ITA TU RA G E it ION Z ffe. U a c B l I tea TR ocra DIS s . w ww Numero centocinque – Maggio/Giugno 2015 Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra Il giornale di Socrate al caffè va in vacanza! L’EDITORIALE La barca di Neurath ARRIVEDERCI A SETTEMBRE CON IL NUMERO 106 di Salvatore Veca ccogliendo l’invito davvero cortese di Michele Ciliberto, ho raccolto in un piccolo libro, La barca di Neurath, che esce nelle edizioni della Normale di Pisa, sette saggi brevi scritti e riscritti negli ultimi quattro anni. Nei primi tre capitoli espongo alcuni esiti della mia ricerca sull’idea di incompletezza. Cerco di saggiarne la validità, affrontando questioni filosofiche che hanno a che vedere con i rapporti fra impegni ontologici, impegni epistemologici e impegni normativi. Un certo rilievo ha qui la recente querelle fra postmodernismo e nuovo realismo. Una querelle che ha avuto e ha prevalentemente i tratti della “filosofia mediatica” e che penso meriti invece un approccio analitico almeno un po’ più professionale, per dirla con Diego Marconi che ha scritto un bel libro su Il mestiere di pensare, in cui la differenza tra comunicazione mediatica e comunicazione accademica e scientifica ha un ruolo importante. Nei successivi tre capitoli esamino questioni di filosofia politica e morale, dall’idea di equità a quella di beni comuni, dall’idea di libertà a quella di qualità della vita. Nell’ultimo capitolo avanzo alcune congetture di carattere metafilosofico, cercando di abbozzare una sorta di ritratto dell’indagine filosofica, per come almeno io FONDAZIONE SARTIRANA ARTE REINCONTRI Pier Giuseppe Milanesi ALLE PAGINE 2-3 LE RETI … SI ALLARGANO Marco Galandra ALLE PAGINE 7-8 GIORGIO FORNI Alle pagine 4-5-6 (Continua a pagina 2) la Feltrinelli a Pavia, in via XX Settembre 21. Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30 Pagina 2 Numero centocinque - Maggio/Giugno 2015 John William Waterhouse, L’incontro di Dante con Beatrice (1915) LA BISACCIA DI PROTAGORA idea bizzarra di “curare le persone omosessuali”, nonostante tale pratica sia stata condannata dalla comunità scientifica e in certi casi perseguita anche dall’autorità giudiziaria, continua comunque a serpeggiare in una ristretta cerchia di psichiatri e psicoterapeuti, soprattutto in ambienti culturali fortemente condizionati da integralismi religiosi o ideologici (da sempre poco rispettosi delle diversità). L’omosessualità, anche se non viene più apertamente considerata come una forma di degenerazione “morale” dell’individuo, tuttavia continua a essere sospettata come una malattia, un disturbo di identità. Colui che possiede un involucro maschile dovrebbe essere attratto da chi possiede un involucro femminile e viceversa! Ecco la “normalità”! Così si dice. La domanda però è questa: dove inizia o finisce l’involucro maschile e femminile? È giusto ritenere che nell’eros entri in gioco la totalità di due figure? Quali sono i meccanismi che determinano il fenomeno dell’attrazione in generale e in ultima istanza dell’attrazione sessuale? In realtà noi vediamo che l’interezza dell’involucro, la di Pier Giuseppe Milanesi totalità della figura, non è sempre determinante ai fini dell’attrazione. Anche nel rapporto eterosessuale l’attrazione viene quasi sempre determinata e innescata da componenti marginali. Ad esempio una persona può essere attratta da una particolare forma della bocca, delle gambe, del seno, dalla statura, dai baffi, dalla voce, dal naso o persino dai piedi! Si crede di avere incontrato la donna o l’uomo della vita, quando in realtà si è incontrato il naso della vita o il piede della vita. Nel (Continua da pagina 1) la intendo. Il titolo del libretto è debitore nei confronti della celebre immagine della barca di Otto Neurath, uno dei grandi filosofi del leggendario Circolo di Vienna. Un’immagine cui sono da tempo molto affezionato. L’immagine della barca che i marinai devono riparare in navigazione, senza poter contare sul rifugio in cantieri ospitali. I marinai possono essere tanto scienziati quanto filosofi o, forse, scienziati e filosofi insieme, alle prese con i loro intrattabili problemi. L’immagine di Neurath ricorre rapporto sessuale il quadro della figura sembra sgretolarsi in una molteplicità di componenti ciascuno dei quali funziona come una possibile esca di attrazione. Questo sgretolamento (la moltiplicazione del significante come in un quadro di pittura astratta) corrisponde probabilmente a una sapiente strategia della natura che può disporre in tal modo di una varietà di componenti, o centri di seduzione, per legare e connettere gli individui, ben oltre la loro identità anagrafica. Nella meccanica generale dell’attrazione, vediamo dunque che un elemento singolo - un particolare viene colto e rivestito di un significato esclusivo o rilevante. L’organismo opera in tal modo una selezione nella pioggia dei segnali del mondo: un segmento, una traccia olfattiva, una striatura di colore, una forma