Lunedì 1 settembre 2014 – Anno 6 – n° 240 y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!"!;!z!# Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma - tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 e 1,30 – Arretrati: e 2,00 - Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Ma mi faccia Colonna sonora della settimana w il piacere Tommaso Starace: “Scelgo Easy to Love di Cannonball Adderley: è jazz di puro istinto ed energia elettrica” a cura di Martina Castigliani Ascolta su w www.ilfattoquotidiano.it LA GIORNATA DI IERI w MAFIA w Il boss corleonese minaccia di morte w GOVERNO w Su “Sblocca Italia” i dubbi di Squinzi: il fondatore di Libera: “Deve fare la fine di don Puglisi” “Mille giorni vanno bene, se però fate qualcosa” Don Citti risponde a Riina Renzi cauto in Europa: “Vuol dire che ha paura” teme Merkel sull’austerity Lo Bianco » pag. 2 Feltri » pag. 3 Programmi, personaggi inediti, nuovi format (alcuni improvvisati), serie televisive: i successi passano dal web e via cavo: se prima erano una nicchia ora sono un fenomeno in crescita, ed erodono share e soldi ai canali tradizionali Ferrucci, Naso e Raimondo w pag. 4-7 con racconto di Calopresti LA NUOVA TV DI TUTTI, DI PIÙ di Marco Travaglio azzullone e Liberazione. C “Il Meeting resti lontano da politica e affari. Avrà suc- cesso” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 25-8). Uahahahahahahah. Mille e non più mille. “I Mille giorni iniziano venerdì” (Matteo Renzi, presidente del Consiglio. 24-8). Mecojoni. Braccino corto. “(Berlusconi) a noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi” (Salvatore Riina, intercettato nel carcere di Opera, 22-8-2013). Che spilorcio. Braccio lungo. “Il senatore (Dell'Utri) si è dimesso? Dobbiamo dire la verità... è una persona seria” (Riina, ibidem). Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno. Federbanana. “Nelle frasi pronunciate dal presidente della Lega Nazionale Dilettanti durante l'Assemblea del 25 luglio 2014 (“Optì Pobà è venuto qua che prima mangiava le banane e ora gioca titolare nella Lazio”, ndr) e in altre interviste ad organi di stampa non sono emersi fatti di rilievo disciplinare, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo” (Stefano Palazzi, procuratore della Federcalcio, nell'archiviazione per il neopresidente Tavecchio, 25-8). “La frase incriminata di Tavecchio, secondo la lettura data da Palazzi, è interpretabile solo come un errore involontario, un banale equivoco” (La Stampa, 26-8). Praticamente gli han dato l'incapacità di intendere e volere. Scambio di persona. “Quando una donna emerge le si devono attribuire relazioni per giustificare i suoi succe4ssi. È sempre accaduto nel mondo degli uomini piccoli piccoli. Ma chi pensava di intimidirmi, non sa quanto si sbagli. Io vado avanti con più coraggio e più forza di prima” (Pina Picierno, eurodeputata Pd, la Repubblica, 28-8). Donna che emerge... successi... Stai serena, Pina: non ce l'avevano con te, tu non c'entri. Sei gradi di separazione. “La giustizia torna a dividere. Tensione nella maggioranza sulla riforma. Forza Italia attacca su intercettazioni e prescrizioni” (Corriere della sera, 28-8). La famosa separazione delle galere. Fumo passivo. “Renzi: la scuola slitta, troppa carne al fuoco” (Corriere della sera, 29-8). Almeno a giudicare dal fumo. Fondi. “Per studenti e prof ora ci cercano i fondi” (Corriere della sera, 29-8). Si potrebbe provare con un'altra secchiata d'acqua fredda. w L’EDITORIALE w Estate sotto l’assedio dell’intellighenzia renziana w L’ESTATE DELLA VITA w Il leader del Movimento, Mario Capanna w DA di Ferruccio Sansa di Emiliano di Malcom Pagani Gli anni Settanta L’ottimismo senza l’innocenza di Farinetti non merita l’Oscar sotto l’eskimo Liuzzi arla di occupazioni, scontri con la polizia, della l più rimane da fare, per questo il futuro è meraviglioI so”. Indovinate chi è il relatore di questa conferenza. Pgalera e della latitanza, ma anche di Adriano Sofri Ma sì, Oscar Farinetti, il guru dell’ideologia renziana, il e dei giorni dell’Ira. Un Mario Capanna che a quasi 70 “neo-ottimismo”. Ormai in Liguria bisogna cimentarsi in uno slalom per sfuggire ai dibattiti di Farinetti. » pag 18 anni compiuti non rinnega nulla di quello fatto. Anzi, rilancia. » pag 8 - 9 Segue a pag. 18 VENEZIA w Il nuovo film del regista e autore di Cinico Tv “Belluscone” visto da Maresco in salsa siciliana oleva fare un film sulle ragioni del consenV so berlusconiano in Sicilia. Si è ritrovato a seguire il settantenne Ciccio Mira, impresario locale di cantanti neomelodici a suo agio con omertà, nostalgia e paradosso. » pag 10-11 2 TRA ITALIA E MONDO LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 DIARIO DELLA GIORNATA ADOZIONI LESBICHE COPPIE STRANE "Ma cosa salta in testa a @FratellidItaIia di usare una mia fotografia per una cosa del genere? Verranno denunciati". Così il fotografo Oliviero Toscani, via Twitter, replica duramente alla campagna contro le adozioni gay di Fdi-An che ha utilizzato - senza sua autorizzazione e "fuori contesto" dallo scatto originario - una sua fotografia per i manifesti che invitano alla raccolta firme. Immediate le scuse del responsabile della comunicazione del partito, precisando che i ragazzi hanno usato la foto “perché non aveva il copyright indicato e pertanto considerata di pubblico dominio” e “abbiamo dato indicazione di sostituirla”. Senza successo. Il segretario leghista Matteo Salvini e il senatore forzista Antonio Razzi sono partiti per un viaggio a Pyongyang, capitale del regime di Kim Jong-un. A fare cosa, nessuno lo sa. Per Salvini si tratta di una “missione”, così l’ha definita sul suo profilo Facebook. Un’agenzia nordcoreana ha fatto sapere che i due hanno consegnato a Kim Yong Nam, presidente della Suprema assemblea, una lettera inidirizzata al dittatore Kim Jong-un. Del contenuto si ignora ogni riga. Razzi in passato ha mostrato entusiamo verso il leader, definendolo addirittura “un moderato che sta cercando di portare un po’ di democrazia in quel paese”. Fdi ruba la foto a Toscanini La gita di Salvini e Razzi in Nord Corea IL FONDATORE DI LIBERA Don Ciotti su Riina: “Libera gli fa male” di Giuseppe Lo Bianco D Palermo ue aggettivi e un paragone bruciante: “Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi”. E poi il via libera all'omicidio: “Ciotti, Ciotti, putissimu puru ammazzarlo”. Nel mirino di Totò Riina e delle sue minacce ripetute questa volta è finito don Luigi Ciotti, il fondatore e Presidente di Libera, che sul territorio si occupa della gestione dei beni confiscati, materia che preoccupa assai i boss mafiosi, come emerge dalla replica di Alberto Lorusso, l’interlocutore di Riina nell’ora d’aria del carcere di Opera, a Milano: “Sai, con tutti questi sequestri dei beni”. LA MINACCIA arriva il 14 set- tembre dello scorso anno, e subito dopo, in gran segreto, la scorta del sacerdote è stata immediatamente rafforzata. Questa volta le parole di Riina colpiscono “quel modello di uomo di Chiesa di cui la mafia ha paura – come dice il pm di Palermo Roberto Tartaglia – quel modello a cui tutti gli uomini di Chiesa, senza più al- IL BOSS MAFIOSO MINACCIA DI MORTE IL PRETE ANTI-MAFIA: “È LA PROVA CHE GLI DIAMO FASTIDIO, CHE DOBBIAMO CONTINUARE. IO RISPONDO AL VANGELO” cuna forma di ambiguità, devono scegliere di ispirarsi”. Lui, don Luigi, si schermisce: “Non oso paragonarmi a don Puglisi perché sono un uomo piccolo e fragile, un mafioso divenuto collaboratore di giustizia parlò di ‘sacerdoti che interferiscono’. Ecco io mi riconosco in questa Chiesa che ‘interferisce’”. E proprio per questo, “le minacce di Totò Riina sono molto significative”, la prova “che l’impegno di Libera è incisivo, graffiante e gli toglie la terra da sotto i piedi – continua don Ciotti - sono rivolte a tutte le persone che in vent'anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese. Cittadini a tempo pieno, non a intermittenza”. E il fondatore di Libera ne approfitta per lanciare l'ennesimo appello allarmato alla politica: “'Ci sono provvedimenti urgenti da intraprendere e approvare – dice – senza troppe mediazioni e compromessi. Ad esempio sulla confisca dei beni, che è un doppio affronto per la mafia, come anche le parole di Riina confermano. Lo stesso vale per la corruzione, che è l'incubatrice delle mafie. C'è una mentalità che dobbiamo sradicare, quella della mafiosità, dei patti sottobanco, dall’intrallazzo in guanti bianchi, dalla disonestà condita da buone maniere”. E una sessione speciale del Parlamento dedicata alla lotta alla mafia la propone Beppe Lumia, Pd, componente della commissione antimafia. Nei confronti del sacerdote è piovuto subito un diluvio di solidarietà, a partire dai presidenti delle Camere Grasso e Boldrini, che si sono espressi su facebook: “Le minacce di Totò Riina all’amico Don Ciotti, preoccupano certo, ma non sorprendono – scrive la Boldrini – una persona da temere per aver fornito un’alternativa alla logica del sopruso e dell’intimidazione di cui la mafia si nutre”. “Sono più di venti anni che sfidi la mafia con coraggio e passione – scrive Grasso – e so che non ti sei lasciato intimorire nemmeno per un attimo: continuerai sulla strada della lotta alla criminalità, e tutti noi saremo al tuo fianco”. PREFERISCE non dire nulla, invece, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: “Sono stanco di fare da cassa di risonanza a Riina”. Quelle contro don Ciotti precedono di due mesi le minacce rivolte da Riina al pm Nino Di Matteo e ad altri magistrati, investigatori, uomini politici. “Facciamola grossa e non ne parliamo più, questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta e allora, se fosse possibile, ad ucciderlo”, aveva detto il boss a Lorusso, tirando fuori la mano dal cappotto e mimando il gesto di fare in fretta, come scrivono gli uomini nella Dia nel novembre scorso. Il boss aveva già minacciato, tra gli altri, anche Sonia Alfano e gli uomini del Ros che lo aveva- Don Ciotti commemora don Diana a Casal di Principe LaPresse no arrestato. E in un'occasione Riina è stato anche condannato ad quattro mesi di carcere per minacce: nel febbraio gli notificarono l'ennesimo ergastolo, e lui sbottò, in siciliano stretto, davanti a una guardia carceraria che aveva lavorato in Sicilia: “'Loro (i magistrati, ndr,) mi vogliono fare morire, ma questa volta faccio morire io loro...”. Ma ce l'aveva anche con i deputati, a Sonia Alfano, allora europarlamentare di Italia dei Valori, che andò a trovarlo in carcere, disse: “Noi i deputati li fucileremo tutti, non fanno altro che prendere decisioni negative per noi...”. INDAGINI sulle minacce del capo di Cosa Nostra sono aperte sia a Palrmo che a Caltanissetta dove sono state inviate tutte le trascrizioni della Dia ritenute, però, una sintesi e dunque incomplete dal procuratore Lari che nell'udienza del 23 maggio scorso del nuovo processo per la strage di Capaci, ha annunciato di aver chiesto alla Dia di Caltanissetta una nuova consulenza. DEMOCRATICI A BOLOGNA Festa del Pd, la Giannini fa solo passerella di Luca De Carolis inviato a Bologna n ministro in bilico, quindi in fuga. U Dai microfoni e dalle risposte. La responsabile dell’Istruzione Stefania Giannini si presenta alla festa dell’Unità con un bel peso sulle spalle, quello delle voci che la danno più che sacrificabile nell’eventuale rimpasto. Renzi ha preso in mano la sua riforma della scuola, quasi commissariandola, irritato (pare) per le coperture insufficienti e l’accelerazione sulle paritarie. La riforma rivista e corretta verrà presentata mercoledì prossimo. La Giannini però deve parlare di scuola già domenica, a una festa dove la attendono diversi insegnanti, in buon numero precari. Ad aggiungere nuvoloni, il Codacons: la spesa per libri e materiale scolastico per ogni studente oscillerà in media tra i 750 e gli 840 euro. Il ministro, vestito damascato e occhiali da sole da diva, avverte subito i cronisti: “Parlo solo sul palco”. Ma un minuto d’orologio lo concede, per una sola vera risposta: “Sulla riforma nessun rinvio, è stata una scelta non accumulare un tema di questa importanza con altri argomenti di peso”. Il ministro svicola via. Sul palco con lei ci sono Davide Faraone, responsabile welfare del Pd, e la giornalista Maria Latella. La partenza è scoraggiante: “Dei contenuti della riforma – dice in sintesi Giannini – non posso parlare fino a mercoledì”. VERREBBE DA CHIEDERE: e allora per- ché qui? Latella ci prova: “Come valuterete nel merito gli insegnanti?”. Il ministro la prende alla larga: “Esistono criteri internazionali, mica dobbiamo inventarci nulla”. Quindi cita i test Invalsi, “che ci aiutano a valutare il lavoro delle scuole”. E l’uditorio esplode di disappunto. “Sconcertante” le gridano. Giannini recupera applausi difendendo la scelta di abolire i test d’ingresso a Medicina: “Non sono utili per scegliere gli studenti”. Ma pochi attimi dopo scivola: “Chi di voi sa chi è Noam Chomsky?”. Tante mani alzate per il linguista. Sono insegnanti, leggono libri. Latella insiste: “Ci sono tanti precari, aumenterete il nu- mero degli insegnanti?”. Giannini dribbla ancora: “Siamo sicuramente sotto organico, ma bisogna aspettare fino a mercoledì”. Finale: “Ministro, lei rimarrà al suo posto?”. Replica: “Nell’agenda del governo non c’è nessuna volontà di occuparsi di poltrone e nomi, ci sono scadenze importanti e io mi occupo di quelle assegnatemi: il resto sta tra le righe dei giornali”. Ai saluti esodati della scuola schizzano in piedi mostrando fogli e invocando risposte. Giannini si avvicina per qualche secondo, poi se ne va. In serata, Giorgio Squinzi e Domenico Delrio. Il presidente di Confindustria picchia sugli 80 euro: “Non hanno rilanciato i consumi, quei soldi era meglio usarli per tagliare le tasse sul lavoro”. Delrio: “Un paese non si cambia in 30 giorni, abbiamo già dato uno shock normativo”. A Squinzi promette “sgravi fiscali” sulla ricerca, e sul lavoro si distanzia da Poletti: “Lui propone un contratto a tutele crescenti, io preferisco un modello unico, un contratto a tempo indeterminato che costi meno sia per imprese che per lavoratore”. SUL PALCO Il ministro Giannini intervistata alla Festa dell’Unità di Bologna Ansa IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ SERIE A, DEBUTTI E POLEMICHE Tre italiani morti in un incidente stradale in Bolivia, tra cui due romani, Franco Cembran, 53 anni, e la sua compagna Rinalda Di Stefano, 50 anni, che avevano scelto un viaggio con “Avventure nel Mondo”, sempre più ambito tra i vacanzieri in cerca di avventure. Finora sono 19 gli italiani morti in 12 incidenti stradali all’estero; 33 vittime in 31 incidenti nel 2013. Un 51enne e tre 46enni monzesi legati in cordata mentre si allenavano sulla parete del monte Disgrazia (Valtellina) a 2.900 metri di quota sono morti: le condizioni meteo erano proibitive. I quattro si stavano preparando a scalare il Monte Bianco. Parterre de rois a San Siro per il debutto-record di Inzaghi: Galliani sorridente parla con l’ex premier Letta, con Confalonieri, con Paolo Berlusconi, mentre Silvio, accanto alla figlia Barbara, inforca un paio di inediti occhiali da vista: sotto il suo sguardo il Milan vince 3 a 1 con la Lazio. (0-0 nell’altro match giocato alle 18 tra Atalanta e Verona). Per la prima giornata di campionato, non è mancata la polemica tra due ‘signore’ del pallone televisivo che si sono passate il testimone alla conduzione della Domenica sportiva: botta a risposta via Twitter tra Paola Ferrari e Sabrina Gandolfi. B. mette gli occhiali per il Milan DAL GELATO AL SILENZIO Altro che Pil, la crisi ucraina zittisce Renzi È inviato a Bruxelles l'una passata quando Matteo Renzi lascia il vertice dei capi di governo dell'Unione per commentare la nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentante per la politica estera dell'Europa. Niente conferenza stampa, solo un doorstep, una dichiarazione all'uscita del palazzo di Justus Lipsius, a Bruxelles: “È per noi il conferimento di una responsabilità importante”, si limita a dire il premier. Sembra incredibile, ma Renzi non celebra il suo più grosso successo diplomatico, l'unico vero risultato ottenuto finora a livello europeo. Come si spiega tanta discrezione? Due ipotesi. Prima: Renzi non vuole oscurare la Mogherini, già accusata di essere soltanto una sua proiezione. Il premier ha già avuto fin troppa esposizione tra la conferenza stampa con il gelato polemico (risposta all'Economist, da Bruxelles replica ai critici: “Lo rifarei, non ho paura di un sorriso”), e nei prossimi giorni 3 4 SUL MONTE ‘DISGRAZIA’, 3 IN SUDAMERICA Incidenti tra Valtellina e Bolivia: 7 morti di Stefano Feltri LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 IL PREMIER EVITA DI ENFATIZZARE LA NOMINA DELLA MOGHERINI MERKEL CHIEDE PIÙ AUSTERITY A DRAGHI sarà in tutti i tg tra presentazione del “programma dei mille giorni” (considerato “credibile purché si dia da fare” dal presidente di Confindustria Squinzi) e vertice Nato a Cardiff. Seconda spiegazione: la situazione Ucraina è così terribile che è meglio dire il meno possibile, soprattutto per il Paese che ha appena espresso l'alto rappresentante per la Politica estera. Oltreche l'Italia è considerata da tutti troppo filo-russa. Il Consiglio europeo si è limitato a promettere che entro una settimana ci saranno sanzioni più aspre contro la Russia, a meno che il presidente Putin non dia segnali concilianti concreti. Poche ore dopo la conclusione del Consiglio europeo, Putin umilia la tentennante Europa ed evoca una “un’entità statale” per l'Ucraina orientale, cosa che equivale a distruggerne l'integrità, creando un enorme Stato fallito alle porte dell'Europa. La presidente della Lituania Dalia Grybauskaite ha suscitato l'irritazione generale ponendo la questione in termini rudi: “L'Ucraina è sotto attacco perché ha scelto l'Europa. Non sta difendendo solo il suo territorio, ma anche l'Europa e i suoi valori”, ha scritto anche su Twitter. Nel Consiglio si è parlato dell'ipotesi di fornire armi al governo ucraino filo-europeo, Angela Merkel ha spiegato che non “sarebbe opportuno” perché “non bisogna dare l'idea che una soluzione militare sia possibile”. Renzi interpreta la parte del filo-russo preoccupato: “La parola ultimatum mi sembra un po’ eccessiva” e cerca di non sbilanciarsi, in equilibrio tra la solidarietà all'Ucraina e al suo presidente Petro Poroshenko (ospite fisso a Bruxelles) e la realpolitik che impone di non rompere i rapporti con Putin. Andare allo scontro frontale con il Cremlino implica precludersi ogni possibilità di soluzione diversa dallo smembramento dell'Ucraina. Il premier si deve muovere con prudenza: l'Italia è presidente di turno dell'Unione e ogni sua mossa viene proiettata su tutta l'Europa. Renzi non ha formalmente accettato l'invito di Poroshenko ad andare a Kiev. Da palazzo Chigi dicono che dovrebbe andare, ma sarà comunque una mossa delicata. Anche perché uno snodo cruciale per i rapporti con Putin sarà il vertice Asem (Asia-Europa): il presidente russo arriverà a Milano, tornando in un contesto europeo dopo che la Russia è stata bandita dal vertice G8 di giugno a Bruxelles. In questi due mesi delicati la Mogherini continuerà a ricoprire il doppio ruolo: ministro degli Esteri uscente e Alto rappresentante in pectore. Il trasferimento in Europa non avverrà prima di novembre, bisogna aspettare che si insedi tutta la squadra della CommissioneJuncker. Resta un nodo da sciogliere: il commissario agli Affari economici, l'erede di Olli Rehn. La Germania potrebbe dare il placet al francese Pierre Moscovici soltanto se il finlandese rigorista Jyrki Katainen, attuale reggente della posizione, avrà una vicepresidenza e un ruolo tare da garantire la tenuta dei trattati dell'austerità contabile, secondo la ricostruzione dello Spiegel. Il settimanale tedesco racconta anche di una telefonata accigliata