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Studi e ricerche
Studi e ricerche
Temi&Strumenti
Temi&Strumenti
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L
E DELLA
Unione europea
Fondo sociale europeo
PREVIDENZA SO C I A L E
Direzione Generale per le Politiche
per l’Orientamento e la Formazione
LA MOBILITA’ COSTRETTA
LA MOBILITA’ COSTRETTA
La mobilità geografica dei giovani italiani:
caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno
’ISFOL, conformemente a quanto previsto dall’Art. 2 comma 3 del proprio Statuto,
ha attivato una sede decentrata in Benevento al fine di fornire supporto alle Regioni ed agli Enti locali, nelle aree del Mezzogiorno (ex Obiettivo 1 programmazione
fondi strutturali 2000-2006).
Si tratta di una scelta funzionale-organizzativa volta a seguire i territori, tramite una
prossimità anche fisica, nelle loro evoluzioni e quindi a calibrare le attività tipiche dell’ISFOL, in modo dinamico e contestualizzato, sui temi del capitale umano e dello sviluppo locale.
La mission, i compiti e le funzioni dell’Istituto assumono nella sede di Benevento una
connotazione puntuale e sistemica sulle problematiche e sulle prospettive del Sud.
Nella sede decentrata opera il Centro per lo Sviluppo Locale quale sensore sui territori,
luogo di divulgazione scientifica e di ricerca per ambiti territoriali e sportello agenziale
per lo sviluppo.
Tra le attività del Centro, finanziate con D. Dir. N. 285 Bis/I/04 della DGPOF del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, rientra la presente ricerca sulla mobilità geografica dei giovani italiani.
Sia a livello comunitario che nazionale la mobilità viene considerata quale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla Commissione europea “Anno europeo della mobilità professionale”.
Il fenomeno sicuramente ha dei risvolti positivi a livello europeo e nazionale poiché appiana quei differenziali territoriali tra domanda e offerta di competenze, soddisfa le esigenze individuali e arricchisce lo stesso capitale umano in mobilità, ma se si osserva la
mobilità sotto la “lente territoriale” può nascondere degli impatti negativi soprattutto
nel lungo termine.
E’ il caso di aree deboli come quelle del Mezzogiorno d’Italia.
Con la presente ricerca si è voluto, dunque, approfondire la mobilità dei giovani italiani
individuando le caratteristiche e le prospettive delle Regioni Obiettivo 1 e cercando di
comprendere il fenomeno anche nella sua componente non sana, che si potrebbe definire “costretta”.
Di certo oggi non si assiste ad esodi migratori come quelli registrati negli anni 50’ e 60’
ma i flussi riguardano soprattutto giovani a medio-alta scolarizzazione per cui ci troviamo di fronte ad un fenomeno di drenaggio geografico delle competenze: il brain drain.
La mobilità geografica
dei giovani italiani:
caratteristiche e prospettive
delle Regioni del Mezzogiorno
ISBN 88-543-0029-2
9
788854 300293
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Temi&Strumenti
Studi e ricerche
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ISBN 88-543-0029-2
L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è stato istituito con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca con Decreto legislativo n. 419 del 29 ottobre 1999; ha
sede in Roma ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e
della Previdenza sociale. L’Istituto opera in base al nuovo Statuto approvato con D.P.C.M. del 19 marzo 2003 ed al nuovo assetto organizzativo approvato con delibera del Consiglio di Amministrazione n. 12 del
6.10.2004.
Svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione,
informazione e valutazione nel campo della formazione, delle politiche
sociali e del lavoro, al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione,
al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale. Fornisce consulenza tecnico-scientifica al Ministero del
Lavoro e delle Previdenza Sociale e ad altri Ministeri, alle Regioni,
Province autonome e agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali pubbliche
e private. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal Parlamento e fa
parte del Sistema statistico nazionale.
Svolge anche il ruolo di struttura di assistenza tecnica per le azioni di
sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia Nazionale LLP–Programma
settoriale Leonardo da Vinci, Centro Nazionale Europass, Struttura nazionale di supporto all’iniziativa comunitaria Equal.
Presidente
Sergio Trevisanato
Direttore Generale
Antonio Capone
La collana “Temi&Strumenti” – articolata in Studi e Ricerche, Percorsi,
Politiche comunitarie – presenta i risultati delle attività di ricerca dell’Isfol sui
temi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le conoscenze, sviluppare il dibattito, contribuire all’innovazione e alla qualificazione dei sistemi di
riferimento.
La collana “Temi&Strumenti” è curata da Isabella Pitoni, responsabile Ufficio
Comunicazione Istituzionale Isfol.
2006 – ISFOL
Via G. B. Morgagni, 33
00161 Roma
Tel. 06445901
http://www.isfol.it
Unione europea
Fondo sociale europeo
ISFOL
LA MOBILITA’ COSTRETTA
La mobilità geografica
dei giovani italiani:
caratteristiche e prospettive
delle Regioni del Mezzogiorno
ISFOL EDITORE
Il volume raccoglie i risultati della ricerca sulla mobilità geografica interna dei
giovani italiani sviluppata nell’ambito delle attività finanziate con D. Dir. N.
285 Bis/I/04 della DGPOF del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
La ricerca è a cura del “Centro per lo Sviluppo Locale” che opera presso la sede decentrata dell’ISFOL in Benevento per le aree del Mezzogiorno.
Responsabile sede
Antonio Capone
Gruppo di Lavoro
Massimo Resce – progetto di ricerca, progetto di pubblicazione, supervisione,
integrazioni e raccordi
Giuliana Tesauro – modelli e analisi socio – economiche
Giuseppe Rillo e Francesco Manente - modelli ed elaborazioni statistiche
Raffaele Castagnozzi – analisi socio – demografiche
Alessia Colalillo e Giovanna Rossi – ricognizione ed analisi normativa
Gianpiero Colatruglio – elaborazioni GIS
Indagine CATI
l’indagine è stata impostata con la collaborazione di Andrea Rocchi del
Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento ed è stata realizzata per l’ISFOL da
Synergy Knowledge People S.r.l. e Tendentia S.r.l.
La pubblicazione è aggiornata al 31 dicembre 2006.
Coordinamento editoriale della collana Temi&Strumenti:
Piero Buccione e Aurelia Tirelli.
Collaborazione di Paola Piras.
INDICE
pag.
Introduzione
La mobilità dei giovani italiani
delle Regioni Obiettivo 1
1.1 Aspetti storico - demografici della migrazione interna
1.1.1 Storia della migrazione interna in Italia
1.1.2 Migrazione e struttura demografica
1.1.3 Indicatori di mobilità
1.2 Analisi della mobilità formativa dei giovani
1.2.1 Flussi di laureati meridionali all’interno
del Mezzogiorno
1.2.2 Flussi di diplomati universitari meridionali
all’interno del Mezzogiorno
1.2.3 Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati
nelle Università del Centro-Nord
1.2.4 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia
1.2.5 Flussi di iscritti
1.2.6 Relazione tra laureati maschi e femmine residenti
nelle aree Obiettivo 1
1.2.7 Università preferite e tempo medio per laurearsi
1.2.8 Sintesi delle caratteristiche della mobilità
formativa in Italia
1.3 Indagine sugli attegiamenti dei giovani italiani
nei confronti della mobilità
1.3.1 Obiettivi e modalità di indagine
1.3.2 Risultati generali
1.3.3 Segmentazione della popolazione
1.3.4 Dettaglio su alcune province
1.3.5 Dettaglio dei risultati
1.3.6 Focus sui giovani in mobilità originari
delle Regioni Obiettivo 1
1.3.7 Sintesi delle caratteristiche della mobilità
13
Cap. 1
17
18
18
24
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30
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40
42
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48
48
49
52
62
62
88
91
5
INDICE
pag.
1.4 Le variabili socio-economiche dei flussi di mobiltà costretta
1.4.1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti
1.4.2 Analisi multidimensionale delle variabili
socio – economiche determinanti il flusso migratorio
1.4.3 Elaborazione di un modello di lettura
1.4.4 Comparazione tra Regioni Obiettivo 1 e Regioni
del Centro - Nord
1.4.5 Sintesi delle caratteristiche delle determinanti socioeconomiche dei flussi di mobilità
La mobilità tra politiche per il capitale umano
e lo sviluppo locale
2.1 Il capitale umano nei procesi di crescita
economica e sviluppo
2.1.1 Crescita economica e sviluppo
2.1.2 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo
2.1.3 Il peso del capitale umano nei processi
di crescita e sviluppo
2.2 La situazione nel mezzoggiorno
2.2.1 Il livello di istruzione dei cancellati
2.2.2 Capitale umano e forza lavoro
2.2.3 I flussi di mobilità delle Regioni Obiettivo 1:
il “brain drain”
2.3 Le politiche sulla mobilità’
2.3.1 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno
della mobilità
2.3.2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità
92
93
123
130
134
135
Cap. 2
Cap. 3
Conclusioni
137
138
138
140
144
148
148
156
164
166
167
176
183
APPENDICE STATISTICA
189
BIBLIOGRAFIA
263
6
INDICE DELLE TABELLE
pag.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
1 - Tasso Migratorio Interno e PIL pro-capite
Regioni dell’Obiettivo 1 - Italia
2 - Variazione % della composizione della Forza Lavoro
per titolo di studio
3 - Indice di struttura della popolazione attiva
nelle Regioni Obiettivo 1
4 - Indice di ricambio nelle Regioni Obiettivo 1
5 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni Obiettivo 1
6 - Indice di struttura della popolazione attiva
e tasso migratorio interno
7 - Rapporto tra laureati residenti in Regione
e in Provincia, in percentuale
8 - Atenei - Facoltà preferiti dagli studenti residenti
nelle Regioni Obiettivo1
9 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior
numero di laureati in Atenei centro-settentrionali
10 - Laureati e Diplomati Universitari stranieri nelle
Università italiane per continente di provenienza
11 - Sedi universitarie italiane preferite dagli studenti stranieri
12 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior
numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali
13 - Regioni Obiettivo 1 con maggior numero
di iscritti in Atenei centro-settentrionali
14 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università di Bologna
15 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
16 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
17 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università Bocconi
18 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università Cattolica di Milano
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44
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7
INDICE DELLE TABELLE
pag.
Tab. 19 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università Cattolica di Milano
Tab. 20 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
Tab. 21 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
Tab. 22 - Focus su 10 Province delle Regioni Obiettivo 1
Tab. 23 - Nuovi iscritti all’anagrafe, per aree geografiche
Tab. 24 - Trasferimenti di residenza per tipologia
Tab. 25 - Tasso migratorio interno
Tab. 26 - Occupati per titolo di studio, sesso e regione
Tab. 27 - Tasso di occupazione per titolo di studio e regione
Tab. 28 - Tasso di occupazione per ripartizione regionale
Tab. 29 - Tasso di disoccupazione per ripartizione regionale
Tab. 30 - Tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno per titolo di studio
Tab. 31 - Forze di lavoro in serie storica 1995-2005
e 1 trimestre 2006 Regioni Obiettivo 1
Tab. 32 - Reddito pro-capite per ripartizione regionale
Tab. 33 - Reddito pro-capite ripartizione per grandi Aree
Tab. 34 - Reddito pro-capite ripartizione Regioni Obiettivo 1
Tab. 35 - Variabili statistiche correlate ai flussi Migratori
delle regioni Obiettivo 1
Tab. 36 - Peso dell’Industria nelle Regioni Obiettivo 1
Tab. 37 - Popolazione di età 18 – 33 anni
Tab. 38 - Incidenza cancellati a medio-alta scolarizzazione
su totale popolazione Regioni Obiettivo 1
Tab. 39 - Atenei, sedi universitarie per Regione
Tab. 40 - Peso titolo di studio per forza lavoro
Tab. 41 - Spesa delle famiglie per l’istruzione
per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1
Tab. 42 - Spesa pro-capite per l’istruzione per ripartizioni
geografiche e Regioni Obiettivo 1
Tab. 43 - Spesa amministrazioni pubbliche per istruzione
in ripartizioni geografiche Regioni Obiettivo 1
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163
INDICE DELLE FIGURE
pag.
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Fig.
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Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
1 - Peso occupati per settore produttivo in Italia,
in serie storica
2 - Età media della popolazione
3 - Tasso di mobilità residenziale per 1.000 abitanti
4 - Indice cumulato della variazione
della popolazione per 1.000 abitanti
5 - Retta di Regressione laureati maschi (X) femmine (Y)
6 - Composizione degli assi
7 - Segmentazione della popolazione
8 - Composizione dei gruppi in valori percentuali
9 - Descrizione gruppo “Ordinari”
10 - Descrizione gruppo “Emergenti”
11 - Descrizione gruppo “Svantaggiati”
12 - Descrizione gruppo “Spettatori”
13 - Descrizione gruppo “Agiati”
14 - Descrizione gruppo “Delfini”
15 - Provenienza intervistati
16 - Sesso, età e stato civile degli intervistati
17 - Dati demografici sull’area di origine e di residenza
18 - Flussi di mobilità
19 - Dettaglio delle motivazioni che hanno indotto la mobilità
20 - Durata della mobilità
21 - Grado di soddisfazione e valutazione
del proprio spostamento
22 - Valutazione delle possibilità di rientro
23 - Titolo di studio degli intervistati
24 - Motivazione e valutazione della propria formazione
25 - Luogo di formazione
26 - Livello culturale dei genitori degli intervistati
27 - Condizione lavorativa attuale e durata
28 - Modalità di inserimento nel mondo
lavorativo e coerenza con formazione
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9
INDICE DELLE FIGURE
pag.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
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Fig.
Fig.
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Fig.
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Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
10
29 - Valutazione proprie aspettative e formazione
30 - Professione dei genitori degli intervistati
31 - Valutazione Provincia di residenza
32 - Pregi e difetti della Provincia di residenza
33 - Potenzialità della Provincia di residenza
34 - Offerta formativa Provincia di residenza
35 - Valutazione dell’offerta formativa della Provincia di residenza
36 - Formazione e territorio
37 - Valutazione delle strutture/servizi presenti
nella Provincia di residenza
38 - Valutazione motivazionale delle strutture/servizi
presenti nella Provincia di residenza
39 - Provenienza giovani italiani in mobilità e loro destinazione
40 - Ampiezza comune di provenienza dei giovani
in mobilità provenienti dalle Regioni Obiettivo 1
41 - Destinazione dei giovani provenienti
dalle Regioni Obiettivo 1
42 - Motivazione e durata dello spostamento
dei giovani delle Regioni Obiettivo 1
43 - Professione, titolo di studio e classi di età
dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 in mobilità
44 - Tasso migratorio interno nelle Province italiane
45 - Tasso migratorio interno nelle Regioni italiane
46 - Saldo migratorio interno nelle Regioni Obiettivo 1
47 - Tasso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1
48 - Tasso di occupazione nelle Province italiane
49 - Tasso di occupazione nelle Regioni italiane
50 - Tasso di disoccupazione in serie storica
1995-2005 nelle Regioni Obiettivo 1
51 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni italiane
52 - Forza lavoro in serie storica 1995-2006
nelle Regioni Obiettivo 1
53 - Forze di lavoro nelle Province italiane
54 - Forze di lavoro nelle Regioni italiane
55 - Reddito pro-capite ripartizione grandi aree
56 - Reddito pro-capite in serie storica 1995-2004
nelle Regioni Obiettivo 1
57 - Piano fattoriale del peso delle determinanti
sui due fattori calcolati nelle Regioni Obiettivo 1
58 - Piano fattoriale
59 - Imprese per settore economico e regione
60 - Livello d’istruzione popolazione adulta
grandi ripartizioni geografiche
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149
INDICE DELLE FIGURE
pag.
Fig. 61 - Livello d’istruzione popolazione adulta nelle Regioni
Obiettivo 1
Fig. 62 - Tasso di scolarizzazione superiore grandi
ripartizioni geografiche
Fig. 63 - Tasso di scolarizzazione superiore nelle Regioni
Obiettivo 1
Fig. 64 - Tasso variazione occupati per titolo di studio
Fig. 65 - Tasso variazione cancellati con più di 14 anni
dalle Regioni Obiettivo 1
Fig. 66 - Cancellati dalle Regioni Obiettivo 1 con più di 14 anni
Fig. 67 - Tasso di variazione cancellati a medio/alta
scolarizzazionenelle Regioni Obiettivo 1
Fig. 68 - Tasso di variazione della forza lavoro
per titolo di studio grandi ripartizioni geografiche
Fig. 69 - Peso della spesa delle famiglie per l’istruzione
grandi ripartizioni geografiche
Fig. 70 - Peso della spesa delle amministrazioni pubbliche
per l’istruzione grandi ripartizioni geografiche
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151
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11
INDICE DEI BOX
pag.
Box 1 - Programmi ed iniziative europee a sostegno della libera
circolazione e della mobilità dei lavoratori
Box 2 - Europass Mobilità
Box 3 - Strumenti per la mobilità a disposizione degli operatori
accreditati sull’area web
Box 4 - Dispositivi sulla mobilità della Regione Campania
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174
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182
INTRODUZIONE
L’ISFOL nella sede decentrata di Benevento1 ha avviato un percorso
di approfondimento delle variabili di rottura alla base dei processi di
sviluppo.
Tra gli elementi che maggiormente stigmatizzano l’economia meridionale vi è lo squilibrio tra dimensione dell’apparato produttivo e disponibilità di forze lavoro, squilibrio da cui deriva la persistenza nell’area di un tasso di disoccupazione pari a tre volte quello rilevabile
nelle aree del Centro-Nord.
Partendo da questo dato si è ritenuto necessario indagare sulla
mobilità geografica che coinvolge le Regioni del Mezzogiorno come
fattore di risposta a tale squilibrio.
La mobilità professionale e geografica è divenuta un elemento
chiave della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO)2 e del Piano
d’Azione in materia di competenze e mobilità3. In particolare, con la
SEO si è istituito un quadro di sorveglianza multilaterale che esorta gli
Stati membri ad attuare politiche più efficaci nel settore occupazionale.
La strategia ispiratrice dell’UE in termini di occupazione si fonda sul
concetto in base al quale il mercato europeo dell’occupazione può
funzionare correttamente solo se i cittadini sono liberi di passare da
un posto di lavoro, da un’attività, da un paese o da una regione all’altra.
1 La sede di Benevento è stata istituzionalizzata al fine di fornire supporto alle Regioni ed agli
Enti locali, nelle aree dell’Obiettivo 1, come indicate nella regolamentazione comunitaria per la programmazione dei fondi strutturali 2000-2006.
2 La Strategia europea per l’occupazione (SEO) è stata avviata dal Consiglio straordinario sull’occupazione di Lussemburgo nel novembre del 1997, per mettere in atto quanto disposto dal
Trattato di Amsterdam che, per la prima volta, ha inserito formalmente gli interventi per il lavoro
tra le priorità dell’azione comunitaria.
3 COM (2002) 72. Successivamente: “Relazione sullo stato di attuazione del Piano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobilità“(COM/2004/0066 def.); Decisione del
Consiglio, 22/07/2003, relativa a orientamenti per le politiche degli stati membri a favore dell’occupazione (2003/578/CE).
13
INTRODUZIONE
In Italia, il Piano di attuazione del rilancio della strategia europea di
Lisbona PICO (Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione)
sostiene e promuove i processi di mobilità.
Sia a livello comunitario che nazionale, dunque, la mobilità viene
considerata quale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla Commissione europea “Anno europeo della mobilità
professionale”. L’iniziativa europea mira a sensibilizzare i cittadini sui
vantaggi di un lavoro all’estero o del cambiamento di lavoro ed a migliorare la comprensione del fenomeno stesso.
La mobilità geografica, anche se è portatrice di effetti positivi su
scala territoriale europea e nazionale, presenta aspetti particolarmente
delicati e complessi se riferita alle Regioni del Mezzogiorno, soprattutto quando si tratta di mobilità di giovani.
Infatti, agli impatti positivi di breve periodo potrebbero corrispondere impatti territoriali negativi nel lungo termine.
Mentre nel primo caso la mobilità può generare effetti positivi per
gli individui e per il sistema economico, appianando gli squilibri territoriali tra domanda e offerta di lavoro, nel secondo il drenaggio di competenze potrebbe rivelarsi un ostacolo allo sviluppo endogeno, vanificando gli effetti di qualsivoglia politica di intervento nel Mezzogiorno
di Italia.
Per tali motivi l’ISFOL ha avviato uno studio sulla dimensione territoriale della mobilità per le Regioni del Mezzogiorno partendo da una
fondamentale distinzione tra una componente “sana” ed una componente “costretta”.
In generale, oggi si assiste ad un flusso certamente più contenuto
rispetto alle migrazioni verificatesi negli anni cinquanta, ma con delle caratteristiche preoccupanti. Infatti, si assiste al così detto brain drain,
ovvero una migrazione di risorse a medio/alta scolarizzazione che lascia
il Sud orfano di quella potenziale classe dirigente e di quelle competenze strategiche per lo sviluppo locale.
Una promozione della mobilità gestita in modo generalistico e non
tipizzato rispetto alle esigenze locali potrebbe condurre allo svuotamento dei territori proprio di quelle risorse indispensabili ad innescare
uno sviluppo endogeno e strutturato. Pertanto, si percepisce l’urgenza
di approfondire il tema nella sua componente “costretta”, valutando
gli effetti positivi e le eventuali aree di intervento attualmente non prese in considerazione dalle politiche in atto. In particolare, accanto alle
politiche di accompagnamento, sarebbe opportuno considerare eventuali politiche di rientro e/o di scambio (il flusso di capitale umano in
uscita dal Mezzogiorno potrebbe essere compensato da una corri14
INTRODUZIONE
spondente componente in entrata così da trasformare il pericoloso fenomeno del brain drain in un virtuoso e produttivo brain exchange).
La ricerca si sofferma sulla mobilità geografica interna dei giovani italiani di età compresa tra i 18 ed i 33 anni per individuarne le caratteristiche e le prospettive soprattutto in riferimento alle Regioni dell’Obiettivo
1 (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), che nel testo vengono assunte come nozione di Mezzogiorno o di Sud-Italia.
In particolare, si è cercato di conoscere e comprendere le variabili
che sottendono il fenomeno della mobilità nella fase formativa ed in
quella lavorativa, dal lato delle motivazioni personali e dal punto di vista delle determinanti socio-economiche.
Nel percorso di ricerca sono state evidenziate le caratteristiche generali di natura storica e demografica della migrazione interna italiana; è
stata analizzata la mobilità dei giovani in età formativa; attraverso
un’indagine C.A.T.I. è stata effettuata una ricognizione sulle motivazioni che spingono i giovani in età lavorativa allo spostamento; si è realizzato un modello di lettura, seppure parziale, delle determinanti socioeconomiche del fenomeno; si è cercato di comprendere le connessioni tra mobilità, capitale umano, crescita e sviluppo locale; infine, è stata aggiunta una breve ricognizione delle politiche in atto (a livello comunitario, nazionale e regionale) con la finalità di costruire un quadro integrato di conoscenze sulla mobilità interna, utile ai policy maker per la
definizione delle scelte di intervento.
15
CAPITOLO 1
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI
ITALIANI DELLE REGIONI
OBIETTIVO 1
Il processo di sviluppo e trasformazione delle realtà socio-economiche nel nostro Paese è fondato su una pluralità di concause.
Un ruolo determinante ha rivestito e riveste la mobilità geografica
interna.
L’indagine realizzata si sofferma sulla mobilità geografica a medio
- alta scolarizzazione dei giovani (18 - 33 anni) delle Regioni italiane
dell’Obiettivo 1 cercando di comprendere se vi siano alla base elementi di costrizione.
Dopo aver delineato i tratti storico-demografici del fenomeno più generale della migrazione interna, si approfondiscono tre momenti della mobilità seguendo la filiera istruzione - mercato del lavoro - sviluppo locale.
Nel primo momento, s’indaga sulla mobilità formativa analizzando i
flussi dei laureati e diplomati, con particolare riferimento ai movimenti interni alle aree dell’Obiettivo 1 e da queste verso le Regioni del
Centro/Nord, soffermando l’attenzione sulle caratteristiche di questi
flussi e cercando di comprendere se essi possano rappresentare un’anticamera della mobilità lavorativa.
Nella seconda fase, si segue un approccio “motivazionale” volto ad
individuare gli elementi personali che spingono l’individuo al trasferimento. Si amplia lo spettro della mobilità passando da quella formativa a quella dettata da esigenze lavorative.
Infine, si segue un approccio prevalentemente socio-economico
con un focus territoriale sulle macro variabili del processo di mobilità4
cercando di individuarne le determinanti e le relazioni con i processi di
sviluppo.
4 Occupati, occupati per titolo di studio, tasso di occupazione per titolo di studio, disoccupati, disoccupati per titolo di studio, tasso di disoccupazione per titolo di studio, forza lavoro, reddito disponibile pro capite, spesa delle famiglie, prodotto interno lordo, tasso di irregolarità o di lavoro nero, unità di lavoro, peso dell’industria, popolazione in età 19-32 anni, indice di struttura della popolazione attiva, assunzioni previste, assunzioni previste per titolo di studio, indice di disoccupazione di lunga durata, tasso di natalità delle imprese, investimenti fissi lordi.
17
CAPITOLO 1
Dalle valutazioni emerse da tale indagine ne consegue un modello
di sintesi in regressione multipla che ha consentito di esplicitare la dipendenza del tasso migratorio interno, in funzione di due determinanti interpretative: l’indice di disoccupazione di lunga durata, correlato negativamente al flusso migratorio interno, e il tasso di natalità lorda delle imprese che, invece, influenza il tasso migratorio interno in senso positivo.
1.1 Aspetti Storico-Demografici della migrazione interna
Dal dopoguerra l’Italia tutta e, in particolare il Mezzogiorno, ha subito profondi cambiamenti sociali ed un significativo processo di modernizzazione, accompagnato da una consistente emigrazione, caratterizzata da una duplice componente: nazionale ed estera.
La migrazione interna ricopre una importanza particolare data la sua
durata maggiore che si protrae anche nel corso degli anni Settanta. La sua
composizione sociale risulta più complessa poiché, seppure quantitativamente minoritaria, incide socialmente per il ruolo culturale e sociale svolto.
Nel corso degli anni la componente di migrazione di persone con
una formazione specialistica di alto livello (professionisti, tecnici, etc.) o
di giovani in età formativa (universitari e post-universitari) è diventata
sempre più numerosa.
Nei prossimi paragrafi si focalizza l’attenzione sulle caratteristiche
del flusso migratorio interno in Italia, evidenziandone le evoluzioni nel
tempo e le componenti di ordine demografico che lo hanno definito e
lo definiscono ad oggi.
1.1.1 Storia della migrazione interna in Italia
In Italia il fenomeno delle migrazioni interne, generato dalle asimmetrie del mercato del lavoro caratterizzato da una forte disuguaglianza
tra gli stock di domanda e di offerta, è divenuto rilevante soprattutto
dopo la seconda guerra mondiale, raggiungendo il suo apice tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con punte di oltre due milioni di trasferimenti di residenze all’anno e con direzione prevalente “nord-ovest”, parte del
paese maggiormente industrializzata e verso Roma. Successivamente,
l’intensità di tali trasferimenti ha subito una significativa diminuzione, assumendo un carattere di maggiore “circolarità”, contro la precedente
“polarizzazione”5.
5
18
Aree in precedenza considerate periferiche o marginali sono divenute poli di attrazione.
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Il trend del flusso migratorio interno riprende nel 1994, toccando
un picco nel 1998, per poi proseguire con ritmo relativamente sostenuto fino ad oggi.
La prima migrazione interna di massa ha coinvolto essenzialmente la
classe contadina, si è trattato di un vero e proprio esodo rurale6 che ha inciso profondamente sul riassetto sociale del Mezzogiorno d’Italia: il flusso delle rimesse7 determinò un incremento complessivo del livello dei
redditi e dei consumi, contribuendo a migliorare le condizioni di vita.
Con l’esodo rurale si sono determinati spostamenti anche interni al
Mezzogiorno, dove si verifica – seppure slegato dal corso dell’industrializzazione – il medesimo processo di inurbamento che si riscontra al Nord.
Nel ventennio compreso tra il 1955 ed il 1975 si registra il flusso di
emigrazione, peraltro di carattere prevalentemente definitivo, più intenso dal Sud verso il Centro-Nord. Si può considerare che fino alla
prima crisi petrolifera del 1973, circa quattro milioni di persone si sono
trasferite dal Mezzogiorno d’Italia verso le Regioni settentrionali8.
Lo sviluppo industriale è certamente uno dei fattori principali che
hanno determinato le grandi migrazioni interne. L’occupazione industriale nel nostro paese ha registrato un trend altalenante che si conclude con un processo di deindustrializzazione a favore di una crescente occupazione assorbita sempre più dal settore terziario. Non a caso una
prima significativa flessione del flusso migratorio interno coincide proprio con gli anni Ottanta, fase in cui l’intero settore industriale registra
una sostanziale ristrutturazione seguita da una significativa riduzione
degli occupati.
A partire dalla metà degli anni Settanta, fino alla prima metà degli anni Novanta, l’Italia, insieme con altri paesi europei, ha visto mettere in
discussione il principio in base al quale il fattore lavoro dovrebbe spostarsi dalle Regioni con un tasso di disoccupazione alto e con livelli di
PIL pro-capite bassi9, verso quelle aree in cui è più probabile trovare
lavoro, zone cioè caratterizzate da bassa disoccupazione e reddito ele6 E. Pugliese, “L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne”, il Mulino, 2002. (Cap.
2°) “Per esodo agricolo in senso stretto si intende il passaggio di lavoratori da attività agricole
ad attività extragricole. Si parla di esodo rurale quando l’abbandono della terra è accompagnato da un trasferimento verso le aree urbane”.
7Le rimesse degli emigrati fanno parte (insieme con la Bilancia commerciale e la Bilancia dei
servizi e dei redditi) delle partite correnti della Bilancia dei Pagamenti, in particolare sono il caso
più frequente della voce Bilancia dei trasferimenti unilaterali (la parte relativa alle voci riguardanti i trasferimenti di denaro da e verso l’estero, che non sono contropartita di un’operazione
commerciale).
8 Solo un terzo di tale cifra rappresenta gli spostamenti in senso inverso, dal Centro-Nord verso il Mezzogiorno.
9 Reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, Bologna, Il Mulino, 1996 (capitolo dedicato all’immigrazione); nuova edizione, 2002.
19
Storia della
migrazione
interna in Italia
CAPITOLO 1
Storia della
migrazione
interna in Italia
vato. In questo arco di tempo, infatti, in Italia si è assistito simultaneamente alla presenza di flussi migratori interni decrescenti e di differenziali interregionali crescenti sia nei tassi di disoccupazione che nei livelli pro-capite del PIL.
L’avvenuta riduzione del flusso migratorio dal Sud al Nord del Paese
è stata imputata a cause di carattere economico – sociale, ponendo
l’accento su fattori che avrebbero influenzato sia l’offerta che la domanda di lavoro.
Figura 1 - Peso occupati per settore produttivo in Italia, in serie storica
100%
90%
25,7
30,3
80%
38,4
49,4
56,7
70%
60%
69,4
32,1
40,6
50%
44,3
40%
39,5
30%
20%
35,6
42,2
23,1
29,1
17,2
10%
11,1
7,6
7,5
0%
1951
1961
Agricoltura
1971
1981
Industria
1991
2005
Servizi
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Sull’offerta di lavoro avrebbero inciso: la graduale riduzione del differenziale salariale tra le regioni; la nuova occupazione nel settore del
terziario pubblico; i costi collegati allo spostamento; i fattori demografici, quali la riduzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione, data la stretta relazione tra la mobilità e le classi giovanili;
l’inefficace e inadeguato sistema di collocamento interregionale che ha
di fatto inibito e rallentato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Dall’altro lato, invece, ad influire sulla domanda di lavoro sarebbe
stato il passaggio a sistemi di produzione sempre più flessibili, orientando la domanda di lavoro a favore di profili professionali specializzati, a
danno della forza lavoro generica, offerta copiosamente dalle Regioni
del Sud nei decenni precedenti10.
10 R. Basile, M. Causi, “Le determinanti dei flussi migratori nelle province italiane: 19912001”, Università degli Studi di Roma Tre, Dipartimento di Economia, Working Paper n°49, 2005.
20
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Verso la metà degli anni Novanta la situazione sembra cambiare
anche se lentamente. Nel ‘94 si assiste ad una ripresa dei movimenti migratori interni, in particolare dalle regioni del Sud verso quelle del
Centro-Nord. Allo stesso tempo nel Mezzogiorno, accanto ad una ripresa del PIL pro-capite, si osserva tra il 1999 e il 2003 una lieve diminuzione (con una flessione di circa 5 punti percentuali) del tasso di disoccupazione.
Con la fine degli anni Novanta riprende il flusso migratorio interno,
questa volta rinnovato nella composizione sia demografica che sociale. A
spostarsi sono giovani ad alta scolarizzazione (laureati, tecnici specializzati) in cerca di una adeguata collocazione professionale ed occupazionale.
La situazione nel primo quinquennio degli anni 2000 evidenzia un
tasso migratorio11 nazionale nel 2002 pari a +1,1 per mille abitanti che
nel tempo subisce una flessione, passando a +0,1 per mille abitanti
nel 2005.
La disaggregazione del dato a livello regionale mette in luce che la
Campania ha la più bassa capacità attrattiva con un flusso in uscita
particolarmente elevato ed in continuo aumento: il saldo migratorio
passa da -1,9 per mille abitanti nel 2002 ad un valore pari a -4,4 per
mille abitanti nel 2005.
Nell’ambito dell’area Obiettivo 1 anche la Calabria (con un tasso
migratorio che si attesta negli anni su una media di -4,3 per mille abitanti) registra un significativo esodo di residenti.
In controtendenza la Sardegna ricalca sostanzialmente il trend nazionale, così come il resto delle regioni italiane, ad eccezione del
Molise e del Piemonte.
Il Molise, infatti, si è trasformato nel corso di soli quattro anni da bacino d’arrivo in area di fuga. Il suo saldo migratorio si è ridotto, passando da +1 per mille abitanti, nel 2002, a -1,2 per mille abitanti nel
2005. Così è accaduto in Piemonte dove da un valore positivo (+1,6
per mille abitanti) nel 2002, della variabile in oggetto, si è passati, nel
2005, ad un tasso migratorio pari a -0,1per mille abitanti.
Degno di nota il trend, tra le aree Obiettivo 1, della regione Sicilia
che da circa quattro anni registra un saldo migratorio interno in evoluzione secondo un andamento positivo e costante nel tempo (passando da un -2,8 per mille abitanti del 2002 ad un -1,9 per mille abitanti del
2005). L’inverso si nota in Basilicata con un indicatore dal trend negativo che tende ad aumentare quasi in modo costante.
11 Il Tasso migratorio netto è dato dal rapporto tra il saldo migratorio (SM=Iscritti-Cancellati )
dell’anno e l’ammontare medio annuo della popolazione residente (P). In formula:
TMN=SM/P*1000.
21
Storia della
migrazione
interna in Italia
CAPITOLO 1
Storia della
migrazione
interna in Italia
Nell’intervallo di tempo considerato, il tasso di variazione del Pil
pro-capite nazionale registra una variazione positiva di 5,4 punti percentuali; la disaggregazione regionale evidenzia un range di variazione compreso tra +1,5% (Abruzzo) e +9,0% (Lazio).
Tutta l’area Obiettivo 1, con +7,1%, supera il trend nazionale. In particolare, la Puglia (+5,5%) uguaglia il valore soglia complessivo, seguita da Sardegna e Campania (entrambe con il +6,7%). Decisamente oltre il dato nazionale, nonché al di sopra del trend meridionale, le regioni Calabria (+7,8%), Sicilia (+7,9%) e Basilicata (+8,2%).
Tabella 1 - Tasso Migratorio Interno e PIL pro-capite Regioni dell’Obiettivo 1 - Italia, Serie storica
Ripartizioni
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
ITALIA
Tasso migratorio interno
(valori per 1.000 abitanti)
2002
2003
2004
2005
-1,9
-3,2
-3,9
-4,4
-2,6
-2,6
-2,1
-2,6
-3,1
-2,6
-3,1
-3,3
-4,0
-3,6
-4,8
-4,3
-2,8
-2,3
-2,3
-1,9
1,1
0,7
0,8
0,6
-2,3
-2,5
-2,8
-2,9
1,1
0,6
0,4
0,1
PIL pro-capite*
(valori in Euro)
2002
2003
13.480
13.895
13.096
13.483
13.862
14.436
12.373
12.900
13.012
13.761
14.743
15.410
13.428
13.981
19.444
19.985
2004
14.382
13.810
14.996
13.343
14.042
15.724
14.383
20.500
*Il PIL pro-capite 2004 corrisponde all’ultimo dato disponibile.
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat e Tagliacarne.
Dalla variazione percentuale (2005/2000) della composizione della Forza lavoro in Italia e nelle macro ripartizioni si evince un incremento nel tempo della componente a medio-alta scolarizzazione nella forza lavoro. Complessivamente, in Italia cresce la forza lavoro in
possesso di diploma (+4,4%) e di laurea/dottorato (3,2%). Per le
Regioni dell’Obiettivo 1 gli incrementi delle suddette variabili si registrano pari al 4,1% e al 2,2% (il valore più basso tra le ripartizioni analizzate). Considerate le modifiche della struttura sociale nel tempo è
altresì vero che la mobilità degli scolarizzati cresce maggiormente, rispetto al resto della popolazione.
22
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Tabella 2 - Variazione % della composizione della Forza Lavoro per titolo di studio. Italia e macro
ripartizioni - (2005/2000)
Nord
Centro
Obiettivo 1
ITALIA
Elementari
-4,4
-4,8
-4,0
-4,4
Medie
-3,3
-4,0
-2,3
-3,2
Superiori
4,4
4,6
4,1
4,4
Laurea/Dottorati
3,3
4,1
2,2
3,2
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat
I fattori alla base delle nuove migrazioni, in larga parte formate da skilled migrants, sono spesso gli stessi rispetto ad altri tipi di migrazioni.
Si tratta, infatti, di crisi economiche, differenziali salariali, livelli di disoccupazione non meno che di motivazioni individuali e familiari.
Accanto a tali determinanti vanno considerate le differenze riguardanti
il tenore di vita intendendo con ciò un insieme di elementi qualitativi
quali l’accesso ai servizi pubblici, le condizioni di salute, la speranza di
vita, la libertà di scelta e la sicurezza.
Alle tradizionali determinanti si affianca, inoltre, quello che in un recente dibattito è stato definito “network approach”12 (o “sapere migratorio”, secondo Palidda e Reyneri, 1995), che identifica quelle reti di sostegno che agevolano la migrazione grazie alle relazioni nella zona di
destinazione, innescando una catena migratoria. L’emigrazione si sviluppa significativamente se inserita all’interno di una catena migratoria
tra una comunità locale o una rete di famiglie presenti nella zona di origine e un’altra comunità o rete familiare nelle aree di destinazione.
Secondo questo approccio, le catene migratorie alimentano dinamiche che possono favorire uno sviluppo autopropellente dei movimenti migratori. Le reti sociali rappresentano degli importanti fattori di
richiamo, poiché si strutturano sia come fattori di riduzione dei costi di
riproduzione sociale (affitti, servizi, etc.), che come elementi in grado
di ridurre le criticità e le problematiche insite nel processo di ricerca
del lavoro e nel percorso d’integrazione sociale dell’emigrato.
Come evidenziato, dunque, i flussi migratori sono determinati da
una pluralità di fattori espulsivi ed attrattivi, attraverso i quali si strutturano costi e benefici in grado di incidere significativamente sulla propensione al trasferimento della forza lavoro proveniente dal Mezzogiorno.
In particolare, un’eccessiva polarizzazione dei fattori espulsivi e di richiamo porterebbe ad incentivare i flussi migratori e, di conseguenza,
a condizionare gli effetti economici e sociali prodotti dalla mobilità
geografica nel breve e nel lungo periodo, soprattutto nelle aree del
Sud d’Italia.
12
Cfr. Ghatak, Levine e Wheatley Price, 1996.
23
Storia della
migrazione
interna in Italia
CAPITOLO 1
1.1.2 Migrazione e struttura demografica
L’intensità e la consistenza dei flussi migratori influiscono notevolmente sui processi economici, demografici e sociali delle aree interessate, determinando conseguenze di rilievo sia nelle zone di partenza
che in quelle di destinazione e provocando la cosiddetta pressione demografica differenziale13.
Tra gli effetti demografici diretti vi è chiaramente la riduzione della popolazione delle aree di origine ed il conseguente aumento demografico delle aree di arrivo, con ciò determinando una variazione significativa della struttura demografica dei territori coinvolti. A tali effetti demografici si collegano altrettante ricadute in termini economici, venendo alterato l’originario rapporto produzione-consumo. Pertanto, in presenza
di una zona di origine strutturata demograficamente verso l’invecchiamento, la fuoriuscita di forza lavoro giovanile inficia significativamente
le prospettive di sviluppo14.
Da qui l’esigenza di valutare le condizioni demografiche delle aree di
partenza nell’ambito delle Regioni Obiettivo 1 al fine di stimare, seppur parzialmente, le conseguenze e gli effetti dei flussi migratori in
uscita sulla crescita dei territori.
Analizzando la serie storica dell’indice di struttura15 della popolazione
delle Regioni Obiettivo 1 se ne evidenzia, nel periodo 2002-2005, un sostanziale incremento che lo approssima sempre di più al 100%, ciò ad evidenziare la presenza di una popolazione attiva sempre meno giovane, seppure l’indicatore non superi mai il 100% a testimonianza di un trend della popolazione totale crescente o comunque stazionario.
Al di sopra del dato medio relativo all’intera area Obiettivo 1 (peraltro uguagliato dalla regione la Calabria) si registra l’indice di struttura delle Regioni Sardegna, Basilicata, Sicilia e Puglia; di contro un distacco in
senso opposto si rileva per la regione Campania.
In particolare, gli incrementi più evidenti si registrano in Sardegna, che
nel periodo considerato segna un aumento dell’indicatore di ben 8,1 punti percentuali. Segue la Basilicata che nel 2005 supera la Sicilia, attestando una crescita dell’indice di struttura demografica intorno ai 6,2 punti percentuali, rispetto al 2002. Complessivamente, la Sardegna mantie13 “La causa principale delle migrazioni è quasi sempre legata allo squilibrio demografico-economico tra il luogo di origine e quello di destinazione. Tale causa viene indicata con il termine pressione demografica differenziale”, in N. Federici, “Istituzioni di demografia”, ed.Elia, Roma, 1980.
14 M. Livi Bacci, “Introduzione alla demografia”, Loescher, Torino, 1990.
15 Indice di struttura della popolazione attiva = [P(40-64)/P(15-39)* 100]. Indica il grado di invecchiamento della popolazione attiva: tanto più basso è l’indice tanto più giovane è la popolazione in età lavorativa. In una popolazione stazionaria o crescente il valore è inferiore al 100% mentre in una popolazione tendenzialmente e fortemente decrescente il rapporto supera il 100%.
24
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
ne il primato circa il grado di invecchiamento della popolazione attiva,
seguita da Sicilia e Basilicata. La Campania si conferma nel tempo la regione con l’indice più basso e quindi con la popolazione più giovane in
età lavorativa.
Si tratta, nel complesso, di un risultato non negativo, ma da una lettura attenta della realtà dei territori considerati emerge l’inevitabile
confronto con un mercato del lavoro sostanzialmente statico ed in affanno caratterizzato da limiti strutturali tali da impedire l’assorbimento
della offerta lavorativa ed il necessario ricambio generazionale.
Infatti, confrontando i dati precedenti con l’indice di ricambio della
popolazione in età attiva16 - quale stima del rapporto tra coloro che
stanno per lasciare, a causa dell’età, il mondo del lavoro e coloro che vi
stanno per entrare - si nota come nelle aree con una popolazione attiva più giovane (come appunto la Campania e la Calabria) l’indicatore in
oggetto assuma valori più lontani dalla soglia del 100%; con ciò a significare una tendenza alla disoccupazione di giovani in cerca di prima
occupazione, causata dallo scarso ricambio con lavoratori anziani.
Analizzando i tassi di disoccupazione delle Regioni Obiettivo 1 essi
pur risultando particolarmente elevati – soprattutto in Sicilia - in
Campania e Calabria, registrano un trend discendente nel tempo, a
differenza della sostanziale stazionarietà individuata nelle altre regioni
della ripartizione. Fenomeno probabilmente giustificato da elevati tassi migratori in uscita che tendono a peggiorare nel tempo, condizionando negativamente il trend della variabile nell’intera area Obiettivo 1.
Tabella 3 - Indice di struttura della popolazione attiva nelle Regioni Obiettivo 1
Serie storica 2002-2005. Valori percentuali
Regioni
Puglia
Calabria
Sicilia
Basilicata
Campania
Sardegna
Obiettivo 1
2002
81,9
81,0
83,5
82,9
77,2
87,6
81,3
2003
83,6
82,8
85,3
84,9
78,8
90,1
83,0
2004
85,1
84,1
86,3
86,6
80,3
92,6
84,5
2005
87,4
86,5
88,3
89,1
82,4
95,7
86,7
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
16 L’indice di ricambio della popolazione in età attiva è un indice soggetto a forti fluttuazioni
ed è molto variabile. Solitamente oscilla tra il 15% in popolazioni in via di sviluppo e il 100% e oltre in popolazioni molto mature. In formula: [P(60-64)/P(15-19)]*100.
25
Migrazione e
struttura
demografica
CAPITOLO 1
Migrazione e
struttura
demografica
Tabella 4 - Indice di ricambio nelle Regioni Obiettivo 1
Serie storica 2002-2005. Valori percentuali
Regioni
Puglia
Calabria
Sicilia
Basilicata
Campania
Sardegna
Obiettivo 1
2002
81,7
74,9
80,8
85,7
69,4
93,1
77,8
2003
83,6
75,2
81,8
82,8
70,8
99,1
79,3
2004
83,6
73,9
79,7
80,2
71,0
102,4
78,8
2005
82,7
72,5
78,2
76,2
69,2
104,3
77,5
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Tabella 5 – Tasso di disoccupazione nelle Regioni Obiettivo 1
Serie storica 2002-2005. Valori percentuali
Regioni
Puglia
Calabria
Sicilia
Basilicata
Campania
Sardegna
Obiettivo 1
2002
13,4
18,0
20,6
13,5
17,5
13,5
19,3
2003
15
16,5
20,1
13,2
16,9
13,8
18,7
2004
15,5
14,3
17,2
12,8
15,6
13,9
15,6
2005
14,6
14,4
16,2
12,3
14,9
12,9
14,8
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Anche i dati sull’età media della popolazione confermano quanto
sopra messo in luce. Infatti, nel periodo 2002-2005 l’età media della
popolazione delle Regioni Obiettivo 1 resta sostanzialmente stabile intorno ai 39 anni. Sardegna e Basilicata si avvicinano di più alla media nazionale (pari a 42 anni nel 2005), mentre la Campania è l’unica regione Obiettivo 1 che si mantiene al di sotto dei valori medi (Fig. 2).
Focalizzando l’attenzione sui valori 2005 relativi all’indice di struttura della popolazione attiva, disaggregato per Province delle Regioni
dell’Obiettivo 1 con i rispettivi saldi migratori interni, il legame che ne
scaturisce è di tipo inverso: ad alti valori del primo corrispondono bassi valori del secondo e viceversa.
Dai dati risulta, infatti, che nelle Regioni con valori dell’indice di
struttura vicini all’unità, corrispondono saldi migratori con valori positivi.
Di contro, l’incremento del flusso migratorio si registra in quelle ripartizioni territoriali con indici di struttura bassi che segnalano una popolazione attiva tendenzialmente più giovane. In particolare, la
Campania risulta la regione con l’indice di struttura più basso (82,4
per mille abitanti) in relazione al flusso migratorio più elevato (-4,4
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
26
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 2 - Età media della popolazione - Anni 2002-2005
Migrazione e
struttura
demografica
43,0
42,0
ITALIA
41,0
Sardegna
Basilicata
39,0
Calabria
Sicilia
Puglia
Obiettivo 1
38,0
Campania
40,0
37,0
36,0
35,0
34,0
2002
2003
2004
2005
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
per mille abitanti), mentre la Sardegna si caratterizza per l’indice di
struttura più elevato (95,7 per mille abitanti) e per un saldo migratorio
positivo e quindi basso (0,6 per mille abitanti).
E’ Napoli il capoluogo con l’indice di struttura della popolazione attiva più basso (80,4 per mille abitanti), registrando un saldo migratorio
addirittura pari a -8 per mille abitanti. Tra i restanti capoluoghi solo il
tasso migratorio di Palermo (-3,4 per mille abitanti) supera significativamente il dato medio riferito alla regione di appartenenza.
Tabella 6 - Indice di struttura della popolazione attiva e tasso migratorio interno
Anno 2005
Indice di struttura (%)
Benevento
Avellino
Salerno
Caserta
Napoli
Campania
Bari
Lecce
Foggia
Brindisi
Taranto
Puglia
Potenza
89,0
87,4
86,7
80,1
80,4
82,4
85,6
91,1
84,3
89,5
89,7
87,4
89,5
Saldo migratorio
(per mille abitanti)
-0,2
0,5
-1,4
0,3
-7,9
-4,4
-2,1
-0,9
-6,1
-2,0
-2,7
-2,6
-3,3
segue
27
CAPITOLO 1
Indicatori di
mobilità
(segue) Tabella 6 - Indice di struttura della popolazione attiva e tasso migratorio interno
Anno 2005
Indice di struttura (%)
Matera
Basilicata
Cosenza
Vibo Valentia
Crotone
Reggio Calabria
Catanzaro
Calabria
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanisetta
Enna
Catania
Siracusa
Ragusa
Sicilia
Sassari
Nuoro
Cagliari
Oristano
Sardegna
88,3
89,1
88,8
84,0
79,5
84,7
89,3
86,5
90,9
87,7
94,1
85,7
86,6
90,7
85,9
89,8
86,7
88,3
94,6
94,0
96,4
98,6
95,7
Saldo migratorio
(per mille abitanti)
-3,3
-3,3
-2,7
-5,1
-9,0
-4,8
-4,0
-4,3
-1,0
-3,4
-2,2
-3,1
-5,7
-2,8
-0,5
-1,7
-0,1
-1,9
1,6
-2,4
1,1
0,3
0,6
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
1.1.3 Indicatori di mobilità
Le variazioni della consistenza della popolazione segnalano l’esistenza di processi demografici o socio-economici in atto sul territorio.
Procedendo con una analisi più specifica della dinamica demografica è
possibile stabilire anche la natura di tali processi alla base della variazione della popolazione.
In effetti, la popolazione può variare per la crescita naturale ovvero
per movimenti migratori. In particolare, un indicatore in grado di fornire una misura dell’incidenza complessiva del movimento territoriale
della popolazione residente è il tasso di mobilità residenziale17.
Considerato il periodo 2002-2005 e in riferimento al dato medio dell’area Obiettivo 1, tale indicatore (calcolato per 1.000 abitanti) resta
costantemente negativo (passando da -2,3 del 2002 a -2,9 del 2005) a
testimonianza di un continuo flusso in uscita. Il trend rispecchia l’an17 Tasso di Mobilità Residenziale = (I-C)/Pop*1.000, dove: (I-C) è il saldo delle iscrizioni e
cancellazioni anagrafiche di un determinato periodo e (Pop) è la popolazione residente all’inizio
del periodo di riferimento nel territorio considerato.
28
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 3 - Tasso di mobilità residenziale per 1.000 abitanti - Anni 2002-2005
2,0
1,0
0,0
Sardegna
2002
2003
2004
2005
-1,0
-2,0
-3,0
-4,0
-5,0
Sicilia
Puglia
Obiettivo 1
Basilicata
Calabria
Campania
-6,0
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
damento di tutte le regioni considerate ad eccezione della Sardegna
che registra nel tempo tutti valori positivi del tasso di mobilità residenziale (passando dall’1,1 del 2002 allo 0,6 del 2005). Superano il dato
medio ripartizionale, a partire dal 2003, la Puglia e la Sicilia.
Fin qui, però, si è potuto solo fornire la misura dell’incidenza dell’incremento (o decremento) migratorio della popolazione in un determinato periodo.
E’ possibile, invece, ricorrere ad un altro metodo di misurazione al fine di descrivere l’andamento demografico della popolazione, si tratta
dell’indice cumulato di variazione della popolazione18.
