R I V I STA D E L C I N E M ATO G R A FO LUGLIO-AGOSTO 2005 N.7-8 € 3,50 SUL SET DEL PRIMO SANT’ANTONIO (AL CINEMA) Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano città da film Viaggio nelle mete turistiche più ambite. Tra spettri, divi e manicaretti E INOLTRE Cristina Comencini Bob Rafelson Jennifer Connelly Arsenio Lupin Terrence Malick Orson Welles www.cinematografo.it il sito con la macchina da presa rC d FILM IN CITTÀ La programmazione cinematografica dei principali centri. Sempre aggiornata e precisa, con la ricerca a scelte multiple, le trame e le critiche più autorevoli. BANCA DATI L’archivio più ricco d’Europa. Sinossi, critiche, cast & credits, biografie, filmografie e anticipazioni. Oltre 40.000 opere e 170.000 protagonisti del cinema mondiale. CINEMEDIA In tempo reale le ultimissime notizie sul cinema italiano e internazionale. I personaggi, le recensioni, il box office, i trailer, le photogallery. FESTIVAL L’agenda online del cinefilo. Mese per mese gli appuntamenti da non perdere: eventi e rassegne nazionali ed estere. PUNTI DI VISTA Dedicato a Fernaldo FOTO: PIETRO COCCIA M Il Premio del Giornale dello Spettacolo assegnato alla Rivista del Cinematografo entre qualcuno si dimentica di noi (vedi l’editoriale del numero scorso), qualcun altro si ricorda di premiarci. E’ successo alle Giornate professionali di Roma, manifestazione organizzata da Anec, Agis e Unidim, dove abbiamo ricevuto il premio del Giornale dello Spettacolo assegnato alle migliori pubblicazioni di cinema. Un riconoscimento di settore graditissimo che abbiamo dedicato al nostro caro Fernaldo Di Giammatteo, scomparso a gennaio. Un critico della vecchia guardia, un intellettuale, ma soprattutto un amico, che ci ha accompagnato per molti anni e di cui sentiamo la mancanza. Durante le Giornate si è parlato molto di “cinema”. Un settore sempre più in crisi, come evidenziano i dati Cinetel, sul fronte degli incassi e su quello dell’affluenza in sala. I numeri rivelano un calo che, in entrambi i casi, si aggira tra il 17 e il 18% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In attesa del responso estivo del botteghino, noi dedichiamo lo speciale di questo numero alle “città da film”. Un vero e proprio viaggio cinematografico strutturato in due tappe, che a settembre ci porterà a Berlino, Venezia e New York. Intanto abbiamo gettato uno sguardo su Roma, Londra e Parigi, per provare a raccontarvele come non le avete mai viste. O meglio: come soltanto la magia del cinema è riuscito a mostrarcele. Avanti e indietro nel tempo, passiamo così dalle Vacanze Romane di Audrey Hepburn e Gregory Peck alla Capitale deserta e stralunata di Caro diario, dalla Londra aristocratica di Indiscreto a quella rampante di Closer, per poi tuffarci nella Parigi delle meraviglie: capitale fiabesca, in grado ieri come oggi di materializzare sogni e desideri della Sabrina di Billy Wilder e della più recente Amélie. Titoli, storie e suggestioni, che abbiamo esplorato affidandoci anche ai percorsi paralleli della gastronomia e degli spettri eccellenti. Tra i porri di Bridget Jones e le mozzarelle in carrozza di Ladri di biciclette, ci imbattiamo così nei fantasmi inquieti che si danno appuntamento a Trinità dei Monti, negli impronunciabili “trifidi” di Steve Sekeley e negli amori ectoplasmici delle tante Cime tempestose. Dal set, vi raccontiamo poi come sarà il primo Sant’Antonio del cinema. Mai sullo schermo fino ad ora, il patrono di Padova arriva al cinema in una veste del tutto inedita: “Un po’ Che Guevara, un po’ Gandhi e un po’ Wojtyla”, promette lo spagnolo Jordi Mollà che gli presta il volto. Fra anticipazioni, tendenze e amarcord, Cristina Comencini ci parla poi del suo La bestia nel cuore e Jennifer Connelly dei suoi prossimi film, mentre il grande vecchio Bob Rafelson dispensa consigli di regia ai giovani e Irene Bignardi ci svela cosa vedremo al prossimo festival di Locarno. E’ così che salutiamo le vacanze imminenti e vi diamo appuntamento a settembre. Pronti per la nuova stagione e per le sorprese che ci riserverà la Mostra del Cinema di Venezia. rC d CINEMA - TELEVISIONE - RADIO TEATRO - INFORMAZIONE Nuova Serie - Anno 75 Numero 7-8 Luglio-Agosto 2005 In copertina Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze Romane Direttore Responsabile Dario Edoardo Viganò Caporedattore Marina Sanna Progetto grafico e Art Director Alessandro Palmieri Hanno collaborato a questo numero Andrea Agostini, Paolo Aleotti, Francesco Bolzoni, Andrea Borgia, Alessandro Boschi, Pietro Coccia, Ermanno Comuzio, Silvio Danese, Rosa Esposito, Cesare Frioni, Diego Giuliani, Massimo Monteleone, Franco Montini, Enzo Natta, Roberto Nepoti, Peter Parker, Luca Pallanch, Luca Pellegrini, Federico Pontiggia, Giorgia Priolo, Angela Prudenzi, Valerio Sammarco, Alessandro Scotti, Marco Spagnoli, Andrea Sperelli, Chiara Tagliaferri, Chiara Ugolini Proprieta’ Ente dello Spettacolo Editore Ente dello Spettacolo Direzione e amministrazione Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma Tel.(06) 663.74.55 - 663.75.14 fax (06) 663.73.21 e-mail: [email protected] Registrazione al Tribunale di Roma N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al ROC N 2118 Del 26/9/01 Pubblicita’ e sviluppo Renato Geloso Tel. 335 8100850 e-mail: [email protected] Servizio cortesia abbonamenti Direct Channel S.r.l. – Milano Tel. 02-252007.200 fax 02252007.333 Lun-Ven 9/12,30 – 14/17,30 e-mail: [email protected] Stampa Società Tipografica Romana S.r.l. Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM) Finita di stampare il 30 giugno 2005 Distributore esclusivo A. & G. Marco S.p.A. Via Fortezza, 27 - 20126 Milano Associata A.D.N. Abbonamento per l'Italia (10 numeri) 35,00 euro Abbonamento per l'estero (10 numeri) euro 103,29 Associato all'USPI Unione Stampa Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema – Ministero per i Beni e le Attività Culturali Luglio-Agosto 2005 RdC 3 sommario Numero 7-8 Luglio-Agosto 2005 Anteprima 6 The New World Terrence Malick rilegge Pocahontas (Marina Sanna) 10 Arsenio Lupin Romain Duris ladro e gentiluomo (Rosa Esposito) Servizi 14 Jennifer Connelly “Torno sullo schermo con un thriller soprannaturale” (Marina Sanna) 16 Sul set di S. Antonio Il protagonista Jordi Mollà: “Sarà ribelle come Che Guevara e trascinatore come Wojtyla” (Rosa Esposito) 20 Terapia di gruppo La Comencini dirige un cast corale in La bestia nel cuore (Angela Prudenzi) 24 Paris á la carte Festival per tutti i gusti (Valeria Chiari) 26 Invasione di campo Cinderella Man & gli altri: febbre a 90° per lo sport al cinema (Marco Spagnoli) 53 Metodo Rafelson Botta e risposta con un grande vecchio di Hollywood (Diego Giuliani) 56 Locarno denuncia Mafia, documentari e cronache dall’Iraq (Rosa Esposito) Speciale 31 Città da film Roma, Parigi, Londra: tre capitali come non le avete mai viste. Viaggio a tappe attraverso le più belle storie del cinema (Hanno collaborato: A. Boschi, S. Danese, R. Nepoti, L. Pallanch, F. Pontiggia, A. Prudenzi, C. Ugolini, C. Tagliaferri. A cura di Marina Sanna) 4 RdC Luglio-Agosto 2005 Anteprima: Jennifer Connelly nel thriller Dark Water I film 58 60 61 61 62 62 63 64 65 65 66 66 67 68 69 69 La guerra dei mondi La sposa siriana Batman Begins Connie & Carla Ice Princess La piccola Lola La terra dei morti viventi La samaritana Il quinto impero Danny the Dog Mindhunters Sulla mia pelle Triple Agent Buffalo Soldiers Lords of Dogtown Dogtown and Z-Boys (Paolo Aleotti, Francesco Bolzoni, Massimo Monteleone, Enzo Natta, Roberto Nepoti, Luca Pellegrini, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco, Marco Spagnoli, Andrea Sperelli) 10 Cent’anni di Arsenio Lupin, dal romanzo al grande schermo Le rubriche 6 Tutto di tutto News, tendenze, festival, schegge di nostalgia (Andrea Agostini, Andrea Borgia, Diego Giuliani, Massimo Monteleone, Peter Parker) 72 Dvd & Extra-Ordinari Novità, cofanetti, edizioni speciali (Alessandro Scotti, Marco Spagnoli) 76 Faccia a faccia Taviani e Piva (Paolo Aleotti) 78 Economia dei media Romanzi e celluloide (Franco Montini) 80 Libri La fabbrica del successo (Francesco Bolzoni, Giorgia Priolo) 82 Colonne sonore La caduta, Stage Beauty, Le crociate (Ermanno Comuzio) 26 Cinema e sport. E’ di moda la contaminazione 30 Il Nuovo Mondo secondo Terrence Malick 20 Messi a nudo dalla Bestia nel cuore: Boni, Lo Cascio, Mezzogiorno, Inaudi… Luglio-Agosto 2005 RdC 5 TuttoDiTutto coming soon La fine dell’innocenza Quando l’America era Il nuovo mondo. Ovvero: il male e la colonizzazione secondo Terrence Malick Non poteva essere che Terrence Malick a ri-raccontare la storia della principessa Pocahontas e allo stesso tempo l’origine di ogni “male”, la leggenda della protagonista di un cartone Disney e la prima e inevitabile perdita dell’innocenza. Malick, regista non prolifico e uno dei pochi grandi di Hollywood rimasto al di fuori delle logiche di mercato, aveva già esplorato gli abissi della ferocia umana, e le devastazioni interiori che accompagnano tutte le guerre, in La sottile linea rossa. Una delle scene più forti veniva dall’incontro tra gli uomini sperduti di una pattuglia americana e un aborigeno di Guadalcanal, dalla contrapposizione della follia del conflitto all’incontaminata bellezza della natura. In The New World l’appassionata love story tra il soldato inglese John Smith (Colin Farrell) e la nobile nativa indiana (l’esordiente Q’Orianka Kilcher) diventa il pretesto per realizzare un affresco epico dell’America che fu e le disastrose conseguenze della colonizzazione (inglese) del Nuovo M.S. Mondo. Il regista torna ad esplorare gli abissi della ferocia umana e i drammi che accompagnano le guerre 6 RdC Giugno 2005 POCAHONTAS VS. POCAHONTAS “Aquila dorata” vola al cinema. Dalla tribù dei Quechua, al ruolo dell’indianetta Ricordate la Pocahontas Disney? Potreste anche dimenticarvela. A dieci anni dall’uscita del cartoon, di lei Malick salva soltanto la voce: quella della doppiatrice Irene Bedard, che allora aveva ispirato anche le sembianze dell’indianetta animata. Una somiglianza tanto straordinaria, da indurre il regista a una promozione: vera pellirosse con sangue eschimese, la Bedard apparirà questa volta nel ruolo della mamma di Pocahontas. Per lei Malick ha invece puntato sulla giovanissima Q’Orianka Kilcher, 14 anni appena e un nome benaugurale: “aquila dorata”, secondo la tribù Quechua da cui discende. Giugno 2005 RdC 7 TuttoDiTutto Accade domani Ultimissime in pillole dal pianeta cinema: tendenze, news, curiosità e anticipazioni ■ A cura di Diego Giuliani movie style Salviamodanny.org: quando il marketing si finge appello umanitario Petizioni, appelli, manifesti nelle metropolitane: è il tamtam di solidarietà scatenato per salvare Danny. Foto sgranate e scatti rubati col telefonino parlano di un ragazzo cresciuto in cattività e cibato di carne cruda, per addestrarlo alla ferocia e ai combattimenti clandestini. Dietro la patina da cronaca vera si nasconde Salviamodanny.org, il sito creato per lanciare il film Danny the Dog. La strategia ricorda quella utilizzata in America per The Blair Witch Project e, più recentemente, per Godsend (www.godsendinstitute.com) e I Heart Huckabees (www.huckabees.com). Loro, invece, sono i creativi di Guerriglia Marketing. Gli stessi, per intenderci, che tempo fa hanno preso in giro la stampa di tutta Italia, simulando uno sbarco alieno a Rimini. Chi fa cosa Il vero Danny è di celluloide. Sullo schermo risponde al nome di Jet-Li DI ANDREA AGOSTINI ■ SCAMPATA AL POSEIDON Emily Rossum nella tempesta (perfetta?). La protagonista de Il fantasma dell’opera sarà diretta da Wolfgang Petersen ne L’avventura del Poseidon. Remake dell’omonimo film del 1972, è la storia di un gruppo di sopravvissuti all’affondamento di una nave che, intrappolati nello scafo, lottano per raggiungere la superficie. Scritto da Akiva Goldsman (A Beautiful Mind), sarà interpretato anche da Kurt Russell, Richard Dreyfruss e Mike Vogel. ■ SEXY PER VENDETTA La seduzione secondo Rosario Dawson. Protagonista di Sin City e moglie di Colin Farrel nell’Alexander di Oliver Stone, l’attrice 8 RdC Luglio-Agosto 2005 afroamericana interpreterà il thriller psicologico Descent. Vittima di una violenza, nella storia si vendicherà trasformandosi in una spietata femme fatale. Diretto da Talia Lugacy, il film sarà prodotto dalla stessa Dawson con la sua Trybe Films. ■ BALE VOLA ALTO Werner Herzog recluta Christian Bale. Lo storico regista di Nosferatu e Fitzcarraldo punta sull’uomo pipistrello di Batman Begins per il suo ritorno in macchina da presa. Il film si chiamerà Rescue Dawn e sarà ispirato al documentario Little Dieter Needs To Fly, girato dallo stesso Herzog nel 1997. Come allora, le vicende prenderanno spunto dalla vera storia di un aviatore tedesco, fatto prigioniero durante la guerra del Vietnam. ■ L’ALTRA FACCIA DI SARAH Rivoluzione impegnata per Sarah Jessica Parker. La Carrie Bradshaw di Sex and the City diventa una militante antirazzista in Spinning into Butter. Nel film, ispirato all’omonima piece teatrale di Rebecca Gilman, avrà il compito di smascherare l’autore di una serie di lettere anonime, indirizzate ad alcune studentesse afroamericane dell’università. Le riprese, annuncia Variety, partiranno a New York nel mese di settembre. Biancaneve ha fatto male i conti. Secondo Walt Disney erano undici Ha sempre dato i numeri Biancaneve. I celebri nani che l’hanno resa famosa non erano sette ma undici. Tanti ne aveva pensati Walt Disney per accompagnarla nel bosco, ed era addirittura arrivato al punto di battezzarli. Tremendolo, Sordolo, Narcisolo e Sudiciolo, i nomi dei nani scomparsi che emergono dagli archivi. L’immaginazione dei disegnatori era andata tanto avanti da dar loro anche dei volti. Fatto sta, che dopo tanti schizzi e storyboard, dei quattro si perde ogni traccia già nel film del ‘37. A suggellare la cancellazione della loro memoria, il perentorio titolo dato al cartoon: Biancaneve e i sette nani. 3.7.1971 Jim Morrison Prima proiezione in Italia di Una giornata particolare, uno dei film migliori di Ettore Scola, con Marcello Mastroianni e Sofia Loren. 10.7.1943 L’orgoglio degli Amberson A Capalbio piace corto. Parola del Grande Ufficiale in Succinto Esce a New York il secondo, geniale film di Orson Welles, L’orgoglio degli Amberson, interpretato da Joseph Cotten. 24.7.1904 Delmer Daves appuntamenti competeranno con i loro corti nella sezione Capalbio Kids, quelli delle superiori assegneranno il Premio Ragazzi in Corto e altri ancora parteciperanno a una festa di beneficenza per raccogliere fondi in favore dell’Ospedale Bambin Gesù. Una nuova sezione competitiva per i corti animati, si aggiungerà al concorso internazionale e a quello per video musicali. Ai vincitori di entrambe le categorie andranno premi in denaro e forniture tecniche per la realizzazione di ulteriori prodotti. Altri riconoscimenti saranno assegnati dal pubblico e al pubblico: quest’ultimo consisterà nel viaggio e nella partecipazione a un altro importante festival europeo. Una giornata particolare Il leader dei Doors Jim Morrison viene trovato morto per overdose in un appartamento parigino di Rue de Beautreillis. A lui e alla sua opera si ispirerà nel 1991 Oliver Stone per il biopic The Doors con Val Kilmer. Lunghi? No, grazie La Dama della Sintesi, il Cavaliere di Gran Breve, il Grande Ufficiale in Succinto. Sono alcune delle alte onorificenze che saranno assegnate dall’Ordine della Brevità alla dodicesima edizione di Capalbio Cinema, il festival internazionale del cortometraggio, in programma nella cittadina toscana dal 6 al 10 luglio. Giunta al suo dodicesimo anno, la manifestazione premierà così attori, produttori e registi, che nel corso della stagione si sono impegnati in favore del cortometraggio. Protagonisti di questa edizione saranno poi i bambini. E’ intorno a loro, che il festival ha costruito programmazione, concorso e addirittura giurie. Studenti delle scuole elementari e medie 12.8.1977 Nasce a San Francisco, California, il regista Delmer Daves. Entra nel cinema come assistente di James Cruze e nel 1947 firma, tra gli altri, un curioso e riuscito film noir dal titolo La fuga, con Humphrey Bogart e Lauren Bacall. 24.7.1974 Z, l’orgia del potere Cessa in Grecia il cosiddetto “Regime dei Colonnelli”. Alla sua nascita si ispira in parte Z, l’orgia del potere del greco-francese Constantin Costa-Gavras. 14.8.2005 Dorothy Stratten Terminate le riprese di E tutti risero, all’età di soli vent’anni l’attrice Dorothy Stratten viene assassinata dall’ex marito Paul Leslie Snider, follemente geloso della sua relazione con il regista del film Peter Bogdanovich. Il fatto ispirerà un film: Star 80 di Bob Fosse, del 1983. 23.8.1926 Rodolfo Valentino Rodolfo Pietro Guglielmi (questo il vero nome), poi Rodolpho di Valentina, infine Rudolph (Rodolfo solo nella distribuzione italiana) Valentino, Rudy per la moltitudine delle sue ammiratrici, nato a Castellaneta nel 1895, muore di peritonite acuta a New York, dopo una crisi durata otto giorni. Ai suoi funerali si assiste a vere scene di isterismo collettivo. 31.8.1961 Accattone Accattone, primo film di Pier Paolo Pasolini, è proiettato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. schegge di nostalgia Di Andrea Borgia lo sapevate che Nani scomparsi TuttoDiTutto Anteprima Ballo in maschera Romain Duris ladro gentiluomo. Nell’800 francese, per festeggiare un secolo di Arsenio Lupin 1905. L’editore francese Pierre Lafitte incarica lo scrittore e giornalista Maurice Leblanc di creare un personaggio in grado di oscurare la figura (e il successo) di Sherlock Holmes. Leblanc risponde all’appello dando vita a un eroe agli 10 RdC Luglio-Agosto 2005 antipodi, quasi un antagonista, del celebre investigatore inglese: un ladro gentiluomo, dongiovanni e trasformista, che ruba non per soldi ma per passione. 2005. Si festeggia il centenario di Arsenio Lupin e nei cinema arriva un nuovo film dedicato alle avventure di questo eroe anticonformista. Diretto e sceneggiato da Jean-Paul Salomé e liberamente ispirato al romanzo La contessa di Cagliostro, Arsenio Lupin racconta gli anni della sua formazione. La vicenda prende il via nel 1884 in Normandia, dove Lupin ancora bambino ruba su richiesta del padre, abile ladro e bandito, una collana tempestata di pietre preziose appartenuta alla regina Maria Antonietta. Gli anni passano e Lupin, ormai ventenne, si dedica con passione all’arte del furto e alla sua fidanzata Clarissa. L’incontro con la Contessa di Cagliostro Josephine Balsamo, salvata da un gruppo di uomini decisi ad assassinarla, lo mette sulle tracce di un tesoro, ma sull’enorme fortuna ha puntato gli occhi anche Beaumagnan, nemico giurato della donna. E’ lui a rivelargli il terribile segreto che si cela dietro la sua bellezza ed eterna giovinezza: Josephine è in realtà ultracentenaria, ma riesce a contrastare il trascorrere del tempo grazie a un elisir creato per lei dal padre. Ad interpretare il ruolo del protagonista è Romain Duris, già visto ne L’appartamento spagnolo e, più di recente, in Exils di Tony Gatlif. Al suo fianco ci sono Kristin Scott Thomas, che dà volto alla Contessa di Cagliostro, Eva Green nel ruolo di Clarissa e Pascal Greggory in quello di Beaumagnan. ROSA ESPOSITO Il personaggio nasce nel 1905 con lo scopo di contrastare il successo di Sherlock Holmes Luglio-Agosto 2005 RdC 11 TuttoDiTutto strane storie Quel bravo ragazzo? E’ ufficiale: una volta Gere non era gentiluomo Richard Gere ufficiale e gentiluomo? Macché. Prima dell’interpretazione che lo consegnò al pubblico nell’82 come romantico cavaliere in divisa, l’american gigolo di Paul Schrader ha bazzicato a lungo la suburra di Hollywood. Il suo primo ruolo al cinema arriva a 28 anni con In cerca di Mr. Goodbar: alle spalle una performance teatrale in Grease, viene scelto da Richard Brooks per interpretare un tossicodipendente sadico e violento. La scena in cui costringe Diane Keaton a ballare puntandole un coltello alla gola gli spalanca un portone. Neanche un anno e Terrence Malick lo arma di bastone, per picchiare a morte il marito della sua amata Brooke Adams ne I giorni del cielo. E’ il 1978 e il ruolo di bello e maledetto comincia davvero a calzargli a pennello. A scommetterci è questa volta il regista Robert Mulligan: il film è Una strada chiamata domani e per lui riserva la parte di uno studente scapestrato e ribelle che, sospeso dalla scuola, finisce per massacrare di botte un operaio. Proprio quando l’icona è prossima ad affermarsi nell’immaginario collettivo, Richard Gere viene folgorato sulla via di Damasco. Via giacche di pelle, modi rudi e faccia da bullo, il personaggio di Yankees ha tutt’altro aplombe. E’ trascorso appena un anno, ma la terapia Schlesinger fa miracoli: lavato, stirato e rimesso in riga dalla disciplina militare, il soldato Matt che la stanza di Nicole 12 RdC Luglio-Agosto 2005 vediamo sullo schermo è un campione di buone maniere. Tanto cavaliere da rifiutare addirittura la fidanzata Jean, che gli si offre prima della sua partenza per lo sbarco in Normandia. La rivoluzione è ormai compiuta: sotto la divisa, comincia a battere un cuore romantico. Dall’ufficiale gentiluomo che in completo bianco sedurrà Debra Winger, lo separa ormai soltanto American Gigolo. Più che un colpo di coda, un vero specchio della doppia anima di Richard Gere. Appuntamento fisso con un ammiratore mascherato. Che si confessa alla Kidman, per parlarle di sé, del cinema e del mondo Cara Nicole, mi sono licenziato. O, per essere precisi, sono stato cacciato. Ma non importa, perché sempre meno legami mi tengono ancorato a questa terra dove una volta si faceva il cinema. Perché qui in Italia ormai più che film si fanno film-tv, i “maledettifilmtv” li chiamo io. Non è come nel resto del mondo dove i telefilm sono ottimi prodotti con caratteristiche e linguaggi appropriati per la televisione. No, qui in Italia la formula dei “maledettifilmtv” è diversa e comprende tre fasi fondamentali: 1) Si prende un fatto di cronaca o un personaggio noto alle cronache, si costruisce una storia romanzata sulla sua vita, senza graffiare, senza ferire, senza dar fastidio a nessuno; 2) Si chiamano gli uffici stampa che telefonano ai giornalisti, gli si fa dire che è “proprio un bel film-tv”, i giornali I primi quattro ruoli sono da bullo e dannato. Poi nel 1979 la svolta, grazie al film Yankees escono con paginate “a ginocchiera”, roba da straccio della tessera dell’ordine dei giornalisti se fosse funzionante; 3) il “maledettofilmtv” viene piazzato in palinsesto contro un “vuoto concorrenziale”, un programma che il pubblico considera poco interessante. Il gioco è fatto: il “maledettofilmtv” fa ascolti “trionfali”. E il cinema schianta: in teoria lo spettatore non avrebbe più voglia di andarsi a rovinare la serata tra parcheggi che non trova, euro che non bastano per pagare il biglietto, film che pongono problemi e insidiano certezze; in pratica, invece, il cinema si rifugia in generi che tendono verso commedie popolari e film d’autore anti-pubblico. Quando sono stato cacciato, il mio capufficio, se ne stava a vedere un film-tv mentre io gli stavo raccontando, con le lacrime agli occhi per l’emozione, che avevo rivisto la tua Grace di Dogville. Mi ha fatto cenno di uscire, non voleva perdersi una battuta del film-tv: l’ho sollevato, l’ho portato al davanzale della finestra e l’ho fatto volare sulla strada, il televisore e il suo “maledettofilmtv”. Presto arriverò da te. Tuo Peter Parker eventi MELBOURNE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL Sito web www.melbournefilm festival.com.au Dove Melbourne, Australia Quando 20 luglio - 7 agosto Resp. James Hewison tel. (0061-3) 94172011 fax. (0061-3) 94173804 E-mail miff@melbournefilm festival.com.au LIV edizione del più importante festival australiano. La sezione principale, non competitiva, presenta titoli da tutto il mondo, film sperimentali, d’animazione La realtà in faccia Sguardi sul mondo. Da Bardonecchia, in documentario FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI LOCARNO IL CINEMA RITROVATO Sito web www.cinetecadibologna.it Dove Bologna, Italia Quando 2-9 luglio Resp. Peter von Bagh tel. (051) 2194814 fax. (051) 2194821 E-mail :cinetecamanifestazioni1 @comune.bologna.it XIX appuntamento con la rassegna dedicata ai film muti riemersi e ai classici restaurati, con incontri e seminari. In programma, fra le varie sezioni, un omaggio a André Deed e la prosecuzione del Progetto Chaplin. Ospita una fiera dell’editoria cinematografica. MEZINARODNI FILMOVY FESTIVAL KARLOVY VARY Sito web www.kviff.com Dove Karlovy Vary, Repubblica Ceca Quando 1-9 luglio Resp. Jiri Bartoska tel. (00420-2) 21411011 (riferimento a Praga) fax. (00420-2) 21411033 E-mail [email protected] XL edizione del festival competitivo a cui partecipano film indipendenti e internazionali, a soggetto e documentari. Sezioni per le pellicole occidentali e dell’est. FESTIVAL INTERNATIONAL DU FILM DE LA ROCHELLE Sito web www.festival-larochelle.org Dove La Rochelle, Francia Quando 1-11 luglio Resp. Prune Engler tel. (0033-1) 48061666 (riferimento a Parigi) fax. (0033-1) 48061540 E-mail [email protected] @comune. narni.tr.it XI edizione della “Rassegna del film restaurato”. Un omaggio a Giuliano Montaldo con l’anteprima della copia restaurata di Sacco e Vanzetti; l’altro ai “martiri della qualità”, i registi del cinema popolare non amato dalla critica ma dal pubblico (Mattoli, Pietrangeli, Matarazzo, Cottafavi e Monicelli). LO SCHERMO E’ DONNA Dove Fiano Romano (Roma), Italia Quando 1-6 luglio Resp. Patrizia Carrano tel. e fax. (06) 5754902 E-mail [email protected] VIII edizione del festival dedicato alle donne che lavorano nel cinema, sia come attrici sia rivestendo altri ruoli creativi. Il Premio Giuseppe De Santis viene assegnato al miglior volto emergente. Previsto un omaggio a Giovanna Ralli. Fra gli ospiti Sabrina Ferilli. XXXIII vetrina internazionale, non competitiva, per i lungometraggi inediti in Francia, compresi omaggi ai registi ospiti. Previste retrospettive su Louise Brooks e Michael Powell. LE VIE DEL CINEMA Dove Narni Scalo (Terni), Italia Quando 5-10 luglio Resp. Alberto Crespi tel. (0744)747282 fax. (0744) 715270 E-mail leviedelcinema ROSETO OPERA PRIMA Sito web www.roseto.org Dove Roseto degli Abruzzi (Teramo), Italia Quando 14-24 luglio Resp. Tonino Valerii tel. e fax. (085) 8930101 E-mail mario.giunco@comune. roseto.te.it Decennale del festival che evidenzia i registi esordienti italiani dell’ultima stagione e i film che hanno avuto maggior successo. Al vincitore del concorso vengono assegnati la “Rosa d’Oro” e un premio in denaro. Un riconoscimento alla carriera va agli ospiti d’onore. e documentari. In concorso soltanto cortometraggi. GIFFONI FILM FESTIVAL Sito web www.giffoniff.it Dove Giffoni Valle Piana (Salerno), Italia Quando 16-23 luglio Resp. Claudio Gubitosi tel. (089) 8023001 fax. (089) 8023210 E-mail [email protected] XXXV appuntamento con il prestigioso festival internazionale del cinema per ragazzi. Una giuria di giovanissimi da tutto il mondo assegna i “Grifoni” a lungometraggi e corti. Sezioni per i più piccoli, per i ragazzi dai 15 ai 19 anni e per i genitori FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA MUTO MUSICATO DAL VIVO Sito web www.stradedelcinema.it Dove Aosta, Italia Quando 3-12 agosto Resp. Enrico Montrosset tel. (0165) 230528 fax. (0165) 360413 E-mail [email protected] IV edizione della rassegna (nel Teatro Romano di Aosta) che prevede la “musicazione” di film d’epoca (di Chaplin, Lubitsch e Méliès) con una colonna sonora creata ad hoc da musicisti affermati (sezione Big) ed emergenti (sezione Giovani). Luglio-Agosto 2005 RdC 13 festival del mese Di Massimo Monteleone Essere protagonisti e non spettatori. Questo lo spirito di DocIn Europe, il workshop del documentario che si svolgerà a Bardonecchia dal 6 al 9 luglio. Tra le vetrine internazionali più importanti del settore, la manifestazione si è affermata nel corso degli anni come crocevia e luogo di incontro fra tutte le realtà coinvolte nel cinema documentario. Registi, autori, produttori, ma anche distributori e responsabili della programmazione televisiva si alterneranno nei dibattiti, le tavole rotonde e i case studies, che costellano il cartellone. Appuntamenti clou della quattro giorni sono gli spazi dedicati alla presentazione di nuovi progetti. Ai produttori europei è riservato il Pitching Forum, nel corso del quale incontreranno commissioning editors di stazioni televisive tradizionalmente attente al documentario come la franco tedesca ZDF/Arte, Fox International, la canadese TV Ontario e la VRT belga. Registi e giovani autori avranno invece occasione di presentare i loro progetti ai produttori nell’ambito del Match-Making, mentre non mancheranno anche le proiezioni. Ad accompagnare il calendario per gli addetti ai lavori sarà in particolare la Settimana Europea del Documentario: in cartellone, una vasta panoramica delle più recenti produzioni nazionali e internazionali. Sito web www.pardo.ch Dove Locarno, Svizzera Quando 3-13 agosto Resp. Irene Bignardi tel. (0041-91) 7562121 fax. (0041-91) 7562149 E-mail [email protected] LVIII edizione della prestigiosa manifestazione competitiva. Anteprime delle novità più attese, opere in concorso per il Pardo d’Oro, realizzate da autori emergenti o innovativi. Retrospettive tematiche,cortometraggi, presenza del cinema italiano. LA CITTADELLA DEL CORTO Sito web www.cittadelladelcorto.it Dove Trevignano (Roma), Italia Quando 7-11 luglio Resp. William Azzella tel. e fax. (06) 9999823 E-mail [email protected] XI edizione del “Festival Internazionale del Corto di Fiction”. In concorso opere italiane e straniere, in pellicola e video. Previste retrospettive sul recente cinema ungherese e su quello rumeno. IL PERSONAGGIO Jennifer dagli occhi verdi Si è sposata, ha vinto un Oscar, ma è rimasta la stessa di C’era una volta in America. La Connelly si racconta tra maternità, scelte di vita e prossimi film Di Marina Sanna 14 RdC Luglio-Agosto 2005 H Alcune scene del thriller Dark Water. Sotto la Connelly con la piccola Ariel Gade a il volto disteso di un’adolescente. Lo stesso che il giovane Robert De Niro spiava tra le assi della periferia di New York in C’era una volta in America. Era il 1984 e la quattordicenne Jennifer Connelly conquistò le sale di tutto il mondo grazie al kolossal di Sergio Leone. Un anno dopo arriva la parte da protagonista in Phenomena di Dario Argento, poi la sua grazia felina si perde in ruoli minori, film poco conosciuti. Nel 2001 il colpo grosso: Ron Howard la chiama per A Beautiful Mind accanto a Russell Crowe, la Connelly vince l’Oscar come attrice non protagonista. Seguono Hulk di Ang Lee, La casa di sabbia e nebbia con Ben Kingsley e, adesso, Dark Water, in uscita a fine ottobre. Thriller soprannaturale in cui si sente la mano del giapponese cult del momento Hideo Nakata (l’idea è sua), e la regia morbosa di Walter Salles (che passa con disinvoltura dai Diari della motocicletta a un quasi horror) fa dimenticare qualche cliché di troppo. La storia incomincia con la Connelly che, reduce da una separazione non del tutto consensuale, si trasferisce con figlioletta (la bravissima Ariel Gade) nei sobborghi di Seattle. L’edificio è fatiscente e ospita l’anima inquieta di una bambina, intrappolata tra le mura dell’appartamento di sopra, che darà del filo da torcere a madre e figlia. I ritmi, sempre più incalzanti, della vicenda sono scanditi dall’acqua, nera e minacciosa come suggerisce il titolo. “E’ l’elemento portante del film: dà e toglie la vita allo stesso tempo” spiega la Connelly, occhi verdi da gatta che spiccano sulla mise austera. Unico segno di civetteria una lettera d’oro al collo: P come Paul Bettany, incontrato sul set di A Beautiful Mind e sposato subito dopo. Di recente è diventata mamma per la seconda volta, il primo figlio, Kai, ha 8 anni. “Ha cambiato la mia vita dice -. E il mio rapporto con il lavoro. Avere qualcuno da proteggere mi ha reso più equilibrata, più saggia”. Durante le riprese di Dark Water Kai l’ha aiutata a entrare in sintonia con la piccola Ariel: “Hanno la stessa età, abbiamo giocato a nascondino, parlato di nonni, amici e animali”. L’altro figlio, invece ha appena due anni e si chiama Stellan, in omaggio all’attore svedese Skarsgård (“Ci piaceva il nome ed è un grande amico di Paul”). In questi giorni è sul set di Little Children, diretto da Todd Field: “Sarà una sorpresa, un film molto diverso da quelli che ho interpretato. Una satira sugli adulti che vogliono rimanere ✪ bambini ”. “I figli mi hanno cambiato la vita. Grazie a loro ho imparato ad essere più saggia ed equilibrata” Sheep incinerated the silly aardvark. Batman fights Minnesota. One irascible orifice kisses Quark. Umpteen cats Luglio-Agosto 2005 RdC 15 SUL SET Ilrivoluzionario santo La storia di Antonio da Padova per la prima volta sul grande schermo. Il protagonista spagnolo Jordi Mollà: “Sarà ribelle come Che Guevara, umile come Gandhi e trascinatore come Wojtyla” Di Rosa Esposito 16 RdC Luglio-Agosto 2005 E’ IL SANTO PIÙ CONOSCIUTO AL MONDO, quello canonizzato nel minor tempo possibile, 11 mesi dalla sua morte, ma anche quello nella cui vita s’intrecciano in ugual misura verità, mito e leggenda. La storia di Sant’Antonio diventa ora un film per il cinema, Antonio, guerriero di Dio. E’ il primo lungometraggio interamente dedicato a questa figura religiosa, dai tempi del muto. Diretto da Antonello Belluco e prodotto con il sostegno dello Stato dalla AB Film, per un costo di circa 4 milioni e mezzo di euro, il film è interpretato dallo spagnolo Jordi Mollà. “Chi era Sant’Antonio? Un uomo con il senso rivoluzionario di Che Guevara, l’umiltà di Gandhi e l’intelligenza per trasmettere la fede di Karol Wojtyla” ci dice l’attore. Non indossa più il logoro Luglio-Agosto 2005 RdC 17 SUL SET saio marrone con il quale lo avevamo visto sul set, quando lo incontriamo al termine di una lunga giornata di lavoro. Siamo a Tuscania, un borgo medievale alle porte di Roma e da poco sono terminate le riprese di una delle scene più importanti della pellicola, quella dell’incontro-scontro del religioso con gli usurai che tengono in pugno la città. Fuori i tecnici hanno iniziato a smantellare la scenografia allestita di fronte alla Basilica di San Pietro, una splendida costruzione del 1100, nel cui cortile è stato ricostruito il mercato che farà da palcoscenico al capitolo conclusivo della vita di Sant’Antonio e qualche minuto prima affollato di gente in festa, venditori ambulanti, carretti carichi di frutta e verdura, animali, soldati, giocolieri, funamboli e gente comune. CORREVA L’ANNO “Di questo personaggio mi ha colpito l’incredibile forza interiore. Era allo stesso tempo un missionario, un rivoluzionario, un uomo di cultura” spiega Mollà in perfetto italiano, lingua che ha “iniziato a studiare a 17 anni per amore dell’Italia e non per lavoro” chiarisce. Sceneggiato dallo stesso regista, al suo esordio nel cinema dopo anni di carriera spesi tra pubblicità, videoclip e televisione, Antonio, guerriero di Dio “non è un’opera didascalica e biografica, ma un film sociale e politico, con un forte legame con la contemporaneità” spiega Belluco. E anche lui ricorre al paragone con Giovanni Paolo II. “Come Wojtyla, Antonio era un predicatore errante. Non ha mai fatto dei miracoli, ma portava il Vangelo in giro per il mondo nel nome di Cristo, senza fermarsi mai. La sua missione era quella di difendere i più deboli e la povera gente”. Il film si apre nel 1263, sono trascorsi trentadue anni dalla morte di Antonio e lui riposa nella Basilica di Padova. Un frate inginocchiato di fronte alla sua tomba prega e piange. Poi inizia a raccontare e un flashback riporta lo spettatore al 1221, anno in cui il religioso naufraga sulle coste della Sicilia con una nave di ritorno dall’Africa e viene salvato da Fibonacci. Su quella stessa imbarcazione è nascosto un tesoro che l’usuraio Tebaldo intende recuperare. Affida quest’incarico a due suoi seguaci, Baldricco e Folco. Quest’ultimo (un personaggio di pura invenzione) viene a conoscenza della disavventura occorsa ad Antonio e, credendo sia stato lui a recuperare il prezioso bottino, si mette sulle sue tracce. Lo incontra a Rimini e, affascinato dalla sua spiritualità, decide di seguirlo nei suoi pellegrinaggi. Dopo la morte di Francesco, Antonio diviene il suo 18 RdC Luglio-Agosto 2005 Una scena corale del film. Accanto e sotto l’attore spagnolo Jordi Mollà. Nella pagina seguente altri momenti di Antonio, guerriero di Dio. Gli esterni sono stati girati nella cittadina di Tuscania successore e la nuova guida spirituale dell’ordine dei frati minori. E’ in questa veste che nel 1231 arriva a Padova. CONDOTTIERO E GIUSTIZIERE “Antonio era un condottiero, un trascinatore di folle, un giustiziere di Dio che usava la lingua al posto della spada – spiega il regista -. Quando parlava ci andava giù pesante, senza mezzi termini. Ogni sua frase era una pesante mazzata contro coloro che non sapevano essere uomini. Entrava gioioso in una piazza come faceva Wojtyla, ma quando era il momento di tirare le somme non esitava a condannare duramente le persone che sbagliavano”. La scelta di concentrare il racconto sugli anni trascorsi a Padova è dovuta alla volontà di Il regista Belluco: “Non è una agiografia, ma un film sociale e profondamente politico” creare un parallelismo “tra ciò che accade nel film e quello che avviene nella vita di oggi”. A quel tempo la città era un enorme cantiere, edile, architettonico, urbanistico, artistico, legislativo, ma soprattutto culturale grazie alla nuova università. “Padova era governata democraticamente – spiega Belluco – ma è qui che Antonio entra in contatto con il mondo dell’usura. All’epoca era il mezzo più comune per arricchirsi. Oggi ci sono l’evasione fiscale, la concussione e un’altra forma di usura, quella legalizzata messa in atto dalle banche. Per lavarsi la coscienza poi sponsorizzano opere di beneficenza e grandi restauri. Niente di diverso da quanto accadeva nel Medioevo. Pensiamo alla Cappella degli Scrovegni. Fu finanziata dallo stesso Scrovegni, uno dei più grandi usurai di Padova”. E’ emblematico il personaggio di Folco: “Segna il passaggio alla redenzione e altro non è che lo strumento attraverso il quale introduco lo spettatore nella storia. Folco può essere ognuno di noi”. LA PRIMA VOLTA DI MOLLA’ Il regista spiega poi la scelta di Mollà per la parte di Antonio: “Stavo vedendo Bad Boys 2 con mia figlia Caterina e quando ho visto questo cubano che picchiava tutti, ho pensato immediatamente che era perfetto per la parte. Bucava lo schermo e quando l’ho conosciuto ho scoperto che era anche una persona di grande sensibilità. Solo lui poteva essere e capire chi era Sant’Antonio”. In Spagna Mollà è una vera celebrità, ha lavorato con Pedro Almodóvar e Bigas Luna, ed è di casa anche a Hollywood dove è stato tra gli interpreti di The Alamo e Bad Boys 2. Antonio, guerriero di Dio è il primo film che gira in Italia. “Mi sono lasciato conquistare dall’entusiasmo di Antonello e dalla luce di questo personaggio, una luce che non si spegne mai, fatta di dolore, come quella che animava Wojtyla – racconta -. Prima d’ora non mi era mai capitato di partecipare a un progetto simile. Se paragonato ai film che si producono in America si potrebbe definirlo un piccolo film, ma la verità è che abbiamo fatto qualcosa di grande. La prima volta che sono andato a Hollywood mi ha fatto paura. Sembra tutto gigantesco, hanno infrastrutture incredibili, ma quando ci sono tornato mi sono reso conto che potevo stringerla in un pugno. Con Antonio, guerriero di Dio non è così. Non c’è un solo giorno di riprese in cui io possa dire: finalmente oggi si gira una scena più facile”. Per prepararsi alla parte Mollà ha letto tutto quello che Belluco era riuscito a raccogliere con l’aiuto dei frati del Messaggero di Sant’Antonio, “sul set però ho dimenticato tutto – dice -. Un attore è un uomo di azione e la letteratura non conta al momento delle riprese. A volte bastano lo sguardo di una comparsa o un semplice oggetto a darmi l’ispirazione. Ho preso realmente coscienza della debolezza di Antonio mentre giravo la scena in cui lui, ammalato, tenta di raggiungere un ceppo al quale aggrapparsi senza riuscire a raggiungerlo. Mi è bastato osservare quel pezzo di legno”. Nonostante alcune difficoltà incontrate nel corso della lavorazione, come l’impossibilità di girare nel Palazzo della Regione di Padova che ha costretto la produzione a ripiegare su quello di Vicenza, “siamo perfettamente in orario sulla tabella di marcia”, si rallegra il regista e il film dovrebbe essere pronto per il 2006. “Sento una grande fede nei confronti di Dio – continua Belluco - ma con Antonio, guerriero di Dio non parlo ai cattolici, agli atei o agli agnostici, ma a tutti. Questo film avrà un linguaggio aperto e credo che alla fine vi si potranno riconoscere sia le persone che credono come quelle che non credono e in Antonio vedranno colui che è stato in grado di portare giustizia senza bisogno di ✪ violenza”. Luglio-Agosto 2005 RdC 19 INTERVISTA Terapiadi gruppo Boni, Lo Cascio, Mezzogiorno e Rocca messi a nudo ne La bestia nel cuore. Il nuovo film di Cristina Comencini sul lato oscuro dell’animo umano, in corsa per il festival di Venezia Di Angela Prudenzi 20 RdC Luglio-Agosto 2005 L a prima volta di Cristina Comencini. La regista e scrittrice, all’ottavo film, ha accettato di portare sullo schermo un suo romanzo, La bestia nel cuore, pubblicato con successo un anno fa. Attualmente in fase di post-produzione (e quindi in predicato per il festival di Venezia), la vicenda di Sabina, una trentenne bella e dal carattere forte, sta prendendo corpo. Protagonista Giovanna Mezzogiorno, che a detta dell’autrice ha regalato toni straordinari alla figura della giovane doppiatrice che, identificatasi fino all’eccesso con la vittima di un thriller alla quale sta prestando la voce, si ritrova a fare i conti con il passato. “La bestia del titolo è la nostra componente istintiva. Quella che non riusciamo a dominare” La regista con il cast del film: da sinistra Inaudi, Lo Cascio, Mezzogiorno, Finocchiaro, Rocca e Boni Luglio-Agosto 2005 RdC 21 Ancora una donna protagonista. Sì, ma a dispetto delle apparenze La bestia nel cuore è un film corale. Accanto a Sabina si muove tutto un mondo: il fidanzato anche lui attore, il fratello, l’amica del cuore, un regista che sogna il cinema benché lavori per la televisione. E’ evidente però che Sabina resta il centro propulsore della storia. All’inizio del romanzo Sabina appare decisa, in grado di controllare la realtà, poi all’improvviso lascia riaffiorare un trauma rimosso ed entra in crisi. E’ così anche nella trasposizione? Il film segue la linea intima e più profonda del romanzo, mi interessava lasciar emergere il conflitto interiore che attanaglia costantemente l’animo umano. Tutti gli uomini hanno un fondo oscuro, i miei personaggi riflettono questo stato. Sabina all’inzio domina la propria vita, poi nel momento in cui dovrebbe essere più felice avendo scoperto di aspettare un figlio, i ricordi la conducono dove da tempo non è più stata. Nella casa dell’infanzia, dove è accaduto qualcosa di grave o forse no. Come ha materializzato visivamente l’appartamento, che è luogo dell’anima prima che spazio fisico? Già in fase di sceneggiatura con Francesca Marciano e mia figlia Giulia Calenda, abbiamo preso la decisione di non ricorrere al flash back. Una decisione che ha portato ad immaginare una casa “psichica”, non reale. In un romanzo le atmosfere si possono evocare in poche righe, lasciare al lettore la ricostruzione dei luoghi, in un film invece questi devono essere visti. Credo che abbiamo trovato le soluzioni giuste: come sempre accade alla luce dei ricordi la casa che Sabina immagina non è mai la stessa. Pensa a un corridoio con una porta e subito dopo la struttura cambia, insomma man mano che avanza nella verità la topografia muta. Che cosa è la bestia nel cuore, il nostro lato oscuro? Questo e altro. E’ la nostra parte istintiva, la sfera non educata, non raffinata, quella che governa i nostri desideri e che se ben addomesticata dovrebbe indirizzare al meglio le nostre scelte. A volte però non sappiamo tenerla a freno, e allora produciamo dolore. Altre al contrario ci riusciamo, ed è il 22 RdC Luglio-Agosto 2005 FOTO: PIETRO COCCIA INTERVISTA La regista Cristina Comencini. Sotto in una pausa sul set momento in cui i nostri istinti primari sono in perfetto equilibrio e allora generiamo amore e armonia. Tutti i personaggi hanno un lavoro diverso da quello che vorrebbero: Sabina è un’attrice relegata al ruolo di doppiatrice, Franco rinuncia alle ambizioni teatrali per indossare il camice bianco in un serial tv, il regista sogna di girare un film alla Fellini ma sbarca il lunario in televisione. E’ così impossibile realizzare i desideri? La risposta più immediata è che questa è la realtà italiana. In certi mestieri c’è stata un’obiettiva riduzione delle possibilità di realizzazione personale. La nostra è una società con un livello culturale molto basso, ad essere penalizzati per primi sono stati proprio i mestieri legati all’arte. Per quanto riguarda invece la vicenda, tutti i personaggi strada facendo