IL CLUB
Anno XIV n.82/83 (maggio/agosto 2006)
Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS
Pubblicazione periodica a circolazione interna
inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa
Responsabile editoriale
Maurizio Karra
Redazione
Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo
Associazione dei camperisti e
degli amanti del plein air del
Aderente a
Collaboratori
Agostino Alaimo, Francesco Bonsangue, Anna Maria Carabillò,
Paolo Carabillò, Luigi Fiscella, Ninni Fiorentino,
Patrizia La China Guarneri, Franco Li Vigni, Enza Messina,
Giuseppe Eduardo Spadoni, Giulia Stock ed Enzo Triolo
In questo numero:
Editoriale
pag.
3
A.I.T.R.
Vita del Club
Vacanze romane
I ravioli di Montalbano
Tra sacro e profano
Mare forza ottobre
Bollettino per i ...naviganti
Gemellato con
Tecnica e Mercato
Camping Car Club
Provence-Cote d’Azur
Parliamo di tecnica
Tanto spazio ed eleganza
Valide alternative
Calabria Camper Club Sila
Sede sociale
Via Rosolino Pilo n.33 - 90139
Palermo - Tel. 091.608.5152
Fax 091.608.5517
Internet: www.pleinairbds.it
E-mail: [email protected]
Comitato di Coordinamento
Maurizio Karra (Presidente);
Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Francesco Bonsangue, Adele Crivello, Patrizia
La China, Massimiliano Magno
ed Elio Rea (Consiglieri);
Maurizio Carabillò, Mimma
Ferrante, Vittorio Parrino e
Alfio Triolo (Collaboratori)
Collegio sindacale
Silvana Caruso La Rosa (Presidente); Luigi Fiscella e
Franco Gulotta (Componenti)
Collegio dei Probiviri
Pippo Campo (Presidente);
Giuseppe Carollo e Pietro
Inzerillo (Componenti)
4
9
14
17
19
21
24
27
Viaggi e Turismo
Douce France
I castelli della Val d’Aosta
29
36
Terra di Sicilia
La terra calpestata
Pedara, lontano dal caos
Il fidanzamento? Anche con la serenata
39
40
41
Rubriche
Terza pagina
Vita di camper
L’angolo della poesia
Viaggiare in modo responsabile
Internet, che passione
Riflessioni
Cucina da camper
News, notizie in breve
L’ultima parola
42
44
45
46
48
52
52
53
56
In copertina
Particolare della “Mannara”, una delle più famose location della fiction del
commissario Montalbano (foto di Francesco Bonsangue)
Questo numero è anche on line sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it
IL CLUB n. 82/83 – pag. 2
Editoriale
C
irca due mesi fa, anche
in previsione dell’estate ormai alle
porte, abbiamo proposto ai nostri
soci un questionario per conoscerne le abitudini in viaggio e per poter così avere un quadro informativo utile per la migliore progettazione e organizzazione dei viaggi di
gruppo e delle altre attività sociali.
Ogni socio, ovviamente, era libero
di cestinare il questionario o di rispondere alle varie domande e di
restituirlo; e, come accaduto in
precedenti casi, non sono stati in
molti a fornire un feed-back, anche
se la percentuale di chi ha risposto
(poco meno del 25% di tutti i soci
del Club) rappresenta comunque
un campione significativo per poter
trarre, seppur con la necessaria
attenzione, delle conclusioni.
Ebbene, oltre due terzi di
chi ha risposto al questionario afferma che il proprio equipaggio,
nell’ambito dei viaggi, è composto
solo da persone adulte, e solo un
terzo evidenzia la presenza anche
di bambini e ragazzi a bordo. La
stragrande maggioranza afferma
inoltre che ama viaggiare in compagnia di uno/pochi altri equipaggi
già comunque “sperimentati” o di
altri nuclei familiari analoghi in ogni caso per composizione al proprio; sono pochi coloro che invece
preferiscono viaggiare da soli; e
pochi infine coloro che sono disponibili a effettuare un viaggio con
tanti altri, anche “non sperimentati”, cercando in tal caso anche di
fare in itinere nuove amicizie.
Passando alla tipologia di
destinazione, accanto a un gruppo
pari a circa il 20% che predilige
soprattutto città d’arte (quindi
viaggi culturali), la maggior parte
degli intervistati afferma di prediligere nei propri viaggi un mix di
mare, monti, città d’arte, ecc.;
mentre obiettivi del viaggio sono
soprattutto visite culturali (il 48%
dei soci), passeggiate naturalistiche (un ulteriore 20%), svago e
divertimento (ancora il 18%) e solo per il 14% dei soci il relax.
Passando all’estate 2006, il
viaggio tipo per oltre tre quarti dei
soci pare sarà di tre settimane;
pochi si possono permettere, infatti, quattro o più settimane di ferie
(in caso contrario si tratta sempre
di pensionati!), mentre qualcuno,
forse ancor più sfortunato, sa già
di poter contare su non più di due
settimane. Il periodo più agognato
è comunque, un po’ per tutti, quello che va da metà luglio a metà
agosto (quasi il 60% dei soci),
mentre poco meno del 25% ha in
programma viaggi entro metà di
luglio e solo pochi attenderanno la
conclusione delle festività di Ferragosto prima di poter partire.
E le mete? Balza subito agli
occhi che, presumibilmente per
congiuntura internazionale, il sud
del Mediterraneo non sarà toccato
da nessuno (solo il nostro Michele
è appena tornato da un mega
viaggio in Marocco e Mauritania!);
ma
anche
il
nord
Europa
quest’anno non è tra le mete in
programma (e d’altronde, con tre
settimane in media, come si fa dalla Sicilia a raggiungerlo agevolmente?). I Paesi che saranno più
battuti sono quindi anche i più vicini all’Italia: in particolare la Francia per circa il 28% dei soci,
l’Austria e la Germania per un altro
25%,
la
Repubblica
Ceca,
l’Ungheria, la Slovenia e la Croazia
per poco più del 16%. Ma anche il
Bel Paese sarà battuto, al sud come al centro-nord, da un altro
20% di soci del Club, ben più degli
anni passati, segno anche questo
che le vacanze estive si accorciano
nei tempi disponibili ma forse anche ...nei budget.
Se questa è la lettura quasi
notarile dei dati derivanti dal questionario, credo utile aggiungere
qualche ulteriore riflessione. Alla
base delle scelte di ciascuno di noi
percepisco sempre più la constatazione degli aumenti dei costi e,
all’opposto, della riduzione delle
disponibilità personali: quindi, se il
IL CLUB n. 82/83 – pag. 3
budget si riduce anno dopo anno,
aumentano al contrario gasolio e
traghetti, ma anche ristoranti e
campeggi (o aree attrezzate); tutto ciò contribuisce più o meno esplicitamente, e in modo sempre
più marcato, nella scelta delle destinazioni: più un luogo è distante,
più costerebbe raggiungerlo e
quindi si scarta l’ipotesi di andarci;
più quel Paese ha un costo della
vita alto, anche più dell’Italia (dove
già non si scherza), più si opta per
mete ...alternative. Le nostre scelte, insomma, sono per tanti sempre più delle opzioni circoscritte:
Scozia o Norvegia, tanto per citare
due nazioni in passato molto “gettonate” dai nostri soci, diventano
mete “lontane”, quasi del tutto irraggiungibili (tre settimane sono
poche, ma comunque quanto costa
un viaggio da quelle parti?), e si
opta per Francia e Spagna o Austria e Germania, o i Paesi
dell’Europa Centrale, luoghi insomma più vicini e comunque non
eccessivamente cari (perché presentano possibilità di turismo anche a basso costo).
A ciò aggiungiamo anche la
diffidenza sempre più crescente da
parte di tanti a toccare i Paesi
dell’altra sponda del Mediterraneo,
a noi pur così vicini. Se fino a pochi anni fa erano (meglio dire, eravamo) in tanti a programmare di
tanto in tanto un viaggio in Tunisia, in Marocco o in Turchia, da
qualche anno il mondo musulmano
non affascina più come prima:
all’esotico che faceva da prima
molla per sognare l’altra sponda
del Mare Nostrum si è sostituita la
paura anche per gesti isolati di
qualche fanatico che potrebbero
intaccare la serenità del viaggio
(purtroppo di episodi del genere ne
capitano sempre più spesso...). Ed
è un peccato davvero grande rinunziare a orizzonti diversi, attraverso i quali ricevere un grande
arricchimento personale dal punto
di vista umano e sociale. Fatto sta
che anche la sicurezza diventa una
componente essenziale nella valutazione della meta da raggiungere.
E anche chi, come noi, si professa
ambasciatore di pace deve tenerne
conto, insieme alle altre componenti (budget tempo disponibili).
Maurizio Karra
Vacanze romane
Cronaca semiseria del viaggio pasquale a Roma
T
utto è iniziato alle
19,00 del Lunedì 10 aprile, momento in cui ci siamo ritrovati tutti
al porto di Palermo per imbarcarci
sulla Motonave “Florio” della Tirrenia. La mia emozione era tanta ed
il battito del cuore in qualche istante copriva il cicaleccio delle
amiche ed amici del club che con
enfasi si salutavano e chiacchieravano animatamente. Ad un tratto
mi sono detta: forza, iniziamo questa avventura!
Per me, neofita di viaggi itineranti, quella era senz’altro la
prima grande esperienza e con al
seguito uno stuolo di esperti e navigati camperisti era veramente un
importante banco di prova. Comunque, evasi i preliminari di imbarco, ci ritrovammo a bordo del
traghetto per dare inizio al nostro
bel viaggio nella Capitale.
La notte trascorre tranquilla e all’arrivo a Napoli siamo carichi e gioiosi. In un paio d’ore arriviamo a Roma e raggiungiamo abbastanza facilmente il parcheggio
“L.G.P.”, consigliatoci a ragione
dall’amico Michele Marascia: si
tratta di un’area essenziale ma che
non manca di nulla e con piacere
sistemiamo i nostri mezzi su una
grande spianata di erba verde e
rigogliosa.
Un pasto veloce e via;
scappiamo in direzione di Piazza
San Pietro per visitare la Basilica,
Via della Conciliazione e ritirare i
biglietti per l’Udienza del Santo
Padre che si sarebbe svolta
l’indomani mattina. La visita della
Basilica si rivela molto piacevole
ma il bello deve ancora arrivare;
infatti di lì a poco ci cimentiamo in
un giro sul battello lungo il Tevere
(non dopo avere aspettato per circa un’ora l’arrivo della motonave
“Agrippina” sotto le folate di un
vento non freddo ma persistente).
Alla fine della mini traversata ci ricompensiamo con un bel
giro nel cuore di Trastevere e con
una puntatina da “cavallette arraggiate”, come dice qualcuno di
nostra conoscenza, su un’infinità di
pizze a taglio variegate e multicolori che sono state preparate da
una bionda e cortesissima signorina che gestisce un ”take away” in
zona. Il ritorno in camper concilia
immediatamente un meritato riposo anche in vista della levataccia
che ci attende l’indomani, per
l’Udienza del Papa.
Ed infatti, come una banda
di zombi, ci ritroviamo alle 6,45
del
mercoledì
alla
fermata
dell’autobus di Via Casilina, assonnati ma contenti per l’importante
appuntamento al quale ci stiamo
recando. L’attraversamento di Roma, nelle prime ore del mattino,
non risulta caotico e quindi alle
8,00 ci ritroviamo già alla luce di
Piazza San Pietro, piena zeppa di
sedie e transenne preparate per
l’occasione, ma con nostra immensa gioia e forte stupore, completamente vuota! Corriamo sicuri
verso i primi posti a sedere, avendo anche il coraggio di stare lì a
discutere su quali fossero quelli più
o meno centrali per meglio assistere all’Udienza.
Messi d’accordo finalmente
I nostri soci in Udienza dal Papa
IL CLUB n. 82/83 – pag. 4
di un fantomatico ristorante in “Via
del Governo Vecchio”, strada sconosciuta a tutti i vigili urbani interpellati. Dopo un’affannosa e “fantozziana “ ricerca, scopriamo trattarsi di Via del Parlamento Vecchio
e ci accomodiamo in quello che
forse è il ristorante che ci è stato
segnalato. Ma la faticosa ricerca è
ricompensata da una “matriciana”
veramente ottima e dai saltimbocca alla romana che quasi parlano.
Foto ricordo con i corazzieri dell’antica Roma.
In basso un profilo del Cupolone visto dal Tevere
tutti, ci mettiamo a sedere e nel
giro di poco tempo la Piazza si
riempie a dismisura di persone,
stendardi, cappellini multicolori e
guardie svizzere che, imperturbabili, stanno agli angoli della piazza,
incuranti del sole che comincia a
battere deciso sulle nostre teste.
Ben presto cominciano ad
arrivare e prendere posto sugli
spalti del sagrato le personalità più
importanti, tra cui la Regina Fabiola del Belgio. Aspettiamo pazienti,
al riparo sotto i nostri bei cappellini
nuovi, personalizzati con il logo del
nostro amato club, ed alle 10,30 in
punto ecco arrivare il Pontefice a
bordo della vecchia ma luccicante
“campagnola bianca”, a bordo della quale Giovanni Paolo II venne
ferito durante l’attentato per mano
di Alì Agcha; emozionanti squilli di
tromba accompagnano il suo giro
attorno alle ali di folla che lo salutano con gioia, tra cui i nostri cappellini blu che si agitano dalla prima fila!
Inizia quindi l’udienza e
dopo aver ascoltato un testo sacro,
che viene commentato via via in
numerose lingue straniere, finalmente arriva il momento dei saluti
ai partecipanti; ed ecco che, nel
momento in cui viene menzionato
il nostro “Gruppo di Campeggiatori
del Banco di Sicilia di Palermo” un
tripudio si alza dai nostri banchi.
Distrutti, ma contenti, alla
fine dell’Udienza ci trasciniamo per
Via della Conciliazione, alla ricerca
IL CLUB n. 82/83 – pag. 5
La tomba di Papa Giovanni XXIII
Nel pomeriggio ci cimentiamo, non sempre correttamente
per la verità, con un macro incolonnamento per accedere alle tombe papali. Dopo aver visitato la
tomba di Giovanni Paolo II , seppellito ove per tanti anni ha riposato il “Papa buono” Giovanni XXIII,
oggi salito alle glorie degli altari
della Beatificazione ed esposto in
Basilica, nonché le tombe di Bonifacio VIII e di tanti pontefici famosi
nei secoli e di diversi nobili e personaggi noti, lasciamo Piazza San
Pietro e ci incamminiamo sulla via
del ritorno, ma prima noi signore ci
concediamo un giretto tra le bancarelle di un multietnico e coloratissimo mercatino. La sera, al ritorno in camper, “Morfeo” ci accoglie vigorosamente tra le sue braccia, anche in previsione del megagiro per Roma previsto l’indomani.
Il giovedì mattina infatti, ci
fiondiamo verso il Colosseo (non
senza tralasciare la foto canonica
abbracciati con gli pseudo gladiatori romani) e quindi sui Fori Imperiali, all’altare della Patria e in Via
Condotti per fermarci infine a
pranzo in un gustoso fast food.
Dopo pranzo ci deliziamo nella visita del Pantheon, di Piazza Navona,
Fontana di Trevi, Piazza di Spagna,
beandoci delle nostalgiche musiche
suonate da diversi artisti di strada,
disseminati un po’ ovunque per il
centro di Roma, per riposarci quindi, gustando un buon gelato, seduti niente poco di meno che di fronte al Pantheon, all’ombra degli
ombrelloni di Mac Donald’s.
Un attimo di riposo sotto gli ombrelloni del Mac Donald’s. In basso
la festa per i 60 anni di Fina Napoli
La sera, tornati in campeggio, festeggiamo Fina Napoli che,
armato velocemente un tavolino
tra i camper, ci offre dolci e spumante per festeggiare i suoi 60
anni (in realtà l’età delle signore
non si dovrebbe dire, ma Fina li
porta talmente bene che il problema credo non sussista). Di lì a poco si uniscono a noi, al termine di
un lungo viaggio non-stop da Siracusa, Emanuele e Larissa, che
prontamente si sistemano accanto
al glorioso camper di Ninni e Concetta.
Ed eccoci arrivati finalmente al venerdì mattina, giornata destinata alla visita di Tivoli. Raggiungiamo abbastanza agevolmente la stazione Tiburtina e, a bordo
di un moderno intercity arriviamo
a Tivoli, attraversando la bella
campagna laziale che già ci fa pregustare l’atmosfera di pace e verde
che ci attende. A Tivoli ecco già ad
attenderci troviamo Pippo ed Adriana con i loro bei bambini che
hanno preferito giungervi a bordo
del loro camper e adesso sono già
bell’e posteggiati e tranquillamente
in attesa davanti alla stazione.
Prendiamo quindi la via del
centro e presto raggiungiamo la
splendida Villa Gregoriana, ove,
messici d’accordo con i ragazzi
dell’accoglienza che si prestano di
accompagnarci durante il tortuoso
percorso, iniziamo la visita avvolti
dal verde lussureggiante ed abbagliati dalle numerose e fresche cascate che si susseguono scendendo
fino alla valle.
Pare incredibile, ma, forse
un po’ storditi dalla magnificenza
del paesaggio, quasi tutti riusciamo a percorrere fino in fondo il
sentiero, arrampicandoci sulle impervie scalinate e passando tra gli
stretti canyon di sabbia che si susseguono fino poi ad arrivare alla
cima della collina, ove, dopo pochi
passi tra le viuzze medievali del
centro, arriviamo al grazioso ristorante “Il Ceppo”, la cui terrazza si
sporge proprio sulla cascata principale di Villa Gregoriana.
Qui il titolare ci fa accomodare attorno a due grandi tavoli
sotto dei freschi ombrelloni , che
faranno da cornice ad un gustoso
pranzetto a base di prodotti tipici
del luogo.
Nel pomeriggio, sgranchite
le gambe ed ammortizzato un tantino di vino in più pasteggiato durante il pranzo, saliamo una piccola collinetta che ci porta fino in cima alla cittadina per raggiungere
Villa D’Este, splendida e magnifica
sull’alto della sua collina, adornata
da una miriade di fontane e cascatelle d’acqua che effondono tutto
attorno nell’aria un etereo pulviscolo di goccioline che bagnano i
nostri visi durante la piacevole
passeggiata. Al termine, non senza
qualche rimpianto, riprendiamo la
via principale della cittadina e risaliamo sul treno che ci riporterà a
Roma, mantenendo nel cuore le
immagini delicate e bellissime che
hanno illuminato i nostri occhi nel
corso di tutta la giornata.
L’indomani è giorno di par-
Due immagini dei nostri soci a Tivoli
IL CLUB n. 82/83 – pag. 6
tenza da Roma e, al nostro rientro
al parcheggio, con un po’ di tristezza ci rechiamo a pagare il conto al gestore dell’Area, non senza
aver fatto un attento giro all’interno dell’attrezzatissimo magazzino accessori, tanto che qualcuno di
noi ne approfitta per comprare
qualcosa che magari non era riuscito ancora a trovare a Palermo.
Salutiamo con un bacio la
Città eterna, dandole appuntamento alla prossima, e cominciamo ad
avviarci verso Anagni dove, arrivati in poco tempo, ci troviamo quasi
subito in mezzo ad una diatriba tra
la Pro-loco, che al telefono mi indica un certo luogo per il posteggio,
e dei solertissimi vigili urbani che,
in maniera quasi coercitiva, ci invitano invece a posteggiare ad un
passo dal cimitero cittadino: quando si dice un luogo di pace!
Dopo aver visitato poi
l’interessante Palazzo di Bonifacio
VIII, ci imbattiamo in un profumino delizioso e quindi, a valanga, ci
dirigiamo all’interno di un panificiogastronomia che prepara delizie
gastronomiche per tutti i gusti.
Dopo aver abbondantemente pranzato ed aver schiacciato anche un pisolino, Michelangelo
insieme con il prezioso Pippo, armato del suo inseparabile navigatore
tom-tom,
pianificano
l’itinerario che ci attende e ci rimettiamo in marcia per raggiungere la cittadina di Cassino.
In poco tempo arriviamo e
dopo aver preso posto nel grazioso
e verdissimo campeggio Euro
Parking (grazioso sì, ma con un
proprietario - come si dice? - “ziccusu”), andiamo a farci una passeggiata nel centro di Cassino, approfittando anche per fare un pochino di shopping e soprattutto per
comprare le costatine da cuocere
alla griglia il lunedì di pasquetta
(nuvole permettendo). Ritorniamo
al campeggio canticchiando, spensierati, canzoni che ci riportano alla nostra fanciullezza e, dopo una
cena leggera, trascorriamo una serata tranquilla.
L’indomani, di buon’ora,
dopo esserci scambiati affettuosamente gli auguri di Buona Pasqua,
risaliamo sui nostri camper per
raggiungere l’Abbazia di Montecassino, prima che il posteggio si
riempia a dismisura di pullman di
turisti. Riusciamo a posteggiare
agevolmente e finalmente, con lo
sguardo perso nel verde della vallata che la circonda, entriamo
all’interno dell’Abbazia e veniamo
quasi sconvolti dal fasto e dagli
splendidi addobbi Pasquali che ci
accolgono. Riusciamo a prendere
posto nelle prime fila ed assistiamo
ad una funzione Pasquale tra le più
belle a cui ognuno di noi abbia mai
assistito.
Alla fine della S. Messa, incolonnati tra la folla in attesa di
uscire, ammiriamo uno splendido e
grande affresco raffigurante San
Benedetto, Patrono dell’Ordine Benedettino, nell’atto di accogliere a
sé una grande folla di fedeli, tra i
quali spiccano le sembianze di
molti personaggi famosi, tra i quali
il Pontefice Paolo VI.
Raggiunti quindi i nostri
mezzi, ci indirizziamo velocemente
verso il ristorante che abbiamo
prenotato per il pranzo di pasqua,
e che ci ha preparato un ricco e
gustoso menu, frutto di “lunghe e
tormentose” trattative da parte del
nostro caro Presidente Maurizio.
Il pranzo si svolge piacevolmente e gustosamente, arricchito anche dalla presenza di Daniela e Luca, rispettivamente figlia
e genero dei nostri amici Mariolina
e Piero, festeggiando anche il
compleanno della giovane, che
proprio in quella data compie gli
anni; concludiamo quindi con diversi tipi di dolce offerti dalla casa,
a cui si aggiunge la morbidissima
pecorella di pasta reale che graziosamente Liliana ed Eduardo hanno
portato con sé per l’occasione dalla
Sicilia.
Ed ecco arrivato il momento dei primi saluti, non senza un
poco di commozione: noi ci dirigiamo verso Caserta, ultima meta
del nostro viaggio, mentre Mariolina e Piero ci lasciano per risalire
verso Roma e proseguire per un
lungo giro in Spagna.
Arriviamo a Caserta nel
pomeriggio e, dopo aver parcheggiato in un mega posteggio sotterraneo, raggiungiamo la Reggia,
purtroppo tardi per visitare anche
il limitrofo giardino; poco male, ci
rifacciano girando con più calma gli
splendidi appartamenti reali, molti
dei quali perfettamente restaurati
e riportati agli antichi splendori. Al
calare del sole ci rechiamo a Caserta Alta, un magnifico borghetto
medievale che ci accoglie su un
bellissimo prato, ove riposiamo serenamente per tutta la notte.
Ma al mattino del giorno di
pasquetta, all’alba ecco la sorpresa: gia alle 6,00 la strada è chiusa
al traffico e sono già piazzate davanti il nostro parcheggio diverse
macchine dei vigili urbani nonché
un paio di ambulanze complete di
medici ed infermieri, che alle nostre domande incuriosite rispondono: eh vedrete quello che ci sarà
qui fra poco!
Ed in effetti, con il passare
delle ore, quello che la sera precedente si mostrava come un tranquillo ed ampio prato, si trasforma
in un vero e proprio carnaio di napoletani alle prese con un barbecue selvaggio, con fuochi accesi
dappertutto e sedili delle auto reclinati a formare tavole itineranti
per tutte le età e le esigenze.
Ben presto la situazione si
L’agnellino di Liliana alla fine del pranzo di Pasqua
IL CLUB n. 82/83 – pag. 7
Allo scalone d’onore della Reggia di Caserta
fa insostenibile: la nostra necessità
di mantenere un varco necessario
per poter passare tra le ali di folla,
al fine di poter partire presto per
raggiungere il Porto di Napoli, si
trasforma in una lotta corpo a corpo con ragazzini che giovano a palla con una violenza simile e forse
superiore a quella del vecchio Diego Armando Maratona, giovincelli
che, allietandoci con una assordante musica napoletana dai toni
struggenti, posteggiano selvaggiamente le loro auto quasi a fare
terra bruciata intorno ai nostri
camper.
Alla fine, dato che Pippo,
per fare un corpo a corpo con i gitanti alle 15,00 non ha ancora
pranzato, ed Eduardo, per mettersi
di traverso con il camper per tenere sempre un piccolo varco aperto
per il passaggio, è stato a fare
marcia avanti-marcia indietro dalle
12,00 alle 15,00, decidiamo di gettare la spugna ed andare via prima
del previsto per cercare a Caserta
Bassa di trovare uno spiazzo per
mangiare un dolce locale acquistato per salutarci “dolcemente” e
brindare a quella che è stata una
settimana davvero piacevole, so-
Foto di gruppo dei nostri soci ...romani
IL CLUB n. 82/83 – pag. 8
prattutto dal punto di vista dei
rapporti umani e dell’approfondimento di amicizie e conoscenze
che, fino a quel momento, ancora
non si erano potute approfondire.
Ci salutiamo quindi perché
alcuni di noi (Liliana con Eduardo e
Mimmo con Fina) proseguiranno
via terra, mentre per noi (Ninni e
Concetta, Maria, Rosaria, Maria e
Giovanna e i piccoli Palazzolo con i
genitori e la nonna materna, oltre
a noi Guarneri) c’è già la nave della Tirrenia con la bocca aperta che
ci attende fumante al Porto di Napoli.
Questo bel viaggio è finito,
il tempo che scorre inesorabile se
l’è portato via, ed i preparativi, le
mie letture specializzate fatte durante le ore di pranzo in ufficio, le
consultazioni su internet, le prenotazioni, i dettagli da definire
all’ultimo minuto sono andati via
con lui.
Vi ringrazio tutti cari amici,
che con me e con i miei cari avete
diviso queste belle giornate piene
di sole e di monumenti, di autobus
presi al volo e bellezze della natura, e se qualche cosa non dovesse
essere andata per il verso giusto
non me ne vogliate, ma sappiate
che tutto è stato fatto con semplicità ma soprattutto con il cuore.
Arrivederci alla prossima, Vi abbraccio con affetto.
Patrizia La China Guarneri
I ravioli di Montalbano
Dagli atti del Commissariato di Vigata, la cronaca del raduno nel ragusano di fine aprile
T
utto principiò, un jornu
cchiù o un jornu in meno, a metà
aprile, quando Catarella aveva
bloccato il commissario Montalbano appena l’aveva visto trasere,
prima ancora che lui dicesse ‘na
parola.
Commissario,
commissario... Successe ‘na cosa stramma.
Ma Salvo, cioè il commissario, lo
aveva subito zittito, com’è solito
fare quando è incazzato (e si vede
che quella mattina non era cosa):
Catarella, ma che ci rompi i cabasisi di prima mattina? Che è suc-
Santo subito! Ma chi?
Montalbano, naturalmente…
Faccio mia la battuta di Enrico, socio del Club, per cercare di
definire al meglio l’assoluta relazione tra la zona del ragusano, visitata nel week-end del primo maggio, e il mitico personaggio letterario
di Camilleri. Quella che viene da sempre universalmente conosciuta la
provincia del miglior barocco siciliano, è adesso più nota come la provincia dei luoghi della fiction di Montalbano.
Ed ecco che la piazza del Duomo di San Giorgio, a Ragusa Ibla, diventa la piazza di Vigata e che la fornace di Sampieri si trasforma nella “Mannara” di alcune oscure ambientazioni dello sceneggiato o, ancora, il castello di Donnafugata si scopre residenza di un
anziano capomafia.
Santo subito, perché per esempio forse in pochi conoscevano
Punta Secca, ma tantissimi adesso sanno che è li che si trova “virtualmente” la casa di Montalbano. Un nuovo smalto, purtroppo sin
troppo sintetico ma efficacemente valido, comunque, dal punto di vista turistico-commerciale, per una delle province più belle d’Italia che
possiede un patrimonio architettonico, naturalistico e culturale tanto
vasto da aver meritato dall’Unesco, per alcune componenti del proprio territorio, il riconoscimento di bene prezioso per l’intera umanità.
Del resto, anche noi del Club abbiamo organizzato
l’escursione intitolandola ai “luoghi del commissario Montalbano” e in
effetti, forse, anche questo è stato uno dei motivi per il successo riscosso dal raduno.
Numeri da record per un week-end prolungato dalla festività
del primo maggio: quasi cento partecipanti che determinano un limite
difficilmente raggiunto anche per le tradizionali e sempre affollate cene di fine anno. Quasi cento partecipanti per un tour perfettamente
organizzato nei minimi particolari: un grande grazie va infatti rivolto
a Francesco che, nuovo componente del direttivo alla sua prima opportunità, meglio non poteva esordire nella faticosa organizzazione di
questo evento.
