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Libri
Venerdì, 30 novembre 2012
Il libro di don Michele Mosa, dedicato al nostro Patrono,
sintetizza un’abbondante messe di ricerche e documenti storici
“San Siro e Pavia”
In concomitanza con la festa
del nostro Patrono esce un
nuovo lavoro di don Michele
Mosa: San Siro e Pavia
(Edizioni TCP, pagine 88,
euro 12,50). Il volume, reperibile anche presso la redazione de il Ticino, indaga
sulle lontane (ma salde) radici cristiane di Pavia. A
scandire l’indagine del sacerdote pavese, che sapientemente sintetizza e armonizza un’abbondante messe
di ricerche e documenti storici, sono quattro date. La
prima è quella del 12 settembre corrispondente all’arrivo di san Siro a Pavia e
“giorno che la città non potrà mai dimenticare”. Don
Mosa ricorda l’inizio della
missione apostolica di Siro
ad Aquileia come discepolo
del vescovo Ermagora e da
lì, “accompagnato dal diacono Invenzio e preceduto da
una grande fama, arriva a
Pavia”. Tra le molte annotazioni spicca quella in cui
l’arrivo del primo vescovo
“sarebbe da collocare non ai
primordi dell’evangelizzazione ma al termine di un processo di formazione della
Chiesa pavese”. La successiva data presa in esame, il 9
dicembre, riguarda il giorno
della morte e deposizione
nel sepolcro di San Siro.
Don Mosa precisa che “i documenti non ci permettono
di sapere con esattezza a
quale dei due momenti fa riferimento”, affermando però
che “fonti diverse, per natura e cronologia, concordi nel
testimoniare che il 9 dicembre è giorno di festa grande
per la città ... in cui i pavesi
si riuniscono intorno al proprio santo patrono, rinnovando tradizioni antiche e
ritrovando il senso di essere
comunità”. L’autore ricorda
quindi l’origine della basilica dei Ss. Gervasio e Protasio “che un’interrotta tradizione fa risalire allo stesso
Siro”, come e per quali ragioni fu costruita, il rapporto tra la Chiesa di Pavia e
quella di Milano (“Siro più
che l’anti-Ambrogio, incarna
il modello cui il vescovo milanese si ispirò per il suo ministero”) soffermandosi dettagliatamente sulla scoperta
e la descrizione di quello che
si ritiene il sarcofago funerario di San Siro “anche se
ancora oggi di non certa lettura e sicura valutazione”.
Nel capitolo dedicato al 17
maggio il sacerdote ricorda
la Traslazione del Santo che
“lasciata la desolata e dimenticata periferia tornava
al centro della città”, ripercorrendo i principali avvenimenti sociali e religiosi che
caratterizzarono il loro trasferimento nella cattedrale.
Don Michele districandosi
abilmente tra le molte fonti
storiche rileva come da quel
momento in poi le reliquie
“collocate nella cripta della
cattedrale di S. Stefano, diventarono il centro, il punto
di riferimento della città” e
individuando “la probabile
datazione dell’evento tra
l’825 e l‘840“ attraverso la
ricognizione storica relativa
alla contemporanea presenza a Pavia di Lotario I imperatore, il vescovo Adeodato e
l’irlandese Dugal. Infine nell’indagare attorno alla data
del 16 giugno, giorno della
Riposizione di San Siro, don
Mosa annota tra l’altro il
grande fervore religioso che
caratterizzarono quei giorni
nei quali “le mura nulla poterono contro le folle che
sempre più numerose giungevano in città per vedere le
preziose reliquie di Siro e
impetrare
guarigioni
del corpo e
dello spirito”, sottolineando come
“Siro tornato al
centro
della
città e
della Chiesa pavese ne diventa il centro” si assiste a
“un rinnovato pellegrinaggio
alla nuova tomba del Santo
che riaccende nei cuori la
devozione e suscita un nuovo
desiderio di santità”. Il volume è arricchito da una Appendice in cui il sacerdote
compie una ricognizione su
L‘inno dei Santi Siro e Invenzio la cui analisi risulta
“tuttavia fondamentale per
lo studio della formazione
della leggenda agiografica
di Siro” e accenna all’episodio/leggenda in cui Siro è
considerato dalla tradizione
popolare come il ragazzo che
offrì a Gesù i pani e i pesci
per sfamare la folla nel deserto, soffermandosi sulle ricadute negli scritti degli storici e nell’iconografia.
