S t o r i e
d a l l e
c i t t à
d i
f r o n t i e r a
Riproponiamo l'inserto su Mauro Rostagno che
Casablanca pubblicò nel giugno del 2011 in occasione
della manifestazione a Siracusa
CIAO
MAURO
Il 28 settembre a Trapani riprende il
processo agli assassini di Mauro Rostagno. Dopo 23 anni e tanti depistaggi,
dopo un'umiliante carcerazione della moglie di Mauro, dopo diecimila firme raccolte a Trapani per chiedere l'apertura, finalmente il 2 febbraio Vito Mazara e Vincenzo Vigra sono stati chiamati rispondere dei loro reati.
Ma il processo non è solo a loro due.
Il processo dovrà chiarire i contorni oscuri in cui è maturato l'omicidio. Alla sbarra ci sono anche la cosca trapanese di
Messina Denaro, la connivenza mafiapolitica, la massoneria trapanese, il traffico di droga, quello delle armi, gli appalti
pubblici.
Vito Mazara e Vincenzo Vigra sono
gli estremi di una penisola che si insinua
dentro il mare. Come Trapani.
Come per Peppino Impastato e Giuseppe Fava, le indagini si sono subito dirette contro i familiari, gli amici, i compagni, Lotta Continua. I carabinieri con
le loro veline hanno condizionato giornali e giornalisti (anche di sinistra), che
hanno sposato le tesi dei Cc, hanno taciuto sul trasferimento del poliziotto che sosteneva la pista di mafia: per poi versare
lacrime di coccodrillo quando la pista
mafiosa è apparsa indiscutibile.
Mafia al servizio della politica, politica al servizio della mafia: come ai tempi
di Peppino e Pippo. Ma ancor oggi questi
giornalisti “di sinistra”, in pieno processo, sempre battendosi il petto e versando
lacrime di coccodrilo, adombrano la vecchia tesi di “coinvolgimenti esterni alla
mafia”.
E ora c'è unaltro giornalista minacciato dai mafiosi, Pino Maniaci di Telejato,
tv nel comprensorio di Carini. Non lascamolo solo. Solo così impediremo la morte di un altro giornalista.
Lo raccomandiamo all'Ordine dei
Giornalisti e al Sindacato dei Giornalisti
siciliani, che si è costituito parte civile al
processo contro gli assassini di Mauro
Rostagno.
Lillo Venezia
Casablanca pagina 29
a cura di Lillo Venezia
CIAO MAURO
Rostagno contro
i “40 ladroni”
di Giorgio Zacco
L'Associazione Ciao Mauro apre tutte
le sue iniziative con un video in cui sono
state messi insieme i “pezzi” più significativi dell'attività giornalistica di Mauro.
Quando Mauro esce fuori dal ruolo di
giornalista e abbraccia Saveria Antiochia,
la mamma di un poliziotto ucciso dalla
mafia, alla fine di una intervista. Quando
partecipa emotivamente al dramma di
Giuseppina Ilardi mamma di un ragazzo
tossicodipendente molto legato a lui;
quando si oppone alle affermazioni del
potente deputato socialista Bartolo Pellegrino e quando prende in giro i boss democristiani Ciccio Canino e Salvatore
Rondello.
Per Mauro il consiglio comunale di
Trapani era “palazzo D'Alì e i 40
ladroni”. Altre volte filmava Mariano
Agate -boss mafioso di Mazara del Vallodurante il processo che lo vedeva imputato, registrando le sue espressioni di uomo
comune, demistificando tutto il suo potere. Altre volte andava ad un congresso
democristiano e filmava i partecipanti nel
momento del pranzo, mentre s'ingozzavano voracemente, sbrodolando sughi dalla
bocca.Mauro parlava di cose di cui, più o
meno, parlavano anche altri giornalisti
(allora la stampa era diversa da oggi). Ma
era il modo in cui lo faceva, a fare la
differenza. Era un modo irriverente,
musicale e non auto-referenziale, che
metteva le persone al centro della notizia.
Trattava le notizie in modo originale e
tutti gli argomenti erano trattati con lo
stesso rilievo, perché erano determinanti
per la vita della persone che ascoltavano
la televisione: l'acqua che mancava nelle
case e la “munnizza” nelle strade, erano
importanti come un fatto di cronaca, un
processo ai mafiosi o una notizia politica.
Tutte le notizie erano trattate in modo
inusuale. La leggerezza e l'ironia dei suoi
interventi televisivi mettevano a nudo i
mafiosi, i potenti e le loro malefatte.
Questo è stato Mauro per i trapanesi:
uno tsunami sotto un cielo plumbeo di
conformismo e rassegnazione, che con la
sua onda lunga incitava i trapanesi a
guardarsi intorno e a diventare protagonisti del loro futuro.
