L’ Uo M O, DA D I O N I S O A C R I S T O
Mostra in itinere di scultura di Paolo Menon
Sotto l'egida di
WUCT UMEC
Union Mondiale des
Enseignants Catholiques
Vati ca n
Museo
della Permanente
di Milano
Palazzo del Vicariato
Maffei Marescotti
R o m a / Vat i c a n o
Basilica Romana
Minore di S. Nicolò
Lecco
Con il contributo di
IL CONSIGLIO
IN COPERTINA
A sinistra, il Portatore enoico di luce,
lampada da tavolo in biscuit di porcellana lavorata a chamotte su base di legno
nero, h. 22 cm, base 26,5x17,5.
Nel tondo, particolare del busto di
Alessandro Manzoni (titolo originale:
Ritratto di Antonio Ghislanzoni
ed Errico Petrella con il busto
di Alessandro Manzoni), attribuito
a Ettore Drisaldi, dipinto a pastello
su cartone, post 1869, 70x95 cm,
Musei Civici di Lecco.
A destra, il Getsemani, calix pro sancta
Missa. Le forme sculturali di questo calice
liturgico, pensato e realizzato da Menon
per Papa Benedetto XVI, raffigurano tre
momenti della vita di Cristo: Passione,
Morte e Risurrezione.
I multipli (30) sono in biscuit di porcellana e oro nell’ invaso, h.25 cm, 2008.
Still-life fotografici di Rinaldo Capra
e il patrocinio di
Comune di Malgrate
Diocesi di Verona
Comune di Perego
Unione dei Comuni
lombarda
della Valletta
REGIONE VENETO
Provincia di Verona
Ambasciata della
Repubblica di Bulgaria
R o m a
Comune di Verona
Accademia
di Scienze Umane
e Sociali - Roma
Coordinamento espositivo dell' Associazione Culturale Pelagus di Perego (Lecco)
a cura di Enzo Galeazzi in collaborazione con Roberta Trabucchi.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
3
Comune di Brescia
Associazione
Vera Brianza
L’ Uo M O, DA D I O N I S O A C R I S T O
Mostra in itinere di scultura di Paolo Menon
percorso artistico espositivo della trilogia dionisiaca
1a. Dei Tirsi divini (Valdobbiadene, Treviso, 2006) – 1b. Dei Tirsi divini (Gradisca, Gorizia, 2008)
2. Oinòdes (Monticelli Brusati, Brescia, 2010/11)
3a. L'Uomo, da Dioniso a Cristo (Roma-Vaticano, 2011)– 3b. L'Uomo, da Dioniso a Cristo (Verona, 2011)
3c. L'Uomo, da Dioniso a Cristo (Lecco e Malgrate, 2012)
Con la partecipazione di
L'Associazione culturale Pelagus ringrazia quanti hanno contribuito alla riuscita della mostra, in particolare: Bellavite Editore in Missaglia (Lecco) – Tommaso Scianna, Perego (Lecco) – Valerio e Giovanni Corno, Santa Maria Hoè (Lecco) – Sandro Maggioni, Monza (Monza Brianza) – Sergio
Petracchi, Merate (Lecco) – Gruppo Folclorico Firlinfeu «La Brianzola», Olgiate Molgora (Lecco) – Cavicchini Costruzioni Generali, Bagnolo San Vito
(Mantova) – Tecno design plexiglass, Monticelli Brusati (Brescia) – «Vino della Pace» Cantina Produttori Cormòns (Gorizia) – Associazione Altamarca, Valdobbiadene (Treviso) – Consorzio Vini Igt Terre Lariane, Montevecchia (Lecco) Via Butto, 1 (www.terrelarianeigt.it - [email protected])
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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L’ Uo M O, DA D I O N I S O A C R I S T O
Mostra in itinere di scultura di Paolo Menon
Palazzo del Vicariato Maffei Marescotti – Centro Culturale Card. Ugo Poletti – Roma -Vaticano, 11 maggio 2o11
Cattedrale e Chiesa di San Pietro – Biblioteca Capitolare Veronese – Verona, 27 agosto 2o11
Basilica di San Nicolò di Lecco e Quadreria Bovara-Reina di Malgrate (Lecco) – 1 settembre 2012
iii esposizione lecco & malgrate 2012
presentazioni di
M A RCO BENEDETTI
Assessore alla Cultura, Beni culturali,
Identità e Tradizioni della Provincia di Lecco
V IRGINIO BRI V IO
Sindaco di Lecco
Giovanni Codega
Sindaco di Malgrate
Mons.franco cecchin
Prevosto Basilica di San Nicolò, Lecco
carlo sprea fico
Don PAOLO M. V ENTUR A
Consigliere Segretario Ufficio di Presidenza
del Consiglio regionale della Lombardia
paola Panzeri
Coordinamento Associaz. Culturale Pelagus
Prevosto Vicario Basilica di San Nicolò
Sindaco di Perego e Presidente Unione
Comuni lombarda della Valletta
roberta trabucchi
GIUSEPPE mutti
Presidente Associaz.Vera Brianza
testi critici di
BEATRI X ERIK A K L A KOW ICZ
(i. Magnificat (...) – ii. Una singolare theologia crucis nell’era dei codici fiscali) Filosofa e teologa
giorgio falossi
(Cosa può trascinare un artista sulla via di Damasco?) Critico d'arte
con una breve riflessione di
alberto zaina , Critico d'arte. E un appunto dello Storico dell'arte guido folco
epilogo di
paolo menon
(Quelle giovani vite devastate dallo «sballo, dunque sono»)
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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Arte sacra e dionisiaca
tra le sponde del Lago
LECCO E MALGRATE: DUE MOSTRE PARALLELE E COMPLEMENTARI DI PAOLO MENON
di C a r l o S p r e a f i c o
Consigliere Segretario Ufficio di Presidenza
del Consiglio regionale della Lombardia
D
Dioniso e il mistero di Gesù.
Il Consiglio regionale è lieto di dare il proprio
contributo a questa iniziativa, di sicuro valore artistico e culturale, che arricchisce il panorama delle proposte che, grazie al sostegno delle
istituzioni, possono essere fruite dai cittadini lombardi.
Sono certo che l’ importante evento potrà rappresentare
un’ulteriore occasione di promozione del territorio lecchese. Una realtà ricca di laboriosa curiosità come la
terra lecchese è una sede significativa per ospitare una
mostra che affronta il tema della rinascita ad una nuova vita, anche con il contributo di una Musa.
L’ iniziativa è ancor più preziosa in tempo di difficoltà
come quello che stiamo vivendo, dove è faticosa la ricerca di spunti positivi di riflessione.
ioniso, figlio di Zeus, ucciso e
rinato a nuova vita. Gesù, figlio
di Dio, inchiodato su una croce,
risorto e salito al cielo. Sono curiosi gli elementi che legano le due
figure: mitologica la prima, reale e concreta la seconda.
Non è dunque così strana la scelta di Paolo Menon di
riunirle in un unico progetto creativo.
L’uomo, da Dioniso a Cristo affronta il tema della continuità tra cultura romana e cristianesimo, tra miti pagani e verità cristiane. L’autore intende così raccontare
l’ ingresso dal pagano al sacro di Cristo, uomo e Dio,
che ha cambiato la storia del mondo.
Per un artista che fa del nettare di Bacco, per sua
esplicita ammissione, la sua Musa ispiratrice, il vino
che diventa il sangue di Cristo è un ulteriore forte elemento che evidenzia come siano molti gli aspetti che
uniscono la cultura classica mediterranea, greca e
romana, a quella cristiana. In questo caso, il mito di
Ringrazio, anche a nome del Presidente del Consiglio
regionale Fabrizio Cecchetti, tutti coloro che hanno reso
possibile questo lavoro e in particolar modo l’autore. &
Nella pagina accanto, il poetico notturno della città di Lecco fa da sfondo alla lampada da tavolo di Menon («Portatore enoico di luce») ripresa di spalle
dalla sponda opposta di Malgrate. In alto, il busto di Alessandro Manzoni (particolare del dipinto attribuito a Ettore Grisaldi, Musei Civici di Lecco)
richiama, a due secoli dalla sua composizione (1812-2012), l'autore dell'inno «Il Nome di Maria», rievocato dalla prof.ssa Erika Klakowicz a pag.20.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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d i M a r c o B e n e d e t t i , Assessore alla Cultura,
Beni Culturali, Identità e Tradizioni della Provincia di Lecco
S
iamo lieti di far conoscere al pubblico della
provincia di Lecco le sculture di Paolo Menon, artista veneto, ma lombardo di adozione – originario di Villanova del Ghebbo, si è
trasferito a Milano e in seguito a Perego in
Brianza dove vive e lavora –, il cui nome è legato alla
«Permanente di Milano».
Con il proprio sostegno a L’uomo, da Dioniso a Cristo,
iniziativa di pregio artistico, la Provincia di Lecco proponendo due mostre parallele e complementari, intende sottolineare il significato artistico sotteso ai due eventi valorizzando nel contempo sia lo spazio messo a disposizione
dalla Parrocchia di San Nicolò nell’omonima Basilica di
Lecco, sia lo spazio espositivo della «Quadreria BovaraReina» di Malgrate. Un percorso dal «sacro al profano»
nel quale l’artista dimostra una piena maturità artistica,
rivelata in tutta la concretezza, sia tecnica sia espressiva.
L’evento offre al pubblico una serie cospicua di opere, alcune inedite, di questo interessante artista-scrittore ispirate
ai temi cari all’autore: è nota la passione di Paolo Menon
per il tema mitologico di Dioniso, sua musa ispiratrice.
Seguendo il tema di Dioniso, l’artista accosta alla paganità contemporanea delle sue sculture, altre di matrice sacra.
Come afferma Marta Mai, docente e critica d’arte, «Paolo
Menon è un artista speciale ed unico per la passione con
cui indaga il tema legato al mito di Dioniso. Il risultato è
emozionante, per l’originale competenza tecnica e per la
forte valenza comunicativa».
Frutto dell’ impegno collettivo degli Enti locali (Provincia di Lecco, Comune di Lecco, Comune di Malgrate e
Comune di Perego), della Parrocchia di San Nicolò e
dell’«Associazione Pelagus» di Perego, le due esposizioni guideranno i visitatori in un percorso artistico incon-
sueto che saprà suscitare emozioni in un «viaggio affascinante dal mondo mitologico sino ai giorni nostri» di
grande impatto emotivo.
A loro va il mio sentito ringraziamento, con l’auspicio
che il nostro territorio continui ad esprimere progettualità così elevate, contribuendo alla crescita culturale
della provincia di Lecco.
&
Due sedi per una mostra
ambiziosa in cui più culture
s'intrecciano e dialogano
di V i r g i n i o B r i v i o
Sindaco di Lecco
U
n tema ambizioso, una sfida difficile per uno
scultore che si accinge a rileggere due tradizioni
cardine della cultura occidentale: quella classica e quella cristiana. Al centro l’Uomo, con le
sue complessità e le sue contraddizioni, le sue
differenti anime e le sue possibili manifestazioni.
Diverse culture si intrecciano e proficuamente dialogano, diversi riti si confrontano e apparentemente si contrappongono, dando vita a riflessioni profonde e a ricerche stimolanti
rivolte alla natura umana e al suo rapporto con il divino.
Del mito di Dioniso e del mistero di Cristo hanno scritto e
parlato moltissimi storici, filosofi e teologi, ma Paolo Menon
tenta di interpretare e rileggere queste due straordinarie figure con i linguaggi dell’arte, da sempre capaci di emozionare gli interlocutori e di toccare il cuore degli spettatori.
Due le sedi per questa polimorfa esposizione: la «Quadreria
Bovara-Reina» di Malgrate, splendida terrazza affacciata
sulla città di Lecco, come cornice per la parte profana dedicata al figlio di Zeus; e la Basilica di San Nicolò, cuore
pulsante e punto di riferimento per i fedeli della nostra Città,
come tempio destinato alla dimensione sacra della mostra.
