Corso di formazione sull’utilizzo delle biomasse ligneocellulosiche Con il contributo del Ministero dell’Ambiente A cura dell’Istituto per le Piante dal Legno e l’Ambiente (IPLA) – P.Cielo, R.Ursone 1 Presentazione L’uso razionale delle risorse sta diventando sempre più argomento centrale della politica ambientale in tutto il Pianeta. Nessuno può sentirsi escluso all’appello nè come persona nè in termini di comunità. Argomenti come “sviluppo sostenibile” e “effetto serra” impongono una riflessione profonda sul nostro stile di vita che non si limiti alle dichiarazioni di intenti, ma giunga ai fatti. La nostra difficoltà a reagire positivamente a qualche necessaria rinuncia non può che essere superata quando la posta in palio è l’offerta alle future generazioni, i nostri figli, di un futuro degno, privato dalle minacce ecologiche che oggi incombono. La Provincia di Torino, con il presente manuale, intende contribuire a diffondere l’uso razionale del legno come combustibile per il riscaldamento abitativo che rappresenta una quota rilevante della ingente parte di energia finale consumata dalle famiglie (oltre il 20% degli usi finali di energia in Italia). L’adozione di energie rinnovabili, in particolare del legno, che in provincia offre il contributo maggiore, non è una ipotesi o un’alternativa, ma una necessità. D’altronde nelle aree rurali, soprattutto collinari e montane, il corretto sfruttamento del combustibile legnoso e l’incremento della domanda che ne consegue rappresentano un’opportunità cruciale e positiva dal punto di vista economico e occupazionale locale. “Effetto serra” Da alcuni anni si è cominciato a parlare di un nuovo fenomeno negativo legato all’uso delle fonti fossili di energia, l’effetto serra che è provocato principalmente da alcuni gas prodotti durante la combustione. Tali gas hanno la proprietà di costituire una specie di “filtro” ai raggi solari che possono percorrerli nel senso di ingresso, ma non in senso inverso impedendo così alle radiazioni di uscire dall’atmosfera con conseguente incremento della temperatura della Terra e relative problematiche annesse L’utilizzo di combustibile rinnovabile riduce la produzione dei gas responsabili dell’ “effetto serra”. Fonte ENEA con modifiche IPLA “Sviluppo sostenibile” Modello di sviluppo che, diversamente da quello attuale, permette alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni, senza, compromettere la capacità delle future generazioni di fare altrettanto. Usi finali di energia in Italia (dati 1998) consumo delle famiglie 21% Fonte Enea "Rapporto Energia Ambiente 2000" 2 INDICE Utilizzo del combustibile legno: - nel mondo - nei Paesi in via di sviluppo - nei Paesi industrializzati - in Italia - in Piemonte pag. 5 - 6 Argomenti a favore del legno come fonte di energia negli anni 2000 pag. 7 Filiera legno – energia pag. 8 La filiera forestale legno–energia: - superfici forestali e disponibilità di biomassa nelle aree montane della Provincia - sistemi di esbosco e costi di produzione del cippato di legno - sminuzzatura - sostenibilità economica della filiera legno energia - costo equivalente di legno/cippato - margini di risparmio con la gestione a cippato di legno - quale cofinanziamento pag. 9 - 23 Altre fonti di approvvigionamento: agricoltura, pioppicoltura, verde urbano, importazione, colture energetiche, industria prima lavorazione del legno, rifiuti urbani pag. 24 Relazione tra potere calorifico e umidità pag. 27 Depezzatura e assortimenti: tronchetti, scaglie, pressati (pellet, brichetti) pag. 28 Utilizzo finale, generatori di calore: - piccoli generatori - generatori medio grandi pag. 28 - 31 Valutazione per la realizzazione di una filiera legno energetica pag. 32 Conclusione pag. 33 3 Finalità del Corso Il Corso si prefigge 4 finalità operative: − Promozione dell’uso di energia rinnovabile disponibile sul territorio, in particolare del combustibile legno − Utilizzazione di tecnologie di combustione efficienti e pulite − Miglioramento qualitativo del bosco − Valorizzazione delle risorse economiche e professionali locali 4 Utilizzo delle biomasse Situazione mondiale Mondo carbone biomassa idro nucleare gas naturale petrolio 24% 34% 15% 6% 17% Ad oggi le biomasse soddisfano il 15% circa degli usi energetici primari nel mondo. L’utilizzo di tale fonte mostra, però, un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi. 4% Paesi industrializzati Paesi industrializzati carbone biomassa 25% 37% idro 3% nucleare 6% gas naturale 6% petrolio 23% Nei paesi industrializzati le biomasse contribuiscono appena per il 3% agli usi energetici primari: gli USA ricavano il 3,2% della propria energia dalle biomasse, l’Europa complessivamente il 3,3%. Paesi in via di sviluppo Paesi in via di sviluppo carbone biomassa 23% 26% idro nucleare gas naturale petrolio 7% 1% 5% 38% I paesi in via di sviluppo, nel complesso, ricavano il 38% della propria energia dalle biomasse, ma in molti casi tale risorsa soddisfa fino al 90% del fabbisogno energetico totale mediante la combustione di legna, paglia e rifiuti animali. 5 Utilizzo del combustibile legno In Piemonte • Il combustibile – legno, fino al 1987, era quello maggiormente usato per il riscaldamento di abitazioni nei piccoli comuni montani e collinari (*) • 1,3 milioni sono i piemontesi che si riscaldano a legno (**) • il 70% del legno combustibile è direttamente prelevato dal bosco (*) • il consumo di legno combustibile è pari a 0,47 Mtep (*, **) (oltre 4 volte superiore rispetto ai dati del Bilancio Energetico Regionale) (**) • l’uso del combustibile legno è gradito ai cittadini (*,**) In Italia • 17 milioni, il 31,4%, sono gli italiani che utilizzano il legno come combustibile (**) • 5,4 Mtep è l’energia prodotta dalla biomassa (5 volte superiore rispetto ai dati dei Bilanci Energetici Regionali) (**) • 21,5 milioni di tonnellate/anno il totale di legno consumato (**) • 32,4 quintali/anno il consumo medio annuo per famiglia (**) • 2000 miliardi di lire la spesa complessiva (**) *(Enea-Ipla,1985e Regione Piemonte – Ipla 1987) **(Indagine Enea - Cirm, 1998), 6 Argomenti a favore del legno come fonte di energia negli anni 2000 (Fonte: Vademecum “Energia dal Legno” a cura dell’Associazione Svizzera per l’Energia dal Legno –ASEL - con modifiche dell’Ipla) Motivi politici - Indipendenza dall’estero - Diversificazione dell’approvvigionamento energetico Motivi economici - Sostegno all’economia forestale locale - Flusso economico che ricade localmente (Vedi tabella a fianco -*) Motivi ecologici Destinazione flusso economico area territoriale Comune e CM Regione Nazione Estero legno 85 % 5% 10 % 0% combustibile gasolio 5% 70 % 25 % (Regione Piemonte – Ipla, studio in corso) - L’energia del legno è neutra dal punto di vista delle emissioni di CO2 - L’utilizzo a brevi distanze dal luogo di origine limita gli effetti ambientali negativi dovuti ai trasporti - Viene ridotto l’utilizzo di combustibili fossili Motivi pratici - Elevato comfort dei sistemi a legno grazie alla tecnologia più recente - Disponibilità di sistemi a legno adatti per il riscaldamento sia di abitazioni isolate, sia di fabbricati inseriti all’interno di centri densamente abitati (teleriscaldamento) oppure come sistemi di complemento ad