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DOCUMENTAZIONE
DI
VITA DIOCESANA
BOLLETTINO UFFICIALE
ANNO LXXIX - II SEMESTRE 2013
Direzione/Redazione/Amministrazione
Curia Vescovile - Sora
Tel. 0776/831082 - fax 0776/820160 - Sito: www.diocesisora.it
E-mail: [email protected]
Autorizzazione Tribunale di Cassino n. 74 del 07.07.2011
Direttore Responsabile: Giovanni Fabrizio
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DOCUMENTI
DELLA CHIESA UNIVERSALE
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SANTA MESSA NELLA BASILICA DEL SANTUARIO DI
NOSTRA SIGNORA DI APARECIDA
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Mercoledì, 24 luglio 2013
Signor Cardinale,
Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!
Quanta gioia mi dà venire alla casa della Madre di ogni brasiliano, il Santuario
di Nostra Signora di Aparecida! Il giorno dopo la mia elezione a Vescovo di
Roma ho visitato la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, per affidare
alla Madonna il mio ministero. Oggi ho voluto venire qui per chiedere a Maria
nostra Madre il buon esito della Giornata Mondiale della Gioventù e mettere
ai suoi piedi la vita del popolo latinoamericano.
Vorrei dirvi anzitutto una cosa. In questo santuario, dove sei anni fa si è tenuta
la V Conferenza Generale dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi,
è avvenuto un fatto bellissimo di cui ho potuto rendermi conto di persona: vedere come i Vescovi – che hanno lavorato sul tema dell’incontro con Cristo, il
discepolato e la missione – si sentivano incoraggiati, accompagnati e, in un
certo senso, ispirati dalle migliaia di pellegrini che venivano ogni giorno ad
affidare la loro vita alla Madonna: quella Conferenza è stata un grande momento di Chiesa. E, in effetti, si può dire che il Documento di Aparecida sia
nato proprio da questo intreccio fra i lavori dei Pastori e la fede semplice dei
pellegrini, sotto la protezione materna di Maria. La Chiesa, quando cerca Cristo
bussa sempre alla casa della Madre e chiede: “Mostraci Gesù”. E’ da Lei che
si impara il vero discepolato. Ed ecco perché la Chiesa va in missione sempre
sulla scia di Maria.
Oggi, guardando alla Giornata Mondiale della Gioventù che mi ha portato in
Brasile, anche io vengo a bussare alla porta della casa di Maria – che ha amato
ed educato Gesù – affinché aiuti tutti noi, i Pastori del Popolo di Dio, i genitori
e gli educatori, a trasmettere ai nostri giovani i valori che li rendano artefici di
una Nazione e di un mondo più giusti, solidali e fraterni. Per questo, vorrei richiamare tre semplici atteggiamenti, tre semplici atteggiamenti: mantenere la
speranza, lasciarsi sorprendere da Dio, e vivere nella gioia.
1. Mantenere la speranza. La seconda lettura della Messa presenta una scena
drammatica: una donna – figura di Maria e della Chiesa – viene perseguitata
da un Drago - il diavolo - che vuole divorarne il figlio. Ma la scena non è di
morte, ma di vita, perché Dio interviene e mette in salvo il bambino (cfr Ap
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12,13a.15-16a). Quante difficoltà ci sono nella vita di ognuno, nella nostra
gente, nelle nostre comunità, ma per quanto grandi possano apparire, Dio non
lascia mai che ne siamo sommersi. Davanti allo scoraggiamento che potrebbe
esserci nella vita, in chi lavora all’evangelizzazione oppure in chi si sforza di
vivere la fede come padre e madre di famiglia, vorrei dire con forza: abbiate
sempre nel cuore questa certezza: Dio cammina accanto a voi, in nessun momento vi abbandona! Non perdiamo mai la speranza! Non spegniamola mai
nel nostro cuore! Il “drago”, il male, c’è nella nostra storia, ma non è lui il più
forte. Il più forte è Dio, e Dio è la nostra speranza! È vero che oggi un po’ tutti,
e anche i nostri giovani sentono il fascino di tanti idoli che si mettono al posto
di Dio e sembrano dare speranza: il denaro, il successo, il potere, il piacere.
Spesso un senso di solitudine e di vuoto si fa strada nel cuore di molti e conduce
alla ricerca di compensazioni, di questi idoli passeggeri. Cari fratelli e sorelle,
siamo luci di speranza! Abbiamo uno sguardo positivo sulla realtà. Incoraggiamo la generosità che caratterizza i giovani, accompagniamoli nel diventare
protagonisti della costruzione di un mondo migliore: sono un motore potente
per la Chiesa e per la società. Non hanno bisogno solo di cose, hanno bisogno
soprattutto che siano loro proposti quei valori immateriali che sono il cuore
spirituale di un popolo, la memoria di un popolo. In questo Santuario, che fa
parte della memoria del Brasile, li possiamo quasi leggere: spiritualità, generosità, solidarietà, perseveranza, fraternità, gioia; sono valori che trovano la
loro radice più profonda nella fede cristiana.
2. Il secondo atteggiamento: lasciarsi sorprendere da Dio. Chi è uomo, donna
di speranza - la grande speranza che ci dà la fede - sa che, anche in mezzo alle
difficoltà, Dio agisce e ci sorprende. La storia di questo Santuario ne è un esempio: tre pescatori, dopo una giornata a vuoto, senza riuscire a prendere pesci,
nelle acque del Rio Parnaíba, trovano qualcosa di inaspettato: un’immagine di
Nostra Signora della Concezione. Chi avrebbe mai immaginato che il luogo di
una pesca infruttuosa sarebbe diventato il luogo in cui tutti i brasiliani possono
sentirsi figli di una stessa Madre? Dio sempre stupisce, come il vino nuovo nel
Vangelo che abbiamo ascoltato. Dio riserva sempre il meglio per noi. Ma
chiede che noi ci lasciamo sorprendere dal suo amore, che accogliamo le sue
sorprese. Fidiamoci di Dio! Lontano da Lui il vino della gioia, il vino della
speranza, si esaurisce. Se ci avviciniamo a Lui, se rimaniamo con Lui, ciò che
sembra acqua fredda, ciò che è difficoltà, ciò che è peccato, si trasforma in
vino nuovo di amicizia con Lui.
3. Il terzo atteggiamento: vivere nella gioia. Cari amici, se camminiamo nella
speranza, lasciandoci sorprendere dal vino nuovo che Gesù ci offre, nel nostro
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cuore c’è gioia e non possiamo che essere testimoni di questa gioia. Il cristiano
è gioioso, non è mai triste. Dio ci accompagna. Abbiamo una Madre che sempre intercede per la vita dei suoi figli, per noi, come la regina Ester nella prima
lettura (cfr Est 5, 3). Gesù ci ha mostrato che il volto di Dio è quello di un
Padre che ci ama. Il peccato e la morte sono stati sconfitti. Il cristiano non può
essere pessimista! Non ha la faccia di chi sembra trovarsi in un lutto perpetuo.
Se siamo davvero innamorati di Cristo e sentiamo quanto ci ama, il nostro
cuore si “infiammerà” di una gioia tale che contagerà quanti vivono vicini a
noi. Come diceva Benedetto XVI, qui, in questo Santuario: “Il discepolo è consapevole che senza Cristo non c’è luce, non c’è speranza, non c’è amore, non
c’è futuro” (Discorso inaugurale della Conferenza di Aparecida [13 maggio
2007]: Insegnamenti III/1 [2007], p. 861).
Cari amici, siamo venuti a bussare alla porta della casa di Maria. Lei ci ha
aperto, ci ha fatto entrare e ci mostra suo Figlio. Ora Lei ci chiede: «Qualsiasi
cosa vi dica, fatela» (Gv 2, 5). Sì, Madre, noi ci impegniamo a fare quello che
Gesù ci dirà! E lo faremo con speranza, fiduciosi nelle sorprese di Dio e pieni
di gioia. Così sia.
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VIA CRUCIS CON I GIOVANI
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Lungomare di Copacabana, Rio de Janeiro
Venerdì, 26 luglio 2013
Carissimi giovani!
Siamo venuti oggi qui per accompagnare Gesù lungo il suo cammino di dolore e di amore, il cammino della Croce, che è uno dei momenti forti della
Giornata Mondiale della Gioventù. Al termine dell’Anno Santo della Redenzione, il Beato Giovanni Paolo II ha voluto affidare la Croce a voi, giovani,
dicendovi: «Portatela nel mondo come segno dell’amore di Gesù per l’umanità
e annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione»
(Parole ai giovani [22 aprile 1984]: Insegnamenti VII,1 [1984], 1105). Da allora la Croce ha percorso tutti i Continenti e ha attraversato i più svariati mondi
dell’esistenza umana, restando quasi impregnata dalle situazioni di vita dei
tanti giovani che l’hanno vista e l’hanno portata. Cari fratelli, nessuno può toccare la Croce di Gesù senza lasciarvi qualcosa di se stesso e senza portare qualcosa della Croce di Gesù nella propria vita. Tre domande vorrei che
risuonassero nei vostri cuori questa sera accompagnando il Signore: Che cosa
avete lasciato nella Croce voi, cari giovani del Brasile, in questi due anni in
cui ha attraversato il vostro immenso Paese? E che cosa ha lasciato la Croce di
Gesù in ciascuno di voi? E, infine, che cosa insegna alla nostra vita questa
Croce?
1. Un’antica tradizione della Chiesa di Roma racconta che l’Apostolo Pietro, uscendo dalla città per scappare dalla persecuzione di Nerone, vide Gesù
che camminava nella direzione opposta e stupito gli domandò: “Signore, dove
vai?”. La risposta di Gesù fu: “Vado a Roma per essere crocifisso di nuovo”.
In quel momento, Pietro capì che doveva seguire il Signore con coraggio, fino
in fondo, ma capì soprattutto che non era mai solo nel cammino; con lui c’era
sempre quel Gesù che lo aveva amato fino a morire. Ecco, Gesù con la sua
Croce percorre le nostre strade e prende su di sé le nostre paure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche le più profonde. Con la Croce Gesù si unisce
al silenzio delle vittime della violenza, che ormai non possono più gridare, soprattutto gli innocenti e gli indifesi; con la Croce, Gesù si unisce alle famiglie
che sono in difficoltà, e che piangono la tragica perdita dei loro figli, come nel
caso dei 242 giovani vittime dell’incendio nella città di Santa María all’inizio
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di quest’anno. Preghiamo per loro. Con la Croce Gesù si unisce a tutte le persone che soffrono la fame in un mondo che, dall’altro lato, si permette il lusso
di gettare via ogni giorno tonnellate di cibo; con la Croce, Gesù è unito a tante
madri e a tanti padri che soffrono vedendo i propri figli vittime di paradisi artificiali come la droga; con la Croce, Gesù si unisce a chi è perseguitato per la
religione, per le idee, o semplicemente per il colore della pelle; nella Croce,
Gesù è unito a tanti giovani che hanno perso la fiducia nelle istituzioni politiche
perché vedono l’egoismo e la corruzione o che hanno perso la fede nella
Chiesa, e persino in Dio, per l’incoerenza di cristiani e di ministri del Vangelo.
Quanto fanno soffrire Gesù le nostre incoerenze! Nella Croce di Cristo c’è la
sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le
braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non
sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto la morte e sono venuto a
darti speranza, a darti vita (cfr Gv 3,16).
2. Adesso possiamo rispondere alla seconda domanda: che cosa ha lasciato
la Croce in coloro che l’hanno vista e in coloro che l’hanno toccata? Che cosa
lascia la Croce in ciascuno di noi? Vedete: lascia un bene che nessuno può
darci: la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che
entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la
forza per portarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci. Nella Croce
di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa misericordia. E questo è
un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere. Cari giovani,
fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui (cfr Lettera enc. Lumen fidei, 16) perché
Lui non delude mai nessuno! Solo in Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l’ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce
dall’essere uno strumento di odio, di sconfitta e di morte ad essere un segno di
amore, di vittoria, di trionfo e di vita.
Il primo nome dato al Brasile è stato proprio quello di “Terra de Santa
Cruz”. La Croce di Cristo è stata piantata non solo sulla spiaggia più di cinque
secoli fa, ma anche nella storia, nel cuore e nella vita del popolo brasiliano e
in molti altri popoli. Il Cristo sofferente lo sentiamo vicino, uno di noi che condivide il nostro cammino fino in fondo. Non c’è croce, piccola o grande che
sia, della nostra vita che il Signore non condivida con noi.
3. Ma la Croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare da questo amore,
ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto
chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspetta una parola, un gesto, la Croce ci
invita ad uscire da noi stessi per andare loro incontro e tendere loro la mano.
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Tanti volti li abbiamo visti nella Via Crucis, tanti volti hanno accompagnato
Gesù nel suo cammino verso il Calvario: Pilato, il Cireneo, Maria, le donne…
Io oggi ti chiedo: Tu come chi di loro vuoi essere? Vuoi essere come Pilato
che non ha il coraggio di andare controcorrente per salvare la vita di Gesù e se
ne lava le mani. Dimmi: sei uno di quelli che si lavano le mani, che fa il finto
tonto e guarda dall’altra parte? O sei come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare
quel legno pesante, come Maria e le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù fino alla fine, con amore, con tenerezza. E tu, come chi di
questi vuoi essere? Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Gesù ti sta
guardando adesso e ti dice: mi vuoi aiutare a portare la Croce? Fratelli e sorelle:
con tutta la forza di giovane, che cosa Gli rispondi?
Cari giovani, alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di
amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore.
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SANTA MESSA CON I VESCOVI DELLA XXVIII GMG
E CON I SACERDOTI, I RELIGIOSI E I SEMINARISTI
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Cattedrale di San Sebastiano, Rio de Janeiro
Sabato, 27 luglio 2013
Amati fratelli in Cristo,
Guardando questa cattedrale piena di Vescovi, sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose venuti da tutto il mondo, penso alle parole del Salmo della
Messa di oggi: «Ti lodino i popoli, o Dio» (Sal 66).
Sì, siamo qui per lodare il Signore, e lo facciamo riaffermando la nostra volontà di essere suoi strumenti affinché non solo alcuni popoli lodino Dio, ma
tutti. Con la stessa parresia di Paolo e Barnaba, vogliamo annunciare il Vangelo
ai nostri giovani, perché incontrino Cristo e diventino costruttori di un mondo
più fraterno. In questo senso, vorrei riflettere con voi su tre aspetti della nostra
vocazione: chiamati da Dio; chiamati ad annunciare il Vangelo; chiamati a promuovere la cultura dell’incontro.
1. Chiamati da Dio. Credo che sia importante ravvivare in noi questa realtà,
che spesso diamo per scontata in mezzo ai tanti impegni quotidiani: «Non voi
avete scelto me, ma io ho scelto voi», ci dice Gesù (Gv 15,16). E’ riandare alla
sorgente della nostra chiamata. Per questo, un vescovo, un sacerdote, un consacrato, una consacrata, un seminarista non può essere “smemorato”: perde il
riferimento essenziale al momento iniziale del suo cammino. Chiedere la grazia, chiederla alla Vergine, lei che aveva buona memoria; chiedere la grazia di
essere persone che conservano la memoria di questa prima chiamata. Siamo
stati chiamati da Dio e chiamati per rimanere con Gesù (cfr Mc 3,14), uniti a
Lui. In realtà, questo vivere, questo permanere in Cristo segna tutto ciò che
siamo e facciamo. E’ precisamente questa “vita in Cristo” ciò che garantisce
la nostra efficacia apostolica, la fecondità del nostro servizio: «Vi ho costituiti
perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto sia autentico» (cfr Gv 15,16).
Non è la creatività, per quanto pastorale sia, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, anche se aiutano e molto, ma quello che assicura
il frutto è l’essere fedeli a Gesù, che ci dice con insistenza: «Rimanete in me e
io in voi» (Gv 15,4). E noi sappiamo bene che cosa significa: contemplarLo,
adorarLo e abbracciarLo, nel nostro incontro quotidiano con Lui nell’Eucaristia, nella nostra vita di preghiera, nei nostri momenti di adorazione; riconoscerlo presente e abbracciarlo anche nelle persone più bisognose. Il “rimanere”
con Cristo non significa isolarsi, ma è un rimanere per andare all’incontro con
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gli altri. Qui voglio ricordare alcune parole della Beata Madre Teresa di Calcutta. Dice così: «Dobbiamo essere molto orgogliose della nostra vocazione
che ci dà l’opportunità di servire Cristo nei poveri. È nelle “favelas”, nei “cantegriles“, nelle “villas miseria”, che si deve andare a cercare e servire Cristo.
Dobbiamo andare da loro come il sacerdote si reca all’altare, con gioia» (Mother Instructions, I, p. 80). Gesù è il Buon Pastore, è il nostro vero tesoro; per
favore, non cancelliamolo dalla nostra vita! Radichiamo sempre più il nostro
cuore in Lui (cfr Lc 12,34).
2. Chiamati ad annunciare il Vangelo. Molti di voi, carissimi Vescovi e sacerdoti, se non tutti, siete venuti per accompagnare i vostri giovani alla loro
Giornata Mondiale. Anch’essi hanno ascoltato le parole del mandato di Gesù:
“Andate e fate discepoli tutti i popoli” (cfr Mt 28,19). E’ nostro impegno di
Pastori aiutarli a far ardere nel loro cuore il desiderio di essere discepoli missionari di Gesù. Certo, molti potrebbero sentirsi un po’ spaventati di fronte a
questo invito, pensando che essere missionari significhi lasciare necessariamente il Paese, la famiglia e gli amici. Dio chiede che siamo missionari. Dove
siamo? Dove Lui stesso ci colloca, nella nostra patria o dove ci ponga. Aiutiamo i giovani. Abbiamo l’orecchio attento per ascoltare le loro illusioni hanno bisogno di essere ascoltati -, per ascoltare i loro successi, per ascoltare
le loro difficoltà. Bisogna mettersi seduti, ascoltando forse lo stesso libretto,
ma con una musica diversa, con identità differenti. La pazienza di ascoltare!
Questo ve lo chiedo con tutto il cuore! Nel confessionale, nella direzione spirituale, nell’accompagnamento. Sappiamo perdere tempo con loro. Seminare,
costa e affatica, affatica moltissimo! Ed è molto più gratificante godere del raccolto! Che furbizia! Tutti godiamo di più con il raccolto! Però Gesù ci chiede
che seminiamo con serietà.
Non risparmiamo le nostre forze nella formazione dei giovani! San Paolo
usa un’espressione, che ha fatto diventare realtà nella sua vita, rivolgendosi ai
suoi cristiani: «Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo
non sia formato in voi» (Gal 4, 19). Anche noi facciamola diventare realtà nel
nostro ministero! Aiutare i nostri giovani a riscoprire il coraggio e la gioia della
fede, la gioia di essere amati personalmente da Dio, questo è molto difficile,
ma quando un giovane lo comprende, quando un giovane lo sente con l’unzione
che gli dona lo Spirito Santo, questo “essere amato personalmente da Dio” lo
accompagna poi per tutta la vita; riscoprire la gioia, che Dio ha dato suo Figlio
Gesù per la nostra salvezza. Educarli, nella missione, ad uscire, ad andare, ad
essere “callejeros de la fe” [girovaghi della fede]. Così ha fatto Gesù con i suoi
discepoli: non li ha tenuti attaccati a sé come una chioccia con i suoi pulcini;
li ha inviati! Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comu-
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nità, nella nostra istituzione parrocchiale o nella nostra istituzione diocesana,
quando tante persone sono in attesa del Vangelo! Uscire inviati. Non è semplicemente aprire la porta perché vengano, per accogliere, ma è uscire dalla porta
per cercare e incontrare! Spingiamo i giovani affinché escano. Certo che faranno stupidaggini. Non abbiamo paura! Gli Apostoli le hanno fatte prima di
noi. Spingiamoli ad uscire. Pensiamo con decisione alla pastorale partendo
dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito
non frequentano la parrocchia. Loro sono gli invitati VIP. Andare a cercarli nei
crocevia delle strade.
3. Essere chiamati da Gesù, essere chiamati per evangelizzare, e terzo: essere chiamati a promuovere la cultura dell’incontro. In molti ambienti, e in
generale in questo umanesimo economicista che ci è stato imposto nel mondo,
si è fatta strada una cultura dell’esclusione, una “cultura dello scarto” Non c’è
posto né per l’anziano né per il figlio non voluto; non c’è tempo per fermarsi
con quel povero nella strada. A volte sembra che per alcuni, i rapporti umani
siano regolati da due “dogmi” moderni: efficienza e pragmatismo. Cari Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e anche voi Seminaristi che vi preparate al ministero,
abbiate il coraggio di andare controcorrente a questa cultura. Avere il coraggio!
Ricordate una cosa, a me questo fa molto bene e lo medito frequentemente:
prendete il Primo Libro dei Maccabei, ricordate quando molti [non i Maccabei,
NDR] vollero adeguarsi alla cultura dell’epoca: “No…! Lasciamo, no…! Mangiamo di tutto, come tutta la gente… Bene, la Legge sì, ma che non sia tanto”.
E finirono per lasciare la fede per mettersi nella corrente di questa cultura. Abbiate il coraggio di andare controcorrente a questa cultura efficientista, a questa
cultura dello scarto. L’incontro e l’accoglienza di tutti, la solidarietà - una parola che si sta nascondendo in questa cultura, quasi fosse una cattiva parola -,
la solidarietà e la fraternità, sono elementi che rendono la nostra civiltà veramente umana.
Essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro! Vi vorrei
quasi ossessionati in questo senso. E farlo senza essere presuntuosi, imponendo
“le nostre verità”, ma bensì guidati dall’umile e felice certezza di chi è stato
trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla (cfr Lc 24,13-35).
Cari fratelli e sorelle, siamo chiamati da Dio, con nome e cognome, ciascuno di noi, chiamati ad annunciare il Vangelo e a promuovere con gioia la
cultura dell’incontro. La Vergine Maria è nostro modello. Nella sua vita ha
dato «l’esempio di quell’affetto materno che dovrebbe ispirare tutti quelli che
cooperano nella missione apostolica che ha la Chiesa di rigenerare gli uomini»
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(Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 65). Le chiediamo che ci
insegni a incontrarci ogni giorno con Gesù. E quando facciamo finta di niente,
perché abbiamo molte cose da fare e il tabernacolo rimane abbandonato, che
ci prenda per mano. Chiediamoglielo! Guarda, Madre, quando sono disorientato, conducimi per mano. Che ci spinga a uscire all’incontro di tanti fratelli e
sorelle che sono nella periferia, che hanno sete di Dio e non hanno chi lo annunci. Che non ci butti fuori di casa, ma che ci spinga ad uscire di casa, E’ così
che siamo discepoli del Signore. Che Ella conceda a tutti questa grazia.
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SANTA MESSA PER LA XXVIII GIORNATA MONDIALE
DELLA GIOVENTÙ
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Lungomare di Copacabana, Rio de Janeiro
Domenica, 28 luglio 2013
Cari fratelli e sorelle,
cari giovani!
“Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Con queste parole, Gesù si rivolge
a ognuno di voi, dicendo: “È stato bello partecipare alla Giornata Mondiale
della Gioventù, vivere la fede insieme a giovani provenienti dai quattro angoli
della terra, ma ora tu devi andare e trasmettere questa esperienza agli altri”.
Gesù ti chiama ad essere discepolo in missione! Oggi, alla luce della Parola di
Dio che abbiamo ascoltato, che cosa ci dice il Signore? Che cosa ci dice il Signore? Tre parole: Andate, senza paura, per servire.
1. Andate. In questi giorni, qui a Rio, avete potuto fare la bella esperienza
di incontrare Gesù e di incontrarlo assieme, avete sentito la gioia della fede.
Ma l’esperienza di questo incontro non può rimanere rinchiusa nella vostra
vita o nel piccolo gruppo della parrocchia, del movimento, della vostra comunità. Sarebbe come togliere l’ossigeno a una fiamma che arde. La fede è una
fiamma che si fa sempre più viva quanto più si condivide, si trasmette, perché
tutti possano conoscere, amare e professare Gesù Cristo che è il Signore della
vita e della storia (cfr Rm 10,9).
Attenzione, però! Gesù non ha detto: se volete, se avete tempo, andate, ma
ha detto: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Condividere l’esperienza della
fede, testimoniare la fede, annunciare il Vangelo è il mandato che il Signore
affida a tutta la Chiesa, anche a te; è un comando, che, però, non nasce dalla
volontà di dominio, dalla volontà di potere, ma dalla forza dell’amore, dal fatto
che Gesù per primo è venuto in mezzo a noi e non ci ha dato qualcosa di Sé,
ma ci ha dato tutto Se stesso, Egli ha dato la sua vita per salvarci e mostrarci
l’amore e la misericordia di Dio. Gesù non ci tratta da schiavi, ma da persone
libere, da amici, da fratelli; e non solo ci invia, ma ci accompagna, è sempre
accanto a noi in questa missione d’amore.
Dove ci invia Gesù? Non ci sono confini, non ci sono limiti: ci invia a tutti.
Il Vangelo è per tutti e non per alcuni. Non è solo per quelli che ci sembrano
più vicini, più ricettivi, più accoglienti. E’ per tutti. Non abbiate paura di andare
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e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi
sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del suo amore.
In particolare, vorrei che questo mandato di Cristo: “Andate”, risuonasse in
voi giovani della Chiesa in America Latina, impegnati nella missione continentale promossa dai Vescovi. Il Brasile, l’America Latina, il mondo ha bisogno di
Cristo! San Paolo dice: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16).
Questo Continente ha ricevuto l’annuncio del Vangelo, che ha segnato il suo
cammino e ha portato molto frutto. Ora questo annuncio è affidato anche a voi,
perché risuoni con forza rinnovata. La Chiesa ha bisogno di voi, dell’entusiasmo, della creatività e della gioia che vi caratterizzano. Un grande apostolo del
Brasile, il Beato José de Anchieta, partì in missione quando aveva soltanto diciannove anni. Sapete qual è lo strumento migliore per evangelizzare i giovani?
Un altro giovane. Questa è la strada da percorrere da parte di tutti voi!
2. Senza paura. Qualcuno potrebbe pensare: “Non ho nessuna preparazione
speciale, come posso andare e annunciare il Vangelo?”. Caro amico, la tua
paura non è molto diversa da quella di Geremia, abbiamo appena ascoltato
nella lettura, quando è stato chiamato da Dio a essere profeta. «Ahimè, Signore
Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Dio dice anche a voi quello
che ha detto a Geremia: «Non avere paura [...], perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,7.8). Lui è con noi!
“Non avere paura!”. Quando andiamo ad annunciare Cristo, è Lui stesso
che ci precede e ci guida. Nell’inviare i suoi discepoli in missione, ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). E questo è vero anche per
noi! Gesù non lascia mai solo nessuno! Ci accompagna sempre.
Gesù poi non ha detto: “Va’” , ma “Andate”: siamo inviati insieme. Cari
giovani, sentite la compagnia dell’intera Chiesa e anche la comunione dei Santi
in questa missione. Quando affrontiamo insieme le sfide, allora siamo forti,
scopriamo risorse che non sapevamo di avere. Gesù non ha chiamato gli Apostoli perché vivessero isolati, li ha chiamati per formare un gruppo, una comunità. Vorrei rivolgermi anche a voi, cari sacerdoti che concelebrate con me
quest’Eucaristia: siete venuti ad accompagnare i vostri giovani, e questo è
bello, condividere questa esperienza di fede! Certamente vi ha ringiovanito
tutti. Il giovane contagia giovinezza. Ma è solo una tappa del cammino. Per
favore, continuate ad accompagnarli con generosità e gioia, aiutateli ad impegnarsi attivamente nella Chiesa; non si sentano mai soli! E qui desidero ringraziare di cuore dai gruppi di pastorale giovanile ai movimenti e nuove
comunità che accompagnano i giovani nella loro esperienza di essere Chiesa,
così creativi e così audaci. Andate avanti e non abbiate paura!
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3. L’ultima parola: per servire. All’inizio del Salmo che abbiamo proclamato ci sono queste parole: «Cantate al Signore un canto nuovo» (Sal 95,1).
Qual è questo canto nuovo? Non sono parole, non è una melodia, ma è il canto
della vostra vita, è lasciare che la nostra vita si identifichi con quella di Gesù,
è avere i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni. E la vita di Gesù è una
vita per gli altri, la vita di Gesù è una vita per gli altri. È una vita di servizio.
San Paolo, nella Lettura che abbiamo ascoltato poco fa, diceva: «Mi sono
fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero» (1 Cor 9,19). Per annunciare Gesù, Paolo si è fatto “servo di tutti”. Evangelizzare è testimoniare
in prima persona l’amore di Dio, è superare i nostri egoismi, è servire chinandoci a lavare i piedi dei nostri fratelli come ha fatto Gesù.
Tre parole: Andate, senza paura, per servire. Andate, senza paura, per servire. Seguendo queste tre parole sperimenterete che chi evangelizza è evangelizzato, chi trasmette la gioia della fede, riceve più gioia. Cari giovani, nel
ritornare alle vostre case non abbiate paura di essere generosi con Cristo, di
testimoniare il suo Vangelo. Nella prima Lettura quando Dio invia il profeta
Geremia, gli dona il potere di «sradicare e demolire, distruggere e abbattere,
edificare e piantare» (Ger 1,10). Anche per voi è così. Portare il Vangelo è portare la forza di Dio per sradicare e demolire il male e la violenza; per distruggere e abbattere le barriere dell’egoismo, dell’intolleranza e dell’odio; per
edificare un mondo nuovo. Cari giovani: Gesù Cristo conta su di voi! La Chiesa
conta su di voi! Il Papa conta su di voi! Maria, Madre di Gesù e Madre nostra,
vi accompagni sempre con la sua tenerezza: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Amen.
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALLA 47ª SETTIMANA SOCIALE
DEI CATTOLICI ITALIANI
[Torino, 12-15 settembre 2013]
Al Venerato Fratello
Cardinale Angelo Bagnasco
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
Rivolgo il mio cordiale saluto a Lei e a tutti i partecipanti alla 47ª Settimana
Sociale dei Cattolici Italiani, convocata a Torino. Rinnovo il mio abbraccio
fraterno ai Vescovi presenti, in particolare al Pastore di codesta Chiesa, Arcivescovo Cesare Nosiglia, come pure all’Arcivescovo Arrigo Miglio e ai
membri del Comitato Scientifico e Organizzatore. Saluto tutti i rappresentanti
delle Diocesi d’Italia e delle diverse aggregazioni ecclesiali.
La tradizione delle Settimane Sociali in Italia è iniziata nel 1907, e tra i suoi
principali promotori vi fu il Beato Giuseppe Toniolo. Questa 47ª Settimana è
la prima che si tiene dopo la sua beatificazione, avvenuta il 28 aprile 2012, e
giustamente è stata affidata in modo particolare alla sua intercessione. La figura
del Beato Toniolo fa parte di quella luminosa schiera di cattolici laici che,
nonostante le difficoltà del loro tempo, vollero e seppero, con l’aiuto di Dio,
percorrere strade proficue per lavorare alla ricerca e alla costruzione del bene
comune. Con la loro vita e il loro pensiero essi hanno praticato ciò che il Concilio Vaticano II ha poi insegnato a proposito della vocazione e missione dei
laici (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 31); e il loro esempio costituisce un incoraggiamento sempre valido per i cattolici laici di oggi a cercare a loro volta
vie efficaci per la medesima finalità, alla luce del più recente Magistero della
Chiesa (cfr Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 28). La forza esemplare
della santità in campo sociale è resa in questo caso ancor più sensibile dalla
sede di questa 47ª Settimana Sociale. Torino infatti è una città emblematica
per tutto il cammino storico-sociale dell’Italia, e lo è in modo particolare per
la presenza della Chiesa dentro questo cammino. A Torino hanno operato nei
secoli XIX e XX numerosi uomini e donne, sacerdoti, religiosi e religiose, laici,
alcuni di loro Santi e Beati, che hanno testimoniato con la vita e lavorato efficacemente con le opere a servizio dei giovani, delle famiglie, dei più poveri.
Le Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, nei diversi periodi storici, sono
state provvidenziali e preziose, e lo sono ancora oggi. Esse infatti si propon-
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gono come iniziativa culturale ed ecclesiale di alto profilo, capace di affrontare,
e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali, posti dall’attuale evoluzione della società. Per questo la Chiesa in Italia, 25 anni or
sono, ha voluto riprenderle e rilanciarle, come momenti qualificati di ascolto
e di ricerca, di confronto e di approfondimento, molto importanti sia per la
stessa comunità ecclesiale, per il suo servizio di evangelizzazione e promozione
umana, sia per gli studiosi e gli operatori nel campo culturale e sociale (cfr Nota
Pastorale CEI del 20 novembre 1988). Le Settimane Sociali sono così uno
strumento privilegiato attraverso il quale la Chiesa in Italia porta il proprio
contributo per la ricerca del bene comune del Paese (cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past. Gaudium et spes, 26). Questo compito, che è di tutta la comunità
nelle sue diverse articolazioni, appartiene, come già ricordavamo, in modo
specifico ai laici e alla loro responsabilità.
Il tema di questa Settimana Sociale è “La famiglia, speranza e futuro per la
società italiana”. Esprimo tutto il mio apprezzamento per questa scelta, e per
aver associato alla famiglia l’idea di speranza e di futuro. E’ proprio così! Ma
per la comunità cristiana la famiglia è ben più che “tema”: è vita, è tessuto
quotidiano, è cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con
l’amore e con i valori morali fondamentali, è solidarietà concreta, fatica,
pazienza, e anche progetto, speranza, futuro. Tutto questo, che la comunità
cristiana vive nella luce della fede, della speranza e della carità, non è mai
tenuto per sé, ma diventa ogni giorno lievito nella pasta dell’intera società, per
il suo maggior bene comune (cfr ibid., 47). Speranza e futuro presuppongono
memoria. La memoria dei nostri anziani è il sostegno per andare avanti nel
cammino. Il futuro della società, e in concreto della società italiana, è radicato
negli anziani e nei giovani: questi, perché hanno la forza e l’età per portare
avanti la storia; quelli, perché sono la memoria viva. Un popolo che non si
prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché
maltratta la memoria e la promessa.
In tale prospettiva si colloca questa 47ª Settimana Sociale, con il documento
preparatorio che l’ha preceduta. Essa intende offrire una testimonianza e proporre una riflessione, un discernimento, senza pregiudizi, il più possibile
aperto, attento alle scienze umane e sociali. Anzitutto come Chiesa offriamo
una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità
nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà, inoltre,
riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche
nella Costituzione della Repubblica Italiana. Infine, vogliamo riaffermare che
la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della
società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fatti-
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vamente sostenuta. Le conseguenze, positive o negative, delle scelte di carattere culturale, anzitutto, e politico riguardanti la famiglia toccano i diversi ambiti della vita di una società e di un Paese: dal problema demografico – che è
grave per tutto il continente europeo e in modo particolare per l’Italia – alle
altre questioni relative al lavoro e all’economia in generale, alla crescita dei
figli, fino a quelle che riguardano la stessa visione antropologica che è alla
base della nostra civiltà (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 44).
Queste riflessioni non interessano solamente i credenti ma tutte le persone
di buona volontà, tutti coloro che hanno a cuore il bene comune del Paese, proprio come avviene per i problemi dell’ecologia ambientale, che può molto
aiutare a comprendere quelli dell’”ecologia umana” (cfr Id, Discorso al Bundestag, Berlino, 22 settembre 2011). La famiglia è scuola privilegiata di generosità, di condivisione, di responsabilità, scuola che educa a superare una
certa mentalità individualistica che si è fatta strada nelle nostre società.
Sostenere e promuovere le famiglie, valorizzandone il ruolo fondamentale e
centrale, è operare per uno sviluppo equo e solidale. Non possiamo ignorare
la sofferenza di tante famiglie, dovuta alla mancanza di lavoro, al problema
della casa, alla impossibilità pratica di attuare liberamente le proprie scelte
educative; la sofferenza dovuta anche ai conflitti interni alle famiglie stesse,
ai fallimenti dell’esperienza coniugale e familiare, alla violenza che purtroppo
si annida e fa danni anche all’interno delle nostre case. A tutti dobbiamo e
vogliamo essere particolarmente vicini, con rispetto e con vero senso di fraternità e di solidarietà. Vogliamo però soprattutto ricordare la testimonianza
semplice, ma bella e coraggiosa di tantissime famiglie, che vivono l’esperienza
del matrimonio e dell’essere genitori con gioia, illuminati e sostenuti dalla
grazia del Signore, senza paura di affrontare anche i momenti della croce che,
vissuta in unione con quella del Signore, non impedisce il cammino dell’amore,
ma anzi può renderlo più forte e più completo.
Possa questa Settimana Sociale contribuire in modo efficace a mettere in
evidenza il legame che unisce il bene comune alla promozione della famiglia
fondata sul matrimonio, al di là di pregiudizi e ideologie. Si tratta di un debito
di speranza che tutti hanno nei confronti del Paese, in modo particolare dei
giovani, ai quali occorre offrire speranza per il futuro. A Lei, caro Fratello, e
alla grande assemblea della Settimana Sociale di Torino assicuro il mio ricordo
nella preghiera e, mentre chiedo di pregare anche per me e per il mio servizio
alla Chiesa, invio di cuore la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 11 settembre 2013
FRANCESCO
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VIDEO-MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER IL TERZO FESTIVAL DELLA DOTTRINA SOCIALE
DELLA CHIESA
(Verona, 21-24 novembre)
Saluto tutti i convenuti al terzo Festival della Dottrina Sociale della Chiesa
che ha come tema “Meno disuguaglianze, più differenze”. In modo particolare,
saluto il Vescovo, Sua Eccellenza Mons. Zenti, e Sua Eminenza il Cardinale
Oscar Rodriguez Maradiaga che avvierà i lavori. Un saluto a tutti i presenti e
un grazie a Don Vincenzi che da anni coordina il Festival. “Meno disuguaglianze, più differenze” è un titolo che evidenzia la plurale
ricchezza delle persone come espressione dei talenti personali e prende le
distanze dalla omologazione che mortifica e paradossalmente aumenta le
disuguaglianze. Vorrei tradurre il titolo in un’immagine: la sfera e il poliedro.
La sfera può rappresentare l’omologazione, come una specie di globalizzazione: è liscia, senza sfaccettature, uguale a se stessa in tutte le parti. Il
poliedro ha una forma simile alla sfera, ma è composta da molte facce. Mi
piace immaginare l’umanità come un poliedro, nel quale le forme molteplici,
esprimendosi, costituiscono gli elementi che compongono, nella pluralità, l’unica famiglia umana. E questa sì è una vera globalizzazione. L’altra globalizzazione – quella della sfera – è una omologazione. Un secondo pensiero è rivolto ai giovani e agli anziani: il riconoscimento
delle differenze valorizza le persone, a differenza dell’omologazione, che è il
rischio di scartarle perché non sono in grado di cogliere il significato. Oggi, i
giovani e i vecchi vengono considerati scarti perché non rispondono alle
logiche produttive in una visione funzionalista della società, non rispondono
ad alcun criterio utile di investimento. Si dice sono “passivi”, non producono,
nell’economia del mercato non sono soggetti di produzione. Non dobbiamo
dimenticare, però, che i giovani ed i vecchi portano ciascuno una loro grande
ricchezza: ambedue sono il futuro di un popolo. I giovani sono la forza per andare avanti; i vecchi sono la memoria del
popolo, la saggezza. Non ci può essere sviluppo autentico, né crescita armonica
di una società se viene negata la forza dei giovani e la memoria dei vecchi. Un
popolo che non ha cura dei giovani, dei vecchi non ha futuro. E’ per questo
che dobbiamo fare tutto quanto è possibile per evitare che la nostra società produca uno scarto sociale e dobbiamo impegnarci tutti per tenere viva la memoria, con lo sguardo rivolto al futuro. 21
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Pensiamo alla percentuale dei giovani che in questo momento sono senza
lavoro: in alcuni Paesi si parla del 40 o più per cento di giovani senza lavoro.
Questa è un’ipoteca, è un’ipoteca per un futuro. E se questo non si risolve
presto, è la sicurezza di un futuro troppo debole o un non –futuro. Un pensiero va anche alla Dottrina Sociale della Chiesa: il Magistero sociale
è un grande punto di riferimento, esso rappresenta un orientamento frutto di
riflessione e di operativa virtuosa. E’ molto utile per non perdersi. Chi opera
nell’economia e nella finanza è sicuramente attratto dal profitto e se non sta
attento, si mette a servire il profitto stesso, così diventa schiavo del denaro. La
Dottrina Sociale contiene un patrimonio di riflessioni e di speranza che è in
grado anche oggi di orientare le persone e di conservarle libere. Occorre
coraggio, un pensiero e la forza della fede per stare dentro il mercato, per stare
dentro il mercato, guidati da una coscienza che mette al centro la dignità della
persona, non l’idolo denaro.
Nella pratica, tutto ciò non è sempre immediatamente evidente, ma se ci
aiutiamo a vicenda, perseguire il bene comune diventa la scelta che trova
riscontro anche nei risultati. La Dottrina Sociale, quando viene vissuta, genera
speranza. E’ così che ognuno può trovare dentro di sé la forza per promuovere
con il lavoro una nuova giustizia sociale. Si potrebbe affermare che l’applicazione della Dottrina Sociale contiene in sé una mistica. Ripeto la parola: una
mistica. Sembra toglierti immediatamente qualcosa; sembra che applicarla ti
porti fuori dal mercato, dalle regole correnti. Guardando ai risultati complessivi, questa mistica porta invece un grande guadagno, perché è in grado di
creare sviluppo proprio in quanto – nella sua visione complessiva – richiede
di farsi carico dei disoccupati, delle fragilità, delle ingiustizie sociali e non sottostà alle distorsioni di una visione economicistica. La Dottrina Sociale non sopporta che gli utili siano di chi produce e la
questione sociale sia lasciata allo Stato o alle azioni di assistenza e di volontariato. Ecco perché la solidarietà è una parola chiave della Dottrina Sociale.
Ma noi, in questo tempo, abbiamo il rischio di toglierla dal dizionario, perché
è una parola incomoda, ma anche – permettetemi – è quasi una “parolaccia”.
Per l’economia e il mercato, solidarietà è quasi una parolaccia.
E anche un pensiero sulla cooperazione: ho incontrato alcuni rappresentanti
del mondo delle cooperative. Qui, in questo salotto, abbiamo avuto una riunione, mesi fa. Mi ha molto consolato e penso sia una buona notizia per tutti
sentire che, per rispondere alla crisi, si è ridotto l’utile, ma si è mantenuto il
livello occupazionale. Il lavoro è troppo importante. Lavoro e dignità della per-
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sona camminano di pari passo. La solidarietà va applicata anche per garantire
il lavoro; la cooperazione rappresenta un elemento importante per assicurare
la pluralità di presenze tra i datori del mercato. Oggi essa è oggetto di qualche
incomprensione anche a livello europeo, ma ritengo che non considerare attuale
questa forma di presenza nel mondo produttivo costituisca un impoverimento
che lascia spazio alle omologazioni e non promuove le differenze e l’identità. Io ricordo – ero ragazzo – avevo 18 anni: anno 1954, e ho sentito mio padre
fare una conferenza sul cooperativismo cristiano e da quel tempo io mi sono
entusiasmato con questo, ho visto che quella era la strada. E’ proprio la strada
per una uguaglianza, ma non omogeneità, una uguaglianza nelle differenze.
Anche economicamente è lenta. Io ricordo ancora quella riflessione del mio
papà: va avanti lentamente, ma è sicura. Quando io sento alcune altre teorie
economiche, come quella del “derrame”- non so come si dice, bene, in italiano
[il Papa si riferisce a una teoria economica ottimistica sul calo dei prezzi dei
beni e la riduzione della povertà]. L’esperienza ci dice che quella strada non va.
Auguro a tutti coloro che sono impegnati e sono attori di riforme cooperativistiche, di tener viva la memoria della loro origine. Le forme cooperative
costituite dai cattolici come traduzione della Rerum Novarum testimoniano la
forza della fede, che oggi come allora è in grado di ispirare azioni concrete per
rispondere ai bisogni della nostra gente. Oggi questo è di estrema attualità e spinge la cooperazione a diventare un
soggetto in grado di pensare alle nuove forme di Welfare. Il mio auspicio è che
possiate rivestire di novità la continuità. E così imitiamo anche il Signore, che
sempre ci fa andare avanti con sorprese, con le novità. Vi accompagno con la
mia benedizione, e voi non stancatevi di pregare per me, perché davvero ne ho
bisogno. Grazie.
FRANCESCO
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DOCUMENTI
DELLA CHIESA ITALIANA
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Conferenza Episcopale Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE
Roma, 23-25 settembre 2013
COMUNICATO FINALE
Lo sfondo attorno a cui si è svolta la sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente – riunito a Roma da lunedì 23 a mercoledì 25 settembre
2013, sotto la guida del Card. Angelo Bagnasco – è stato l’altare della Confessione. Con la memoria del cuore, infatti, i Vescovi hanno ripreso e fatto proprie le indicazioni offerte da Papa Francesco lo scorso maggio, nell’incontro
avuto sulla tomba di Pietro con tutta la Conferenza Episcopale Italiana. In
quell’occasione, il Papa rinnovava la propria fiducia nei Pastori, li incoraggiava a continuare l’apprezzato cammino della Chiesa in Italia, indicando con
chiarezza ambiti di competenza e, prima ancora, condizioni per assumerli con
convinzione: “Non siamo espressione di una struttura o di una necessità organizzativa: anche con il servizio della nostra autorità siamo chiamati a essere
segno della presenza e dell’azione del Signore risorto, a edificare, quindi, la
comunità nella carità fraterna”.
Quelle indicazioni, approfondite nelle udienze del Papa con il Cardinale
Presidente, nei lavori di questi giorni hanno avviato un percorso di discernimento a tutti i livelli. A far da filo conduttore domande precise: “Quale
disponibilità ci chiede il Santo Padre? Che forme si aspetta che assumi
la nostra collegialità? Come possiamo favorire tra noi una maggiore partecipazione?”.
A partire dai contenuti offerti nella prolusione, non è mancato il confronto
sul momento storico, contrassegnato da un autentico cambiamento d’epoca.
Insieme a una pastorale di prossimità e di cura, i Vescovi hanno evidenziato
l’importanza di non far mancare una lettura teologica, capace di portare anche
a revisione il linguaggio della fede. Nella preoccupazione per le condizioni di
tante famiglie, hanno richiamato la politica a fare la sua parte, evitando inutili
litigiosità e impegnandosi a non perdere il treno della ripresa. Preghiera e solidarietà sono state espresse per la Siria e per i cristiani perseguitati.
I lavori del Consiglio Permanente si sono, quindi, concentrati sul Convegno
Ecclesiale Nazionale di Firenze, per il quale è stata presentata una lettera di
Invito; sono state approvate due richieste di Commissioni Episcopali per altrettante Note pastorali sull’Ordo Virginum e sulla scuola; sono stati raccolti
suggerimenti per metodi e contenuti con cui dare continuità al cammino del
Progetto culturale.
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Sullo sfondo degli Orientamenti pastorali del decennio, una comunicazione
ha riguardato una prima ricognizione delle “buone pratiche educative” diffuse
nel Paese.
Il Consiglio Permanente ha, infine, approvato il messaggio per la prossima
Giornata Nazionale per la Vita, nonché alcune modifiche statutarie di un’associazione di fedeli e ha provveduto ad alcune nomine.
Alla scuola di Papa Francesco
“Voi avete tanti compiti: la Chiesa in Italia, … il dialogo con le istituzioni
culturali, sociali, politiche … il lavoro di fare forte le Conferenze regionali,
perché siano la voce di tutte le regioni, tanto diverse … e anche il lavoro per
ridurre un po’ il numero delle diocesi tanto pesanti … Andate avanti con fratellanza”. Le indicazioni offerte da Papa Francesco all’Assemblea Generale dello
scorso maggio sono state il primo materiale di confronto e di approfondimento
della sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente.
La ricchezza di quell’incontro è viva nel cuore di tutti i Vescovi: nella
meditazione, in particolare, Papa Francesco aveva riproposto con forza l’attualità della domanda posta dal Risorto a Pietro – “Mi ami tu? Mi sei amico?”
–, “unica questione veramente essenziale, premessa e condizione per pascere
le sue pecore, i suoi agnelli, la sua Chiesa”. Nel contempo, aveva pure ricordato
la natura della Chiesa: “Non siamo espressione di una struttura o di una necessità organizzativa: anche con il servizio della nostra autorità siamo chiamati a
essere segno della presenza e dell’azione del Signore risorto, a edificare, quindi,
la comunità nella carità fraterna”. Le indicazioni del Magistero pontificio sono
state confermate e approfondite nei recenti colloqui con il Cardinale Presidente,
nel corso dei quali il Santo Padre ha espresso la volontà che, nel segno della
collegialità, la partecipazione dei Vescovi alla vita della Conferenza Episcopale
Italiana sia sempre maggiore: per un’assunzione ampia e attiva di orientamenti
e decisioni sempre meglio condivise, per un giudizio concorde e scelte corrispondenti in ordine alle circostanze pastorali di questo tempo. Tali indicazioni
sono state fatte proprie prontamente con piena e cordiale disponibilità dalla
Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, che le ha quindi portate in
Consiglio Permanente per un primo scambio e l’avvio di un processo di sereno
approfondimento.
Nel corso della discussione –insieme alla gratitudine per le proposte e gli
stimoli offerti dal Papa, del quale si è evidenziato una volta di più il peculiare
legame con la Conferenza Episcopale Italiana– i Vescovi hanno sottolineato che
prima e più di un eventuale rinnovamento dei profili organizzativi, le indicazioni
pontificie inseriscono nella Conferenza Episcopale Italiana un nuovo dinami-
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smo, una visione e uno stile di Chiesa; favoriscono il coinvolgimento, l’unità e
una crescente e più incisiva corresponsabilità. A tal fine in Consiglio Permanente
è emersa la necessità di modulare gli interventi e iniziative a partire da un profondo ascolto del Magistero pontificio, con costante attenzione al dialogo con
il mondo cattolico. In questa prospettiva, il cammino di preparazione al Convegno Ecclesiale Nazionale di metà decennio, le Settimane Sociali dei Cattolici
Italiani, le iniziative del Progetto culturale e gli stessi Congressi Eucaristici
Nazionali, sono avvertiti come opportunità da valorizzare per un maggiore coinvolgimento del laicato cattolico, di cui si intende non soltanto incoraggiare la
formazione alla Dottrina Sociale della Chiesa, ma anche promuovere un’autentica valorizzazione, attraverso la creazione di nuovi spazi di dibattito. Nel
mettere a fuoco il ruolo odierno della Conferenza Episcopale Italiana –le forme
di attuazione della comunione ecclesiale ed episcopale– il Consiglio Permanente
ha sottolineato la necessità di riflettere sulla sua evoluzione storica. Dal Concilio
ad oggi –è stato evidenziato– la Chiesa in Italia si è strutturata, ha preso forma,
ha rinnovato catechesi, liturgia e carità: anche gli aspetti organizzativi, per essere
compresi, vanno ricondotti all’interno di questa ricchezza.
La sollecitazione a una maggiore compartecipazione ha portato il Consiglio
Permanente a voler coinvolgere tutti i Vescovi nelle rispettive Conferenze
Episcopali Regionali, consultandoli in particolare sui seguenti temi: valorizzazione del ruolo e del contributo delle Conferenze Episcopali Regionali; proposte sulla modalità di svolgimento del compito delle Commissioni Episcopali;
valutazioni circa le modalità di nomina delle diverse figure della Presidenza,
alla luce del peculiare legame tra la Chiesa in Italia e il Santo Padre; considerazioni in merito alle procedure di lavoro del Consiglio Episcopale Permanente e dell’Assemblea Generale.
All’insegna dello “stare con”
Sollecitati dai contenuti della prolusione, nel confronto i Vescovi hanno ripreso innanzitutto la cifra dell’individualismo, riconosciuta quale “radice avvelenata” che, mentre impoverisce “il suolo umano” svuotandolo di relazioni
e di responsabilità, consegna un uomo appesantito, stanco e triste; un uomo
che si limita a considerare lo Stato come il “nobile notaio”, chiamato a riconoscergli desideri, istanze e pretese. Tale situazione –è stato evidenziato– ha le
sue ricadute sul piano pastorale: senza ridursi a interpretare la Chiesa come
una ONG, si avverte che lo stesso annuncio deve passare da un preciso atteggiamento, dal prendersi cura di ogni ambito della vita umana. Si riconosce
come “vero metodo pastorale” lo “stare con”, rispecchiando così la compagnia
di Gesù e rimandando a Lui, imparando a “dire e ascoltare”, a “dare e ricevere”:
vale con i giovani – hanno sottolineato i Vescovi – come più in generale con
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tutto il laicato.
Ciò comporta anche un confronto culturale sostenuto da un “pensare teologicamente il presente”: al di là delle analisi sociologiche, i Pastori rilanciano
una Chiesa che –secondo le parole di Romano Guardini, riprese nella prima
enciclica di Papa Francesco– “è la portatrice storica dello sguardo plenario di
Cristo sul mondo”. Parte da qui anche l’attenzione a tradurre il linguaggio della
fede all’interno di una società fattasi plurale, priva ormai dello spessore del
vocabolario cristiano. Questo contesto riverbera segni di debolezza all’interno
della stessa comunità cristiana: ad esempio, nella pastorale familiare, dove –
quando manca chiarezza di contenuti teologici– si finisce per essere “difensivi,
più che propositivi”. E debolezza si rileva anche sul piano politico, dove proprio la famiglia, “capitale che genera ricchezza per la società intera”, non
riscontra l’impegno e la mediazione di risposta alcuna.
In questa direzione, il richiamo dei Vescovi ai rappresentanti del bene comune si è esteso alla necessità di evitare in ogni modo inutili divisioni, destinate
unicamente ad allontanare il treno della ripresa economica. Un’attenzione,
espressa a più voci, è stata rivolta alla situazione che sta travagliando la Siria
e, più in generale, i Paesi del Nord Africa: si avverte l’importanza di dare continuità alla giornata di digiuno e preghiera indetta dal Papa per lo scorso 7 settembre, puntando a promuovere iniziative nelle Chiese diocesane. Caritas
Italiana rimane il soggetto deputato a raccogliere eventuali offerte di solidarietà
per i profughi di questi Paesi.
Infine, una particolare vicinanza il Consiglio Permanente l’ha espressa ai
cristiani che soffrono forme di discriminazione, d’intolleranza e di persecuzione a causa della loro fede.
3. Firenze, tempo d’Invito
È entrata nel vivo la preparazione al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015) con la valutazione da parte del Consiglio Permanente di un primo strumento, chiamato Invito, con il quale si chiama ad
accoglierne il tema (In Gesù Cristo il nuovo umanesimo) e a comprenderne il
significato. Si vuole pure verificare le vie in atto nelle Diocesi per incarnare
l’umanesimo cristiano in proposte di vita capaci di animare iniziative pastorali
di nuova evangelizzazione nei diversi contesti dell’esistenza umana. I destinatari dell’Invito sono essenzialmente i Consigli presbiterali e pastorali diocesani, le Consulte per l’apostolato dei laici e le principali realtà associative e di
movimento laicale, le Facoltà teologiche e gli Istituti superiori di Scienze Religiose. Il testo contiene un appello a “muoversi subito e insieme”, riconoscendosi nella scia conciliare e, in particolare, all’interno del processo educativo a
cui sono dedicati gli Orientamenti pastorali del decennio; recupera la testimo-
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nianza di incarnazione del messaggio cristiano, che parla attraverso le cattedrali
e i santi e porta a convergere su Gesù Cristo, fulcro dell’umanesimo, che ha il
suo cuore nell’Eucaristia celebrata e vissuta con fede e coerenza morale.
La riflessione intende avviare anche l’individuazione di qualche esperienza
significativa, oltre a raccogliere suggerimenti e proposte per la stesura del
documento preparatorio, che nell’anno pastorale 2014-2015 sarà rivolto a tutte
le componenti del popolo di Dio, a cominciare dalle comunità parrocchiali.
4. Note pastorali e Progetto culturale
Un congruo spazio di confronto i Vescovi l’hanno dedicato al Progetto culturale orientato in senso cristiano, rivisitandone metodi e contenuti. In particolare, è stato valorizzato lo stile di lavoro del Comitato, come pure le iniziative
realizzate, dai Convegni internazionali ai tre volumi del Rapporto-proposta. Il
Consiglio Permanente ha evidenziato l’importanza di continuare l’efficace attività di promozione realizzato dal Servizio nel territorio, dove l’attenzione alla
dimensione culturale si è tradotta nel sostegno a numerose iniziative locali e
nazionali. Il Consiglio Permanente ha approvato la richiesta di predisporre due
Note pastorali, relative rispettivamente all’Ordo Virginum e alla scuola cattolica
in Italia.
La prima, affidata alla Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata, è suggerita dalla nuova fioritura in Italia dell’antico Ordine delle
Vergini, presente in 113 Diocesi di tutte le Regioni ecclesiastiche.
La seconda Nota, che si vuole capace di esprimere l’attenzione della Chiesa
a tutta la scuola e alla sua promozione, è affidata alla Commissione Episcopale
per l’educazione cattolica, la scuola e l’università; mira anche ad aiutare il superamento di pregiudizi e posizioni ideologiche, che si rivelano incapaci di riconoscere la libertà educativa e continuano di fatto a penalizzare la scuola
paritaria. In particolare, in vista dell’iniziativa “La Chiesa per la scuola” –che
culminerà il prossimo 10 maggio in un incontro del mondo della scuola italiana
con il Santo Padre, a Roma, in Piazza San Pietro– il Consiglio Permanente ha
deciso di predisporre una lettera-invito, che favorisca la preparazione e la partecipazione alla mobilitazione.
È stata presentata ai Vescovi una prima ricognizione sulle “buone pratiche
educative” presenti nelle Diocesi, con l’intento di favorirne la conoscenza e lo
scambio.
Il Consiglio Permanente ha, quindi, approvato il Messaggio per la 36ª Giornata Nazionale per la Vita (2 febbraio 2014), nonché la modifica statutaria.
Roma, 27 settembre 2013
31
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GIOVANI PROTAGONISTI NELL’AGRICOLTURA
Messaggio per la 63ª Giornata nazionale del Ringraziamento
10 novembre 2013
Carissimi giovani,
ci rivolgiamo direttamente a voi quest’anno, in occasione della Giornata
nazionale del Ringraziamento per i frutti della terra, come Vescovi incaricati
della pastorale sociale e del lavoro. Lo facciamo avendo davanti a noi in primo
luogo l’icona di Martino, giovane ufficiale romano, che, di fronte alle necessità
di un povero infreddolito, taglia il suo mantello in due e lo condivide, donando
un raggio di sole e di calore che resterà sempre impresso nella memoria di tutti
noi. San Martino ci insegna a vivere la vita come un dono, facendo sgorgare la
speranza laddove la speranza sembra non esserci.
Ci colleghiamo così alle costanti esortazioni di Papa Francesco: “Prima di
tutto, vorrei dire una cosa, a tutti voi giovani: non lasciatevi rubare la speranza!
Per favore, non lasciatevela rubare! E chi ti ruba la speranza? Lo spirito del
mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la superbia, lo spirito del benessere,
che alla fine ti porta a diventare un niente nella vita” (Discorso agli studenti
delle scuole gestite dai gesuiti in Italia e in Albania, 7 giugno 2013). Questo
appello è stato rilanciato ai giovani di tutto il mondo, in occasione della veglia
di preghiera a Copacabana: “Cari amici, non dimenticate: siete il campo della
fede! Siete gli atleti di Cristo! Siete i costruttori di una Chiesa più bella e di un
mondo migliore!” (Veglia di preghiera con i giovani, Rio de Janeiro, 27 luglio
2013). Atleta era Martino, atleti siete voi, carissimi giovani, che avete scelto
di restare nella vostra terra per lavorare i campi, con dignità e qualità, per fare
della vostra campagna un vero giardino. Vi siamo grati e sentiamo che questa
vostra vocazione rinnova l’intera società, perché il ritorno alla terra cambia
radicalmente un paese e produce benessere per tutti, ravviva la luce negli occhi
degli anziani, che non vedono morire i loro sforzi, interpella i responsabili delle
istituzioni. Abbiate consapevolezza di essere persone che vanno controcorrente,
come vi ha esortato il Papa: “Voi giovani, siate i primi: andate controcorrente
e abbiate questa fierezza di andare proprio controcorrente. Avanti, siate coraggiosi e andate controcorrente! E siate fieri di farlo!” (Angelus, 23 giugno 2013).