Questo indicatore offre il vantaggio di fornire una misura dell’incidenza complessiva della popolazione che genera le variazioni demografiche, poiché è costruito sui saldi delle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche relativi ad eventi naturali ovvero a trasferimenti di residenza.
Nel caso delle Regioni Obiettivo 1 nel periodo 2002-2005, l’indice cumulato della variazione della popolazione (calcolato per 1.000 abitanti) presenta una tendenza costantemente negativa (pari nel 2005 a 1,7). Particolare quanto si registra per la Campania dove ad un iniziale
valore positivo del dato (+1,4) segue un trend discendente che porta il
valore dell’indicatore (pari a -2,0) al di sotto del valore medio. Resta
sempre positivo il trend della Sardegna, fino ad azzerarsi nel 2005,
mentre in Puglia solo nel 2004 prevalgono saldi positivi.
18 Indice Cumulato di Variazione della Popolazione = (Saldo anagrafico totale)/Pop *1.000. dove: Saldo anagrafico totale = Saldo naturale+Saldo migratorio residenti; Pop= popolazione residente all’inizio del periodo di riferimento nel territorio considerato.
29
Indicatori di
mobilità
CAPITOLO 1
Indicatori di
mobilità
Figura 4 - Indice cumulato della variazione della popolazione per 1.000 abitanti
- Anni 2002-2005
2,0
1,0
Sardegna
0,0
2002
2003
2004
2005
-1,0
-2,0
Sicilia
Puglia
Obiettivo 1
Campania
-3,0
-4,0
Calabria
Basilicata
-5,0
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Da quanto fin qui emerso è evidente la costante fuoriuscita di forza
lavoro, nel periodo 2002-2005, dalle aree del Mezzogiorno. Questo
aspetto lascia ipotizzare una perdita di quel capitale umano fondamentale per lo sviluppo dei territori di partenza.
1.2 Analisi della mobilità formativa dei giovani italiani
1.2.1 Flussi di laureati meridionali all’interno del Mezzogiorno
Il primo momento dell’indagine realizzata si sofferma sull’analisi
dei flussi migratori della popolazione interna alle regione Obiettivo 119.
Il flusso di universitari, come indicatore di propensione alla mobilità,
ha rappresentato il primo approccio all’indagine, in quanto componente rintracciabile facilmente, a cui segue stanzialità dell’individuo in
caso di inserimento nel mercato del lavoro.
Il livello territoriale su cui è stata effettuata questa prima analisi è
quello provinciale. Il campione rappresentativo preso in considerazione
è costituito dall’insieme di laureati e da coloro che hanno conseguito un
diploma universitario, entrambi analizzati per specificità di indirizzo ed
in alcuni casi anche per piano di studi20.
19
20
Tabella dati n° 1 dell’appendice statistica allegata.
Con ciò si è inteso indagare le motivazioni dello spostamento formativo dovuto alla mancanza di facoltà universitarie specifiche o ad altri motivi (maggior possibilità di inserimento nel
mondo lavorativo).
30
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Si è provveduto, dunque, all’estrazione delle province italiane del
Mezzogiorno e alla suddivisione dei dati per genere e provenienza
(provinciale, regionale o extraregionale). In questo modo, è stato possibile rappresentare i laureati ed i diplomati universitari per ogni provincia, suddivisi per sesso e per residenza, su tre livelli:
• residenti in provincia;
• residenti in regione;
• residenti fuori regione.
Considerando dapprima i laureati “residenti per provincia”, è risultato evidente che il numero di donne laureate supera i laureati maschi, per oltre il 90% delle province; le uniche province che si discostano sono Reggio Calabria (248 donne vs. 287 uomini) e Taranto (131
donne vs 145 uomini). Si evince, inoltre, che il numero dei laureati è
direttamente proporzionale alla dimensione delle province considerate: i valori più alti, infatti, si riscontrano in ogni capoluogo di regione
(Napoli, Bari, Palermo e Cagliari) tranne in Calabria, dove la provincia di
Cosenza registra il valore più elevato.
Spostando l’attenzione sui laureati residenti in regione, si conferma il
trend che vede prevalere il numero di donne laureate, rispetto ai maschi; il
fenomeno si conferma nell’80% delle Regioni. Inoltre, attraverso il rapporto tra il totale delle laureate residenti in regione e quelle residenti in provincia, si evince che gli Atenei con gli indici più elevati di laureate provenienti
da altre province sono: Caserta (77,2%) per la Campania, Enna (97,6%)
Catania (74,7%) e Palermo (75,1%) per la Sicilia, Oristano (61,3%) in
Sardegna. Gli stessi risultati si riscontrano analizzando il fenomeno dal
punto di vista maschile, ad eccezione delle province di Vibo Valentia ed
Avellino, dove il campione non è rappresentativo21 e della provincia di
Enna, dove al 56,1% degli uomini corrisponde il 97,6% delle donne.
Passando ad analizzare il flusso di laureati per provincia residenti
fuori regione, emerge che in quasi il 30% delle province il fenomeno
della mobilità formativa è pressoché nullo. Segno questo di una bassa
propensione allo spostamento tra le Regioni del Mezzogiorno. Il dato si
riscontra soprattutto in Calabria e nelle isole, confortato dall’ipotesi
del limite logistico.
Inoltre, in Calabria ed in Sicilia, avviene uno scambio del tutto peculiare che vede prevalere, tra i laureati a Reggio Calabria, studenti residenti nella provincia di Messina e, viceversa, i laureati a Messina sono per la quasi totalità residenti in provincia di Reggio Calabria.
21
Rispettivamente contano solo 2 e 9 laureati.
31
Flussi di laureati
meridionali
all’interno del
Mezzogiorno
CAPITOLO 1
Flussi di laureati
meridionali
all’interno del
Mezzogiorno
Tabella 7 - Rapporto tra laureati residenti in regione e in provincia, in percentuale
Anno 2004
Caserta
Benevento
Napoli
Avellino
Salerno
Foggia
Bari
Taranto
Brindisi
Lecce
Potenza
Matera
Cosenza
Crotone
Catanzaro
Vibo Valentia
Reggio di Calabria
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sassari
Nuoro
Oristano
Cagliari
% Maschi
72,76
49,65
33,90
75,00
43,60
11,85
32,40
10,34
7,69
45,85
27,68
20,00
55,13
20,00
43,46
100,00
21,95
12,00
68,03
13,96
30,00
15,79
56,10
72,79
18,18
18,75
30,07
12,50
70,59
37,69
% Femmine
77,19
29,32
40,73
33,33
56,99
10,33
35,15
7,63
20,83
49,85
15,57
12,50
48,00
24,14
30,22
50,00
19,76
8,79
75,12
23,58
33,33
28,57
97,62
74,69
46,43
15,00
31,93
14,29
61,29
38,92
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Sul fronte dell’analisi di genere dei laureati, risulta ancora una volta
che il numero delle donne supera prevalentemente quello dei maschi,
tranne nelle province di Benevento, Taranto, Potenza, Reggio Calabria e
Sassari.
Infine, a differenza di quanto emerso dall’analisi sui laureati in provincia, per coloro che hanno conseguito una laurea fuori dal proprio
ambito regionale non vale il principio in base al quale sono i capoluoghi di provincia ad avere il maggior numero di laureati. Se in Calabria,
infatti, è la provincia di Reggio a registrare il numero dei laureati più alto (170), in Sicilia risulta essere Messina (1.583) e Sassari (67) in
Sardegna. Segno questo che nel momento in cui ci si deve spostare
per motivi di studio in un’altra regione del Mezzogiorno la numerosità
della popolazione non ha nessuna influenza.
32
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
1.2.2 Flussi di diplomati universitari meridionali all’interno del
Mezzogiorno
Al flusso22 di mobilità per motivi di istruzione/formazione, all’interno
del Mezzogiorno, dei laureati residenti nel Sud, si affianca il flusso dei
diplomati universitari.
Rispetto al numero dei laureati per provincia – in cui la componente femminile supera quella maschile per oltre il 90% delle province – per
i diplomati universitari il trend si conferma nel 70% delle province
considerate.
In particolare, nelle province di Bari, Foggia, Lecce, Catania e Cagliari,
il numero delle donne in possesso di diploma universitario è doppio rispetto al numero dei maschi, mentre a Caserta, Matera, Cosenza, Vibo
Valentia, Palermo, Siracusa e Sassari la situazione si inverte. Ciò però
non porta a concludere circa la maggiore stanzialità delle donne rispetto agli uomini, dal momento che in questa fase della ricerca il campione di riferimento include soltanto i laureati e non già il complesso degli
iscritti che se analizzato potrebbe capovolgere il risultato.
Secondo la graduatoria tra le province con il maggior numero di
studenti con Diploma Universitario, Catania occupa il primo posto, seguono Bari e Messina che si posizionano rispettivamente al secondo e
al terzo posto, nonostante il minor numero di residenti rispetto alle
province in competizione. Per la Sicilia e per la Calabria, infine, il numero dei diplomati universitari è maggiore nelle province capoluogo.
Ponendo l’attenzione sugli studenti residenti in regione e in possesso di diploma universitario, risulta che nel 50% delle province esaminate le donne superano numericamente i maschi.
Come per i laureati, anche in questo caso si rileva una bassa propensione a spostarsi all’interno della propria regione per il conseguimento di un diploma universitario. Questo accade in ogni regione sia per
gli uomini che per le donne. Tuttavia, volendo indicare le preferenze di
mobilità verso una provincia della stessa regione, si evidenzia una certa fluidità in Puglia verso Bari e in Sicilia verso Catania.
Per ciò che concerne, invece, il numero, in ciascuna provincia, dei
diplomati universitari con residenza fuori regione, sono poche le province con valori tali da essere considerati significativi, anzi ve ne sono
molte con valori nulli. Volendo, comunque, estrapolare una tendenza,
seppure poco rilevante, si nota che in Campania, il valore più elevato si
ha a Napoli, anche se rapportandolo alla cospicua densità numerica
22
Tabella dati n°1 dell’appendice statistica allegata.
33
CAPITOLO 1
Flussi di diplomati
universitari
meridionali
all’interno del
Mezzogiorno
della stessa provincia non risulta essere un valore particolarmente indicativo23. In Puglia primeggia la provincia di Bari, ma non è da trascurare il valore relativo alla provincia di Foggia che beneficia della migliore
posizione geografica in quanto confinante con due Regioni. Situazione
completamente diversa dalle precedenti si riscontra nella provincia di
Messina, in cui si registra il valore più alto di tutto il Mezzogiorno di diplomati universitari con residenza fuori regione, probabilmente a causa della posizione geografica e del valore nullo che il fenomeno indagato assume nella provincia di Reggio Calabria.
1.2.3 Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati nelle università
del Centro-Nord
Un ulteriore punto di focalizzazione della ricerca ha riguardato lo
studio relativo alla mobilità degli studenti del Mezzogiorno verso le
Università del Centro-Nord24. Anche in questo caso è stata indagata la
mobilità formativa ed i dati presi in considerazione hanno riguardato
tutte le Università25 centro – settentrionali da cui è stato estrapolato il numero di laureati o diplomati universitari, nell’anno 2004, con residenza
nelle aree Obiettivo 1.
Nella maggior parte delle province del Mezzogiorno (67% dei casi)
si preferisce Roma, quale città nella quale conseguire una laurea; comunque, nella classifica generale ben il 90% del campione si concentra nella scelta di tre Università: Roma, Bologna e Milano.
Spostando l’attenzione sul fronte delle Facoltà del Centro-Nord prescelte dai giovani del Mezzogiorno, prevalgono, nell’Ateneo romano, le
Facoltà di Giurisprudenza e Medicina - Psicologia, rispettivamente per i
maschi e per le femmine. A Bologna i maschi del Mezzogiorno preferiscono la facoltà di Ingegneria, mentre Economia è scelta indistintamente dai due sessi. Le Facoltà milanesi preferite sono, invece,
Economia e Medicina.
Il quarto posto della graduatoria è occupato dall’Università di
Chieti, che annovera numerosi laureati provenienti da tutte le province
della Campania e della Puglia (esclusa Lecce), ma anche da Vibo
Valentia, Trapani e Palermo.
23
24
25
I diplomati universitari con residenza fuori regione sono 12 a Napoli e 6 a Salerno.
Tabella dati n° 2 dell’appendice statistica allegata.
Le Università considerate rappresentano il 95% di quelle presenti sul territorio nazionale.
Sono state escluse quelle i cui valori sono risultati poco significativi ai fini della ricerca.
34
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Tabella 8 – Atenei - Facoltà preferite dagli studenti residenti nelle Regioni Obiettivo1
UNIVERSITA’
Roma
MASCHI
Giurisprudenza
Bologna
FEMMINE
Medicina
Psicologia
Economia
Ingegneria
Economia
Economia
Medicina
Medicina
Milano
Chieti
Studenti del
Mezzogiorno
laureati e
diplomati nelle
università del
Centro – Nord
Economia
Medicina
Medicina
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR.
La vicinanza geografica, invece, risulta essere un elemento determinante per la scelta degli studenti provenienti dalle province di
Benevento e di Caserta che preferiscono rispettivamente le Università
del Molise e di Cassino.
Emerge, inoltre, un dato alquanto curioso relativo alla provincia di
Agrigento che conta nel 2004 numerosi laureati presso l’Università di
Pisa così come per Oristano i cui laureati sono concentrati prevalentemente presso l’Università di Torino. Il trend risulta essere però isolato all’anno 2004, poiché non trova conferma nel numero degli iscritti del 2005.
D’altra parte volendo fare una classifica delle province dell’area
Obiettivo 1, riguardo alla mobilità dei giovani per motivi di studio si vedono prevalere, nelle prime tre posizioni le province pugliesi di Foggia,
con l’8,32% dei laureati in atenei centro-settentrionali, Lecce, con
l’8,06% e Bari, con il 7,43%.
Tabella 9 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di laureati in Atenei centrosettentrionali (in %)
PROVINCE
Foggia
Lecce
Bari
Napoli
Cosenza
Taranto
Salerno
Potenza
Catanzaro
Caserta
TOTALE
8,32
8,06
7,43
7,30
6,03
5,50
4,65
4,36
4,24
3,96
MASCHI
3,51
4,20
3,83
3,58
2,53
2,69
2,27
1,92
1,95
1,86
FEMMINE
4,81
3,86
3,60
3,72
3,50
2,81
2,38
2,44
2,29
2,10
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2004.
Infine, un altro dato di particolare interesse mette in luce che vi sono delle province in cui il numero dei laureati e diplomati universitari che
hanno frequentato una Università presente nella propria provincia, o
35
CAPITOLO 1
Studenti del
Mezzogiorno
laureati e
diplomati nelle
università del
Centro – Nord
nella propria regione o ancora all’interno del Mezzogiorno, è inferiore
al numero dei laureati e diplomati universitari formati presso le
Università del Centro - Nord. Ad esempio, nelle province di Avellino,
Matera, Crotone, Vibo Valentia e Siracusa ciò succede rispetto alla città
di Roma; mentre nelle province di Brindisi e Ragusa rispetto alla città di
Milano e nella provincia di Agrigento rispetto alla città di Pisa. Nel
complesso tale fenomeno, che è indice di buona propensione alla
mobilità per motivo di studio di molte province del Mezzogiorno, è valido per circa il 70% delle province. Il restante 30% è rappresentato
dalle province più grandi e importanti come Napoli, Bari, Palermo che
si distinguono per la capacità di limitare i processi di desertificazione
presenti nelle aree interne, in quanto città in grado di erogare un’offerta formativa qualificata.
1.2.4 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia
Accanto all’analisi sulla mobilità dei giovani italiani, laureati e diplomati universitari in Italia, la ricerca ha previsto una ulteriore indagine
sulla mobilità straniera all’interno del nostro Paese per motivi di studio26. Il doppio approccio dell’analisi ha considerato, da un lato le
Università italiane di destinazione e, dall’altro, gli Stati di provenienza degli studenti stranieri.
In particolare, sono state considerate 47 Università italiane e 131
Stati stranieri, con 1.440 laureati e diplomati universitari uomini e
2.257 donne. Il campione è stato selezionato escludendo le Università
(quali ad esempio quelle della Basilicata, del Sannio, di Messina etc.) e
successivamente gli Stati (come l’Afghanistan, l’Algeria, l’Angola, etc.) in
cui il numero dei laureati in Italia risultava essere del tutto irrilevante.
Pertanto, il campione di riferimento è risultato composto da 35
Università e 56 Stati stranieri con 1.324 laureati e diplomati universitari
uomini e 2.089 donne. L’aver operato una sintesi campionaria ha reso
possibile una notevole semplificazione della lettura dei dati con la minima perdita di informazioni ed una accresciuta capacità interpretativa.
Lo scenario dei flussi migratori distinto per continenti è formato
prevalentemente dalla componente femminile che supera nella totalità dei casi il 50% delle presenze. I Paesi europei (circa 71%) risultano
essere quelli di maggiore provenienza dei flussi studenteschi; segue al
terzo posto il continente asiatico (11%).
26
36
Cfr. appendice statistica.
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Tabella 10 - Laureati e Diplomati Universitari stranieri nelle Università italiane per continente di
provenienza. Anno 2004
Paese di provenienza
Unione Europea
Altri Paesi Europei
Asia
Africa
Sud America
Nord America
Oceania
%
38,1
33,0
11,0
9,0
6,9
1,8
0,2
di cui donne (%)
61,6
66,1
53,5
50,0
65,3
63,5
50,0
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR.
Sinteticamente, i Paesi da cui provengono i maggiori flussi migratori per motivi di studio verso le Università italiane sono, nell’ordine, la
Grecia, l’Albania e la Germania e le Università preferite quelle di
Milano, Bologna e Roma.
In particolare, la Grecia conta 633 laureati e diplomati universitari
presso le Università italiane. L’Albania conta 346 diplomati o laureati,
pari quasi alla metà di quelli provenienti dalla Grecia. Al terzo posto si
posiziona la Germania (189), al quarto la Svizzera (142) ed al quinto
Israele (141). È da sottolineare, a tal proposito, l’influenza su tali risultati del fattore relativo alla vicinanza geografica. Non è un caso, dunque, se i valori con una certa rilevanza si registrano solo nei Paesi
dell’Unione Europea, ad eccezione del Camerun i cui laureati (112)
sono presenti in ogni Università italiana.
Diversa è la situazione degli italiani residenti all’estero che ritornano
in Italia per motivi di studio: ammonta a 197 il numero di laureati
presso le Università di Bologna, Torino e Milano. I Greci, invece, preferiscono gli Atenei di Napoli, Bologna e Roma; gli Albanesi: Bologna,
Roma e Milano; i Tedeschi: Bolzano, Roma e Padova; gli Svizzeri:
Milano, Padova e Roma; gli Israeliani, Roma, Milano e Bologna.
Modificando la prospettiva di indagine e spostando l’attenzione sulle
Università italiane con più laureati stranieri, si nota come gli Atenei preferiti siano quelli della Lombardia (706 laureati e diplomati universitari stranieri), dell’Emilia Romagna (550) e del Lazio (484); al Veneto (456) ed
alla Toscana (287) spettano rispettivamente il quarto e il quinto posto.
Nella classifica provinciale, invece, Roma occupa il secondo posto
tra Milano e Bologna. Padova è la quarta provincia preferita dagli studenti stranieri, seguita da Torino; peculiare il decimo posto occupato dalla
città di Bari (con 85 laureati e diplomati universitari stranieri), nonostante la vicinanza alla Grecia (che conta 50 laureati e diplomati universitari in Italia).
37
Studenti stranieri
laureati e
diplomati in Italia
CAPITOLO 1
Studenti stranieri
laureati e
diplomati in Italia
Tabella 11 - Sedi universitarie italiane preferite dagli studenti stranieri
Anno 2004
Posizione in graduatoria
1
2
3
4
5
Regione
Lombardia
Emilia Romagna
Lazio
Veneto
Toscana
Università
Milano, Bergamo, Brescia, Insubria
Bologna, Ferrara, Modena, Parma
Roma, Tuscia
Padova, Verona, Venezia
Firenze, Pisa Siena
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR.
La preferenza da parte degli studenti stranieri a favore delle
Università del Nord è indice, con molta probabilità, di un approccio
lungimirante volto a considerare l’accessibilità in termini occupazionali nel mondo del lavoro in una fase successiva al conseguimento del titolo di studio, oltre a lasciare emergere la probabile esistenza di maggiori strutture di accoglienza e l’apertura del sistema formativo verso le
Università di Paesi diversi.
1.2.5 Flussi di iscritti
L’analisi sulla mobilità interna dei giovani laureati e diplomati universitari del Mezzogiorno d’Italia nell’anno 2004 si va ad incrociare con l’indagine relativa ai flussi di studenti iscritti presso le Università italiane nel
200527.
Come è accaduto per i laureati nel 2004, nell’83% circa delle province del Mezzogiorno le iscrizioni universitarie del 2005 si sono concentrate verso le Università romane, che per il restante 17% del campione rappresentano il secondo posto tra gli Atenei prescelti dai nuovi iscritti del Sud.
Bisogna sottolineare, inoltre, che considerando i flussi di iscrizioni le
preferenze della quasi totalità delle province del Mezzogiorno (93%) si
concentrano sulle città di Roma, Bologna e Milano. Nella fattispecie, rappresentano delle eccezioni alla regola le province di: Foggia, dove i giovani preferiscono spostarsi verso la vicina città di Chieti; Benevento, i cui
studenti hanno preferito iscriversi per lo più presso l’Università del
Molise; Caserta, dove la maggior parte dei nuovi iscritti universitari si sposta verso Cassino.
Dal confronto tra i dati scaturiti dall’analisi dei giovani laureati del
Mezzogiorno nelle Università del Centro-Nord e quelli dei giovani iscritti, è possibile dunque affermare che esiste una sostanziale corrispondenza, facendo eccezione per la già citata provincia di Agrigento dove al con27
38
Cfr. appendice statistica.
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
sistente flusso di laureati nel 2004 presso l’Università di Pisa non corrisponde il flusso di iscritti nel 2005 che si orienta verso gli Atenei universitari romani.
Un’altra importante corrispondenza tra laureati ed iscritti (peraltro a
conferma di un trend consolidato) si riscontra nella scelta fatta dagli studenti di tutte le province sia della Campania che della Puglia orientatisi verso l’Università di Chieti.
Anche sul fronte delle iscrizioni la vicinanza geografica influisce significativamente sulla scelta dei giovani residenti nella provincia di
Benevento, che si iscrivono prevalentemente presso l’Università del Molise
e nella provincia di Caserta, che scelgono di iscriversi nell’Università di
Cassino.
Analizzando i flussi degli iscritti nelle Università del Centro-Nord, secondo la provincia di provenienza, tra i primi sette posti per mobilità di
iscrizione ben quattro sono occupati da province pugliesi. In particolare, sul totale dei giovani del Mezzogiorno che lasciano la propria provincia d’appartenenza per studiare nelle Università del Centro-Nord, l’8,5%
proviene da Foggia, il 7,7% da Lecce, il 5,4% da Bari ed il 5,1% da Taranto.
Tabella 12 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centrosettentrionali (in %)
PROVINCE
Foggia
Lecce
Cosenza
Potenza
Bari
Salerno
Taranto
Catanzaro
Napoli
Reggio Calabria
TOTALE
8,5
7,7
6,8
5,5
5,4
5,1
5,1
4,7
4,2
4,1
MASCHI
3,7
3,9
3,0
2,4
2,6
2,3
2,4
2,2
2,3
1,9
FEMMINE
4,7
3,8
3,8
3,1
2,8
2,8
2,7
2,5
1,9
2,2
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2005.
Un dato degno di nota è la totale assenza, nei primi posti della classifica, delle province delle isole che occupano le ultime posizioni nella classifica elaborata. Tale fenomeno potrebbe essere determinato sia da problemi logistici legati ad elevati costi di trasferimento (eccessiva distanza tra
le province e le Università), che dalla presenza di una offerta formativa
molto soddisfacente delle Università locali. Approfondendo l’aspetto della mobilità in termini di nuove iscrizioni universitarie a livello regionale risulta, dunque, come anticipato a livello provinciale, che tra le Regioni
Obiettivo 1, la Puglia è quella che raggiunge la percentuale più alta di giovani emigrati nelle Regioni del Centro-Nord per motivi di studio.
39
Flussi di iscritti
CAPITOLO 1
Flussi di iscritti
Seguono la Calabria e la Campania (anche se confrontando la media delle province risulterebbe al secondo posto la Basilicata.) La
Sicilia, invece, con una percentuale pari a 16,9%, occupa il quarto posto; tuttavia tale valore è condizionato dalla numerosità delle province
siciliane; infatti, se si considera la media delle province o il valore singolo di ogni provincia facente parte della regione, il dato che ne scaturisce
risulta poco significativo; in tal caso si collocherebbe al penultimo posto, superata dalla Basilicata e poco lontana dalla Sardegna.
Tabella 13 - Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali
(in %)
REGIONE
Puglia
Calabria
Campania
Sicilia
Basilicata
Sardegna
%
30,4
19,3
18,3
16,9
8,4
7,2
Media provinciale
6,1
3,9
3,6
1,9
4,2
1,8
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2005
1.2.6 Relazione tra laureati maschi e femmine residenti nelle aree
Obiettivo 1
L’approfondimento statistico28 sul flusso di studenti29 del
Mezzogiorno che si recano nelle Università del Centro-Nord per conseguire una Laurea o un Diploma Universitario intende mettere in luce
l’esistenza di una eventuale associazione tra le due variabili maschile e
femminile.
• Dal valore del coefficiente di correlazione lineare calcolato si evince che tra le due variabili (maschile e femminile) esiste una rilevante relazione lineare positiva30, elemento alquanto prevedibile
dal momento che, come precedentemente evidenziato, la preferenza per talune Università del Centro-Nord da parte degli studenti del Mezzogiorno, non è riconducibile alla variabile sesso31.
28 Programma statistico utilizzato SPSS 14.0, indice di correlazione di Pearson e regressione
lineare.
29 Tabella dati n°6 dell’appendice statistica allegata.
30 Coefficiente di correlazione lineare: r (x,y) = cov (X,Y)/ √(S2 S2 ) = 0,951 (momenti cenx
y
trali) ; r (x,y) = (mxy - mx my) / [√(m2x - m21x) √(m2y - m21y)] = 0,951 (momenti all’origine).
31 Il diagramma scatter (o diagramma a dispersione), quale rappresentazione grafica particolarmente efficace, evidenzia eventuali legami esistenti tra coppie di variabili.
40
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
• Anche graficamente è emersa una chiara relazione lineare, con
pendenza positiva, tra le due variabili prese in considerazione. In
altri termini all’aumentare della componente maschile corrisponde
un rispettivo aumento della componente femminile. Si è proceduto, poi, allo studio di un modello di regressione lineare32 che ha
evidenziato un buon legame tra le variabili maschio e femmina
prese in considerazione, confermando la bontà dei risultati ottenuti in precedenza.
Figura 5 - Retta di Regressione laureati maschi (X) e femmine (Y)
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati Ufficio statistica MIUR - 2006.
32 La regressione formalizza il problema di una relazione funzionale della misurazione tra variabili, sulla base di dati campionari estratti da un’ipotetica popolazione infinita. Originariamente
Galton utilizzava il termine come sinonimo di correlazione, tuttavia oggi in statistica l’analisi della
regressione è associata alla risoluzione del modello lineare. Più formalmente, in statistica la regressione lineare rappresenta un metodo di stima del valore atteso condizionato di una variabile dipendente, o endogena, dati i valori di altre variabili indipendenti, o esogene. I risultati ottenuti
sono: Dev (x) = 1.447.141,2; Codev (x,y) = 2.044.589; stime dei coefficienti di regressione : ß1 =
Codev (x,y) / Dev (x) = 1,413 ; ß2 = ym - ß1 xm = - 122,259; l’equazione della retta di regressione
stimata per spiegare il fenomeno è: Y = -122,259 + 1,413 X.
41
Relazione tra
laureati maschi e
femmine residenti
nelle aree
Obiettivo 1
CAPITOLO 1
1.2.7 Università preferite e tempo medio per laurearsi
Ritornando ad analizzare il flusso dei giovani studenti dalle aree
Obiettivo 1 alle Regioni centro-settentrionali, si è voluto individuare il
tempo medio impiegato per conseguire la laurea in relazione anche
all’incidenza economica sulle famiglie. A tal proposito sono state considerate le aree di provenienza dei giovani, nello specifico solo le province del Mezzogiorno dove è risultata significativa la mobilità verso il
Centro-Nord e come aree di destinazione, invece, sono state prese in
considerazione le tre città universitarie che nel corso di indagine sono
risultate le preferite33:
• Milano;
• Bologna;
• Roma.
Per ciascuna di esse sono stati valutati i dati riguardanti le facoltà maggiormente frequentate34:
• Per Bologna, le Facoltà di Economia ed Ingegneria;
• Per Milano, la distinzione tra il corso di laurea triennale e quadriennale dell’Università Bocconi e le Facoltà di Medicina ed
Economia dell’Università Cattolica;
• Per Roma, le Facoltà di Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia.
Università di Bologna: tempi di conseguimento della laurea e ingresso
nel mondo dal lavoro
Relativamente all’Università di Bologna sono stati considerati i dati riguardanti i laureati presso le Facoltà di Economia ed Ingegneria, confrontando i tempi di laurea dei residenti nella provincia con quelli degli
studenti provenienti dalle province del Sud Italia. Dall’analisi dei laureati in Economia provenienti dalle aree Obiettivo 1, il tempo medio
per laurearsi è risultato simile e in molti casi inferiore al tempo impiegato dagli studenti residenti nella provincia di Bologna.
Dall’analisi di genere emerge che gli studenti maschi provenienti
dalla provincia di Napoli, iscritti alla Facoltà di Economia, impiegano il
minor tempo (3,6 anni) per conseguire la laurea, rispetto agli altri studenti provenienti dal Mezzogiorno, di contro le studentesse napoletane impiegano più tempo (6 anni).
33
34
Cfr. appendice statistica.
Per mancanza di dati non è stato possibile inserire nello studio sia le facoltà di Economia e
di Medicina della Bocconi, che la facoltà di Psicologia e la media degli anni impiegati per conseguire la laurea negli Atenei romani.
42
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
La stessa analisi, rivolta ai laureati in Ingegneria per ripartizione geografica, mette in luce un tempo di laurea per il campione femminile non
inferiore ad una media di 6 anni (per le donne provenienti dalle province di Caserta, Catanzaro, Lecce), mentre gli studenti maschi riescono a
conseguire la laurea in Ingegneria in un tempo medio di 5 anni (è il caso dei giovani provenienti dalla provincia di Salerno).
Tabella 14 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università di Bologna.
Per sesso, provincia di provenienza e facoltà. Anno 2004
Province di provenienza
Bologna
Foggia
Lecce
Bari
Napoli
Cosenza
Taranto
Salerno
Potenza
Catanzaro
Caserta
Economia
M
5,06
4,57
4,76
4,39
3,56
5,08
5,06
3,85
5,06
4,43
5,00
F
4,91
5,04
4,32
4,67
6,00
5,31
5,27
4,33
5,69
4,67
3,60
Ingegneria
M
6,65
7,73
5,55
6,11
n.d.
6,76
7,64
5,00
5,35
6,75
6,75
F
6,25
6,63
6,00
7,25
n.d.
10,00
7,00
11,50
n.d.
6,00
6,00
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Analizzando il tempo medio che i laureati in Ingegneria ed Economia
impiegano per entrare nel mercato del lavoro, le elaborazioni sono state effettuate per la facoltà di Ingegneria su 5 sedi universitarie e per la
facoltà di Economia su 6 sedi universitarie, per gli anni 2004 e 2005.
L’elaborazione dei dati sottolinea la diversa capacità di cooptare laureati da parte degli indotti economici del Nord e del Sud di Italia.
Infatti, la lettura in chiave percentuale dei dati, evidenzia che gli studenti che hanno conseguito la laurea presso l’Università di Bologna, entrano nel mondo del lavoro prima degli studenti che hanno conseguito la laurea presso gli atenei del Mezzogiorno. Le percentuali di ingresso dei laureati nella struttura occupazionale, ad un anno dal conseguimento del titolo accademico, sono per l’Università di Bologna pari al 83%
dei laureati di Ingegneria e al 65% dei laureati in Economia. Tali valori
percentuali vengono raggiunti dai laureati che conseguono il titolo accademico presso gli atenei del Sud, solo dopo ben tre anni dal conseguimento della laurea.
43
Università
preferite e tempo
medio per
laurearsi
CAPITOLO 1
Università
preferite e tempo
medio per
laurearsi
Tabella 15 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
Per sede universitaria e tempo di inserimento - Anno 2004 Facoltà di Ingegneria
Università di:
Bologna
Catania
Messina
Salerno
Basilicata
Università di:
Bologna
Catania
Messina
Salerno
Sassari
Bari
Facoltà di Ingegneria
1 anno
3 anni
83,00
89,50
76,40
90,50
33,30
85,70
67,20
==
50,00
==
Facoltà di Economia
1 anno
3 anni
65,20
83,80
42,20
68,40
43,30
56,40
38,20
==
52,10
72,90
39,70
==
5 anni
98,40
94,90
94,10
==
==
5 anni
94,50
89,70
83,90
==
==
==
Fonte: Almalaurea.
Tabella 16 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
Per sede universitaria e tempo di inserimento - Anno 2005
Università di:
Bologna
Catania
Messina
Salerno
Basilicata
Università di:
Bologna
Catania
Messina
Salerno
Sassari
Bari
Facoltà di Ingegneria
1 anno
3 anni
80,60
91,70
62,60
92,20
55,60
73,90
66,00
==
80,00
==
Facoltà di Economia
1 anno
3 anni
61,70
82,70
45,40
69,60
47,20
61,50
34,40
==
45,00
66,70
48,50
66,20
5 anni
96,30
91,40
92,30
==
==
5 anni
94,00
87,30
79,70
==
==
==
Fonte: Almalaurea.
Tempo impiegato per laurearsi nelle Università Bocconi e Cattolica di
Milano
L’analisi dei dati effettuata sugli studenti delle Università di
Bologna, è stata elaborata con gli stessi criteri metodologici sugli studenti della Bocconi e della Cattolica di Milano.
Come già detto in precedenza, per la non disponibilità dei dati, per
la Bocconi è stata effettuata la ripartizione tra il corso di laurea triennale e quadriennale, a differenza della seconda, dove la ripartizione è
stata effettuata tra la Facoltà di Medicina ed Economia.
44
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dall’elaborazione emergono indicatori simili a quelli ottenuti presso
le Università di Bologna: gli studenti provenienti dalle Regioni
Obiettivo 1, impiegano un tempo medio per laurearsi simile ed in
molti casi inferiore a quello dei giovani residenti. I valori riscontrati
presso l’Università Bocconi tra le studentesse di Caserta e Cosenza
(4,8 anni), che rappresentano le unità di analisi con il tempo medio
più basso per laurearsi, confermano tale tendenza. Anche per
l’Università Cattolica di Milano, sia per la Facoltà di Medicina che per
quella di Economia, sono gli studenti provenienti dalle province delle
aree Obiettivo 1 a laurearsi in tempi ridotti. In particolare le studentesse in Economia ed in Medicina residenti a Catanzaro, Taranto e
Cosenza, per laurearsi impiegano in media quattro anni.
Dai procedimenti elaborati sui dati dell’Università di Bologna e di
Milano, è possibile formulare delle ipotesi per spiegare il minore tempo impiegato per laurearsi da parte dei giovani del Mezzogiorno.
Significativa potrebbe essere la presa di coscienza degli studenti circa la
loro incidenza economica sul reddito delle famiglie di origine. Tale fenomeno potrebbe indurre gli studenti a frequentare i corsi universitari
con più responsabilità e dedizione, requisiti necessari per portare a
termine il percorso universitario in tempi brevi.
Tabella 17 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Bocconi
Per sesso e provincia di provenienza. Anno 2004
Province di provenienza
Milano
Foggia
Lecce
Bari
Napoli
Cosenza
Taranto
Salerno
Potenza
Catanzaro
Caserta
Percorso “TRIENNALE”
M
F
3,13
3,12
3,10
3,00
3,00
3,00
3,00
3,35
3,00
3,00
3,00
3,00
3,00
3,00
3,46
3,00
3,50
3,20
3,00
3,00
3,00
3,00
Percorso “QUADRIENNALE”
M
F
6,28
5,92
5,45
5,65
6,52
5,06
6,11
5,51
5,70
4,86
6,33
4,83
5,66
5,09
6,10
6,57
5,35
6,83
6,11
5,36
6,32
4,83
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
45
Università
preferite e tempo
medio per
laurearsi
CAPITOLO 1
Università
preferite e tempo
medio per
laurearsi
Tabella 18 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica di
Milano
Province
di provenienza
Milano
Foggia
Lecce
Bari
Napoli
Cosenza
Taranto
Salerno
Potenza
Catanzaro
Caserta
Corso di laurea
M
F
6,36
6,02
5,50
5,50
4,33
4,50
6,00
6,33
==
==
5,50
7,00
4,50
4,00
==
==
5,66
==
==
4,00
==
==
Percorso normale
Diploma Universitario
M
F
4,57
4,03
==
==
==
3,00
==
4,00
8,00
==
==
3,00
==
==
==
==
==
==
==
==
==
==
Laurea I° livello
M
F
4,13
==
==
==
3,00
==
==
==
==
3,00
==
3,00
==
==
==
3,00
==
==
==
5,00
==
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Tabella 19 – Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica di
Milano
Province
di provenienza
Milano
Foggia
Lecce
Bari
Napoli
Cosenza
Taranto
Salerno
Potenza
Catanzaro
Caserta
Corso di laurea
M
F
==
==
7,00
5,33
==
8,00
4,00
==
==
==
9,00
4,00
8,50
4,00
4,00
5,50
==
==
==
6,50
7,00
==
Percorso normale
Diploma Universitario
M
F
==
==
==
3,00
==
==
==
3,00
==
==
==
==
==
3,00
==
3,00
==
3,00
==
==
==
==
Laurea I° livello
M
F
3,00
==
==
==
3,00
==
==
==
==
==
==
==
==
==
==
3,00
==
==
==
==
==
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Tempo di inserimento nel mondo lavorativo: Università di Roma
Per Roma, che si ricorda essere, insieme con le città di Bologna e
Milano, una delle città preferite dai ragazzi sia per iscriversi che per
conseguire una laurea, l’indagine ha inteso valutare il tempo di inserimento nel mondo lavorativo dopo aver conseguito una Laurea proprio
in uno degli atenei della città. Le tabelle che seguono mettono in luce
il fenomeno indagato per le facoltà di Giurisprudenza, Medicina e
Chirurgia.
Dai dati è evidente la facilità di impiego dei giovani laureati, nelle
due facoltà considerate, presso le Università della città di Roma rispet46
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
to ai colleghi che hanno studiato negli atenei delle Regioni Obiettivo
1. Ciò vale sia per i dati pre-riforma che per quelli post-riforma, in cui sono evidenti le differenze e le difficoltà d’inserimento nel mondo lavorativo soprattutto nel breve periodo, cioè fino a tre anni dal conseguimento della Laurea.
Tabella 20 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
Per sede universitaria e tempo di inserimento. Anno 2005
Università di:
Roma TRE
Roma LUMSA
Salerno
Foggia
Bari
Catanzaro
Reggio Calabria
Messina
Catania
Sassari
Facoltà di Giurisprudenza pre – riforma
1 anno
3 anni
23,80
==
36,70
80,00
13,90
==
20,60
39,70
20,40
43,90
19,00
62,10
25,00
==
20,80
36,40
13,80
50,90
18,80
50,60
5 anni
==
71,40
==
73,20
==
==
==
80,70
76,30
==
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Tabella 21 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale
Per sede universitaria e tempo di inserimento. Anno 2004
Università di:
Roma LUMSA
Bari
Catanzaro
Reggio Calabria
Messina
Catania
Università di:
Roma La Sapienza
Catanzaro
Messina
Facoltà di Giurisprudenza post - riforma
1 anno
3 anni
52,40
==
14,30
==
16,70
==
==
==
28,60
==
==
==
Facoltà di Medicina e Chirurgia post - riforma
1 anno
3 anni
89,40
==
27,30
==
42,90
==
5 anni
==
==
==
==
==
==
5 anni
==
==
==
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
1.2.8 Sintesi delle caratteristiche della mobilità formativa in Italia
Le analisi fin qui condotte evidenziano che la mobilità formativa è
sostanzialmente determinata dalla qualità delle Università di destinazione che esercitano una vera e propria attrazione per i giovani studenti del
Sud.
47
Università
preferite e tempo
medio per
laurearsi
CAPITOLO 1
Sintesi delle
caratteristiche
della mobilità
formativa in Italia
Nel contempo tale mobilità può essere considerata un’anticamera
della mobilità lavorativa.
Infatti, dalle valutazioni effettuate si nota che l’ingresso nel mondo del
lavoro è facilitato in quei contesti in cui l’offerta lavorativa risulta essere meglio collegata all’offerta formativa. In particolar modo si è verificato che nelle province che sono poli di attrazione formativa (Roma,
Milano e Bologna) si abbreviano i tempi di inserimento nel mondo lavorativo dopo aver conseguito una laurea. In tal modo tali aree da poli
di attrazione formativa potranno trasformarsi in poli di stanzialità, in
cui i giovani dopo essersi formati restano per lavorare.
Per confermare quanto fin qui assunto l’analisi è proseguita effettuando un’indagine CATI sui giovani in età lavorativa (18-33 anni). In questo
modo si è cercato di mettere in luce se le province considerate oggi poli di attrazione, grazie alla presenza di Università ritenute di prestigio, siano da annoverarsi anche come province in cui l’offerta lavorativa, soprattutto ad alta scolarizzazione, supporta l’offerta formativa.
1.3 Indagine sugli atteggiamenti dei giovani italiani nei confronti
della mobilità
1.3.1 Obiettivi e modalità di indagine
L’obiettivo dell’indagine è condurre alla descrizione dell’atteggiamento dei giovani italiani verso la mobilità per motivi formativi e di lavoro fuori dai confini regionali, nonché descriverne la percezione nei
confronti della provincia di residenza in termini di opportunità formazione/lavoro.
La metodologia utilizzata è l’indagine quantitativa C.A.T.I. (Computer
Aided Telephone Interviewing)35. Target di riferimento è la popolazione
italiana di età compresa tra i 18 ed i 33 anni (circa 12.870.000 al censimento 2001).
Il questionario è stato condiviso con il Centro Risorse Nazionale per
l’Orientamento, che da tempo indaga sull’atteggiamento dei giovani
nei confronti della mobilità.
Il campione utilizzato è di 1.600 unità con sovra – campionamento
su 10 province del Sud – Isole: Cagliari, Cosenza, Catanzaro, Foggia,
Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Salerno. Il campio35 Condotta per l’ISFOL di Benevento tra il 3 luglio 2006 ed il 19 luglio 2006 dalle società
Synergy Knowledge People S.r.l. e Tendentia S.r.l..
48
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
ne è stato realizzato per quote proporzionali rispetto alla popolazione
di riferimento secondo:
• fascia di età;
• sesso;
• area geografica d’appartenenza.
Per ottimizzare la rappresentatività, i comuni dai quali estrarre i numeri di
telefono delle persone da intervistare sono stati stratificati considerando:
• regione d’appartenenza;
• numerosità della popolazione residente (tutti i capoluoghi di
provincia);
• percentuale di popolazione residente con meno di 33 anni.
In totale sono stati scelti 248 comuni campione (punti campione),
per ognuno dei quali i numeri telefonici sono stati estratti in modo casuale dagli archivi telefonici informatizzati dei comuni stessi e in numerosità proporzionale rispetto alla popolazione residente nello strato
rappresentato.
Per condurre le 1.600 interviste sono stati effettuati 60.191 contatti
telefonici su 30.514 numeri distinti.
1.3.2 Risultati generali
Questi tre segmenti individuati:
• No Mobilità; il 90% del campione dichiara di essere residente nella stessa regione di origine;
• In Mobilità; l’8% sono giovani italiani che vivono in una regione
differente dalla propria di origine;
• Stranieri; il restante 2% che si sono trasferiti in Italia.
Il 60% dei giovani “In Mobilità” sono originari del Sud – Isole (S-I), di cui:
• il principale flusso di migrazione è verso il Nord – Ovest (NO=42%);
• il 65% è originario di piccoli comuni (con meno di 20.000 abitanti) ed
il flusso principale di spostamento si muove verso comuni più grandi;
• tra le 10 province del Sud – Isole in analisi, Cagliari è quella che registra la più alta percentuale di giovani in mobilità (14%).
Il 65% dei giovani “Stranieri” è rappresentato da donne, di cui:
• hanno un’età compresa tra i 28 ed i 33 anni (67% vs. 43%);
• sono coniugati in misura superiore alla media (28% vs. 16%);
49
Obiettivi e
modalità di
indagine
CAPITOLO 1
• il 38% vive al Centro e il 35% al Nord – Ovest;
• prediligono i piccoli comuni (il 66% vive in comuni con meno di
20.000 abitanti).
Risultati generali
Il 96% è soddisfatto dell’esperienza di mobilità, di cui:
• il 77% lo considera uno spostamento definitivo, questo valore sale al 93% se si considerano i soli Stranieri;
• i 3/4 dei giovani che sono al di fuori della propria regione di origine
si sono trasferiti da più di 5 anni;
• la maggioranza del campione sostiene di non essere intenzionata
a ritornare nella propria regione d’origine. Solo il 31% degli
“Stranieri” dichiara di essere disposto a ritornare nel proprio paese
natale (gran parte per motivi familiari).
Il 45% si trova fuori della propria regione per motivi familiari, di cui:
• la seconda motivazione è per un contratto di lavoro a tempo indeterminato (20%), questo è il principale motivo di trasferimento
per gli “Stranieri” (40%);
• il principale motivo di rientro è di tipo familiare (30%);
• il 10% fornisce come motivazione di ritorno “perché amo la mia
regione”.
Il 57% degli intervistati ha un diploma di scuola superiore, di cui:
• il 15% è universitario ed il 16% è laureato, non emergono significative differenze tra i tre segmenti;
• il 22% dichiara di laurearsi o essersi laureato fuori della propria regione (il 62% se si osservano i soli giovani “In Mobilità”, questo
dato, osservato congiuntamente con l’anzianità dello spostamento,
porta a dire che spesso il trasferimento ha inizio al momento della scelta universitaria);
• tra i motivi che portano a laurearsi troviamo: “maggiori prospettive
di carriera” (34%), “apre la strada a lavori di interesse” (30%) e
“per cultura/piacere” (28%);
• ci si trasferisce per frequentare Università ritenute di prestigio
(22%) e per l’assenza di specifiche facoltà all’interno della propria
regione (20%);
• la distribuzione del titolo di studio dei genitori degli intervistati è
molto simile per padri e madri: circa il 13% ha un diploma di
scuola elementare, circa il 33% ha un diploma di scuola media inferiore, circa il 38% ha un diploma di scuola media superiore, circa il 10% è laureato.
50
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Il 77% ritiene che il lavoro rispetta le proprie aspettative, di cui:
• il 74% dichiara ripeterebbe il percorso formativo effettuato;
• il 61% ritiene che l’attività lavorativa sia coerente con il proprio titolo di studio (66% per i residenti del Nord – Ovest);
• il 35% degli intervistati sono studenti, tra gli “Stranieri” sono più
presenti le seguenti categorie: operaio (30%), casalinga (20%) e
disoccupato (12%);
• la maggioranza dei giovani (51%) ha trovato lavoro grazie ad amicizie/contatti personali (96% per gli stranieri, 57% per il Sud e
Isole, 69% per i giovani tra 18 – 22 anni), il 5% ha richiesto una
intermediazione politica, il 18% lavora perché ha risposto ad annunci e solo il 5% grazie ai centri per l’impiego;
• circa un padre su 3 degli intervistati è pensionato, artigiani e professioni simili per il 22% circa dei padri degli “Stranieri”, il 41% delle
mamme del campione è casalinga, il 31% delle mamme degli
“Stranieri” è operaio, agricoltore o artigiano.
Il 75% è soddisfatto dell’offerta formativa della propria provincia di residenza, di cui:
• le persone in mobilità, sia italiani che “Stranieri”, sono più soddisfatte delle persone che risiedono nella propria regione d’origine;
• i giovani residenti nel Sud – Isole sono meno soddisfatti del resto
del campione (36% di insoddisfatti vs. 25% a totale campione);
• le strutture formative sono il principale motivo di soddisfazione
(39%) e il principale motivo di insoddisfazione (36%);
• secondo il 71% dei giovani l’offerta formativa rispecchia la vocazione del territorio provinciale, più sicuri di questa affermazione
sono i giovani “In Mobilità” (88%), il 38% dei giovani del S – I forniscono risposte negative (vs. 29% totale campione);
• il 50% degli intervistati si dichiara soddisfatto delle strutture/servizi di orientamento, formazione e lavoro presenti nella provincia di
residenza, i giovani “In Mobilità” contribuiscono in maniera positiva alla soddisfazione (68% si considera soddisfatto);
• solo il 29% dei residenti nel meridione si dichiara soddisfatto di
questo particolare aspetto della propria provincia.
Il 43% è soddisfatto dell’offerta lavorativa della propria provincia di residenza, di cui:
• i giovani “In Mobilità” e gli “Stranieri” sono più soddisfatti del resto
del campione (54%);
• l’86% dei residenti nel S – I si dichiara insoddisfatto, contrariamente, il 70% dei residenti nel N – O è soddisfatto, le casalinghe e
i disoccupati sono molto meno soddisfatti (40% per nulla soddisfatto) delle restanti categorie professionali;
51
Risultati generali
CAPITOLO 1
• motivo di soddisfazione (52%), ma al tempo stesso motivo di insoddisfazione (61%) è la tipologia e la quantità di offerta lavorativa
della provincia;
• per il 62% dei giovani intervistati (78% per i giovani residenti nel S
– I) nella propria provincia di appartenenza esistono potenzialità
inespresse, primo fra tutti il turismo (45%, 59% nel caso di residenti nel S – I), per gli “Stranieri” l’industria è la potenzialità da sviluppare con priorità.
Risultati generali
1.3.3 Segmentazione della popolazione
Al fine di dare una lettura più completa del fenomeno i risultati di
dettaglio vengono presentati per totale campione ed esperienza: il totale campione, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti viene
indicato come “Totale”; i giovani che (attualmente) risiedono nella
propria regione d’origine, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti vengono indicati come “No Mobilità”; i giovani che (attualmente) risiedono fuori della propria regione d’origine, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti vengono indicati come “In Mobilità”; i giovani provenienti dall’estero, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti vengono indicati come “Stranieri”.
Successivamente verrà presentata la segmentazione dei giovani in
base allo stile di vita economico – culturale. Inoltre bisogna sottolineare che in tale indagine con il termine “residenza” si intenderà non la
residenza legale, ma la regione dove attualmente si dichiara di trascorrere la maggior parte del tempo.
Al fine di offrire una descrizione più approfondita dei giovani, del
loro rapporto con la mobilità e della loro percezione della provincia di
residenza è stato possibile effettuare una segmentazione degli intervistati basandosi sullo stile di vita economico – culturale.
I differenti gruppi rilevati presentano esperienze, motivazione ed
esigenze diverse nei confronti della mobilità; la descrizione delle caratteristiche di ogni segmento fornisce informazioni utili alla comprensione dei giovani, del loro rapporto con la mobilità e con la provincia di
appartenenza.
Per l’analisi viene presentata:
1. spiegazione degli Assi della mappa su cui vengono rappresentati
i gruppi;
2. posizione dei gruppi nella mappa ad assi ortogonali;
3. profilo dei residenti: consistenza, vissuto verso la mobilità, percezione verso la provincia di residenza e profilo socio – demografico.
Di seguito si riportano i grafici che sintetizzano i risultati.
52
Elevato
Elevato livello
livello econ-culturale:
econ-culturale: Giovani
Giovani
laureati
laureati oo più
più con
con mestieri
mestieri di
di alto
alto profilo
profilo
(avvocato,
(avvocato, medico,
medico, ecc)
ecc)
vs
vs
Basso
Giovanipoco
poco
Basso livello
livello econ-culturale:
econ-culturale: Giovani
istruiti
istruiti con
con professioni
professioni di
di basso
basso profilo
profilo (operaio,
(operaio,
casalinga,
casalinga, ecc)
ecc)
inin
modo
L’asse
rappresenta
modo
verticale rappresenta
L’asse verticale
crescente
crescente ilil LIVELLO
LIVELLO ECONOMICOECONOMICOCULTURALE
.
CULTURALE PERSONALE.
