Cultura
L’ultima pubblicazione a firma di papa Benedetto XVI.
Sabato, 1 dicembre 2012
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■ Feste e nomi
Attenti a non farsi
scippare la tradizione...
“S
ull’onda di una sempre più
invadente cultura dominante,
molto spesso alimentata dal
consumismo, il 25 dicembre è diventato
il compleanno di Babbo Natale, Pasqua
è stata trasformata in una ‘festa di
primavera’, Ognissanti indossa le maschere
di Halloween”: cosa sta succedendo alle
feste cristiane? Se lo chiede Mimmo
Muolo, vaticanista di “Avvenire”, nel
libro “Le feste scippate. Riscoprire
il senso cristiano delle festività”
(Ancora editore). Un “invito a prendere,
o riprendere, consapevolezza del tesoro
incommensurabile che nella liturgia
- e soprattutto nel suo fulcro, che è
l’Eucaristia - la Chiesa ci offre durante
l’anno”, scrive Muolo: “Perché la fede in
Cristo non è una dottrina politica o una
fede filosofica, ma l’incontro con una
Persona Viva, che intesse con noi un
rapporto di amore”.
LIbro
I
n sintonia con i ritmi dell’anno
liturgico Benedetto XVI offre
“L’infanzia di Gesù”, il terzo libro
su Gesù di Nazaret, definito una sorta
di “sala d’ingresso ai due precedenti
volumi” (p. 5). Mentre la Chiesa ha
appena celebrato la solennità di Cristo
re dell’universo e si prepara ad un nuovo
tempo di avvento, il lettore è portato al
processo di Gesù, che si svolge davanti
allo scettico Pilato. Nel pretorio del
governatore romano risuonano alcune
domande, che hanno il significato
dell’eternità: tra queste, Pilato domanda
a Gesù: “Di dove sei tu?” (Gv 19,9). Dove
è l’origine di Gesù? A Nazaret, in cui egli
ha vissuto circa trent’anni o a Betlemme,
dove è nato? Questa domanda si sono
posti per primi gli scrittori dei Vangeli,
anzi, essi hanno scritto proprio per
rispondere a tale questione.
Il Papa richiama la testimonianza di
Matteo e Luca, che sebbene in modo
diverso pongono la genealogia di Gesù
come introduzione di Gesù e del suo
ministero. Per Matteo tutta la storia che
comincia con Abramo - storia salvifica
- è diretta verso Gesù, compimento
e portatore della benedizione di Dio,
affidata inizialmente al patriarca, che
aveva creduto contro ogni speranza,
giungendo persino ad offrire in
sacrificio il proprio figlio (cf. Gen.
22, 16). La genealogia di Matteo, in
cui sono presenti anche donne non
ebree, cosicché per loro tramite tutto
il mondo delle genti entra e si anticipa
la missione di Gesù nei confronti non
solo del popolo eletto, ma anche delle
genti, termina in modo diverso dal ritmo
serrato che precede. Riguardo a Gesù
non si parla più di generazione, ma di
nascita da Maria. “Maria è un nuovo
inizio – spiega il Papa - il suo bambino
non proviene da alcun uomo, ma è
una nuova creazione, è stato concepito
per opera dello Spirito Santo” (p.16).
Così, l’origine di Gesù è decisamente
inserita nel mistero: con Giuseppe egli
appartiene alla storia di un popolo, erede
delle promesse di Dio, tramite Maria
egli viene da Dio. “Solo Dio è nel senso
proprio il Padre suo. La genealogia degli
uomini ha la sua importanza riguardo
alla storia del mondo. E, ciononostante,
alla fine è Maria, l’umile vergine di
Nazaret, colei in cui avviene un nuovo
inizio, ricomincia in modo nuovo l’essere
persona umana” (p.16).
La genealogia di Luca (3, 23 – 39)
sviluppa queste convinzioni; nel
presentare Gesù all’inizio del suo
ministero pubblico afferma che egli era
ritenuto figlio di Giuseppe e da questi
risale lungo gli antenati sino ad Adamo,
figlio di Dio. La domanda circa l’origine
di Gesù diventa ancora più pressante.
