Osservare per comprendere e agire nella classe multiculturale Il Quaderno dell’inte(g)razione nelle scuole italiane e d’Europa L’esperienza europea Portfolio of Integration a cura di Lorenzo Luatti 1 Comenius Multilateral Project | Grant agreement number: 518717-LLP2011-IT-COMENIUS-CMP La presente pubblicazione è stata finanziata con il sostegno della Commissione Europea. Gli autori sono gli unici responsabili dei contenuti e delle opinioni in essa espresse e la Commissione declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute. Partner del progetto POI – Portfolio of Integration Oxfam Italia (Italia) Clarus Advisory services (Grecia) Izmit Province Directorate of National Education (Turchia) Academy of Business Administration and Health sciences (Polonia) University of Glasgow (Regno Unito) I materiali online realizzati dal progetto Portfolio of Integration (POI) sono disponibili sul sito: www.poiproject.org Traduzione dall’inglese a cura di Alice Baini Oxfam Italia Via Concino Concini, 19 – 52100 Arezzo Tel. 0575-401780 – fax 0575.401772 www.oxfamitalia.org Coordinatore generale del progetto: Francesco Lucioli [email protected] Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 presso il Centrostampa TipoLitografia di Arezzo Distribuzione gratuita 2 INDICE Presentazione Prima Parte Il Quaderno dell’inte(g)razione: acquisizioni e prospettive Accompagnare l’integrazione. Un Quaderno per osservare e agire nella classe multiculturale, di Graziella Favaro 1. Uno strumento sperimentato, per ciascuno e per tutti 2. Un Quaderno per osservare e per osservarsi 3. I tempi dell’osservazione 4. Nelle stanze dell’integrazione 5. Sguardi diversi 6. Struttura del Quaderno: strumenti “chiusi” e sollecitatori “aperti” 7. La scuola fa uguaglianza? Dal Quaderno dell’inte(g)razione al Portfolio of Inte(g)ra(c)tion: dieci anni di riflessioni e pratiche nelle scuole italiane, di Lorenzo Luatti 1. Un po’ di storia: il Quaderno e il percorso di ricerca-azione 2. I suggerimenti emersi dalle sperimentazioni 3. Almeno una volta 4. Nota conclusiva Il Quaderno dell’inte(g)razione, occasione di formazione per gli insegnanti, di Elio Gilberto Bettinelli 1. Il QdI, strumento per rilevare e accompagnare i percorsi di integrazione 2. Osservare le relazioni 3. Sollecitatori e setting didattico 4. QdI e valutazione degli alunni 5. Il profilo dell’alunno 3 Seconda Parte Le esperienze nazionali L’esperienza POI nelle scuole scozzesi, di Stephen McKinney, Hazel Crichton, Alan Britton, Julie E. McAdam, Ewelin Arizpe 1. Il contesto scozzese per il Portfolio of Integration 2. L’adozione del Quaderno dell’integrazione in Scozia 3. Riflessioni sull’esperienza formativa del Quaderno dell’integrazione 4. Raccomandazioni 5. Conclusioni Semi che crescono in terre straniere, di Gökçen Aktaş 1. Introduzione 2. L’integrazione scolastica 3. Nota conclusiva Gli studenti immigrati: una speranza per la demografia polacca e una sfida per l’istruzione nazionale nell’esperienza progettuale Portfolio of Integration, di Wanda Baranowska e Małgorzata Kosiorek 1. Gli immigrati in Polonia: la base per costruire l’esperienza nel POI 2. Gli immigrati nelle scuole polacche 3. Il corso pilota POI 4. Il Quaderno dell’integrazione: i risultati della sperimentazione 5. Le caratteristiche principali del POI: i profili selezionati degli studenti osservati con il Quaderno dell’integrazione L’esperienza realizzata nelle scuole di Arezzo, di Lorenzo Luatti 1. I docenti “osservatori” 2. Osservazioni su alcuni indicatori 3. Aspetti di forza e di criticità I cambiamenti della migrazione in Grecia, di Nikoletta Ntelli 1. Il contesto dell’immigrazione in Grecia e i cambiamenti intervenuti 2. Esperienza nazionale: i risultati del focus group 3. La necessità di uno strumento come il Quaderno dell’integrazione 4 Contenuti online (www.poiproject.org) Il Quaderno dell’inte(g)razione/Portfolio of Integration Il Manuale e le Linee guida POI 5 PAGINA PARI BIANCA 6 Presentazione Non potevamo certamente immaginare nel lontano 2002, quando con Graziella Favaro elaborammo e sperimentammo la prima versione del Quaderno dell’Integrazione, che tale strumento avrebbe percorso tanta strada fino a giungere, dopo quasi un decennio di sperimentazione in Italia, nelle scuole d’Europa. È stato un lungo cammino svolto in compagnia di tanti docenti di città e ordini di scolarità diversi che, con passione e determinazione professionale, hanno compreso le ragioni e le opportunità di una proposta formativa, di ricerca azione, accompagnata e supervisionata, che ha consentito loro di formarsi una visione più ampia e fondata dei processi di integrazione scolastica e sociale dei loro allievi stranieri. La soddisfazione professionale che abbiamo costantemente registrato tra i docenti al termine dei percorsi di osservazione ha fornito la spinta per la diffusione in Italia del Quaderno e, negli ultimi due anni, in Europa, grazie al progetto Portfolio of Integration (POI), i cui risultati sono parzialmente documentati in questa pubblicazione. Se dovessi spiegare le ragioni di questo longevo successo del Quaderno dell’integrazione potrei richiamare, innanzitutto, la “adattabilità” dello strumento ai diversi contesti e situazioni (a cui talvolta, tuttavia, si è chiesto fin “troppo”, come nel caso qui documentato della sua applicazione tout court ai bambini e ragazzi che hanno fatto ritorno nel Paese di origine dei genitori); e dunque la sua flessibilità che consente ai docenti, soprattutto dopo un primo periodo di rodaggio indispensabile per entrare in confidenza con gli strumenti di osservazione proposti, di “metterci del proprio”, calandolo nella specifica realtà in cui essi operano. E poi è da sottolineare la capacità del Quaderno di contribuire a costruire una visione ampia e olistica, tendenzialmente completa, sui fattori (e sulle interconnessioni) che disegnano i cammini dell’inte(g)razione. E ancora: l’opportunità di scambiarsi i diversi punti di vista, le differenti rappresentazioni, le esperienze pregresse e le osservazioni raccolte durante il percorso, all’interno di un gruppo di docenti in formazione, ha sempre costituto e costituisce, come emerge anche dall’esperienza POI, un aspetto di forza della proposta. L’esigenza (progettuale) di giungere ad una versione condivisa, ha spinto ad elaborare un nuovo “Quaderno” che raccoglie solo alcune delle proposte di modifica e integrazione emerse e validate nei corsi POI in Polonia, Scozia, Turchia e Italia. Si tratta di integrazioni che riteniamo generalmente valide e utilizzabili nei diversi contesti/Paesi – anche differenti da quelli del POI – ove 7 sono presenti flussi migratori in entrata nel sistema scolastico. Così facendo forse sono andate perdute nella documentazione pubblicata – ma non nelle esperienze nazionali dei docenti coinvolti – le specificità dei singoli contesti nazionali, le proposte di strumenti e le attenzioni declinate sulla specifica realtà Paese; oggi tuttavia possiamo contare con una versione del “Quaderno” che ha superato il test europeo, pur con i limiti e le potenzialità evidenziate nei contributi raccolti nella seconda parte di questa pubblicazione. Nella sua prima parte, invece, vengono presentati i riferimenti teorici e metodologici del Quaderno dell’Inte(g)razione, nonché una sintetica ricostruzione e analisi dei principali risultati e acquisizioni maturati nel corso della sua decennale esperienza nelle scuole italiane. Questa prima parte è curata da Graziella Favaro e Lorenzo Luatti, ideatori del “Quaderno”, e da Gilberto Bettinelli che ha contribuito in modo decisivo, fin dalla sperimentazione biennale condotta a Firenze, al rinnovamento dello strumento. La seconda parte, come accennato, raccoglie i contributi di sintesi di studiosi e operatori che hanno seguito le esperienze nazionali realizzate con il progetto POI: Stephen McKinney, Hazel Crichton, Julie McAdam, Ewelin Arizpe e Alan Britton riportano gli esiti dell’esperienza scozzese, con riflessioni e proposte; Gökçen Aktaş relaziona sull’esperienza realizzata nelle scuole turche del distretto di İzmit; Wanda Baranowska e Małgorzata Kosiorek presentano l’esperienza polacca, evidenziando le forti specificità di quel contesto; Nikoletta Ntelli infine si sofferma sui risultati dei focus group con docenti greci sui temi dell’integrazione scolastica degli allievi immigrati. In tali contributi sono descritti i contesti entro cui sono state realizzate le sperimentazioni, sono proposte analisi dei materiali significativi prodotti dagli insegnanti coinvolti, e infine sono proposte riflessioni e suggerimenti, anche di prospettiva, sull’esperienza realizzata e il Quaderno. Protagonisti assoluti di questo percorso e dell’esperienza complessiva, oltre ai soggetti partner, sono state le insegnanti dei paesi europei del progetto POI. Grazie ai loro suggerimenti e alle loro competenti osservazioni, questa proposta formativa con i suoi strumenti didattici di osservAzione, escono ulteriormente rafforzati, e destinati – è il nostro augurio – ad avere nuove applicazioni. Agli insegnanti del POI va pertanto il nostro più sentito ringraziamento. Lorenzo Luatti (27 settembre 2013) 8 Prima Parte Il Quaderno dell’inte(g)razione: acquisizioni e prospettive 9 PAGINE PARI BIANCA 10 Accompagnare l’integrazione. Un Quaderno per osservare e agire nella classe multiculturale di Graziella Favaro, Centro Come, Milano ([email protected]) È raro che i risultati scolastici di un bambino siano determinati da un solo fattore, benché potente. La probabilità di sconfitta o di successo di un bambino è incrementata o diminuita da una costellazione di forze e di fattori. B. Cyrulnik 1. Uno strumento sperimentato, per ciascuno e per tutti Il Quaderno dell’integrazione ha accompagnato in questi anni un numero significativo di insegnanti e di educatori nell’osservazione delle dinamiche e dei cammini d’integrazione dei bambini e dei ragazzi stranieri di recente immigrazione. Lo ha fatto agendo soprattutto lungo due direzioni: da un lato, proponendo sollecitatori e indicatori per raccogliere dati, descrivere e analizzare le situazioni di ciascun alunno, confrontare il prima e il dopo. Dall’altro lato, esso ha promosso l’azione e le pratiche a partire dall’osservazione: ha invitato a operare per migliorare e rivedere i dispositivi di accoglienza, attivare attenzioni linguistiche mirate ai bisogni dei singoli apprendenti, favorire un clima relazionale inclusivo nella classe e nei luoghi di incontro extrascolastici. Uno strumento duttile e flessibile che conta su una sperimentazione decennale. È infatti del 2002 la proposta di utilizzare sei indicatori di integrazione per osservare le dinamiche di inserimento dei bambini e dei ragazzi stranieri a scuola (Favaro, 2002) e risale a poco tempo dopo la prima stesura del Quaderno (Favaro, Luatti, 2004). Nel corso della sua diffusione e dell’utilizzo accompagnato, lo strumento si è via via arricchito, integrato e rinnovato (vedi in questo libro il contributo di Luatti). La sperimentazione nelle scuole di alcuni Paesi europei e la versione ampliata che qui viene proposta sono un’ulteriore prova dell’uso aperto del Quaderno attraverso il quale si disegna un cammino d’integrazione che si fa camminando. A dieci anni dalla sua prima sperimentazione, uno strumento di osservazione aperto e flessibile come il Quaderno dell’integrazione deve oggi proporre e sollecitare un allargamento dello sguardo. Gli insegnanti osservatori sono 11 invitati a guardare nelle due direzioni, portando l’attenzione ai bambini e ai ragazzi della migrazione, ma, al tempo stesso, anche alla classe multiculturale nel suo insieme. Il gruppo eterogeneo per provenienze, bagagli autobiografici, biografie scolastiche e linguistiche è infatti un microcosmo in ebollizione fatto di interazioni quotidiane, percorsi di apprendimento singolari, storie di inclusione declinate al plurale. Il Quaderno dell’integrazione, nella sua versione aggiornata, è dunque uno strumento utile per “gestire” la classe nel suo insieme, oltre che per accompagnare il cammino dei singoli. E tuttavia, senza per questo perdere di vista i più “vulnerabili”, coloro che arrivano un giorno nella classe, spesso all’improvviso e spesso senza poter condividere almeno per un po’ la propria storia. I bambini e i ragazzi stranieri che si trovano catapultati, talvolta senza essere stati preparati, nel nuovo ambiente del quale non conoscono regole e riferimenti impliciti ed espliciti, vivono infatti la fatica di doversi riadattare e ricominciare da capo. Essi compiono un grande sforzo di ri-orientamento, spesso senza poter contare, all’interno della loro famiglia, su figure di mediazione efficaci, che li prendano per mano e facciano almeno per un po’ da bussola lungo il cammino. Un ambiente che accoglie chi viene da lontano dovrebbe essere colmo di tutori di resilienza: risorse, dispositivi, figure professionali e strumenti in grado di accogliere la vulnerabilità di coloro che vivono lo sradicamento e di trasformarla in capacità di resilienza per far fronte alla nuova situazione. Attenzioni che mettono in grado chi accoglie di agire in maniera positiva e chi è accolto di trovare in tempi rapidi il proprio posto a scuola e nel nuovo mondo. Boris Cyrulnik afferma che i minori che hanno vissuto delle situazioni traumatiche e di “frattura” nella propria storia possono sempre inaugurare un percorso di neosviluppo resiliente, a patto che sul loro cammino trovino almeno una stella (Cyrulnik, 2009). Chi può essere per loro “una stella”? È un adulto che accompagna i passaggi per un certo tempo, che fa da “traghettatore” e punto di riferimento; indica loro la strada per evitare smarrimenti e abbandoni. Sono soprattutto gli insegnanti e gli educatori a potere diventare “stella”, accompagnando con competenza ed efficacia il cammino d’integrazione dei bambini e dei ragazzi neo arrivati. 12 2. Un Quaderno per osservare e per osservarsi Il Quaderno dell’integrazione è stato pensato proprio per contribuire ad affinare lo sguardo e sostenere una modalità di osservazione partecipante di coloro che accompagnano le storie d’integrazione. Esso funziona come un diario di viaggio che può servire a raccontare le conquiste e gli impacci; registrare dove siamo arrivati, che cosa è successo lungo il tragitto e quale strada si snoda ancora davanti. Può funzionare come un vero e proprio tutore di resilienza perché presuppone un’attenzione mirata, sollecita risposte specifiche, permette di registrare conquiste e criticità. Serve ad accompagnare gli alunni passo dopo passo nell’avventura quotidiana dell’apprendimento della seconda lingua, nel dispiegarsi delle relazioni con i coetanei, nel conquistare un loro posto dentro la nuova scuola e dentro un tempo ancora tutto da inventare. La direzione dell’osservazione che propone il Quaderno può apparire a prima vista lineare e monodirezionale: l’insegnante - o meglio, gli insegnanti, a coppie, a tre, in piccolo gruppo - osservano i bambini stranieri e le loro dinamiche di integrazione nel corso del tempo. Lo fanno almeno due volte l’anno; all’inizio e dell’inserimento e nella fase conclusiva dell’anno scolastico per coglierne le conquiste, i passi avanti o, viceversa, gli impacci, le soste e gli scacchi. Anche questi ultimi sono importanti per la scuola, per capire se le iniziative di integrazione si rivelano efficaci oppure no, se il processo mostra segni di avanzamento o di stasi, se le dinamiche di integrazione sono vivaci e hanno il segno positivo oppure se vi è una situazione di ripiego e di disagio. Anche il setting dell’osservazione, previsto dal Quaderno, è ora ben definito: vi sono gli insegnanti osservatori e vi sono i bambini e ragazzi “osservati” in determinati contesti e con strumenti più o meno “aperti”. In realtà, molti di più sono gli aspetti e gli attori che entrano in gioco nel momento dell’osservazione e numerose sono le direzioni che essa può prendere. Innanzi tutto, coloro che osservano non sono soggetti neutri che guardano e registrano, ma sono essi stessi “osservati”, dal momento che il cammino di integrazione si compie e si realizza in maniera bilaterale e partecipata, sia da parte di chi è accolto che da parte di chi accoglie. Gli insegnanti etnografi osservano dunque gli alunni stranieri, ma osservano anche se stessi. Vi sono poi i bambini e ragazzi di recente immigrazione, colti nel momento in cui muovono i primi passi dentro la nuova scuola e poi ri-osservati in una seconda fase, dopo alcuni mesi dall’inserimento. Non sono “oggetti” di 13 osservazione, ma diventano essi stessi osservatori partecipi, di se stessi e del contesto che li accoglie, invitati a prendere la parola e a raccontarsi, sia in italiano che in lingua madre. 3. I tempi dell’osservazione In termini temporali, l’uso del Quaderno prevede, come abbiamo detto, uno spessore diacronico, dal momento che le osservazioni sono raccolte in due diversi momenti dell’anno e che quindi vi è il racconto di un cammino mentre si sta facendo, il diario di un andare dinamico, e non la registrazione di una situazione statica. E veniamo al contesto, ai luoghi, agli “oggetti” e agli spazi osservati: dove si colloca l’osservazione e che cosa si osserva? Vi è la scuola, innanzi tutto, con le sue logiche e pratiche di inserimento, più o meno efficaci, più o meno burocratiche, talvolta rigide, altre volte più flessibili e mirate. Vi è poi l’oggetto “seconda lingua” per comunicare e per studiare: tema al centro delle attenzioni e delle domande degli insegnanti, al quale vengono in genere attribuiti i poteri taumaturgici della “buona” integrazione, talvolta enfatizzandolo o drammatizzandolo. Vi sono poi il contesto della classe, microcosmo di relazioni, inclusioni o esclusioni e il mondo dell’extrascuola, del quartiere o della zona, dei luoghi dell’incontro e del tempo libero, della socialità o della solitudine. E infine vi è un’attenzione esplicita nei confronti del bambino o ragazzo straniero e della sua storia, di un altrove spesso rimosso, negato o semplicemente ignorato e dei temi della memoria e del futuro. Quali tracce, riferimenti, ricordi del prima e dell’altrove la scuola “autorizza” e accoglie o, viceversa, quali messaggi di svalorizzazione e di non riconoscimento passano in maniera esplicita o silenziosa? Quando la memoria non ha modo di collocarsi in maniera fluida e naturale dentro il presente, grazie ai fili pazienti e continui della ricomposizione della propria storia, essa rischia di pesare troppo sul qui e ora e di schiacciare la possibilità stessa di pensare il futuro e di pensarsi al futuro. Il Quaderno dell’integrazione è dunque una sorta di punto/luce che serve a illuminare, non solo l’angolo di una stanza, e cioè il dato specifico dell’inserimento scolastico dell’alunno straniero, ma anche ciò che vi sta intorno, accanto, fuori e che troppo spesso viene consegnato al cono d’ombra e all’invisibilità. 14 4. Nelle stanze dell’integrazione All’origine del Quaderno ci sono le molte domande che gli insegnanti e gli operatori si sono posti in questi anni, e che ancora si pongono, a proposito di integrazione degli alunni stranieri. Quando si può affermare che un bambino o un ragazzo immigrato sono “bene integrati”? Come valutare i loro progressi? Come misurare i livelli linguistici? E perché alcuni restano a lungo isolati e in disparte? Che cosa succede fuori dalla scuola? Tanti quesiti che colgono, da un lato, le molte facce dell’integrazione, la varietà e la complessità dei cammini individuali, ma che vorrebbero, dall’altro, poter contare su risposte chiare, protocolli da seguire, strumenti da utilizzare. Il Quaderno fornisce certamente alcune bussole e ancoraggi, dà indicazioni di percorso e strumenti di osservazione, ma apre anche a nuove domande, sollecita confronti e piste di lavoro da esplorare. Alla base dello strumento vi è una chiara consapevolezza: l’integrazione è un percorso che attraversa molte stanze, che interessa spazi di vita e luoghi diversi, che si compie a scuola e fuori dalla scuola, nei luoghi dell’apprendimento e nei luoghi comuni delle relazioni elettive e amicali. Una pluralità dei contesti è dunque chiamata a costruire processi di inclusione, fare posto a coloro che vengono da altri luoghi e ora ci abitano accanto; è chiamata a trasformarsi diventando luogo “meticcio” e per tutti. Il Quaderno sollecita a esplorare le molte stanze dell’integrazione: la scuola, la nuova lingua, le relazioni in classe, il tempo extrascolastico e l’abitare la città, la stanza del “prima” in cui si colloca la storia, la lingua e i riferimenti culturali di origine e quella del futuro, dove trovano posto la motivazione e il progetto personale in fieri. Il primo ambito da esplorare è ovviamente la scuola. Lo strumento di osservazione chiede innanzi tutto di fare il punto sulla scuola plurale e sulle sue modalità organizzative: le risorse e i dispositivi, le attenzioni e i materiali, la formazione degli insegnanti e le acquisizioni comuni. E invita gli insegnanti a conoscere meglio il proprio ambito di lavoro, spesso dato per scontato o misconosciuto. Un secondo punto di attenzione è rivolto alla situazione linguistica e al cammino di apprendimento/insegnamento della seconda lingua (L2). L’obiettivo che lo strumento osservativo si pone è quello di rendere comuni e maggiormente condivisi fra i docenti di una stessa classe e di una stessa scuola i 15 riferimenti di base, le modalità di valutazione, le descrizioni dei livelli e degli stadi di interlingua, in modo tale da evitare, per quanto possibile, discrezionalità, pressapochismi, drammatizzazioni o sottovalutazioni del compito. Alle relazioni in classe e nel tempo e spazio extrascolastici, il Quaderno dedica grande attenzione e invita a osservare le dinamiche tra pari e ad esplorare anche il mondo e il tempo extrascolastico degli alunni stranieri. In questi vent’anni e oltre di pratiche di integrazione, la scuola ha proceduto spesso adottando un modello di tipo compensativo e cercando di dare risposta ai bisogni immediati e visibili degli alunni stranieri, alle lacune linguistiche, alle difficoltà di orientamento e di accoglienza. Sono quasi sempre rimaste nell’ombra le dinamiche tra pari che si venivano nel frattempo sedimentando, le reciproche rappresentazioni, costruite anche a causa dei discorsi pubblici allarmati e lo stigma che via via penalizza gli appartenenti a gruppi diversi. E infine, il Quaderno cerca di portare l’attenzione su una dimensione che viene spesso rimossa o trattata in maniera folclorica, quella della storia personale, delle tracce del Paese di origine, della biografia linguistica, scolastica, relazionale condotta altrove. Non tanto per mettere il bambino o il ragazzo neoarrivati sotto il riflettore, costretti a ricordare ciò che alcuni vorrebbero invece in una prima fase rimuovere, ma per ribadire la consapevolezza che una buona integrazione può avvenire solo a partire dall’integrazione del Sé, delle parti diverse della propria storia che compongono l’identità singolare di ciascuno. 5. Sguardi diversi Come abbiamo visto, il Quaderno invita a osservare le dinamiche dell’integrazione dentro una pluralità di contesti, ma sollecita anche l’incrocio e il confronto tra una pluralità di sguardi. Vi sono le osservazioni che vengono raccolte dai docenti di classe e quelle proposte dall’insegnante facilitatore di italiano L2 e talvolta esse possono divergere. Succede infatti che un alunno possa essere descritto come silenzioso e “congelato”, se osservato in classe e nel grande gruppo, o invece come espressivo nel gruppo piccolo e in una situazione meno ansiogena. Il confronto tra percezioni e valutazioni diverse rende l’osservazione meno soggettiva e più articolata, ma è anche un’occasione per esplicitare la “dimensione nascosta” e i riferimenti impliciti che agiscono sullo sfondo: l’idea 16 di integrazione, le aspettative diverse, le cornici che informano la valutazione espressa dagli uni e dagli altri. Il Quaderno invita poi a raccogliere lo sguardo dell’alunno straniero su se stesso, sul proprio cammino, sulle conquiste, i timori, le motivazioni, le strategie di apprendimento messe in atto. I frammenti del racconto autobiografico possono essere sollecitati attraverso canali diversi, a seconda dell’età e della storia personale: usando domande e sollecitatori aperti e proposti in italiano; invitando a raccontare e ad esprimersi nella propria lingua d’origine; attraverso il disegno e l’illustrazione. La cosa importante è quella di prendersi il tempo tutte le volte che è possibile per mettersi in ascolto, raccogliere il racconto anche mentre si sta formando, fare spazio allo sguardo del bambino e del ragazzo straniero su di sé. Nella sua stesura iniziale, il Quaderno registrava una significativa assenza: mancava infatti la voce dei genitori stranieri e il loro punto di vista sul percorso di integrazione dei figli. Nella versione attuale, si è cercato di colmare questo vuoto e raccogliere anche il parere dei genitori sul percorso scolastico dei loro figli, sul tempo extrascolastico, sui progetti e le aspettative. 6. Struttura del Quaderno: strumenti “chiusi” e sollecitatori “aperti” I sei indicatori che costituiscono l’impalcatura del Quaderno si richiamano alle dimensioni diverse dell’integrazione che sono: la situazione dell’inserimento scolastico e dei risultati scolastici, che consentono di progettare una prosecuzione degli studi con opportunità più o meno equivalenti rispetto a quelle dei compagni italiani; la competenza nella seconda lingua, osservata rispetto alle capacità nella comunicazione interpersonale e nella lingua veicolare dello studio; la qualità delle relazioni in classe e la possibilità di partecipare, da parte di ciascuno, alle interazioni e alle attività comuni, sia nei momenti scolastici che in quelli ludici e delle scelte elettive; la qualità e la quantità degli scambi nel tempo extrascolastico, le occasioni di partecipazione e di incontro nelle attività ludiche e sportive, le opportunità di stabilire e mantenere scambi e amicizie, di “abitare insieme il territorio” considerato come la dimora comune; il rapporto dell’alunno straniero con la lingua materna, praticata in casa 17 e con i connazionali (e le diverse situazioni di bilinguismo, perdita, mantenimento o sviluppo) e il legame con le proprie origini, il Paese di provenienza, la propria storia passata; la situazione di autostima, di fiducia nelle proprie possibilità, di accettazione delle sfide e dei compiti comuni; che si traduce, tra le altre, nella capacità di prefigurare il proprio futuro e di costruirlo giorno dopo giorno. I piani dell’integrazione e i sei indicatori qualità dell’inserimento scolastico e risultati scolastici competenza nella “seconda lingua” (L2) qualità e quantità delle relazioni in classe qualità e quantità delle relazioni nel tempo extrascolastico atteggiamenti nei confronti della lingua d’origine, del contesto e Paese di provenienza... autostima, progetto e motivazione INSERIMENTO SCOLASTICO E APPRENDIMENTO LINGUISTICO INTERAZIONE CON I PARI A SCUOLA E NELLA CITTÀ INTEGRITÀ DI SÉ E PROGETTO PER IL FUTURO Il Quaderno viene utilizzato in scuole di ordine diverso, dalla primaria alla secondaria di secondo grado. Questo ovviamente comporta che, fatta salva l’impostazione e alcuni strumenti comuni, vi siano anche proposte e sollecitatori differenti, ora adatti ai più piccoli, ora ai più grandi. Soprattutto i sollecitatori “aperti” che coinvolgono direttamente i bambini e i ragazzi, stranieri e italiani nel racconto e nell’auto-rappresentazione utilizzano stimoli e canali differenti a seconda dell’età e delle situazioni personali. Nella tabella seguente sono descritti alcuni strumenti e modalità di osservazione per ciascun indicatore. 