PERSONALE
Figura 6 - Composizione degli assi
Basso
Basso livello
livello econ-culturale:
econ-culturale: Giovani
Giovanicon
con
genitori
genitori poco
poco istruiti
istruiti con
con professioni
professioni di
di basso
basso
profilo
profilo (operaio,
(operaio, casalinga,
casalinga, ecc)
ecc)
vs
vs
Elevato
Elevato livello
livello econ-culturale:
econ-culturale: Giovani
Giovanicon
con
genitori
genitori laureati
laureati oo più
più con
con mestieri
mestieri di
di alto
alto profilo
profilo
(avvocato,
(avvocato, medico,ecc)
medico,ecc)
L’asse
inin
modo
L’asse orizzontale
orizzontale rappresenta
rappresenta
modo
crescente
crescente ilil LIVELLO
LIVELLO ECONOMICOECONOMICOCULTURALE
.
CULTURALE DELLA
DELLA FAMIGLIA.
FAMIGLIA
1. Gli Assi
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Segmentazione
della popolazione
53
54
%
La percentuale rappresenta la
consistenza del gruppo ed è
riferita a 1.464 intervistati.
Il volume del parallelepipedo
rappresenta la consistenza del
gruppo
Giovani
Giovani con
con medio
medio
livello
livello economicoeconomicoculturale
culturale
2. Posizione dei gruppi
Figura 7 - Segmentazione della popolazione
Giovani
Giovani con
con basso
basso
livello
livello economicoeconomicoculturale
culturale
Giovani
Giovani con
con elevato
elevato
livello
livello economicoeconomicoculturale
culturale
CAPITOLO 1
Segmentazione
della popolazione
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 8 - Composizione dei gruppi in valori percentuali
3. Profilo dei gruppi
Segmentazione
della popolazione
55
56
pari a circa
tra i 18 e i 33 anni
di età
3.119.000
giovani
*
PROFILO DEMOGRAFICO
Sono tutti italiani. La distribuzione per sesso, età, area geografica di residenza e origine
è in linea con il totale campione. Da rilevare che il 50% è originario e vive in piccoli
comuni con meno di 20.000 abitanti.
ESPERIENZE DI MOBILITÀ
Il 92% appartiene ai “NO Mobilità”.
Le persone “IN Mobilità” lo sono per motivi universitari, nello specifico per assenza di
facoltà nella propria regione (25% vs 6% totale campione). Si sono trasferiti da poco (il
12% - di 6 mesi fa) o da molto (l’85% + di 5 anni fa) tempo. Non considerano lo
spostamento come definitivo (36%). Sarebbero disposti a tornare se trovassero un lavoro
che piace (36%) e perché amano la propria regione (19%).
STUDIO
Mediamente più istruiti del totale campione: il 68% ha un diploma di scuola superiore e il
30% ha una laurea o si sta laureando. Chi ha intrapreso gli studi universitari lo ha fatto
per avere maggiori prospettive di carriera (42%); il 47% ritiene che il proprio corso di
laurea non è coerente con l’offerta lavorativa della regione. Studiano fuori regione di
origine per il prestigio dell’Università e per assenza di facoltà di interesse (risp. 26% e
30%).
Basso il livello di istruzione dei propri genitori: più dell’85% dei padri e delle madri ha un
titolo elementare o di scuola media inferiore.
PROFESSIONE
Il 40% è studente, il 36% è impiegato. Ha trovato lavoro attraverso annunci o inviando
autonomamente il proprio CV (30%). Molto soddisfatti della coerenza degli studi con il
tipo di lavoro e delle proprie aspettative lavorative; chiaramente ripeterebbero il percorso
formativo (51% sicuramente). Figli di pensionati (43% padri), casalinghe (56% madri) o
operai (23% padri, 10% madri).
PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA
Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione delle opportunità di lavoro,
potenzialità inespresse e offerta formativa.
Figura 9 - Descrizione gruppo “Ordinari”
CAPITOLO 1
Segmentazione
della popolazione
pari a circa
tra i 18 e i 33 anni
di età
2.932.000
giovani
*
PROFILO DEMOGRAFICO
La distribuzione per sesso non è significativamente differente dal totale campione.
Giovani con meno di 22 anni (31%), non coniugati (91%), il 30% risiede ed è originario
nel N-O.
ESPERIENZE DI MOBILITÀ
Il 93% appartiene ai “NO Mobilità”.
Il 60% delle persone “IN Mobilità” si è trasferito per necessità familiari e il 20% per
maggiori posti di lavoro; il 90% da più di 5 anni.
Molto soddisfatti dell’esperienza (43%), non sarebbero disposti a tornare nella regione di
origine (35%).
STUDIO
Leggermente più istruiti del totale campione: 80% ha un diploma di scuola superiore.
Il 60% dei laureati/laureandi ritiene che il proprio corso non sia coerente con l’offerta
lavorativa della regione di residenza.
Anche i genitori possiedono principalmente un titolo di scuola superiore: 68% dei padri,
63% delle madri.
PROFESSIONE
Il 46% è studente e il 16% è in cerca di occupazione. In linea con il totale campione per
quanto riguarda la soddisfazione della coerenza del lavoro con lo studio e per quanto
riguarda i propri desideri e aspettative.
I papà sono impiegati (32%), commercianti (9%), così come le mamme (27% impiegate,
6% commercianti); inoltre il 41% delle madri sono casalinghe.
PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA
Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione delle opportunità di lavoro e
offerta formativa, mentre ritengono che l’offerta formativa rispecchia la vocazione del
territorio. Come potenzialità inespresse citano il turismo (51%).
Figura 10 - Descrizione gruppo “Emergenti”
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Segmentazione
della popolazione
57
58
tra i 18 e i 33 anni
di età
2.091.000
giovani
* pari a circa
*
PROFILO DEMOGRAFICO
Donne (53%); tra i 28 e i 33 anni (47%); il 28% è coniugato; il 47% risiede al Sud e Isole
in piccoli comuni (54% in comuni con meno di 20.000 ab.).
ESPERIENZE DI MOBILITÀ
L’88% appartiene ai “NO Mobilità”. Il 5% è “Straniero”.
Il 42% delle persone “IN Mobilità” si è trasferito per un contratto di lavoro a tempo
indeterminato, per maggiori possibilità di guadagno (25%) e prospettive di carriera (20%).
Non totalmente soddisfatti dello spostamento; il 78% lo ritiene uno spostamento
sicuramente definitivo e il 35% non sarebbe disposto a tornare nella propria regione di
origine per nessun motivo.
STUDIO
Titolo di studio inferiore alla media del campione: il 32% possiede un diploma di scuola
media inferiore; solo il 2% ha una laurea o si sta laureando.
Il 90% dei padri e il 95% delle madri ha un titolo di studio inferiore o uguale alla scuola
media inferiore.
PROFESSIONE
Disoccupati (35%), operai (27%) e casalinghe (11%); il 60% di chi lavora lo deve a
conoscenze/amicizie.
Il 38% non ritiene per nulla coerente il suo lavoro con il titolo di studio conseguito; il
lavoro non rispecchia le proprie aspettative (30% poco o per nulla).
I papà sono: pensionati (40%) o operai (29%); le mamme: casalinghe (56%), operaie
(15%) o pensionate (15%).
PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA
Per nulla soddisfatti delle opportunità di lavoro della propria provincia di residenza (32%);
in linea con il totale campione per la soddisfazione dell’offerta formativa e delle strutture
e servizi d’orientamento.
Figura 11 - Descrizione gruppo “Svantaggiati”
CAPITOLO 1
Segmentazione
della popolazione
tra i 18 e i 33 anni
di età
908.000
giovani
* pari a circa
*
PROFILO DEMOGRAFICO
Donne (54%); tra i 28 e i 33 anni (50%); il 34% è coniugato; il 7% proviene dall’estero.
ESPERIENZE DI MOBILITÀ
Il 7% è “Straniero”, di questi il 70% si è spostato per necessità familiari da più di 5 anni
(80%).
Gli “IN Mobilità” sono soddisfatti di questa esperienza (100%) e lo ritengono uno
spostamento definitivo (93%), anche se sarebbero disposti a tornare nella propria
regione di origine (62%) trovando un lavoro di interesse (34%).
STUDIO
Titolo di studio inferiore alla media del campione: il 36% possiede un diploma di scuola
media inferiore; solo il 2% ha una laurea o si sta laureando.
I titoli di studio dei propri genitori sono in media con il totale campione.
PROFESSIONE
Operai (47%) e casalinghe (36%); chi lavora lo fa da meno di 6 mesi (21%) e ha trovato
lavoro grazie ad amicizie (60%).
Il 45% non ritiene per nulla coerente il lavoro con il titolo di studio conseguito; il lavoro
non rispecchia le proprie aspettative (40% dichiara poco o per nulla) e il 30%
sicuramente non ripeterebbe il percorso formativo.
I papà sono impiegati (28%), le mamme sono casalinghe (50%).
PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA
Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione su: opportunità di lavoro,
offerta formativa e informazioni delle strutture di orientamento.
Figura 12 - Descrizione gruppo “Spettatori”
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Segmentazione
della popolazione
59
60
tra i 18 e i 33 anni
di età
1.473.000
giovani
* pari a circa
*
Figura 13 - Descrizione gruppo “Agiati”
PROFILO DEMOGRAFICO
Uomini (60%), giovani (73% ha – di 28 anni), non coniugati (95%); vivono in grandi
comuni (50% in comuni con + di 50.000 ab.)
ESPERIENZE DI MOBILITÀ
Il 90% appartiene ai “NO Mobilità”.
Le persone “IN Mobilità” lavorano in maniera occasionale o a tempo determinato (risp.
13% e 12%). Trasferiti da 1 a 5 anni (60%). Dichiarano di averlo fatto per cultura (30%) e
stile di vita (21%). Si dichiarano per nulla soddisfatti dell’esperienza (8%) e non
considerano questo come uno spostamento definitivo (66%). Disposti a tornare nella
regione di origine per una prospettiva di carriera migliore (15%).
STUDIO
Molto più istruiti del totale campione: 25% universitario, 28% laureato; hanno scelto
l’Università perché ritenuto necessario (16%) o per continuare il lavoro dei genitori (8%
vs 1% del tot. campione).
Di coloro che hanno studiato fuori dai confini regionali: il 15% ha studiato all’estero e il
14% nelle Marche; il 20% non cita nessun motivo specifico che lo ha portato fuori
regione.
I padri sono laureati (71%), così come le madri (65%).
PROFESSIONE
Il 60% è studente; il 60% di chi lavora ha trovato un impiego grazie ad amicizie e il 10%
dichiara per “intermediazione politica”. Sono molto soddisfatti della coerenza tra propri
studi e lavoro, inoltre trovano appagate le loro aspettative (40%, in entrambi i casi, i
molto soddisfatti), anche se il 20% non ripeterebbe il proprio percorso formativo.
Figli di professionisti (28%), imprenditori (14%), professori (8%) e medici (6%), con madri
insegnanti (37%) o impiegate (24%).
PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA
Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione su: opportunità di lavoro,
potenzialità inespresse della provincia, offerta formativa. Sono insoddisfatti delle
informazioni delle strutture di orientamento (20%), principalmente a causa della
professionalità del personale.
CAPITOLO 1
Segmentazione
della popolazione
tra i 18 e i 33 anni
di età
2.346.000
giovani
* pari a circa
*
Figura 14 - Descrizione gruppo “Delfini”
PROFILO DEMOGRAFICO
La distribuzione per sesso, età, area geografica di residenza e origine è in linea con il
totale campione. Lo stato civile del 90% è libero.
ESPERIENZE DI MOBILITÀ
L’89% appartiene ai “NO Mobilità”.
Il 18% delle persone “IN Mobilità” si è trasferito per la possibilità di una maggiore
specializzazione e sono soddisfatti di questa esperienza (48% si dichiara molto
soddisfatto).
STUDIO
La quasi totalità di questo segmento (88%) è universitario o possiede una laurea; il
restante 12% ha un diploma di scuola superiore. Il 60% di chi ha deciso di laurearsi
ritiene che il corso sia coerente con l’offerta lavorativa della regione di residenza.
È invece in media, rispetto al totale campione, il titolo di studio dei propri genitori.
PROFESSIONE
Studenti (47%), liberi professionisti (20%) e imprenditori (4%); da notare la totale
assenza di operai e casalinghe. Chi lavora lo fa da più di un anno (85%) e ha trovato
lavoro grazie ad auto-candidature ed annunci (25%).
Ritengono che la propria attività lavorativa sia molto coerente con i titoli di studio
effettuati (45%), rispecchia molto le proprie aspettative (36%) e la quasi totalità
ripeterebbe il percorso formativo (85%).
I papà sono impiegati (34%), le mamme sono impiegate (30%) o insegnanti (17%). Da
notare anche la presenza di imprenditori (8%) e commercianti (6%).
PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA
Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione delle opportunità di lavoro.
L’8% cita l’ambiente (salvaguardia e miglioramento) tra le potenzialità inespresse.
Molto soddisfatti dell’offerta formativa (27%), ritengono che questa rispecchi la vocazione
del territorio (76%).
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Segmentazione
della popolazione
61
CAPITOLO 1
1.3.4 Dettaglio su alcune province
Nella tabella che segue si evidenziano i risultati dell’indagine CATI
effettuata attraverso la somministrazione di alcune domande specifiche in 10 province del Mezzogiorno identificate, nei paragrafi precedenti, come le province in cui la mobilità formativa risulta maggiore. Da
tale focus si evidenzaino alcuni dati importanti elencati di seguito.
Il campione dei residenti della provincia di Cagliari è meno soddisfatto del totale campione del “Sud-Isole” per la coerenza tra studio/
lavoro e per l’offerta formativa; inoltre ritengono che la provincia abbia
una potenzialità turistica inespressa (80%).
I residenti di Palermo ritengono che la provincia non abbia eccessive potenzialità inespresse; sono più soddisfatti, rispetto agli altri residenti del “Sud-Isole”, dell’offerta formativa della provincia.
I giovani intervistati di Cosenza e Reggio Calabria sono insoddisfatti
delle opportunità di lavoro della provincia di appartenenza.
Infine, a Salerno si nota una soddisfazione per il lavoro e la formazione, superiore alle altre province del “Sud-Isole” in analisi.
62
2,98
3,04
d33 Rispecchia i propri desideri e aspettative?
d34 Ripeterebbe il suo percorso formativo?
44,8%
615
33
80
1,65
80
3,27
2,76
2,52
NA
2,87
2,85
2,45
d43 Rispetta la vocazione del territorio?
d44 È soddisfatto delle strut/serv di orientamento, form e lavoro?
2,11
2,69
615
2,66
1.600
2,09
2,70
2,73
80
58,7% 60,3%
77,9% 72,5%
Valori MEDI
Ba s e
d41 È soddisfatto dell'offerta formativa della sua prov di res?
T u r is m o
d40 Qua li?
1.600
62,4%
615
1,72
2,27
2,99
1.600
Ba s e
Valori %
d39 Secondo lei esistono potenzialità del territorio inespresse? SI
Valori MEDI
Ba s e
d37 È soddisfatto delle opportunità di lavoro della sua prov di res?
2,68
2,68
2,97
S-I
247
Totale
773
AREA
Valori MEDI
Ba s e
d32 La sua attività è coerente con il tipo di tit di studio conseguito?
Valori MEDI: 4= Molto o Sic. Si … 1= Per Nulla o Sic. NO
Tabella 22 - Focus su 10 province delle Regioni Obiettivo 1
23
2,14
2,58
2,66
73
62,3%
83,6%
73
1,90
73
3,22
3,30
2,70
SA
18
18
44
1,61
44
2,83
3,50
2,67
LE
27
53
1,51
53
3,11
2,67
2,78
CS
19
43
1,40
43
3,11
3,26
3,05
RC
77,5% 88,6% 86,8% 76,7%
40
1,58
40
3,22
2,67
2,72
FG
18
20
46
2,17
2,72
2,65
40
1,88
2,93
2,48
44
2,14
2,66
2,84
53
1,94
2,77
2,77
43
1,67
2,79
2,47
14
43
1,53
43
3,00
2,79
2,64
PA
21
48
1,58
48
2,52
2,71
2,29
CA
43
2,21
2,84
2,53
2,12
2,77
2,86
43
1,92
2,73
2,29
48
60,7% 79,5%
83,7% 65,1% 83,3%
43
1,86
43
2,95
2,90
2,70
CZ
63,2% 40,0% 61,5% 70,5% 78,8% 62,9%
82,6%
46
1,80
46
3,11
2,83
2,67
PZ
PROVINCIA DI RESIDENZA
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio su
alcune province
63
64
Nord-Est
40%
60%
Centro
100,0%
18,1%
17,1%
80%
Sud e Isole
59,3%
39,8%
40,4%
Estero
100%
2,3%
Stranieri
IN Mobilità
0%
NO Mobilità
Totale
Nord-Ovest
20%
35,4%
37,2%
24,0%
25,2%
18,1%
18,5%
24,9%
Nord-Est
Centro
60%
16,3% 10,6%
16,0%
40%
18,1%
17,9%
100%
Sud e Isole
80%
37,7%
21,9%
39,8%
38,4%
Area geografica di residenza
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
Il 60% dei giovani “IN Mobilità”è originario del Sud e Isole; analizzando questa informazione congiuntamente con la distribuzione
per area di residenza, si nota come il Nord-Ovest sia la zona che “attira”maggiormente i giovani “IN Mobilità”e gli “Stranieri”. La
distribuzione dei “NO Mobilità”è invece simile a quella del totale campione. Da notare che il 60% delle casalinghe e il 47% dei
disoccupati intervistati è originario e risiede nel meridione. La maggioranza degli originari del N-O in mobilità sono studenti.
Nord-Ovest
18,1%
17,0%
9,9% 9,7%
20%
21,1%
IN Mobilità
0%
24,0%
NO Mobilità
Stranieri
23,2%
Totale
Area geografica di origine
Figura 15 - Provenienza intervistati
CAPITOLO 1
1.3.5 Dettaglio dei risultati
Di seguito si riporta il dettaglio dei risultati rappresentato con grafici commentati.
40%
Uomo
20%
Donna
60%
64,7%
80%
50,0%
49,2%
49,6%
100%
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
0%
32,0%
31,8%
45,9%
42,2%
42,8%
28-33
80%
57,4%
60%
23-27
40%
12,9%
35,4%
18-22
20%
29,7%
18,7%
25,8%
25,4%
Età
100%
Stranieri
0%
20%
Libero
40%
72,2%
87,0%
84,6%
NO Mobilità
IN Mobilità
84,5%
Totale
80%
100%
13,0%
15,4%
15,5%
27,8%
Coniugato
60%
Stato civile
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
Analizzando i dati demografici dei tre gruppi, è da notare che un terzo dei giovani “Stranieri”è donna, hanno un’età più elevata del resto del campione
e il 28% dichiara di essere coniugato. Per i restanti segmenti, invece, non si registrano significative differenze rispetto al totale campione.
0%
50,0%
IN Mobilità
35,3%
50,8%
NO Mobilità
Stranieri
50,4%
Totale
Sesso
Figura 15 - Provenienza intervistati
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
65
66
0%
40%
20-50
20%
0-20
n.d.
19,9%
19,9%
24,2%
100%
150 e oltre
80%
12,7%
12,6%
11,3%
50-150
60%
19,9%
19,8%
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
0%
0-20
20%
36,2%
20-50
12,7%
12,6%
50-150
60%
19,9%
20,2%
150 e oltre
80%
16,7%
26,7%
8,8% 8,6%
12,4%
19,9%
19,9%
24,7%
40%
65,9%
47,5%
47,3%
100%
Ampiezza centro di residenza (abitanti/000)
Dettaglio dei
risultati
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
Un terzo dei giovani “IN Mobilità”è originario di comuni con meno di 20.000 abitanti; guardando alla distribuzione per ampiezza centro di residenza,
si nota come una parte significativa di questo gruppo sia “confluita”in comuni medio/grandi. Meno attesa la distribuzione degli “Stranieri”, i quali
risiedono principalmente nei piccoli comuni. La maggioranza delle casalinghe è originario e risiede in comuni con meno di 20.000 abitanti.
Stranieri
64,5%
47,5%
NO Mobilità
IN Mobilità
47,7%
Totale
Ampiezza centro di origine (abitanti/000)
Figura 17 - Dati demografici sull’area di origine e di residenza
CAPITOLO 1
Sud e Isole
Sud e Isole
16,3%
10,6%
Nord-Ovest
Nord-Est
Sud e Isole
Estero
Estero
Estero
Il 42% dei giovani “IN Mobilità”originari del Sud e Isole si è trasferito nel
Nord-Ovest, mentre un quinto circa si è spostato in altre regioni del
meridione. Il 73% dei giovani “Stranieri” risiede nel Centro/Nord-Ovest.
Base: 37
37,7%
Centro
Estero
35,4%
%
19,6%
Area Residenza
Area Origine
Nord-Est
Sud e Isole
Base: 70
Centro
12,8%
41,9%
25,7%
Nord-Ovest
%
Sud e Isole
Area Residenza
area
Sud e Isole
Area Origine
Focus: Flusso area origine
residenza
Figura 18 - Flussi di mobilità
Altre
Lecce
Cosenza
Potenza
Foggia
Reggio Calabria
Cagliari
Catanzaro
Palermo
Napoli
Salerno
0%
1,4%
1,4%
10%
2,1%
2,8%
4,1%
6,9%
6,9%
8,6%
9,0%
9,7%
20%
30%
40%
50%
47,1%
La classifica della mobilità per provincia
di origine mostra che a Salerno
appartiene il 10% dei giovani “IN
Mobilità” originari del Sud e Isole, a
seguire Napoli e Palermo (9%), mentre
la provincia con la + alta % di giovani
“IN Mobilità” è Cagliari (14%).
Base: 70
Focus: Mobilità per provincia di origine
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
67
68
2,3%
7,6%
Totale (Base = 158)
Studio (non spec.)
Lavoro stag./occas./nero
Contratto a Progetto
Visita di amici e/o parenti
Contr. intermittente
Formaz. tecnica specifica
Stage Aziendale
Studi di scuola superiore
Contratto lavoro DET
Altro
Lavoro (contratto non spec.)
Università
Contratto lavoro INDET
Necessità familiari
10%
20%
40%
50%
Stranieri (Base = 37)
30%
44,6%
* risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero”
IN Mobilità (Base = 121)
0%
0,6%
0,6%
0,6%
1,9%
1,9%
2,2%
2,3%
3,2%
4,1%
5,5%
6,3%
6,4%
19,7%
d7. Perché non risiede nel luogo di origine? *
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
Il 90% dei giovani dichiara di risiedere nella stessa
regione di origine. Circa il 44% degli intervistati
“IN Mobilità”si è spostato per motivi familiari
(questi sono principalmente studenti e
casalinghe). Il primo motivo che ha portato gli
“Stranieri” in Italia è un contratto a tempo in
determinato. Da notare che gli stage aziendali
sono citati solo dagli italiani.
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
90,1%
Attuale situazione di mobilità
Figura 19 - Dettaglio delle motivazioni che hanno indotto la mobilità
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
17,5%
Tra 1 e 3 anni
80%
71,3%
77,2%
75,8%
Non sa/non indica
Altro
Fare esperienza diversa
No università di prestigio
La qualità della vita
Situazione generale migliore
La cultura
Lo stile di vita
Più possibilità di specializzazione
Più prospettive di carriera
Più guadagni
Assenza corsi studio di interesse
Numero di posti di lavoro
Motivi familiari
0%
Totale
10%
4,0%
4,7%
1,0%
1,7%
2,3%
3,4%
3,7%
5,6%
6,0%
6,6%
* risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero”, non per “Visita ad amici e/o parenti”
30%
40%
** Multipla
60%
Stranieri
50%
Eccezion fatta per le necessità familiari (nominate principalmente da
studenti e casalinghe), le motivazioni di spostamento appaiono molto
frammentate. Si nota come gli
“Stranieri” si aspettano maggiori
guadagni rispetto agli “Italiani IN
Mobilità”.
IN Mobilità
20%
8,6%
9,2%
12,4%
49,9%
d9. Per quali motivi si è spostato dalla Sua
regione di origine? * (**)
(Base: Totale=153; IN Mobilità=117; Stranieri=36)
La maggioranza degli intervistati che non risiedono
nella propria regione di origine si è trasferita da più
di 5 anni. Da notare che il 18% degli “Stranieri” ha
raggiunto l’Italia tra 1 e 3 anni fa.
Più di 5 anni
60%
Tra 3 e 5 anni
40%
Tra 6 mesi e 1 anno
20%
8,4%
2,8%
5,3%
4,8%
6,2%
6,5%
Meno di 6 mesi
0%
Stranieri
IN Mobilità
Totale
4,7%
3,7%
8,8%
7,0%
d8. Da quanto tempo si trova nell’attuale luogo di
residenza? *
Figura 20 - Durata della mobilità
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
69
70
39,9%
IN Mobilità
38,9%
Totale
97%
56,9%
56,7%
35,6%
Stranieri
92%
56,1%
2,8%
5,5%
Molto
Abbastanza
Poco
Per nulla
Totale
51,5%
77%
25,9%
17,1%
5,6%
IN Mobilità
46,0%
73%
26,5%
21,5%
6,0%
Stranieri
69,2%
93%
23,7%
4,3%
2,8%
Sicur.SI
Prob.SI
Prob. NO
Sicur. NO
d11. Considera questo come uno spostamento
definitivo? *
Dettaglio dei
risultati
* risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero”, non per “Visita ad amici e/o parenti”
(Base: Totale=153; IN Mobilità=117; Stranieri=36)
Quasi la totalità degli intervistati si dichiara soddisfatto dell’esperienza di mobilità. I giovani originari del Nord-Ovest sono più soddisfatti del resto del
campione. Le casalinghe, invece, si rivelano meno soddisfatte dei restanti intervistati. La maggioranza considera lo spostamento come definitivo;
significativamente più elevata (69%), rispetto ai giovani Italiani, la % di “Stranieri” che valuta lo spostamento come definitivo. 1/4 degli studenti
originari del Sud e Isole non considerano questo spostamento come definitivo.
96%
1,9%
1,3%
2,1%
2,3%
d10. È soddisfatto di questa esperienza? *
Figura 21 - Grado di soddisfazione e valutazione del proprio spostamento
CAPITOLO 1
IN Mobilità
Totale
Stranieri
12,7%
31% 18,6%
27,0%
41,7%
Sicuramente SI
Probabilmente SI
Probabilmente NO
Sicuramente NO
Totale (Base = 120)
0,9%
8,0%
10%
6,6%
2,6%
3,4%
7,9%
8,5%
9,4%
23,4%
29,1%
20%
40%
50%
Stranieri (Base = 26)°
30%
Dopo i motivi familiari, il trovare un lavoro di interesse è
la motivazione che spingerebbe i giovani a tornare nella
regione d’origine. Da notare
che nessun “originario”del NO cita tra i motivi “l’amore
per la propria regione”.
17,9%
IN Mobilità (Base = 94)
0%
Non sa/non indica
Altro
Migliori infrastrutture
Migliorare la qualità della vita
(meno traffico, aria pulita…)
Cambiamento situazione
generale (economica, politica,
sociale)
Avere una prospettiva di
carriera migliore
Guadagno più elevato rispetto
all'attuale
Perché amo / mi piace la mia
regione
Per nessun motivo particolare
Trovare un lavoro sicuro che
mi piace
Motivi familiari (costruzione
nucleo familiare, …)
d13. Per quali motivi sarebbe disposto a tornare nella
Sua regione di origine? **
** multipla risponde solo se “SICURAMENTE SI” o “PROBABILMENTE SI” a d12
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
* risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero”, non per “Visita ad amici e/o parenti”
(Base: Totale=153; IN Mobilità=117; Stranieri=36)
La maggioranza del campione sostiene di
non essere intenzionata a ritornare nella
propria regione d’origine. Solo il 31% degli
“Stranieri” dichiara di essere disposto a
tornare nel proprio paese natale (gran
parte per motivi familiari).
20,6%
49%28,5%
24,7%
18,7%
45%26,2%
25,3%
29,8%
26,2%
d12. Sarebbe disposto a ritornare nella Sua
regione di origine? *
Figura 22 - Valutazione delle possibilità di rientro
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
71
72
60%
61,5%
Medie inferiori
Laurea
48,3%
57,2%
56,7%
Il 16% del campione dichiara di essere in
possesso di un diploma di laurea. Un quinto delle
persone “IN Mobilità” è universitario.Gli “Stranieri”,
in media, presentano un livello di istruzione
inferiore rispetto al resto del campione. Il NordEst è l’area dove risiede la più alta percentuale di
laureati (22%). Infine, risulta che circa il 20% dei
disoccupati ha una laurea o titoli superiori.
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
Nessuno/elementare
Medie superiori
40%
Universitario
20%
17,7%
Dottorato di ricerca
10,1%
10,8%
14,2%
15,4%
20,6%
10,6%
16,3%
14,7%
10,8%
16,2%
15,0%
Master
0,8%
0,8%
0,5%
0,4%
0,3%
0,5%
0%
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
0,4%
0,3%
d21. Mi potrebbe indicare il Suo titolo di studio?
Figura 23 - Titolo di studio degli intervistati
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
1,7%
0,4%
18,6%
10,2%
30%
40%
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
Per l’esigua numerosità,
“Stranieri” non rappresentati
28,4%
29,0%
33,8%
0%
Si
20%
50,1%
52,3%
No
40%
71,8%
Non sa
60%
44,2%
23,7%
80%
41,9%
100%
4,4%
5,8%
5,7%
* risponde solo se > di “universitario” a d21
° Multipla
Il 42% dei giovani laureati o laureandi ritengono che il loro
corso NON è coerente con l’offerta lavorativa della regione
di residenza. Nei giovani “IN Mobilità” questa % scende al
24%, nei giovani residenti nel S-I sale al 62%.
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
d23. Secondo Lei, la Sua laurea è coerente con
l'offerta lavorativa della sua regione di
residenza? *
(Base: Totale=513; NO Mobilità=456; IN Mobilità=46; Stranieri=11)
Le più ampie prospettive di carriera sono la motivazione
principale che spinge a laurearsi (34%, questa % sale al
40% se si considerano i soli giovani del C e N-E), seguita da
“apre le strade a lavori di mio interesse” (29%, 35% nei
giovani del N-O).
20%
11,8%
10%
2,6%
0,2%
0,5%
0,8%
0%
Non sa/non indica
Altro
Per consiglio di amici / parenti
Per cambiare regione
Per cambiare nazione
Per continuare lavoro di genitori/parenti
Perché è necessario
Maggiori possibilità di guadagno
Mi piaceva la facoltà/le materie
Cultura / piace lo studio
Perché apre la strada a lavori di mio
interesse
Maggiori prospettive di carriera
d22. Per quali motivi ha deciso di laurearsi? * °
Figura 24 - Motivazione e valutazione della propria formazione
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
73
74
0%
16,9%
20%
21,8%
Si
61,6%
40%
60%
83,1%
78,2%
No
80%
38,4%
Totale (Base = 105)
0%
2,6%
** multipla, risponde solo se “SI” a d24
* risponde solo se > di “universitario” a d21
20%
30%
40%
Il nome dell’Università è la prima
motivazione dello spostamento.
Per i giovani del S-I, la prima motivazione è l’assenza di corsi nella
propria regione (30%).
12,3%
8,2%
10%
3,4%
3,6%
5,1%
5,4%
7,2%
8,8%
16,3%
20,4%
21,5%
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
NO Mobilità (Base = 77) IN Mobilità (Base = 28)°
Non sa
Altro
Situazione generale
Maggiori infrastrutture
Qualità della vita
Per l’esigua numerosità,
“Stranieri” non rappresentati
100%
Maggiori prospettive di carriera
Lo stile di vita
Più possibilità di specializzazione
Fare un'esperienza diversa
Motivi familiari
Presenza di facoltà solo fuori
Il prestigio dell'università
d26. Per quali motivi ? **
(Base: Totale=513; NO Mobilità=456; IN Mobilità=46; Stranieri=11)
Il 22% del campione si è laureato o si sta laureando fuori
dalla propria regione d’origine. La % sale al 62% se si
considerano i soli giovani “IN Mobilità”. In un certo senso,
quindi (tesi avvalorata dall’analisi per età), il trasferimento
già inizia al momento della scelta universitaria.
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
d24. Ha conseguito (sta conseguendo) il diploma
di laurea fuori dalla Sua regione di origine? *
Figura 25 - Luogo di formazione
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
0%
1,5%
0,9%
10%
38,5%
39,1%
50%
48,9%
0%
0,5%
10%
5,7%
17,4%
30%
28,0%
Dottorato di ricerca
Medie inferiori
20%
13,6%
12,2%
15,2%
10,4%
15,1%
10,6%
7,8%
5,4%
1,7%
0,3%
Master
Medie superiori
Non indica
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
0,3%
2,2%
40,5%
50%
Nessuno/elementare
Laurea
40%
34,9%
34,2%
36,5%
36,0%
36,4%
35,4%
d28. Mi potrebbe indicare il titolo di studio di Sua
madre?
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
La distribuzione per titolo di studio dei genitori non è significativamente differente tra le tre tipologie di intervistati.
Questo accade anche se si considerano le aree geografiche di residenza e origine.
Nessuno/elementare
Laurea
40%
33,2%
32,0%
33,0%
32,2%
30%
22,8%
Dottorato di ricerca
Medie inferiori
20%
14,4%
10,8%
10,8%
11,7%
14,0%
11,7%
13,8%
11,6%
8,0%
4,9%
2,6%
0,1%
0,3%
Master
Medie superiori
Non indica
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
3,0%
0,1%
0,3%
d27. Mi potrebbe indicare il titolo di studio di Suo
padre?
Figura 26 - Livello culturale dei genitori degli intervistati
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
75
76
0%
Totale
0,2%
0,2%
0,2%
0,8%
1,2%
1,6%
2,7%
2,8%
3,2%
IN Mobilità
30%
Stranieri
40%
Il 35% degli intervistati
è studente. Se si
considera la sola
distribuzione degli
“Stranieri”: il 30% è
operaio, il 20%
casalinga e il 12%
disoccupato.
20%
NO Mobilità
10%
4,8%
7,2%
10,1%
11,5%
18,3%
35,4%
* risponde solo se “lavoratore” a d29
20%
14,8%
Meno di 6 mesi
Tra 3 e 5 anni
0%
7,3%
4,8%
5,3%
14,3%
14,3%
15,3%
19,6%
8,3%
8,8%
7,9%
8,2%
15,2%
19,5%
40%
60%
61,3%
Tra 6 mesi e 1 anno
Più di 5 anni
44,0%
48,0%
49,1%
Tra 1 e 3 anni
80%
d30. Da quanto tempo lavora? *
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
La metà del campione dei “lavoratori” lo fa da più di 5 anni.
La % sale al 61% se si considerano i soli lavoratori “IN
Mobilità”.
(Base: Totale=774; NO Mobilità=678; IN Mobilità=74; Stranieri=22°)
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
Agricoltore
Ricercatore
Medico
Artigiano
Dirigente/Imprenditore
Altra professione
Insegnante
Commerciante
Rappres/Lav Autonomo
Casalinga
Libero professionista
Operaio
Disoc. / Altra no prof
Impiegato
Studente
d29. Mi potrebbe indicare la Sua professione?
Figura 27 - Condizione lavorativa attuale e durata
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
0%
1,8%
1,0%
2,2%
80%
IN Mobilità
60%
100%
Stranieri °
35,3%
NO Mobilità
35,9%
25,0%
10,8%
28,4%
IN Mobilità
34,5%
25,6%
11,6%
28,4%
Stranieri
18,6%
50,7%
5,2%
25,5%
°
Molto
Abbastanza
Poco
Per nulla
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
Il 39% sostiene che il proprio titolo di studio non è coerente con
l’attività lavorativa che svolge. Non si rilevano significative differenze tra i tre gruppi analizzati. I residenti del Nord-Ovest sono più soddisfatti del restante campione (66% vs 59%).
Totale
61%
25,7%
10,7%
28,3%
d32. La sua attività è coerente con il tipo di titolo
di studio conseguito? *
(Base: Totale=774; NO Mobilità=678; IN Mobilità=74; Stranieri=22°)
40%
NO Mobilità
20%
La modalità più citata per trovare lavoro è quella dei contatti familiari/amicizia (51%; 96% per
gli “Stranieri”, 57% per il S-I,
69% per i giovani tra 18-22 anni). Il 4% dichiara di essere ricorso ad una intermediazione politica attraverso auto-candidatura e l’1% attraverso concorso.
50,5%
Totale
2,6%
2,7%
4,4%
4,7%
5,4%
6,1%
18,4%
* risponde solo se “lavoratore” a d29
Altro
Interm. pol. concorso
Attività propria
Interm. politica
generale
Concorso
Interm. pol. cvautocand.
Da solo (cv, autoc)
Centri per l'impiego
Agenzie di lavoro
interinale
Annunci
(internet/giornali)
Contatti familiari amicizia
d31. Come ha trovato lavoro? *
Figura 28 - Modalità di inserimento nel mondo lavorativo e coerenza con formazione
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
77
78
IN Mobilità
34,2%
43,2%
8,4%
14,2%
Stranieri°
22,1%
54,5%
14,3%
9,2%
Molto
Abbastanza
Poco
Per nulla
44,4%
Totale
74%
29,1%
12,3%
14,2%
NO Mobilità
44,0%
29,4%
12,0%
14,7%
IN Mobilità
50,2%
28,0%
12,8%
9,0%
Stranieri°
35,9%
23,3%
22,1%
18,6%
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
(Base: Totale=774; NO Mobilità=678; IN Mobilità=74; Stranieri=22°)
* risponde solo se “lavoratore” a d29
Sicuramente SI
Probabilmente SI
Probabilmente NO
Sicuramente NO
d34. Ripeterebbe il Suo percorso formativo? *
Per il 77% del campione il proprio lavoro rispecchia i desideri e le aspettative. La percentuale
sale all’84% se si considerano i giovani del Nord-Ovest. I lavoratori più giovani (tra i 18 e i
22 anni) sono, invece, meno soddisfatti del proprio lavoro rispetto ai più “anziani” (29%
risponde poco o per nulla). Il 74% degli intervistati ripeterebbe il percorso formativo
effettuato, la % scende al 59% per gli “Stranieri”. Considerando la distribuzione per titolo di
studio, non appaiono significative differenze.
NO Mobilità
30,7%
45,7%
45,7%
30,8%
14,6%
14,0%
Totale
77%
8,9%
9,4%
d33. Rispecchia i Suoi desideri / aspettative? *
Figura 29 - Valutazione proprie aspettative e formazione
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
40,6%
2,0%
3,1%
13,1%
20,9%
4,1%
Totale
0,4%
30%
Stranieri
40%
IN Mobilità
10%
Totale
3,0%
0,4%
0,5%
0,6%
IN Mobilità
30%
50%
Stranieri
40%
Il 41% delle mamme del
campione è casalinga. Il
31% delle mamme degli
“Stranieri” è operaio, agricoltore o artigiano.
NO Mobilità
20%
18,1%
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
NO Mobilità
1,2%
1,6%
3,1%
11,2%
9,5%
5,7%
3,7%
0,9%
0%
Non indica
Disoccupato
Artigiano
Medico
0,8%
0,2%
Rappres./Lav. Aut.
Agricoltore
Dirigente/Imprenditore
Commerciante
Libero professionista
Operaio
Insegnante
Pensionata
Impiegato
0,6%
20%
Circa un padre su 3 degli
intervistati è pensionato.
Artigiani e professioni simili per il 22% circa dei
padri degli “Stranieri”.
10,4%
10%
5,0%
6,1%
3,4%
0,7%
0%
Non indica
Disoccupato
Casalinga
Altra prof
Rappres./Lav. Aut.
Medico
Agricoltore
Artigiano
Insegnante
Commerciante
Dirigente/Imprenditore
Libero professionista
Operaio
Impiegato
Casalinga
Pensionato
29,0%
d36. Potrebbe indicarmi la professione di Sua
madre?
d35. Potrebbe indicarmi la professione di Suo
padre?
Figura 30 - Professione dei genitori degli intervistati
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
79
80
43%
8,8%
NO Mobilità
9,5%
Totale
IN Mobilità
14,5%
39,3%
34,8%
11,4%
Stranieri
19,6%
34,0%
24,0%
22,4%
Molto
Abbastanza
Poco
Per nulla
Il 43% degli intervistati è soddisfatto delle
opportunità di lavoro della provincia di residenza.
Si nota come i giovani “IN Mobilità” e gli
“Stranieri” sono più soddisfatti del resto del
campione (54%). L’86% dei residenti nel S-I si
dichiara insoddisfatto, contrariamente il 70% dei
residenti nel N-O è soddisfatto. Le casalinghe e i
disoccupati sono, come era facile prevedere,
molto meno soddisfatti (40% per nulla
soddisfatto) delle restanti categorie professionali.
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
32,6%
32,1%
26,4%
33,2%
32,1%
25,2%
d37. È soddisfatto delle opportunità di lavoro offerte
dalla Sua provincia di residenza?
Figura 31 - Valutazione provincia di residenza
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
0%
10%
20%
11,7%
30%
50%
60%
NO Mobilità (Base = 598)
Stranieri (Base = 20)°
40%
Le offerte di lavoro in termini
di tipologia e quantità sono
la principale motivazione di
soddisfazione. Gli stranieri
sono più soddisfatti dello
sviluppo dei diversi settori.
Totale (Base = 683)
IN Mobilità (Base = 65)
0,5%
0,4%
1,4%
3,2%
3,8%
6,8%
9,5%
10,5%
52,1%
** multipla risponde solo se “POCO” O “PER NULLA” a d37
* multipla risponde solo se “MOLTO” o “ABBASTANZA” a d37
Non sa, non indica
Altro
Criminalità
Controlli burocratici/fiscali
Tutela dei lavoratori
Contesto politico
Tipo di struttura del territorio
Settori sviluppati
Strutture di orientamento
Tipologie/quantità di offerta
d38a. Motivi di s oddis fazione *
Figura 32 - Pregi e difetti della provincia di residenza
Non sa, non indica
Altro
Criminalità
Controlli burocratici/fiscali
Tipo di struttura del territorio
Contesto politico
Strutture di orientamento
Tutela dei lavoratori
Settori sviluppati
Tipologie/quantità di offerta
NO Mobilità (Base = 844)
Stranieri (Base = 17)°
40% 50% 60% 70% 80%
Totale (Base = 917)
IN Mobilità (Base = 56)
10% 20% 30%
Così come per la soddisfazione, le offerte di lavoro in
termini di tipologia e quantità sono il principale motivo di
insoddisfazione; questo è anche il motivo più segnalato
dagli “Stranieri”.
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
0%
4,2%
1,4%
0,4%
2,8%
3,8%
4,3%
6,1%
7,4%
8,1%
61,4%
d38b. Motivi di ins oddis fazione **
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
81
82
Si
No
40%
60%
Non sa
80%
23,3%
33,3%
17,5%
18,8%
100%
5,7%
1,1%
1,6%
8,3%
10%
44,8%
20%
40%
50%
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
NO Mobilità (Base = 906)
Stranieri (Base = 18)°
30%
Il turismo è la potenzialità
inespressa più citata (45%;
59% nel caso di residenti nel
S-I). Per gli “Stranieri” è
l’industria la potenzialità
maggiormente inespressa.
12,8%
Totale (Base = 979)
IN Mobilità (Base = 55)
0,4%
7,3%
2,9%
3,2%
3,3%
3,7%
4,3%
0,5%
0%
Non indica
Altro
Sanità
Ricerca scientifica
Informatica
Infrastrutture
Servizi/Comm/Artig
Agricoltura
Formazione/Università
Culturale/artistico
Ambiente
Industria
Più occupazione
Turismo
d40. Quali? *
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
* risponde solo se si a d39
Per il 62% degli intervistati esistono
potenzialità inespresse nella propria
provincia di residenza. La % è del 78% per i
residenti nel S-I.
20%
49,9%
Stranieri
0%
47,8%
IN Mobilità
26,8%
18,5%
64,0%
NO Mobilità
18,9%
18,8%
62,4%
Totale
d39. Secondo Lei, esistono potenzialità del
territorio inespresse?
Figura 33 - Potenzialità della provincia di residenza
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
75%
IN Mobilità
25,7%
50,1%
14,5%
9,8%
Stranieri
45,5%
41,9%
12,6%
Per nulla
Molto
Abbastanza
Poco
I tre quarti del campione è soddisfatto dell’offerta
formativa della propria provincia di residenza. Le persone in mobilità, sia italiani che “Stranieri”, sono più
soddisfatte delle persone che risiedono nella propria
regione d’origine. Anche in questo caso, come per le
opportunità di lavoro, i giovani residenti nel S-I sono
meno soddisfatti del resto del campione (36% di insoddisfatti vs 25% a totale campione).
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
NO Mobilità
Totale
54,7%
54,0%
19,5%
18,0%
17,6%
20,6%
7,8%
7,7%
d41. È soddisfatto dell'offerta formativa
(scuola/università/corsi di formazione) della sua provincia
di residenza?
Figura 34 - Offerta formativa provincia di residenza
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
83
84
10%
20%
40%
50%
NO Mobilità (Base = 1.070)
Stranieri (Base = 32)
30%
Le strutture formative sono il motivo di soddisfazione più citato (40%).
Per gli “Stranieri”, invece,
il principale motivo è il
personale didattico.
Totale (Base = 1.194)
IN Mobilità (Base = 92)
0%
7,9%
4,5%
5,2%
6,9%
7,1%
10,3%
11,8%
14,2%
24,7%
39,4%
0%
10%
9,5%
6,8%
6,8%
6,9%
7,3%
20%
12,9%
13,2%
16,1%
36,0%
50%
60%
NO Mobilità (Base = 372)
Stranieri (Base = 5)°
40%
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
30%
Come per i motivi di soddisfazione, le strutture formative sono il motivo di
insoddisfazione più citato
(36%). Per gli “Stranieri”,
invece, il principale motivo è il personale didattico.
19,0%
Totale (Base = 406)
IN Mobilità (Base = 29)°
Non sa, non indica
Altro
Prestigio delle strutture presenti
Dimensione
Relazioni Form. - Lavoro
Strutture di orientamento
Offerta di lavoro
Burocrazia
Personale didattico
Strutture formative
d42b. Motivi di insoddisfazione **
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
** multipla, risponde solo se “POCO” O “PER NULLA” a d41
* multipla, risponde solo se “MOLTO” o “ABBASTANZA” a d41
Non sa
Altro
Relazioni Form. - Lavoro
Burocrazia
Dimensione
Prestigio delle strutture presenti
Offerta di lavoro
Strutture di orientamento
Personale didattico
Strutture formative
d42a. Motivi di soddisfazione *
Figura 35 - Valutazione dell’offerta formativa della provincia di residenza
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
71%
22,9%
NO Mobilità
23,8%
Totale
46,6%
20,3%
19,4%
46,9%
10,3%
9,9%
Stranieri
27,1%
37,2%
28,5%
7,3%
Sicuramente SI
Probabilmente SI
Probabilmente NO
Sicuramente NO
Il 71% degli intervistati percepisce che l’offerta
formativa della propria provincia di residenza
rispecchia la vocazione del territorio. Più sicuri di
questa affermazione sono i giovani “IN Mobilità”
(88%). Analogamente alle precedenti domande,
anche in questo caso appaiono significative differenze
tra i residenti nel meridione e i residenti nelle altre
zone d’Italia. Il 38% dei giovani del S-I forniscono
risposte negative (vs 29% totale campione).
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
IN Mobilità
34,0%
53,7%
5,7%
6,6%
d43. Rispetta la vocazione del territorio?
Figura 36 - Formazione e territorio
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
85
86
51%
15,0%
35,7%
40,9%
8,4%
NO Mobilità
14,3%
34,8%
42,2%
8,7%
Totale
Stranieri
16,3%
42,8%
26,8%
14,1%
Per nulla
Molto
Abbastanza
Poco
La metà degli intervistati si dichiara soddisfatta delle
strutture/servizi di orientamento, formazione e lavoro
presenti nella provincia di residenza. Anche in questo
caso, come per i precedenti argomenti in analisi, i
giovani “IN Mobilità”contribuiscono in maniera
positiva alla soddisfazione (68% si considera
soddisfatto). Si noti, infine, che solo il 29% dei
residenti nel meridione si dichiara soddisfatto di
questo particolare aspetto della propria provincia.
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
IN Mobilità
9,5%
58,2%
26,2%
6,0%
d44. È soddisfatto (in termini di informazione efficace)
delle strutture/servizi di orientamento, formazione e
lavoro presenti?
Figura 37 - Valutazione delle strutture/servizi presenti nella Provincia di residenza
CAPITOLO 1
Dettaglio dei
risultati
0%
10%
20%
18,9%
30%
40%
50%
60%
Per il totale campione la tipologia delle informazioni
fornite è il motivo di soddisfazione più ricorrente; per
gli “Stranieri” è la professionalità del personale.
Totale (Base = 815)
NO Mobilità (Base = 711)
IN Mobilità (Base = 82) Stranieri (Base = 22)°
1,0%
1,5%
4,3%
7,5%
14,0%
0%
20%
16,3%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
La tipologia delle informazioni fornite è anche il principale motivo di insoddisfazione.
Totale (Base = 785)
NO Mobilità (Base = 731)
IN Mobilità (Base = 39) Stranieri (Base = 15)°
10%
1,5%
5,9%
7,3%
8,6%
19,5%
20,8%
25,7%
26,8%
°Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa
Non sa
Altro
Tempi di attesa
Cortesia del
personale
Presenza/pubblicità
Professionalità del
personale
Burocrazia
Tempi di attesa
Tipologia di
risposte/informaz
d45b. Motivi di insoddisfazione **
(Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37)
** multipla, risponde solo se “POCO” O “PER NULLA” a d44
* multipla, risponde solo se “MOLTO” o “ABBASTANZA” a d44
Non sa
Altro
Tempi di attesa
Presenza/pubblicità
Burocrazia
Cortesia del
personale
20,9%
26,5%
Professionalità del
personale
Tempi di attesa
27,4%
Tipologia di
risposte/informazioni
d45a. Motivi di soddisfazione *
Figura 38 - Valutazione motivazionale delle strutture/servizi presenti nella provincia di residenza
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Dettaglio dei
risultati
87
CAPITOLO 1
1.3.6 Focus sui giovani in mobilità originari delle Regioni Obiettivo 1
Il presente paragrafo intende focalizzare l’attenzione sui giovani
provenienti dalle Regioni Obiettivo 1 che, dall’indagine CATI effettuata,
risultavano essere in mobilità. Nel dettaglio si presentano sotto forma
di tabella le informazioni estrapolate.
Figura 39 - Provenienza giovani italiani in mobilità e loro destinazione
Area geografica di origine
Totale
23,2%
17,0%
NO Mobilità
24,0%
18,1%
IN Mobilità
21,1%
17,1%
40,4%
18,1%
2,3%
39,8%
Area geografica di
destinazione
Totale
25,2%
17,9%
18,5%
38,4%
NO Mobilità
24,0%
18,1%
18,1%
39,8%
78,10%
9,9% 9,7%
Stranieri
100,0%
0%
20%
Nord-Ovest
88
59,3%
40%
Nord-Est
60%
Centro
80%
Sud e Isole
100%
Estero
IN Mobilità
37,2%
16,0%
Stranieri
35,4%
16,3% 10,6%
0%
20%
Nord-Ovest
40%
Nord-Est
24,9%
60%
Centro
21,9%
37,7%
80%
100%
Sud e Isole
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 40 - Ampiezza comune di provenienza dei giovani in mobilità provenienti
dalle Regioni Obiettivo 1
Ampiezza comune di
provenienza (abitanti/000)
47,20%
21,90%
IN MOBILITA'
25,30%
0%
20%
0-20
12,00%
40%
20-50
25,80%
60%
50-150
15,00%
80%
oltre 150
100%
non disponibile
Figura 41 - Destinazione dei giovani provenienti dalle Regioni Obiettivo 1
Flussi da una Regione Obiettivo 1
ad una Regione del Centro - Nord
Sardegna
5,6%
13,90%
Sicilia
5,6%
14,90%
15,20%
4,2%
Calabria
Basilicata
Puglia
2,70%
2,8%
Campania
0,00%
9,80%
8,3%
5,00%
Lombardia
Marche
Umbria
24,80%
10,00%
Lazio
Liguria
Molise
15,00%
20,00%
Piemonte
Toscana
Trentino
25,00%
30,00%
Emilia Romagna
Veneto
89
Focus sui giovani
in mobilità originari delle Regioni
Obiettivo 1
CAPITOLO 1
Focus sui giovani
in mobilità originari delle Regioni
Obiettivo 1
Figura 42 - Motivazione e durata dello spostamento dei giovani delle Regioni
Obiettivo 1
Ampiezza comune di
provenienza (abitanti/000)
47,20%
21,90%
IN MOBILITA'
0%
25,30%
20%
0-20
12,00%
40%
20-50
25,80%
60%
50-150
15,00%
80%
100%
oltre 150
non disponibile
Figura 43 - Professione, titolo di studio e classi di età dei giovani delle Regioni
Obiettivo 1 in mobilità
Professione
Studente
Impiegato
Operaio
Commerciante
Disoccupato
Altro
79,90%
Titolo di studio
Medie inferiori
Medie s uper ior i
L a u r ea
83,00%
Classi di età
0%
90
23-27 anni
18-23 anni
20%
40%
27-33 anni
60%
80%
100%
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
1.3.7 Sintesi delle caratteristiche della mobilità
L’indagine campionaria sulla mobilità geografica dei giovani ha avuto come finalità quella di descrivere il vissuto e l’atteggiamento dei
giovani italiani verso la mobilità in materia di istruzione, formazione e
lavoro fuori dai confini regionali e la loro percezione nei confronti della provincia di residenza in termini di opportunità formazione/lavoro.