Mafia e politica uccidono così
Tutto ciò era intollerabile per il potere
politico-mafioso locale, e per questo
Mauro doveva essere eliminato. Tutti i
trapanesi n'erano consapevoli, e quando è
accaduto, erano certamente sconvolti, ma
non sorpresi. Tutti i ragazzi di allora sono
cresciuti sentendo dire a casa dai genitori: “A questo prima o poi l’ammazzano”.
I ragazzi di allora hanno raccontato questa vicenda ai figli e questi a loro volta, la
stanno raccontando ai nipoti, srotolando i
fili della memoria tra le generazioni.
Mauro è stato vissuto da tutti i trapanesi come un eroe laico positivo, un amico, un familiare con cui si è trascorso un
pezzetto di vita, una persona da ricordare
con tenerezza ed ammirazione, per il suo
rigore etico e per la sua pulizia morale.
La partecipazione della città ai funerali è stata enorme. Negli anni immediatamente successivi al suo omicidio, è stato ricordato con manifestazioni del Partito Comunista, della comunità Saman e da
un'associazione di giovani studenti, il
Circolo 26 settembre.
Una decina d'anni fa alcune associazioni tornavano a ricordare Mauro mettendo in scena la Trapani migliore, quella
del volontariato, quella dei ragazzi che
facevano musica, teatro, danza, quelli che
facevano le cose per il piacere di farle,
con amore e spontaneità. La Trapani, insomma, che sarebbe piaciuta a Mauro e a
cui Mauro piaceva. Da quest'attività
nasceva l'Associazione Ciao Mauro.
Nel frattempo sul fronte delle indagini imperava il più completo immobili-
Casablanca pagina 30
smo. All'inizio non fu messa in campo alcun'attività investigativa di un qualche rilievo. Errori, cialtronerie e depistaggi
hanno caratterizzato i primi anni d'indagini solo apparenti affidate ai carabinieri,
con il procuratore Coci che diceva che a
Trapani la mafia non esisteva, mentre “a
trapani avevamo i cani attaccati”, come
poi hanno spiegato diversi pentiti. Fu
negata la pista mafiosa, molto seguita dal
Commissario di P.S. Rino Germanà che
fu esautorato dalle indagini, a favore
un'improbabile “pista economica ed
interna”, che non aveva alcun
fondamento. Poi dopo circa otto anni,
con il procuratore Garofalo, si fece
l'attività investigativa che non era fatta
sino ad allora, ma, seguendo la cosiddetta
“pista interna”, con l'arresto di Chicca e
di altri della comunità. Una pista, che,
alla prova dei fatti, risultò inconsistente e
cialtrona.
Poi la competenza delle indagini passò alla Procura Antimafia, quando alcuni
collaboratori di giustizia -interrogati anche sull'omicidio di Mauro- lo attribuirono alla mafia trapanese. Ma, per altri dieci anni circa non è stata svolta un'attività
investigativa particolarmente intensa, limitandosi a registrare qualche altra dichiarazione di collaboratori di giustizia e
al balletto semestrale della chiusura delle
indagini, respinte con motivazioni improbabili, fidando delle opposizioni dei familiari.
Ad un certo punto, mentre era in pieno svolgimento il Ciao Mauro del 2007,
il capo della Squadra Mobile di Trapani
-Dott. Linares- nel corso di un'intervista
ad una tv locale ebbe a dire sostanzialmente che le indagini sull'omicidio di
Mauro si potevano fare se lo si voleva.
Noi, ascoltando questa affermazione, eravamo stupiti e arrabbiati.
Sapevamo che Mauro era tanto amato
dai trapanesi e ci rendevamo conto che
era necessario fare qualcosa; l'idea che
per risolvere il caso bastava un po' di
volontà e un po' di soldi (un centimetro di
autostrada?) ci chiamava ad una grande
responsabilità a cui non eravamo,
francamente, attrezzati.
CIAO MAURO
Frettolosamente, nell'arco della notte
che precedeva il Ciao Mauro, decidiamo
di lanciare da quel palco una raccolta di
firme su un appello alle istituzioni. Era
un atto volontaristico e piuttosto avventato -chi avrebbe raccolto le firme? Chi ci
avrebbe sostenuto economicamente?-, sicuramente esprimeva il comune sentire
della comunità trapanese.
Registravamo invece l'adesione entusiastica della società responsabile di Trapani, di Libera, della CGIL, delle associazioni del territorio, di gran parte del
mondo sportivo (volley e nuoto con il basket in testa, che a Trapani è una realtà
che sfiora la 1a serie), dello scautismo,
degli ordini professionali, dell'università
e delle amministrazioni comunali.