Ma un altrettanto grande grazie deve essere rivolto anche a
tutti i nostri soci. Grazie ai nuovi soci alla loro “prima volta” che hanno partecipato con entusiasmo nonostante la presenza di bimbi piccoli ad una delle più faticose passeggiate nella memoria del Club e a
chi, non nuovo ma da tempo poco presente, ha partecipato manifestando sinceramente il proprio apprezzamento per il perfetto evolversi del raduno.
Grazie ancora ad Alfio, che ha voluto in qualche modo condividere con il nostro Club la sua prima uscita in camper dopo un triste
periodo e grazie infine a chi, sempre presente, rivitalizza silenziosamente chi si adopera per la riuscita di ogni occasione d’incontro.
Montalbano santo subito, quindi, senza riserve!
Giangiacomo Sideli
IL CLUB n. 82/83 – pag. 9
cesso di così grave che manco mi
fai arrivare?
Catarella si era bloccato
davanti alla sua porta zittennusi:
Nenti, dutturi, nenti d’accussì grave. Ed era tornato indietro come
un cani vastonatu. Ma il commissario, susennusi dalla poltrona dopo
qualche minuto, lo aveva richiamato per spiargli il motivo della sua
agitazione.
Catarella, juntu che avia
un foglio ‘n mano, aveva allora iniziato come sempre da facenne
preistoriche, prendendola alla lontana; per poi catamiarsi a quagliare, allo sbrigativo cenno di mano di
Salvo, fino ad arrivare alla parte
finale del racconto. Insomma, come fu e come non fu, trovai su Internèt di questo gruppo di cameristi – no, dutturi, scusassi, cam-peri-sti, quelli che si muovono ni’ rulotti, insomma – che vonnu vinire
a visitare vossignoria medesima
qua proprio, “nei luoghi del Commissario Montalbano”, c’è scritto.
Ecco, dutturi, ho stampato la loro
circolare.
Il commissario Montalbano in uno
dei rari momenti in cui il suo
sguardo si libera in un sorriso
Salvo quella mattina era
incazzato più del solito per colpa
del cielo scuruso che prometteva
tempesta; assittandosi, lesse quel
foglio tutto d’un fiato e alla fine urlò: Faziooo!
Un libro per seguire,
catammaru catammaru, le avventure del
commissario
L’idea della gita nei luoghi
televisivi del commissario Montalbano mi era venuta da un libro recentemente pubblicato da Sellerio,
un libro che è quasi un atlante dell'universo geografico del commissario e dei personaggi sui quali si fondano i racconti di Camilleri. Il libro
contribuisce così a dare uno stimolo
ulteriore per seguire le inchieste del
commissario più famoso d’Italia,
entrando nell'atmosfera delle sue
storie. Perché, per ciascun romanzo, tutti i movimenti del commissario sono ricostruiti un passo dopo
l'altro, in un pedinamento che riesce perfettamente sovrapponibile
all'andamento di ognuno dei suoi
casi. Ed esercita un ulteriore stimolo
a visitare quei luoghi che, fra romanzi e fiction tivù, hanno fatto da
sfondo alle sue avventure.
Vero è che i luoghi di Montalbano nascono dalle finzioni di
Camilleri. Da Vigata a Montelusa,
da Puntasecca a Marinella, dai bar
ai ristoranti alle chiese, sono tutti
luoghi di fantasia, nessuno esiste
nella toponomastica reale e nessuno dovrebbe esistere nella topografia dei luoghi. Però con questa
“guida” la finzione si sovrappone ai
luoghi della geografia reale, tra Agrigento e Porto Empedocle, tra Siculiana e Palma di Montechiaro, dove Camilleri è nato e dove l’autore
ha ambientato i romanzi, o Ragusa
e Scicli, Donnalucata e Punta Secca,
dove invece è stata girata la fiction
televisiva. Un po’ come quello che
noi abbiamo fatto a fine aprile.
M. K.
Ma Fazio quella mattina
non c’era, aveva preso un giorno
di permesso; e quando Catarella
glielo ricordò, lui non si limitò solo a commentare Quando cerco
qualichiduno non c’è mai, ma
stava per mettersi a santiare,
scomodando anche qualche santo
del paradiso. Io, che ero come
sempre nella stanza accanto, avevo sentito quasi tutto. Poteva
significare tutto e nenti; ma, conoscendolo bene, mi precipitai da
lui, addumandandogli: Salvo, che
successe? Posso esserti utile io?
Lui era stinnicchiato na
su‘ poltrona, rosso in faccia. Pure
posto rintra mi vengono a rompere i cabasisi, cominciò. Ora pure
in roulotte... Insomma, leggiti
‘sta cosa e pensaci tu: in mezzo
ai coglioni non voglio nessuno.
Sono stato chiaro? Chiamali tu e
levameli di dosso.
Io avevo un paio di cose
urgenti da fare quel giorno, ma
gli giurai che lo avrei fatto subito.
Ma in effetti, come andò la giornata, lo scordai. Tuttavia, al momento di salutarci, la sera, Salvo
mi fermò e m’addumannò: Allora,
hai risolto tutto? Gli hai telefonato? Sbiancai trattenendo il sciato
perché l’avevo proprio dimenticato (e anzi speravo che lo avesse
dimenticato anche lui). Ma il
commissario fu irremovibile. Devo
pensare a tutte cose io? E prese
subito il telefono spiandomi il
numero da fare: accussì nni livamu u pensiero.
All’altro capo del telefono
arrispunnì in perfetto ‘taliano un
certo Bonsangue Francesco, che
con fare molto signorile cercò di
spiegargli che quei cristiani era
un gruppo molto distinto di camperisti del Banco di Sicilia e che
quell’idea di far visita ai luoghi
televisivi che avevano fatto da
sfondo alle riprese del telefilm sul
commissario Montalbano l’aveva
avuto il presidente del Club, tale
Karra Maurizio di Palermo - persona sicuramente un po’ stravaganti, commentò subito ad alta
voce Salvo – e che nessuno pensava di dare fastidio al Commissariato di Vigata, né al commissario prima di tutti. Concluse che
quella gita, alla quale avevano
aderito ormai tantissime persone,
il gruppo la voleva proprio fare
per visitare quei luoghi del barocco. Insomma, non ci sarebbero
stati problemi, assicurò cercando
di calmarlo, avendo capito il tipo.
IL CLUB n. 82/83 – pag. 10
Salvo in effetti si rilassò un
po’, salutò un po’ meno incazzato
di quanto non avesse iniziato la telefonata e stette un attimo a pensare.
Poi,
tutti
‘nzemmula
s’arrisbigliò, si susì da sedia e mi
taliò: Ma tu alla calcagna ci devi
stare, lo stesso, dall’inizio alla fine,
con discrezione, come un’ombra.
Alla fine voglio un rapporto, dettagliato. Non mi fido comunque. Abbiamo indagini troppo delicate tra
le mani. Non si sa mai... E poi voglio comunque che stiano alla larga
dai cabasisi.
Tutti sapevamo che Salvo
era un tipo un po’ paranoico, ma
ogni tentativo di dissuaderlo da
quella cosa fu inutile: alla fine gli
dovetti promettere che mi sarei
appiccicato al gruppo come lui voleva nei giorni in cui sarebbero stati a Vigata. Anche a Montelusa li
devi seguire, aggiunse lui con la
facci sdignata mentre io lo taliavo
‘ntordomuto. Anche a Montelusa,
stai tranquillo, dovetti promettergli
io, assecondando la so fuddria che
stava di nuovo diventando furiosa.
Poco dopo, mentre stavo
per andarmene, improvvisamente
lo vitti susiri da seggia e illuminarsi
in volto: Già, vanno pure a Montelusa; e allora, appena sento il Signor Questore, gli preannunzio la
visita di questo gruppo: lo sai
com’è il dottor Bonetti Alderighi,
ama fare le public relations... E
sogghignò come sapeva fare solo
lui. Facciamolo contento una volta,
proseguì. Tanto lui ama queste cose; e poi telefoniamo al presidente
di questo Club e gli diciamo
dell’incontro. Ci facciamo pure una
bella figura, che ne pensi, Mimì?
Mi pare una trovata geniale, Salvo! gli risposi io, francamente rincuorato, anche perché lo vedevo finalmente meno incazzato. E
così parve che il problema era stato risolto. Ma tu, scrivitelo da qualche parte: quel giorno gli andrai
dietro lo stesso, concluse lui uscendo dalla stanza e lassandomi
in tridici.
Venne dunque il giorno di
quella gita. Era il 29 aprile e la
notte prima, come fu e come non
fu, io non ero riuscito a chiudere
occhio, perché il picciriddo aveva
avuto una botta di mal di pancia. E
poi, francamente, mi pareva una
perdita di tempo, con tutte le cose
che avevo tra le mani, mettermi a
fare la balia a questi camperisti.
Ma non avevo che fare. Questi erano stati gli ordini di Salvo, che
me lo aveva ricordato anche la sera prima di andarsene: accammora, tu che hai l’orecchio fino, appìzzati dietro a ‘sti cristiani e non li
perdere un attimo, mi raccomanno!
L’appuntamento che si erano dati i camperisti del Banco di
Sicilia era a ora di pranzo sul lungomare di Donnalucata, vicino a
Vigata e vicino anche a Marinella,
dove il commissario Montalbano
aveva la sua casa; e io avevo dovuto mangiare a mezzogiorno,
quel giorno, sgozzandomi per arrivare in tempo, i maccaruni che
Beba mi aveva preparato come sa
fare solo lei, con la salsa d’estratto
e il maiale dentro. Non erano molti
quei cristiani, ma io non sapevo
che una parte erano già arrivati al
campeggio La Spiaggetta di Punta
Secca. E soprattutto non sapevo
che Salvo aveva voluto vedere in
modo riservato, a solo, il loro presidente, addirittura a casa sua, appunto Marinella, per conoscerlo
meglio e capire le sue intenzioni,
come poi mi spiegò.
Lui, il Karra, evidentemente un tipo che si era fatto spiegare
bene che tipo era Montalbano, si
era presentato con le scacce caure
caure dato che era prossima l’ora
del pranzo; e questo aveva mandato di buon umore Salvo, sciogliendo subito il gelo fra i due. Il
commissario lo aveva studiato per
bene e ne aveva dedotto che forse
si era preoccupato un po’ troppo:
si trovava davanti un cinquantino
gioviale, desideroso di conoscere
lui e anche il suo paese.
Ma a me toccava lo stesso
stare dietro a quel gruppo come se
fossero dei sospettati. Ma di che
ancora oggi non l’ho capito. In
quell’occasione, inoltre, Montalbano
aveva
parlato
a
Karra
dell’incontro che aveva pensato di
combinargli anche col Signor Questore, a Montelusa. Ma il dottore
Bonetti Alderighi è per conto suo
domani, quando sarete a Montelusa, e francamente mi dispiace, ci
tenevo che lo incontraste, aveva
concluso al termine dell’incontro.
A quel punto, prendendo la
palla al balzo, Karra aveva strappato a Salvo la promessa che si
sarebbe fatto vedere allora lui, il
commissario, da parte del gruppo
nel corso dell’escursione (Karra
non sapeva della mia missione) e
lo aveva salutato abbracciandolo.
Quindi si era unito agli altri camperisti a Donnalucata, ma senza dare
pubblicità all’incontro, felice in cuor
suo di aver strappato al commissario quella promessa dell’improvvisata del giorno dopo.
Il Nutella-party in campeggio
Per il resto, il pomeriggio
era trascorso con l’arrivo degli ultimi, fino a sera tarda e con la passeggiata a piccoli gruppi a Samperi
per la sagra del pomodoro che era
stata organizzata, anche se di pomodori non se ne vedevano. In
compenso a un certo punto li avevo visti organizzare zitto tu e zitto
io un “nutella-party” (così lo aveva
chiamato uno di loro, un certo Parrino Vittorio) per i picciriddi. Ma io
avevo taliato che c’erano tutti, nichi e grandi, che si erano fatti fuori
pane caldo e chili di cioccolata fino
a ‘ngrasciarsi tutt’i manu: e se
questa era la premessa...
Solo dopo le 11 io avevo
potuto fare ritorno da Beba, che
ovviamente mi aveva chiamato un
centinaio di volte al telefonino perché non credeva affatto a quella
storia dei camperisti e pensava alle
solite cose: i fimmini! Poi, voi lo
sapete Beba quant’è gelosa...
L’indomani alle 9, quando
io ero arrivato, già c’erano tre pullman, fra grandi e cchiu nichi, che
stavano imbarcando il gruppo (solo
allora m’addunai che erano quasi
cento cristiani!) per dare inizio
all’escursione programmata, dapprima a Montelusa e poi a Vigata.
A Montelusa ci arrivarono
che erano le 10 e subito sciaminarono un po’ dappertutto con le loro
due guide che gli andavano cuntannu di arte barocca e di set televisivi; stavano con l’occhi isati a
taliare puttini e autre fisserie e in
contemporanea spiavano notizie
sul commissario, sulle sue indagini,
sul signor questore, e così via. Fatto sta che a un certo punto io preferii telefonargli: Salvo, senti, ma
perché non vieni pure tu qua e dai
un’occhiata, che forse l’inzirtasti:
questi sono troppo curiosi, continuano a spiare in continuazione
cose su cose...
IL CLUB n. 82/83 – pag. 11
Stavolta ero io che, in funnu in funnu, non ero accussì convinto, ma Salvo mi rincuorò subito:
sto venendo, anche perché avevo
detto a Karra che li avrei incontrati. Dopo qualche minuto, mentre il
gruppo, dopo aver visitato tutta la
parte storica di Montelusa, da San
Giorgio alla Chiesa del Purgatorio
passando per quella della Madonna
dell’Itria e da tutte quelle che erano state costruite dopo il grande
terremoto, era giunto al Giardino
Ibleo, il commissario s’appresentò
al solito suo.
Mi spiegò, poco dopo, che
era previsto che il gruppo pranzasse presso l'azienda agrituristica
"Monsovile", vicino a Vigata, che
poi era proprio quella dove noi del
Commissariato festeggiavamo i
nostri successi e le nostre (in vero
poche) promozioni. E dove io portavo spesso anche Beba, perché i
ravioli che fanno là fanno resuscitare anche i morti. E Salvo, quando è ora di queste cose, non se le
perde mai: ve lo ricordate, a Natale di qualche anno fa, quando rinunziò ad andare a Parigi con Livia
per mangiarsi gli arancini preparati
dalla cammarera Adelina?
Foto di gruppo davanti la chiesa di
San Giovanni a Montelusa
Taliai il rologio: era appunto ora di pensare a mangiare, anzi
si stava facendo un po’ tardi e anche il mio stomaco me lo stava ricordato. Così, all’arrivo a Monsovile, Salvo non si tirò indietro ad assittarsi al tavolo di Karra, coinvolgendo anche me (e meno male...),
mentre i cristiani del gruppo si trasformarono, zittu tu e zittu io, in
Nella foto in alto il nostro presidente con Luigi Fiscella in un momento
del pranzo all’azienda Monsovile. Accanto a Maurizio Karra si riconosce Andrea Camilleri, mentre il Commissario Montalbano è a destra,
vicino Fiscella e a Paolo Carabillò, seminascosto. Alle spalle di Marcello La Barbera, invece, si trova in piedi Mimì Augello, vice commissario
di Vigata e autore dell’articolo. In basso un’altra allegra tavolata di
soci del Club a Monsovile.
Montelusa perché volevo vedere
Karra, Sideli e tutti gli altri, dopo
quella gran mangiata (e bevuta)
come avrebbero fatto a incontrarlo
e fare ...rappresentanza! Ma, seppure mezzi stinnicchiati, dopo una
fotografia di gruppo con il commissario (forse erano stati i ravioli a
rabbonirlo), il gruppo a Vigata ci
andò ugualmente, riprendendo i
tre pullman, mentre io e Salvo levavamo l’incomodo salutando affettuosamente Karra che si era susuto per abbrazzarci.
Pensavo che fosse finita a
quel punto la mia missione; ma
non era proprio così! Mi toccò andarci dietro ancora e credo che anche lì a Vigata abbiano visitato tutte le pietre antiche dei palazzi e
delle chiese, senza perdersene una. Per fare rientro in campeggio,
la sera, sfatti e silenziosi, che non
ce la facevano più manco a spiare
una parola.
A Vigata l’incontro con Alfio Triolo
una planata di cavallette facendo
fuori una tonnellata almeno di antipasti tipici della zona (un’altra
bontà indicibile).
Ma il clou era come sempre
rappresentato dai ravioli di ricotta
immersi nel sugo di maiale, con
quei bei tocchi di carne che riuscivano ad addolcire sempre anche
l’umore di uno come il commissario. Un vassoio intero se ne fece
portare e provò a gareggiare con
Karra e con qualcun altro seduto
vicino a loro a chi ne riusciva a
mangiare di più (e ogni raviolo pisava mezzo chilo!): ricordo un certo Sideli, che credo fosse il vicepresidente del gruppo e che non si
faceva pregare a mangiare, e uno
pure piccolo e minuto, seduto davanti al Karra – Luigi lo chiamavano tutt’e due - che dove cacciava
tutto quello che mangiava non si
riusciva proprio a capire; e poi un
altro vicino, un certo Paolo, che
diceva di essere a dieta, ma spazzolava tutto quel bendidio senza
bisogno di incoraggiamento. Ma
credo che la situazione fosse la
stessa a tutti i tavoli e che tutti
quei cristiani sinni stavano a mangiari trattenendo pure il sciato.
Ogni tanto si sentiva scruscio di
brindisi e poi ancora avanti.
A un certo punto portarono
il vassoio degli arrosti e il vino scese giù peggio di prima. Meno male
che il Signor Questore non era a
IL CLUB n. 82/83 – pag. 12
Quando il giorno dopo fui
costretto a ritornare là, a mare,
dato che già mi conoscevano tutti,
furono in tanti a currermi incontro
a vrazza stisi: mi accolsero calorosamente come se fossi un amico di
vecchia data offrendomi il caffè. E
poi mi fecero fare una passeggiata
fino alla Mannara con tutti loro.
Avevo dovuto ricredermi anch’io su
questo gruppo: erano cristiani
davvero simpatici, distinti, con
tanti picciriddi biondi che sembravano dipinti da Raffaello.
E fu così che finii con
l’andare a prendere pure Beba con
il picciriddo a ora di pranzo per
mangiare tutti ‘nzemula, portando
anche un buon amico di famiglia,
Andrea Camilleri, un ottantino con
il ciriveddo che funziona ancora
come un laser; peccato che il loro
presidente era partito di buon mattino con il suo camper e che qualcuno lo aveva poi seguito nel corso
della mattinata. Non erano tutti,
ma erano ancora tanti!
Sì, aveva ragione il commissario Montalbano, come sempre d’altro canto: erano cristiani
Il gruppo di soci del Club a Montelusa. In alto a sinistra, vicino al presidente e ai soci Michelangelo Guarneri,
Patrizia La China e Marcello Critelli, si riconoscono il dott. Andrea Camilleri e Mimì Augello, vice commissario
di Vigata nonché autore dell’articolo. Il Commissario Montalbano, schivo com’è, si confonde invece in alto più
a destra vicino al vicepresidente, fra i soci Elio Rea e Filippo Santonocito.
curiosi, ma brava gente. Forse per
questo, quando me ne andai, li salutai con un gran groppo in gola. Ci
rivediamo, vero? mi chiesero in
tanti. Ma certo, arrispunivi io, girandomi però dall’altro lato per
l’occhi umidi.
E spero sì di rivederli presto: è brava gente, allegra, di cuo-
re. E magari anche Salvo adesso si
è messo a spiarmi: ma li hai poi
risentito quelli dei camper? E volete saperla fino in fondo? Quando
entra ogni giorno in Commissariato, la prima cosa che fa è spiare a
Catarella: telefonate per me?
Nemmeno Karra ha più chiamato?
Credo che ce li ricorderemo
sempre con affetto, questi camperisti del Banco di Sicilia, tutt’e due,
sia io che Salvo, il commissario. E
forse anche loro ci ricordano con
affetto. Anzi, ne sono sicuro.
E l’altro giorno anche il mio
amico Camilleri mi ha chiesto di
loro, non so a che proposito. Ma
cianciava di un nuovo libro…
Mimì Augello
Vice Commissario
Commissariato di Vigata
La passeggiata alla Mannara
P.S. Il commissario Montalbano mi
ha incaricato di invitarvi nuovamente a Vigata. Venite, perché vi
aspettiamo!
Grazie di cuore da parte di tutto il Club ad Andrea Camilleri
e a suoi famosi personaggi “sbirreschi”
IL CLUB n. 82/83 – pag. 13
Tra sacro e profano
Il 13 e 14 maggio siamo andati in gita alla scoperta della cittadina di Marineo, dell’Eremo
della Quisquina con la grotta di Santa Rosalia e dei magnifici piatti del ristorante “Filici” nei
pressi di Cammarata
I
l piacere di stare insieme e di esplorare i numerosi scorci
della nostra magnifica isola non ci
abbandona mai, ma è indubbio che
,con l’arrivo della bella stagione,
dei primi caldi e dell’allungarsi delle giornate, questo piacere si intensifica ulteriormente, rendendoci
ansiosi di mettere in moto il camper e partire. La meta del primo
raduno di maggio, a cavallo tra il
13 e il 14, è stato un mix di cultura, natura, fede e ottima cucina,
rallegrata ancora di più dall’arrivo
di due ospiti di riguardo… Ma andiamo per ordine.
La carovana dei nostri
camper si è messa in moto la mattina del sabato e ha raggiunto la
vicina cittadina di Marineo, situata
sotto un’imponente rupe, denominata la Rocca; dopo aver lasciato i
nostri mezzi in un parcheggio che
domina l’abitato, siamo andati alla
sua esplorazione, con la guida del
Responsabile dell’Ufficio Turismo e
Beni Culturali del Comune che ci
ha condotto a vedere prima di tutto la Chiesa Madre, risalente al
‘500, che ospita l’altare monumentale di San Ciro, patrono cittadino,
e un tabernacolo del Gagini, e che
subito dopo la nostra visita è stata
rallegrata dal matrimonio di due
giovani sposi del paese in mezzo a
un nugolo di parenti e amici.
Subito dopo ci siamo inoltrati nel borgo, fondato nel 1550
dal nobile Beccatelli Bologna, su
licenza populandi dell’imperatore
Carlo V che, dato il dislivello sul
quale è stato costruito, vanta diverse stradine a scale che conducono fino al suo monumento principale, il castello risalente al 1560
circa; il maniero si erge su una
rampa scoscesa e inaccessibile sul
versante nord e, oltre ad ospitare
magazzini e stalle, vanta al piano
nobile numerose stanze adibite ai
giorni nostri a sede museografica
(Museo dell’Eleutero), con reperti
archeologici rinvenuti nella vicina
località chiamata Montagnola, nella
quale sorgeva l’antica città di Makella.
Quindi ci siamo diretti al
convento della Madonna della Dayna, da cui si gode una vista magnifica sul paese, prima di dirigerci
all’ultima tappa di scoperta cittadina: la macelleria Polizzotto della
piazza dei Caduti, dove in virtù del
nostro grande amore per la conoscenza abbiamo fatto incetta di
salsiccia paesana (una vera delizia!), caciotte, salamini, vino e via
mangiando.
I gemelli Ivan e Davide nelle braccia di papà Salvo e mamma Nuziatella
IL CLUB n. 82/83 – pag. 14
Alcuni soci davanti al
Marineo
castello di
Subito dopo pranzo siamo
stati raggiunti da alcuni soci che si
erano mossi nel primo pomeriggio
e con loro sono arrivati i due ospiti
d’eccezione di cui parlavamo in
apertura: due deliziosi cuccioli
d’uomo tutti tenerezza, i gemelli
Ivan e Davide di appena tre mesi,
alla prima uscita con il Club, accompagnati da mamma Nunzia e
da papà Salvo che, dopo una gravidanza davvero difficile e problematica, sono giustamente orgogliosi genitori di questi angioletti.
Inutile dire che la gioia e le coccole
si sono sprecate tra i presenti ed è
stata una gara per prendere in
braccio i piccoli e rimanere estasiati davanti ai loro occhi chiari, alla
loro pelle rosea e profumata.
E poi tutti insieme ci siamo
diretti verso il ristorante Filici, situato a metà strada tra Santo Stefano Quisquina e Cammarata, circondato dalla Riserva di Monte
Cammarata che nel periodo primaverile mette in mostra uno scenario montano degno della Svizzera o
del Tirolo, con prati verdissimi disseminati da una fantasmagoria di
coloratissimi fiori di campo, intervallati da laghetti e da suggestivi
boschetti. Con gli occhi colmi di
tanta bellezza e i polmoni decongestionati dall’onnipresente smog
cittadino ci siamo così ritrovati in
mezzo ad una sorta di paradiso
terrestre e la sensazione di essere
capitati in un eden è continuata
anche dopo esserci fermati nell’ameno parcheggio del ristorante, in
realtà una sorta di campeggio tra
alberi fioriti e prati all’inglese, dove
ci hanno raggiunto gli ultimi soci.
Ma il meglio, almeno da un
punto di vista gastronomico, doveva ancora venire: infatti appena le
nostre cavallette si sono sedute a
tavola ha avuto inizio un via vai di
piatti che ha rasentato l’incredibile,
grazie ad una decina di antipasti
squisiti, dalla ricotta alla caponata,
dal prosciutto al formaggio locale,
dalla trippa all’insalata di carne; e
poi un tris di primi goduriosi, con
pasta fresca e lasagne, e un tris di
carni, dall’agnello al castrato al
maiale che si sono sciolti in bocca,
oltre a vari tipi di frutta, ai cannoli
con ricotta e alla mega-torta offerta da Nunzia e Salvo, in onore dei
gemelli, con la distribuzione dei
confetti ai partecipanti. Inutile ribadire che è stata una grande festa, in cui l’unico rammarico da
parte dei presenti è stato quello di
non riuscire a trangugiare proprio
tutto per limiti fisiologici.
Dopo una notte più tranquilla del previsto, soprattutto da
parte dell’apparato digerente sotto
stress, le nostre ineffabili cavallette si sono date da fare anche la
mattina della domenica, sedendosi
di nuovo al ristorante Filici per
consumare una “modesta” colazione, a base di ricotta con il siero,
cannoli e piatti di affettati che sono
spariti in un attimo. E poi, dopo
aver salutato alcuni soci storici
come Pippocamper e Mister Five,
richiamati da altri impegni, il resto
della carovana si è rituffata nello
scenario svizzero, respirando a
pieni polmoni insieme ad una comitiva di ciclisti che si godeva al
pari di noi una natura così assoluta, fino a raggiungere, vicino Santo
Stefano Quisquina, il suggestivo
Eremo di Santa Rosalia, incastonato in un bosco a oltre 1.000 metri
di altitudine.
In alto un momento di relax nel parcheggio di Filici
In basso l’allegra tavolata al momento della cena
IL CLUB n. 82/83 – pag. 15
La grotta con la statua di Santa Rosalia
Ci siamo così ritrovati davanti al convento e alla chiesa costruiti a fine ‘600 attorno alla grotta dove attorno all’anno 1100 Santa Rosalia condusse vita eremitica.
Tutti i palermitani venerano la
Santuzza, vissuta nell’ultimo periodo della sua vita in una grotta di
Monte Pellegrino, dove rimase il
suo corpo fino a che nel 1624, in
occasione della peste che stava
decimando la città, non apparve in
sogno agli abitanti chiedendo che
le sue ossa fossero portate in processione, cosa che fu fatta permettendo la salvezza della città.
Ma non tutti sanno, invece,
che Rosalia, figlia di un nobile palermitano, era dapprima scappata
di casa per sfuggire ad un matri-
monio combinato dalla famiglia,
rifugiandosi nel feudo di Monte
Cammarata, di proprietà del padre,
e vivendo per una dozzina di anni
in una minuscola grotta, al cui ingresso vi è ancora l’iscrizione in
latino, scritta dalla stessa santa,
che ne attesta la presenza.
Ai giorni nostri si può visitare il complesso del convento, che
permette di rivivere la dura vita
dei monaci, devoti a Santa Rosalia,
dalla cantina dove veniva conservato il vino e l’olio, alla legnaia,
trasformata oggi in un piccolo museo di civiltà contadina, fino alla
grande cucina a legna e alle celle
dei monaci, la più bella delle quali
ospitava il nobile di turno quando
si recava al convento. E’ pregevole
Foto di gruppo alla Quisquina
IL CLUB n. 82/83 – pag. 16
anche la piccola chiesetta dedicata
alla santa, con vari dipinti e affreschi che la ritraggono nel suo eremitaggio, che ospita nella parte
inferiore le catacombe dei monaci.