I risultati di questa indagine, nel loro complesso, sono stati dettagliati in precedenza e dalla loro analisi e dopo aver effettuato inferenza dal
campione alla popolazione, per i valori più interessanti e significativi,
emerge che circa l’8% del campione intervistato è costituito da giovani
italiani in mobilità (960.849). Di questi, il 60% (576.509) sono originari del Sud – Isole e appartenenti a comuni medio – piccoli (con 50.000
abitanti), con un’età compresa tra i 23 e i 33 anni (83%), con una leggera prevalenza degli uomini sulle donne e stato civile libero (83%). Nel
complesso, i giovani delle Regioni del Mezzogiorno si spostano nel
Centro-Nord (79,4%, pari a 457.748) e le destinazioni preferite e che
maggiormente attirano, perchè caratterizzate da aspettative di migliori
condizioni di vita e presenza di opportunità di lavoro, sono la
Lombardia (26,5%), il Lazio (10,8%), il Piemonte (9,8%) e l’Emilia
(8,7%).
Il 48,3% di questi giovani si trova fuori dalla propria regione principalmente per necessità familiari, la seconda motivazione è per lavoro
(35,1%) mentre la terza è per studio (11%); si sono trasferiti da più di
cinque anni (77,5%) e alla base del trasferimento vi sono motivi familiari (51,1%), disponibilità di un maggior numero di posti di lavoro del
luogo di destinazione (12,6%) e assenza di corsi di studio di interesse
nella propria zona di appartenenza. Tutto questo rispecchia il quadro
della situazione in cui versano le Regioni dell’area Obiettivo 1, caratterizzate da mancanza di prospettive per il futuro, non buone condizioni
di vita e scarse condizioni economiche e sociali.
Il 97,1% delle persone in mobilità dal Sud-Isole è soddisfatto di
questa esperienza; inoltre, il 50,9% considera lo spostamento definitivo e il 56,6% non è disposto a tornare nella regione d’origine.
Dall’analisi del livello d’istruzione dei giovani meridionali in mobilità si evince che si tratta di capitale umano. Infatti circa l’80% è in possesso di diploma superiore; nello specifico: il 59,3% ha un diploma
superiore, il 15,5% è Studente Universitario/Laureando, il 7,7% è
Laureato, l’1,4% sta svolgendo un Dottorato di Ricerca e l’1,4% sta frequentando un Master. La Laurea è stata conseguita: per cultura o perché piace lo studio (24,1%); perché era importante per il lavoro di in91
CAPITOLO 1
Sintesi delle
caratteristiche
della mobilità
teresse (22,3%); perché era di interesse la facoltà frequentata
(21,5%). Dei giovani del Mezzogiorno che hanno conseguito o stanno
conseguendo una laurea al di fuori della propria regione di appartenenza (70,5%), il 45,9% ha frequentato l’Università in Emilia
Romagna, il 19,6% in Lombardia, il 15,5% in Piemonte e l’11,7% nel
Lazio: ciò è dovuto principalmente al prestigio dell’Università frequentata, ai motivi familiari e all’assenza di specifiche facoltà all’interno della propria regione.
La distribuzione del titolo di studio dei genitori dei giovani in mobilità dal Sud-Isole ha evidenziato che i padri hanno un diploma di scuola media superiore (45,1%), mentre le madri hanno un diploma di
scuola media inferiore (36,4%); la maggior parte dei padri è pensionato (32,3%), impiegato (19%) e operaio (14,5%), invece la maggior
parte delle madri è casalinga (48,4%).
Per quanto riguarda lo stato delle persone provenienti dal meridione, il 28,2% è studente, il 25,7% è impiegato che lavora da più di cinque anni (65,9%) e ha trovato lavoro attraverso la rete familiare e degli amici (57,2%); inoltre, tale lavoro è coerente con il titolo di studio
conseguito (35%) e rispecchia i desideri e le aspettative (29,9%) per
cui sicuramente si ripeterebbe il percorso formativo effettuato
(39,3%).
1.4 Le variabili Socio-Economiche dei flussi di mobilità costretta
Avendo analizzato il fenomeno della mobilità formativa ed averlo
approfondito le motivazioni dei giovani italiani che sono alla base delle scelte di mobilità con uno sguardo al mercato del lavoro, si intende
affrontare inoltre un approccio prevalentemente socio-economico con
un focus territoriale sulle macro variabili del processo di mobilità36,
cercando di individuare le determinanti e le relazioni tra mobilità nel
suo complesso e i processi di sviluppo.
A tal proposito è stata analizzata ogni singola componente ritenuta
valida nel possibile processo di relazione-incidenza con il flusso migratorio regionale.
36 Occupati, occupati per titolo di studio, tasso di occupazione per titolo di studio, disoccupati, disoccupati per titolo di studio, tasso di disoccupazione per titolo di studio, forza lavoro, reddito disponibile pro capite, spesa delle famiglie, prodotto interno lordo, tasso di irregolarità o di lavoro nero, unità di lavoro, peso dell’industria, popolazione in età 19-32 anni, indice di struttura della popolazione attiva, assunzioni previste, assunzioni previste per titolo di studio, indice di disoccupazione di lunga durata, tasso di natalità delle imprese, investimenti fissi lordi.
92
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Infine è stato elaborato un modello di lettura multivariata (Analisi
delle Componenti Principali), capace di individuare la relazione causaeffetto tra il fenomeno della mobilità geografica e le singole variabili
nei diversi contesti regionali.
1.4.1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti
Prima di costruire il modello di analisi multivariata al fine di interpretare la dinamica dei flussi di mobilità sono state prese in considerazione le singole variabili quali possibili determinanti.
Quale quantificazione del flusso di mobilità la variabile considerata dipendente nel modello elaborato è il “tasso migratorio interno”.
A lungo si è parlato della forte incidenza che il fenomeno dell’immigrazione straniera ha avuto negli ultimi anni in Italia, mentre scarsa è
stata l’attenzione prestata ai movimenti migratori interni. A fronte di
un flusso estero riguardante mezzo milione di nuovi residenti, infatti,
quello interno interessa quasi il triplo delle persone, cioè 1.385.046
di italiani37.
Dai dati si evince che il 67,4% del movimento migratorio è prodotto dagli spostamenti da altri Comuni, il 21,6% dall’estero e l’11% dalle correzioni dei dati censuari38. Per quanto riguarda il movimento interno, il Centro conta 248.131 nuovi ospiti mentre il Mezzogiorno
346.103, ma la meta più ambita sia dagli italiani che dagli stranieri è il
Nord, basti pensare che nel 2004 si sono spostate nel Settentrione
790.812 italiani a fronte di 26.469.091 residenti.
Tabella 23 - Nuovi iscritti all’anagrafe, per aree geografiche
Valori assoluti e percentuali - Anno 2004
Da altro Comune
dall’estero
Valore
%
Valore
%
assoluto
assoluto
Nord
790.812
66,8
265.456
22,4
Centro
248.131
64,4
104.419
27,1
Mezzogiorno
346.103
71,0
74.691
15,3
Italia
1.385.046
67,4
444.566
21,6
per altri motivi
Valore
%
assoluto
127.211
10,7
32.854
8,5
66.378
13,6
226.443
11,0
Totale
Valore
%
assoluto
1.183.479
100
385.404
100
487.172
100
2.056.055
100
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT.
37
38
Fonte: Istat, anno 2004.
Persone censite come aventi dimora abituale, ma che non hanno voluto o potuto (per
mancanza di requisiti) iscriversi nel registro anagrafico dei residenti del comune nel quale erano
state censite e iscrizioni di persone non censite, e quindi non entrate a far parte del computo della popolazione legale, ma effettivamente residenti.
93
Le variabili SocioEconomiche dei
flussi di mobilità
costretta
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Tra il 1993 e il 200239 risulta un incremento del 10% dei trasferimenti di residenza ed in particolare ammonta circa al 17% l’aumento di
quelli effettuati tra Regioni diverse. La percentuale maggiore di trasferimenti avviene all’interno della stessa regione che nel 2002, con
887.097 spostamenti su 1.223.558, rappresentava il 72,50% del totale.
Dai valori assunti dall’indice di spostamento40 calcolato dallo
Svimez su base 1993, si può notare come il più alto incremento della
mobilità interna si registri dal 1998 in poi, quando tale indice da 108 aumenta progressivamente fino a raggiungere, nel 2002, il valore di 110.
Tuttavia, il flusso migratorio riguardante sia gli spostamenti all’interno
della stessa regione che tra Regioni diverse ha raggiunto il suo apice
nel 2000, coinvolgendo 1 milione e 270 mila persone.
Tabella 24 - Trasferimenti di residenza per tipologia
Serie storica 1993-2002
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
Totali
Valore
Numero
assoluto
indice
1.115.101
100
1.109.749
100
1.109.960
100
1.095.628
98
1.153.455
103
1.199.883
108
1.218.731
109
1.271.878
114
1.133.006
102
1.223.558
110
Tra Regioni diverse
Valore
Numero
assoluto
indice
287.584
100
278.740
97
287.749
100
296.183
103
307.286
107
324.852
113
335.760
117
359.008
125
320.133
111
336.461
117
Nella stessa regione
Valore
Numero
assoluto
indice
825.517
100
831.009
100
822.211
99
799.445
97
846.169
102
875.031
106
882.971
107
912.870
110
812.873
98
887.097
107
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT.
Tra il 2002 ed il 2005 si è verificato un decremento del saldo migratorio sia nel Nord che nel Centro, mentre nel Mezzogiorno nello stesso
periodo si è registrato un aumento costante.
Se nel 2002, infatti, il saldo migratorio del Nord interessava 3,2 persone per mille abitanti, nel 2005 ne riguarda soltanto la metà. Nel Sud
d’Italia, invece, come probabile risposta alla crisi economica, nei tre
anni si va progressivamente ampliando la fetta di popolazione emigrante nelle altre Regioni, passando da un saldo del -2,0 per mille abitanti del 2002 ad un saldo del -3,1 per mille abitanti nel 2005.
39
40
Rapporto Svimez 2006.
L’indice di spostamento calcolato dallo Svimez è dato dal valore assoluto dei trasferimenti
di residenza dal 1993 al 2002 considerando come base di calcolo il valore al 1993.
94
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Tabella 25 - Tasso migratorio interno
Serie storica 2002-2005
Piemonte
Valle D’Aosta
Lombardia
Trentino - Alto Adige
Veneto
Friuli - Venezia Giulia
Liguria
Emilia - Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
NORD
CENTRO
OBIETTIVO 1
ITALIA
2002
1,6
6,0
2,5
2,7
3,4
4,5
1,8
6,6
3,2
4,5
4,4
0,2
2,0
1,0
-1,9
-2,6
-3,1
-4,0
-2,8
1,1
3,2
2,0
-2,3
1,1
Tasso migratorio interno
(valori per mille abitanti)
2003
2004
0,6
0,6
5,0
3,3
1,2
2,0
1,9
2,5
2,2
1,5
3,3
2,6
1,5
1,8
5,0
4,9
2,3
2,3
3,4
2,7
3,6
3,3
1,6
0,7
2,3
2,1
0,4
-0,5
-3,2
-3,9
-2,6
-2,1
-2,6
-3,1
-3,6
-4,8
-2,3
-2,3
0,7
0,8
2,0
2,2
-2,5
0,6
2,2
1,7
-2,8
0,4
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
2005
-0,1
4,9
1,3
1,8
1,2
1,8
1,3
4,3
1,7
2,9
2,3
0,9
2,5
-1,2
-4,4
-2,6
-3,3
-4,3
-1,9
0,6
1,6
1,5
-2,9
0,1
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT.
95
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Figura 44 - Tasso migratorio interno nelle province italiane
Anno 2005
96
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 45 - Tasso migratorio interno nelle Regioni italiane
Anno 2005
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Considerando i dati a livello regionale risulta che la Campania è la regione italiana che ha il flusso migratorio in uscita più alto ed in continuo
aumento: se, infatti, il saldo migratorio nel 2002 era di -1,90 per mille
abitanti, nel 2005 ammonta a -4,40 per mille abitanti.
97
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
All’interno del Mezzogiorno, accanto alla Campania, un’altra regione
in cui l’esodo dei residenti risulta imponente è la Calabria, il cui tasso migratorio si attesta negli anni su una media di -4,18 persone per mille
abitanti.
Situazione particolare è quella che vive il Molise, trasformatosi nel
corso di soli quattro anni da bacino d’arrivo ad area di fuga. Il suo saldo è, infatti, diminuito da +1 per mille abitanti nel 2002 a -1,2 per mille abitanti nel 2005.
Nel Mezzogiorno solo la Sardegna, nonostante un trend negativo
negli ultimi anni, presenta un saldo positivo.
Tra le Regioni delle aree Obiettivo 1 la regione Sicilia vede da circa
quattro anni il proprio saldo migratorio in evoluzione secondo un
trend positivo e costante negli anni, passando da un -2,80 per mille
abitanti del 2002 ad un -1,90 per mille abitanti del 2005.
Situazione del tutto opposta nella regione Basilicata che vede il
proprio trend negativo aumentare nel corso degli anni quasi in maniera costante.
Figura 46 - Saldo migratorio interno nelle Regioni Obiettivo 1
Serie storica 2002-2005
2
1
0
2002
2003
2004
2005
1
2
3
4
5
6
Campania
Puglia
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
98
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Cambiando il punto di analisi, si può affermare che le Regioni con
maggiore capacità attrattiva sono l’Umbria nel Centro, l’Emilia
Romagna nel Nord-Est41 e la Valle d’Aosta nel Nord-Ovest.
Tra le Regioni centro-settentrionali solo il Piemonte ha visto un ribasso notevole di tale saldo migratorio tanto da passare da un valore positivo (1,60 per mille abitanti nel 2002) ad un valore negativo (-0,10
per mille abitanti nel 2005).
Figura 47 - Tasso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1
Serie storica 2002-2005
2
1
0
2002
2003
2004
2005
-1
-2
-3
-4
-5
-6
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Di seguito si analizzano le singole variabili possibili determinanti
del flusso di mobilità.
Proseguendo l’analisi, per giungere alla formulazione di un possibile modello che possa spiegare l’evoluzione dei flussi migratori interni,
si è voluto indagare anche sul fenomeno dell’occupazione nelle diverse Regioni italiane per titolo di studio.
Dall’andamento del tasso di occupazione totale e relativo degli occupati a medio-alta scolarizzazione, aventi cioè almeno il diploma di
41 Entrambe hanno un trend negativo dal 2002 (Umbria 4,50 nel 2002, 2,40 nel 2005; Emilia
Romagna 6,60 nel 2002, 3,60 nel 2005).
99
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
scuola superiore, si evidenzia una forte disparità tra le Regioni meridionali e quelle centro-settentrionali.
Paragonando i dati regionali al valore medio nazionale, infatti, in
entrambi i gruppi indagati (occupati a medio-alta scolarizzazione e occupati totali) le Regioni Meridionali nella totalità dei casi si collocano
al di sotto della media nazionale.
Di contro, i valori delle Regioni centro-settentrionali sono nettamente superiori a quello medio nazionale ed in alcuni casi risultano
quasi il doppio di alcune Regioni meridionali (è il caso del Trentino e
dell’Emilia Romagna con valore 451 occupati totali ogni mille abitanti).
Ancora una volta è palese il divario tra Nord-Sud.
Tabella 26 - Occupati per titolo di studio, sesso e regione
Media 2005
Licenza
elementare
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Licenza
media
Diploma
2-3 anni
Diploma
4-5 anni
131.000
627.000
5.000
21.000
307.000 1.350.000
31.000
160.000
157.000
708.000
34.000
152.000
36.000
180.000
159.000
597.000
143.000
513.000
20.000
94.000
50.000
207.000
117.000
534.000
42.000
139.000
9.000
35.000
213.000
595.000
150.000
464.000
22.000
59.000
76.000
189.000
175.000
508.000
65.000
256.000
188.000
5.000
468.000
72.000
263.000
58.000
53.000
174.000
79.000
32.000
43.000
119.000
27.000
5.0000
62.000
51.000
11.000
17.000
28.000
15.000
651.000
18.000
1.458.000
122.000
672.000
186.000
244.000
671.000
548.000
147.000
240.000
906.000
204.000
41.000
593.000
407.000
76.000
229.000
548.000
191.000
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
100
Laurea
breve,
laurea,
dottorato
233.000
7.000
611.000
54.000
263.000
73.000
107.000
272.000
226.000
52.000
95.000
410.000
80.000
16.000
264.000
150.000
25.000
93.000
212.000
69.000
Totale
1.829.000
55.000
4.194.000
440.000
2.063.000
504.000
620.000
1.872.000
1.510.000
346.000
635.000
2.085.000
492.000
107.000
1.727.000
1.221.000
193.000
603.000
1.471.000
597.000
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Tabella 27 - Tasso di occupazione per titolo di studio e regione
Media 2005 (occupati ogni 1.000 abitanti)
Almeno il Diploma superiore
valore assoluto
Occupati
Piemonte
884.000
204
Valle d’Aosta
25.000
203
Lombardia
2.069.000
220
Trentino Alto Adige
176.000
181
Veneto
935.000
199
Friuli Venezia Giulia
259.000
215
Liguria
351.000
220
Emilia Romagna
943.000
227
Toscana
774.000
215
Umbria
199.000
232
Marche
335.000
221
Lazio
1.316.000
250
Abruzzo
284.000
219
Molise
57.000
177
Campania
857.000
148
Puglia
557.000
137
Basilicata
101.000
169
Calabria
322.000
160
Sicilia
760.000
152
Sardegna
260.000
158
ITALIA
11.463.000
196
valore assoluto
1.829.000
55.000
4.194.000
440.000
2.063.000
504.000
620.000
1.872.000
1.510.000
346.000
635.000
2.085.000
492.000
107.000
1.727.000
1.221.000
193.000
603.000
1.471.000
597.000
22.563.000
Totale
Occupati
422
448
446
451
439
418
389
451
420
403
418
396
37
332
298
300
324
300
293
362
386
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Ulteriori analisi sono state effettuate sui tassi di occupazione in serie
storica dal 1995 al 2005. Nel lungo periodo i dati confermano la profonda distanza tra Regioni meridionali e quelle Centro-Settentrionali, poiché si nota un aumento di tale tasso. Mentre nel Centro-Nord è costante
nel tempo, nel Mezzogiorno segue un trend altalenante. Se da una parte, infatti, nelle due Isole e in Basilicata c’è un trend positivo che già dal
1996 si conferma nel tempo, nelle altre Regioni meridionali si nota invece una involuzione dei tassi di occupazione con valori in discesa.
101
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
102
1996
56,5
61,8
58,7
62,7
58,3
56,6
53,9
63,9
57,2
56,0
58,2
50,4
56,1
48,7
42,1
42,6
43,8
40,7
39,6
45,8
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
1995
55,5
61,1
58,3
61,2
57,8
55,6
52,9
63,1
57,0
55,5
57,2
49,9
55,0
49,3
42,5
42,5
44,1
41,9
39,5
46,2
1997
56,1
62,6
58,8
62,7
59,1
56,8
54,5
64,5
57,3
56,2
57,3
50,8
55,4
49,1
42,2
41,9
44,6
40,6
40,0
46,7
1998
56,2
62,3
59,8
63,5
59,6
57,5
55,7
65,1
58,0
56,9
58,1
51,1
55,2
49,3
43,3
42,4
45,0
41,0
40,9
47,3
1999
57,9
62,6
60,9
64,2
60,4
58,3
56,7
66,6
59,3
59,2
59,8
51,8
54,6
49,6
43,1
43,2
45,7
40,5
41,0
48,1
2000
59,8
65,2
61,7
65,8
62,0
59,5
58,1
67,8
60,8
60,7
60,7
52,8
56,0
50,9
43,2
44,5
47,6
41,5
41,6
48,3
2001
60,7
66,3
63,0
65,9
62,8
61,2
60,2
68,5
62,1
61,8
61,4
53,9
58,3
52,2
44,0
45,4
47,1
42,8
43,0
50,2
2002
61,2
66,7
63,9
66,3
63,1
61,5
60,5
69,5
62,4
60,9
62,2
55,7
59,0
52,5
45,4
46,2
47,9
43,8
43,5
50,9
2003
63,0
67,5
65,2
67,1
64,8
63,1
60,4
69,5
63,7
60,9
64,0
57,0
58,1
51,8
45,7
45,4
49,6
45,2
43,4
51,2
2004
63,4
67,0
65,5
67,4
64,3
62,5
60,2
68,3
63,2
61,4
63,8
58,5
56,3
52,0
45,0
45,0
49,1
46,0
43,2
51,2
2005
64,0
66,3
65,5
67,1
64,6
63,1
61,0
68,4
63,7
61,6
63,5
58,4
57,2
51,1
44,1
44,4
49,2
44,5
44,0
51,4
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Tabella 28 - Tasso di occupazione per ripartizione regionale. Serie storica 1995-2005
CAPITOLO 1
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 48 - Tasso di occupazione nelle province italiane
Anno 2005
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
103
CAPITOLO 1
Figura 49 - Tasso di occupazione nelle Regioni italiane
Anno 2005
104
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Spostando l’attenzione sul fenomeno della disoccupazione italiana nel corso di 10 anni, dal 1995 al 2005, viene ribadita ancora una
volta la dicotomia interna al Paese.
Le Regioni Centro-Settentrionali presentano tassi di disoccupazione che il più delle volte sono la quarta parte di quelli delle Regioni
meridionali, che nonostante siano caratterizzate da una diminuzione
continua di tali tassi, continuano a presentare un divario con le
Regioni del Centro-Nord.
Ad esempio, confrontando l’Abruzzo, che rappresenta la regione
del Centro-Nord con il più alto tasso di disoccupazione (12,2 nel 1995
e 7,9 nel 2005), con la Basilicata, cioè la regione del Sud con il più basso tasso di disoccupazione (15,9 nel 1995 e 12,3 nel 2005), si può notare come il divario tra le due aree negli anni aumenti in modo notevole: nel 1995 la distanza tra le due è pari a 3,7, mentre nel 2005 è del 4,4.
Pertanto, la disoccupazione nel Mezzogiorno diminuisce in maniera
meno che proporzionale rispetto a quella delle Regioni CentroSettentrionali e, in tale prospettiva, potrebbe essere letto sia il mancato decollo economico, sia il consequenziale flusso migratorio verso il
Nord d’Italia.
Dall’andamento della serie storica dei tassi di disoccupazione si nota che dai picchi, registrati in tutte le Regioni nel biennio 1999-2000, si
passa ad un trend decrescente dell’indicatore considerato negli anni
successivi con livelli minimi dei tassi di disoccupazione mai toccati negli ultimi dieci anni.
La Calabria sembra essere l’unica regione che non vede mutare nel
tempo il proprio tasso di disoccupazione; se nel 1995, infatti, tale valore raggiunge il 14,7, nel 2005 è di 14,4.
Il primato della Sicilia e della Campania, invece, inteso come il valore del tasso di disoccupazione costantemente superiore al valore medio
di tutto il Mezzogiorno, viene conteso negli ultimi anni dalla Puglia e
dalla Calabria.
105
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
106
1996
10,6
9,9
5,7
4,3
6,0
10,9
11,9
4,4
7,2
10,4
6,1
12,4
11,7
11,7
20,2
16,4
15,8
16,7
23,1
14,5
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Ista
1995
10,6
10,9
5,8
4,7
6,1
11,5
12,0
4,9
7,6
10,1
6,7
12,3
12,2
11,9
20,2
15,7
15,9
14,7
22,6
14,7
1997
10,8
9,6
5,4
4,1
5,7
10,8
11,2
4,9
7,3
9,1
7,0
12,0
11,9
12,1
20,7
17,9
16,7
15,6
23,4
14,7
1998
10,7
9,7
5,1
3,5
5,5
9,8
11,1
4,5
7,0
9,1
6,0
12,0
12,0
12,8
19,9
19,5
16,1
19,1
24,1
15,2
1999
9,7
9,7
4,4
3,8
5,1
9,9
10,6
3,5
6,5
8,3
6,0
11,8
12,8
12,2
19,9
18,1
15,3
21,2
24,4
15,7
2000
8,6
8,6
3,9
2,8
4,3
8,6
8,9
3,0
5,4
7,1
5,0
11,2
10,7
10,0
20,0
16,3
14,5
19.3
24,0
15,6
2001
7,2
8,5
3,2
2,8
4,0
7,9
7,0
2,8
4,3
6,3
4,5
10,5
9,0
9,7
18,8
14,1
14,6
19,3
22,0
13,8
2002
7,4
7,9
3,3
2,9
3,9
7,7
7,0
2,2
4,1
7,3
5,0
8,5
9,4
8,8
17,5
13,4
13,5
18,0
20,6
13,5
2003
5,4
3,7
3,6
2,8
3,8
5,1
6,5
3,1
4,9
6,5
4,5
9,1
8,4
10,5
16,9
15,0
13,2
16,5
20,1
13,8
2004
5,3
3,0
4,0
2,9
4,2
3,9
5,8
3,7
5,2
5,7
5,3
7,9
7,9
11,3
15,6
15,5
12,8
14,3
17,2
13,9
2005
4,7
3,2
4,1
3,2
4,2
4,1
5,8
3,8
5,3
6,1
4,7
7,7
7,9
10,1
14,9
14,6
12,3
14,4
16,2
12,9
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Tabella 29 - Tasso di disoccupazione per ripartizione regionale. Serie storica 1995-2005
CAPITOLO 1
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 50 - Tasso di disoccupazione in serie storica 1995-2005 nelle Regioni
Obiettivo 1
30
25
20
15
10
5
0
1995
1996
1997
Campania
1998
Puglia
1999
Basilicata
2000
Calabria
2001
Sicilia
2002
Sardegna
2003
2004
2005
Media Mezzogiorno
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
107
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Figura 51 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni italiane
Anno 2005
108
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Per quanto riguarda i tassi di disoccupazione suddivisi per titolo di
studio si individuano dei valori che possono rappresentare una sicura
determinante dei flussi migratori.
Notevole è la differenza tra i valori riscontrati nelle isole e quelli
emersi nelle altre Regioni: in Sicilia e in Sardegna, infatti, il tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione è più elevato di quello a medioalta scolarizzazione, trend che risulta totalmente inverso rispetto a
quello del resto delle Regioni.
Probabilmente l’isolamento geografico porterebbe ad ipotizzare
quale sua conseguenza la contrazione alla propensione alla mobilità,
tale da giustificare i bassi tassi migratori. Tuttavia, dai dati della tabella
seguente, la giustificazione potrebbe essere imputata proprio al maggiore tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione.
Infatti, nelle altre Regioni dove accade il fenomeno opposto, la migrazione interna ha una certa rilevanza, fatto questo che potrebbe essere riconducibile ad uno spostamento di persone ad alta scolarizzazione.
Tabella 30 - Tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno per titolo di studio
Anno 2005
Totale
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
14,900
14,600
12,300
14,400
16,200
12,900
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
Almeno Diploma
Superiore
12,925
13,600
12,525
14,425
12,225
11,200
Bassa
scolarizzazione
12,330
11,570
8,930
10,770
14,500
12,570
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Accanto all’analisi dei livelli di occupazione e di disoccupazione, si è
ritenuto necessario proseguire lo studio sulle probabili determinanti
dei flussi migratori interni ponendo l’attenzione anche sull’andamento
della forza lavoro nelle Regioni dell’Obiettivo 1.
Per tale finalità è stata ricostruita la serie storica della forza lavoro
dal 1995 al primo trimestre 2006.
Dall’analisi di questo indicatore si nota che, se da un lato vi è stato
un aumento di tale valore dal 1995 (tranne per la regione Calabria 711
nel 1995 mentre 693 nel 1 trimestre 2006), il trend degli ultimi anni in
tutte le Regioni considerate subisce una contrazione che volge al negativo, in modo particolare nella regione Campania.
Per definizione42 le forze lavoro sono le persone occupate e quelle in
cerca di occupazione (disoccupati, persone in cerca di prima occupazio109
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
ne e altre persone in cerca di occupazione), per cui l’analisi di tale
componente non può non essere correlata a quelle effettuate su occupati e disoccupati.
Come già evidenziato in precedenza (§ 2.3.1.a e 2.3.1.b), ad un
trend in discesa del tasso di disoccupazione dal 1995, pur con la presenza in alcune Regioni di valori altalenanti, non corrisponde uno stesso
andamento del tasso di occupazione, divario questo che va ampliandosi soprattutto nell’ultimo triennio. Tale contrazione viene evidenziata anche da quanto emerge dall’analisi sulla forza lavoro.
Una possibile e plausibile spiegazione viene fornita dalla presenza
nelle Regioni considerate di flussi migratori. Questi spostamenti, infatti, a
parità di persone occupate, riducendo il numero delle persone in cerca di
occupazione comportano una diminuzione della forza lavoro e nello
stesso tempo del tasso di disoccupazione.
Graficamente si può notare come i valori della metà delle Regioni
dell’Obiettivo 1 (Calabria, Sardegna, Basilicata) siano collocati al di
sotto della media, ma soprattutto come, per tutte le Regioni, i trends
siano costanti negli anni. Numericamente, infatti, le variazioni risultano del tutto irrilevanti e non trovano affatto corrispondenza nella forte
riduzione, avvenuta negli ultimi anni, del tasso di disoccupazione rispetto ad una relativa stabilità dei tassi di occupazione.
42
110
Glossario Istat.
1995
1.987
1.379
213
711
1.645
611
1.091
1996
1.979
1.400
210
707
1.661
610
1.094
1997
2.007
1.402
215
699
1.696
625
1.107
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
1998
2.047
1.451
215
731
1.751
641
1.139
1999
2.031
1.449
216
738
1.756
651
1.140
2000
2.044
1.462
221
731
1.776
649
1.147
2001
2.055
1.449
217
751
1.777
660
1.151
2002
2.085
1.464
218
758
1.761
666
1.159
2003
2.073
1.446
218
754
1.760
660
1.152
Tabella 31 - Forze di lavoro in serie storica 1995-2005 e I° trimestre 2006 Regioni Obiettivo 1 (dati in migliaia)
2004
2.087
1.461
222
723
1.739
689
1.153
2005
2.029
1.431
220
705
1.756
686
1.138
I° trimestre 2006
2.025
1.464
220
693
1.748
675
1.137
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
111
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Figura 52 - Forza Lavoro in serie storica 1995-2006 nelle Regioni Obiettivo 1
2.500
2.000
1.500
1.000
500
0
1995
1996
1997
Campania
1998
Puglia
1999
Basilicata
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
112
2000
2001
Calabria
2002
Sicilia
2003
Sardegna
2004
2005
Obiettivo 1
I° trimestre
2006
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 53 - Forze di lavoro nelle province italiane
Anno 2005
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
113
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Figura 54 - Forze di lavoro nelle Regioni italiane
Anno 2005
114
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
1.4.1d Il reddito disponibile pro-capite
E’ stato approfondito un ulteriore indice come possibile variabile esplicativa dei flussi migratori: il reddito disponibile pro-capite.
Dall’analisi della serie storica (1995-2004) di tale indice secondo ripartizione regionale è emersa una notevole differenza tra i valori del Sud
e del Nord d’Italia poiché, nella maggior parte dei casi analizzati, i primi sono risultati la metà dei secondi. In tutte le Regioni si è registrato un
aumento più o meno costante nell’arco temporale considerato, ma con
notevoli differenze in termini numerici tra Regioni del Sud e quelle del
Centro-Nord. Se dopo dieci anni, infatti, nelle ripartizioni del Centro-Nord
l’incremento è stato di circa 6.000 euro con picchi di oltre 7.000 euro (variazione 1995 – 2004 del Trentino Alto Adige pari a +7.792), nelle
Regioni del Mezzogiorno, i cui valori di partenza erano già molto più bassi, l’aumento è stato di circa 5.000 euro (variazione massima 1995 – 2004
pari a + 5.314 in Basilicata). La regione nel 2004 con reddito pro-capite più elevato è stata il Trentino Alto Adige (26.954 euro nel 2004) che,
grazie ad una forte crescita economica, ha superato negli anni la Valle
d’Aosta (25.407 euro nel 2004). Dall’altro lato, il valore più basso nel 1995
(8.399 euro) è stato quello della regione Calabria che permane nell’ultima posizione anche nel 2004 (13.343 euro).
115
116
1996
17.108
20.682
16.276
18.336
20.768
18.047
17.642
19.283
15.527
16.189
14.645
14.447
13.142
11.995
9.886
9.994
10.613
8.908
9.921
11.104
1997
17.612
20.734
16.893
18.970
21.002
18.750
18.096
19.709
16.157
16.797
15.227
14.908
13.458
12.966
10.398
10.200
11.129
9.417
10.452
11.729
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istituto Tagliacarne.
1995
16.181
19.700
15.154
17.166
19.162
16.872
16.642
17.966
14.398
15.152
13.986
13.673
12.410
11.026
9.339
9.326
9.682
8.399
9.261
10.415
1998
18.297
21.285
17.681
19.517
22.220
19.289
18.629
20.448
16.437
17.526
15.660
15.760
13.739
13.133
10.787
10.712
11.761
9.774
10.785
12.150
1999
18.818
21.495
18.145
19.530
22.420
19.727
19.391
20.873
17.228
18.163
16.499
15.811
14.133
13.320
11.170
11.228
12.636
10.333
11.037
12.823
2000
19.876
22.070
19.222
20.445
24.015
20.797
20.441
22.058
18.019
19.012
17.199
16.301
15.137
14.209
11.773
11.720
12.900
10.916
11.638
13.261
2001
20.950
23.840
20.674
21.505
24.861
21.467
21.547
23.060
18.966
20.017
18.072
17.414
16.174
15.166
12.540
12.377
13.328
11.702
12.402
14.241
2002
21.464
24.419
21.562
22.453
25.969
21.916
22.522
23.994
19.396
20.549
18.630
18.570
16.724
15.774
13.480
13.096
13.862
12.373
13.012
14.743
2003
22.026
25.015
22.355
23.002
26.404
22.349
23.052
24.436
19.868
20.909
19.045
19.313
17.004
16.672
13.895
13.483
14.436
12.900
13.761
15.410
2004
22.992
25.407
22.900
23.800
26.954
22.848
23.598
24.667
20.366
21.636
19.695
20.248
16.974
17.046
14.382
13.810
14.996
13.343
14.042
5.724
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Piemonte
Valle d’Aosta
Liguria
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Marche
Toscana
Umbria
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Tabella 32 - Reddito pro capite per ripartizione regionale
Serie storica 1995-2004
CAPITOLO 1
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Le differenze tra le aree Obiettivo 1 e le altre aree della penisola italiana risultano ancora più evidenti considerando una ripartizione geografica non più di tipo regionale, ma per grandi aree. Dall’elaborazione
grafica dei dati si nota, inoltre, che anche il Centro ha valori medi al di
sotto al dato nazionale. A condizionare tale valore, però, è la presenza
del valore relativo alla regione Molise, in quanto regione non facente
parte dell’area dell’Obiettivo 1.
Tabella 33 - Reddito pro capite ripartizione per grandi Aree
Serie storica 1995-2004
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Obiettivo 1
ITALIA
1995
17.050
17.660
13.441
9.404
14.389
1996
18.100
18.935
14.324
10.071
15.357
1997
18.552
19.389
14.919
10.554
15.853
1998
19.195
20.146
15.376
10.995
16.428
1999
19.497
20.603
15.859
11.538
16.874
2000
20.403
21.828
16.646
12.035
17.728
2001
21.742
22.734
17.635
12.765
18.719
2002
22.474
23.600
18.274
13.428
19.444
2003
23.099
24.060
18.802
13.981
19.985
2004
23.775
24.517
19.327
14.383
20.500
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istituto Tagliacarne.
Figura 55 - Reddito pro capite ripartizione grandi aree
Serie storica 1995-2004
30.000
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
1995
1996
1997
1998
Nord - Ovest
1999
Nord - Est
2000
Centro
2001
Obiettivo 1
2002
2003
2004
ITALIA
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
Focalizzando l’attenzione sulle Regioni meridionali, i valori più elevati rispetto alla media sono solo quelli relativi alla regione Sardegna ed
alla Basilicata, mentre i valori più bassi in assoluto si riscontrano in
Calabria.
117
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
118
1996
9.886,0
9.994,0
10.613,0
8.908,0
9.921,1
11.104,0
10.071,0
1997
10.398,0
10.199,8
11.129,0
9.416,6
10.451,7
11.729,2
10.554,0
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istituto Tagliacarne
1995
9.338,6
9.326,0
9.682,0
8.398,6
9.262,0
10.415,2
9.403,7
1998
10.787,2
10.712,0
11.760,5
9.774,2
10.784,7
12.150,2
10.994,8
1999
11.170,2
11.227,6
12.635,5
10.333,4
11.037,2
12.822,5
11.537,7
2000
11.773,4
11.719,8
12.899,5
10.915,6
11.637,
13.260,7
12.034,4
2001
12.540,2
12.377,0
13.328,0
11.701,6
12.401,7
14.241,2
12.764,9
2002
13.479,6
13.096,2
13.861,5
12.372,8
13.011,5
14.743,0
13.427,4
2003
13.894,6
13.483,4
14.435,5
12.900,4
13.760,5
15.409,5
13.980,6
2004
14.381,6
13.810,0
14.996,0
13.342,8
14.042,4
15.724,2
14.382,8
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
Tabella 34 - Reddito pro capite ripartizione Regioni Obiettivo 1
Serie storica 1995-2004
CAPITOLO 1
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 56 - Reddito pro capite in serie storica 1995-2004 nelle Regioni Obiettivo 1
18.000,00
16.000,00
14.000,00
12.000,00
10.000,00
8.000,00
6.000,00
4.000,00
2.000,00
0,00
1995
1996
Campania
1997
Puglia
1998
1999
Basilicata
2000
Calabria
2001
Sicilia
2002
Sardegna
2003
2004
Obiettivo 1
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
Per lo studio statistico di un modello in grado di spiegare il fenomeno dei flussi migratori interni, dalle Regioni meridionali verso quelle
centro – settentrionali, sono state considerate, oltre alle precedenti,
altre variabili determinanti del fenomeno e ad esso correlate.
Tra quelle rilevanti anche dal punto di vista della possibile correlazione con i flussi migratori, bisogna menzionare il Peso dell’Industria, la
Spesa delle Famiglie, il Prodotto Interno Lordo, le Unità di Lavoro e il
Tasso di Lavoro Nero.
Il primo indicatore sintetizzato è la Spesa delle Famiglie (indicatore
di povertà/ricchezza) che rivela le spese sostenute dalle famiglie residenti per acquistare beni e servizi.
In tale definizione rientrano:
• gli autoconsumi;
• i beni e servizi forniti dal datore di lavoro ai dipendenti a titolo di salario o per prestazioni di servizio;
• i fitti stimati delle abitazioni occupate dai proprietari o godute a titolo gratuito;
• ogni altra spesa effettuata dalla famiglia per scopo diverso dal
consumo esclusa dalla rilevazione.
L’indagine sulla Spesa delle Famiglie rileva l’ammontare complessivo della spesa al momento dell’acquisto del bene o servizio, a prescin-
119
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Tabella 35 - Variabili statistiche correlate ai flussi Migratori delle Regioni Obiettivo 1
Anno 2004 - Composizioni percentuali su base nazionale
Spesa delle
Famiglie (a)
Piemonte
8,1
Valle d’Aosta
0,3
Lombardia
17,8
Trentino Alto Adige
2,1
Veneto
8,9
Friuli Venezia Giulia
2,2
Liguria
3,2
Emilia Romagna
8,5
Toscana
6,9
Umbria
1,4
Marche
2,6
Lazio
9,8
Abruzzo
1,9
Molise
0,5
Campania
7,30
Puglia
5,50
Basilicata
0,80
Calabria
2,70
Sicilia
6,90
Sardegna
2,40
100
NORD OVEST
NORD EST
NORD
CENTRO
MEZZOGIORNO
Prodotto Interno
Lordo (a)
8,4
0,3
20,2
2,2
9,1
2,4
3,0
8,7
6,7
1,4
2,6
10,4
1,9
0,4
6,50
4,60
0,70
2,30
6,00
2,20
100
Unità di
Lavoro (a)
8,1
0,2
28,5
2,1
9,1
2,2
3,8
8,4
6,8
1,5
2,8
10,0
2,0
0,5
7,40
5,50
0,80
2,70
6,30
2,40
100
Tasso
di irregolarità*
9,2
14,7
7,3
10,9
8,7
12,8
11,5
8,6
9,8
12,8
10,7
14,4
12,6
19,2
23,2
20,9
20,8
31,0
26,0
18,3
13,4
8,3
9,3
51,3
20,7
28,1
54,1
21,1
24,7
51,3
21,1
27,5
12,3
22,8
valori calcolati dagli aggregati a prezzi correnti. * anno 2003
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
dere dal momento dell’effettivo consumo o utilizzo e dalle modalità di
pagamento (per acquisti a rate o con carta di credito).
Dalla tabella si evince che tale valore risulta essere più elevato al
Nord rispetto ad altre aree della penisola, a causa di un elevato grado
di incertezza sulle prospettive di evoluzione del reddito.
Altra variabile considerata è il Prodotto Interno Lordo che rappresenta il rapporto tra il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti da una
Regione in un determinato periodo di tempo e i fattori produttivi impiegati all’interno della Regione stessa. Anche questo dato mette in evidenza il netto divario che esiste tra Nord e Sud e che risulta essere indicativo
di una forte incidenza del mancato sviluppo economico nazionale delle
Regioni meridionali del paese rispetto a quelle settentrionali.
Infine, il dato delle Unità di Lavoro quantifica, invece, in modo
omogeneo, il volume di lavoro svolto da coloro che partecipano al
120
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
processo produttivo realizzato sul territorio economico di una Regione
a prescindere dalla loro residenza, ovvero di occupati interni. Esso rappresenta la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a
tempo pieno oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o ancora da lavoratori che svolgono un doppio lavoro. Questo concetto non è più legato alla singola persona fisica,
ma risulta ragguagliato ad un numero di ore annue corrispondenti ad
un’occupazione esercitata a tempo pieno, numero che può diversificarsi in funzione della differente attività lavorativa. Le unità di lavoro
sono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi rientranti nelle stime del
Prodotto Interno Lordo in un determinato periodo di riferimento. Tale indicatore evidenzia, come del resto accadeva per le altre due variabili
analizzate precedentemente, come oltre il 50 % di unità lavorative si
trovino al Nord.
Per quanto riguarda i tassi di irregolarità, calcolati come rapporto
percentuale tra le unità di lavoro non regolari per regione e/o ripartizione e le unità di lavoro totali, è evidente come nel complesso economico del paese sono le Regioni dell’Italia meridionale ad avere i valori più
elevati. Le differenze sembrano interpretabili alla luce della marginalità
economica e dell’arretratezza del sistema produttivo che caratterizza
quei contesti in cui il fenomeno in esame risulta essere maggiormente
incisivo. L’enorme divario del valore di questo indice tra le Regioni del
Mezzogiorno e le altre aree della penisola, non fa altro che confermare
che gli sforzi ad indirizzo politico – programmatici devono essere indirizzati verso la lotta al sommerso che riveste un ruolo fondamentale per
lo sviluppo dell’intero sistema economico di un territorio.
Ultima variabile sintetizzata a livello regionale è quella riguardante il
Peso dell’Industria che rappresenta la percentuale della ricchezza prodotta dal settore industriale rispetto alla ricchezza dell’intero indotto
economico locale. In questo caso si nota come la Basilicata sia l’unica
regione del Mezzogiorno che registri una certa rilevanza in termini di
ricchezza prodotta dal settore industriale grazie alla presenza di distretti industriali.
121
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattori
socio-economici
determinanti
Tabella 36 - Peso dell’Industria nelle Regioni Obiettivo 1
Anno 2003 - Valori percentuali
Peso dell’Industria
19,80
22,30
27,20
16,90
16,90
19,90
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Fonte: Istat
Popolazione di riferimento dello studio della mobilità
Nello studio del fenomeno della mobilità geografica il target di riferimento è la popolazione avente età compresa nell’intervallo 18 – 33 anni, di conseguenza è utile analizzarne la dinamica soprattutto nelle
Regioni delle aree Obiettivo 1, su cui l’indagine è focalizzata. Nella fattispecie nelle Regioni Obiettivo 1 si segnala lungo la dimensione temporale 2002 – 2005 un maggior decremento della popolazione in esame nelle Regioni della Sardegna (-4,76%) e della Basilicata (-4,62%).
Tabella 37 - Popolazione di età 18 - 33 anni
Serie storica 2002-2005
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
ITALIA
Fonte: Istat
122
2002
2003
2004
2005
848.183
24.950
1.950.889
204.109
986.604
238.309
279.630
803.509
701.052
167.184
306.469
1.120.165
272.966
69.308
1.389.290
966.380
137.209
473.524
1.146.036
392.204
12.477.970
823.044
24.541
1.899.674
200.468
965.231
232.047
269.386
785.865
683.166
165.054
302.756
1.091.362
270.518
68.645
1.377.343
951.531
135.039
468.199
1.130.692
386.568
12.231.129
811.687
24.038
1.880.310
197.840
955.448
226.768
261.693
775.565
679.562
165.756
302.603
1.086.764
270.141
68.019
1.369.952
941.270
133.335
465.541
1.126.306
380.545
12.123.143
803.244
23.490
1.869.561
196.135
944.580
221.110
257.869
778.367
672.245
165.319
299.794
1.079.995
269.007
67.101
1.356.598
931.738
130.868
458.085
1.111.962
373.541
12.010.609
Variazione %
popolazione
2002-2005
-5,30
-5,85
-4,17
-3,91
-4,26
-7,22
-7,78
-3,13
-4,11
-1,12
-2,18
-3,59
-1,45
-3,18
-2,35
-3,58
-4,62
-3,26
-2,97
-4,76
-3,75
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
1.4.2 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche
determinanti il flusso migratorio
Correlazione lineare di Pearson
L’indicazione di una serie di determinanti dei flussi di mobilità ha
posto il problema di valutare l’eventuale correlazione43 di queste con
il fenomeno migratorio al fine di confermare o meno l’esistenza di
una relazione.
Dalle analisi statistiche44 effettuate risulta che i tassi di migrazione
delle Regioni Obiettivo 1 sono correlati alle variabili considerate nei
paragrafi precedenti.
La correlazione risulta positiva45, per le seguenti variabili:
• Indice di struttura della popolazione attiva;
• Tasso di occupazione;
• Reddito disponibile pro-capite;
é invece negativa46, per:
• Il tasso di disoccupazione a medio-alta scolarizzazione;
• Il tasso di lavoro nero.
Risulta poco significativa la correlazione tra tasso migratorio e le altre variabili quali:
• Occupati a bassa scolarizzazione;
• Occupati a medio-alta scolarizzazione;
• Forza lavoro;
• Spesa delle famiglie;
• Assunzioni previste laureati;
• Assunzioni previste;
• Tasso di disoccupazione;
• Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione;
• Indice popolazione di età 19 – 32 anni;
• Peso Industria.
43 La correlazione fra due variabili non implica una relazione causa – effetto ma semplicemente la tendenza di una variabile a variare in funzione di un’altra.
44 Elaborazione con software statistico SPSS (Statistical Package for the Social Sciences)
14.0, coefficiente di correlazione di Pearson.
45 La correlazione si dice diretta o positiva quando variando una variabile in un senso anche
l’altra varia nello stesso senso (alle stature alte dei padri corrispondono stature alte dei figli);.
46 La correlazione si dice indiretta o inversa quando variando una variabile in un senso l’altra
varia in senso inverso (a una maggiore produzione di grano corrisponde un prezzo minore).
123
CAPITOLO 1
Analisi multidimensionale delle
variabili socio –
economiche determinanti il flusso migratorio
Di fatto queste variabili sono state escluse dalle considerazioni utili
a spiegare le determinanti dei flussi di mobilità costretta.
Le analisi mettono a confronto il tasso migratorio generico interno
delle Regioni italiane del 2005, calcolato dall’Istat per ogni 1.000 abitanti. Tale valore è calcolato sul dato ufficiale degli iscritti e cancellati rapportato alla popolazione residente nell’arco di tempo considerato, di
conseguenza si tratta di un dato ufficiale che però non valuta la mancata registrazione di tutti coloro che emigrando decidono di non cambiare la propria residenza.
Un esempio che conferma quanto appena asserito è dato dal fatto
che solo il 40%47 circa della popolazione emigrante della provincia di
Benevento decide di cambiare il proprio medico curante una volta spostatosi. Ciò comporta che la maggior parte delle persone che si spostano
da Benevento non vengono rintracciate per mancanza di dati ufficiali.
Per quanto riguarda le variabili correlate positivamente ai flussi migratori non si notano delle criticità dal momento in cui le dipendenze
analizzate sono sempre di facile interpretazione. Risulta, infatti, intuitivo che a flussi migratori crescenti da una data regione corrispondano alti valori del tasso di occupazione e del reddito disponibile pro-capite.
Stesse considerazioni per le variabili correlate in maniera negativa
ai flussi migratori.
Infatti, la fuoriuscita di persone facendo diminuire la forza lavoro
presente in una regione porta come conseguenza la diminuzione sia
dei tassi di disoccupazione che del tasso di lavoro nero.
In modo particolare si nota la diminuzione dei tassi di disoccupazione
a medio alta scolarizzazione, dovuta presumibilmente più al flusso migratorio, per lo più costituito da diplomati e laureati che da un aumento
degli occupati a medio alta scolarizzazione. Dato questo ultimo confermato dall’indagine CATI analizzata nei paragrafi precedenti. Infatti, questi
giovani, una volta formatisi in aree diverse da quelle di residenza, decidono di restarvi per la facilità di inserimento nel mondo lavorativo.
Per tali motivazioni, sempre più spesso nelle Regioni meridionali si
nota la mancanza di alcune figure professionali, soprattutto ad alta scolarizzazione, che risultano essere importanti per la crescita di tali aree.
Una medaglia a due facce: dove da un lato, le figure professionali
già presenti di cui il mercato lavorativo è saturo e, dall’altro, altre professionalità che per la loro mancanza vengono richieste al Centro-Nord.
47
124
Ufficio Mobilità dell’Ufficio CED (Centro Elaborazione Dati) dell’ASL BN.
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Analisi delle componenti principali
L’analisi in componenti principali48 è una delle tecniche maggiormente utilizzate nel trattamento multidimensionale dei dati. Essa consente di realizzare un’economia descrittiva riducendo il numero di variabili necessarie per descrivere il fenomeno in esame e di ricercare le
dimensioni fondamentali, i fattori, che determinano lo stesso.
È stata applicata ad una matrice con in riga le Regioni dell’area
Obiettivo 1 e in colonna le determinanti del flusso migratorio viste in
precedenza. Lo studio si è, quindi, concentrato sull’influenza di tali variabili sul territorio in esame.
Innanzitutto si procede con l’osservazione della matrice di correlazione, cercando di identificare le variabili tra loro maggiormente correlate:
dall’analisi risulta che la maggior parte delle variabili sono correlate tra
loro e tale interdipendenza è statisticamente significativa.
