Quaresima 2006
orrei dedicare questa quaresima alla Samaritana,
donna del disincanto e della sete.
È lei, immagine della nostra sete di libertà, che ha
attinto dall’uomo che si è seduto al pozzo di Giacobbe, dal “viandante assetato che chiede da bere
e che promette di dissetare” come diceva sant’Agostino. Infatti Gesù non la vuole possedere, come gli altri uomini che a
ripetizione l’hanno sfruttata, ma liberarla perché rifiorisca.
Ecco leggiamo nella filigrana dell’incontro tra Gesù e la donna, la storia del popolo, la storia del peccato di idolatria, la storia della nostra comunità, la storia di ciascuno di noi.
Se la samaritana ci prendesse per mano oggi cosa avrebbe da
dirci? Dove ci condurrebbe?
Mi piace pensare che ci condurrebbe a dire tutto di noi, ovvero,
a riconoscere i nomi dei nostri ’amanti’, i nomi di quegli idoli cui
abbiamo concesso o ancora concediamo il cuore e la mente.
Il nome del primo amante potrebbe essere “consumismo”,
idolo senza Dio, perché domina tutto, condiziona tutto... è l’idolatria del denaro.
Il nome del secondo è “individualismo”, è il particolarismo
che ci seduce con la facilità di una vita volgare e distratta in cui
il dolore degli altri non ci raggiunge. Io, il nostro io... anzitutto, o tutt’al più quelli della mia cerchia.
Il nome del terzo amante è “psicologismo” che pretende di essere la spiegazione ultima di ogni cosa, come se tutto trovasse ragione nella nostra psiche e il resto fossero proiezioni il-
lusorie. È quello psicologismo che studia il pozzo e non si cura dell’acqua viva!
Il quarto amante è “tecnicismo”, per il quale tutto quello che l’uomo riesce a inventare
e a fare, è lecito, è giusto farlo... E potremmo continuare, perché sono numerosi gli idoli che ci seducono, al punto che mi domando: ma è poi vero che noi cerchiamo la libertà?
Non siamo a rischio forse di un nuovo totalitarismo? Viviamo in tempi di “pensiero
debole” e di “emozioni forti”. Abbandonata la “dea ragione”, ormai siamo preda
della “dea emozione”.
Se nel secolo scorso la libertà era minacciata da un regime politico violento e brutale, negatore dei diritti umani, oggi è messa duramente alla prova dall’organizzazione
di una società dominata dalla tecnica, dalla logica del profitto ad ogni costo, dalla manipolazione del consenso attraverso potenti mezzi di comunicazione.
Il pericolo totalitario è forte perché, quando l’uomo desidera essere sollevato dal peso della responsabilità, quando perde la fede nella propria capacità di essere libero,
di tenere a freno gli impulsi dell’istinto, dell’utilità e del potere... allora è maturo per
la dittatura.
Noi tutti temiamo la dittatura, perché porta con sé aspetti terribili, ma dobbiamo riconoscere che possiede anche un fascino nascosto perché toglie al singolo il peso di pensare con la propria testa, di dover giudicare, decidere, rispondere del proprio destino.
Hanno sete tutte le Samaritane
che attendi al pozzo, Signore;
ha sete questa tua creta vivente o Dio:
creta riarsa dalla tua implacabile fiamma.
Vorrei dedicare questa quaresima ad Abramo, al nostro
grande padre nella fede, perché ci conceda in dono anche solo una briciola della sua fede, di quella fede che lo
ha reso libero di partire, di lasciare e di continuare a fidarsi di Dio, nonostante non vedesse risultati.
Quando ero ragazzo il problema era: “Chiesa sì, Vaticano no”, perché “il Vaticano aveva un tesoro che doveva dare ai poveri...”, e si faceva un gran discutere anche in seminario sulle “ricchezze del Vaticano”...
Poi negli anni ‘70 il problema era “Cristo sì, Chiesa no”... “Cristo, guai a chi ce lo tocca”! Poi magari ognuno se lo adattava a propria misura...
Adesso il problema è “Cristo, perché proprio lui? Perché lui è l’unico salvatore del
mondo? Chi l’ha detto? E Maometto, e Buddha e la New Age?”...
Provvidenziale questo proporsi della questione, perché ci fa tornare paradossalmente al centro della fede.
Nella “Vita seconda” di Tommaso da Celano si racconta che Francesco «era già del
tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando un giorno
passò accanto alla chiesa di san Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso
e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato»
(Fonti Francescane, 593); quel giorno Francesco si è convertito, ha ascoltato il messaggio e ha detto sì; aveva cerca vent’anni, probabilmente ventidue anni.
Qualcuno ricorderà quello stupendo libretto di Carlo Carretto “Io e Francesco”, dove
l’autore immagina che Francesco parli in prima persona e racconta la sua storia.
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Francesco così narra dell’incontro con il Crocefisso di san Damiano: «In realtà le labbra di un Cristo di legno non si muovono. Se vicino a me ci fosse stato in quel momento mio padre Pietro di Bernardone così ricco di buon senso non avrebbe visto nulla e soprattutto non avrebbe sentito nulla.
Ero io che vedevo e sentivo perché vedevo e sentivo nella fede. Nessuno può spiegare come avviene questo fenomeno sulla frontiera dell’umano e del divino. Quello
che si sa è che si svolge completamente nella fede, nella speranza e nella carità ed è
assolutamente personale» (p.42).
Francesco potrebbe dire: magari uno va anche a Messa, fa pure qualche opera buona, ai tanti poveri che stanno fuori della chiesa gli fa pure l’elemosina, però non si è
convertito.
«Da quel giorno Francesco smise di adorare se stesso». Ecco, questa è la conversione. Ha smesso di essere idolatra, ha smesso di essere seguace di quella religione universale molto più diffusa del cristianesimo, o anche dentro al cristianesimo, che è l’io
da premiare, cioé l’adorazione dell’io.
Conversione è una parola grande... quando da piccoli ci parlavano della conversione
di san Paolo, ci dicevano: «Paolo si è convertito da grande, sant’Agostino pure e poi
si è fatto battezzare». Per noi invece, non è che ci sia stato proprio un momento preciso: a forza di stemperare questa conversione... va a finire che non si sa se c’é stata
o no, nella vita, la scelta per Cristo.
Francesco si converte e la riprova qual è?» il “bacio al lebbroso”, e lo racconta nel suo
testamento: se prima i lebbrosi gli facevano schifo e ribrezzo, da quel giorno invece ne
ha superato la paura e li andava a servire e a dire il rosario nel Lazzaretto di Assisi!
Signore, insegnaci cosa sia la libertà.
Signore, la tua Parola continui a farci liberi!
Vorrei dedicare questa quaresima al Cieco Nato. forse anche lui soffriva di quella malattia di cui scriveva Eugenio
Montale: «L’uomo di oggi guarda, ma non contempla, vede ma non pensa».
Quando, camminando in montagna, ci si imbatte in uno
stagno, è forte la tentazione di gettarvi un sasso per infrangere quell’immobilità che attrae. E così quello specchio mirabile, che rifletteva il cielo col suo splendore, i suoi colori, i giochi delle nubi
e il senso dell’infinito, cade in frantumi e noi ci fermiamo a guardare il movimento delle onde e il fuggire dei girini e l’agitarsi delle foglie galleggianti.
Siamo in genere molto attenti a tutto ciò che fa rumore e scompiglia, alle realtà più
immediate e provocatorie. Non sappiamo né contemplare né pensare, né approfondire, né entrare nel segreto delle cose. Altrimenti, come lo stagno riflette e rimanda
al cielo, così molte realtà o eventi ci spingerebbero verso l’Alto, l’Altro, l’Oltre, ossia
verso il mistero e il trascendente, verso il divino.
Per questo, piuttosto che scagliare un sasso per far fracasso o per sconvolgere, chiediamo al Signore di insegnarci il linguaggio segreto del mondo e della vita.
C’é un’altra oscurità dalla quale vogliamo essere preservati: l’oscurità dell’indifferenza e del disimpegno dalla storia. A questo proposito, mi viene da consigliarvi la visione di un film: La rosa bianca. Sophie Scholl. Sì, in quaresima sarebbe bene guar3
Parrocchia
S. Angela Merici
darsi un film come questo che racconta in maniera struggente l’avventura di alcuni
giovani universitari tedeschi riuniti nel movimento denominato appunto La rosa bianca, movimento di resistenza e di risveglio delle coscienze negli anni bui del nazismo.
Non siamo di fronte a giovani romantici o idealisti, ma a persone normali, profondamente radicate nella realtà, appassionate alla vita che gioivano delle cose belle che
la vita regalava loro... ma erano cristiani per convinzione e proprio per questo hanno
saputo vincere l’oscurità che era intorno a loro, e nella fede in Cristo hanno lottato per
la libertà dello spirito e dell’uomo.