Così partiva la raccolta di firme con
l'obbiettivo di raccoglierne 5.000, subito
doppiato in 10.000, di cui ben 7.500 circa
nel circondario di Trapani.
Non dimenticheremo mai che quando
annunciavamo che avremmo raccolto le
firme in una certa piazza della città -dalle
17 alle 19-, ma arrivavamo tardi (perché
siamo esseri umani gravati dalle difficoltà della vita d'ogni giorno) e trovavamo
decine di persone ad attenderci per firmare, che ci rimproveravano bonariamente,
mentre piovigginava, mentre tirava forte
il maestrale e stare in mezzo la strada non
era certamente piacevole.
Non dimenticheremo mai il modo con
cui le persone venivano a firmare “per
Mauro”, senza neanche leggere l'appello,
per “la riapertura delle indagini”, consegnandoci con facilità il proprio documento, che noi chiedevamo per dare più pesantezza alla firma. Come dimenticare la
signora con due bambini al seguito e uno
in braccio, a cui ho chiesto “Signora dove
abita?” e mi rispondeva “in via Mauro
Rostagno e ne sono fiera”.
La raccolta di firme è servita a confermare, se ce ne fosse stato bisogno per
noi trapanesi, questa semplice verità condivisa da tutta la comunità: Mauro è stato
un cittadino trapanese amato dalla sua
comunità ed è stato ucciso dalla mafia.
Tutto quello che è successo o di cui si
è parlato (pista interna, moglie fedigrafa,
omicidio Calabresi ed altro) non ha mai
oscurato l'immagine che i cittadini trapanesi hanno di Mauro e la certezza granitica che fosse stato ucciso in ragione della
sua attività giornalistica.
Noi certamente non sappiamo se l'omicidio sia stato determinato da un fatto
preciso, da una causa scatenante, ma siamo certi che la fiducia nella possibilità di
un cambiamento possibile che Mauro stava seminando, dava fastidio a lor signori,
e che questo è bastato per deciderne l'eliminazione.Adesso grazie al processo cominciamo a capire che le cause scatenanti
c'erano eccome. Tutto ciò, sta diventando
certezza, il processo lo svelerà in modo
chiaro.
Tutto questo è stato possibile perché,
sotto la spinta delle nostre firme, i faldoni
dell'inchiesta sono usciti dai sottoscala
della procura antimafia e sono stati consegnati alla Squadra Mobile di Trapani.
E' bastato, guardare le carte con la necessaria attenzione, per scoprire che non
erano state fatte le indagini balistiche
(con i moderni sistemi che nel 1988 non
erano ancora in uso), grazie alle quali l'omicidio è stato attribuito alla mafia trapanese. Così siamo arrivati al processo. Finalmente. Con buona pace del killer, il
quale in un'intercettazione ambientale si
lamenta dell'intervento della pubblica
opinione, la quale spinge - dice- su una
storia vecchia e dimenticata.
Già vecchia e dimenticata! Noi l'abbiamo fatta ricordare! Per questo abbiamo ringraziato pubblicamente il killer,
perché ci ha spiegato l'importanza di ciò
che abbiamo fatto.
Adesso è sul processo che dobbiamo
vigilare. Ecco perché abbiamo fatto una
campagna affinché l'intera comunità fosse costituita come parte civile, ottenendo,
peraltro, anche in questo caso un gran
successo. Regione, Provincia, Comuni e
Associazioni sono dentro il processo.
Ecco perché, abbiamo organizzato
una grande “passeggiata” per accompagnare in aula Maddalena alla prima
udienza.
Forse questo processo non ci darà una
verità processuale. Certamente potrà dar-
Casablanca pagina 31
a cura di Lillo Venezia
ci una verità storica e politica, molto più
utile per i cittadini tutti e per chi ha in
animo di cambiare lo stato delle cose e di
coltivare la memoria per ricostruire il
senso di una comunità.
Infine questa è la semplice verità di
questa storia. Se, i cittadini riescono ad
esprimere il loro sdegno e la voglia di verità, i risultati arrivano perché il potere è
costretto a fare ciò che i cittadini vogliono che si faccia.
Anche la faccenda della stele per
Mauro, posta sul luogo dell'omicidio, va
vista in quest'ottica. Su quel pezzo di
marmo orribile, sono scritte in modo indelebile, accanto al nome di Mauro, tre
parole chiave: “Vittima di mafia”, vocaboli che racconteranno alle generazioni
future una verità che rappresenta il comune sentire della nostra comunità e che il
potere è stato costretto a scrivere.
L'unica nostra amarezza è che fuori di
Trapani di questo processo si parla poco.
Sembra una storia confinata alla cronaca
locale. Neanche i giornali più vicini al
“sentire” politico di Mauro, ne parlano
diffusamente. Per lo più sono utilizzate le
notizie d'agenzia, con commenti brevi,
scontati e poco approfonditi. Qualche eccezione è subordinata alla sensibilità personale di alcuni giornalisti.