della cancelliera a Draghi, nella quale avrebbe ricordato l’importanza dell’austerità. L’EUROPA NON BASTA “Mare Mio”: 300 migranti salvati dalla missione privata di Chiara Daina artedì 25 agosto, dall'isola di Malta è M salpata la prima nave privata in soccorso dei migranti in pericolo, finanziata da un'imprenditrice italiana, Regina Catrambone, e dal marito americano Christofer. Phoenix I, questo è il nome dell'imbarcazione, è lunga 40 metri, con un team di 16 persone, due gommoni, due droni che pattugliano il mare, cibo, bevande e coperte a bordo. Sabato ha messo in salvo 300 migranti, di cui la maggior parte in fuga da Siria e Palestina, e un centinaio dall’Africa sub-sahariana. Ieri mattina sono stati tutti trasferiti sulla nave italiana “San Giusto” per sbarcare sulle nostre coste. MA IL MINISTRO dell’Interno Angelino Alfano, preso dalla fretta di chiudere Mare Nostrum e di scaricare la gestione dell'emergenza profughi all'Ue, troppo abituato a lamentarsi che l'Italia da sola non è in grado di farsi carico dei “barconi della morte”, non si è minimamente preoccupato dell’iniziativa. Eppure costituisce un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato per far fronte alle tragedie nel Mediterraneo. E una mano tesa al nostro Paese. “Abbiamo incontrato due volte l’ambasciatore italiano a Malta per avvisarlo del progetto e tentare di coinvolgere il governo italiano - spiega Catrambone, che da sette anni vive sull’isola maltese occupandosi di assicurazioni-, ma nessuno ci ha mai risposto”. Non poteva essere il silenzio intorno a frenare la missione che avevano in mente. Battezzata Moas (Migrant offshore aid station), per adesso potrà durare settanta giorni, cioè fino alla data di inizio di Frontex Plus, la versione europea di Mare Nostrum annunciata mercoledì dal commissario Malmström. L’idea del Moas risale all’anno scorso, quando il Papa lanciò un appello per i migranti da Lampedusa. Regina Catrambone e il marito l’hanno preso alla lettera. In meno di un anno hanno messo a punto il pro- getto. “Non è un’impresa impossibile. È vero, abbiamo delle disponibilità economiche che non tutti hanno, ma ce ne sono altri come noi, e più di noi, che se lo potrebbero permettere”. La coppia ha investito circa 800 mila euro. La nave è a noleggio e un’equipe di esperti legali e umanitari li ha seguiti passo passo. Chi fosse interessato a contribuire alla missione con delle donazioni può farlo sul sito web Moas.eu. A guidare la missione è Martin Xuereb, ex-capo di stato maggiore delle forze armate di Malta: “Ci muoviamo nelle acque internazionali di competenza maltese, in tutto 250mila km quadrati, dove è attivo anche Mare Nostrum, e se avvistiamo vite umane in pericolo allertiamo subito la centrale operativa della guardia costiera dell’isola”. Alla domanda “chi glielo ha fatto fare?”, l’imprenditrice risponde: “Noi non rappresentiamo nè Malta, ma nemmeno l’Italia. Ma non è giusto che l’Italia rimanga sola a gestire le morti in mare. Noi dimostriamo che anche il privato può andarle incontro”. Matteo Renzi esce dal vertice Ue ieri notte a Bruxelles LaPresse L’imprenditore Massimo Blasoni “Per tornare sani servono 28 anni, non mille giorni” a risposta per le rime a Renzi arriva da L Massimo Blasoni, 49 anni, imprenditore udinese, che ha comprato un'intera pagina sul Giornale di ieri. Due tondi, uno con la foto del premier come è adesso, l'altro con un fotomontaggio che lo ritrae anziano e canuto. Sotto, la scritta “torneremo ai livelli del 2008 quando Renzi avrà 67 anni”. Non è una stima sparata a caso. All'inizio di agosto Blasoni ha fondato il centro studi “Impresa lavoro”, che ha ipotizzato il conto e di cui fa parte anche Salvatore Zecchini, presidente del gruppo di lavoro dell'Ocse su Pmi e imprenditoria. Come le è venuto in mente di comprare una pagina di giornale? Volevo comunicare a Renzi con un linguaggio schietto e mediatico come il suo. Il governo aveva previsto un livello di crescita del Pil dello 0,8 per cento. Balle. Per tornare ai livelli pre-crisi, considerando una crescita media tra il 2008 e 2014 dello 0,3 per cento, ci serviranno altri 28 anni. Cosa le fa più paura? PREMIER CANUTO La pubblicità di Impresa lavoro e Massimo Blasoni Quella di Renzi è solo una politica degli annunci. La pressione tributaria non è diminuita. Nessuna semplificazione burocratica per le imprese e nessuna facilitazione per l'accesso al credito. Insomma, zero segnali di ripresa, nonostante le belle parole. Lo sa quanto costano i ritardi nei pagamenti della Pa alle imprese? Quanto? Cinque miliardi di euro l’anno. Lo abbiamo calcolato nella nostra prima ricerca. Lei ha votato Renzi? No, anche se all'inizio gli davo fiducia. Ma di riforme vere finora neanche l'ombra. Renzi è un politico di vecchio corso con la faccia da giovane. Ma noi l'abbiamo già invecchiato. 4 DI TUTTI, DI PIÙ LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 Il successo mondiale di Spacey MILIONI E MILIONI di spettatori. Milioni. House of Cards è una delle serie più seguite e amate, una seria che ha fatto scalpore, ha segnato una strada, anche perché prodotta e trasmessa in streaming da Netflix. È un adattamento di Andrew Davies dell'omonimo romanzo scritto da Michael Dobbs, un ex capo di stato maggiore della sede del Partito Conservatore britannico. Netflix, nota come servizio Internet di video on demand in streaming, ha acquistato i diritti sulla serie con un'offerta superiore ai canali via cavo AMC e HBO. Netflix ha ordinato 26 episodi per due stagioni. Spacey ha definito il metodo di trasmissione come una “nuova prospettiva”, e ha spiegato come l'ordine di due stagioni da parte di Netflix abbia permesso di dare alla serie una maggiore continuità: “Sappiamo esattamente dove stiamo andando”. COPERTINA In senso orario: “House of Cards”, “True Detective”, “Downton Abbey” e “The Big Bang Theory” CROLLANO GLI ASCOLTI DELLA TV GENERALISTA, SEMPRE MENO INCASSI E MENO POSSIBILITÀ DI CREARE. CI SI AGGRAPPA AI SOLITI TALK, A SCAPITO DEL RESTO di Luca Raimondo S La nuova gloria arriva dal web pose a caccia dell’abito perfetto, grandi obesi che perdono 100 chili grazie a un severo, ma amorevole personal trainer e ancora cucine da incubo, hotel allo sfascio, gatti indemoniati. Poi si cambia canale e gli avventurieri del sofà possono essere proiettati tra combattimenti, viaggi estremi, macchine superveloci, sfide al limite del possibile. E non dimentichiamo i masterchef grandi e piccini, i boss delle torte e, quando l’ora si fa tarda, anche le gole profondissime e il sesso da pronto soccorso. È la televisione dell’eterno cazzeggio, in cui prima o poi tutti s’imbattono per non abbandonarla più. Ma canali come Real Time e DMax, visibili sia sul satellite che sul digitale terrestre, sono la punta dell’iceberg di un nuovo modo di vedere la tv che sta progressivamente mandando in pensione i canali generalisti, ormai territorio protetto per talk show politici sempre più noiosi e autoreferenziali, che interessano un pubblico sempre più anziano e meno numeroso. Intanto, chi ha meno di 30 anni – ammesso che la accenda: di sicuro preferisce fare tutto da telefono o tablet – la tv la usa nella sua versione “smart” (collegata a internet, per vedere film e serie rubate dal web e i video preferiti su YouTube) che, come ha spiegato Marco Consoli sull’Espresso, ormai vanta nel mondo vere e proprie star in grado di guadagnare milioni, nate e cresciute sul portale di video comprato da Google nel 2006 per 1,65 miliardi di dollari. Si tratta di artisti, comici, ma anche cuochi o esperti di make-up; il trucco è avere un’idea originale e sperare che la rete la accolga. Più facile a dirsi che a farsi. È un nuovo artigianato che può ricordare la nascita delle radio libere negli anni ’70. Quando, con scarsissimi mezzi, migliaia di realtà in tutto il paese iniziavano a trasmettere in modo improvvisato, se vogliamo anche dilettantesco, ma finendo per rompere il monopolio pubblico e cambiare per sempre il modo in cui ancora oggi ascoltiamo la radio. E infatti può succedere che dal video amatoriale di YouTube si arrivi al cast de Le Iene, come è accaduto a Frank Matano, diventato una star del web pubblicando i suoi scherzi telefonici, o Willwoosh, al secolo Guglielmo Scilla, che dagli sketch autoprodotti è passato alla radio, al cinema e ha persino pubblicato un libro. Anche se si può solo stimare un guadagno minimo e massimo che va da uno a 15 dollari ogni mille visualizzazioni, quelli che nel mondo sono in grado di fare guadagni a sei cifre sono ormai migliaia. Molto meno in Italia, dove somme di un certo livello sono raggiunte da non più di cinque o sei persone. Il mercato però è in vertiginosa ascesa. Sapere che la raccolta pubblicitaria di YouTube nel 2013 ha generato 5,6 miliardi di dollari, il 51 per cento in più rispetto al 2012, deve far rabbrividire Mediaset e Rai: il gruppo berlusconiano nel semestre gennaio-giugno ha chiuso con una raccolta di 1,1 miliardi di euro (-4 per cento rispetto al 2013), mentre il servizio pubblico è sceso in due anni di circa il 30 (da 964 a 682 milioni di euro). È l’ennesimo segnale che il nostro paese, soprattutto le giovani generazioni, abbandonano il piccolo schermo e parcellizzano l’ascolto in mille rivoli fatti di video postati sui social network, inoltrati su whatsapp, consigliati ad amici e parenti. Un passaparola che oggi si chiama “virale” e che concede alla tv tradizionale solo lo spazio per la clip della lite tra politici o la gaffe del conduttore, il giorno dopo. Una tendenza che mette ulteriormente in crisi la massa insostenibile di canali visibili in chiaro sul digitale terrestre. Come racimolare punti percentuale La nuova tecnologia ha infatti consentito a tutti gli operatori di poter ampliare l’offerta, ma il risultato sono share da prefisso telefonico che hanno ridotto drasticamente la redditività ; ad esempio – malgrado gli imponenti investimenti degli ultimi mesi – lo 0,57 per cento con un ascolto medio di poco superiore alle 60mila persone di Rai news24, certificato da un rapporto del Marketing di viale Mazzini su ascolto e gradimento dei canali del servizio pubblico nel primo semestre 2014. Rai news vale esattamente come Rai Gulp, la metà di Rai Yoyo ed è sempre in coda alla classifica dei canali digitali della Rai, dietro Rai4, Rai Movie, Rai Premium. Fa peggio solo Rai Storia allo 0,18 per cento e Rai Scuola allo 0,01 con 908 telespettatori. Non sono numeri molto diversi quelli dei tanti canali extra di Mediaset: ai tre storici si sono aggiunti La5, Italia2, Iris, Boing, Top Crime e anche l’allnews Tgcom24 (più quelli di Mediaset Premium, ma il digitale pay meriterebbe PAROLA DI MAX È come stare a guardare un traghetto alla deriva STO GUARDANDO infastidito una trasmissione televisiva dove le persone litigano per finta. Sono su un traghetto di ritorno dalle vacanze e trovo posto solo nella sala con la televisione. Chissà perché le sale stracolme sono quelle con i divanetti, dove tutti tengono in mano un ipod, decidendo loro cosa vedere. Sono finite le ferie, il mondo mi appare come un enorme palla a forma di Scillipoti. Lo show continua imperterrito, tra gli sbadigli generali e qualche bimbo che piange. La giornata si preannuncia avvincente come i consigli di Luciano Onder. Chi se la guarda questa roba?! Tutti? No non posso crederci la tv italiana è forse un enorme traghetto alla deriva? No, mi dico, c'è anche la tv di qualità. Mi addormento e sogno STUDIO 1 con Mina e Alberto Sordi negli anni Sessanta. Mi svegliano le grida di una figurante "Io so' una perzona vera, a ttè l'educazzione non te l'ha imparata nesuno!" Che brutto risveglio, abbiamo centinaia di reti, si puó scegliere, ma in mezzo a tanti canali è difficile. Forse il vero termometro di come siamo attualmente è il web, dove non ci sono veti, lottizzazioni, autori autoritari. Vuoi mettere un video in rete di quando ti depili le ascelle? fai come ti pare, il gradimento del pubblico sarà autentico e non filtrato. Il web è un “mare aperto” dove nuoti come un totano alla ricerca di uno scoglio sul quale fermarti. Cambio canale, ci sono dei politici che quasi si picchiano, prima tra di loro, poi col conduttore. Dopo averli ascoltati mi riaddormento cullato dalla serenità di essere nelle mani del barbuto capitan Findus... ancora per poche ore. Max Paiella IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ 5,6 MLD LA RACCOLTA PUBBLICITARIA DI YOUTUBE NEL 2013 È IL 51% in più rispetto al 2012 e deve far rabbrividire Mediaset e Rai: il gruppo berlusconiano nel semestre gennaio-giugno ha chiuso con una raccolta di 1,1 miliardi di euro (-4 per cento rispetto al 2013), mentre la Rai è scesa in due anni di circa il 30. 50 MLN LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 5 GLI STORICI GLI ABBONAMENTI DI NETFLIX IN TUTTO IL MONDO PUNTI FERMI NUOVE LEVE In basso “The Big Bang Theory”; subito sotto Masterchef Bruno Vespa, nello studio di “Porta a Porta”; e il “Grande Fratello” Ansa Ansa Dal Grande Fratello ai talk show: persi milioni di spettatori di Domenico Naso i fosse Netflix anche in Italia, forse sarebbe più semplice spiegare C anche da noi il calo degli ascolti televisivi tradizionali. Per chi non lo sapesse, Netflix è un servizio di streaming online on demand, che cast e Time Warner. Il mondo delle telecomunicazioni e quello della comunicazione e dell’intrattenimento sono sempre più legati a filo doppio, perché i sistemi con cui gli utenti si informano e seguono i loro programmi preferiti sono e saranno sempre più connessi. Ma in questa marea di cifre, percentuali, milioni e miliardi di dollari o di euro, i contenuti valgono ancora qualcosa? La risposta è sì. E lo dimostra ancora una volta la forza che su tutti i media, vecchi e nuovi, stanno avendo le serie tv. I premi Emmy, gli oscar della televisione assegnati la settimana scorsa, sono stati un evento a cui hanno assistito in America oltre 15 milioni di spettatori, malgrado la partita di football in contemporanea su un altro canale. Le star di Breaking Bad, di Sherlock, di Big Bang Theory o True Detective, sono delle icone mondiali grazie a internet. In molte parti del globo le serie sono già sui computer di milioni di fan i quali non aspettano che sia la tv del loro paese a mandarle in onda. Non a caso i produttori di House of Cards, grande sconfitto di questa edizione, non hanno perso tempo e il giorno dopo hanno postato su YouTube un divertente video di venti secondi con il gelido assistente di Frank Underwood/Kevin Spacey che chiama al telefono il suo contatto per sapere come mai “l’accordo” per farli vincere non si sia concretizzato. Si perde la gara tradizionale, ma si vince quella della comunicazione. da solo un discorso a parte). Tutti navigano tra lo zero virgola o superano di poco l’1 per cento. Tante piccole gocce che perdono da un rubinetto principale, senza portare nulla in termini di ascolto, ma che tutte insieme rubano almeno un 10 per cento alle sorelle maggiori. Lo affermava lo sorso 9 luglio , durante un’audizione alla commissione Telecomu- Netflix e le serie di successo nicazioni della Camera, Eric Gerritsen, vicepresidente esecutivo di Sky Italia: “Se le tv non fanno redditività è chiaro E sarà pure vero, come è stato scritto, che è in questa edizione che c’è un problema. Quando c’è troppa offerta di frequenze degli Emmy è stata bocciata Netflix, la web tv che produce vuol dire che c’è troppo stock di pubblicità e che il prezzo House of Cards, come a dire che il mondo della tv tradizionale medio di quest’ultima cala troppo”. La soluzione? “Ridurre cerca di frenare l’avanzata di chi offre contenuti su piattal’offerta, riportarla a un livello in linea con la media europea”. forme multimediali, ma a portarsi a casa il premio sono state Infatti, la massa di canali free è un suicidio serie straordinariamente innovative, nello che non ha paragoni nel resto del contistile e nelle tematiche. Con Breaking Bad vinnente. Paesi come Francia, Inghilterra o CHI HA MENO ce la storia di un uomo onesto e rispettato Germania, si sono guardati bene dall’auche sceglie la strada della produzione e dello mentare a dismisura l’offerta in chiaro. Chi DI 30 ANNI spaccio di droga; con Modern Family la dedovesse limitarsi alle tv non a pagamento a PREFERISCE FARE scrizione, in tutte le sue contraddizioni, delParigi, Londra o Berlino, potrebbe scegliela famiglia allargata sempre più tipica della re al massimo tra una quindicina di canali TUTTO società occidentale contemporanea. Grazie nazionali (nel caso della Germania hanno alle serie, la tv non muore ma si trasforma; rilevanza anche le tv dei Laender, ma quello DA TELEFONO O se dieci anni fa i ragazzi parlavano degli è sul serio un paese federalista). ospiti della casa del Grande Fratello, oggi Persino negli Stati Uniti esistono pochi TABLET, COLLEGA discutono del “Trono di Spade”, “The Walnetwork nazionali, moltissime consociate LA TELEVISIONE king Dead” e, finalmente, di un prodotto locali e il gigantesco mondo delle pay-tv via italiano straordinario come “Gomorra”. cavo e satellite. Ma è proprio da oltreocea- PER INTERNET: Perché la modernità porterà con sé prono che arriva la grande lezione su come far grammi su malattie imbarazzanti e reality sopravvivere la cara vecchia televisione. È ED ESPLODONO sui parrucchieri, ma anche grandi racconti di pochi giorni fa la notizia dell’acquisto da che descrivono i mutamenti della nostra parte del colosso telefonico At&T del nu- REALTÀ NATE IN epoca meglio delle inutili chiacchiere di mero uno della televisione satellitare Di- RETE E DIVENTATE mille talk show. E solo quando la nostra rect Tv per la cifra monstre di 48,5 miliardi “vecchia” tv ne capirà lo spessore, potrà vidi dollari. Il via libera dell’antitrust USA è il FAMOSE vere senza timore la concorrenza dei nuovi media e i profitti multimiliardari di Yousegnale che aspettavano altri grandi gruppi Tube. pronti alla fusione, a cominciare da Com- ormai da qualche anno produce serie originali esclusivamente per il web e ha superato i 50 milioni di abbonamenti in tutto il mondo (35 solo negli Stati Uniti). Ma, dicevamo, in Italia Netflix non c’è. E se già fanno fatica a produrre le reti generaliste, figuriamoci se c’è spazio per qualcosa di diverso e più innovativo. Resta il fatto che l’erosione del pubblico televisivo è ormai un fenomeno costante, quasi metabolizzato dagli addetti ai lavori, costretti a fare i conti con numeri e percentuali molto distanti da quelli del passato e, dunque, pronti ad accontentarsi di risultati che un tempo avrebbero fatto esplodere un caso ai piani alti. Il caso più emblematico di questo radicale cambiamento di prospettiva dell’Auditel è il Grande Fratello. Il padre di tutti i reality, l’evento televisivo per eccellenza della tv italiana del Duemila, nel corso degli ultimi tre lustri (ha debuttato nel 2000), ha visto erodersi sempre più il patrimonio in termini di ascolti assoluti e share che aveva nelle prime edizioni: dall’edizione numero uno (condotta da Daria Bignardi e con Pietro Taricone tra i concorrenti) la media era stata di 9,8 milioni di spettatori, con la finale seguita da 16 milioni di persone. Roba da Sanremo o finale di un Mondiale, con uno share del 37% di media e del 59% in finale. Il calo, da allora, è stato costante e inesorabile. Il GF non è più una novità, è vero, e ormai la tv è così satura di reality che quei risultati oggi sono impensabili. Anche tenuto conto di ciò, tuttavia, non si può considerare fisiologico il più che dimezzamento dei risultati di allora: l’edizione 2014, condotta da Alessia Marcuzzi, ha racimolato una media di poco più di 4 milioni di telespettatori, con la finalissima che si è attestata sui 4,7. Pochino, in effetti, soprattutto se si considera che Endemol e Canale5 avevano messo in freezer per un anno il format, sperando di farlo tornare ai fasti di un tempo. Il paradosso figlio di questi tempi duri, però, è che i dati sono stati considerati soddisfacenti, tanto da meritare una quattordicesima edizione. È TEMPO DI VACCHE RACHITICHE, per la televisione italiana, tanto che programmi di prima serata che si fermano al di sotto del 10% di share vengono considerati dei grandi successi. Altro caso emblematico è quello di Pechino Express, l’avventuroso reality di RaiDue condotto da Costantino Della Gherardesca. La seconda edizione del programma ha ottenuto, in media, 1.955.000 spettatori e il 7,92% di share, e tutti parlano di successo. C’è da considerare, in questo caso, la crisi nera di RaiDue, canale alla continua ricerca dell’identità perduta, e anche la qualità del prodotto che è effettivamente alta, a prescindere da cosa racconta l’Auditel. Ma la felicità di Rai, critica e pubblico per i risultati di Pechino Express è innanzitutto figlia del calo di aspettative. La televisione italiana, in pratica, è come una vecchia signora piena di rughe, un tempo bellissima e che aveva gli amanti più giovani e più belli. Oggi, pur di continuare ad amare e a essere amata, ha abbassato l’asticella e si accontenta di quello che riesce a conquistare. Altro settore in crisi, e un tempo foriero di risultati, è quello dei talk show di approfondimento politico. Anche in questo caso la colpa principale è forse dell’eccessiva offerta, spalmata sui palinsesti quasi h24, ma i freddi numeri fanno paura. Programmi come Virus (RaiDue, condotto da Nicola Porro) e Matrix (Canale5, Luca Telese) portano a casa risultati quasi imbarazzanti per una emittente nazionale, ma anche in questo caso vengono confermati. E persino i colossi del settore come Porta a Porta e Ballarò cominciano a segnare il passo. Tutte le analisi sul crollo degli ascolti televisivi, però, rischiano di perdere efficacia se non si considera il vero assassino di Nostra Signora Televisione: il Web. Perché magari Netflix da noi non c’è, ma i siti (rigorosamente pirati) di streaming sì, e hanno sempre più successo. 