Certo, tra voi c’è anche chi lavora in campagna rassegnato, perché non ha
trovato altro e forse vorrebbe una realtà di lavoro diversa, magari più gratificante. Ci permettiamo di esortarvi: non rassegnatevi, ma siate protagonisti,
trasformando la necessità in scelta, immettendo in essa una crescente motivazione che si farà qualità di vita per voi, per le vostre famiglie, per i vostri
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paesi. Pensiamo anche ai giovani immigrati, che lavorano nei campi, negli allevamenti, nella raccolta della frutta. Anche a voi suggeriamo di fare di tutto
per esprimere una qualità e una professionalità crescente, in particolare attraverso lo studio e la conoscenza delle lingue, per farvi apprezzare ed entrare
così a fronte alta nel mercato del lavoro rurale, che vi riconosce ormai indispensabili. Agli imprenditori agricoli italiani chiediamo di valorizzare la passione lavorativa di chi arriva nelle nostre terre, creando le condizioni per
un’inclusione e un’integrazione graduale, consapevoli che solo così tutti ne
avranno vantaggio. Non ci sia sfruttamento, ma rispetto, valorizzazione e
dignità. Alla luce dell’ascolto quotidiano che, come Vescovi, compiamo nelle
visite pastorali, all’interno della realtà rurale delle nostre diocesi, ci sembra
poi opportuno indicare una serie di limiti e di freni che incontrano oggi i giovani che desiderano ritornare alla terra e suggerire alcune attenzioni necessarie.
1 – Non sempre, nelle famiglie e nelle scuole, c’è stima adeguata per chi
sceglie di fare l’imprenditore agricolo. Per questo è importante alimentare l’apprezzamento, da parte di tutta la società, per il lavoro della terra, affinché sia
considerato come ogni altra vocazione e tutti i lavoratori vedano riconosciuta
la stessa dignità, anche in termini economici.
2 – La burocrazia è spesso lenta e impacciata nell’attuazione di miglioramenti fondiari; le risorse finanziarie sono difficilmente reperibili; il credito non
viene concesso agevolmente dalle banche. Tutto questo chiede che le nostre
comunità cristiane accompagnino i giovani impegnati nel lavoro dei campi. Ci
permettiamo anche un appello, rispettoso ma convinto, a chi va in pensione,
affinché metta gratuitamente a disposizione dei giovani la propria esperienza
imprenditoriale o amministrativa, aiutando così quel volontariato intellettuale
da parte degli adulti che è il più bel contributo per la crescita del bene comune.
3 – Perché si freni lo spopolamento dei nostri paesi di montagna, è urgente
investire sulle comunicazioni, sia nelle strade che nella rete telematica: diversamente, i nostri giovani saranno invogliati a cercare altrove possibilità di lavoro. Solo la permanenza dei giovani nei paesi, con la formazione di nuove
famiglie, rallenterà lo spopolamento dei nostri centri.
4 – Chiediamo che le associazioni e i movimenti cattolici accompagnino i
giovani imprenditori agricoli, creando per loro gruppi di sostegno sparsi nel
territorio, utilizzando anche le nuove tecnologie telematiche. Nessuno da solo
può pensare di restare sulla terra come imprenditore agricolo: troppe sono le
fatiche e gli ostacoli. I giovani vanno spronati a fare alleanza fra le generazioni,
come ci insegnano gli Orientamenti pastorali per questo decennio (cfr nn. 29
- 32).
5 – Fondamentale resta per ogni giovane il gesto di Martino: condividere
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quello che abbiamo, spartirlo fraternamente, poiché la fraternità è il fondamento e la via per la pace. Solo da questo stile di condivisione nascerà la fiducia
nelle cooperative e nei consorzi, nei quali è possibile realmente diffondere il
prodotto tipico di una terra, trasformandolo da marginale a identitario.
In questa Giornata ci sentiamo particolarmente vicini, nelle nostre Chiese
locali, a tutti gli agricoltori d’Italia. Ci uniamo a loro anzitutto nella preghiera,
richiamata emblematicamente nel momento dell’Angelus, come ritratto ad
esempio nella famosa tela del pittore Jean-François Millet. Agli agricoltori
desideriamo esprimere poi la nostra gratitudine per la loro fatica. Il nostro grazie si unisce al Magnificat di Maria di Nazareth, giovane come voi, carissimi!
Pronta allo stupore e sollecita verso la cugina Elisabetta, Maria ci rassicura
con il suo canto di lode, perché anche i piccoli e i poveri possono vincere nella
battaglia della vita. Vi indichiamo anche la figura di San Giuseppe, definito
dal Papa “custode, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà,
e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate,
sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda e sa
prendere le decisioni più sagge” (Omelia nella Santa Messa per l’inizio del
ministero petrino del Vescovo di Roma, 19 marzo 2013).
Vi benediciamo con affetto.
Roma, 4 ottobre 2013
Festa di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia
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“GENERARE FUTURO”
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente
per la 36a Giornata Nazionale per la vita
(2 febbraio 2014)
“I figli sono la pupilla dei nostri occhi… Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi? Come potremo andare avanti?”1. Così Papa Francesco all’apertura della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù ha
illuminato ed esortato tutti alla custodia della vita, ricordando che generare ha
in sé il germe del futuro. Il figlio si protende verso il domani fin dal grembo
materno, accompagnato dalla scelta provvida e consapevole di un uomo e di
una donna che si fanno collaboratori del Creatore. La nascita spalanca l’orizzonte verso passi ulteriori che disegneranno il suo futuro, quello dei suoi
genitori e della società che lo circonda, nella quale egli è chiamato ad offrire
un contributo originale.
Questo percorso mette in evidenza “il nesso stretto tra educare e generare:
la relazione educativa si innesta nell’atto generativo e nell’esperienza dell’essere figli”2, nella consapevolezza che “il bambino impara a vivere guardando
ai genitori e agli adulti”3. Ogni figlio è volto del “Signore amante della vita”
(Sap 11,6), dono per la famiglia e per la società. Generare la vita è generare il
futuro anche e soprattutto oggi, nel tempo della crisi; da essa si può uscire mettendo i genitori nella condizione di realizzare le loro scelte e i loro progetti.
La testimonianza di giovani sposi e i dati che emergono da inchieste recenti
indicano ancora un grande desiderio di generare, che resta mortificato per la
carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura
diffidente verso la vita. Favorire questa aspirazione (valutata nella percentuale
di 2,2 figli per donna sull’attuale 1,3 di tasso di natalità) porterebbe a invertire
la tendenza negativa della natalità, e soprattutto ad arricchirci del contributo
unico dei figli, autentico bene sociale oltre che segno fecondo dell’amore sponsale. La società tutta è chiamata a interrogarsi e a decidere quale modello di
civiltà e quale cultura intende promuovere, a cominciare da quella palestra decisiva per le nuove generazioni che è la scuola.
Per porre i mattoni del futuro siamo sollecitati ad andare verso le periferie
1
PAPA FRANCESCO, Discorso nella cerimonia di benvenuto in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, 22 luglio 2013.
2
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti
pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, n. 27.
3
Ib.
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esistenziali della società, sostenendo donne, uomini e comunità che si impegnino, come afferma Papa Francesco, per un’autentica “cultura dell’incontro”4.
Educando al dialogo tra le generazioni potremo unire in modo fecondo la
speranza e le fatiche dei giovani con la saggezza, l’esperienza di vita e la tenacia degli anziani. La cultura dell’incontro è indispensabile per coltivare il valore
della vita in tutte le sue fasi: dal concepimento alla nascita, educando e rigenerando di giorno in giorno, accompagnando la crescita verso l’età adulta e
anziana fino al suo naturale termine, e superare così la cultura dello “scarto”5.
Si tratta di accogliere con stupore la vita, il mistero che la abita, la sua forza
sorgiva, come realtà che sorregge tutte le altre, che è data e si impone da sé e
pertanto non può essere soggetta all’arbitrio dell’uomo.
L’alleanza per la vita è capace di suscitare ancora autentico progresso per
la nostra società, anche da un punto di vista materiale. Infatti il ricorso all’aborto priva ogni anno il nostro Paese anche dell’apporto prezioso di tanti
nuovi uomini e donne. Se lamentiamo l’emorragia di energie positive che vive
il nostro Paese con l’emigrazione forzata di persone –spesso giovani– dotate
di preparazione e professionalità eccellenti, dobbiamo ancor più deplorare il
mancato contributo di coloro ai quali è stato impedito di nascere. Ancora oggi,
nascere non è una prospettiva sicura per chi ha ricevuto, con il concepimento,
il dono della vita. È davvero preoccupante considerare come in Italia l’aspettativa di vita media di un essere umano cali vistosamente se lo consideriamo
non alla nascita, ma al concepimento.
La nostra società ha bisogno oggi di solidarietà rinnovata, di uomini e donne
che la abitino con responsabilità e siano messi in condizione di svolgere il loro
compito di padri e madri, impegnati a superare l’attuale crisi demografica e, con
essa, tutte le forme di esclusione. Una esclusione che tocca in particolare chi è
ammalato e anziano, magari con il ricorso a forme mascherate di eutanasia. Vengono meno così il senso dell’umano e la capacità del farsi carico che stanno a fondamento della società. “È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona,
con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e
che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella
famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono
cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori”6.
Come un giorno si è stati accolti e accompagnati alla vita dai genitori, che
4
PAPA FRANCESCO, Omelia nella Santa Messa con i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, 27 luglio
2013.
5
Cfr PAPA FRANCESCO, Udienza generale, 5 giugno 2013.
6
PAPA FRANCESCO, Omelia nella Santa Messa per l’inizio del ministero petrino del Vescovo
di Roma, 19 marzo 2013.
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rendono presente la più ampia comunità umana, così nella fase finale la
famiglia e la comunità umana accompagnano chi è “rivestito di debolezza”
(Eb 5,2), ammalato, anziano, non autosufficiente, non solo restituendo quanto
dovuto, ma facendo unità attorno alla persona ora fragile, bisognosa, affidata
alle cure e alle mani provvide degli altri. Generare futuro è tenere ben ferma e
alta questa relazione di amore e di sostegno, indispensabile per prospettare una
comunità umana ancora unita e in crescita, consapevoli che “un popolo che
non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e la promessa”7.
Roma, 4 novembre 2013
Memoria di San Carlo Borromeo
IL CONSIGLIO PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
7
PAPA FRANCESCO, Messaggio ai partecipanti alla 47a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Torino, 12-15 settembre 2013), 11 settembre 2013.
37
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MESSAGGIO DELLA PRESIDENZA DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento
della religione cattolica nell’anno scolastico 2014-2015
Cari studenti e cari genitori,
anche quest’anno sarete chiamati a decidere se avvalervi o non avvalervi
dell’insegnamento della religione cattolica. Si tratta di un servizio educativo
che la Chiesa offre alla scuola italiana in conformità a quanto stabilito dall’Accordo del 18 febbraio 1984 che ha modificato il Concordato Lateranense e
dalle Intese attuative che negli anni si sono succedute. Nel quadro delle finalità
della scuola, cioè aderendo agli scopi educativi che motivano l’esistenza delle
scuole di ogni ordine e grado in Italia, l’insegnamento della religione cattolica
consente a tutti, a prescindere dal proprio credo religioso, di comprendere la
cultura in cui oggi viviamo in Italia, così profondamente intrisa di valori e di
testimonianze cristiane.
Parlando a un gruppo di studenti, papa Francesco ha ricordato che «la scuola
è uno degli ambienti educativi in cui si cresce per imparare a vivere, per diventare uomini e donne adulti e maturi, capaci di camminare, di percorrere la
strada della vita. Come vi aiuta a crescere la scuola? Vi aiuta non solo nello
sviluppare la vostra intelligenza, ma per una formazione integrale di tutte le
componenti della vostra personalità» (Discorso agli studenti delle scuole
gestite dai gesuiti in Italia e Albania, 7 giugno 2013).
Sulla scia di queste parole, la Chiesa in Italia vuole ribadire il proprio impegno e la propria passione per la scuola. Quest’anno lo farà anche in maniera
pubblica con un grande pomeriggio di festa e di incontro con il Papa in Piazza
san Pietro il prossimo 10 maggio, a cui sono invitati gli studenti, gli insegnanti,
le famiglie e tutti coloro che sono coinvolti nella grande avventura della scuola
e dell’educazione.
Riprendendo le parole del Papa, riteniamo che sia necessaria una formazione completa della persona, che dunque non trascuri la dimensione religiosa.
Non si potrebbero capire altrimenti tanti fenomeni storici, letterari, artistici;
ma soprattutto non si potrebbe capire la motivazione profonda che spinge tante
persone a condurre la propria vita in nome dei principi e dei valori annunciati
duemila anni fa da Gesù di Nazareth. È per questo che vogliamo ancora una
volta invitare ogni studente e ogni genitore a guardare con fiducia e con simpatia al servizio educativo offerto dall’insegnamento della religione cattolica.
Per rendere tale servizio sempre più qualificato e adeguato alla realtà scolastica, con l’Intesa stipulata nel 2012 tra la Conferenza Episcopale Italiana e
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il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sono stati fissati livelli sempre più elevati di formazione accademica degli insegnanti di religione
cattolica, almeno pari a quelli di tutti gli altri insegnanti e spesso anche superiori. Ringraziamo questi insegnanti, oggi in gran parte laici, che con la loro
passione educativa testimoniano nella scuola il valore della cultura religiosa,
attraverso il cui servizio cerchiamo di venire incontro alle esigenze più autentiche degli alunni che oggi frequentano le scuole italiane, alle loro domande di
senso, alla loro ricerca di una valida guida.
Tutto questo è ben espresso nelle Indicazioni didattiche recentemente aggiornate e attualmente in vigore nelle scuole di ogni ordine e grado. In quelle
specifiche per il primo ciclo di istruzione si dichiara in maniera impegnativa
che «il confronto con la forma storica della religione cattolica svolge un ruolo
fondamentale e costruttivo per la convivenza civile, in quanto permette di
cogliere importanti aspetti dell’identità culturale di appartenenza e aiuta le relazioni e i rapporti tra persone di culture e religioni differenti». Nella fase
storica che attualmente stiamo vivendo il contributo dell’insegnamento della
religione cattolica può essere determinante per favorire la crescita equilibrata
delle future generazioni e l’apertura culturale a tutte le manifestazioni dello
spirito umano.
Con questi sentimenti, e confortati dall’elevata adesione fino ad oggi registrata, vi rinnoviamo l’invito a scegliere l’insegnamento della religione cattolica per completare e sostenere la vostra formazione umana e culturale.
Roma, 23 novembre 2013
PRESIDENZA DELLA CEI
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ATTI
DEL VESCOVO
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LETTERA PASTORALE
PER IL PROGETTO DIOCESANO
2013-2014
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“LA TUA FEDE TI HA SALVATO“
Lettera pastorale per il Progetto diocesano 2013-2014
Il Convegno pastorale: un respiro ecclesiale
La Chiesa è mistero di comunione, dove la parola “mistero” significa essenzialmente progetto di Dio, mentre la parola “comunione” favorisce e incarna
la fecondità della Chiesa in ordine all’ edificazione del Regno di Dio. La Chiesa
è, e lo dice la stessa parola, comunità dei convocati- riuniti dalla fede in Cristo
e incorporati in lui per il Battesimo. La Chiesa è, così, qualcosa di già fatto, è
dono, e insieme è un evento che accade sempre di nuovo, che si deve realizzare
sempre da capo. Come?
I percorsi e la crescita di una comunità cristiana non si misurano prima di
tutto dalla molteplicità dei suoi progetti, dalla mole delle sue iniziative, dalla
robustezza materica dei suoi documenti ufficiali, bensì dalla comunione che
sa costruire al suo interno, e dalla sua presenza profetica nel mondo. Sottraggo
da un testo di don Tonino Bello un passaggio significativo sulla comunione:
“La comunione non l‘andiamo cercando con le smanie organizzative; e ancora non abbiamo capito che essa è dono di Dio, non il risultato dei nostri
sforzi, o frutto delle nostre tecniche di collaborazione, o prodotto delle nostre
abilità materiali. Se non teniamo gli occhi fissi su di Lui, non faremo mai una
autentica pastorale di comunione. Potremo razionalizzare fin che vogliamo i
nostri sforzi, imbrigliare in termini di efficienza le nostre dinamiche, riversare
nei canovacci delle più raffinate teorie di gruppo i nostri conati di impegno,
ma lasceremo gelidi i cuori degli uomini. La pastorale si fa abbeverandosi alla
fontana della comunione, tendendo fissi gli occhi su di Lui morto e risorto ...
Convertirsi alla comunione significa trovare spazi per pensare insieme, per
progettare insieme, per confrontarsi insieme, per pregare insieme, per soffrire
insieme, per servire insieme”8.
Lo svolgimento del Convegno pastorale diocesano “Questa è la nostra
fede!‘, ha voluto, pertanto, celebrare la nostra comunione concreta e visibile,
grazie al nostro “convenire in unum“, e all’ energia spirituale della preghiera
con la quale abbiamo celebrato la fede della Chiesa, il Credo del popolo nell’Amore trinitario, specchio e riflesso della Chiesa-Comunione. La nostra comunione si è nutrita dell’ annuncio e ascolto della Parola.
8
Tonino Bello, Lessico di comunione, Ed. Insieme 1991
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Lo stile “sinodale“ del Convegno si è ulteriormente sviluppato negli incontri delle sei Zone pastorali, dove la comunione si è tradotta in proposte,
provocazioni, profezia, sogni, futuro, speranza. Questo ulteriore appuntamento
ha costituito, di fatto, una quarta sera del Convegno.
Desidero esprimere la mia riconoscenza e gratitudine per il prezioso impegno di tutti, sacerdoti, religiosi e fedeli laici, nella rilettura della nostra situazione socio-pastorale e nella proposta di interessanti prospettive di sviluppo.
Abbiamo imparato a declinare l’esperienza ecclesiale dell’ascolto con il confronto intelligente e cordiale, al fine di poter elaborare un serio e sereno discernimento comunitario.
In sintonia con il cammino della Chiesa
Con il Convegno pastorale, nel cuore della celebrazione dell’ Anno della
Fede, ci siamo lasciati provocare dalla proclamazione gioiosa che sigilla i passaggi decisivi (Battesimo e Cresima) dell’iniziazione cristiana: “Questa è la
nostra fede, questa è la fede della Chiesa”.
L’importante Nota pastorale della CEI sulla dimensione missionaria
della Parrocchia9, riporta alcune riflessioni rimaste, forse dimenticate nel marasma delle mille cose da leggere, ma sempre attuali e provocatorie. Evidenzio
solo alcuni passaggi dell’Introduzione della suddetta Nota, per lasciar intendere
quanto dirompente sia il tema affrontato nella stesura dell’intero documento,
assolutamente non datato:
Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente
pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze
della gente, domande e attese anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo. Bisogna rinnovare l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le
famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari
per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana.
Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e
del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la
società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa,
nei momenti di sofferenza.
9
Conferenza Episcopale italiana, Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia,
2004.
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Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastorale integrata” in cui, nell’unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle
situazioni - dalle unità pastorali alle vicarie o zone - valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti.
Anche il Piano pastorale della Cei per il decennio 2010 – 2020 focalizza
l’urgenza dell’educazione alla fede secondo le diverse fasce d’età. Educare alla
fede è educare alla vita buona del Vangelo. Riprendo alcuni passaggi che si riferiscono all’ educazione in famiglia e all’educazione alla vita di famiglia:
“L’educazione alla fede avviene nel contesto di un’esperienza concreta e
condivisa. Il figlio vive all’interno di una rete di relazioni educanti che fin dall’inizio ne segna la personalità futura ... Di qui l’importanza che i genitori si
interroghino sul loro compito educativo in ordine alla fede: «come viviamo la
fede in famiglia?»; «quale esperienza cristiana sperimentano i nostri figli?»;
«come li educhiamo alla preghiera?». Ogni famiglia è soggetto di educazione
e di testimonianza umana e cristiana e come tale va valorizzata all’interno
della capacità di generare alla fede propria della Chiesa ...
La preparazione al matrimonio deve assumere i tratti di un itinerario di riscoperta della fede e di inserimento nella vita della comunità ecclesiale. Il
tempo del fidanzamento può essere valorizzato come un’occasione unica per
introdurli alla bellezza del Vangelo, che essi possono percepire in modo più
profondo perché la sperimentano nella ricerca di una relazione d’amore. È
quindi auspicabile che nelle comunità parrocchiali incontrino coppie mature
da cui essere incoraggiate e sostenute nel passo decisivo. La cura delle giovani
coppie è altrettanto importante: si tratta di custodire le fasi iniziali della vita
coniugale, di farsi loro compagni e di porre le basi di un cammino di formazione che duri per tutta la vita “10.
Il Messaggio finale del Sinodo dei Vescovi (2012) sul tema “Evangelizzazione e trasmissione della fede” riafferma l’Annuncio come punto di partenza per la nuova evangelizzazione:
Ovunque infatti si sente il bisogno di ravvivare una fede che rischia di oscurarsi in contesti culturali che ne ostacolano il radicamento personale e la presenza sociale, la chiarezza dei contenuti e i frutti coerenti.
10
Conferenza Episcopale italiana, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 38.
47
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I mutati scenari sociali, culturali, economici, politici e religiosi ci chiamano
a qualcosa di nuovo: a vivere in modo rinnovato la nostra esperienza comunitaria di fede e l’annuncio, mediante un’evangelizzazione «nuova nel suo
ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni»11.
La Chiesa è lo spazio che Cristo offre nella storia per poterlo incontrare,
perché egli le ha affidato la sua Parola, il Battesimo che ci fa figli di Dio, il
suo Corpo e il suo Sangue, la grazia del perdono del peccato, soprattutto nel
sacramento della Riconciliazione, l’esperienza di una comunione che è riflesso
del mistero stesso della Santa Trinità, la forza dello Spirito che genera carità
verso tutti. L’opera di evangelizzazione non è compito di qualcuno nella
Chiesa, ma delle comunità ecclesiali in quanto tali, dove si ha accesso alla
pienezza degli strumenti dell’incontro con Gesù: la Parola, i sacramenti, la
comunione fraterna, il servizio della carità, la missione.
Guardando ai laici, una parola specifica va alle varie forme di antiche e
nuove associazioni e insieme ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunità,
tutti espressione della ricchezza dei doni che lo Spirito fa alla Chiesa.
La conclusione del nostro Convegno diocesano è stata felicemente arricchita anche dalla pubblicazione della prima enciclica di Papa Francesco
“Lumen Fidei”.
La fede non è un salto nel buio, non è un’illusione di luce che obnubila il
nostro cammino di uomini liberi e ragionevoli. Non sarà mai la sola ragione,
in modo autonomo, ad illuminare abbastanza l’esistenza dell’uomo; la gioia
luminosa della fede è insostituibile per la speranza di ogni creatura:
“È urgente perciò recuperare il carattere di luce proprio della fede, perché
quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere
il loro vigore. La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo. Perché una luce sia
così potente, non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più
originaria, deve venire, in definitiva, da Dio. La fede nasce nell’incontro con
il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede
e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita”12.
Il complesso contesto culturale: la “questione antropologica”
Nelle Relazioni finali delle sei Zone pastorali della Diocesi sono state rimarcate alcune criticità meritevoli di attenzione. La nostra comunità cristiana
si ritrova oggi a dover affrontare fattori esterni di notevole difficoltà: vi sono
11
12
Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso XIX Assemblea del Celam,, Port-au-Prince 9 marzo 1983, n.3.
Papa Francesco, Lumen Fidei, 4
48
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fattori di natura socio-politica (globalizzazione, mobilità sociale, crisi economica, povertà emergenti); vi sono fattori di natura socio-culturale (desacralizzazione, scristianizzazione, cultura dell’effimero, crisi dell’identità
antropologica, crisi dell’istituto della famiglia); vi sono fattori di natura interna
alla vita della stessa Comunità, richiamati nella mia Introduzione al Convegno
diocesano 2013: “Non si può dare più per scontato la fede autentica nemmeno
nei nostri ambienti ecclesiali, dove la prevalenza indomabile del culto, delle
devozioni, delle tradizioni rituali, delle prassi ossidate di pietismo, potrebbero
anche non avere nulla a che fare con la natura e la maturazione della fede
personale ed ecclesiale”.
La trasmissione della fede oggi deve misurarsi con:
a) la crescente ignoranza del cristianesimo -e del cattolicesimo- nei suoi
tratti essenziali e, quindi, sostanzialmente con cristiani… non cristiani;
b) cristiani che operano molto disinvoltamente un’arbitraria “soggettivizzazione” e “selezione dei contenuti della fede”;
c) una pietà popolare sclerotizzata, che può ostacolare, più che favorire,
1’evangelizzazione e la crescita nella fede;
d) un pesante apparato liturgico-rituale-devozionale -con un numero sproporzionato di Celebrazioni eucaristiche- che comprensibilmente non aiuta le
persone a fare l’esperienza del Cristo Risorto, e rischia di favorire solo una
“pratica religiosa di non credenti“;
e) comunità che stanno subendo il cambiamento, facendo quasi finta che
non stia succedendo nulla di nuovo sullo scenario socio-antropologicoculturale-religioso-morale, o assumendo atteggiamenti di inadeguatezza e di
impotenza, o rassegnandosi al pessimismo e allo smarrimento, legittimando il
tutto con la complessità dei problemi e la gigantesca sproporzione delle forze
in campo;
f) comunità poco attrezzate, impreparate, quasi spiazzate dalle nuove sfide
pastorali.
Evangelizzare la fede: “In Principio ... la Parola”
L’apostolo Paolo dichiara con convinta lucidità la forza e la natura della
sua missione: “Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!”13.
13
1Cor 9,16.
49
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E riguardo all’ azione primaria della Chiesa non ha remore nell’anteporre
la grazia del Vangelo come assoluta priorità in ordine all’efficacia dell’apostolato: “Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di
Cristo”14.
Fa eco il ricco Magistero ecclesiale:
“Il compito fondamentale della Chiesa ... è di dirigere lo sguardo
dell’’uomo ... verso il mistero di Cristo”15.
“La Chiesa è per sua natura missionaria”16.
“La Chiesa esiste per evangelizzare”17.
Perché l’annuncio della Parola per evangelizzare la fede? Perché la fede
nasce dall’ascolto18. Abramo diventa modello della fede nel Signore e della via
per la quale si diventa giusti davanti a Lui: la sua risposta fiduciale si fonda
sulla fedeltà della promessa detta dal Signore a proposito della discendenza
innumerevole. Per questo la fede non rappresenta mai un’iniziativa umana,
bensì è sempre una risposta all’azione fedele e originaria del Signore.
Nell’enciclica Lumen fidei, Papa Francesco spiega molto bene come nell’
A. T. la fede è indicata con la parola ebraica emunah, sostantivo che deriva dal
verbo aman, da cui “amen”19. Il termine può significare sia la fedeltà di Dio,
sia la fede dell’uomo. Sicché il vero credente chi è? Colui che ricava la sua fiducia dall’ affidarsi nelle mani del Dio fedele.
Scrive Papa Francesco:
“Nella vita di Abramo accade un fatto sconvolgente: Dio gli rivolge la Parola, si rivela come un Dio che parla e che lo chiama per nome. La fede è legata all’ascolto. Abramo non vede Dio, ma sente la sua voce. In questo modo
la fede assume un carattere personale. Dio risulta così non il Dio di un luogo,
e neanche il Dio legato a un tempo sacro specifico, ma il Dio di una persona,
il Dio appunto di Abramo, Isacco e Giacobbe, capace di entrare in contatto
con l’uomo e di stabilire con lui un’alleanza. La fede è la risposta a una Parola
che interpella personalmente, a un Tu che ci chiama per nome”20.
14
1Cor 1,17.
Giovanni Paolo Il, Redemptoris missio, n. 4.
16
Concilio Ecumenico Vaticano Il, Ad Gentes,n. 2
17
Paolo VI, Evangelii nuntiandi, n. 14.
18
Cfr.Rm 10, 9-18
19
Papa Francesco, Lumen Fidei, lO
20
Papa Francesco, Lumen Fide, 8.
15
50
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La predicazione di Pietro trafigge il cuore e provoca la conversione, cioè la
decisione di cambiare vita: “All’udire queste cose si sentirono trafiggere il
cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”21. La Parola di Dio può restituire l’uomo alla sua originaria vocazione
e dignità. Se saremo capaci di ferire il cuore faremo penetrare il vangelo della
vita nelle speranze e nelle angosce degli uomini d’oggi.
Per una radicale conversione pastorale
La Tradizione e le tradizioni
“In quel tempo alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si
avvicinarono a Gesù e gli dissero: ‘’perché i tuoi discepoli trasgrediscono la
tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!”.
Ed egli rispose loro: “E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio in
nome della vostra tradizione? Così avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione. Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo: questo popolo
mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Mt l5, 1-9).
Cos’è la Tradizione?
Il Concilio Vaticano II, descrive così la Tradizione:
“Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la
salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse trasmesso a
tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta
intera la Rivelazione di Dio altissimo, ordinò agli apostoli che l’Evangelo,
prima promesso per mezzo dei profeti e da lui adempiuto e promulgato di persona venisse da loro predicato a tutti come la fonte di ogni verità salutare e di
ogni regola morale, comunicando così ad essi i doni divini”22.
La Tradizione è il patrimonio vitale del popolo di Dio. È l’insieme della
Rivelazione, trasmessa fedelmente dalla testimonianza viva e autentica del suo
Popolo, guidato dall’azione illuminante dello Spirito Santo.
Alla luce di tutto questo è necessario verificare il valore e la validità anche
di tutte le nostre “tradizioni” religiose, disseminate in ogni comunità. Dobbiamo chiederci se queste “traducono” o “tradiscono” la Tradizione della Rivelazione, la rivelazione autentica del Volto di Dio. Il rinnovamento dovrebbe
21
22
At 2,37.
Costituzione dogmatica Dei Verbum,n.7.
51
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partire dalla revisione dei testi delle preghiere e dei canti popolari utilizzati
nelle feste religiose, con la collaborazione dell’Ufficio Liturgico diocesano.
L’autenticità delle tradizioni religiose è illuminata dallo stretto legame con
la Tradizione viva e autentica della Chiesa, di cui le “tradizioni” devono essere
la trasmissione “popolare”, cioè semplice, comprensibile e corretta. “Popolare”
non deve significare né banale, né superstiziosa, né idolatrica. Le tradizioni
devono alimentare la fede nella rivelazione di Dio trasmessa nella sacra Tradizione ecclesiale. Pertanto, le tradizioni popolari non devono mai soffocare
la Tradizione della fede viva e autentica della Chiesa, ma tradurla nel vissuto
religioso concreto delle singole comunità.
Conversione da una pastorale delle «devozioni» ad una pastorale della
«devozione»
Per il cristiano vi è un unica «devozione»: la sequela e la consacrazione di
sé a Cristo Gesù, per la grazia battesimale. La Chiesa non è stata inviata primariamente a celebrare, né a predicare i Santi e le devozioni ai Santi, ma a predicare Cristo Gesù e questi Crocifisso. E guarda ai santi, e li addita a tutti,
essenzialmente perché ci aiutano a conoscere, ad amare e a vivere secondo il
Vangelo di Cristo.
Le devozioni e le relative feste religiose devono essere purificate da ogni
deriva di paganesimo; non abolite certo, ma necessariamente riportate al loro
vero significato di crescita spirituale. Devono essere occasione di evangelizzazione della Parola, di forti catechesi, di annuncio del Signore Gesù, per il
cambiamento di vita personale e cittadina, di vera gioia, di aggregazione e di
unità tra i fedeli della stessa parrocchia, dello stesso paese, di attenzione e di
risposta verso i reali bisogni della comunità e di opere a servizio dei poveri;
non occasioni di spreco, di ostentazione e di vuota ed esteriore religiosità. Ad
ogni celebrazione religiosa bisogna far seguire la testimonianza della Carità
per i più poveri.
Le «tradizioni» devono essere quindi ridefinite, a volte profondamente corrette, con gradualità, ma con decisione. Gesù denuncia senza mezzi termini il
comportamento ipocrita dei farisei: «Voi seguite le vostre tradizioni, e trascurate il comandamento di Dio» (Mc 7,8).
È necessario domandarsi dopo una festa: è cresciuta la fede in Gesù Cristo?
È cambiata un po’ di più la vita cristiana dei «devoti»? È più visibile il comandamento dell’ amore nella comunità cristiana? È più vivibile, più giusta, più
umana la vita della gente nel nostro paese?
52
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Conversione da una pastorale prevalentemente del culto e dei sacramenti
ad una pastorale dell’annuncio
La Parrocchia è il soggetto primario della nuova evangelizzazione, è la Comunità che genera alla fede e che a sua volta è generata dalla fede. Alcune
fasce d’età oggi richiedono la necessità del primo annuncio:
Per quanto riguarda più direttamente il primo annuncio, esso si può descrivere sinteticamente così: ha per oggetto il Cristo crocifisso, morto e risorto,
in cui si compie la piena e autentica liberazione dal male, dal peccato e dalla
morte; ha per obiettivo la scelta fondamentale di aderire a Cristo e alla sua
Chiesa; quanto alle modalità deve essere proposto con la testimonianza della
vita e con la parola e attraverso tutti i canali espressivi adeguati, nel contesto
della cultura dei popoli e della vita delle persone23. Pertanto la “priorità” del
primo annuncio va intesa soprattutto in senso genetico o fondativo: alla base
di tutto l’edificio della fede sta il «fondamento ... che è Gesù Cristo» (1 Cor
3,11); è lui la «pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà
deluso» (1Pt 2,6). Si edifica così il corpo di Cristo, «finché arriviamo tutti...
all’ uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef
4,13 )24.
È necessario passare decisamente da una pastorale che mette al primo posto
i sacramenti, e parte dai sacramenti e gira esclusivamente intorno ad essi, e
imposta la sua azione solo in vista di essi e della loro celebrazione, a una pastorale che mette al primo posto la predicazione della Parola di Dio per la formazione alla vita cristiana e alla sequela del Maestro.
La Parola di Dio è Gesù Cristo, Cristo crocifisso e risorto, amore rivelato e
donato dal Padre, proposta e risposta alle domande di senso, di vita dell’uomo
di oggi. A Lui l’uomo risponde con la fede, adesione di amore ad una Persona
viva e fonte di rigenerazione, di una «vita nuova nello Spirito» resa possibile
dalla grazia donata dai sacramenti. La sequenza logica della vita cristiana è:
fede (suscitata dall’ ascolto) - sacramento (celebrazione della fede) - vita nuova
(sequela di Cristo). È necessario che ogni comunità, ogni parrocchia, ogni Consiglio pastorale si domandi: la nostra Comunità sta annunciando, nelle varie
forme e attraverso le varie sue attività, Gesù crocifisso e risorto, quindi il Vangelo, o sta facendo solo devozioni e celebrazioni sterili, abitudinarie, stantie?
23
24
Cfr GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptoris missio, n. 44: AAS 83 (1991) 290-291.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Questa è la nostra fede, n. 6.
53
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In ordine alla «nuova evangelizzazione», Giovanni Paolo II aveva indicato
nella Christifideles laici (30 dicembre 1988), al n. 34, il suo significato, ossia
di « ... assicurare la crescita di una fede limpida e profonda ... formare comunità ecclesiali mature ... rifare il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali, soprattutto quelle di antica evangelizzazione, ora indebolite dalla
scristianizzazione, dall’indifferentismo, dal secolarismo, dall’ ateismo, dalla
diffusione delle sette... Solo una nuova evangelizzazione - continuava il Papa
- può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di
queste tradizioni una forza di autentica libertà».
Luoghi educativi per la trasmissione della fede
Icona biblica
“E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a
molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a
mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio
di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma
egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò
e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti
chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora
Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!».E Gesù gli disse: «Va’: la tua fede ti ha salvato». E
subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”25.
La parola della Chiesa
“La luce della fede: con quest’espressione, la tradizione della Chiesa ha
indicato il grande dono portato da Gesù, il quale, nel Vangelo di Giovanni,
così si presenta: « Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede
in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12,46). Anche san Paolo si esprime in
questi termini: « E Dio, che disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulge nei
nostri cuori» (2 Cor 4,6). Nel mondo pagano, affamato di luce, si era sviluppato il culto al dio Sole, Sol invictus, invocato nel suo sorgere. Anche se il sole
rinasceva ogni giorno, si capiva bene che era incapace di irradiare la sua luce
sull’intera esistenza dell’ uomo. Il sole, infatti, non illumina tutto il reale, il
suo raggio è incapace di arrivare fino all’ombra della morte, là dove l’occhio
umano si chiude alla sua luce. «Per la sua fede nel sole - afferma san Giustino
Martire - non si è mai visto nessuno pronto a morire». Consapevoli dell’orizzonte grande che la fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo il vero sole,
25
Lc 10, 46-52
54
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« i cui raggi donano la vita» ... Chi crede, vede, vede con una luce che illumina
tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta”26.
La risorsa educativa della Liturgia
Il primo e fondamentale luogo educativo per la trasmissione della fede è la
Liturgia.
Esiste un rapporto intrinseco tra fede e liturgia: “Senza la liturgia e i sacramenti la professione di fede non avrebbe efficacia, perché mancherebbe
della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani”27.
A conferma di ciò il Catechismo della Chiesa Cattolica, strumento fondamentale della nuova evangelizzazione in quanto sintesi dell’insegnamento ufficiale della Chiesa e frutto del Concilio Vaticano II dice:
«La fede della Chiesa precede la fede del credente,che è invitato ad aderirvi. Quando la Chiesa celebra i sacramenti, confessa la fede ricevuta dagli
Apostoli. Da qui l’antico adagio: ‘’Lex orandi, lex credendi” [ ... ]. La legge
della preghiera è legge della fede, la Chiesa crede come prega. La liturgia è
un elemento costitutivo della santa e vivente Tradizione»28.
La liturgia è epifania del Mistero. Nei riti liturgici e nel ritmo dell’Anno liturgico si esprimono, con la ricchezza di segni e simboli relativi alla creazione
(acqua, luce, fuoco), e alla vita umana (olio, pane, vino), le gesta memoriali di
Dio che salva e santifica la vita dell’uomo.
A questo riguardo è necessario che sacerdoti e laici, insieme, trovino occasioni per aggiornarsi e riqualificare le proprie competenze intorno ai segni della
liturgia e alle modalità con le quali rappresentarli: migliorare lo stile della presidenza, dell’ animazione e della partecipazione alle celebrazioni sarebbe già
l’inizio del necessario rinnovamento spirituale e pastorale. Non si tratta di ristrutturare esteticamente la celebrazione liturgica, ma di farla diventare un incontro consapevole con Dio e con la comunità cristiana.
Del culto, ma in generale dell’intera azione pastorale, la sola cura dell’esteriorità può degenerare nella spettacolarità, nella moltiplicazione delle celebrazioni e delle attività cultuali, senza promuovere una vera educazione alla fede
e il cambiamento di vita che ne consegue. Questa consapevolezza dovrebbe
spingerci a rivedere il nostro modo di preparare e vivere soprattutto le cele26
Papa Francesco, Lumen Fidei,1.
Benedetto XVI, Porta Fidei, 11.
28
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1124
27
55
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brazioni domenicali e festive, come le altre celebrazioni che coinvolgono i credenti e perfino i non credenti, come matrimoni, funerali, feste religiose, trasformandole in opportunità privilegiate per proporre o riproporre la bontà e
l’attualità della vita cristiana.
Gli itinerari della catechesi per l’IC dei ragazzi
L’iniziazione cristiana non è preparazione alla ricezione dei sacramenti, ma
educazione alla fede e alla vita cristiana. I “sacramenti della fede” presuppongono la fede e alimentano la fede: non una fede qualsiasi, una fede vaga, superficiale, tradizionale, ma la fede “della Chiesa’: la fede cioè che la Chiesa
professa, celebra, vive e testimonia, e quindi una fede motivata, convinta, personale, adulta e pensata, alimentata dalla Parola di Dio e dai Sacramenti, in
particolare la celebrazione dell’Eucaristia domenicale, incarnata in tutte le
scelte concrete della vita.
Una fede debole e disincarnata è segno della mancanza di una vera educazione alla vita cristiana: una insufficiente iniziazione cristiana, unita a una
scarsa o inesistente conoscenza dei contenuti della fede, dei segni della liturgia
e delle dinamiche della carità cristiana, immobilizza il cammino di fede allo
stato infantile, e riduce l’appartenenza ecclesiale al livello anagrafico. L’esigenza e la necessità di un più consapevole e partecipato cammino di fede non
deve significare negare o rifiutare i Sacramenti, ma deve far emergere, nel dialogo attento e paziente, la bellezza di un itinerario offerto, al fine di poter accogliere in modo fruttuoso il dono dei Sacramenti affidati alla Chiesa.
A livello pratico, le parrocchie sono tenute a strutturare il percorso della catechesi per l’iniziazione cristiana, secondo il progetto catechistico della Chiesa
italiana e/o dell’ ACR. A partire dalla Prima Elementare, o dalla Seconda, è indispensabile accompagnare la crescita dei ragazzi di anno in anno, senza interruzioni. L’anno in cui non si celebra nessun sacramento non può essere
considerato un anno “vuoto” o inutile. Ogni interruzione frantuma il progetto
educativo in atto, e crea dispersione nelle famiglie e nei ragazzi. È, questo, uno
dei motivi per i quali diversi ragazzi abbandonano il percorso della catechesi
dopo la Prima Comunione, per poi chiedere direttamente il sacramento della
Cresima nell’età giovanile o adulta, solitamente ormai prossimi al matrimonio,
ma senza aver vissuto alcun cammino di vita cristiana da diverso tempo.
Gli itinerari di catechesi per il completamento dell’IC in età giovanile e
adulta e gli itinerari catecumenali per gli adulti che chiedono il Battesimo
L’accompagnamento alla fede di coloro che chiedono il completamento dell’iniziazione cristiana da giovani-adulti (cresima), e di quelli che chiedono
l’iniziazione cristiana da giovani-adulti (battesimo-cresima-eucarestia),
56
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richiede una formazione ben curata, magari a livello interparrocchiale, o zonale, per poter investire su questi percorsi le nostre migliori risorse educative.
Sono infatti giovani-adulti che con la loro richiesta ci offrono un bella opportunità di evangelizzazione che non è lecito “bruciare” con qualche sporadico
incontro. Sarebbe mancanza di rispetto verso le persone che hanno diritto alla
formazione, e verso l’intera comunità cristiana. Sono inaccettabili le varie
forme di “soluzioni sbrigative’: come si trattasse del recupero di debiti formativi scolastici. Ogni forma di banalizzazione e sbrigatività è sottrazione di grazia di Dio, quindi un grave torto alla formazione cristiana della coscienza. Tali
itinerari devono essere progettati e proposti insieme per più parrocchie nella
stessa Città, o per più parrocchie geograficamente vicine.
Gli itinerari di preparazione al matrimonio
La preparazione al matrimonio deve essere sia remota che prossima, al fine di
accompagnare le persone a riappropriarsi della propria fede battesimale in modo
più consapevole e responsabile. Dovremmo però recuperare meglio il periodo del
fidanzamento come “tempo di grazia’; per poi valorizzare la preparazione immediata al matrimonio, la quale da sola non genera formazione intesa come nuovi
stili di vita; al massimo offre una buona e gradita informazione.
Il Direttorio di pastorale familiare definisce e richiede che i corsi siano dei
“veri itinerari di fede” (nn.53-55), tenuto conto che i nubendi, nella maggior
parte dei casi, hanno abbandonato la pratica cristiana dopo la Cresima se celebrata da ragazzi, se non addirittura dopo la Prima comunione. Ed essendo un
itinerario di fede, deve contemplare l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera,
la rieducazione alla vita liturgica e sacramentale, in particolare la partecipazione all’Eucarestia domenicale, la rinnovazione della fede battesimale, esperienze di servizio e di carità.
Gli itinerari di preparazione al Battesimo del figlio
La richiesta dei genitori di battezzare il proprio figlio è già grazia! Bisogna
saper accogliere ed orientare tale domanda. La nascita del figlio ha una valenza
antropologica, sociale e spirituale, eccellente, e segna una nuova stagione nella
vita della coppia.
Anche per i genitori è necessario un itinerario di diversi incontri, che li prepari al battesimo del primo figlio, guidati dal sacerdote e almeno da una coppia
di coniugi. Anche i genitori spesso approdano alla richiesta del Battesimo dopo
un distacco pressoché totale della loro vita dalla pratica religiosa.
Pastorale giovanile e vocazionale
È doveroso pensare una pastorale giovanile a più livelli, da quello possibilmente parrocchiale a quello interparrocchiale per i paesi più piccoli, a
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quello cittadino per i Centri più grandi, per approdare a quello zonale e quindi
diocesano.
Vi sono in atto esperienze molto ricche e significative nell’ambito della pastorale giovanile: è necessario estenderle per accrescere il coinvolgimento di
molti altri soggetti giovanili.
È evidente che tale pastorale non può essere impegno esclusivo del sacerdote: è urgente qualificare sempre nuovi operatori per l’animazione della pastorale giovanile, capaci di offrire proposte adeguate ed efficaci.
Auspico per il prossimo anno l’avvio di una Scuola di preghiera diocesana
dei giovani, come uno dei momenti di dialogo tra i giovani e di crescita della
loro fede nel Signore. Così pensata, non potrà non essere anche una pastorale
vocazionale, aperta alle sorprese di Dio, in grado di educare alla chiamata di
Dio e alla risposta alle provocazioni evangeliche.
Evangelizzazione degli adulti
La Catechesi degli adulti, la proposta dei Centri di ascolto, la celebrazione
della Lectio divina, sono soltanto alcune possibili proposte educative della fede
degli adulti. Possono diventare, queste, veri e propri laboratori della fede, indispensabili particolarmente nei tempi forti dell’ anno liturgico.
La pastorale familiare rimane attenta anche alla formazione ordinaria delle
coppie di sposi e delle famiglie. Il primo processo educativo è rappresentato
dalla partecipazione alla celebrazione eucaristica domenicale: chiediamoci
prima di tutto se gli orari delle messe festive sono calibrati sui ritmi e sulle esigenze delle coppie, o piuttosto dei soli ragazzi e anziani.
L’accompagnamento educativo delle coppie passa anche attraverso progetti
proposti da movimenti ecclesiali internazionali, quali l’Equipe Notre Dame
(END), il Cursillo de cristiandad, ecc ... È bello avviare anche nella nostra Diocesi la proposta di tali movimenti.
È evidente, pertanto, che l’evangelizzazione degli adulti passa attraverso la
promozione del laicato e delle aggregazioni laicali.
“Il vescovo, riconoscendo il diritto di associazione dei fedeli, in quanto
fondato sulla natura umana e sulla condizione battesimale del fedele cristiano,
incoraggi con spirito paterno lo sviluppo associativo accogliendo con cordialità i “movimenti ecclesiali” e le nuove comunità per ridare vigore alla vita
cristiana e all’evangelizzazione”29.
29
Congregazione per i vescovi, Apostolorum Successores, n. 114
58
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Nella mia Lettera alle comunità parrocchiali scrivevo che la parrocchia deve
vivere oggi come “articolazione di comunità intermedie”. È vitale che essa si
suddivida in “piccoli gruppi” o “piccole comunità ecclesiali” che le assicurano
creatività, originalità, impatto più rapido e immediato col mondo e con i suoi
problemi. E citavo quanto don Tonino Bello, in una conferenza sulla Parrocchia
nel 1982, proponeva:
“Anzitutto i gruppi offrono alla parrocchia un’esperienza autentica di vita
comunitaria vissuta in profondità ... In secondo luogo i gruppi, all’interno
della parrocchia offrono l’aggancio ai bisogni e alle esigenze concrete della
vita. I gruppi ecclesiali particolarmente attenti alla vita, sanno portare alla
parrocchia le esigenze, i bisogni concreti delle situazioni ... In terzo luogo i
gruppi hanno la possibilità di offrire in termini concreti o profetici dei servizi
all’interno delle comunità”.
Chiedo a tutti i presbiteri e operatori pastorali di favorire la presenza di aggregazioni ecclesiali riconosciute ufficialmente dalla Chiesa, in particolare
l’Azione Cattolica, l’Agesci, e altre.
Anche la formazione degli Operatori pastorali favorirà la pastorale dell’evangelizzazione. Pertanto la ripresa dell’ attività dell’Istituto diocesano di
formazione teologica “S. Tommaso d’Aquino” risponderà all’esigenza di formazione di laici che, avendo la prima personale preparazione a livello parrocchiale e zonale, possono qualificare ulteriormente il proprio bagaglio
teologico-pastorale con la partecipazione ai corsi dell’Istituto.
Crisi della Chiesa, crisi della fede
Sono una valida chiave ermeneutica per capire anche la nostra situazione
particolare le parole che Benedetto XVI ha rivolto alla curia romana lo scorso
22 dicembre in occasione del tradizionale appuntamento per gli auguri natalizi: «Sta sempre di nuovo al centro delle dispute la domanda: che cosa è
una riforma della Chiesa? Come avviene? Quali sono le sue vie e i suoi obiettivi? Con preoccupazione, non soltanto fedeli credenti, ma anche estranei osservano come le persone che vanno regolarmente in Chiesa diventino sempre
più anziane e il loro numero diminuisca continuamente; come ci sia una stagnazione nelle vocazioni al sacerdozio, come crescano scetticismo e incredulità. Che cosa, dunque, dobbiamo fare? Esistono infinite discussioni sul da
farsi perché si abbia un’inversione di tendenza. E certamente occorre fare
tante cose. Ma il fare da solo non risolve il problema. Il nocciolo della crisi
della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione
ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme
rimarranno inefficaci».
59
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Nella mia Introduzione al Convegno di giugno ho affermato:
“Anche in questo nostro convenire, riconosciamo una rinnovata effusione
dello Spirito, la cui forza spalancherà le porte di questo nostro Cenacolo, per
spingerci non più sui binari morti della routine, dell’ assuefazione, della rassegnazione pastorale, delle forme atrofiche di inaccettabili ripetitività. La nostra Chiesa è chiamata a potenziare, grazie anche a questo evento, le alleanze
di fraternità spirituale e di corresponsabilità pastorale tra tutte le componenti
ecclesiali, per rinnovarsi dall’interno, attingendo alle risorse energetiche di
testimoni convinti e credibili, giovani e meno giovani. Da dove deve ripartire
il cammino della nostra Chiesa? E questo stesso Convegno, con il suo tema
specifico, in che cosa ci deve provocare e, se possibile, farci sognare?
Carissimi Sacerdoti, Diaconi Religiosi e Religiose, amati fratelli laici, con
le presenti indicazioni pastorali ho desiderato condividere alcune provocazioni
e alcuni sogni.
Sono fiducioso nel trovarvi complici e compagni di viaggio nella grande
avventura della “nuova evangelizzazione”, disposti a percorrere strade antiche
e sentieri nuovi, simili a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose
nuove e cose antiche (Cfr. Mt 13,52), guidati unicamente dal grande amore
che portiamo per la nostra Chiesa e per i nostri fratelli.
La nuova evangelizzazione non si realizza senza la mediazione di Maria.
Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Novo Millennio Ineunte (6 gennaio
200l) riassume le esperienze dell’anno giubilare del Duemila e traccia le linee
basilari per l’evangelizzazione futura. In questo contesto, invita a volgere lo
sguardo a Maria salutandola «Stella della nuova evangelizzazione». E scrive:
«Il mandato missionario ci introduce nel terzo millennio invitandoci allo stesso
entusiasmo che fu proprio dei cristiani della prima ora ... Ci accompagna in
questo cammino la Vergine Santissima ... Tante volte in questi anni l’ho presentata e invocata come “Stella della nuova evangelizzazione”. La addito ancora, come aurora luminosa e guida sicura del nostro cammino» (n. 58).
Sora, 6 agosto 2013
Festa della Trasfigurazione del Signore
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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OMELIE
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“CHE IO VEDA DI NUOVO”
Evangelizzare lo sguardo
Omelia per l’inizio dell’Anno Pastorale
Solennità della Dedicazione della Chiesa Cattedrale
9 ottobre 2013
1. Santa è la Chiesa di Dio che siete voi
La solenne ricorrenza della Dedicazione della Chiesa Cattedrale se da una
parte ci porta a considerare e a custodire la sacra dignità di un luogo di culto,
e la peculiare caratteristica di esemplarità della chiesa madre dell’intera diocesi,
dall’altra ci educa a celebrare il mistero della Chiesa di anime, ed esaltare così
la sacra dignità del Popolo di Dio: “Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale,
nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt
2,9).
Carissimi fratelli e sorelle, “concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef
2,19), esprimo la mia gioia cordiale, la gratitudine incontenibile e il trasporto
del mio affetto per ciascuno di voi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, fedeli laici, in particolare quanti collaborano più direttamente all’edificazione
della Chiesa e all’opera di evangelizzazione, con l’esercizio umile dei vari ministeri ecclesiali.
Scrive s. Agostino: “La fede non si preoccupa di esaminare quale sia la
bellezza degli elementi di questo edificio... Il Signore ricompenserà i suoi fedeli
che realizzano tali opere in tanto fervore religioso … in modo da compaginarli,
essi stessi, nella struttura della propria costruzione; ad essa concorrono, quali
pietre vive, cui ha dato forma la fede, consistenza la speranza, compattezza la
carità”.
L’apostolo Paolo non esita a descrivere la santità della comunità, utilizzando
l’immagine del tempio:
“Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? …
Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3,16-17). Di questo tempio
vivo, Cristo Gesù è la pietra angolare che unisce in sé e rende compatte e stabili
tutte le pietre vive, le quali concorrono alla costruzione dell’edificio di Dio.
“Edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come
pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù” (Ef 2,20). Fa eco il testo bellissimo
della lettera petrina: “Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini
ma scelta e preziosa davanti a Dio, 5quali pietre vive siete costruiti anche voi
come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali
graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” .
Commenta s. Agostino: “L’Apostolo, da sapiente architetto, vi ha posto a
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fondamento Cristo Gesù, egli stesso sceltissima pietra angolare, scartata dagli
uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio. Con l’aderire fortemente ad essa,
ci viene comunicata la pace; saldamente appoggiati su di essa, passa in noi
una corrente di forza. Egli è, ad un tempo, pietra di fondamento - perché a
sorreggerci è lui - e pietra d’angolo, quale principio di connessione in unità”
(Discorso 337).
2. La Chiesa santa di peccatori
Carissimi, oggi noi celebriamo un atto di fede e un atto di impegno. Atto di
fede nell’opera di Dio, che edifica la Sua Chiesa; atto di impegno, nel voler
essere suoi “servi inutili”, inutili perché nessuno di noi è indispensabile e insostituibile, ma a tempo pieno, per l’edificazione del suo Regno.
L’opera di evangelizzazione inizia all’interno della comunità cristiana. Se
essa è “communio sanctorum”, è anche vero che “ecclesia semper reformanda”. La Chiesa è sempre bisognosa di riforma, di purificazione, di rinascita nel lavacro della Parola e del Sangue di Cristo. Il Concilio è esplicito
nelle sue enunciazioni :
«Benché la Chiesa, per la virtù dello Spirito Santo, sia rimasta sempre
Sposa fedele del suo Signore e non abbia mai cessato di essere segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto che tra i suoi membri, sia
chierici che laici, nella lunga serie dei secoli passati, non sono mancati quelli
che non furono fedeli allo Spirito di Dio» (Gaudium et Spes, n. 43).
Papa Francesco così parla di questo aspetto paradossale della Chiesa: “La
Chiesa è santa perché procede da Dio che è santo, le è fedele e non l’abbandona in potere della morte e del male (cfr Mt 16,18) E’ santa perché Gesù Cristo, il Santo di Dio (cfr Mc 1,24), è unito in modo indissolubile ad essa (cfr Mt
28,20); è santa perché è guidata dallo Spirito Santo che purifica, trasforma,
rinnova. Non è santa per i nostri meriti, ma perché Dio la rende santa, è frutto
dello Spirito Santo e dei suoi doni. Voi potrete dirmi: ma la Chiesa è formata
da peccatori, lo vediamo ogni giorno. E questo è vero: siamo una Chiesa di
peccatori; e noi peccatori siamo chiamati a lasciarci trasformare, rinnovare,
santificare da Dio (Catechesi di mercoledì 02 ottobre 2013).
La purificazione all’interno delle nostre comunità, laici e presbiteri e religiosi, deve riguardare il superamento della logica della “carne”, la pressione
istintuale della nostra debolezza:
“Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito, e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. Del resto sono ben note le opere della carne:
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fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del
genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie
non erediterà il regno di Dio” (Gal 5, 17-21).
La purificazione è l’atto con il quale proviamo vergogna di noi stessi, e decidiamo di detestare in noi gli affetti smodati che il cuore genera e che la mente
elabora: “Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro
l’uomo. 19Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri,
impurità, furti, false testimonianze, calunnie. 20Queste sono le cose che rendono
impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro
l’uomo» (Mt 15,18-20). La santità della Chiesa, e perciò di ogni battezzato, è
“l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia, è avere fiducia
nella sua azione che ci permette di vivere nella carità, di fare tutto con gioia
e umiltà, per la gloria di Dio e nel servizio al prossimo” (Catechesi di Papa
Francesco, 02 ottobre 2013).
Affermava Papa Benedetto XVI: “Dobbiamo tornare a dire al Signore:
“Noi pecchiamo, ma non pecca la Chiesa che è Tua ed è portatrice di fede”.
La fede è la risposta della Chiesa a Cristo; essa è Chiesa nella misura in cui
è atto di fede. La quale fede non è un atto individuale, solitario, una risposta
del singolo. Fede significa credere insieme, con tutta la Chiesa”.
3. La Chiesa “sentinella” dell’ umanità
Questa “Chiesa santa di peccatori” non deve vivere per se stessa. Il mandato di Gesù affidato alla Chiesa è di suscitare nell’uomo la nostalgia di Dio,
provocare la sete della sua Parola, risvegliare la fame per un pane nuovo che
sazi il suo desiderio di felicità, e dia compimento alla speranza. Non siamo
certo chiamati a far parte di una comunità dei “puri”, ma ciò nondimeno dobbiamo annunciare una Chiesa attraente, bella, affascinante nel suo mistero, irresistibile nella sua testimonianza.
“La Chiesa non cresce per proselitismo. La Chiesa cresce per attrazione,
l’attrazione della testimonianza che ognuno di noi dà al Popolo di Dio” (Papa
Francesco ad Assisi).
Il profeta Zaccaria entusiasma il popolo di Dio, alle prese con la sua ricostruzione dopo l’amara e purificatrice esperienza dell’esilio babilonese:
Così dice il Signore degli eserciti: Anche popoli e abitanti di numerose città
si raduneranno e si diranno l’un l’altro: «Su, andiamo a supplicare il Signore,
a trovare il Signore degli eserciti. Anch’io voglio venire»… In quei giorni, dieci
uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo del
mantello e gli diranno: «Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito che
Dio è con voi» (Zac 8,20-23).
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Così anche la bellezza della Chiesa deve essere irresistibile e convincente,
tanto da non poterle dire di no: “Vogliamo venire con voi…”. L’umanità resta
sempre mendicante di Dio, e dove riconosce le tracce luminose della sua Luce
nella buona testimonianza della Chiesa, non tarda a volgere verso di Lui il suo
sguardo e le sue speranze per lasciarsi illuminare dai suoi raggi.
La Chiesa è bella perché riflesso della luce di Cristo, “mysterium lunae”.
Un’immagine molto cara all’ecclesiologia dei Padri è quella della luna come
simbolo della Chiesa,30 che, nel suo ciclo calante e crescente, riceve luce e vita
dal sole, che è Cristo, “lumen gentium”.