18 Indicatori 1. Inserimento scolastico Che cosa osservano percorso scolastico; eventuali ritardi; esiti scolastici 2. Competenza in L2 Livelli di competenza in italiano L2 per la comunicazione e per lo studio 3. Relazioni in classe con i pari quantità e qualità degli scambi con i pari in momenti diversi della giornata 4. Relazioni nella città/quartiere relazioni nel tempo extrascolastico; conoscenza e uso dei luoghi e delle opportunità di aggregazione nella città racconto di sé; riferimenti autobiografici 5. Riferimenti culturali e lingua di origine 6. Motivazione orientamento; prosecuzione degli studi Strumenti e modalità -questionario sulla situazione della scuola; -scheda notizie/alunno; -raccolta e analisi dei dati -descrittori livelli QCERL; -scale esemplificative QCERL; -schede e materiali di osservazione dell’interlingua; -test ingresso e in itinere -questionario e analisi dei dati; -sollecitatori aperti (es. sociogramma; fiore dell’amicizia; mani dell’amicizia …) -questionario e analisi dei dati; -sollecitatori aperti (es. mappa della città/del quartiere e indicazione dei luoghi frequentati) Chi li usa Insegnanti, operatori -sollecitatori a carattere autobiografico (disegno, autopresentazione …); -questionario individuale; -biografia linguistica; -l’albero dei talenti… -scheda notizie/alunno; -diario di inserimento in L1; -raccolta e analisi dei dati nel momento dell’orientamento; - questionario individuale Insegnanti, operatori, singoli alunni Insegnanti, operatori, facilitatori linguistici Tutti gli alunni Singolo alunno Tutti gli alunni Singolo alunno Insegnanti, operatori, alunno straniero 7. La scuola fa uguaglianza? Gli usi e gli esiti del Quaderno, come abbiamo detto, ci sollecitano ad affinare lo sguardo sui cammini degli alunni neo inseriti, ma anche su di noi. Che cosa ha imparato la scuola dopo questo tempo non più breve, in cui sono state sperimentate pratiche di integrazione, soprattutto a partire dalle sollecitazioni venute dalla “periferia”, dalle singole scuole? E quali lezioni possiamo trarre dai dispositivi e dai progetti di integrazione fin qui realizzati per passare ad una 19 nuova fase, quella dell’inclusione dei futuri cittadini? Per certi aspetti, le modalità dell’inserimento degli alunni stranieri e le loro criticità possono servire da cartina di tornasole per leggere la qualità della scuola di tutti e per segnalare eventuali disfunzioni, stalli e rigidità. Le difficoltà di passaggio degli alunni stranieri da un ordine scolastico ad un altro, ad esempio, indicano che i vari blocchi di istruzione procedono talvolta in maniera distante, come “pezzi di scolarità” separati, dove l’orologio riparte da zero, la storia personale si disfa e si sospende per ricominciare altrove. E non dialogano invece come parti di uno stesso percorso formativo che conosce tappe, ma non dovrebbe prevedere fratture e brusche ripartenze. Sembra non esserci una comunicazione densa ed efficace tra la scuola che lascia e quella che accoglie, dal momento che gli alunni stranieri (in realtà, tutti gli alunni) si trovano ogni volta a dover ricominciare da capo. Transitare da un grado all’altro dell’istruzione dovrebbe invece avvenire in maniera più fluida, se si potesse contare su tempi più dilatati e su modalità di accompagnamento che prevedano il riconoscimento del cammino individuale e un “filo” chiaro che unisce il prima con il dopo. Il carattere prevalentemente compensativo delle pratiche di integrazione degli alunni stranieri pone l’apprendimento della L2 saldamente al centro delle preoccupazioni didattiche: la lingua per comunicare nelle prime fasi e la lingua dello studio nelle fasi successive. E questo è certamente positivo e comprensibile, soprattutto quando gli allievi di altra nazionalità siano di recente immigrazione e ancora non competenti nella L2. In Italia, ad esempio, l’enfasi posta sulla competenza linguistica ci segnala anche il carattere prevalentemente verbale della didattica nella scuola, al punto che chi non sa (ancora) l’italiano viene considerato come una sorta di tabula rasa, un alunno che “non sa, in generale”. Non si valorizzano in questo modo i talenti e le capacità che non sono immediatamente veicolati dalla lingua. Il diffuso orientamento dei ragazzi stranieri verso l’istruzione superiore a carattere professionale e la loro presenza massiccia negli istituti professionali e nella formazione professionale registrano poi, non solo il dato di fatto delle modalità di prosecuzione degli studi; ci interrogano anche sulla capacità della scuola di fare uguaglianza a partire dal momento dell’orientamento e delle scelte per il futuro fatte a più mani. E, infine, la discrezionalità e i divari che si registrano da scuola a scuola, da città a città, in merito alla disponibilità o meno di pratiche e dispositivi di integrazione, ci chiamano a riflettere sull’attuazione del principio dell’autonomia scolastica e sulla necessità che questa sia sostenuta da risorse adeguate per essere davvero equa, efficace, attenta ai cambiamenti. 20 Bibliografia citata Cyrulnik B. (2009), Autobiografia di uno spaventapasseri. Strategie per superare le esperienze traumatiche, Raffaello Cortina, Milano. Favaro G. (2002), Costruire l’integrazione nella scuola multiculturale in: D. Demetrio, G. Favaro, Didattica interculturale. Nuovi sguardi,competenze, percorsi, FrancoAngeli, Milano. Favaro G. (a cura di) (2009), Un passo dopo l’altro. Osservare i cammini di integrazione dei bambini e dei ragazzi stranieri, Comune di Firenze, Polistampa, Firenze. Favaro G. (2011), A scuola nessuno è straniero. Insegnare e apprendere nella classe multiculturale, Giunti, Firenze. Favaro G., Luatti L. (2004), A piccoli passi. Osservare le dinamiche dell’integrazione a scuola, in: G. Favaro, L. Luatti (a cura di), L’intercultura dalla A alla Z, FrancoAngeli, Milano. Luatti L. (a cura di) (2012), Sguardi inclusivi. Insegnanti “registi” dei processi d’integrazione nella scuola plurale, Provincia di Fermo, Fermo. MIUR (2012), Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, luglio 2012. Parlamento Europeo-Policy Department: Structural and Cohesion Policies (2008), Intercultural Education in Schools. A comparative Study, 27 aprile 2008. Regione Friuli Venezia Giulia-USR FVG (2011), Interazioni: strumenti per l’integrazione. Il Quaderno dell’integrazione nelle scuole del Friuli Venezia Giulia, cicl. con CD-Rom. Rete Integrazione di Treviso (2013), Storie d’inte(g)razione. Un Quaderno per osservare la classe multiculturale, Treviso. Ricci C. (a cura di) (2010), Il tempo dell’integrazione. Osservare l’inserimento dei bambini e dei ragazzi nella scuola di tutti, Comune di Firenze, Firenze. 21 22 Dal Quaderno dell’integrazione al Portfolio of Inte(g)ra(c)tion: dieci anni di riflessioni e pratiche nelle scuole italiane di Lorenzo Luatti, OXFAM Italia ([email protected]) 1. Un po’ di storia: il Quaderno e il percorso di ricerca-azione L’attività di osservazione con il Quaderno dell’integrazione ha una storia più che decennale nelle scuole italiane. Durante questo arco temporale le pratiche didattiche e osservative elaborate con il Quaderno hanno attraversato più fasi e più rivisitazioni che qui merita, seppure brevemente, rammentare. L’esperienza europea del Portfolio of Integration (POI) non è altro che l’ultima realizzata, e deve molto al contributo di esperti e docenti coinvolti negli anni scorsi. Vi è stata una prima fase, di ideazione e prima sperimentazione del Quaderno, che va grosso modo dal 2001 al 2003, anni in cui la scuola italiana fu fortemente interessata da continui inserimenti di studenti stranieri neo arrivati. La seconda fase è rappresentata prima diffusione del Quaderno (2004-2007). La terza fase prende avvio nel 2008 con la realizzazione di una nuova versione del Quaderno, a seguito di una significativa esperienza nelle scuole di Firenze (2008-2010). Nella quarta fase il Quaderno è stato profondamente rivisto a seguito delle significative modificazioni avvenute nell’immigrazione e nei profili degli alunni “stranieri” presenti nelle scuole italiane, facendo “sintesi” di quanto emerso nei più recenti percorsi di osservazione con il Quaderno. La quinta fase è tuttora in corso: è stata la fase della internazionalizzazione della proposta formativa, grazie al progetto Comenius POI. La sperimentazione del Quaderno nelle scuole di alcuni Paesi europei, e il conseguente adattamento dello strumento alle specifiche realtà di ogni Paese, ha favorito un generale arricchimento del Quaderno stesso e dell’intera proposta formativa, ponendo le premesse per una ulteriore disseminazione. Procediamo con ordine, riprendendo gli aspetti più salienti emersi nelle varie fasi. 23 Nei primi anni del Duemila, Graziella Favaro – tra le più note pedagogiste e studiose dei temi dell’inclusione scolastica degli allievi stranieri in Italia – sviluppa autonomamente una riflessione sugli indicatori di integrazione in ambito scolastico: quali indicatori si possono utilizzare per leggere la situazione di inserimento di ciascun bambino e ragazzo straniero e il suo percorso di integrazione? Favaro individua tre dimensioni e sei indicatori di integrazione che possono essere ricondotti ai piani dell’apprendimento, delle interazioni, dell’identità personale. Ben presto matura l’idea e la proposta – da parte di chi scrive – di tradurre ogni indicatore in una serie di punti da osservare: da uno schema generale alla sua traduzione in una sorta di diario operativo. In poco tempo viene elaborata una primissima bozza di Quaderno: occorreva verificarne l’utilità come strumento formativo e didattico. Nasce così la prima versione del Quaderno dell’integrazione. Nasce come strumento di accompagnamento, ricerca-azione, essenzialmente di formazione per i docenti delle scuole di ogni ordine e grado. Uno strumento capace di sollecitare, in forma più strutturata, la riflessione, l’osservazione e l’autosservazione degli insegnanti, ed eventualmente consentire loro di regolare il proprio intervento, “aggiuntando il tiro”. Uno strumento complementare e non sostituivo di altri, eventuali, strumenti di tipo osservativo già in uso. Il Quaderno venne testato nella città di Arezzo con un piccolo gruppo insegnanti del primo ciclo scolastico (primarie e secondarie di I grado) nel 2002/2003. I risultati della sperimentazione evidenziarono fin da subito i pregi dello strumento (costringe a riflettere, consente alle biografie dei ragazzi di venire a galla e di essere accolte, consente di osservare i diversi passaggi dell’integrazione, permette di verificare l’efficacia dei dispositivi adottati…) e i suoi limiti (troppa soggettività, parte linguistica poco sviluppata, “item” talvolta poco chiari e definiti…). Lo strumento e l’esperienza realizzata, pur con questi limiti, apparvero subito molto innovativi e furono presentati in alcuni seminari pubblici; attraverso articoli in libri collettanei furono divulgati i risultati di quella prima esperienza (Favaro, Luatti, 2004). Dal 2004 al 2007 alcuni gruppi di docenti di differenti territori sperimentarono lo strumento, nella sua interezza, o in alcune sue parti. Altre città italiane (Padova, Milano e Pesaro) promossero dei percorsi formativi accompagnati di osservazione attraverso il Quaderno, i cui risultati furono a loro volta presentati in seminari locali e nazionali. Queste esperienze, pur confermando la validità e l’originalità dello strumento, fecero emergere con forza l’esigenza di rimettere mano al Quaderno per meglio sfruttarne le 24 potenzialità: era questa una richiesta ampiamente condivisa dai tutor e dagli esperti che avevano seguito le sperimentazioni locali. Questa seconda fase fu decisiva per il successivo sviluppo dell’esperienza perché, da un lato, consentì un rodaggio del Quaderno con gruppi di insegnanti e, dall’altro, favorì la condivisione dei risultati emersi dalle varie sperimentazioni tra un gruppo di esperti che quelle esperienze avevano coordinato e accompagnato. La terza fase prese avvio con l’esperienza biennale realizzata a Firenze con docenti di ogni ordine e grado. Tra i risultati della sperimentazione (20082009) vi fu anche la “definitiva” revisione dello strumento, che tenne conto delle proposte e delle indicazioni degli insegnanti coinvolti (sul percorso biennale di Firenze vedi i volumi curati da Favaro, 2008 e Ricci, 2010). La versione del Quaderno uscita dall’esperienza fiorentina è stata poi adottata, pur sempre nell’ottica di un arricchimento dello strumento e di un suo adattamento al contesto scolastico territoriale, da altre scuole italiane (della provincia di Fermo, su cui vedi Luatti, 2012) e da una Rete di scuole (la Rete di scuole di Treviso Integrazione 2010-2012, vedi AA.VV., 2013) e ha costituito la base di lavoro per le scuole dei vari livelli di istruzione della Regione Friuli Venezia-Giulia, la quale ha promosso l’uso del Quaderno nelle scuole dell’intera regione nell’a.s. 2010/11 (vedi AA.VV., 2011; Zoletto, 2012, pp. 81-95). 2. I suggerimenti emersi dalle sperimentazioni Molte le indicazioni di metodo e di contenuto emerse da queste esperienze. Ricordo, ad esempio, che dall’esperienza fiorentina emersero: - l’importanza di favorire la pluralità di sguardi nell’attività di osservazione (più docenti di classe, docenti e facilitatori, momenti comuni di scambio tra docenti e tutor per attenuare i rischi dell’autoreferenzialità, ma anche studenti, genitori…); - la pluralità dei contesti di osservazione (la classe, la scuola, talvolta il piccolo gruppo del laboratorio linguistico sono i tanti “luoghi” ove si è “osservato”); - la pluralità di metodi e strumenti per l’osservazione (strumenti semi strutturati, questionari e sollecitatori “aperti”…); - il carattere diacronico dell’osservazione (che ha consentito di tornare una seconda volta a distanza di tempo ad osservare lo stesso indicatore favorendo una “revisione” critica, o comunque una maggiore ponderatezza, dei risultati emersi in precedenza); 25 - il forte coordinamento e tutoraggio e l’uso flessibile del quaderno (la possibilità di essere proposto in toto, oppure in parte, di essere proposto in qualunque momento dell’anno scolastico, a secondo dei bisogni conoscitivi che di volta in volta si presentano). Le esperienze successive hanno ulteriormente arricchito lo strumento, sia nei sollecitatori “relazionali” sia nei soggetti da o chiamati a osservare. Hanno soprattutto cercato di offrire alcune risposte alle domande, criticità e limiti evidenziate nei precedenti percorsi. Vediamone alcune. Il Quaderno è nato come strumento per osservare i cammini dell’integrazione degli alunni neo-arrivati, in un periodo in cui gli inserimenti scolastici di questi alunni erano esperienza quotidiana. Da alcuni anni, in Italia, lo scenario è profondamente mutato: gran parte degli alunni “stranieri” sono nati in Italia o comunque presentano un percorso di scolarizzazione nelle scuole italiane medio-lungo. È stato così deciso di distinguere le parti del Quaderno che hanno senso utilizzare con alunni stranieri neo-arrivati, altre parti da utilizzare con tutti gli alunni stranieri (sia neo arrivati, sia nati in Italia, e sia ricongiunti con un percorso di scolarizzazione in Italia) e le parti da somministrare a tutta la classe (dunque anche agli alunni “autoctoni”). In questo modo, il Quaderno “copre” tutte le possibili fattispecie di “alunno straniero” e ogni docente può partecipare al percorso formativo-osservativo. È la modalità metodologicamente più corretta e più consapevole delle diverse storie scolastiche degli alunni stranieri. Nelle altre successive esperienze si è lavorato per rafforzare la rilevazione del punto di vista dei bambini e dei ragazzi sulla classe e su ciascun compagno anche attraverso l’adozione di un sollecitatore denominato “Albero dei talenti”, con i bambini, o il “Diario dei talenti”, con i ragazzi più grandi (Polito, 2011). La sua adozione nasce da una evidenza che lo stesso Quaderno ha permesso di raccogliere: fin dalle prime sperimentazioni si è visto che gli “sblocchi” nei processi di integrazione degli alunni neo arrivati si verificano soprattutto per valorizzazione e riconoscimento di abilità, talenti, capacità prima nascoste. La “scoperta” spesso avviene casualmente, fortunosamente. Dunque si trattava di trovare una modalità, semplice, ludica, delicata, che consentisse all’insegnante di farsi “regista” consapevole dei cammini di integrazione. L’obiettivo di questa attività didattica è aiutare i bambini e i ragazzi a diventare consapevoli dei propri talenti attraverso la scoperta dei talenti degli altri. L’Albero dei talenti, favorendo l’osservazione delle abilità e delle capacità tra i compagni ha prodotto un generale miglioramento del clima della classe. È stato apprezzato dagli alunni e dai docenti che lo hanno 26 adottato, e ha dato molti spunti di riflessione sia ai protagonisti che all’insegnante osservatrice. Ha fatto emergere molte sorprese sul modo di percepirsi dei bambini, che talvolta hanno costruito anche un albero dei talenti dell’insegnante, ponendolo così sotto osservazione. Perché non pensare ad un “diario dei talenti” tenuto dai genitori, per favorire l’osservazione delle abilità, passioni, attitudini del figlio/a? Visione d’insieme di Alberi dei talenti (Treviso, a.s. 2011/12) Particolari di un Albero dei talenti (Treviso, a.s. 2011/12) 27 Una pagina del Diario in lingua madre (Fermo, a.s. 2009/2010) Per potenziare la voce/lo sguardo dei ragazzi è stata proposta con esiti assai felici l’esperienza del “diario in lingua madre” (Favaro, 2010). La proposta di scrivere un diario in madrelingua, rivolta agli alunni neo arrivati, inseriti nella scuola superiore è finalizzata a raccogliere il punto di vista sui percorsi di integrazione (la scuola, il rapporto con gli insegnanti, con i pari, le nostalgie e i ricordi…) in una fase (e un’età: l’adolescenza) molto delicata. Le esperienze realizzate hanno comunque arricchito il Quaderno di proposte per nuovi o differenti sollecitatori “relazionali” e “identitari” (vedi, ad es. cap. 6 del libro curato da Luatti, 2012). Le parti relative alla rilevazione della quantità e qualità delle relazioni in classe e in città hanno aperto alla creatività dei docenti che hanno sperimentato altri sollecitatori, considerati più adatti all’età dei loro alunni e all’attività didattica programmata. Benché ogni nuovo sollecitatore dovrebbe essere sottoposto ad un’attenta validazione, questa vivacità di proposte è espressione di una recezione non passiva del Quaderno, e di una volontà di sperimentare e far proprio uno strumento, talvolta forse percepito come “calato dall’alto”. In una previa esperienza una docente aveva sottolineato l’opportunità di “trovare dei sollecitatori che facciano ricorso a codici linguistici diversi (come, ad esempio, la musica, il cinema…) o ad attività espressive che permettano un’esternazione delle emozioni in maniera libera e creativa”: mi sembra che, in qualche modo, l’esperienza successiva del POI, qui documentata, abbia offerto utili proposte in questa direzione. 28 Nelle ultime esperienze italiane, al termine del percorso di osservazione, abbiamo posto ai docenti due domande a carattere meta-riflessivo, rivelatisi molto importanti (vedi, infra, il contributo di E.G. Bettinelli). Una prima domanda chiedeva: “Probabilmente vi siete fatti una idea più articolata dell’alunno/a che avete osservato con il quaderno. Provate a tracciare in una pagina un suo profilo considerando gli indicatori del quaderno e anche gli eventuali cambiamenti ed evoluzioni”. Abbiamo così esplicitato ciò che alcuni docenti in precedenza avevano talvolta sentito il bisogno di fare: giunti alla fine del percorso avevano ripreso in mano le osservazioni svolte, e avevano consegnato un “profilo” in movimento dell’alunno medesimo. Così facendo, le docenti inevitabilmente avevano svolto anche delle osservazione sul loro operato: come si erano sentiti, cosa aveva funzionato, quale contributo aveva offerto il quaderno e il percorso seguito… In una seconda domanda, abbiamo chiesto di esplicitare quest’ultimo punto: “Che cosa hai/abbiamo ricavato dall’utilizzo del quaderno (acquisizioni, scoperte, dubbi...) nell’osservazione di… (alunno/a osservato)?”. Se le risposte a quest’ultima domanda hanno sostanzialmente confermato la validità del percorso, riproducendo quelle sottolineature positive già emerse in passato (Favaro, Luatti, 2004; Favaro, 2008; Ricci, 2010), le risposte alla prima domanda hanno invece consentito di evidenziare con maggiore nitidezza i profili dei bambini e ragazzi stranieri osservati. Questi “ritratti” sono utilissimi sul piano della ricerca e spendibili in momenti formativi e di scambio con i docenti. Dovrebbero essere condivisi tra tutti i docenti perché sono spesso rivelatori: aiutano a comprendere i percorsi di integrazione di nuovi alunni e a mettere in atto opportune strategie, adattando e integrando quelle che hanno funzionato in precedenza. Pur nella unicità e variabilità della storia e delle caratteristiche di ogni alunno, questi profili consentono di meglio focalizzare la multifattorialità all’origine dei buoni esiti scolastici dei bambini e dei ragazzi, nonché i fattori che favoriscono i cammini dell’integrazione, che evidentemente non sono uguali per tutti. L’esperienza realizzata nelle scuole della Regione Friuli Venezia Giulia ha offerto una indicazione di percorso che risponde ad una “storica” criticità emersa in tante sperimentazioni di osservazione con il Quaderno. In primo luogo, l’importanza di coinvolgere la scuola nel suo complesso nel percorso, per evitare la “solitudine” dell’insegnante volenteroso, che si sottopone a nuove proposte formative, ma poi non riesce a portare all’interno della scuola i risultati del suo lavoro. Da qui il coinvolgimento costante, nell’esperienza citata, degli organismi scolastici (dirigenti, consiglio d’istituto, consiglio di classe, commissione intercultura…) al lavoro di osservazione col Quaderno 29 svolto da alcune unità di insegnanti: l’assunzione di responsabilità della scuola intera nella raccolta e condivisione dei dati relativi al contesto scolastico – come chiede, ad esempio, la prima parte del quaderno –, affinché questa raccolta e questo patrimonio di conoscenze non resti compito o dotazione di un singolo docente. E infine, l’ampia rete di partnership coinvolta (Regione, Enti locali, USR, istituti scolastici), in forma attiva, è sicuramente un fattore di impulso e di riconoscimento della validità della proposta. Questo, dunque, è il percorso compiuto dal Quaderno prima di approdare in Europa: i passi successivi sono documentati in questa pubblicazione. 3. Almeno una volta Il lavoro con il Quaderno dell’Integrazione e la continua condivisione con gli insegnanti coinvolti in dieci anni di pratiche, hanno messo in evidenza alcuni aspetti che merita brevemente segnalare. L’oggettività dell’osservazione non esiste. È bene esserne consapevoli: la nostra attività di osservazione è sempre connotata e caratterizzata dalla soggettività dello sguardo. Ciò che vediamo è spesso ciò che noi vogliamo vedere. Gli antropologi talvolta hanno radicalizzato la critica al carattere oggettivistico della disciplina, sostenendo che ciò che vediamo è ciò che noi vogliamo vedere di ciò che altri hanno reso evidente di ciò che essi stessi hanno voluto vedere (Faeta, 2011). Questo significa che non possiamo e non dobbiamo mai prendere per “verità rivelata e incontrovertibile” quanto emerge dal nostro lavoro di osservazione. La nostra osservazione è “situata”, cioè correlata al contesto, al punto di vista, al ruolo di chi la produce, inclusa la sua percezione di quello che gli altri vogliono sapere. Questo non è un problema: il problema è non esserne consapevoli o, addirittura, nasconderlo. Il rischio di cadere in malintesi e false rappresentazioni osservando è sempre in agguato, e il rischio di favorire equivoci e malintesi comunicando le evidenze emerse dall’osservazione è reale: è una strada disseminata di ostacoli e possibili fraintendimenti. Occorre sempre coltivare il dubbio. Il percorso di osservazione si rivela importante, professionalmente rilevante, se trova dei momenti di condivisione partecipata. Il percorso è importante quanto lo strumento. Non vi è dubbio che il percorso formativo, di ricerca-azione, di scambio e condivisione che accompagna e sostanzia, che dà significato al lavoro con il quaderno sia importante tanto quanto lo strumento medesimo. Quando il percorso è accompagnato e supervisionato, mediante periodici incontri che “costruiscono”, motivano e 30 rimotivano il gruppo, i risultati (in termini di acquisizioni professionali, di evidenze osservate, di soddisfazione professionale…) sono alti, diffusi, percepibili. Al contrario, quando non è stato possibile garantire o non si è stati capaci di offrire un tutoraggio e un forte coordinamento, è l’intero percorso a risentirne. Un percorso accompagnato è anche il contesto/luogo migliore per condividere e valutare l’efficacia di alcuni interventi didattici a carattere integrativo che noi poniamo in essere. Se, ad esempio, rileviamo anche attraverso i sollecitatori proposti nel quaderno, che il clima della classe non è positivo, che abbiamo a che fare con una classe fortemente frammentata in gruppi, che alcuni ragazzi sono isolati e via dicendo, noi poniamo in essere alcune azioni conseguenti, non ci limitiamo alla sola constatazione/osservazione di certe dinamiche. Cercheremo di aggiustare il tiro dei nostri interventi per incidere con maggiore efficacia. Il percorso di ricerca-azione accompagnato diventa essenziale anche per condividere, scambiarsi e ragionare sugli effetti degli interventi proposti. Diagnosi e prognosi: osservazione e intervento attivo. Le sperimentazioni del Quaderno hanno messo in luce chiaramente la duplice valenza di molti sollecitatori presenti nello strumento, al contempo, “diagnostici” e “prognostici”. Nel senso che il loro utilizzo ha offerto elementi conoscitivi importanti su una determinata situazione, ma ha agito attivamente sulla situazione osservata, modificandola. È stato poi l’insegnante, sulla base delle evidenze raccolte, a elaborare uno specifico intervento didattico. Questa duplice caratteristica è presente al massimo grado in alcuni sollecitatori, come il Diario/Albero dei talenti, che se da un lato spinge all’osservazione tra i pari (e all’osservazione da parte del docente), dall’altro, è l’azione di osservazione medesima che potenzialmente favorisce l’instaurarsi di un clima di classe positivo e collaborativo. Una nuova versione nel Quaderno dovrebbe sviluppare/ideare/proporre ulteriormente il numero di “sollecitatore” che rispondono più direttamente a questa esigenza: al contempo, quella di osservare e di intervenire attivamente nella situazione osservata. Curare i settings di osservazione. È stata confermata l’importanza di sperimentare e condividere le attività didattiche finalizzate alla costruzione di setting e contesti significanti, entro cui inserire i sollecitatori e/o le domande presenti nel quaderno. È bene esplicitare sempre le situazioni e le modalità con cui sono raccolte le osservazioni, con particolare attenzione a quelle riferite ai “sollecitatori”, perché situazioni e contesti non sono mai neutri e possono influire sul tipo di risposta dei soggetti osservati. L’inserimento dei sollecitatori comunque comporta una programmazione didattica e i necessari 31 raccordi con le attività curricolari che devono essere in qualche misura previsti dagli insegnanti; i tempi talvolta troppo stretti con cui è stata presentata la proposta di osservazione col quaderno ha influito negativamente su questo aspetto. 