Figure di giovani così sono la nostra speranza nell’indifferenza dominante perché si
risvegli l’etica della responsabilità di fronte al diffondersi e al propagarsi di un comportamento sempre più astorico: denaro, divertimento, tecnologica, sport... Ci si riempie di mille cose e non si comprende, non si vede più il senso del percorso, perché gli occhi del cuore sono chiusi, è proprio vero: «L’uomo di oggi guarda, ma non
contempla, vede ma non pensa».
Signore la luce del cuore ti chiediamo,
per non negare mai almeno l’evidenza delle cose!
Vorrei dedicare questa quaresima anche a Lazzaro, amico di Gesù.
In un’epoca di globalizzazione del denaro e degli affari,
facciamo tremendamente fatica a globalizzare il dialogo,
l’amicizia, a considerarci parte della famiglia umana.
All’indomani delle vignette satiriche su Maometto, monsignor Vincent Landel, arcivescovo di Rabat (Marocco),
così scriveva:
“E se l’altro diventasse realmente mio fratello!
Non è forse questa la questione che bisogna porsi di fronte al dibattito che circola nei media?
Se l’altro diventasse realmente mio fratello,
potrei mettere in discussione la fede che lo fa vivere?
Potrei burlarmi in un modo o nell’altro di ciò in cui crede?
Se l’altro diventasse realmente mio fratello,
potrei parlare di libertà senza vivere il rispetto?
Se l’altro diventasse realmente mio fratello,
potrei rifiutarlo con atti di violenza contro la sua persona o i suoi beni?
Se l’altro diventasse realmente mio fratello,
potrei permettermi di parlare di lui negativamente alle sue spalle?
Potrei permettermi di distruggere anche la sua intimità?
Se l’altro diventasse realmente mio fratello,
potrei incontrarlo nella verità, potremmo parlare semplicemente,
anche senza essere d’accordo su tutto.
Se l’altro diventasse realmente mio fratello, incontrarlo mi farebbe crescere;
pe sono sicuro che crescerebbe anche lui.
Se l’altro diventasse realmente mio fratello,
i nostri sguardi potrebbero incontrarsi
e un sorriso vero illuminerebbe i nostri volti.
Se l’altro diventasse realmente mio fratello,
che mondo appassionante potremmo costruire!”
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È proprio necessario un altro miracolo:
ritorni la tua Voce o Cristo a gridarci di uscire
dal recinto della difesa e della paura,
perché la morte del cuore non vinca ancora.
Infine vorrei dedicare questa quaresima anche a Maria di
Magdala [Magdala in aramaico: torre del pesce. Villaggio
sulla sponda occidentale del lago di Genesaret. Vi abitava Maria di Magdala, detta perciò Maddalena, la prima
persona che incontrò il Risorto (Gv 20,1-18)], icona della méta.
Lei, la donna della passione e della missione che aveva fermato il tempo all’ora nona del
14 di nisan... e che quando ritrovò il suo dolce Signore, avrebbe voluto trattenerlo per sé,
invece venne inviata dai discepoli bloccati dalla paura e raggelati dalla tristezza.
Oggi c’é più che mai bisogno di donne così, di persone che sappiano annunciare la
speranza e lo facciano con passione.
Nel libro Oscar e la dama in rosa, il cui autore è un certo Eric-Emmanuel Schmitt – un
convertito al cristianesimo che dice di non essere “ancora entrato proprio in pieno nella Chiesa”, ma che ha fatto un cammino di conversione e lo ha raccontato – ebbene
in questo libro si narra la storia di un ragazzino che si chiama Oscar, di undici anni,
malato di leucemia. Si ritrova in ospedale dove i suoi genitori lo hanno ricoverato, ma
i genitori hanno paura di vederlo soffrire.
L’unica persona che va nel reparto di leucemia infantile a trovare Oscar sempre ogni
giorno è una volontaria che indossa un camice rosa, la “Dama in rosa” o, come la
chiama confidenzialmente Oscar, “Nonna Rosa”.
Questa signora molto brava, che si finge una ex lottatrice di catch (oggi diremmo wrestling), un giorno lo vede particolarmente depresso... infatti il piccolo dalla finestra della
sua camera di ospedale ha visto arrivare i genitori che, dopo aver parcheggiato, sono
andati a parlare con il primario. Il ragazzo, spinto dalla curiosità, va ad origliare e sente
che il primario dice: “Al vostro ragazzino ormai restano dieci giorni di vita”. E i genitori, proprio per la loro paura di vederlo soffrire, se ne vanno senza salutarlo.
La sua reazione è molto violenta. Allora Nonna Rosa gli dice: “Senti, Oscar, che ne dici se ogni giorno ti immagini di vivere dieci anni della tua vita e scrivi ogni giorno una
lettera a Dio?”.
Questo bambino non ha mai sentito parlare di Dio, i genitori non gli hanno mai parlato né di Dio né di Gesù Cristo. Allora comincia a scrivere delle lettere a Dio. Un giorno Nonna Rosa, che è l’unica ad accompagnarlo verso la morte, gli dice: “Senti Oscar
che ne dici se oggi andiamo a trovare Dio?”.
Siamo noi, siamo noi Signore,
la prova che tu sei risorto,
perché tu vivi in noi:
un’umanità che fa fermentare tutta la massa,
noi la certezza che tu ci precedi su tutte le vie.
Siamo dunque in buona compagnia, buona quaresima!
p. Giuseppe
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Parrocchia
S. Angela Merici
Letture consigliate
C.M. Martini, Non sprecate parole. Esercizi spirituali con il Padre nostro, Portalupi
editore 2005
E. Bianchi, Una vita differente. Esercizi spirituali sulla Prima lettera di Pietro, San Paolo 2005
D.M. Turoldo, Cammino verso la fede,San Paolo 2006
D. Pezzini, L’acqua e la rosa. Piccola grammatica della vita di relazione, Centro Ambrosiano 2005
P. Sequeri, Non ultima è la morte. La libertà di credere nel risorto, Glossa 2006
M. Rahnema, Quando la povertà diventa miseria, Einaudi 2005
Catechesi quaresimali
con l’Arcivescovo
Telenova ore 20.45
Circuito Marconi 21.00 (94.750 FM)
TESTIMONI DELLA BEATITUDINE CRISTIANA
7 marzo 2006
Vostro è il Regno di Dio
(Luca 6, 20.24)
14 marzo 2006
Fame e sete di speranza
(Luca 6, 21a.25a)
21 marzo 2006
La vita promessa a chi soffre
(Luca 6, 21b.25b)
28 marzo 2006
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6
Il coraggio e la gioia di annunciare sempre il Vangelo
(Luca 6, 22-23.26)
4 aprile 2006
La casa fondata sulla roccia
(Luca 6, 46-48)
Ogni mercoledì sarà pubblicato sul portale della Comunità ambrosiana, all’indirizzo www.chiesadimilano.it, il video andato in onda la sera precedente su Telenova e trasmesso su radio Circuito Marconi.
Messaggio di Benedetto
XVI per la Quaresima 2006
“Gesù, vedendo le
folle,
ne sentì
compassione” (Mt
9, 36)
Carissimi fratelli e sorelle!
La Quaresima è il tempo privilegiato del
pellegrinaggio interiore verso Colui che è
la fonte della misericordia. » un pellegrinaggio in cui Lui stesso ci accompagna attraverso il deserto della nostra povertà,
sostenendoci nel cammino verso la gioia
intensa della Pasqua. Anche nella “valle
oscura” di cui parla il Salmista (Sal 23,4),
mentre il tentatore ci suggerisce di disperarci o di riporre una speranza illusoria
nell’opera delle nostre mani, Dio ci custodisce e ci sostiene. Sì, anche oggi il Signore ascolta il grido delle moltitudini affamate di gioia, di pace, di amore. Come
in ogni epoca, esse si sentono abbandonate. Eppure, anche nella desolazione della miseria, della solitudine, della violenza
e della fame, che colpiscono senza distinzione anziani, adulti e bambini, Dio non
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permette che il buio dell’orrore spadroneggi. Come infatti ha scritto il mio amato Predecessore Giovanni Paolo II, c’é un
“limite divino imposto al male”, ed è la
misericordia (Memoria e identità, 29 ss). »
in questa prospettiva che ho voluto porre
all’inizio di questo Messaggio l’annotazione evangelica secondo cui “Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione” (Mt
9,36). In questa luce vorrei soffermarmi a
riflettere su di una questione molto dibattuta tra i nostri contemporanei: la questione dello sviluppo. Anche oggi lo
“sguardo” commosso di Cristo non cessa
di posarsi sugli uomini e sui popoli. Egli li
guarda sapendo che il “progetto” divino
ne prevede la chiamata alla salvezza. Gesù conosce le insidie che si oppongono a
tale progetto e si commuove per le folle:
decide di difenderle dai lupi anche a prezzo della sua vita. Con quello sguardo Gesù abbraccia i singoli e le moltitudini e tutti consegna al Padre, offrendo se stesso
in sacrificio di espiazione.
