
Se consideriamo di avere una centrale termica di 1 MW di p.i., considerando un tasso di
utilizzazione annuo di 2000 h/anno a pieno regime di potenza, si ha una produzione di 1000 x 2000
= 2.000.000 kWh. Moltiplicando il risparmio unitario per tale quantità si ottiene un risparmio di 108
MLit (55777 euro) per anno acquistando il cippato a 150.000 L/t (77 euro/t) , e di 62 MLit (32020
euro/t)acquistandolo ad un prezzo di Lit/t 220.000 (114 euro/t) .
Figura 9
Il prezzo equivalente del
legno rispetto al gasolio
può essere valutato fra
300.000 e 350.000 Lit/t ( a
seconda
della
specie
legnosa, del tipo di
assortimento considerato e
del tasso di umidità).
Foto M. Corgnati
QUALE COFINANZIAMENTO?
I costi di realizzazione degli impianti a cippato di legno sono da cinque a dieci volte superiori a
quelli che utilizzano i prodotti petroliferi, e possono essere stimati in media intorno a 1 MLit/kW di
potenza installata per impianti compresi fra 100 e 1.000 kW.
Il costo di realizzazione può però variare fortemente in base alle soluzioni impiantistiche adottate ed
allo sviluppo della rete di teleriscaldamento, anche in relazione al fatto se la centrale debba
sostituirne una vecchia oppure sia installata in edifici nuovi con opere edili già predisposte per le
specifiche esigenze.
Nel caso di una centrale di 1 MW di p.i., prescindendo in prima approssimazione da calcoli che
tengano conto del regime di interessi composti, e assumendo che il soggetto attuatore della filiera
legno possa avere disponibilità di capitali ad interessi zero, si può stimare che il tempo di ritorno
dell’investimento sia compreso fra 9 e 10 anni. Tale periodo appare eccessivamente lungo per
qualsiasi imprenditore o amministrazione, che può contare su un mandato non superiore a 5 anni.
Sembra di poter concludere quindi, che per rimanere nell’ambito di un periodo di ritorno
ragionevolmente breve (5 anni), la realizzazione della caldaia debba poter contare su un
finanziamento pubblico di almeno il 50% in conto capitale. Tale quota è destinata a salire se si pone
il requisito di approvvigionare l’impianto con legname proveniente da interventi di manutenzione
del territorio, che comportano un costo del combustibile sensibilmente superiore. Nell’attuale
situazione di mercato, che vede per una serie di problematiche del settore, una grande disponibilità
di materia prima proveniente da bosco, dai pioppeti e dalle industrie di prima trasformazione, il
costo del combustibile legnoso è trattato sul mercato a prezzi sensibilmente inferiori a quelli esposti
in precedenza. E’ quindi assai probabile che si possano realizzare economie di gestione superiori a
quelle calcolate. Per contro nelle fasi iniziali è difficile che un impianto possa essere utilizzato a
pieno regime e quindi i potenziali margini di gestione si assottigliano proporzionalmente al tasso del
suo sotto-utilizzo.
Si può quindi concludere che allo stato attuale, da un punto di vista strettamente economico,
l’installazione di una centrale termica parrebbe proponibile con un tasso di contributo
pubblico in conto capitale indicativamente del 50%. Nel caso che l’impianto sia collegato con
22
la gestione boschiva ed in particolare con un piano di miglioramenti boschivi i costi del
combustibile sono superiori e quindi tale contributo potrebbe aumentare all’80%.
L’operazione potrebbe risultare conveniente anche senza contributo pubblico qualora si realizzino
contemporaneamente le seguenti condizioni:
- l’impianto sia progettato al meglio realizzando tutti i possibili risparmi nelle soluzioni
impiantistiche ed edili;
- il tasso di utilizzo della potenza termica sia assai elevato con almeno 2000 h di
funzionamento a pieno regime;
- il combustibile legnoso venga acquistato ad un prezzo non superiore a 100.000 Lit/t (52
euro/t).