Rivisitiamo questa immagine con le parole di S. Ambrogio:
“La luna ha proclamato il mistero di Cristo. Non è di scarso pregio l’astro
in cui egli (Cristo) ha posto una sua raffigurazione, non di poco valore l’astro
che è simbolo della Chiesa a lui cara... E veramente come la luna è la Chiesa
che ha diffuso la sua luce in tutto il mondo e, illuminando le tenebre di questo
secolo, dice: “La notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rom 13,12)... Spingendo lontano il suo sguardo… La Chiesa rifulge non della propria luce, ma
di quella di Cristo. Trae il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può
dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20) (S. Ambrogio, Hexaemeron, IV, 8, 32).
La Chiesa, come Luna calante, si “incarna” nell’umano, lo assume, come
Cristo, per salvarlo per mezzo di Lui. E’ soggetta alla stessa sorte del Verbo di
Dio nella sua kenosi di incarnazione, passione e morte, immergendosi totalmente nel cuore dell’umanità. Ma la Chiesa, come Luna crescente, trascina
con sé, in forza della Grazia dello Spirito, ad una vita nuova, le sorti dell’uomo,
di ogni uomo, generando alla luce e alla vita del Cristo.
4. Guarire dalla cecità, per guardare alle periferie
Ci deve stare a cuore la sorte dell’umanità di cui la Chiesa è costituita “sentinella” per la sua salvezza. Ci sta a cuore, soprattutto, la sorte dei giovani e dei
più poveri. Pertanto, dobbiamo chiedere anche noi, come il cieco Bartimeo, di
essere guariti dalla cecità del cuore, per vedere le necessità dei nostri fratelli.
Con il “Rito del Mandato” agli operatori parrocchiali e diocesani, collaboratori e corresponsabili dell’azione pastorale della Chiesa, ciascuno si fa amorevolmente carico di quella fede che spesso non c’è più nella vita di tanti nostri
fratelli e sorelle. Come restare indifferenti? Come trasmettere la luce della
fede?
30
H. RAHNER, “Mysterium Lunae”, in L’ecclesiologia dei Padri, Paoline, Roma 1971, 145-287.
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Per evangelizzare, dobbiamo “vedere” e abitare le periferie spirituali della
nostra gente. Il Papa nel suo discorso al Consiglio pastorale diocesano di Assisi
ha sottolineato, tra l’altro, l’aspetto missionario della parrocchia, quindi: “…
l’importanza di uscire per andare incontro all’altro, nelle periferie, che sono
luoghi, ma sono soprattutto persone, situazioni di vita. In un primo senso, le
periferie di questa diocesi, per esempio, sono le zone della Diocesi che rischiano di essere ai margini, fuori dai fasci di luce dei riflettori. Ma sono anche
persone, realtà umane di fatto emarginate, disprezzate. Sono persone che magari si trovano fisicamente vicine al “centro”, ma spiritualmente sono lontane.
Non abbiate paura di uscire e andare incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali
o pastorali, dal “si è sempre fatto così”.
Carissimi, non mi sottraggo al dovere di pastore nel sollecitare tutti a studiare i modi e i metodi idonei e intelligenti per abitare tali periferie con occhi
nuovi, illuminati dai raggi della carità pastorale.
Bartimeo chiede a Gesù: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!... Rabbunì, che io veda di nuovo!”. Noi dobbiamo chiedere così: “Maestro, che io
veda in modo nuovo!”.
Pertanto, vorrei offrivi un decalogo dello “sguardo guarito” per trasmettere
la fede, le dieci parole per imparare a guardare in modo nuovo, con occhi nuovi,
per evangelizzare in modo più efficace.
1. Guardarsi dentro: guardare dentro se stessi, leggere i propri difetti, i limiti, le gelosie, le invidie, le forme subdole di opposizioni al bene. Guardarsi
dentro significa decidere a favore della propria conversione, smettendo con il
passato, e iniziando percorsi spirituali e morali più seri ed esigenti.
2. Guardare dentro: guarda la tua comunità dal di dentro, non dall’alto dei
tuoi giudizi. Guarda dall’interno i suoi progetti, la sua storia, i suoi trascorsi e
i suoi percorsi, per condividere, collaborare, sostenere, incoraggiare e purificarla, se necessario, a partire dal pentimento per le tue omissioni ed errori,
prima di giudicare sempre e solo gli errori e le inadempienze degli altri.
3. Guardare fuori: capire le attese e le invocazioni della gente, dei poveri
soprattutto. E’ necessario conoscere le condizioni reali di vita in cui versa le
nostra gente, le molteplici difficoltà di sopravvivenza, le frustrazioni, le disperazioni, la frammentazione delle relazioni, la solitudine … La condizione di
“povertà” oggi è diventata trasversale a tutte le stagioni della vita, dai bambini
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agli anziani, attraversa e ferisce i giovani come anche gli adulti, soprattutto le
coppie, e perciò le famiglie.
4. Guardare in faccia: si trasmette la fede favorendo la cultura dell’incontro
e della pace. Favorire l’amicizia, la comunione, l’aggregazione, la sinodalità
del cammino nella comunità e nella diocesi, significa “camminare insieme”,
percorrendo non le strade della presunta perfezione, ma quelle del perdono e
della misericordia: “Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la
vostra ira, e non date spazio al diavolo” (Ef 4,26-27).
5. Guardare oltre: allargare i confini del “gruppetto”, per andare oltre la
ristretta appartenenza. La comunità cresce se sa creare nuove alleanze, favorire
la disponibilità di nuovi laici, intercettare il desiderio di partecipazione di chi
vive abitualmente estromesso dalla nostra cerchia. Dichiara Papa Francesco:
“Questa Chiesa è la casa di tutti, non una piccola cappella che può contenere
solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della
Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità. E la Chiesa è
Madre. La Chiesa è feconda, deve esserlo”.
6. Guardare tutti: la famiglia di Dio è “universale”, non conosce parzialità,
esclusioni, pregiudizi, condanne. Non si deve mai passare accanto al fratello a
testa bassa, schivando il “rischio” del saluto, e facendo ogni slalom possibile
per evitare l’incrocio indesiderato degli sguardi. Solleva piuttosto il tuo
sguardo, porgi il tuo sorriso, dimentica i rancori, tendi per primo la mano, allarga le tue braccia, semina la pace.
7. Guardare con gli occhi di Dio: imparare a posare lo sguardo sulle ferite
dei fratelli, senza passare oltre. Imparare ad offrire gratuitamente misericordia
e amorevolezza, per curare le ferite di ogni genere. Non occhi che disprezzano,
ma occhi che sanno vedere, incoraggiano e consolano. Così ci fa pregare il
Prefazio Comune VIII: “Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancora oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa
sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”.
8. Guardare avanti: vivere lo slancio della fiducia, superando l’ideologia
deleteria della lagnanza struggente e deprimente. Non rimpiangere i tempi passati, non rievocare stagioni impossibili, ma faticare nel costruire il presente,
per sognare un futuro migliore.
9. Guardare lontano: alimentare la prospettiva dei tempi lunghi, dare ali
alla speranza, e sintonizzarsi sui ritmi e sui tempi di Dio. Mai la fretta, le brevità, le scorciatoie, l’impazienza a buon mercato, la pretesa dei risultati immediati e facili. Tu semini… altri raccoglieranno.
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10. Guardare in alto: pregare chiedendo al Signore: “Venga il tuo regno”.
E Lui ci assicura: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Dio porterà a compimento e a perfezione la storia per la quale ci saremo impegnati. E’
lui che realizzerà quei “cieli nuovi e terra nuova” di cui la Chiesa sulla terra è
germe e primizia.
Carissimi amici, iniziamo il nuovo anno pastorale nutriti dalla Parola di Dio
che dà luce alla nostra fede, educati dalla parola della Chiesa nella quale professiamo la nostra fede, e accompagnati dalla parola della Chiesa diocesana
che traccia il cammino delle comunità parrocchiali, delle aggregazioni laicali,
delle comunità religiose, di ogni singolo battezzato.
La parola della Diocesi ci raggiunge attraverso quattro testi fondamentali:
la Lettera alle comunità parrocchiali “Pietre vive per una Chiesa santa” indirizzata a voi ancor prima di iniziare il mio ministero episcopale in Diocesi, gli
Atti del Convegno diocesano di Giugno scorso “Questa è la nostra fede”, il
Progetto pastorale per l’anno 2013-2014 “La tua fede ti ha salvato” e questa
Omelia per la celebrazione del nuovo anno pastorale “Che io veda di nuovo”.
Affidiamo a Maria, stella dell’evangelizzazione, il nostro cammino e il nostro impegno. Sia Lei, madre della Chiesa, a tenere salda nell’unità la nostra
Comunità nel cammino della fede, della carità e della speranza. Sia lei a renderci solleciti nell’intraprendere il “santo viaggio” dell’annuncio della fede,
per offrire a tutti la conoscenza e l’esultanza della salvezza. Amen.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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OMELIA PER L’INIZIO DEL MINISTERO PASTORALE
DI DON ERCOLE DI ZAZZO
Amministratore parrocchiale in Broccostella (FR)
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario, 12 ottobre 2013
La preghiera liturgica di questa domenica è illuminata dall’orazione della
Colletta, con la quale abbiamo chiesto al Signore il suo “paterno aiuto”. La paternità di Dio si manifesta tramite i pastori che Lui manda per ogni singola
porzione del gregge di Dio affidato al Vescovo. Spesso ci rivolgiamo al Vescovo e ai sacerdoti con l’appellativo “padre”. Conserviamo questa consuetudine, in quanto esprime lo sguardo illuminato con cui riconosciamo nella
persona del pastore il segno della cura e della premura di Dio, padre e custode
della vita di ciascuno. Oggi, la comunità di Broccostella accoglie con particolare commozione e riconoscenza la sua nuova guida spirituale nella persona
del carissimo don Ercole Di Zazzo.
L’avvicendamento dei pastori rigenera la Comunità: lo stiamo vedendo e
vivendo ai vertici della Chiesa cattolica, con l’avvicendamento di Benedetto
XVI, al quale sempre manifestiamo affetto e gratitudine inestimabile per il suo
alto magistero, con Papa Francesco, segno del soffio dello Spirito Santo che
ravviva il cammino della Chiesa; lo vogliamo pensare e credere anche per questa nostra comunità, chiamato ad un rinnovato slancio missionario, mettendo
a frutto il patrimonio di vita ecclesiale maturato in questi anni, e rafforzando
la sua opera evangelizzatrice per le nuove generazioni di adulti e di giovani.
Carissimo don Ercole, grazie per la tua serena e cordiale simpatia. Hai
accolto con fiducia e generosità l’invito a guidare questa parrocchia che ti accoglie. Devi amarla più di te stesso! Per essa consacra tutta la tua vita, le tue
energie giovanili, la tua fede ferma, la tua generosità eroica. Te lo chiede e te
lo insegna Gesù che, secondo il vangelo di questa domenica, si trova in “cammino verso Gerusalemme”. Gerusalemme diventerà la città dell’amore “a prova
di croce”. A questa passione d’amore Gesù vuole educare i discepoli compiendo lungo il viaggio gesti di misericordia e di tenerezza.
Dieci lebbrosi si fermarono a distanza
Gesù attraversa zone “proibite”: va incontro, prende l’iniziativa, rompe i
“cordoni sanitari” dei nostri pregiudizi e delle condanne precostituite intere
categorie di persone sono tagliate dalle relazioni sociali. Gesù rischia: accetta
volentieri di compromettersi, peccando lui stesso di impurità oltre che rischiare
di contrarre la stessa malattia. Poiché lui va incontro ai lebbrosi, dieci di loro
si fermano a distanza di fronte a Lui: può accogliere e curare le ferite dell’umanità.
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Caro don Ercole, non evitare i problemi della gente: condividi la vita di tutti
attraverso l’accoglienza e l’ascolto. Abbi pazienza con tutti! Sporcati le mani,
ma conserva un cuore puro. Calpesta il terreno delle fragilità umane, imparerai
ad essere sempre più compassionevole. L’esperienza di questi anni con l’Unitalsi ti ha aiutato a capire da vicino la fatica della malattia e della sofferenza.
La tua sensibilità verso gli ammalati ti è stata ricambiata con grande affetto da
parte loro.
Evita il rischio di essere “ministro del culto” senza la piazza; evita di fare
filantropia senza l’altare. Nessun fossato dovrà isolare il culto dalla vita, tua e
degli altri: costruisci, piuttosto, ponti levatoi che colleghino le diverse parti
della Città degli uomini, fino a collegarti con le “periferie esistenziali”.
Gesù maestro, abbi pietà di noi
Abbi pietà anche tu delle varie forme di lebbra. La lebbra esprime un doppio
problema: quello della malattia, aggravato dall’obbligo dell’esclusione sociale
per evitare il contagio.
Quali forme di lebbra da cui far guarire l’uomo di oggi? Lebbra dell’egoismo e dell’autosufficienza, lebbra dell’indifferenza religiosa, la lebbra dell’esclusione di Dio, perché divenuto “ingombrante” per la nostra libertà senza
regole e senza amore. E’ la lebbra dell’edonismo, del relativismo etico. E’ la
lebbra del conflitto e dello scontro, che lascia sempre feriti sul campo di battaglia.
Era un Samaritano
Al problema della malattia e al problema dell’esclusione sociale, per quest’uomo si aggiunge anche il problema della sua provenienza: era un samaritano, un ulteriore motivo di esclusione, secondo la mentalità socio-religiosa
del tempo! Gesù supera tutti e tre gli elementi difficili, e accoglie il “nemico”,
il quale riconosce di essere stato oggetto di particolare amore e torna, a sorpresa, per ringraziare e glorificare Dio, professando la sua fede in Gesù salvatore. Proprio il “lontano” dimostra una migliore sensibilità di fede.
Credo che quando Gesù racconterà la famosa parabola del “buon Samaritano” avrà pensato a questa guarigione del samaritano lebbroso. Senza dimenticare di essere un samaritano guarito dal giudeo Gesù, sarà proprio lui,
samaritano, a soccorrere il giudeo malmenato dai briganti. Chi ha conosciuto
la misericordia, deve spendersi nella misericordia per gli altri: “Gratuitamente
avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).
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La tua fede ti ha salvato
Carissimo don Ercole, aiuta la gente non solo a “stare meglio”, ma soprattutto a cambiare vita. Non darti pace finché la persona non sia arrivata alla
fede! Ascolta e guarisci le ferite del cuore e della coscienza; ascolta e consola
quanti hanno bisogno di ripartire nella fiducia. Ma non fermarti a metà: ogni
persona “sanata” resta ancora una persona da salvare attraverso la grazia della
fede. Il verbo greco che traduciamo con “Alzati…” è lo stesso usato per parlare
della risurrezione. Con la grazia della fede la vita del cristiano risorge, si rimette in cammino, carica della speranza, della voglia di vivere bene, che scaturisce dalla fede in Gesù vivo.
Porta la forza della Pasqua di Gesù nella vita di ogni giorno, “rimetti in
piedi” la vita di quanti sono caduti, schiacciati dal peso delle debolezze e dello
scoraggiamento; e invita a “partire” per testimoniare le grandi opere del Signore. Amen.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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OMELIA PER L’INIZIO DEL MINISTERO PASTORALE
di don Tommaso Del Sorbo
Parroco di Aquino
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario, 12 ottobre 2013
La cordialità e l’intensità degli affetti di questa assemblea santa che si
stringe intorno alla persona del nuovo parroco, il carissimo don Tommaso Del
Sorbo, esprimono il ”fiuto” del popolo di Dio, capace di intuire il giusto significato degli eventi ecclesiali importanti, come quello al quale stiamo partecipando. L’orazione della Colletta di questa liturgia eucarestia domenicale,
sintonizza la nostra preghiera liturgica con la certezza della presenza del Signore, e ci ha guida a chiedere a Dio la grazia di precederci e accompagnarci
sempre nello sforzo di “operare il bene”.
Carissimi amici, la vita cristiana esige la continua conversione della mente
e del cuore per accrescere in noi, con la grazia di Dio, la disponibilità ad operare
il bene. Ma di questo siamo capaci soltanto con la grazia con cui il Signore “ci
precede e ci accompagna”: “Alle spalle e di fronte mi circondi, e poni su di me
la tua mano” (Sal 139,5). Cosa significa “operare” il bene? Leggendo alcuni
passi degli scritti sapienziali dell’Antico Testamento, ritroviamo questo enunciato: “Il principio della sapienza è temere il Signore” (Sir 1,9). L’amore per la
sua Legge istruisce la mente e il cuore nella ricerca del vero bene. Il bene, riconosciuto alla luce della verità che viene da Dio, bisogna amarlo, accoglierlo,
custodirlo come tesoro prezioso. Devo amare il vero bene: in quel bene che Dio
mi indica, dimora la mia gioia. Concretamente, carissimo don Tommaso, oggi
ti viene chiesto di volere bene a questo popolo, di custodire il bene prezioso
della sua fede, di svolgere bene il tuo ministero, ricercando non i propri interessi
ma la il vero bene che Dio vuole compiere nella vita di ciascuno. Dio si dona
attraverso tutti i germi di bene, manifestazione della sua tenerezza, che mette
nelle nostre mani: in quanto spirito infinitamente perfetto, Egli è pienezza assoluta di verità e di bene, e desidera donarsi. Il bene infatti si diffonde: “Bonum
est diffusivum sui” (S. Tommaso, Summa theologiae, I, q. 5 a. 4, ad 2). Non trattenere il bene spirituale che Dio mette nelle tue mani, perché si diffonda speditamente su tutti coloro che saranno raggiunti dalla tua azione pastorale.
Carissimo don Tommaso, il Signore oggi precede e accompagna questo momento della tua vita di presbitero. E’ lui a disporre della tua generosità e cordialità, di cui tutti ti siamo grati, e a renderla dono di grazia per questa comunità
che ti accoglie. La Chiesa oggi ti affida questa amata e amabile parrocchia di
“S. Costanzo e S. Tommaso” in Aquino, chiamandoti ad operare il bene, a favore
di tutti, indistintamente. Nel nostro ministero Dio arriva per primo, ci “precede”,
ama prima e più di noi le persone da guidare nel suo nome; e “ci accompagna”,
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in questo officium amoris, perché Lui stesso ci ricorda: “… senza di me non
potete fare niente” (Gv 15, 5). In che cosa consiste il bene che devi operare
con la grazia di Dio?Il bene che sei chiamato ad operare in questa Comunità è
stupendamente descritto in tre espressioni della liturgia della Parola di questa
domenica, che desidero sinteticamente richiamare.
“Ricordati di Gesù Cristo”
Quanto l’apostolo raccomanda al suo discepolo Timoteo, oggi lo rivolgo a
te: Ricordati di Gesù Cristo!, ravviva la tua fede di battezzato e di presbitero
nel Signore Gesù, il risorto. “Ricordare” non significa guardare indietro, tornare al passato, ma sentire vivo nel presente il Signore, e vivere la gioia dell’incontro con Lui. Nella santa Eucarestia celebra il “memoriale” della morte
e della risurrezione del Signore: sarà la sorgente inesauribile della tua fede e il
nutrimento permanente del tuo amore. Contempla e adora, con lo stesso stupore
di s. Tommaso, il mistero eucaristico: “Verbum caro panem verum verbo carnem éfficit: fitque sanguis Christi merum. Et si sensus déficit, ad firmándum
cor sincérum sola fides súfficit” (S. Tommaso d’Aquino, Inno Pange lingua).
Ama Gesù Cristo con tutto il cuore, e di questo amore puro e cristallino devi
nutrire in modo irreprensibile la scelta e lo stile celibatario della tua vita. Questo è l’amore che sei chiamato a ravvivare anche nella vita di questa comunità:
“Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso (II
Lettura: 2Tim 2,13).
“La Parola di Dio non è incatenata”
La prigionia dell’apostolo Paolo non impedisce la sua predicazione, non
smorza il coraggio di annunciare la Parola per la quale è disposto a soffrire in
catene, ma “la Parola di Dio non è incatenata” (II Lettura: 2Tim 2,9). Caro
don Tommaso, tu sei costituito sentinella della salvezza di questo popolo, custode della sua conversione per la salvezza. Ti ricordo le parole con le quale ti
è stato consegnato il Vangelo nel giorno della tua ordinazione diaconale: “Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunciatore: credi sempre
ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”.
Libera questa Parola, innanzitutto nella tua vita personale: ascolta, comprendi,
prega, medita e vivi ciò che il Signore ti annuncia. Non limitare la sua forza,
non distogliere il tuo cuore dalla sua luce, non indebolire la sua efficacia, non
neutralizzare la sua potenza. Libera la Parola di Dio da ogni compromesso.
Non avere paura di parlare con le parole del Vangelo: “Il Signore stese la mano
e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla
tua bocca.” (Ger 1,9) . Il pastore deve avere cura dell’arte del parlare e dell’arte
di tacere. Taci quando non devi parlare, parla quando non devi tacere. La parola
deve rompere il silenzio omertoso, e il silenzio deve rimanere il grembo puro
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della parola. L’equilibrio tra il silenzio e la parola faranno la tua saggezza.
Non cercare il consenso degli uomini, ma l’approvazione di Dio. Nella «Regola
pastorale», san Gregorio Magno scrive: “Il pastore sia accorto nel tacere e
tempestivo nel parlare, per non dire ciò ch’è doveroso tacere e non passare
sotto silenzio ciò che deve essere svelato. Un discorso imprudente trascina
nell’errore, così un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro
che potevano evitarla. Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch’è giusto e non attendono
più alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all’arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio” (Lib 2,4).
“Guarisci e salva”
La carità pastorale con la quale sarai a servizio di questo popolo ti porterà
a prenderti cura dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo, corpo e anima. Le
anime le incontri e le riconosci attraverso il volto umano che ti cerca, volto
spesso ferito e martoriato. Nel vangelo di questa domenica, prima di annunciare
le potenzialità della fede, Gesù incrocia l’umanità ferita dalla malattia, e guarisce dalla lebbra. Anche tu, per salvare devi prima guarire! Carissimo don
Tommaso, prendi a cuore le fatiche, le ansie, le prove, il pianto di molta gente.
Insieme con il Vangelo, devi annunciare la dignità di ogni persona, il rispetto
della giustizia, la cura dei suoi bisogni, la medicazione delle sue ferite. Al samaritano guarito insieme agli altri nove e che, unico dei dieci, ritorna per ringraziare e pe rendere gloria a Dio, Gesù dona anche la grazia della salvezza,
cioè della fede in Lui quale pienezza della vita umana.
Alla Comunità di Aquino
Esprimo il mio apprezzamento per il cammino compiuto in questi anni,
sotto la guida saggia e generosa di mons. Mario Milanese. Oggi la Comunità,
accogliendo l’avvicendamento del parroco, guarda avanti con rinnovato slancio
ecclesiale e missionario. Quanto il Signore oggi dichiara al samaritano con le
parole “La tua fede ti ha salvato”, ditelo a tutti con le parole del salmista: “Il
Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore? Il Signore è difesa della
mia vita, di chi avrò paura?” (Sal 27,1). Invito questa Comunità a intensificare
la sua condivisione e partecipazione per tutte le iniziative destinate a promuovere la crescita culturale, spirituale e morale, favorendo una più fattiva collaborazione per il completamente anche delle necessarie strutture pastorali.
Il Signore vi ricolmi di ogni suo gesto di predilezione, perché il cuore di
ciascuno sia toccato dalla certezza del suo Amore. Amen.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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CREDO LA COMUNIONE DEI SANTI … CREDO LA VITA ETERNA
Omelia per la Solennità di Tutti i Santi
1o novembre 2013
Nel proseguimento dell’Anno della fede, la Chiesa riflette con la sapienza
del cuore sull’esperienza cristiana, e di conseguenza anche sui contenuti della
professione della stessa fede annunciata, celebrata e testimoniata. Una fede
“pensata”, maturata al crogiuolo dell’esperienza vissuta e della riflessione illuminata, fa crescere nella consapevolezza della bellezza di ciò che si professa
e nella gioia di vivere da cristiani. “Il termine comunione dei santi ha pertanto
due significati, strettamente legati: comunione alle cose sante (sancta), e comunione tra le persone sante (sancti) “ (Catechismo della Chiesa Cattolica,
948).
Lo stesso testo descrive, nei numeri successivi, come la fede non è mai una
grazia “solitaria”: è dono per tutti e si vive in comunione con gli altri. Pertanto
noi professiamo una fede “comunitaria” quando dichiariamo di credere nella
“comunione dei santi”. La fede dei fedeli è la fede della Chiesa ricevuta dagli
Apostoli, tesoro di vita che si accresce mentre viene condiviso. Ha affermato
Papa Francesco: “La nostra fede ha bisogno del sostegno degli altri, specialmente nei momenti difficili. Se noi siamo uniti la fede diventa forte. Quanto è
bello sostenerci gli uni gli altri nell’avventura meravigliosa della fede! Dico
questo perché la tendenza a chiudersi nel privato ha influenzato anche l’ambito
religioso, così che molte volte si fa fatica a chiedere l’aiuto spirituale di quanti
condividono con noi l’esperienza cristiana” (Udienza del 30 ottobre 2013).
La comunione dei cristiani è condivisione dei sacramenti della Chiesa. E’
condivisione di tutti i beni spirituali. Il dono della comunione è insita in tutti i
sacramenti in quanto ci uniscono a Dio, in particolar modo l’Eucaristia che
attua questa intima e vitale comunione con Dio e con i fratelli.
E’ anche comunione nella carità. Nella comunione dei santi “Se un membro
soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le
membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12,26-27). Il più piccolo dei nostri atti compiuto
nella carità ha ripercussioni benefiche per tutti, in forza di questa solidarietà
con tutti gli uomini, vivi o morti, solidarietà che si fonda sulla comunione dei
santi. Ogni peccato nuoce a questa comunione.
Noi crediamo anche che alcuni dei discepoli di Cristo sono pellegrini sulla
terra, altri sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono
della gloria contemplando e partecipando dell’Amore eterno della Trinità.
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«Tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità di Dio e del prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria.
Tutti quelli che sono di Cristo, infatti, avendo il suo Spirito formano una sola
Chiesa e sono tra loro uniti in lui… L’unione quindi di coloro che sono in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata, anzi,
secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione dei
beni spirituali “ (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 49).
La comunione con i santi è anche vincolo di fraternità, che si esprime nella
carità dell’intercessione: “La comunione dei santi va al di là della vita terrena,
va oltre la morte e dura per sempre. Questa unione fra noi, va al di là e continua nell’altra vita; è una unione spirituale che nasce dal Battesimo e non
viene spezzata dalla morte, ma, grazie a Cristo risorto, è destinata a trovare
la sua pienezza nella vita eterna. C’è un legame profondo e indissolubile tra
quanti sono ancora pellegrini in questo mondo - fra noi - e coloro che hanno
varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità. Tutti i battezzati quaggiù
sulla terra, le anime del Purgatorio e tutti i beati che sono già in Paradiso formano una sola grande Famiglia. Questa comunione tra terra e cielo si realizza
specialmente nella preghiera di intercessione” (Udienza del 30 ottobre 2013).
In particolare, la nostra preghiera per tutti i defunti può non solo aiutarli, ma
anche rendere efficace la loro intercessione in nostro favore.
A motivo di questo forte legame di comunione tra i “santi” ancora pellegrini
sulla terra e gli “amici di Dio” che vivono nella condizione spirituale dei “cieli
nuovi e terra nuova”, la Chiesa esprime e celebra un particolare culto per i
Santi e Beati del Cielo. Il culto dei Santi non deve favorire nessuna tentazione
o propensione politeista, purtroppo sempre in agguato nell’istinto religioso dell’uomo. In tale grave rischio di commistione, il culto cristiano si snaturerebbe
in idolatria pagana di pessima qualità.
Il culto cristiano riconosce nell’ “assemblea festosa dei nostri fratelli”, i
“membri eletti della Chiesa, che ci hai dato come amici e modelli di vita” (Prefazio della Solennità). Dunque sono coloro che vivono totalmente per Dio, insegnano la via di Dio, nulla possono senza Dio, e nulla e nessuno sostituiscono
al posto di Dio.
Il vero culto nulla ha a che vedere con l’idealizzazione sacrale di uomini e
donne che rischiano di essere esiliate dalle loro radici evangeliche. Il nostro
culto, se autentico e ispirato da generosi slanci di adesione a Cristo Gesù, il
Santo di Dio, deve saper decifrare la compiutezza della sequela cristiana e della
perfezione evangelica. I santi non sono vittime schiocche della loro ingenuità.
Sono piuttosto l’immagine dell’umano riscattato dall’arroganza illusoria della
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scaltrezza, della furbizia, dell’ingiustizia, dell’impurità, della violenza, dell’astuzia e della prepotenza che non solo calpesta la convivenza umana, ma
vorrebbe impedire la speranza del futuro. Invece per noi credenti il futuro è
già iniziato!
Grazie alla forza e alla coerenza di coloro che hanno vissuto scegliendo
come programma di vita i “comandamenti” delle beatitudini evangeliche, il
futuro esiste già, esiste nella condizione di vita di quanti sono arrivati alla meta
e incoraggiano a condividere lo stesso percorso di vita, nutrito delle stesse
scelte credibili, per una speranza affidabile.
Il nostro futuro non solo esiste già, ma è scritto nel nostro passato. Infatti,
creati a “immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1), siamo chiamati, nonostante
la condizione di fragilità per il peccato che ci sorprende, a dare compimento a
questa nostra vocazione identitaria. Afferma s. Giovanni nel secondo testo della
liturgia odierna: “Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro” (1Gv 3,3).
La santità del cristiano non è il risultato di un volontarismo pelagiano, ma
è conformazione a Cristo, uomo nuovo, uomo delle Beatitudini evangeliche,
grazie al quale possiamo favorire la nostra somiglianza con Dio. Per poterlo
vedere “così come egli è”, dobbiamo diventare “simili” a Lui, attraverso l’incontro con il Figlio, “immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). Lui ci rivela
l’Invisibile, nel suo volto contempliamo il mistero ineffabile del Padre. Soltanto
compiendo in noi la sua Parola, i nuovi “comandamenti” delle beatitudini, possiamo realizzare la nostra esistenza secondo la somiglianza con Dio e sperare
di poterlo vedere “così come Egli è”.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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“APRI LA BOCCA E MANGIA CIò CHE IO TI DO”3
Omelia per l’istituzione del Lettorato
Seminario di Anagni, 4 dicembre 2013
Esprimo la mia gioia spirituale nel pregare insieme con l’intera Comunità
del Seminario: a ciascuno di voi, Educatori e Seminaristi, assicuro il mio cordiale affetto e stima. Ringrazio per l’invito a presiedere questa significativa
Eucarestia che, oltre ad essere impregnata degli elementi liturgici che caratterizzano il tempo dell’Avvento, celebra anche, con il rito di istituzione del ministero del Lettorato, una delle tappe spirituali che ritmano il percorso
formativo e sviluppano il discernimento vocazionale della Comunità.
Il ministero del Lettorato, in particolare, esprime la pedagogia con cui la
Chiesa educa gradualmente alla complessità della missione coloro che sono
scelti per l’ordine sacro affinché “l’uomo di Dio sia completo e ben preparato
per ogni opera buona” (2Tim 3,17).
Miséreor turbae
Nel vangelo che abbiamo celebrato con l’atto liturgico della proclamazione,
Gesù ci rende partecipi dei suoi forti affetti interiori: ” Sento compassione per
la folla”.
Così esorta Papa Francesco:
“Pensiamo oggi a Gesù, che sempre vuole che tutti ci avviciniamo a Lui;
pensiamo al Santo Popolo di Dio, un popolo semplice, che vuole avvicinarsi
a Gesù; e pensiamo a tanti cristiani di buona volontà che sbagliano e che invece di aprire una porta la chiudono … E chiediamo al Signore che tutti quelli
che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte, trovino le porte aperte,
aperte per incontrare questo amore di Gesù. Chiediamo questa grazia”32
E durante un’altra omelia del mattino, nella cappella di S. Marta: “Tenerezza! Ma il Signore ci ama con tenerezza. Il Signore sa quella bella scienza
delle carezze, quella tenerezza di Dio. Non ci ama con le parole. Lui si avvicina
30
Omelia nella celebrazione eucaristica per l’istituzione del ministero del Lettorato - Seminario
di Anagni, 4 dicembre 2013.
32
Messa a Santa Marta, 25 maggio 2013
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– vicinanza – e ci dà quell’amore con tenerezza. Vicinanza e tenerezza! Queste
due maniere dell’amore del Signore che si fa vicino e dà tutto il suo amore con
le cose anche più piccole: con la tenerezza. E questo è un amore forte, perché
vicinanza e tenerezza ci fanno vedere la fortezza dell’amore di Dio”33.
La compassione esprime la condivisione dei bisogni della gente che si
stringe attorno. Gesù ascolta il grido di speranza dei malati di ogni genere; accoglie persone stanche e affamate; incoraggia i discepoli preoccupati e disorientati per la sproporzione tra il luogo deserto e la possibilità di garantire il
pane per la folla numerosa.
Il deserto è luogo della tentazione, della mormorazione e della ribellione,
quindi del peccato contro Dio. Ma può diventare luogo di invocazione, di fiducia, di alleanza, e di rivelazione della potenza ineffabile dell’amore di Dio.
In questo luogo deserto, la compassione di Gesù dimostra che il segni del
Regno di Dio ormai sono evidenti: “Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi
piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti
che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele” (Mt 15, 30-31).
Sono i segni dimostrativi della nuova era messianica, che Gesù elencherà
per i messaggeri di Giovanni Battista:“Giovanni, che era in carcere, avendo
sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a
dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono,
i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo” (Mt 11,2-5).
Gesù vuole condividere la sua compassione, rendendo i discepoli partecipi
di questo sguardo amorevole del cuore. Già in Mt 9, 36-10,1 troviamo questa
apprensione pastorale del Maestro: “Vedendo le folle ne sentì compassione,
perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore…”. E che cosa fa?
Come risolve questa difficoltà? “Chiamati a sé i dodici discepoli...” L’evangelista, per indicare la chiamata, usa il verbo greco proskalesàmenos (dal verbo
greco kaleo), così come farà anche nella redazione del brano della liturgia
odierna, dove si dice che: “Gesù chiamati (proskalesàmenos) a sé i suoi discepoli, disse: Sento compassione per la folla” (Mt 15,32).
33
Messa a Santa Marta, 7 giugno 2013
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Chiamati a collaborare
Proskalesàmenos, dunque chiamati a collaborare, resi partecipi della compassione del Maestro.
L’esortazione che tra poco il rito dell’istituzione del Lettorato rivolgerà ai
candidati, afferisce al significato dello stesso ministero: “Diventando lettori,
cioè annunziatori della Parola di Dio, siete chiamati a collaborare a questo
impegno primario nella Chiesa”. Ancora una volta sarete chiamati per nome,
come nel giorno del Battesimo, così come quando siete stati ammessi agli ordini sacri. Il vostro ”Eccomi” esprime il dialogo ininterrotto con il Signore.
Ogni tappa della formazione al ministero presbiterale è segnata, e sempre
riparte, da questo dialogo ininterrotto tra il discepolo e il Maestro, costruito
intorno ad un appello, ad una parola di chiamata, e alla risposta consapevole,
al consenso libero di chi accoglie questa pro-vocazione.
Oggi il Signore passa nella vostra esistenza e rinnova il suo invito: considera
la folla, e guarda con occhio di predilezione la vostra storia. Egli non può considerare i bisogni della folla senza pensare a voi; così anche, non può pensare
a voi indipendentemente dai bisogni della gente. Egli considera le attese della
gente, conosce la sua fame di speranza e di gioia, e chiede ancora oggi: «Chi
manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8).
Il banchetto della vita
Con la preghiera iniziale della Colletta abbiamo chiesto al Padre di essere
trovati “degni di partecipare al banchetto della vita”.
L’elemento del banchetto domina anche la scena profetica narrata da Isaia
nella prima lettura, e la condivisione del cibo occupa la narrazione letteraria
del vangelo odierno.
Ancora oggi il Signore chiama coloro che rende partecipi della sua compassione, preparandoli a nutrire la fame della folla con il primo e fondamentale
alimento, il cibo della Parola.
La Parola è cibo che alimenta la vita del popolo di Dio. La Dei Verbum 21
richiamandosi alla tradizione antica, cara ai padri della Chiesa, riscopre la venerazione della Parola di Dio al pari del Corpo di Cristo, parlando di “Mensa
della Parola di Dio e Mensa del Corpo di Cristo”: “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella Liturgia di nutrirsi del pane della vita alla mensa
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sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo”34.
Gesù stesso ci ha detto l’uomo non vive soltanto di pane ,” ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio “(Mt 4,4). Origene affermava che bisogna
mangiare il Verbo sotto la specie della Parola, e per questa via si arriva alla
manducazione perfetta, anche sacramentale, del corpo e del sangue di Cristo.
Si parla allora di mensa della Parola perché anche essa è già comunione viva
ed efficace con Cristo Verbo, comunione nella fede e nell’adesione amorosa.
S. Ambrogio commentando i salmi scrive: “Si beve il Cristo al calice delle
Scritture come da quello eucaristico”35.
S. Cesario di Arles in un sermone scrive: “Vi domando, fratelli e sorelle,
che cosa vi sembra più importante: la Parola di Dio, o il Corpo di Cristo? Se
volete rispondere bene, dovete senza dubbio dire che la Parola di Dio non è
da meno del Corpo di Cristo. E allora, se poniamo tanta cura quando ci viene
consegnato il Corpo di Cristo perché nulla di esso cada per terra dalle nostre
mani, non dovremmo porre altrettanta attenzione perché la Parola di Dio, che
ci è offerta, non sfugga dal nostro cuore, cosa che avverrebbe se stiamo pensando ad altro? Colui che avrà ascoltato con negligenza la Parola di Dio non
sarà meno colpevole di colui che, per la propria negligenza, avrà fatto cadere
a terra il Corpo di Cristo”36.
Questo testo è un bel commento alla vicenda di Samuele, commentata dal
testo sacro con questa osservazione: ”Samuele crebbe e il Signore fu con lui,
né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole” (1Sam 3,19). Così come
Maria di Nazareth, la quale “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo
cuore (Lc 2,19).
La fede si nutre di cibo e bevanda spirituali
I due verbi – avere fame/avere sete - in senso metaforico esprimono bene
il forte desiderio di Dio e della sua Parola: «L’anima mia ha sete di Dio, del
Dio vivente...» (Sal 42,3); «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te
ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua» (Sal 63,2); «Ecco verranno giorni -dice il Signore - in cui manderò
la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d’ascoltare la parola
del Signore» (Am 8,11 ). E Gesù: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la custodiscono” (Lc 11,28).
34
Cfr. Imitazione di Cristo, Imitazione di Cristo IV, 11
Cesario di Arles, Sermo 78, 2
36
Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 1
35
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Potremmo esprimere il contenuto di questa beatitudine con il commento di
don Luigi Serenthà «Beati quelli che hanno fame e sete di fare la volontà di
Dio, cioè che dicono: il mio nutrimento, il nutrimento su cui faccio crescere la
mia vita, così come il corpo cresce sul pane e sull’acqua, non è la mia volontà,
ma la volontà di Dio. Io ho fame di Dio, ho sete di lui, la sua volontà è punto
di riferimento per la mia esistenza. Mi affido a Dio, lui è la mia gioia, ciò che
egli mi rivela lo mangio e lo bevo con quella avidità con cui l’assetato e l’affamato bevono l’acqua e mangiano il pane».
Sant’Ignazio nei suo Esercizi spirituali37 ammonisce: «Non è il molto sapere
che sazia e soddisfa l’anima ma il sentire e gustare le cose interiormente». Il
desiderio dell’uomo spirituale è di «gustare la dolcezza del Signore (Sal 26,4).
A questo desiderio, Dio risponde inviando la sua manna (cfr. Es 16,14-15). In
più passi del Talmud la manna viene poeticamente descritta come lavorata nelle
macine celesti, tra le nuvole, per essere cibo di cui si nutrono gli angeli. La
manna è simbolo della Sapienza divina. Il Talmud racconta che la manna cadeva davanti alla porta dei giusti come pane perfettamente lievitato. Le persone
comuni dovevano uscire dalla loro dimora per trovarla come pasta da lavorare;
i malvagi, invece, erano costretti a vagare per raccoglierla come materiale
grezzo da macina. La manna dunque rinvia anche alla Parola di Dio. Alcuni
suggestivi passi del Talmud spiegano che la manna cadeva per tutti i figli di
Dio, ma ciascuno assaporava e gustava un sapore diverso da quello degli altri.
Ascoltate e vivrete
Come ascoltare la Parola? La meditazione è la forma più idonea dell’ascolto
fecondo della Parola.
Durante il suo viaggio in Germania, Benedetto XVI ha detto: “Non esiste
soltanto la sordità fisica, che taglia l’uomo in gran parte fuori della vita sociale. Esiste una debolezza d’udito nei confronti di Dio di cui soffriamo specialmente in questo nostro tempo. Noi, semplicemente, non riusciamo più a
sentirlo – sono troppe le frequenze diverse che occupano i nostri orecchi.
Quello che si dice di Lui ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro
tempo. Con la debolezza d’udito o addirittura la sordità nei confronti di Dio
si perde naturalmente anche la nostra capacità di parlare con Lui o a Lui …
L’orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante”38.
37
Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 1
Omelia, Spianata della Neue Messe, München, 10.09.2006. Vedi anche: Isabel Gomez-Acebo
(ed.), Pregare con i sensi, Paoline, Milano, 1997; Catherine Aubin, Le cinque finestre del cuore.
Pregare con i sensi, Lateran Univeristy Press, Città del Vaticano 2006.
38
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Come ascoltare Dio? Ascolto di Dio, prima di tutto, vuole dire riconoscere
che qualcosa ci raggiunge dall’esterno, supera i nostri desideri e previene le
nostre stesse domande. È riconoscere la priorità di Dio nei nostri confronti.
L’essere umano è un essere creato come “uditore della parola”. Nella sua stessa
identità è configurato come essere dialogante, interlocutore, aperto alla comunicazione. I mistici amano citare a questo punto, in riferimento alla voce di
Dio, il versetto del Cantico dei Cantici (2, 14): “La tua voce è soave”; “Parla,
Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam, 3, 9). Questa è la richiesta che
il vecchio Elia insegna al giovane Samuele ed esprime un atteggiamento fondamentale dell’anima che sa, nella fede, che il suo Dio vuole entrare in comunicazione diretta con lei. L’ascolto richiede concentrazione dei sensi e apertura
a ciò che giunge attraverso l’udito. Ascoltare è una radicale disposizione della
mia libertà all’accoglienza incondizionata della chiamata di un tu.
In senso biblico, ascoltare, come amare, ha in se stesso la ragion d’essere.
Ossia, non si ha bisogno di ascoltare “affinché...”. Si ascolta e basta! La persona si unisce amorosamente al suo Signore, abbandonandosi a lui. Ascoltare
è rimanere nell’attesa di Dio, in fiduciosa attesa, senza desiderare null’altro se
non Lui. La parola di Dio “ascoltata”, e non soltanto sentita da noi, produce la
fecondità: “Ascoltate e vivrete!” (Is 55, 3).
Nell’era digitale il primato tocca alla visione e all’immagine rispetto a ciò
che può essere ascoltato. La Scrittura, invece, pone l’accento sull’ascolto. «La
fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta dalla parola di Cristo»,
afferma l’apostolo Paolo (Rm 10,17). Non a caso l’imperativo sul quale si fonda
la fede antico-testamentaria è sintetizzato nel comandamento “Ascolta
Israele!”; un appello rivolto con insistenza dal Signore “Ascoltate la mia voce”
(cfr. Is 28:23; 32:9; Ger 7:23; 11:4-7) e ripetuto frequentemente dai profeti
“Ascoltate la parola del Signore…” (Is 1,10; 28,14; 66,5; Ger 2,4; 7,2; 9,20;
17,20; 21,11; 29,20; 31,10; 42,15; 44,24-26; Ez 13,2; 34,7-9; 36,1-4; 37,4; Os
4,1).
Anche la sequenza eucaristica sottolinea l’importanza dell’ascolto: «Visus,
tactus, gustus, in te fállitur, sed audítu solo tuto créditur».
Per il cristiano, ascoltare è mettersi in sintonia con Cristo, il servo obbediente che dona se stesso per la vita del mondo (cfr. Fil 2,5-11). La capacità di
ascoltare è intrinseca alla capacità di amare: ci può essere un ascolto senz’amore, ma non può esserci un amore senz’ascolto. L’amore di Dio verso
l’umanità si rivela nel fatto che egli ascolta il grido del suo popolo e interviene
in suo favore. Similmente, il nostro amore verso il prossimo comincia con
l’ascolto delle loro domande.
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Meditare la Parola
Il rito dell’istituzione del Lettorato esorta il candidato ad accogliere la Parola di Dio con docilità, e a meditarla ogni giorno. E la preghiera rivolta a Dio
a favore dei candidati recita: “Fa’ che nella meditazione assidua della tua parola, ne siano intimamente illuminati …”. La meditazione è un momento importante della vita spirituale.
Per gli antichi, la “meditatio” era un esercizio di lettura, di ripetizione, anche
pronunziata, delle parole, fino a imparare il testo a memoria; “meditatio” era
un esercizio in cui interveniva la persona intera: il corpo, perchè la bocca pronunziava il testo; la memoria che lo riteneva; l’intelligenza che si sforzava di
penetrarne il significato; la volontà che si proponeva di metterlo in atto nella
vita pratica. I Padri parlavano anche di “masticare” la Parola, per essi c’era la
famosa “ruminatio” della S. Scrittura, cioè ritornare sul testo, richiamarne le
parole, ritrovare il tema centrale e imprimerlo profondamente nel cuore.
Si cerca il “sapore” della Scrittura, non la scienza. Giovanni di Fècamp
(sec.XI) scrittore benedettino che si distinse per gli scritti ascetici precursori
di quelli di san Bernardo, priore dell’abbazia di Fécamp e abate della stessa,
parla di “gustare in ore cordis”, “assaporare nella bocca del cuore”: “Poi la
voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: «Va’, prendi il libro aperto
dalla mano dell’angelo che sta ritto sul mare e sulla terra». Allora mi avvicinai
all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e
divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il
miele». Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca
lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere
tutta l’amarezza. Allora mi fu detto: «Devi profetizzare ancora su molti popoli,
nazioni e re” (Ap 10,8-11).
Il consumo del libro da parte di Giovanni ha la sua controparte in Ezechiele
2: “Figlio dell’uomo, àlzati, ti voglio parlare». A queste parole, uno spirito
entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava … Mi
disse: Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa
genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco,
una mano tesa verso di me teneva un rotolo”.
Mangiare un libro è un’espressione semitica per dire “ricevere nel cuore”
(3,10). Noi abbiamo una simile espressione idiomatica. Noi diciamo: “Ho letteralmente divorato il libro”, oppure “Devo prima digerire quello che ho sentito”. Ezechiele racconta la sua vocazione profetica descrivendo la visione del
libro (3,4).
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Ricevi e trasmetti
La Parola è di Dio, noi la riceviamo per trasmetterla fedelmente. Nessuno
è padrone della Parola di Dio: “La parola di Dio non è incatenata!” (“Tim 2,9).
Afferma Raniero Cantalamessa39: “...Un mezzo primordiale con cui si trasmette la parola, ogni parola, è il fiato, il soffio... anche la Parola di Dio segue
questa legge, si trasmette per mezzo di un fiato, di un soffio... Il Soffio di Dio
è lo Spirito Santo... La Parola di Dio può essere resa viva solo dal Soffio di
Dio che è lo Spirito Santo... San Paolo dice che senza lo Spirito Santo non è
possibile dire nemmeno “Gesù è il Signore” che è la formula più elementare
di annuncio cristiano... Come dobbiamo fare, in pratica, per ottenere anche
noi lo Spirito Santo e essere animati da questo Soffio di Dio che rende potente
la Parola?... Il primo punto è la preghiera... La preghiera di Gesù fa scendere
lo Spirito Santo. La preghiera di Gesù riempie la Sua vita... Le folle premono..,
ma Gesù non si lascia catturare,... non vuole rinunciare al Suo dialogo col
Padre... La preghiera è un sottofondo continuo della Vita di Gesù...”.
Meno si prega più si parla, ma sono parole inutili, un diluvio di parole inutili... Questa parola inutile è il contrario della Parola di Dio feconda e creatrice.
Nella vita di Gesù ci furono molte notti di Getsemani, non una sola, nelle quali
lottava col Padre... per piegare la Sua volontà a quella del Padre. Poi al mattino... predicava e la gente diceva: “Parla con autorità”. Noi siamo uomini
dalle labbra impure... ma se Tu Signore ci chiami, noi ti diciamo “Ecco manda
me”.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
39
R. Cantalamessa, Ritiro Sacerdoti in Vaticano, settembre 1990.
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OMELIA PER LA SOLENNITà DELL’IMMACOLATA
Chiesa S. Restituta - Sora, 8 dicembre 2013
Con la solennità liturgica dell’Immacolata, la Chiesa celebra l’iniziativa
sorprendente di Dio nella vita di una creatura umana preservata da ogni contagio di peccato, e collocata nella condizione di assoluta purezza e di santità,
perché “piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio” (Prefazio). Il
“fiuto spirituale” del popolo di Dio, il “sensus fidei fidelium” ha preceduto di
secoli la dichiarazione dogmatica del magistero della Chiesa. La ricca produzione spirituale, artistica e letteraria riguardo al mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, attesta la consapevolezza, diffusa e radicata nell’animo dei
credenti, della peculiare condizione di “privilegio” che Dio aveva riservato per
Maria. In lei, infatti, “hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio” (Colletta).
La Vergine Immacolata ravviva in ciascuno l’inguaribile nostalgia dello stato
iniziale di grazia, che abbiamo perduto a causa del peccato originale. In Maria
possiamo contemplare l’ideale perduto. Ma grazie a Lei, è possibile sognare
anche per noi la partecipazione a uno straordinario mistero, quello della santità
della Chiesa: “In lei hai segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza
macchia e senza ruga, splendente di bellezza” (Prefazio). Il mistero della Chiesa
supera quello di Maria. Scrive s. Agostino: “Santa è Maria, beata è Maria, ma
è migliore la Chiesa che la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte
della Chiesa: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo. Se
è membro di tutto il corpo, allora certo vale più il corpo che un suo membro. Il
Signore è capo, e il Cristo totale è capo e corpo. Che dire? Abbiamo un capo
divino, abbiamo per capo Dio” (Dai «Discorsi» di sant’Agostino 25, 7-8).
Dal brano del Vangelo di s. Luca possiamo apprendere che il soggetto dell’evento dell’Annunciazione è Dio, il quale svolge la sua intenzione tramite
la missione dell’Angelo Gabriele. L’Angelo è mediazione del Mistero, è rivelazione dell’Assoluto, è portatore della parola di Dio. Attraverso l’azione dell’Angelo, Dio manifesta a Maria, e alla Chiesa, alcuni tratti salienti del suo
Volto. Quali?
Dio si rivela come l’Angelo della storia, Signore del tempo e dello spazio
dell’umano
Dio si offre e si consegna alla vita di Maria rispettando le coordinate del
tempo e dello spazio, dentro le quali il suo arrivo si compie. Maria accoglie
una rivelazione “storica” di Dio. Maria non è una visionaria, né una persona
psicologicamente instabile, vittima di illusioni religiose. Dio la cerca in un mo-
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mento ben definito (“nel sesto mese …”), in uno spazio lucidamente menzionato (“in una città della Galilea, chiamata Nàzaret”), chiamando per nome i
personaggi coinvolti (“… un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe.
La vergine si chiamava Maria”). Dio si rivela concretamente, raggiunge in
modo reale la persona coinvolta in questo straordinario evento. Questo ci
educa alla fede come incontro concreto con il Signore: la fede, la preghiera, il
culto, non esprimono una religione astratta, evasiva, estranea rispetto alla concreta esistenza dell’uomo. Dio penetra le fibre più nascoste della nostra identità,
la “abita” totalmente, dichiarando la sua volontà di raggiungerci in modo diretto, personale e concreto. Allora la fede acquista spessore e significato, prende
corpo in modo efficace e reale, aprendoci alla possibilità di riconoscere il Signore sulle rive della nostra esistenza quotidiana.
Dio si rivela come l’Angelo della soglia e del discernimento
“Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te”.
L’Angelo di Dio varca la soglia della dimora di Nazareth, ed entra nel cuore
della ferialità di Maria. Dio varca la soglia dei sogni e dei progetti umani, e
porta il “turbamento” della sua parola. Maria restò turbata! E’ un danno? No,
è piuttosto il turbamento del dover pensare in modo nuovo e diverso la propria
esistenza, il proprio futuro. Dio varca la soglia dei nostri pensieri, per elevarli
alla dignità e alle vertigini dei suoi elevati progetti. La parola di Dio avvia un
radicale discernimento nell’animo, che accompagna Maria a ripensare in maniera totalmente nuova il suo presente e il suo avvenire. La domanda “Come è
possibile” racchiude ed esprime tutte le domande possibili dinanzi alla proposta
che Dio le sta manifestando. Celebriamo oggi anche la Giornata del Seminario
diocesano, e quindi la prospettiva vocazionale dell’esistenza. Nell’evento
dell’Annunciazione Maria è raggiunta da una parola di chiamata, come tanti
giovani cristiani del nostro tempo. E questa parola di Dio scatena molteplici e
legittime domande: Come è possibile tutto ciò? Perché proprio io? Sono realmente capace di compiere ciò che Dio mi chiede? Cosa resta della mia libertà?
Come posso consegnare tutta la mia vita nelle mani di un Altro?
Dio si rivela come l’Angelo della consolazione della promessa
Nel tormento dell’inquietudine Dio non ci lascia soli, non ci abbandona allo
strazio delle nostri notti insonni. Egli in prima persona si fa carico delle nostre
ansie, e si rivela come l’Angelo della consolazione: “Non temere …”. Dio si
propone alla sua creatura come la roccia stabile di salvezza, su cui poggiare la
costruzione della propria storia. Lui è fedele e merita tutta la fiducia dell’uomo:
“La fede accoglie questa Parola come roccia sicura sulla quale si può costruire
con solide fondamenta. Per questo nella Bibbia la fede è indicata con la parola
ebraica ’emûnah, derivata dal verbo ’amàn, che nella sua radice significa “so-
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stenere”. Il termine ’emûnah può significare sia la fedeltà di Dio, sia la fede
dell’uomo. L’uomo fedele riceve la sua forza dall’affidarsi nelle mani del Dio
fedele” (Lumen fidei, 10). Dio ci consola con la promessa dello Spirito Santo.
Il “Non temere” è giustificato ed è credibile per il dono nuovo che rende robusta la nostra fiducia e la nostra risposta, lo Spirito di Dio. Nella grazia di questo
dono tutto è possibile anche all’uomo.
Dio si rivela come l’Angelo della decisione e della risposta
Tutto il percorso dell’Annunciazione raggiunge il suo momento cruciale
nell’attesa della risposta che Maria è invitata a dare: “Hai sentito, o Vergine,
che partorirai un Figlio... per opera dello Spirito Santo? L’Angelo aspetta la
tua risposta. Anche noi siamo in attesa. Se Tu acconsenti saremo liberati. Te
lo chiedono supplichevoli Adamo, Davide e gli altri Santi Padri. Tutto il
mondo, prostrato ai tuoi piedi, attende il tuo consenso. Dalla tua bocca dipende
la consolazione dei miseri, la salvezza di tutti i figli di Adamo. Rispondi in
fretta, o Vergine, pronunzia le parole che la terra e il Cielo attendono. Il desiderato da tutte le genti batte alla porta. Alzati, corri, apri!” (S. Bernardo).
Maria deciderà per il Sì, per l’Eccomi con il quale esprime la totale e definitiva
adesione e partecipazione al piano dell’Altissimo. La casa di Nazareth che accoglie il Mistero si lascia illuminare dal Sì che dà una svolta decisiva alla storia,
anticipo di un Sì ancora più grande, quello del Figlio Gesù sulla Croce, il Sì
dell’obbedienza grazie al quale la storia sarà redenta.
Carissimi fratelli e sorelle, carissimi giovani, Dio agisce così anche nella
nostra vita cristiana, spesso troppo tranquilla e assuefatta agli schemi ripetitivi
delle nostre abitudini. Egli ci sorprende con la sua Parola e dà inizio a percorsi
inediti, inesplorati, impensabili. Solo Lui è capace di questo. Non opponiamo
resistenza alla sua volontà. Il termine “volontà”, quella di un altro su di noi,
rischia di conservare una connotazione negativa, come qualcosa che schiaccia,
che pesa, che obbliga e costringe, qualcosa di coercitivo alla quale l’uomo volentieri vorrebbe sottrarsi. Nulla di tutto questo: la sua volontà è “vocazione”,
è parola di invito, è annuncio di gioia, è aurora di novità. Dio provoca alle
scelte più alte e più belle, anche impegnative ed esigenti, perché nulla hanno
a che fare con i calcoli delle mezze misure, degli accomodamenti egoistici e
rinunciatari. Dio attende la nostra risposta: tiriamoci fuori dall’omertà spirituale
e vocazionale, e assumiamoci in prima persona l’audacia della fede, pronta a
rendere ragione delle proprie scelte.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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EVANGELIZO VOBIS GAUDIUM MAGNUM
Omelia per il S. Natale 2013
Amati fratelli e sorelle,
il Natale è in mezzo a noi! La Parola eterna si è fatta carne nel tempo e nello
spazio degli uomini: “Et habitavit in nobis”. Ci sentiamo spiritualmente affascinati dall’evento che stiamo celebrando, consapevoli che tutto il Mistero, rivelato nella liturgia della Chiesa, si dona a noi per lasciarci coinvolgere da
questa irruzione straordinaria di grazia e di luce.
Dalla Luce della Fede (Lumen fidei) alla Gioia del Vangelo (Evangelii
gaudium)
Se accostiamo i titoli dei due documenti del Papa, Lumen fidei ed Evangelii
gaudium, si illumina il senso del nostro Natale: nei due titoli ritroviamo che la
“luce” corrisponde alla “gioia”, e la “fede” corrisponde al “vangelo”. Il binomio luce-gioia si rivela come il dinamismo trainante della nostra fede nel Vangelo che è la persona viva di Cristo, il Figlio di Dio oggi fatto carne. “La gioia
del Vangelo – scrive Papa Francesco - riempie il cuore e la vita intera di coloro
che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati
dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù
Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”40. La fede, pertanto, è luce di gioia, la
fede è gioia luminosa! L’annuncio degli angeli ai pastori unisce, in un abbraccio di armonico connubio, gli elementi della luce e della gioia: “Un angelo del
Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce … l’angelo
disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia”. Evangelizzare
la luce della fede è evangelizzare la gioia. Donare la fede è donare gioia. Così
inizia il famoso “Inno alla gioia”, tratto dalla IX Sinfonia di Beethoven: “Gioia,
bella scintilla divina”; espressione, questa, che esalta la gioia quale figlia della
luce.
Chi crede nel Signore Gesù, il Figlio di Dio, non può rimanere nella tristezza: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce …
Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia” (Is 9,1). Ancora una bella
testimonianza di Papa Francesco: “La gioia cristiana, come la speranza, ha il
suo fondamento nella fedeltà di Dio, nella certezza che Lui mantiene sempre
le sue promesse…Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli.
40
Papa Francesco, Evangelii gaudium, 1
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La nostra gioia è Gesù Cristo, il suo amore fedele inesauribile!”41 (Angelus
del Papa, 15 dicembre 2013).
“Oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11)
Le notizie che quotidianamente riceviamo ci rattristano per i molti mali,
danni e problemi che accadono nel mondo. La “cronaca” diventa sempre più
nera, triste e angosciante. Nell’evento del Natale Dio non fa notizia: tutto avviene mentre il cosmo è avvolto dall’indicibile silenzio della notte. Il canto
degli angeli squarcia il silenzio e illumina l’oscurità. Nel libro dell’Apocalisse
le guide delle Chiese sono chiamati “angeli” (Ap 1,20; 2,1;.8.12.18;3,1.7.14).