Illuminata da questa verità pasquale, la
Chiesa sa che, per promuovere un pieno
sviluppo, è necessario che il nostro
“sguardo” sull’uomo si misuri su quello
di Cristo. Infatti, in nessun modo è possibile separare la risposta ai bisogni materiali e sociali degli uomini dal soddisfacimento delle profonde necessità del loro
cuore. Questo si deve sottolineare tanto
maggiormente in questa nostra epoca di
grandi trasformazioni, nella quale percepiamo in maniera sempre più viva e urgente la nostra responsabilità verso i poveri del mondo. Già il mio venerato Predecessore, il Papa Paolo VI, identificava
Parrocchia
S. Angela Merici
con precisione i guasti del sottosviluppo
come una sottrazione di umanità. In questo senso nell’Enciclica Populorum progressio egli denunciava “le carenze materiali di coloro che sono privati del minimo vitale, e le carenze morali di coloro
che sono mutilati dall’egoismo... le strutture oppressive, sia che provengano dagli abusi del possesso che da quelli del
potere, sia dallo sfruttamento dei lavoratori che dall’ingiustizia delle transazioni”
(n. 21). Come antidoto a tali mali Paolo
VI suggeriva non soltanto “l’accresciuta
considerazione della dignità degli altri,
l’orientarsi verso lo spirito di povertà, la
cooperazione al bene comune, la volontà di pace”, ma anche “il riconoscimento
da parte dell’uomo dei valori supremi e
di Dio, che ne è la sorgente e il termine”
(ibid.). In questa linea il Papa non esitava
a proporre “soprattutto la fede, dono di
Dio accolto dalla buona volontà dell’uomo, e l’unità nella carità di Cristo” (ibid.).
Dunque, lo “sguardo” di Cristo sulla folla, ci impone di affermare i veri contenuti di quell’´umanesimo plenario» che, ancora secondo Paolo VI, consiste nello
“sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini” (ibid., n. 42). Per questo il primo
contributo che la Chiesa offre allo sviluppo dell’uomo e dei popoli non si sostanzia in mezzi materiali o in soluzioni tecniche, ma nell’annuncio della verità di Cristo che educa le coscienze e insegna l’autentica dignità della persona e del lavoro,
promuovendo la formazione di una cultura che risponda veramente a tutte le
domande dell’uomo.
Dinanzi alle terribili sfide della povertà di
tanta parte dell’umanità, l’indifferenza e
la chiusura nel proprio egoismo si pongono in un contrasto intollerabile con lo
“sguardo” di Cristo. Il digiuno e l’elemosina, che, insieme con la preghiera, la
Chiesa propone in modo speciale nel periodo della Quaresima, sono occasione
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propizia per conformarci a quello “sguardo”. Gli esempi dei santi e le molte esperienze missionarie che caratterizzano la
storia della Chiesa costituiscono indicazioni preziose sul modo migliore di sostenere lo sviluppo. Anche oggi, nel tempo della interdipendenza globale, si può
constatare che nessun progetto economico, sociale o politico sostituisce quel
dono di sé all’altro nel quale si esprime la
carità. Chi opera secondo questa logica
evangelica vive la fede come amicizia
con il Dio incarnato e, come Lui, si fa carico dei bisogni materiali e spirituali del
prossimo. Lo guarda come incommensurabile mistero, degno di infinita cura
ed attenzione. Sa che chi non dà Dio dà
troppo poco, come diceva la beata Teresa di Calcutta: “La prima povertà dei popoli è di non conoscere Cristo”. Perciò
occorre far trovare Dio nel volto misericordioso di Cristo: senza questa prospettiva, una civiltà non si costruisce su basi
solide.
Grazie a uomini e donne obbedienti allo Spirito Santo, nella Chiesa sono sorte molte opere di carità, volte a promuovere lo sviluppo: ospedali, università, scuole di formazione professionale,
micro-imprese. Sono iniziative che, molto prima di altre espressioni della società civile, hanno dato prova della sincera
preoccupazione per l’uomo da parte di
persone mosse dal messaggio evangelico. Queste opere indicano una strada
per guidare ancora oggi il mondo verso
una globalizzazione che abbia al suo
centro il vero bene dell’uomo e così conduca alla pace autentica. Con la stessa
compassione di Gesù per le folle, la
Chiesa sente anche oggi come proprio
compito quello di chiedere a chi ha responsabilità politiche ed ha tra le mani
le leve del potere economico e finanziario di promuovere uno sviluppo basato
sul rispetto della dignità di ogni uomo.
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Un’importante verifica di questo sforzo
sarà l’effettiva libertà religiosa, non intesa semplicemente come possibilità di
annunciare e celebrare Cristo, ma anche
di contribuire alla edificazione di un
mondo animato dalla carità. In questo
sforzo si iscrive pure l’effettiva considerazione del ruolo centrale che gli autentici valori religiosi svolgono nella vita
dell’uomo, quale risposta ai suoi più
profondi interrogativi e quale motivazione etica rispetto alle sue responsabilità personali e sociali. Sono questi i criteri in base ai quali i cristiani dovranno
imparare anche a valutare con sapienza
i programmi di chi li governa.
Non possiamo nasconderci che errori
sono stati compiuti nel corso della storia da molti che si professavano discepoli di Gesù. Non di rado, di fronte all’incombenza di problemi gravi, essi
hanno pensato che si dovesse prima
migliorare la terra e poi pensare al cielo. La tentazione è stata di ritenere che
dinanzi ad urgenze pressanti si dovesse
in primo luogo provvedere a cambiare
le strutture esterne. Questo ebbe per alcuni come conseguenza la trasformazione del cristianesimo in un moralismo, la sostituzione del credere con il
fare. A ragione, perciò, il mio Predecessore di venerata memoria, Giovanni
Paolo II, osservava: “La tentazione oggi
è di ridurre il cristianesimo ad una sapienza meramente umana, quasi a una
scienza del buon vivere. In un mondo
fortemente secolarizzato è avvenuta
una graduale secolarizzazione della salvezza, per cui ci si batte sì per l’uomo,
ma per un uomo dimezzato. Noi invece
sappiamo che Gesù è venuto a portare
la salvezza integrale” (Enc. Redemptoris missio, 11).
È proprio a questa salvezza integrale che la Quaresima ci vuole condurre in vista della vittoria di Cristo su ogni male che opprime l’uomo. Nel volgerci al divino Maestro,
nel convertirci a Lui, nello sperimentare la sua misericordia grazie al sacramento della Riconciliazione, scopriremo uno “sguardo” che ci scruta nel profondo e può rianimare le folle e ciascuno di noi. Esso restituisce la fiducia a quanti non si chiudono nello scetticismo, aprendo di fronte a loro la prospettiva dell’eternità beata. Già nella storia, dunque, il Signore, anche quando l’odio sembra dominare, non fa mai mancare
la testimonianza luminosa del suo amore. A Maria, “di speranza fontana vivace”
(Dante Alighieri, Paradiso, XXXIII, 12) affido il nostro cammino quaresimale, perché
ci conduca al suo Figlio. A Lei affido in particolare le moltitudini che ancora oggi, provate dalla povertà, invocano aiuto, sostegno, comprensione.
Con questi sentimenti a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
I VENERDÌ DI QUARESIMA
ore 8.00 - lodi e meditazione
di Eliana Briante (pastora valdese) ed Ulrich Eckert (pastore luterano)
ore 9.00 - VIA CRUCIS
ore 18.00 - vespri e meditazione
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Parrocchia
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ore 21.00 - quaresimale
La sofferenza passa. L’aver sofferto non passa mai.
venerdì 10 marzo, ore 21
La sofferenza dell’errore e del peccato
don Antonio Loi, cappellano del carcere di Opera
La sofferenza che diventa preghiera
venerdì 17 marzo, ore 21
Archimandrita Athenagoras Fasiolos, ortodosso greco
venerdì 24 marzo, ore 21
La sofferenza del povero
don Virginio Colmegna, Casa della Carità
venerdì 31 marzo, ore 21
La sofferenza della morte
Holger Banse, pastore luterano
venerdì 7 aprile, ore 21
La sofferenza della malattia
testimonianza di p.
David Maria
Turoldo
sabato 11 marzo
ore 9.30-12.00
ritiro di quaresima
La sofferenza del
discepolo
padre Adalberto Piovano,
priore monastero di Dumenza
Il digiuno nelle
parole di
sant’Agostino
“Il digiuno non vi sembri una cosa di poca importanza o superflua; chi lo pratica,
secondo le consuetudini della Chiesa,
non pensi fra sé, non dica fra sé, ascoltando il tentatore che suggerisce nell’intimo: “Che cosa digiuni a fare? Defraudi
la tua vita, non le dài ciò che le fa piacere; ti procuri da te stesso una pena, ti fai
carnefice e tormentatore di te stesso. A
Dio può piacere che tu ti tormenti? Sarebbe crudele se avesse piacere delle tue
pene”. Ma tu rispondi così al tentatore:
fogl onformativo - n. 350 - marzo 2006
“Mi dò certo un supplizio, ma perché egli
mi perdoni, da me stesso mi castigo perché egli mi aiuti, per piacere ai suoi occhi,
per arrivare al diletto della sua dolcezza.