4. Nota conclusiva Grazie al lavoro svolto in questi anni con il Quaderno dell’integrazione, e soprattutto a seguito delle più recenti sperimentazioni con tale strumento e la sua sperimentazione in Europa, oggi disponiamo di un corpus quantitativamente e qualitativamente notevole di osservazioni, riflessioni, evidenze, indicazioni, proposte, conferme, sorprese, storie e “ritratti” (sempre in movimento) di alunni stranieri e di intere classi, che dobbiamo riordinare e sistematizzare, per comprendere meglio qual è il senso profondo di questo nostro operare, cosa abbiamo appreso, quali le strade che ci vengono indicate per migliorare la qualità delle nostre azioni nei processi di inte(g)razione scolastica. Come professionisti riflessivi e registi attenti ai cammini di inclusione dei nostri alunni. A proposito di acquisizioni, mi sembra che la validità della proposta formativa attraverso il quaderno esca fortemente consolidata: anni di sperimentazioni – se stiamo anche a quanto affermato in grandissima maggioranza dai docenti che hanno fatto osservazione – testimoniano una perdurante utilità della proposta, anche grazie alla versatilità dello strumento e alle molteplici ricadute, in ambito formativo, didattico, relazionale, della ricerca… del percorso proposto. Le risposte dei docenti delle scuole alla domanda conclusiva su “cosa ho ricavato” dall’osservazione hanno sottolineato che il quaderno dell’integrazione ha consentito di affinare lo sguardo e mettere in atto un’osservazione attenta e consapevole, favorendo una maggiore consapevolezza del ruolo dell’insegnante nel promuovere l’integrazione dell’alunno straniero; ha dato inoltre ai docenti la possibilità di confrontare i vari punti di vista, mediarli e superarne la naturale soggettività. Il quaderno, è stato sottolineato, potrebbe diventare una sorta di “carta d’identità” che accompagna l’alunno nel suo iter scolastico e nei suoi eventuali spostamenti. Nelle parole dei docenti possiamo ritrovare richiami e collegamenti, più o meno diretti, a due recenti documenti istituzionali, il primo dell’UNESCO (2013) sull’importanza di sviluppare le competenze interculturali di base (come, tra le altre, rispetto, riconoscere altre prospettive e visioni del mondo, ascolto, costruire relazioni), il secondo della Commissione Europea (2013) 32 che, nel fare un quadro europeo sulle misure di integrazione scolastica, propone politiche, strategie e azioni per favorire l’integrazione degli alunni stranieri di recente immigrazione. Dunque, l’auspicio è che uno strumento come il Quaderno possa avere ampia diffusione, e che almeno una volta, per un intero anno scolastico, ogni insegnante lo abbia utilizzato all’interno di un gruppo più o meno allargato di docenti “osservatori”. Perché il quaderno e il percorso accompagnato allenano gli insegnanti a diventare registi più consapevoli e competenti dei processi di inclusione dei loro alunni. Riferimenti bibliografici AA.VV. (2011), Interazioni, strumenti per l’integrazione. Il quaderno dell’integrazione nelle scuole del Friuli Venezia Giulia, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, 2° Circolo di Trieste, Centro stampa FVG, Udine (con cd rom allegato). AA.VV. (2013), Storie d’inte(g)razione. Un Quaderno per osservare la classe multiculturale. Due anni di osservAzione nelle scuole di Treviso, Rete Integrazione alunni stranieri di Treviso, I.C. n. 1 “A. Martini”, Treviso. Aime M. (2008), Il primo libro di antropologia, Einaudi, Torino. Balsamo F. (2003), Famiglie di migranti. Trasformazioni dei ruoli e mediazione culturale, Carocci, Roma. Bettinelli E.G. (2008), Le relazioni in classe e nell’extrascuola, in Favaro G. (a cura di), Un passo dopo l’altro, cit., pp. 57-64. 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Presupposti teorici e ambito di ricerca pedagogica, FrancoAngeli, Milano. 35 36 Il Quaderno dell’inte(g)razione, occasione di formazione per gli insegnanti di Elio Gilberto Bettinelli, pedagogista ([email protected]) Nelle esperienze sin qui realizzate, gli insegnanti sono stati “accompagnati” a utilizzare il Quaderno dell’integrazione, divenuto nel tempo Quaderno dell’inte(g)razione. Ritrovandosi periodicamente, sia con gli esperti che con tutor locali, in gruppi, avevano modo di porre domande, confrontarsi e affrontare criticità emergenti riguardanti l’impiego dello strumento; scambi e confronti che hanno portato a numerosi cambiamenti nel Quaderno stesso. Già durante quegli incontri e poi analizzando i quaderni compilati al termine delle diverse esperienze sono emerse anche questioni più generali di rilevanza pedagogica e didattica il cui approfondimento consente un uso più consapevole del Quaderno. In questo contributo individuo e sviluppo sinteticamente quattro temi che nel corso degli anni sono stati focalizzati proprio grazie a quell’intreccio produttivo fra esperienze e riflessioni sulle stesse. 1. Il QdI, strumento per rilevare e accompagnare i percorsi di integrazione Il Quaderno non è semplicemente uno strumento che guida gli insegnanti alla conoscenza dei livelli e della qualità dell’integrazione degli alunni stranieri neo-arrivati, non è un asettico strumento di rilevazione ma interviene nel processo di integrazione in almeno due modi. Il primo è, direi, indiretto e riguarda la formazione degli insegnanti e la loro visione dell’integrazione: la proposta di indicatori dell’integrazione, con gli strumenti correlati, offre un quadro culturale di riferimento ampio e articolato in cui vengono proposti aspetti che sovente, nella quotidiana azione didattica, non sono del tutto o sono solo parzialmente considerati: le immagini e le aspettative del futuro dei bambini e dei ragazzi, il loro rapporto con lingua e cultura della famiglia e della comunità di origine ecc. Insomma il quaderno guida gli insegnanti ad essere “avvertiti” della complessità dell’integrazione, amplia il ventaglio delle variabili da considerare e aiuta a connetterle fra di loro e agli obiettivi scolastici. Il secondo è più diretto, nel senso che si esplica nel contatto con gli 37 alunni, che costituisce la dimensione precipua del rapporto educativo. La proposta di sollecitatori e strumenti, che devono essere utilizzati con gli alunni, ha ricadute significative sullo stesso processo di integrazione dei singoli. Numerose sono infatti le testimonianze degli insegnanti a questo riguardo. Fra le tante, ricordo che il fatto stesso di “sottoporre” gli alunni a una questionario che li riguarda, ha rappresentato per questi una occasione di apertura relazionale che ha costituito in molti casi una svolta positiva. Un insegnante di scuola secondaria di primo grado, ad esempio, racconta di un ragazzino che si sottrae al racconto di sé, dà segni di insofferenza e di rifiuto in classe; si apre solamente quando percepisce che si sta “facendo qualcosa appositamente per lui”, quando l’insegnante entra in contatto diretto con lui utilizzando gli strumenti e i sollecitatori del quaderno: coglie un interessamento personale, una sorta di riconoscimento. Da quel momento ha cominciato a lavorare “un po’ ” e addirittura a mostrare humor e autoironia, ingredienti fondamentali dei percorsi di resilienza delle persone che vivono situazioni traumatiche o di vulnerabilità. L’utilizzo delle proposte del quaderno dell’integrazione nella didattica evidenzia dunque che nessun educatore può essere semplicemente un osservatore esterno, un rilevatore di dati. Infatti un insegnante raccoglie informazioni mentre agisce e agendo introduce per ciò stesso cambiamenti nella situazione e nei rapporti che intende rilevare e monitorare: una circolarità che, divenendo consapevole, costituisce il fondamento della ricerca-azione. In effetti, l’utilizzo del quaderno costituisce per gli insegnanti un percorso di ricerca-azione che esplicita il suo potenziale formativo quando esso sia accompagnato in itinere da incontri periodici del gruppo degli insegnanti coinvolti durante i quali, con il supporto di un tutor, si ragiona e ci si confronta sulle differenti modalità in cui le proposte del quaderno vengono implementate nelle classi, vengono discussi incidenti di percorso, analizzati casi particolari significativi, presentati “sollecitatori” integrativi elaborati a partire dalle concrete situazioni di lavoro. 2. Osservare le relazioni La dimensione delle relazioni sociali nella scuola e nell’extrascuola è stata indagata principalmente mediante la proposta di strumenti e sollecitatori che richiedono la partecipazione attiva degli alunni, li possiamo denominare strumenti diretti, ma anche indirizzando l’attenzione osservativa degli insegnanti. Fra i primi, per gli alunni di tutti i gradi scolastici, vi è il Questionario “Relazioni in classe e nella città”; per la scuola primaria è stata 38 data l’indicazione di integrare il questionario o di sostituirlo con due sollecitatori costituiti rispettivamente dal “Fiore dell’amicizia”, propedeutici al sociogramma delle relazioni fra pari in classe, e dalla “Mappa” dei luoghi frequentati in città. Agli insegnanti è stata data l’indicazione di esprimere una valutazione sulle relazioni in classe, prima di usare con gli alunni gli strumenti proposti. È stato così possibile riscontrare convergenze o, al contrario, divergenze totali o parziali fra quanto rilevato dagli insegnanti e quanto dichiarato dagli alunni. La rilevazione delle discordanze è stata preziosa in quanto ha stimolato a ulteriori più mirate osservazioni. In questa prospettiva sono comprensibili le risposte di alcuni insegnanti che hanno dichiarato di non sapere o non avere, fino al momento della compilazione, posto attenzione a determinati aspetti quali, ad esempio, il ritrovarsi dell’alunno straniero con compagni di classe fuori della scuola. Proporre a tutti gli alunni gli strumenti diretti aiuta a considerare l’alunno straniero nel contesto della classe, a non separarlo dai suoi compagni ma consente anche di evidenziare realtà e relazioni che sfuggivano alla consapevolezza dei docenti. Così un insegnante dichiara la sua sorpresa di constatare, sulla base delle informazioni fornite dai sollecitatori utilizzati, il positivo inserimento sociale di un alunno di recente immigrazione, che lei aveva scelto di osservare, mentre un altro alunno straniero, presente nella classe da più anni, risultava isolato sia a scuola che nell’extra scuola. Una situazione che la induce a riflettere sui segnali che pure aveva colto in precedenza ma su cui non si era soffermata forse a causa di un comportamento schivo dell’alunno che pareva comunque “cavarsela” sul piano cognitivo. È proprio il caso di affermare un elemento abbastanza consueto quando ci si pone in un’ottica di ricerca: si cerca qualcosa e si trova dell’altro. Talvolta invece si confrontano le percezioni dell’insegnante con le dichiarazioni dell’alunno, laddove il primo, docente di scuola superiore, afferma che il ragazzo fuori dalla scuola si incontra solamente con alcuni compagni mentre questi afferma nel questionario che mai incontra compagni. Ma succede anche che le dichiarazioni a questo proposito siano invertite. Difformità preziose che stimolano ad approfondire la conoscenza di bambini e ragazzi al di là di immagini e rappresentazioni generiche. Si pone qui il tema della socializzazione e delle relazioni in classe che si intrecciano con gli apprendimenti e gli esiti scolastici. Rapporti certamente complessi e non univoci, che si dispiegano assai diversamente nelle differenti fasce di età ma è indubbio che l’attenzione, la “riscoperta” di questa dimensione socio-relazionale aiuta a spiegare molti comportamenti degli alunni stranieri. Questa constatazione è stata proposta da molti insegnanti. 39 Uno di essi segnala, ad esempio, il caso di un alunno immigrato, piuttosto isolato nella classe, che, messo nella condizione di lavorare con un compagno in un’attività operativa, da quel momento ha instaurato con lui un rapporto amicale che ha influito positivamente sulla partecipazione alle attività scolastiche: un vero e proprio evento che ha “sbloccato” una situazione relazionale e di apprendimento stagnante. Il Quaderno aiuta dunque a individuare i rapporti fra socialità, processi ed esiti di apprendimento, affermazione della propria identità culturale e personale ed altri importanti indicatori proposti. Un esempio paradigmatico è quello presentato in un Quaderno di scuola secondaria di secondo grado: Il ragazzo ricongiunto alla sua famiglia nell’a.s. 2006/07, iscritto alla 1^ classe di un istituto tecnico, secondo gli insegnanti è ancora insufficiente solamente nella lingua italiana nella quale per altro si è segnalato da subito per la competenze orale, per cui le carenze potrebbero essere relative allo scritto e alla letteratura. In tutte le altre discipline è sufficiente o addirittura buono. Afferma di avere alcuni amici in classe che però non frequenta mai fuori della scuola, se non raramente in occasione di preparazione di verifiche; si vede invece esclusivamente con amici connazionali. In classe appare sereno e motivato; esprime in ogni modo la sua appartenenza culturale sia utilizzando la lingua materna che parlando del proprio paese. La sua vita sociale extrascolastica sembra comunque non piatta, svolge attività sportive e frequenta il tempio della sua religione. Consapevole dunque della sua differenza, soprattutto quando afferma di sentirsi “diverso perché mi sento come un giocattolo che se ai ragazzi piace, giocano, se non gli piace lo buttano fuori”. Dichiara chiare intenzionalità e prospettive per il futuro. Nell’intreccio degli indicatori si abbozzano ritratti di bambini e ragazzi che ci sorprendono. Il nostro ragazzo sembra, almeno sul piano relazionale, aver instaurato una netta separazione fra vita in classe ed extrascuola; la rara frequenza di compagni italiani è di tipo funzionale. A conferma che una divaricazione reale fra vita di scuola e fuori della scuola non necessariamente comporta fragilità scolastica. Occorrerebbe approfondire gli elementi che contribuiscono a costruire un percorso integrativo di questo tipo, all’apparenza senza grandi problemi anche se dalle sue parole pare che le differenze costituiscano una sorta di inevitabile spartiacque da accettare, forse anche in senso difensivo. Una differente direzione, chiaramente più assimilativa prendono invece alcuni bambini che dichiarano relazioni amicali, almeno in parte ricambiate, con compagni di classe; magari instaurano una relazione elettiva con un amico italiano col quale si vedono anche fuori di scuola; in alcuni casi cercano di sfuggire a ogni forma o proposta di attività che li separi dai compagni, 40 mostrandosi ostili a partecipare a laboratori di italiano per alunni stranieri; non amano riferirsi a eventi della propria storia personale né parlare del proprio paese o usare la lingua materna. Per altro gli insegnanti segnalano che l’apprendimento è in generale sufficiente o anche soddisfacente. Appare una vita sociale extrascolastica piuttosto povera di momenti significativi. Pare dunque che mettendo fra parentesi gli elementi che li differenziano dai compagni questi bambini riescano a instaurare relazioni con i pari e questo, evidentemente, li mette in grado di poter ampliare la loro competenza linguistica e comunicativa orale ma, talvolta, la lingua scritta resta carente. Alunni che scelgono queste vie pongono agli insegnanti domande relative non solamente ai comportamenti più adeguati da tenere nei loro confronti ma anche al senso, alle modalità e ai tempi dei percorsi di educazione interculturale. Fra i due ritratti sopra delineati se ne collocano innumerevoli altri, con sfaccettature e tonalità assai variegate. In tali ritratti confluiscono i dati analitici che il Quaderno guida a raccogliere e che per essere di una qualche utilità occorre siano rielaborati, connessi e interpretati dai docenti compilatori. Fare il punto della situazione riguardo alle relazioni ci offre dunque una chiave di lettura e sollecita a cercare piste di intervento che tengano conto dell’alunno nel suo insieme. 3. Sollecitatori e setting didattico Gli strumenti diretti, richiedendo l’intervento dell’alunno e la sua partecipazione attiva, pongono agli insegnanti il tema della predisposizione di un setting educativo-didattico significativo e condiviso al cui interno utilizzarli. Non si tratta di una questione di poco conto. Proporre infatti la compilazione di un questionario comporta comunque una spiegazione delle ragioni. Anche il basarsi esclusivamente sull’autorità derivante dal ruolo insegnante, costituisce di per sé un frame, una cornice interpretativa che rivela il tipo di contratto formativo esistente in quella specifica classe. Tuttavia le riflessioni della ricerca educativa sottolineano che in ogni situazione di ricerca – anche quella che si configura con l’utilizzo del nostro Quaderno – il contratto, più o meno esplicitamente dichiarato, influisce sugli esiti. Ne dà testimonianza quanto ha affermato un insegnante di scuola superiore che, avendo presentato uno dei questionari del Quaderno come iniziativa dell’Amministrazione Comunale tesa a rilevare modi di vita e bisogni dei giovani, ha constatato che in molte risposte si avanzavano rivendicazioni, proposte, proteste. A quale scopo un alunno dovrebbe rispondere a un questionario o, cosa che richiede un 41 coinvolgimento personale ancor più marcato, svolgere le attività proposte da uno dei sollecitatori proposti nel Quaderno, soprattutto quando si richiedono notizie e dati personali, che dicono di sé? Lo scopo, il senso, deve essere chiaro e condiviso. Può anche essere diverso fra insegnante e alunno ma l’insegnante/ricercatore deve esserne consapevole: è l’ineludibile questione del setting o della cornice educativa e didattica. Occorre curare il contesto in cui vengono proposti gli strumenti ed essere pronti a cogliere il modo in cui gli alunni, specialmente i bambini, si appropriano a modo loro degli strumenti affinché si sia in grado di monitorare il rapporto fra dati emergenti e processo in cui sono nati. In una classe elementare un bambino ha interpretato l’attività del fiore dell’amicizia come una sorta di sondaggio o plebiscito della propria popolarità fra i compagni, forse influenzato da programmi televisivi, muovendosi nell’aula per chiedere ad essi di scrivere i propri nomi nei petali del suo fiore dell’amicizia. Un incidente, come tanti ne succedono quando i bambini partecipano attivamente a una attività, non semplicemente da rimuovere per stabilire una situazione più controllata ma un’occasione di riflessione sulle relazioni esistenti in classe e sui bisogni relazionali ed emotivi del bambino. Durante gli incontri in itinere gli insegnanti hanno segnalato una varietà di tali “incidenti”, a volte esilaranti, altre volte critici o preoccupanti: essi comunque testimoniano la partecipazione e la motivazione degli alunni quando si richiede loro di riflettere su aspetti salienti della propria vita quotidiana. Alcuni insegnanti delle scuole superiori hanno evidenziato l’importanza di somministrare il questionario singolarmente all’alunno straniero anche quando lo si propone a tutta la classe. Infatti il rapporto diretto con il ragazzo ha consentito di “costruire un nuovo clima di apertura, empatico, una nuova positiva relazione tra insegnante e alunno”, una situazione che alcuni docenti hanno riconosciuto come un “piccolo evento” di sblocco nel percorso di integrazione. Come introdurre i sollecitatori più complessi? Un insegnante di scuola primaria narra come, lei stessa e il facilitatore, hanno cercato di integrare la rilevazione delle dinamiche integrative degli alunni stranieri in un percorso didattico: L’attività didattica è stata inserita all’interno di un’altra attività che le maestre avevano già iniziato, nella seconda parte dell’anno, sulla felicità. Il facilitatore linguistico (persona conosciuta dai bambini ma esterna alla classe) ha per prima cosa chiesto che cosa avevano fatto, prodotto, inventato, scritto sul tema della felicità. Dopo aver brevemente elencato le attività, i bambini hanno finito col parlare principalmente della poesia che ognuno di loro aveva scritto su che cosa è per loro la felicità. Il facilitatore ha poi chiesto a ogni bambino che cosa aveva scelto per parlare della felicità nella poesia. Riscontrando che nessuno di loro aveva scelto 42 l’amicizia, il facilitatore ha domandato se ritenessero l’amicizia rientrare nella sfera della felicità. Da qui è nata una discussione su che cosa è secondo loro l’amicizia. Infine è stata spiegata l’attività del fiore con tre petali (o più) sul quale disegnare i propri amici in classe e fuori della scuola. 4. QdI e valutazione degli alunni Fra gli interrogativi posti dagli insegnanti intenzionati a utilizzare il Quaderno, rivestono un certo rilievo quelli relativi al senso di una rilevazione, per certi aspetti, tanto accurata e approfondita. In specifico essi si sono chiesti di se e in che modo questo strumento possa contribuire alle funzioni proprie dell’insegnante fra cui, senz’altro, quella valutativa. Certamente il Quaderno dell’integrazione non è uno strumento di valutazione del singolo alunno: ben differenti sono i suoi scopi e intenti. Tuttavia i dati che esso guida a raccogliere rientrano in un approccio pedagogico che potremmo definire di “valutazione autentica”. In effetti, considerando la valutazione, Rezzara (2000) individua alcune funzioni fra le quali la funzione pedagogica, regolativa del percorso dell’alunno e, in senso lato, del processo educativo. Essa si espande in quella che viene definita funzione epistemologica per la quale “i dati rilevati informano e parlano del progetto messo in atto, cercano motivi e spiegazioni nella correttezza o meno degli obiettivi, nell’adeguatezza dell’azione formativa, della relazione, dei metodi e della comunicazione didattica”. Essa sollecita gli insegnanti, sia in quanto singoli che come gruppi di lavoro o team, a interrogarsi sull’adeguatezza della didattica, del progetto educativo in generale. Rimanda quindi al tema, certamente complesso sul piano realizzativo, dei percorsi personali di apprendimento degli alunni recentemente immigrati che l’istanza pedagogica con approccio interculturale sostiene. È proprio all’interno di tale funzione epistemologica che trova spazio e ragioni l’utilizzo del quaderno. I dati osservativi e le espressioni autonome degli alunni che il quaderno dell’integrazione raccoglie contribuiscono a tratteggiare ritratti articolati di bambini e ragazzi come persone e non meri “apprendenti”; ritratti in divenire grazie alla duplice rilevazione, in momenti differenti dell’anno scolastico. Emergono vissuti ed emozioni, percezioni e consapevolezze che aiutano gli insegnanti a trovare le ragioni di comportamenti e atteggiamenti degli alunni, e anche di esiti scolastici. Il quaderno è certamente una guida per rilevare l’integrazione scolastica dell’alunno straniero nelle sue plurime dimensioni coagulate nei sei indicatori proposti. Fra di essi, il secondo appare, senza dubbio, come il più prossimo a 43 una concezione scolastica della valutazione in quanto riguarda l’apprendimento nei diversi ambiti disciplinari e, più dettagliatamente, la competenza in italiano per la cui rilevazione si fa riferimento al Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCERL). Si richiede agli insegnanti di rilevare le prestazioni dell’alunno osservato nelle sei abilità (comprensione orale, comprensione di testi scritti, produzione orale e scritta, padronanza ortografica e correttezza grammaticale) attribuendole poi ai livelli di competenza definiti dal Quadro Europeo (A1, A2, B1, B2, C1, C2) cui abbiamo aggiunto un livello definito prebasico nel quale, non esistendo descrittori specifici, collocare le prestazioni genericamente al di sotto del livello A1. Gli altri indicatori aiutano i docenti a focalizzare l’attenzione su aspetti che, benché non direttamente riferiti all’apprendimento, tuttavia non possono essere ignorati in quanto agiscono comunque sui processi di apprendimento. Delineare un quadro accurato dello stato delle relazioni interne alla classe ed esterne consente agli insegnanti di riflettere sul clima della classe, sul progetto integrativo messo in atto e valutarne l’adeguatezza, sia nei riguardi del singolo alunno immigrato sia della classe in cui egli è inserito. Infatti da alcune ricerche (Rich, Ben Ari, Amir, Eliassy, 1996; più recentemente Santerini, 2010) che hanno cercato di individuare le caratteristiche dei contesti scolastici facilitanti l’integrazione e l’apprendimento degli alunni immigrati, emerge che sono maggiormente efficaci quelle scuole che puntano a far sì che i bambini non raggiungano solo obiettivi accademici ma anche che sviluppino adeguate competenze sociali. Relazioni, socialità e apprendimenti sono strettamente interconnessi. L’inclusione non è solamente un obiettivo etico e politico, ma anche una condizione perché gli alunni apprendano e conseguano risultati positivi. A costruire un quadro conoscitivo affidabile degli alunni contribuisce anche la rilevazione delle percezioni che gli alunni hanno di se stessi, delle difficoltà che incontrano a scuola e degli interessi che manifestano, aspetti che emergono dalle risposte che bambini e ragazzi danno ai sollecitatori proposti nel quaderno. Per il consiglio di classe o il team dei docenti che si trovi a considerare il percorso scolastico dell’alunno e i suoi esiti al fine di esprimere una valutazione ponderata, gli elementi che il quaderno raccoglie contribuiscono a delineare una conoscenza articolata dell’alunno, a individuare i suoi punti criticità e le sue risorse ma anche a riflettere sulle azioni e i dispositivi messi in atto dalla scuola. Il Quaderno non è quindi uno strumento di valutazione ma un ausilio a una valutazione informata e, direi, sistemica che “legge” i traguardi di apprendimento collocandoli in una prospettiva ampia che 44 non attribuisce al solo alunno meriti e demeriti. Si tratta di superare una visione “individualistica” che spiega e attribuisce i risultati scolastici a caratteristiche e tratti individuali “originari” quali capacità, impegno, volontà, a favore invece di un approccio sistemico che considera i contesti di inserimento e le azioni messe in atto dalla scuola. In sostanza il quaderno dell’integrazione contribuisce a sostenere le istanze pedagogiche della valutazione (1). 