Spiega Benedetto XVI: “Egli congiunge
la fine con l’inizio e fa capire che Gesù
ricapitola in sé a partire da Adamo, tutti i
popoli che fin da Adamo si sono dispersi,
e tutte le lingue, anzi, l’umanità intera
come tale” (p. 19). Qui c’è un elemento
in più: in Gesù e nella sua origine sono
coinvolti tutti gli uomini: la questione
riguarda anche noi.
Da dove egli è? La domanda risuona con
forza nel prologo del quarto Vangelo.
Qui la domanda del razionalista Pilato
trova adeguata risposta. Giovanni non
riporta una genealogia umana, ma ha il
coraggio di sondare l’eterno e rimarca
che l’origine divina di Gesù riguarda
anche noi. “L’uomo Gesù è l’attendarsi
del Verbo, dell’eterno Logos divino, in
questo mondo. La carne di Gesù, la sua
esistenza umana, è la tenda del Verbo:
l’allusione alla tenda sacra dell’Israele
peregrinante è evidente” (p. 20). Gesù è,
per così dire, la tenda dove l’uomo può
incontrare Dio. Inoltre, l’origine di Gesù
è anche il principio e la causa prima di
tutto: “tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che
esiste” (Gv 1, 3). Così si può accogliere la
risposta circa la vera identità, annunciata
ancora una volta dal Successore di
Pietro: “Egli viene da Dio. Egli è Dio”!
Ora nella novità assoluta dell’origine
divina di Gesù c’è posto anche per la
novità della nostra origine: “a quanti
lo hanno accolto ha dato potere di
diventare figli di Dio: a quelli che
credono nel suo nome, i quali non da
sangue, né da volere di carne né da
volere di uomo, ma da Dio sono stati
generati” (Gv 1, 12 – 13). All’origine
ci siamo anche noi insieme al Figlio
eterno. Se tutti i credenti sono, di
per sé, stati generati da sangue e
da volere di uomo, “la fede – dice il
Papa – dona loro una nuova nascita:
entrano nell’origine di Gesù Cristo,
che ora diventa la loro stessa origine.
In virtù di Cristo, mediante la fede in
Lui, ora siamo stati generati da Dio”
(p. 21). Attraverso questo excursus
si scorge la novità: nell’origine di
Gesù Cristo c’è misteriosamente, ma
realmente presente anche l’uomo.
Anzi, l’origine di Cristo è la nostra vera
origine e la fede in Gesù, Figlio di Dio,
ci dona una nuova provenienza: ci fa
nascere da Dio. In questo aspetto si
vede bene l’intento di Benedetto XVI,
che è quello non semplicemente di
avvicinare testi antichi, ma in quanto
divinamente ispirati, evidenziare in che
modo riguardino anche noi. L’Avvento
potrebbe essere vissuto nella prospettiva
indicata: nella ricerca e nell’adesione alle
proprie origini; in questo modo il Natale
ci riguarderà veramente da vicino.
Il vescovo monsignor Diego Coletti
presenterà il libro del Papa venerdì
7 dicembre, alle ore 16.30, presso il
Cinema Excelsior di Sondrio.
MARCO DOLDI
“Siamo davanti a un problema di
assunzione di responsabilità. La voce
delle sirene è stata più forte della voce
convincente di chi era ed è abilitato alla
trasmissione della continuità della fede:
ciò che non può più funzionare è la delega
ad altri”. Così monsignor Rino Fisichella,
presidente del Pontificio Consiglio per la
promozione della nuova evangelizzazione,
interviene nella prefazione. Secondo
mons. Fisichella, si tratta di un problema
di “linguaggio”, ciò che esprime “non
solo quello che siamo ma ciò che crea
la condizione per una data cultura”: “Se
continuiamo a indirizzarci alle feste con
nomi pagani - ammonisce l’arcivescovo
-, il loro uso diventa pagano, anche
all’interno della nostra realtà ecclesiale”.
Doveroso, allora, “recuperare l’uso del
linguaggio religioso senza timori”: “Non si
tratta - precisa monsignor Fisichella - di
una forma di conservatorismo, ma di avere
la capacità di guardare con lungimiranza
al nostro futuro, sapendo che abbiamo
realmente qualcosa da trasmettere e che
dobbiamo trasmettere alla luce di ciò che
siamo”.
Come i mass media hanno contribuito allo
scippo del senso cristiano delle feste?