Anche la vittima è tormentata, per essere posta sull’altare. Così la mia carne appesantisce meno il mio spirito”.
A questo cattivo consigliere, schiavo del
ventre, rispondi con questo esempio: “Se
tu, per caso, cavalcassi un giumento, se
montassi un cavallo che con la sua andatura sfrenata ti potesse far cadere, per fare un viaggio tranquillo non razioneresti il
cibo a quel furente, non cercheresti di domare con la fame quello che non riesci a
domare col morso? La mia carne è il mio
giumento mentre faccio il viaggio verso
Gerusalemme, spesso mi porta via, cerca
di buttarmi fuori dalla strada. La mia via è
Cristo. Non dovrò dunque frenare con il
digiuno la bestia che va a sbalzi?”.
Se qualcuno capisce ciò, può verificare
con la sua stessa esperienza quanto sia
utile il digiuno. Ma questa carne, che ora
è domata, lo dovrà essere sempre? Finché oscilla nella situazione temporale,
finché è appesantita dalla condizione di
mortalità, ha questi sbalzi, ben visibili e
pericolosi al nostro spirito.
La carne qui infatti è ancora corruttibile,
non è ancora risorta. Il fatto è che non
sempre sarà così; adesso non ha ancora
lo stato proprio della costituzione celeste, non siamo ancora resi uguali agli an10
geli di Dio”.
[s.Agostino, L’utilità del digiuno,3].
“Teniamo dunque i fianchi cinti e le lucerne accese, e siamo come quegli uomini in attesa del ritorno del loro padrone dalle nozze. Non diciamoci vicendevolmente: Mangiamo e beviamo perché
domani moriremo.
Ma proprio perché è incerto il giorno della morte e penosa la vita, digiuniamo e
preghiamo ancor più: domani infatti moriremo. Un poco - disse Gesù - e non mi
vedrete un poco ancora e mi vedrete.
Questo è il momento di cui ci disse. Voi
sarete nell’afflizione mentre il mondo godrà; cioé: questa vita è piena di tentazioni e noi siamo pellegrini lungi da lui. Ma
io vi vedrò di nuovo - aggiunse - e ne
gioirà il vostro cuore e nessuno vi potrà
togliere la vostra gioia.
Godiamo anche ora in questa speranza,
nonostante tutto - poiché è fedelissimo
chi ce lo ha promesso - nell’attesa di
quella sovrabbondante gioia, quando saremo simili a lui, perché lo vedremo così
come egli é, e nessuno ci potrà togliere la
nostra gioia. Di questa speranza abbiamo anche ricevuto il pegno amabile e
gratuito dello Spirito Santo, il quale
emette dai nostri cuori gemiti inenarrabili
di santi desideri. “Abbiamo concepito infatti - dice Isaia - e abbiamo partorito lo
spirito di salvezza”.
E “la donna quando partorisce - dice il
Signore - è nel dolore perché è giunta la
sua ora; ma quando ha partorito si fa
grande festa perché è venuto al mondo
un uomo”. Questa sarà la gioia che nessuno potrà toglierci. Con questa gioia saremo immersi, dalla vita presente nella
quale dobbiamo concepire la fede, alla
luce eterna. Ora dunque digiuniamo e
preghiamo, perché è il tempo del parto”.
“Soprattutto ricordatevi dei poveri: cosicché quanto risparmiate vivendo con
11
maggiore parsimonia, possiate riporlo
nel tesoro del cielo.
Riceva il Cristo che ha fame quanto risparmia il cristiano che digiuna.
La mortificazione volontaria diventi il sostentamento del bisognoso.
La povertà volontaria di chi ha in abbondanza diventi l’indispensabile sostentamento di chi non possiede. Inoltre il vostro cuore mite e umile sia disposto a
perdonare con misericordia.
Chieda perdono chi ha recato ingiuria,
conceda il perdono chi ha ricevuto l’offesa; affinché non cadiamo sotto il dominio di satana, il cui trionfo è la divisione
dei cristiani.
È una elemosina che apporta un grande
vantaggio quella di perdonare il debito al
tuo conservo affinché il Signore perdoni a te.
Il divino maestro raccomandò ai discepoli ambedue queste opere buone, dicendo: Perdonate e sarete perdonati; date e vi sarà dato. Ricordatevi di quel servo dal quale il padrone si fece restituire
tutto il debito che gli aveva condonato,
perché egli non usò uguale misericordia
con un suo conservo che gli doveva cento denari; mentre a lui era stato condonato un debito di diecimila talenti.
Non c’é scusa che tenga per esimersi da
questo genere di opere buone, perché in
questo caso tutto dipende dalla buona
volontà.
Uno potrebbe dire: Non posso digiunare
perché lo stomaco è debole. Può anche
dire: Vorrei dare qualcosa al povero ma
non ho niente da dargli; oppure: Ho così
poco che se lo do a lui ho paura di rimanerne senza io. Benché anche in questo
genere di opere buone per lo più gli uomini portano giustificazioni false, non potendone trovare di valide.
Comunque chi potrà dire: Non ho perdonato a chi mi chiedeva scusa perché non
me lo ha permesso la salute, oppure: Perché non avevo la mano con cui porgere?
Perdona per essere perdonato.
Parrocchia
S. Angela Merici
Per compiere questo atto che ti è chiesto
non c’é bisogno di nessuna azione corporea e nessuna parte del tuo corpo viene richiesta in aiuto all’anima.
Lo si fa con la volontà, lo si compie con la
volontà. Fallo con tutta sicurezza, concedi il perdono con tutta sicurezza: non ti
cagionerà nessun dolore nel corpo, niente ti verrà a diminuire nella tua casa.
E inoltre, fratelli, vedete che grande male è il non perdonare a un fratello pentito
da parte di chi ha l’obbligo di amare anche i nemici. Se le cose stanno così e trovando scritto: Il sole non tramonti sulla
vostra ira, considerate, carissimi, se possa dirsi cristiano chi, almeno in questi
giorni, non è disposto a porre fine a quelle inimicizie che mai avrebbe dovuto
aprire”.
[s.Agostino, Discorso 210, 3.10]
Il digiuno è diventato ai nostri giorni una
pratica ambigua. Nell’antichità non si conosceva che il digiuno religioso; oggi esiste un digiuno politico e sociale (scioperi
della fame), un digiuno igienico o ideologico (vegetariani), un digiuno patologico
(anoressia), un digiuno estetico (per mantenere la linea). Esiste soprattutto un digiuno imposto dalla necessità: quello dei mi-
lioni di esseri umani che non hanno il minimo indispensabile e muoiono di fame.
Per se stessi, questi digiuni nulla hanno a
che vedere con ragioni religiose e ascetiche. Nel digiuno estetico, anzi, a volte (non
sempre) si “mortifica” il vizio della gola,
solo per obbedire a un altro vizio capitale,
quello della superbia o della vanità.
Se Gesù parlasse a noi discepoli di oggi,
su che cosa insisterebbe di più, sul “sì” o
sul “ma”? Noi siamo molto sensibili oggi alle ragioni del “ma” e della riserva critica. Avvertiamo come più importante la
necessità di “spezzare il pane con l’affamato e vestire l’ignudo”; abbiamo giustamente vergogna di chiamare, il nostro, un “digiuno”, quando quello che sarebbe per noi il colmo dell’austerità mangiare pane e acqua - per milioni di
persone sarebbe già un lusso straordinario, soprattutto se si tratta di pane fresco e acqua pulita.
Quello che dobbiamo riscoprire sono invece le ragioni del “sì”.
La domanda del Vangelo potrebbe risuonare, ai nostri giorni, in altra forma: “Perché i discepoli di Budda e di Maometto
digiunano e i tuoi discepoli non digiunano?” (» risaputo con quanta serietà i musulmani osservano il loro Ramadan).
Viviamo in una cultura dominata dal materialismo e da un consumismo ad oltranza. Il digiuno ci aiuta a non lasciarci ridurre a puri “consumatori”; ci aiuta ad acquistare il prezioso “frutto dello Spirito” che è “il dominio di sé”, ci predispone all’incontro con Dio che
è spirito, e ci rende più attenti alle necessità dei poveri.
Non dobbiamo però dimenticare che esistono forme alternative al digiuno e all’astinenza dai cibi.
Possiamo praticare un digiuno dal fumo, dagli alcolici e superalcolici (oltre che all’anima questo fa bene anche al corpo), un digiuno dalle immagini violente e sensuali
che televisione, spettacoli, riviste e internet quotidianamente ci riversano addosso.
Anche questa specie di “demoni” moderni non si vincono che “con il digiuno e la preghiera”.
a cura di p. G.