Tuttavia alcuni coefficienti superando lo 0,90 come valore, ci indicano che potrebbero esserci problemi di multicollinearità (correlazioni
spurie o nascoste)49. Verificata l’esistenza di correlazione fra le variabili
considerate, si procede con l’esame della tabella delle comunalità, ovvero della quantità di varianza di ciascuna variabile spiegata dai fattori
comuni: essa evidenzia che gran parte della variabilità di tutte le variabili è ben espressa dai fattori comuni.
48 L’analisi in componenti principali può essere utilizzata quando si dispone di dati quantitativi
organizzati in una matrice n x p, ovvero casi (n) per variabili (p). I casi sono collocati sulle righe della matrice dei dati, mentre le variabili si trovano sulle colonne. E’ un metodo che consente di rappresentare la nuvola dei punti-unità, Nu (che è situato in uno spazio a k dimensioni, Rk, che non siamo
in grado di vedere ) in un sottospazio Rp (con p<k) in modo che la deformazione che la nuvola Nu
subisce, come conseguenza della proiezione in Rp, sia la minima possibile. Si vuole cioè che la deformazione della struttura originaria della matrice di partenza per effetto della proiezione in Rp produca la “minima perdita di informazione” (dove l’informazione è fornita dalla variabilità totale). Il
metodo, dunque, fa passare le variabili da k a p. Queste p “nuove” variabili sono dette “componenti principali”. Il primo passo da effettuare prima di impostare la procedura per l’applicazione della tecnica di ACP consiste nella standardizzazione delle variabili che si intende sottoporre ad analisi. La
logica che sottende a questa scelta è quella di creare una matrice Xn,p dei dati centrata, ovvero tale
che i dati siano espressi in valori-scarto dalla media. Spiega Bolasco “…dal momento che i dati sono centrati, l’origine dello spazio di rappresentazione degli individui sarà data dal baricentro della
nuvola dei punti. La distanza di ogni punto dall’origine, pari alla lunghezza o norma del vettore, misura uno scostamento dalla media. Perciò le rappresentazioni vettoriali sono delle misurazioni di
differenze dal valor medio, che producono delle valutazioni relative sull’insieme dei punti. Per misurare la dispersione totale della nuvola dei punti, si definisce la quantità di inerzia dei punti pari alla
somma ponderata delle M-norme dei vettori unitari”.
49 Si ha una correlazione spuria quando due variabili risultano correlate pur non essendolo in
realtà. Infatti si può verificare che la correlazione tra due variabili appaia elevata se la prima è correlata positivamente con una terza variabile, a sua volta correlata positivamente alla seconda. Si ha
invece una correlazione nascosta quando due variabili non appaiono correlate pur essendolo in
realtà. Infatti si può verificare che la prima variabile sia correlata negativamente con una terza variabile che, a sua volta, è correlata positivamente con la seconda. Ricordiamo, tuttavia, che l’ACP
lavora anche in presenza di collinearità.
125
Analisi multidimensionale delle
variabili socio –
economiche determinanti il flusso migratorio
CAPITOLO 1
Analisi multidimensionale delle
variabili socio –
economiche determinanti il flusso migratorio
Passando all’esame della tabella “varianza totale spiegata”, dalla
quale si desume la quota di variabilità spiegata da ogni componente principale che permette di scegliere il numero di componenti su cui basare l’analisi, si osserva che i primi quattro fattori spiegano quasi il 98% dell’informazione totale. Anche lo screeplot conferma quanto sopra50.
Lo studio della matrice delle componenti consente di osservare il contributo di ciascuna variabile sul singolo fattore51, o meglio la correlazione tra
ciascuna variabile ed ognuno dei fattori estratti, permettendoci di individuare le variabili che sono meglio rappresentate su ciascun fattore.
Il primo fattore considerato è caratterizzato da variabili che interpretano una dimensione di sviluppo occupazionale: si rintracciano variabili legate al tasso di occupazione e alle assunzioni previste da una
parte e a valori crescenti nel tasso di disoccupazione, negli occupati
laureati e diplomati, nella spesa delle famiglie, nella forza lavoro e negli investimenti fissi lordi dall’altra. Per tale motivo è possibile definire
questo fattore come “Condizione Economico-Sociale.
La seconda componente individuata, invece, è caratterizzata da variabili riconducibili ad una dimensione legata al flusso migratorio: si
evidenziano variabili relative al tasso di disoccupazione a medio alta
scolarizzazione, al tasso di lavoro nero, al reddito disponibile pro-capite regionale e al tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione. Da
ciò la motivazione a definire questa seconda componente come
“Flusso Migratorio in funzione delle proprie determinanti”.
Lo stesso dicasi per la terza componente e quarta componente legate anch’esse al flusso migratorio attraverso le variabili tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione, indice popolazione 19-32 anni e peso
dell’industria. La matrice delle componenti ruotata non migliora le
possibilità di analisi.
La figura che segue mostra il cosiddetto cerchio delle correlazioni nel
quale vengono proiettate le variabili considerate sui fattori scelti e permette di analizzare la struttura dei punti unità sugli assi selezionati. Il piano fattoriale considerato è quello formato dal secondo e primo fattore
50 Ci sono tre criteri cui è possibile ricorrere per individuare i fattori da tenere nelle fasi successive di analisi:
1) autovalore > 1: questo criterio è stato indicato già in fase di parametrizzazione della procedura SPSS quando tra i criteri di estrazione è stato indicato di conservare le componenti
con autovalori > 1;
2) Incrementi tra gli autovalori > 0,50: si conservano le componenti tra i cui autovalori intercorre una differenza > 0,50;
3) Scree-test: osservazione del grafico decrescente degli autovalori al fine di individuare il
punto in cui le differenze tra i diversi autovalori si appiattiscono. Si conservano i fattori che
presentano scarti più evidenti e si taglia la linea quando tali scarti si stabilizzano.
51 Dimensione fondamentale che determina la variazione del fenomeno in esame.
126
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
poiché è quello che meglio si presta alle interpretazioni delle variabili.
Nell’applicazione in questione le variabili tasso di disoccupazione a
medio alta scolarizzazione, peso dell’industria, tasso lavoro nero ed indice di disoccupazione di lunga durata si oppongono al reddito disponibile pro-capite, al tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione e al
tasso di disoccupazione generale.
Questa prima struttura da una parte mette in risalto il fatto che di
fronte alle difficoltà del settore industriale di migliorare il territorio attraverso nuove industrie e la conseguente creazione di nuovi posti di
lavoro, il tasso di disoccupazione (prevalentemente a medio alta scolarizzazione) è destinato a crescere: ciò è sicuramente anche la conseguenza della giovane età dei disoccupati e che attualmente la maggior parte dei giovani arriva a conseguire almeno un diploma di scuola media superiore.
A fronte di ciò la domanda di lavoro espressa dall’economia regionale è rivolta a qualifiche professionali per le quali è sufficiente la scuola
dell’obbligo, rispetto a disoccupati che in buona parte possiedono almeno un diploma superiore.
Figura 57 - Piano fattoriale del peso delle determinanti sui due fattori calcolati
nelle Regioni Obiettivo 1
Condizione socio-economica
Basilicata
4.5
Sardegna
3.0
1.5
Reddito disponibile pro-capite regionale
Peso Industria
0
Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione
Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione
Tasso lavoro nero
Indice di disoccupazione di lunga durata
Calabria
Tasso di disoccupazione
-1.5
Puglia
Sicilia
-3.0
Campania
-3.0
-1.5
0
1.5
Flusso migratorio
Fonte: Elaborazione Isfol.
127
Analisi multidimensionale delle
variabili socio –
economiche determinanti il flusso migratorio
CAPITOLO 1
Analisi multidimensionale delle
variabili socio –
economiche determinanti il flusso migratorio
Si tratta di una vera e propria costrizione della mobilità, infatti la mobilità in generale è un fenomeno bidirezionale ed accresce le potenzialità dei territori coinvolti. Qui ci si trova di fronte ad una mobilità monodirezionale, una vera e propria emigrazione che impoverisce i territori
dei lavoratori di provenienza a vantaggio dei territori di destinazione.
Infatti, è ben noto che, tra i fattori produttivi più importanti ai fini
dello sviluppo di un’economia, il capitale umano gioca un ruolo fondamentale, in quanto grazie ad esso possono essere fatti avanzare i
settori produttivi più dinamici, in grado di creare innovazione e consentire percorsi di crescita sostenuti nel tempo. Pertanto, è indispensabile promuovere l’insediamento di imprese ad elevato livello di tecnologia e di capitale umano52.
L’altro elemento rilevante che insieme alla disoccupazione incide in
maniera negativa sull’economia delle Regioni dell’area Obiettivo 1 è il
fenomeno del lavoro nero. Infatti, le dinamiche e le conseguenze dovute ad un’economia sommersa, comportano una distorsione di importanti indicatori economici (es. PIL, tasso di disoccupazione, tasso di inflazione, ecc.) che impediscono una valutazione corretta dello stato di
salute dell’economia dell’area considerata. Con le analisi statistiche effettuate queste ipotesi diventano assiomi di realtà regionali dove il fenomeno del “sommerso” non garantisce né sicurezza sul posto di lavoro (in termini di diritti) né possibilità di carriera professionale e salariale. Dall’altra parte, invece, si evidenzia una forte influenza del reddito disponibile pro-capite, del tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione e del tasso di disoccupazione generale, elementi di cui già si è
trattato abbondantemente nei capitoli precedenti.
La segmentazione delle Regioni Obiettivo 1 in funzione delle determinanti della mobilità
Al fine di offrire una descrizione più approfondita del flusso migratorio delle Regioni dell’area Obiettivo 1 in funzione delle proprie determinanti, si è proceduto ad effettuare una segmentazione delle Regioni
così come proiettate sul piano fattoriale scelto. Sull’asse verticale del
piano è stata rappresentata in modo crescente la condizione socioeconomica delle aree oggetto di studio, mentre sull’asse orizzontale il
flusso migratorio in funzione delle proprie determinanti. Il grafico realizzato mette in evidenza quattro aree che hanno permesso di definire
dei profili demografici di seguito esplicitati. Con “Statici” si definisce la
52 R. Piras, “Migrazioni e capitale umano”, Continua l’esodo di laureati e diplomati. La
Sardegna Perde intelligenze. Sardegna Economica 5/2005.
128
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
regione Sardegna in cui si può notare una non fuoriuscita di capitale
umano dovuta ad una buona condizione socio-economica. Con
“Condizionati” si definisce la regione Basilicata dove il capitale umano
è condizionato ad abbandonare la propria regione di residenza in
quanto il comparto economico-industriale non riesce ad assorbire tale
forza lavoro. Infatti, in questa regione l’offerta di lavoro è a medio bassa scolarizzazione. Si riconoscono, inoltre, due livelli di costrizione:
fuggitivi e obbligati. Con “Fuggitivi” si definisce la regione Calabria caratterizzata da una condizione socio-economica bassa e nello stesso
tempo da elevati tassi di disoccupazione a medio alta scolarizzazione e
del tasso di lavoro nero. Infine, con il profilo “Obbligati” si includono le
rimanenti altre Regioni, ossia Puglia, Sicilia e Campania, dove ad una
condizione socio-economica bassa si aggiungono elevati tassi disoccupazione soprattutto di a bassa scolarizzazione.
Figura 58 - Piano fattoriale
Si osserva che nella regione Calabria c’è un elevato tasso di lavoro nero: infatti, l’aumento delle forme di lavoro irregolari trova linfa vitale
nella disoccupazione elevata, in quella giovanile che raggiunge picchi di
esasperazione, nella carenza di un tessuto industriale che non favorisce lo sviluppo economico e che costringe il capitale umano ad emigrare verso zone in cui la possibilità di occupazione è più elevata. Ne
129
Analisi multidimensionale delle
variabili socio –
economiche determinanti il flusso migratorio
CAPITOLO 1
Analisi multidimensionale delle
variabili socio –
economiche determinanti il flusso migratorio
consegue che lo sviluppo di tale area passa non solo dalla creazione di
nuove attività produttive, ma anche dal rientro nei confini della legalità
di quelle che attualmente ne sono ai margini.
Le Regioni Puglia, Basilicata e Campania, invece, risultano essere
influenzate dal valore del peso dell’industria che risulta essere una determinante fondamentale per queste aree (in tali Regioni troviamo infatti i valori più elevati rispetto alle altre aree dell’Obiettivo 1). Per tale
motivazione la capacità di non saper cooptare l’offerta di lavoro ad alta formazione fa sì che in questi territori cresca il flusso migratorio destinato alle aree del Centro-Nord.
Ultima analisi da effettuare è quella sulle due rimanenti Regioni
Sicilia e Sardegna. In queste due Regioni le considerazioni vanno spostate tutte sul valore del tasso di disoccupazione ed in modo particolare
su quello che si riferisce ai disoccupati a bassa scolarizzazione: infatti la
Sicilia ha il valore più alto mentre la regione Sardegna, che è l’unica regione con flusso migratorio positivo (in termini di tasso generico di migratorietà interno), è situata al secondo posto di tale classifica.
Tutto questo permette di affermare che, se come molti sostengono,
la coesione sociale, la partecipazione delle forze sociali e politiche è
condizione significativa per il rilancio o il consolidamento dello sviluppo del territorio, emerge con chiarezza che la sfida per queste Regioni
consiste nell’aumentare la competitività delle imprese creando un ambiente innovativo basato su una forza lavoro qualificata, su ricerca e
sviluppo e sulla società dell’informazione. Infatti, in una società in cui l’innovazione tecnologica ha un ruolo fondamentale per la crescita e lo
sviluppo economico, il capitale umano diventa un fattore prioritario
per la ricerca e nello stesso tempo per la diffusione delle tecnologie.
Di conseguenza, la fuoriuscita, “fuga”, e la successiva assenza, da una determinata area di capitale umano rappresenta uno dei principali limiti
allo sviluppo economico dell’area stessa.
1.4.3 Elaborazione di un modello di lettura
Per approfondire il fenomeno della mobilità geografica, la ricerca è
stata ampliata a tutte le Regioni italiane per cercare di trovare un possibile modello capace di spiegare il flusso migratorio nel suo complesso, valuandone le ricadute positive e negative. La mobilità geografica può rappresentare, infatti, certamente un fattore positivo per
la crescita del capitale umano e dello sviluppo economico.
A questo punto le possibili determinanti del flusso migratorio, fin
qui prese in considerazione sono state associate ad ogni regione italia130
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
na ed a queste sono state aggiunte altre tre variabili. La prima riguarda l’indice di disoccupazione di lunga durata, che è la quota percentuale di persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi, sul totale delle persone in cerca di occupazione.
La seconda variabile aggiunta è il tasso di natalità lorda delle imprese calcolato rapportando il numero delle nuove imprese sul totale
delle imprese registrate nell’anno precedente moltiplicato per cento.
La terza variabile al possibile modello è data dagli investimenti fissi lordi che per l’anno considerato, cioè il 2005, sono calcolati mediante la stima dei minimi quadrati in base all’andamento di tale valore in serie storica dal 1980 al 2003.
Tale dato indica il valore in milioni di euro degli investimenti fissi
lordi effettuati negli anni dalle singole imprese nei diversi contesti regionali.
L’analisi statistica in regressione multipla53 si evidenzia che la variabile tasso migratorio54 considerata dipendente (Y), può essere spiegata da due determinanti, l’indice di disoccupazione di lunga durata
(X1) ed il tasso di natalità lorda delle imprese (X2) secondo il modello
che segue:
Y = -2,03 X1 + 0,72 X2 + 0,485
Tale modello mette in evidenza che la dipendenza del tasso migratorio è negativa rispetto alla prima variabile e positiva rispetto alla seconda. Infatti, l’indice di disoccupazione di lunga durata influenza entrambe le componenti del tasso migratorio e cioè sia le entrate che le
uscite.
Le altre variabili considerate55 non hanno dimostrato alcuna relazione con il flusso migratorio.
In ogni regione all’aumentare di tale indice vi è una contrazione
delle entrate e un aumento delle uscite dovuto alla non capacità di
cooptare forza lavoro nell’intero sistema economico produttivo dell’area considerata.
Fenomeno completamente opposto per quanto riguarda la seconda variabile che incide in maniera positiva sul tasso migratorio.
Infatti, all’aumentare del tasso di natalità lorda delle imprese il tasso
53 Il modello di regressione multipla è stato analizzato secondo il metodo per passi che include una per volta le possibili variabili capaci di spiegare il modello.
54 Il tasso migratorio interno è il rapporto tra il saldo migratorio interno (entrate meno uscite) dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000.
55 Vedi appendice statistica
131
Elaborazione di
un modello di
lettura
CAPITOLO 1
Elaborazione di
un modello di
lettura
migratorio aumenta. In questo caso si può facilmente dedurre che
l’aumento di tale tasso sarà dovuto sia alla diminuzione delle uscite che
all’aumento delle entrate all’interno della regione considerata, che
vista la fiorente natalità di imprese diventerà certamente un polo di
attrazione.
Con il modello studiato si è voluto spiegare come i flussi di capitale umano in uscita possano incidere sulla crescita economica e sul
successivo sviluppo dell’area di destinazione e, di conseguenza, come questi ultimi influenzino i territori di origine in termini di mancato
progresso. Soffermandoci in modo dettagliato sul valore del tasso di natalità delle imprese è possibile notare che, nelle aree in cui esso risulta essere più elevato e in cui vi è maggiore capitale umano, la crescita
del comparto socio – economico è più elevata.
Inoltre, l’industria di queste aree viene agevolata dalla forte incidenza di produzione ad alto livello tecnologico, sempre più richiesta dal
mercato nazionale ed internazionale e che nasce per acquisita competenza da parte del nuovo imprenditore56. Quest’ultimo, così come
si evince da studi57 recenti, ha un titolo di studio sempre più elevato
(46,3% diploma superiore e 21,5% laurea), con differenze per ripartizione geografica che si acutizzano sempre di più se si considerano le
motivazioni di avvio, le modalità di finanziamento ed il settore imprenditoriale.
Nel Sud ed Isole, invece, a differenza di ciò che succede nelle altre
Regioni italiane, si dà inizio ad una attività perché l’alternativa è la disoccupazione oppure un lavoro non ritenuto soddisfacente; si fa ricorso agli aiuti pubblici oppure ad aiuto di familiari e parenti con
scarsa diffusione del credito con e senza garanzie.
Inoltre, considerando il settore economico delle imprese (tabella
seguente), si nota come quelle in cui vi è bisogno di un titolo di studio
più elevato e specialistico, sono collocate per lo più nelle Regioni
centro – settentrionali (mentre solo nel commercio il numero delle
imprese nel Sud ed Isole supera quello delle altre Regioni italiane).
A questo punto, il modello formulato, acquisisce maggiore rilevanza una volta considerati tali assunti.
Infatti, la relazione che lega il flusso migratorio alla natalità delle
imprese risulta più complessa, in quanto conferma che tali flussi essendo formati per la gran parte di capitale umano, vanno ad arricchire
56 Indagine FOBS (Factors of Business Success) condotta dall’Istat, 2005, si basa sull’adozione di definizioni condivise e sull’utilizzo di un questionario comune tra i Paesi Europei partecipanti, avente lo scopo di ottenere dati confrontabili.
57 Le nuove attività imprenditoriali, Istat, 13 Luglio 2006.
132
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
le aree di destinazione (Centro-Nord), contribuendo alla loro continua
crescita economico – sociale, grazie al reciproco trasferimento di competenze e know-how. Ne deriva che le aree del Mezzogiorno, da cui
provengono i flussi migratori, restano sprovviste della futura classe dirigente. Infatti, l’assenza di giovani a medio alta scolarizzazione incide
sulla diminuzione dei possibili nuovi imprenditori, capaci di intraprendere una nuova attività non per mancanza di alternative, ma perché
competenti ed idonei a contribuire alla crescita dell’intero comparto
economico.
Figura 59 - Imprese per settore economico e regione
Anno 2004 (valori percentuali)
ITALIA
SUD-ISOLE
CENTRO
NORD-EST
NORD-OVEST
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Marche
Umbria
Toscana
Emilia-Romagna
Liguria
Friuli-Venezia Giulia
Veneto
Trentino-Alto Adige
Lombardia
Valle d'Aosta
Piemonte
0
5
10
15
Industria
20
Costruzioni
25
Commercio
30
35
40
45
50
Altri servizi
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
133
Elaborazione di
un modello di
lettura
CAPITOLO 1
Elaborazione di
un modello di
lettura
Pertato la maggior crescita economica comporta il consolidamento
e il rafforzamento di un’industria e di un sistema dei servizi aperti ai
valori della competizione e dell’innovazione tecnologica a partire dalle
proprie specificità produttive. Inoltre, un’industria qualitativamente
elevata radicata nel territorio e un capitale umano sempre più competitivo sono di fondamentale importanza per un maggiore e duraturo
sviluppo locale nel Mezzogiorno.
1.4.4 Comparazione tra Regioni Obiettivo 1 e Regioni del Centro Nord
Per avere un quadro di insieme del divario tra le Regioni appartenenti
alle aree Obiettivo 1 e le Regioni del Nord è stato effettuato un confronto
socio–economico tra le Regioni che nelle due aree presentano i valori
migliori e successivamente tra quelle che presentano i valori peggiori.
Il primo confronto è tra la regione Sardegna e il Trentino Alto Adige,
Regioni queste ultime che hanno il valore più alto nelle rispettive aree,
del reddito disponibile pro-capite, valore che evidenzia una vitalità economica delle due Regioni.
È possibile notare una situazione economico - demografica di partenza molto simile, in quanto si registrano valori analoghi dell’indice di
popolazione (19-32 anni) e dell’indice di struttura della popolazione
attiva dal lato demografico e della forza lavoro, della spesa delle famiglie
e del tasso di natalità lorda delle imprese.
A tali indici se ne contrappongono altri che presentano enormi disparità come ad esempio gli investimenti fissi lordi, il tasso di occupazione
a bassa scolarizzazione, il tasso di disoccupazione di lunga durata, il
tasso di lavoro nero, le assunzioni previste laureati, il peso delle industrie e le assunzioni previste in generale.
Le motivazioni di queste differenze trovano fondamento nel fatto
che il comparto economico industriale del Trentino risulta essere più
sviluppato e competitivo rispetto a quello della Sardegna, il che comporta una maggiore capacità e nello stesso tempo semplicità di cooptare
forza lavoro.
Una criticità: in Sardegna, pur avendo un reddito disponibile procapite di gran lunga inferiore a quello del Trentino e altri indici che nel
confronto non risultano essere positivi, la spesa delle famiglie è superiore a quella del Trentino; cosa questa che può trovare una possibile
spiegazione nel valore del tasso di lavoro nero che in Sadegna risulta essere quasi il doppio in del Trentino. Per gli effetti e le conseguenze di tale indice si rimanda ai paragrafi precedenti.
134
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Altro confronto effettuato è quello tra le due Regioni che nel Nord e
nelle aree Obiettivo 1 presentano la peggiore situazione economica.
Queste Regioni dal punto di vista del reddito disponibile pro-capite risultano essere il Veneto e la Basilicata. In questo caso le differenze, rispetto alla situazione analizzata in precedenza, si acuiscono. Infatti, la regione Basilicata, a differenza delle altre Regioni analizzate, non rappresenta certamente un polo di attrazione, anzi i giovani cercano di
trovare altrove la possibilità di inserirsi nel modo lavorativo. Inoltre, dal
confronto risulta che in Basilicata ci sono valori di tasso di lavoro nero
e investimenti fissi lordi molto distanti da quelli del Veneto. A differenza del confronto la spesa delle famiglie in Basilicata è quasi nulla rispetto a quella del Veneto, probabilmente a causa di diffuse perché vi
è una enorme difficoltà economico e sociali.
1.4.5 Sintesi delle caratteristiche delle determinanti socioeconomiche dei flussi di mobilità
Per analizzare in maniera più approfondita il fenomeno della mobilità geografica sono state monitorate le determinanti che stigmatizzano
maggiormente il dinamismo dei flussi migratori. La metodologia adoperata si è basata sull’individuazione delle possibili variabili di rottura
che alimentano la consistenza dei movimenti migratori.
Le analisi statistiche effettuate (modello di regressione multipla)
hanno evidenziato empiricamente tra i maggiori fattori di espulsione il
tasso di disoccupazione di lunga durata. Di contro, si segnala tra le determinanti che rientrano nei fattori di attrazione, il tasso di natalità lorda delle imprese.
Si evince che la mobilità in uscita risulta maggiore nelle ripartizioni
regionali con un’elevata incidenza della disoccupazione di lunga durata: ciò è dovuto alle difficoltà dell’intero sistema economico produttivo
dell’area considerata di cooptare forza lavoro. In tal senso, i flussi di
mobilità sono più dinamici quanto più ampia risulta la forbice della disoccupazione di lunga durata tra le Regioni del Nord e del Sud. La seconda determinante, costituita dai tassi di natalità lorda delle imprese,
alimenta degli andamenti inversi: infatti, nelle Regioni caratterizzate
da una maggiore incidenza della natalità delle imprese, si segnala una
consistente contrazione dei flussi in uscita e di conseguenza un buon dinamismo dei movimenti migratori in entrata, il tutto dovuto ad una
crescita più elevata del comparto socio-economico. Inoltre, queste
aree sono agevolate da un forte sviluppo industriale ad alto livello tecnologico, sempre più richiesto dal mercato nazionale ed internaziona135
Comparazione
tra Regioni
Obiettivo 1 e
Regioni del
Centro - Nord
CAPITOLO 1
Sintesi delle
caratteristiche
delle
determinanti
socioeconomiche dei
flussi di mobilità
le e conseguenza di una maggiore competenza acquisita da parte del
nuovo imprenditore che ha un titolo di studio sempre più elevato
(46,3% diploma superiore e 21,5% laurea).
Nel Sud ed Isole, invece, a differenza delle altre Regioni italiane, si inizia un’attività per far fronte alla disoccupazione, oppure ad un lavoro
non ritenuto soddisfacente e si fa ricorso agli aiuti pubblici o di familiari, con scarsa diffusione del credito con e senza garanzie.
Inoltre, come ribadito le imprese il cui settore economico richiede
un titolo di studio più elevato, sono collocate maggiormente nelle
Regioni centro – settentrionali.
Tutto ciò conferisce maggiore rilevanza al modello formulato e conferma che i flussi migratori, essendo formati per lo più da capitale
umano, arricchiscono le aree di destinazione (Centro-Nord) contribuendo alla loro ulteriore crescita economico – sociale e impoveriscono le aree del Mezzogiorno da cui provengono, rendendole sprovviste
della futura classe dirigente. Per evidenziare il divario esistente tra le
Regioni appartenenti alle aree Obiettivo 1 e le Regioni del Nord, si è
effettuato, poi, un confronto socio–economico tra le Regioni che nelle
due aree presentano i valori migliori (Sardegna e Trentino Alto Adige) e
tra quelle che presentano i valori peggiori (Basilicata e Veneto).
136
CAPITOLO 2
LA MOBILITA’
TRA POLITICHE
PER IL CAPITALE UMANO
E LO SVILUPPO LOCALE
Il fenomeno della mobilità può essere al contempo causa ed effetto delle condizioni socio-economiche di determinate aree geografiche.
Pertanto, nelle prossime pagine si cercherà di approfondire il ruolo del
capitale umano nei processi di crescita e sviluppo per comprendere
meglio l’incidenza di suoi trasferimenti territoriali e riflettere, dunque,
sull’adeguatezza delle politiche oggi in atto sulla mobilità.
Le analisi empiriche realizzate negli ultimi anni hanno fatto emergere i limiti delle impostazioni teoriche orientate a valutare la crescita economica attraverso la definizione dei fattori economici di natura
quantitativa (Pil; capitale fisico; forza lavoro). Così, si sono sempre
più affermati quegli approcci che puntano sull’analisi dei fattori di
crescita qualitativi ed extraeconomici quali: il capitale umano, gli investimenti realizzati, il livello di modernità delle istituzioni, etc..
Nel corso degli anni si è andata sempre più affermando la convinzione che la crescita economica dipenda da una combinazione di dinamiche interagenti, che derivano dalla relazione virtuosa tra le determinanti quantitative ed i fattori qualitativi.
Il capitale umano ha così assunto un ruolo centrale nelle teorie
della crescita e dello sviluppo economico, fino ad alcune ricerche
empiriche che ne riconoscono la centralità.
Le misurazioni di tale fattore sono diverse e pur sempre parziali,
poiché si tratta di quantificare un elemento prevalentemente qualitativo, per esempio oltre a valutare quantitativamente gli anni di istruzione della forza lavoro occorre utilizzare misure che ne valutino in
qualche modo la qualità intrinseca.
Alcune proxy per misurare la qualità dell’istruzione utilizzate sono:
spesa in istruzione; rapporto studenti/insegnanti; spesa in salari per
gli insegnanti.
137
CAPITOLO 2
Di seguito si presenta un breve excursus sulle teorie ed i modelli
che si soffermano sul ruolo del capitale umano nei processi di crescita economica e sviluppo locale per arricchire la lettura del fenomeno
attuale della mobilità del Mezzogiorno nei nostri giorni, per poi passare ad una breve ricognizione delle politiche in atto sulla mobilità a livello europeo, nazionale e regionale.
2.1 Il capitale umano nei processi di crescita economica
e sviluppo locale
2.1.1 Crescita economica e sviluppo
Volendo dare una definizione del capitale umano e considerare il
suo ruolo nei processi di crescita economica e sviluppo occorre fare
un’opportuna distinzione tra questi ultimi due temi.
Solitamente la crescita economica è intesa sotto il profilo quantitativo ed i suoi benefici ed effetti si traducono in processi di sviluppo variamente intesi. E’ pur vero, però, che il collegamento tra i due aspetti
non è scontato; infatti, in presenza di un trend di crescita non è detto che
si inneschi un conseguente trend di sviluppo. Si consideri, ad esempio,
la crescita del PIL che non indica necessariamente incremento del benessere, bensì uno strumento utile ad acquisirlo. Una riflessione, dunque, nasce spontanea pensando alle società post-industriali, nelle
quali gli aspetti quantitativi della crescita economica si accompagnano
a quelli prevalentemente qualitativi dello sviluppo sociale, politico, territoriale e ambientale.
La crescita economica si riferisce alla capacità di un sistema economico di produrre ed accrescere la disponibilità di beni e servizi a
favore dei fabbisogni della popolazione; supponendo un incremento
nel tempo di tale disponibilità in funzione della crescita della popolazione. La crescita economica dipende da numerosi fattori e da una
complessità di eventi interagenti. Attualmente le teorie sulla crescita58
prendono in considerazione fattori squisitamente economici accanto ad
elementi extra-economici ed istituzionali. Solitamente le teorie economiche “classiche”59 sulla crescita puntano su interventi ad hoc volti
a determinare l’incremento della produttività del capitale fisico e del58 Tra le prime si può risalire ad Adam Smith che nel 1774 pubblicò il primo trattato dell’economia moderna dal titolo “Un’indagine sulle cause della ricchezza delle nazioni”.
59 Le teorie della crescita economica iniziano con gli economisti classici della rivoluzione industriale (D. Ricardo), riprese tra il 1940-50 da economisti del calibro di R.F. Harrod, R. Nurkse e
R.M. Solow.
138
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
la forza lavoro al fine di innescare la cosiddetta “convergenza condizionale”60. Purtroppo, però, l’evidenza empirica ha messo in luce i limiti di quanti teorizzavano una crescita economica stimolata da fattori
economici classici, pertanto, nell’ultimo decennio hanno assunto rilievo, tra le determinanti della crescita, nuovi e più complessi fattori. Si
tratta, innanzitutto, di puntare su investimenti (infrastrutture; telecomunicazioni) che generano un incremento della produttività dell’intero indotto economico garantendo un tasso di crescita duraturo grazie alla virtuosa interazione tra il capitale fisico ed il progresso tecnico.
Accanto a questo tipo di investimenti si annoverano, poi, quelli in capitale umano, ritenuti ormai di rilevanza strategica per l’evoluzione
dei sistemi economici. Si tratta, infatti, di impiegare risorse in grado di
annodare la produttività al capitale umano, inteso come coacervo di
cultura, competenze e conoscenze. La scoperta dell’importanza dei
fattori immateriali nei processi di crescita61 ha ampliato la visione e
l’approccio interpretativo dei percorsi evolutivi considerati, aprendo
la strada ad un concetto ampio e vasto di sviluppo che focalizza gli interventi previsti in un’ottica di maggiore capillarità, e offrendo una letture di più ampia diffusione sociale in grado di fondere fattori quantitativi ed elementi qualitativi.
In sintesi, nell’affrontare gli aspetti dinamici del processo economico si ricorre, solitamente, alla distinzione tra crescita economica e sviluppo economico. Nel caso della crescita economica, si valuta la possibilità di enucleare fenomeni in grado di alimentare teorie che affrontano l’evoluzione dei sistemi economici dal punto di vista squisitamente quantitativo, nel senso di creazione di ricchezza. Quando alla
componente quantitativa si affiancano elementi qualitativi di maggiore complessità, si è in grado di parlare di sviluppo economico62.
Seppure, la distinzione tra i due aspetti non assuma affatto nella realtà una connotazione tanto netta da inibirne del tutto le reciproche
implicazioni.
In particolare, nel 1990 le Nazioni Unite – pubblicando il primo
Rapporto sullo sviluppo umano – hanno proposto un nuovo approccio
al tema dello sviluppo richiamando la teoria degli entitlements di
60 Teorizzata da Solow, secondo il quale, i Paesi con basso PIL pro-capite dovrebbero registrare una crescita più veloce, rispetto a Paesi con PIL pro-capite maggiore, poiché nei primi la
convenienza a risparmiare ed investire è maggiore che nei secondi.
61 Oltre al capitale umano sono numerosi i fattori di crescita alternativi che le nuove teorie economiche individuano: saggio di investimento; livello di democrazia, lo Stato e le sue Istituzioni; fattori finanziari; grado di apertura dell’economia; capitale sociale.
62 P. Palazzi, “An index for sustainable development”, Moneta e credito, vol. LVII, no. 226, (in
collaborazione con Enrico Casadio Tarabusi). Università degli Studi di Roma “La Sapienza”,
Dipartimento di Scienze Economiche, Economia dello Sviluppo.
139
Crescita
economica e
sviluppo
CAPITOLO 2
Crescita
economica e
sviluppo
Amartya Sen63. Con l’introduzione dell’Indice di Sviluppo Umano
(ISU)64 lo sviluppo viene misurato in un nuovo modo inteso come
“processo di ampliamento delle possibilità di scelta della gente”.
Infine, è opportuno chiarire che il concetto di sviluppo si arricchisce
anche di una connotazione locale la cui caratteristica principale è la
capacità di catturare opportunità che dipendono certamente da fattori agglomerativi inseriti in un contesto ampio e ramificato di relazioni
in un ambito ed in una dimensione territoriale65.
2.1.2 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo
Solo in tempi relativamente recenti si è approfondito il tema del capitale umano nell’ambito delle teorie economiche.
Il capitale umano viene incluso nelle risorse economiche insieme
con l’ambiente ed il capitale fisico. Mentre, però, il capitale fisico è costituito da beni capitali e mezzi di produzione, il capitale umano è l’insieme delle facoltà e delle risorse umane quali la conoscenza, l’istruzione, la formazione e le capacità tecniche.
Intorno agli anni ’70 e ’80, alla luce dei fallimenti dei processi di industrializzazione in vaste aree del pianeta, si è messa in evidenza l’importanza del fattore umano nel mettere a frutto le potenzialità economiche delle risorse disponibili: e il capitale fisico altro non è che un insieme di beni realizzati dal lavoro umano. Il capitale umano, dunque, è
quello che si accumula attraverso investimenti in istruzione e formazione al fine di accrescere la produttività futura del lavoro.
Occorre, però, fare un passo indietro per comprendere i vari approcci nella valutazione e misurazione del capitale umano. Il primo
economista classico che introdusse il termine di capitale umano fu
Adam Smith, suggerendo un parallelismo tra gli uomini e le macchine
produttrici: le risorse economiche impiegate per produrre le macchine
non erano da meno rispetto ai costi sostenuti per l’educazione degli
uomini; pertanto, entrambe le grandezze rientravano nel calcolo della
63 A. Sen (1981), “Poverty and famines: an essay on entitlements and deprivation”, Claredon
Press, Oxford. Secondo la teoria degli entitlements lo sviluppo desiderabile è quello che consente a ciascuno l’effettiva acquisizione delle risorse determinate, oltre che dal reddito, dall’esistenza di meccanismi istituzionali e politici idonei.
64 L’Indice di sviluppo umano (in inglese: HDI-Human Development Index) è un indicatore di
sviluppo macroeconomico realizzato dall’economista pakistano Mahbub ul Haq nel 1990. È stato
utilizzato, accanto al PIL (Prodotto Interno Lordo), dalle Nazioni Unite a partire dal 1993 per valutare la qualità della vita nei paesi membri. Tra gli aggregati ponderati troviamo: speranza di vita alla nascita; tasso alfabetizzazione; valore reale reddito pro capite; indice libertà politica; indice sviluppo di genere.
65 Zaninotto E. (2004), a cura di, Dimensione d’impresa, demografia industriale e occupazione in Trentino, Ed. Trentuno, Trento.
140
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
ricchezza nazionale. Successivamente furono numerosi gli studiosi66
stimolati da tali riflessioni, ma la creazione di un impianto teorico
omogeneo sul tema riceve tuttora interessanti contributi.
Tra i maggiori autori contemporanei, Becker (1964) teorizza sulle
determinanti economiche che influenzano il diverso processo di accumulazione del capitale umano. Mentre Lucas (1988), nel suo modello,
evidenzia lo stretto collegamento tra il processo di crescita endogeno e
l’accumulazione di saperi e conoscenze, attraverso una dinamica che
consente lo sviluppo e l’evoluzione dei sistemi produttivi e dei tassi di
crescita economica senza l’intervento delle determinanti esogene. Le
teorie di Lucas sono avallate anche dall’impianto teorico proposto nel
1986 da Romer che considera l’incremento della conoscenza quale
elemento determinante dello sviluppo economico: i processi di accumulazione di capitale umano derivano dagli stessi processi di produzione.
In tale scenario si evidenzia come il sistema educativo sia uno strumento di selezione degli individui volto a generare, nel percorso di accesso al mercato del lavoro, delle dinamiche competitive tra gli attori sociali. In tale prospettiva, A. Weiss (1995) sottolinea come l’investimento in istruzione generi un aumento esclusivo del solo capitale umano.
In sintesi, nel corso del ventesimo secolo le teorie sul capitale umano ne hanno valutato l’impatto in termini di sviluppo economico, gli
effetti sul livello salariale, il tipo di competenze necessarie per accrescerlo (Lovaglio, 2004); ciò a conferma che “il capitale umano acquisibile attraverso l’istruzione e la formazione (nella famiglia, scuola e lavoro) sia alla base di tutte le teorie che cercano di spiegare la crescita
economica”67.
In particolare, la stima quantitativa del capitale umano annovera tra i
principali contributi due metodi di calcolo del valore monetario dell’uomo:
• retrospettivo: stima del costo di allevamento dell’uomo dalla nascita fino all’età di ingresso al lavoro68;
• prospettivo: stima del valore monetario dell’uomo attraverso la
determinazione del valore attuale dei redditi futuri69.
66
67
68
Tra i quali: Bentham, Mill, Marshall, Petty, Fisher.
P.Lovaglio, G. Vittadini, “Il concetto di capitale umano e la sua stima”.
Principale teorico del metodo retrospettivo è E. Engel (1883) che equipara il valore monetario dell’uomo al suo costo di produzione, ovvero alle spese sostenute fin dalla nascita.
69 I principali contributi al metodo prospettivo si devono a: W. Petty (1690) che considerò il capitale umano nazionale dato dalla rendita perpetua del reddito da lavoro nell’arco della vita ad un
certo tasso di interesse; W. Farr (1853) propose il metodo di capitalizzazione dei redditi; Dublin e
Lotka (1930) riprendendo Farr pervennero alla stima del valore monetario dell’uomo in base alla
stima monetaria del valore attuale dei redditi futuri (VARA) al netto dei consumi attesi (CEA) da cui
la stima del capitale umano lordo e netto.
141
Il capitale
umano:
definizione e
metodi di calcolo
CAPITOLO 2
Il capitale
umano:
definizione e
metodi di calcolo
Si tratta di metodi non privi di limiti ed errori e pertanto opportunamente riletti negli anni successivi alla loro formulazione.
Infatti, il metodo retrospettivo “non tiene conto del ritorno sui reddi70
ti” , mentre nell’approccio prospettivo si evidenzia70 il limite di “non
conoscere stime future del flusso di redditi da lavoro oltre al fatto che
non considera l’investimento in istruzione e in professionalità; pertanto, in entrambi i casi non si chiarisce il problema della stima e distribuzione del capitale umano”71.
La Scuola di Chicago (Mincer, 1958; Becker, 1962), nella seconda
metà del ventesimo secolo, riconsiderò le teorie sul capitale umano riconoscendolo quale fattore in grado di determinare il livello della propria retribuzione e quindi della crescita economica nell’intero processo
di produzione72. Purtuttavia, tale approccio lascia aperta la questione
relativa alla valutazione quantitativa del capitale umano considerato in
termini di anni di scolarità ed esperienza lavorativa73.
Successivamente, molti altri autori (Solow, 1957; Benhabid e
Spiegel, 1994; Abramovitz, 1991; et al.) hanno evidenziato la centralità
del capitale umano nella determinazione della ricchezza nazionale, lasciando irrisolto il problema della sua stima e considerandolo sempre
quale numero indice dello stock educativo della popolazione. Ad introdurre la valutazione del capitale umano dal punto di vista quantitativo è Dagum che, prendendo le mosse dalla relazione economica esistente tra crescita economica e capitale umano74, indica questo ultimo
quale elemento fondamentale per la definizione del reddito e della
ricchezza familiare e/o individuale75. Da qui la definizione disaggregata
che tiene conto dell’investimento e del suo ritorno76 in capitale umano
quale “costrutto multidimensionale non osservabile generato dall’investimento in istruzione, formazione ed esperienza sul lavoro e da fattori personali e ambientali tale da produrre un aumento della capacità
lavorativa misurabile dall’incremento di reddito da lavoro nel ciclo vi70 In P.G.Lovaglio, G. Vittadini, “Il concetto di capitale umano e la sua stima”, § 4 “Discussione”.
71 In C. Dagum, P.G. Lovaglio, G. Vittadini, “IL capitale umano in Italia: analisi della distribuzione”.
72 “Secondo la Scuola di Chicago produttività e qualità del lavoro sono variabili endogene che di-
pendono dal talento, dall’istruzione e dall’esperienza del lavoratore”, in C. Dagum, P.G. Lovaglio G.
Vittadini, “Il capitale umano in Italia:analisi della distribuzione”.
73 Nella funzione (f) dei guadagni della Scuola di Chicago il reddito da lavoro dell’i-esimo lavoratore è pari a: yi=f(si, ji, Zi)+ui, dove: si= anni di scolarità; ji= anni di esperienza di lavoro; Zi= insieme di variabili individuali; ui= errore casuale.
74 Romer (1986, 1989), teorizza la “crescita endogena” con capitale umano secondo cui la produttività è determinata endogenamente dalla crescita del CU, dall’attività di R&S e da varie modalità
di apprendimento.
75 La funzione generatrice del reddito (FGR) di Dagum spiega il reddito da lavoro del lavoratore
(yi) come funzione del CU (hi) e della ricchezza (ki) più un errore casuale (ei). Quindi si avrà:
yi=wihi+piki+ei che esprime una relazione positiva diretta tra reddito e CU e tra reddito e ricchezza.
76 Individuata nel 1996 da Dagum e Vittadini.
142
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
tale”. Tale definizione (dall’approccio squisitamente statistico) fonde i
due fattori costituenti il capitale umano (“formativi” e “riflessivi”)77 portando ad una visione della variabile indagata in termini di reddito da
lavoro derivante dall’investimento in capitale umano.
Verificata, così, la relazione esistente in termini teorici tra reddito e capitale umano l’attenzione della ricerca teorica prosegue focalizzandosi,
appunto, sul processo di accumulazione di tale variabile, ricoprendo
un ruolo centrale nell’ambito di un’economia/società della conoscenza, sia per lo sviluppo economico che umano e sostenibile dei sistemi
territoriali.
Come già indicato, in questa sede non interessa proporre un ulteriore modello di lettura del capitale umano nei processi di crescita e
sviluppo, quanto piuttosto comprenderne i trasferimenti, quindi i flussi di mobilità costretta, valutandone gli effetti che possono determinarsi in aree in ritardo di sviluppo come il Sud d’Italia.
Tra le diverse realtà economiche e sociali, certamente, una particolare attenzione merita lo scenario che caratterizza la macroregione del
Mezzogiorno d’Italia.
Una realtà piena di contraddizioni, ma ricca di opportunità e potenzialità. Tra queste il capitale umano di cui dispone il Sud rappresenta
una indubbia risorsa che in questa sede viene misurata utilizzando le
proxy dei tassi di scolarizzazione e dei titoli di studio a medio alta qualifica detenuti dalla forza lavoro, proprio al fine di dare enfasi a quel
processo di mobilità territoriale e, soprattutto, alla considerazione che
una perdita di capitale umano si traduca necessariamente in una perdita in termini di crescita e sviluppo dell’intero indotto economico territoriale.
In tal modo si è tenuto conto del tasso di scolarizzazione quale variabile di flusso la cui variazione può essere considerata in prima approssimazione un’accumulazione di capitale umano.
Ma, bisogna chiarire, che non necessariamente il tasso di scolarizzazione è anche indice di conseguimento del titolo di studio78. Per
questo motivo, si è valutato anche il livello di istruzione dei cancellati e
infine si è tenuto conto del capitale umano incorporato nella forza lavoro (stock).
77 Gli “indicatori formativi” sono grandezze quali-quantitative (anni scolarità, anni esperienza
lavorativa, condizioni di salute, stato civile, genere, regione appartenenza, età, ampiezza demografica comune appartenenza, ricchezza, debito familiare, status sociale); gli “indicatori riflessivi”sono costituiti dai redditi da lavoro.
78 Dal momento che non tutti gli iscritti giungono a conseguire, per svariate motivazioni, il titolo di studio.
143
Il capitale
umano:
definizione e
metodi di calcolo
CAPITOLO 2
2.1.3 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo
La relazione tra capitale umano, crescita e sviluppo è studiata ed
analizzata da tempo ricevendo numerosi contributi, in particolare nell’ambito della teoria della “crescita endogena”. Si tratta di impostazioni
che se da un lato hanno un fondamento teorico, dall’altro non sempre
ricevono conforto dall’analisi empirica.
E’ certamente assodato che la dotazione di capitale umano rappresenti una delle componenti e delle determinanti fondamentali nei
processi di crescita e di sviluppo delle economie avanzate ed in via di
espansione. Tuttavia, la controversa relazione causale fra le due variabili non è del tutto chiara. Per comprendere l’influenza esercitata dal capitale umano nei processi di crescita economica è importante ripercorrere il ruolo assegnato al capitale umano nelle teorie della crescita.
Il primo modello moderno di teoria della crescita è stato sviluppato
da Solow79 negli anni cinquanta che ha teorizzato (in una fase di crescita equilibrata e stabile) un tasso di crescita del prodotto e dei fattori
produttivi costante nel tempo e influenzato da fattori non controllabili
economicamente come l’andamento della popolazione o le scoperte
scientifiche e tecnologiche80.
In tal senso l’accumulazione di capitale sarebbe consentita solo in
fasi di aggiustamento, ma è pur vero che realtà economiche diverse
registrano un andamento differente dei fattori esogeni e, pertanto, diversi tassi di crescita. Questo fenomeno è spiegato dallo stesso Solow
come un posizionamento delle singole economie lontano dal sentiero
di crescita in equilibrio. L’analisi empirica, però non è riuscita a spiegare la variabilità dei tassi di crescita, individuando l’esigenza di ampliare
il concetto di capitale così da arricchirlo con elementi ancora non spiegati. In tale contesto elaborativo si affianca alla visione del capitale fisico tradizionalmente inteso una componente nuova ed immateriale,
quale il capitale umano - al quale si associano le conoscenze scientifiche e tecnologiche - frutto di un investimento in grado di accrescere la
79 Per teoria neoclassica della crescita si fa riferimento principalmente al modello di Robert
Solow (1956). Per le implicazioni di politica economia della nuova teoria della crescita, si vedano
i lavori di: Scott M.F.(1992); Shaw K.G. (1992).
80 Il modello neo-classico della crescita economica di Solow permette di separare le determinanti della crescita in variazioni positive di input (lavoro e capitale) e progresso tecnologico.
Con l’impiego del suo modello, Solow calcolò che circa quattro quinti nella crescita marginale
dell’output per unità di lavoro negli Stati Uniti era attribuibile al progresso tecnico. In “A
Contribution to a Theory of Economic Growth”, (QJE, 1956), spiega la crescita di un sistema economico partendo dalla seguente funzione di produzione aggregata: Y=F(K,AL)=Ka(AL) 1-a, 0< a
>1, dove Y, K, L sono reddito, capitale e lavoro ed A rappresenta il livello tecnologico, con AL inteso quali l’unità di “lavoro effettivo” ed il termine esponenziale inteso come l’incremento del prodotto netto pro-capite dovuto al progresso tecnico.
144
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
produttività del lavoratore così come il capitale fisico. Ma, a differenza
del capitale fisico, il capitale umano contribuisce costantemente alla
crescita, indipendentemente dai propri livelli di accumulazione e come esito dell’interazione dei fattori interni al sistema economico considerato (da qui la definizione di crescita “endogena”). Nel 1988 Robert
Lucas, tra i maggiori esponenti della nuova macroeconomia classica81,
confermò il suddetto impianto teorico individuando quale differenza
sostanziale tra capitale fisico e umano la capacità del secondo di produrre esternalità positive82. Si genera, in tal modo, un circuito virtuoso dal
momento che gli investimenti in capitale umano producono esternalità che a loro volta rappresentano incentivi addizionali alla realizzazione
di ulteriori investimenti in capitale umano; insomma, il capitale umano
rappresenta l’input necessario per la sua stessa produzione. In tal modo il capitale umano genera un effetto moltiplicatore, interagendo con
lo sviluppo delle conoscenze, diventa uno stimolo interno (endogeno)
alla crescita del sistema economico di riferimento.
Il modello proposto da Lucas, dunque, differenziandosi dall’analisi
neoclassica, considera la centralità del capitale umano nel contribuire
alla produzione totale sia come fattore produttivo accumulabile sia
come esternalità positive che è in grado di generare. In sintesi, il capitale umano non solo è un fattore che da solo è in grado di determinare crescita perpetua di un’economia (Lucas, 1988), ma interagisce
con altri fattori rilevanti come il progresso tecnico essendo l’unico fattore produttivo a determinare la tecnologia di produzione dello stesso
(Romer, 1990). Infatti, nel 1992 Mankiw-Romer-Weil suggeriscono
l’introduzione del capitale umano nella funzione di produzione83,
spiegando come in presenza di mercati di capitali globali e con rapida
81 La Nuova Macroeconomia Classica si pone quale ambizioso obiettivo teorico la definizione
di un modello macroeconomico partendo da un approccio analitico di tipo microeconomico, ossia una teoria macroeconomica microfondata (considerando impostazioni di tipo walrasiano:
equilibrio economico generale, agenti individuali ottimizzanti, concorrenza perfetta). La NMC, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, si sostituisce al monetarismo di prima generazione, propugnando l’inutilità e la dannosità dell’intervento dello Stato nell’economia. Si tratta di una scuola di
pensiero che avanza critiche anche al keynesismo tradizionale. Maggiori esponenti della NMC sono gli economisti R. Lucas, T. Sargent e N. Wallace.
82 Si parla di esternalità positiva quando all’attività (di produzione e/o consumo) di un soggetto sono associati (come by-product) impatti positivi nei confronti di altri soggetti (imprese e/o
consumatori) e questi ultimi non pagano un prezzo pari ai benefici ricevuti. Alcuni esempi: al
consumo privato di formazione (studenti universitari) sono associati impatti positivi ricadenti su
altri soggetti (la società conta su un maggior numero di capitale umano); alla decisione di un’impresa di attivare corsi di formazione sono associati effetti esterni positivi (disponibilità, in una
certa area di manodopera qualificata).
83 La funzione di produzione di Mankiw-Romer-Weil risulta essere:
Y=F(K,H,AL)=Kα Hβ (AL) 1-α-β‚, 0< α +β‚>1, dove H è il capitale umano; adattando la funzione
di accumulazione di Solow (K=sY) al sistema si ha: K=sKY; H=sHY, con sH come frazione della popolazione della scuola secondaria.