Le proprietà private
La proprietà dei boschi piemontesi risulta privata per i 2/3 e pubblica per 1/3; mentre in pianura
e collina è quasi totalmente privata, in montagna lo è per il 50%. Le proprietà private si
presentano perlopiù molto frazionate e in stato di abbandono tranne nel caso dei cedui in cui i
tagli commerciali forniscono un immediato ritorno economico. In tutti gli altri casi è molto più
difficile risolvere il problema dei boschi privati abbandonati rispetto a quello dei pubblici,
soprattutto per quanto riguarda i piani di assestamento e a lungo termine. Le conseguenze
interessano soprattutto l’assetto idrogeologico, la riduzione della superficie produttiva e
l’aumento del rischio di incendi. Il problema dei boschi privati nella provincia di Torino si
manifesta con particolare evidenza . La soluzione comunque non può prescindere da una politica
forestale, ma anche ambientale coraggiosa capace di avviare consorziamenti tra proprietari a
vantaggio di una gestione unitaria del bosco.
23
ALTRE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO DEL
COMBUSTIBILE - LEGNO OLTRE AL BOSCO
Agricoltura
Pioppicoltura
Verde urbano
Importazione
Colture energetiche (SRF)
Industrie di lavorazione del legno
Rifiuti urbani (RU)
Agricoltura
La pratica di bruciare all’aperto i residui e gli scarti in genere, compresi quelli agricoli, è vietata (1)
e sarà sempre più perseguita per l’inquinamento “gratuito”, ovvero spreco energetico, che provoca.
Ne consegue che tali materiali possono essere allontanati solo attraverso il circuito dei rifiuti solidi
urbani (tramite una raccolta differenziata dedicata) oppure (quando interessano legno “vergine”,
privo di vernici, additivi, impregnanti, ecc.), in alternativa al compostaggio, utilizzandoli come
combustibile in generatori di calore a legno. Quest’ultima soluzione non è ancora esplicitamente
ammessa dalla normativa, ma solamente tollerata (“legge Ronchi” – D.lgs 22/1999).
Il CTI (Comitato Termotecnico Italiano), sull’argomento, ha proposto ufficialmente una modifica di
interpretazione della norma in senso favorevole all’utilizzo come combustibile a similitudine di
quanto avviene in altri Paesi dell’UE. Le ricadute favorevoli sarebbero duplici:
•
ridurre il riempimento delle discariche per RS dov’è destinato lo scarto legnoso
•
utilizzo come combustibile per produrre energia rinnovabile.
Stima e valutazione energetica della massa dei residui di potatura annualmente prodotti da
alcune colture arboree da frutto
coltura
Vite
Pesco
Melo
Nocciolo
Pero
Albicocco
Susino
biomassa prodotta
quota disponibile biomassa disponibile
energia corrispondente
(t/ha)
(%)
(t/ha)
(kcal/ha x 1000)
2,5
3
4
2
2,5
3
3
70%
1,75
2,1
2,8
1,4
1,75
2,1
2,1
5250
6300
8400
4200
5250
6300
6300
70%
70%
70%
70%
70%
70%
Nella tabella sono riportate le quantità di scarti legnosi combustibili da cui ricavare l’energia
eventualmente disponibile per unità di superficie di coltura agricola. Le indicazioni sono tuttavia da
1
D.Lgs. 22 1997, Artt. 5, 8, 27, 28.
24
considerarsi “di massima” in quanto i valori possono variare molto in funzione della fertilità e di
altri parametri locali.
Pioppicoltura
A prescindere dalle parti migliori che vengono destinate per la lavorazione di legname da opera, le
parti residue (ramaglie, ceppi), solitamente, quando, per ragioni fitosanitari non è opportuno lasciare
abbandonate nei campi, vengono sminuzzate e destinate alle industrie del pannello. Fermo restando
la nota sopra menzionata sulla normativa vigente, è possibile utilizzare il cippato anche come
combustibile nonostante, come tale, non risulti particolarmente pregiato per l’elevata umidità allo
stato fresco e per la sua notevole degradabilità durante la fase di deposito.