Questo e molto altro (come
ad esempio illustrazioni, fotografie e un profilo della
Pavia ai tempi di Siro o nei
secoli VIII-IX) contiene il bel
lavoro di don Michele Mosa
che bene ha fatto a presentare il frutto dei suoi più recenti studi sulle radici cristiane di Pavia: non poteva
scegliere momento migliore
della vita religiosa della nostra diocesi per far conoscere i principali fatti che
l’hanno contraddistinta e caratterizzata. Le recenti vicende legate prima alla
chiusura, poi al restauro e
infine alla riapertura del no-
Letto per Voi
Graffiante e provocatorio,
ecco don Antonio Mazzi
“Io la penso così...”
stro
Duomo
hanno
consentito a
molti fedeli di rivivere alcune celebrazioni
religiose,
come ad
esempio la
traslazione dell’urna di San Siro. Nelle pagine storicamente molto
dense ma stilisticamente
gradevoli di San Siro e Pavia si potranno ora scoprire,
assieme agli altri capisaldi
delle nostre radici cristiane,
le motivazioni storiche, religiose e teologiche che stanno
alle loro origini permettendo
così di coglierli nel loro significato autentico e radicare ancor di più la nostra fede nel solco di una consolidata e sempre viva tradizione.
Tino Cobianchi
La presentazione
il 7 dicembre
nella chiesa
dei Ss. Gervasio e Protasio
“San Siro e Pavia”, il libro
scritto da don Michele Mosa,
verrà presentato venerdì 7
dicembre in un incontro in
programma nella parrocchia
dei Ss. Gervasio e Protasio,
guidata da don Siro Cobianchi. Il programma prevede, a
partire dalle 10, anche una
visita guidata della Basilica, in occasione dell’incontro
annuale dei rappresentanti
delle parrocchie dedicate a
San Siro. L’invito è rivolto a
tutti.
Ebbene sì. Confesso che a me don Antonio Mazzi piace
moltissimo, ascolto e leggo molto volentieri questo prete “mediatico” che divide i sacerdoti e la gente. Perchè don Mazzi o lo ami o lo
odi. Ho sempre percepito
questo quando
mi sono trovata a parlare di
lui con altri
preti o con qualsiasi mio interlocutore. E quindi so bene che
ammettendo il
mio alto indice di
gradimento per il
“papà” della comunità Exodus
mi alienerò le
simpatie del 50%
di “contrari”. Fa
niente, il mondo è
bello perchè vario.
E si spera di poter
ancora parlare nel
rispetto delle reciproche divergenti vedute.
Inutile dire, quindi, che ho letto in un batter di ciglia
l’ultimo libretto di don Antonio, “Io la penso così”, che
prende il nome dal forum con cui il provocatorio sacerdote dialoga con la gente attraverso Internet. Online
incontra i ragazzi, parla un po’ di tutto, ammette di essere stato bocciato per cattiva condotta in terza media
e dice grazie alla barista di Cremona che ha avuto il
coraggio di staccare la spina delle sue slot machines in
una società dove tutti le criticano, ma poi ne riempiono
i locali.
Ecco, il libro di don Antonio è il risultato di una lunga
chiacchierata con Antonio Carriero, giornalista del
mensile per ragazzi MondoErre e collaboratore de
“L’Osservatore Romano”. Il prete mediatico non poteva
che scegliere la via dell’intervista per bussare alle porte dei lettori.
Essere cristiani connessi. Essere cristiani coraggiosi.
Essere cristiani nell’amore e nel tempo. Essere cristiani in famiglia. Essere cristiani a scuola. Essere cristiani felici. Essere cristiani salvati: sette sfide per il mondo d’oggi, sette stimoli per vivere con coraggio e convinzione il nostro essere cristiani alla luce delle parole
del Vangelo. Sette graffianti provocazioni da parte del
sacerdote veronese, classe 1929, di cui puoi dire tutto
tranne che non faccia riflettere.
Daniela Scherrer
Il libro è stato scritto dal prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana
“I Padri della Chiesa” raccontati da mons. Pasini
Mons. Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana e apprezzato studioso
di Sant’Ambrogio, ha organicamente raccolto
ne I Padri della Chiesa (Nomos Edizioni,
pag. 272, ero 19,00) le lezioni di patrologia
tenute ad un corso di teologia per laici. Nell’introduzione l’autore spiega i motivi che lo
hanno indotto a pubblicare il volume e i criteri adottati nella scelta di temi e testi. Alla
voce di mons. Pasini - che illustra fatti storici e rievoca vicende - si affianca quella sempre affascinate dei Padri che con i loro scritti completano ed integrano l’argomento. Nel
ripercorrere con sistematicità la storia dei
Padri dal I secolo alla metà del V, Pasini inizia dalle vicende e dai “primi problemi che
affiorano nelle comunità cristiane” e il ruolo
svolto da Clemente Romano e Ignazio di Antiochia.
L’autore parla la poi della Didaché e delle
opere apologetiche, passando alle vicende riguardanti la lotta contro lo gnosticismo condotta da Ireneo di Lione, soffermandosi su
Tertulliano, Cipriano, gli inizi
della letteratura cristiana, l’opera di Origene, le figure di
Antonio, Martino, dei Padri
del deserto, di Basilio di Cesarea e Gregorio di Nazianzo.
Un blocco di quattro capitoli
è dedicato a sant’Ambrogio
nei quali Pasini ripercorre
la vita, i primi passi del suo
ministero episcopale “nella
linea di fede del Concilio di
Nicea”, la sua predicazione
“totalmente impregnata e
imperniata sulle Scritture” e il suo prodigarsi nelle complesse vicende civili e sociali del tempo.