145
Il peso del
capitale umano
nei processi di
crescita e
sviluppo
CAPITOLO 2
Il peso del
capitale umano
nei processi di
crescita e
sviluppo
trasmissione della tecnologia, divergenze nell’ammontare di capitale
umano possono spiegare divergenze nei livelli di reddito pro-capite.
Dalla valutazione delle analisi economiche fin qui considerate risulta
evidente l’impatto positivo esercitato dal capitale umano sulla crescita economica. E’ necessario, ovviamente, che il contesto economico
incoraggi gli investimenti della variabile in oggetto al fine di favorirne
la capacità produttiva anche attraverso attività imprenditoriali e innovative ritenute strategiche per lo sviluppo. L’incremento di capitale
umano migliora la produttività del lavoro ricoprendo un ruolo importante nella definizione dei percorsi di crescita, sebbene vi siano alcune variabili decisive individuate dagli studiosi della materia. Si tratta
di garantire un certo grado di apertura all’economia dell’area considerata, dal momento che il mercato dei settori esportatori consente, allargandosi, una maggiore remunerazione del capitale umano divenendo attrattivo per la realizzazione di nuovi investimenti. E’, così,
possibile affermare che il capitale umano rappresenta uno dei motori
per lo sviluppo economico, ma resta aperta la questione relativa alla necessità di individuare le vere componenti dell’istruzione che partecipano realmente alla crescita. Empiricamente sono stati valutati gli effetti economici dell’istruzione sia in termini microeconomici che macroeconomici. Sostanzialmente l’approccio micro84 riconosce il legame tra elevati livelli di istruzione e maggiori livelli di reddito, lasciando
aperta la questione relativa alle cause del fenomeno. Di contro, il secondo tipo di approccio non individua soluzioni univoche relative al
legame ipotizzato; infatti, l’istruzione determina la crescita economica
solo in concomitanza con altri aspetti istituzionali. E’ pertanto alquanto complesso individuare le variabili in grado di definire il capitale
umano85 ovvero considerare possibili proxy86 che assumono un andamento differente in relazione alle diverse aree di riferimento.
Ciò chiarito e ritornando alla valutazione sulla esistenza di una
qualche relazione tra istruzione e crescita, parte della teoria87 sostiene che a determinare i fenomeni di evoluzione di un sistema economico non partecipi tanto l’accumulazione di capitale umano quanto
84 L. Grazzini, A. Petretto, “Spesa pubblica per il welfare e crescita economica: una rassegna”,
SIEP, Working Paper n.413, 2005.
85 Numero di anni di scuola; spesa pubblica in istruzione; tassi di scolarità (iscritti/popolazione in età scolastica*100) o di maturità (esami di maturità con esito positivo/popolazione in età “giusta”*100).
86 Tasso alfabetizzazione (percentuale di popolazione con più di 15 anni in grado di leggere
e scrivere. Nella classifica mondiale degli Stati per tasso di alfabetizzazione, data dal Rapporto
delle Nazioni Unite sul Programma di Sviluppo 2005, l’Italia occupa il 43° posto, con un tasso pari al 98,5%), diffusione di giornali, etc.
87 Benhabib & Spiegel, 1994.
146
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
lo stock in grado di assicurare livelli di istruzione più elevati e quindi
approcci innovativi rapidi ed efficaci. Si tratta di un risultato frutto di
un confronto dei modelli disponibili: il modello Mankiw-Romer-Weil
(1992) e quello Nelson-Phelps (1966). Nel primo il capitale umano è
un fattore di produzione, nel secondo modello esso, invece, influisce
direttamente sulla determinazione del tasso di innovazione tecnologica. Quindi, in MRW la crescita è definita, tra le altre variabili, dalla crescita del capitale umano, mentre in NPh dal suo livello. La differenza
fondamentale sta nel fatto che in MRW l’istruzione offre benefici correnti, mentre in NPh il capitale umano produce effetti che si estendono nel tempo. Negli ultimi anni è poi tornata alla ribalta la tesi88 a
favore dell’accumulazione di capitale umano quale elemento decisivo per innescare processi di crescita e, quindi, di miglioramento delle istituzioni. L’evidenza empirica ha chiaramente mostrato come
nell’ultimo trentennio i paesi che hanno registrato maggiore crescita
siano stati quelli con i più elevati tassi di scolarità [Checchi, 1999]; il
confronto internazionale, però, è valutato cautamente89 dal momento che la relazione positiva tra istruzione e crescita è dimostrata per i
paesi con bassi livelli di istruzione, mentre per le altre aree la relazione è inesistente ovvero inversa. In tal caso si ribalterebbe il nesso
causale per cui sarebbe la crescita a stimolare maggiori livelli di
istruzione90.
Focalizzando l’attenzione sulla situazione verificatasi nel nostro
paese, autorevoli autori (Checchi et al., 1999) rilevano una relazione positiva tra accumulazione di capitale umano e PIL, lasciando sfumato il
nesso causale. Più precisamente, Checchi chiarisce l’esistenza di una relazione non lineare tra le due variabili, pertanto la relazione è negativa se il numero di diplomati sulla forza lavoro è al di sotto della soglia
minima ritenuta “efficiente” (pari a circa il 17%)91. Il superamento di
tale soglia genera esternalità in grado di tradurre il percorso formativo
individuale in crescita complessiva per l’intero indotto economico di
riferimento. Si tratta, dunque, di una impostazione in grado di giustificare i differenti margini di sviluppo raggiunti dalle diverse regioni italiane nel corso degli anni.
A dare una svolta decisiva alle considerazioni relativa al nesso esistente tra crescita e capitale umano, è intervenuta recentemente la
88
89
90
Glaeser et al. (2004).
Krueger e Lindahl, 2001.
Bils & Klenow (2000). Secondo gli autori la crescita, riducendo il tasso di sconto, stimola la
domanda di istruzione.
91 Valore superato in Italia solo a partire dagli anni Ottanta.
147
Il peso del
capitale umano
nei processi di
crescita e
sviluppo
CAPITOLO 2
Il peso del
capitale umano
nei processi di
crescita e
sviluppo
Banca d’Italia (2006) con uno studio decisivo92 che si sofferma sul
ruolo delle determinanti della produttività: R&S, capitale umano, infrastrutture pubbliche.
I risultati dello studio mostrano l’esistenza di un equilibrio di lungo
periodo tra il livello93 di produttività e i tre tipi di capitale; e tra questi,
il capitale umano risulta avere l’impatto più forte sul Fattore Totale di
Produttività (TFP).
Infatti, il capitale umano, misurato sul livello di qualificazione dei
lavoratori, sembra avere l’impatto quantitativamente maggiore sulla
produttività regionale. Un suo aumento dell’1 per cento accresce la
produttività di circa 0,4 punti percentuali; un analogo incremento del
capitale investito nelle infrastrutture pubbliche innalza la produttività
di circa 0,1 punti. L’attività di R&S ha effetti sicuramente positivi, ma di
entità relativamente inferiore agli altri fattori. In sintesi, la Banca
d’Italia ci dice che è più utile destinare risorse all’istruzione, piuttosto
che alle infrastrutture e alla R&S. Non è di poco conto.
2.2 La situazione nel Mezzogiorno
2.2.1 Il livello di istruzione dei cancellati
L’Italia, come dimostrano numerose recenti ricerche94, è fanalino di coda per dotazione di capitale umano disponibile e, all’interno del
Paese, il Mezzogiorno registra una posizione di ulteriore inferiorità aggravata da flussi in uscita della variabile in questione.
In particolare, il livello di istruzione95 della popolazione adulta residente nelle Regioni Obiettivo 1 è costantemente al di sopra della media
italiana nel periodo 1995-2003 e del dato medio relativo alle altre regioni italiane, seppure tracciando un trend in flessione nel tempo (bilanciato, peraltro, dalla crescita della popolazione ad alta scolarizzazione). Rispetto al 1995, il livello di istruzione nelle Regioni Obiettivo 1 si
92 Raffaello Bronzini (Banca d’Italia) e Paolo Piselli (Banca d’Italia) “Determinants of long-run
regional productivity: the role of r&d, human capital and public infrastructure “- “Determinanti
della produttività regionale nel lungo periodo: il ruolo della ricerca e sviluppo, del capitale umano e delle infrastrutture” [Tema di discussione n. 597, settembre 2006].
93 Lo studio si focalizza sul livello delle variabili invece che sui tassi di crescita. Come hanno sostenuto Hall e Jones (1999), l’indagine su tale livello può rappresentare un tema di ricerca molto
più naturale, dato che le differenze nel livello di produttività o di reddito riflettono le differenze nel
Welfare.
94 Tra gli studi di riferimento: ricerca comparativa internazionale EDEX (Educational
Expansion and Labour Market) finanziata dalla DGXII della Commissione Europea.
95 Percentuale della popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello di
istruzione secondario inferiore.
148
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
riduce di 11,1 punti percentuali, mentre l’Italia ed il resto delle Regioni
del paese perdono rispettivamente il 12,1% e il 12,6%, con ciò confermando una distanza positiva a favore del Mezzogiorno (+7,5%) – fattore che indica una incidenza maggiore della popolazione a bassa scolarizzazione in tutta l’area del Sud.
Nell’intervallo di tempo considerato sono la Basilicata e la Sardegna a
segnare una flessione particolarmente significativa, contro un trend di
sostanziale conferma delle altre aree del Sud. Nel biennio 2004-2005 la
curva delle Regioni Obiettivo 1 continua a dominare in termini di livello di istruzione della popolazione adulta rispetto al resto d’Italia96.
Figura 60 - Livello d’istruzione popolazione adulta grandi ripartizioni
geografiche. Serie storica 1995-2003
90,0
60,0
69,8
68,3
67,0
65,7
64,2
65,6
62,7
63,8
61,0
62,3
60,7
64,2
59,2
58,8
56,9
63,2
58,0
61,8
60,8
56,9
55,9
55,6
54,7
53,7
58,7
53,6
51,2
30,0
0,0
1995
1996
1998
1997
Italia
1999
Regioni non Ob.1
2000
2001
2002
2003
Regioni Ob.1
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
96 Si tratta di dati non confrontabili con i precedenti a causa di modifiche nella classificazione
dei titoli di studio nel periodo overlap (2003) tra le due indagini.
149
Il livello di
istruzione dei
cancellati
CAPITOLO 2
Il livello di
istruzione dei
cancellati
Figura 61 - Livello d’istruzione della popolazione adulta nelle Regioni Obiettivo 1
Serie storica 1995-2003
80,0
70,0
60,0
50,0
1995
1996
Campania
1997
Puglia
1998
Basilicata
1999
Calabria
2000
Sicilia
2001
Sardegna
2002
2003
Italia
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Passando ad analizzare il tasso di scolarizzazione superiore97 relativo
alla popolazione di età compresa tra i 20 e i 24 anni che ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore, si evidenzia, nel periodo 1995-2003, un trend inverso rispetto al precedente dato. Infatti,
le Regioni Obiettivo 1 registrano un dato inferiore alla media italiana. Per
le aree del Sud il tasso di scolarizzazione cresce di 15,2 punti percentuali nella fase considerata, contro un incremento dell’indicatore riferito
alle altre regioni di circa il 12%.
Esplodendo il dato a livello regionale emerge un tasso di scolarizzazione superiore nel biennio 2002-2003 per Calabria e Basilicata che
mantengono il primato nel tempo. Fanalini di coda Puglia e Sardegna,
contro un recupero registrato dalla Sicilia a partire dal 1998. Nel 2004
e nel 2005 l’andamento dell’indicatore conferma il precedente orientamento, ferma restando l’impossibilità di confronto con i dati passati a
causa della riclassificazione dei titoli di studio avvenuta a partire dal
2003.
97 Rapporto tra gli studenti iscritti al livello di istruzione considerato e la popolazione residente appartenente alla corrispondente classe teorica di età (per 100). Per la scuola secondaria superiore l’età teorica considerata è 14-18 anni, per l’Università è 19-25.
150
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Figura 62 - Tasso di scolarizzazione superiore grandi ripartizioni geografiche
Serie storica 1995-2003
80,0
70,0
62,9
60,0
58,5
50,0
50,8
64,7
60,1
52,4
66,2
61,9
54,7
68,8
64,3
70,2
70,9
71,9
66,4
67,3
68,2
61,7
60,1
56,9
74,4
73,4
71,1
69,7
66,0
64,1
62,5
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
1995
1996
1997
Italia
1998
1999
Regioni non Ob.1
2000
2001
2002
2003
Regioni Ob. 1 (escluso Molise)
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Figura 63 - Tasso di scolarizzazione superiore nelle Regioni Obiettivo 1
Serie storica 1995-2003
80,0
Basilicata
Calabria
70,0
Italia
Campania
Sicilia
Puglia
60,0
Sardegna
50,0
40,0
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
151
Il livello di
istruzione dei
cancellati
CAPITOLO 2
Il livello di
istruzione dei
cancellati
La domanda di lavoro in Italia e nelle Regioni Obiettivo 1, ha registrato un tasso di variazione (2003/1996) di occupati per titolo di studio pari a circa +9%. Sono cresciuti in Italia gli occupati in possesso di diploma universitario e laurea breve (+71%), seguiti da coloro che hanno
conseguito la maturità (+39%) e il dottorato di laurea (+37%). Nelle
Regioni Obiettivo 1 la domanda di lavoro si è focalizzata soprattutto a
favore di occupati in possesso di diploma di maturità (+41%) e di diploma universitario/laurea breve (+43%). In netta flessione il dato 2003,
rispetto al 1996, se riferito, per entrambe le ripartizioni, agli occupati
con licenza elementare o privi di qualifica.
Spostando l’attenzione sul livello di istruzione di coloro che nel
200398 hanno lasciato le Regioni Obiettivo 1 per una regione del
Centro-Nord, circa la metà (48,2%) era in possesso di un titolo di studio medio-alto (35,6% con diploma e 12,5% con laurea). Questo vale
per tutte le Regioni Obiettivo 1, raggiungendo livelli particolarmente
elevati soprattutto per la Calabria (55,1%) e la Basilicata (54,1%), dove si registra anche il maggior numero di cancellati a medio alta scolarizzazione. La presenza di individui a medio-alta scolarizzazione cresce
di 6 punti percentuali nella composizione del flusso migratorio nel
quinquennio 1999-2003, passando dal 42,2% (pari a 45.305 unitè)
dell’anno iniziale al 48,2% nel 2003, (corrispondente ad un valore assoluto di 46.850 unità). Scomponendo il dato per titolo di studio elevato si nota, però, la performance positiva (tasso di variazione +37,4%) del
dato riferito ai possessori di laurea, mentre si contrae il flusso di diplomati presso le scuole medie superiori (tasso di variazione -4,9%), ricalcando il trend complessivo e, dunque, l’andamento degli altri titoli di
studio considerati.
98
152
Ultimo dato ISTAT disponibile.
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Figura 64 - Tasso variazione occupati per titolo di studio
(2003 su 1996)
Il livello di
istruzione dei
cancellati
71,5
80,0
60,0
42,9
36,6
40,0
39,3 41,2
26,6
23,1
16,7
9,6 9,4
20,0
0,1 3,5
0,0
-20,0
-36,7
-40,0
Dottorato
Laurea
Diploma Univ.
Laurea Breve
Maturità
Italia
Qualifica
Licenza Media
senza accesso
-32,3
Licenza
Elementare /
nessun titolo
Totale
Regioni Ob.1
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
Figura 65 - Tasso variazione cancellati con più di 14 anni dalle Regioni Obiettivo 1
Per titolo di studio anno 2003 su 1999
37,4
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
-4,9
-10,0
-20,0
-15,4
-9,3
-20,1
-30,0
Nessun
titolo/lic.
elementare
Diploma media Diploma media
inferiore
superiore
Laurea
Totale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
153
CAPITOLO 2
Complessivamente, la composizione percentuale dei cancellati dalle Regioni Obiettivo 1, nel 2003, vede prevalere la percentuale di coloro che sono in possesso di diploma di media superiore. Significativa la
quota (20,8%) di cancellati laureati registrata in Calabria, seguita dal
dato relativo alla regione Basilicata (16,1%); la Sicilia chiude la classifica delle Regioni Obiettivo 1 con l’8,5% dei cancellati laureati.
S icilia
TO TA LE
S a rd e g na O B IETTIV O 1
Figura 66 - Cancellati dalle Regioni Obiettivo 1 con più di 14 anni
Per titolo di studio e regione di origine - Anno 1999-2003 (valori percentuali)
2003
1999
2003
1999
2003
C a la b ria
2003
P ug lia
2003
B a silica ta
1999
C a m p a nia
Il livello di
istruzione dei
cancellati
1999
1999
2003
1999
2003
1999
0
5
10
Nessun titolo o licenza elementare
15
20
25
Diploma media inferiore
30
35
Diploma media superiore
40
45
50
Laurea
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Nell’arco di tempo considerato (1999-2003), dunque, la componente migratoria più dinamica si conferma essere quella relativa ai
laureati. Infatti, considerando il tasso di variazione delle cancellazioni
per medio-alta scolarizzazione, esso risulta positivo (+3,4%) nel totale
delle Regioni Obiettivo 1, sostenuto soprattutto dalle performance di
Basilicata (+11%) e Sicilia (+7%). In flessione il dato riferito alle regioni Sardegna (-1,6%) e Puglia (-1,3%). Dalla scomposizione del dato
emerge il trend positivo e dinamico dei valori riferiti ai laureati, parti154
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
colarmente significativo in Basilicata (+53,9%), Campania (+53,1%) e
Sardegna (+47,6%). Si riduce in tutte le regioni, eccetto che per la
Sicilia (+2,8%) il segmento dei cancellati in possesso di diploma di
scuola media superiore.
Considerando l’incidenza dei cancellati a medio-alta scolarizzazione sul totale della popolazione in ciascuna delle regioni dell’area
Obiettivo 1, emerge il netto primato della Calabria in quanto a regione
di origine di cancellati a medio alta-scolarizzazione: 41 emigrati verso le
regioni del Centro-Nord ogni 10.000 abitanti, nel 2003, contro i 39 registrati nel 1999. Seguono Campania e Basilicata con 26 laureati o diplomati per 10.000 abitanti che abbandonano la propria residenza.
Per la Puglia il dato scende a 24 cancellati (per 10.000 abitanti), mentre Sicilia e Sardegna chiudono la classifica rispettivamente con 20 e
17 cancellati ogni 10.000 abitanti.
Tra le principali regioni di destinazione: il Lazio, che registra, nel
2003, il valore più alto dei migranti con un buon livello di istruzione
(laurea e diploma di media superiore); la Lombardia e l’EmiliaRomagna.
Figura 67 - Tasso di variazione cancellati a medio – alta scolarizzazione nelle
Regioni Obiettivo 1. (anno 2003 su 1999)
53,9
53,1
60,0
47,6
50,0
37,4
34,2
40,0
26,5
30,0
20,0
10,0
30,5
11,1
4,4
3,6
7,4
0,0
-10,0
-4,5
-1,3
3,4
2,8
-1,6
-0,6
-6,7
-10,2
-4,9
-10,3
-20,0
Campania
Puglia
Basilicata
medio-alta scolarizzazione
Calabria
Sicilia
diploma media superiore
Sardegna
Totale
laurea
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
155
Il livello di
istruzione dei
cancellati
CAPITOLO 2
Il livello di
istruzione dei
cancellati
Tabella 38 - Incidenza cancellati a medio-alta scolarizzazione su totale popolazione Regioni
Obiettivo 1. (per 10.000 abitanti)
Regioni
Obiettivo 1
Cancellati medio-alta
scolarizzazione
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
OBIETTIVO 1
1999
14.019
10.002
1.374
7.876
9.118
2.915
45.304
2003
14.639
9.873
1.527
8.158
9.794
2.868
46.859
Popolazione
1999
5.722.364
4.042.028
603.546
2.040.988
5.003.447
1.641.918
19.054.291
2003
5.725.098
4.023.957
596.821
2.007.392
4.972.124
1.637.639
18.963.031
Cancellati medio-alta
scolarizzazione ogni
10.000 abitanti
1999
2003
24,5
25,6
24,7
24,5
22,8
25,6
38,6
40,6
18,2
19,7
17,8
17,5
24,7
23,8
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
La presenza di capitale umano nell’ambito delle Regioni Obiettivo
1 è certamente riconducibile agli elementi caratterizzanti la domanda e
l’offerta del mercato dell’istruzione e del lavoro.
Dal lato dell’offerta di istruzione sembra plausibile prendere in considerazione la scarsa diffusione di centri universitari presenti nel
Mezzogiorno, tale da indurre lo spostamento degli studenti residenti,
con ciò incidendo significativamente sull’ammontare degli investimenti in capitale umano registrato nel Sud Italia.
Tabella 39 - Atenei, sedi universitarie per regione
Anno accademico 2004/2005
Regioni Obiettivo 1
Nord
Centro
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
ITALIA
Numero Atenei
Totale
di cui statali
35
23
31
21
8
6
5
4
1
1
3
3
4
3
2
2
23
19
89
63
Numero sedi universitarie
Totale
di cui statali
41
43
29
30
7
8
6
6
1
1
3
3
4
4
2
2
23
24
93
97
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Ministero dell’Università dell’Istruzione e della Ricerca.
Di contro, la domanda di istruzione nell’area Obiettivo 1 è decisamente caratterizzata da un diffuso fenomeno di vischiosità della mobilità intergenerazionale (mobilità sociale) che di fatto lega il titolo di
studio dei padri a quello dei figli. Infatti, nel Mezzogiorno l’avanzamento sociale legato all’acquisizione di titoli di studio superiori a quel156
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
li posseduti dai componenti della famiglia di origine risulta meno fluido, rispetto alle regioni del Centro-Nord. Aprendo una finestra sul
mercato del lavoro, risulta di facile evidenza l’incapacità da parte del
sistema produttivo del Mezzogiorno di assorbire l’offerta di lavoro,
sebbene vadano opportunamente considerate le tipologie di formazione richieste dalle imprese e come ciò interagisca con le scelte familiari in tema di istruzione.
2.2.2 Capitale umano e forza lavoro
Dall’analisi dello stock di capitale umano, rappresentato dal peso
della forza lavoro per titolo di studio, sul totale forza lavoro, per ripartizioni geografiche, si evince che dal 2000 al 2005 si è registrato un differente orientamento verso la scolarizzazione che ha coinvolto tutto il
Paese.
Infatti, nell’intervallo di tempo considerato, si nota un incremento
della forza lavoro a medio-alta scolarizzazione, soprattutto nel segmento “laureati” (passati dal 12,4% del 2000 al 15,6% del 2005). In
particolare, nel 2000 a prevalere, in tutte le ripartizioni considerate, è la
forza lavoro in possesso di licenza elementare (39,2%); nel 2005, invece, prevale la forza lavoro in possesso di diploma di scuola media superiore (38,9%), ad eccezione dell’area Obiettivo 1 dove resta una sostanziale maggioranza della forza lavoro a bassa scolarizzazione
(37,6%).
Tabella 40 - Peso titolo di studio per forza lavoro
Anni 2000 e 2005
peso fl
elementare
peso fl
media
ITALIA
Nord
Centro
Obiettivo 1
39,2
40,4
35,7
40,0
13,9
12,8
12,6
16,5
ITALIA
Nord
Centro
Obiettivo 1
36,0
37,1
31,7
37,6
9,5
8,4
7,8
12,5
peso fl
superiore
peso fl
laurea
34,5
34,4
38,0
32,0
12,4
12,3
13,7
11,5
38,9
38,8
42,6
36,1
15,6
15,7
17,9
13,8
2000
2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
157
Il livello di
istruzione dei
cancellati
CAPITOLO 2
Capitale umano e
forza lavoro
La variazione del peso della forza lavoro relativa alla fascia a medioalta scolarizzazione registra, nel periodo 2000-2005, un trend positivo
(+4,4% forza lavoro diplomati; +3,2% forza lavoro laureati) in tutte le
ripartizioni geografiche considerate, a differenza della diffusa flessione
della variabile stimata in riferimento ai gradi di scolarità inferiore. In
particolare, nelle aree Obiettivo 1, la variazione del peso della forza lavoro a medio-alta scolarizzazione sul totale forza lavoro, seppure positiva (+4,1% foza lavoro diplomati; +2,2% forza lavoro laureati), risulta
comunque al di sotto del dato nazionale.
Figura 68 - Tasso di variazione della forza lavoro per titolo di studio grandi
ripartizioni geografiche. (anno 2003 su 1999)
2,2
Obiettivo 1
4,1
-4,0
-2,3
4,1
-4,8
Centro
4,6
-4,0
3,3
4,4
Nord
-4,4
-3,3
3,2
4,4
ITALIA
-4,4
-3,2
-5
-4
-3
-2
elementari
-1
medie
0
superiore
1
2
3
4
5
laurea
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Spostando l’attenzione sugli aspetti qualitativi caratterizzanti il capitale umano si considererà, quale proxy (diffusamente riconosciuta in
letteratura), la spesa pubblica e privata per l’istruzione sostenuta nel
periodo 1995-2003. La spesa delle famiglie per l’istruzione, nel periodo 1995 – 2003, subisce, nell’area Obiettivo 1, un incremento del
33,7% – dato superiore alla variazione media nazionale che si attesta intorno al 31%. La Calabria indica un incremento significativo della variabile (42,7%), mentre la variazione più contenuta, all’interno delle
regioni del Sud, si evidenzia in Puglia (26,4%). Complessivamente, il
peso della spesa delle famiglie per istruzione delle differenti ripartizioni, rispetto al dato nazionale, resta sostanzialmente invariato nel tempo, vedendo una costante prevalenza del Nord, seguito dall’area
Obiettivo 1 e, quindi, dalle regioni del Centro Italia.
158
1995
433,7
259,7
44,4
159,9
346,5
123,2
1.367,5
1.202,6
3.009,4
5.712,0
1996
462,2
264,2
46,7
173,5
360,8
130,5
1.437,9
1.246,8
3.155,1
5.979,0
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
Centro
Nord
ITALIA
1997
459,5
271,0
46,9
180,3
379,2
136,2
1.473,2
1.284,9
3.250,1
6.158,2
1998
480,0
297,8
48,5
184,3
386,1
138,5
1.535,3
1.311,2
3.322,4
6.317,3
1999
500,6
303,7
51,0
196,2
412,4
144,1
1.607,8
1.379,1
3.461,7
6.606,0
2000
521,9
308,8
53,1
204,8
418,6
151,9
1.659,1
1.417,9
3.583,8
6.824,5
2001
533,1
316,0
54,8
214,8
432,9
155,2
1.706,9
1.461,8
3.700,6
7.038,3
Tabella 41 - Spesa delle famiglie per l’istruzione per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1
Serie storica 1995- 2003 valori ai prezzi correnti (milioni di euro dal 1999) (milioni di eurolire per gli anni precedenti)
2002
541,9
316,8
55,6
214,2
436,3
155,9
1.720,7
1.477,8
3.715,6
7.084,8
2003
584,9
328,3
59,2
228,3
460,6
166,8
1.828,1
1.563,2
3.933,7
7.506,2
2004
34,9
26,4
33,3
42,7
32,9
35,4
33,7
30,0
30,7
31,4
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Capitale umano e
forza lavoro
159
CAPITOLO 2
Capitale umano e
forza lavoro
Figura 69 - Peso della spesa delle famiglie per l’istruzione grandi ripartizioni
geografiche. Rispetto al dato nazionale in serie storica 1995 - 2003
60
50
40
30
20
10
0
1995
1996
1997
1998
Obiettivo 1
1999
Centro
2000
2001
2002
2003
Nord
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Dall’analisi effettuata sulla spesa pro-capite per l’istruzione per ripartizione geografica, si evince un livello di spesa nelle Regioni
dell’Obiettivo 1 (96,4 euro annui) di gran lunga inferiore sia alla media
nazionale (130,9 euro annui), che al dato relativo al Nord (152,6 euro
annui) e al Centro (124,3 euro annui). In particolare, nelle aree
Obiettivo 1 la regione che spende maggiormente in istruzione è la
Calabria (113,7 euro annui) seguita dalla Campania e dalla Sardegna
rispettivamente con 102,2 e 101,8 euro annui.
Al contrario, registrano investimenti più contenuti la Puglia (81,6
euro annui) e la Sicilia (92,6), mentre la Basilicata (99,2) ha un valore poco superiore al dato medio del Sud. Inoltre, dalle variazioni percentuali della spesa per l’istruzione pro-capite, secondo la dimensione
temporale 1995 – 2003, si nota un maggiore dinamismo nelle
Regioni dell’Obiettivo 1 (+34,5%) rispetto alle altre aree considerate
(Nord +28,1%; Centro +29,5%). La regione con la più alta variazione
positiva nel Sud è la Calabria (+ 46,8%) seguita dalla Sardegna
(+36,5%) e dalla Basilicata (+36,2). Mentre in Campania (+34,1%)
ed in Sicilia (+33,8%) i valori sono molti vicini alla media segnalata
nelle Regioni l’Obiettivo 1; in Puglia la variazione (+27,4%) subisce
l’incremento minore.
160
76,2
64,0
72,8
77,5
69,2
74,6
71,7
96,0
119,1
100,4
81,0
65,1
76,7
84,1
72,0
79,1
75,3
99,9
124,8
105,2
1996
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
Centro
Nord
ITALIA
1995
80,4
66,9
77,3
87,7
75,7
82,6
77,2
103,0
128,4
108,3
1997
83,9
73,5
80,1
89,9
77,1
84,1
80,4
105,1
131,1
111,0
1998
87,5
75,1
84,5
96,1
82,4
87,8
84,4
110,6
136,4
116,1
1999
91,3
148,9
88,3
101,0
83,8
92,7
97,3
98,3
140,9
119,9
2000
Tabella 42 - Spesa pro capite per l’istruzione per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1
Serie storica 1995 – 2003 in euro
93,4
78,5
91,4
106,4
87,0
95,0
90,0
117,1
145,0
123,6
2001
95,0
78,8
93,1
106,6
87,9
95,6
90,9
118,3
145,3
124,3
2002
102,2
81,6
99,2
113,7
92,6
101,8
96,4
124,3
152,6
130,9
2003
% var.
03/95
34,1
27,4
36,2
46,8
33,8
36,5
34,5
29,5
28,1
30,4
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Capitale umano e
forza lavoro
161
CAPITOLO 2
Capitale umano e
forza lavoro
Alla spesa per istruzione delle famiglia si aggiunge quella sostenuta
dalla pubblica amministrazione, con riferimento al periodo 1995-2002
(ultimo dato disponibile). In tal caso l’incremento nelle aree delle
Regioni Obiettivo 1 (+36,1%) è conforme a quello nazionale
(+36,3%), tranne per la regione Basilicata dove il valore della variazione (+33,8) è inferiore al dato nazionale, nonché al valore medio dell’area Obiettivo 1. Anche in questo caso la variazione del peso della
spesa per istruzione delle ripartizioni, rispetto al dato italiano, resta sostanzialmente stabile nel tempo, vedendo una prevalenza dell’area
Obiettivo 1 uguagliata nell’ultimo biennio considerato dal dato del
Nord. Nettamente al di sotto il valore riferito al Centro.
Dal confronto tra le due tipologie di spesa pubblica per istruzione
(famiglie e amministrazioni pubbliche) si evidenzia in tutte le ripartizioni un incremento della spesa pubblica per l’istruzione superiore a
quello delle famiglie. Solo nel Centro le due variazioni si equivalgono registrando un valore pari ad un incremento di circa il 30%. Nell’ambito
delle Regioni dell’Obiettivo 1 si hanno dei valori coerenti con i dati nazionali tranne che per le regioni Calabria e Sardegna, dove si verifica
un trend inverso: l’incremento della variazione della spesa delle amministrazioni pubbliche per l’istruzione è inferiore alla variazione della
spesa sostenuta dalle famiglie.
Figura 70 - Peso della spesa delle amministrazioni pubbliche per l’istruzione
grandi ripartizioni geografiche rispetto al dato nazionale in serie storica 1995
- 2002
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
1995
1996
1997
Fonte: elaborazione Isfol su dati Istat.
162
1998
1999
Obiettivo 1
Centro
2000
Nord
2001
2002
1995
4.803,0
3.016,6
582,6
1.902,1
4.155,4
1.499,8
15.959,6
8.812,3
15.671,4
41.719,4
1996
5.290,7
3.322,6
660,7
2.097,3
4.514,6
1.617,9
17.503,8
9.553,3
17.003,8
45.453,4
Fonte: elaborazione Isfol su dati Istat.
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
Centro
Nord
ITALIA
1997
5.586,5
3.568,2
697,7
2.230,6
4.822,2
1.656,8
18.562,0
9.872,1
17.780,1
47.694,8
1998
5.753,3
3.633,8
710,1
2.316,8
4.973,0
1.713,6
19.100,6
10.188,7
18.373,0
49.167,2
1999
5.932,5
3.745,9
734,4
2.345,2
5.101,0
1.737,9
19.597,0
10.114,3
19.121,8
50.363,3
2000
6.315,2
3.970,0
751,4
2.349,9
5.393,9
1.799,3
20.579,8
10.695,8
19.760,2
52.621,8
2001
6.482,1
3.997,9
774,2
2.485,2
5.664,0
1.845,8
21.249,1
11.144,1
21.132,9
55.187,0
2002
6.609,6
4.081,0
779,3
2.580,2
5.759,5
1.905,7
21.715,5
11.480,8
21.953,0
56.872,2
Tabella 43 - Spesa amministrazioni pubbliche per istruzione in ripartizioni geografiche Regioni.
Obiettivo 1 Serie storica 1995-2002 valori ai prezzi correnti (milioni di euro dal 1999) (milioni di eurolire per gli anni precedenti)
2003
37,6
35,3
33,8
35,7
38,6
27,1
36,1
30,3
40,1
36,3
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Capitale umano e
forza lavoro
163
CAPITOLO 2
2.2.3 I flussi di mobilità delle Regioni Obiettivo 1: il “brain drain”
I processi migratori, così come evidenziato, hanno messo in luce nella
fase di ripresa di questi ultimi anni una tendenza allo spostamento marcatamente selettiva, caratterizzata da un flusso di competenze specifiche e di
capitale umano ad elevata scolarizzazione.
Nella fattispecie, la perdita di personale qualificato, a vari livelli, è definita brain drain o drenaggio di competenze. Il termine può riferirsi esclusivamente alle fasce più qualificate di lavoratori che comprendono studiosi e professionisti (higly skilled professionals), sino a includere tecnici
o operai specializzati, nonché studenti universitari e specializzandi.
L’interpretazione del fenomeno del brain drain è riconducibile ai
seguenti filoni teorici99:
• teoria della domanda e dell’offerta;
• teoria del capitale umano;
• teoria del push and pull;
• teoria dello stream and countrstream.
La teoria della domanda e dell’offerta, diffusa negli anni Sessanta e
settanta, sostiene che il principale fattore capace di stimolare lo sviluppo nelle aree arretrate sia l’istruzione formale, in siffatto contesto si
implementarono politiche di istruzione rivolte a qualificare la futura
forza lavoro, alle quali, però, non fece fronte un sistema economico
capace di assorbire il capitale umano qualificato. Lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro avrebbe causato un brain overflow (eccesso
di cervelli), spingendo gli individui più qualificati a ricercare nuove opportunità in altri contesti economici. Questo approccio, però, non è
esaustivo nello spiegare la fuga di cervelli presente anche in zone con
una elevata domanda interna di competenze.
La teoria del capitale umano, invece, considera l’istruzione come un
investimento; pertanto, si valuta il guadagno potenziale (in termini di ritorno sociale e ritorno personale) di tale investimento una volta completata la formazione. Tuttavia, le comunità caratterizzate da elevati
flussi in uscita di forza lavoro ad elevata professionalità, non sempre
riescono a recuperare gli investimenti sostenuti per qualificare il proprio capitale umano, subendo in tal senso un duplice disavanzo.
Infatti, nel breve periodo il deficit viene determinato dalle spese sostenute per formare la futura offerta di lavoro, nel lungo periodo, invece, la
perdita di risorse umane qualificate potrebbe condizionare la capacità
99 I primi tre approcci sono riconducibili a E.J. Okoli (1994) e Wejin Qin (1999), mentre la
quarta analisi è stata teorizzata da M.P. Slawon (1998).
164
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
di generare processi economici innovativi in grado di espandere una
domanda di lavoro qualificata. Nelle aree di arrivo si sviluppano delle dinamiche inverse, in quanto i sistemi produttivi usufruiscono di capitale umano qualificato senza aver partecipato alle spese del processo
formativo. Pertanto, le migrazioni di qualità produrrebbero nei contesti
economici di destinazione effetti divergenti, dando luogo ad un virtuoso brain-gain (guadagno di cervelli) nel caso di entrata di professionalità, utili e utilizzabili nell’area di arrivo. Di contro, non è rara una sottoutilizzazione o dequalificazione professionale che genera il cosiddetto
brain-waste (scarto di cervelli). Si è trattato fin qui di chiarire le sole
conseguenze economiche, che non spiegano il complesso ed articolato processo decisionale da cui maturano i flussi migratori.
A superare l’approccio squisitamente economico provvedono le
teorie “push and pull” individuando diversi fattori di repulsione e attrazione delle migrazioni intellettuali. In particolare, i fattori “push and
pull” sono presenti sia nelle aree di provenienza che in quelle di arrivo.
In tale ottica, sarebbe la valutazione personale di tali fattori (economici, politici, sociali, psicologici) a determinare la decisione di migrare.
Resta, anche in questa circostanza, una criticità dovuta alla incapacità di
tale approccio di spiegare il perché in presenza delle stesse opportunità di restare (alcuni individui rimangono nelle zone di arrivo, mentre
altri rientrano).
Alla teoria “push and pull” si affianca così l’approccio “stream and
countrstream” che considera come la scelta di emigrare comporti la valutazione di una serie di ostacoli che intervengono tra i fattori di attrazione e quelli di repulsione. I fattori “push and pull” sono quindi arricchiti,
in una visione dinamica delle migrazioni, da continui fattori “intervenienti” (associati alla zona di origine e a quella di destinazione, nonché
a fattori personali) che in ogni momento possono modificare gli equilibri del sistema economico influenzando così il processo migratorio.
Tra le determinati che incidono profondamente sul processo decisionale degli individui qualificati in procinto di emigrare, assume particolare rilevanza l’incidenza dei costi di riproduzione sociale da sostenere nel processo di reinserimento sociale ed economico. Lungo questa direttrice gli emigranti attivano un processo valutativo, orientato a determinare i possibili costi e benefici conseguenti al processo di trasferimento per motivi di lavoro.
165
I flussi di mobilità
delle Regioni
Obiettivo 1: il
“brain drain”
CAPITOLO 2
2.3 Le politiche sulla mobilità
La mobilità territoriale costituisce uno dei fenomeni più tipicamente rappresentativi della società contemporanea per cui dovrebbe essere destinataria di politiche dedicate.
Il flusso di persone che costantemente si spostano, delineando una
rete fittissima di traiettorie, porta con sé una fluidità anche di idee, capitali, merci e servizi, così da incidere sugli equilibri socio-economici
preesistenti nei paesi o nelle aree “receiver”.
Costi e benefici di tale fenomeno sono in chiara evidenza: da un lato, l’impoverimento delle aree di partenza in termini di capitale umano
non meno che di opportunità di crescita, dall’altro l’appianamento dei
differenziali territoriali tra domanda e offerta di lavoro e la possibilità
di una equa distribuzione sociale.
Occorrono maggiori politiche per rendere le zone depresse o sotto-utilizzate maggiormente attrattive al fine di innescare quei processi di crescita generatori di posti di lavoro e ridurre, quindi, i tassi di disoccupazione
al fine di ridurre quei gap intra – regionali alla base della mobilità costretta. In questo modo, inoltre, le regioni che godono di condizioni occupazionali migliori non devono affrontare un’immigrazione eccessiva, pressioni di popolazione, congestioni e inquinamenti ambientali, etc.
In un siffatto contesto, dunque, adeguate politiche di accompagnamento della mobilità e di rientro dei flussi migratori, soprattutto nella
componente qualificata, rappresentano un imprescindibile elemento
di riequilibrio nei percorsi di sviluppo dei territori di partenza sottoposti
al brain drain. Certamente, le competenze professionali più qualificate
potrebbero non essere sfruttate adeguatamente nelle aree di origine in
quanto prive di strutture adeguate per tali professionalità. Tuttavia, proprio le nuove professionalità potrebbero rappresentare un significativo
incentivo per la crescita delle strutture locali. Dunque, la migrazione di capitale umano qualificato è un fenomeno dalle diverse angolazioni di
analisi; un movimento non a senso unico che fa propendere la scelta
concettuale a favore di un generico brain-movement100.
Focalizzeranno l’attenzione su alcuni dispositivi normativi nazionali ed
europei si intende inquadrare il fenomeno nella sua gestione e valutazione istituzionale. Dalle direttive comunitarie agli orientamenti nazionali e quindi le applicazioni regionali. Si tratta di un insieme di iniziative che rappresentano uno sfondo ancora sfumato per un fenomeno che nel tempo assume connotazioni e caratteristiche fortemente variabili.
100
166
Todisco, 2000.
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
2.3.1 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità
Strategie comunitarie sulla mobilità geografica dei lavoratori
Nell’agenda del legislatore comunitario la mobilità geografica dei lavoratori rappresenta una linea guida centrale per realizzare il processo di integrazione europea, ma anche un aspetto fondamentale per raggiungere gli obiettivi occupazionali, previsti dalla Strategia di Lisbona.
La promozione dei processi di mobilità geografica è tema strettamente connesso all’attuazione del principio della cittadinanza europea e dell’integrazione interculturale, ma anche all’applicazione del diritto alla libera circolazione
dei lavoratori, sancito dal Trattato istitutivo della Comunità europea.
Se la “libera circolazione delle persone” viene definita come il diritto attribuito ai cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea di circolare e
di soggiornare liberamente su tutto il territorio comunitario, indipendentemente dall’esercizio di un’attività lavorativa, la “mobilità” è il diritto di tutti i cittadini europei di lavorare e di vivere in un altro Stato membro senza subire discriminazioni fondate sulla nazionalità. Per addentrarci nel tema occorrerebbe ricordare non solo le disposizioni contenute negli
Accordi di Schengen sul transito nel territorio comunitario e le politiche di
cooperazione ad esso connesse101, ma soprattutto andrebbero ampiamente sviluppate le strategie e la normativa che l’Unione Europea ha adottato al fine di garantire la libera circolazione delle persone.
Ciò richiederebbe un approfondimento della normativa sul riconoscimento delle qualifiche professionali, sui sistemi di sicurezza sociale, di assistenza sanitaria, di opportunità professionali, di apprendimento all’estero e di migrazione di lavoratori da paesi terzi. Temi che sono stati al centro del dibattito sviluppato nell’Anno Europeo per la mobilità dei lavoratori, appena concluso102.
101 Cfr. Nel 1985 Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno deciso di creare fra essi uno spazio senza frontiere (lo Spazio Schengen, dal nome della città lussemburghese
in cui sono stati firmati i primi accordi). In seguito, è stata elaborata una Convenzione, firmata il 19
giugno 1990 (il 27.11.1990 ha aderito anche l’Italia) ed entrata in vigore nel 1995 che ha consentito l’abolizione dei controlli interni tra gli Stati firmatari e la creazione di una frontiera esterna
unica, lungo la quale sono state adottate identiche procedure di controllo nello spazio di
Schengen. In definitiva, vi è stata l’affermazione della piena libertà di circolazione nell’insieme
dei territori di tutti gli Stati firmatari degli Accordi di Schengen.
102 Il 2006 doveva anche essere l’anno in cui i 12 Stati membri che hanno applicato il regime transitorio di libera circolazione dei lavoratori, dopo l’allargamento, avrebbero dovuto decidere se mantenere o meno restrizioni all’ingresso dei lavoratori provenienti dagli otto Paesi dell’Europa centroorientale divenuti membri dell’Unione Europea il 1° maggio 2004. Nel maggio 2006 Finlandia,
Grecia, Portogallo, Spagna e Italia hanno aperto il loro mercato del lavoro a tutti i 25 Paesi
dell’Unione Europea, mentre Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Francia e Olanda hanno introdotto misure per un graduale allentamento delle restrizioni; Austria e Germania sono gli unici Paesi che persistono nell’applicazione delle restrizioni fino alla fine del periodo transitorio, al più tardi 2011.
167
CAPITOLO 2
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
La mobilità dei lavoratori (intesa come mobilità professionale e geografica) all’interno delle politiche comunitarie viene considerata come un elemento chiave nella lotta alla disoccupazione, ma anche un’utile opportunità per acquisire nuove competenze ed esperienze, da spendere nel mercato del lavoro europeo al fine di ridurre le sperequazioni e gli squilibri presenti in alcuni settori produttivi o in alcune aree geografiche.
I dati emersi dalle stime diffuse in ambito comunitario mettono in rilievo che uno dei principali fattori di debolezza del mercato del lavoro
è da ricercarsi proprio nella scarsa propensione alla mobilità professionale (in media, i lavoratori europei cambiano occupazione solo una
volta ogni 10,6 anni, mentre negli Usa la media è di 6,7 anni)103.
La mobilità geografica dei lavoratori risulta, infatti, relativamente bassa: solo lo 0,1% della popolazione complessiva dell’UE ha cambiato la
propria residenza ufficiale nel 2000. Più consistente, invece, il flusso della mobilità geografica tra Regioni di uno stesso Stato membro: infatti,
circa l’1,2% della popolazione occupata nell’UE, pari circa a 2 milioni di lavoratori tra i 15 e i 64 anni di età, ha cambiato residenza, trasferendosi in
un’altra regione, nel corso del 1999104. Negli anni più recenti, secondo i dati Eurostat, la percentuale degli italiani che ha trovato lavoro all’estero si
è attestata intorno all’1,2%, mentre il 5,8%, nel 2003, ha dichiarato di
aver cambiato lavoro nell’anno precedente. Meno propensi a cambiare lavoro in Europa sono risultati gli svedesi (tra il 2002 e il 2003 solo il 4,4%
di essi ha cambiato lavoro), mentre i più favorevoli a trasferirsi sono i danesi (12,9%) e gli inglesi (12,6%).
103 Il monitoraggio sul flusso dei lavoratori in circolazione viene realizzato attraverso studi
empirici che si basano sull’utilizzo di indicatori giuridici e sociali. I primi parametri, in generale,
attengono alle misure di politiche attive poste in essere in ambito comunitario, nazionale, locale
per incentivare ed agevolare la mobilità geografica dei lavoratori. Essi forniscono un quadro oggettivo degli incentivi predisposti, ma possono determinare risultanze diverse in ragione delle differenti realtà geografiche e sociali cui si riferiscono. Gli indicatori sociali sono quelli che assicurano
un’analisi del fenomeno secondo criteri facilmente confrontabili: in questo caso sono presi in
esame i cambi di residenza, l’età dei soggetti migranti, le loro qualifiche professionali, i costi di
trasferimento (ad esempio, costi sostenuti per la nuova abitazione).
104 In particolare, un elemento per analizzare la mobilità geografica dei lavoratori può essere
costituito dal cambiamento di residenza per motivi di lavoro nell’arco temporale di dieci anni. Un
secondo dato di comparazione, invece, può essere considerato il cambio di residenza in generale. Tuttavia, i risultati che emergono con riferimento al primo indicatore mettono in luce la problematica sulla dimensione temporale: il periodo di dieci anni è forse troppo lungo per misurare
analiticamente la mobilità geografica del lavoro e dei lavoratori. In questo arco di tempo, infatti, possono registrarsi per una stessa persona numerosi cambiamenti di residenza per motivi di lavoro.
Attraverso il secondo indicatore, invece, le risultanti sono parziali poiché non forniscono informazioni complete sui motivi che hanno spinto il singolo a cambiare residenza, di solito indotto da ragioni essenzialmente o principalmente di lavoro.
Nell’analisi dei processi di mobilità registrati nel corso degli anni, inoltre, un altro dato appare rilevante: il profilo professionale del lavoratore disposto a spostarsi risulta diverso, come dimostra il caso italiano. Infatti, se negli anni ’60 e ’70 i lavoratori che lasciavano il luogo di origine avevano prevalentemente una bassa qualifica, oggi, invece, coloro che sono disposti a trasferirsi altrove sono principalmente lavoratori qualificati o, addirittura, altamente qualificati.
168
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
La staticità della forza lavoro e la scarsa volontà degli europei a
cambiare lavoro, in generale, sembra essere un dato comune e potrebbe essere ricondotta ad una carente informazione sui vantaggi offerti da un lavoro all’estero o in un altro settore. Questo è il dato che
emerge anche nell’ambito dell’indagine Eurobarometro che sottolinea
come gli Europei siano comunque favorevoli all’idea di cambiare lavoro, poiché consapevoli dell’importanza della libera circolazione e dei
benefici che possono derivare dal cambiare luogo di lavoro, anche se
non mancano le riserve sulle conseguenze che una scelta di questo tipo può determinare sulla vita familiare.
L’urgenza di rimuovere gli ostacoli alla mobilità per facilitare il flusso dei lavoratori per attribuire flessibilità e dinamismo al mercato del
lavoro comunitario e a quelli nazionali, senza correre il rischio di
inondazioni migratorie o di depauperazione dei territori di origine, è
stata riconosciuta sin dal Consiglio straordinario di Lisbona del 22 e
23 marzo 2000105.
Il raggiungimento di migliori e numerosi posti di lavoro, la realizzazione
di una maggiore coesione sociale e lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza richiedono l’abolizione di qualsiasi restrizione alla mobilità
professionale e geografica in tutta l’Unione europea, misura raccomandata anche negli orientamenti comunitari per la crescita e l’occupazione
(2005-2008) per garantire una maggiore reattività al mercato del lavoro.
Va sottolineato, tuttavia, che nel diritto comunitario il tema della
mobilità geografica dei lavoratori è strettamente connesso alla mobilità in materia di istruzione e formazione: pertanto, le istituzioni comunitarie, seguendo un doppio binario, hanno adottato, da un lato, provvedimenti per incentivare la mobilità per motivi di studio, dall’altro misure in grado di far crescere la mobilità professionale.
A tal fine il Consiglio e la Commissione hanno segnalato la necessità di definire a breve gli strumenti e le misure per promuovere la mobilità degli studenti, dei docenti e del personale preposto alla formazione e alla ricerca, utilizzando al meglio i programmi comunitari esistenti, anche attraverso una maggiore trasparenza nelle procedure di riconoscimento delle qualifiche e dei periodi di apprendimento.
105 Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona (23/24 marzo 2000) ha inteso imprimere,
attraverso la cd. “Strategia di Lisbona”, un rinnovato vigore alle politiche comunitarie, alla luce
della globalizzazione economica e della crescente importanza delle tecnologie dell’informazione
e delle telecomunicazioni. A cinque anni dal varo della Strategia di Lisbona, la Commissione,
considerati gli esiti deludenti, ha presentato la proposta per il Rilancio della Strategia di Lisbona
[COM24/2005], documento integrato da: il doc. con le raccomandazioni agli Stai membri, allegato alla COM.24/2005 (SEC 193/2005); il doc. sulla governance e la tempistica, all. alla
COM.24/2005 (SEC 193/2005); lo staff work document preparatorio per la COM.24/2005
(SEC.160/2005).
169
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
CAPITOLO 2
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
Nella stessa prospettiva le istituzioni comunitarie, a partire dall’anno
2000, hanno adottato una serie di strumenti per favorire i processi di
mobilità, primo tra tutti il “Piano d’azione per la mobilità” approvato
dal Consiglio Europeo a Nizza nel dicembre 2000106. Si tratta di un insieme di provvedimenti di natura amministrativa, regolamentare, finanziaria e sociale per definire, incrementare e democratizzare la mobilità
della forza lavoro in Europa, nonché per promuovere forme di finanziamento adeguato.
Successivamente, nel luglio 2001, è stata adottata la Raccomandazione
del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilità nell’UE degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori107. Questo ulteriore
intervento, incentrato principalmente sul mondo dell’istruzione, della
formazione e della ricerca, ha agevolato la cooperazione politica a sostegno della mobilità con l’obiettivo specifico di porre le basi per definire i termini del riconoscimento delle eventuali esperienze acquisite
all’estero.
Alla fine dello stesso anno la Task force di alto livello su competenze e mobilità, istituita dalla Commissione nell’anno 2001108, ha presentato una relazione che ha costituito il presupposto per redigere il
Piano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobilità109.
Nel documento elaborato dagli esperti è stato sottolineato che gli sforzi per promuovere la mobilità geografica per essere efficaci debbono
essere associati a misure che favoriscono la mobilità occupazionale,
nell’intento di creare nuovi posti di lavoro e migliori condizioni di vita soprattutto in quelle Regioni meno sviluppate dell’Unione europea.