A sostegno della missione
fogl onformativo - n. 350 - marzo 2006
12
sacramentina di Kikwit
per lo sviluppo del Centro Nutrizionale
e di Promozione Agricola
“Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione” è la citazione che contraddistingue il
messaggio del Papa per la Quaresima.
Per mettere in pratica questa indicazione, l’azione che quest’anno vogliamo proporre alla Comunità è centrata sul grave problema della MALNUTRIZIONE che interessa
in particolare i bambini nei paesi più poveri del mondo.
In particolare, l’intervento che intendiamo realizzare si rivolge ad una Missione dei Sacramentini nella Repubblica Democratica del Congo, lo stesso Paese già oggetto negli anni scorsi della nostra attenzione nel periodo quaresimale.
CONTESTO DELL’INTERVENTO
Nella città di Kikwit, che conta circa 300mila abitanti, a 600 km dalla capitale congolese Kinshasa, si trova la Parrocchia di St.Monique de Kanzombi, affidata ai Padri sacramentini. Il Parroco è padre Remo Rota. Il contesto in cui i religiosi operano è senza dubbio uno dei più poveri del pianeta. Oltre un decennio di grave instabilità politica ed economica, seguita a 30 anni di dittatura e di gestione fallimentare delle risorse
economiche del paese, hanno gettato la Repubblica Democratica del Congo in un
abisso di povertà. In particolare, mancano risorse da investire nei servizi pubblici essenziali, scuola e sanità, con effetti drammatici sulla popolazione, acuiti dalla rapida
diffusione dell’AIDS.
Ovviamente i bambini, i membri più deboli della società congolese, sono coloro che
più di altri subiscono le conseguenze negative di questo stato di povertà generalizzata.
Sono purtroppo molto diffusi: l’abbandono dei minori, la denutrizione/malnutrizione,
l’analfabetismo, ecc.
OGGETTO DELL’INTERVENTO
All’interno della comunità parrocchiale di St.Monique sono molti i bambini in grave
stato di malnutrizione. Per rispondere a questo drammatico problema, i religiosi sacramentini hanno attivato un Centro Nutrizionale, dove tre o quattro volte alla settimana affluiscono 30-40 bambini. Al Centro viene distribuito cibo per integrare un’alimentazione molto povera, fatta di farina di granoturco, farina di manioca (l’alimento base della popolazione congolese), zucchero, fagioli, uova e latte. I bambini seguiti
dal Centro sono spesso orfani di uno o entrambi i genitori e ad accompagnarli sono
non di rado i fratellini più grandi.
Va segnalato che un intervento tempestivo contro la malnutrizione di questi bambini dovrebbe scongiurare le conseguenze negative sullo sviluppo cognitivo e dunque
sulla loro capacità di apprendimento.
Il supporto nutrizionale non è dunque solo un intervento di emergenza, ma risolve un problema che nel medio/lungo termine si rivelerebbe estremamente dannoso per le prospettive di crescita del minore, già pesantemente influenzate dal contesto in cui vive.
Il Centro Nutrizionale impiega un operatore locale, incaricato di monitorare il peso dei
bambini e di insegnare norme igieniche ed educazione alimentare alle madri o ai tutori dei minori.
13
Parrocchia
S. Angela Merici
Alla parrocchia fa anche capo un Centro di Promozione Agricola che ha l’obiettivo di
affrontare il problema anche in una prospettiva futura, diminuendo la dipendenza
dagli aiuti esterni e aumentando l’autonomia della popolazione.
OBIETTIVO
Ogni mese la parrocchia sostiene una spesa di circa 300 Euro per approvvigionare
di cibo il Centro Nutrizionale, pari a circa
10 Äuro/mese a bambino. Un aumento
delle risorse disponibili consentirebbe di
accrescere sensibilmente il numero dei
bambini seguiti. Per questo motivo l’obiettivo che ci poniamo è di raccogliere
l’importo di 15.000 Euro, da destinare all’acquisto di cibo in quantità utile per andare incontro alle esigenze del Centro Nutrizionale e allo sviluppo del Centro di Promozione Agricola.
Penserà la parrocchia di padre Remo alla migliore utilizzazione delle risorse raccolte.
la Commissione Caritas
La guerra madre
di tutte le
povertà
La storia della Repubblica Democratica
del Congo, grande come un quarto dell’Europa, è segnata da numerosi conflitti
finalizzati spesso al controllo delle immense risorse naturali di cui dispone:
oro, diamanti, uranio, cobalto, rame e
coltan (columbite-tantalite, metallo utilizzato nella telefonia cellulare e per le
componenti informatiche), legno pregiato e gomma arabica.
Sfruttato prima dalla colonizzazione
belga, poi dalla trentennale dittatura
di Sese Seko Mobutu (1965-1997)
quindi, a partire dagli anni ‘90, invaso dagli eserciti dei paesi vicini e da
bande mercenarie che hanno soste-
fogl onformativo - n. 350 - marzo 2006
nuto e alimentato la guerra civile e gli
scontri tra le componenti etniche delle province frontaliere.
Il conflitto in corso nella Repubblica
Democratica del Congo è il più sanguinoso dai tempi della Seconda
guerra mondialee, anche a causa del
gran numero di eserciti dei paesi limitrofi che ha coinvolto, è stato definito “Guerra mondiale africana”.
Nonostante i primi accordi di pace firmati nel 1999, i conflitti hanno avuto
il loro apice tra il 1998 e il 2002, causando oltre 3,3 milioni di morti e circa 3 milioni di sfollati.
La maggior parte delle vittime sono civili, di esse i bambini, che costituiscono oltre il 50% della popolazione congolese,
sono l’assoluta maggioranza. Molti di loro sono morti a causa dei combattimenti, ma un numero certamente maggiore è
deceduto per fame, malattie, mancanza
d’acqua e d’ogni tipo d’assistenza medica e sociale: cause che sarebbero facilmente evitabili in situazioni di pace e di
stabilità economica.
Nell’aprile 2002, è stata raggiunta
un’intesa con il Ruanda e l’Uganda, cui
sono seguiti gli accordi di pace firmati
a Sun City l’anno successivo che hanno liberato il paese dagli eserciti limitrofi. Contestualmente, un accordo di
pace interno ha posto fine alla guerra
civile nel paese e insediato un gover-
14
no di transizione che ha realizzato un
nuovo testo costituzionale approvato
per via referendaria nel dicembre 2005.
Questo ha posto le premesse per la realizzazione di elezioni democratiche.
Se dal 2003 nelle regioni centro-occidentali della Repubblica Democratica
del Congo si è raggiunta una relativa
stabilità, nelle zone frontaliere nordorientali e settentrionali, invece, permane una forte insicurezza che conti-
nua a degenerare, a fasi alterne, in
una vera e propria guerra aperta con
gravissime violazioni dei diritti umani e violenze efferate a danno dei civili, tra cui le più soggette sono le
donne e i bambini.
Sono oltre 35.000 i bambini soldato coinvolti nei conflitti, oltre 5.000 le donne e i
bambini che hanno subito violenza sessuale come arma di guerra. Un abitante
su 20 è sieropositivo (in molti casi a se-
guito delle violenze subite), cifra che in alcune zone è addirittura di 1 persona su 3. Oltre 5 milioni di bambini congolesi sono affetti da malnutrizione a causa della povertà
dovuta ai conflitti. Oltre 5 milioni di bambini non ricevono alcuna istruzione.
Come risposta all’emergenza, il 30 maggio 2003 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha
autorizzato l’intervento di una forza multinazionale di pace a Bunia, nel Nord-Est e, dal
1∞ settembre 2003, l’invio di 10.800 caschi blu Missione dell’ONU per il Congo (MONUC) dispiegati in Ituri, nel nord Kivu e nel Sud Kivu.
La presenza dei caschi blu ha reso le condizioni di sicurezza relativamente stabili fino al dicembre 2004, quando la situazione in quelle regioni è nuovamente
precipitata. Da allora continuano a svilupparsi gravi focolai di tensione a fasi
alterne, ancora non definitivamente controllabili.
Oggi, con l’appoggio della comunità internazionale, 25 milioni di congolesi sono pronti per le prime consultazioni democratiche della storia del paese: l’obiettivo è quello - decisivo - di eleggere presidente e parlamento entro giugno
2006.
Dati statistici sull’infanzia
nella Repubblica Democratica del Congo
1. Mortalità infantile entro il primo anno di vita: 12,9%
2. Mortalità infantile entro il 5° anno di
vita: 20,5%
3. Tasso netto iscrizione scuola primaria: non disponibile
4.
Tasso totale di alfabetismo degli
adulti: 65% (80% maschi, 52%
ni
6.
Prodotto nazionale lordo pro capite:
equivalente a 120 dollari USA
7. Accesso all’acqua potabile: 46%
8. Accesso a servizi igenici: 29%
Fonte: UNICEF, La Condizione dell’infanzia nel
mondo 2006
donne)
5.
