44 C U LT U R E | JAZZ n.298, dicembre 2012 VITA E OPERE Coltrane si racconta Le vite parallele Coltrane secondo Coltrane. Tutte le interviste a cura di Chris DeVito TORINO , EDT S IENA J AZZ 2012, PP . XVIII + 338, € 20. DeVito ha fatto di tutto per recuperare ogni parola di Coltrane tramandata ai posteri; salvo poche cose per le quali non è stato accordato il permesso di riproduzione, in questo volume incontriamo non solo le varie interviste ufficiali al sassofonista (una trentina, effettuate fra il 1958 e il 1966) ma anche saggi, ricordi e note di copertina che utilizzano sue frasi e un’appendice di altre citazioni estrapolate da ogni circostanza. Non è molto, soprattutto considerando che la maggior parte delle conversazioni si è svolta in Europa, con giornalisti locali, durante le maggiori tournée del sassofonista (1961, 1962 e 1964); ma a grandi linee i cinquantadue articoli che costituiscono il corpo del libro coprono ogni fase della carriera da leader di Coltrane. L’importanza di questa raccolta non può essere sottovalutata, se si pensa all’impatto che il suo protagonista ha avuto e ha su tutti i sassofonisti; è giusto che allo studio dello strumento essi affianchino anche la filosofia (e l’umiltà) che stava alle spalle di quella complessa concezione musicale. D’altra parte non si possono ignorare i limiti di un’operazione del genere: ripetitività dei concetti, casualità degli incontri, preconcetti degli intervistatori (memorabile in questo senso l’intervista più nota di tutte, nonché l’ultima in ordine di tempo, quella fortemente ideologica con Frank Kofsky), cui si aggiunge un’inevitabile mancanza di prospettiva storica. Forse anche per questo DeVito ha aggiunto qualche pagina: le riflessioni “africaniste” del percussionista Michael Olatunji, le interviste a un amico d’infanzia e a un suo insegnante di musica, che offrono interessanti prospettive alternative. Tradurre in italiano un libro del genere, basato sulla lingua parlata più che su quella scritta, aggiunge un’ulteriore difficoltà: è virtualmente impossibile rendere la schiettezza delle espressioni (e delle indecisioni) verbali senza risultare artificiosi. Ma questo, in fondo, è un segno di coraggio che va premiato. Claudio Sessa Robin D. G Kelley Thelonious Monk. Storia di un genio americano R OMA , M INIMUM F AX 2012, PP . 806, €22 Peter Pullman Wail: The Life of Bud Powell E BOOK K INDLE , PP . 683, €7,80 ( PROSSIMA EDIZIONE IN PAPERBACK ) Lette in parallelo, queste due fondamentali biografie sono in grado di offrirci una visione innovativa della vita di due giganti e del mondo della musica americana. Il fatto che le vite dei due pianisti si siano svolte in prossimità geografica e si siano così spesso intrecciate, rende i due libri complementari. Il volume di Kelley è un capolavoro: la sintesi tra il livello di dettaglio della ricerca e la capacità di narrare e interpretare è così plastica da rendere ogni pagina memorabile. Come Kelley, anche Pullman ha fondato il suo lavoro su una ricerca di prima mano, sulla verifica delle fonti consuete, su nuove interviste e dati d’archivio. Il suo stile è meno narrativo di quello di Kelley, ma raggiunge la stessa efficacia. Al di là delle rivelazioni nuove su Monk e Powell, al di là di un definitivo accertamento dei fatti, questi due libri sono gemelli in due aspetti cruciali. Il primo è la durezza della vita e della professione di un artista afroamericano negli Stati Uniti. Dal racconto della quotidianità emergono i dettagli di una lotta dura, frustrante, non di rado dalle derive squallide, condotta da musicisti che per molto, troppo tempo faticano a sbarcare il più basilare lunario, pur consapevoli della loro genialità. Kelley e Pullman non fanno mistero di come la marginalità sociale e artistica sia legata alla discriminazione razziale. Lo stesso mondo del jazz, soprattutto quello newyorkese del secondo dopoguerra, ne esce come un ambiente malsano. In questo senso i due autori restituiscono senza romanzare la forza e le debolezze dei loro eroi, con sguardo partecipe e lucido. Le pagine di Pullman sulla tossicodipendenza di Powell sono definitive. L’altra questione è il rapporto tra malattia mentale e musica. Kelley e Pullman fanno finalmente piazza pulita di ogni cascame romantico, e riconducono il disagio mentale a quello che è: qualcosa che non favorisce la creatività ma la mortifica. E che negli Usa veniva considerata e curata con il filtro distorto della discriminazione razziale. Anche per questo motivo i due libri assurgono a testi di riferimento. Stefano Zenni Il Giornale della Musica, n .298 - Dicembre 2012 ANTOLOGIE Trimestrale di cultura e pedagogia musicale a cura della SIEM (Società Italiana per l’Educazione Musicale) MUSICA E BUSINESS Oltre Il popolo del blues Imparare dall’interplay Amiri Baraka Black Music. I maestri del jazz a cura di Marcello Lorrai S HAKE E DIZIONI , M ILANO 2012, PP . 