altri generatori di calore L’uso del legno combustibile è gradito agli utenti __________________________ *) La tabella evidenzia come, indicativamente la spesa dovuta all’utilizzo del combustibile legno ricada per la maggior parte sul luogo di produzione e utilizzo (fino all’85% in Comune e/o Comunità Montana), mentre per il gasolio avviene il contrario (soltanto il 5% del flusso economico ha ricaduta locale). Quanto affermato per i, gasolio vale anche per gli idrocarburi gassosi (metano, GPL, ecc.) 7 Filiera del legno-energia In sintesi la filiera legno-energia può essere definita come l’insieme delle fasi operative che portano il combustibile legno dalla produzione all’utilizzo finale nei generatori di calore. La produzione comprende tutte le operazioni di messa a disposizione del combustibile legnoso, essa varia in funzione del materiale, dei mezzi, del tipo di lavoro, dell’ impegno di manodopera ecc. . Si differenzia molto a seconda delle fonti del legno; fra queste il bosco rappresenta sicuramente quella più importante in termine di potenziale disponibilità e attuale utilizzo. La modalità di produzione del combustibile legnoso si differenzia notevolmente anche rispetto all’assortimento che si intende ottenere (tronchetto, cippato). Le fasi intermedie della filiera (depezzatura o sminuzzamento, stoccaggio, trasporto ed essiccazione) possono succedersi fra loro in modi differenti e ripetuti in virtù di circostanze contingenti e situazioni locali. La trattazione dettagliata di questo argomento esula comunque dai temi descritti dal presente documento. Con “utilizzo finale” si intende la combustione del legno per ottenere calore. Si effettua in generatori di calore (caldaie, stufe ecc.) appositamente costruiti. Esistono apparecchi di tipo innovativo con rendimento termico elevato, ridotte emissioni e confort gestionale superiore. Filiera legno - energia Produzione Depezzatura Sminuzzamento Stoccaggio Trasporto Essiccazione Utilizzo finale 8 LA FILIERA FORESTALE LEGNO ENERGIA Quando si vuole realizzare una filiera legno energia che veda stretti rapporti funzionali fra produzione legnosa dei popolamenti forestali e centri di trasformazione del legno in energia termica, occorre porsi le seguenti domande: 1) Le formazioni forestali dell’area presa in esame sono in grado di fornire il legname richiesto dalla centrale termica attraverso prelievi che assicurino la salvaguardia dei popolamenti assecondandone possibilmente le dinamiche evolutive verso cenosi (insieme di organismi viventi in equilibrio dinamico fra di loro) più stabili da un punto di vista ecologico e selvicolturale? Se la prima domanda ha risposta positiva quella successiva può essere formulata nei seguenti termini: 2) Date le condizioni orografiche dell’area in esame, gli interventi selvicolturali previsti, i sistemi di esbosco impiegabili nelle operazioni di utilizzazione forestale e l’attuale sviluppo della “rete viabile” è tecnicamente fattibile la produzione del cippato necessario per l’approvvigionamento della centrale a partire dal legname proveniente dai boschi della zona? Se anche in questo caso la risposta è positiva si arriva al nocciolo del problema con la terza domanda: 3) Tale approvvigionamento è economicamente conveniente od almeno sostenibile? Il percorso proposto nelle seguenti pagine intende offrire alcune indicazioni utili per dare una risposta alle domande sopra riportate. Per alcuni argomenti le conoscenze a disposizione ed il livello di approfondimento della trattazione permettono agli Autori di giungere a risposte certe; per altri i fattori in gioco possono variare da caso a caso ed il lettore troverà allora dati e spunti di riflessione utili per arrivare a formulare egli stesso la risposta più convincente per la situazione in esame. Figura 1 Dai tagli di avviamento all’alto fusto nei cedui di faggio possono essere ritratti da 30 a 70 t/ha di legname a seconda dell’età del ceduo e della fertilità stazionale. In bosco rimangono in piedi le piante più rigogliose e di migliore conformazione in ragione di almeno 600-700 per ettaro, a costituire una fustaia transitoria, che nei casi più favorevoli dopo 15-20 anni potrà essere sottoposta ad un successivo prelievo di pari intensità. 9 SUPERFICI FORESTALI E DISPONIBILITA’ DI BIOMASSE LEGNOSE NELLE AREE MONTANE DELLA PROVINCIA DI TORINO La Regione Piemonte ha sviluppato un sistema di pianificazione a livello sovra comunale per la gestione e promozione del patrimonio forestale e pascolivo dell’intero territorio regionale, denominato Piano Forestale Territoriale (PFT). Questo piano, oltre ad analisi relative all’assetto territoriale, alla viabilità, all’alpicoltura e allo stato patrimoniale dei beni silvo-pastorali, è costituito da un inventario forestale e da una cartografia in scala 1:25.000 che rappresenta le principali caratteristiche tipologiche e selvicolturali, le funzioni, gli indirizzi e le priorità gestionali dei boschi pubblici e privati, nell’ottica di una loro valorizzazione polifunzionale. La redazione dei PFT è promossa dall’Assessorato regionale Economia Montana e Foreste, con il coinvolgimento degli Enti Locali (Comunità Montane e Comuni) e il sostegno finanziario dell’Unione Europea. Essa è attuata tramite l’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente - IPLA S.p.A. di Torino, che svolge la funzione di Ufficio di Piano, coordinando e fornendo assistenza tecnica ai Gruppi di lavoro (dottori forestali ed altre professionalità) incaricati per la stesura dei singoli PFT. Il PFT costituisce quindi una base informativa aggiornata e approfondita, i cui dati possono essere elaborati a diversa scala in modo assai proficuo per fornire elementi di supporto a politiche o strategie d’azione nel settore forestale e territoriale. In base ai dati dei PFT la Provincia di Torino ha una superficie di circa 682.690 ha, pari al 27% di quella regionale; il 60% del territorio si trova in area montana ed è suddiviso amministrativamente in 13 Comunità Montane (C.M.). Considerando le proprietà pubbliche e private, in tali zone l’indice di boscosità è pari al 44%. Le formazioni forestali più rappresentative sono i lariceti fra i boschi di alto fusto, con il 20% della superficie forestale, e fra i cedui i castagneti con il 13%. Di rilievo sono anche le formazioni di recente costituzione in seguito all’invasione di coltivi e pascoli abbandonati, fra cui si ricordano i betuleti e gli acerotiglio-frassineti che occupano il 15% della superficie forestale. Si tratta di popolamenti da seme, allo stadio di spessina, perticaia o giovane fustaia, nella maggior parte dei casi non soggetti a gestione attiva. Elaborando i dati dei PFT è stato disegnato il grafico di figura 2 che illustra la ripartizione della superficie per le principali categorie forestali, mentre nella tabella 1, è riportata quella per Comunità Montana e tipo di intervento. Utilizzando una serie di coefficienti estimativi, è stato quindi possibile calcolare con buona approssimazione gli assortimenti ritraibili nell’arco del quindicennio di validità dei piani, e la loro ripartizione per assortimenti commerciali. Nel grafico di figura 3 si può osservare che circa il 60% del legname troverebbe impiego come legname da lavoro (14%) o