Ma indubbiamente il luogo
in cui la spiritualità si respira fino
in fondo è sicuramente la grotta
della santa, scavata nella roccia e
raggiungibile attraverso uno stretto percorso che costringe a contorsioni non indifferenti i visitatori sostenuti dalla fede; e poi una volta
raggiunta con sacrificio la grotta ci
si trova davanti il minuscolo lettuccio di roccia su cui riposava la Santuzza, sopra al quale vi è una statua della Santa e tutt’attorno tanti
fiori che animano le pareti.
Dopo un tuffo in tale spiritualità siamo usciti alla luce del sole e ci siamo diretti sulle nostre casette con le ruote fino all’area attrezzata più vicina, per godere ancora un po’ di questo paradiso terrestre, sospesi tra i prati versi e
l’azzurro del cielo. E qui, dopo un
pranzo che avrebbe dovuto essere
leggero dopo gli stravizi del weekend, ma che non lo è stato per tutti, e dopo una piacevole chiacchierata corale, ci siamo salutati, dandoci appuntamento alla prossima
fuga dalla quotidianità.
Testo di Mimma Ferrante
Foto di Paolo Carabillò
e di Maurizio Karra
Mare forza otto
Per il ponte del 2 giugno era prevista una mini-crociera alle isole Eolie, oltre alla visita di
Tindari e di Milazzo; invece una bufera di vento e il mare forza otto hanno scombussolato
tutti i nostri progetti…
E
rano mesi che il nostro Vittorio Parrino lavorava al
programma di questo raduno, interessandosi al luogo per la sosta,
alla tariffa più conveniente per la
mini-crociera alle Eolie, alle isole
dove approdare, così come alle
guide per visitare Milazzo, con
grande dispendio di tempo e di energia; ma come dice il proverbio
l’uomo propone e …Dio dispone.
Le previsioni, dopo tanto
lavoro, erano rosee e il tempo per
tutta la settimana era stato bello,
con un clima perfino torrido a evidenziare un anticipo di estate di
cui avremmo volentieri fatto a meno; ma giovedì 1° giugno, alla vigilia della partenza, il cielo si era
rannuvolato e, quel che è peggio,
le previsioni avevano stroncato le
nostre aspettative di un finesettimana sull’acqua, anche se la
speranza è sempre l’ultima a morire…
Nonostante ciò, un pugno
di intrepidi coraggiosi (assai più
piccolo rispetto al numero di tutti
quelli che avevano prenotato la loro presenza) la mattina del 2 giugno si sono dati comunque appuntamento nel parcheggio sotto il
Santuario della Madonna di Tindari, mentre il cielo si velava minacciosamente e la temperatura iniziava a scendere a picco. Dopo un
pranzo veloce, a bordo del bus navetta siamo saliti sulla rocca dove
si innalza il Santuario della Madonna Nera, situato nel punto più elevato del promontorio ed edificato
negli anni ’60 del XX secolo, dopo
che il vecchio santuario era stato
devastato nel corso del saccheggio
del pirata Barbarossa del 1544.
L’imponente edificio a croce latina, sulle cui pareti sono raccontati gli episodi della vita di Gesù, realizzati con la tecnica del
mosaico, ospita nell’abside il trono
della Madonna, contenente la statua lignea della Madonna Nera di
stile bizantino; quest’ultima, secondo la tradizione, arrivò sulle rive del mare sottostante attorno al
IX secolo, cominciando fin da subito ad effettuare prodigi e rendendo
sempre più grande la devozione
della gente di Sicilia e di Calabria,
che hanno fatto della basilica una
meta di pellegrinaggi da centinaia
di anni.
Dall’alto del promontorio si
gode un magnifico panorama sui
sottostanti laghetti di Marinello,
con lingue di sabbia che si incuneano nel mare, e sulla sagoma delle
isole Eolie, simili ad un incantesimo e capaci di scomparire con
l’avanzare della nebbia che si
stendeva sul mare.
Dopo la visita al Santuario,
eccoci ai vicini scavi archeologici di
Tyndaris, una delle ultime colonie
greche in Sicilia, fondata nel IV secolo a.C. da Dionisio I; dapprima
con la visita del piccolo museo, che
ospita alcuni reperti ritrovati in loco, e poi con una passeggiata per
tutta l’area, a partire dalla suggestiva Basilica, eretta in età tardoimperiale, con un’ampia navata
composta da 9 archi, per poi continuare con i resti di case dai pavimenti a mosaico, con le terme e
infine col teatro, risalente al III secolo a.C..
I nostri soci davanti al Santuario della Madonna di Tindari
In basso, foto di gruppo all’area archeologica
IL CLUB n. 82/83 – pag. 17
Anche dall’alto dell’antica
colonia greca il panorama sul mare
sottostante era veramente magnifico anche se era guastato da raffiche di vento rabbioso che non hanno però disturbato gli “amatori” del
finocchietto selvatico, che da queste parti cresce rigoglioso, che si
sono prodigati prontamente a raccoglierlo a chili.
Dopo il ritorno al parcheggio, dove siamo arrivati quasi congelati e sepolti sotto vari strati di
felpe e maglioni, ci siamo mossi in
direzione di Milazzo e qui, grazie
all’aiuto di Vittorio Parrino e del
suo amico Michele, ci siamo sistemati all’interno dei campi di calcetto della Parrocchia di San Papino,
in pieno centro cittadino. Qui i
componenti maschili del gruppo
con grande senso sportivo (e forse
anche per riscaldare le membra
rese livide dal freddo) hanno dato
vita ad una partitella in puro stile
fantozziano, in cui si è ritrovato a
giocare anche Joy, il canemascotte del gruppo, che si affannava a correre come un ...mastino
per sottrarre la palla all’avversario,
ma invece di mandarla in porta la
…mordeva appassionatamente.
Dopo un tale riscaldamento
forzato
ci
siamo
mossi
all’esplorazione del centro di Milazzo, ritrovandoci a passeggiare lungo il suo pregevole lungomare orlato da palme, fino all’ora di cena,
quando ci siamo rifugiati al Covo
del pirata per mangiare una pizza
tutti insieme, tra brindisi improvvisati e previsioni ottimistiche per la
crociera del giorno dopo, dato che
nel frattempo il vento era calato e
il cielo si era riempito di stelle.
Ma avevamo cantato vittoria troppo presto, dato che subito
dopo essere tornati al nostro accampamento ed essere saliti sulle
nostre mansarde, siamo stati investiti da una spaventosa tromba
d’aria che ha fatto sussultare impietosamente i nostri camper, che
sembravano quasi in procinto di
volare via. Il vento si è accanito
per tutta la notte, mentre il rumoreggiare del mare arrivava fino al
nostro accampamento.
La mattina dopo, piuttosto
scoraggiati, abbiamo ricevuto la
comunicazione ufficiale che a tutte
le imbarcazioni era stato fatto divieto da parte della Capitaneria di
Porto di prendere il mare; quindi,
in ogni caso, l’annullamento della
nostra mini-crociera a Panarea e
Stromboli diveniva “ufficiale” perché il mare aveva raggiunto forza
otto! E così, tra la pioggia che
“picchiuliava” e il vento che ruggiva intorno a noi, abbiamo improvvisato una visita mattutina al
duomo di Milazzo, fronteggiato dai
resti di una necropoli tardoromana, e alla Pretura, una bellissima costruzione in stile liberty del
1930.
All’interno il presidente ha
subito un processo in piena regola,
nel corso del quale si è dovuto difendere dall’accusa di mancata
crociera mossagli dai soci, a quanto pare efficacemente; il presidente della corte, Pietro Inzerillo, l’ha
infatti assolto, condannandolo però
a rimettere in programma la crociera alla prima occasione.
Quindi il gruppo si è lanciato ad alleggerire i negozi di alimentari degli immediati dintorni,
compreso il caratteristico vicoletto
della pescheria che si snoda nei
pressi di Piazza Caio Duilio, salotto
cittadino. E poi nel pomeriggio i
Il nostro presidente ...a giudizio in Pretura
IL CLUB n. 82/83 – pag. 18
partecipanti si sono divisi tra la visita alla magnifica cittadella fortificata della cittadina, con la visita
del castello e dell’antico duomo, e
lo svago tra le vie del centro, ricongiungendosi in serata in un ristorante nei dintorni della città,
dove insieme alla cena vi è stata
anche una sorta di gara da ballo,
in particolare di liscio, tra grandi e
piccini del luogo, mentre i nostri
eroi si sono limitati solo a guardare
le danze, a causa della loro totale
incompetenza in materia.
Il gruppo del Club davanti la Pretura di Milazzo
La mattina della domenica,
flagellata sempre dalla pioggia,
siamo andati a visitare la vicina
chiesa di San Papino, martire cristiano e patrono di Milazzo, che
ospita al suo interno un magnifico
Crocifisso di Frate Umile da Petralia; e qui abbiamo partecipato alle
esternazioni filosofiche e religiose
di Frate Vincenzo sull’identità del
cristianesimo, che hanno dato vita
ad un appassionato dibattito, da
approfondire magari in una prossima occasione.
A questo punto una parte
del gruppo ha continuato a visitare
le altre chiese cittadine, mentre
qualcun altro ha cominciato alla
spicciolata il rientro verso casa. A
tutti è rimasto un interrogativo:
quali altre tesori isolani ci attendono prima delle vacanze estive?
E ognuno era consapevole che ci
sarebbe stato ancora tanto altro
da (ri)scoprire tutti insieme …
Mimma Ferrante
Bollettino per i ...naviganti
Tante notizie utili prima di partire: dai programmi dei viaggi estivi organizzati dal Club
all’elenco aggiornato delle convenzioni al vademecum sui punti sosta in Italia, che giunge
quest’anno alla decima edizione
I viaggi estivi del Club
Sono sette i viaggi di gruppo
che
il
Club
organizza
quest’estate, riguardanti vari Paesi
europei. Eccoli uno per uno.
L’Austria e la Mitteleuropa
Organizzatore: Francesco Bonsangue
Inizio viaggio e durata: 24 giugno – 23 giorni
Itinerario: Il viaggio prevede l’at•
traversamento dell’Italia con qualche breve sosta lungo la penisola e•
nell’Alto Adige; dopo l’arrivo in Au•
stria, la visita di Tirolo e Carinzia,
quindi di Salisburgo e della Valle
del Sale; via Monaco e la Baviera
si raggiungerà infine Praga e si visteranno i castelli boemi vicini alla
capitale ceca; quindi ritorno via
Graz (circa 4.800 km.).
Note: Obiettivo primario è la visita
dei luoghi di Mozart per il 300mo
anno mozartiano, nonché visite ed
escursioni in città e località d’arte
per vivere pienamente l’atmosfera
dei luoghi della Mitteleuropa. Non
saranno disdegnate passeggiate in
•
bici. La maggior parte delle soste
avrà luogo in campeggio. Il tour
potrebbe essere bissato, a cura di
un altro capogruppo, con partenza
dopo ferragosto.
La Provenza e i suoi profumi
Organizzatore: Filippo Santonocito (partenza 7 luglio); Giovanni
Anello (partenza 18 luglio)
Inizio viaggio e durata: 7 luglio
e 18 luglio – 22 giorni
Itinerario: Ambedue i due tour
prevedono in linea di massima lo
stesso itinerario, con la visita delle
Gorges du Verdun, di Moustiers
St.Maries, Valensol, Forcalquier,
Sault-de-Vauclase,
Roussillon,
Gordse,
Fointane-de-Vaucluse,
Cairanne, Orange, Nimes, Aigues
Mortes, Arles, il Parco della Camargue, Avignon, Les Baux de
Provence, Saint Remy de Provence, Lourmarin, Pertuis, Luberon ed
Aix en Provence, con tappe lungo
la penisola (circa 3.200 km. oltre
alla tratta in traghetto PalermoCivitavecchia).
Note: Obiettivo del tour è la visita
della Provence, meta ideale per chi
voglia unire a una facile vacanza
sportiva, cultura, storia, tradizioni,
gastronomia ecc., in giro fra campi
di lavanda, borghi arroccati e resti
di città romane. I pernottamenti
sono previsti soprattutto in campeggio e aree attrezzate. Il secondo tour sarà strutturato in relazione alla prevista presenza di bambini.
Romantica Germania
Organizzatore: Sergio Campagna
Inizio viaggio e durata: 14 luglio
– 23 giorni.
Itinerario: Dopo l’attraversamento della penisola fino al Brennero,
visita dei luoghi del celebre percorso della Romantische Strasse bavarese: Fussen, Schwangau, Landsberg, Augusta, Harburg, Nordlingen, Dinkesbuhl, Feuchtswangen, Rothenburg, Weikersheim,
Bad
Mergentheim,
Wurzburg;
quindi proseguimento per Colonia,
Bonn, Magonza, Francoforte, Stoccarda e rientro in Italia (5.000
km. oltre alla tratta in traghetto
Palermo - Civitavecchia).
Note:
Obiettivi principali del
viaggio sono quelli culturali, con la
visita di città grandi e soprattutto
piccole della Germania, con centri
storici e musei. I pernottamenti
avranno luogo in campeggi e aree
attrezzate.
La Francia mediterranea,
i Pirenei e la Catalogna
Organizzatore: Ninni Fiorentino
Inizio viaggio e durata: 25 luglio
– 38 giorni
Itinerario: Dopo l’attraversamento della penisola, in Francia soste a
Nizza e, in Provenza, ad Aix en
Provence, Avignone, Arles, Saint
Maries de la Mer, Aigues Mortes e
nella Riserva della Camargue;
quindi, via Montpellier e Narbonne,
spostamento sui Pirenei con visita
di Carcassone, Foix, St. Liziers,
Tarbes e Lourdes; via Pau attraversamento del confine con la
Spagna e, dopo Huesca, visita di
Zaragoza e Barcelona, con sosta di
qualche giorno sul mare nella vicina El Masnou; riattraversamento
del confine con la Francia e sosta a
Collioure, Montpelleier, Nimes e,
IL CLUB n. 82/83 – pag. 19
via Aix, a Brignole; rientro in Italia
e, via Napoli, a Palermo (totali
5.500 km. oltre alle due tratte in
traghetto PA-NA e NA-PA).
Note: E’ un viaggio di tutto riposo,
con soste in città d’arte e località
romantiche del Mediterraneo e dei
Pirenei oltre che al Santuario Mariano di Lourdes e alle città spagnole di Zaragoza e Barcelona. I
pernottamenti sono previsti tutti in
campeggio.
Ungheria e Croazia
Organizzatore: Giovanni Pitré
Inizio viaggio e durata: 27 luglio
– 22 giorni
Itinerario: Dopo la visita del parco Minimundus a Klagenfurt (Austria), attraversamento del confine
ungherese e visita di Sopron, Nagycenk, Fertod, Gyor, Pannohalma
e arrivo a Budapest; quindi proseguimento per Estergom, Visegrad,
Szenterdre, Eger, lago Balaton,
Herend, Zalokaros; arrivo in Croazia e visita del Parco di Plitvice,
quindi Zadar, Trogir, Spalato,
Monstar e Dubrovnik con rientro in
Italia via Bari (circa 3.600 km. oltre alle tratte in traghetto PalermoCivitavecchia e Dubrovnik-Bari).
Note: E’ un viaggio fra arte e natura, con passeggiate fra centri
storici e monumentali alternati anche a momenti di pieno relax in
campeggio. Una volta in Crozia è
prevista anche qualche sosta sul
mare.
L’Italia degli artisti
Organizzatore: Luigi Fiscella
Inizio viaggio e durata: 27 luglio
- 20 giorni
Itinerario: Traghetto PalermoGenova, quindi via Perpignan e la
Languedoc arrivo in Spagna e visita di Barcelona, Tarragona, Valencia, Malaga, Gibilterra, Siviglia,
Cordoba, Toledo, El Escorial, Salamanca, Burgos, Barcelona e ritorno via terra (circa 8.000 km.
oltre alla tratta PA-GE).
Note: Si tratta di un viaggio finalizzato, oltre che alla rivisitazione
di alcune tra le principali città spagnole, anche alla conoscenza di un
gruppo
di
piccole
cittadine,
nell’entroterra ispanico. Un giro tra
cittadine medievali, borghi e bellissimi paesaggi di una delle più interessanti aree della penisola iberica; orientato quindi alla scoperta
degli aspetti monumentali, architettonici e storici dei siti di cui sopra, non tralasciando momenti di
relax, di divertimento, di shopping.
Le soste saranno prevalentemente
in aree attrezzate o in campeggio.
Tour dei Paesi Bassi
Organizzatore: Marcello La Barbera
Inizio viaggio e durata: 29 luglio
– 22 giorni
Itinerario: Dall’Italia, attraversamento della Francia e arrivo in
Lussemburgo con visita della capitale del Granducato, quindi in Belgio visite di Bruxelles, Gent e
Brugge, in Olanda Maastricht, Arnhem, Kamen, Giotorn, Den Helder, le isole Frisoni, Enkuizen, Hoorn, Edam, Volendam, Marken,
Amsterdam, Utrecht, Gouda e la
regione dei mulini di Van Kinderdijik, Delft e rientro (circa 5.000 km.
oltre alle tratte Palermo – Civitavecchia A/R).
Note:
Il
viaggio
si
svolge
all’insegna del pleinair a contatto
con la natura; sono previste passeggiate naturalistiche, anche di
intere giornate, a piedi e in bici.
Non mancheranno le visite ad alcuen splendide città e a rinomate
località turistiche.
Per quanto riguarda l'adesione dei soci ai vari programmi,
tutti coloro che fossero interessati
a uno dei viaggi in programma dovranno contattare al più presto direttamente
l’organizzatore
del
viaggio prescelto, concordando con
lui le modalità di partecipazione. I
vari organizzatori terranno informati via via la segreteria del Club.
Iniziative collaterali
Collateralmente
all'organizzazione dei viaggi estivi, anche
quest'anno avranno luogo alcuni
concorsi riservati ai soci del Club.
Concorso foto e calendario
Tutti i soci del Club possono partecipare a un concorso fotografico, con esposizione delle fotografie in luogo e data che saranno
successivamente comunicati. Il
tema delle foto è libero (paesaggi,
monumenti, persone, situazioni
particolari, ecc.), anche se dovrà
riguardare comunque momenti o
episodi legati ai viaggi. Ogni concorrente potrà partecipare al con-
corso inviando alla Segreteria del
Club entro il 10 ottobre 2006 un
numero di fotografie compreso fra
5 e 8, ciascuna di dimensione 20 x
30. Le foto dovranno essere presentate con una targhetta adesiva
sul retro con il nome del concorrente e il titolo della stessa. La valutazione sarà effettuata nell'ambito della mostra fotografica o collateralmente ad essa, secondo modalità che saranno preventivamente comunicate; gli autori delle foto
vincitrici riceveranno un simpatico
premio. Tra le foto presentate alla
mostra, quelle più significative e
nel contempo tecnicamente migliori saranno inserite, come è ormai
consuetudine, nel calendario dei
soci per il nuovo anno (2007). La
selezione sarà curata da una
commissione interna al Club e nominata dal direttivo.
Concorso giornalistico
Tutti i soci del Club possono partecipare a un concorso giornalistico predisponendo uno o più
articoli o reportage di viaggio,
composti ciascuno da un minimo di
8.000 e un massimo di 30.000
battute. Gli articoli - che devono
essere inediti - devono giungere
alla redazione de "IL CLUB" stampati su carta e possibilmente registrati su dischetto in formato testo
o Word, insieme a delle foto a corredo, entro il 20 ottobre 2006.
Tutti gli articoli pervenuti saranno
pubblicati sui vari numeri successivi del giornalino e i migliori tre autori, a giudizio insindacabile della
redazione de "IL CLUB", saranno
successivamente premiati. Sono
esclusi dal concorso i componenti
della redazione del giornalino.
Convenzioni
Allegata al presente numero del nostro bimestrale, tutti i soci
del Club troveranno anche la circolare 15/2006, contenente l’elenco
aggiornato di tutte le convenzioni
stipulate dal Club Plein Air BdS con
campeggi, villaggi turistici, aziende
agrituristiche e aree attrezzate per
veicoli ricreazionali, nonché con
agenzie marittime e compagnie di
navigazione, concessionari di veicoli ricreazionali e altre strutture
commerciali e di servizi relative al
pleinair e al tempo libero.
Come sempre, si sottolinea
che le facilitazioni e le agevolazioni
dovranno essere richieste alle varie
strutture preliminarmente all'acquisto di prodotti e/o servizi, pre-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 20
sentando la tessera nominativa di
socio del “Club Plein Air BdS” in
corso di validità.
Per quanto riguarda i campeggi e le aree attrezzate per camper, oltre agli sconti derivanti da
convenzione diretta col Club Plein
Air BdS, si segnala la sempre più
diffusa e valida (per il turismo itinerante) tariffa forfetaria "camper
stop", applicata solo per la sosta
dalle ore 18 del giorno d’arrivo alle
ore 10 del giorno successivo, tranne che non vi siano specifiche indicazioni diverse. Nel precisare, al
riguardo,
che
nell’ambito
dell’elenco dei campeggi convenzionati sono inserite anche le strutture che praticano la tariffa suddetta, va altresì chiarito che la tariffa
“camper stop” va richiesta al momento dell'arrivo in campeggio, dato che in alcuni casi esclude l'utilizzo di alcune strutture (campi da
gioco, piscina, ecc.) o prevede la
sosta in un'area specificatamente a
ciò destinata del campeggio.
Al settore delle convenzioni
è sempre data la massima attenzione e a ogni convenzione corrisponde un contratto sottoscritto fra
le parti; tuttavia, come accaduto in
passato, potrebbero essere riscontrate difformità tra le condizioni realmente praticate e quelle previste
in circolare; in tal caso i soci sono
invitati a contestare immediatamente per iscritto le predette difformità alla direzione della struttura interessata e alla segreteria del
Club, per i successivi interventi.
Parking & Sleeping in Italy
Giunge alla decima edizione questa pubblicazione del nostro
Club, frutto di un lavoro certosino
di pochi (pochissimi) soci: si tratta
di un vademecum riservato ai soci
del Club Plein Air BdS con l’elenco
di oltre 2.750 aree attrezzate,
camper service e punti sosta censiti in tutt’Italia, suddivisi per regione e, quindi, per provincia.
Continuamente aggiornato,
sia per esperienza diretta, sia per
le indicazioni che ci pervengono
dalle altre associazioni, sia attraverso le indicazioni presenti negli
articoli delle riviste del settore, la
parte riguardante la Sicilia è stata
da tempo messa a disposizione di
tutti i camperisti italiani sul nostro
sito Internet, nella sezione relativa
a “La Sicilia in camper”.
Trattandosi di una pubblicazione di 54 pagine, è disponibile
a richiesta dei soci, gratuitamente.
Parliamo di tecnica
Dalle sospensioni alle ruote al motore: continuano gli approfondimenti tecnici sui nostri
camper
Soffia troppo il vento
Perché io possa riposare …
C’è nel mio pensiero
Qualcosa che si va a fermare…
Soffia un vento eccessivo….
Ho paura di pensare…
C
osì scrive Pessoa, il
grande scrittore portoghese, nel
suo “Mensagem”. Ma niente paura!
Sono sopra un telaio stabile e sicuro: le sospensioni coadiuvate dalle
molle ad aria, gli ammortizzatori a
doppio effetto rinforzati, il baricentro basso e centrato, le barre antirollio, mi rassicurano oltremodo!
Però, con questo vento..!
Sospensioni e ammortizzatori
Intanto è logico ricordare
la separazione delle due funzioni
(ben vengano in questo caso, senza ulteriore accenno politico a
quelle dei magistrati): sospensione
e ammortizzazione. Una molla (balestra, barra di torsione, soffietto
ad aria compressa, molla cilindrica
tout court o elicoidale) sospende,
isola, il carico sulle ruote; alla nascita di un evento (una buca, un
dosso), modificandosi lo stato iniziale, essa si deforma elasticamente e accumula energia che restitui-
sce con violenza inaudita (se è stata compressa da una tonnellata,
restituirà
una
tonnellata!).
L’ammortizzatore gradua la restituzione di questa energia: l’olio accumulato senza resistenza in una
camera, durante la prima fase di
compressione, passa attraverso
una valvolina in una seconda camera; essendo frenato, riscalda
(effetto che dissipa l’energia accumulata).
I meno giovani ricordano
gli ammortizzatori a frizione delle
motociclette, primitivi, ben visibili,
che agivano in entrambe le fasi e
che dovevano essere regolati da
una farfalla, manualmente, ad ogni
tipo di carico o di strada.. Oggi il
controllo è elettronico, almeno sulle auto sportive. Più pesante è il
camper, maggiore sarà la forza
che deve opporsi al carico; ciò si
ottiene o con lamine di balestra
aggiuntive, o aumentando la pressione di gonfiaggio dei soffietti; azioni che irrigidiscono però troppo
la risposta su strada: ad ogni buca
una risposta secca della sospensione e magari lo sconquasso interno; se i soffietti si vogliono quale ausilio, bisognerebbe montarli a
mezzo nuovo, prima di scalibrare
la curvatura delle balestre originali
Un telaio a longheroni, tipo Ford o Iveco; ai lati si notano le balestre
con gli ammortizzatori centrali; al centro l’albero di trasmissione e il
differenziale a crociera
IL CLUB n. 82/83 – pag.21
(centinatura), e possibilmente con
due serbatoi suppletivi che ne attenuino la rigidità di risposta.
Se
l’ammortizzatore
si
“scaricasse”, ad ogni evento perturbatore si avrebbe una risposta
del mezzo “oscillante”, con beccheggio elevato nei trasferimenti di
carico (accelerazione o frenatura),
e con rollio evidente nei cambi di
direzione; la tenuta di strada sarebbe del tutto compromessa. Devo aggiungere che alle sospensioni
anteriori del tipo Mc Pherson, come
quelle
montate
sul
Ducato,
l’ammortizzatore, coassiale alla
molla, cumula la terza funzione di
sostegno superiore del mozzo.
E il famoso baricentro
(nessuna attinenza con il centro di
Bari!)? La concentrazione della
massa dovrebbe cadere staticamente nel centro geometrico della
base d’appoggio delle quattro ruote, e su un piano pari all’altezza
degli assi delle ruote! Rendendo il
baricentro coincidente con il centro
di rotazione istantaneo, si avrebbe
la massima stabilità di guida, con
la medesima risposta alle curve,
sia destre che sinistre. Realizzare
in pieno l’assunto è però impossibile, ma ci fa capire come il carico,
ancorché ordinato in tal senso da
parte nostra, dipenda dal posizionamento delle infrastrutture voluto
dal costruttore e di sicuro il baricentro è già all’origine, a vuoto,
più in alto di quanto auspicabile.
Si pensi al trasferimento di
140 kg di acqua potabile, oltre a
quella dei serbatoi addizionali (con
orgoglio posizionati ovunque!), nei
serbatoi delle acque grigie; alla
posizione del frigo e dell’armadio,
pieni o vuoti, montati dallo stesso
lato; alla batteria ausiliaria e alle
bombole del gas! Sono dinamicamente bilanciati? E quanto incidono sul comportamento su strada? I
mezzi si guidano lo stesso, ma a
prezzo di mini-correzioni, inavvertite per abitudine! E bisogna acquisire sensibilità di guida per stabilire
la differenza tra questi sbilanciamenti in corsa e quelli similari che
dipendono dalla pressione delle
gomme e che si sommano come
effetti.
Le ruote
A proposito di gomme:
215/75 R 16 C è la sigla stampigliata su un fianco degli pneumatici. Vediamo i singoli elementi. 215
è la larghezza in mm. del battistrada; 75 è l’altezza della spalla
espressa in rapporto alla larghezza: il 75% di 215 mm dà una spalla di 161 mm di altezza; R, come
radiale
cioè
tele
trasversali
tubeless, senza camera d’aria, con
tenuta sul cerchio; C come trasporto leggero; 16 come diametro
di calettamento del cerchio in pollici, che diventa: 16 X 25,399978
mm = 40,64 cm.
In un ovale due numeri indicano gli indici di carico con
gomma montata singola o in coppia: 105 significa carico massimo
925 Kg; 106, carico 950 Kg;
107/975; 108/1000; 109/1030;
110/1060; 111/1090; 112/1120;
113/1150 Kg. I due numeri sono
seguiti da una lettera che indica la
velocità massima: N fino a 140
Km/ora; P fino a 150; Q fino a 160
e così via. Il gonfiaggio massimo
misurato a freddo (cold) è espresso in PSI; basta moltiplicare il dato
per 0,07 ed avere la pressione in
BAR (atm): 80 PSI diventano 5,6
atm. Un numero indica infine la
data di costruzione della gomma:
1003 significa settimana 10 del
2003.
A ogni giro la ruota sviluppa pigreco x diametro totale =
3,1415 x (161+161+406) = circa
2,28 m: ogni variazione di pressione fa variare il diametro e quindi la
circonferenza di rotolamento, con
impatto diretto sul consumo di
carburante e sull’usura della stessa
gomma. Se è troppo gonfia,
l’usura è al centro del battistrada;
ai bordi, se sgonfia. Se monto una
misura inferiore, ad esempio una
205/75, diminuisce il rapporto di
trasmissione nelle varie marce e
l’indice di carico (e peggiora la sicurezza!); migliora la ripresa, ma il
consumo aumenta; il contrario se
monto una misura maggiore, cosa
molto auspicabile. In ogni caso le
misure montabili sono annotate sul
libretto e dipendono dalle meccaniche.