Dopo le prestigiose tappe in Città del Vaticano e presso la cattedrale di Verona, è per me una vera gioia e un grande piacere
poter vedere le opere plastiche di Menon ospitate nel nostro
territorio, tra le sponde del lago e le cime delle montagne. &
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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La «Quadreria Bovara-Reina» di Malgrate (Lecco)
UN PERCORSO ARTISTICO
INCONSUETO, AFFASCINANTE
E DI GRANDE IMPATTO EMOTIVO
natura umana e divina
nella prestigiosa
quadreria di malgrate...
Antonio Reina che lo ristruttura coniugando le esigenze
tecnico-produttive con l'eleganza delle linee neoclassiche.
La famiglia Stabilini rileva l'attività nel 1870 e nel 1924 la
cede ad Attilio Riva che continua la filatura sino al 1930
e successivamente introduce la produzione di isolanti termici, cessata definitivamente alla fine degli anni Settanta. Caduta in uno stato di abbandono per la ex filanda
viene, infine, approvato un progetto di ristrutturazione
dell'arch. Franco Stefanoni che, secondo le indicazioni
della Soprintendenza, realizza un restauro conservativo
della facciata a lago, parte bugnata e finestre ad arco, e
del salone con colonne al primo dei tre piani, con utilizzo
dello stesso per iniziative di carattere culturale.
Lo splendido salone con 8 colonne in pietra molera sorreggenti la volta, e affacciato sul lago, viene denominato «Quadreria» e dal 2008 ospita importanti mostre,
congressi e attività culturali realizzate dal Comune di
Malgrate o in collaborazione con esso, costituendo una sede espositiva unica nel
territorio lecchese.
&
...e un po' della
nostra terra
nelle sue opere
di G i o va n n i C o d e g a
Sindaco di Malgrate
A
rte e Fede: un connubio che, sin dall'origine dell'umanità, celebra il nesdi P a o l a P a n z e r i
so inscindibile tra bellezza e vita.
Sindaco
di Perego e Presidente dell'Unione
Il Comune di Malgrate ha il piacere e l'onodei
Comuni
lombarda
della
Valletta
re di ospitare, la mostra in itinere L'uomo,
da Dioniso a Cristo che, tra sacro e profano, esalta la
bellezza della vita attraverso la bellezza dell'arte.
ingrazio Paolo, di cuore, per aver deciso
Le sculture di Paolo Menon rappresentano al contempo
di chiudere il ciclo espositivo dedicato alla
l'altissima espressione dell'Ars Sacra e l'omaggio alla
sua personale L’uomo, da Dioniso a Cristo
natura e all'uomo: ringrazio l'artista per il prezioso conqui, nel nostro territorio.
tributo alla riscoperta dei valori sociali e culturali che
Dopo le prestigiose tappe a Roma, nelle mal'Amministrazione di Malgrate sta promuovendo.
gnifiche sale vaticane del Palazzo del Vicariato MaffeiLa cornice della mostra è la prestigiosa «Quadreria Marescotti e nella Cattedrale di Verona, le sue opere apBovara-Reina». Frutto della trasformazione in filanda, prodano, finalmente, nella Brianza lecchese.
alla fine del Settecento, della residenza privata della fa- Mi piace pensare, e mi perdoni Paolo di questo mio osamiglia Bovara, l'edificio passa, nel 1821, in proprietà ad re, che in questo suo lungo e profondo percorso artistico,
R
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
11
stico e liturgico, mettere a tema l’arte sacra, ripercorrere
la storia della nostra chiesa e riscoprire il significato
che la nostra «Collegiata prepositurale» sia diventata
Basilica Romana Minore, quando era prevosto mons.
Giovanni Borsieri.
Le prime notizie dell’attuale Basilica di San Nicolò risalgono al XIII secolo (il primo documento scritto che
ne parla risale al 1252), e venne con ogni probabilità
costruita su precedenti resti di fortificazione della città.
La prima opera di ricostruzione della Basilica iniziò
nel 1596, e proseguì a fasi differenti fino al 1774, quando l'edificio venne dotato di una facciata neoclassica,
con timpano triangolare e sei paraste ioniche.
Nel XIX secolo si pensò ad un ampliamento sostanziale
della chiesa. L'attuale aspetto fu progettato dall'architetto Giuseppe Bovara che vi lavorò dal 1831 al 1862. La
facciata venne invece terminata successivamente, nel 188183, ed il campanile neogotico, eretto su un bastione spagnolo,
risale al 1902-04. Alta ben 96 metri, la torre campanaria è
col tempo assurta a simbolo della città.
Pio XII nel 1942 concesse alla «Collegiata prepositurale di San Nicolò» la dignità di Basilica
Romana Minore. L'assegnazione del titolo
di Basilica minore ha lo scopo di rafforzare il legame che una singola chiesa ha con
arte sacra
il Vescovo di Roma e di evidenziare l'imnella basilica
portanza della medesima nella zona.
di san nicolo'
Attualmente, per privilegio papale, è
concesso il titolo di Basilica Romana
Minore ad alcune importanti chiese, per
di Mons. F r a n c o C e cc h i n
consuetudine immemorabile o concesPrevosto della Basilica di San Nicolò, Lecco
sione Apostolica motivata dall’antichità,
dalla grandezza, dal valore artistico, dalsignificativo celebrare
la spiritualità intensa, dall’essere luogo di
i primi 70 anni della elepellegrinaggio cristiano, dalla venerazione di
vazione della nostra Chiereliquie insigni e dal possesso di mezzi adeguati a
sa prepositurale di San Nicolò
(nella foto) a Basilica Romana Minore mantenere il decoro confacente a tale dignità.
proprio con il gesto di ospitare dal 1 settembre 2012, Resta fermo il fatto che fra le chiese di una Diocesi il primo
all’ ingresso della medesima, la mostra di arte sacra del posto e la maggiore dignità spettano alla cattedrale, nella
quale è collocata la cattedra, segno del magistero e della
famoso scultore Paolo Menon.
Sarà l’occasione propizia, attraverso un percorso arti- potestà del Vescovo, Pastore della sua Diocesi segno della
filosofico e religioso, vi sia anche un qualcosa della nostra
terra; mi piace pensare come la semplicità e la quiete di
quell’ameno angolo di Brianza, in cui da più di vent’anni
ha scelto di porvi la sua dimora abituale, possa, in qualche modo, trovare spazio nelle sue opere o, perlomeno, che
le sue opere vi possano trovare ispirazione.
La mostra: L’uomo, da Dioniso a Cristo, tratta un tema
difficile ed ambizioso. Fin dal titolo, richiama il confronto tra la cultura ellenica e il cristianesimo, tra due diversi modi di concepire l’uomo, la sua origine, la sua vita, il
suo destino, tra Dioniso, il dio greco simbolo del vitalismo
dell’esistenza e Cristo simbolo di un amore che salva sacrificando la propria vita.
Come ebbe a dire Paolo in occasione della prima esposizione, questo lavoro vuole contribuire ad esplorare l’ intimità umana, oggi in bilico tra le ideologie che, usando
le parole di Benedetto XVI il 9 agosto 2009 a Castelgandolfo, «trasformano l'uomo in un dio che fa dell'arbitrarietà il proprio sistema di comportamento e quelle invece
che mostrano il vero volto di Dio, che è ancora,
e al tempo stesso, il volto dell'uomo creato a
somiglianza divina. &
E’
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
12
comunione con la cattedra romana di Pietro.
La Santa Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti nel decreto «Domus ecclesiae»
esplicita il significato particolare di alcune chiese che
per la loro speciale importanza per la vita liturgica e
pastorale, esprimono il vincolo di comunione che unisce
la basilica minore e la cattedra di Pietro.
In questo decreto sono contenute anche la normativa e le
condizioni per ottenere il titolo di Basilica Minore. Tra le
condizioni richieste ne evidenziamo alcune: la chiesa deve
essere, nella diocesi, centro di vita liturgica e pastorale; la
chiesa deve godere di una certa celebrità in tutta la diocesi
(ad esempio, quando in essa è custodita la reliquia insigne di un santo che viene venerato); deve essere congruo
il numero di presbiteri dediti alla cura liturgico-pastorale
(l’Eucaristia, la confessione).
Da qui derivano impegni e doveri della nostra Basilica in
ambito liturgico-pastorale: nella basilica si promuove la
formazione liturgica dei fedeli; le celebrazioni liturgiche si
svolgono con grande cura; si promuove la partecipazione
attiva dei fedeli nelle celebrazioni liturgiche; per sottolineare
l’unità con la cattedra romana di Pietro, vi si celebrano, ogni
anno, con particolare cura: la festa della cattedra di San
Pietro, la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, l’anniversario dell’elezione o dell’inizio del supremo ministero
pastorale del Romano Pontefice.
Nell’anniversario della dedicazione della basilica, nel
giorno della celebrazione liturgica, nella solennità dei
santi apostoli Pietro e Paolo e nell’anniversario della
concessione del titolo di basilica, i fedeli possono ricevere
l’ indulgenza plenaria. Tutti questi elementi acquistano un
significato profondo se portano ciascuno di noi a far memoria riconoscente della storia della nostra Basilica anche
come edificio, frutto della fede e della generosità dei nostri padri, e se ci aiutano ad approfondire il nostro essere
comunità cristiana, inserita vitalmente nella Chiesa locale
ambrosiana in comunione con la Chiesa universale.
Lo stretto legame con la cattedra di Pietro potenzi in noi la
responsabilità di essere nel nostro territorio una chiesa che
faccia risplendere la bellezza e la bontà del seguire e di testimoniare Gesù, il Figlio del Dio vivente.
&
la bellezza al servizio
della liturgia
di Don P a o l o M a r i a V e n t u r a
Prevosto Vicario della Basilica di San Nicolò, Lecco
I
nteressante e nello stesso tempo avvincente è l’occasione che mi viene offerta ammirando le opere
d’arte sacra di Paolo Menon di riflettere in maniera umile e semplice sulla bellezza della liturgia.
Le sue sculture sembrano tradurre in maniera
tangibile le parole della Costituzione sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium al n.122: «Fra le più nobili attività dell'ingegno umano sono annoverate, a pieno diritto,
le belle arti, soprattutto l'arte religiosa e il suo vertice, l'arte
sacra. Esse, per loro natura, hanno relazione con l'infinita
bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa
dalle opere dell'uomo, e sono tanto più orientate a Dio e
all'incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non quello di
contribuire il più efficacemente possibile, con le loro opere,
a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio.
Per tali motivi la santa madre Chiesa ha sempre favorito le
belle arti, ed ha sempre ricercato il loro nobile servizio, specialmente per far sì che le cose appartenenti al culto sacro
splendessero veramente per dignità, decoro e bellezza, per
significare e simbolizzare le realtà soprannaturali; ed essa
stessa ha formato degli artisti».
Il genio artistico di Menon mette in luce in tutte le sue creazioni quella bellezza «sempre antica e sempre nuova» che
si riflette in maniera davvero mirabile nella liturgia e che
forse ai giorni nostri non siamo più in grado di cogliere
pienamente in quanto alla realistica crisi di evidenza del
senso della liturgia la pratica pastorale concreta oppone
strategie che sembrano per molti aspetti stravolgerne il senso autentico trasformandola di caso in caso in momento
didattico oppure in momento di «performance» non tenendo più in considerazione il rilievo assolutamente centrale
che la liturgia ha nella vita di ogni cristiano.
Scrive il Santo Padre Benedetto XVI, al n. 35 dell’Esortazio-
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
13
(continua a pag. 38)
se l'uomo nel suo delirio
di onnipotenza
aspira ad assumere
una posizione divina
rale. Un cammino di Umanità che
Paolo Menon ha voluto donare
al nostro territorio, mediante un
viaggio artistico che unisce l’antichità classica alla modernità e
all’attualità, chiaramente espresse nelle sue opere spesso con elementi plastici, tangibili.
Chiudo con le parole di una poesia
di David Maria Turoldo, in riferimento a un’opera di Menon che ben esprime l’ immagine
dell’epoca contemporanea: si tratta di una scultura fatta
di piastrine alfabetiche fittili e s’ intitola «Quando le parole
uccidono» (nella foto in alto). Questi tasselli, tutti uniti su
sei tele, danno forma al Crocifisso.
Scriveva Padre David: «Nessun fiume più rallegra la sua
città / non più calmi rivi la irrigano: / ed Egli è là, nel centro / remoto e inutile».