15
Speranza di vita alla nascita: 44 anParrocchia
S. Angela Merici
Religioni in
dialogo
...per i più piccoli
Feste ebraiche
Purim o festa delle sorti
Il libro della Bibbia intitolato Ester racconta che in Persia gli ebrei rischiarono
di essere tutti uccisi per volere di un crudele ministro “Aman” e del re “Assuero”.
Per intercessione della regina Ester, moglie del re, ma figlia di Israele, e per i meriti di Mardocheo zio di Ester che aveva
precedentemente salvato la vita al re, il
crudele decreto venne abolito.
Gli ebrei furono salvi, il malvagio Aman
venne ucciso, Mardocheo onorato e la regina Ester fu ricordata nella tradizione per
il suo digiuno e per aver dato origine a Purim.
Gli ebrei festeggiano il 14 o il 15 del mese
di Adar (marzo) i giorni della loro salvezza e, a ricordo, hanno istituito la festa di
Purim che nelle più antiche città di Israele, come Gerusalemme, si celebra il 15
(Purim Sciuscan), mentre in Europa si celebra il 14.
È obbligo in quel giorno, e nella precedente funzione della sera, leggere il rotolo (meghillà) contenente la Storia di Ester
e, come in esso si raccomanda, adempiere il comando di Mardocheo che scrisse
lettere a tutti gli ebrei “impegnandoli a festeggiare ogni anno il giorno 14 del mese di Adar e il 15 dello stesso mese.....celebrandoli come giorni di banchetti e di
gioia, di scambio reciproco di doni e di offerte ai poveri”.
Quindi, una delle più belle tradizioni ebraiche, in vigore fin dai tempi più antichi,
consiste nello scambiarsi doni commestibili e bevande tra amici senza dimenticare i poveri che non potrebbero procurarseli. Non è un gesto di elemosina, ma
fogl onformativo - n. 350 - marzo 2006
di amicizia e solidarietà con chi è oggi in
una condizione in cui potrebbero trovarsi tutti domani, ed è anche un modo di rendere partecipi gli altri della propria gioia,
tanto più che “gioia divisa = doppia gioia”
come dicono i proverbi.
L’usanza chiamata “Mishloach Manot” (invio di porzioni) è già descritta nei libri di Samuele (1 Sam 1,4-5) e di Nemia (Nem 9,19);
secondo i rabbini i poveri cui inviare i doni
devono essere almeno due e almeno due
per ciascuno devono essere i doni.
Vi è un grande andirivieni di bambini, la
mattina del Purim, impegnati a portare
agli amici dei loro genitori torte, frutta e
bevande; in Israele, in questi ultimi anni,
è invalso l’uso di inviare miele, marmellate, fichi, datteri, mandorle, arance, mele, frutta tipica del paese.
Naturalmente la festa più grande è per i
bambini che si mascherano da personaggi persiani, recitano nelle scuole le vicende di Assuero, di Ester, di Mardocheo e si
recano cantando in processione per le
strade; la mattina, al tempio, ogni volta
che nella lettura si pronuncia il nome di
Aman, non volendo ascoltarlo, coprono
la voce del lettore con un assordante rumore di raganelle.
In Italia oltre a feste e balli mascherati, cui
partecipano anche gli adulti, non vi è casa in cui non si assaggino dolci e pinoccate e soprattutto le “orecchie di Aman”
che sono poi le “frappe”, dolci tipici anche del carnevale cristiano.
Perché gli ebrei non mangiano
carne di maiale
È vero che non mangiano carne di maiale, ma non è per loro il solo animale proibito, anche il cavallo, ad esempio, è ugualmente bandito.
Secondo la Bibbia certi animali sono puri, altri impuri; il libro del Levitico passa in
rassegna tutta l’arca di Noé: “ecco le bestie che voi potete mangiare tra tutti gli
animali della terra, tutti gli animali che
16
hanno lo zoccolo forcuto e diviso in due
unghie e che ruminano. Ecco quelli che
voi non mangerete: il cammello, che rumina, ma non ha lo zoccolo diviso, è impuro; la lepre che non ha l’unghia divisa è
impura; il maiale che ha lo zoccolo forcuto, diviso in due unghie ma non rumina, è
impuro per voi”.(Lv. 11,1-8)
La lista non è conclusa, ma la Bibbia non
spiega perché alcuni animali sono puri ed
altri no; al contrario, i saggi di Israele hanno cercato di essere più chiari: lo zoccolo
diviso è il simbolo delle due strade che
l’uomo è libero di percorrere in ogni momento della sua vita, la via del bene e quella del male. L’azione del ruminare è necessaria per crescere in saggezza; l’uomo
è invitato a ruminare, a ripetere, memorizzare la Parola di Dio, che è nutrimento
per il cuore.
Gli animali che non ruminano non sanno
volgere uno sguardo saggio su se stessi
e quelli che non hanno lo zoccolo diviso
sono come una strada senza direzione:
tutti e due sono dichiarati impuri perché
allontanano da Dio.
Kacher è una parola che vuol dire conforme, se rapportata ad un alimento signifi-
ca che questo è adatto alla consumazione. Kacher è il termine usato dagli ebrei,
Allal quello usato dai musulmani.
Perché i cattolici mangiano
pesce il venerdì
È un’antichissima tradizione, la chiesa ha
domandato ai suoi fedeli di non mangiare carne il venerdì perché è di venerdì che
Gesù è morto, dunque fare penitenza in
quel giorno è associarsi al dolore per la
sua passione. La carne è stata per lungo
tempo un piatto di prima qualità, privarsene, “fare di magro” è un atto di rinuncia; con lo stesso spirito ci si asteneva dalla carne la vigilia delle grandi feste e per
tutta la Quaresima, che invita i credenti a
prepararsi alla gioia di Pasqua.
Così i cristiani hanno preso l’abitudine di
mangiare pesce durante quei giorni, oggi questa regola è stata semplificata; ai
cattolici è domandato soltanto di non
mangiare carne il mercoledì delle Ceneri
e i venerdì di Quaresima.
Perché ai musulmani è proibito
mangiare carne di maiale e bere alcolici
Si tratta più che altro di un rituale, il problema è che al tempo del profeta Mao-
metto la carne di maiale era considerata fonte di malattie, non si poteva conservare
nel clima troppo caldo del deserto e marciva facilmente. Ugualmente non si può consumare la carne proveniente da un animale morto che non fosse stato precedentemente sgozzato.
Quanto all’alcol, viene proibito perché porta gli uomini ad una condizione drammatica. Maometto domanda ai suoi seguaci di astenersi dall’alcol e soprattutto di non pregare in stato di ebbrezza più per una questione fisica che religiosa. Oggi la tradizione
vuole ancora che la carne di maiale e l’alcol siano proibiti malgrado l’evoluzione delle
norme igieniche e dei costumi.
Come i cristiani osservano il digiuno in alcuni giorni della Quaresima, così i musulmani
digiunano durante il mese del ramadan. È chiesto loro, dalle prescrizioni del Corano,
di astenersi dal cibo dal levare del giorno, quando “si può distinguere un filo bianco
da un filo nero” fino al tramonto del sole. In questo mese è ugualmente vietato fumare.
a cura di Ester Tuffi
(liberamente tratto da
17
Parrocchia
S. Angela Merici
K. Mrowiec, M. Kubler, A. Sfeir, DIO,YAHWEH, ALLAH)
Catechesi Iniziazione cristiana
Visita al Monastero
Sabato 25 febbraio 2006, nel pomeriggio, il gruppo dei bambini del 1996 della catechesi differenziata insieme ad alcuni genitori e alle catechiste hanno fatto visita al Monastero Benedettino delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Via Bellotti a Milano. Questo incontro, diventato ormai tradizionale nel cammino di catechesi, non è mai
altrettanto scontato per coloro che lo vivono per la prima volta. Ascoltiamo dunque
qualche impressione di alcuni bambini e genitori che non sono mancati a questo appuntamento e ne sono rimasti piuttosto colpiti...
“Sabato 25 febbraio con le catechiste e Suor Anna ci siamo recati al Monastero delle
Benedettine Adoratrici del SS. Sacramento. La cosa che più mi ha colpito è il silenzio,
nessuno di noi ha avuto il coraggio di parlare, neanche il più chiacchierone. Quando
siamo arrivati le suore stavano cantando i salmi accompagnati dalla cetra: è stato molto affascinante anche se, sarò sincero, ho capito poco. Soltanto una delle suore poteva parlare con noi. Le domande sono state numerose e così ho saputo che solo tre di
loro possono uscire e che la più giovane ha l’età di mia sorella! Sicuramente è un’esperienza che difficilmente dimenticheremo”.
Guglielmo Sorbini
“Mi ha colpito molto che le suore non potessero parlare per tutto il giorno, tranne durante la cena. Se per caso succedeva dovevano chiedere scusa... mi ha colpito la loro
pazienza... e il loro canto così acuto... La loro vita quotidiana così diversa dalla nostra:
vivere sole, pregando, sempre anche di notte. Mi sono piaciute le vetrate e anche l’altare era diverso dalla nostra chiesa più affascinante...”.