E a proposito di gomme,
voglio qui spezzare una lancia a
favore del mozzo, il piccolo schiavo, letteralmente, che sostiene il
cerchio con la gomma e, quindi,
tutte le sollecitazioni derivanti dalla strada percorsa, il giunto di trasmissione, il freno a disco, la so-
spensione, l’ammortizzatore, la
barra antirollio, le leve dello sterzo, i sensori dell’ABS e altro!
All’interno della ruota si cela un
mondo di meccanismi di fondamentale importanza per la trazione
dei veicoli: semiassi, giunti omocinetici, dischi freni, supporti e ammortizzatori, ecc.
Nel Ducato il porta mozzo
supporta due semplici cuscinetti a
sfere ermetici: se fanno rumore
per gioco eccessivo, si sostituiscono (previo ricovero!). Nell’Iveco ci
sono due cuscinetti a rulli conici
registrabili e ingrassabili, capaci di
lunga durata. Il tutto è scomponibile nei vari elementi. Nei Mercedes si sostituisce in blocco
l’insieme con ben altri e alti costi.
Il motore
Riuscirò ora, a mantenere
la mia media velocistica? A spostarmi agevolmente? Avrò scelto
male la motorizzazione? Il mio Ducato sarà all’altezza? E il tuo Ford?
E il suo Mercedes?! E allora guardiamo.
Grazie alla ricerca, con un
grande impulso tecnologico, i vecchi, asfittici motori Perkins sono
andati in pensione: oserei dire
…con il minimo! Una candeletta di
accensione, resistenza elettrica resa incandescente per pochi secondi, innescava l’accensione (che poi
si autoalimentava) del gasolio iniettato in una precamera. Un diesel di 2000 cc dava appena 40 CV!
I nostri mezzi, quelli con qualche
anno di vita, in procinto di lasciarci
anche se hanno raggiunto la perfezione, hanno l’iniezione diretta nelle camere di scoppio: un pistoncino
iniettore (una piccola siringa), sollevato dalla pressione del gasolio a
200 atmosfere, che vince pure la
forza di una grossa molla, libera
dei minuscoli fori attraverso i quali
la stessa nafta è spolverizzata direttamente nel cilindro. Questo ciclo avviene fino a 1500 volte al secondo e produce il consueto forte
ticchettio.
IL CLUB n. 82/83 – pag.22
La pressione di iniezione è
data da una pompa meccanica con
camme rotanti (dipendente quindi
dal numero di giri del motore), che
sollevano dei pistoni di circa 1 cm
di diametro; il gasolio iniettato
brucia a contatto dell’aria che trova già calda perché compressa dai
pistoni del motore; il calore è tale
che la candeletta è abolita (almeno
fino a –25°). La quantità di gasolio
iniettata dipende dallo stato degli
iniettori e da fini regolazioni meccaniche eseguite dal “pompista”.
L’iniezione diretta, ha fatto
aumentare la velocità di rotazione
(e la risposta), ma la potenza è
aumentata perché si è sfruttato il
potenziale calorico dei gas combusti, altrimenti perso, nella turbina;
essa è formata da due chiocciole,
entro le quali ruota un asse, su un
cuscinetto d’olio a pressione, alle
cui estremità sono solidali due
gruppi di palette; il primo gruppo è
spinto dai gas di scarico e trasferisce l’energia al secondo che comprime, ruotando a oltre 100.000
giri, l’aria nel collettore di aspirazione, e da qui ai cilindri.
Questa aria, essendo compressa, riscalda, ma viene raffreddata
nell’intercooler
(radiatore
suppletivo aria-aria o aria-acqua,
da 130° a 50° circa) per aumentarne la densità; è regolata nella
pressione, dalla valvola Waste
Gate (senza di essa si avrebbe un
effetto moltiplicatore della potenza
con disintegrazione del motore). In
essi si è arrivati ad una potenza di
116 CV a 5500 giri, con notevole
riserva di fuori giri. L’affidabilità
meccanica era ed è grande.
Ma oggi esiste il motore
Common Rail, sempre turbo, iniezione diretta, che ha soppiantato
gli altri. Il gasolio è compresso a
3000 atmosfere da una piccola
pompa (molto delicata), che sfrutta complesse onde di fluttuazione
nei tubi, verso tutti gli iniettori,
comandati nell’apertura da un elettromagnete, per un tempo stabilito
da una centralina elettronica, che
apre pure la valvola di immissione
della nafta, sganciando questi parametri dal numero di giri.
Nei multijet l’iniezione avviene in più tempi, in modo da far
bruciare con gradualità il gasolio,
eliminando del tutto la ruvidità, e
mantenendo costante il rapporto
stechiometrico (una parte di gasolio e circa 15 di aria). Per avere
un’idea, si pensi che a fronte dei
3000 cc di cilindrata sono iniettati
In alto, un motore Fiat Ducato di ultima generazione. In basso un
motore Sprinter Mercedes montato su un motorhome, di difficile accesso per gli interventi meccanici
4 gocce di nafta (una a cilindro) in
5 tempi (2 di pre, 1 principale e 2
di post-accensione!)!
Il common rail ha una
grande potenza (è adottato da tutte le case, meno che dalla Volkswagen che adotta un complesso
sistema
di
pompa
singola
sull’iniettore), controllabile dalle
varie centraline; è più silenzioso;
lavora ad una temperatura più
bassa; sciupa il 20% in meno; per
contro, soffre dell’umidità nel gasolio e delle impurità solide; se si
smonta un iniettore si devono sostituire tutte le finissime tubazioni,
molto delicate per le violente pulsazioni della pressione (sono chiamate flauti!).
La potenza massima è tagliata a 3600 giri, per cui non si
hanno fuori giri; non gode del cosiddetto “freno motore”: ciò ne differenzia il tipo di guida e il mezzo
deve contare solo sui freni. Ecco
perché è consigliabile scegliere (tra
i Ducato) il maxi 18, con freni a
disco maggiorati. Ma si raggiungono con 3 litri di cilindrata anche i
184 Cv (Mercedes a 6 cilindri), in
una corsa inesauribile alla potenza,
ma ancora con uno sfruttamento
del motore lontano dalle massime
potenzialità possibili (siamo a 60
Cv per litro). Chiaro che ad ogni
supplemento di potenza va irrobustito il motore strutturalmente; e
se le case hanno lavorato correttamente, saremmo i primi a rallegrarcene, in quanto ad affidabilità
e durata: i Perkins duravano 1 milione di Km, gli Iveco, 400 mila, i
Commom Rail… Beh, aspettiamo...
Nelle trazioni anteriori il
motore è disposto trasversalmente
occupando tutta la disponibilità di
spazio: per operare sulla batteria,
incassata in fondo, è prescritto il
ricovero; i più semplici controlli
sono impossibili, se non in officina.
Tra i vantaggi del gruppo monolitico posto spesso su apposito te-
IL CLUB n. 82/83 – pag.23
laietto che ne facilita le operazioni
complesse, c’è da ricordare che
con il cambio decentrato, sul lato
sinistro, la relativa leva di azionamento è montata a cruscotto e lascia quindi libero il passaggio verso
la cellula; nasce però la dovuta accortezza verso i 4 giunti omocinetici sui 2 alberi di trasmissione, dal
cambio alle ruote; i due alberi
hanno lunghezze diverse e per
questo si usuravano le gomme anteriori, fin quando è stato aggiunto
un albero intermedio. I giunti sono
sensibili al grasso di lubrificazione
e all’integrità delle cuffie di protezione, alla distribuzione del carico
(gli assi scanalati possono fuoriuscire dall’incavo della sfera del
giunto, come già accennato nel
precedente articolo) e al modo di
guidare: non bisogna sottoporli a
sforzo nelle partenze; partire sempre a ruote dritte e ricordarsi del
grande raggio di sterzo (più di 14
metri!).
Nelle trazioni posteriori il
motore è longitudinale montato
sempre nella parte anteriore, tranne che nei Volksvagen della Westfalia e lascia ampio spazio laterale. La manutenzione è facilitata,
ma nasce quella all’albero di trasmissione: sull’Iveco vanno lubrificati spesso i due giunti cardanici
(inventati da Leonardo!) meno sofisticati degli omocinetici, con negli
assi di snodo, ai quattro lati della
croce, rullini di scorrimento; nei
Ford, più “dozzinali”, al posto dei
rullini ci sono delle sfere che non
possono essere lubrificate, ma
spesso si deve sostituire l’intero
albero; nei Mercedes, l’albero è inserito in un cilindro che ne elimina
le vibrazioni. E se il mezzo ha una
conformazione a motorhome, il
motore è veramente inaccessibile
perché estremamente incassato:
ciò ne aumenta i tempi e i costi di
intervento, sempre più specialistico.
Sempre Pessoa sembra
concludere quando dice:
Minacciò pioggia. E la nera
Nube passò soltanto…
Tutto l’essere mio si rallegra
In uguali allegrie.
Come dire: “speriamo che al mio
camper vada bene”!
Giuseppe Eduardo Spadoni
Tanto spazio ed eleganza
Un mansardato di classe, ampio e spazioso, con una motorizzazione potente come quella
dell’IVECO di ultima generazione: è il Mobilvetta Huari 1102, uno splendido veicolo per famiglie anche numerose
U
n veicolo di classe:
questo, in estrema sintesi, il giudizio che possiamo dare dello Huari
1102, uno degli ultimi nati in casa
Mobilvetta, un mansardato dalle
dimensioni generose che consente
di coniugare comodità (anche per
nuclei familiari di 4/5 persone) ed
eleganza, con un rapporto qualità/prezzo davvero eccellente.
Certo cinquantottomila e
più euro non sono pochi, ma si pone subito al centro dell’attenzione
la motorizzazione: stiamo parlando
di un Iveco 3000 cc. da 170 cavalli
a ruote gemellate, 6 marce, con
tutte le dotazioni plus già comprese nel prezzo, dalla chiusura centralizzata con telecomando al climatizzatore cabina agli alzacristalli
elettrici. Una sottolineatura: la
versione standard viene realizzata
con lo chassis Iveco alleggerito così da poter essere guidato anche
con la patente B (in tal caso, per
reintrare nei 3.500 chili, con solo 4
posti omologati); altrimenti, disponendo di patente C, il veicolo viene
approntato sul telaio Iveco normale, con 6 posti omologati e peso a
pieno carico dichiarato di 4.250
chili.
Entrando all’interno della
cellula abitativa, la prima cosa che
balza poi agli occhi è lo spazio interno e la luminosità: la pianta a
dinette contrapposte nella parte
anteriore è sicuramente una delle
più amate, soprattutto in Italia:
offre, infatti, un comodo living e, la
notte, altri tre posti letto, oltre a
quelli già pronti, in caso di necessità. E parlando proprio di posti letto, la mansarda sulla cabina è una
delle più spaziose della produzione
italiana (ben 142 centimetri di larghezza), con due finestre laterali,
ottima coibentazione e riscaldamento integrato.
Alle spalle del living, dal lato porta, ecco il grande blocco cu-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 24
cina a elle con piano cottura a 4
fuochi con cappa aspirante, cui
corrisponde dalla parte opposta un
primo armadio e, accanto, il grande e comodo frigo trivalente da
150 litri con il forno a gas incassato sulla parte superiore e un vano
portaoggetti.
Un particolare dell’interno, dove si
nota l’estrema accuratezza ed eleganza dei mobili
In coda, di fronte la porta
di accesso, sono posizionati i due
letti a castello, anch’essi davvero
comodi (sono larghi 80 cm.), non-
ché un secondo armadio e il vano
servizi, elegante e ben attrezzato,
con la doccia separata e il WC con
doppio serbatoio (nautico e cassetta).
Due immagini degli interni dello Huari 1102
Il bagnetto del veicolo
A destra la comoda cabina doccia
Ovunque c’è spazio per riporre di tutto: pensili e gavoni, infatti, non mancano, sobriamente
Mobilvetta Huari 1102
Tipologia: mansardato
Lunghezza: m. 7,23
bombati e ben rifiniti nella migliore
tradizione della casa, che - ricordiamo – vanta una storia e un
know how pluridecennali proprio
nel settore mobiliero prim’ancora
che nella realizzazione dei veicoli
ricreazionali.
Larghezza: m. 2.32
Altezza: m. 3,07
Posti omologati: n. 6
Posti letto: n. 7 (2+2+1+1+1)
Serbatoio acque chiare: l. 115
Serbatoio acque grigie: l. 115
WC: combi l. 40 + kasset l. 18
Riscaldamento: Webasto 3500
Frigorifero: trivalente l. 150
Oblò n. 4 (1 70x45 e 3 40x40)
Chiusura centralizzata di serie
Prezzo chiavi in mano: € 58.600
La coda del mansardato
Anche all’esterno ci sono
ampi vani di carico: oltre al grande
gavone posteriore corrispondente
al letto inferiore del castello, la cui
dimensione raddoppia richiudendo
il letto basso, questo modello pre-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 25
senta anche un gavone passante
sotto pavimento, vicino le porte di
accesso alla cabina, con apertura
da ambo i lati, pratico per riporre
sci, ombrelloni e bagagli lunghi.
Insomma, davvero un veicolo che può mettere d’accordo esigenze varie e variegate, solido e
ben realizzato, di quelli che, una
volta acquistati, difficilmente si vogliono cambiare anche dopo anni,
perché riesce a coniugare design
ed eleganza, piacere di guida e
grandi spai interni, comodità
nell’utilizzo delle infrastrutture di
bordo e particolari di grande utilità
nella vita quotidiana, secondo una
filosofia che Mobilvetta ha sposato
fin dagli inizi e che non ha mai fortunatamente abbandonato, portandola in dote al Gruppo SEA di
cui fa parte da qualche anno.
Maurizio Karra
Valide alternative
Sono quelle del Dream 551, un mansardato con tante idee nuove tutto da scoprire
I
l Dream 551 è un mansardato di grande qualità, comodissimo e adatto alla famiglia più
esigente, con una motorizzazione
di qualità come quella del Ducato
maxi e una scocca in vetroresina
che consente di avere una struttura esterna compatta che assicura
maggiore sicurezza e garantisce la
migliore protezione contro le infiltrazioni d’acqua. Ma è all’interno
che si scoprono tante idee innovative che ne invogliano l’acquisto.
La porta di accesso introduce a destra nella zona living con
una mezza dinette sul lato guidatore e un divanetto sul lato passeggero, cui si contrappongono i
due sedili della cabina, rivestiti con
gli stessi tessuti (che possono essere a loro volta scelti fra due set
di colori), dotati di braccioli e girevoli; il bel salotto che così si realizza è reso ancor più confortevole
dal sollevamento mediante staffe
idrauliche del letto della mansarda;
ma quel che più desta l’attenzione
è il tavolo allungabile che si trasforma facilmente fino a poter o-
spitare comodamente 6 persone
per il pranzo.
Alle spalle della semidinette troviamo un comodo angolo cucina sistemato a elle, con mobile
basso che si apre sotto il lavello
con vari scomparti, cassetti e cestelli anche estraibili, piano di appoggio angolare e quindi cucina a
4 fuochi con forno, cui corrisponde
in alto la cappa aspirante sotto i
pensili. Dalla parte opposta ecco il
frigo trivalente da 150 litri e accanto ad esso l’armadio; e poi,
contrapposti l’uno all’altro, accanto
all’armadio la cabina doccia con
porta scorrevole, oltre la cucina il
vano servizi in cui sono presenti
solo il wc e il lavabo.
Quella dello sdoppiamento
del tradizionale bagnetto in due
unità diverse, con il vano doccia
separato dal resto dei servizi, è per
le linee di produzione italiane una
soluzione abbastanza nuova e che
forse non piacerà ad alcuni, ma è
stata spesso adottata all’estero da
grandi case costruttrici come per
esempio la Hymer. Una tenda consente in ogni caso di chiudere alla
IL CLUB n. 82/83 – pag. 27
vista la zona posteriore, facendo sì
che chi utilizza la doccia possa entrare e uscire senza essere visto.
Un particolare dell’interno
Nella parte finale, infine,
ecco i due letti a castello dalle dimensioni davvero enormi (la larghezza è ben 110 cm.), ciascuno
dei quali può ospitare comodamente due bambini o, all’occorrenza,
anche un po’ stretti due adulti. Il
letto basso, a sua volta, può richiudersi del tutto trasformando il
gavone sottostante in un ampio
garage, capace di stivare ogni tipologia di derrate e di ospitare nel
contempo anche le biciclette di tutta la famiglia.
Due immagini degli interni.
Tecnologia ed eleganza
vanno sempre di pari passo nel
progetto Dream: ritornando alla
cellula abitativa, ci si accorge facilmente di come tutto l’insieme
appaia di grande eleganza, ma anche realizzato con cura e con materiali di primaria qualità; di come
gli arredi siano comodi e ben rifiniti ma anche con tante soluzioni originali per la sistemazione della
cambusa di bordo e delle altre
suppellettili (come evidenziano
anche le immagini del servizio); di
come proprio le soluzioni adottate
brillino per originalità e insieme
per utilità, come se fossero state
dettate dall’esperienza di chi vive
il pleinair da anni e proprio dal
quotidiano trova come meglio
sfruttare gli spazi o come meglio
sistemare oggetti fragili, ecc.
C’è solo un piccolo neo: il
serbatoio dell’acqua potabile è un
po’ piccolo per un mezzo di tal genere. Ma c’è spazio per ovviare al
problema...
Maurizio Karra
Dream 551
Qui in basso il grande vano garage, con apertura da entrambi i lati, che
si ottiene con l’abbattimento del letto basso del castello posteriore
Tipologia: mansardato
Lunghezza: m. 6,91
Larghezza: m. 2.32
Altezza: m. 3,15
Posti omologati: n. 6
Posti letto: n. 5 (2+2+1)
Serbatoio acque chiare: l. 105
Serbatoio acque grigie: l. 100
WC: kasset l. 17
Riscaldamento: Webasto 3500
Frigorifero: trivalente l. 150
Oblò n. 2 (1 95x65 e 1 40x40)
Chiusura centralizzata di serie
Prezzo chiavi in mano: € 53.990
IL CLUB n. 82/83 – pag. 28
Douce France
Un itinerario dal sud al nord della Francia tra arte, storia, natura in un paese dai mille volti
e dallo straordinario patrimonio culturale, in ogni tempo protagonista delle vicende storiche
dell’Europa e del mondo
S
olenne nella maestosa
eleganza della sua capitale, raccolta e silenziosa nella quiete delle
piccole città, brillante e mondana
nei centri turistici di fama internazionale, serena e insieme selvaggia
nella molteplicità dei suoi paesaggi, la Francia sempre attrae e conquista offrendo ad ogni visitatore
un aspetto diverso della sua bellezza e della sua cultura.
Culla di uomini che in ogni
tempo furono tra i protagonisti della storia, patria di artisti tra i più
significativi e famosi, oggi custodisce e valorizza i suoi tesori d’arte
ed orgogliosamente conserva la
memoria del suo passato. I nomi
di Carlo Magno, Guglielmo il Conquistatore, Giovanna d’Arco, Napoleone rievocano i tempi in cui la
Francia fu tra gli artefici del destino di tanti popoli; l’epoca d’oro dei
raffinati Borbone, le conquiste della Rivoluzione hanno inciso nel costume e nella storia dell’Europa e
del mondo.
Un viaggio in Francia, dunque, è un’esperienza sempre nuova, un arricchimento di conoscenze
e sensazioni, attraverso percorsi
che conducono dalla solarità della
Provenza la cui luce Van Gogh,
Gauguin, Cézanne vollero fissare
sulle loro tele, alla semplicità antica dei Calvari di Bretagna, alle coste della Normandia su cui si affacciano le eleganti stazioni balneari,
alle regioni del centro dove si producono i vini famosi, alle storiche
città d’arte dominate dalla mole
ardita delle stupende cattedrali gotiche, alle vertiginose, splendide
scogliere della Bretagna.
feriore del lago di Serre-Ponçon,
una lingua di smeraldo che è anche una delle maggiori centrali idroelettriche d’Europa. Verso sud,
attraversata la graziosa cittadina di
Digne-les-Bains, si percorre un
tratto della N85, la Route Napoléon, così chiamata perché percorsa dall’Imperatore quando, nel
1815, fuggito dall’isola d’Elba e
sbarcato a Golfe Juan, vicino Cannes, si diresse verso Grenoble.
A Castellane ha inizio, lungo la D952, l’interessantissimo giro
delle Gorges du Verdon. E’ un percorso straordinario, dagli scenari
maestosi e impressionanti: la strada si snoda tra alte rocce calcaree,
ora boscose ora assolutamente
brulle, le cui ripidissime pareti a
strapiombo formano il profondo
canyon in fondo al quale scorre il
Verdon, tra gole, voragini, burroni,
alcuni raggiungibili a piedi attraverso difficili percorsi. A tratti si
incontrano piccoli campi blu di lavanda, che viene venduta a mazzetti nei chioschi ai bordi della
strada insieme a miele e prodotti
tipici della Provenza.
Al Point Sublime una breve
passeggiata su un terreno pietroso
porta ad un piccolo belvedere da
cui si può ammirare lo strano paesaggio da inferno dantesco, la
grande distesa di rocce selvagge,
e, in fondo alla profonda valle, il
sottile corso del Verdon.
Alcuni chilometri più avanti
le alture si interrompono, i rilievi
diventano più dolci e ondulati, il
fiume si getta nello specchio verde
del lago di Ste-Croix. Sia lungo il
fiume che sulle rive del lago piccole spiagge accolgono i bagnanti locali. Il percorso prosegue fino al
grazioso borgo di Moustiers-SteMarie, incastonato tra le montagne, le cui stradine affollate di turisti traboccano di negozietti che
espongono una grande varietà di
articoli dell’artigianato e della gastronomia provenzale.
A Moustiers-Ste-Marie, imboccando la D71, il giro continua
sulla riva sinistra del fiume: anche
da questa parte lo spettacolo è
fantastico e indimenticabile: lo
splendido cirque de Vaumale, un
immenso anfiteatro naturale, la falaise des Cavaliers, impressionante
roccia nuda che scende verticale a
formare la stretta valle, il pont de
l’Artuby, l’affluente del Verdon, un
ponte ardito del 1947 che appoggia i suoi piloni sulla roccia e dal
quale alcuni spericolati si fanno
lanciare attaccati ad una fune elastica, giù fino al letto del fiume.
Questo percorso è talmente bello
da essere chiamato la Corniche
Sublime.
Nell’Haute-Provence
L’itinerario che vi vogliamo
proporre ha inizio dal Piemonte: la
D900, attraverso il Colle della
Maddalena (Col de Larche) a 1996
metri,
immette
nell’HauteProvence. La strada si snoda in
un bel paesaggio montano, tra boschi, paesini lindi e fioriti, torrenti
tumultuosi in cui molti sportivi praticano il kayak. Dall’alto si può
ammirare il verdissimo braccio in-
Gorges du Verdon
IL CLUB n. 82/83 – pag. 29
A Camps-sur-Artuby, la
D955 conduce all’autostrada, la
E80. Superate Aix-en-Provence,
l’antica capitale della contea di
Provenza che diede i natali a Paul
Cézanne, Nîmes, detta la “Roma
francese” per i suoi monumenti di
epoca romana perfettamente conservati, dopo Montpellier si trova
un’altra zona di eccezionale interesse naturalistico, i grandi altopiani calcarei (i Causses) dai dirupi
selvaggi e grotte sotterranee: da
Montpellier la N109 conduce a Lodève da cui ha inizio un bel giro, il
giro del Causse du Larzac, tra
campi di grano, grandi estensioni
di vigne e boschi. Una deviazione
dalla D25 porta al grandioso cirque
de Navacelles, un grande anfiteatro calcareo in fondo al quale scorre la Vis.
Si discende rapidamente a
valle dall’altezza di circa i 600 metri del cirque lungo una bella strada immersa nel verde lungo le ripide pareti del canyon. Ripresa la
D25, dopo Ganges si trova la stupenda grotte des Demoiselles. Vi si
accede attraverso una funicolare
che penetra nella montagna, nel
massiccio del Thaurac. E’ un insieme di vaste caverne, ricchissime
di gigantesche stalattiti e stalagmiti, dalle forme più bizzarre che formano colonne imponenti e strane
figure cui la fantasia ha attribuito
nomi come “il mantello regale”, ”il
pesce”, “le gambe di Marilyn”, “il
Calvario bretone”, “l’uomo pensieroso”. Là dove il calcare è purissimo, uno strato anche spesso della
pietra appare rosso e trasparente
quando è illuminato posteriormente
Si procede per stretti pas-
saggi, si sbuca in sale dalle volte
altissime, così profonde da dare le
vertigini. La sala più grande e più
bella è la “Cathédrale des abîmes”,
la Cattedrale degli abissi, alta 52
metri, larga 80 e lunga fino a 120
metri! Un’immensa meraviglia in
cui la natura nel corso di milioni di
anni si è divertita a creare, goccia
dopo goccia d’acqua, una straordinaria fantasia di forme. Proprio al
centro della grandiosa sala una
splendida stalagmite è la sorprendente effigie di una Vergine con
Bambino che si erge su un piedistallo. Fino al 1999 in questa sala
veniva celebrata la Messa la notte
di Natale.
Da Biarritz a Chartres
Il giro prosegue verso sud
lungo le gorges de l’Hérault, ancora in un paesaggio desolato e selvaggio. Si riprende l’autostrada
che velocemente conduce verso
ovest fino a Biarritz, l’elegante città balneare attrezzata di bar, ristoranti, casino, la cui estesissima
spiaggia, la “Grande Plage”, si affaccia sull’Oceano Atlantico.
Da Biarritz la N10 conduce
verso nord a ridosso dell’oceano
attraverso il dipartimento delle
Landes, la piatta distesa sabbiosa
costellata di numerosi “ètangs” che
sono residui di zone paludose, e
ricoperta da foreste di pini marittimi e querce da sughero. Il turismo è molto sviluppato, sia nei
centri balneari sull’oceano che lungo le coste degli stagni.
Superata Bordeaux, al centro della zona dove si producono i
famosi vini, all’altezza di Angoulê-
Le grotte des Demoiselles, nell’alta Provenza
IL CLUB n. 82/83 – pag. 30
me una deviazione conduce a Cognac, nel cui territorio viene distillata la celebre acquavite di vini
bianchi.
La strada si snoda adesso
attraverso fertili pianure coltivate a
girasoli, mais, tra biondi campi di
grano e filari di viti. Sempre più a
nord: Poitiers, Tours, Châteaudun… Immancabile la visita a
Chartres, l’antica città medievale
bagnata dall’Eure, la cui stupenda
Cathédrale de Notre-Dame si staglia netta all’orizzonte e dall’alto di
un colle sovrasta i tetti aguzzi della
città. La chiesa, una meraviglia del
gotico
francese,
dichiarata
dall’UNESCO patrimonio mondiale
dell’Umanità, sorge là dove un
tempo si trovava un tempio pagano e ha subito nei secoli incendi,
ristrutturazioni, ampiamenti, fino
alla ricostruzione gotica che, in seguito all’incendio del 1194, sostituì
la precedente struttura romanica.
Lunga 130 metri, a pianta
cruciforme, la cattedrale è una
splendida sintesi di maestà e armonia di proporzioni. Imponente e
ricchissima sia sulla facciata che
sulle fiancate, ha stupendi portali
ornati di statue, colonne, guglie,
balconate, bassorilievi. Superbo il
triplice portail Royal dove sono
scolpite le storie di Cristo con eccezionale precisione ed eleganza.
L’interno dell’edificio non è
meno straordinario. Massicci pilastri lo dividono in tre navate: bellissimi i grandi rosoni delle navate
laterali e le vetrate del XIII secolo
dai magnifici colori su cui domina il
famoso blu ( la più bella, NotreDame-de-la-Belle-Verrière, è uno
dei quattro antichi pannelli salvati
dall’incendio del 1194 ). In fondo
alla navata principale, l’abside è
ornata da una fastosa “Annunciazione” del XVIII secolo. Il recinto
del coro è un’opera preziosa e finissima, un intreccio di figure, piccole guglie, pinnacoli: un ricamo di
pietra! Una Madonna con Bambino
particolarmente venerata è la
“Vergine del Pilastro”, mentre in
una cappella è conservato, in un
reliquiario del 1876, il”Velo della
Vergine”, un lungo tessuto di seta
che, secondo la tradizione, appartenne alla Madonna e che faceva
già parte del Tesoro di Costantinopoli. Nell’876 fu donato alla cattedrale da Carlo il Calvo, nipote di
Carlomagno. Al centro della navata centrale è il “Labirinto”, una
complessa raffigurazione in pietra
nera realizzata sul pavimento con
una rete intricata di percorsi: divenuta nel medioevo meta di pellegrinaggio da ogni parte d’Europa,
Chartres accoglieva i pellegrini che
percorrevano in ginocchio il Labirinto (294 metri), a simbolizzare la
ricerca della Gerusalemme celeste
e come espiazione dei peccati. Nella vasta cripta romanica è venerata una Vergine nera, Notre-Dame–
de-Sous-Terre, copia dell’antica
statua in legno bruciata dai rivoluzionari nel 1793.
