R I V I STA
D E L C I N E M ATO G R A FO
LUGLIO-AGOSTO 2005
N.7-8 € 3,50
SUL SET
DEL PRIMO
SANT’ANTONIO
(AL CINEMA)
Poste Italiane SpA - Sped.
in Abb. Post. - D.L. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46),
art. 1, comma 1, DCB Milano
città
da
film
Viaggio nelle mete turistiche
più ambite. Tra spettri, divi e
manicaretti
E INOLTRE Cristina Comencini Bob Rafelson Jennifer Connelly
Arsenio Lupin Terrence Malick Orson Welles
www.cinematografo.it
il sito con la macchina da presa
rC
d
FILM IN CITTÀ
La programmazione
cinematografica dei
principali centri.
Sempre aggiornata e
precisa, con la ricerca a
scelte multiple, le trame e
le critiche più autorevoli.
BANCA DATI
L’archivio più ricco
d’Europa. Sinossi, critiche,
cast & credits, biografie,
filmografie e anticipazioni.
Oltre 40.000 opere e
170.000 protagonisti del
cinema mondiale.
CINEMEDIA
In tempo reale le
ultimissime notizie sul
cinema italiano e
internazionale.
I personaggi, le
recensioni, il box office, i
trailer, le photogallery.
FESTIVAL
L’agenda online del
cinefilo.
Mese per mese gli
appuntamenti da non
perdere: eventi e
rassegne nazionali ed
estere.
PUNTI DI VISTA
Dedicato a Fernaldo
FOTO: PIETRO COCCIA
M
Il Premio del Giornale
dello Spettacolo
assegnato alla Rivista
del Cinematografo
entre qualcuno si dimentica di noi (vedi l’editoriale del numero
scorso), qualcun altro si ricorda di premiarci. E’ successo alle
Giornate professionali di Roma, manifestazione organizzata da
Anec, Agis e Unidim, dove abbiamo ricevuto il premio del
Giornale dello Spettacolo assegnato alle migliori pubblicazioni di cinema.
Un riconoscimento di settore graditissimo che abbiamo dedicato al nostro
caro Fernaldo Di Giammatteo, scomparso a gennaio. Un critico della
vecchia guardia, un intellettuale, ma soprattutto un amico, che ci ha
accompagnato per molti anni e di cui sentiamo la mancanza.
Durante le Giornate si è parlato molto di “cinema”. Un settore sempre più
in crisi, come evidenziano i dati Cinetel, sul fronte degli incassi e su quello dell’affluenza in sala. I numeri rivelano un
calo che, in entrambi i casi, si aggira tra il 17 e il 18% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
In attesa del responso estivo del botteghino, noi dedichiamo lo speciale di questo numero alle “città da film”. Un
vero e proprio viaggio cinematografico strutturato in due tappe, che a settembre ci porterà a Berlino, Venezia e New
York. Intanto abbiamo gettato uno sguardo su Roma, Londra e Parigi, per provare a raccontarvele come non le avete
mai viste. O meglio: come soltanto la magia del cinema è riuscito a mostrarcele. Avanti e indietro nel tempo, passiamo
così dalle Vacanze Romane di Audrey Hepburn e Gregory Peck alla Capitale deserta e stralunata di Caro diario, dalla
Londra aristocratica di Indiscreto a quella rampante di Closer, per poi tuffarci nella Parigi delle meraviglie: capitale
fiabesca, in grado ieri come oggi di materializzare sogni e desideri della Sabrina di Billy Wilder e della più recente
Amélie. Titoli, storie e suggestioni, che abbiamo esplorato affidandoci anche ai percorsi paralleli della gastronomia e
degli spettri eccellenti. Tra i porri di Bridget Jones e le mozzarelle in carrozza di Ladri di biciclette, ci imbattiamo così nei
fantasmi inquieti che si danno appuntamento a Trinità dei Monti, negli impronunciabili “trifidi” di Steve Sekeley e
negli amori ectoplasmici delle tante Cime tempestose. Dal set, vi raccontiamo poi come sarà il primo Sant’Antonio del
cinema. Mai sullo schermo fino ad ora, il patrono di Padova arriva al cinema in una veste del tutto inedita: “Un po’
Che Guevara, un po’ Gandhi e un po’ Wojtyla”, promette lo spagnolo Jordi Mollà che gli presta il volto.
Fra anticipazioni, tendenze e amarcord, Cristina Comencini ci parla poi del suo La bestia nel cuore e Jennifer
Connelly dei suoi prossimi film, mentre il grande vecchio Bob Rafelson dispensa consigli di regia ai giovani e Irene
Bignardi ci svela cosa vedremo al prossimo festival di Locarno. E’ così che salutiamo le vacanze imminenti e vi
diamo appuntamento a settembre. Pronti per la nuova stagione e per le sorprese che ci riserverà la Mostra del
Cinema di Venezia.
rC
d
CINEMA - TELEVISIONE - RADIO
TEATRO - INFORMAZIONE
Nuova Serie - Anno 75 Numero 7-8
Luglio-Agosto 2005
In copertina Audrey Hepburn e Gregory
Peck in Vacanze Romane
Direttore Responsabile
Dario Edoardo Viganò
Caporedattore
Marina Sanna
Progetto grafico e Art Director
Alessandro Palmieri
Hanno collaborato
a questo numero
Andrea Agostini, Paolo Aleotti,
Francesco Bolzoni, Andrea Borgia,
Alessandro Boschi, Pietro Coccia,
Ermanno Comuzio, Silvio Danese,
Rosa Esposito, Cesare Frioni, Diego
Giuliani, Massimo Monteleone,
Franco Montini, Enzo Natta,
Roberto Nepoti, Peter Parker, Luca
Pallanch, Luca Pellegrini, Federico
Pontiggia, Giorgia Priolo, Angela
Prudenzi, Valerio Sammarco,
Alessandro Scotti, Marco Spagnoli,
Andrea Sperelli, Chiara Tagliaferri,
Chiara Ugolini
Proprieta’
Ente dello Spettacolo
Editore
Ente dello Spettacolo
Direzione e amministrazione
Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma
Tel.(06) 663.74.55 - 663.75.14
fax (06) 663.73.21
e-mail: [email protected]
Registrazione al Tribunale di
Roma
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al ROC N 2118
Del 26/9/01
Pubblicita’ e sviluppo
Renato Geloso
Tel. 335 8100850
e-mail: [email protected]
Servizio cortesia abbonamenti
Direct Channel S.r.l. – Milano
Tel. 02-252007.200 fax 02252007.333
Lun-Ven 9/12,30 – 14/17,30
e-mail: [email protected]
Stampa
Società Tipografica Romana S.r.l.
Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM)
Finita di stampare il 30 giugno 2005
Distributore esclusivo
A. & G. Marco S.p.A.
Via Fortezza, 27 - 20126 Milano
Associata A.D.N.
Abbonamento per l'Italia
(10 numeri) 35,00 euro
Abbonamento per l'estero
(10 numeri) euro 103,29
Associato all'USPI
Unione Stampa Periodica Italiana
Iniziativa realizzata
con il contributo
della Direzione
Generale Cinema –
Ministero per i Beni
e le Attività Culturali
Luglio-Agosto 2005 RdC 3
sommario
Numero 7-8 Luglio-Agosto 2005
Anteprima
6 The New World
Terrence Malick rilegge
Pocahontas
(Marina Sanna)
10 Arsenio Lupin
Romain Duris ladro e gentiluomo
(Rosa Esposito)
Servizi
14 Jennifer Connelly
“Torno sullo schermo con un
thriller soprannaturale”
(Marina Sanna)
16 Sul set di S. Antonio
Il protagonista Jordi Mollà:
“Sarà ribelle come Che Guevara
e trascinatore come Wojtyla”
(Rosa Esposito)
20 Terapia di gruppo
La Comencini dirige un cast
corale in La bestia nel cuore
(Angela Prudenzi)
24 Paris á la carte
Festival per tutti i gusti
(Valeria Chiari)
26 Invasione di campo
Cinderella Man & gli altri: febbre
a 90° per lo sport al cinema
(Marco Spagnoli)
53 Metodo Rafelson
Botta e risposta con un
grande vecchio di Hollywood
(Diego Giuliani)
56 Locarno denuncia
Mafia, documentari e cronache
dall’Iraq
(Rosa Esposito)
Speciale
31 Città da film
Roma, Parigi, Londra: tre
capitali come non le avete mai
viste. Viaggio a tappe
attraverso le più belle storie
del cinema
(Hanno collaborato: A. Boschi, S.
Danese, R. Nepoti, L. Pallanch, F.
Pontiggia, A. Prudenzi, C. Ugolini,
C. Tagliaferri. A cura di Marina
Sanna)
4 RdC Luglio-Agosto 2005
Anteprima:
Jennifer
Connelly nel
thriller Dark
Water
I film
58
60
61
61
62
62
63
64
65
65
66
66
67
68
69
69
La guerra dei mondi
La sposa siriana
Batman Begins
Connie & Carla
Ice Princess
La piccola Lola
La terra dei morti viventi
La samaritana
Il quinto impero
Danny the Dog
Mindhunters
Sulla mia pelle
Triple Agent
Buffalo Soldiers
Lords of Dogtown
Dogtown and Z-Boys
(Paolo Aleotti, Francesco
Bolzoni, Massimo
Monteleone, Enzo Natta,
Roberto Nepoti, Luca
Pellegrini, Federico
Pontiggia, Valerio Sammarco,
Marco Spagnoli, Andrea
Sperelli)
10 Cent’anni di Arsenio Lupin, dal romanzo al grande schermo
Le rubriche
6 Tutto di tutto
News, tendenze, festival,
schegge di nostalgia
(Andrea Agostini, Andrea
Borgia, Diego Giuliani,
Massimo Monteleone, Peter
Parker)
72 Dvd & Extra-Ordinari
Novità, cofanetti, edizioni
speciali
(Alessandro Scotti, Marco
Spagnoli)
76 Faccia a faccia
Taviani e Piva
(Paolo Aleotti)
78 Economia dei media
Romanzi e celluloide
(Franco Montini)
80 Libri
La fabbrica del successo
(Francesco Bolzoni, Giorgia
Priolo)
82 Colonne sonore
La caduta, Stage Beauty, Le
crociate
(Ermanno Comuzio)
26 Cinema e sport. E’ di moda la contaminazione
30 Il Nuovo Mondo secondo Terrence Malick
20 Messi a nudo dalla Bestia nel cuore: Boni, Lo Cascio, Mezzogiorno, Inaudi…
Luglio-Agosto 2005 RdC 5
TuttoDiTutto
coming soon
La fine
dell’innocenza
Quando l’America era Il nuovo mondo. Ovvero: il
male e la colonizzazione secondo Terrence Malick
Non poteva essere che Terrence Malick a ri-raccontare la
storia della principessa Pocahontas e allo stesso tempo
l’origine di ogni “male”, la leggenda della protagonista di
un cartone Disney e la prima e inevitabile perdita
dell’innocenza. Malick, regista non prolifico e uno dei
pochi grandi di Hollywood rimasto al di fuori delle logiche
di mercato, aveva già esplorato gli abissi della ferocia
umana, e le devastazioni interiori che accompagnano
tutte le guerre, in La sottile linea rossa. Una delle scene
più forti veniva dall’incontro tra gli uomini sperduti di una
pattuglia americana e un aborigeno di Guadalcanal, dalla
contrapposizione della follia del conflitto
all’incontaminata bellezza della natura. In The New World
l’appassionata love story tra il soldato inglese John Smith
(Colin Farrell) e la nobile nativa indiana (l’esordiente
Q’Orianka Kilcher) diventa il pretesto per realizzare un
affresco epico dell’America che fu e le disastrose
conseguenze della colonizzazione (inglese) del Nuovo
M.S.
Mondo.
Il regista torna
ad esplorare gli
abissi della
ferocia umana e
i drammi che
accompagnano
le guerre
6 RdC Giugno 2005
POCAHONTAS VS. POCAHONTAS
“Aquila dorata” vola al cinema. Dalla tribù
dei Quechua, al ruolo dell’indianetta
Ricordate la Pocahontas Disney? Potreste anche
dimenticarvela. A dieci anni dall’uscita del cartoon, di
lei Malick salva soltanto la voce: quella della
doppiatrice Irene Bedard, che allora aveva ispirato
anche le sembianze dell’indianetta animata. Una
somiglianza tanto straordinaria, da indurre il regista a
una promozione: vera pellirosse con sangue eschimese,
la Bedard apparirà questa volta nel ruolo della mamma
di Pocahontas. Per lei Malick ha invece puntato sulla
giovanissima Q’Orianka Kilcher, 14 anni appena e un
nome benaugurale: “aquila dorata”, secondo la tribù
Quechua da cui discende.
Giugno 2005 RdC 7
TuttoDiTutto
Accade
domani
Ultimissime in pillole dal pianeta
cinema: tendenze, news,
curiosità e anticipazioni
■ A cura di Diego Giuliani
movie style
Salviamodanny.org:
quando il marketing
si finge appello
umanitario
Petizioni, appelli, manifesti nelle
metropolitane: è il tamtam di
solidarietà scatenato per salvare
Danny. Foto sgranate e scatti rubati
col telefonino parlano di un ragazzo
cresciuto in cattività e cibato di
carne cruda, per addestrarlo alla
ferocia e ai combattimenti
clandestini. Dietro la patina da
cronaca vera si nasconde
Salviamodanny.org, il sito creato per
lanciare il film Danny the Dog. La
strategia ricorda quella utilizzata in
America per The Blair Witch Project
e, più recentemente, per Godsend
(www.godsendinstitute.com) e
I Heart Huckabees
(www.huckabees.com). Loro, invece,
sono i creativi di Guerriglia
Marketing. Gli stessi, per intenderci,
che tempo fa hanno preso in giro la
stampa di tutta Italia, simulando uno
sbarco alieno a Rimini.
Chi fa cosa
Il vero Danny è
di celluloide.
Sullo schermo
risponde al
nome di Jet-Li
DI ANDREA AGOSTINI
■ SCAMPATA AL POSEIDON
Emily Rossum nella tempesta
(perfetta?). La protagonista de Il
fantasma dell’opera sarà diretta da
Wolfgang Petersen ne L’avventura
del Poseidon. Remake dell’omonimo
film del 1972, è la storia di un gruppo
di sopravvissuti all’affondamento di
una nave che, intrappolati nello
scafo, lottano per raggiungere la
superficie. Scritto da Akiva Goldsman
(A Beautiful Mind), sarà interpretato
anche da Kurt Russell, Richard
Dreyfruss e Mike Vogel.
■ SEXY PER VENDETTA
La seduzione secondo Rosario
Dawson. Protagonista di Sin City e
moglie di Colin Farrel nell’Alexander
di Oliver Stone, l’attrice
8 RdC Luglio-Agosto 2005
afroamericana interpreterà il thriller
psicologico Descent. Vittima di una
violenza, nella storia si vendicherà
trasformandosi in una spietata
femme fatale. Diretto da Talia Lugacy,
il film sarà prodotto dalla stessa
Dawson con la sua Trybe Films.
■ BALE VOLA ALTO
Werner Herzog recluta Christian
Bale. Lo storico regista di Nosferatu
e Fitzcarraldo punta sull’uomo
pipistrello di Batman Begins per il
suo ritorno in macchina da presa. Il
film si chiamerà Rescue Dawn e sarà
ispirato al documentario Little Dieter
Needs To Fly, girato dallo stesso
Herzog nel 1997. Come allora, le
vicende prenderanno spunto dalla
vera storia di un aviatore tedesco,
fatto prigioniero durante la guerra
del Vietnam.
■ L’ALTRA FACCIA DI SARAH
Rivoluzione impegnata per Sarah
Jessica Parker. La Carrie Bradshaw di
Sex and the City diventa una
militante antirazzista in
Spinning into Butter. Nel film,
ispirato all’omonima piece
teatrale di Rebecca Gilman,
avrà il compito di
smascherare l’autore di una
serie di lettere anonime,
indirizzate ad alcune
studentesse afroamericane
dell’università. Le riprese,
annuncia Variety,
partiranno a New York nel
mese di settembre.
Biancaneve ha fatto male i
conti. Secondo Walt Disney
erano undici
Ha sempre dato i numeri Biancaneve. I
celebri nani che l’hanno resa famosa
non erano sette ma undici. Tanti ne
aveva pensati Walt Disney per
accompagnarla nel bosco, ed era
addirittura arrivato al punto di
battezzarli. Tremendolo, Sordolo,
Narcisolo e Sudiciolo, i nomi dei nani
scomparsi che emergono dagli archivi.
L’immaginazione dei disegnatori era
andata tanto avanti da dar loro anche
dei volti. Fatto sta, che dopo tanti
schizzi e storyboard, dei quattro si
perde ogni traccia già nel film del ‘37. A
suggellare la cancellazione della loro
memoria, il perentorio titolo dato al
cartoon: Biancaneve e i sette nani.
3.7.1971
Jim Morrison
Prima proiezione in Italia di
Una giornata particolare,
uno dei film migliori di
Ettore Scola, con Marcello
Mastroianni e Sofia Loren.
10.7.1943
L’orgoglio degli Amberson
A Capalbio piace corto. Parola del Grande Ufficiale in Succinto
Esce a New York il secondo,
geniale film di Orson
Welles, L’orgoglio degli
Amberson, interpretato da
Joseph Cotten.
24.7.1904
Delmer Daves
appuntamenti
competeranno con i loro corti nella
sezione Capalbio Kids, quelli delle
superiori assegneranno il Premio
Ragazzi in Corto e altri ancora
parteciperanno a una festa di
beneficenza per raccogliere fondi in
favore dell’Ospedale Bambin Gesù.
Una nuova sezione competitiva per i
corti animati, si aggiungerà al
concorso internazionale e a quello
per video musicali. Ai vincitori di
entrambe le categorie andranno
premi in denaro e forniture
tecniche per la realizzazione di
ulteriori prodotti. Altri
riconoscimenti saranno assegnati dal
pubblico e al pubblico: quest’ultimo
consisterà nel viaggio e nella
partecipazione a un altro importante
festival europeo.
Una giornata particolare
Il leader dei Doors Jim
Morrison viene trovato morto
per overdose in un
appartamento parigino di
Rue de Beautreillis. A lui e
alla sua opera si ispirerà nel
1991 Oliver Stone per il biopic
The Doors con Val Kilmer.
Lunghi? No, grazie
La Dama della Sintesi, il Cavaliere di
Gran Breve, il Grande Ufficiale in
Succinto. Sono alcune delle alte
onorificenze che saranno assegnate
dall’Ordine della Brevità alla
dodicesima edizione di Capalbio
Cinema, il festival internazionale del
cortometraggio, in programma nella
cittadina toscana dal 6 al 10 luglio.
Giunta al suo dodicesimo anno, la
manifestazione premierà così attori,
produttori e registi, che nel corso
della stagione si sono impegnati in
favore del cortometraggio.
Protagonisti di questa edizione
saranno poi i bambini. E’ intorno a
loro, che il festival ha costruito
programmazione, concorso e
addirittura giurie. Studenti delle
scuole elementari e medie
12.8.1977
Nasce a San Francisco,
California, il regista Delmer
Daves. Entra nel cinema
come assistente di James
Cruze e nel 1947 firma, tra
gli altri, un curioso e
riuscito film noir dal titolo
La fuga, con Humphrey
Bogart e Lauren Bacall.
24.7.1974
Z, l’orgia del potere
Cessa in Grecia il cosiddetto
“Regime dei Colonnelli”. Alla
sua nascita si ispira in parte
Z, l’orgia del potere del
greco-francese Constantin
Costa-Gavras.
14.8.2005
Dorothy Stratten
Terminate le riprese di E tutti
risero, all’età di soli vent’anni
l’attrice Dorothy Stratten
viene assassinata dall’ex
marito Paul Leslie Snider,
follemente geloso della sua
relazione con il regista del
film Peter Bogdanovich. Il
fatto ispirerà un film: Star 80
di Bob Fosse, del 1983.
23.8.1926
Rodolfo Valentino
Rodolfo Pietro Guglielmi
(questo il vero nome), poi
Rodolpho di Valentina, infine
Rudolph (Rodolfo solo nella
distribuzione italiana)
Valentino, Rudy per la
moltitudine delle sue
ammiratrici, nato a
Castellaneta nel 1895, muore
di peritonite acuta a New
York, dopo una crisi durata
otto giorni. Ai suoi funerali si
assiste a vere scene di
isterismo collettivo.
31.8.1961
Accattone
Accattone, primo film di
Pier Paolo Pasolini, è
proiettato alla Mostra d’Arte
Cinematografica di Venezia.
schegge di nostalgia Di Andrea Borgia
lo sapevate che
Nani
scomparsi
TuttoDiTutto
Anteprima
Ballo in maschera
Romain Duris ladro gentiluomo. Nell’800 francese, per festeggiare un
secolo di Arsenio Lupin
1905. L’editore francese Pierre Lafitte
incarica lo scrittore e giornalista Maurice
Leblanc di creare un personaggio in grado
di oscurare la figura (e il successo) di
Sherlock Holmes. Leblanc risponde
all’appello dando vita a un eroe agli
10 RdC Luglio-Agosto 2005
antipodi, quasi un antagonista, del celebre
investigatore inglese: un ladro gentiluomo,
dongiovanni e trasformista, che ruba non
per soldi ma per passione. 2005. Si
festeggia il centenario di Arsenio Lupin e
nei cinema arriva un nuovo film dedicato
alle avventure di questo eroe
anticonformista. Diretto e sceneggiato da
Jean-Paul Salomé e liberamente ispirato al
romanzo La contessa di Cagliostro,
Arsenio Lupin racconta gli anni della sua
formazione. La vicenda prende il via nel
1884 in Normandia, dove Lupin ancora
bambino ruba su richiesta del padre, abile
ladro e bandito, una collana tempestata di
pietre preziose appartenuta alla regina
Maria Antonietta. Gli anni passano e Lupin,
ormai ventenne, si dedica con passione
all’arte del furto e alla sua fidanzata
Clarissa. L’incontro con la Contessa di
Cagliostro Josephine Balsamo, salvata da
un gruppo di uomini decisi ad assassinarla,
lo mette sulle tracce di un tesoro, ma
sull’enorme fortuna ha puntato gli occhi
anche Beaumagnan, nemico giurato della
donna. E’ lui a rivelargli il terribile segreto
che si cela dietro la sua bellezza ed eterna
giovinezza: Josephine è in realtà
ultracentenaria, ma riesce a contrastare il
trascorrere del tempo grazie a un elisir
creato per lei dal padre. Ad interpretare il
ruolo del protagonista è Romain Duris, già
visto ne L’appartamento spagnolo e, più di
recente, in Exils di Tony Gatlif. Al suo
fianco ci sono Kristin Scott Thomas, che dà
volto alla Contessa di Cagliostro, Eva
Green nel ruolo di Clarissa e Pascal
Greggory in quello di Beaumagnan.
ROSA ESPOSITO
Il personaggio
nasce nel 1905
con lo scopo
di contrastare
il successo di
Sherlock Holmes
Luglio-Agosto 2005 RdC 11
TuttoDiTutto
strane storie
Quel bravo
ragazzo?
E’ ufficiale: una volta Gere
non era gentiluomo
Richard Gere ufficiale e gentiluomo?
Macché. Prima dell’interpretazione che
lo consegnò al pubblico nell’82 come
romantico cavaliere in divisa, l’american
gigolo di Paul Schrader ha bazzicato a
lungo la suburra di Hollywood. Il suo
primo ruolo al cinema arriva a 28 anni
con In cerca di Mr. Goodbar: alle spalle
una performance teatrale in Grease,
viene scelto da Richard Brooks per
interpretare un tossicodipendente
sadico e violento. La scena in cui
costringe Diane Keaton a ballare
puntandole un coltello alla gola gli
spalanca un portone. Neanche un anno e
Terrence Malick lo arma di bastone, per
picchiare a morte il marito della sua
amata Brooke Adams ne I giorni del
cielo. E’ il 1978 e il ruolo di bello e
maledetto comincia davvero a calzargli
a pennello. A scommetterci è questa
volta il regista Robert Mulligan: il film è
Una strada chiamata domani e per lui
riserva la parte di uno studente
scapestrato e ribelle che, sospeso dalla
scuola, finisce per massacrare di botte
un operaio. Proprio quando l’icona è
prossima ad affermarsi nell’immaginario
collettivo, Richard Gere viene folgorato
sulla via di Damasco. Via giacche di
pelle, modi rudi e faccia da bullo, il
personaggio di Yankees ha tutt’altro
aplombe. E’ trascorso appena un anno,
ma la terapia Schlesinger fa miracoli:
lavato, stirato e rimesso in riga dalla
disciplina militare, il soldato Matt che
la stanza di Nicole
12 RdC Luglio-Agosto 2005
vediamo sullo schermo è un campione di
buone maniere. Tanto cavaliere da
rifiutare addirittura la fidanzata Jean,
che gli si offre prima della sua partenza
per lo sbarco in Normandia. La
rivoluzione è ormai compiuta: sotto la
divisa, comincia a battere un cuore
romantico. Dall’ufficiale gentiluomo che
in completo bianco sedurrà Debra
Winger, lo separa ormai soltanto
American Gigolo. Più che un colpo di
coda, un vero specchio della doppia
anima di Richard Gere.
Appuntamento fisso con un
ammiratore mascherato.
Che si confessa alla Kidman,
per parlarle di sé, del
cinema e del mondo
Cara Nicole,
mi sono licenziato. O, per essere precisi,
sono stato cacciato. Ma non importa,
perché sempre meno legami mi tengono
ancorato a questa terra dove una volta si
faceva il cinema. Perché qui in Italia ormai
più che film si fanno film-tv, i
“maledettifilmtv” li chiamo io. Non è
come nel resto del mondo dove i telefilm
sono ottimi prodotti con caratteristiche e
linguaggi appropriati per la televisione.