Il Piano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobili110
tà costituisce un programma d’interventi per agevolare il processo
della mobilità professionale attraverso azioni prioritarie volte a rafforzare lo sviluppo delle competenze, migliorare l’informazione e la trasparenza sulle possibilità occupazionali, incrementare la mobilità geografica, al fine di creare mercati del lavoro europei più aperti e più facil106 Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio il 14 dicembre 2000, relativa al piano di azione per la mobilità (2000/C371/03).
107 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 luglio 2001
(2001/613/CE), in G.U.C.E. L215/30 del 09/08/2001.
108 COM (2001) 116 def.
109 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato
Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni. Piano d’azione della Commissione per le competenze e mobilità, COM 72/2002
110 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato
Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni piano d’azione della Commissione per le competenze e la mobilità, del 13.02.2002. COM (2002) 72 def.
170
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
mente accessibili e sempre più in linea con la globalizzazione dell’economia e con l’allargamento dell’Unione Europea.
Gli obiettivi e le azioni delineati nel Piano d’azione sono destinati
ad affrontare una pluralità di sfide: predisporre sistemi d’istruzione e
formazione in grado di rapportarsi alle esigenze del mercato del lavoro, migliorare il livello di istruzione e delle competenze nel campo delle ICT, chiarire e semplificare il riconoscimento e il trasferimento delle
qualifiche per le professioni regolamentate, investire di più nelle risorse umane delle Regioni meno avanzate, favorendo lo sviluppo della
conoscenza della lingua straniera e di abilità transculturali.
Un successivo documento a sostegno della mobilità è la Decisione
del Consiglio del 22 luglio 2003111, relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, che propone di affrontare il cambiamento e promuovere l’adattabilità e la mobilità nel
mercato del lavoro.
La carrellata di provvedimenti comunitari in tema di mobilità prosegue con gli interventi previsti nel programma di lavoro generale
“Istruzione e formazione 2010”, nell’ambito del quale è stata elaborata
una proposta di “Carta di qualità per la mobilità nel settore dell’istruzione e della formazione”, presentata a Rotterdam il 12 luglio 2004112. La
Carta può essere letta come un documento “universale”, finalizzato a
sviluppare la cittadinanza europea e la comprensione delle diversità
culturali e linguistiche, contenente principi comuni per rafforzare l’efficienza e l’efficacia di tutti i tipi di mobilità finalizzata all’apprendimento. Essa è rivolta a giovani e adulti che intendano esercitare il diritto di
libera circolazione nel territorio degli Stati membri per seguire programmi di istruzione e formazione, volti ad innalzare il grado di conoscenza e di competitività dei cittadini europei anche nel mercato del
lavoro europeo113.
Si evince chiaramente dall’esame dei documenti comunitari citati
che il sostegno alla mobilità della forza lavoro non può prescindere dal
rispetto del diritto di libera circolazione dei lavoratori, dalla promozione dell’istruzione/formazione lungo tutto l’arco della vita, dalla garanzia che la flessibilità professionale non diventi precarietà, a detrimento
del diritto alla sicurezza sociale. Trasferirsi per motivi professionali significa affrontare una serie di sfide per il lavoratore: inserirsi in un diver111 Cfr., sin da ora, la Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa agli orientamenti per
le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (2003/578/CE), pubblicato nella GUCE
L 197/13 del 5 agosto 2003.
112 COM (2005) 450 def.
113 Cfr. “ La Carta europea di qualità per la mobilità” di Andrea Rocchi su Osservatorio ISFOL
– Anno XXVII n. 1-2 Gennaio - Aprile 2006.
171
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
CAPITOLO 2
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
so contesto sociale, scegliere un altro alloggio per sé e la famiglia,
adattarsi a nuove abitudini o imparare una nuova lingua.
Per accrescere la mobilità si rende necessario un approccio globale
che comprenda, oltre alla promozione della formazione fuori dai confini nazionali e al riconoscimento delle qualifiche, anche l’eliminazione di barriere amministrative e giuridiche: il coordinamento dei sistemi
di previdenza sociale, la garanzia dell’esportabilità dei diritti a pensione
integrativa dei lavoratori migranti, il rafforzamento del mercato dei
servizi114. L’obiettivo è promuovere una cittadinanza europea attiva e
l’inclusione sociale, ridurre le disuguaglianze, assicurare lo sviluppo
del mercato unico e l’efficace integrazione dell’economia europea nel
contesto dell’Unione allargata, rivedere le regole transitorie che disciplinano la libera circolazione dei lavoratori da, verso e tra i nuovi Stati
membri a seguito dell’allargamento115.
Garantire l’apertura e l’accessibilità dei mercati del lavoro europei a
tutti significa sostanzialmente affrontare tre grandi sfide: una mobilità occupazionale inadeguata, la frammentazione delle informazioni e la
mancanza di trasparenza sulle opportunità di lavoro.
Nello scenario comunitario sono operativi diversi programmi ed iniziative a sostegno della libera circolazione e della mobilità dei lavoratori con lo scopo di facilitare il trasferimento all’estero.
Il 2006 è stato proclamato dalla Commissione “Anno Europeo della
mobilità dei lavoratori” al fine di sensibilizzare i lavoratori sui vantaggi
offerti da un lavoro all’estero o dal cambiamento di lavoro: lavorare all’estero, infatti, può far acquisire nuove competenze ed esperienze che
possono rivelarsi un utile momento di crescita professionale per il lavoratore, che in tal modo diviene anche più competitivo nel mercato del
lavoro nazionale.
Accrescere la mobilità occupazionale dei cittadini europei può anche significare incoraggiare la mobilità circolare, come viene suggerito
nella Relazione sui flussi migratori nell’Unione europea116. Sarebbe auspicabile, infatti, che i lavoratori migranti rientrassero nel Paese di origine ricchi del bagaglio di competenze e di conoscenze acquisite all’estero: in tal modo si arginerebbero gli effetti distorsivi prodotti dalla
114 Cfr. “La mobilità dei lavoratori in Europa: un diritto, una scelta o un’opportunità? – L’anno
europeo 2006” di Anna Maria Senatore su Osservatorio ISFOL – Anno XXVII n. 3-4 Maggio Agosto 2006.
115 Il fenomeno della mobilità geografica dei lavoratori interessa, infatti, in modo massiccio i
cittadini dei nuovi Stati membri (ma anche di paesi terzi) che, in cerca di migliori sbocchi occupazionali si dirigono nei paesi dell’Europa centro meridionale. Va ricordato anche l’ingresso di altri
Paesi nell’Unione Europea.
116 Presentata al Parlamento Europeo nel settembre 2006 dall’Associazione dell’Azione dei
cittadini europei.
172
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
mobilità geografica dei lavoratori, che spesso comporta un depauperamento del paese di origine ed una notevole difficoltà di gestione per
i paesi destinatari della forza lavoro migrante.
Box 1 - Programmi ed iniziative europee a sostegno della libera circolazione e
della mobilità dei lavoratori
Programma / Iniziativa
Contenuto
Leonardo Da Vinci
programma d’azione dell’Unione europea per la realizzazione di
una politica di formazione professionale, che riserva una particolare attenzione alla mobilità transnazionale di giovani e adulti, finanziando progetti di tirocinio all’estero e scambi transnazionali
Gioventù
programma europeo di sostegno e finanziamento ai progetti che
favoriscono l’educazione non formale e la mobilità giovanile internazionale e si rivolge ai giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni
Visite di Studio Cedefop
uno dei principali servizi del Cedefop, che è l’agenzia che assiste i
decisori politici, la Commissione Europea, gli Stati membri e le
organizzazioni delle parti sociali di tutta l’Europa
Eures
rete promossa dalla Commissione Europea che riunisce i servizi
pubblici per l’impiego e altri enti e strutture quali sindacati, organizzazioni di datori di lavoro e autorità locali e regionali ed ha come obiettivo quello di informare, offrire consulenza e assistere i
cittadini all’estero
Database per il lavoro
database per l’impiego che presenta le offerte di lavoro selezionate e disponibili in tutta Europa
Europass
dispositivo che documenta i percorsi europei di formazione e conferisce trasparenza e visibilità all’esperienza maturata all’estero
A livello nazionale, le azioni per la mobilità sono svolte nell’ambito
della rete EURES, che fornisce ai lavoratori ed ai datori di lavoro tre tipi
di servizi: informazione, consulenza e assunzione/collocamento – il
così detto matching domanda/offerta di lavoro. Nell’ambito di EURES
sono stati creati specifici organismi specializzati preposti alla gestione
tranfrontaliera tra cui:
• Eurazur, per le Regioni Liguria e Provenza, Alpi e Costa Azzurra;
• Transalp, per le Regioni Piemonte, Valle d’Aosta e Rhone Alpes;
• Euralp, per la Carinzia e il Friuli Venezia Giulia;
• Transtirolia, per le Regioni Tirolo e Alto Adige.
Inoltre, l’Italia ha stipulato con molti stati comunitari ed extra comunitari, apposite convenzioni internazionali volte ad assicurare agli
italiani emigrati gli stessi benefici di sicurezza sociale previsti dalla legislazione del paese estero per i propri cittadini.
173
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
CAPITOLO 2
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
Box 2 - Europass Mobilità
Europass Mobilità
E’ uno strumento che consente di documentare le competenze e le abilità acquisite da un
individuo durante un’esperienza di mobilità realizzata all’estero (Spazio Economico Europeo e
Paesi candidati) in esito a percorsi di apprendimento formale (corsi di istruzione e formazione)
e non formale (lavoro, volontariato, ecc.).
E’ un dispositivo che costituisce l’evoluzione del libretto Europass formazione, istituito con la
Decisione del Consiglio del 21 dicembre 1998 (1999/51/CE) per favorire la formazione lungo
tutto l’arco della vita e la mobilità degli individui tra occupazioni, settori e paesi diversi.
I percorsi di apprendimento documentabili attraverso Europass mobilità possono svolgersi nel
quadro di un qualsiasi programma o iniziativa in materia d’istruzione e formazione nazionale
ed europea (ad esempio, Leonardo, Socrates e Gioventù). Europass mobilità è rivolto a tutti
gli individui, indipendentemente dall’età, dalla qualifica e dalla condizione professionale.
La gestione di Europass Mobilità è affidata al Centro Nazionale Europass (NEC).
Prima dello svolgimento delle attività di apprendimento all’estero, l’organismo promotore del
progetto di mobilità transnazionale inoltra al NEC la richiesta di rilascio del documento EuropassMobilità. Segue l’invio del progetto di soggiorno all’estero. Dopo aver ottenuto l’approvazione
da parte del NEC, l’organismo promotore procede alla compilazione del documento insieme
all’organismo ospitante.
Per tutti coloro che partecipano a programmi di scambio realizzati nell’ambito di programmi
comunitari (Leonardo, Erasmus, Gioventù, ecc.), è sufficiente presentare la richiesta al Centro
Nazionale Europass; per i beneficiari di progetti inseriti nell’ambito di altre iniziative, il rilascio
del documento Europass Mobilità è soggetto ad una verifica qualitativa da parte del Centro
Nazionale Europass. In questo caso, è opportuno ricordare che:
• è necessario stipulare un accordo formale tra organismo d’invio e organismo d’accoglienza;
• le esperienze di apprendimento all’estero devono avere una durata minima di 15 giorni;
• deve essere prevista la presenza di un tutor incaricato di seguire le attività dei beneficiari.
Altri interventi a favore della mobilità sono più strettamente collegati ai sistemi di istruzione e formazione e alla certificazione delle
competenze.
Si tratta in particolare dei servizi offerti dal Centro Nazionale
Europass (NEC) e dal Punto Nazionale di Riferimento (PNR) Italia, che
fanno parte dei relativi network europei. Nell’ambito di Europass, merita una particolare attenzione il dispositivo Europass mobilità.
Misure di incentivazione e sostegno della mobilità geografica dei lavoratori in Italia
In Italia, sul tema delle misure di incentivazione e sostegno della mobilità geografica dei lavoratori, tra i primi interventi normativi si segnala il
pacchetto Treu del 1997, che recepiva le intese raggiunte tra Governo e
parti sociali nell’accordo per il lavoro del 24 settembre 1996.
Il pacchetto introduceva, in particolare, un’indennità aggiuntiva di
circa 400 euro al mese per le spese di alloggio e vitto in favore dei giovani del Sud coinvolti nei piani di inserimento professionali attivi nelle
174
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
imprese di altre Regioni. Partecipare ad un piano di inserimento professionale consentiva ai giovani di età compresa tra i 19 e 32 anni (fino
a 35 per i disoccupati di lunga durata) di inserirsi in un’azienda per un
periodo non superiore a 12 mesi.
Questa modalità d’incentivazione economica della mobilità geografica dei lavoratori risulta senza dubbio significativa e in linea, tra
l’altro, con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, ex articolo 87 del Trattato CE che, in molti casi, risulta invece di ostacolo alle
politiche finanziarie d’incentivazione117.
In materia di mobilità geografica, nel D.Lgs. n.276 del 10 settembre
2003 di attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato
del lavoro, di cui alla Legge n.30 del 14 febbraio 2003 (nota come
Legge Biagi), si stabilisce che le Regioni, sentite le associazioni di datori e di prestatori di lavoro, istituiscono appositi elenchi per l’accreditamento degli operatori pubblici e privati e, con provvedimenti regionali,
disciplinano il sostegno alla mobilità geografica dei lavoratori.
Sulla scorta di queste prime iniziative si sono susseguiti, prima dell’introduzione della Legge Biagi, altri interventi nazionali e locali tesi a
sostenere la mobilità interna dei lavoratori118 Tali interventi prevedono
una particolare attenzione per i territori di origine, definendo un regime disciplinato di accompagnamento dei flussi migratori, anche in
fase di rientro. Si è, inoltre, definita “l’architettura” istituzionale necessaria alla realizzazione delle politiche e delle normative di supporto e
sostegno alla mobilità geografica dei lavoratori, prevedendo un duplice coordinamento:
• orizzontale, riguardante i vari elementi delle politiche nell’ambito del
diritto del lavoro e della previdenza sociale, del sistema fiscale, dei
servizi sociali (come quelli per l’alloggio, l’istruzione, i servizi di cura alla persona o l’accesso alle informazioni sulle opportunità di
lavoro a livello nazionale);
• verticale, individuando la necessità del pieno coinvolgimento dei
livelli subnazionali.
Anche se il livello di analisi del coordinamento è di carattere nazionale, le iniziative devono essere contestualizzate, specificate e partico117 Possono considerarsi compatibili con il mercato comune, gli aiuti destinati a favorire lo
sviluppo economico delle Regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia
una grave forma di sottoccupazione, sezione, punto 3, sub a) in Trattato CE (2002/C; 325/01).
118 Legge delega n. 30/2003 in G.U. R.I. – serie generale n. 47 del 26 febbraio 2003. Essa, tra
l’altro, prevede provvedimenti sanzionatori nei confronti di coloro che non utilizzano gli strumenti di politica attiva del lavoro messi a disposizione. L’art. 13 D.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, inoltre, prevede il decadimento dai trattamenti di mobilità o altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o di occupazione.
175
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
CAPITOLO 2
Strumenti
comunitari e
nazionali a
sostegno della
mobilità
lareggiate secondo obiettivi dettagliati, che possono essere individuati
solo attraverso la dimensione locale. Gli attori della cooperazione verticale sono le parti sociali, i governi regionali, locali e le organizzazioni
della società civile. In tale contesto si inserisce il “Programma Quadro per
l’integrazione e lo sviluppo delle sperimentazioni in materia di Tirocini
Formativi, inseriti in processi di mobilità geografica”, frutto dell’approvazione della Conferenza unificata Stato-Regioni (seduta del 20 maggio
2004). Questo Programma Quadro ha inteso mettere a sistema le attività, le metodologie, gli strumenti ed i servizi realizzati in forma sperimentale dai progetti promossi nell’ambito delle politiche a sostegno
della mobilità geografica per una parte delle Regioni italiane.
Nella stessa prospettiva si muove anche il D.M. Min. Lav. del 18 marzo 2005 che contiene “criteri e modalità di riparto delle risorse alle
Regioni e alle Province autonome, finalizzate alla realizzazione dei tirocini formativi e di orientamento, inseriti in processi di mobilità geografica”.
Nel 2005, inoltre, il Ministero del Lavoro ha istituito un Osservatorio
sulla Mobilità geografica con il compito di monitorare tutte le attività
di formazione volte a facilitare i processi di mobilità dei lavoratori, in
particolare tutte le esperienze di tirocinio organizzate nell’ambito di
azioni di sistema, poste in essere dall’agenzia tecnica per le politiche
dell’occupazione del Ministero del Welfare, da Italia Lavoro e da
Tecnostruttura.
Il sostegno alla mobilità geografica e professionale rientra tra i temi
sui quali sono intervenuti anche i POR119 predisposti dalle Regioni, che,
in particolare, prevedono misure per il riconoscimento e la certificazione delle competenze, ma anche per contenere e limitare l’asimmetria
informativa sull’incontro domanda/offerta di lavoro.
In sintesi, da quanto emerso, si evince che l’obiettivo generale dell’intervento integrato sia stato quello di favorire lo sviluppo della mobilità del lavoro, dell’occupabilità, del partenariato fra territorio, imprese
e istituzioni per promuovere la creazione di un sistema di rete orientato ad incentivare la mobilità geografica.
2.3.2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità
Le politiche per il sostegno alla mobilità dei lavoratori per essere efficaci devono essere il frutto di azioni e di interventi realizzati in sinergia con le istituzioni regionali e locali, capaci di sostenere in modo più
diretto la trasferibilità dei cittadini attraverso mirate politiche sociali,
formative, abitative.
119
176
Programmi Operativi Regionali (Programmazione fondi strutturali 2000-2006).
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Un esempio significativo è rappresentato dall’esperienza della
Regione Lombardia, che ha predisposto delle misure di grande impatto per agevolare la mobilità geografica dei lavoratori, sia nel territorio nazionale, che nei Paesi dell’Unione europea, ma anche per favorire la
circolazione di quei lavoratori provenienti dai Paesi terzi. Competente a
gestire e promuovere i flussi migratori e sulla mobilità geografica è
l’Agenzia Regionale per il Lavoro lombarda, il cui scopo è quello di
contribuire, nell’ambito del decentramento delle competenze tra
Stato, Regioni e Province, a realizzare l’integrazione tra i servizi per
l’impiego, politiche attive del lavoro e politiche formative. Per realizzare questi obiettivi la struttura stipula accordi di collaborazione con le
Regioni dei Paesi del Sud e dell’Est del mondo; instaura intese con enti ed organismi territoriali per favorire l’inserimento lavorativo di cittadini provenienti dai Paesi terzi; offre assistenza alle istituzioni locali
competenti in materia di immigrazione e mobilità geografica. Tra le
iniziative promosse dall’Agenzia si segnalano numerosi programmi
realizzati a livello regionale e provinciale:
• il Programma “World Job”, finalizzato alla formazione di cittadini
extracomunitari da inserire nel mercato del lavoro locale, con la
previsione anche di azioni per individuare insediamenti abitativi e
per facilitare il disbrigo di tutte le questioni burocratiche relative
all’ingresso nel territorio italiano;
• OCCUPABIT, progetto nato per promuovere formazione e attività
di stage nel settore dell’ICT per giovani residenti in Regioni ex
Obiettivo 1 (in particolare, Sicilia e Calabria).
In tema di mobilità, in linea con l’esperienza lombarda, si segnalano
anche i progetti avviati nelle Regioni Veneto (in cui sono state sottoscritte diverse convenzioni per organizzare tirocini formativi con alcune
Regioni del Mezzogiorno), Emilia Romagna (che ha attivato processi di
apprendimento collegati alla mobilità geografica di giovani meridionali
verso il mercato del lavoro emiliano e romagnolo) e Marche (che sviluppato la comunicazione e l’interoperabilità tra tutti i centri per l’impiego collegati in rete a livello locale, provinciale e regionale sulla base
di apposite convenzioni), tutti finalizzati a promuovere processi di mobilità geografica per i giovani del Mezzogiorno attraverso azioni di sostegno
di tipo formativo, che rafforzino il sistema delle conoscenze e che consentano un più facile inserimento professionale.
Nelle Regioni ex Obiettivo 1 si deve registrare l’alto grado di adesione alle azioni di supporto alla mobilità geografica rientranti nell’ambito del Programma Quadro Nazionale ‘SudNord-NordSud’ realizzato
con risorse del Cipe, a valere sul Fondo per l’occupazione.
177
Le iniziative
regionali a
sostegno della
mobilità
CAPITOLO 2
Le iniziative
regionali a
sostegno della
mobilità
Le azioni del Programma mirano a sviluppare la collaborazione interregionale, già avviata dal Ministero del Lavoro e dalle Regioni, per la
diffusione su scala nazionale dei processi, degli strumenti, dei modelli
e delle metodologie di lavoro. In questa direzione hanno operato le
Regioni Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Campania.
In quest’ultima la Regione120 ha aderito con una propria delibera di
giunta regionale al Programma Quadro per l’integrazione e lo sviluppo
delle sperimentazioni in materia di Tirocini Formativi inseriti in processi di mobilità geografica, per lo svolgimento da parte di cittadini residenti nelle Regioni del Mezzogiorno di esperienze di tirocini formativi
presso datori di lavoro con sedi operative collocate nelle Regioni del
Centro Nord.
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali121 ha provveduto ad
assegnare un finanziamento alle Regioni e alle Province autonome
che hanno aderito al Programma Quadro in qualità di soggetti “promotori” e “attuatori”, al fine di supportare lo svolgimento delle esperienze di tirocinio: le risorse finanziarie messe a disposizione sono gestite ed utilizzate per coprire i costi di mobilità dei tirocinanti (viaggi,
vitto e alloggio, fino ad un massimo di euro 1.200,00 mensili) e di tutoraggio (fino ad un massimo di euro 100,00 mensili) da parte del
soggetto promotore delle Regioni ospitanti del Centro Nord.
Le aziende del Centro-Nord disposte ad ospitare tirocinanti si sono
iscritte alla rete di mobilità abilitata nella propria Regione di appartenenza. Le proposte di tirocinio vengono trasmesse dalla Regione del
Centro-Nord al Settore O.R.Me.L. della Regione Campania, la quale garantisce, inoltre, ai tirocinanti, che hanno aderito al progetto di tirocinio, la formazione “off the job” in accompagnamento, da realizzarsi in
parte nella stessa Regione, per l’acquisizione delle competenze di base e trasversali, ed in parte nella Regione del Centro-Nord.
Di particolare interesse anche il ruolo attivo della Regione Calabria
nell’ambito del protocollo di intesa con la Provincia Autonoma di
Trento e la Regione Campania. La Regione Calabria si è impegnata a
realizzare un progetto interregionale denominato “Mobilità geografica
e professionale Sud – Nord”, finalizzato ad agevolare la mobilità geografica e professionale attraverso la realizzazione di azioni intese a
consentire l’acquisizione di competenze professionali, tramite attività
di formazione e/o tirocinio da attuarsi presso aziende operanti in
Provincia di Trento che hanno visto coinvolti soggetti residenti in
Calabria e in Campania. L’intento è stato quello di poter fornire ai destinatari delle azioni le competenze necessarie all’inserimento/reinserimento lavorativo nel contesto geografico di provenienza: sono state
120
121
178
Cfr. Bollettino Ufficiale della Regione Campania (n. 50 del 3 ottobre 2005).
Con decreto del 18/3/2005.
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
previste attività per favorire lo scambio di esperienze di collaborazione tra
Sud e Nord del Paese per agevolare la formazione e la mobilità geografica delle professionalità con l’obiettivo dell’inserimento e il reinserimento lavorativo dei giovani destinatari delle azioni in oggetto (anche attraverso lo sviluppo di attività di lavoro autonomo e cooperativo, con
particolare riferimento al settore della cooperazione). Si è puntato a favorire la crescita della mobilità del lavoro, dell’occupabilità, del partenariato tra territori e imprese, dello sviluppo locale di singoli territori, in
particolare facendo assegnamento sulla qualità dell’accoglienza.
Le azioni di politica attiva volte a promuovere i processi a sostegno
della mobilità geografica dei lavoratori non possono prescindere dalla
predisposizione di misure in grado di creare e diffondere una cultura
della mobilità, che illustri vantaggi e benefici del trasferimento geografico per motivi professionali in un’economia globalizzata, dove il mercato del lavoro ha perso i confini nazionali ed è diventato mercato del lavoro globalmente flessibile.
Con il decreto del Ministero del Lavoro del 22 gennaio 2001 sui tirocini di mobilità geografica, è stato siglato un protocollo di intesa tra alcune Regioni del Centro-Nord (Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana,
Veneto, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia,
Piemonte) e Regioni del Mezzogiorno per realizzare Azioni di accompagnamento e supporto alla mobilità geografica Sud-Nord.
Lo scopo del protocollo interregionale è stato quello di sostenere le
spese di vitto, alloggio e trasferimento dei tirocinanti impegnati nei
percorsi formativi, sviluppando azioni per favorire la mobilità geografica dei lavoratori.
Dal monitoraggio realizzato nel marzo 2003 la Campania e la Sicilia
risultano le Regioni che hanno maggiormente usufruito delle risorse
messe a disposizioni dal Ministero per realizzare tirocini formativi.
Nel 2002 il Ministero del Lavoro, in collaborazione con Italia Lavoro ha
avviato un Programma di azione di sistema a sostegno della mobilità del
lavoro e delle imprese denominato “Sud-Nord-Sud”, destinato a lavoratori disoccupati, imprese, associazioni imprenditoriali, enti locali e centri per l’impiego122. Tra gli obiettivi della sperimentazione:
122 I risultati conseguiti dal progetto sono di rilievo: una rete costituita da 60 Centri per l’impiego e 75 nodi privati, dislocati in 17 Regioni e in 70 province; 300 operatori pubblici e privati appositamente formati; 20 progetti di localizzazione in accompagnamento per circa 2.000 lavoratori attraverso percorsi di formazione al Nord per ritornare con il lavoro al Sud; 8 “laboratori di autoimpiego” attivi presso i Centri per l’impiego; 7 “tavoli dell’accoglienza” attivati in 6 Regioni del
Centro Nord con il coinvolgimento di oltre 150 soggetti istituzionali e attori locali; 3000 giovani provenienti dalle Regioni del Mezzogiorno disposti a trasferirsi; 50 progetti di lavoro attivati dalla rete che riguardano 1500 soggetti in mobilità accompagnata e 250 imprese; dopo tre mesi di attivazione, oltre 1.000 posti di lavoro costantemente a rotazione presenti sulla bacheca telematica
“ASPIDEA” insieme a circa 2.000 nominativi di persone che hanno dato la propria disponibilità ad
intraprendere esperienze di mobilità.
179
Le iniziative
regionali a
sostegno della
mobilità
CAPITOLO 2
Le iniziative
regionali a
sostegno della
mobilità
a) progettare, formare e implementare una rete nazionale di servizi
per l’impiego pubblica e privata per agevolare l’incontro domanda offerta di lavoro in mobilità geografica;
b) accompagnare i flussi dei lavoratori con iniziative di stimolo, promozione e assistenza tecnica, diffondendo la cultura della mobilità;
c) sperimentare, promuovere e articolare interventi di politica attiva
destinati ai soggetti in mobilità;
d) facilitare gli investimenti da Nord a Sud attraverso azioni di accompagnamento, consistenti in iniziative formative;
e) promuovere il ritorno dei lavoratori nelle Regioni di provenienza;
f) sostenere la professionalizzazione di disoccupati meridionali di
lunga durata, attraverso azioni di formazione volte alla diffusione
di competenze tecnologiche;
g) orientare le istituzioni locali alla costituzione di azioni di matrice
pubblico- privata.
Per la nuova gestione della mobilità è stato utilizzato uno specifico
modello di servizio in grado di definire un network di rapporti diretti e di
scambio di informazioni, basato essenzialmente su sistemi web – oriented.
Box 3 - Strumenti per la mobilità a disposizione degli operatori accreditati
sull’area web
- Aspidea, bacheca interattiva per l’incontro domanda – offerta di lavoro in mobilità;
- Bacheca dell’accoglienza, sistema telematico di informazione sulle opportunità di accoglienza
abitativa e di inclusione sociale per i lavoratori in mobilità;
- Borsa del partenariato, sistema informatico per l’incontro domanda – offerta di partenariato
Nord – Sud;
- Percorsi formativi, formazione in presenza e a distanza per operatori della mobilità;
- Sistemi di videoconferenza per la preselezione a distanza;
- Pacchetti multimediali di welcoming, volti a favorire l’allineamento delle conoscenze;
- Borsa Continua nazionale del Lavoro, finalizzata alla connessione e integrazione con i sistemi
di incrocio diretto domanda – offerta;
- Carta dell’impresa accogliente, strumento che illustra la politica di accoglienza, i sostegni
all’inserimento, gli accordi e le convenzioni stipulati;
- Laboratorio di auto – impresa, sistema di formazione e assistenza ai percorsi di creazione
d’impresa per lavoratori legati a esperienze di mobilità.
180
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Al percorso impostato dal progetto Sud-Nord-Sud si sono poi aggiunte una pluralità di azioni di supporto123.
In questo panorama di interventi volti a promuovere un modello di
“mobilità regolata” per i lavoratori si inserisce il progetto “Lavoro &
Sviluppo”124. Si tratta di un’iniziativa rivolta alle imprese beneficiarie di
agevolazioni del Programma operativo nazionale – sviluppo imprenditoriale locale (Pon –Sil), per favorire un efficace incontro tra domanda e
offerta di lavoro qualificato, attraverso azioni formative “on the job”125
volte a fornire nuove e migliori opportunità di lavoro a circa duemila giovani provenienti dalle Regioni ex Obiettivo 1. Nel primo anno di attività il
progetto ha fatto registrare risultati decisamente positivi126.
Oltre alle iniziative a carattere interregionale vi sono delle iniziative
promosse dalle singole Regioni. Di seguito si riportano alcuni esempi tra
gli atti adottati dalla regioe Campania in tema di mobilità geografica
dei lavoratori.
123 Tra le più significative:
– un’intesa fra Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e Ministero dell’Istruzione, Università e
Ricerca per realizzare 4500 tirocini in mobilità post diploma collegati a progetti IFTS destinati a giovani del Mezzogiorno per figure professionali che difficilmente possono sperimentarsi sul territorio di provenienza (ICT e Meccatronica).
– una collaborazione fra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero delle
Attività Produttive per realizzare, nell’ambito della riprogrammazione Fse, tirocini formativi
in mobilità di “andata e ritorno” e percorsi integrati di inserimento lavorativo per soggetti
svantaggiati presso imprese e stabilimenti realizzati grazie ai finanziamenti pubblici al Sud
(Legge 488/92);
– un’iniziativa con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per interventi concertati sull’accoglienza abitativa dei lavoratori in mobilità;
– un accordo tra Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e Sviluppo Italia per garantire l’interazione fra le opportunità di finanziamento e di supporto per l’autoimpresa ed i servizi forniti nella rete dei laboratori per l’autoimprenditorialità ai giovani in mobilità geografica che
intendano avviare un’attività in proprio;
– iniziative promosse dalle Province per integrare con risorse proprie le azioni della rete nazionale sostenendo strumenti flessibili di politica attiva.
124 Il programma è stato avviato nel 2005 dai Ministeri delle Attività produttive e del Welfare
e realizzato dall’agenzia tecnica Italia Lavoro, con la collaborazione dell’Istituto per la promozione
industriale (Ipi).
125 Ovvero tirocini formativi andata e ritorno, tirocini di inserimento, pacchetti individuali di
inserimento al lavoro di soggetti svantaggiati, percorsi per lo sviluppo di competenze.
126 8300 imprese contattate, appartenenti ai settori manifatturiero, ICT, costruzioni, trasporti,
servizi, turismo; circa 600 convenzioni siglate tra imprese e lavoratori, con la possibilità per il
60% dei partecipanti di trovare un’occupazione stabile nelle aziende che ospitano i tirocini; 69
interventi realizzati in mobilità geografica che hanno interessato aziende dell’Emilia Romagna,
Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Veneto.
181
Le iniziative
regionali a
sostegno della
mobilità
CAPITOLO 2
Le iniziative
regionali a
sostegno della
mobilità
Box 4 – Dispositivi sulla mobilità della Regione Campania
DGR n.472 del 25/3/2004 (BURC n.22 del 3/5/04): è stata approvata la proposta a sostegno
della mobilità geografica prevedendo un intervento a sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici
campane che con cadenza settimanale utilizzano i trasporti ferroviari verso le Regioni dell’Emilia
Romagna, del Veneto, della Lombardia, della Toscana, del Piemonte e della Liguria, ossia verso
quelle realtà dove si addensa il maggior numero di lavoratori campani.
L’intervento di sostegno è previsto e finanziato sulla Misura 3.3 del POR – Attività di sostegno
alla mobilità extraregionale, con importo pari a 500.000,00 €, ed è diretto esclusivamente ai
soggetti con regolare rapporto di lavoro dipendente, aventi un reddito annuo di euro 18.000,00.
L’intervento aveva decorrenza dal 10/3/04 al 31/12/04
DGR n.453 del 19/4/06 (BURC n. 22 del 15/5/06): nell’ambito delle Politiche Giovanili - Linee
Operative per l’anno 2006, la Regione Campania ha adottato interventi per sostenere la mobilità
dei giovani (giovani lavoratori, studenti o volontari), all’uopo elaborando politiche di scambi
culturali, di studio, rivolte anche alle istituzioni scolastiche, ai Forum del settore, alle Associazioni
aventi finalità statutarie rivolte ai Giovani e iscritte, ai sensi dell’art.5 della LR 14/89, all’Albo
regionale delle Associazioni giovanili.
Le finalità: sviluppare la solidarietà, la costruzione dell’Europa e la consapevolezza della
cittadinanza europea, consolidare le relazioni dei giovani campani con le istituzioni comunitarie,
locali straniere, con le comunità di campani all’estero.
DGR n.749 del 16/6/2006 (BURC n.30 del 10/7/06): la Regione Campania ha adottato le Linee
guida per la costruzione del sistema integrato dell’educazione degli adulti in Campania che si
muova nella prospettiva del life long e del life wide learning, come delineato dagli orientamenti
comunitari.
Attraverso questo sistema la Regione intende favorire ed allargare il sistema dell’educazione
permanente, che presuppone l’integrazione con il sistema scolastico e formativo più generale,
portando a sinergia l’insieme delle opportunità formative che riguardano gli individui in età
adulta, in relazione ai diversi problemi ed interessi che caratterizzano i diversi cicli di vita e
momenti dell’esistenza di ciascun cittadino e delle comunità locali. Nell’ambito di questa
ristrutturazione e riorganizzazione della gamma formativa per garantire l’apprendimento
permanente, la Regione intende promuovere un sistema trasparente e certificabile delle
competenze acquisite nei diversi contesti e percorsi di apprendimento, capace di favorire la
mobilità professionale e geografica dei cittadini e dei lavoratori e il riconoscimento reciproco
tra sistemi anche a livello europeo.
182
CAPITOLO 3
CONCLUSIONI
Sia a livello comunitario che nazionale la mobilità viene considerata
quale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla
Commissione europea “Anno europeo della mobilità professionale”.
Il fenomeno sicuramente ha dei risvolti positivi a livello europeo e nazionale poiché appiana quei differenziali territoriali tra domanda e offerta di competenze, soddisfa le esigenze individuali e arricchisce lo stesso capitale umano in mobilità, ma se lo si osserva sotto la “lente territoriale” può nascondere degli impatti negativi soprattutto nel lungo
termine.
E’ il caso di aree deboli come quelle del Mezzogiorno d’Italia.
La mobilità geografica dei lavoratori, infatti, è definita dal rapporto tra
la domanda e l’offerta di lavoro, lungo una direttrice che ne richiede il
trasferimento geografico.
La direzione dell’intensità dei flussi migratori interregionali è determinata, oltre ad elementi di contesto, dai divari occupazionali e salariali tra le regioni; ad un effetto spinta, caratterizzato dalla carenza di
opportunità lavorative nelle Regioni Obiettivo 1, corrisponde un effetto richiamo da parte delle regioni del Nord Italia dotate di strutture
economiche ad elevata attrattività.
Si tratta di processi che si strutturano come fattori di flessibilità del
mercato del lavoro dal momento che i movimenti migratori riducono le
disparità economiche e sociali tra i differenti ambiti territoriali, in
quanto fattori di contrazione dell’offerta di lavoro.
Per il Mezzogiorno, dunque, la mobilità ancora non è pienamente
una “libera scelta”, ma presenta caratteri di “costrizione”.
Le dinamiche dei flussi migratori interni in Italia indicano una progressiva diminuzione e un successivo arresto delle migrazioni da Sud a
Nord durante gli anni Ottanta e una ripresa della consistenza del feno183
CAPITOLO 3
meno a partire dalla metà degli anni Novanta. Anche se i flussi si sono
quantitativamente attenuati, il fenomeno assume aspetti preoccupanti dal punto di vista qualitativo poiché investe giovani a medio-alta
qualificazione. Ci troviamo di fronte ad un drenaggio di giovani competenze, fenomeno meglio noto come brain drain, che questa ricerca
ha voluto approfondire nelle caratteristiche e nelle eventuali ripercussioni sullo sviluppo locale.
Oggetto di analisi sono stati i giovani (18-33 anni) delle Regioni
dell’Obiettivo 1: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e
Sardegna.
Dapprima lo studio ha riguardato la mobilità formativa, che è risultata essere determinata dalla qualità delle Università di destinazione
che esercitano una vera e propria attrazione per i giovani studenti del
Sud.
Le direttrici dei flussi Regioni Obiettivo 1 – Centro-Nord sono principalmente verso le Università di Milano, Bologna e Roma, mentre la
mobilità formativa è limitata all’interno delle regioni meridionali.
Questa fattispecie di mobilità può essere considerata un’anticamera della mobilità lavorativa, poiché nelle province di gravitazione formativa risultano abbreviati i tempi di inserimento nel mondo lavorativo grazie alla più efficiente filiera formazione – mercato del lavoro.
L’Indagine CATI127, successivamente sviluppata, ha avuto come principale finalità quella di descrivere l’atteggiamento dei giovani italiani
verso la mobilità regionale in materia di istruzione, formazione e lavoro e la loro percezione nei confronti della Provincia di residenza in termini di opportunità formazione/lavoro.
L’indagine ha permesso di confermare le analisi precedenti, ossia
che le province considerate oggi poli di attrazione, grazie alla presenza
di Università ritenute di prestigio, sono da annoverarsi anche quali
province in cui l’offerta lavorativa, soprattutto ad alta scolarizzazione, è
raccordata con l’offerta formativa.
Dall’indagine è emerso che dei giovani in mobilità, il 60% è originario delle Regioni Obiettivo 1, inoltre, più del 47% proviene da Comuni
medio – piccoli (con popolazione inferiore ai 50.000 abitanti) confermando i rischi di desertificazione demografica. La fascia di età maggiormente interessata è quella compresa tra i 23 e i 33 anni (83%),
con una leggera prevalenza degli uomini sulle donne e stato civile libero (83%). Nel complesso le persone delle regioni del Mezzogiorno si
spostano nel Centro-Nord (79,4%) e le destinazioni preferite, perchè
127
184
Computer Aided Telephone Interviewing.
CONCLUSIONI
caratterizzate da aspettative di migliori condizioni di vita e presenza di
opportunità di lavoro, sono la Lombardia (26,5%), il Lazio (10,8%), il
Piemonte (9,8%) e l’Emilia Romagna (8,7%).
Il 48,3% di questi giovani si trova fuori dalla propria regione principalmente per necessità familiari (fenomeno che potrebbe celare anche network migratori - § 1.1.1), la seconda motivazione è per lavoro
(35,1%) mentre la terza è per studio (11%); si sono trasferiti da più di
cinque anni (77,5%) e alla base di questo trasferimento troviamo motivi familiari (51,1%), disponibilità di un maggior numero di posti di lavoro del luogo di destinazione (12,6%) e assenza di corsi di studio di interesse nella propria zona di appartenenza.
Il 97,1% delle persone in mobilità dal Mezzogiorno è soddisfatto di
questa esperienza; inoltre, il 50,9% la considera come uno spostamento definitivo e il 56,6% non è disposto a tornare nella regione
d’origine.
Cosa preoccupante poiché l’80% ha almeno il diploma superiore,
nello specifico il 59,3% ha un diploma superiore, il 15,5% è Studente
Universitario/Laureando, il 7,7% è Laureato, l’1,4% sta svolgendo un
Dottorato di Ricerca e l’1,4% sta frequentando un Master.
Un’ulteriore fase di analisi ha avuto come scopo quello di individuare le determinanti che stigmatizzano i flussi mobilità, cercando di
meglio comprenderne la componente costretta.
Da un focus sulle variabili socio-economiche che determinano il fenomeno è emerso che tra i maggiori fattori di espulsione quello più rilevante è risultato il tasso di disoccupazione di lunga durata; di contro,
tra le determinanti che rientrano nei fattori di attrazione, il tasso di natalità lorda delle imprese è emerso come il più significativo.
Questi risultati hanno evidenziato che la mobilità in uscita è maggiore nelle ripartizioni regionali con un’elevata incidenza della disoccupazione di lunga durata. In tal senso, i flussi di mobilità sono più dinamici quanto più ampia risulta la forbice della disoccupazione di lunga durata tra le regioni del Nord e del Sud. Invece, nelle regioni caratterizzate da una maggiore incidenza della natalità delle imprese, vi è
una consistente contrazione dei flussi in uscita e di conseguenza un
buon dinamismo dei movimenti migratori in entrata.
Gli esiti, positivi o negativi che siano, di tali processi nei contesti di sviluppo locale del Mezzogiorno possono essere analizzati nel breve e
nel lungo periodo.
Prendendo in considerazione gli eventuali effetti positivi del flusso migratorio nel breve periodo è possibile mettere in luce che se per alcuni
versi il fenomeno migratorio rappresenta un fattore di riduzione del185
CAPITOLO 3
l’offerta di lavoro, esso stesso può facilitare l’equilibrio complessivo
del mercato del lavoro nazionale, caratterizzato da ampi differenziali
nei livelli occupazionali128. E’ così che i movimenti di capitale umano
seguirebbero andamenti speculari a quelli del lavoro.
Nel lungo periodo, invece, possono verificarsi effetti negativi derivanti dalla intensità, dal livello di persistenza e dalla direzione, il più
delle volte univoca, del movimento migratorio e soprattutto dalla
“qualità” del capitale umano oggetto di trasferimento.
Se a spostarsi dal Sud al Nord del Paese sono sempre ed in modo
massiccio i giovani qualificati, a lungo andare i territori di provenienza
degli emigrati potrebbero subire una consistente perdita di capitale
umano, che è ormai riconosciuto tra i principali fattori di crescita e di sviluppo endogeno.
Tale dinamica potrebbe, dunque, accentuare il gap di sviluppo tra
regioni settentrionali e meridionali. Un ulteriore livello della problematica è rappresentato dagli effetti derivanti dalla desertificazione delle
aree di origine, soprattutto i piccoli comuni, sottoposte ad una erosione demografica. Si pensi a territori abbandonati nei quali si riduce drasticamente la domanda di alloggi, di servizi pubblici (scuola, sanità), di
trasporto pubblico. Sono aree destinate al sottoutilizzo delle infrastrutture ed alla conseguente flessione degli investimenti e, quindi, all’incremento del livello di disoccupazione.
Nell’ambito di aree ad economia poco competitiva, dunque, gli effetti della mobilità geografica di lungo periodo sono tuttaltro che positivi
dal momento che il tempo di attrazione degli investimenti risulta notevolmente dilatato. Si rischia di inibire quelle condizioni indispensabili per
la crescita auto sostenuta (self-sustaining), che trova nella componente giovane della forza lavoro uno stimolo determinante.
Se questi sono i risultati la questione si sposta sulle politiche da mettere in campo, tenendo presente le tipologie di mobilità più rilevanti:
• per l’occupazione, volta a cercare possibilità di lavoro assenti nel
territorio di residenza, che va affrontata migliorando l’asimmetria
informativa nell’incontro domanda/offerta di lavoro;
• per la formazione, diretta a offrire opportunità on e off the job,
che va sostenuta con progetti di alternanza scuola/lavoro che includano esperienze in mobilità;
• per lo sviluppo, indirizzata a rafforzare processi di localizzazione
produttiva, che va supportata con programmi d’integrazione fra
lavoro e investimenti produttivi mediante partenariati fra imprese.
128 Conferma in G. Viesti, “Nuove migrazioni, il trasferimento di forza lavoro giovane e
qualificata da Sud a Nord”, 2004.
186
CONCLUSIONI
La mobilità professionale va promossa, ma va promossa con attenzione soprattutto quando in gioco sono aree in ritardo di sviluppo, perché per i giovani di questi territori la scelta di mobilità non si presenta
“libera” ma “costretta”.
Dalle ricognizioni effettuate sui dispositivi di accompagnamento della mobilità, si evince un quadro che presenta iniziative diversificate, ma
non ancora del tutto solido, anche in virtù dell’ampiezza del fenomeno.
Dal punto di vista dell’impostazione generica delle politiche sulla mobilità si pongono questioni quali l’orientamento professionale geografico, la maggiore efficienza nel recupero del mismatch tra domanda e offerta di competenze e nel sistema di riconoscimento delle qualifiche, l’apprendimento linguistico, la promozione di un modello assicurativo previdenziale che segua il lavoratore nella mobilità sociale e geografica tramite un sistema della portabilità delle pensioni, la promozione di politiche per la casa e/o accompagnamento ai trasferimenti, etc..
Dal punto di vista di una impostazione delle politiche tipizzata a seconda dei territori di provenienza, se si tratta di aree in ritardo di sviluppo, si pongono questioni quali il contenimento delle fuoriuscite mediante politiche di attrattività territoriale (con particolare attenzione ai piccoli comuni sottoposti ad erosione demografica), ma soprattutto la promozione di politiche di rientro del capitale umano affinché il pericoloso brain
drain (monodirezionale) muti in un virtuoso brain exchange (circolare)
come scambio di professionalità, di esperienze e cultura per la crescita
economica ed il miglioramento dello sviluppo di una regione.
E’ di fondamentale importanza proseguire nella promozione del
successo formativo dei giovani e orientarli a scelte che tengano conto
della rapida trasformazione del mondo del lavoro, così da garantire titoli di studio coerenti con gli sbocchi professionali e con le esigenze sociali globali, ma occorre anche considerare le vocazioni locali e creare quelle competenze richieste dalle imprese presenti nei territori.
In definitiva, è sempre più necessaria una maggiore connessione tra filiera formativa e mercato del lavoro a livello europeo, nazionale, interregionale e locale affinché la mobilità sia una scelta libera e non costretta.
187
APPENDICE STATISTICA
INDICE DELLE TABELLE
pag.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
Tab.
1 - Flussi di laureati del Meridione verso le Università
delle aree Obiettivo 1
2 - Flussi di diplomati universitari del Meridione
verso le Università delle aree Obiettivo 1
3 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni
Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord
(dall’Università di Bologna a Padova)
4 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni
Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord
(dall’Università di Parma a quella di Urbino)
5 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane
(dall’Università di Bologna a quella di Insubria)
6 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane
(dall’Università dell’Aquila a quella di Parma)
7 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(da Israele al Venezuela) verso le Università italiane
(dall’Università di Bologna a quella di Insubria)
8 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(da Israele al Venezuela) verso le Università italiane
(dall’Università dell’Aquila a quella di Parma)
9 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane
(dall’Università di Pavia a quella di Udine)
10 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane
(dall’Università di Urbino a quella della Calabria)
11 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(da Israele al Venezuela) verso le Università italiane
(dall’Università di Pavia a quella di Udine)
195
196
197
198
199
200
201
202
203
204
205
191
INDICE
pag.
Tab. 12 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(da Israele al Venezuela) verso le Università italiane
(dall’Università di Urbino a quella della Calabria)
Tab. 13 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1
iscritti nelle Università del Centro – Nord
(dall’Università di Bologna a quella di Padova)
Tab. 14 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti
nelle Università del Centro – Nord
(dall’Università di Parma a quella di Urbino)
Tab. 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1
con mobilità più elevata, distinguendo il fenomeno
per tipologia di Laurea e Sesso
Tab. 16 - Dati per calcolo correlazione lineare e stima della retta
di regressione tra la variabile maschile e femminile
dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 laureati
e/o con diploma universitario conseguito
nelle Università del Centro – Nord
Tab. 17 - Matrice di dati per calcolo correlazione lineare
e analisi delle componenti principali del flusso migratorio
interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie
determinanti
Tab. 18 - Output completo delle analisi statistiche effettuate
sulla correlazione lineare del flusso migratorio interno
delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti
Tab. 19 - Output completo dei risultati statistici riguardanti
l’analisi in componenti principali del flusso migratorio
interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto
alle proprie determinanti
Tab. 20 - Output completo dei risultati statistici relativi all’analisi
della regressione multipla utilizzata per studiare
un modello capace di sintetizzare il tasso migratorio
delle Regioni italiane rispetto alle proprie determinanti
Tab. 21 - Output completo delle risposte dell’indagine CATI
con focus sulle Regioni Obiettivo 1
192
206
207
208
209
211
213
214
215
218
226
INDICE DELLE FIGURE
pag.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
Fig.
1
2
3
4
5
Fig.
6
Fig.
7
Fig.
8
Fig.
9
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
Fig. 16
Fig. 17
Fig. 18
- Tasso di attività 25-34 nelle province italiane. Anno 2005
231
- Tasso di attività 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005 232
- Tasso di attività totale nelle province italiane. Anno 2005
233
- Tasso di attività totale nelle regioni italiane. Anno 2005
234
- Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane.
Anno 2005
235
- Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005
236
- Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane.
Anno 2005
237
- Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005
238
- Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze
di lavoro nelle province italiane. Anno 2005
239
- Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze
di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005
240
- Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze
di lavoro nelle province italiane. Anno 2005
241
- Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze
di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005
242
- Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle province italiane.
Anno 2005
243
- Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle regioni italiane.
Anno 2005
244
- Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005
245
- Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005
246
- Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005
247
- Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati
nelle regioni italiane. Anno 2005
248
193
INDICE DELLE FIGURE
pag.
Fig. 19 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005
Fig. 20 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati
nelle regioni italiane. Anno 2005
Fig. 21 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005
Fig. 22 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati
nelle regioni italiane. Anno 2005
Fig. 23 - Tasso di disoccupazione maschile totale
nelle province italiane. Anno 2005
Fig. 24 - Tasso di disoccupazione maschile totale
nelle regioni italiane. Anno 2005
Fig. 25 - Tasso di disoccupazione femminile totale
nelle province italiane. Anno 2005
Fig. 26 - Tasso di disoccupazione femminile totale
nelle regioni italiane. Anno 2005
Fig. 27 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane.
Anno 2005
Fig. 28 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005
Fig. 29 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane.
Anno 2005
Fig. 30 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005
Fig. 31 - Non Forze di lavoro totale nelle province italiane.
Anno 2005
Fig. 32 - Non Forze di lavoro totale nelle regioni italiane.