240, € 16,00 è uscito o il n. 164-165 5 un numero: € 5,00 0 abbonamento: o: Italia € 18,00 0 estero € 22,00 0 in questo numero: Viaggi musicali in Brasile Musica e lingua straniera Improvvisazione e segno grafico Informazione audio-percettiva Alla ricerca del liuto-cembalo Valutazione e strumento musicale per contatti con la redazione: [email protected] per abbonamenti, pubblicità, diffusione: edt.it/musica/musicadomani www.edt.it Poeta, critico, performer, commediografo, insegnante, attore, intellettuale nel senso più politico del termine, nazionalista nero, marxista rivoluzionario, da oltre mezzo secolo coscienza vivente della cultura afroamericana. La figura di Amiri Baraka, al secolo LeRoi Jones, è di quelle che non si prestano a semplificazioni. C’è di che perdersi nella vasta produzione dell’uomo di Newark. Eppure, in Italia, il nome di Baraka è inchiodato alla fama del suo libro più celebre, Il popolo del blues, dato alle stampe nel ’63 e tradotto da Einaudi qualche anno più tardi. Talmente inchiodato che, alla lunga, stereotipi e luoghi comuni hanno preso il sopravvento. Risultato? Mezzo secolo dopo Blues People Amiri Baraka è ancora, e soltanto, il critico militante per antonomasia. Una terribile forzatura, come dimostra una preziosa raccolta di scritti pubblicata da Shake e curata da Marcello Lorrai. In Black Music trovano posto una serie di ritratti di giganti che, in un modo o nell’altro, hanno segnato la vita di Baraka: da Willie “The Lion” Smith a Sun Ra, da Coltrane a Monk, da Max Roach a Jackie McLean. Pagina dopo pagina sfilano aneddoti, osservazioni, le immancabili sferzate politico-sociali. Ma soprattutto, e sorprendentemente per chi non è andato oltre Blues People, la penna del critico indugia commossa sulle fragilità, le umane contraddizioni degli dei dell’Olimpo jazz. Il percorso di Abbey Lincoln, fatto di coraggio, sudore e frustrazione. Il crepuscolo patetico e grandioso di Nina Simone. La normalità di una giornata con Roy Haynes. E infine le mille facce di Miles Davis, nelle quali si specchia l’esistenza di Baraka: dagli anni Cinquanta al 29 settembre 1991, la data in calce allo scritto che chiude il libro, il giorno dopo la scomparsa di Davis. «Non so più chi mi ha chiamato per dirmi che eri morto, Miles. Così, senza nessuna compassione. Ne hai un bel mucchio di figli amico mio. Io lo sono ancora. E lo sarò». Luca Canini Michael Gold / Dario Villa Trading Fours. Il jazz e l’organizzazione che apprende A RT F OR B USINESS , 2012, E - BOOK Al tempo della crisi, ricominciare a valorizzare capacità e competenze, nel mondo del lavoro e nello specifico in quello dell’organizzazione di impresa, diventa fondamentale. Finita l’epoca del fordismo e del taylorismo, dell’operaio macchina e degli standardizzati processi di produzione, oggi per produrre ricchezza, e innovazione, è determinante sviluppare conoscenze, favorire continui percorsi di apprendimento. Di tutto questo provano a ragionare, attraverso un agile e colto e-book, costituito da una sorta di vera e propria “improvvisata” conversazione a due, i professori (a vario titolo) Michael Gold e Dario Villa, entrambi esperti di competenze manageriali e grandi appassionati di jazz. Il libretto ragiona sul possibile raffronto tra le dinamiche interne a una formazione jazzistica e l’organizzazione di un qualsiasi gruppo di lavoro. E in effetti quell’“improvvisato” continuo scambio di saperi consci ed inconsci che, attraverso l’interplay e il reciproco ascolto, si sviluppa in un piccolo combo jazz, può, secondo gli autori, fornire l’esempio necessario ad ogni ambiente di lavoro che intenda essere produttivo e al contempo creativo. Educativo. m.m.