6 DI TUTTI, DI PIÙ LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 Ultimo posto in Europa per diffusione L’ITALIA è indietro sia nella diffusione che nell’uso delle nuove reti di telecomunicazioni. È quanto emerge da uno studio di Ofcom, l’Autorità inglese di settore, che ci mette a confronto con Regno Unito, Francia, Germania e Spagna, evidenziando che siamo chiaramente ultimi sulla penetrazione delle reti ultra veloci, in linea con la banda larga di base ma ultimi nelle connessioni, e allo stesso tempo non brilliamo per prezzi attraenti. Al polo opposto è il Regno Unito, con alta diffusione e prezzi più bassi. Stando allo studio di Ofcom, che si basa su numerosi altri rapporti, in Italia la banda larga standard copre IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ ormai oltre il 95% della popolazione, in linea con tutti gli altri Paesi e con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea: tuttavia, le famiglie che scelgono e pagano il servizio sono solo il 50%, contro l’83% del Regno Unito, l’81% della Germania, il 76% della Francia e il 63% della Spagna. CARLO DEGLI ESPOSTI “Rai e Mediaset, senza banda larga dominano loro” di Alessandro Ferrucci P aradossi italiani: dietro un arretramento infrastrutturale, tecnologico e quindi, anche sociale, dovuto allo scarso sviluppo della banda larga, c’è un vantaggio, uno solo: “Non siamo stati colonizzati dal mercato statunitense come avvenuto per i francesi”, spiega Carlo Degli Esposti. Lui è il patron di Palomar, una delle più importanti case di produzioni nostrane, ora impegnata in Puglia per girare la seconda serie di Braccialetti rossi, ultimo successo trasmesso da Rai1; le logiche televisive le conosce, le vive, a volte le subisce, altre le rilancia, comunque ne fa parte. Partiamo dagli aspetti negativi... Anche perché sono maggiori. Vede, questi ultimi vent’anni di duopolio hanno danneggiato l’Italia, hanno impedito lo sviluppo di un mercato caratterizzato da una sana concorrenza; hanno chiuso la possibilità di ricchezza. Esistono dati? Eccome. Secondo uno studio realizzato tre anni fa dalla Fondazione Rosselli, il fatturato dell’Italia è cresciuto del 37 per cento, mentre quello inglese del 250, molto delle loro società sono entrate in Borsa. Quindi per rispettare gli equilibri del duopolio Rai-Mediaset, siamo indietro di un’era? Sì, a partire dallo sviluppo della banda larga. Come le dicevo prima i grandi network di distribuzione statunitense non entrano in Italia perché non gli conviene; realtà come Netflix (colosso americano dell’intrattenimento via web) sono ancora lontane da noi. Mentre in Francia... Hanno tentato di arginare le produzioni straniere con leggi a tutela nazionale, ma gli statunitensi hanno vinto lo stesso. Quale dovrebbe essere il ruolo della televisione pubblica? Lo sviluppo del mercato indipendente e audiovisivo. E l’informazione, no? Non è il mio campo, ma come è IL PATRON DI PALOMAR SPIEGA: “IL MERCATO È BLOCCATO DALLA MARCATURA STRETTA TRA I DUE COLOSSI. INVECE SAREBBE FONDAMENTALE INVESTIRE” strutturata, non credo abbia più senso, non ci sono soldi per seguire come un tempo gli aventi, e comunque, come è organizzata, non riesce a seguire la scansione delle notizie. L’elefantismo della Rai è un serio problema, drena denaro e riduce le risorse. Lei è parte in causa visto il suo ruolo in Palomar. Aspetti, le offro un esempio di cosa vuol dire “prodotto italiano” e cosa porta al Paese. Prego... Dopo anni di lavoro su Montalbano, la BBC inglese ha acquistato i diritti per una cifra non proporzionata agli ascolti ottenuti da noi, ma va bene così. E quindi? Ryanair si è reso conto del successo conquistato Oltremanica, ha verificato la richiesta di viaggi verso la Sicilia, sui luoghi dove abbiamo girato, e ha comprato tutti gli slot di Comiso. Cos’è questo se non sviluppo? Noi dobbiamo coltivare il nostro pubblico, raccontare la nostra storia attraverso la nostra cifra emotiva, un mix di cuore e pancia, e non scimmiottare le serie statunitensi. Lei parla di duopolio, ma esistono altre realtà come La7. Non paragonabile, ha causato solo una crepetta rispetto ai due colossi. Però la questione è Da sinistra: “I Delitti del BarLume”; “Il commissario Montalbano”; “Braccialetti Rossi”. Nel tondo Degli Esposti differente, e mi scusi se insisto... Sempre duopolio? A causa del crollo delle entrate pubblicitarie, Mediaset non si può più permettere la produzione di fiction, acquistano solo prodotti sudamericani, per questo si vuole limitare anche la Rai. Questione di equilibri. Sì, di duopolio appunto, si marcano, si immobilizzano, devono sempre e comunque viaggiare parallele. Occorre impedire che scelgano di morire insieme. Mediaset ha meno inserzionisti a causa della crisi? Anche, ma soprattutto perché non ha più un proprieta- rio-premier. Lei lavora con Sky. Un player importantissimo per lo sviluppo del mercato indipendente italiano, sono un’alternativa che può esplodere. Conosce e segue le nuove star del web? In alcuni casi ho visto fenomeni molto interessanti. Dal tono della sua voce avverto un “però” in agguato... No, sono realmente dei bravi artisti, ma devono fare attenzione a non sopravvalutarsi con troppa facilità. La riconoscibilità immediata li manda fuori giri? Esatto, e non gli consente di crescere con gradualità, come rischia Willwoosh (al secolo Guglielmo Scilla), ora impegnato in Rai grazie ad Agostino Saccà (ex dirigente per la televisione di Stato). La creatività è la base, ma va saputa gestire. La accuseranno di avere sessant’anni e di non comprendere il nuovo corso. Sicuro. Peccato che vent’anni fa ho prodotto il primo reality, girato a Bologna con sette studenti chiusi in un appartamento a raccontare se stessi, quando nello stesso periodo uno studio realizzato da Pier Luigi Celli per la Rai, spiegava come la televisione on demand sarebbe stata prevalente nel giro di due o tre anni. La storia ha raccontato altro... Twitter: @A_Ferrucci IL RACCONTO IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ Una vita fa, quando al mattino si leggevano i giornali, non c'erano centinaia di canali televisivi e non esisteva internet, editavo una “fanzine”: la realizzavo con un pugno di ragazzotti amanti del cinema, del trash, del brivido, del rock estremo e del fumetto di Mimmo Calopresti ATorino w Facevo i video perché costava meno che fare i film in pellicola, potevo raccontare la realtà in cui vivevo più agilmente o almeno così mi sembrava. Facendo un documentario in un campo zingari avrei conosciuto Remsia, una nomade che arrivava da Bagnaluca città di Bosnia. Nei pressi di un fiume sporco e inquinato aveva installato la sua reggia. Era una principessa nei modi e nelle espressioni, eletta dal suo popolo a capo Oltre lo schermo Mi è rimasto solo il tempo per il mare Chi è video perché costava meno che fare i film in pellicola, potevo racna vita fa, quando al REGISTA E SCRITTORE mattino si leggevano i contare la realtà in cui giornali, non c'erano vivevo più agilmente o Mimmo Calopresti è nato a Policentinaia di canali telealmeno cosi mi sembrastena nel 1955 ed è regista, scevisivi e non esisteva internet, io ediva. Facendo un docuneggiatore e attore cinematogratavo una “fanzine” (un giornalino di mentario in un campo tendenza realizzato da un gruppo di zingari avrei conosciuto fico. Il suo esordio come regista fanatici definizione da Wikipedia) Remsia, una nomade di film è del 1995 con “La seconche si chiamava Blood. La realizzavo che arrivava da Bagnada volta”; poi “La parola amore insieme ad un pugno di ragazzotti luca città di Bosnia. A esiste” (1998); “Preferisco il ruamanti del cinema, del trash, del Torino nei pressi di un brivido, del rock estremo, del fufiume sporco e inquinamore del mare” (2000); “La felimetto e ovviamente della scrittura. to aveva installato la sua cità non costa niente” (2002); Nel primo numero regalavamo inreggia. Era una princi“L'abbuffata” (2007). Lo scorso sieme alla rivista una lametta da pessa nei modi e nelle espressioni, eletta dal barba, il titolo della copertina era anno si è anche cimentato con la Tagliatevi, versare il proprio sangue fa suo popolo a capo della letteratura e ha pubblicato “Io e comunità. Niente c'erabene. Eravamo contro tutto e tutti e l'Avvocato - Storia dei nostri palo affermavano con grande faccia no state elezioni solo tosta. Ci piaceva parlare per slogan, una designazione. Pasdri”, Mondadori (2013). mostrarci incazzati, infelici e pronti sando qualche giorno a tutto. Nella Torino, ormai in dinel campo nomadi, scosfacimento produttivo, la Fiat coprii che nella cultura del minciava a scomparire dall'orizzonte delle nostre vite popolo del vento non esiste la scrittura. Il modo che ed io definitivamente smettevo di correre il rischio di usavano per comunicare tra loro era assolutamente diventare un operaio. Insieme ai miei amici avevamo innovativo: spedivano in tutta Europa delle video letaperto un locale che si chiamava Hiroshima Mon Amour, tere che giravano con delle mini telecamere che proe nel giro di poco tempo eravamo diventati dei reperti babilmente rubavano. Nelle baracche con poche suparcheologici della società industriale, solo qualche anno prima, in un epoca ormai dimenticata dal genere umano, distribuivo davanti ai cancelli della Fiat un volantino agli operai che entravano al mattino presto a lavorare in quel mostro di cemento e acciaio. Si entra che fa U LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 buio e si esce che e ancora buio c'era scritto e s'incitava alla rivolta quegli uomini e quelle donne che sembravano destinate ad una schiavitù eterna e che nel giro di un decennio sarebbero diventati solo dei disoccupati. Una vita fa c'era anche il terrorismo in Italia, c'erano i carceri speciali e i detenuti politici. Un giorno ricevetti l'invito di entrare in carcere nella sezione dei dissociati (categoria che definiva chi non si era pentito tra i militanti del partito armato, ma non era più disposto a continuare a combattere) dove incontrai un gruppo di giovanotti con lo sguardo ancora infuocato e febbricitante, che incaricò me e miei compagni della West Front Video di fare un corso di video in carcere. Ero stato scelto a quel compito grazie ai miei deliri stampati sulla fanzine Blood. Radio carcere mi comunicava inoltre che un mio un mio amico di cui avevo perso le tracce da anni mi avrebbe incontrato nei corridoi prima dell'uscita. L'incontro avvenne e fu commovente. Si era beccato dieci anni per spaccio. In quella vita chi veniva condannato non usciva facilmente di galera e lui era rassegnato a scontare la pena in quel luogo umido e buio. Mi saltò agli occhi subito la dura realtà. I politici, così come venivano definiti dai comuni, che avevo appena incontrato se la passavano piuttosto bene: patteggiavano le pene, ottenevano spazi comuni, celle aperte tutto il giorno e infine anche un corso di cinema che io avrei diretto. Per tutti gli altri una vita di merda come sempre. Nei sistemi coatti scorreva un fiume d'informazioni e il sistema riproduceva se stesso con grande precisione. Ai piani alti i figli della borghesia che avevano giocato alla rivoluzione e sotto di loro nell'inferno, i dannati della terra. Allora facevo i IPHONE IN MANO I ragazzi si filmano, si guardano, pubblicano su internet le loro “opere prime” LaPresse pellettili e molti letti per la numerosa prole, non mancava mai un grande televisore. L'immagine era la loro scrittura e il televisore era il loro quaderno. “Rubiamo” diceva Remsia “ ma noi siamo ladri di galline i politici rubano tutto e nessuno dice niente” Più avanti si scoprì che stava dicendo la verità. In quegli anni combattevo con tutte le mie forze per liberarmi dalle noiose e infinite riunioni politiche che infestavano la mia vita. Ho voluto fare i film per smettere di parlare e scrivere, che sembravano attività di un altro secolo. Mi ricordo una serie di personaggi che prendevano la parola e facevano finta di saperla lunga su tutto: i movimenti internazionali, l'economia, la storia della resistenza. L'ha detto Lenin dicevano e questo bastava a rendere tutto più vero. Io ascoltavo, non credevo quasi a niente ma speravo che in quelle parole ci fosse una soluzione alla mia vita di giovane proletario frustrato e annoiato. Poi tutto fini improvvisamente. I giornali, i film, la politica e la poesia, le televisioni e le radio libere sono scomparsi. Io approfittai subito della situazione e fui felice. Emigrai nel nulla e finalmente diventai cittadino del mondo : senza patria religione e ideologie. Tutto questo succedeva una vita fa. Oggi vivo come tutti attaccato al mio telefonino, alle pagine web al dibattito dei social, mi basta poco per andare avanti e comunicare: sono solo con l'universo a disposizione. La povertà è ricchezza dissi un giorno su un blog e diventai una star. Cominciai a frequentare studi televisivi dove dei ricchi signori, vestiti alla moda e con la parlantina sciolta si occupavano in continuazione dei poveri. Raccontavano le vite di quei miserabili con dovizia di particolari, si diceva che più il racconto fosse tragico più aumentava l'ascolto. I poveri, venivano rincorsi ovunque per essere filmati, l'ideale era intercettarli nel momento top della disgrazia. “Avete appena perso il lavoro?” “Si non abbiamo neanche più una casa la banca ce l'ha portata via” “Cosa daremo da mangiare ai nostri figli?”. Lo studio fremeva e l'indignazione saliva. Altre immagini mostravano gli immigrati che cercavano di saltare la distanza che li divideva dal mondo dei ricchi e annegavano a centinaia nel canale di Sicilia, i politici in studio strepitavano che non ce la facevano più a vedere quelle orribili scene, che bisognava fare qualcosa per quelle mamme e quei bambini, alcuni si commuovevano in diretta. Economisti dell'ultima ora, propinavano la ricetta giusta contro la crisi economica che aveva colpito il pianeta. Io mi rallegravo quando mi dicevano che lo spread era sotto controllo, la ripresa economica dietro l'angolo, finalmente pensavo si poteva ritornare allo spreco di massa e alla battaglia finale contro la povertà. Quando guardavo la televisione con mia figlia per farla addormentare dovevo cambiare canale, guardavamo insieme il Talent inglese o il Master Chef australiano, quando lei crollava, io giravo canale e ritornavo nell'eden dell'informazione politica: mi faceva sentire bene. Una sera, uno, un ragazzo che si spacciava per il nuovo premier italiano disse “Tranquilli ora cambia tutto la rivoluzione dei giovani è arrivata.” All'inizio tutti dicevano “È giovane forse ce la farà” gli credevano. Dopo qualche mese è ricomparso ingrassato e ingrigito, intorno a lui tutto era come prima, compresi quelli che dicevano che non ce la facevano più ad essere sommersi dal dolore e dalla miseria che li circondava. I suoi slogan invecchiarono velocemente insieme a lui e un giorno che ero particolarmente depresso presi il televisore lo portai al deposito rifiuti ingombranti e me ne liberai per sempre. Oggi vivo su isola senza nome, mi diverto a mandare in giro selfie e passo un sacco di tempo a non fare niente. Ho ricevuto dopo molto tempo un messaggio da mia figlia, è diventata una star della cucina e conduce una trasmissione sul web, mi ha allegato il file per collegarmi. L'ho cancellato immediatamente, non m'interessa mi è rimasto solo il tempo per per guardare il mare. Tutto il resto è noia. Oh no? 7 VOX POPULI “Caro Renzi, voglio questo” di Alessandro Ferrucci ROMA Rione Monti, tra romani con le valigie in mano, si torna dalle ferie, turisti italiani (pochi) e stranieri (tanti), chiediamo cosa vorrebbero inserire nello “Sblocca Italia” del governo Renzi. Flavia, 41 anni, ricercatrice. “Avvicinare il mondo del lavoro all’università”. Federica, 32 anni, indecisa. “Togliere l’articolo 18. Oh, però sono di sinistra...” Francesco, 38 anni, professione incomprensibile. “Un giorno al mese di vacanza in più”. Gabriele, 22 anni, studente. “Le sigarette costano troppo”. Chiara, 39 anni, architetto. “Una volta al mese accesso gratis ai musei”. Alberto, 42 anni, costruttore. “Regime fiscale dei minimi”. Tradotto? “Tu fidati...”. Giorgio, 69 anni, notaio. “Questo non ci capisce nulla. Ma proprio nulla”. Beatrice, 33 anni, negoziante. “Un lavoro, dopo Natale chiudo”. Patrizia, 49 anni, sindacalista. “Un depuratore a Fregene, c’è l’acqua color fogna...”. Cristiano, età non dichiarata, professione non dichiarata. “Una volta hai intervistato la mia compagna”. Bene. “Io non ho niente da dire”. Bene. “Siete comunisti”. Bene. Guglielmo, 19 anni, studente. “Sono stato bocciato”. E quindi? “Non ho voglia”. Giacomo, 36 anni, operaio. “Posso dire parolacce?”. Dipende. “Allora sto zitto”. Irene, 42 anni, insegnate. “Voglio meno burocrazia”. Lucrezia, 43 anni, negoziante. “Deve abbassare le tasse... (silenzio). Ma secondo te è ingrassato?”. Chi? “Renzi...” Davide, 41 anni, ex calciatore. “Non ci credo più a questi, ma zero”. Una richiesta? “Non me ne frega nulla, ora vado all’estero”. Luca, 38 anni, frettoloso. “Che vuoi? Fa caldo e non ho voglia”. Daniele, 39 anni, impiegato. “Gli asili nido! Ho due piccoletti, e uno lo devo mandare al privato”. Massimo, 51 anni, imprenditore. “Va riformato il mondo del lavoro, altro che cacchi...”