5. Il profilo dell’alunno In questa prospettiva, durante i percorsi realizzati con le scuole di alcune città italiane (e con le scuole coinvolte nel progetto Comenius POI, n.d.c.) è stato proposto agli insegnanti partecipanti di compiere un passo ulteriore rispetto alle esperienze precedenti effettuate altrove: la stesura conclusiva di un “profilo/ritratto” dell’alunno osservato, elaborato sulla base degli elementi osservativi raccolti proprio grazie alla guida del QdI. Il quaderno infatti orienta lo sguardo analitico dell’osservatore su aspetti e dimensioni importanti che permettono all’insegnante di farsi un quadro dell’alunno e del suo processo di integrazione nel contesto della classe. Dagli elementi di analisi può emerge una visione d’insieme del bambino/ragazzo. Indubbiamente gli insegnanti si costruiscono così una propria narrazione dell’alunno osservato, una narrazione dei “fili” del suo percorso che vengono connessi, si potrebbe dire, oralmente. La stesura del “profilo” scritto sollecita invece un ulteriore momento di riflessione che consente di intrecciare e collegare consapevolmente aspetti diversi, di portarli alla luce, verificandoli nella messe dei dati raccolti. Il profilo scritto può inoltre permettere un confronto più puntuale con i colleghi, soprattutto se le affermazioni che vi sono contenute trovano riscontro nella base documentale raccolta grazie all’utilizzo del Quaderno. Nelle originarie intenzioni le osservazioni proposte dal QdI dovrebbero essere realizzate due volte a distanza di qualche mese in modo da cogliere il percorso, il processo che l’alunno e la classe stanno compiendo. Spesso ciò non è, e non è stato, possibile ma la diacronicità delle osservazioni e l’uso dei sollecitatori sono stati comunque significativi in quanto i tempi lunghi necessari all’utilizzo del Quaderno hanno permesso di cogliere la dinamicità del processo e di avvertire cambiamenti ed evoluzioni. Con l’elaborazione del profilo conclusivo, integrato con la segnalazione, esplicitamente richiesta nell’ultima parte del quaderno, degli eventuali eventi che possono aver favorito l’integrazione o, al contrario, averla bloccata, gli insegnanti 45 ricostruiscono dunque la storia dell’integrazione e delle interazioni di un alunno, compongono, certamente dal loro punto di vista, un quadro d’insieme che costituisce la base informativa su cui prendere decisioni, didattiche ed educative, per il futuro. Dall’insieme dei profili degli studenti emerge una varietà di tipologie e di storie personali che costituiscono una sorta di “galleria di ritratti”, un vero e proprio repertorio di storie di integrazione, utili riferimenti per “interpretare” e aiutare a comprendere atteggiamenti e situazioni di nuovi alunni. Dalla loro lettura si ricavano poi informazioni preziose sulle strategie che hanno funzionato, sugli eventi, spesso non previsti, che hanno segnato svolte, o al contrario blocchi, importanti nei processi di integrazione. I profili perciò aiutano, nelle nuove situazioni, a mettere in atto strategie più adeguate e consapevoli, adattando e integrando quelle che hanno funzionato in precedenza. Se ne può perciò anche considerare un uso formativo per gruppi di insegnanti che vogliano approfondire i processi di integrazione e interazione a partire dalla concretezza delle storie individuali. Come si vedrà di seguito, molti dei momenti di sblocco del processo di integrazione sono stati eventi casuali, nel senso di non programmati o previsti, in cui all’alunno, ad esempio, sono state riconosciute dai compagni e/o dagli insegnanti competenze in precedenza ignorate o silenti. Ne possiamo trarre la convinzione che eventi simili possano allora essere consapevolmente prodotti con una adeguata regia didattica e relazionale da parte degli insegnanti. Percorsi variegati L’integrazione percorre vie differenti. Vi sono in effetti partenze diverse e percorsi che a volte paiono svolgersi in modalità divergenti. È abbastanza comune che gli insegnanti rilevino lo spaesamento iniziale di bambini e ragazzi neo-arrivati, o comunque recentemente inseriti in una classe. Talvolta si tratta più precisamente di atteggiamenti di passività e di demotivazione. O di rifiuto, come nel caso di una bambina di terza primaria che manifestava il suo disagio e il suo rifiuto estraniandosi dall’attività di classe e scrivendo in arabo su fogli o anche alla lavagna, durante la ricreazione. Un messaggio composito che include la rivendicazione di una propria competenza agli occhi dell’insegnante. Segue tuttavia una evoluzione positiva, più o meno lenta, alla quale contribuiscono diversi fattori come si vedrà di seguito. In alcuni casi invece il processo pare avviarsi bene, l’alunno si mostra disponibile alle relazioni e desideroso di apprendere, pare aperto, estroverso, promette un andamento positivo. Dopo qualche tempo però emergono cali della motivazione, “cedimenti” e criticità 46 riconducibili a difficoltà di apprendimento, a “insuccessi nella valutazione” degli apprendimenti, a mancanza di impegno nello studio a casa. Si evidenziano allora scoppi di rabbia, atteggiamenti aggressivi o cadute in stati di passività. Vale la pena di sottolineare l’importanza che riveste per bambini e ragazzi l’acquisizione di una soddisfacente competenza linguistica in italiano, così come il raggiungimento di esiti accettabili nelle altre discipline. Gli alunni che partono, per così dire, in quarta, rischiano delusioni delle aspettative con conseguente disinvestimento motivazionale. Tocca agli insegnanti mettere in conto le possibili crisi nel percorso e individuarne le ragioni. Nella prima classe di una scuola secondaria di secondo grado, S. ha avuto una “caduta” a dicembre, dopo un avvio positivo, quando si è scontrato con valutazioni non positive. L’insegnante che ha utilizzato il QdI segnala che la crisi è anche conseguenza di un insufficiente accompagnamento dell’alunno, di dispositivi inadeguati di sostegno all’apprendimento: una crisi il cui superamento è avvenuto successivamente dopo un “riimpegno” del consiglio di classe. Attribuire l’inadeguatezza dei risultati di apprendimento di un alunno allo scarso impegno nello studio a casa, può celare il fatto che egli, in effetti, non sappia come studiare o che le richieste nei suoi confronti sono, al momento, troppo alte. In alcuni percorsi si segnalano andamenti oscillanti con avanzamenti e stasi se non arretramenti. Vi giocano anche fattori extrascolastici, in primo luogo la situazione famigliare e le decisioni, o le indecisioni, dei genitori riguardo al progetto migratorio ma anche la prospettiva di cambiare abitazione e scuola, dopo che l’alunno ha raggiunto un certo equilibrio. È evidente che gli insegnanti non possono entrare nel merito delle questioni famigliari, la scuola si colloca “a valle” rispetto alla famiglia. Tuttavia alcuni insegnanti segnalano che il colloquio con i genitori ha contribuito a migliorare la situazione, a prendere decisioni nell’interesse dell’alunno. Si scopre che, lungi dal disinteressarsi, alcuni genitori messi al centro dell’attenzione si sentono valorizzati e disponibili a investire nella scuola, con ricadute positive sugli atteggiamenti degli alunni. Un pensiero piuttosto diffuso considera che l’interazione e la relazione con i compagni di classe sia un fattore imprescindibile di mobilizzazione della motivazione individuale e dell’impegno necessari per raggiungere risultati scolastici adeguati. E questo lo si riscontra sovente con bambini della scuola primaria. Uno dei profili invece ci mostra che impegno e motivazione, che portano a un buon andamento scolastico, sono riscontrabili in assenza di strette relazioni amicali con i compagni di classe ma sono, molto probabilmente, sostenute in ambito famigliare e, certamente, rese possibili anche da un clima di classe disponibile e 47 valorizzante, dalla fiducia riposta negli insegnanti che, da parte loro, l’accordano. Relazioni positive non significano necessariamente relazioni amicali. Differente poi è l’idea di amicizia, e l’importanza che le si attribuisce, a seconda delle età. Dalla lettura dei profili emerge dunque la multifattorialità all’origine dei buoni esiti scolastici dei bambini e dei ragazzi neo-arrivati. Entrano in gioco diversi aspetti fra cui i tratti di personalità, la sicurezza emotiva e psicologica che una famiglia può dare, la compensazione su tali piani fornita da relazioni e interazioni positive in classe con i compagni e gli insegnanti che possono costituire veri e propri “tutor di resilienza”, il sostegno alle aspettative, la visibilità e il riconoscimento degli individui, come vedremo a proposito degli eventi che hanno favorito l’integrazione. Partenze, ripartenze, eventi integranti Gli insegnanti segnalano in misura maggiore eventi che hanno favorito il processo di integrazione piuttosto che quelli che l’hanno bloccato. Sembra perciò che i percorsi di integrazione si realizzino magari lentamente ma senza ostacoli significativi nella maggior parte dei casi, almeno nella percezione che ne hanno gli insegnanti. Negli eventi di integrazione gli insegnanti collocano anche contesti ambientali che non si caratterizzano con momenti specifici, quali la frequenza di luoghi di socializzazione extrascolastici o gli inviti dei compagni nelle proprie case per studiare e/o giocare, come anche la disponibilità della classe ad accogliere i nuovi compagni o la presenza nella stessa di un certo “calore” relazionale. In effetti la qualità relazione di un gruppo di alunni può essere considerato un dato non originario ma frutto della regia relazionale degli insegnanti, di strategie messe in atto nel tempo che possono incontrare certamente rispondenze diverse negli alunni. Gli eventi veri e propri segnalati sono di tre distinte tipologie: - Eventi collettivi. La partecipazione a uscite didattiche e viaggi di istruzione, feste di paese, celebrazioni pubbliche quali ad es. quelle per il 150 anniversario dell’Unità d’Italia, feste di compleanno a scuola e nelle abitazioni dei compagni, eventi culturali (il coro, recite) e sportivi. Si tratta di numerose occasioni che gli insegnanti hanno percepito come svolte nel percorso integrativo dell’alunno in quanto hanno consentito la socializzazione fra gli alunni in contesti non tradizionalmente scolastici e quindi la “scoperta” reciproca. In molti casi si è trattato di scoperte di qualità – abilità e competenze linguistiche, sportive, ludiche – che spesso sono risultate vantaggiose e utili per il gruppo degli alunni. 48 M., alunno di scuola secondaria di I grado, fa parte del coro della scuola e durante un viaggio di scambio in Francia la sua competenze nella lingua francese si è dimostrata molto utile e apprezzata dai compagni. Inoltre ha riscosso successo personale per la sua abilità nelle percussioni. A., alunna di scuola primaria, ha mostrato grinta e tenacia durante la giornata dello sport contribuendo in modo determinante alla vittoria della squadra ricevendo riconoscimento dagli organizzatori ma soprattutto dai compagni che l’hanno applaudita. Ora è lei a proporre e organizzare, durante la ricreazione, giochi di squadra. La valorizzazione e il riconoscimento personale (2) avuto dai pari ha incrementato la motivazione e la fiducia in sé così come il sentirsi parte del gruppo. Talvolta il riconoscimento riguarda la famiglia come nel caso di D. che, dopo una visita al panificio, ha portato a scuola il pane preparato dalla madre secondo la tradizionale ricetta marocchina; è stata l’occasione per D. di essere al centro dell’attenzione e di apprezzamento per la gentilezza di sua madre. I festeggiamenti dell’Unità d’Italia hanno permesso a bambini neo-arrivati di sentirsi parte importante del gruppo. Esse hanno assunto un forte carattere inclusivo come pure le feste di compleanno in classe. Avendo probabilmente partecipato a feste di compleanno in classe di suoi compagni J., un bambino cinese di scuola primaria, ha chiesto alla madre, come regalo, di poter fare la stessa cosa. L’accorta regia dell’insegnante che ha preparato gli alunni a cantare gli auguri in italiano e in cinese ha avuto come effetto un forte sentimento di appartenenza. Se gli eventi collettivi “succedono” senza che occorra un particolare intervento dell’insegnante, e a volte per iniziativa dei bambini, tuttavia un tocco registico può fare la differenza come nell’episodio precedente. Infatti il perseguimento di obiettivi sovraordinati in cui un gruppo possa riconoscersi è sicuramente un buon modo per favorire l’integrazione e l’inclusione nonché il riconoscimento ma occorre che l’obiettivo sia di fatto raggiunto (3). La regia scolastica di facilitazione dell’insegnante è per questa ragione essenziale perché può prevedere gli ostacoli eventuali e trovare il modo di renderli gestibili e superabili. - Strategie didattiche degli insegnanti e iniziative della scuola. Più che eventi determinati gli insegnanti hanno evidenziato dispositivi e scelte educativodidattiche che hanno facilitato i percorsi. Alcuni hanno individuato nei laboratori linguistici propedeutici di settembre (alunni di scuola primaria e scuola secondaria di I grado), o nella frequenza di moduli al Centro Territoriali Permanenti-CTP (alunni di scuola secondaria di II grado), occasioni integrative in quanto i bambini e i ragazzi si sono piuttosto 49 rapidamente impadroniti di competenze linguistico-comunicative che li hanno messi in condizione di interagire con i compagni oltre ad aver rappresentato in sé occasione di socializzazione fra i partecipanti. Un’insegnante ha organizzato una rotazione periodica dei compagni di banco di una ragazzino neo-arrivato in modo che tutti lo potessero conoscere e nello stesso tempo esercitassero nei suoi riguardi una qualche azione di tutoring. In un'altra situazione A., una bambina di scuola primaria piuttosto matura, ha mal sopportato per qualche tempo che le fossero proposti testi facilitati “per stranieri”, lo sblocco è avvenuto quando l’insegnante le ha fornito i testi scolastici comuni: da quel momento l’impegno e la socializzazione della bambina hanno avuto uno scatto. È come se la bambina avesse percepito l’uscita da un frustrante “senso di minorità”: in fondo nel suo paese, si scopre, era una ottima alunna. - Incontro con persone e relazioni. Si tratta di eventi specifici non programmati e, per lo più, non prevedibili. Direi che la ricchezza delle esperienze di vita si incarica di presentarsi come opportunità che tali divengono perché i bambini e i ragazzi vi colgono possibili risposte ai loro bisogni psicologici. Nei percorsi di sviluppo infatti i bambini sono parte attiva, non tutto dipende dagli adulti, anzi spesso essi “dirigono” in qualche modo l’azione degli adulti che sappiano ascoltare e cogliere ciò che sta effettivamente accadendo. X., una ragazzina di scuola secondaria di I grado, ha colto la disponibilità “amorevole” di un’ insegnante di sostegno e spontaneamente l’ha “scelta” come propria tutor, ricambiata con profitto e successo. La scoperta di altri bambini “venuti da altrove” nella scuola, può indurre a sentirsi meno fuori posto soprattutto se, come capita, essi parlano la medesima lingua. Inoltre l’arrivo di nuovi compagni neo-arrivati con la stessa lingua in molti casi ha fatto sì che il ragazzo esercitasse una qualche forma di mediazione e di guida, rispondendo al suo bisogno di sentirsi qualcuno e utile, incrementando anche allo scopo la competenza in italiano per facilitare appunto la mediazione. Anche la presenza nella scuola di un fratello o di un amico o conoscente “che va bene” può costituire un modello che induce il ragazzo a una sorta di emulazione, accompagnata dalla dimostrazione che essere venuti da un altro paese non comporta necessariamente quello stato di “minorità” di cui si è detto in precedenza. Blocchi e soste Già analizzando gli eventi che, a parere degli insegnanti, possono avere favorito il processo di integrazione, è emerso il ruolo giocato dall’ambiente di inserimento, nel caso nostro, dalla classe e dalla scuola ma anche dai tratti di personalità dei bambini e dei ragazzi osservati. Dinamiche complesse 50 interagiscono fra i due e su di esse incidono fattori di altro genere come la situazione famigliare e le rappresentazioni in essa presenti, le storie personali, il contesto sociale in cui è collocata la scuola. Forse anche per tale complessità risulta difficile agli insegnanti osservatori individuare eventi specifici di blocco nel percorso di integrazione. I fattori di blocco segnalati si collocano per lo più nella fase della prima accoglienza e pertanto sarebbe più corretto definirli ostacoli iniziali. Tali sono, ad esempio, le classi considerate turbolente e poco disponibili all’accoglienza in ragione di una loro particolare composizione e/o storia, l’ostilità evidente di qualche compagno che può concretizzarsi nel rifiuto di “sedersi accanto” o anche in prese in giro. Vengono poi individuate difficoltà pervasive, inibenti il processo di integrazione, che si dipanano come fili rossi, lungo tutto il periodo di osservazione. Sono segnalate storie familiari e situazioni personali difficili e dolorose. La possibilità di un futuro cambio di scuola e di paese crea in un alunno (una presenza “che conta” nella classe), un regresso relazionale con comportamenti di rabbia che vengono meno quando il cambiamento non si realizza. Viene così rimarcata l’importanza di una stabilità relazionale. Fra gli specifici negativi narrati troviamo la perdita di consuetudini motivate e significative, diremmo ancoraggi: il venir meno della presenza di un insegnante che aveva instaurato alcune modalità di riconoscimento e valorizzazione dell’alunno che stimolavano il suo impegno, concretamente la tenuta di un diario quotidiano che l’insegnante subentrante ha fatto cadere al punto che è andato smarrito anche ciò che l’alunno aveva prodotto in precedenza. Anche la perdita di una persona importante benché lontana, un lutto, può costituire un blocco nell’interesse e nell’impegno. È il caso di una ragazzina cui è morta la nonna nel paese di origine, con la quale aveva vissuto molti anni: l’impossibilità di tornare, la lontananza, una storia che si chiude definitivamente creano le condizioni di una crisi di senso. Incidono, secondo alcuni insegnanti, anche competenze sociali non adeguate caratterizzate da estrema timidezza, eccessiva riservatezza, permalosità, frequente cattivo umore. Troviamo una sottolineatura degli insegnanti per quanto riguarda aspetti della personalità e del carattere quando si parla di un alunno di scuola secondaria di II grado che di fronte a minimi episodi di incomprensione, all’inizio dell’anno (il non aver capito ciò che doveva fare), per la frustrazione subita, orgogliosamente non vuole più frequentare la scuola. L’alunno si definirà successivamente un “visitatore” in Italia benché molto attento a curare il proprio aspetto fisico, facendo nuoto e palestra, e vestendosi alla moda. Si potrebbe pensare che il ragazzino cerchi di celare una sua fragilità curando l’aspetto fisico e l’abbigliamento. Nella secondaria di primo grado paiono emergere tratti di personalità che occorre inquadrare nel contesto delle storie degli alunni per 51 sfuggire il rischio di interpretazioni troppo soggettive che attribuiscono al “come è fatto” un alunno l’origine di comportamenti e atteggiamenti invece, almeno in parte, frutto di una pluralità di fattori personali, familiari e sociali. Nei profili degli alunni osservati vi è una inevitabile componente interpretativa, soggettiva. La loro stesura scritta li rende disponibili agli aggiornamenti che il dinamismo dei processi di integrazione e interazione rende necessari, ma soprattutto a revisioni e reinterpretazioni consapevoli e più pregnanti se vengono condivisi con i colleghi, come auspicabilmente dovrebbe accadere. Note (1) Queste devono fare i conti con le norme. La coerenza fra queste e le istanze pedagogiche non è scontata, soprattutto per quanto riguarda gli alunni neoimmigrati, anzi vi sono elementi contraddittori – almeno per il contesto italiano – ancora in attesa di essere rivisti e superati. (2) Gli alunni si presentano a scuola con una serie di bisogni che devono ricevere una qualche risposta da parte degli insegnanti perché possano dedicarsi all’apprendimento in maniera sistematica. Autori come Tomlinson (2006), individuano almeno cinque bisogni fondamentali che ogni alunno declina in modi propri, con maggiore o minore intensità: affermazione (riconoscimento), contributo, scopo, sfida e potere (nel senso di “padronanza”). (3) In caso contrario possono ripresentarsi o nascere conflitti a partire dalla ricerca delle responsabilità nel fallimento. È quanto sostiene la teoria cosiddetta “del contatto” secondo cui i conflitti si riducono quando le persone, di diversi gruppi etnici o culturali, vivono a contatto. Ma questo non basta per evitare separazioni e conflitti se non ricorrono alcune condizioni fra cui una certa simmetria di rapporti e di status sociale, l’impegno in attività mirate a obiettivi sovraordinati, vale a dire condivisi, il cui raggiungimento è utile e proficuo per tutti. Riferimenti bibliografici Rezzara A. (2000), Pensare la valutazione. Pratiche valutative scolastiche e riflessioni pedagogiche, Mursia, Milano. Rich Y., Ben Ari R., Amir Y., Eliassy L. (1996), Effectiveness of Schools with a Mixed Student Body of Natives and Immigrants, in “International Journal of Intercultural Relationships”, 20, 3/4, pp. 323-339. Santerini M. (a cura di) (2010), La qualità della scuola interculturale. Nuovi modelli per l’integrazione, Centro Studi Erickson, Trento. Tomlinson C.A. (2006), Adempiere la promessa di una classe differenziata, LAS, Roma. 52 Seconda Parte Le esperienze nazionali 53 PAGINE PARI BIANCA 54 L’esperienza POI nelle scuole scozzesi di Stephen McKinney, Hazel Crichton, Alan Britton, Julie E. McAdam, Ewelin Arizpe, University of Glasgow ([email protected]; [email protected]) 1. Il contesto scozzese per il Portfolio of Integration Il progetto Comenius multilaterale Portfolio of Integration (POI) ha cercato di migliorare i risultati scolastici degli studenti migranti neo-arrivati in cinque paesi: Grecia, Italia, Polonia, Turchia e Gran Bretagna. In questi paesi, le organizzazioni partner si sono poste dapprima l’obiettivo di svolgere un’analisi dei bisogni per valutare le azioni già intraprese e poi avviare un percorso formativo rivolto agli insegnanti, al fine di migliorare la loro consapevolezza interculturale e le loro abilità osservative e pedagogiche in classe. In seguito, lo strumento chiave del progetto POI, il Quaderno dell’integrazione, è stato adattato per i bisogni specifici degli insegnanti partecipanti di ogni paese. Gli obiettivi alla base del progetto sono legati al desiderio di avviare una pratica sostenibile per far sì che i sistemi di educazione incontrino i bisogni degli studenti migranti neo-arrivati. In questo contributo, il team dell’Università di Glasgow svolge alcune riflessioni rispetto al contesto, l’implementazione e il possibile ruolo futuro del Quaderno dell’integrazione e della formazione per gli insegnanti associata al Quaderno, senza dimenticare le altre iniziative e dispositivi necessari per sostenere l’integrazione dei bambini e dei ragazzi neo-arrivati nelle nostre scuole. Il sistema didattico scozzese è diverso dal resto della Gran Bretagna sia in termini di amministrazione che di curriculum. Benché la Scozia sia parte della Gran Bretagna a livello politico e costituzionale, l’educazione è una delle aree maggiormente delegate al Parlamento scozzese. Il risultato è che il sistema educativo scozzese dovrebbe essere visto come un’entità separata dalle normative e dalle pratiche del resto della Gran Bretagna; il contesto, l’approccio e le pratiche adottate, insieme alle conclusioni delineate in questo contributo potrebbero non essere trasferibili ad altre realtà. Negli ultimi dieci anni, il panorama del sistema educativo scozzese stesso è cambiato significativamente in risposta ai cambiamenti locali e globali. Uno degli impatti principali della globalizzazione è quello di aver cambiato gli 55 schemi della migrazione. Nel 2010/2011 il numero dei neo-arrivati in Scozia era di circa 40.000 (la migrazione al netto è +23.000) con circa la metà insediata nella fascia centrale della Scozia (Glasgow, Edimburgo e gli agglomerati urbani circostanti). Il governo scozzese ha risposto a questa circostanza esterna (e alle sue conseguenze interne) rendendo parte integrante i concetti dell’inclusione, dell’uguaglianza, dei valori e della cittadinanza attiva nel curriculum scolastico. L’intenzione è quella di assicurare per il futuro un livello di protezione alto sia per i valori che per i contenuti dell’educazione scozzese, in modo da rispondere continuamente all’impatto della globalizzazione sulla popolazione scozzese. L’ultima normativa che promuove la diversità e l’uguaglianza “sfida le scuole e le comunità a far diventare i bambini e i ragazzi cittadini responsabili che mostrano rispetto per il prossimo, comprendano le culture e le fedi diverse dalla propria, e che stanno sviluppando punti di vista di problematiche complesse ben informati ed etici.” (Education Scotland, online). Per affrontare queste sfide globali, lo Scottish Teacher Education è stato riconsiderato e il report più recente, intitolato “Teaching Scotland’s future” invita a uno sviluppo professionale che dovrebbe essere “potente, locale, collettivo, rilevante e duraturo” (SG, 2011: 9/10). La maggior parte delle scuole all’interno della nostra area amministrativa municipale più vicina (Consiglio Comunale di Glasgow) avevano già procedure ben instaurate per lavorare con i bambini neo-arrivati, ma le città e i paesi circostanti stavano cercando attivamente di esaminare e sviluppare i loro piani di sviluppo scolastico riguardo i bambini neo-arrivati. C’era chiaramente bisogno di qualcosa come il POI. Questo significa che all’interno del contesto scozzese il progetto POI ha offerto un’opportunità tempestiva e una struttura con le quali raggiungere le due sfide rilevanti della politica scozzese: vale a dire rispondere all’impatto della globalizzazione e dei nuovi schemi di migrazione attraverso pratiche didattiche rivisitate, incoraggiare lo sviluppo professionale degli insegnanti mirando a gruppi piccoli e localizzati in modo da massimizzare l’impatto sistematico della pratica, delle norme e delle procedure. Attraverso una precedente disseminazione dei volantini del POI usando la piattaforma d’apprendimento online scozzese GLOW (essenzialmente una intranet per tutte le scuole e gli insegnanti scozzesi), il preside della scuola John Ogilvie a Blantyre nel Lanarkshire Meridionale (25 kilometri a sud di Glasgow) si è avvicinato al team del POI dell’Università di Glasgow perché le scuole erano desiderose di aumentare la consapevolezza e di sviluppare un piano coerente per lavorare con i bambini e i ragazzi neo-arrivati. Il preside 56 era concorde nell’approcciare le scuole secondarie circostanti e ha reclutato i partecipanti da cinque ulteriori scuole secondarie. Ciò ha stabilito una rete di insegnanti che era adeguata ai requisiti sopra menzionati sullo sviluppo professionale: era locale perché le sessioni si tenevano nella scuola secondaria John Ogilvie; era collettivo perché univa 22 insegnanti di diverse materie e di cinque scuole secondarie diverse; era rilevante ai bisogni del collegio dei docenti ed era potente perché nell’ultima sessione gli insegnanti sono stati in grado di presentare esempi immaginativi di come hanno implementato o migliorato il Quaderno del POI. 2. L’adozione del Quaderno dell’integrazione in Scozia Durante la negoziazione con il preside, è stato concordato che le sessioni sarebbero state pomeridiane, dalle 15:30 alle 18:30, nella scuola secondaria John Ogilvie, tra gennaio e maggio 2013. Basandosi sull’esperienza del team dell’Università di Glasgow (UdG) e su un loro lavoro similare precedente, è stato reputato di vitale importanza che le sessioni formative offerte dovessero essere in un periodo reciprocamente conveniente in modo da massimizzare e sostenere la partecipazione degli insegnanti coinvolti. Le informazioni riguardo le sessioni sono state fatte circolare a dicembre 2012 insieme ai documenti normativi scozzesi più rilevanti in modo da rinforzare l’importanza e la vera urgenza della formazione offerta. Le considerazioni successive da parte del team dell’UdG ha portato alla decisione che non sarebbe stato possibile o appropriato replicare semplicemente l’approccio Italiano originale usato nel Quaderno dell’integrazione e seguire precisamente le linee guida fornite. Ci sarebbe stato un minimo di personalizzazione e adattamento alla luce dei contesti pedagogici e normativi specifici nel quale il gruppo degli insegnanti scozzesi stavano operando. La direzione complessiva del progetto gestita da Oxfam Italia è stata molto comprensiva e spronante riguardo a questa dimensione del nostro piano e ha riconosciuto che una misura non sarebbe stata adatta per tutti, in termini di partner di nazioni diverse, mentre allo stesso tempo ha rassicurato che c’erano sufficienti caratteristiche di approccio comuni ai vari paesi per garantire che alcuni aspetti di paragone significativi e alcune conclusioni potevano essere formulate nell’analisi finale. È stato concordato che all’interno di ogni sessione il team dell’UdG avrebbe