come legna da paleria e da ardere in tronchetti (46%); tali assortimenti risultano oggi discretamente remunerativi con prezzi del legname in tronchi bordo strada camionabile che variano fra 100.000 e 200.000 Lit/t (fra 52 e 104 euro/t). Viceversa, il legname da triturazione viene destinato attualmente alla produzione di pannelli di particelle, o all’estrazione di tannino se si tratta di castagno, con prezzi che oscillano fra 20.000 e 60.000 Lit/t (10 e 31 euro/t). Considerando di utilizzare solo quest’ultimo tipo di assortimenti, risulterebbero disponibili circa 204.000 m³, equivalenti a 183.000 t di legname fresco. Valutando in linea di larga massima che il rapporto fra potenza termica installata (p.t.i.) e fabbisogno di legname fresco di taglio sia di 2.000 t all’anno per 1 MW p.t.i., si può concludere che i boschi sono in grado di alimentare centrali termiche per complessivi 92 MW, utilizzando unicamente gli assortimenti che oggi trovano scarsa valorizzazione sul mercato o vengono lasciati in bosco. Ciò significa che in media nelle 13 C.M. della Provincia si possono installare 7 MW termici, che possono anche raddoppiare qualora venisse giudicato conveniente avviare a combustione tutta la produzione legnosa e non solo la parte qualitativamente più scadente. 10 Valutando la sola produzione legnosa proveniente dai boschi, l’attuale disponibilità potenziale appare sufficiente per alimentare da 5 a 10 centrali termiche di potenza superiore a 1 MW in ogni Comunità Montana della Provincia di Torino. Occorre infine ricordare che le quantità di legname riportate nella tabella 2 rappresentano la disponibilità potenziale dei boschi, ma realisticamente è difficile che esse saranno effettivamente utilizzate nei prossimi quindici anni perdurando le attuali condizioni di mercato e della filiera legno. In primo luogo non vi sono soggetti organizzati per la gestione delle proprietà forestali (eccezion fatta per il Consorzio Forestale Alta Valle di Susa) in grado di dare seguito ad attività continuative nel tempo, le utilizzazioni hanno un carattere saltuario sia per le proprietà pubbliche che per quelle private. In secondo luogo gli interventi di miglioramento boschivo sono a macchiatico negativo, costano cioè di più del valore del legname ritraibile e quindi possono avere luogo solo con l’aiuto di finanziamenti pubblici. A conferma di ciò si riporta che le vendite di lotti boschivi nelle proprietà pubbliche della Provincia degli ultimi 5 anni rappresentano il 33% circa di quelle potenziali (Pioppo escluso, Cielo e Gottero, 2001). Figura 2 – Ripartizione della superficie forestale per categoria (dati Ipla PFT 2000). Querceti e robinieti 9% Pinete 7% Boschi di neoformazione Alneti 1% Arbusteti 7% Castagneti 20% 16% Faggete 16% Altre conifere 24% 11 Figura 3 – Distribuzione del legname potenzialmente ritraibile ogni anno dai boschi delle aree montane della Provincia di Torino per tipo di assortimento. Tondame da lavoro 14% Legna da ardere e paleria 47% Assort. da triturazione 39% Ripresa potenziale 510.000 m3/anno 12 Tabella 1- Ripartizione delle superfici forestali per tipo di intervento nelle aree montane della Provincia di Torino (dati Ipla, PFT 2000) Evoluzione naturale o TOTALE Comunità montana Tagli di maturità Miglioramenti boschivi controllata ha % Ha % ha % ha % Alta Val Susa 8.172 32 4.222 16 13.250 52 25.645 100 Alto Canavese 2.138 43 1.846 37 946 19 4.930 100 Bassa Val Susa 5.501 23 7.930 33 10.380 44 23.810 100 Chisone e Germanasca 8.409 30 5.074 18 14.221 51 27.704 100 Dora Baltea Canavesana 1.093 29 480 13 2.145 58 3.718 100 Pinerolese pedemontano 2.935 41 2.999 41 1.309 18 7.243 100 Val Ceronda e Casternone 1.571 35 1.617 36 1.354 30 4.542 100 Val Chiusella 2.733 50 750 14 1.964 36 5.447 100 Val Sangone 3.501 34 3.626 36 3.042 30 10.170 100 Valle Pellice 5.325 39 3.589 26 4.839 35 13.752 100 Valle Sacra 1.819 51 186 5 1.563 44 3.568 100 Valli di Lanzo 6.110 21 9.467 33 13.526 46 29.103 100 Valli Orco e Soana 3.307 16 3.335 16 13.750 67 20.393 100 TOTALE 52.613 29% 45.121 25% 82.290 46% 180.024 100% 13 870.370 11% 519.282 502.133 199.212 423.524 118.971 490.706 434.814 684.450 321.952 718.212 504.233 5.237.870 68% Bassa Val Susa Chisone e Germanasca Dora Baltea Canavesana Pinerolese pedemontano Val Ceronda e Casternone Val Chiusella Val Sangone Valle Pellice Valle Sacra Valli di Lanzo Valli Orco e Soana Totale 35.929 85.359 2.531 33.553 18.470 2.209 11.909 4.182 451 270.008 107.439 14.283 200.172 Alto Canavese 284.048 Fustaia 120.209 Ceduo Tagli di maturità Alta Val Susa Comunità Montana 79% 6.108.240 540.161 803.570 324.482 718.003 453.284 492.915 130.880 427.706 199.663 772.141 626.721 214.455 404.257 Totale 21% 1.577.775 135.965 361.929 6.660 118.432 106.168 27.449 26.868 93.506 17.141 214.016 297.229 53.528 118.884 Miglioramenti boschivi 100% 7.686.015 676.126 1.165.499 331.143 836.435 559.452 520.363 157.748 521.211 216.803 986.158 923.950 267.984 523.142 Totale 2,8 2,2 2,7 6,2 4,1 3,7 6,4 2,3 4,8 3,9 2,4 2,6 3,6 1,4 m³/ha anno 14 Ripresa unitaria Tabella 2 - Ripartizione della ripresa potenziale nel prossimo quindicennio per tipo di intervento nelle aree montane della Provincia di Torino valori in m³ (dati Ipla, PFT 2000). SISTEMI DI ESBOSCO E COSTI DI PRODUZIONE DEL CIPPATO DI LEGNO L’abbattimento delle piante, la sramatura e depezzatura dei tronchi, l’esbosco ed accatastamento del legname vengono chiamati nel loro complesso “utilizzazioni forestali”. Tali lavori possono essere eseguiti sia nell’ambito di interventi volti alla conservazione e miglioramento colturale dei soprassuoli forestali (denominati nel linguaggio tecnico “miglioramenti boschivi”) sia in quello di operazioni più strettamente mirate alla raccolta del prodotto legnoso a fine ciclo di coltivazione (dette “tagli di maturità”). Nell’ambito di una gestione forestale corretta anche queste ultime devono venir condotte secondo specifiche tecniche selvicolturali e nel rispetto di numerose prescrizioni normative, affinché sia assicurata la subitanea rigenerazione dei popolamenti dopo il taglio per via naturale o mediante l’aiuto dell’uomo, per mezzo di semine o rimboschimenti. Nel seguito sono descritte sinteticamente le principali operazioni di utilizzazione forestale, necessarie per trasformare il legno delle piante in piedi in assortimenti semilavorati resi presso il centro di trasformazione. La successione delle operazioni varia fra il sistema di lavoro tradizionale (detto a legna corta) e quello a pianta intera, preferibile nel caso si voglia eseguire anche la sminuzzatura (vedi schema di figura 4). Abbattimento ed allestimento La pianta viene recisa al piede, atterrata, sramata e depezzata. Il costo dipende dalle dimensioni delle piante e dall’entità del taglio e varia fra 20.000 e 60.000 Lit/t (10 e 31 euro/t). Concentramento ed esbosco Il legname viene portato dal letto di caduta al più vicino piazzale raggiungibile con autocarri. Il costo dipende dal sistema di esbosco, dalle dimensioni del legname, dalle distanze di esbosco, dall’entità del taglio ed è compreso fra 40.000 e 160.000 Lit/t (20 e 82 euro/t). Trasporto Il legname esboscato viene caricato sui mezzi di trasporto e condotto all’utilizzatore finale o all’industria di