&
di R o b e r ta T r a b u cc h i , Coordinatrice dell'evento
per l' «Assoziazione Culturale Pelagus» di Perego
E’
un grande onore per l’Associazione
Culturale Pelagus curare un’esposizione di tale rilevanza e soprattutto per la
prima volta nel nostro territorio, nella
provincia di Lecco.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo: una mostra suddivisa in
due sezioni, una profana o «dionisiaca» e un’altra sacra, che quindi fa riferimento al messaggio eucaristico
di Gesù Cristo. E questo percorso che geograficamente
si snoda tra Malgrate, alle porte di Lecco, e il cuore della città, nella Basilica di San Nicolò, a un livello artisticamente intenso ci conduce dalla tradizione classica
dell’età greca a quella cristiana.
Si parte dunque da Dioniso, Dio della «contraddizione»
che è vita e morte insieme, gioia e dolore, benevolenza e
crudeltà, e che si esprime nell’avidità con cui gusta la vita,
slancio insondabile, per arrivare fino a Cristo, colui che da
onnipotente quale è ha scelto invece di venire sulla terra
e vivere nella nostra condizione, quella umana. La contraddizione – che è anche una rivoluzione – di Cristo sta
proprio in questo, nell’essere «umano» sulla terra al fianco
di un uomo che per definizione è un essere creato dall’onnipotenza divina, fatto a sua immagine e somiglianza e composto di materia e di spirito ma che spesso nel suo delirio
di onnipotenza, aspira ad assumere una posizione divina.
Ecco perché la centralità dell’Uomo diventa trait d’union
tra queste due divinità «contraddittorie», l’una archetipo
del vitalismo ma anche della sapienza, l’altra dell’amore divino infinito. L’Uomo, con la finitezza e la fragilità
che da sempre contraddistinguono la sua esistenza, sta
al centro di un vero e proprio percorso di crescita cultu-
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
14
Veduta di Perego (Lecco), foto di Sandro Maggioni
ne Sacramentum Caritatis: «Il rapporto tra mistero creduto e
celebrato si manifesta in modo peculiare nel valore teologico
e liturgico della bellezza. La liturgia, infatti, come del resto
la rivelazione cristiana, ha un intrinseco legame con la bellezza: è veritatis splendor. «Nella liturgia rifulge il Mistero
pasquale mediante il quale Cristo stesso ci attrae a sé e ci
chiama alla comunione. [...]
La bellezza della liturgia è parte di questo mistero; essa è
espressione altissima della gloria di Dio e costituisce, in un
certo senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra. [...] La bellezza, pertanto, non è un fattore decorativo dell’azione liturgica; ne è piuttosto elemento costitutivo, in quanto è attributo
di Dio stesso e della sua rivelazione. Tutto ciò deve renderci
consapevoli di quale attenzione si debba avere perché l’azione liturgica risplenda secondo la sua natura propria».
Le parole del Papa, come sempre, hanno il grande dono
della chiarezza. Ne deriva che non è accettabile alcuna
forma di minimalismo nella Liturgia. E questo, certo, non
per fare spettacolo o per un vuoto estetismo. Il bello, nelle
diverse forme antiche e moderne in cui trova espressione, è
la regola propria in virtù della quale risplende nelle nostre
liturgie, pur sempre pallidamente, il mistero della bellezza
dell’amore di Dio.
La bellezza di Cristo si riflette soprattutto nei santi e nei
cristiani fedeli di ogni epoca, ma non bisogna per questo trascurare o sminuire il valore spirituale delle opere
d’arte che la fede cristiana ha saputo produrre per metterle a servizio del culto divino.
La bellezza della liturgia si manifesta concretamente attraverso oggetti materiali e gesti corporei, di cui l’uomo
– unità di anima e di corpo – ha bisogno per innalzarsi
alle realtà invisibili e rinvigorirsi nella fede. Il Concilio
di Trento ha insegnato: «La natura umana è tale che non
può facilmente elevarsi alla meditazione delle cose divine
senza aiuti esterni: per questa ragione la Chiesa, come pia
madre, ha stabilito alcuni riti [...] per rendere più evidente
la maestà di un sacrificio così grande [l’Eucaristia] e introdurre le menti dei fedeli, con questi segni visibili della
religione e della pietà, alla contemplazione delle sublimi
realtà nascoste in questo sacrificio» (DS 1746).
vera BRIANZA: ACCANTO
Allo scultore di perego
per vivere L'EMOZIONE
DELLA sua duplice MOSTRA
di G i u s e p p e M u t t i , Presidente dell'«Associazione
Vera Brianza» di Monticello Brianza
P
aolo Menon a Lecco e Malgrate, e lo fa con la
mostra L'Uomo, da Dioniso a Cristo, sintesi di
otto anni di lavoro e ricerca tra sacro e profano.
Inaugurata nel 2006 a Valdobbiadene, in
Veneto, l'originale trilogia espositiva di Paolo Menon, che vive e lavora a Perego nel Parco di Montevecchia, è stata accolta nel maggio 2011 anche a Palazzo
del Vicariato Maffei Marescotti, in Vaticano. Ora esporrà
nella Basilica di San Nicolò di Lecco e alla Quadreria
Bovara-Reina di Malgrate, contemporaneamente.
L'artista ha infatti deciso di concludere il lungo percorso
espositivo della sua mostra itinerante privilegiando le
location della provincia lecchese rispetto ad altre, altrettanto prestigiose, che gli sono state offerte. Come poteva allora un'associazione come «Vera Brianza», che da
vent'anni si identifica con la storia e la cultura di questa
parte di territorio, non sostenerla?
Quando l'artista ha voluto incontrarci, siamo stati felici
di allargare la conoscenza a tutti i soci, nella nostra assemblea annuale e con le newsletter. Abbiamo ascoltato
Paolo Menon. Il momento è difficile per tutti, ma nell'attesa di vivere con lui l'emozione della sua mostra, faremo
il possibile per essergli accanto.
&
POST SCRIPTUM
Desidero esprimere la mia gratitudine e riconoscenza alle Istituzioni pubbliche e private, ecclesiastiche e culturali per il loro mecenatismo, nonché
per la sensibilità e profondità del loro pensiero concernente i miei lavori,
pubblicato sulle pagine di questo nuovo pamphlet. Desidero estendere inoltre
il mio ringraziamento all'amico Enzo Galeazzi, Segretario dell'Associazione
Culturale Pelagus di Perego e a quanti hanno contribuito generosamente alla
riuscita di queste due personali di scultura parallele e complementari. (P.M.)
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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Dal vernissage di Verona
Immagini di P i e r o P e cc h i o l i e M a u r i l i o B o l d r i n i
dalla Biblioteca Capitolare Veronese , Tornacoro della Cattedrale di Verona,
Chiesa attigua di San Pietro, Chiostro della Cattedrale e Vescovado
Verona, 27 agosto 2011. «Il sacro diventa scultura con Menon
che torna in Veneto, sua terra di
origine, e lo fa con L'Uomo, da
Dioniso a Cristo, personale che
l'artista, ora residente a Perego in
Brianza, ha inaugurato a Verona. Dopo
la grande esposizione del maggio scorso
al Palazzo del Vicariato M.M. (Vaticano),
le opere di Menon sono in mostra nel «Tornacoro» della Cattedrale e
nell'attigua chiesa di San Pietro. Nel 2006 Menon aveva presentato
«Dei Tirsi divini», ovvero parte di queste sculture a Valdobbiadene,
nel Trevigiano». [...] ©«Il Giorno», 2 settembre 2011, Sergio Perego.
L'inaugurazione della mostra presieduta dal vescovo di Verona, Mons.
Giuseppe Zenti (nella foto in alto con lo scultore), si è svolta nella
prestigiosa Biblioteca Capitolare Veronese. Profonda la magistrale
prolusione della prof.ssa Beatrix Klakowicz, responsabile Umec in
Vaticano. Mons. Antonio Finardi, arciprete della Cattedrale, ha esortato ad approfondire i contenuti non sempre facili
delle tante opere in mostra, penetrando lo spirito dell'artista.
Tra gli illustri ospiti intervenuti al vernissage va segnalata la
presenza di Mons. Rino Passigato Arcivescovo e Nunzio apostolico in Portogallo, il presidente della Provincia di Verona
Giovanni Miozzi, il Sindaco di Perego Paola Panzeri con Roberta
Trabucchi, Mons. Giancarlo Grandis, Vicario episcopale per la cultura della diocesi di Verona e don Stefano Peretti. Tra gli altri: il
giudice Luigi Fasanelli di Mantova, l'assessore Walter Catto di Valdobbiadene, i sostenitori Gaetano Cavicchini, Maurizio Pisana, Gian
Carlo Bozza e rappresentanti di prestigiose associazioni culturali.
In chiusura della mostra concomitante con la giornata conclusiva del
primo Festival della Dottrina sociale della Chiesa (Verona, 18 settembre), Menon con la moglie Dona sono stati ricevuti in Vescovado dal card.
Tarcisio Bertone. Il Segretario di Stato Vaticano ha ricevuto dallo scultore la Pisside con l'Agnello dell'Apocalisse in biscuit di porcellana e oro.
M agnific at
anim a mea Dominum
Testo critico di
beatrix erika klakowicz
Filosofa e teologa
Sopra, la statuetta originale «Mater Ecclesiae» di Paolo Menon in terracotta patinata, esposta al Palazzo
del Vicariato Maffei-Marescotti di Roma-Vaticano nel maggio 2011. Nella pagina accanto, il multiplo in bronzo a cera
persa, h 24 cm, esposto nel «Tornacoro» della Cattedrale di Verona tra agosto e settembre 2011. (Foto Maurilio Boldrini)
S
ono trascorsi esattamente due secoli da quando, il 19 novembre 1812, Alessandro Manzoni (pagina accanto) dava inizio a questo suo
Inno a Il Nome di Maria. Furono tempi turbolenti: seminando morte e disperazione nella loro impietosa confutazione del mito della ragione,
i quattro cavalieri dell’Apocalisse (6,1-8) non avevano
risparmiato alcun angolo d’Europa. Ma fu appunto tale
violento dissolversi di un’illusione a condurre l’insigne
figlio di queste terre alla riscoperta della fede, della
totale fiducia in Dio, dell’incondizionato affidamento
alla «Tuttasanta … inclita come il sol, terribil come
Oste schierata in campo»: una riscoperta, che
egli desiderava condividere con gli altri.
Comunque, il celebre scrittore non apre
il suo Panegyricus con una «trionfalistica» invocazione all’Advocata del
genere umano, «che i preghi ascolta
e le querele», ma la introduce come
umile sposa, che, «tacita» ed «ignorata dalla gente», esercita la sua signoria, facendosi vicina agli altri: aveva pronunciato il suo «fiat» per servire,
non per essere servita (cf. Mt 20,28).
In un memorabile discorso durante la sua visita a Nazaret (5 gennaio 1964) il venerabile Servo di Dio Paolo
VI disse: la Santa Famiglia «ci insegna il silenzio. Oh!
se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo
storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella
esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio
di Nazaret, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri,
intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete
ispirazioni di Dio».
Sono passati due secoli, i cavalieri dell’Apocalisse
continuano la loro cavalcata, e l’essere umano è sempre più assillato dalle preoccupazioni per il proprio
«Ego», trascurando le sofferenze e le necessità degli
altri. Ma «questo Dio che ha tanto amato l’uomo e
il mondo da mandare il suo Figlio Unigenito (cfr Gv
3,16), è il Dio della Vita, il Dio che porta speranza
Paolo VI: «La
vostra arte è quella di
è capace di rovesciare le situacarpire dal cielo dello ed
zioni umanamente impossibili» (Bespirito i suoi tesori e ri- nedetto XVI) . Perciò, «l’Amico degli
uomini», come Lo implora la liturgia
vestirli di colori, di bizantina,
ha posto nuovamente un artista
sulla
nostra
strada per farci riflettere
forma...»
1
e per convertirci in portatori di consolazione,
speranza e luce, usando un linguaggio diverso, ma più
comprensibile ai nostri tempi.