dato maggior tempo per visionare idee e letture chiave in modo da fornire una base concettuale per discussioni successive, avrebbe istruito gli insegnanti 57 provando gli strumenti di osservazione tra di loro, in più avrebbe condiviso, discusso e valutato l’applicazione del Portfolio of Integration. Questo schema era adatto ai cinque elementi suggeriti dal manuale del POI (indipendenza positiva, responsabilità individuale, interazione faccia a faccia, abilità sociali interpersonali e in gruppi piccoli e lavorazione di gruppo). Usando i risultati dell’analisi dei bisogni scozzesi, il team per la formazione in Scozia ha creato cinque sessioni che incorporavano i temi principali del Quaderno mentre sosteneva la conformità con i temi principali presentati nei documenti normativi scozzesi rilevanti per raggiungere i bisogni degli alunni neo-arrivati. Le sessioni sono state intitolate così: I. 16 gennaio 2013 - Costruire le relazioni all’interno della scuola II. 6 febbraio 2013 - Apprendimento linguistico e acquisizione linguistica III. 27 febbraio 2013 - Lingua e cultura IV. 20 marzo 2013 - Costruire le relazioni con l’intera comunità V.15 maggio 2013 - Sessione di valutazione finale e di condivisione I titoli delle sessioni divergono leggermente dai sei indicatori chiave proposti nel manuale del Quaderno. Ciò è stato necessario per ricevere il supporto delle autorità locali che avevano bisogno di abbinare i fini del Quaderno del POI con le fasi chiave indispensabili a implementare i problemi al cuore della normativa scozzese riguardo alla gestione dei neo-arrivati. La facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Glasgow offre corsi di qualità per lo sviluppo professionale e la formazione degli insegnanti. I trainer erano membri del team del POI e ognuno di loro è stato invitato nel gruppo del progetto soprattutto per le loro capacità specifiche e la loro competenza rilevante. Un piccolo gruppo di trainer aggiuntivi con aree di competenza specifiche (come per esempio l’acquisizione linguistica) sono stati invitati a partecipare a sessioni specifiche. A ogni sessione formativa ha partecipato un numero minimo di due trainer ed è stata usata la rotazione per assicurare una continuità attraverso le cinque sessioni (per esempio, c’è stato sempre un trainer che era già stato presente in sessioni precedenti). Le presentazioni di PowerPoint sono state usate per evidenziare i problemi chiave, inoltre durante ogni sessione una porzione di tempo è stata usata per anticipare le pagine del Quaderno che sarebbero state discusse nella sessione successiva. Dato che le sessioni sono state riallineate, un’analisi dettagliata di ogni sessione è stata fornita qui sotto per mostrare i collegamenti espliciti al Quaderno del POI. 58 Sessione 1. Per la prima sessione, Julie McAdam e Stephen McKinney hanno introdotto il progetto e allineato il Quaderno del POI con le normative scozzesi. Il tempo è stato impiegato a discutere del Contesto (1.1), della Scheda Notizie sullo Studente (1.2), della Descrizione degli Interventi Specifici (1.3) e dell’Integrazione Scolastica (2.1) trattati nel Quaderno e i partecipanti hanno avuto il tempo di pensare ai progetti già esistenti e ai procedimenti usati nelle scuole per collazionare informazioni simili. Durante la seconda parte della sessione hanno parlato di alcuni modi creativi per facilitare la raccolta di questi dati come ad esempio l’uso del sollecitatore “I fiori dell’amicizia” e la creazione di foto-diari. Sono stati anche introdotti materiali creativi aggiuntivi che derivano da case study nazionali. I partecipanti sono stati introdotti anche al lavoro di Botelho e Rudman (2009); a loro piace usare la metafora degli specchi, finestre e porte, per far sì che gli insegnanti possano assicurarsi che l’ambiente visivo e testuale intorno agli studenti sia abbastanza diversificato per ogni bambino in modo da vedere l’immagine di sé (specchio), degli altri (finestra) e inizi a immedesimarsi con gli altri bambini (porta). Questo sollecitatore è stato incorporato anche per assicurare che l’identità e la diversità di tutti gli studenti fosse presa in considerazione. Per concludere, ai partecipanti è stato chiesto di guardare alla sezione successiva del Quaderno sulla competenza linguistica. Sessione 2. Nella seconda sessione Julie McAdam e Hazel Crichton hanno iniziato la stessa parlando in arabo e in tedesco per simulare l’esperienza di apprendimento in una lingua differente. Ai partecipanti è stato chiesto di reagire alla graphic-novel “The arrival” di Shaun Tan (“L’approdo” edito in Italia da Elliot, 2008, n.d.c.) chiedendosi che cosa potessero pensare, vedere e sentire in arabo; tutto ciò è stato seguito dall’ascolto di una poesia in tedesco. Per questo il successivo dibattito sull’apprendimento e la competenza della lingua (comprendendo le capacità comunicative interpersonali basilari e la competenza linguistica scolastica cognitiva) poteva riguardare l’esperienza precedente del partecipante nei confronti dello studio di una lingua e anche la creazione di punti d’azione per operare con i bambini e ragazzi neo-arrivati in modo significativo. La discussione seguente sull’uso del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue è diventata molto importante dato che i partecipanti erano in grado di considerare modi creativi per valutare la competenza degli studenti usando libri illustrati e testi con materiale visivo. Per concludere, ai partecipanti è stato chiesto di pensare a cinque o sei sezioni del Quaderno sull’uso della lingua madre e sulla motivazione legate alle 59 discussioni precedenti sull’apprendimento linguistico. L’uso della lingua madre è stato incorporato nella normativa scozzese ed è una parte essenziale del documento chiamato “L’apprendimento basato su due o più lingue: garantire l’inclusione effettiva degli studenti bilingui”. Sessione 3. Per la terza sessione, Hazel Crichton, Alan Britton, Evelyn Arizpe hanno condotto la lezione. In risposta alle domande dei partecipanti, Esther Daborn è stata invitata a fornire spiegazioni sulle lingue attraverso il curriculum e sui modi nel quale la conoscenza sui generi può beneficiare gli insegnanti di materie specifiche. Evelyn Arizpe ha fornito suggerimenti riguardo un progetto sviluppato a Glasgow che prevedeva l’uso della letteratura per bambini per entrare negli spazi interculturali e discutere delle problematiche relative alla diversità e alla lingua. Questo documento è stato recensito come uno dei case study nazionali di buona pratica ed è servito come metodo per introdurre la problematica ai partecipanti. Alan Britton ha sottolineato la necessità di valutare il Quaderno, e i partecipanti sono stati invitati a condividere esempi di abitudini nella loro scuola che potrebbero essere aggiunti nel Quaderno. Sessione 4. Durante la quarta sessione, i partecipanti hanno iniziato a prendere parte alla lezione in modo più attivo e a condividere le proprie idee e iniziative in termini di lavoro con i bambini neo-arrivati. Gail McKillop della Home School Partnership ha presentato il lavoro sul Progetto d’apprendimento della famiglia, che rimanda alle scuole che forniscono lezioni di lingua dopo scuola ai bambini e ai ragazzi dai 3 ai 18 anni e ai loro genitori. Le famiglie hanno trascorso il tempo a imparare la lingua insieme, su tematiche decise insieme dal gruppo; viene anche fornito un trasporto pubblico per permettere a tutte le famiglie di partecipare indipendentemente dalla loro locazione fisica. Dawn Maxwell-Waddell ha condiviso il lavoro che stava facendo come insegnante di inglese/teatro usando il sopra menzionato romanzo illustrato “The arrival”. Queste piccole presentazioni hanno aperto la strada a un dibattito più ampio sulla creazione delle relazioni con la comunità intera, che ha anche portato alla condivisione del secondo case study nazionale che riguarda la formazione dei collegamenti tra le scuole e quelle complementari di lingua e di fede. La sessione è stata conclusa con un dibattito sull’indicatore “Relazioni nella città” e il modo in cui le attività creative possono essere usate con i bambini e ragazzi per fare domande pertinenti che non sembrino intrusive. 60 Sessione 5. Alla luce del lavoro fatto dai partecipanti al corso per adattare e usare le sezioni del Quaderno all’interno delle cinque scuole aderenti, abbiamo deciso di invitare tutti i partecipanti a contribuire alla sessione di valutazione finale chiedendogli di presentare esempi di come hanno usato o adattato il Quaderno. Alcuni esempi d’idee condivise includono le seguenti: Un insegnate d’inglese come L2 ha riportato come il team di 48 insegnanti d’inglese come seconda lingua abbiano lavorato all’interno delle Autorità Locali supportando gli studenti e gli insegnanti per soddisfare i bisogni di 963 studenti di 50 lingue diverse. Il suo ruolo includeva anche l’insegnamento al collegio dei docenti su come parlare polacco a livello base in modo da poter incorporarlo nel loro insegnamento. Un’altra insegnante ha descritto come ha iniziato ad adattare i suoi obiettivi d’apprendimento alle sue lezioni, assicurandosi che li avrebbe sempre condivisi in polacco. Un insegnante di supporto ha invece condiviso informazioni riguardo al Programma “Scotland Reads” (La Scozia lègge), nel quale i bambini neoarrivati vengono affidati a dei volontari per acquisire più sicurezza nella lettura. Un’insegnante/vicepreside ha condiviso l’idea che sta dietro a un progetto per tutti i bambini che arrivano dalla scuola elementare. Ha creato un viaggio visivo del suo passato per mostrare ai bambini la storia della migrazione della propria famiglia dalla Lituania. Tutti i bambini neo-arrivati della suola elementare sono stati invitati a parlare di viaggi durante il pomeriggio. Il collegio docenti della scuola superiore Holy Cross ha adattato il libretto e un modulo di tre pagine per dare una spinta al processo d’integrazione. Hanno percepito il Quaderno come “d’impaccio” e speravano di poter snellire il processo di raccolta delle informazioni sui bambini al loro primo arrivo a scuola assicurandosi che questi dati, una volta raccolti, potessero essere passati facilmente ai docenti pertinenti. Hanno selezionato un membro dello staff per seguire il bambino e completare il libretto modificato in modo da passare queste informazioni al team che poi lavorerà con lui. I trainer hanno deciso che la sessione finale sulla condivisione era necessaria dato che sintetizzava l’idea principale che ogni lavoro di miglioramento professionale deve essere focalizzato e sostenibile. Questi esempi hanno mostrato che lo staff ha preso in considerazione le idee del Quaderno ed è in grado di usarle nel loro contesto. 61 Sebbene 22 insegnanti avessero preso parte alle sessioni, solamente nove hanno rimandato indietro la griglia dell’unità di osservazione contenente le informazioni di 13 studenti. Questo ritorno limitato potrebbe essere dovuto in parte alla inevitabile fatica degli insegnanti impegnati nel periodo più complesso dell’anno scolastico nelle scuole secondarie scozzesi. Un altro ostacolo potrebbe riguardare alcune delle domande richieste nel Quaderno (vedi più avanti per una spiegazione più dettagliata). Comunque, dalle griglie d’osservazione ricevute sono stati ricavati dati molto significativi e utili. 3. Riflessioni sull’esperienza dell’integrazione formativa del Quaderno La soddisfazione generale sul corso di formazione del POI nel Lanarkshire Meridionale è stata molto alta per varie ragioni. I partecipanti hanno evidenziato che le sessioni erano tutte interessanti, ben organizzate e con un buon ritmo; l’esperienza e l’input dei trainer sono stati giudicati; la creazione di un’atmosfera amichevole ha contribuito all’impegno verso il processo. Importante è stata la rilevanza degli argomenti specifici, come del resto anche i metodi usati e la qualità del dialogo costruito socialmente durante la sessione. Le lezioni corte fatte in lingua araba e tedesco sono state messe in evidenza per il loro forte impatto sui partecipanti: mentre potrebbe sembrare un modo duro per introdurre il disagio di non essere in grado di comunicare o seguire istruzioni in una seconda lingua, queste lezioni hanno permesso ai partecipanti di identificarsi con gli studenti neo-arrivati che devono imparare una lingua aggiuntiva e, inoltre, di capire la necessità dell’uso di aspetti visivi e gestuali chiari per enfatizzare il significato. Le lezioni hanno evidenziato la necessità di permettere agli studenti di discutere le intenzioni nella loro lingua madre: “È stata un’esperienza formativa importante perché ha facilitato la consapevolezza di come deve essere difficile dover sempre ascoltare una lingua che non usi a casa”. I partecipanti hanno anche commentato l’alto grado di empatia che i trainer avevano per i bambini che usano l’inglese come seconda lingua. Valutazione dei contenuti e dei metodi del Quaderno dell’integrazione La maggior parte dei partecipanti è rimasta soddisfatta del fatto che il corso in generale sia stato di grande valore per loro e che i contenuti siano stati utili per il loro lavoro. Sono rimasti soddisfatti dalla rilevanza e utilità dei materiali/dispense che sono state distribuite durante le sessioni. Un buon 62 numero di partecipanti ha dichiarato che le sessioni hanno fornito informazioni e idee utili per facilitare l’inclusione dei bambini e dei ragazzi neo-arrivati e aiutare gli insegnanti a capire le sfide e gli ostacoli che si trovano di fronte. Gli insegnanti credono di poter relazionarsi a questi allievi in modo migliore ora. Un partecipante ha detto che ha acquisito: “Una conoscenza e un’empatia più vaste per gli studenti neo-arrivati e un rispetto aumentato per la loro resilienza e determinazione nel raggiungere qualcosa”. Tutti gli insegnanti partecipanti hanno affermato di aver ricevuto alcune idee interessanti dai questionari riguardo l’interculturalità, e quasi tutti (eccetto uno) cercheranno di cambiare alcuni elementi del loro insegnamento grazie a questo corso. Alcuni hanno ribadito di nuovo l’enfasi molto utile sull’interculturalità e che il programma li ha aiutati a sviluppare una maggiore consapevolezza e ad acquisire una competenza approfondita sull’interculturalità. Nonostante nessuna sessione abbia ricevuto un indice di gradimento basso, la sessione 2 (apprendimento linguistico e acquisizione linguistica) e la sessione 4 (costruire le relazioni con l’intera comunità) sono state le più gettonate. I partecipanti hanno svolto molti commenti rispetto all’impatto della formazione sulle loro abitudini, valori e atteggiamenti. Alcuni hanno usato delle strategie specifiche prese dal Quaderno dell’Integrazione nelle loro scuole per supportare i bambini e i ragazzi neo-arrivati: in questo caso il loro successo è stato provato perché hanno aiutato gli alunni a sistemarsi nella scuola. Altri partecipanti hanno adattato il Quaderno agli studenti neo-arrivati della loro scuola, uno di loro ha anche sviluppato un nuovo programma di lavoro per i neo-arrivati basato sulle loro esperienze con il corso del POI. Alcuni partecipanti hanno affermato che la propria esperienza con il corso del POI li ha aiutati a supportare altri docenti e altri alunni della loro scuola. Un partecipante ha riportato di aver aumentato la consapevolezza dei bisogni dei neo-arrivati nella direzione e nel collegio dei docenti. Questo ha portato a una serie di iniziative panificate. Un altro insegnante ha detto di sentirsi in grado di fornire informazioni più rilevanti sulle circostanze e sul livello di capacità degli alunni neo-arrivati verso il resto dei docenti per sostenere la loro integrazione. In una scuola, uno dei partecipanti ha creato uno schema di raccolta informazioni per i neoarrivati basato sul Quaderno. Un numero di partecipanti ha dichiarato che ora altri insegnanti vanno a chiedere loro consigli su come coinvolgere i bambini e ragazzi neo-arrivati. In una scuola, un insegnante ha acquisito una conoscenza più estesa su come dare istruzioni più chiare all’intera classe, cosicché tutti 63 siano inclusi. In altre scuole, altri insegnanti coinvolti nel corso hanno incorporato molti più aiuti visivi nel loro insegnamento. Come potrebbero essere adattati il Quaderno e il suo corso di formazione in futuro? Ci sono stati tanti commenti sul Quaderno. Molti partecipanti hanno trovato davvero utili alcuni aspetti del Quaderno. In particolare, queste le sezioni: le informazioni sul contesto riguardo programmi precedenti e contatti nel paese; il livello di competenza linguistica e l’uso giornaliero della lingua; le relazioni nella classe e nella scuola; l’integrazione all’interno della classe, scuola e comunità locale. Un numero di partecipanti ha dichiarato che, anche se molti aspetti del Quaderno sono utili, potrebbe essere migliorato ulteriormente. Questi suggerimenti sono divisi in due categorie: struttura complessiva e dubbi riguardo alcune domande. In termini di struttura, un partecipante ha pensato che il Quaderno fosse troppo voluminoso, ma che potrebbe essere adattato considerando che fornisce basi buone per uno strumento analitico efficace; un altro partecipante ha ritenuto che il Quaderno dovesse essere riveduto in modo più globale. C’è stato un numero significativo di commenti sulle domande del Questionario. Alcuni partecipanti hanno reputato le domande per i bambini e ragazzi neo-arrivati troppo intrusive o addirittura ostili. Alcuni hanno considerato la costruzione delle domande troppo impersonale o clinica (ad esempio, alcune delle domande più sensibili riguardo l’amicizia potrebbero essere riformulate: “Hai amici?”). Questi commenti sono molto importanti perché gli insegnanti hanno affermato che stanno cercando di creare un clima di fiducia con i bambini e ragazzi neo-arrivati e non vogliono tradire la loro aspettativa. Altri hanno pensato che alcune delle domande fossero inappropriate e che non ci fosse lo spazio necessario per gli alunni per sviluppare risposte più lunghe. Alcuni dei partecipanti sono dei dirigenti scolastici e hanno affermato che non avrebbero mai usato certe formulazioni di alcune domande nella loro scuola. Potrebbero esserci stati fraintendimenti traduttivi (il Quaderno è stato tradotto direttamente dall’originale italiano), ma queste domande devono essere convogliate in maniera appropriata e con dovuta sensibilità. Sono emerse due problematiche fondamentali sugli sviluppi futuri possibili: (1) il supporto nella creazione e nella revisione dell’intera normativa scolastica e delle strategie per i bambini neo-arrivati e (2) una maggiore enfasi sulle abitudini in classe. La scuola principale John Ogilvie sta cercando di migliorare le proprie norme e strategie per l’integrazione dei bambini e ragazzi neo64 arrivati. Le sessioni del POI hanno fornito loro uno sviluppo professionale opportuno e un dibattito appropriato per discutere dei loro piani futuri in modo collettivo. Ora, affronteranno le loro norme e strategie, ma sono consapevoli che il numero di bambini neo-arrivati continuerà ad aumentare e quindi potrebbero essere necessarie delle rivisitazioni continue. Il secondo punto è che molti partecipanti hanno veramente apprezzato esempi di attività e metodologie per la classe che sono stati portati dai trainer o sono stati condivisi da altri partecipanti. Hanno identificato alcune risorse di grande utilità: includendo anche le applicazioni per smartphone e libri illustrati. Comunque, apprezzerebbero più supporto ed esempio di buona pratica in classe. 4. Raccomandazioni Conoscenza della lingua. In linea con l’analisi dei bisogni, una delle necessità più incalzanti per gli insegnanti scozzesi è quella di capire come i bambini e ragazzi imparano una seconda lingua. Questo include la comprensione di come insegnare, valutare e coltivare quest’ultima a fianco dell’uso della loro lingua madre. I docenti che hanno avuto l’opportunità di imparare una lingua aggiuntiva possono identificarsi meglio con gli studenti e comprendere la necessità di un cambiamento dell’importanza tra i ruoli rispettivi della lingua “ospitante” e della lingua madre. Autonomia professionale. La maggior parte degli insegnanti scozzesi sembra aver valutato la propria identità professionale e vuole prendere l’occasione per contestualizzare le norme e le iniziative nazionali per adattare i propri contesti locali. Le idee chiave all’interno del Quaderno sono preziose, ma i docenti vogliono supporto per poter adattarle ai propri sistemi scolastici e abitudini in classe usando anche le strutture di supporto preesistenti. Empatia. La Scozia ha una lunga storia che parla di accoglienza di nuovi arrivati; molti insegnanti possono identificare personalmente con i tanti racconti di migrazione derivanti dalle proprie storie familiari. Essi usano queste informazioni per trovare modi creativi per incoraggiare i bambini a parlare dei loro viaggi, lingue ed esperienze nell’arrivare in Scozia. Gli insegnanti hanno l’obiettivo professionale di creare una relazione di fiducia con i bambini e ragazzi neo-arrivati. Talvolta, i partecipanti hanno reputato che le domande del Quaderno fossero troppo dirette e impersonali. In parte questo spiega la riluttanza di alcuni partecipanti a usare i questionari direttamente con i bambini. 65 5. Conclusioni Il Quaderno del POI e le sessioni di formazione sono state molto tempestive nel contesto scozzese. Sebbene questo intervento fosse su piccola scala e localizzato, ha fornito un punto di partenza fondamentale per accrescere la consapevolezza sulle problematiche e i processi che risiedono nel fulcro dell’integrazione dei bambini e ragazzi neo-arrivati. Alcuni aspetti del Quaderno sono stati ritenuti molto utili e hanno aiutato le scuole a collazionare le informazioni preziose sui neo-arrivati. Le sessioni hanno anche aiutato i partecipanti a supportare i presidi delle scuole e altri insegnanti. Nonostante la natura autonoma del sistema educativo scozzese associato alla vasta varietà di contesti, il Quaderno dovrebbe essere promosso e disseminato in maniera più ampia per diventare il punto di inizio appropriato per molte scuole scozzesi. Data questa natura autonoma, alcune scuole scozzesi si riserverebbero legittimamente il diritto di apportare cambiamenti per adattare le proprie necessità individuali ai bisogni dei bambini e ragazzi neo-arrivati nelle loro scuole. In generale, le scuole scozzesi avranno bisogno di un sostegno aggiuntivo nella creazione e revisione di abitudini e strategie anche nelle pratiche di classe. Il Quaderno, e il progetto più esteso del POI, hanno fornito uno stimolo gradito e tempestivo per molte scuole e insegnanti che hanno fatto passi avanti nel supportare efficacemente l’integrazione di studenti neo-arrivati. È ancora da vedere (e difatti è un punto d’azione vitale per una collaborazione multilaterale più vasta) se il POI può funzionare come catalizzatore di miglioramenti più ampi ai sistemi all’interno, tra e al di là dei paesi partner. Riferimenti bibliografici Botelho M.J. e Rudman M.K. (2009), Critical Multicultural Analysis of Children’s Literature: Mirrors, Windows, and Doors, New York, Routledge, Education Scotland Online. Disponibile su: http://www.educationscotland.gov.uk/resources/p/genericresource_tcm4747991.asp SG (2011), Teaching Scotland’s Future: The Report of the Donaldson Review, Edinburgh, The Scottish Government. 66 Semi che crescono in terre straniere di Gökçen Aktaş, İzmit Province Directorate of National Education, Turchia ([email protected]) 1. Introduzione L’immigrazione, ovvero il movimento di individui, famiglie e gruppi di uomini e donne da un’area geografica ad un’altra in cerca di migliori condizioni di vita, è una costante dell’intera storia umana. L’immigrazione è stata, e sarà sempre in futuro, una peculiarità caratterizzante le società europee. Oggi, l’auspicata integrazione dei bambini migranti nelle scuole e nelle società europee è una necessità socio-economica e un prerequisito per la stabilità democratica e la coesione sociale. La domanda fondamentale che dobbiamo porci è quale sia il “posto” degli studenti migranti nel sistema educativo nazionale. Come possono essere spiegate certe loro condizioni di vulnerabilità? Quali azioni e precauzioni possono essere intraprese per fronteggiare tale situazione? Come rendere le scuole e gli insegnanti più attrezzati per rispondere ai bisogni di tali studenti? Che tipo di supporto è necessario prevedere per gli studenti immigrati? Il progetto POI ha soffermato l’attenzione su differenti contesti migratori e, consequentemente, ha inteso migliorare l’inclusione scolastica di tali allievi. Per raggiungere questo scopo generale, i corsi-pilota sono stati organizzati in modo da individuare “nuove” risposte alle suddette domande, raccogliere e analizzare le informazioni sugli studenti migranti e i loro bisogni, per intervenire nella pratica educativa e didattica con un livello maggiore di consapevolezza e conoscenza. 2. L’integrazione scolastica Sono stati somministrati i questionari sul contesto scuola, sulla classe e sugli strumenti previsti dal Quaderno per l’integrazione. Parimenti, sono state raccolte le informazioni sugli studenti “osservati”. La frequenza scolastica e il livello di attenzione degli studenti sono stati sempre alti rispetto alle attività proposte dal Quaderno; i questionari sono stati proposti anche agli studenti non-migranti all’interno della classe. Agli 67 studenti migranti sono state fatte molte domande sulle materie scolastiche, sulle amicizie, i voti e le impressioni sulla scuola. Alcuni di loro erano timorosi e confusi, ma altri erano veramente curiosi e interessati. La competenza linguistica in L2 Gli insegnanti “osservatori” hanno utilizzato materiali come libri, testi, lettori CD e DVD. Per osservare le competenze nella lettura agli studenti è stato chiesto di leggere brevi testi. Sono state rivolte loro alcune domande su quanto avevano letto, e poi è stato chiesto di fare un breve commento. Gli studenti hanno guardato cartoni animati e documentari, e successivamente è stato chiesto loro di spiegare cosa avevano compreso. Hanno ascoltato le loro canzoni preferite e le hanno cantate; hanno scritto piccoli brani nei quali essi parlavano dei loro sentimenti, pensieri e sogni; in seguito hanno fatto giochi di ruolo. Tutte queste attività sono state utilizzate per valutare le loro competenze linguistiche nella L2. I ragazzi pensavano di possedere delle buone competenze nella lingua turca, ma poi, grazie a queste attività, si sono resi conto delle loro carenze linguistiche. Alcuni studenti non riuscivano a esprimersi leggendo o scrivendo, ma potevano capire quello che gli veniva detto. Per questo motivo, riteniamo che i docenti abbiamo l’importante compito di insegnare loro come usare le capacità di scrittura e le abilità comunicative. Gli insegnanti coinvolti nel percorso POI hanno ritenuto utile usare in classe il metodo dell’insegnamento cooperativo, grazie al quale, a loro avviso, gli studenti sono venuti a scuola più regolarmente, si sono sentiti importanti e le relazioni tra allievi e docenti sono nettamente migliorate. Le relazioni in classe e nella città Rispetto all’osservazione sulle dinamiche relazionali, in classe e in città, sono stati utilizzati i sollecitatori “I fiori dell’amicizia” e “La mappa dei luoghi frequentati in città e nel quartiere”. Con il sollecitatore “I fiori dell’amicizia” è stato osservato come la maggior parte degli studenti migranti sia “fuori” dal gruppo classe. Benché molti di loro si trovassero in una classe molto numerosa, essi non riuscivano a trovare il terzo amico da scrivere nei petali dei loro fiori. Un nuovo sollecitatore sull’amicizia e le relazioni familiari, “Un giorno con i fotografi”, ha fatto sì che altri studenti si avvicinassero agli studenti immigrati e che quest’ultimi diventassero il centro dell’attenzione. 