cambiano, si evolvono e trovano la via per capire come rapportarsi in maniera positiva anche in situazioni all’apparenza meno appaganti. Ad esempio Franco comprende che un attore per essere tale deve recitare, e che lavorare per la televisione è un onesto compromesso per non tradire la propria natura. Ha spesso ricordato come della regia più ogni altra cosa la esalti dirigere gli attori. Il cast di La bestia nel cuore racchiude il meglio della generazione dei trentenni: oltre alla Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio, Alessio Boni, Stefania Rocca, il meno noto Luigi Battiston. Li ho scelti con cura, e anche dopo molti provini, ma il risultato è eccezionale. In generale, è vero, penso di saper dirigere bene, ma qui ha funzionato il lavoro sui personaggi, le lunghe prove, le letture a partire dal romanzo. Sono fiera del rusultato di ognuno di loro: Lo Cascio ha superato in modo magnifico le difficoltà di una lunga confessione, Battiston, che interpreta il regista, ha reso credibile un personaggio sopra le righe. Ma c’è anche Angela Finocchiario, una donna sulla soglia dei cinquant’anni abbandonata dal marito per una ragazza. In quale personaggio si è identificata? Nel regista, è ovvio. Ho amato le sue farneticazioni, la tensione verso qualcosa che non sia la piattezza culturale che offre il piccolo schermo. La televisione è un mezzo con grandi potenzialità, ma nel nostro paese l’assenza di vera concorrenza ha portato all’impoverimento dei contenuti. In altri paesi la televisione sperimenta, rischia, da noi ogni canale è simile all’altro. Non c’è dubbio che al momento il cinema resti l’unico mezzo per raccontare storie vere, che non edulcorino la ✪ realtà. FOTO: (C) INTERNATIONAL PHOTOS S.R.L. Federico Fellini. Il colore, i ricordi, la genialità Gli scritti, le immagini, i suoni, i segni, i sogni del grande regista FELLINI, un’esclusiva monografia multimediale su CD-Rom Versioni in italiano, inglese e francese Per averla al costo di 35 €, scrivi all’Ente dello Spettacolo: [email protected] Appunti e cronache all’ombra della torre Eiffel. Tra set, anteprime e istruzioni per l’uso Festival per tutti i gusti, più di 400 film e Chabrol al ciak con Isabelle Huppert. In Francia il cinema apre per ferie DI VALERIA CHIARI L ’ estate a Parigi si passa all’ombra del grande schermo e sotto un cielo di stelle. Dai classici alle ultime uscite, la capitale francese fa bella mostra di sé regalando ai propri cittadini indimenticabili serate di cinema. Il romantico quartiere del Marais inaugura il Festival Soirs d’Eté (1° luglio) con un concerto di musica brasiliana, declinando poi un programma di film suddivisi per temi: i lunedì della memoria con La caduta degli dei di Luchino Visconti, i martedì globe trotter con I diari della Motocicletta di Walter Salles, i mercoledì noir con tipi come Joel Coen o Henri-Georges Clouzot e ancora i giovedì melo con Crialese e il suo Respiro, i venerdì da brivido con The Village e The Others e per finire i sabato New Peplum con Il gladiatore e L’ultimo samurai. Il festival si concluderà il 14 luglio, con un gustoso picnic davanti alla Mairie (2, rue Eugène Spuller) che darà inizio al tradizionale ballo della presa della Bastiglia. Ancora tanto cinema alla 15ª edizione della rassegna Cinéma en plein air del Parc 24 RdC Luglio-Agosto 2005 de la Villette, che dal 19 luglio al 28 agosto proporrà un programma di classici tra cui I sette samurai, Pulp Fiction, Il cacciatore e Short Cuts e con Paris Cinéma (fino al 12 luglio), orchestrata in collaborazione con oltre 30 sale cinematografiche della capitale. Il festival presenterà 400 film, tra cui anteprime, inediti e una serie di retrospettive. Dopo la serata inaugurale sulla piazza de L’Hôtel de Ville, Paris Cinéma riserverà omaggi particolari a Jeanne Moreau, Jackie Chan, Michael Cimino, metterà in musica tre film muti nei giardini del Senato e riproporrà il Paris Campus: ateliers, lezioni di cinema e tavole rotonde. Il festival più ricco sarà ancora una volta Paris Quartier d’Eté, che dal 14 luglio al 15 agosto presenterà nei teatri più importanti della città – Opera e Opera Bastille – e negli splendidi giardini delle Tuileries, serate cinematografiche, concerti di musica sinfonica e jazz e spettacoli di danza classica e moderna. Gli ultimi scampoli d’estate si possono trascorrere con l’Etrange Festival, che dal 31 agosto al 13 settembre proporrà una sezione interamente dedicata alle Storie di Fantasmi Giapponesi e una serie di omaggi a Udo Kier, Paul Morrissey, Rainer Werner Fassbinder e Lars von Trier. Appuntamenti ad hoc, infine, anche per i genitori con bebè. Una volta al mese il cinema Entrepôt (7, rue Francis-lePressencé, 14° arrondissement) consacra la propria sala alle famiglie, offrendo un cartellone ricco di commedie romantiche. Della Parigi estiva godrà anche Claude Chabrol, che approfitterà di strade e monumenti per girare il suo 51° lungometraggio, interpretato (per la sesta volta) da Isabelle Huppert. In vista di un inverno freddo e piovoso, sarà al lavoro anche Pierre Boutron, che porterà sullo schermo la storia di Landru, killer seduttore nella Parigi di fine Ottocento, interpretato da Michel Blanc. In chiusura di stagione, la Cineteca Francese aprirà la nuova sede di rue de Bercy il 28 settembre con l’esposizione “Renoir/Renoir”, che accoglierà una quarantina di dipinti di Auguste Renoir e una retrospettiva di tutti i film di Jean Renoir. La Bastiglia, il Marais, l’Opera e giardini de la Tuilerie alcuni dei luoghi che ospiteranno le manifestazioni Luglio-Agosto 2005 RdC 25 Invasione di ca Febbre a 90° per lo sport. Dopo la boxe di Clint Eastwood, tocca ai pugni di Russell Crowe, al documentario su Pelè e a Giulietta e Romeo divisi dal tifo Di Marco Spagnoli 26 RdC Luglio-Agosto 2005 TENDENZE mpo Ken Loach non ha dubbi: “Una partita di calcio emoziona più di un film. Il tifo è un matrimonio” “LA MAGGIOR PARTE DEI FILM PRODOTTI oggi è meno interessante di una partita di calcio e – sicuramente – meno commovente.” A dirlo non è un direttore tecnico, una mezz’ala o un commentatore sportivo, bensì l’attore icona Malcolm McDowell che nella sua casa californiana si è fatto impiantare una parabola satellitare apposita per vedere le partire di calcio della natia Inghilterra. “Io sono molto simpatetico con le persone appassionate di calcio” rincara la dose Ken Loach: “Una partita è sempre emozionante e il risultato è spesso imprevedibile. Non altrettanto si può dire del cinema di adesso, che mi sembra più scontato. Tra un film e una partita anch’io non ho dubbi su cosa scegliere. Trovarsi il sabato pomeriggio alle sei con la tua squadra che ha vinto è davvero una soddisfazione. Tifare una squadra è come un matrimonio... “ Non è quindi un caso che il regista Bruno Barreto abbia preso ispirazione proprio da una relazione contrastata come quella leggendaria tra Romeo e Giulietta, trasportandola nella San Paolo del Brasile dei giorni nostri e ricreando la dinamica shakespeariana nell’amore scoppiato tra due appartenenti a famiglie separate non da una faida secolare, ma dalla passione per le due locali squadre rivali: Palmeiras e Corinthians. Esilarante, la commedia del regista premio Oscar per Quattro giorni a settembre, catapulta Shakespeare nell’arena sportiva in maniera imprevedibile. Ma non è certo l’unica. A meno di un anno dai mondiali in Germania del giugno 2006, il cinema, rinfrancato dagli Oscar di Million Dollar Baby sembra tornare a seguire con estrema attenzione le possibilità offerte dal calcio e dagli altri sport di raggiungere pubblici nuovi, spesso, appena contigui allo zoccolo duro di spettatori delle sale Luglio-Agosto 2005 RdC 27 TENDENZE cinematografiche. Se, spesso, i film ispirati da sport eccessivamente americani hanno avuto vita non facile nelle sale cinematografiche europee, godendo dei benefici del semi anonimato tra Vhs e Dvd, oggi, Hollywood e dintorni guardano al calcio e alla retorica sportiva con rinnovato interesse. Mentre la FIFA pubblica autonomamente due Dvd con il meglio dei mondiali e in Inghilterra e Spagna impazzano i film – documentari dedicati a squadre come Manchester United e Real Madrid, autori seri tentano di costruire storie nuove guardando indietro alla storia del calcio. Se a Cannes il documentario Pelé Forever ha mostrato con materiale d’archivio inedito la vita del giocatore della nazionale verde oro, uno degli autori di Miami Vice, David Anspaugh ha confezionato The Game of Their Lives, film presentato in anteprima al Festival di Taormina e dedicato alla prima partita della nazionale di calcio americana composta prevalentemente da figli di immigrati italiani. In autunno uscirà Goal! Primo capitolo di una trilogia diretta dal regista di So quello che hai fatto, Danny Cannon, dedicata alla storia di un ragazzino che vuole diventare una star del calcio. Come in passato per Fuga per la vittoria, anche qui ci saranno le comparsate di calciatori famosi quali Beckham, Zidane e Kluivert. Il calcio, in tutte le sue declinazioni, non è, però, l’unico sport al centro dell’attuale produzione. Anche perché non sempre i film sul football sono andati sempre bene. Per un Sognando Beckham che va, c’è sempre un Tutti all’attacco, che – in qualche maniera – fallisce. The World Fastest Indian di Roger Donaldson con Sir Anthony Hopkins racconta la storia 28 RdC Luglio-Agosto 2005 Cinderella Man di Ron Howard. Sotto il documentario Dogtown & Z-Boys e, nella pagina precedente Million Dollar Baby dell’arzillo signore che negli anni Settanta con una moto di oltre quaranta anni prima ha piazzato il record di velocità di più di trecento all’ora, ancora oggi imbattuto. Se On a Clear Day con Peter Mullan può essere considerato una celebrazione del potere catartico del nuoto (un uomo addolorato dalla morte del figlio, concentra tutte le sue energie sul tentativo di attraversare la Manica nuotando…), Cinderella Man è la risposta del pugilato all’era della Grande Depressione a pochi mesi di distanza dal lavoro analogo fatto con lo straordinario Seabiscuit. L’altra sporca ultima meta con Adam Sandler, Chris Rock e un cameo di Burt Reynolds è il remake dell’originale di più di trenta anni fa, mentre il surf e lo skateboard vengono doppiamente celebrati dai due documentari di Stacey Peralta Dogtown & Z-boys e Riding Giants, nonché dal film con Heath Ledger a essi ispirato Lords of ✪ Dogtown. Cinderella Man è la risposta del pugilato all’era della Grande Depressione Luglio-Agosto 2005 RdC 29 O V I S U L C ES SPECIALE COFANETTO 2000 biografie e filmografie anche su cd rom 2 volumi + cd rom € 50,00 più spese di spedizione. Per informazioni: Ente dello Spettacolo Via Giuseppe Palombini, 6 00165 Roma Tel. 06.6637514 Fax. 06.6637321 e.mail [email protected] Gli speciali rC d C’ERA[NO] UNA VOLTA Roma Parigi Londra... Luglio-Agosto 2005 RdC 31 Citta’da fi Viaggio cinematografico in due tappe, per riscoprire il fascino intatto di alcune tra le mete turistiche più Roma, Parigi, Londra. E poi Venezia, Berlino e New York. Luoghi di grandi set, di menù cinematografici e di esterni insoliti e ammalianti. Si incomincia con Vacanze romane: siamo nella Roma dei primi anni Cinquanta, vista con gli occhi americani di William Wyler. La capitale dei monumenti si fonde con la Roma notturna della Dolce Vita, il rotocalco diventa commedia grazie all’abilità del regista e alla complicità di Gregory Peck e Audrey Hepburn. A bordo della vespetta di Nanni Moretti, trait d’union con il passato, si arriva alla Roma odierna e periferica di Caro diario. Si prosegue con Parigi, attraverso lo sguardo nostalgico della cenerentola Sabrina di Billy Wilder (ancora l’eterea Audrey Hepburn), che si ricongiunge alla fantastica e svanita Amelie Poulain di Jean-Pierre Jeunet. Destinazione finale: Londra, meta turistica dell’amore “indiscreto” e old fashion tra Cary Grant e Ingrid Bergman (diretti da Stanley Donen), antitesi perfetta della 32 RdC Luglio-Agosto 2005 città moderna e dissacrante che fa da teatro alle relazioni pericolose di Julia Roberts, Clive Owen, Natalie Portman e Jude Law in Closer di Mike Nichols. In mezzo ponti (e piazze) desolati, quasi sinistri, ripresi nei fantascientifici Giorni dei trifidi di Steve Sekely e in 28 giorni dopo di Danny Boyle. Spettri burloni e condannati (Sandra Milo e Marcello Mastroianni in Fantasmi a Roma, Carla Gravina nello sceneggiato televisivo che fece epoca, Il segno del comando), gli incubi londinesi di Dylan Dog, le magie di Harry Potter e i revenant innamorati di Jacques Rivette (Storia di Marie e Julienne). Buona visione, in compagnia delle ricette disastrose di Bridget Jones, la crème brulé di Amelié e la mozzarella in carrozza di Ladri di biciclette. Alla prossima puntata le seduzioni veneziane, i grattacieli di New York, che neanche Blake Edwards e Woody Allen riescono a oscurare. E la Berlino dai mille volti, raccontata da Rossellini e Wenders. lm belle del mondo Di Marina Sanna L’itinerario proseguirà sul prossimo numero con New York, Venezia e Berlino Roma Vacanze Monumenti meravigliosi e umanità popolare, Dolce Vita e ricostruzione. La Capitale attraversata da Audrey Hepburn e Gregory Peck è anche uno spaccato sociopolitico dell’Italia anni Cinquanta Di Silvio Danese uando giri per Roma vedi due diversi eserciti in movimento: i carri armati e la cavalleria. Ma non fanno la stessa guerra. Le automobili cercano pesantemente di conquistare una zona, una posizione, infine un parcheggio. I motorini balzano, sfuggono, irrompono, si dileguano e non Q 34 RdC Luglio-Agosto 2005 vanno a conquistare gli stessi spazi. Li inventano gli spazi. Sconvolgono lo schema. Condizionate dal mondo le auto, indipendenti e liberi gli scooter. Nel 1946 Enrico Piaggio, davanti al prototipo del mezzo a due ruote che inventò tutto, disse: “Sembra una vespa”. Nessuno immaginava che lo scooter si sarebbe anche mosso come un insetto impazzito. Il mito di Vacanze romane, con quel giro in Vespa che corrisponde allo scioglimento dai vincoli sociali per immetersi nel “traffico” della vita, ci lascia un senso di fusione tra la fiaba moderna (del principe borghese e della principessa ribelle) e la leggerezza Reali Luglio-Agosto 2005 RdC 35 Roma dello spazio, proprio perché la complessa geografia di una città obesa di bellezza è liberata da un esempio di lievità del transito, in sintonia con il bisogno di libertà dei personaggi: lei dalla legge del reame, del quale è certamente la più bella, lui dalla legge del mercato, di cui è certamente il principe più “azzurro”. Amore irrompe tra le catene dei ruoli e invece della freccia scaglia la Vespa in giro per la città. Ambientato in una Roma (Italia) assediata dal piano Marshall (gli aiuti americani alla ricostruzione dietro i quali si trovava anche la strategia di ingerenza politica sui governi), il film di Wyler corrisponde in parte alla Roma (non all’Italia) dei primi anni Cinquanta. C’è la città italiana della motorizzazione (le Hepburn e Peck sono lo specchio delle realtà politiche in cui è diviso il Paese FOTO: DIEGO GIULIANI << MANICARETTI D’AUTORE >> scene in Vespa), c’è l’ibridazione tra popolo e borghesia che corrisponde alla prima vera contaminazione culturale della città e del Paese del secolo, prima del Boom, e c’è la Roma notturna della Dolce Vita. fatta effettivamente di una promiscuità di giornalisti, di attori, di americani, di borghesi, di aristocratici. La materia è da rotocalco, diciamo da fotoromanzo. E’ in parte un motivo di MOZZARELLE IN... CARROZZA Il conflitto di classe è servito. In metafora, dai Ladri di biciclette di Vittorio De Sica E’ il 1948 a Roma. Vittorio De Sica e Cesare Zavattini raccontano un conflitto di classe con l’aiuto di una mozzarella in carrozza: una mozzarella avvolta in una dorata impanatura che, fritta, diventa una pallina soffice e filante. Antonio è disoccupato da due anni, quando riesce ad ottenere l’incarico di attacchino municipale, per il quale occorre la bicicletta. Ma il primo giorno di lavoro la bicicletta gli viene rubata. Il giorno dopo è domenica. Antonio e Bruno cercano la bicicletta ovunque, invano. E’ l’ora 36 RdC Luglio-Agosto 2005 del pranzo. In una trattoria sul Tevere, Bruno osserva con invidia il bambino del tavolo accanto, un tavolo di ricchi. Il bambino dei ricchi mangia una mozzarella in carrozza e il padre propone a Bruno di prenderla “pure lui”. Ma la via gastronomica al socialismo è condannata al fallimento. Quando Bruno si gira per mostrare al rivale che “pure lui fai i fili con la mozzarella”, i ricchi sono già passati ad un’altra portata: dessert e una bottiglia di spumante. CHIARA UGOLINI fiori. Il taxista invece coltiva l’orto malinconicamente in Ciociaria (in provincia di Roma). Il mondo italiano non è più in bianco e nero. E’ a colori e brucia di imbecillità e rapacità, come nel resto del mondo post-industriale. Le principesse? Finiscono male nei tunnel stradali di Parigi. Quanto ai giornalisti, vendono il loro amore. Resta Roma. Basta uno scooter, un casco bianco, la faccia di Moretti. E qualcuno col traino che ti permette di fingere di guidare per guardare le case e i monumenti. “furore” emotivo del film nel corso del tempo: una fiaba che radicallizza i sentimenti “moderni” nello sfondo in rilievo di una città che si umanizza e risuona di apparente verità. Il gioco tra la regalità della Hepburn e la tenuta civile di Peck corrisponde a un rispecchiamento forte delle identità politiche in movimento in Italia, paese che aveva appena scelto, con referendum vinto di misura, la repubblica . Non dimentichiamo che la monarchia fondò il Paese e che il fascismo mantenne il re, mentre Roma ha un ruolo architettonico di formidabile risonanza del regio, del papalino, dell’imperiale, eccetera. Ma senza esagerare. Il personaggio della Hepburn corrisponde felicemente a un’idea suggestiva dell’aristocrazia fiabesca. Muovendosi nella città Vacanze romane diventa una commedia in parte percettiva della realtà grazie alle immagini di Wyler spinte dalla sceneggiatura di Ennio Flaiano e Suso Cecchi D’Amico, che riscrissero la sceneggiatura di Ian McLellan Hunter, poi premiato con l’Oscar per il soggetto originale. Si citano spesso il fioraio che regala il fiore alla principessa e il tassista brillante come esempi di uno sguardo su personaggi minori riusciti, emblema di una città di buone cose e belle promesse, in realtà un po’ tipizzati e un po “romanizzati”. Promesse? Oggi il fioraio è diventato proprietario di una catena di negozi ed è scostante e maleducato e non regala neanche la carta per avvolgere i Vacanze romane con Audrey Hepburn e Gregory Peck. Accanto Piazza del Popolo, sotto Nanni Moretti VISTA IN VESPA Estiva, deserta, sospesa. La Roma di Caro diario è un omaggio di Moretti al cinema (e a Pasolini) “In vespa: Roma. Vado in giro d’estate in Vespa. Vedo un film italiano. Vado alla Garbatella. Guardo gli attici. Poi ascolto un gruppo che suona il merengue. Vado a Spinaceto. Vado a Casalpalocco. Incontro Jennifer Beals. Vedo il film Henry – Pioggia di Sangue. Vado dal critico cinematografico. Vado dove è stato ammazzato Pasolini”. Viaggio in prima persona singolare quello di Moretti in Caro diario. A bordo di una vespa verde – icona subitanea del cinema (dis)impegnato – il regista danza leggero con la camera che lo tallona in una Roma estiva e deserta. La Città Eterna è contenitore vuoto che si lascia riempire dal cinema, a cui regala la vita nel suo farsi. Demistificando le velleità del giovane cinema italiano e stigmatizzando l’onanismo cieco della critica, Moretti sottolinea l’urgenza dell’attaccamento alla realtà, quella assolata dei paesaggi e quella disperata dei sogni. E nel finale l’omaggio a Pier Paolo Pasolini è comunione di sentire. FEDERICO PONTIGGIA Luglio-Agosto 2005 RdC 37 Roma << PERCORSI >> Luoghi comuni Storia e topografia di un set a cielo aperto: il Colosseo dei peplum, la piazza Navona di Poveri ma belli, il quartiere Prati della Famiglia… Di Luca Pallanch 38 RdC Luglio-Agosto 2005 a storia del cinema italiano, dalla famosa Presa di Roma di Filoteo Alberini, primo film a soggetto realizzato nel nostro Paese giusto un secolo fa, è anche, e soprattutto, la storia di Roma. Non vi è forse città al mondo più immortalata dall’occhio della macchina da presa, tanto da trasformarsi agli sguardi più attenti in un grande set cinematografico che trascende i confini dei suoi studi più famosi per identificarsi con l’intero suo territorio: vera Cinecittà, le cui coordinate non coincidono con quelle tracciate dalle guide turistiche. Le prime immagini sono ovviamente delle cartoline che il tempo non ha minimamente sbiadito: il Colosseo dei peplum hollywoodiani, il Campo de’ Fiori dell’omonimo film con Fabrizi e la Magnani, la Fontana di Trevi e la via Veneto de La dolce vita, la Trastevere di Un americano a Roma (in realtà girato al ghetto), il Cupolone che fa da sfondo al finale di Roma città aperta, la piazza del Popolo deserta a ferragosto da cui prende il via Il sorpasso e in cui a distanza di anni si ritrovano i protagonisti di C’eravamo tanto amati, Manfredi e Gassman, la scalinata di Trinità dei Monti de Le ragazze di piazza di Spagna, la piazza Navona de I poveri ma belli, la Roma ritratta da Fellini, fra verità e mistificazione per essere consegnata al mito del grande schermo, spesso partorito dal genio degli scenografi e dal lavoro delle maestranze. Ma accanto ad esse vi sono altre immagini meno usuali e forse per questo più caratteristiche: l’Eur de Le tentazioni del dottor Antonio, episodio di Boccaccio ’70 diretto dallo stesso Fellini, a cui fa da contraltare l’Eur de L’eclisse di Antonioni, L Il primo film girato nella Capitale risale a un secolo fa. Da allora il cinema ne ha mostrato volti fra loro molto diversi due letture diametralmente opposte di uno spazio architettonico di rara suggestione, tanto da potersi prestare alle visioni fantascientifiche de La decima vittima di Petri e agli incubi del geniale L’ultimo uomo della terra di Ubaldo Ragona; il raccordo anulare de L’ingorgo di Comencini; il quartiere Prati con i suoi caratteristici appartamenti, in uno dei quali, splendidamente ricostruito a Cinecittà, vivono i componenti de La famiglia di Scola; il condominio di viale XXI aprile di Una giornata particolare, sempre di Scola; la Garbatella attraversata in Vespa da Moretti in Caro diario; la Pietralata de L’onorevole Angelina di Zampa, di Accattone di Pasolini e di Diario di un maestro di De Seta; il Prenestino (e il Casilino) di Roma città aperta e Bellissima; la Val Melaina di Ladri di biciclette; la Roma oscura, misteriosa di Mario Bava e di Dario Argento, che ruota idealmente attorno a piazza Mincio e agli edifici Coppedè. Solo