No, qui in Italia la formula dei
“maledettifilmtv” è diversa e comprende
tre fasi fondamentali: 1) Si prende un fatto
di cronaca o un personaggio noto alle
cronache, si costruisce una storia
romanzata sulla sua vita, senza graffiare,
senza ferire, senza dar fastidio a nessuno;
2) Si chiamano gli uffici stampa che
telefonano ai giornalisti, gli si fa dire che
è “proprio un bel film-tv”, i giornali
I primi quattro
ruoli sono da
bullo e dannato.
Poi nel 1979 la
svolta, grazie
al film Yankees
escono con paginate “a ginocchiera”,
roba da straccio della tessera dell’ordine
dei giornalisti se fosse funzionante;
3) il “maledettofilmtv” viene piazzato in
palinsesto contro un “vuoto
concorrenziale”, un programma che il
pubblico considera poco interessante. Il
gioco è fatto: il “maledettofilmtv” fa
ascolti “trionfali”. E il cinema schianta: in
teoria lo spettatore non avrebbe più
voglia di andarsi a rovinare la serata tra
parcheggi che non trova, euro che non
bastano per pagare il biglietto, film che
pongono problemi e insidiano certezze; in
pratica, invece, il cinema si rifugia in
generi che tendono verso commedie
popolari e film d’autore anti-pubblico.
Quando sono stato cacciato, il mio
capufficio, se ne stava a vedere un film-tv
mentre io gli stavo raccontando, con le
lacrime agli occhi per l’emozione, che
avevo rivisto la tua Grace di Dogville. Mi
ha fatto cenno di uscire, non voleva
perdersi una battuta del film-tv: l’ho
sollevato, l’ho portato al davanzale della
finestra e l’ho fatto volare sulla strada, il
televisore e il suo “maledettofilmtv”.
Presto arriverò da te. Tuo Peter Parker
eventi
MELBOURNE
INTERNATIONAL FILM
FESTIVAL
Sito web www.melbournefilm
festival.com.au
Dove Melbourne, Australia
Quando 20 luglio - 7 agosto
Resp. James Hewison
tel. (0061-3) 94172011
fax. (0061-3) 94173804
E-mail miff@melbournefilm
festival.com.au
LIV edizione del più importante
festival australiano. La sezione
principale, non competitiva,
presenta titoli da tutto il mondo,
film sperimentali, d’animazione
La realtà in
faccia
Sguardi sul mondo. Da
Bardonecchia, in
documentario
FESTIVAL
INTERNAZIONALE DEL
FILM DI LOCARNO
IL CINEMA RITROVATO
Sito web
www.cinetecadibologna.it
Dove Bologna, Italia
Quando 2-9 luglio
Resp. Peter von Bagh
tel. (051) 2194814
fax. (051) 2194821
E-mail :cinetecamanifestazioni1
@comune.bologna.it
XIX appuntamento con la
rassegna dedicata ai film muti
riemersi e ai classici restaurati,
con incontri e seminari. In
programma, fra le varie sezioni,
un omaggio a André Deed e la
prosecuzione del Progetto
Chaplin. Ospita una fiera
dell’editoria cinematografica.
MEZINARODNI FILMOVY
FESTIVAL KARLOVY VARY
Sito web www.kviff.com
Dove Karlovy Vary, Repubblica
Ceca
Quando 1-9 luglio
Resp. Jiri Bartoska
tel. (00420-2) 21411011
(riferimento a Praga)
fax. (00420-2) 21411033
E-mail [email protected]
XL edizione del festival
competitivo a cui partecipano
film indipendenti e
internazionali, a soggetto e
documentari. Sezioni per le
pellicole occidentali e dell’est.
FESTIVAL INTERNATIONAL
DU FILM DE LA ROCHELLE
Sito web
www.festival-larochelle.org
Dove La Rochelle, Francia
Quando 1-11 luglio
Resp. Prune Engler
tel. (0033-1) 48061666
(riferimento a Parigi)
fax. (0033-1) 48061540
E-mail [email protected]
@comune. narni.tr.it
XI edizione della “Rassegna del
film restaurato”. Un omaggio a
Giuliano Montaldo con
l’anteprima della copia
restaurata di Sacco e Vanzetti;
l’altro ai “martiri della qualità”, i
registi del cinema popolare non
amato dalla critica ma dal
pubblico (Mattoli, Pietrangeli,
Matarazzo, Cottafavi e Monicelli).
LO SCHERMO E’ DONNA
Dove Fiano Romano (Roma),
Italia
Quando 1-6 luglio
Resp. Patrizia Carrano
tel. e fax. (06) 5754902
E-mail [email protected]
VIII edizione del festival
dedicato alle donne che
lavorano nel cinema, sia come
attrici sia rivestendo altri ruoli
creativi. Il Premio Giuseppe De
Santis viene assegnato al
miglior volto emergente.
Previsto un omaggio a Giovanna
Ralli. Fra gli ospiti Sabrina Ferilli.
XXXIII vetrina internazionale,
non competitiva, per i
lungometraggi inediti in Francia,
compresi omaggi ai registi
ospiti. Previste retrospettive su
Louise Brooks e Michael Powell.
LE VIE DEL CINEMA
Dove Narni Scalo (Terni), Italia
Quando 5-10 luglio
Resp. Alberto Crespi
tel. (0744)747282
fax. (0744) 715270
E-mail leviedelcinema
ROSETO OPERA PRIMA
Sito web www.roseto.org
Dove Roseto degli Abruzzi
(Teramo), Italia
Quando 14-24 luglio
Resp. Tonino Valerii
tel. e fax. (085) 8930101
E-mail mario.giunco@comune.
roseto.te.it
Decennale del festival che
evidenzia i registi esordienti
italiani dell’ultima stagione e i
film che hanno avuto maggior
successo. Al vincitore del
concorso vengono assegnati la
“Rosa d’Oro” e un premio in
denaro. Un riconoscimento alla
carriera va agli ospiti d’onore.
e documentari. In concorso
soltanto cortometraggi.
GIFFONI FILM FESTIVAL
Sito web www.giffoniff.it
Dove Giffoni Valle Piana
(Salerno), Italia
Quando 16-23 luglio
Resp. Claudio Gubitosi
tel. (089) 8023001
fax. (089) 8023210
E-mail [email protected]
XXXV appuntamento con il
prestigioso festival
internazionale del cinema per
ragazzi. Una giuria di
giovanissimi da tutto il mondo
assegna i “Grifoni” a
lungometraggi e corti. Sezioni
per i più piccoli, per i ragazzi dai
15 ai 19 anni e per i genitori
FESTIVAL
INTERNAZIONALE DEL CINEMA
MUTO MUSICATO DAL VIVO
Sito web www.stradedelcinema.it
Dove Aosta, Italia
Quando 3-12 agosto
Resp. Enrico Montrosset
tel. (0165) 230528
fax. (0165) 360413
E-mail [email protected]
IV edizione della rassegna (nel
Teatro Romano di Aosta) che
prevede la “musicazione” di film
d’epoca (di Chaplin, Lubitsch e
Méliès) con una colonna sonora
creata ad hoc da musicisti
affermati (sezione Big) ed
emergenti (sezione Giovani).
Luglio-Agosto 2005 RdC 13
festival del mese Di Massimo Monteleone
Essere protagonisti e non spettatori.
Questo lo spirito di DocIn Europe, il
workshop del documentario che si
svolgerà a Bardonecchia dal 6 al 9
luglio. Tra le vetrine internazionali più
importanti del settore, la
manifestazione si è affermata nel
corso degli anni come crocevia e
luogo di incontro fra tutte le realtà
coinvolte nel cinema documentario.
Registi, autori, produttori, ma anche
distributori e responsabili della
programmazione televisiva si
alterneranno nei dibattiti, le tavole
rotonde e i case studies, che
costellano il cartellone. Appuntamenti
clou della quattro giorni sono gli spazi
dedicati alla presentazione di nuovi
progetti. Ai produttori europei è
riservato il Pitching Forum, nel corso
del quale incontreranno
commissioning editors di stazioni
televisive tradizionalmente attente al
documentario come la franco tedesca
ZDF/Arte, Fox International, la
canadese TV Ontario e la VRT belga.
Registi e giovani autori avranno
invece occasione di presentare i loro
progetti ai produttori nell’ambito del
Match-Making, mentre non
mancheranno anche le proiezioni. Ad
accompagnare il calendario per gli
addetti ai lavori sarà in particolare la
Settimana Europea del Documentario:
in cartellone, una vasta panoramica
delle più recenti produzioni nazionali
e internazionali.
Sito web www.pardo.ch
Dove Locarno, Svizzera
Quando 3-13 agosto
Resp. Irene Bignardi
tel. (0041-91) 7562121
fax. (0041-91) 7562149
E-mail [email protected]
LVIII edizione della prestigiosa
manifestazione competitiva.
Anteprime delle novità più
attese, opere in concorso per il
Pardo d’Oro, realizzate da autori
emergenti o innovativi.
Retrospettive
tematiche,cortometraggi,
presenza del cinema italiano.
LA CITTADELLA DEL CORTO
Sito web
www.cittadelladelcorto.it
Dove Trevignano (Roma), Italia
Quando 7-11 luglio
Resp. William Azzella
tel. e fax. (06) 9999823
E-mail [email protected]
XI edizione del “Festival
Internazionale del Corto di
Fiction”. In concorso opere
italiane e straniere, in pellicola e
video. Previste retrospettive sul
recente cinema ungherese e su
quello rumeno.
IL PERSONAGGIO
Jennifer
dagli
occhi verdi
Si è sposata, ha vinto un Oscar, ma è rimasta la stessa
di C’era una volta in America. La Connelly si
racconta tra maternità, scelte di vita e prossimi film
Di Marina Sanna
14 RdC Luglio-Agosto 2005
H
Alcune scene del thriller
Dark Water. Sotto la
Connelly con la piccola
Ariel Gade
a il volto disteso di
un’adolescente. Lo
stesso che il giovane
Robert De Niro
spiava tra le assi della
periferia di New York
in C’era una volta in America. Era
il 1984 e la quattordicenne
Jennifer Connelly conquistò le sale
di tutto il mondo grazie al kolossal
di Sergio Leone. Un anno dopo
arriva la parte da protagonista in
Phenomena di Dario Argento, poi
la sua grazia felina si perde in ruoli
minori, film poco conosciuti. Nel
2001 il colpo grosso: Ron Howard
la chiama per A Beautiful Mind
accanto a Russell Crowe, la
Connelly vince l’Oscar come
attrice non protagonista. Seguono
Hulk di Ang Lee, La casa di sabbia
e nebbia con Ben Kingsley e,
adesso, Dark Water, in uscita a fine
ottobre. Thriller soprannaturale in
cui si sente la mano del giapponese
cult del momento Hideo Nakata
(l’idea è sua), e la regia morbosa di
Walter Salles (che passa con
disinvoltura dai Diari della
motocicletta a un quasi horror) fa
dimenticare qualche cliché di
troppo. La storia incomincia con la
Connelly che, reduce da una
separazione non del tutto
consensuale, si trasferisce con
figlioletta (la bravissima Ariel
Gade) nei sobborghi di Seattle.
L’edificio è fatiscente e ospita
l’anima inquieta di una bambina,
intrappolata tra le mura
dell’appartamento di sopra, che
darà del filo da torcere a madre e
figlia. I ritmi, sempre più
incalzanti, della vicenda sono
scanditi dall’acqua, nera e
minacciosa come suggerisce il
titolo. “E’ l’elemento portante del
film: dà e toglie la vita allo stesso
tempo” spiega la Connelly, occhi
verdi da gatta che spiccano sulla
mise austera. Unico segno di
civetteria una lettera d’oro al collo:
P come Paul Bettany, incontrato
sul set di A Beautiful Mind e
sposato subito dopo. Di recente è
diventata mamma per la seconda
volta, il primo figlio, Kai, ha 8
anni. “Ha cambiato la mia vita dice -. E il mio rapporto con il
lavoro. Avere qualcuno da
proteggere mi ha reso più
equilibrata, più saggia”. Durante le
riprese di Dark Water Kai l’ha
aiutata a entrare in sintonia con la
piccola Ariel: “Hanno la stessa età,
abbiamo giocato a nascondino,
parlato di nonni, amici e animali”.
L’altro figlio, invece ha appena due
anni e si chiama Stellan, in
omaggio all’attore svedese
Skarsgård (“Ci piaceva il nome ed
è un grande amico di Paul”). In
questi giorni è sul set di Little
Children, diretto da Todd Field:
“Sarà una sorpresa, un film molto
diverso da quelli che ho
interpretato. Una satira sugli adulti
che vogliono rimanere
✪
bambini ”.
“I figli mi hanno cambiato la vita. Grazie a loro ho
imparato ad essere più saggia ed equilibrata”
Sheep incinerated the silly aardvark. Batman fights
Minnesota. One irascible orifice kisses Quark. Umpteen cats
Luglio-Agosto 2005 RdC 15
SUL SET
Ilrivoluzionario
santo
La storia di Antonio da Padova per la prima volta sul grande schermo. Il
protagonista spagnolo Jordi Mollà: “Sarà ribelle come Che Guevara, umile
come Gandhi e trascinatore come Wojtyla” Di Rosa Esposito
16 RdC Luglio-Agosto 2005
E’ IL SANTO PIÙ CONOSCIUTO AL MONDO,
quello canonizzato nel minor tempo
possibile, 11 mesi dalla sua morte, ma
anche quello nella cui vita s’intrecciano in
ugual misura verità, mito e leggenda. La
storia di Sant’Antonio diventa ora un film
per il cinema, Antonio, guerriero di Dio.
E’ il primo lungometraggio interamente
dedicato a questa figura religiosa, dai
tempi del muto. Diretto da Antonello
Belluco e prodotto con il sostegno dello
Stato dalla AB Film, per un costo di circa
4 milioni e mezzo di euro, il film è
interpretato dallo spagnolo Jordi Mollà.
“Chi era Sant’Antonio? Un uomo con il
senso rivoluzionario di Che Guevara,
l’umiltà di Gandhi e l’intelligenza per
trasmettere la fede di Karol Wojtyla” ci
dice l’attore. Non indossa più il logoro
Luglio-Agosto 2005 RdC 17
SUL SET
saio marrone con il quale lo avevamo
visto sul set, quando lo incontriamo al
termine di una lunga giornata di lavoro.
Siamo a Tuscania, un borgo medievale alle
porte di Roma e da poco sono terminate
le riprese di una delle scene più
importanti della pellicola, quella
dell’incontro-scontro del religioso con gli
usurai che tengono in pugno la città.
Fuori i tecnici hanno iniziato a
smantellare la scenografia allestita di
fronte alla Basilica di San Pietro, una
splendida costruzione del 1100, nel cui
cortile è stato ricostruito il mercato che
farà da palcoscenico al capitolo conclusivo
della vita di Sant’Antonio e qualche
minuto prima affollato di gente in festa,
venditori ambulanti, carretti carichi di
frutta e verdura, animali, soldati,
giocolieri, funamboli e gente comune.
CORREVA L’ANNO
“Di questo personaggio mi ha colpito
l’incredibile forza interiore. Era allo stesso
tempo un missionario, un rivoluzionario,
un uomo di cultura” spiega Mollà in
perfetto italiano, lingua che ha “iniziato a
studiare a 17 anni per amore dell’Italia e
non per lavoro” chiarisce. Sceneggiato
dallo stesso regista, al suo esordio nel
cinema dopo anni di carriera spesi tra
pubblicità, videoclip e televisione, Antonio,
guerriero di Dio “non è un’opera
didascalica e biografica, ma un film sociale
e politico, con un forte legame con la
contemporaneità” spiega Belluco. E anche
lui ricorre al paragone con Giovanni Paolo
II. “Come Wojtyla, Antonio era un
predicatore errante. Non ha mai fatto dei
miracoli, ma portava il Vangelo in giro per
il mondo nel nome di Cristo, senza
fermarsi mai. La sua missione era quella di
difendere i più deboli e la povera gente”.
Il film si apre nel 1263, sono trascorsi
trentadue anni dalla morte di Antonio e
lui riposa nella Basilica di Padova. Un frate
inginocchiato di fronte alla sua tomba
prega e piange. Poi inizia a raccontare e un
flashback riporta lo spettatore al 1221,
anno in cui il religioso naufraga sulle coste
della Sicilia con una nave di ritorno
dall’Africa e viene salvato da Fibonacci. Su
quella stessa imbarcazione è nascosto un
tesoro che l’usuraio Tebaldo intende
recuperare. Affida quest’incarico a due suoi
seguaci, Baldricco e Folco. Quest’ultimo
(un personaggio di pura invenzione) viene
a conoscenza della disavventura occorsa ad
Antonio e, credendo sia stato lui a
recuperare il prezioso bottino, si mette
sulle sue tracce. Lo incontra a Rimini e,
affascinato dalla sua spiritualità, decide di
seguirlo nei suoi pellegrinaggi. Dopo la
morte di Francesco, Antonio diviene il suo
18 RdC Luglio-Agosto 2005
Una scena corale del
film. Accanto e sotto
l’attore spagnolo Jordi
Mollà. Nella pagina
seguente altri momenti
di Antonio, guerriero di
Dio. Gli esterni sono
stati girati nella
cittadina di Tuscania
successore e la nuova guida spirituale
dell’ordine dei frati minori. E’ in questa
veste che nel 1231 arriva a Padova.
CONDOTTIERO E GIUSTIZIERE
“Antonio era un condottiero, un
trascinatore di folle, un giustiziere di Dio
che usava la lingua al posto della spada –
spiega il regista -. Quando parlava ci andava
giù pesante, senza mezzi termini. Ogni sua
frase era una pesante mazzata contro coloro
che non sapevano essere uomini. Entrava
gioioso in una piazza come faceva Wojtyla,
ma quando era il momento di tirare le
somme non esitava a condannare
duramente le persone che sbagliavano”. La
scelta di concentrare il racconto sugli anni
trascorsi a Padova è dovuta alla volontà di
Il regista Belluco: “Non è una
agiografia, ma un film sociale
e profondamente politico”
creare un parallelismo “tra ciò che accade
nel film e quello che avviene nella vita di
oggi”. A quel tempo la città era un enorme
cantiere, edile, architettonico, urbanistico,
artistico, legislativo, ma soprattutto
culturale grazie alla nuova università.
“Padova era governata democraticamente –
spiega Belluco – ma è qui che Antonio
entra in contatto con il mondo dell’usura.
All’epoca era il mezzo più comune per
arricchirsi. Oggi ci sono l’evasione fiscale, la
concussione e un’altra forma di usura,
quella legalizzata messa in atto dalle banche.
Per lavarsi la coscienza poi sponsorizzano
opere di beneficenza e grandi restauri.
Niente di diverso da quanto accadeva nel
Medioevo. Pensiamo alla Cappella degli
Scrovegni. Fu finanziata dallo stesso
Scrovegni, uno dei più grandi usurai di
Padova”. E’ emblematico il personaggio di
Folco: “Segna il passaggio alla redenzione e
altro non è che lo strumento attraverso il
quale introduco lo spettatore nella storia.
Folco può essere ognuno di noi”.
LA PRIMA VOLTA DI MOLLA’
Il regista spiega poi la scelta di Mollà per la
parte di Antonio: “Stavo vedendo Bad Boys
2 con mia figlia Caterina e quando ho
visto questo cubano che picchiava tutti, ho
pensato immediatamente che era perfetto
per la parte. Bucava lo schermo e quando
l’ho conosciuto ho scoperto che era anche
una persona di grande sensibilità. Solo lui
poteva essere e capire chi era
Sant’Antonio”. In Spagna Mollà è una vera
celebrità, ha lavorato con Pedro
Almodóvar e Bigas Luna, ed è di casa
anche a Hollywood dove è stato tra gli
interpreti di The Alamo e Bad Boys 2.
Antonio, guerriero di Dio è il primo film
che gira in Italia. “Mi sono lasciato
conquistare dall’entusiasmo di Antonello e
dalla luce di questo personaggio, una luce
che non si spegne mai, fatta di dolore,
come quella che animava Wojtyla –
racconta -. Prima d’ora non mi era mai
capitato di partecipare a un progetto
simile. Se paragonato ai film che si
producono in America si potrebbe
definirlo un piccolo film, ma la verità è
che abbiamo fatto qualcosa di grande. La
prima volta che sono andato a Hollywood
mi ha fatto paura. Sembra tutto
gigantesco, hanno infrastrutture
incredibili, ma quando ci sono tornato mi
sono reso conto che potevo stringerla in
un pugno. Con Antonio, guerriero di Dio
non è così. Non c’è un solo giorno di
riprese in cui io possa dire: finalmente oggi
si gira una scena più facile”. Per prepararsi
alla parte Mollà ha letto tutto quello che
Belluco era riuscito a raccogliere con
l’aiuto dei frati del Messaggero di
Sant’Antonio, “sul set però ho dimenticato
tutto – dice -. Un attore è un uomo di
azione e la letteratura non conta al
momento delle riprese. A volte bastano lo
sguardo di una comparsa o un semplice
oggetto a darmi l’ispirazione. Ho preso
realmente coscienza della debolezza di
Antonio mentre giravo la scena in cui lui,
ammalato, tenta di raggiungere un ceppo
al quale aggrapparsi senza riuscire a
raggiungerlo. Mi è bastato osservare quel
pezzo di legno”. Nonostante alcune
difficoltà incontrate nel corso della
lavorazione, come l’impossibilità di girare
nel Palazzo della Regione di Padova che ha
costretto la produzione a ripiegare su
quello di Vicenza, “siamo perfettamente in
orario sulla tabella di marcia”, si rallegra il
regista e il film dovrebbe essere pronto per
il 2006. “Sento una grande fede nei
confronti di Dio – continua Belluco - ma
con Antonio, guerriero di Dio non parlo ai
cattolici, agli atei o agli agnostici, ma a
tutti. Questo film avrà un linguaggio
aperto e credo che alla fine vi si potranno
riconoscere sia le persone che credono
come quelle che non credono e in Antonio
vedranno colui che è stato in grado di
portare giustizia senza bisogno di
✪
violenza”.
Luglio-Agosto 2005 RdC 19
INTERVISTA
Terapiadi
gruppo
Boni, Lo Cascio, Mezzogiorno e
Rocca messi a nudo ne La bestia
nel cuore. Il nuovo film di Cristina
Comencini sul lato oscuro
dell’animo umano, in corsa per
il festival di Venezia
Di Angela Prudenzi
20 RdC Luglio-Agosto 2005
L
a prima volta di Cristina
Comencini. La regista e
scrittrice, all’ottavo film, ha
accettato di portare sullo
schermo un suo romanzo, La
bestia nel cuore, pubblicato con
successo un anno fa. Attualmente in
fase di post-produzione (e quindi in
predicato per il festival di Venezia), la
vicenda di Sabina, una trentenne
bella e dal carattere forte, sta
prendendo corpo. Protagonista
Giovanna Mezzogiorno, che a detta
dell’autrice ha regalato toni
straordinari alla figura della giovane
doppiatrice che, identificatasi fino
all’eccesso con la vittima di un thriller
alla quale sta prestando la voce, si
ritrova a fare i conti con il passato.
“La bestia del titolo è la nostra
componente istintiva. Quella
che non riusciamo a dominare”
La regista con il cast del
film: da sinistra Inaudi,
Lo Cascio, Mezzogiorno,
Finocchiaro, Rocca e Boni
Luglio-Agosto 2005 RdC 21
Ancora una donna protagonista.
Sì, ma a dispetto delle apparenze La bestia nel
cuore è un film corale. Accanto a Sabina si
muove tutto un mondo: il fidanzato anche lui
attore, il fratello, l’amica del cuore, un regista
che sogna il cinema benché lavori per la
televisione. E’ evidente però che Sabina resta il
centro propulsore della storia.
All’inizio del romanzo Sabina appare
decisa, in grado di controllare la realtà, poi
all’improvviso lascia riaffiorare un trauma
rimosso ed entra in crisi. E’ così anche
nella trasposizione?
Il film segue la linea intima e più profonda del
romanzo, mi interessava lasciar emergere il
conflitto interiore che attanaglia
costantemente l’animo umano. Tutti gli
uomini hanno un fondo oscuro, i miei
personaggi riflettono questo stato. Sabina
all’inzio domina la propria vita, poi nel
momento in cui dovrebbe essere più felice
avendo scoperto di aspettare un figlio, i
ricordi la conducono dove da tempo non è
più stata.
Nella casa dell’infanzia, dove è accaduto
qualcosa di grave o forse no. Come ha
materializzato visivamente l’appartamento,
che è luogo dell’anima prima che spazio
fisico?
Già in fase di sceneggiatura con Francesca
Marciano e mia figlia Giulia Calenda,
abbiamo preso la decisione di non ricorrere al
flash back. Una decisione che ha portato ad
immaginare una casa “psichica”, non reale. In
un romanzo le atmosfere si possono evocare
in poche righe, lasciare al lettore la
ricostruzione dei luoghi, in un film invece
questi devono essere visti. Credo che abbiamo
trovato le soluzioni giuste: come sempre
accade alla luce dei ricordi la casa che Sabina
immagina non è mai la stessa. Pensa a un
corridoio con una porta e subito dopo la
struttura cambia, insomma man mano che
avanza nella verità la topografia muta.
Che cosa è la bestia nel cuore, il nostro lato
oscuro?
Questo e altro. E’ la nostra parte istintiva, la
sfera non educata, non raffinata, quella che
governa i nostri desideri e che se ben
addomesticata dovrebbe indirizzare al meglio
le nostre scelte. A volte però non sappiamo
tenerla a freno, e allora produciamo dolore.
Altre al contrario ci riusciamo, ed è il
22 RdC Luglio-Agosto 2005
FOTO: PIETRO COCCIA
INTERVISTA
La regista Cristina
Comencini. Sotto in una
pausa sul set
momento in cui i nostri istinti primari sono
in perfetto equilibrio e allora generiamo
amore e armonia.