. Twitter: @A_Ferrucci 8 L’ESTATE DELLA MIA VITA/ANNI ‘70 LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 Il filosofo che doveva fare il meccanico LA LEVA STUDENTESCA DEL 1945. Mario Capanna nasce a Badia di Petroia (frazione di Città di Castello) da Luigia Paci, casalinga, e Giuseppe Capanna, meccanico, il 10 gennaio 1945. A sei anni, penultimo di due fratelli e due sorelle, rimane orfano di padre. Sarebbe potuto diventare un bravo mecca- nico, come il padre e i fratelli o, in subordine, un buon insegnante di liceo. Il Sessantotto decise diversamente. Laureato in filosofia all’Università Statale (dopo l’espulsione dalla Cattolica a seguito delle lotte degli studenti), è attualmente presidente della Fondazione Diritti Genetici, scrittore, giornalista pubblicista, coltivatore diretto, apicoltore. Dal 2011 presidente del Corecom Umbria. Leader studentesco nel Sessantotto, segretario nazionale di Democrazia Proletaria fino al 1987, esponente ambientalista e pacifista. Tra i suoi libri (editi da Rizzoli e ristampati Non portava un eskimo innocente, ma per scelta. Guidò il Movimento studentesco a Milano per fondare Democrazia proletaria. Mario Capanna è stato latitante e finito a San Vittore tre volte. “Parlavamo col mondo, la stessa lingua con dizionario diverso. Non rinnego niente, vi dico perché” ERAVAMO FORMIDABILI NONOSTANTE I TERRORISTI di Emiliano Liuzzi Uno dei più importanti. er parlare di anni Settanta andrebbe stravolto il calendario gregoriano. Bisogna assolutamente partire dal 1968 e, diventa inevitabile che l'interlocutore sia Mario Capanna, il leader del Movimento studentesco. Perché a 25 anni era carismatico, vestiva con l'eskimo e fumava in continuazione Marlboro, rappresentava la forza di piazza unita a un'autonomia intellettuale che nessuno degli altri leader ebbe. Forse lo era Adriano Sofri che a Pisa, da Lotta Continua, e in maniera molto più elitaria e meno pragmatica, diffondeva il verbo. Se c'era un maggio in Italia era Milano, perché la controcultura lì nasceva, perché si respirava un vento mitteleuropeo che altrove non arrivava. Lotta continua, da Pisa a Torino e l'Autonomia operaia di Bologna e Padova, sconfinò ai margini della lotta armata. A Milano non accadde. E come avvenuto in Francia, anni dopo, a parentesi chiusa e verità storico giudiziarie perse per strada, i leader del Movimento diventarono classe dirigente. Come a Parigi. E anche questo ci impone di Mario Capanna che ha fondato ed è stato leader di Democrazia proletaria. Uscì dal movimento extraparlamentare per proseguire in quello che aveva creduto dentro al parlamento. Su questo Sofri fallì. Quella del 1981. Il giorno dei funerali di Michael Doerthy, morto dopo 66 giorni di digiuno in carcere. Chiedevano, lui e gli altri, di non indossare le divise della prigione, di poter ricevere posta, chiedevano – e lui che era stato eletto al parlamento lo fece con una credibilità che diventò internazionale – di non vivere in carcere nelle condizioni disumane alle quali erano obbligati. Il giorno del funerale c'erano cattolici, componenti dell'Ira (Irish Republican Army, ndr) col passamontagna. Una scena tragicamente plastica. I combattenti dell'Ira spararono dei colpi in aria in segno di saluto. Poi fecero sparire le armi e si tolsero i passamontagna, la polizia rimase inerme. Fu un momento di pace. Il più alto livello che la democrazia può raggiungere, la dimostrazione che non si combatte e non si vince a far la conta dei cadaveri. P E l'estate della sua vita, quella che non potrà mai dimenticare? La sensazione è che le guerre fino a qualche anno fa inorridissero il mondo in maniera diversa. Oggi ci sono scenari aperti ovunque e la sensazione è che tutto sia molto distante. E' cambiato qualcosa? È stato condannato senza reali fondamenti. Ma non assolvo Lotta continua. Sicuramente, e io che nasco nel 1945 dopo Hiroshima e partecipo al Sessantotto perché l'America si era infilata nella palude del Vietnam lo posso dire senza nessuna autoreferenzialità. Quando papa Bergoglio parla di terza guerra mondiale, sia pure per tappe, dice la verità, e contribuisce a scuotere la coscienza globale. Che non si compra con 80 euro. Sono quisquilie senza importanza. No, nessuno finì nelle Br o in Prima Linea. È un dato. L'argomento è complesso, ma uso poche parole che compren- Capanna, visto che siamo a questo, togliamoci il dente: Sofri è innocente o colpevole? Il pericolo del terrorismo nel Movimento l'avete mai vissuto? Forse anche perché a Pisa la polizia spara da subito. Voi, a Milano, andate il 7 dicembre alla Scala a tirare le uova alle signore in pelliccia e finite a parlare coi poliziotti. A Pisa, il 31 dicembre, parte un colpo di pistola e un ragazzo di 17 anni, Soriano Ceccanti, rimane paralizzato. E le guerre aperte e quelli che vogliono aprire nuovi fronti? dono anche i bambini: siamo andati a combattere in Afghanistan una guerra ai talebani che avevamo armato noi occidentali dieci anni prima. Oggi stiamo facendo il medesimo errore, la storia non insegna niente. Un giudizio sugli ultimi governi? Faccio mie le parole di Luciano Gallino: Berlusconi, Monti, Letta e Renzi sono i governi della catastrofe. Renzi non sarà Berlusconi, ma è Renzi. Eppure sono fiducioso. In che senso? Che usciremo anche da questa spirale di crisi, che finito questo capitalismo finanziario che ha arricchito pochissimi e impoverito la massa, finirà e si apriranno nuovi orizzonti. Siamo alle ragioni simili che accesero gli anni Sessanta e Settanta. Oggi non c'è rischio che l'impoverimento e le guerre portino di nuovo a qualcosa che sfugga poi alle leggi? La storia non si ripete mai. Ma il rischio che focolai si accendano esiste. E che non stiano necessariamente a sinistra. Anzi, il rischio è l'opposto. Ma non viviamo una situazione simile a quella che aprì la strada al terrorismo? No, era diverso. Noi iniziammo a occupare le università dopo che i ragazzi americani, a Berkeley, trovarono la cartolina che li spediva in Indocina a combattere una guerra assurda. E' la nascita di tutti i movimenti. Poi c'è il 1967 a Trento, il maggio parigino. Ma parlavamo una lingua universale fatta solo di un vocabolario diverso: avevamo le stesse rimostranze che avevano i ragazzi della nostra età a Buenos Aires e a Pechino. Ragioni diverse a Praga, ma stessa voglia di migliorare il mondo. DUOMO Capanna il primo maggio del 1970 Fotogramma Alla Scala fu un gesto simbolicamente riuscito su molti fronti. Non ci fu violenza, ma per la prima volta, è vero, parlammo coi poliziotti. Avevano 21 anni, avevano la nostra età. Erano lì, come noi, al freddo. A scortare i signori in smoking per un pezzo di pane. Vi costringono a sparare sui braccianti. Noi avevamo già vinto. Sofri prende la sua idea e la trasferisce alla Bussola. La prima volta che incontrai Ceccanti ho pianto come un ragazzino. Lui era in carrozzella, lo abbracciai forte e piansi, piansi molto. Senza dire una parola. Aveva 17 anni. E mi sentivo responsabile. Non l'ho mai detto a nessuno, ma fu uno degli incontri più forti della mia vita quello con Soriano. Dopo ha fatto tutto, con la forza di volontà di un leone, ha vinto molte paraolimpiadi, si è fatto eleggere in consiglio comunale a Pisa, si è sposato due volte, è andato a fare volontariato in Africa. E noi a guardarlo, a bocca aperta. E' l'incontro della sua vita? “Adriano Sofri è stato condannato senza fondamento. Ma non assolvo Lotta continua” “Io latitante da Giulia Crespi? Mai conosciuta. Quelli di Lc si rifugiavano da Caracciolo? Non so” “Faccio mie le parole di Gallino: Berlusconi, Monti, Letta e Renzi sono i governi della catastrofe” IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 9 anche da altre case editrici): Formidabili quegli anni (1988, Bur 1998), Arafat (1989), Speranze (1994), Il fiume della prepotenza (1996, Bur 2000), Lettera a mio figlio sul Sessantotto (1998), L’Italia viva (2000), L’uomo è più dei suoi geni (curatore, 2001). NEL 1972 Uno dei primi cortei del movimento studentesco insieme agli operai in centro a Milano Fotogramma sono anche loro tra le ragioni per le quali ripeto che furono formidabili quegli anni. Finiamola di parlare di terrore e pallottole. Ma se ne sparavano ogni giorno. Sì, ma nascevano anche cose come la Lega lombarda. E Bossi non c'entra assolutamente niente, anzi ci dovrebbe i diritti d'autore. Fu il manifesto delle persone, compresi Dario Fo, Giorgio Gaber, Camilla Cederna e mille altri ancora, che contribuirono a bloccare le due centrali elettronucleari in Lombardia che anche il Pci voleva. Lei Capanna è stato arrestato tre volte. Sempre innocente? Sì. Tutti in carcere sono innocenti. Elenchiamo gli arresti? Vada. 1969: sequestro di persona. Dicevano che avremmo sequestrato un professore che era rimasto l'unico a segnare il 15 sul libretto degli esami. Gli altri non lo facevano, avrebbero segnato la nostra vita universitaria. Non ne volle sapere. Ci parlammo. A modo vostro? Non ci fu violenza. Nel 1971 l'accusano di falsa testimonianza. Il giudice Antonio Marini voleva i nomi del servizio d'ordine del Movimento. Non lo sapevo. Difficile crederle. Sapevo benissimo, ma se li cercasse lui. Terza volta? Quando abbracciai Soriano Ceccanti piansi come mai mi era successo. Stava su una carrozzina, a 17 anni. Anche per colpa mia. Ma la scena che mi segnò la vita fu ai funerali di uno dei leader dell’Ira morto in cella dopo lo sciopero della fame” Il luogo comune vuole che abbiate fallito. Luogo comune, se ci mettiamo a leggere gli anni Settanta e iniziamo a non ragionare più in maniera affrettata forse si trova un verso. Gli anni Settanta certo, furono la strategia della tensione, il terrorismo. Ma fu anche il referendum sul divorzio e sull'aborto e l'approvazione dello statuto dei diritti dei lavoratori, gennaio 1970, che non ci sarebbe stato senza i ragazzi di allora. Cambiano i costumi, viene messa in discussione un'autorità obsoleta. stione processuale di Adriano, altra è quella di Bompressi e Pietrostefani. Chi erano le menti più brillanti della sua generazione? Marco Revelli, che fu tra i primi a prendere le distanze dalla violenza. Luigi Bobbio. Alexander Langer, il costruttore di ponti, quelli che servirebbero oggi verso il Mediterraneo. Ci E dunque Lotta continua su ordine di Sofri uccide Calabresi per risposta, tre anni dopo? Difendo Sofri, non difendo Lotta continua. Una cosa è la que- E dove si rifugia? Il segreto morirà con me. Come insegnano i combattenti partigiani bastava cercare molto vicino, mi avrebbero trovato. Casa di Giulia Crespi, l'editrice che al Corriere chiamavano la zarina? Dicono che Giulia Crespi si occupasse di dar rifugio ai latitanti del Movimento, l'altro editore, Carlo Caracciolo, apriva la sua tenuta di Garavicchio ai ragazzi di Lotta continua. Non siamo ancora riusciti a capire come sia morto Pino Pinelli, l'anarchico precipitato dalla finestra dell'ufficio del commissario Calabresi. È stato stabilito che non era nella stanza in quel momento, ma fu Calabresi a portare Pinelli in questura, a sospettarlo della strage. Qui mi fermo. Ma questa è la verità. No, scappo. Sì. Lo Stato deviato. Non c'è dubbio. Ormai è la verità storica che lo racconta, nonostante quella processuale si sia conclusa con un niente di fatto. Dunque, secondo lei, Calabresi è in qualche modo responsabile di quella morte? Quella volta però non si fa beccare Capanna? In centro a Milano? L'alba fu piazza Fontana? Sappiamo molto però. Sappiamo che Pinelli seguì Calabresi in questura con il suo motorino. Poi accadde qualcosa, ma lì dentro. Pinelli era un povero ferroviere e non seminava bombe. Entro dalla porta e uscì dalla finestra. 1973, quando viene ucciso dalla polizia lo studente Roberto Fraceschi alla Bocconi. Volevamo l'aula magna per un'assemblea e ce la negarono. Sequestro di persona. Il segreto morirà con me. Ma io non ho mai conosciuta la Crespi. A quasi settant’anni si fanno i bilanci? “Il commissario Calabresi non era nella stanza quando morì Pinelli. Ma fu lui a portarlo in questura, fu lui a interrogarlo. E c’è qualcuno che lo buttò dalla finestra” Sì, e sono un uomo sereno, aiutato dalla salute. Che ha una sua idea del futuro. Che non fa il quadro appeso alla parete in ricordo dei tempi andati. Presiedo la fondazione che si occupa di diritti genetici, porteremo a Expo uno strumento che mappa le produzioni Ogm e quelle naturali, già in uso in 162 Paesi. Formidabile Capanna. La metta come vuole. Sono in pace e nella condizione di non negare niente. Ho pianto per Ceccanti e per l'Ira. Per il resto eccomi qua. Stessa barba, tosse da fumatore. Resto un uomo libero. 10 Rai, quando in televisione ha vinto il cinico di Malcom V PERLE AL LIDO LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 DAL 1992 AL 1996 dentro a programmi televisivi come Fuori orario, Avanzi e Blob, (tutti trasmessi da Rai3) sono apparsi dei personaggi bislacchi, a volte surreali, altre volte impossibili da credere. Erano i protagonisti di Cinico tv, la trasmissione ideata, realizzata e girata dal duo Ciprì e Maresco. Il programma consisteva in clip che proponevano in- terviste condotte dai due registi a personaggi alienati, folli e squallidi sullo sfondo di una Sicilia desolata. Cifra caratteristica è il particolare bianco e nero delle riprese. I soggetti erano tutti rigorosamente di sesso maschile: non vi è posto per la femminilità nello squallore e nella desolazione assoluti. Tra i personaggi più importanti ricordiamo il ciclista Fran- Pagani oleva fare un film sulle ragioni del consenso berlusconiano in Sicilia. Si è ritrovato a seguire il settantenne Ciccio Mira, impresario locale di cantanti neomelodici a suo agio con omertà, nostalgia e paradosso. Per scoprire l’alchimia tra la dimensione corale della piazza palermitana, il sentimento popolare verso Silvio B. e la cultura individualista del ghè pensi mi, Franco Maresco ha dovuto perdersi e ritrovarsi. Prima e dopo l’epopea di Cinico Tv, un ribaldo ventennio fianco a fianco all’ex socio Daniele Ciprì, gli è capitato spesso. Dopo aver pensato alla rinuncia definitiva, Maresco ha cambiato oggetto d’indagine e prodotto a poco prezzo e in conclamata solitudine (complici Rean Mazzone con la distribuzione di Parthénos) un sublime trattato di antropologia contemporanea. Belluscone non è l’ennesimo film su Berlusconi, ma è molto di più. È un apologo sugli idoli. Sulle speranze liquide. Sulle sconfitte e sugli orizzonti che comunque non promettono vittorie. Un viaggio in un Italia senza direzione in cui si rimane fermi, impantanati ai blocchi di partenza. Un Videocracy senza traccia di moralismo, più vicino ai banchetti della Prima comunione che alle terrazze di Lele Mora. Con umorismo e ironica pietà, bianco e nero e colori, periferie, sudditi e regnanti messi sotto la lente d’ingrandimento di una semplice curiosità, Maresco ha restituito il senso di due universi inconciliabili. Quello della Palermo di ieri, legata al silenzio di una mentalità “associativa” in cui la parola Mafia non si pronuncia mai, i carcerati sono “ospiti dello Stato” e a loro non si nega un saluto in diretta tv da una delle mille antenne private che circondano il Monte Pellegrino e quella di oggi che è anagraficamente giovane, della Mafia sa poco o nulla, del 23 Maggio del ’92 e del 19 luglio dello stesso anno non ha memoria e ballando al suono di canzoni dal titolo profetico: “Vorrei conoscere Berlusconi” o imitando pubblicamente l’ex Premier come non accadrebbe mai in Brianza, nell’appendice del sogno di Arcore vede solo un trampolino per arrivare a cantare nello studio di Maria De Filippi. Portato fino a Venezia Per realizzare Belluscone, iniziato nel 2011 e portato a Venezia, sezione Orizzonti, tra gli applausi lunghissimi e convinti di pubblico e selezionatori, a Maresco è servito coraggio perché, suggerisce lui con disincanto che mai confina col piagnisteo: “La vita è un disastro”. A Venezia, in Sala Darsena, mentre centinaia di persone in piedi urlavano “Franco, Franco” battendo le mani, Maresco non c’era: “Non ce l’ho fatta a esserci soffro di depressione, una malattia. Parlarne è molto difficile, me la porto dietro da anni. L’ho prima sottovalutata e poi curata, ma in questi ultimi due mesi la situazione si è aggravata. Ho dovuto, voluto finire questo film nonostante non ci credesse nessuno e ora sono fisicamente e mentalmente provato”. Il sospetto è che il periplo sulla Palermo di oggi, la fotografia feroce che Maresco gli dedica, l’occhio da Ionesco fuori latitudine sui vizi di una landa marginale in cui lo Stato ha da tempo abdicato alle proprie funzioni, non farà sorridere proprio tutti: “Casini, con questo film ne avrò sicuramente. Io a Palermo vivo e con Palermo devo fare i conti”. Se Ciccio Mira, il suo David Zard di provincia con il gessato d’ordinanza, si è prestato a un racconto non sempre apologetico accettandone lo spirito di fondo: “Lo adoro, in fondo Belluscone è un film su di lui. L’ho seguito per due anni e mezzo innamorandomi dei suoi racconti in bilico tra mitomania e naturalezza, lui si è rivisto ed è stato fiero di partecipare”, altri lamenteranno attenzioni eccessive e conseguentemente, non c’è dubbio, si lamenteranno. Intanto c’è un ritorno, quello di un talento e di un’intelligenza che sembravano smarriti. Franco Maresco, 56 anni, la bestia rara che nell’Italia che pur lo ripugnava, Carmelo Bene avrebbe salvato volentieri trovandogli un posto sull’Arca: “Me lo ricordo ed è una delle pochissime cose di cui vada veramente fiero, però le dico la verità. Sono un pessimista e in fondo, mi atterrisce anche la reazione positiva del pubblico. Ho uno spiccato senso per l'inutilità delle cose, per le esagerazioni, per il microcosmo effimero che tutto trasforma, innalza e brucia in un istante”. Il dubbio di Maresco è “che non rimanga nulla” e che anche l’attesa dell’evento: “sia un giochino mediatico che interessa ai giornali, ma non mi appartiene”. Chi è IN COPPIA CON CIPRÌ Franco Maresco è nato a Palermo nel 1958 ed è un regista, sceneggiatore e direttore della fotografia, noto in particolare per il lavoro registico svolto in coppia con Daniele Ciprì, nel duo Ciprì e Maresco, nella serie di sketch di “Cinico TV” e in vari film. Insieme hanno diretto: “Lo Zio di Brooklyn” (1995); “Il manocchio” (1996); “A memoria” (1996); “Totò che visse due volte” (1998); “Noi e il Duca-quando Duke Ellington suonò a Palermo” (1999); “Enzo, domani a Palermo!” (1999); “Arruso” (2000); “Il ritorno di Cagliostro” (2003); “Come inguaiammo il cinema italiano-La vera storia di Franco e Ciccio” (2004). Da solo, senza Xiprì: “Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz” (2010). In un’epoca lontana: “Quando ero giovane e meno sfasciato di adesso, viaggiavo di più e ci credevo di più avrei sorriso. Oggi quella smania non esiste più e sono evaporati anche entusiasmi e speranze”. Ed è strano ascoltarlo, il lucido, ma cupo argomentare di Maresco, se si pensa a Belluscone, un’ora e mezza in cui si riflette non meno di quanto non capiti di ridere. Non gli interessava, dice il regista: “Distinguere bene e male i cui confini, come mi aveva già spiegato Gay Talese, sono labilissimi” ma raccontare la distanza tra giovani e vecchi. Tra un universo che comunica attraverso Facebook, ma per farlo ha ancora bisogno di chi della tecnologia, degli smartphone “e della loro violenta, sbranante intrusione nel quotidiano alla quale non mi rassegno e che fatico a tollerare” sa il minimo indispensabile. Quelli come Ciccio Mira. Gente che un proprio profilo Facebook, per ragioni di mera imprenditorialità territoriale lo possiede, ma ancora fida nelle mani strette vigorosamente alle vecchie del quartiere. Maresco sta con loro. E quando il patto salta, ci rimane male. Con Ciprì: “Con cui avevo in comune l’ascendenza familiare piccolo borghese, quando non adirittura proletaria”, l’antica amicizia sbiadisce nel ricordo: “Non ci parliamo da anni, dal 2007. Totò che visse due volte, con le sue faticose storie di censura frammiste ai casini privati dell’esistenza, fu il film che determinò una prima battuta d'arresto tra noi. Di crisi della coppia. In seguito, proprio a Venezia, qualcuno parlò di rinascita comune, ma forse eravamo forse troppo stanchi per ritrovarci davvero. Si era interrotto qualcosa e non trovammo il filo giusto per riannodare l’affetto. Daniele voleva fare altro. Lui si diverte fisicamente a lavorare intensamente e se gli togli il set, praticamente, gli spari. Daniele ama la tecnica e detesta l’inazione e lo stare soli con se stessi, mentre io non posso rinunciare alla solitudine e con il cinema ho sempre avuto un rapporto più sofferto e complicato. É chiaro che lui ha avuto, meritandola, molta più fortuna di me. È un direttore della fotografia straordinario, ha un’innata predisposizione per l’immagine ed è una macchina iperproduttiva che a volta DELL’UTRI Al centro uno dei momenti clou del film, con l’ex senatore, Marcello Dell’Utri “interrogato” dallo stesso regista su Berlusconi IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ LE STAR Al centro alcuni dei protagonisti della trasmissione Cinico tv, andata in onda su Rai3 cesco Tirone (deceduto nel 2001 a seguito di complicanze dopo un ictus che lo aveva colpito tre mesi prima), il pasciuto Giuseppe Paviglianiti, affetto da meteorismo, deceduto nel 2000, le “schifezze umane” Carlo e Pietro Giordano, il “terribile” Rocco Cane, i ridicoli fratelli Franco e Rosolino Abbate, il triste e afono Marcello Miranda, lo sconclusionato Giusep- LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 11 pe Filangeri, l'incomprensibile semi-afasico Fortunato Cirrincione (deceduto il 7 febbraio 2008 dopo una lunga malattia) e l'esagitato Natale Lauria (deceduto anch'egli). Molti dei personaggi di Cinico tv sono anche i protagonisti del programma di La7, I migliori nani della nostra vita (2006). Al Festival l’ultimo film di Franco Maresco , doveva realizzare una pellicola sul Caimano, si è ritrovato a seguire il settantenne Ciccio Mira, impresario di cantanti neomelodici a suo agio con omertà, nostalgia e paradosso. In centinaia hanno applaudito la proiezione, ma lui ha disertato: “Non posso, sono depresso” IN SALA Tre momenti del film girato da Maresco, “Belluscone”. Al centro è possibile riconoscere il critico cinematografico, Tatti Sanguineti ti fa chiedere ‘ma da dove cazzo prende tutta questa energia?’