geometrica, un tipo di suono lanciato a una particolare frequenza (ad esempio il pianto o il riso) veicolano messaggi biologici che, rimbalzando sulle pareti L’EDITORIALE La barca di Neurath costantemente, come un motivo di fondo, nei sette saggi brevi del mio libretto. E suggerisce le ragioni del carattere insaturo e incompleto delle nostre attività di ricerca, nella scienza come nella filosofia. Queste ragioni possono convertirsi in motivazioni per chi si impegna con serietà e passione in attività di ricerca su come stanno le cose o su come dobbiamo o Il giornale di Socrate al caffè Direttore Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra Editore Associazione “Il giornale di Socrate al caffè” (iscritta nel Registro Provinciale di Pavia delle Associazioni senza scopo di lucro, sezione culturale) Direzione e redazione via Dossi 10 - 27100 Pavia 0382 571229 - 339 8672071 - 339 8009549 [email protected] Redazione: Mirella Caponi (editing e videoimpaginazione), Pinca-Manidi Pavia Fotografia Stampa: Tipografia Pime Editrice srl via Vigentina 136a, Pavia Autorizzazione Tribunale di Pavia n. 576B del Registro delle Stampe Periodiche in data 12 dicembre 2002 I PUNTI SOCRATE possiamo convivere. Ed è proprio questa idea che mi è venuta in mente, in modo perspicuo, in un bell’incontro al Collegio Ghislieri qualche giorno fa in occasione dell’avvio del corso di formazione avanzata su “Cellule rare circolanti”, curato da Giampaolo Merlini. Nell’Aula Goldoniana c’erano molte giovani ricercatrici e ricercatori. C’era dell’architettura cerebrale, assumono un significato selettivo generando opportune reazioni di tipo emozionale, tra cui anche un effetto di attrazione. Si può parlare di una chirurgia “semantica” effettuata dal corpo, ossia di un processo di selezione e qualificazione dei segnali il cui risultato è uno stato di coscienza, che appunto noi definiamo “attrazione” (o repulsione) selettiva. In uno studio di H. Berglund e al. (Brain response to putative pheromones in lesbian women, PNAS, 2006, 103/21, 8269–8274) sono stati evidenziati alcuni meccanismi di natura neurochimica che confermano questo quadro generale. Sulla base dei test effettuati su omosessuali femmine, si è riscontrata una diversa modalità nel processare stimoli olfattivi contenenti androstadienone, “l’odore maschile”. A differenza delle donne eterosessuali, tale effluvio viene processato dal sistema olfattivo puro e semplice senza attivare le aree dell’ipotalamo che sono proposte alla stimolazione del desiderio sessuale. Questo studio (che citiamo come esempio), assume un significato emblematico per quanto ci aiuta a capire il tipo di interazione che interviene (Continua a pagina 3) il mio grande amico Carlo Alberto Redi e abbiamo discusso animatamente tra filosofi e scienziati, come fossimo marinai sulla barca di Neurath. Mi piace allora dedicare queste righe al ricordo di una persona speciale come il prof. Carlo Bernasconi, con cui mi ero confrontato più di una volta sui progetti di diffusione e condivisione della conoscenza, a partire dal campo e dall’area biomedica. E posso dirvi che questa volta il vecchio Socrate approva convinto. Senza se e senza ma. Salvatore Veca Ecco dove viene distribuito gratuitamente Il giornale di Socrate al caffè Maggio/Giugno 2015 - Numero centocinque (Continua da pagina 2) tra il corpo e le sollecitazioni interne e esterne, nel momento in cui insorge un effetto attrattivo (o viceversa repulsivo). Sono giochi di luci, odori, forme, suoni, colori, simboli e segni! È però importante rilevare che queste modalità selettive non determinano solo la sfera dell’orientamento sessuale, bensì agiscono in tutte le sfere in cui vediamo consolidarsi gli orientamenti ideologici delle persone, per cui non si sarà difficile constatare, ad esempio, come anche nel campo dell’arte, della politica, della religione ecc. gli orientamenti delle persone, e cioè delle coscienze, non siano meno rigide e categoriche del loro orientamento sessuale. Per questo, avendo presente le rigidità esclusive che contraddistinguono tutti i vari tipi di orientamenti, non dovremmo parlare solo di “identità sessuale” bensì di identità ideologica in generale. Sartre sosteneva che non poteva esistere una coscienza che non fosse sessualmente determinata. Noi diremo qualcosa in più e cioè che non può esistere una coscienza che non sia fascista o comunista o liberale, che non abbia un determinato orientamento sessuale, artistico, morale, religioso, politico e persino sportivo! La coscienza non può esistere senza le sue determinazioni ideologiche. La “coscienza pura” è solo una astrazione filosofica. La coscienza rappresenta il momento in cui l’organismo acquisisce il livello più alto delle sue determinazioni: non è un luogo di libertà, ma piuttosto la forma organizzata del pregiudizio e della determinatezza. In quanto essa rappresenta il risultato terminale di un processo selettivo di consolidamento semantico in cui si stabilizza il