FATE
BENE
FRATELLI
NOTIZIARIO
Fatebenefratelli Aprile • Giugno 2011
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“GIORNATA MONDIALE DELL’ALZHEIMER”
In occasione del Convegno annuale organizzato dall’IRCCS Fatebenefratelli di
Brescia, per la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, l’Ufficio Stampa ha portato avanti
un’azione di promozione di servizi, a mezzo di comunicati e contatti stampa, attorno al tema
dei nuovi criteri diagnostici per la malattia, che ha dato il titolo all’incontro. L’argomento è
stato quindi oggetto di servizi e interviste ai Direttori e Ricercatori dell’IRCCS da parte di
Testate nazionali: La Repubblica, Il Sole 24Ore, Corriere della Sera; Agenzie stampa: Ansa, Adnkronos, Agi, Fidest; Siti specializzati: Galileo, Pagine Mediche, e altre
testate a diffusione locale: Giornale di Brescia, Brescia Oggi, Brescia Punto Tv.
Per la “Rubrica Fatebenefratelli” in onda su Telepace ed altre emittenti, presentata da
Fra Marco Fabello, l’Ufficio Stampa ha realizzato un servizio con interviste a: Orazio
Zanetti, Direttore dell’Unità Alzheimer sul tema del Convegno; Giovanni Frisoni,
Vicedirettore scientifico dell’IRCCS FBF di Brescia, sugli avanzamenti della Ricerca per una
diagnosi precoce; Filippo Mazzini, sugli aspetti assistenziali del malato e dei familiari;
Lucio Zanchi, del Centro Millennium, sull’iniziativa “Fitness e Solidarietà” organizzata
annualmente in collaborazione con l’Istituto per raccogliere fondi a sostegno della ricerca
sull’Alzheimer.
Ricordiamo, come di consueto in questo
spazio, le ultime salienti novità riguardanti
pubblicazioni, trasmissioni radiofoniche o
televisive che hanno dato visibilità ad iniziative, eventi o realtà riguardanti i
Fatebenefratelli e le strutture ospedaliere
della Provincia Lombardo – Veneta
“RAI TRE: RUBRICA PARLAMENTARE “DIECI MINUTI DI…”
Lo scorso luglio è andato in onda su RAI 3 nella rubrica parlamentare “Dieci minuti di …” il servizio dedicato al Villaggio della Carità dei
Fatebenefratelli, a noi approvato per la Provincia Lombardo-Veneta dell’Ordine in adesione al Bando “Programmi per l’accesso”.
Il servizio ha presentato le due realtà che animano il Villaggio, progetto voluto dalla Provincia per le Nuove Povertà: l’Asilo Notturno San Riccardo
Pampuri di Brescia e l’Associazione Luigi Fiori di San Maurizio Canavese (TO).
“RUBRICA FATEBENEFRATELLI: ORA ANCHE IN LOMBARDIA E IN VENETO”
Continuano su Telepace, gli appuntamenti mensili de “La Finestra sui Fatebenefratelli”, rubrica della Provincia Lombardo-Veneta realizzata dall’Ufficio Stampa con introduzione e conclusioni di Fra Marco Fabello. I servizi vanno ora in onda anche presso le nuove emittenti satellitari e a diffusione regionale di Lombardia e Veneto. In particolare, per il Network di Televeneto: SKY EOS 893, Televen eto,
Vicenza Channel; mentre per il Gruppo di Telelombardia, l’emittente Milan ow (in onda 24 ore su 24 anche su internet). Questi gli
argomenti trattati: nel mese di giugno, è andata in onda una sintesi dei lavori dell’Assemblea della Provincia Lombardo-Veneta dei
Fatebenefratelli, svoltasi a Monguzzo a fine maggio per fare il punto della situazione dell’Ente ad una anno dalla elezione del nuovo
Capitolo. Il servizio ha trasmesso le interviste al Superiore Provinciale, Fra Giampietro Luzzato, al Direttore Generale dell’Ente,
Andrea Belloli, al Direttore sanitario aziendale, Elena Brunello, al Responsabile del nuovo ospedale Fatebenefratelli in
Croazia, Fra Kristjian Sinkovic, al Responsabile dell’Asilo Notturno di Brescia, Fra Alberto Rota. A luglio, è stato trasmesso il
filmato dedicato alla Famiglia di San Giovanni di Dio realizzato per l’Anno Giubilare dell’Ordine, dedicato all’Ospitalità. Ad agosto, è andato in onda il servizio sulla telecronaca dell’inaugurazione dell’Ospedale dei
Fatebenefratelli in Croazia, che ha sancito il ritorno dei religiosi ospedalieri in terra croata dopo un’assenza di
100 anni. A settembre, infine, è andato in onda il servizio di approfondimento sull’UTA, la onlus che sostiene
da oltre 10 anni gli ospedali africani Fatebenefratelli di Afagnan e Tanguiéta..
Per informazioni: Ufficio Stampa FBF
06.6837301 - [email protected]
Sommario n. 3-2011
ISSN: 0392-3592
FATEBENEFRATELLI NOTIZIARIO
Rivista trimestrale
degli Istituti e Ospedali della Provincia Lombardo-Veneta dell’Ordine Ospedaliero di
San Giovanni di Dio.
Registro Stampa tribunale di Milano n. 206 del
16.6.1979 - Spedizione in abbonamento postale
art. 1, comma 1, del DL 353/2003 convertito in L
46/2004 - DCB Milano.
La melagrana è simbolo di fertilità e di discendenza numerosa ed
allo stesso tempo e nella stessa Mitologia simbolo di morte.
Emerge un dualismo presente in ognuno di noi, nel nostro più profondo:
il conflitto fra il coraggio e la paura, fra il bene ed il male, fra la vita e la morte,
tra l’ospitare e il rifiutare il diverso.
Direttore responsabile:
Marco Fabello o.h.
Capo redattore:
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Redazione:
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EDITORIALE MARCO FABELLO O.H.
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LETTERE
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L’UOMO È CHIAMATO AD AVERE
COMPASSIONE PER AMORE DI CHI SOFFRE
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CHIESA E OSPITALITÀ SALVINO ZANON O.H
FESTIVAL DEL SORRISO
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CASA FAMIGLIA PER ANZIANI NRL VILLAGGIO DELLA CARITÀ
ETICA SPORT E DOPING
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ETICA E OSPITALITÀ CARLO BRESCIANI
FORMAZIONE DEL CUORE DON CARMINE ARICE
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PASTORALE E OSPITALITÀ RINA MONTEVERDI
LA VITA È ATTRAVERSATA DALLA FRAGILITÀ
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SOCIETÀ E OSPITALITÀ GIANNI CERVELLERA
LA GIOIA EUGENIO BORGNA
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PSICHIATRIA E OSPITALITÀ ROSARIA PIOLI
GESÙ CONSOLA GLI AFFLITTI
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OSPITALITÀ EVENGELICA LUCA BEATO O.H
Proprietario e Editore:
Edizioni Fatebenefratelli srl - 20121 Milano
Via Sant’Andrea 5 - Iscrizione al R.O.C.
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Truccazzano (Mi)
SALVIA OFFICINALIS
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ERBE E SALUTE LORENZO CAMMELLI
RECENSIONI ELVIO FRIGERIO
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DALLE NOSTRE CASE
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CRONACHE
SUSANNA: IL GRIDO DELL’INNOCENTE
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OSPITALITÀ AL FEMMINILE ELENA BOSETTI
Associato all’Unione
Stampa Periodica Italiana
Visto dal Superiore Provinciale Giampietro
Luzzato o.h. il 9 Ottobre 2011.
Finito di stampare in 21.500 copie nel mese
di ottobre 2011.
Trovi la Rivista sul sito: http://www.fatebenefratelli.eu by
EVOLVO SRL
Editoriale
di Marco Fabello o.h.
e-mail: [email protected]
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L’autunno
dell’Ospitalità
La lunga estate che all’inizio sembrava non voler arrivare e alla fine pareva non voler più terminare, ha lasciato il posto all’autunno
così come avviene da sempre con il succedersi delle
stagioni.
In estate ci siamo incontrati con il girasole e la
sua lucentezza, in questo autunno ci accompagna il melograno con i suoi infiniti significati dei
quali almeno alcuni mi piace farli miei, nel bene e
nel male di questi tempi così tormentati e privi di
riferimenti di valore autentico.
Ricordo che nel santuario delle
Grazie di Udine, entrando a destra si trova una bella immagine
della Madonna della famiglia che
tiene in mano la melagrana.
La melagrana è aperta quasi a voler mostrare che la Madonna ha cura di tutti i suoi figli!
E ben a ragione, visto che la società
di oggi sembra non voler tenere
in alcun conto la famiglia, la vera
cellula positiva della società, resa
oggi più povera materialmente e
moralmente. Non possono esserci passati inosservati i molteplici
richiami del Santo Padre e della
Conferenza Episcopale Italiana a
coloro che detengono le responsabilità civili e politiche a salvaguardia
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
della famiglia, ma l’impressione è che “non c’è più sordo di chi non vuol sentire”. Forse possiamo
consigliare loro un profondo intervento di un ottimo otorinolaringoiatra!, il cui nome è: “coscienza”, “responsabilità”, “rettitudine”, “moralità pubblica e privata”, “onestà”.
Un secondo aspetto, che desidero ricordare, consiste nel fatto che quest’anno i Fatebenefratelli
celebrano anch’essi un “anno speciale”, quello della Famiglia di San Giovanni di Dio: religiosi,
collaboratori e malati riuniti in unica grande famiglia, così come nella melagrana sono racchiusi
tantissimi piccoli chicchi che tutti insieme formano il meraviglioso frutto che la Madonna tiene in
mano a Udine e che Gesù Bambino donò a San Giovanni di Dio lungo la strada che lo portava nella
città di Granada in Spagna.
La crisi economica che attanaglia ormai quasi tutto il mondo, non ha tempo di pensare alle famiglie nella loro povertà, che ogni giorno si aggrava, e tende a far ricadere sul mondo della sanità
i guai che la tormentano, così che i malati e i poveri diventano sempre più poveri mentre i ricchi
sembrano stare alla finestra ad osservare dimenticando quella grande parola che prende il nome
di “solidarietà”, di Ospitalità, di “carità autentica”, di “generosa condivisione”.
E forse anche noi cristiani
dovremo farci un esame di coscienza se tra la gente
non si sente più dire,
come al tempo dei primi cristiani, che costoro “si
r i c o n o s c e va n o
nello spezzare del pane” che non era solo il pane
“Eucaristico”
ma anche il pane “Quotidiano”.
Ci accompagna in questo autunno il Beato Giovanni
Paolo II con il Calendario 2012: dei suoi richiami, delle
sue sollecitazioni, della sua santità, del
suo amore ai giovani, ai poveri e ai malati, si sente forte l’eco: non rimane che
ascoltare e…agire perché questo autunno possa essere illuminato da
una rinnovata Speranza di vissuta
Ospitalità
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
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Spett.le Redazione,
Lettere
sono una nuova abbonata del vostro notiziario che apprezzo molto e leggo interamente, ma il legame
che ho con il benemerito Ordine dei Fatebenefratelli risale ad alcuni anni fa, quando conobbi fra Dario
che venne in Ascoli Piceno, presso la Casa di Cura San Giuseppe, per un corso di formazione, assai
interessante, per umanizzare gli interventi assistenziali ai malati. Mi aveva colpito particolarmente
l’agire del Buon Samaritano dei frati ospedalieri. Il carisma del fondatore, San Giovanni di Dio, mi ha
affascinato e leggendo la sua storia ho imparato tanto. Poi l’interesse si è rivolto anche ad altri Santi
della Carità del vostro Ordine che ho conosciuto attraverso le varie pubblicazioni che generosamente
mi sono state offerte. Nel 2006 sono andata in Spagna per visitare i luoghi dove hanno operato quei
Santi che hanno affrontato sacrifici e dure prove. È stata una magnifica esperienza. San Benedetto
Menni, il fondatore con Maria Josefa Recio e Maria Angustias Giménez della Congregazione delle Suore
Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, è il protettore della Casa di Cura San Giuseppe dove per dieci
anni, dal 1999 al 2009, è stato ospite mio figlio Fabio autistico che spero, nonostante le varie difficoltà,
possa ritornare nella sua grande famiglia. Sono una collaboratrice dei giornali diocesani “La Voce
alessandrina” e “La Vita picena” e ho scritto diversi articoli per diffondere sempre più la conoscenza
dei Fatebenefratelli che meritano tanta gratitudine. Con questo scritto, desidero ringraziare le carissime
Suore, figlie spirituali di San Benedetto Menni, che mi hanno aiutata e incoraggiata ad affrontare
serenamente le prove che la vita mi pone, ma c’è un altro motivo per cui ho deciso di mettere nero su
bianco. Recentemente il papa Benedetto XVI ha compiuto un viaggio in Croazia, Stato indipendente dal
1991 che sta risorgendo dall’iniquo regime oppressore del comunismo. Il beato papa Giovanni Paolo
II aveva invitato, con fervore, ad andare a risvegliare la fede in quei popoli provati dalla sofferenza
e a questo aveva risposto anche l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Ho appreso dal vostro
notiziario che, nel 1804, i frati ungheresi avevano creato un convento ospedale, purtroppo chiuso
alla fine della prima guerra mondiale, e che da allora si è pregato e sperato molto affinché i frati
ospedalieri ritornassero in quella terra. Oggi il grande desiderio si è realizzato con la creazione di un
nuovo Centro ospedaliero “situato in fondo ad una valle circondata da sorgenti, rivi e ruscelli, con verdi
boschi e piante da frutta, veramente un posto meraviglioso che la gente del luogo ha già battezzato
come l’Ospedale del bosco”. Ricominciare una presenza d’Ospitalità, in terra croata, è davvero “la buona
notizia” di cui abbiamo bisogno in questo tempo di crisi dei valori morali e di sfiducia nel prossimo.
Fra Dario è andato a vivere in quella struttura per dedicarsi al servizio delle persone più bisognose
d’assistenza e soprattutto d’amore. Noi gli siamo infinitamente grati, preghiamo per lui e per nuove
vocazioni. Innamorarsi di Cristo, oggi, è ancora possibile. Termino questa lettera un po’ lunga, ma che
spero possa essere pubblicata. Viva i Fatebenefratelli e la Croazia, terra bellissima tutta da scoprire e
chissà… forse un giorno lo faremo. Se Dio vorrà.
Cari saluti a tutta la Redazione e avanti sempre così, per la gioia di chi vi legge e vi vuole bene.
Adriana Verardi Savorelli
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Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
L’ANGURIA
L’anguria è una gioia della natura.
È dolce e soave, è gradevole.
Tutti la mangiano con piacere e nessuno se ne pente.
L’anguria è molto umile,
non si sviluppa su grandi alberi, ma raso terra.
Nei mercati con tanta frutta ben disposta,
lei se sta ammucchiata senza protestare.
Va sulle tavole di tutti ricchi e poveri,
giovani e vecchi.
L’anguria ama farsi dividere,
quasi mai è mangiata da una persona sola,
come ad esempio la mela, la pera…
Quasi sempre la si mangia in compagnia
con la famiglia, con gli amici; Essa non è egoista!
Se gli uomini avessero le qualità dell’anguria,
sarebbero molto più allegri, più pacifici e più amici…
Gent.mo Direttore,
sottopongo alla sua cortese attenzione
la cartolina da me ideata e realizzata a
mie spese sulla donazioni degli organi.
Le sarei grato se la cartolina venisse
pubblicizzata per la sensibilizzazione
della donazione degli organi.
In attesa di una risposta e di un
giudizio in merito voglia gradire i miei
saluti
Ugo
Ruggero,
Pescara
Mariuccia Figini
Qualche mese fa ho trovato sul tavolo alla casa del clero
di Treviso, dove mi reco spesso a trovare mio cognato
Sacerdote, il Vostro Notiziario che non lo conoscevo,(era
bene in vista sul tavolo della stampa) ma ora che l’ho
scoperto lo seguirò sempre nel mio computer.
Nella copertina nel n. di Aprile - Giugno appare un grande
girasole che dà lo spunto a Editoriale.
Proprio l’11 di agosto il Gazzettino pubblicava il mio girasole cresciuto spontaneamente
fra i fagioli del mio orto.
La curiosità di questo fiore è stata che non terminava mai di crescere arrivando alla
bella misura di 4 metri e 45 centimetri. esso appartiene alla qualità di “Tobinambur,”?.
Il motivo per la quale Le ho inviato questo fiore oltre che ad essere gigante possiede
circa 50 rami con più fiori ogni ramo, quindi più che adatto ad simboleggiare la
solidarietà che Lei nel Suo Editoriale ha espresso magnificamente.
Con sincero augurio la saluto cordialmente.
Jervolino Pettenà, Scorzè Ve
Ringraziamo coloro che ci scrivono. Non aggiungiamo commenti o risposte a queste lettere: i sentimenti e i
pensieri scritti da questi quattro amici ci piace condividerli e porli all’attenzione di tutti i nostri lettori che
ne faranno tesoro, l’Ospitalità è viva anche attraverso queste testimonianze. Chi desiderasse la cartolina del
sig. Ruggero ci contatti, grazie.
La Redazione
C
Chiesa
e
ospitalità
L’uomo è chiamato ad
avere compassione
per amore di chi soffre
N
Salvino Zanon oh
[email protected]
8
egli occhi e nel cuore di molti giovani (ma non solo) sono rimasti a lungo
impressi i ricordi, le emozioni, le immagini, gli incontri vissuti a Madrid
in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù. Dal 16 al 21
agosto scorsi, la Capitale spagnola ha visto confluire centinaia di migliaia di giovani, desiderosi, sì, di stare insieme e di fare festa, ma anche per trovarsi a pregare, a meditare, ad ascolGesù non ha soppresso la sofferenza, né
tare le catechesi e a
ha voluto svelarne completamente il
motivare e a rafforzare
mistero; però l’uomo
la propria fede. Anche
che soffre, illuminato
papa Benedetto XVI ha
dalla fede e unito a
Cristo sofferente, sa
portato il suo alto conche può contribuire
tributo di padre e maecon il suo dolore
stro, invitando i presenti
alla salvezza del
a riflettere sulla propria
mondo.
esistenza, sulla propria
Perciò viviamo la
nostra assistenza agli
missione e vocazione di
ammalati e il nostro
testimoni di Cristo, radiservizio in favore
cati e fondati nella fede
dei bisognosi,
in Lui (cfr. Col 2,7). In
come annuncio
diversi interventi e cone segno della
testi, il Pontefice ha anvita nuova ed eterna
conquistata dalla
che esortato quanti lo
redenzione di Cristo.
hanno ascoltato ad una
particolare attenzione
Cost 21
alle persone che soffrono, richiamando l’importanza di compiere
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
CHIESA E OSPITALITÀ
gesti e azioni che portino consolazione e speranza a
chi vive situazioni di difficoltà e di disagio.
Nella riflessione seguita alla solenne e suggestiva Via
Crucis, il Papa, dopo aver richiamato l’amore totale
e disinteressato di
Cristo e il suo aver
dato la vita per l’umanità intera (cfr.
1Gv 3,16), ha affermato: «La passione
di Cristo ci sospinge
a caricare sulle nostre spalle la sofferenza del mondo,
con la certezza che
Dio non è qualcuno di distante o lontano dall’uomo
e dalle sue vicissitudini. Cari giovani, che l’amore di
Dio per noi aumenti la vostra gioia e vi spinga a rimanere vicini ai meno favoriti. Voi che siete molto sensibili
all’idea di condividere la vita con gli altri, non passate
oltre davanti alla sofferenza umana, dove Dio vi attende affinché offriate il meglio di voi stessi: la vostra
capacità di amare e di compatire».
Durante la Celebrazione Eucaristica nella cattedrale
di Madrid, Benedetto XVI, incontrando numerosi seminaristi, li ha esortati ad essere, nel futuro, pastori
solleciti e premurosi, fedeli imitatori della carità di
Cristo ed ha detto loro: «Chiedete a Cristo che vi insegni a stare molto vicini agli infermi e ai poveri, con
semplicità e generosità. Affrontate questa sfida senza
complessi, né mediocrità, anzi come un modo significativo di realizzare la vita umana nella gratuità e nel
servizio, quali testimoni di Dio fatto uomo, messaggeri
dell’altissima dignità della persona umana e, di conseguenza, suoi incondizionati difensori».
Durante la Veglia di Preghiera, svoltasi nella grande
area dell’aeroporto “Cuatro Vientos” e caratterizzata
dall’intenso silenzio durante il momento dell’adora-
zione eucaristica, ma segnata anche da un violento
temporale, che non ha per nulla scoraggiato le migliaia di persone presenti, il Papa ha lasciato questo ulteriore messaggio: «Precisamente oggi, in cui la
cultura relativista
dominante rinuncia alla ricerca della
verità e disprezza la
ricerca della verità,
che è l’aspirazione
più alta dello spirito
umano, dobbiamo
proporre con coraggio e umiltà il valore
universale di Cristo,
come salvatore di tutti gli uomini e fonte di speranza per la nostra vita. Egli, che prese su di sé le nostre
afflizioni, conosce bene il mistero del dolore umano e
mostra la sua presenza piena di amore in tutti coloro
che soffrono. E questi, a loro volta, uniti alla passione
di Cristo, partecipano molto da vicino alla sua opera
di redenzione. Inoltre, la nostra attenzione disinteressata agli ammalati e ai bisognosi sarà sempre una
testimonianza umile e silenziosa del volto compassionevole di Dio».
Lo stesso Pontefice ha voluto manifestare e testimoniare il suo personale interessamento e la sua premurosa vicinanza alle persone, soprattutto giovani,
segnate dalla sofferenza fisica e mentale, recandosi
a visitare la “Fondazione San José”, un centro assistenziale dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni
di Dio, della Provincia di Aragona nella foto alcuni
ospiti: durante l’incontro del papa. Questo il testo del
breve intervento di Benedetto XVI
«Signor Cardinale Arcivescovo di Madrid, Venerati fratelli nell’Episcopato, cari sacerdoti e religiosi dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, Distinte Autorità, Cari giovani, familiari e volontari qui presenti,
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
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CHIESA E OSPITALITÀ
grazie di cuore per l’affettuoso saluto e la cordiale
accoglienza che mi avete riservato.
Questa sera, prima della Veglia di preghiera con i giovani di tutto il mondo che sono venuti a Madrid per
partecipare a questa Giornata Mondiale della Gioventù, abbiamo l’occasione di trascorrere alcuni momenti
insieme e così potervi manifestare la vicinanza e l’apprezzamento del Papa per ciascuno di voi, per le vostre
famiglie e per tutte le persone che vi accompagnano
e vi assistono in questa Fondazione dell’Istituto San
Giuseppe.
La gioventù, lo abbiamo ricordato altre volte, è l’età
nella quale la vita si rivela alla persona con tutta la
ricchezza e pienezza delle sue potenzialità, spingendo
alla ricerca di mete più alte che diano senso alla vita
stessa. Per questo, quando il dolore appare nell’orizzonte di una vita giovane, rimaniamo sconcertati e
forse ci chiediamo: può continuare ad essere grande
la vita quando irrompe in essa la sofferenza? A tale
riguardo, nella mia enciclica sulla speranza cristiana,
dicevo: “La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente (…) Una società che non riesce ad accettare i
sofferenti e non è capace di contribuire mediante la
com-passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente, è una società crudele e disumana” (Spe salvi, 38). Queste parole riflettono una lunga tradizione di umanità che scaturisce
dall’offerta che Cristo fa di se stesso sulla Croce per
noi e per la nostra redenzione. Gesù e, seguendo le sue
orme, la sua Madre Dolorosa e i santi sono i testimoni
che ci insegnano a vivere il dramma della sofferenza
per il nostro bene e la salvezza del mondo.