alcune istantanee di una città che ha mostrato al cinema mille volti e altre mille ne serba nel cassetto, pronta a rivelarsi ma sempre restia a farsi catturare definitivamente. La dolce vita di Fellini. Sopra Alberto Sordi Americano a Roma e Boccaccio ’70. Nell’altra pagina, La famiglia e Anita Ekberg ne La dolce vita ECTOPLASMI ALLA ROMANA Fanno il bagno nel Tevere, girano a piedi nudi e si danno appuntamento a Trinità dei Monti. Sono i fantasmi (innamorati), che vagano per la città ■ Se compri casa nel centro storico di Roma, la cosa più facile che possa capitarti è quella di acquistare, compresi nel prezzo, eterei coinquilini con cui condividere abitudini e quotidianità. E’ il 1960 e passeggiando per i ponti romani è probabile incontrare il fantasma raffreddato di Sandra Milo. Morta suicida scegliendo il Tevere per affogarsi insieme a un amore andato a male, Donna Flora non resiste dal fare ogni notte, a mezzanotte, un bagnetto nel fiume con effetto madelaine proustiano. Lo spirito di Mastroianni si aggira invece per le strade affollate con una scarpa sola: l’altra l’ha persa cadendo da un balcone a causa di una frettolosa dipartita da una moglie altrui, cosa che gli è costata, oltre alla calzatura, anche la vita. Lui preferisce “lo struscio”, che fantasmagoricamente parlando, consiste nel passare attraverso le ragazze più carine, ancora dotate di carne e ossa. Vai a capire poi perché i fantasmi si ostinino a complicarsi le cose innamorandosi degli umani, invece che dei loro simili. Ma lo spettro di Vittorio Gassman ci spiega che le relazioni fra ultraterreni hanno un sacco di controindicazioni: un bruciato vivo, per esempio, non potrà mai andare d’accordo con un affogato. Piccole perle di saggezza ectoplasmatica. Per ulteriori ragguagli, vedere Fantasmi a Roma di Antonio Pietrangeli. Il passo successivo sarà un mutuo per un appartamento in un palazzo vicino a Piazza Navona. Dotato di spettri, ovviamente. Undici anni dopo, nel 1971, una strana civetta di pietra campeggia sulla porta dell’interno 13 di via Margutta 33, e ci introduce alle misteriose atmosfere de Il segno del Comando. Se bussi, ti aprirà il fantasma decisamente poco vestito di Lucia, una bellissima Carla Gravina pronta ad accompagnarti per mano in un mondo fatto di sedute spiritiche, musiche demoniache, cadaveri dimenticati, quadri maledetti e oscure superstizioni. L’appuntamento è per le 21.00, ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti. E non aspettarla sarebbe comunque un errore. Ne sanno qualcosa Ugo Pagliai e i Fantasmi a Roma di Antonio Pietrangeli 15 milioni di spettatori che non perdevano una puntata dello sceneggiato televisivo, e ancora ricordano il “din don” che Lando Fiorini cantava nella sigla finale. CHIARA TAGLIAFERRI Luglio-Agosto 2005 RdC 39 Parigi Sognare in grande Una città magica e sospesa nel tempo. Capace di materializzare fantasie e desideri, dall’invenzione dei Lumiére, alle moderne fiabe di Sabrina e Amélie Di Roberto Nepoti a Parigi che ebbe luogo, come ognun sa, la prima proiezione cinematografica. I protospettatori del 1895 scoprirono la scena primaria al Salon Indien del Boulevard des Capucines, che oggi non esiste più. Poi sarebbero arrivati i templi della settima arte: il Gaumont Palace tra tutti, sala monumentale con tanto d’organi che i puristi dell’epoca tacciarono di crimine contro l’urbanità. Invano. L’immaginario del cinema incontrava l’immaginario in piena espansione della metropoli, raddoppiandone la suggestione e facendo della “ville lumière”, prima di Roma o di New York, la città-cinema ideale. Nel 1954 ci sbarcò Sabrina Fairchild, figlia d’autista infelicemente innamorata del E’ 40 RdC Luglio-Agosto 2005 I due volti di Parigi: Audrey Amélie Tautou e Audrey Hepburn in Sabrina Luglio-Agosto 2005 RdC 41 Parigi miliardario David (William Holden) nella indimenticabile commedia di Billy Wilder. Vi si fermò due anni, frequentando una scuola di cucina (“uno, due, tre…altro uovo”) e vi subì la classica trasformazione da bruco a farfalla. Di ritorno in America, era ormai una sofisticata fanciulla capace di far innamorare il fatuo David, salvo poi preferirgli il fratello maggiore Linus (Humphrey Bogart). Come d’ uso anche nelle migliori famiglie (cinematografiche) hollywoodiane dell’epoca, la Parigi di Sabrina (come quella del coevo Un americano a Parigi) era soprattutto l’idea platonica di Parigi: tutto finto, un set sognato e mentale per tempi in cui il comune pubblico viaggiava poco e l’obbligo del realismo non aveva ancora Il Sacro Cuore e uno scorcio di Parigi. Sotto Amélie Poulain << MANICARETTI D’AUTORE >> UN CUCCHIAINO DI FELICITA’ Guida ai piccoli piaceri del palato (e non solo). Tra Belleville e il Sacro Cuore, sulle orme di Audrey Tautou E’ la Parigi da cartolina. Con la Tour Eiffel, il bianco Sacre Coeur e Montmartre. E’ un mondo favoloso, magico e fiabesco, è quello di Amélie. A metà tra eroina da fumetto e soap opera, tra bambina e donna, Amélie sa perfettamente cosa le piace e cosa non le piace. Non le piacciono i vecchi film americani dove il guidatore non guarda la strada. Le piace voltarsi nel buio del cinema a vedere le facce degli altri spettatori, tuffare la mano in un sacco di legumi, far rimbalzare i sassi sul canale e rompere con il 42 RdC Luglio-Agosto 2005 cucchiaino la crosta della creme brulée. Cameriera al Café des deux Moulins, un giorno Amélie scopre che oltre ad amare è bello farsi amare e il suo cuore che pulsa impazzito e poi si scioglie in una pozzanghera è più bello di qualunque fumetto pop. Ma l’immagine migliore rimane quella in cui Amélie, lo sguardo a metà tra scolaretta saccente e ragazzina maliziosa, ti guarda negli occhi, solleva il cucchiaino: sta per concedersi uno dei suoi piaceri più grandi. CHIARA UGOLINI imposto la sua legge un po’ banale. E’ rimasta una Parigi da favola quella in cui Audrey torna cinque anni dopo con Cenerentola a Parigi: anche se il suo accompagnatore, Fred Astaire (un vero fotografo di grido, Richard Avedon, sovrintendeva alle inquadrature e al colore), si è messo al passo coi tempi diventando un fotografo per riviste come Vogue e Harper’s Bazaar, che deve ritrarla in un servizio di moda sullo sfondo dei luoghi più celebri della capitale. E la Francia vista dai francesi? Nel cinema dei vecchi maestri Parigi è un tormentone fino dai titoli: Paris qui dort, Sotto i tetti di Parigi, Per le vie di Parigi (Réné Clair), Mentre Parigi dorme e Aria di Parigi (Marcel Carné), Sotto il cielo di Parigi (Julien Duvivier). Non è meno parigina la generazione antagonista della Nouvelle Vague; sia che citi anch’essa il nome dalla città (Paris nous appartient di Jacques Rivette), sia che dedichi attenzione ai trasporti (Zazie del métro di Louis Malle, L’ultimo métro di François Truffaut), sia che travesta Parigi da città del futuro, ma lasciandola riconoscibilissima e senza trucco (Alphaville di Jean-Luc Godard). E’ proprio alla Parigi del “cinéma de papa”, e insieme a quella dei giovani turchi nouvelle-vaguisti, che guarda con nostalgia il più postmoderno dei film ambientati nella città della Tour Eiffel. Il favoloso mondo di Amélie mette in scena, in abisso, l’immagine di Parigi costruita Cambiano i tempi, resta l’atmosfera: Montmartre e la Senna diventano il simbolo di un set ideale (cinematografica) di una città mai visto su schermo. Jean-Pierre Jeunet sa bene che il cinema ha cambiato il nostro modo di sognare; che senza di esso sogneremmo diversamente. Così, ci dà da sognare una Parigi sospesa nel tempo (nei tempi), in bilico tra il gusto retroattivo (il prologo che mima il cinema muto) e l’ultrafuturo, già presente, dell’immagine digitale (quasi tutti i fotogrammi sono stati manipolati al computer), avvolgendovi il lunare personaggio interpretato da Audrey Tautou. E forse il punto di (non) ritorno più evidente è proprio Sabrina, il film dove - cinquant’anni prima - un’altra Audrey era andata a sognare Parigi, per lasciarla in eredità a tutto l’immaginario a venire. attraverso centinaia di film: versione pop dell’esperienza surrealista, consapevole che il surrealismo per lo schermo è rimasto la faccia meno démodé di quella scuola. Nella Montmartre in cui agisce Amélie, aspirante realizzatrice di sogni, si colloca con ogni probabilità l’“aleph” più accogliente e onnicomprensivo della vita Un americano a Parigi di Vincente Minnelli. Accanto ancora Audrey Tautou FANTASMI ALL’OPERA Una lunga genealogia, iniziata nel 1911. Dal più spaventoso, firmato Leroux, a una galleria di esemplari improbabili, elegantissimi o soporiferi ■ Alla Francia spetta il premio del fantasma più charmant della storia del cinema. Nel 1911, Gaston Leroux si immagina le vicende di questo Fantasma dell’Opera, che a ben guardare, poi fantasma non è, ma che ha i suoi buoni motivi per aggirarsi con maschera e mantello nero negli oscuri recessi del Teatro più famoso di Parigi. Nel romanzo è crudele e spaventoso quanto basta, ma per un po’ d’amore è disposto a uccidere parecchia gente, o a morire all’istante, e finirà per fare entrambe le cose. Tra specchi che nascondono passaggi segreti, cunicoli, botole, sotterranei e stanze di tortura uscite dal medioevo, vale la pena di armarsi di candelabro e affrontare qualche topo, sperando di essere rapite da lui per svenirgli tra le braccia. Le versioni cinematografiche si sprecano: il fantasma più elegante è quello interpretato nel 1925 da Lon Chaney; il più ridicolo è quello immaginato da Dario Argento, che con i topi ha un ben strano rapporto, il più splatter è ovviamente quello di Robert “Freddy Krueger” England, e il più soporifero è il musical di Joel Schumacher. A Brian De Palma, con Il fantasma del palcoscenico va riconosciuto il merito di aver rivisitato la storia, trasformandola in un cult -movie rock. Ci sono i vivi, i morti (tra cui zombie, fantasmi, vampiri e quant’altro...), e i non-morti, che non si capisce mai bene dove stanno: vivono in un eterno presente che non consente né passato né futuro, aspettando qualcuno che, semplicemente, sia capace di spingerli da qualche parte. E quando a un orologiaio alla ricerca del tempo perduto capita d’incontrare una non-morta come Emmanuelle Béart, l’amore non può fare altro che cadergli rovinosamente addosso. La Storia di Marie e Julien immaginata da Jacques Rivette diventa così una relazione ectoplasmatica con alcuni momenti paradossali, e altri di rara e melanconica bellezza. Perché i morti non sempre ci lasciano e alle volte vogliono solo che noi ci occupiamo ancora di loro. Per incontrare l’ombra sperduta di Emmanuelle Béart (che anche da morta vivente, va detto che dà parecchio filo da torcere alle donne in carne e ossa), bisogna aggirarsi per le strade di Marsiglia alla ricerca del gatto Nevermore: a lui lo ha rivelato in gran segreto Edgar Allan Poe, come si fa per arrivare a Marie. CHIARA TAGLIAFERRI Luglio-Agosto 2005 RdC 43 Londra Romantica Capitale degli smoking, della pioggia e del Royal Ballet. Dove il Big Ben scandisce le schermaglie amorose di Ingrid Bergman, 44 RdC Luglio-Agosto 2005 ndiscreto. È il fascino di Londra nel film omonimo di Stanley Donen. Londra notturna e piovosa, flebilmente illuminata dal Big Ben, su cui si apre il sipario privato dell’attrice teatrale Anna Kalman, interpretata da Ingrid Bergman. Londra è per lei il buen retiro che lenisce l’inconcludenza dei suoi rapporti con l’altro sesso. Una gabbia dorata in cui si insinua vellutato e fascinoso l’economista Philip Adams, che ha il portamento e le buone maniere di Cary Grant. La topografia della metropoli inglese si riduce in scala nella relazione tra Grant e la Bergman, stampigliandosi su smoking e abiti da sera, dipanandosi tra una cena in un club e un balletto alla Royal Opera House di Camden Town, percorrendo le mosse eleganti di una colazione a due. Passo a due, con cadenze felpate e sorrisi aperti e comunque neghittosi, avvolti da uno humour che alimenta impalpabile l’immaginario british. L’ora è sempre I Londra ieri e oggi: Indiscreto di Stanley Donen e Closer di Mike Nichols e indiscreta Cary Grant, Julia Roberts e Clive Owen Di Federico Pontiggia Luglio-Agosto 2005 RdC 45 Londra Pasticcini, ricevimenti e gala: i riti quotidiani ribadiscono il carattere esclusivo della città quella del the, ma le tazzine compaiono fugaci. Non vi è necessità di una teoria di luoghi comuni, Londra traluce nell’aplomb della coppia, in cui il tratto americano di Grant empatizza la grazia europea della Bergman. Le asperità sfumano nel reciproco sentimento che impregna le coltri di risvegli separati, toglie dall’effetto flou la servitù e tratteggia un’atmosfera dello spirito. Alcuni scorci di Londra. Sopra i protagonisti di Closer 46 RdC Luglio-Agosto 2005 Unica marca urbanistica è la celebre torre dell’orologio che scandisce i rintocchi di schermaglie amorose destinate dal principio all’happy end. Happy end per gli happy few, quali Grant e la Bergman: Londra è in primis aristocratica. Talvolta di sangue, sempre di maniere. Quelle apoditticamente sconfessate da Closer di Mike Nichols, in cui il tiro al poligono del cast all-star (Jude Law, Clive Owen, Julia Roberts, Natalie Portman) echeggia stancamente la Conoscenza carnale di trent’anni prima. Creata a Londra al Royal National Theatre il 22 maggio 1997, la fortunata commedia che lo stesso autore Patrick Marber ha adattato per lo schermo ritrova sulla pellicola la topografia londinese da cui fu separata alla nascita teatrale: la camera accompagna i personaggi nelle strade e nelle abitazioni della capitale inglese, in un parco della rimembranza, dentro l’acquario, nei saloni di una mostra fotografica, in un club di strip-tease. Il tutto fotografato con evidenza da guida turistica, in modo consono alla didascalia feroce delle relazioni pericolose dei quattro. Specularmente a Indiscreto, Closer percorre il reticolo urbanistico secondo le traiettorie avulse della tesi di fondo: in amore vince chi meglio incassa. E il credito di Nichols viene riscosso in una Londra che si mostra senza pudori ma con un’inconfessabile ansia da prestazione: che ne è dell’atmosfera compunta fino alla rarefazione dell’Old British? Forse è segregata nell’acquario su cui si specchia l’incontro random tra Owen e la Roberts, che non casualmente interpretano un dermatologo e una L’amore è il filo rosso che unisce nel tempo Closer e Indiscreto fotografa. Lo sguardo del film è obliquo e ondivago, ma sempre di superficie: si sfiora e si ritrae, ma tanto per la città che per l’uomo è l’epidermide l’unico contatto possibile. Epitelio amoroso e sostrato urbanistico: pari e patta. Il montaggio alternato di Indiscreto e di Closer viene a costituire l’immagine della contemporaneità londinese in bilico tra tradizione e innovazione. Non solo urbanisticamente: la sovrimpressione dei volti di Grant, Bergman, Law, Owen, Portman e Roberts dipinge un ritratto ambiguo e contraddittorio. Le labbra si schiudono per un vis-à-vis mattutino in split-screen (Indiscreto) per poi contrarsi nel turpiloquio sessuale (Closer), la costruzione della fiducia decade nell’iterazione fedifraga, il savoir faire viene fagocitato dall’uno contro tutti. Quale sintesi? Iconoclastia nutrita di stereotipi e non-luoghi, primi piani su cui si aprono sorrisi amletici. È il cinema che chiama a sé, più vicino, per rivelarsi indiscreto. Nel segno di una città cangiante e multiforme, metropolitana e monarchica. Teatro dell’umano. Perché, scriveva Henry Miller, “Voglio morire come città, per nascere come uomo”. << MANICARETTI D’AUTORE >> PORRI ALLA BRIDGET Menù degli orrori per la catastrofica single E’ la Londra delle case editrici e dei canali televisivi. E’ la Londra degli acquazzoni improvvisi, dei pub, delle minifughe in campagna il finesettimana. La single trentenne più famosa del mondo tiene un diario. E grazie a questo possiamo seguire le vicissitudini della nostra eroina: il numero di sigarette fumate, alcolici bevuti, chili in più e in meno, buoni propositi e “cattive azioni”. Il 9 novembre è un giorno speciale, il giorno del compleanno di Bridget Jones. E per questa grande occasione vuole stupire tutti con doti culinarie che nessuno sospetta… perché Bridget non le ha. Una giornata (infernale) che culmina con menù da brividi: brodo di porri blu, omelette ai capperi stracotte, sorbetto alle arance bruciacchiate e due pretendenti che se le danno di santa ragione. Meno male che ci sono gli amici che brindano a Bridget che non sa cucinare ma che ci piace “così com’è”. CHIARA UGOLINI Luglio-Agosto 2005 RdC 47 Londra << PERCORSI >> Il ponte della paura Westminster Bridge: teatro desolato di scenari apocalittici, per gli zombie di Danny Boyle e gli infestanti “trifidi” di Steve Sekely Di Alessandro Boschi importante studioso del U ncomportamento umano sostiene che Tra Il giorno dei trifidi e 28 giorni dopo sono passati ben quarantuno anni. Eppure le suggestioni sono le stesse 48 RdC Luglio-Agosto 2005 ognuno di noi, trovandosi di fronte ad una massa imponente di gente, proverebbe l’irrefrenabile impulso di fare “piazza pulita”, di sterminare la “folla sterminata”. Confessiamo che certi pensieri ci hanno talvolta sfiorato, e senza nemmeno che l’ingorgo umano assumesse dimensioni eccessive, a volta ci basta un autobus, magari il vagone di una metropolitana nell’ora di punta. Ma questo probabilmente dipende dalla nostra ridotta capacità di sopportazione. Resta però il fatto che molto spesso vorremmo avere la possibilità, sfiorata appena nei torridi giorni ferragostani, di avere la città dove viviamo a nostra completa disposizione, vuota e silenziosa. Roma, ad esempio. Cosa c’è di più bello della visione delle piazze della capitale completamente deserte, senza auto con permesso e vigili con il blocchetto delle multe? Un sogno? Sì, un sogno, decisamente. Ma ci sono alcuni film che questo sogno hanno realizzato. Due in particolare sono davvero da ricordare, perché ti fanno venire la voglia di visitare questi straordinari set. Tra le due pellicole, girate entrambe a Londra, corrono la bellezza di quarantuno anni. Sconvolge, proprio per questa distanza temporale, l’immutata forza evocativa delle due location, forse perché il desiderio di cui parlavamo prima, noi la città e nessun altro, si è mantenuto intatto nel corso di quasi mezzo secolo. Quindi, se volessimo dare una spruzzata esistenziale, potremmo dire che l’uomo, animale e sociale, continua ad essere attratto dalla solitudine... ma qui si parla di turismo, cinematografico ma sempre turismo. Due scene di 28 giorni dopo. Sotto una panoramica del Ponte Grazie al cielo. Credo che, a questo punto, potremmo finalmente raggiungere il ponte di Westminster, protagonista assoluto dell’incipit dei due film in questione: Il giorno dei trifidi, diretto da Steve Sekely nel 1962, e 28 giorni dopo di Danny Boyle, uscito nelle sale giusto tre anni fa. Non molti hanno notato quella che secondo noi è una vera e propria citazione, forse un omaggio che il regista di Trainspotting ha fatto al piccolo capolavoro di fantascienza tratto dal racconto di John Windham. Le inquadrature sono quasi le stesse, anche se è evidente che le difficoltà incontrate dai due registi per “liberare” il suddetto ponte, proprio per i tanti anni di differenza, non possono essere state le stesse: quaranta anni fa il traffico era decisamente più contenuto di quanto non lo sia oggi. Le cause, nella finzione, sono comunque simili. Nel caso dei Trifidi, piante geneticamente modificate che stanno assumendo il controllo del pianeta, gli uomini sono diventati ciechi a causa di una pioggia meteoriti. Vogliamo dire che piove sul bagnato? Insomma, la situazione è molto critica e Bill Mansen (interpretato da Howard Keel), ricoverato per un’operazione agli occhi e quindi bendato, si sveglia una mattina e si rende conto dlla terribile minaccia. Che fare? Disastro ecologico ispirato dalla guerra fredda e dalla spada di Damocle della guerra nucleare. Danny Boyle, debitore anche (e soprattutto) di Romero, si inventa invece un virus che fa diventare zombie. Tutto qui. Come sempre i film di Boyle hanno un buono spunto e nulla più. Poco importa. La cosa importante è il fascino di quel ponte, il ponte di Westminster. A vederlo così, come lo si vede nei due film, fa venir la voglia di correrci su a perdifiato. Senza traffico, senza persone. E’ banale dire che è lo stesso ponte a distanza di oltre quaranta anni? Certo, però lo è, ed è la dimostrazione che per quanto il tempo possa sedimentare detriti del tipo più svariato, non riesce a scalfire il fascino di un luogo, di quel luogo. Di quel ponte. Correre su quel ponte deve essere bello, magari persino inseguiti da trifidi e zombie. Per questo i luoghi del cinema sono anche i luoghi dell’anima. Talvolta lontani nel tempo, talvolta vicini nello spazio. Ma sempre in un posto preciso nel nostro cuore. GHOST TO GHOST Spettri britannici all’appello: dal prossimo Dylan Dog e le tante Cime tempestose, alla complemorte di Nick Quasi Senza Testa E’ il 1847. Emily Brontë scrive Cime tempestose. E le storie d’amore non saranno più le stesse. Piccolo riassunto per neofiti: Catherine è appena morta tra le braccia di Heathcliff, lui la stringe e la implora di spaventarlo e torturarlo, ma di tornare ancora e sempre, sotto qualunque forma. E Catherine lo fa, e ritorna tra la neve della brughiera, bussa alla finestra nella notte, le sue dita fredde come il ghiaccio prendono la forma di un ramo di pino, la sua voce confusa lo chiama nel vento. Ovviamente Cime tempestose è stato saccheggiato da parecchi registi, uno su tutti, Buñuel. Ma di Heathcliff, cinematograficamente parlando, ce n’è uno solo: quello più nero della notte nera di Laurence Olivier in La voce nella tempesta (William Wyler).Per incontrare i fantasmi di Catherine e Heathcliff, basta camminare nelle notti di pioggia, nella brughiera dello Yorkshire. Tra le rovine di una fattoria, in una località chiamata Top Withins, è stata riconosciuta la zona dove Emily Bronte ha immaginato questa storia d’amore crudele e immortale. Per le distese di erica, set galeotto del primo bacio,basta spingersi verso Ponden Kirk. Altri fantasmi, decisamente meno romantici, popolano i corridoi di Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria dove studia Harry Potter. Alla festa di comple-morte di Nick-Quasi-SenzaTesta - il fantasma ufficiale dei Grifondoro – ci sono tutti: il Barone Sanguinario, la Vedova Velata, il Frate Grasso e persino Mirtilla Malcontenta che, per l’occasione, è uscita dal Incubi a non finire per il celebre indagatore Dylan Dog bagno delle ragazze in cui vive. Per avvistarli la cosa si fa complicata: bisogna prendere l’espresso per Howgarts che parte dal binario 9 e 3/4 di Kings’ Cross Station, avere possibilmente non più di un genitore babbano e sapersela cavare con il Quidditch. Altrimenti ci si deve accontentare dei paesaggi del solito Yorkshire, con capatine nella Cattedrale di Gloucester o nella biblioteca di Oxford, e magari tra il lusco e il brusco qualche ectoplasma bianco e lucente lo si vede davvero... Se tutti questi fantasmi qualche incubo lo hanno procurato, il problema si risolve facilmente “strillando” il campanello di Craven Road n. 7, Londra. Al costo di 50 sterline al giorno più le spese Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo con le sembianze di Rupert Everett, sarà pronto a sconfiggere fantasmi, zombie e mostri di vario genere. Meglio se il perseguitato in questione è una cliente svagata e possibilmente bellissima. Dylan toglierà di mezzo il suo aiutante Groucho urlando un “Giuda Ballerino”, lascerà perdere il galeone e bacerà la poverina che quasi sicuramente morirà a fine storia. Per vedere tutto questo al cinema l’attesa non è poi così lunga: il film, di produzione americana, per il momento è affidato a Breck Eisner (il regista di Sahara, tanto per intenderci), ha un budget di 53 milioni di dollari e dovrebbe chiamarsi Dead of Night. La cosa più fantasmagorica è che a vestire la giacca nera e la camicia rossa di Dylan non è stato chiamato Rupert Everett ma tale Dylan McDermott (quello di Wonderland e Party Monster). CHIARA TAGLIAFERRI Luglio-Agosto 2005 RdC 49 Percorsi Viaggio impossibile Destinazione mitica: un luogo dell’immaginario. Dove Don Chisciotte combatte contro i mulini a vento, come Terry Gilliam e Orson Welles Di Angela Prudenzi La Mancha, cuore nero della Spagna, dove l’impossibile sembra per un momento diventare possibile, prima che i sogni si tramutino in incubi trasfigurati dalla luce accecante del sole. Spazio mentale, luogo dell’immaginario per eccellenza, vagheggiata neverland nella quale la fantasia al potere materializza mulini a vento e cavalieri erranti in ricerca d’onore, aiutanti incapaci e damigelle da salvare. Sulle orme di Cervantes prima Orson Welles e poi Terry Gilliam - o forse contemporaneamente, nella percezione infinita del tempo fermato dalla pellicola – approdano per strade diverse nella terra 50 RdC Luglio-Agosto 2005 che non c’è, mossi dalla speranza di catturare l’essenza della dimensione fantastica. Ma ciò che riesce allo stralunato hidalgo creato dallo scrittore spagnolo, cioè inseguire con successo i voli sfrenati dell’immaginazione, appare invece per uno strano destino negato proprio a loro due, sebbene per intima vocazione vicini ad uno spirito picaresco. O forse proprio per questo come don Chisciotte destinati a fallire laddove autori meno dotati hanno portato a termine l’impresa. Un film, il Don Quixote di Orson Welles, che si impossessa del regista già nel 1955, sulla scia di un progetto per Qui e accanto Lost in La Mancha. Sopra Orson Welles la CBS della durata di trenta minuti. Una versione mai portata a termine, al cui primo materiale girato in Messico Welles negli anni a venire ne aggiunge altro filmato in Italia e Spagna. 