profilo della persona, la possibilità che una persona cambi orientamento sessuale sono pressoché nulle, quanto le possibilità che un mussulmano diventi cristiano (o viceversa) o che un tifoso dell’Inter diventi juventino Sul piano neuroscientifico è stata identificata l’area terminale del cervello in cui confluiscono e si solidificano i risultati di questo complesso percorso di selezione semantica, risultati che si traducono in immediate scelte comportamentali: un’area che potremmo definire, in termini semplici, “l’area del Sì e del No” - la corteccia orbitofrontale. Tuttavia il processo di associazione semantica, dove un elemento indifferente acquisisce potenza simbolica e selettività semantica, avviene su un percorso precedente (che interessa anche il giro angolare dell’emisfero sinistro), in parte condiviso con i percorsi lungo i quali viene processato il linguaggio. È anche lo stesso percorso in cui nascono i sogni, dove in assenza di controllo selettivo da parte dei moduli frontali (disattivati nel sonno), vediamo scatenarsi liberamente il gioco dei simboli e delle metafore e formarsi libere associazioni più o meno casuali. Proprio gli scenari bizzarri dei sogni portano alla luce, isolandolo, quel processo di “sgretolamento delle figure” in cui si potenzia il significato di questo o quel particolare elemento. Nel sogno tutti gli Pagina 3 interi vengono disgregati per sensoriale), in parte è cui vediamo navigare elementi acquisita. Le specie di uccelli sparsi come relitti; è lo stesso che hanno un becco striato di processo di dispersione di rosso, saranno molto più moltiplicazione e dispersione sensibili agli oggetti che dei significanti che noi riproducono le stesse abbiamo visto costituire la striature. I cacciatori fase preliminare da cui si ingannano le prede, sviluppa ogni processo di richiamandole, producendo attrazione, che conduce infine gli stessi suoni della specie. alla colonizzazione ideologica Profili e forme, colori, suoni, della persona. odori, scenari ecc. hanno la Disgregazione degli interi! proprietà di scavare solchi Diremo anzi, che gli nell’anima incanalandosi organismi in generale, come tali, hanno A sinistra bisogno di questa Sartre iniziale Qui Freud parcellizzazione e Sotto, a scomposizione dei sinistra dati, ossia di Nietzsche disorganizzare il a destra mondo Marx riducendolo a frammenti inorganici, per potere operare in senso acquisitivo. Questa caratteristica fu tra l’altro immediatamente rilevata nei primi tempi in cui si cercò di definire il concetto di “organico” (Das Organische) come sfera distinta dal “chimico”. Il corpo organico fu interpretato come un magico processo in grado di trasformare il particolare in universale, l’elemento morto e inerte in materia vivente. Quindi l’organismo ha bisogno di sgretolare preventivamente il mondo per poterlo acquisire. Al di là di queste citazioni postlungo le strade del desiderio, goethiane, possiamo seguire i ossia (in termini momenti di questa dialettica, neurofisiologici) di inviare un osservando l’organizzazione segnale all’ipotalamo che della nostra corteccia visiva provvede ad animare e a (che acquisisce la figura sommuovere il restante sgretolandola nei suoi sistema neurochimico, per cui noi percepiamo quel senso di componenti), e poi di contro il movimento opposto di mancanza interiore, di vuoto, universalizzazione organica di “fame simbolica”, di vuoto per cui ad esempio un dolore interiore che ci spinge alla particolare si tramuta nella ricerca di occasioni di sofferenza dell’intero sistema, appagamento inseguendo la oppure un piacere particolare fonte da cui il segnale nel benessere dell’intero proviene. sistema. Nel marasma dei segnali del Gli organismi sono costruiti mondo esistono segnali che si in modo da rispondere a insinuano come ladri particolari set di segnali dell’anima e procedono alla segregati rispetto ad altri. In colonizzazione ideologica della parte questa sensibilità persona. Da questo punto di selettiva è trasmessa vista la “marginalità” del geneticamente (per cui le segnale, ossia la sua neonate testuggini corrono originaria “insignificanza” (la forma di un naso o di una verso il mare attirate dal rumore delle onde già bocca, il tono della voce, un codificato nel loro apparato paio di baffi, il colore degli PAOLA CASATI MIGLIORINI Perito della Camera di Commercio di Pavia dal 1988 C.T.U. del Tribunale di Pavia Perizie in arte e antiquariato Valutazioni e stime per assicurazioni Inventari con stima per eredità Consulenza per acquisti e collezioni TRAVACÒ SICCOMARIO (PAVIA), VIA ROTTA 24 TEL. 0382 559992 CELL. 337 353881 / 347 9797907 www.agenziadarte.it - email: [email protected] occhi, una frase sconnessa dentro un testo religioso, un aforisma filosofico paradossale, i baffi di Nietzsche, la barba di Marx) spesso costituisce la caratteristica cruciale in grado di abbattere le iniziali difese della coscienza. E così anche il piede della donna che incede, come nella Gradiva di