Andrea Mo
Mi ha colpito il fatto che le monache riescano a stare tanti anni
chiuse nel monastero, senza avere rapporti col mondo esterno.
Noi siamo arrivati per primi e la monaca che ci ha accolti ci ha chiesto se la nostra chiesa fosse lontana, spiegandoci che lei non poteva saperlo perché non era di Milano e non usciva mai dal monastero. Mi sono anche domandata come possano passare tanto
tempo in silenzio.
Mi è piaciuto molto il loro modo di cantare, con quelle voci particolari, accompagnate dal suono della cetra che, come ci
aveva detto la catechista, faceva pensare
di entrare in Paradiso. Nel complesso è
stata un’esperienza veramente interessante e bellissima.
Valentina Brasini
Scrive una mamma che ha accompagnato i gruppi di bambini:
fogl onformativo - n. 350 - marzo 2006
“Confesso che entrando non ero molto a
mio agio: la parola “clausura” ha sempre
risvegliato in me sentimenti di oppressione e prigionia... Eppure dopo aver partecipato alla preghiera, sentito il suono
discreto e melodioso della cetra, le parole della suora che ci ha ricevuti, vedere al
di là della grata le suore rimaste in preghiera, mi ha pervaso un sentimento di
gratitudine verso queste creature che a
tutto hanno rinunciato per pregare per
18
noi. Grazie per questa esperienza”.
Roberta Mo
Gli obiettivi di sviluppo del
Millennio
Prosegue l’approfondimento sugli otto
obiettivi di sviluppo che le Nazioni Unite,
con la Dichiarazione del Millennio, si sono
proposte di raggiungere nel 2015. Il sesto
obiettivo è quello di combattere
l’HIV/AIDS, la tubercolosi, la malaria e le
altre malattie.
Ogni giorno più di 10 milioni di bambini
muoiono di malattie che potrebbero essere prevenute.
1. Combattere l’HIV/AIDS
I dati (dal Rapporto UNDP - Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo)
• Negli ultimi vent’anni, l’HIV/AIDS è stato il
fenomeno che ha avuto l’impatto più devastante sulle politiche di sviluppo. I primi casi
sono stati identificati nei primi anni Ottanta.
Già nel 1990 erano state infettate circa 10 milioni di persone. Oggi, nel mondo, circa 42 milioni di persone hanno contratto l’HIV/AIDS:
39 milioni vivono nei Paesi poveri.
• Questa malattia ha già ucciso 22 milioni
di persone e ha lasciato orfani più di 13 milioni di bambini.
• L’HIV/AIDS è oggi particolarmente devastante in Paesi dell’Africa dove ha infettato 1 adulto su 3 come in Botswana, Lesotho, Swaziland e Zimbabwe, o 1 su 5 in
Namibia, Sudafrica e Zambia. In 19 altri Paesi la percentuale è di 1 ogni 20.
• Questa malattia non toglie solo vite, ma colpisce duramente la capacità lavorativa di un
Paese: solo nel 1998 lo Zambia ha perso a
causa dell’HIV/AIDS 1.300 insegnanti, due
terzi di quanti vengono formati ogni anno. I
Paesi africani più gravemente colpiti rischiano
di perdere entro il 2020 oltre un quarto della propria forza lavoro. L’Uganda appare, per
ora, l’unico Paese dell’Africa sub-sahariana
in grado di invertire la tendenza dell’epide19
mia, una volta raggiunta la crisi.
Il traguardo
Aver arrestato, entro il 2015, e invertito la
tendenza alla diffusione dell’HIV/AIDS
Le necessità
• Nell’affrontare l’HIV/AIDS è necessaria una
forte leadership per superare l’inerzia istituzionale e affrontare i problemi sociali che alimentano l’epidemia, tra cui la discriminazione e i rapporti di potere diseguali fra uomini
e donne. La percentuale di donne affette da
HIV/AIDS è aumentata considerevolmente dal
41% nel 1997 al 50% alla fine del 2002.
• Discussioni sui comportamenti e valori
che aumentano la diffusione dell’HIV/AIDS
• Affrontare i problemi dei sistemi sanitari
disorganizzati, compressi e dolorosamente
sottofinanziati: aumento del numero di cliniche e professionisti sanitari (soprattutto
nei luoghi a maggiore infezione), nuovi sistemi di distribuzione e stoccaggio dei farmaci, una migliore formazione dei lavoratori sanitari e delle comunità di assistenza
• Promuovere risposte multisettoriali all’epidemia
• Attivare una collaborazione nel controllo
della malattia fra paesi in via di sviluppo
• Intensificare gli sforzi di prevenzione ed investire nelle tecnologie di prevenzione efficaci
• Utilizzare le sovvenzioni dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, la quale ha
inserito i farmaci antiretrovirali nell’elenco
delle proprie medicine essenziali e ha pubblicato linee guida per il trattamento dove
le risorse sono limitate.
2. Combattere la tubercolosi e la malaria
I dati (dal Rapporto UNDP - Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo)
•La tubercolosi resta (insieme all’HIV/AIDS) il
primo agente infettivo che uccide gli adulti:
causa fino a 2 milioni di morti l’anno.
• La malaria non è meno pericolosa: oggi
uccide 1 milione di persone ogni anno e i
morti rischiano di raddoppiare nei prossimi vent’anni.
• Nei Paesi in via di sviluppo sono sopratParrocchia
S. Angela Merici
tutto le aree rurali ad essere colpite o a mancare di adeguati servizi sanitari: meno della
metà dei bambini che vivono in zone rurali ricevono assistenza medica per le infezioni
respiratorie acute, una delle principali malattie potenzialmente mortali che colpiscono i
bambini.
Il traguardo
Aver arrestato e invertito, entro il 2015, la tendenza alla diffusione della malaria di altre
importanti malattie
Le necessità
Malaria - Molti decessi potrebbero essere evitati se si agisse in tempo e con misure preventive. Retine antizanzare, antibiotici a prezzi economicamente accessibili, personale medico qualificato e misure elementari di igiene e di educazione alla salute non sono soluzioni ad alto
contenuto tecnologico. Tuttavia, come accade per le carenze in ambito educativo, queste soluzioni rimangono ancora fuori dalla portata di milioni di persone povere.
Tubercolosi - Invertire la diffusione della malattia è possibile, attraverso l’espansione, l’adattamento e il miglioramento diretto della terapia osservata nel breve termine (DOTS), un
programma eccezionalmente efficace. Nel sorvegliare i regimi di trattamento, crea stretti
legami con i pazienti. Espandere tale terapia richiede il rafforzamento dei programmi di controllo della tubercolosi, così come del sistema sanitario nazionale.
a cura di Tata Mapelli
Arte e fede
La testimonianza a Cristo fino al martirio
La vita di san Pietro martire nell’arca marmorea di Giovanni di Balducccio
Nell’ultimo numero del Bollettino abbiamo già trattata di san Pietro martire e del racconto della sua vita negli affreschi del Foppa nella cappella Portinari; ora vogliamo invece proporre la stessa figura, ma attraverso la lettura della preziosa arca che ne conserva il corpo e che si trova al centro della predetta cappella.
Il domenicano, fra Pietro da Verona fu assegnato al convento di Sant’Eustorgio nel 1233
e subito si distinse per l’assidua predicazione al popolo e per la fondazione di due confraternite: la Societas fidelium e la Congregazione della Vergine. Nel 1249 Pietro diviene
uomo di fiducia del papa, dal quale è incaricato sia missioni di pace sia come inquisitore. Mentre rientrava in Milano dopo una predicazione a Como, il 6 aprile 1252, venne ucciso dai sicari dei catari vicino a Seveso. Il corpo fu portato a San Simpliciano e da l” in
processione a Sant’Eustorgio dove venne sepolto con grande partecipazione di popolo.
Già l’anno seguente, a seguito dei numerosi miracoli che avvenivano sulla sua tomba, i fedeli ottennero da Innocenzo IV il breve di canonizzazione. A seguito di ciò il corpo venne riesumato e il capo spaccato per una più degna sistemazione; nel 1335 i domenicani iniziarono una raccolte di fondi per la creazione di un nuovo e più imponente sepolcro, dando l’incarico a Giovanni di Balduccio, uno degli artisti più noti dell’epoca.
Secondo quanto attestano i documenti, Giovanni realizzò l’arca tra il 1336 e il 1339, Infatti nel 1340 il capitolo generale dell’ordine poté traslare il corpo del martire con grande concorso di popolo, mentre il capo veniva conservato in una teca argentea.
L’arca, in marmo di Carrara, è retta da otto pilastrini in marmo rosso di Verona, a cui
sono appoggiate le otto Virtù; su di esse poggia la cassa, i cui lati sono decorate con
fogl onformativo - n. 350 - marzo 2006
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otto rilievi rappresentanti la vita di Pietro, divisi da otto statuette di santi, apostoli e dottori della Chiesa. Il coperchio è a tronco di cono , decorato sugli spioventi da santi e donatori e attorno svettano gli otto cori angelici. Sulla sommità troviamo un tabernacolo con Maria e il Bambino tra i santi Pietro martire e Domenico e in cima Cristo benedicente tra due angeli. Una costruzione articolata, gerarchica, in cui tutto ha un significato ed una importanza particolare.