. Non nego che in un primo momento ho covato nei suoi confronti molta rabbia e molto risentimento. E indietro, quando provi sentimenti simili, nei rapporti umani non si torna”. Pausa: “Lui è ormai considerato malleabile, spendibile. A me invece è rimasta la patina di chi fa delle cose interessanti, ma in fondo resta inaffidabile. Forse nel dirlo mi faccio un danno da solo, ma posso assicurare che la mia aura maledetta è leggenda. La verità è che quando arrivo io, non so com’è, il budget è sempre esaurito”. Se l’alterco con Ciprì non è più reversibile: “Lui sa perché abbiamo litigato, ma io la ragione non la svelerò mai. Spero per lui che le scelte che ha fatto lo facciano stare bene. E chissà che poi non avesse ragione lui” rimangono intatte le ragioni, “la rabbia” che, giura Maresco, fu la scintilla iniziale del navigare comune. “Da ragazzino ero pazzo del cinema americano classico, quello dei perdenti, del destino che alla fine non lo fotti mai ed è sempre lui a fottere te. Sono passati i decenni, ma continuano a piacermi le storie degli sconfitti, degli illusi che si perdono per vanità e ambizione”. Nell’immaginare Belluscone, Maresco è stato così umile da cancellare il progetto iniziale: “Un’inchiesta su Berlusconi” per divagare altrove: “Volevo fare una cosa alla Santoro, ma a un certo punto, dopo aver intervistato decine di giornalisti, mi sono accorto che non sarei stato in grado di trovare la chiave giusta”. Così Maresco ha cambiato radicalmente prospettiva, lasciando in Belluscone alcune perle dello slancio originario. In Belluscone, su un trono in lontananza, si vede anche un inedito, rilassatissimo Marcello Dell’Utri, parlare liberamente delle fortune del vecchio amico lombardo sull’isola natìa. “Lo chiamai: ‘Sono Maresco, forse lei si ricorderà di Cinico tv e magari quell’esperimento le faceva anche schifo”. Lui fu gentile: “Lo trovavo un po’ greve, ma mi piaceva. Vediamoci”. Si videro. A metà incontro, quando Dell’Utri dice che se Berlusconi raccontasse la sua vera storia uscirebbero “verità tremende”, l’audio si interrompe, si imbizzarrisce, diventa incomprensibile: “La storia dell'audio interrotto è vera, avrei voluto uccidere il fonico. So che sembra assurdo, ma tutte le cose più apparentemente assurde che si vedono nel film sono vere. Io sono superstizioso e come saprà, più si è superstiziosi e più si attirano gli eventi negativi. In quel caso specifico, una spiegazione razionale non c’era. Il fonico, un amico, era ed è un professionista fidatissimo, ma nonostante un estremo tentativo di recupero, non ci fu niente da fare”. L’intervista con Dell’Utri, dice Maresco, gli ha insegnato tante cose: “La prima è sui rapporti ancestrali che legano le anime della mia città. Non avevamo un soldo e volevamo girare in teatro. Dopo aver girato per le famose sette chiese, chiediamo aiuto proprio ai salesiani. Fanno un prezzo, poi vengono a sapere della presenza di Dell’Utri e come per magia il prezzo cambia e diventa quasi inesistente”. L’intervista interrotta Sorride finalmente Maresco, sorride a questo piccolo grande film: “che consideravo perso e che grazie all’aiuto di fratelli come Pietro Marcello e Tatti Sanguineti invece è sopravvissuto come una creatura di Frankenstein agli scherzi del destino”. Sorride anche a se stesso. Al suo domani. Alla sincerità. A un nuovo via che in qualche modo prenderà il largo: “Lo spero e ci credo perché vivo di questo. Alla mia età è difficile ricominciare facendo altro. Quando uno ha costellato la propria esistenza di errori e io sono una di quelle persone che non ha costruito un futuro per sé e ha sperperato le grandi occasioni che la vita mi ha messo sotto il naso, a lavorare sei costretto . Però quando una cosa la voglio fare veramente, la faccio. È vero, ho le mie asperità caratteriali e vivo a Palermo che è ancora un luogo periferico. Servono carattere e forza, energia e pelo sullo stomaco per uscirne”. Maresco non dice dove li troverà, ma Belluscone è un indizio di non poco conto. 12 LEZIONI DI SPORT LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ 13 • VELA L’atleta w Deve essere logico, pratico. La coordinazione passa dalla logica. Mentre con i bambini bisogna guardare all’istinto. Nella regata entrano in gioco l’interpretazione, insieme a fantasia ed estro. Perché in gara non esiste quasi mai una strada sola, devi trovare la tua. In acqua è bene mantenere un po’ di timore e rispetto, esattamente come per la montagna, è una questione di vita, la troppa sicurezza può far sottovalutare dei pericoli reali. È vero, non è uno sport a buon mercato: oltre ai materiali da acquistare, bisogna anche viaggiare molto e lontano ALESSANDRA SENSINI “Si vince con esperienza e tanta crema solare” Chi è LA REGINA DELLA VELA Nata a Grosseto nel 1970, ha partecipato a cinque olimpiadi. La prima nel 1992 a Barcellona (settima); ad Atlanta 1996 è bronzo; a Sydney 2000 finalmente l’oro; 2004 ad Atene è bronzo, Pechino 2008 argento; in sette mondiali (da Perth 1997 fino a Kerteminde 2010) ha conuistato tre medaglie d’argento e quattro ori. IN GARA di Alessandro Ferrucci A lla fine della chiacchierata, proprio alla fine, dopo aver parlato di correnti, venti, materiali, imprese, carattere e altro, Alessandra Sensini, la velista più titolata e vincente di tutti i tempi, si raccomanda: “Oh, prima di andare per mare, è fondamentale proteggersi con la crema solare, abbondante”. Non lo dice con il tono della mamma, della zia o del medico, ma quello pacato di chi ha esperienza, di chi vive da decenni l’acqua salata e con ogni temperatura; il tono di chi ha affrontato tutti gli oceani con una tavola e una vela; tutti i mari e i laghi sempre con una tavola e una vela. E quindi sa quanto contano gli aspetti pratici nella vita. A febbraio è stata nominata Direttore Tecnico della Squadra Nazionale Giovanile di vela e responsabile di tutta l’attività Under 16 e Under 19 della Federazione Italiana Vela. Secondo lei, a che età è giusto iniziare? Tra i sei e gli otto anni, dipende dalla maturità del bambino, magari con un optimist, o un windsurf con tele e tavola proporzionati al piccolo. Una vecchia regola sentenzia: mai dare per scontato il mare. Mai! Mai sottovalutarlo, bene mantenere un po’ di timore e rispetto, esattamente come per la montagna, è una questione di vita, la troppa sicurezza può far sottovalutare dei pericoli reali. Ci vuole testa. Tanta, tantissima. Le racconto un episodio recente: ad agosto ho accompagnato i ragazzi alle Olimpiadi giovanili di Nanjing in Cina, con gare dal 18 al 23 e con 21 segnato come giorno di riposo. Programma serrato. Coma accade in queste occasioni, ma il “però” è un altro: ci alzavamo alle sei del mattino per poi affrontare un’ora e mezzo di autobus, in modo da raggiungere il campo da regata entro le otto. Lì gli atleti dovevano aspettare anche fino alle 17 prima di scendere in acqua e a volte c’era così poco vento (solo 3 nodi) da obbligare gli organizzatori ad aggiornare o annullare il programma. Sa cosa vuol dire? Vince chi resta tranquillo e concentrato. Esatto. Ma l’attesa fa parte del gioco, devi imparare a gestire, a capire qual è il momento Ci vuole esperienza. Molta. Non a caso l’età media in questo sport è di 28 anni, la più alta tra le discipline; devi conoscere ogni campo di regata, ogni sua sfumatura può diventare decisiva per il risultato finale. CREMA PROTETTIVA Non è secondaria, anzi. Se poi si sta male, si rende poco CREMA IDRATANTE Stessa storia di quella “protettiva”, bisogna salvare la “macchina” umana CONTROLLARE I MATERIALI Ci vuole tempo e pazienza, ma si evitano imprevisti Oltre l’esperienza, l’intuito. E qui esce il bello, entrano in gioco l’interpretazione, insieme a fantasia ed estro. Perché vede, in gara non esiste quasi mai una strada sola, devi trovare la tua. Sembra la metafora della vita. In qualche modo lo è, ci sono dei campi di regata nei quali la scelta è quasi obbligata, è disegnata, quindi devi solo seguire; altri in cui esce maggiormente il tuo valore aggiunto. I ragazzi come hanno reagito? Alcuni li vedevi sotto pressione, bastava guardarli negli occhi. Mica sei in palestra, dove tutto è sotto controllo, hai le comodità, il riscaldamento, la doccia. Noi eravamo sotto dei tendoni, un caldo mortale e buttati a terra. Lei, da agonista, come combatte o combatteva questi momenti di stallo? Ne ho passate tante e piano piano ho trovato la mia “cifra”; ho capito quale era il momento per caricarmi con la musica; quello di rilassarmi con un libro; o come, cosa e quando mangiare. È uno sport per chi se lo può permettere. In parte è vero, non è proprio a buon mercato, anche perché c’è un dato logistico importante: devi muoverti, devi viaggiare per seguire le varie competizioni. Oltre all’acquisto dell’attrezzatura. Il momento critico è il passaggio dalla classi giovanili a quelle olimpiche, lì i costi si moltiplicano. LA FEDERAZIONE Quindi si comincia dopo, rispetto ad altre discipline sportive. Qui non è il tennis, qui non ci confrontiamo con palline e racchetta; chi sale in barca deve affrontare due elementi come mare e vento, sempre variabili e di difficile lettura. giusto per rilassarti e quello per riscaldarti. Devi capire quando è opportuno mangiare e quando è meglio restare leggeri. TROPPO SOLITARI Mai andare per mare senza avvertire qualcuno di dove siamo IGNORARE IL TEMPO La temperatura a riva non corrisponde a quella in mare. È necessario coprirsi in maniera adeguata ALIMENTAZIONE Bisogna stare molto attenti, evitare inutili abbuffate L’Italia vanta quasi 113mila tesserati e 735 società veliche IN ITALIA i tesserati sono 112.706 con 735 società veliche affiliate. Il Lazio è la regione dello Stivale ad offrire il maggior numero di atleti: 14.058; poi la Liguria (13.692), a seguire la zona che comprende Toscana e Umbria (oltre i 9.000). Sempre il Lazio ha a disposizione il maggior numero di circoli velici affiliati: 92, seguono la Liguria (76) e sempre la Toscana-Umbria (73). Nle 2013, in Italia, sono state organizzate oltre 400 manifestazioni veliche e su tutto lo Stivale esistono oltre 500 scuole di vela (65 nel Lazio; 59 in Toscana-Umbria e 53 nella sola Liguria). Qualche esempio? Per un windsurf circa diecimila euro, ma saliamo, e di molto, con una barca a vela da quattro metri e settanta. Eppoi spesso va aggiornata l’attrezzatura. Alessandra Sensini durante una delle sue numerose regate Ansa Grazie ai suoi successi il movimento ha beneficiato di tanti piccoli “Sensini”. Io sono di Grosseto e i primi tempi mi ha seguito un gruppo di ragazzi di dieci, dodici anni. È stato bello. È più difficile imparare a leggere il vento o le correnti? Sono tutti e due elementi complessi, e come dicevo prima ci vuole tempo e pazienza per capirli, ma credo sia più complicato imparare a interpretare il vento. Cosa, in particolare? È sempre diverso e in un attimo può cambiare di consistenza, quindi muta anche la pressione sulla vela. Il mare lo senti e lo vedi di più, a partire da come increspa l’acqua. Sono importantissimi anche i materiali. Negli ultimi anni hanno avuto una evoluzione incredibile. La Coppa America è più estrema della Formula1. Quello è un altro livello, lì siamo al top, lì la tecnologia è fondamentale. Mentre nelle classi Olimpiche... Sono dei monotipo, con regole precise e restrittive, devono emergere le capacità dell’atleta e non del mezzo. L’ultima moda nel mondo della vela è il kitesurf (una tavola con una vela a forma di “aquilone”). Lei lo pratica? Certo! Ma guardi, io non sono attendibile, a me basta stare in mare conta solo questo. Comunque lo utilizzo e mi piace ed è anche un po’ più semplice del windsurf. Inoltre occupa meno spazio in automobile. Qualità fondamentale per un velista? (Silenzio prolungato) La logica. Come, scusi? Un atleta deve essere logico, pratico. La coordinazione passa dalla logica. Difficile puntare sulla logica anche con i bambini... In questo caso un istruttore deve guardare all’istinto. Twitter: @A_Ferrucci UNA GIORNATA PARTICOLARE IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 13 Chi è L’incontro w Milanese di origine e romano di adozione, la sua fotografia è nella collezione permanente del Moma di New York. L’amicizia con il regista risale all’estate del 1976, quando si conobbero casualmente in Sardegna “persi tra le strade sterrate e polverose” Insiemeperanni w “Fu la prima di numerose e belle estati. La qualità più travolgente di Michelangelo era il suo grande stile. La ricerca della qualità in tutte le cose. Oggi questa forma di attenzione, di sensibilità assoluta per i dettagli purtroppo non esistono più” FOTOGRAFO E PRODUTTORE Gianni Massironi è un fotografo, autore, produttore e regista. Ha incontrato Antonioni negli anni Settanta e da lì è iniziata una lunga amicizia e collaborazione. Gianni Massironi “Io e Antonioni: trent’anni amici, fino alla fine” di Cristiana Panebianco D alla stazione ferroviaria di Attigliano arriviamo a Bomarzo, l’antica Policastrum in piena Tuscia viterbese a un soffio dai confini umbri tra un bosco millenario impenetrabile e il parco dei mostri voluto dal principe Pier Francesco Orsini detto Vicino “sol per sfogare il core”. È qui che inizia la nostra giornata particolare attraversando una strada impervia che all’improvviso regala una panorama struggente. Lo ammiriamo dalla casa di Gianni Massironi, milanese di origine e romano di adozione, la cui fotografia è nella collezione permanente del Moma di New York. “TUTTO QUI È RIMASTO immobile come mil- lecinquecento anni fa. Quando ci portai Michelangelo Antonioni a vederla mi guardò perplesso: perchè Bomarzo? Non capivo la domanda e solo dopo mi spiegò che il suo terzo documentario l’aveva girato proprio lì, documentario che poi è andato perduto e solo pochi anni fa è stato ritrovato, per caso, in una cineteca del Friuli.” Profezia di un’amicizia che è durata ben trentuno anni quella tra Massironi, poco più che ventenne e Antonioni. Ma come si fa a incontrare Antonioni per un giovanissimo e promettente sociologo impegnato – dopo i moti del ’68 – nel sogno di riformare l’università italiana prendendo a modello quella “critica” di Francoforte? È necessario un passo indietro. “Facevo parte di una Commissione sperimentale insieme a Mauro Rostagno, Marco Boato e Corrado Brigo – racconta Massironi – con i professori Andreatta, Alberoni e Bobbio. In FONDATA SUL LAVORO di Giulia Zaccariello quegli anni situo la mia vera nascita, quella in cui ho sognato la possibilità di realizzare un progetto di Riforma che mettesse al primo posto l’importanza di una università di massa scientificamente qualificata. Un sogno infranto dalle stragi di piazza Fontana e da quelle successive e dalla situazione critica del paese che ha bloccato ogni tentativo di un serio riformismo che incidesse sulle strutture basilari italiane in ogni campo”. Massironi non si arrende però e l’attrazione per il cinema insieme alla voglia di dare un contributo al cambiamento lo porta a Parigi, nella casa in cui Lenin ha vissuto prima della Rivoluzione d’ottobre. Lì realizza un corto che rappresenta il primo successo della sua vita intitolato The lack: l’assenza della rivoluzione, appunto, che apprezzato da Rossellini lo porterà al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Ma torniamo al Maestro. Il primo incontro con Massironi avviene nell’estate del ’76 in un tratto della costa nord della Sardegna: “Quel pomeriggio ci eravamo persi tra le strade sterrate e polverose, non riuscivamo a trovare la strada di casa. All’improvviso e a gran velocità sentiamo arrivare una macchina, mi sono affrettato a bloccarla e, in una nuvola di polvere, si è materializzato proprio lui, Michelangelo Antonioni. Gelidamente ci ha fornito tutte le informazioni per ritrovare il percorso ed è ripartito subito con un balzo, di corsa. Qualche ora più tardi verrà a farci visita la sua assistente per portarci l’invito a cena del Maestro. Quella fu la prima di una serie di numerose e bellissime estati insieme. La qualità più macroscopicamente travolgente di Michelangelo era il suo grande stile. Si dice che lo stile è l’uomo fiuti gli procurarono molta tristezza ma mai scoraggiamento”. Aveva quasi novantacinque anni quando è morto. Era il 30 luglio del 2007. “Eravamo appena rientrati dalla sua casa di campagna insieme a Stella, la sua fedelissima assistente. Ricordo che si fermò sulla porta e guardandomi disse: basta. La sua vista si era ridotta per una patologia progressiva che pian piano gli aveva tolto ciò che per lui era la cosa più importante: lo sguardo. La capacità di filtrare il mondo e di caAl centro Michelangelo Antonioni; a destra Gianni Massironi Ansa pirlo prima degli altri, per poterlo raccontare. Smise di mangiare. Beveva solo ma Lacan precisa lo stile è l’uomo a cui ci si del tè e ascoltava musica. Ha vissuto così gli rivolge. Nulla è più vero nel caso di Antonioni. ultimi giorni della sua vita scegliendo di morire La ricerca della qualità in tutte le cose. Oggi come desiderava: con stile, a suo modo. Non questa forma di attenzione, di sensibilità e di era un credente, aveva una visione della vita cura estrema per i particolari non esistono più. cosmica, non temeva la morte perchè la conOggi, nella maggior parte dei casi, ci sono dei siderava un fatto naturale, semplice. Diceva nani e il confronto è impossibile”. sempre: ‘proprio perchè c’è la morte dobbiamo “Sembrava freddo, era la sua corazza, forse ci vivere fino all’ultimo minuto’. Per chi fai i film giocava un po’ per poi sorprenderti con geniali gli chiedevo? Faccio i film per uno spettatore illuminazioni: ammiravo la sua vitalità, era un ideale che è me stesso quando sono al massimo: perfetto trentenne di settant’anni. Dormiva così diceva. Oggi non esiste più questo rigore sempre e solo tre ore per notte. Alle cinque del ma soltanto una rincorsa al peggio eppure c’è mattino era già tra i suoi fiori, per innaffiarli.” un pubblico che vorrebbe e che meriterebbe quel massimo. Una nazione che dimentica e DIFETTI? “L’impazienza, sì. Era un uomo che rimuove i suoi uomini migliori non ha futuro.” ‘faceva’ e fu anche ferito