La riflessione è di Marco Tarquinio,
direttore di “Avvenire”, il quale riconosce
la “superficialità” dei mezzi d’informazione
nel “dare per scontato” un certo
linguaggio. Così “nel giro di pochi anni si
è passati dalla Commemorazione dei morti
alla festa di Halloween, perché si ritiene
che questa sia un grande affare”: “Tutto
quello che ci è stato tolto, compresa la
domenica”, secondo Tarquinio, “è stato
motivato da questioni economiche, da
esigenze di produttività”. “Ricominciare
a viverle in modo contagioso” è, dunque,
“l’unica strada per riappropriarci del
tempo di Dio, e del senso della festa come
momento sacro, intoccabile”.
Don Roberto Seregni. Il giovane sacerdote diocesano sarà «fidei donum» in Perù.
Anche per l’anno C tornano i Vangeli in jeans
È
disponibile nelle librerie “Vangeli in jeans
C”, l’ultimo libretto di don Roberto Seregni,
missionario “fidei donum” nella diocesi di
Carabayllo in Perù. I predecessori, “Vangeli in
jeans A e B”, lo inseriscono in un cammino di
preparazione all’itinerario di fede, di ascolto
della Parola, di preghiera degli anni liturgici,
che ora si conclude con l’evangelista Luca. L’amico don Simone Piani, dall’Ufficio per la Liturgia della Diocesi di Como, in un breve spazio
introduttivo alle omelie di don Roberto spiega
la composizione, il ritmo, il significato di ogni
anno liturgico. Perché ogni gesto si nutre di un
senso, rimanda ad altro. Le riflessioni vogliono
raggiungere soprattutto i giovani, e insieme tutti
coloro che desiderano confrontarsi con la Parola dentro lo scorrere dell’anno. Un libro dal linguaggio immediato, d’effetto, quotidiano, come
l’esperienza di Dio a cui desidera condurre. Lo
afferma un suo lettore, citato nell’introduzione: «le sue pagine profumano più di strada che
di sacrestia». In effetti il desiderio dell’autore è
quello di tornare alla Parola letta, amata e contemplata nel quotidiano. Le pagine nascono da
due esperienze di ascolto: della Parola di Dio e
della parola dei fratelli. Come dice don Bruno
Maggioni nella prefazione: «don Roberto è appassionato del Vangelo e sa coglierne il centro
senza disperdersi in inutili particolari. E poi sa
leggere i giovani con i quali vive[…]. Così la sua
lettura dei passi evangelici, e la vivace esposizione che ne fa, è frutto di due percorsi che si
intrecciano: dal Vangelo ai giovani e dai giovani al Vangelo. Sta in questo intreccio il metodo
corretto per cogliere il Vangelo nella sua verità
e nella sua attualità». I ringraziamenti sono una
tra le parti più interessanti di un testo per cogliere lo scenario relazionale di cui si nutre. Quelli di don Roberto fanno ben intendere come le
sue pagine nascono da «un’alchimia fra vita e
Parola». Ogni commento domenicale è organizzato secondo i tempi liturgici dell’Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua e Ordinario. Seguono le
omelie delle solennità e feste dell’anno. Il centro
di ogni capitolo è anticipato da espressioni di altri autori, che battono il passo al lettore in cammino. Attraverso questi tre anni di scrittura don
Roberto è divenuto sempre più consapevole che
«prima di tutto devo essere un buon ascoltatore
della Parola per poter condividere qualcosa con
chi mi sta vicino... Quando qualcuno mi presenta come scrittore a me viene da ridere. Più che
“uno che scrive” mi sento “uno che ascolta”. In
questi anni ho imparato la ferialità dell’ascolto
della Parola. Certo il silenzio, ma anche l’attenzione a saper discernere quei luoghi o quegli
incontri nei quali lo Spirito sussurra». Nel frattempo don Roberto si è lanciato nella stesura di
altri libri e lo scrivere si è intrecciato con l’esperienza missionaria: «In seminario don Bruno
Maggioni ci disse che non è il missionario a far
correre la Parola, ma è la Parola a far correre il
missionario! Aver lavorato a questi tre libretti mi
ha aiutato a mettere al centro la Parola e a rendermi disponibile per questa nuova esperienza
missionaria». (Lu. Sc.)
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Anche per l`anno C tornano i Vangeli in jeans