Questi testimoni ci parlano, prima di tutto, della dignità di ogni vita umana, creata a immagine di Dio. Nessuna afflizione è capace di cancellare questa impronta divina incisa nel più profondo dell’uomo. E non solo:
dal momento in cui il Figlio di Dio volle abbracciare
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Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
liberamente il dolore e la morte, l’immagine di Dio si
offre a noi anche nel volto di chi soffre. Questa speciale
predilezione del Signore per colui che soffre ci porta a
guardare l’altro con occhi limpidi, per dargli, oltre alle
cose esterne di cui ha bisogno, lo sguardo amorevole
di cui ha bisogno. Però questo è possibile realizzarlo
solo come frutto di un incontro personale con Cristo.
Di ciò siate molto consapevoli voi, religiosi, familiari,
professionisti della salute e volontari che vivete e lavorate quotidianamente con questi giovani. La vostra
vita e dedizione proclamano la grandezza alla quale è
chiamato l’uomo: avere compassione e accompagnare
per amore chi soffre, come ha fatto Dio. E nella vostra
felice professione risuonano anche le parole evangeliche: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi
miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
D’altro canto, voi siete testimoni anche del bene immenso che rappresenta la vita di questi giovani per
chi sta loro accanto e per l’intera umanità. In modo
misterioso ma molto reale, la sua presenza suscita nei
nostri cuori, frequentemente induriti, una tenerezza
che ci apre alla salvezza. Certamente, la vita di questi
giovani cambia il cuore degli uomini e, per questo, siamo grati al Signore per averli conosciuti.
Cari amici, la nostra società, nella quale troppo spesso
si pone in dubbio la dignità inestimabile della vita, di
ogni vita, necessita di voi: voi contribuite decisamente a edificare la civiltà dell’amore. Ancora di più, siete
protagonisti di questa civilizzazione. E come figli della
Chiesa offrite al Signore le vostre vite, con le sue pene e
le sue gioie, collaborando con Lui ed entrando così “a
far parte in qualche modo del tesoro di compassione di
cui il genere umano ha bisogno” (Spe salvi, 40).
Con grande affetto, e per intercessione di san Giuseppe, san Giovanni di Dio e san Benedetto Menni, vi affido con tutto il cuore a Dio nostro Signore: che Egli
sia la vostra forza e il vostro premio. Sia segno del suo
amore la Benedizione Apostolica che imparto a voi e a
tutti i vostri familiari e amici. Grazie».
Festival del Sorriso
Casa famiglia per Anziani: nuova casa nel Villaggio della Carità
Giornata di festa, domenica 26 giugno, per l’inaugurazione a Brescia della nuova Casa per
Anziani in via Moretto, ultimo progetto dell’Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Onlus, che
si inserisce a pieno titolo nel più ampio contesto del “Villaggio della Carità”, voluto dalla
Provincia Lombardo-Veneta dei Fatebenefratelli per dare sostegno alle persone disagiate e
in difficoltà.
Con l’inaugurazione si è conclusa la grande manifestazione de “Il Festival del Sorriso”, evento
di intrattenimento e di sensibilizzazione sull’opera dell’Asilo e sul carisma dei Fatebenefratelli
che lo anima, tenutosi a Brescia dal 23 al 26 giugno per raccogliere fondi da destinare a
questa nuova Casa Famiglia. La struttura, in base ad una lista gestita dal Comune, ospiterà 10
persone anziane, che verranno assistite da due badanti ma che si renderanno comunque utili
all’interno della casa. Al loro sostentamento provvederà anche l’amministrazione comunale,
in base alle disponibilità di ogni ospite.
Venerdì 10 giugno 2011 presso I Cappuccini
Resort di Cologne (Brescia) Rosalba Tonelli,
proprietaria e benefattrice dell’Asilo Notturno
San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli Onlus,
ospitava 150 amici per sostenere e finanziare
la Casa Famiglia per Anziani sita in Via
Moretto n. 26 a Brescia. La cena iniziava con
la preghiera del Padre Nostro e proseguiva
con l’Ave Maria di Schubert cantata dal
baritono Massimo Mora. Questo è l’inizio
della cronaca del Festival del Sorriso nato da
un’idea di fra Alberto Rota e sostenuta dalla Commissione Nuove Povertà della Provincia
Lombardo-Veneta. È l’inizio di un’avventura. Amici, benefattori, simpatizzanti, religiosi, ospiti,
operatori tutti insieme attorno a un tavolo imbandito. Tra una portata e l’altra la voce del
baritono e le note del pianoforte accompagnavano la serata. L’amica Giusy Rolfi ha messo in
palio tra i partecipanti un ipad tramite l’estrazione di una cartolina preventivamente compilata
da tutti gli aderenti. La serata è stata accompagnata da un’atmosfera di sincera convivialità,
ingentilita dalla presenza della madrina sig.ra Melita Toniolo.
Il mondo dell’arte tramite la collaborazione di Leo Montemanni, Mariella Segala e Sara
Mazzotti ha contribuito all’organizzazione dell’asta di beneficenza dello scorso 23 giugno
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
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tenutasi presso I Cappuccini Resort. L’accoglienza che l’amica Rosalba Tonelli ha riservato ai
partecipanti è degno di nota: un ricco buffet e ottimo vino. Una violoncellista accompagnata
da una amica dalla voce dolce e angelica,
hanno accompagnato il ristoro con musica
dal vivo. Oltre 100 opere di importanti
autori sono state messe all’asta, quali: Leo
Montemanni (Fondatore del movimento
Street Art, presente alla Mostra Biennale
di Venezia, sez. Lombardia), Paolo Menon
(artista famoso per aver creato e donato
un prezioso calice al Papa Benedetto XVI),
Giulio Mottinelli, Renzo Quarena, Achille
Ghidini, Keizo Morishita, Margherita Serra,
Tina Moretti, Le Rond, Beatriz Millar, G.
Morandini, Uber e altri locali. Presente
all’asta una coppia di
orecchini donati
dall’orafo Carlo Buccio (gioiello unico esposto alla mostra INCA tenutasi nel 2010 presso il
Museo di Santa Giulia).
Tra i partecipanti, previa compilazione di
una cartolina, è stato estratto un pacchetto
benessere offerto dalla sig.ra Giuseppina
Rolfi. L’amica vincitrice ha rinunciato al premio
devolvendo il controvalore all’Asilo Notturno
San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli Onlus.
Presentavano le opere il critico d’arte Davide
Dotti, il prof. Paolo Bolpagni e la sig.ra Melita
Toniolo.
La serata del 24 giugno è stata organizzata
dall’amico imprenditore Mario Basalari
proprietario del NumberOne, discoteca sita in Franciacorta. La serata è iniziata con lo
spettacolo di due comici Ronnie Guarino e Omar Fantini provenienti da Colorado Cafè e dal
famoso locale milanese Zelig. L’obiettivo era quello di incontrare i giovani e lanciare loro un
messaggio diverso.
Il mattino di sabato 25 giugno si è tenuto a
Brescia presso l’Irccs Centro San Giovanni di
Dio il Convegno “Nuove povertà - Emozioni,
competenze formazione”. Importanti docenti
hanno dato il loro prezioso contributo: Fra
Pietro Luzzato, Superiore della Provincia
Lombardo-Veneta,
Franco
Garonna,
direttore del Servizio Psichiatrico dell’ULSS
12 di Mestre, Laura Dal Corso, professore
12
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
aggregato all’Università di Padova,
Marcello Nonnis, professore aggregato
all’Università di Cagliari. Chaiman e
conduttore della mattinata Nicola A. De
Carlo, professore ordinario all’Università
di Padova. Significative le testimonianze
di fra Alberto Rota, presidente della
Onlus Asilo Notturno San Riccardo
Pampuri Fatebenefratelli e di Paolo
Tengattini, presidente dell’Associazione
Volontari del Sebino Onlus.
A seguire i partecipanti al convegno
hanno potuto gustare diversi piatti tipici
di altre nazioni del mondo.
La festa è continuata nel pomeriggio con animazione dedicata ai bambini. La cittadinanza
verso sera è affluita godendo dello stand gastronomico condotto egregiamente da un gruppo
di volontari. La serata è proseguita con il divertente spettacolo del Gruppo musicale Poveri di
Sodio e del comico Omar Fantini.
Un gruppo di giovani ragazze aveva aderito all’iniziativa Miss Sorriso ed a fine serata è stata
incoronata la ragazza con il sorriso più smagliante e gioioso.
A mezzanotte i fuochi d’artificio chiudevano in bellezza una serata estiva piacevole e divertente.
La domenica mattina, 26 giugno, fra Luca Beato ha celebrato la S. Messa presso la Chiesa di
S. Orsola e a seguire la benedizione dei locali.
Per tutti è stato possibile visitare i locali della Casa Famiglia Anziani che con i suoi colori
sgargianti e allegri sembra richiamare
la nostra attenzione sul vero senso del
Festival del Sorriso: accogliere gli anziani
in difficoltà in una casa che abbia il sapore
di Famiglia.
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
13
Etica
e
Etica sport e doping
ospitalità
U
Carlo Bresciani
14
n aspetto etico raramente preso in considerazione quando si tratta
del rapporto con il proprio corpo è quello che rig uarda l’attività
fisica, in modo particolare lo sport. L’esercizio fisico è sicuramente salutare e lo sport, anche come divertimento, è certamente buona
pratica umana.
Oggi, però, si tende ad
esigere dal corpo prestazioni sempre più
eccezionali, sia nel
Per mezzo della castità,
divertimento, sia nel
vissuta come
lavoro, sia nello sport.
Fatebenefratelli,
Poiché le prestaziosperimentiamo
ni del corpo oltre un
manifestiamo la
fecondità della
certo limite non posnostra vita
sono andare, si cerca
nell’apostolato di
di ‘potenziare’ le sue
carità, poiché con
prestazioni con il riesso adempiamo la
corso a ‘integratori’
missione di servire e
che di fatto risultano
promuovere la vita
dopanti.
e affermiamo la
dignità e i
Da quando lo sport è
valore del
diventato una profescorpo.
sione, da cui dipendo
no anche lauti g uadaCost 10
gni se si raggiungono
prestazioni eccellenti,
è aumentato il ricorso
a diversi tipi di farmaci che permettono sia
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
ETICA E OSPITALITÀ
una maggiore resistenza alla fatica, sia un rendimento maggiore nella prestazione agonistica.
La problematica del doping non è tuttavia ristretta allo sport agonistico. Notizie sempre più
frequenti della stampa riferiscono di un consumo di farmaci sempre più accentuato anche
nelle palestre di “fitting” e di “body bulding” e
addirittura nello sport dilettantistico degli adolescenti.
In una indagine eseg uita in Italia, su 1015 atleti e 206 tra allenatori, massaggiatori e medici
sportivi, datata ma significativa, risultava che
il 30 % degli atleti ed il 21 % dei medici era
favorevole alla pratica del doping. Circa il 10 %
degli atleti ammetteva l’uso di anfetamine e anabolizzanti, il 7 % il “blood doping”, il 2 % l’uso
di betabloccanti. Il 62 % (è il dato forse più preoccupante) riferiva di avere subito “pressioni”;
più del 70 % riferiva di avere facile accesso a
sostanze illegali, ma l’82 %, si dichiarava favorevole ad un maggiore controllo.
Cosa è il doping?
Doping (in termini concisi) significa “l’uso improprio di sostanze o metodi atti ad aumentare
artificialmente le prestazioni fisiche mediante l’incremento delle masse muscolari o della
resistenza alla fatica”. Nel 2000 la legge 376
“Disciplina della tutela sanitaria delle attività
sportive e della lotta contro il doping” ha esteso
tale formulazione ai “farmaci, sostanze e pratiche idonee a modificare la condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” (art.
1). La stessa legge (art. 2) equipara il doping:
“alle condotte fraudolente volte a modificare i
risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle
sostanze e delle pratiche”.
Adolescenti e doping
Particolarmente drammatico è il problema del
doping negli adolescenti, spesso ingannati con
la falsa storia degli “integratori”, che mascherano un vero e proprio doping.
L’adolescente facilmente non ha la serenità di
giudizio, la maturità psichica e la forza morale per resistere alle lusinghe che, a vari livelli
e con diverse modalità gli vengono dagli allenatori, dalle Società sportive, e spesso anche
dalle famiglie. Questo è l’aspetto più doloroso
del doping adolescenziale, che carica di ulteriori responsabilità negative i persuasori occulti, i
quali si rendono responsabili di un grave danno,
oltre che fisico (arresti di crescita e dello sviluppo sessuale), alla coscienza civile e morale
di giovani, che vengono “educati” all’inganno,
alla slealtà e alla negazione dei valori eticamente
positivi dello sport.
I giovani che si accostano allo sport non hanno
solo il diritto di essere informati sui rischi fisici
della assunzione di sostanze illecite, ma anche
quello di essere formati ai valori etici dello sport
(onestà, lealtà …) e che trovano un nucleo fondamentale nel rispetto del proprio corpo e dei
diritti altrui.
Etica, sport e doping
Da quanto sopra accennato si comprende immediatamente quali siano alcuni dei principali
problemi etici che il doping presenta. Essi rig uardano, da una parte, la salute di colui che
assume le sostanze dopanti e, dall’altra, la condotta fraudolenta che l’uso del doping introduce
nello sport.
Per quanto rig uarda la salute, bisogna ricordare che nessun farmaco è senza effetti secondari.
Se poi il farmaco non viene assunto per curare
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
15
ETICA E OSPITALITÀ
qualche stato patologico, gli effetti secondari significano semplicemente un danno ingiustificato
alla salute dell’assuntore. Quando questi danni
rig uardano corpi ancora in sviluppo, come è il
caso degli adolescenti, essi possono essere addirittura molto più gravi e forse irreversibili. Non
c’è bisogno di ricordare certe atlete dell’est Europa del passato dal corpo evidentemente mascolinizzato onde ottenere ottimi risultati nelle
olimpiadi, ad esaltazione anche del regime politico che reggeva i loro Stati.
Per quanto rig uarda la condotta fraudolenta, se
è vero che ogni partecipante alle gare sportive
cerca di giungere primo e che tale intenzione di
per sé non è da giudicare negativamente, dall’altra è vero che i mezzi devono essere leciti e tendenti ad esaltare la capacità del corpo umano e
l’impegno dell’atleta, non quelle del farmaco capace di alterarne le prestazioni, oltretutto senza
dichiarare un tale uso. Questa non dichiarazione
config ura una condotta fraudolenta che alla fine
danneggia coloro che gareggiano in modo onesto. I valori costitutivi dello sport sono, infatti,
l’impegno personale ad esprimere le capacità
dell’atleta e la lealtà nella competizione. Proprio
quello che il doping fa venire meno.
Il doping costituisce un disvalore perché altera
in modo fraudolento la competizione sportiva:
consente di raggiungere risultati anche a prescindere dal tipo di impegno attivo dell’atleta,
introduce un ingiusto e scorretto vantaggio nella parità di condizioni dei partecipanti, oltre a
produrre – attraverso una indebita manipolazione del corpo – un danno alla salute psico-fisica
dell’atleta con negative ripercussioni anche sul
piano sociale. Il danno alla salute, per esempio,
aumenta inevitabilmente i costi sociali sanitari.
Se il doping rende più resistenti allo sforzo e
16
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
alla fatica, proprio per questo può danneggiare
la salute di un corpo che non percepisce più
il bisogno del riposo e dà prestazioni superiori
alle sue effettive possibilità.
La professionalizzazione dello sport
Gli sport professionistici vanno incontro ad
una sempre maggiore commercializzazione a
causa degli ingenti interessi economici non solo
dell’atleta, ma di tutto il mondo che lo circonda.
Si pensi anche solo alle società sportive quotate
in borsa.
Questo fattore già ora rappresenta oggettivamente uno dei principali fattori di erosione dei
valori intrinseci allo sport (lealtà, riconoscimento e rispetto dell’altro, onestà, osservanza delle
regole, senso di amicizia, superamento delle distinzioni e delle discriminazioni eccetera), ma
ha anche un effetto negativo sull’attività sportiva in genere, soprattutto a livello giovanile.
La professionalizzazione richiede il progresso
‘illimitato’ dei risultati sportivi, dei primati. Il
professionista, oltre che a vincere, tende al primato. Ma occorrono regole da rispettare perché
il primato sia tale, controllato, garantito e quindi omologabile.
Non è la professionalizzazione in sé delle pratiche sportive che è negativa, illusorio sarebbe
pensare di poterla eliminare. Il problema etico
rig uarda i limiti da salvare, perché i principi
etici dello sport e la salute stessa dell’atleta vengano salvag uardati. Quando la commercializzazione diventa “eccessiva”? Dove tracciare il
limite?
Doping e libertà individuale
Un atleta, consapevole dei danni che il doping
può provocare alla sua salute, perché non può
decidere liberamente di ricorrervi bilanciando
i danni di lungo termine coi benefici immediati
(anche economici)? Il divieto di doping non rappresenta una forma inaccettabile di limitazione
dell’autonomia individuale?
È certamente possibile esprimere un giudizio
morale negativo nei confronti di chi mette consapevolmente a rischio la sua salute in nome di
benefici immediati. La salute del singolo non è
soltanto un importante bene personale della cui
protezione siamo responsabili, ma è anche un
bene sociale da proteggere. Per questo lo Stato
promuove campagne di prevenzione.
Inoltre, non si può invocare la libertà individuale per mentire in una competizione sociale. Nessuno è obbligato a prendere parte a una attività
della quale non intende accettare le regole. Lo
sport è un’esperienza sociale e come tale richiede delle regole fondate su una certa concezione
di questa esperienza sociale.
A giustificazione di attività che hanno ricadute
sociali non si può ricorrere soltanto al principio
di autonomia.
Vincere ad ogni costo?
Secondo alcune analisi, l’ingresso della commercializzazione nel mondo dello sport ha agito da
volano per il diffondersi di una mentalità tesa
ad accentuare l’aspetto agonistico sull’aspetto
ludico, a far prevalere il “vincere ad ogni costo”
su “l’importante è partecipare”. Ha dichiarato
un allenatore di football americano: “vincere
non è la cosa più importante, è l’unica cosa che
conta”.
In un contesto di questo genere, secondo alcune
analisi pessimistiche, ma molto realistiche, diventa illusorio pensare di vincere la battaglia
contro la diffusione del doping solo con strumenti repressivi o con strumenti “educativi”
che non sappiano o non vogliano incidere sulle radici del problema: la mentalità orientata al
vincere ad ogni costo, al superare i limiti a ogni
costo, al fare il record, ad avere un figlio ‘eccezionale’, eccetera.
Si può anche ragionevolmente supporre che il
nesso tra questa mentalità e i crescenti interessi
economici intensificherà, nel prossimo futuro, i
problemi morali nello sport, incentivando la ricerca di sempre nuovi mezzi di manipolazione
orientati a soddisfare il principio da cui sembra dominata la pratica sportiva oggi: diventare campione superando ogni limite, che sembra
essere il peccato originale dello sport moderno,
almeno di quello agonistico e competitivo.
VISITA I SITI INTERNET
www.fatebenefratelli.eu
www.aipas.net
FATE ABBONAMENTO 201117
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
Pastorale
e
ospitalità
La formazione
del cuore
Proponiamo all’attenzione dei nostri lettori l’intervento che Carmine Arice, sacerdote del Cottolengo di Torino e presidente Nazionale
dell’AIPaS ha presentato al XIII Convegno Nazionale dei Direttori
degli Uffici Diocesani per la pastorale della sanità, delle Associazioni
e degli Operatori di pastorale della Salute tenutosi a Salerno dal 13
al 15 giugno.
Premessa
Rina Monteverdi
[email protected]
18
I
ntento della mia relazione è quello di
richiamare alcuni
elementi che ritengo
fondamentali sul tema
che mi è stato proposto, nella coscienza che
il più non sarà detto.
Fedele alla dinamica sottesa alla stesura
delle linee guida contenute nel documento
del 2001 “Predicate
il Vangelo e curate i
malati. Linee guida
per
l’applicazione”
predisposto dall’Ufficio Nazionale per la
Pastorale della sanità,
che stiamo vedendo da
vicino in questi giorni,
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
Tutto il processo formativo è indirizzato verso lo sviluppo
armonico e coerente della persona,
affinché sia capace di
assimilare e di vivere con profondo
spirito evangelico
il nostro carisma.
La formazione deve
favorire, promuovere e sviluppare i
valori umani, cristiani
e religiosi in
consonanza
con la nostra
identità ospedaliera.
Cost 56
PASTORALE E OSPITALITÀ
vorrei richiamare alcuni suggerimenti che la Nota
Pastorale della CEI del 2006 “Predicate il Vangelo e curate i malati. La comunità cristiana e la
pastorale della salute” ci propone sul tema della
formazione, inquadrarli nel contesto e suggerire, con semplicità, alcune attenzioni che direttori
e uffici di pastorale della salute possono e forse
devono tenere presenti. Dunque anche in questo
caso potremmo dire di voler fare una riflessione
che va “dal testo al contesto, dal documento al
comportamento”.
Il tema della “formazione” degli operatori pastorali e sanitari attraversa tutta la Nota pastorale
del 2006. Nella prima e seconda parte, la Nota
offre riflessioni coraggiose e profetiche sul contenuto della formazione degli operatori pastorali e
sanitari, partendo da un’analisi sulla situazione
attuale del mondo della sanità, sulle sfide etiche e
culturali che vengono poste al mondo della salute,
sulle urgenze che siamo chiamati ad affrontare
anche pastoralmente. La Nota dà anche suggerimenti preziosi per un cammino personale, necessario per quanti vogliono mettersi al servizio dei
sofferenti. Questo è un elemento importante della
nostra riflessione, su cui ritorneremo.
Nella terza parte, là dove il documento fa il passaggio dal sapere dei contenuti al saper essere e al
saper fare nel comportamento, l’invito al compito
formativo e le indicazioni circa le modalità sono
numerose.
Alle origini dell’espressione “la formazione del cuore”
Addentriamoci dunque sul tema che mi è stato
chiesto di trattare andando alle origini dell’espressione “la formazione del cuore”.
Nella seconda parte del nostro documento, là
dove si parla delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche
(e questo non è un caso, come vedremo), la Nota
cita un passaggio della “Deus Caritas est”, al n.
31, di Benedetto XVI, dove il Papa invita gli operatori della carità a diventare capaci di attenzioni
suggerite dal cuore e alla ricchezza di umanità. Il
contesto nel quale il Papa propone la “formazione del cuore”, espressione che mi piace chiamare
“neologismo ratzingheriano” almeno nella forma,
è una riflessione diretta a chi esercita il ministero
della carità in nome della Chiesa. Leggiamo.
«Per quanto riguarda il servizio che le persone svolgono per i sofferenti… la competenza professionale
è una prima fondamentale necessità, ma da sola
non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, e gli
esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più
di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell’attenzione
del cuore. Quanti operano nelle istituzioni caritative della Chiesa devono distinguersi per il fatto che
non si limitano ad eseguire in modo abile la cosa
conveniente al momento, ma si dedicano all’altro
con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che
questi sperimenti la loro ricchezza di umanità.
Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali
operatori è necessaria anche, e soprattutto, la “formazione del cuore”».
Perché è necessaria la formazione del
cuore?
Nel testo letto il Papa parla di necessità della formazione del cuore per gli operatori della carità.
Sono molte le motivazioni che giustificano questa
osservazione. Una la esplicita il Papa stesso indicando il bisogno di umanità che hanno i sofferenti, bisogno che richiama l’attenzione del cuore.
Vorrei indicare, tra le tante possibili, altre tre motivazioni particolari che rendono urgente la formazione del cuore.
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
19
PASTORALE E OSPITALITÀ
La fragilità morale
È necessaria la formazione del cuore perché
“dal cuore provengono pensieri malvagi” (Mt
15,19) ci dice Gesù nel Vangelo di Matteo. La
natura umana, infatti, è fragile non solo perché
è contingente; la natura umana è fragile anche
perché è segnata dal peccato. E da questa fragilità morale non è esente nessuno, come ci ricorda
lo stesso Papa nella Spe Salvi al n. 36: «Nessuno
di noi è in grado di eliminare il potere del male,
della colpa che – lo vediamo – è continuamente
fonte di sofferenza».