Tutti i personaggi hanno un lavoro diverso
da quello che vorrebbero: Sabina è
un’attrice relegata al ruolo di doppiatrice,
Franco rinuncia alle ambizioni teatrali per
indossare il camice bianco in un serial tv, il
regista sogna di girare un film alla Fellini
ma sbarca il lunario in televisione. E’ così
impossibile realizzare i desideri?
La risposta più immediata è che questa è la
realtà italiana. In certi mestieri c’è stata
un’obiettiva riduzione delle possibilità di
realizzazione personale. La nostra è una
società con un livello culturale molto basso,
ad essere penalizzati per primi sono stati
proprio i mestieri legati all’arte. Per quanto
riguarda invece la vicenda, tutti i personaggi
strada facendo cambiano, si evolvono e
trovano la via per capire come rapportarsi in
maniera positiva anche in situazioni
all’apparenza meno appaganti. Ad esempio
Franco comprende che un attore per essere
tale deve recitare, e che lavorare per la
televisione è un onesto compromesso per non
tradire la propria natura.
Ha spesso ricordato come della regia più
ogni altra cosa la esalti dirigere gli attori. Il
cast di La bestia nel cuore racchiude il
meglio della generazione dei trentenni:
oltre alla Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio,
Alessio Boni, Stefania Rocca, il meno noto
Luigi Battiston.
Li ho scelti con cura, e anche dopo molti
provini, ma il risultato è eccezionale. In
generale, è vero, penso di saper dirigere bene,
ma qui ha funzionato il lavoro sui personaggi,
le lunghe prove, le letture a partire dal
romanzo. Sono fiera del rusultato di ognuno
di loro: Lo Cascio ha superato in modo
magnifico le difficoltà di una lunga
confessione, Battiston, che interpreta il regista,
ha reso credibile un personaggio sopra le
righe. Ma c’è anche Angela Finocchiario, una
donna sulla soglia dei cinquant’anni
abbandonata dal marito per una ragazza.
In quale personaggio si è identificata?
Nel regista, è ovvio. Ho amato le sue
farneticazioni, la tensione verso qualcosa che
non sia la piattezza culturale che offre il
piccolo schermo. La televisione è un mezzo
con grandi potenzialità, ma nel nostro paese
l’assenza di vera concorrenza ha portato
all’impoverimento dei contenuti. In altri paesi
la televisione sperimenta, rischia, da noi ogni
canale è simile all’altro. Non c’è dubbio che al
momento il cinema resti l’unico mezzo per
raccontare storie vere, che non edulcorino la
✪
realtà.
FOTO: (C) INTERNATIONAL PHOTOS S.R.L.
Federico Fellini.
Il colore, i ricordi, la genialità
Gli scritti, le immagini, i suoni, i segni, i sogni
del grande regista
FELLINI, un’esclusiva monografia multimediale su CD-Rom
Versioni in italiano, inglese e francese
Per averla al costo di 35 €, scrivi all’Ente dello Spettacolo: [email protected]
Appunti e cronache all’ombra della torre Eiffel. Tra set, anteprime e istruzioni per l’uso
Festival per tutti i gusti, più di
400 film e Chabrol al ciak con
Isabelle Huppert. In Francia il
cinema apre per ferie
DI VALERIA CHIARI
L
’
estate a Parigi si passa
all’ombra del grande
schermo e sotto un cielo
di stelle. Dai classici alle
ultime uscite, la capitale
francese fa bella mostra
di sé regalando ai propri
cittadini indimenticabili
serate di cinema. Il romantico quartiere
del Marais inaugura il Festival Soirs d’Eté
(1° luglio) con un concerto di musica brasiliana, declinando poi un programma di
film suddivisi per temi: i lunedì della
memoria con La caduta degli dei di
Luchino Visconti, i martedì globe trotter
con I diari della Motocicletta di Walter
Salles, i mercoledì noir con tipi come Joel
Coen o Henri-Georges Clouzot e ancora i
giovedì melo con Crialese e il suo Respiro,
i venerdì da brivido con The Village e The
Others e per finire i sabato New Peplum
con Il gladiatore e L’ultimo samurai. Il festival si concluderà il 14 luglio, con un
gustoso picnic davanti alla Mairie (2, rue
Eugène Spuller) che darà inizio al tradizionale ballo della presa della Bastiglia.
Ancora tanto cinema alla 15ª edizione
della rassegna Cinéma en plein air del Parc
24 RdC Luglio-Agosto 2005
de la Villette, che dal 19 luglio al 28 agosto proporrà un programma di classici tra
cui I sette samurai, Pulp Fiction, Il cacciatore e Short Cuts e con Paris Cinéma (fino al
12 luglio), orchestrata in collaborazione
con oltre 30 sale cinematografiche della
capitale. Il festival presenterà 400 film, tra
cui anteprime, inediti e una serie di retrospettive. Dopo la serata inaugurale sulla
piazza de L’Hôtel de Ville, Paris Cinéma
riserverà omaggi particolari a Jeanne
Moreau, Jackie Chan, Michael Cimino,
metterà in musica tre film muti nei giardini del Senato e riproporrà il Paris Campus:
ateliers, lezioni di cinema e tavole rotonde.
Il festival più ricco sarà ancora una volta
Paris Quartier d’Eté, che dal 14 luglio al
15 agosto presenterà nei teatri più importanti della città – Opera e Opera Bastille –
e negli splendidi giardini delle
Tuileries, serate cinematografiche, concerti di musica sinfonica e jazz e spettacoli di danza
classica e moderna. Gli ultimi
scampoli d’estate si possono
trascorrere con l’Etrange
Festival, che dal 31 agosto al 13
settembre proporrà una sezione
interamente dedicata alle Storie di
Fantasmi Giapponesi e una serie di omaggi a Udo Kier, Paul Morrissey, Rainer
Werner Fassbinder e Lars von Trier.
Appuntamenti ad hoc, infine, anche per i
genitori con bebè. Una volta al mese il
cinema Entrepôt (7, rue Francis-lePressencé, 14° arrondissement) consacra la
propria sala alle famiglie, offrendo un cartellone ricco di commedie romantiche.
Della Parigi estiva godrà anche Claude
Chabrol, che approfitterà di strade e
monumenti per girare il suo 51° lungometraggio, interpretato (per la sesta volta) da
Isabelle Huppert. In vista di un inverno
freddo e piovoso, sarà al lavoro anche
Pierre Boutron, che porterà sullo schermo
la storia di Landru, killer seduttore nella
Parigi di fine Ottocento, interpretato da
Michel Blanc. In chiusura di
stagione, la Cineteca Francese
aprirà la nuova sede di rue de
Bercy il 28 settembre con l’esposizione “Renoir/Renoir”,
che accoglierà una quarantina
di dipinti di Auguste Renoir e
una retrospettiva di tutti i film
di Jean Renoir.
La Bastiglia,
il Marais, l’Opera
e giardini de
la Tuilerie alcuni
dei luoghi che
ospiteranno le
manifestazioni
Luglio-Agosto 2005 RdC 25
Invasione di ca
Febbre a 90° per lo sport. Dopo la boxe di Clint Eastwood, tocca ai pugni di
Russell Crowe, al documentario su Pelè e a Giulietta e Romeo divisi dal tifo
Di Marco Spagnoli
26 RdC Luglio-Agosto 2005
TENDENZE
mpo
Ken Loach non ha
dubbi: “Una partita
di calcio emoziona
più di un film. Il tifo
è un matrimonio”
“LA MAGGIOR PARTE DEI FILM PRODOTTI
oggi è meno interessante di una partita
di calcio e – sicuramente – meno
commovente.” A dirlo non è un
direttore tecnico, una mezz’ala o un
commentatore sportivo, bensì l’attore icona Malcolm McDowell che nella sua
casa californiana si è fatto impiantare
una parabola satellitare apposita per
vedere le partire di calcio della natia
Inghilterra. “Io sono molto simpatetico
con le persone appassionate di calcio”
rincara la dose Ken Loach: “Una partita
è sempre emozionante e il risultato è
spesso imprevedibile. Non altrettanto si
può dire del cinema di adesso, che mi
sembra più scontato. Tra un film e una
partita anch’io non ho dubbi su cosa
scegliere. Trovarsi il sabato pomeriggio
alle sei con la tua squadra che ha vinto
è davvero una soddisfazione. Tifare una
squadra è come un matrimonio... “
Non è quindi un caso che il regista
Bruno Barreto abbia preso ispirazione
proprio da una relazione contrastata
come quella leggendaria tra Romeo e
Giulietta, trasportandola nella San
Paolo del Brasile dei giorni nostri e
ricreando la dinamica shakespeariana
nell’amore scoppiato tra due
appartenenti a famiglie separate non da
una faida secolare, ma dalla passione
per le due locali squadre rivali:
Palmeiras e Corinthians. Esilarante, la
commedia del regista premio Oscar per
Quattro giorni a settembre, catapulta
Shakespeare nell’arena sportiva in
maniera imprevedibile. Ma non è certo
l’unica. A meno di un anno dai
mondiali in Germania del giugno 2006,
il cinema, rinfrancato dagli Oscar di
Million Dollar Baby sembra tornare a
seguire con estrema attenzione le
possibilità offerte dal calcio e dagli altri
sport di raggiungere pubblici nuovi,
spesso, appena contigui allo zoccolo
duro di spettatori delle sale
Luglio-Agosto 2005 RdC 27
TENDENZE
cinematografiche. Se, spesso, i
film ispirati da sport eccessivamente
americani hanno avuto vita non
facile nelle sale cinematografiche
europee, godendo dei benefici del
semi anonimato tra Vhs e Dvd,
oggi, Hollywood e dintorni
guardano al calcio e alla retorica
sportiva con rinnovato interesse.
Mentre la FIFA pubblica
autonomamente due Dvd con il
meglio dei mondiali e in Inghilterra
e Spagna impazzano i film –
documentari dedicati a squadre
come Manchester United e Real
Madrid, autori seri tentano di
costruire storie nuove guardando
indietro alla storia del calcio. Se a
Cannes il documentario Pelé
Forever ha mostrato con materiale
d’archivio inedito la vita del
giocatore della nazionale verde oro,
uno degli autori di Miami Vice,
David Anspaugh ha confezionato
The Game of Their Lives, film
presentato in anteprima al Festival
di Taormina e dedicato alla prima
partita della nazionale di calcio
americana composta
prevalentemente da figli di
immigrati italiani.
In autunno uscirà Goal! Primo
capitolo di una trilogia diretta dal
regista di So quello che hai fatto,
Danny Cannon, dedicata alla storia
di un ragazzino che vuole diventare
una star del calcio. Come in passato
per Fuga per la vittoria, anche qui ci
saranno le comparsate di calciatori
famosi quali Beckham, Zidane e
Kluivert. Il calcio, in tutte le sue
declinazioni, non è, però, l’unico
sport al centro dell’attuale
produzione. Anche perché non
sempre i film sul football sono
andati sempre bene. Per un
Sognando Beckham che va, c’è
sempre un Tutti all’attacco, che – in
qualche maniera – fallisce. The
World Fastest Indian di Roger
Donaldson con Sir Anthony
Hopkins racconta la storia
28 RdC Luglio-Agosto 2005
Cinderella Man di Ron
Howard. Sotto il
documentario Dogtown
& Z-Boys e, nella pagina
precedente Million Dollar
Baby
dell’arzillo signore che negli anni
Settanta con una moto di oltre
quaranta anni prima ha piazzato il
record di velocità di più di trecento
all’ora, ancora oggi imbattuto. Se
On a Clear Day con Peter Mullan
può essere considerato una
celebrazione del potere catartico del
nuoto (un uomo addolorato dalla
morte del figlio, concentra tutte le
sue energie sul tentativo di
attraversare la Manica
nuotando…), Cinderella Man è la
risposta del pugilato all’era della
Grande Depressione a pochi mesi
di distanza dal lavoro analogo fatto
con lo straordinario Seabiscuit.
L’altra sporca ultima meta con Adam
Sandler, Chris Rock e un cameo di
Burt Reynolds è il remake
dell’originale di più di trenta anni
fa, mentre il surf e lo skateboard
vengono doppiamente celebrati dai
due documentari di Stacey Peralta
Dogtown & Z-boys e Riding
Giants, nonché dal film con Heath
Ledger a essi ispirato Lords of
✪
Dogtown.
Cinderella Man
è la risposta del
pugilato all’era
della Grande
Depressione
Luglio-Agosto 2005 RdC 29
O
V
I
S
U
L
C
ES
SPECIALE
COFANETTO
2000 biografie e filmografie
anche su cd rom
2 volumi + cd rom € 50,00 più spese di spedizione.
Per informazioni: Ente dello Spettacolo
Via Giuseppe Palombini, 6 00165 Roma
Tel. 06.6637514 Fax. 06.6637321
e.mail [email protected]
Gli speciali
rC
d
C’ERA[NO]
UNA VOLTA
Roma
Parigi
Londra...
Luglio-Agosto 2005 RdC 31
Citta’da fi
Viaggio cinematografico in due tappe, per riscoprire il fascino intatto di alcune tra le mete turistiche più
Roma, Parigi, Londra. E poi Venezia, Berlino e New York. Luoghi
di grandi set, di menù cinematografici e di esterni insoliti e
ammalianti. Si incomincia con Vacanze romane: siamo nella
Roma dei primi anni Cinquanta, vista con gli occhi americani di
William Wyler. La capitale dei monumenti si fonde con la Roma
notturna della Dolce Vita, il rotocalco diventa commedia grazie
all’abilità del regista e alla complicità di Gregory Peck e Audrey
Hepburn. A bordo della vespetta di Nanni Moretti, trait d’union
con il passato, si arriva alla Roma odierna e periferica di Caro
diario. Si prosegue con Parigi, attraverso lo sguardo nostalgico
della cenerentola Sabrina di Billy Wilder (ancora l’eterea Audrey
Hepburn), che si ricongiunge alla fantastica e svanita Amelie
Poulain di Jean-Pierre Jeunet. Destinazione finale: Londra, meta
turistica dell’amore “indiscreto” e old fashion tra Cary Grant e
Ingrid Bergman (diretti da Stanley Donen), antitesi perfetta della
32 RdC Luglio-Agosto 2005
città moderna e dissacrante che fa da teatro alle relazioni
pericolose di Julia Roberts, Clive Owen, Natalie Portman e Jude
Law in Closer di Mike Nichols. In mezzo ponti (e piazze)
desolati, quasi sinistri, ripresi nei fantascientifici Giorni dei trifidi
di Steve Sekely e in 28 giorni dopo di Danny Boyle. Spettri
burloni e condannati (Sandra Milo e Marcello Mastroianni in
Fantasmi a Roma, Carla Gravina nello sceneggiato televisivo che
fece epoca, Il segno del comando), gli incubi londinesi di Dylan
Dog, le magie di Harry Potter e i revenant innamorati di Jacques
Rivette (Storia di Marie e Julienne). Buona visione, in compagnia
delle ricette disastrose di Bridget Jones, la crème brulé di Amelié
e la mozzarella in carrozza di Ladri di biciclette. Alla prossima
puntata le seduzioni veneziane, i grattacieli di New York, che
neanche Blake Edwards e Woody Allen riescono a oscurare. E la
Berlino dai mille volti, raccontata da Rossellini e Wenders.
lm
belle del mondo Di Marina Sanna
L’itinerario
proseguirà
sul prossimo
numero con
New York,
Venezia e
Berlino
Roma
Vacanze
Monumenti meravigliosi e umanità popolare, Dolce Vita e ricostruzione. La Capitale attraversata
da Audrey Hepburn e Gregory Peck è anche uno spaccato sociopolitico dell’Italia anni Cinquanta
Di Silvio Danese
uando giri per Roma vedi due
diversi eserciti in movimento: i
carri armati e la cavalleria. Ma
non fanno la stessa guerra. Le automobili
cercano pesantemente di conquistare una
zona, una posizione, infine un
parcheggio. I motorini balzano,
sfuggono, irrompono, si dileguano e non
Q
34 RdC Luglio-Agosto 2005
vanno a conquistare gli stessi spazi. Li
inventano gli spazi. Sconvolgono lo
schema. Condizionate dal mondo
le auto, indipendenti e liberi gli
scooter. Nel 1946 Enrico Piaggio,
davanti al prototipo del mezzo a due
ruote che inventò tutto, disse: “Sembra
una vespa”. Nessuno immaginava che lo
scooter si sarebbe anche mosso come un
insetto impazzito. Il mito di Vacanze
romane, con quel giro in Vespa che
corrisponde allo scioglimento dai vincoli
sociali per immetersi nel “traffico” della
vita, ci lascia un senso di fusione tra la
fiaba moderna (del principe borghese e
della principessa ribelle) e la leggerezza
Reali
Luglio-Agosto 2005 RdC 35
Roma
dello spazio, proprio perché la
complessa geografia di una città obesa
di bellezza è liberata da un esempio di
lievità del transito, in sintonia con il
bisogno di libertà dei personaggi: lei
dalla legge del reame, del quale è
certamente la più bella, lui dalla legge
del mercato, di cui è certamente il
principe più “azzurro”. Amore irrompe
tra le catene dei ruoli e invece della
freccia scaglia la Vespa in giro per la città.
Ambientato in una Roma (Italia)
assediata dal piano Marshall (gli aiuti
americani alla ricostruzione dietro i quali
si trovava anche la strategia di ingerenza
politica sui governi), il film di Wyler
corrisponde in parte alla Roma (non
all’Italia) dei primi anni Cinquanta. C’è
la città italiana della motorizzazione (le
Hepburn
e Peck sono
lo specchio
delle realtà
politiche in
cui è diviso
il Paese
FOTO: DIEGO GIULIANI
<< MANICARETTI D’AUTORE >>
scene in Vespa), c’è l’ibridazione tra
popolo e borghesia che corrisponde alla
prima vera contaminazione
culturale della città e del Paese del secolo,
prima del Boom, e c’è la Roma notturna
della Dolce Vita. fatta effettivamente di
una promiscuità di giornalisti, di attori,
di americani, di borghesi, di aristocratici.
La materia è da rotocalco, diciamo da
fotoromanzo. E’ in parte un motivo di
MOZZARELLE IN... CARROZZA
Il conflitto di classe è servito. In metafora, dai Ladri
di biciclette di Vittorio De Sica
E’ il 1948 a Roma. Vittorio De Sica
e Cesare Zavattini raccontano un
conflitto di classe con l’aiuto di
una mozzarella in carrozza: una
mozzarella avvolta in una dorata
impanatura che, fritta, diventa
una pallina soffice e filante.
Antonio è disoccupato da due
anni, quando riesce ad ottenere
l’incarico di attacchino
municipale, per il quale occorre la
bicicletta. Ma il primo giorno di
lavoro la bicicletta gli viene
rubata. Il giorno dopo è domenica.
Antonio e Bruno cercano la
bicicletta ovunque, invano. E’ l’ora
36 RdC Luglio-Agosto 2005
del pranzo. In una trattoria sul
Tevere, Bruno osserva con invidia
il bambino del tavolo accanto, un
tavolo di ricchi. Il bambino dei
ricchi mangia una mozzarella in
carrozza e il padre propone a
Bruno di prenderla “pure lui”. Ma
la via gastronomica al socialismo
è condannata al fallimento.
Quando Bruno si gira per mostrare
al rivale che “pure lui fai i fili con
la mozzarella”, i ricchi sono già
passati ad un’altra portata:
dessert e una bottiglia di
spumante.
CHIARA UGOLINI
fiori. Il taxista invece coltiva l’orto
malinconicamente in Ciociaria (in
provincia di Roma). Il mondo italiano
non è più in bianco e nero. E’ a colori e
brucia di imbecillità e rapacità, come nel
resto del mondo post-industriale. Le
principesse? Finiscono male nei tunnel
stradali di Parigi. Quanto ai giornalisti,
vendono il loro amore. Resta Roma.
Basta uno scooter, un casco bianco, la
faccia di Moretti. E qualcuno col traino
che ti permette di fingere di guidare per
guardare le case e i monumenti.
“furore” emotivo del film nel corso del
tempo: una fiaba che radicallizza i
sentimenti “moderni” nello sfondo in
rilievo di una città che si umanizza e
risuona di apparente verità. Il gioco tra la
regalità della Hepburn e la tenuta civile
di Peck corrisponde a un
rispecchiamento forte delle identità
politiche in movimento in Italia, paese
che aveva appena scelto, con referendum
vinto di misura, la repubblica . Non
dimentichiamo che la monarchia fondò
il Paese e che il fascismo mantenne il re,
mentre Roma ha un ruolo architettonico
di formidabile risonanza del regio, del
papalino, dell’imperiale, eccetera. Ma
senza esagerare. Il personaggio della
Hepburn corrisponde felicemente a
un’idea suggestiva dell’aristocrazia
fiabesca. Muovendosi nella città Vacanze
romane diventa una commedia in parte
percettiva della realtà grazie alle
immagini di Wyler spinte
dalla sceneggiatura di Ennio Flaiano e
Suso Cecchi D’Amico, che riscrissero la
sceneggiatura di Ian McLellan Hunter,
poi premiato con l’Oscar per il soggetto
originale. Si citano spesso il fioraio che
regala il fiore alla principessa e il tassista
brillante come esempi di uno sguardo su
personaggi minori riusciti, emblema di
una città di buone cose e belle promesse,
in realtà un po’ tipizzati e un po
“romanizzati”. Promesse? Oggi il fioraio è
diventato proprietario di una catena di
negozi ed è scostante e maleducato e non
regala neanche la carta per avvolgere i
Vacanze romane con
Audrey Hepburn e Gregory
Peck. Accanto Piazza del
Popolo, sotto Nanni
Moretti
VISTA IN VESPA
Estiva, deserta, sospesa. La Roma di Caro diario è un omaggio di Moretti al cinema (e a Pasolini)
“In vespa: Roma. Vado in giro
d’estate in Vespa. Vedo un film
italiano. Vado alla Garbatella.
Guardo gli attici. Poi ascolto un
gruppo che suona il merengue.
Vado a Spinaceto. Vado a
Casalpalocco. Incontro Jennifer
Beals. Vedo il film Henry –
Pioggia di Sangue. Vado dal
critico cinematografico. Vado
dove è stato ammazzato
Pasolini”. Viaggio in prima
persona singolare quello di
Moretti in Caro diario. A bordo
di una vespa verde – icona
subitanea del cinema
(dis)impegnato – il regista
danza leggero con la camera
che lo tallona in una Roma
estiva e deserta. La Città
Eterna è contenitore vuoto che
si lascia riempire dal cinema, a
cui regala la vita nel suo farsi.
Demistificando le velleità del
giovane cinema italiano e
stigmatizzando l’onanismo
cieco della critica, Moretti
sottolinea l’urgenza
dell’attaccamento alla realtà,
quella assolata dei paesaggi e
quella disperata dei sogni. E nel
finale l’omaggio a Pier Paolo
Pasolini è comunione di sentire.
FEDERICO PONTIGGIA
Luglio-Agosto 2005 RdC 37
Roma
<< PERCORSI >>
Luoghi comuni
Storia e topografia di un set a cielo aperto: il Colosseo dei peplum, la piazza Navona
di Poveri ma belli, il quartiere Prati della Famiglia… Di Luca Pallanch
38 RdC Luglio-Agosto 2005
a storia del cinema italiano, dalla
famosa Presa di Roma di Filoteo
Alberini, primo film a soggetto realizzato nel
nostro Paese giusto un secolo fa, è anche, e
soprattutto, la storia di Roma. Non vi è forse
città al mondo più immortalata dall’occhio
della macchina da presa, tanto da
trasformarsi agli sguardi più attenti in un
grande set cinematografico che trascende i
confini dei suoi studi più famosi per
identificarsi con l’intero suo territorio: vera
Cinecittà, le cui coordinate non coincidono
con quelle tracciate dalle guide turistiche. Le
prime immagini sono ovviamente delle
cartoline che il tempo non ha minimamente
sbiadito: il Colosseo dei peplum
hollywoodiani, il Campo de’ Fiori
dell’omonimo film con Fabrizi e la Magnani,
la Fontana di Trevi e la via Veneto de La
dolce vita, la Trastevere di Un americano a
Roma (in realtà girato al ghetto), il Cupolone
che fa da sfondo al finale di Roma città
aperta, la piazza del Popolo deserta a
ferragosto da cui prende il via Il sorpasso e in
cui a distanza di anni si ritrovano i
protagonisti di C’eravamo tanto amati,
Manfredi e Gassman, la scalinata di Trinità
dei Monti de Le ragazze di piazza di Spagna,
la piazza Navona de I poveri ma belli, la
Roma ritratta da Fellini, fra verità e
mistificazione per essere consegnata al mito
del grande schermo, spesso partorito dal
genio degli scenografi e dal lavoro delle
maestranze. Ma accanto ad esse vi sono altre
immagini meno usuali e forse per questo più
caratteristiche: l’Eur de Le tentazioni del
dottor Antonio, episodio di Boccaccio ’70
diretto dallo stesso Fellini, a cui fa da
contraltare l’Eur de L’eclisse di Antonioni,
L
Il primo film
girato nella
Capitale
risale a un
secolo fa.
