Osservare per comprendere e agire
nella classe multiculturale
Il Quaderno dell’inte(g)razione nelle scuole italiane e d’Europa
L’esperienza europea Portfolio of Integration
a cura di Lorenzo Luatti
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Comenius Multilateral Project | Grant agreement number: 518717-LLP2011-IT-COMENIUS-CMP
La presente pubblicazione è stata finanziata con il sostegno della Commissione Europea.
Gli autori sono gli unici responsabili dei contenuti e delle opinioni in essa espresse e la
Commissione declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle
informazioni in essa contenute.
Partner del progetto POI – Portfolio of Integration
Oxfam Italia (Italia)
Clarus Advisory services (Grecia)
Izmit Province Directorate of National Education (Turchia)
Academy of Business Administration and Health sciences (Polonia)
University of Glasgow (Regno Unito)
I materiali online realizzati dal progetto Portfolio of Integration (POI) sono
disponibili sul sito: www.poiproject.org
Traduzione dall’inglese a cura di Alice Baini
Oxfam Italia
Via Concino Concini, 19 – 52100 Arezzo
Tel. 0575-401780 – fax 0575.401772
www.oxfamitalia.org
Coordinatore generale del progetto: Francesco Lucioli
[email protected]
Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 presso il Centrostampa TipoLitografia di Arezzo
Distribuzione gratuita
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INDICE
Presentazione
Prima Parte
Il Quaderno dell’inte(g)razione: acquisizioni e prospettive
Accompagnare l’integrazione. Un Quaderno per osservare e agire nella classe
multiculturale, di Graziella Favaro
1. Uno strumento sperimentato, per ciascuno e per tutti
2. Un Quaderno per osservare e per osservarsi
3. I tempi dell’osservazione
4. Nelle stanze dell’integrazione
5. Sguardi diversi
6. Struttura del Quaderno: strumenti “chiusi” e sollecitatori “aperti”
7. La scuola fa uguaglianza?
Dal Quaderno dell’inte(g)razione al Portfolio of Inte(g)ra(c)tion: dieci anni di
riflessioni e pratiche nelle scuole italiane, di Lorenzo Luatti
1. Un po’ di storia: il Quaderno e il percorso di ricerca-azione
2. I suggerimenti emersi dalle sperimentazioni
3. Almeno una volta
4. Nota conclusiva
Il Quaderno dell’inte(g)razione, occasione di formazione per gli insegnanti, di
Elio Gilberto Bettinelli
1. Il QdI, strumento per rilevare e accompagnare i percorsi di integrazione
2. Osservare le relazioni
3. Sollecitatori e setting didattico
4. QdI e valutazione degli alunni
5. Il profilo dell’alunno
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Seconda Parte
Le esperienze nazionali
L’esperienza POI nelle scuole scozzesi, di Stephen McKinney, Hazel Crichton,
Alan Britton, Julie E. McAdam, Ewelin Arizpe
1. Il contesto scozzese per il Portfolio of Integration
2. L’adozione del Quaderno dell’integrazione in Scozia
3. Riflessioni sull’esperienza formativa del Quaderno dell’integrazione
4. Raccomandazioni
5. Conclusioni
Semi che crescono in terre straniere, di Gökçen Aktaş
1. Introduzione
2. L’integrazione scolastica
3. Nota conclusiva
Gli studenti immigrati: una speranza per la demografia polacca e una sfida per
l’istruzione nazionale nell’esperienza progettuale Portfolio of Integration, di
Wanda Baranowska e Małgorzata Kosiorek
1. Gli immigrati in Polonia: la base per costruire l’esperienza nel POI
2. Gli immigrati nelle scuole polacche
3. Il corso pilota POI
4. Il Quaderno dell’integrazione: i risultati della sperimentazione
5. Le caratteristiche principali del POI: i profili selezionati degli studenti
osservati con il Quaderno dell’integrazione
L’esperienza realizzata nelle scuole di Arezzo, di Lorenzo Luatti
1. I docenti “osservatori”
2. Osservazioni su alcuni indicatori
3. Aspetti di forza e di criticità
I cambiamenti della migrazione in Grecia, di Nikoletta Ntelli
1. Il contesto dell’immigrazione in Grecia e i cambiamenti intervenuti
2. Esperienza nazionale: i risultati del focus group
3. La necessità di uno strumento come il Quaderno dell’integrazione
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Contenuti online (www.poiproject.org)
Il Quaderno dell’inte(g)razione/Portfolio of Integration
Il Manuale e le Linee guida POI
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PAGINA PARI BIANCA
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Presentazione
Non potevamo certamente immaginare nel lontano 2002, quando con
Graziella Favaro elaborammo e sperimentammo la prima versione del
Quaderno dell’Integrazione, che tale strumento avrebbe percorso tanta strada
fino a giungere, dopo quasi un decennio di sperimentazione in Italia, nelle
scuole d’Europa. È stato un lungo cammino svolto in compagnia di tanti
docenti di città e ordini di scolarità diversi che, con passione e determinazione
professionale, hanno compreso le ragioni e le opportunità di una proposta
formativa, di ricerca azione, accompagnata e supervisionata, che ha consentito
loro di formarsi una visione più ampia e fondata dei processi di integrazione
scolastica e sociale dei loro allievi stranieri. La soddisfazione professionale che
abbiamo costantemente registrato tra i docenti al termine dei percorsi di
osservazione ha fornito la spinta per la diffusione in Italia del Quaderno e,
negli ultimi due anni, in Europa, grazie al progetto Portfolio of Integration
(POI), i cui risultati sono parzialmente documentati in questa pubblicazione.
Se dovessi spiegare le ragioni di questo longevo successo del Quaderno
dell’integrazione potrei richiamare, innanzitutto, la “adattabilità” dello
strumento ai diversi contesti e situazioni (a cui talvolta, tuttavia, si è chiesto
fin “troppo”, come nel caso qui documentato della sua applicazione tout court ai
bambini e ragazzi che hanno fatto ritorno nel Paese di origine dei genitori); e
dunque la sua flessibilità che consente ai docenti, soprattutto dopo un primo
periodo di rodaggio indispensabile per entrare in confidenza con gli strumenti
di osservazione proposti, di “metterci del proprio”, calandolo nella specifica
realtà in cui essi operano. E poi è da sottolineare la capacità del Quaderno di
contribuire a costruire una visione ampia e olistica, tendenzialmente
completa, sui fattori (e sulle interconnessioni) che disegnano i cammini
dell’inte(g)razione. E ancora: l’opportunità di scambiarsi i diversi punti di
vista, le differenti rappresentazioni, le esperienze pregresse e le osservazioni
raccolte durante il percorso, all’interno di un gruppo di docenti in
formazione, ha sempre costituto e costituisce, come emerge anche
dall’esperienza POI, un aspetto di forza della proposta.
L’esigenza (progettuale) di giungere ad una versione condivisa, ha spinto ad
elaborare un nuovo “Quaderno” che raccoglie solo alcune delle proposte di
modifica e integrazione emerse e validate nei corsi POI in Polonia, Scozia,
Turchia e Italia. Si tratta di integrazioni che riteniamo generalmente valide e
utilizzabili nei diversi contesti/Paesi – anche differenti da quelli del POI – ove
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sono presenti flussi migratori in entrata nel sistema scolastico. Così facendo
forse sono andate perdute nella documentazione pubblicata – ma non nelle
esperienze nazionali dei docenti coinvolti – le specificità dei singoli contesti
nazionali, le proposte di strumenti e le attenzioni declinate sulla specifica
realtà Paese; oggi tuttavia possiamo contare con una versione del “Quaderno”
che ha superato il test europeo, pur con i limiti e le potenzialità evidenziate
nei contributi raccolti nella seconda parte di questa pubblicazione.
Nella sua prima parte, invece, vengono presentati i riferimenti teorici e
metodologici del Quaderno dell’Inte(g)razione, nonché una sintetica
ricostruzione e analisi dei principali risultati e acquisizioni maturati nel corso
della sua decennale esperienza nelle scuole italiane. Questa prima parte è
curata da Graziella Favaro e Lorenzo Luatti, ideatori del “Quaderno”, e da
Gilberto Bettinelli che ha contribuito in modo decisivo, fin dalla
sperimentazione biennale condotta a Firenze, al rinnovamento dello
strumento. La seconda parte, come accennato, raccoglie i contributi di sintesi
di studiosi e operatori che hanno seguito le esperienze nazionali realizzate con
il progetto POI: Stephen McKinney, Hazel Crichton, Julie McAdam, Ewelin
Arizpe e Alan Britton riportano gli esiti dell’esperienza scozzese, con
riflessioni e proposte; Gökçen Aktaş relaziona sull’esperienza realizzata nelle
scuole turche del distretto di İzmit; Wanda Baranowska e Małgorzata
Kosiorek presentano l’esperienza polacca, evidenziando le forti specificità di
quel contesto; Nikoletta Ntelli infine si sofferma sui risultati dei focus group
con docenti greci sui temi dell’integrazione scolastica degli allievi immigrati.
In tali contributi sono descritti i contesti entro cui sono state realizzate le
sperimentazioni, sono proposte analisi dei materiali significativi prodotti dagli
insegnanti coinvolti, e infine sono proposte riflessioni e suggerimenti, anche di
prospettiva, sull’esperienza realizzata e il Quaderno.
Protagonisti assoluti di questo percorso e dell’esperienza complessiva, oltre ai
soggetti partner, sono state le insegnanti dei paesi europei del progetto POI.
Grazie ai loro suggerimenti e alle loro competenti osservazioni, questa
proposta formativa con i suoi strumenti didattici di osservAzione, escono
ulteriormente rafforzati, e destinati – è il nostro augurio – ad avere nuove
applicazioni. Agli insegnanti del POI va pertanto il nostro più sentito
ringraziamento.
Lorenzo Luatti (27 settembre 2013)
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Prima Parte
Il Quaderno dell’inte(g)razione: acquisizioni e prospettive
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PAGINE PARI BIANCA
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Accompagnare l’integrazione.
Un Quaderno per osservare e agire nella classe multiculturale
di Graziella Favaro, Centro Come, Milano
([email protected])
È raro che i risultati scolastici di un bambino siano determinati
da un solo fattore, benché potente. La probabilità di sconfitta o
di successo di un bambino è incrementata o diminuita da una
costellazione di forze e di fattori. B. Cyrulnik
1. Uno strumento sperimentato, per ciascuno e per tutti
Il Quaderno dell’integrazione ha accompagnato in questi anni un numero
significativo di insegnanti e di educatori nell’osservazione delle dinamiche e
dei cammini d’integrazione dei bambini e dei ragazzi stranieri di recente
immigrazione. Lo ha fatto agendo soprattutto lungo due direzioni: da un lato,
proponendo sollecitatori e indicatori per raccogliere dati, descrivere e
analizzare le situazioni di ciascun alunno, confrontare il prima e il dopo.
Dall’altro lato, esso ha promosso l’azione e le pratiche a partire
dall’osservazione: ha invitato a operare per migliorare e rivedere i dispositivi
di accoglienza, attivare attenzioni linguistiche mirate ai bisogni dei singoli
apprendenti, favorire un clima relazionale inclusivo nella classe e nei luoghi di
incontro extrascolastici.
Uno strumento duttile e flessibile che conta su una sperimentazione
decennale.
È infatti del 2002 la proposta di utilizzare sei indicatori di integrazione per
osservare le dinamiche di inserimento dei bambini e dei ragazzi stranieri a
scuola (Favaro, 2002) e risale a poco tempo dopo la prima stesura del
Quaderno (Favaro, Luatti, 2004). Nel corso della sua diffusione e dell’utilizzo
accompagnato, lo strumento si è via via arricchito, integrato e rinnovato (vedi
in questo libro il contributo di Luatti). La sperimentazione nelle scuole di
alcuni Paesi europei e la versione ampliata che qui viene proposta sono
un’ulteriore prova dell’uso aperto del Quaderno attraverso il quale si disegna
un cammino d’integrazione che si fa camminando.
A dieci anni dalla sua prima sperimentazione, uno strumento di osservazione
aperto e flessibile come il Quaderno dell’integrazione deve oggi proporre e
sollecitare un allargamento dello sguardo. Gli insegnanti osservatori sono
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invitati a guardare nelle due direzioni, portando l’attenzione ai bambini e ai
ragazzi della migrazione, ma, al tempo stesso, anche alla classe multiculturale
nel suo insieme. Il gruppo eterogeneo per provenienze, bagagli autobiografici,
biografie scolastiche e linguistiche è infatti un microcosmo in ebollizione fatto
di interazioni quotidiane, percorsi di apprendimento singolari, storie di
inclusione declinate al plurale.
Il Quaderno dell’integrazione, nella sua versione aggiornata, è dunque uno
strumento utile per “gestire” la classe nel suo insieme, oltre che per
accompagnare il cammino dei singoli. E tuttavia, senza per questo perdere di
vista i più “vulnerabili”, coloro che arrivano un giorno nella classe, spesso
all’improvviso e spesso senza poter condividere almeno per un po’ la propria
storia. I bambini e i ragazzi stranieri che si trovano catapultati, talvolta senza
essere stati preparati, nel nuovo ambiente del quale non conoscono regole e
riferimenti impliciti ed espliciti, vivono infatti la fatica di doversi riadattare e
ricominciare da capo. Essi compiono un grande sforzo di ri-orientamento,
spesso senza poter contare, all’interno della loro famiglia, su figure di
mediazione efficaci, che li prendano per mano e facciano almeno per un po’ da
bussola lungo il cammino.
Un ambiente che accoglie chi viene da lontano dovrebbe essere colmo di tutori
di resilienza: risorse, dispositivi, figure professionali e strumenti in grado di
accogliere la vulnerabilità di coloro che vivono lo sradicamento e di
trasformarla in capacità di resilienza per far fronte alla nuova situazione.
Attenzioni che mettono in grado chi accoglie di agire in maniera positiva e chi
è accolto di trovare in tempi rapidi il proprio posto a scuola e nel nuovo
mondo.
Boris Cyrulnik afferma che i minori che hanno vissuto delle situazioni
traumatiche e di “frattura” nella propria storia possono sempre inaugurare un
percorso di neosviluppo resiliente, a patto che sul loro cammino trovino
almeno una stella (Cyrulnik, 2009). Chi può essere per loro “una stella”? È un
adulto che accompagna i passaggi per un certo tempo, che fa da “traghettatore”
e punto di riferimento; indica loro la strada per evitare smarrimenti e
abbandoni. Sono soprattutto gli insegnanti e gli educatori a potere diventare
“stella”, accompagnando con competenza ed efficacia il cammino
d’integrazione dei bambini e dei ragazzi neo arrivati.
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2. Un Quaderno per osservare e per osservarsi
Il Quaderno dell’integrazione è stato pensato proprio per contribuire ad
affinare lo sguardo e sostenere una modalità di osservazione partecipante di
coloro che accompagnano le storie d’integrazione. Esso funziona come un
diario di viaggio che può servire a raccontare le conquiste e gli impacci;
registrare dove siamo arrivati, che cosa è successo lungo il tragitto e quale
strada si snoda ancora davanti.
Può funzionare come un vero e proprio tutore di resilienza perché presuppone
un’attenzione mirata, sollecita risposte specifiche, permette di registrare
conquiste e criticità. Serve ad accompagnare gli alunni passo dopo passo
nell’avventura quotidiana dell’apprendimento della seconda lingua, nel
dispiegarsi delle relazioni con i coetanei, nel conquistare un loro posto dentro
la nuova scuola e dentro un tempo ancora tutto da inventare.
La direzione dell’osservazione che propone il Quaderno può apparire a prima
vista lineare e monodirezionale: l’insegnante - o meglio, gli insegnanti, a
coppie, a tre, in piccolo gruppo - osservano i bambini stranieri e le loro
dinamiche di integrazione nel corso del tempo. Lo fanno almeno due volte
l’anno; all’inizio e dell’inserimento e nella fase conclusiva dell’anno scolastico
per coglierne le conquiste, i passi avanti o, viceversa, gli impacci, le soste e gli
scacchi. Anche questi ultimi sono importanti per la scuola, per capire se le
iniziative di integrazione si rivelano efficaci oppure no, se il processo mostra
segni di avanzamento o di stasi, se le dinamiche di integrazione sono vivaci e
hanno il segno positivo oppure se vi è una situazione di ripiego e di disagio.
Anche il setting dell’osservazione, previsto dal Quaderno, è ora ben definito:
vi sono gli insegnanti osservatori e vi sono i bambini e ragazzi “osservati” in
determinati contesti e con strumenti più o meno “aperti”. In realtà, molti di
più sono gli aspetti e gli attori che entrano in gioco nel momento
dell’osservazione e numerose sono le direzioni che essa può prendere. Innanzi
tutto, coloro che osservano non sono soggetti neutri che guardano e
registrano, ma sono essi stessi “osservati”, dal momento che il cammino di
integrazione si compie e si realizza in maniera bilaterale e partecipata, sia da
parte di chi è accolto che da parte di chi accoglie.
Gli insegnanti etnografi osservano dunque gli alunni stranieri, ma osservano
anche se stessi.
Vi sono poi i bambini e ragazzi di recente immigrazione, colti nel momento in
cui muovono i primi passi dentro la nuova scuola e poi ri-osservati in una
seconda fase, dopo alcuni mesi dall’inserimento. Non sono “oggetti” di
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osservazione, ma diventano essi stessi osservatori partecipi, di se stessi e del
contesto che li accoglie, invitati a prendere la parola e a raccontarsi, sia in
italiano che in lingua madre.
3. I tempi dell’osservazione
In termini temporali, l’uso del Quaderno prevede, come abbiamo detto, uno
spessore diacronico, dal momento che le osservazioni sono raccolte in due
diversi momenti dell’anno e che quindi vi è il racconto di un cammino mentre
si sta facendo, il diario di un andare dinamico, e non la registrazione di una
situazione statica.
E veniamo al contesto, ai luoghi, agli “oggetti” e agli spazi osservati: dove si
colloca l’osservazione e che cosa si osserva? Vi è la scuola, innanzi tutto, con le
sue logiche e pratiche di inserimento, più o meno efficaci, più o meno
burocratiche, talvolta rigide, altre volte più flessibili e mirate. Vi è poi
l’oggetto “seconda lingua” per comunicare e per studiare: tema al centro delle
attenzioni e delle domande degli insegnanti, al quale vengono in genere
attribuiti i poteri taumaturgici della “buona” integrazione, talvolta
enfatizzandolo o drammatizzandolo. Vi sono poi il contesto della classe,
microcosmo di relazioni, inclusioni o esclusioni e il mondo dell’extrascuola,
del quartiere o della zona, dei luoghi dell’incontro e del tempo libero, della
socialità o della solitudine.
E infine vi è un’attenzione esplicita nei confronti del bambino o ragazzo
straniero e della sua storia, di un altrove spesso rimosso, negato o
semplicemente ignorato e dei temi della memoria e del futuro. Quali tracce,
riferimenti, ricordi del prima e dell’altrove la scuola “autorizza” e accoglie o,
viceversa, quali messaggi di svalorizzazione e di non riconoscimento passano in
maniera esplicita o silenziosa? Quando la memoria non ha modo di collocarsi
in maniera fluida e naturale dentro il presente, grazie ai fili pazienti e continui
della ricomposizione della propria storia, essa rischia di pesare troppo sul qui e
ora e di schiacciare la possibilità stessa di pensare il futuro e di pensarsi al
futuro.
Il Quaderno dell’integrazione è dunque una sorta di punto/luce che serve a
illuminare, non solo l’angolo di una stanza, e cioè il dato specifico
dell’inserimento scolastico dell’alunno straniero, ma anche ciò che vi sta
intorno, accanto, fuori e che troppo spesso viene consegnato al cono d’ombra
e all’invisibilità.
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4. Nelle stanze dell’integrazione
All’origine del Quaderno ci sono le molte domande che gli insegnanti e gli
operatori si sono posti in questi anni, e che ancora si pongono, a proposito di
integrazione degli alunni stranieri.
Quando si può affermare che un bambino o un ragazzo immigrato sono “bene
integrati”? Come valutare i loro progressi? Come misurare i livelli linguistici?
E perché alcuni restano a lungo isolati e in disparte? Che cosa succede fuori
dalla scuola?
Tanti quesiti che colgono, da un lato, le molte facce dell’integrazione, la
varietà e la complessità dei cammini individuali, ma che vorrebbero,
dall’altro, poter contare su risposte chiare, protocolli da seguire, strumenti da
utilizzare.
Il Quaderno fornisce certamente alcune bussole e ancoraggi, dà indicazioni di
percorso e strumenti di osservazione, ma apre anche a nuove domande,
sollecita confronti e piste di lavoro da esplorare. Alla base dello strumento vi è
una chiara consapevolezza: l’integrazione è un percorso che attraversa molte
stanze, che interessa spazi di vita e luoghi diversi, che si compie a scuola e
fuori dalla scuola, nei luoghi dell’apprendimento e nei luoghi comuni delle
relazioni elettive e amicali.
Una pluralità dei contesti è dunque chiamata a costruire processi di inclusione,
fare posto a coloro che vengono da altri luoghi e ora ci abitano accanto; è
chiamata a trasformarsi diventando luogo “meticcio” e per tutti.
Il Quaderno sollecita a esplorare le molte stanze dell’integrazione: la scuola, la
nuova lingua, le relazioni in classe, il tempo extrascolastico e l’abitare la città,
la stanza del “prima” in cui si colloca la storia, la lingua e i riferimenti culturali
di origine e quella del futuro, dove trovano posto la motivazione e il progetto
personale in fieri.

Il primo ambito da esplorare è ovviamente la scuola. Lo strumento di
osservazione chiede innanzi tutto di fare il punto sulla scuola plurale e sulle
sue modalità organizzative: le risorse e i dispositivi, le attenzioni e i materiali,
la formazione degli insegnanti e le acquisizioni comuni. E invita gli insegnanti a
conoscere meglio il proprio ambito di lavoro, spesso dato per scontato o
misconosciuto.

Un secondo punto di attenzione è rivolto alla situazione linguistica e al
cammino di apprendimento/insegnamento della seconda lingua (L2).
L’obiettivo che lo strumento osservativo si pone è quello di rendere comuni e
maggiormente condivisi fra i docenti di una stessa classe e di una stessa scuola i
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riferimenti di base, le modalità di valutazione, le descrizioni dei livelli e degli
stadi di interlingua, in modo tale da evitare, per quanto possibile,
discrezionalità, pressapochismi, drammatizzazioni o sottovalutazioni del
compito.

Alle relazioni in classe e nel tempo e spazio extrascolastici, il
Quaderno dedica grande attenzione e invita a osservare le dinamiche tra pari e
ad esplorare anche il mondo e il tempo extrascolastico degli alunni stranieri.
In questi vent’anni e oltre di pratiche di integrazione, la scuola ha proceduto
spesso adottando un modello di tipo compensativo e cercando di dare risposta
ai bisogni immediati e visibili degli alunni stranieri, alle lacune linguistiche,
alle difficoltà di orientamento e di accoglienza. Sono quasi sempre rimaste
nell’ombra le dinamiche tra pari che si venivano nel frattempo sedimentando,
le reciproche rappresentazioni, costruite anche a causa dei discorsi pubblici
allarmati e lo stigma che via via penalizza gli appartenenti a gruppi diversi.

E infine, il Quaderno cerca di portare l’attenzione su una dimensione
che viene spesso rimossa o trattata in maniera folclorica, quella della storia
personale, delle tracce del Paese di origine, della biografia linguistica,
scolastica, relazionale condotta altrove. Non tanto per mettere il bambino o il
ragazzo neoarrivati sotto il riflettore, costretti a ricordare ciò che alcuni
vorrebbero invece in una prima fase rimuovere, ma per ribadire la
consapevolezza che una buona integrazione può avvenire solo a partire
dall’integrazione del Sé, delle parti diverse della propria storia che compongono
l’identità singolare di ciascuno.
5. Sguardi diversi
Come abbiamo visto, il Quaderno invita a osservare le dinamiche
dell’integrazione dentro una pluralità di contesti, ma sollecita anche l’incrocio
e il confronto tra una pluralità di sguardi. Vi sono le osservazioni che vengono
raccolte dai docenti di classe e quelle proposte dall’insegnante facilitatore di
italiano L2 e talvolta esse possono divergere. Succede infatti che un alunno
possa essere descritto come silenzioso e “congelato”, se osservato in classe e
nel grande gruppo, o invece come espressivo nel gruppo piccolo e in una
situazione meno ansiogena.
Il confronto tra percezioni e valutazioni diverse rende l’osservazione meno
soggettiva e più articolata, ma è anche un’occasione per esplicitare la
“dimensione nascosta” e i riferimenti impliciti che agiscono sullo sfondo: l’idea
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di integrazione, le aspettative diverse, le cornici che informano la valutazione
espressa dagli uni e dagli altri.
Il Quaderno invita poi a raccogliere lo sguardo dell’alunno straniero su se
stesso, sul proprio cammino, sulle conquiste, i timori, le motivazioni, le
strategie di apprendimento messe in atto. I frammenti del racconto
autobiografico possono essere sollecitati attraverso canali diversi, a seconda
dell’età e della storia personale: usando domande e sollecitatori aperti e
proposti in italiano; invitando a raccontare e ad esprimersi nella propria lingua
d’origine; attraverso il disegno e l’illustrazione.
La cosa importante è quella di prendersi il tempo tutte le volte che è possibile
per mettersi in ascolto, raccogliere il racconto anche mentre si sta formando,
fare spazio allo sguardo del bambino e del ragazzo straniero su di sé.
Nella sua stesura iniziale, il Quaderno registrava una significativa assenza:
mancava infatti la voce dei genitori stranieri e il loro punto di vista sul
percorso di integrazione dei figli.
Nella versione attuale, si è cercato di colmare questo vuoto e raccogliere
anche il parere dei genitori sul percorso scolastico dei loro figli, sul tempo
extrascolastico, sui progetti e le aspettative.
6. Struttura del Quaderno: strumenti “chiusi” e sollecitatori
“aperti”
I sei indicatori che costituiscono l’impalcatura del Quaderno si richiamano alle
dimensioni diverse dell’integrazione che sono:

la situazione dell’inserimento scolastico e dei risultati scolastici, che
consentono di progettare una prosecuzione degli studi con opportunità più o
meno equivalenti rispetto a quelle dei compagni italiani;

la competenza nella seconda lingua, osservata rispetto alle capacità nella
comunicazione interpersonale e nella lingua veicolare dello studio;

la qualità delle relazioni in classe e la possibilità di partecipare, da parte
di ciascuno, alle interazioni e alle attività comuni, sia nei momenti scolastici
che in quelli ludici e delle scelte elettive;

la qualità e la quantità degli scambi nel tempo extrascolastico, le occasioni
di partecipazione e di incontro nelle attività ludiche e sportive, le opportunità
di stabilire e mantenere scambi e amicizie, di “abitare insieme il territorio”
considerato come la dimora comune;

il rapporto dell’alunno straniero con la lingua materna, praticata in casa
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e con i connazionali (e le diverse situazioni di bilinguismo, perdita,
mantenimento o sviluppo) e il legame con le proprie origini, il Paese di
provenienza, la propria storia passata;