20.000, 30.000, secondo alcuni addirittura 50.000 metri di pellicola per raccontare le gesta del nobiluomo che combatte i mulini a vento. Quel che resta, 116 minuti non montati da Welles ma dall’assistente in Spagna Jesus Franco, a partire dal materiale rimasto in mano al produttore Irigoyen. Un film sconfessato dall’ultima moglie del regista Oja Kodar, erede di altra pellicola non finita nel montaggio di Franco, come dal fedele montatore italiano Mauro Bonanni, possessore di altro girato a tutt’oggi inedito. Un film che mai esisterà anche se si dovessero approntare nuove e supposte definitive versioni, risucchiato per sempre dove era stato immaginato, nella mente di Welles. Stesso discorso per The Man Who Killed Don Quixote, ambizioso quanto disastroso progetto del visionario Terry Gilliam. Chi tocca don Chisciotte muore: alluvioni, problemi economici, ritardi, malattie segnano senza pietà una produzione votata al fallimento. In questo caso i pochi metri di pellicola girati prima della disfatta sono tra i più costosi della storia del cinema. A custodirli per sempre, il preziosissimo documentario Lost in La Mancha realizzato da Keith Fulton e Louis Pepe durante le lunghe fasi di pre-produzione e i pochi sfortunati giorni di lavorazione. Straziante documento sulle difficoltà del fare cinema, amara riflessione sui sogni infranti di chi vola troppo alto. In entrambi i casi però, ciò che mai vedremo è paradossalmente di qualità superiore alla folgorante bellezza di quanto si lascia intravedere. La commovente wellesiana sequenza di un LA CITTA’ DEI RICORDI Per arrivare a 2046 si sale su un treno “fantasma” La missione del cavaliere di Cervantes ha sedotto il cinema. Ma i tentativi di farne un film sono stati vani ■ C’è un treno fantasma che serve a recuperare i ricordi perduti. La destinazione è il 2046, che è un anno, un paese, un luogo della memoria: una volta arrivati, ognuno di noi ritroverà cose seppellite e dimenticate. Si parte da Hong Kong, c’è la pioggia, le camere d’albergo, le insegne al neon, la bocca rossa di Gong Li, e i fantasmi degli amori passati. Perché se Wong Kar-Wai ha ragione e l’amore è una questione di tempismo, non può arrivare in qualsiasi momento, ma ha bisogno di un tempo e di un luogo adatti ad accoglierlo. Se fai l’errore di sbagliarlo, questo tempo, passi la vita a inseguire donne che racchiudono il fantasma di un’altra donna con un guanto nero. E se ogni cosa è la versione di qualcosa d’altro che è già passato, la soluzione è prendere il treno fantasma che va verso il futuro (o verso il passato?) per cercare ancora e sempre quello che mai sarà. Dicono che non sia mai tornato nessuno, dal treno fantasma, ma questa è un’altra storia. CHIARA TAGLIAFERRI don Chisciotte che, spaesato, in un cinema combatte le ombre dello schermo fino a lacerare la stoffa con la spada; i fotogrammi che hanno catturato il portamento fiero di Jean Rochefort infilato da Gilliam nei panni dell’indimenticabile hidalgo. Nelle non-immagini, percettibili esclusivamente alla luce della fantasia, è invece impressa la personale La Mancha di Welles e Gilliam. Terra di talenti eccezionali incapaci di tenere conto delle regole produttive perché troppo affascinati dai progetti impossibili. Ma soprattutto Orson Welles sul set. luogo dove la passione del filmare si brucia Sopra la metropoli avveniristica di 2046 per sempre nell’ossessione di farlo. Luglio-Agosto 2005 RdC 51 Stanco delle solite riviste di cinema? rC d Volta pagina con RdC Abbonati su www.cinematografo.it FOTO: PIETRO COCCIA MetodoRafelson Dall’Easy Rider degli esordi alla censura dell’era Bush. A lezione di cinema e storia da un grande vecchio di Hollywood: “Gli attori? Non devono mai sapere quello che hai in testa. Il segreto è sfiancarli” Di Diego Giuliani raffia ancora il vecchio leone. Come un tempo, ma con più filosofia. “I miei film? Sono come i miei talloni. Non li guardo mai, ma mi servono per andare avanti”. E’ la saggezza caustica di Bob Rafelson: pioniere della rinascita hollywoodiana degli anni’70, insieme a scapigliati del calibro di Francis Ford Coppola, Peter Bogdanovich, Dennis Hopper. Un’età d’oro del cinema? Macché. “Noi abbiamo solo copiato - dice al Taormina BNL FilmFest -. Dobbiamo tutto a chi ci ha preceduto: gli indipendenti inglesi, Godard, Fellini”. In cattedra per le lezioni di cinema, snobba la stampa, si rivolge agli studenti e li esorta al dibattito con una provocazione: “Più franche saranno le vostre domande, più disoneste saranno le mie risposte”. E’ il G Bob Rafelson al Festival di Taormina. Accanto con Malcolm McDowell solito Rafelson. Quello che da giovane studiava filosofia e campava di lavoretti, montava per un rodeo e suonava il clarinetto jazz. Erano gli anni della rivoluzione sessuale, degli hippie, della tre Luglio-Agosto 2005 RdC 53 TAORMINA E DINTORNI Il postino suona sempre due volte. Accanto Easy Rider giorni di Woodstock. Un’epoca e un’atmosfera, che lui decide di consegnare al cinema, investendo i soldi risparmiati in un film. Se ne girano tanti in quell’epoca di grande fermento, ma questo è particolare: si chiama Easy Rider e racconta il viaggio di due motociclisti attraverso l’America del cambiamento. Avviene così, sulle note maledette di Jimi Hendrix e degli Steppenwolf, l’incontro fatale con Jack Nicholson. Sei film insieme, due nomination all’Oscar e molto più di un semplice sodalizio professionale. Già per Il postino suona sempre due volte, Rafelson si appoggia a lui per il casting. “Meryl Streep voleva la parte – racconta -. Era all’ottavo mese di gravidanza, allora siamo andati a trovarla insieme a Los Angeles”. Dopo il provino, i due si guardano perplessi. Lei era appena agli inizi e Rafelson aveva bisogno di una donna che incarnasse “erotismo, passione e sensualità”. La scelta cade quindi su Jessica Lange che, come confermerà la commissione censura americana, risponde appieno all’identikit. Scena incriminata, quella del tavolo della cucina, sul quale i due protagonisti consumano un rapporto sessuale. Rafelson se la lega al dito. La vede e rivede, anche al rallentatore, ma non trova una nudità che giustifichi il divieto. “Da allora sono Taormina segreta Spigolature e parentesi rosa dietro le quinte del festival. Dalle conquiste di Robinson Savary e la cavalleria di Jason Biggs, alla simpatia “psichedelica” di Caveh Zahedi 54 RdC Luglio-Agosto 2005 “Dagli anni ’70 sono cambiate tante cose. Solo il moralismo americano è rimasto lo stesso” cambiate tante cose, ma il moralismo americano è rimasto lo stesso. L’unica differenza è che il puritanesimo del terzo millennio è più articolato”. Ieri Reagan, oggi Bush. Rafelson non ha dubbi: “La censura parla repubblicano”. A vendicare il film, sogghigna soddisfatto, ci hanno però pensato pubblico e critica: un consenso intercontinentale, che consacra la coppia anche in Europa. Con Nicholson c’è T aormina, Teatro Antico. Le luci stanno per spegnersi sul bellissimo Le couperet di Costa-Gavras. L’ultima immagine dal palco è Jason Biggs che, invece di sorridere alla stampa, fotografa il pubblico con la sua digitale. E’ l’istantanea emblematica dell’altro festival: quello dei piccoli gesti, delle parentesi rosa, della spontaneità che prevale sul protocollo. Sempre lui, che per ritirare il premio per l’interpretazione di Guy X ha rimandato un provino con Al Pacino, regala nel pomeriggio un’altra perla di umiltà: all’incontro con la stampa si improvvisa cameriere con le signore e, al sudatissimo interprete, offre addirittura la t-shirt per tamponare il sudore. Mascotte dell’ultima edizione si afferma però di prepotenza Robinson Savary. Trascinante (e rubizzo) fino alla cerimonia conclusiva, il figlio d’arte del grande Jerome seduce tutti: protagonista fisso delle notti taorminesi, intrattiene sconosciuti e addetti ai lavori, migrando ovunque si beva. Elisabetta Rocchetti, protagonista dark per Ti piace FOTO: PIETRO COCCIA amicizia e intesa al primo sguardo, fin dal Cinque pezzi facili del 1970, che li porta entrambi a un passo dall’Oscar. Eppure anche con lui le difficoltà non mancano. Per il più recente Blood & Wine del ’96 punta i piedi. Nella scena in cui deve confessarsi al padre non vuole piangere perché, si lamenta, ormai glielo chiedono tutti. Rafelson però non si perde d’animo: “Abbiamo camminato tutto il giorno, l’ho fatto stancare, esasperare, e poi l’ho portato sul set”. Piazza una camera fissa, si disinteressa del monitor e gli dà il la. Il Hitchcock? di Dario Argento, versa per lui fiumi di lacrime in un bar del corso. Pubblico e giurie lo costringono a salire tre volte sul palco per Bye Bye Blackbird. Lui inciampa, resta in piedi, e sghignazza un ringraziamento impastato per la pioggia di premi. Memorabile anche il siparietto di Irene Papas alla consegna dei Taormina Arte Awards. Lei, che a 79 anni stenta ancora con l’italiano, quando riceve il prezioso orologio dello sponsor Harry Winston si fa capire benissimo: “E che me ne faccio? Con questo mi strappano un braccio”. Un paio di giorni dopo le fa eco Bob Rafelson. Stesso luogo, stessa ora, accoglie il premio con un intraducibile (e un po’ imbarazzato): “Thanks… for a watch”. Per lui anche tanti applausi alle lezioni di cinema, come per il bagno d’umiltà di Laura Morante: “Della mia carriera salverei sei o sette titoli - confessa alla platea di studenti -. Dopo ogni insuccesso mi sarei seppellita, ma i brutti film servono per migliorarsi”. Menzione speciale, poi, allo stralunato Caveh Zahedi di I am a Sex Addict. A lui, iraniano d’origine che risultato? “La scena era perfetta. Aveva stravolto il copione, ma alla fine piangeva come un bambino e non riusciva a smettere”. Caso paradigmatico del “metodo Rafelson”. Ovvero, spiega parafrasando Bergman: “Gli attori devono sentirsi come nel salotto di casa propria. Liberi di sbagliare, per riuscire a dare il meglio di sé. Non mi interessa che seguano le battute alla lettera, l’importante è che arrivino all’anima del personaggio”. Nella sua testa è però già tutto chiaro: “Quando inizio a girare conosco esattamente ogni ha abbandonato la fede per la spiritualità psichedelica dell’Lsd, il merito di divertire il pubblico e sollecitare la domanda più esilarante del festival: “Nel suo film sembra prendere per i fondelli gli spettatori - interviene un ragazzo alla conferenza stampa -. E’ quello che sta facendo anche in questo momento?”. La stessa impressione emerge da un infelice articolo su Dario Argento, apparso sul daily della manifestazione. L’autrice parla di lui calcando sulle maiuscole di Grande Regista, lo sguardo perso nel vuoto e l’attricetta “dall’espressione atona” (sic!) che si porta appresso. Piccolo scivolone di un festival, che ha vissuto i momenti migliori grazie a Batman Begins e Le couperet, Bye Bye Blackbird e Guy X, Ettore Scola e Malcolm McDowell, il mare di Isola Bella e il Teatro Antico. Un vincente mix di glamour e cinema di frontiera, che l’anno prossimo tornerà a luglio, come ai vecchi tempi. D.G. dettaglio e ogni movimento che dovranno fare gli attori. Ma questo loro non devono assolutamente saperlo”. Un paradosso d’autore, che ne chiama subito un altro: “Sono tirannico, lo riconosco. Anche io a volte non mi sopporto e quello che preferisco è non fare film”. Il perché lo spiega il sereno racconto del suo quotidiano: 72 anni, due figli di 1 e di 5, e un ranch nel Colorado in cui vive con la moglie. “Dirigere un film significa distaccarsi dalla realtà e in questo momento voglio restarci aggrappato”. ✪ Applausi all’autocritica della Morante: “Della mia carriera salverei sei o sette titoli” Luglio-Agosto 2005 RdC 55 EVENTI Locarno gran finale La Bignardi chiude in bellezza. E festeggia il suo ultimo anno al Festival tra Bollywood, il Maghreb e l’impegno civile Di Rosa Esposito ’ L omaggio al grande Orson Welles, il doppio Pardo d’Onore, a Wim Wenders (per l’Occidente) e Abbas Kiarostami (per l’Oriente), lo spettacolo targato Bollywood e il cinema maghrebino. E ancora l’attenzione per il documentario, le nuove tendenze e l’impegno civile. Sarà un’edizione ricca quella del festival di Locarno di quest’anno, la numero 58, l’ultima diretta da Irene Bignardi e in programma dal 3 al 13 agosto. La giornalista lascia la guida della manifestazione dopo cinque anni e per l’occasione ha deciso di fare le cose in grande stile. Per il cinema in piazza scommette ancora una volta sull’India e, dopo il successo riscosso dal monumentale musical Lagaan, si 56 RdC Luglio-Agosto 2005 affida a The Rising, kolossal firmato Ketan Mehta che ha per protagonista l’icona Aamir Khan. E’ uno dei film più costosi nella storia del paese asiatico. Realizzato con un budget di circa 20 milioni di dollari e coprodotto anche dalla Gran Bretagna, il film è stato girato in sei mesi, ma ha richiesto al regista cinque anni di lavorazione prima di poter dare il via alle riprese. The Rising si ispira alla vera storia dell’eroe rivoluzionario Mangal Pandley, impiccato dagli inglesi nel 1857 per aver guidato una rivolta anticoloniale tra le truppe dell’esercito indiano, e racconta dell’amicizia, nata a dispetto delle divergenze politiche, sociali e culturali, con il comandante britannico e suo superiore William Gordon. Spettacolo, grandi scenari Mafia e politica nel documentario In un altro paese. Sopra e accanto l’indiano The Rising, a destra Mirrormask e creature mitologiche animeranno invece il concorso con il fantasy made in Usa Mirrormask di Dave Mckean. Ma vera chicca dell’edizione 2005 sarà la retrospettiva organizzata in occasione del ventennale della morte di Welles. “Si tratta della più completa ed esaustiva rassegna mai Paesi caldi Afghanistan, Iran, Iraq: Locarno denuncia dedicata all’autore di Quarto potere, di cui saranno presentati non solo i film da lui diretti, ma anche quelli realizzati come attore” spiega Irene Bignardi. Il tutto sarà coronato dalla pubblicazione di un volume monografico curato da Giorgio Gosetti, The Other Side of the Wind, che conterrà una raccolta di saggi e la sceneggiatura originale del capolavoro incompiuto dell’autore The Magic Show, le cui riprese avrebbero dovuto avere inizio il giorno stesso della sua morte, il 10 ottobre del 1985. Spazio anche al documentario. Due titoli su tutti: Murderball di Dana Adam Shapiro, Jeffrey Mandel, Henry Alex Rubin e In un altro paese dell’italiano Marco Turco. Il primo, premiato anche al Sundance di Robert Redford, racconta l’impegno e la passione di un gruppo di tetraplegici che nel 2004 parteciparono alle “paraolimpiadi”, ossia alle Olimpiadi per atleti disabili. Il secondo esamina il rapporto tra mafia e politica negli anni della Prima Repubblica. Il filmato si apre con le immagini degli attentati in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino e attraverso una serie di Locarno scende in campo per la difesa dei diritti umani. Otto i film e i documentari quest’anno in cartellone nella sezione Human Rights, la maggior parte dei quali ambientata nelle zone calde del mondo: Iran, Iraq, Israele, ma anche Usa, Australia, Paesi Bassi. La guerra, la vita nelle carceri, la condizione femminile e i diritti negati ai minori i temi principali. Tra gli altri saranno presentati, in anteprima mondiale, Voices of Iraq, in cui è la gente comune a filmare e raccontare il proprio paese, Land Mines, girato in Afghanistan, e l’iraniano Article 61, sulle prime donne ad essere rinchiuse in carcere a causa del divorzio. E ancora After Innocence, parabola di un uomo di colore riconosciuto innocente dopo 20 anni di carcere grazie alla prova del DNA, e Troop 1500, sul lavoro di un’associazione di donne che si occupa delle bambine che hanno le madri in carcere. interviste a collaboratori e colleghi (dal giudice Giuseppe Ayala ad Antonio Ingroia, dal giornalista Francesco La Licata alla fotografa palermitana Letizia Battaglia) ricostruisce il percorso compiuto dai due magistrati per arrivare al maxiprocesso, chiamando in causa tutti i protagonisti di questa importante pagina della storia italiana: Salvo Lima, Giulio Andreotti, Rocco Chinnici, Leoluca Orlando, i boss Tommaso Buscetta, Totò Riina, Luciano Liggio, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, fino ad arrivare ai giorni nostri e alla condanna per associazione mafiosa del forzista Marcello Dell’Utri, per denunciare lo stretto rapporto che ancora oggi lega la mafia alla politica attuale e quindi la vanificazione dello sacrificio compiuto da Falcone e Borsellino. Il festival prosegue anche nel suo lavoro di ricerca e di valorizzazione delle cinematografie minori. Dopo quello cubano e del Mekong, la manifestazione punta i riflettori su tre paesi del Maghreb, Tunisia, Marocco e Algeria, con una giornata di proiezioni e un workshop dal ✪ titolo Porte aperte. Il giovane Orson Welles: i 20 anni della sua morte saranno celebrati con una retrospettiva e una monografia Luglio-Agosto 2005 RdC 57 iFilmDelMese 60 69 La sposa siriana Lords of Dogtown 61 Batman Begins 61 Connie & Carla 62 Ice Princess - Un sogno sul ghiaccio 62 La piccola Lola 63 La terra dei morti viventi 64 La samaritana 65 Il quinto impero 65 Danny the Dog 66 Mindhunters - Nella mente del serial killer 66 Sulla mia pelle 67 Triple Agent 68 Buffalo Soldiers 69 Dogtown and Z-Boys > IN SALA LA GUERRA DEI MONDI Gli alieni di Spielberg ammiccano all’attualità. Feroci e insensati come gli invasori dell’Iraq Via, diciamolo subito. Il nuovo Spielberg non vale il precedente The Terminal. La figura dell’“alieno” che vi compariva aveva un che di persuasivo: avrebbe dovuto entrare negli Stati Uniti con tanto di visto diplomatico e veniva bloccato prima dei cancelli di uscita. Lo vedevamo allora arrangiarsi, procurarsi una tana e del cibo, farsi degli amici, perfino una ragazza, andarsene in città e ascoltare il jazz caro a suo padre e, pago dell’avventura americana, tornarsene infine a casa. In questa Guerra dei mondi, dove ogni sussulto narrativo è calcolato a regola d’arte ed emergono le riconosciute qualità di Steven Spielberg - il tratto rapido, corrivo con sequenze che si snodano con ritmo incalzante, i notevoli effetti cromatici giocati sul livore di cieli minacciosi solcati da macchine spaventose e su interni borghesi di ordinaria quotidianità -, c’è un errore, ed è macroscopico. Stride con il tono verosimile impresso al racconto ed è l’entrata in scena degli alieni. Fin lì erano invisibili; vedevamo solo gru che frugavano in ogni buco delle città e delle campagne lasciandosi dietro, oltre a case divelte, tanti morti. Uno spreco per la strategia degli alieni che erano venuti tra noi per procurarsi sangue fresco e avevano seppellito nel sottosuolo, ancor prima dell’apparizione dell’uomo, micidiali strumenti di guerra (le armi improprie, insomma). Così gli alieni di Spielberg, simili ai mostri della veterofantascienza, appaiono vistosamente grotteschi. Eccoli tutti neri con il testone, le gambe e le braccia sottili che arrancano sulle scale dello scantinato di Ogilvy (Tim Robbins), che si sorprendono alla vista di oggetti d’uso comune come una bicicletta, che guardano vecchie fotografie. E neppure si accorgono di Ray (Tom Cuise) e della di lui figlioletta (l’altro figlio si è unito a reparti dell’esercito). Sono, oltre che sordastri, fuori tempo e fuori parte, troppo goffi, gracili e petulanti per costituire davvero una minaccia e, per tirarne un po’ su il prestigio, Spielberg ricorre a una trovata da horror dozzinale con L’OTTIMA DIREZIONE NON OSCURA LE TANTE IMPERFEZIONI E SCELTE SBRIGATIVE quella sonda che cattura gli umani, li porta all’interno delle astronavi, li chiude in gabbioni e ogni tanto i mostri