Formazione integrale per un agire globale
La seconda motivazione è l’importanza di una
formazione integrale degli operatori, esigenza
ben espressa nella Nota al n. 17. Già nel messaggio della Consulta Nazionale della CEI per
la V Giornata Mondiale del Malato (11/2/1997)
si legge «Per poter rispondere alle domande più
profonde del malato c’è bisogno di un’adeguata
e continua formazione: professionale, umana, relazionale e spirituale che li aiuti che li aiuti in
un lavoro che sta diventando sempre più esigente
e professionale». Dopo quasi dieci anni la Nota
del 2006 scrive a n. 17: «I programmi formativi,
che raggiungono buoni livelli nel campo medico e
infermieristico, mostrano invece spesso significative carenze in quello antropologico ed etico. Ciò,
peraltro, contrasta sia con le richieste degli operatori sanitari, sia con quelle, spesso implicite, dei
malati. La disattenzione a questa problematica
può considerarsi come uno dei fattori all’origine
del logorio psicologico e spirituale di molti operatori sanitari».
Evidentemente, la Nota ci fa intendere che l’obiettivo di una formazione integrale è ancora
lontano, o forse non è stato ancora completamen-
20
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
te raggiunto. Infatti, parliamo di attenzione alla
cura globale della persona sofferente o malata. È
più raro il tema della formazione globale degli
operatori.
Cosa voglio dire? Formazione professionale, approfondimenti di carattere antropologico, etico e
bioetico sono importanti, ma non bastano. All’operatore sanitario e pastorale è richiesto anche
un percorso personale, spirituale, capace di formare il cuore, verso una piena maturità umana
e spirituale. È necessario cioè che gli operatori
pastorali e sanitari, giungano ad essere persone libere e responsabili capaci di scegliere virtuosamente. Si diventa portatori della speranza
che salva nella misura in cui siamo stati salvati
e consolati con la consolazione che viene da Dio
(2Cor 1, 3-4). Solo una formazione integrale sarà
capace di un’azione globale a servizio dell’uomo
sofferente e di chi se ne prende cura.
Formare il cuore alla verità
La terza motivazione è l’urgenza di sempre, e
ancor più oggi, di formare il cuore alla verità,
quella verità che libera e salva. Oggi siamo immersi in un clima culturale sempre più segnato dal cosiddetto “pensiero debole” dove verità
e libertà sono visti in contraddizione tra loro e
sovente nemici. Sono molti ad affermare la necessità di un’etica senza verità, perché si ritiene
che là dove si fa un discorso morale, si nega la
libertà. E così si giunge al cosiddetto contrattualismo etico.
È necessaria allora un’attenta formazione del
cuore che porti a riconoscere nell’esistenza un
dono che gli è stato dato e che constati con ragionevolezza, che nell’ontologico della persona
umana c’è già l’etica. Bene afferma il cardinal
Elio Sgreccia, a proposito della necessità di una
PASTORALE E OSPITALITÀ
seria riflessione ontologica: «Se non si riconosce
uno spazio alla metafisica, l’umanità va come un
aereo senza pilota» (Il dialogo in bioetica, 2011.
Pro manuscripto). Solo la verità, dono dello Spirito, può renderci liberi e salvi.
“Il cuore” centro unificatore dell’agire personale
Fin qui abbiamo già abbondantemente usato il
sostantivo “cuore”. Parlare di “cuore” oggigiorno
potrebbe essere equivoco. Sappiamo bene però,
almeno in questo contesto, che questa espressione non intende soltanto e anzitutto la sede del
sentimento. Il cuore è molto di più.
Il cardinal Angelo Bagnasco, Arcivescovo di
Genova, nella lettera alla sua diocesi lo scorso
anno, spiega – al n. 42 – cosa intende la Scrittura quando parla di cuore. Cito: «Per la Bibbia
il “cuore” è il centro profondo, originante il mistero della persona; è il luogo delle scelte, dove la
riflessione si intreccia con la decisione di agire.
Potremmo dire che il cuore è la sintesi di intelligenza, volontà, amore, azione: appunto la vita
dell’uomo». Dunque il cuore è il centro vitale,
unificatore che tiene l’identità profonda della
persona. È l’“essenza della persona”.
Parlare di formazione del cuore significa allora
parlare di formazione dell’intelligenza, della volontà, dell’azione. È formazione all’arte d’amare
che si manifesta poi principalmente nella capacità di dono e di relazione. Agli operatori sanitari
e pastorali è chiesto di percorrere sentieri capaci
non solo di nutrire la propria mente, di raffinare
le proprie abilità. Agli operatori nel mondo della
salute è chiesta anche la capacità di maturare
umanamente, di rafforzare la loro volontà nel
bene, di irrobustire la loro personalità spirituale
(anima dell’agire) e la loro capacità di amare.
La Nota pastorale, quando, parlando della formazione degli operatori pastorali scrive: «La formazione non può limitarsi a rimediare all’ignoranza cognitiva, ma deve puntare a far maturare
atteggiamenti che tocchino tutte le dimensioni
della persona. L’operatore pastorale, infatti, è
chiamato a crescere non solo a livello del sapere,
ma anche a quelli del saper essere e del saper fare.
Ne deriva che, nel processo formativo, spiritualità
e professionalità vanno perseguiti con uguale attenzione e intensità» (n. 67b).
Il testo della Deus Caritas est prima citato, descrivendo la formazione del cuore ricorda agli
operatori: «Occorre condurli a quell’incontro con
Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il
loro animo all’altro, così che per loro l’amore del
prossimo non sia più un comandamento imposto
per così dire dall’esterno, ma una conseguenza
derivante dalla loro fede che diventa operante
nell’amore (cfr Gal 5, 6)» (n. 31).
Le linee g uida alla Nota pastorale sintetizzano
questo pensiero affermando che la formazione
del cuore “è necessaria per il credente per aprire
il proprio animo all’altro e far scaturire una testimonianza di fede operante nell’amore del prossimo” .
Un “processo” formativo
I verbi “condurre”, “crescere”, “suscitare”
esplicitano un concetto ben presente nella Nota
pastorale, quello di “processo formativo”, che va
ben al di là di eventi culturali, convegni e corsi.
La formazione del cuore non consiste soltanto
in momenti accademici, pur necessari. La formazione, non è solo informazione, ma un processo di trasfig urazione profonda della persona
dove si integrano spiritualità e professionalità,
riflessione antropologica e riflessione teologica,
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
21
PASTORALE E OSPITALITÀ
etica dell’essere ed etica dell’agire, per giungere
a quell’unificazione della vita capace di rendere speranza e di esercitare l’arte d’amare vero i
sofferenti.
È necessario infatti che l’operatore sanitario e
pastorale sia un uomo “concentrato” cioè che
abbia trovato un centro nel proprio cuore, originante il pensiero e l’agire. Secondo Benedetto XVI questo centro è dato dall’incontro con
Dio in Cristo, cioè dall’incontro con Colui che
è la pienezza non solo della divinità, ma anche
dell’umanità redenta.
La Carta degli Operatori Sanitari invita, “a far
crescere negli operatori sanitari – tra questi intende anche le fig ure pastorali – una fede autentica e il senso vero della morale, nella ricerca
sincera di un rapporto religioso con Dio, nel quale
trova fondamento ogni ideale di bontà e di verità” nella consapevolezza, come afferma la Nota
del 2006 che “Per la persona umana che cerca
ed è destinata alla gioia e alla vita eterna, il soffrire e il morire sono un mistero che solo la croce
e la risurrezione di Cristo possono illuminare e
trasformare in esperienza di salvezza” (n. 31).
Questo primato di Dio non dobbiamo dimenticarlo, è la sostanza del nostro annuncio che con
umiltà, tatto, e buon senso nelle modalità, vogliamo portare a tutti e ai sofferenti in particolare,
ed è a questo primato di Dio, al quale occorre
ogni giorno convertirsi, deve essere formato il
nostro cuore e quello dei nostri operatori.
Agente principale della formazione del
cuore: Cristo mediante il Suo Spirito.
La formazione del cuore è dunque disponibilità a lasciarsi evangelizzare dalla Parola di Dio,
vivificata dallo Spirito, come ci hanno ricordato
le linee g uida. Colui che può formare il cuore
22
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
dell’uomo, facendo di dell’uomo una creatura
nuova, è Cristo stesso.
Illuminanti sono due versetti del Vangelo, nei
quali Gesù si autodefinisce mite ed umile di cuore: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra
di voi e imparate da me che sono mite e umile di
cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt
11, 28-29). In questo breve brano, per due volte
troviamo il termine “ristoro” che fa da inclusione e che quindi diventa chiave ermeneutica del
testo, volendo indicare la pienezza di vita nuova
alla quale Cristo vuole portarci attraverso la via
dell’umiltà e della mitezza.
L’umiltà è la capacità di attribuire a Dio la gloria
ma anche l’origine del nostro poter essere creature nuove. Non è possibile imparare da Cristo
se in noi è presente il demone dell’autoreferenzialità presupposto all’autoformazione. Egli è la
verità sull’uomo, tutta la verità. Dobbiamo avere
consapevolezza che la pienezza del nostro poter
essere, ci viene rivelato e donato dallo Spirito,
che ci pone nell’atteggiamento giusto di invocazione e di accoglienza della grazia.
La mitezza invece è la capacità di rapportarci
con misericordia davanti agli uomini. Cristo “è
in grado di sentire compassione per quelli che
sono nell’ignoranza nell’errore – dice la lettera
agli Ebrei – essendo anche lui rivestito di debolezza”.
Occorre dunque g uardare a Cristo, per apprendere come deve essere il cuore dell’uomo: “imparate da me” ci ricorda Gesù nel Vangelo.
«Il cuore di Cristo – ebbe a dire don A. Manto in
una conferenza tenuta a Torino lo scorso novembre dal tema: Il Cottolengo sacerdote secondo il
cuore di Cristo – è un cuore umano che ha accettato una trasformazione della quale non aveva
PASTORALE E OSPITLITÀ
personalmente bisogno, ma l’ha accetta per noi
per potercela comunicare, perché noi ne avevamo bisogno. Gesù ha realmente rinnovato il cuore
dell’uomo per renderlo capace di accogliere l’Amore, il dono dello Spirito. È una trasformazione
ontologica, sostanziale del nostro essere. E questo
si attua proprio attraverso la passione morte e
resurrezione e attraverso il mistero della sofferenza».
La formazione del cuore come formazione all’arte d’amare
Se la formazione del cuore è formazione all’amore, occorre leggere quel libro nel quale viene
totalmente spiegato cosa sia l’amore. E questo libro è Cristo crocifisso, come ci insegnano i santi,
veri ermeneuti del Vangelo.
Infatti, solo quando l’amore sa andare sino alla
fine è credibile, riscatta e salva. Ai piedi della
croce si impara la totalità, un nuovo modo di
essere. Scrive ancora il Papa nella Deus Caritas
est: «Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona
per rialzare l’uomo e salvarlo: amore, questo, nella sua forma più radicale» (n. 12).
Ai piedi della croce si impara la sovrabbondanza
dell’amore del cuore di Cristo. Dobbiamo avere il coraggio di proporci e di proporre questa
scuola esigente ma liberante. Dobbiamo proporre
con coraggio agli operatori di formarsi alla scuola della croce, per diventare capaci di donare
non qualcosa, ma se stessi, nella profezia della
gratuità, per la gioia dell’altro, con universalità dei destinatari, nella concretezza delle circostanze e nella fedeltà alla natura definitiva che il
dono comporta.
Con coraggio profetico, Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in veritate” propone di inserire
strutturalmente e culturalmente il dono e la gratuità tra le forme con cui alimentare i processi
economici. «Dono e non regalo, – afferma l’economista Stefano Zamagni in Fraternità, dono,
reciprocità nella Caritas in veritate”, 2009
– perché se nel regalo diamo le cose, nel dono
offriamo noi stessi». Ricordando poi la fine dello
stato assistenziale il prof. Zamagni ricorda che la
cultura del dono diventa presupposto per un’altra categoria, osannata dalla rivoluzione francese ma ahimè alquanto disattesa nella prassi:
quella della fraternità.
Il pensiero autorevole di uomini di scienza, anche laici, ci stanno mettendo in g uardia sul pericolo dell’autodistruzione cui sta portando quel
processo iniziato con la mitizzazione del “homo
oeconomicus” ma che ormai è andato oltre con la
nascita di un individualismo narcisistico o edonistico, dove la sensibilità per il bene comune e la
partecipazione alla vita comunitaria è alquanto
carente. Al ciò che mi conviene, si aggiunge il ciò
che soddisfa il mio desiderio (Cfr. P. Cavalieri,
Vivere l’altro. Per una cultura della relazione”,
Città Nuova, pagg. 9.71-73).
La pastorale della salute che non può non dare
il massimo della sua attenzione alle scienze umane, e alla psicologia in particolare, deve rimanere
vigilante perché la sua proposta sia integrale: il
mistero pasquale di Cristo crocifisso Risorto, è
performativo del nostro agire pastorale.
La formazione del cuore è purificazione del cuore: l’ideale del monòtropos
Poiché dal cuore escono i pensieri cattivi e le malvagità, la formazione del cuore, come formazione
all’amore, esige un cammino di purificazione dal
peccato, origine e causa di ogni male. La Nota
pastorale del 2006 lo dice con molta chiarezza
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
23
PASTORALE E OSPITALITÀ
al n. 27 «Nel leggere il fenomeno inquietante del
degrado d’umanità presente nei servizi al malato
– quali il prevalere di interessi politici ed economici, l’eccessiva burocratizzazione, l’inefficienza
amministrativa, il deterioramento della scala dei
valori, la scarsa considerazione del malato come
persona – la Chiesa invita a vedere la radice della
disumanizzazione nel peccato. Da ciò deriva che
alla base di ogni riforma è richiesta la conversione del cuore, prima che delle strutture».
Se questo vale per le strutture amministrative
tanto più vale per l’azione pastorale. Gli operatori pastorali sono chiamati alla conversione del
cuore, radice della disumanizzazione e di ogni
disordine. Se è vero che i puri di cuore vedono
Dio, questo significa che sarà difficile vedere nel
volto del malato il volto di Dio e trattarlo di conseg uenza, senza avere purificato il nostro cuore
– in tutte le sue dimensioni–, con un cammino
che è sincronicamente ascetico e mistico, verso
l’ideale del “monòtropos”, di una vita unificata,
resa possibile dallo Spirito.
Secondo il cardinal Kasper “nel cammino del cristiano la lotta spirituale è un atteggiamento quotidiano”. È necessaria la vigilanza perché scrive
Kasper, non di rado“ le forze del maligno sono
rivestite come angeli di luce”.
Anche gli operatori pastorali e sanitari non sono
esenti da quella che Evagrio Pontico (345-399)
ritiene essere causa di molte sofferenze per sé e
per gli altri e che impedisce di amare con cuore
sincero: la filauthia, quell’amore di sé che induce
a considerare il proprio io come misura della realtà, rende dominatori degli altri e fa percepire
come ladra la sofferenza e la morte (Cfr Contro
i pensieri malvagi).
Questa lotta spirituale si svolge nel cuore perché
è il cuore il luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo,
24
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
come ci ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 2563, ma che è anche la possibile sede
della cupidigia e delle passioni.
Occorre accettare la fatica dell’ascesi, per giungere ad una nuova umanità in Cristo, affinché la
scelta del bene diventi un abito, capace di portare l’uomo, seconda la promessa di Gesù, alla pienezza della gioia. E questo richiede il coraggio di
permettere alla Parola, vivificata dallo Spirito, di
scendere negli inferi dei nostri individualismi,
delle nostre fragilità interiori e dei nostri egoismi e come una spada a doppio taglio, purificare
il nostro cuore.
«Abbiamo bisogno dell’aiuto divino – afferma il
compianto Card. Spidlik – per concentrarci pienamente nel cuore, Ma è proprio nel cuore il luogo
in cui risiede lo Spirito Santo, il quale è vivificante
e perciò ci aiuta a dare di nuovo la vera vita alla
nostra mente, a risuscitare i momenti uccisi dalle
inclinazioni cattive e così ristabilire l’unità della
vita» (L’uomo di Dio, pag 30).
Osservazioni conclusive. Dal testo…
al comportamento: linee operative
• A La formazione del cuore è un cammino
necessario per ogni operatore pastorale e
sanitario, per giungere ad essere inabitati
dalla speranza che non delude. Nella coscienza di essere g uaritori feriti, è necessario formarsi prima di formare, prendersi
cura di sé oltre che prendersi cura degli
altri, sperimentare la consolazione di Dio
per essere ministri di consolazione. Occorre cioè diventare uomini dello Spirito. La
formazione integrale degli operatori a tutti
i livelli, anche di direttori, è assolutamente
necessaria perché determina il pensiero e
l’agire. La pastorale della salute può usare
•
AL
IAN
ASSOCIAZ. I
T
La
Rivista
trimestrale
dell’A.I.Pa.S.,
InsIemeper
erVIre
Insieme per servire,
è un prezioso strumento che assistenti
spirituali, operatori
pastorali e professionisti della salute
possono
utilizzare
per continuare oggi
la missione
affida87 Cura al femminile
w w w. a i p a s . n e t
ta loro da Gesù di
evangelizzazione
e
cura dell’uomo sofferente. Propone orientamenti per la formazione e la riflessione
favorendo l’approfondimento di temi attinenti gli specifici ambiti della Pastorale
sanitaria, con uno sguardo attento ai segni
dei tempi presenti nella realtà odierna.
L’insegnamento evangelico e l’azione della Chiesa nel mondo della salute rivelano
che, per promuovere una cultura della vita,
oggi non basta curare il malato, ma occorre
prendersi cura di lui, dei suoi familiari ed
amici, considerarlo nella sua totalità bisognoso non solo di adeguate terapie mediche, ma anche di aiuto umano, psicologico
e spirituale. Mantenere viva la speranza significa che la vita è un bene che va oltre il
momentaneo smarrimento!
La rivista raccoglie atti di convegni, proposte di formazione e di meditazione, aggiornamenti legislativi e questioni di attualità, presentando contributi nei settori
della ricerca, della pratica socio-sanitaria
ed etico-umanistica trattati da prestigiosi
autori, testimonianze ed esperienze, recensioni di testi, vita dell’associazione e programmazione di incontri.
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•
Riconoscimento C.E.I.
Sito www.aipas.net
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•
Rivista dell’Associazione Italiana
di Pastorale Sanitaria
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Rivista dell’Associazione Italiana di Pastorale Sanitaria
In caso di mancato recapito, ritornare al C.M.P. di Padova per la restituzione al mittente.
•
INSIEME PER SERVIRE
Spedizione in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004, n. 46) art. 1 comma 2 - CNS di Padova.
•
strategie intelligenti e fantasiose, ma perché
diventi opera di Dio ha bisogno di essere
fecondata dallo Spirito.
B È necessario proporre agli operatori
sanitari e pastorali percorsi di formazione
integrale, convincenti per la loro bellezza
perché capaci di far intuire la grazia e la
novità che il germe evangelico dona alla
vita dell’uomo. E questo sarà certamente
uno dei rimedi importanti per combattere il
denunciato logorio psicologico e spirituale
degli operatori.
C È necessario imparare ad accompagnare gli operatori pastorali e sanitari in un
cammino personale di formazione del cuore, a riscoprire il valore dell’accompagnamento spirituale.
D Se l’informazione può essere episodica, la formazione richiede un percorso, un
progetto, che sia attento ad una formazione
integrale degli operatori.
E Una comunità è sanante nella misura
in cui è costituita da uomini e donne risanati e per questo vivono la fondamentale
esperienza della comunione. È necessario
dunque fare dei nostri ambienti luoghi di
comunione resi dallo Spirito luoghi di autentica formazione del cuore.
F E infine, poiché il cuore formato dallo Spirito è effuso dal dono della pace, la
formazione del cuore ci rende testimoni di
speranza. Facendo eco alle parole del cardinal Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di
Milano, al convegno ecclesiale di Verona
(2006), la formazione del cuore ci rende
capaci non solo di parlare di speranza ai
nostri ammalati, bensì di parlare con speranza.
2011
L’abbonamento annuale per l’Italia è di
Euro 20,00.
Per informazioni: telefono 0422 56444
e-mail: [email protected]
S
Società
e
ospitalità
F
Gianni Cervellera
[email protected]
26
La vita è attraversata
dalla fragilità
ragile è la vita in se stessa, sottoposta com’è a tanti pericoli e al tempo
stesso forte e radicata e difficile da annientare perché la vita trova
sempre un modo per rinascere quando ogni possibilità sembra negata.
L’uomo contemporaneo ritiene di essere estremamente potente e gli ultimi decenni hanno confermato le sue grandi possibilità. Tutto ciò che l’uomo produce
è buono, il giudizio morale si riversa semmai sull’uso e sicuramente sull’abuso,
ma è evidente che l’uso
degli strumenti prodotti in maniera eccessiva
Siamo coscienti
porti a pensare il prodi vivere il dono
dotto come il termine
ricevuto
dell’attività umana e
condizionati dalla
quindi della sua stessa
nostra fragilità
esistenza. L’invadenza
umana e da un
della tecnologia, estenambiente che
sione e ampliamento
ci spinge
continuamente
della manualità e del
ad assumere valori
pensiero razionale, ha
estranei al Vangelo
condotto ad una immensa fiducia nelle poCost 102.
tenzialità umane. Non
solo. L’uomo ritiene di
poter stabilire inizio e
condizioni per lo sviluppo della vita, così
come vorrebbe fissare la data di termine
della sua esistenza. Se
già pensava di essere
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
padrone del mondo, oggi ritiene che tutto debba
ruotare intorno a sé. La rivoluzione copernicana
del novecento si chiama: egocentrismo, termine che
assume accenti differenti: individualismo, relativismo, soggettivismo; e in una dimensione sociale:
etnocentrismo, sociocentrismo. L’esteriorizzazione
delle azioni ha comportato uno svuotamento delle
dimensioni emotive con conseguente svuotamento
del mondo interiore. Defraudato degli aspetti più
intimi, l’uomo si trova ad affrontare il mondo con
un crescente livello di ansia. Le attese esterne sono
talmente alte che la sensazione di incapacità prende il sopravvento. Lo smarrimento si palesa anche
in una percezione instabile della propria identità.
Le manifestazioni di quest’io debole si evidenziano
in ogni fascia di età, in forme accettabili all’interno
di un sano adattamento alla realtà, talvolta però, si
sviluppano condizioni di vera e propria patologia.
Senza entrare nel dettaglio di ogni singola situazione, poiché occorrerebbe un’analisi approfondita e
non riduttiva, si può senz’altro parlare di diffusa
condizione di fragilità. I bambini, iperprotetti dalle famiglie – a volte eccessivamente intimoriti dai
pericoli dell’ambiente – rischiano di crescere con
un’autoreferenzialità che mette in crisi la condivisione sociale. Gli adolescenti, già fortemente autocentrati per le dinamiche della loro età, si chiudono nel mondo dei pari sviluppando un linguaggio
gergale che mentre li mette in relazione tra loro,
aumenta il gap generazionale. Gli adulti, in crisi
di identità sul loro ruolo all’interno della famiglia
e della società, hanno difficoltà a sentirsi parte di
una realtà specifica in maniera permanente. Gli anziani, afflitti anche da problemi fisici, cadono vittime dell’abbandono e dell’isolamento.