68 Con l’uso del sollecitatore “L’ambiente in cui vivi”, agli studenti è stato chiesto di disegnare l’ambiente in cui vivono attualmente. Una studentessa, Kevser, ha disegnato un ambiente che comprendeva la sua scuola, un campo da basket e una chiesa di fronte alla sua casa nelle Filippine. Nel distretto in cui vive adesso a İzmit, non c’è una chiesa vicina, poiché la Turchia è in gran parte musulmana. Questa è una delle difficoltà più grandi che la ragazza ha dovuto affrontare perché non può condurre una “normale” vita religiosa. La studentessa esprime ancora forti legami con il paese di origine, e incontra delle comprensibili difficoltà ad adattarsi alla nuova realtà. Il rapporto con la lingua e la cultura d’origine È stato sperimentato il questionario sulla famiglia in relazione al “Rapporto con la lingua e la cultura d’origine” e il sollecitatore “Io oggi, io da piccolo, io da grande”. L’osservazione emersa con forza dall’uso del secondo sollecitatore è che gli studenti hanno incontrato difficoltà a scrivere della loro infanzia o della situazione attuale, mentre hanno offerto rappresentazioni molto più chiare rispetto al proprio futuro, sogni e desideri. Una docente ha convocato la famiglia di uno studente immigrato per far compilare a scuola il questionario sulla lingua madre, ma i genitori non si sono presentati all’incontro. L’insegnante, quindi, lo ha fatto recapitare a casa dall’alunno stesso. Alcuni giorni dopo i genitori si sono presentati a scuola piuttosto arrabbiati dicendo che il turco era già la loro lingua madre. L’insegnate è rimasta molto sorpresa da questa loro reazione. Questo episodio di sembra evidenzi che i genitori dell’allievo, sebbene usino sempre la loro lingua d’origine nella vita di tutti i giorni e non abbandonino la loro cultura e le tradizioni, ammettono che la lingua turca è ormai diventata la loro nuova lingua. La motivazione Un nuovo sollecitatore chiamato “La torre” è stato utilizzato per rafforzare le relazioni di gruppo nella classe. Per rafforzare la motivazione tra gli studenti della stessa classe è stato messo in pratica anche il sollecitatore denominato “Le tessere della motivazione”. Per questa attività sono state preparate delle tessere su cui c’era scritto “Sono una principessa/Sono un re/Sono un principe/...”. Gli studenti della classe sono stati divisi in gruppi e, successivamente, la classe ha scelto un tema e si è data delle regole da seguire. Gli studenti dovevano comportarsi seguendo tali 69 regole e quanto diceva la tessera. Alla fine della settimana il gruppo che aveva raccolto più tessere diventava il miglior gruppo della settimana. Il sollecitatore “La torre” è stato usato per rafforzare le relazioni di gruppo e la motivazione degli studenti. Secondo i risultati del sollecitatore relazionale i “Fiori dell’amicizia” gli studenti apparivano ancora divisi in due gruppi. Successivamente, sono stati distribuiti carta, forbici e colla. Ai gruppi è stato chiesto di fare una torre creativa. Tutti i gruppi hanno lavorato con successo, ma solo uno ha completato la torre. Quel gruppo si è aggiudicato un premio. Con un altro sollecitatore (“I modi di dire che motivano”), i modi di dire più famosi sono stati scritti su un foglio e inseriti in una scatola. Gli studenti che dimostravano un atteggiamento positivo, potevano scegliere i modi di dire che preferivano. Le frasi scelte sono state attaccate sulla lavagna scrivendo con un evidenziatore il nome dello studente sotto al modo di dire. Un altro sollecitatore che è stato usato è le “pietre colorate”; quest’ultime sono state messe in una scatola e agli studenti è stato detto che ogni pietra gli avrebbe portato fortuna. Queste pietre colorate sono state date agli studenti che dimostravano miglioramenti durante le lezioni e nel loro comportamento. Gli studenti che collezionavano più pietre colorate vincevano il titolo di “studenti del mese”. I risultati del questionario sulla motivazione hanno dimostrato che le famiglie degli studenti migranti non erano mai venute agli incontri dei genitori e non erano mai state in contatto con gli insegnanti, ma erano comunque sensibili all’andamento scolastico dei propri figli. Nonostante gli studenti migranti non registrassero esiti scolastici soddisfacenti, essi invece si sono dimostrati molto favorevoli alla partecipazione alle attività sociali organizzate dalla scuola come film, teatro e mercato del libro. I docenti “osservatori” hanno segnalato un’alta partecipazione degli studenti nei lavori di gruppo e che queste attività hanno stimolato un clima competitivo. Le dinamiche d’integrazione: gli imprevisti Abbiamo posto enfasi sugli ostacoli incontrati durante il lavoro di osservazione con il Quaderno, svolgendo una valutazione generale: sono stati discussi gli aspetti positivi e negativi emersi dall’attività di osservazione, sono state presentate nuove proposte. Gli studenti immigrati hanno accolto positivamente le attività didattiche che hanno previsto l’utilizzo di foto dei propri paesi (da loro portate), che sono state commentate e condivise con gli altri studenti. Volevamo che gli studenti commentassero le immagini da loro proposte riflettendo sulla propria cultura. 70 Mentre identificavano le persone ritratte con loro gli altri studenti hanno mostrato grande interesse. Se in un primo tempo gli studenti osservati non erano riusciti a identificare gli amici da scrivere sui petali del “Fiore dell’amicizia”, già a distanza di un mese sono stati in grado di individuare fino a cinque amici. Questo ha dimostrato che gli studenti si stavano inserendo positivamente nella classe, benché l’accettazione degli studenti migranti da parte dei loro compagni di classe sia rimasta ancora in uno stato di grande sofferenza. Con l’originale sollecitatore chiamato “Amici cartoni”, volevamo che gli studenti assegnassero il nome dei loro amici a dieci immagini di personaggi dei cartoni animati che gli erano state consegnate. Successivamente, abbiamo chiesto loro di raccontare cosa avevano provato quando per la prima volta avevano conosciuto questi amici. Dopo l’analisi, sono stati discussi i risultati negativi e positivi del processo d’integrazione. Alla fine i docenti hanno discusso sulle debolezze e i punti di forza dell’intero percorso di osservazione realizzato. 3. Nota conclusiva È stato sottolineato più volte dai docenti coinvolti che insegnare in una classe multiculturale è una grande esperienza professionale. I docenti hanno segnalato tra i benefici riconducibili alla sfera umana e professionale ricavati da questo percorso di ricerca-azione quelli relativi a: una migliore capacità di gestione di classi multiculturali e delle diversità; un miglioramento della capacità di diagnosi e d’osservazione; un ampliamento delle proprie conoscenze e dei propri orizzonti professionali rispetto al tema migratorio e alle differenze culturali. In definitiva, a nostro avviso l’esperienza progettuale del “Portfolio of Integration” ha raggiunto gli obiettivi prefissati rispetto a tutti gli indicatori, sezioni, attività e documenti. 71 72 Gli studenti immigrati: una speranza per la demografia polacca e una sfida per l’istruzione nazionale nell’esperienza progettuale Portfolio of Integration di Wanda Baranowska e Małgorzata Kosiorek, Wyższa Szkoła Biznesu i Nauk o Zdrowiu in Lodz, Polonia ([email protected]; [email protected]) 1. Gli immigrati in Polonia: la base per costruire l’esperienza nel POI La Polonia è, dal punto di vista culturale ed etnico, un paese omogeneo. Negli ultimi anni il tasso d’immigrazione ha avuto un lieve incremento anche se in confronto ad altri paesi europei il livello raggiunto è ancora marginale. Nel 2012 gli immigrati costituivano lo 0,13% dell’intera popolazione polacca; mentre il tasso di nascita in Polonia è quasi pari a zero (Dmochowska, 2013), il che significa che la Polonia sta diventando un paese in cui la propria demografia è a serio rischio. Secondo i demografi la politica d’immigrazione polacca dovrebbe, in primo luogo, mirare a re-immigrare i polacchi e le persone di origine polacca e, successivamente, creare un terreno fertile per l’immigrazione di cittadini extra-comunitari provenienti da paesi simili dal punto di vista culturale, come l’Ucraina, la Bielorussia, la Russia, la Georgia, la Moldavia e l’Armenia. Inoltre, è evidente la necessità di istituire un sistema istituzionale d’integrazione responsabile per le azioni che mirano all’inclusione degli immigrati nella società polacca nell’ambito dell’istruzione, della sanità, dell’impiego e della vita pubblica. I ricercatori sottolineano la necessità di favorire cambiamenti radicali nell’atteggiamento pubblico in vista di un passaggio della Polonia a paese di immigrazione (Iglicka, 2013). 2. Gli immigrati nelle scuole polacche I tratti distintivi degli immigrati in Polonia sono: un livello di istruzione medio alto (circa il 40% ha un’istruzione superiore) e una prevalenza di immigrati in età economicamente produttiva (circa l’80%). Soprattutto uomini piuttosto che intere famiglie. La presenza di studenti immigrati nelle scuole polacche è dunque una conseguenza logica. Nel 2011 lo 0,03% della popolazione in 73 Polonia era costituita da immigrati sotto i 18 anni (iscritti a scuola) e solo lo 0,0028% di tutti gli studenti in Polonia andavano dai 7 ai 19 anni di età (Dmochowska, 2011). È da sottolineare che questa proporzione vede una diversa distribuzione nel territorio polacco, tra cui emergono dense popolazioni di immigrati nelle regioni della Mazovia (più del 30% di immigrati) e della Silesia. Nel 2010 i bambini tra 0 e 4 anni (3.474) costituivano il gruppo maggioritario tra gli immigrati, e i gruppi più numerosi per quanto riguarda l’età scolastica erano quelli tra i 5 e i 9 anni (458) e i 15 e i 19 anni (423) (Dmochowska, 2011). Questi dati fanno emergere l’assoluta necessità di un’istruzione prescolastica per i bambini immigrati e dell’insegnamento linguistico per favorire basi solide per l’istruzione dei bambini di 5-6 anni. La sfida della Polonia ora è includere nell’istruzione di massa gli studenti (polacchi) tra gli 8 e i 14 anni che tornano con le loro famiglie in seguito a un’esperienza di emigrazione negativa. Il livello di competenza L1 per questi studenti è basso; essi evidenziavano delle difficoltà scolastiche già nel paese di residenza; spesso, questi problemi s’inaspriscono di fronte alle differenze esistenti tra i sistemi d’istruzione nei paesi europei. La base legale e formale per l’inclusione degli studenti immigrati nel sistema d’istruzione di massa in Polonia L’Ufficio per Stranieri, di seguito UDSC (dal polacco Urząd do Spraw Cudzoziemców-UDSC) è l’autorità centrale dell’amministrazione governativa competente per l’entrata degli stranieri nel territorio della Repubblica di Polonia. Lo strumento legale che regola l’istruzione gratuita dei figli degli immigrati in Polonia è: 1. l’art. 70, sezione 5 della Costituzione della Repubblica di Polonia (“ognuno ha il diritto di imparare” – con “ognuno” si intende non solamente il cittadino della Polonia ma anche tutte quelle persone che non hanno la cittadinanza polacca ma che si trovano nel territorio del nostro paese); 2. la legge sul sistema d’istruzione, del 7 settembre 1991 (art. 94, sez. 1: “i cittadini stranieri che sono soggetti a istruzione obbligatoria (sotto i 18 anni), esercitano il loro diritto di essere seguiti e di studiare nelle scuole pubbliche primarie, nei licei, nelle scuole pubbliche d’arte e negli istituti d’istruzione – secondo le stesse condizioni stabilite per i cittadini polacchi”). La suddetta legge è stata modificata nel gennaio 2010 e, aspetto cruciale, esclude il pagamento obbligatorio delle tasse per l’istruzione secondaria. L’istruzione secondaria gratuita è diventata una porta aperta per i cittadini, soprattutto per quelli provenienti da paesi non 74 facenti parte dell’UE. Istituzioni come le università rimangono comunque a pagamento; 3. la direttiva del Ministero per l’Istruzione del 31 marzo 2010 per l’iscrizione di cittadini stranieri ad asili pubblici, scuole pubbliche, centri e istituti didattici per gli insegnanti, prevede la possibilità di imparare il polacco, partecipando a lezioni extrascolastiche per imparare la propria lingua e cultura nativa. Secondo la direttiva, i corsi gratuiti di lingua polacca riguardano tutti gli studenti immigrati che vanno a scuola e il cui livello linguistico non è sufficiente per la propria istruzione. Il periodo minimo prevede due lezioni a settimana ma il numero di ore d’insegnamento potrebbe aumentare in base al bisogno e alla disponibilità delle risorse finanziarie. Strategie d’integrazione per gli studenti immigrati in Polonia secondo l’opinione dei ricercatori Per quanto riguarda l’accesso degli immigrati all’istruzione in Polonia, possiamo osservare l’applicazione di un modello d’integrazione (TodorovskaSokolovska, 2009) in cui i bambini immigrati frequentano lezioni obbligatorie insieme a compagni di classe autoctoni, e il supporto linguistico individuale viene fornito durante le lezioni di lingua supplementari. Ci sono, comunque, poche ricerche e pubblicazioni che si concentrano sui problemi relativi alle politiche didattiche, alle prassi nell’ambito dell’integrazione e all’accesso all’istruzione. Ciò che leggiamo non suggerisce metodi o tecniche, ma piuttosto spiega: 1. le difficoltà incontrate dai bambini vietnamiti nell’adattarsi a un nuovo ambiente culturale come parte di un sistema didattico (Halik, Nowicka, 2002); 2. la scarsa o assente presa di coscienza dell’importanza dell’istruzione da parte degli stessi immigrati, aspetto questo riferito soprattutto a coloro che si candidano per lo status di rifugiato o “soggiorno tollerato”; 3. un impegno e una collaborazione scarsi da parte delle autorità locali, dei direttori scolastici e delle assistenti sociali, che non favorisce una integrazione di successo dei bambini e dei ragazzi migranti nel sistema d’istruzione polacco, a cui si somma il numero insufficiente di insegnanti competenti e preparati a lavorare con questi gruppi di studenti (Szelewa, 2010). Può essere particolarmente utile creare un team di supporto che aiuti l’allievo immigrato, basato sul modello dei team previsti per gli studenti con particolari bisogni didattici. Il team potrebbe includere: un insegnante responsabile della classe (come coordinatore delle azioni del team), un secondo insegnante, un 75 consigliere scolastico, uno psicologo e un assistente insegnante (assistente culturale). È necessario fornire una formazione appropriata per gli operatori delle scuole – direttori e insegnanti – per applicare gli aspetti del multiculturalismo nelle istituzioni scolastiche. È altresì importante sviluppare il materiale informativo in lingua madre rivolto ai genitori immigrati affinché essi possano comprendere il funzionamento del sistema scolastico in Polonia. Questo materiale dovrebbe includere le informazioni di base sulle regole scolastiche, le procedure d’iscrizione a scuola, il funzionamento scolastico nei diversi livelli e i diritti e i doveri dei bambini, degli insegnanti e dei genitori (Todorovska-Sokolovska, 2010). La reattività degli insegnanti all’integrazione degli studenti immigrati Le opinioni riportate di seguito sono i risultati di una ricerca focalizzata sulla prima fase del progetto Portfolio of Integration (POI), il cui obiettivo era determinare i bisogni didattici degli insegnanti polacchi. Vale la pena evidenziare che individuare il gruppo di docenti non è stato un compito facile a causa del basso livello d’interesse per questo problema. Lo scarso numero di studenti immigrati nelle scuole (di cui si è già detto) fa sì che gli insegnanti trattino il tema con superficialità, come una questione ipotetica e non reale. Questo atteggiamento limita il numero di partecipanti alla proposta formativa, e porta a pensare che bastino solo alcune mirate azioni per favorire l’integrazione scolastica dei migranti. Secondo l’opinione di insegnanti e esperti, i metodi e gli strumenti per l’integrazione di tutti gli studenti (senza fare particolare riferimento agli immigrati) si riducono a semplici azioni tipiche dell’ambiente scolastico. Gli esperti sottolineano gli eventi musicali e sportivi di tutta la comunità scolastica. Vale la pena notare che nelle scuole polacche non viene misurato come e quanto un gruppo classe è integrato, ma viene cercata la persona che emerge dal gruppo per poi prendere ogni tipo di azione riparatoria possibile. Il materiale base per la preparazione di una tale valutazione è costituito dalle opinioni e dalle risposte fornite dagli esperti da noi interrogati nella ricerca preliminare previste dal POI: essi hanno sottolineato il fatto che l’insegnante polacco medio non ha sviluppato le competenze per portare avanti una diagnosi oggettiva dei bisogni didattici dello studente (anche dello studente immigrato). In sintesi, agli insegnanti mancherebbe la competenza sui bisogni didattici. Hanno bisogno di aumentare il proprio livello di competenza nell’individuare i bisogni didattici e ottenere gli strumenti per farlo. Dopo un’accesa discussione, gli insegnanti coinvolti nel POI hanno sostenuto che i 76 programmi di formazione che mirano a preparare a “gestire” l’integrazione degli studenti immigrati nelle scuole a livello generale dovrebbero includere la conoscenza e la comprensione delle conseguenze dei fattori nella dimensione interna ed esterna della diversità umana, così come nella dimensione organizzativa. In particolare, questo significa: conoscenza e formazione sulle teorie comportamentali che permettono di comprendere le credenze, gli atteggiamenti e i comportamenti degli altri (studenti e famiglie), formazione sugli stili comunicativi e sulle competenze diagnostiche. Il contesto in cui costruire l’esperienza POI dei partecipanti L’omogeneità culturale della Polonia e la bassa incidenza di studenti immigrati nelle scuole porta la maggior parte degli insegnanti a trascurare il bisogno di confronto e scambio sui bisogni d’inclusione. È fondamentale per l’istruzione affrontare il reinserimento dei bambini di origine polacca che sono nati e hanno iniziato la scuola in altri paesi europei. L’iniqua distribuzione dell’immigrazione in Polonia fa sì che ci siano scuole “piene” di studenti immigrati in quelle città dove si trovano i centri per i rifugiati. In altre regioni della Polonia il problema viene del tutto trascurato. È importante sottolineare che preparare gli insegnanti a dare il benvenuto agli studenti immigrati in ogni scuola diventa un’occasione per l’inclusione sociale degli immigrati e per la “salvezza demografica” della Polonia. In questo contesto la partecipazione degli insegnanti al progetto POI appare assolutamente giustificata. 3. Il corso pilota POI Pianificazione ed eventi del corso pilota Costituire un gruppo di insegnanti per il corso pilota POI non è stato facile. Lodz – la sede del partner polacco del progetto – è una città non molto attrattiva per gli immigrati dal punto di vista economico (il tasso di disoccupazione nei primi tre mesi del 2013 era al 17,6%). Come possiamo rilevare dall’analisi del Dipartimento per l’Istruzione del Consiglio Comunale di Lodz, gli studenti immigrati sono presenti solo in 18 scuole di Lodz (con un totale di 1.500) e la maggior parte di loro ha tra i 7 e i 9 anni. Non ci sono registri statistici per gli studenti con un passato d’immigrazione. Il percorso di reclutamento degli insegnanti è stato portato avanti più volte e alla fine, negli ultimi giorni del gennaio 2013, sono stati selezionati 10 insegnanti provenienti da diversi tipi di scuole pubbliche, in rappresentanza di sei scuole. Quattro di 77 queste si trovano a Lodz, una a Zgierz (10 km da Lodz) e una a Raszyn (vicino a Varsavia). La percentuale di frequenza dei docenti selezionati agli incontri periodici ha raggiunto quasi il 100%, il che ci ha permesso, tra le altre cose, di implementare il modello di formazione/apprendimento. Abbiamo portato avanti un training di 20 ore a diretto contatto con i partecipanti. Durante i sette incontri i partecipanti hanno preso familiarità con la base teoretica dell’integrazione scolastica e ambientale degli studenti, con lo strumento di osservazione, le cui aree sono state analizzate approfonditamente. Aree d’integrazione degli studenti immigrati: nuove sfide per gli insegnanti polacchi Il tema delle relazioni interpersonali all’interno e all’esterno della scuola è ben noto agli insegnanti polacchi. L’analisi di quest’area ha portato a soffermarsi sulle abilità e le conoscenze dei partecipanti rispetto all’allievo immigrato; il che ha evidenziato il bisogno di un pensiero più profondo sul tema delle competenze linguistiche. Diversi commenti sono stati avanzati rispetto ai temi “studenti”, “motivazione” e “risorse scolastiche”, presenti nel Quaderno dell’Integrazione, e ciò ha consentito di pensare ad un contesto favorevole all’inclusione sociale e scolastica degli studenti stranieri. Possiamo ipotizzare che le questioni relative al multiculturalismo, multilinguismo e alla costruzione dell’identità culturale nella migrazione rappresenti, ora e domani, nuove e importanti sfide per gli insegnanti coinvolti nel percorso POI. Nei prossimi paragrafi faremo riferimento ad esse. Lo sviluppo delle competenze linguistiche degli studenti immigrati nell’analisi offerta dai partecipanti al corso POI Come è stato detto nella prima parte di questo contributo, è abbastanza frequente in Polonia dover affrontare la immigrazione di ritorno delle famiglie polacche e il “complicato” percorso scolastico dei minori, specialmente nell’età dei 14 anni. Spesso questi ragazzi e ragazze sono bilingui, ma non hanno acquisito una competenza linguistica sufficientemente sviluppata nelle due lingue (né in polacco, né nella lingua straniera) tanto da permettere un apprendimento scolastico senza ostacoli. In questa situazione è inoltre difficile affermare quale lingua sia la primaria (L1) o la secondaria (L2) nel contesto dei bisogni didattici e del soddisfacimento dei doveri scolastici. Gli insegnanti del POI suggeriscono che la rilevazione/monitoraggio delle competenze linguistiche degli studenti immigrati dovrebbe essere svolto senza fare riferimento a un codice specifico (L1/L2), ma dovrebbe focalizzarsi sullo 78 sviluppo delle competenze nella lingua polacca. Gli studenti di origine polacca che tornano dalla Germania o dai paesi anglosassoni possono portare avanti lo studio delle lingue natie a scuola, sviluppando le abilità che hanno già appreso. Inoltre, gli insegnanti sostengono che, nel caso degli studenti stranieri durante la prima fase di contatto con la lingua polacca, sarebbe fondamentale poter utilizzare strumenti audiovisivi come dizionari o “diari” illustrati all’interno della comunicazione scolastica giornaliera con i compagni, insegnanti e vicini di casa. È importante notare che finora gli insegnanti non hanno riscontrato situazioni critiche riguardanti un disturbo della comunicazione in polacco tra gli studenti immigrati. Gli insegnanti “osservatori” concordano che non hanno riscontrato nessun segno di discriminazione causato da “barriere linguistiche”. A loro avviso, i “problemi maggiori” sono causati dalle difficoltà nella comunicazione con i genitori degli studenti immigrati. Essi ritengono che ciò sia dovuto al fatto che la situazione polacca è differente rispetto a quella dei paesi dove il tasso di immigrazione è nettamente più alto. Le relazioni i classe e fuori della scuola: le osservazioni delle insegnanti Le discussioni in merito alle relazioni interpersonali degli studenti immigrati hanno evidenziato che tale questione è conosciuta agli insegnanti. I dibattiti successivi, ispirati dalle domande dei formatori del percorso, hanno rivelato il bisogno di “un nuovo sguardo alla problematica”. L’esame delle storie degli studenti immigrati, ad avviso degli insegnanti, ha favorito lo sviluppo delle loro capacità di lettura e comprensione delle diverse situazioni scolastiche e degli atteggiamenti degli studenti immigrati. Gli insegnanti sostengono che monitorando le relazioni degli allievi è più agevole individuare il livello di “attrattività” dello studente “osservato” nella classe. Con i test sociometrici è infatti possibile individuare i ruoli assegnati a ciascun studente. I risultati dei test non hanno fatto emergere particolari situazioni di rifiuto o mancata accettazione dell’allievo immigrato da parte dei compagni. Gli insegnanti hanno ammesso che, nonostante li conoscessero, non avevano mai fatto ricorso in passato ai metodi della ricerca sociometrica. Questa discussione, risvegliata dal corso POI, ha avuto il merito di portare l’attenzione degli insegnanti sui metodi di misurazione delle relazioni interpersonali degli studenti. L’identità e la motivazione degli studenti come aree d’inclusione sociale Gli insegnanti hanno osservato che “interrogare” un allievo immigrato sul contesto sociale familiare non è cosa agevole e soprattutto offre scarsi risultati, 79 poiché “gli studenti sanno quanto i genitori vogliono che essi sappiano”. Gli insegnanti hanno espresso il timore di mal interpretare “ciò che vedono”. Hanno invece riscosso molto favore tra i docenti tutte le attività didattiche (suggerite nel POI) che richiedono la partecipazione attiva degli studenti, finalizzate a raccogliere informazioni sul loro background culturale. La “motivazione” degli studenti immigrati e la sua dualità fenomenistica hanno generato un’ampia discussione tra gli insegnanti. La prima dimensione riguarda la motivazione dello studente immigrato rispetto l’inclusione sociale (il percorso d’istruzione e integrazione dovrebbe essere portato avanti in modo che tale allievo “voglia conoscere la cultura del paese in cui è arrivato”). La seconda attiene alla motivazione e all’impegno dello studente rispetto agli apprendimenti. Basarsi su tale motivazione permette di portare avanti il percorso d’istruzione e integrazione attraverso un lavoro di gruppo. Il lavoro degli insegnanti rispetto a questa dimensione potrà così rispondere alle aspettative sui bisogni degli studenti migranti e alla necessità di avere un’approvazione sociale su tale operato. Allo stesso modo l’integrazione sarà la risposta e non la domanda. Far emergere la creatività degli studenti I partecipanti al corso credono che dare spazio alla creatività degli allievi sia una priorità della scuola polacca già da molti anni. Le discussioni e le analisi sorte durante il corso si basavano sull’uso di metodi ben conosciuti che soddisfacessero i bisogni degli studenti immigrati e che potessero essere usati in periodi particolari del loro soggiorno in Polonia. Gli insegnanti ritengono che un esplicito e diretto riconoscimento allo studente immigrato rispetto ai passi in avanti compiuti e ai risultati raggiunti segni comunque un implicito riconoscimento di un percorso di “assimilazione” del background socioculturale dello studente all’interno della classe. Un particolare talento rivelato durante la festa scolastica o la risoluzione di un problema di algebra possono essere motivo di particolare elogio per gli insegnanti e i compagni di classe. Elogi e premi sono strumenti eccellenti per far emergere la creatività degli studenti e accrescere la loro motivazione. Valutazione del corso POI Tutti i partecipanti al corso hanno sottolineato l’utilità dello stesso nel potenziare le proprie abilità e competenze in relazione all’inclusione degli studenti immigrati. Un aspetto che ha ricevuto grande approvazione da parte degli insegnanti è stato l’opportunità fornita dal percorso di scambio e 80 condivisione dei punti di vista su azioni, pratiche, esperienze maturate e sperimentate. Per le azioni future da intraprendere i docenti hanno suggerito l’uso di maggiori strumenti visivi che possano fare riferimento a un documentario (registrazioni di interviste) sulla vita quotidiana degli immigrati nei diversi paesi di arrivo. Per quanto riguarda l’“identità”, questi materiali potrebbero rappresentare uno strumento didattico molto adatto per promuovere la comprensione intersoggettiva. Gli insegnanti ritengono che il corso abbia contribuito a innalzare il loro livello “di preparazione al lavoro con gli immigrati”, “di auto-analisi”, nonché la possibilità di “sperimentare una prospettiva differente nel percepire il fenomeno dell’immigrazione e gli studenti immigrati”, e la possibilità di “apprezzare il valore dell’apprendimento condiviso”. Alla luce delle valutazioni raccolte nelle sezioni precedenti possiamo dire che la struttura del corso e il suo completamento sono soddisfacenti e adeguati. 