Jensen che catturò la fantasia di Freud - il più intimo e insignificante particolare del corpo umano - diventa il fuoco in grado di alimentare fantasie erotiche che si espandono all’intera figura in quanto proprietaria di quel piede che incede per strada come la Beatrice di Dante. Baciando il piede o la bocca si ha accesso alla totalità della persona, al corpo organico nella sua interezza. Insomma, per concludere, diremo che la natura vivente si presenta come un campo disseminato di segnali che funzionano come esche potenzialmente seduttive, come tanti fazzoletti perduti e lasciati cadere in attesa che qualche anima sensibile li raccolga, e che i fenomeni di attrazione - di cui l’attrazione sessuale costituisce solo una delle tante forme appartengono in ultima istanza a un processo di costruzione ideologica che coincide con il percorso di costruzione della propria identità. In tal senso è un processo irreversibile. Non esiste possibilità di “conversione”, ma sempre e comunque, a meno di insuperabili ostacoli o impedimenti, si diventa solo ciò che si è, ossia ciò che il nostro essere, la nostra macchina organico-semantica e decodificatrice di segnali – una parte dei quali viene trasformata in qualia ovvero in determinazioni di coscienza - ha preventivamente deciso che noi siamo. La nostra “essenza” si allinea dunque in ultima istanza con la definizione aristotelica, filosofica, del concetto di “essenza” come to ti en einai il “che cos’era l’essere”: si diventa ciò che da sempre si è stati. Pier Giuseppe Milanesi SPORTELLO DONNA INCUBATORE D’IMPRESA START UP/INNOVAZIONE/CREATIVITÀ Non cercare lavoro, crealo Un nuovo progetto per il 2015: PAVIA PER EXPO, chiamaci e unisciti a noi Expo è una grande opportunità per il nostro territorio PAVIA, via Mentana 51 [email protected] - 366 2554736 Pagina 4 FONDAZIONE SARTIRANA ARTE orniamo a raccontarci una storia di intrecci che ha costruito buona parte del patrimonio di ricordi e di eventi cui si deve la nascita e la crescita della nostra Fondazione. Primo fu l’amore. Per il lavoro di Fausto Melotti. Con le visite frequenti allo studio di via Leopardi a Milano, dalle quali uscivo (tutte le volte possibili) non solo arricchito da dialoghi preziosi, ma da un’opera. Incisione o libretto, gesso dipinto o catalogo, una ceramica, un lavoro su carta. (A questa serie di tecniche miste è dedicata una sala in questa stagione espositiva). Talvolta con l’impegno a onorare un debito per l’acquisto di una scultura. Sino alla promessa di rilevare l’antico castello di Sartirana, di cui Melotti voleva liberarsi, verificata la difficoltà del progetto di un suo recupero. Restauro strutturale complesso e costoso di cui si era “innamorato” con un pizzico di vanità, dopo essere stato nominato Accademico dei Lincei. Un poco come accadde a Tomaso Buzzi, toccato alla pari dal desiderio di una derivata aura di “nobiltà” … da maniero. Il maniero divenne nostro il 25 maggio 1981 con una promessa di acquisto legata a un mutuo da accendere. Il seguito è storia epica di corvée di lavoro prima volontario, poi affidato a operatori professionali. Nel mentre si nutrivano progetti di utilizzo, suggeriti e appoggiati, è il secondo nodo, dal notaio Reitano (che dialogava intanto con Melotti e ci otteneva proroghe su proroghe per i pagamenti ..., parlando di arte e gioielli ...). Arriva il tempo della costituzione di una associazione per la gestione degli eventi culturali e Ghinzani accetta di esserne primo presidente. Tutto torna in una sorta di flash back senza soluzione di continuità. Progetti di mostre in accordo con la Provincia di Pavia, cicli di concerti prima nel cortile del castello, poi in molti paesi lomellini. Reitano e Ghinzani sempre in prima fila. Sino alla grande mostra antologica di Melotti. Altro snodo della nostra storia che fa decollare il luogo, con la visita di Sgarbi (!) e di tanti appassionati che troveranno in seguito a Sartirana interessanti pagine da leggere su arte, musica, design attraverso le collezioni che iniziavano a costituirsi. Sino alla nascita formale (1993) della Fondazione e al suo status acquisito di “importante deposito specialistico” cui attingere. Per mostre da esportare, in Italia e all’estero, dopo il fortuito e fortunato incontro con illuminati funzionari del Ministero per gli Affari Esteri in cerca di collezioni che profumassero di creatività e avessero un sapore tutto italiano. In sintesi stretta ecco il racconto di una storia in cui Bozzola arriva non ultimo. Già amico negli anni ‘70 nella Vigevano creativa di quel tempo e sempre poi legato a Sartirana e ai suoi progetti. (Continua a pagina 5) NELLE FOTO Dall’alto a sinistra, in senso orario Fausto Melotti, Senza titolo 1954 Fausto Melotti, Matita su carta Anni ‘70 Fausto Melotti, Senza titolo 1963 Angelo Bozzola, Funzione di forma concreta 1955 Angelo Bozzola, Funzione-sviluppo di forma concreta 1956-1967 Fausto Melotti, Senza titolo 1980 Fausto Melotti, Senza titolo Fausto Melotti, Senza