Verde Urbano
Con il termine si intendono gli scarti lignocellulosici che derivano dalla gestione di giardini e viali
pubblici e privati interni ai centri abitati.
Importazione
La quantità di combustibile legnoso proveniente dalla Francia (che, solo per quanto interessa i
“grandi” commercianti con sede a Torino, raggiunge la rispettabile quantità di 15. 000 tonnellate
annue, corrispondenti a circa 22.000 m3 di legno) è costituita solo da tronchetti venduti e
consegnati al pubblico a £25.000 (12,9 euro) il quintale. (Regione Piemonte – Ipla, P. Ferraris, M.
Manzone, studio in corso).
Il combustibile legnoso venduto nei grandi magazzini raggiunge prezzi che sfiorano le 90.000£ (46
euro)il quintale. Risulta che le disponibilità di legno dall’estero siano notevolmente superiori alle
quantità attualmente commerciate e provengono pressoché esclusivamente dalla Francia, anche se
Foto G.della Beffa
giungono offerte dalla Germania e dalla Svizzera e per il futuro, si prevede, anche da alcune
nazioni dell’est Europa, in particolare dalla Romania.
25
Colture energetiche “SRF” (“Short Rotation Forestry”)
La società “Itabia” ha raccolto in un opuscolo le esperienze nazionali sulle “coltivazioni legnose a
turno breve”.
In estrema sintesi la situazione agricola attuale, che vede in continua espansione le quote di
territorio lasciate in abbandono a favore dei terreni più produttivi, rende sempre più concreto
l‘interesse di destinare i campi abbandonati alle colture energetiche. Per contro lo stato delle
conoscenze, in termini di macchine utilizzabili, modalità di coltivazione (e raccolta) e specie di
coltura energetica più idonee, per quanto interessa la realtà italiana, non supera ancora il livello di
studio o di esperienza pilota, da cui la dubbia opportunità della sua concreta applicazione su larga
scala in tempi immediati anche se esistono Regioni che si sono impegnate molto in questo campo.
Raccolta di coltura energetica (pioppo di 3 anni) - fonte Itabia
C O L T U R E E N E R G E T IC H E
ERBA CEE
ANNUALI
L EGN OSE
P ER ENNI
IM P IA N TI A G R O - F O R E STA li
A TUR NO BR EVE
Rifiuti Urbani (RU)
All’interno dei rifiuti urbani indifferenziati il legno costituisce una quota dello 0,9% riferito
all’insieme dei rifiuti prodotti (“lordo”), ovvero l’1,1% se riferito al netto delle raccolte
differenziate (“netto”), come risulta dalle analisi merceologiche condotte dall’Ipla nel Pinerolese.
Da notare, però, che, quasi la totalità di tale legno risulta composto da parti di mobili o altri
manufatti verniciati o additivati di colle o altre sostanze che ne rendono inopportuno l’uso come
combustibile.
Foto Ipla
Fonte Asel Svizzera
2626
Relazione tra potere calorifico e umidità
Nel grafico si può osservare come il potere calorifico del legno diminuisca linearmente con
l’aumentare dell’umidità. Ad esempio, ad un contenuto d’acqua del 30% corrisponde il potere
calorifico di oltre 3,5 kW/kg.