La cattedrale di Chartres
La Bretagna
Da Chartres, la N23 conduce a nord-ovest, verso la Bretagna, una delle più affascinanti regioni francesi. Qui si potrebbero
spendere giorni e giorni, girovagando nelle zone costiere e indugiando lungo le splendide scogliere
battute dai venti dell’Atlantico, fino
alla penisola di Cornovaglia che si
protende nell’oceano con la sua
punta più estrema, la selvaggia
pointe du Raz; inoltrandosi nei
graziosissimi
paesini
medievali
dell’interno dalle tipiche case in
granito o a graticcio, o seguendo
l’itinerario degli “eclos paroissiaux”, i complessi parrocchiali recintati al cui interno si trovano il
camposanto, l’ossario, la chiesa e il
Calvario fittamente decorato di
statue rappresentanti episodi della
Passione di Cristo (St-Thégonnec,
Plougastel e Guimiliau hanno i
complessi parrocchiali più ricchi e
meglio conservati); o visitando i
famosi menhir di Carnac, il misterioso complesso di megaliti preistorici, la frastagliata costa del
nord, la Côte d’Émeraude con le
lunghe spiagge sabbiose e gli scogli di granito rosa, e Cancale regno
di ostriche e cozze; e ancora assistendo allo spettacolo affascinante
delle maree o partecipando alle feste religiose e folcloristiche in cui
le donne indossano gli abiti tradizionali dall’alta elaborata cuffia di
pizzo inamidato e ritornano i canti
antichi nell’originaria lingua dei
Celti.
Tutto questo e altro ancora
è la Bretagna, angolo incantevole e
in parte ancora incontaminato, dove tuttora si possono scoprire spazi in cui la natura è intatta, luoghi
appartati in cui la vita scorre lentamente e le antiche tradizioni
vengono conservate in maniera
autentica, ma dove nello stesso
tempo si trova dinamismo e apertura al moderno.
Dol-de-Bretagne
è
una
graziosa e storica cittadina a due
passi dal mare, all’interno della
Baia del Mont-Saint-Michel. Le sue
case sono costruite alla maniera
tipica di queste zone, in blocchetti
regolari di pietra viva che danno
all’insieme un aspetto severo, ingentilito dai colori vivaci dei fiori
disposti un po’ dappertutto. Importante centro religioso per tre secoli, dal IX al XII, Dol-de-Bretagne fu
fondata nel VI secolo dal vescovo
Saint-Samson, cui è dedicata
l’imponente cattedrale gotica del
XIII secolo. Dominata nella facciata da due imponenti torrioni, la
chiesa ha un interno austero e
maestoso, illuminato da una bella
vetrata policroma che decora
l’abside. Sull’altare maggiore, una
Vergine in legno policromo del XIII
secolo; pure in legno policromo le
antiche statue di S.Samson e del
“Cristo schernito”. Nel coro testine
grottesche e il seggio episcopale
del XVI secolo.
A pochi chilometri da Dol, il
Mont-Dol è un isolotto granitico un
tempo circondato dal mare. Sulla
spianata alla sommità del colle alto
appena 65 metri, una torre ha sulla cima la bianca statua di NotreDame-de-l’Espérance del 1857. Vi
si trova anche una piccola cappella
dedicata a Sant’Anna; più in basso, un antico mulino e un Calvario,
un’alta croce in pietra che domina
tra gli alberi la campagna sottostante. Dalla sommità del colle si
ha una bella vista sul mare e sul
Mont-Saint-Michel.
Sull’omonimo golfo, all’imbocco del profondo estuario della
IL CLUB n. 82/83 – pag. 31
Rance,
è
situata
Saint-Malo,
l’antica “Città Corsara” che diede i
natali a Chateaubriand, da cui partirono per le Indie, la Cina, l’Africa
, le Americhe i mercanti ed i navigatori che nei secoli XVII e XVIII le
diedero ricchezza e prosperità.,
nonché i corsari che fin dal secolo
XIII depredavano le navi nemiche.
Completamente ricostruita dopo i
devastanti
bombardamenti
del
1944, Saint-Malo è oggi una delle
principali attrattive della Bretagna
grazie alla sua bella spiaggia, alle
sue attrezzature, ai dintorni ricchi
di storia e di bellezze naturali; ha
un attivissimo porto turistico, è
punto di partenza dei collegamenti
con l’Inghilterra e le isole della
Manica.
Si accede alla città storica, la
“intra muros” fortificata, attraverso
la Porte Saint-Vincent che si apre
nell’omonima piazza. Da qui può
iniziare la piacevole passeggiata
sui bastioni medievali da cui si gode una splendida vista sulla spiaggia e sul mare tra una miriade di
gabbiani che per nulla intimoriti si
tuffano
tra
i
turisti
attirati
dall’offerta di qualche buon bocconcino.
Gli isolotti fortificati antistanti la città l’hanno protetta nei secoli
dalle incursioni provenienti dal mare: un forte fu costruito sullo scoglio del Petit-Bé; con la bassa marea si può raggiungere a piedi lo
scoglio su cui nel XVII secolo
l’ingegnere
militare
Sébastien
Vauban costruì il Fort National. Pure raggiungibile a piedi con la bassa marea è il grande scoglio del
Grand-Bé, l’isolotto roccioso sulla
cui cima lo scrittore François-René
de Chateaubriand scelse di essere
sepolto per “udire soltanto la voce
del vento e del mare”. La sua tomba sormontata da una croce sorge
solitaria proprio di fronte al mare
in una cornice estremamente suggestiva.
Sotto le mura è ormai un susseguirsi ininterrotto di locali dove gustare crêpes,.ostriche, cozze, le
grandi assiettes piene di frutti di
mare di ogni tipo, il far breton, gustoso dolce a base di prugne, il konign amann, con farina, burro, olio, zucchero: il menu tipico della
Bretagna.
La Cattedrale, dedicata a
Saint-Vincent, ha una facciata
semplice e severa, con un’alta guglia di granito che svetta sul caratteristico panorama della città. Anche l’interno è austero, illuminato
da
belle
vetrate
moderne
dall’insolita fattura. Contiene la
tomba di Jacques Cartier, il navigatore di Saint-Malo che nel 1534
scoprì il Canada. Nella navata centrale una lapide sul pavimento segna il punto in cui l’esploratore si
inginocchiò dinanzi al Vescovo
prima di partire per la sua spedizione. Una statua della Vergine,
salvata dai bombardamenti del
1944 e ricollocata nella cattedrale,
è intesa come segno della città che
rinasce anch’essa dalle ceneri.
Nel sobborgo di SaintServan-sur-Mer, praticamente unito alla città da una bella passeggiata lungo la spiaggia, la Cité
d’Alet è una piccola penisola rocciosa che fu il primo nucleo di
Saint-Malo, fondato intorno al VI
secolo dal monaco gallese Mac
Low, divenuto poi il vescovo della
città. La bellissima passeggiata
lungo il mare, la Promenade de la
Corniche d’Alet, offre uno splendido panorama con scorci magnifici
sulla cinta di mura di Saint-Malo,
gli isolotti che la fronteggiano, indietro fino a Saint-Servan e alla
Tour Solidor, i tre massicci torrioni
cilindrici che si ergono su uno scoglio a ridosso del mare. Il cielo azzurrissimo, il mare scintillante sotto il sole solcato da una miriade di
vele, motoscafi, imbarcazioni di
ogni tipo che entrano ed escono
dal porto, i gabbiani bianchi che
stridono e volteggiano con ardite
evoluzioni rendono il paesaggio veramente incantevole.
Grazie alla sua posizione
strategica la penisola fu già
dall’epoca romana utilizzata per la
difesa del porto e dell’entroterra.
Nel XVIII secolo vi fu costruito un
vasto forte., riorganizzato e potenziato durante la seconda guerra
mondiale. Occupata nel 1940 la
zona di Saint-Malo, i tedeschi la
fortificarono massicciamente con
centinaia di campane blindate lungo la costa, costruzioni corazzate
sulle isole del Grand-Bé e di Cézembre e soprattutto con la ristrutturazione del vecchio forte,
costruito su tre livelli, con muri di
cemento armato spessi fino a 2
metri, campane blindate, gallerie
sotterranee, batterie di artiglieria.
Dopo circa due anni di lavori durante i quali la penisola si trasformò in un gigantesco cantiere la cosiddetta “Fortezza di Saint-Malo”
era un complesso militare praticamente imprendibile. Bloccati gli accessi alla roccaforte nell’agosto del
Due vedute di Saint Malo
1944, solo dopo violenti bombardamenti e durissimi attacchi di artiglieria gli americani riuscirono finalmente ad impadronirsi del forte.
Ma non si arrese ancora la guarnigione dell’isola di Cézembre se non
dopo intensissimi bombardamenti,
una settimana dopo la conquista di
Parigi. Ancora oggi l’isola è inaccessibile se non sulla spiaggia perché all’interno è completamente
minata.
Nei locali dove erano alloggiate le batterie antiaeree, nel
cortile del’antico forte, è stato creato il “Mémorial 39-45”, dove sono
conservati documenti, foto, materiale dell’epoca. La visita guidata ai
sotterranei blindati mostra i locali
dove alloggiavano i 200 soldati
della guarnigione, le porte corazzate, i sistemi di ventilazione, la centrale telefonica, gli affusti per le
mitragliatrici.
IL CLUB n. 82/83 – pag. 32
Da Saint-Malo la D155 e
poi la 797 costeggiano la Baie du
Mont-Saint-Michel. Vale la pena
fare una piccola deviazione e,
all’altezza di Cancale, arrivare fino
alla Pointe du Grouin, la scogliera
selvaggia fronteggiata dall’íle des
Landes, l’isola dalla lunga sagoma
che ricorda la forma di un caimano
dove nidifica la più numerosa colonia di Bretagna dei grandi cormorani. Dall’alto della roccia scoscesa
su cui si infrangono le onde che
schiumano sugli scogli la vista spazia sul mare, indietro fino a Cap
Fréhel, e, a destra, su tutta la
baia. Sfumata nella nebbia, in fondo alla rada dove la marea è ancora bassa, si staglia la sagoma inconfondibile e quasi irreale del
Mont-Saint-Michel.
Dal Mont-Saint-Michel la
D911 segue i contorni della costa
fino a Granville, graziosa e anima-
Il porticciolo di Honfleur.
Sotto il castello di Guglielmo il Conquistatore a Falaise
ta cittadina balneare costruita su
uno sperone roccioso, dove nel
1905 nacque Christian Dior (la casa della sua infanzia è oggi un museo). Molto bello il panorama dalla
Hauteville che ancora in parte conserva le sue mura settecentesche.
Dalla punta estrema della piccola
penisola su cui sorge Granville, la
Pointe du Roc, è splendida la vista
sul mare e sulla costa che la fronteggia al di là della baia. Anche qui
i segni terribili della guerra:
l’altopiano è tutto costellato di fortini, depositi di munizioni, cannoni,
ancora segnati dai colpi sparati dal
mare e dal cielo.
Le coste della Normandia e
i ricordi dello sbarco alleato
La D971 conduce su verso
la penisola di Cotentin e la BasseNormandie. Qui è ancora vivo,
negli edifici e nei musei, il ricordo
di quel 6 Giugno 1944 che con lo
sbarco alleato sulle spiagge che
fronteggiano la Manica diede inizio
a mesi di distruzione e morte in
giorni sfibranti di lotta sanguinosa
per conquistare il terreno palmo a
palmo, di bombardamenti aerei
devastanti che lasciarono tantissime città quasi completamente distrutte. Lungo le spiagge dello
sbarco sono ancora visibili i resti
delle postazioni militari e delle opere di difesa lungo la costa, ogni
cittadina dell’entroterra che fu teatro di quegli avvenimenti ha il suo
Memoriale e il percorso storico nei
luoghi dove si svolse la decisiva
Battaglia di Normandia: SainteMère-Eglise, Arromanches, Bayeux, Caen sono alcuni dei nomi
che rievocano quei tragici giorni.
La Bassa Normandia è anche la terra di Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia e re
d’Inghilterra. A Bayeux, in un mu-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 33
seo adiacente la splendida cattedrale gotica, è conservata la “Tapisserie de la Reine Mathilde”, il
famoso arazzo che illustra le vicende che portarono Guglielmo,
duca di Normandia, ad invadere
l’Inghilterra nel 1066 e ad esserne
incoronato re il giorno di Natale
dello stesso anno nell’abbazia di
Westminster. L’arazzo, una lunga
striscia di lino alta 50 centimetri e
lunga 70 metri, ricamata in 58 riquadri con fili di lana di otto diversi colori, che una tradizione non
confermata attribuisce alla stessa
regina Matilda, moglie del re, è un
lavoro minuzioso, pregevolissimo
dal punto vista artistico e di grande importanza storica per la conoscenza dell’impresa di Guglielmo,.dell’abbigliamento militare e
della vita quotidiana nel medioevo.
A Caen, capoluogo della
Bassa Normandia e del dipartimento di Calvados, Guglielmo stabilì la sua residenza dopo la conquista dell’Inghilterra, facendo erigere un vasto e poderoso Castello cinto da mura. A lui si deve anche la costruzione dell’ austera e
maestosa chiesa di St-Etienne,
dove venne sepolto, e dell’Abbaye
aux Hommes. Poco dopo la moglie
Matilda fece costruire l’Abbaye aux
Dames di cui faceva parte la bella
chiesa della Trinité, dove una lastra di marmo nero ricorda il punto in cui fu sepolta la regina. Le
due abbazie furono erette come
atto di riparazione, poiché i due
sovrani, uniti da legami di sangue,
non avevano ottenuto la dispensa
papale prima del matrimonio.
Non lontano da Caen, si
trova Falaise, dove Guglielmo nacque nel 1027 e dove visse fino alla
spedizione in Inghilterra. L’antico
castello dei duchi di Normandia,
dove egli vide la luce, massiccio e
imponente sovrasta l’abitato da un
selvaggio sperone roccioso, circondato da una cerchia di mura. Il
cortile interno è dominato dal possente dongione rettangolare, oggi
sede di un museo, e dalla tour de
Talbot del XIII secolo.
La vicina piazza Guglielmo
il Conquistatore ha al centro una
maestosa statua equestre di Guglielmo risalente al diciannovesimo
secolo. Nella stessa piazza si trova
l’antica chiesa della Trinité la cui
primitiva costruzione romanica, risalente al X secolo, fu successivamente sostituita dalla costruzione
gotica giunta fino ai nostri giorni.
Splendido il portico rinascimentale
del 1500. Un particolare curioso:
per accedere alla cappella absidale
si percorre un deambulatorio sopraelevato rispetto al coro, così
costruito per consentire il passaggio lungo una piccola strada sotto
la chiesa.
Un piccolo gioiello della
Bassa Normandia è Honfleur,
l’antico borgo sull’estuario della
Senna che fu un’ importante città
marittima dal XVI al XIX secolo,
attivissima nei commerci con
l’America e le Indie prima di essere
soppiantata dalla vicina Le Havre.
Il pittoresco porto originario, il
Vieux Bassin, penetra fin dentro
l’abitato, pieno di imbarcazioni di
ogni tipo. Lungo le sue banchine si
allineano fitte le antiche case dalle
strette facciate di pietra, i cui pianterreni affollati di turisti sono oggi
locali che servono ogni specie di
frutti di mare, pietanze tipiche, birra e sidro. Allineata alle case, la
trecentesca chiesa di St-Ètienne è
il monumento più antico della città,
oggi sede del Musée de la Marine,
il museo della storia marittima locale. All’ingresso del porto la sagoma scura della Lieutenance, anticamente inserita nel ponte levatoio della città e dimora del governatore di , è oggi sede della Capitaneria.
Poco lontano, nella pittoresca piazza omonima, sorge la caratteristica chiesa di Ste-Catherine
costruita in legno nel XVI secolo
dai locali carpentieri delle navi: le
due grandi volte hanno la forma di
carena rovesciata, i pilastri sono
alti tronchi d’albero appena squadrati ricavati dal legno delle foreste vicine. Il campanile, pure in legno, è insolitamente staccato dalla
chiesa, costruito sopra la casa del
sagrestano al di là della piccola
piazza.
Il Musée Eugène Boudin
conserva molte opere del pittore
che qui nacque e, precorrendo
l’Impressionismo, qui fondò la
scuola di Honfleur di cui fece parte
anche Monet. Nelle sue tele si ritrovano i colori del mare e la luce
chiara del cielo di Normandia,
l’atmosfera incantata di questi luoghi che attrassero nei secoli artisti
e viaggiatori. Lontano dal centro
affollato la stessa atmosfera si ritrova oggi nelle stradine quiete
fiancheggiate dalle basse casette a
graticcio e in angoli nascosti e
suggestivi sia nella luce tersa del
mattino che nell’incanto silenzioso
della sera, quando il vocio dei turi-
sti si fa più sommesso, le luci tenui
colorano l’acqua di mille sfumature
e il piccolo borgo ritrova il suo fascino antico.
Da Honfleur il Pont de
Normandie supera l’estuario della
Senna e conduce nell’HauteNormandie. Oltrepassata la deviazione per Le Havre, la moderna
città all’imboccatura della Senna il
cui grande e attivissimo porto è il
secondo della Francia dopo Marsiglia, la D925 e poi la D940 attraversando paesini quieti e fioriti
conducono a Étretat, la cittadina
balneare famosa per le sue splendide falaises, da cui sono stati affascinati scrittori ed artisti come
Guy de Maupassant, Monet, Offenbach. Attraverso le piccole strade
stracolme di ristoranti, bar, negozi
in cui si vendono prodotti tipici della regione, oggetti e articoli di abbigliamento nel caratteristico stile
marinaio a righe di ogni colore e
dimensione, si giunge sulle terrazze che si affacciano sulla lunga
spiaggia di ciottoli. Ai due lati, abbaglianti nella luce accecante del
mattino, le bianchissime pareti
rocciose a strapiombo fronteggiano
imponenti il mare che nell’arco del-
calcare arcate grandiose come la
porte d’Aval di fronte alla quale
svetta dal mare la sagoma aguzza
dell’Aiguille d’Étretat, alta 70 metri, e la gigantesca Manneporte,
alta 90 metri.
Da Étretat si può riattraversare nuovamente la Senna al
pont de Tancarville e seguire un
piacevole percorso lungo la D982
costeggiando in parte il corso sinuoso del fiume fino a Rouen. La
strada è chiamata la Route des
Abbayes, ricca com’è dei resti più
o meno ben conservati di antiche
abbazie. A St-Wandrille si trovano i
resti della settecentesca abbazia
benedettina nel parco di quella odierna dove ancora vive una comunità di frati: isolati sul terreno
dove ancora rimangono i segni dei
grandi basamenti, si stagliano imponenti e suggestivi contro il cielo
gli alti pilastri a fascio rimasti e i
pochi archi che un tempo sorreggevano il soffitto. A Jumièges, il
villaggio inserito in una profonda
ansa della Senna nel parc naturel
de Brotonne, centro importante del
monachesimo nel periodo medievale, si trovano i resti dell’abbazia
e di quella che era la bella e mae-
Le falesie di Étretat
la giornata si alza e si abbassa seguendo i ritmi della marea in un
volteggiare frenetico di gabbiani.
Con una bella arrampicata
si può salire in alto e costeggiare le
scogliere lungo i sentieri segnati
godendo ad ogni angolo di spettacoli incantevoli sulle rocce maestose che si ergono come una superba candida barriera sulla spiaggia
o sul mare scintillante solcato da
vele
multicolori.
Nei
secoli
l’erosione marina ha creato nel
IL CLUB n. 82/83 – pag. 34
stosa chiesa di Notre-Dame.
Rouen è il capoluogo della
Haute-Normandie e del dipartimento della Seine-Maritime. Importante centro commerciale e industriale sulla Senna, con quartieri
moderni immersi nel verde, è una
delle più belle città d’arte di Francia e conserva nel suo centro storico pregevolissime chiese gotiche e
stradine antiche su cui si affacciano piccole case a graticcio ed edifici legati alla sua lunga storia. Per il
suo notevolissimo patrimonio artistico è detta “Ville-Musée”.
Situata nel cuore della città, domina la piazza omonima la
splendida Cathédrale de NotreDame, dove elementi romanici sono affiancati da elementi gotici e
gotico fiammeggianti. Chiudono i
lati della facciata due torri, a sinistra la tour St-Romain costruita nei
tre diversi stili, romanica nella parte inferiore, quindi gotica e gotico
fiammeggiante, a destra la massiccia tour de Beurre, gotico fiammeggiante, così detta in quanto si
pensava che i fedeli avessero contribuito alla sua costruzione perché
fosse loro permesso di mangiare
burro durante la Quaresima. I portali sono splendidamente scolpiti e
decorati con statue, pinnacoli, balaustre. Stupendi i due portali del
transetto: il portale della Calenda
che si affaccia sulla piazza omonima e il portale dei Librai, preceduto dall’omonima corte, un cortile
su cui si aprivano botteghe di librai
e rilegatori, ornato da arcate gotiche. Si erge sulla cattedrale e sulla
città l’altissima guglia in ghisa ricostruita nel 1800.
L’interno è austero e solenne con massicce colonne a fascio che sostengono grandi arcate
cui si appoggiano una finta galleria
e dei finestroni. Interessanti una
trecentesca statua dell’Ecce Homo
e la bellissima Scala della Libreria
in stile gotico fiammeggiante che
conduceva agli archivi. Lungo il
deambulatorio sono il sarcofago di
Riccardo Cuor di Leone, che per
sua volontà ne contiene il cuore, e
il sarcofago di Rollon, primo duca
di Normandia. Su ambedue i sarcofagi sono deposte le statue distese dei duchi. Nella parte opposta, il sarcofago di Guglielmo Lunga Spada, figlio di Rollon, ucciso
per tradimento nel 942, e quello di
Enrico il Giovane, fratello di Riccardo Cuor di Leone. Nella cappella absidale, la cappella della Vergine, si trova la tomba-capolavoro
dei due cardinali d’Amboise arcivescovi di Rouen. Costeggia la cattedrale la stretta rue St-Romain
fiancheggiata da belle case a graticcio e su cui si affaccia l’antico
Arcivescovado: due lapidi ricordano che nel 1431 qui fu condannata
per eresia Giovanna d’Arco, bruciata viva nella piazza del Vieux-Marché e riabilitata cinque anni dopo.
La strada conduce alla piccola e quieta place St-Barthélemy,
circondata da antiche case a gra-
ticcio e dominata dalla convessa
facciata della chiesa di St-Maclou (
il monaco gallese fondatore di
Saint-Malo). La chiesa, molto danneggiata durante l’ultima guerra e
ancora bisognosa di restauri, è in
stile gotico fiammeggiante con una
splendida facciata magnificamente
decorata e un’alta guglia che svetta vicino a quella della cattedrale.
L’interno ha una insolita struttura
rotondeggiante: affianca l’organo
una bellissima scala a spirale
anch’essa in stile gotico fiammeggiante.
Qualche passo più in là si
incontra una struttura particolare,
l’Aître St-Maclou, un vasto cortile
rettangolare costruito come cimitero
e
ossario
per
i
morti
nell’epidemia di peste nera che nel
1348 uccise i tre quarti degli abitanti del quartiere. Oggi adibito a
Scuola Regionale di Belle Arti, è
circondato da pilastri in legno con
fregi e motivi macabri come teschi
e ossa. In una vetrina situata vicino all’ingresso è conservato un lugubre reperto, lo scheletro di un
gatto rinvenuto all’interno di un
muro.
Dalla piazza della cattedrale si diparte la rue du GrosHorloge, la vivace strada pedonale
che conserva le antiche case a graticcio, dove un grande orologio rinascimentale sovrasta un arco che
reca rilievi raffiguranti il Buon Pastore. La strada conduce alla place
du Vieux-Marché. Nella grande
piazza si trova l’Hotel de la Couronne del 1345, il più antico di
Francia, e la rovine della chiesa del
Saint-Saveur, distrutta come tante
altre durante la Rivoluzione. Ma
soprattutto questo è il luogo dove
è ancora vivo il ricordo di Giovanna
d’Arco, la Pulzella che liberò Orléans dagli inglesi e, accusata di
eresia, fu arsa viva proprio in questa piazza nel 1431. Proclamata
santa nel 1920, è patrona di Francia. Sul luogo del suo martirio sorgono un’alta croce e una statua
della giovane donna.
Accanto alle Modernes Halles, che ospitano un movimentato
mercato, sorge la moderna chiesa
di Sainte-Jeanne-d’Arc, in cemento
armato, il cui tetto in ardesia richiama
l’idea
della
fiamma.
L’interno, in chiaro pino di Scandinavia, ha il tetto a forma di scafo
rovesciato ed un’unica navata sostenuta da un alto pilastro. La parete sinistra è interamente costituita da bellissime vetrate rinasci-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 35
mentali raffiguranti scene tratte
dalla Bibbia. Le vetrate appartenevano all’antica chiesa di St-Vincent
distrutta dai bombardamenti nel
1944, prudentemente asportate e
poi qui ricollocate con un effetto
molto suggestivo. Una statua in
fondo alla navata raffigura la Santa
come una fanciulla il cui abito ancora una volta ricorda la fiamma.
Su un muro esterno sono
incise le parole che André Malraux
espresse
rendendo
omaggio
all’eroismo di Giovanna: “O Giovanna senza sepolcro e senza ritratto, tu che sapevi che la tomba
degli eroi è il cuore dei viventi”.
Così egli poneva la Pulzella come
simbolo della pace e della libertà
per gli uomini di tutti i tempi.
Ripercorrendo la rue du
Gros-Horloge, superato lo splendido Palais de Justice, l’antico Parlamento di Normandia capolavoro
del gotico fiammeggiante, al di là
della cattedrale si trova la place du
Général de Gaulle. Nella vastissima
piazza si trovano il settecentesco
Hotel de Ville, il monumento equestre a Napoleone il cui bronzo proviene dai cannoni presi ad Austerlitz, la bella facciata gotico fiammeggiante della chiesa di SaintOuen, l’antica chiesa abbaziale benedettina risalente al 1300. Si accede al transetto della chiesa attraverso il portale dei Marmousets,
che reca sul timpano, sormontato
da un rosone, bassorilievi rappresentanti l’Assunzione della Vergine
e figurine grottesche. Il semplice
interno, privo com’è di statue e
decorazioni, è vasto e maestoso,
con alti pilastri a fascio sormontati
da gallerie, e grandi vetrate che lo
rendono molto luminoso. Bellissime le cancellate in ferro battuto. Il
grande organo è una delle ultime
opere di Aristide Cavaillé-Coll, il
famoso costruttore di organi del
XIX secolo che fino alla sua morte,
nel 1899, costruì centinaia di monumentali strumenti per le più
grandi chiese di Francia e d’Europa. La cinquecentesca torre gotico
fiammeggiante sul transetto ha
una lanterna ottagonale, la Tour
couronnée o Couronne-de-Normandie, fiancheggiata da quattro
torrette. La sua sagoma si staglia
netta tra le alte guglie delle chiese
di Rouen, nel panorama della città
antica racchiusa dalle colline che
circondano la valle della Senna.
Testo di Anna Maria Carabillò
Foto di Enzo Triolo
I castelli della Val d’Aosta
Torri, case forti e castelli costituiscono, insieme a boschi e laghi alpini, una delle più interessanti caratteristiche di una regione, la Val d’Aosta, i cui borghi sono innumerevoli perle
di quieto e sereno vivere
I
n Val d'Aosta esistono
circa 150 edifici medievali tra castelli, torri e case forti e molti di
questi sono ancora ai nostri giorni
ben conservati, costituendo esempi
notevoli dell'architettura militare e
residenziale medioevale e rinascimentale. Attualmente sono visitabili i castelli di Fénis, Issogne, Ussel (Chatillon), Sarriod de la Tour
(Saint-Pierre), Sarre, il Castel Savoia di Gressoney e, in estate, anche quello di Cly (Saint-Denis).
Motivi storici, politici e geografici fecero sì che tra il XIII ed il
XV secolo la Valle d’Aosta fosse al
centro di importanti vie commerciali che da un lato portarono ricchezza alle famiglie nobili locali,
dall’altro imposero di gestire presidi per mettere in sicurezza il traffico di persone e merci. Ciò determinò la realizzazione di opere architettoniche di altissimo livello artistico, alcune con caratteristiche
più marcatamente militari, altre
con caratteristiche più specificatamente abitative, altre con caratteristiche miste, civili e militari. Questioni strategiche determinarono
che alcune opere con caratteristiche militari fossero costruite anche
nei secoli successivi, per esempio
in periodo sabaudo, e tutto questo
alla fine ha fatto sì che un po’ tutto
il paesaggio della regione sia puntellato da castelli e forti che sbucano all’interno del verde dei magnifici boschi naturali.