Da allora il
cinema ne
ha mostrato
volti fra
loro molto
diversi
due letture diametralmente opposte di uno
spazio architettonico di rara suggestione,
tanto da potersi prestare alle visioni
fantascientifiche de La decima vittima di
Petri e agli incubi del geniale L’ultimo uomo
della terra di Ubaldo Ragona; il raccordo
anulare de L’ingorgo di Comencini; il
quartiere Prati con i suoi caratteristici
appartamenti, in uno dei quali,
splendidamente ricostruito a Cinecittà,
vivono i componenti de La famiglia di Scola;
il condominio di viale XXI aprile di Una
giornata particolare, sempre di Scola; la
Garbatella attraversata in Vespa da Moretti
in Caro diario; la Pietralata de L’onorevole
Angelina di Zampa, di Accattone di Pasolini e
di Diario di un maestro di De Seta; il
Prenestino (e il Casilino) di Roma città aperta
e Bellissima; la Val Melaina di Ladri di
biciclette; la Roma oscura, misteriosa di
Mario Bava e di Dario Argento, che ruota
idealmente attorno a piazza Mincio e agli
edifici Coppedè. Solo alcune istantanee di
una città che ha mostrato al cinema mille
volti e altre mille ne serba nel cassetto,
pronta a rivelarsi ma sempre restia a farsi
catturare definitivamente.
La dolce vita di Fellini.
Sopra Alberto Sordi
Americano a Roma e
Boccaccio ’70. Nell’altra
pagina, La famiglia e Anita
Ekberg ne La dolce vita
ECTOPLASMI ALLA ROMANA
Fanno il bagno nel Tevere, girano a piedi nudi e si danno appuntamento a Trinità dei Monti. Sono i fantasmi (innamorati), che vagano per la città
■ Se compri casa nel centro storico di Roma, la cosa
più facile che possa capitarti è quella di acquistare,
compresi nel prezzo, eterei coinquilini con cui
condividere abitudini e quotidianità. E’ il 1960 e
passeggiando per i ponti romani è probabile
incontrare il fantasma raffreddato di Sandra Milo.
Morta suicida scegliendo il Tevere per affogarsi
insieme a un amore andato a male, Donna Flora non
resiste dal fare ogni notte, a mezzanotte, un bagnetto
nel fiume con effetto madelaine proustiano. Lo spirito
di Mastroianni si aggira invece per le strade affollate
con una scarpa sola: l’altra l’ha persa cadendo da un
balcone a causa di una frettolosa dipartita da una
moglie altrui, cosa che gli è costata, oltre alla
calzatura, anche la vita. Lui preferisce “lo struscio”,
che fantasmagoricamente parlando, consiste nel
passare attraverso le ragazze più carine, ancora
dotate di carne e ossa. Vai a capire poi perché i
fantasmi si ostinino a complicarsi le cose
innamorandosi degli umani, invece che dei loro simili.
Ma lo spettro di Vittorio Gassman ci spiega che le
relazioni fra ultraterreni hanno un sacco di
controindicazioni: un bruciato vivo, per esempio, non
potrà mai andare d’accordo con un affogato. Piccole
perle di saggezza ectoplasmatica. Per ulteriori
ragguagli, vedere Fantasmi a Roma di Antonio
Pietrangeli. Il passo successivo sarà un mutuo per un
appartamento in un palazzo vicino a Piazza Navona.
Dotato di spettri, ovviamente. Undici anni dopo, nel
1971, una strana civetta di pietra campeggia sulla porta
dell’interno 13 di via Margutta 33, e ci introduce alle
misteriose atmosfere de Il segno del Comando. Se
bussi, ti aprirà il fantasma decisamente poco vestito di
Lucia, una bellissima Carla Gravina pronta ad
accompagnarti per mano in un mondo fatto di sedute
spiritiche, musiche demoniache, cadaveri dimenticati,
quadri maledetti e oscure superstizioni.
L’appuntamento è per le 21.00, ai piedi della scalinata
di Trinità dei Monti. E non aspettarla sarebbe
comunque un errore. Ne sanno qualcosa Ugo Pagliai e i
Fantasmi a Roma di
Antonio Pietrangeli
15 milioni di spettatori che non perdevano una puntata
dello sceneggiato televisivo, e ancora ricordano il “din
don” che Lando Fiorini cantava nella sigla finale.
CHIARA TAGLIAFERRI
Luglio-Agosto 2005 RdC 39
Parigi
Sognare
in grande
Una città magica e sospesa nel tempo. Capace di materializzare
fantasie e desideri, dall’invenzione dei Lumiére, alle moderne fiabe
di Sabrina e Amélie Di Roberto Nepoti
a Parigi che ebbe luogo, come
ognun sa, la prima proiezione
cinematografica. I protospettatori del 1895 scoprirono la scena
primaria al Salon Indien del Boulevard
des Capucines, che oggi non esiste più.
Poi sarebbero arrivati i templi della
settima arte: il Gaumont Palace tra tutti,
sala monumentale con tanto d’organi che
i puristi dell’epoca tacciarono di crimine
contro l’urbanità. Invano. L’immaginario
del cinema incontrava l’immaginario in
piena espansione della metropoli,
raddoppiandone la suggestione e facendo
della “ville lumière”, prima di Roma o di
New York, la città-cinema ideale. Nel
1954 ci sbarcò Sabrina Fairchild, figlia
d’autista infelicemente innamorata del
E’
40 RdC Luglio-Agosto 2005
I due volti di Parigi:
Audrey Amélie Tautou e
Audrey Hepburn in
Sabrina
Luglio-Agosto 2005 RdC 41
Parigi
miliardario David (William Holden)
nella indimenticabile commedia di Billy
Wilder. Vi si fermò due anni,
frequentando una scuola di cucina (“uno,
due, tre…altro uovo”) e vi subì la classica
trasformazione da bruco a farfalla. Di
ritorno in America, era ormai una
sofisticata fanciulla capace di far
innamorare il fatuo David, salvo poi
preferirgli il fratello maggiore Linus
(Humphrey Bogart). Come d’ uso anche
nelle migliori famiglie (cinematografiche)
hollywoodiane dell’epoca, la Parigi di
Sabrina (come quella del coevo Un
americano a Parigi) era soprattutto l’idea
platonica di Parigi: tutto finto, un set
sognato e mentale per tempi in cui il
comune pubblico viaggiava poco e
l’obbligo del realismo non aveva ancora
Il Sacro Cuore e uno
scorcio di Parigi. Sotto
Amélie Poulain
<< MANICARETTI D’AUTORE >>
UN CUCCHIAINO DI FELICITA’
Guida ai piccoli piaceri del palato (e non solo). Tra Belleville
e il Sacro Cuore, sulle orme di Audrey Tautou
E’ la Parigi da cartolina. Con la
Tour Eiffel, il bianco Sacre Coeur e
Montmartre. E’ un mondo
favoloso, magico e fiabesco, è
quello di Amélie. A metà tra eroina
da fumetto e soap opera, tra
bambina e donna, Amélie sa
perfettamente cosa le piace e
cosa non le piace. Non le piacciono
i vecchi film americani dove il
guidatore non guarda la strada. Le
piace voltarsi nel buio del cinema
a vedere le facce degli altri
spettatori, tuffare la mano in un
sacco di legumi, far rimbalzare i
sassi sul canale e rompere con il
42 RdC Luglio-Agosto 2005
cucchiaino la crosta della creme
brulée. Cameriera al Café des deux
Moulins, un giorno Amélie scopre
che oltre ad amare è bello farsi
amare e il suo cuore che pulsa
impazzito e poi si scioglie in una
pozzanghera è più bello di
qualunque fumetto pop. Ma
l’immagine migliore rimane quella
in cui Amélie, lo sguardo a metà
tra scolaretta saccente e
ragazzina maliziosa, ti guarda
negli occhi, solleva il cucchiaino:
sta per concedersi uno dei suoi
piaceri più grandi.
CHIARA UGOLINI
imposto la sua legge un po’ banale. E’
rimasta una Parigi da favola quella in cui
Audrey torna cinque anni dopo con
Cenerentola a Parigi: anche se il suo
accompagnatore, Fred Astaire (un vero
fotografo di grido, Richard Avedon,
sovrintendeva alle inquadrature e al
colore), si è messo al passo coi tempi
diventando un fotografo per riviste come
Vogue e Harper’s Bazaar, che deve ritrarla
in un servizio di moda sullo sfondo dei
luoghi più celebri della capitale. E la
Francia vista dai francesi? Nel cinema dei
vecchi maestri Parigi è un tormentone
fino dai titoli: Paris qui dort, Sotto i tetti
di Parigi, Per le vie di Parigi (Réné Clair),
Mentre Parigi dorme e Aria di Parigi
(Marcel Carné), Sotto il cielo di Parigi
(Julien Duvivier). Non è meno parigina
la generazione antagonista della Nouvelle
Vague; sia che citi anch’essa il nome dalla
città (Paris nous appartient di Jacques
Rivette), sia che dedichi attenzione ai
trasporti (Zazie del métro di Louis Malle,
L’ultimo métro di François Truffaut), sia
che travesta Parigi da città del futuro, ma
lasciandola riconoscibilissima e senza
trucco (Alphaville di Jean-Luc Godard).
E’ proprio alla Parigi del “cinéma de
papa”, e insieme a quella dei giovani
turchi nouvelle-vaguisti, che guarda con
nostalgia il più postmoderno dei film
ambientati nella città della Tour Eiffel. Il
favoloso mondo di Amélie mette in scena,
in abisso, l’immagine di Parigi costruita
Cambiano i
tempi, resta
l’atmosfera:
Montmartre
e la Senna
diventano il
simbolo
di un set
ideale
(cinematografica) di una città mai visto
su schermo. Jean-Pierre Jeunet sa bene
che il cinema ha cambiato il nostro modo
di sognare; che senza di esso sogneremmo
diversamente. Così, ci dà da sognare una
Parigi sospesa nel tempo (nei tempi), in
bilico tra il gusto retroattivo (il prologo
che mima il cinema muto) e l’ultrafuturo,
già presente, dell’immagine digitale (quasi
tutti i fotogrammi sono stati
manipolati al computer),
avvolgendovi il lunare personaggio
interpretato da Audrey Tautou. E
forse il punto di (non) ritorno più
evidente è proprio Sabrina, il film
dove - cinquant’anni prima - un’altra
Audrey era andata a sognare Parigi, per
lasciarla in eredità a tutto l’immaginario a
venire.
attraverso centinaia di film: versione pop
dell’esperienza surrealista, consapevole
che il surrealismo per lo schermo è
rimasto la faccia meno démodé di quella
scuola. Nella Montmartre in cui agisce
Amélie, aspirante realizzatrice di sogni, si
colloca con ogni probabilità l’“aleph” più
accogliente e onnicomprensivo della vita
Un americano a Parigi di
Vincente Minnelli.
Accanto ancora Audrey
Tautou
FANTASMI ALL’OPERA
Una lunga genealogia, iniziata nel 1911. Dal più spaventoso, firmato Leroux, a una galleria di esemplari improbabili, elegantissimi o soporiferi
■ Alla Francia spetta il premio del fantasma più
charmant della storia del cinema. Nel 1911, Gaston
Leroux si immagina le vicende di questo Fantasma
dell’Opera, che a ben guardare, poi fantasma non è,
ma che ha i suoi buoni motivi per aggirarsi con
maschera e mantello nero negli oscuri recessi del
Teatro più famoso di Parigi. Nel romanzo è crudele e
spaventoso quanto basta, ma per un po’ d’amore è
disposto a uccidere parecchia gente, o a morire
all’istante, e finirà per fare entrambe le cose. Tra
specchi che nascondono passaggi segreti, cunicoli,
botole, sotterranei e stanze di tortura uscite dal
medioevo, vale la pena di armarsi di candelabro e
affrontare qualche topo, sperando di essere rapite da
lui per svenirgli tra le braccia. Le versioni
cinematografiche si sprecano: il fantasma più
elegante è quello interpretato nel 1925 da Lon
Chaney; il più ridicolo è quello immaginato da Dario
Argento, che con i topi ha un ben strano rapporto, il
più splatter è ovviamente quello di Robert “Freddy
Krueger” England, e il più soporifero è il musical di
Joel Schumacher. A Brian De Palma, con Il fantasma
del palcoscenico va riconosciuto il merito di aver
rivisitato la storia, trasformandola in un cult -movie
rock. Ci sono i vivi, i morti (tra cui zombie, fantasmi,
vampiri e quant’altro...), e i non-morti, che non si
capisce mai bene dove stanno: vivono in un eterno
presente che non consente né passato né futuro,
aspettando qualcuno che, semplicemente, sia
capace di spingerli da qualche parte.
E quando a un orologiaio alla ricerca del tempo
perduto capita d’incontrare una non-morta come
Emmanuelle Béart, l’amore non può fare altro che
cadergli rovinosamente addosso.
La Storia di Marie e Julien immaginata da Jacques
Rivette diventa così una relazione ectoplasmatica
con alcuni momenti paradossali, e altri di rara e
melanconica bellezza. Perché i morti non sempre ci
lasciano e alle volte vogliono solo che noi ci
occupiamo ancora di loro.
Per incontrare l’ombra sperduta di Emmanuelle
Béart (che anche da morta vivente, va detto che dà
parecchio filo da torcere alle donne in carne e
ossa), bisogna aggirarsi per le strade di Marsiglia
alla ricerca del gatto Nevermore: a lui lo ha rivelato
in gran segreto Edgar Allan Poe, come si fa per
arrivare a Marie.
CHIARA TAGLIAFERRI
Luglio-Agosto 2005 RdC 43
Londra
Romantica
Capitale degli smoking, della pioggia e del Royal Ballet. Dove il Big Ben scandisce le schermaglie amorose di Ingrid Bergman,
44 RdC Luglio-Agosto 2005
ndiscreto. È il fascino di Londra
nel film omonimo di Stanley
Donen. Londra notturna e
piovosa, flebilmente illuminata dal Big
Ben, su cui si apre il sipario privato
dell’attrice teatrale Anna Kalman,
interpretata da Ingrid Bergman. Londra
è per lei il buen retiro che lenisce
l’inconcludenza dei suoi rapporti con
l’altro sesso. Una gabbia dorata in cui si
insinua vellutato e fascinoso
l’economista Philip Adams, che ha il
portamento e le buone maniere di Cary
Grant. La topografia della metropoli
inglese si riduce in scala nella relazione
tra Grant e la Bergman, stampigliandosi
su smoking e abiti da sera, dipanandosi
tra una cena in un club e un balletto alla
Royal Opera House di Camden Town,
percorrendo le mosse eleganti di una
colazione a due. Passo a due, con
cadenze felpate e sorrisi aperti e
comunque neghittosi, avvolti da uno
humour che alimenta impalpabile
l’immaginario british. L’ora è sempre
I
Londra ieri e oggi:
Indiscreto di Stanley
Donen e Closer di Mike
Nichols
e indiscreta
Cary Grant, Julia Roberts e Clive Owen Di Federico Pontiggia
Luglio-Agosto 2005 RdC 45
Londra
Pasticcini,
ricevimenti
e gala: i riti
quotidiani
ribadiscono
il carattere
esclusivo
della città
quella del the, ma le tazzine compaiono
fugaci. Non vi è necessità di una teoria
di luoghi comuni, Londra traluce
nell’aplomb della coppia, in cui il tratto
americano di Grant empatizza la grazia
europea della Bergman. Le asperità
sfumano nel reciproco sentimento che
impregna le coltri di risvegli separati,
toglie dall’effetto flou la servitù e
tratteggia un’atmosfera dello spirito.
Alcuni scorci di Londra.
Sopra i protagonisti di
Closer
46 RdC Luglio-Agosto 2005
Unica marca urbanistica è la celebre
torre dell’orologio che scandisce i
rintocchi di schermaglie amorose
destinate dal principio all’happy end.
Happy end per gli happy few, quali Grant
e la Bergman: Londra è in primis
aristocratica. Talvolta di sangue, sempre
di maniere. Quelle apoditticamente
sconfessate da Closer di Mike Nichols, in
cui il tiro al poligono del cast all-star
(Jude Law, Clive Owen, Julia Roberts,
Natalie Portman) echeggia stancamente
la Conoscenza carnale di trent’anni
prima. Creata a Londra al Royal
National Theatre il 22 maggio 1997, la
fortunata commedia che lo stesso autore
Patrick Marber ha adattato per lo
schermo ritrova sulla pellicola la
topografia londinese da cui fu separata
alla nascita teatrale: la camera
accompagna i personaggi nelle strade e
nelle abitazioni della capitale inglese, in
un parco della rimembranza, dentro
l’acquario, nei saloni di una mostra
fotografica, in un club di strip-tease. Il
tutto fotografato con evidenza da guida
turistica, in modo consono alla
didascalia feroce delle relazioni
pericolose dei quattro. Specularmente a
Indiscreto, Closer percorre il reticolo
urbanistico secondo le traiettorie avulse
della tesi di fondo: in amore vince chi
meglio incassa. E il credito di Nichols
viene riscosso in una Londra che si
mostra senza pudori ma con
un’inconfessabile ansia da prestazione:
che ne è dell’atmosfera compunta fino
alla rarefazione dell’Old British? Forse è
segregata nell’acquario su cui si specchia
l’incontro random tra Owen e la
Roberts, che non casualmente
interpretano un dermatologo e una
L’amore è
il filo rosso
che unisce
nel tempo
Closer e
Indiscreto
fotografa. Lo sguardo del film è obliquo
e ondivago, ma sempre di superficie: si
sfiora e si ritrae, ma tanto per la città che
per l’uomo è l’epidermide l’unico
contatto possibile. Epitelio amoroso e
sostrato urbanistico: pari e patta. Il
montaggio alternato di Indiscreto e di
Closer viene a costituire l’immagine della
contemporaneità londinese in bilico tra
tradizione e innovazione. Non solo
urbanisticamente: la sovrimpressione dei
volti di Grant, Bergman, Law, Owen,
Portman e Roberts dipinge un ritratto
ambiguo e contraddittorio. Le labbra si
schiudono per un vis-à-vis mattutino in
split-screen (Indiscreto) per poi contrarsi
nel turpiloquio sessuale (Closer), la
costruzione della fiducia decade
nell’iterazione fedifraga, il savoir faire
viene fagocitato dall’uno contro tutti.
Quale sintesi? Iconoclastia nutrita di
stereotipi e non-luoghi, primi piani su
cui si aprono sorrisi amletici. È il
cinema che chiama a sé, più vicino, per
rivelarsi indiscreto. Nel segno di una
città cangiante e multiforme,
metropolitana e monarchica. Teatro
dell’umano. Perché, scriveva Henry
Miller, “Voglio morire come città, per
nascere come uomo”.
<< MANICARETTI D’AUTORE >>
PORRI ALLA BRIDGET
Menù degli orrori per la catastrofica single
E’ la Londra delle case editrici e dei canali
televisivi. E’ la Londra degli acquazzoni
improvvisi, dei pub, delle minifughe in
campagna il finesettimana. La single
trentenne più famosa del mondo tiene un
diario. E grazie a questo possiamo seguire le
vicissitudini della nostra eroina: il numero di
sigarette fumate, alcolici bevuti, chili in più
e in meno, buoni propositi e “cattive
azioni”. Il 9 novembre è un giorno speciale,
il giorno del compleanno di Bridget Jones.
E per questa grande occasione vuole
stupire tutti con doti culinarie che
nessuno sospetta… perché Bridget non
le ha. Una giornata (infernale) che
culmina con menù da brividi: brodo di
porri blu, omelette ai capperi stracotte,
sorbetto alle arance bruciacchiate e
due pretendenti che se le danno di
santa ragione. Meno male che ci
sono gli amici che brindano a
Bridget che non sa cucinare ma
che ci piace “così com’è”.
CHIARA UGOLINI
Luglio-Agosto 2005 RdC 47
Londra
<< PERCORSI >>
Il ponte della paura
Westminster Bridge: teatro desolato di scenari apocalittici, per
gli zombie di Danny Boyle e gli infestanti “trifidi” di Steve Sekely
Di Alessandro Boschi
importante studioso del
U ncomportamento
umano sostiene che
Tra Il giorno
dei trifidi e
28 giorni
dopo sono
passati ben
quarantuno
anni.
Eppure le
suggestioni
sono le
stesse
48 RdC Luglio-Agosto 2005
ognuno di noi, trovandosi di fronte ad una
massa imponente di gente, proverebbe
l’irrefrenabile impulso di fare “piazza pulita”,
di sterminare la “folla sterminata”.
Confessiamo che certi pensieri ci hanno
talvolta sfiorato, e senza nemmeno che
l’ingorgo umano assumesse dimensioni
eccessive, a volta ci basta un autobus, magari il
vagone di una metropolitana nell’ora di punta.
Ma questo probabilmente dipende dalla
nostra ridotta capacità di sopportazione. Resta
però il fatto che molto spesso vorremmo avere
la possibilità, sfiorata appena nei torridi giorni
ferragostani, di avere la città dove viviamo a
nostra completa disposizione, vuota e
silenziosa. Roma, ad esempio. Cosa c’è di più
bello della visione delle piazze della capitale
completamente deserte, senza auto con
permesso e vigili con il blocchetto delle multe?
Un sogno? Sì, un sogno, decisamente. Ma ci
sono alcuni film che questo sogno hanno
realizzato. Due in particolare sono davvero da
ricordare, perché ti fanno venire la voglia di
visitare questi straordinari set. Tra le due
pellicole, girate entrambe a Londra, corrono la
bellezza di quarantuno anni. Sconvolge,
proprio per questa distanza temporale,
l’immutata forza evocativa delle due location,
forse perché il desiderio di cui parlavamo
prima, noi la città e nessun altro, si è
mantenuto intatto nel corso di quasi mezzo
secolo. Quindi, se volessimo dare una
spruzzata esistenziale, potremmo dire che
l’uomo, animale e sociale, continua ad essere
attratto dalla solitudine... ma qui si parla di
turismo, cinematografico ma sempre turismo.
Due scene di 28 giorni
dopo. Sotto una
panoramica del Ponte
Grazie al cielo. Credo che, a questo punto,
potremmo finalmente raggiungere il ponte di
Westminster, protagonista assoluto
dell’incipit dei due film in questione: Il giorno
dei trifidi, diretto da Steve Sekely nel 1962, e
28 giorni dopo di Danny Boyle, uscito nelle
sale giusto tre anni fa. Non molti hanno
notato quella che secondo noi è una vera e
propria citazione, forse un omaggio che il
regista di Trainspotting ha fatto al piccolo
capolavoro di fantascienza tratto dal racconto
di John Windham. Le inquadrature sono
quasi le stesse, anche se è evidente che le
difficoltà incontrate dai due registi per
“liberare” il suddetto ponte, proprio per i
tanti anni di differenza, non possono essere
state le stesse: quaranta anni fa il traffico era
decisamente più contenuto di quanto non lo
sia oggi. Le cause, nella finzione, sono
comunque simili. Nel caso dei Trifidi, piante
geneticamente modificate che stanno
assumendo il controllo del pianeta, gli
uomini sono diventati ciechi a causa di una
pioggia meteoriti. Vogliamo dire che piove sul
bagnato? Insomma, la situazione è molto
critica e Bill Mansen (interpretato da Howard
Keel), ricoverato per un’operazione agli occhi e
quindi bendato, si sveglia una mattina e si
rende conto dlla terribile minaccia. Che fare?
Disastro ecologico ispirato dalla guerra fredda
e dalla spada di Damocle della guerra
nucleare. Danny Boyle, debitore anche (e
soprattutto) di Romero, si inventa invece un
virus che fa diventare zombie. Tutto qui.
Come sempre i film di Boyle hanno un buono
spunto e nulla più. Poco importa. La cosa
importante è il fascino di quel ponte, il ponte
di Westminster. A vederlo così, come lo si
vede nei due film, fa venir la voglia di correrci
su a perdifiato. Senza traffico, senza persone.
E’ banale dire che è lo stesso ponte a distanza
di oltre quaranta anni? Certo, però lo è, ed è la
dimostrazione che per quanto il tempo possa
sedimentare detriti del tipo più svariato, non
riesce a scalfire il fascino di un luogo, di quel
luogo. Di quel ponte. Correre su quel ponte
deve essere bello, magari persino inseguiti da
trifidi e zombie. Per questo i luoghi del cinema
sono anche i luoghi dell’anima. Talvolta
lontani nel tempo, talvolta vicini nello spazio.
Ma sempre in un posto preciso nel nostro
cuore.
GHOST TO GHOST
Spettri britannici all’appello: dal prossimo Dylan Dog e le tante Cime tempestose, alla complemorte di Nick Quasi Senza Testa
E’ il 1847. Emily Brontë scrive Cime
tempestose. E le storie d’amore non saranno
più le stesse. Piccolo riassunto per neofiti:
Catherine è appena morta tra le braccia di
Heathcliff, lui la stringe e la implora di
spaventarlo e torturarlo, ma di tornare ancora
e sempre, sotto qualunque forma. E Catherine
lo fa, e ritorna tra la neve della brughiera,
bussa alla finestra nella notte, le sue dita
fredde come il ghiaccio prendono la forma di
un ramo di pino, la sua voce confusa lo
chiama nel vento. Ovviamente Cime
tempestose è stato saccheggiato da parecchi
registi, uno su tutti, Buñuel. Ma di Heathcliff,
cinematograficamente parlando, ce n’è uno
solo: quello più nero della notte nera di
Laurence Olivier in La voce nella tempesta
(William Wyler).Per incontrare i fantasmi di
Catherine e Heathcliff, basta camminare nelle
notti di pioggia, nella brughiera dello
Yorkshire. Tra le rovine di una fattoria, in una
località chiamata Top Withins, è stata
riconosciuta la zona dove Emily Bronte ha
immaginato questa storia d’amore crudele e
immortale. Per le distese di erica, set
galeotto del primo bacio,basta spingersi
verso Ponden Kirk. Altri fantasmi,
decisamente meno romantici, popolano i
corridoi di Hogwarts, la scuola di magia e
stregoneria dove studia Harry Potter. Alla
festa di comple-morte di Nick-Quasi-SenzaTesta - il fantasma ufficiale dei Grifondoro – ci
sono tutti: il Barone Sanguinario, la Vedova
Velata, il Frate Grasso e persino Mirtilla
Malcontenta che, per l’occasione, è uscita dal
Incubi a non
finire per il
celebre
indagatore
Dylan Dog
bagno delle ragazze in cui vive. Per avvistarli
la cosa si fa complicata: bisogna prendere
l’espresso per Howgarts che parte dal binario
9 e 3/4 di Kings’ Cross Station, avere
possibilmente non più di un genitore babbano
e sapersela cavare con il Quidditch. Altrimenti
ci si deve accontentare dei paesaggi del solito
Yorkshire, con capatine nella Cattedrale di
Gloucester o nella biblioteca di Oxford, e
magari tra il lusco e il brusco qualche
ectoplasma bianco e lucente lo si vede
davvero...