Lasciate, o carissimi, che sia io, angelo della nostra amata Chiesa di SoraAquino-Pontecorvo, a riempire i vostri silenzi con la Parola fatta carne e invitarvi a condividere la grande gioia di questo Natale: “Oggi è nato per voi un
Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11). Desidero che queste parole di gioia
spezzino le frecce acuminate delle tristezze e le lame taglienti delle falci delle
nostre prove, che feriscono in profondità la carne debole delle nostre vicende
umane. Ma la gioia del Natale deve convertire anche le nostre effimere gioie
senza Dio, le nostre gioie “pagane”, le false gioie affidate alle soddisfazioni
materiali e frivole, le fugaci e ingannevoli illusioni, perché il cammino della
nostra speranza sia fondato sulla gioia affidabile, quella che scaturisce dalla
certezza che Dio è la roccia sicura della mia vita. Solo la Sua compagnia trasfigura e divinizza la mia “carne” umana. “Non è certo – scrive s. Agostino che tutti vogliano essere felici; poiché chi non vuole avere gioia di Te, che sei
la sola felicità, non vuole la felicità“. L’annuncio dell’angelo ai pastori dichiara
che Dio “oggi” è nato; “oggi” ha sposato il nostro tempo. La gioia della nascita
del Bambino esalta Dio che entra nel tempo dell’uomo per dimostrare che Lui
ha tempo per l’uomo. E questo ci rende felici: Dio nasce Bambino per dirmi
che ha tempo per me, per dirmi che vuole crescere in me!
“Avere tempo per un altro … manifesta tutto il bene che una persona può
fare ad un’altra. Quando dò davvero il mio tempo a qualcuno, gli dò la cosa
più importante e più personale che io possegga, cioè gli dò me stesso. … La
differenza con Dio è che … lui solo ha un tempo vero, genuino da dare e che
ci dà questo tempo non solo in parte, non con ogni sorta di riserve e condizioni,
come succede abitualmente tra gli uomini, ma interamente.” (K. Barth). Afferma Benedetto XVI: “Dio si interessa a noi, ci ama, è entrato personalmente
nella realtà della nostra storia, si è autocomunicato fino ad incarnarsi. Quindi,
41
Papa Francesco, Angelus del 15 dicembre 2013
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Dio è una realtà della nostra vita, è così grande che ha anche tempo per noi,
si occupa di noi”42.
Il Dio che viene è certo venuto una volta, ma, venendo quella volta, ha dischiuso un cammino, ha acceso un’attesa, rinnova sempre la possibilità dell’incontro. Dedica il suo tempo per me, abitando il tempo dei miei giorni, delle
mie amicizie, delle mie occupazioni, delle mie speranze. Lui ha tempo per me.
Si intrattiene con me, si fa ospite, anzi familiare dei miei pensieri, dei miei affetti, della mia famiglia, del mio lavoro, delle mie azioni. Dio viene per non
abbandonarci più! Deponendo il Bambino Gesù nel Presepe, desidero deporre
questo annuncio di gioia soprattutto nel cuore di ogni fratello e sorella.
“Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino,
adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16)
Il vangelo di s. Luca ci offre i due verbi che ci spiegano a quali condizioni
la fede genera la vera gioia: andarono e trovarono. Così invitava don Tonino
Bello: “Andiamo fino a Betlem, come i pastori. L’importante è muoversi. Mettiamoci in cammino, senza paura. Il Natale di quest’anno ci farà trovare Gesù
e, con lui, il bandolo della nostra esistenza redenta, la festa di vivere, il gusto
dell’essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana della pace, la gioia
del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell’impegno storico, lo
stupore della vera libertà, la tenerezza della preghiera … E dal nostro cuore,
non più pietrificato dalle delusioni, strariperà la speranza”. Il credente deve
decidere di affrontare il cammino della notte, per andare incontro alla luce della
Grotta, per incontrare la Gioia fatta carne nel volto dolcissimo del Bambino.
Non cercare questa gioia è come spegnere drammaticamente la luce del Natale.
Cercare con la sete di Dio nel cuore, per trovare e gioire. Se cerchiamo con gli
occhi del cuore, la fede raggiunge molto in profondità la luce del Mistero. Se
credere questo è per noi motivo di gioia, non credere a tutto ciò per molti è
causa di angoscia. C’è una venatura di tristezza nella vera non credenza, nell’ateismo onesto. Se è difficile credere, è ancora più angosciante non credere,
perché il cuore dell’uomo è fatto per Dio; trovare Lui fa la nostra felicità.
In alcune forme di ateismo sopravvive un’intuizione del Mistero, come dimostra il testo molto particolare che ora voglio richiamare. L’autore è ateo, assertore dell’insignificanza di Dio e della vita. Sartre ebbe come compagni di
prigionia (in Germania, nel 1940) un novizio gesuita e alcuni preti, che furono
per lui degli amici e gli aprirono un nuovo orizzonte. Su loro richiesta, scrive
42
Benedetto XVI, Udienza generale, Mercoledì 28 novembre 2012
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un testo da rappresentare la vigilia di Natale, in cui riesce a intuire con acutezza
il senso della fede dei suoi compagni e della stessa tradizione cristiana, pur essendo lui stesso ateo.
Ecco il testo: «La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo volto è uno stupore ansioso che è comparso una volta
soltanto su un viso umano. Perché il Cristo è suo figlio, carne della sua carne
e sangue delle sue viscere. L’ha portato in grembo per nove mesi, gli offrirà il
seno, e il suo latte diventerà il sangue di Dio. Qualche volta la tentazione è
così forte da farle dimenticare che è Dio. Lo stringe fra le braccia e dice:
“Bambino mio”. … Lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne
divina è la mia carne. E’ fatto di me, ha i miei occhi, la forma della sua bocca
è la forma della mia, mi assomiglia. E’ Dio, e mi assomiglia”. Nessuna donna
ha mai potuto avere in questo modo il suo Dio per sé sola, un Dio bambino
che si può prendere fra le braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride
e respira, un Dio che si può toccare e che ride.
La gioia della fede è la gioia di Maria, è la gioia del credente, come anche
la gioia di un ateo intelligente. E’ la gioia di chi incontra, come i pastori, la
carne di questo Dio-Bambino, stringerlo a sé, e poter esclamare: “E’ Dio, e mi
assomiglia!”. E’ questo il Dio vero che la nostra fede può cercare e incontrare.
Nel volto del Bambino guardiamo Dio: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio
unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18).
“E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto
loro” (Lc 2,17)
Il Mistero che oggi celebriamo ci costituisce messaggeri della gioia della
fede, per dire a tutti le parole della consolazione e della misericordia: “Tutti
quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori … I pastori se
ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e
visto, com’era stato detto loro” (Lc 2,17-18.20). Dopo la visita alla Grotta, i
pastori ritornano per raccontare, araldi del messaggio di gioia. La missionarietà
dei pastori è la missionarietà della Chiesa. I pastori erano una categoria disprezzata: dopo aver meritato di accogliere per primi l’annuncio della nascita
del Salvatore, ora raggiungono le loro stesse periferie alle quali portano l’esperienza vissuta, testimoniando ciò che hanno trovato e visto. E’ anche la missionarietà dei Magi che, partiti dalle periferie del lontano Oriente, ritornano
nelle stesse periferie per diffondere il profumo spirituale della mangiatoia e la
fragranza della loro adorazione. I pastori e i Magi preannunziano l’azione evangelizzatrice della Chiesa.
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Ma la testimonianza della fede e della gioia deve superare sempre difficoltà
e diffidenze. I Pastori, categoria sociale inaffidabile, dovranno certamente faticare non poco per essere creduti, e convincere i loro ascoltatori. I Magi dovranno rischiare la vita, evitare con saggezza gli inganni e i tranelli di Erode.
Evangelizzare la gioia della fede non è facile. Ci sono forze ostili che vorrebbero eliminare il Bambino, e quindi derubarci della gioia cristiana, demotivare
il nostro entusiasmo, frenare le nostre partenze, tarpare le ali ai voli dei nostri
entusiasmi. E questo anche a costo di fare “strage di innocenti”, cioè a costo
di perpetrare falsi giudizi contro chi si impegna per gli altri, condannare il loro
operato, dubitare della loro onestà, gettare sospetto sulle loro genuine intenzioni, insomma soffocare in ogni modo la diffusione del bene.
Carissimi,
vi auguro una gioia piena, frutto di una fede luminosa. L’evento del Natale
celebra la gioia di Dio per l’uomo, e la gioia dell’uomo per Dio. La gioia di
Dio per l’uomo si fa “incarnazione”; la gioia dell’uomo per Dio si fa “divinizzazione”. Nel Natale cambia sia la condizione di Dio, sia la natura umana. Dio
non è più soltanto Dio ma anche Uomo; e l’uomo non è più soltanto uomo, ma
è anche Dio, perché reso partecipe della natura divina. E’ uno scambio di doni
di straordinaria bellezza: l’uomo dona a Dio la propria umanità, e Dio dona
all’uomo la sua divinità. Questa è la nostra gioia, questa è la nostra fede, questo
è il mio vivo augurio per tutti.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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DOV’E’ TUO FRATELLO?
I luoghi della fraternità
Omelia per la celebrazione della conclusione dell’anno
Celebrazione della Giornata mondiale della Pace
Chiesa di S. Restituta – Sora 31 dicembre 2013
“Ti benedica il Signore e ti custodisca”.
Carissimi,
la liturgia alla quale partecipiamo è l’atto della nostra “eucarestia”, cioè della
nostra gratitudine, con la quale celebriamo a cuore aperto i segni concreti della
provvidenza con cui il Signore ha accompagnato il percorso di questo anno,
che ormai volge al suo compimento. La nostra è anche una preghiera di invocazione a Dio, per chiedere la sua rinnovata benedizione sul tempo che ci offre
ancora, quale ulteriore impegno per compiere il bene, e lasciare traccia di sé,
per la costruzione di una storia sociale che non può migliorare e crescere se
non a partire dalle responsabilità di ciascuno.
Saluto tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, gli amati presbiteri, le Autorità
Civili e Militari che condividono la comune adesione alla celebrazione della
Giornata Mondiale della Pace, illuminata, come ogni anno, dal magistero del
Santo Padre. Le parole di benedizione che il Signore, tramite i suoi servi Mosè
e Aronne, rivolge al popolo di Israele in cammino nel deserto, intendono maggiorare la speranza di poter raggiungere anche noi la “terra promessa”. Già, la
speranza! Quale speranza? Per quale terra promessa?
Ci vuole audacia per ripristinare nel vocabolario del nostro discorrere ordinario la parola “speranza”, che sembra svuotata di ogni contenuto e di ogni
elemento di credibilità. “E’ difficile parlare di speranza – scrive don Tonino
Bello -. Bisogna far capire invece che la speranza è parente stretta del realismo
… E’ impegno robusto che non ha da spartire nulla con la fuga… Cambia la
storia, non la subisce. Ricerca la solidarietà con gli altri viandanti, non la gloria del navigatore solitario” (don Tonino Bello). La speranza dunque è alimentata soprattutto dalla fraternità: o si spera insieme, o si muore di solitudine. La
fraternità ci educa alla speranza di poter diventare “popolo”, ci aiuta a camminare insieme alla conquista della terra promessa, dove scorre il latte e il miele
della pace (cfr.Es 3,8), che si conquista con l’esercizio, spesso eroico, di una
solidarietà compiuta. La fraternità praticata edifica la vera famiglia dei popoli,
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costruisce legami, ricompatta le relazioni, crede nella bontà dell’altro. Ama,
sogna, progetta e spera insieme. La fraternità umanizza la società, perché bonifica le relazioni dai veleni e dalle tossicità dei conflitti endemici: “La fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale”
(Messaggio per la pace 2014, n. 1).
E’ impensabile sperare da soli, operare da eroi solitari, alla ricerca di una
gloria impossibile. Interroghiamoci, pertanto, sui “luoghi” storici in cui dover
intervenire, per rinnovati e più saldi legami di pace e di fraternità. E’ urgente
ricostruire anzitutto il tessuto delle relazioni familiari e interpersonali. Oggi
soffriamo tutti di “povertà relazionale”. Non solo il tempo per stare insieme,
ma anche gli spazi vitali da condividere, sono sempre meno abitati. In molte
famiglie, ma anche in tanti luoghi cosiddetti di “aggregazione” sociale, si vive
nei segni della precarietà e provvisorietà relazionale, quindi nella frammentazione. Nei rapporti sociali, poi, prevale il sospetto, l’invidia, la gelosia, l’egoismo. Si diventa persino invidiosi per il progresso altrui, per la possibilità che
l’altro migliori il suo stato sociale, che sviluppi una condizione di vita più dignitosa. L’altro dell’appartamento accanto non è più il tradizionale e gradito
vicino di casa, ma un intruso, uno sconosciuto, un estraneo da ignorare. Nemmeno più un saluto, una stretta di mano, un “buon giorno”. Perché nasconderci
dietro un inaccettabile “non lo conosco”? Invece sarebbe bello perdere un attimo di tempo per l’altro, avere tempo da perdere per favorire le relazioni, per
cercarsi di più, ed evitarsi di meno. La fraternità delle relazioni cresce se ci riconosciamo fatti per la reciprocità, per la comunione, e per il dono.
Un altro elemento costruttivo della pace e della fraternità è la cultura dell’unità, dell’incontro, del dialogo e delle differenze. L’altro, qualsiasi altro, è
un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare! Perché la fraternità è comunione, la fraternità è condivisione. E’ condividere col fratello gioie e dolori,
progetti e speranze! E’ amare le differenze che non possono dividere, ma soltanto arricchire. Scrive Papa Francesco: “Di fronte al conflitto, alcuni semplicemente lo guardano e vanno avanti come se nulla fosse … Altri entrano nel
conflitto in modo tale che ne rimangono prigionieri … Vi è però un terzo modo,
il più adeguato, di porsi di fronte al conflitto. È accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo … Per questo è necessario postulare un principio che è indispensabile
per costruire l’amicizia sociale: l’unità è superiore al conflitto (Evangelii gaudium 227-228).
Un altro luogo per la costruzione della fraternità e della pace è il riconosci-
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mento della dignità dell’altro. La globalizzazione dell’indifferenza conduce al
silenzio della reciprocità, fino a favorire la cultura dello scarto. Il valore e la
dignità della persona spesso sono subordinati al suo stato di salute, alle sue
condizioni di efficienza e di utilità. Secondo questa perversa logica, sarebbe
da considerare solo come un peso, un ostacolo da rimuovere, la persona che
presenta i segni della fragilità, del limite, della debolezza fisica. La falsa cultura
della produttività vuole farci credere che una vita non più in grado di “produrre” per la società, non serve a nessuno, perde ogni dignità e non merita più
né cura nè rispetto. Chi è debole può essere spudoratamente e impunemente
ignorato, svilito, anche offeso e dimenticato, bambino o anziano che sia. La
fraternità invece deve sviluppare la solidarietà soprattutto con i più deboli, contro ogni forma di sterile efficientismo.La fraternità si sviluppa in un mondo di
anime pure e generose, contro la menzogna del materialismo egoistico. Antoine
de St. Exupery riprendeva con forza quest’idea: «Vivo con fatica la mia epoca.
In essa l’uomo muore di sete e non esiste al mondo un problema più grande di
questo: dare agli uomini un senso spirituale, un’inquietudine spirituale. Non
si può vivere di frigoriferi, di bilanci e di politica. Non si può! Non si può vivere
senza poesia, senza colore, senza amore. Lavorando unicamente per acquistare
dei beni materiali finiremo con il fabbricarci una vera e propria prigione». E’
la prigione del benessere sfrenatamente cercato, ed egoisticamente goduto,
contro ogni spirito di fraternità solidale. Si radica qui l’urgenza di recuperare
stili di sobrietà, frutto di deliberata rinuncia per tutto ciò che è superfluo, e
quindi dannoso. La fraternità deve sviluppare una maggiore giustizia sociale
dove si ristabilisce un nuovo rapporto tra i più ricchi e i meno abbienti, per
evitare l’eccessiva sperequazione del reddito, uno dei maggiori scandali della
condizione economica italiana. E’ necessario che l’uomo abbia la proprietà dei
beni, ma quanto all’uso, li “possiede non solo come propri, ma anche come
comuni, nel senso che possono giovare non unicamente a lui ma anche agli
altri” (Gaudium et spes, 69).Un altro luogo “storico” dove spendersi per la fraternità e la pace, è l’attività politico-amministrativa. Non posso non ringraziare
oggi, con il cuore sincero e riconoscente, i Sindaci della Diocesi, con i quali
abbiamo condiviso un breve ma intenso tratto di strada nel segno della reciproca e cordiale fiducia, dell’ascolto e dell’accoglienza più che rispettosa, nel
comune intento di esplorare le difficoltà e le risorse delle nostre comunità civili
e religiose, in ascolto della voce, spesso del grido, della nostra gente.
Il nuovo anno 2014 per molti di voi, stimati Sindaci, sarà segnato anche dal
rinnovo delle cariche amministrative. Competizione intelligente o conflittualità
di bassa lega? Gli “altri” candidati non sono avversari da combattere, ma figure
con cui confrontarsi, per il bene dei cittadini! Le rispettive “ liste” non formano
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un elenco di “ricercati”, da colpire in qualunque modo. La Chiesa, maestra del
bene comune, artefice di grandi principi e riflessioni espressi nella sua Dottrina
Sociale, ha sempre riconosciuto l’importanza e la dignità dell’attività politica,
necessaria al raggiungimento del fine ultimo del vivere sociale, il progresso integrale dei singoli e delle comunità: “La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della
cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità” (Gaudium et
spes, 75). Dunque la costruzione del bene comune dei cittadini esige che qualcuno si “candidi” al servizio degli altri, assumendo responsabilità politiche delicate, esigenti e impegnative, particolarmente oggi. Il termine “candidato” deriva
da “candido”, perché nell’antichità gli aspiranti alle cariche pubbliche indossavano una toga bianca, simbolo appunto di candore, purezza, semplicità. La vostra
ideale toga bianca non può essere diversa, nel suo significato di servizio, dall’asciugamano bianco del nostro Cenacolo, nel quale Gesù assume la posizione
del servo, prostrato ai piedi degli apostoli. Non c’è “politica” più grande di questa! Tutti noi, impegnati in ambiti diversi, siamo candidati al servizio, non al potere! Se noi non siamo disponibili alla lavanda dei piedi, cioè al servizio
disinteressato, la nostra gente ha tutto il diritto di farci una lavata di testa.
Il papa Paolo VI affermava che “la politica è una maniera esigente di vivere
l’impegno cristiano al servizio degli altri ” (Octogesima adveniens, 46). Amare
la Città esige la spinta di una forte immaginazione sociale. Gli studenti del ’68
scrivevano sui muri della Sorbona a Parigi: “L’immaginazione al potere”.
Amare è sognare una Città nuova, vivibile per tutti, attenta ai bisogni di ciascuno per trovare ogni soluzione possibile, insieme. La crisi economica, lunga
e costosa in termini di posti di lavoro e chiusure di imprese, e la scarsità di
sovvenzioni e contributi, rendono problematici i progetti e gli investimenti comunali. Ma non dobbiamo dimenticare che spesso associazioni, municipalità
e parrocchie sono gli unici luoghi dove è ancora possibile imbastire legami sociali. L’impegno intelligente e onesto di ciascuno deve riguardare i programmi,
da indicare in modo chiaro e concreto come possibili soluzioni, o almeno miglioramenti, dei diversi problemi della comunità civile. La giusta e necessaria
competizione deve riguardare programmi alternativi, concretamente proponibili. Il Santo Padre Francesco invita tutti i credenti alla “obiezione di coscienza
alle chiacchiere”, immaginiamo quanto sia urgente la stessa obiezione di coscienza agli insulti, i quali non possono mai deporre a favore di chi li provoca,
né di chi li ricambia.
Stimate Autorità, Signori Sindaci, ciascuno di voi è deputato al servizio
della fraternità, favorendo l’incontro, il dialogo, lo scambio serrato ma sempre
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rispettoso, il confronto leale con chiunque. Anche voi siete i custodi di una fraternità sociale che spesso è ferita dall’odio, dalle rivalità, dal litigio e dal conflitto disgregante. E’ anche vostra responsabilità ottenere il risultato di una
comunità non condannata cinicamente al conflitto sistematico, ma rifondata
nel segno del rispetto e della tolleranza.
Cari fratelli e sorelle, siamo famiglia di Dio: condividendo tutti l’unica paternità, quella di Dio, siamo chiamati a riconoscere e a custodire la nostra fraternità.
Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.
Auguri a tutti e a ciascuno di un anno più fraterno, per un cammino di pace
che ciascuno di noi può e deve costruire.
X
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Gerardo Antonazzo
Vescovo
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DECRETI
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GIORNATA DEL SEMINARIO
DV 10/2013
Prot. n . 327/13
E’ mia viva premura e profondo desiderio promuovere nella nostra Chiesa
particolare una più intensa e diffusa pastorale vocazionale, per favorire e accompagnare il cammino di discernimento di quanti il Signore Gesù continua a
chiamare con sguardo di predilezione, per renderli partecipi della sua missione
salvifica. Dio ha voluto suscitare sempre figure esemplari di chiamati, per una
speciale collaborazione al compimento di un suo specifico progetto di salvezza
a favore del suo popolo: “Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!». Egli disse:
«Va’ e riferisci a questo popolo ... “ (Is 6,8-9). Anche i Vangeli attestano che la
prima preoccupazione del Signore Gesù è stata la scelta dei suoi collaboratori
per la missione di annunciare il Vangelo a tutti: “Salì poi sul monte, chiamò a
sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici - che chiamò
apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di
scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici” (Mc 3,13-16).
Il Signore intendeva anche garantire per la futura comunità cristiana, la sua
Chiesa, la partecipazione costante di sempre nuovi collaboratori alla sua opera
di evangelizzazione, e coinvolge tutti con il suo pressante invito: “Pregate il
Signore della messe, perché mandi operai per la sua messe” (Mt 9,38; Lc
10,2). Nell’ottica missionaria di Luca, l’invito di Gesù alla preghiera è qui finalizzato a che il Signore Dio chiami, e quindi invii operai, missionari fino ai
confini del mondo.
Ma perché domandare a Dio, perché supplicarlo per quanto sta a cuore a Lui
stesso? Sta qui il grande mistero della preghiera: il Signore vede l’umanità in
cammino come “pecore senza pastore” (Mt 9,36), Dio vede i bisogni della
Chiesa, ma vuole che noi domandiamo, supplichiamo, preghiamo, perché cresca
in noi la consapevolezza della necessità della presenza dei pastori di cui abbiamo
bisogno. Si tratta, così, di accelerare con la preghiera la venuta del Regno di
Dio, perché si estenda in fines terrae ciò che con Cristo è già iniziato, di chiedere
il compimento della «promessa fatta ai padri» (At 13,32; 26,6; cfr 2,39).
Pregare per le vocazioni significa ricordare e confessare che la vocazione
viene dall’alto, da Dio, per Cristo, nella potenza dello Spirito Santo: Dio è il
soggetto che plasma la vita dei chiamati, fin dal grembo materno (cfr. Ger 1,5).
La vocazione non può essere ridotta all’assolvimento di una funzione, a una
professione, ma è anzitutto un dono che deve essere implorato per la missione.
Per questo intendo chiedere a tutta la Chiesa che è pellegrina in Sora-Aquino-
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Pontecorvo una corale ed incessante preghiera da presentare al “padrone della
messe” ogni giorno.
Inoltre istituisco anche la “Giornata del Seminario diocesano“, da celebrarsi nella Solennità dell’Immacolata (8 dicembre), al cui patrocinio è affidato
il Seminario, cuore pulsante della vita diocesana. In questa stessa ricorrenza,
a norma del can 1266 C. J. C, tutta la Diocesi esprimerà generosamente la sua
carità anche con le offerte per le necessità del Seminario, impegnato nella formazione dei futuri presbiteri e nella sempre più estesa pastorale vocazionale
in tutte le parrocchie.
La Madonna Immacolata, protettrice del nostro Seminario diocesano, e modello di ogni chiamato, favorisca la continua preghiera e la sollecita carità di
tutti, e per ciascuno implori dal suo figlio Gesù Cristo, sommo ed eterno sacerdote, le abbondanti grazie della sua misericordia infinita.
Sora, dalla Sede Vescovile, 01 ottobre 2013,
Memoria di S. Teresa di Gesù Bambino,
Patrona delle Missioni, anno primo del mio Episcopato.
Il Cancelliere Vescovile
Sac. Mario Santoro
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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FONDI C.E.I. OTTO PER MILLE
ASSEGNAZIONE ANNO 2013
Prot. n. 360/2013
VISTA la determinazione approvata dalla XLV Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (Collevalenza 9-12 novembre 1998);
CONSIDERATI i criteri programmatici ai quali intende ispirarsi nell’anno
pastorale 20132014 per l’utilizzo delle somme derivanti dall’Otto per mille
dell’IRPEF;
TENUTA PRESENTE la programmazione diocesana riguardante nel corrente
anno priorità pastorali e urgenze di solidarietà;
SENTITI, per quanto di competenza, l’incaricato del Servizio diocesano per
la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica e il direttore della
Caritas Diocesana;
UDITO il parere del Consiglio Diocesano per gli affari economici e del Collegio dei Consultori;
DISPONE
I- Le somme derivanti dall’Otto per mille dell’IRPEF ex art. 47 della legge
222/1985 ricevute nell’anno 2013 dalla Conferenza Episcopale Italiana “Per
esigenze di culto e pastorale” sono così assegnate:
A. Esigenze del culto
1. Conservazione o restauro edifici di culto già
esistenti o altri beni culturali ecclesiastici
€ 55.000,00
B. Esercizio della cura delle anime
1. Attività pastorali straordinarie
2. Curia Diocesana e centri pastorali diocesani
3. Mezzi di comunicazione sociale
4. Archivi e biblioteche
5. Manutenz. straord. case canoniche e/o locali di m. p.
6. Parrocchie in condizioni di straordinaria necessità
€ 20.000,00
€ 130.000,00
€ 15.000,00
€ 10.000,00
€ 190.000,00
€ 24.734,38
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C. Formazione del clero
1. Seminario diocesano e regionale
2. Formazione permanente del clero
€ 40.000,00
€ 6.000,00
D. Contributo al servizio diocesano per la
promozione del sostegno economico alla Chiesa
€
1.500,00
€
€
54.050,48
86.949,52
E. Somme impegnate per iniziative pluriennali
1. Fondo diocesano di garanzia
2. Fondo diocesano di garanzia es. precedente
Totale delle assegnazioni
€ 633.234,38
II- Le somme derivanti dall’Otto per mille dell’IRPEF ex art. 47 della legge
222/1985 ricevute nell’anno 2013 dalla Conferenza Episcopale Italiana “Per
interventi caritativi” sono così assegnate:
Distribuzione a persone bisognose
1. da parte della diocesi
2. da parte delle parrocchie
€
€
26.000,00
30.000,00
Opere caritative diocesane
1. in favore di extracomunitari
2. in favore di anziani
3. in favore di portatori di handicap
4. in favore di altri bisognosi
5. Fondo antiusura (diocesano e regionale)
€
€
€
€
€
10.000,00
8.000,00
4.884,93
5.000,00
40.000,00
C.
Opere caritative parrocchiali
1. in favore di extracomunitari
2. in favore di tossicodipendenti
3. in favore di anziani
4. in favore di altri bisognosi
€
€
€
€
10.000
5.000,00
10.000,00
35.000,00
D.
Opere caritative di altri enti ecclesiastici
1. in favore di altri bisognosi
2. Enti
€
€
15.000,00
12.000,00
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Bollettino 2013_secondo_semestre:Layout 1 15/04/14 18:54 Pagina 107
E.
Altre assegnazioni
1. Aiuti ai missionari
2. Cittadella della carità
3. Progetti finalizzati
4. Emergenze
€ 26.000,00
€ 30.000,00
€ 25.000,00
€ 145.670,00
F.
Somme impegnate per iniziative pluriennali
1. Somme impegnate per nuove iniziative pluriennali
€
Totale assegnazioni
€ 465.071,54
27.516,61
Le disposizioni del presente provvedimento saranno trasmesse alla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso i prospetti di
rendicontazione predisposti secondo le indicazioni date dalla Presidenza della
C.E.I.
Sora, 30 ottobre 2013
Il Cancelliere Vescovile
Don Mario Santoro
107
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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UFFICIO DIOCESANO
PER L’ARTE SACRA E I BENI CULTURALI
DV 18/2013
Prot. n. 349/13
La Congregazione per il Clero, nella Lettera circolare ai Presidenti delle
Conferenze Episcopali Opera artis sulla cura del patrimonio storico-artistico
della Chiesa dell’ 11 aprile 1971, dichiarava: “I pastori d’anime devono avere
a cuore la sollecitudine per gli edifici e le cose sacre poiché queste rappresentano una preclara testimonianza della pietà del popolo, anche per il loro valore
storico e artistico” (Enchiridion Vaticanum 4/655).
Nel decreto su I beni culturali della Chiesa in Italia, in data 9 dicembre
1992 il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana per mandato della
XXXVI Assemblea Generale disponeva: “Nella diocesi il compito di coordinare, disciplinare e promuovere quanto attiene ai beni culturali ecclesiastici
spetta al vescovo che, a tale scopo, si avvale della collaborazione della Commissione diocesana per l’arte sacra e i beni culturali e di un apposito ufficio
presso la curia diocesana” (Enchiridion CEI 5/1220).
Visti gli orientamenti e le disposizioni di cui sopra, volendo provvedere
adeguatamente alla tutela, alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio
storico, artistico e culturale di competenza della Diocesi, avvalendomi delle
facoltà ordinarie, decreto l’istituzione dell’UFFICIO DIOCESANO PER
L’ARTE SACRA E I BENI CULTURALI.
L’Ufficio ha come principale finalità di coadiuvare in forma stabile l’Ordinario diocesano e gli enti ecclesiastici posti sotto la sua giurisdizione in tutto
ciò che riguarda la conoscenza, la tutela e la valorizzazione, l’adeguamento liturgico e l’incremento dei beni culturali ecclesiastici e dell’arte sacra.
Il suddetto Ufficio Diocesano ha nella sua struttura un Direttore, il quale è anche
Incaricato diocesano per i beni culturali ecclesiastici, un Segretario, uno o più collaboratori. Tutto il personale dell’Ufficio è nominato dal Vescovo diocesano.
Il suddetto Ufficio sarà coadiuvato da una Commissione diocesana, nominata dal Vescovo, nel compito di inventariare, incrementare, conservare e valorizzare il patrimonio storico, artistico e culturale della Chiesa locale, e di
vigilare sull’adeguamento e la ristrutturazione dei luoghi di culto, sul restauro
delle opere d’arte, sulla progettazione e realizzazione di nuove chiese e strutture
pastorali.
Sora, dalla Sede Vescovile, 1° novembre 2013,
Solennità di Tutti i Santi, anno primo del mio Episcopato.
Il Cancelliere Vescovile
Sac. Mario Santoro
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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STATUTO-REGOLAMENTO
DELLA CONSULTA DIOCESANA
DELLE AGGREGAZIONI LAICALI
DV 20/2013
Art. 1- Natura e fini
La Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali (C.D.A.L.) è l’organismo
di incontro e di coordinamento di tutto il laicato diocesano organizzato.
Il fine della C.D.A.L. è quello di accrescere l’unità e la comunione nel Popolo di Dio e di rendere sempre più vivo, attraverso lo specifico impegno nelle
realtà secolari, il rapporto tra la Chiesa e il Mondo, promuovendo iniziative
pastorali idonee.
Agisce in piena comunione con il Vescovo accogliendo le sue indicazioni
pastorali, avvalendosi dell’ opera del Delegato Vescovile.
Art. 2 - Composizione
La C.D.A.L. è composta da tutte le Aggregazioni aventi carattere nazionale,
riconosciute o erette dalla Santa Sede o dalla Conferenza Episcopale Italiana,
sia che si tratti di associazioni e di terzi ordini, sia che si tratti di movimenti,
di gruppi o di altre forme similari, purché dotati di regolare statuto ai sensi del
can. 304 del Codice di Diritto Canonico, e aggregazioni che siano state, a livello locale, riconosciute o erette dalla competente Autorità Ecclesiastica, e
operanti almeno a livello diocesano.
Art. 3 - Organi
Gli organi della Consulta sono:
Il Delegato vescovile per il laicato
Il Consiglio di presidenza
Il Presidente
Il Segretario
L’Assemblea generale
Art. 4 - Il Delegato vescovile
E’ nominato liberamente dal Vescovo e lo rappresenta. È suo compito convocare e presiedere la Consulta, stabilire l’O.d.G. di ogni incontro, dopo aver
udito il Consiglio di presidenza e con l’approvazione del Vescovo.
Art. 5 - Consiglio di presidenza
Il Delegato Vescovile è coadiuvato dal Consiglio di presidenza, costituito
dal Presidente, da tre membri eletti dall’Assemblea generale e dal segretario.
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Art. 6 - Presidente
Il Presidente è sempre un laico/a eletto dalla Consulta. Agisce in stretta collaborazione con il Delegato vescovile e funge da moderatore nelle sedute dell’assemblea.
Art. 7 - Segretario
È compito del Segretario: preparare le riunioni, inoltrare gli inviti, redigere
i verbali e conservare la documentazione prodotta dalla Consulta.
Art. 8 - Assemblea generale
L’Assemblea generale è composta da tutti i membri della C.D.A.L. Si riunisce in sessione ordinaria almeno due volte l’anno e ogni qualvolta sarà necessario.
Art. 9 - Durata
I membri della C.D.A.L. durano in carica per cinque anni. La C.D.A.L. può
essere sciolta d’autorità dal Vescovo, o per le dimissioni della maggioranza assoluta dei membri.
Art. 10 - Sostituzioni
I membri sono tenuti a partecipare alle riunioni personalmente e non potranno farsi rappresentare da delegati. In caso di dimissioni o di tre assenze
consecutive ingiustificate o per decadenza dall’ufficio che dà diritto a far parte
della Consulta, il presidente, uditi i responsabili del gruppo interessato, dichiara
decaduto il membro e procede alla opportuna sostituzione.
Art. 11 - Rimando alle norme comuni
Per quanto non previsto da questo Statuto, si rimanda al diritto comune,
fermo restando che per le elezioni bisognerà seguire le prescrizioni dei cann.
119 e 164-179 del CDC.
Sora, dalla Sede Vescovile, 1° novembre 2013,
Solennità di Tutti i Santi, anno primo del mio Episcopato.
Il Cancelliere Vescovile
Sac. Mario Santoro
X
Gerardo Antonazzo
Vescovo
110
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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
DELL’ISTITUTO DIOCESANO
PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO
DV 23/2013
Prot. n. 399/13
- Visto il can. 1274 del Codice di Diritto Canonico;
- Viste le disposizioni dello Statuto dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento
del Clero della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, eretto con Decreto Vescovile il 09 giugno 1987;
- Considerato che il 23 dicembre 2012 si è concluso il mandato quinquennale
del Consiglio di Amministrazione e del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero costituito in data 23 dicembre 2007, e prorogato fmo alla data odierna;
- Presa visione dei nomi dei rappresentanti del Clero designati dal presbiterio
diocesano in data 27 novembre 2013;
DECRETA
E’ costituito il nuovo Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Diocesano
per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo per
il quinquennio 2013-2018 ed è così composto:
Piacentini
Cancelli
Basile
Moreno
Grossi
Del Sorbo
Savona
Facchini
Quintiliani
mons. Donato
sac. Francesco
sac. Giuseppe
sac. Alexander
sac. Antonio
sac. Tommaso
avv. Francesco
dott. Sandro
perito Giuseppe
Presidente
Vice Presidente
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere
2. E’ costituito il nuovo Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto Diocesano
Sostentamento del Clero della Diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo per il quinquennio 2013 - 2018 ed è così composto:
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Tersigni
Gismondi
Del Bove
prof. Vincenzo Presidente
rag. Stefano
sac. Francesco Eletto dal Clero
3. Le cariche dei consiglieri avranno validità canonica e civile con il giuramento e l’accettazione della nomina.
Sora, 8 dicembre 2013
Solennità dell’Immacolata Concezione, anno primo del mio episcopato
Il Cancelliere Vescovile
Sac. Mario Santoro
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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NOMINE
S. E. Mons. Vescovo ha nominato:
1) in data 29 agosto 2013, DV 09/13, prot. n. 318/13, il Rev. Presbitero Don
Andres Carlos Arias Hurtado amministratore parrocchiale della Parrocchia S. Giovanni Battista e della Parrocchia S. Maria della Fonticella in Canistro (AQ), ad nutum episcopi;
2) in data 1° settembre 2013, BV 11/13, prot. n. 319/13, il Rev. Presbitero Don
Tommaso Del Sorbo Parroco della Parrocchia S. Costanzo V. e S. Tommaso
d’Aquino in Aquino, ad novennium;
3) in data 8 settembre 2013, DV 14/13, prot. n. 328/13, il Rev. Presbitero Don
Lorenzo Vallone vicario parrocchiale nella Parrocchia S. Giovanni Battista
e S. Giuliano M. in Madonna del Divino Amore, e nella Parrocchia S. Maria
di Valleradice in Sora (FR);
4) in data 14 settembre 2013, DV 11/13, prot. n. 320/13, il Rev. Presbitero Don
Giuseppe Basile vicario parrocchiale nella Parrocchia S. Lorenzo M. in
Isola del Liri (FR);
5) in data 29 settembre 2013, DV 12/13, prot. n. 321/13, il Rev. Presbitero Don
Ercole Di Zazzo amministratore parrocchiale della Parrocchia S. Maria
della Stella e S. Michele Arcangelo in Broccostella (FR), ad nutum episcopi;
6) in data 1° ottobre 2013, DV 13/13, prot. n. 322/13, il Rev. Presbitero Don
Giuseppe Basile vice-direttore dell’ Ufficio diocesano per l’evangelizzazione e la catechesi, per la durata di tre anni;
7) in data 25 ottobre 2013, prot. n. 348/13, il Rev. Presbitero Don Ercole Di
Zazzo assistente spirituale dell’AGESCI Sora 1, e referente diocesano
dell’Associazione AGESCI;
8) in data 1° novembre 2013, DV 10/13, prot. n. 320/13, il Rev. Presbitero Don
Antonio Molle direttore dell’Ufficio diocesano delle Confraternite e delegato diocesano per l’Ecumenismo, per la durata di cinque anni;
9) in data 1° novembre 2013, DV 16/13, prot. n. 331/13, il Rev. Presbitero Don
Giovanni De Ciantis rettore del Seminario Diocesano, per la durata di cinque anni;
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10) in data 1° novembre 2013, DV 17/13, prot. n. 332/13, il Rev. Presbitero
Don Giuseppe Basile economo del Seminario Diocesano, per la durata di
cinque anni;
11) in data 1° novembre 2013, DV 19/13, prot. n. 350/13, il Rev. Presbitero
Mons. Giandomenico Valente direttore dell’Ufficio diocesano per l’arte
sacra e i beni culturali, per la durata di cinque anni;
12) in data 1° novembre 2013, DV 21/13, prot. n.368/13, il Rev. Presbitero
Mons. Ruggero Martini delegato vescovile per il laicato, per la durata di
cinque anni;
13) in data 24 novembre 2013, DV 22/13, prot. n. 369 /13, il Rev. Presbitero
Don Alexander Moreno Infante amministratore parrocchiale della Parrocchia S. Lidano Abate in Pero dei Santi di Civita d’Antino (AQ);
14) in data 24 novembre 2013, DV 23/13, prot. n. 370/13, il Rev. Presbitero
Don Bernardo Trelle amministratore parrocchiale della Parrocchia S. Maria
della Stella in Grancia di Morino (AQ).
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MESSAGGI
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MESSAGGIO DEL VESCOVO GERARDO
A DIRIGENTI SCOLASTICI, INSEGNANTI, GENITORI E ALUNNI
PER L’ANNO SCOLASTICO 2013-2014
“Non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto
che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma questa:
la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo;
questa è l’unica strada per la pace.”
(Papa Francesco)
Carissimi,
giunga a ciascuno il mio cordiale augurio per il buon inizio delle attività
del nuovo anno scolastico.
E’ mio vivo desiderio condividere con l’intera comunità scolastica lo spirito
costruttivo della vostra esperienza formativa. Con quale slancio progettuale
vogliamo iniziare il nuovo anno? Quali processi formativi vogliamo provocare
perché la Scuola favorisca la formazione integrale della persona umana?
Il mio saluto a tutti voi è illuminato dal grido del Papa Francesco a favore
della pace nel mondo. Una delle priorità educative della comunità scolastica è
la promozione più robusta di una “cultura della pace”. La Scuola deve configurarsi come uno dei luoghi privilegiati di “umanizzazione” dell’intelligenza,
della coscienza personale, dei rapporti, della solidarietà, della collaborazione,
delle interdipendenze. La vocazione originaria della Scuola è quella di un laboratorio dove si elabora la pace quale stile ordinario di vita.
Il mio sogno per questo nuovo anno scolastico è che ogni Istituto scolastico,
di ogni ordine e grado, diventi un “laboratorio di pace”, un’ “officina delle relazioni” dove la laboriosità di tutti mira a realizzare questo grande sogno della
pace. Lo richiede l’urgenza di una convivenza più civile nella vita amicale, familiare, socio-politica, e istituzionale sia a livello nazionale, sia internazionale.
Cos’è la “cultura della pace”?
Il termine “cultura” significa, dal verbo latino colere, “coltivare”. Solitamente si pensa alla cultura come a un bagaglio di idee, informazioni, nozioni
o esperienze che possano arricchire le nostre conoscenze, soprattutto in funzione di una collocazione lavorativa e di un ruolo sociale. Una visione di tipo
istituzionale, che vede la cultura come strumento di formazione di base e di
preparazione al lavoro nell’ordine di una società economica, meritocratica e
delle competenze remunerabili. Il sistema scolastico non è pensabile esclusi-
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vamente in funzione di uno sbocco lavorativo dei giovani, perché rischia di
perdere la sua spinta educativa e di cadere in una profonda crisi di senso.
La Scuola, pertanto, è soprattutto un ambiente dove si coltiva il senso positivo e il gusto costruttivo della vita propria e altrui, il luogo privilegiato dove
l’alunno impara a stare bene con se stesso e con gli altri, integrato in un sistema
di rapporti che favoriscano il senso del dovere per i propri impegni, la fiducia
dinanzi ai propri limiti, il senso di responsabilità, lo sforzo nelle difficoltà.
Educare la persona alla cultura della pace “significa formare la persona, nutrire
la personalità, dare la capacità al giovane di stare nel mondo, educando al
giudizio, cioè a quella capacità che ci permette di distinguere fra ciò che è
bello e meritevole della nostra ammirazione e ciò che deve essere senz’altro
rifiutato” (A. Scotto Di Luzio, La Scuola che vorrei).
Come educare alla cultura della pace”?
Per essere “palestra di vita”, la Scuola deve saper porre le basi della convivenza civile, deve favorire il vostro essere comunità. E’ fuori dubbio come
l’esperienza scolastica, soprattutto in un contesto sempre più multiculturale e
multireligioso, deve educare alla “convivialità delle differenze”: “La pace è
convivialità. È mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi. E l’altro
è un volto da scoprire, da contemplare… da guardare e da accarezzare. E la
pace cos’è? È convivialità delle differenze. È mettersi a sedere alla stessa tavola fra persone diverse, che noi siamo chiamati a servire” ( Pensieri e parole
di Tonino Bello, Paoline, 2013).
Ogni forma di conflittualità è segno di arroganza e di ignoranza; e mentre
degrada la dignità della persona, inibisce drammaticamente lo sviluppo dell’umanità: “Non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli” (Papa Francesco, Angelus del 01
settembre 2013).
La Scuola ha il compito di educare alla cultura delle relazioni.
La cultura della pace passa attraverso la carezza delle relazioni, il rispetto
cordiale delle singole persone, che permette di tessere la tela della vera polis,
cioè del vivere sociale armonico e organico, dove lo star bene di ciascuno costruisce il bene-essere comune. La Scuola è il telaio delle relazioni, dove
l’unica bocciatura auspicata è quella del bullismo, della prepotenza, di qualsiasi
forma di razzismo, di insulto, di esclusione.
Cari ragazzi e giovani, voi per diverse ore al giorno vivete fianco a fianco:
date valore a questa bella opportunità, imparando a conoscervi, ad apprezzarvi,
a collaborare, a rispettarvi. Sappiate stare vicini soprattutto a chi può avere
maggiore bisogno di amicizia, di incoraggiamento, di sostegno. Molti di voi
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portano ferite profonde nell’animo, tristezze generate da delusioni, frustrazioni,
problemi e difficoltà di vario genere: sappiate dire una parola di speranza e di
fiducia per far rifiorire il sorriso e la voglia di farcela!
La Scuola ha il compito di educare alla cultura del dialogo.
La cultura della pace si costruire nel dialogo, passa attraverso la capacità
di ascoltare, prima di parlare. Siamo dotati di una sola bocca, e di due orecchie!
L’ascolto deve essere superiore alla parola, e deve precedere la parola: prima
di parlare bisogna educarsi all’ascolto reciproco: “La cultura dell’incontro, la
cultura del dialogo: questa è l’unica strada per la pace” (Papa Francesco, Angelus del 01 settembre 2013).Nel dialogo germoglia la tolleranza, e questa è
l’arma delle persone intelligenti, che sconfigge ogni forma di fondamentalismo
culturale.
Carissimi ragazzi e giovani,
vi sono molto vicino, con la stima e l’affetto di chi vi vuole bene e
desidera il vostro vero bene. Mi unisco a tutto l’impegno dei vostri genitori,
dirigenti, insegnanti e collaboratori, per attestarvi quanto ci state a cuore. Spero
di potervi incontrare personalmente anche durante l’anno formativo, a Scuola.
Stringo la mano a ciascuno, per augurare a tutti “buon anno” e dirvi che la
Scuola è una preziosa opportunità, oltre che una grande fortuna.
Con sincera amicizia.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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CON MARIA, APRIAMO IL CUORE A DIO
Messaggio del Vescovo per la Giornata del Seminario diocesano
8 dicembre 2013
Carissimi,
nella festa dell’Immacolata celebriamo l’iniziativa sorprendente di Dio nella
vita di Maria. Nella rivelazione di Dio a Nazareth, Maria comprende che il Signore ha già fatto in lei grandi cose, sin dal suo concepimento, preservandola
dal peccato. E’ proclamata “piena di grazia”! Il silenzio religioso del suo cuore
è riempito dalla voce dell’angelo Gabriele, il suo raccoglimento interiore è abitato dalla rivelazione del Mistero, la sua solitudine domestica è ricolmata della
compagnia dell’Altissimo. L’amore dell’Assoluto riscalda il cuore di questa
giovane donna, e chiede il suo “Eccomi”: Dio conosce il cuore di Maria, puro
e umile, e sa di potersi fidare di lei. Il Signore ha voluto avere bisogno della
sua creatura, e chiede a Maria di collaborare con Lui, perché si compia il suo
straordinario progetto, cioè l’incarnazione del Figlio, Gesù Cristo.
Dio non finisce mai di sorprendere, e la sua parola ci raggiunge nei modi in
cui spesso non immaginiamo. Questa è la bellezza della sua libertà, di fronte alla
quale i nostri “perché” non possono frenare le sue intenzioni. Dio sceglie e
chiama coloro che conosce e ama, al di là di ogni calcolo e di ogni merito. Anche
Dio ha le sue “preferenze”, ma a differenza del nostro modo di preferire, Lui lo
fa non per se stesso, non per egoismo né per la propria gratificazione, ma per il
servizio e l’amore degli uomini. Dio ha preferito Maria, sin dall’inizio della sua
esistenza: ogni vocazione è segno di un amore privilegiato. Essere preferiti non
significa essere meritevoli. Il vangelo ci dice in modo essenziale che Gesù
“chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici - che
chiamò apostoli - perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere
di scacciare i demòni.” (cfr. Mc 3,13-15). Chi da Lui è scelto, perché preferito,
è coinvolto nella grande missione di salvezza a favore dell’umanità.
Il Signore agisce così sempre: anche oggi guarda con amore di predilezione
i giovani che Lui chiama a seguirlo. L’iniziativa è di Dio: è questa la pace che
deve illuminare l’animo di chi, di fronte alla chiamata del Signore, prova confusione o paura. Se è il Signore a volerlo, perché non rispondere con la stessa
fiducia di Maria? Se il Signore vuole rendermi felice chiamandomi a diventare
suo discepolo, perché resistere? Se il Signore ha deciso di fidarsi di me, e di
contare sulla mia fragile umanità, perché avere dubbi? Se la mia storia diventa
singolare, perché recalcitrare? Quando gli altri non condividono le nostre
scelte, non significa rimanere soli, ma diventare unici!
Il mio invito accorato è soprattutto per voi giovani: sappiate provare l’ebbrezza della libertà interiore, uscite fuori dai modelli scontati di comportamento,
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non siate schiavi della cultura del provvisorio e del piacere che soddisfa, non
soffocate la “novità” della voce della vostra coscienza con cui il Signore invita
alla sua sequela. Ai giovani dico ancora di svincolarsi con tutta la loro forza dal
vortice pernicioso delle mode e dei clichè imposti, dei calcoli materiali, delle comodità; e li invito piuttosto ad amare la bellezza della vita, che può diventare
grande solo se condivisa con Dio: “Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi
tuo compagno di volo. Insegnami allora a librarmi con Te perché vivere non è
trascinare la vita, non è strapparla, non è rosicchiarla: … vivere è stendere l’ala,
l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come
Te” (don Tonino Bello).
Cari giovani, il Signore continua ad avere bisogno delle vostre energie migliori per parlare al mondo con le parole del suo Vangelo, per guarire le coscienze
ferite con la sua tenerezza, la misericordia e il perdono, per saziare la fame di felicità e di speranza con il cibo del suo vero corpo e sangue, alimento indispensabile per una vita piena di eternità.
E a voi, genitori, amate i vostri figli con il cuore di Dio. Educare, cari genitori, significa favorire il gusto interiore delle scelte belle, impegnative ed
esaltanti. Solo così la vita non rischia l’etichetta del “vuoto a perdere”, ma
guadagna l’applicazione del vero sigillo di garanzia. Come avete collaborato
con Dio nel pro-creare la vita dei figli, così voi Genitori continuate a collaborare con la volontà di Dio nel favorire la realizzazione dei loro progetti. Dio
traccia con amore la strada della felicità: scoraggiare o impedire le scelte dei
figli, è non amare la loro vita , è non volere il loro bene, sedotti più dal nostro
egoismo che dalla loro gioia.
Oggi, per tutta la nostra Comunità, è una giornata di intensa preghiera perché non manchi nel cuore dei giovani la grazia della risposta alla chiamata con
cui Dio li invita alla scelta sacerdotale. La preghiera di tutti sia fiduciosa, impregnata di questa vibrante certezza: Dio non può negarci il dono di cui la
Chiesa ha bisogno, e che lui stesso ci ha invitati a chiedere quando ci dice che
“la messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore
della messe, perché mandi operai nella sua messe!” (Lc 10,2).
La Vergine Maria, Immacolata, la Tutta santa, interceda per noi e per la nostra Chiesa diocesana, e renda incontenibile la gioia di spendere la propria esistenza per servire gli altri con l’amore di Dio.
Benedico tutti di cuore, in particolare i giovani e le loro famiglie.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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MESSAGGIO DI NATALE 2013
Rivolgo di cuore il mio augurio a tutte le famiglie del nostro territorio. Ma
in modo speciale mi sento vicino a quelle maggiormente travagliate dai problemi sociali, dalle difficoltà occupazionali ed economiche, dalle diverse esperienze di sofferenza.
Accolgo e ascolto la disperazione di tante persone, giovani e meno giovani,
soprattutto di quelle già povere, ma che in questi lunghi mesi rasentano la miseria.
Colgo la tristezza di moltissimi giovani che sembrano perdere fiducia in
tutto e in tutti, pensando di non poter contare su alcun punto di riferimento.
Colgo l’immobilismo di una politica che si accapiglia, indifferente ai problemi
reali della società, una politica che si attorciglia e si accartoccia sulla difesa
dei propri privilegi e tornaconti personali, o di partito, o elettorali.
C’è un delicatissimo deficit di speranza che può diventare serbatoio di una
miscela molto esplosiva.
Qual è il mio augurio?
L’augurio è un invito a impegnarsi, nonostante tutto, per la speranza, con
la forte fiducia che il bene dovrà prevalere per tutti e con l’impegno di tutti;
bisogna credere nel bene che ognuno può e deve compiere. Dio ci invita a sperare, ma anche a saper costruire il bene della società, della famiglia e dei singoli, a partire dalle responsabilità di ciascuno, Istituzioni civili e religiose,
famiglie, associazioni e singoli cittadini.
Natale significa la venuta e la presenza di Dio tra gli uomini: Lui si impegna
per primo a indicare qual è il vero bene da costruire. Dio, poi, sa come valorizzare il bene compiuto da ciascuno, e come moltiplicarlo a beneficio di tutti.
L’incarnazione di Gesù, Figlio Dio, è il sigillo di questa alleanza tra l’umano
e il divino: Dio viene a fare la sua parte e a sollecitare l’uomo a fare la propria
parte. Insieme si può costruire un mondo nuovo e diverso.
Il bene compiuto, anche nella misura più piccola e nascosta, assume un valore grande. Il Natale ci dice che vale la pena fare il bene, quando intorno sembra che tutti facciano del male. Così non può essere. Coraggio, e buon Natale
a tutti.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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Eccellenza
Dott.ssa Emilia ZARRILLI
Prefetto della Provincia
03100 FROSINONE
Eccellenza,
desidero esprimere il mio vivo e cordiale compiacimento per la sua nomina a
Prefetto della provincia di Frosinone.
Le auguro un proficuo lavoro per il progresso morale e civile delle nostre popolazioni, e un particolare sostegno a favore delle famiglie più disagiate, messe
a dura prova a causa della complicata congiuntura economica.
Con sensi di profonda stima.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo di Sora Aquino Pontecorvo
Pregiatissima
Dott.ssa Isabella MASTROBUONO
Direttore Generale ASL
03100 FROSINONE
Pregiatissimo Direttore,
desidero esprimere il mio vivo e cordiale compiacimento per la sua nomina
alla Direzione Generale della ASL di Frosinone.
Le auguro un proficuo lavoro per il benessere delle nostre popolazioni, e in
particolare a sostegno delle persone provate dalla sofferenza della malattia fisica, oltre che messe a dura prova dalla complicata congiuntura economica.
Con sensi di profonda stima.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo di Sora Aquino Pontecorvo
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LETTERE
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CARISSIMI SACERDOTI, RELIGIOSI E DIACONI
vi raggiungo con questa mia Lettera nel cuore del periodo estivo, ricco di
attività con i ragazzi e i giovani, e delle celebrazioni di molte feste religiose.
Sono felice di partecipare anch’io, per quanto possibile, a qualche momento
dei campi-scuola, alle celebrazioni liturgiche, alle feste patronali, contatti vitali
che mi permettono di comprendere sempre meglio la vita della nostra Chiesa,
segnata da profondi e radicati valori umani e religiosi. Ringrazio il Signore per
il vostro zelo e per la dedizione generosa e intelligente.
Il governo pastorale della chiesa diocesana richiede che il Vescovo consideri
attentamente i bisogni delle comunità parrocchiali e provveda all’attività dei
singoli presbiteri, perché sia ordinata “guardando prima di tutto al bene delle
anime e alle necessità della diocesi, senza trascurare anche le diverse attitudini
e legittime inclinazioni di ciascuno, nel rispetto della dignità umana e sacerdotale” (Apostolorum successores, n. 78). Animato unicamente da questo spirito, dopo un periodo congruo di ascolto, di preghiera, e di prudenti e riservate
consultazioni che mi hanno molto illuminato, ho provveduto ad alcuni necessari avvicendamenti pastorali, e al conferimento di alcuni incarichi.
Il carissimo mons. Mario Milanese ha rassegnato le dimissioni per raggiunti limiti di età. Lo ringrazio con affetto particolare, a nome dell’intera Diocesi, per il suo ministero esemplare e fecondo, assicurandogli l’affetto spirituale
di tutto il presbiterio. Ed esprimo la mia cordiale riconoscenza anche a mons.
Giandomenico Valente che in questi mesi ha coadiuvato con generosità don
Mario nella guida della parrocchia di Aquino, insieme con il caro don Andres.
Pertanto comunico, e affido alla preghiera e all’affetto spirituale di tutti, gli
avvicendamenti nelle parrocchie e i nuovi incarichi pastorali:
Don Tommaso Del Sorbo, è nominato parroco della Concattedrale “S. Costanzo V. e S. Tommaso d’Aquino, in Aquino;
Don Ercole Di Zazzo, è nominato Amministratore parrocchiale della parrocchia “S. Maria della Stella e S. Michele Arcangelo”, in Broccostella;
Don Giuseppe Basile, è nominato Vicario parrocchiale della parrocchia
“S. Lorenzo Martire” in Isola del Liri e Vice-Direttore dell’Ufficio Catechistico
Diocesano;
Don Lorenzo Vallone, è nominato Vicario parrocchiale della parrocchia
“Madonna del Divino Amore” e di “S. Maria di Valleradice”;
Don Andres Arias è nominato Amministratore parrocchiale della parroc-
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chia “S. Giovanni Battista” e della parrocchia “S. Maria della Fonticella” in
Canistro;
Don Eliseo Santos sarà Collaboratore parrocchiale di mons. Donato Piacentini, in Sora.
Comunico anche che martedì 24 settembre, ore 9.30, in Seminario svolgeremo l’Assemblea di Clero, per la consegna del Progetto pastorale diocesano e per la programmazione del nuovo anno pastorale.
Chiedo a tutti di continuare sempre più a favorire l’animazione vocazionale
nella propria Comunità, e di inviarmi quanto prima per posta elettronica la vostra personale (e sintetica) testimonianza vocazionale, come vi ho già chiesto
nel ritiro di Giugno.
Mentre vi ringrazio per la cordiale e docile collaborazione pastorale, affido
a Maria Santissima Assunta in Cielo “primizia e immagine della Chiesa” il
vostro ministero, perché sia fecondo e fruttuoso, e a ciascuno assicuro la mia
paterna benedizione.
Sora, 15 agosto 2013
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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LETTERA PER L’AVVENTO
Carissimi e amati Sacerdoti e Diaconi,
la conclusione dell’Anno della fede bussa alla porta del nuovo Anno
liturgico, introducendoci nella gioiosa celebrazione dell’Avvento-Natale. I
frutti spirituali del cammino personale e comunitario compiuto, possano perdurare nel tempo, e rivitalizzare la linfa delle nostre energie spirituali e pastorali
per l’evangelizzazione della fede nella nostra Chiesa particolare.
L’inizio dell’Esortazione apostolica di Papa Francesco “Evangelii
gaudium” così recita: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera
di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui
sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento.
Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia“. L’intero testo dell’Esortazione offerta alla Chiesa all’inizio del tempo dell’Avvento, aiuta a risignificare
la gioia della fede e rintracciare la sua scaturigine nel mistero sorprendente del
nostro Dio che si fa carne.
Insieme con il documento del Papa, vi faccio pervenire anche una piccola pubblicazione che riporta l’intervento del card. Bergoglio all’assemblea
diocesana di Buenos Aires, dal titolo “L’umiltà, strada verso Dio”, correlato
al testo patristico di Doroteo di Gaza “Dell’accusa di se stessi”, e arricchito
anche da un commento di Enzo Bianchi.
Vi auguro di assaporare sia la gioia della venuta di Dio, sia l’umiltà
del nostro camminare verso di Lui. Per vivere l’una e l’altra esperienza spirituale è condizione necessaria, tra le altre, il superamento di ogni “mondanità
spirituale”, di cui il Papa ritorna a parlare anche nell’Evangelii gaudium: “La
mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino
di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore,
la gloria umana ed il benessere personale... Si tratta di un modo sottile di cercare « i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo » (Fil 2,21)… Dal momento
che è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto … In tutti i casi, è priva del
sigillo di Cristo incarnato, crocifisso e risuscitato, si rinchiude in gruppi di
élite, non va realmente in cerca dei lontani né delle immense moltitudini assetate di Cristo. Non c’è più fervore evangelico, ma il godimento spurio di un
autocompiacimento egocentrico” (nn. 93-95).