la situazione di autostima, di fiducia nelle proprie possibilità, di
accettazione delle sfide e dei compiti comuni; che si traduce, tra le altre, nella
capacità di prefigurare il proprio futuro e di costruirlo giorno dopo giorno.
I piani dell’integrazione e i sei indicatori
 qualità dell’inserimento scolastico e risultati
scolastici
 competenza nella “seconda lingua” (L2)
 qualità e quantità delle relazioni in classe
 qualità e quantità delle relazioni nel tempo
extrascolastico
 atteggiamenti nei confronti della lingua
d’origine, del contesto e Paese di
provenienza...
 autostima, progetto e motivazione
INSERIMENTO SCOLASTICO E
APPRENDIMENTO LINGUISTICO
INTERAZIONE CON I PARI A SCUOLA E
NELLA CITTÀ
INTEGRITÀ DI SÉ E PROGETTO PER IL
FUTURO
Il Quaderno viene utilizzato in scuole di ordine diverso, dalla primaria alla
secondaria di secondo grado. Questo ovviamente comporta che, fatta salva
l’impostazione e alcuni strumenti comuni, vi siano anche proposte e
sollecitatori differenti, ora adatti ai più piccoli, ora ai più grandi. Soprattutto i
sollecitatori “aperti” che coinvolgono direttamente i bambini e i ragazzi,
stranieri e italiani nel racconto e nell’auto-rappresentazione utilizzano stimoli
e canali differenti a seconda dell’età e delle situazioni personali.
Nella tabella seguente sono descritti alcuni strumenti e modalità di
osservazione per ciascun indicatore.
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Indicatori
1. Inserimento scolastico
Che cosa osservano
percorso scolastico;
eventuali ritardi; esiti
scolastici
2. Competenza in L2
Livelli di competenza
in italiano L2 per la
comunicazione e per
lo studio
3. Relazioni in classe
con i pari
quantità e qualità degli
scambi con i pari in
momenti diversi della
giornata
4. Relazioni nella
città/quartiere
relazioni nel tempo
extrascolastico;
conoscenza e uso dei
luoghi e delle
opportunità di
aggregazione nella
città
racconto di sé;
riferimenti
autobiografici
5. Riferimenti culturali
e lingua di origine
6. Motivazione
orientamento;
prosecuzione degli
studi
Strumenti e modalità
-questionario sulla
situazione della scuola;
-scheda notizie/alunno;
-raccolta e analisi dei dati
-descrittori livelli QCERL;
-scale esemplificative
QCERL;
-schede e materiali di
osservazione
dell’interlingua;
-test ingresso e in itinere
-questionario e analisi dei
dati;
-sollecitatori aperti (es.
sociogramma; fiore
dell’amicizia; mani
dell’amicizia …)
-questionario e analisi dei
dati;
-sollecitatori aperti (es.
mappa della città/del
quartiere e indicazione dei
luoghi frequentati)
Chi li usa
Insegnanti,
operatori
-sollecitatori a carattere
autobiografico (disegno,
autopresentazione …);
-questionario individuale;
-biografia linguistica;
-l’albero dei talenti…
-scheda notizie/alunno;
-diario di inserimento in L1;
-raccolta e analisi dei dati
nel momento
dell’orientamento;
- questionario individuale
Insegnanti,
operatori,
singoli alunni
Insegnanti,
operatori,
facilitatori
linguistici
Tutti gli alunni
Singolo alunno
Tutti gli alunni
Singolo alunno
Insegnanti,
operatori,
alunno straniero
7. La scuola fa uguaglianza?
Gli usi e gli esiti del Quaderno, come abbiamo detto, ci sollecitano ad affinare
lo sguardo sui cammini degli alunni neo inseriti, ma anche su di noi. Che cosa
ha imparato la scuola dopo questo tempo non più breve, in cui sono state
sperimentate pratiche di integrazione, soprattutto a partire dalle sollecitazioni
venute dalla “periferia”, dalle singole scuole? E quali lezioni possiamo trarre
dai dispositivi e dai progetti di integrazione fin qui realizzati per passare ad una
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nuova fase, quella dell’inclusione dei futuri cittadini? Per certi aspetti, le
modalità dell’inserimento degli alunni stranieri e le loro criticità possono
servire da cartina di tornasole per leggere la qualità della scuola di tutti e per
segnalare eventuali disfunzioni, stalli e rigidità. Le difficoltà di passaggio degli
alunni stranieri da un ordine scolastico ad un altro, ad esempio, indicano che i
vari blocchi di istruzione procedono talvolta in maniera distante, come “pezzi
di scolarità” separati, dove l’orologio riparte da zero, la storia personale si
disfa e si sospende per ricominciare altrove. E non dialogano invece come
parti di uno stesso percorso formativo che conosce tappe, ma non dovrebbe
prevedere fratture e brusche ripartenze. Sembra non esserci una
comunicazione densa ed efficace tra la scuola che lascia e quella che accoglie,
dal momento che gli alunni stranieri (in realtà, tutti gli alunni) si trovano ogni
volta a dover ricominciare da capo. Transitare da un grado all’altro
dell’istruzione dovrebbe invece avvenire in maniera più fluida, se si potesse
contare su tempi più dilatati e su modalità di accompagnamento che
prevedano il riconoscimento del cammino individuale e un “filo” chiaro che
unisce il prima con il dopo. Il carattere prevalentemente compensativo delle
pratiche di integrazione degli alunni stranieri pone l’apprendimento della L2
saldamente al centro delle preoccupazioni didattiche: la lingua per comunicare
nelle prime fasi e la lingua dello studio nelle fasi successive. E questo è
certamente positivo e comprensibile, soprattutto quando gli allievi di altra
nazionalità siano di recente immigrazione e ancora non competenti nella L2.
In Italia, ad esempio, l’enfasi posta sulla competenza linguistica ci segnala
anche il carattere prevalentemente verbale della didattica nella scuola, al
punto che chi non sa (ancora) l’italiano viene considerato come una sorta di
tabula rasa, un alunno che “non sa, in generale”. Non si valorizzano in questo
modo i talenti e le capacità che non sono immediatamente veicolati dalla
lingua. Il diffuso orientamento dei ragazzi stranieri verso l’istruzione superiore
a carattere professionale e la loro presenza massiccia negli istituti professionali
e nella formazione professionale registrano poi, non solo il dato di fatto delle
modalità di prosecuzione degli studi; ci interrogano anche sulla capacità della
scuola di fare uguaglianza a partire dal momento dell’orientamento e delle
scelte per il futuro fatte a più mani. E, infine, la discrezionalità e i divari che si
registrano da scuola a scuola, da città a città, in merito alla disponibilità o
meno di pratiche e dispositivi di integrazione, ci chiamano a riflettere
sull’attuazione del principio dell’autonomia scolastica e sulla necessità che
questa sia sostenuta da risorse adeguate per essere davvero equa, efficace,
attenta ai cambiamenti.
20
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esperienze traumatiche, Raffaello Cortina, Milano.
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21
22
Dal Quaderno dell’integrazione al Portfolio of Inte(g)ra(c)tion:
dieci anni di riflessioni e pratiche nelle scuole italiane
di Lorenzo Luatti, OXFAM Italia
([email protected])
1. Un po’ di storia: il Quaderno e il percorso di ricerca-azione
L’attività di osservazione con il Quaderno dell’integrazione ha una storia più
che decennale nelle scuole italiane. Durante questo arco temporale le pratiche
didattiche e osservative elaborate con il Quaderno hanno attraversato più fasi e
più rivisitazioni che qui merita, seppure brevemente, rammentare.
L’esperienza europea del Portfolio of Integration (POI) non è altro che l’ultima
realizzata, e deve molto al contributo di esperti e docenti coinvolti negli anni
scorsi.
Vi è stata una prima fase, di ideazione e prima sperimentazione del Quaderno,
che va grosso modo dal 2001 al 2003, anni in cui la scuola italiana fu
fortemente interessata da continui inserimenti di studenti stranieri neo
arrivati.
La seconda fase è rappresentata prima diffusione del Quaderno (2004-2007).
La terza fase prende avvio nel 2008 con la realizzazione di una nuova versione
del Quaderno, a seguito di una significativa esperienza nelle scuole di Firenze
(2008-2010).
Nella quarta fase il Quaderno è stato profondamente rivisto a seguito delle
significative modificazioni avvenute nell’immigrazione e nei profili degli alunni
“stranieri” presenti nelle scuole italiane, facendo “sintesi” di quanto emerso nei
più recenti percorsi di osservazione con il Quaderno.
La quinta fase è tuttora in corso: è stata la fase della internazionalizzazione
della proposta formativa, grazie al progetto Comenius POI. La
sperimentazione del Quaderno nelle scuole di alcuni Paesi europei, e il
conseguente adattamento dello strumento alle specifiche realtà di ogni Paese,
ha favorito un generale arricchimento del Quaderno stesso e dell’intera
proposta formativa, ponendo le premesse per una ulteriore disseminazione.
Procediamo con ordine, riprendendo gli aspetti più salienti emersi nelle varie
fasi.
23
Nei primi anni del Duemila, Graziella Favaro – tra le più note pedagogiste e
studiose dei temi dell’inclusione scolastica degli allievi stranieri in Italia –
sviluppa autonomamente una riflessione sugli indicatori di integrazione in
ambito scolastico: quali indicatori si possono utilizzare per leggere la
situazione di inserimento di ciascun bambino e ragazzo straniero e il suo
percorso di integrazione? Favaro individua tre dimensioni e sei indicatori di
integrazione che possono essere ricondotti ai piani dell’apprendimento, delle
interazioni, dell’identità personale. Ben presto matura l’idea e la proposta –
da parte di chi scrive – di tradurre ogni indicatore in una serie di punti da
osservare: da uno schema generale alla sua traduzione in una sorta di diario
operativo. In poco tempo viene elaborata una primissima bozza di Quaderno:
occorreva verificarne l’utilità come strumento formativo e didattico.
Nasce così la prima versione del Quaderno dell’integrazione. Nasce come
strumento di accompagnamento, ricerca-azione, essenzialmente di formazione
per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado. Uno strumento capace di
sollecitare, in forma più strutturata, la riflessione, l’osservazione e
l’autosservazione degli insegnanti, ed eventualmente consentire loro di
regolare il proprio intervento, “aggiuntando il tiro”. Uno strumento
complementare e non sostituivo di altri, eventuali, strumenti di tipo
osservativo già in uso.
Il Quaderno venne testato nella città di Arezzo con un piccolo gruppo
insegnanti del primo ciclo scolastico (primarie e secondarie di I grado) nel
2002/2003. I risultati della sperimentazione evidenziarono fin da subito i
pregi dello strumento (costringe a riflettere, consente alle biografie dei ragazzi
di venire a galla e di essere accolte, consente di osservare i diversi passaggi
dell’integrazione, permette di verificare l’efficacia dei dispositivi adottati…) e
i suoi limiti (troppa soggettività, parte linguistica poco sviluppata, “item”
talvolta poco chiari e definiti…). Lo strumento e l’esperienza realizzata, pur
con questi limiti, apparvero subito molto innovativi e furono presentati in
alcuni seminari pubblici; attraverso articoli in libri collettanei furono divulgati
i risultati di quella prima esperienza (Favaro, Luatti, 2004).
Dal 2004 al 2007 alcuni gruppi di docenti di differenti territori
sperimentarono lo strumento, nella sua interezza, o in alcune sue parti. Altre
città italiane (Padova, Milano e Pesaro) promossero dei percorsi formativi
accompagnati di osservazione attraverso il Quaderno, i cui risultati furono a
loro volta presentati in seminari locali e nazionali. Queste esperienze, pur
confermando la validità e l’originalità dello strumento, fecero emergere con
forza l’esigenza di rimettere mano al Quaderno per meglio sfruttarne le
24
potenzialità: era questa una richiesta ampiamente condivisa dai tutor e dagli
esperti che avevano seguito le sperimentazioni locali. Questa seconda fase fu
decisiva per il successivo sviluppo dell’esperienza perché, da un lato, consentì
un rodaggio del Quaderno con gruppi di insegnanti e, dall’altro, favorì la
condivisione dei risultati emersi dalle varie sperimentazioni tra un gruppo di
esperti che quelle esperienze avevano coordinato e accompagnato.
La terza fase prese avvio con l’esperienza biennale realizzata a Firenze con
docenti di ogni ordine e grado. Tra i risultati della sperimentazione (20082009) vi fu anche la “definitiva” revisione dello strumento, che tenne conto
delle proposte e delle indicazioni degli insegnanti coinvolti (sul percorso
biennale di Firenze vedi i volumi curati da Favaro, 2008 e Ricci, 2010). La
versione del Quaderno uscita dall’esperienza fiorentina è stata poi adottata,
pur sempre nell’ottica di un arricchimento dello strumento e di un suo
adattamento al contesto scolastico territoriale, da altre scuole italiane (della
provincia di Fermo, su cui vedi Luatti, 2012) e da una Rete di scuole (la Rete
di scuole di Treviso Integrazione 2010-2012, vedi AA.VV., 2013) e ha
costituito la base di lavoro per le scuole dei vari livelli di istruzione della
Regione Friuli Venezia-Giulia, la quale ha promosso l’uso del Quaderno nelle
scuole dell’intera regione nell’a.s. 2010/11 (vedi AA.VV., 2011; Zoletto,
2012, pp. 81-95).
2. I suggerimenti emersi dalle sperimentazioni
Molte le indicazioni di metodo e di contenuto emerse da queste esperienze.
Ricordo, ad esempio, che dall’esperienza fiorentina emersero:
- l’importanza di favorire la pluralità di sguardi nell’attività di osservazione (più
docenti di classe, docenti e facilitatori, momenti comuni di scambio tra
docenti e tutor per attenuare i rischi dell’autoreferenzialità, ma anche
studenti, genitori…);
- la pluralità dei contesti di osservazione (la classe, la scuola, talvolta il piccolo
gruppo del laboratorio linguistico sono i tanti “luoghi” ove si è “osservato”);
- la pluralità di metodi e strumenti per l’osservazione (strumenti semi strutturati,
questionari e sollecitatori “aperti”…);
- il carattere diacronico dell’osservazione (che ha consentito di tornare una seconda
volta a distanza di tempo ad osservare lo stesso indicatore favorendo una
“revisione” critica, o comunque una maggiore ponderatezza, dei risultati
emersi in precedenza);
25
- il forte coordinamento e tutoraggio e l’uso flessibile del quaderno (la possibilità di
essere proposto in toto, oppure in parte, di essere proposto in qualunque
momento dell’anno scolastico, a secondo dei bisogni conoscitivi che di volta in
volta si presentano).
Le esperienze successive hanno ulteriormente arricchito lo strumento, sia nei
sollecitatori “relazionali” sia nei soggetti da o chiamati a osservare. Hanno
soprattutto cercato di offrire alcune risposte alle domande, criticità e limiti
evidenziate nei precedenti percorsi. Vediamone alcune.
Il Quaderno è nato come strumento per osservare i cammini dell’integrazione
degli alunni neo-arrivati, in un periodo in cui gli inserimenti scolastici di
questi alunni erano esperienza quotidiana. Da alcuni anni, in Italia, lo scenario
è profondamente mutato: gran parte degli alunni “stranieri” sono nati in Italia
o comunque presentano un percorso di scolarizzazione nelle scuole italiane
medio-lungo. È stato così deciso di distinguere le parti del Quaderno che
hanno senso utilizzare con alunni stranieri neo-arrivati, altre parti da utilizzare
con tutti gli alunni stranieri (sia neo arrivati, sia nati in Italia, e sia ricongiunti
con un percorso di scolarizzazione in Italia) e le parti da somministrare a tutta
la classe (dunque anche agli alunni “autoctoni”). In questo modo, il Quaderno
“copre” tutte le possibili fattispecie di “alunno straniero” e ogni docente può
partecipare al percorso formativo-osservativo. È la modalità
metodologicamente più corretta e più consapevole delle diverse storie
scolastiche degli alunni stranieri.
Nelle altre successive esperienze si è lavorato per rafforzare la rilevazione del
punto di vista dei bambini e dei ragazzi sulla classe e su ciascun compagno
anche attraverso l’adozione di un sollecitatore denominato “Albero dei
talenti”, con i bambini, o il “Diario dei talenti”, con i ragazzi più grandi
(Polito, 2011). La sua adozione nasce da una evidenza che lo stesso Quaderno
ha permesso di raccogliere: fin dalle prime sperimentazioni si è visto che gli
“sblocchi” nei processi di integrazione degli alunni neo arrivati si verificano
soprattutto per valorizzazione e riconoscimento di abilità, talenti, capacità
prima nascoste. La “scoperta” spesso avviene casualmente, fortunosamente.
Dunque si trattava di trovare una modalità, semplice, ludica, delicata, che
consentisse all’insegnante di farsi “regista” consapevole dei cammini di
integrazione. L’obiettivo di questa attività didattica è aiutare i bambini e i
ragazzi a diventare consapevoli dei propri talenti attraverso la scoperta dei
talenti degli altri. L’Albero dei talenti, favorendo l’osservazione delle abilità e
delle capacità tra i compagni ha prodotto un generale miglioramento del clima
della classe. È stato apprezzato dagli alunni e dai docenti che lo hanno
26
adottato, e ha dato molti spunti di riflessione sia ai protagonisti che
all’insegnante osservatrice. Ha fatto emergere molte sorprese sul modo di
percepirsi dei bambini, che talvolta hanno costruito anche un albero dei talenti
dell’insegnante, ponendolo così sotto osservazione. Perché non pensare ad un
“diario dei talenti” tenuto dai genitori, per favorire l’osservazione delle abilità,
passioni, attitudini del figlio/a?
Visione d’insieme di Alberi dei talenti (Treviso, a.s. 2011/12)
Particolari di un Albero dei talenti (Treviso, a.s. 2011/12)
27
Una pagina del Diario in lingua madre (Fermo, a.s. 2009/2010)
Per potenziare la voce/lo sguardo dei ragazzi è stata proposta con esiti assai
felici l’esperienza del “diario in lingua madre” (Favaro, 2010). La proposta di
scrivere un diario in madrelingua, rivolta agli alunni neo arrivati, inseriti nella
scuola superiore è finalizzata a raccogliere il punto di vista sui percorsi di
integrazione (la scuola, il rapporto con gli insegnanti, con i pari, le nostalgie e
i ricordi…) in una fase (e un’età: l’adolescenza) molto delicata.
Le esperienze realizzate hanno comunque arricchito il Quaderno di proposte
per nuovi o differenti sollecitatori “relazionali” e “identitari” (vedi, ad es. cap.
6 del libro curato da Luatti, 2012). Le parti relative alla rilevazione della
quantità e qualità delle relazioni in classe e in città hanno aperto alla creatività
dei docenti che hanno sperimentato altri sollecitatori, considerati più adatti
all’età dei loro alunni e all’attività didattica programmata. Benché ogni nuovo
sollecitatore dovrebbe essere sottoposto ad un’attenta validazione, questa
vivacità di proposte è espressione di una recezione non passiva del Quaderno,
e di una volontà di sperimentare e far proprio uno strumento, talvolta forse
percepito come “calato dall’alto”. In una previa esperienza una docente aveva
sottolineato l’opportunità di “trovare dei sollecitatori che facciano ricorso a
codici linguistici diversi (come, ad esempio, la musica, il cinema…) o ad
attività espressive che permettano un’esternazione delle emozioni in maniera
libera e creativa”: mi sembra che, in qualche modo, l’esperienza successiva del
POI, qui documentata, abbia offerto utili proposte in questa direzione.
28
Nelle ultime esperienze italiane, al termine del percorso di osservazione,
abbiamo posto ai docenti due domande a carattere meta-riflessivo, rivelatisi
molto importanti (vedi, infra, il contributo di E.G. Bettinelli). Una prima
domanda chiedeva: “Probabilmente vi siete fatti una idea più articolata
dell’alunno/a che avete osservato con il quaderno. Provate a tracciare in una pagina un
suo profilo considerando gli indicatori del quaderno e anche gli eventuali cambiamenti
ed evoluzioni”. Abbiamo così esplicitato ciò che alcuni docenti in precedenza
avevano talvolta sentito il bisogno di fare: giunti alla fine del percorso avevano
ripreso in mano le osservazioni svolte, e avevano consegnato un “profilo” in
movimento dell’alunno medesimo. Così facendo, le docenti inevitabilmente
avevano svolto anche delle osservazione sul loro operato: come si erano
sentiti, cosa aveva funzionato, quale contributo aveva offerto il quaderno e il
percorso seguito… In una seconda domanda, abbiamo chiesto di esplicitare
quest’ultimo punto: “Che cosa hai/abbiamo ricavato dall’utilizzo del quaderno
(acquisizioni, scoperte, dubbi...) nell’osservazione di… (alunno/a osservato)?”.
Se le risposte a quest’ultima domanda hanno sostanzialmente confermato la
validità del percorso, riproducendo quelle sottolineature positive già emerse
in passato (Favaro, Luatti, 2004; Favaro, 2008; Ricci, 2010), le risposte alla
prima domanda hanno invece consentito di evidenziare con maggiore nitidezza
i profili dei bambini e ragazzi stranieri osservati. Questi “ritratti” sono
utilissimi sul piano della ricerca e spendibili in momenti formativi e di scambio
con i docenti. Dovrebbero essere condivisi tra tutti i docenti perché sono
spesso rivelatori: aiutano a comprendere i percorsi di integrazione di nuovi
alunni e a mettere in atto opportune strategie, adattando e integrando quelle
che hanno funzionato in precedenza. Pur nella unicità e variabilità della storia
e delle caratteristiche di ogni alunno, questi profili consentono di meglio
focalizzare la multifattorialità all’origine dei buoni esiti scolastici dei bambini e
dei ragazzi, nonché i fattori che favoriscono i cammini dell’integrazione, che
evidentemente non sono uguali per tutti.
L’esperienza realizzata nelle scuole della Regione Friuli Venezia Giulia ha
offerto una indicazione di percorso che risponde ad una “storica” criticità
emersa in tante sperimentazioni di osservazione con il Quaderno. In primo
luogo, l’importanza di coinvolgere la scuola nel suo complesso nel percorso,
per evitare la “solitudine” dell’insegnante volenteroso, che si sottopone a
nuove proposte formative, ma poi non riesce a portare all’interno della scuola
i risultati del suo lavoro. Da qui il coinvolgimento costante, nell’esperienza
citata, degli organismi scolastici (dirigenti, consiglio d’istituto, consiglio di
classe, commissione intercultura…) al lavoro di osservazione col Quaderno
29
svolto da alcune unità di insegnanti: l’assunzione di responsabilità della scuola
intera nella raccolta e condivisione dei dati relativi al contesto scolastico –
come chiede, ad esempio, la prima parte del quaderno –, affinché questa
raccolta e questo patrimonio di conoscenze non resti compito o dotazione di
un singolo docente. E infine, l’ampia rete di partnership coinvolta (Regione,
Enti locali, USR, istituti scolastici), in forma attiva, è sicuramente un fattore
di impulso e di riconoscimento della validità della proposta.
Questo, dunque, è il percorso compiuto dal Quaderno prima di approdare in
Europa: i passi successivi sono documentati in questa pubblicazione.
3. Almeno una volta
Il lavoro con il Quaderno dell’Integrazione e la continua condivisione con gli
insegnanti coinvolti in dieci anni di pratiche, hanno messo in evidenza alcuni
aspetti che merita brevemente segnalare.
L’oggettività dell’osservazione non esiste. È bene esserne consapevoli: la nostra
attività di osservazione è sempre connotata e caratterizzata dalla soggettività
dello sguardo. Ciò che vediamo è spesso ciò che noi vogliamo vedere. Gli
antropologi talvolta hanno radicalizzato la critica al carattere oggettivistico
della disciplina, sostenendo che ciò che vediamo è ciò che noi vogliamo vedere
di ciò che altri hanno reso evidente di ciò che essi stessi hanno voluto vedere
(Faeta, 2011). Questo significa che non possiamo e non dobbiamo mai
prendere per “verità rivelata e incontrovertibile” quanto emerge dal nostro
lavoro di osservazione. La nostra osservazione è “situata”, cioè correlata al
contesto, al punto di vista, al ruolo di chi la produce, inclusa la sua percezione
di quello che gli altri vogliono sapere. Questo non è un problema: il problema
è non esserne consapevoli o, addirittura, nasconderlo. Il rischio di cadere in
malintesi e false rappresentazioni osservando è sempre in agguato, e il rischio
di favorire equivoci e malintesi comunicando le evidenze emerse
dall’osservazione è reale: è una strada disseminata di ostacoli e possibili
fraintendimenti. Occorre sempre coltivare il dubbio. Il percorso di
osservazione si rivela importante, professionalmente rilevante, se trova dei
momenti di condivisione partecipata.
Il percorso è importante quanto lo strumento. Non vi è dubbio che il percorso
formativo, di ricerca-azione, di scambio e condivisione che accompagna e
sostanzia, che dà significato al lavoro con il quaderno sia importante tanto
quanto lo strumento medesimo. Quando il percorso è accompagnato e
supervisionato, mediante periodici incontri che “costruiscono”, motivano e
30
rimotivano il gruppo, i risultati (in termini di acquisizioni professionali, di
evidenze osservate, di soddisfazione professionale…) sono alti, diffusi,
percepibili. Al contrario, quando non è stato possibile garantire o non si è stati
capaci di offrire un tutoraggio e un forte coordinamento, è l’intero percorso a
risentirne. Un percorso accompagnato è anche il contesto/luogo migliore per
condividere e valutare l’efficacia di alcuni interventi didattici a carattere
integrativo che noi poniamo in essere. Se, ad esempio, rileviamo anche
attraverso i sollecitatori proposti nel quaderno, che il clima della classe non è
positivo, che abbiamo a che fare con una classe fortemente frammentata in
gruppi, che alcuni ragazzi sono isolati e via dicendo, noi poniamo in essere
alcune
azioni
conseguenti,
non
ci
limitiamo
alla
sola
constatazione/osservazione di certe dinamiche. Cercheremo di aggiustare il
tiro dei nostri interventi per incidere con maggiore efficacia. Il percorso di
ricerca-azione accompagnato diventa essenziale anche per condividere,
scambiarsi e ragionare sugli effetti degli interventi proposti.
Diagnosi e prognosi: osservazione e intervento attivo. Le sperimentazioni del
Quaderno hanno messo in luce chiaramente la duplice valenza di molti
sollecitatori presenti nello strumento, al contempo, “diagnostici” e
“prognostici”. Nel senso che il loro utilizzo ha offerto elementi conoscitivi
importanti su una determinata situazione, ma ha agito attivamente sulla
situazione osservata, modificandola. È stato poi l’insegnante, sulla base delle
evidenze raccolte, a elaborare uno specifico intervento didattico. Questa
duplice caratteristica è presente al massimo grado in alcuni sollecitatori, come
il Diario/Albero dei talenti, che se da un lato spinge all’osservazione tra i pari
(e all’osservazione da parte del docente), dall’altro, è l’azione di osservazione
medesima che potenzialmente favorisce l’instaurarsi di un clima di classe
positivo e collaborativo. Una nuova versione nel Quaderno dovrebbe
sviluppare/ideare/proporre ulteriormente il numero di “sollecitatore” che
rispondono più direttamente a questa esigenza: al contempo, quella di
osservare e di intervenire attivamente nella situazione osservata.
Curare i settings di osservazione. È stata confermata l’importanza di
sperimentare e condividere le attività didattiche finalizzate alla costruzione di
setting e contesti significanti, entro cui inserire i sollecitatori e/o le domande
presenti nel quaderno. È bene esplicitare sempre le situazioni e le modalità
con cui sono raccolte le osservazioni, con particolare attenzione a quelle
riferite ai “sollecitatori”, perché situazioni e contesti non sono mai neutri e
possono influire sul tipo di risposta dei soggetti osservati. L’inserimento dei
sollecitatori comunque comporta una programmazione didattica e i necessari
31
raccordi con le attività curricolari che devono essere in qualche misura previsti
dagli insegnanti; i tempi talvolta troppo stretti con cui è stata presentata la
proposta di osservazione col quaderno ha influito negativamente su questo
aspetto.
4. Nota conclusiva
Grazie al lavoro svolto in questi anni con il Quaderno dell’integrazione, e
soprattutto a seguito delle più recenti sperimentazioni con tale strumento e la
sua sperimentazione in Europa, oggi disponiamo di un corpus
quantitativamente e qualitativamente notevole di osservazioni, riflessioni,
evidenze, indicazioni, proposte, conferme, sorprese, storie e “ritratti”
(sempre in movimento) di alunni stranieri e di intere classi, che dobbiamo
riordinare e sistematizzare, per comprendere meglio qual è il senso profondo
di questo nostro operare, cosa abbiamo appreso, quali le strade che ci vengono
indicate per migliorare la qualità delle nostre azioni nei processi di
inte(g)razione scolastica. Come professionisti riflessivi e registi attenti ai
cammini di inclusione dei nostri alunni.
A proposito di acquisizioni, mi sembra che la validità della proposta formativa
attraverso il quaderno esca fortemente consolidata: anni di sperimentazioni –
se stiamo anche a quanto affermato in grandissima maggioranza dai docenti che
hanno fatto osservazione – testimoniano una perdurante utilità della proposta,
anche grazie alla versatilità dello strumento e alle molteplici ricadute, in
ambito formativo, didattico, relazionale, della ricerca… del percorso
proposto. Le risposte dei docenti delle scuole alla domanda conclusiva su “cosa
ho ricavato” dall’osservazione hanno sottolineato che il quaderno
dell’integrazione ha consentito di affinare lo sguardo e mettere in atto
un’osservazione attenta e consapevole, favorendo una maggiore
consapevolezza del ruolo dell’insegnante nel promuovere l’integrazione
dell’alunno straniero; ha dato inoltre ai docenti la possibilità di confrontare i
vari punti di vista, mediarli e superarne la naturale soggettività. Il quaderno, è
stato sottolineato, potrebbe diventare una sorta di “carta d’identità” che
accompagna l’alunno nel suo iter scolastico e nei suoi eventuali spostamenti.
Nelle parole dei docenti possiamo ritrovare richiami e collegamenti, più o
meno diretti, a due recenti documenti istituzionali, il primo dell’UNESCO
(2013) sull’importanza di sviluppare le competenze interculturali di base
(come, tra le altre, rispetto, riconoscere altre prospettive e visioni del mondo,
ascolto, costruire relazioni), il secondo della Commissione Europea (2013)
32
che, nel fare un quadro europeo sulle misure di integrazione scolastica,
propone politiche, strategie e azioni per favorire l’integrazione degli alunni
stranieri di recente immigrazione.
Dunque, l’auspicio è che uno strumento come il Quaderno possa avere ampia
diffusione, e che almeno una volta, per un intero anno scolastico, ogni
insegnante lo abbia utilizzato all’interno di un gruppo più o meno allargato di
docenti “osservatori”. Perché il quaderno e il percorso accompagnato allenano