trasformazione. Solo nel caso in cui le distanze siano inferiori a 10 km circa il trasporto può essere eseguito con mezzi agricoli o forestali, altrimenti si ricorre ad autocarri o autotreni. In ambito provinciale il costo è in media di 20.000 L/t (10 euro/t). Come si può notare, a differenza di altri lavori edili o di genio civile, le utilizzazioni forestali presentano costi assai variabili a seconda delle dimensioni del legname e delle condizioni operative. Sommando le voci sopra riportate i valori estremi sono compresi fra 80.000 a 240.000 Lit/t (41 – 124 euro/t). Il valore più basso si ha per esempio in tagli di ceduazione di boschi serviti da viabilità o in tagli a buche in fustaie esboscabili con i trattori. Nel caso si debbano utilizzare la gru a cavo i costi difficilmente scendono sotto le 120.000 Lit/t (62 euro/t). In caso di miglioramenti boschivi i costi crescono sensibilmente a causa del taglio selettivo, che richiede tempi di esecuzione più lunghi rispetto a quello a raso, e per il fatto che il legname di risulta, di piccolo diametro e poco concentrato sul letto di caduta, determina produttività particolarmente basse nel concentramento ed esbosco. I costi in questo caso variano da 160.000 a 240.000 Lit/t (82 –124 euro /t). 15 Figura 4 – Schema della successione delle operazioni nel ciclo di utilizzazione forestale SISTEMA DI LAVORO TRADIZIONALE (“A LEGNA CORTA”) SISTEMA DI LAVORO “A PIANTA INTERA” (CON SMINUZZATURA) ABBATTIMENTO ED ALLESTIMENTO ABBATTIMENTO CONCENTRAMENTO ED ESBOSCO CONCENTRAMENTO ED ESBOSCO (SMINUZZATURA) TRASPORTO ALLESTIMENTO E SMINUZZATURA TRASPORTO Le condizioni di accessibilità dei boschi provinciali, secondo i dati dei PFT, non sono disprezzabili da un punto di vista quantitativo (cioè come sviluppo della rete viabile), ma necessitano di forti interventi volti all’ampliamento e sistemazione dei tracciati esistenti. La rete viabile silvo-pastorale è infatti costituita in prevalenza da piste strette, con fondo sconnesso, che non consentono il transito di autocarri ma solo quello di autoveicoli minori e/o trattori. Infatti, dopo aver escluso circa un 20% dei punti inventariali in cui l’esbosco non è tecnicamente eseguibile con alcun sistema o non è necessario date le caratteristiche rupicole o marginali del popolamento, nel 52% delle restanti 2.500 aree di saggio dell’inventario PFT eseguito sul territorio montano della Provincia di Torino, è possibile impiegare trattori su distanze di esbosco fuori pista inferiori a 100 m, mentre nel 33% dei lotti da teleferica la distanza media non supera i 450 m. Dopo la prima fase di esbosco fuoripista, sempre secondo i risultati dell’inventario, è però necessario proseguire con i trattori su strade o piste per un tragitto in media di 700 m prima di arrivare alla prima via camionabile, dove gli assortimenti possano essere caricati sui mezzi di trasporto. Questa fase supplementare, che si colloca fra l’esbosco ed il trasporto vero e proprio, fa lievitare i costi di almeno 10.000 Lit/t.(circa 5 euro) e, dati i bassi valori di macchiatico dei boschi provinciali, risulta discriminante fra lotti a macchiatico positivo e negativo. Sminuzzatura Il processo di riduzione del materiale legnoso di vario tipo e forma in elementi di piccole dimensioni (detti “particelle” o “cips”) tramite un’azione meccanica di taglio è comunemente noto con il termine di “sminuzzatura” o “cippatura”. Quest’operazione viene eseguita solitamente in industria quando il legno trova impiego per produrre pannelli a base di legno (fibre o particelle), carta e derivati oppure per estrarre il tannino. Nel caso invece dell’impiego energetico essa può essere eseguita direttamente in bosco, presentando alcuni vantaggi in confronto alle tecniche tradizionali di allestimento del legname, così sintetizzabili: - permette di utilizzare tutta la biomassa legnosa disponibile, compresa la ramaglia solitamente rilasciata sul terreno del bosco, che può costituire una facile esca per il fuoco; - consente di eliminare parzialmente o del tutto la fase di allestimento e carico degli assortimenti di piccole dimensioni con un risparmio di manodopera ed un miglioramento nell'ergonomia del lavoro. 16 Tabella 3 – Ripartizione della superficie forestale per sistema di esbosco applicabile, secondo i dati dell’inventario dei PFT (Dati Ipla, PFT 2000) Sistema di esbosco Avvallamento Gru a cavo 6% 47% Alta Valle Susa 5% 12% Alto Canavese 18% 21% Bassa Valle di Susa 8% 36% Dora Baltea canavesana 18% 9% Pinerolese pedemontano 47% 0% Val Ceronda e Casternone 9% 26% Val Chiusella 19% 11% Val Sangone 8% 69% Valle Orco e Soana 24% 14% Valle Pellice 3% 35% Valle Sacra 35% Valli Chisone e Germanasca 17% 24% 33% Valli di Lanzo 15% 33% Complessivo 130 450 Distanze di esbosco (m) Comunità Montana Trattore 47% 83% 61% 56% 73% 53% 64% 70% 23% 62% 61% 48% 42% 52% 90 Se la sminuzzatura viene eseguita su legname tondo precedentemente trasformato secondo il ciclo tecnologico tradizionale, essa rappresenta un costo aggiuntivo che può variare fra 20.000 e 60.000 Lit/t (10 e 31 euro/t) a seconda del tipo di macchina impiegata, del tipo di materiale di partenza e soprattutto del quantitativo annuo posto in lavorazione. Se invece opportunamente inserita nel ciclo della filiera legno-energia, questa operazione comporta un abbattimento significativo dei costi di produzione incidendo soprattutto su quelli di allestimento e carico del materiale, con un risparmio complessivo fino a 30.000 Lit/t (15 euro/t). La sminuzzatura in bosco appare particolarmente utile nei cantieri in cui l’allestimento manuale delle chiome richiede molto lavoro ed ha un alto costo per unità di prodotto rispetto al basso valore degli assortimenti ottenuti. Questa lavorazione può essere eseguita sul letto di caduta, lungo una pista forestale o all'imposto e quindi inserirsi prima o dopo l’esbosco nel ciclo di lavorazione. La cippatura sul letto di caduta è praticabile solo su terreni pianeggianti (fino al 20% di pendenza) e poco accidentati. Quando non è possibile lavorare direttamente in bosco a causa dell’eccessiva pendenza o accidentalità del terreno, occorre esboscare la pianta intera fino al luogo dove verrà eseguita la sminuzzatura, adottando il cosiddetto metodo di lavoro “a pianta intera” o “Full Tree System”. Per l’esbosco a pianta intera sono utilizzabili i trattori con verricello (esbosco a strascico) o le gru a cavo su terreni con pendenze superiori al 50%, mentre non è possibile adottare l’avvallamento perché la chioma esercita un attrito troppo forte sul terreno per permettere lo scivolamento della pianta su distanze significative. 