titolo 1982 Pagina 5 FONDAZIONE SARTIRANA ARTE (Continua da pagina 4) Trascinato a realizzare un gioiello con le sue “monoforme” appese a pendente per una collana e direttamente ai lobi dell’orecchio. Creazione per Raissa Gorbaciova e poi pezzo per una collezione di ornamenti per il corpo che stavamo sognando per il nostro “museo” . Guarda il caso , pensata e promossa tra i primi da Melotti e Ghinzani. Tutto torna, non è vero? Quasi magicamente, in questo terzo e ultimo anno di Fondart. Che ci aiuta a guardare, come in uno specchio, le dinamiche e gli intrecci di una parte della nostra vita. Impudentemente ve la raccontiamo. (Grazie a Fondazione Cariplo) di Giorgio Forni Primo fu l’amore. Per il lavoro di Fausto Melotti. E poi Reitano, Ghinzani, Bozzola... Pagina 6 FONDAZIONE SARTIRANA ARTE Numero centocinque - Maggio/Giugno 2015 Quasi per gemmazione, dopo Castello e Pila, Sartirana avrà un terzo Polo espositivo permanente. Nella bella villa liberty Buzzoni Nigra, appartenuta alla famosa famiglia di mecenati cui si deve anche la struttura di accoglienza e cura per anziani del borgo lomellino. Una terza freccia nella faretra per la promozione culturale del territorio, a Sartirana di Giorgio Forni fine maggio è prevista, dal Comune e dalla Fondazione Buzzoni Nigra, l’apertura al pubblico delle prime sale, con un allestimento curato dalla nostra Fondazione e dedicato al design. A Mario Maioli, architetto “valenzano” noto per i suoi progetti (uno a caso, le Torri del Sestriere ...) e per le collaborazioni con aziende storiche del made in Italy, oltre che per i sedici anni di direzione dell’Ufficio Stile del Gruppo Fiat Auto, la prima sala. Dove a rotazione saranno esposti materiali che illustrino la sua lunga carriera, già presentati in molti Istituti Italiani di Cultura in Europa, Africa del nord e Sudamerica; di recente anche al Castello di Casale Monferrato. Plastici di edifici, gigantografie dei modelli più famosi “vestiti” per l’azienda ex torinese (Maioli è il padre delle “barrette” Fiat, oltre che della UNO e della Punto), per arrivare alle sue ultime fatiche collaterali all’impegno principale. Acrilici su tela, collages, gioielli tecnologici (è figlio di un Maestro orafo valenzano), per dare ragione del titolo al ciclo di mostre: “Arte e progetto”. Come recita il piccolo catalogo riedito per l’occasione. Sono poi già in calendario le prossime mostre in altri spazi, che saranno un omaggio agli architetti e alla storia di KARTEL. Cui seguirà un tributo a ZANOTTA, che continua a produrre i mitici “servi muti” di Achille e Piergiacomo Castiglioni. E il “mezzadro”, ironico omaggio al nostro mondo agricolo (un sedile di trattore reinventato). Di queste e di altre glorie del design italiano, anche made in Pavia, leggasi Poggi, parleremo più diffusamente sul primo numero autunnale. Ancora nel tempo di MILANO EXPO. NELLE FOTO Sopra, da sinistra Mario Maioli: le “barrette” Fiat; collage; il bozzetto delle “barrette” Qui, da sinistra Mario Maioli: Thema; dipinto motore Sotto, al centro Mezzadro di Castiglioni. I “servi muti”prodotti da Zanotta: Servietto, Servofumo, Servolibro, Servopluvio, Servomostre, Servostop, Servobandiera, Servonotte, Servomanto, Servomuto Maggio/Giugno 2015 - Numero centocinque Pagina 7 di Marco Galandra l 12 gennaio 1519, all’età di sessant’anni, morì a Wels, l’antico capoluogo dell’Austria Superiore, l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. A succedergli, avrebbe dovuto essere, nei suoi piani, il diciannovenne nipote Carlo, re di Spagna dal 1516, ma al trono imperiale ambiva anche Francesco I di Valois, re di Francia, che propose ufficialmente la propria candidatura. Tale mossa apparve subito in contrasto con la caratterizzazione etnica dell’Impero, dal 1486 denominato “Sacro romano impero della nazione germanica” (in contrapposizione proprio con la rivale secolare nazione gallica), ma Francesco I era preoccupato soprattutto di fermare l’ascesa della coalizione dinastica impersonata da Carlo d’Asburgo, che minacciava il primato raggiunto dal regno di Francia in Europa dopo la vittoria di Marignano sugli svizzeri nel 1515. Come è noto, il sovrano francese ricorse a tutta la sua potenza finanziaria per comprare il voto dei grandi elettori cui toccava il compito di scegliere il nuovo imperatore, ma costoro, pur accettando di buon grado l’oro di Francesco, il 28 giugno del 1519 votarono per Carlo, che era stato a sua volta molto generoso con loro in promesse e concessioni. La delusione del sovrano francese fu cocente, ma qualsiasi ipotesi di fusione tra l’Impero germanico e il regno di Francia appare francamente impensabile, anche a fronte del risveglio del sentimento di appartenenza nazionale allora manifestatosi in Germania. Non sarebbe stato dunque possibile agli elettori nel loro insieme avallare la scelta di un imperatore francese, che avrebbe innanzitutto umiliato moralmente la nazione tedesca ma che avrebbe anche portato all’alienazione da