La fragilità caratterizza le realtà istituzionali e informali nelle quali le persone si trovano a svolgere
la loro esistenza. I coniugi si separano perché incapaci di gestire le incompatibilità, in preda alle problematiche emotive e pulsionali. La famiglia viene
meno al suo compito di essere “porto sicuro” nel
quale riposare e riacquistare le energie per affron-
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
27
SOCIETÀ E OSPITALITÀ
tare il mondo esterno. Gli enti pubblici aumentano
la burocrazia nell’incapacità di discernere le questioni attraverso buone e sane relazioni, questo fa
aumentare le liti e i processi ed anche in sanità si
nota un aumento di ricorsi al tribunale. La scuola
demanda alle famiglie il compito educativo e si riserva solo la trasmissione del sapere. Le parrocchie,
specie nelle metropoli, si disaggregano e nascono
movimenti trasversali. In nome della flessibilità, i
luoghi di lavoro non sono più un punto di riferimento e se in passato veniva premiata la fedeltà
all’azienda, oggi si viene apprezzati nella capacità
di adattarsi ad una nuova situazione. Il mercato ha
le sue regole e chiede grande capacità di cambiamento. Chi non si ricicla rimane fuori dal giro e
a rischio povertà. Il mondo sanitario, preoccupato
delle questioni economico-finanziarie, tralascia la
cura integrale dell’individuo, limitandosi – nel migliore dei casi – a guarire solo la parte malata. In
questo quadro problematico, anche la Chiesa Cattolica soffre di individualismo e relativismo. Il richiamo costante che Benedetto XVI fa circa l’emergenza educativa nasce proprio dalla constatazione
di dover aiutare il mondo contemporaneo ad uscire dal tranello illuminista che vede esclusivamente
nella ragione umana la fonte di giudizio sulla realtà.
L’io al centro e la visione ristretta dell’individuo
dove tutto gira attorno alla propria persona e alla
propria percezione del reale sembrano elementi
tipici dell’infanzia, tempo nel quale, “tutto ruota
intorno a te”. Questa età contemporanea che si
definisce matura, emancipata ed evoluta somiglia
nei suoi atteggiamenti ad un bambino che richiede
per sé tutta l’attenzione possibile. Certo, non si può
accusare la società contemporanea di infantilismo,
perché la centralità dell’individuo viene rivendicata proprio in nome di una adultità che si fregia di
diritti inalienabili. Il punto trascurato è che spes-
28
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
so questi diritti vengono reclamati per l’individuo
con un’enfasi che esclude la relazione con l’altro.
Il relativismo, mentre accorda a tutti legittimità di
opinione, rende innocuo il nucleo della società e di
conseguenza uccide l’uomo che è relazione. Egli è
anche titolare di diritti e proprio in questo senso il relativismo è costretto a produrre maggiori
immunità per privati o potenti: immunitas contro
communitas.
L’idea di un essere umano chiuso nel proprio io è
anche la prospettiva dell’individualismo che pretende per sé ogni attenzione e ritiene di poter crescere in piena autonomia, senza contributi esterni
per la propria educazione. È un soggetto che si
fa da sé. Ma anche questa è un’illusione, poiché
ciascuno si trova immerso in un ambiente, come
nel proprio liquido amniotico, del quale si nutre
spesso in maniera inconsapevole. Semmai l’uomo
ha bisogno di un filtro per ben appropriarsi di
ciò che gli permette di crescere. Le due dimensioni tendono a negare il limite della concezione
contemporanea e il limite dell’individuo che chiuso
nel proprio piccolo mondo non può far altro che
sfiorire e annientarsi. Relativismo e individualismo
negano la relazione interpersonale come fonte di
crescita.
L’uniforme distribuzione della fragilità attraversa ogni stagione della vita. Non ci sono solo nuove forme di fragilità, ma siamo di fronte a forme
antiche e nuove di disagio individuale e sociale,
di precarietà, di disabilità, di malattia: tutte caratterizzate da una crescente e maggiore fragilità.
Il termine, ancorché usato senza coscienza piena
del significato, esprime molto bene la situazione
di qualcosa che si può rompere da un momento
all’altro, che va trasportato nel verso giusto e a cui
prestare attenzione al fine di evitare eccessivi colpi
e contraccolpi.
P
Psichiatria
e
La gioia
L
ospitalità
a gioia è una delle emozioni più belle e nobili della vita, e anche una
delle più spirituali. Un grande poeta, Rainer Maria Rilke, ha scritto che
la gioia gli uomini la fanno fiorire dentro di sé, e che la gioia è la cosa
massima che gli uomini abbiano in loro potere. Quando la gioia vive in noi,
nel nostro cuore, ci liberiamo dalle cose banali e insignificanti delle quali così
facilmente ci occupiamo nella vita di ogni
Il noviziato richiede un clima di silenzio, di
giorno, e riusciamo a
preghiera,
di austerità, di
cogliere la bellezza e i
gioia e di fraternità,
fulgori della preghieche metta i novizi in
ra e del silenzio, della
condizione di
meditazione e del raccrescere nella
coglimento, dell’ascolto
conosceanza di
di quello che avviene
se stessi, di
interiorizzare il
nella nostra interiorità
senso di
e nella interiorità deappartenenza
gli altri. La gioia è una
all’Ordine e di
emozione che si avvicidiscernere la
na, e talora si confonpropria
de, con la letizia, con
vocazione, per
la letizia francescana
poter
rispondere liberamente
in particolare, e che,
e responsabilmente
come questa, ci fa vealla chiamata di Cristo.
dere le persone in quello che hanno di positiCost 67
vo e di luminoso, e non
solo in quello che possono avere di umbratile
Rosaria Pioli
[email protected]
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
29
PSICHIATRIA E OSPITALITÀ
e di negativo; facendoci capire che in ciascuno di
noi luci e ombre si alternano, e si mescolano, e che
le ombre si diradano se sappiamo venire incontro
agli altri e a noi stessi con gentilezza e con amore.
La gioia come esperienza emozionale
Cosa avviene in noi quando la gioia rinasce nel
nostro cuore e nel nostro modo di entrare in relazione con noi stessi e con gli altri?
Nella gioia non siamo
più divorati da nostalgie e da rimpianti, e
nemmeno da preoccupazioni e da timori; ma
siamo sommersi da una
grande pace interiore:
recuperando, se volete,
anche una dimensione
mistica e religiosa della
vita. La gioia determina
in noi come una pausa,
e una oasi di serenità, di
respiro dell’anima, che
ci consentirà poi di affrontare il dolore e la sofferenza con il coraggio della fede e della speranza
che stavano magari indebolendosi, e oscurandosi
negli affanni e nei ghirigori delle preoccupazioni
quotidiane. Queste, ovviamente, non scompaiono
ma l’avere vissuta una esperienza di gioia le rende
meno dolorose; consentendoci di riguardarle da
altri punti di vista.
La gioia si può accompagnare alle lacrime, come
ci dice santa Teresa d’Avila nel suo splendido Libro della vita, ma sono lacrime che nascono dal
cuore e che allargano la conoscenza del mistero
del vivere e del morire. La gioia riesce a dare un
senso al dolore, senza cancellarlo, e nondimeno
inserendolo in un orizzonte di speranza. La gioia
30
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
si muove nei luoghi segreti e silenziosi dell’anima;
ma di essa ci accorgiamo solo se ci abituiamo ad
ascoltare le voci del silenzio e del cuore, e se non
ci lasciamo travolgere dalle distrazioni e dalla indifferenza, dall’egoismo e dalla smania di protagonismo, dall’apatia e dal fascino delle cose banali,
e insignificanti.
La gioia, certo, è una emozione fragile ed effimera
che, come la stella del mattino, si intravede e poi
scompare fra la notte e l’alba; e ancora
la gioia ci fa riflettere sul mistero della
condizione umana,
e ci aiuta a resistere
alla disperazione, e
all’angoscia. Quando
la gioia nasce in noi,
quando in noi rivivono i momenti della
contemplazione e della meraviglia dinanzi
alla bellezza del creato, cerchiamo di accoglierla nel silenzio del cuore.
La gioia come esperienza religiosa
Non c’è forse esperienza emozionale della gioia
che non sia anche esperienza religiosa; e di questa
vorrei ora dire qualcosa che possa rimanere nel
cuore e nella memoria di chi voglia leggere queste mie considerazioni sulla gioia che sono nutrite
di psichiatria ma anche, se volete, dei pensieri di
sant’Agostino, di Teresa d’Avila, di Blaise Pascal,
di Thérèse di Lisieux e di Teresa di Calcutta ma
anche di quelli di Dietrich Bonhoeffer che è stato
un grande teologo protestante e che è stato condannato alla morte nel lager di Flossenbuerg, a
trentanove anni, negli anni della terribile e inuma-
PSICHIATRIA E OSPITALITÀ
na violenza hitleriana.
Le cose, che egli ha scritto sulla gioia, sono di una
straordinaria bellezza, e sono animate da una fede
e da una speranza, luminose e sconvolgenti. Vorrei
farne qualche citazione: augurandomi che, come
è avvenuto in me, le sue parole accrescano la comunione di fede e di speranza in tutti quanti ci
riconosciamo nella parola del Signore.
Ma ascoltiamo alcune delle cose che ha scritto
questo grande teologo: sono parole da accogliere,
e da meditare, nel nostro cuore; richiamandoci ad
esse quando la tristezza, o la disperazione, scendano in noi.
“Come possiamo aiutare chi non ha la gioia e si
è perso di
co raggio,
se noi stessi
non abbiamo gioia né
coraggio?”;
e ancora: ”In
Dio abita la
gioia e da lui
essa discende prendendo spirito,
anima e corpo, e dove
questa gioia
ha afferrato
l’uomo lì essa si propaga e diviene trascinante, lì
spalanca porte chiuse”. L’ultimo pensiero è questo: “C’è una gioia che non sa niente del dolore,
della miseria e dell’angoscia del cuore; essa non
ha consistenza, e vale soltanto per dei momenti. La
gioia di Dio è passata per la povertà della mangiatoia e la miseria della croce; per questo è insuperabile, inconfutabile”.
La gioia più profonda e più intensa, la gioia cristiana, non può non essere questa così mirabilmente descritta, anzi vissuta, da Dietrich Bonhoeffer;
ad essa dovremmo cercare di guardare: come ad
una cometa che dia un senso alla nostra vita.
La gioia è preghiera
La gioia sconfina, così, nella preghiera, e ci fa uscire dai confini aridi del nostro egoismo; aprendoci
agli orizzonti sconfinati della relazione con Dio e
con gli altri. Come madre Teresa di Calcutta diceva
alla sue consorelle, ogni Missionaria della Carità
doveva essere missionaria di gioia, e la gioia, la gioia profonda, doveva risplendere nei loro occhi, nei
loro sguardi, nei loro
volti,
nelle
loro azioni;
perché tutti, e in particolare chi
soffriva e chi
era povero,
riconoscessero la presenza della gioia
nella loro testimonianza
missionar ia.
E queste sono
alcune delle parole di questa meravigliosa sorella
nel Signore: “La gioia è preghiera, è il segno della
nostra generosità, del nostro altruismo, dell’unione intima e continua con Dio”. Sono parole, queste, che come quelle di Dietrich Bonhoeffer, non
dovremmo dimenticare mai, che ci aiutano a mantenere viva in noi la luce della speranza. Lo dicevo
in uno dei miei libri, e vorrei ripeterlo ora.
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
31
O
Ospitalità
evangelica
Gesù consola
gli afflitti
Dio consola il suo popolo
N
Luca Beato oh
[email protected]
32
ell’Antico Testamento ci sono due libri di consolazione. Il primo in
ordine di tempo è quello del profeta Geremia, si trova nei capitoli 30
e 31 e si rivolge agli Ebrei del Regno del Nord, deportati dagli Assiri
nel 722 a.C. il Profeta promette loro a nome di Dio il ritorno in Patria. Il secondo è opera del profeta Isaia, dal capitolo
La semplicità della nostra vita annuncia che
40 al 55 e si rivolge
la trasformazione delle
al popolo del Regno di
realtà umane è
Giuda, deportato a Bapossibile solo con
bilonia nel 587 a.C. La
lo spirito delle
beatitudini.
consolazione del ritorSiamo testimoni che
no in patria si realizza
Cristo è il signore
con l’editto di Ciro, re
della storia;
dei Persiani nel 538
proclamiamo la
a.C. e culmina con la
grandezza
ricostruzione del temdell’amore di Dio
pio di Gerusalemme nel
e mostriamo agli
uomini che Lui
515 a.C.
continua a
Le immagini usate dai
interessarsi
profeti sono di due tipi:
della loro vita e
negative se riguardano
delle loro necessità.
la schiavitù e positive
se riguardano la libeCost 8
razione. “In quel giorno
romperò il giogo togliendolo dal suo collo,
spezzerò le sue catene”
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
OSPITALITÀ EVANGELICA
(Ger 30, 8). “La tua ferita è incurabile” (Ger 30,
12.15). “Farò cicatrizzare la tua ferita e ti guarirò dalle tue piaghe” (Ger 30, 17). “Essi erano
partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni” (Ger 31, 9)... “perché io sono un padre per
Israele, Efraim è il mio primogenito” (Ger 31, 9).
“Per questo le mie viscere si commuovono per lui,
provo per lui una profonda tenerezza” (Ger 31,
20). Il lutto verrà cambiato in gioia. Il popolo sarà
felice senza afflizioni. La gioia riempirà il cuore
dei giovani e dei vecchi e si esprimerà nel canto e
nella danza. Godranno tutti dell’abbondanza dei
frutti della terra: grano, mosto, olio; e dei frutti
del gregge e degli armenti (Ger 31, 12-13).
L’azione consolatrice di Dio viene espressa con
diverse immagini. Dio è per il suo popolo un pastore molto premuroso “che porta gli agnellini sul
seno e conduce pian piano le pecore madri (Is 40,
11; Ger 31, 10). È come lo sposo che gioisce per la
sua sposa (Is 62, 5; 61, 10), è come la madre che
consola il proprio figlio (Is 66, 13).
Nella terra d’Israele ci sarà gioia e pace perfetta. Verrà eliminato il pianto e l’angoscia di mezzo
al popolo, che godrà il frutto del proprio lavoro
senza pericolo di razzie; godranno tutti buona
salute e vita lunga (Is 65, 19-25). Gerusalemme
sarà nell’abbondanza e tutto il popolo ne potrà
godere. Per esprimere questa realtà viene usata
l’immagine del bimbo che succhia felice il seno
materno ripieno di latte. “Succhierete deliziandovi
all’abbondanza del suo seno (Is 66, 11). Oppure
l’immagine del bimbo portato in braccio e coccolato da sua madre. “I suoi bimbi saranno portati
in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati (Is
66, 12).
Ma il tanto auspicato ritorno in patria è stato alla
lunga piuttosto deludente. Il popolo si trova ridotto a due tribù e mezza (Giuda, Beniamino e mez-
za Levi) quindi molto debole ed esposto alle invasioni. In questa situazione critica i profeti tengono
accesa la speranza di un futuro migliore per opera
di Dio. Le speranze del popolo si coagulano attorno alla figura del Messia, che avrebbe riportato il
Regno di Giuda alla grandezza e allo splendore
del tempo di Davide. Col tempo la speranza di salvezza del popolo viene proiettata verso orizzonti
inaspettati: non più soltanto un popolo, una terra,
una potenza politico-religiosa, ma una nuova èra
messianica rivolta a tutti i popoli, perché il Messia
farà “cieli nuovi e terra nuova”. È il grande sogno
del profeta Isaia (Is 2, 2-4). Infine il profeta Daniele nelle sue visioni apocalittiche attribuisce al
Messia i poteri divini di governare su tutte le genti
e di giudicarle. Egli infatti vede “il figlio dell’uomo” salire sulle nubi del cielo e ricevere da Dio il
regno universale ed eterno. “Guardando ancora
nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi
del cielo, uno, simile ad un figlio d’uomo; giunse
fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni
e lingue lo serviranno; il suo potere è un potere
eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale
che non sarà distrutto” (Dan 7, 13-14).
Il consolatore d’Israele è Dio stesso che libera il
suo popolo dalla schiavitù e gli permette di vivere una vita serena e pacifica nella sua patria. Ma
anche i profeti hanno un compito importante nella consolazione del popolo. “Consolate, consolate
il mio popolo, dice il vostro Dio, parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua
schiavitù, è stata scontata la sua iniquità” (Is 40,
1-2; cfr 61, 1-9). I profeti sono in grado di fare
una lettura teologica della storia, facendo risaltare
l’azione salvifica di Dio in mezzo al groviglio delle vicende umane, nel passato e nel presente con
proiezioni cariche di speranza nel futuro.
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
33
OSPITALITÀ EVANGELICA
Gesù consola gli afflitti
Al centro della predicazione di Gesù sta l’annuncio
dell’avvento del Regno di Dio (Mc 1, 14-15). Dio
intende realizzare il suo progetto di salvezza per il
suo popolo, affermando la sua Signoria, assumendo le funzioni dirette di governo e di direzione del
mondo. Questo Regno realizza le promesse profetiche e messianiche, quindi segna il tempo della
salvezza, del compimento, del perfezionamento
della presenza di Dio nel mondo.
La predicazione del Regno di Dio si colloca in un
orizzonte apocalittico. Gesù, come tutta la generazione apocalittica giudaico-cristiana (in modo
particolare S. Paolo) attendeva l’avvento del Regno di Dio in un futuro imminente. In questa luce
si spiega l’insegnamento di Gesù sulla noncuranza
della propria vita, del vitto, del vestiario, eccetera.
È in questa luce che vanno interpretate le parabole
del Regno: esso è la cosa più importante, per esso
si deve sacrificare tutto. C’è grande contrasto tra
i suoi umili inizi e il suo grandioso compimento
finale. È la potenza di Dio che realizza tutto ciò,
sconfiggendo le forze del male.
Gesù non è soltanto l’annunciatore del regno di
Dio come imminente, ma ne è anche il realizzatore
nel presente. È Lui il seminatore che semina la parola di Dio. È Lui che guarisce i malati e perdona
ai peccatori. È Lui che inaugura la realizzazione
del Regno di Dio.
Le Beatitudini
Le Beatitudini appartengono al genere consolatorio. Parliamo delle beatitudini tipiche di Gesù, non
di quelle sapienziali che esistevano già nel Vecchio
Testamento. Esse vanno interpretate alla luce del
Regno di Dio. Citiamo il testo di S. Luca, perché
più antico e quindi più vicino al pensiero originario di Gesù.
“Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di
34
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete” (Lc
6, 20-21).
Gesù non esalta la povertà, non la trasfigura; non
somministra oppio alla gente. Povertà, sofferenza,
malattia, fame significano miseria, infelicità e non
beatitudine. Sono qualcosa di male per l’uomo.
Gesù non promette una beatitudine nell’aldilà, nel
futuro escatologico, a chi offre la sua sofferenza a
Lui, superandola spiritualmente, con la speranza
della ricompensa eterna. Quando Gesù dice ai sofferenti: “Beati voi!” significa che Dio, instaurando
il suo Regno, si ricorda di loro per tirarli fuori
dalla situazione di sofferenza in cui si trovano,
come era intervenuto nei tempi antichi per liberare il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto e poi
per riportarlo in patria dopo la deportazio0ne in
Babilonia.
La beatitudine è quindi una promessa di Dio che
genera gioia subito in chi la ascolta e la fa fiduciosamente propria. Già irrompe nella vita di costui
il futuro di Dio, portando con se subito consolazione. Infatti la presa di coscienza che Dio gli
sta innanzi, lo precede, comunica al credente una
forza trasformante, anche nelle situazioni più difficili e tribolate.
I miracoli
Anche i miracoli vanno interpretati alla luce
dell’avvento del Regno di Dio: ne sono dei “segni”.
Gesù non ha solo predicato a favore dei poveri,
degli oppressi, dei tribolati, ma ha anche agito a
loro favore. Nei Vangeli la cosa che risalta di più –
insieme con la predicazione – è l’attività carismatica compiuta da Gesù a favore dei malati. Per la
storicità basti dire che Gesù operatore di miracoli
è attestato dalla più antica tradizione cristiana al
pari di Gesù predicatore. Per non accettarlo biso-
OSPITALITÀ EVANGELICA
gnerebbe eliminare una buona metà del Vangelo di
Marco. Certamente devono essersi verificate delle
guarigioni di malati di vario genere, sorprendenti
per la gente di quel tempo. In particolare devono
aver avuto luogo delle guarigioni di indemoniati.
Sovente la malattia era messa in relazione con il
peccato e questo, a sua volta, con i demoni. Questo
discorso vale soprattutto per l’epilessia, la quale
veniva attribuita a un demone che possedeva il
malato. La guarigione veniva considerata una vittoria su questo demone.
Le guarigioni e gli esorcismi non sono fine a se
stessi, ma sono al servizio del Regno di Dio. Per
Gesù infatti l’avvento del Regno di Dio rappresenta la sconfitta di Satana, che cade dal cielo come
un fulmine (Lc 10, 18). I miracoli illustrano e
confermano la parola di Gesù. Un paralitico viene
guarito proprio per convalidare la legittimità del
perdono dei peccati, pronunciata da Gesù (Lc 5,
24). Essi hanno la funzione di segno: il Regno di
Dio, attraverso l’azione di Gesù, comincia a realizzarsi (Lc 11, 20).
L’attesa della parusia
Le comunità cristiane postpasquali hanno visto
in Gesù risorto il Messia (di qui il titolo di Cristo)
che portava a compimento la profezia di Daniele 7,
13 ss. “Non per nulla le dichiarazioni sul ritorno
sono messe in bocca proprio a Lui e riprendono
tutte le figure del Figlio dell’uomo che verrà sulle
nubi (Mc 13, 18 e paralleli). Come Figlio dell’uomo, ma seduto alla destra di Dio (=Signore), Gesù
concluderà lo svolgimento della vicenda umana e
si imporrà anche ai suoi avversari.
L’attesa della venuta del Signore glorioso si esprime nella acclamazione liturgica Marana’ tha, Signore, vieni! (1Cor 16, 22; Cfr Ap 22, 20).
All’inizio l’avvento del Signore risorto era creduto imminente. San Paolo pensa di essere ancora in
vita quando verrà il Signore a portare a compimento la vittoria sulla morte (1Ts 4, 17; cfr 1 Cor
15, 51-52). Talvolta l’attesa ansiosa e spasmodica dava luogo a disordini, episodi di fanatismo
e abbandono del lavoro (2Ts 3, 10-12). Per cui
l’Apostolo deve intervenire per esortare i cristiani
a una vita attiva e pacifica.
Pian piano si assume un atteggiamento più sereno, di vigilanza nella preghiera, nell’astensione dal
male (Lc 21, 34-36; cfr 17, 26-30) e nell’attività
a servizio dei fratelli, come il servo di famiglia in
attesa del padrone che tarda a venire (Lc 12, 3548). San Giovanni nel suo Vangelo introduce una
novità di rilievo. Egli pone in risalto la presenza
attuale del Cristo risorto nella comunità cristiana
mediante il suo Spirito, definito l’altro Consolatore (Gv 14, 16) (Mentre era in vita, era Gesù il
Consolatore dei suoi discepoli). Rileva quello che
Gesù ha “già” attuato con la sua passione-morte-risurrezione ed effusione dello Spirito Santo,
cominciata sulla croce e completata il giorno di
Pasqua. È come se la parusia (avvento finale del
Cristo glorioso) fosse già in qualche modo attuata.
Ora è il giudizio di questo mondo (Gv 16, 11); la
vita eterna comincia qui (Gv 5, 24) e si manifesta
nei gesti di bontà che il cristiano compie animato
dallo spirito dell’amore.
Tutto questo viene affermato senza togliere nulla
alla venuta finale del Signore, come viene detto
molto bene nell’Apocalisse, un libro di consolazione indirizzato ai cristiani perseguitati: alla fine
Cristo vendicherà il sangue dei martiri con il giudizio di condanna dei malvagi e la premiazione
dei giusti (Ap 11, 15ss; 12, 10ss; 15, 3ss; 19, 6ss).
La Gerusalemme celeste è piena di luce e di gioia,
“non ci sarà più la morte, né lutto, né affanno,
perché le cose di prima sono passate” (Ap 21, 4;
22, 4-5). Nell’attesa che tutto ciò si compia, biso-
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35
OSPITALITÀ EVANGELICA
gna armarsi di pazienza (Ap 6, 10-11). Il Signore
è fedele alla sue promesse e “verrà presto”, perciò
la Chiesa continua a pregare con fiducia: “Vieni,
Signore Gesù” (Ap 22, 20).
Consolati e consolatori
La Spiritualità dei cristiani impegnati nel settore
della salute si può trovare concentrata in queste
parole di San Paolo: “Sia benedetto Dio, Padre del
Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e
Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni
nostra tribolazione perché possiamo anche noi
consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo
consolati noi stessi da Dio” (2Cor 1, 3-4).