Noi pensiamo che questo processo
debba servire a restituire l'onore a Mauro,
ai suoi familiari ed amici. A Lotta Continua. Ma pensiamo che debba servire sopratutto ad aiutare una comunità periferica e marginale, come quella trapanese, a
ricostruire i fili della memoria!, e ad acquisire il capitale sociale necessario per
compiere il percorso di liberazione dalla
mafia e dalla criminalità economica.
Trapani periferica e marginale, solo
geograficamente, in relazione all'Italia e
al resto d'Europa, ben sapendo quanto
essa è centrale invece rispetto al Mediterraneo e alla presenza sul suo territorio del
nocciolo duro e storico di Cosa Nostra,
che da qui pervade e inquina tutta l'Italia
e parte dell'Europa.
Ecco perché questa è una battaglia
politica importante, ci porta dritta al cuore del potere.
CIAO MAURO
“Suonava da dio
L'hanno ucciso i padroni”
di Giuseppe Barbera
Ricordo di Mauro Rostagno a Palermo
Evidentemente i dirigenti di Lotta
Continua avevano deciso di fare sul serio. Nelle fabbriche del nord il movimento era forte abbastanza. Insieme agli studenti e agli operai meridionali occupava
case, scuole e università e pensava che
fosse giunto il momento di fare la rivoluzione. Ma al sud, le fabbriche erano poche e a Palermo, per “rafforzare il partito
e prendersi la città”, quelli della segreteria decisero di inviare Mauro approfittando dell’occasione che padre Pintacuda
offriva al suo collega sociologo di avere
un contratto in università.
L’idea piacque subito a quella parte di
noi, militanti palermitani di LC, che avevano temuto con questa storia del partito
che fosse arrivato il momento di diventare come gli altri, come quelli di Avanguardia Operaia e del Manifesto: bravi e
seri compagni, molto “intellettuali comunisti”, ma certamente un pò noiosi.
Mi ricordo ancora delle critiche severe, quando sul giornale dedicammo un
pezzo a Jimi Hendrix che era morto di
overdose: il titolo, scritto da Mauro, diceva ”suonava da dio lo hanno ucciso i padroni”.
Noi di LC amavamo la cultura beatnik, gli hippies e i figli dei fiori ci erano
molto simpatici. Magari non avrebbero
fatto la rivoluzione, ma vuoi mettere il
piacere di cantare Dylan e i Doors ( o
Ivan della Mea e le nostre canzoni rivoluzionarie) a squarciagola, complice un po'
di vinaccio e qualche spinello furtivo e di
incontrarsi con il variopinto mondo giovanile della città, fuori da ogni ideologia,
sui prati di Villa Sperlinga pronti a lanciare la prima campagna contro l’eroina?
Mauro aveva fama già consolidata di
anticonformista, i compagni della segre-
teria lo avevano mandato a Palermo perchè la sua capacità comunicativa era immensa, affascinava tutti, operai e alto
borghesi. La prima cosa che fece fu subito coerente con la voglia, che mai lo abbandonerà, di cercare per sé e per gli altri
vite più felici. Scelse una casa tra i giardini della piana dei Colli, tra zagare e
gelsomini.
Ci fu subito (a me, a Mario e a Vincino) molto simpatico anche perché un segretario che suonasse la chitarra non ce
lo aspettavamo. E accettammo con lui di
provare a diventare un partito. Nella sede
molto ambiziosa di piazzetta Speciale
leggevamo e commentavamo qualcosa
che si chiamava il Catechismo dei Comunisti. Ma non durò molto scegliemmo
piuttosto l’intervento in fabbrica, ai cantieri Navali, il volantinaggio allo Zen, e
la propaganda davanti alle scuole.
Lì c’era il solito problema dei picchiatori fascisti: le prendevamo quasi
sempre e decidemmo allora di organizzare una denuncia pubblica; ricorrendo agli
archivi del quotidiano "L’Ora" più che
alla controinformazione, stampammo un
libretto dal titolo “Fascisti a Palermo”.
Mauro che odiava la violenza - mai
neanche nei terribili anni successivi ci
spinse ad azioni violente e di questo gli
sarò sempre grato - pensava che elencare
i loro nomi e le loro gesta sarebbe bastato. A guardare la luminosa carriera politica di molti di loro non servì proprio.
Ci finanziavamo vendendo le grafiche
che Mario Schifano o Sebastian Matta ci
regalavano e versando ciascuno una quota secondo le proprie possibilità. Organizzammo anche un cineclub, il circolo
Ottobre, che alternava i classici russi all’avanguardia americana, qualche concer-
Casablanca pagina 32
to al circolo La Base e un “mercatino popolare”: grazie ai compagni di Castelbuono comprammo a prezzi stracciati la carne di un intero vitello per rivenderla a
prezzo politico agli operai dei cantieri.