gli insegnanti a diventare registi più consapevoli e competenti dei processi di
inclusione dei loro alunni.
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35
36
Il Quaderno dell’inte(g)razione, occasione di formazione per gli
insegnanti
di Elio Gilberto Bettinelli, pedagogista
([email protected])
Nelle esperienze sin qui realizzate, gli insegnanti sono stati “accompagnati” a
utilizzare il Quaderno dell’integrazione, divenuto nel tempo Quaderno
dell’inte(g)razione. Ritrovandosi periodicamente, sia con gli esperti che con
tutor locali, in gruppi, avevano modo di porre domande, confrontarsi e
affrontare criticità emergenti riguardanti l’impiego dello strumento; scambi e
confronti che hanno portato a numerosi cambiamenti nel Quaderno stesso.
Già durante quegli incontri e poi analizzando i quaderni compilati al termine
delle diverse esperienze sono emerse anche questioni più generali di rilevanza
pedagogica e didattica il cui approfondimento consente un uso più consapevole
del Quaderno. In questo contributo individuo e sviluppo sinteticamente
quattro temi che nel corso degli anni sono stati focalizzati proprio grazie a
quell’intreccio produttivo fra esperienze e riflessioni sulle stesse.
1. Il QdI, strumento per rilevare e accompagnare i percorsi di
integrazione
Il Quaderno non è semplicemente uno strumento che guida gli insegnanti alla
conoscenza dei livelli e della qualità dell’integrazione degli alunni stranieri
neo-arrivati, non è un asettico strumento di rilevazione ma interviene nel
processo di integrazione in almeno due modi. Il primo è, direi, indiretto e
riguarda la formazione degli insegnanti e la loro visione dell’integrazione: la
proposta di indicatori dell’integrazione, con gli strumenti correlati, offre un
quadro culturale di riferimento ampio e articolato in cui vengono proposti
aspetti che sovente, nella quotidiana azione didattica, non sono del tutto o
sono solo parzialmente considerati: le immagini e le aspettative del futuro dei
bambini e dei ragazzi, il loro rapporto con lingua e cultura della famiglia e
della comunità di origine ecc. Insomma il quaderno guida gli insegnanti ad
essere “avvertiti” della complessità dell’integrazione, amplia il ventaglio delle
variabili da considerare e aiuta a connetterle fra di loro e agli obiettivi
scolastici. Il secondo è più diretto, nel senso che si esplica nel contatto con gli
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alunni, che costituisce la dimensione precipua del rapporto educativo. La
proposta di sollecitatori e strumenti, che devono essere utilizzati con gli
alunni, ha ricadute significative sullo stesso processo di integrazione dei
singoli. Numerose sono infatti le testimonianze degli insegnanti a questo
riguardo. Fra le tante, ricordo che il fatto stesso di “sottoporre” gli alunni a
una questionario che li riguarda, ha rappresentato per questi una occasione di
apertura relazionale che ha costituito in molti casi una svolta positiva. Un
insegnante di scuola secondaria di primo grado, ad esempio, racconta di un
ragazzino che si sottrae al racconto di sé, dà segni di insofferenza e di rifiuto in
classe; si apre solamente quando percepisce che si sta “facendo qualcosa
appositamente per lui”, quando l’insegnante entra in contatto diretto con lui
utilizzando gli strumenti e i sollecitatori del quaderno: coglie un
interessamento personale, una sorta di riconoscimento. Da quel momento ha
cominciato a lavorare “un po’ ” e addirittura a mostrare humor e autoironia,
ingredienti fondamentali dei percorsi di resilienza delle persone che vivono
situazioni traumatiche o di vulnerabilità. L’utilizzo delle proposte del
quaderno dell’integrazione nella didattica evidenzia dunque che nessun
educatore può essere semplicemente un osservatore esterno, un rilevatore di
dati. Infatti un insegnante raccoglie informazioni mentre agisce e agendo
introduce per ciò stesso cambiamenti nella situazione e nei rapporti che
intende rilevare e monitorare: una circolarità che, divenendo consapevole,
costituisce il fondamento della ricerca-azione. In effetti, l’utilizzo del
quaderno costituisce per gli insegnanti un percorso di ricerca-azione che
esplicita il suo potenziale formativo quando esso sia accompagnato in itinere
da incontri periodici del gruppo degli insegnanti coinvolti durante i quali, con
il supporto di un tutor, si ragiona e ci si confronta sulle differenti modalità in
cui le proposte del quaderno vengono implementate nelle classi, vengono
discussi incidenti di percorso, analizzati casi particolari significativi, presentati
“sollecitatori” integrativi elaborati a partire dalle concrete situazioni di lavoro.
2. Osservare le relazioni
La dimensione delle relazioni sociali nella scuola e nell’extrascuola è stata
indagata principalmente mediante la proposta di strumenti e sollecitatori che
richiedono la partecipazione attiva degli alunni, li possiamo denominare
strumenti diretti, ma anche indirizzando l’attenzione osservativa degli
insegnanti. Fra i primi, per gli alunni di tutti i gradi scolastici, vi è il
Questionario “Relazioni in classe e nella città”; per la scuola primaria è stata
38
data l’indicazione di integrare il questionario o di sostituirlo con due
sollecitatori costituiti rispettivamente dal “Fiore dell’amicizia”, propedeutici al
sociogramma delle relazioni fra pari in classe, e dalla “Mappa” dei luoghi
frequentati in città. Agli insegnanti è stata data l’indicazione di esprimere una
valutazione sulle relazioni in classe, prima di usare con gli alunni gli strumenti
proposti. È stato così possibile riscontrare convergenze o, al contrario,
divergenze totali o parziali fra quanto rilevato dagli insegnanti e quanto
dichiarato dagli alunni. La rilevazione delle discordanze è stata preziosa in
quanto ha stimolato a ulteriori più mirate osservazioni. In questa prospettiva
sono comprensibili le risposte di alcuni insegnanti che hanno dichiarato di non
sapere o non avere, fino al momento della compilazione, posto attenzione a
determinati aspetti quali, ad esempio, il ritrovarsi dell’alunno straniero con
compagni di classe fuori della scuola. Proporre a tutti gli alunni gli strumenti
diretti aiuta a considerare l’alunno straniero nel contesto della classe, a non
separarlo dai suoi compagni ma consente anche di evidenziare realtà e
relazioni che sfuggivano alla consapevolezza dei docenti. Così un insegnante
dichiara la sua sorpresa di constatare, sulla base delle informazioni fornite dai
sollecitatori utilizzati, il positivo inserimento sociale di un alunno di recente
immigrazione, che lei aveva scelto di osservare, mentre un altro alunno
straniero, presente nella classe da più anni, risultava isolato sia a scuola che
nell’extra scuola. Una situazione che la induce a riflettere sui segnali che pure
aveva colto in precedenza ma su cui non si era soffermata forse a causa di un
comportamento schivo dell’alunno che pareva comunque “cavarsela” sul piano
cognitivo. È proprio il caso di affermare un elemento abbastanza consueto
quando ci si pone in un’ottica di ricerca: si cerca qualcosa e si trova dell’altro.
Talvolta invece si confrontano le percezioni dell’insegnante con le
dichiarazioni dell’alunno, laddove il primo, docente di scuola superiore,
afferma che il ragazzo fuori dalla scuola si incontra solamente con alcuni
compagni mentre questi afferma nel questionario che mai incontra compagni.
Ma succede anche che le dichiarazioni a questo proposito siano invertite.
Difformità preziose che stimolano ad approfondire la conoscenza di bambini e
ragazzi al di là di immagini e rappresentazioni generiche.
Si pone qui il tema della socializzazione e delle relazioni in classe che si
intrecciano con gli apprendimenti e gli esiti scolastici. Rapporti certamente
complessi e non univoci, che si dispiegano assai diversamente nelle differenti
fasce di età ma è indubbio che l’attenzione, la “riscoperta” di questa
dimensione socio-relazionale aiuta a spiegare molti comportamenti degli
alunni stranieri. Questa constatazione è stata proposta da molti insegnanti.
39
Uno di essi segnala, ad esempio, il caso di un alunno immigrato, piuttosto
isolato nella classe, che, messo nella condizione di lavorare con un compagno
in un’attività operativa, da quel momento ha instaurato con lui un rapporto
amicale che ha influito positivamente sulla partecipazione alle attività
scolastiche: un vero e proprio evento che ha “sbloccato” una situazione
relazionale e di apprendimento stagnante. Il Quaderno aiuta dunque a
individuare i rapporti fra socialità, processi ed esiti di apprendimento,
affermazione della propria identità culturale e personale ed altri importanti
indicatori proposti. Un esempio paradigmatico è quello presentato in un
Quaderno di scuola secondaria di secondo grado: Il ragazzo ricongiunto alla sua
famiglia nell’a.s. 2006/07, iscritto alla 1^ classe di un istituto tecnico, secondo gli
insegnanti è ancora insufficiente solamente nella lingua italiana nella quale per altro si
è segnalato da subito per la competenze orale, per cui le carenze potrebbero essere
relative allo scritto e alla letteratura. In tutte le altre discipline è sufficiente o
addirittura buono. Afferma di avere alcuni amici in classe che però non frequenta mai
fuori della scuola, se non raramente in occasione di preparazione di verifiche; si vede
invece esclusivamente con amici connazionali. In classe appare sereno e motivato;
esprime in ogni modo la sua appartenenza culturale sia utilizzando la lingua materna
che parlando del proprio paese. La sua vita sociale extrascolastica sembra comunque non
piatta, svolge attività sportive e frequenta il tempio della sua religione. Consapevole
dunque della sua differenza, soprattutto quando afferma di sentirsi “diverso perché mi
sento come un giocattolo che se ai ragazzi piace, giocano, se non gli piace lo buttano
fuori”. Dichiara chiare intenzionalità e prospettive per il futuro.
Nell’intreccio degli indicatori si abbozzano ritratti di bambini e ragazzi che ci
sorprendono. Il nostro ragazzo sembra, almeno sul piano relazionale, aver
instaurato una netta separazione fra vita in classe ed extrascuola; la rara
frequenza di compagni italiani è di tipo funzionale. A conferma che una
divaricazione reale fra vita di scuola e fuori della scuola non necessariamente
comporta fragilità scolastica. Occorrerebbe approfondire gli elementi che
contribuiscono a costruire un percorso integrativo di questo tipo,
all’apparenza senza grandi problemi anche se dalle sue parole pare che le
differenze costituiscano una sorta di inevitabile spartiacque da accettare, forse
anche in senso difensivo.
Una differente direzione, chiaramente più assimilativa prendono invece alcuni
bambini che dichiarano relazioni amicali, almeno in parte ricambiate, con
compagni di classe; magari instaurano una relazione elettiva con un amico
italiano col quale si vedono anche fuori di scuola; in alcuni casi cercano di
sfuggire a ogni forma o proposta di attività che li separi dai compagni,
40
mostrandosi ostili a partecipare a laboratori di italiano per alunni stranieri;
non amano riferirsi a eventi della propria storia personale né parlare del
proprio paese o usare la lingua materna. Per altro gli insegnanti segnalano che
l’apprendimento è in generale sufficiente o anche soddisfacente. Appare una
vita sociale extrascolastica piuttosto povera di momenti significativi. Pare
dunque che mettendo fra parentesi gli elementi che li differenziano dai
compagni questi bambini riescano a instaurare relazioni con i pari e questo,
evidentemente, li mette in grado di poter ampliare la loro competenza
linguistica e comunicativa orale ma, talvolta, la lingua scritta resta carente.
Alunni che scelgono queste vie pongono agli insegnanti domande relative non
solamente ai comportamenti più adeguati da tenere nei loro confronti ma
anche al senso, alle modalità e ai tempi dei percorsi di educazione
interculturale. Fra i due ritratti sopra delineati se ne collocano innumerevoli
altri, con sfaccettature e tonalità assai variegate. In tali ritratti confluiscono i
dati analitici che il Quaderno guida a raccogliere e che per essere di una
qualche utilità occorre siano rielaborati, connessi e interpretati dai docenti
compilatori. Fare il punto della situazione riguardo alle relazioni ci offre
dunque una chiave di lettura e sollecita a cercare piste di intervento che
tengano conto dell’alunno nel suo insieme.
3. Sollecitatori e setting didattico
Gli strumenti diretti, richiedendo l’intervento dell’alunno e la sua
partecipazione attiva, pongono agli insegnanti il tema della predisposizione di
un setting educativo-didattico significativo e condiviso al cui interno utilizzarli.
Non si tratta di una questione di poco conto. Proporre infatti la compilazione
di un questionario comporta comunque una spiegazione delle ragioni. Anche il
basarsi esclusivamente sull’autorità derivante dal ruolo insegnante, costituisce
di per sé un frame, una cornice interpretativa che rivela il tipo di contratto
formativo esistente in quella specifica classe. Tuttavia le riflessioni della
ricerca educativa sottolineano che in ogni situazione di ricerca – anche quella
che si configura con l’utilizzo del nostro Quaderno – il contratto, più o meno
esplicitamente dichiarato, influisce sugli esiti. Ne dà testimonianza quanto ha
affermato un insegnante di scuola superiore che, avendo presentato uno dei
questionari del Quaderno come iniziativa dell’Amministrazione Comunale
tesa a rilevare modi di vita e bisogni dei giovani, ha constatato che in molte
risposte si avanzavano rivendicazioni, proposte, proteste. A quale scopo un
alunno dovrebbe rispondere a un questionario o, cosa che richiede un
41
coinvolgimento personale ancor più marcato, svolgere le attività proposte da
uno dei sollecitatori proposti nel Quaderno, soprattutto quando si richiedono
notizie e dati personali, che dicono di sé? Lo scopo, il senso, deve essere
chiaro e condiviso. Può anche essere diverso fra insegnante e alunno ma
l’insegnante/ricercatore deve esserne consapevole: è l’ineludibile questione
del setting o della cornice educativa e didattica. Occorre curare il contesto in
cui vengono proposti gli strumenti ed essere pronti a cogliere il modo in cui
gli alunni, specialmente i bambini, si appropriano a modo loro degli strumenti
affinché si sia in grado di monitorare il rapporto fra dati emergenti e processo
in cui sono nati. In una classe elementare un bambino ha interpretato l’attività
del fiore dell’amicizia come una sorta di sondaggio o plebiscito della propria
popolarità fra i compagni, forse influenzato da programmi televisivi,
muovendosi nell’aula per chiedere ad essi di scrivere i propri nomi nei petali
del suo fiore dell’amicizia. Un incidente, come tanti ne succedono quando i
bambini partecipano attivamente a una attività, non semplicemente da
rimuovere per stabilire una situazione più controllata ma un’occasione di
riflessione sulle relazioni esistenti in classe e sui bisogni relazionali ed emotivi
del bambino. Durante gli incontri in itinere gli insegnanti hanno segnalato una
varietà di tali “incidenti”, a volte esilaranti, altre volte critici o preoccupanti:
essi comunque testimoniano la partecipazione e la motivazione degli alunni
quando si richiede loro di riflettere su aspetti salienti della propria vita
quotidiana. Alcuni insegnanti delle scuole superiori hanno evidenziato
l’importanza di somministrare il questionario singolarmente all’alunno
straniero anche quando lo si propone a tutta la classe. Infatti il rapporto
diretto con il ragazzo ha consentito di “costruire un nuovo clima di apertura,
empatico, una nuova positiva relazione tra insegnante e alunno”, una situazione che
alcuni docenti hanno riconosciuto come un “piccolo evento” di sblocco nel
percorso di integrazione. Come introdurre i sollecitatori più complessi? Un
insegnante di scuola primaria narra come, lei stessa e il facilitatore, hanno
cercato di integrare la rilevazione delle dinamiche integrative degli alunni
stranieri in un percorso didattico: L’attività didattica è stata inserita all’interno di
un’altra attività che le maestre avevano già iniziato, nella seconda parte dell’anno,
sulla felicità. Il facilitatore linguistico (persona conosciuta dai bambini ma esterna alla
classe) ha per prima cosa chiesto che cosa avevano fatto, prodotto, inventato, scritto sul
tema della felicità. Dopo aver brevemente elencato le attività, i bambini hanno finito
col parlare principalmente della poesia che ognuno di loro aveva scritto su che cosa è per
loro la felicità. Il facilitatore ha poi chiesto a ogni bambino che cosa aveva scelto per
parlare della felicità nella poesia. Riscontrando che nessuno di loro aveva scelto
42
l’amicizia, il facilitatore ha domandato se ritenessero l’amicizia rientrare nella sfera
della felicità. Da qui è nata una discussione su che cosa è secondo loro l’amicizia. Infine
è stata spiegata l’attività del fiore con tre petali (o più) sul quale disegnare i propri
amici in classe e fuori della scuola.
4. QdI e valutazione degli alunni
Fra gli interrogativi posti dagli insegnanti intenzionati a utilizzare il Quaderno,
rivestono un certo rilievo quelli relativi al senso di una rilevazione, per certi
aspetti, tanto accurata e approfondita. In specifico essi si sono chiesti di se e in
che modo questo strumento possa contribuire alle funzioni proprie
dell’insegnante fra cui, senz’altro, quella valutativa. Certamente il Quaderno
dell’integrazione non è uno strumento di valutazione del singolo alunno: ben
differenti sono i suoi scopi e intenti. Tuttavia i dati che esso guida a raccogliere
rientrano in un approccio pedagogico che potremmo definire di “valutazione
autentica”. In effetti, considerando la valutazione, Rezzara (2000) individua
alcune funzioni fra le quali la funzione pedagogica, regolativa del percorso
dell’alunno e, in senso lato, del processo educativo. Essa si espande in quella
che viene definita funzione epistemologica per la quale “i dati rilevati
informano e parlano del progetto messo in atto, cercano motivi e spiegazioni
nella correttezza o meno degli obiettivi, nell’adeguatezza dell’azione
formativa, della relazione, dei metodi e della comunicazione didattica”. Essa
sollecita gli insegnanti, sia in quanto singoli che come gruppi di lavoro o team,
a interrogarsi sull’adeguatezza della didattica, del progetto educativo in
generale. Rimanda quindi al tema, certamente complesso sul piano
realizzativo, dei percorsi personali di apprendimento degli alunni
recentemente immigrati che l’istanza pedagogica con approccio interculturale
sostiene. È proprio all’interno di tale funzione epistemologica che trova spazio
e ragioni l’utilizzo del quaderno. I dati osservativi e le espressioni autonome
degli alunni che il quaderno dell’integrazione raccoglie contribuiscono a
tratteggiare ritratti articolati di bambini e ragazzi come persone e non meri
“apprendenti”; ritratti in divenire grazie alla duplice rilevazione, in momenti
differenti dell’anno scolastico. Emergono vissuti ed emozioni, percezioni e
consapevolezze che aiutano gli insegnanti a trovare le ragioni di
comportamenti e atteggiamenti degli alunni, e anche di esiti scolastici.
Il quaderno è certamente una guida per rilevare l’integrazione scolastica
dell’alunno straniero nelle sue plurime dimensioni coagulate nei sei indicatori
proposti. Fra di essi, il secondo appare, senza dubbio, come il più prossimo a
43
una concezione scolastica della valutazione in quanto riguarda
l’apprendimento nei diversi ambiti disciplinari e, più dettagliatamente, la
competenza in italiano per la cui rilevazione si fa riferimento al Quadro
Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCERL). Si richiede agli
insegnanti di rilevare le prestazioni dell’alunno osservato nelle sei abilità
(comprensione orale, comprensione di testi scritti, produzione orale e scritta,
padronanza ortografica e correttezza grammaticale) attribuendole poi ai livelli
di competenza definiti dal Quadro Europeo (A1, A2, B1, B2, C1, C2) cui
abbiamo aggiunto un livello definito prebasico nel quale, non esistendo
descrittori specifici, collocare le prestazioni genericamente al di sotto del
livello A1. Gli altri indicatori aiutano i docenti a focalizzare l’attenzione su
aspetti che, benché non direttamente riferiti all’apprendimento, tuttavia non
possono essere ignorati in quanto agiscono comunque sui processi di
apprendimento. Delineare un quadro accurato dello stato delle relazioni
interne alla classe ed esterne consente agli insegnanti di riflettere sul clima
della classe, sul progetto integrativo messo in atto e valutarne l’adeguatezza,
sia nei riguardi del singolo alunno immigrato sia della classe in cui egli è
inserito. Infatti da alcune ricerche (Rich, Ben Ari, Amir, Eliassy, 1996; più
recentemente Santerini, 2010) che hanno cercato di individuare le
caratteristiche dei contesti scolastici facilitanti l’integrazione e
l’apprendimento degli alunni immigrati, emerge che sono maggiormente
efficaci quelle scuole che puntano a far sì che i bambini non raggiungano solo
obiettivi accademici ma anche che sviluppino adeguate competenze sociali.
Relazioni, socialità e apprendimenti sono strettamente interconnessi.
L’inclusione non è solamente un obiettivo etico e politico, ma anche una
condizione perché gli alunni apprendano e conseguano risultati positivi.
A costruire un quadro conoscitivo affidabile degli alunni contribuisce anche la
rilevazione delle percezioni che gli alunni hanno di se stessi, delle difficoltà che
incontrano a scuola e degli interessi che manifestano, aspetti che emergono
dalle risposte che bambini e ragazzi danno ai sollecitatori proposti nel
quaderno. Per il consiglio di classe o il team dei docenti che si trovi a
considerare il percorso scolastico dell’alunno e i suoi esiti al fine di esprimere
una valutazione ponderata, gli elementi che il quaderno raccoglie
contribuiscono a delineare una conoscenza articolata dell’alunno, a individuare
i suoi punti criticità e le sue risorse ma anche a riflettere sulle azioni e i
dispositivi messi in atto dalla scuola. Il Quaderno non è quindi uno strumento
di valutazione ma un ausilio a una valutazione informata e, direi, sistemica che
“legge” i traguardi di apprendimento collocandoli in una prospettiva ampia che
44
non attribuisce al solo alunno meriti e demeriti. Si tratta di superare una
visione “individualistica” che spiega e attribuisce i risultati scolastici a
caratteristiche e tratti individuali “originari” quali capacità, impegno, volontà,
a favore invece di un approccio sistemico che considera i contesti di
inserimento e le azioni messe in atto dalla scuola. In sostanza il quaderno
dell’integrazione contribuisce a sostenere le istanze pedagogiche della
valutazione (1).
5. Il profilo dell’alunno
In questa prospettiva, durante i percorsi realizzati con le scuole di alcune città
italiane (e con le scuole coinvolte nel progetto Comenius POI, n.d.c.) è stato
proposto agli insegnanti partecipanti di compiere un passo ulteriore rispetto
alle esperienze precedenti effettuate altrove: la stesura conclusiva di un
“profilo/ritratto” dell’alunno osservato, elaborato sulla base degli elementi
osservativi raccolti proprio grazie alla guida del QdI. Il quaderno infatti
orienta lo sguardo analitico dell’osservatore su aspetti e dimensioni importanti
che permettono all’insegnante di farsi un quadro dell’alunno e del suo
processo di integrazione nel contesto della classe. Dagli elementi di analisi può
emerge una visione d’insieme del bambino/ragazzo. Indubbiamente gli
insegnanti si costruiscono così una propria narrazione dell’alunno osservato,
una narrazione dei “fili” del suo percorso che vengono connessi, si potrebbe
dire, oralmente. La stesura del “profilo” scritto sollecita invece un ulteriore
momento di riflessione che consente di intrecciare e collegare
consapevolmente aspetti diversi, di portarli alla luce, verificandoli nella messe
dei dati raccolti. Il profilo scritto può inoltre permettere un confronto più
puntuale con i colleghi, soprattutto se le affermazioni che vi sono contenute
trovano riscontro nella base documentale raccolta grazie all’utilizzo del
Quaderno. Nelle originarie intenzioni le osservazioni proposte dal QdI
dovrebbero essere realizzate due volte a distanza di qualche mese in modo da
cogliere il percorso, il processo che l’alunno e la classe stanno compiendo.
Spesso ciò non è, e non è stato, possibile ma la diacronicità delle osservazioni e
l’uso dei sollecitatori sono stati comunque significativi in quanto i tempi lunghi
necessari all’utilizzo del Quaderno hanno permesso di cogliere la dinamicità
del processo e di avvertire cambiamenti ed evoluzioni. Con l’elaborazione del
profilo conclusivo, integrato con la segnalazione, esplicitamente richiesta
nell’ultima parte del quaderno, degli eventuali eventi che possono aver
favorito l’integrazione o, al contrario, averla bloccata, gli insegnanti
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ricostruiscono dunque la storia dell’integrazione e delle interazioni di un
alunno, compongono, certamente dal loro punto di vista, un quadro d’insieme
che costituisce la base informativa su cui prendere decisioni, didattiche ed
educative, per il futuro.
Dall’insieme dei profili degli studenti emerge una varietà di tipologie e di
storie personali che costituiscono una sorta di “galleria di ritratti”, un vero e
proprio repertorio di storie di integrazione, utili riferimenti per “interpretare” e
aiutare a comprendere atteggiamenti e situazioni di nuovi alunni. Dalla loro
lettura si ricavano poi informazioni preziose sulle strategie che hanno
funzionato, sugli eventi, spesso non previsti, che hanno segnato svolte, o al
contrario blocchi, importanti nei processi di integrazione. I profili perciò
aiutano, nelle nuove situazioni, a mettere in atto strategie più adeguate e
consapevoli, adattando e integrando quelle che hanno funzionato in
precedenza. Se ne può perciò anche considerare un uso formativo per gruppi di
insegnanti che vogliano approfondire i processi di integrazione e interazione a
partire dalla concretezza delle storie individuali. Come si vedrà di seguito,
molti dei momenti di sblocco del processo di integrazione sono stati eventi
casuali, nel senso di non programmati o previsti, in cui all’alunno, ad esempio,
sono state riconosciute dai compagni e/o dagli insegnanti competenze in
precedenza ignorate o silenti. Ne possiamo trarre la convinzione che eventi
simili possano allora essere consapevolmente prodotti con una adeguata regia
didattica e relazionale da parte degli insegnanti.
Percorsi variegati
L’integrazione percorre vie differenti. Vi sono in effetti partenze diverse e
percorsi che a volte paiono svolgersi in modalità divergenti. È abbastanza
comune che gli insegnanti rilevino lo spaesamento iniziale di bambini e ragazzi
neo-arrivati, o comunque recentemente inseriti in una classe. Talvolta si tratta
più precisamente di atteggiamenti di passività e di demotivazione. O di rifiuto,
come nel caso di una bambina di terza primaria che manifestava il suo disagio e il
suo rifiuto estraniandosi dall’attività di classe e scrivendo in arabo su fogli o anche alla
lavagna, durante la ricreazione. Un messaggio composito che include la
rivendicazione di una propria competenza agli occhi dell’insegnante. Segue
tuttavia una evoluzione positiva, più o meno lenta, alla quale contribuiscono
diversi fattori come si vedrà di seguito. In alcuni casi invece il processo pare
avviarsi bene, l’alunno si mostra disponibile alle relazioni e desideroso di
apprendere, pare aperto, estroverso, promette un andamento positivo. Dopo
qualche tempo però emergono cali della motivazione, “cedimenti” e criticità
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riconducibili a difficoltà di apprendimento, a “insuccessi nella valutazione”
degli apprendimenti, a mancanza di impegno nello studio a casa. Si
evidenziano allora scoppi di rabbia, atteggiamenti aggressivi o cadute in stati di
passività. Vale la pena di sottolineare l’importanza che riveste per bambini e
ragazzi l’acquisizione di una soddisfacente competenza linguistica in italiano,
così come il raggiungimento di esiti accettabili nelle altre discipline. Gli alunni
che partono, per così dire, in quarta, rischiano delusioni delle aspettative con
conseguente disinvestimento motivazionale. Tocca agli insegnanti mettere in
conto le possibili crisi nel percorso e individuarne le ragioni. Nella prima classe
di una scuola secondaria di secondo grado, S. ha avuto una “caduta” a dicembre, dopo
un avvio positivo, quando si è scontrato con valutazioni non positive. L’insegnante
che ha utilizzato il QdI segnala che la crisi è anche conseguenza di un
insufficiente accompagnamento dell’alunno, di dispositivi inadeguati di
sostegno all’apprendimento: una crisi il cui superamento è avvenuto
successivamente dopo un “riimpegno” del consiglio di classe. Attribuire
l’inadeguatezza dei risultati di apprendimento di un alunno allo scarso
impegno nello studio a casa, può celare il fatto che egli, in effetti, non sappia
come studiare o che le richieste nei suoi confronti sono, al momento, troppo
alte. In alcuni percorsi si segnalano andamenti oscillanti con avanzamenti e
stasi se non arretramenti. Vi giocano anche fattori extrascolastici, in primo
luogo la situazione famigliare e le decisioni, o le indecisioni, dei genitori
riguardo al progetto migratorio ma anche la prospettiva di cambiare abitazione
e scuola, dopo che l’alunno ha raggiunto un certo equilibrio. È evidente che
gli insegnanti non possono entrare nel merito delle questioni famigliari, la
scuola si colloca “a valle” rispetto alla famiglia. Tuttavia alcuni insegnanti
segnalano che il colloquio con i genitori ha contribuito a migliorare la
situazione, a prendere decisioni nell’interesse dell’alunno. Si scopre che, lungi
dal disinteressarsi, alcuni genitori messi al centro dell’attenzione si sentono valorizzati e
disponibili a investire nella scuola, con ricadute positive sugli atteggiamenti degli
alunni.
Un pensiero piuttosto diffuso considera che l’interazione e la relazione con i
compagni di classe sia un fattore imprescindibile di mobilizzazione della
motivazione individuale e dell’impegno necessari per raggiungere risultati
scolastici adeguati. E questo lo si riscontra sovente con bambini della scuola
primaria. Uno dei profili invece ci mostra che impegno e motivazione, che portano