4. Il Quaderno dell’integrazione: i risultati della sperimentazione Nel gruppo di studenti seguiti con gli strumenti POI vi sono sei bambini di genitori rifugiati e cinque studenti figli di polacchi emigrati nelle diverse parti del mondo che hanno fatto ritorno. La Figura 1 presenta alcune informazioni dettagliate su tali studenti. Fig.1. Studenti “osservati” Nazionalità dello studente Bielorussa Polacca (nato e cresciuto negli USA, i polacchi) Polacca (nato e cresciuto in Australia, i polacchi) Polacca (nata e cresciuta in Australia, i polacchi) Polacca (nato in Polonia ma ha vissuto Germania) Polacca (ma nato e cresciuto in Grecia) Armena Coreana Vietnamita Vietnamita Vietnamita M/F Classe Età F 1° anno scuola primaria 7 M 5° anno scuola primaria 12 M 5° anno scuola primaria 12 F 4° anno scuola primaria 11 M M M M M M M 5° anno scuola primaria 2° anno di liceo 3° anno di liceo 2° anno scuola sec. 1° anno scuola sec. 2° anno scuola primaria 2° anno scuola primaria 12 15 16 17 16 8 8 genitori sono genitori sono genitori sono e studiato in 81 Uno strumento per tutti Gli insegnanti hanno evidenziato l’opportunità di utilizzare lo strumento per monitorare l’integrazione di tutti gli studenti di una classe, e non soltanto degli allievi immigrati. Gli strumenti usati per l’osservazione (e la misurazione) delle relazioni interpersonali e della motivazione degli studenti all’apprendimento sono stati considerati centrali. La maggior parte degli insegnanti che ha testato gli strumenti suggerisce che il Quaderno debba essere ampliato rispetto al lato “emozionale” e che occorra sviluppare gli strumenti per la ricerca di altri fattori che condizionano l’integrazione scolastica (famiglia, fattori economici, disordini di sviluppo, etc.). Molte parti del Quaderno, come meglio si dirà, richiedono poi un adattamento alla specifica “realtà polacca”. Le virtù del Quaderno dell’integrazione secondo gli insegnanti Gli insegnanti concordano che il vantaggio più grande di un lavoro di osservazione di questo tipo è che, usando uno strumento come il “Quaderno”, è possibile tenere sotto controllo tutte le aree significative dei processi di integrazione degli studenti immigrati, individuando così le connessioni tra i vari fattori. Ciò consente di avere una percezione olistica della situazione degli studenti all’interno della classe e della scuola, e una nuova opportunità di sostegno alla loro inclusione sociale e scolastica. Gli strumenti previsti dal Quaderno e usati per la diagnosi delle singole situazioni sono allo stesso tempo i “metodi” di lavoro con la classe. Sono altresì strumenti di riflessione fecondi per la costruzione di un pensiero critico dell’insegnante. Il fatto che gli strumenti possano avere un uso multiplo è un’altra virtù riconosciuta al Quaderno, capace di creare automaticamente un percorso di diagnosi ampio e attivo per monitorare i progressi dell’alunno nel processo d’integrazione. Gli insegnanti hanno sottolineato che il Quaderno “richiede un lavoro di gruppo da parte degli insegnanti” e questo lavoro favorisce lo scambio e l’integrazione tra la comunità docente. 5. Le caratteristiche principali del POI: i profili selezionati degli studenti osservati con il Quaderno dell’integrazione Case study numero 1. Tomas, 12 anni La situazione di Tomas è eccezionale: un ragazzo con doppia cittadinanza nato in Polonia ma cresciuto e istruito in Germania da quando aveva 10 anni. Negli ultimi due anni ha trascorso metà dell’anno scolastico in Germania e l’altra 82 metà in Polonia. Quando è in Germania, la madre si prende cura di lui e quando è in Polonia lo fa suo nonno. Sua madre vive in Germania e non è presente quando il figlio è in Polonia. Gli osservatori non hanno alcuna informazione a disposizione sulla struttura della famiglia del ragazzo, non sanno se questa è presente o che ruolo rivesta suo padre nella sua vita. Tomas riesce a comunicare in polacco a scuola ma fa diversi errori e in situazioni problematiche parla sempre in tedesco. Segue delle lezioni supplementari di polacco ma le sue competenze non migliorano dato che ogni volta subisce un’interruzione di 6 mesi. Durante il soggiorno in Polonia Tomas presenta dei risultati scolastici nella media. Le informazioni sulla sua carriera scolastica in Germania raggiungono la Polonia con un certo ritardo, e generalmente tali informazioni sono di carattere generale (“ha frequentato la scuola ed è passato con un buon voto”). Sulla base di questi documenti è difficile individuare le differenze nel curriculum e orientarlo verso l’acquisizione di conoscenze e abilità. Nessuno sa in quale paese deciderà di vivere. Esaminando le dinamiche delle interazioni nella classe possiamo affermare che Tomas non “esiste” al suo interno. Attira l’attenzione dei suoi compagni solo quando è presente. Di frequente crea dei conflitti tra i compagni e rivela una certa iperattività. Tomas nega di avere amici nella scuola polacca e nella propria classe. Parla sempre dei suoi amici nella scuola tedesca. Possiamo dunque assumere che è isolato dai compagni polacchi. Il suo comportamento irrita i compagni polacchi e la classe dimentica la sua esistenza poco dopo la sua partenza per la Germania. Gli insegnanti cercano di aiutarlo durante il suo soggiorno in Polonia e implementano una serie di azioni di supporto. Sfortunatamente, la maggior parte di queste azioni hanno bisogno di più tempo per raggiungere risultati positivi. Possiamo dire che il ragazzo ha una “doppia” identità. Non sappiamo quale delle lingue sente come la propria poiché considera i contatti con gli amici di lingua polacca ugualmente importanti a quelli con i compagni di lingua tedesca. Gli osservatori suppongono che la qualità dei contatti con i compagni in Germania venga lodata da parte sua come opposizione ai conflitti che crea nella scuola polacca. È difficile trarre delle conclusioni oggettive sulla motivazione di Tomas all’apprendimento dopo aver usato gli strumenti forniti dal Quaderno dell’integrazione. I comportamenti del ragazzo a scuola proverebbero il suo atteggiamento negativo verso adulti e compagni di scuola. Comunque, gli insegnanti osservatori ipotizzano che questa situazione “abbia una doppia 83 base”; sottolineano le “difficoltà nonostante i frequenti contatti tra gli insegnanti e il nonno”, che sembra imbarazzato dalla situazione del ragazzo; lui stesso ha segnalato il suo sentirsi inutile in questa situazione. La situazione eccezionale di Tomas rivela le “mancanze” del Quaderno dell’integrazione, che si rivela non propriamente adatto. Dobbiamo aggiungere, comunque, che esse emergono in relazione al profilo del ragazzo e al contesto della situazione in cui si trova. Dato che la situazione di Tomas è abbastanza tipica in Polonia, si potrebbe pensare di formulare una versione del Quaderno dell’integrazione che tenga conto di queste specificità. Case study numero 2. Adrian, 16 anni Adrian è armeno ed è un rifugiato che vive con la propria famiglia in Polonia da due anni. I suoi genitori sono istruiti, entrambi dottori. La famiglia non è mai stata in un centro per rifugiati e vive in un appartamento in affitto. Il padre ha trovato lavoro come dottore, mentre la madre sta cercando di convalidare la sua laurea. Entrambi hanno un buon lavoro in Polonia e considerano questo paese la loro nuova casa. La famiglia si era preparata al trasferimento in Polonia e tutti i membri avevano studiato la lingua polacca prima di trasferirsi. In Polonia Adrian continua il suo percorso scolastico, in linea con il percorso realizzato in Armenia. Fa qualche lieve errore in polacco e ha buoni voti a scuola. Lo sviluppo delle competenze linguistiche è stato incentivato da corsi supplementari di lingua. Nel primo anno del suo soggiorno in Polonia gli insegnanti hanno organizzato lezioni supplementari di matematica, biologia, etc… Nel caso di Adrian la costruzione di relazioni interpersonali in classe può essere suddivisa in due parti: nel primo anno di scuola le relazioni erano piene di riserva e in continua ricerca di alleanze e la classe lo ha accettato con lo stesso tipo di riserva. Gli incontri individuali di Adrian con gli insegnanti, organizzati dopo la scuola, hanno giocato un ruolo importante nella sua carriera scolastica. Lo hanno reso “attraente” agli occhi dei suoi compagni, ma non necessariamente in maniera positiva. Il secondo anno a scuola ha visto una predominanza di contatti con gruppi “non formali” che hanno avuto un impatto negativo sul suo comportamento, ritrovandosi a essere un “emarginato”. Gli sforzi fatti dagli insegnanti per l’inclusione del ragazzo nella dinamica della classe non hanno portato a molti esiti positivi. Di contro, hanno rafforzato i fattori che avevano causato l’emarginazione dal gruppo. È importante aggiungere che tra questi fattori non ce n’era nessuno che si relazionasse alla sua “individualità” nazionale. 84 Adrian sembra non aspettarsi alcun supporto per le sue relazioni con le sue origini, la sua cultura o la sua lingua. I genitori erano stati trattati ingiustamente nel loro paese e si aspettano di costruire “una nuova vita in un mondo migliore”. Nel caso di Adrian, usare il Quaderno dell’integrazione si è rivelato estremamente utile. Basandoci sui loro appunti gli insegnantiosservatori delineano il profilo dei bisogni didattici dello studente, il quale verrà poi passato agli insegnanti della scuola secondaria. 6. Nota conclusiva I due casi sono completamente differenti e il Quaderno dell’integrazione è stato usato in modi diversi come strumento dell’integrazione dello studente. Vero è che usare il Quaderno ha favorito il lavoro di gruppo tra insegnanti, portando allo sviluppo della percezione da parte degli insegnanti degli studenti immigrati e dei loro bisogni didattici. Il valore che i partecipanti hanno ricevuto nel far parte del corso e del test del Quaderno dell’integrazione sta nella consapevolezza dei problemi che gli immigrati affrontano e nel sentire il bisogno di ampliare la loro conoscenza sulle aree d’integrazione. Riprendendo le parole dei partecipanti al corso affermeremo infine che “solo dopo il corso essi hanno realizzato quali siano i problemi globali dell’immigrazione e quanto sia importante prepararsi al lavoro con loro fornendo la loro inclusione nella società polacca”. Gli insegnanti sono inoltre ben consapevoli del fatto che la presenza di immigrati è un fattore cruciale per il miglioramento della demografia in Polonia e degli standard di vita del paese. Riferimenti bibliografici Dmochowska H. (ed.) (2013), Concise Statistical Yearbook of Poland, Statistical Publishing Establishment, Warsaw, pp. 130-137. Iglicka K. (2013), Imigranci pilnie potrzebni. Fundacja Energia dla Europy, No 8, p.3. Dmochowska, H. (ed.) (2011), Demographic Year of Poland, Statistical Publishing Establishment, Warsaw, p. 427. Todorovska-Sokolovska V. (2009), Integracja i edukacja dzieci imigrantów w szkołach w krajach UE- część I. Materiały nt. integracji dzieci imigrantów w szkołach, Centrum Metodyczne Pomocy Psychologiczno-Pedagogicznej, Warszawa, p. 9. Halik T., Nowicka E. (2002), Wietnamczycy w Polsce. Integracja czy izolacja?, 85 Uniwersytet Warszawski, Warszawa. Szelewa D. (2010), Integracja a polityka Europejska. Raporty i analizy, Centrum Stosunków Międzynarodowych, Warszawa, pp. 36-40. Todorovska-Sokolovska V. (2010), Integracja i edukacja dzieci imigrantów w krajach Unii Europejskiej-wnioski dla Polski, Instytut Spraw Publicznych, Warszawa, pp.13-15. 86 L’esperienza realizzata nelle scuole di Arezzo di Lorenzo Luatti, OXFAM Italia ([email protected]) 1. I docenti “osservatori” Tra conferme e nuove vie da esplorare si muove ormai da tempo l’attività di osservazione con il Quaderno per l’integrazione: a seconda dei territori (degli insegnanti “osservatori”, dei differenti sguardi e contesti…), esso sembra trovare ulteriore linfa e vitalità. Ogni percorso di osservazione con il Quaderno non è mai uguale al precedente, esprime sempre delle originalità, qualcosa di nuovo viene evidenziato, proposto, scoperto. Così è stato anche nella nuova esperienza realizzata ad Arezzo durante un intero anno scolastico, nell’ambito del progetto POI. Partiamo da alcuni dati relativi ai protagonisti del percorso: i docenti “osservatori”, le classi e i ragazzi e le ragazze “osservati”. Dodici le docenti di scuola secondaria di I e II grado che hanno portato a termine il lavoro di osservazione. Otto hanno condotto l’osservazione in forma individuale e quattro in coppia. Una coppia di docenti di scuola superiore ha seguito tre studenti immigrati, un’altra coppia ne ha seguiti due, compilando altrettanti Quaderni. Complessivamente, dunque, sono stati elaborati 13 Quaderni. I ragazzi e le ragazze osservate sono per lo più giunte in Italia nell’ultimo anno scolastico o negli ultimi 2-3 anni; in un caso è stato osservato uno studente nato in Italia. Molti di essi hanno storie di migrazione e percorsi scolastici caratterizzati da una spiccata frammentarietà con frequenti andirivieni tra l’Italia e il Paese di origine. Da Pakistan, Bangladesh, Senegal, Filippine, Rep. Dominicana, India, Brasile provengono i ragazzi e le ragazze osservate: sono soltanto alcune delle tante nazionalità oggi presenti nelle classi delle scuole secondarie della provincia di Arezzo. In effetti, le classi dei docenti coinvolti nel percorso di ricerca-azione sono profondamente multiculturali – sono loro a rivelarlo nella prima parte del Quaderno – sia per la presenza di un numero rilevante di ragazzi e ragazze della migrazione o nati in Italia da genitori stranieri, sia perché si tratta di classi composite e stratificate, assai variegate sotto tutti i profili. 87 Le scuole delle docenti “osservatrici” sono descritte mediamente “inclusive”. La parcellizzazione dell’insegnamento e la scarsa collaborazione e collegialità tra docenti sono alcuni tratti critici, anche rispetto all’inclusione degli studenti stranieri, sottolineati dai docenti delle scuole superiori. Tra le proposte, alcune insegnanti ritengono importante “allestire un laboratorio di L2 permanente, migliorare l’accoglienza attraverso specifiche strategie”, individuare strategie adeguate per favorire un maggiore coinvolgimento delle famiglie all’attività scolastica. Lingua e rapporto con le famiglie si rivelano, dunque, ancora temi problematici su cui occorre lavorare. 2. Osservazioni su alcuni indicatori Passo in rapida rassegna alcune osservazioni raccolte dai docenti, soffermandomi sui principali risultati emersi dai sollecitatori. Al termine di questo contributo ho inserito un paio di “profili” di studenti “osservati” nel corso dell’esperienza POI, che meglio di tante parole evidenziano il lavoro svolto dai docenti. I ragazzi e le ragazze straniere osservate sono in genere piuttosto isolate all’interno del gruppo classe, e con poche relazioni nel tempo extrascolastico. Del resto, i sociogrammi elaborati dai docenti, evidenziando molte esclusioni, sembrano confermare un clima di classe poco inclusivo. I rapporti con i compagni sono legati quasi esclusivamente all’attività scolastica. In genere gli alunni osservati prediligono la compagnia di studenti del proprio Paese di origine, con i quali si va ai giardini, al centro di aggregazione, alla sede di associazione delle comunità di origine. Alle domande “che cosa fai, di solito, dopo la scuola?” e “… che cosa fai il sabato e la domenica?” uno studente di scuola secondaria dice di andare “ai giardini o al negozio del babbo, quando piove sto a casa con la mamma, mia sorella e mio zio”; mentre il sabato e la domenica “sto a casa o faccio una passeggiata”. Rispetto questo clima relazionale poco positivo, emerso e confermato dai sollecitatori relazionali proposti dal Quaderno, alcune docenti di una quarta classe di un Istituto tecnico artistico hanno ritenuto utile sperimentare il sollecitatore denominato “Albero/Diario dei talenti”, fornendone una versione parzialmente nuova, che ha preso il nome di “Gioco dei talenti” (questa la consegna: “ogni studente compila una breve scheda in cui si richiede di elencare tre caratteristiche positive di un altro alunno appartenente alla classe. La compilazione è rigorosamente anonima e i foglietti sono estratti a sorte”). La proposta pare abbia ricevuto una buona accoglienza dalla classe ed 88 è servita ad attenuare contrasti e divisioni. La ragazza osservata è stata segnalata (“è stata l’unica”, scrivono le docenti) per una qualità non psicologica o intellettuale: chi ha ricevuto il biglietto col suo nominativo ha scritto che è “bella”. Tra gli strumenti ad alto contenuto diagnostico e prognostico, il progetto POI ha inoltre sperimentato un nuovo questionario finalizzato alla ricostruzione della biografia linguistica degli studenti. Dalle osservazioni raccolte emerge un quadro socio-linguistico della classe e familiare assai articolato e variegato. Per meglio far partecipare tutta la classe sono state prese in considerazione anche le lingue dialettali, di cui l’Italia è ricchissima. Vi sono così compagni stranieri che parlano la loro lingua d’origine con i genitori, ma anche ragazzi italiani che parlano in famiglia il dialetto della regione italiana di provenienza. Ne sono uscite delle classi (e studenti e famiglie) con “biografie” linguistiche molto composite, come questa raccolta da una docente di scuola media: Paese natale punjabi Lingua madre del padre francese + agni punjabi Lingua madre della madre francese, baoulè punjabi M Bielorussia russo ucraino bielorusso M Ucraina ucraino ucraino ucraino M Italia italiano albanese albanese F Kosovo kosovaro kosovaro kosovaro F Romania rumeno rumeno rumeno M Grecia greco albanese albanese M Italia italiano italiano croato F rumeno rumeno rumeno M Italia italiano albanese albanese M Italia italiano tunisino italiano F F Costa D’Avorio India Romania Lingua madre studente francese 89 In casa parla… I genitori parlano… A scuola parla… francese, italiano italiano, punjabi russo, italiano russo, ucraino, italiano albanese, italiano kosovaro italiano rumeno italiano albanese italiano croato, italiano rumeno italiano albanese italiano italiano francese Italiano (poco) italiano punjabi russo russo, ucraino, italiano albanese italiano (poco) italiano italiano kosovaro italiano rumeno italiano albanese italiano croato, italiano rumeno italiano albanese italiano italiano italiano italiano italiano italiano F Italia (Firenze) F Italia (Montevarch i) M Italia (Campania) toscano sardo toscano toscano toscano toscano toscano napoletano siciliano toscano napoletano , toscano toscano accento calabrese calabrese napoletano accento calabrese napoletano pugliese Italiano, pugliese Accento napolet ano Accento pugliese Italiano, siciliano italiano italiano italiano italiano italiano F Italia Pugliese, pugliese beneventan (Montevarch italiano o i) M Italia italiano toscano siciliano (Firenze) M Italia italiano calabrese toscano (Montevarch i) Altri 3 alunni sono “autoctoni” da più generazioni Una ragazza senegalese dice di parlare con mamma papà e i fratelli prevalentemente in francese, ma anche in wolof; mentre i suoi genitori tra di loro parlano in questa lingua. I cinque luoghi in cui non parla la lingua italiana sono: “in Senegal, a casa, con i familiari, con i miei amici senegalesi e durante le feste religiose”. Il questionario aperto per gli studenti evidenzia ragazzi e ragazze piuttosto soli di fronte alle difficoltà nella nuova lingua, soprattutto rispetto all’italiano delle discipline: dicono di non avere nessuno che l’aiuta, una ragazza scrive che a casa “non possono aiutarla”; ma anche di non essere contenti dei propri risultati scolastici e che essi erano migliori nel Paese di origine (“ero la prima della classe”, scrive una ragazzina). Alla domanda di tipo proiettivo (“cosa consiglieresti ad un amico che è appena arrivato nella scuola”?) i ragazzi e le ragazze immigrate consiglierebbero di “essere molto forte, coraggioso e insistere nell’imparare l’italiano che è difficile, ma che ci riuscirà”; oppure “parlare di più con gli amici italiani perché così sarà più facile impararlo”. Un’altra ragazza consiglia di “andare nei centri dove aiutano a fare i compiti”. Per quanto riguarda i progetti per il futuro gli studenti osservati hanno le idee ancora un po’ confuse, sono indecisi, ancora non sanno o non si esprimono. Una ragazza di scuola media vuole fare ragioneria, poi proseguire all’università, ma pensa che “non ci sono i soldi”. Un ragazzo dominicano delle seconda classe di un istituto professionale dopo la scuola vorrebbe lavorare, fare il tecnico elettronico, ma vorrebbe anche essere un buon padre di 90 famiglia. I suoi genitori vogliono “che io sia un professionista e che studi”. Una ragazza indiana della stessa scuola vuole continuare gli studi, per fare “l’università di moda”, perché il suo sogno è fare la parrucchiera o la stilista. Un sogno, un desiderio ricorrente nelle ragazze – come quello di “costruirsi” una famiglia, soprattutto nei ragazzi – come è emerso anche in altre sperimentazioni del Quaderno. Durante il percorso di osservazione, i docenti hanno anche avuto modo di registrare alcuni eventi di integrazioni e di svolta. Per una ragazza bengalese l’occasione di integrazione è stata la presenza in classe di due studenti del proprio Paese che ha facilitato l’inserimento, visto che fin da subito tra di loro hanno comunicato nella medesima lingua. Per un ragazzo e una ragazza filippini neo-arrivati, fratello e sorella, la possibilità di inserirsi positivamente nel gruppo classe è stata fornita dalle attività e dai progetti sul badminton e sul teatro che hanno favorito lo sviluppo di una migliore relazione con i compagni. Altri eventi di sblocco sono raccontati nei “ritratti” che alleghiamo al termine di questo contributo. 3. Aspetti di forza e di criticità L’esperienza condotta ad Arezzo conferma la validità di questa proposta formativa. Le risposte dei docenti alla domanda conclusiva su “cosa ho ricavato” dall’osservazione hanno sottolineato che il Quaderno ha consentito di affinare lo sguardo e mettere in atto un’osservazione attenta e consapevole, favorendo una maggiore consapevolezza del ruolo dell’insegnante nel promuovere l’inclusione degli studenti stranieri; ha dato inoltre ai docenti la possibilità di confrontare i vari punti di vista, mediarli e superarne la naturale soggettività. Il quaderno potrebbe diventare una sorta di “carta d’identità” che accompagna lo studente nel suo iter scolastico e nei suoi eventuali spostamenti. Una insegnante di scuola media scrive che “le attività proposte sono state importanti perché hanno permesso di conoscere più approfonditamente gli alunni e di scoprire aspetti delle dinamiche relazionali che non erano stati dapprima notati”. Un’altra docente descrive così le difficoltà e le scoperte: Il Quaderno dell’integrazione è uno strumento che ho imparato a conoscere “in fieri”. Il mio scetticismo iniziale si è “sciolto” via via che applicavo i vari sollecitatori. Ho provato una grande limitazione tra quello che avrei voluto fare e quello che in realtà sono riuscita a realizzare. Alla scuola secondaria di primo grado i tempi sono molto contingentati e pressanti. Io, che insegno inglese, mi 91 sono trovata a “rubare” momenti nelle ore libere o a chiedere “permessi” ai colleghi per poter presentare una griglia o fare un sondaggio. Infatti quello che è mancato maggiormente è stata la collaborazione dei colleghi. Nonostante avessi presentato il progetto al Consiglio di classe, ottenendo pure attento ascolto, quando poi siamo scesi nella realtà dei fatti, il lavoro è stato portato avanti solo da me. È stata comunque un’esperienza positiva, che mi ha avvicinato molto all’alunna “scelta” capendone i disagi e creando con lei un buon rapporto che ha contribuito alla migliore integrazione nella classe […]. A percorso concluso ho condiviso con la mia collega di italiano il lavoro realizzato con C. e ne è stata entusiasta. Mi ha “promesso” che il prossimo anno cercherà di riprendere il mio “Quaderno” per presentarlo alla nuova classe prima, in modo che veramente sia un “quaderno dell’inte-g-razione” rivolto a tutti e non come quest’anno in cui ha avuto solo il ruolo di “apripista”. Uno strumento ad alto contenuto diagnostico e prognostico si è rivelato il “Questionario sull’autobiografia linguistica e lo schema di comunicazione intrafamiliare” che, sperimentato per la prima volta nell’ambito del progetto POI, ha portato oltre alla raccolta di informazioni sulle lingue e dialetti utilizzati a casa (e non solo) dagli studenti, ad un generale miglioramento del clima della classe, grazie ad una attività dove tutti hanno avuto qualcosa da dire. Una criticità emersa è stata la presenza di molti docenti che hanno condotto l’osservazione individualmente. Spesso molti insegnanti hanno avvertito il proprio isolamento all’interno della scuola: sia perché da sole a fare osservazione, sia perché sono state le uniche della propria scuola a partecipare al POI, sia perché la stessa scuola non ha “riconosciuto” questo loro impegno. Solo in taluni limitati casi le docenti coinvolte sono riuscite a parlarne nel collegio dei docenti. Lo scambio è stato condotto prevalentemente durante gli incontri previsti dal percorso POI. Si può concludere su questo punto che un percorso di questo tipo ha ricadute formative diverse in base alle modalità di partecipazione dei docenti, ma rischia di non averne alcuna se la scuola non fa propria questa esperienza e gli strumenti proposti. Una indicazione per il futuro è di assicurarsi previamente un coinvolgimento forte di alcune scuole, dal livello dirigenziale, alle funzioni strumentali fino a tutto il corpo docente. Non mancano gli spazi per migliorare, arricchire e adattare il Quaderno alle diverse esigenze conoscitive. L’esperienza di Arezzo evidenzia il carattere flessibile dello strumento, il quale può adattarsi alle differenti esigenze e ai mutevoli contesti in cui è sperimentato. Una nuova versione del quaderno 92 dovrebbe tenere conto di alcuni evidenze, segnalate dagli stessi docenti di Arezzo. In primo luogo, i mutamenti/specificità dei singoli contesti territoriali. Ad esempio, in Italia negli ultimi anni gli studenti neo-arrivati sono sempre di meno, mentre aumentano le “seconde generazioni”. Il Quaderno è stato inizialmente pensato per l’osservazione di alunni neo arrivati; negli ultimi anni, considerando questa evoluzione, lo strumento al suo interno ha cercato di porre una distinzione tra le sue singole parti (indicatori e relativi sollecitatori, item…) riservate all’osservazione degli alunni neo-arrivati, da quelle per gli alunni stranieri con un percorso di scolarizzazione in Italia medio-lungo, da quelli che hanno tutto il percorso di scolarizzazione in Italia (“nati qui”, in genere). Ora, questa articolazione è stata considerata come un ulteriore elemento di criticità. Innanzi tutto, perché