Il Maestro Paolo Menon non ci parla di questa presenza di Dio nel mondo e del suo interessarsi all’uomo in
versi, ma la esprime con una scultura, affinché si fissi
nella nostra mente e nel nostro cuore. Saint-Exupéry
affermò: «Solo con gli occhi del cuore si vede bene».
Cambiando la forma d’espressione ma non il tenore del
messaggio, lo scultore crea un’opera di modeste dimensioni, ma di immenso contenuto, perché arte significa pur
sempre: «dentro ad ogni cosa mostrare Dio» (Hermann
Hesse). Inoltre, l’artista è ben consapevole che quanto
meno l’opera è ripetizione stereotipa, tanto più suscita l’interesse, stimola la riflessione.
Così Paolo Menon mostra il Re dell’universo, inizio e
fine, ma anche centro di tutto il creato e della sua storia
(Teilhard de Chardin), in modo, direi, insolito, eppure già
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
20
«Tacita un giorno a non so qual pendice
Salia d’un fabbro nazaren la sposa;
Salia non vista alla magion felice
D’una pregnante annosa;
E detto: “Salveˮa lei, che in reverenti
Accoglienze onorò l’ inaspettata,
Dio lodando, sclamò: Tutte le genti
Mi chiameran beata» *.
* Dall'inno: «Il Nome
di Maria», 1812
Alessandro
Manzoni
ritratto
da Francesco
Hayez (1841),
Pinacoteca
di Brera,
Milano.
Nella pagina
accanto, Papa
Paolo VI
al Congresso
Eucaristico
nazionale
di Pescara
nel 1977.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
13
presente nella teologia orientale dell’epoca tardo-antica.
Infatti, guardando la statuetta della Mater Ecclesiae, si
deve constatare che essa non «copia» alcuno dei numerosi
modelli, che nel corso dei secoli hanno cercato di cogliere
un particolare aspetto del singolare rapporto tra la Madre ed il Figlio. Maria regge, sì, il Bambino in braccio;
lo contempla, sì, con tenerezza materna; dal canto suo, il
Figlio si stringe, sì, alla Madre. Ma questo essere insieme
non corrisponde ad una «sacra conversazione» tra Maria
e Gesù, perché il divino Pargolo non guarda la Madre,
non afferra la veste della Vergine in cerca di intimità, non
vuole troneggiare sulle ginocchia della Gratia Plena; il
Bambino guarda noi, quasi volesse esser preso in
braccio da noi; e «tira la veste della Madre»,
come se volesse sollecitarla a consegnarlo a noi, anticipando in qualche modo
la Terza Parola di Cristo crocifisso (cf.
Gv 19,26-27). E Maria non si oppone a
questa volontà del Figlio, a questa consegna nelle mani degli uomini, perché
non guarda solo a ciò che Dio ha operato
in Lei, ma anche a ciò che ha compiuto e
compie continuamente nella storia.
Sant’Ambrogio, in un celebre commento al Magnificat, invita ad avere lo stesso spirito nella preghiera
e scrive: «Sia in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per
esultare in Dio (Expositio Evangelii secundum Lucam 2,
26: PL 15, 1561)» (Benedetto XVI)2. In questa visuale cristologica e mariologica insieme, la scultura della
Mater Ecclesiae richiama, in forma oltremodo eloquente
e dall’effetto più immediato ed incisivo, il più profondo
significato di Ecclesia quale Corpus Christi Mysticum e
soprattutto una delle colonne portanti dell’Ecclesiologia
di ogni tempo e luogo: l’unione mistica dell’anima, di
ogni anima, con il Logos, caratterizzata da Origenes (In
Canticum comm. prol. 85; In Ieremiam. hom. 14, 10)
come nascita di Dio nel cuore dell’uomo, di ogni uomo, e
la sua crescita nell’anima umana, una formulazione tanto
apprezzata non in ultimo da sant’Ambrogio e sant’Agostino, nonché dalla profonda e duratura influenza su dot-
trina e pratica ascetica (rinuncia e mortificazione) e, in
ultima analisi, sul senso di martirio e sofferenza.
È significativo che proprio nei momenti particolarmente precari del Novecento la teologia occidentale – penso
innanzi tutto a Hugo Rahner3, Hans Urs von Balthasar4
e Henri Crouzel5 – ha voluto agganciare la «battaglia»
contro il comprensibile sgomento dei cristiani non al
contemptus mundi, bensì alla Gottesgeburt im Herzen des
Menschen, alla nascita di Dio nel cuore umano secondo
il grande Alessandrino.
La Beata Vergine è modello insuperabile, unico ed irripetibile dell’Incarnazione; «ma il suo significato spirituale riguarda ogni cristiano. Esso, in sostanza, è legato alla fede: infatti, chi confida
profondamente nell’amore di Dio, accoglie in sé Gesù, la sua vita divina, per
l’azione dello Spirito Santo» (Benedetto XVI)6. In tal senso, la Mater Ecclesiae del Maestro Menon esplica in
modo stupendo il passo dell’Evangelista Luca (11,27-28): «Mentre parlava
così, una donna, dalla folla, alzò la voce
e disse: «Beato il ventre che ti ha portato
ed il seno che ti ha allattato!». Ma Gesù disse:
«Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e
la mettono in pratica»; e ci invita ad una «preghiera che
diventa vita cristiana, vita realizzata, vita penetrata dalla
fede, dall’apertura a Dio e, così, dall’amore per il prossimo» (Benedetto XVI).
Un personaggio di spicco della saggezza cristiana orientale, Aphraates
di Ninive, esortò nel IV secolo: «Dà
sollievo agli affranti, visita i malati, sii
sollecito verso i poveri: questa è la preghiera. La preghiera è buona, e le sue opere
sono belle. La preghiera è accetta, quando dà
sollievo al prossimo. La preghiera è ascoltata,
quando in essa si trova anche il perdono delle offese. La preghiera è forte, quando è piena della forza di
Dio» (Expositio 4,14-16). Comunque, questi pochi accenni evidenziano pure che la riflessione sul messaggio
Benedetto
XVI: «L'arte è una
porta aperta verso
l'infinito, verso la
bellezza e la verità...»
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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della statuetta, forse la più ispirata opera di Paolo Menon,
non può fermarsi alla sola teologia «occidentale», ma richiede pure l’apporto di alcuni capisaldi della teologia
«orientale». Di conseguenza, essa costituisce anche un
gioiello nello scrigno degli sforzi per l’unità delle Chiese,
in quanto pone la spiritualità contemplativa dell’Oriente ed il dinamismo attivo dell’Occidente «sotto un solo
e stesso manto». Perciò penso che sia doveroso verso la
statuetta e verso il suo creatore di concludere questa modestissima «meditazione», iniziata con alcuni versi del
Manzoni, con un passo dalle Omelie di San Giovanni Damasceno († 749)7: «Volgi lo sguardo verso di noi, nobile
Sovrana, Madre del Buon Sovrano; governa e dirigi quel
che ci riguarda a tua discrezione, trattenendo gli impeti
delle nostre vergognose passioni, guidandoci al porto senza tempeste della divina volontà, stimandoci degni della
futura beatitudine, della dolce illuminazione al cospetto
del Verbo di Dio che da te si è incarnato».
B. E. Klakowicz, (Dr. Phil. Dr. Theol.)
1. Udienza Generale 7 dicembre 2011.
2. Udienza Generale 14 marzo 2012. 3. «Die Gottesgeburt. Die Lehre der
Kirchenväter von der Geburt Christi im Herzen der Gläubigen», Zeitschrift für
Katholische Theologie 59 (1935) pp. 333-418.
4. Parole et Mystère chez Origène, Paris 1957.
5. L’image de Dieu dans la théologie d’Origène, Studia Patristica II (TU 64),
Berlin 1957, pp.194-201.
6. Angelus di Domenica, 18 dicembre 2011.
7. Omelie cristologiche e mariane, Città Nuova, Roma 1980.
Sua Santità
Benedetto XVI
ECCO IL PROGETTO
DELLA «FONDAZIONE
SANTA CATERINA
D'ALESSANDRIA»
Beatrix Erika Klakowicz
(nella foto con Mons. Zenti,
Vescovo di Verona, all'inaugurazione della mostra in itinere
L'Uomo, da Dioniso a Cristo,
durante la sua prolusione
nella Biblioteca Capitolare Veronese) nasce il 6 luglio 1938
a Vienna (Austria) da antica
famiglia nobile polacca. E'
laureata in filosofia e teologia.
Quando nell’aprile 1986 la
sottoscritta venne invitata ad
assumere l’incarico di Segretaria nella Sede dell’Union
Mondiale des Enseignants
Catholiques (Umec) presso la
Santa Sede, l’allora Presidenza dell’Organizzazione dotata
anche di Statuto Consultivo
presso l’Unesco, auspicava
che, grazie pure ai titoli accademici e alla specializzazione
negli studi orientalistici, ciò
potesse favorire la completa
realizzazione del progetto
originale di pervenire ad una
effettiva unione mondiale
degli insegnanti cattolici non
solo a livello geografico, ma
anche dei vari livelli, dalle
scuole primarie a quelle superiori, nonché di accogliere
gli esponenti dell’educazione
cristiana del Medio Oriente,
offrendo così un contributo all’unione delle Chiese
d’Oriente e d’Occidente.
Purtroppo, difficoltà esterne
(la precaria situazione politica
nei paesi medio-orientali ed
est-europei) e, soprattutto,
il prevaricare di una sterile
discussione di metodi pedagogici nella scuola elementare
non solo ne ostacolarono
l’attuazione, ma allontanavano
pure molte associazioni –
italiane e soprattutto europee
– sempre di più dall’Umec,
in quanto non erano disposte
a sacrificare la concezione
di educazione quale comunicazione di cultura sull’altare
della metodologia, imposta
dalla allora «predominante»
associazione italiana.
La Fondazione di Santa Caterina d’Alessandria, in fase
di costituzione, si prefigge
perciò non solo di aiutare
quanto meglio i Cristiani del
Medio Oriente, ma anche di
curare la propagazione dei
loro valori spirituali, morali
e civili in Occidente, i quali
perpetuano le tradizioni
dell’Antico Oriente e sono
alla base della stessa cultura
europea. In questo progetto è
compreso anche un rinvigorire
dell’Umec, in quanto vuole
ravvivare le idee formulate dai
Fondatori dell’Umec nei primi
anni del Novecento e di suscitarne un rinnovato interesse
ed impegno in tutta l’Europa,
desiderando di contribuire in
tal modo all’educazione dei
giovani a giustizia e pace,
postulata da Papa Benedetto
XVI nel sul Messaggio per la
Giornata della Pace 2012.
B.E.Klakowicz
UNA MOSTRA IMPONENTE, UNA GALOPPATA DA DIONISO, UOMO FATTO DIO, A CRISTO, DIO FATTO UOMO
Cosa può trascinare un artista
sulla via di Damasco?
di G i o r g i o F a l o ss i
N
Critico d'arte
on a caso nasce designer. La solita brutta
parola che gli anglo-americani ci hanno
imposto. Designer indica un professionista
che si occupa di progettazione, un tipo che
ha delle idee fuori dell’abituale che possono essere realizzate. Designer sta anche per creatività,
il che prevede organizzazione e talento.
Sto parlando di Paolo Menon, cui aggiungo, a queste sue
qualità, che lo vedono nascere designer, anche un’altra
cosa di estrema importanza, che non sempre viene considerata nel tutto compreso per fare questo mestiere: la
cultura. Alle doti creative Paolo Menon aggiunge la cultura. Tanta, tanta cultura.
Al di fuori di questa piccola introduzione che può essere interpretata con una punta di ironia, la parola designer viene
da disegno e applicato alla persona vuol dire disegnatore.
Paolo Menon non a caso nasce disegnatore. E nel disegno
si riconosce. Del disegno rimane la traccia sulla carta e
sulla tela, per divenire poi provocazione nella scultura.
Questo percorso si ritrova in un suo iniziale catalogo del
1979 dal titolo «Concetto visuale». Voglio usare, per i
segni in bianco e nero che occupano le pagine bianche,
il termine di astratto. Sono segni astratti in inchiostro
nero che frammentati danno origine a semplici visualità
Scultura di «Dioniso giovane (maschera)» con tirso ferreo. Maschera, mani e
monili in terracotta patinata, poggianti su installazione di tirsi ferrei, 2006.
geometriche. Sono segni che accompagnano in un gioco
figurale le parole tratte dalla Enciclica «Redemptor hominis» di Papa Giovanni Paolo II.