a un buon andamento scolastico, sono riscontrabili in assenza di strette relazioni
amicali con i compagni di classe ma sono, molto probabilmente, sostenute in ambito
famigliare e, certamente, rese possibili anche da un clima di classe disponibile e
47
valorizzante, dalla fiducia riposta negli insegnanti che, da parte loro, l’accordano.
Relazioni positive non significano necessariamente relazioni amicali.
Differente poi è l’idea di amicizia, e l’importanza che le si attribuisce, a
seconda delle età.
Dalla lettura dei profili emerge dunque la multifattorialità all’origine dei buoni
esiti scolastici dei bambini e dei ragazzi neo-arrivati. Entrano in gioco diversi
aspetti fra cui i tratti di personalità, la sicurezza emotiva e psicologica che una
famiglia può dare, la compensazione su tali piani fornita da relazioni e
interazioni positive in classe con i compagni e gli insegnanti che possono
costituire veri e propri “tutor di resilienza”, il sostegno alle aspettative, la
visibilità e il riconoscimento degli individui, come vedremo a proposito degli
eventi che hanno favorito l’integrazione.
Partenze, ripartenze, eventi integranti
Gli insegnanti segnalano in misura maggiore eventi che hanno favorito il
processo di integrazione piuttosto che quelli che l’hanno bloccato. Sembra
perciò che i percorsi di integrazione si realizzino magari lentamente ma senza
ostacoli significativi nella maggior parte dei casi, almeno nella percezione che
ne hanno gli insegnanti. Negli eventi di integrazione gli insegnanti collocano
anche contesti ambientali che non si caratterizzano con momenti specifici,
quali la frequenza di luoghi di socializzazione extrascolastici o gli inviti dei
compagni nelle proprie case per studiare e/o giocare, come anche la
disponibilità della classe ad accogliere i nuovi compagni o la presenza nella
stessa di un certo “calore” relazionale. In effetti la qualità relazione di un
gruppo di alunni può essere considerato un dato non originario ma frutto della
regia relazionale degli insegnanti, di strategie messe in atto nel tempo che
possono incontrare certamente rispondenze diverse negli alunni. Gli eventi
veri e propri segnalati sono di tre distinte tipologie:
- Eventi collettivi. La partecipazione a uscite didattiche e viaggi di istruzione,
feste di paese, celebrazioni pubbliche quali ad es. quelle per il 150
anniversario dell’Unità d’Italia, feste di compleanno a scuola e nelle abitazioni
dei compagni, eventi culturali (il coro, recite) e sportivi. Si tratta di numerose
occasioni che gli insegnanti hanno percepito come svolte nel percorso
integrativo dell’alunno in quanto hanno consentito la socializzazione fra gli
alunni in contesti non tradizionalmente scolastici e quindi la “scoperta”
reciproca. In molti casi si è trattato di scoperte di qualità – abilità e
competenze linguistiche, sportive, ludiche – che spesso sono risultate
vantaggiose e utili per il gruppo degli alunni.
48
M., alunno di scuola secondaria di I grado, fa parte del coro della scuola e durante un
viaggio di scambio in Francia la sua competenze nella lingua francese si è dimostrata
molto utile e apprezzata dai compagni. Inoltre ha riscosso successo personale per la sua
abilità nelle percussioni.
A., alunna di scuola primaria, ha mostrato grinta e tenacia durante la giornata dello
sport contribuendo in modo determinante alla vittoria della squadra ricevendo
riconoscimento dagli organizzatori ma soprattutto dai compagni che l’hanno
applaudita. Ora è lei a proporre e organizzare, durante la ricreazione, giochi di
squadra.
La valorizzazione e il riconoscimento personale (2) avuto dai pari ha
incrementato la motivazione e la fiducia in sé così come il sentirsi parte del
gruppo. Talvolta il riconoscimento riguarda la famiglia come nel caso di D.
che, dopo una visita al panificio, ha portato a scuola il pane preparato dalla madre
secondo la tradizionale ricetta marocchina; è stata l’occasione per D. di essere al centro
dell’attenzione e di apprezzamento per la gentilezza di sua madre.
I festeggiamenti dell’Unità d’Italia hanno permesso a bambini neo-arrivati di
sentirsi parte importante del gruppo. Esse hanno assunto un forte carattere
inclusivo come pure le feste di compleanno in classe. Avendo probabilmente
partecipato a feste di compleanno in classe di suoi compagni J., un bambino cinese di
scuola primaria, ha chiesto alla madre, come regalo, di poter fare la stessa cosa.
L’accorta regia dell’insegnante che ha preparato gli alunni a cantare gli auguri in
italiano e in cinese ha avuto come effetto un forte sentimento di appartenenza. Se gli
eventi collettivi “succedono” senza che occorra un particolare intervento
dell’insegnante, e a volte per iniziativa dei bambini, tuttavia un tocco registico
può fare la differenza come nell’episodio precedente. Infatti il perseguimento
di obiettivi sovraordinati in cui un gruppo possa riconoscersi è sicuramente un
buon modo per favorire l’integrazione e l’inclusione nonché il riconoscimento
ma occorre che l’obiettivo sia di fatto raggiunto (3). La regia scolastica di
facilitazione dell’insegnante è per questa ragione essenziale perché può
prevedere gli ostacoli eventuali e trovare il modo di renderli gestibili e
superabili.
- Strategie didattiche degli insegnanti e iniziative della scuola. Più che eventi
determinati gli insegnanti hanno evidenziato dispositivi e scelte educativodidattiche che hanno facilitato i percorsi. Alcuni hanno individuato nei
laboratori linguistici propedeutici di settembre (alunni di scuola primaria e
scuola secondaria di I grado), o nella frequenza di moduli al Centro
Territoriali Permanenti-CTP (alunni di scuola secondaria di II grado),
occasioni integrative in quanto i bambini e i ragazzi si sono piuttosto
49
rapidamente impadroniti di competenze linguistico-comunicative che li hanno
messi in condizione di interagire con i compagni oltre ad aver rappresentato in
sé occasione di socializzazione fra i partecipanti. Un’insegnante ha organizzato
una rotazione periodica dei compagni di banco di una ragazzino neo-arrivato in
modo che tutti lo potessero conoscere e nello stesso tempo esercitassero nei
suoi riguardi una qualche azione di tutoring. In un'altra situazione A., una
bambina di scuola primaria piuttosto matura, ha mal sopportato per qualche tempo che
le fossero proposti testi facilitati “per stranieri”, lo sblocco è avvenuto quando
l’insegnante le ha fornito i testi scolastici comuni: da quel momento l’impegno e la
socializzazione della bambina hanno avuto uno scatto. È come se la bambina avesse
percepito l’uscita da un frustrante “senso di minorità”: in fondo nel suo paese,
si scopre, era una ottima alunna.
- Incontro con persone e relazioni. Si tratta di eventi specifici non programmati e,
per lo più, non prevedibili. Direi che la ricchezza delle esperienze di vita si
incarica di presentarsi come opportunità che tali divengono perché i bambini e
i ragazzi vi colgono possibili risposte ai loro bisogni psicologici. Nei percorsi di
sviluppo infatti i bambini sono parte attiva, non tutto dipende dagli adulti, anzi
spesso essi “dirigono” in qualche modo l’azione degli adulti che sappiano
ascoltare e cogliere ciò che sta effettivamente accadendo. X., una ragazzina di
scuola secondaria di I grado, ha colto la disponibilità “amorevole” di un’ insegnante di
sostegno e spontaneamente l’ha “scelta” come propria tutor, ricambiata con profitto e
successo. La scoperta di altri bambini “venuti da altrove” nella scuola, può
indurre a sentirsi meno fuori posto soprattutto se, come capita, essi parlano la
medesima lingua. Inoltre l’arrivo di nuovi compagni neo-arrivati con la stessa
lingua in molti casi ha fatto sì che il ragazzo esercitasse una qualche forma di
mediazione e di guida, rispondendo al suo bisogno di sentirsi qualcuno e utile,
incrementando anche allo scopo la competenza in italiano per facilitare
appunto la mediazione. Anche la presenza nella scuola di un fratello o di un
amico o conoscente “che va bene” può costituire un modello che induce il
ragazzo a una sorta di emulazione, accompagnata dalla dimostrazione che
essere venuti da un altro paese non comporta necessariamente quello stato di
“minorità” di cui si è detto in precedenza.
Blocchi e soste
Già analizzando gli eventi che, a parere degli insegnanti, possono avere
favorito il processo di integrazione, è emerso il ruolo giocato dall’ambiente di
inserimento, nel caso nostro, dalla classe e dalla scuola ma anche dai tratti di
personalità dei bambini e dei ragazzi osservati. Dinamiche complesse
50
interagiscono fra i due e su di esse incidono fattori di altro genere come la
situazione famigliare e le rappresentazioni in essa presenti, le storie personali,
il contesto sociale in cui è collocata la scuola. Forse anche per tale complessità
risulta difficile agli insegnanti osservatori individuare eventi specifici di blocco
nel percorso di integrazione. I fattori di blocco segnalati si collocano per lo più
nella fase della prima accoglienza e pertanto sarebbe più corretto definirli
ostacoli iniziali. Tali sono, ad esempio, le classi considerate turbolente e poco
disponibili all’accoglienza in ragione di una loro particolare composizione e/o
storia, l’ostilità evidente di qualche compagno che può concretizzarsi nel
rifiuto di “sedersi accanto” o anche in prese in giro. Vengono poi individuate
difficoltà pervasive, inibenti il processo di integrazione, che si dipanano come
fili rossi, lungo tutto il periodo di osservazione. Sono segnalate storie familiari
e situazioni personali difficili e dolorose. La possibilità di un futuro cambio di
scuola e di paese crea in un alunno (una presenza “che conta” nella classe), un regresso
relazionale con comportamenti di rabbia che vengono meno quando il cambiamento non
si realizza. Viene così rimarcata l’importanza di una stabilità relazionale. Fra gli
specifici negativi narrati troviamo la perdita di consuetudini motivate e
significative, diremmo ancoraggi: il venir meno della presenza di un insegnante che
aveva instaurato alcune modalità di riconoscimento e valorizzazione dell’alunno che
stimolavano il suo impegno, concretamente la tenuta di un diario quotidiano che
l’insegnante subentrante ha fatto cadere al punto che è andato smarrito anche ciò che
l’alunno aveva prodotto in precedenza. Anche la perdita di una persona importante
benché lontana, un lutto, può costituire un blocco nell’interesse e
nell’impegno. È il caso di una ragazzina cui è morta la nonna nel paese di origine,
con la quale aveva vissuto molti anni: l’impossibilità di tornare, la lontananza, una
storia che si chiude definitivamente creano le condizioni di una crisi di senso.
Incidono, secondo alcuni insegnanti, anche competenze sociali non adeguate
caratterizzate da estrema timidezza, eccessiva riservatezza, permalosità,
frequente cattivo umore. Troviamo una sottolineatura degli insegnanti per
quanto riguarda aspetti della personalità e del carattere quando si parla di un
alunno di scuola secondaria di II grado che di fronte a minimi episodi di
incomprensione, all’inizio dell’anno (il non aver capito ciò che doveva fare), per la
frustrazione subita, orgogliosamente non vuole più frequentare la scuola. L’alunno si
definirà successivamente un “visitatore” in Italia benché molto attento a curare il proprio
aspetto fisico, facendo nuoto e palestra, e vestendosi alla moda. Si potrebbe pensare
che il ragazzino cerchi di celare una sua fragilità curando l’aspetto fisico e
l’abbigliamento. Nella secondaria di primo grado paiono emergere tratti di
personalità che occorre inquadrare nel contesto delle storie degli alunni per
51
sfuggire il rischio di interpretazioni troppo soggettive che attribuiscono al
“come è fatto” un alunno l’origine di comportamenti e atteggiamenti invece,
almeno in parte, frutto di una pluralità di fattori personali, familiari e sociali.
Nei profili degli alunni osservati vi è una inevitabile componente
interpretativa, soggettiva. La loro stesura scritta li rende disponibili agli
aggiornamenti che il dinamismo dei processi di integrazione e interazione
rende necessari, ma soprattutto a revisioni e reinterpretazioni consapevoli e
più pregnanti se vengono condivisi con i colleghi, come auspicabilmente
dovrebbe accadere.
Note
(1) Queste devono fare i conti con le norme. La coerenza fra queste e le istanze
pedagogiche non è scontata, soprattutto per quanto riguarda gli alunni neoimmigrati, anzi vi sono elementi contraddittori – almeno per il contesto italiano –
ancora in attesa di essere rivisti e superati.
(2) Gli alunni si presentano a scuola con una serie di bisogni che devono ricevere una
qualche risposta da parte degli insegnanti perché possano dedicarsi all’apprendimento
in maniera sistematica. Autori come Tomlinson (2006), individuano almeno cinque
bisogni fondamentali che ogni alunno declina in modi propri, con maggiore o minore
intensità: affermazione (riconoscimento), contributo, scopo, sfida e potere (nel
senso di “padronanza”).
(3) In caso contrario possono ripresentarsi o nascere conflitti a partire dalla ricerca
delle responsabilità nel fallimento. È quanto sostiene la teoria cosiddetta “del
contatto” secondo cui i conflitti si riducono quando le persone, di diversi gruppi
etnici o culturali, vivono a contatto. Ma questo non basta per evitare separazioni e
conflitti se non ricorrono alcune condizioni fra cui una certa simmetria di rapporti e
di status sociale, l’impegno in attività mirate a obiettivi sovraordinati, vale a dire
condivisi, il cui raggiungimento è utile e proficuo per tutti.
Riferimenti bibliografici
Rezzara A. (2000), Pensare la valutazione. Pratiche valutative scolastiche e riflessioni
pedagogiche, Mursia, Milano.
Rich Y., Ben Ari R., Amir Y., Eliassy L. (1996), Effectiveness of Schools with a
Mixed Student Body of Natives and Immigrants, in “International Journal of
Intercultural Relationships”, 20, 3/4, pp. 323-339.
Santerini M. (a cura di) (2010), La qualità della scuola interculturale. Nuovi
modelli per l’integrazione, Centro Studi Erickson, Trento.
Tomlinson C.A. (2006), Adempiere la promessa di una classe differenziata, LAS,
Roma.
52
Seconda Parte
Le esperienze nazionali
53
PAGINE PARI BIANCA
54
L’esperienza POI nelle scuole scozzesi
di Stephen McKinney, Hazel Crichton, Alan Britton, Julie E. McAdam,
Ewelin Arizpe, University of Glasgow
([email protected]; [email protected])
1. Il contesto scozzese per il Portfolio of Integration
Il progetto Comenius multilaterale Portfolio of Integration (POI) ha cercato di
migliorare i risultati scolastici degli studenti migranti neo-arrivati in cinque
paesi: Grecia, Italia, Polonia, Turchia e Gran Bretagna. In questi paesi, le
organizzazioni partner si sono poste dapprima l’obiettivo di svolgere un’analisi
dei bisogni per valutare le azioni già intraprese e poi avviare un percorso
formativo rivolto agli insegnanti, al fine di migliorare la loro consapevolezza
interculturale e le loro abilità osservative e pedagogiche in classe. In seguito,
lo strumento chiave del progetto POI, il Quaderno dell’integrazione, è stato
adattato per i bisogni specifici degli insegnanti partecipanti di ogni paese.
Gli obiettivi alla base del progetto sono legati al desiderio di avviare una
pratica sostenibile per far sì che i sistemi di educazione incontrino i bisogni
degli studenti migranti neo-arrivati.
In questo contributo, il team dell’Università di Glasgow svolge alcune
riflessioni rispetto al contesto, l’implementazione e il possibile ruolo futuro
del Quaderno dell’integrazione e della formazione per gli insegnanti associata
al Quaderno, senza dimenticare le altre iniziative e dispositivi necessari per
sostenere l’integrazione dei bambini e dei ragazzi neo-arrivati nelle nostre
scuole. Il sistema didattico scozzese è diverso dal resto della Gran Bretagna sia
in termini di amministrazione che di curriculum. Benché la Scozia sia parte
della Gran Bretagna a livello politico e costituzionale, l’educazione è una delle
aree maggiormente delegate al Parlamento scozzese. Il risultato è che il
sistema educativo scozzese dovrebbe essere visto come un’entità separata dalle
normative e dalle pratiche del resto della Gran Bretagna; il contesto,
l’approccio e le pratiche adottate, insieme alle conclusioni delineate in questo
contributo potrebbero non essere trasferibili ad altre realtà.
Negli ultimi dieci anni, il panorama del sistema educativo scozzese stesso è
cambiato significativamente in risposta ai cambiamenti locali e globali. Uno
degli impatti principali della globalizzazione è quello di aver cambiato gli
55
schemi della migrazione. Nel 2010/2011 il numero dei neo-arrivati in Scozia
era di circa 40.000 (la migrazione al netto è +23.000) con circa la metà
insediata nella fascia centrale della Scozia (Glasgow, Edimburgo e gli
agglomerati urbani circostanti). Il governo scozzese ha risposto a questa
circostanza esterna (e alle sue conseguenze interne) rendendo parte integrante
i concetti dell’inclusione, dell’uguaglianza, dei valori e della cittadinanza attiva
nel curriculum scolastico. L’intenzione è quella di assicurare per il futuro un
livello di protezione alto sia per i valori che per i contenuti dell’educazione
scozzese, in modo da rispondere continuamente all’impatto della
globalizzazione sulla popolazione scozzese. L’ultima normativa che promuove
la diversità e l’uguaglianza “sfida le scuole e le comunità a far diventare i bambini e i
ragazzi cittadini responsabili che mostrano rispetto per il prossimo, comprendano le
culture e le fedi diverse dalla propria, e che stanno sviluppando punti di vista di
problematiche complesse ben informati ed etici.” (Education Scotland, online).
Per affrontare queste sfide globali, lo Scottish Teacher Education è stato
riconsiderato e il report più recente, intitolato “Teaching Scotland’s future”
invita a uno sviluppo professionale che dovrebbe essere “potente, locale,
collettivo, rilevante e duraturo” (SG, 2011: 9/10). La maggior parte delle
scuole all’interno della nostra area amministrativa municipale più vicina
(Consiglio Comunale di Glasgow) avevano già procedure ben instaurate per
lavorare con i bambini neo-arrivati, ma le città e i paesi circostanti stavano
cercando attivamente di esaminare e sviluppare i loro piani di sviluppo
scolastico riguardo i bambini neo-arrivati. C’era chiaramente bisogno di
qualcosa come il POI.
Questo significa che all’interno del contesto scozzese il progetto POI ha
offerto un’opportunità tempestiva e una struttura con le quali raggiungere le
due sfide rilevanti della politica scozzese: vale a dire rispondere all’impatto
della globalizzazione e dei nuovi schemi di migrazione attraverso pratiche
didattiche rivisitate, incoraggiare lo sviluppo professionale degli insegnanti
mirando a gruppi piccoli e localizzati in modo da massimizzare l’impatto
sistematico della pratica, delle norme e delle procedure.
Attraverso una precedente disseminazione dei volantini del POI usando la
piattaforma d’apprendimento online scozzese GLOW (essenzialmente una
intranet per tutte le scuole e gli insegnanti scozzesi), il preside della scuola
John Ogilvie a Blantyre nel Lanarkshire Meridionale (25 kilometri a sud di
Glasgow) si è avvicinato al team del POI dell’Università di Glasgow perché le
scuole erano desiderose di aumentare la consapevolezza e di sviluppare un
piano coerente per lavorare con i bambini e i ragazzi neo-arrivati. Il preside
56
era concorde nell’approcciare le scuole secondarie circostanti e ha reclutato i
partecipanti da cinque ulteriori scuole secondarie. Ciò ha stabilito una rete di
insegnanti che era adeguata ai requisiti sopra menzionati sullo sviluppo
professionale: era locale perché le sessioni si tenevano nella scuola secondaria
John Ogilvie; era collettivo perché univa 22 insegnanti di diverse materie e di
cinque scuole secondarie diverse; era rilevante ai bisogni del collegio dei
docenti ed era potente perché nell’ultima sessione gli insegnanti sono stati in
grado di presentare esempi immaginativi di come hanno implementato o
migliorato il Quaderno del POI.
2. L’adozione del Quaderno dell’integrazione in Scozia
Durante la negoziazione con il preside, è stato concordato che le sessioni
sarebbero state pomeridiane, dalle 15:30 alle 18:30, nella scuola secondaria
John Ogilvie, tra gennaio e maggio 2013. Basandosi sull’esperienza del team
dell’Università di Glasgow (UdG) e su un loro lavoro similare precedente, è
stato reputato di vitale importanza che le sessioni formative offerte dovessero
essere in un periodo reciprocamente conveniente in modo da massimizzare e
sostenere la partecipazione degli insegnanti coinvolti.
Le informazioni riguardo le sessioni sono state fatte circolare a dicembre 2012
insieme ai documenti normativi scozzesi più rilevanti in modo da rinforzare
l’importanza e la vera urgenza della formazione offerta. Le considerazioni
successive da parte del team dell’UdG ha portato alla decisione che non
sarebbe stato possibile o appropriato replicare semplicemente l’approccio
Italiano originale usato nel Quaderno dell’integrazione e seguire precisamente
le linee guida fornite.
Ci sarebbe stato un minimo di personalizzazione e adattamento alla luce dei
contesti pedagogici e normativi specifici nel quale il gruppo degli insegnanti
scozzesi stavano operando. La direzione complessiva del progetto gestita da
Oxfam Italia è stata molto comprensiva e spronante riguardo a questa
dimensione del nostro piano e ha riconosciuto che una misura non sarebbe
stata adatta per tutti, in termini di partner di nazioni diverse, mentre allo
stesso tempo ha rassicurato che c’erano sufficienti caratteristiche di approccio
comuni ai vari paesi per garantire che alcuni aspetti di paragone significativi e
alcune conclusioni potevano essere formulate nell’analisi finale.
È stato concordato che all’interno di ogni sessione il team dell’UdG avrebbe
dato maggior tempo per visionare idee e letture chiave in modo da fornire una
base concettuale per discussioni successive, avrebbe istruito gli insegnanti
57
provando gli strumenti di osservazione tra di loro, in più avrebbe condiviso,
discusso e valutato l’applicazione del Portfolio of Integration. Questo schema era
adatto ai cinque elementi suggeriti dal manuale del POI (indipendenza
positiva, responsabilità individuale, interazione faccia a faccia, abilità sociali
interpersonali e in gruppi piccoli e lavorazione di gruppo). Usando i risultati
dell’analisi dei bisogni scozzesi, il team per la formazione in Scozia ha creato
cinque sessioni che incorporavano i temi principali del Quaderno mentre
sosteneva la conformità con i temi principali presentati nei documenti
normativi scozzesi rilevanti per raggiungere i bisogni degli alunni neo-arrivati.
Le sessioni sono state intitolate così:
I. 16 gennaio 2013 - Costruire le relazioni all’interno della scuola
II. 6 febbraio 2013 - Apprendimento linguistico e acquisizione linguistica
III. 27 febbraio 2013 - Lingua e cultura
IV. 20 marzo 2013 - Costruire le relazioni con l’intera comunità
V.15 maggio 2013 - Sessione di valutazione finale e di condivisione
I titoli delle sessioni divergono leggermente dai sei indicatori chiave proposti
nel manuale del Quaderno. Ciò è stato necessario per ricevere il supporto
delle autorità locali che avevano bisogno di abbinare i fini del Quaderno del
POI con le fasi chiave indispensabili a implementare i problemi al cuore della
normativa scozzese riguardo alla gestione dei neo-arrivati.
La facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Glasgow offre corsi di
qualità per lo sviluppo professionale e la formazione degli insegnanti. I trainer
erano membri del team del POI e ognuno di loro è stato invitato nel gruppo
del progetto soprattutto per le loro capacità specifiche e la loro competenza
rilevante. Un piccolo gruppo di trainer aggiuntivi con aree di competenza
specifiche (come per esempio l’acquisizione linguistica) sono stati invitati a
partecipare a sessioni specifiche. A ogni sessione formativa ha partecipato un
numero minimo di due trainer ed è stata usata la rotazione per assicurare una
continuità attraverso le cinque sessioni (per esempio, c’è stato sempre un
trainer che era già stato presente in sessioni precedenti). Le presentazioni di
PowerPoint sono state usate per evidenziare i problemi chiave, inoltre durante
ogni sessione una porzione di tempo è stata usata per anticipare le pagine del
Quaderno che sarebbero state discusse nella sessione successiva. Dato che le
sessioni sono state riallineate, un’analisi dettagliata di ogni sessione è stata
fornita qui sotto per mostrare i collegamenti espliciti al Quaderno del POI.
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Sessione 1. Per la prima sessione, Julie McAdam e Stephen McKinney hanno
introdotto il progetto e allineato il Quaderno del POI con le normative
scozzesi. Il tempo è stato impiegato a discutere del Contesto (1.1), della
Scheda Notizie sullo Studente (1.2), della Descrizione degli Interventi
Specifici (1.3) e dell’Integrazione Scolastica (2.1) trattati nel Quaderno e i
partecipanti hanno avuto il tempo di pensare ai progetti già esistenti e ai
procedimenti usati nelle scuole per collazionare informazioni simili. Durante
la seconda parte della sessione hanno parlato di alcuni modi creativi per
facilitare la raccolta di questi dati come ad esempio l’uso del sollecitatore “I
fiori dell’amicizia” e la creazione di foto-diari. Sono stati anche introdotti
materiali creativi aggiuntivi che derivano da case study nazionali.
I partecipanti sono stati introdotti anche al lavoro di Botelho e Rudman
(2009); a loro piace usare la metafora degli specchi, finestre e porte, per far sì
che gli insegnanti possano assicurarsi che l’ambiente visivo e testuale intorno
agli studenti sia abbastanza diversificato per ogni bambino in modo da vedere
l’immagine di sé (specchio), degli altri (finestra) e inizi a immedesimarsi con
gli altri bambini (porta). Questo sollecitatore è stato incorporato anche per
assicurare che l’identità e la diversità di tutti gli studenti fosse presa in
considerazione. Per concludere, ai partecipanti è stato chiesto di guardare alla
sezione successiva del Quaderno sulla competenza linguistica.
Sessione 2. Nella seconda sessione Julie McAdam e Hazel Crichton hanno
iniziato la stessa parlando in arabo e in tedesco per simulare l’esperienza di
apprendimento in una lingua differente. Ai partecipanti è stato chiesto di
reagire alla graphic-novel “The arrival” di Shaun Tan (“L’approdo” edito in
Italia da Elliot, 2008, n.d.c.) chiedendosi che cosa potessero pensare, vedere e
sentire in arabo; tutto ciò è stato seguito dall’ascolto di una poesia in tedesco.
Per questo il successivo dibattito sull’apprendimento e la competenza della
lingua (comprendendo le capacità comunicative interpersonali basilari e la
competenza linguistica scolastica cognitiva) poteva riguardare l’esperienza
precedente del partecipante nei confronti dello studio di una lingua e anche la
creazione di punti d’azione per operare con i bambini e ragazzi neo-arrivati in
modo significativo. La discussione seguente sull’uso del Quadro Comune
Europeo di Riferimento per le Lingue è diventata molto importante dato che i
partecipanti erano in grado di considerare modi creativi per valutare la
competenza degli studenti usando libri illustrati e testi con materiale visivo.
Per concludere, ai partecipanti è stato chiesto di pensare a cinque o sei sezioni
del Quaderno sull’uso della lingua madre e sulla motivazione legate alle
59
discussioni precedenti sull’apprendimento linguistico. L’uso della lingua
madre è stato incorporato nella normativa scozzese ed è una parte essenziale
del documento chiamato “L’apprendimento basato su due o più lingue:
garantire l’inclusione effettiva degli studenti bilingui”.
Sessione 3. Per la terza sessione, Hazel Crichton, Alan Britton, Evelyn Arizpe
hanno condotto la lezione. In risposta alle domande dei partecipanti, Esther
Daborn è stata invitata a fornire spiegazioni sulle lingue attraverso il
curriculum e sui modi nel quale la conoscenza sui generi può beneficiare gli
insegnanti di materie specifiche. Evelyn Arizpe ha fornito suggerimenti
riguardo un progetto sviluppato a Glasgow che prevedeva l’uso della
letteratura per bambini per entrare negli spazi interculturali e discutere delle
problematiche relative alla diversità e alla lingua. Questo documento è stato
recensito come uno dei case study nazionali di buona pratica ed è servito come
metodo per introdurre la problematica ai partecipanti. Alan Britton ha
sottolineato la necessità di valutare il Quaderno, e i partecipanti sono stati
invitati a condividere esempi di abitudini nella loro scuola che potrebbero
essere aggiunti nel Quaderno.
Sessione 4. Durante la quarta sessione, i partecipanti hanno iniziato a prendere
parte alla lezione in modo più attivo e a condividere le proprie idee e iniziative
in termini di lavoro con i bambini neo-arrivati. Gail McKillop della Home
School Partnership ha presentato il lavoro sul Progetto d’apprendimento della
famiglia, che rimanda alle scuole che forniscono lezioni di lingua dopo scuola
ai bambini e ai ragazzi dai 3 ai 18 anni e ai loro genitori. Le famiglie hanno
trascorso il tempo a imparare la lingua insieme, su tematiche decise insieme
dal gruppo; viene anche fornito un trasporto pubblico per permettere a tutte
le famiglie di partecipare indipendentemente dalla loro locazione fisica. Dawn
Maxwell-Waddell ha condiviso il lavoro che stava facendo come insegnante di
inglese/teatro usando il sopra menzionato romanzo illustrato “The arrival”.
Queste piccole presentazioni hanno aperto la strada a un dibattito più ampio
sulla creazione delle relazioni con la comunità intera, che ha anche portato alla
condivisione del secondo case study nazionale che riguarda la formazione dei
collegamenti tra le scuole e quelle complementari di lingua e di fede. La
sessione è stata conclusa con un dibattito sull’indicatore “Relazioni nella città”
e il modo in cui le attività creative possono essere usate con i bambini e ragazzi
per fare domande pertinenti che non sembrino intrusive.
60
Sessione 5. Alla luce del lavoro fatto dai partecipanti al corso per adattare e
usare le sezioni del Quaderno all’interno delle cinque scuole aderenti,
abbiamo deciso di invitare tutti i partecipanti a contribuire alla sessione di
valutazione finale chiedendogli di presentare esempi di come hanno usato o
adattato il Quaderno. Alcuni esempi d’idee condivise includono le seguenti:

Un insegnate d’inglese come L2 ha riportato come il team di 48
insegnanti d’inglese come seconda lingua abbiano lavorato all’interno delle
Autorità Locali supportando gli studenti e gli insegnanti per soddisfare i
bisogni di 963 studenti di 50 lingue diverse. Il suo ruolo includeva anche
l’insegnamento al collegio dei docenti su come parlare polacco a livello base in
modo da poter incorporarlo nel loro insegnamento.

Un’altra insegnante ha descritto come ha iniziato ad adattare i suoi
obiettivi d’apprendimento alle sue lezioni, assicurandosi che li avrebbe sempre
condivisi in polacco.

Un insegnante di supporto ha invece condiviso informazioni riguardo
al Programma “Scotland Reads” (La Scozia lègge), nel quale i bambini neoarrivati vengono affidati a dei volontari per acquisire più sicurezza nella
lettura.

Un’insegnante/vicepreside ha condiviso l’idea che sta dietro a un
progetto per tutti i bambini che arrivano dalla scuola elementare. Ha creato
un viaggio visivo del suo passato per mostrare ai bambini la storia della
migrazione della propria famiglia dalla Lituania. Tutti i bambini neo-arrivati
della suola elementare sono stati invitati a parlare di viaggi durante il
pomeriggio.