Se tutti questi fantasmi qualche incubo lo
hanno procurato, il problema si risolve
facilmente “strillando” il campanello di
Craven Road n. 7, Londra. Al costo di 50
sterline al giorno più le spese Dylan Dog,
l’indagatore dell’incubo con le sembianze di
Rupert Everett, sarà pronto a sconfiggere
fantasmi, zombie e mostri di vario genere.
Meglio se il perseguitato in questione è una
cliente svagata e possibilmente bellissima.
Dylan toglierà di mezzo il suo aiutante
Groucho urlando un “Giuda Ballerino”,
lascerà perdere il galeone e bacerà la
poverina che quasi sicuramente morirà a
fine storia. Per vedere tutto questo al
cinema l’attesa non è poi così lunga: il film,
di produzione americana, per il momento è
affidato a Breck Eisner (il regista di Sahara,
tanto per intenderci), ha un budget di 53
milioni di dollari e dovrebbe chiamarsi Dead
of Night. La cosa più fantasmagorica è che a
vestire la giacca nera e la camicia rossa di
Dylan non è stato chiamato Rupert Everett
ma tale Dylan McDermott (quello di
Wonderland e Party Monster).
CHIARA TAGLIAFERRI
Luglio-Agosto 2005 RdC 49
Percorsi
Viaggio
impossibile
Destinazione mitica: un luogo dell’immaginario. Dove Don Chisciotte
combatte contro i mulini a vento, come Terry Gilliam e Orson Welles
Di Angela Prudenzi
La Mancha, cuore nero della Spagna, dove
l’impossibile sembra per un momento
diventare possibile, prima che i sogni si
tramutino in incubi trasfigurati dalla luce
accecante del sole. Spazio mentale, luogo
dell’immaginario per eccellenza,
vagheggiata neverland nella quale la
fantasia al potere materializza mulini a
vento e cavalieri erranti in ricerca d’onore,
aiutanti incapaci e damigelle da salvare.
Sulle orme di Cervantes prima Orson
Welles e poi Terry Gilliam - o forse
contemporaneamente, nella percezione
infinita del tempo fermato dalla pellicola –
approdano per strade diverse nella terra
50 RdC Luglio-Agosto 2005
che non c’è, mossi dalla speranza di
catturare l’essenza della dimensione
fantastica. Ma ciò che riesce allo
stralunato hidalgo creato dallo scrittore
spagnolo, cioè inseguire con successo i
voli sfrenati dell’immaginazione, appare
invece per uno strano destino negato
proprio a loro due, sebbene per intima
vocazione vicini ad uno spirito picaresco.
O forse proprio per questo come don
Chisciotte destinati a fallire laddove autori
meno dotati hanno portato a termine
l’impresa. Un film, il Don Quixote di
Orson Welles, che si impossessa del regista
già nel 1955, sulla scia di un progetto per
Qui e accanto Lost in
La Mancha. Sopra Orson
Welles
la CBS della durata di trenta minuti. Una
versione mai portata a termine, al cui
primo materiale girato in Messico Welles
negli anni a venire ne aggiunge altro
filmato in Italia e Spagna. 20.000, 30.000,
secondo alcuni addirittura 50.000 metri
di pellicola per raccontare le gesta del
nobiluomo che combatte i mulini a vento.
Quel che resta, 116 minuti non montati
da Welles ma dall’assistente in Spagna
Jesus Franco, a partire dal materiale
rimasto in mano al produttore Irigoyen.
Un film sconfessato dall’ultima moglie del
regista Oja Kodar, erede di altra pellicola
non finita nel montaggio di Franco, come
dal fedele montatore italiano Mauro
Bonanni, possessore di altro girato a
tutt’oggi inedito. Un film che mai esisterà
anche se si dovessero approntare nuove e
supposte definitive versioni, risucchiato
per sempre dove era stato immaginato,
nella mente di Welles. Stesso discorso per
The Man Who Killed Don Quixote,
ambizioso quanto disastroso progetto del
visionario Terry Gilliam. Chi tocca don
Chisciotte muore: alluvioni, problemi
economici, ritardi, malattie segnano senza
pietà una produzione votata al fallimento.
In questo caso i pochi metri di pellicola
girati prima della disfatta sono tra i più
costosi della storia del cinema. A
custodirli per sempre, il preziosissimo
documentario Lost in La Mancha
realizzato da Keith Fulton e Louis Pepe
durante le lunghe fasi di pre-produzione e
i pochi sfortunati giorni di lavorazione.
Straziante documento sulle difficoltà del
fare cinema, amara riflessione sui sogni
infranti di chi vola troppo alto.
In entrambi i casi però, ciò che mai
vedremo è paradossalmente di qualità
superiore alla folgorante bellezza di
quanto si lascia intravedere. La
commovente wellesiana sequenza di un
LA CITTA’ DEI RICORDI
Per arrivare a 2046 si sale su un treno “fantasma”
La missione
del cavaliere
di Cervantes
ha sedotto il
cinema. Ma
i tentativi di
farne un film
sono stati
vani
■ C’è un treno fantasma che serve
a recuperare i ricordi perduti. La
destinazione è il 2046, che è un
anno, un paese, un luogo della
memoria: una volta arrivati, ognuno
di noi ritroverà cose seppellite e
dimenticate. Si parte da Hong Kong,
c’è la pioggia, le camere d’albergo,
le insegne al neon, la bocca rossa di
Gong Li, e i fantasmi degli amori
passati. Perché se Wong Kar-Wai ha
ragione e l’amore è una questione di
tempismo, non può arrivare in
qualsiasi momento, ma ha bisogno di
un tempo e di un luogo adatti ad
accoglierlo. Se fai l’errore di
sbagliarlo, questo tempo, passi la
vita a inseguire donne che
racchiudono il fantasma di un’altra
donna con un guanto nero. E se ogni
cosa è la versione di qualcosa
d’altro che è già passato, la
soluzione è prendere il treno
fantasma che va verso il futuro (o
verso il passato?) per cercare
ancora e sempre quello che mai
sarà. Dicono che non sia mai tornato
nessuno, dal treno fantasma, ma
questa è un’altra storia.
CHIARA TAGLIAFERRI
don Chisciotte che, spaesato, in un cinema
combatte le ombre dello schermo fino a
lacerare la stoffa con la spada; i
fotogrammi che hanno catturato il
portamento fiero di Jean Rochefort infilato
da Gilliam nei panni dell’indimenticabile
hidalgo. Nelle non-immagini, percettibili
esclusivamente alla luce della fantasia, è
invece impressa la personale La Mancha di
Welles e Gilliam. Terra di talenti
eccezionali incapaci di tenere conto delle
regole produttive perché troppo affascinati
dai progetti impossibili. Ma soprattutto
Orson Welles sul set.
luogo dove la passione del filmare si brucia Sopra la metropoli
avveniristica di 2046
per sempre nell’ossessione di farlo.
Luglio-Agosto 2005 RdC 51
Stanco delle solite riviste di cinema?
rC
d
Volta pagina con RdC
Abbonati su
www.cinematografo.it
FOTO: PIETRO COCCIA
MetodoRafelson
Dall’Easy Rider degli esordi alla censura dell’era Bush. A lezione di cinema e
storia da un grande vecchio di Hollywood: “Gli attori? Non devono mai sapere
quello che hai in testa. Il segreto è sfiancarli”
Di Diego Giuliani
raffia ancora il vecchio leone. Come
un tempo, ma con più filosofia. “I
miei film? Sono come i miei talloni.
Non li guardo mai, ma mi servono per
andare avanti”. E’ la saggezza caustica di
Bob Rafelson: pioniere della rinascita
hollywoodiana degli anni’70, insieme a
scapigliati del calibro di Francis Ford
Coppola, Peter Bogdanovich, Dennis
Hopper. Un’età d’oro del cinema? Macché.
“Noi abbiamo solo copiato - dice al
Taormina BNL FilmFest -. Dobbiamo
tutto a chi ci ha preceduto: gli
indipendenti inglesi, Godard, Fellini”. In
cattedra per le lezioni di cinema, snobba la
stampa, si rivolge agli studenti e li esorta al
dibattito con una provocazione: “Più
franche saranno le vostre domande, più
disoneste saranno le mie risposte”. E’ il
G
Bob Rafelson al Festival
di Taormina. Accanto con
Malcolm McDowell
solito Rafelson. Quello che da giovane
studiava filosofia e campava di lavoretti,
montava per un rodeo e suonava il
clarinetto jazz. Erano gli anni della
rivoluzione sessuale, degli hippie, della tre
Luglio-Agosto 2005 RdC 53
TAORMINA E DINTORNI
Il postino suona
sempre due volte.
Accanto Easy
Rider
giorni di Woodstock. Un’epoca e
un’atmosfera, che lui decide di consegnare
al cinema, investendo i soldi risparmiati in
un film. Se ne girano tanti in quell’epoca di
grande fermento, ma questo è particolare:
si chiama Easy Rider e racconta il viaggio
di due motociclisti attraverso l’America del
cambiamento. Avviene così, sulle note
maledette di Jimi Hendrix e degli
Steppenwolf, l’incontro fatale con Jack
Nicholson. Sei film insieme, due
nomination all’Oscar e molto più di un
semplice sodalizio professionale. Già per Il
postino suona sempre due volte, Rafelson si
appoggia a lui per il casting. “Meryl Streep
voleva la parte – racconta -. Era all’ottavo
mese di gravidanza, allora siamo
andati a trovarla insieme a Los
Angeles”. Dopo il provino, i due si
guardano perplessi. Lei era
appena agli inizi e Rafelson aveva bisogno
di una donna che incarnasse “erotismo,
passione e sensualità”. La scelta cade
quindi su Jessica Lange che, come
confermerà la commissione censura
americana, risponde appieno all’identikit.
Scena incriminata, quella del tavolo della
cucina, sul quale i due protagonisti
consumano un rapporto sessuale. Rafelson
se la lega al dito. La vede e rivede, anche al
rallentatore, ma non trova una nudità che
giustifichi il divieto. “Da allora sono
Taormina segreta
Spigolature e parentesi rosa dietro le quinte del festival. Dalle
conquiste di Robinson Savary e la cavalleria di Jason Biggs, alla
simpatia “psichedelica” di Caveh Zahedi
54 RdC Luglio-Agosto 2005
“Dagli anni ’70 sono cambiate
tante cose. Solo il moralismo
americano è rimasto lo stesso”
cambiate tante cose, ma il moralismo
americano è rimasto lo stesso. L’unica
differenza è che il puritanesimo del terzo
millennio è più articolato”. Ieri Reagan,
oggi Bush. Rafelson non ha dubbi: “La
censura parla repubblicano”. A vendicare il
film, sogghigna soddisfatto, ci hanno però
pensato pubblico e critica: un consenso
intercontinentale, che consacra la coppia
anche in Europa. Con Nicholson c’è
T
aormina, Teatro Antico. Le luci stanno per
spegnersi sul bellissimo Le couperet di
Costa-Gavras. L’ultima immagine dal
palco è Jason Biggs che, invece di sorridere
alla stampa, fotografa il pubblico con la sua
digitale. E’ l’istantanea emblematica dell’altro
festival: quello dei piccoli gesti, delle parentesi
rosa, della spontaneità che prevale sul
protocollo. Sempre lui, che per ritirare il
premio per l’interpretazione di Guy X ha
rimandato un provino con Al Pacino, regala nel
pomeriggio un’altra perla di umiltà: all’incontro
con la stampa si improvvisa cameriere con le
signore e, al sudatissimo interprete, offre
addirittura la t-shirt per tamponare il sudore.
Mascotte dell’ultima edizione si afferma però
di prepotenza Robinson Savary. Trascinante (e
rubizzo) fino alla cerimonia conclusiva, il figlio
d’arte del grande Jerome seduce tutti:
protagonista fisso delle notti taorminesi,
intrattiene sconosciuti e addetti ai lavori,
migrando ovunque si beva. Elisabetta
Rocchetti, protagonista dark per Ti piace
FOTO: PIETRO COCCIA
amicizia e intesa al primo sguardo, fin dal
Cinque pezzi facili del 1970, che li porta
entrambi a un passo dall’Oscar. Eppure
anche con lui le difficoltà non mancano.
Per il più recente Blood & Wine del ’96
punta i piedi. Nella scena in cui deve
confessarsi al padre non vuole piangere
perché, si lamenta, ormai glielo chiedono
tutti. Rafelson però non si perde d’animo:
“Abbiamo camminato tutto il giorno, l’ho
fatto stancare, esasperare, e poi l’ho portato
sul set”. Piazza una camera fissa, si
disinteressa del monitor e gli dà il la. Il
Hitchcock? di Dario Argento, versa per lui fiumi
di lacrime in un bar del corso. Pubblico e giurie
lo costringono a salire tre volte sul palco per
Bye Bye Blackbird. Lui inciampa, resta in piedi,
e sghignazza un ringraziamento impastato per
la pioggia di premi. Memorabile anche il
siparietto di Irene Papas alla consegna dei
Taormina Arte Awards. Lei, che a 79 anni
stenta ancora con l’italiano, quando riceve il
prezioso orologio dello sponsor Harry Winston
si fa capire benissimo: “E che me ne faccio?
Con questo mi strappano un braccio”. Un paio
di giorni dopo le fa eco Bob Rafelson. Stesso
luogo, stessa ora, accoglie il premio con un
intraducibile (e un po’ imbarazzato): “Thanks…
for a watch”. Per lui anche tanti applausi alle
lezioni di cinema, come per il bagno d’umiltà di
Laura Morante: “Della mia carriera salverei sei
o sette titoli - confessa alla platea di studenti -.
Dopo ogni insuccesso mi sarei seppellita, ma i
brutti film servono per migliorarsi”. Menzione
speciale, poi, allo stralunato Caveh Zahedi di I
am a Sex Addict. A lui, iraniano d’origine che
risultato? “La scena era perfetta. Aveva
stravolto il copione, ma alla fine piangeva
come un bambino e non riusciva a
smettere”. Caso paradigmatico del
“metodo Rafelson”. Ovvero, spiega
parafrasando Bergman: “Gli attori devono
sentirsi come nel salotto di casa propria.
Liberi di sbagliare, per riuscire a dare il
meglio di sé. Non mi interessa che seguano
le battute alla lettera, l’importante è che
arrivino all’anima del personaggio”. Nella
sua testa è però già tutto chiaro: “Quando
inizio a girare conosco esattamente ogni
ha abbandonato la fede per la spiritualità
psichedelica dell’Lsd, il merito di divertire il
pubblico e sollecitare la domanda più
esilarante del festival: “Nel suo film sembra
prendere per i fondelli gli spettatori - interviene
un ragazzo alla conferenza stampa -. E’ quello
che sta facendo anche in questo momento?”.
La stessa impressione emerge da un infelice
articolo su Dario Argento, apparso sul daily
della manifestazione. L’autrice parla di lui
calcando sulle maiuscole di Grande Regista, lo
sguardo perso nel vuoto e l’attricetta
“dall’espressione atona” (sic!) che si porta
appresso. Piccolo scivolone di un festival, che
ha vissuto i momenti migliori grazie a Batman
Begins e Le couperet, Bye Bye Blackbird e
Guy X, Ettore Scola e Malcolm McDowell, il
mare di Isola Bella e il Teatro Antico. Un
vincente mix di glamour e cinema di
frontiera, che l’anno prossimo
tornerà a luglio, come ai
vecchi tempi.
D.G.
dettaglio e ogni movimento che dovranno
fare gli attori. Ma questo loro non devono
assolutamente saperlo”. Un paradosso
d’autore, che ne chiama subito un altro:
“Sono tirannico, lo riconosco. Anche io a
volte non mi sopporto e quello che
preferisco è non fare film”. Il perché lo
spiega il sereno racconto del suo
quotidiano: 72 anni, due figli di 1 e di 5, e
un ranch nel Colorado in cui vive con la
moglie. “Dirigere un film significa
distaccarsi dalla realtà e in questo
momento voglio restarci aggrappato”.
✪
Applausi all’autocritica della
Morante: “Della mia carriera
salverei sei o sette titoli”
Luglio-Agosto 2005 RdC 55
EVENTI
Locarno
gran finale
La Bignardi chiude in bellezza. E festeggia il suo ultimo anno
al Festival tra Bollywood, il Maghreb e l’impegno civile
Di Rosa Esposito
’
L
omaggio al grande
Orson Welles, il doppio
Pardo d’Onore, a Wim
Wenders (per
l’Occidente) e Abbas
Kiarostami (per
l’Oriente), lo spettacolo targato
Bollywood e il cinema maghrebino.
E ancora l’attenzione per il
documentario, le nuove tendenze e
l’impegno civile. Sarà un’edizione
ricca quella del festival di Locarno
di quest’anno, la numero 58,
l’ultima diretta da Irene Bignardi e
in programma dal 3 al 13 agosto. La
giornalista lascia la guida della
manifestazione dopo cinque anni e
per l’occasione ha deciso di fare le
cose in grande stile. Per il cinema in
piazza scommette ancora una volta
sull’India e, dopo il successo riscosso
dal monumentale musical Lagaan, si
56 RdC Luglio-Agosto 2005
affida a The Rising, kolossal firmato
Ketan Mehta che ha per
protagonista l’icona Aamir Khan. E’
uno dei film più costosi nella storia
del paese asiatico. Realizzato con un
budget di circa 20 milioni di dollari
e coprodotto anche dalla Gran
Bretagna, il film è stato girato in sei
mesi, ma ha richiesto al regista
cinque anni di lavorazione prima di
poter dare il via alle riprese. The
Rising si ispira alla vera storia
dell’eroe rivoluzionario Mangal
Pandley, impiccato dagli inglesi nel
1857 per aver guidato una rivolta
anticoloniale tra le truppe
dell’esercito indiano, e racconta
dell’amicizia, nata a dispetto delle
divergenze politiche, sociali e
culturali, con il comandante
britannico e suo superiore William
Gordon. Spettacolo, grandi scenari
Mafia e politica nel
documentario In un altro
paese. Sopra e accanto
l’indiano The Rising, a
destra Mirrormask
e creature mitologiche animeranno
invece il concorso con il fantasy
made in Usa Mirrormask di Dave
Mckean. Ma vera chicca
dell’edizione 2005 sarà la
retrospettiva organizzata in
occasione del ventennale della
morte di Welles. “Si tratta della più
completa ed esaustiva rassegna mai
Paesi caldi
Afghanistan, Iran,
Iraq: Locarno
denuncia
dedicata all’autore di Quarto potere,
di cui saranno presentati non solo i
film da lui diretti, ma anche quelli
realizzati come attore” spiega Irene
Bignardi. Il tutto sarà coronato dalla
pubblicazione di un volume
monografico curato da Giorgio
Gosetti, The Other Side of the Wind,
che conterrà una raccolta di saggi e
la sceneggiatura originale del
capolavoro incompiuto dell’autore
The Magic Show, le cui riprese
avrebbero dovuto avere inizio il
giorno stesso della sua morte, il 10
ottobre del 1985. Spazio anche al
documentario. Due titoli su tutti:
Murderball di Dana Adam Shapiro,
Jeffrey Mandel, Henry Alex Rubin e
In un altro paese dell’italiano Marco
Turco. Il primo, premiato anche al
Sundance di Robert Redford,
racconta l’impegno e la passione di
un gruppo di tetraplegici che nel
2004 parteciparono alle
“paraolimpiadi”, ossia alle
Olimpiadi per atleti disabili. Il
secondo esamina il rapporto tra
mafia e politica negli anni della
Prima Repubblica. Il filmato si apre
con le immagini degli attentati in
cui persero la vita i giudici Falcone e
Borsellino e attraverso una serie di
Locarno scende in
campo per la difesa
dei diritti umani.
Otto i film e i
documentari
quest’anno in
cartellone nella
sezione Human
Rights, la maggior
parte dei quali
ambientata nelle
zone calde del
mondo: Iran, Iraq,
Israele, ma anche
Usa, Australia, Paesi
Bassi. La guerra, la
vita nelle carceri, la
condizione
femminile e i diritti
negati ai minori i
temi principali. Tra
gli altri saranno
presentati, in
anteprima
mondiale, Voices of
Iraq, in cui è la
gente comune a
filmare e raccontare
il proprio paese,
Land Mines, girato
in Afghanistan, e
l’iraniano Article 61,
sulle prime donne
ad essere rinchiuse
in carcere a causa
del divorzio. E
ancora After
Innocence, parabola
di un uomo di colore
riconosciuto
innocente dopo 20
anni di carcere
grazie alla prova del
DNA, e Troop 1500,
sul lavoro di
un’associazione di
donne che si occupa
delle bambine che
hanno le madri in
carcere.
interviste a collaboratori e colleghi
(dal giudice Giuseppe Ayala ad
Antonio Ingroia, dal giornalista
Francesco La Licata alla fotografa
palermitana Letizia Battaglia)
ricostruisce il percorso compiuto dai
due magistrati per arrivare al maxiprocesso, chiamando in causa tutti i
protagonisti di questa importante
pagina della storia italiana: Salvo
Lima, Giulio Andreotti, Rocco
Chinnici, Leoluca Orlando, i boss
Tommaso Buscetta, Totò Riina,
Luciano Liggio, Bernardo
Provenzano, Leoluca Bagarella, fino
ad arrivare ai giorni nostri e alla
condanna per associazione mafiosa
del forzista Marcello Dell’Utri, per
denunciare lo stretto rapporto che
ancora oggi lega la mafia alla
politica attuale e quindi la
vanificazione dello sacrificio
compiuto da Falcone e Borsellino. Il
festival prosegue anche nel suo
lavoro di ricerca e di valorizzazione
delle cinematografie minori. Dopo
quello cubano e del Mekong, la
manifestazione punta i riflettori su
tre paesi del Maghreb, Tunisia,
Marocco e Algeria, con una giornata
di proiezioni e un workshop dal
✪
titolo Porte aperte.
Il giovane Orson
Welles: i 20 anni della
sua morte saranno
celebrati con una
retrospettiva e una
monografia
Luglio-Agosto 2005 RdC 57
iFilmDelMese
60
69
La sposa siriana
Lords of Dogtown
61 Batman Begins
61 Connie & Carla
62 Ice Princess - Un
sogno sul ghiaccio
62 La piccola Lola
63 La terra dei morti
viventi
64 La samaritana
65 Il quinto impero
65 Danny the Dog
66 Mindhunters - Nella
mente del serial killer
66 Sulla mia pelle
67 Triple Agent
68 Buffalo Soldiers
69 Dogtown and Z-Boys
> IN SALA
LA GUERRA DEI MONDI
Gli alieni di Spielberg ammiccano all’attualità. Feroci e insensati come gli invasori dell’Iraq
Via, diciamolo subito. Il nuovo
Spielberg non vale il precedente
The Terminal. La figura dell’“alieno”
che vi compariva aveva un che di
persuasivo: avrebbe dovuto entrare
negli Stati Uniti con tanto di visto
diplomatico e veniva bloccato prima
dei cancelli di uscita. Lo vedevamo
allora arrangiarsi, procurarsi una tana
e del cibo, farsi degli amici, perfino una
ragazza, andarsene in città e ascoltare
il jazz caro a suo padre e, pago
dell’avventura americana, tornarsene
infine a casa. In questa Guerra dei
mondi, dove ogni sussulto narrativo è
calcolato a regola d’arte ed emergono
le riconosciute qualità di Steven
Spielberg - il tratto rapido, corrivo con
sequenze che si snodano con ritmo
incalzante, i notevoli effetti cromatici
giocati sul livore di cieli minacciosi
solcati da macchine spaventose e su
interni borghesi di ordinaria
quotidianità -, c’è un errore, ed è
macroscopico. Stride con il tono
verosimile impresso al racconto ed è
l’entrata in scena degli alieni. Fin lì
erano invisibili; vedevamo solo gru che
frugavano in ogni buco delle città e
delle campagne lasciandosi dietro,
oltre a case divelte, tanti morti. Uno
spreco per la strategia degli alieni che
erano venuti tra noi per procurarsi
sangue fresco e avevano seppellito nel
sottosuolo, ancor prima
dell’apparizione dell’uomo, micidiali
strumenti di guerra (le armi improprie,
insomma). Così gli alieni di Spielberg,
simili ai mostri della
veterofantascienza, appaiono
vistosamente grotteschi. Eccoli tutti
neri con il testone, le gambe e le
braccia sottili che arrancano sulle scale
dello scantinato di Ogilvy (Tim
Robbins), che si sorprendono alla vista
di oggetti d’uso comune come una
bicicletta, che guardano vecchie
fotografie. E neppure si accorgono di
Ray (Tom Cuise) e della di lui figlioletta
(l’altro figlio si è unito a reparti
dell’esercito). Sono, oltre che sordastri,
fuori tempo e fuori parte, troppo goffi,
gracili e petulanti per costituire
davvero una minaccia e, per tirarne un
po’ su il prestigio, Spielberg ricorre a
una trovata da horror dozzinale con
L’OTTIMA DIREZIONE NON OSCURA LE TANTE
IMPERFEZIONI E SCELTE SBRIGATIVE
quella sonda che cattura gli umani, li
porta all’interno delle astronavi, li
chiude in gabbioni e ogni tanto i mostri
ne afferrano a caso uno per rifornire le
cisterne di sangue. Pochissimo
razionali: potrebbero creare delle
enormi Guantanamano e avere biada
per chissà quanti anni. Eppure,
nonostante queste e altre cadute di
stile, La guerra dei mondi riesce, e fin
dalle prime sequenze, a dare il senso
della paura individuale e della ferocia
dei gruppi sociali. L’unico ad avvertirlo,
sia pure nel modo insensato che è
proprio del personaggio, è Tim
Robbins, che consiglia di “cominciare a
pensare”, ma mal gliene incoglie dato
che l’imbelle Ray, il padre amoroso, lo
ammazza in una scena fuori campo
(nessuno, dunque, è innocente). Quel
che si vede in campo è, però, assai
poco rassicurante e benissimo
descritto: il cielo che si incupisce, i
fulmini, la strada che si spalanca per
l’affiorare delle macchine distruttrici,
l’imperizia catastrofica degli eserciti, la
solitudine atroce delle campagne, la
folla inferocita che assale l’automobile
di Ray, il terrore dell’esodo e quella
sorta di mito del sangue che, sia pure
non approfondito, corre lungo il film.