Il numero otto è il cardine interpretativo dell’intera costruzione: esso si ricollega all’ottagono del battistero, all’idea di eternità, salvezza in Cristo risorto, di cui il martire
è esempio vivente.
La cassa poggia sulle Virtù cardinali e teologali, come la vita stessa del martire: Giustizia, Temperanza, Fortezza, Prudenza, Fede, Speranza, Carità a cui si è aggiunta l’Obbedienza. Tali Virtù sono dolcissime fanciulle, quasi certamente di mano dello stesso
Balduccio, e sono rappresentate secondo la tradizionale iconografia.
Le statuette che dividono gli episodi della vita di Pietro da Verona sono: Ambrogio, Pietro apostolo, Gregorio, Gerolamo, Tommaso d’Aquino, Eustorgio, Agostino (i 4 dottori della Chiesa, il patrono del martire, il titolare della chiesa e un esponente di spicco
dell’ordine domenicano).
Gli episodi, per lo più assegnato alla bottega di Giovanni per la minor eleganza delle
figure e per il loro carattere popolare sono: tre miracoli, il martirio, la deposizione del
corpo, la canonizzazione, il miracoli della nave e la traslazione del corpo.
Molto interessanti le figurine angeliche, rappresentanti le allegorie dei nove cori angelici secondo la teoria di Dionigi l’Areopagita: angeli, cherubini, troni, dominazioni,
virtù, potestà, principati, arcangeli e serafino (accanto a Cristo in alto).
Sul coperchio le figure dei donatori, tra cui l’arcivescovo Giovanni Visconti, il re e la regina di Cipro, inginocchiati davanti ai santi Giovanni e Paolo e Caterina e Nicola.
L’ardita composizione si conclude con il baldacchino sotto cui vi è sono la vergine con
il Bambino in braccio tra i santi Pietro martire e Domenico, e proprio sulla sommità Cristo tra due serafino. Non stupisce l’articolata complessità iconografica e teologica dell’arca se pensiamo che il convento di Sant’Eustorgio era anche sede di uno studio (università) teologico e filosofico dell’ordine domenicano e che, più tardi , durante la costruzione del Duomo, proprio i domenicani saranno invitati come consultori per verificare l éortodossia delle figurazioni che venivano messe in opera.
Anna Maria Roda
Agenda della comunità
Lunedì 6 marzo
• Alle ore 21 secondo incontro di formazione per gli animatori della liturgia sullastruttura del lezionario ambrosiano.
Mercoledì 8 marzo
• Alle ore 21 si riunisce il Consiglio per gli Affari Economici.
Giovedì 9 marzo
• Alle ore 21 si riunisce la Commissione per l’ecumenismo.
• Alle ore 21 incontro di formazione per i catechisti.
Lunedì 13 marzo
• Alle ore 21 si riunisce il Consiglio Pastorale Parrocchiale.
Martedì 14 marzo
• Alle ore 21 incontro per i genitori dei bambini nati nel ‘98 che seguono
il percorso
Parrocchia
21
S. Angela Merici
di catechesi tradizionale.
Lunedì 20 marzo
• Alle ore 21 si riunisce il gruppo giovani coppie 2.
Giovedì 23 marzo
• Alle ore 21 incontro per i genitori dei bambini nati nel ‘97 che seguono il percorso
di catechesi differenziata.
Lunedì 27 marzo
• Alle ore 21 incontro di formazione per i catechisti.
• Sempre alle ore 21 si riunisce il gruppo giovani coppie 1.
Martedì 28 marzo
• Alle ore 21 incontro per i genitori dei bambini nati nel ‘94 che seguono il percorso
di catechesi differenziata.
Mercoledì 29 marzo
• Alle ore 21 incontro per i genitori dei bambini nati nel ‘97 che seguono il percorso
di catechesi tradizionale.
Giovedì 30 marzo
• Alle ore 21 incontro di preparazione al pellegrinaggio nella Santa Russia.
Domenica 2 aprile
• Alle ore 17 adorazione comunitaria.
INCONTRI POMERIDIANI PER LA TERZA ETÀ
Questo il calendario degli incontri promossi dal Movimento Terza Età (ore 15.30):
martedì 4 aprile
Atelier del colore: disegno libero, con la guida di Adele Rebosio.
giovedì 5 aprile
proiezione di un documentario sulla Terra Santa
martedì 20 aprile Tombola in allegria e merenda
martedì 27 aprile incontro di catechesi sul testo I tre doni, guidato da p. Cirillo.
Si festeggiano i compleanni del mese.
CENTRO CULTURALE
Corsi
• Sulla base delle richieste che perverranno, verrà ripetuto il Corso base di Personal
Computer per principianti (posti limitati).
• Dal 9 al 16 marzo si terranno corsi di giardinaggio.
VISITE - Il 18 marzo visita al Tempio di San Sebastiano in via Torino. Appuntamento
alle ore 10 davanti al Tempio.
Spettacoli - Possibilità di usufruire di biglietti a prezzo agevolato per spettacoli teatrali.
Informazioni ed iscrizioni presso il Centro Culturale (tel. 02.690123318, lunedì dalle 16
alle 18 e martedì, mercoledì e giovedì dalle 18 alle 19.30)
In decanato
Sabato 25 marzo
• Con inizio alle ore 9.30, presso l’Istituto di Maria Consolatrice, via Melchiorre Gioia
51, giornata di riflessione e di confronto per i consigli pastorali e gli operatori pastorali delle parrocchie del decanato Zara.
fogl onformativo - n. 350 - marzo 2006
In città
22
da martedì 7 a sabato 11 marzo - ore 21
Lucia Vasini
Gli amici, il palcoscenico e le donne - CIAK SI GIRA!
Regia di Lucia Vasini - con amiche e amici vari
da giovedì 16 a sabato 18 marzo - ore 21
Six in the city
teatro/cabaret al femminile
con R. Carretto, A. Sarno, C.Penoni P. Maccario e Pia Engleberth
venerdì 24 e 25 marzo - ore 21
Teatro/Danza
Cinzia De Lorenzi: De reliquis aquae – Caterina Perazzi : Solo For Shadows
domenica 26 marzo - ore 16
Teatro Piccolo
C’era una volta il figlio del re... ma adesso dov’é?
di Anna Di Maio
Spettacolo per i bambini dai 6 anni in su.
venerdì 31 marzo - ore 21
Amadeuscollage
Composizioni e improvvisazioni pianistiche di Valerio De Vittorio
Estratti dall’epistolario mozartiano letti da Stefano Barisani
Selezione di immagini curata da Patrizia Passalacqua
domenica 2 aprile ore 16
Il piccolo popolo racconta
ideato e interpretato da Antonio Brugnano. Spettacolo per i bambini dai 6 anni in su.
Prenotazioni: www.teatroblu.org
Pensieri e Colori Coop. Sociale
Tel. 02 3705 0694 (dal lunedì al venerdì 9-13 / 14-18) - [email protected]
Venerdì 3 marzo
• Dalle ore 18.30 alle ore 21.30, presso la Casa della Carità, via Brambilla 10, nell’ambito del seminario su Conflitti dimenticati, informazione negata, Jean Leonard
Touadì, scrittore e giornalista congolese e i giornalisti Stefano Liberti e Raffaele Masto si confronteranno sul tema L’Africa, il continente che non fa notizia.
Sabato 4 marzo
• Dalle ore 9.30 alle ore 12.30, presso la Casa della Carità, via
Parrocchia
Brambilla 10, prosegue il seminario su Conflitti dimenticati, in- S. Angela foglMerici
onformativo
formazione negata, Andrea Angeli, portavoce Onu in Bosnia, Kosovo e Macedonia
Direttore responsabile – p. Giuseppe Bettoni
e Alberto Bobbio, giornalista di “Famiglia Cristiana” si confronteranno
sul tema
Capo Redattore – Tata Tanara
Impaginazione
–
Pensieri
e Colori
Onu e missioni di pace: il caso dei Balcani.
Stampa – Francesco Canale
Giovedì 9 marzo
Un ringraziamento particolare
a tutti
coloro che collaborano de• Alle ore 21, presso la Sala della Trasfigurazione, piazza San Fedele 4,
nell’ambito
con gli articoli, alla fascicolatura e
del Foglio Informativo e
alla diffusione
gli incontri promossi dal Centro Giovani coppie, Anna Maria Burlini,
psicanalista
psicoterapeuta, terrà una serata dal titolo Avere un figlio: il terzoTrovate
incomodo?
il Foglio Informativo anche su:
www.americisss.it
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Foglio n. 350 - Parrocchia Sant`Angela Merici