Il Forte di Bard è, per esempio, la più imponente fortificazione
della
Valleé,
quasi
all’ingresso della regione. In questo punto, strategico per controllare il transito attraverso la Valle
d'Aosta, è attestata l'esistenza di
una fortificazione sin dal 1034. Ma
ciò che oggi ammiriamo è di origine sabauda, essendo stato ricostruito il forte tra il 1830 e il
1838, dopo la distruzione operata
dal potente esercito di Napoleone
nel 1800, al cui passaggio si oppose per 15 giorni. Il complesso,
progettato dall'ingegnere militare
Francesco Antonio Olivero, è composto da diversi corpi di fabbrica
Il Forte di Bard
indipendenti, capaci di garantire la
reciproca difesa. Esempio tipico
dell'architettura militare dell'epoca,
disponeva di potenti artiglierie e
poteva accogliere 416 uomini.
La fortezza non fu mai teatro di scontri e si è quindi conservata praticamente intatta. Alcuni
numeri bastano a dare l'idea delle
dimensioni di questo complesso:
14.467 mq di superficie, 283 locali,
106 m di dislivello, 806 gradini,
2.036 mq di cortili interni, 9.000
mq di tetti, 1.295 mq di corridoi,
385 porte, 323 finestre e 296 feritoie.
Il Forte nella sua struttura
sommitale, denominata Opera Carlo Alberto, è sede di un ampio ed
importante Museo delle Alpi che
descrive, con modalità innovative,
i diversi aspetti - naturalistici, geografici, storici, etnografici - di questa catena montuosa al centro dell'Europa.
Ma basta spostarsi di qualche decina di chilometri e cambia il
contesto e la tipologia costruttiva:
a Chatillon, accanto a una cascata
di tetti di ardesia e alle facciate
pastello di pittoresche casette aggrappate lungo la collina su entrambi i versanti della Dora Baltea,
oggi a ridosso dell’autostrada A.5,
ecco un grande esempio di architettura medievale dovuto agli
Challant, la famiglia che tra il ‘200
e il ‘400 si ritrovò a “colonizzare”
buona parte della Valle d’Aosta,
IL CLUB n. 82/83 – pag. 36
erigendo numerosi castelli e fortezze, quasi a marcare un territorio formato da vallate verdissime,
ma anche da sinistre gole su cui i
manieri si ergevano come maestose aquile nei punti di passaggio
obbligato.
Il castello di Chatillon si
trova nella parte più alta della cittadina, quella che si arrampica
lungo la collina con un piacevole
effetto scenografico. Ancora oggi la
costruzione è di proprietà privata
(appartiene alla famiglia Passerin
d’Entréves) e non è visitabile; ma
la sua sagoma marchia il profilo
cittadino, circondato com’è dal
Giardino Storico Rinascimentale e
da un Parco ricco di alberi monumentali che è invece aperto al
pubblico, e al cui interno si possono ammirare fra gli altri un tiglio
che raggiunge i 5 metri di circonferenza e i 35 metri di altezza, un
maestoso faggio che svetta per 32
metri e un cedro dell’Atlante che
raggiunge un’altezza di 30 metri.
Quasi ai piedi del castello
sorge la Parrocchiale di San Pietro,
affiancata da un campanile romanico, che ospita un Museo di Arte
Sacra e da cui si gode di una vista
splendida su Châtillon e sulle cime
innevate delle montagne che la
circondano. Più in basso si snoda il
centro cittadino, attraversato da
via Chanoux, lungo la quale si possono ammirare alcune case del XVI
e XVII secolo.
Il castello degli Challand a Chatillon
Vicino alla cittadina vi sono
numerosi piccoli borghi, come
quello di Septinian, un pugno di
casette dai tetti in ardesia che incornicia una pregevole parrocchiale
dalla facciata affrescata, immerso
in uno scenario verde smeraldo in
estate e imbiancato dalla neve in
inverno.
come una visione, in tutto simile a
come ciascuno di noi immagina il
castello delle fiabe.
Eppure la storia di Fenìs è
stata abbastanza travagliata, dal
momento che il complesso ha vissuto secoli di oblio e di abbandono,
dopo che nel 1716 il conte Georges-François, ultimo erede degli
Challant, fu costretto a vendere il
castello per pagare i debiti di famiglia; da quel momento la costruzione passò attraverso diversi proprietari, fino ad essere trasformata
in una casa colonica, con i saloni
destinati a fienile e ricovero per gli
animali. Da questo terribile destino
il castello fu salvato alla fine
dell’800 da Alfredo D’Antrade che
lo acquistò, restaurando le parti
maggiormente danneggiate, e lo
donò nel 1906 allo Stato.
Il maniero è visibile già da
lontano, grazie alla sua posizione
che domina dall’alto un’altura, con
la sua doppia cortina di pittoresche
mura merlate risalente al 1240,
mentre il corpo centrale del 1340 è
quasi sorvegliato da una moltitudi-
ne di torri e di faccette apotropaiche, dislocate sia all’esterno, lungo
la cortina muraria, che all’interno
dei saloni, messe lì appositamente
per tenere lontano il male, in un
periodo in cui i poteri e le suggestioni della magia erano “sentiti”.
Il nucleo del castello si articola attorno ad un magnifico cortile interamente affrescato, sul
quale si affacciano i saloni che costituivano la parte residenziale del
complesso. Al piano terreno trovavano posto i locali per il corpo di
guardia e la cucina, che sovrastava
le cantine del piano interrato;
mentre al primo piano era situata
l’abitazione del signore, con il principale ambiente di rappresentanza,
il salone completato dalla cappella
affrescata con una Crocifissione,
un’Annunciazione e con la Madonna della Misericordia, che accoglie
sotto il manto diversi membri della
famiglia Challant; al secondo piano
vi erano gli alloggi per gli ospiti e
per il personale di servizio.
Tutti questi ambienti fanno
oggi
da
cornice
al
Museo
dell’Ammobiliamento
Valdostano
che ospita arredi medievali della
Valle d’Aosta (visitabile con guida
a gruppi di 25 persone ogni
mezz’ora, dalle 9 alle 19; nel periodo invernale dalle 10 alle 12,30
e dalle 13,30 alle 17 tranne il martedì). Ma la “chicca” più significativa del castello è costituita dagli
splendidi affreschi che ornano proprio il cortile, su cui sono visibili
diversi saggi che mostrano un cartiglio con un motto in francese antico, ma su cui spicca al centro dello scalone d’onore un magnifico
San Giorgio che uccide il drago per
salvare la principessa; e qui la bellezza degli affreschi della prima
metà del ‘400 tocca i massimi livelli, al punto che non è facile
staccare gli occhi dalla lotta epica
Panorama alpino della
Valle d’Aosta
Ancora a pochi chilometri
di distanza, da percorrere immersi
in uno scenario da sogno in cui si
alterna il verde smeraldo delle vallate alle cime innevate delle montagne, sorge un altro dei castelli
costruiti dalla famiglia Challant,
particolarmente famoso per la sua
leggiadria che non può lasciare indifferenti: si tratta del castello di
Fenìs, la cui sagoma appare quasi
Il magnifico castello di Fenis
IL CLUB n. 82/83 – pag. 37
Affresco del castello di Issogne
che si svolge tra il santo e il drago,
mentre la principessa aspetta di
conoscere l’esito della battaglia,
quasi seicento anni dopo che il
duello ha avuto inizio.
Qualcosa di analogo avviene a Issogne; qui, quello che dall'esterno appare come un semplice
palazzo signorile, cela al suo interno una splendida dimora cortese,
miracolosamente conservata nel
suo aspetto cinquecentesco. Il castello, costruito su di un sito utilizzato sin dall'epoca romana, ha origini antiche: già nel XII secolo è
documentata una torre appartenente al vescovo di Aosta. Divenuta in seguito proprietà della famiglia Challant, si ingrandì a più riprese finché, per opera del canonico Giorgio di Challant, personaggio
colto e raffinato, i vari corpi di fabbrica furono riuniti a formare un
complesso più omogeneo. Vennero
realizzati dei loggiati, affrescato il
cortile ed alcune sale interne, ampliata la cinta muraria per contenere un giardino.
Gli affreschi sulle lunette
del porticato al piano terreno, realizzati a cavallo fra '400 e '500,
raffigurano scene di vita quotidiana
e rappresentano un'eccezionale testimonianza dell'epoca. Queste pitture, da sole, varrebbero una visita. Gli interni conservano soffitti e
parte degli arredi originali. Tutte le
pareti del maniero sono ricoperte
di scritte, graffiti e disegni realizzati dagli ospiti del castello nel
corso di quattro secoli. Motti, citazioni, notizie di avvenimenti, frasi
amorose o scurrili, costituiscono un
insieme curioso e una fonte documentaria di enorme valore storico.
Tra gli altri castelli valdo-
stani, merita di essere citato anche
quello di Sarre, di antiche origini,
che venne scelto dal re Vittorio
Emanuele II come "pied à terre"
per le sue battute di caccia in Valle
d'Aosta. Trasformato dal figlio
Umberto I, che fece realizzare il
famoso salone delle corna", fu frequentato con assiduità dai principi
Umberto II e dalla consorte Maria
José. Rimase residenza dei Savoia
fino all'esilio.
L'allestimento attuale ne
evidenzia sia l'utilizzo legato all'attività venatoria della corte sabauda sia la funzione residenziale. Ai
piani superiori alcuni locali conservano gli arredi originali di inizio
'900 ed espongono ritratti degli
artisti di corte oltre a varie opere
possedute dai Reali d'Italia.
E’ un altro dei tanti castelli da visitare e da sognare, in
una regione bellissima che offre
serenità e distensione e svago in
ogni periodo dell’anno.
Mimma Ferrante
e Maurizio Karra
Informazioni utili
Cosa acquistare:
Nelle botteghe del centro storico di Châtillon, come un po’ in tutti i piccoli paese della Valle d’Aosta, sono in vendita oggetti di artigianato in
legno, grappe aromatizzate e gli ottimi formaggi locali come la fontina.
Dove sostare:
A Bard, possibilità di sosta nel parcheggio a valle del Forte. A Chatillon
si può parcheggiare anche per la notte nel piazzale dei Cavalieri di Vittorio Veneto, tranne il lunedì. A Fenìs sosta libera possibile presso
l’ampio piazzale ai piedi del castello, così come a Issogne, nel parcheggio vicino il castello. A Sarre, infine, punta sosta nel parcheggio della
stazione ferroviaria.
A Châtillon si trova anche un ottimo campeggio, ad apertura annuale (è
chiuso solo nel mese di novembre): “Il Dalai Lama”, nella Frazione Promiod, tel. 0166.548688.
IL CLUB n. 82/83 – pag. 38
La terra calpestata
Randazzo, Bronte, Adrano: tre tesori nascosti della Sicilia orientale
U
n viaggio d’Italia, da
cima a fondo. Chiedete a cento
persone da dove comincerebbero e
dove porrebbero il loro ideale e
personale traguardo, avrete cento
risposte
diverse.
L’Italia
è
senz’altro, in Europa, la terra che
ha il patrimonio culturale, storico
ed ambientale più prezioso, ricco
ed antico. Fortunatamente si avverte una costante matura e diffusa crescita della coscienza del nostro patrimonio, unitamente alla
diffusa consapevolezza di dover
conservare e tramandare questo
patrimonio alle future generazioni
con lo scopo di raggiungere
l’obiettivo di valorizzare queste ricchezze che possano produrre significativi ritorni sociali ed economici.
Questa ricchezza è distribuita su tutto il territorio e per varie vicende storiche legate alle occupazioni, alle dominazioni degli
Etruschi, Greci, Romani, Goti, Bizantini, Longobardi, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli,
Austriaci,
Francesi,
Tedeschi,
all’avvicendarsi di culture, molto
diverse tra loro ma che hanno, ognuna di esse, lasciato un lembo di
storia, di ricchezza in termini di siti, di cultura, di tradizioni, di bellezze incancellabili, di patrimonio
artistico, difficilmente riscontrabili
in situazioni simbiotiche, come le si
possono trovare in questa nostra
bella terra.
Anche la Sicilia quindi, gode di questa varietà, di questa miscellanea di ricchezze riscontrabili,
oltre in quelli che sono i più conosciuti elementi architettonici noti a
tutto il mondo, anche nei posti più
nascosti, nelle zone più recondite,
meno conosciute, nei paesi, nelle
vallate, negli splendidi borghi, nelle piccole città.
Un esempio di questo genere lo abbiamo riscontrato a Pasqua quando abbiamo voluto, incuriositi dalla lettura di una pubblicità
sulle tradizioni pasquali che si perpetrano in Sicilia in questo periodo, visitare la zona di Randazzo,
Bronte, Adrano.
A Randazzo, cita un orgoglioso detto locale: “Messina ha il
porto, Randazzo le porte.” Fondata
dai Bizantini sullo spartiacque dai
fiumi Alcantara (stupefacente gola
scavata dal corso d’acqua) e Simeto, la città ha un profilo urbano riconducibile, come per tutti i paesi
etnei, ai periodi normanno e barocco. Molto bella la duecentesca
basilica di santa Maria, in pietra
lavica, che conserva un grandioso
portale quattrocentesco sul fianco
destro.
E poi piazze e viuzze su cui
si affacciano palazzi nobiliari e povere case con portali in pietra lavica. Nel 1981 l’Etna rovesciò colate
di lava fino alle porte di Randazzo
sommergendo due strade e la linea
Circumetnea: e proprio il giro in
treno attorno all’Etna è da non
perdere. Potrete partire da Randazzo e tornare a Randazzo nel giro di qualche ora, attraversando
colate, paesi, Catania e la riviera
dei Ciclopi.
bitanti danno vita ad una sceneggiata medievale, con protagonisti
Lucifero e l’Angelo dell’umanità.
La diavolata di Adrano
Sotto il castello
Il cortile del castello di Maniace
Sono diciotto i chilometri
che separano Randazzo da Bronte.
Pochi chilometri oltre Randazzo ecco il castello di Maniace, che fu la
residenza degli eredi di Nelson (vi
sono custoditi cimeli storici), oggi
di proprietà del Comune di Bronte.
Il paese fu ceduto in feudo assieme al titolo di duca, da Ferdinando
di Borbone all’Ammiraglio Nelson,
come ricompensa per l’aiuto prestatogli nella repressione dei moti
insurrezionali di Napoli.
Ancora diciassette chilometri e c’è Adrano, fondata da Dionisio di Siracusa. Il castello di forma
tetragonale risale al periodo normanno. Per i cultori del genere i
reperti del locale museo archeologico spaziano dalla preistoria al
medioevo. Qui la domenica di Pasqua, dopo la messa, sotto lo
splendido castello normanno gli a-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 39
Tra una quantità impressionante di botti di ogni genere,
una fitta nuvola di fumo, i resti
impazziti di petardi che volano in
ogni luogo e tra il marcato odore di
zolfo e di bruciato, parte una processione con in testa la banda del
paese seguita dalle “vare” della
Madonna e del Cristo risorto, seguite dalla gente, che attraversa i
vicoli del paese per rientrare poi
nella chiesa del Salvatore.
Ma in Sicilia vi sono tante
altre “Randazzo, Bronte, Adrano”,
dignitose cittadine che custodiscono gelosamente oltre le antiche
tradizioni, sia le ricchezze naturali
sia quelle acquisite nel tempo e sicuramente degne dell’attenzione di
noi viaggiatori-visitatori sempre
desiderosi di scoprirle.
Luigi Fiscella
Pedara, lontano dal caos
A pochi chilometri da Catania un luogo ideale per rilassarsi e "staccare" dal caos della città.
Origine greche, chiese e palazzi in pietra lavica e un territorio ricco di boschi e palmenti
I
catanesi sono proprio
fortunati. Quando vogliono staccare la spina perché superstressati,
stanchi del lavoro, del caos cittadino e dello smog e decidono di ossigenare i polmoni, rilassare la
mente e ritemprare il corpo, in pochi minuti raggiungono i dolci fianchi dell'Etna e i tranquilli paesi di
mezza collina. E Pedara è il luogo
ideale per rompere la routine.
Le origini di Pedara sono
sfumate in quelle nebbie che ogni
tanto avvolgono il paese nelle
brutte giornate invernali, e sono
cancellate dalle furie dell'Etna piuttosto che dall'incuria degli uomini.
Il territorio ha subito la colonizzazione greca e poi la dominazione
romana e a nord del centro abitato
sono stati rinvenuti reperti del periodo imperiale. Lo stesso nome si
pensa derivi o da coloni greci provenienti da "Epidaurum" nel Peloponneso, oppure dal fatto che in
epoca romana nel sito esistesse un
grande altare dedicato a Giove Etneo, da cui "apud aram". Oggi infatti la via principale del paese si
chiama "via Ara di Giove".
Il primo villaggio sorse nei
dintorni del monte Difeso e nel
1388 il vescovo della diocesi diede
l'autorizzazione alla costruzione
della chiesa parrocchiale di Santa
Maria Vergine. Il paese rimase sotto l'autorità del Senato catanese
fino al 1640, quando venne venduto per 12.500 scudi al messinese
Domenico Di Giovanni; divenne
così il casale più ricco dell'Etna e fu
elevato a baronia.
cata" chiesa Madre, in piazza Don
Diego, alle chiese di Sant'Antonio,
San Vito, San Biagio, Santa Maria
della Stella, tutte trasudanti storia
e tradizioni. Splendidi i palazzi nobiliari, da quello di Don Diego a
quello di corso Ara di Giove, tutti
con magnifici portali in pietra lavica e antichi balconi in ferro battuto. Passeggiare nel cento storico
ricco di negozi e pasticcerie è piacevole, rilassante e interessante.
La Chiesa Madre di Pedara
Con l'eruzione del 1669 il
territorio venne sommerso da un'imponente pioggia di ceneri vulcaniche, e pochi anni dopo distrutto dal terremoto del 1693. Solo
l'opera del pedarese don Diego
Pappalardo, cavaliere dell'Ordine
Gerosolimitano di Malta e Legato di
fiducia dei Di Giovanni, spirito illuminato oltre che grande organizzatore, permise a Pedara di tornare agli antichi splendori.
Nel 1819 avvenne la proclamazione del primo sindaco con
relativo consiglio comunale. Negli
ultimi anni il paese ha ricevuto
nuovi impulsi e si è arricchito di
spazi verdi e di costruzioni che
comunque non hanno intaccato il
centro storico. Molte le chiese che
meritano una visita, dalla "fortifi-
Un balcone di Palazzo Don Diego
Vasto e vario il territorio
pedarese che si snoda da quota
500 a quota 1400 metri, passando
così da vigneti e frutteti a grandi
boschi di castagni, robinie e querce. Andando in giro, sia al centro
che in periferia, d'obbligo una visita negli antichi "palmenti". Alcuni
di essi ancora oggi in attività. Da
non perdere le botteghe di alcuni
artigiani scultori della pietra lavica
in periferia (zona Tardaria) e un
piccolo museo della pietra lavica
lavorata artigianalmente.
Alfio Triolo
Come arrivare: Pedara in provincia di Catania, si raggiunge facilmente da Mascalucia o da San Giovanni la
Punta. In media 15 chilometri di strada in buone condizioni.
Cosa mangiare: La gastronomia locale è basata principalmente sui "funghi" ottimi e ben cucinati nelle trattorie e ristoranti locali. Numerose le pizzerie e i pub, rinomate le pasticcerie con vasta scelta e squisiti gelati.
In estate molti i locali all'aperto. Da gustare le mele locali, nella qualità "cola" e "gelate", e le pere "spinelle". I vini, una volta vanto della "baronia", oggi sono prodotti in piccole quantità, ma sono i migliori dell'Etna; solo che per poterli scovare non basta un buon cane da caccia, è meglio avere un buon amico.
Manifestazioni: Numerose le feste locali: da quella di Sant'Antonio Abate in gennaio a quella della Madonna in settembre, dalla "Estate Pedarese" con numerose iniziative a "Meletna" e alla "Sagra del fungo" in ottobre. A Pasqua interessante è, al Sabato Santo, la tradizionale "cascata da tila", cioè la caduta di un'antichissima tela di 180 mq. che ricopre l'immagine del Cristo Risorto. A Natale in piazza Don Diego si svolge il
"Natale attorno al ceppo".
IL CLUB n. 82/83 – pag. 40
Il fidanzamento? Anche con la serenata
Il matrimonio nella tradizione siciliana era ricco di rituali, in parte perduti: così erano i genitori a vegliare le scelte della nuova coppia
S
ono pochi i paesi nel
mondo che possono vantare una
miscela di bellezze naturali, architettoniche e culturali, così ricca e
meravigliosa, come quella della Sicilia. Nell'Isola le tradizioni per la
celebrazione del matrimonio, ma
anche i riti per il fidanzamento sono antichi di secoli e alcuni rituali
ricorrono come avveniva anche
nelle civiltà pagane. Il grande
scrittore siciliano Leonardo Sciascia, coniò il termine di «sicilitudine» per indicare l'unione di diversi
fattori che si riferiscono sia al carattere siciliano che all'ambiente in
cui si vive e quindi alle usanze. Così uno dei proverbi che si ripetono
in quasi tutte le province dell'Isola
è quello che riguarda l'età dei nubendi: "timmina a diciottu, masculu a vintotto".
Ma quali erano i requisiti
per l'uomo e la donna per arrivare
all'altare? Non sempre, in passato,
la scelta avveniva tra persone del
tutto consapevoli del passo che avrebbe determinato il resto della
loro vita. Nella maggior parte dei
casi erano le famiglie a decidere.
Così i genitori dall'aspirante marito
vagliavano, con discrezione, le potenziali future spose, ponendo
massima attenzione alla consistenza della dote. Spesso era la madre
dell'uomo ad avere l'ultima parola.
Ella sceglieva la donna, che riteneva potesse essere una buona nuora. Requisiti importanti erano quelli
di essere dello stesso paese e di
appartenere alla stessa condizione
sociale. Alla madre della ragazza
non si faceva una richiesta esplici-
ta, poiché un eventuale rifiuto poteva rappresentare un'offesa.
La madre del giovane andava allora dalla sua futura consuocera con una scusa, per esempio per il prestito di un utensile.
Sulla base della risposta si capiva
se il matrimonio era gradito. Se
rispondeva: «ve lo do volentieri»,
trovava adeguata la richiesta. «Mi
dispiace l'ho già prestato» era invece la risposta che intendeva un
accordo con altri. «Ce l'ho ma mi
serve», se era completamente
contraria all'unione. Quando la risposta era buona le due madri
stabilivano la dote. Al termine di
questi preliminari si combinava un
apparente casuale incontro tra gli
aspiranti fidanzati, solitamente in
chiesa o a casa di amici comuni.
rente incontro casuale, vigeva l'usanza di una serenata notturna
sotto la finestra dell'amata. I canti
dialettali erano accompagnati dal
«mariolu»
o dal mandolino.
Dopo la serenata, si stabiliva tra le
famiglie il giorno de "l'acchianata":
il ragazzo poteva salire per la prima volta a casa della fidanzata. Il
fidanzato regalava alla ragazza l'anello di fidanzamento e la collana
da parte della futura suocera. La
cerimonia culminava con un fragoroso applauso e con la degustazione di dolci e liquori.
Foto di un matrimonio del tempo
passato. A destra il canto di tre ragazze nei campi
Nei centri più grandi c'era
invece la figura del «paraninfu»,
così bene rappresentato da Nino
Martoglio nella commedia teatrale
«U Paraninfu», interpretato da Angelo Musco in un film degli anni
Trenta. Era solitamente un grande
diplomatico che conosceva bene le
attese delle famiglie e faceva incontrare le donne di diciotto anni
con gli uomini di circa ventotto anni. Oggi forse può apparire strana
la figura del sensale di matrimoni,
ma negli ultimi anni il fiorire di agenzie matrimoniali sta facendo
tornare in auge la consuetudine di
affidarsi a qualcuno d'esperienza
per trovare la persona amata.
Una volta avvenuto l'appa-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 41
Antico costume siciliano, di origine
albanese, usato per il matrimonio
La cerimonia di nozze non
si svolgeva mai nei mesi di maggio
e di agosto, altrimenti il matrimonio rischiava di naufragare in pochi
mesi. Al banchetto seguivano le
danze, momento utile per gli altri
giovani presenti di corteggiare le
ragazze. Questo era il mondo...
Alfio Triolo
Terza pagina
L'uomo e il volo, dai miti antichi all'ultima frontiera, quella aperta da Gagarin
S
iamo in camper nel
1989 con i miei due figli, sul passo
del Pordoi; nebbia fitta e nera
sempre più mentre si sale. “Torniamo indietro, ragazzi? Non vedo
nulla! Solo burroni!“. Un coro univoco di no mi fa proseguire e appena il camper cambia assetto come un aereo, vediamo i raggi…
ali fremevano sotto il soffio della
sera, il motore con il suo canto cullava l’animo addormentato, il sole
ci sfiorava con il suo colore sbiancato..”
Ancora un poco
e scorgeremo i mandorli fiorire
Brillare i marmi al sole
e fluttuare il mare.
Ancora un poco
solleviamoci ancora un poco.
Più su.
Poche liriche parole del
premio nobel G. Seferis che indicano l’idea di abbandonare le banalità, le miserie e l’intolleranza
degli uomini per librarsi in alto. E
Richard Bach, l’autore del famoso
“Il gabbiano Jonathan”, in “Biplano” continua: “Guarda! L’orizzonte!
Posso vedere oltre l’orizzonte! Più
su!”. In un’ansia di conoscenza
coinvolgente, come quella dei nostri raduni.
E un uomo libero e pacifico, il conte Antoine Jean-Baptiste
Marie Roger de Saint-Exupéry, con
un biplano, uno SPAD XIII battezzato “Intransigeant”, volò pure lui
nel 1921. Negli anni dei voli eroici,
nella prima guerra mondiale, come
quelli dell’asso italiano Baracca con
il
suo
“cavallino
rampante”,
dell’asso tedesco Von Richtofen il
“Barone Rosso”, di D’Annunzio, o
del primo epico trasvolatore atlantico Lindberg nel 1927, più di trenta ore alla cloche, e di Italo Balbo,
primo verso l’America del sud, Antoine, con il suo monomotore stellare brillò solo per il calore che
seppe infondere alle sue autentiche giovanili scorrerie nel cielo.
Tra un volo e l’altro, tra un
incidente e il successivo (gli è stato
dedicato un orologio della IWC),
scrisse nel 1931 “Volo di notte” e
“Corriere del Sud”, con le sue esperienze di volo, come primo
conduttore dell’Aeropostale sulla
rotta Tolosa-Dakar. I Mauri lo
chiamavano “il capitano degli uccelli”. Egli dice, e con il cuore: ”Le
Il Lightnight, luce della notte
Era poetico e distratto Antoine , causa sicura di parte delle
sue disgrazie, che gli procurarono
gravi menomazioni che gli preclusero la possibilità di continuare a
volare. La sua passione inesauribile gli fece però ottenere un incarico
di ricognizione aerea nella Seconda
Guerra Mondiale. Il 31 Luglio 1944
si inabissava con il suo Lightning
P38 (Luce nella notte), bimotore,
bicoda, uno dei più begli aerei mai
costruiti, il caccia che in guerra
scortava i bombardieri americani;
“232 tasti e strumenti, al posto
della dozzina dei primi aerei!”, come egli stesso disse. Non si seppe
nulla delle cause della sua scomparsa, ancora oggi avvolta nel mistero ed entrata nel mito. Solo il 7
settembre 1998 è stato ritrovato
sul mare di Marsiglia il braccialetto
con inciso il suo nome e alcuni
pezzi del suo ricognitore d’acciaio.
L’aeroporto di Lione ha il suo nome.
Perché parlo ancora di questo
autore?
Egli
si
serviva
IL CLUB n. 82/83 – pag. 42
dell’aereo come un mezzo per esaudire la sua vena poetica, con la
quale ammantava la sua sete di
conoscenza; ma si potrebbe perfettamente dire anche il contrario.
Scrisse molti altri libri, come “Terra degli uomini”, “Pilota di guerra”,
“Un senso alla vita”. Però egli è
famoso perché nel 1943 presentò
un libretto illustrato, tradotto in 40
lingue, stampato in 60 milioni di
esemplari, una bibliografia inesauribile: “Il piccolo principe”. La dedica dice: “Tutti i grandi sono stati
bambini una volta. (Ma pochi se ne
ricordano): a Leone Werth, quando
era un bambino.”.
Il libro è veramente piccolo, ma bastano poche citazioni per
amarlo: “Ero in pieno Sahara solo
con il motore del mio aereo rotto".
All’alba una strana nocetta: ”Mi disegni per favore una pecora?” …e
fu così che feci la conoscenza del
piccolo principe… “Da dove vieni
ometto? ..dove vuoi portare la mia
pecora?” “Sul mio asteroide B
612!. Da me non c’è guerra. Da
lassù vedo i baobab grandi come le
chiese. Sono contento che le pecore li mangino da piccoli". Continua
Antoine: “E mi ci volle un grande
sforzo d’intelligenza per capire
questo problema”. “Ma i grandi
non capiranno mai che questo abbia tanta importanza".