Tutti i cristiani, ma specialmente gli operatori
sanitari che condividono con i Fatebenefratelli
il carisma dell’ospitalità nella grande famiglia di
San Giovanni di Dio, sono chiamati a fare propria
questa esortazione di San Paolo: prendere coscienza che siamo consolati da Dio e che a nostra
volta dobbiamo diventare consolatori dei nostri
fratelli che soffrono.
I malati sono delle persone che attraversano una
fase della vita segnata dalla sofferenza che sovente
non è solo fisica ma anche psicologica e minaccia
di far crollare ogni speranza per il futuro. È la
persona che con la malattia entra in crisi esistenziale, come Giobbe sul letamaio, abbandonato da
tutti, anche dai propri cari.
Si consola con le cure
La consolazione consiste anzitutto nel restituire
la salute al malato. Quindi i centri sanitari e ospedalieri cristiani devono essere continuamente aggiornati in modo da rispondere sempre a questa
esigenza fondamentale. I religiosi e il personale
medico e infermieristico devono continuamente
aggiornarsi professionalmente. Le strutture, le
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Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
apparecchiature tecniche, eccetera vanno continuamente rinnovate.
Si consola con la comprensione
Ma il malato non è un “caso” clinico, è una persona umana, che per di più soffre e spesso nasconde
in sé un dramma. Anche di questo dobbiamo farci
carico, non solo il cappellano, ma tutti, religiosi e
laici, operatori sanitari e volontari che accostano i
malati. Negli ospedali moderni malati di elefantiasi e di supertecnicismo il problema numero uno
è quello della umanizzazione. “L’infermiere non
è un metalmeccanico” ha cominciato a predicare
il sottoscritto ancora negli anni ‘60. “Più cuore
in quelle mani” diceva San Camillo. Il problema
dell’umanizzazione, invero, è stato trattato a fondo da fra Pierluigi Marchesi negli anni ’80 quando era Generale dei Fatebenefratelli nel libretto:
Ospitalità verso il 2.000.
Si consola con la speranza cristiana
Se l’umanizzazione deve essere l’obbiettivo di
tutti, ai cristiani e ai religiosi viene chiesto qualcosa di più: l’evangelizzazione del mondo della
sanità.
L’esortazione apostolica “Vita consecrata” ricorda
ai religiosi e alle persone consacrate “che fa parte
della loro missione evangelizzare gli ambienti sanitari in cui lavorano, cercando di illuminare, attraverso la comunicazione del valori evangelici, il
modo di vivere, soffrire e morire degli uomini del
nostro tempo” (83, 3). Questo compito non è solo
delle persone consacrate, ma appartiene a tutti
gli operatori sanitari cristiani ed è paragonabile a
quello dei profeti: parlare in nome di Dio, tenere
accesa la speranza anche nei momenti più duri,
pensare a quello che ha fatto Cristo per noi, alla
sua salvezza percepibile già ora nella nostra vita e
alla salvezza eterna che Egli ha preparato per noi
al termine della nostra vita terrena.
Erbe
Salvia officinalis
e
salute
A
l genere Salvia
appartengono
circa 500 specie diverse, molte delle
quali sono spontanee
nel bacino mediterraneo. Esistono varietà
perenni e altre annuali, molte vengono coltivate esclusivamente per
il valore decorativo dei
loro fiori imbutiformi,
che si ergono su alti
steli.
Lorenzo Cammelli
Etimologia:
il nome del genere deriva dal latino “salvus”
cioè “salvo”, con riferimento alle proprietà medicinali di queste piante; oppure sempre dal latino
“salvere” che significa ”star bene”, con la medesima radice il nome tedesco
“salbe” in italiano “unguento medicamentoso”. Nel linguaggio dei fiori è
considerata la pianta dell’immortalità, poiché le si riconoscevano poteri per
conferire la longevità.
La salvia è conosciuta e utilizzata sin dall’antichità, la usava Cleopatra per
preparare filtri afrodisiaci. I latini la chiamavano erba sacra e le attribuivano capacità di curare il morso dei serpenti. Ippocrate ne consigliava l’uso
per la cura delle piaghe e gli egiziani la usavano per imbalsamare i morti.
[email protected]
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
37
ERBE E SALUTE
Morfologia:
pianta perenne, di aspetto erbaceo con fittone ingrossato e fusto eretto, pubescente, legnoso e ramificato in alto, alta fino a 70 cm. Le foglie hanno
forma ovale lanceolata, margini dentellati di colore grigio verde con riflessi argentei, ma vi sono
anche
foglie variegate di
rosa e di
bianco
c rema;
la pagina superiore è
spessa e
vellutata, quella inferiore ruvida con nervature
molto pronunciate. I fiori sono azzurro-violetti,
raramente rosa o biancastri. L’insieme forma una
spiga chiusa. I frutti si formano alla base dei fiori
e contengono i minuscoli semi ovoidali di colore
marrone scuro.
Coltivazione:
la salvia è una pianta rustica che vive bene se
esposta in pieno sole. In genere il suo aerale di coltivazione arriva fino ai 900
metri di altitudine. Sopravvive con difficoltà negli ambienti con inverni lunghi e
freddi. È coltivata anche in
vaso, purché si rispettino le
sue esigenze colturali. Gradisce una buona circolazione dell’aria. In genere dopo
4-5 anni tende a degenerare, quindi, dopo tale periodo, è bene sostituirla.
Potatura: una volta terminata la fioritura, la pian-
38
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
ta si avvantaggia di una potatura che ne stimola
la ricrescita.
Annaffiatura:
bagnare con moderazione, stando attenti a non
lasciare dei pericolosi ristagni idrici nel terreno
che sono la principale causa di morte di questa
pianta. Sopporta anche la siccità e non ama l’eccessiva umidità atmosferica.
Concimazione: si usa un concime liquido,
opportunamente diluito nell’acqua d’irrigazione,
ogni 15 giorni a partire dalla primavera e per
tutta l’estate. Negli altri periodi le concimazioni
vanno sospese. Poiché è una pianta che viene coltivata prevalentemente per le sue foglie aromatiche, è preferibile usare un concime che abbia un
titolo abbastanza elevato in Azoto (N) che favorisce lo sviluppo delle parti verdi.
Rinvaso: predilige terreni neutri o leggermente
calcarei e sabbiosi. Sono da evitare i terreni acidi
e pesanti.
Moltiplicazione:
avviene per seme o per talea erbacea. Per seme:
seminare al coperto all’inizio della primavera.
Tenere all’ombra ad una temperatura intorno ai
18°C, ricoprendoli con un
foglio di plastica trasparente. Rimuovere il telo di
plastica ogni giorno per
controllare l’umidità del
terreno ed eliminare la
condensa. La germinazione avviene nel giro di 2-3
settimane dalla semina.
Per talea erbacea: le
talee si possono prelevare tra marzo-aprile o tra
giugno-luglio. Si prelevano degli apici vegetativi lunghi circa 8-10 cm da piante di 2-3 anni
ERBE E SALUTE
di età. Dopo
aver eliminato
le foglie poste
più in basso,
si immerge la
parte tagliata
in una polvere “rizogena”
per favorire la
radicazione. Il
terriccio per le
talee è formato da due parti di terriccio fertile e una di sabbia grossolana.
Ricoprire le talee con un foglio di plastica trasparente e collocarle all’ombra ad una temperatura intorno ai 18° C. Rimuovere il telo di plastica
ogni giorno per controllare l’umidità del terreno
ed eliminare la condensa. Una volta che iniziano
a comparire i primi germogli, vuol dire che la
talea ha radicato. A questo punto si trapianta nel
vaso o nel terreno definitivo.
Raccolta e conservazione:
raccogliere le foglie tra maggio e luglio prima o
all’inizio della fioritura. Essiccare le foglie e i fiori in luogo ombroso e ventilato, e conservarli in
sacchetti di carta o di tela. Per l’uso quotidiano in
cucina le foglie vanno raccolte tra la primavera
e l’autunno. Le migliori sono quelle delle cime
e non devono essere lavate ma strofinate con un
panno umido.
menopausa, contro la frigidità e l’impotenza, il
nervosismo, per stimolare la digestione e calmare
gli attacchi di diarrea, contro il tabagismo, la melanconia e la depressione.
Preparazioni e dosi
Per astenie, stati depressivi, stress da superlavoro: infuso 3 grammi per 100 d’acqua, riposo
20 minuti. Bere 2-3 tazzine al giorno. Per infiammazioni orali, tonsillite, faringiti: gargarismi
ripetuti con decotto di foglie bollite in acqua e
vino dolcificando con zucchero o miele. Per sudori notturni: ogni due ore bere mezza tazza di
infuso freddo lasciando infondere per 30 minuti
in acqua bollente (500 grammi.) 20-25 grammi.
di foglie.
Utilizzi
In cucina: le foglie sono usate per aromatizzare i
cibi e facilitarne la digestione. Vengono impiegate
per condire pasta e gnocchi al burro, per preparare sughi, carni arrosto e in umido, pesci, legumi, oli e aceti aromatici. Le foglie possono essere
fritte in pastella.
Per la cura personale e la bellezza: le foglie fresche strofinate sui denti li rendono più bianchi e
purificano l’alito. Il decotto di salvia si usa, in fase
di risciacquo, per mantenere il colore ai capelli
scuri e, picchiettato sulla pelle del viso, esercita
una funzione detergente e astringente.
Proprietà:
tonico generale, antisettico, antispasmodico,
antisudorifero e diuretico. È consigliata in caso
d’asma, infezioni alla bocca, della gola e delle
vie respiratorie, influenza, raffreddore, eczemi, piaghe, ulcere, dermatiti, per regolarizzare
il ciclo mestruale, per alleviare i disturbi della
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39
R
Mauro Corona
recensioni
Elvio Frigerio
[email protected]
40
La fine del mondo storto
Mondadori, 2010 pp. 160 € 18,00
Un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti il
petrolio, il carbone e l’energia elettrica. È pieno inverno, soffia un vento ghiacciato e i denti aguzzi del freddo
mordono alle caviglie. Gli uomini si guardano l’un l’altro.
E ora come faranno? Rapidamente gli uomini capiscono
che se vogliono arrivare alla fine di quell’inverno di fame e paura, devono guardare indietro, tornare alla sapienza dei nonni che ancora erano in grado di fare
le cose con le mani e ascoltavano la natura per cogliere i suoi insegnamenti.
Così imparano ad accendere fuochi, cacciare gli animali, riconoscere le erbe che
nutrono e quelle che guariscono. Resi uguali dalla difficoltà estrema, gli uomini
si incammineranno verso la possibilità di un futuro più giusto e pacifico, che arriverà insieme alla tanto attesa primavera. Il friulano Mauro Corona ancora una
volta stupisce costruendo un romanzo imprevedibile. Un racconto che spaventa,
insegna ed emoziona, ma soprattutto lascia senza fiato per la sua implacabile e
accorata denuncia di un futuro che ci aspetta.
L’autore dal nonno ha ereditato la passione per il legno, diventando uno degli
scultori lignei più apprezzati d’Europa, mentre dal padre gli deriva l’amore per
la montagna Corona è un alpinista e un arrampicatore fortissimo. Grazie ad un
amico giornalista comincia, in punta di piedi, una nuova attività, quella di scrittore, che lo porta alla pubblicazione di sei libri, dal 1997 fino a oggi.
Abbiamo dedicato questo spazio a questo libro perché vincitore del Premio Bancarella, giunto alla 59a edizione un premio a noi caro perché richiama un’attività del nostro Fondatore quando girava per la Spagna a vendere libri infatti
all’autore vincitore viene consegnata la statuetta raffigurante “San Giovanni di
Dio - protettore speciale dei Librai” simbolo del Premio Bancarella. Un premio
organizzato annualmente dalla Fondazione Città del Libro, dall’Unione Librai
Pontremolesi e dall’Unione Librai
delle Bancarelle che viene assegnato a quel libro che a giudizio
dei librai, interpreti sensibili ed
attenti del vasto pubblico dei lettori, abbia conseguito un chiaro
successo di merito ed un grande
successo di vendita.
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Dalle
nostre
a cura di Elvio Frigerio
PRESENTAZIONE DELLA RSA
S. CARLO DI SLOBIATE 42
CURIA PROVINCIALE 45
SAN COLOMBANO AL LAMBRO 47
CERNUSCO SUL NAVIGLIO 49
Case
52BRESCIA
60VARAZZE
62 SAN MAURIZIO CANAVESE
65GORIZIA
67TRIVOLZIO
69OFFERTE
Fra Bernardo Frengulo,Fra Gianni Beltrame, Superiore della
Superiore della casa di riposo di Romano
d’Ezzelino
Residenza
San Carlo di Solbiate
Solbiate
Anniversari
www.fatebenefratelli.it
Residenza sanitaria
assistenziale San Carlo
Borromeo di Solbiate (Como)
L
a R.S.A. “San Carlo Borromeo” fu fondata nel
1917 come “Casa della Salute”; si trova al limite della Provincia di Como, sulla direttrice
Como-Varese, in prossimità del confine svizzero; il
complesso residenziale, composto da più padiglioni
tra essi collegati e contornati da un ampio parco, è
situato a 440 metri s.l.m. sulle colline delle Prealpi
lombarde, a circa 50 km da Milano.
La struttura eroga in regime di ricovero i servizi e le
prestazioni socio-sanitarie necessarie a quei pazienti
non acuti che non possono essere curati a domicilio.
Il numero dei posti letto accreditati con il Servizio
Sanitario Regionale della Lombardia è di 212, di cui
21 organizzati in un nucleo dedicato ai pazienti affetti dalla sindrome di Alzheimer.
Gli ospiti ricoverati sono tutti non autosufficienti.
I collaboratori dipendenti sono circa 170 unità, integrati da alcuni liberi professionisti; l’assistenza medi-
ca è garantita 24 ore su 24.
La Residenza è in grado di assistere anche quei pazienti che, ricoverati in ospedale per episodi acuti,
fratture, ictus, sindromi dismetaboliche gravi, non
possono essere dimessi a domicilio senza possibili
rischi di reiterati ricoveri e carenze assistenziali.
La R.S.A. offre un qualificato Servizio di Riabilitazione in idonea palestra attrezzata e un attivo Servizio
Animazione diversificato – in ampi spazi dedicati
– alle diverse caratteristiche psico-cognitive degli
ospiti.
L’individuazione delle criticità e l’ottimizzazione dei
servizi è oggetto di periodica attenzione da parte
della Commissione locale per l’etica assistenziale
che si avvale anche delle indicazioni del Consiglio
degli ospiti e dei familiari.
È attivo un gruppo di volontari principalmente de-
Fatebenefratelli
Fatebenefratelli
Luglio
Aprile
• Settembre
• Giugno2011
2011
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Solbiate
a cura di Anna Marchitto
dicato ad attività di pastorale ospedaliera ispirata al
Carisma di San Giovanni di Dio.
Assistenza Religiosa
È garantita ad ogni ospite libertà di culto. La cappella della struttura è sempre accessibile. Il Cappellano provvede al dialogo
e alla catechesi nonché
ai bisogni spirituali degli
ospiti. Tutti possono partecipare alle Sante Messe
ed è prevista un’attività pastorale a cadenza
mensile con vari incontri
di carattere religioso.
Assistenza Sanitaria
Servizio Medico Interno - L’assistenza medica è garantita 24 ore su 24 da un medico
residente. Dalle ore 8 alle ore 20 tale servizio è assicurato dalla turnazione costante di tre medici che si occupano dell’accettazione, della definizione del piano
assistenziale individuale, dell’assistenza
diagnostico-terapeutica attraverso visite
internistiche, esami ematochimici e strumentali
periodici. Il medico del turno notturno gestisce le
eventuali urgenze sanitarie e prosegue il monitoraggio dei parametri clinici dei pazienti in condizioni critiche.
Servizio Medico Specialistico - La residenza si avvale della collaborazione di medici specialisti: fisiatra, geriatra, endocrinologo e psichiatra.
Su iniziativa del servizio medico interno vengono
attivati altri servizi medico-specialistici, erogati
dal servizio sanitario nazionale. L’ospite, natural-
44
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
mente, può richiedere a proprie spese prestazioni
specialistiche alternative a quelle fornite normalmente.
Servizio Infermieristico - La struttura si avvale di
un pool di infermieri che svolgono un ruolo tecnico e relazionale nonché di supervisione delle attività assistenziali svolte
dal personale ausiliario.
Gli infermieri si distinguono dal colore azzurro
della divisa.
Servizio Assistenziale Nella nostra struttura
operano circa 100 ausiliari socio-assistenziali
in possesso di
attestato professionale rilasciato dalla Regione
che, alternandosi con turnazioni
regolari nelle 24
ore, assicurano
una
costante
assistenza
agli
ospiti e continua attenzione ai loro bisogni. Tali
operatori si distinguono dalla divisa bianca.
Servizio Farmaceutico - Un consulente medico farmacista garantisce la corretta conservazione e gestione dei farmaci dispensati dal servizio sanitario.
Servizio di Animazione - Il servizio animazione si
concretizza mediante la lettura di quotidiani e libri, attività ludica di gruppo, ascolto di musica ed
esecuzione di brani corali, attività manuali, organizzazione di spettacoli ed occasionalmente vengono proposte brevi gite sul territorio.
Curia Provinciale
a cura di Elvio Frigerio
Verso un federalismo solidale
A Milano presso la Curia Arcivescovile si è svolta, lo
scorso 10 giugno, l’Assemblea del Tavolo Lombardo
delle Istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana, anche i Fatebenefratelli erano presenti all’incontro.
Riportiamo alcuni passaggi dell’intervento sul tema
“Le Istituzioni di cura cattoliche: fedeltà al carisma
nell’oggi e nelle prospettive future”, pronunciato da
don Andrea Manto, Direttore nazionale dell’Ufficio
CEI per la Pastorale Sanitaria.
«La nostra presenza di Chiesa è legata sempre più
strettamente proprio alla
missione delle strutture
socio-sanitarie ecclesiali… da sottolineare è che
senza “anima”, senza una
loro credibile e specifica
identità che ne vivifichi
e ne attualizzi la presenza e il servizio, queste
strutture non vivranno a
lungo. Esse rischiano di venir travolte da una logica
puramente aziendale ed industriale che progressivamente ne annullerà la specificità e finiranno per
scomparire o per essere vendute quando non reggeranno la pressione del mercato. È necessario dunque
andare in profondità, alle radici del carisma che le ha
generate… Ad esse sicuramente va legata la capacità di rispondere a nuovi bisogni, a nuove domande,
a nuovi scenari, proprio puntando sulla parola del
Vangelo che li muove, sul mandato “andate e curate
gli ammalati”, sulla specificità e sulla sensibilità che i
Fondatori delle opere hanno insegnato. Bisognerà individuare quali risposte nuove e profetiche esse pos-
sono dare alle nuove povertà, fidandosi della Provvidenza, che premia, chi si apre con coraggio a servire
i fratelli nella carità. Un altro elemento di profezia
è lo spirito di comunione tra le opere, la sinergia tra
i carismi di ogni istituzione, perché oggi nella complessità della realtà attuale nessuno ha tutte le risposte per ogni situazione. Quindi, andranno pensati
percorsi di presa in carico assistenziale globale, che
possono nascere proprio facendo sintesi tra carismi
e facendo emergere nuove sinergie tra essi… Nella
misura in cui gli ospedali
religiosi di queste regioni (Lombardia e Veneto)
riescono, in comunione
tra di loro, a dialogare
con l’ente pubblico, potranno diventare anche
un laboratorio e un modello per tutte le strutture sanitarie in Italia
verso l’elaborazione di quella forma di “federalismo
solidale” auspicata dai Vescovi.
Una testimonianza di pace
Il Superiore Provinciale ha raccontato l’esperienza
dei Fatebenefratelli a Nazareth, dove i religiosi gestiscono da oltre un secolo l’ospedale “Sacra Famiglia”. L’occasione è stata il “Business Forum” dedicato ai rapporti tra Italia e Israele, che si è svolto, lo
scorso 14 giugno, a Palazzo Mezzanotte, organizzato
dal Ministero dello Sviluppo Economico della Repubblica Italiana, dal Ministero dell’Industria e del
Commercio e del Lavoro dello Stato d’Israele, in
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
45
Curia Provinciale
collaborazione con Promos-Camera di Commercio
di Milano, Assolombarda e Istituto nazionale per
il Commercio Estero e con la partecipazione della
“Israel-Italy Chamber of Commerce and Industry”..
«La popolazione si sente profondamente legata
alla nostra istituzione – ha sottolineato fra Giampietro nel suo intervento – perché siamo molto più che un semplice
ospedale: siamo l’esempio concreto che la gente di qualsiasi etnia e
religione può vivere e lavorare insieme in modo
pacifico e cordiale. Ogni
giorno Ebrei, Arabi, Musulmani e Cristiani di
ogni confessione lavorano insieme, prendendosi
cura gli uni degli altri,
senza discriminazione,
né odio.
Il motivo per il quale i religiosi Fatebenefratelli si
stanno impegnando – ha concluso il Provinciale –
è il sentire che si può collaborare per la pace nel
Mediterraneo, sull’esperienza dell’ospedale di Nazareth».
Fra Gilberto Veneri nominato
Definitore Provinciale
Il Definitorio Generale ha accolto e ratificato la nomina di fra
Gilberto Veneri, già Segretario Provinciale, a quarto Definitore
Provinciale, nomina resa necessaria dopo la rinuncia di fra
Massimo Villa. Il qualità di Vicario Provinciale subentra il
confratello fra Kristijan Sinkovic’.
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Fatebenefratelli Luglio
Aprile •• Giugno
Settembre
2011
2011
San Colombano al Lambro Centro Sacro Cuore
di Gesù
Anniversari
a cura di Anselmo Parma o.h.
Pellegrinaggio a casa
del Papa Buono
Una cinquantina di ospiti con alcuni collaboratori accompagnati dal nostro cappellano fra Anselmo Parma
si sono recati in pellegrinaggio a Sotto il Monte, paese
natale del Beato Giovanni XXIII, o come preferiscono i
nostri ospiti: il Papa Buono.
Venerdì 11 giugno il tempo è stato clemente, per cui
abbiamo ringraziato il Signore per l’eccezionale grazia.
All’arrivo siamo stati accolti da un sacerdote missionario del Pime, il quale con la sua bonarietà e dolcezza
ci ha illustrato la vita del Beato e ci ha accompagnato nella visita. Abbiamo potuto visitare la stanza dove
nacque il Beato e ammirare diversi paramenti utilizzati
quando era Patriarca e poi Papa.
Nella bella chiesa abbiamo celebrato la S. Messa presieduta da fra Anselmo: dopo il vangelo il Padre mis-
sionario è intervenuto per comunicarci che era la
ricorrenza del suo 27° anno di sacerdozio e il giorno
successivo avrebbe compiuto gli anni; subito è scoppiato un applauso di gioia e di condivisione provocando nel sacerdote un forte momento di commozione.
Adiacente alla chiesa una grande sala dove vi si trovano oggetti che ricordano grazie e favori ricevuti per
intercessione del Beato.
Non poteva mancare un momento di condivisione fraterna e di amicizia in un buon ristorante nel quale abbiamo gustato abbondanti cibi locali e condiviso una
gioia non comune coi nostri ospiti.
L’impegno della giornata non era concluso, prevedeva
anche una visita speciale: ci siamo recati al vicino Santuario della Madonna del Bosco. Una preghiera mariana per tutti ed infine fra
Anselmo ha recitato a
nome di tutti i presenti
la preghiera di consacrazione, di affidamento
alla Madonna del nostro
Centro.
Dopo le foto di rito siamo rientrati a San Colombano nel tardo pomeriggio, affaticati ma
soddisfatti e ricchi per
una giornata fatta di serena amicizia e animati
da un rinnovato impegno
Fatebenefratelli
Fatebenefratelli
Luglio
Aprile
• Settembre
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ANNIVERSARI
San
Colombano al Lambro Centro Sacro Cuore di Gesù
a cura di Elvio Frigerio • www.fatebenefratelli.it
nel consolidare la nostra “Famiglia di San Giovanni di
Dio”.