ne afferrano a caso uno per rifornire le cisterne di sangue. Pochissimo razionali: potrebbero creare delle enormi Guantanamano e avere biada per chissà quanti anni. Eppure, nonostante queste e altre cadute di stile, La guerra dei mondi riesce, e fin dalle prime sequenze, a dare il senso della paura individuale e della ferocia dei gruppi sociali. L’unico ad avvertirlo, sia pure nel modo insensato che è proprio del personaggio, è Tim Robbins, che consiglia di “cominciare a pensare”, ma mal gliene incoglie dato che l’imbelle Ray, il padre amoroso, lo ammazza in una scena fuori campo (nessuno, dunque, è innocente). Quel che si vede in campo è, però, assai poco rassicurante e benissimo descritto: il cielo che si incupisce, i fulmini, la strada che si spalanca per l’affiorare delle macchine distruttrici, l’imperizia catastrofica degli eserciti, la solitudine atroce delle campagne, la folla inferocita che assale l’automobile di Ray, il terrore dell’esodo e quella sorta di mito del sangue che, sia pure non approfondito, corre lungo il film. Se Spielberg ha preso spunto da un vecchio romanzo di Herbert George Welles, la ragione sta appunto nel ritrovare in personaggi in abiti d’oggi, con atteggiamenti che sono anche i nostri, un aspetto selvaggio. Si può esorcizzarlo con una bacchetta magica come avviene nel finale dove, dato che i microbi hanno tolto di mezzo gli alieni, ritroviamo, sani e salvi e quasi senza neppure un graffio, i personaggi della storia. Ma intorno a loro si espandono rovine. Si pensa, e non a caso, all’Iraq. FRANCESCO BOLZONI REGIA Con Genere Distr. Durata 58 RdC Luglio-Agosto 2005 STEVEN SPIELBERG Tom Cruise, Tim Robbins, Dakota Fanning Fantascienza, Colore Uip 116’ Luglio-Agosto 2005 RdC 59 iFilmDelMese A > IN SAL LA SPOSA SIRIANA Tra Israele e Siria, una favola corale sulla demenza di tutte le guerre Mona, giovane drusa, vive nel Golan, che gli Israeliani occupano dal 1967. Ora, però, deve sposare un attore di sitcom siriano – senza neppure conoscerlo - e sa che, una volta passata la frontiera, non potrà mai più tornare indietro, né rivedere i suoi. Benvenuti nel Paese dell’assurdo, dove tutto il potere è delegato a i confini: non soltanto quelli fisici, ma anche i confini mentali, psicologici ed emotivi, spesso i più difficili da travalicare. In una situazione dove ogni elemento, a priori, appare drammatico, il regista-sceneggiatore Eran Riklis ha scelto invece la chiave rappresentativa RAPPRESENTAZIONE AL FEMMINILE CON ACCENNI A KUSTURICA 60 RdC Luglio-Agosto 2005 della commedia. Come in una buona commedia all’italiana dei vecchi tempi, il film installa i personaggi nei primi venti minuti, rendendoceli tutti famigliari: Mona dallo sguardo triste, silenziosa e sottomessa alla volontà paterna, la sorella maggiore che sogna l’emancipazione, il padre filosiriano in libertà vigilata, il fratello che si è dato agli “affari”, quello bandito per avere sposato una russa. Una favola dell’assurdo coinvolge il piccolo universo famigliare, che rappresenta emblematicamente lo stato di follia quotidiana in cui vivono i cittadini dei due Paesi in guerra, Israele e Siria. Mettendo in scena il nonsense degli uomini, delle frontiere, della burocrazia, Riklis adotta uno stile vagamente bagnato di surrealismo, monta un REGIA Con Genere Distr. Durata ERAN RIKLIS Hiam Abbass, Makram J. Khoury Commedia, Colore Mikado 97’ teatrino dell’assurdo che fa venire in mente, a tratti, il cinema balcanico di Kusturica o di Tanovic. Il suo merito maggiore è la capacità di mettere in scena lacerazioni politiche, shock culturali, crisi identitarie che riguardano intere collettività senza cadere nelle trappole del film a tesi. In gran parte, ciò dipende dalla caratterizzazione dei personaggi: non simboli, ma creature di carne e sangue, con le proprie ferite e contraddizioni. Il cineasta sa come dirigere un film corale. Però è evidente la sua volontà di lasciare la parola soprattutto ai “caratteri” femminili, prendendo la parte delle donne e della loro capacità di mostrarsi, di fronte alla demenza delle guerre, irriducibili guerriere. ROBERTO NEPOTI A > IN SAL BATMAN BEGINS Prequel dark con echi di Blade Runner, Kill Bill e Guerre stellari. Ottimo il cast A > IN SAL CONNIE & CARLA Prevedibile messinscena sullo scambio dei sessi. Non basta Nia Vardalos Da quando Bob Kane, alla fine degli anni ‘30, creò Batman (l’uomo pipistrello), l’eroe incappucciato dei fumetti è stato l’oggetto della fantasia di eserciti di artisti dell’immagine. Serie tv e lungometraggi sembravano però ormai in via di saturazione dopo la tetralogia aperta in modo formidabile nell’89 da Tim Burton e conclusa in tono minore nel ’97 da Joel Shumacher. Ed ecco invece che Batman letteralmente ricomincia con Batman Begins. Dopo molti tentativi abortiti il jolly vincente è Christopher Nolan, che sceglie una regia misurata e dinamica, sia pure con qualche indecisione nella narrazione, nelle parti iniziali e finali. Nolan conta sulla buona predisposizione del protagonista, Christian Bale, volto giusto e fisico perfetto, restaurato dopo il salasso di trenta chili subito per interpretare L’uomo senza sonno, e su un cast di prim’ordine. Michael Caine, ottimo nei panni del maggiordomo e complice dei segreti delle Batavventure. Liam Neeson, figura misteriosa che salva Wayne dal carcere in cui è finito e lo istruisce (assonanze da Guerre stellari o da Kill Bill?) tra i ghiacci islandesi a “rendersi devoto a un ideale”, ma che chiede in cambio lealtà a un’organizzazione segreta che combatte da millenni la corruzione nel mondo. Ancora, Morgan Freeman ex amico di papà Wayne, sepolto in un settore marginale dal nuovo presidente della Wayne Company (Rutger Hauer, destinato di nuovo alla sconfitta, ma privato della patina eroica che aveva in Blade Runner. Una delle pellicole ispiratrici di Batman Begins, tanto che Nolan ha preteso all’inizio delle riprese una visione corale del capolavoro di Ridley Scott). Sarà Freeman a fornire al giustiziere col mantello suggerimenti saggi e soprattutto la Bat-Mobile in grado di produrre inseguimenti da capogiro che valgono una delle scene più riuscite del film. Da citare, in un ruolo particolarmente riuscito, anche Gary Oldman che indossa la divisa dei buoni. Quanto agli affetti, se in SpiderMan è il destino da Supereroe che vieta all’Uomo Ragno la vita sentimentale, qui è la missione da compiere che frena la voglia di normalità di Batman. Eroe non così dark, nella visione di Nolan, da chiudere gli spazi alle speranze: di successo al botteghino e di un mondo diverso per chi continua a leggere, anche tra le righe dei blockbuster, la voglia di cambiare un’epoca, questa sì, davvero dark. PAOLO ALEOTTI REGIA Con Genere Distr. Durata CHRISTOPHER NOLAN Christian Bale, Liam Neeson, Michael Caine Fantastico, Colore Warner Bros. 137’ Dinamica e misurata la regia di Christopher Nolan Amiche sin dall’infanzia, Connie e Carla (Nia Vardalos e Toni Collette) si esibiscono senza grande successo come cantanti e ballerine. Quando, a causa di un assassinio a cui hanno involontariamente assistito, saranno costrette ad abbandonare Chicago, troveranno a Los Angeles – meta scelta appositamente per la totale carenza di cultura – l’occasione per sfondare. In un locale di gay e travestiti, inizieranno a raccogliere consensi esibendosi come Drag Queen. Naturalmente, però, mantenere il segreto sulla reale identità non sarà facile, soprattutto quando Connie s’innamorerà di Jeff (un imbambolato David Duchovny), fratello eterosessuale di un loro collega. Scritto e prodotto dalla stessa Nia Vardalos (già autrice e interprete de Il mio grosso, grasso matrimonio greco), il film diretto da Michael Lembeck (Che fine ha fatto Santa Clause? e qualche episodio del telefilm Friends) offre ben pochi spunti originali rispetto alla filmografia di commedie dallo spiccato gusto per l’equivoco sessuale. Se non fosse per i divertenti e coloratissimi numeri musicali – da Jesus Christ Superstar fino al maestoso cammeo di Debbie Reynolds – e per la bravura delle due attrici, Connie e Carla non sarebbe nulla di più rispetto ad un film dove due donne fingono di essere uomini. Che, a loro volta, fingono di essere donne. Inutile soffermarsi sulla conclusione della vicenda: come prevedibile, il tutto viene risolto a tarallucci e vino. VALERIO SAMMARCO REGIA Con Genere Distr. Durata MICHAEL LEMBECK Nia Vardalos, Toni Collette, David Duchovny Commedia, Colore Medusa 98’ Luglio-Agosto 2005 RdC 61 iFilmDelMese ICE PRINCESS - UN SOGNO SUL GHIACCIO Logora rilettura del rapporto-madre figlia. In chiave Usa e con immancabile lieto fine La 17enne Casey Carlyle (Michelle Trachtenberg) è combattuta tra l’amore per il pattinaggio artistico e la volontà – surrogato di quella materna (Joan Cusack) – di iscriversi alla facoltà di fisica di Harvard. Per ottenere una borsa di studio, Casey prepara un’analisi scientifica in cui applica elementi di fisica alle figure artistiche del pattinaggio. Per dimostrare le sue teorie inizia a frequentare la squadra allenata da Tina Harwood (Kim Cattrall), un’ex stella del pattinaggio artistico e madre di un’altra giovane pattinatrice, impegnandosi lei stessa nelle prove pratiche. Conferma della necessità del matricidio simbolico calata nel teen-contest stelle&strisce: questo il senso, se di senso si può parlare, della pellicola diretta da Tim Fywell. Con una lista sterminata di consorelle cinematografiche, Ice Princess si costruisce sulle rette REGIA Con Genere Distr. Durata A > IN SAL TIM FYWELL Michelle Trachtenberg, Joan Cusack Commedia, Colore Buenavista 92’ convergenti della success story sportiva e delle dinamiche madre-figlia. Prima di approdare al suo sogno privato, la tanto cara e tanto a modo Casey si sobbarca sulle gracili spalle quello delegato della madre e lo stesso vale per l’amichetta di pattini. Ma nel finale, tutto si sistema e non si butta via niente: le sue analisi scientifiche serviranno alla cerbiatta americana per migliorare lo stile sui pattini e sperare nelle Olimpiadi. Potremmo anche parlare del significato di maternità delegata, ma sarebbe sovrainterpretazione. Ridateci Cenerentola! intenzioni e urgente l’attualità del tema, ma il film non decolla e si trascina stancamente per oltre due ore. Oltre ad auspicabili sforbiciate qua e là – che non inficerebbero lo sviluppo del film – a La piccola Lola sarebbe giovato un cast d’attori minimamente simpatetici o quanto meno simpatici: al quarto litigio tra la Carré e Gamblin lo spettatore inizia sadicamente a sperare nel fallimento del tentativo d’adozione. Che dire? Sarà per il soggetto della pellicola, ma agli effluvi di mercati e pietanze ne La piccola Lola si aggiunge il sapore stantio del cinéma du papa. ANDREA SPERELLI LA PICCOLA LOLA Adozione e difficoltà di coppia, firmati Tavernier La storia di Pierre e Géraldine (Jacques Gamblin e Isabelle Carré), una giovane coppia francese alla ricerca di un bimbo da adottare in Cambogia, nasce dal romanzo di Tiffany Tavernier, co-sceneggiatrice con il marito Dominique Sampietro, del film diretto dal padre Bertrand. Tavernier pedina serrato la Via Crucis della coppia tra pastoie burocratiche, traffici di bambini, piogge monsoniche, solidarietà e livori tra connazionali, cogliendone le umane vicende sullo sfondo socioambientale del Paese asiatico. Rimanendo in bilico tra finzione e documentarismo, il cineasta francese imbocca la strada dell’inchiesta tout court per comprendere quali difficoltà i potenziali genitori europei debbano affrontare. Buone le REGIA Con Genere Distr. Durata BETRAND TAVERNIER Jacques Gamblin, Isabelle Carré Drammatico, Colore Lucky Red 128’ 62 RdC Luglio-Agosto 2005 A > IN SAL FEDERICO PONTIGGIA RIMA > ANTEP LA TERRA DEI MORTI VIVENTI Da Romero una metafora dell’orrore globalizzato. I suoi zombie sono terzomondisti L’horror come metafora politicosociale, che attualizza le allegorie apocalittiche di Edgar Allan Poe. George A.Romero, il maestro dello “zombiemovie”, aggiunge un nuovo capitolo – La terra dei morti viventi – alla precedente trilogia. E si riconferma autore appassionato non del macabro fine a se stesso, ma della denuncia dei veri “orrori” del mondo globalizzato attraverso il filtro dello spavento e dello “splatter” d’azione. Qui Romero fa apertamente politica e sociologia. Non è difficile rileggere in senso “no-global” la storia dei morti-viventi (i rifiuti, le masse diseredate dall’élite dell’occidente SCENARI POST-ATOMICI E ALLEGORIE ALLA EDGAR ALLAN POE opulento) che si organizzano per dare l’assalto al grattacielo dei ricchi sopravvissuti, illusi in una torre d’avorio. Mentre gli altri umani, nei bassifondi della metropoli-fortezza, tirano avanti fra droghe e vizi. Lo scenario è da film “post-atomico, in cui una catastrofe ha lasciato distruzione e lotta per la sopravvivenza. I cadaveri ambulanti si vendicano e si cibano dei vivi (il grandguignol si vede, ma non troppo). Una scena fortemente polemica e allusiva rivela che gli zombie sono usati come bersagli, carne terzomondista da macello per il sadico sport dei “civili” privilegiati. Il geniale humor nero/sociale di Romero è affidato all’espressivo zombie-benzinaio, che capeggia la rivolta. Quando cosparge di benzina l’auto del capo dell’élite REGIA Con Genere Distr. Durata GEORGE A.ROMERO Dennis Hopper, Asia Argento Horror, Colore Uip 93’ finanziaria (per dargli fuoco), si ricorda il gesto di lavoro di quando era vivo, ritorcendolo contro l’uomo di potere, che disprezza gli zombie: “Voi non avete nessun diritto!”. Il personaggio di Dennis Hopper, con la presunzione di trincerarsi nell’agio ignorando la putrefazione che lo assedia, riecheggia il principe Prospero del racconto di Poe La maschera della Morte Rossa. Anche lì il potente di turno si chiude nel suo castello tra feste e vizi, mentre fuori dilaga la Peste. La quale, da ospite non invitata, penetra nel rifugio dei vivi contagiandoli a morte. Proprio come gli zombie del film, che fanno strage di coloro che gozzovigliano impunemente, censurando il dolore dei dannati della terra. MASSIMO MONTELEONE Luglio-Agosto 2005 RdC 63 iFilmDelMese A > IN SAL LA SAMARITANA Dura parabola esistenziale dall’autore coreano di Ferro3 Kim Ki-duk parla del suo paese, sul quale grava ancora l’ombra del passato e si interroga sul futuro chiedendosi quale sarà il suo destino. Il tutto attraverso una moderna parabola da cui emerge una radiografia della Corea e del momento politico che sta attraversando. Una ragazza si prostituisce per andare in Inghilterra. Sorpresa dalla polizia in un albergo equivoco, si getta dalla finestra e muore. Tormentata dal rimorso, l’amica decide di punirsi affrontando la stessa prova. Ma il padre la scopre… Sospeso tra il crudo realismo e un assurdo che sembra sconvolgere il quotidiano, La samaritana LA REGIA ASCIUTTA E STRINGATA E’ STATA PREMIATA A BERLINO NEL 2004 64 RdC Luglio-Agosto 2005 è orchestrato in tre parti, tante quanti sono i suoi personaggi. Se Yeo-jin, la ragazza che si prostituisce, è la Corea corrotta dai costumi occidentali, che ha perso la sua innocenza e venduta la sua anima; Jae-young, l’amica, è quella parte del paese che sogna di lasciarsi alle spalle il passato e, pur di riuscirci, di accettare il compromesso con la tradizione. Ma è anche quella che, di fronte al precipitare egli eventi, sa ritrovare la coscienza e la volontà di riscattarsi con il sacrificio. Infine il padre di Jae-young: la Corea dei percorsi storici travagliati, in cui non è difficile intravedere il generale Chun Doo Hwan, l’uomo che portò il paese alla dittatura. Tutto questo è però trasfigurato in un alone dove la metafora si dissolve nelle temperie del vissuto per vibrare di forti REGIA Con Genere Distr. Durata KIM KI-DUK Lee Uhl, Kwak Ji-min, Seo Ming-jung Drammatico, Colore Mikado 95’ tensioni, accenti religiosi e momenti di tenerezza, impasto di contrastanti episodi che sembrano annullarsi reciprocamente nella loro stridente avversità. La samaritana è anche una parabola esistenziale punteggiata di svolte che mettono a dura prova la commedia umana: le sfide estreme, la vergogna, il senso di colpa, l’offesa dell’onore e dell’amor proprio, il desiderio di vendetta, i momenti della separazione. In questo senso è un film rapsodico sulla ruota della vita, sull’innocenza perduta e ritrovata, sul senso del finito e dell’eterno che si integrano e si completano. Regia asciutta, stringata, prosciugata da ogni impurità e meritatamente premiata a Berlino 2004 con l’Orso d’argento. ENZO NATTA A > IN SAL IL QUINTO IMPERO La storia come pretesto. Dal maestro De Oliveira, tra presente, passato e utopia RIMA > ANTEP DANNY THE DOG Jet Li si sdoppia con bravura in un action ricco di temi e significati L’apoteosi cinematografica di Manoel de Oliveira si ebbe negli anni Ottanta, con uno sperimentalismo volto più alla conservazione, che cercava di assecondare la finzione del teatro piegandola alle esigenze del cinema. Le Soulier de Satin fu un’esperienza barocca, estrema: insieme, i versi di Paul Claudel e la cinepresa di de Oliveira, in un contagioso scambio tra l’immagine e la parola. A ventiquattro anni di distanza, adottati i versi misticheggianti del connazionale José Régio, il vegliardo portoghese non rinnega il suo stile, i suoi temi, i suoi raffinati estremismi estetici: parole che diventano rappresentazioni, utopie che si trasformano in cinema. Gioco di titoli, gioco di specchi, per il raffinato de Oliveira, anche con Il quinto impero. Ieri come oggi la storia si fa mito, il mito raccoglie le pene e le ideali attese degli uomini, che vivono di sacrifici, rinunce, passioni, sguardi di infinito. Madame Prouheze lasciava in pegno alla Vergine una scarpetta di raso e s’immolava per un patto d’amore, “dolore di una donna” che rappresenta la fedeltà; una madre, generosa insegnante di storia portoghese, era la protagonista che subiva la devastante follia umana nel precedente Un film parlato, nel quale una crociera della memoria e della speranza iniziava proprio tramandando il mito del re Sebastiano del Portogallo. Ora quel mito diventa il soggetto della nuova pellicola. Nel 2003 l’insegnante solcava il Mediterraneo e incontrava la convivenza di quattro culture (i primi quattro imperi della famosa immagine biblica) che discutevano davanti ad una tavola imbandita; nel 1578 Sebastiano, agognando un destino fatale, perdeva il senso della storia e della realtà cadendo nella battaglia di Alcácer-Quibir contro i mori, il suo corpo realmente scomparso e la sua figura entrata nel mito collettivo del “ritorno”, ora della fratellanza universale. Il film narra le ore notturne prima della fatale decisione, presa dal re allo spuntare dell’alba: non un’omologata ricostruzione storica, ma una storia presa a pretesto. Messinscene pauperistiche, solo pochi interni tendenti a colori cupi, sfarzosi invece i costumi. Ma il vero sfarzo è nella recitazione impeccabile, austera, nobile di alcuni campioni del teatro portoghese: nel loro fiume di parole, il passato (ieri) vive nel presente (oggi) e diventa utopia (domani). Si è consapevoli che non è cinema per tutti, ma è cinema patrimonio dell’umanità. LUCA PELLEGRINI REGIA Con Genere Distr. Durata MANOEL DE OLIVEIRA Ricardo Trepa, Luis Miguel Cintra Drammatico, Colore Mikado 127’ Scenografie minimali, sfarzo nei costumi e recitazione superba Volgare e laido malavitoso, Bart (Bob Hoskins) riesce sempre a convincere i suoi rivali grazie a Danny (Jet Li), cresciuto in cattività e addestrato come un cane sin dalla tenera età. Basta un comando del padrone e, inconsapevolmente fedele, uccide senza remore. L’incontro con un accordatore di pianoforti, il cieco Sam (Morgan Freeman), diventerà per lui la molla per riprendere confidenza con la vita. Ma Bart e i suoi scagnozzi torneranno a cercarlo. Sceneggiato da Luc Besson e diretto dal giovane Leterrier, Danny the Dog riesce a sintetizzare l’esplosione adrenalinica di combattimenti all’ultimo sangue - nei quali Jet Li furoreggia senza cedimenti - con la riscoperta di un’esistenza troppo a lungo negata. Il film scorre sui binari paralleli di un doppio (e ugualmente “acquisito”) rapporto filiale: il padre aguzzino (un Bob Hoskins straordinariamente cattivo) da una parte, e quello amorevole dall’altra per una visione dicotomica del mondo, sommerso e violento nella rappresentazione (altamente spettacolare) dei combattimenti clandestini, accogliente e luminoso in superficie, ovattato dalla magia della musica. La scoperta di un possibile contatto umano, l’epifania del trauma infantile e la consapevolezza di potersi spogliare di un collare per troppi anni indossato diventano gli elementi della rinascita del protagonista, un Jet Li convincente nella duplice caratterizzazione di innocente e al contempo inaudita violenza. Superbe alcune sequenze e splendida la colonna sonora dei Massive Attack. VALERIO SAMMARCO REGIA Con Genere Distr. Durata LOUIS LETERRIER Jet Li, Morgan Freeman, Bob Hosckins Azione, Colore 01 Distribution 103’ Luglio-Agosto 2005 RdC 65 iFilmDelMese MINDHUNTERS - NELLA MENTE DEL SERIAL KILLER Thriller ibrido che ammicca a 10 piccoli indiani. Lunga però la lista dei difetti Variazione thriller-horror sul tema di 10 piccoli indiani, Mindhunters – Nella mente del serial killer è una pellicola artificiosa con qualche pregio e una serie notevole di difetti. Se da un lato c’è il tema interessante di un gruppo di giovani agenti dell’FBI alle prese con un’esercitazione su un’isola deserta che deciderà il loro destino professionale, d’altro canto ci troviamo a confronto con un genere abusato, spesso, incoerente quando – come in questo caso – va eccessivamente sopra le righe. Perdere quell’equilibrio quanto mai necessario nel caso di un cinema iperbolico è un po’ la caratteristica dello stile del regista Renny Harlin, alla sua prima prova dopo il prequel de L’esorcista. Il cineasta di origine svedese, infatti, precipita i suoi personaggi in una spirale di eventi quanto mai spettacolari, ma – in fin dei REGIA Con Genere Distr. Durata RIMA > ANTEP RENNY HARLIN Johnny Lee Miller, LL Cool J, Thriller, Colore Eagle Pictures 102’ conti – eccessivi ed incongruenti se si pensa che, di fatto, il loro svolgimento corrisponde al piano di un misterioso serial killer infiltratosi sull’isola dove si sta svolgendo il test. Con l’apparizione per pochi istanti di Val Kilmer e Christian Slater, il film che ha per veri protagonisti LL Cool J e Johnny Lee Miller segue un andamento sospeso tra horror splatter e thriller dalla vocazione di B-movie. Pur non perdendo mai il ritmo per la sua ora e mezza di durata il film soffre del paragone con le suggestioni di una serie di successo come C.S.I., trasformando Mindhunters in