Mauro in quel tempo continuava a
tessere rapporti. Fu molto attivo nella
campagna contro l’abrogazione del divorzio: ricordo un’assemblea nella facoltà d'Agraria con Mauro Rostagno “sociologo” e Peppino di Lello, “pretore”. A
casa sua si incontravano gli operai dei
Cantieri e i lumpen dei quartieri periferici
ma venivano in continuazione a trovarlo
anche i suoi amici del nord, meravigliose
persone come Alex Langer.
Il suo amore per Chicca era grande e
nel frattempo era nata Maddalena, piccola palermitana. Me lo ricordo in lunghe
passeggiate con quel vecchio comunista
doc che è stato, e forse è ancora, Nino
Mannino: eravamo orgogliosi e speranzosi di questa amicizia tra vecchi e nuovi rivoluzionari.
Un privilegio solo a lui riservato erano le visite, magari accompagnato da Andrea Valcarenghi di “Re Nudo”, al villino
liberty occupato da un gruppo di hippies
cosmopoliti guidati da Carlo Silvestri: la
Comune di Terrasini luogo mitico e idealizzato di sogni erotici, bagni nudi nel
mare, viaggi psichedelici, musiche ribelli.
Ma poi si tornava al lavoro politico,
alle riunioni che Mauro conduceva intercalando un ragionare lucido e comunque
spiazzante ed anticonformista con espressioni come “non nascondiamoci dietro un
dito…non buttiamo il bambino con l’acqua sporca…non mettiamoci il prosciutto
sugli occhi…estremizzo per farmi
capire”.
CIAO MAURO
Portò a Roma, ad una manifestazione
nazionale per la casa, un vagone di signore palermitane dei quartieri popolari: per
molte di loro era certo il primo viaggio,
ebbero la testa del corteo e si divertirono
moltissimo, ma le femministe mai perdonarono a Mauro la gestione “maschile” di
tutta l’operazione.
Il suo capolavoro politico fu l’occupazione della Cattedrale; le donne senza
casa avevano una diretta interlocuzione
con il Cardinale Pappalardo. Non ricordo
quale fu l’esito della lotta, ma davvero
sembrava che la città stesse cambiando.
Pubblicammo un giornale, immancabilmente titolato “Sicilia Rossa”.
Le assemblee “intergruppo” le vincevamo facilmente: Mauro era il leader più
bravo, un grande comunicatore e grande
fu quindi la delusione quando nelle elezione del 76 noi che eravamo i più forti
in
città,
fummo
costretti
per
differenziarci a metterci in fondo alla lista: Mauro, ricordo, era il numero 26 e io
lo portavo in giro a far comizi. Fu una
sconfitta, prendemmo pochi voti, molto
meno dell’immaginabile e demmo uno
splendido esempio della litigiosità perenne della sinistra.
I tempi stavano cambiando. Di fronte
al rischio di cadere nel terrorismo, scossi
dal protagonismo delle donne, spaventati
dai primi disastri dell’eroina, sciogliemmo Lotta Continua.
Gli ultimi mesi Mauro li passò accentuando il suo spirito libertario, piuttosto
che costringersi e costringerci al ritorno
all’ovile provammo a sperimentare insieme le strade della creatività.
Ricordo bene come Peppino Impastato fosse contrario a quella che riteneva
una deriva e ho sempre pensato che la
scritta sotto la sede di Via Agrigento,
“abbasso i creativi che fanno i ricreativi”
l’avesse scritta lui pensando a Mauro.
Poi prese la strada di Macondo, degli
“arancioni” in India e poi di Saman a
Trapani dove ebbe a che fare con la Sicilia più schifosa.
Casablanca pagina 33
a cura di Lillo Venezia
Tornò a Palermo nel 1989 quando,
negli anni della primavera palermitana,
gli fu dedicata l’auletta al piano terra di
palazzo delle Aquile, il comune di
Palermo, dove discuteva la società civile.
Ancora oggi i frequentatori del palazzo la
chiamano così.
CIAO MAURO
Due vittime: Mauro
e la società civile
di Rino Giacalone
Trapani: una mafia che comanda
Mauro Rostagno non l' ho conosciuto,
non ho mai lavorato con lui, non ho condiviso con lui esperienze politiche, di lotta sociale e nient’altro di tutto quello che
lui ha saputo fare, non sono destinatario o
possessore di qualsivoglia eredità, non
faccio dunque parte di quella "fiera delle
vanità" che ogni tanto si allestisce attorno
al suo ricordo.