La copertina de “Il piccolo principe”
In tutto il libro il piccolo
principe illustra e descrive le parti-
colarità del suo lungo viaggio interplanetario, con notazioni di colore semplici e veritieri. L’asteroide
2578 ne porta il nome. In omaggio
alla memoria dello scrittore, il libro
è inscindibile dalle illustrazioni originali; il pittore Giovanni Grasso
Fravega negli anni 60 ha disegnato
degli acquerelli liberamente tratti
dal testo che in parte sono qui riprodotti.
Il libro che leggono gli adulti, che devono leggere bimbi e
ragazzi, scritto da un adulto che
vede con gli occhi intelligenti e
perspicaci di un bambino, pieni di
innocenza, il mondo degli adulti
che mai un bambino imiterebbe, ci
avvicina
al
sogno
fantastico
dell’uomo Antoine, del bimbo
scomparso a soli 44 anni, nel 44,
in missione di guerra, guerra che
aborriva, ma che tutti i bambini
continuano a giocare. Altro che sagre di Harry Potter!
E come dice Umberto Eco,
tardivo lettore, la leggenda di Antoine, come tutte le leggende,
continua ad affascinare; soltanto il
21 marzo 2006 si ha notizia del ritrovamento da parte del pronipote
dello scrittore e relativa pubblicazione (“Dessins” editore Gallimard)
del suo taccuino segreto, con disegni inediti; alcuni preludono alla
nascita du petit prince, ma uno in
particolare del 1913 potrebbe lasciare interdetti i fautori esoterici,
se non fosse solo pura fantasia: un
aereo che affonda nell’acqua al
crepuscolo, quasi vera prefigurazione della sua fine.
Un motore stellare può
ammirarsi al museo Piaggio di Pontedera, montato in un piccolo e
fragile monoplano, assieme con le
gloriose Vespa, Gilera e Guzzi che
tanto fanno sognare (io ne sono un
possessore e un appassionato!); e
rientrando in tema, naturalmente
in volo che tanto amiamo forse
perché isolani, voglio ricordare il
giro aereo della Sicilia con i vibranti Piper; l’aeroporto di Boccadifalco, inaugurato nel 1931 al centro
della città; i natali che proprio Palermo
dette
al
pioniere
dell’aviazione, ma anche di motociclette, Agusta (i suoi primi aerei
e alcuni elicotteri furono anche
costruiti all’Aeronautica Sicula nei
capannoni Ducrot della Zisa, serviti
dai calcolatori Olivetti); Vincenzo
Florio, nostro concittadino, che
dette vita alla prima Targa Florio
Aeronautica nel 1919.
Ci dà notizia di ciò, in par-
te, F. Vadalà in “Pionieri e macchine volanti”, appena edito, a Palermo. Ma si sa, non c’è più nulla; e
continua il discorso sulla preordinata spoliazione delle capacità
progettuali e costruttive della gente della Sicilia. Rimangono solo
quelle ideali.
Come l’incredula felicità,
l’emozione autentica in noi ragazzi
passionali, pieni di sbigottimento
frenato, nel lontano 12 aprile
1961, alla notizia del primo volo
spaziale! Yurij Alexeyvich Gagarin
salì su una macchina piuttosto primitiva e partì verso l’ignoto, un solo
giro a 344 km attorno alla terra.
Un’immagine di Gagarin
Avevamo 18 anni; difficilmente oggi un ragazzo potrebbe
stupefarsi ad una notizia del genere; lo farebbe forse soltanto alla
presentazione di una nuova play
station! Fiorivano i temi in classe
con veloci componimenti che testimoniano l’entusiasmo di allora:
Tre, due, uno, zero, avanti!
Fischia, mugghia, barrisce potente.
Non si muove:
ecco si alza, balza, vola
Con esso va la speranza
dell’umana gente
IL CLUB n. 82/83 – pag. 43
Follemente.
Sale, scompare, si perde
Nell’etereo cielo
Sempre più in alto
Vertiginosamente.
Gagarin morì il 27 marzo
del ’68 in collaudo su un Mig-15,
ad appena 38 anni. Solo nel 1969,
grazie all’evoluzione dei computer
della General Electric, l’uomo tornò
a “volare” nello spazio, con Armstrong sulla Luna.
E a 44 anni, come Antoine,
è morto il 26 marzo 2006 su un
super leggero, Angelo D’Arrigo.
Angelo ha stabilito record inarrivabili a bordo di un deltaplano, come
i 10.000 mila metri sull’Everest o
l’attraversamento del canale di Sicilia dai deserti della Tunisia in volo planato. Egli ha indotto la sua
fida aquila Nike, con l’imprinting
alla nascita, a seguirlo quale materna genitrice; lo stesso riuscì a
fare con le gru della Siberia (ironia, soggiornò nella stessa stanza
di ritiro di Gagarin!) o con i condor
del Sud America, per ristabilire e
insegnare loro le antiche rotte di
migrazione, e imparando da questi
magnifici uccelli, in una continua
identificazione con essi, il modo di
sfruttare le correnti ascensionali,
attraverso una certosina e scientifica preparazione.
Lui, siciliano, rientrato nella sua terra da Parigi, come forma
questa di emigrazione di ritorno,
scrittore appassionato, aveva già
presentato il suo “In volo sopra il
mondo”: analogie più che assonanze, curiosità, sperimentazione,
poesia della vita, bruciato in un solo momento, nella sua sete di conoscenza e di libertà che anima gli
abitanti di quest’isola antica. Morto, Angelo, con volo non solo pindarico, nell’ottantatreesimo anniversario della nascita dell’aviazione
italiana, è stato ricordato il 28
marzo, proprio in Sicilia, all’aeroporto di Birgi. Il libro, appassionante, è corredato dalle fotografie
dei suoi primati e dei suoi animali.
Una voce lontana canta ”Volare”.
E noi con i nostri magnifici
mezzi, che siano solo mezzi, andiamo a scoprire panorami fantastici geografici e umani, o meglio
ancora, come diciamo spesso, a
riscoprire il bimbo che è in noi.
Giuseppe Eduardo Spadoni
Vita di camper
Acrobazie dei viaggiatori in camper, impegnati nel difficile “mestiere” di turista, a zonzo tra
natura e cultura, attraverso la disorganizzazione cronica della penisola italica
V
iaggiatori si nasce, si
sa; fin da quando, bambini, ci si
sente attraversare dal brivido
dell’ignoto e si viene pervasi dal
bruciante desiderio di scoprire cosa
c’è oltre l’orizzonte. Già allora il
nostro destino è segnato: siamo
condannati ad essere viaggiatori,
perennemente insoddisfatti del vissuto quotidiano, perennemente alla ricerca di ciò che c’è oltre il visibile, perennemente desiderosi di
esplorare tutto quello che ci circonda e ancora oltre.
Quando poi abbiamo la fortuna di incontrare lungo il nostro
cammino quel meraviglioso compagno di avventura che è il camper, allora la simbiosi è totale, dal
momento che proprio quest’ultimo
si rivela essere il mezzo ideale per
andare oltre la linea dell’orizzonte,
sia che nasconda acque cristalline
o montagne innevate, o ancora città d’arte o borghi sonnolenti che
chiedono solo di essere scoperti.
Ma in questa utopistica visione del mondo, capita spesso che
l’equilibrio tra coloro che vogliono
esplorare le bellezze circostanti e
le infrastrutture preposte a queste
bellezze si incrini, facendo sì che il
viaggiatore sia costretto a ridimensionarsi nei panni più concreti, ma
spesso più difficili e sicuramente
frustranti, del turista, costretto a
vagare tra divieti incomprensibili,
difficoltà logistiche, orari di apertura surreali e una buona dose di
scortesia da parte degli enti preposti alla gestione di quell’immenso
patrimonio turistico che in particolare l’Italia può vantare.
Come dimenticare, infatti,
che proprio nella nostra nazione si
concentra circa il 50% del patrimonio artistico del globo, senza
considerare le notevoli bellezze
ambientali che la caratterizzano?
Visto da questo punto di vista potrebbe,
quindi,
sembrare
un’esperienza paradisiaca esplorare la penisola italica, lasciarsi cullare dalle sue acque trasparenti e
“annegare” dolcemente nei suoi
mille tesori artistici e architettonici,
godendo di quello che la nostra
lunga storia e il talento dei nostri
artisti ci hanno lasciato.
Peccato che alla prova dei
fatti le cose non vadano esattamente così, dato che il povero turista, già impegnato di suo in un
“mestiere” difficile e faticoso (più o
meno tutti noi ci siamo trovati a
scarpinare per chilometri e chilometri sotto un sole impietoso o
sotto una pioggia battente, possibilmente scalando delle pendenze
degne del monte Everest per raggiungere un castello inespugnabile,
e appesantiti da macchine fotografiche e videocamere in grado di
permetterci di immortalare “quel”
momento), si trova di fronte il più
delle volte a situazioni a dir poco
surreali.
A questo proposito vorrei
provare ad elencare qualcuno degli
episodi che mi sono capitati nel
corso della mia ultraventennale
“carriera” di viaggiatrice, troppo
spesso retrocessa alla categoria di
turista, durante alcuni viaggi in
Italia; e ciò, a causa della lampante e preoccupante disorganizzazione che permea i centri grandi e
piccoli della nostra penisola, occupati il più delle volte a nascondere
i loro tesori, piuttosto che a renderli fruibili al visitatore occasionale, che in ogni caso nel corso delle
sue esplorazioni sarebbe (ed è)
ben lieto di alleggerire il portafoglio nei luoghi che visita.
Cominciamo dal tema scottante dei parcheggi, già di difficile
soluzione per chi viaggia in auto,
che si rivela un terno al lotto per i
“disgraziati” che osano muoversi
con mezzi lunghi dai sei ai sette
metri e alti oltre tre, dato che non
soltanto è complicato attraversare
i piccoli centri dalle strette stradine
e dai minacciosi balconcini bassi, a
tiro di mansarda, ma per di più i
IL CLUB n. 82/83 – pag. 44
suddetti centri spesso non sono
dotati di un vero e proprio parcheggio (e quando ce l’hanno sono
orgogliosi di esibire il famigerato,
nonché illegale, cartello che recita:
“Divieto di sosta per camper e caravan”, senza includere nel divieto
altri mezzi di pari peso e dimensione, in pieno disaccordo con il
Codice della strada).
E già questo potrebbe costituire un legittimo ostacolo per
chi si ostina a visitare il piccolo
borgo abbarbicato sulla collina, che
magari ha intravisto mentre sfrecciava sulla vicina autostrada; perché è indubbio che se non puoi
parcheggiare il mezzo, come fai a
fermarti e ad esplorare il borgo?
Ma qui l’italica fantasia, insieme ad
un paio di gambe funzionanti, riescono spesso ad ovviare il problema,
magari
parcheggiando
l’indesiderato camper a chilometri
dal centro e procedendo a piedi
(ricordate quando si parlava di genuina fatica?).
Ma gli ostacoli per il viaggiatore, già ridimensionato, dalle
pastoie burocratiche, a semplice
turista non sono certo finiti; eh
già, perché lo attende l’incubo ricorrente degli orari di apertura, ritenuti da ogni comune che voglia
farsi rispettare una sorta di privilegio da dispensare a richiesta. Capi-
ta così che vi siano i monumenti
che aprono alle nove e chiudono
alle dodici (!), mostrando chiaramente la smodata voglia di lavorare di impiegati e assessori, senza
che
nemmeno
l’idea
di
un’eventuale apertura pomeridiana
sfiori i cervelli preposti, quando
addirittura l’apertura di un monumento non è soggetta alla sola
buona volontà del singolo presidente della Pro Loco o del singolo
custode; e in questo caso è necessario elemosinare la grazia per visitare l’interno della struttura, dove magari vi sono preziosi affreschi
medievali, senza spesso riuscirvi,
perché sono tutti misteriosamente
impegnati o comunque fuori sede.
E se proprio cocciutamente
siete andati avanti, ostacolo dopo
ostacolo, siete riusciti a parcheggiare e a scoprire che oggi è il vostro giorno fortunato, perché il
monumento che vi interessa è miracolosamente aperto, aspettate a
gridare vittoria, perché c’è ancora
la delicata questione delle foto e
delle riprese amatoriali. Già, perché in una nazione in cui nessuno
mostra di scandalizzarsi, tanto
meno le Soprintendenze ai Beni
Culturali, se si intonacano le costruzioni medievali in pietra viva
con gesso finito a ducotone, o si
ricoprono con orribili serrande in
alluminio anodizzato e tende veneziane azzurre le bifore del ‘300, in
una nazione in cui i reperti già
classificati vengono abbandonati
all’oblio in sotterranei umidi e fatiscenti, in una nazione in cui la segnaletica sembra essere collocata
appositamente per deturpare i
monumenti, ebbene si assiste ad
un ulteriore abuso, questo contro
la categoria dei turisti, specie che
prima o poi rischierà l’estinzione
per sfinimento e che, quindi, dovrebbe essere protetta. Già: perché, nel momento in cui varcherete la soglia di un museo o di una
chiesa, una solerte, nonché scortese, impiegata vi informerà che non
potete fotografare o riprendere le
opere d’arte esposte, pena un possibile arresto, data la gravità che
una simile infrazione comporterebbe. E se riuscite a farla franca per
uno scatto, uno solo?
In tali casi è del tutto inutile tentare di convincere la nostra
interlocutrice, ma ogni tanto capita
anche un interlocutore (per esempio il sagrestano di una chiesa),
che le nostre intenzioni sono oneste, anzi quasi meritorie, perché le
foto e le riprese serviranno a stimolare i nostri amici a venire a visitare la struttura in oggetto e che
comunque la famigerata legge
Ronchei, cui si appellano le varie
Soprintendenze ai Beni Culturali
come se fosse Vangelo, dispone il
divieto di fotografare soltanto per i
reperti che non sono stati ancora
catalogati e non certo per ogni pietra, dipinto o scultura degli ultimi
tremila anni regolarmente esposti
al pubblico; e se lo vieta lo vieta
col flash e non senza, e così via...
Ma è tutto inutile, e ogni
tanto capita anche di sfiorare il paradosso e di rischiare realmente di
finire in gattabuia per eccesso di
amore dell’arte, come mi è capitato recentemente in un paesino della Basilicata, in cui mi sono sentita
apostrofare aspramente dai Carabinieri perché mi stavo permettendo di riprendere un arco medievale, che aveva avuto la malaugurata
idea di trovarsi a qualche decina di
metri dalla locale caserma dei militi, e sul quale comunque non vi era
(e non poteva per altro esserci)
alcun cartello che impedisse foto o
riprese, trattandosi per altro del
principale monumento del paese!
E pensare che nel resto
d’Europa, anche in luoghi geograficamente lontani dal centro del
continente come il Portogallo e la
Grecia, esistono fior di parcheggi a
disposizione dei visitatori, orari di
apertura continuata e tanta cortesia e rispetto per coloro che portano in giro i loro euro, arricchendo
l’economia locale. E mai e poi mai
qualcuno ti dice che non puoi fotografare o riprendere!
E invece, a noi amanti anche della penisola italica, cosa rimane da fare? Beh sicuramente
continuare nella nostra personale
caccia al tesoro, alla ricerca del
nostro magnifico patrimonio artistico e architettonico, sperando
magari che le amministrazioni comunali decidano, prima o poi, di
aprirsi davvero al turismo, cosa
che probabilmente potrebbe anche
aiutare a smorzare l’annoso pro-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 45
L’angolo della poesia
Al piccolo Tommaso
Carissimo, dolce, piccolo tesoro.
ti abbiamo cullato per giorni
tra le nostre braccia.
Abbiamo visto insieme i fiori
appena sbocciati
da inizio primavera,
mentre sorridevi
col tuo meraviglioso visino.
Volevi toccarli, raccoglierli
e poi donarli ai tuoi genitori
che ti aspettavano con ansia.
Ma sei volato via
come un palloncino variopinto.
Volevamo afferrarti,
tirarti verso di noi,
ma la cattiveria umana
è stata più forte
di qualsiasi altra cosa.
Una mano più grande della tua
ha voluto per sempre spegnere
la tua breve esistenza,
ma non il tuo sorriso
che da lassù risplenderà per
tutti quelli che ti hanno voluto
bene.
Ciao piccolo amore.
Ninni Fiorentino
Dopo questa toccante poesia dedicata al piccolo Tommaso, il cui rapimento tenne col
fiato sospeso l’Italia fino al tragico ritrovamento del corpicino,
desideriamo fare un passo indietro. Ricordate la poesia che il
nostro amico Ninni aveva dedicato nel precedente numero del
nostro bimestrale alla shoah?
Quella poesia Ninni Fiorentino
l’aveva inviata anche al Presidente della Repubblica, memore
delle parole che lui aveva pronunciato qualche giorno prima
commemorando l’olocausto. Ebbene, il Segretario Generale del
Quirinale ha indirizzato al nostro socio, dopo qualche settimana, una lettera con la quale
il Presidente della Repubblica lo
ringraziava vivamente per la
delicata poesia, ricca di sensibilità, che aveva voluto destinargli
in omaggio.
blema della disoccupazione. Prima
che i viaggiatori e i turisti, comunque, si estinguano per frustrazione
acuta. Ai posteri l’ardua sentenza…
Mimma Ferrante
Viaggiare in modo responsabile
L’occhio dello straniero vede solo quello che già conosce...
L’
pensioni; non ci si sposta in massa gramma del viaggio, uscendo dalla
occhio dello straniero insieme a decine di sconosciuti, ma logica del “tutto organizzato”.
I risvolti etici del viaggio
vede solo quello che già conosce, si parte in gruppi ridotti, di 10-15
recita un proverbio africano. E gran persone, conosciute in Italia nel sono assicurati da una buona traparte dei viaggi organizzati da tour corso di una riunione preparatoria. sparenza dei costi, suddivisi in tre
operator pare confermarlo appieno. Per il trasferimento solitamente non voci: una quota progetto, fissa per
Come movimenti di critica al turi- sono utilizzati charter ma voli di li- ogni partecipante, destinata a sosmo di massa sono nate, all’interno nea delle compagnie di bandiera stenere le attività delle Ong visitadi alcune Organizzazioni non go- del luogo di destinazione. In gene- te; una quota di partecipazione che
vernative, le prime agenzie che vo- rale, il comfort è inferiore a quello comprende il volo dall’Italia, evengliono cambiare l’approccio, e con- assicurato dalle tradizionali agen- tuali voli interni, le spese per
zie, ma sono comunque garantite l’accompagnatore, il costo dei mafutare il proverbio.
Rendere le comunità locali sistemazioni decorose e sono ri- teriali di formazione e la giornata
protagoniste dello sviluppo turistico spettati gli standard di sicurezza. preparatoria a cura della Ong; una
del proprio territorio, far ricadere i Inoltre, spostarsi in piccoli gruppi cassa comune, cioè una cifra indimaggiori profitti su di loro e non permette una maggior autonomia cativa da portare in viaggio per le
sulle agenzie, favorire lo scambio dei partecipanti, che possono deci- spese sostenute sul posto (cene,
culturale tra viaggiatori e abitanti dere, nei limiti del possibile, il pro- pernottamenti e trasporti interni). I
prezzi nel complesso
dei luoghi visitati, ridurre
sono leggermente inl’impatto ambientale delferiori, a parità di luole
strutture
ricettive:
go e periodo, a quelli
questi principi sono eproposti dalle agenzie
spressi
nella
“Carta
tradizionali: la differend’identità per viaggi sostenibili”, una sorta di
za sta nella qualità del
statuto dell’Aitr, fondata
viaggio e nella diversa
nel ’97 dalle agenzie che
destinazione dei fondi.
si occupano di “turismo
La
possibilità
responsabile”.
di scelta è elevata: esistono viaggi responEnrico Marletto,
sabili organizzati in
direttore di una delle più
Paesi tradizionalmente
grandi, la cooperativa
turistici, come il Mes“Viaggi solidali”, sottolisico, così come ne esinea come la differenza
stono in zone escluse
tra le vacanze responsadai circuiti tradizionali,
bili e quelle di agenzia
come il Burkina Faso;
non stia tanto nelle desi può scegliere tra
stinazioni, più o meno
percorsi che conducoesotiche, quanto proprio
no all’altro capo del
nello stile del viaggio,
mondo e altri che
che mira soprattutto a
permettono di vedere
incentivare l’incontro con
sotto una luce diversa
la popolazione locale e la
realtà a pochi chilomeconoscenza delle conditri da casa. Il comune
zioni reali del Paese.
denominatore è da un
Nel concreto, per
lato la volontà dei parchi viaggia all’estero i
tecipanti di mettersi in
principi dell’Aitr si realizgioco a livello personazano sia nella scelta dei
le, confrontandosi con
mezzi di trasporto e delle
diverse culture, abitustrutture di accoglienza,
Ricordate, nell’ultima mostra fotografica, la foto di Rodini, modi di vita; dalsia nella qualità dei
sario Carollo “I due monelli”? Proprio quella foto tanto
l’altro una gestione dei
gruppi di viaggiatori: non
ammirata, entrata a far parte del calendario 2006 nella
costi che non renda lo
si utilizzano autobus pripagina relativa al mese di dicembre, è stata scelta dal
vati ma, dove possibile,
sviluppo turistico un
Banco di Sicilia per lanciare una campagna di aiuti in
fattore di disuguaglianmezzi pubblici; non si
favore dei bambini del Ruanda orfani di genitori morti a
dorme in hotel a cinque
za e sfruttamento.
causa dell’AIDS promossa dai colleghi della Filiale 3 di
stelle ma presso famiglie,
Marsala del BdS. L’invito è rivolto ovviamente a tutti
Giulia Stok
centri gestiti dalle comunoi. Per i vostri versamenti il c/c è 3315-55204 presso
nità dei villaggi o piccole
la predetta Filiale del Banco.
IL CLUB n. 82/83 – pag. 46
La piattaforma di AITR per il turismo in Italia
L
e politiche del turismo
sono oggi prioritariamente se non
esclusivamente discusse fra gli enti
pubblici, Stato, Regioni, Associazioni dei Comuni e delle Province,
e le maggiori organizzazioni di categoria, i cui rappresentanti siedono negli enti e organismi preposti,
come il Comitato Nazionale per il
Turismo e il Consiglio dell’ENIT.
Ma tanti altri soggetti associativi operano direttamente o
indirettamente nel turismo, incidono sull’offerta turistica italiana
dando spesso un forte e generoso
contributo alla sua qualificazione,
operano con grande impegno ed
entusiasmo, ed è pertanto giusto
ed opportuno che trovino una sede
appropriata ove rappresentare il
loro punto di vista, le idee, le proposte, le critiche, come ulteriore
apporto alla definizione della politica turistica italiana.
Si tratta di associazioni
ambientaliste, dei consumatori e
degli utenti, dei lavoratori del settore, del volontariato sociale e culturale, cooperative turistiche e sociali, parti importanti della società
civile che fanno riferimento a segmenti di turismo emergenti impegnati a valorizzare aspetti ambientali, paesaggistici, naturalistici, culturali ed enogastronomici dell’immenso patrimonio italiano.
Questo documento vuole
essere il segno del loro contributo
al dibattito sul futuro del turismo
in Italia, presentato alle forze politiche che fra poche settimane si
confronteranno nelle elezioni. Con
l’auspicio che chi poi vincerà e sarà
chiamato a governare il paese,
mantenga viva la propria attenzione verso il problema del turismo,
non dimenticando gli impegni assunti e non trascurando un comparto che, contrariamente a quanto molti credono, ha bisogno di
specifiche politiche e di precisi e
costanti interventi. Per uscire dalla
attuale crisi, non sono più sufficienti al nostro turismo il patrimonio naturale e culturale che il paese ha ricevuto e l’impegno personale dei nostri operatori turistici.
Le associazioni e organizzazioni firmatarie di questo documento:
•
che l’Italia debba puntare il più
possibile a valorizzare gli aspetti di identità e di autentici-
•
•
•
•
tà della propria offerta turistica, mettendo al centro delle
sue politiche la componente
umana, la persona e le comunità locali, anche sulla base dei
principi del turismo responsabile e del Codice Mondiale di
Etica del Turismo;
che non basti offrire il vasto
patrimonio artistico, storico e
monumentale, ma che sia necessario valorizzare la formidabile componente della natura italiana e della cultura materiale, costituita dai prodotti
agroalimentari di qualità, la
cucina, l’artigianato artistico, la
vita culturale, il folclore e le
tradizioni, lo stile di vita degli
italiani;
che sia necessario investire
sugli aspetti immateriali del turismo, elevare gli standard
dell’accoglienza. dell’ospitalità
e dell’informazione, accrescere
la sicurezza, formare opportunamente e adeguatamente gli
operatori e tutti coloro che entrano in contatto con i nostri
ospiti, arricchire il rapporto fra
turisti e residenti;
che si debba aprire ai visitatori
progressivamente l’intero patrimonio monumentale, anche
attraverso accordi con le proprietà e i necessari recuperi,
offrire alla visita tutto ciò che
può risultare di interesse e che
appartiene alla storia e alla
cultura italiana, comprese le
testimonianze dell’industria di
qualità;
che gli investimenti vadano
compiuti in un quadro di so-
IL CLUB n. 82/83 – pag. 47
stenibilità ambientale, sociale
ed economica, di attenzione alla bellezza e al paesaggio, e
che con analogo spirito si debba procedere al risanamento e
al recupero delle situazioni degradate, ricercando, inoltre,
una modalità di trasporto “dolce” per il territorio italiano, valorizzando quindi i mezzi di
trasporto sostenibili quali treno, bicicletta, cavallo, piedi e
vie d’acqua.
L’Italia non deve darsi
l’obiettivo, velleitario e illusorio, di
tornare ad essere la prima destinazione al mondo per arrivi e presenze; deve darsi un altro obiettivo, quello di essere il paese dove
si sta meglio al mondo, dove stanno meglio sia i residenti che gli ospiti, e deve trasmettere a tutto il
mondo questa percezione e questa
realtà; i risultati arriveranno di
conseguenza. Anche questo è un
obiettivo ambizioso, forse anche di
più, e richiede non solo investimenti finanziari ma anche un
grande e pesante impegno di tutti,
degli enti pubblici e degli operatori
privati e delle loro organizzazioni.
Linee guida, metodologie e
strumenti esistono già e bisogna
adottarli cercando le opportune alleanze e i contributi degli enti di
formazione, i centri di assistenza
alle imprese, gli istituti di ricerca, il
mondo universitario oltre che, naturalmente, valorizzare l’entusiasmo delle associazioni e delle organizzazioni di AITR, firmatarie il
presente documento, che si dichiarano pienamente disponibili alla
collaborazione.
Internet che passione
Il web consente a chi ama la musica non solo di avere notizie sui musicisti vecchi e nuovi e
di conoscere in tempo reale le novità discografiche, i nuovi autori e le nuove produzioni, ma
perfino di risparmiare sull’acquisto di brani musicali e di interi CD, legalmente
F
in da quando ero bambina la musica ha sempre fatto
parte della mia vita; ricordo che,
anche quando studiavo, rimanevo
incantata ad ascoltare il suono a
tratti saltellante e gracchiante dei
vecchi dischi in vinile, facendomi
sommergere dalla melodia, e la
mia fantasia volava lontano, verso
orizzonti sconosciuti che si dispiegavano davanti a me sulle onde
della musica. Gli anni sono passati
e le mode anche; e adesso che i
supporti musicali si trasformano ad
una velocità impressionante, passando dai CD alle memorie che
contengono file MP3, rimango fermamente convinta che la musica
abbia un alto potere terapeutico,
dato che è in grado, almeno per
quanto mi riguarda, di farmi rilassare se sono nervosa, di galvanizzarmi se sono depressa, di farmi
compagnia quando mi sento sola.
Capita così che io mi ritrovi
ad ascoltare musica tutte le volte
che posso, cercando di ampliare il
più possibile le mie conoscenze in
merito, e godendo di ogni momento che passo in compagnia dei miei
beniamini, degli artisti vecchi e
nuovi che con le loro armonie mi
regalano tanto benessere. E da
quando navigo su Internet le occasioni per saperne di più anche in
ambito musicale sono sempre
maggiori, sia per quanto riguarda
la conoscenza di nuovi (per me)
gruppi musicali, che di notizie riguardo ai vecchi, senza trascurare
anche la possibilità di risparmiare
nell’acquisto degli album, il che di
certo non guasta…
Infatti con le nuove tecnologie disponibili sul mercato, come
la linea ADSL Flat, è possibile collegarsi in rete con la banda larga,
che permette un notevole passaggio di informazioni in breve tempo,
pagando un abbonamento dal costo forfetario che consente di rimanere connessi 24 ore su 24; ciò
permette anche di scaricare legalmente la propria musica preferita
da diversi siti, arrivando ad accumulare un risparmio che supera il
50% sul prezzo dei CD acquistati
tradizionalmente in negozio.
Uno di questi siti, ma ve ne
sono molti altri, è quello di Libero
(http://imusic.libero.it) che, oltre a
informare sulle nuove uscite e a
dare una panoramica aggiornata
sul mercato discografico italiano,
permette anche di scaricare in modo legale sul proprio computer i
brani, al costo di 99 centesimi ciascuno, e gli album, al costo di 9,99
IL CLUB n. 82/83 – pag. 48
euro ciascuno, dei vari artisti; e,
come se tutto questo non bastasse, in periodo di promozioni consente di scaricare due album al
prezzo di uno, con un risparmio
fantasmagorico!