Se Spielberg ha preso spunto da un
vecchio romanzo di Herbert George
Welles, la ragione sta appunto nel
ritrovare in personaggi in abiti d’oggi,
con atteggiamenti che sono anche i
nostri, un aspetto selvaggio. Si può
esorcizzarlo con una bacchetta magica
come avviene nel finale dove, dato che
i microbi hanno tolto di mezzo gli alieni,
ritroviamo, sani e salvi e quasi senza
neppure un graffio, i personaggi della
storia. Ma intorno a loro si espandono
rovine. Si pensa, e non a caso, all’Iraq.
FRANCESCO BOLZONI
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
58 RdC Luglio-Agosto 2005
STEVEN SPIELBERG
Tom Cruise, Tim Robbins, Dakota Fanning
Fantascienza, Colore
Uip
116’
Luglio-Agosto 2005 RdC 59
iFilmDelMese
A
> IN SAL
LA SPOSA SIRIANA
Tra Israele e Siria, una favola corale sulla demenza di tutte le guerre
Mona, giovane drusa, vive nel
Golan, che gli Israeliani occupano
dal 1967. Ora, però, deve sposare un
attore di sitcom siriano – senza
neppure conoscerlo - e sa che, una
volta passata la frontiera, non potrà
mai più tornare indietro, né rivedere i
suoi. Benvenuti nel Paese dell’assurdo,
dove tutto il potere è delegato a i
confini: non soltanto quelli fisici, ma
anche i confini mentali, psicologici ed
emotivi, spesso i più difficili da
travalicare. In una situazione dove ogni
elemento, a priori, appare drammatico,
il regista-sceneggiatore Eran Riklis ha
scelto invece la chiave rappresentativa
RAPPRESENTAZIONE AL FEMMINILE
CON ACCENNI A KUSTURICA
60 RdC Luglio-Agosto 2005
della commedia. Come in una buona
commedia all’italiana dei vecchi tempi, il
film installa i personaggi nei primi venti
minuti, rendendoceli tutti famigliari:
Mona dallo sguardo triste, silenziosa e
sottomessa alla volontà paterna, la
sorella maggiore che sogna
l’emancipazione, il padre filosiriano in
libertà vigilata, il fratello che si è dato
agli “affari”, quello bandito per avere
sposato una russa. Una favola
dell’assurdo coinvolge il piccolo
universo famigliare, che rappresenta
emblematicamente lo stato di follia
quotidiana in cui vivono i cittadini dei
due Paesi in guerra, Israele e Siria.
Mettendo in scena il nonsense degli
uomini, delle frontiere, della burocrazia,
Riklis adotta uno stile vagamente
bagnato di surrealismo, monta un
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
ERAN RIKLIS
Hiam Abbass, Makram J. Khoury
Commedia, Colore
Mikado
97’
teatrino dell’assurdo che fa venire in
mente, a tratti, il cinema balcanico di
Kusturica o di Tanovic. Il suo merito
maggiore è la capacità di mettere in
scena lacerazioni politiche, shock
culturali, crisi identitarie che riguardano
intere collettività senza cadere nelle
trappole del film a tesi. In gran parte, ciò
dipende dalla caratterizzazione dei
personaggi: non simboli, ma creature di
carne e sangue, con le proprie ferite e
contraddizioni. Il cineasta sa come
dirigere un film corale. Però è evidente
la sua volontà di lasciare la parola
soprattutto ai “caratteri” femminili,
prendendo la parte delle donne e della
loro capacità di mostrarsi, di fronte alla
demenza delle guerre, irriducibili
guerriere.
ROBERTO NEPOTI
A
> IN SAL
BATMAN BEGINS
Prequel dark con echi di Blade Runner, Kill Bill e Guerre stellari. Ottimo il cast
A
> IN SAL
CONNIE & CARLA
Prevedibile messinscena sullo scambio
dei sessi. Non basta Nia Vardalos
Da quando Bob Kane, alla fine
degli anni ‘30, creò Batman
(l’uomo pipistrello), l’eroe incappucciato
dei fumetti è stato l’oggetto della
fantasia di eserciti di artisti
dell’immagine. Serie tv e lungometraggi
sembravano però ormai in via di
saturazione dopo la tetralogia aperta in
modo formidabile nell’89 da Tim
Burton e conclusa in tono minore nel
’97 da Joel Shumacher. Ed ecco invece
che Batman letteralmente ricomincia
con Batman Begins. Dopo molti
tentativi abortiti il jolly vincente è
Christopher Nolan, che sceglie una
regia misurata e dinamica, sia pure con
qualche indecisione nella narrazione,
nelle parti iniziali e finali. Nolan conta
sulla buona predisposizione del
protagonista, Christian Bale, volto
giusto e fisico perfetto, restaurato dopo
il salasso di trenta chili subito per
interpretare L’uomo senza sonno, e su
un cast di prim’ordine. Michael Caine,
ottimo nei panni del maggiordomo e
complice dei segreti delle Batavventure. Liam Neeson, figura
misteriosa che salva Wayne dal carcere
in cui è finito e lo istruisce (assonanze
da Guerre stellari o da Kill Bill?) tra i
ghiacci islandesi a “rendersi devoto a
un ideale”, ma che chiede in cambio
lealtà a un’organizzazione segreta che
combatte da millenni la corruzione nel
mondo. Ancora, Morgan Freeman ex
amico di papà Wayne, sepolto in un
settore marginale dal nuovo presidente
della Wayne Company (Rutger Hauer,
destinato di nuovo alla sconfitta, ma
privato della patina eroica che aveva in
Blade Runner. Una delle pellicole
ispiratrici di Batman Begins, tanto che
Nolan ha preteso all’inizio delle riprese
una visione corale del capolavoro di
Ridley Scott). Sarà Freeman a fornire al
giustiziere col mantello suggerimenti
saggi e soprattutto la Bat-Mobile in
grado di produrre inseguimenti da
capogiro che valgono una delle scene
più riuscite del film. Da citare, in un
ruolo particolarmente riuscito, anche
Gary Oldman che indossa la divisa dei
buoni. Quanto agli affetti, se in SpiderMan è il destino da Supereroe che vieta
all’Uomo Ragno la vita sentimentale,
qui è la missione da compiere che frena
la voglia di normalità di Batman. Eroe
non così dark, nella visione di Nolan, da
chiudere gli spazi alle speranze: di
successo al botteghino e di un mondo
diverso per chi continua a leggere,
anche tra le righe dei blockbuster, la
voglia di cambiare un’epoca, questa sì,
davvero dark.
PAOLO ALEOTTI
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
CHRISTOPHER NOLAN
Christian Bale, Liam Neeson, Michael Caine
Fantastico, Colore
Warner Bros.
137’
Dinamica e
misurata la
regia di
Christopher
Nolan
Amiche sin dall’infanzia, Connie e
Carla (Nia Vardalos e Toni
Collette) si esibiscono senza grande
successo come cantanti e ballerine.
Quando, a causa di un assassinio a cui
hanno involontariamente assistito,
saranno costrette ad abbandonare
Chicago, troveranno a Los Angeles –
meta scelta appositamente per la
totale carenza di cultura – l’occasione
per sfondare. In un locale di gay e
travestiti, inizieranno a raccogliere
consensi esibendosi come Drag Queen.
Naturalmente, però, mantenere il
segreto sulla reale identità non sarà
facile, soprattutto quando Connie
s’innamorerà di Jeff (un imbambolato
David Duchovny), fratello
eterosessuale di un loro collega.
Scritto e prodotto dalla stessa Nia
Vardalos (già autrice e interprete de Il
mio grosso, grasso matrimonio greco),
il film diretto da Michael Lembeck (Che
fine ha fatto Santa Clause? e qualche
episodio del telefilm Friends) offre ben
pochi spunti originali rispetto alla
filmografia di commedie dallo spiccato
gusto per l’equivoco sessuale. Se non
fosse per i divertenti e coloratissimi
numeri musicali – da Jesus Christ
Superstar fino al maestoso cammeo di
Debbie Reynolds – e per la bravura
delle due attrici, Connie e Carla non
sarebbe nulla di più rispetto ad un film
dove due donne fingono di essere
uomini. Che, a loro volta, fingono di
essere donne. Inutile soffermarsi sulla
conclusione della vicenda: come
prevedibile, il tutto viene risolto a
tarallucci e vino.
VALERIO SAMMARCO
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
MICHAEL LEMBECK
Nia Vardalos, Toni Collette, David Duchovny
Commedia, Colore
Medusa
98’
Luglio-Agosto 2005 RdC 61
iFilmDelMese
ICE PRINCESS - UN SOGNO SUL GHIACCIO
Logora rilettura del rapporto-madre figlia. In chiave Usa e con immancabile lieto fine
La 17enne Casey Carlyle (Michelle
Trachtenberg) è combattuta tra
l’amore per il pattinaggio artistico e la
volontà – surrogato di quella materna
(Joan Cusack) – di iscriversi alla facoltà di
fisica di Harvard. Per ottenere una borsa
di studio, Casey prepara un’analisi
scientifica in cui applica elementi di fisica
alle figure artistiche del pattinaggio. Per
dimostrare le sue teorie inizia a
frequentare la squadra allenata da Tina
Harwood (Kim Cattrall), un’ex stella del
pattinaggio artistico e madre di un’altra
giovane pattinatrice, impegnandosi lei
stessa nelle prove pratiche. Conferma
della necessità del matricidio simbolico
calata nel teen-contest stelle&strisce:
questo il senso, se di senso si può
parlare, della pellicola diretta da Tim
Fywell. Con una lista sterminata di
consorelle cinematografiche, Ice
Princess si costruisce sulle rette
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
A
> IN SAL
TIM FYWELL
Michelle Trachtenberg, Joan Cusack
Commedia, Colore
Buenavista
92’
convergenti della success story sportiva
e delle dinamiche madre-figlia. Prima di
approdare al suo sogno privato, la tanto
cara e tanto a modo Casey si sobbarca
sulle gracili spalle quello delegato della
madre e lo stesso vale per l’amichetta di
pattini. Ma nel finale, tutto si sistema e
non si butta via niente: le sue analisi
scientifiche serviranno alla cerbiatta
americana per migliorare lo stile sui
pattini e sperare nelle Olimpiadi.
Potremmo anche parlare del significato
di maternità delegata, ma sarebbe
sovrainterpretazione. Ridateci
Cenerentola!
intenzioni e urgente l’attualità del
tema, ma il film non decolla e si
trascina stancamente per oltre due
ore. Oltre ad auspicabili sforbiciate
qua e là – che non inficerebbero lo
sviluppo del film – a La piccola Lola
sarebbe giovato un cast d’attori
minimamente simpatetici o quanto
meno simpatici: al quarto litigio tra la
Carré e Gamblin lo spettatore inizia
sadicamente a sperare nel
fallimento del tentativo d’adozione.
Che dire? Sarà per il soggetto della
pellicola, ma agli effluvi di mercati e
pietanze ne La piccola Lola si
aggiunge il sapore stantio del cinéma
du papa.
ANDREA SPERELLI
LA PICCOLA LOLA
Adozione e difficoltà di coppia, firmati Tavernier
La storia di Pierre e Géraldine
(Jacques Gamblin e Isabelle
Carré), una giovane coppia francese
alla ricerca di un bimbo da adottare in
Cambogia, nasce dal romanzo di
Tiffany Tavernier, co-sceneggiatrice
con il marito Dominique Sampietro,
del film diretto dal padre Bertrand.
Tavernier pedina serrato la Via Crucis
della coppia tra pastoie burocratiche,
traffici di bambini, piogge
monsoniche, solidarietà e livori tra
connazionali, cogliendone le umane
vicende sullo sfondo socioambientale del Paese asiatico.
Rimanendo in bilico tra finzione e
documentarismo, il cineasta francese
imbocca la strada dell’inchiesta tout
court per comprendere quali
difficoltà i potenziali genitori europei
debbano affrontare. Buone le
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
BETRAND TAVERNIER
Jacques Gamblin, Isabelle Carré
Drammatico, Colore
Lucky Red
128’
62 RdC Luglio-Agosto 2005
A
> IN SAL
FEDERICO PONTIGGIA
RIMA
> ANTEP
LA TERRA DEI MORTI VIVENTI
Da Romero una metafora dell’orrore globalizzato. I suoi zombie sono terzomondisti
L’horror come metafora politicosociale, che attualizza le allegorie
apocalittiche di Edgar Allan Poe. George
A.Romero, il maestro dello “zombiemovie”, aggiunge un nuovo capitolo –
La terra dei morti viventi – alla
precedente trilogia. E si riconferma
autore appassionato non del macabro
fine a se stesso, ma della denuncia dei
veri “orrori” del mondo globalizzato
attraverso il filtro dello spavento e dello
“splatter” d’azione. Qui Romero fa
apertamente politica e sociologia. Non è
difficile rileggere in senso “no-global” la
storia dei morti-viventi (i rifiuti, le masse
diseredate dall’élite dell’occidente
SCENARI POST-ATOMICI E ALLEGORIE
ALLA EDGAR ALLAN POE
opulento) che si organizzano per dare
l’assalto al grattacielo dei ricchi
sopravvissuti, illusi in una torre d’avorio.
Mentre gli altri umani, nei bassifondi
della metropoli-fortezza, tirano avanti
fra droghe e vizi. Lo scenario è da film
“post-atomico, in cui una catastrofe ha
lasciato distruzione e lotta per la
sopravvivenza. I cadaveri ambulanti si
vendicano e si cibano dei vivi (il
grandguignol si vede, ma non troppo).
Una scena fortemente polemica e
allusiva rivela che gli zombie sono usati
come bersagli, carne terzomondista da
macello per il sadico sport dei “civili”
privilegiati. Il geniale humor
nero/sociale di Romero è affidato
all’espressivo zombie-benzinaio, che
capeggia la rivolta. Quando cosparge di
benzina l’auto del capo dell’élite
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
GEORGE A.ROMERO
Dennis Hopper, Asia Argento
Horror, Colore
Uip
93’
finanziaria (per dargli fuoco), si ricorda
il gesto di lavoro di quando era vivo,
ritorcendolo contro l’uomo di potere,
che disprezza gli zombie: “Voi non
avete nessun diritto!”. Il personaggio di
Dennis Hopper, con la presunzione di
trincerarsi nell’agio ignorando la
putrefazione che lo assedia, riecheggia
il principe Prospero del racconto di Poe
La maschera della Morte Rossa. Anche
lì il potente di turno si chiude nel suo
castello tra feste e vizi, mentre fuori
dilaga la Peste. La quale, da ospite non
invitata, penetra nel rifugio dei vivi
contagiandoli a morte. Proprio come gli
zombie del film, che fanno strage di
coloro che gozzovigliano impunemente,
censurando il dolore dei dannati della
terra.
MASSIMO MONTELEONE
Luglio-Agosto 2005 RdC 63
iFilmDelMese
A
> IN SAL
LA SAMARITANA
Dura parabola esistenziale dall’autore coreano di Ferro3
Kim Ki-duk parla del suo paese, sul
quale grava ancora l’ombra del
passato e si interroga sul futuro
chiedendosi quale sarà il suo destino. Il
tutto attraverso una moderna parabola
da cui emerge una radiografia della
Corea e del momento politico che sta
attraversando. Una ragazza si
prostituisce per andare in Inghilterra.
Sorpresa dalla polizia in un albergo
equivoco, si getta dalla finestra e muore.
Tormentata dal rimorso, l’amica decide
di punirsi affrontando la stessa prova.
Ma il padre la scopre… Sospeso tra il
crudo realismo e un assurdo che sembra
sconvolgere il quotidiano, La samaritana
LA REGIA ASCIUTTA E STRINGATA E’
STATA PREMIATA A BERLINO NEL 2004
64 RdC Luglio-Agosto 2005
è orchestrato in tre parti, tante quanti
sono i suoi personaggi. Se Yeo-jin, la
ragazza che si prostituisce, è la Corea
corrotta dai costumi occidentali, che ha
perso la sua innocenza e venduta la sua
anima; Jae-young, l’amica, è quella
parte del paese che sogna di lasciarsi
alle spalle il passato e, pur di riuscirci, di
accettare il compromesso con la
tradizione. Ma è anche quella che, di
fronte al precipitare egli eventi, sa
ritrovare la coscienza e la volontà di
riscattarsi con il sacrificio. Infine il padre
di Jae-young: la Corea dei percorsi
storici travagliati, in cui non è difficile
intravedere il generale Chun Doo Hwan,
l’uomo che portò il paese alla dittatura.
Tutto questo è però trasfigurato in un
alone dove la metafora si dissolve nelle
temperie del vissuto per vibrare di forti
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
KIM KI-DUK
Lee Uhl, Kwak Ji-min, Seo Ming-jung
Drammatico, Colore
Mikado
95’
tensioni, accenti religiosi e momenti di
tenerezza, impasto di contrastanti
episodi che sembrano annullarsi
reciprocamente nella loro stridente
avversità. La samaritana è anche una
parabola esistenziale punteggiata di
svolte che mettono a dura prova la
commedia umana: le sfide estreme, la
vergogna, il senso di colpa, l’offesa
dell’onore e dell’amor proprio, il
desiderio di vendetta, i momenti della
separazione. In questo senso è un film
rapsodico sulla ruota della vita,
sull’innocenza perduta e ritrovata, sul
senso del finito e dell’eterno che si
integrano e si completano. Regia
asciutta, stringata, prosciugata da ogni
impurità e meritatamente premiata a
Berlino 2004 con l’Orso d’argento.
ENZO NATTA
A
> IN SAL
IL QUINTO IMPERO
La storia come pretesto. Dal maestro De Oliveira, tra presente, passato e utopia
RIMA
> ANTEP
DANNY THE DOG
Jet Li si sdoppia con bravura in un action
ricco di temi e significati
L’apoteosi cinematografica di
Manoel de Oliveira si ebbe negli
anni Ottanta, con uno sperimentalismo
volto più alla conservazione, che
cercava di assecondare la finzione del
teatro piegandola alle esigenze del
cinema. Le Soulier de Satin fu
un’esperienza barocca, estrema:
insieme, i versi di Paul Claudel e la
cinepresa di de Oliveira, in un
contagioso scambio tra l’immagine e la
parola. A ventiquattro anni di distanza,
adottati i versi misticheggianti del
connazionale José Régio, il vegliardo
portoghese non rinnega il suo stile, i
suoi temi, i suoi raffinati estremismi
estetici: parole che diventano
rappresentazioni, utopie che si
trasformano in cinema. Gioco di titoli,
gioco di specchi, per il raffinato de
Oliveira, anche con Il quinto impero. Ieri
come oggi la storia si fa mito, il mito
raccoglie le pene e le ideali attese degli
uomini, che vivono di sacrifici, rinunce,
passioni, sguardi di infinito. Madame
Prouheze lasciava in pegno alla Vergine
una scarpetta di raso e s’immolava per
un patto d’amore, “dolore di una donna”
che rappresenta la fedeltà; una madre,
generosa insegnante di storia
portoghese, era la protagonista che
subiva la devastante follia umana nel
precedente Un film parlato, nel quale
una crociera della memoria e della
speranza iniziava proprio tramandando
il mito del re Sebastiano del Portogallo.
Ora quel mito diventa il soggetto della
nuova pellicola. Nel 2003 l’insegnante
solcava il Mediterraneo e incontrava la
convivenza di quattro culture (i primi
quattro imperi della famosa immagine
biblica) che discutevano davanti ad una
tavola imbandita; nel 1578 Sebastiano,
agognando un destino fatale, perdeva il
senso della storia e della realtà cadendo
nella battaglia di Alcácer-Quibir contro i
mori, il suo corpo realmente scomparso
e la sua figura entrata nel mito collettivo
del “ritorno”, ora della fratellanza
universale. Il film narra le ore notturne
prima della fatale decisione, presa dal re
allo spuntare dell’alba: non
un’omologata ricostruzione storica, ma
una storia presa a pretesto.
Messinscene pauperistiche, solo pochi
interni tendenti a colori cupi, sfarzosi
invece i costumi. Ma il vero sfarzo è
nella recitazione impeccabile, austera,
nobile di alcuni campioni del teatro
portoghese: nel loro fiume di parole, il
passato (ieri) vive nel presente (oggi) e
diventa utopia (domani). Si è
consapevoli che non è cinema per tutti,
ma è cinema patrimonio dell’umanità.
LUCA PELLEGRINI
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
MANOEL DE OLIVEIRA
Ricardo Trepa, Luis Miguel Cintra
Drammatico, Colore
Mikado
127’
Scenografie
minimali,
sfarzo
nei costumi e
recitazione
superba
Volgare e laido malavitoso, Bart
(Bob Hoskins) riesce sempre a
convincere i suoi rivali grazie a Danny
(Jet Li), cresciuto in cattività e
addestrato come un cane sin dalla
tenera età. Basta un comando del
padrone e, inconsapevolmente fedele,
uccide senza remore. L’incontro con un
accordatore di pianoforti, il cieco Sam
(Morgan Freeman), diventerà per lui la
molla per riprendere confidenza con la
vita. Ma Bart e i suoi scagnozzi
torneranno a cercarlo. Sceneggiato da
Luc Besson e diretto dal giovane
Leterrier, Danny the Dog riesce a
sintetizzare l’esplosione adrenalinica di
combattimenti all’ultimo sangue - nei
quali Jet Li furoreggia senza cedimenti
- con la riscoperta di un’esistenza
troppo a lungo negata. Il film scorre sui
binari paralleli di un doppio (e
ugualmente “acquisito”) rapporto filiale:
il padre aguzzino (un Bob Hoskins
straordinariamente cattivo) da una
parte, e quello amorevole dall’altra per
una visione dicotomica del mondo,
sommerso e violento nella
rappresentazione (altamente
spettacolare) dei combattimenti
clandestini, accogliente e luminoso in
superficie, ovattato dalla magia della
musica. La scoperta di un possibile
contatto umano, l’epifania del trauma
infantile e la consapevolezza di potersi
spogliare di un collare per troppi anni
indossato diventano gli elementi della
rinascita del protagonista, un Jet Li
convincente nella duplice
caratterizzazione di innocente e al
contempo inaudita violenza. Superbe
alcune sequenze e splendida la colonna
sonora dei Massive Attack.
VALERIO SAMMARCO
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
LOUIS LETERRIER
Jet Li, Morgan Freeman, Bob Hosckins
Azione, Colore
01 Distribution
103’
Luglio-Agosto 2005 RdC 65
iFilmDelMese
MINDHUNTERS - NELLA MENTE DEL SERIAL KILLER
Thriller ibrido che ammicca a 10 piccoli indiani. Lunga però la lista dei difetti
Variazione thriller-horror sul
tema di 10 piccoli indiani,
Mindhunters – Nella mente del serial
killer è una pellicola artificiosa con
qualche pregio e una serie notevole di
difetti. Se da un lato c’è il tema
interessante di un gruppo di giovani
agenti dell’FBI alle prese con
un’esercitazione su un’isola deserta che
deciderà il loro destino professionale,
d’altro canto ci troviamo a confronto
con un genere abusato, spesso,
incoerente quando – come in questo
caso – va eccessivamente sopra le
righe. Perdere quell’equilibrio quanto
mai necessario nel caso di un cinema
iperbolico è un po’ la caratteristica dello
stile del regista Renny Harlin, alla sua
prima prova dopo il prequel de
L’esorcista. Il cineasta di origine
svedese, infatti, precipita i suoi
personaggi in una spirale di eventi
quanto mai spettacolari, ma – in fin dei
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
RIMA
> ANTEP
RENNY HARLIN
Johnny Lee Miller, LL Cool J,
Thriller, Colore
Eagle Pictures
102’
conti – eccessivi ed incongruenti se si
pensa che, di fatto, il loro svolgimento
corrisponde al piano di un misterioso
serial killer infiltratosi sull’isola dove si
sta svolgendo il test.
Con l’apparizione per pochi istanti di Val
Kilmer e Christian Slater, il film che ha
per veri protagonisti LL Cool J e
Johnny Lee Miller segue un andamento
sospeso tra horror splatter e thriller
dalla vocazione di B-movie. Pur non
perdendo mai il ritmo per la sua ora e
mezza di durata il film soffre del
paragone con le suggestioni di una serie
di successo come C.S.I., trasformando
Mindhunters in un ibrido dal tono
grandioso, ma pur sempre troppo ibrido.
sopruso, rimettendo tragicamente in
discussione la sua già precaria
situazione. Coraggiosa riflessione sulla
condizione dei semiliberi, Sulla mia pelle
– realizzato dopo un’esperienza di due
anni a stretto contatto con i detenuti di
Rebibbia, con i quali Jalongo ha tenuto
un seminario di scrittura creativa – trova
evidenti connessioni con la cronaca dei
nostri giorni: il protagonista, ben
interpretato dal boemo Franek (doppiato
da Fabrizio Gifuni), verrà catapultato in
un fuori che non è in grado di
accoglierne i propositi di recupero,
abitato da gente che può dirsi libera
solo a parole. Le costrizioni, le
sopraffazioni e le umiliazioni creano
gabbie ancor più resistenti di quelle
costruite con le sbarre della galera e il
semilibero, dentro come fuori, non potrà
far altro che rimanere solo.