Una cosa che mi piace dire con assoluta fermezza, è che il 26 settembre del
1988 Mauro Rostagno è stato ucciso dalla mafia trapanese. Così sgombriamo subito il campo dalle miserabili storie di
corna, di spacci di droga, di tradimenti
politici all'ombra del delitto Calabresi,
affermando a chiare lettere che la mafia
esiste e non da ora, c’era nel 1988 e anche prima, e che oggi non si vede perché
si è trasformata e si è infiltrata dentro le
nostre quotidiane vite, facendo fuori personaggi scomodi come Rostagno, e chi ci
dice che non è così, e cioè che la mafia
non esiste perché è stata battuta, spesso si
comporta da “cicero pro domo sua”.
Cosa nostra trapanese, quella che
oggi sopravvive grazie al latitante Messina Denaro, ma non solo grazie a lui, ha
eliminato fulminandolo alla guida della
sua auto, Mauro Rostagno la bellezza di
ben 23 anni addietro, il 26 settembre
1988. Dico subito un’altra cosa. Non
sono tra quelli che vedono trame oscure,
intrighi, gialli internazionali, spie, traffici
di armi e droga, speculazioni internazionali, dietro il delitto.
Non li vedo dietro l’omicidio Rostagno ma non dico che questi traffici e queste commistioni nel trapanese non sono
esistite. Sostengo che Rostagno e' stato
ucciso perché non era a 100 passi dalla
mafia, come Impastato a Cinisi, ma era a
cinque passi dalla mafia, il suo editore,
Puccio Bulgarella, per dirne una, non
campata in aria, era uno che sedeva a
tavola in quegli anni con Angelo Siino il
ministro de lavori pubblici di Toto' Riina.
E Puccio Bulgarella, pace all’anima
sua, deceduto di recente, indagato anche
lui nel delitto per false dichiarazioni al
pm e poi finito archiviato, sarebbe stato
uno di quelli che aveva consigliato prudenza alla redazione guidata da Rostagno, solo che certi ricordi non si sono accesi al momento opportuno, ma qualcuno
degli ex collaboratori di Rostagno, se ne
è ricordato in Tribunale quando oramai
Bulgarella è scomparso.
A Trapani in quegli anni 80, quando
Rostagno faceva i suoi interventi dagli
schermi di Rtc, mandava i suoi giovani
giornalisti in giro con telecamera e microfono tra la gente, quando lui andava
intervistando Paolo Borsellino, Sciascia,
Cimino, le madri che avevano visto i loro
figli morire per droga o perché colpiti
dalla criminalità mafiosa, quando andava
in Tribunale a fare le pulci al processo
contro l’apparente quieto capo mafia di
Mazara Mariano Agate che all’epoca
aveva dato ordine ai suoi scagnozzi liberi
di dare completa ospitalità al super latitante Totò Riina, la mafia trapanese a
quell’epoca era ben salda, c'erano liberi i
più pericolosi killer che costituivano i
gruppi di fuoco di Cosa nostra, i mafiosi
entravano nei salotti, frequentavano le segreterie politiche, prendevano la quota
associativa a Cosa nostra riscossa dagli
imprenditori senza bisogno di tante intimidazioni.
Come ha spiegato l’ex dirigente della
mobile di Trapani Giuseppe Linares, Rostagno era circondato dai lupi e i lupi lo
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hanno azzannato. E dunque già questo
scenario basta a spiegare perché
Rostagno fu ucciso.
Quel 1988 era, si e' saputo con successive indagini, l’anno in cui a Trapani
la mafia si trasformava, i mafiosi diventavano loro stessi imprenditori, mafiosi
riservati erano eletti nei consigli comunali, entravano nei consigli d'amministrazione di societa', riuscivano e riescono
ancora oggi a garantire per le proprie imprese canali di pubblico finanziamento.
La presenza di Rostagno a Trapani, il
suo lavoro di giornalista, ovviamente suscitava preoccupazioni. Provate come ho
fatto io a leggere le cronache dei giornali
di quel tempo, nelle cronache provinciali
seguiva il filone che reggeva l'atmosfera
del tempo e che cioe' che la mafia non
esisteva, come disse nel 1985 il sindaco
di Trapani Erasmo Garuccio davanti ai
corpi straziati dall’autobomba di Pizzolungo. Rostagno non faceva, a leggere i
suoi editoriali , grandi denuncie diceva
cose che gli altri non dicevano, parlava
dei traffici della mafia, dei politici traffichini, di una città apposta lasciata sporca
e senza futuro.