La gioia e l’umiltà nell’annunciare la venuta di Dio, ci purifichino da
ogni tentazione di sterile umanitarismo e antropocentrismo, ricentrando la no-
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stra vita e il cammino delle comunità sull’Assoluto, “Colui che era che è e che
viene” (Ap 4,8).
Ci sostenga la reciproca preghiera, quale esercizio permanente di carità
spirituale; il mio sincero affetto e concreta vicinanza vi incoraggi nell’annuncio
della fede, gioia dei credenti; l’impegno generoso del nostro ministero raggiunga le inquietudini e le attese dei nostri fratelli e sorelle, mendicanti della
vera speranza.
Vi abbraccio e vi benedico, fratelli miei.
Sora, 24 novembre 2013
Solennità di Cristo Re dell’universo
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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ARTICOLI
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CHIESA DEL CONCILIO*
Papa Benedetto XVI ha indetto l’Anno della fede per celebrare, tra l’altro,
i cinquant’anni dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (PF 4). E riflettendo ripetutamente sul valore dell’evento conciliare, il Papa emerito in diversi interventi del suo magistero ha sottolineato come una delle difficoltà
principali che ha segnato il periodo post-conciliare è stata soprattutto la “ricezione” dei testi e degli insegnamenti dei Padri conciliari. Papa Benedetto XVI
ha chiaramente indicato, nell’ormai famoso discorso alla Curia Romana del
22 dicembre 2005, la corretta ermeneutica della riforma (o rinnovamento) nella
continuità della Tradizione.
Bergoglio non è un papa uscito dal Concilio, ma si sta volutamente rivelando come un papa del concilio. Il suo pontificato rappresenta una nuova,
“fresca fase nella ricezione in corso del Vaticano II, una ricezione modellata
da una varietà di sviluppi postconciliari” (R. Gaillardetz).
La chiesa che lui intende favorire è una comunità che non ha paura del dialogo, dell’ascolto e anche del dissenso. Nella sua intervista a “Civiltà Cattolica”
del 19 agosto 2013, riflette su ciò che significa “pensare con la chiesa”: non
una scrupolosa e servile obbedienza ad ogni decreto ecclesiastico. E’ afferma,
tra l’altro, che «gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono
tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza.
L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario,
che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come
ai discepoli di Emmaus”.
“Sentire con la Chiesa” è pensare con l’intero Popolo di Dio, e non solo
con coloro che contano al suo interno: “Non bisogna dunque neanche pensare
che la comprensione del “sentire con la Chiesa” sia legata solamente al sentire
con la sua parte gerarchica. Significa osar entrare in una “complessa rete di
relazioni”, vivendo in una solidarietà aperta con tutto il popolo di Dio. Significa ricordare non solo l’infallibilità dei docenti della chiesa ma anche, come
ha insegnato il concilio, l’infallibilità della chiesa che crede”.
Ancora di più. La sua attenzione ai poveri e agli emarginati lo ha condotto
a far uscire la teologia della liberazione dalla sua prigione e a ripristinarla come
una risposta legittima e necessaria all’imperativo missionario del concilio: un
*
Articolo pubblicato sulla rivista SCIC, mensile delle suore dell'Immacolata Concezione di Ivrea (2013)
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concilio missionario ha ispirato un papa missionario per creare una chiesa missionaria. Tutto ciò non significa un cambiamento della dottrina della Chiesa:
le donne non potranno ricevere l’ordinazione sacerdotale, né gli omosessuali
saranno giustificati nel loro stile di vita intrinsecamente disordinato, né la coscienza morale sarà affidata all’orientamento del singolo soggetto riguardo al
discernimento del bene e del male, slegata dalla legge divina rivelata e dall’obbedienza alla legge naturale scritta nella coscienza di ogni creatura.
In una lettera aperta ad un intellettuale italiano non credente, Papa Francesco sostiene di non voler indicare una “verità assoluta”. Forse perché è un Papa
“relativista”? Assolutamente no. In questo il Papa sta fermamente all’interno
della teologia della rivelazione articolata nella Dei Verbum del Concilio Vaticano II, il quale ha offerto un nuovo modo di pensare la dottrina; ha presentato
la dottrina come qualcosa che ha sempre bisogno di essere interpretata e fatta
propria in una chiave pastorale. Essere “pastorali” non significa trascurare la
dottrina; la dottrina deve illuminare i contesti pastorali, così che quelle particolari formulazioni dottrinali possono mediare il messaggio salvifico dell’amore di Dio che trasforma.
La Chiesa cammina e cresce quando ha pastori che fanno ciò su cui Papa
Francesco ha insistito in questi sei mesi: lasciare la sicurezza delle proprie cancellerie, rettorie, uffici parrocchiali e residenze episcopali. Mettere da parte le
“regolette meschine” che ci tengono imprigionati e protetti dal mondo. Andare
ad incontrare le persone là dove sono. Accogliere con l’affetto di Cristo quanti
ci cercano, cercare quanti non ci incontrano, e andare incontro a quanti rischiano di rimanere alla periferia dei nostri discorsi, dei nostri progetti, delle
nostre premure. Si tratta di sperare in una nuova generazione di cristiani con
uno stile più missionario, disposti ad incontrare le persone là dove sono, disposti a creare ciò che il Papa ha chiamato la “cultura dell’incontro”.
Papa Francesco desidera liberare la coraggiosa visione di chiesa del concilio, e continuare a coniugarla con i radicati e radicali valori del Vangelo. «Il
Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea … tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo, attualizzata nell’oggi, che è stata propria del Concilio è assolutamente
irreversibile”.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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LA COLLEGIALITA’ DEL POPOLO DI DIO*
L’immagine del capo umilmente chinato verso la folla, radunata in piazza
s. Pietro, per chiedere la preghiera del Popolo di Dio, resta l’immagine-simbolo degli albori di un pontificato, quello di Papa Francesco, che sta segnando
in modo inatteso, con le sorprese dello Spirito di Dio, il cammino della Chiesa.
Sono particolarmente attuali le parole che il profeta rivolge al popolo di Israele:
“Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo
ad acque possenti:«Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle
cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve
ne accorgete?Aprirò anche nel deserto una strada… il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi” (Is 43).
Questa è l’agire di Dio, e ci aiuta capire la sua presenza negli eventi della
vita della Chiesa: Lui fa germogliare davvero cose nuove! A volte il Signore
sceglie di “assecondare” la storia degli uomini, agisce attraverso gli eventi “ordinari”, compiendo i suoi progetti e orientando progressivamente verso l’esperienza della salvezza. Altre volte, Dio salva il suo popolo suscitando eventi di
“rottura”, agendo nella discontinuità, sorprendendo l’uomo con parole ed
eventi inattesi e imprevedibili, che non rispettano la linearità della logica
umana. In questi anni la Chiesa ha dovuto attraversare la gola profonda degli
scandali degli abusi sessuali, che hanno torturato e tormentato la coscienza di
tutti i credenti. Scossoni terribili e indicibili, vergognosi e imperdonabili. Dio
ha deciso di aprire una nuova strada nel deserto delle nostre miserie!
L’elezione di Papa Francesco si rivela sempre più chiaramente come un potente e fragoroso “soffio dello Spirito Santo”, che ha rotto l’accerchiamento delle
paure, delle vergogne, delle accuse, delle disfatte, restituendo al mondo una
Chiesa reale, umile e semplice, fatta di relazioni, di prossimità, di affetti sinceri,
e di vicinanza alla vita ordinaria delle persone. Una Chiesa, insomma che si è
messa alla ricerca dell’ “umano”, ha incrociato nuovamente la sensibilità concreta della gente, le sue attese e speranze. E l’umanità non ha fatto attendere la
sua risposta: ha ripreso a guardare alla Chiesa come faro luminoso che riflette la
luce di Cristo: l’umanità degli indifferenti, degli increduli, dei dubbiosi, dei giovani distratti, si è nuovamente incamminata alla ricerca del volto di una Chiesa
che viene riscoperta come luogo della speranza e della gioia.
Papa Benedetto XVI ha sofferto per favorire una Chiesa dottrinalmente più
pura. Voleva una chiesa disposta a confrontarsi con le perniciose forze del secolarismo e del relativismo. Papa Francesco, raccogliendo questa eredità pa-
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Articolo pubblicato sulla rivista SCIC, mensile delle suore dell'Immacolata Concezione di Ivrea (2013)
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storale, sta sviluppando l’immagine conciliare di una Chiesa popolo di Dio
spogliata di ogni forma di mondanità spirituale.
Già dal primo saluto in Piazza s. Pietro ha voluto riproporre la verità della
Chiesa quale popolo di Dio. E’ la rivoluzione copernicana del Concilio Vaticano II, riflettuta soprattutto nella costituzione dogmatica “Lumen gentium”,
che riprende a farsi strada, nonostante i cinquant’anni trascorsi e durante i quali
ha fatto fatica a imporsi. Papa Francesco preferisce, con particolare simpatia,
riprendere volentieri l’immagine del “gregge”. E invita gli stessi “pastori” a
vivere con e per il gregge di Dio, a condividere la vita delle pecore, a camminare con il popolo di Dio. Sono tre gli atteggiamenti irrinunciabili che devono
caratterizzare il rapporto del pastore con il suo gregge: camminare davanti,
camminare in mezzo, camminare dietro: “Non chiudetevi! Scendete in mezzo
ai vostri fedeli, anche nelle periferie delle vostre diocesi e in tutte quelle “periferie esistenziali” dove c’è sofferenza, solitudine, degrado umano. Presenza
pastorale significa camminare con il Popolo di Dio: davanti, indicando la via;
in mezzo, per rafforzarlo nell’unità; dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il Popolo di Dio per trovare
nuove strade. Un Vescovo che vive in mezzo ai suoi fedeli ha le orecchie aperte
per ascoltare «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7) e la “voce delle
pecore” (Discorso ai nuovi Vescovi, 19 settembre 2013).
Quest’ultimo aspetto è particolarmente suggestivo. Il Concilio Vaticano II
aveva consolidato con chiarezza questa dottrina: “La totalità dei fedeli, avendo
l’unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della
fede di tutto il popolo, quando « dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici » mostra
l’universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso
della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità … il popolo di Dio
aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr.
Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l’applica nella vita” (LG 12).
Questo popolo di Dio, che gode del carisma dell’ispirazione, merita di essere ascoltato e creduto: «Bisogna star bene attenti a non pensare che questa
infallibilitas di tutti i fedeli di cui sto parlando alla luce del Concilio sia una
forma di populismo. No: è l’esperienza della Chiesa come popolo di Dio, pastori e popolo insieme. La Chiesa è la totalità del popolo di Dio».
Anche questa è collegialità. E’ la collegialità della Chiesa, guidata dal soffio
dello Spirito.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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SOGNO UNA CHIESA MADRE*
Nel vocabolario di Papa Francesco domina la parola “misericordia”, un vero
e proprio lemma declinato in tutte le sue possibili flessioni, termine chiave nel
suo magistero. E’ la parola che meglio traduce il grande mistero della maternità
della Chiesa, e ci fa riscoprire la gioia della tenerezza e dell’abbraccio accogliente. Solitamente l’espressione “chiesa madre” indica l’edificio centrale di
un territorio parrocchiale, dove vengono svolti i riti più importanti di una comunità cristiana, a partire dal sacramento del Battesimo, presso quel fonte che
è simbolo proprio della maternità della Chiesa di anime.
Nell’annuncio della misericordia della Chiesa si riflettono i tratti femminili
soprattutto della maternità di Dio, di cui l’Antico Testamento è particolarmente
ricco ed espressivo: “Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino
prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per
questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza»
(Ger 31,20).
Fa eco il testo toccante del profeta Osea: “Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia,
mi chinavo su di lui per dargli da mangiare … Come potrei abbandonarti,
Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Il mio cuore si commuove dentro
di me, il mio intimo freme di compassione (Os 11,4.8).
Le parole e gli atti di Papa Francesco fanno pensare ad una chiesa necessariamente aperta, estroversa, che dev’essere “la casa di tutti, non una piccola
cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate”. Sogna
e descrive una Chiesa che deve accettare di rischiare di commettere errori
uscendo nel mondo, per compromettersi con la vita delle persone, raggiungendole nei loro ambienti di vita. Vuole, pertanto, una Chiesa che favorisca la “cultura dell’incontro”, capace di svelare la tenacia missionaria del suo cuore,
segno efficace e concreto della misericordia e della giustizia di Dio: “La cosa
di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come
un ospedale da campo dopo una battaglia”. La Chiesa deve costruirsi come
casa dell’accoglienza incondizionata, dove sono abbattuti i muri del pregiudizio, dell’esclusione, delle separazioni, delle condanne irrevocabili; la casa dove
ognuno può sentirsi non nella periferia delle disattenzioni e delle dimenticanze,
ma nel cuore della condivisione e al centro dell’amorevolezza guaritrice.
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Articolo pubblicato sulla rivista SCIC, mensile delle suore dell'Immacolata Concezione di Ivrea (2013)
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Una Chiesa di carne dunque, che sa rendere ragione della vicinanza di Dio
ad ogni creatura, e che parla del suo amore e della sua tenerezza a un mondo
assetato di amore e di affetti. Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno
curate: “Sogno una Chiesa Madre e Pastora”. E la Chiesa, con tutte le sue
forze umane e le sue stesse strutture materiali deve irraggiare tenerezza in un
deserto di solitudini e di arsure, rivelandosi segno tangibile della compassione
che Dio prova nei confronti di ciascuna creatura. Papa Francesco chiede che
gli stessi ministri siano più misericordiosi, disposti a farsi carico delle persone,
accompagnandole come il buon samaritano che lava, pulisce, solleva e dà sollievo alle ferite di colui che riconosce come suo prossimo: “I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di
camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella
loro notte, nel loro buio senza perdersi”.
Il comandamento dell’amore per il prossimo deve essere pratica di misericordia: curare le ferite e riscaldare il cuore. Curare le ferite significa condividere la condizione fragile dell’altro non a partire dalla dottrina, ma dalla
persona e dalla dignità della sua coscienza. E’ un capovolgimento necessario
da attuare nella mentalità e nella prassi pastorale della comunità cristiana. Anteporre infatti la dottrina significa rischiare di arroccarsi, di occupare in anticipo
posizioni offensive rispetto alla fragilità dell’altro, significa aver dichiarato in
anticipo una sentenza prima di aver ascoltato e capito, lo stato interiore della
vita di ciascuno. Curare le ferite è annunciare la forza guaritrice del Vangelo.
Il secondo punto fermo è “riscaldare il cuore”. L’annuncio del vangelo deve
consolidare la certezza che l’incontro con Gesù è salvezza. Questo annuncio
deve far ardere il cuore, come nella vicenda dei due discepoli di Emmaus! La
missionarietà della Chiesa deve anteporre l’ annuncio e l’offerta della salvezza,
a tutte le obbligazioni di natura morale e dottrinale. Chi si lascia salvare è anche
disposto a cambiare vita, e quindi a mettere in pratica le regole di una vita radicalmente rinnovata.
Riscaldare il cuore è la missione della Chiesa madre, disposta a farsi prossima e di mettersi in ricerca di quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa
cristiana: «Invece di essere solo una Chiesa che accoglie e che riceve tenendo
le porte aperte, cerchiamo pure di essere una Chiesa che trova nuove strade,
che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, chi se
n’è andato o è indifferente. Chi se n’è andato, a volte lo ha fatto per ragioni
che, se ben comprese e valutate, possono portare a un ritorno. Ma ci vuole audacia, coraggio».
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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UNA CHIESA DI CARNE, NON DI STOFFA
Intervento Santuario di Canneto
Luglio 2013
Dopo le grandi rivolte europee degli anni ’80 che hanno portato al
crollo della gran parte delle dittature dei paesi comunisti, facendo in modo che
nulla restasse come prima, stiamo oggi assistendo alla fioritura della “primavera araba”, un grido a favore dell’insopprimibile libertà di cui ogni uomo
conserva non solo il diritto, ma anche le condizioni per poterlo esercitare.
La stessa rivolta dei giovani e di tanta gente comune in Turchia vuole gridare il bisogno di dialogo e di confronto che non può essere soffocato dalle temute forze di polizia, e soprattutto dalla forte e drammatica limitazione del
diritto di informazione, espressioni queste, al di là della facciata di democrazia,
di chiusure antidemocratiche e inaccettabili violazione dei diritti fondamentali
dei cittadini.
Possiamo parlare anche di una “primavera della Chiesa”? Naturalmente
l’espressione non intende sposare in nulla i toni drammatici e violenti degli
eventi cui si è fatto prima riferimento, e nulla ha a che fare con rivendicazioni
libertarie e democratiche nei confronti di regimi totalitari e dittatoriali. Intendo
riferirmi, piuttosto, ad un’atmosfera nuova, e per certe caratteristiche anche
inedita, della vita della Chiesa. Quali gli aspetti più salienti?
Negli ultimi anni abbiamo attraversato la gola profonda degli scandali dovuti alle accuse di abusi sessuali, che hanno torturato e tormentato la coscienza
di tutti i credenti, dai vertici della gerarchia ai semplici fedeli delle nostre comunità parrocchiali. Scossoni terribili e indicibili, vergognosi e imperdonabili.
Alla preoccupazione giusta e doverosa di snidare e sanare questa implacabile situazione, è però corrisposta un’immagine di Chiesa ferita e umiliata,
quasi sconfitta, che ha visto crescere sempre di più la distanza tra l’istituzionechiesa e il vissuto della gente.
Anche le note vicende di Vatileaks, unitamente ai reiterati sospetti e accuse
nei confronti dello IOR, hanno contribuito a generare l’idea di una Chiesa
fatta di intrallazzi, tradimenti, arrivismi e carriere, con i relativi posti di potere
da occupare a qualunque costo. Insomma una Chiesa che sembrava essersi
ormai avvitata su se stessa, costretta a giocare in difesa, e spesso a perdere di
credibilità. E, infine, a coronare negativamente questo processo di isolamento
della Chiesa, si era aggiunta anche l’eccessiva tendenza a dare sfoggio a quanto
di più esteriore poteva ingolfare la splendida liturgia della Chiesa, che la riforma conciliare aveva riconsegnato ai criteri di “nobile semplicità”.
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In questo contesto, la rinunzia di Benedetto XVI all’esercizio del ministero
petrino e la elezione di Papa Francesco, sono apparsi, da lì a poche settimane
di distanza, come un potente e fragoroso “soffio dello Spirito Santo”, che ha
rotto l’accerchiamento delle paure, delle vergogne, delle accuse, delle disfatte,
restituendo al mondo una Chiesa reale, umile e semplice, fatta di relazioni, di
prossimità, di affetti sinceri, e di vicinanza alla vita ordinaria delle persone.
Una Chiesa, insomma che si è messa alla ricerca dell’ “umano”, ha incrociato
nuovamente la sensibilità umana e concreta delle persone, le loro attese e speranze. Con quale risultato? Quello di una umanità che ha ripreso a guardare
alla Chiesa come faro luminoso che riflette la luce di Cristo, una umanità che
si è nuovamente incamminata alla ricerca della Chiesa come luogo della speranza e della gioia.
Una Chiesa di carne dunque, e non più di stoffa. Non più la stoffa dei suoi
orpelli inutili, la stoffa delle sue aride e incomprensibili cerimonie, la stoffa
delle sue esteriorità, la stoffa di una sacralità che non era più una via di accesso
al Mistero di Dio, ma di appiattimento su formalismi sterili e inefficaci. Solo
una Chiesa di carne sa rendere ragione della vicinanza di Dio ad ogni creatura:
parla del suo amore e della sua tenerezza a un mondo assetato di amore e di
affetti, irrora un deserto di solitudini e di arsure, è segno tangibile della compassione che Dio prova nei confronti di ciascuno. E di questo siamo felici.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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CON MARIA, IN CAMMINO ALLA RICERCA DI DIO
Intervento per il pellegrinaggio della Madonna di Fatima
nelle parrocchie di S. Bartolomeo -S. Ciro - S. Silvestro
Agosto 2013
“Nel corso della storia, il cristiano si è messo in cammino per celebrare la
sua fede nei luoghi che indicano la memoria del Signore … Il suo pellegrinaggio è stato processo di conversione, ansia di intimità con Dio e fiduciosa supplica per le sue necessità materiali … Nella società contemporanea,
caratterizzata da intensa mobilità, il pellegrinaggio sta sperimentando un
nuovo impulso” (Pontificio Consiglio della pastorale dei migranti e degli itineranti).
Ancora una volta la “visita” della Madonna di Fatima ha suscitato nell’animo di tutti attesa, trepidazione, commozione. Con questi sentimenti abbiamo accolto l’arrivo della statua che per due settimane ha sostato nelle
diverse chiese della Città di Sora, sotto la guida spirituale e organizzativa di
mons. Donato Piacentini. Si è rimesso in cammino il popolo di Dio, capace di
“fiutare” l’importanza spirituale di certi eventi, e trascinare con sé anche l’indifferenza di quanti sono più scettici e ai margini di certi fenomeni religiosi.
Uno degli insegnamenti più suggestivi trasmessi da Gesù per rivelare se
stesso e far comprendere la necessità del rapporto strettissimo del discepolo
con il Maestro è questo : “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6).
Se Gesù è la Via, Maria è Colei che ci rimette per strada, ci aiuta a rialzarci
dalle nostre lentezze e a metterci in cammino e in ricerca della nostra fede, alimentandola con il canto, la preghiera corale, l’invocazione e l’ affidamento
alla sua maternità divina.
Se Gesù è la Verità, Maria illumina la mente del credente, per meditare e
conservare nel nostro cuore tutti gli eventi meravigliosi del suo Figlio. Maria
è, per il popolo di Dio, l’intelligenza spirituale delle parole del Figlio, Gesù
Cristo.
Se Gesù è la Vita, Maria è colei che nutre con il suo esempio e rafforza con
il suo coraggio il cammino dell’homo viator, in ricerca del significato della sua
esistenza, e desideroso della meta alla quale è destinato, il Paradiso.
L’uomo è per sua natura “pellegrino della fede”, cercatore d’Assoluto. La
sorgente della vita è Dio. La vita dell’uomo, mentre cresce e si sviluppa nelle
sue molteplici dimensioni terrene, in realtà è spinta in avanti da un profondo
desiderio di Dio.
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Il pellegrinaggio della Madonna di Fatima ha favorito questo desiderio di
Dio presente nell’animo di moltissima gente. La Vergine Maria ha risvegliato,
come sempre, la sete di Dio, e ha messo in cammino la fede di molta gente.
Con Maria è meno difficile attraversare la difficile “valle di lacrime”; a Lei la
nostra filiale e fiduciosa supplica: “…mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il
frutto benedetto del tuo seno. O clemente, o pia, o dolce vergine Maria”.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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“VERGINE BRUNA E COMPAGNA DI VIAGGIO”
Intervento santuario di Canneto, dicembre 2013
“Santa Maria, nostra Signora di Canneto, Vergine Bruna e Compagna di
viaggio”: questa è una delle espressioni oranti del testo “Preghiera a Maria per
le vocazioni”, che ho desiderato scrivere per offrire alla nostra chiesa diocesana
parole corali di invocazione per chiedere la prima e fondamentale grazia per la
vita di ogni comunità cristiana, il dono delle vocazioni sacerdotali.
Il legame tra la Madonna di Canneto e l’attività vocazionale del Seminario
diocesano è documentata da secoli: un rapporto privilegiato per gli stretti legami
spirituali tra l’esperienza vissuta da Maria di Nazareth e la storia vocazionale di
ogni ragazzo e giovane delle nostre comunità. Abbiamo concluso da pochi giorni
la celebrazione dell’Anno della fede, che nelle intenzioni del Papa Benedetto XVI
voleva essere “un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico
Salvatore del mondo … Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento
dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita” (Motu proprio Porta fidei, n.6). Dio ha iniziato a “plasmare” l’esistenza umana di Maria sin dal primo momento del suo
concepimento: è resa Immacolata da Dio, perciò preservata da ogni contagio di
male e di peccato! La vita della Madonna è modello di fede: Lei è la “credente”
per eccellenza, Colei che peregrinando nella conoscenza progressiva del mistero
del suo Figlio, unita intimamente alla sua missione, ha vissuto insieme a Gesù
una sempre più graduale adesione alla volontà di Dio, dall’ “Eccomi” offerto nella
sua casa di Nazareth, all’ “Eccomi” sofferto ai piedi del Crocifisso, sul Calvario.
Più di ogni altro credente, Maria ha donato a Dio “la sua libera disponibilità, i
pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento”. Tutta la storia di Maria è
stata “plasmata” totalmente dall’Amore gratuito di Dio e dalla sempre più totale
fiducia in Lui. Di Dio, infatti, non si deve mai dubitare: questa è la vera fede!
Nella casa di Nazareth il silenzio religioso del cuore di Maria è riempito dalla
voce dell’angelo Gabriele, il suo raccoglimento interiore è abitato dalla rivelazione
del Mistero, la sua solitudine domestica è ricolmata della compagnia dell’Altissimo. L’amore dell’Assoluto riscalda il cuore di questa giovane donna, e chiede
il suo “Sì”, totale e obbediente: Dio conosce il cuore di Maria, puro e umile, e sa
di potersi fidare di lei. Il Signore ha voluto avere bisogno della sua creatura, e
chiede a Maria di collaborare con la sua fiducia, perché in Lei si compia il suo
straordinario progetto, cioè l’incarnazione del figlio Gesù Cristo.
Anche oggi la giovane esistenza di molte persone è particolarmente amata da
Dio, che ancora invita alla sua sequela non solo come cristiani, ma soprattutto
come consacrati nella vita sacerdotale. Ogni vocazione è segno di un amore pri-
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vilegiato. Essere preferiti non significa essere meritevoli. Il vangelo ci dice in
modo essenziale che Gesù “chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da
lui. Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli - perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.” (cfr. Mc 3,13-15). Chi da
Lui è scelto, perché preferito, è coinvolto nella grande missione di salvezza a favore dell’umanità.
Nella stessa “Preghiera a Maria per le vocazioni” ho inteso richiamare l’accoglienza incondizionata che Maria offre al Verbo di Dio, rompendo ogni resistenza e ogni indugio, paure e dubbi, che potrebbero frenare l’azione incalzante
del Signore. Maria si rivela piuttosto come la “Serva dell’Eccomi gratuito e puro”,
con una obbedienza a Dio che rivela la totale fiducia nella sua bontà.
Il modello “vocazionale” dell’esperienza di Maria non è un punto di riferimento soltanto per le vocazioni di speciale consacrazione, ma si applica alla vita
di tutti i cristiani. La chiusura dell’Anno della fede ha lasciato spazio all’inizio
del nuovo Anno liturgico. Il primo periodo dell’Avvento-Natale è uno straordinario itinerario vocazionale per tutti. Infatti, la vocazione è prima di tutto una ricca
esperienza della “venuta” di Dio, della sua “incarnazione” nei miei progetti umani.
La fede di ogni battezzato si nutre dell’esperienza liturgico-spirituale della venuta
del Signore: vivere da cristiani non significa prima di tutto fare qualcosa, organizzare iniziative, programmare tante attività, ma significa principalmente “accogliere” il mistero del Salvatore che viene nella nostra storia personale, familiare,
sociale ed ecclesiale.
La fede illumina la nostra vita perché ci permette di fare spazio a Colui che è
la “luce del mondo”, Gesù Cristo. Scrive Papa Francesco: “La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci
precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati
da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande
promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro” (Lumen fidei, 4).
Ai giovani, in modo speciale, chiedo di non opporre ostacoli di nessun genere
alla “venuta” del Signore nella loro vita, come è avvenuto nella vita, nel cuore e
nel grembo di Maria di Nazareth. Tutto quello che vivrete in preparazione al Natale potrebbe essere la porta che Dio apre per venirvi incontro, perché entri nella
vostra vita di fede anche con la novità sorprendente di una parola di “chiamata”
alla sua sequela totale.
“Nostra Signora di Canneto, Vergine bruna e Compagna di viaggio”, ci aiuti
a camminare incontro al Signore che viene con cuore libero e fede ardente.
Agli amati devoti della Madonna di Canneto, porgo gli auguri più affettuosi e
cordiali di buon Avvento, per un felice Natale.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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PREFAZIONE*
Dopo un’intera giornata vissuta nel clima spirituale e nell’abbraccio suggestivo dell’eremo di S. Angelo, in Balsorano, rientro a casa, interiormente pacificato e felice. Ho condiviso l’inesplorato cammino con centinaia di
pellegrini, giovani e meno giovani, un percorso affascinante e imprevedibile:
faticosi passi per indomiti salite, sentieri impervi e sempre più accattivanti,
tracciati sconnessi ai quali affidare l’incertezza dell’incedere.
Un cammino impregnato di sudore, con la bocca prosciugata dall’arsura,
mentre vivo delle immersioni interiori nelle quali assaporo, a tratti, il gusto
della solitudine e del silenzio, provocato da paesaggi incantevoli e suggestivi
intrecci di colori e profumi. E mi ritorna nella memoria l’adagio latino che custodisce e consegna la dolcezza e la sacralità di questi antichi percorsi: O beata
solitudo, o sola beatitudo! La frase è stata attribuita ad autori classici, per esempio Seneca (Lettere a Lucilio), e medievali (San Bernardo di Chiaravalle), ma
in realtà non risulta essere documentata prima del XVI Secolo (in “Solitudo,
sive vita solitaria laudata“, Anversa, 1566, una raccolta di poesie del sacerdote
olandese Corneille Muys, latinizzato Cornelius Musius).
La frase campeggia nel chiostro dei Francescani nell’isoletta di San
Francesco del Deserto, nella Laguna di Venezia. L’espressione latina, tradotta
letteralmente, significa Beata solitudine, sola beatitudine: è usata per sottolineare che solo separandosi, almeno per qualche tempo, dal mondo e dagli altri,
è possibile trovare il piacere della tranquillità dell’animo. Sant’Antonio abate,
insieme a San Paolo di Tebe, è considerato oltre che fondatore del monachesimo occidentale anche dell’eremitismo, essendosi ritirato nella condizione di
anacoreta nel deserto. E l’Abruzzo è la regione a vantare la maggiore concentrazione di eremi. Papa Celestino V, al secolo Pietro da Morrone, è stato il maggiore edificatore di eremi in Italia, soprattutto tra le montagne della Majella,
legati all’ordine celestiniano, di cui era fondatore.
Non di minore incidenza è stata la diffusa presenza del monachesimo benedettino, il quale ha lasciato tracce di antichi eremi in tutta l’area della nostra
Diocesi. Perché una testimonianza così ricca di luoghi solitari scelti per l’ascesi
e la contemplazione di Dio? Una fuga dal mondo? Esiste un noto scritto su
questo tema, “Il disprezzo del mondo” (De contemptu mundi) di Lotario di
Segni, poi divenuto papa con il nome di Innocenzo III (1160 - 1216).
*
Prefazione al Volume “Gli Eremi della Diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo”, di Lucio Meglio.
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L’opera, che ebbe un grande successo fino al XVII secolo, quando Blaise
Pascal ne riprese la tematica in modo del tutto nuovo, è intrisa di un senso di
angoscia e di disperazione, come se il mondo fosse in preda al potere del maligno, una drammatica paura attenuata appena dalla speranza nella salvezza
eterna. Tutto ciò è profondamente distante dalla luminosa visione testimoniata
nella maggioranza degli scritti dei Padri della Chiesa dei primi secoli cristiani.
Molti pensatori ritengono che tale visione negativa del mondo abbia contribuito
a distanziare l’Occidente dalla più serena prospettiva della Chiesa antica e
dall’Oriente cristiano che la incarna, al quale si attribuisce ancor oggi un riconosciuto ottimismo antropologico. Infatti la spiritualità orientale riflette sapientemente sulla deificazione dell’uomo, perché redento, tramite la grazia del
Cristo risorto e l’inabitazione dello Spirito Santo. Cosicché l’uomo è chiamato
a ritornare al primitivo Eden da cui era stato scacciato dopo il peccato originale.
Pertanto, la scelta della vita eremitica non era intesa come rifiuto o disprezzo della vita ordinaria, ma come la condizione ottimale per incarnare la
vocazione a vivere nella luce taborica. In questo senso la “salita” della montagna esprime il perfezionamento delle facoltà e delle più profonde aspirazioni
dell’uomo, per le quali la creatura sente il bisogno irrefrenabile di vivere il suo
totale orientamento a Dio, decidendo di abitare la solitudine.
Il luogo solitario, infatti, favorisce il desiderio dell’animo umano di entrare
in una sempre più profonda intimità con il Mistero: non si tratta, pertanto, di
creare il vuoto dell’animo per estraniarsi da tutto e da tutti, ma al contrario,
l’eremita cerca di accogliere nella propria pochezza creaturale la grandezza e
la maestosità della presenza di Dio, godimento e pienezza di ogni anelito e
aspirazione umana. Lucio Meglio, con questa sua indagine corretta dal punto
di vista del metodo e ricca nelle informazioni contenutistiche, ci accompagna
a rivivere il percorso spaziale e spirituale tracciato dai tanti eremi disseminati
nel territorio della Diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, ricostruito con una ricerca appassionata e puntuale, con informazioni precise e documentate.
Per ogni eremo, sotto forma di schede analitiche, l’autore presenta, oltre al
luogo di ubicazione, la datazione, le notizie storiche, e il percorso per raggiungerlo. Insieme con l’Autore anche noi, armati di zaino, siamo invitati a percorrere questo “incantevole itineraio che mi ha sempre più appassionato e
condotto lungo sentieri dove la mente..ha raggiunto una pace interiore che si
è unita alla quiete esteriore della montagna” (p. 7). E’ proprio la montagna a
rispondere al bisogno di pace e a favorire l’anelito all’incontro con Dio.
Nella teologia dell’ascesi cristiana, la montagna non è solo simbolo spirituale, elemento evocativo di un’esperienza interiore (come ritroviamo nella
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spiritualità di S. Giovanni della Croce), ma per gli antichi eremiti era anche un
luogo concreto da abitare fisicamente, dal quale innalzarsi verso le più alte
vette della purificazione e della contemplazione. Lucio Meglio compie uno
studio singolare nel panorama delle ricerca e dell’indagine sul nostro territorio.
La sua ricerca arricchisce la conoscenza della realtà socio-religiosa. Da
una partequanto la difusione dell’eremitaggio abbia influenzato fortemente lo
sviluppo culturale e spirituale delle nostre popolazioni; dall’altra, alimenta lo
stupore per una così singolare vivacità spirituale che se, purtroppo, oggi non
sopravvive più nelle sue strutture originarie, di fatto rimane impressa, oltre
che nei ruderi, nella memoria viva della gente che custodisce, il più delle volte
molto gelosamente, la sacralità di questi eremi che continuano, a dispetto delle
varie e contrastanti vicissitudini, ad attrarre gli animi e a sprigionare il fascino
e la nostalgia delle alte vette spirituali.
La mia gratitudine e il mio plauso a Lucio Meglio, perché mette a disposizione dei lettori una mappa spirituale puntuale, una vera “geografia dello spirito”, con la quale ricostruisce un lungo e ricco percorso della memoria
spirituale del nostro territorio. Un vademecum per chi, ancora oggi, vuole addentrarsi nella conoscenza diretta di questi luoghi, capaci di sprigionare la sorpresa mozzafiato della loro bellezza naturale, e l’intensità del loro fascino
catartico.
Difficilmente il lettore resterà indifferente alla forte attrazione, e direi anche
nostalgia, che lo scorrere di queste pagine provocherà nel suo animo, afferrato
dall’interiore e silenziosa meditazione sul senso della vita e del mondo.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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PRESENTAZIONE*
Il significato della scelta eremitica
L’eremo (dal greco ἔρημος érēmos) è un luogo di difficile accesso, dove
uno o più individui, detti eremiti o anacoreti (dal greco anachōrētēs, derivato
da anachōrêin, ritirarsi), si ritirano escludendosi volontariamente dalla società,
per condurre una vita di preghiera e/o ascesi. L’adagio latino che custodisce e
consegna la dolcezza e la sacralità di questi antichi percorsi è: O beata solitudo,
o sola beatitudo! La frase, anche se attribuita ad autori medievali San Bernardo
di Chiaravalle, in realtà non risulta essere documentata prima del XVI Secolo.
Di solito è usata per sottolineare che solo separandosi, almeno per qualche
tempo, dal mondo e dagli altri, è possibile trovare il piacere della tranquillità
dell’animo. Sant’Antonio abate è considerato oltre che fondatore del monachesimo occidentale anche dell’eremitismo, essendosi ritirato nella condizione di
anacoreta nel deserto.
E l’Abruzzo è la regione a vantare la maggiore concentrazione di eremi.
Papa Celestino V, al secolo Pietro da Morrone, è stato il maggiore edificatore
di eremi in Italia, soprattutto tra le montagne della Majella, legati all’ordine
celestiniano, di cui era fondatore. Non di minore incidenza è stata la diffusa
presenza del monachesimo benedettino, il quale ha lasciato tracce di antichi
eremi in tutta l’area della nostra Diocesi. Perché una testimonianza così ricca
di luoghi solitari scelti per l’ascesi e la contemplazione di Dio? Una fuga dal
mondo? Esiste un noto scritto su questo tema, “Il disprezzo del mondo” (De
contemptu mundi) di Lotario di Segni, poi divenuto papa con il nome di Innocenzo III (1160 - 1216). L’opera, che ebbe un grande successo fino al XVII secolo, quando Blaise Pascal ne riprese la tematica in modo del tutto nuovo, è
intrisa di un senso di angoscia e di disperazione, come se il mondo fosse in
preda al potere del maligno, una drammatica paura attenuata appena dalla speranza nella salvezza eterna.
Tutto ciò è profondamente distante dalla luminosa visione testimoniata nella
maggioranza degli scritti dei Padri della Chiesa dei primi secoli cristiani. Prima
di tutto perché l’eremita non fa una scelta di solitudine, ma di vita solitaria.
Non scegli di stare solo conse stesso, ma di rimanere solo con Dio.Inoltre molti
pensatori ritengono che tale visione negativa del mondo abbia contribuito a distanziare l’Occidente dalla più serena prospettiva della Chiesa antica e dall’Oriente cristiano che la incarna, al quale si attribuisce ancor oggi un
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Presentazione al Volume “Gli Eremi della Diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo”, di Lucio Meglio.
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riconosciuto ottimismo antropologico. Infatti la spiritualità orientale riflette
sapientemente sullla deificazione dell’uomo, perché redento, tramite la grazia
del Cristo risorto e l’inabitazione dello Spirito Santo. Cosicché l’uomo è chiamato a ritornare al primitivo Eden da cui era stato scacciato dopo il peccato
originale.
Pertanto, la scelta della vita eremitica non era intesa come rifiuto o disprezzo della vita ordinaria, ma come la condizione ottimale per incarnare la
vocazione a vivere nella luce taborica. In questo senso la “salita” della montagna esprime il perfezionamento delle facoltà e delle più profonde aspirazioni
dell’uomo, per le quali la creatura sente il bisogno irrefrenabile di vivere il suo
totale orientamento a Dio, decidendo di abitare la solitudine. Il luogo solitario,
infatti, favorisce il desiderio dell’animo umano di entrare in una sempre più
profonda intimità con il Mistero: non si tratta, pertanto, di creare il vuoto dell’animo per estraniarsi da tutto e da tutti (non coincide con la tecnica Zen o
altre pratiche orientali di concentrazione su se stessi), ma al contrario, l’eremita
cerca di accogliere nella propria pochezza creaturale la grandezza e la maestosità della presenza di Dio, godimento e pienezza di ogni anelito e aspirazione
umana.
Fare memoria di un ricco patrimonio spirituale
Il nostro territorio è stato segnato profondamente da questa “geografia dello
spirito”.
Il testo di Meglio individua solo alcuni dei tanti siti eremitici.
Fare memoria significa conoscere i propri precedenti spirituali e culturali.
E’ il nostro patrimonio, sono le nostre radici.
Proporre un annuncio ermeneutico del presente
La memoria del passato è chiave ermeneutica, non godimento
nostalgico.“Ermeneutico” perché spiega il nostro presente, il modo in cui oggi
esprimiamo il nostro vivere, culturale, sociale, religioso.E’ interessante tutto
questo, ma deve essere studiato.
Tra l’altro abbiamo delle evidente tracce nel presente di quanto è accaduto
nel passato. Alcune tracce sono evidenti: parlo del Santuario di Canneto, che
non è stato preso in esame dallo studio di Meglio. Per lui può essere un ulteriore
sito eremitico da studiare. Sembra sia stato un sito eremitico benedettino, in
quanto un gruppo di eremiti benedettini provenienti dalla regione confinante
del Molise avrebbe implementato il culto alla Vergine di Canneto nell’attuale
Valle.Per molte altre espressioni del nostro presente dobbiamo ricercare in profondità gli addentellati con la cultura eremitica del passato, per capire cosa
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oggi sopravvive di quella fiorente stagione spirituale.
Promuovere la profezia del domani
E qui mi viene fortemente in aiuto l’autore, il quale nella sua Introduzione
afferma: “E’ proprio la costante condizione di emergenza spirituale che caratterizza il mondo odierno dei credenti, a causa di quella che comunemente viene
definita “società liquida” (cfr. Bauman, Modernità liquida), a rendere plausibile
un ritorno della vita eremitica”.
Ha senso oggi parlare e proporre una scelta del genere? Quale beneficio porterebbe alla società odierna, spesso in preda al panico dello smarrimento
totale non solo sotto il profilo materiale, ma molto più spirituale, etico, culturale, sociale? E’ plausibile sperare nella ripresa anche di queste vocazioni eremitiche, con forme naturalmente aggiornate?
Quello che stiamo ipotizzando è già iniziato, in varie forme.
La prima forma è quella delle “vacanze spirituali di coppie, adulti, e molti
giovani, in monasteri, conventi, eremi.
La seconda forma è quella di nuove proposte “miste”, che coniugano insieme scelta cenobitica e condizione eremitica. Oggi ci sono in atto diverse
esperienze del genere.
La terza forma è quella del “deserto nella Città”: forme monastiche nel
cuore delle metropoli, dove si coniuga l’inserimento nel vortice della vita attiva
con il rientro nella dimensione monastica e/o eremitica.
X Gerardo Antonazzo
Vescovo
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AGENDA PASTORALE
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LUGLIO
1
FONTANA LIRI - Santa Messa Santuario Madonna di Loreto
VICALVI - Visita Convento S. Francesco
SORA - Incontro con le Comunità Neocatecumenali Parrocchia di
San Domenico
2
ESPERIA - Santa Messa Santuario Madonna delle Grazie
SAN DONATO V.C. - Santa Messa
3
PURGATORIO di CASALVIERI - Santa Messa e Incontro Comunità
4
Udienze
SORA - Incontro Centro Minori S. Luca
5 – 9 PELLEGRINAGGIO A LOURDES
10
ROCCADARCE - Santa Messa Parrocchia S. Maria Assunta e San
Bernardo
POSTA FIBRENO - Incontro Confraternite
11
Udienze
CASALATTICO - Santa Messa Parrocchia S. Maria della Pace e San
Barbato
12
SORA - Santa Messa Campo estivo UNITALSI
13
CANISTRO sup. - Santa Messa Trigesimo Mons. Nazzareno D’Antonio
Incontro giovani della GMG di Rio
MONTICELLI di Esperia - Cresime Parrocchia S. Maria Maggiore
14
SORA - S. Messa chiesa San Rocco
SORA - S. Messa PP. Passionisti
ISOLA DEL LIRI - S. Messa Festa del SS. Crocifisso
28
SORA - S. Messa Parrocchia PONTRINIO per la Madonna di Fatima
ROSELLI di CASALVIERI - Santa Messa Parrocchia Santa Maria
delle Rose
30
CIVITA D’ANTINO - Incontro con i Sindaci Valle Roveto
AGOSTO
1
2
3
153
Udienze
SAN VINCENZO sup. - S. Messa
SORA - Incontro Associazione “Il Faro”
VICALVI - Convento Francescano per il “Perdono di Assisi”
SAN VICENZO V. R. – S. Messa Parrocchia S. Restituta - Rosce
BALSORANO - S. Messa Santuario S. Angelo
ARPINO - S. Messa Parrocchia S. Andrea
POSTA FIBRENO - Processione Crocifisso del Lago
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4
SORA - Cresime Parrocchia S. Maria Porta Coeli
PONTECORVO - S. Messa Parrocchia SS. Annunziata
5
Udienze
SORA - Incontro per Centro “Suor Teresina Zonfrilli” di S. Giovanni
Incarico
7
SAN DONATO V.C. - Santa Messa per la Festa del Santo
8
Udienze
TERELLE - S. Messa in parrocchia
10
PICINISCO - Cresime Parrocchia S. Lorenzo
ROCCASECCA - Cresime Parrocchia S. Margherita
11
GALLINARO - S. Messa per la Festa di San Gerardo
CANNETO - Relazione Convegno per presentazione “Quaderni di
Canneto”
12
Udienze
13
CANISTRO Sup. - Intitolazione Largario a don Claudio Ferrante
PONTECORVO - Vespri Assunzione Maria Vergine Parrocchia S. Paolo
14
ROCCAVIVI - S. Messa Santa Maria delle Grazie
SORA - Cattedrale Vespri Assunzione Maria Vergine - Processione
15
SORA - Cattedrale Pontificale Assunzione Maria Vergine
PIEDIMONTE S. GERMANO Alta – Consacrazione chiesa Santa
Maria Assunta
16
SORA - S. Messa Chiesa S. Rocco per la festa del Santo
ARPINO - Cresime Parrocchia S. Maria di Civita
17
SAN VINCENZO V. R. - Cresime Parrocchia S. Maria
CASALVIERI - S. Messa Parrocchia SS. Giovanni B. e E.
18
MONTATTICO - S. Messa Festa Madonna della Pace
19
PESCOCANALE - S. Messa e benedizione organo
21-22 CANNETO - Festa della Madonna
23
RENDINARA - Parrocchia S. Giovanni B. S. Messa per la festa
S. Antonio Abate
25
SORA - Parrocchia S. Ciro S. Messa per l’arrivo della Madonna di
Fatima
26
SORA - Relazione Insegnanti Religione Cattolica
26/30 CAMPO SCUOLA VOCAZIONALE DIOCESANO
31
ISOLETTA - S. Messa per la festa parrocchiale S. Maria della Vittoria
SETTEMBRE
1
2
RIDOTTI - Cresime Parrocchia S. Maria dei Sassi
AQUINO - S. Messa Concattedrale per la Festa di S. Costanzo
Udienze
154
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Incontro con i giovani del campo-scuola vocazionale
3
VALFRANCESCA - S. Messa
4
ALVITO - Cresime Parrocchia S. Onofrio
5
Udienze
SORA Convento Passionisti - S. Messa 25° Prof. Religiosa P. Salvatore
Crino
SORA - S. Messa triduo festa Madonna di Valleradice
6
CEPRANO Istituto S. Giuseppe - Incontro giovani Comunione e
Servizio
PONTECORVO S. OLIVA - S. Messa inizio anno scolastico giovani
7
PELLEGRINAGGIO A LORETO - Vespri solenni in Basilica
8
PELLEGRINAGGIO A LORETO - S. Messa in Basilica
ARPINO - S. Messa per la Festa di S. Amasio
9/19 Udienze
CONVEGNO A ROMA DEI VESCOVI NEO-ORDINATI
21
ESPERIA - Cresime Parrocchia S. Maria Maggiore
22
ISOLA DEL LIRI - Cresime Parrocchia Maria SS. ma Immacolata
SANTOPADRE - Cresime Parrocchia S. Folco
23
Udienze
24
SORA Seminario - ASSEMBLEA DEL CLERO
25
PONTECORVO - S. Messa Santuario SS. Cosma e Damiano
ARPINO Centro S. Sosio - Assemblea Zona Pastorale Valle del Liri
26
Udienze
SAN GIOVANNI VECCHIO - S. Messa festa S. Diodato
28
COLLE SAN MAGNO - Cresime Parrocchia S. Magno
29
CAMPOLI APPENNINO - Cresime Parrocchia S. Andrea Ap.
ARPINO COLLECARINO - S. Messa Parrocchia S. Maria del Carmine
CASALVIERI ROSELLI - Assemblea di Zona Valle Comino
30
Udienze
OTTOBRE
1
2
3
4
5
6
155
SORA - RITIRO MENSILE DEL CLERO
GRANCIA DI MORINO - Incontro comitato pastorale
SORA - Incontro Zona pastorale
Udienze
SORA - S. Messa chiesa di S. Francesco
CIVITELLA ROVETO - S. Messa e consegna delle Croci alle parrocchie della Valle
POSTA FIBRENO - Festa Madonna della Vittoria
SORA - S. Messa in Cattedrale
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23
24
AQUINO - S. Messa Chiesa Madonna della Libera
Udienze
Scuola di formazione teologica diocesana
SORA Chiesa S. Restituta - S. Messa e inaugurazione Mostra Conferenza S. Vincenzo de’ Paoli
INCONTRO FORMAZIONE PRETI GIOVANI
ROMA Divino Amore - COMMISSIONE REGIONALE PER
L’ECUMENISMO
SORA - S. Messa dedicazione Cattedrale – Mandato Operatori pastorali
Udienze
PONTECORVO Chiesa SS. ma Annunziata - Assemblea di Zona
ARPINO - Elezione Abbadessa Monastero Benedettine
AQUINO - Immissione canonica nuovo parroco
PIUMAROLA - S. Messa
SORA Seminario - Scuola di preghiera adolescenti
BROCCOSTELLA - Inizio ministero Amministratore Parrocchiale
ANAGNI - Plenaria Vescovi del Lazio
ISOLA DEL LIRI - Parrocchia S. Lorenzo S. Messa 25° don Mario
Santoro
Udienze
PERO DE SANTI - S. Messa
SORA Centro S. Luca - Incontro con l’UFFICIO FAMIGLIA DIOCESANO
SORA - Liturgia della Parola inizio anno scolastico Scuola S. Giovanna
Antida
CIVITELLA ROVETO - S. Messa - Benedizione “Antiche rue”
ISOLA DEL LIRI – Chiesa S. Carlo VEGLIA MISSIONARIA
DIOCESANA
CANISTRO Sup. - Liturgia della Parola - Ingresso Amministratore
Parrocchiale
CANISTRO Inf. - S. Messa Ingresso Amministratore Parrocchiale
PICINISCO - Concerto Mons. M. Frisina
ISOLA DEL LIRI Suore della Carità – Ritiro delle religiose
CARNELLO - S. Messa per il mese missionario
ISOLA DEL LIRI - S. Messa per le religiose
SORA - S. Messa Chiesa di S. Spirito
Udienze
CASTELLIRI - S. Messa per la festa di S. Maria Salome
ISOLA DEL LIRI – Cinemateatro Spettacolo Musicale “Viaggio di
un’anima”
Udienze
156
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31
AQUINO - Assemblea zonale
SORA - Incontro con i Sindaci della Zona di Sora e di Isola del Liri
SORA - Consiglio diocesano Affari Economici e Collegio dei Consultori
S. GIOVANNI INCARICO - Benedizione sede Banca Popolare del
Cassinate
MONTICELLI - S. Messa e benedizione Piazza dedicata a Giovanni
Paolo II
SORA - Incontro con l’Associazione Medici cattolici
ALVITO - Cresime Parrocchia S. Simeone
SORA - Consiglio Episcopale
Udienze
COLLECARINO ARPINO - Incontro con i giovani
FRASCATI - Conferenza Episcopale Laziale
ISOLA DEL LIRI Chiesa S. Carlo - Conferenza di S. E. Mons. Rino
Fisichella
PONTECORVO - S. Messa Suore del Sacro Cuore
Udienze
NOVEMBRE
1
CANISTRO Inf. - S. Messa
SORA - S. Messa Cimitero
2
ISOLA DEL LIRI - S. Messa Casa di Riposo Suore della Visitazione
3/8 BROCCOSTELLA - Festa diocesana dei giovani - S. Messa
Inizio pellegrinaggio in Terra Santa per l’Anno della Fede
9
RIDOTTI - S. Messa e benedizione della chiesa restaurata
10
ARPINO - S. Messa di ringraziamento chiesa S. Andrino
11/13 ROMA - CEI Corso per i Vescovi
12
SORA - Ritiro del clero
14
Udienze
15
FONTANA LIRI - Parrocchia S. Barbara S. Messa e Assemblea
parrocchiale
16
Udienze
SAN DONATO V.C. - Convegno e intitolazione strada Vescovo
Tempesta
17
FONTANA LIRI - Parrocchia S. Stefano S. Messa e Assemblea
parrocchiale
18
Udienze
PONTECORVO - Parrocchia S. Paolo - S. Messa Festa S. Grimoaldo
19/22 Settimana di Aggiornamento del Clero di Ugento-S.Maria di Leuca
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CONVEGNO CATECHISTICO DIOCESANO
ARPINO - Presentazione libro d. Antonio Di Lorenzo
CONVEGNO CATECHISTICO DIOCESANO
SORA - S. Messa chiesa S. Giovanna Antida
Udienze
SORA - Incontro con i Dirigenti scolastici
SORA - Incontro di Formazione del clero
Udienze
SORA - Lectio divina per la Città
ISOLA DEL LIRI - Parrocchia Maria SS. Immacolata – Incontro RnS
CANISTRO Inf. - S. Messa per “Figli in Paradiso”
DICEMBRE
1
2
3
4
5
6
7
8
PERO DEI SANTI - Inizio ministero Amministratore Parrocchiale
GRANCIA DI MORINO - Inizio ministero Amministratore Parrocchiale
SORA - Benedizione struttura di prima accoglienza della Caritas
Udienze
SORA - Ritiro del clero in Seminario
SORA Biblioteca comunale - Incontro Centro Studi
SORA - Incontro formazione Genitori Scuola Cattolica Suore Preziosissimo Sangue
ROMA - Commissione Regionale Ecumenismo
ANAGNI Seminario Regionale - S. Messa Istituzione Ministero Lettorato
Udienze
CASSINO - Casa Circondariale – Presentazione meditazioni don
Alberto Mariani
PONTECORVO - Presentazione libro sul Beato Luca Spicola,
domenicano
ROCCASECCA Scalo - S. Messa e benedizione nuova vetrata chiesa
parrocchiale
Udienze
ISOLA DEL LIRI - S. Messa e benedizione affreschi chiesa S. Carlo
SORA - Concerto chiesa S. Domenico
ARPINO - S. Messa Parrocchia S. Maria di Civita
SORA - S. Messa Chiesa S. Restituta
SORA - Seminario diocesano - Scuola di preghiera per adolescenti
CIVITELLA ROVETO - S. Messa per la solennità dell’Immacolata
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Udienze
PICO - S. Messa per la Peregrinatio Mariae dell’UNITALSI
ARPINO - Parrocchia S. Michele S. Messa festa Madonna di Loreto
ISOLA DEL LIRI - Parrocchia S. Lorenzo S. Messa per la Madonna
di Loreto
SORA - Incontro formazione preti giovani
SORA - All’ Università presentazione del libro di Lucio Meglio
Udienze
SORA - Riunione Consulta Aggregazioni Laicali Centro S. Luca
CASTROCIELO - S. Messa per la festa di S. Lucia
VILLA S. LUCIA - S. Messa per la festa di S. Lucia
PIEDIMONTE S. GERMANO - S. Messa presso RSA San Germano
ISOLA DEL LIRI - Suore della Carità Ritiro delle Religiose
PESCOSOLIDO - Celebrazione S. Messa
POSTA FIBRENO - Incontro con le Confraternite
LATINA - Celebrazione inizio ministero episcopale Mons. Crociata
Udienze
CASTROCIELO - Incontro con i sacerdoti e i Sindaci Zone Valle del
Liri, Aquino e Pontecorvo
PICO - Incontro formazione sacerdoti giovani
Visita ospedale vecchio di Sora ed Isola del Liri
FROSINONE - Incontro con S. Ecc. il Prefetto
Udienze
SORA Centro S. Luca - Celebrazione della Liturgia della Parola per
gli Operatori del Centro
SORA - Visita agli ammalati dell’Ospedale
AQUINO - Trasmissione televisiva Teleuniverso
Udienze
SORA Parrocchia San Domenico - Santa Messa Comunità Neocatecumenali
ARPINO - S. Messa Monastero delle Benedettine
BALSORANO - Incontro con gli operatori pastorali Zona Valle
Roveto
SORA - Cattedrale Concerto di Natale
Udienze
Ritiro seminaristi teologici
SORA - Cattedrale Pontificale di Natale
AQUINO - Concattedrale Pontificale di Natale
SORA - S. Messa Chiesa S. Restituta con partecipazione dei Sindaci
della Diocesi e delle Autorità Militari - Canto del Te Deum
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ATTI DEGLI UFFICI
E CENTRI PASTORALI
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CONSIGLIO DEI VICARI
Dal verbale della seduta del 03.09.2013.
Il giorno 3 settembre 2013, alle ore 10.00, presso l’Episcopio, sotto la presidenza di S.E. Mons. Gerardo Antonazzo, si è riunito il Consiglio dei Vicari.
Sono presenti il Vicario Generale Mons. Antonio Lecce e i Vicari delle Zone
pastorali Mons. Alfredo Di Stefano, Mons. Giandomenico Valente, Don Antonio Di Lorenzo, Don Natalino Manna, Don Toma Teofilo Akuino. Per l’assenza di Don Alexander Moreno Infante, rappresenta la Valle Roveto Don
Bernardo Maria Trelle.
Dopo la preghiera iniziale, S. Ecc. Mons. Gerardo Antonazzo introduce i
lavori e apre il dibattito tra i presenti. Si arriva alle seguenti conclusioni:
1. Progetto pastorale 2013-2014
Successivamente al convegno di giugno che aveva individuato delle priorità
e proposto degli itinerari, gli operatori delle sei Zone Pastorali si sono incontrati
e si sono confrontati su ciò che si è ascoltato e le problematiche delle diverse
comunità, stilando dei suggerimenti e presentandoli al Vescovo per poter realizzare una sintesi.
La linea guida è quella dell’evangelizzazione, tenendo conto dei tre luoghi
propri dove avviene l’annuncio: la liturgia, la carità e la catechesi, senza limitare l’annuncio al solo culto.
L’Evangelizzazione è l’opera della trasmissione della fede. Si ricorda che
l’Evangelizzazione inizia con una catechesi più organica, che purtroppo nella
pratica è spesso dispersiva, non continua e frantumata. Si deve superare il limite
della visione della catechesi solo in funzione dei sacramenti e non per la vita
cristiana. Questo itinerario inizia ininterrottamente dal primo anno di catechesi
fino alla cresima, proponendo itinerari successivi e per tutte le età. Si ribadisce
che il luogo ordinario della celebrazione dei sacramenti è la propria parrocchia,
e nella chiesa parrocchiale, dove c’è il fonte battesimale. Si conclude questa
prima parte dell’incontro dando l’appuntamento alla comunità diocesana per
il 9 ottobre 2013, festa della dedicazione della Chiesa Cattedrale, quando gli
operatori pastorali riceveranno il mandato ufficiale.
Quaderni di teologia pastorale.
Si darà il via ad una serie di pubblicazioni: una prima collana di Quaderni
di teologia pastorale con il nome “Doctor Angelicus”; una seconda collana
sarà il Bollettino della diocesi, che avrà come titolo “RES ET ACTA. Documentazione di vita diocesana”; ed infine, la terza collana “In fines Terrae” raccoglierà tutti i documenti del vescovo.
Calendario pastorale.
Il calendario pastorale sarà pubblicato in formato cartaceo e messo a dispo-
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sizione sul sito della diocesi e continuamente aggiornato. Questo calendario
ha tenuto conto di tutte le realtà diocesane, dalla vita spirituale e formazione
intellettuale dei sacerdoti, agli incontri con i sacerdoti giovani e tutti gli ambiti
di vita pastorale, con particolare attenzione alla pastorale giovanile, vocazionale, familiare, della catechesi e della carità.
Si ricorda che negli incontri zonali dei sacerdoti, si deve parlare dell’esigenza di incontrarsi, di creare comunione e di vivere una vera fraternità.
Assemblea pastorale Zonale.
Nelle Zone Pastorali si deve tenere l’assemblea per la presentazione degli
orientamenti diocesani, per un confronto e per un chiarimento. Il Vescovo farà
l’introduzione, il vicario di zona presenta gli orientamenti, aprendo poi la discussione che non deve portare ad affermazioni generiche, bensì alla individuazione delle priorità pastorali che interpellano le comunità parrocchiali.