27
Depezzatura e Assortimenti
Molti sono gli assortimenti di legno utilizzati come combustibile ai nostri giorni. L’assortimento di
gran lunga più utilizzato è anche quello più tradizionale, ossia il tronchetto, specialmente in piccoli
generatori di calore. Il cippato, noto anche come “scaglie” o “cips”, alimenta grandi generatori di
calore. I bricchetti ed i pellet rappresentano i combustibili legnosi “pressati” ottenuti cioè dalla
compressione di scarti minuti della prima lavorazione del legno a temperature relativamente elevate
e contenuto d’acqua inferiore al 10 %. In genere il cippato viene commercializzato fresco (con
contenuto d’acqua superiore al 35%), il tronchetto, invece, quando non è di produzione propria, è
generalmente venduto con 2 anni di stagionatura e contenuto d’acqua inferiore al 35%. I prezzi dei
pressati sono i più elevati e raggiungono in alcuni casi anche le 35 –60 000 lire (18 – 30 euro) e
oltre, al quintale.
Depezzatura (assortimenti e macchine)
Tronchetti
Cippato
Bricchetti
Pellet
Polveri
Altro
Utilizzo finale (generatori di calore)
Il presente documento tiene in considerazione unicamente dei generatori di calore innovativi che
possiedono rendimento termico elevato.
Si rammenta che nei generatori di calore a legno è permesso utilizzare solo legno naturale
(“vergine”) privo quindi di vernici e additivi chimici.
28
L’efficienza del sistema dipende dai seguenti fattori:
•
•
•
•
tecnologia del generatore
corretto dimensionamento rispetto all’utenza da riscaldare
corretta realizzazione e regolazioni dell’impianto
gestione dello stesso.
In estrema sintesi i generatori di calore possono essere distinti in piccoli e grandi.
Piccoli generatori di calore a legno
Possiedono potenze termiche fino a 35 KW e sono utili per riscaldare abitazioni indicativamente
fino a 150 m2 di superficie, (in edifici ben coibentati la potenza necessaria può essere ridotta fino al
50%).
Gran parte degli impianti utilizza l’acqua come fluido termovettore, in alternativa esistono sistemi
ad aria calda.
Il legno utilizzato, tronchetti di varia lunghezza (30, 50, 70 cm), è caricato manualmente.
Alcuni piccoli sistemi, molto meno diffusi, funzionano a scaglie di legno (cippato); di questo tipo
esistono sia apparecchi a caricamento manuale sia a caricamento meccanizzato, questi ultimi con
elevata autonomia di alimentazione.
Il rendimento dei sistemi più innovativi può arrivare all’80% e oltre.
I piccoli generatori godono inoltre di un quadro normativo di riferimento per l’installazione, le
emissioni, ecc. più permissivo rispetto a quelle di potenzialità maggiori. Infatti:
- non necessitano di particolari documentazioni quali il Certificato prevenzione incendi, la
denuncia all’ISPESL
- non sono oggetto di analisi delle emissioni
- ma come tutti gli impianti termici devono comunque essere sottoposti a manutenzione
ordinaria ed essere dotati di libretto d’impianto.
Nei sistemi a concezione più innovativa l’autonomia di caricamento raggiunge almeno le 8 - 12 ore
permettendo la continuità dell’erogazione del calore anche durante lunghi periodi di assenza
Dopo le ”crisi del petrolio” degli anni 70 l’Europa è stata più attenta al legno come fonte di calore.
Sono nati così nuovi generatori di calore con tecnologie avanzate e adeguati al livello di comfort cui
tutti siamo abituati. Il risultato è stato un prodotto capace di prestazioni energetiche anche doppie
rispetto alle caldaie e stufe tradizionali, capaci altresì di autonomie particolarmente elevate.
Da quel momento sino ad oggi i sistemi si sono ancora evoluti. Nonostante tutto però, specialmente
in Italia, la loro diffusione è purtroppo ancora limitata.
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La figura in alto a sinistra mostra come nei piccoli generatori di calore innovativi, contrariamente
all’andamento naturale, la fiamma ha un flusso discendente (fiamma rovesciata) e l’aria comburente
si divide in due flussi: aria primaria e secondaria, soprattutto per ottimizzare la combustione della
componente volatile del prodotto che rappresenta oltre il 75% del legno anidro.