17 I residui delle utilizzazioni in molti casi, oltre a richiedere molto lavoro per il loro allestimento, costituiscono un elemento negativo per la prevenzione degli incendi boschivi; nel caso dei rimboschimenti di media e bassa quota la loro asportazione non sembra essere di detrimento per il corredo di sostanza organica a disposizione del suolo. Figura 5 Figura 6 Nelle stazioni meno fertili, a forte pietrosità superficiale, il rilascio delle ramaglie minute può essere preferibile da un punto di vista ecologico. L’esbosco del legname viene svolto allora per avvallamento con l’ausilio di resine in polietilene. Gli attesi risparmi nei costi di produzione del legno combustibile possono avere luogo, però, solo se si dispone di un’adeguata rete viabile al servizio dei boschi, di macchine cippatrici con elevata capacità di lavoro e di mezzi specializzati per il trasporto. La presenza di tali presupposti richiede investimenti nella filiera solo in parte ammortizzabili nei bilanci della centrale termica e comunque con flussi significativi di prodotto (almeno 2.000 t/anno). Nel caso di progetti a scala minore si tenga conto che a fronte di investimenti in viabilità e macchinari modesti, si avranno maggiori costi unitari di produzione. Per approfondimenti su quest’argomento si rimanda a pubblicazioni specializzate (Cielo e Zanuttini, 1996, Spinelli, 2001). 18 Figura 7 Le cippatrici azionate dal trattore, ad alimentazione manuale, sono indicate per sminuzzare piccole quantità di legname nell’ambito di aziende agricole che producono il cippato per autoconsumo e/o di cantieri di verde urbano. Nei casi più favorevoli, partendo da legname sramato, depezzato e concentrato, si possono ottenere produttività di 5 t/h con 3 addetti. Riassumendo si può affermare che allo stato attuale non sussistono particolari difficoltà da un punto di vista tecnico nella produzione del cippato in foresta. I costi di produzione, dalla pianta in piedi fino al prodotto reso alla caldaia, sono variabili a seconda del tipo di interventi selvicolturali e delle condizioni operative locali fra 80.000 e 240.000 Lit./t (41 – 124 euro/t). La sminuzzatura in bosco non comporta di per sé un aumento dei costi di produzione ma, previo una riorganizzazione del ciclo di lavorazione nelle utilizzazioni forestali ed il miglioramento della viabilità, permette una diminuzione dei costi di produzione. Le cippatrici di grandi dimensioni sono dotate di gru idraulica per l’alimentazione del materiale alla bocca, dove 2-4 rulli di trascinamento sono in grado di far avanzare il materiale legnoso di qualsiasi tipo e forma verso l’organo di taglio. Figura 8 La potenza del motore deve essere di almeno di 200 kW. La produttività del cantiere, che richiede un solo addetto, varia fra 10 e 15 t/h a seconda del materiale di partenza. Il carico può avvenire contemporaneamente alla sminuzzatura se la catena di lavorazione è organizzata in modo razionale. 19 SOSTENIBILITA’ ECONOMICA DELLA FILIERA LEGNO ENERGIA Il costo totale dell’unità di calore prodotta (MWh) dipende da 3 fattori: - costi di ammortamento costi di manutenzione costi del combustibile Nelle centrali termiche a cippato di legno i suddetti costi incidono sul costo complessivo in ragione del 45, 10 e 45% circa (ASEB, 2000). Tali valori sono soggetti a variazioni del ±20% in relazione al costo del combustibile e soprattutto al livello di utilizzazione della potenza installata. Infatti i costi di ammortamento incidono pesantemente sul bilancio nel caso di impianti sovradimensionati. Un’analisi approfondita di questi temi prescinde dagli scopi di questa dispensa e richiederebbe la formulazione di numerose premesse e la configurazione di uno specifico contesto operativo tecnicoeconomico per poter arrivare ad elementi quantitativi certi. Con l’intento di fornire un primo inquadramento del problema, si invita tuttavia a percorrere il seguente percorso logico: 1) Si stabilisce in via sintetica il prezzo a cui può essere ritirato il legname per avere costi di gestione della centrale equivalenti a quelli di un’analoga alimentata a gasolio (costo equivalente del cippato rispetto al gasolio). 2) Si considerano i costi di produzione del cippato proveniente da foresta nel caso di utilizzazioni di maturità e nel caso di interventi di miglioramento boschivo (vedi paragrafo precedente). 3) Si calcola il margine di risparmio per unità di calore prodotta o per bilancio annuo di gestione. 4) In base a tale margine si indica sommariamente quale può essere la quota di autofinanziamento del soggetto attuatore e quale la quota di contribuzione pubblica affinché l’iniziativa sia sostenibile economicamente. COSTO EQUIVALENTE CIPPATO DI LEGNO/GASOLIO In tabella 4 è riportato il confronto energetico fra cippato di legno e gasolio tenendo conto, sulla base dei dati tecnici attualmente disponibili, anche di una minore efficienza delle caldaie a legno. Il contenuto energetico del cippato di legno è assunto cautelativamente in 800 kWh/m³ (vedi tabella 5). Tabella 4 – Calcolo dell’equivalenza energetica gasolio/cippato di legno gasolio cippato di legno p.c.i. (kWh/kg) 11,86 3,13 p.c.i. (kcal/kg) 10.200 2670 coeff. correttivo in base al rendimento caldaia 1 0,875 equivalenza energetica 1kg gasolio = 4,37 kg cippato di legno Fissando il costo del gasolio Iva compresa in 1.500 Lit/kg –0,77 euro/kg- (al netto delle riduzioni d’imposta a favore dei Comuni montani) si può calcolare il prezzo equivalente del cippato in 340 Lit/kg –0,17euor/kg- iva compresa, equivalente a 340.000 Lit/t.-175 euro/t- (Si noti che le aliquote Iva non sono uguali per i due combustibili: il 20% per il gasolio, il 10% per il legno combustibile). 20 Tabella 5 - Caratteristiche fisiche ed energetiche di 1 m³ di cippato di legno di faggio e abete calcolate a differenti stati igrometrici (s.s.= 240 e 170 kg e p.c.i.U =12% 15,91 e 15,07 MJ/kg). Umidità Specie Peso Contenuto energetico 100 faggio abete faggio abete faggio abete faggio abete kg 288 204 312 221 360 255 480 340 MJ 3.993 2.986 3.950 2.954 3.852 2.881 3.544 2.651 kWh 1.109 830 1.097 820 1.070 800 985 736 Mcal 954 713 943 705 920 688 847 633 150 abete 425 2.434 676 581 (U. rif. anidro %) 20 30 50 Variazione del contenuto energetico in funzione dell’umidità (U20%=100) 100% 99% 96% 89% 82% Se si vuole tenere conto dei maggiori oneri di manutenzione di una centrale a cippato di legno rispetto ad una gasolio (estrazione delle ceneri, controllo del regime di combustione, ecc.) si possono detrarre circa 20.000 Lit/t (10 euro/t)ed arrivare quindi ad un valore equivalente legno/gasolio di 320.000 Lit/t (175 euro/t). MARGINI DI RISPARMIO CON LA GESTIONE A CIPPATO DI LEGNO Confrontando il valore equivalente individuato in precedenza con i costi di produzione del cippato esposti nella tabella 6, emerge che vi è un margine di risparmio di 170.000 e 100.000 Lit/t (88 – 52 euro/t)utilizzando materiale proveniente rispettivamente da tagli di maturità o interventi di miglioramento boschivo. Tabella 6 – Costo del cippato di legno e margini di risparmio rispetto al gasolio (prezzi in Lit/t.) Costo Costo materia produzione cippato prima in del cippato reso piedi Tagli di 30.000 di Costo Prezzo Margine equivalente risparmio 150.000 rispetto al gasolio 320.000 maturità Miglioramenti 0 boschivi della alla legno/gasolio gestione a cippato centrale 120.000 di 170.000 (87,80 euro) 220.000 220.000 320.000 100.000 (51,65 euro) Poiché 1 t di legno combustibile equivale a 3130 kWh, utilizzando cippato di legno si realizza un risparmio per unità di energia termica prodotta pari a 54 Lit/kWh (0,028 euro/kWh) nel caso si acquisti il materiale al costo più basso, oppure di Lit 31/kWh (0,016 euro/kWh) nel caso il legno provenga da miglioramenti boschivi. 