Possibilmente l’incontro zonale si tenga prima del 9 ottobre.
Istituto teologico.
È largamente condivisa la convinzione che l’Istituto Teologico sia un vero
strumento di formazione e di qualificazione dei laici in genere, e, in primis, degli
operatori pastorali, i quali non devono essere considerati solo come sostegno
nelle attività ma anche nella condivisione dell’ azione pastorale. Sull’unicità della
sede della Scuola, si manifesta qualche perplessità per la distanza dei paesi più
lontani da Sora, ma in questo primo anno si vedrà la consistenza della partecipazione, ed in futuro si valuterà l’opzione di una diversa sistemazione. Sarà chiesta
una quota di partecipazione, per rendere più evidente il valore e la serietà del percorso formativo. Qualcuno suggeriva che la quota venga coperta dalla parrocchia,
che deve essere la prima ad offrire opportunità formative agli operatori.
Seminario diocesano.
L’impostazione del Seminario cambierà nella forma, nel tempo e nel metodo, per dare l’opportunità a tanti giovani di fare un discernimento vocazionale. Per questo non sarà Seminario minore ma un centro di orientamento
vocazionale. I giovani o gli adulti si potranno fermare ed essere aiutati sulla
vocazione personale o per riflettere sulla loro vita.
Giornata per il Seminario.
Il giorno 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, sarà la giornata pro-Seminario, come giornata di preghiera e raccolta di offerte.
L’incontro si conclude alle ore 12.00.
p. Alexander Moreno
segretario
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Dal verbale della seduta del 12.10.2013.
Il giorno 12 ottobre 2013, alle ore 10.00, presso l’Episcopio, sotto la presidenza di S.E. Mons. Gerardo Antonazzo, si è riunito il Consiglio dei Vicari.
Sono presenti il Vicario Generale Mons. Antonio Lecce e i Vicari delle
Zone pastorali Mons. Alfredo Di Stefano, Mons. Giandomenico Valente, Don
Antonio Di Lorenzo, Don Natalino Manna, Don Toma Teofilo Akuino, Don
Alexander Moreno Infante.
Dopo la preghiera iniziale, S. Ecc. Mons. Gerardo Antonazzo ha introdotto
gli argomenti all’O. d. g. , sui quali si è aperto il dibattito che ha portato alle
seguenti conclusioni:
1. Vicario di Zona
La comunione ecclesiale è articolata e si costruisce a livello parrocchiale,
inter-parrocchiale, zonale e diocesano, attraverso le figure che incarnano questa
comunione. Il Vicario di Zona è l’elemento che favorisce la comunione e la
promozione dei fedeli singoli e nelle aggregazioni ecclesiali, a tutti i livelli
della pastorale sul territorio, familiare, giovanile, vocazionale, liturgica e di
carità, non trascurando le Confraternite. Le zone pastorali acquistano il vero
significato quando realizzano la comunione. Il vicario zonale è equiparato al
vicario per la pastorale, ed è il primo collaboratore del Vescovo, per cui è segno
concreto e visibile del governo del vescovo nella zona pastorale. Il Vicario Generale modera gli uffici della curia ed i vicari di zona, la sua funzione è il coordinamento programmatico e comunicativo. C’è stata un’evoluzione della
figura del vicario di zona nella diocesi, che nel tempo si era ridotto “a fare il
postino”. Il Vicario Zonale è il coordinatore delle attività. Nasce anche l’urgenza di prendere sul serio la pastorale sociale e del lavoro. La nostra diocesi
non ha ancora nessuna mediazione per interpretazione in chiave cristiana della
situazione drammatica del lavoro e delle problematiche cha scaturiscono dalla
crisi.
Mons. Vescovo sottolinea come momento positivo l’incontro con i sindaci,
e come si sta crescendo nell’acquisto di un linguaggio comune e concreto sulle
situazione sociali del territorio. Si fa presente da parte di alcuni membri che le
relazioni si interrompono per la mancanza di comunicazione tra gli uffici di
curia ed i vicari di zona: a volte gli uffici scavalcano i vicari nelle loro programmazioni.
2. Percorsi formativi dalla diocesi alle parrocchie. Il percorso formativo
parte dal progetto pastorale diocesano che è comune a tutti, è annuale, e si concretizza in tre momenti:
Scuola teologica di formazione, alla quale dovrebbero partecipare i collaboratori principali della pastorale parrocchiale, per acquisire la formazione che
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li qualifica a svolgere sempre meglio la propria azione;
Lavoro degli Uffici di curia, che lavorano secondo le diverse aree; propongono periodicamente momenti di aggiornamento degli operatori, evitando accavallamenti tra gli appuntamenti;
Zona Pastorale, chiamata ad integrare la Scuola di formazione e il lavoro
degli Uffici con due o tre incontri annuali per tutti gli ambiti della pastorale,
riflettendo su un tema comune e creando, a conclusione, un momento di confronto. Essa promuove anche momenti di riflessione parrocchiale o interparrocchiale, che affronti le problematiche tipiche all’interno della comunità.
L’azione pastorale diventa più ordinata e collegata tra tutti i livelli, senza
mai perdere il contatto con gli uffici diocesani, per evitare sovrapposizioni e
doppioni. Gli uffici, dal canto loro, devono far riferimento ai vicari di zona ed
insieme concordare la programmazione generale.
3. Interventi di carità. Si devono evitare interventi a pioggia, non si deve
fare semplice assistenza, ma formare la comunità perché sia essa a prendersi
la responsabilità delle necessità primarie delle persone. La parrocchia è chiamata a testimoniare nella carità. Si ricorda che le feste patronali, affinché siano
autenticamente cristiane, devono assumere come priorità l’aiuto alle situazioni
di povertà, esortando i comitati dei festeggiamenti a lasciare almeno il 10%
del bilancio della festa.
Il contributo dell’ 8 x 1000 della CEI deve essere destinato a progetti concreti e stabili a livello parrocchiale o zonale o diocesano, progetti della durata
di almeno un anno. Alla conclusione del progetto, si deve presentare il resoconto delle spese effettuate, altrimenti si è tenuti alla restituzione del contributo
ricevuto, ricordandosi che i soldi sono erogati per sostenere il progetto e non
le parrocchie.
4. Varie. Per le precarie condizioni di salute del Parroco, saranno nominati,
in suo aiuto, amministratori parrocchiali don Bernardo Trelle per Grancia in
Morino e don Alexander Moreno per Pero dei Santi in Civita d’Antino. Dopo
le dimissioni dell’attuale delegato vescovile per la vita consacrata, il Vescovo
sta procedendo ad interpellare altri sacerdoti.
5. Visita dei sacerdoti della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca
Alcuni sacerdoti della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca faranno visita alla nostra diocesi dal 19 al 22 novembre 2013, per conoscere la sua storia,
la vita e l’azione pastorale.
p. Alexander Moreno
segretario
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CONSIGLIO DI CURIA
Il giorno 12 ottobre 2013, alle ore 10.30, presso la Sala Mons. Iannone della
Curia Vescovile di Sora, su convocazione del Vicario generale incaricato da
Mons. Vescovo Gerardo Antonazzo, si riuniscono i Direttori, i responsabili e
collaboratori degli Uffici di curia, dei Centri pastorali e dei Servizi diocesani.
Dopo la preghiera iniziale, il Vescovo apre la seduta con un ringraziamento
a tutti i membri per il lavoro compiuto in questi anni.
Il Vescovo ha tratteggiato brevemente la funzione e il significato degli Uffici
diocesani, che sono l’espressione concreta e operativa del ministero del Vescovo per la Chiesa particolare affidata al suo servizio apostolico.
Gli uffici si dispiegano secondo le tre funzioni che tradizionalmente configurano l’azione della Chiesa: annuncio/evangelizzazione, santificazione/culto,
governo.
Il primo e il più stretto collaboratore del vescovo è il Vicario generale Mons.
Antonio Lecce, al quale viene affidato l’incarico di moderatore della Curia,
mentre il Dott. Claudio Basile è il Direttore dell’Ufficio Economato nelle sue
diverse articolazioni. Il Vescovo annuncia poi che vuole procedere a riordinare
e potenziare il servizio della Curia, con una nuova configurazione delle sezioni
e delle competenze:
} Sezione giuridica: Tribunale diocesano e Cancelleria, che
vedrà aumentato il carico di lavoro specialmente per il settore
della famiglia e delle cause matrimoniali;
} Sezione economico-amministrativa: Ufficio economato e Ufficio Arte Sacra e BB. CC.;
} Sezione pastorale: Vicario episcopale per la pastorale e Vicari
di Zona ai quali fanno riferimento gli Uffici pastorali:
- Area dell’evangelizzazione (Catechistico, Scuola, Centro Diocesano Vocazioni (CDV), Pastorale giovanile, Famiglia, Missioni,
Comunicazioni sociali, Scuola di formazione teologica, Ufficio
per le Confraternite, … );
- Area della liturgia (Ufficio liturgico, Musica sacra, …) ;
-Area della carità (Caritas, Pastorale sanitaria …).
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Non sono propriamente uffici di curia, ma rientrano nell’organizzazione dei
servizi diocesani il Servizio di promozione del sostegno economico alla Chiesa
e Ufficio pellegrinaggi, mentre l’Istituto Diocesano per il sostentamento del
clero ha una configurazione giuridica a parte.
Per il complesso dell’azione pastorale della Chiesa è importante dare rilievo
alla Consulta delle aggregazioni laicali, con l’incarico di Delegato vescovile
affidato a Mons. Ruggero Martini. Tutto questo deve sfociare nel Consiglio
Pastorale Diocesano, organo di programmazione, verifica e consultazione.
L’azione ordinaria viene portata avanti dagli Uffici che, da una parte si interfacciano con il vescovo, e dall’altra con le parrocchie. Gli uffici della sezione
pastorale, in particolare, fanno riferimento al vicario episcopale della pastorale
(del quale si devono precisare le competenze e il ruolo di armonizzazione, coordinamento e stimolo), ai Vicari delle zone pastorali, al Consiglio pastorale
diocesano e alle parrocchie. Il Vicario generale chiede ai Direttori degli uffici
e centri per la pastorale di avere comunicazione delle varie attività e iniziative.
La seconda parte della seduta è dedicata alla presentazione del riordino
dell’Ufficio Economato, di cui è confermato Direttore il Dott. Claudio Basile.
Si distinguono:
} Area contabile: Responsabile: Anna Farina.
Rientrano nelle competenze i Legati e le offerte per le SS. Messe.
} Area tecnico-amministrativa: Responsabile: Geom. Maurizio Cancelli,
Segretario: Geom. Pietro Leone.
} Area manutenzione: (manutenzione Episcopio, Curia, boschetto)
Don Lino Ciccolini
} Area patrimonio: (documentazioni e accertamenti patrimonio)
Don Antonio Sacchetti.
L’Ufficio Arte Sacra e Beni Culturali viene affidato a Mons. Giandomenico
Valente come Direttore e a Don Silvano Casciotti come Segretario. Si individuano due aree:
} Area Museale: Responsabile: Thomas Jerez
} Area Arte Sacra e BB. CC.
Responsabile: Dott. Romina Rea
Tecnico: Geom. Pietro Leone
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} Area Biblioteca e Archivio storico diocesano: Direttore: Dott. Claudio Basile
Segretaria: Dott. Romina Rea.
Viene ricostituita la Commissione diocesana Arte Sacra e BB. CC.:
Mons. Giandomenico Valente
Don Silvano Casciotti
Mons. Dionigi Antonelli
Mons. Alfredo Di Stefano
Dott. Romina Rea
Geom. Pietro Leone
Arch. Thomas Jerez
Direttore Ufficio
Segretario Ufficio
Storico
Ufficio liturgico
Responsabile Area
Geometra
Architetto
Il vescovo illustra poi la struttura e le competenze dell’Area amministrativa
(Ufficio Economato):
L’area amministrativa diocesana rientra nell’organigramma dell’Ufficio
economato della Diocesi. Il Responsabile dell’Area amministrativa dell’Ufficio
Economato diocesano:
1. vigila sulla retta amministrazione ordinaria e straordinaria e tutela dei
beni appartenenti alle persone giuridiche soggette all’autorità del Vescovo;
2. si accerta che vengano compilati ed aggiornati gli inventari dei beni mobili ed immobili delle singole chiese e degli enti ecclesiastici;
3. promuove presso i responsabili la tutela dei beni affidati alla loro cura,
anche per mezzo di contratti di assicurazione;
4. riceve dalla cancelleria vescovile comunicazione delle nuove nomine,
della data di presa di possesso e di ogni atto che possa interessare la sua competenza;
5. consiglia, collabora ed aiuta gli enti ecclesiastici (Parrocchie e Confraternite) nelle questioni fiscali e nella amministrazione straordinaria, sentito il
Consiglio per gli affari economici (per le Parrocchie) o il Consiglio di amministrazione (per le Confraternite):
6. provvede affinché vengano effettuate le consegne e riconsegne dei beni
mobili ed immobili risultanti dagli inventari redigendone verbale;
7. istruisce le pratiche amministrative degli enti (prestiti di banche, eredità,
legati, donazioni, compravendita, ecc.) da inoltrare alla Santa Sede ed alle autorità civili e ne segue diligentemente l’iter; per questo tiene contatti con i Ministeri, le Prefetture, l’U.T.E., gli enti locali, i notai;
8. partecipa quale membro “invitato” al Consiglio diocesano per gli affari
economici;
9. redige i decreti di autorizzazioni da sottoporre alla firma del Vescovo e
le istanze amministrative conseguenti;
10. cura l’archivio storico e corrente di tutti gli atti amministrativi.
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Nel corso della discussione l’attenzione viene portata al difficile capitolo
dei lavori di straordinaria manutenzione degli edifici di culto e delle case canoniche, in merito al finanziamento regionale e alle autorizzazioni. Viene detto
che c’è una diversità di comportamento tra la Regione Abruzzo e la Regione
Lazio: mentre la Regione Abruzzo concede l’autorizzazione solo dopo quella
della Diocesi, la Regione Lazio non ne tiene conto. Si auspica che i vescovi
del Lazio facciano presente alle Sovrintendenze interessate che sarebbe bene
concedere le autorizzazioni solo dopo l’approvazione diocesana. Il vescovo
poi ribadisce l’importanza per i parroci e legali rappresentanti di richiedere le
autorizzazioni per lavori rilevanti, per non esporsi al pericolo di dover provvedere con mezzi propri. Si fa un cenno anche al capitolo delle assicurazioni
degli edifici di culto e di pastorale. Per le Confraternite si ribadisce che tutte
devono presentare il Rendiconto annuale ed essere in regola con i versamenti.
Il vescovo dichiara di voler procedere a qualche cambiamento dello Statuto
delle Confraternite per quanto riguarda le elezioni e le nomine dei dirigenti.
In chiusura il vescovo annunzia che dal 1° novembre 2013 gli Uffici di curia
saranno aperti al pubblico nei giorni lunedì, giovedì e sabato, dalle ore 9.30
alle ore 12.30.
Sora, 12 ottobre 2013
Mons. Antonio Lecce
Moderatore della Curia
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UFFICIO PER L’EVANGELIZZAZIONE E LA CATECHESI
IRC E PASTORALE SCOLASTICA
Settore Evangelizzazione e catechesi.
1) Premessa. A partire dal Convegno pastorale diocesano del mese di giugno, l’Ufficio si è impegnato per ripresentare ai Catechisti ed alle Comunità
una riflessione generale sulla catechesi di iniziazione, proponendo anche un
quadro di riferimento per provare a dare risposte al momento particolare che
l’evangelizzazione e la catechesi attraversa.
Riportiamo schematicamente la nostra proposta:
1.1 - E’ un dato di fatto che attualmente, coloro che esercitano il servizio
ecclesiale dell’ annuncio e catechesi si presentino nella veste di maestri e con
lo specifico obiettivo di “insegnare“ la religione e i contenuti della fede, senza
tener conto che l’evangelizzazione e la catechesi non possono fermarsi all’obiettivo del “sapere”, ma deve sfociare nel “saper fare “ e “saper vivere “.
1.2 - I contenuti della catechesi, per loro natura e autorevolezza, vanno accolti e fatti entrare, in modo progressivo, nel tessuto della vita. Non basta cambiare testi e la metodologia, se poi gli stessi contenuti non vengono proposti
in modo adeguato, curricolare, essenzializzato, e con linguaggio comprensibile
dai destinatari.
1.3 - Se nonostante l’impegno di tanti operatori, e i tanti documenti e progetti, oggi non riusciamo più ad incidere e invertire la grave crisi in cui si
trova il processo tradizionale di Iniziazione Cristiana, dobbiamo pure tentare
vie, mezzi e modi diversi.
2) Proposta operativa da costruire
- Anzitutto essenzializzare e rendere meno astratti i contenuti; facendo ricorso alla narrazione e continua esemplificazione;
- scegliere un filo conduttore intorno al quale (il Credo e/o il Padre nostro)
costruire un progetto curricolare che deve accompagnare il ragazzo fino al termine della sua prima iniziazione e quindi a formulare una cosciente professione
di fede;
- l’annuncio-catechesi deve avere come obiettivo quello di condurre progressivamente l’adolescente a dire: sto diventando cristiano;
- il cristiano è colui che decide di vivere secondo il progetto di vita di Gesù
stesso;
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- il cristiano riassume la sua identità e la esprime nel segno-credo “nel
Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
3) Itinerario (proposta da verificare)
- II fanciullo dovrebbe apprendere, dalla realtà socializzante che ancora lo
circonda, il primo alfabeto religioso, da integrare con gli elementi costitutivi
di ogni esperienza religiosa;
- Egli, all’inizio, deve essere aiutato ad apprendere e memorizzare le prime
preghiere del cristiano, poi progressivamente sarà aiutato a coglierne il significato;
- Occorre far nascere nel ragazzo il desiderio di conoscere Gesù, attraverso
una saggia e appropriata organizzazione della vita, dell’agire e degli insegnamenti del Maestro.
4) Testi e Sussidi di riferimento
- CdB “ Lasciate che i bambini vengano a me”: è importante per il suo
stile della comunicazione-memorizzazione e per la scelta dei primi contenuti;
- CdF/1 “lo sono con Voi“: presenta, in forma veramente essenzializzata,
tutto il progetto della salvezza (da Dio Padre-Creatore alla Pasqua del cielo);
se si assimilano i suoi contenuti, questi costituiscono la base essenziale per
ogni eventuale sviluppo;
- Di tappa in tappa del cammino, i diversi temi presentati nel Credo e/o
nelle preghiere saranno approfonditi attraverso i contenuti che si trovano in
Cdf / 2 “Venite con Me”, e CdF/3 “Sarete miei testimoni “.
5) Importanza della Liturgia
- Molta importanza sarà data agli aspetti liturgico-celebrativi accompagnati
da opportune catechesi sul valore e significato dei segni e gesti, utili soprattutto
per entrare in comunione con il Signore, che nella liturgia si rende presente;
- Per facilitare un lavoro più omogeneo a livello diocesano intorno a questa
proposta, sarà coinvolto un gruppo di catechisti per formulare progetti sperimentali
curricolari che indichino metodi, contenuti e obiettivi intermedi e finali, anche in
vista della celebrazioni delle tappe sacramentali e della professione di fede;
- Per tutto questo si renderà necessaria una più attenta preparazione dei catechisti che condividano queste scelte e che soprattutto condividano il fatto che
essi non sono prevalentemente degli insegnanti, ma degli accompagnatori, disposti a comunicare soprattutto con il proprio fare e agire, con la propria testimonianza;
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- Altro punto importante sarà una più stretta collaborazione tra insegnanti
di religione, catechisti e famiglie, onde evitare di ripetere le stesse cose, e per
non disorientare con risposte e proposte contrapposte.
Convegno annuale dei Catechisti
Appena fissata la data del convegno annuale dei Catechisti per il 22 e 23
novembre 2013, e scelto il tema: “Educare la scelta della fede e formare la
vita cristiana”, assicurata la presenza di don Luciano Meddi dell’Urbaniana
come relatore, i responsabili dell’Ufficio hanno organizzato convegni per ogni
Zona Pastorale, per sensibilizzare alla partecipazione e per riflettere insieme
sul tema scelto e la possibile ricaduta nelle singole comunità. Il fatto di aver
scelto di andare prima verso di loro per poi invitarli a venire verso il Centro,
ci ha offerto la possibilità di incontrare oltre trecento catechisti e molti parroci;
mentre al Convegno abbiamo raggiunto la presenza stabile di circa 150 catechisti e una cinquantina che si sono alternati nei due pomeriggi; la quasi totalità
dei partecipanti proveniva dalle parrocchie del Sorano, di Isola del Liri e di
Arpino.
Censimento dei catechisti.
Abbiamo ripreso contatti con tutte le comunità parrocchiali per aggiornare
gli elenchi dei catechisti.
Sussidio per l’Avvento
Con l’impegno di don Peppino, è stato preparato il SUSSIDIO per l’Avvento, e messo a disposizione di tutti, inserendo il materiale sia nel sito dell’Ufficio Catechistico che in quello generale della Diocesi, e in più abbiamo
stampato un CD per coloro che ne avevano fatto richiesta.
Durante l’anno, ci siamo proposti di continuare gli incontri con i formatori,
per discutere e sperimentare con i catechisti quanto detto all’inizio di queste
note e nel Convegno di novembre.
Settore IRC e Pastorale scolastica
I mesi di luglio e agosto sono assorbiti in gran parte nel preparare le proposte di nomina degli insegnanti.
Alla fine di agosto, abbiamo programmato e realizzato, come ogni anno,
una “tre giorni” di aggiornamento per gli Insegnanti sul tema: La Bibbia: cosa
dice di se stessa, cosa dice a noi, cosa dice per mezzo nostro.
Ai primi di settembre, dedicati in tutte le scuole alla programmazione, per
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impostare un lavoro comune abbiamo realizzato Collegi docenti IRC per settori e unitario.
Messaggio augurale
Mons. Vescovo ha fatto pervenire, tramite il nostro Ufficio, a tutte le Scuole
della Diocesi un interessante messaggio augurale, contenente anche linee programmatiche. Del Messaggio sono state stampate 5.000 copie e, tramite gli Insegnanti
di Religione, sono stati fatti pervenire a tutti gli studenti delle scuole superiori, oltre
che ai docenti. Anche le comunità parrocchiali sono state coinvolte.
Incontro di Amicizia
Sotto questo titolo vanno gli incontri annuali che da oltre 30 anni il Vescovo
con i responsabili dell’Ufficio che rappresentano la Comunità ecclesiale tiene
con i Responsabili delle Istituzioni scolastiche del territorio, per promuovere
utili sinergie e sussidiarietà.
Il 26 novembre registra il primo incontro con il Vescovo Gerardo Antonazzo. Il nuovo Pastore ha preferito dialogare con gli intervenuti, riprendendo
le idee di fondo del Messaggio di inizio anno, soprattutto per approfondire il
tema della relazione costruttiva a tutti livelli e di cui gli educatori dovrebbero
esserne segno visibile con la testimonianza e le proposte verbali. Dell’incontro
riportiamo la sintesi scritta dal Prof. Angelo Molle: Scuola, laboratorio delle
relazioni umane.
“Anche quest’anno, come ormai da trenta a questa parte, s’è svolto Martedì
26 novembre 2013, l’incontro culturale organizzato dal Direttore dell’Ufficio
Scuola della Diocesi, don Mario Zeverini, per rinsaldare il vincolo di amicizia
e collaborazione tra la nostra Chiesa locale e i Dirigenti Scolastici del territorio.
All’invito, esteso come sempre anche ai Direttori amministrativi e ai Dirigenti
in pensione, hanno risposto una cinquantina di persone. La manifestazione,
svoltasi a Sora, presso la Sala S. Tommaso, in Piazza Indipendenza, tra le ore
10.00 e le ore 12.30, è stata animata dalla ricca relazione del nostro vescovo
diocesano, mons. Gerardo Antonazzo, che per la prima volta ha preso parte a
questa lodevole iniziativa, apprezzandone la valenza culturale e il calore
umano, che tradizionalmente la caratterizza.
Sviluppando il messaggio rivolto all’inizio del nuovo anno scolastico al
mondo della scuola, tramite una lettera di augurio a tutte le componenti di ogni
ordine e grado, ove si prospettava il campo dell’istruzione come autentico e
genuino laboratorio di pace, il nostro Pastore ha esteso la missione al campo
delle relazioni umane, che quotidianamente richiedono tra docenti ed allievi
una sinergia per superare quella cultura dello scontro, che spesso anima questa
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società, a partire, purtroppo, dalle stesse famiglie, che, agenzie primarie naturali
dell’educazione, talora naufragano nell’incomprensione dei genitori, cagionando incidenze deleterie nello sviluppo intellettivo ed affettivo dei figli. Altresì, poco edificanti sono gli esempi che arrivano dagli altri ambiti collettivi,
dal mondo della politica ai talkshow televisivi. Ed allora il compito educativo
in che cosa può consistere? Maturare nella relazione aperta e accogliente verso
gli altri e costituire una “polis” che cerca di determinare il bene comune sono
le grandi indicazioni del Vescovo, pur nella consapevolezza di avere di fronte
una Scuola chiamata a potenziare il proprio ruolo nelle seguenti direzioni:
creare una rete di solidarietà tra i docenti, riducendone le aree di antagonismo;
incrementare la partecipazione del personale non docente al compito educativo;
migliorare sempre più l’orizzonte didattico attraverso un rapporto sano e di reciproca accoglienza tra insegnanti e studenti; potenziare l’offerta formativa
con il contributo e la partecipazione costante delle famiglie.
In questo contesto resta importante individuare la missione che le Parrocchie devono e possono giocare insieme a tutte le altre agenzie educative; in
proposito il Vescovo invita a rileggere e meditare con profonda attenzione la
lettera che il 21 gennaio 2008 papa Benedetto XVI inviò alla Diocesi di Roma,
ricordando che l’emergenza educativa è un dato inalienabile, con cui tutta la
società deve fare i conti, per non soccombere dinanzi a un futuro incerto e difficile. Proprio la Parrocchia, dunque, ha un ruolo centrale, fondato sulla vocazione ad interagire con la comunità scolastica, ridandole fiducia e coraggio e
promuovendo caritativamente iniziative di scambio e di incontro.
Dopo l’intervento del Vescovo, ha preso la parola don Giovanni De Ciantis,
che, in qualità di dottore in psicologia, ha dato all’uditorio dei suggerimenti
professionali su come gestire le conflittualità, specie d’età adolescenziale, in
un tempo in cui fenomeni deleteri, quali bullismo e ostracismo delle diversità,
sono divenuti ormai autentiche piaghe sociali, contro cui tutto il mondo dell’educazione deve reagire con forti ed efficaci risposte pedagogiche.
Al termine dell’incontro c’è stato un interessante dibattito, all’interno del
quale sono state avanzate dai partecipanti varie proposte di collaborazione, tra
cui quella di istituire dei laboratori permanenti del “dialogo sul territorio”, invitando la comunità ecclesiale a farsi promotrice di questa istanza, per superare
uno “status quo”, dove spesso le varie istituzioni agiscono in proprio, senza
avvertire la necessaria e insostituibile premura a marciare insieme, per vincere
le sfide che questo tempo ci riserva, soprattutto nel rapporto con le più giovani
generazioni”.
Invito raccolto
Il Vescovo e l’Ufficio raccolgono l’appello dei Dirigenti scolastici, pro-
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muovendo in seno alla comunità diocesana una capillare opera di sensibilizzazione, in armonia con la Chiesa Italiana, che ha scelto di dedicare quest’anno
un’attenzione speciale al mondo della scuola, perché essa torni ad essere il
luogo dove si impara a vivere, e a costruire relazioni finalizzate alla crescita e
valorizzazione di tutta la personalità degli alunni e non solo di essi. La sensibilizzazione è rivolta anche a preparare l’incontro con Papa Francesco, previsto
il 10 maggio in Piazza S. Pietro.
Nell’ultima domenica di dicembre, come di consuetudine, ci siamo incontrati nella Chiesa del Seminario per lo scambio degli auguri e per un momento di spiritualità.
Don Mario Zeverini
Direttore
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L’UFFICIO LITURGICO DIOCESANO
A SERVIZIO DELLA LITURGIA
“Culmine di Comunione e fonte di missione”
Il progetto pastorale della nostra Chiesa locale nel tentativo di dare una
immagine storica del suo essere nell’oggi dell’esperienza umana, sotto la
guida del suo Vescovo, si orienta verso la elaborazione e la realizzazione di
un piano pastorale dove tutti, perché interpellati, ne sono coinvolti in quanto
soggetti dell’azione pastorale. L’Ufficio Liturgico nella Chiesa locale ha il
compito di “promuovere, sotto la guida del Vescovo, l’azione liturgica” (SC
45). Questo impegno si colloca, evidentemente, su un piano non tanto giuridico-amministrativo quanto pastorale-esistenziale. Ambito di ricerca privilegiata, perché lì si trovano i tesori antichi e nuovi della tradizione cristiana, è
il patrimonio inesauribile del Concilio Vaticano II.
La Liturgia è stata l’anima di quel Concilio facendo riprendere ad esso la
più profonda realtà del mistero della Chiesa e della sua attiva partecipazione
nella storia della salvezza del nostro tempo. Così, per riprendere tutte le attese
di quel passaggio dello Spirito Santo nella Chiesa, è indispensabile anche per
noi orientarsi a quella fonte e a quel culmine della vita della Chiesa e del servizio
integrale dell’uomo che è la Liturgia. Si comprende, allora, come il Rinnovamento liturgico, la coscienza teologica del contenuto liturgico e della stessa
prassi celebrativa della Chiesa passa tramite la educazione di Comunità che nel
“Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19) sanno riconoscere il Signore presente e legare la propria esistenza al Mistero della Parola e dell’Eucaristia.
A questo organismo è affidata la riflessione intorno all’obiettivo, la celebrazione del mistero nel cuore di una comunità viva e l’invito a delineare un
progetto che vede ogni Comunità impegnata a realizzare “la centralità dell’Eucaristia e l’educazione alla preghiera”. L’obiettivo primario dell’Ufficio Liturgico è che la Liturgia sia restituita all’intero Popolo di Dio, soggetto adeguato
dell’azione pastorale, la comunità ecclesiale in quanto tale, di modo che ogni
componente della realtà cresca interamente ed in profondità nella consapevolezza della Liturgia, come l’oggi della storia della salvezza. Con la celebrazione
del suo culto la Chiesa manifesta ciò che è, per mezzo di esso e in esso la
Chiesa appare come comunione battesimale, nuziale, cattolica e apostolica.
Mediante il suo culto la Chiesa prende coscienza di sé come comunità battesimale, comunità chiamata dal suo Signore a manifestare il dono della salvezza,
riscopre il suo legame con Cristo e ripete il suo sì nella fedeltà di un Amore,
donandosi con Lui al Padre e ai fratelli, lascia emergere la sua identità di situarsi al di là di ogni barriera, al di là di ogni forma razziale; accanto ad ogni
uomo nell’accoglienza e nel servizio.
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I compiti dell’Ufficio Liturgico sono molteplici e complessi. Esso deve promuovere, cioè favorire, sollecitare e dirigere l’apostolato liturgico. Il suo ambito è vasto quanto quello dell’apostolato liturgico, dalle norme per la
partecipazione del popolo alla liturgia, alla formazione del clero, a un coordinamento - confrontando le varie esperienze - di tutta l’azione pastorale liturgica
diocesana. Si può parlare d’un vero e proprio centro promozionale e direttivo
della pastorale liturgica a servizio dell‘ intera comunità diocesana, clero e fedeli.
Sarebbe quindi un vero fraintendimento del pensiero e dello spirito del concilio ridurre l’Ufficio, come talora avviene, “ad un semplice organo giuridico
e disciplinare destinato ad applicare le prescrizioni liturgiche sotto la vigilanza
del vescovo”. Peggio poi se l’attività del Centro si limitasse quasi esclusivamente a leggere gli abusi e le infrazioni più o meno gravi, richiamando chi eccede in spericolatezze arbitrarie, ma non inquietando mai o quasi mai coloro
che, salvando forse la lettera della legge, ignorano sistematicamente, quando
non la disprezzano, la visione teologico-pastorale dischiusa dall’attuale
rinnovamento liturgico e lo spirito che lo anima.
ALCUNI COMPITI
Il progetto dell’Ufficio Liturgico, in questo compito promozionale-direttivo della pastorale liturgica, è possibile distinguerlo, sulla linea indicata dall’istruzione Inter ecumenici, in alcuni aspetti specifici:
1. L’acquisizione d’una sufficiente conoscenza della reale situazione dell’azione pastorale liturgica nella diocesi.
E’ questa la condizione indispensabile e il punto di partenza insieme d’una
azione che voglia veramente incidere sulla vita della Chiesa particolare.
L’azione pastorale, è, simultaneamente, risposta, proposta, progetto. Esige,
dunque, che si colga innanzi tutto la domanda; si discernano le esigenze e i
bisogni autentici; si verifichino le possibilità. Eppure essa è spesso ignorata,
svalutata - quando non è guardata con sufficienza - o assolta in maniera insufficiente o comunque discutibile, se non dannosa. Di qui la necessità di raccogliere dati ed elementi sintomatici e significativi da aggiornare
continuamente.
Pensiamo tuttavia che l’attenzione vada portata non tanto sulla compiutezza di singoli dati giustapposti l’uno all’altro dall’esterno quanto sulla situazione globalmente rilevata anche se con rigore di metodo e sugli elementi
profondi d’una vera pastorale liturgica: grado di sensibilità dei pastori e dei
fedeli; cura d’una seria e progressiva formazione liturgica dei sacerdoti e dei
laici; percezione esatta della gerarchia dei valori primari nelle azioni liturgi-
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che; stile di celebrazione; giusta valorizzazione e conseguente valida impostazione dell’anno liturgico; rapporto tra la liturgia e le altre componenti della
pastorale; passaggio dal rito alla vita e culto spirituale, ecc. A questo scopo
gioveranno, tra l’altro, un contatto fraterno e costante dell’Ufficio con le varie
comunità locali; la frequente partecipazione di esso alle celebrazioni liturgiche; il seguire con attenzione cordiale l’attività dei gruppi di animazione liturgica; la disponibilità a rispondere alle richieste dei presbiteri e dei fedeli.
2. Promuovere l’attuazione di quello che la competente autorità stabilisce.
La conoscenza della situazione diocesana permetterà all’Ufficio di assolvere convenientemente uno dei suoi primi compiti: fare conoscere gli orientamenti, le proposte e le decisioni dell’autorità competente e aiutarne la
attuazione. Basta pensare alla disinformazione in maniera liturgica degli stessi
sacerdoti; alla mentalità prevalentemente giuridico-rubricale ancora assai diffusa, alla scarsa attenzione prestata alle possibilità di adattamento; alla
prevenzione preconcetta di alcuni e all’atteggiamento passivo e irresponsabile
di altri nei riguardi delle norme che presiedono allo svolgimento delle azioni
liturgiche, per comprendere la importanza davvero fondamentale di questo
compito della commissione liturgica. Quest’opera di illuminazione delle
norme liturgiche e di aiuto alla loro attuazione non si limiterà semplicemente
a proporre le stesse norme sia pure con opportune spiegazioni dì tipo giuridico
in ordine alla loro fedele esecuzione; essa tenderà soprattutto a farne cogliere
la ragione, a persuadere della loro validità circa l’autentico significato delle
celebrazioni liturgiche e presentarle come sostegno e stimolo per una celebrazione più personalizzata, più autentica, più comunitaria.
In pratica l’Ufficio dovrà informare clero e fedeli su la costituzione Sacrosanctum concilium, sui documenti autentici pubblicati negli anni seguenti
al Concilio, sui rinnovati libri liturgici. Dovrà metterli al corrente delle diverse
possibilità offerte e delle corrispondenti applicazioni pratiche ed aiutarli ad
assimilare la visione ispiratrice dei suddetti documenti e dei nuovi libri. All’espletamento di questo secondo tipo di attività l’Ufficio si gioverà anche
dell’apporto di specialisti e di esperti in materia.
3. Promuovere iniziative pratiche tendenti al progresso della pastorale liturgica.
Questo terzo aspetto dell’Ufficio abbraccia un campo molto vasto ed articolato. Mettendo a disposizione gli strumenti pratici dei quali ha bisogno, animare gli sforzi dei preti e dei laici, suscitare presso i pastori una riflessione
critica sulla loro pastorale liturgica, programmare un’attività liturgica coordinata e progressiva. Evidentemente non è qui possibile scendere a particolari
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e a dettagli che possono essere suggeriti solo dalle concrete situazioni locali.
Si possono invece distinguere alcuni campi e settori di questa azione promozionale pratica.
Il primo è quello d’una certa programmazione dell’ azione pastorale liturgica indicandone le opportune e progressive tappe sia alle singole comunità
locali sia all’intera diocesi. Questa programmazione, più che altro orientativa, sarà il frutto di contatti e di scambi di idee, oltre che con il vescovo, con
una cerchia relativamente larga di preti e di laici e verrà periodicamente riveduta e aggiornata in base all’esperienza.
Il secondo campo è quello dei sussidi idonei. Ricordiamo in particolare i
sussidi bibliografici, la preparazione degli “attori” liturgici, la segnalazione
di mezzi addetti. Per i sussidi bibliografici (schede, fogli, libretti, ecc.) l’Ufficio seguirà una duplice via: la segnalazione e la presentazione critica di
quanto di meglio è in circolazione; la preparazione sotto la propria responsabilità di materiale opportuno.
Comunque nell’un caso come nell’altro l’Ufficio sarà attento a correggere
concezioni deformate, a fare maturare una mentalità più rispondente all’azione
liturgica, soprattutto a non favorire la pigrizia dei presbiteri e degli animatori
liturgici che ne sono i primi collaboratori, ma piuttosto a stimolare l’impegno,
la capacità creativa e anche un poco la fantasia pastorale presentando loro più
che sussidi già pronti per l’uso anche nei minimi particolari - cosicché tutto
si riduca alla semplice lettura, materiale - riflessioni, suggestioni, esperienze
ed esemplificazioni, dati statistici e socio-culturali, spunti critici che aiutino
chi se ne serve a preparare un valido sussidio liturgico veramente adatto alle
singole comunità e alle concrete assemblee che se ne gioveranno.
Ecco perché si pensa che la formazione degli attori liturgici - preti e laici
- meriti una cura attenta, da parte dell’Ufficio Diocesano, con particolare riferimento alla funzione della “presidenza”, piuttosto negletta sotto il profilo
celebrativo da non pochi preti; al ministero del lettore, dell’accolito, del cantore, del commentatore; all’attività di coloro che esercitano una funzione meno configurata in modo specifico, i raccoglitori delle offerte, quelli che
esercitano l’accoglienza all’inizio della celebrazione specialmente nei riguardi
di fedeli che non partecipano regolarmente a determinate celebrazioni, ecc.
Secondo i casi e le necessità vi si potrà provvedere con i direttori degli
altri uffici, con pubblicazioni varie, con incontri più o meno sistematici, con
una vera e propria scuola di formazione per gli animatori di liturgia, per i candidati al ministero del lettorato e dell’accolitato, per i ministri straordinari
dell’eucaristia, per i candidati al diaconato permanente.
L’Ufficio dovrà curare la formazione degli attori liturgici sul duplice piano
diocesano e locale (zonale, parrocchiale, ecc.) coordinando saggiamente que-
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sto duplice tipo di attività. Si dovranno armonizzare convenientemente 1’
aspetto biblico e teologico; le esigenze derivanti dalla situazione concreta
delle comunità ecclesiali anche sotto il profilo socio-culturale; una sufficiente
conoscenza dei problemi e delle tecniche della comunicazione (impostazione
della voce, pronuncia, dizione, proclamazione d’un testo scritto, significato
e valore del gesto, uso d’un impianto di diffusione e di amplificazione, ecc.).
4. Favorire in tutti i modi l’accordo e la collaborazione tra i gruppi e le
associazioni.
Sono molti ormai gli organismi che lavorano nel campo della pastorale liturgica, come quelli che si interessano di altri settori della pastorale aventi
comunque una connessione con la liturgia: bibbia, catechesi, pastorale, musica ed arte sacra, come pure le associazioni religiose laicali d’ogni genere.
E senza dubbio indispensabile sia a motivo dell’ affinità tra liturgia, musica
ed arte sacra, sia perché contribuisce a fare mutare la coscienza che musica e
arte, pur avendo ciascuna un suo statuto specifico, sono al servizio della pastorale liturgica, o meglio ne sono parti integranti; per questo traggono da
essa i principi ispiratori e le linee orientative.
Alla Liturgia si connettono strettamente la Catechesi e la Carità ed insieme
animano l’unica missione della Chiesa nel mondo.
Liturgia e catechesi
Nella specifica distinzione dei ruoli, si evidenzia sempre più una armonizzazione tra Liturgia e Catechesi: la loro collaborazione diventa particolarmente necessaria perché la Chiesa locale si realizzi come comunità che
celebra e prega e come comunità che evangelizza.
L’Ufficio Liturgico, cosciente che la Liturgia è catechesi in atto e fonte
della catechesi, sarà disponibile nell’offrire collaborazione circa la preparazione e celebrazione dei sacramenti con incontri che verranno richiesti e con
specifici sussidi.
Liturgia e carità
Perché non si viva la separazione tra ciò che si celebra e ciò che si vive è
necessario rivelare, in collaborazione con la “CARITAS”, che la liturgia che
celebra l’Amore di Dio per l’uomo chiama a vivere concretamente il servizio all’uomo e ai suoi problemi: una collaborazione a proposito manifesterà
il volto di una Chiesa che adora il Padre e serve ogni uomo.
L’Ufficio Liturgico cercherà di aiutare la comunità a chiarire la connessione tra liturgia e carità con incontri richiesti e materiale di studio, così che
ogni celebrazione, luogo dove il divino e l’umano trovano la loro realiizza-
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zione di verità, sia irradiazione di vita, di solidarietà, di diaconia, di attenzione
speciale agli ultimi e sia generazione e moltiplicazione del mistero della carità.
LO SPAZIO DI AZIONE
Nella sua molteplice attività l’Ufficio avrà contatti soprattutto con il vescovo e con le comunità locali, in modo particolare ai pastori che le guidano
e a coloro che promuovono la pastorale liturgica.
1. Con il Vescovo - punto di riferimento, capo e segno visibile di tutta l’attività pastorale - il rapporto sarà di comunione ecclesiale, di dipendenza gerarchica, di collaborazione personale e intelligente.
Per questo l’Ufficio lo terrà informato della situazione della comunità sotto
il profilo della vita e dell’ azione liturgica, delle iniziative in corso, dei risultati
delle stesse. Si farà inoltre premura di portare a conoscenza della comunità
diocesana il pensiero del vescovo in materia di pastorale liturgica illustrandolo
convenientemente e in modo efficace. Studierà con lui le linee d’azione ricevendone le direttive opportune. Concorderà con lui orientamenti, le finalità e
le modalità essenziali delle iniziative che intende promuovere. Sarà disponibile
alle sue richieste relative a studi, problemi, attuazioni concrete attinenti alla
promozione della pastorale liturgica.
2. Con le comunità locali, parrocchiali e non parrocchiali, l’Ufficio liturgico intratterrà rapporti frequenti, cordiali, amichevoli, fraterni nelle forme
che appariranno le più convenienti e le più facilmente attuabili. Questi contatti
riguarderanno, per quanto possibile, l’intera comunità; toccheranno tuttavia
in modo speciale i pastori che ne sono le guide e coloro che, con i pastori, ne
promuovono in forma organica ed in maniera sistematica 1’ attività pastorale
liturgica. A tale scopo gioverà senza dubbio la presenza in ogni zona e raggruppamento di comunità locali d’un sacerdote, d’un laico - e possibilmente
anche d’una suora - che facciano un poco da tramite tra comunità e Ufficio
Liturgico. Essi, tra l’altro, saranno riuniti per uno scambio di idee e per delineare insieme una pastorale liturgica che vuole essere azione di tutta la comunità ecclesiale, nella varia articolazione di tutti i suoi membri.
Un’attività come quella ora prospettata richiede un Centro Pastorale per
la Liturgia sufficientemente rappresentativo dell’intera comunità diocesana
comprendendo presbiteri, laici e religiose. Nello stile di un coinvolgimento,
l’ufficio liturgico promuoverà la riscoperta dei sacramenti della fede, del loro
valore e della loro celebrazione, educando all’ incontro di Cristo nella Chiesa,
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alla comunione con il Padre e lo Spirito Santo, al servizio dell’uomo nella
gratuità che contrassegna l’agire di Dio che si svela pienamente nella vicenda
di Gesù e diventa per noi cristiani ispirazione e norma di vita. Di fronte all’urgenza della evangelizzazione, la pastorale liturgica della diocesi darà dinamismo alla comunione e alla missione della fede delle Comunità e di ogni
singolo credente di questa nostra Chiesa amata e guidata dalla volontà di Dio.
Un cammino che deve aprire “alla mistagogia della Chiesa” per una maturità
della fede, di una fede vissuta e celebrata.
Un cammino che diventa per ogni Comunità “culmen et fons” (SC 10) della
vita: capace di donare forza, amore, impegno, energie spirituali rinnovate; capace di purificare, dinamizzare, rinviare alla quotidianità con occhi nuovi, con
spirito ringiovanito, nel dialogo esistenziale: il dialogo con l’uomo, nella concretezza del suo vivere: con le sue speranze e le sue angosce.
Un cammino che, poiché celebra la salvezza della storia, vuole aprirsi al
1’impegno storico con i riti e le azioni simboliche legate ai più profondi problemi dell’uomo, in quanto il simbolo liturgico realizza ciò che significa e impegna ad assumere il suo contenuto più vero, diventa il “segno” della presenza
del Signore, che assume lo spazio celebrativo, il momento liturgico come
luogo privilegiato del suo incontro con l’uomo di oggi.
Sora, 30 novembre 2013
Mons. Alfredo Di Stefano
Direttore
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UFFICIO LITURGICO DIOCESANO
Itinerario di formazione dei diaconi permanenti
(Anno pastorale 2013-2014)
Dai contenuti teologici ai riti liturgici
Ai Diaconi Permanenti
Carissimi,
nel Progetto diocesano “La tua fede ti ha salvato” leggiamo: “E’ necessario
che sacerdoti e laici, insieme, trovino occasioni per aggiornarsi e riqualificare
le proprie competenze intorno ai segni della liturgia e alle modalità con le quali
rappresentarli: migliorare lo stile della presidenza, dell’ animazione e della partecipazione alle celebrazioni sarebbe già l’inizio del necessario rinnovamento
spirituale e pastorale. Non si tratta di ristrutturare esteticamente la celebrazione
liturgica, ma di farla diventare un incontro consapevole con Dio e con la comunità cristiana”.
Accogliendo le linee pastorali del nostro Vescovo, riconoscendo l’istanza
della formazione, prioritaria a qualsiasi altro impegno, sono ad offrirvi il calendario definitivo dei nostri incontri, aggiungendo alle date già individuate,
altri due momenti.
Per cui ecco la nostra futura programmazione:
Domenica 17 novembre 2013 (15.00 – 17.00) – Sora Sala Iannone:
La rivelazione divina e l’ atto di proclamazione del testo biblico. La forza
rituale per custodire la natura di annuncio della comunicazione della parola.
Sabato 4 gennaio 2014 (15.00 – 17.00) ) – Sora Sala Iannone:
Il mistero pasquale di Cristo e le azioni rituali dell’ ultima Cena. Il rito
della presentazione dei doni in vista del servizio alla comunità.
Venerdì 14 febbraio 2014 (17.30 – 19.30) ) – Sora Sala Iannone:
La Chiesa, mistero di comunione e la preghiera per eccellenza del popolo
intero. La preghiera dei fedeli atto di solidarietà e di responsabilità.
Domenica 16 marzo 2014 (15.00 – 17.00) ) – Sora Sala Iannone:
Misericordia e perdono: doni dello Spirito Santo e l’ efficacia sacramentale
dell’ atto penitenziale.
Fiducioso nella vostra presenza e certo che tali momenti sapranno alimentare e fortificare la fede e l’esercizio del ministero.
Sora, 26 novembre 2013
Mons. Alfredo Di Stefano
Delegato
P.S. Attendo le risposte scritte al questionario offerte all’ultimo incontro per
una vostra verifica personale.
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UFFICIO DIOCESANO PER LA PASTORALE FAMILIARE
Programmazione 2013-2014
Nella riunione di martedì 12/11 la commissione diocesana per la pastorale
familiare, raccogliendo i suggerimenti del Vescovo, ha provveduto alla formazione di tre sottocommissioni che nel corso dell’anno lavoreranno su tre ambiti
distinti:
Itinerari per fidanzati prossimi alle nozze: zone di Aquino e Pontecorvo
nelle persone di Don Emanuele Secondi, Don Tonino Grossi, Agata e Armando
Quercioli, Antonietta e Alessandro Ricci e Diana Carnevale, in qualità di consulente familiare.
Percorsi di accompagnamento di coppie nel post-matrimonio e in occasione
di richiesta dei sacramenti di iniziazione cristiana: zone di Sora e Valle del
Liri nelle persone di Don Roberto Dell’Unto, il sacerdote della zona di Sora
non ancora nominato, Don Giuseppe Basile dell’Ufficio Catechistico, Luciana
e Gianni Urbini, Maria Grazia e Angelo Ferri, Graziella Conte in qualità di
consulente familiare.
Come far fronte alle varie situazioni di famiglie in difficoltà: zone Valle
Comino e Valle Roveto nelle persone di Don Joel Tamiok, Don Bernardo
Trelle, Antonina e Mario Cirminiello, Maria Rita e Giuseppe Farina e Anna
Rita Mechelli in qualità di consulente familiare.
Anche avvalendosi di esperti o di altri operatori di pastorale familiare delle
zone di pertinenza, le sottocommissioni suddette, dopo aver nominato un referente e coordinatore del gruppo, esamineranno le risorse del territorio e le
realtà presenti al fine di progettare e programmare idonei interventi nell’ambito
loro assegnato, non disdegnando uno sguardo anche su ciò che viene proposto
in altre diocesi. Ogni due mesi ci saranno assemblee generali per verificare e
confrontare quanto si va progettando ( la prima è prevista per la metà del prossimo gennaio).
E’ ovvio che le attività già esistenti sul territorio in ciascuno dei tre ambiti
proseguiranno con le modalità attualmente vigenti.
Se sarà possibile, a settembre 2014, potrebbe partire una o più sperimentazioni di progetti e programmi ultimati e condivisi specie nel campo del postmatrimonio e dell’accompagnamento ai sacramenti di iniziazione cristiana.
E’ prevista per fine giugno la III giornata diocesana delle famiglie: luogo,
tema e data precisa saranno stabiliti in seguito. Si ricorda che i due precedenti
eventi si sono svolti nel 2012 in San Giovanni Incarico e nel 2013 a Castrocielo.
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Per quanto riguarda la formazione degli operatori l’Ufficio diocesano di
Pastorale familiare, su proposta del Servizio di Consulenza familiare attivo al
suo interno, offre un percorso sull’argomento nodale “Il Ciclo vitale della famiglia” aperto anche agli operatori delle associazioni di volontariato presenti
sul territorio che hanno accolto l’invito del Centro pastorale S. Luca – Caritas
a lavorare insieme per un Convegno sulla famiglia articolato in più tappe.
I sette incontri che saranno guidati dalla dott.ssa Pia Savino psicologa-psicoterapeuta presso l’Asl di Sora, avranno cadenza quindicinale a partire dal
prossimo 5 dicembre e si terranno nella sede del Centro pastorale S. Luca.
Si è ritenuto di dover offrire all’attenzione dei volontari e di quanti interessati alla famiglia, un percorso di conoscenza sulle diverse fasi o passaggi che
il sistema familiare, organismo vivente e in evoluzione, deve affrontare con i
relativi eventi critici che chiedono ridefinizione di ruoli e ricerca di nuovi
equilibri.
Il calendario è così strutturato:
giovedì 5 dicembre
ore 18,00 - 20,00
martedì 17 dicembre
ore 18,00 - 20,00
martedì 14 gennaio
ore 18,00 - 20,00
giovedì 23 gennaio
ore 18,00 - 20,00
giovedì 13 febbraio
ore 18,00 - 20,00
martedì 25 febbraio
ore 18,00 - 20,00
giovedì 13 marzo
ore 18,00 - 20,00
Sono allo studio una serie di incontri sul “maschile e femminile” tenuto da
esperti di chiara ispirazione cristiana onde meglio affrontare le varie problematiche concernenti le unioni fra persone dello stesso sesso o altre devianze
sessuali.
Per i componenti della commissione e per altri operatori nella pastorale familiare che lo desiderino, al fine di accrescere e rinforzare la fede e quindi testimoniarla con coerenza e perseveranza, si chiedono al Vescovo incontri
mensili di spiritualità coniugale e familiare debitamente programmati in numero, modi e tempi così da venire incontro agli impegni sia di chi dà che di
chi riceve.
Don Emanuele Secondi
Maria Vittoria e Ulderico Rosa
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Oggetto: Date itinerari di fede per fidanzati
Ai Parroci e Collaboratori
di Pastorale familiare
LORO SEDI
Carissimi Confratelli e Operatori di Pastorale Familiare,
è di estrema importanza che le coppie di fidanzati che intendono sposarsi
nel Signore, siano accuratamente preparati con un itinerario di fede in preparazione al matrimonio e alla famiglia.
Ringraziando tutti per l’impegno in questo ambito della pastorale familiare,
vogliamo invitarvi a far pervenire a questo indirizzo mail le prossime date degli
itinerari di fede in preparazione al matrimonio e alla famiglia, che si svolgeranno nelle zone pastorali o nelle parrocchie.
Indirizzo mail di Don Emanuele Secondi: [email protected]; potete telefonate al numero: 333 3622703; oppure scrivete: Don Emanuele Secondi, Parrocchia S. Antonino Martire 03020 Pico (FR).
Nella mail o lettera specificare: zona pastorale, città, parrocchia o locali
parrocchiali, mesi, giorni e orari, il sacerdote che tiene gli incontri con la relativa coppia responsabile e i loro recapiti telefonici. Tutto questo entro lunedì
18 novembre 2013.
Come sempre, i membri della Commissione per la pastorale familiare sono
a disposizione per un eventuale aiuto o presenza negli incontri.
Augurando a tutti un buon lavoro, distintamente salutiamo.
Sora, 05.11.2013
I Responsabili
Don Emanuele Secondi
Ulderico e Maria Vittoria, coniugi
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UFFICIO CARITAS/MIGRANTES
1. Attività dell’Ufficio
Continua il progetto “Ch Uo” che prevede il sostegno socio-lavorativo di Ernest e Moustapha, 2 giovani usciti dall’emergenza Nord Africa
- 8-9 luglio Delegazione Regionale
- 19 luglio Coordinamento Re.p.i.s. (Rete Professionale Immigrati e Salute)
- 24 luglio “Giornata della sofferenza e del volontariato” – S. Messa nella parrocchia di S. Giovanni B. e S. Giuliano M. di Sora, in occasione dell’itinerario
nazionale per l’Anno della Fede della Madonna di Fatima
- 19 settembre Coordinamento Re.p.i.s.
- 19 settembre Riunione operatori Caritas Diocesana
- 20 settembre Coordinamento Re.p.i.s.
- 2-4 ottobre XXI Corso Base di Medicina delle Migrazioni – Roma
- 8 ottobre Delegazione Regionale
- 9 ottobre Inizio Anno Pastorale 2013/2014 – Dedicazione Cattedrale di Sora
- 12 ottobre Consiglio di Curia
- 13 ottobre La piccola nigeriana Precious John riceve il Battesimo presso il
Centro pastorale S. Luca
- 18 ottobre Coordinamento Re.p.i.s.
- 18 ottobre Premio Clementoni a Roma: vincitori Baka Moustapha (volontario
Caritas Diocesana) ed Ersilia Atalaya (figlia di una volontaria Caritas Diocesana)
- 19 ottobre Insieme per i bambini ciociari – Evento di beneficenza organizzato
da Mador Eventi
- 30 ottobre Incontro Direttori Migrantes del Lazio - Villalba di Guidonia
- 31 ottobre Riunione operatori Caritas Diocesana
- 4-6 novembre Coordinamento Nazionale Immigrazione – Roma
- 19 novembre Incontro con il clero ugentino
- 22 novembre Coordinamento Re.p.i.s.
- 25 novembre Coordinamento Re.p.i.s.
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- 1 dicembre Inaugurazione dormitorio “Cittadini dal Mondo”
- 3 dicembre Delegazione Regionale
- 5 dicembre Inizio incontri di formazione della Dr.ssa Pia Savino sul “ciclo
vitale della famiglia”
- 11 dicembre Incontro alla CEI per il Progetto Policoro
- 18 dicembre Coordinamento Re.p.i.s.
- 19 dicembre Formazione degli operatori Caritas Diocesana con Oliviero Forti,
responsabile dell’Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana
- 19 dicembre Liturgia della Parola con S.E. Mons. Gerardo Antonazzo
- 25 dicembre Pranzo di Natale al dormitorio “Cittadini dal Mondo”
- 31 dicembre Cena di Capodanno al dormitorio “Cittadini dal Mondo”
Zona pastorale Sora
- 30 novembre Giornata Nazionale della Colletta Alimentare
Incontri di formazione periodici per operatori Caritas
Zona pastorale Aquino
- dal 3 ottobre “Corso base per pizzaiolo” rivolto ai cittadini richiedenti asilo
e rifugiati – Parrocchia SS. Pietro e Paolo Arce
- 30 novembre Giornata Nazionale della Colletta Alimentare
Zona pastorale Valle del Liri
- 16 dicembre Incontro con i parroci, il pastore ed alcuni membri della Chiesa
Evangelica, le associazioni di volontariato, Confcooperativa, Unione Industriale, i servizi sociali e gli amministratori del Comune di Isola del Liri
Zona pastorale Valle di Comino
- 6 dicembre “Her Christmas Carol” concerto di beneficenza con Manuela
Villa, il cui ricavato è stato devoluto all’associazione A.I.S.A. ONLUS (Associazione Italiana per la lotta alle sindromi atassiche) a cura della Caritas parrocchiale di Fontechiari
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2. Interventi
I dati raccolti si basano su ricerche accurate presso i vari Centri d’ascolto parrocchiali e zonali.
È un resoconto dell’attività di accoglienza e di ascolto, svolta nei vari Centri
al fine di dare risposte a chi vive con difficoltà. In questo semestre, le condizioni generali delle famiglie sono ulteriormente peggiorate, a causa dell’aumento della disoccupazione.
Inoltre, la quantità di aiuti alimentari è notevolmente insufficiente per soddisfare le innumerevoli richieste.
Nella Caritas Diocesana sono stati effettuati, inoltre, 130 interventi lavorativi.
3. Antiusura
Nel secondo semestre del 2013 la crisi economica ha continuato a far sentire i suoi effetti negativi anche nella nostra Diocesi, provocando chiusure di
pizzerie, ristoranti, mettendo in crisi numerosi negozi. Il rallentato lavoro di
un colosso come la Fiat ha inclinato i redditi che in passato, proprio per la sicurezza del lavoro, avevano consentito alle famiglie di contrarre un mutuo per
costruire la propria casa. Questi sono i casi più frequenti che si sono rivolti ai
nostri uffici Antiusura, aggravati dal fatto che le banche non danno più credito
alle persone. In base al caso specifico abbiamo utilizzato o il Fondo Antiusura
Diocesano oppure la Fondazione interdiocesana“Goel” nelle seguenti misure.
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3a. Fondo antiusura diocesano
Gli interventi, nel II semestre del 2013, sono stati effettuati a favore
di 7 famiglie e a 3 piccole imprese per un totale di € 44.200,00 circa
il terzo in più rispetto al primo semestre del 2013.
3b. Goel
Attraverso la Fondazione Interdiocesana Antiusura “Goel” sono state
aiutate n° 7 famiglie in difficoltà economiche, di cui n° 4 della nostra
diocesi per un totale di € 46.000,00.
4. Fondi CEI otto x mille
La Caritas Diocesana ha provveduto a distribuire il contributo di €
222.884,93 proveniente dai Fondi dell’0ttoxmille per interventi caritativi
secondo le percentuali riportate nel grafico.