parte dell’impero di una provincia italiana (il Ducato di Milano) pretese della Chiesa sull’Emilia, in particolare Parma e Piacenza, e di un’azione comune contro la sfida lanciata in quegli anni da Lutero all’unità del prima volta una prospettiva globale. Nel novembre del 1521, un esercito ispano-pontificio conquistò con un’azione di NELLE FOTO In alto La copertina del volume curato da Marco Galandra Qui a sinistra La disposizione dei Francesi durante la prima parte dell’assedio di Pavia Qui sopra Tipi di cannoni in uso nella prima metà del ‘500 A pagina 8 Veduta di Pavia nell’affresco di Bernardino Lanzani nella chiesa di San Teodoro a Pavia sulla quale esso vantava da secoli diritti di sovranità e che sarebbe passata definitivamente al regno di Francia. Per il neo eletto imperatore, Carlo V d’Asburgo, era quindi importante e prioritario togliere Milano alla Francia e rimettere sul trono del ducato gli Sforza. A questo scopo, stipulò un’alleanza di carattere offensivo con papa Leone X nel maggio del 1521, in cambio dell’appoggio alle cattolicesimo. Per distrarre l’imperatore dall’Italia, a sua volta, Francesco I in quello stesso anno finanziò un’invasione del Lussemburgo ed appoggiò le pretese di Enrico d’Albret sulla Navarra spagnola. Il duello che iniziò allora tra Francia e Impero, o meglio tra le casate dei Valois e degli Asburgo, ebbe così per teatro non più solo la penisola italiana ma si estese ad altre regioni europee, assumendo per la sorpresa Milano, cacciandone la guarnigione francese, e si impadronì poco dopo anche di Pavia, Piacenza e Parma. La morte di Leone X, nel dicembre di quello stesso anno, impose però un arresto alle operazioni militari dei collegati e consentì al comandante francese in Italia, Odet de Foix, visconte di Lautrec, di ricevere rinforzi e di prendere l’offensiva. Ai primi di aprile del 1522 il suo esercito, forte di 16.000 mercenari svizzeri, si presentò sotto le mura di Pavia, difesa da Federico Gonzaga, Capitano Generale delle truppe della Chiesa, e da una guarnigione di circa 1500 uomini. La città però resistette e il Lautrec fu costretto a togliere l’assedio dopo una decina di giorni, minacciato alle spalle dall’esercito ispano-pontificio uscito da Milano e comandato da Prospero Colonna. Pochi giorni ancora e, il 22 aprile, alla Bicocca, a nord di Milano, l’esercito francese venne duramente sconfitto e costretto ancora una volta ad abbandonare la Lombardia. Nel 1523, una nuova armata scese in Italia, questa volta al comando di Guillaume Gouffier, signore di Bonnivet e Ammiraglio di Francia. L’esercito francese mise il blocco a Milano ma ancora una volta, dopo mesi di inutile assedio che logorò le sue forze, alla fine di aprile del 1524 fu costretto a ritirarsi, incalzato dalle truppe dell’imperatore e della Repubblica di Venezia, che aveva stretto alleanza con Carlo V. Alla testa dell’esercito collegato si trovava Carlo di Borbone, ex-conestabile di Francia, passato al servizio imperiale per dissensi con Francesco I. Trascinato dal suo desiderio di vendetta, Borbone varcò addirittura i confini della Provenza e, nell’estate di quello stesso anno, pose assedio a Marsiglia. Mossa inutile e azzardata, poiché a soccorso della città scese in campo lo stesso Francesco I, alla testa di un poderoso esercito che mise in fuga gli invasori e li costrinse a tornare in fretta in Lombardia. Non pago, Francesco I inseguì il nemico in ritirata al di là delle Alpi e, verso la metà di ottobre del 1524, rioccupò Milano senza combattere, mentre il Borbone, il viceré di Napoli Carlo di Lannoy e il marchese di (Continua a pagina 8) Associazione Amici dei Musei Pavesi L’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Pavesi propone per il mese di giugno le seguenti iniziative culturali: SABATO 6 GIUGNO - Monza - Visita alla Cappella di Teodolinda nel Duomo e alla Villa Reale con i suoi giardini. Prenotazione entro giovedì 28 maggio DOMENICA 14 GIUGNO - Pavia - Scuderie del Castello Visconteo - Visita alla mostra “Da Degas a Picasso”, capolavori dalla Johannesburg Art Gallery. Prenotazione in sede entro giovedì 4 giugno Informazioni presso la segreteria di Santa Maria Gualtieri il martedì e il giovedì dalle ore 16.30 alle ore 18.00 - email: [email protected] Informiamo i lettori che la nostra Associazione è intervenuta per garantire l’apertura del Museo della Certosa di Pavia per tutto il mese di maggio, dato che tale Museo dipendeva, sino all’anno scorso, dalla Sovrintendenza ai Beni Storici Culturali che provvedeva alle sue necessità finanziarie, ed ora è confluito nel Polo Museale della Lombardia che, al momento, ha stanziato fondi unicamente per le necessità strutturali, ma nulla per i servizi, tra i quali quello di custodia delle sale. Pagina 8 Numero centocinque - Maggio/Giugno 2015 (Continua da pagina 7) Pescara, Francesco Ferdinando d’Avalos, comandanti di quel che restava delle truppe imperiali, si attestavano al di là del fiume Adda. Rimasero nelle