La mafia trapanese che cominciava a
fare politica, gestire imprese, che dava
accoglienza ai super latitanti del momento, non poteva tollerare tutto ciò. Sentenze definitive emesse dalle Corti di Assisi
di Trapani ci raccontano che omicidi
sono stati decisi da Cosa nostra trapanese
anche per molto meno. C’e' poi un approfondimento che Rostagno stava facendo,
riguardava la presenza della loggia massonica coperta Iside 2 a Trapani, lui li' era
entrato, per capire, aveva parlato con i
capi di quella loggia e poi aveva sparato
il suo editoriale in tv.
CIAO MAURO
Quella loggia, si scoprirà,
non era sol luogo di incontro di
mafiosi,
politici,
colletti
bianchi, ma era qualcosa di più,
da li era passato Licio Gelli,
forse era servita da copertura al
turco Ali Agca nel suo viaggio
verso Roma per tentare di uccidere
il
Papa,
c’erano
frequentazioni con agenti libici
e di altri servizi. Una camera di
compensazione da non violare.
Forse non e' un caso che il
poliziotto che la ando' a
scoprire, l'allora capo della
Mobile, Saverio Montalbano,
fini presto trasferito a Palermo,
mentre gli iscritti a quelle logge sono
rimaste tutti ai loro posti e hanno fatto
anche carriera ancora oggi, comandano
settori vitali della città.
Mi fermo qui, aggiungo solo a proposito del processo in corso e che riprenderà il 28 settembre con la testimonianza di
Carla Rostagno, che non può restare non
considerato da chi oggi anche nel mondo
dell’informazione si occupa della mafia
sommersa, della cosiddetta trattativa tra
stato e mafia, perché in questo processo,
nel processo per il delitto di Mauro Rostagno, e' emerso chiaramente come in
quel 1988 i "cani" cioe' gli investigatori
erano attaccati come ha raccontato in
questi anni il pentito Giuffre', la provincia zoccolo duro della mafia, era inattaccabile, pochi investigatori, chi voleva indagare veniva messo da parte, mancavano mezzi e uomini, ma c’erano anche investigatori come alcuni dei carabinieri
sentiti già nel corso del processo che hanno portato le indagini sul delitto Rostagno verso altrove, tra le scartoffie sono
stati trovati, oggi, 23 anni dopo, verbali
importanti, ci potrà essere una ragione
per la quale Chicca Roveri la compagna
di Mauro, invece di essere sentita come
persona che poteva dare informazioni
sulla realtà vissuta dal suo compagno, è
finita invece in carcere; ci sarà una
ragione per la quale nessun investigatore,
a parte l’allora capo della Mobile Rino
Germanà, fatto fuori dalle indagini sul
delitto, e ci dovrà pur essere una ragione
su questo sulla quale qualcuno nel mondo
giudiziario dovrà pure dire qualcosa, si
accorse che la zona di Lenzi la sera del
26 settembre 1988 era al buio per un
corto circuito della linea Enel e che
l’operaio
incaricato,
Vincenzo
Mastrantoni morì ammazzato pochi mesi
dopo e quel Mastrantoni non era altro che
l’autista del capo mafia dell’epoca
Vincenzo Virga.
Si dirà che tanto è stato scoperto
dopo, vero, ma è anche vero che prima
quasi nessuno ha tentato di capirci qualcosa della mafia trapanese, e Vincenzo
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a cura di Lillo Venezia
Virga solo nel 1994 quando
oramai la campagna elettorale
aveva deciso il vincitore,
divenne, con una ordinanza di
arresto eseguita dai carabinieri
(ma lui sfuggì alla cattura
restando per sette anni latitante,
catturato il 21 febbraio 2001
dalla Squadra Mobile di
Trapani) per tutti il capo mafia
di Trapani, fino al giorno prima
era un imprenditore che
partecipava alle convention di
Forza
Italia
e
andava
incontrando le persone anche in
nome e per conto di Marcello
Dell’Utri il braccio destro di
Berlusconi.
E allora viene da pensare che un pezzo del “patto” scellerato tra Stato, mafia e
politica è stato anche scritto dalle parti
della provincia di Trapani e Rostagno fu
ucciso perché a quella trattativa poteva
anche arrivare. O comunque la sua voce
mentre si intesseva la trattativa dava fastidio.
E la sua morte non ha tolto di mezzo
tutti i fastidi, e forse anche per questo il
processo nei giornali continua ad essere
raccontato nascondendo la mafia e i suoi
agganci. Vincenzo Virga, mandante, e
Vito Mazzara, esecutore del delitto, non
sono gli unici responsabili della morte di
Rostagno, ma questo non significa che
bisogna beatificarli come c’è chi pensa di
fare trasformando loro in vittime: le vittime sono due, Rostagno, che ha perso la
vita poco più che quarantenne, e la società civile che non riesce ancora a trovare
la strada del riscatto. O meglio le si spengono attorno le luci per non farle vedere
bene ciò che la circonda.