Il collegio docenti della scuola superiore Holy Cross ha adattato il
libretto e un modulo di tre pagine per dare una spinta al processo
d’integrazione. Hanno percepito il Quaderno come “d’impaccio” e speravano
di poter snellire il processo di raccolta delle informazioni sui bambini al loro
primo arrivo a scuola assicurandosi che questi dati, una volta raccolti,
potessero essere passati facilmente ai docenti pertinenti. Hanno selezionato un
membro dello staff per seguire il bambino e completare il libretto modificato
in modo da passare queste informazioni al team che poi lavorerà con lui.
I trainer hanno deciso che la sessione finale sulla condivisione era necessaria
dato che sintetizzava l’idea principale che ogni lavoro di miglioramento
professionale deve essere focalizzato e sostenibile. Questi esempi hanno
mostrato che lo staff ha preso in considerazione le idee del Quaderno ed è in
grado di usarle nel loro contesto.
61
Sebbene 22 insegnanti avessero preso parte alle sessioni, solamente nove
hanno rimandato indietro la griglia dell’unità di osservazione contenente le
informazioni di 13 studenti. Questo ritorno limitato potrebbe essere dovuto
in parte alla inevitabile fatica degli insegnanti impegnati nel periodo più
complesso dell’anno scolastico nelle scuole secondarie scozzesi. Un altro
ostacolo potrebbe riguardare alcune delle domande richieste nel Quaderno
(vedi più avanti per una spiegazione più dettagliata). Comunque, dalle griglie
d’osservazione ricevute sono stati ricavati dati molto significativi e utili.
3. Riflessioni sull’esperienza
dell’integrazione
formativa
del
Quaderno
La soddisfazione generale sul corso di formazione del POI nel Lanarkshire
Meridionale è stata molto alta per varie ragioni. I partecipanti hanno
evidenziato che le sessioni erano tutte interessanti, ben organizzate e con un
buon ritmo; l’esperienza e l’input dei trainer sono stati giudicati; la creazione
di un’atmosfera amichevole ha contribuito all’impegno verso il processo.
Importante è stata la rilevanza degli argomenti specifici, come del resto anche
i metodi usati e la qualità del dialogo costruito socialmente durante la
sessione.
Le lezioni corte fatte in lingua araba e tedesco sono state messe in evidenza per
il loro forte impatto sui partecipanti: mentre potrebbe sembrare un modo
duro per introdurre il disagio di non essere in grado di comunicare o seguire
istruzioni in una seconda lingua, queste lezioni hanno permesso ai partecipanti
di identificarsi con gli studenti neo-arrivati che devono imparare una lingua
aggiuntiva e, inoltre, di capire la necessità dell’uso di aspetti visivi e gestuali
chiari per enfatizzare il significato. Le lezioni hanno evidenziato la necessità di
permettere agli studenti di discutere le intenzioni nella loro lingua madre: “È
stata un’esperienza formativa importante perché ha facilitato la consapevolezza di come
deve essere difficile dover sempre ascoltare una lingua che non usi a casa”. I
partecipanti hanno anche commentato l’alto grado di empatia che i trainer
avevano per i bambini che usano l’inglese come seconda lingua.
Valutazione dei contenuti e dei metodi del Quaderno dell’integrazione
La maggior parte dei partecipanti è rimasta soddisfatta del fatto che il corso in
generale sia stato di grande valore per loro e che i contenuti siano stati utili
per il loro lavoro. Sono rimasti soddisfatti dalla rilevanza e utilità dei
materiali/dispense che sono state distribuite durante le sessioni. Un buon
62
numero di partecipanti ha dichiarato che le sessioni hanno fornito informazioni
e idee utili per facilitare l’inclusione dei bambini e dei ragazzi neo-arrivati e
aiutare gli insegnanti a capire le sfide e gli ostacoli che si trovano di fronte. Gli
insegnanti credono di poter relazionarsi a questi allievi in modo migliore ora.
Un partecipante ha detto che ha acquisito: “Una conoscenza e un’empatia più vaste
per gli studenti neo-arrivati e un rispetto aumentato per la loro resilienza e
determinazione nel raggiungere qualcosa”. Tutti gli insegnanti partecipanti hanno
affermato di aver ricevuto alcune idee interessanti dai questionari riguardo
l’interculturalità, e quasi tutti (eccetto uno) cercheranno di cambiare alcuni
elementi del loro insegnamento grazie a questo corso. Alcuni hanno ribadito
di nuovo l’enfasi molto utile sull’interculturalità e che il programma li ha
aiutati a sviluppare una maggiore consapevolezza e ad acquisire una
competenza approfondita sull’interculturalità. Nonostante nessuna sessione
abbia ricevuto un indice di gradimento basso, la sessione 2 (apprendimento
linguistico e acquisizione linguistica) e la sessione 4 (costruire le relazioni con
l’intera comunità) sono state le più gettonate.
I partecipanti hanno svolto molti commenti rispetto all’impatto della
formazione sulle loro abitudini, valori e atteggiamenti. Alcuni hanno usato
delle strategie specifiche prese dal Quaderno dell’Integrazione nelle loro
scuole per supportare i bambini e i ragazzi neo-arrivati: in questo caso il loro
successo è stato provato perché hanno aiutato gli alunni a sistemarsi nella
scuola. Altri partecipanti hanno adattato il Quaderno agli studenti neo-arrivati
della loro scuola, uno di loro ha anche sviluppato un nuovo programma di
lavoro per i neo-arrivati basato sulle loro esperienze con il corso del POI.
Alcuni partecipanti hanno affermato che la propria esperienza con il corso del
POI li ha aiutati a supportare altri docenti e altri alunni della loro scuola. Un
partecipante ha riportato di aver aumentato la consapevolezza dei bisogni dei
neo-arrivati nella direzione e nel collegio dei docenti. Questo ha portato a una
serie di iniziative panificate.
Un altro insegnante ha detto di sentirsi in grado di fornire informazioni più
rilevanti sulle circostanze e sul livello di capacità degli alunni neo-arrivati
verso il resto dei docenti per sostenere la loro integrazione. In una scuola, uno
dei partecipanti ha creato uno schema di raccolta informazioni per i neoarrivati basato sul Quaderno. Un numero di partecipanti ha dichiarato che ora
altri insegnanti vanno a chiedere loro consigli su come coinvolgere i bambini e
ragazzi neo-arrivati. In una scuola, un insegnante ha acquisito una conoscenza
più estesa su come dare istruzioni più chiare all’intera classe, cosicché tutti
63
siano inclusi. In altre scuole, altri insegnanti coinvolti nel corso hanno
incorporato molti più aiuti visivi nel loro insegnamento.
Come potrebbero essere adattati il Quaderno e il suo corso di formazione in futuro?
Ci sono stati tanti commenti sul Quaderno. Molti partecipanti hanno trovato
davvero utili alcuni aspetti del Quaderno. In particolare, queste le sezioni: le
informazioni sul contesto riguardo programmi precedenti e contatti nel paese;
il livello di competenza linguistica e l’uso giornaliero della lingua; le relazioni
nella classe e nella scuola; l’integrazione all’interno della classe, scuola e
comunità locale. Un numero di partecipanti ha dichiarato che, anche se molti
aspetti del Quaderno sono utili, potrebbe essere migliorato ulteriormente.
Questi suggerimenti sono divisi in due categorie: struttura complessiva e
dubbi riguardo alcune domande. In termini di struttura, un partecipante ha
pensato che il Quaderno fosse troppo voluminoso, ma che potrebbe essere
adattato considerando che fornisce basi buone per uno strumento analitico
efficace; un altro partecipante ha ritenuto che il Quaderno dovesse essere
riveduto in modo più globale.
C’è stato un numero significativo di commenti sulle domande del
Questionario. Alcuni partecipanti hanno reputato le domande per i bambini e
ragazzi neo-arrivati troppo intrusive o addirittura ostili. Alcuni hanno
considerato la costruzione delle domande troppo impersonale o clinica (ad
esempio, alcune delle domande più sensibili riguardo l’amicizia potrebbero
essere riformulate: “Hai amici?”). Questi commenti sono molto importanti
perché gli insegnanti hanno affermato che stanno cercando di creare un clima
di fiducia con i bambini e ragazzi neo-arrivati e non vogliono tradire la loro
aspettativa. Altri hanno pensato che alcune delle domande fossero
inappropriate e che non ci fosse lo spazio necessario per gli alunni per
sviluppare risposte più lunghe. Alcuni dei partecipanti sono dei dirigenti
scolastici e hanno affermato che non avrebbero mai usato certe formulazioni di
alcune domande nella loro scuola. Potrebbero esserci stati fraintendimenti
traduttivi (il Quaderno è stato tradotto direttamente dall’originale italiano),
ma queste domande devono essere convogliate in maniera appropriata e con
dovuta sensibilità.
Sono emerse due problematiche fondamentali sugli sviluppi futuri possibili:
(1) il supporto nella creazione e nella revisione dell’intera normativa scolastica
e delle strategie per i bambini neo-arrivati e (2) una maggiore enfasi sulle
abitudini in classe. La scuola principale John Ogilvie sta cercando di migliorare
le proprie norme e strategie per l’integrazione dei bambini e ragazzi neo64
arrivati. Le sessioni del POI hanno fornito loro uno sviluppo professionale
opportuno e un dibattito appropriato per discutere dei loro piani futuri in
modo collettivo. Ora, affronteranno le loro norme e strategie, ma sono
consapevoli che il numero di bambini neo-arrivati continuerà ad aumentare e
quindi potrebbero essere necessarie delle rivisitazioni continue. Il secondo
punto è che molti partecipanti hanno veramente apprezzato esempi di attività
e metodologie per la classe che sono stati portati dai trainer o sono stati
condivisi da altri partecipanti. Hanno identificato alcune risorse di grande
utilità: includendo anche le applicazioni per smartphone e libri illustrati.
Comunque, apprezzerebbero più supporto ed esempio di buona pratica in
classe.
4. Raccomandazioni
Conoscenza della lingua. In linea con l’analisi dei bisogni, una delle necessità più
incalzanti per gli insegnanti scozzesi è quella di capire come i bambini e ragazzi
imparano una seconda lingua. Questo include la comprensione di come
insegnare, valutare e coltivare quest’ultima a fianco dell’uso della loro lingua
madre. I docenti che hanno avuto l’opportunità di imparare una lingua
aggiuntiva possono identificarsi meglio con gli studenti e comprendere la
necessità di un cambiamento dell’importanza tra i ruoli rispettivi della lingua
“ospitante” e della lingua madre.
Autonomia professionale. La maggior parte degli insegnanti scozzesi sembra aver
valutato la propria identità professionale e vuole prendere l’occasione per
contestualizzare le norme e le iniziative nazionali per adattare i propri contesti
locali. Le idee chiave all’interno del Quaderno sono preziose, ma i docenti
vogliono supporto per poter adattarle ai propri sistemi scolastici e abitudini in
classe usando anche le strutture di supporto preesistenti.
Empatia. La Scozia ha una lunga storia che parla di accoglienza di nuovi
arrivati; molti insegnanti possono identificare personalmente con i tanti
racconti di migrazione derivanti dalle proprie storie familiari. Essi usano
queste informazioni per trovare modi creativi per incoraggiare i bambini a
parlare dei loro viaggi, lingue ed esperienze nell’arrivare in Scozia. Gli
insegnanti hanno l’obiettivo professionale di creare una relazione di fiducia
con i bambini e ragazzi neo-arrivati. Talvolta, i partecipanti hanno reputato
che le domande del Quaderno fossero troppo dirette e impersonali. In parte
questo spiega la riluttanza di alcuni partecipanti a usare i questionari
direttamente con i bambini.
65
5. Conclusioni
Il Quaderno del POI e le sessioni di formazione sono state molto tempestive
nel contesto scozzese. Sebbene questo intervento fosse su piccola scala e
localizzato, ha fornito un punto di partenza fondamentale per accrescere la
consapevolezza sulle problematiche e i processi che risiedono nel fulcro
dell’integrazione dei bambini e ragazzi neo-arrivati. Alcuni aspetti del
Quaderno sono stati ritenuti molto utili e hanno aiutato le scuole a
collazionare le informazioni preziose sui neo-arrivati. Le sessioni hanno anche
aiutato i partecipanti a supportare i presidi delle scuole e altri insegnanti.
Nonostante la natura autonoma del sistema educativo scozzese associato alla
vasta varietà di contesti, il Quaderno dovrebbe essere promosso e disseminato
in maniera più ampia per diventare il punto di inizio appropriato per molte
scuole scozzesi. Data questa natura autonoma, alcune scuole scozzesi si
riserverebbero legittimamente il diritto di apportare cambiamenti per adattare
le proprie necessità individuali ai bisogni dei bambini e ragazzi neo-arrivati
nelle loro scuole.
In generale, le scuole scozzesi avranno bisogno di un sostegno aggiuntivo nella
creazione e revisione di abitudini e strategie anche nelle pratiche di classe. Il
Quaderno, e il progetto più esteso del POI, hanno fornito uno stimolo gradito
e tempestivo per molte scuole e insegnanti che hanno fatto passi avanti nel
supportare efficacemente l’integrazione di studenti neo-arrivati. È ancora da
vedere (e difatti è un punto d’azione vitale per una collaborazione
multilaterale più vasta) se il POI può funzionare come catalizzatore di
miglioramenti più ampi ai sistemi all’interno, tra e al di là dei paesi partner.
Riferimenti bibliografici
Botelho M.J. e Rudman M.K. (2009), Critical Multicultural Analysis of Children’s
Literature: Mirrors, Windows, and Doors, New York, Routledge,
Education Scotland Online. Disponibile su:
http://www.educationscotland.gov.uk/resources/p/genericresource_tcm4747991.asp
SG (2011), Teaching Scotland’s Future: The Report of the Donaldson Review,
Edinburgh, The Scottish Government.
66
Semi che crescono in terre straniere
di Gökçen Aktaş, İzmit Province Directorate of National Education, Turchia
([email protected])
1. Introduzione
L’immigrazione, ovvero il movimento di individui, famiglie e gruppi di
uomini e donne da un’area geografica ad un’altra in cerca di migliori
condizioni di vita, è una costante dell’intera storia umana.
L’immigrazione è stata, e sarà sempre in futuro, una peculiarità caratterizzante
le società europee. Oggi, l’auspicata integrazione dei bambini migranti nelle
scuole e nelle società europee è una necessità socio-economica e un
prerequisito per la stabilità democratica e la coesione sociale. La domanda
fondamentale che dobbiamo porci è quale sia il “posto” degli studenti migranti
nel sistema educativo nazionale. Come possono essere spiegate certe loro
condizioni di vulnerabilità? Quali azioni e precauzioni possono essere
intraprese per fronteggiare tale situazione? Come rendere le scuole e gli
insegnanti più attrezzati per rispondere ai bisogni di tali studenti? Che tipo di
supporto è necessario prevedere per gli studenti immigrati?
Il progetto POI ha soffermato l’attenzione su differenti contesti migratori e,
consequentemente, ha inteso migliorare l’inclusione scolastica di tali allievi.
Per raggiungere questo scopo generale, i corsi-pilota sono stati organizzati in
modo da individuare “nuove” risposte alle suddette domande, raccogliere e
analizzare le informazioni sugli studenti migranti e i loro bisogni, per
intervenire nella pratica educativa e didattica con un livello maggiore di
consapevolezza e conoscenza.
2. L’integrazione scolastica
Sono stati somministrati i questionari sul contesto scuola, sulla classe e sugli
strumenti previsti dal Quaderno per l’integrazione. Parimenti, sono state
raccolte le informazioni sugli studenti “osservati”.
La frequenza scolastica e il livello di attenzione degli studenti sono stati
sempre alti rispetto alle attività proposte dal Quaderno; i questionari sono
stati proposti anche agli studenti non-migranti all’interno della classe. Agli
67
studenti migranti sono state fatte molte domande sulle materie scolastiche,
sulle amicizie, i voti e le impressioni sulla scuola. Alcuni di loro erano
timorosi e confusi, ma altri erano veramente curiosi e interessati.
La competenza linguistica in L2
Gli insegnanti “osservatori” hanno utilizzato materiali come libri, testi, lettori
CD e DVD. Per osservare le competenze nella lettura agli studenti è stato
chiesto di leggere brevi testi. Sono state rivolte loro alcune domande su
quanto avevano letto, e poi è stato chiesto di fare un breve commento. Gli
studenti hanno guardato cartoni animati e documentari, e successivamente è
stato chiesto loro di spiegare cosa avevano compreso. Hanno ascoltato le loro
canzoni preferite e le hanno cantate; hanno scritto piccoli brani nei quali essi
parlavano dei loro sentimenti, pensieri e sogni; in seguito hanno fatto giochi di
ruolo. Tutte queste attività sono state utilizzate per valutare le loro
competenze linguistiche nella L2.
I ragazzi pensavano di possedere delle buone competenze nella lingua turca,
ma poi, grazie a queste attività, si sono resi conto delle loro carenze
linguistiche. Alcuni studenti non riuscivano a esprimersi leggendo o scrivendo,
ma potevano capire quello che gli veniva detto. Per questo motivo, riteniamo
che i docenti abbiamo l’importante compito di insegnare loro come usare le
capacità di scrittura e le abilità comunicative.
Gli insegnanti coinvolti nel percorso POI hanno ritenuto utile usare in classe il
metodo dell’insegnamento cooperativo, grazie al quale, a loro avviso, gli
studenti sono venuti a scuola più regolarmente, si sono sentiti importanti e le
relazioni tra allievi e docenti sono nettamente migliorate.
Le relazioni in classe e nella città
Rispetto all’osservazione sulle dinamiche relazionali, in classe e in città, sono
stati utilizzati i sollecitatori “I fiori dell’amicizia” e “La mappa dei luoghi
frequentati in città e nel quartiere”.
Con il sollecitatore “I fiori dell’amicizia” è stato osservato come la maggior
parte degli studenti migranti sia “fuori” dal gruppo classe. Benché molti di loro
si trovassero in una classe molto numerosa, essi non riuscivano a trovare il
terzo amico da scrivere nei petali dei loro fiori. Un nuovo sollecitatore
sull’amicizia e le relazioni familiari, “Un giorno con i fotografi”, ha fatto sì che
altri studenti si avvicinassero agli studenti immigrati e che quest’ultimi
diventassero il centro dell’attenzione.
68
Con l’uso del sollecitatore “L’ambiente in cui vivi”, agli studenti è stato
chiesto di disegnare l’ambiente in cui vivono attualmente. Una studentessa,
Kevser, ha disegnato un ambiente che comprendeva la sua scuola, un campo
da basket e una chiesa di fronte alla sua casa nelle Filippine. Nel distretto in cui
vive adesso a İzmit, non c’è una chiesa vicina, poiché la Turchia è in gran parte
musulmana. Questa è una delle difficoltà più grandi che la ragazza ha dovuto
affrontare perché non può condurre una “normale” vita religiosa. La
studentessa esprime ancora forti legami con il paese di origine, e incontra
delle comprensibili difficoltà ad adattarsi alla nuova realtà.
Il rapporto con la lingua e la cultura d’origine
È stato sperimentato il questionario sulla famiglia in relazione al “Rapporto
con la lingua e la cultura d’origine” e il sollecitatore “Io oggi, io da piccolo, io
da grande”.
L’osservazione emersa con forza dall’uso del secondo sollecitatore è che gli
studenti hanno incontrato difficoltà a scrivere della loro infanzia o della
situazione attuale, mentre hanno offerto rappresentazioni molto più chiare
rispetto al proprio futuro, sogni e desideri.
Una docente ha convocato la famiglia di uno studente immigrato per far
compilare a scuola il questionario sulla lingua madre, ma i genitori non si sono
presentati all’incontro. L’insegnante, quindi, lo ha fatto recapitare a casa
dall’alunno stesso. Alcuni giorni dopo i genitori si sono presentati a scuola
piuttosto arrabbiati dicendo che il turco era già la loro lingua madre.
L’insegnate è rimasta molto sorpresa da questa loro reazione. Questo episodio
di sembra evidenzi che i genitori dell’allievo, sebbene usino sempre la loro
lingua d’origine nella vita di tutti i giorni e non abbandonino la loro cultura e
le tradizioni, ammettono che la lingua turca è ormai diventata la loro nuova
lingua.
La motivazione
Un nuovo sollecitatore chiamato “La torre” è stato utilizzato per rafforzare le
relazioni di gruppo nella classe. Per rafforzare la motivazione tra gli studenti
della stessa classe è stato messo in pratica anche il sollecitatore denominato
“Le tessere della motivazione”.
Per questa attività sono state preparate delle tessere su cui c’era scritto “Sono
una principessa/Sono un re/Sono un principe/...”. Gli studenti della classe
sono stati divisi in gruppi e, successivamente, la classe ha scelto un tema e si è
data delle regole da seguire. Gli studenti dovevano comportarsi seguendo tali
69
regole e quanto diceva la tessera. Alla fine della settimana il gruppo che aveva
raccolto più tessere diventava il miglior gruppo della settimana.
Il sollecitatore “La torre” è stato usato per rafforzare le relazioni di gruppo e la
motivazione degli studenti. Secondo i risultati del sollecitatore relazionale i
“Fiori dell’amicizia” gli studenti apparivano ancora divisi in due gruppi.
Successivamente, sono stati distribuiti carta, forbici e colla. Ai gruppi è stato
chiesto di fare una torre creativa. Tutti i gruppi hanno lavorato con successo,
ma solo uno ha completato la torre. Quel gruppo si è aggiudicato un premio.
Con un altro sollecitatore (“I modi di dire che motivano”), i modi di dire più
famosi sono stati scritti su un foglio e inseriti in una scatola. Gli studenti che
dimostravano un atteggiamento positivo, potevano scegliere i modi di dire che
preferivano. Le frasi scelte sono state attaccate sulla lavagna scrivendo con un
evidenziatore il nome dello studente sotto al modo di dire.
Un altro sollecitatore che è stato usato è le “pietre colorate”; quest’ultime
sono state messe in una scatola e agli studenti è stato detto che ogni pietra gli
avrebbe portato fortuna. Queste pietre colorate sono state date agli studenti
che dimostravano miglioramenti durante le lezioni e nel loro comportamento.
Gli studenti che collezionavano più pietre colorate vincevano il titolo di
“studenti del mese”.
I risultati del questionario sulla motivazione hanno dimostrato che le famiglie
degli studenti migranti non erano mai venute agli incontri dei genitori e non
erano mai state in contatto con gli insegnanti, ma erano comunque sensibili
all’andamento scolastico dei propri figli. Nonostante gli studenti migranti non
registrassero esiti scolastici soddisfacenti, essi invece si sono dimostrati molto
favorevoli alla partecipazione alle attività sociali organizzate dalla scuola come
film, teatro e mercato del libro. I docenti “osservatori” hanno segnalato un’alta
partecipazione degli studenti nei lavori di gruppo e che queste attività hanno
stimolato un clima competitivo.
Le dinamiche d’integrazione: gli imprevisti
Abbiamo posto enfasi sugli ostacoli incontrati durante il lavoro di osservazione
con il Quaderno, svolgendo una valutazione generale: sono stati discussi gli
aspetti positivi e negativi emersi dall’attività di osservazione, sono state
presentate nuove proposte.
Gli studenti immigrati hanno accolto positivamente le attività didattiche che
hanno previsto l’utilizzo di foto dei propri paesi (da loro portate), che sono
state commentate e condivise con gli altri studenti. Volevamo che gli studenti
commentassero le immagini da loro proposte riflettendo sulla propria cultura.
70
Mentre identificavano le persone ritratte con loro gli altri studenti hanno
mostrato grande interesse.
Se in un primo tempo gli studenti osservati non erano riusciti a identificare gli
amici da scrivere sui petali del “Fiore dell’amicizia”, già a distanza di un mese
sono stati in grado di individuare fino a cinque amici. Questo ha dimostrato
che gli studenti si stavano inserendo positivamente nella classe, benché
l’accettazione degli studenti migranti da parte dei loro compagni di classe sia
rimasta ancora in uno stato di grande sofferenza.
Con l’originale sollecitatore chiamato “Amici cartoni”, volevamo che gli
studenti assegnassero il nome dei loro amici a dieci immagini di personaggi dei
cartoni animati che gli erano state consegnate. Successivamente, abbiamo
chiesto loro di raccontare cosa avevano provato quando per la prima volta
avevano conosciuto questi amici. Dopo l’analisi, sono stati discussi i risultati
negativi e positivi del processo d’integrazione. Alla fine i docenti hanno
discusso sulle debolezze e i punti di forza dell’intero percorso di osservazione
realizzato.
3. Nota conclusiva
È stato sottolineato più volte dai docenti coinvolti che insegnare in una classe
multiculturale è una grande esperienza professionale. I docenti hanno
segnalato tra i benefici riconducibili alla sfera umana e professionale ricavati da
questo percorso di ricerca-azione quelli relativi a: una migliore capacità di
gestione di classi multiculturali e delle diversità; un miglioramento della
capacità di diagnosi e d’osservazione; un ampliamento delle proprie
conoscenze e dei propri orizzonti professionali rispetto al tema migratorio e
alle differenze culturali. In definitiva, a nostro avviso l’esperienza progettuale
del “Portfolio of Integration” ha raggiunto gli obiettivi prefissati rispetto a tutti
gli indicatori, sezioni, attività e documenti.
71
72
Gli studenti immigrati: una speranza per la demografia polacca e
una sfida per l’istruzione nazionale nell’esperienza progettuale
Portfolio of Integration
di Wanda Baranowska e Małgorzata Kosiorek, Wyższa Szkoła Biznesu i Nauk o
Zdrowiu in Lodz, Polonia
([email protected]; [email protected])
1. Gli immigrati in Polonia: la base per costruire l’esperienza nel
POI
La Polonia è, dal punto di vista culturale ed etnico, un paese omogeneo. Negli
ultimi anni il tasso d’immigrazione ha avuto un lieve incremento anche se in
confronto ad altri paesi europei il livello raggiunto è ancora marginale. Nel
2012 gli immigrati costituivano lo 0,13% dell’intera popolazione polacca;
mentre il tasso di nascita in Polonia è quasi pari a zero (Dmochowska, 2013),
il che significa che la Polonia sta diventando un paese in cui la propria
demografia è a serio rischio. Secondo i demografi la politica d’immigrazione
polacca dovrebbe, in primo luogo, mirare a re-immigrare i polacchi e le
persone di origine polacca e, successivamente, creare un terreno fertile per
l’immigrazione di cittadini extra-comunitari provenienti da paesi simili dal
punto di vista culturale, come l’Ucraina, la Bielorussia, la Russia, la Georgia,
la Moldavia e l’Armenia. Inoltre, è evidente la necessità di istituire un sistema
istituzionale d’integrazione responsabile per le azioni che mirano all’inclusione
degli immigrati nella società polacca nell’ambito dell’istruzione, della sanità,
dell’impiego e della vita pubblica. I ricercatori sottolineano la necessità di
favorire cambiamenti radicali nell’atteggiamento pubblico in vista di un
passaggio della Polonia a paese di immigrazione (Iglicka, 2013).
2. Gli immigrati nelle scuole polacche
I tratti distintivi degli immigrati in Polonia sono: un livello di istruzione medio
alto (circa il 40% ha un’istruzione superiore) e una prevalenza di immigrati in
età economicamente produttiva (circa l’80%). Soprattutto uomini piuttosto
che intere famiglie. La presenza di studenti immigrati nelle scuole polacche è
dunque una conseguenza logica. Nel 2011 lo 0,03% della popolazione in
73
Polonia era costituita da immigrati sotto i 18 anni (iscritti a scuola) e solo lo
0,0028% di tutti gli studenti in Polonia andavano dai 7 ai 19 anni di età
(Dmochowska, 2011). È da sottolineare che questa proporzione vede una
diversa distribuzione nel territorio polacco, tra cui emergono dense
popolazioni di immigrati nelle regioni della Mazovia (più del 30% di
immigrati) e della Silesia. Nel 2010 i bambini tra 0 e 4 anni (3.474)
costituivano il gruppo maggioritario tra gli immigrati, e i gruppi più numerosi
per quanto riguarda l’età scolastica erano quelli tra i 5 e i 9 anni (458) e i 15 e
i 19 anni (423) (Dmochowska, 2011). Questi dati fanno emergere l’assoluta
necessità di un’istruzione prescolastica per i bambini immigrati e
dell’insegnamento linguistico per favorire basi solide per l’istruzione dei
bambini di 5-6 anni. La sfida della Polonia ora è includere nell’istruzione di
massa gli studenti (polacchi) tra gli 8 e i 14 anni che tornano con le loro
famiglie in seguito a un’esperienza di emigrazione negativa. Il livello di
competenza L1 per questi studenti è basso; essi evidenziavano delle difficoltà
scolastiche già nel paese di residenza; spesso, questi problemi s’inaspriscono di
fronte alle differenze esistenti tra i sistemi d’istruzione nei paesi europei.
La base legale e formale per l’inclusione degli studenti immigrati nel sistema
d’istruzione di massa in Polonia
L’Ufficio per Stranieri, di seguito UDSC (dal polacco Urząd do Spraw
Cudzoziemców-UDSC) è l’autorità centrale dell’amministrazione governativa
competente per l’entrata degli stranieri nel territorio della Repubblica di
Polonia.
Lo strumento legale che regola l’istruzione gratuita dei figli degli immigrati in
Polonia è:
1. l’art. 70, sezione 5 della Costituzione della Repubblica di Polonia (“ognuno
ha il diritto di imparare” – con “ognuno” si intende non solamente il cittadino della
Polonia ma anche tutte quelle persone che non hanno la cittadinanza polacca ma che si
trovano nel territorio del nostro paese);
2. la legge sul sistema d’istruzione, del 7 settembre 1991 (art. 94, sez. 1: “i
cittadini stranieri che sono soggetti a istruzione obbligatoria (sotto i 18 anni),
esercitano il loro diritto di essere seguiti e di studiare nelle scuole pubbliche primarie,
nei licei, nelle scuole pubbliche d’arte e negli istituti d’istruzione – secondo le stesse
condizioni stabilite per i cittadini polacchi”). La suddetta legge è stata modificata
nel gennaio 2010 e, aspetto cruciale, esclude il pagamento obbligatorio delle
tasse per l’istruzione secondaria. L’istruzione secondaria gratuita è diventata
una porta aperta per i cittadini, soprattutto per quelli provenienti da paesi non
74
facenti parte dell’UE. Istituzioni come le università rimangono comunque a
pagamento;
3. la direttiva del Ministero per l’Istruzione del 31 marzo 2010 per l’iscrizione
di cittadini stranieri ad asili pubblici, scuole pubbliche, centri e istituti didattici per gli
insegnanti, prevede la possibilità di imparare il polacco, partecipando a lezioni extrascolastiche per imparare la propria lingua e cultura nativa. Secondo la direttiva, i
corsi gratuiti di lingua polacca riguardano tutti gli studenti immigrati che
vanno a scuola e il cui livello linguistico non è sufficiente per la propria
istruzione. Il periodo minimo prevede due lezioni a settimana ma il numero di
ore d’insegnamento potrebbe aumentare in base al bisogno e alla disponibilità
delle risorse finanziarie.
Strategie d’integrazione per gli studenti immigrati in Polonia secondo l’opinione dei
ricercatori
Per quanto riguarda l’accesso degli immigrati all’istruzione in Polonia,
possiamo osservare l’applicazione di un modello d’integrazione (TodorovskaSokolovska, 2009) in cui i bambini immigrati frequentano lezioni obbligatorie
insieme a compagni di classe autoctoni, e il supporto linguistico individuale
viene fornito durante le lezioni di lingua supplementari. Ci sono, comunque,
poche ricerche e pubblicazioni che si concentrano sui problemi relativi alle
politiche didattiche, alle prassi nell’ambito dell’integrazione e all’accesso
all’istruzione. Ciò che leggiamo non suggerisce metodi o tecniche, ma
piuttosto spiega:
1. le difficoltà incontrate dai bambini vietnamiti nell’adattarsi a un nuovo
ambiente culturale come parte di un sistema didattico (Halik, Nowicka,
2002);
2. la scarsa o assente presa di coscienza dell’importanza dell’istruzione da
parte degli stessi immigrati, aspetto questo riferito soprattutto a coloro che si
candidano per lo status di rifugiato o “soggiorno tollerato”;
3. un impegno e una collaborazione scarsi da parte delle autorità locali, dei
direttori scolastici e delle assistenti sociali, che non favorisce una integrazione
di successo dei bambini e dei ragazzi migranti nel sistema d’istruzione polacco,
a cui si somma il numero insufficiente di insegnanti competenti e preparati a
lavorare con questi gruppi di studenti (Szelewa, 2010).
Può essere particolarmente utile creare un team di supporto che aiuti l’allievo
immigrato, basato sul modello dei team previsti per gli studenti con particolari
bisogni didattici. Il team potrebbe includere: un insegnante responsabile della
classe (come coordinatore delle azioni del team), un secondo insegnante, un
75
consigliere scolastico, uno psicologo e un assistente insegnante (assistente
culturale). È necessario fornire una formazione appropriata per gli operatori
delle scuole – direttori e insegnanti – per applicare gli aspetti del
multiculturalismo nelle istituzioni scolastiche. È altresì importante sviluppare
il materiale informativo in lingua madre rivolto ai genitori immigrati affinché
essi possano comprendere il funzionamento del sistema scolastico in Polonia.
Questo materiale dovrebbe includere le informazioni di base sulle regole
scolastiche, le procedure d’iscrizione a scuola, il funzionamento scolastico nei
diversi livelli e i diritti e i doveri dei bambini, degli insegnanti e dei genitori
(Todorovska-Sokolovska, 2010).
La reattività degli insegnanti all’integrazione degli studenti immigrati
Le opinioni riportate di seguito sono i risultati di una ricerca focalizzata sulla
prima fase del progetto Portfolio of Integration (POI), il cui obiettivo era
determinare i bisogni didattici degli insegnanti polacchi. Vale la pena
evidenziare che individuare il gruppo di docenti non è stato un compito facile
a causa del basso livello d’interesse per questo problema. Lo scarso numero di
studenti immigrati nelle scuole (di cui si è già detto) fa sì che gli insegnanti