mani di Carlo V Como, Alessandria e Pavia, difesa da una numerosa guarnigione di circa 6000 uomini. E fu contro questa città che, alla fine di ottobre, Francesco I mosse il suo esercito. Gli storici hanno criticato molto Francesco I per aver scelto di assediare Pavia invece di inseguire l’esercito imperiale, decimato e scosso, al di là dell’Adda per dargli il colpo di grazia. E tuttavia, i motivi di questa decisione del re di Francia potevano essere validi e si possono forse indicare nei seguenti: 1) La convinzione, forse alimentata ad arte, che Pavia era pronta ad aprire le porte, come aveva fatto Milano, e che comunque la sua guarnigione di circa 6000 uomini tra tedeschi e spagnoli fosse pronta a scendere a patti. Quando i difensori rifiutarono di arrendersi, il re mise in gioco il proprio onore e testardamente mantenne il blocco della città, anche perché l’arrivo dell’inverno avrebbe reso problematiche le operazioni militari in campo aperto (come vedremo, questo invece non impedì al Pescara, una volta ricevuti i rinforzi dalla Germania, di uscire da Lodi alla fine di gennaio del 1525 e di marciare verso Pavia). 2) Il fatto che gli imperiali in quel momento tenessero città ben fortificate con grosse guarnigioni, come Alessandria e Pavia, che potevano minacciare le sue linee di rifornimento e di comunicazione, imponeva al re di Francia la scelta quasi obbligata di impadronirsene, ovviamente nel minor tempo possibile, prima di affrontare l’esercito imperiale. Se ciò non avveniva, cioè se la resistenza della piazza assediata si prolungava, occorreva istituire un vero e proprio blocco, nell’attesa che la fame avesse ragione dei difensori, come puntualmente avveniva se un esercito di soccorso (come nel caso di Pavia) o il logoramento delle truppe assedianti non imponevano di togliere l’assedio. 3) La posizione strategica di Pavia, molto importante perché ad appena un giorno di marcia da Milano e perché controllava il corso del Ticino e quindi del Po. Notizie di prima mano e particolareggiate sull’assedio di Pavia del 1424-25 non mancano, a partire da quelle che ci forniscono i cronisti locali, Francesco Taegio, Martino Verri, Antonio Grumello, Stefano Breventano, ecc. Dell’assedio parlarono anche nelle loro opere Francesco Guicciardini, Paolo Giovio, Marino Sanudo ecc. MOTIVI DI INTERESSE DEL LIBRO Documento poco conosciuto e diffuso, che si pubblica per la prima volta dal 1895. Il “Diario Anonimo dell’Assedio di Pavia”, conservato nella biblioteca Comunale di Padova, venne scoperto, se così si può dire, dal prof. Antonio Bonardi e pubblicato in “Memorie e Documenti per la Storia di Pavia e suo Principato”, anno 189495. L’autore è sconosciuto, ma Faustino Gianani, che ne parla nel suo libro su Mirabello (Mirabello di Pavia, il Parco, la Battaglia, la Parrocchia, 1971), ipotizza possa trattarsi di un pavese, forse impiegato agli uffici dell’annona, vista la sua conoscenza in particolare dei prezzi dei generi alimentari venduti in città durante l’assedio e delle loro variazioni in funzione delle disponibilità. Da allora, il “Diario” non è più stato pubblicato e mi è sembrato opportuno farlo in occasione del 490° Anniversario della Battaglia di Pavia, corredato da una serie di note esplicative, storicotecniche. Il racconto dell’anonimo diarista è meno particolareggiato e più breve della cronaca del professore di filosofia presso l’Università di Pavia Francesco Taegio, Francisci Taegi phisici et equitis Candida et vera narratio dirae ac cronicae Papiae obsidionis, edita a Pavia, apud Iacob de Burgofranco MDXXV die XIII Aprilis.(Sincero e veritiero racconto del tremendo e lungo assedio di Pavia, Pavia, presso Iacopo da Borgofranco, 1525, a dì 13 di aprile). Come è noto, la cronaca del Taegio ebbe un immediato e grande successo. Già il 5 agosto del 1525 ne usciva a Cremona una che la guerra solitamente portava con sé all’epoca della battaglia di Pavia, gli assedi potevano raggiungere vette di crudeltà, barbarie e sofferenze anche superiori. Durante un lungo assedio, infatti, alla morte (o alle ferite) per arma da fuoco si aggiungeva anche quella, ben più terribile, per fame, malattie o sfinimento. L'assedio di Siena del 1554-55 offre un esempio impressionante delle conseguenze della mancanza di viveri durante il blocco prolungato di una città. Fortunatamente, a Pavia furono risparmiate le conseguenti peggiori di un assedio, grazie appunto all’arrivo di un esercito di soccorso e alla disastrosa sconfitta degli assedianti che ne seguì. Ma l’esperienza non fu certo piacevole per i suoi abitanti. Ricordiamo che gli assedi, nel Importanza dell'assedio di Pavia XVI secolo, erano fenomeni alquanto complessi, nei quali come evento storico. giocavano fattori demografici, La battaglia del 24 febbraio 1525 ha sempre messo in ombra, come economici, politici e sociali. Nel naturale, l’assedio che Pavia subì, corso di un assedio, per quasi quattro mesi, dalla fine innanzitutto, le composizioni dei gruppi