da un ‘sistema’ che non Il museo Antonioni a Ferrara attende di essere voleva capire. Alcuni suoi film furono bloccati aperto da circa venti anni. Forse è arrivato il anche dopo settimane di lavorazione. Quei ri- momento di dire un altro “basta.” IL PIADINARO LA STORIA “La piadina perfetta? Nasce dalle condizioni meteorologiche” vere la ricetta migliore non basta. E nemmeno ingredienti eccellenti e ripieni di stagione. Niente da fare, A tutto questo non è sufficiente. Per la piadina perfetta, tonda e sottile, capolavoro di profumi e gusti antichi, bisogna essere capaci di annusare l'aria. Come fanno i pescatori. Sì, perché la prima regola per qualsiasi piadinaro è quella di andare sull'uscio della porta, prima ancora che in cucina. E da lì studiare la temperatura, capire l'umidità e sentire la direzione del vento. “È il passaggio principale, quello più delicato”. Solo dopo essersi improvvisati meteorologi si potrà andare in laboratorio. E in quello della signora Lella, all'anagrafe Gabriella Magnani, nessuno ha mai visto un conservante, un colorante e nemmeno un freezer. È anche per questo che, in quasi 30 anni, da piccola bottega il suo negozio è diventato un'istituzione tra le vie di Rimini. Di qui è passato anche lo chef pluristellato Massimo Bottura, che alla piada della Lella ha dedicato una ricetta a base di pesto modenese. Un tempio della cucina povera il suo, dove ogni giorno s'impastano centinaia di piadine e cassoni. Piatti nati nelle case spoglie dei contadini, preparati più per sfamare che per saziare, la cui ricetta affonda le radici in terra di Romagna, là dove le colline si tuffano nel mare. “Quando ero bambina, la piadina era il pane della miseria. La donna impastava e stendeva. Il marito, dopo, cuoceva. Poi si riempiva di tutto quello che si aveva in casa”. Sessantaquattro anni, ne ha passati cinquanta al calore dei fornelli. Inizia nei ristoranti sul mare, ma lo stipendio non le basta. Così prende LA PRIMA RICETTA NEL 1371 Fin dagli antichi Romani ci sono tracce di questa forma di "pane". La prima testimonianza scritta della piadina risale all'anno 1371. Nella Descriptio Romandiolae, il cardinal Legato Anglico de Grimoard, ne fissa la ricetta. per mano sua figlia Marina e comincia a girare la città, in cerca di un locale dove MARCHIO IN TRENTA PAESI aprire una piadineria. Lei, figlia di un imAll'estero, il marchio Piadina è registrato in prenditore e di una contadina, trova il mopiù di 30 Paesi da una ditta svizzera (Renzi do per unire il fiuto per gli affari alle ricette AG) alla WIPO e non può essere prodotto o imparate da sua madre. “Era il 1986. Fadiffuso senza l'autorizzazione. cevo solo 5 tipi diversi di piadina. La compravano gli anziani, che chiedevano sempre la stessa cosa: piada con squacqueroLA PIADA NELLE POESIE DI PASCOLI ne”. fu il poeta Giovanni Pascoli a dare dignità Poi la crisi cambia il vento e rovescia le culturale alla piadina raccontandola. In varie prospettive. Spinge a rivalutare i cibi posue opere Pascoli parla del “pane di Enea”. veri, a rendere giustizia ai sapori di strada, “Lella” Magnani, piadinara riminese forse poco nobili, ma molto graditi al palato e al portafoglio. “All'inizio pensavo di durare 3 anni al massimo”. E invece non solo i clienti si anche 600 pezzi in una volta sola. Con la pasta poi si fanno moltiplicano, ma anche i locali, che diventano due a Rimini e delle palline da far riposare in frigo”. uno a Manhattan, dove suo figlio ha aperto una piadineria. Una volta tirate fuori, si stirano e si lasciano riposare ancora. “Qui a Rimini è vietato il lievito. Si usa solo farina, acqua, sale “Devi dar loro il tempo di rilassarsi”. I dischi vengono poi marino e strutto. Quest'ultimo è calato in caldaie aperte, e cotti per qualche minuto su lastre di ferro di 7 millimetri, a non ha mai più di venti giorni”. Si può scegliere la piadina ai fuoco violento. Il risultato è un disco dorato, sottilissimo, di cereali, quella al rosmarino o quelle all'olio. Per non parlare 30 centimetri di diametro. Profumato e delizioso. “Il segreto delle farciture. C'è ogni tipo di ben di dio: salame e pecorino è avere la cura di trattare la pasta come una cosa viva. È questo di Pienza, rucola e sardoncini, robiola e la coppa. Solo pro- l'insegnamento più importante che mi ha lasciato mia madotti di stagione. “Si comincia a lavorare alle 8, ma solo dopo dre”. aver valutato la temperatura e il livello di umidità, così da sapere quanta acqua usare. Se si sbaglia si possono buttare via 14 LA SUA AFRICA LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 “Rispettare le diverse religioni” di Benedetto XVI * SIGNOR ambasciatore, è per me un piacere accogliere Sua Eccellenza in occasione della presentazione delle lettere che la accreditano co- me ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Marocco presso la Santa Sede... ... Lei ha sottolineato il contributo del suo Paese al consolidarsi del dialogo tra le civiltà, le culture e le religioni. Da parte sua, nel contesto internazionale che conosciamo attualmente, la Chiesa cattolica resta convinta che, per favorire la pace e la comprensione tra i popoli e tra gli uomini, sia necessario e urgente che le religioni e i loro simboli siano rispettati, e che i credenti non siano oggetto di provocazioni che feriscono la loro condotta e i loro sentimenti religiosi. Tuttavia l'intolleranza e la violenza non possono mai giustificarsi come risposte alle of- CAMBIARE SENZA GUERRA Marocco, è tutto in mano a Re Mohammed VI di Stefano I Feltri Marrakech l centro di Marrakech, la città più vivace del Marocco, è caotico. Il traffico sembra non seguire alcuna regola apparente, tra asini, auto, carri e biciclette. I marocchini sul motorino, senza targa, sono tanti. Stranamente quasi tutti hanno il casco. “Merito del re, un giorno è arrivato qui in città e ha chiesto: perché qui girano tutti senza casco?”. Dal giorno dopo guai a chi era a capo scoperto. E perché caffé e ristoranti sono così attenti a non invadere i marciapiedi? “Un giorno il re si è lamentato che a Marrakech non si riusciva a camminare perché i tavolini ingombravano il passaggio. La mattina dopo c’era una ruspa pronta a spianare chi non aveva recepito il messaggio”, ti spiegano. Mohammed VI è un sovrano misterioso, amato, riservato, con un presa fortissima sul Paese, ma abile a esercitarla trasmettendo un senso di apertura, di progresso. In questi giorni si celebrano i 15 anni del suo regno, le rare edicole del Paese col più alto tasso di analfabetismo del mondo arabo espongono settimanali con copertine identiche: tutte dedicate a lui, Mohammed VI, “dal sultano al re”, titola il magazine in francese più diffuso, Tel Quel. Pil Il keynesiano del Maghreb A modo suo Mohammed VI, 51 anni, è un caso mondiale: l’ultimo re a guidare davvero un grande Paese – 30 milioni di abitanti – e con un certo successo: il Marocco cresce, Pil +3,9 per cento nel 2014 (ma la ricchezza annua prodotta è meno di un decimo di quella dell’Italia, 104 miliardi di dollari) e disoccupazione al 9,1, è riuscito a evitare le illusioni delle primavere arabe del 2011 e le successive tragiche conseguenze grazie all’intuito del sovrano che ha combinato riforme progressiste e concessioni agli islamisti conservatori. Il suo patrimonio IL SUSSIDIARIO personale, calcola Forbes, è di 2,5 miliardi di dollari, perché non c’è praticamente alcuna distinzione tra beni dello Stato e beni del sovrano, questo lo rende più ricco della regina Elisabetta. Eppure di lui si sa pochissimo. Dieci anni fa, nel libro “Marocco, romanzo” (Einaudi), lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun lo definiva “uno degli esseri meno RE E COSTITUZIONE intellegibili del Paese”. Una Il Marocco è una monarchia volta, a una festa, Alain Delon costituzionale: l'attuale sogli ha chiesto l’autografo. Il vrano è Muhammad VI, e il monarca era perplesso capo del governo è Abdelildall’inversione dei ruoli. Polah Benkirane. Le lingue ufche le informazioni disponificiali del Paese sono l'arabo bili, tutte incerte: “È un uomo e la lingua tamazight. riservato, ossia discreto, così discreto che detesta la società ABITANTI TRIPLICATI dello spettacolo. È un lettore Nel 1961 il Marocco contava (si è appassionato alle Benevole di Johnatan Littel), pare 12 milioni di abitanti, menche ami i film indiani popotre attualmente la popolalari, quelli di Bollywood, inolzione arriva a 33 milioni, tre è un grande intenditore di quasi triplicata. pittura, in particolare degli orientalisti del XIX secolo. ISLAM E CATTOLICI Compra anche opere di pitLa maggior parte dei matori marocchini contemporarocchini professa l'Islam. nei, così ha rilanciato il merOltre ai musulmani in Macato dell’arte in Marocco. rocco sono presenti circa Non ama il rumore, il bacca80 000 cattolici, per lo più no, le cerimonie interminabifrancesi, e 8.000 ebrei. li, la perdita di tempo e ha CITTÀ Alcune immagini di Marrakech e al centro il sovrano Mohammed VI, di cui si celebrano in queste settimane i primi 15 anni di regno LaPresse un’alta nozione del suo ruolo”, scrive Ben Jelloun. Preferisce “parlare con i fatti”, come ripetono all'unisono i giornali marocchini. I fatti ci sono, perché Mohammed VI assomiglia alla figura che tanto piace agli economisti, quella del “dittatore illuminato”, detentore di un potere decisionale assoluto che agisce non nell'interesse di qualche gruppo ma della collettività. Il sovrano è riuscito a dare un po’ di legittimità al Parlamento e a ridimensionare il Makzhen, cioè la “casta” di burocrati e funzionari che avviluppa la corte cercando di preservare lo status quo. Mohammed VI è un keyne- siano, le sue politiche economiche sono tradizionali e funzionano: strade, industria, edilizia, più sostegno assistenziale alle aree che hanno meno potenzialità di sviluppo. Politiche anche timidamente criticate perché molto ambiziose. Come la costruzione del grande polo logistico Tangeri Med o del nuovo scalo di Safi, parte di un grande piano portuale che vuole valorizzare la posizione strategica del Marocco nel mediterraneo, o la rete autostradale (obiettivo: 1800 chilometri entro il 2015, oggi ci sono già progetti per 1416), tram a Casablanca che sembrano pensati per Helsinki o Bruxelles, e soprattutto una costosa rete di treni ad alta velocità. È il progetto che Mohamed VI segue con più passione: 20 miliardi di dirham (circa 2 miliardi di euro) per collegare le grandi città tra loro in meno di due ore, comprando treni dalla francese Alstom. Obiettivo: sei milioni di passeggeri all'anno, a fine 2013 i lavori erano al 60 per cento. Nelle LE STRADE DEL NORDAFRICA. IL MONARCA POSSIEDE UN PATRIMONIO PIÙ GRANDE DELLA REGINA ELISABETTA. NON AMA APPARIRE, PREFERISCE SPENDERE PER SPINGERE L’ECONOMIA, PER QUESTO È TANTO POPOLARE IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ fese, poiché esse non sono risposte compatibili con i principi sacri della religione; per questo non si può che deplorare le azioni di quanti approfittano deliberatamente dell'offesa causata ai sentimenti religiosi per fomentare atti violenti, tanto più che ciò avviene a fini estranei alla religione. Per i credenti come per tutti gli uomini di buona volontà, l'unica via che può condurre alla pace e alla fratellanza è quella del rispetto delle altrui convinzioni e pratiche religiose, affinché, in maniera reciproca in tutte le società, sia realmente assicurato a ciascuno l'esercizio della religione liberamente scelta... ...Abbiano a cuore di vivere con LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 gioia la loro vocazione cristiana, testimoniando con sempre maggiore generosità l'amore di Dio per tutti gli uomini, in una collaborazione fruttuosa con tutti. Nel momento in cui Sua Eccellenza comincia la sua mis- 15 sione presso la Santa Sede, le porgo i migliori auguri per il nobile compito che l'attende. *Il discorso di papa Benedetto XVI al nuovo ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede il 20 febbraio 2006 META DEI TURISTI Marrakech, la città divisa tra Medioevo e anni Cinquanta I tetti di Marrakech: i turisti visitano la città vecchia, quella nuova è per gli affari LaPresse N Marrakech cattonaggio, di riad che ospitano turisti stranieri e di mendicanti che strappano qualche moneta in cambio di indicazioni stradali (spesso sbagliate), parcheggi abusivi o souvenir venduti a prezzi che nessun marocchino pagherebbe mai. La città attorno alla piazza Jema El Efna è senza regole, sospesa tra me- Poste, quella dei locali dove i cocktail costano l'equivalente di 11 euro (con elle strade di Marrakech quella somma chi vive nella città veccircola la leggenda del pechia mangia una settimana) e le case trolio, ci sarebbe off shore, hanno prezzi al metro quadro equivalenti a quelli del centro di Roma. E' lo saprebbero gli arabi arbastata una modifica al piano regorivati dal golfo che affollano le strade latore per innescare il boom: il limite della città nuova, nel quartiere di per le case non è più due piani, ma Gueliz, con i loro suv Kia, Porsche e cinque. Abbattute le tradizioBmw. Ci sarebbe, ma il re non nali abitazioni quadrate rosa a vuole che il Marocco diventi tetto piatto, si innalzano conun’economia petrolifera, domini molto occidentali che tanta ricchezza senza sforzo LA LEGGENDA CIRCOLA LA hanno resi ricchi i proprietari. destabilizzerebbe il fragile Molti marocchini emigrati da equilibro marocchino. ChisVOCE CHE CI SIA IL PETROLIO anni sono tornati per approsà se è vero. Per il momento, fittare di una polverosa eredità spesa pubblica per infrastrutMA CHE DEVE RESTARE immobiliare diventata all'imture a parte, la corsa del Maprovviso un tesoro. Anche se rocco si appoggia al turismo e SEGRETO PER NON ora si avverte la prima frenata: all'edilizia. Le città della costa DESTABILIZZARE IL PAESE nel primo semestre dell'anno, atlantica, da Essaouira ad scrive il settimanale La Vie éco, Aghadir a El Jadida, sono sono stati costruiti 100mila alstrutturate – anche nei prezzi - su misura del turista occidentale, le dioevo e anni Cinquanta, impensa- loggi, il 12 per cento in meno che lo città imperiali al Nord sono tra le me- bile che si paghino tasse o si ambisca scorso anno, anche se l'edilizia sociale te consigliate da tutti i tour operator a ricevere servizi. Ma il governo della continua a crescere di oltre il 30 per città tollera con benevolenza, perché cento. L'ascesa del Marocco, se si fereuropei in primavera o autunno. E poi il mattone: Marrakech è im- il turismo evita di dover intervenire ma il mattone, potrebbe rivelarsi più pressionante, divisa in due. C’è la cit- con la spesa pubblica, ma la vera Mar- fragile del previsto. tà vecchia, che vive di turismo e ac- rakech è quella attorno al Café de la st. fel. aree desertiche il re combina piani di assistenza con tentativi di sviluppare le fonti di energia rinnovabile, soprattutto solare e fotovoltaico, visto che di sole non ne manca. La primavera non c’è stata Spingere l’economia non è però sufficiente a contenere le tensioni che covano nella complessa società marocchina. Nel 1994, nella sua tesi di dottorato, Mohamed VI si dichiarava scettico sul coinvolgimento degli islamisti nella dinamica democratica, “anche se la loro legalizzazione potrebbe rendere possibile controllarli e incanalare la loro energia verso l'azione politica legittima”. Ma appena arrivato al trono ha dovuto confrontarsi con l’ascesa del PJD, il Partito della giustizia e dello sviluppo, che nel 2011 ha vinto le elezioni ha espresso il suo leader come premier, Abdeliah Benkirane. Ma Mohamed VI è stato abile nella sua strategia di contenimento. All'inizio del suo regno ha ridato dignità alle elezioni, convinto che è meglio avere partiti decenti che movimenti incontrollabili: unico leader africano, ha istituito una commissione sugli anni di piombo del Marocco (1956-1999), quelli del brutale regime poliziesco di suo padre, Hasan II. L’Istanza per l’equità e la riconciliazione ha analizzato 29.000 casi di persone scomparse, uccise, arbitrariamente imprigionate o comunque colpite dal regime, in molti casi le vittime sono state risarcite, molti prigionieri politici rilasciati. Poi il re ha cacciato i ministri fedeli al padre, ha imposto elezioni regolari, ha riformato la giustizia militare e nel 2011 – nello spirito delle primavere arabe - ha lanciato la nuova Costituzione che garantisce più diritti e ridimensiona il potere assoluto della monarchia (che non regna più per diritto divino). Nella sua qualità di comandante dei fedeli, Mohamed VI ha reagito all’ascesa degli islamisti e agli attentati a Casablanca nel 2003 e poi in varie città, cercando di consolidare l’Islam moderato di rito malikita tipico del Marocco. Mentre i cittadini manifestavano a migliaia contro gli jihadisti, “giù le mani dal mio Paese”, il re avviava un discreto processo di formazione di imam: arrivano a centinaia a formarsi nelle moschee e nelle madrasse del Marocco, dal Mali, dalla Nigeria, perché è meglio prevenire che curare. E, per evitare tentazioni, a fine luglio ha vietato per decreto agli imam di fare attività politica o sindacale mentre svolgono il loro incarico religioso. Nel 2004 il re è anche riuscito, al secondo tentativo, a far passare la Moudawana, il nuovo codice del diritto di famiglia che garantisce uno status giuridico più forte alla donna. Ma gli attivisti per i diritti civili denunciano che i giudici possono comunque- in modo arbitrario – autorizzare matrimoni con spose minorenni o la poligamia. Le quote rosa stanno portando pe- rò molte donne in Parlamento e nelle rappresentanze locali. C'è soltanto un campo in cui l'azione del re non si percepisce: neppure la stampa compiacente riesce ad attribuirgli un effetto taumaturgico sulla corruzione. In Marocco, posizione 91 su 175 della classifica di Transparency International sulla corruzione percepita, la tangente è pratica consolidata, a tutti i livelli, esperienza quotidiana: la polizia ferma gli automobilisti, minaccia multe che svaniscono in cambio di banconote da 100 dirham (10 euro), una per ogni poliziotto presente sul luogo della contestazione. Ottenere certificati e permessi senza lasciare qualcosa al funzionario è praticamente impossibile. Neppure Mohammed VI riesce, o vuole, scardinare il sistema della banconota che passa discreta con la stretta di mano. Eppure lo sviluppo del Marocco dovrà passare anche alla lotta alla corruzione, non solo dalle infrastrutture. 16 AGENDO LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 PAESI TUOI a cura di Silvano Rubino [email protected] BANDIERINA/ON AIR © © ©La nuova stagione televisiva Da Homeland, fino a Perception e Bones Torino, Milano e Mantova: settembre tra musica e letteratura SETTEMBRE ANDIAMO, è tempo di serie tv. L’abbiamo detto tante volte, ormai qualcosa di nuovo e interessante si trova nell’arco di tutto l’anno, ma settembre resta il mese in cui la maggior parte dei grandi titoli torna con le nuove stagioni, soprattutto nei grandi network tradizionali. In attesa dei nuovi Homeland, Boardwalk Empire, NCIS, Criminal Minds e chi più ne ha più ne metta, sulla tv italiana ci aspettano le quattro puntate di Fleming - Essere James Bond, dove si racconta la vita del creatore di 007 confondendo allegramente le esistenze dello scrittore e del suo personaggio (ogni martedì su Sky Atlantic), ma anche Crisis, proprio da questa sera alle 21.00 su Fox: Gillian Anderson, la mitica Scully di X-Files alle prese con il rapimento dei figli dei potenti di Washington a cominciare dal presidente. Sappiate fin d’ora che la serie è stata cancellata dopo una sola stagione. Dal prossimo 9 settembre, alle 21.00, sempre su Fox anche la terza stagione di Perception, protagonista il dottor Daniel Pierce (Eric McCormak, ricordate Will e Grace?), neuroscienziato e consulente dell’FBI che soffre di schizofrenia e paranoia e per questo - come succede solo nei film - aiuta a risolvere i casi più complicati. In ritardo con l’America (dove è già andata in onda la nona stagione), Foxlife da domani trasmette l’ottava di Bones, l’antropologa forense con fidanzato al seguito. Tanto per riscaldare i motori in attesa dei pesi massimi in arrivo con l’autunno. estate sta finendo. Ma non la voglia di cultura. Sull'asse padano L’ che va da Torino a Mantova, passando per Milano, questo inizio di settembre è all'insegna dei grandi eventi, tra musica e let- teratura. 