Il tutto è messaggio per uomini o donne, per forti o deboli, per sconfitti o vincitori. Un messaggio dove la parola
è segno e il segno diviene motivazione di immagine. Rimane un volteggiante silenzio e la struttura ci porta alla
riflessione. Il ritmo del segno si traduce in una dimensione spaziale fatta di parole che portano direttamente a
riflessioni che travalicano la verifica del vedere.
Paolo Menon nasce nel 1950. Grafico editoriale sin
dagli inizi degli anni ’70 diventa Art director di prestigiosi settimanali e mensili per circa un ventennio.
Nel 1979, data della pubblicazione del citato catalogo,
marcia verso i trent’anni, età in cui la sua formazione
si consolida e già cerca il colpo d’ala per inserirsi in
un suo mondo artistico, il mondo che ha sognato, costruito e in cui crede.
Nel 1982 diviene Giornalista professionista, ma il gusto e la passione per l’arte grafica non l’abbandona
mai, anzi la sua nuova professione gli permette di restare in contatto con la carta stampata in un contributo di alta qualità. Nel 1989 esce il libro-diario del
cavaliere dal titolo «Breviarium ad usum equitum».
Nel 2003 abbandona la sua attività professionale generica per dedicarsi a quella parte specialistica che
riguarda la cultura del vino. E la scultura.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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Per la realizzazione delle sculture, due linee da segui- alla religione, alla politica»: è una mostra personale di
re: la semplicità dei mezzi per il raggiungimento del- scultura sul tema tenutasi al Museo d'Arte contemporale opere e la presenza materica e fisica fino ad essere nea Remo Bianco in Franciacorta.
imponente, sovrastante dell’opera stessa. Niente viene Oinòdes è una parola greca che vuol dire «che sa di vino».
nascosto, al lavoro si aggiunge la fantasia, poi tutto fio- Vi appaiono «La fiasca del pellegrino», calici a tiratura lirisce: stele lignee coperte di sughero, rilievi di foglie in mitata, lampade, figure, e una installazione di Tirsi ferrei:
terracotta, biscuit di porcellana e tappi vinari, retrotele sono ritratti di personaggi della mitologia con veli e stole
assemblate, ceramiche e centrini all’uncinetto1. L’abili- in tessuto, con monili e strutture in terracotta e ferro.
tà della mano è sempre presente, guidata dalla mente Ed è il Tirso, l’oggetto, l’elemento che appare spesso nelle opere di Paolo Menon. E mi pare che valga la pena
sino al raggiungimento diretto con l’arte.
Ma bisogna arrivare al 2004, anno in cui gli viene asse- fare chiarezza su questo simbolo amato ed esposto nelle
gnato il Premio Bellavista Franciacorta del Ventennale, varie mostre dal nostro artista.
Il Tirso è praticamente un bastone che si trae selezionato per il Bancarella, per la pubblicasforma in un simbolo quando alla sua
zione «Per vino e per segno: le più belle etisommità vengono poste pigne, o grapchette d'autore vestono il vino italiano». E
poli e lungo il suo corso vengono avquesto stesso libro si qualifica secondo
vinghiati tralci d’uva, foglie, edere,
tra i Venti libri da gustare al Salone del
ed ancora panneggio grezzo. Un
libro di Torino. Nel 2006 grande persimbolo insomma che si trasforma
sonale dal titolo «Dei Tirsi divini: riliee che il nostro artista modifica con
vi di luce bronzea nel tempio onirico di
aggiunta di immagini, in questa ocDioniso». La mostra si tiene a Valdobcasione venti ritratti con mani e testa,
biadene nella sala museale della Villa dei
elaborati o discendenti di antichi eroi,
Cedri, una sala trasformata in antico tempio
divinità, guerrieri, e poi senatori e baccanti.
dionisiaco ovale, sotto l’egida e con il patrocinio
del Forum Spumanti d’Italia, dell’Altamarca e del Co- Così per Paolo Menon quello che noi qualifichiamo simmune di Valdobbiadene. Fu una mostra epocale, sia per boli e lui chiama Tirsi sono virtuali esseri viventi od
l’organizzazione esterna, sia per le opere, sia per la dura- oggetti del nostro vivere, meglio ancora presenze attive
ta: sei mesi con visite aperte alle scuole e agli intenditori della natura, sono odori che egli ha sentito vaganti per
di arte e di vini. Una mostra che si avvalse di simboli- l’aria, sono elementi primari e costitutivi della memoria,
smi acuti e profetici dell’artista che seppe utilizzare gli di una civiltà che l’uomo comune non apprezza perché
spazi come passeggiata nella civiltà del vino attraverso soppresso da impellenti inquietudini. Nascono così i Tiri secoli. Un cammino attraverso sculture di bronzi che si di Paolo Menon. Sono bastoni che con l’arte acquistasembravano sculture lignee del ’400 e legni che dovevi no, per volontà divina o stregoneria, una esistenza e un
significato loro particolare dalle più svariate ed arricben tastarli per capire che non fossero bronzi.
Nel 2009 un volume di grande formato dal titolo «Il chite forme capaci di messaggi e panoramiche visioni. E
Bello di Bacco: appunti di viaggio nelle eleganti terre sotto la sua fantasia creatrice i Tirsi non sono più bastoni
enoiche dell’arte». Una valanga di notizie storicamen- ma essenze fantastiche caratterizzate da una prepotente
te illustrate che toccano i vari centri del Mediterra- linearità, agghindati da elementi in continua decostruzione o ricostruzione che indicano la vita in continuo
neo, le tavole imbandite, le seduzioni del bere.
Segue nel 2010 «Oinòdes: le forme del bere ed altre che movimento o mutazione. Un’anima, il Tirso che attraversanno di vino, ispirate alla mitologia ellenica, all’eros, sa i secoli, che Paolo Menon inserisce nella scultura e
Mi domando:
perché un percorso
che parte da
Dioniso, pagano
bevitore, giunge
a Cristo?
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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ci fa sentire in questa mostra come in altre rivelando
la pienezza straordinaria che sa trasformarti la storia in
poesia. I Tirsi divengono vere e proprie sculture che possono essere capite attraverso il ricorso ad una iconografia
che, partendo dall’antica Grecia, nutre la nostra cultura
e riempie i nostri dubbi e le nostre esitazioni esistenziali.
Ma il Tirso è un bastone. Bastone del potere, impugnato
da capi e capetti nostrani, usato per colpire. Bastone
e magari anche carota; un motto tanto caro ai politici
che spesso riducono la carota e trasformano il bastone
in clava. Mazzate al popolo, mazzate ai contribuenti,
mazzate a chi non aderisce.
Tralascio tutte le altre attività collaterali di Paolo Menon: mostre, partecipazioni, iniziative, presenze, per
venire a qualcosa che mi ha stupito. Di recente. Parliamo del 2011 e 2012.
Mi domando: cosa trascina un artista sulla via di Damasco? Non certo perché si chiama Paolo.
Mostra personale: «L’Uomo, da Dioniso a Cristo».
Sculture a Palazzo del Vicariato Maffei Marescotti
di Roma/Vaticano. Mostra in itinere di sculture con
approdo nella Cattedrale di Verona, il titolo sempre:
«L’Uomo, da Dioniso a Cristo». Ed oltre i cataloghi e
i pamphlet, che accompagnano le mostre, un libretto
dal titolo: «Ars Sacra».
Mi domando: che cosa può portare un artista ad identificare la sua arte nel trionfo di Cristo? Perché un percorso,
che parte da Dioniso, pagano bevitore, giunge a Cristo?
Paolo Menon è un uomo che, come borghesemente si
dice, ha raggiunto un certo benessere sociale, ha casa
e famiglia ove è amato, ha amici e collezionisti che
lo stimano, non dà, né ha mai dato segni di bigottismo
o fanatismo, anzi sa essere dolce e spiritoso, buon comA sinistra, Paolo Menon ritratto da Rinaldo Capra accanto alla sua Cattedra
esposta per la prima volta nelle stanze vaticane di Palazzo del Vicariato Maffei
Marescotti (Roma, 2011), quindi nel tornacoro della Cattedrale di Verona (2011).
In alto, l'installazione della «sala ovale templare» con i 10 pannelli scultorei ispirati alle «preghiere» dei seguaci di Dioniso ed esposti nel 2006 a Villa dei Cedri di
Valdobbiadene (Tv) nella personale «Dei Tirsi divini»; mostra dedicata al tempio
ritrovato di Dioniso nella città morta di Perperikon sui Monti Rodopi (Bulgaria).
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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mensale, conoscitore delle genti e della vita, quella che
noi tutti viviamo giorno dopo giorno.
Propendo per una via dell’Arte. Una via che ha come
punti di riferimento assoluto la storia, la natura e la filosofia, quest’ultima che può acuirsi in fede, e poi in emozione, in un godimento in cui lo spirito trova la sua verità
artistica, in una unione tra parole, colori, materiali di
materia, in un rispondente sottile ed affinato assemblaggio artistico. Insistente il richiamo al tema della Natura
in un rigoglioso affermarsi di piante, pampini, allori, foglie in una solarità che firma la libera affermazione della
bellezza viva e spontanea.
Ed ancora sculture, questa volta il tema è il Calice. Calici da vino, Calix pro sancta Missa, Calici a lampada,
Calici per bere e Calici ispirati al Franciacorta.
Il prototipo di questi Calici è stato consegnato dall’artista direttamente nelle mani di Papa Benedetto XVI. Porta il nome di «Getsemani». Eseguito in biscuit di porcellana e oro nell’invaso. Raffigura tre fasi della vita di
Gesù: passione, morte e risurrezione. Si leggono questi
tre momenti che partono dal piede a disco guidati dalla
luce che sembra voler risplendere, inondare, ovunque e
con ogni tempo in un movimento dalla forma fortemente
espressiva in un andamento ondulato, una luce densa e
libera mantenendo l’insieme sospeso in una mistica atmosfera intatta in un’onda perenne.
Le parti del Calice si offrono a rotazione alle ombre e
ai silenzi senza fine, nate dal pensiero dell’artista nel
momento creativo che più l’avvicina a Dio, in un antico
messaggio che sta tra la scultura e la poesia, condotte
da un linguaggio che si esalta nell’equilibrio geometrico
dello stelo e nell’interno della coppa lucente come spiritualità che affonda passioni e naufragi, come speranza di
riscatto ad una opprimente materiale banalità.
Questi Calix pro sancta Missa hanno anche altri motivi: la croce alcuni, l’agnello altri, la base infine che
può essere impreziosita da pietre di varie forme.
La imponente mostra di Paolo Menon: una galoppata
da Dioniso, uomo fatto dio, a Cristo, Dio fatto uomo. Ma
anche un segnale, un messaggio all’Occidente.
Siamo forse alla fine di un’epoca, così come accadde
al pagano Dioniso. Gesù è morto oltre duemila anni
fa, noi siamo chiamati a credergli senza averlo visto o
conosciuto. Il tempo sgretola e consuma, accade così
nella storia dell’uomo. Il tempo consuma e sbiadisce.
Il ricordo si confonde e cede, i valori cambiano per
allinearsi sempre più alla imperfezione umana.
La fede, finite le guerre, le carestie, le pesti, scompare da un’Europa tradizionalmente cristiana per essere
sostituita dall’Euro, dall’intrallazzo, dalla peggiore
forma della politica.
Un'indagine fatta alcuni mesi dopo l’attacco dei terroristi arabi alle Torri Gemelle di New York ha dato
come risultato che il 78% degli scampati avevano ritrovato la fede nella religione. Solo se colpito in modo
diretto da una grande tragedia l’uomo, terrorizzato e
impaurito, trova rifugio in Dio.
E per sottolineare la fine ecco il consumismo, popolazioni vecchie di età e pigre quanto avide consumatrici
che tendono ad essere sostituite da altre popolazioni
di diverse culture.
Europa avviata ad un malinconico declino e ad una
fine segnata dal ciclo storico.