umani coinvolti di ottobre 1524 al 23 febbraio tendevano a variare: militari e 1525. Eppure, se la città non civili, assedianti e assediati, avesse resistito, con coraggio e venivano uccisi o morivano di decisione, dando il tempo stenti o malattie, oppure all’imperatore Carlo V di mettere subivano lesioni più o meno assieme un nuovo esercito per gravi, il che ne mutava affrontare il re di Francia, non ci sarebbe stata la battaglia di Pavia, inevitabilmente, oltre alla consistenza numerica, Francesco I non sarebbe stato l’efficienza. Inoltre, sia le truppe fatto prigioniero e forse la storia europea sarebbe cambiata. Credo assediate che quelle assedianti potevano ricevere rinforzi sia perciò opportuno, anche durante il blocco oppure ridursi attraverso la pubblicazione di a causa delle diserzioni. C’era questo “Diario Anonimo”, poi la possibilità che un’aliquota ricordare quell’evento e più o meno consistente sottolinearne l’importanza, in dell’esercito assediante fosse occasione del 490° anniversario avviata verso altri teatri di della battaglia. guerra, come accadde sotto Pavia, quando una parte Interesse del diario come dell’esercito francese, nel mese documento che illustra la vita di dicembre del 1524, venne in una città assediata nel XVI inviato da Francesco I verso il secolo. sud della Penisola, con l'obiettivo Molto probabilmente, anche se il di invadere il Regno di Napoli. saccheggio di una città può Eventi come gli assedi ponevano sembrare l’evento più terribile le città di fronte a situazioni di nella graduatoria delle sciagure traduzione in volgare, ad opera del "Cambiago Cremonese": La ossidione di Pavia per il Cambiago Cremonese volgarmente descritta, presso Francesco Ricardo. L’opera del Cambiago venne ristampata, nel 1655, durante l’assedio posto a Pavia dai Franco-PiemontesiModenesi (24 luglio-14 settembre), in due edizioni successive. Una ad opera degli “Abbati e Decurioni” della città, la seconda, datata 4 agosto 1655, curata dal canonico Ottavio Ballada, sempre presso lo stesso stampatore, Giovanni Andrea Magri di Pavia. Un altro cronista pavese che parla, seppur più brevemente, dell’assedio è Martino Verri, il cui racconto venne per la prima volta pubblicato nel 1857 e successivamente inserito da Carlo dell’Acqua nei “Il Comune dei Corpi Santi di Pavia e Ca' de Tedioli” nel 1877. IMPRESA CALISTI PAVIA 1928-2015 TRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVO DI EDIFICI E MONUMENTI STORICI stress e di emergenza, che la società cittadina e le autorità che la governavano dovevano sforzarsi di fronteggiare, non solo adottando disposizioni “eccezionali” (tipico i1 caso dei provvedimenti demografici assunti durante gli assedi, quali ad esempio l’espulsione dei forestieri e delle cosiddette “bocche inutili”, cioè i civili non considerati utili per la difesa) o reiterando misure “normali”, ma anche, più in generale, attuando, incentivando e promuovendo nei vari strati della popolazione iniziative e comportamenti in grado di favorire la mobilitazione morale e materiale delle risorse umane ed economiche locali. Alla luce di quanto detto sopra, quindi, sebbene non particolarmente lungo, l’assedio di Pavia risulta esemplare nel suo genere e rientra appieno in quel periodo di rivoluzione (o cambiamento che dir si voglia) dell'arte della guerra che fu il XVI secolo. Che notizie ci dà, l’anonimo diarista degli eventi verificatisi in Pavia durante l’assedio? Innanzitutto, ci informa dei tentativi compiuti dall’esercito assediante di impadronirsi della città. Oltre agli assalti alle mura, tutti sanguinosamente respinti, i francesi scavano continuamente mine per aprire brecce nelle mura di Pavia e, soprattutto, cercano di deviare il corso del Ticino, per avere la possibilità di attaccare la città dal lato del fiume, dove le mura sono più deboli. Tutti questi tentativi, però, falliscono. Il nostro Anonimo diarista appare però soprattutto interessato ai generi alimentari, al loro costo e alla loro reperibilità durante l’assedio. Le notizie che ci dà sono molto particolareggiate. La farina, ad esempio, se fino al 12 novembre 1524 costava 25 libre (lire) al sacco, con la costruzione di numerosi mulini a braccia e a trazione animale in città, scende di prezzo a 14 libbre al sacco il 25 di novembre. Tra la fine di novembre e la fine di dicembre 1524, un pane bianco da 8 once costava 1 soldo, così come un pane nero da 10 once. A quell’epoca, la città aveva scorte di frumento e segale ancora per tre mesi, di vino per due mesi. C’era abbondanza di formaggio, per sei mesi almeno, al prezzo di 8 soldi la libbra. Poco olio, invece, e pochissimo lardo. Scomparsa quasi subito anche la carne bovina, alla quale si sopperì con carne d’asino e di cavallo. Le galline valevano moltissimo, 3 lire l’una, i capponi 1 scudo, i pavoni, 2 scudi. Nel complesso, la situazione della città assediata per quanto riguarda i viveri sembrò farsi grave solo negli ultimi giorni dell’assedio. Marco Galandra