182 concerti a prezzi accessibili tra sinfonica, contemporanea, jazz, pop, rock ed elettronica, in 94 spazi canonici e non – sale da concerto, chiese, piazze, cortili, musei, palazzi, carceri, stabilimenti industriali – trasformano Milano e Torino in un unicum culturale, per “MITO-Settembre musica”. Tra i protagonisti di questa edizione Brahms – con le sue quattro sinfonie eseguite da tre grandi orchestar – e la Grande Guerra – con eventi musicali ma anche una rassegna cinematografica, curata dal Museo Nazionale del Cinema, con otto film dedicati. E poi, jazz, elettronica, canzone d'autore (serata di musica e ricordi di Roberto Vecchioni), laboratori didattici e doppio gran finale: a Torino, con Noa e l'Orchestra Sinfonica della Rai; e a Milano, con un lunghissimo djset con musica dagli anni ’60 al 2000 (4-21 settembre, www.mitosettembremusica.it). Nei cortili e nelle piazze della splendida Mantova torna il Festivaletteratura, arrivato al traguardo della diciottesima edizione, grazie a un'ormai consolidata formula e a un rapporto con una fedelissima comunità di lettori. Come al solito, ai grandi nomi e ai talenti emergenti della narrativa italiana e internazionale, si aggiungono alcuni focus tematici: anche Mantova ricorda il centenario della Grande Guerra, ma offre anche uno sguardo sull'attualità, con alcuni esponenti della letteratura palestinese e una serie di appuntamenti sulla narrazione civile, con Benedetta Tobagi, Andrea Segre, Giusi Nicolini, Salvatore Lupo, Carlo Lucarelli, Luciano Canfora e Piercamillo Davigo (3-7 settembre, festivaletteratura.it). © Lunedì 1 settembre Pino and friends Verona, Arena, ore 21 www.pinodaniele.com Molto di più di un concerto, una festa per uno dei dischi più importanti della musica italiana, “Nero a metà” di Pino Daniele. Insieme al cantautore napoletano, alla band originale del 1980 e a un'orchestra sinfonica, saliranno sul palco dell'Arena una serie di ospiti, tra cui Elisa, Fiorella Mannoia, Mario Biondi, Emma e Massimo Ranieri IL TEATRO Marcello di Roma è il suggestivo scenario di un concerto del pianista Michele Pentrella nell'ambito del “Festival Musicale delle Nazioni” (ore 20.30, www.tempietto.it) © Martedì 2 settembre A tutta pizza Napoli, sino al 7 settembre www.imaginariafilmfestival.org Il lungomare di via Caracciolo si trasforma nella pizzeria all'aperto più grande del mondo, grazie ai suoi oltre 30mila metri quadrati, 45 forni a legna e 4.400 posti a sedere. È il “Napoli Pizza Village 2014”, che prevede anche spettacoli, concerti, un villaggio per bambini, laboratori ludici, workshop e visite al Museo della Pizza. E poi la finale del Campionato Mondiale del Pizzaiolo. © Mercoledì 3 settembre Minturno (Lt), sino al 21 settembre www.fieradiscauri.it Piazza dell'ex opificio Sieci sul lungomare di Scauri, a Minturno, è il palcoscenico di “Settembre a Scauri”, una fiera, ma anche una sagra enogastronomica, eventi di solidarietà, teatro e cabaret, folklore e artigianato. IN CILENTO (SA) è già ora di “Equinozio d'autunno”, rassegna culturale che unisce musica, arti visive, cinema. A Bosco, di scena i Modena City Ramblers e una degustazione di “sapori della memoria” (sino all'8 settembre, www.pyrosonline.it) © Giovedì 4 settembre Arriva la banda Ruvo di Puglia (Ba), sino al 15 set- Il meme © LASCIATA LA SPIAGGIA SI LEGGE A TEATRO Dopo aver portato i libri in riva al mare ora tocca ai festival Da Torino, a Milano e a Mantova, la letteratura insieme con la musica riempiono i teatri. Un successo imprevisto fino a pochi anni fa. tembre www.talosfestival.it I suoni trascinanti delle bande sono i protagonisti del Talos Festival, che affianca la musica di piazza più tradizionale, con bande, fanfare, orchestre di fiati, a grandi nomi, tra cui Gianluigi Trovesi, Tankio Band con Antonello Salis, Cesare Dell'Anna e il suo eclettico Girodibanda. VERCELLI, terra di risaie. E quindi anche di rane, elemento base della gastronomia locale. Fritte, ma non solo, si possono gustare alla “Sa- gra del Rione Cappuccini” (sino al 7 settembre, carvecappuccini.jimdo.com) © Venerdì 5 settembre Sapori sardi Barbagia (Nu), sino al 14 dicembre www.cuoredellasardegna.it Non c'è solo la Sardegna delle spiagge. C'è quella dell'interno, che orgogliosamente si mette in mostra, con i suoi prodotti, il suo cibo, le sue tradizioni, in “Autunno in Barbagia”, una lunga cavalcata nei borghi e nelle “cortes” , a cominciare da Sarule, passando per Bitti, la “capitale” dei tenores, e molte altre località. LA PROVINCIA di Parma coinvolta nella XVII edizione del Festival del Prosciutto con gastronomia, cultura e spettacolo. E prosciuttifici aperti (sino al 21 settembre, www.festivaldelprosciuttodiparma.com) © Sabato 6 settembre Belle époque AL CARROPONTE di Sesto San Giovanni (Mi) fa tappa la tournèe dei Marta sui Tubi (ore 21.30, www.carroponte.org) Fiera sul mare Luca Raimondo Fiorella Mannoia durante uno dei suo concerti di questa stagione LaPresse Padova, Palazzo Zabarella, sino al 14 dicembre www.zabarella.it Dopo De Nittis, Padova omaggia un altro protagonista della pittura ottocentesca, con la più completa antologica mai dedicata a Vittorio Corcos, artista livornese, famoso soprattutto per i suoi ritratti, di cui uno, “Sogni”, è dive- BANDIERINA/CD di Pasquale Rinaldis © © © La prima antologia sui Genesis Genesis “R-KIVE” (Universal) LA NOTIZIA è che una band come i Genesis non si era ancora vista pubblicare una raccolta antologica. Ma niente paura: in occasione della presentazione di Genesis: Together and Apart – il documentario che vede la band riunita nell’originale line up degli anni 70 e che verrà trasmesso in Inghilterra dalla Bbc a ottobre – verrà lanciata il 30 settembre R-KIVE, la prima antologia che raccoglie tutto il meglio della band inglese in un triplo cd per 37 brani. 42 anni di carriera raccolti in ordine cronologico, oltre ai relativi progetti solisti dei singoli componenti. Fra i grandi successi che R-KIVE conterrà, troviamo anche Biko di Peter Gabriel e In The Air Tonight di Collins. nuto quasi un simbolo figurativo della Belle Époque, sospesa tra sogni dorati e una sottile inquietudine. IL RAVENNA Festival organizza un concerto/trekking nell'appennino tosco- emiliano seguendo le tracce di Dino Campana, in occasione dei cento anni dei “Canti orfici” (sino al 7 settembre, www.ravennafestival.org) © Domenica 7 settembre Vino in grotta Chiavenna (So) PUTIN COME BURT Rubrica a cura di Alberto Asquini www.sagradeicrotti.it Si rinnova la tradizione della Sagra dei Crotti, in cui le naturali cavità nelle rocce della val Chiavenna (da secoli usate per conservare cibi e vino) diventano meta di buongustai per pasti succulenti e allegre bevute. LA VALTIDONE (PC) mette in mostra i suoi tesori enogastronomici con “Valtidone Wine Festival”, con degustazioni di Ortrugo, Gutturnio, Malvasia e Passito, ma anche spettacoli e incontri nei suoi borghi più belli (sino al 28 settembre, www.valtidonewinefest.it) IL DENTE DEL GIUDIZIO Furio Colombo di Il teorema secondo Carofiglio e Fenoglio ale la pena di conoscere il maresciallo FeV noglio (Carabinieri) nato in Piemonte, in servizio a Bari in un insolito romanzo di Gia- nrico Carofiglio (Una mutevole verità, Einaudi Stile Libero ). La trama è un teorema che viene nitidamente annunciato fin dall'inizio: un'idea perfetta può essere sbagliata. L'idea perfetta si presenta subito come l'unica possibile ricostruzione, versione attendibile e dimostrazione implacabile. Lo spunto del narrare è un delitto semplice, quasi in presa diretta, in cui è nota la vittima, è noto l'autore del delitto, c'è la testimone chiara, coerente, priva di dubbi, e siamo quasi alla confessione, mimata per ora da un silenzio che sa di colpa. A questo punto Carofiglio introduce il fatto nuovo del libro, una sorta di teoria del complotto a rovescio, nel senso che sono i fatti, noti e provati, a mentire. Il maresciallo Fenoglio si insedia nell'attenzione del lettore perchè, in un modo strano e quasi irritato, non ama avere ragione. Fenoglio è un giocatore serio e vuole veri avversari. Non li ha e dunque li cerca, dando luogo a un forma originale di indagine in cui la sfida è scaricare a una a una le prove inconfutabili che già esistono e cercare da capo la strada. Fenoglio, non ama le prove provate che gli vengono incontro come un cibo precotto, perchè è un intellettuale. Questo fatto nuovo e insolito segnerà, d'ora in poi, la narrazione “giallistica”. Infatti non si tratta di un uomo astuto e di mestiere che ci dimostra, come tutti i grandi investigatori, quanto conti l'esperienza e il fiuto. Fenoglio, di fronte a un morto e a un colpevole certo, ha scoperto tutto, ha capito tutto, fin dai primi minuti. Per questo diffida, e qui, forse c'è anche un riferimento alla vita politica italiana, fatta di certezze anticipate dalla visione del leader geniale, con fiero disprezzo della verifica. Per Fenoglio, investigatore intellettuale, scontento e dubbioso, non si tratta di verifica nel senso di accertamento. Per questo personaggio la certezza è un segnale di allarme. Per un racconto del genere ci vuole un personaggio con una vita interiore. Carofiglio lavora sempre con questo tipo di personaggio, al punto che non sei sicuro se certi romanzi e racconti siano scritti in prima o in terza persona. Fenoglio ha una vita interiore, ma sobria e trattenuta come la vita esteriore che il bravo maresciallo vive, umana, intelligente ma in gran parte inespressa. Si potrebbe potrebbe parlare di minimalismo letterario, dire, sapere e far sapere il necessario, il più possibile per stare con il personaggio, il meno possibile per evitare la descrizione e il commento. In questa storia rapida un intero modo di vivere, morale e civile, ti sfiora, agile e persino leggero benchè vi sia un confronto implicito con un mondo cinico e pesante. Il titolo (Una mutevole verità) funziona due volte: per la storia, dove infatti con poche mosse tutto cambia. E nel rapporto fra il protagonista Fenoglio e la vita italiana con cui si misura. Dunque le dimensioni del libro (115 pagine) sono molto più piccole del libro stesso. IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ PALCOSCENICO L’ARTE DI COSTRUIRE Il teatro povero è più vivo che mai opo quarantotto anni il D Teatro Povero di Monticchiello, frazione di Pienza, patrimonio Unesco, è più vivo che mai aspettando di festeggiare il mezzo secolo. La vena amara del regista Andrea Cresti (uomo rinascimentale: pittore, scultore, scrittore) rimane intatta anche se spalmate di humour leggere, addolciscono la pillola al cianuro. Il nodo di Tempi veleniferi, con gli abitanti del borgo in scena, è l'attrito tra l'ottimismo che la crisi, valoriale ed economica, sia finalmente alle spalle, e il disfattismo o realismo degli sciacalli con le maschere da commedia LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 OBITUARY Le infinite possibilità creative del disegno ll’inizio di questa rubrica, si sosteneva che lo strumento di laA voro fondamentale per un architetto dovrebbe essere il disegno. L’avvento delle tecnologie digitali sembra mettere in crisi que- semblare-caccia al tesoro delle citazioni sparse nell'incipit-puzzle. La realtà del paese, luci fredde quasi in bianco e nero interpretata in italiano, si innesca con la commedia, luci calde in dialetto valdorciano, le storie degli anziani (il veleno per topi è il focus su cui gira il rebus) rimasti a salvaguardia delle radici del luogo mentre i giovani, la rinascita, sono pochi e i ruoli dei “giovinetti” grotteschi sono affidati a ultra sessantenni (i tempi comici di Carlino–Andrea Giorgi). Che la resurrezione non parta proprio da loro? sto assioma, dato che la dimestichezza con la matita o la penna si fa sempre più rara (per esempio, nel mondo anglosassone esiste un dibattito molto acceso sull’utilità di insegnare o meno a scrivere in corsivo, ovviamente a mano). Come molti però intuiscono, la mano rimane più veloce di qualsiasi computer. Provoca molta soddisfazione il fatto che MIT Press, la casa editrice dell’università statunitense considerata all’avanguardia dell’innovazione tecnologica (il Massachussets Institute of Technology, con sede vicino a Boston), abbia tradotto in inglese due conferenze del professore dell’università di Perugia Paolo Belardi, raccogliendole nel libro Why Architects Still Draw (perché gli architetti disegnano ancora). Nel libro sono sviluppati due concetti molto belli: il primo che all’interno di un disegno anche grezzo sono comunque presenti le idee alla base del progetto finale. Belardi cita il paradosso della ghianda e della quercia, dove l’albero si sviluppa dal seme, utilizzando esempi non solo dell’architettura, ma anche della letteratura, chimica, musica, archeologia e arte. Il secondo è che un disegno dal vero non si deve limitare a tradurre misure geometriche ma deve incorporare la dimensione storica e culturale di un luogo o di un edificio. Il disegno insomma è un attrezzo dalle infinite possibilità creative, capace di trasmettere moltissime informazioni preziose. Tommaso Chimenti Valentina Blum Uno degli spettacoli del Teatro Povero di Monticchiello dell'arte con nasi adunchi e ghigni poco rassicuranti, avvoltoi della finanza creativa che speculano sulla paura. SULLA SCENA un cantiere edi- le con betoniere, impalcature, calce e carriole. Gancio interessante nel prologo: dietro un velo trasparente si presentano tutti i personaggi della farsa (come sempre su due binari, il tempo presente con gli attori che recitano se stessi, e la finzione a inizio '900, lo storico Arturo Vignai-il padre su tutti) con le frasi topiche delle scene di loro competenza. Così lo svolgimento è un rias- LIBRI RARI D. C. (DOPO CHRISTIE) L’Italia immortalata in un viaggio dell’84 La Milano anni ‘50 di Mario Arrigoni el 1984 una mostra di trecento fotografie N presso la Pinacoteca Provinciale di Bari viene accompagnata dalla pubblicazione di un libro, © © ©Arrigoni e l’omicidio di via Vitruvio Dario Crapanzano, Mondadori, pagg. 178, ¤ 15 Viaggio in Italia, a cura di Luigi Ghirri, Gianni Leone, Enzo Velati, con testi di Arturo Carlo Quintavalle e un diario di viaggio di Gianni Celati (Alessandria, Il Quadrante). Gli scatti sono di venti fotografi, tra cui Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Giovanni Chiaramonte, Mario Cresci, Guido Guidi, Mimmo Jodice e lo stesso Ghirri. Si materializzava un Paese profondamente diverso da quello fino a quel momento rappresentato: nessuna monumentalità e retoricità, ma strade di provincia, città deserte, spiagge, villette e giardini abbandonati, recinzioni di lamiera, luminarie di paese, casermoni INA, marciapiedi sbrecciati. “Il libro potrà servire a cominciare storie diverse: niente più universi dipinti, niente più spazi rap- presentati senza realtà alle spalle; puntiamo sui vuoti, sulle assenze, puntiamo sul non-esistente, in apparenza, delle periferie, puntiamo sul bordo, sul margine, sul limite che sono le campagne e le strutture della nostra realtà”. Così scriveva Quintavalle, elogiando il volume come la cosa più innovativa sull'antropologia del paesaggio prodotta in Italia, e non solo, da molto tempo. Il volume è ancora considerato una pietra miliare per la fotografia del nostro Paese. Le immagini solo apparentemente semplici, vagamente malinconiche propongono un nuovo dizionario del paesaggio italiano grazie a un approccio intellettuale e affettivo insieme, privo di luoghi comuni e gerarchie. La quotidianità carica di poesia del paesaggio che ci circonda diventa assoluta protagonista. Il volume è ricercatissimo e valutato mille euro. Adele Marini LE BUONE PRATICHE Domenico Finiguerra di 17 La dura battaglia dei salvatori di semi e chiedete a un cittadino metropolitano S quanti ortaggi conosce, vi risponderà elencandone al massimo una ventina: “pomo- doro, peperone, zucchina, melanzana, zucca, carota, patata, insalata, cipolla…” Pochissime rispetto all’enorme varietà che pian pianino abbiamo perso. Perso consapevolmente, anzi, appositamente. Nel 1970 gli esperti della Comunità Europea valutarono quali sementi inserire e quali escludere in un burocratico registro. Al termine dei lavori vennero depennate e dichiarate illegali (già, proprio così, illegali!!!) 1500 varietà di ortaggi e frutti. Cancellate dalla lista delle sementi ammesse alla vendita. Perché? Semplice, perché essendo prive di proprietario, quelle sementi non avrebbero reso alle multinazionali dell’agroindustria. Così, un intero patrimonio della nostra civiltà contadina veniva abbandonato a se stesso e si faceva un bel favore a chi già allora vedeva lontano. Le zucchine che troviamo sulle nostre tavole e che i nostri figli mangiano in mensa sono degli ibridi e l’agricoltore non può riseminarle. Così ogni anno è costretto a ricomprarne il seme dalle multinazionali che tutti conosciamo (Monsanto in testa). Un danno enorme. Infatti è scientificamente provato che le varietà antiche hanno più vitamine, proteine, amidi e zuccheri complessi ed ormoni naturali. Hanno un sapore più ricco e intenso. Insomma sono più buone. Inoltre le piante tradizionali sono più resistenti e robuste delle altre e quindi non necessitano di sostanze chimiche per la crescita. Infine, le varietà vegetali tradizionali sono (erano?) biodiversità: risorse preziose selezionate in millenni di esperienza agricola umana. Sono la memoria storica e biologica dell’agricoltura. Appare quindi evidente all’uomo di buon senso che “blindare” e addirittura vietare alcune semenze è antistorico e illogico. Mentre altrettanto evidente è il fatto che pochi potenti, i proprietari dei brevetti, tengono sotto controllo e ricatto tutti i contadini. Per fortuna, però, esistono resistenze diffuse. Esistono i salvatori di semi, Seed Savers, che sparsi in tutto il mondo stanno costruendo banche dei semi, seminando la rivoluzione in terra. Vandana Shiva è una di loro. In Italia abbiamo Civiltà Contadina, custodi diffusi che salvano e condividono i semi delle varietà di ortaggi, cereali e legumi eredità dell'agricoltura tradizionale italiana. Un lavoro silenzioso al quale tutti possiamo partecipare affinché il nostro patrimonio non si estingua e possa essere trasmesso alle future generazioni. Sarebbe tra l’altro un compito dello Stato: art. 9 della costituzione, la Repubblica tutela il patrimonio storico della nazione. Possiamo cominciare, anche in questo, caso a farlo noi cittadini. Diventando custodi di semi. Una buona pratica di cui i nostri figli ci ringrazieranno. www.civiltacontadina.it he bella sorpresa i gialli di Dario CraC panzano, pubblicitario meneghino in pensione, che ha esordito nel 2011, a 70 anni giusti giusti, con la serie del commissario Mario Arrigoni. E con l’ultima avventura di Arrigoni, Crapanzano approda a Mondadori dopo quattro titoli per Fratelli Frilli Editori. Il suo poliziotto vive e lavora nella Milano degli anni cinquanta, quella del dopoguerra. Gli abiti si fanno solo su misura, per tutte le tasche, e il traffico non è ancora un’emergenza. L’autore tratteggia con un nitore assoluto la vita di allora, ma a colpire non è solo la dolce descrizione di una nostalgia soprattutto personale. Le inchieste di Arrigoni lasciano il segno per lo stile garbato, antico, fuori da questi tempi, volgari e globali contemporaneamente. Un assaggio: “Il commissario, come la maggior parte dei concittadini, adorava la sua Milano, tant’è vero che, nelle conversazioni più private, si lasciava andare ad appassionate dichiarazioni d’amore: ‘Non abbiamo il mare e nemmeno un fiume degno di questo nome, ma per me non c’è città migliore al mondo. E che bel cielo, quando è bello, per dirla con il Manzoni. E la nebbia? Ti avvolge e ti protegge come una madre premurosa… basta stare attenti a non perdersi!’”