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AIUTI A PERSONE BISOGNOSE
11,21%
AIUTI IMMIGRATI
6,70%
CARITAS ZONALI E PARROCCHIALI
29,16%
AIUTI AI MISSIONARI
11,66%
PROGETTI FINALIZZATI
23,27%
FONDO ANTIUSURA DIOCESANO
18,00%
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UFFICIO ECONOMATO
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AZIONE CATTOLICA DIOCESANA
Il secondo semestre dell’Azione cattolica diocesana si è aperto con i tradizionali campi estivi per bambini e ragazzi dell’ACR e i Giovanissimi. I primi
si sono ritrovati dal 24 al 27 luglio presso il Centro di spiritualità “suor Teresina
Zonfriili” a S. Giovanni Incarico. In questi quattro giorni, i ragazzi guidati
dagli educatori, dai membri dell’equipe diocesana, dall’assistente don Ercole
Di Zazzo sono stati accompagnati dalla figura del re Davide; hanno scoperto
di essere chiamati a fare grandi cose, scelti dal Signore che non si ferma all’apparenza ma guarda alla bontà del loro cuore. Con tutto il cuore vogliono
lodare il Signore, vogliono affidare nelle sue mani il poco che sono e che
hanno, certi nella fede che con lui possano fare grandi cose.
I Giovanissimi invece si sono dati appuntamento dal 10 al 13 agosto presso
l’ Istituto Suore di San Giuseppe a Ceprano. In questi giorni di campo, con
l’aiuto di un nutrito gruppo di educatori e dell’assistente diocesano don Fabrizio Caucci, i ragazzi hanno riflettuto sul loro rapporto e hanno compreso come
rafforzare l’amicizia con Dio. Attraverso brani biblici e testimoni, che ogni
giorno sono intervenuti, hanno riscoperto l’essenziale della loro vita. Hanno
poi riflettuto sui loro errori e sul come superarli, e da questo hanno capito che
la loro amicizia con il Signore è autentica. A conclusione del campo hanno
scritto di proprio pugno un “contratto” a tempo indeterminato con Dio, per
mettere nero su bianco e sancire questo rapporto speciale che dura per sempre.
Nel mese di settembre, nei giorni 6 e 7, le delegazioni (quattro accierrini e
un educatore per ogni diocesi) dei ragazzi dell’ACR di tutta Italia, per l’occasione della chiusura dell’anno della Fede, si sono incontrati a Roma per riflettere sul dono della fede e sul loro impegno a testimoniarla. “Ti Credo – Tutto
parla di Te!”, questo lo slogan dell’evento, si è chiuso con la festa dell’ACR
della regione Lazio. Dopo un iniziale momento di musica, preghiera e testimonianze presso i Giardini Vaticani, i ragazzi si sono spostati a Castel Sant’Angelo per i giochi del pomeriggio. La nostra diocesi ha partecipato con due
pullman di accierrini entusiasti.
L’inizio del nuovo associativo (2013-14) ha visto tutta l’associazione (sia
a livello diocesano che parrocchiale) impegnata nella definizione e nella realizzazione del cammino assembleare. Infatti ci troviamo alla fine del triennio
iniziato nel 2011 e i consigli parrocchiali sono stati chiamati a convocare le
assemblee per le votazioni e il rinnovo dei responsabili e per la nomina dei delegati che parteciperanno all’Assemblea diocesana del prossimo 9 Febbraio.
Per questo motivo abbiamo incontrato tutti i consigli parrocchiali il giorno 15
settembre a S. Giovanni Incarico, per illustrare, spiegare ed accompagnare le
associazioni parrocchiali sulle modalità di svolgimento di questo importante
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momento della vita dell’AC. Per questo il Consiglio diocesano ha garantito la
sua presenza, tramite i suoi membri, partecipando a tutte le assemblee parrocchiali svoltesi nei mesi di novembre e dicembre.
Ad ottobre l’ACR ha aperto le sue attività con la consueta Festa del Ciao,
quest’anno a livello interparrocchiale e nello stesso giorno, il 20 di settembre:
a Sora (in Cattedrale), a Isola del Liri (S. Maria dei Fiori e S. Carlo B.) e ad
Aquino (Concattedrale).
In occasione del Pellegrinaggio delle famiglie sulla tomba di S. Pietro per
l’Anno della Fede del 26 Ottobre, due pullman di famiglie sono partite alla
volta di Roma. Il momento più significativo ed emozionante di “Famiglia, vivi
la gioia della Fede!” è stato certamente l’incontro con papa Francesco, che non
ha mancato di marcare in modo indelebile questa magnifica giornata con le
sue parole. Questo evento è stato inserito dal consiglio diocesano, come primo
appuntamento, all’interno di un mini cammino di sei appuntamenti rivolto alle
famiglie ed in particolare a quelle dei ragazzi dell’ACR, in quanto i genitori
sono i cosiddetti “simpatizzanti” dell’associazione. Il secondo momento è stato
la condivisione della preghiera e della riflessione. Infatti nei giorni di dicembre
7 (a Sora presso la parrocchia di S. Bartolomeo) e 14 (ad Aquino), all’interno
dei tradizionali incontri di preghiera dei ragazzi dell’ACR in preparazione al
Natale, i genitori a loro volta si sono incontrati con il Consiglio del Settore
Adulti per riflettere e confrontarsi sul brano evangelico che accompagna il nostro anno associativo: “Quelli che troverete, chiamateli” (Mt 22, 1-14).
Sullo stesso tema i giovani hanno lavorato e riflettuto dall’8 al 10 novembre
presso l’ostello della gioventù a San Donato Val Comino per il loro mini
campo. Attraverso le varie fasi della Lectio Divina (scrutatio, lectio, meditatio,
oratio, contemplatio, collatio) hanno fatto propria la Parola di Dio, immedesimandola nella loro vita. Hanno fatto soprattutto un lavoro di riflessione personale con qualche momento di condivisione con gli altri partecipanti, facendo
emergere l’ importanza dell’ essere testimoni autentici della fede in Gesù Cristo. Il 20 dicembre 2013, nel Centro pastorale San Luca, si è svolto l’incontro
giovani e giovanissimi sull’Avvento dal titolo: “Siamo venuti per aspettarlo”.
Momento di riflessione e condivisione non solo sul Santo Natale, ma anche
sull’ importanza e la bellezza dell’ attesa della nascita del Signore. Attraverso
la lettura dei quattro brani delle domeniche di Avvento e la proiezione di immagini, hanno rappresentato il loro tempo di attesa e lo hanno condiviso insieme agli altri. Con una breve catechesi di Don Fabrizio hanno compreso la
bellezza e il vero messaggio dei testi evangelici.
La Presidenza Diocesana
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LE CONFRATERNITE
Dal 23 novembre al 21 dicembre u.s., ogni sabato, nelle sei Zone Pastorali della nostra Diocesi, si sono svolti incontri di formazione e aggiornamento per le Confraternite.
Zona pastorale Valle Roveto: 23 novembre a Civitella Roveto;
Zona pastorale Val Comino: 30 novembre ad Alvito;
Zona pastorale Valle del Liri: 7 dicembre ad Isola del Liri;
Zone pastorali di Aquino e di Pontecorvo: 14 dicembre a Castrocielo;
Zona pastorale di Sora: 21 dicembre a Sora.
Raccogliendo le indicazioni del Progetto Pastorale Diocesano e rimeditando quanto consegnato dal Sommo Pontefice in occasione della Giornata
Mondiale delle Confraternite (Roma 5 maggio 2013), il Delegato vescovile,
con l’ausilio di sussidi multimediali, ha richiamato i compiti e la missione delle
Confraternite.
Gli incontri, aperti a tutti gli iscritti e non solo alla Terna di ogni singola
Confraternita, hanno visto una buona partecipazione e un grande interesse: ne
è scaturito subito maggiore coesione tra l’Ufficio e i diversi priori, i quali hanno
invitato il Delegato a presenziare momenti particolari di preghiera e di comunione nelle parrocchie di appartenenza al fianco dei rispettivi parroci.
L’esperienza, come da Progetto Pastorale, si ripeterà anche durante il
periodo quaresimale. Naturalmente i presenti sono stati esortati ad estendere
l’invito a tutti i membri delle Confraternite.
Don Antonio Molle
Delegato
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MOMENTI
DI VITA DIOCESANA
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Dal 22 al 28 luglio 8 giovani della nostra diocesi ed un’intera famiglia di
Isola del Liri hanno vissuto l’indimenticabile esperienza della GMG a Rio de
Janeiro tra emozioni indescrivibili culminanti nella veglia e nella Messa di
Papa Francesco sulla spiaggia di Copacabana. In contemporanea sono stati organizzati momenti di preghiera con i giovani a Pontecorvo ed a Sora, con la
partecipazione del Vescovo, che fin dall’inizio ha seguito e curato la preparazione della GMG sul tema “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, fino al momento del ritorno del gruppo a Civitella Roveto, nonostante l’ora tarda.
Dal 29 luglio al 2 agosto una cinquantina di giovani e ragazzi hanno partecipato al consueto Campo-scuola organizzato dalla Concattedrale di Pontecorvo presso il Santuario della Madonna di Canneto sul tema “Sui passi della
fede”, in piena sintonia con il tema del Convegno Pastorale diocesano “Questa
è la nostra fede”.
Il 30 luglio a Civita D’Antino il Vescovo diocesano ha incontrato insieme
ai sacerdoti-parroci tutti i sindaci dei Comuni della Valle Roveto per conoscere a fondo la realtà sociale, civile e d economica del territorio, che abbraccia
anche la Regione Abruzzo. Dopo un momento di preghiera e di riflessione alla
luce dell’Inno alla carità di S. Paolo, i Sindaci hanno espresso tutta la loro preoccupazione per la situazione socio-economica che si fa sempre più difficile e
precaria e per la quale è sempre più necessario lavorare in stretta collaborazione
tra Istituzioni civili e Caritas, creando un’apposita èquipe capace di coordinare
il lavoro a favore di famiglie e di singoli.
Porta la data del 6 agosto la Lettera pastorale “La tua fede ti ha salvato!”
che il Vescovo Gerardo ha destinato a tutta la comunità cristiana della diocesi
per un Progetto pastorale da realizzare insieme, superando le difficoltà economiche, sociali, religiose, operando con coraggio conversioni pastorali, individuando i luoghi educativi per la trasmissione della fede, favorendo la
promozione del laicato e delle aggregazioni laicali.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa dell’Assunzione della Vergine
Maria, il 15 agosto, il Vescovo diocesano, Mons. Gerardo Antonazzo, ha ufficialmente intitolato la chiesa parrocchiale di Piedimonte S. Germano superiore a S. Maria Assunta in cielo, riconsegnandola al popolo dopo i lavori di
restauro e consacrando l’altare con il sacro crisma.
“Maria, rifugio dei peccatori” è stato il tema del 15° Convegno Mariano
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dell’Oasi Mariana Betania di Alvito, presentato il 15 agosto e sviluppato la
prima domenica di settembre con l’apporto di tanti volontari, impegnati nei
vari momenti, dall’accoglienza all’animazione, dalle riflessioni alle testimonianze di vita, dalla realizzazione dell’icona ai canti di lode a Maria.
Domenica 25 agosto, alle ore 18.00, è giunta in elicottero, atterrando nel
piazzale in via Trecce a Sora, di fronte alla chiesa di S. Ciro, la piccola statua
della Madonna di Fatima, accolta dal Vescovo Gerardo, dal Sindaco Ernesto
Tersigni accompagnato da molti consiglieri comunali, dal parroco Don Donato
Piacentini e da una folla devota, che ha lanciato al cielo una miriade di palloncini bianchi e azzurri. Dopo la Messa l’immagine della Madonna pellegrina
ha raggiunto in processione la chiesa di S. Bartolomeo, spostandosi poi a S.
Silvestro ed a S. Ciro, poi dal 1° settembre nella chiesa di S. Rocco, dove si
sono svolte veglie di preghiera, recita del S. Rosario, la Via Crucis con l’Unitalsi. Il 4 settembre la statua è stata portata con una fiaccolata nella chiesa
della Madonna della Neve e quindi in macchina è stata trasferita al Santuario
della Madonna della Figura, dov’è rimasta fino all’8 settembre, quando, dopo
la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, la processione ed il canto
dell’Ave Maria di Fatima, la statua ha lasciato Sora diretta a Napoli.
Dal 25 al 30 agosto si è svolto a Leuca presso la parrocchia Cristo Re il
Campo vocazionale “Cerco il mio sì”, organizzato dal Seminario diocesano
e presieduto dal Vescovo, Mons. Gerardo Antonazzo. I giovani partecipanti
hanno alternato momenti di preghiera a momenti di studio e riflessione sulle
figure profetiche che hanno risposto “eccomi!” alla chiamata del Signore,
come Samuele, Elia e don Tonino Bello, sulla cui tomba ad Alessano hanno
pregato e meditato. Non sono mancate escursioni e visite guidate in un mix di
natura, arte, cultura e fede.
Dal 26 al 28 agosto si è svolto a Sora un Corso di aggiornamento per gli
Insegnanti di religione, che si sono confrontati con gli esperti su tre temi:
“Cosa dice la Bibbia di se stessa”, “Cosa dice a noi come credenti ed educatori”, “Cosa dice per mezzo nostro agli educandi”. La riflessione è stata aperta
dal vescovo diocesano per poi proseguire con i biblisti, don Vittorio Ricci, il
prof. Andrea Numini e il prof. Claudio Duca, direttore dell’Ufficio scolastico
della Diocesi di Sabina Poggio Mirteto.
L’ultima domenica di agosto si sono conclusi a Isoletta i festeggiamenti
in onore della Madonna della Vittoria con la celebrazione e la processione
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presiedute dal Vescovo, che ha invitato tutti al servizio verso il prossimo nell’umiltà e nell’unità.
Con il torneo di Yu-gi-oh!, un moderno gioco di carte ispirato all’omonima
serie di cartoni animati, la visita all’Abbazia di Montecassino, le molteplici
attività sul tema della cittadinanza attiva che li ha portati ad adottare un’aiuola
comunale e la recita intitolata “Striscia la fortezza”, scritta e realizzata dagli
stessi bambini, si è conclusa a fine Agosto la stagione del Progetto estivo
“Posso dicere?!?...” organizzata dalla Ludoteca “La Fortezza dei sogni” –
Centro minori S.Luca di Sora.
Dal 30 agosto al 1° settembre un gruppo di 12 famiglie di Pontecorvo,
guidato dal parroco della Concattedrale, Mons. Luigi Casatelli, si è ritrovato
nel Santuario diocesano di Canneto per riflettere sul tema “A Dio che si rivela
è dovuta l’obbedienza della fede”.
Tutta la diocesi si è lasciata coinvolgere sabato 7 settembre nel momento
di preghiera per la pace nel mondo voluto da Papa Francesco per scongiurare
la guerra in Siria e nel Medio Oriente. Si è pregato nei luoghi di culto, nelle
piazze e durante il pellegrinaggio a Loreto, che come da tradizione si svolge
nei giorni 7 e 8 settembre, con la partecipazione per la prima volta del Vescovo
Gerardo insieme a tanti sacerdoti, oltre 500 fedeli, autorità civili e rappresentanti delle pubbliche istituzioni.
Venerdì 6 settembre a conclusione del Campo-scuola tenuto presso le
Suore di S. Giuseppe a Ceprano, il gruppo Comunione e servizio, fondato nel
1983 a Pontecorvo da Suor M. Fortuna Barbato dell’Istituto Nostra Signora al
Monte Calvario, ha festeggiato i suoi 30 anni di attività rivolta a tutte le fasce
di età e a tutte le parrocchie della città.
La tradizionale Festa di inaugurazione dell’anno scolastico celebrata il 6
settembre nella parrocchia S. Oliva di Pontecorvo ha visto quest’anno protagonista il Vescovo, che ha richiamato tutti alla pace, al rispetto della diversità,
alla tolleranza, all’amore per il prossimo, all’impegno per realizzare il proprio
progetto di vita. La piccola comunità ha regalato a Mons. Gerardo una penna,
come augurio di poter scrivere insieme una nuova pagina di storia dell’umanità.
Ricco il programma per la festa della Madonna delle Grazie a Isola del Liri,
dal 17 al 19 settembre, nella bella cornice del Castello Boncompagni-Visco-
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gliosi, che ha ospitato accanto ai momenti spirituali manifestazioni culturali,
come il concerto della locale Banda musicale con un omaggio a Verdi e la presentazione di un libro “Vite fotogra(f)fiate” del fotografo isolano Piemontese
Pagnanelli. Nell’ambito dei festeggiamenti giovedì 19 settembre le comunità
parrocchiali di Isola del Liri hanno reso “Omaggio alla vita” con una serie di
attività volte a far maturare la coscienza e a sensibilità verso “la vita che nasce,
che cresce, che ci fa vivere”, dalla mostra di disegni a attività di gioco, dalla
benedizione delle mamme in attesa di un figlio alla fiaccolata nel Parco del
Castello e la raccolta di firme per la Campagna europea “Uno di noi”.
Sabato 21 settembre presso l’Ospedale civile di Sora SS. Trinità si è tenuta
la cerimonia per la consegna dell’apparecchiatura per lo Screening acustico
neonatale e di un modernissimo computer al Reparto di Pediatria e Neonatologia, grazie alla sensibilità e alla generosità dell’Ordine di Malta.
Domenica 22 settembre presso l’Oratorio di S. Lucia nella parrocchia di
Castrocielo si è svolto una giornata diocesana di preghiera, formazione, convivialità e festa sul tema “Credere nella famiglia è costruire il futuro” con la
partecipazione del Vescovo diocesano e di don Paolo Gentili, responsabile nazionale del Servizio di pastorale familiare.
Il 29 settembre, partendo da Roselli-Casalvieri e coinvolgendo tutte le parrocchie della Valle, la Caritas zonale della Valle di Comino ha organizzato la
raccolta di firme per la salvaguardia dell’embrione e per promuovere la vita
del concepito nell’ambito della Campagna europea “Uno di noi”.,
Ogni anno la città di Pontecorvo festeggia e venera il suo illustre concittadino San Grimoaldo, offrendo alla vigilia della sua morte, avvenuta il 29 settembre 1162, l’olio per la lampada che arde ininterrottamente davanti la sua
urna. Quest’anno l’Eucaristia del 30 settembre è stata presieduta da don Lucio
Fusco, parroco di S. Paolo apostolo, che ha acceso la lampada votiva e ha benedetto i semi portati all’altare dai contadini della zona.
Con data 1° ottobre, il Vescovo, Mons. Gerardo Antonazzo, ha istituito con
decreto diocesano la Giornata del Seminario diocesano, da celebrarsi l’8 dicembre nella solennità dell’Immacolata, con la preghiera e la raccolta di offerte
per le necessità del Seminario, da sempre intitolato alla Madonna Immacolata
e impegnato nella formazione dei futuri presbiteri e nella pastorale vocazionale.
Per gli adolescenti, dai 13 ai 17 anni, è stata pensata una Scuola di pre-
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ghiera voluta dal Vescovo e organizzata dal Seminario, il Centro diocesano
Vocazioni, la Pastorale giovanile, l’Azione Cattolica e l’Agesci. Il 1° appuntamento si è avuto domenica 13 ottobre sul tema “In cammino con Abramo”;
il 2° domenica 17 novembre sul tema “In cammino con Elia”; il 3° domenica
8 dicembre sul tema “In cammino con Maria”, tutti presso il Seminario vescovile di Sora.
La Caritas e l’Ufficio di Pastorale per la famiglia si sono fatti promotori in
Diocesi per la raccolta di firme, entro il mese di Ottobre, a favore della Campagna “Uno di noi”, nata da una libera iniziativa di cittadini dell’Unione Europea per bloccare il finanziamento di attività che presuppongono la
distruzione di embrioni umani e la salvaguardia del diritto alla vita fin dal concepimento.
Mercoledì 2 ottobre presso l’Auditorium comunale di Gallinaro ha preso
il via la Settimana della poesia francese e francofona, promossa dal Centro
studi letterari Val di Comino presieduto dal prof. Gerardo Vacana. In programma erano previste visite guidate nei maggiori centri della provincia, recital
poetici ed incontri con studenti e docenti delle scuole di ogni ordine e grado e
con l’Università di Cassino, concerti e la consegna del 38° Premio Letterario
Val di Comino per la poesia, la saggistica, il giornalismo ed il teatro a numerosi
artisti, italiani e stranieri.
Dopo un Triduo di preparazione, venerdì 4 ottobre, nella chiesa di S. Francesco a Sora il Santo di Assisi è stato festeggiato con celebrazioni eucaristiche
nel corso della mattinata, un incontro culturale pomeridiano con gli studenti
di 3° media e dell’ultimo anno delle Superiori, e la solenne concelebrazione
presieduta dal Vescovo.
Domenica 6 ottobre presso il Teatro Comunale di Alvito nel corso del 38°
Premio Letterario Val di Comino e dell’ XI edizione del Premio europeo di
narrativa, l’attrice Angela Luce ha tenuto un recital di poesie di Patrizia Valduga.
Lunedì 7 ottobre ha preso il via a Sora nella Sala S. Tommaso d’Aquino
la Scuola di formazione teologica, in una veste completamente rinnovata.
Dal 7 al 20 ottobre la chiesa di S. Restituta a Sora ha ospitato una mostra
itinerante sulla figura e le opere di Federico Ozanam, fondatore della Conferenza della S. Vincenzo de’ Paoli nel bicentenario della sua nascita. La ceri-
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monia di inaugurazione è stata presieduta dal vescovo diocesano, Mons. Gerardo Antonazzo e durante la celebrazione eucaristica si è pregato per i defunti
della famiglia vincenziana.
Mercoledì 9 ottobre a Sora durante la celebrazione per l’inaugurazione
dell’Anno pastorale il Vescovo ha conferito il mandato pastorale ai catechisti,
agli operatori della liturgia e della Caritas.
Il 12 ottobre Don Tommaso Del Sorbo, dopo essere stato 16 anni alla
guida della comunità di Broccostella, è divenuto parroco della Parrocchia di
S. Costanzo e S. Tommaso ad Aquino, sostituendo Mons. Mario Milanese, ritiratosi per motivi di salute.
Domenica 13 ottobre la stessa comunità di Broccostella ha accolto come
suo nuovo parroco Don Ercole Di Zazzo, accompagnato da rappresentanti di
tutte le realtà in cui ha operato ed opera, dall’AGESCI all’Azione Cattolica,
dall’UNITALSI alle comunità di Valleradice, Roccasecca e Isola del Liri e
dalla sua parrocchia di origine S. Maria Porta Coeli.
Il Premio internazionale di incisione Carnello cArte ad Arte, promosso
dall’Officina della cultura di Carnello, è giunto alla sua decima edizione. La
mostra dei lavori è stato ospitata dal Museo civico di Sora e nell’ambito della
manifestazione domenica 13 ottobre sono stati aperti alcuni siti di archeologia
industriale nel territorio di Sora e Isola del Liri, mentre nel salone del Ristorante
Lefebvre a Isola del Liri sono stati esposti i lavori premiati nelle precedenti
edizioni.
Il 13 ottobre nella Chiesa del Centro pastorale S. Luca è stato conferito il
Battesimo alla piccola Precious, figlia di due giovani nigeriani approdati in
Italia, pieni di speranza e di paura, ed accolti e aiutati dalla Caritas diocesana
in questo loro cammino di fede e di amore.
Domenica 13 ottobre si è svolta una camminata storico-ecologica nei luoghi attraversati da San Francesco nel 1222, durante il suo viaggio verso Monte
S. Angelo sul Gargano, per testimoniare l’attualità del messaggio francescano
in tema di pace, solidarietà, giustizia sociale, dialogo tra i popoli, rispetto della
natura e dell’ambiente. Partiti dalla chiesa di S. Domenico in Sora i partecipanti
hanno percorso il lungo Fibreno fino a Carnello, poi si sono diretti verso Broccostella, Fontechiari, il romitorio di S. Onofrio e il convento di Vicalvi.
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Il 16 ottobre nella Chiesa di S. Lorenzo M. in Isola del Liri in festa per la
celebrazione del 25° anniversario di sacerdozio del parroco, don Mario Santoro, è stato festeggiato anche il giorno onomastico del Vescovo, Mons. Gerardo.
Il 18 ottobre un giovane del Camerun Moustapha Baka ed una tredicenne
di Sora, Ersilia Atalaya, hanno ricevuto nel Palazzo dei Congressi a Roma il
Premio Clementoni –voluto dal CIAS (Centro Internazionale Amici della
Scuola) per le loro poesie: la prima “Gente di passaggio”, in francese, vuole
raccontare il dramma degli emigranti e dire ancora una volta che “neri o bianchi siamo tutti fratelli” e l’altra esprime il dolore per l’esplosione che uccise
sei operai di Carnello.
Sabato 19 ottobre Don Andrés Arias Urtado ha lasciato Aquino, ove ha
prestato servizio come vicario parrocchiale, per mettersi alla guida delle parrocchie di Canistro inferiore e superiore.
Mercoledì 23 ottobre la comunità di Piedimonte S. Germano superiore e
tutta la comunità diocesana ha reso l’estremo saluto a Mons. Giovanni Costantini, che ha servito per 58 anni quella parrocchia, vivendo con i suoi fedeli le
profonde trasformazioni economiche, culturali, demografiche portate nel territorio dalla presenza della FIAT.
Il coro Voci dell’anima, diretto da Lea Leone, si è esibito mercoledì 23 ottobre presso il Cinemateatro di Isola del Liri per uno spettacolo dal nome
“Viaggio di un’anima”. Graditi gli interventi del vescovo, del sindaco Luciano
Duro e dell’assessore alla cultura, Angela Mancini.
Il 25 ottobre a Broccostella Mons. Gerardo Antonazzo ha incontrato i sindaci di Sora, Broccostella, Campoli Appennino, Pescosolido ed Isola del Liri,
insieme ai rispettivi Parroci, per meglio conoscere la realtà sociale, civile ed
economica del territorio e riflettere sul ruolo educativo a favore degli adolescenti e dei giovani.
Domenica 27 ottobre nelle parrocchie dov’è presente l’Azione Cattolica,
si è svolta la Festa del Ciao, che ha visto i bambini ed i ragazzi con i loro educatori confrontarsi sul tema “Non c’è gioco senza te”. A Sora presso la Cattedrale si sono ritrovati con i loro educatori i ragazzi delle parrocchie S. Maria
e S. Bartolomeo per giocare, ballare, cantare, fare attività. Dopo la Messa, celebrata da Mons. Alfredo Di Stefano, hanno attraversato in un festoso corteo
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le vie della città per trasferirsi al Centro S. Luca, dove hanno continuato in lavori di gruppi a inventare giochi e a costruirne le regole, accogliendo con gioia
il saluto e l’abbraccio del vescovo. La stessa Festa si è svolta contemporaneamente nelle parrocchie di Aquino, di Carnello, di Maria SS. Immacolata e di
S. Carlo ad Isola del Liri.
A Pontecorvo, nel 1413 una piccola chiesa fu dedicata alla Madonna della
Misericordia e il 23 ottobre 2008 un’antichissima statua fu incoronata dal
Card. Angelo Comastri, momento che è stato ricordato anche quest’anno, il 27
ottobre, con la celebrazione eucaristica e la processione per le vie del centro.
Martedì 29 ottobre presso la Chiesa di S. Carlo a Isola del Liri Mons.
Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della
nuova Evangelizzazione, ha inaugurato l’Anno accademico della Scuola di formazione teologica diocesana, presentando l’Enciclica Lumen Fidei di Papa
Francesco.
Mons. Paolo de Nicolò ha celebrato una Messa di ringraziamento e presieduto un incontro di fraternità nel Monastero Benedettino di Arpino per festeggiare i quindici anni dalla posa della prima pietra del Monastero Mater Unitatis
di Pietra Neamt, in Romania, tenacemente voluto dalla comunità claustrale
dell’archicenobio di S. Andrea apostolo, che ha festeggiato anche i 75 anni di
vita monastica di due religiose, Suor Ida e Suor Metilde, cugine originarie di
Veroli.
Il 31 ottobre, come negli anni precedenti, Mons. Donato Piacentini ha organizzato a Sora la Festa della Luce, per rispondere cristianamente ai tanti
momenti bui che talora sembrano avere la meglio: il corteo festoso, partito nel
pomeriggio da Piazza Esedra, si è diretto verso piazza S. Rocco, lanciando in
aria tanti palloncini colorati e condividendo castagne e gioia. Poi a sera nella
chiesa di S. Bartolomeo si è tenuta una veglia di preghiera e l’Adorazione eucaristica per tutta la notte e al mattino del 1° novembre la processione lungo
le vie del centro storico per concludersi con la Messa per la Festa di Tutti i
santi.
Decine di volontari provenienti da tutta la Diocesi hanno partecipato a Sora
il 31 ottobre al 1° incontro del Corso di formazione per gli operatori Caritas
sul tema Integrazione e immigrazione, guidato dalla dott. M. Grazia Baldanzi
della ASL di Frosinone.
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A partire dal 1° novembre gli Uffici di Curia a Sora hanno modificato il
loro programma, aprendo al pubblico la mattina del Lunedì, Giovedì e Sabato.
La Biblioteca e l’Archivio diocesano sono aperti Lunedì e Martedì, mattina e
pomeriggio, il Venerdì solo la mattina.
Con il mese di Novembre sono ripresi gli incontri di arte, cultura e storia
promossi dal Centro Studi Sorani “Vincenzo Patriarca” diretto dal prof. Luigi
Gulia, che ha messo in programma per martedì 12 novembre a Sora le testimonianze sul tema “Sotto le stelle alla vigilia della Liberazione: l’eccidio di
Sora del 27 maggio 1944”; venerdì 22 novembre presso il Teatro comunale di
Alvito un intervento di Ivano Capocciama su “Madame Bovary di Gustave
Flaubert” ed il 26 novembre presso la Biblioteca Comunale di Sora una conferenza del prof. Gianni Gasbarrini Fortuna sulla “Storia sanitaria del territorio provinciale. Dagli albori al primo 900”.
Le scosse di terremoto del 16 febbraio ed i violenti temporali dell’estate
hanno seriamente danneggiato la Chiesa della Madonna delle Grazie, situata
sul Monte S. Casto, a Sora e si è costituito un Comitato che si è subito messo
in moto per reperire fondi e avviare i lavori di restauro.
Anche quest’anno l’A.R.V.A.S. (Associazione Regionale Volontari Assistenza Sanitaria) di Sora ha organizzato un Corso di volontariato ospedaliero
per rafforzare l’idealità e lo spirito di carità dei volontari con competenze specifiche e supporto specialistico.
Il Palazzetto dello sport di Broccostella ha ospitato domenica 3 novembre
la Festa diocesana dei giovani, sul tema “Racconti: i giovani e il vescovo insieme”, voluta dal Vescovo e organizzata dal Servizio diocesano di pastorale
giovanile, con il contributo dei giovani rappresentanti delle diverse realtà giovanili operanti in diocesi, dall’Azione Cattolica diocesana all’AGESCI di Sora
e Roccasecca, dal cammino neocatecumenale di S. Domenico al gruppo Giovani a Lourdes, dai volontari dell’UNITALSI alla Pastorale Vocazionale e ai
partecipanti alla GMG di Rio de Janeiro. In un clima festoso e accogliente
hanno raccontato le loro esperienze di vita e di fede, hanno cantato, ballato,
animato la celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo, si sono scatenati
in un Flashmob diocesano, dandosi appuntamento per la Scuola di preghiera.
A conclusione dell’Anno della Fede, dal 3 all’8 novembre Mons. Gerardo
Antonazzo ha guidato il pellegrinaggio diocesano in Terra Santa organizzato
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dall’Opera Diocesana Pellegrinaggi, cui hanno partecipato 30 pellegrini e 5
sacerdoti, Mons. Antonio Lecce, Don Edmer Eronga, don Natalino Manna,
don Matthew Mattathil e don Francesco Cancelli. Oltre a visitare con devozione i luoghi di Gesù, sono stati portati aiuti al Patriarca di Gerusalemme a
favore dei cristiani di Terra Santa ed alle suore della parrocchia di S. Giorgio
di Turshika, vicino a Nazaret, dove sta sorgendo una scuola intitolata a S. Giuliano martire.
Dall’ 8 al 10 novembre presso l’Ostello della gioventù “Il convento” a S.
Donato Val Comino si è svolto un mini-campo di spiritualità per i giovani,
promosso dall’Azione Cattolica diocesana sul tema dell’anno “Quelli che troverete, chiamateli”.
Dal 9 al 18 novembre la città di Pontecorvo ha ricordato il Beato Grimoaldo Santamaria della Purificazione a 130 anni dalla sua nascita con una serie
di appuntamenti: ogni giorno S. Messa e incontri dei Missionari Passionisti
con gli alunni delle Scuole; venerdì 15 una catechesi con le famiglie sul tema
“La beatitudine del Focolare domestico”; sabato 16 una riflessione per gli
operatori pastorali sulla Lumen Fidei e domenica 17 la mattina, dopo la Messa,
la processione eucaristica con i bambini fino alla casa natia del Beato, e la sera
una veglia di preghiera con i giovani; per concludere lunedì 18 con la solenne
concelebrazione officiata dal Vescovo, da tutti i parroci della città e dai Padri
Passionisti delle varie comunità e dalla processione con la statua e la reliquia
del Beato.
Dall’11 al 16 novembre si sono svolti nelle sei zone pastorali, e rispettivamente a Roccasecca, Vicalvi, Sora, Pontecorvo, Castelliri e Civitella Roveto,
gli incontri dei catechisti in preparazione al Convegno diocesano del 22 e 23
novembre.
Il 16 e 17 novembre gli animatori dell’Oratorio parrocchiale Arcobaleno
di Pico si sono riuniti presso il Centro di spiritualità “Suor Teresina Zonfrilli”
a S. Giovanni Incarico con il loro parroco, don Emanuele Secondi, per un cammino di formazione rivolto soprattutto ai 12 nuovi ragazzi, che dopo aver fatto
l’esperienza del campo-scuola, si avviano a diventare animatori.
Domenica 17 novembre i 16 diaconi permanenti della nostra Diocesi si
sono incontrati a Sora per un momento di preghiera con S. Ecc. Mons. Vescovo
ed un incontro di formazione con il responsabile del diaconato Mons. Alfredo
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Di Stefano sul tema “La rivelazione divina e l’atto di proclamazione del testo
biblico”, cui è seguito un “compito a casa”.
Dal 18 al 22 novembre venti sacerdoti di Ugento-S.Maria di Leuca con il
loro Vescovo, Mons. Vito Angiuli, sono stati ospiti della nostra diocesi per la
loro Settimana di aggiornamento, che da tempo essi attuano sotto forma di
visita ad una “Chiesa sorella”, per condividerne la storia, conoscerne il territorio con le sue espressioni artistiche, risorse e problemi, la vitalità,
l’ organizzazione pastorale. Un’esperienza di comunione ancor più ricca e fruttuosa per il legame tra il nostro vescovo e la sua Chiesa di provenienza.
Il 19 novembre nella Sala parrocchiale della SS. Annunziata si è tenuto un
incontro con i collaboratori Caritas della Zona pastorale di Pontecorvo, organizzato da Luigi Mancini, responsabile del Centro di ascolto Porta aperta.
Dopo l’intervento di apertura di Suor Antonella Piccirilli sul tema “Guardare,
seguire, seminare la speranza”, ha preso la parola don Akuino Teofilo, direttore
della Caritas diocesana, che ha illustrato le difficoltà presenti e future e la necessità di puntare sull’educazione più che sull’intervento immediato e trovare
risposte concrete alle proprie e altrui difficoltà.
Il 20 novembre nella sala V. Gioia della chiesa di S. Restituta in Sora si è
riunita la Commissione per la gara di appalto per il restauro della chiesa della
Madonna delle Grazie, danneggiata dal terremoto del 16 febbraio.
Il 22 novembre il vescovo ha incontrato nella chiesa di S. Michele Arcangelo gli operatori pastorali di Arpino e Santopadre, sottolineando come sia necessario l’incontro tra Vangelo e vita e vivere l’anno liturgico come Kairòs,
spazio e tempo in cui non si ripete mai nulla e in cui Dio ci sorprende sempre.
Il 22 e 23 novembre si sono svolti a Sora, presso la chiesa del Divino
Amore a Pontrinio, due pomeriggi di studio per la formazione dei catechisti e
per la progettazione dell’anno catechistico. Il tema “Educare la risposta della
fede, formare la vita cristiana” è stato presentato dal vescovo diocesano e approfondito da Don Luciano Meddi, docente di Catechetica missionaria presso
la Pontificia Università Urbaniana.
Il 23 novembre presso il Convento di Vicalvi il Vescovo ha incontrato tutti
i sindaci della Valle di Comino per concordare un cammino comune, atto a
promuovere l’uomo nella sua interezza, dando ampio spazio ad idee, riflessioni
e progetti, soprattutto con e per i giovani.
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La Maratona Telethon a favore della ricerca per la cura delle malattie genetiche ha visto protagonista anche il nostro territorio: il Centro commerciale
Il Ponte a Pontecorvo ha dedicato agli sposi il week-end del 22 e 23 novembre
per la manifestazione “Il wedding sostiene Telethon”; il 22 novembre con la
collaborazione dell’AVIS di Aquino si è svolta presso il ristorante Al lago dei
cigni a Castrocielo una cena di beneficenza sul tema “Insieme si pedala meglio
con un piccolo gesto doni un sorriso” per concludere il 1° dicembre presso Il
Ponte con un concerto ed una sfilata di moda.
Sabato 23 novembre nella chiesa S. Maria delle Grazie a Caprile, nel Comune di Roccasecca è stato presentato il libro di Lucio Meglio “Gli Eremi
della Diocesi di Sora Aquino Pontecorvo”, che mette in luce come le coste dei
nostri monti siano ricchi di eremi grazie soprattutto alla presenza benedettina
sul nostro territorio.
La Chiesa di S. Restituta a Sora ha ospitato sabato 23 novembre la Corale
Polifonica S. Silvestro Papa e l’Orchestra Sinfonica Musici Lirienses, dirette
dal Maestro Alessandro Cedrone, per un concerto con brani di Mozart e Beethoven, grazie all’apporto di eccellenti artisti e al coro delle voci bianche Insiemecantando dell’IC 3° di Sora, diretto dal maestro Antonio Cedrone. Per
l’occasione si sono raccolte offerte per il restauro della Chiesa della Madonna
delle Grazie a Sora, danneggiata dal terremoto del 16 febbraio.
Dal 23 novembre al 1° dicembre la parrocchia S. Lorenzo M. di Isola del
Liri si è fatta promotrice di una bella iniziativa di solidarietà “Un lavoro fatto
a mano”, promossa dall’Azione Cattolica con il gruppo dei volontari della Caritas parrocchiale, a favore di chi vive momenti di difficoltà.
Il 24 novembre la Caritas diocesana ha organizzato una raccolta straordinaria per l’emergenza Filippine, messe in ginocchio dal tifone Haiyan, che ha
causato decine di migliaia di vittime e danni ingenti. Per l’occasione è stato
anche fatta una distribuzione speciale delle copie di Avvenire a sostegno delle
popolazioni colpite.
Martedì 26 novembre si è ripetuta la tradizione, ormai trentennale, dell’incontro culturale organizzato dal direttore dell’Ufficio Scuola della Diocesi,
don Mario Zeverini, per rinsaldare il vincolo di amicizia e collaborazione tra
la nostra Chiesa locale ed i Dirigenti scolastici del territorio. Il vescovo ha sollecitato i presenti a fare della scuola un autentico laboratorio di pace, a creare
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una rete di solidarietà, a migliorare il rapporto insegnanti-studenti, a potenziare
l’offerta formativa in più stretta collaborazione con le famiglie e a interagire
nel processo educativo con la parrocchia e le altre agenzie educative. Non sono
mancati suggerimenti da parte di don Giovanni De Ciantis, in qualità di psicologo, su come gestire le conflittualità.
Grazie al contributo del 5 per mille e alla grande generosità dei sostenitori
dell’Associazione Amici del Malawi sono state realizzate e inaugurate le aule
scolastiche a Balaka nel Malawi, ma il lavoro continua per completare l’opera
di costruzione di altre aule.
Mercoledì 27 novembre presso il Seminario diocesano si è svolto il 1° incontro formativo del clero sul tema della famiglia con don Paolo Gentili, responsabile dell’Ufficio Famiglia nazionale,
Per contrastare il triste fenomeno della violenza sulle donne l’Associazione
Risorse Donna Onlus ha aperto a Sora uno Sportello Antiviolenza, diretto
dalla dott. Elisa Viscogliosi, con un centralino attivo 24 ore su 24 e con possibilità di incontro con le operatrici il lunedì e il venerdì pomeriggio. Nel 2012
sono state accolte 54 donne, di cui la metà compresa tra i 30 e 40 anni e nei
primi mesi del 2013 36 nuovi casi: percentuale troppo bassa rispetto ai 212 accessi registrati al Pronto soccorso dell’ospedale di Sora con diagnosi di lesioni,
anche gravi, per cui sono state avviate ulteriori iniziative, un protocollo di intesa con la ASL, più stretta collaborazione con le Forze dell’ordine ed un Laboratorio Eco-solidale, per il reinserimento lavorativo delle donne in difficoltà,
presentate alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne il 25 novembre.
Dopo l’Estate sorana del diversamente abile, l’UNITALSI di Sora ha
messo in programma una ricca serie di attività: la Giornata di fraternità a Castrocielo la prima domenica di settembre; il pellegrinaggio a S. Rita di Cascia
il 22 settembre; il viaggio a Loreto l’11, 12 e 13 ottobre; l’incontro a Roma
nell’aula Paolo VI con Papa Francesco, il 9 novembre; il 14 novembre a Morino, ospiti della parrocchia guidata da don Bernardo Maria Trelle, accolti dagli
Alpini del posto, organizzatori della giornata; la Giornata della Fraternità a
Fontana Liri il 1° dicembre; la Giornata delle stelle di Natale il 15 dicembre
con l’impacchettamento dei regali presso il Centro Commerciale La Selva a
Sora per finanziare tutte le attività del nuovo anno 2014, in cui la sottosezione
di Sora festeggia i 20 anni di servizio a favore di ammalati e disabili.
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La strada Valcomperta 2 a Sora è stata intitolata alla memoria del Vigile del
Fuoco Sirio Corona, medaglia d’oro al valor civile, morto a Roma per una deflagrazione di gas il 27 novembre 2001 con altri tre colleghi mentre erano in
servizio in via Ventotene.
“Che io veda di nuovo!” è il tema tratto dall’icona biblica dell’anno pastorale “La tua fede ti ha salvato” e sviluppato nella Scuola della Parola per
Adulti, promossa dalla Zona pastorale di Sora con quattro appuntamenti, giovedi 28 novembre, 5, 12 e 19 dicembre sui seguenti passi evangelici: “Figlio
di Davide, abbi pietà di me!”, “Coraggio! Alzati, il Signore ti chiama!”, “Egli,
gettato il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”, “Cosa vuoi che io
faccia per te?”.
Dal 30 novembre al 9 dicembre, proprio per celebrare i suoi primi 20 anni
di vita, l’UNITALSI di Sora ha organizzato una Peregrinatio Mariae che ha
toccato le parrocchie di Fontana Liri, Arce, Aquino, Pontecorvo, S. Donato
Valle Comino, Civitella Roveto, Balsorano, Sora e Broccostella.
Venerdì 6 dicembre nella chiesa parrocchiale di Fontechiari si è tenuto un
concerto di beneficenza “Her Christmas Carol” a favore dell’AISA, Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche. Protagonisti dell’evento i
bambini del Coro dei Folletti e la cantante Manuela Villa.
Dal 1° dicembre il Centro Servizi Caritas in via Costantinopoli a Sora ha
aperto il dormitorio “Cittadini del mondo” per le persone che si trovano in
emergenza abitativa, con i primi 12 che usufruivano del servizio, frutto di una
sinergia tra Chiesa locale e Amministrazioni Comunali.
Il 5 dicembre si è svolto nel carcere di Cassino un incontro promosso
dall’Oasi mariana Betania di Alvito con la preziosa presenza del vescovo,
Mons. Gerardo Antonazzo e dell’Amministratore diocesano di Cassino, Don
Augusto Ricci. Don Alberto Mariani, fondatore dell’Oasi, ha presentato e consegnato il suo libro “Dio, appuntamento quotidiano”, accompagnato da una
meditazione musicale, un momento di riflessione e di amicizia, che ha predisposti gli animi al calore e all’amore propri del Natale.
Giovedì 5 dicembre presso la chiesa SS. Annunziata e S. Biagio di Pontecorvo il parroco della Concattedrale, Mons. Luigi Casatelli ha presentato il suo
ultimo volume sulla figura del domenicano P. Luca Spicola, nato a Pontecorvo
nel 1432, priore di S. Domenico Maggiore a Napoli, poi parroco a Gaeta e tor-
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nato infine nella sua città natia. L’incontro, presieduto dal vescovo, è stato arricchito dalla relazione del prof. Filippo Carcione, docente dell’Università di
Cassino, su “P. Luca Spicola e i temi dottrinali della predicazione domenicana
nel XV secolo”.
Sabato 7 dicembre la chiesa S. Carlo ad Isola del Liri è stata in festa per
un triplice evento: l’incontro delle Confraternite della Valle del Liri, convocate
dal responsabile diocesano don Antonio Molle, la solenne concelebrazione presieduta dal vescovo in onore della Tota Pulchra e l’inaugurazione dell’affresco
“Historia memoria populi Dei”, opera dell’artista pesarese Claudio Sacchi,
dono del parroco don Dante Gemmiti alla sua comunità per festeggiare i suoi
50 anni di sacerdozio, la maggior parte dei quali vissuti con e per la parrocchia
isolana S. Maria dei Fiori.
Come ogni anno, la ricorrenza dell’Immacolata, l’8 dicembre, ha trasformato la chiesa di S. Restituta a Sora in un giardino colorato ed una serra profumata, grazie alle molteplici composizioni floreali offerti dai sorani in segno
di gratitudine alla Vergine Maria. La novena che ha preceduto la festa è stata
animata dalle diverse realtà ecclesiali operanti sul territorio e alla vigilia il coro
“Voce dell’anima” con il concerto “Viaggio di un’anima” ha dato vita in maniera diversa alla tradizionale Serenata mariana. Dopo il rinnovo dell’”Eccomi” da parte dei membri della Confraternita, la solenne concelebrazione
eucaristica è stata presieduta per la prima volta dal vescovo, Mons. Gerardo
Antonazzo.
L’8 dicembre si festeggia anche la Giornata diocesana pro-Seminario,
di cui la Vergine Immacolata è titolare e patrona fin dalla sua origine risalente
al 1565, e per l’occasione il rettore, don Giovanni De Ciantis, ha invitato tutti
a pregare per i seminaristi e per le vocazioni al sacerdozio ministeriale ed il
Vescovo Gerardo nel suo messaggio “Con Maria, apriamo il cuore a Dio” auspica che non manchi mai nel cuore dei giovani la grazia della risposta alla
chiamata di Dio.
L’11 dicembre la Commissione di gara ha aggiudicato l’appalto dei lavori
di restauro della chiesa della Madonna delle Grazie a Sora alla ditta Nicoletti
Loreto.
In prossimità del Natale, il Vescovo Gerardo ha incontrato la mattina del
19 dicembre i rappresentanti della stampa, delle radio e tv locali per lo scambio
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di auguri e per rivolgere il suo messaggio di Natale a tutte le famiglie della
diocesi, soprattutto quelle più travagliate dai problemi sociali, dalle difficoltà
occupazionali ed economiche, dalle diverse esperienze di sofferenza. Dopo un
pensiero particolare ai giovani, sempre più privi di speranza, il Vescovo ha invitati tutti a impegnarsi a fondo perché il bene prevalga sul male.
Nel pomeriggio di giovedì 19 dicembre presso il Centro diocesano S. Luca
a Sora gli operatori Caritas hanno vissuto un momento di formazione sul
tema dell’emarginazione e dell’immigrazione, illustrato dal rappresentante
della Caritas Italiana Oliviero Forti; quindi, insieme agli altri operatori, ospiti
del Centro, hanno condiviso la preghiera guidata dal Vescovo.
A chiusura dell’Avvento e in preparazione al Natale il 20 dicembre i Gruppi
giovanili di Pontecorvo Giovanni Paolo II e Comunione e servizio hanno partecipato alla solenne adorazione eucaristica nella Concattedrale, presieduta da
don Luigi Casatelli e don Natalino Manna. Sabato 21 dicembre al termine
della celebrazione eucaristica è stato inaugurato, sempre nella Concattedrale,
l’artistico presepe che illustra la distruzione della Chiesa durante l’ultima
guerra e la sua ricostruzione. Domenica 22 i giovani del Gruppo Giovanni
Paolo II hanno messo in scena “Racconto di Natale” liberamente tratto dal romanzo di Dickens. Giovedì 26 si è esibita la Banda Davide Delle Cese diretta
dal maestro Ciccone e venerdì 27 i Giovani di Comunione e servizio hanno
realizzato un cortometraggio dal titolo “Il regalo più grande”, girato nelle
scuole, nelle case e nelle strade di Pontecorvo.
Il 22 dicembre, 4° domenica di Avvento, la Caritas diocesana ha invitato
le parrocchie a diventare corresponsabili nella giustizia per la dignità di tutti e
a ripartire dalla speranza, raccogliendo offerte per aiutare concretamente chi
in questo momento di crisi non ce la fa.
Il 22 dicembre presso la Biblioteca comunale di Sora i responsabili Pmg
Italia hanno consegnato all’Amministrazione comunale della città una vettura
attrezzata al trasporto di persone svantaggiate per rendere la loro vita più facile
e dignitosa. Gesto che è stato possibile grazie alla generosità degli sponsor.
Il Centro Servizi Caritas in via Costantinopoli a Sora il giorno di Natale si
è trasformato in una grande famiglia radunata a pranzo insieme al Vescovo, al
Direttore della Caritas, don Akuino Toma Teofilo, ai volontari e a tante persone
sole e in difficoltà, alcune delle quali usufruiscono già del dormitorio nella
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stessa sede: un gesto bello e concreto di solidarietà e di condivisione.
Il 26 dicembre in un paesaggio fiabesco e incantevole si è svolta a Valleradice la 21° edizione del Presepe vivente: più di cento personaggi in costume
d’epoca, animali, luci e musiche suggestive hanno fatto rivivere il mistero della
nascita di Gesù.
Tante le manifestazioni natalizie che nei giorni precedenti le festività hanno
impegnato docenti e alunni in concerti, recite e rappresentazioni di ogni tipo,
cui si aggiungono iniziative di altre realtà culturali, come la Mostra collettiva
organizzata dall’Associazione “Il Capricorno” inaugurata il 21 dicembre
presso la Sala polivalente “Vittorio De Sica” a Sora, mentre presso il Museo
civico della Media Valle del Liri è stata esposta per tutto il periodo natalizio la
XV Mostra di Arte presepiale, a cura dell’Associazione “Amici del Presepio”;
il 22 dicembre presso la Sala Consiliare del Palazzo Comunale di Sora si è
esibito il Quintetto di Ottoni George Gershwin Brass, su iniziativa del M°
Franco Valente della Banda sinfonica “Città di Sora”.
Fontechiari per il S.Natale si è arricchito di un Presepe “cartolina”, opera
dell’artista Emilio Rocchi, che ha riprodotto fedelmente l’ingresso al centro
storico, con la Natività posta in un locale esistente, simbolo di povertà.
“La speranza non subisce ma cambia la storia … e la terra promessa della
speranza è la fraternità. La fraternità è comunione, è condivisione, è amare le
differenze … Amare è anche sognare una Città nuova, vivibile per tutti”. Questo
ed altro ancora è stato il pensiero espresso dal Vescovo ai Sindaci, alle autorità
e ai fedeli tutti presenti nella chiesa di S. Restituta a Sora il 31 dicembre per
la Messa del Te Deum di ringraziamento, al termine del quale è stato consegnato il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace ”Fraternità,
fondamento e via per la Pace”.
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CRONACA RELIGIOSA
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LA LUCE DELLA FEDE PER ILLUMINARE IL NOSTRO FUTURO
Conferenza di S. E. Mons. Rino Fisichella per l’inaugurazione
dell’Anno Accademico della Scuola di Formazione Teologica
Isola del Liri, 29 ottobre 2013
Stiamo conoscendo e apprezzando sempre di più Papa Francesco. Il suo
stile semplice, immediato, naturale con il quale va incontro a tutti ha suscitato
la simpatia istantanea, l’affetto e il calore universali. La sua predicazione ha
consentito anche di verificare che ama riassumere il suo insegnamento in tre
punti, spesso tre verbi che vengono ripresi e ripetuti quasi a voler fissare nella
mente di chi ascolta il concetto che intende esprimere. Lumen fidei non viene
meno a questo schema. Per alcuni versi si potrebbe riassumere il contenuto
dell’enciclica in questi tre verbi: conoscere, accogliere e seguire Gesù, comportamenti che sono alla base della fede. Prima di addentrarsi nel suo insegnamento, comunque, non sarà inutile ricordare cos’è un’enciclica, e quale valore
possiede per la Chiesa.
Il termine deriva dal greco che con “ένκλύκλιοι έπιστολάι” era solito designare le lettere circolari che erano indirizzate ad alcune Chiese nelle regioni
del Ponto, della Galazia, della Cappadocia e in genere dell’Asia. Espressiva in
proposito è titolazione: “A tutte le comunità della Chiesa cattolica” che si trova
in calce al Martirio di Policarpo, uno scritto dell’anno 150 circa. Fu proprio
la destinazione universale di questi scritti che, a partire dal II e III secolo, furono chiamati “lettere cattoliche”, mentre già nel IV secolo è facile rinvenire
l’espressione “enciclica” nelle lettere che Atanasio da Antiochia e Alessandro
da Alessandria indirizzavano a tutte le Chiese sui temi allora dibattuti della divinità e umanità di Gesù Cristo. Erano scritte dall’imperatore, da papa Leone
Magno e da numerosi vescovi. Famosa rimane la “Lettera enciclica” greco-latina scritta da papa Martino I nel 649, che insieme ad altre lettere permane per
i primi otto secoli come la forma più comune di comunicazione, pur senza portare sempre in maniera esplicita il termine di enciclica. Questo, di fatto, venne
ripreso nel 1740 da papa Benedetto XIV il quale aveva intenzione di ripristinare
l’uso antico dei Papi; esso venne ripreso in maniera ormai usuale da papa Gregorio XVI nel 1831. Il termine si impone successivamente come uso comune
così che è possibile rinvenire 33 encicliche di Pio IX, 48 di Leone XIII, 10 di
Pio X, 12 di Benedetto XV, 30 di Pio XI, 41 di Pio XII, 8 di Giovanni XXIII,
14 di Giovanni Paolo II e 3 di Benedetto XVI. L’intento di un’enciclica è quello
di trattare contenuti che toccano direttamente l’autorità apostolica del Papa
come successore di Pietro. Con l’enciclica il Papa intende trattare questioni
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che toccano i contenuti della fede e della morale; per questo sono indirizzate
a tutta la Chiesa sparsa nel mondo. In esse, il Papa si indirizza anzitutto ai Vescovi in quanto “Pastore e maestro della Chiesa universale, con l’intento di
confermare e rafforzare la fede del popolo di Dio, a volte dovendo anche correggere alcuni errori che sono presenti in mezzo al popolo di Dio. Scopo di
un’enciclica, comunque, permane come quello di educare il popolo cristiano
alla maturità della fede dinanzi alle diverse sfide che le mutate condizioni storiche provocano, così da permanere sempre nell’unità della fede confermata
dal servizio apostolico reso visibile dall’insegnamento del successore di Pietro.
L’enciclica esprime il “magistero ordinario” del Papa; ciò significa che da parte
di tutti i fedeli è richiesto l’assenso. Un’enciclica, pertanto, si qualifica come
un insegnamento costante da parte del Papa il quale dinnanzi ad alcune esigenze della Chiesa risponde con l’analisi delle problematiche e la risposta che
proviene dalla Parola di Dio nella sua forma scritta e nella sua permanente tradizione viva.
L’occasione di questa enciclica è data dall’Anno della fede che Benedetto
XVI aveva voluto e che Papa Francesco si è trovato a celebrare. Confesso che
ripetutamente si era chiesto a Benedetto XVI di scrivere un’enciclica sulla fede
che venisse in qualche modo a concludere la triade che egli aveva iniziato con
Deus caritas est sull’amore, e Spe salvi sulla speranza. Il Papa non era convinto
di dover sottoporsi a questa ulteriore fatica. L’insistenza, tuttavia, ebbe la meglio e così il Papa decise che avrebbe scritto l’enciclica per offrirla appunto a
conclusione di questo Anno della Fede. La storia, come si sa, ha voluto diversamente. Oggi abbiamo questo bel testo che Papa Francesco offre alla Chiesa
per riflettere sul grande dono della fede, che è luce per la vita di ogni persona.
Le prime parole dell’enciclica riportano alla fede come luce per dare senso all’esistenza personale: “Chi crede, vede” (Lf 1). L’affermazione tanto perentoria
quanto simbolica immette immediatamente nel cuore della tematica. Si è rimandati al vangelo di Giovanni dove Gesù, tra le tante espressioni per rivelare
il suo mistero, utilizza l’immagine della luce: “Io sono la luce del mondo, chi
segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
Si è dinanzi, come si vede, a un chiaro testo di autorivelazione da parte di Gesù.
Egli è la “luce del mondo”; la sua opera si estende, quindi, oltre i confini di
Israele per raggiungere ogni regione e ogni spazio in cui vive l’uomo. Il richiamo alla luce, che con molta probabilità Gesù media a partire dai lampadari
posti sulla cima delle mura del tempio che illuminavano tutta Gerusalemme,
ha un intento universale. Non più solo la città santa viene illuminata, ma in
Gesù Cristo ogni persona che in lui crede e a lui si abbandona riceve luce.
Gesù, quindi, è più di una semplice luce notturna; egli è ormai “la luce venuta
nel mondo” (Gv 3,12), e chiunque crede in lui non può rimanere nelle tenebre
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(Gv 12,46). Da sempre egli era luce degli uomini (Gv 1,4), ma con il mistero
dell’incarnazione Gesù chiama tutti a sé per diventare “figli della luce” (Gv
12,36), e camminare in essa prima che venga il sopraggiungere delle tenebre.
Come si nota, il richiamo alla luce, indica anzitutto il valore universale che
possiede la persona di Gesù. Egli non è relegato solo a un ambito della terra o
della storia; chi vuole trovare la luce sulla propria vita ha bisogno di accostarsi
e conoscere Gesù. In secondo luogo, la luce indica la condizione personale.
L’enigmaticità che caratterizza la vita di ogni persona senza permetterle di
guardare con certezza alla propria esistenza, può dissolversi se si pone nell’orizzonte di Gesù Cristo, credendo in lui e nella sua parola. Questo tema della
luce, pertanto, descrive lo scenario significativo su cui Papa Francesco costruisce la sua riflessione. La fede in Gesù è la luce che permette a ogni persona di
ritrovare se stessa e di guardare al futuro con la serenità e pace necessaria per
vivere felice. Contrariamente, “Quando l’uomo pensa che allontanandosi da
Dio troverà se stesso, la sua esistenza fallisce” (Lf 19).
E’ bene dire da subito, a rischio di equivoci, che questa fede non rende
chi crede superiore agli altri, ma lo immette piuttosto in un sentiero di responsabilità e partecipazione, frutto del dono che ha ricevuto: “la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è
arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla
noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza
della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo
con tutti” (Lf 34).
Sorge, a questo punto, la prima considerazione sull’origine stessa della fede.
“La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo
amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e
costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo
sguardo del futuro” (Lf 4). Si potrebbe raccogliere intorno a questa espressione
l’intero contenuto della prima enciclica di Papa Francesco. Il tema dell’incontro
è un tema caro al Papa. Già parlando lo scorso 18 maggio, nella viglia di Pentecoste, a tutti i Movimenti e alle Associazioni, disse in modo sintomatico: “Incontro. Questa parola per me è molto importante: l’incontro con gli altri.