Gli ultimi accorgimenti migliorativi suggeriti dai produttori interessano l’impianto termico, che si
arricchisce di autoclavi per l’“accumulo d’acqua” come riserva termica. I serbatoi per la riserva
termica servono per immagazzinare l’acqua riscaldata quando nell’abitazione si interrompe la
richiesta di calore. In tal modo il generatore mantiene la continuità di combustione permettendo un
migliore rendimento termico rispetto alla situazione in cui si hanno continui spegnimenti e
accensioni.
Il prezzo medio indicativo di un generatore a tronchetto di 35 kW è di 4000 – 4200 Euro (7,5 - 8,2
milioni di lire).
Generatori di calore medi e grandi
Sono sistemi che riscaldano fabbricati con cubature corrispondenti indicativamente ad almeno 10
alloggi medi fino a interi condomini.
Per le potenzialità medio basse (indicativamente fino a 100 – 200 kW) è ancora possibile il
caricamento manuale con combustibile ridotto in tronchetti. La norma dei sistemi medio – grandi,
comunque (e la regola assoluta per quelli più grandi), è di avere la camera di combustione
alimentata con legno sminuzzato, attraverso sistemi automatici (a coclea, a nastro) che trasportano il
combustibile dal deposito locale (silo) alla camera di combustione.
Il deposito è solitamente interrato per
agevolare il riempimento ed è dotato di
meccanismi automatici che raccolgono il
cippato per convogliarlo nel trasportatore.
Escludendo i depositi “casalinghi” e quelli
industriali, che per opposte ragioni
costituiscono un caso a parte, un silo come
regola dovrebbe poter contenere tanto cippato
da garantire intervalli di carica compatibili
con il tipo di catena di approvvigionamento, in
modo che sia garantita una adeguata scorta di
sicurezza. Le modalità possono essere le più
varie, ad esempio, qualora il cippato sia di
produzione locale e non vi siano pericoli di
mancato rifornimento, il volume di scorta può
essere ridotto al minimo con grande risparmio
sulle spese del deposito. In rapporto al tipo di
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rifornimento e alle opere strutturali relative, si
stabilirà la capienza del silo che dovrà
garantire settimane o mesi di autonomia del
sistema. La dimensione del silo, inoltre, è
funzione anche di altri parametri quali: grado
di utilizzazione dell’impianto, caratteristiche
del cippato e potenza del generatore di calore.
Indicativamente i metri cubi di cippato per la
stagione di riscaldamento oscilla tra l’1,5 e 2,5
volte la potenza della caldaia espressa in kW
ad esempio: caldaia da 500kW, silo da 750 –
1250 m3 (A.Chiariglione).
I grandi generatori di calore sono dotati di
sistemi per la riduzione spinta delle emissioni:
attraverso la regolazione fine dell’aria
primaria e secondaria in funzione delle
caratteristiche del combustibile (umidità ecc.).
abbattendo le particelle solide sospese,
perlopiù cenere, con cicloni, elettrofiltri o altri
sistemi.
I grandi generatori di calore possono inoltre essere
dotati di tipologie differenti di griglie alcune delle
quali sono adatte all’utilizzo di legno con contenuto
d’acqua elevato.
In particolare, nel quadro a fianco prima figura in
alto, si osserva lo schema di una griglia mobile
capace di funzionare bene con legno particolarmente
umido, anche fresco di taglio.
La figura più in basso rappresenta la tipologia di
griglia più diffusa e conveniente adatta soprattutto
per le potenze meno elevate.
La figura centrale mostra una griglia inclinata che
rappresenta, come costi e caratteristica di adattabilità
al combustibile umido, una soluzione intermedia
rispetto ai precedenti.
Indicativamente i medi e grandi generatori di calore a legno presentano un costo stimato per
installazione di 1 milione di lire (516 euro) per kW installato.