Dal cuore il nostro più vivo ringraziamento al Signore
per i religiosi che hanno favorito e permesso questa
iniziativa.
De Paoli Giuseppe del G.P.L.
Giornata della riconoscenza
Quando si festeggiano le ricorrenze può capitare di
sentirsi un po’ ripetitivi, di pensare che stiamo usando le solite parole, percorrendo sentieri già conosciuti e battuti… in parte è vero, però si presenta sempre qualcosa che mette nell’avvenimento una punta
di novità, quel soffio d’aria diversa che viene a tirarci
fuori quasi nostro malgrado, dai pensieri e dagli
atteggiamenti scontati...
È quello che ci è successo lo scorso 1° luglio festa
del Sacro Cuore di Gesù.
Nell’occasione abbiamo
ricordato e festeggiato
Brusa Walter, Cecchini
Dario, Di Cosimo Vito,
Sperlecchi Vittorio, Velia Giuseppina; cinque
collaboratori che hanno
raggiunto il loro venticinquesimo anno di servizio.
La nostra chiesa era gremita dagli ospiti, amici e
dalla presenza di diversi confratelli. La Santa Messa
è stata presieduta da fra Gilberto Veneri con la partecipazione dei parroci della zona, da don Lino, fra
Anselmo.
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Fatebenefratelli Luglio
Aprile •• Giugno
Settembre
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2011
Fra Gilberto, nell’omelia, ha sottolineato come la
“fiamma” d’amore del Cuore di Cristo dovrebbe
prendere posto al nostro pensare e agire presso chi è
nella sofferenza. Tale calore di Dio dovrebbe essere
premessa, in particolare, per vivere più intensamente l’importanza dell’Anno Giubilare della Famiglia
di San Giovanni che unisce collaboratori, religiosi e
ospiti in questa famiglia segnata dal nobile carisma
di San Giovanni di Dio: l’Ospitalità.
Al termine il Superiore Provinciale fra Giampietro
Luzzato con il Superiore del centro fra Benvenuto
Fasson hanno presieduto alla consegna della medaglia d’oro e della pergamena ricordo ai collaboratori
festeggiati, segno di gratitudine per l’opera svolta a
servizio dell’ospitalità, un segno arricchito dai doni
provenienti dal Giubileo della famiglia ospedaliera.
La festa è continuata in allegria.
Il Gruppo Pastorale
Cernusco Sul Naviglio CentroAnniversari
S. Ambrogio
A cura di Giovanni Cervellera
Progetto “Le Villette”:
un’esperienza di comunità
10 anni fa iniziava il trasferimento del Centro S. Ambrogio nella nuova sede.
Tra fine luglio e inizio agosto 2001 il primo gruppo
di ospiti ed operatori andava ad occupare la nuovis-
sima Residenza Le Villette, primo nucleo del Centro
Sant’Ambrogio, lasciando la storica Villa Alari e il vecchio Istituto: un cambiamento radicale, già evidente
nella scelta architettonica di eliminare dalla nuova
struttura qualunque connotato di tipo ospedaliero.
12 appartamenti, dove non c’era uno spazio specifico per gli operatori, delle vere case in cui si doveva
insediare una popolazione molto disomogenea per
caratteristiche di età, storia clinica e istituzionale,
possesso di autonomie, di motivazioni e di obiettivi
realisticamente perseguibili.
Il gruppo di lavoro scelse di valorizzare la dimensione del piccolo gruppo e la condivisione della vita
quotidiana come l’elemento cardine di un processo terapeutico/riabilitativo, senza
perdere di vista obiettivi concreti
ed immediati: se volevamo che gli
appartamenti fossero case, gli ospiti dovevano imparare in fretta a
rendersi accettabilmente autonomi
per i propri bisogni di base. Inizialmente ogni gruppo fu stimolato a
trovare una propria organizzazione
e gli ospiti incoraggiati ad esercitare le loro capacità anche a sostegno
dei compagni meno abili.
Nel tempo si sono andate precisando modalità di intervento strutturate, come regolari riunioni di
gruppo per programmare le varie
attività e affrontare i problemi relazionali di convivenza.
In questi anni la popolazione degli ospiti è quasi interamente cambiata, molti sono andati a vivere in
una casa propria, altri in strutture meno assistite.
La domanda che ci siamo posti all’inizio, se la casa
potesse essere terapia, ha trovato in questi 10 anni
una risposta: un’esperienza di continuità, di accoglienza, la relazione e la quotidianità condivisa sono
modalità di cura possibili per persone con un’esperienza esistenziale segnata da fratture, fallimenti,
abbandoni.
Fatebenefratelli
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ANNIVERSARI
Cernusco
Sul Naviglio Centro S. Ambrogio
a cura di Elvio Frigerio • www.fatebenefratelli.it
Centocinquantesimo
L’inno d’Italia è da sempre uno dei cavalli di battagli del nostro “coro ospiti” e quest’anno ci voleva un’occasione speciale per poterlo eseguire
con vigore e fieri di appartenere al popolo della
penisola più bella del mondo. Così, quando ci è
arrivata la proposta del coro “Dante Galletta” di
Cernusco abbiamo subito colto l’occasione per
ospitare un gruppo di amici che con fedeltà accompagnano le liturgie del nostro Centro e per
poter inserire anche qualche brano dei nostri.
L’8 giugno si è potuto realizzare questa bella occasione. Il coro “Dante Galletta” si era già sperimentato in questo concerto offerto alla città di
Cernusco, ma hanno adeguato il repertorio per
poter eseguire alcuni canti insieme. I nostri cantori interni non si sono lasciati scoraggiare dal
confronto e si sono cimentati in una bella apertura con l’Inno di Mameli e alla fine si sono riaggregati per altre due canzoni della tradizione popolare.
Nel mezzo una serie rappresentativa del bel canto
italiano con brani da Va Pensiero alla Bella Gigogin,
dalla tradotta al ponte di Bassano e altri. Grande cura
nella direzione del coro da parte del Maestro Bianca
Raule e saggio ritmo nell’accompagnamento musicale di Cristina Zecchilli al pianoforte.
Adesso bisognerà replicare in diverse occasioni senza
aspettare un altro centenario da festeggiare.
Torneo di calcio a cinque
Dopo il grande successo dello scorso anno torna il
torneo di calcio a cinque con squadre interne del
Centro. Alla seconda edizione hanno partecipato
sei formazioni che si sono alternate nelle partite
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Settembre
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in un girone all’italiana. Ha vinto la squadra delle
Villette, anche se il capocannoniere per la seconda volta è stato della squadra San Raffaele 3/4.
La voglia di combattere è stata tanta, fin troppo,
al punto che qualcuno ha subito delle ammaccature e il
tifo degli
amici sia
ospiti che
o p e rat o ri come
pure volontari e
familiari
ha dato ancora più carica ai giocatori. Le partire
sono state giocate nei venerdì tra maggio e giugno, mentre giovedì 30 giugno con una grande
festa di applausi e cori c’è stata la premiazione.
C’erano medaglie un po’ per tutti e alla fine un
generoso brindisi.
Centro per i Disturbi alimentari
I disturbi del comportamento alimentare, in breve
DCA (anoressia, bulimia, BED) sono patologie che
esprimono attraverso il corpo un disagio profondo della persona, nella sua globalità psicofisica e
nel suo contesto di vita, sia familiare che sociale.
Dato l’aumento dei casi negli ultimi vent’anni e la
complessità della patologia, è necessario un inquadramento multidisciplinare.
Nel corso dei mesi di maggio e giugno 2011, per
un totale di cinque incontri, presso il nostro Centro S. Ambrogio, si è tenuto un corso introduttivo ai DCA; il corso, che proseguirà in ottobre in
Cernusco Sul Naviglio CentroAnniversari
S. Ambrogio
vista della imminente apertura del Centro per i
Disturbi alimentari, ha interessato numerosi partecipanti, soprattutto tra educatori professionali
ed infermieri.
Tale formazione, molto impegnativa data la complessità delle tematiche, si è rivelata coinvolgente e stimolante per ulteriori riflessioni ed approfondimenti.
I docenti del corso sono stati individuati all’interno del gruppo di lavoro del “Centro per i disturbi
del comportamento alimentare e della nutrizione” del San Gerardo di Monza, dove un’equipe
specialistica (nutrizionista, dietista, psicologo,
psichiatra) segue i pazienti mediante un approccio
multidisciplinare. A sua volta, il Centro di Monza
si avvale della collaborazione della Fondazione
Maria Bianca Corno, di Monza (www.fondazionemariabiancacorno.org), che opera nel campo dei
disturbi del comportamento alimentare dal 1997.
Il modello metodologico, che si sviluppa attraverso l’utilizzo delle diverse professionalità e
pone grande attenzione alla dimensione medicobiologica ma anche a quelle psicologica e sociale,
prevede interventi individuali ambulatoriali ma
anche residenziali, con particolare attenzione al
coinvolgimento della famiglia.
Fatebenefratelli
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ANNIVERSARI
Brescia IRCCS San Giovanni di Dio
aAcura
curadidiElvio
Giosuè
Frigerio
Caletti
• www.fatebenefratelli.it
Erasmus Mundus Master
L’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli è stato visitato lo scorso 10 maggio da un gruppo internazionale di studenti
di un Erasmus Mundus Master di Bioetica. La
giornata era collocata all’interno del corso di
Research Ethics del Master coordinato, per
l’Università di Padova, da Corinna Porteri e
Paolo De Coppi. Gli studenti che sono stati a
Brescia provengono da diversi paesi del mondo: dall’Africa, dall’Europa, dall’India, dagli
Stati Uniti, dall’America Latina, dalla Cina, dalle Filippine, dall’Indonesia, dalla Macedonia e
dalla Palestina.
La loro formazione di base e la loro attuale
professione nei rispettivi Paesi afferiscono a
aree diverse: medica, filosofica, teologica, giuridica. Tutti però sono accomunati dalla scelta di approfondire gli aspetti etici relativi alla
pratica clinica, alla ricerca e alle nuove possibilità della scienza e della tecnica.
Gli studenti hanno visitato il nostro Centro per
vedere dall’interno di un istituto come sia possibile rispondere ai problemi posti dalla malattia mentale e quale possa essere un approccio
globale a disordini, quali i disordini della mente, che sono caratterizzati da una molteplicità
di fattori biologici, individuali, sociali e ambientali.
La giornata è stata coordinata dall’Unità di
bioetica dell’istituto, con Corinna Porteri. Gli
studenti hanno quindi potuto seguire la presentazione di alcune delle attività di ricerca del Centro nell’ambito della demenza e
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in particolare dei problemi legati alla comunicazione della diagnosi precoce al paziente con Giovanni Frisoni e nell’ambito della
malattia mentale con Giovanni Di Girolamo.
La visita è proseguita con la presentazione delle attività di ricerca dei laboratori di neuropsicologia con Debora Brignani e collaboratori,
e dei laboratori di genetica, neurobiologia e
proteomica con Luisella Bocchio, Luisa Benussi
e Roberta Ghidoni. Gli studenti hanno infine
visitato i residence Pampuri e Bonardi per la
riabilitazione psichiatrica con Giuseppe Rossi,
Rosaria Pioli e collaboratori.
L’Università di Padova, con il coordinamento di
Corrado Viafora è il partner italiano di questo
Master europeo. Le altre due università che
fanno parte del gruppo promotore dell’Erasmus
Mundus Master in Bioethics sono l’Università
Cattolica di Leuven, in Belgio, e l’Università di
Nijmegen, in Olanda, dove gli studenti hanno
trascorso i primi sei mesi del programma.
Importante visita all’IRCCS
Il Direttore Generale dell’ASL di Brescia dott.
Carmelo Scarcella nella foto ha fatto visita, lo
scorso 3 giugno, al nostro Centro bresciano.
Fra Marco Fabello, in qualità di direttore generale dell’IRCCS ha presentato brevemente la storia partendo dalle sue origine del 1882 mentre la
dott.ssa Rosaria Pioli ha illustrato i servizi integrati di psichiatria che il Centro di Brescia propone,
dall’unità ospedaliera di rieducazione funzionale
Brescia IRCCS San Giovanni
di Dio
Anniversari
alle comunità protette di alta e media
intensità ad un centro diurno psichiatrico. A seguire il
dott. Orazio Zanetti ha evidenziato la
peculiarità relativa
ai ricoveri di riabilitazione per i malati
di Alzheimer dalla sperimentazione di modelli
di gestione globale del paziente demente (valutazione clinica, neuropsicologica e strumentale,
terapica medica e non) con l’obiettivo di fornire
un livello di cura ed assistenza adeguato alle specifiche necessità all’offrire un adeguato supporto
ai familiari dei pazienti ed agli altri caregivers informali, sia per l’informazione, che per gli aspetti socio-assistenziali, etici e legali. Da ultimo il
dott. Frisoni, in qualità di vice direttore scientifico ha illustrato due progetti di ricerca uno relativo alla psichiatria ed uno relativo all’Alzheimer
che il Centro sta portando avanti con collaborazioni sia a livello europeo che internazionale.
Il dott. Scarcella ha ringraziato per l’invito ed ha
colto l’occasione per ribadire come l’ASL di Brescia sia interessata a nuove proposte di risposta
di salute per la popolazione bresciana, invitando
il Centro Fatebenfratelli a essere portatore di iniziative innovative degne di un centro di ricerca.
Funzionario Ministeriale al
provider della formazione
Si è svolta, lo scorso 3 agosto, la prima visita
ministeriale per la verifica della qualità della
formazione ECM ( educazione continua in medicina) proposta dal nostro Centro.
La scopo della visita rientra nell’ambito del
Corso di formazione per osservatori della
qualità dell’educazione continua. Pertanto,
essa ha avuto principalmente finalità didattiche, oltre a rappresentare un momento di
confronto con il Provider finalizzato ad orientare l’educazione continua in medicina verso
il raggiungimento dell’eccellenza nella qualità
della formazione del personale sanitario.
Fra Marco Fabello, in qualità di responsabile
della formazione ha illustrato l’organizzazione
dell’Ufficio formazione e di come viene preparato il piano formativo annuale, la dott.ssa
Pioli ha invece posto l’attenzione sulla rilevazione dei fabbisogni formativi che viene svolta
ogni anno al fine di proporre eventi formativi
in sintonia con le esigenze del personale, da
un lato, e le esigenze istituzionali, dall’altro. A
seguire il dott. Caletti ha presentato le procedure e gli indicatori utilizzati dal 2004 ad oggi
in sintonia con la normativa ISO 9001:2008 e
gli standards Joint Commission International.
Da ultimo la dott.ssa Lazzari ha illustrato l’intero percorso di un evento formativo con le
sue tappe: preparazione, divulgazione, iscrizione, eccetera.
La dott.ssa Luisa Zappinili, responsabile del
gruppo di valutatori, in tutto erano quattro
esperti, si è complimentata per il sito istituzionale che dà una visione completa della
struttura ed inoltre ha considerato eccellente l’intero impianto della formazione che si
evince anche consultando il sito nell’area formazione.
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Brescia IRCCS San Giovanni di Dio
Progetto Leonardo da Vinci
Istruzione e formazione
professionale iniziale e continua
Dr.ssa Chiara Verzeletti - Dr.ssa Laura Pedrini - Dr.ssa Rosaria Pioli
Formazione: strumento per la qualità
Nel nostro Paese, l’introduzione della normativa
dell’Educazione Continua in Medicina (ECM) per
tutte le professioni sanitarie, ha avviato un percorso molto importante per la formazione e l’aggiornamento professionale e per una crescita culturale e
scientifica degli operatori sanitari.
Tuttavia per tutti coloro che, a qualsiasi titolo si occupano di cura assistenziaria e abilitazione di persone con problemi di salute, esiste un’ altra norma di
tipo etico deontologico, che impegna tutti e ciascuno a migliorare la qualità del proprio intervento, per
fornire risposte più adeguate ai bisogni di salute.
Ciò può avvenire con un percorso di formazione
continua di tipo tecnico e professionale, ma anche
attraverso un percorso di crescita personale e umana, che si realizza per mezzo di progetti formativi
personali fondati sul confronto, lo scambio, il dialogo, la verifica delle proprie pratiche, l’apertura a
nuove esperienze, la capacità di imparare dai propri
errori, la discussione partecipata all’interno di un
gruppo di lavoro.
La partecipazione al Progetto Leonardo, è stata una
significativa occasione di scambio, di confronto e di
riflessione, efficace nell’evitare il rischio della autoreferenzialità, per commisurarsi con altri modelli e
per apprendere dalle esperienze di altri.
Ricevere la visita di altri gruppi ha rappresentato una
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opportunità di preparazione personale e del proprio
servizio, è stato inoltre utile per imparare a vedere il proprio operato con gli occhi di altri, fornendo
un’occasione di miglioramento significativo, ricordando sempre ciò che diceva A. Donabedian: “Stiamo facendo bene la cosa giusta?”.
Ognuno può e deve trovare la propria risposta.
Che cos’è il programma Leonardo da
Vinci ?
Il progressivo avanzamento delle conoscenze avvenuto negli ultimi decenni nell’ambito della geriatria ha imposto una sempre crescente richiesta di
competenze professionali da parte degli operatori
impegnati in questo settore assistenziale. Parallelamente, le difficoltà incontrate dai familiari e nella gestione del paziente anziano affetto da disturbi
neurologici e/o psichiatrici, hanno reso evidente la
necessità di interventi rivolti a loro sostegno.
Per fronteggiare questa necessità, alcune organizzazioni ubicate in Spagna, Francia e Italia, si sono
unite per costituire un partenariato. Tali organizzazioni sono impegnate nella cura di persone anziane residenti al proprio domicilio, oppure ospiti
di strutture residenziali e hanno modo di conoscere direttamente le difficoltà degli operatori, degli
utenti e dei loro familiari.
Il Programma Leonardo da Vinci è un Programma
Brescia IRCCS San Giovanni di Dio
di Istruzione e Formazione Professionale Iniziale e
Continua; fa parte del Programma Comunitario di
Apprendimento Permanente – Lifelong Learning
Programme – e prevede attività di formazione organizzate congiuntamente tra diversi Paesi Europei, uniti in partenariato.
L’obiettivo principale è rafforzare l’attrattiva, la
qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e di
formazione professionale, migliorare la trasparenza, i sistemi di informazione e di orientamento, il
riconoscimento delle competenze e delle qualifiche, nonché a rafforzare la dimensione europea.
Le azioni di formazione sono state rivolte ad operatori professionali, volontari e familiari impegnati
nel campo dell’assistenza geriatrica e/o psichiatrica.
Il programma è iniziato nell’agosto del 2009 e si
è concluso a luglio 2011 ed ha ricevuto un finanziamento dall’Agenzia Nazionale Lifelong Learning
Programme (LLP).
Il programma è stato coordinato dall’Università
Cattolica di Murcia (Spagna), nella persona del
prof. Juan Dionisio Aviles Hernandez, Direttore
della Cattedra di Geriatria e Gerontologia dell’Università ed ha previsto il coinvolgimento di due
partner:
• SARL SER-IRSA , nella persona del dr. Andrè
Ruiz - Lunel-Viel (Francia)
• IRCCS “Centro San Giovanni di Dio” Fatebenefratelli, nelle persone di dr.ssa Pioli e dott. Zanetti - Brescia (Italia).
Gli obiettivi del Programma Leonardo da Vinci,
sono i seguenti:
• sostenere coloro che partecipano ad attività di
formazione nell’acquisizione e utilizzazione di
•
•
•
•
•
•
•
•
conoscenze, competenze e qualifiche per facilitare lo sviluppo personale e la partecipazione
al mercato del lavoro europeo;
sostenere il miglioramento della qualità e
l’innovazione nei sistemi, negli istituti e nelle
prassi di istruzione e formazione professionale;
incrementare l’attrattiva dell’istruzione e della
formazione professionale e della mobilità per
datori di lavoro e singoli ed agevolare la mobilità delle persone in formazione che lavorano;
migliorare la qualità e aumentare il volume
della mobilità, in tutta Europa, delle persone
coinvolte nell’istruzione e formazione professionale iniziali e nella formazione continua, in
modo che entro la fine del Programma di Apprendimento Permanente i tirocini in azienda
aumentino, raggiungendo almeno il numero di
80.000 unità l’anno;
migliorare la qualità e aumentare il volume
della cooperazione tra istituti od organizzazioni che offrono opportunità di apprendimento,
imprese, parti sociali e altri organismi pertinenti in tutta Europa;
agevolare lo sviluppo di prassi innovative nel
settore dell’istruzione e formazione professionale e il trasferimento di queste prassi anche
da un paese partecipante agli altri;
migliorare la trasparenza e il riconoscimento
delle qualifiche e delle competenze, comprese quelle acquisite attraverso l’apprendimento
non formale e informale;
incoraggiare l’apprendimento di lingue straniere moderne;
promuovere lo sviluppo, nel campo dell’apprendimento permanente, di contenuti, servizi, soluzioni pedagogiche e prassi innovativi.
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ANNIVERSARI
Brescia
IRCCS San Giovanni di Dio
a cura di Elvio Frigerio • www.fatebenefratelli.it
Dr.ssa Pioli
Dr Zanetti
Depressione nel paziente anziano
Attuali ricerche circa l’istituzionalizzazione degli
anziani affetti da Alzheimer
Disturbi psicomotori nell’anziano
La valutazione del livello di autonomia dell’anziano
affetto da Alzheimer
Obiettivi
specifici del
Stigma e discriminazione
neiprogramma
confronti del paziente
La gestione non farmacologia del paziente anziano
Ilanziano
nostro Istituto,
ha disturbi
organizzato
azioni di formazio- affetto da Alzheimer
affetto da
psichiatrici
ne
seguenti
attraversodel
modalità
di anziano
atelier, Modalities for a pluridiscilinarity of partners in
Lasui
gestione
nontemi,
farmacologia
paziente
formazione
a distanza,
conferenze, viaggi-studio front the prevention of fragility
affetto da disturbi
psichiatrici
presso le organizzazioni del partenariato:
La gestione dell’equipe che si occupa del paziente
DR.SSA PIOLI DR ZANETTI
anziano affetto da disturbi psichiatrici
Depressione nel paziente anziano
Attuali ricirca l’istituzionalizzazione
af- le loro valutazioni rispetto ai bisogni formativi, alle loro
Icerche
partecipanti
ai corsi di formazionedegli
hannoanziani
espresso
fetti dae Alzheimer
scelte
all’efficacia dell’attività formativa a cui hanno scelto di partecipare, attraverso report e questionari
predisposti.
Disturbi psicomotori nell’anziano
La valutazione
del livellodelle
di autonomia
dell’anziano
affetto da
Rassegna
esperienze
pilota
Alzheimer
Stigma e discriminazione nei confronti del paziente
Esperienze pilota svolte da operatori
Esperienze pilota svolte presso l’IRCCS
anziano affetto da disturbi psichiatrici La gestione
dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio
Centro San Giovanni di Dio
non farmacologia
del paziente–anziano
Fatebenefratelli
Bresciaaffetto da
Fatebenefratelli - Brescia
Alzheimer
missioni,non
hanno
partecipato del
medici,
psicologi,
LaAlle
gestione
farmacologia
paziente
anziano Abbiamo ospitato i Responsabili del Progetto Leonardo,
educatori, infermieri, coordinatori, assistente sociale,
infermieri, operatori sanitari, terapisti della riabilitazione,
affetto da disturbi psichiatrici Modalities for a
ricercatori
psicologi, personale amministrativo
pluridiscilinarity of partners in front the prevention
23 e 24 Ottobre 2009
of23-24
fragility
Ottobre 2009 - Perpignan (Francia)
Riunione organizzativa per pianificare le esperienze
organizzativa
LaRiunione
gestione
dell’equipe che si occupa del paziente pilota
anziano affetto da disturbi psichiatrici
20-22 Maggio 2010 - Montferrier - sur- lez (F)
Visita all’Associazione “Les Chenes Verts”, Maison de
Retraite, Missions Africanes
29 Aprile 2010
Attività svolte presso l’Unità di Bioetica e presso il Day
Hospital geriatrico
2-5 Giugno 2010 - Nizza (F)
Visita al Centre medico-Psychologique “La Bellagio”
4-5 Maggio 2010
Attività svolte presso il reparto Alzheimer e il reparto di
psicogeriatria.