Oriente e mondo arabo conquistano l’occidente con il
loro numero, le loro certezze, la loro fame. E un trapasso, quasi invisibile ma continuo, che tende a ripetere la fine dei vari imperi su chi, perduta la memoria
cristiana e le radici della tradizione, viene sempre più
emarginato sino a divenire assente.
Passiamo da una sconfitta all’altra senza accorgerci
che le sconfitte non si subiscono solo tramite le guerre
armate ma anche con la disaffezione, con la pigrizia
del benessere, con l’uso della droga. Appunto, la droga che porta allo sballo. La droga che gli altri ci vendono e che noi sovvenzioniamo.
Nella nostra società la realtà è che il Cristianesimo è
sempre più dimenticato, Gesù è sempre meno presente
in Italia e sempre più assente in Europa.
Se la nostra sconfitta è decretata dalla storia almeno
abbiamo il pudore o l’accorgimento di non considerare
qualsiasi comodità personale o di gruppo una vittoria.
Non è una vittoria la dilagante pornografia, non è una
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
28
vittoria la derisione della dignità femminile, né il silenzio
sul buon esempio maschile, non è una vittoria la disgregazione della famiglia.
Mi domando se un risveglio o ancora meglio un riscatto
potrà venire tramite l’arte.
Non voglio investire Paolo Menon di questo difficile compito di salvare la civiltà occidentale e le genti che ne fanno parte, ma vedo nell’opera artistica e fattiva di Paolo
Menon un possibile punto di partenza.
Paolo Menon apre con un trono2, non quello sfarzoso dei
Re o Principi, non quello damascato e rosso di velluti
di Dogi o Ecclesiastici, non quello atto ad introdurre al
comando e a intimorire tutti coloro che stanno
ai piedi di dittatori assetati di potere. Legno
e metallo lavorato a drappeggio posto su
solide basi di ferro quadrangolare con i
CRITICO D'ARTE
Giorgio Falossi (nella foto) è nato a
Campiglia Marittima in provincia di
Livorno nel 1931. Laureato in Scienze
politiche e sociali all’università di Pisa.
Vive a Milano dove prima di dedicarsi
all’editoria aveva lavorato ad una
serie di inchieste sulla vita in Italia
Meridionale e successivamente è stato
Capo dell’Ufficio Stampa
al Consolato Generale Britannico
di Milano. Nel 1962 fonda la Casa
Editrice Il Quadrato a Milano. Le
sue prime pubblicazioni come autore
riguardano lo studio della storia
e dell’arte di alcuni Comuni della
Maremma Toscana.
Collaboratore di diverse riviste artistiche è stato direttore per tre anni di
Arte Mercato. La sua attività è andata
sempre più specializzandosi nell’arte
con pubblicazioni di testi biografici
e critici di noti artisti. Ha scritto monografie su Attilio Alfieri, Francesco
Gonzaga, Gianrodolfo D’accardi,
Gerda Geiger, Pino Conestabile.
Ha pubblicato volumi di poesie di Alfonso Gatto illustrate da Carlo Carrà.
Pubblica per primo in Italia Il pensiero di Mao Tse Tung, famoso libretto
delle Guardie rosse. E’ stato tra i principali redattori dell’Enciclopedia del
Comanducci con
ricerche sul
Novecento pittorico italiano.
E’ stato iscritto
all’Albo del Collegio
dei periti ed esperti
d’arte della Lombardia. Fa
parte della Federazione nazionale
esperti e critici d’arte. Per due anni ha
organizzato per la Televisione svizzera
la manifestazione Pittura e Musica.
Ha tenuto conferenze sull’arte presso
Istituzioni e circoli culturali.
Fra le sue pubblicazioni ricordiamo:
I Pittori dell’Ottocento Lombardo;
Arte ed artisti in scultura e ceramica;
Le vite e le opere; Oltre l’Estetica; Venezia: Ottocento pittorico;
Personaggi Oggi; Marte chiama;
La scoperta del Cosmo; I Pittori
piemontesi dell’Ottocento; Pittori
e scultori italiani di importanza
europea; Quotazioni e prezzi dei
Pittori italiani del ’900; I Pittori
italiani del Novecento; I Macchiaioli e
l’Ottocento in Toscana; Il Meridione
e la scuola pittorica napoletana; I
Pittori italiani dell’Ottocento; Capire
l’Arte; Commenti alla 54ma
Biennale di Venezia.
braccioli a ferro nudo, non è un trono perché sullo schienale sovrasta, oltre la testa, un grande cerchio nel cui
vuoto si articola la figura del Cristo. Che non è in croce
ma ne ha la posizione; non è morto ma ne ha le sembianze. Egli si amplifica sulla scena oltre le teste di tutti coloro che poggeranno su quella sedia, da cui parte la Parola
che giunge a chi sa ascoltare. Qui non c’è teologia, qui
c’è fede. Una sedia su cui ciascuno possa riposare e vivere sapendo di avere Cristo disposto sulla testa per meglio
comprendere intenzioni e difetti, di avere una possibilità
di porre ogni uomo sullo stesso piano e accogliere tutti
nella sua misericordia.
Un pezzo a sé questo Cristo, dove la luce mette in risalto il costato che si congiunge con
la testa reclinata. La luce scende sulle
braccia tese, sulle gambe piegate. E’
quanto basta perché il Dio fatto uomo
ritorni a spargere luce e fede, rendendo uguali chi è eletto a diffondere la
Parola, come chi, per ascoltarla, ne
vive ai piedi.
La Rinascita può trovare ancora una volta
la via giusta. L’arte in genere, la scultura in
particolare e più ancora Paolo Menon esecutore
di idee, apre a questa via.
Volevo chiudere con una celebre frase di un altrettanto
celebre personaggio. Non mi è venuta o forse non ce ne
è alcuna adatta al momento. Allora ho fatto ricorso al
Vangelo seguendo una indicazione di Giorgio Montefoschi: «Sul bordo del pozzo è seduto un uomo che offre
un’acqua che non si beve, un cibo che non si mangia ed
indica un luogo di adorazione e di comunione spirituale
che non è individuabile neppure in Gerusalemme. Questo luogo è nel cuore».
Vorrei aggiungere che questo luogo è anche nell’arte e
nelle sculture di Paolo Menon.
Giorgio Falossi
1. Peltri di Ebe, piatto teso biscuit di terraglia con piccola ceramica, tappi vinari e
cotone ritorto lavorato da Dona all'uncinetto, diam. 42 cm, 2005.
2. Cattedra, legno e metallo lavorato a drappeggio (Tunica inconsutilis) e patinato; schienale con inserimento del Cristo (O salutaris Hostia) in grès patinato, diam
49 cm. Cornice ad H del seggio in grès patinato, 79x54 cm, h 159 cm, 2011.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
29
Dai misterici riti dionisiaci
alla speranza cristiana
Riflessioni di A l b e r t o Z a i n a , Critico d'arte
e G u i d o F o l c o , Critico e storico dell'arte
O
tan pino ton oinon eidusi ai merimnai, «Quando bevo il vino scompaiono le preoccupazioni», recita il greco Anacreonte. Il vino e i vetri
scintillanti dove le fitte bollicine solleticano
il palato ed evaporano lentamente muovendo
con i loro profumi i sensi nella nostra civiltà, è associato
allo svaporamento delle ansie quotidiane che si cerca accompagnandoci alle coppe del prezioso nettare, che fanno
da contorno e premessa agli amorosi approcci per cercare
compimento nell’atto che unisce corpi e anime. Bollicine
che creano aure di complicità sottili tra l’uomo e la donna.
Quasi un rito per la società moderna che echeggia nelle
romanze operistiche dell’Ottocento e che, passando per gli
spensierati riti della Belle Époque è giunta fino a noi.
Menon però ci riporta al mito antico, antimoderno e precristiano, dove i riti bacchici assumono una valenza che
investe l’umanità che affronta il mistero: mistero del vivere
e del morire. Mistero che proietta la vita verso gli antri
oscuri delle Parche che recidono i fili con la terra del vivere quotidiano. Mistero che l’avvento del Cristo ha rivestito
di speranza con la proiezione di ognuno verso l’immortalità del futuro, incomprensibile agli antichi, che ritenevano impossibile un’altra vita dopo che Acheronte aveva
traghettato i morti lasciandoli nelle grigie nebbie della palude Stigia. Per loro c’era solo la dannazione all’estinzione
perpetua: ombre vaganti nell’Ade. [...]
Menon segue Nonno di Panopoli che, partendo dai sacri
riti dionisiaci approda alla speranza cristiana e dall’uma-
no accede al divino. Il carnale fondersi del Danzatore
enoico1, dalla dorata sensuale patina, che si avvinghia al
calice e si fonde con esso, lascia il posto al calice da Messa
Getsemani dove il rito sacrificale cristiano, adombrato dalle allusive scene della Passione, Morte e Risurrezione, purificano nel candore della materia accarezzata e plasmata
il dramma umano e avvolgono la coppa di puro oro entro
il quale si raccoglie il vino del sacrificio cristiano, che il
mistero pasquale trasmuta nel sangue infuso del corpo di
Cristo. Nel sacro cristiano il cruento rito bacchico dove
sangue e sesso si contaminano, si purifica dalle scorie terrene e il vino che si fa sangue imbeve il cristiano non solo
di speranza, ma anche di certezza2. [...]
A.Z.
Nella percezione della società di Paolo Menon, si ritrovano gli elementi essenziali della classicità, dall'armonia
all'equilibrio, strutture mentali e artistiche che lo portano
a creare dipinti, sculture, grafica di altissimo pregio, per
gusto e mestiere: lavora legno, terracotta, esegue lavori in
biscuit, bronzo, utilizzando materiali poveri, oppure preziosi per esaltare, nella sintesi di un'idea, il concetto ormai
raro del bello unito al simbolo3.
G.F.
1. Il «Danzatore enoico», bronzo a cera persa, h 38 cm, 2006, (nelle otto foto a sinistra).
2. Prolusione di Alberto Zaina all' happening della mostra «Oinòdes», Museo d'Arte
Contemporanea Remo Bianco in Franciacorta, Monticelli Brusati (Bs),13 marzo 2011.
3. «Segni contemporanei del mutamento» testo di presentazione di Guido Folco, catalogo «L'Unità dell'Arte, l'Arte dell'Unità», Complesso dei Dioscuri del Quirinale,
Roma, pag. 8, Edizioni Italia Arte, 2-12 settembre 2011.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
31
Una singolare Theologia Crucis
nellʼera dei codici fiscali
Intervento di B e at r i x E r i k a K l a ko w i c z
Filosofa e teologa
A
poche settimane dall’apertura del Sinodo dei Vescovi, dedicato alla «Nuova
Evangelizzazione»
(728 ottobre 2011, ndr),
questa mostra delle sculture di
Paolo Menon, giunge quanto mai
salutare, dato che qui non si tratta tanto di una memoria rievocativa
del mito dionisiaco da parte del pensiero filosofico ed ideologico, quanto di
una visualizzazione riflessiva dalle implicazioni teologiche, antropologiche ed escatologiche.
Infatti, guardando quei venti volti, ognuno con il proprio
πάθος, ognuno con una diversa prosopopea, come se egli
– ed egli solo – conoscesse la via alla salvezza, ma tutti
con l’επιτραχήλιον, la lunga stola sacerdotale, tutti con il
thyrsos, simbolo di fecondità ed immortalità, e tutti delimitati dalle mani intrise di sangue, fanno tornare alla
mente la contesa tra Elijah ed i sacerdoti di Baal sul
Monte Carmelo, che «pone davanti ai nostri occhi … la
La prolusione è stata pronunciata dalla professoressa Beatrix Klakowicz
(nella foto in alto con l'artista) all’ inaugurazione della mostra di Verona
nella Biblioteca Capitolare Veronese, il 27 agosto 2011. A destra, il Crocifisso (Quando le parole uccidono) esposto nel Tornacoro della Cattedrale
di Verona, è un assemblaggio scultoreo di piastrine alfabetiche fittili su 6
tele (60x60 cm) disposte a T, 180x240 cm, realizzato da Menon nel 2008.
minaccia che incombe sull’umanità quando
– invece di aprire il cuore … all’autentica Alterità, ad una relazione liberante
che permetta di uscire dallo spazio
angusto del proprio egoismo per accedere a dimensioni di amore e di
dono reciproco – chiude la persona nel cerchio esclusivo e disperato
della ricerca di sé, e (la costringe) ad
azioni estreme» (Benedetto XVI). Illudendosi di poter gestire le difficoltà con le
proprie forze, l’essere umano si lascia «sedurre dalle forze del male».