trattino il tema con superficialità, come una questione ipotetica e non reale.
Questo atteggiamento limita il numero di partecipanti alla proposta formativa,
e porta a pensare che bastino solo alcune mirate azioni per favorire
l’integrazione scolastica dei migranti.
Secondo l’opinione di insegnanti e esperti, i metodi e gli strumenti per
l’integrazione di tutti gli studenti (senza fare particolare riferimento agli
immigrati) si riducono a semplici azioni tipiche dell’ambiente scolastico. Gli
esperti sottolineano gli eventi musicali e sportivi di tutta la comunità
scolastica. Vale la pena notare che nelle scuole polacche non viene misurato
come e quanto un gruppo classe è integrato, ma viene cercata la persona che
emerge dal gruppo per poi prendere ogni tipo di azione riparatoria possibile. Il
materiale base per la preparazione di una tale valutazione è costituito dalle
opinioni e dalle risposte fornite dagli esperti da noi interrogati nella ricerca
preliminare previste dal POI: essi hanno sottolineato il fatto che l’insegnante
polacco medio non ha sviluppato le competenze per portare avanti una
diagnosi oggettiva dei bisogni didattici dello studente (anche dello studente
immigrato). In sintesi, agli insegnanti mancherebbe la competenza sui bisogni
didattici. Hanno bisogno di aumentare il proprio livello di competenza
nell’individuare i bisogni didattici e ottenere gli strumenti per farlo. Dopo
un’accesa discussione, gli insegnanti coinvolti nel POI hanno sostenuto che i
76
programmi di formazione che mirano a preparare a “gestire” l’integrazione
degli studenti immigrati nelle scuole a livello generale dovrebbero includere la
conoscenza e la comprensione delle conseguenze dei fattori nella dimensione
interna ed esterna della diversità umana, così come nella dimensione
organizzativa. In particolare, questo significa: conoscenza e formazione sulle
teorie comportamentali che permettono di comprendere le credenze, gli
atteggiamenti e i comportamenti degli altri (studenti e famiglie), formazione
sugli stili comunicativi e sulle competenze diagnostiche.
Il contesto in cui costruire l’esperienza POI dei partecipanti
L’omogeneità culturale della Polonia e la bassa incidenza di studenti immigrati
nelle scuole porta la maggior parte degli insegnanti a trascurare il bisogno di
confronto e scambio sui bisogni d’inclusione. È fondamentale per l’istruzione
affrontare il reinserimento dei bambini di origine polacca che sono nati e
hanno iniziato la scuola in altri paesi europei. L’iniqua distribuzione
dell’immigrazione in Polonia fa sì che ci siano scuole “piene” di studenti
immigrati in quelle città dove si trovano i centri per i rifugiati. In altre regioni
della Polonia il problema viene del tutto trascurato. È importante sottolineare
che preparare gli insegnanti a dare il benvenuto agli studenti immigrati in ogni
scuola diventa un’occasione per l’inclusione sociale degli immigrati e per la
“salvezza demografica” della Polonia. In questo contesto la partecipazione degli
insegnanti al progetto POI appare assolutamente giustificata.
3. Il corso pilota POI
Pianificazione ed eventi del corso pilota
Costituire un gruppo di insegnanti per il corso pilota POI non è stato facile.
Lodz – la sede del partner polacco del progetto – è una città non molto
attrattiva per gli immigrati dal punto di vista economico (il tasso di
disoccupazione nei primi tre mesi del 2013 era al 17,6%). Come possiamo
rilevare dall’analisi del Dipartimento per l’Istruzione del Consiglio Comunale
di Lodz, gli studenti immigrati sono presenti solo in 18 scuole di Lodz (con un
totale di 1.500) e la maggior parte di loro ha tra i 7 e i 9 anni. Non ci sono
registri statistici per gli studenti con un passato d’immigrazione. Il percorso di
reclutamento degli insegnanti è stato portato avanti più volte e alla fine, negli
ultimi giorni del gennaio 2013, sono stati selezionati 10 insegnanti provenienti
da diversi tipi di scuole pubbliche, in rappresentanza di sei scuole. Quattro di
77
queste si trovano a Lodz, una a Zgierz (10 km da Lodz) e una a Raszyn (vicino
a Varsavia).
La percentuale di frequenza dei docenti selezionati agli incontri periodici ha
raggiunto quasi il 100%, il che ci ha permesso, tra le altre cose, di
implementare il modello di formazione/apprendimento. Abbiamo portato
avanti un training di 20 ore a diretto contatto con i partecipanti. Durante i
sette incontri i partecipanti hanno preso familiarità con la base teoretica
dell’integrazione scolastica e ambientale degli studenti, con lo strumento di
osservazione, le cui aree sono state analizzate approfonditamente.
Aree d’integrazione degli studenti immigrati: nuove sfide per gli insegnanti polacchi
Il tema delle relazioni interpersonali all’interno e all’esterno della scuola è ben
noto agli insegnanti polacchi. L’analisi di quest’area ha portato a soffermarsi
sulle abilità e le conoscenze dei partecipanti rispetto all’allievo immigrato; il
che ha evidenziato il bisogno di un pensiero più profondo sul tema delle
competenze linguistiche. Diversi commenti sono stati avanzati rispetto ai temi
“studenti”, “motivazione” e “risorse scolastiche”, presenti nel Quaderno
dell’Integrazione, e ciò ha consentito di pensare ad un contesto favorevole
all’inclusione sociale e scolastica degli studenti stranieri. Possiamo ipotizzare
che le questioni relative al multiculturalismo, multilinguismo e alla
costruzione dell’identità culturale nella migrazione rappresenti, ora e domani,
nuove e importanti sfide per gli insegnanti coinvolti nel percorso POI. Nei
prossimi paragrafi faremo riferimento ad esse.
Lo sviluppo delle competenze linguistiche degli studenti immigrati nell’analisi offerta
dai partecipanti al corso POI
Come è stato detto nella prima parte di questo contributo, è abbastanza
frequente in Polonia dover affrontare la immigrazione di ritorno delle famiglie
polacche e il “complicato” percorso scolastico dei minori, specialmente
nell’età dei 14 anni. Spesso questi ragazzi e ragazze sono bilingui, ma non
hanno acquisito una competenza linguistica sufficientemente sviluppata nelle
due lingue (né in polacco, né nella lingua straniera) tanto da permettere un
apprendimento scolastico senza ostacoli. In questa situazione è inoltre difficile
affermare quale lingua sia la primaria (L1) o la secondaria (L2) nel contesto dei
bisogni didattici e del soddisfacimento dei doveri scolastici. Gli insegnanti del
POI suggeriscono che la rilevazione/monitoraggio delle competenze
linguistiche degli studenti immigrati dovrebbe essere svolto senza fare
riferimento a un codice specifico (L1/L2), ma dovrebbe focalizzarsi sullo
78
sviluppo delle competenze nella lingua polacca. Gli studenti di origine polacca
che tornano dalla Germania o dai paesi anglosassoni possono portare avanti lo
studio delle lingue natie a scuola, sviluppando le abilità che hanno già appreso.
Inoltre, gli insegnanti sostengono che, nel caso degli studenti stranieri durante
la prima fase di contatto con la lingua polacca, sarebbe fondamentale poter
utilizzare strumenti audiovisivi come dizionari o “diari” illustrati all’interno
della comunicazione scolastica giornaliera con i compagni, insegnanti e vicini
di casa. È importante notare che finora gli insegnanti non hanno riscontrato
situazioni critiche riguardanti un disturbo della comunicazione in polacco tra
gli studenti immigrati. Gli insegnanti “osservatori” concordano che non hanno
riscontrato nessun segno di discriminazione causato da “barriere linguistiche”.
A loro avviso, i “problemi maggiori” sono causati dalle difficoltà nella
comunicazione con i genitori degli studenti immigrati. Essi ritengono che ciò
sia dovuto al fatto che la situazione polacca è differente rispetto a quella dei
paesi dove il tasso di immigrazione è nettamente più alto.
Le relazioni i classe e fuori della scuola: le osservazioni delle insegnanti
Le discussioni in merito alle relazioni interpersonali degli studenti immigrati
hanno evidenziato che tale questione è conosciuta agli insegnanti. I dibattiti
successivi, ispirati dalle domande dei formatori del percorso, hanno rivelato il
bisogno di “un nuovo sguardo alla problematica”. L’esame delle storie degli
studenti immigrati, ad avviso degli insegnanti, ha favorito lo sviluppo delle
loro capacità di lettura e comprensione delle diverse situazioni scolastiche e
degli atteggiamenti degli studenti immigrati. Gli insegnanti sostengono che
monitorando le relazioni degli allievi è più agevole individuare il livello di
“attrattività” dello studente “osservato” nella classe. Con i test sociometrici è
infatti possibile individuare i ruoli assegnati a ciascun studente. I risultati dei
test non hanno fatto emergere particolari situazioni di rifiuto o mancata
accettazione dell’allievo immigrato da parte dei compagni. Gli insegnanti
hanno ammesso che, nonostante li conoscessero, non avevano mai fatto
ricorso in passato ai metodi della ricerca sociometrica. Questa discussione,
risvegliata dal corso POI, ha avuto il merito di portare l’attenzione degli
insegnanti sui metodi di misurazione delle relazioni interpersonali degli
studenti.
L’identità e la motivazione degli studenti come aree d’inclusione sociale
Gli insegnanti hanno osservato che “interrogare” un allievo immigrato sul
contesto sociale familiare non è cosa agevole e soprattutto offre scarsi risultati,
79
poiché “gli studenti sanno quanto i genitori vogliono che essi sappiano”. Gli
insegnanti hanno espresso il timore di mal interpretare “ciò che vedono”.
Hanno invece riscosso molto favore tra i docenti tutte le attività didattiche
(suggerite nel POI) che richiedono la partecipazione attiva degli studenti,
finalizzate a raccogliere informazioni sul loro background culturale. La
“motivazione” degli studenti immigrati e la sua dualità fenomenistica hanno
generato un’ampia discussione tra gli insegnanti.
La prima dimensione riguarda la motivazione dello studente immigrato
rispetto l’inclusione sociale (il percorso d’istruzione e integrazione dovrebbe
essere portato avanti in modo che tale allievo “voglia conoscere la cultura del
paese in cui è arrivato”). La seconda attiene alla motivazione e all’impegno
dello studente rispetto agli apprendimenti. Basarsi su tale motivazione
permette di portare avanti il percorso d’istruzione e integrazione attraverso un
lavoro di gruppo. Il lavoro degli insegnanti rispetto a questa dimensione potrà
così rispondere alle aspettative sui bisogni degli studenti migranti e alla
necessità di avere un’approvazione sociale su tale operato. Allo stesso modo
l’integrazione sarà la risposta e non la domanda.
Far emergere la creatività degli studenti
I partecipanti al corso credono che dare spazio alla creatività degli allievi sia
una priorità della scuola polacca già da molti anni. Le discussioni e le analisi
sorte durante il corso si basavano sull’uso di metodi ben conosciuti che
soddisfacessero i bisogni degli studenti immigrati e che potessero essere usati
in periodi particolari del loro soggiorno in Polonia. Gli insegnanti ritengono
che un esplicito e diretto riconoscimento allo studente immigrato rispetto ai
passi in avanti compiuti e ai risultati raggiunti segni comunque un implicito
riconoscimento di un percorso di “assimilazione” del background socioculturale dello studente all’interno della classe. Un particolare talento rivelato
durante la festa scolastica o la risoluzione di un problema di algebra possono
essere motivo di particolare elogio per gli insegnanti e i compagni di classe.
Elogi e premi sono strumenti eccellenti per far emergere la creatività degli
studenti e accrescere la loro motivazione.
Valutazione del corso POI
Tutti i partecipanti al corso hanno sottolineato l’utilità dello stesso nel
potenziare le proprie abilità e competenze in relazione all’inclusione degli
studenti immigrati. Un aspetto che ha ricevuto grande approvazione da parte
degli insegnanti è stato l’opportunità fornita dal percorso di scambio e
80
condivisione dei punti di vista su azioni, pratiche, esperienze maturate e
sperimentate. Per le azioni future da intraprendere i docenti hanno suggerito
l’uso di maggiori strumenti visivi che possano fare riferimento a un
documentario (registrazioni di interviste) sulla vita quotidiana degli immigrati
nei diversi paesi di arrivo. Per quanto riguarda l’“identità”, questi materiali
potrebbero rappresentare uno strumento didattico molto adatto per
promuovere la comprensione intersoggettiva. Gli insegnanti ritengono che il
corso abbia contribuito a innalzare il loro livello “di preparazione al lavoro con
gli immigrati”, “di auto-analisi”, nonché la possibilità di “sperimentare una
prospettiva differente nel percepire il fenomeno dell’immigrazione e gli
studenti immigrati”, e la possibilità di “apprezzare il valore
dell’apprendimento condiviso”. Alla luce delle valutazioni raccolte nelle
sezioni precedenti possiamo dire che la struttura del corso e il suo
completamento sono soddisfacenti e adeguati.
4. Il Quaderno dell’integrazione: i risultati della sperimentazione
Nel gruppo di studenti seguiti con gli strumenti POI vi sono sei bambini di
genitori rifugiati e cinque studenti figli di polacchi emigrati nelle diverse parti
del mondo che hanno fatto ritorno.
La Figura 1 presenta alcune informazioni dettagliate su tali studenti.
Fig.1. Studenti “osservati”
Nazionalità dello studente
Bielorussa
Polacca (nato e cresciuto negli USA, i
polacchi)
Polacca (nato e cresciuto in Australia, i
polacchi)
Polacca (nata e cresciuta in Australia, i
polacchi)
Polacca (nato in Polonia ma ha vissuto
Germania)
Polacca (ma nato e cresciuto in Grecia)
Armena
Coreana
Vietnamita
Vietnamita
Vietnamita
M/F
Classe
Età
F
1° anno scuola primaria
7
M
5° anno scuola primaria
12
M
5° anno scuola primaria
12
F
4° anno scuola primaria
11
M
M
M
M
M
M
M
5° anno scuola primaria
2° anno di liceo
3° anno di liceo
2° anno scuola sec.
1° anno scuola sec.
2° anno scuola primaria
2° anno scuola primaria
12
15
16
17
16
8
8
genitori sono
genitori sono
genitori sono
e studiato in
81
Uno strumento per tutti
Gli insegnanti hanno evidenziato l’opportunità di utilizzare lo strumento per
monitorare l’integrazione di tutti gli studenti di una classe, e non soltanto
degli allievi immigrati. Gli strumenti usati per l’osservazione (e la
misurazione) delle relazioni interpersonali e della motivazione degli studenti
all’apprendimento sono stati considerati centrali. La maggior parte degli
insegnanti che ha testato gli strumenti suggerisce che il Quaderno debba essere
ampliato rispetto al lato “emozionale” e che occorra sviluppare gli strumenti
per la ricerca di altri fattori che condizionano l’integrazione scolastica
(famiglia, fattori economici, disordini di sviluppo, etc.). Molte parti del
Quaderno, come meglio si dirà, richiedono poi un adattamento alla specifica
“realtà polacca”.
Le virtù del Quaderno dell’integrazione secondo gli insegnanti
Gli insegnanti concordano che il vantaggio più grande di un lavoro di
osservazione di questo tipo è che, usando uno strumento come il “Quaderno”,
è possibile tenere sotto controllo tutte le aree significative dei processi di
integrazione degli studenti immigrati, individuando così le connessioni tra i
vari fattori. Ciò consente di avere una percezione olistica della situazione degli
studenti all’interno della classe e della scuola, e una nuova opportunità di
sostegno alla loro inclusione sociale e scolastica. Gli strumenti previsti dal
Quaderno e usati per la diagnosi delle singole situazioni sono allo stesso tempo
i “metodi” di lavoro con la classe. Sono altresì strumenti di riflessione fecondi
per la costruzione di un pensiero critico dell’insegnante. Il fatto che gli
strumenti possano avere un uso multiplo è un’altra virtù riconosciuta al
Quaderno, capace di creare automaticamente un percorso di diagnosi ampio e
attivo per monitorare i progressi dell’alunno nel processo d’integrazione. Gli
insegnanti hanno sottolineato che il Quaderno “richiede un lavoro di gruppo
da parte degli insegnanti” e questo lavoro favorisce lo scambio e l’integrazione
tra la comunità docente.
5. Le caratteristiche principali del POI: i profili selezionati degli
studenti osservati con il Quaderno dell’integrazione
Case study numero 1. Tomas, 12 anni
La situazione di Tomas è eccezionale: un ragazzo con doppia cittadinanza nato
in Polonia ma cresciuto e istruito in Germania da quando aveva 10 anni. Negli
ultimi due anni ha trascorso metà dell’anno scolastico in Germania e l’altra
82
metà in Polonia. Quando è in Germania, la madre si prende cura di lui e
quando è in Polonia lo fa suo nonno. Sua madre vive in Germania e non è
presente quando il figlio è in Polonia. Gli osservatori non hanno alcuna
informazione a disposizione sulla struttura della famiglia del ragazzo, non
sanno se questa è presente o che ruolo rivesta suo padre nella sua vita. Tomas
riesce a comunicare in polacco a scuola ma fa diversi errori e in situazioni
problematiche parla sempre in tedesco. Segue delle lezioni supplementari di
polacco ma le sue competenze non migliorano dato che ogni volta subisce
un’interruzione di 6 mesi.
Durante il soggiorno in Polonia Tomas presenta dei risultati scolastici nella
media. Le informazioni sulla sua carriera scolastica in Germania raggiungono
la Polonia con un certo ritardo, e generalmente tali informazioni sono di
carattere generale (“ha frequentato la scuola ed è passato con un buon voto”).
Sulla base di questi documenti è difficile individuare le differenze nel
curriculum e orientarlo verso l’acquisizione di conoscenze e abilità. Nessuno
sa in quale paese deciderà di vivere.
Esaminando le dinamiche delle interazioni nella classe possiamo affermare che
Tomas non “esiste” al suo interno. Attira l’attenzione dei suoi compagni solo
quando è presente. Di frequente crea dei conflitti tra i compagni e rivela una
certa iperattività. Tomas nega di avere amici nella scuola polacca e nella
propria classe. Parla sempre dei suoi amici nella scuola tedesca. Possiamo
dunque assumere che è isolato dai compagni polacchi. Il suo comportamento
irrita i compagni polacchi e la classe dimentica la sua esistenza poco dopo la
sua partenza per la Germania. Gli insegnanti cercano di aiutarlo durante il suo
soggiorno in Polonia e implementano una serie di azioni di supporto.
Sfortunatamente, la maggior parte di queste azioni hanno bisogno di più
tempo per raggiungere risultati positivi.
Possiamo dire che il ragazzo ha una “doppia” identità. Non sappiamo quale
delle lingue sente come la propria poiché considera i contatti con gli amici di
lingua polacca ugualmente importanti a quelli con i compagni di lingua
tedesca. Gli osservatori suppongono che la qualità dei contatti con i compagni
in Germania venga lodata da parte sua come opposizione ai conflitti che crea
nella scuola polacca.
È difficile trarre delle conclusioni oggettive sulla motivazione di Tomas
all’apprendimento dopo aver usato gli strumenti forniti dal Quaderno
dell’integrazione. I comportamenti del ragazzo a scuola proverebbero il suo
atteggiamento negativo verso adulti e compagni di scuola. Comunque, gli
insegnanti osservatori ipotizzano che questa situazione “abbia una doppia
83
base”; sottolineano le “difficoltà nonostante i frequenti contatti tra gli
insegnanti e il nonno”, che sembra imbarazzato dalla situazione del ragazzo; lui
stesso ha segnalato il suo sentirsi inutile in questa situazione. La situazione
eccezionale di Tomas rivela le “mancanze” del Quaderno dell’integrazione,
che si rivela non propriamente adatto. Dobbiamo aggiungere, comunque, che
esse emergono in relazione al profilo del ragazzo e al contesto della situazione
in cui si trova. Dato che la situazione di Tomas è abbastanza tipica in Polonia,
si potrebbe pensare di formulare una versione del Quaderno dell’integrazione
che tenga conto di queste specificità.
Case study numero 2. Adrian, 16 anni
Adrian è armeno ed è un rifugiato che vive con la propria famiglia in Polonia
da due anni. I suoi genitori sono istruiti, entrambi dottori. La famiglia non è
mai stata in un centro per rifugiati e vive in un appartamento in affitto. Il
padre ha trovato lavoro come dottore, mentre la madre sta cercando di
convalidare la sua laurea. Entrambi hanno un buon lavoro in Polonia e
considerano questo paese la loro nuova casa. La famiglia si era preparata al
trasferimento in Polonia e tutti i membri avevano studiato la lingua polacca
prima di trasferirsi.
In Polonia Adrian continua il suo percorso scolastico, in linea con il percorso
realizzato in Armenia. Fa qualche lieve errore in polacco e ha buoni voti a
scuola. Lo sviluppo delle competenze linguistiche è stato incentivato da corsi
supplementari di lingua. Nel primo anno del suo soggiorno in Polonia gli
insegnanti hanno organizzato lezioni supplementari di matematica, biologia,
etc… Nel caso di Adrian la costruzione di relazioni interpersonali in classe
può essere suddivisa in due parti: nel primo anno di scuola le relazioni erano
piene di riserva e in continua ricerca di alleanze e la classe lo ha accettato con
lo stesso tipo di riserva. Gli incontri individuali di Adrian con gli insegnanti,
organizzati dopo la scuola, hanno giocato un ruolo importante nella sua
carriera scolastica. Lo hanno reso “attraente” agli occhi dei suoi compagni, ma
non necessariamente in maniera positiva. Il secondo anno a scuola ha visto una
predominanza di contatti con gruppi “non formali” che hanno avuto un
impatto negativo sul suo comportamento, ritrovandosi a essere un
“emarginato”. Gli sforzi fatti dagli insegnanti per l’inclusione del ragazzo nella
dinamica della classe non hanno portato a molti esiti positivi. Di contro, hanno
rafforzato i fattori che avevano causato l’emarginazione dal gruppo. È
importante aggiungere che tra questi fattori non ce n’era nessuno che si
relazionasse alla sua “individualità” nazionale.
84
Adrian sembra non aspettarsi alcun supporto per le sue relazioni con le sue
origini, la sua cultura o la sua lingua. I genitori erano stati trattati
ingiustamente nel loro paese e si aspettano di costruire “una nuova vita in un
mondo migliore”. Nel caso di Adrian, usare il Quaderno dell’integrazione si è
rivelato estremamente utile. Basandoci sui loro appunti gli insegnantiosservatori delineano il profilo dei bisogni didattici dello studente, il quale
verrà poi passato agli insegnanti della scuola secondaria.
6. Nota conclusiva
I due casi sono completamente differenti e il Quaderno dell’integrazione è
stato usato in modi diversi come strumento dell’integrazione dello studente.
Vero è che usare il Quaderno ha favorito il lavoro di gruppo tra insegnanti,
portando allo sviluppo della percezione da parte degli insegnanti degli studenti
immigrati e dei loro bisogni didattici. Il valore che i partecipanti hanno
ricevuto nel far parte del corso e del test del Quaderno dell’integrazione sta
nella consapevolezza dei problemi che gli immigrati affrontano e nel sentire il
bisogno di ampliare la loro conoscenza sulle aree d’integrazione. Riprendendo
le parole dei partecipanti al corso affermeremo infine che “solo dopo il corso
essi hanno realizzato quali siano i problemi globali dell’immigrazione e quanto
sia importante prepararsi al lavoro con loro fornendo la loro inclusione nella
società polacca”. Gli insegnanti sono inoltre ben consapevoli del fatto che la
presenza di immigrati è un fattore cruciale per il miglioramento della
demografia in Polonia e degli standard di vita del paese.
Riferimenti bibliografici
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Publishing Establishment, Warsaw, pp. 130-137.
Iglicka K. (2013), Imigranci pilnie potrzebni. Fundacja Energia dla Europy, No 8,
p.3.
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85
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Szelewa D. (2010), Integracja a polityka Europejska. Raporty i analizy, Centrum
Stosunków Międzynarodowych, Warszawa, pp. 36-40.
Todorovska-Sokolovska V. (2010), Integracja i edukacja dzieci imigrantów w
krajach Unii Europejskiej-wnioski dla Polski, Instytut Spraw Publicznych,
Warszawa, pp.13-15.
86
L’esperienza realizzata nelle scuole di Arezzo
di Lorenzo Luatti, OXFAM Italia
([email protected])
1. I docenti “osservatori”
Tra conferme e nuove vie da esplorare si muove ormai da tempo l’attività di
osservazione con il Quaderno per l’integrazione: a seconda dei territori (degli
insegnanti “osservatori”, dei differenti sguardi e contesti…), esso sembra
trovare ulteriore linfa e vitalità. Ogni percorso di osservazione con il
Quaderno non è mai uguale al precedente, esprime sempre delle originalità,
qualcosa di nuovo viene evidenziato, proposto, scoperto. Così è stato anche
nella nuova esperienza realizzata ad Arezzo durante un intero anno scolastico,
nell’ambito del progetto POI.
Partiamo da alcuni dati relativi ai protagonisti del percorso: i docenti
“osservatori”, le classi e i ragazzi e le ragazze “osservati”. Dodici le docenti di
scuola secondaria di I e II grado che hanno portato a termine il lavoro di
osservazione. Otto hanno condotto l’osservazione in forma individuale e
quattro in coppia. Una coppia di docenti di scuola superiore ha seguito tre
studenti immigrati, un’altra coppia ne ha seguiti due, compilando altrettanti
Quaderni. Complessivamente, dunque, sono stati elaborati 13 Quaderni.
I ragazzi e le ragazze osservate sono per lo più giunte in Italia nell’ultimo anno
scolastico o negli ultimi 2-3 anni; in un caso è stato osservato uno studente
nato in Italia. Molti di essi hanno storie di migrazione e percorsi scolastici
caratterizzati da una spiccata frammentarietà con frequenti andirivieni tra
l’Italia e il Paese di origine. Da Pakistan, Bangladesh, Senegal, Filippine, Rep.
Dominicana, India, Brasile provengono i ragazzi e le ragazze osservate: sono
soltanto alcune delle tante nazionalità oggi presenti nelle classi delle scuole
secondarie della provincia di Arezzo. In effetti, le classi dei docenti coinvolti
nel percorso di ricerca-azione sono profondamente multiculturali – sono loro
a rivelarlo nella prima parte del Quaderno – sia per la presenza di un numero
rilevante di ragazzi e ragazze della migrazione o nati in Italia da genitori
stranieri, sia perché si tratta di classi composite e stratificate, assai variegate
sotto tutti i profili.
87
Le scuole delle docenti “osservatrici” sono descritte mediamente “inclusive”.
La parcellizzazione dell’insegnamento e la scarsa collaborazione e collegialità
tra docenti sono alcuni tratti critici, anche rispetto all’inclusione degli studenti
stranieri, sottolineati dai docenti delle scuole superiori. Tra le proposte,
alcune insegnanti ritengono importante “allestire un laboratorio di L2
permanente, migliorare l’accoglienza attraverso specifiche strategie”,
individuare strategie adeguate per favorire un maggiore coinvolgimento delle
famiglie all’attività scolastica. Lingua e rapporto con le famiglie si rivelano,
dunque, ancora temi problematici su cui occorre lavorare.
2. Osservazioni su alcuni indicatori
Passo in rapida rassegna alcune osservazioni raccolte dai docenti,
soffermandomi sui principali risultati emersi dai sollecitatori. Al termine di
questo contributo ho inserito un paio di “profili” di studenti “osservati” nel
corso dell’esperienza POI, che meglio di tante parole evidenziano il lavoro
svolto dai docenti.
I ragazzi e le ragazze straniere osservate sono in genere piuttosto isolate
all’interno del gruppo classe, e con poche relazioni nel tempo extrascolastico.
Del resto, i sociogrammi elaborati dai docenti, evidenziando molte esclusioni,
sembrano confermare un clima di classe poco inclusivo. I rapporti con i
compagni sono legati quasi esclusivamente all’attività scolastica. In genere gli
alunni osservati prediligono la compagnia di studenti del proprio Paese di
origine, con i quali si va ai giardini, al centro di aggregazione, alla sede di
associazione delle comunità di origine. Alle domande “che cosa fai, di solito,
dopo la scuola?” e “… che cosa fai il sabato e la domenica?” uno studente di
scuola secondaria dice di andare “ai giardini o al negozio del babbo, quando
piove sto a casa con la mamma, mia sorella e mio zio”; mentre il sabato e la
domenica “sto a casa o faccio una passeggiata”.
Rispetto questo clima relazionale poco positivo, emerso e confermato dai
sollecitatori relazionali proposti dal Quaderno, alcune docenti di una quarta
classe di un Istituto tecnico artistico hanno ritenuto utile sperimentare il
sollecitatore denominato “Albero/Diario dei talenti”, fornendone una
versione parzialmente nuova, che ha preso il nome di “Gioco dei talenti”
(questa la consegna: “ogni studente compila una breve scheda in cui si richiede
di elencare tre caratteristiche positive di un altro alunno appartenente alla
classe. La compilazione è rigorosamente anonima e i foglietti sono estratti a
sorte”). La proposta pare abbia ricevuto una buona accoglienza dalla classe ed
88
è servita ad attenuare contrasti e divisioni. La ragazza osservata è stata
segnalata (“è stata l’unica”, scrivono le docenti) per una qualità non psicologica
o intellettuale: chi ha ricevuto il biglietto col suo nominativo ha scritto che è
“bella”.
Tra gli strumenti ad alto contenuto diagnostico e prognostico, il progetto POI
ha inoltre sperimentato un nuovo questionario finalizzato alla ricostruzione
della biografia linguistica degli studenti.
Dalle osservazioni raccolte emerge un quadro socio-linguistico della classe e
familiare assai articolato e variegato. Per meglio far partecipare tutta la classe
sono state prese in considerazione anche le lingue dialettali, di cui l’Italia è
ricchissima.
Vi sono così compagni stranieri che parlano la loro lingua d’origine con i
genitori, ma anche ragazzi italiani che parlano in famiglia il dialetto della
regione italiana di provenienza. Ne sono uscite delle classi (e studenti e
famiglie) con “biografie” linguistiche molto composite, come questa raccolta
da una docente di scuola media:
Paese natale
punjabi
Lingua
madre del
padre
francese +
agni
punjabi
Lingua
madre della
madre
francese,
baoulè
punjabi
M Bielorussia
russo
ucraino
bielorusso
M Ucraina
ucraino
ucraino
ucraino
M Italia
italiano
albanese
albanese
F
Kosovo
kosovaro
kosovaro
kosovaro
F
Romania
rumeno
rumeno
rumeno
M Grecia
greco
albanese
albanese
M Italia
italiano
italiano
croato
F
rumeno
rumeno
rumeno
M Italia
italiano
albanese
albanese
M Italia
italiano
tunisino
italiano
F
F
Costa
D’Avorio
India
Romania
Lingua
madre
studente
francese
89
In casa
parla…
I genitori
parlano…
A scuola
parla…
francese,
italiano
italiano,
punjabi
russo,
italiano
russo,
ucraino,
italiano
albanese,
italiano
kosovaro
italiano
rumeno
italiano
albanese
italiano
croato,
italiano
rumeno
italiano
albanese
italiano
italiano
francese
Italiano
(poco)
italiano
punjabi
russo
russo,
ucraino,
italiano
albanese
italiano
(poco)
italiano
italiano
kosovaro
italiano
rumeno
italiano
albanese
italiano
croato,
italiano
rumeno
italiano
albanese
italiano
italiano
italiano
italiano
italiano
italiano
F
Italia
(Firenze)
F Italia
(Montevarch
i)
M Italia
(Campania)
toscano
sardo
toscano
toscano
toscano
toscano
toscano
napoletano
siciliano
toscano
napoletano
, toscano
toscano
accento
calabrese
calabrese
napoletano
accento
calabrese
napoletano
pugliese
Italiano,
pugliese
Accento
napolet
ano
Accento
pugliese
Italiano,
siciliano
italiano
italiano
italiano
italiano
italiano
F
Italia
Pugliese,
pugliese
beneventan
(Montevarch italiano
o
i)
M Italia
italiano
toscano
siciliano
(Firenze)
M Italia
italiano
calabrese
toscano
(Montevarch
i)
Altri 3 alunni sono “autoctoni” da più generazioni
Una ragazza senegalese dice di parlare con mamma papà e i fratelli
prevalentemente in francese, ma anche in wolof; mentre i suoi genitori tra di
loro parlano in questa lingua. I cinque luoghi in cui non parla la lingua italiana
sono: “in Senegal, a casa, con i familiari, con i miei amici senegalesi e durante
le feste religiose”.
Il questionario aperto per gli studenti evidenzia ragazzi e ragazze piuttosto soli
di fronte alle difficoltà nella nuova lingua, soprattutto rispetto all’italiano delle
discipline: dicono di non avere nessuno che l’aiuta, una ragazza scrive che a
casa “non possono aiutarla”; ma anche di non essere contenti dei propri
risultati scolastici e che essi erano migliori nel Paese di origine (“ero la prima
della classe”, scrive una ragazzina).
Alla domanda di tipo proiettivo (“cosa consiglieresti ad un amico che è appena
arrivato nella scuola”?) i ragazzi e le ragazze immigrate consiglierebbero di
“essere molto forte, coraggioso e insistere nell’imparare l’italiano che è
difficile, ma che ci riuscirà”; oppure “parlare di più con gli amici italiani perché
così sarà più facile impararlo”. Un’altra ragazza consiglia di “andare nei centri
dove aiutano a fare i compiti”.
Per quanto riguarda i progetti per il futuro gli studenti osservati hanno le idee
ancora un po’ confuse, sono indecisi, ancora non sanno o non si esprimono.
Una ragazza di scuola media vuole fare ragioneria, poi proseguire
all’università, ma pensa che “non ci sono i soldi”. Un ragazzo dominicano delle
seconda classe di un istituto professionale dopo la scuola vorrebbe lavorare,
fare il tecnico elettronico, ma vorrebbe anche essere un buon padre di
90
famiglia. I suoi genitori vogliono “che io sia un professionista e che studi”. Una
ragazza indiana della stessa scuola vuole continuare gli studi, per fare
“l’università di moda”, perché il suo sogno è fare la parrucchiera o la stilista.
Un sogno, un desiderio ricorrente nelle ragazze – come quello di “costruirsi”
una famiglia, soprattutto nei ragazzi – come è emerso anche in altre
sperimentazioni del Quaderno.
Durante il percorso di osservazione, i docenti hanno anche avuto modo di
registrare alcuni eventi di integrazioni e di svolta. Per una ragazza bengalese