21 Se consideriamo di avere una centrale termica di 1 MW di p.i., considerando un tasso di utilizzazione annuo di 2000 h/anno a pieno regime di potenza, si ha una produzione di 1000 x 2000 = 2.000.000 kWh. Moltiplicando il risparmio unitario per tale quantità si ottiene un risparmio di 108 MLit (55777 euro) per anno acquistando il cippato a 150.000 L/t (77 euro/t) , e di 62 MLit (32020 euro/t)acquistandolo ad un prezzo di Lit/t 220.000 (114 euro/t) . Figura 9 Il prezzo equivalente del legno rispetto al gasolio può essere valutato fra 300.000 e 350.000 Lit/t ( a seconda della specie legnosa, del tipo di assortimento considerato e del tasso di umidità). Foto M. Corgnati QUALE COFINANZIAMENTO? I costi di realizzazione degli impianti a cippato di legno sono da cinque a dieci volte superiori a quelli che utilizzano i prodotti petroliferi, e possono essere stimati in media intorno a 1 MLit/kW di potenza installata per impianti compresi fra 100 e 1.000 kW. Il costo di realizzazione può però variare fortemente in base alle soluzioni impiantistiche adottate ed allo sviluppo della rete di teleriscaldamento, anche in relazione al fatto se la centrale debba sostituirne una vecchia oppure sia installata in edifici nuovi con opere edili già predisposte per le specifiche esigenze. Nel caso di una centrale di 1 MW di p.i., prescindendo in prima approssimazione da calcoli che tengano conto del regime di interessi composti, e assumendo che il soggetto attuatore della filiera legno possa avere disponibilità di capitali ad interessi zero, si può stimare che il tempo di ritorno dell’investimento sia compreso fra 9 e 10 anni. Tale periodo appare eccessivamente lungo per qualsiasi imprenditore o amministrazione, che può contare su un mandato non superiore a 5 anni. Sembra di poter concludere quindi, che per rimanere nell’ambito di un periodo di ritorno ragionevolmente breve (5 anni), la realizzazione della caldaia debba poter contare su un finanziamento pubblico di almeno il 50% in conto capitale. Tale quota è destinata a salire se si pone il requisito di approvvigionare l’impianto con legname proveniente da interventi di manutenzione del territorio, che comportano un costo del combustibile sensibilmente superiore. Nell’attuale situazione di mercato, che vede per una serie di problematiche del settore, una grande disponibilità di materia prima proveniente da bosco, dai pioppeti e dalle industrie di prima trasformazione, il costo del combustibile legnoso è trattato sul mercato a prezzi sensibilmente inferiori a quelli esposti in precedenza. E’ quindi assai probabile che si possano realizzare economie di gestione superiori a quelle calcolate. Per contro nelle fasi iniziali è difficile che un impianto possa essere utilizzato a pieno regime e quindi i potenziali margini di gestione si assottigliano proporzionalmente al tasso del suo sotto-utilizzo. Si può quindi concludere che allo stato attuale, da un punto di vista strettamente economico, l’installazione di una centrale termica parrebbe proponibile con un tasso di contributo pubblico in conto capitale indicativamente del 50%. Nel caso che l’impianto sia collegato con 22 la gestione boschiva ed in particolare con un piano di miglioramenti boschivi i costi del combustibile sono superiori e quindi tale contributo potrebbe aumentare all’80%. L’operazione potrebbe risultare conveniente anche senza contributo pubblico qualora si realizzino contemporaneamente le seguenti condizioni: - l’impianto sia progettato al meglio realizzando tutti i possibili risparmi nelle soluzioni impiantistiche ed edili; - il tasso di utilizzo della potenza termica sia assai elevato con almeno 2000 h di funzionamento a pieno regime; - il combustibile legnoso venga acquistato ad un prezzo non superiore a 100.000 Lit/t (52 euro/t). Le proprietà private La proprietà dei boschi piemontesi risulta privata per i 2/3 e pubblica per 1/3; mentre in pianura e collina è quasi totalmente privata, in montagna lo è per il 50%. Le proprietà private si presentano perlopiù molto frazionate e in stato di abbandono tranne nel caso dei cedui in cui i tagli commerciali forniscono un immediato ritorno economico. In tutti gli altri casi è molto più difficile risolvere il problema dei boschi privati abbandonati rispetto a quello dei pubblici, soprattutto per quanto riguarda i piani di assestamento e a lungo termine. Le conseguenze interessano soprattutto l’assetto idrogeologico, la riduzione della superficie produttiva e l’aumento del rischio di incendi. Il problema dei boschi privati nella provincia di Torino si manifesta con particolare evidenza . La soluzione comunque non può prescindere da una politica forestale, ma anche ambientale coraggiosa capace di avviare consorziamenti tra proprietari a vantaggio di una gestione unitaria del bosco. 23 ALTRE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO DEL COMBUSTIBILE - LEGNO OLTRE AL BOSCO Agricoltura Pioppicoltura Verde urbano Importazione Colture energetiche (SRF) Industrie di lavorazione del legno Rifiuti urbani (RU) Agricoltura La pratica di bruciare all’aperto i residui e gli scarti in genere, compresi quelli agricoli, è vietata (1) e sarà sempre più perseguita per l’inquinamento “gratuito”, ovvero spreco energetico, che provoca. Ne consegue che tali materiali possono essere allontanati solo attraverso il circuito dei rifiuti solidi urbani (tramite una raccolta differenziata dedicata) oppure (quando interessano legno “vergine”, privo di vernici, additivi, impregnanti, ecc.), in alternativa al compostaggio, utilizzandoli come combustibile in generatori di calore a legno. Quest’ultima soluzione non è ancora esplicitamente ammessa dalla normativa, ma solamente tollerata (“legge Ronchi” – D.lgs 22/1999). Il CTI (Comitato Termotecnico Italiano), sull’argomento, ha proposto ufficialmente una modifica di interpretazione della norma in senso favorevole all’utilizzo come combustibile a similitudine di quanto avviene in altri Paesi dell’UE. Le ricadute favorevoli sarebbero duplici: • ridurre il riempimento delle discariche per RS dov’è destinato lo scarto legnoso • utilizzo come combustibile per produrre energia rinnovabile. Stima e valutazione energetica della massa dei residui di potatura annualmente prodotti da alcune colture arboree da frutto coltura Vite Pesco Melo Nocciolo Pero Albicocco Susino biomassa prodotta quota disponibile biomassa disponibile energia corrispondente (t/ha) (%) (t/ha) (kcal/ha x 1000) 2,5 3 4 2 2,5 3 3 70% 1,75 2,1 2,8 1,4 1,75 2,1 2,1 5250 6300 8400 4200 5250 6300 6300 70% 70% 70% 70% 70% 70% Nella tabella sono riportate le quantità di scarti legnosi combustibili da cui ricavare l’energia eventualmente disponibile per unità di superficie di coltura agricola. Le indicazioni sono tuttavia da 1 D.Lgs. 22 1997, Artt. 5, 8, 27, 28. 24 considerarsi “di massima” in quanto i valori possono variare molto in funzione della fertilità e di altri parametri locali. Pioppicoltura A prescindere dalle parti migliori che vengono destinate per la lavorazione di legname da opera, le parti residue (ramaglie, ceppi), solitamente, quando, per ragioni fitosanitari non è opportuno lasciare abbandonate nei campi, vengono sminuzzate e destinate alle industrie del pannello. Fermo restando la nota sopra menzionata sulla normativa vigente, è possibile utilizzare il cippato anche come combustibile nonostante, come tale, non risulti particolarmente pregiato per l’elevata umidità allo stato fresco e per la sua notevole degradabilità durante la fase di deposito. Verde Urbano Con il termine si intendono gli scarti lignocellulosici che derivano dalla gestione di giardini e viali pubblici e privati interni ai centri abitati. Importazione La quantità di combustibile legnoso proveniente dalla Francia (che, solo per quanto interessa i “grandi” commercianti con sede a Torino, raggiunge la rispettabile quantità di 15. 