Molto belle sono le sottolineature riguardanti gli
scritti ambrosiani come
ne L’educazione delle
vergini in cui si possono
ricavare “indicazioni
più generali sull’insegnamento di Ambrogio riguardo al tema della spiritualità”
e la bella (e molto attuale) considerazione
(e lezione) sulla libertà
contenuta in una lettera scritta a Simpliciano: “ti sembra forse libero chi compra i voti col
denaro, chi cerca l’applauso del popolo più che
il giudizio dei saggi? […]
Ritengo, infatti, che la libertà non sia un dono, ma
una virtù che non viene
concessa dai voti altrui,
ma viene rivendicata e posseduta mediante la propria
grandezza d’animo”.
I Padri della Chiesa (che
contiene molto ed altri interessanti argomenti) è un’opera che fa conoscere bene la
nascita, le vicende e le problematiche del
cristianesimo delle origini. Mons. Cesare Pasini è una guida sapiente e competente che
conduce il lettore nell’affascinante mondo
dei Padri, riuscendo a suscitare interesse
sulla loro vita, sulle loro opere e sulla loro
testimonianza. La sintesi che ben descrive il
frutto che si può cogliere ed assaporare dall’attenta lettura del lavoro di mons. Pasini,
la mutuiamo da un passo del Discorso ai
giovani di Basilio di Cesarea, parole che magistralmente colgono l’essenza del libro: “come le api, a differenza degli altri animali
che si limitano al godimento del profumo e
del colore dei fiori, sanno trarre da essi anche il miele, allo stesso modo coloro che in
tali scritti non cercano soltanto diletto e piacere, possono anche ricavarne una qualche
utilità per l’anima”.
Tino Cobianchi
L’ultimo libro di Emanuele Coco si propone come un viaggio avventuroso e romantico
“Il Circo elettrico delle Sirene”
È in uscita per Codice edizioni l’ultimo libro di
Emanuele Coco “Il Circo elettrico delle Sirene”, un viaggio avventuroso e romantico nei
mondi che, nel tempo, hanno tentato di raccontare queste creature magiche e inafferrabili.
“Il Circo elettrico delle Sirene” è un racconto
costruito attorno al loro mito, specchio dei nostri bisogni più intimi. Emanuele Coco dirige
con eleganza il circo di richiami storici, letterari e filosofici che accendono lo scenario lungo cui si muove la storia d’amore dei due protagonisti, l’incantevole Elena e il nostro narratore. Al suo circo, Emanuele Coco invita un
coro di personaggi, oggetti e rimandi: Ulisse,
Orfeo, Elena, le miniature medievali, i bestia-
ri d’amore, le scoperte dei naturalisti, gli inganni dei falsari, gli ostracismi religiosi, i timori del corteggiatore rinascimentale al cospetto delle sue maldestre prestazioni pratiche con l’amor cortese, e rende omaggio alla
magia e al mistero proprio delle sirene, di volta in volta creature pennute, esseri senza volto o senza capelli, e al suggestivo mito della
nostra immaginazione, la cui abilità in questo
caso a volte ci ha fatti dubitare del fatto che si
tratti di creature inesistenti.
Ma leggiamo qualche passo tratto da “Il Circo
elettrico delle Sirene”: “Si tratta di un falso.”
Così aveva risposto l’esperto di scienze naturali a cui Barnum, all’epoca già direttore dell’American Museum di New York, aveva chie-
sto un parere. Il parere riguardava un’esemplare di Sirena imbalsamata proveniente da
Londra che il direttore voleva esporre come
curiosità naturalistica. “Un falso? Da cosa lo
capite?”, aveva domandato Barnum allo scienziato. “Dal fatto che non credo nelle Sirene”,
aveva risposto lo studioso.
Tanto meglio. Barnum sapeva che il pubblico
preferisce i sogni alla verità. Inviò dunque a
diversi giornali una lettera anonima in cui si
annunciava che il dottor Griffin, naturalista
inglese membro del celebre (quanto inesistente!) London Lyceum of Natural History era
giunto in città portando con se un esemplare
di Sirena catturata davanti alle isole Feejee.
Qualche giorno dopo, Lyman Levi, un assi-
stente di fiducia di Barnum, registrava il proprio arrivo alla reception di un Hotel di Philadelphia sotto il nome di Griffin. Dopo aver tenuto una rapida conferenza ripartiva di corsa.
L’indomani faceva lo stesso presso il Pacific
Hotel di NewYork. Quando, poco tempo dopo,
Barnum noleggiò la grande Concert Hall di
Broadway e aprì la sua mostra, una fila interminabile di curiosi si presentò. Un Sirena,
una di quelle che non si vedevano dai tempi di
Omero, era sotto i loro occhi, a portata di mano, pronta per essere afferrata. Colti da tanto
entusiasmo avevano dimenticato un dettaglio: i sogni non sono mai così facili da afferrare”. (Tratto da “Il Circo elettrico delle Sirene”
di Emanuele Coco)
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Il Ticino, 2012-11-30