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Valutazione per la realizzazione di una filiera legno energetica
Quali sono le valutazioni di cui un Comune o una Comunità Montana deve tener conto prima di
realizzare una filiera legno energetica? Non è semplice rispondere a questa domanda soprattutto
perché la risposta dipende da caso a caso, a seconda delle situazioni contingenti (presenza o meno
di contributi, maturazione della popolazione sui temi ambientali, interessi di società private ecc.) e
situazioni locali (estensione della superficie boscata, presenza di residui agricoli, volontà politica
per intervenire nel miglioramento dei boschi pubblici e/o privati, accessibilità dei boschi su cui si
intende intervenire ecc.).
Nella figura seguente sono presentati gli elementi preliminari che è utile raccogliere come base per
effettuare uno studio di fattibilità. In particolare la figura distingue tre argomenti principali
(segnalati sotto il titolo “verifiche”) ed altrettante loro articolazioni: disponibilità locale del legno
combustibile -in verde, utenza potenziale -in rosso e finanziamenti -in giallo (indicati sotto il titolo
“dettagli”).
Valutazione preliminare per l’attivazione di una filiera-legno energia all’interno di un
Comune o Comunità Montana
dettagli
verifiche
Disponibilità agevole
Disponibilità locale di legno nei prossimi 10-15
anni (m3 – dal bosco, da coltivazioni agricole…)
Disponibilità possibile
Disponibilità difficile
Utenza potenziale del calore
Raggiungibili vantaggiosamente
con teleriscaldamento
Condomini isolati
Utenze mono-tri
famigliari isolate
Disponibilità del Comune o Comunità Montana
Finanziamenti
Società privata per la gestione del calore
Contributo (UE, Regione, Provincia…)
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Conclusione
In conclusione si ricorda che in molti comuni collinari e montani (ma anche della pianura) della
Provincia di Torino esistono le condizioni per attivare vantaggiosamente una filiera legno – energia
interessando impianti di teleriscaldamento o sistemi centralizzati condominiali oppure piccoli
sistemi innovativi adatti per le abitazioni isolate.
E’ importante comprendere che è possibile contribuire alla causa dell’Ambiente utilizzando
un’energia rinnovabile largamente disponibile e sottoutilizzata e nello stesso tempo incrementare
gli investimenti locali, con evidenti benefici anche di tipo occupazionale.
--------------------------------------------------------BIBLIOGRAFIA
riferita al capitolo “La
filiera forestale legno–energia” pagg. 9 - 23
Aa.Vv. 1997 - Approvvigionamento e gestione degli impianti termici alimentati a cippato di legno.
Aa.Vv., 2001 – Gestione di una filiera legno combustibile – Manuale per i manager di filiera. Documento redatto
nell’ambito del Progetto Interregg “Filiera legno-combustibile nel Canavese, Provincia di Torino e Regione Piemonte. Ed. a cura di
Poliedra, S.p.a., Torino.
ASEB (Association suisse pour l’énergie du bois) – 2000. Possibilités d’économies dans les projets de chauffages
automatiques au bois.
Cielo P., Gottero F., 2001 –Assortimenti legnosi e sistemi di esbosco nelle aree montane della Provincia di Torino.
Convegno “Raccolta del legno per energia:lavori in corso” 28 settembre 2001, Biella (atti in corso di pubblicazione).
Cielo P., Zanuttini R., 1996 - La sminuzzatura del legname in bosco, Sherwood, 17, 1996. Ed Compagnia delle Foreste,
Arezzo.
I.P.L.A. S.p.a, 2000 – Norme tecniche per la redazione dei Piani Forestali Territoriali nella Regione Piemonte. Op. non
pubblicata.
REGIONE PIEMONTE.
Spinelli R., Hartsough B. –2001 – Indagine sulla cippatura in Italia. Contributi scientifico-pratici per una migliore
conoscenza e utilizzazione del legno. Ed. Istituto per la Ricerca sul Legno. C.N.R., Firenze.
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Corso di formazione sull`utilizzo delle biomasse ligneocellulosiche