Visita ai laboratori di ricerca.
16-19 Giugno 2010 – Bucarest (R)
Congrès International de Gérontologie et de Gériatrie
21-23 Settembre 2010
Attività svolte presso l’Unità di Bioetica e presso il Day
Hospital geriatrico.
Visita ai laboratori di ricerca e alle strutture residenziali
psichiatriche.
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Fatebenefratelli Luglio
Aprile •• Giugno
Settembre
2011
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Brescia IRCCS San Giovanni
di Dio
Anniversari
27-28 Maggio 2010 - Murcia (ES)
Partecipazione al Congresso “Abordaje de la fragilidad
en gerontologia: el equipo interdisciplinario como
harramienta fundamental”
3-4 Novembre 2010
Attività svolte presso il reparto Alzheimer e il reparto di
psicogeriatria.
Visita ai laboratori di ricerca.
21-23 Febbraio 2011 - Perpignan (F) e Barcellona (ES)
Visita alla Villa Saint Francois Etablissement Hebergeant
des Personnes Ages Dependantes e Fundacio ‘Alba’ Pg de
la Vall d’Ebron
17-18 Marzo 2011 - Nizza (F)
Visita al Centre medico-Psychologique “La Bellagio”
11-12 Aprile 2011- Murcia (ES)
Univarsidad Catolica San Antonio de Murcia (UCAM) Visita alla Residenza S. Basilio e all’Area Psicogeriatria
dell’IMAS
13-16 Aprile 2011 - Chirac (F)
Visita alla Maison de Retraite “Villa Saint Jean”, Chirac
Marvejols; Maison de Retraite “Le Réjal”, Ispagnac;
Maison de Retraite “L’Adoration”, Mende
Riflessioni
I temi principali, oggetto di approfondimento e discussione con gli operatori incontrati, hanno avuto
come tema dominante la persona anziana, con particolare attenzione ai temi della fragilità, della depressione e della demenza.
Nelle diverse esperienze sul territorio francese, abbiamo potuto notare una rilevante attenzione alla
privacy e alle modalità di circolazione delle informazioni; soffermarsi sul significato dei concetti di centralità del paziente, di trattamento dei dati personali,
sulle capacità decisionali delle persone, sulle volontà
di pazienti e familiari, ci ha orientato verso un mag-
giore spazio alla singolarità della persona, che, nell’avvicendarsi delle prestazioni routinarie, viene posta in
secondo piano rispetto alle esigenze del servizio.
La presentazione dei protocolli standardizzati (attuabili in forma manuale o informatica) volti a valutare
in modo multidimensionale la condizione di fragilità
della persona anziana e del paziente affetto da patologie invalidanti, è stato interessante; altresì, l’utilizzo della cartella informatizzata, (in uso nella maggior
parte delle strutture visitate), ci ha permesso di esaminare, osservandone le proprietà e gli usi, gli indubbi
vantaggi nel campo della gestione e del trattamento
dei dati della persona, oltre che fornirci una maggiore
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ANNIVERSARI
Brescia
IRCCS San Giovanni di Dio
a cura di Elvio Frigerio • www.fatebenefratelli.it
tranquillità di fronte a questo nuovo strumento che a
breve tempo sarà introdotto nel nostro istituto.
Un ulteriore motivo di considerazione, ci è scaturito
dall’osservazione di strutture architettoniche dedicate ai pazienti affetti da demenza; notevole ci è parso
l’investimento attuato per rendere gli spazi conformi,
personalizzati, sicuri.
Il nostro percorso conoscitivo si è avvalso anche
dell’osservazione diretta di alcuni metodi terapeutici
di riabilitazione per pazienti affetti da demenza, con
riferimento particolare all’esperienza della cucina terapeutica e del Metodo Snoezelend®.
Attraente è stato conoscere i vari progetti che le realtà francesi e spagnole perseguono nell’ambito della prevenzione delle malattie e nel mantenimento
dello stato di benessere delle persone anziane, armonizzando l’utilizzo di metodi qualitativi e quantitativi e creando un dialogo di maggiore apertura tra
le diverse professionalità.
Il coinvolgimento di tutti noi, partecipanti più o
meno consapevoli di questo ambizioso e innovativo
progetto di formazione professionale a livello europeo, ha prodotto ripercussioni non solo dal punto di
vista professionale.
L’accoglienza, nella doppia accezione dell’essere
accolti e nell’offrire accoglienza, ci ha permesso di
sperimentare nuove frontiere relazionali, implicando
inaspettate energie vitali ed atteggiamenti positivi di
tolleranza e apertura.
Per di più, gli incarichi previsti dal nostro istituto con
la partecipazione di operatori di aree professionali
diverse, ha senza dubbio creato e rafforzato interessanti legami tra le persone, contribuendo a conso-
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Anniversari
lidare la meravigliosa tessitura delle comunicazioni
informali tipica di ogni struttura.
Dal punto di vista formativo, è innegabile l’efficacia
dell’apprendimento diretto sul campo; l’applicazione a più livelli del problem solving, la gestione autonoma di tempi e modalità di conoscenza, la ricerca
di forme comunicative oltre le strutture linguistiche
diverse, l’osservazione diretta e partecipata nelle
strutture ospitanti, la necessaria creazione di un clima collaborativo tra i protagonisti del progetto, ha
generato proprio ciò a cui ogni progetto formativo
tende: il cambiamento.
Altresì, la considerazione che i partner incontrati
hanno del nostro istituto, ci ha incoraggiato ad apprezzare con maggiore consapevolezza e lucidità i
passi che la struttura, nel corso degli anni, ha intrapreso, anche in virtù dell’impegno di ognuno di noi
nell’affinare metodologie operative, al fine di ottimizzare il rapporto con i fruitori dei nostri servizi e
nell’ottica di un globale miglioramento della qualità
della vita.
Mettere in pratica, almeno in parte, ciò che abbiamo
acquisito, rimane un passo difficile.
Ogni operatore che ha fortunatamente potuto partecipare alle missioni, sicuramente si è posto interrogativi, ha attuato confronti, ha portato discussione
nei gruppi di lavoro, ha mostrato la propria esperienza ed ha modificato nella propria modalità operativa, ciò che almeno individualmente era possibile
fare. E forse è già un ottimo risultato. Rimane spesso
la frustrazione di non riuscire a fare di più, a rendere
maggiormente partecipi le direzioni e i colleghi dei
progetti conosciuti e attuati altrove, dove il miglioramento della qualità della vita per pazienti e familiari, si è manifestato attraverso piccoli ma costanti
e precisi cambiamenti.
Fatebenefratelli Aprile • Giugno 2011
58
Brescia IRCCS San Giovanni
di Dio
Anniversari
Pellegrinaggio a Trivolzio
Il 19 maggio 2011 è forse stato il primo giorno estivo
di questo anno meteorologicamente imprevedibile. È
il giorno in cui i Fatebenefratelli dei Pilastroni di Brescia hanno pensato di omaggiare il loro “protettore”
San Riccardo con un pellegrinaggio di ospiti, di devoti,
di assistenti, di simpatizzanti e di frati. Un pullman al
completo ha lasciato Brescia alla volta di Trivolzio e
imboccata l’autostrada, si correva lungo la nostra pianura padana: bella, ricca, assolata, familiare. Resa così
dalle cure e dal lavoro attento e quasi maniacale nei
nostri contadini. Le risaie sono state le protagoniste
assolute di questo percorso, contornato ed impreziosito da campi di profumato maggengo e di numerosi
pioppi che sovente divengono boschi fitti e verdissimi.
Nella chiesa parrocchiale di Trivolzio abbiamo onorato San Riccardo Pampuri e lo abbiamo invocato con
canti e con la celebrazione della Santa Messa. Fra Luca
Beato, il nostro celebrante, ha dimostrato tutta la sua
devozione al Santo con alcune riflessioni particolari
che ci hanno colpito, riferendo tre punti fondamentali della causa di santificazione di San Riccardo Pampuri: angelicamente puro; eucaristicamente pio; apostolicamente operoso.
Questi è un santo giovane (1897-1930), un medico preparato e scrupoloso che faceva bene, anzi al meglio
ogni cosa. E sempre a favore del prossimo, dei più bisognosi. È un santo dei nostri tempi. Davvero i santi
camminano tra noi!
Il pranzo presso il ristorante “Alla corte” ci ha riservato una piacevole sorpresa: il self-service! Soprattutto
gli ospiti hanno apprezzato questa nuova forma di ristorazione: ognuno ha gustato ciò che più gli piaceva,
sedendo ad un tavolo rotondo dove, oltre al sapore,
ha provato la gioia fraterna della condivisione e del-
la conversazione amichevole con i propri vicini. Alla
RSA “San Riccardo Pampuri”, poi, i Fatebenefratelli ci
hanno accolto con la solita, inarrivabile, squisita ospitalità, accompagnata da un fresco brindisi e da dolci
leccornie.
Oggi è un giorno da segnare sul calendario dei nostri
ricordi, con una nota dorata di tanti punti esclamativi.
Di certo siamo tornati a Brescia con un soffio di grazia
in più.
Tina Rumi
Saluto per persone speciali
Una persona davvero speciale: Agnese, del laboratorio Lucena, ha cessato il suo servizio lo scorso primo
gennaio e anche Luigina era già andata in pensione,
nel 2010.
Silvia, “assidua” frequentatrice del Lucena scrive:
«Agnese è stata molto più di una educatrice/operatrice. Lei è stata l’anima del laboratorio. Lei ha avuto,
con ogni ospite, un’attenzione e un rapporto interpersonale che andavano al di là della pura operatività. Agnese è sempre riuscita a trovare il giusto modo
per rapportarsi con ogni singolo ospite: con alcuni
scherzava, con altri parlava in dialetto, c’era chi era
troppo introversa e allora andava con gentilezza
e rispetto, c’era chi invece andava preso di petto…
Agnese sapeva sempre come far aprire un piccolo
spiraglio, quel tanto che potesse portare la persona
ad aprirsi un po’, a mettere un po’ più di attenzione
sul tempo presente lasciando dietro i cattivi pensieri e i dolori personali. Agnese ogni mattina scorreva
l’elenco delle presenze e preparava per ognuna il lavoro della giornata.
Quando si arriva al laboratorio si trova quel sorriso
speciale, quello sguardo attento, quella famigliarità
e quell’affetto che poche persone sanno dare.
Fatebenefratelli
Fatebenefratelli
Luglio
Aprile
• Settembre
• Giugno2011
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ANNIVERSARI
Brescia
IRCCS San Giovanni di Dio
a cura di Elvio Frigerio • www.fatebenefratelli.it
Ad Agnese non sfugge mai se si hai un problema nuovo o se non si sta bene e sempre riesce a far parlare
e pian piano la persona si sente meglio: nessuna medicina è più efficace dell’essere ascoltata e Agnese
ha sempre saputo ascoltare col cuore in mano, come
si dice.
Nello scrivere queste righe la mia commozione è
grande: rivedo il mio percorso e come il mio miglioramento è dovuto principalmente alla frequentazione del Lucena e allo splendido rapporto che Agnese
ha instaurato con me!
Agnese mi aveva assegnato il posto più bello e, soprattutto, accanto alla sua sedia. Per mesi abbiamo
lavorato a gomito. Ogni pomeriggio lei mi chiedeva
come erano andate le mie uscite, la mia domenica,
gli incontri fatti, i nuovi amici che mi creavo fuori.
Tanto abbiamo chiacchierato, pur facendo andare
le mani, ognuna sul proprio lavoro. Col tempo ho
imparato a capire i suoi sospiri, le sue alzate di so-
pracciglio, i suoi risolini. Ho visto quanto impegno
lei metteva per riuscire a far migliorare una persona sulla sua manualità. Ho visto la sua soddisfazione
quando finalmente una persona riusciva a portare a
termine un lavoro, pur tra mille difficoltà».
Un’altra ospite scrive a proposito di Luigina: «Credo
che il suo lavoro non sia stato per niente facile, però
penso che lei sia stata ripagata dalle piccole/grandi
soddisfazioni date dai progressi delle persone da lei
seguite con così tanta passione.
Per me, e penso anche per altri, Luigina è stata una
persona importante, qualche volta severa sempre
avrò il ricordo della sua attenzione, sempre col guizzo del sorriso, della simpatia e dell’affetto».
E allora… per Agnese e Luigina, un saluto affettuoso
e se spesso fischieranno le orecchie sarà l’eco delle
nostre chiacchierate. Tutti vi diciamo un grande e affettuoso grazie
Silvia Fumagalli
Varazze Casa di Ospitalità - B.V. della Guardia
a cura di Agostino Giuliani
Esercizi Spirituali
Attualmente la nostra struttura rientra tra le case religiose di ospitalità a carattere alberghiero ed è dotata
di 70 posti letto e propone anche un ricco calendario
di proposte spirituali (vedi le date sotto indicate) e la
disponibilità ad ospitare gruppi che intendono organizzare esercizi e convegni in proprio. Ricordiamo che
è presente inoltre servizio medico ed infermieristico.
Tutti i giorni viene celebrata la S. Messa.
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Fatebenefratelli Luglio
Aprile •• Giugno
Settembre
2011
2011
14-18 novembre 2011
predicati da Mons. G. Sanguineti (Vescovo Emerito di
Brescia) sul tema: Vi affido a Dio e alla parola della
Sua grazia
28 novembre-2 dicembre 2011
predicati da Don Claudio Doglio sul tema: I Vangeli
della Natività
Varazze Casa di Ospitalità - B.V.Anniversari
della Guardia
Una vacanza da ricordare
C’è un tempo che tutti aspettano con ansia e trepidazione durante l’anno: è il tempo delle vacanze, di quel
periodo quindi dedicato al riposo dopo un anno di lavoro in cui spesso risorse ed energie sembrano pian piano venute meno. L’attesa di questo tempo man mano si
avvicina il periodo delle ferie diviene sempre più dolce.
Succede poi che talvolta tornati dalle sospirate vacanze si percepisca maggior stanchezza più di quando esse
hanno avuto inizio… addebitandone il motivo al luogo,
non proprio così come ce lo immaginavamo, oppure
alla compagnia poco piacevole, o ancora al tempo non
sempre sereno trovato durante il soggiorno.
Lavoro come Operatore Sanitario in una struttura Fatebenefratelli da ormai più di vent’anni ed in tutti questi
anni ho avuto modo di consolidare un forte e radicato
senso di appartenenza all’Ordine Ospedaliero fondato
da San Giovanni di Dio.
Due anni fa decisi di trascorrere una settimana di vacanza insieme ai miei familiari nella Casa vacanze Beata
Vergine della Guardia di Varazze gestita dai Fatebenefratelli.
Arrivavo da un momento difficile della mia esistenza
ed avevo la necessità di trovare riposo” alla stanchezza
fisica e mentale che in modo particolare stavo vivendo.
Ed allo stesso tempo cercare di ritrovare nuova forza
ed energia per proseguire con rinnovato entusiasmo
la mia quotidianità lavorativa, personale, familiare, sociale. Mi era già successo in passato di recarmi in altre
strutture dei Fatebenefratelli e tutte le volte che varcavo l’ingresso della Sede visitata era come… ritrovarsi
a casa, tra riferimenti visivi e persone che seppur sconosciute erano come fossero amicizie di vecchia data.
Così quando per la prima volta due anni fa arrivai qui
a Varazze per il periodo di ferie, fin da subito sentii
questa sensazione, questa percezione di serenità, quella serenità che si ha quando si è nella propria casa.
Quest’anno quindi sono tornato nuovamente e questo
vissuto percepito si è ripetuto ancora una volta.
Mare, passeggiate nel parco, un tuffo in piscina per
godere a pieno delle possibilità che la struttura offre.
Ma anche spiritualità, raccoglimento attraverso la bella chiesa ed i numerosi angoli di pace che si possono
trovare. Il carisma dell’Ospitalità trova concreta dimensione in questa casa vacanze dove non solo i luoghi parlano di San Giovanni di Dio, ma le persone che
vi operano concretamente cercano di incarnarlo e viverlo nella quotidianità questo carisma, accogliendo e
facendo vivere ai propri ospiti un periodo di serenità e
tranquillità.
Un lavoro quindi fatto davvero con passione, quella
passione per l’Ospitalità che San Giovanni di Dio ha vissuto nella sua illuminata esistenza e che quanti operano nelle case Fatebenefratelli si sforzano di vivere nella
propria quotidianità.
Tornerò a Varazze
Filippo Mazzini
Fatebenefratelli
Fatebenefratelli
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San Maurizio Canavese Presidio BV Consolata
A cura di M.Elena Boero
Festa patronale
La solennità della Beata Vergine Consolata
è stata celebrata lunedì 20 giugno con la
Santa Messa alle ore 10,30, presieduta dal
vescovo di Asti mons. Francesco Ravinale.
Ad essa è seguita la benedizione della ceramica raffigurante la Madonna Consolata
dipinta dalla dott.ssa Stefania Zamburlini,
direttore sanitario del Presidio e donato
da Cristina Simone, coordinatrice infermieristica dell’U.O. Reumatologia.
Sono state inoltre consegnate le medaglie
ai collaboratori Anna Bellari, Franco Pintus e Franco Meriano che ricordano
i 25 anni di collaborazione
cnell’ospitalità.
Il Superiore fra Massimo
Villa ha ringraziato collaboratori che ricordano i
25 anni di servizio ed ha
esteso il ringraziamento a
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Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
tutti coloro che quotidianamente svolgono
un “ministero di consolazione” attraverso
la propria professione
trasformando la cura
e l’assistenza in una
esperienza di “salvezza”.
La festa di quest’anno
ha un particolare significato, perché vede la chiusura del cinquantesimo della consacrazione della chiesa e il
settantesimo di fondazione dell’Ospedale;
si inserisce inoltre nelle celebrazioni dell’anno giubilare della “Famiglia di San Giovanni
di Dio”, il cui scopo è quello di rafforzare lo
spirito di collaborazione tra religiosi e operatori, per essere sempre più artefici di una
San Maurizio Canavese Presidio BV
Consolata
Anniversari
Ospitalità rinnovata.
Mons. Francesco Ravinale, durante la celebrazione, ha
ricordato il legame che esiste tra i cristiani e la Madonna, da sempre considerata fonte di consolazione. Dio consola il suo popolo attraverso Maria, che
rimane una certezza nel momento della sofferenza.
La festa della Consolata è un’occasione per ringraziare la Madonna di tutto ciò che da lei riceviamo.
Come nell’esperienza del popolo d’Israele che incontra molte difficoltà nel corso della sua storia, ma alla
fine incontra anche la salvezza, così per noi esiste la
redenzione e la resurrezione. La nostra salvezza è affidata a Maria. Nella sofferenza noi sentiamo che Dio
è Padre, ma è alla Madonna che ci affidiamo. In un
Presidio ospedaliero che porta il nome della Consolata, ogni operatore deve sentire la responsabilità di
essere partecipe della sofferenza del malato e deve
diventare artefice e vero strumento della sua consolazione.
La cura del bonsai
Nel mese di ottobre dello scorso anno un gruppo di
ospiti: Paolo C., Lara M., Domenico M., Angelo V., Bruno C., Tiziana A., Margherita B., Damiano C., Verino D.,
Ornella G., Marino B. e Salvatore C., delle comunità
riabilitative S. Giovanni di Dio e S. Benedetto Menni
del nostro presidio, hanno intrapreso un’esperienza
ricca e coinvolgente “alla scoperta dell’arte Bonsai”.
L’idea è nata, come sovente capita, un po’ per caso e
un po’ per intuizione.
Passando con gli ospiti per Grange di Nole, un paesino dell’hinterland torinese, si incontra il Centro Fuji
Sato e si intravedono gli stupendi bonsai del museo
botanico a cielo aperto. Il richiamo è stato forte e
il pensiero di avvicinarci per esplorare gli spazi e le
eventuali possibilità di interazione ci è parso buono e
promettente. L’accoglienza della signora Dorina e del
maestro Massimo Bandera ci ha permesso di scorgere
nuove opportunità didattiche e di collaborazione.
Si è pensato così di creare un “Gruppo Bonsai” con
l’intento di proporre un graduale avvicinamento alla
conoscenza della natura, dei cicli stagionali, della
storia, della cultura e filosofia dell’arte dei Bonsai.
Tale proposta ha stimolato subito gli entusiasmi degli
ospiti che poi hanno con costanza e continuità aderito al programma didattico proposto da Massimo
Bandera.
I primi incontri sono stati fondamentali per una reciproca conoscenza personale e relazionale con lo scopo di costruire un percorso di significato. A tal proposito, sotto l’aspetto riabilitativo l’attività di gruppo
del Bonsai si è basata sull’idea di saper “prendersi cura
delle piante” per imparare o migliorare a “prendersi
cura di sé”, attraverso lo sviluppo e potenziamento
delle abilità intellettuali e manuali di ognuno.
Sono evidenti nel gruppo lo sforzo, la fatica e la pazienza nel mantenere l’attenzione e la concentrazione
utili per assolvere a tale impegno, ma quando si vedono i risultati attraverso lo sviluppo e la crescita della vita della pianta grazie ai propri meriti emergono
soddisfazione, orgoglio personale, senso di responsa-
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millenni, conservando come preziosità
segni del tempo. Un
albero secolare che
evoca una fantastica
ed impossibile lotta
tra la vita e la morte,
dove shari e jin, l’anima della pianta, i
rami secchi e la parte morta del tronco,
testimoniano una
vita austera, e la parte viva contrasta per la propria
positività del verde, della vita. La povertà della figura,
semplice e complessa allo stesso tempo, ma sempre
naturale. L’albero sembra inchinarsi, un atteggiamento quasi solitario, un inchino che passa da un mero
tributare onore a diventare nostro maestro, perché
tutto può essere oggetto di venerazione. Inchinarsi
aiuta a sbarazzarsi delle proprie idee egocentriche.
Non è una cosa facile, ma è cosa seria. Non conta il
risultato, ma lo sforzo di migliorarci».
≤
bilità e autostima, fattori questi indispensabili
per un continuo stimolo
per gli ospiti che in molti casi riescono anche
a vincere le paure nei
confronti dell’ambiente
esterno.
Oltre a momenti didattici, si creano all’interno degli incontri con
il maestro momenti e
giornate in cui si approfondisce l’aspetto culturale e
filosofico attraverso l’ap prendimento della degustazione del tè, in un clima di condivisione, confronto,
relax imparando le modalità di assaporarne gli aromi
fermandosi e soffermandosi sul coinvolgimento sensoriale.
Arti antiche – ci racconta Massimo Bandera – risalenti all’epoca medievale giapponese: arti intese come
veri e propri cammini, vie da percorrere quali strumenti per una profondissima via ascetica. Anche il
bonsai è tra questi, la via del bonsai-do, e con esso altre come la cerimonia del tè, l’ikebana, la calligrafia…
«L’albero bonsai è di per sè un immortale. Un antico
albero che percorre un lunghissimo cammino, di se-
Luigino Bardini, Irene Sturari,
Francesco Balbo di Vinadio
Gorizia Villa S. Giusto
A cura di Fulvia Marangon
Pellegrinaggio a Barbana
A conclusione del mese mariano, il 30
maggio, un gruppo di ospiti, operatori e volontari dell’Unità Operativa S.
Anna, è partito alla volta di Barbana,
un’isola situata nella laguna di Grado,
sede di un antico santuario mariano
che risale all’anno 582, abitata da una
comunità di frati minori francescani.