000 tonnellate annue, corrispondenti a circa 22.000 m3 di legno) è costituita solo da tronchetti venduti e consegnati al pubblico a £25.000 (12,9 euro) il quintale. (Regione Piemonte – Ipla, P. Ferraris, M. Manzone, studio in corso). Il combustibile legnoso venduto nei grandi magazzini raggiunge prezzi che sfiorano le 90.000£ (46 euro)il quintale. Risulta che le disponibilità di legno dall’estero siano notevolmente superiori alle quantità attualmente commerciate e provengono pressoché esclusivamente dalla Francia, anche se Foto G.della Beffa giungono offerte dalla Germania e dalla Svizzera e per il futuro, si prevede, anche da alcune nazioni dell’est Europa, in particolare dalla Romania. 25 Colture energetiche “SRF” (“Short Rotation Forestry”) La società “Itabia” ha raccolto in un opuscolo le esperienze nazionali sulle “coltivazioni legnose a turno breve”. In estrema sintesi la situazione agricola attuale, che vede in continua espansione le quote di territorio lasciate in abbandono a favore dei terreni più produttivi, rende sempre più concreto l‘interesse di destinare i campi abbandonati alle colture energetiche. Per contro lo stato delle conoscenze, in termini di macchine utilizzabili, modalità di coltivazione (e raccolta) e specie di coltura energetica più idonee, per quanto interessa la realtà italiana, non supera ancora il livello di studio o di esperienza pilota, da cui la dubbia opportunità della sua concreta applicazione su larga scala in tempi immediati anche se esistono Regioni che si sono impegnate molto in questo campo. Raccolta di coltura energetica (pioppo di 3 anni) - fonte Itabia C O L T U R E E N E R G E T IC H E ERBA CEE ANNUALI L EGN OSE P ER ENNI IM P IA N TI A G R O - F O R E STA li A TUR NO BR EVE Rifiuti Urbani (RU) All’interno dei rifiuti urbani indifferenziati il legno costituisce una quota dello 0,9% riferito all’insieme dei rifiuti prodotti (“lordo”), ovvero l’1,1% se riferito al netto delle raccolte differenziate (“netto”), come risulta dalle analisi merceologiche condotte dall’Ipla nel Pinerolese. Da notare, però, che, quasi la totalità di tale legno risulta composto da parti di mobili o altri manufatti verniciati o additivati di colle o altre sostanze che ne rendono inopportuno l’uso come combustibile. Foto Ipla Fonte Asel Svizzera 2626 Relazione tra potere calorifico e umidità Nel grafico si può osservare come il potere calorifico del legno diminuisca linearmente con l’aumentare dell’umidità. Ad esempio, ad un contenuto d’acqua del 30% corrisponde il potere calorifico di oltre 3,5 kW/kg. 27 Depezzatura e Assortimenti Molti sono gli assortimenti di legno utilizzati come combustibile ai nostri giorni. L’assortimento di gran lunga più utilizzato è anche quello più tradizionale, ossia il tronchetto, specialmente in piccoli generatori di calore. Il cippato, noto anche come “scaglie” o “cips”, alimenta grandi generatori di calore. I bricchetti ed i pellet rappresentano i combustibili legnosi “pressati” ottenuti cioè dalla compressione di scarti minuti della prima lavorazione del legno a temperature relativamente elevate e contenuto d’acqua inferiore al 10 %. In genere il cippato viene commercializzato fresco (con contenuto d’acqua superiore al 35%), il tronchetto, invece, quando non è di produzione propria, è generalmente venduto con 2 anni di stagionatura e contenuto d’acqua inferiore al 35%. I prezzi dei pressati sono i più elevati e raggiungono in alcuni casi anche le 35 –60 000 lire (18 – 30 euro) e oltre, al quintale. Depezzatura (assortimenti e macchine) Tronchetti Cippato Bricchetti Pellet Polveri Altro Utilizzo finale (generatori di calore) Il presente documento tiene in considerazione unicamente dei generatori di calore innovativi che possiedono rendimento termico elevato. Si rammenta che nei generatori di calore a legno è permesso utilizzare solo legno naturale (“vergine”) privo quindi di vernici e additivi chimici. 28 L’efficienza del sistema dipende dai seguenti fattori: • • • • tecnologia del generatore corretto dimensionamento rispetto all’utenza da riscaldare corretta realizzazione e regolazioni dell’impianto gestione dello stesso. In estrema sintesi i generatori di calore possono essere distinti in piccoli e grandi. Piccoli generatori di calore a legno Possiedono potenze termiche fino a 35 KW e sono utili per riscaldare abitazioni indicativamente fino a 150 m2 di superficie, (in edifici ben coibentati la potenza necessaria può essere ridotta fino al 50%). Gran parte degli impianti utilizza l’acqua come fluido termovettore, in alternativa esistono sistemi ad aria calda. Il legno utilizzato, tronchetti di varia lunghezza (30, 50, 70 cm), è caricato manualmente. Alcuni piccoli sistemi, molto meno diffusi, funzionano a scaglie di legno (cippato); di questo tipo esistono sia apparecchi a caricamento manuale sia a caricamento meccanizzato, questi ultimi con elevata autonomia di alimentazione. Il rendimento dei sistemi più innovativi può arrivare all’80% e oltre. I piccoli generatori godono inoltre di un quadro normativo di riferimento per l’installazione, le emissioni, ecc. più permissivo rispetto a quelle di potenzialità maggiori. Infatti: - non necessitano di particolari documentazioni quali il Certificato prevenzione incendi, la denuncia all’ISPESL - non sono oggetto di analisi delle emissioni - ma come tutti gli impianti termici devono comunque essere sottoposti a manutenzione ordinaria ed essere dotati di libretto d’impianto. Nei sistemi a concezione più innovativa l’autonomia di caricamento raggiunge almeno le 8 - 12 ore permettendo la continuità dell’erogazione del calore anche durante lunghi periodi di assenza Dopo le ”crisi del petrolio” degli anni 70 l’Europa è stata più attenta al legno come fonte di calore. Sono nati così nuovi generatori di calore con tecnologie avanzate e adeguati al livello di comfort cui tutti siamo abituati. Il risultato è stato un prodotto capace di prestazioni energetiche anche doppie rispetto alle caldaie e stufe tradizionali, capaci altresì di autonomie particolarmente elevate. Da quel momento sino ad oggi i sistemi si sono ancora evoluti. Nonostante tutto però, specialmente in Italia, la loro diffusione è purtroppo ancora limitata. 