CIAO MAURO
a cura di Lillo Venezia
“Grazie Mauro”
Intervista a Chicca Roveri
di Enza Venezia
La compagna di Rostagno racconta
Come hai vissuto e vivi il processo per
l’ assassinio di Mauro Rostagno?
Faccio molta fatica a raccontare del processo. Vi devo raccontare dei depistaggi?
Dei carabinieri che hanno subito scelto di
non indagare sulla mafia e sulle sue attività criminali? Su Trapani e i suoi massoni? Sulla mafia che ancora comanda a
Trapani, la stessa di allora? No, a voi siciliani accorti, esperti sulla propria pelle
di cosa è la mafia e i suoi orribili contorni, voglio solo ricordare cosa è Mauro
per me e per voi che lo abbiamo conosciuto ed amato. Mauro è il nostro sogno
che non si spezza.
I tuoi sogni si sono spezzati?
Quando ero giovane io volevo un mondo
più giusto, dove tutti potessero essere liberi e con eguali possibilità di felicità, i
ricchi non così ricchi e i poveri così irrimediabilmente poveri e soli. Dove, la
scuola e l'università desse a tutti, la stessa possibilità. Un mondo dove, la libertà
fosse un diritto di tutti, dove tutti
avessero il loro giusto posto, le donne, i
bambini, gli immigrati. Anche i mafiosi e
i politici corrotti avessero il loro giusto
posto. Il carcere
Oggi, guardando la realtà che stiamo
vivendo, sei delusa, arrabbiata? Credi
che tu, ma soprattutto Mauro, non vi
siete impegnati abbastanza?
Era una battaglia molto difficile, e in più
noi abbiamo sicuramente sbagliato molte
cose. Abbiamo usato toni sbagliati, eravamo giovani. I giovani sono estremi,
senza mediazione, intolleranti.
Mauro ha interrotto la nostra battaglia da
giovani, ha riflettuto, ci ha pensato sopra,
ha ammesso che era un bene che avessimo perso, perché non eravamo pronti e
così bravi da vincere. Ha fatto un giro di
360 gradi e si è schierato dove era giusto
collocarsi, contro di chi impediva qualsiasi anelito di libertà: la mafia e chi si
schierava con lei per impedirci di respirare, i politici del tempo, i vari servi di cui
da sempre il potere si serve per
opprimere. A Trapani, della mancanza di
libertà, Mauro ha visto il massimo del
peggio non ha potuto far altro che
combatterla, sapendo che rischiava la sua
vita. "io, Mauro, non posso e non voglio
accettare che la mia libertà sia
condizionata. Io voglio poter dire quello
che penso, quello che vedo. Io sono un
uomo libero". Era l’agosto del 1988, con
queste parole. mi comunica che non ha
paura di morire. Questo sentimento
profondo e fondamentale di Mauro è
l’unico motivo che mi fa accettare tutto
quello che ha dovuto patire mia figlia.
Cosa ti aspetti oggi ?
Mi aspetto, per compensare tanto dolore,
un'attenzione maggiore al processo. E mi
aspetto, forse da illusa, che tanti si ribellino a questa schifo di mafia. Se non sarà
così, sono orgogliosa che la mia famiglia
abbia pagato, e continuerà a pagare per
sempre, un prezzo perché il nostro sogno
non si spezzi. Grazie Mauro
PALERMO 25 SETTEMBRE
ORE 17.30 presso i giardini del parco della Favorita
IL SUONO DI UNA SOLA MANO
"Il suono di una sola mano. Storia di mio padre Mauro Rostagno"
di Maddalena Rostagno e Andrea Gentile. Introduce Bice Agnello.
In collaborazione con la Libreria Modus Vivendi.
Il libro: Mauro Rostagno crede che un giorno potrà sentire il suono di una sola mano che applaude: crede nell’impossibile.
Per questo sfida la mafia. Ma la mafia non ci sta e nel 1988 lo ammazza a colpi di fucile. C'è un prima. Ed è la storia di
Rostagno: leader del ’68 a Trento, fondatore del primo centro sociale italiano, seguace di Osho in India, giornalista a Trapani.
Un padre che ama sua figlia Maddalena. E c’è un dopo. Dal 1988 a oggi: ventitré anni alla ricerca di un processo. Depistaggi,
incongruenze, indagini e mancate indagini, passioni e speranze. Fino al processo, aperto solo il 2 febbraio dopo ventitre
anni.ed una raccolta di firme,diecimila,fatta dall' associazione “ Ciao Mauro”, grandi depistaggi ad opera dei carabinieri, che
hanno portato in carcere la moglie di Mauro Chicca Roveri, in seguito scarcerata.
Casablanca pagina 36
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Ciao Mauro - I Siciliani giovani