Perché? Perché la fede è un incontro con Gesù, e noi dobbiamo fare la stessa
cosa che fa Gesù: incontrare gli altri. Noi viviamo una cultura dello scontro,
una cultura della frammentazione, una cultura in cui quello che non mi serve
lo getto via, la cultura dello scarto… Ma noi dobbiamo andare all’incontro e
dobbiamo creare con la nostra fede una “cultura dell’incontro”, una cultura
dell’amicizia, una cultura dove troviamo fratelli...”. Come si nota, la fede gioca
la sua parte fondamentale nell’incontro. Due persone che si guardano e si ascol-
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tano. Prima di ogni parola, l’incontro è segnato dal fatto di esserci, di essere
presente, di poter usare le prime forme della conoscenza, quelle che stanno alla
base dell’esperienza immediata con cui si percepisce che si è amati. Se si vuole,
lo ricorda in maniera plastica il Vaticano II: “Con questa Rivelazione infatti
Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (DV 2). La
fede, in primo luogo, è Dio che mi attende. Un Dio che passa sulla strada e
posa i suoi occhi su di me. Mi chiama a partecipare della sua stessa vita. In
questo senso, è possibile verificare il primato della grazia che tocca il cuore e
lo trasforma per poter accogliere la parola di Dio per ciò che essa è realmente:
“la parola di Dio, l’avete accolta non come parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete” (1
Ts 2,13).
Papa Francesco ha usato una bella espressione per indicare questo momento primario dell’azione della grazia, quando ha detto: “Questa esperienza
nella fede è importante. Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da Lui
a chiedere perdono, ma quando noi andiamo, Lui ci aspetta, Lui è prima! Noi,
in spagnolo, abbiamo una parola che spiega bene questo: “Il Signore sempre
ci primerea”, è primo, ci sta aspettando! E questa è proprio una grazia grande:
trovare uno che ti sta aspettando”. Per questa prospettiva, che indica il primato
della grazia nella vita di fede, è bene riprendere il testo degli Atti degli Apostoli
che permette di entrare nel merito nell’azione dello Spirito Santo nel nostro
venire alla fede. Un racconto degli Atti degli Apostoli è sintomatico per accedere al tema del primato della grazia nell’atto di fede. Come è suo solito, Luca
racconta con dovizia di particolari alcuni momenti dei viaggi dell’apostolo
Paolo. Questi, dopo essersi separato da Barnaba, cominciò ad attraversare diverse regioni con l’intento di “ritornare a far visita ai fratelli in tutte le città”
nelle quali aveva già predicato il vangelo (At 15,36). Dopo aver attraversato
la Siria e la Cilicia, a Listra incontrò Timoteo, uno dei suoi discepoli più cari
e fedeli (cfr 1 Cor 16,10; Fil 2,19; Tm 3,10) che lascerà dopo di lui probabilmente nella Chiesa di Efeso (1 Tm 1,3). Proseguendo il viaggio l’apostolo raggiunse la Frigia e la Galazia per scendere poi a Troade dove, in una visione
notturna, gli viene detto di passare per la Macedonia. Obbediente alla visione,
Paolo salpa verso Samotracia per raggiungere il giorno dopo Neapoli e da qui
Filippi “colonia romana e primo distretto della Macedonia” (16,11-12). Il sabato successivo, insieme a Timoteo, l’apostolo inizia la sua predicazione alle
donne della città raccolte “fuori della porta, lungo il fiume” dove si teneva la
preghiera (16,13). Presente a questa predicazione vi era pure una donna, Lidia,
“commerciante di porpora e della città di Tiatira” (16,14) che ascoltando l’apostolo crede alla sua parola, si converte e si fa battezzare con tutta la sua famiglia
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(16,15). Il racconto della conversione non si differenzia da molti altri; qui, comunque, un particolare attira l’attenzione e merita di essere sottolineato.
L’evangelista specifica che: “Il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole
dette da Paolo” (At 16,14). Per Paolo, la fede consiste anzitutto nell’aderire
alla predicazione degli apostoli. L’aggiunta che qui viene fatta però è determinante. Si dice che per aderire a quella parola e accettarla in sé è necessario che
il Signore apra il cuore e la mente per comprendere che è veramente parola di
Dio. Non c’è dubbio che l’espressione in questione voglia far riferimento all’azione dello Spirito nell’intimo degli uomini per condurli alla fede. Solo
quando si è illuminati dallo Spirito, infatti, è possibile credere.
Un secondo aspetto originale di Lumen fidei è che la fede viene dall’amore.
Il contenuto del nostro credere, in effetti, è l’amore trinitario di Dio che si rivela
in Gesù Cristo, colui che è all’origine della fede e la porta a compimento (cfr
Eb 12,2). Di fatto, la struttura di queste pagine e i suoi contenuti sono raccolti
intorno all’amore che genera la fede e alla fede che sostiene l’amore. Come
c’è la “luce della fede”, così siamo posti dinanzi alla “luce dell’amore” (Lf
34). Per entrare nella conoscenza coerente dei contenuti della fede, quindi, è
necessario armarsi –per dirla con Pascal- delle “ragioni del cuore”. Queste permettono di accedere alla complessa tematica teologica della conoscenza per
fede che in queste pagine viene riletta alla luce della conoscenza per amore.
Dice Papa Francesco: “Chi ama capisce che l’amore è esperienza di verità, che
esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in
unione con la persona amata… l’amore stesso è una conoscenza, porta con sé
una logica nuova. Si tratta di un modo relazionale di guardare il mondo, che
diventa conoscenza condivisa, visione nella visione dell’altro e visione comune
su tutte le cose. Guglielmo di Saint Thierry, nel Medioevo, segue questa tradizione quando commenta un versetto del Cantico dei Cantici in cui l’amato dice
all’amata: I tuoi occhi sono occhi di colomba (cfr Ct 1,15). Questi due occhi,
spiega Guglielmo, sono la ragione credente e l’amore, che diventano un solo
occhio per giungere a contemplare Dio, quando l’intelletto si fa «intelletto di
un amore illuminato»” (Lf 28). E ancora: “La conoscenza della fede non ci invita a guardare una verità puramente interiore. La verità che la fede ci dischiude
è una verità centrata sull’incontro con Cristo, sulla contemplazione della sua
vita, sulla percezione della sua presenza” (Lf 30). E’ l’amore, quindi, il fondamento che consente ai credenti di costruire la loro vita sulla roccia e non sull’instabilità della sabbia. Crede chi è amato! E l’amore apre a una conoscenza
di una verità prima insperata e inattesa. Il mistero dell’Incarnazione del Figlio
di Dio offre un orizzonte di senso completo a questa prospettiva, perché la condivisione che Gesù Cristo realizza della nostra natura umana, permette che
l’amore di Dio si riveli in tutta la sua novità e originalità. Insomma, credere
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vuol dire amare e viceversa; ma amare e credere comportano l’essere trasformati, il cambiare vita, a tal punto che “Nella fede, Cristo non è soltanto Colui
in cui crediamo, la manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche Colui
al quale ci uniamo per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma
guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo
modo di vedere” (Lf 18).
Il mistero dell’incarnazione di Dio inserisce nella storia degli uomini qualcosa di radicalmente nuovo e talmente grande da trasformarne il percorso.
L’uomo è andato sempre alla ricerca di Dio per dare voce al desiderio di trascendenza che il Creatore ha iscritto nel più profondo del suo cuore. Le religioni sono l’espressione visibile di questo cammino che ha trovato forma nei
diversi linguaggi dell’umanità. La nascita di Gesù di Nazareth, tuttavia, imprime nella storia la novità della rivelazione divina. La Rivelazione di Dio in
Gesù Cristo può essere descritta come la storia del suo amore. Un amore che
si rende visibile per coinvolgere l’uomo e offrirgli la gioia desiderata e la felicità ricercata. La liturgia ci aiuta a comprendere meglio la grandezza di questo
mistero. L’antico Prefazio del Natale, mentre prepara i credenti a cantare la
lode a Dio per le meraviglie del suo amore, orienta pure a vedere la logica che
vi è sottesa: “Perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti
all’amore delle realtà invisibili”. Ciò che tutto muove nel mistero dell’incarnazione di Dio è l’amore che rapisce per rinviare a qualcosa di straordinariamente più grande. Natale è il mistero d’amore che giunge fino al Golgota, dove
diventa visibile che quando Dio ama dà tutto se stesso, senza nulla trattenere
per sé. Pasqua è amore che restituisce la vera vita, dove la gloria rifulge in
tutto il suo splendore. Pentecoste è l’Amore stesso che viene donato per sostenere il cammino della Chiesa nascente, voluta da Gesù stesso per essere testimone nel mondo della sua misericordia. Nella storia della salvezza la fede non
si allontana mai dall’amore. L’amore, genera la fede e la sostiene con la forza
della speranza. E’ questo stesso significato che emerge dalle parole dell’apostolo Pietro: “Voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete
in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta
della vostra fede, cioè la salvezza delle anime” (1 Pt 1,8-9). I destinatari della
Lettera sono identificati come coloro che amano il Signore Gesù pur senza
averlo visto. La nostra condizione di credenti, sotto questo aspetto, è identica
a quella della seconda generazione di cristiani. Noi siamo coloro che pur non
avendo visto Gesù tuttavia lo amiamo e crediamo in lui. Gesù Cristo è il contenuto della nostra fede e a lui ci accostiamo amandolo, e per questo crediamo
alla sua parola. Da qui scaturisce la forza della speranza che suscita la gioia
del credere mentre attendiamo la pienezza della nostra salvezza.
Un ulteriore tema che viene affrontato riguarda la famosa triade del “credere
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Dio”, “credere che Dio”, “credere in Dio”. Papa Francesco scrive: “Insieme al
“credere che” è vero ciò che Gesù dice, Giovanni usa anche le locuzioni “credere a” Gesù e “credere in” Gesù. “Crediamo a” Gesù quando accettiamo la
sua Parola, la sua testimonianza, perché egli è veritiero. “Crediamo in” Gesù,
quando lo accogliamo personalmente nella nostra vita e ci affidiamo a Lui,
aderendo a Lui nell’amore e seguendolo lungo la strada” (Lf 18). La sintesi
offerta da questo testo riporta a una tematica molto importante in teologia, perché al di là delle precisazioni grammaticali lascia intravvedere la sostanza della
fede. Riflettendo su queste stesse espressioni del vangelo di Giovanni, nel
Sermo de Symbolo, attribuito a s. Agostino, si legge: “Una cosa è credere a lui,
altro credere lui, altro ancora credere in lui. Credere a lui significa credere che
è vero tutto ciò che egli ha detto; credere lui equivale a credere che lui stesso
è Dio; credere in lui significa amarlo”. Come si nota, dietro una semplice
espressione si racchiude una ricchezza esistenziale che è di sostegno per l’intelligenza della fede. Il credente, infatti, dà il suo assenso non solo come un
atto di fiducia per quanto viene rivelato e per il fatto che è Dio stesso a rivelarlo.
Con l’uso di “credere in” si delinea anche un percorso fecondo per la fede.
Essa consiste in una dinamica crescita di conoscenza e di impegno per sfociare
in una comunione di vita con il Signore. Una immedesimazione in lui perché
la fede è, anzitutto, l’incontro con una persona viva che viene incontro amandomi. Credere in Gesù, pertanto, esprime al meglio la fede come un incontro
personale. Qui non si è dinanzi a una teoria né ad un mito e neppure a una comunicazione informativa su un soggetto vissuto in altre epoche. No, credere
in lui vuol dire averlo incontrato di persona, essere stati conquistati dal suo
amore, voler vivere in comunione con lui. Ecco perché, credere abilita anche
a dare senso alla sofferenza personale e quella del mondo (cfr Lf 56-57), perché
imprime nel credente la forza della speranza che niente e nessuno possono togliere. La speranza che non è la “sorella minore” (Peguy) nel rapporto tra fede
e amore, ma quella capace di trascinare l’una e l’altra verso orizzonti e mete
spesso insperate. Si comprende, quindi, il grido ribadito più volte in questi
mesi da Papa Francesco e ben espresso nell’enciclica: “Non facciamoci rubare
la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino” (Lf 57).
Questa dimensione inserisce meglio nella responsabilità della fede per
costruire una “città affidabile” (Lf 50), che costituisce la quarta parte dell’enciclica. “La fede –afferma Papa Francesco- non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei. Senza un amore
affidabile nulla potrebbe tenere veramente uniti gli uomini. L’unità tra loro sarebbe concepibile solo come fondata sull’utilità, sulla composizione degli interessi, sulla paura, ma non sulla bontà di vivere insieme... La fede fa
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comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento
ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore, e così illumina l’arte dell’edificazione, diventando un servizio al bene comune. Sì, la fede è un bene
per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l’interno della Chiesa,
né serve unicamente a costruire una città eterna nell’aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza”
(Lf 51). Costruire una società dove la famiglia permane come il cardine della
società, dove i giovani hanno lo spazio per poter guardare al futuro, dove
l’uguaglianza tra le persone è cardine per il riconoscimento della dignità della
persona e dove il rispetto per il creato è un imperativo di responsabilità per lasciare alle generazioni future il patrimonio del creato che abbiamo ricevuto.
Non posso tralasciare un tema che costituisce il terzo capitolo di Lumen
fidei: il rapporto tra fede e ragione. Papa Francesco ne parla in maniera semplice mostrando le problematiche che sono sottese a questo tema che ha tagliato
trasversalmente la storia del cristianesimo e che soprattutto ai nostri giorni merita di essere affrontato per la grande rilevanza che la scienza possiede nella
cultura e nella formazione delle persone. Accogliendo in sé il mistero di Dio
che si fa uomo per amore, il credente riesce a porre continuamente domande
con l’intendo di comprendere sempre di più ciò che già crede. Un cammino
che segna l’intera esistenza personale e della storia della Chiesa, perché è un
desiderio di conoscere per amare sempre di più; così come per l’inverso, chi
ama desidera conoscere meglio la persona amata. Nel suo Proslogion, s. Anselmo ha delle pagine di estrema profondità nel riuscire a coniugare insieme il
primato della fede e il suo desiderio di comprendere sempre di più con la ragione ciò che già crede e ama: “Insegnami a cercarti, e mostrati a chi ti cerca;
perché non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti se tu non ti mostri.
Che io ti cerchi desiderando, che ti desideri cercando, che ti trovi amando, che
ti ami ritrovandoti… Io infatti non domando di intendere perché possa credere,
ma credo perché possa intendere. Infatti anche questo credo, che se non avrò
creduto, non intenderò” (Proslogion, 1).
Un’enciclica che si poggia sull’orizzonte della luce, consente di verificare un ultimo aspetto della fede, la responsabilità e la gioia di doverla trasmettere. “Chi crede non è mai solo” (Lf 39), appartiene, infatti, a una comunità
di persone con cui si relaziona nell’amore e nella comunione; per questo è
anche “impossibile credere da soli” (Lf 39). Credere permette di pronunciare
il “noi” della comunità cristiana che forma un solo corpo perché possiede un
solo battesimo, una sola fede e una sola eucaristia. Per alcuni versi, noi siamo
chiamati ad essere l’archivio vivente della fede in Gesù di duemila anni. “Poiché la fede nasce da un incontro che accade nella storia e illumina il nostro
cammino nel tempo, essa si deve trasmettere lungo i secoli. È attraverso una
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catena ininterrotta di testimonianze che arriva a noi il volto di Gesù. Come è
possibile questo? Come essere sicuri di attingere al “vero Gesù”, attraverso i
secoli?... Non posso vedere da me stesso quello che è accaduto in un’epoca
così distante da me. Non è questo, tuttavia, l’unico modo in cui l’uomo conosce. La persona vive sempre in relazione. Viene da altri, appartiene ad altri, la
sua vita si fa più grande nell’incontro con altri. E anche la propria conoscenza,
la stessa coscienza di sé, è di tipo relazionale, ed è legata ad altri che ci hanno
preceduto… La conoscenza di noi stessi è possibile solo quando partecipiamo
a una memoria più grande. Avviene così anche nella fede, che porta a pienezza
il modo umano di comprendere. Il passato della fede, quell’atto di amore di
Gesù che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memoria di
altri, dei testimoni, conservato vivo in quel soggetto unico di memoria che è la
Chiesa. La Chiesa è una Madre che ci insegna a parlare il linguaggio della
fede” (Lf 38).
Appartenere alla Chiesa ed essere con lei partecipe di un ininterrotto processo di trasmissione della fede, abilita ogni battezzato alla missione di evangelizzare. Non può essere delega alcuna né dimenticanza o indifferenza.
Credere impegna a partecipare alla missione della Chiesa nel portare Gesù Cristo ad ogni persona in ogni luogo. La gioia della fede diventa quindi annuncio
che si fa carico di una conoscenza sempre più adeguata dei contenuti della
fede. Un percorso che nessun battezzato può tralasciare, ma che diventa un impegno permanente con cui vivere la fede. Papa Francesco, come si nota, ha voluto con questa sua enciclica richiamare tutti noi a prendere in seria
considerazione il nostro battesimo come momento di una vita nuova che merita
di essere impresso nella nostra esistenza perché inizio della vita di Dio in noi.
La fede, infatti, richiede il vedere, l’ascoltare, il toccare… insomma, tutta la
persona è coinvolta in questa avventura. Nulla è lasciato al caso. Per questo
ognuno di noi singolarmente e l’intera comunità cristiana è chiamata a rinnovare la propria adesione a Cristo in questo Anno della fede che chiede di essere
continuato come vita quotidiana.
X Rino Fisichella
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PER LA STORIA
DELLA DIOCESI
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IL BEATO LUCA SPICOLA (XV SECOLO): UN MODELLO DI
PREDICATORE DOMENICANO E DI SANTITà SACERDOTALE
DALLA “SS.MA ANNUNZIATA” DI PONTECORVO
5 dicembre 2013
FILIPPO CARCIONE*
Eccellenza Reverendissima, cari sacerdoti, dirigenti scolastici, docenti, catechisti e amici tutti.
Più volte abbiamo vissuto insieme momenti di cultura e convivialità come
quello presente, grazie all’instancabile opera di don Luigi Casatelli, il quale,
sin dal suo arrivo a Pontecorvo nel 1993, ha sempre legato la sua attività pastorale alla valorizzazione della memoria storica, convinto che un maturo
Popolo di Dio non può ignorare la propria carta d’identità. E così ci ha regalato
nel tempo tanti studi, a partire da quella che consideriamo la sua opera magna,
il libro pubblicato per l’anno giubilare sulla Concattedrale di S. Bartolomeo,
di cui è arciprete titolare. Ma le strutture poggiano sulle persone, che ne traducono il volto concreto e le rendono nel tempo credibili e autorevoli. Perciò,
in varie occasioni, la sua produzione letteraria si è rivolta agli uomini di Chiesa,
che hanno onorato il ruolo ricoperto e inciso profondamente come modelli esemplari nella formazione permanente di credenti: dai santi compatroni cittadini,
l’arciprete locale Grimoaldo garante della prodigiosa Apparizione giovannea
al contadino Giovanni Mele (avvenuta secondo tradizione in contrada Melfi
sul fiume Liri intorno all’anno 1137), e il noto predicatore francescano
Bernardino da Siena celebrato per una memorabile sosta urbana (avvenuta secondo la storiografia locale nel 1439), ai grandi nomi della storia contemporanea
come i due cardinali nativi del luogo, Gaetano Aloisi Masella (18026-1902)
protagonista di un famoso incontro con Bismarck destinato ad avviare lo smantellamento progressivo del “Kukturkampf” (1878), e Benedetto Aloisi Masella
(1879-1970) rimasto nel ricordo planetaria per aver dato il toccante “habemus
papam” nelle elezioni di Giovanni XXIII (1958) e Paolo VI (1963).
*
Pubblico, qui, con qualche necessario adeguamento letterario, la conferenza, che ho tenuto per
la presentazione del libro di don LUIGI CASATELLI, Il Beato Luca Spicola da Pontecorvo Domenicano, Arte Stampa Editore, Roccasecca 2013 (ISBN: 978-88-95101-37-8), nel contesto di una
manifestazione svoltasi la sera del 5 dicembre 2013, a Pontecorvo, nei locali della Chiesa Parrocchiale della SS.ma Annunziata e di S. Biagio, sotto la presidenza del vescovo diocesano,
mons. Gerardo Antonazzo, con il coordinamento scientifico del prof. Angelo Molle ed il patrocinio del parroco, don Natalino Manna.
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A questa galleria di magnifiche figure, il nostro Autore oggi aggiunge il
padre domenicano Luca Spicola, che a Pontecorvo ebbe i natali nel 1432, forse
nel territorio parrocchiale di S. Maria in Porta, ma poi cresciuto umanamente
e spiritualmente sotto il glorioso campanile dell’Annunziata, allora da mezzo
secolo legato all’alto magistero della scuola domenicana. Giovanissimo, indosserà il saio del suo illustre conterraneo S. Tommaso d’Aquino, portandone
dal 1454 l’impegnativa eredità prima a Napoli, dove diverrà priore di S.
Domenico Maggiore, e qualche anno dopo a Gaeta, dove lascerà la sua impronta di parroco esemplare nella locale Chiesa di S. Domenico, per poi far ritorno definitivo a Pontecorvo in prossimità di quel fatidico 1490, quando
terminava i suoi giorni proprio nella città, dove aveva visto maturare i frutti
della sua vocazione religiosa. Ivi sepolto, verrà però ben presto reclamato a
Gaeta: qui le sue spoglie mortali, nascoste con documenti d’archivio e pezzi
d’argenteria per evitare avidi saccheggi, sarebbero, però, rimaste così ben occultate da sottrarsi all’individuazione dei posteri.
Purtroppo, le scarne fonti pervenute non ci permettono appunti biografici
più dettagliati; tuttavia, quanto sappiamo è sufficiente a farci ricostruire un’attendibile cornice in cui collocare il messaggio teologico di Luca Spicola, che
la memoria domenicana già venerava poco tempo dopo la morte, alla data del
22 aprile, ricordandone il modello di vita e le proprietà taumaturgiche, di cui
aveva dato ampio saggio. Proveremo, dunque, attraverso i ricchi stimoli forniti
dal pur agilissimo testo che presentiamo (48 pp.) e sulla scorta simbolica della
ricostruzione storiografica che vi viene data, a delineare un plausibile prospetto
dei temi dottrinali che il Beato, da buon predicatore domenicano, dovette tenere
in agenda in quel tempestoso XV secolo, nonché un sunto del valore iconologico che in epilogo la sua prosopografia permette di abbozzare.
L’arrivo dei Domenicani a Pontecorvo
Approvata istituzionalmente nel 1216 da papa Onorio III, l’esperienza, cui
aveva dato avvio a Bologna il sacerdote castigliano Domenico di Guzman
(1170-1221), si caratterizza per due elementi essenziali: 1) una vita di povertà
sine proprio et commune, tanto da essere annoverato al pari della realtà francescana come un Ordine Medicante; 2) una difesa strenua dell’ortodossia, tanto
da meritare per il nome d’ogni suo membro l’originale qualifica personale con
la sigla canonica di Ordo Predicatorum.
Quest’ultimo aspetto è, insomma, l’elemento d’orgoglio in un’identità domenicana divenuta ben presto autorevolissima nelle migliori scuole europee
con i suoi ottimi docenti, tra i quali Tommaso d’Aquino (1225-1274) s’era man
mano imposto nella venerazione dei posteri come l’icona superlativa, ottenendo
nel 1323 la canonizzazione di Giovanni XXII dalla sede avignonese e susci-
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tando movimenti per gloriarsi di ospitare le sue spoglie mortali, finché nel 1369
la città di Tolosa, ormai baricentro dell’intelligenza accademica nel Vecchio
Continente, forte d’un papato al momento d’impronta gallicana, non aveva
avuto buon gioco definitivo, avocandone la traslazione da Fondi, dove il Dottore Angelico riposava dopo la morte avvenuta nella vicina Fossanova.
In questo clima, in cui il legame con S. Tommaso irradiava dentro l’universo
cristiano qualunque realtà ne rivendicasse qualche titolo, certamente anche il
suo territorio d’origine, cioè la nostra Diocesi, volle avere una parte: troppo
piccola per avanzare altri tipi di richieste dinanzi alla voce dei grossi potentati,
essa cercò almeno di avere in loco una presenza domenicana, segno imperituro
di un affetto e di una fierezza per aver dato i natali all’illustre personaggio. È
così che tra il XIV e il XVI secolo si registra gradualmente la ramificazione di
comunità domenicane: a Pontecorvo, dove dal 1382 gestiscono una preziosa
attività ospedaliera annessa all’Annunziata; a Roccasecca, dove s’occupano
della chiesa lì dedicata al Dottore Angelico all’indomani della canonizzazione;
ad Aquino, dove c’è notizia di un convento soltanto nel 1581.
Il primato pontecorvese in questa ripartizione deve, a mio avviso, essere
collegato alle tristi vicende di Aquino, che certamente nel 1581, quando il vescovo Flaminio Filonardi celebra un sinodo applicativo del Concilio tridentino,
pur restando centro diocesano de iure, ormai da tempo non lo è più de facto,
giacché l’assemblea si tiene a Pontecorvo, dove l’Ordinario risiede e dove s’avvia subito dopo il Seminario reso ormai struttura d’obbligo d’ogni Chiesa locale per la formazione del proprio clero: siamo, in sostanza, in quella marcia
della storia, che nel 1725 porterà Benedetto XIII (Cum excelsa sedis) a dare
finalmente traduzione canonica ad una concreta situazione plurisecolare, elevando Pontecorvo a sede diocesana aeque principaliter con Aquino e, conseguentemente, la Collegiata di S. Bartolomeo al rango di Cattedrale. Ma da
quando il vescovo aveva lasciato l’antica residenza di Aquino per trasferirsi a
Pontecorvo?
La storiografia, carte alla mano, deve al momento rispondere ab immemorabili. Ciò nonostante, non mancano piste per orientare un’ipotesi. In effetti,
nel 1252, Corrado IV aveva distrutto Aquino, perché nella lotta fratricida per
la successione a Federico II s’era schierata da parte dell’antagonista Manfredi.
È plausibile che questa data segni il giro di boa nella storia della città dopo i
fastigi antichi interrotti dalla distruzione longobarda nella seconda metà del VI
secolo ma ripresi radiosamente con l’ascesa della Contea emancipatasi tra IXX secolo dal rapporto di vassallaggio a Capua, di cui era stata fin lì un semplice
gastaldato. Dalla metà del XIII secolo il crollo demografico e il degrado ambientale, che seguirono alla ritorsione militare dell’imperatore transalpino, do-
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vettero sortire anche la sventura della struttura diocesana, inducendo il vescovo
a riparare nella vicina Pontecorvo, che, nata intorno all’860 come sobborgo
periferico aquinate, viveva ora il rovesciamento della precedente relazione.
Cresciuta di popolazione e di solidità economica dopo l’ingresso nella Terra
S. Benedicti a far tempo dal 1105, in salute politica e istituzionale dopo aver
ottenuto un primo statuto che nel 1190 poneva in itinere la marcia verso un’organizzazione municipale, con un clima più salubre rispetto a quello paludoso
di un Vallone aquinate abbandonato alla deriva dopo il crudo passaggio tedesco
e destinato ad un avvio di risanamento solo con l’epoca dei Boncompagni (XVI
secolo), nulla di strano che questa città s’imponesse anche come nuovo baricentro ecclesiastico locale. I Domenicani arrivano, dunque, a Pontecorvo come
prima città del territorio, perché qui nel 1382 vennero accolti da un vescovo
che con tutta probabilità, pur mantenendo il titolo di Aquino, vi risiedeva stabilmente, al di là delle traversie epocali, da almeno un secolo ed aveva ogni
interesse a fruire più direttamente del loro prestigio intellettuale e della loro
capacità operativa.
Il dibattito teologico all’epoca di Luca Spicola
Quando nasce Luca Spicola, i Domenicani era ormai arrivati a Pontecorvo
da mezzo secolo. Era stato quello un periodo di intrigate vicende ecclesiastiche
connesse ad un intenso e infuocato dibattito teologico, che possiamo ricondurre
a tre tematiche principali: A) il conciliarismo; B) la rilettura dogmatica del neoplatonismo; C) la polemica orientale.
Anzitutto, s’era consumato, non molto dopo il ritorno romano del papato
dalla cattività avignonese (1305-1370), il grande scisma d’Occidente (13781417), che, fattosi sentire in tutti gli angoli dell’Europa e, dunque, anche nella
stessa Pontecorvo, a un certo punto, con il Concilio di Pisa (1409), s’era ulteriormente complicato, portando addirittura a tre i candidati alla successione di
Pietro. C’era voluto il Concilio di Costanza (1414-1419) per rimettere ordine
in una cristianità alquanto disorientata, trovando una convergenza unitaria sulla
persona di Martino V; ma l’esito della vicenda aveva dato ansa alle tesi di
quanti in Occidente andavano accreditando il Concilio come massimo organo
di garanzia ecclesiastica, visto che le tradizionali rivendicazioni della Sede Romana quale suprema espressione di autorità sembravano essere naufragate nelle
risse di parte.
Come se non bastasse, dinanzi all’incertezza dilagante in un consesso ecclesiale che per i propri difetti stava rischiando la diaspora irreversibile dell’unità, tornava forte e cupo il velo mai dismesso del dualismo platonico
sempre pronto a strumentalizzare il vessillo agostiniano per azzerare nella vita
spirituale ogni capacità antropologica e ricondurre, di conseguenza, ogni mo-
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vimento positivo alla predestinazione di Dio, così riportando la lancetta della
storia a prima dell’impegno speculativo di S. Tommaso, che tanto s’era adoperato per restituire dignità e valore al libero arbitrio dell’uomo in un dialogo
teandrico poggiante sull’equilibrio perfetto tra fede e ragione, grazia e merito.
In questo clima, se Gugliemo Occam (1288-1349) aveva rilanciato il tema
dell’equazione tra umanità e male dopo il peccato originale, sortendo una concezione del disastro genesiaco riparabile unicamente da Dio, Giovanni Wycliff
(1320-1384) aveva rimarcato l’inutilità di qualsiasi azione umana a fini soteriologici e battuto la strada al superamento della Chiesa come depositaria d’una
mediazione sacramentale tra Dio e l’uomo, laddove la Parola dell’Onnipotente
sedimentava direttamente e imperscrutabilmente nel cuore dei suoi eletti, con
ciò liquidando l’impalcatura gerarchica, per concimare quel concetto di comunità laicale, perfezionato poi da Giovanni Hus (1371-1415), nella quale si siede
tutti alla pari in forza del Battesimo vivendo la Cena eucaristica (rigorosamente
sotto le due specie e senza letture soprannaturali) ma come adesione spirituale
alla Parola. Quantunque ancora in cantiere come agenzia di sistemazioni teologiche mature, molto protestantesimo era stato già concettualmente anticipato,
dal momento che sola fides, sola gratia, sola Scriptura sembravano ormai profilarsi come unici orientamenti esistenziali di un credente, a cui meriti, buone
opere e tradizione ecclesiastica venivano prospettati come devianti impalcature
umane. Da ciò si evincono, per effetto, i grandi temi, su cui l’apologetica domenicana era impegnata nella predicazione giornaliera, ovvero restituire credibilità alla Chiesa e ai suoi riti, specie i sacramenti di guarigione (la
Confessione e quello allora noto come Estrema Unzione), che chiamavano in
causa il suo potere di “sciogliere e legare”, nonché la capacità donatale da Dio
di ottenere l’alleviamento delle sofferenze, sia nell’oggi della storia (dalle malattie fisiche e spirituali) sia in prospettiva escatologica (dalle pene del Purgatorio), intercedendo presso l’Altissimo con la promozione di speciali momenti
di grazia (le indulgenze) o per i meriti dei suoi figli migliori (i santi).
Accanto a questi motivi, non cessava, infine, l’attenzione alla polemica mai
sopita con l’Oriente, dal momento che il grande scisma di Michele Cerulario
(1054) aleggiava incessantemente sui rapporti ecumenici con tutti i suoi effetti
nefasti, a dispetto dei recuperi unionisti più volte tentati, dei quali il II Concilio
di Lione (1274) restava nella memoria ecclesiastica come quello che più aveva
fatto sperare, giacché, almeno per un attimo, il grosso scoglio rappresentato
dall’aggiunta latina del Filioque (= Credo nello Spirito Santo che procede dal
Padre e dal Figlio) era apparso superabile alle istituzioni bizantine. L’imperatore Giovanni VIII Paleologo (+ 1282) e il patriarca Giovanni Bekkos (+ 1296)
avevano sottoscritto l’accordo, ma, rientrati in patria, avevano naufragato nella
burrasca della reazione greca, che continuava ad agitare la lista delle tradizio-
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nali posizioni anti-romane: oltre a rivendicare la processione dello Spirito Santo
solamente ex Patre (e non anche Filioque), essa difendeva l’assetto pentarchico
calcedonese (451) disposto, nelle interpretazioni più generose, a ritenere il Papa
un primus inter pares, all’interno di un’ecclesiologia, in cui non vi sono una
Chiesa madre e le altre, ma solo Chiese sorelle, al più sorelle maggiori alcune
di esse (cioè i patriarcati di Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme), aggiungendo, poi, a questi elementi teologicamente più significativi altri più banali come il rimprovero ai costumi occidentali di usare nella
liturgia eucaristica il pane non lievitato, di sospendere il canto dell’alleluja nel
periodo quaresimale, di obbligare i preti al celibato e, addirittura, di imporre
ai chierici la tonsura.
I pilastri dottrinali della formazione a Pontecorvo
In questo coacervo di tensioni, matura la formazione teologica di Luca Spicola alla scuola domenicana, che, all’ombra dell’Annunziata, lo assiste negli
studi, fornendogli una solida piattaforma dottrinale, che doveva fondarsi certamente su due pilastri: 1) il tomismo, ovvero l’inalienabile quanto prestigioso
“marchio di fabbrica”; 2) il Concilio di Ferrara-Firenze-Roma (1438-1445),
XVII Ecumenico nella storia della Chiesa, convocato da papa Eugenio IV per
rispondere ai grandi quesiti epocali, i cui decreti, al netto dei contenuti, ruotavano principalmente sul Primato pontificio, l’esistenza del Purgatorio e la processione dello Spirito Santo.
La discussione sul Primato pontificio era stata scottante nel nostro territorio:
nuclei conciliarismi avevano preso terreno a Montecassino, al punto che nel
1437 era dovuto intervenire direttamente Eugenio IV a scomunicare l’abate
Pirro Tomacelli, che parteggiava per il Concilio di Basilea, inaugurato nel 1431
e rimasto aperto anche quando, nel 1438, vista la piega anti-romana che esso
aveva preso, il Papa aveva cercato di chiuderlo d’autorità per trasferirlo a Ferrara, ma senza ottenere risultati tempestivi, visto che quell’assemblea si trascinerà ugualmente fino al 1449, eleggendo temporaneamente, nel 1439, anche
un anti-papa nella persona di Felice V.
Il primo nucleo, su cui venne preparato per la predicazione il novello frate
domenicano Luca Spicola, non poté, dunque, sicuramente disertare questo
aspetto: bisognava, infatti, riaffermare la dottrina della monarchia Petri, ovvero
che il mandato speciale, affidato a Pietro da Mt 16,18 (Tu es Petrus et super
hanc petram aedificabo ecclesiam meam) per porlo come riferimento assoluto
del collegio apostolico e organo supremo di governo nella nascente comunità
cristiana, è ereditato pienamente dai vescovi di Roma, suoi successori nella
sede dove egli mori martire, i quali nella storia sono chiamati a continuare
l’esercizio del suo ministero come tribunale ultimo della Chiesa (Roma locuta
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causa finita). Di conseguenza, il Concilio Ecumenico fonda la sua autorevolezza canonica nella misura in cui si svolge cum Petro e sub Petro, cioè è valido
se contempla la partecipazione del vescovo di Roma e si mette a servizio dei
suoi indirizzi, giammai in contrapposizione. In tal guisa, l’apologetica cattolica
del tempo, di cui i Domenicani sono tra i megafoni più qualificati, replicava
alle rivendicazioni del conciliarismo, che già da allora sedimentavano le spinte
nazionaliste degli episcopati locali, i quali attraverso rapporti di forza all’interno del Concilio intendevano portare la voce e gli interessi delle corone nazionali che si andavano allora consolidando e che, nei secoli a venire, terminato
il loro processo di emancipazione, confezioneranno quell’assolutismo di stato
invasivo finanche per la speculazione teologica, laddove prenderà a sponsorizzare, con bieca strumentalizzazione, prodotti ecclesiologici drasticamente
anti-romani come il gallicanesimo e il febronianesimo.
Non di meno, i chiarimenti in merito avevano effetti benefici nel contenere
le spinte della polemica sul fronte orientale, ribadendo che il Primato pontificio
è molto più che una tollerata preminenza onorifica di un patriarcato sugli altri,
in quanto non era stato dettato da contingenze storico-politiche che un tempo
avevano fatto di Roma la capitale dell’Impero, bensì scaturiva da una precisa
volontà del Cristo, che, pur avendo dato a tutti gli apostoli il potere di sciogliere
e di legare (Mt 18,18), aveva però anch’essi compreso nella subordinazione a
Pietro, laddove finiva per riservare esclusivamente a quest’ultimo l’imperativo
di pascere le sue “pecorelle (Gv 21,15-17).
I temi della predicazione a Napoli
Il successivo segmento biografico, che vede Luca Spicola operare dal 1254
nel quartier generale domenicano di Napoli costituito dalla Chiesa di S. Domenico Maggiore, si scontra con un ambiente regio particolarmente diffidente
nei confronti del papato: qui la corona aragonese s’era dovuta affermare con
forza sugli Angioini, che erano stati sostenuti da Roma, al punto tale che nel
1437 il papa Eugenio IV era giunto a scomunicare Alfonso I, definendolo usurpatore. Nel 1443 c’era stata una pacificazione formale, ma la rotta di collisione
era rimasta tutta tra soggetti istituzionali che correvano, senza potersi incontrare, su rette parallele della storia, in quanto da un lato il Papato continuava
a guardare il Regno di Napoli con un’ottica conservatrice di stampo feudale
pretendendone una relazione vassalla in ogni movimento, mentre dall’altro lato
il Regno di Napoli, sull’onda delle trasformazioni europee, non solo pativa
ogni giorno di più l’ingerenza ma, al contrario, cominciava ora a ritenere le
strutture ecclesiastiche del proprio territorio come un corpo gregario, quanto
gli altri, alla ragione di stato. E nel 1463 le tensioni mai spente erano di nuovo
esplose crudamente proprio a riguardo del nostro territorio, allorché la Santa
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Sede aveva incamerato Pontecorvo sotto il suo diretto dominio temporale, soffiandola al Regno di Napoli, che avrebbe volentieri occupato la città, per farne
un prezioso avamposto nei suoi confini settentrionali.
In attrito con il Papa, gli Aragonesi, che precedentemente avevano sostenuto
il partito conciliarista, ora lasciavano campo libero alla circolazione di idee alternative alla dottrina romana con lo scopo preciso di indebolirne l’ascendente
ecclesiale. E così l’occamismo con i suoi derivati aveva larga fortuna nell’insegnamento di scuole e accademie napoletane. Si può, pertanto, ritenere a buon
diritto che in Napoli la predicazione domenicana, di cui Luca Spicola, a un
certo punto, non è solo semplice interprete ma addirittura responsabile come
priore di S. Domenico Maggiore, sia intervenuta nelle tematiche, che sedimentavano ampiamente già nel secolo precedente i contenuti dottrinali delle Chiese
riformate. È fin troppo facile pensare al giovane frate dell’Annunziata, oggi
maturo predicatore di punta nel grande capoluogo del Meridione, impegnato a
sua volta ad anticipare gli elementi dottrinali che caratterizzeranno il chiarimento tridentino, ma che già la grande lezione tomista ingloba sostanzialmente
tutti nel suo arsenale teologico, laddove esprime la pazienza della scolastica a
colmare i vuoti lasciati dall’agostinismo al di là della meritoria e sacrosanta
diga fatta a suo tempo contro la deriva pelagiana, che, leggendo il peccato originale come reatum personae e non reatum naturae (colpa personale di Adamo
non trasmessa al genere umano), aveva ridotto il cristianesimo a vuota precettistica, intorno alla quale ruota la capacità o la deficienza dell’agire etico
umano, arbitro esclusivo della partita soteriologica.
Alla morsa tra le opposte esagerazioni dell’ottimismo pelagiano, che svilisce l’insegnamento evangelico come capitolo della filosofia morale, e del pessimismo agostiniano radicalizzato dall’occamismo, che abbandona l’uomo
nell’angoscia di una tetra predestinazione, la scuola domenicana del tempo
sfuggiva con sano equilibrio insegnando che, sebbene il peccato originale abbia
comportato un guasto antropologico esponendo intelletto e volontà ad una maggiore seduzione del male (concupiscenza), l’intervento di Dio (grazia) soccorre
senza sosta tutti i gli uomini, nessuno escluso, tramite l’azione della Chiesa e
dei suoi sacramenti, ottenendo ai peccatori il perdono celeste non per cieca
predestinazione ma per la loro libera risposta positiva (buone opere) all’offerta
salvifica schiusa dall’espiazione vicaria di Cristo: offerta che l’infinita misericordia dell’Onnipotente giunge a protrarre oltre i confini della storia per i penitenti che in vita non hanno avuto tempo di riparare alle loro colpe con
adeguata soddisfazione (Purgatorio) e che, in una comunione d’amore tra i
vivi e i morti, mentre offrono la loro Quaresima escatologica a riscatto proprio
ma anche come benigna preghiera per chi hanno lasciato in terra, possono veder
alleviato il debito ultraterreno per i suffragi della Chiesa ancora pellegrina nel
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corso dei secoli (indulgenze) e per i meriti eccedenti della stessa Chiesa già
adunata nella Domenica senza tramonto (intercessione dei santi).
I temi della predicazione a Gaeta
Non sappiamo per quanto tempo Luca Spicola abbia soggiornato a Napoli
e, di conseguenza, in quale momento preciso di quei decenni centrali della seconda metà del XV secolo abbia avuto corso il suo trasferimento a Gaeta, dove
avrebbe mantenuto, comunque, il suo impegno di predicatore con carico di
speciale responsabilità, esercitando l’ufficio di parroco nella Chiesa di S. Domenico. Una lettura superficiale del dato potrebbe far pensare ad un regresso
di carriera dopo il suo licenziamento dal capoluogo del Mezzogiorno, ove non
si consideri a sufficienza nella mappa domenicana l’importanza della nuova
destinazione, donde nel 1318 il vicario generale dell’Ordine, Roberto da S. Valentino, aveva fatto partire nientemeno che la petizione alla Santa Sede per la
canonizzazione di S. Tommaso. Qui il Golfo ospitava quel superbo porto tirrenico, quasi a metà strada tra Roma e Napoli, storico crocevia di traffici internazionali tra sud e nord della penisola, con capacità di proiezione nelle
grandi isole e, da lì, verso tutto il bacino occidentale del Mediterraneo, polo
d’attrazione per mercanti e commercianti d’ogni specie, che a quell’epoca,
anche se pallido ricordo del vecchio potentato medievale, ancora ostentava ad
arte i blasoni goduti dal vecchio ducato bizantino, mantenendo un tasso di presenze orientali rimasto discreto all’inizio dell’età moderna, allorché la demografia urbana accusa addirittura qualche recupero per effetto di esodi che, dopo
l’avvento della turcocrazia (1453), si diramano da Costantinopoli in tutto l’Occidente e, particolarmente, nei luoghi, dove, come nel nostro caso, potevano
riscoprirsi antichi vincoli di sangue.
È giocoforza che la predicazione di Luca Spicola abbia potuto concentrarsi
qui sulla materia della controversia greco-latina, in particolare su un’adeguata
spiegazione del Filioque, fruendo del riferimento superlativo costituito in merito
per la scuola domenicana dal Contra errores graecorum di S. Tommaso, che,
sulla linea della patristica latina espressa da Ambrogio e Agostino, difende la duplice processione dello Spirito Santo, consacrando una teologia della Terza Persona come risultato dell’eterno dialogo (Amor) tra Padre (Amans) e Figlio
(Amatus), la cui comunione è tale che tutto quanto è della Prima Persona è anche
della Seconda Persona, contro ogni prospettiva ontologica che, insinuando capacità esclusive della Prima (come appunto l’essere la sola fonte in grado di far
procedere la Terza), finisse per rivitalizzare l’antico subordinazionismo ariano
includente nel rapporto trinitario categorie divisive di maior e minor, ante e post.
Del resto, una certa recrudescenza di motivi polemici non poteva non essere
viva in un ambiente, dove gomito a gomito si celebravano riti con usi liturgici
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differenziati, a partire dal diverso passaggio del Credo, che gli Orientali recitavano rigorosamente secondo l’assetto letterario niceno-costantinopolitano,
ritenendo un’interpolazione abusiva l’aggiunta latina del Filioque, diposti,
tutt’al più, ad ammettere, sulla linea della patristica greca espressa da Atanasio
e i Cappadoci, che “lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio”, ovvero
insistendo sulla distinzione del rapporto tra l’Uno e l’Altro in ordine alla Terza
Persona, per evitare che una loro confusa miscela ipostatica vanificasse la sussistenza trinitaria in una deriva modalista. In un simile contesto, dando seguito
alle deliberazioni fiorentine che, in una lungimiranza ancora troppo avanti per
la lentezza storica dei capricci umani, concedevano il pluralismo liturgico nella
recita del Credo (sia con che senza il Filioque), Luca Spicola potrebbe essere
stato uno degli alfieri, che, pur attento a non permettere il bollo ereticale della
propaganda greca sulla tradizione latina e ferma restando la fede reciproca
della parti nella perfetta consustanzialità trinitaria, avrebbe cercato di anticipare
la distensione ecumenica.
Un modello di santità sacerdotale
Nemmeno è dato conoscere il tempo, in cui Luca Spicola rientrava all’Annunziata di Pontecorvo per trascorrere i suoi ultimi giorni prima dell’esodo
eterno censito all’anno 1490. Leggendo l’icona che, al termine del suo pellegrinaggio terreno, lasciava a quanti l’avevano amato e che nei primi decenni
del XIX secolo ancora riempiva d’entusiasmo il cuore cittadino interpretato
sublimemente dalla vena poetica dell’arcade Pietro Pellissieri (1762-1831),
dottrinario di S. Marco, possiamo scorgere una personalità concentrata nell’incarnazione magistrale delle tre virtù teologali. È un esempio che parla a tutti i
fedeli, ma che certamente detta in modo più specifico un modello di santità sacerdotale. Emerge infatti dalla sua vicenda particolare:
1. un testimone di fede (uomo della Parola): campione eccellente del carisma
domenicano, predica incessantemente in tutte le sedi, in cui opera, rischiarando
le menti nelle intemperie d’un poliedrico Quattroe fruitocento, che da un lato
provoca continuamente le scosse dell’ortodossia e prepara il terremoto protestante del secolo venturo, dall’altro riattizza i motivi della plurisecolare controversia greco latina e rallenta di nuovo l’anelito del movimento ecumenico;
2. un testimone della speranza (uomo dell’Ascolto): interprete attento e premuroso del ministero presbiterale, nelle sue esperienze pastorali di priore a
Napoli e parroco a Gaeta si distingue particolarmente per la presenza nel confessionale ad accogliere il grido di dolore del peccatore pentito e per la corsa
puntuale al capezzale dei moribondi onde raccoglierne l’ultimo lamento ed alleviarne l’angoscia del trapasso con il sacramento dell’Estrema Unzione (oggi
chiamato e amministrato più lucidamente come Unzione degli Infermi);
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3. un testimone di carità (uomo dell’Impegno): educato alla scuola domenicana di Pontecorvo, dove i tempi di studio e di preghiera s’alternavano puntualmente con l’attività ospedaliera, porta con sé, ovunque si muove, una
speciale sensibilità verso i malati, a cui offre la sua dedizione integrale, ovvero
al corpo, mettendo a frutto le competenze infermieristiche maturate in gioventù,
e all’anima, affidando quotidianamente la salute eterna di ciascuno all’intercessione dei santi, anzitutto la Vergine, alla cui devozione era cresciuto contemplandola con il titolo dell’Annunziata: quella Vergine che chissà quante
volte, nel corso della sua vita, doveva aver pregato tenendo a mente le parole
imputate al suo illustre conterraneo d’Aquino:
«Beatissima e dolcissima Vergine Maria, Madre di Dio tutta piena di bontà,
Figlia del Re dei cieli, Signora degli Angeli e Madre dei credenti: oggi e per
tutti i giorni della mia vita ripongo nelle tue mani pietose il mio corpo e la mia
anima, e tutti i miei atti: pensieri, volontà, desideri, parole e opere, tutta la mia
vita e tutta la mia morte [S. Tommaso]».
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RECENSIONI
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LUCIO MEGLIO, Gli Eremi della Diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo.
Percorsi di storia, fede e natura, Sora 2013.
Le coste dei nostri monti, dagli Ernici agli Ausoni, passando per gli Aurunci
e per il Serra Lunga, sono tutto un brulicare di luoghi sacri nella cui memoria
religiosa si coglie la storia e l’essenza del nostro territorio che da sempre ha
rinvenuto, anche nell’ambito geografico, le sue coordinate culturali, storiche
ed ambientali. Frutto della presenza benedettina nella Diocesi di Sora-AquinoPontecorvo, i numerosi eremi ancora oggi esistenti nelle nostre zone, costituiscono un tesoro unico, nel suo genere, che ci vede assieme all’Abruzzo, regione
con quasi cento eremi, tra i luoghi più ricchi per la loro originale e ricca presenza nel centro Italia.
È questo l’oggetto di studio dell’ultimo volume di Lucio Meglio, che si avvale della prefazione del vescovo, mons. Gerardo Antonazzo. Nel volume si
mette a disposizione dei lettori una mappa spirituale puntuale, con la quale si
ricostruisce un lungo e prezioso percorso della memoria del nostro territorio.
Per ogni eremo, sotto forma di schede analitiche, l’autore validamente presenta
oltre all’ubicazione, la datazione, le notizie storiche ed il percorso per raggiungerlo. Il libro è stato presentato a Sora lo scorso 11 dicembre 2013 in occasione
di un seminario di studio dal titolo: Storie e leggende di montagna. L’evento,
organizzato dall’Università degli Studi di Cassino e dal CAI sezione di Sora,
ha visto la partecipazione del Vescovo diocesano che ha tenuto una lezione sul
tema Essere eremiti oggi.
Il volume è rivolto agli appassionati della montagna, ai cultori degli spazi
liberi e profondi, agli innamorati delle nostre radici, e a chiunque voglia avventurarsi nella scoperta di questi affascinanti luoghi, con il consiglio di farsi
inebriare e trascinare dalla bellezza folgorante e struggente dei paesaggi raccontati, rappresentati e descritti per cogliere l’armonia dolcissima della natura
e nutrirne lo spirito.
Romina Rea
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ENEDINA D’IGNAZIO, L’eredità monastica nella Valle Roveto,Sora 2013.
Il testo è una tesi di laurea di alcuni anni addietro. L’argomento trattato
sull’eredità monastica della Valle Roveto è di estremo interesse per la conoscenza delle caratteristiche di questo territorio e della sua storia. Si tratta
infatti di uno dei due elementi fondamentali della sua civilizzazione: l’incastellamento e l’opera di evangelizzazione dei monaci. L’autrice ha condotto
un lavoro minuzioso di ricerca, sintetizzando una vasta gamma di fonti per descrivere quanto attualmente è ancora possibile sapere sull’attività monastica
nei secoli passati nella Valle Roveto.
L’esposizione è coinvolgente per la passione che ha ispirato un non facile
scavo d’archivio e rivela l’affetto per questi luoghi poco noti ma di incantevole
bellezza. Il testo e le illustrazioni, dovute alla collaborazione di uno specialista
dell’arte della fotografia Antonio Claudio Piselli, ci parlano di avvenimenti
della storia e dei nomi delle diverse contrade.
E’ possibile anche scoprire, attraverso quanto di esse rimane, alcune particolarità della vita degli abitanti della zona e l’importanza della presenza nella
Valle Roveto dei benedettini già durante l’alto Medio Evo. Una presenza che
ebbe un notevole influsso sugli abitanti, rendendo vivibile questa zona e donandole una propria fisionomia e un senso della vita che ancora oggi è una
delle caratteristiche della Valle.
(dalla Presentazione di Dario Rezza).
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NELLA PACE DEL SIGNORE
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Mons. Giovanni Costantini
La mattina del 21 ottobre 2013, presso la Casa di riposo di Civitella
Roveto, è deceduto Mons. Giovanni Costantini. Era nato a Isola del Liri il 2
gennaio 1932, in una famiglia di esemplare vita cristiana, che lo aveva educato
alla fede e alla ricerca della volontà di Dio. Prima nel Seminario di Sora, e poi
nel Pontificio Seminario Maggiore di Roma aveva maturato una solida formazione teologica e spirituale che lo aveva portato all’Ordinazione sacerdotale,
ricevuta per le mani del Card. Clemente Micara il 10 aprile 1955.
Tranne i primi mesi di sacerdozio trascorsi come vicario collaboratore
nella Parrocchia di S. Donato V. C., dall’8 dicembre 1955 la vita sacerdotale
di Don Giovanni è stata spesa interamente nell’Arcipretura S. Maria Assunta
in Piedimonte S. Germano alto. Le distruzioni subite dal paese durante il secondo conflitto mondiale impegnarono Don Giovanni prima nella ricostruzione
della Chiesa parrocchiale, poi nell’abbellimento e arricchimento artistico con
mosaici e affreschi e l’adeguamento alla riforma voluta dal Concilio Vaticano
II. Il suo amore per la solennità e la nobile dignità della liturgia lo indusse a
dotare la Chiesa di un ottimo organo a canne, oltreché di tutte le sacre suppellettili. Nell’arco di quasi sessant’anni, l’azione pastorale di Don Giovanni si è
dispiegata in tutte le direzioni e in tutte le forme. L’educazione del popolo alla
“piena, consapevole e attiva partecipazione” (S. C. 11 e 14) alle celebrazioni
liturgiche è stata posta alla base del suo sacerdozio, suscitando la ministerialità
dei laici e il loro coinvolgimento nella vita parrocchiale, senza tralasciare la
devozione popolare nelle sue diverse espressioni, care al popolo di Piedimonte,
come i pellegrinaggi, specialmente quello alla Madonna di Canneto, e le confraternite. L’attenzione particolare del suo cuore sacerdotale era rivolta ai ragazzi ( i chierichetti), ai malati, agli anziani, a quanti si trovavano in difficoltà
economiche: per tutti senso di paternità, di vicinanza, di accompagnamento
per la crescita umana e spirituale. Le sue doti di intelligenza avevano fatto chiamare Don Giovanni all’insegnamento presso la Scuola del Seminario e ad accettare l’incarico di Direttore dell’Ufficio amministrativo di Aquino e, per un
breve periodo, dell’ Ufficio amministrativo dell’intera Diocesi.
Negli ultimi anni le precarie condizioni di salute avevano rallentato il
suo dinamismo pastorale, e anche quando nel 2008 aveva dovuto lasciare l’incarico di Parroco, non aveva voluto assolutamente abbandonare la “sua” Piedimonte, e per tutti era sempre il sacerdote da ricercare e da consultare. Solo
negli ultimi mesi aveva accettato il ricovero presso la Casa di Civitella Roveto,
che era diventata meta di frequenti visite da parte dei suoi parrocchiani, che
non potevano rassegnarsi alla lontananza del loro “arciprete”. L’affetto e la ri-
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conoscenza del popolo e della Chiesa di Sora-Aquino-Pontecorvo si sono manifestati in occasione dei funerali, che sono stati celebrati nella “sua” Chiesa
di Piedimonte alto il 23 ottobre, con la partecipazione del Vescovo Mons. Gerardo Antonazzo, di moltissimi sacerdoti, delle autorità civili, ma soprattutto
di tanta gente che ha voluto ringraziare il Signore per il dono di un sacerdote
santo come Don Giovanni.
Mons. Antonio Lecce
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SOMMARIO
DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE
GMG - Omelia del Santo Padre al Santuario di Aparecida
GMG - Discorso al termine della Via Crucis
GMG - Omelia nella Cattedrale di Rio
GMG - Omelia nel Lungomare di Copacabana
Messaggio del Santo Padre Francesco ai partecipanti
alla 47ª settimana dei cattolici italiani
Video-messaggio del Santo Padre Francesco per il terzo
Festival della Dottrina Sociale della Chiesa
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8
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35
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ATTI DEL VESCOVO
Lettera per il Progetto pastorale diocesano
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45
- OMELIE
Omelia per l’inizio dell’anno pastorale
Omelia per l’inizio del ministero pastorale di don Ercole Di Zazzo
Omelia per l’inizio del ministero pastorale di don Tommaso del Sorbo
Omelia per la Solennità di Tutti i Santi
Omelia per l’istituzione del Lettorato
Omelia per la solennità dell’Immacolata
Omelia per il Santo Natale 2013
Omelia per la celebrazione della conclusione dell’anno
»
»
»
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63
70
73
76
79
87
90
95
- DECRETI
Giornata del Seminario
Fondi CEI otto per mille anno 2013
Ufficio Diocesano per l’Arte Sacra e i Beni Culturali
Statuto-Regolamento Consulta Diocesana delle Aggreg. Laicali
Consiglio di Amministrazione I.D.S.C.
Nomine
»
»
»
»
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103
105
108
109
111
113
DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA
Conferenza Episcopale Italiana - Consiglio Permanente
Comunicato Finale
“Giovani protagonisti nell’agricoltura”
Messaggio per la 63ª Giornata del Ringraziamento
“Generare futuro” - Messaggio del Consiglio Episcopale
Permanente per la 36ª Giornata Nazionale per la vita
Messaggio della Presidnza della Conferenza Episcopale Italiana
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- MESSAGGI
Messaggio ai Dirigenti scolastici, Insegnanti, Genitori e Alunni
Messaggio per la Giornata del Seminario Diocesano
Messaggio di Natale 2013
Telegrammi
- LETTERE
Lettera ai Sacerdoti, Religiosi e Diaconi
Lettera per l’Avvento
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118
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122
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123
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127
129
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133
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139
141
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148
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ATTI DEGLI UFFICI E CENTRI PASTORALI
Consiglio dei Vicari
Consiglio di Curia
Ufficio per l’evangelizzazione e la catechesi
Ufficio Liturgico Diocesano a servizio della liturgia
Ufficio Liturgico Diocesano
Ufficio Liturgico Diocesano per la pastorale familiare
Ufficio Caritas/Migrantes
Interventi / Antiusura
Fondo antiusura diocesano - GOEL - Fondi CEI otto per mille
Tributi ordinari 2012
Giornate
Azione Cattolica Diocesana
Le Confraternite
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»
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184
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190
191
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194
196
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MOMENTI DI VITA DIOCESANA
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199
- ARTICOLI
Chiesa del concilio
La collegialità del popolo di Dio
Sogno una Chiesa madre
Una Chiesa di carne, non di stoffa
Con Maria, in cammino alla ricerca di Dio
Vergine bruna e compagna di viaggio
Prefazione al libro “Gli Eremi della Diocesi di
Sora-Aquino-Pontecorvo”
Presentazione del libro “Gli Eremi della Diocesi di
Sora-Aquino-Pontecorvo”
- AGENDA PASTORALE
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CRONACA RELIGIOSA DELLA DIOCESI
Conferenza di E. E. Mons. Rino Fisichella
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PER LA STORIA DELLA DIOCESI
Il Beato Luca Spicola
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RECENSIONI
Lucio Meglio “Gli Eremi della Diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo” »
Enedina D’Ignazio “L’eredità monastica della Valle Roveto”
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NELLA PACE DEL SIGNORE
Mons. Giovanni Costantini
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RES ET ACTA
DOCUMENTAZIONE DI VITA DIOCESANA
Direzione/Redazione/Amministrazione
Curia Vescovile – Sora
Tel. 0776/831082 – fax 0776/820160 – Sito : www.diocesisora.it
E-mail: [email protected]
Da conservarsi nell’archivio parrocchiale
Stampato in proprio
In copertina:
Francesco Villamena (1564 circa–1624),
particolare Ritratto del cardinale Cesare Baronio (1538-1607)
Grafica di Gabriele Pescosolido
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2013-II-Bollettino-ufficiale - DIOCESI di Sora Cassino Aquino