«Ispirandosi» alla pedagogia di Elijah, nonché al metodo «horaziano» del ridens dicere verum, Paolo Menon
risponde con una παραδοξία – con un «inaspettato e meraviglioso» – al, in qualche modo, tremendo monito di
Kierkegaard che, distinguendo tra Cristianesimo e cristianità stabilita, aveva avvertito ancora pochi mesi prima della sua morte: «L'eresia più sottile e carica di pericoli consiste nel giocare al Cristianesimo».
Scegliendo Dionysos come punto di partenza, Paolo
Menon si inserisce perciò in quella tradizione culturale
che ha saputo conferire all’arte nuovi impulsi per tramandare gli «eterni ed immutabili valori sociali» con
modi e linguaggi adattati ai tempi che cambiano. Ora,
Dionysos è colui, che spezza le catene e libera dagli
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
32
sterili formalismi della consuetudine; egli rimescola
le componenti della vita civile e raccoglie in sé tanto
l’esigenza della salvezza individuale, quanto le forme
di protesta partorite dalle ingiustizie e discriminazioni. Ma Dionysos è anche colui che inganna, portando
l'essere umano a credere in una sorta di auto-salvezza
e quindi ad un «giocare al Cristianesimo».
Appunto per ovviare a questa insidia, Paolo Menon non
si ferma ad essere praeambulum ad Fidem, ma va oltre,
plus ultra. Facendo suo il principio agostiniano dell'ottimismo cristiano, che non nega il male ma lo risolve
nel trionfo del bene sul male, un trionfo inscindibilmente legato all'Eterno Logos, che è venuto «a cercare
e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10), ma anche
l’appello di Henri Bergson che postula «geni mistici,
di cui l'umanità ha un urgente bisogno, in quanto essa,
attraverso la tecnica, ha ampliato la propria azione incisiva sulla natura e … ingrandito il corpo umano oltre
misura da attendere un supplemento di anima ... necessario per guarire i mali del mondo contemporaneo»,
l’artista, animato da profonda fede e genuino desiderio
di far riflettere sull'autentico significato della Croce, a
credere saldamente in essa e quindi accettarla nella
propria vita, corona la sua creazione dei calici pro sancta missa, il cui slancio verso l’alto richiama le statue delle cattedrali gotiche, con una Theologia Crucis,
come meglio essa non si potrebbe presentare «all’uomo
nell’era dei codici fiscali».
Con ammirevole capacità di visualizzare in un linguaggio comprensibile l’eterna verità di un «Dio, che, pienamente rispettando il libero arbitrio della sua creatura più sublime, non irrompe nella creazione, ma entra
nella storia appunto attraverso l'essere umano che vuole
avere accanto a Sé nella sofferenza per poterlo avere
accanto a Sé nella gloria», Paolo Menon presenta un
Crocifisso («Quando le parole uccidono») che a ragione
suscita particolare interesse. Composto dal solo corpus
fatto di lettere e cifre, il cui colore dell'argilla cotta si
stacca dal fondo bianco – simbolo di luce, purezza e
perfezione –, l’opera sembra non voler altro che sottolineare l’abisso che esiste tra divina armonia universale
e disgregante presunzione umana. Che non è così, che
questa singolare croce non «trasmette negatività o tristezza» (don Stefano Peretti), bensì corrobora una convinta fede nel «salvificus dolor» (Beato Giovanni Paolo
II), l’ha già evidenziato – in maniera appropriata – il
teologo e pedagogista don Stefano Peretti.
Ma appunto perché composta da cifre e lettere, questa
croce va oltre, interpellando tutti, perché vuol essere «decifrata» secondo la chiave del Prologo di san Giovanni
Evangelista (1,9-12): «Era la luce vera, che illumina ogni
uomo, quella che veniva nel Mondo. Venne nella sua proprietà ed i suoi non lo accolsero. Ma a quanti lo accolsero
diede il potere di divenire figli di Dio».
B.E.K.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
33
Quelle vite devastate dallo
«sballo, dunque sono»
Epilogo di P a o l o M e n o n
Dibattito sui bacca nali aboliti (186 a.C. – 2010 d.C.) ritrovamento in Bulgaria del Tempio di Dioniso.
Emiciclo scultoreo di tirsi ferrei (h 180-260 cm) reggenti La scoperta archeologica del professor Nikolao Ovtcharov
20 ritratti mitologici e mani, monili e puntali in terracotta avvenuta nel 2002 a Perperikon, sui Monti Rodopi confipatinata; altri oggetti in materiali compositi e patinati; nanti con la Grecia, mi colpì particolarmente sia perché
veli e stole in tessuto. Base (10 segmenti) in ferro di 21 avevo riletto da poco Le Baccanti di Euripide riempendo di
metri x 25 cm, 2010; oltre alla scultura di Dioniso giovane appunti, schizzi e progetti le mie moleskine, sia perché il
(maschera) con tirso e monili, stesse caratteristiche, 2006. tempio ritrovato corrispondeva alla descrizione di Erodoto
(V sec. a.C) su cui stavo raccogliendo appunti per dar corl Dibattito sui Baccanali aboliti e gli altri lavori po a un' idea che mi frullava nella testa da qualche mese.
che espongo nella Quadreria di Malgrate, traggo- E così, tra ricerche e curiosità sul ritrovamento del tempio
no ispirazione da Le Dionisiache, poema in versi di sono approdato nel 2003 al poema di Nonno di Panopoli
Nonno di Panopoli – poeta epico egiziano di lingua cui mi sono ispirato per realizzare decine di altri lavori che
greca, vissuto nel V sec. d.C. – nel quale «al cre- poi ho esposto nel 2006 a Villa dei Cedri di Valdobbiadepuscolo dell’età pagana “ci mette un po’ di tutto”: il bene ne (Treviso) con il titolo «Dei Tirsi divini»: una personae il male; gli dei e i nemici degli dei; Omero ed Esiodo; le successivamente ospitata al Palazzo dei Marescialli di
Apollonio Rodio e Senofonte; le Metamorfosi e l'Antolo- Gradisca d’Isonzo (Gorizia) nel 2008; quindi in Franciagia Palatina; la nascita di Dioniso e l'affermazione del corta nel 2010 con un nuovo titolo: «Oinòdes» («Che sa di
suo culto; il suo viaggio in Oriente per sconfiggere gli vino») comprendente altri lavori; a Roma nel 2011, nelle
indiani, simile al viaggio di Alessandro, e la fondazio- magnifiche sale vaticane di Palazzo del Vicariato Maffei
ne delle città; Era e Zeus; Artemide e Afrodite; Ermes Marescotti, con un titolo evocativo del sacro e del pagano
e Apollo; Cadmo e Armonia; Europa e il toro; Teseo e a confronto: «L'Uomo, da Dioniso a Cristo», una duplice
Arianna; le ninfe e i giganti; Micene e Tebe; Atene e esposizione parallela e complementare, divenuta itinerante
Nasso; le selve e i pascoli; il mare e i monti. Non c'è con tappa a Verona. Quindi a Malgrate e Lecco.
vicenda, umana o divina, narrata in questo straordinario
poema lungo da solo come l'Iliade e l'Odissea (48 canti) RIFLESSIONE SUi SILENZI LEGISLATIVi
che non cada nella luce sgomenta di una illimitata liber- Con l'emiciclo di ferro che ho percorso centinaia di volte
da un capo della narrazione compositiva all'altro, mi sono
tà.»1 (G. Montefoschi). E molto altro ancora...
Come dicevo, mi sono lasciato irretire da un poeta di cui proposto di incontrare il visitatore al centro della scena
ignoravo l'esistenza, grazie a un' Ansa che annunciava il dionisiaca per poi accompagnarlo lungo il perimetro sur-
I
2102 etarglaM e occeL – ots irC a os inoiD ad ,omoU’L
13
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
35
Nelle pagine precedenti, le espressioni
dei 20 protagonisti del surreale «dibattito» tra legislatori, sacerdotesse,
baccanti e seguaci di Dioniso.
Accanto, parte dell'installazione
in fase di allestimento.
In basso, una mano intrisa
del sangue di giovani vite
distrutte dall'alcool.
Foto di R.Capra.
reale della sala templare con l'intento di chiedergli se vi I Baccanali temuti E ABOLITI
sia attualità nelle tematiche delle civiltà del bere che sta Torniamo al 186 a.C. quando con un consulto senatoriale
osservando, oppure «inamovibilità e autocompiacimento della Repubblica Romana – il Senatus consultum de bacdi chi detiene il potere, ovunque e comunque si manifesti, chanalibus – furono aboliti i Baccanali. Il testo dell'editto
(...) ostentando il proprio ruolo ed il proprio intoccabile ti- fu fuso nel bronzo ed esposto nelle periferie dell'Urbe.
tolo»2, come sostiene Marta Mai nel precedente pamphlet. Questo il proclama: «Nessun uomo, cittadino romano o
Gli elementi sculturali dell'emiciclo si basano sull'apoteo- latino, né alcun alleato voglia accostarsi alle Baccanti se
si del tirso. Decine e decine di tirsi poggiano su un sen- non andrà dal Pretore urbano il quale delibererà secondo
tiero simbolico di circa 21 metri muovendo e occupando la sentenza del Senato, purché siano presenti non meno di
tutta la scena; essi rappresentano i fedeli di Dioniso (o cento senatori, mentre si discute di ciò.
Bacchus Tirsigero – Portatore di tirsi – per i Romani) riu- Nessun uomo sia sacerdote. Nessun uomo né donna sia
niti e rappresentati dalla loro sacerdotessa per dibattere capo dei sacrifici. Né alcuno di loro voglia avere in comune
con i legislatori – dibattimento storicamente mai avvenuto denaro e nessuno voglia nominare uomo o donna magistrato. Né oltre a ciò, vogliano vincolarsi con giuramento, voto,
e dunque metafisico – sull’abolizione dei Baccanali.
In origine i tirsi erano dei nudi bastoni di pino o di noce promessa o obblighi né vogliano promettersi aiuto reciproco.
o di sambuco o di altri alberi fruttiferi, sulle cui estremi- Nessuno voglia celebrare riti sacri in segreto; nessuno votà i seguaci del dio intrecciavano rami d’edera, tralci di glia celebrare riti sacri in pubblico o in privato, né fuori
vite, nastri di stoffa, piccoli sistri e quant’altro di rumo- la città se non andrà dal Pretore urbano il quale deliroso producesse suoni estatici per accompagnare il tiaso bererà secondo la sentenza del Senato, purché mentre si
(corteo dei seguaci) o accompagnare i rituali orgiastici. discute di ciò siano presenti cento senatori.
In cima alla festosa composizione i fedeli innestavano Nessuno voglia celebrare riti sacri ai quali assistano più
di cinque persone, due maschi e tre femmine, se non dietro
una pigna, simbolo fallico di prosperità e abbondanza.
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
36
deliberazioni del Pretore urbano e del Senato, come é stato
scritto sopra». (...) «Se vi saranno di quelli che agiranno
in modo contrario a quanto è stato scritto sopra, è stata
decretata per loro la pena di morte» 3 . (...)
Lo storico e saggista Luigi Marsico 4 spiega che i Baccanali furono la degenerazione delle feste bacchiche le quali,
«da semplici cerimonie improntate all’allegria, diventarono col tempo riunioni rumorose, forsennate, sensuali.
La regione dove questo mutamento avvenne fu la Tracia:
uomini e donne, dopo abbondanti libagioni di vino, in
preda all'ebbrezza, si abbandonavano ad atti scomposti,
a danze sfrenate con urla e grida ai quali si univano i
rumori frenetici e assordanti dei flauti, dei timpani, dei
piatti di rame. Quando l'eccitazione giungeva al culmine,
tra uomini e donne avvenivano gli accoppiamenti, i quali
più che atti d’amore erano bestiali congiungimenti».