L’isola si raggiunge dopo circa venti
minuti di navigazione in traghetto con
partenza da
Grado. In mezzo alla laguna,
si intravede da
lontano, tra
il verde dei
pini marittimi,
olmi e cipressi, la mole della cupola della chiesa e il
campanile. La
chiesa attuale, dell’inizio
del ‘900, in stile neoromanico con alcuni richiami
all’architettura orientale, sorge sul luogo delle chiese che si sono succedute nei secoli passati e custodisce la statua lignea della Madonna in trono con il
Bambino, immagine molto cara alle popolazioni locali. Il santuario è meta infatti di numerosi pellegrinaggi che provengono principalmente dal Friuli, ma
anche dai Paesi confinanti e da altre parti del mon-
do; in particolare vi si
recano i figli di emigranti friulani. E tra i
pellegrini sono giunti
anche gli ospiti della
nostra Casa di Riposo
e i loro accompagnatori. Dopo la partecipazione alla Santa
Messa, il gruppo ha
trascorso una serena
giornata all’insegna della condivisione, dell’amicizia, della gioia dello stare assieme. Un grazie a chi ha
reso possibile il concretizzarsi di questa esperienza,
al Padre Superiore fra Pierangelo Panzerini, al coordinatore sanitario dott. Claudio Simeoni che ha
accompagnato il gruppo, ai volontari che frequentano con disponibilità e assiduità l’Unità Operativa
S. Anna.
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ANNIVERSARI
Gorizia
Villa S. Giusto
a cura di Elvio Frigerio • www.fatebenefratelli.it
Incontro con l’assessore
Vladimir Kosic
Il Superiore fra Pierangelo Panzerini ed i coordinatori
sanitario e amministrativo della nostra casa di riposo,
dott. Claudio Simeoni
e dott.ssa
Gabriella
Bon, hanno
presentato,
lo
scorso
10 giugno
all’assessore regionale
alla salute
Vladimir
Kosic,
in
visita alla
strutturae nella foto con fra Pierangelo, il progetto
di un nuovo nucleo dedicato ai pazienti in stato vegetativo ed ai malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Presenti all’incontro, tra gli altri, i dirigenti
dell’Azienda Sanitaria Isontina dott. Gianni Cortiula
e dott. Marco Bertoli. Il nuovo servizio, che potrà
contare sul sostegno della Regione, opererà
in convenzione con l’Azienda Sanitaria ed in
stretta collaborazione con le strutture ospedaliere pubbliche. Disporrà di dieci posti letto, dislocati in cinque ampie stanze situate al
secondo piano, in una zona separata dal resto
delle degenze e che è attualmente interessata
dai lavori di ristrutturazione, adeguamento e
messa a norma. Sarà dotato di strumentazioni autonome e all’avanguardia e potrà contare su personale specificamente formato. Le
degenze potranno essere a lungo termine o
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per brevi periodi, proponendosi anche come moduli di sostegno alle famiglie; per tutti i degenti verrà
predisposto un piano di assistenza individualizzato.
L’assessore Kosic, che ha visitato i reparti ed in particolare il nuovo nucleo sanitario, constatando l’ottimo avanzamento della fase dei lavori, ha espresso il
proprio parere positivo in merito al progetto, sostenendo la propria convinzione che, in un periodo di
crisi, la valorizzazione delle realtà che già funzionano
sia un valore aggiunto. Il dott. Cortiula, da parte sua,
ha aggiunto che il nuovo servizio verrà incontro alle
esigenze della comunità locale. “E per questo – ha
detto – sposiamo con piacere un percorso che è in
sintonia con i nostri programmi. È un po’ il concetto di sussidiarietà: è fondamentale mettere assieme
tutte le risorse a disposizione, pubbliche o private
che siano”. Soddisfazione è stata espressa dal Superiore e dai coordinatori del centro assistenziale che
vedono riconosciuto un processo avviato negli anni
e che ha portato la Residenza Protetta a proporsi
come struttura dedicata ad adulti e anziani non autosufficienti gravi e gravissimi, come risposta ad un
bisogno espresso dal territorio.
Trivolzio (PV) R.S.A. San Riccardo
Pampuri
Anniversari
A cura di Serafino Acernozzi,o.h.
1° Festival dell’Ospitalità
Nel parco della nostra residenza si è svolto, domenica
12 giugno, il primo Festival dell’Ospitalità promosso
dall’Associazione di promozione sociale denominata
“Oltrelametà metà”.
Un gruppo di ospiti della
R.S.A. San Riccardo Pampuri ha costituito la sopranominata associazione
che nel suo Statuto recita
tra l’altro: «Abbiamo come
scopo statutario ed istituzionale lo svolgimento di
attività, di utilità sociale nei confronti di associati e
terzi nei settori: cultura, spettacolo e tempo libero.
L’associazione ha come scopo la valorizzazione delle
persone anziane promuovendo iniziative che favoriscono lo scambio intergenerazionale e l’incontro tra
le diverse associazioni presenti sul territorio. Tutte le
attività associative saranno svolte nel pieno rispetto
della libertà e della dignità degli associati».
Da questo stralcio dello statuto è nata l’iniziativa del
Festival dell’Ospitalità con un ricchissimo programma: cheerleader, sketch comici, danza indiana, danza
moderna, lettura poesie, mostre: auto/moto d’epoca,
modellismo, bonsai, quadri, apicoltura.
A conclusione e coronamento del Festival: la benedizione della rinnovata Grotta di Lourdes con la nuova
statua della Madonna, lavoro e dono degli Amici di
Lourdes di Cernusco sul Naviglio, a ricordo del ventesimo anniversario della fondazione della loro associazione.
Centinaia di persone,
ospiti, parenti, amici e volontari hanno partecipato
alla giornata, solo gli Amici di Lourdes erano più di
duecento.
Il Superiore e direttore
della struttura fra Valentino Bellagente ha presieduto la cerimonia esortando ad avvicinarsi alla
maternità e alla fede della
Madonna, affinché con la sua intercessione lo Spirito
non scenda su di noi invano, ma il suo dono porti frutti e sia di aiuto anche nei momenti difficili. Infine ha
ringraziato gli organizzatori, i numerosi partecipanti
che insieme hanno voluto festeggiare gli ospiti e ha
sottolineato il significato di essere “Chiesa viva”, di annunciare agli altri la nostra fede cristiana invitando ad
essere sempre più sale della terra e luce del mondo.
L’appuntamento è al prossimo anno per il secondo
Festival dell’Ospitalità.
Fatebenefratelli
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ANNIVERSARI
Trivolzio
(PV) R.S.A. San Riccardo Pampuri
a cura di Elvio Frigerio • www.fatebenefratelli.it
Lourdes: un’oasi di speranza
per tutti
Un gruppetto di persone sono partite dalla nostra
casa di riposo per partecipare al pellegrinaggio a Lourdes svoltosi dal 13 al 16 maggio, nel ventesimo anniversario di fondazione del gruppo Amici di Lourdes
di Cernusco sul Naviglio e di Brescia, eravamo più di
quattrocento persone animati dal tema “pregare il
Padre Nostro con Bernardetta”. Eravamo accompagnati da nostro Superiore fra Valentino Bellagente,
assistente spirituale del gruppo e cappellano della
Grotta di Lourdes, vi erano fra Salvino Zanon e altri
sacerdoti diocesani come
assistenti spirituali, inoltre
medici, infermieri, dame e
barellieri per il servizio ai
pellegrini ammalatio in
difficoltà.
I giorni sono stati intensi con varie cerimonie
suggestive e ricche di significato, troppi gli appuntamenti vissuti per
citarli tutti: dalla S. Messa
di apertura del pellegrinaggio nella basilica del Rosario all’ultimo saluto alla Madonna alla Grotta prima
della partenza per l’aeroporto, ricordo il S. Rosario
trasmesso da TV2000 sabato sera recitato da fra Salvino e da fra Valentino che ci ha unito coi nostri cari
in Italia.
La sorpresa è stata anche quella di vedere le fatiche
delle dame e dei barellieri per l’altro: l’ammalato, il
pellegrino; da subito si è vista la loro disposizione al
servizio, all’ospitalità dell’altro chiunque fosse; un’accoglienza che è continuata per quattro giorni. Tutti
i dubbi e i timori che avevo perché non conoscevo
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nessuno, a parte il gruppetto di Trivolzio, sono spariti,
non c’è stato tempo per le incertezze.
Si vedeva la Grotta, si osservava la Madonna e ci si
sentiva bene, ci si sentiva in pace, in una situazione
di tranquillità indescrivibile. Il silenzio, nonostante il
via vai continuo di centinaia di pellegrini, regna ogni
giorno sovrano, ed è come se si sentisse una specie
di “richiamo”, come una forza che ti porta a ritrovarti
sempre lì, davanti a quella Grotta in cui la Madonna
è apparsa all’umile e povera Bernadetta. Dove il perenne miracolo di Lourdes è il messaggio fondamentale del vangelo, richiamato con forza da Maria, cioè
la vera “conversione del
cuore”.
Si sono condivise le gioie
e i dolori con le persone
che ci hanno accompagnato e alle quali ci siamo
stati accanto, nella semplicità della quotidianità
che abbiamo vissuto, ore
e gioia di profonda commozione, come sempre
accade a chi partecipa a
questi momenti di fede, un’esperienza incredibile che
si porterà per sempre nel cuore.
I pellegrini sono ben consapevoli che la malattia,
la disoccupazione, le miserie terrene, le difficoltà e
i travagli della vita, anche a causa della fede, non si
vincono con la magia, la superstizione, il folclore o
la sola medicina, ma con la grazia di essere accolti in
tutta la propria umanità senza finzioni né censure, per
sperimentare nella Madre pietosa il dono della misericordia, e riconciliazione per vivere la comunione e
l’unità della grande famiglia di Colei che forma cuore
di figli e fratelli nel Cristo da lei generato.
Offerte a favore delle opere missionarie CCP N° 29398203
Alberini Virgilio, Reggio Emilia 15,00
Alghisi Luigi, Brescia 20,00
Aloi Giuseppe, Mendicino (Cs) 10,00
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Bellucci Giocondo, Gualdo Tadino (Pg) 10,00
Beretta Andreina, Milano 15,00
Biffi Ernestino, Bergamo 15,50
Bini Giorgio, Firenze 20,00
Biso Carlo, Arcola (Sp) 12,00
Bolchi Angelo, Rho (Mi) 5,00
Bolla Giuseppina, Andezeno (To) 13,00
Bonelli Renzo, Gubbio (Pg) 100,00
Bonetti Paolo, Rezzato (Bs) 15,00
Borsato Giuseppe, Trevignano (Tv) 15,00
Buzzi Egidio, Brandico (Bs) 20,00
Cacchio Vincenzo, Foggia 15,00
Campioli Edmea, Vezzano s/C (Re) 20,00
Cappellano Ospedale, Mortara (Pv) 40,00
Carbone Lucia, Cernusco s/N (Mi) 30,00
Carnevale Salvatore, Bellizzi (Sa) 9,00
Casa Antico Ospitale, Cernusco s/N (Mi) 10,00
Castagno Valeria, Lanzo (To) 20,00
Catullo Vincenzo, Mestre (Ve) 50,00
Cecchi M. Angelina, Firenze 8,00
Coladonato fra Bartolomeo, Perugia 15,00
Colombo Michele, Anzano del P. (Co) 20,00
Cori Giancarlo, Casorate Primo (Pv) 20,00
Coruzzino Fabiola, Udine 15,00
Costantino Vincenzo, Vibo Valentia 10,00
Curia Francesco, Bari 10,00
Dal Ponte Augusto, Flero (Bs) 10,00
D’Alessandro Tomasina, Verona 3,00
De Mio Gina, S. Pancrazio (Bs) 40,00
Deambrogio don Franco, Treville (Al) 20,00
Di Matteo Gravinesse Maria, Roma 50,00
Duprè Stefano, Morgano (Tv) 50,00
Ercoli Andrea, Brembio (Lo) 15,00
Fabbrica Andrea, Sotto il Monte (Bg) 13,00
Fabris Giovanni, Bassano del G. (Vi) 60,00
Fontanarosa Giovanni, P. di Sorrento (Na) 100,00
Fracassi Giovanna, Arezzo 20,00
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Fratini Fabio, Citerna (Pg) 33,00
Gatti Eugenio, Gerenzago (Pv) 20,00
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Liotta Giuseppe, Milano 200,00
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69
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
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Pellegrino Lorenzo, Noicattaro (Ba) 6,00
Persi Vincenzo, Ronchi dei Legionari (Go) 13,00
Petilli Francesco, Napoli 100,00
Picozzi Giustino, Roma 20,00
Pietra Rita, Milano 12,00
Pini Francesco, Casalecchio Reno (Bo) 50,00
Ponzoni Rosaria, Milano 25,00
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Ricci Carlo, Bereguardo (Pv)
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Sandrini Faustino, Rezzato (Bs) 20,00
Scarpanti Fulvio, Casalpusterlengo (Lo) 20,00
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Spinelli Andrea, Cusano M.no (Mi) 25,00
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O
SUSANNA
il grido dell’innocente
Ospitalità
al
femminile
Anni fa una mia carissima amica difese una tesi assai bella sul silenzio
di Susanna nel contesto di una lettura articolata della narrazione di Daniele 13 e della sua ricca simbolica. Al suo studio (A. Nardoni, Il silenzio
di Susanna, Tesi di Magistero in Scienze Religiose, Pontificia Università
Gregoriana, Roma 1997, relatore E. Rasco, sj) attingo qui per riscoprire nuovi tratti di questa donna biblica, oltre l’emblematica purezza e
la fedeltà coniugale. Susanna, vittima innocente, viene coinvolta in una
vicenda scandalosa che getta fango sulla sua immagine di donna integerrima e mette a dura prova la sua fiducia in Dio. Ma dalla prova Susanna
emerge incandescente: non scende a patti con uomini corrotti e violenti,
non cede al ricatto ma grida tutta la sua angoscia al giudice divino, unico
suo interlocutore. Lui che scruta il cuore e non abbandona l’innocente.
Elena Bosetti
Ricca, bella e non solo
I primi sei versetti di Deuteronomio 13 hanno funzione introduttiva, narrano rapidamente l’antefatto tracciando le coordinate storico geografiche
e l’ambientazione scenica: siamo nel contesto della diaspora giudaica a
Babilonia, in seg uito alla deportazione del re Nabucodonosor. “Come
cantare i canti del Signore in terra straniera?” (Sal 137, 4). Eppure anche
in esilio si può servire il Signore e rimanere fedeli alla sua legge. Ne è
prova vivente Susanna, “di rara bellezza e timorata di Dio” (Dn 13, 2).
Al contrario, la giustizia appare drammaticamente violata da coloro che
avrebbero dovuto esserne i garanti. “In quell’anno – recita il testo –
erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il
Signore ha detto: L’iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e
di giudici, che solo in apparenza sono g uide del popolo” (v. 5). Essi frequentavano assiduamente la casa di Ioakìm, il marito di Susanna, uomo
molto ricco e stimato dai Giudei, che possedeva un magnifico giardino...
Susanna, nome che in ebraico evoca il giglio e il suo candore, passeggiava
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
71
OSPITALITÀ AL FEMMINILE
ogni giorno “nel giardino di suo marito” (v. 7),
“da sola” (v. 36). Ma in realtà non era sola. Era
spiata da due subdoli “g uardoni”, i due insospettabili giudici del popolo. Presi entrambi dalla passione per lei, essi “distolsero gli occhi per
non vedere il Cielo”: ovvero, scelsero di ascoltare il proprio istinto anziché obbedire alla voce
del Signore e ricordare i suoi “santi giudizi” (v.
9). Covavano il loro turpe desiderio uno all’insaputa dell’altro, finché un giorno l’occasione
li rivelò complici. Allora studiarono il momento
opportuno per approfittare di Susanna.
Innocenza e perversione: il giardino
dei simboli
Come in un gioco degli specchi il giardino di
Joakìm sembra riflettere il giardino di Eden,
un paradiso di delizie. Gioia dei sensi e dell’anima, odorosi profumi, alberi di varie specie,
belli e buoni, incantevoli passeggiate e anche
la possibilità di fare il bagno. Insomma, piacere
e libertà, riservatezza e intimità. Un giardino
di simboli. Il giardino di Joakìm riflette simboli
arcaici, l’intreccio di vita e di morte. Improvvisamente, infatti, l’armonia paradisiaca che in
esso regnava è stravolta. Nuovi serpenti in forma umana si muovono tra i cespugli attentando
purezza e fedeltà.
Accreditati agli occhi del popolo come g uida
e modello, i due “anziani” appaiono in realtà
subdoli e perversi. Data la quotidiana frequenza, essi conoscevano bene la casa e il giardino e
avevano accordato tutto nei dettagli. Sapevano
che a una certa ora la bellissima Susanna avrebbe congedato le sue ancelle per fare il bagno...
Era l’ora propizia per uscire dai nascondigli e
avventarsi sulla preda: «Ecco, le porte del giardino sono chiuse – insinuano – nessuno ci vede
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Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
e noi bruciamo di passione per te; acconsenti
e datti a noi. In caso contrario ti accuseremo;
diremo che un giovane era con te e perciò hai
fatto uscire le ancelle» (vv. 20-21). Possono fare
il male in pieno giorno perché nessuno, se non
loro, in quello splendido giardino può vedere e
raccontare. “Come il serpente è abile e astuto,
ammalia e incanta, può nuocere prima ancora di
essere avvertito e può nascondersi agevolmente
strisciando via senza essere sentito, anche i due
perversi del racconto possono con facilità celarsi dietro il ruolo rispettabile conferito loro da
tutto il popolo” (Nardoni, Il silenzio, 63).
Il grido di Susanna
Come reagisce Susanna? Essa è sola, nella morsa tra la vita e la morte: se acconsente, è la morte di fronte al suo Dio, se resiste non sfuggirà
di certo alla condanna dei due giudici perversi.
Ma tra i due tipi di morte, Susanna non esita
a scegliere quella che porta alla vita: «Meglio
per me cadere innocente nelle vostre mani che
peccare davanti al Signore!» (v. 23).
Cosa rimane all’innocente, vittima del sopruso, se non gridare all’Altissimo? A Lui Susanna
grida tutta la sua angoscia. Ma gridano anche
gli anziani, e loro sono in maggioranza e hanno voce maschile. Cosa è mai in un giardino il
grido di una donna bella contro la voce potente
dei suoi accusatori? Chi difenderà Susanna? Ci
sarà mai qualcuno tra gli umani capace di dare
ascolto alla voce che viene ormai dal silenzio e
dal cielo?
«Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai
era stata detta una simile cosa di Susanna» (v.
27). Ma non basta essere onesti per essere creduti. Vale tanto più per una donna. Il pannello
OSPITALITÀ AL FEMMINILE
successivo narra infatti la desolante scena del
processo: da un lato Susanna, velata e circondata dalla sua famiglia in pianto, dall’altro i due
perversi accusatori che non potendo soddisfare
la loro brama sessuale pretendono di dar sfogo
alla cupidigia degli occhi perfino in tribunale:
«Susanna era assai delicata d’aspetto e molto
bella di forme; aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno
così della sua bellezza» (vv. 31-32). Il velo sul
viso di Susanna esprime il riserbo del suo ruolo, la protezione dagli sg uardi bramosi e l’appartenenza allo sposo. Toglierlo, significa farle
perdere la protezione e sentenziare pubblicamente la sua cattiva condotta... I due giudici vogliono che Susanna perda l’abito della virtù e
del timor di Dio e si ritrovi nuda e peccatrice
davanti al Signore.
Umiliata, calunniata, condannata a morte. A
Susanna non viene mai data la parola, nel processo non le è accordata neppure la possibilità
di difendersi. E lei non recrimina. Non aggiunge
parole al vergognoso discorso degli anziani, ma
si appella al Cielo: non agli uomini, che non vogliono ascoltare, ma direttamente all’Altissimo
Susanna grida la propria innocenza: «Dio
eterno, che conosci i
segreti, che conosci
le cose prima che accadano, tu lo sai che
hanno deposto il falso
contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente
hanno tramato contro
di me» (vv. 42-43).
Può essere sordo il
cielo a un tale grido?
Certo che no. Dio risponde, infatti, e in
modo sorprendente.
Per mezzo di un ragazzo, sulla cui bocca
fioriscono sapienza e profezia.
Sotto quale albero?
Mentre Susanna era condotta a morte, ecco che
il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto chiamato Daniele, il quale si mise a gridare:
«Io sono innocente del sang ue di lei!». Tutti si
voltarono verso di lui dicendo: «Che vuoi dire
con le tue parole?». Allora Daniele, stando in
mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, Israeliti?
Avete condannato a morte una figlia d’Israele
senza indagare la verità! Tornate al tribunale,
perché costoro hanno deposto il falso contro di
Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
73
OSPITALITÀ AL FEMMINILE
lei» (vv 45-49).
Chi non conosce la fiaba del bambino che grida “il re è nudo”? Il popolo che aveva creduto
senz’ombra di dubbio alla falsa testimonianza
degli “anziani”, è come scosso da un brivido al
suono della voce cristallina del giovane, accoglie con prontezza il richiamo e torna indietro
– ovvero si converte.
Daniele è invitato a “sedersi in mezzo” all’assemblea giudicante, quale maestro di saggezza.
Si riconosce che nella giovinezza Dio gli ha dato
il dono della “anzianità”. Tocca dunque a lui
smascherare l’inganno in modo che sia onorata
la verità. Si svolge un processo di segno contrario: ora gli imputati sono i giudici, e accusatore
è Dio stesso per bocca di Daniele. L’espediente per far venire a galla la verità è tutt’altro
che macchinoso e complicato, basta separare
i complici e chiamare a testimoni gli alberi,
chiamandoli per nome: «Separateli bene l’uno
dall’altro – disse Daniele – e io li giudicherò».
Separati che furono, Daniele disse al primo:
«O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati
commessi in passato vengono alla luce, quando
davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha
detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente. Ora
dunque, se tu hai visto costei, dì: sotto quale
albero tu li hai visti stare insieme?». Rispose:
«Sotto un lentisco». Disse Daniele: «In verità, la
tua menzogna ricadrà sulla tua testa. Già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti
spaccherà in due». Allontanato questo, fece venire l’altro e gli disse: «Razza di Canaan e non
di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione
ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le
donne d’Israele ed esse per paura si univano a
voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sop-
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Fatebenefratelli Luglio • Settembre 2011
portare la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto
quale albero li hai trovati insieme?». Rispose:
«Sotto un leccio» (vv. 51-58).
Con l’espediente dell’albero Daniele riesce a
smascherare la “razza di Canaan” che abita i
due vecchioni, ovvero malizia e perversione. Le
loro menzogne non reggono di fronte al giudizio di un giovanetto pieno di Spirito santo. Così
il verdetto finale rivela un Dio che ancora una
volta capovolge le sorti. In terra d’esilio la giustizia di Dio non si è eclissata. Il Santo d’Israele è pienamente affidabile, egli ascolta il grido
della donna condotta al macello come agnella
muta. Susanna risorge. La sua fig ura di sposa
fedele è riabilitata agli occhi di tutto il popolo.
Osserva giustamente Agnese Nardoni: “Susanna non è annoverata tra le antenate di Gesù
figlio di David; non è inclusa tra le belle della
Scrittura (per quanto l’autore calchi la penna sulla sua bellezza); non è ricordata tra
quelle che hanno fatto la storia del popolo di
Dio; ma certamente occupa un posto di primo
piano nell’elenco delle donne esemplari della
Bibbia. Susanna è grande per aver vissuto la
castità come scelta e averla protetta a rischio
della vita; per aver risposto con la fiducia in
Dio alla calunnia, per aver preferito alla difesa
il silenzio e l’abbandono incondizionato nelle
mani del Signore. Da una storia tutta terrena
di attentato alla fedeltà coniugale, attraverso il
silenzio di una donna, si scopre che la speranza
estrema poggia su una fiducia che trascende
quella umana e diventa prototipo del rapporto
matrimoniale tra lo Sposo e la Sposa. Tra Dio
e la donna è instaurata un’intesa che supera le
limitazioni umane e concretizza l’appartenenza della creatura al suo Creatore” (Nardoni, Il
silenzio, 9-10)
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n. 3 Luglio-Settembre 2011