l’occasione di integrazione è stata la presenza in classe di due studenti del
proprio Paese che ha facilitato l’inserimento, visto che fin da subito tra di loro
hanno comunicato nella medesima lingua. Per un ragazzo e una ragazza
filippini neo-arrivati, fratello e sorella, la possibilità di inserirsi positivamente
nel gruppo classe è stata fornita dalle attività e dai progetti sul badminton e sul
teatro che hanno favorito lo sviluppo di una migliore relazione con i
compagni. Altri eventi di sblocco sono raccontati nei “ritratti” che alleghiamo
al termine di questo contributo.
3. Aspetti di forza e di criticità
L’esperienza condotta ad Arezzo conferma la validità di questa proposta
formativa. Le risposte dei docenti alla domanda conclusiva su “cosa ho
ricavato” dall’osservazione hanno sottolineato che il Quaderno ha consentito
di affinare lo sguardo e mettere in atto un’osservazione attenta e consapevole,
favorendo una maggiore consapevolezza del ruolo dell’insegnante nel
promuovere l’inclusione degli studenti stranieri; ha dato inoltre ai docenti la
possibilità di confrontare i vari punti di vista, mediarli e superarne la naturale
soggettività. Il quaderno potrebbe diventare una sorta di “carta d’identità” che
accompagna lo studente nel suo iter scolastico e nei suoi eventuali
spostamenti. Una insegnante di scuola media scrive che “le attività proposte
sono state importanti perché hanno permesso di conoscere più
approfonditamente gli alunni e di scoprire aspetti delle dinamiche relazionali
che non erano stati dapprima notati”. Un’altra docente descrive così le
difficoltà e le scoperte:
Il Quaderno dell’integrazione è uno strumento che ho imparato a conoscere “in
fieri”. Il mio scetticismo iniziale si è “sciolto” via via che applicavo i vari
sollecitatori. Ho provato una grande limitazione tra quello che avrei voluto fare
e quello che in realtà sono riuscita a realizzare. Alla scuola secondaria di primo
grado i tempi sono molto contingentati e pressanti. Io, che insegno inglese, mi
91
sono trovata a “rubare” momenti nelle ore libere o a chiedere “permessi” ai
colleghi per poter presentare una griglia o fare un sondaggio. Infatti quello che è
mancato maggiormente è stata la collaborazione dei colleghi. Nonostante avessi
presentato il progetto al Consiglio di classe, ottenendo pure attento ascolto,
quando poi siamo scesi nella realtà dei fatti, il lavoro è stato portato avanti solo
da me. È stata comunque un’esperienza positiva, che mi ha avvicinato molto
all’alunna “scelta” capendone i disagi e creando con lei un buon rapporto che ha
contribuito alla migliore integrazione nella classe […]. A percorso concluso ho
condiviso con la mia collega di italiano il lavoro realizzato con C. e ne è stata
entusiasta. Mi ha “promesso” che il prossimo anno cercherà di riprendere il mio
“Quaderno” per presentarlo alla nuova classe prima, in modo che veramente sia
un “quaderno dell’inte-g-razione” rivolto a tutti e non come quest’anno in cui
ha avuto solo il ruolo di “apripista”.
Uno strumento ad alto contenuto diagnostico e prognostico si è rivelato il
“Questionario sull’autobiografia linguistica e lo schema di comunicazione
intrafamiliare” che, sperimentato per la prima volta nell’ambito del progetto
POI, ha portato oltre alla raccolta di informazioni sulle lingue e dialetti
utilizzati a casa (e non solo) dagli studenti, ad un generale miglioramento del
clima della classe, grazie ad una attività dove tutti hanno avuto qualcosa da
dire.
Una criticità emersa è stata la presenza di molti docenti che hanno condotto
l’osservazione individualmente. Spesso molti insegnanti hanno avvertito il
proprio isolamento all’interno della scuola: sia perché da sole a fare
osservazione, sia perché sono state le uniche della propria scuola a partecipare
al POI, sia perché la stessa scuola non ha “riconosciuto” questo loro impegno.
Solo in taluni limitati casi le docenti coinvolte sono riuscite a parlarne nel
collegio dei docenti. Lo scambio è stato condotto prevalentemente durante gli
incontri previsti dal percorso POI.
Si può concludere su questo punto che un percorso di questo tipo ha ricadute
formative diverse in base alle modalità di partecipazione dei docenti, ma
rischia di non averne alcuna se la scuola non fa propria questa esperienza e gli
strumenti proposti. Una indicazione per il futuro è di assicurarsi previamente
un coinvolgimento forte di alcune scuole, dal livello dirigenziale, alle funzioni
strumentali fino a tutto il corpo docente.
Non mancano gli spazi per migliorare, arricchire e adattare il Quaderno alle
diverse esigenze conoscitive. L’esperienza di Arezzo evidenzia il carattere
flessibile dello strumento, il quale può adattarsi alle differenti esigenze e ai
mutevoli contesti in cui è sperimentato. Una nuova versione del quaderno
92
dovrebbe tenere conto di alcuni evidenze, segnalate dagli stessi docenti di
Arezzo.
In primo luogo, i mutamenti/specificità dei singoli contesti territoriali. Ad
esempio, in Italia negli ultimi anni gli studenti neo-arrivati sono sempre di
meno, mentre aumentano le “seconde generazioni”. Il Quaderno è stato
inizialmente pensato per l’osservazione di alunni neo arrivati; negli ultimi
anni, considerando questa evoluzione, lo strumento al suo interno ha cercato
di porre una distinzione tra le sue singole parti (indicatori e relativi
sollecitatori, item…) riservate all’osservazione degli alunni neo-arrivati, da
quelle per gli alunni stranieri con un percorso di scolarizzazione in Italia
medio-lungo, da quelli che hanno tutto il percorso di scolarizzazione in Italia
(“nati qui”, in genere). Ora, questa articolazione è stata considerata come un
ulteriore elemento di criticità. Innanzi tutto, perché ha generato “confusione”
tra i docenti, è parsa macchinosa, anche graficamente poco funzionale e
complessa. Le distinzioni tra le varie tipologie di alunni osservati (come detto
sopra) nonché i molteplici rimandi da una parte all’altra del Quaderno, tra
item e sollecitatori, tra parti per l’osservazione del singolo alunno e quelle per
tutta la classe, dovranno essere ripensate. La proposta, che parte anche da una
lettura dell’attuale fenomeno migratorio a scuola potrebbe essere:
- elaborare due distinti Quaderni: a) uno più centrato sull’osservazione di uno
o più alunni neo-arrivati (che segue dunque lo svolgersi degli indicatori
dell’attuale versione del Quaderno); un secondo Quaderno solo per
l’osservazione dell’intera classe, composto da item e sollecitatori rivolti a tutta
la classe (e nell’attuale versione ve ne sono diversi);
- in entrambi i casi menzionati, unire gli item ai relativi sollecitatori e studiare
una soluzione graficamente e stilisticamente più funzionale per facilitarne
l’uso.
In secondo luogo, occorre ripensare lo strumento in base al livello di scolarità
a cui è destinato. L’esperienza, anche quella di Arezzo, ci dice che lo
strumento, con le osservazioni sopra riportate, funziona molto bene per i
livelli di istruzione primaria e secondaria di I grado. Ha confermato invece
tutte le sue criticità con le scuole superiori. Ciò dipende da più fattori: la forte
parcellizzazione degli insegnanti e degli insegnamenti che si riscontra nelle
superiori non favorisce l’accoglimento di una proposta che invece richiede
tempo e tempi, condivisioni e presenze prolungate per svolgere
adeguatamente l’attività di osservazione. Inoltre, lo strumento forse risente di
una scarsa contestualizzazione rispetto ad una realtà di questo tipo: in questi
anni si è cercato, con scarso successo di “adeguare” gli insegnanti delle
93
superiore a tale proposta; forse occorre adeguare la proposta alla realtà delle
loro scuole.
Accorgimenti e calibrature che certamente possono semplificare lo strumento,
e dunque possono rivelarsi utili per un impiego più immediato. Non bisogna
nascondersi, tuttavia, che lo scoglio principale che i docenti incontrano, non è
tanto costituito dalla forma dello strumento, quanto da una metodologia e da
una pratica – di osservazione e ricerca-azione – che non fa parte del proprio
background formativo.
Infine, una proposta da rilanciare per future adozioni del Quaderno è quella di
indagare meglio come è cambiata l’idea di inte(g)razione/inclusione nei
docenti dopo un percorso di questo tipo. Qual è la “nostra” idea di
integrazione quando iniziamo un percorso di osservazione di questo tipo?
Come è cambiata alla fine del percorso? Per un “Portfolio” che si definisce
“dell’integrazione”, costruito su indicatori e dimensioni, queste sono domande
importanti. Meriterebbe pertanto non proporre all’inizio una definizione del
termine, ma sollecitare i docenti a esplicitare qual è la loro idea, cosa
intendono per alunno positivamente integrato (e viceversa); e poi rileggere
tali rappresentazioni a percorso concluso. Forse, avremo sviluppato un modo
nuovo di pensare l’integrazione e ai percorsi di inclusione, sicuramente più
articolati ed empiricamente fondati.
A seguire riprendo un paio di “ritratti” di studenti elaborati al termine dell’esperienza da due
insegnanti di scuola secondaria di I grado. Il primo è il profilo di una allieva della Costa
d’Avorio, il secondo di una ragazza del Senegal.
È stato naturale e spontaneo scegliere C. per poter utilizzare il Quaderno
dell’Integrazione. Si è fin da subito mostrata un’alunna corretta e sensibile, molto
educata e motivata. La prima difficoltà nell’integrazione scolastica ed extrascolastica è stata ovviamente la lingua. Originaria della Costa d’Avorio, C. parla
correttamente il francese, così come la sua famiglia e l’insegnante di francese ed io
siamo stati il suo primo punto di riferimento. È arrivata all’Istituto M. alla fine del
mese di settembre, quindi poco dopo l’inizio delle lezioni, ma in realtà non era la
sua prima volta in Italia. La sua famiglia infatti, era già venuta qua quando lei era
molto piccola, non ha frequentato la scuola materna, ma ha iniziato il ciclo della
scuola primaria proprio a …. presso la scuola P. Dopo il primo anno però sono
tutti ritornati in Costa d’Avorio, dove la bambina ha completato la scuola primaria.
L’impatto con la prima classe della scuola “media” è stato abbastanza forte per vari
motivi:
- l’accoglienza dei compagni non è stata molto calda, anche perché è una classe
dove su 21 alunni ben 8 sono di origine straniera, quindi non è stata l’unico polo
94
d‘attrazione. In fondo altri 7 compagni dovevano pensare ad essere accettati anche
loro e non si sono posti il problema di “pensare a lei”.
- Nello stesso tempo i compagni italiani si trovavano in una condizione di scoperta
(non facilitata dal comportamento irruento di un alunno con certificazione) e hanno
fatto gruppo ognuno con gli ex amici delle “elementari”.
- La lingua è stata un grosso ostacolo. Il suo maggior rammarico è stato quello di
“non capire”, lei che nel suo paese era la prima della classe! Nonostante l’impegno
e la volontà nel voler fare quello che facevano gli altri, le sue competenze pregresse
non venivano ancora fuori. Meno male che invece a francese era una campionessa!
Si sono ben presto messi in atto i corsi di italiano L2 ed è intervenuta anche una
mediatrice linguistica anche se solo per cinque ore (i finanziamenti sono sempre
risicati) che ha avuto anche l’opportunità di presentare alla LIM una lezione sulla
Costa d’Avorio, durante la quale C. ci ha raccontato la vita dei bambini ivoriani, i
loro giochi e soprattutto la loro cucina. Ci ha spiegato ricette e illustrato piatti
utilizzando la lingua francese e suscitando nei compagni anche qualche punta di
invidia per la sua competenza linguistica.
Forse da questo momento si è stabilito un legame particolare con una compagna,
anche lei un anello debole della classe; una ragazzina con un lieve ritardo, buona e
gentile, che ha condiviso con lei i momenti di esclusione dal gruppo.
Dai sollecitatori utilizzati nel corso nei mesi, emerge che al di fuori dell’ambiente
scolastico, la ragazzina non frequenta i compagni di classe, anzi di più, si può dire
che non abbia amici o amiche. Non frequenta palestre o parrocchie quindi la lingua
italiana viene consolidata e appresa principalmente a scuola. Gli ambienti che lei
frequenta, limitati alla casa di una parente o al centro di preghiera, sono occasioni
per utilizzare normalmente il francese. D’altra parte anche la madre sottolinea
l’importanza di non dimenticare la propria lingua d’origine anche se è
contentissima delle occasioni che la scuola ha organizzato per l’apprendimento
dell’italiano.
Dopo pochi mesi, circa a febbraio, ho presentato a C. il sollecitatore E con il quale
ho potuto cogliere i suoi stati d’animo che adesso era già in grado di esprimere in
italiano. Emergono le sue difficoltà scolastiche. Non è contenta di se stessa perché
sottolinea ancora come fosse molto brava nel suo paese mentre adesso “non ce la
fa”. Si rammarica che nessuno la può aiutare nè in famiglia nè gli amici (perché non
ne ha!) e ringrazia sempre le insegnanti che hanno per lei un ruolo importantissimo
anche sul piano affettivo.
Le piace l’italiano anche se ne riconosce la complessità e tra le parole che più le
piacciono compaiono: TORTA, FORMAGGIO, MANGIARE ma anche
BALLARE. Mi sorprende non poco quando elenca le parole più difficili (che sono
difficili per qualunque altro bambino della sua età!): TELECOMUNICAZIONI,
COMPIACERE, LUCENTEZZA, STRINGHE. A questo punto scoppiamo a
ridere, spinte da motivi diversi, ma ci sentiamo unite e complici. Il sollecitatore ci
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aveva “sollecitato” a giocare insieme. La tappa successiva è stata quella del
sollecitatore con il quale si chiedeva di far prendere coscienza all’alunno su “come
eri – come sei “ etc. sia nel tuo paese che in Italia.
È stato ovviamente importante che C. avesse raggiunto una sufficiente conoscenza
dell’italiano per poterle spiegare la metafora. Ho cercato di non utilizzare il
francese e ce l’abbiamo fatta. È ormai chiaro quanto la ragazzina abbia delle ottime
capacità di apprendimento, supportate da non minore volontà e tenacia.
È venuto un quadro particolarmente toccante dove si è sempre paragonata ad
elementi naturali con simbologie chiare e incisive. A casa C. è un fiore in mezzo agli
alberi. A scuola è un uccellino solo nel nido. Nel suo Paese è un albero con l’acqua, i fiori
e il vento. In Italia è una piantina con poche foglie.
Non c’è bisogno di essere grandi psicologi per interpretare il sentimento di
sicurezza che C. trova nei suoi ambienti e la fragilità e delicatezza che invece vive
negli ambienti “nuovi”.
L’ultima parte di cui vorrei parlare è quella di “cosa vorresti fare da grande” e la
realtà con tutta la sua durezza diventa delicata, quando vengo a sapere che il sogno
di C. è quello di diventare una “segretaria”. Mi viene da sorridere. Lei aggiunge che
non lo sa se potrà esserlo, perché non sempre “ci sono i soldi”. E allora questo
cammino insieme a lei è stato importante anche per me. Mi ha fatto capire, ancora
una volta, che la grandezza di un sogno è nello sforzo del suo raggiungimento, non
certo nella sua originalità.
L’alunna oggetto della mia osservazione è di nazionalità senegalese e frequenta la
classe II media. L’Istituto ha una percentuale di alunni non italofoni superiore al
10%; le nazionalità presenti sono per la maggior parte di origine albanese e
rumena, cui si aggiungono indiani provenienti dal Punjab, marocchini e senegalesi.
L’alunna è nata ad Arezzo nel 1999 e ha quindi un anno in più rispetto ai compagni
della classe. Ha frequentato l’asilo nido, la scuola dell’infanzia e parte della
primaria in Italia. Quando frequentava la II elementare la bambina con la famiglia è
tornata in Senegal e lì è rimasta per due anni per poi nuovamente tornare in Italia.
Al momento del rientro in Italia è stata inserita nella classe IV della scuola primaria.
Al suo ingresso alla scuola secondaria, le maestre hanno riferito che la bambina
aveva un carattere ribelle e che presentava problemi relazionali, con i compagni,
ma non con gli insegnanti. Nel precedente anno scolastico quanto detto dalle
maestre venne confermato dagli insegnanti perché il rapporto con i pari, per
quanto la bambina avesse lasciato vecchi compagni e ne avesse conosciuti altri, si
rivelava spesso difficoltoso.
La bambina attualmente presenta molte mansioni domestiche nell’ambito familiare.
La famiglia è composta dalla madre e da due fratelli più piccoli, dei quali deve
quotidianamente occuparsi, sia al mattino, affinché si vestano per andare a scuola,
sia alla sera. Il padre viene raramente (vive in Senegal). La famiglia professa la
96
religione musulmana ed è solita riunirsi con altri senegalesi in occasione di feste
religiose.
Dal punto di vista scolastico la bambina ha raggiunto risultati soddisfacenti: parla
correttamente francese e italiano, oltre che la lingua locale senegalese ed ha buone
capacità, anche se l’impegno dimostrato si rivela non sempre continuo. Nel
precedente anno scolastico si sono presentati problemi che hanno costretto a
coinvolgere l’assistente sociale che segue la famiglia, in quanto la ragazzina aveva
più volte preso le colazioni dei compagni e nascosto oggetti, principalmente per
attirare l’attenzione su di sé. Inoltre le relazioni con i compagni erano sempre
contraddistinte da screzi e modi di rivolgersi non sempre corretti da parte della
ragazzina.
Quest’anno la situazione è molto migliorata, questi tentativi volti a ricercare
l’attenzione non si sono più verificati, anche se qualche volta è emersa, da parte
sua, la sensazione di non sentirsi pienamente accettata da parte dei compagni.
La bambina riferisce di essere in rapporto di amicizia nella classe, sul totale di 24
alunni, solo con tre o quattro compagni. Frequenta, fuori dalla scuola, questi
quattro alunni, tutti di nazionalità italiana, solo raramente, anche perché abita in
una zona periferica della città e quindi la madre dovrebbe accompagnarla in auto
per andare nel centro storico del paese, dove solitamente si ritrovano i suoi
compagni. Quindi le possibilità di vedere i compagni fuori dalla scuola sono
limitate alle richieste da parte degli insegnanti per ricerche o lavori di gruppo.
La ragazza, stimolata dalla madre, frequenta altri pari età che provengono dal suo
paese di origine. Nel pomeriggio, fin dalla scuola primaria, ha cominciato a
frequentare un Centro gestito dal Comune, dove alcuni educatori la aiutano nello
svolgimento dei compiti. I giorni in cui non frequenta questo Centro, svolge i
compiti da sola e si occupa dei fratelli e gioca con loro. Riferisce che questo
compito assegnatole dalla madre non sempre è semplice perché i due fratellini
spesso non si vogliono vestire e cominciano a rincorrersi.
In questi due anni scolastici la frequenza dell’alunna è stata sempre regolare e la
madre si è mostrata sempre presente e partecipe ai colloqui pomeridiani di
dicembre e aprile e del mattino, in occasione degli incontri con l’assistente sociale.
Durante l’attività di compilazione del Quaderno dell’Integrazione e in classe la
bambina ha parlato spontaneamente della propria storia e del proprio paese di
origine, riferendo gli usi, i costumi, gli eventi significativi, facendo riferimento alla
sua lingua d’origine. Nell’affrontare l’argomento non ha mai manifestato
atteggiamento di rifiuto ed ha sempre dimostrato fiducia nei confronti dell’adulto.
La sua motivazione ad apprendere è cresciuta, dimostrandosi interessata molto,
nella materia che insegno, alla letteratura italiana.
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I cambiamenti della migrazione in Grecia
di Nikoletta Ntelli, Clarus, Grecia
([email protected])
1. Il contesto dell’immigrazione in Grecia e i cambiamenti
intervenuti
L’immigrazione (inclusi gli immigrati irregolari) è oggigiorno uno dei temi più
popolari del dibattito politico in Grecia. I flussi immigratori verso la Grecia vi
sono da oltre 30 anni, tuttavia è solo dopo il 1991 che si registrara una
migrazione di massa, ovvero da quando il regime comunista albanese è
collassato. Da quell’anno, la Grecia ha ricevuto flussi migratori di massa
incontrollati e non autorizzati, il che limita la reperibilità e l’affidabilità di dati
e statistiche rilevanti. Oggigiorno, le autorità e i ricercatori greci sono
unanimi nel dichiarare che la popolazione migrante ammonta ad oltre un
milione di cittadini provenienti da paesi terzi (ovvero più del 10% della
popolazione totale e più del 12% della forza lavoro). Le aree continentali più
rappresentate sono l’Est e Sud-Est Europa (specialmente dall’Albania, con la
percentuale più alta, dalla Bulgaria, la Georgia e la Romania), e immigrati
asiatici (soprattutto dal Pakistan e dall’India).
Valutando la situazione summenzionata, la legge sull’immigrazione in Grecia
ha (negli ultimi 15 anni) lottato per limitare la migrazione (legale e irregolare)
dato che è risaputo che l’immigrazione ha effetti sfavorevoli riguardo agli
aspetti sociali, economici e culturali della società greca. Dopo il flusso
massiccio di immigrati nel 1990, il governo greco ha introdotto la Legge
sull’Immigrazione 1975/1991 riguardo “Entrata-uscita, soggiorno, impiego,
espulsione dei clandestini, determinazione dello stato di rifugiato e altre
disposizioni”. Questa legge ha disciplinato l’entrata, uscita e soggiorno di
stranieri non cittadini dell’Unione Europea; ha rafforzato i controlli dello
Stato verso i cittadini di paesi terzi ai confini e all’interno del paese. L’efficacia
della Legge 1975/1991 è stata messa in dubbio vista la sua scarsa capacità di
arginare l’immigrazione irregolare. Perciò, nell’aprile del 2001, una nuova
Legge sull’immigrazione è stata adottata in Grecia con il titolo di “Ingresso e
residenza di clandestini nel territorio greco, acquisizione della cittadinanza
greca attraverso la naturalizzazione e altre disposizioni”. Questa legge ha
99
cercato di stabilire delle condizioni normative per una migrazione a lungo
termine, e allo stesso tempo ha cercato di armonizzarsi con le legislazioni
sull’immigrazione adottate dagli altri paesi dell’UE. Nonostante tutto, lo
scopo non è stato raggiunto come testimonia l’evoluzione del fenomeno
migratorio in Grecia in questi anni.
In aggiunta a quest’ultima legge, la Grecia ha firmato un numero di accordi
bilaterali con altri paesi per fissare gli obiettivi nel campo delle normative
sull’immigrazione. Tali accordi sono stati siglati con alcuni paesi dell’Est e
Sud-Est Europa (Croazia, 1995; Slovenia, 1995; Romania, 1995; Bulgaria,
1996; Polonia, 1996 e Turchia, 2000/2001). Gli accordi bilaterali sono utili ai
fini della cooperazione tra le polizie dei vari paesi per prevenire il crimine
organizzato, in aggiunta a controlli più efficaci ai confini comuni.
In generale le politiche nazionali d’immigrazione in Grecia non possono essere
considerate di successo. La Grecia, quindi, ha bisogno di politiche
d’immigrazione efficaci che possano controllare l’immigrazione legale
assicurando un’integrazione pacifica e ordinata degli stranieri. Tali politiche
devono necessariamente tenere in considerazione i bisogni lavorativi del
mercato greco. Le normative passate, nonostante si siano rivelate inefficaci,
avevano delineato i bisogni maggiori del paese per quanto riguarda lo sviluppo
delle politiche d’immigrazione. Tali bisogni includono la necessità di una
raccolta dati coerente, di uno sviluppo di politiche in collaborazione con i
paesi vicini e di un’armonizzazione delle politiche transnazionali a livello
dell’UE.
Tali mancanze hanno prodotto effetti negativi, a partire dal cambiamento
nell’atteggiamento dei greci nei confronti degli immigrati, portando a un
maggior sostegno del partito neonazista nel Parlamento greco.
Tradizionalmente, i greci vengono considerati generosi e ospitali verso gli
stranieri. Xenia (dal greco: ξενία, xenía, trad. “amicizia verso l’ospite”) è
l’antico concetto greco di ospitalità e generosità associato alla persona che dà
la propria ospitalità. I rituali di ospitalità crearono ed espressero una relazione
reciproca tra l’ospite e l’ospitante sia tramite beni materiali (come dare doni)
e non materiali (come protezione, riparo, favori o certi diritti normativi).
Sfortunatamente, il flusso massiccio di immigrati in Grecia accompagnato da
alti tassi di criminalità e mancanza di politiche d’immigrazione efficaci hanno
fatto sì che la Grecia si ritrovasse in una strana situazione. La famosa ospitalità
greca non esiste più (specialmente nelle grandi città) e la maggior parte dei
greci è diventata razzista nei confronti degli stranieri incolpandoli per
100
l’aumento della criminalità. Anche il concetto di ospitalità (xenios Zeus)
adesso viene usato ironicamente per descrivere le attività della polizia
nell’arrestare e mettere in prigione gli immigrati clandestini. Per non parlare
dell’ascesa del partito neonazista (Alba Dorata) nel Parlamento greco, un
partito che sembra avere un forte impatto su una porzione significativa della
popolazione greca.
2. Esperienza nazionale: i risultati del focus group
Durante le ricerche del POI per il miglioramento del Quaderno
dell’Integrazione, una delle metodologie usate è stata la Ricerca attraverso
Focus Group. L’obiettivo principale della Ricerca (RFG) è stato raccogliere
informazioni generali e dettagliate sulla percezione dell’insegnante rispetto
all’integrazione degli allievi immigrati. La RFG ha inteso fare una diagnosi dei
bisogni didattici dell’insegnante e delle sue aspettative riguardo le offerte di
training nell’ambito del processo di integrazione scolastico.
Nel progetto POI abbiamo anche usato l’Expert Focus Group (come una delle
tecniche dei metodi del focus group), il che significa che i membri del gruppo
di ricerca sono esperti dell’insegnare nelle scuole secondarie. Seguendo le
linee guida del progetto, i membri del gruppo avevano 5 o più anni di
esperienza lavorativa ed erano impiegati in scuole diverse. Ogni incontro focus
ha previsto la partecipazione di un minimo di 6 ad un massimo di 10 persone.
Il gruppo di ricerca era composto da un moderatore e 1-2 assistenti.
Ai focus group realizzati in Grecia hanno partecipato insegnanti di scuole con
un alto tasso di studenti immigrati; poi sono state realizzate delle interviste a
due esperti. I focus si sono realizzati in un clima molto positivo e
collaborativo: gli insegnanti si sono dimostrati disponibili a fornire tutte le
risposte, benché vi sia stata una grossa difficoltà a raccogliere i dati personali e
professionali. Non pochi hanno dato l’impressione di sentirsi sotto esame o
valutazione.
Ai membri del gruppo sono state rivolte varie domande: è stato chiesto quale
fosse la loro percezione sulla “diversità degli immigrati” nelle scuole
secondarie, quale fosse la loro percezione sull’“integrazione” (il significato del
termine e del processo, lo stato d’integrazione dello studente migrante);
l’opinione sui metodi e gli strumenti più utili per favorire l’integrazione
scolastica dei bambini e ragazzi immigrati; la percezione di se stessi rispetto
alle abilità/competenze dell’insegnante, nonché le loro aspettative di training.
101
Per quanto riguarda la diversità e l’integrazione degli immigrati, tutti i
componenti il gruppo hanno posto l’accento sull’assoluta necessità di azioni
per l’integrazione (e l’accoglienza), ritenendo utili prevedere lezioni speciali
di 1-2 anni che permettano allo studente immigrato di mettersi in pari con gli
altri studenti, specialmente rispetto all’ambito linguistico.
In Grecia, gli studenti immigrati rappresentano quasi un terzo degli studenti
nella scuola secondaria. Una grande percentuale viene dall’Albania: si tratta di
immigrati di seconda e terza generazione che si sono ben integrati nel sistema
scolastico greco e parlano e vivono in un modo che è difficile distinguere da
quello dei compagni greci. Ci sono anche bulgari, indiani e pakistani che
hanno maggiori difficoltà, specialmente con la lingua. Gli studenti indiani e
pakistani sono stati anche definiti “isolati” poiché gli insegnanti hanno
sostenuto che spesso siedono da soli, non si mescolano con gli altri studenti e
sono molto silenziosi. Nonostante ciò, hanno competenze linguistiche molto
buone in inglese come hanno riferito gli stessi insegnanti d’inglese.
Riguardo il processo di integrazione, tutti gli insegnanti del focus group hanno
evidenziato il fatto che non c’è un percorso “formale” del Ministero per
l’Istruzione e che devono basarsi sulle loro abilità, competenze e impegni
individuali nell’integrare gli studenti nella classe. Gli insegnanti hanno
sottolineato più volte i propri bisogni formativi su queste tematiche, e
riguardo gli strumenti e le metodologie più valide da usare a scuola e in classe.
I loro suggerimenti riguardo il Quaderno dell’integrazione possono essere
riassunti come segue: lo strumento dovrebbe essere agevole e di facile
impiego, dovrebbe contenere la dimensione sociale dell’integrazione, brevi
informazioni riguardo la cultura di ogni allievo migrante, gli strumenti, i
metodi e le tecniche specifiche dal punto di vista psicologico e, infine, non
dovrebbe essere teoretico ma pratico.
3. La necessità
dell’integrazione
di
uno
strumento
come
il
Quaderno
La presenza di un numero significativo di nuovi arrivati immigrati in Grecia ha
implicazioni importanti per il sistema scolastico. Le scuole devono adattarsi a
questa nuova presenza e offrire risposte adeguate ai bisogni particolari che tale
presenza reclama, garantendo un’istruzione di alta qualità ed equa.
L’istruzione è la chiave di volta per consentire a tali studenti di diventare
cittadini attivi e protagonisti nel paese ospitante; per far sì, in altre parole, che
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dall’immigrazione scaturisca un doppio beneficio, sia per la società di approdo
che per i migranti.
La scuola deve giocare un ruolo di guida nel creare una società inclusiva e
coesa poiché l’integrazione sui banchi di una classe è lo specchio
dell’integrazione nella società. L’immigrazione può essere un arricchimento
per l’esperienza didattica e cognitiva rispetto all diversità linguistica e
culturale, e potrebbe portare risorse inestimabili alle scuole. Può aiutare e
rafforzare la pedagogia, le abilità e la conoscenza stessa.
Sfortunatamente, come evidenziato degli insegnanti del focus group, non
esiste un percorso formale guidato del Ministero per l’Istruzione che fornisca
agli insegnanti le competenze, conoscenze, le tecniche e gli strumenti
significativi per la gestione della classe multiculturale. Il ricorso ad uno
strumento semplice da utilizzare parrebbe molto importante, specialmente
per quegli insegnanti che non hanno esperienza pregressa con studenti
immigrati. Le abilità interculturali dello studente – e degli insegnanti – e la
capacità di entrare in un dialogo rispettoso con le persone di un background
culturale differente sono competenze che devono, e possono, essere costruite.
In questa prospettiva, il progetto POI offre un adattamento al contesto
europeo di uno strumento a carattere osservativo, centrato sullo studente e
sulla classe – il Quaderno dell’integrazione, testato in Italia da diverse autorità
locali e scolastiche – ,con l’obiettivo di aggiornarlo al multilinguismo e alla
valorizzazione dei talenti e delle abilità grazie alla collaborazione dei partner
europei.
Il Quaderno dell’integrazione invita all’osservazione delle dinamiche
dell’integrazione all’interno di diversi contesti e diversi punti di vista
(l’insegnante che osserva, professionisti come mediatori culturali, attività
linguistiche etc.): sollecita quindi gli insegnanti a raccogliere le conquiste, le
paure, le motivazioni e le strategie di apprendimento attuate nella classe con i
bambini e ragazzi immigrati. Il Quaderno, come rivelano i loro ideatori, è uno
strumento flessibile: può essere usato nel suo insieme o solo parzialmente, per
l’intero anno scolastico o per un semestre; può essere usato da un insegnante
ma esprime i suoi effetti migliori quando viene usato dagli insegnanti che
lavorano nella stessa classe. È anche un modo efficace per monitorare
l’efficacia degli strumenti adottati e delle attività realizzate per favorire
l’integrazione (corsi di L2, impiego di mediatori linguistici e culturali, corsi di
espressione creativa…). In questa prospettiva, è esattamente lo strumento
descritto e desiderato dagli insegnanti coinvolti nel focus group.
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Riferimenti biblio-sitografici
http://www.athensguide.com/practicalinfo/population.htm
https://www.cia.gov/library/publications/the-worldfactbook/geos/gr.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Religion_in_Greece
http://www.nationmaster.com/country/gr-greece/rel-religion
http://www.greeka.com/greece-culture.htm
Cavounidis, J. and Hadjaki, L. (2000), Migrant Applicants for the Card of
Temporary Residence: Nationality, Gender, and Placement, Atene, Istituto nazionale
del lavoro (in greco).
http://www.migrationinformation.org/Feature/display.cfm?ID=228
http://faithallen.wordpress.com/2012/04/17/integration-from-diddefining-integration/
http://en.wikipedia.org/wiki/Social_integration
http://www.eurofound.europa.eu/pubdocs/2006/22/en/1/ef0622en.pdf
http://siteresources.worldbank.org/SOCIALPROTECTION/Resources/SP
-Discussion papers/Labor-Market-DP/0701.pdf
http://www.nationalgeographic.com/xpeditions/lessons/09/g68/migration
guidestudent.pdf
http://tilz.tearfund.org/Publications/Footsteps+7180/Footsteps+78/What
+is+migration.htm
http://archive.minedu.gov.gr/en_ec_page1531.htm
http://video.minpress.gr/wwwminpress/aboutgreece/aboutgreece_educati
on_system.pdf
http://education.stateuniversity.com/pages/549/Greece-TEACHING
PROFESSION.html
http://www.ncela.gwu.edu/files/rcd/BE020672/Educating_Migrant_Stude
nts___.pdf
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