MARCO SPAGNOLI
SULLA MIA PELLE
Il reinserimento dei detenuti: riuscita e
coraggiosa riflessione di Valerio Jalongo
Ex rapinatore da qualche anno in
prigione, Tony Zanchi può
riassaporare il gusto della vita al di fuori
del carcere. A piccole dosi, però, come
previsto dal periodo di semilibertà che
lo reinserirà gradualmente nella società
degli uomini. Il lavoro in un caseificio di
giorno, il rientro in cella la sera. Ma
questa ritrovata esistenza finirà per
scontrarsi con la dura, ugualmente
stringente realtà del mondo dei “liberi”:
i suoi datori di lavoro, Bianca (Donatella
Finocchiaro) e Alfonso (Vincenzo
Peluso), quotidianamente minacciati da
usurai senza scrupoli, finiranno per
cedere parte della quota societaria ai
loro aguzzini. E Tony, dapprima
semplice osservatore, non potrà
trattenersi di fronte all’ennesimo
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
VALERIO JALONGO
Ivan Franek, Vincenzo Peluso
Drammatico, Colore
Lady Film
101’
66 RdC Luglio-Agosto 2005
A
> IN SAL
VALERIO SAMMARCO
A
> IN SAL
TRIPLE AGENT
Un intreccio di spie e politica ai tempi di Stalin. Da Rohmer, con leggerezza
Verso la fine degli anni ‘30,
nell’Unione Sovietica, il
maresciallo Tuchacevskij, ex ufficiale
zarista diventato in seguito un brillante
generale dell’Armata Rossa, si oppone
ai disegni di Stalin, che punta a un patto
di non aggressione con Hitler,
suggerendo invece di attaccare il Terzo
Reich per prevenire le sue mire verso
est. Costruendo false prove, Stalin
accusa Tuchacevskij di essere una spia
al servizio dei nazisti. Accusato di
tradimento, il maresciallo è risucchiato
nel vortice delle “grandi purghe” e
finisce davanti al plotone d’esecuzione.
Per tendergli questa trappola, Stalin si
SERGE RENKO SEMBRA IL SOSIA DI
HENRY FONDA IN SFIDA INFERNALE
serve di Nicolai Skoblin, anch’egli ex
ufficiale zarista. Eric Rohmer rievoca
questo sporco affare, una “spy-story”
degna di Graham Greene o di John Le
Carré, con la leggerezza di una
commedia tessuta attraverso gli intrighi
di trame salottiere, di forbita eleganza e
disquisizioni sulla funzione dell’arte che
sottendono alle occupazioni preferite
dell’alta borghesia. Fedele al detto di
Hoffmanstahl “la profondità va
nascosta in superficie”, Rohmer usa i
piccoli equivoci di un ménage
familiare come paravento di intrighi
internazionali e lo schermo dell’arte
come timone per governare il
dibattito politico in corso. In questo
“cul de sac” tutte le certezze sono
messe in discussione, comprese
quelle che si fondano sulla ragione.
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
ERIC ROHMER
Serge Renko, Katerina Didaskalou
Commedia, Colore
Bim
115’
Godard disse una volta che Rohmer è
un autore che saprebbe far ballare un
elefante sulle punte. Triple Agent ne è
la prova, così leggero da scivolare fra
le dita, eppure dotato di uno spessore
che schiaccia l’ambiguità dei giochi di
potere con la pesantezza di un
macigno. Il prezioso innesto dei Pathé
Journal (i cinegiornali francesi
dell’epoca), una fotografia color ocra
che stende una patina d’ ”antan”,
scenografie e costumi di primordine
contribuiscono a fare di questo film
un raffinato gioiello. A farlo risaltare
con estrema disinvoltura, fra tutti gli
interpreti è Serge Renko, che, con i suoi
baffetti ben curati e il portamento
eretto, sembra il sosia di Henry Fonda
in Sfida infernale.
ENZO NATTA
Luglio-Agosto 2005 RdC 67
iFilmDelMese
RIMA
> ANTEP
BUFFALO SOLDIERS
Irriverente denuncia del militarismo, che strizza l’occhio a M.A.S.H.
In un campo di
approvvigionamento nella
Germania Ovest, il caporale Ray Elwood
(Joaquin Phoenix) passa la vita
pensando a se stesso e a sfruttare la
sua posizione per arricchirsi.
Arruolatosi per sfuggire alla condanna
per un furto d’auto, il ragazzo ha
trasformato la sua vita militare in una
sorta di brokeraggio continuo di beni,
risorse e servizi. Al colonnello della
base (Ed Harris), rifila il numero
sufficiente di bugie per fare fronte alle
insicurezze dell’uomo dalla carriera
assai opaca. Ai suoi commilitoni spaccia
soprattutto droga, alcol e divertimenti
IL FILM ERA STATO “CONGELATO” IN
SEGUITO ALL’11 SETTEMBRE
68 RdC Luglio-Agosto 2005
che li aiutino a far fronte a un sevizio
militare di cui non capiscono
motivazioni e spirito. Un giorno, dopo la
disastrosa corsa di un carro armato per
colpa dell’ebbrezza dei suoi piloti, due
camion carichi di armi vengono lasciati
incustoditi. Per Ray è arrivato il
momento di diventare “ricco”,
barattando fucili e mitragliatrici con un
grosso quantitativo di eroina. La
sfortuna vuole che un nuovo sergente
(di ferro) arrivi alla base e cerchi di
raddrizzare il gruppo di smidollati,
imponendo misure draconiane. Ray
però non si piega e dopo avere sedotto
la figlia del superiore (Anna Paquin),
prepara la sua riscossa fino ad arrivare
ad un finale amaro, ironico e
pirotecnico. Un po’ Beetle Bailey (la
popolare striscia sull’esercito
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
GREGOR JORDAN
Joaquin Phoenix, Ed Harris, Anna Paquin
Commedia, Colore
Buena Vista
98’
americano degli anni Sessanta), un po’
M.A.S.H., Buffalo Soldiers esce in Italia
con anni di ritardo, perché ultimo del
gruppo di titoli rimandati o “sacrificati”
al rinnovato spirito patriottico
dell’America post-11 settembre. Icastico
e irriverente, questo film propone
Joaquin Phoenix al suo meglio, nel
rendere sullo schermo un uomo
talmente marcio dentro da essere
diventato quasi paradossalmente un
“puro”. In una cornice da black comedy
dove si estremizza, le bizzarre
avventure del soldato Ray costituiscono
lo spunto per una riflessione sulla noia
di portare una divisa di cui si
riconoscono i colori, ma di cui non si
comprendono – ammesso che ci siano
ancora – i valori.
MARCO SPAGNOLI
A
> IN SAL
LORDS OF DOGTOWN
Ritratto della California anni ’70. Attraverso lo sport, fra cronaca e fiction
RIMA
> ANTEP
DOGTOWN AND
Z-BOYS
La nascita dello skateboard, ricostruita
dalla testimonianza di un protagonista
Onde, strade e tavole: sono
questi gli elementi necessari e
sufficienti per raccontare la storia vera
di Jay Adams (Emile Hirsch), Tony Alva
(Victor Rasuk) e Stacy Peralta (John
Robinson), tre ragazzi di Dogtown, il
quartiere malfamato di Venice, che
rivoluzionarono lo skateboarding negli
anni ’70. La sceneggiatura di Lords of
Dogtown è firmata proprio da Stacy
Peralta, già autore del documentario
Dogtown and Z-Boys, mentre la regia è
di Catherine Hardwicke, che ritrova la
figlia Nikki Reed e le dinamiche sociorelazionali della sua fortunata opera
prima Thirteen. La rabbia giovane che
percorre le traiettorie sportive ed
esistenziali dei membri dello Zephyr
Skating Team pervade lo schermo,
animando le inquadrature e il
montaggio che le lega. In questo
pregevole isomorfismo tra contenuto
ed espressione sta uno dei pregi del
film, che beneficia tecnicamente della
consulenza di Peralta per le riprese
sullo skateboard. Seppur incline a un
certo schematismo psicologico – i tre
protagonisti coprono ciascuno una ben
definita area psico-emotiva – Lords of
Dogtown descrive la nascita del
moderno skateboarding quale pars pro
toto rispetto al contesto socio-culturale
californiano degli anni settanta. E fa
questo senza cadere nell’agiografia
nostalgica, mantenendo la camera a
pochi centimetri dalle tavole da skate
dei ragazzi, seguendone le evoluzioni
nelle piscine lasciate vuote per la
siccità, tallonando i loro dentro e fuori
nei vicoli degradati. Fast food e fast
love, amicizie logorate dalla
competizione, accettazione o rifiuto
della sovrastruttura commerciale,
rapporti familiari difficili, ovvero il lato
pubblico e quello privato dei ragazzi
uniti dallo zigzagare senza sosta delle
tavole. Smells Like Teen Spirits
cantava Kurt Cobain – di cui nel film
troviamo almeno tre o quattro sosia
credibili – e il film è saturo di questo
aroma speciale, fatto di hashish e sole,
sudore e salsedine, alcool e strette di
mano. Hit-and-run style, dunque, nella
vita e nel cinema, o forse nel cinemavita di Lords of Dogtown, a cui hanno
collaborato tutti i reali protagonisti
dell’epoca, quali Skip Engblom (Heath
Ledger) che con Craig Stecyk formò lo
Zephyr Team. Ed è da questo stretto
legame tra storia e finzione che deriva
la forza – se non la verosimiglianza –
del film. Un film che ha nel tuffo in
mare di Jay Adams sullo skate la sua
affascinante sintesi.
FEDERICO PONTIGGIA
REGIA
Con
Genere
Distr.
Durata
CATHERINE HARDWICKE
Emile Hirsch, Victor Rasuk, John Robinson
Azione, Colore
Sony Pictures
107’
Bellissime
le scene in cui
la macchina
da presa si
incolla alla
tavola per
seguirne le
evoluzioni
Dogtown negli anni ’70 era il
nome di una zona malfamata
compresa tra Santa Monica e Venice,
California. Qui Jeff Ho, Skip Engblom e
Craig Stecyk crearono lo Zephyr
Skating Team. I tre erano proprietari di
un negozio per surfisti, luogo di
pellegrinaggio per i teenager
innamorati della tavola. Gli Z-Boys
adattarono il loro stile ribelle e
funambolico dal surf allo skateboard
originando una nuova forma
espressiva, sfruttando come piste le
strade, i cortili delle scuole e le piscine
abbandonate. Lo Zephyr Team
partecipò a numerose competizioni
guadagnando fama negli States e nel
mondo. Il documentario ricostruisce,
attraverso fotografie, materiali di
repertorio e interviste, la straordinaria
avventura dello skateboard e
dell’innovativo “Dogtown-style”, dagli
albori seventies, al declino degli anni
’80 fino alla rinascita dello scorso
decennio. Il regista Stacy Peralta (1957)
ha iniziato ad andare sullo skateboard
all’età di 5 anni e ha fatto parte dello
Zephir Team. Considerato uno dei padri
fondatori dello skateboard moderno,
nel 1984 ha prodotto The Bones
Brigade Video Show, lanciando la
moda dello skateboard in video.
Narrato nella versione originale da
Sean Penn, il documentario ha riscosso
negli Usa un enorme successo di
pubblico. Le immagini si dilatano per
accogliere non solo le origini di un
nuovo sport, ma l’humus socioculturale degli skaters: la giungla
metropolitana ha nuovi guerrieri.
ANDREA SPERELLI
REGIA
Genere
Distr.
Durata
STACY PERALTA
Documentario, B/N, Colore
Fandango
91’
Luglio-Agosto 2005 RdC 69
Viaggio sulla luna
Abbonamento RdC
400 milioni di €
35 €
La differenza
è solo nel prezzo
✁
Desidero ricevere i 10 numeri della Rivista a € 35,00.
Allego la ricevuta del versamento effettuato sul
C.C.P. 223016 intestato a: Ente dello Spettacolo, via
Giuseppe Palombini 6, 00165 Roma. Resta inteso che
avrò tutte le garanzie riservate a chi si abbona.
Buono da compilare in stampatello e spedire in
busta chiusa (oppure inviare via fax allo 06/6637321)
a: Ente dello Spettacolo, via Giuseppe Palombini 6,
00165 Roma.
COGNOME E NOME
INDIRIZZO
C.A.P.
CITTA’
PROV.
TELEFONO
DATA
COD. FISC.
FIRMA
Informativa ai sensi dell’art.13, D. lgs. 196/2003
I suoi dati saranno trattati, manualmente ed elettronicamente da Ente dello Spettacolo - titolare del trattamento - al fine di gestire il Suo rapporto
di abbonamento. Responsabile del trattamento è: Ente dello Spettacolo - Via G. Palombini 6 - 00165 Roma - la quale, appositamente autorizzata,
si avvale di Direct Channel Srl - Via Pindaro, 17 - 20128 Milano. Ai sensi dell’art.7 D. lgs,196/2003 potrà esercitare i relativi diritti, fra cui consultare,
modificare, cancellare i suoi dati od opporsi al loro utilizzo per fini di comunicazione commerciale interattiva, rivolgendosi a Ente dello Spettacolo.
Al titolare potrà rivolgersi per ottenere elenco completo ed aggiornato dei responsabili del trattamento dei dati per tutte le fasi riguardanti la
gestione dell’abbonamento. Acconsente che i suoi dati siano trattati da Ente dello Spettacolo e dalle società con essa in rapporto di controllo e
collegamento e dalle suddette aziende terze per le finalità e secondo le modalità sopra illustrate?
SI
NO
rC
d
OK
Telecomando
Homevideo, musica, industria e letteratura: novità e bilanci dal cinema
DVD
Faccia a faccia
Economia dei Media
Libri
Colonne sonore
Tutto sui
fratelli
FOTO: PIETRO COCCIA
Taviani e Piva raccontano:
in coppia il cinema
vale doppio
Luglio-Agosto 2005 RdC 71
telecomando
DVD
Faccia a faccia
Di Alessandro Scotti
72 RdC Luglio-Agosto 2005
Economia dei Media
Libri Colonne sonore
CARY GRANT
Attore simbolo per Hitchcock e icona della commedia americana:
un cofanetto lo ricorda a poco più di cent’anni dalla nascita
SUSANNA!
Regia Howard
Hawks
Con Cary Grant,
Katharine Hepburn,
Charles Ruggles,
May Robson, Barry
Fitzgerald, Walter
Catlett, Ward Bond
Genere Commedia,
Bianconero
L’OMAGGIO E’ IN
TRE CLASSICI
RICCHI DI EXTRA
E DI CONTENUTI
SPECIALI
IL DIAVOLO È
FEMMINA
Regia George
Cukor
Con Katharine
Hepburn, Cary
Grant, Brian
Aherne, Edmund
Gwenn
Genere Commedia,
Bianconero
GUNGA DIN
Regia George
Stevens
Con Cary Grant,
Douglas Fairbanks
Jr., Victor
McLaglen, Joan
Fontaine, Sam
Jaffe
Genere Avventura,
Bianconero
Distr. Elleu
Multimedia
Cary Grant. Basta il nome ad
evocare l’epopea del cinema
americano anni Trenta. Si chiamava
Archibald Alexander Leach e il suo
debutto l’aveva avuto col teatro
musicale. Poi venne il cinema e con
esso il successo, tanto sullo
schermo che fuori. Noto
ammaliatore di dive, incarnò il
perfetto modello della star
hollywoodiana: “uomo oggetto”
ante litteram e “arbiter
elegantiarum” come volevano le sue
origini britanniche. Iniziò a calcare le
scene da giovanissimo quando, nei
primi anni di scuola, dimostrando
poco interesse per lo studio, venne
introdotto al Bristol Empire Theatre
da un elettricista part-time
incontrato nel laboratorio di chimica
della scuola. Il suo primo viaggio in
Usa (una tournèe a New York) è del
’20 quando, durante l’attraversata
atlantica a bordo dell’SS Olympic,
incontra Douglas Fairbanks. Sette
anni dopo i palcoscenici di
Broadway. Ma i suoi piani erano altri:
“Ho visto la luce – o meglio il buio
della notte – a Bristol, all’una di una
gelida mattina di gennaio, in una
casa di periferia dove, per
mancanza delle moderne comodità,
ci si manteneva a un passo dal
congelamento grazie a piccole stufe
a carbone. Da allora ho giurato che
avrei fatto di tutto per passare ogni
possibile momento della mia vita
dove il sole splende più caldo”. Alla
fine del 1931 Archibald Alexander
Leach ruppe il contratto con il suo
impresario e si trasferì a Los
Angeles dove trovò una seconda
patria. Hollywood lo accolse a
braccia aperte: gli impose di
cambiare nome (allora andavano
quelli corti) e i ruoli del seduttore –
ma soprattutto quelli del sedotto –
furono suoi. Lavorò con Stevens,
Hawks, Cukor e Capra accanto alle
dive più gettonate del momento: la
Bergman, Grace Kelly, Audrey
Hepburn e Sophia Loren. Divenne
perfino l’attore feticcio di Hitchcock,
che lo volle per Il sospetto, Notorius,
Caccia al ladro e Intrigo
internazionale. Non vinse mai un
Oscar (benché oggi se ne parli come
del miglior attore di tutti i tempi),
ma il riconoscimento arrivò tardivo
con quello alla carriera. Oggi, a
cent’anni dalla sua scomparsa, un
cofanetto ne celebra i successi
riproponendo tre note
interpretazioni. In Susanna (diretto
da Hawks per la RKO) è un
paleontologo un po’ goffo che,
durante i lavori per riportare alla
luce lo scheletro di un dinosauro,
s’imbatte nella bella Susan
(Katharine Hepburn). Inevitabile
quanto segue. L’affiatamento della
coppia si ripropone in Il diavolo è
femmina, dove i protagonisti sono
intraprendenti truffaldini che
uniscono la loro fantasia ai danni dei
malcapitati che incontrano. Diretto
da un monumento come George
Cukor il film non riscosse tuttavia il
successo sperato al momento
dell’uscita. In Gunga Din (siamo nel
1939 e dietro la macchina da presa
c’è George Stevens) Grant è in India
con i soldati di Sua Maestà alle
prese con i Thug.
Luglio-Agosto 2005 RdC 73
telecomando
DVD
Faccia a faccia
Economia dei Media
Libri Colonne sonore
KINSEY
La “rivoluzione sessuale” cambiò
negli anni ‘60 abitudini e mentalità di
mezzo mondo, ma il precedente su
cui poggiò le fondamenta risale al
1948. Fu allora che un volume
raccolse i risultati della ricerca
scientifica condotta da tale dottor
Alfred Kinsey sulla sessualità di un
vario campione di uomini americani.
Il titolo della ricerca era Sexual
Behaviour in the Human Male. Bill
Condon ripercorre la storia dello
scienziato americano, la sua vita e
l’attività di ricerca che lo portò
nell’occhio del ciclone. Fra gli extra 21
scene tagliate e audio 5.1 DTS
Super Size Me
Documentario in trincea contro i fast-food. A un passo dall’Oscar nel 2005
La cultura alimentare come
specchio dello stile di vita di
una società: il giovane newyorchese
Norman Spurlock (al suo debutto) fa
da cavia nell’esperimento che ha
fatto tremare le catene di fast-food
americane. Cercando di rispondere
all’interrogativo sulle cause
dell’obesità come fenomeno sociale
USA, Spurlock ha iniziato
un’inchiesta e coinvolto gli attori
principali su cui grava la
responsabilità della cattiva
alimentazione nordamericana.
Percorrendo in lungo e in largo la
nazione con due terzi degli adulti in
sovrappeso e il 37 per cento dei
bambini a rischio di obesità, ha
intervistato dietologi, insegnanti di
educazione fisica, cuochi, legislatori.
Ma non si ferma alle domande agli
esperti e ai dati scientifici il regista
(con un passato da stand up
comedian in locali periferici). Si
spinge oltre e si sottopone a un
esperimento che finisce per mettere
a repentaglio la sua stessa salute:
per un mese si nutre unicamente ai
fast-food per tre volte al giorno.
Risultato: undici chili in trenta giorni,
colesterolo alle stelle e tutto quanto
ne consegue, non ultimo un fegato a
pezzi. Il genere documentario sta
vivendo negli Stati Uniti il suo
momento di massimo splendore e i
risultati si vedono: la produzione di
Super Size Me (costato qualche
decina di migliaia di dollari) incassa
milioni e Mac Donald’s fa scomparire
dai suoi menù gli accattivanti
prodotti big e super.
il Cast Regia Morgan Spurlock Con Morgan
Spurlock Genere Documentario, Colore
UNA CANZONE PER
BOBBY LONG
Dopo la morte della madre, Pursy
decide di tornare alla città natale e di
andare a vivere nella casa materna.
La attende però un’amara sorpresa:
la casa è occupata da due uomini
che non hanno nessuna intenzione di
lasciarla. Inizia così una strana ma
importante esperienza per la
giovane e disincantata ragazza. Il
film è costruito attorno alla figura di
un Travolta disperato e disilluso,
cinico e ubriacone; il motivo
ispiratore è un romanzo inedito di
Ronald Everett Capps. Poveri gli
extra con galleria fotografica e
trailers.
Extra-Ordinari a cura di Marco Spagnoli
74 RdC Luglio-Agosto 2005
CARANDIROU
STEAMBOY - ED. SPECIALE
ALFIE - SPECIAL EDITION
Mai uscito in sala, il
film del regista del
Bacio della donna
ragno Hector Babenko,
propone l’interessante
commento audio
dell’autore, tornato al
lavoro dopo una lunga
assenza.
Venticinque minuti di
film in più rispetto
all’edizione uscita in
sala sono arricchiti da
extra che spiegano il
lavoro di Otomo
Katsuhiro al suo primo
lungometraggio dopo il
successo di Akira.
Dvd ricchissimo di
extra, tra cui due
diversi commenti audio
di regista, montatore e
cosceneggiatrice. Non
mancano un’analisi
dettagliata della
lavorazione e del mondo
di Alfie. Donne incluse.
IL SEQUESTRO SOFFIANTINI
Una vicenda drammatica della
recente storia italiana. A portarla
sullo schermo è Riccardo Milani, con
la complicitá di intepreti blasonati
del nostro cinema. L’imprenditore
bresciano Giuseppe Soffiantini,
rapito da un gruppo di banditi il 17
giugno 1997 e il suo rapporto con
Marco, uno dei rapitori con cui il
protagonista condivide origini e
valori, in un crescendo che culmina
in un improbabile scambio di ruoli.
Nel realismo della vicenda, il regista
tratteggia il dramma della famiglia e
la tensione all’interno dello Stato.
Edizione Speciale
IUnGRANDI
CLASSICI
DISNEY
secolo di cartoon e costume. Da Dumbo e La spada nella
roccia a Monsters & Co., in 29 titoli ed extra da capogiro
NASCOSTO NEL BUIO
Fra thriller e horror, John Polson
ripropone il tema dell’incerto
confine tra realtà e fantasia. Il dottor
Calloway (De Niro), colpito dalla
sciagura del suicidio della moglie,
decide di trasferirsi con la figlia
Emily nello stato di New York. Qui lei
(traumatizzata dalla morte della
madre) stringe un’amicizia con
Charlie, bambino immaginario.
Seguono eventi prevedibilmente
inquietanti, che spingono Calloway a
richiedere l’aiuto di una psicologa
per indagare su quanto ci sia di reale
in quella storia.
TE LO LEGGO NEGLI OCCHI
Delicata storia al femminile, le cui
protagoniste coprono tre
generazioni nel tessere un articolato
intreccio di sentimenti, conflitti,
tenerezze e nodi affettivi. Napoli fa
da sfondo alle vite di Margherita
(cantante alle prese con problemi
alle corde vocali) e della figlia Chiara,
logopedista, divorziata e madre di
Lucia. Il rapporto fra loro è da
sempre conflittuale, mentre Lucia è
letteralmente rapita dalla nonna. E’
proprio in questa relazione che
Margherita vivrà il suo ruolo di
madre. Produce Nanni Moretti.
A oltre cent’anni della nascita di
Walt Disney, fondatore e
creatore dell’universo dove tutto è in
armonia, la casa editrice del Topo più
famoso del pianeta presenta in Dvd
(l’iniziativa ha una durata limitata al
periodo estivo) alcune tra le più
classiche avventure del proprio
passato remoto, ma anche classici
recenti frutto della produzione
targata Pixar. I titoli proposti in questa
edizione speciale sono 29 e passarli in
rassegna equivale a ripercorrere un
secolo di storia del cinema
d’animazione. Disney evoca, in più di
una generazione, il sapore del sogno,
di un mondo fantastico popolato di
fate, principesse, animali parlanti, di
buoni e cattivi che hanno fatto ridere,
fantasticare, rabbrividire dalla paura;
evoca l’età magica dell’infanzia, quel
periodo irripetibile in cui fantasia e
realtà si fondono. Il viaggio attraverso
le tipologie di una casa editrice che
continua il miracolo di non invecchiare
mai è un viaggio attraverso i costumi
che cambiano. Prima tappa: Dumbo,
l’elefante zimbello da circo, che grazie
al sostegno del topolino Timoteo, suo
unico amico, impara a volare
diventando così un’improbabile
attrazione e guadagnandosi il rispetto
dei compagni di lavoro. Gli
Regia Peter Docter,
ardimentosi Bianca e Bernie sono
David Silverman,
presenti in due lungometraggi, Le
Lee Unkrich
avventure di Bianca e Bernie,
Genere
Animazione, Colore resoconto dell’eroico salvataggio di
Distr. Buena Vista
una bambina indifesa dalle grinfie
della perfida Madame Medusa, e
Bianca e Bernie nella terra dei
canguri, racconto di un’esotica
missione in Australia. Anni dopo
Pocahontas, trentatreesimo
lungometraggio Disney, ripropone una
leggendaria storia di amicizia e
coraggio: un vascello di coloni inglesi
approda nel nuovo mondo; l’incontro
della bella principessa nativa
Pocahontas e del capitano John
Smith cambierà il destino delle due
comunità. Oliver & Company riscrive
le avventure di Oliver Twist di
Dickens, facendo del piccolo orfanello
un vivace e coraggioso gatto e dei
suoi compagni di avventure - una
bambina da salvare, un losco gangster
da sistemare - degli intraprendenti
cani randagi. Il viaggio continua
riproponendo tanti successi quante
sono le stagioni del cinema che ha
saputo mettere d’accordo genitori e
figli: La spada nella roccia, l’ormai
classico Elliott, Taron e la Pentola
Magica, Hercules, Il Pianeta del
Tesoro, Saludos Amigos, Il Gobbo di
Notre Dame, Basil l’Investigatopo, Le
Avventure di Ichabod e Mr.Toad, Le
Avventure di Winnie Pooh fino ai
recentissimi A Bug’s Life e Monsters
& Co.