. Stavolta il commissario Arrigoni, con l’aiuto dei giovani “terroni” Giovine e Di Pasquale, deve trovare chi ha ucciso un attore di teatro, nonché impresario: il bel Flavio Villareale, rinvenuto cadavere in mutande e coi segni tipici di chi si fa legare mentre fa sesso. A essere sospettate sono avvenenti donne, spesso sue amanti. Tra interrogatori, quadretti familiari e pause per il pranzo nel segno della tradizione, i poliziotti del commissariato Porta Venezia mettono insieme, uno dopo l’altro, gli indizi decisivi per la soluzione. E non è solo una questione di invidie o gelosie nel mondo del teatro. Fino a dieci prima, Villareale è stato un convinto fascista, uno spione che denunciava gli ebrei facoltosi di Milano. Arrigoni, invece, tende a sinistra: “Da buon socialista, dovendo scegliere con una pistola puntata alla tempia, dalla torre avrebbe buttato Hitler e non Stalin, ma il suo amore per la democrazia lo rendeva refrattario a ogni tipo di dittatura”. Fabrizio d’Esposito BANDIERINA/ RADIO di fr. pa. © © © Roma Radio Su 100.7 le nuove frequenze (ufficiali) giallorosse ROMA, ROMA e ancora Roma. È il nuovo canale interamente dedicato alla squadra giallorossa, e legato alla società di Pallotta. Il palinsesto prevede programmi live sette giorni su sette, ascoltabili anche in streaming e tramite la specifica App, in cui si alternano momenti di puro intrattenimento, focus riguardanti la prima squadra e tutti i suoi protagonisti, analisi tecnico-tattiche, interviste e radiocronache. La squadra di Roma Radio è composta da professionisti della comunicazione radiofonica e giornalisti sportivi che si alterneranno nella conduzione di programmi con ospiti non solo in campo calcistico ma anche istituzionale, culturale e del mondo dello spettacolo. Con lei l’arte si faceva respiro di Giulia Zaccariello [email protected] FECE UNA rivoluzione e non se ne accorse. Tornò dall'America con un'idea ambiziosa quanto azzardata: portare l'arte contemporanea a Bari. Erano gli anni 70, e le gallerie di emergenti non nascevano più a sud di Roma. Una follia le dissero allora gli amici. Lei non diede peso ai cattivi presagi: “Fu una scelta naturale: del resto a me interessava l’idea di aprire una galleria, non mi interessava il luogo, l’avrei fatto ovunque”, avrebbe raccontato anni dopo. Fu così che aprì una breccia, sfidò la diffidenza e spazzò via gli stereotipi. Lei si chiamava Marilena Bonomo. È morta a 86 anni, dopo una carriera lunga oltre mezzo secolo e una vita passata tra mostre, opere e dipinti. All'arte si avvicina giovanissima, prima della laurea in filosofia. Si trova negli Stati Uniti insieme al marito, medico e collezionista con la passione per le tele e la scultura, e lì inizia a collaborare con il Fine arts museum di Dallas. Nell'ambiente si muove bene, ha passione e talento, conosce gli artisti più brillanti, sperimentali e provocatori. Così quando nel 1971 vola in Puglia decide di portare il minimalismo americano in una terra dove comandano la tradizione, il già visto e il già sentito. Dove l'occhio è pigro e abituato all'arte figurativa. Un salto nel buio, insomma. Una scommessa su cui nessuno punta un centesimo. “La gente era attratta da qualcosa di diverso, e quando vedevano che una parete era occupata solo da una linea, o da pochi segni, pochi colori, si domandavano cosa stesse succedendo”. Invece nel giro di pochi anni il suo spazio diventa non solo il cuore pulsante della cultura contemporanea pugliese, ma il punto d'incontro di creativi di tutto il mondo, emergenti insieme a grandi nomi e personalità affermate. Tra gli altri, Bonomo porta a Bari Richard Nonas, Sol Lewitt, Richard Tuttle. Dà loro spazio in quella che oggi non è più solo una galleria, ma è una grande finestra sull'arte contemporanea. 18 DALLA PRIMA LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ MA MI FACCIA IL PIACERE EDITORIALE di Marco Oscar e l’ideologia “neo ottimista” di Ferruccio Sansa l più rimane da fare, per questo I il futuro è meraviglioso”. Indovinate chi è il relatore di questa conferenza. Ma sì, Oscar Farinetti, il guru dell’ideologia renziana, il “neo-ottimismo”. Ormai in Liguria bisogna cimentarsi in uno slalom per sfuggire ai dibattiti di Farinetti. Sono finiti i bei tempi delle sagre della focaccia, delle discoteche, dei fuochi d’artificio dell’Assunta. A ogni angolo, come un’imboscata, ti aspetta un dibattito pensoso dei “neo ottimisti” stile Farinetti. Nei prossimi giorni lo segnalano a Camogli e a Sarzana. Prima al Festival della Comunicazione, poi a quello della Mente. Difficile dire che cosa c’entri con entrambi, non essendo né un giornalista, né uno scienziato o un filosofo di chiara fama. Chissà forse, come dicono i maligni, c’entra perché da quelle parti sogna di aprire nuove sedi di Eataly. O perché qui regna il Pd che organizza festival (magari sponsorizzati da enti pubblici) che sono vetrina dell’intellighenzia renziana. Non solo Farinetti, ma, come in una compagnia di giro, i soliti giornalisti simpatizzanti capaci di coraggiose inchieste sulla corruzione (in Kamchatka, però), gli intellettuali con auto-certificazione. Tutti trasformati in predicatori da lasciare disoccupati vescovi e monsignori. È il pluralismo stile Pd. Ma il punto è anche un altro. Lo slogan scelto per il dibattito del nostro Oscar: “Il più rimane da fare, per questo il futuro è meraviglioso”. E qui Farinetti – come tanti intellettuali di fede renziana – maneggia una merce molto più delicata della carne piemontese, dei vini doc e della pasta di Gragnano: la speranza. Il sottinteso dell’ideologia dei “nuovi ottimisti” pare chiaro: per farcela basta crederci. I cacadubbi sono nella migliore delle ipotesi dei disfattisti, nella peggiore dei falliti rancorosi. Miopi, pure un po’ minchioni. Ma è davvero questa la speranza, una semplice – vuota, verrebbe da dire – attitudine dell’animo che prescinde dalla memoria del passato, dalla consapevolezza del presente, da un’idea di futuro? Insomma, un’azione che si compie prima di individuarne il contenuto? Un verbo senza complemento oggetto? “Io vivo, quindi spero”, diceva Leopardi. Ma proprio per questo appare insidioso il neo-ottimismo, perché riduce un bisogno vitale a slogan, a merce. Da piazzare come spot, vedi Berlusconi, o come bistecche. No, la speranza è bene prezioso, va maneggiata con cura. Eppure non è – esclusivamente – responsabilità dei Berlusconi, dei Renzi, dei Farinetti. È colpa anche nostra che chiediamo per l’ennesima volta solo di credere, di sperare. Delegando agli altri il compito di dirci in che cosa. Anche in niente. E così rischiamo di fare la fine che descriveva Kafka: “Ci sono molte speranze, ma nessuna per noi”. il Fatto Quotidiano del lunedì a cura di Ferruccio Sansa con Salvatore Cannavò, Alessandro Ferrucci, Emiliano Liuzzi, Paola Porciello Progetto grafico Paolo Residori Grafica Fabio Corsi il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente:Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio, Lorenzo Fazio Travaglio opyright. “Tutti i dubbi di BerluscoC ni: con questi provvedimenti il governo rischia di illudere la gente” (Corriere della sera, 29-8). È concorrenza sleale. Noio volevan savuar. “Mai mader u craii inss inn i-i-in de tivì uen eeehh… uh uh… sci sci… sci filing uid de-de-de-de…scii felt de-de-de-de-de berlis uoz…distroid bai de pipol… Becos de aidia uidaut marketing in e commerscial fill umghm destrakcior de-de-de-de-de-de-de resalt ar not gud. Bat for cauntri dis is olzo a rappresentescion ov possibiliti... Meucci is e veri gud italian, but is olzo a terribol istori, bicos Meucci is the rial inventor of mo..telefon, ai’m sorri uidd american pipoll present here, but olzo de congress of iunited steizz in tu tausand tu, in tu tausend uei ai dident rimember, recognaizezed de faunder the inventor of telefon is Antonio Meucci. Antonio Meucci is incredibol man forentaim, hu uorked in de tiater, de most ansient tiater in iurop, Teatro della Pergola, and ii uas a uolker and invented de-de-de-de telefon to spiking abaut in de teater. E ginius. So, for fiù rison, i left itali and i uosnt ebol tu ius the copirait, lessons, come si dice brevetto?…laisens, in eiti seventy uan seventy trai, ai dident remember esaclti de dei, so Bell arraived and in de istory i uos de faunder and de inventor of the telefon... Adesso come spesso accade in questi momenti tocca al polit… Nau is de taim tu-tu-tu it, tu de lancc…an-de-for…and italian politiccian is absoluteli crucial tu de nau is de taim of lancc!” (Matteo Renzi, presidente del Consiglio, parla inglese al Digital Venice, 8-7). “Je fe, je fe, tut tut le, je parlè an demi eur, donc sè bon” (Matteo Renzi, presidente del Consiglio, parla francese a Parigi, all'uscita dell'Eliseo, 30-8). Mister Pesc, ai suppos. Scambio di voto. “Per combattere la mafia è necessario un impegno comune della maggioranza. E fare in modo che una legge sul voto di scambio politico mafioso sia al più presto possibile approvata, con attenzione a che la norma sia efficace” (Matteo Renzi, presidente del Consiglio, in visita in Calabria, 26-3). “Voto di scambio, salta la prima condanna: dopo al nuova legge la Cassazione ordina di rifare il processo a un ex politico condannato a 6 anni in appello con la vecchia legge” (la Repubblica, 29-8). Hanno poi fatto attenzione: la norma era efficacissima. Il carretto passava. “Scuola, assunzioni congelate” (La Stampa, 29-8). O con gelato. Prodotti tipici. “I terroristi islamici crescono in Veneto” (Libero, 27-8). Insieme al radicchio rosso, al carciofo violetto e all'asparago bianco. Dizionario dei sinonimi. “Salvini lancia lo sciopero dello scontrino. Il segretario della Lega: 'Basta lasciare l'Iva allo Stato, non fatevi battere lo scontrino'” (Libero, 27-8). Ora l'evasione fiscale si chiama sciopero: non è meraviglioso? Eru(e)zioni. “Vulcano Bardarbunga, Islanda spaventata. Allarme eruzioni” (il Giornale, 30-8). E adesso chi sarebbe questo Bardar? Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e Prezzo 290,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e Prezzo 170,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento digitale settimanale Prezzo 4,00 e • 7 giorni • Abbonamento digitale mensile Prezzo 12,00 e • 7 giorni • Abbonamento digitale semestrale Prezzo 70,00 e • Abbonamento digitale annuale Prezzo 130,00 e Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • 7 giorni • 7 giorni * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 0258307192 del 14/12/2011 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal. PRIMEPAGINE (PER BAMBINI) IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 19 MAMMAMONDO SE A LEGGERE LE STORIE SONO LORO Sono finiti i giochi, almeno per ora. Tornano le storie della Giostra, da leggere ai nostri figli. Ma forse potremmo anche provare a lasciare che siano i bambini a leggerle. Per loro stessi e per noi. DISEGNA PER NOI Disegna le notizie del mondo e della tua città che ti hanno colpito. E inviale a [email protected] Le metteremo sul sito diario di una madre qualunque Prima di tutto l’esempio di Maria Valeria Valerio C LASCIATE CHE I BAMBINI Con Zeus, Albani ha il suo capolavoro di Tomaso Montanari Francesco Albani, affreschi di Palazzo Giustiniani, Bassano Romano (Viterbo) LO SGUARDO A FETONTE Francesco Albani non è il mio pittore preferito. Era il meno dotato tra gli allievi del più grande maestro dei suoi tempi, che si chiamava Annibale Carracci. Per carità, era una brava persona e un ottimo professionista, ma ha passato decenni a dipingere quadretti noiosissimi di veneruzze ed ercoletti, ninfette ed eroucci, tutti graziosi, bellini, educati, e tutti uguali. Cose che incontravano moltissimo: ne avrà smerciati a centinaia. Ma c'è una sua figura che mi piace da impazzire. L'ha dipinta in un palazzo indimenticabile, in un paese tra Roma e Viterbo: Bassano Romano. Quel palazzo l'aveva comprato il più intelligente appassionato di pittura del suo tempo, che era un banchiere: ma non un banchiere come quelli di oggi, che i quadri li vorrebbero solo vendere, prezzare, noleggiare, affittare, trasformare in azioni. No, un banchiere che avrebbe voluto fare il pittore, che viveva in un mondo incantato di forme e di figure. Quel banchiere si chiamava Vincenzo Giustiniani, ed era così intelligente da essere un grande amico del più grande pittore del suo tempo, che si chiamava Caravaggio. Quando Vincenzo decise di far dipingere il suo palazzo di Bassano, si rivolse al meglio che poteva trovare, e Albani non lo deluse. Affrescò il soffitto di una galleria, che voleva essere la versione tascabile di quella che il suo maestro Annibale aveva dipinto a Palazzo Farnese a Roma, dieci anni prima, e nella quale anche Albani aveva lavorato. In quella galleria, Francesco doveva rappresentare la storia di quello sciagurato di Fetonte, che rubò il carro del Sole al suo babbo Apollo, e non sapendolo guidare andò fuori strada e si cappottò, incendiò il cielo e rese la Libia un deserto, oltre a combinare un'altra serie di disastri. Alla fine dovette intervenire Zeus, il re degli dei, che lo fermò con un fulmine, e ristabilì l'ordine. Ecco, qua Albani rappresenta Zeus che guarda Fetonte e il suo carro impazzito. Lo guarda perplesso, e preoccupato, e si liscia la barba. Sembra quasi Eugenio Scalfari che guarda Renzi in difficoltà come premier. O un qualunque nonno che guarda un nipote presuntuoso e incapace. E si tormenta, perché sa che dovrà decidersi ad alzarsi, e a intervenire. E sa che non finirà bene, per il nipote. Ecco, questo nonno inquieto, questo nonno che abbraccia il fulmine e ascolta l'aquila, questo nonno che sta per alzarsi dal suo trono di nuvole mi è sempre sembrato il capolavoro di Francesco Albani. osì, mentre sto sdraiata sulla spiaggia dell’isola in questa luce già mitemente autunnale, sento le voci dei bambini che giocano e degli adulti che parlano liberamente: l’asilo che riapre, la scuola, i libri. Gli stessi pensieri che stavo facendo dentro di me. Non sono sola, quindi. Finché qualcuno non si avventura in discorsi più impegnativi. Ascolto a occhi chiusi: l’educazione, il futuro, l’importanza dei primi anni nella formazione della personalità, la fiducia nel mondo… Altro che discorsi da spiaggia. Ogni tanto silenzio, tra lo sciaquìo. Poi riprendono le voci. Bisogna dare delle regole, tutte concordano; una dice “io sono severa”. Segue una pausa: di approvazione, di biasimo? Anch’io lo sono, penso, o vorrei esserlo, con misura. Non dura, solo “rigorosamente onesta”, come diceva il mio vocabolario. Una chiede, pacata, nell’atmosfera un po’ diafana di questa strana estate: “Che vuol dire essere severi?’’. Silenzio, le onde. Più indietro, una madre: “Significa non lasciarli soli, non abbandonarli ai loro soli impulsi, segnare spazi e limiti”. Ora le voci si moltiplicano, non riesco a distinguere bene. Ma finalmente intervengono gli uomini, i padri, timbri giovani. Stranamente, nessuno cerca di prevalere. Si confrontano, per una volta, in pace. Miracolo della vacanza, del mare sull’isola. Poi uno accenna, con calma, quasi sottotono, ma netto: “Essere severi significa dare l’esempio, solo così ha senso, come genitori, negli atti, nelle relazioni umane, volendoci bene, dandoci reciprocamente anche noi spazi e limiti. Con pazienza. Anche come cittadini, comportandoci lealmente. Loro se ne accorgono, bevono le nostre parole, assimilano i nostri atti. Vi basano la loro sicurezza.” Segue adesso un silenzio più lungo. Già, l’esempio. Qualcuno si alza e comincia a raccogliere le sue cose. Ci stiamo pensando tutti, ho la sensazione, mentre lasciamo la spiaggia rosata. Accidenti, l’esempio. Ci aspetta, in città. Il confronto con i nostri figli che crescono, con la vita e le prove di ogni giorno. Ma soprattutto con noi stessi. www.ilfattoquotidiano.it/ blog /mammamondo/ 20 LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 VIVARIO Le rose mai vissute del cingalese di Maurizio Maggiani TAM TAM Attenzione, torturatori si diventa di Marina Valcarenghi Q ual è la molla psicologica che rende possibile diventare un torturatore? Ho avuto in cura nel corso del tempo vittime e carnefici, qualche volta riuniti nella stessa persona e il primo denominatore comune che ho osservato nei carnefici è il possesso totale di un essere umano: il torturatore non gioca mai ad armi pari ma approfitta del potere che ha sul corpo e sulla psiche di un altro. Senza potere non c’è tortura e dunque esiste un’interdipendenza necessaria fra le due situazioni. Ma c’è un secondo collegamento: il desiderio del potere per tormentare nasconde una debolezza: si vuole annientare sadicamente quando l’oggetto dell’odio sembra essere altrimenti soverchiante e si rende allora necessario dimostrare, prima di tutto a se stessi, che se ne può fare tutto quello che si vuole. La fantasia inconscia è quella di azzerare la propria impotenza attraverso il potere sull’altro. Tre mi sembrano le possibili origini di questo desiderio. 1. La reazione alla violenza subìta e allo sradicamento culturale. Si vuole quello stesso potere come un diritto alla ritorsione, che alimenta la fantasia arcaica di reintegrare l’identità – personale o collettiva – umiliata dalla tortura. 2. L’addestramento mentale ed emotivo alla legittimazione e all’esercizio di quel potere in nome di qualche cosa che unisce in un progetto: una religione, un’ideologia, una setta, la superiorità razziale e così via. 3. Il blocco della personalità nella fase del sadismo infantile. La tortura su esseri viventi, per lo più piccoli animali, è connesso in questo caso alla intrinseca debolezza e impotenza della condizione infantile. Se non si costruiscono nel tempo una struttura dell’Io e un codice morale adeguati, lo sviluppo psichico può bloccarsi in quella fase e il comportamento sadico tende a cristallizzarsi come compensazione di una debolezza irrisolta e quindi di un perdurante e compensatorio problema di potere. In tutti e tre i casi siamo di fronte a gravi psicopatologie personali o collettive. ilfattoquotidiano.it/ blog/mvalcarenghi/ L L’ULTIMA PAROLA e rosse rose aliene del cingalese. A fascio come un mazzo di sciangai. Ne sfila una come se a sciangai ci stesse giocando, sorride con i denti splendenti prudenza di un giocatore che sta facendo una mossa azzardata. Costano un euro l'una, o anche di più, dipende come sta andando la serata, la mia e la sua, dipende dal posto dove il cingalese mi ha scovato. Per la strada a mezzanotte valgono anche di meno. Dicono che quelle rose vengono in aereo dal Kenia, che atterrano già belle che sur- gelate in un posto dell'Olanda, e lì le caricano nei camion che fanno il giro dell'Europa, il giro delle mille città d'Europa e del milione di cingalesi rosaioli d'Europa. Tutto in un giorno, al massimo due, poi non sono più buone a niente. Sono rose già morte le rosse rose aliene quando il cingalese prende il suo mazzo e si mette per strada. Sono bocci che non si apriranno mai, a tenerle dritte in piedi è solo la forza del rigor mortis. La mia da un euro e cinquanta la porto a casa e la depongo nel IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ bicchiere con l'acqua, per quello che serve e cioè per niente. Ma non mi piace buttare una rosa lì da qualche parte senza nemmeno provare a darle un sorso d'acqua. In capo a due giorni reclina su se stessa, pronta per il pattume. Il suo mondo non è mai stato questo. È nata da ceppi transgenici non si sa dove, ha vissuto, se ha vissuto davvero, in serre asfissianti e in celle croniche micidiali per l'uomo, Il suo mondo è una tragedia che mi risparmio con soli un euro e cinquanta.