Quindi musica sempre più
facile da ottenere e sempre meno
costosa, il che equivale alla possibilità di implementare molto più
facilmente di un tempo il proprio
“catalogo musicale”. E se a questo
punto vi venisse la legittima curiosità di saperne un po’ di più sui vostri musicisti preferiti, vi segnalo
l’indirizzo di un sito in cui mi sono
imbattuta (www.ondarock.it), dove
potrete trovare pregevoli recensioni sui vostri artisti preferiti, molto
complete dal punto di vista professionale, ma punteggiate anche da
notizie sulla loro vita privata e sui
loro spesso non facili esordi, oltre
alle date dei concerti in programmazione, ad una sezione-archivio
che vi consentirà di spaziare dal
rock al pop, dalla musica new-age
al jazz e così via.
Non mancano le classifiche
degli album preferiti dai curatori
del sito, così come un forum dove
scambiare le proprie impressioni,
oltre ad una sezione in cui inserire
la propria e-mail per essere informati delle novità musicali e degli
aggiornamenti del sito.
Enya e Mike Oldfield, due dei musicisti più amati anche dal popolo
del web
Non vi nascondo che mi
sono ritrovata a navigare su ondarock con l’entusiasmo di una adolescente, saltando dalla scheda di
un artista ad un’altra, e scoprendo
notizie interessanti sui miei beniamini, come Mike Oldfield, definito
“musicista eclettico e virtuoso, che
ha rivoluzionato la storia del rock
con la sua opera monumentale
"Tabular Bells", ideale ponte tra il
pop e la new age”, ottenuta inizialmente armeggiando con un registratore prestatogli e coprendo la
testina di cancellazione, il che gli
consentì di effettuare delle sovraincisioni che gli avrebbero permesso di fissare meglio le idee per
la sua opera prima; o come Enya,
“le cui composizioni sono sospese
tra i miti dei celti e la musica sacra, tra medioevo e new age; il
suo sound, etereo e visionario, trasporta dritto nell'Eden del pop, in
un sogno senza fine”.
Ma nel corso delle mie navigazioni non sono mancate nemmeno nuove scoperte, che mi hanno portato ad approfondire il genere musicale di “nuovi” artisti, come
i nostri conterranei Agricantus,
(dal latino “canto del grano”), un
gruppo siciliano unito nella ricerca
sulla musica etnica mediterranea e
orientale con una tecnologia elettronica raffinata e atmosfere "ambient", che sono la più importante
formazione italiana di world music.
Un’altra scoperta è stata
quella degli islandesi Sigur Ròs, “la
cui musica è come il suono di Dio
che piange lacrime d'oro in Paradiso", secondo il commento di Melody Maker, che dà vita a “sonorità
limpide e suggestive come le terre
d'Islanda da cui provengono, tra
rocce di lava dura circondate da
zone ricoperte di muschio, che è
invece così soffice, e sotto grandi
cieli aperti, davanti a panorami
amplissimi. E' per questo che la
loro musica risulta così ampia, ed è
perfettamente naturale passare da
sonorità morbide e calde ad altre
aggressive e fredde".
La copertina del CD Takk (Sigur Ròs)
Così, ascoltando il loro ultimo CD, permeato da una alternanza di aperture melodiche e crescendo esplosivi, non ho potuto
fare a meno di ricordare che il suo
titolo, “Takk”, vuol dire grazie in
islandese; e allora takk, merci,
danke, thank you, obrigado, grazie
per quel miracolo meraviglioso che
è la musica. Non siete d’accordo?
Mimma Ferrante
IL CLUB n. 82/83 – pag. 49
Viaggiare sicuri
Quasi due milioni di utenti
nel 2005 e oltre 15 milioni di
pagine visualizzate: questi i
numeri registrati dal sito web
www.viaggiaresicuri.mae.aci.it
nel corso del 2005 (il servizio è
accessibile anche telefonicamente al numero 06491115 attivo 24 ore su 24). Secondo le
stime della Farnesina, sarebbero già 10 milioni gli italiani che
si sono avvalsi di tale servizio
dal 2000, anno in cui è nato il
sito, con un numero di contatti
che è aumentato a ritmo crescente: basti pensare che solo
nel 2005 si è registrato un incremento di oltre il 70% rispetto al 2004 e in questo primo
quadrimestre il ritmo continua a
crescere. Per far fronte alle
sempre più numerose richieste
il sito ha cambiato recentemente veste con un aggiornamento
grafico per rendere più visibili e
complete le informazioni sui Paesi Esteri e una maggiore facilità di accesso per gli utenti.
Ma cosa contiene di così
importante il sito? Il Ministero
degli Esteri, tramite l'unità di
crisi, raccoglie da varie fonti
tutte le informazioni utili al
viaggiatore e, con la collaborazione dell'ACI, le elabora e le
pubblica sul sito, aggiornandole
continuamente. La validità del
sito 'viaggiaresicuri' si evidenzia
proprio a seguito dei grandi disastri e all'aumento, purtroppo,
del terrorismo internazionale.
A questo proposito il capo
dell'Unità di crisi della Farnesina, Elisa Belloni, ha sottolineato
l'importanza di un altro sito web,
www.dovesiamonelmondo.it. La
Farnesina è in grado di avere
una stima degli italiani all'estero
ma mancava la possibilità di
catturare il viaggio individuale.
Con il sito dovesiamonelmondo.it ci siamo riusciti, grazie ai
viaggiatori stessi.
Grafica e computer: inventare stravolgendo la realtà
Ma solo per divertimento e solo sulla carta fotografica.
S
u questo numero della
nostra rivista avrete sicuramente
visto delle foto particolari dove,
bontà loro, figurano i personaggi
dei romanzi di Camilleri, lui compreso, venuti a gratificarci con la
loro presenza al raduno di Ragusa.
Una bella foto di gruppo ci
ritrae al confine estremo della
piazza di Vigata e, ancora, una foto quasi rubata ritrae parte del
gruppo durante il mostruosamente
lauto pranzo domenicale.
Nelle due foto trovano posto tra i nostri soci le arcinote facce di Salvo Montalbano, Mimì Augello e del maestro Camilleri. E’
stato per tutti noi un grande onore,
che rimarrà nel tempo immortalato
nelle foto.
Nella
realtà
purtroppo,
all’ultimo momento tutti i suddetti
ci hanno fatto sapere che, a causa
di improvvisi impegni, non si sarebbero uniti al nostro gruppo: potevamo però fare a meno di completare uno splendido raduno senza un ricordo dei protagonisti principali?
Certo che no, così com’è
vero che sto scherzando! E così,
grazie alla computer graphics, siamo riusciti nell’intento di “immortalare” particolari momenti del raduno.
Modificare un’immagine è
un lavoro complesso, ma sicuramente non tanto quanto è lungo.
Occorre armarsi di grande pazienza per la ricerca delle immagini
giuste, sia per la luce, sia per
l’inquadratura
nonché
per
l’atteggiamento del soggetto, al
fine di ottenere un risultato finale il
più possibile aderente alla realtà.
In questo caso internet si
rivela uno strumento ormai indispensabile ed insostituibile. Ogni
motore di ricerca include infatti tra
le proprie opzioni il reperimento di
immagini di ogni tipo e provenienza: basta cercare, come dico sempre, cercare infaticabilmente e
prima o poi ciò che serve si riuscirà
a scovare. Abbiamo reperito il materiale da lavorare e quindi, al lavoro!
Per modificare le immagini
è necessario un programma apposito e, come in tanti altri ambiti,
anche tra gli esperti di computer
art forte è la disputa su quale sia il
miglior applicativo in commercio.
C’è chi esalta le qualità del
Photoshop di Adobe e c’è chi, come
il sottoscritto, “parteggia” per il
concorrente Paint Shop Pro di Corel, anche se ormai molti utilizzano
Gimp, l’open source che, in quanto
tale, è facilmente e gratuitamente
reperibile in rete.
In realtà non sono proprio
sicuro che uno sia meglio dell’altro
ma, come sa chi lavora abitualmente con il pc, la tendenza è
quella di “affezionarsi” al primo
software utilizzato, quello che comunque poi alla fine si conosce
meglio e al meglio si utilizza.
Forse Photoshop è più destinato ai professionisti della fotografia digitale, forse Paint Shop è
più specializzato per quelli del web:
ciò che è certo è che si tratta di
applicazioni molto simili e più che
valide che forse nessun utilizzatore,
neppure il più smaliziato, utilizzerà
al 100% delle potenziali possibilità.
Per la lavorazione delle
immagini descritte in questo articolo (e per tutta la grafica, non poca, che in qualche modo è relativa
al nostro Club) è stato utilizzato
Paint Shop Pro. La tecnica fondamentale che viene utilizzata per
questo tipo di elaborazioni grafiche
è quella dello “scontornamento”,
indispensabile per ritagliare i
frammenti di immagine da inserire
nel soggetto finale. Tanto più preciso è l’utilizzo di questa tecnica,
tanto più reale sarà l’effetto finale.
Più o meno come quando da bambini ritagliavamo la carta colorata
per fare i collage, ritagliando
(“scontornando”
appunto)
un’immagine digitale otteniamo
tutti gli elementi da comporre e
montare insieme.
Il secondo passaggio, di cui
vi risparmio la descrizione, consiste nell’adattamento di questi elementi sul soggetto finale lavorando
in trasparenza, come se utilizzassimo in controluce veline sovrapposte: occorre riposizionare e ritagliare ancora più precisamente,
smussando ogni angolo vivo residuo dello scontornamento, occorre
riadattare ed omogeneizzare le luci,
le ombre e i colori, occorre riposizionare
l’immagine
secondo
l’illuminazione e le angolazioni presenti nel soggetto “target”.
Ed ecco che subentrano
termini noti agli appassionati di fotografia quali dominante, bilanciamento del colore, contrasto, saturazione e altri più noti ai pittori
come aerografo, tavolozza e pennello.
E’ certamente un lavoro
che richiede predisposizione e molta passione ma soprattutto tanta,
tanta, tanta, tantissima pazienza,
quasi sempre ripagata dai risultati.
Giangiacomo Sideli
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Riferimenti in rete
http://www.it.corel.com/
http://gimp.linux.it/www/
http://www.adobe.com/it/
http://grafica.html.it/
http://www.windoweb.it/corso_di_grafica/grafica_introduzione.htm
http://www.alphacentauri.it/testi/psp/psp.htm
http://pro.corbis.com/
(in inglese)
http://www.pspug.org/ (in inglese)
IL CLUB n. 82/83 – pag. 50
La foto originale prima...
e dopo avere aggiunto Maurizio Karra, che ha scattato la foto, Montalbano, Augello e Camilleri, nonché tolti dalla scena alcuni “estranei” prima presenti a sinistra
...e le foto da cui sono stati estratti gli inserti, reperite su internet
IL CLUB n. 82/83 – pag. 51
Riflessioni
Cucina da camper
Cucina
Non è importante la meta ma il viaggio
S
iamo
alle
porte
dell’estate. Si comincia a riflettere
sui progetti per le vacanze vere e
proprie. E’ questo il periodo
dell’anno in cui la dimensione del
viaggio, insieme con la voglia di
evasione ed il desiderio di riposo,
si fanno più intensi. La cara vecchia Europa (ma sempre il continente più bello del mondo), un po’
per la natura stessa dei nostri
viaggi e per il mezzo utilizzato, rimane sempre ai primi posti nelle
preferenze delle mete di viaggio.
Si aspetta tutto un anno
questo periodo. Un momento importante per il benessere fisico e
psichico. Per chi ama viaggiare,
conoscere, interessarsi anche alle
piccole cose, alla piccole scoperte
che si possono fare durante un
viaggio, che non erano state preventivate e che si presentano
all’improvviso alle volte facendoci
meravigliare per la loro bellezza o
per il fatto che nessuno ce ne aveva parlato prima, in fondo si sa,
non è importante la meta ma il
viaggio. Pensare a ciò che si farà,
come scegliere il viaggio, coinvolgere i compagni, studiare i percorsi, individuare le cose più importanti da visitare e quelle da non
perdere assolutamente.
Il viaggio insomma comincia nel
cervello. Si comincia a viaggiare,
infatti, già dal momento in cui si
manifesta il primo pensiero, il primo accenno alla vacanza estiva. E’
un po’ come “il sabato nel villaggio”, dove l’esaltazione massima
della gioia non è data dall’attesa
del godere della domenica, ma dai
preparativi che porteranno a godere al massimo della domenica.
Un ruolo importante è poi
ricoperto dagli “scrittori in erba”,
coloro che con i loro scritti, racconti, diari di viaggio, con la trascrizione delle loro emozioni in parole
scritte riescono ad indicare luoghi,
evocare sensazioni, suggerire percorsi, far desiderare luoghi e persone, sia a coloro che non hanno
fatto la stessa esperienza e sia a
coloro che, pur avendola fatta, vogliono cogliere differenze, parallelismi o apportare arricchimenti alle
proprie esperienze.
Ed in special modo proprio
il desiderio di trasmettere qualcosa
ad altri, motivazione ultima e profonda di ogni viaggio frutto di scelta, deve essere la molla per tutti
noi, non importa se per il piacere
di scrivere o di trasmettere emozioni vissute, o per spirito di collaborazione, o per partecipare stati
emotivi ed anche informazioni utili
per programmare un viaggio o soltanto per “far vivere” un viaggio
non fatto o per farci sognare un
po’, che ci faccia sentire in viaggio
anche se comodamente seduti in
poltrona.
Luigi Fiscella
Attuppateddi con fagioli
Ingredienti: Attuppateddi, 1
cipolla, 1 scatola di fagioli
borlotti, un po’ di pasta
d’acciuga, formaggio cacio
cavallo, sale, olio.
Preparazione: rosolare nell’
olio la cipolla tritata, sciogliendovi ½ cucchiaio di pasta
d’acciuga. Unire i fagioli, precedentemente
scolati,
al
composto. Far cuocere la pasta (attuppateddi) e, appena
cotta, amalgamare con il sughetto. Spolverizzare con il
formaggio cacio cavallo grattugiato.
Frittata con le olive
Ingredienti: 6 uova, 1 bicchiere di latte, 200 gr. di olive
nere denocciolate, 2 cipolle, 2
cucchiai d’olio, 200 gr. di scamorza, 80 gr. di parmigiano
grattugiato, sale e pepe q.b.
Preparazione: appassite le
cipolle, tagliate sottilmente in
padella con olio ed un cucchiaio d’acqua. Aggiungete le
olive tritate. Mescolate le uova con il latte, il sale, la cipolla con le olive, il parmigiano e
la scamorza tagliata a fette.
Imburrate una teglia, versandovi il composto e cuocere a
forno preriscaldato a 180° per
mezzora.
Carote al rosmarino
Ingredienti: 1 kg di carote,
1 mazzetto di rosmarino, 1
dado per brodo, olio, sale,
pepe.
Preparazione: sbucciate le
carote, tagliandole a rondelle.
Mettetele in una casseruola,
ricoprendole con acqua. Salate ed insaporite con un dado,
cuocete a fuoco moderato fino
a far assorbire il brodo di cottura. Aggiungete, quindi, tre
cucchiai d’olio ed una macinata di pepe. Tritate grossolanamente il rosmarino, unitelo
alle carote, mescolate e fate
rosolare un paio di minuti.
Servite calde.
Enza Messina
IL CLUB n. 82/83 – pag. 52
News, notizie in breve
Nasce “Informariserve”
Basterà una telefonata per
sapere tutto sulle riserve L’Italia
turistica on-line. E’ operativo il
nuovo portale www.italia.it, nato
dalla volontà dell’uscente Ministro
per l'Innovazione e le Tecnologie,
Lucio Stanca, di contenere e integrare al suo interno i contenuti digitali inerenti le principali aree tematiche di interesse turistico del
Paese, rendendoli fruibili attraverso percorsi di navigazione motivazionale, a tutti i potenziali turisti
italiani e stranieri.
Il sito, che si caratterizza
per completezza e omogeneità dei
contenuti di interesse turistico nazionale (arte, cultura, ambiente,
enogastronomia, ecc.), sarà progressivamente realizzato in 8 versioni linguistiche con "localizzazione" dei contenuti in base alla
natura delle diverse culture e sarà
aggiornato in collaborazione con
enti ed operatori locali, anche con
riferimento al calendario di spettacoli, manifestazioni, eventi, ecc.
Il portale è già stato completato in una prima versione
comprensiva di un primo set di
contenuti digitali relativi alle diverse aree ed ambiti tematici di interesse turistico, in lingua italiana e
inglese; esistono anche un'area
riservata
all'organizzazione
del
viaggio e una prima serie di funzionalità interattive, quali cartografia, route planner, integrazione per
la ricerca delle disponibilità e prenotazione on line, meteo, ecc.
La seconda fase di sviluppo
del portale, in coordinamento con
le regioni e il Comitato Nazionale
per il Turismo, prevede la realizzazione di contenuti relativi all'offerta
turistica dei territori regionali, la
pubblicazione del portale in altre 6
versioni linguistiche (tedesco, cinese, francese, spagnolo, russo,
giapponese) e l'acquisizione di ulteriori contenuti digitali di interesse nazionale e di utilità comune.
Il 2% degli italiani sceglie
di viaggiare in camper
A scegliere il turismo itinerante è oggi il 2% degli italiani,
con un giro d'affari che si aggira
intorno ai 540 milioni di euro l'anno e che ha visto negli ultimi dieci
anni un aumento del 64% di cam-
per circolanti nel nostro paese.
E' quanto emerge da una
indagine dell’Assocamp-ConfCommercio, associazione nazionale degli operatori dei veicoli ricreazionali
e articoli per il campeggio, realizzata dalla società di ricerche Mercury di Firenze. «Se il 2% può apparire una cifra esigua - commenta
il
presidente
di
AssocampConfCommercio, Vittorio Dall'Aglio
- in realtà rappresenta un fenomeno turistico relativamente giovane
e in continua espansione: negli ultimi 25 anni si è registrato un incremento del 500%».
Dal rapporto emerge anche
il preciso identikit dell'italiano medio che utilizza l'autocaravan per le
sue vacanze; impiegato tra i 40 e i
49 anni, utilizza il mezzo tra le 12
e le 13 volte l'anno, pernottando
mediamente 48 volte nell'arco dei
dodici mesi. Meno frequenti tra gli
utilizzatori di autocaravan i giovani
tra i 18 e i 29 anni, i quali tendono
a preferire l'autocaravan a noleggio, mentre circa il 95% è proprietaria del mezzo.
Si sceglie il turismo itinerante perché permette libertà di
spostamento (51%), risparmio economico (23%), anche se la spesa media giornaliera è di circa 70
euro, mentre il 20% sceglie il
camper perché consente un maggiore contatto con la natura. Il turismo in camper, osserva tuttavia
Dall'Aglio, «è un turismo che non
appare, anche perché non ha bisogno di prenotazioni, non ha una
destinazione predefinita e non viene spesso registrato».
Nonostante i dati incoraggianti, il presidente di Assocamp,
lancia però un segnale di allarme:
«Il turismo italiano non ha ancora
strutture adeguate, tra cui le aree
di sosta, per fare questo tipo di
vacanze. Mancano infrastrutture,
la cultura dell'ospitalità e dell'accoglienza».
Italia e in altri Paesi europei, e
questo sono in pochi a saperlo.
In Italia, contrariamente a
quanto accade nel resto d'Europa,
si continua ad usare la modulazione in AM, che in molti Paesi è ormai da anni illegale, molto spesso
"aiutata" anche da un amplificatore
lineare, talvolta di grande potenza,
che è sempre illegale anche da noi.
Questo, come scrive l’amico Claudio Galliani, viaggiando in Europa,
può dar adito ad "accertamenti volanti" e, se trovati in fallo, a multe
anche da "togliere il pelo": le normative variano da Paese a Paese
nonostante una direttiva del Parlamento Europeo del 9/3/1999
contempli la necessità di armonizzare direttive ed apparati in tutto il
territorio dell'UE.
Se un consiglio al merito
può essere dato, dice Galliani, iniziamo tutti ad utilizzare e facciamo
utilizzare sempre e soltanto le modulazioni di frequenza: eviteremo
che al passaggio di una frontiera,
causa la forza dell'abitudine, ci si
possa dimenticare che in quel determinato Stato l'AM è illegale: non
stuzzicheremo così la "curiosità"
dell' autority locale preposta al
controllo delle telecomunicazioni.
In ogni caso, ecco alcune
precisazioni: modulare in AM è
fuori legge in Danimarca, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Svezia; in Austria una vecchia
legge, da tempo non applicata,
non
consentirebbe
per
nulla
l’utilizzo del CB, ma negli ultimi
anni non si sono avute notizie di
multe o accertamenti in merito;
teoricamente in Belgio, Gran Bretagna, Spagna e Svizzera, l’utilizzo
del CB dovrebbe essere autorizzato
individualmente, su richiesta (ma
anche qui non risulta che negli ultimi anni siano sorti problemi).
In tutti questi casi, quindi,
prudenza e ovviamente niente amplificatori di segnale.
Le norme sull’uso del CB
nei Paesi d’Europa
A Palermo un nuovo museo
d’arte contemporanea
Ormai l'uso del CB è diventato comune praticamente a tutti i
camperisti e la sua utilità risulta
fuori discussione in numerosissimi
contesti tanto da rendersi spesso
indispensabile. Ma sono diverse le
norme che ne regolano l’utilizzo in
Potrebbe diventare realtà
la nascita di un museo d'arte contemporanea a Palermo. Sono stati
infatti inaugurati di recente i lavori
ai Cantieri della Zisa di via Gili per
realizzare nel Padiglione 19 il Museo Euromediterraneo delle arti
IL CLUB n. 82/83 – pag. 53
contemporanee. L'iniziativa è del
Comune di Palermo e dell'assessorato all'Urbanistica. Si tratta di
1600 metri quadrati (ai quali si
aggiungerà in seguito lo spazio del
Padiglione 20, ancora da finanziare) per un costo complessivo di
quattro milioni e seicentomila euro, reperiti attraverso i fondi del
Por Sicilia 2000-2006.
Il progetto, inserito nel Pit
"Palermo capitale dell'Euromediterraneo" prevede un intervento che
avrà una durata complessiva di 16
mesi. Tra i primi lavori da effettuare, la rimozione del soffitto di eternit. Gli interventi prevedono il recupero del padiglione mantenendo
però la sua struttura esterna, per
non modificarne il profilo estetico.
Per quanto riguarda gli interni,
verrà adeguato lo spazio con
l’inserimento delle tecnologie e dei
materiali necessari agli eventi che
il museo ospiterà.
«Inizieremo con delle mostre, poi realizzeremo un museo
permanente e tutti gli spazi per la
pittura e il design, che si sposeranno con la struttura originaria
del padiglione. Non stiamo abbattendo
niente»,
ha
dichiarato
l’assessore Mario Milone, aggiungendo: «Un’idea per l’inaugurazione è quella di coinvolgere la facoltà di Architettura dell’Università
per un’esposizione di disegni di tesi
di laurea che hanno come oggetto
la rivisitazione di parti territoriali
degradate».
Del cosiddetto MMAC, Museo mediterraneo dell’arte contemporanea, esisteva già un progetto che però risaliva alla precedente amministrazione comunale.
Affidato a Eva Di Stefano, doveva
sorgere su uno spazio di oltre settemila metri quadri sempre ai Cantieri della Zisa. Su questo progetto
è stato addirittura scritto un libro
edito da Flaccovio. Prosegue comunque così il recupero di alcune
parti delle ex Officine Ducrot dopo
l'inizio della costruzione della
Scuola del cinema.
Un uomo dell’AITR
alla Farnesina
Donato Di Santo, presidente dell’Associazione Movimondo,
affiliata come il nostro Club
all’AITR, è stato scelto dal Presidente del Consiglio Romano Prodi
per ricoprire la carica di Sottosegretario agli Affari Esteri, con delega all'America Latina.
La nomina è stata salutata
con favore dal mondo della cooperazione: «E' un fatto di straordinaria importanza e rilevanza che il
Presidente di una Ong - ha affermato Sergio Marelli, presidente
dell'Associazione ONG italiane - sia
stato scelto da Romano Prodi come
Sottosegretario. La competenza e
l'esperienza di Di Santo dimostrate
e maturate in anni di impegno a
fianco delle popolazioni dei Sud del
mondo, in particolare dell'America
Latina, sono affiancate da un impegno indiscusso nelle comuni battaglie nella lotta alla povertà e per
la cooperazione internazionale;
queste sono caratteristiche che
mettono Donato nelle condizioni di
svolgere al meglio il suo nuovo
ruolo di Governo».
In nuovo incarico ha però
costretto a Di Santo a lasciare la
Presidenza di Movimondo. Alla segreteria della predetta Associazione abbiamo comunque indirizzato
subito un messaggio di augurio:
Desideriamo formulare le più vive
congratulazioni al Vs. presidente
Donato Di Santo per la recente
nomina a Sottosegretario di Stato
agli Esteri. Siamo certi che continuerà nel nuovo ruolo istituzionale
appena assunto il suo lavoro sul
terzo mondo nel modo magnifico
che lo ha visto protagonista da
presidente di Movimondo. E quindi
ci uniamo a tutti gli amici di AITR
in un caloroso augurio di buon lavoro, nella speranza che i popoli
possano trovare negli scambi turistici e culturali un collante maggiore di tutte le possibile tensioni che
tendono oggi a dividerli. Insieme a
tutti i soci del CLUB PLEIN AIR BdS
- Maurizio Karra
La risposta al nostro messaggio non si è fatta attendere;
con una E-Mail Donato di Santo ci
ha prontamente risposto: MOLTE
GRAZIE! FARO' DEL MIO MEGLIO E
SPERO DI RICEVERE AIUTO DA
TUTTI. CORDIALMENTE. DONATO
DI SANTO.
A piedi e in bici il turismo
sulle Madonie e nel corleonese
Finalmente anche la Sicilia
punta alla creazione di prodotti turistici di nicchia, con un'offerta
specializzata che trovi nel patrimonio naturalistico isolano il principale orizzonte di riferimento non limitando l'offerta solo al mare e alle
coste. Sono questi alcuni degli obiettivi del progetto ”Identità Mediterranea”, la cui fase operativa è
IL CLUB n. 82/83 – pag. 54
stata presentata recentemente a
Palermo dall’Assessorato Regionale
al Turismo (responsabile del progetto Orazio Sciacca). Presenti anche i rappresentanti degli enti e
delle imprese dei due comprensori,
Alto Belice Corleonese e Madonie,
protagonisti
dell'iniziativa,
che
hanno sottoscritto il protocollo
d'intesa in base al quale dovranno
avviare, entro il 30 settembre, i
due sistemi turistici individuati.
Si tratta del segmento dell'escursionismo a piedi e trekking,
per quanto riguarda il comprensorio delle Madonie, e del segmento
cicloturismo, per quanto riguarda
quello dell' Alto Belice Corleonese.
Alla scelta di queste due “specializzazioni” si è arrivati dopo di due
anni di lavoro: dall'adozione di un
manuale operativo, contenente
una metodologia comune di ricerca
e di programmazione turistica, all'analisi del sistema di offerta di
ogni singola area, volta a definire
punti di forza e di debolezza del
contesto locale. Fondamentale anche il coinvolgimento degli enti
pubblici e degli imprenditori nell'attuazione delle strategie.
“Identità Mediterranea” è
un progetto ideato e gestito dalla
Regione siciliana, che è stato approvato e finanziato dall'Unione
Europea nel 2004, con lo scopo di
promuovere e sviluppare il turismo
ecosostenibile, attraverso una programmazione in grado di coniugare
logiche del marketing con lo sviluppo turistico del territorio. Al
progetto transnazionale hanno aderito, tra gli altri, i dipartimenti
regionali al turismo e ai trasporti,
la Provincia di Palermo, l'Azienda
regionale foreste demaniali, l'Ente
parco Madonie, le associazioni ambientaliste, nonché 37 comuni dei
due comprensori
Con la firma del protocollo
le due aree dovranno adesso adottare quegli interventi necessari ad
adeguare il territorio all' offerta di
servizi specialistici, secondo la specificità del prodotto e del target individuato. «La Sicilia si trova in
una posizione strategica per lo sviluppo di un sistema turistico mediterraneo, e la realtà ecoambientale
isolana merita di essere promossa
e valorizzata», ha affermato Porretto, direttore generale dell’Assessorato Regionale. Che ha concluso: «Occorre, inoltre, sviluppare
una cultura del marketing che porti
ad una buona commercializzazione
del prodotto».
L’ultima parola
di Agostino Alaimo
PENELOPE, ADESSO CHE ABBIAMO IL CAMPER,
COSA NE PENSI SE ANDIAMO A FARCI UNA
VACANZA SOTTO LE MURA DI TROIA?
2006
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Numero 82/83 - Anno XIV, Maggio-Agosto 2006