L’EVOLUZIONE DI FORME E
CONTENUTI RISPECCHIA
LA SOCIETA’ CHE CAMBIA
Luglio-Agosto 2005 RdC 75
telecomando
DVD
Faccia a faccia
Economia dei Media
Libri Colonne sonore
Di Paolo Aleotti
Paolo eVittorioTaviani
Alessandro Piva
Pensieri in libertà su arte, televisione e vita
L’incontro-scontro
generazionale di questo nostro
faccia a faccia coinvolge stavolta
quattro fratelli. Da una parte la
coppia più famosa e collaudata: Paolo
e Vittorio Taviani (S. Michele aveva
un gallo, Padre Padrone, Kaos, La
notte di San Lorenzo), che dopo
mezzo secolo di carriera fianco a
fianco scrivono, dirigono set e
rilasciano interviste praticamente
all’unisono. Dall’altra i più giovani
Alessandro e Andrea Piva (La
Capagira, Mio cognato) per i quali
(carattere, età o scelta di fondo?) la
divisione del lavoro è al momento
assai più netta. Andrea firma soggetti
76 RdC Luglio-Agosto 2005
sceneggiatura e lascia al maggiore,
Alessandro, la responsabilità della
regia, del confronto mediatico, e in
questo caso della parola. Da queste
doppie esperienze emergono vere
perle e preziose istruzioni per un uso
del cinema “di coppia”.
Le difficoltà iniziali
Taviani Il nostro primo film, Un uomo
da bruciare, lo abbiamo fatto con
molta difficoltà. Era dura in quegli
anni. Gli amici ci dissero: “Se non
volete fare la fame, c’è Carosello”.
Tanti si vergognavano, ma noi
abbiamo accettato subito. E’ stata
un’esperienza molto divertente.
All’inizio per
andare avanti
abbiamo fatto
Carosello. E’
stata una vera
palestra di
generi, che ci
ha formato e
chiarito le idee
Perché quando scegli uno stile
preciso perdi tantissime possibilità.
Con i Caroselli invece potevamo
sperimentare tutto. Stile americano,
francese, tedesco, macchina a mano,
dolly. Abbiamo imparato a girare in
pochissimo tempo. Questo ci ha
permesso di fare più esperienza e di
scegliere sempre e soltanto i film che
volevamo fare.
Piva Avevo provato ad esordire nella
regia seguendo i metodi canonici:
domanda al ministero, anticamera
nelle produzioni. Ma le attese sono
bibliche. Allora ho rotto gli indugi. Ho
rischiato di mio, dal punto di vista
finanziario. Il cinema ha tempi
lunghissimi. Anche quando va veloce
le idee invecchiano. Ma con La
Capagira ho avuto la sensazione di
aver agguantato l’idea con l’anticipo
necessario per arrivare al pubblico al
momento giusto. Molto nasceva da
mio fratello, storie di mondi che lui
conosce bene, bische notturne o
scene di vita quotidiana barese. Ma
Andrea si stava cimentando nella
scrittura, non pensava al cinema. Io
invece ero così convinto, che sono
riuscito a spingere lui e la troupe a
lavorare con un budget praticamente
nullo.
FOTO: PIETRO COCCIA
Registi contro?
Il cinema può
essere stress,
divertimento,
gratificazione.
La cosa più
bella, però, è
toccare fasce
molto diverse
di spettatori
Taviani Se c’è una pellicola che
risponde pienamente ai nostri criteri
di semplicità e insieme di complessità
questa è Padre padrone. Lo abbiamo
sentito nostro in toto. Ma quando ci
dissero “Andate a Cannes”,
rispondemmo senza esitazioni di no.
“Perché si parla di pecore - dicemmo perché non c’è neanche una donna”. I
nostri produttori dovettero insistere
molto per farci cambiare idea. Alla fine
ci convinsero. E meno male.
Quell’anno vincemmo la Palma d’Oro.
Piva Il primo film, La Capagira, ci ha
portato fortuna, qualcuno ha gridato
alla novità. Così è giunta l’occasione
per il secondo film girato nella stessa
città, Bari, con budget, ambizioni di
pubblico e contenuti profondamente
diversi. Tutto questo ha scatenato il
paradosso. Con il film a bassissimo
costo mi sono molto divertito. In una
operazione più “professionale” ho
faticato. Credo che nei film questo si
percepisca; quanto c’è di
divertimento e quanto di stress, di
fatica, di “professione”. Ciò che
dobbiamo ancora affinare è il
rapporto tra i nostri gusti e il modo di
lavorare e i gusti del pubblico. Credo
che col tempo ci riusciremo.
molto, molto profondamente.
Lo spettatore ideale
Taviani E’ quello che va a veder il
nostro film poi sale in macchina e
dice alla moglie: però, che bella
storia. E la moglie dice: sì, mi ha fatto
pensare a tante cose... Poi arrivano a
casa, magari vanno a letto. E
continuano a parlare del film.
Insomma, la cosa meravigliosa è
quando negli spettatori nasce un
altro film. Scaturito dalla storia che
abbiamo raccontato.
Piva Abbiamo fatto due film che
hanno guardato a due pubblici
diversi, pur essendo stati girati
entrambi in parte in dialetto e nella
stessa città. Il primo guardava ad un
pubblico giovanile, il secondo
guardava ad un pubblico più maturo,
più abituato al racconto
convenzionale. Mi piace l’idea che il
nostro lavoro aggiunga spettatori
diversi tra di loro. E nella storia del
nostro cinema esistono continui
esempi di quella miscela fantastica
rappresentata da un pubblico di
estrazioni totalmente differenti.
Silenzio e sollecitazioni
Taviani A noi piace ridere e piangere
al cinema, ci piace vederlo e ci piace
farlo. Ci abbandoniamo al cinema. E
nel farlo, accettiamo anche il rischio
della rinuncia, del rifiuto. Se non si
creano le condizioni per raccontare la
storia che vogliamo raccontare con
innocenza e passione, allora meglio il
silenzio.
Piva Un regista che lavora in un’epoca
come la nostra ha tante sollecitazioni e
suggestioni consce e inconsce.
Progetto per progetto, io penso di
essere accompagnato da tanti maestri
che senza saperlo, mi spingono, mi
motivano a qualcosa di personale, di
interiore. Di volta in volta c’è
Fassbinder, Rossellini, Scorsese, Fellini,
Kaurismaki, Kurosawa, Kitano, i
Taviani. E potrei citarne mille ancora.
Tutti con assoluta sincerità.
Il piacere (e lo stress) dello
spettacolo
Taviani Noi abbiamo deciso di fare il
cinema perché amavamo il cinema. E
facciamo il cinema per il piacere dello
spettacolo. Tante volte abbiamo letto
“ ..il cinema dei Taviani è
intellettuale.” Ma ci affascina
l’affabulazione. Non abbiamo mai
scelto di fare un film, se non c’era
una storia bella da raccontare.
Piva Il cinema per me è divertimento,
è consapevolezza di saperlo gestire
come mestiere; è gratificazione
enorme, è stress assoluto. Quando è
solo stress, solo lavoro, solo fatica
non è bello. Ma quando dà
soddisfazioni, quando capisci che è
un mezzo che amplifica le emozioni,
il tuo raccontare, e lo fa diventare
10.000 volte più potente, allora il
cinema è qualcosa che ti appaga
Luglio-Agosto 2005 RdC 77
telecomando
DVD
Faccia a faccia
Economia dei Media
Libri Colonne sonore
Di Franco Montini
Oggi sposi
Cinema e letteratura celebrano un rapporto di lunga data. E se i registi si ispirano in libreria, le produzioni
si danno alle stampe e gli editori pubblicano per il grande schermo
E’ solo un caso che i più clamorosi
fenomeni cinematografici delle ultime
stagioni, ovvero Il signore degli anelli
ed Harry Potter, nascano da libri di
grande successo? Probabilmente no,
tant’è che per il suo nuovo kolossal,
The Chronicles of Narnia, la Disney si
è ispirata alla saga fantasy di Clive
Staples Lewis e che il maggior
fenomeno editoriale degli ultimi anni
Il codice da Vinci di Dan Brown, è
stato immediatamente acquisito da
Hollywood e sta per diventare un film
con la regia di Ron Howard. Insomma
l’accoppiata letteratura/cinema,
libro/film è sempre più spesso una
garanzia di successo. Lo hanno capito
anche i produttori italiani e il
fenomeno è esploso anche da noi.
Sono una quantità i film in
lavorazione o comunque annunciati
tratti da una matrice letteraria:
Michele Placido ha appena terminato
le riprese di Romanzo criminale dal
libro di Giancarlo De Cataldo; Cristina
Comencini dirige La bestia nel cuore
dal romanzo scritto da lei stessa;
Roberto Faenza sta lavorando
all’edizione de I giorni dell’abbandono
trasposizione del romanzo di Elena
Ferrante. E ancora Gianni Amelio è
alle prese con La stella che non c’è
ispirato al romanzo La dismissione di
Ermanno Rea; Paolo Virzì è
interessato a Vita, il bestseller di
Melania Mazzucco; Daniele Luchetti
sta per portare sul grande schermo
Vita scriteriata da Il fasciocomunista
di Antonio Pennacchi ed anche due
romanzi di Massimo Carlotto stanno
per diventare film: Arrivederci amore
ciao per la regia di Michele Soavi e
L’oscura immensità della morte cui
sta lavorando Davide Ferrario.
Gabriele Salvatores sembra ormai
essersi specializzato nelle
trasposizioni: dopo Io non ho paura
da Ammaniti e Quo vadis, Baby? da
Grazia Versani, sta pensando di
trasferire sul grande schermo il libro
di un altro giovane scrittore: La scala
di Dioniso di Luca Di Fulvio, una storia
forte ambientata a Londra nei giorni
di capodanno al passaggio fra
Ottocento e Novecento. Per ciò che
78 RdC Luglio-Agosto 2005
riguarda l’Italia, il fenomeno è anche
una diretta conseguenza del successo
ottenuto da film come il già citato Io
non ho paura e soprattutto Non ti
muovere di Sergio Castellitto,
trasposizione dell’omonimo romanzo
della moglie Margaret Mazzantini. Ma
soprattutto per un cinema che
sembra aver definitivamente
rinunciato al minimalismo intimista
delle due camere e cucina, per
riscoprire il piacere della narrazione,
del racconto, dei personaggi, la
letteratura torna ad offrire, come era
accaduto anche in passato, trame
appassionanti, vicende
compiutamente strutturate,
personaggi ben delineati,
ambientazioni precise e dettagliate. In
poche parole la letteratura sembra
funzionare come antidoto alla
fragilità di certe sceneggiature esili
ed esangui. Nessuna sorpresa,
dunque, che il mercato dei diritti sia
in rapida crescita: nel mondo del
cinema si sussurra che Aurelio De
Laurentiis abbia dovuto sborsare
500.000 euro per assicurarsi un
pezzo pregiato come Io uccido di
Giorgio Faletti, la cui trasposizione al
cinema peraltro continua ad essere
rimandata. Forse si tratta di
un’esagerazione, ma è certo che il
costo dei diritti letterari sta
lievitando anche da noi. Quasi
impossibile ottenere le cifre esatte
dei singoli contratti, ma la fascia dei
bestseller viaggia ormai fra i 100 e
150 mila euro, perché le richieste si
stanno moltiplicando. E non è un
caso che siano nate anche specifiche
iniziative destinate a alimentare
ulteriormente i rapporti fra il mondo
del cinema e quello dell’editoria. Nel
mese di maggio all’interno della
Fiera Internazionale del Libro di
Torino si è svolta la seconda edizione
del Book Film Bridge (BFB),
un’iniziativa a cui hanno partecipato
150 società, 48 case editrici e un
centinaio di società di produzione
audiovisiva, provenienti da sette
diversi paesi, in cui gli editori hanno
presentato agli imprenditori di
cinema i propri progetti in vista di
Al fenomeno
consegue una
impennata dei
diritti. Quelli
di Io uccido
hanno sfiorato
la cifra record
di 500.000
euro
una possibile trasposizione in
immagini. “Il BFB - spiega Claudio
Papalia coordinatore dell’iniziativa si propone di fare conoscere con
anticipo al mondo del cinema le
novità letterarie in preproduzione.
Lo scopo è quello di consentire la
realizzazione di un film in
contemporanea con l’eventuale
successo editoriale del libro. In
Europa solitamente un film arriva in
sala cinque anni dopo l’uscita del
libro, quando il ricordo del pubblico
si è ormai cancellato.
In Usa, invece, un film arriva in sala
contemporaneamente alla
pubblicazione in edizione tascabile
del libro e i reciproci vantaggi sono
evidenti”. A testimonianza dei
rapporti sempre più stretti fra i due
mondi, ci sono altri due fenomeni da
segnalare: da un lato il fatto che
alcune società di produzione
cinematografica, segnatamente la
Fandango di Domenico Procacci e la
Colorado di Maurizio Totti, abbiano
abbinato alla produzione di film,
un’attività editoriale con la
pubblicazione di romanzi e saggi non
necessariamente dedicati al cinema.
Dall’altro il fatto che sempre più
spesso affermati sceneggiatori si
lancino come scrittori. In passato
accadeva spesso il contrario, ovvero
che noti scrittori si dedicassero al
cinema, come accaduto a Ennio
Flaiano, Alberto Moravia, Mario
Soldati, solo per citare qualche
nome, oggi invece accanto a
scrittori/sceneggiatori, come
Domenico Starnone, cominciano ad
affiorare gli sceneggiatori/scrittori,
come Franco Bernini, che ha
pubblicato con Einaudi La prima
volta, un romanzo ambientato sullo
sfondo del primo campionato
italiano di calcio o come Umberto
Contarello che, prendendo spunto da
una drammatica vicenda personale,
ha esordito in letteratura con Una
questione di cuore pubblicato da
Feltrinelli. Insomma le vicende di
cinema e letteratura sembrano
destinate ad intrecciarsi
ulteriormente.
Luglio-Agosto 2005 RdC 79
telecomando
DVD
Faccia a faccia
Economia dei Media
Libri Colonne sonore
Di Francesco Bolzoni
Biografie dal set
La fabbrica del successo
Boldi, De Sica e Comencini: professionisti agli antipodi
Massimo Boldi
& Christian
De Sica
Marco
Bertolino ed
Ettore Ridola
Gremese
Editore, Roma
2005, pp. 80,
€ 12,95
Luigi
Comencini
Jean A.Gili
Gremese
Editore, Roma
2005
seconda
edizione
riveduta e
integrata
pp. 144,
€ 18,50
Accanto alle monografie sui
registi – un “genere” consolidato
con collane “storiche” –, appaiono
sempre più frequentemente in libreria
volumi sugli attori affermati. L’ultimo
riguarda la coppia Massimo Boldi Christian De Sica, da diversi anni
trionfatori nel cinema-strenna. Due
giovani e bravi studiosi, Marco
Bertolino ed Ettore Ridola, li hanno
analizzati con l’attenzione dovuta ai
“maestri”: intervista, biografia,
filmografia con la descrizione dei
singoli film, bibliografia e un ricco
apparato fotografico. Boldi e De Sica
sono senza dubbio professionisti (il loro
curriculum rivela ostinazione e
costanza nei propositi), due
professionisti consapevoli, come
osserva De Sica, del pericolo di
fossilizzarsi nel cinema-strenna,
dell’oggettiva mutevolezza del
medesimo: “I nostri film,
drammaturgicamente parlando, sono
uguali uno all’altro, ma questo
paradossalmente rende il nostro lavoro
ancora più difficile […], raccontare lo
stesso film ogni anno e ogni anno far
ridere il pubblico…”. E ancora: “E’
chiaro che il resto te lo puoi permettere
se hai lo zoccolo duro di un pubblico
tuo”; puoi dedicarti a film che poi
magari non “vanno” solo se hai alle
spalle la pubblicità, i teleromanzi, il
teatro e un produttore (fu Aurelio De
Laurentiis a scoprire e a lanciare la
coppia) che, con l’occhio agli incassi,
continua a tenerti nel suo vivaio. La
necessità di disporre di un pubblico è
considerata essenziale anche da un
regista come Luigi Comencini che, per
certe sue concessioni a quello che
venne definito “compromesso” (film di
genere, però mai pubblicità), in alcune
stagioni del cinema italiano ha goduto
di un’attenzione malevola da parte
della nostra critica. Per via di due primi,
simpatici episodi della serie Pane
amore e… qualcuno lo annoverò tra gli
“affossatori” del neorealismo e non
bastò a fargli cambiare idea la riuscita
di Tutti a casa (1960), prima opera
importante di una carriera che, tutto
sommato, ha momenti memorabili. Non
è un caso che la migliore monografia
su Comencini venga dalla Francia e sia
dovuta a un saggista di notevole
spessore culturale quale Jean A.Gili.
Gili bene ha compreso la capacità di
Comencini di amalgamare in un
racconto momenti drammatici a scene
comiche e ha inteso, con finezza, la
rara qualità del regista di rendere
naturali i bambini (dall’iniziale Proibito
rubare del 1948 a La finestra sul Luna
Park del ’56, da Incompreso del ’67 a
Pinocchio del ’72, a Voltati Eugenio del
1980): “quei bambini che ossessionano
l’animo degli uomini senza qualità, quei
rimproveri viventi nei confronti dei falsi
valori che troppo spesso dominano il
mondo degli adulti”.
Da non perdere a cura di Giorgia Priolo
IL SECOLO DELLA REGIA
Lucilla Albano, Marsilio Editore, € 9,00
Alla domanda di Quentin Tarantino “Come fai a ricreare il
tuo stile in ogni film?” pare che Terry Gilliam abbia
risposto: “Semplice, assumo le persone giuste per farlo”.
Semplice sì, ma il concetto di “regista” e di “autore” è
molto cambiato dalle origini del cinema. Lucilla Albano si
sofferma sui momenti cardine di questo dibattito teorico-critico: le origini, la
nozione di regia nel cinema industriale hollywoodiano e in quello d’autore
tra gli anni ’50 e ‘60. Ma la sua ricognizione storica arriva fino alla fine del
XX secolo, analizzando brevemente come sia cambiato il ruolo del regista
grazie alle nuove tecniche, dal digitale al montaggio in Avid.
80 RdC Luglio-Agosto 2005
IL DOCUMENTARIO
Jean Breschand, Lindau Editore, € 12,80
Dopo la vittoria di Michael Moore a Cannes 2004 e il
successo di “film” come Super Size Me o La storia del
cammello che piange, il documentario comincia a essere
percepito dal pubblico per quello che è stato fin dalle
origini: l’altra faccia del cinema. Se avete amato Essere o
avere di Nicholas Philibert o avete trovato stimolante Bowling for
Columbine e volete una panoramica sull’evoluzione del genere
documentario e sugli autori e le opere più interessanti, da Robert
Flaherty fino a Chantal Akerman passando per Chris Marker e Joahn van
der Keuken, questo agile libretto fa per voi.
LA MUSICA AL CINEMA
Gilles Mouëllic, Lindau Editore, € 12,80
La rotazione dell’astronave di 2001: Odissea nello spazio
senza il valzer di Strauss sarebbe altrettanto mitica? Cosa
aggiunge la musica composta da Bernard Herrmann ai
capolavori di Hitchcock? Come sarebbero i film di
Tarantino senza le canzonette rock e pop o quelli di Lynch
senza i pezzi di Badalamenti? La musica non è solo uno degli elementi della
complessa architettura del film, ma uno dei più potenti. Mouëllic spiega
come l’efficacia espressiva della musica dipenda più dal suo posto in questa
architettura, che dalla sua qualità intrinseca. Agile e ricco di esempi, questo
breve saggio dà una prospettiva diversa e stimolante sull’analisi del film.
KATHRYN BIGELOW
Michela Caroselli, Editore Le Mani, € 11,00
Ex moglie di James Cameron, Kathryn Bigelow condivide
con il regista americano l’attrazione per l’acqua e la
passione per il cinema di genere. E’ una delle poche
registe che abbia saputo addentrarsi in modo efficace in
territori maschili come l’horror (Near Dark), l’action
movie (Point Break) o la fantascienza (il suo capolavoro Strange Days).
Scavalcando l’etichetta di autrice di genere al “femminile”, Michela
Carobelli approfondisce le tematiche dei suoi film, in primis la centralità
del Corpo, e arriva a definire la Bigelow come un esponente di spicco del
cinema americano “neoclassico”.
Luglio-Agosto 2005 RdC 81
telecomando
DVD
Faccia a faccia
Economia dei Media
Libri Colonne sonore
Di Ermanno Comuzio
Visto da vicino
LA CADUTA
Regia Oliver Hirschbiegel
Musica Stephan Zacharias
Da un film sugli ultimi giorni di Hitler ci si
potrebbe aspettare rimandi wagneriani a
tutto spiano, soprattutto dal Crepuscolo degli
dei. Niente di tutto questo, invece, da un film
il cui pedale sonoro è costituito dal rombo
delle artiglierie sovietiche che si fanno
sentire fin dentro il bunker dove il Führer si è
rifugiato. Rumori invano
coperti provvisoriamente
dai dischi di canzoni e di
ritmi che tentano di far
dimenticare la realtà. E in
un momento significativo lo
spostamento d’aria di una
esplosione vicina fa saltare
la puntina del grammofono,
trasformando la musica
spensierata in uno
sgradevole raschio. E’ giusto così, Wagner
avrebbe creato una cornice gloriosa agli
atroci ma squallidi eventi raccontati. Il
musicista Stephan Zacharias ha preferito
toni bassi e desolati, tocchi di pianoforte per
la breve passeggiata all’aria aperta delle
donne (musica e passeggiata interrotte da un
allarme aereo), un organo in sordina (che
sostituisce parole e rumori) sui suicidi dei
militari che non accettano la resa, un Adagio
finale sull’inevitabile conclusione. Ma anche i
suoni legati alla presenza dei vincitori
appartengono a una sfera tutt’altro che
gioiosa: i soldati russi danzano, fra le macerie
della Berlino appena conquistata, ma ben
presto un sibilo insistente si sovrappone alle
note festose, cancellando ogni parvenza di
euforia.
Niente Wagner,
per fortuna. Toni
bassi e pianoforte
fanno da sfondo
al dramma
Per tutti i gusti
LA DONNA DI GILLES
Un tipico valzerino nella
fisarmonica fa da sfondo alle
sopportazioni di una moglie
innamorata e hanno una
specifica funzione nei momenti
di tenerezza. Ma quelli del
dolore sono sottolineati da frasi
intense negli archi e, man mano
che ci avviciniamo alla fine ecco
accenti durissimi e rasoiate a
scongiurare ogni pericolo di
patetismo.
82 RdC Luglio-Agosto 2005
Senza senso
QUANDO SEI NATO NON
PUOI PIU’ NASCONDERTI
LE CROCIATE
Flauti, liuti, squilli di ottoni,
percussioni, vocalizzi, antiche
arie e laudi sacre, nonché pedali
elettronici usati in seno ad una
vasta orchestra sinfonica, diretta
dallo stesso compositore. Non
tutto rientra però negli standard
dei “kolossal”: singolare
l’intervento di archi intimistici e
lamentosi nel mezzo dei
massacri. Una specie di requiem
che abbraccia le vittime.
STAGE BEAUTY
Ai toni foschi, da thriller, che
guidano l’incipit succedono
soluzioni à la manière de, con
arpeggi, marcette da corte
regale, brani d’opera alla Purcell
e vigorosi cori vicini all’Orff dei
Carmina Burana. Il tutto spesso
contaminato da
accompagnamenti moderni,
rockeggianti addirittura. Ma la
vicenda è fortemente datata,
l’oggi non c’entra.
Regia Marco Tullio Giordana
Musica AA.VV.
E’ lo stesso Giordana, come
sempre, a scegliere le musiche.
Di solito con gusto sicuro
(prevalgono i classici), stavolta
è un flop. Ci sono canzoni
etniche, rock, musica da film
(Delerue e Nyman), i Madredeus,
Bach. Confusamente, come è
confuso il film.
fa la differenza
con oltre
1.400 voli
alla settimana
per 23 città
in Italia.
Albenga, Alghero, Bari, Bologna, Brindisi,
Cagliari, Catania, Genova, Lamezia Terme,
Lampedusa, Milano Linate, Milano Malpensa,
Napoli, Palermo, Pantelleria, Pescara, Pisa,
Reggio Calabria, Roma, Torino, Trapani,
Trieste e Venezia.
www.flyairone.it
Tel. 199.20.70.80 *
* Servizio soggetto a tariffazione specifica.
www.raicinema.it
Scarica

Scarica PDF - Cinematografo