ha generato “confusione” tra i docenti, è parsa macchinosa, anche graficamente poco funzionale e complessa. Le distinzioni tra le varie tipologie di alunni osservati (come detto sopra) nonché i molteplici rimandi da una parte all’altra del Quaderno, tra item e sollecitatori, tra parti per l’osservazione del singolo alunno e quelle per tutta la classe, dovranno essere ripensate. La proposta, che parte anche da una lettura dell’attuale fenomeno migratorio a scuola potrebbe essere: - elaborare due distinti Quaderni: a) uno più centrato sull’osservazione di uno o più alunni neo-arrivati (che segue dunque lo svolgersi degli indicatori dell’attuale versione del Quaderno); un secondo Quaderno solo per l’osservazione dell’intera classe, composto da item e sollecitatori rivolti a tutta la classe (e nell’attuale versione ve ne sono diversi); - in entrambi i casi menzionati, unire gli item ai relativi sollecitatori e studiare una soluzione graficamente e stilisticamente più funzionale per facilitarne l’uso. In secondo luogo, occorre ripensare lo strumento in base al livello di scolarità a cui è destinato. L’esperienza, anche quella di Arezzo, ci dice che lo strumento, con le osservazioni sopra riportate, funziona molto bene per i livelli di istruzione primaria e secondaria di I grado. Ha confermato invece tutte le sue criticità con le scuole superiori. Ciò dipende da più fattori: la forte parcellizzazione degli insegnanti e degli insegnamenti che si riscontra nelle superiori non favorisce l’accoglimento di una proposta che invece richiede tempo e tempi, condivisioni e presenze prolungate per svolgere adeguatamente l’attività di osservazione. Inoltre, lo strumento forse risente di una scarsa contestualizzazione rispetto ad una realtà di questo tipo: in questi anni si è cercato, con scarso successo di “adeguare” gli insegnanti delle 93 superiore a tale proposta; forse occorre adeguare la proposta alla realtà delle loro scuole. Accorgimenti e calibrature che certamente possono semplificare lo strumento, e dunque possono rivelarsi utili per un impiego più immediato. Non bisogna nascondersi, tuttavia, che lo scoglio principale che i docenti incontrano, non è tanto costituito dalla forma dello strumento, quanto da una metodologia e da una pratica – di osservazione e ricerca-azione – che non fa parte del proprio background formativo. Infine, una proposta da rilanciare per future adozioni del Quaderno è quella di indagare meglio come è cambiata l’idea di inte(g)razione/inclusione nei docenti dopo un percorso di questo tipo. Qual è la “nostra” idea di integrazione quando iniziamo un percorso di osservazione di questo tipo? Come è cambiata alla fine del percorso? Per un “Portfolio” che si definisce “dell’integrazione”, costruito su indicatori e dimensioni, queste sono domande importanti. Meriterebbe pertanto non proporre all’inizio una definizione del termine, ma sollecitare i docenti a esplicitare qual è la loro idea, cosa intendono per alunno positivamente integrato (e viceversa); e poi rileggere tali rappresentazioni a percorso concluso. Forse, avremo sviluppato un modo nuovo di pensare l’integrazione e ai percorsi di inclusione, sicuramente più articolati ed empiricamente fondati. A seguire riprendo un paio di “ritratti” di studenti elaborati al termine dell’esperienza da due insegnanti di scuola secondaria di I grado. Il primo è il profilo di una allieva della Costa d’Avorio, il secondo di una ragazza del Senegal. È stato naturale e spontaneo scegliere C. per poter utilizzare il Quaderno dell’Integrazione. Si è fin da subito mostrata un’alunna corretta e sensibile, molto educata e motivata. La prima difficoltà nell’integrazione scolastica ed extrascolastica è stata ovviamente la lingua. Originaria della Costa d’Avorio, C. parla correttamente il francese, così come la sua famiglia e l’insegnante di francese ed io siamo stati il suo primo punto di riferimento. È arrivata all’Istituto M. alla fine del mese di settembre, quindi poco dopo l’inizio delle lezioni, ma in realtà non era la sua prima volta in Italia. La sua famiglia infatti, era già venuta qua quando lei era molto piccola, non ha frequentato la scuola materna, ma ha iniziato il ciclo della scuola primaria proprio a …. presso la scuola P. Dopo il primo anno però sono tutti ritornati in Costa d’Avorio, dove la bambina ha completato la scuola primaria. L’impatto con la prima classe della scuola “media” è stato abbastanza forte per vari motivi: - l’accoglienza dei compagni non è stata molto calda, anche perché è una classe dove su 21 alunni ben 8 sono di origine straniera, quindi non è stata l’unico polo 94 d‘attrazione. In fondo altri 7 compagni dovevano pensare ad essere accettati anche loro e non si sono posti il problema di “pensare a lei”. - Nello stesso tempo i compagni italiani si trovavano in una condizione di scoperta (non facilitata dal comportamento irruento di un alunno con certificazione) e hanno fatto gruppo ognuno con gli ex amici delle “elementari”. - La lingua è stata un grosso ostacolo. Il suo maggior rammarico è stato quello di “non capire”, lei che nel suo paese era la prima della classe! Nonostante l’impegno e la volontà nel voler fare quello che facevano gli altri, le sue competenze pregresse non venivano ancora fuori. Meno male che invece a francese era una campionessa! Si sono ben presto messi in atto i corsi di italiano L2 ed è intervenuta anche una mediatrice linguistica anche se solo per cinque ore (i finanziamenti sono sempre risicati) che ha avuto anche l’opportunità di presentare alla LIM una lezione sulla Costa d’Avorio, durante la quale C. ci ha raccontato la vita dei bambini ivoriani, i loro giochi e soprattutto la loro cucina. Ci ha spiegato ricette e illustrato piatti utilizzando la lingua francese e suscitando nei compagni anche qualche punta di invidia per la sua competenza linguistica. Forse da questo momento si è stabilito un legame particolare con una compagna, anche lei un anello debole della classe; una ragazzina con un lieve ritardo, buona e gentile, che ha condiviso con lei i momenti di esclusione dal gruppo. Dai sollecitatori utilizzati nel corso nei mesi, emerge che al di fuori dell’ambiente scolastico, la ragazzina non frequenta i compagni di classe, anzi di più, si può dire che non abbia amici o amiche. Non frequenta palestre o parrocchie quindi la lingua italiana viene consolidata e appresa principalmente a scuola. Gli ambienti che lei frequenta, limitati alla casa di una parente o al centro di preghiera, sono occasioni per utilizzare normalmente il francese. D’altra parte anche la madre sottolinea l’importanza di non dimenticare la propria lingua d’origine anche se è contentissima delle occasioni che la scuola ha organizzato per l’apprendimento dell’italiano. Dopo pochi mesi, circa a febbraio, ho presentato a C. il sollecitatore E con il quale ho potuto cogliere i suoi stati d’animo che adesso era già in grado di esprimere in italiano. Emergono le sue difficoltà scolastiche. Non è contenta di se stessa perché sottolinea ancora come fosse molto brava nel suo paese mentre adesso “non ce la fa”. Si rammarica che nessuno la può aiutare nè in famiglia nè gli amici (perché non ne ha!) e ringrazia sempre le insegnanti che hanno per lei un ruolo importantissimo anche sul piano affettivo. Le piace l’italiano anche se ne riconosce la complessità e tra le parole che più le piacciono compaiono: TORTA, FORMAGGIO, MANGIARE ma anche BALLARE. Mi sorprende non poco quando elenca le parole più difficili (che sono difficili per qualunque altro bambino della sua età!): TELECOMUNICAZIONI, COMPIACERE, LUCENTEZZA, STRINGHE. A questo punto scoppiamo a ridere, spinte da motivi diversi, ma ci sentiamo unite e complici. Il sollecitatore ci 95 aveva “sollecitato” a giocare insieme. La tappa successiva è stata quella del sollecitatore con il quale si chiedeva di far prendere coscienza all’alunno su “come eri – come sei “ etc. sia nel tuo paese che in Italia. È stato ovviamente importante che C. avesse raggiunto una sufficiente conoscenza dell’italiano per poterle spiegare la metafora. Ho cercato di non utilizzare il francese e ce l’abbiamo fatta. È ormai chiaro quanto la ragazzina abbia delle ottime capacità di apprendimento, supportate da non minore volontà e tenacia. È venuto un quadro particolarmente toccante dove si è sempre paragonata ad elementi naturali con simbologie chiare e incisive. A casa C. è un fiore in mezzo agli alberi. A scuola è un uccellino solo nel nido. Nel suo Paese è un albero con l’acqua, i fiori e il vento. In Italia è una piantina con poche foglie. Non c’è bisogno di essere grandi psicologi per interpretare il sentimento di sicurezza che C. trova nei suoi ambienti e la fragilità e delicatezza che invece vive negli ambienti “nuovi”. L’ultima parte di cui vorrei parlare è quella di “cosa vorresti fare da grande” e la realtà con tutta la sua durezza diventa delicata, quando vengo a sapere che il sogno di C. è quello di diventare una “segretaria”. Mi viene da sorridere. Lei aggiunge che non lo sa se potrà esserlo, perché non sempre “ci sono i soldi”. E allora questo cammino insieme a lei è stato importante anche per me. Mi ha fatto capire, ancora una volta, che la grandezza di un sogno è nello sforzo del suo raggiungimento, non certo nella sua originalità. L’alunna oggetto della mia osservazione è di nazionalità senegalese e frequenta la classe II media. L’Istituto ha una percentuale di alunni non italofoni superiore al 10%; le nazionalità presenti sono per la maggior parte di origine albanese e rumena, cui si aggiungono indiani provenienti dal Punjab, marocchini e senegalesi. L’alunna è nata ad Arezzo nel 1999 e ha quindi un anno in più rispetto ai compagni della classe. Ha frequentato l’asilo nido, la scuola dell’infanzia e parte della primaria in Italia. Quando frequentava la II elementare la bambina con la famiglia è tornata in Senegal e lì è rimasta per due anni per poi nuovamente tornare in Italia. Al momento del rientro in Italia è stata inserita nella classe IV della scuola primaria. Al suo ingresso alla scuola secondaria, le maestre hanno riferito che la bambina aveva un carattere ribelle e che presentava problemi relazionali, con i compagni, ma non con gli insegnanti. Nel precedente anno scolastico quanto detto dalle maestre venne confermato dagli insegnanti perché il rapporto con i pari, per quanto la bambina avesse lasciato vecchi compagni e ne avesse conosciuti altri, si rivelava spesso difficoltoso. La bambina attualmente presenta molte mansioni domestiche nell’ambito familiare. La famiglia è composta dalla madre e da due fratelli più piccoli, dei quali deve quotidianamente occuparsi, sia al mattino, affinché si vestano per andare a scuola, sia alla sera. Il padre viene raramente (vive in Senegal). La famiglia professa la 96 religione musulmana ed è solita riunirsi con altri senegalesi in occasione di feste religiose. Dal punto di vista scolastico la bambina ha raggiunto risultati soddisfacenti: parla correttamente francese e italiano, oltre che la lingua locale senegalese ed ha buone capacità, anche se l’impegno dimostrato si rivela non sempre continuo. Nel precedente anno scolastico si sono presentati problemi che hanno costretto a coinvolgere l’assistente sociale che segue la famiglia, in quanto la ragazzina aveva più volte preso le colazioni dei compagni e nascosto oggetti, principalmente per attirare l’attenzione su di sé. Inoltre le relazioni con i compagni erano sempre contraddistinte da screzi e modi di rivolgersi non sempre corretti da parte della ragazzina. Quest’anno la situazione è molto migliorata, questi tentativi volti a ricercare l’attenzione non si sono più verificati, anche se qualche volta è emersa, da parte sua, la sensazione di non sentirsi pienamente accettata da parte dei compagni. La bambina riferisce di essere in rapporto di amicizia nella classe, sul totale di 24 alunni, solo con tre o quattro compagni. Frequenta, fuori dalla scuola, questi quattro alunni, tutti di nazionalità italiana, solo raramente, anche perché abita in una zona periferica della città e quindi la madre dovrebbe accompagnarla in auto per andare nel centro storico del paese, dove solitamente si ritrovano i suoi compagni. Quindi le possibilità di vedere i compagni fuori dalla scuola sono limitate alle richieste da parte degli insegnanti per ricerche o lavori di gruppo. La ragazza, stimolata dalla madre, frequenta altri pari età che provengono dal suo paese di origine. Nel pomeriggio, fin dalla scuola primaria, ha cominciato a frequentare un Centro gestito dal Comune, dove alcuni educatori la aiutano nello svolgimento dei compiti. I giorni in cui non frequenta questo Centro, svolge i compiti da sola e si occupa dei fratelli e gioca con loro. Riferisce che questo compito assegnatole dalla madre non sempre è semplice perché i due fratellini spesso non si vogliono vestire e cominciano a rincorrersi. In questi due anni scolastici la frequenza dell’alunna è stata sempre regolare e la madre si è mostrata sempre presente e partecipe ai colloqui pomeridiani di dicembre e aprile e del mattino, in occasione degli incontri con l’assistente sociale. Durante l’attività di compilazione del Quaderno dell’Integrazione e in classe la bambina ha parlato spontaneamente della propria storia e del proprio paese di origine, riferendo gli usi, i costumi, gli eventi significativi, facendo riferimento alla sua lingua d’origine. Nell’affrontare l’argomento non ha mai manifestato atteggiamento di rifiuto ed ha sempre dimostrato fiducia nei confronti dell’adulto. La sua motivazione ad apprendere è cresciuta, dimostrandosi interessata molto, nella materia che insegno, alla letteratura italiana. 97 98 I cambiamenti della migrazione in Grecia di Nikoletta Ntelli, Clarus, Grecia ([email protected]) 1. Il contesto dell’immigrazione in Grecia e i cambiamenti intervenuti L’immigrazione (inclusi gli immigrati irregolari) è oggigiorno uno dei temi più popolari del dibattito politico in Grecia. I flussi immigratori verso la Grecia vi sono da oltre 30 anni, tuttavia è solo dopo il 1991 che si registrara una migrazione di massa, ovvero da quando il regime comunista albanese è collassato. Da quell’anno, la Grecia ha ricevuto flussi migratori di massa incontrollati e non autorizzati, il che limita la reperibilità e l’affidabilità di dati e statistiche rilevanti. Oggigiorno, le autorità e i ricercatori greci sono unanimi nel dichiarare che la popolazione migrante ammonta ad oltre un milione di cittadini provenienti da paesi terzi (ovvero più del 10% della popolazione totale e più del 12% della forza lavoro). Le aree continentali più rappresentate sono l’Est e Sud-Est Europa (specialmente dall’Albania, con la percentuale più alta, dalla Bulgaria, la Georgia e la Romania), e immigrati asiatici (soprattutto dal Pakistan e dall’India). Valutando la situazione summenzionata, la legge sull’immigrazione in Grecia ha (negli ultimi 15 anni) lottato per limitare la migrazione (legale e irregolare) dato che è risaputo che l’immigrazione ha effetti sfavorevoli riguardo agli aspetti sociali, economici e culturali della società greca. Dopo il flusso massiccio di immigrati nel 1990, il governo greco ha introdotto la Legge sull’Immigrazione 1975/1991 riguardo “Entrata-uscita, soggiorno, impiego, espulsione dei clandestini, determinazione dello stato di rifugiato e altre disposizioni”. Questa legge ha disciplinato l’entrata, uscita e soggiorno di stranieri non cittadini dell’Unione Europea; ha rafforzato i controlli dello Stato verso i cittadini di paesi terzi ai confini e all’interno del paese. L’efficacia della Legge 1975/1991 è stata messa in dubbio vista la sua scarsa capacità di arginare l’immigrazione irregolare. Perciò, nell’aprile del 2001, una nuova Legge sull’immigrazione è stata adottata in Grecia con il titolo di “Ingresso e residenza di clandestini nel territorio greco, acquisizione della cittadinanza greca attraverso la naturalizzazione e altre disposizioni”. Questa legge ha 99 cercato di stabilire delle condizioni normative per una migrazione a lungo termine, e allo stesso tempo ha cercato di armonizzarsi con le legislazioni sull’immigrazione adottate dagli altri paesi dell’UE. Nonostante tutto, lo scopo non è stato raggiunto come testimonia l’evoluzione del fenomeno migratorio in Grecia in questi anni. In aggiunta a quest’ultima legge, la Grecia ha firmato un numero di accordi bilaterali con altri paesi per fissare gli obiettivi nel campo delle normative sull’immigrazione. Tali accordi sono stati siglati con alcuni paesi dell’Est e Sud-Est Europa (Croazia, 1995; Slovenia, 1995; Romania, 1995; Bulgaria, 1996; Polonia, 1996 e Turchia, 2000/2001). Gli accordi bilaterali sono utili ai fini della cooperazione tra le polizie dei vari paesi per prevenire il crimine organizzato, in aggiunta a controlli più efficaci ai confini comuni. In generale le politiche nazionali d’immigrazione in Grecia non possono essere considerate di successo. La Grecia, quindi, ha bisogno di politiche d’immigrazione efficaci che possano controllare l’immigrazione legale assicurando un’integrazione pacifica e ordinata degli stranieri. Tali politiche devono necessariamente tenere in considerazione i bisogni lavorativi del mercato greco. Le normative passate, nonostante si siano rivelate inefficaci, avevano delineato i bisogni maggiori del paese per quanto riguarda lo sviluppo delle politiche d’immigrazione. Tali bisogni includono la necessità di una raccolta dati coerente, di uno sviluppo di politiche in collaborazione con i paesi vicini e di un’armonizzazione delle politiche transnazionali a livello dell’UE. Tali mancanze hanno prodotto effetti negativi, a partire dal cambiamento nell’atteggiamento dei greci nei confronti degli immigrati, portando a un maggior sostegno del partito neonazista nel Parlamento greco. Tradizionalmente, i greci vengono considerati generosi e ospitali verso gli stranieri. Xenia (dal greco: ξενία, xenía, trad. “amicizia verso l’ospite”) è l’antico concetto greco di ospitalità e generosità associato alla persona che dà la propria ospitalità. I rituali di ospitalità crearono ed espressero una relazione reciproca tra l’ospite e l’ospitante sia tramite beni materiali (come dare doni) e non materiali (come protezione, riparo, favori o certi diritti normativi). Sfortunatamente, il flusso massiccio di immigrati in Grecia accompagnato da alti tassi di criminalità e mancanza di politiche d’immigrazione efficaci hanno fatto sì che la Grecia si ritrovasse in una strana situazione. La famosa ospitalità greca non esiste più (specialmente nelle grandi città) e la maggior parte dei greci è diventata razzista nei confronti degli stranieri incolpandoli per 100 l’aumento della criminalità. Anche il concetto di ospitalità (xenios Zeus) adesso viene usato ironicamente per descrivere le attività della polizia nell’arrestare e mettere in prigione gli immigrati clandestini. Per non parlare dell’ascesa del partito neonazista (Alba Dorata) nel Parlamento greco, un partito che sembra avere un forte impatto su una porzione significativa della popolazione greca. 2. Esperienza nazionale: i risultati del focus group Durante le ricerche del POI per il miglioramento del Quaderno dell’Integrazione, una delle metodologie usate è stata la Ricerca attraverso Focus Group. L’obiettivo principale della Ricerca (RFG) è stato raccogliere informazioni generali e dettagliate sulla percezione dell’insegnante rispetto all’integrazione degli allievi immigrati. La RFG ha inteso fare una diagnosi dei bisogni didattici dell’insegnante e delle sue aspettative riguardo le offerte di training nell’ambito del processo di integrazione scolastico. Nel progetto POI abbiamo anche usato l’Expert Focus Group (come una delle tecniche dei metodi del focus group), il che significa che i membri del gruppo di ricerca sono esperti dell’insegnare nelle scuole secondarie. Seguendo le linee guida del progetto, i membri del gruppo avevano 5 o più anni di esperienza lavorativa ed erano impiegati in scuole diverse. Ogni incontro focus ha previsto la partecipazione di un minimo di 6 ad un massimo di 10 persone. Il gruppo di ricerca era composto da un moderatore e 1-2 assistenti. Ai focus group realizzati in Grecia hanno partecipato insegnanti di scuole con un alto tasso di studenti immigrati; poi sono state realizzate delle interviste a due esperti. I focus si sono realizzati in un clima molto positivo e collaborativo: gli insegnanti si sono dimostrati disponibili a fornire tutte le risposte, benché vi sia stata una grossa difficoltà a raccogliere i dati personali e professionali. Non pochi hanno dato l’impressione di sentirsi sotto esame o valutazione. Ai membri del gruppo sono state rivolte varie domande: è stato chiesto quale fosse la loro percezione sulla “diversità degli immigrati” nelle scuole secondarie, quale fosse la loro percezione sull’“integrazione” (il significato del termine e del processo, lo stato d’integrazione dello studente migrante); l’opinione sui metodi e gli strumenti più utili per favorire l’integrazione scolastica dei bambini e ragazzi immigrati; la percezione di se stessi rispetto alle abilità/competenze dell’insegnante, nonché le loro aspettative di training. 101 Per quanto riguarda la diversità e l’integrazione degli immigrati, tutti i componenti il gruppo hanno posto l’accento sull’assoluta necessità di azioni per l’integrazione (e l’accoglienza), ritenendo utili prevedere lezioni speciali di 1-2 anni che permettano allo studente immigrato di mettersi in pari con gli altri studenti, specialmente rispetto all’ambito linguistico. In Grecia, gli studenti immigrati rappresentano quasi un terzo degli studenti nella scuola secondaria. Una grande percentuale viene dall’Albania: si tratta di immigrati di seconda e terza generazione che si sono ben integrati nel sistema scolastico greco e parlano e vivono in un modo che è difficile distinguere da quello dei compagni greci. Ci sono anche bulgari, indiani e pakistani che hanno maggiori difficoltà, specialmente con la lingua. Gli studenti indiani e pakistani sono stati anche definiti “isolati” poiché gli insegnanti hanno sostenuto che spesso siedono da soli, non si mescolano con gli altri studenti e sono molto silenziosi. Nonostante ciò, hanno competenze linguistiche molto buone in inglese come hanno riferito gli stessi insegnanti d’inglese. Riguardo il processo di integrazione, tutti gli insegnanti del focus group hanno evidenziato il fatto che non c’è un percorso “formale” del Ministero per l’Istruzione e che devono basarsi sulle loro abilità, competenze e impegni individuali nell’integrare gli studenti nella classe. Gli insegnanti hanno sottolineato più volte i propri bisogni formativi su queste tematiche, e riguardo gli strumenti e le metodologie più valide da usare a scuola e in classe. I loro suggerimenti riguardo il Quaderno dell’integrazione possono essere riassunti come segue: lo strumento dovrebbe essere agevole e di facile impiego, dovrebbe contenere la dimensione sociale dell’integrazione, brevi informazioni riguardo la cultura di ogni allievo migrante, gli strumenti, i metodi e le tecniche specifiche dal punto di vista psicologico e, infine, non dovrebbe essere teoretico ma pratico. 3. La necessità dell’integrazione di uno strumento come il Quaderno La presenza di un numero significativo di nuovi arrivati immigrati in Grecia ha implicazioni importanti per il sistema scolastico. Le scuole devono adattarsi a questa nuova presenza e offrire risposte adeguate ai bisogni particolari che tale presenza reclama, garantendo un’istruzione di alta qualità ed equa. L’istruzione è la chiave di volta per consentire a tali studenti di diventare cittadini attivi e protagonisti nel paese ospitante; per far sì, in altre parole, che 102 dall’immigrazione scaturisca un doppio beneficio, sia per la società di approdo che per i migranti. La scuola deve giocare un ruolo di guida nel creare una società inclusiva e coesa poiché l’integrazione sui banchi di una classe è lo specchio dell’integrazione nella società. L’immigrazione può essere un arricchimento per l’esperienza didattica e cognitiva rispetto all diversità linguistica e culturale, e potrebbe portare risorse inestimabili alle scuole. Può aiutare e rafforzare la pedagogia, le abilità e la conoscenza stessa. Sfortunatamente, come evidenziato degli insegnanti del focus group, non esiste un percorso formale guidato del Ministero per l’Istruzione che fornisca agli insegnanti le competenze, conoscenze, le tecniche e gli strumenti significativi per la gestione della classe multiculturale. Il ricorso ad uno strumento semplice da utilizzare parrebbe molto importante, specialmente per quegli insegnanti che non hanno esperienza pregressa con studenti immigrati. Le abilità interculturali dello studente – e degli insegnanti – e la capacità di entrare in un dialogo rispettoso con le persone di un background culturale differente sono competenze che devono, e possono, essere costruite. In questa prospettiva, il progetto POI offre un adattamento al contesto europeo di uno strumento a carattere osservativo, centrato sullo studente e sulla classe – il Quaderno dell’integrazione, testato in Italia da diverse autorità locali e scolastiche – ,con l’obiettivo di aggiornarlo al multilinguismo e alla valorizzazione dei talenti e delle abilità grazie alla collaborazione dei partner europei. Il Quaderno dell’integrazione invita all’osservazione delle dinamiche dell’integrazione all’interno di diversi contesti e diversi punti di vista (l’insegnante che osserva, professionisti come mediatori culturali, attività linguistiche etc.): sollecita quindi gli insegnanti a raccogliere le conquiste, le paure, le motivazioni e le strategie di apprendimento attuate nella classe con i bambini e ragazzi immigrati. Il Quaderno, come rivelano i loro ideatori, è uno strumento flessibile: può essere usato nel suo insieme o solo parzialmente, per l’intero anno scolastico o per un semestre; può essere usato da un insegnante ma esprime i suoi effetti migliori quando viene usato dagli insegnanti che lavorano nella stessa classe. È anche un modo efficace per monitorare l’efficacia degli strumenti adottati e delle attività realizzate per favorire l’integrazione (corsi di L2, impiego di mediatori linguistici e culturali, corsi di espressione creativa…). In questa prospettiva, è esattamente lo strumento descritto e desiderato dagli insegnanti coinvolti nel focus group. 103 Riferimenti biblio-sitografici http://www.athensguide.com/practicalinfo/population.htm https://www.cia.gov/library/publications/the-worldfactbook/geos/gr.html http://en.wikipedia.org/wiki/Religion_in_Greece http://www.nationmaster.com/country/gr-greece/rel-religion http://www.greeka.com/greece-culture.htm Cavounidis, J. and Hadjaki, L. (2000), Migrant Applicants for the Card of Temporary Residence: Nationality, Gender, and Placement, Atene, Istituto nazionale del lavoro (in greco). http://www.migrationinformation.org/Feature/display.cfm?ID=228 http://faithallen.wordpress.com/2012/04/17/integration-from-diddefining-integration/ http://en.wikipedia.org/wiki/Social_integration http://www.eurofound.europa.eu/pubdocs/2006/22/en/1/ef0622en.pdf http://siteresources.worldbank.org/SOCIALPROTECTION/Resources/SP -Discussion papers/Labor-Market-DP/0701.pdf http://www.nationalgeographic.com/xpeditions/lessons/09/g68/migration guidestudent.pdf http://tilz.tearfund.org/Publications/Footsteps+7180/Footsteps+78/What +is+migration.htm http://archive.minedu.gov.gr/en_ec_page1531.htm http://video.minpress.gr/wwwminpress/aboutgreece/aboutgreece_educati on_system.pdf http://education.stateuniversity.com/pages/549/Greece-TEACHING PROFESSION.html http://www.ncela.gwu.edu/files/rcd/BE020672/Educating_Migrant_Stude nts___.pdf 104