29 La figura in alto a sinistra mostra come nei piccoli generatori di calore innovativi, contrariamente all’andamento naturale, la fiamma ha un flusso discendente (fiamma rovesciata) e l’aria comburente si divide in due flussi: aria primaria e secondaria, soprattutto per ottimizzare la combustione della componente volatile del prodotto che rappresenta oltre il 75% del legno anidro. Gli ultimi accorgimenti migliorativi suggeriti dai produttori interessano l’impianto termico, che si arricchisce di autoclavi per l’“accumulo d’acqua” come riserva termica. I serbatoi per la riserva termica servono per immagazzinare l’acqua riscaldata quando nell’abitazione si interrompe la richiesta di calore. In tal modo il generatore mantiene la continuità di combustione permettendo un migliore rendimento termico rispetto alla situazione in cui si hanno continui spegnimenti e accensioni. Il prezzo medio indicativo di un generatore a tronchetto di 35 kW è di 4000 – 4200 Euro (7,5 - 8,2 milioni di lire). Generatori di calore medi e grandi Sono sistemi che riscaldano fabbricati con cubature corrispondenti indicativamente ad almeno 10 alloggi medi fino a interi condomini. Per le potenzialità medio basse (indicativamente fino a 100 – 200 kW) è ancora possibile il caricamento manuale con combustibile ridotto in tronchetti. La norma dei sistemi medio – grandi, comunque (e la regola assoluta per quelli più grandi), è di avere la camera di combustione alimentata con legno sminuzzato, attraverso sistemi automatici (a coclea, a nastro) che trasportano il combustibile dal deposito locale (silo) alla camera di combustione. Il deposito è solitamente interrato per agevolare il riempimento ed è dotato di meccanismi automatici che raccolgono il cippato per convogliarlo nel trasportatore. Escludendo i depositi “casalinghi” e quelli industriali, che per opposte ragioni costituiscono un caso a parte, un silo come regola dovrebbe poter contenere tanto cippato da garantire intervalli di carica compatibili con il tipo di catena di approvvigionamento, in modo che sia garantita una adeguata scorta di sicurezza. Le modalità possono essere le più varie, ad esempio, qualora il cippato sia di produzione locale e non vi siano pericoli di mancato rifornimento, il volume di scorta può essere ridotto al minimo con grande risparmio sulle spese del deposito. In rapporto al tipo di 30 rifornimento e alle opere strutturali relative, si stabilirà la capienza del silo che dovrà garantire settimane o mesi di autonomia del sistema. La dimensione del silo, inoltre, è funzione anche di altri parametri quali: grado di utilizzazione dell’impianto, caratteristiche del cippato e potenza del generatore di calore. Indicativamente i metri cubi di cippato per la stagione di riscaldamento oscilla tra l’1,5 e 2,5 volte la potenza della caldaia espressa in kW ad esempio: caldaia da 500kW, silo da 750 – 1250 m3 (A.Chiariglione). I grandi generatori di calore sono dotati di sistemi per la riduzione spinta delle emissioni: attraverso la regolazione fine dell’aria primaria e secondaria in funzione delle caratteristiche del combustibile (umidità ecc.). abbattendo le particelle solide sospese, perlopiù cenere, con cicloni, elettrofiltri o altri sistemi. I grandi generatori di calore possono inoltre essere dotati di tipologie differenti di griglie alcune delle quali sono adatte all’utilizzo di legno con contenuto d’acqua elevato. In particolare, nel quadro a fianco prima figura in alto, si osserva lo schema di una griglia mobile capace di funzionare bene con legno particolarmente umido, anche fresco di taglio. La figura più in basso rappresenta la tipologia di griglia più diffusa e conveniente adatta soprattutto per le potenze meno elevate. La figura centrale mostra una griglia inclinata che rappresenta, come costi e caratteristica di adattabilità al combustibile umido, una soluzione intermedia rispetto ai precedenti. Indicativamente i medi e grandi generatori di calore a legno presentano un costo stimato per installazione di 1 milione di lire (516 euro) per kW installato. 31 Valutazione per la realizzazione di una filiera legno energetica Quali sono le valutazioni di cui un Comune o una Comunità Montana deve tener conto prima di realizzare una filiera legno energetica? Non è semplice rispondere a questa domanda soprattutto perché la risposta dipende da caso a caso, a seconda delle situazioni contingenti (presenza o meno di contributi, maturazione della popolazione sui temi ambientali, interessi di società private ecc.) e situazioni locali (estensione della superficie boscata, presenza di residui agricoli, volontà politica per intervenire nel miglioramento dei boschi pubblici e/o privati, accessibilità dei boschi su cui si intende intervenire ecc.). Nella figura seguente sono presentati gli elementi preliminari che è utile raccogliere come base per effettuare uno studio di fattibilità. In particolare la figura distingue tre argomenti principali (segnalati sotto il titolo “verifiche”) ed altrettante loro articolazioni: disponibilità locale del legno combustibile -in verde, utenza potenziale -in rosso e finanziamenti -in giallo (indicati sotto il titolo “dettagli”). Valutazione preliminare per l’attivazione di una filiera-legno energia all’interno di un Comune o Comunità Montana dettagli verifiche Disponibilità agevole Disponibilità locale di legno nei prossimi 10-15 anni (m3 – dal bosco, da coltivazioni agricole…) Disponibilità possibile Disponibilità difficile Utenza potenziale del calore Raggiungibili vantaggiosamente con teleriscaldamento Condomini isolati Utenze mono-tri famigliari isolate Disponibilità del Comune o Comunità Montana Finanziamenti Società privata per la gestione del calore Contributo (UE, Regione, Provincia…) 32 Conclusione In conclusione si ricorda che in molti comuni collinari e montani (ma anche della pianura) della Provincia di Torino esistono le condizioni per attivare vantaggiosamente una filiera legno – energia interessando impianti di teleriscaldamento o sistemi centralizzati condominiali oppure piccoli sistemi innovativi adatti per le abitazioni isolate. E’ importante comprendere che è possibile contribuire alla causa dell’Ambiente utilizzando un’energia rinnovabile largamente disponibile e sottoutilizzata e nello stesso tempo incrementare gli investimenti locali, con evidenti benefici anche di tipo occupazionale. --------------------------------------------------------BIBLIOGRAFIA riferita al capitolo “La filiera forestale legno–energia” pagg. 9 - 23 Aa.Vv. 1997 - Approvvigionamento e gestione degli impianti termici alimentati a cippato di legno. Aa.Vv., 2001 – Gestione di una filiera legno combustibile – Manuale per i manager di filiera. Documento redatto nell’ambito del Progetto Interregg “Filiera legno-combustibile nel Canavese, Provincia di Torino e Regione Piemonte. Ed. a cura di Poliedra, S.p.a., Torino. ASEB (Association suisse pour l’énergie du bois) – 2000. Possibilités d’économies dans les projets de chauffages automatiques au bois. Cielo P., Gottero F., 2001 –Assortimenti legnosi e sistemi di esbosco nelle aree montane della Provincia di Torino. Convegno “Raccolta del legno per energia:lavori in corso” 28 settembre 2001, Biella (atti in corso di pubblicazione). Cielo P., Zanuttini R., 1996 - La sminuzzatura del legname in bosco, Sherwood, 17, 1996. Ed Compagnia delle Foreste, Arezzo. I.P.L.A. S.p.a, 2000 – Norme tecniche per la redazione dei Piani Forestali Territoriali nella Regione Piemonte. Op. non pubblicata. REGIONE PIEMONTE. Spinelli R., Hartsough B. –2001 – Indagine sulla cippatura in Italia. Contributi scientifico-pratici per una migliore conoscenza e utilizzazione del legno. Ed. Istituto per la Ricerca sul Legno. C.N.R., Firenze. 33