un ibrido dal tono grandioso, ma pur sempre troppo ibrido. sopruso, rimettendo tragicamente in discussione la sua già precaria situazione. Coraggiosa riflessione sulla condizione dei semiliberi, Sulla mia pelle – realizzato dopo un’esperienza di due anni a stretto contatto con i detenuti di Rebibbia, con i quali Jalongo ha tenuto un seminario di scrittura creativa – trova evidenti connessioni con la cronaca dei nostri giorni: il protagonista, ben interpretato dal boemo Franek (doppiato da Fabrizio Gifuni), verrà catapultato in un fuori che non è in grado di accoglierne i propositi di recupero, abitato da gente che può dirsi libera solo a parole. Le costrizioni, le sopraffazioni e le umiliazioni creano gabbie ancor più resistenti di quelle costruite con le sbarre della galera e il semilibero, dentro come fuori, non potrà far altro che rimanere solo. MARCO SPAGNOLI SULLA MIA PELLE Il reinserimento dei detenuti: riuscita e coraggiosa riflessione di Valerio Jalongo Ex rapinatore da qualche anno in prigione, Tony Zanchi può riassaporare il gusto della vita al di fuori del carcere. A piccole dosi, però, come previsto dal periodo di semilibertà che lo reinserirà gradualmente nella società degli uomini. Il lavoro in un caseificio di giorno, il rientro in cella la sera. Ma questa ritrovata esistenza finirà per scontrarsi con la dura, ugualmente stringente realtà del mondo dei “liberi”: i suoi datori di lavoro, Bianca (Donatella Finocchiaro) e Alfonso (Vincenzo Peluso), quotidianamente minacciati da usurai senza scrupoli, finiranno per cedere parte della quota societaria ai loro aguzzini. E Tony, dapprima semplice osservatore, non potrà trattenersi di fronte all’ennesimo REGIA Con Genere Distr. Durata VALERIO JALONGO Ivan Franek, Vincenzo Peluso Drammatico, Colore Lady Film 101’ 66 RdC Luglio-Agosto 2005 A > IN SAL VALERIO SAMMARCO A > IN SAL TRIPLE AGENT Un intreccio di spie e politica ai tempi di Stalin. Da Rohmer, con leggerezza Verso la fine degli anni ‘30, nell’Unione Sovietica, il maresciallo Tuchacevskij, ex ufficiale zarista diventato in seguito un brillante generale dell’Armata Rossa, si oppone ai disegni di Stalin, che punta a un patto di non aggressione con Hitler, suggerendo invece di attaccare il Terzo Reich per prevenire le sue mire verso est. Costruendo false prove, Stalin accusa Tuchacevskij di essere una spia al servizio dei nazisti. Accusato di tradimento, il maresciallo è risucchiato nel vortice delle “grandi purghe” e finisce davanti al plotone d’esecuzione. Per tendergli questa trappola, Stalin si SERGE RENKO SEMBRA IL SOSIA DI HENRY FONDA IN SFIDA INFERNALE serve di Nicolai Skoblin, anch’egli ex ufficiale zarista. Eric Rohmer rievoca questo sporco affare, una “spy-story” degna di Graham Greene o di John Le Carré, con la leggerezza di una commedia tessuta attraverso gli intrighi di trame salottiere, di forbita eleganza e disquisizioni sulla funzione dell’arte che sottendono alle occupazioni preferite dell’alta borghesia. Fedele al detto di Hoffmanstahl “la profondità va nascosta in superficie”, Rohmer usa i piccoli equivoci di un ménage familiare come paravento di intrighi internazionali e lo schermo dell’arte come timone per governare il dibattito politico in corso. In questo “cul de sac” tutte le certezze sono messe in discussione, comprese quelle che si fondano sulla ragione. REGIA Con Genere Distr. Durata ERIC ROHMER Serge Renko, Katerina Didaskalou Commedia, Colore Bim 115’ Godard disse una volta che Rohmer è un autore che saprebbe far ballare un elefante sulle punte. Triple Agent ne è la prova, così leggero da scivolare fra le dita, eppure dotato di uno spessore che schiaccia l’ambiguità dei giochi di potere con la pesantezza di un macigno. Il prezioso innesto dei Pathé Journal (i cinegiornali francesi dell’epoca), una fotografia color ocra che stende una patina d’ ”antan”, scenografie e costumi di primordine contribuiscono a fare di questo film un raffinato gioiello. A farlo risaltare con estrema disinvoltura, fra tutti gli interpreti è Serge Renko, che, con i suoi baffetti ben curati e il portamento eretto, sembra il sosia di Henry Fonda in Sfida infernale. ENZO NATTA Luglio-Agosto 2005 RdC 67 iFilmDelMese RIMA > ANTEP BUFFALO SOLDIERS Irriverente denuncia del militarismo, che strizza l’occhio a M.A.S.H. In un campo di approvvigionamento nella Germania Ovest, il caporale Ray Elwood (Joaquin Phoenix) passa la vita pensando a se stesso e a sfruttare la sua posizione per arricchirsi. Arruolatosi per sfuggire alla condanna per un furto d’auto, il ragazzo ha trasformato la sua vita militare in una sorta di brokeraggio continuo di beni, risorse e servizi. Al colonnello della base (Ed Harris), rifila il numero sufficiente di bugie per fare fronte alle insicurezze dell’uomo dalla carriera assai opaca. Ai suoi commilitoni spaccia soprattutto droga, alcol e divertimenti IL FILM ERA STATO “CONGELATO” IN SEGUITO ALL’11 SETTEMBRE 68 RdC Luglio-Agosto 2005 che li aiutino a far fronte a un sevizio militare di cui non capiscono motivazioni e spirito. Un giorno, dopo la disastrosa corsa di un carro armato per colpa dell’ebbrezza dei suoi piloti, due camion carichi di armi vengono lasciati incustoditi. Per Ray è arrivato il momento di diventare “ricco”, barattando fucili e mitragliatrici con un grosso quantitativo di eroina. La sfortuna vuole che un nuovo sergente (di ferro) arrivi alla base e cerchi di raddrizzare il gruppo di smidollati, imponendo misure draconiane. Ray però non si piega e dopo avere sedotto la figlia del superiore (Anna Paquin), prepara la sua riscossa fino ad arrivare ad un finale amaro, ironico e pirotecnico. Un po’ Beetle Bailey (la popolare striscia sull’esercito REGIA Con Genere Distr. Durata GREGOR JORDAN Joaquin Phoenix, Ed Harris, Anna Paquin Commedia, Colore Buena Vista 98’ americano degli anni Sessanta), un po’ M.A.S.H., Buffalo Soldiers esce in Italia con anni di ritardo, perché ultimo del gruppo di titoli rimandati o “sacrificati” al rinnovato spirito patriottico dell’America post-11 settembre. Icastico e irriverente, questo film propone Joaquin Phoenix al suo meglio, nel rendere sullo schermo un uomo talmente marcio dentro da essere diventato quasi paradossalmente un “puro”. In una cornice da black comedy dove si estremizza, le bizzarre avventure del soldato Ray costituiscono lo spunto per una riflessione sulla noia di portare una divisa di cui si riconoscono i colori, ma di cui non si comprendono – ammesso che ci siano ancora – i valori. MARCO SPAGNOLI A > IN SAL LORDS OF DOGTOWN Ritratto della California anni ’70. Attraverso lo sport, fra cronaca e fiction RIMA > ANTEP DOGTOWN AND Z-BOYS La nascita dello skateboard, ricostruita dalla testimonianza di un protagonista Onde, strade e tavole: sono questi gli elementi necessari e sufficienti per raccontare la storia vera di Jay Adams (Emile Hirsch), Tony Alva (Victor Rasuk) e Stacy Peralta (John Robinson), tre ragazzi di Dogtown, il quartiere malfamato di Venice, che rivoluzionarono lo skateboarding negli anni ’70. La sceneggiatura di Lords of Dogtown è firmata proprio da Stacy Peralta, già autore del documentario Dogtown and Z-Boys, mentre la regia è di Catherine Hardwicke, che ritrova la figlia Nikki Reed e le dinamiche sociorelazionali della sua fortunata opera prima Thirteen. La rabbia giovane che percorre le traiettorie sportive ed esistenziali dei membri dello Zephyr Skating Team pervade lo schermo, animando le inquadrature e il montaggio che le lega. In questo pregevole isomorfismo tra contenuto ed espressione sta uno dei pregi del film, che beneficia tecnicamente della consulenza di Peralta per le riprese sullo skateboard. Seppur incline a un certo schematismo psicologico – i tre protagonisti coprono ciascuno una ben definita area psico-emotiva – Lords of Dogtown descrive la nascita del moderno skateboarding quale pars pro toto rispetto al contesto socio-culturale californiano degli anni settanta. E fa questo senza cadere nell’agiografia nostalgica, mantenendo la camera a pochi centimetri dalle tavole da skate dei ragazzi, seguendone le evoluzioni nelle piscine lasciate vuote per la siccità, tallonando i loro dentro e fuori nei vicoli degradati. Fast food e fast love, amicizie logorate dalla competizione, accettazione o rifiuto della sovrastruttura commerciale, rapporti familiari difficili, ovvero il lato pubblico e quello privato dei ragazzi uniti dallo zigzagare senza sosta delle tavole. Smells Like Teen Spirits cantava Kurt Cobain – di cui nel film troviamo almeno tre o quattro sosia credibili – e il film è saturo di questo aroma speciale, fatto di hashish e sole, sudore e salsedine, alcool e strette di mano. Hit-and-run style, dunque, nella vita e nel cinema, o forse nel cinemavita di Lords of Dogtown, a cui hanno collaborato tutti i reali protagonisti dell’epoca, quali Skip Engblom (Heath Ledger) che con Craig Stecyk formò lo Zephyr Team. Ed è da questo stretto legame tra storia e finzione che deriva la forza – se non la verosimiglianza – del film. Un film che ha nel tuffo in mare di Jay Adams sullo skate la sua affascinante sintesi. FEDERICO PONTIGGIA REGIA Con Genere Distr. Durata CATHERINE HARDWICKE Emile Hirsch, Victor Rasuk, John Robinson Azione, Colore Sony Pictures 107’ Bellissime le scene in cui la macchina da presa si incolla alla tavola per seguirne le evoluzioni Dogtown negli anni ’70 era il nome di una zona malfamata compresa tra Santa Monica e Venice, California. Qui Jeff Ho, Skip Engblom e Craig Stecyk crearono lo Zephyr Skating Team. I tre erano proprietari di un negozio per surfisti, luogo di pellegrinaggio per i teenager innamorati della tavola. Gli Z-Boys adattarono il loro stile ribelle e funambolico dal surf allo skateboard originando una nuova forma espressiva, sfruttando come piste le strade, i cortili delle scuole e le piscine abbandonate. Lo Zephyr Team partecipò a numerose competizioni guadagnando fama negli States e nel mondo. Il documentario ricostruisce, attraverso fotografie, materiali di repertorio e interviste, la straordinaria avventura dello skateboard e dell’innovativo “Dogtown-style”, dagli albori seventies, al declino degli anni ’80 fino alla rinascita dello scorso decennio. Il regista Stacy Peralta (1957) ha iniziato ad andare sullo skateboard all’età di 5 anni e ha fatto parte dello Zephir Team. Considerato uno dei padri fondatori dello skateboard moderno, nel 1984 ha prodotto The Bones Brigade Video Show, lanciando la moda dello skateboard in video. Narrato nella versione originale da Sean Penn, il documentario ha riscosso negli Usa un enorme successo di pubblico. Le immagini si dilatano per accogliere non solo le origini di un nuovo sport, ma l’humus socioculturale degli skaters: la giungla metropolitana ha nuovi guerrieri. ANDREA SPERELLI REGIA Genere Distr. Durata STACY PERALTA Documentario, B/N, Colore Fandango 91’ Luglio-Agosto 2005 RdC 69 Viaggio sulla luna Abbonamento RdC 400 milioni di € 35 € La differenza è solo nel prezzo ✁ Desidero ricevere i 10 numeri della Rivista a € 35,00. Allego la ricevuta del versamento effettuato sul C.C.P. 223016 intestato a: Ente dello Spettacolo, via Giuseppe Palombini 6, 00165 Roma. Resta inteso che avrò tutte le garanzie riservate a chi si abbona. Buono da compilare in stampatello e spedire in busta chiusa (oppure inviare via fax allo 06/6637321) a: Ente dello Spettacolo, via Giuseppe Palombini 6, 00165 Roma. COGNOME E NOME INDIRIZZO C.A.P. CITTA’ PROV. TELEFONO DATA COD. FISC. FIRMA Informativa ai sensi dell’art.13, D. lgs. 196/2003 I suoi dati saranno trattati, manualmente ed elettronicamente da Ente dello Spettacolo - titolare del trattamento - al fine di gestire il Suo rapporto di abbonamento. Responsabile del trattamento è: Ente dello Spettacolo - Via G. 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SI NO rC d OK Telecomando Homevideo, musica, industria e letteratura: novità e bilanci dal cinema DVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore Tutto sui fratelli FOTO: PIETRO COCCIA Taviani e Piva raccontano: in coppia il cinema vale doppio Luglio-Agosto 2005 RdC 71 telecomando DVD Faccia a faccia Di Alessandro Scotti 72 RdC Luglio-Agosto 2005 Economia dei Media Libri Colonne sonore CARY GRANT Attore simbolo per Hitchcock e icona della commedia americana: un cofanetto lo ricorda a poco più di cent’anni dalla nascita SUSANNA! Regia Howard Hawks Con Cary Grant, Katharine Hepburn, Charles Ruggles, May Robson, Barry Fitzgerald, Walter Catlett, Ward Bond Genere Commedia, Bianconero L’OMAGGIO E’ IN TRE CLASSICI RICCHI DI EXTRA E DI CONTENUTI SPECIALI IL DIAVOLO È FEMMINA Regia George Cukor Con Katharine Hepburn, Cary Grant, Brian Aherne, Edmund Gwenn Genere Commedia, Bianconero GUNGA DIN Regia George Stevens Con Cary Grant, Douglas Fairbanks Jr., Victor McLaglen, Joan Fontaine, Sam Jaffe Genere Avventura, Bianconero Distr. Elleu Multimedia Cary Grant. Basta il nome ad evocare l’epopea del cinema americano anni Trenta. Si chiamava Archibald Alexander Leach e il suo debutto l’aveva avuto col teatro musicale. Poi venne il cinema e con esso il successo, tanto sullo schermo che fuori. Noto ammaliatore di dive, incarnò il perfetto modello della star hollywoodiana: “uomo oggetto” ante litteram e “arbiter elegantiarum” come volevano le sue origini britanniche. Iniziò a calcare le scene da giovanissimo quando, nei primi anni di scuola, dimostrando poco interesse per lo studio, venne introdotto al Bristol Empire Theatre da un elettricista part-time incontrato nel laboratorio di chimica della scuola. Il suo primo viaggio in Usa (una tournèe a New York) è del ’20 quando, durante l’attraversata atlantica a bordo dell’SS Olympic, incontra Douglas Fairbanks. Sette anni dopo i palcoscenici di Broadway. Ma i suoi piani erano altri: “Ho visto la luce – o meglio il buio della notte – a Bristol, all’una di una gelida mattina di gennaio, in una casa di periferia dove, per mancanza delle moderne comodità, ci si manteneva a un passo dal congelamento grazie a piccole stufe a carbone. Da allora ho giurato che avrei fatto di tutto per passare ogni possibile momento della mia vita dove il sole splende più caldo”. Alla fine del 1931 Archibald Alexander Leach ruppe il contratto con il suo impresario e si trasferì a Los Angeles dove trovò una seconda patria. Hollywood lo accolse a braccia aperte: gli impose di cambiare nome (allora andavano quelli corti) e i ruoli del seduttore – ma soprattutto quelli del sedotto – furono suoi. Lavorò con Stevens, Hawks, Cukor e Capra accanto alle dive più gettonate del momento: la Bergman, Grace Kelly, Audrey Hepburn e Sophia Loren. Divenne perfino l’attore feticcio di Hitchcock, che lo volle per Il sospetto, Notorius, Caccia al ladro e Intrigo internazionale. Non vinse mai un Oscar (benché oggi se ne parli come del miglior attore di tutti i tempi), ma il riconoscimento arrivò tardivo con quello alla carriera. Oggi, a cent’anni dalla sua scomparsa, un cofanetto ne celebra i successi riproponendo tre note interpretazioni. In Susanna (diretto da Hawks per la RKO) è un paleontologo un po’ goffo che, durante i lavori per riportare alla luce lo scheletro di un dinosauro, s’imbatte nella bella Susan (Katharine Hepburn). Inevitabile quanto segue. L’affiatamento della coppia si ripropone in Il diavolo è femmina, dove i protagonisti sono intraprendenti truffaldini che uniscono la loro fantasia ai danni dei malcapitati che incontrano. Diretto da un monumento come George Cukor il film non riscosse tuttavia il successo sperato al momento dell’uscita. In Gunga Din (siamo nel 1939 e dietro la macchina da presa c’è George Stevens) Grant è in India con i soldati di Sua Maestà alle prese con i Thug. Luglio-Agosto 2005 RdC 73 telecomando DVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore KINSEY La “rivoluzione sessuale” cambiò negli anni ‘60 abitudini e mentalità di mezzo mondo, ma il precedente su cui poggiò le fondamenta risale al 1948. Fu allora che un volume raccolse i risultati della ricerca scientifica condotta da tale dottor Alfred Kinsey sulla sessualità di un vario campione di uomini americani. Il titolo della ricerca era Sexual Behaviour in the Human Male. Bill Condon ripercorre la storia dello scienziato americano, la sua vita e l’attività di ricerca che lo portò nell’occhio del ciclone. Fra gli extra 21 scene tagliate e audio 5.1 DTS Super Size Me Documentario in trincea contro i fast-food. A un passo dall’Oscar nel 2005 La cultura alimentare come specchio dello stile di vita di una società: il giovane newyorchese Norman Spurlock (al suo debutto) fa da cavia nell’esperimento che ha fatto tremare le catene di fast-food americane. Cercando di rispondere all’interrogativo sulle cause dell’obesità come fenomeno sociale USA, Spurlock ha iniziato un’inchiesta e coinvolto gli attori principali su cui grava la responsabilità della cattiva alimentazione nordamericana. Percorrendo in lungo e in largo la nazione con due terzi degli adulti in sovrappeso e il 37 per cento dei bambini a rischio di obesità, ha intervistato dietologi, insegnanti di educazione fisica, cuochi, legislatori. Ma non si ferma alle domande agli esperti e ai dati scientifici il regista (con un passato da stand up comedian in locali periferici). Si spinge oltre e si sottopone a un esperimento che finisce per mettere a repentaglio la sua stessa salute: per un mese si nutre unicamente ai fast-food per tre volte al giorno. Risultato: undici chili in trenta giorni, colesterolo alle stelle e tutto quanto ne consegue, non ultimo un fegato a pezzi. Il genere documentario sta vivendo negli Stati Uniti il suo momento di massimo splendore e i risultati si vedono: la produzione di Super Size Me (costato qualche decina di migliaia di dollari) incassa milioni e Mac Donald’s fa scomparire dai suoi menù gli accattivanti prodotti big e super. il Cast Regia Morgan Spurlock Con Morgan Spurlock Genere Documentario, Colore UNA CANZONE PER BOBBY LONG Dopo la morte della madre, Pursy decide di tornare alla città natale e di andare a vivere nella casa materna. La attende però un’amara sorpresa: la casa è occupata da due uomini che non hanno nessuna intenzione di lasciarla. Inizia così una strana ma importante esperienza per la giovane e disincantata ragazza. Il film è costruito attorno alla figura di un Travolta disperato e disilluso, cinico e ubriacone; il motivo ispiratore è un romanzo inedito di Ronald Everett Capps. Poveri gli extra con galleria fotografica e trailers. Extra-Ordinari a cura di Marco Spagnoli 74 RdC Luglio-Agosto 2005 CARANDIROU STEAMBOY - ED. SPECIALE ALFIE - SPECIAL EDITION Mai uscito in sala, il film del regista del Bacio della donna ragno Hector Babenko, propone l’interessante commento audio dell’autore, tornato al lavoro dopo una lunga assenza. Venticinque minuti di film in più rispetto all’edizione uscita in sala sono arricchiti da extra che spiegano il lavoro di Otomo Katsuhiro al suo primo lungometraggio dopo il successo di Akira. Dvd ricchissimo di extra, tra cui due diversi commenti audio di regista, montatore e cosceneggiatrice. Non mancano un’analisi dettagliata della lavorazione e del mondo di Alfie. Donne incluse. IL SEQUESTRO SOFFIANTINI Una vicenda drammatica della recente storia italiana. A portarla sullo schermo è Riccardo Milani, con la complicitá di intepreti blasonati del nostro cinema. L’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini, rapito da un gruppo di banditi il 17 giugno 1997 e il suo rapporto con Marco, uno dei rapitori con cui il protagonista condivide origini e valori, in un crescendo che culmina in un improbabile scambio di ruoli. Nel realismo della vicenda, il regista tratteggia il dramma della famiglia e la tensione all’interno dello Stato. Edizione Speciale IUnGRANDI CLASSICI DISNEY secolo di cartoon e costume. Da Dumbo e La spada nella roccia a Monsters & Co., in 29 titoli ed extra da capogiro NASCOSTO NEL BUIO Fra thriller e horror, John Polson ripropone il tema dell’incerto confine tra realtà e fantasia. Il dottor Calloway (De Niro), colpito dalla sciagura del suicidio della moglie, decide di trasferirsi con la figlia Emily nello stato di New York. Qui lei (traumatizzata dalla morte della madre) stringe un’amicizia con Charlie, bambino immaginario. Seguono eventi prevedibilmente inquietanti, che spingono Calloway a richiedere l’aiuto di una psicologa per indagare su quanto ci sia di reale in quella storia. TE LO LEGGO NEGLI OCCHI Delicata storia al femminile, le cui protagoniste coprono tre generazioni nel tessere un articolato intreccio di sentimenti, conflitti, tenerezze e nodi affettivi. Napoli fa da sfondo alle vite di Margherita (cantante alle prese con problemi alle corde vocali) e della figlia Chiara, logopedista, divorziata e madre di Lucia. Il rapporto fra loro è da sempre conflittuale, mentre Lucia è letteralmente rapita dalla nonna. E’ proprio in questa relazione che Margherita vivrà il suo ruolo di madre. Produce Nanni Moretti. A oltre cent’anni della nascita di Walt Disney, fondatore e creatore dell’universo dove tutto è in armonia, la casa editrice del Topo più famoso del pianeta presenta in Dvd (l’iniziativa ha una durata limitata al periodo estivo) alcune tra le più classiche avventure del proprio passato remoto, ma anche classici recenti frutto della produzione targata Pixar. I titoli proposti in questa edizione speciale sono 29 e passarli in rassegna equivale a ripercorrere un secolo di storia del cinema d’animazione. Disney evoca, in più di una generazione, il sapore del sogno, di un mondo fantastico popolato di fate, principesse, animali parlanti, di buoni e cattivi che hanno fatto ridere, fantasticare, rabbrividire dalla paura; evoca l’età magica dell’infanzia, quel periodo irripetibile in cui fantasia e realtà si fondono. Il viaggio attraverso le tipologie di una casa editrice che continua il miracolo di non invecchiare mai è un viaggio attraverso i costumi che cambiano. Prima tappa: Dumbo, l’elefante zimbello da circo, che grazie al sostegno del topolino Timoteo, suo unico amico, impara a volare diventando così un’improbabile attrazione e guadagnandosi il rispetto dei compagni di lavoro. Gli Regia Peter Docter, ardimentosi Bianca e Bernie sono David Silverman, presenti in due lungometraggi, Le Lee Unkrich avventure di Bianca e Bernie, Genere Animazione, Colore resoconto dell’eroico salvataggio di Distr. Buena Vista una bambina indifesa dalle grinfie della perfida Madame Medusa, e Bianca e Bernie nella terra dei canguri, racconto di un’esotica missione in Australia. Anni dopo Pocahontas, trentatreesimo lungometraggio Disney, ripropone una leggendaria storia di amicizia e coraggio: un vascello di coloni inglesi approda