La Grecia inizialmente ignorò queste orge. «Le Feste bacchiche erano improntate alla semplicità: consistevano infatti
nel portare in processione un recipiente liturgico colmo di
vino, inghirlandato da tralci di vite; dietro seguiva un capro
ed un uomo con in mano un cesto di fichi. Nel corso del
rito si libava in onore del nume moderatamente, cioè quanto
bastava a suscitare spensierata allegria. Col tempo il malcostume dalla Tracia si propagò in Grecia, specie nell'Attica,
e le feste bacchiche si tramutarono anche qui in Baccanali.
Dall'Attica i Baccanali furono importati nella Magna Grecia e dalle nostre regioni meridionali in Etruria. A Roma,
inizialmente, le feste in onore di Bacco nulla avevano a che
vedere con i Baccanali; venivano chiamate «Liberalia» perché Bacco aveva anche il nome di Liber. Le feste si celebravano il 17 marzo con banchetti in campagna o con rappresentazioni teatrali in città. In questo giorno
i giovani che avevano compiuto i 17
anni indossavano la toga virile e venivano festeggiati in famiglia dai genitori, dai parenti e dagli amici. Ma
dall’Etruria i Baccanali furono introdotti nell’Urbe dove, data la grandezza della città, per lungo tempo furono
celebrati senza che alcuno ne venisse
a conoscenza. Sino al 186 a.C., per
l'appunto, quando furono scoperti». Roma fu pertanto intransigente e spietata verso i partecipanti ai Baccanali sino
al loro annientamento per editto senatoriale.
I giovani e lo «sballo», IL SANGUE e...
Questo è il clima creativo in cui ho lavorato per più di
tre anni tra ricerca e lenta realizzazione di un lavoro
appassionante e complesso. Che avrà senso soltanto se
indurrà a riflettere sulle problematiche giovanili relative al bere sregolato di importazione Nordamericana
e Nordeuropea, non tanto e non solo di vino, quanto
di birra e cocktail alcolici, soprattutto di alcolpops che
fanno «sballare per divertirsi», causando fatalmente
troppe morti insensate sulle strade del weekend.
L'auspicio è che il mondo politico e della comunicazione
possano compiere ulteriori sforzi sia per perfezionare le
leggi in materia sia per sensibilizzare ed educare i giovani alla prevenzione e alla qualità della vita.
...LA CATENA SPEZZATA AI PIEDI DEL DIO
Con questa imponente scultura ho voluto mettere in
scena la preoccupazione dei 20 personaggi (politici e
banchieri, intellettuali e comunicatori), tutti celati dietro la maschera della quotidianità, che con Dioniso – il
dio con le cuffie che interloquisce con la sacerdotessa
delle Baccanti – animano la surreale assemblea. Assemblea che non ha occhi per vedere perché accecata
dal proposito di migliorare la vita di tutti purché tutto resti immutato. Ogni personaggio, infatti, ricopre il
proprio status simboleggiato da placca e collare, una
sorta di «logos» dei ruoli etici indossato da ciascun protagonista proveniente da destra, da sinistra, dall’alto,
dal basso... Ma «la catena spezzata ai piedi di Dioniso prospetta speranza e ne è la metafora»5.
P.M.
1. Giorgio Montefoschi, «E Dioniso donò agli uomini l'eros e l'ebbrezza», Corriere della Sera, 7 giugno 2005.
2 e 5. Marta Mai, «I baccanali d'oggi nella realtà giovanile», L'Uomo,
da Dioniso a Cristo, pamphlet della mostra di Verona 2011.
3. Testo inciso su tavola fusa nel bronzo e rinvenuta a Tiriolo (Cz), traduzione del Prof. Giuseppe Puccio (novembre 1969).
4. Luigi Marsico, Calabria, saggi di storia e di letteratura, Ed. Giuditta, 1975.
LA BELLEZZA AL SERVIZIO DELLA LITURGIA
(segue da pagina 14)
L’arte sacra, le sacre vesti e suppellettili, l’architettura sacra:
tutto deve concorrere a far rafforzare il senso di bellezza, a far
trasparire la «nobile semplicità» (cf. Sacrosanctum Concilium,
n. 34) della liturgia cristiana, che è liturgia della vera Bellezza.
Il Beato Giovanni Paolo II ha ricordato l’episodio evangelico
dell’unzione di Betania, per rispondere alla eventuale critica
sulla bellezza delle chiese e degli oggetti riservati al culto, che
potrebbero risultare opulenti e “stonati” se messi in relazione
con la numerosa schiera dei poveri della terra. Egli ha scritto:
«Una donna [...] versa sul capo di Gesù un vasetto di profumo
prezioso, provocando nei discepoli – in particolare in Giuda
(cf. Mt 26,8; Mc 14,4; Gv 12,4) – una reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle
esigenze dei poveri, costituisse uno “spreco”
intollerabile. Ma la valutazione di Gesù è
ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli indigenti, ai
quali i discepoli si dovranno sempre
dedicare [...], Egli guarda all’evento
imminente della sua morte e della sua
sepoltura, e apprezza l’unzione che gli
è stata praticata quale anticipazione di
quell’onore di cui il suo corpo continuerà
ad essere degno anche dopo la morte, indissolubilmente legato com’è al mistero della sua persona» (Ecclesia de Eucharistia, n. 47). E ha concluso: «Come
la donna dell’unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di
“sprecare”, investendo il meglio delle sue risorse per esprimere
il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile
dell’Eucaristia. [...] Sull’onda di questo elevato senso del mistero, si comprende come la fede della Chiesa nel Mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l’istanza di
un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso
una serie di espressioni esterne, volte ad evocare e sottolineare
la grandezza dell’evento celebrato. [...] Su questa base si è sviluppato anche un ricco patrimonio di arte. L’architettura, la
scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell’Eucaristia, direttamente o indi-
rettamente, un motivo di grande ispirazione» (ibid., nn. 48-49).
È fondamentale perciò avere tutte le attenzioni e le cure possibili
perché la dignità della liturgia brilli sin nei minimi dettagli nella forma della vera bellezza. Bisogna tenere sullo sfondo anche
quei santi che pur avendo vissuto la povertà con esclusivo impegno contemplativo, hanno sempre desiderato che gli oggetti
più belli e pregiati fossero riservati al culto divino. Accenniamo
qui un solo esempio, quello del Santo Curato d’Ars: «Don Vianney aveva subito amato quella vecchia chiesa [di Ars] come la
casa paterna. Per abbellirla iniziò dal principale, cioè dall’altare, centro e ragione d’essere di tutto il santuario. Per rispetto
all’Eucaristia, volle quello che di più bello era possibile avere.
[...] Quindi aumentò il guardaroba del buon Dio, come diceva
lui, nel suo linguaggio colorito e immaginoso. Visitò a Lione i
negozi di ricamo, di oreficeria, e vi acquistò ciò che vi
trovava di più prezioso. “Nei dintorni, confidavano i suoi fornitori meravigliati, c’è un piccolo
Curato, magro, malmesso, che ha l’aria di
non averne mai neanche uno in tasca e
che, per la sua chiesa, vuol sempre ciò
che c’è di meglio!”» (F. Trochu, Il Curato d’Ars, Marietti, Torino 1964, p. 173).
Concludendo, la bellezza della liturgia
è qualcosa che ci supera. Non è quella
che cattura subito l’attenzione, che si fa
vedere attraverso i gesti, i segni e gli elementi
materiali, ma soprattutto quella che essi lasciano intravedere. Essa, infatti, è più una bellezza che
intravede che una bellezza che si vede. Se vogliamo avere una
bella liturgia dobbiamo lasciarci guidare da essa, dal suo spirito
e dalle sue norme e naturalmente anche dalla “sua arte”.
La bellezza della liturgia richiede però sempre di rinunciare
alla banalità, alla fantasia, alla stravaganza. Ad essa, inoltre,
bisogna dare il tempo e lo spazio di cui ha bisogno. Non occorre la fretta! Essa, come una composizione musicale, necessita di
spazio, di tempo e di silenzio, del distacco da noi stessi, perché le
parole, i gesti, i segni e le opere artistiche possano parlarci di Dio.
La liturgia continuerà così, anche grazie alla sua bellezza, ad
essere fonte e culmine, scuola e regola di vita cristiana.
Don Paolo M. Ventura &
Nella foto: Benedetto XVI riceve dall'artista il prototipo del calice «Getsemani» (Vaticano, 15 ottobre 2008).
L’Uomo, da Dioniso a Cristo – Lecco e Malgrate 2012
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BIBLIOGRAFIA (ILLUSTRATA)
Cataloghi citati da Giorgio Falossi:
«Concetto visuale», 1979 ( a pagina 25 )
e «Ars sacra» , 2011-12 (a pag.ina 27)
HANNO SCRITTO
i critici d’arte: Maurizio Bernardelli Curuz, Luciano Caprile, Martina Corgnati,
Giorgio Falossi, Guido Folco, Umberto Gavinelli, Giampietro Guiotto, Marina Mojana, Alfredo Tradigo, Alberto Zaina e personalità del mondo culturale e artistico, tra gli
altri: Mario Bellini, Mario Borgese, Stefano
Cosma, Erika Klakowicz, Marta Mai, Gaspare Mura, Antonio Piccinardi, Claudio
Pina, Claudio Serra, Bruno Vespa).
E giornalisti del Corriere della Sera, La
Repubblica, La Stampa, Il Giornale, QN-Il
Giorno, Il Sole-24 Ore, Avvenire, Il Gazzettino, Il Messaggero Veneto, Il Corriere
del Veneto, Il Piccolo, E-Polis-Il Brescia,
oltre ad autorevoli firme dei quotidiani,
settimanali e periodici, radio e televisioni
nazionali e testate web.
ESPOSIZIONI RECENTI
2012. Human Rights, mostra internazionale d’Arte contemporanea, Castello di
Acaya, Vernole (Lecce);
2012. Seven: l’Avarizia, mostra internazionale d’Arte contemporanea, «Museo
Studio: 23888 Perego (Lecco)
Loc. Lissolo - Via Trieste 35
www.paolomenon.com
[email protected]
347.8278898
Arcos», Benevento;
2012-2011. Seven: la Superbia, rassegna
d’arte internazionale, Museo d’Arte Contemporanea del Sannio, Benevento;
2012-2011. From Turin to Chicago and
Vice-Versa, 33Contemporary Gallery,
Zhou B. Art Center, Chicago (Usa);
2011. Premio internazionale Scamozzi,
concorso e mostra d’arte contemporanea,
Palazzo Monte di Pietà, Vicenza.
2011. L’Uomo da Dioniso a Cristo, mostra in itinere, Duomo-Cattedrale e Chiesa di San Pietro,Verona;
2011. L’Unità dell’arte, l’Arte dell’Unità,
Selezione Galleria d’arte Folco, Complesso dei Dioscuri del Quirinale, Roma;
2011. Seven: l’Accidia, rassegna d’arte internazionale, Villa Vannucchi, San
Giorgio a Cremano (Napoli);
2011. L’Uomo da Dioniso a Cristo, Palazzo del Vicariato Maffei Marescotti,
Roma-Vaticano;
2011. Fuori Salone del Mobile di Milano, esposizione di sculture di Paolo Menon provenienti dalla mostra «Oinòdes»,
Zepter Life Style, Milano;
2011. Seven: l’ Invidia, Villa Vannucchi,
San Giorgio a Cremano (Napoli);
2011-2010, Oinòdes, Museo d’Arte Contemporanea Remo Bianco in Franciacorta, Monticelli Brusati (Brescia).
Edizione a cura dell’ Associazione Culturale Pelag us con sede a Perego (Lecco) in via Cesare Cantù, 1.
L’Associazione editrice di questo pamphlet è a disposizione degli aventi diritto per quanto concerne le fonti iconografiche non individuate.
Questo pamphlet è stato stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre,
carta, inchiostri e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile e automezzi a metano.
Il pamphlet «L’Uomo, da Dioniso a Cristo» è ZeroEmissionProduct®. A.G.Bellavite Srl di Missaglia (Lecco) ha azzerato
totalmente le emissioni di Gas a ef fetto Serra prodotte direttamente o indirettamente per la sua realizzazione.
Questa pubblicazione è stata stampata nel mese di luglio 2012.
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