nel nuovo mondo; l’incontro della bella principessa nativa Pocahontas e del capitano John Smith cambierà il destino delle due comunità. Oliver & Company riscrive le avventure di Oliver Twist di Dickens, facendo del piccolo orfanello un vivace e coraggioso gatto e dei suoi compagni di avventure - una bambina da salvare, un losco gangster da sistemare - degli intraprendenti cani randagi. Il viaggio continua riproponendo tanti successi quante sono le stagioni del cinema che ha saputo mettere d’accordo genitori e figli: La spada nella roccia, l’ormai classico Elliott, Taron e la Pentola Magica, Hercules, Il Pianeta del Tesoro, Saludos Amigos, Il Gobbo di Notre Dame, Basil l’Investigatopo, Le Avventure di Ichabod e Mr.Toad, Le Avventure di Winnie Pooh fino ai recentissimi A Bug’s Life e Monsters & Co. L’EVOLUZIONE DI FORME E CONTENUTI RISPECCHIA LA SOCIETA’ CHE CAMBIA Luglio-Agosto 2005 RdC 75 telecomando DVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore Di Paolo Aleotti Paolo eVittorioTaviani Alessandro Piva Pensieri in libertà su arte, televisione e vita L’incontro-scontro generazionale di questo nostro faccia a faccia coinvolge stavolta quattro fratelli. Da una parte la coppia più famosa e collaudata: Paolo e Vittorio Taviani (S. Michele aveva un gallo, Padre Padrone, Kaos, La notte di San Lorenzo), che dopo mezzo secolo di carriera fianco a fianco scrivono, dirigono set e rilasciano interviste praticamente all’unisono. Dall’altra i più giovani Alessandro e Andrea Piva (La Capagira, Mio cognato) per i quali (carattere, età o scelta di fondo?) la divisione del lavoro è al momento assai più netta. Andrea firma soggetti 76 RdC Luglio-Agosto 2005 sceneggiatura e lascia al maggiore, Alessandro, la responsabilità della regia, del confronto mediatico, e in questo caso della parola. Da queste doppie esperienze emergono vere perle e preziose istruzioni per un uso del cinema “di coppia”. Le difficoltà iniziali Taviani Il nostro primo film, Un uomo da bruciare, lo abbiamo fatto con molta difficoltà. Era dura in quegli anni. Gli amici ci dissero: “Se non volete fare la fame, c’è Carosello”. Tanti si vergognavano, ma noi abbiamo accettato subito. E’ stata un’esperienza molto divertente. All’inizio per andare avanti abbiamo fatto Carosello. E’ stata una vera palestra di generi, che ci ha formato e chiarito le idee Perché quando scegli uno stile preciso perdi tantissime possibilità. Con i Caroselli invece potevamo sperimentare tutto. Stile americano, francese, tedesco, macchina a mano, dolly. Abbiamo imparato a girare in pochissimo tempo. Questo ci ha permesso di fare più esperienza e di scegliere sempre e soltanto i film che volevamo fare. Piva Avevo provato ad esordire nella regia seguendo i metodi canonici: domanda al ministero, anticamera nelle produzioni. Ma le attese sono bibliche. Allora ho rotto gli indugi. Ho rischiato di mio, dal punto di vista finanziario. Il cinema ha tempi lunghissimi. Anche quando va veloce le idee invecchiano. Ma con La Capagira ho avuto la sensazione di aver agguantato l’idea con l’anticipo necessario per arrivare al pubblico al momento giusto. Molto nasceva da mio fratello, storie di mondi che lui conosce bene, bische notturne o scene di vita quotidiana barese. Ma Andrea si stava cimentando nella scrittura, non pensava al cinema. Io invece ero così convinto, che sono riuscito a spingere lui e la troupe a lavorare con un budget praticamente nullo. FOTO: PIETRO COCCIA Registi contro? Il cinema può essere stress, divertimento, gratificazione. La cosa più bella, però, è toccare fasce molto diverse di spettatori Taviani Se c’è una pellicola che risponde pienamente ai nostri criteri di semplicità e insieme di complessità questa è Padre padrone. Lo abbiamo sentito nostro in toto. Ma quando ci dissero “Andate a Cannes”, rispondemmo senza esitazioni di no. “Perché si parla di pecore - dicemmo perché non c’è neanche una donna”. I nostri produttori dovettero insistere molto per farci cambiare idea. Alla fine ci convinsero. E meno male. Quell’anno vincemmo la Palma d’Oro. Piva Il primo film, La Capagira, ci ha portato fortuna, qualcuno ha gridato alla novità. Così è giunta l’occasione per il secondo film girato nella stessa città, Bari, con budget, ambizioni di pubblico e contenuti profondamente diversi. Tutto questo ha scatenato il paradosso. Con il film a bassissimo costo mi sono molto divertito. In una operazione più “professionale” ho faticato. Credo che nei film questo si percepisca; quanto c’è di divertimento e quanto di stress, di fatica, di “professione”. Ciò che dobbiamo ancora affinare è il rapporto tra i nostri gusti e il modo di lavorare e i gusti del pubblico. Credo che col tempo ci riusciremo. molto, molto profondamente. Lo spettatore ideale Taviani E’ quello che va a veder il nostro film poi sale in macchina e dice alla moglie: però, che bella storia. E la moglie dice: sì, mi ha fatto pensare a tante cose... Poi arrivano a casa, magari vanno a letto. E continuano a parlare del film. Insomma, la cosa meravigliosa è quando negli spettatori nasce un altro film. Scaturito dalla storia che abbiamo raccontato. Piva Abbiamo fatto due film che hanno guardato a due pubblici diversi, pur essendo stati girati entrambi in parte in dialetto e nella stessa città. Il primo guardava ad un pubblico giovanile, il secondo guardava ad un pubblico più maturo, più abituato al racconto convenzionale. Mi piace l’idea che il nostro lavoro aggiunga spettatori diversi tra di loro. E nella storia del nostro cinema esistono continui esempi di quella miscela fantastica rappresentata da un pubblico di estrazioni totalmente differenti. Silenzio e sollecitazioni Taviani A noi piace ridere e piangere al cinema, ci piace vederlo e ci piace farlo. Ci abbandoniamo al cinema. E nel farlo, accettiamo anche il rischio della rinuncia, del rifiuto. Se non si creano le condizioni per raccontare la storia che vogliamo raccontare con innocenza e passione, allora meglio il silenzio. Piva Un regista che lavora in un’epoca come la nostra ha tante sollecitazioni e suggestioni consce e inconsce. Progetto per progetto, io penso di essere accompagnato da tanti maestri che senza saperlo, mi spingono, mi motivano a qualcosa di personale, di interiore. Di volta in volta c’è Fassbinder, Rossellini, Scorsese, Fellini, Kaurismaki, Kurosawa, Kitano, i Taviani. E potrei citarne mille ancora. Tutti con assoluta sincerità. Il piacere (e lo stress) dello spettacolo Taviani Noi abbiamo deciso di fare il cinema perché amavamo il cinema. E facciamo il cinema per il piacere dello spettacolo. Tante volte abbiamo letto “ ..il cinema dei Taviani è intellettuale.” Ma ci affascina l’affabulazione. Non abbiamo mai scelto di fare un film, se non c’era una storia bella da raccontare. Piva Il cinema per me è divertimento, è consapevolezza di saperlo gestire come mestiere; è gratificazione enorme, è stress assoluto. Quando è solo stress, solo lavoro, solo fatica non è bello. Ma quando dà soddisfazioni, quando capisci che è un mezzo che amplifica le emozioni, il tuo raccontare, e lo fa diventare 10.000 volte più potente, allora il cinema è qualcosa che ti appaga Luglio-Agosto 2005 RdC 77 telecomando DVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore Di Franco Montini Oggi sposi Cinema e letteratura celebrano un rapporto di lunga data. E se i registi si ispirano in libreria, le produzioni si danno alle stampe e gli editori pubblicano per il grande schermo E’ solo un caso che i più clamorosi fenomeni cinematografici delle ultime stagioni, ovvero Il signore degli anelli ed Harry Potter, nascano da libri di grande successo? Probabilmente no, tant’è che per il suo nuovo kolossal, The Chronicles of Narnia, la Disney si è ispirata alla saga fantasy di Clive Staples Lewis e che il maggior fenomeno editoriale degli ultimi anni Il codice da Vinci di Dan Brown, è stato immediatamente acquisito da Hollywood e sta per diventare un film con la regia di Ron Howard. Insomma l’accoppiata letteratura/cinema, libro/film è sempre più spesso una garanzia di successo. Lo hanno capito anche i produttori italiani e il fenomeno è esploso anche da noi. Sono una quantità i film in lavorazione o comunque annunciati tratti da una matrice letteraria: Michele Placido ha appena terminato le riprese di Romanzo criminale dal libro di Giancarlo De Cataldo; Cristina Comencini dirige La bestia nel cuore dal romanzo scritto da lei stessa; Roberto Faenza sta lavorando all’edizione de I giorni dell’abbandono trasposizione del romanzo di Elena Ferrante. E ancora Gianni Amelio è alle prese con La stella che non c’è ispirato al romanzo La dismissione di Ermanno Rea; Paolo Virzì è interessato a Vita, il bestseller di Melania Mazzucco; Daniele Luchetti sta per portare sul grande schermo Vita scriteriata da Il fasciocomunista di Antonio Pennacchi ed anche due romanzi di Massimo Carlotto stanno per diventare film: Arrivederci amore ciao per la regia di Michele Soavi e L’oscura immensità della morte cui sta lavorando Davide Ferrario. Gabriele Salvatores sembra ormai essersi specializzato nelle trasposizioni: dopo Io non ho paura da Ammaniti e Quo vadis, Baby? da Grazia Versani, sta pensando di trasferire sul grande schermo il libro di un altro giovane scrittore: La scala di Dioniso di Luca Di Fulvio, una storia forte ambientata a Londra nei giorni di capodanno al passaggio fra Ottocento e Novecento. Per ciò che 78 RdC Luglio-Agosto 2005 riguarda l’Italia, il fenomeno è anche una diretta conseguenza del successo ottenuto da film come il già citato Io non ho paura e soprattutto Non ti muovere di Sergio Castellitto, trasposizione dell’omonimo romanzo della moglie Margaret Mazzantini. Ma soprattutto per un cinema che sembra aver definitivamente rinunciato al minimalismo intimista delle due camere e cucina, per riscoprire il piacere della narrazione, del racconto, dei personaggi, la letteratura torna ad offrire, come era accaduto anche in passato, trame appassionanti, vicende compiutamente strutturate, personaggi ben delineati, ambientazioni precise e dettagliate. In poche parole la letteratura sembra funzionare come antidoto alla fragilità di certe sceneggiature esili ed esangui. Nessuna sorpresa, dunque, che il mercato dei diritti sia in rapida crescita: nel mondo del cinema si sussurra che Aurelio De Laurentiis abbia dovuto sborsare 500.000 euro per assicurarsi un pezzo pregiato come Io uccido di Giorgio Faletti, la cui trasposizione al cinema peraltro continua ad essere rimandata. Forse si tratta di un’esagerazione, ma è certo che il costo dei diritti letterari sta lievitando anche da noi. Quasi impossibile ottenere le cifre esatte dei singoli contratti, ma la fascia dei bestseller viaggia ormai fra i 100 e 150 mila euro, perché le richieste si stanno moltiplicando. E non è un caso che siano nate anche specifiche iniziative destinate a alimentare ulteriormente i rapporti fra il mondo del cinema e quello dell’editoria. Nel mese di maggio all’interno della Fiera Internazionale del Libro di Torino si è svolta la seconda edizione del Book Film Bridge (BFB), un’iniziativa a cui hanno partecipato 150 società, 48 case editrici e un centinaio di società di produzione audiovisiva, provenienti da sette diversi paesi, in cui gli editori hanno presentato agli imprenditori di cinema i propri progetti in vista di Al fenomeno consegue una impennata dei diritti. Quelli di Io uccido hanno sfiorato la cifra record di 500.000 euro una possibile trasposizione in immagini. “Il BFB - spiega Claudio Papalia coordinatore dell’iniziativa si propone di fare conoscere con anticipo al mondo del cinema le novità letterarie in preproduzione. Lo scopo è quello di consentire la realizzazione di un film in contemporanea con l’eventuale successo editoriale del libro. In Europa solitamente un film arriva in sala cinque anni dopo l’uscita del libro, quando il ricordo del pubblico si è ormai cancellato. In Usa, invece, un film arriva in sala contemporaneamente alla pubblicazione in edizione tascabile del libro e i reciproci vantaggi sono evidenti”. A testimonianza dei rapporti sempre più stretti fra i due mondi, ci sono altri due fenomeni da segnalare: da un lato il fatto che alcune società di produzione cinematografica, segnatamente la Fandango di Domenico Procacci e la Colorado di Maurizio Totti, abbiano abbinato alla produzione di film, un’attività editoriale con la pubblicazione di romanzi e saggi non necessariamente dedicati al cinema. Dall’altro il fatto che sempre più spesso affermati sceneggiatori si lancino come scrittori. In passato accadeva spesso il contrario, ovvero che noti scrittori si dedicassero al cinema, come accaduto a Ennio Flaiano, Alberto Moravia, Mario Soldati, solo per citare qualche nome, oggi invece accanto a scrittori/sceneggiatori, come Domenico Starnone, cominciano ad affiorare gli sceneggiatori/scrittori, come Franco Bernini, che ha pubblicato con Einaudi La prima volta, un romanzo ambientato sullo sfondo del primo campionato italiano di calcio o come Umberto Contarello che, prendendo spunto da una drammatica vicenda personale, ha esordito in letteratura con Una questione di cuore pubblicato da Feltrinelli. Insomma le vicende di cinema e letteratura sembrano destinate ad intrecciarsi ulteriormente. Luglio-Agosto 2005 RdC 79 telecomando DVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore Di Francesco Bolzoni Biografie dal set La fabbrica del successo Boldi, De Sica e Comencini: professionisti agli antipodi Massimo Boldi & Christian De Sica Marco Bertolino ed Ettore Ridola Gremese Editore, Roma 2005, pp. 80, € 12,95 Luigi Comencini Jean A.Gili Gremese Editore, Roma 2005 seconda edizione riveduta e integrata pp. 144, € 18,50 Accanto alle monografie sui registi – un “genere” consolidato con collane “storiche” –, appaiono sempre più frequentemente in libreria volumi sugli attori affermati. L’ultimo riguarda la coppia Massimo Boldi Christian De Sica, da diversi anni trionfatori nel cinema-strenna. Due giovani e bravi studiosi, Marco Bertolino ed Ettore Ridola, li hanno analizzati con l’attenzione dovuta ai “maestri”: intervista, biografia, filmografia con la descrizione dei singoli film, bibliografia e un ricco apparato fotografico. Boldi e De Sica sono senza dubbio professionisti (il loro curriculum rivela ostinazione e costanza nei propositi), due professionisti consapevoli, come osserva De Sica, del pericolo di fossilizzarsi nel cinema-strenna, dell’oggettiva mutevolezza del medesimo: “I nostri film, drammaturgicamente parlando, sono uguali uno all’altro, ma questo paradossalmente rende il nostro lavoro ancora più difficile […], raccontare lo stesso film ogni anno e ogni anno far ridere il pubblico…”. E ancora: “E’ chiaro che il resto te lo puoi permettere se hai lo zoccolo duro di un pubblico tuo”; puoi dedicarti a film che poi magari non “vanno” solo se hai alle spalle la pubblicità, i teleromanzi, il teatro e un produttore (fu Aurelio De Laurentiis a scoprire e a lanciare la coppia) che, con l’occhio agli incassi, continua a tenerti nel suo vivaio. La necessità di disporre di un pubblico è considerata essenziale anche da un regista come Luigi Comencini che, per certe sue concessioni a quello che venne definito “compromesso” (film di genere, però mai pubblicità), in alcune stagioni del cinema italiano ha goduto di un’attenzione malevola da parte della nostra critica. Per via di due primi, simpatici episodi della serie Pane amore e… qualcuno lo annoverò tra gli “affossatori” del neorealismo e non bastò a fargli cambiare idea la riuscita di Tutti a casa (1960), prima opera importante di una carriera che, tutto sommato, ha momenti memorabili. Non è un caso che la migliore monografia su Comencini venga dalla Francia e sia dovuta a un saggista di notevole spessore culturale quale Jean A.Gili. Gili bene ha compreso la capacità di Comencini di amalgamare in un racconto momenti drammatici a scene comiche e ha inteso, con finezza, la rara qualità del regista di rendere naturali i bambini (dall’iniziale Proibito rubare del 1948 a La finestra sul Luna Park del ’56, da Incompreso del ’67 a Pinocchio del ’72, a Voltati Eugenio del 1980): “quei bambini che ossessionano l’animo degli uomini senza qualità, quei rimproveri viventi nei confronti dei falsi valori che troppo spesso dominano il mondo degli adulti”. Da non perdere a cura di Giorgia Priolo IL SECOLO DELLA REGIA Lucilla Albano, Marsilio Editore, € 9,00 Alla domanda di Quentin Tarantino “Come fai a ricreare il tuo stile in ogni film?” pare che Terry Gilliam abbia risposto: “Semplice, assumo le persone giuste per farlo”. Semplice sì, ma il concetto di “regista” e di “autore” è molto cambiato dalle origini del cinema. Lucilla Albano si sofferma sui momenti cardine di questo dibattito teorico-critico: le origini, la nozione di regia nel cinema industriale hollywoodiano e in quello d’autore tra gli anni ’50 e ‘60. Ma la sua ricognizione storica arriva fino alla fine del XX secolo, analizzando brevemente come sia cambiato il ruolo del regista grazie alle nuove tecniche, dal digitale al montaggio in Avid. 80 RdC Luglio-Agosto 2005 IL DOCUMENTARIO Jean Breschand, Lindau Editore, € 12,80 Dopo la vittoria di Michael Moore a Cannes 2004 e il successo di “film” come Super Size Me o La storia del cammello che piange, il documentario comincia a essere percepito dal pubblico per quello che è stato fin dalle origini: l’altra faccia del cinema. Se avete amato Essere o avere di Nicholas Philibert o avete trovato stimolante Bowling for Columbine e volete una panoramica sull’evoluzione del genere documentario e sugli autori e le opere più interessanti, da Robert Flaherty fino a Chantal Akerman passando per Chris Marker e Joahn van der Keuken, questo agile libretto fa per voi. LA MUSICA AL CINEMA Gilles Mouëllic, Lindau Editore, € 12,80 La rotazione dell’astronave di 2001: Odissea nello spazio senza il valzer di Strauss sarebbe altrettanto mitica? Cosa aggiunge la musica composta da Bernard Herrmann ai capolavori di Hitchcock? Come sarebbero i film di Tarantino senza le canzonette rock e pop o quelli di Lynch senza i pezzi di Badalamenti? La musica non è solo uno degli elementi della complessa architettura del film, ma uno dei più potenti. Mouëllic spiega come l’efficacia espressiva della musica dipenda più dal suo posto in questa architettura, che dalla sua qualità intrinseca. Agile e ricco di esempi, questo breve saggio dà una prospettiva diversa e stimolante sull’analisi del film. KATHRYN BIGELOW Michela Caroselli, Editore Le Mani, € 11,00 Ex moglie di James Cameron, Kathryn Bigelow condivide con il regista americano l’attrazione per l’acqua e la passione per il cinema di genere. E’ una delle poche registe che abbia saputo addentrarsi in modo efficace in territori maschili come l’horror (Near Dark), l’action movie (Point Break) o la fantascienza (il suo capolavoro Strange Days). Scavalcando l’etichetta di autrice di genere al “femminile”, Michela Carobelli approfondisce le tematiche dei suoi film, in primis la centralità del Corpo, e arriva a definire la Bigelow come un esponente di spicco del cinema americano “neoclassico”. Luglio-Agosto 2005 RdC 81 telecomando DVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore Di Ermanno Comuzio Visto da vicino LA CADUTA Regia Oliver Hirschbiegel Musica Stephan Zacharias Da un film sugli ultimi giorni di Hitler ci si potrebbe aspettare rimandi wagneriani a tutto spiano, soprattutto dal Crepuscolo degli dei. Niente di tutto questo, invece, da un film il cui pedale sonoro è costituito dal rombo delle artiglierie sovietiche che si fanno sentire fin dentro il bunker dove il Führer si è rifugiato. Rumori invano coperti provvisoriamente dai dischi di canzoni e di ritmi che tentano di far dimenticare la realtà. E in un momento significativo lo spostamento d’aria di una esplosione vicina fa saltare la puntina del grammofono, trasformando la musica spensierata in uno sgradevole raschio. E’ giusto così, Wagner avrebbe creato una cornice gloriosa agli atroci ma squallidi eventi raccontati. Il musicista Stephan Zacharias ha preferito toni bassi e desolati, tocchi di pianoforte per la breve passeggiata all’aria aperta delle donne (musica e passeggiata interrotte da un allarme aereo), un organo in sordina (che sostituisce parole e rumori) sui suicidi dei militari che non accettano la resa, un Adagio finale sull’inevitabile conclusione. Ma anche i suoni legati alla presenza dei vincitori appartengono a una sfera tutt’altro che gioiosa: i soldati russi danzano, fra le macerie della Berlino appena conquistata, ma ben presto un sibilo insistente si sovrappone alle note festose, cancellando ogni parvenza di euforia. Niente Wagner, per fortuna. Toni bassi e pianoforte fanno da sfondo al dramma Per tutti i gusti LA DONNA DI GILLES Un tipico valzerino nella fisarmonica fa da sfondo alle sopportazioni di una moglie innamorata e hanno una specifica funzione nei momenti di tenerezza. Ma quelli del dolore sono sottolineati da frasi intense negli archi e, man mano che ci avviciniamo alla fine ecco accenti durissimi e rasoiate a scongiurare ogni pericolo di patetismo. 82 RdC Luglio-Agosto 2005 Senza senso QUANDO SEI NATO NON PUOI PIU’ NASCONDERTI LE CROCIATE Flauti, liuti, squilli di ottoni, percussioni, vocalizzi, antiche arie e laudi sacre, nonché pedali elettronici usati in seno ad una vasta orchestra sinfonica, diretta dallo stesso compositore. Non tutto rientra però negli standard dei “kolossal”: singolare l’intervento di archi intimistici e lamentosi nel mezzo dei massacri. Una specie di requiem che abbraccia le vittime. STAGE BEAUTY Ai toni foschi, da thriller, che guidano l’incipit succedono soluzioni à la manière de, con arpeggi, marcette da corte regale, brani d’opera alla Purcell e vigorosi cori vicini all’Orff dei Carmina Burana. Il tutto spesso contaminato da accompagnamenti moderni, rockeggianti addirittura. Ma la vicenda è fortemente datata, l’oggi non c’entra. Regia Marco Tullio Giordana Musica AA.VV. E’ lo stesso Giordana, come sempre, a scegliere le musiche. Di solito con gusto sicuro (prevalgono i classici), stavolta è un flop. Ci sono canzoni etniche, rock, musica da film (Delerue e Nyman), i Madredeus, Bach. Confusamente, come è confuso il film. fa la differenza con oltre 1.400 voli alla settimana per 23 città in Italia. Albenga, Alghero, Bari, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Genova, Lamezia Terme, Lampedusa, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Pantelleria, Pescara, Pisa, Reggio Calabria, Roma, Torino, Trapani, Trieste e Venezia. www.flyairone.it Tel. 199.20.70.80 * * Servizio soggetto a tariffazione specifica. www.raicinema.it