Anno 2005
194
249
250
251
252
253
254
255
256
257
258
259
260
261
262
Caserta
Benevento
Napoli
Avellino
Salerno
Foggia
Bari
Taranto
Brindisi
Lecce
Potenza
Matera
Cosenza
Crotone
Catanzaro
Vibo Valentia
Reggio di Calabria
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sassari
Nuoro
Oristano
Cagliari
Studenti anno solare 2004 (dati per sesso, residenza e tipologia studi: Laurea e Diploma Universitario)
Maschi laureati Femmine laureate
Maschi laureati
Femmine laureate Maschi laureati Femmine laureate
residenti
residenti
residenti
residenti
residenti
residenti
in regione
in regione
fuori regione
fuori regione
514
732
374
565
75
125
143
191
71
56
14
10
4.566
5.740
1.548
2.338
686
725
12
18
9
6
0
5
1.140
1.530
497
872
171
326
363
523
43
54
27
44
2.068
3.306
670
1.162
265
370
145
131
15
10
14
4
13
24
1
5
0
1
591
1.294
271
645
17
51
177
289
49
45
91
47
5
24
1
3
3
31
1.034
1.698
570
815
29
44
5
29
1
7
0
0
237
503
103
152
11
12
2
6
2
3
0
0
287
248
63
49
86
84
50
91
6
8
0
0
1.511
2.247
1.028
1.688
15
25
910
1637
127
386
515
1.068
30
33
9
11
0
0
19
56
3
16
2
2
41
42
23
41
0
0
1.176
1.553
856
1.160
19
23
22
28
4
13
1
1
16
20
3
3
0
0
409
833
123
266
34
33
24
56
3
8
0
0
17
31
12
19
0
0
1.255
2.107
473
820
7
12
Tabella 1 - Flussi di laureati del Meridione verso le Università delle aree Obiettivo 1
APPENDICE STATISTICA
195
196
Caserta
Benevento
Napoli
Avellino
Salerno
Foggia
Bari
Taranto
Brindisi
Lecce
Potenza
Matera
Cosenza
Crotone
Catanzaro
Vibo Valentia
Reggio di Calabria
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sassari
Nuoro
Oristano
Cagliari
Studenti anno solare 2004 (dati per sesso, residenza e tipologia studi: Laurea e Diploma Universitario)
Maschi
Femmine
Maschi
Totale Femmine
Maschi
Femmine
con Diploma
con Diploma
con Diploma
con Diploma
con Diploma
con Diploma
Universitario
Universitario
Universitario
Universitario
Universitario
Universitario
residenti
residenti
residenti in regione residenti in regione
residenti
residenti
fuori regione
fuori regione
6
4
4
2
0
0
4
8
6
3
1
1
73
76
24
16
6
6
0
0
0
0
0
0
10
14
21
6
5
1
13
49
3
4
1
5
42
103
36
91
6
11
11
13
3
1
0
0
4
16
0
1
0
0
20
44
3
8
0
0
0
1
0
0
1
0
7
1
2
0
1
1
32
26
22
12
2
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
4
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
19
9
6
4
0
1
58
61
8
9
49
53
0
4
2
3
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
52
110
48
83
2
0
0
0
0
0
0
0
16
5
7
0
0
0
5
2
0
1
0
0
0
2
1
0
0
0
1
3
2
2
0
0
7
37
2
7
0
1
Tabella 2 - Flussi di diplomati universitari del Meridione verso le Università delle aree Obiettivo 1
APPENDICE STATISTICA
Laureati e Diplomati Universitari del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza (Università Centro- Nord)
Tabella 3 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Bologna a Padova)
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
Molise
15
6
41
70
29
8
12
15
19
14
36
47
10
4
5
3
0
0
4
2
1
3
1
1
4
0
0
0
2
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
MASCHI
Milano
26
17
13
17
61
41
25
35
49
55
115
109
125
118
76
67
98
70
156
143
64
82
55
37
44
46
6
10
36
38
18
22
57
50
51
34
41
20
41
25
40
37
21
18
11
5
45
32
56
51
55
39
22
31
22
26
11
10
24
24
FEMMINE
Firenze
1
1
6
3
2
8
3
1
9
10
13
22
9
18
11
11
3
13
21
32
8
25
7
17
34
34
8
27
21
31
11
8
7
13
7
7
1
3
6
6
6
3
4
0
2
0
4
4
8
8
6
6
18
16
16
17
7
11
9
14
Roma
155
199
63
100
371
511
66
98
156
196
131
167
165
185
104
145
65
88
153
153
108
184
55
81
152
279
42
68
104
157
39
59
79
160
24
40
50
91
58
50
30
42
23
34
7
11
67
53
40
35
45
52
28
29
16
24
3
14
27
36
MASCHI
Chieti
23
16
8
12
71
112
27
18
30
64
102
278
147
157
35
66
28
33
27
41
14
40
9
11
11
51
0
12
3
7
1
16
8
5
34
21
13
27
4
1
12
6
0
5
1
1
6
11
4
5
1
4
3
2
0
2
0
1
0
5
FEMMINE
Cassino
42
153
1
4
10
7
0
1
7
2
3
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
1
0
3
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Padova
0
0
0
1
4
1
0
1
1
3
13
19
8
28
10
23
3
17
7
33
3
2
2
7
0
9
1
1
0
3
0
4
2
3
1
4
6
3
8
7
5
6
1
4
3
3
9
7
3
13
7
4
2
15
1
6
1
4
3
4
MASCHI
Camerino
4
3
0
0
8
2
1
1
9
6
11
6
11
3
1
1
2
4
1
2
2
0
2
0
8
3
2
0
3
2
1
1
17
11
4
1
16
6
2
1
18
8
3
4
1
0
2
3
1
0
5
3
0
0
0
0
1
0
2
0
FEMMINE
Bologna
Caserta
26
13
Benevento
18
15
Napoli
61
29
Avellino
22
6
Salerno
51
36
Foggia
132
156
Bari
84
55
Taranto
94
78
Brindisi
70
59
Lecce
162
151
Potenza
65
48
Matera
37
35
Cosenza
109
83
Crotone
57
53
Catanzaro
83
56
Vibo Valentia
17
19
ReggioCalabria 72
48
Trapani
53
39
Palermo
75
18
Messina
52
19
Agrigento
36
15
Caltanissetta
18
10
Enna
20
5
Catania
56
15
Ragusa
36
19
Siracusa
48
18
Sassari
24
33
Nuoro
29
29
Oristano
11
16
Cagliari
31
25
APPENDICE STATISTICA
197
198
Pisa
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
Siena
16
10
15
25
32
34
37
60
14
25
45
19
58
17
18
5
18
24
15
5
15
2
6
8
18
16
3
15
2
12
FEMMINE
MASCHI
9
6
20
10
35
11
39
30
7
24
30
14
26
13
17
5
7
26
7
5
21
6
5
8
8
13
2
5
4
6
Torino
28
1
6
3
21
3
12
3
18
8
44
14
59
20
47
24
43
20
130
26
23
5
13
6
18
5
9
4
10
12
6
4
32
15
15
6
19
2
23
6
11
2
12
2
5
1
18
5
17
5
23
12
30
19
18
19
17
6
13
12
MASCHI
FEMMINE
3
3
7
12
18
12
9
29
9
29
30
20
37
1
55
0
32
17
5
11
46
6
0
10
22
19
21
19
6
13
FEMMINE
MASCHI
4
8
13
13
21
25
21
65
18
52
29
28
33
0
59
3
35
31
5
22
44
9
0
6
28
25
23
24
6
23
Trieste
22
5
3
2
25
11
3
1
18
5
3
10
19
16
14
4
6
4
14
11
1
1
1
3
6
4
1
0
4
5
1
2
2
10
5
4
12
9
10
5
3
15
2
5
0
1
9
9
3
7
7
4
3
4
3
8
2
2
3
12
MASCHI
Perugia
4
6
3
13
11
15
8
10
19
25
29
50
15
31
33
34
8
16
26
50
33
31
13
19
58
105
2
0
47
72
0
1
15
10
3
10
7
10
5
3
15
13
0
1
0
3
11
5
14
9
6
6
7
5
1
13
1
5
2
7
FEMMINE
0
2
2
2
4
5
7
8
6
31
0
2
8
6
4
1
11
4
1
5
9
3
1
0
4
4
2
5
1
4
Tuscia
29
2
6
2
47
12
4
3
22
8
3
1
36
4
2
0
5
1
24
1
1
2
0
0
4
1
1
2
13
6
0
0
5
1
2
7
32
5
5
4
4
3
2
0
1
1
18
6
5
4
3
2
3
2
2
2
0
0
13
3
MASCHI
Pavia
FEMMINE
1
0
2
2
6
7
9
4
7
24
7
2
13
0
2
1
6
6
4
2
15
3
2
5
6
3
9
7
2
1
Urbino
2
2
6
4
0
0
11
7
5
16
31
61
32
53
14
20
11
21
32
34
11
13
7
10
8
5
0
3
3
7
4
0
6
2
3
12
6
4
7
8
5
6
6
5
1
9
6
16
6
11
9
6
2
10
8
13
0
0
2
11
MASCHI
Parma
1
0
0
2
0
1
1
3
4
1
32
23
19
15
22
21
35
20
30
51
4
4
12
15
7
8
6
5
4
11
1
1
5
3
5
11
2
3
2
2
10
4
1
2
1
1
2
1
2
5
6
2
5
4
4
1
3
5
1
2
FEMMINE
Caserta
Benevento
Napoli
Avellino
Salerno
Foggia
Bari
Taranto
Brindisi
Lecce
Potenza
Matera
Cosenza
Crotone
Catanzaro
Vibo Valentia
ReggioCalabria
Trapani
Palermo
Messina
Agrigento
Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Sassari
Nuoro
Oristano
Cagliari
Laureati e Diplomati Universitari del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza (Università Centro- Nord)
Tabella 4 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino)
APPENDICE STATISTICA
Tabella 5 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di
Insubria)
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
1
21
MASCHI
13
FEMMINE
6
2
1
2
1
1
MASCHI
2
FEMMINE
0
12
0
17
MASCHI
1
8
10
1
FEMMINE
4
11
1
1
1
1
MASCHI
9
1
1
Ferrara
8
1
1
2
1
1
1
2
FEMMINE
4
3
5
2
3
1
1
3
6
1
1
3
16
1
2
1
2
1
2
1
1
2
4
1
Firenze
3
5
MASCHI
Chieti
FEMMINE
3
1
2
2
3
1
1
1
1
2
1
4
3
1
1
4
1
1
1
Genova
3
3
MASCHI
Camerino
1
FEMMINE
Brescia
1
3
3
1
0
3
1
1
Insubria
2
MASCHI
Bolzano
0
0
FEMMINE
Bologna
Albania
16
31
Apolide
2
Argentina
1
Austria
1
Belgio
Bielorussia
1
Bosnia-Erzegovina 2
Brasile
1
1
Bulgaria
2
6
Burkina Faso
Camerun
9
9
Canada
Ceca, Repubblica 1
1
Cile
1
Cina
1
Colombia
Congo
1
Corea del Sud
1
Costa d’Avorio
Croazia
1
12
Ecuador
1
Eritrea
1
Etiopia
Francia
2
2
Germania
4
5
Giordania
1
Grecia
29
30
India
Iran
3
1
APPENDICE STATISTICA
199
200
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
15
FEMMINE
1
19
1
9
11
MASCHI
1
FEMMINE
2
1
1
2
2
7
1
MASCHI
1
FEMMINE
6
1
2
2
8
15
5
1
1
2
1
3
1
13
10
3
1
2
14
19
11
4
3
9
1
2
3
2
1
1
1
1
1
4
3
2
3
3
1
2
3
24
1
6
9
5
4
2
3
2
3
1
1
2
1
3
34
7
1
5
1
2
1
6
12
3
3
4
2
1
6
4
1
3
1
3
3
5
MASCHI
1
FEMMINE
Roma
20
24
MASCHI
Modena
7
5
FEMMINE
Milano
14
26
4
1
4
4
3
4
3
4
6
2
9
8
12
2
8
1
3
11
2
2
2
6
8
1
2
1
13
2
1
3
1
2
9
3
2
2
22
1
22
3
2
10
1
1
1
2
3
3
2
3
3
Padova
19
19
MASCHI
Marche
1
3
FEMMINE
Macerata
1
1
2
7
4
1
1
1
1
5
Parma
1
3
MASCHI
Aquila
FEMMINE
Albania
Apolide
Argentina
Austria
Belgio
Bielorussia
Bosnia-Erzegovina
Brasile
Bulgaria
Burkina Faso
Camerun
Canada
Ceca, Repubblica
Cile
Cina
Colombia
Congo
Corea del Sud
Costa d’Avorio
Croazia
Ecuador
Eritrea
Etiopia
Francia
Germania
Giordania
Grecia
India
Iran
Tabella 6 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma)
APPENDICE STATISTICA
Tabella 7 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di
Insubria)
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
1
1
2
MASCHI
2
FEMMINE
1
1
FEMMINE
1
1
1
1
3
1
1
MASCHI
1
FEMMINE
6
7
2
2
10
1
1
2
1
1
1
1
1
1
2
1
2
1
1
3
1
5
2
Firenze
1
1
4
1
1
2
MASCHI
Ferrara
3
1
FEMMINE
Chieti
1
1
1
1
1
1
3
1
2
1
3
1
1
1
2
1
7
3
5
2
1
Insubria
Genova
MASCHI
Camerino
5
FEMMINE
Brescia
1
MASCHI
Bolzano
FEMMINE
Bologna
Israele
10
3
Italiani res. Estero 20
30
Jugoslavia
6
Libano
1
Madagascar
2
Marocco
2
3
Messico
1
Moldavia
1
1
Norvegia
Paesi Bassi
Perù
1
2
Polonia
2
4
Regno Unito
1
Romania
6
Russia
1
San Marino
26
39
Slovacchia
1
4
Slovenia
Spagna
1
1
Stati Uniti d’America1
Svezia
1
Svizzera
4
3
Tunisia
1
Turchia
1
Ucraina
2
Ungheria
1
Venezuela
3
APPENDICE STATISTICA
MASCHI
201
202
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
1
MASCHI
1
1
FEMMINE
1
2
1
2
1
MASCHI
1
FEMMINE
1
2
1
4
1
4
4
21
3
2
2
5
3
12
19
3
9
14
3
4
2
5
1
3
29
2
2
4
2
1
4
MASCHI
1
FEMMINE
1
1
1
1
1
1
2
1
7
2
1
3
1
2
1
1
1
2
10
3
2
1
6
3
6
4
1
3
2
4
1
1
5
1
3
10
2
3
27
3
17
5
Roma
20
24
8
52
1
1
3
4
2
3
2
2
1
2
2
1
MASCHI
Modena
7
5
FEMMINE
Milano
14
26
13
14
14
14
6
12
4
1
3
3
2
2
1
1
2
1
13
1
1
2
3
2
3
1
1
1
14
1
3
1
3
2
10
3
1
3
2
Padova
19
19
5
2
2
7
3
2
2
MASCHI
Marche
1
3
FEMMINE
Macerata
1
1
3
2
1
1
2
1
1
1
1
Parma
1
3
MASCHI
Aquila
FEMMINE
Albania
Israele
Italiani res. Estero
Jugoslavia
Libano
Madagascar
Marocco
Messico
Moldavia
Norvegia
Paesi Bassi
Perù
Polonia
Regno Unito
Romania
Russia
San Marino
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Stati Uniti d’America
Svezia
Svizzera
Tunisia
Turchia
Ucraina
Ungheria
Venezuela
Tabella 8 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma)
APPENDICE STATISTICA
FEMMINE
MASCHI
2
7
1
1
2
1
MASCHI
2
FEMMINE
2
0
9
3
1
2
1
3
3
1
1
1
1
MASCHI
1
1
1
1
4
1
2
1
FEMMINE
1
3
2
1
2
3
1
1
1
MASCHI
1
1
MASCHI
10
1
1
1
2
6
1
20
2
1
1
3
1
1
1
3
1
1
1
1
9
16
1
2
8
1
1
2
4
5
0
4
8
1
1
1
4
15
9
1
1
2
1
1
1
2
2
3
Torino
18
10
1
1
1
1
3
Trento
1
2
4
1
9
1
3
Trieste
6
2
1
21
1
2
1
4
FEMMINE
1
1
FEMMINE
Siena
FEMMINE
3
MASCHI
9
FEMMINE
16
MASCHI
Piemonte
1
1
FEMMINE
Perugia
3
1
MASCHI
2
1
2
1
Udine
4
MASCHI
Pavia
3
2
6
FEMMINE
Albania
3
Apolide
Argentina
Austria
Belgio
Bielorussia
Bosnia-Erzegovina 2
Brasile
Bulgaria
1
Burkina Faso
Camerun
3
Canada
Ceca, Repubblica
Cile
Cina
Colombia
Congo
Corea del Sud
Costa d’Avorio
1
Croazia
Ecuador
Eritrea
Etiopia
Francia
2
Germania
Giordania
Grecia
5
India
Iran
Pisa
Tabella 9 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine)
APPENDICE STATISTICA
203
Tabella 10 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della Calabria)
204
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
2
3
9
1
3
1
1
1
1
10
1
2
2
3
1
3
13
1
1
1
1
25
25
1
1
1
9
MASCHI
5
1
2
1
1
MASCHI
2
FEMMINE
1
MASCHI
1
FEMMINE
1
FEMMINE
1
1
10
1
MASCHI
2
FEMMINE
40
1
2
1
37
2
1
6
1
2
1
1
Ferrara
1
4
4
5
4
3
Firenze
MASCHI
3
3
2
1
FEMMINE
Chieti
9
Genova
MASCHI
Camerino
5
14
1
5
1
FEMMINE
Brescia
5
6
1
1
1
1
Insubria
MASCHI
Bolzano
3
7
FEMMINE
Bologna
Albania
1
Apolide
Argentina
Austria
Belgio
Bielorussia
Bosnia-Erzegovina
Brasile
1
Bulgaria
1
Burkina Faso
Camerun
1
Canada
Ceca, Repubblica
Cile
Cina
Colombia
Congo
Corea del Sud
Costa d’Avorio
Croazia
Ecuador
Eritrea
Etiopia
Francia
1
Germania
1
Giordania
Grecia
7
8
India
Iran
APPENDICE STATISTICA
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
1
4
4
1
3
1
1
1
1
1
1
3
1
3
2
1
1
3
1
1
1
2
1
1
1
1
1
2
1
2
1
1
12
1
4
2
1
1
2
3
1
8
3
1
1
1
5
3
1
15
4
1
2
Torino
1
25
5
1
4
1
1
2
Trento
1
2
1
3
1
2
1
1
2
2
9
2
13
1
Trieste
1
2
8
1
3
1
2
Udine
2
1
MASCHI
2
2
2
1
2
MASCHI
1
FEMMINE
1
MASCHI
1
MASCHI
2
FEMMINE
2
FEMMINE
Siena
MASCHI
3
FEMMINE
2
1
1
1
MASCHI
Piemonte
FEMMINE
Perugia
MASCHI
1
10
FEMMINE
Pavia
1
4
3
1
2
1
FEMMINE
Israele
1
Italiani res. Estero 4
Jugoslavia
Libano
1
Madagascar
Marocco
1
Messico
Moldavia
Norvegia
Paesi Bassi
Perù
Polonia
Regno Unito
Romania
Russia
San Marino
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Stati Uniti d’America
Svezia
Svizzera
3
Tunisia
Turchia
Ucraina
Ungheria
Venezuela
Pisa
Tabella 11 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine)
APPENDICE STATISTICA
205
206
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
1
1
2
1
4
2
1
MASCHI
1
1
FEMMINE
1
1
1
2
1
1
1
2
1
1
2
1
3
MASCHI
1
1
1
1
1
1
FEMMINE
2
3
2
1
1
1
FEMMINE
1
1
1
2
MASCHI
5
1
1
1
1
1
4
1
9
1
3
5
1
Napoli
1
4
FEMMINE
3
Palermo
MASCHI
Lecce
1
1
2
1
FEMMINE
14
1
3
Catania
MASCHI
5
4
1
1
FEMMINE
Venezia
1
1
Calabria
MASCHI
Verona
3
7
FEMMINE
Urbino
Albania
1
Israele
Italiani res. Estero 5
10
Jugoslavia
Libano
Madagascar
Marocco
Messico
Moldavia
Norvegia
Paesi Bassi
1
Perù
1
Polonia
Regno Unito
Romania
1
Russia
San Marino
4
26
Slovacchia
1
Slovenia
Spagna
Stati Uniti d’America
Svezia
Svizzera
Tunisia
Turchia
Ucraina
Ungheria
Venezuela
Bari
Tabella 12 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della
Calabria)
APPENDICE STATISTICA
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
Molise
117
105
423
605
189
69
130
76
120
96
350
415
70
36
44
22
17
7
30
18
42
35
9
5
24
12
2
1
8
1
1
1
7
2
4
1
3
1
8
2
2
1
1
1
0
0
5
0
0
0
3
0
0
0
0
0
3
0
6
0
MASCHI
Milano
140
107
83
107
287
204
122
124
334
310
490
433
547
440
352
325
331
333
800
676
330
450
195
220
249
269
95
108
197
196
108
131
304
284
226
191
182
145
215
173
280
236
138
102
54
47
214
139
298
226
231
169
177
187
133
155
39
59
151
138
FEMMINE
Firenze
46
47
42
56
87
101
68
108
118
172
112
188
148
192
116
163
55
79
189
284
196
290
64
109
292
430
121
195
191
323
83
105
98
187
57
89
66
53
65
70
56
60
22
31
13
10
48
72
58
78
63
84
118
149
122
190
59
62
84
123
Roma
550
782
366
646
758 1017
472
741
890 1375
707 1047
612 1001
542
975
382
601
701 1015
994 1501
465
665
1214 1984
369
571
784 1197
326
538
640 1134
163
294
279
452
243
398
217
355
183
282
62
57
273
333
227
335
228
326
227
349
107
227
58
124
198
278
MASCHI
Chieti
82
72
63
94
495
289
74
106
161
225
953 1640
410
554
190
364
102
155
168
295
79
174
47
72
46
95
15
21
16
33
5
31
29
29
46
35
50
24
22
17
15
7
10
10
5
1
31
36
13
10
11
5
15
14
8
3
3
1
13
15
FEMMINE
Cassino
679 1152
22
53
174
90
9
7
66
31
13
10
19
4
2
2
6
0
2
1
16
10
7
4
15
2
1
0
5
3
0
1
10
4
12
5
60
15
1
0
2
4
6
2
0
0
11
6
2
0
5
0
5
2
1
1
0
0
5
3
Padova
15
19
8
3
39
16
6
13
23
22
55
70
74
89
45
86
29
76
82
189
20
26
12
29
44
48
5
9
18
30
14
13
31
40
22
27
35
17
31
49
33
46
21
19
6
12
42
49
34
45
19
47
24
50
15
32
16
33
23
32
MASCHI
Camerino
84
32
11
12
94
46
7
7
80
33
84
42
60
39
29
11
24
13
34
26
32
21
17
4
50
49
102
96
52
27
9
6
122
38
47
14
142
58
22
10
105
39
87
69
8
7
56
25
22
3
53
20
5
4
4
1
1
0
18
10
FEMMINE
Bologna
Caserta
81
90
Benevento
52
53
Napoli
152
169
Avellino
119
119
Salerno
205
278
Foggia
846
922
Bari
343
313
Taranto
483
457
Brindisi
412
405
Lecce
1020
910
Potenza
408
408
Matera
256
263
Cosenza
659
613
Crotone
339
349
Catanzaro
401
368
Vibo Valentia 120
148
Reggio Calabria 384
319
Trapani
364
387
Palermo
165
148
Messina
189
175
Agrigento
224
135
Caltanissetta
91
50
Enna
48
32
Catania
159
141
Ragusa
208
158
Siracusa
213
139
Sassari
186
175
Nuoro
175
219
Oristano
89
97
Cagliari
213
271
Iscritti del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza nelle Università del Centro - Nord
Tabella 13 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro – Nord (dall’Università di Bologna a quella di Padova)
APPENDICE STATISTICA
207
208
FEMMINE
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
FEMMINE
MASCHI
Siena
62
67
107
141
352
126
96
181
75
135
257
118
274
32
54
25
111
114
92
24
99
23
25
28
59
67
31
68
16
32
Torino
71
9
32
10
100
27
40
24
108
28
194
92
226
73
233
64
289
87
629
188
118
49
81
43
101
56
40
32
98
48
49
40
194
101
90
25
132
17
154
40
92
32
61
24
29
9
114
34
97
20
170
52
233
94
123
50
85
34
122
50
MASCHI
MASCHI
80
63
146
109
273
101
111
118
49
103
150
104
192
30
54
19
53
126
70
34
131
15
18
23
65
102
16
37
5
29
FEMMINE
FEMMINE
MASCHI
28
34
38
72
162
66
73
172
90
162
187
132
248
8
348
0
168
153
42
52
140
50
19
52
129
115
142
182
61
87
Pisa
Trieste
12
8
3
9
22
25
6
9
17
21
13
27
24
61
30
20
10
16
36
35
8
6
5
7
14
19
3
1
7
9
0
3
10
17
13
16
19
29
8
13
8
14
7
9
6
5
29
34
11
15
26
21
8
12
9
18
2
6
15
31
MASCHI
44
41
73
97
158
107
123
286
109
251
215
149
228
12
395
15
198
257
75
110
167
51
5
44
200
152
236
212
86
89
FEMMINE
Perugia
54
58
66
88
89
76
86
90
180
227
226
312
107
148
253
216
126
124
204
184
245
307
106
141
419
465
25
29
369
392
22
24
168
142
80
60
46
36
20
35
92
101
11
18
14
14
39
46
56
42
60
47
23
38
44
68
8
27
27
39
Tuscia
89
9
18
15
66
14
9
9
34
26
24
10
49
21
19
7
14
4
50
6
11
10
15
4
21
15
5
5
27
19
0
7
21
15
35
29
43
23
36
34
25
2
12
1
5
1
31
28
21
8
27
31
22
3
20
12
2
5
20
12
MASCHI
4
10
9
9
35
46
46
38
27
169
21
16
46
16
11
18
58
33
12
12
93
21
5
14
14
19
35
18
8
16
FEMMINE
Pavia
Urbino
26
14
14
33
93
62
59
55
48
90
179
277
192
297
94
99
79
87
164
199
66
53
36
59
84
71
18
19
26
24
12
14
33
32
41
43
43
26
27
33
37
32
36
32
11
9
40
46
39
29
30
29
21
27
31
53
4
9
22
41
MASCHI
3
6
15
13
36
34
47
39
27
92
19
12
36
9
25
10
52
36
11
17
106
20
3
16
22
20
46
14
14
10
FEMMINE
Parma
Caserta
10
11
Benevento
9
9
Napoli
25
19
Avellino
15
17
Salerno
43
45
Foggia
218
223
Bari
97
82
Taranto
146
145
Brindisi
155
153
Lecce
297
331
Potenza
48
37
Matera
85
96
Cosenza
44
69
Crotone
47
77
Catanzaro
57
63
Vibo Valentia
16
16
Reggio Calabria 30
41
Trapani
162
144
Palermo
21
10
Messina
14
12
Agrigento
73
64
Caltanissetta
10
6
Enna
7
8
Catania
22
28
Ragusa
25
18
Siracusa
38
30
Sassari
32
21
Nuoro
34
35
Oristano
23
15
Cagliari
12
21
Iscritti del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza nelle Università del Centro - Nord
Tabella 14 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro - Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino)
APPENDICE STATISTICA
APPENDICE STATISTICA
Tabella 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendo il
fenomeno per tipologia di Laurea e Sesso
LAUREATI DI FOGGIA 8,32%
%F
16,43
GIURISPRUDENZA
PSICOLOGIA
LETTERE
ROMA
%M
17,67
BOLOGNA
17,81
15,35
CHIETI
13,76
27,36
ROMA
%M
17,25
BOLOGNA
18,26
18,52
MILANO
17,58
17,54
ROMA
%M
20,42
CHIETI
18,19
20,66
MILANO
15,47
15,53
CHIETI
%M
9,39
ROMA
49,07
65,09
MILANO
8,06
5,22
ROMA
%M
28,41
BOLOGNA
20,37
11,23
PERUGIA
10,84
14,20
%M
36,64
2,29
3,81
%F
9,50
17,36
15,57
INGEGNERIA
ECONOMIA
LETTERE
20,45
16,66
5,30
5,13
17,30
14,74
MEDICINA
21,27
4,16
%M
50,32
2,61
%F
15,68
27,45
ECONOMIA
25,30
25,16
MEDICINA
48,07
16,78
%M
51,51
3,63
%F
5,94
35,67
MEDICINA
48,98
73,24
ECONOMIA
64,00
56,78
%M
40,84
22,53
%F
28,57
65,17
MEDICINA
44,20
79,45
ECONOMIA
77,05
56,09
%M
38,15
%F
24,73
ECONOMIA
32,11
15,62
GIURISPRUDENZA
32,75
34,28
LAUREATI DI LECCE 8,06%
%F
18,77
GIURISPRUDENZA
PSICOLOGIA
LAUREATI DI BARI 7,43%
%F
24,34
GIURISPRUDENZA
PSICOLOGIA
LAUREATI DI NAPOLI 7,30%
%F
14,26
MEDICINA
SCIENZE SOCIALI
LAUREATI DI COSENZA 6,03%
%F
37,75
GIURISPRUDENZA
segue
209
APPENDICE STATISTICA
segue: Tabella 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendo
il fenomeno per tipologia di Laurea e Sesso
LAUREATI DI TARANTO 5,50%
%F
%M
24,41
GIURISPRUDENZA
47,11
PSICOLOGIA
2,88
SCIENZE DELLA FORMAZIONE2,88
ROMA
%M
18,34
BOLOGNA
16,57
13,13
INGEGNERIA
ECONOMIA
29,78
18,08
6,41
19,23
MILANO
13,40
11,28
ECONOMIA
48,68
53,73
ROMA
%M
32,50
%M
22,43
39,10
5,12
%F
36,22
12,24
21,93
MILANO
10,23
10,93
ECONOMIA
57,14
47,27
CHIETI
6,26
12,72
MEDICINA
50,00
46,87
BOLOGNA
%M
16,08
%M
23,07
26,15
26,15
%F
16,66
0,00
27,08
MILANO
15,84
15,89
MEDICINA
ECONOMIA
37,50
31,25
64,63
17,07
ROMA
26,73
35,65
PSICOLOGIA
GIURISPRUDENZA
3,70
27,77
22,82
15,21
ROMA
%M
25,30
LAUREATI DI CATANZARO 4,24%
%F
32,43
GIURISPRUDENZA
PSICOLOGIA
LETTERE
%M
28,84
3,84
9,61
%F
11,46
17,19
19,10
BOLOGNA
20,19
11,57
GIURISPRUDENZA
ECONOMIA
15,66
56,62
25,00
21,42
PERUGIA
11,43
14,82
ECONOMIA
GIURISPRUDENZA
21,27
19,14
4,16
31,94
ROMA
%M
39,54
LAUREATI DI CASERTA 3,96%
%F
44,9
GIURISPRUDENZA
MEDICINA
%M
45,80
32,90
%F
2,51
69,85
LAUREATI DI SALERNO 4,65%
%F
38,96
MEDICINA
GIURISPRUDENZA
PSICOLOGIA
LAUREATI DI POTENZA 4,36%
%F
9,30
GIURISPRUDENZA
INGEGNERIIA
ECONOMIA
%F
4,13
23,45
36,55
CASSINO
10,7
34,5
INGEGNERIA
LETTERE
38,09
23,80
0,00
89,54
MILANO
6,63
3,83
ECONOMIA
80,77
70,58
210
Maschi
Caserta
392
Benevento
188
Napoli
756
Avellino
220
Salerno
479
Foggia
741
Bari
808
Taranto
567
Brindisi
409
Lecce
887
Potenza
404
Matera
258
Cosenza
535
Crotone
148
Catanzaro
411
Vibo Valentia 108
Reggio Calabria 355
Trapani
271
Palermo
296
Messina
252
Agrigento
276
Caltanissetta
113
Enna
60
Catania
272
Ragusa
237
Siracusa
263
Sassari
181
Nuoro
156
Oristano
69
Femmine
443
263
785
242
503
1016
760
594
395
815
516
284
739
209
484
144
392
241
222
158
230
102
48
185
216
197
196
199
83
Xi-Xm
49,6
-154,4
413,6
-122,4
136,6
398,6
465,6
224,6
66,6
544,6
61,6
-84,4
192,6
-194,4
68,6
-234,4
12,6
-71,4
-46,4
-90,4
-66,4
-229,4
-282,4
-70,4
-105,4
-79,4
-161,4
-186,4
-273,4
Yi-Ym
81,5
-98,5
423,5
-119,5
141,5
654,5
398,5
232,5
33,5
453,5
154,5
-77,5
377,5
-152,5
122,5
-217,5
30,5
-120,5
-139,5
-203,5
-131,5
-259,5
-313,5
-176,5
-145,5
-164,5
-165,5
-162,5
-278,5
(Xi-Xm)*(Yi-Ym)
4042,4
15208,4
175159,6
14626,8
19328,9
260883,7
185541,6
52219,5
2231,1
246976,1
9517,2
6541,0
72706,5
29646,0
8403,5
50982,0
384,3
8603,7
6472,8
18396,4
8731,6
59529,3
88532,4
12425,6
15335,7
13061,3
26711,7
30290,0
76141,9
(Xi-Xm)^2
2460,16
23839,36
171064,96
14981,76
18659,56
158881,96
216783,36
50445,16
4435,56
296589,16
3794,56
7123,36
37094,76
37791,36
4705,96
54943,36
158,76
5097,96
2152,96
8172,16
4408,96
52624,36
79749,76
4956,16
11109,16
6304,36
26049,96
34744,96
74747,56
(Yi-Ym)^2
6642,25
9702,25
179352,25
14280,25
20022,25
428370,25
158802,25
54056,25
1122,25
205662,25
23870,25
6006,25
142506,25
23256,25
15006,25
47306,25
930,25
14520,25
19460,25
41412,25
17292,25
67340,25
98282,25
31152,25
21170,25
27060,25
27390,25
26406,25
77562,25
Xi*Yi
173656
49444
593460
53240
240937
752856
614080
336798
161555
722905
208464
73272
395365
30932
198924
15552
139160
65311
65712
39816
63480
11526
2880
50320
51192
51811
35476
31044
5727
Xi^2
153664
35344
571536
48400
229441
549081
652864
321489
167281
786769
163216
66564
286225
21904
168921
11664
126025
73441
87616
63504
76176
12769
3600
73984
56169
69169
32761
24336
4761
211
segue
Yi^2
196249
69169
616225
58564
253009
1032256
577600
352836
156025
664225
266256
80656
546121
43681
234256
20736
153664
58081
49284
24964
52900
10404
2304
34225
46656
38809
38416
39601
6889
Tabella 16 - Dati per calcolo correlazione lineare e stima della retta di regressione tra la variabile maschile e femminile dei giovani delle Regioni Obiettivo
1 laureati e/o con diploma universitario conseguito nelle Università del Centro – Nord
APPENDICE STATISTICA
212
Maschi
160
10272
342,4
Dev(x,y)=1447141,2
Codev(x,y)=2044589
Cov(x,y)= 51700,2
s(x)=
219,6
s(y)=
247,4
Cagliari
Totale
Media
Femmine
184
10845
361,50
Yi-Ym
-177,5
ß1=
ßo=
1,413
-122,25
(Yi-Ym)^2
31506,25
1837449,50
61248,32
Xi*Yi
Xi^2
29440
25600
5264335
4964274
175477,83 165475,80
51700,23coefficiente di correlazione lineare:
s(x)=
219,63
r(x,y)=
s(y)=
247,48
(Xi-Xm)^2
33269,76
1447141,2
48238,04
La retta di regressione stimata ha equazione:
Y=-122,259+1,413X
s(x,y)=
0,951
(Xi-Xm)*(Yi-Ym)
32376,0
1551007,00
51700,23
coefficiente di correlazione lineare:
r(x,y)=
Xi-Xm
-182,4
0,951
Yi^2
33856
5757917
191930,57
segue: Tabella 16 - Dati per calcolo correlazione lineare e stima della retta di regressione tra la variabile maschile e femminile dei giovani delle Regioni
Obiettivo 1 laureati e/o con diploma universitario conseguito nelle Università del Centro – Nord
APPENDICE STATISTICA
-4,4
-2,6
-3,3
-4,3
-1,9
0,6
Tasso
Migratorio
Campania
12,925
Puglia
13,6
Basilicata
12,525
Calabria
14,425
Sicilia
12,225
Sardegna
11,2
*Anno di riferimento 2004
*Anno di riferimento 2003
Tasso di disoccupazione a medio
alta scolarizzazione
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
7,3
5,5
0,8
2,7
6,9
2,4
Forza
Lavoro
7,4
5,5
0,8
2,7
6,3
2,4
Tasso di
irregolarità**
82,23
77,34
106,62
77,52
70,19
107,67
Peso
Industria**
Assunzioni
previste
19,8
22,3
27,2
16,9
16,9
19,9
23,2
20,9
20,8
31
26
18,3
Spesa delle
famiglie*
12,33
11,57
8,93
10,77
14,5
12,57
Tasso di disoccupazione a bassa
scolarizzazione
5,34
4,42
2,31
4,6
3,91
4,17
Assunzioni
previste di
laureati
20,54
20,16
19,26
20,02
19,42
19,89
Indice
popolazione
di età 19 32 anni
44,1
44,4
49,2
44,5
44
51,4
14.381,6
13.810
14.996
13.343
14.042,4
15.724,5
857
557
101
322
760
260
870
665
92
282
711
336
Occupati a
bassa scolarizzazione
Tasso di
occupazione
Occupati
laureati e
diplomati
Reddito
disponibile
pro capite*
Tasso di
disoccupazi
one
14,9
14,6
12,3
14,4
16,2
12,9
82,4
87,4
89,1
86,5
88,3
95,7
Indice di
struttura
della
popolazione
attiva
Tabella 17- Matrice di dati per calcolo correlazione lineare e analisi delle componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto
alle proprie determinanti
APPENDICE STATISTICA
213
Tasso
migratorio
1,00
1,00
-0,75
-0,54
-0,67
-0,74
-0,94
-0,58
0,64
-0,67
-0,51
-0,30
0,95
0,88
0,64
-0,23
-0,26
-0,19
-0,30
-0,25
-0,70
0,03
-0,60
0,33
-0,34
0,63
0,59
0,92
-0,58
-0,36
-0,72
0,53
0,73
0,13
-0,49
0,07
0,85
1,00
0,99
0,69
-0,71
1,00
-0,71
0,40
-0,25
Assunzioni
previste
-0,25
Forza lavoro
0,40
1,00
Spesa delle
famiglie
-0,57
-0,40
-0,74
0,48
0,74
0,16
-0,50
0,08
0,88
0,99
0,99
0,66
1,00
1,00
-0,75
-0,23
assunzioni
previste
laureati
-0,43
-0,38
-0,53
0,90
0,50
0,28
-0,69
0,30
0,56
0,68
0,71
1,00
0,66
0,69
-0,54
-0,26
-0,54
-0,32
-0,67
0,58
0,71
0,04
-0,44
0,05
0,80
0,98
1,00
0,71
0,99
0,99
-0,67
-0,19
Occupati a
bassa
scolarizzazione
Fonte: Elaborazione ISFOL su output dati SPSS 14.0
Tasso migratorio
generico
regionale
Assunzioni
previste
Forza lavoro
Spesa delle
famiglie
Assunzioni
previste laureati
Occupati a
bassa
scolarizzazione
Occupati
laureati e
diplomati
Tasso di
disoccupazione
Tasso di
disoccupazione
a medio alta
scolarizzazione
Peso Industria
Tasso lavoro
nero
Tasso di
disoccupazione
a bassa
scolarizzazione
Indice
Popolazione di
età 19 - 32 anni
Tasso
Occupazione
Reddito
disponibile pro
capite regionale
Indice di
struttura della
popolazione
attiva
Occupati
laureati e
diplomati
-0,61
-0,39
-0,75
0,50
0,72
0,20
-0,52
0,09
0,87
1,00
0,98
0,68
0,99
1,00
-0,74
-0,30
-0,52
-0,66
-0,86
0,25
0,75
0,53
-0,72
0,28
1,00
0,87
0,80
0,56
0,88
0,85
-0,94
-0,25
Tasso di
disoccupazione
a medio alta
scolarizzazione
-0,68
-0,89
-0,69
0,36
-0,36
0,70
-0,15
1,00
0,28
0,09
0,05
0,30
0,08
0,07
-0,58
-0,70
0,12
0,43
0,47
-0,32
-0,73
-0,63
1,00
-0,15
-0,72
-0,52
-0,44
-0,69
-0,50
-0,49
0,64
0,03
Tasso lavoro
nero
-0,51
-0,81
-0,66
0,06
0,07
1,00
-0,63
0,70
0,53
0,20
0,04
0,28
0,16
0,13
-0,67
-0,60
Tasso di
disoccupazione
a bassa
scolarizzazione
0,06
-0,06
-0,32
0,15
1,00
0,07
-0,73
-0,36
0,75
0,72
0,71
0,50
0,74
0,73
-0,51
0,33
Indice
Popolazione di
età 19 - 32
anni
-0,47
-0,25
-0,38
1,00
0,15
0,06
-0,32
0,36
0,25
0,50
0,58
0,90
0,48
0,53
-0,30
-0,34
0,83
0,90
1,00
-0,38
-0,32
-0,66
0,47
-0,69
-0,86
-0,75
-0,67
-0,53
-0,74
-0,72
0,95
0,63
0,69
1,00
0,90
-0,25
-0,06
-0,81
0,43
-0,89
-0,66
-0,39
-0,32
-0,38
-0,40
-0,36
0,88
0,59
Reddito
disponibile pro
capite
regionale
Tasso
Occupazione
Peso Industria
Tasso di
disoccupazione
214
1,00
0,69
0,83
-0,47
0,06
-0,51
0,12
-0,68
-0,52
-0,61
-0,54
-0,43
-0,57
-0,58
0,64
0,92
Indice struttura
pop. Attiva
Tabella 18 - Output completo delle analisi statistiche effettuate sulla correlazione lineare del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto
alle proprie determinanti. Matrice di correlazione del tasso migratorio generico regionale
APPENDICE STATISTICA
Assunzioni
previste
Assunzioni
1,000
previste
Forza lavoro
-,733
Spesa delle
-,755
famiglie
Assunzioni
-,541
previste laureati
Occupati a bassa
-,672
scolarizzazione
Occupati laureati
-,739
e diplomati
Tasso di
-,938
disoccupazione
Tasso di
disoccupazione
-,582
a medio alta
scolarizzazione
Peso Industria
,640
Tasso lavoro nero -,673
Tasso di
disoccupazione a
-,506
bassa
scolarizzazione
Indice
Popolazione di -,298
età 19 - 32 anni
Tasso
,955
Occupazione
Reddito
disponibile pro
,878
capite regionale
Indice di struttura
della
,636
popolazione
attiva
Tasso di
disoccupazione -,729
di lunga durata
Tasso di natalità
-,438
lorda delle
imprese
Investimenti Fissi
-,720
Lordi
,425
,703
,416
,758
,995
-,566
-,595
,992
-,744
-,401
-,741
,480
,552
-,396
,743
,702
,302
,879
,847
,083
,994
,992
-,501
,161
,986
,994
,111
,662
,703
-,475
,139
,562
1,000
,996
,705
,863
,130
-,428
-,377
-,531
,904
,501
-,686
,285
,679
,713
1,000
,662
,703
,996
Forza
lavoro
-,755
Spesa
delle
famiglie
-,733
-,541
Assunzioni
previste
laureati
1,000
Occupati a bassa
,986
,796
,324
-,535
-,318
-,675
,581
,712
-,443
,044
,047
,799
,978
1,000
,713
,986
,994
-,672
Occupati e
laureati e diplomati
,994
,687
,455
-,610
-,393
-,745
,498
,724
-,516
,202
,089
,869
1,000
,978
,679
,994
,992
-,739
Tasso di disoccupazione
,865
,441
,587
-,521
-,663
-,856
,252
,751
-,718
,533
,276
1,000
,869
,799
,562
,879
,847
-,938
Tasso di disoccupazione
a medio alta
scolarizzazione
,037
,241
,716
-,677
-,886
-,689
,358
-,361
-,153
,695
1,000
,276
,089
,047
,302
,083
,111
-,582
,640
Peso
Industria
-,548
-,298
-,162
,118
,435
,471
-,322
-,731
1,000
-,629
-,153
-,718
-,516
-,443
-,686
-,501
-,475
Tasso
lavoro nero
,157
-,091
,713
-,507
-,807
-,658
,055
,075
-,629
1,000
,695
,533
,202
,044
,285
,161
,139
-,673
Tasso di disoccupazione
a bassa scolarizzazione
,777
,369
-,059
,057
-,055
-,316
,154
1,000
-,731
,075
-,361
,751
,724
,712
,501
,743
,702
-,506
Indice Popolazione
e di età 1-32 anni
,512
,916
,059
-,467
-,253
-,384
1,000
,154
-,322
,055
,358
,252
,498
,581
,904
,480
,552
-,298
,955
Tasso
Occupazione
-,703
-,483
-,857
,833
,897
1,000
-,384
-,316
,471
-,658
-,689
-,856
-,745
-,675
-,531
-,744
-,741
,878
Reddito
disponibile pro capite
-,352
-,267
-,822
,686
1,000
,897
-,253
-,055
,435
-,807
-,886
-,663
-,393
-,318
-,377
-,401
-,396
,636
Indice di stuttura
delle popolazone attiva
-,533
-,442
-,878
1,000
,686
,833
-,467
,057
,118
-,507
-,677
-,521
-,610
-,535
-,428
-,566
-,595
Tasso di disoccupazione
e di lunga durata
,371
,072
1,000
-,878
-,822
-,857
,059
-,059
-,162
,713
,716
,587
,455
,324
,130
,425
,416
-,729
Tasso di natalità
lordo della
,713
1,000
,072
-,442
-,267
-,483
,916
,369
-,298
-,091
,241
,441
,687
,796
,863
,703
,758
-,438
1,000
,713
,371
-,533
-,352
-,703
,512
,777
-,548
,157
,037
,865
,994
,986
,705
,995
,992
-,720
Investimenti
Fissi
Tabella 19 - Output completo dei risultati statistici riguardanti l’analisi in componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto
alle proprie determinanti
APPENDICE STATISTICA
215
APPENDICE STATISTICA
Matrice di componenti (a)
Occupati laureati e diplomati
Forza lavoro
Spesa delle famiglie
Tasso di disoccupazione
Investimenti Fissi Lordi
Tasso Occupazione
Assunzioni previste
Occupati a bassa scolarizzazione
Assunzioni previste laureati
Indice di struttura della popolazione attiva
Tasso di natalità lorda delle imprese
Reddito disponibile pro capite regionale
Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione
Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione
Tasso lavoro nero
Tasso di disoccupazione di lunga durata
Indice Popolazione di età 19 - 32 anni
Peso Industria
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
(a) 4 componenti estratti
1
,926
,926
,922
,921
,914
-,908
-,905
,890
,771
-,715
,705
-,685
,604
,424
,479
,611
,582
-,638
Componente
2
3
4
,291 -,063
,209
,316
,016
,206
,311 -,074
,216
-,008 -,381
,015
,364 -,074
,153
,392
,021 -,120
,294
,224
,033
,404
,060
,199
,249
,343 -,464
,444 -,324 -,330
,373
,570 -,105
,682
,021
,107
,581 -,520 -,157
-,805
,348 -,156
-,711 -,288 -,363
-,694 -,067
,345
,215
,711 -,322
-,074
,397
,644
1
,937
,928
,925
,916
,915
,782
,775
,302
-,161
-,202
-,049
-,553
-,390
-,581
,218
,508
,405
-,334
Componente
2
3
4
,207
,258
,110
,153
,293
,161
,227
,267
,110
,209
,336
,070
,118
,382
,047
,448
,022
,425
-,238
,005
,584
,924 -,138 -,115
-,921 -,118 -,241
,914
,311
,008
,808 -,069
,539
-,801 -,172 -,127
-,784 -,278
,280
-,692 -,095 -,363
,126
,964
,024
,060
,842 -,036
,160
,807
,386
-,187 -,202 -,893
Matrice dei componenti ruotata(a)
Spesa delle famiglie
Investimenti Fissi Lordi
Occupati laureati e diplomati
Forza lavoro
Occupati a bassa scolarizzazione
Tasso di disoccupazione
Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione
Tasso di disoccupazione di lunga durata
Reddito disponibile pro capite regionale
Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione
Tasso lavoro nero
Tasso Occupazione
Indice di struttura della popolazione attiva
Assunzioni previste
Indice Popolazione di età 19 - 32 anni
Tasso di natalità lorda delle imprese
Assunzioni previste laureati
Peso Industria
Metodo estrazione: analisi componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
a La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 7 iterazioni.
216
Totale
Autovalori iniziali
% di
%
varianza
cumulata
1
10,651
59,174
59,174
2
3,705
20,586
79,760
3
1,905
10,584
90,344
4
1,375
7,640
97,984
5
,363
2,016
100,0
6
8,81E-016
4,90E-015
100,0
7
6,76E-016
3,76E-015
100,0
8
4,54E-016
2,52E-015
100,0
9
3,28E-016
1,82E-015
100,0
10
2,62E-016
1,46E-015
100,0
11
5,96E-017
3,31E-016
100,0
12
2,39E-018
1,33E-017
100,0
13
-1,22E-016
-6,80E-016
100,0
14
-2,04E-016
-1,13E-015
100,0
15
-3,62E-016
-2,01E-015
100,0
16
-4,58E-016
-2,54E-015
100,0
17
-1,27E-015
-7,06E-015
100,0
18
-2,32E-015
-1,29E-014
100,0
Metodo di estrazione: Analisi componenti principali.
Componente
Varianza totale spiegata
10,651
3,705
1,905
1,375
Totale
Pesi dei fattori non ruotati
% di
%
varianza
cumulata
59,174
59,174
20,586
79,760
10,584
90,344
7,640
97,984
Totale
Totale
7,019
5,440
3,063
2,114
Pesi dei fattori ruotati
% di
% cumulata
varianza
% cumulata
38,995
38,995
30,224
69,219
17,019
86,238
11,746
97,984
APPENDICE STATISTICA
217
218
MATRICE DI DATI PER ANALISI DEL MODELLO ATTRAVERSO LA REGRESSIONE MULTIPLA
Regioni
Tasso
Assunzioni
Forza
Spesa
Assunzioni Occupati a bassa
migratorio
previste
lavoro delle famiglie
previste
scolarizzazione
generico
laureati
Piemonte
-0,1
115,44
8,1
8,1
11,51
946
Valle d’Aosta
4,9
125,83
0,2
0,3
12,53
31
Lombardia
1,3
126,76
18,5
3,2
16,17
2125
Liguria
1,3
110,7
2,8
2,1
9,45
269
Trentino Alto Adige
1,8
183,29
2,1
2,1
7,73
263
Veneto
1,2
125,61
9,1
8,9
9,11
1128
Friuli Venezia Giulia
1,8
141,91
2,2
2,2
10,38
244
Emilia Romagna
4,3
145,54
8,4
8,5
13,13
930
Toscana
1,7
115,59
6,8
6,9
8,82
735
Umbria
2,9
137,57
1,5
1,4
4,41
146
Marche
2,3
111,35
2,8
2,6
9,47
300
Lazio
0,9
115,87
10
9,8
16,23
770
Abruzzo
2,5
125,72
2
1,9
8,05
208
Molise
-1,2
106,85
0,5
0,5
4,66
49
Campania
-4,4
82,23
7,4
7,3
5,34
870
Puglia
-2,6
77,34
5,5
5,5
4,42
665
Basilicata
-3,3
106,62
0,8
0,8
2,31
92
Calabria
-4,3
77,52
2,7
2,7
4,6
282
Sicilia
-1,9
70,19
6,3
6,9
3,91
711
Sardegna
0,6
107,67
2,4
2,4
4,17
336
Occupati
laureati
e diplomati
884
25
2069
351
176
935
259
943
774
199
335
1316
284
57
857
557
101
322
760
260
33,6
20,5
34
19,2
25
33,5
28
32,5
28,8
27,2
31,9
15,6
27,4
26
19,8
22,3
27,2
16,9
16,9
19,9
Peso
industria
Tabella 20 - Output completo dei risultati statistici relativi all’analisi della regressione multipla utilizzata per studiare un modello capace di sintetizzare il
tasso migratorio delle Regioni italiane rispetto alle proprie determinanti
APPENDICE STATISTICA
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Regioni
9,2
14,7
7,3
11,5
10,9
8,7
12,8
8,6
9,8
12,8
10,7
14,4
12,6
19,2
23,2
20,9
20,8
31
26
18,3
Tasso
lavoro nero
Tasso di
Indice
Reddito
disoccupazione
Popolazione
disponibile
a bassa
di età 19 - 32 anni pro capite
scolarizzazione
regionale
4,9
16,11
22992
3
16,49
25407
4,56
17,28
23800
7,2
13,92
22900
3,13
17,37
26954
4,5
17,46
22848
5,16
15,96
23598
3,66
16,26
24667
5,86
16,25
20366
5,06
16,75
21636
4,7
17,2
19695
8,7
17,84
20248
7,8
18,07
16974
9,56
18,34
17046
15,76
20,54
14382
14,56
20,16
13810
12,5
19,3
14996
12,9
20,4
13343
17,73
19,42
14042
14,73
19,89
15724
Indice di
Tasso di
Tasso di
Investimenti
struttura della disoccupazione di natalità
fissi lordi
popolazione di lunga durata
lorda
attiva
delle imprese
112,46
42,7
8,1
23906,8
108,14
24,4
7,2
895,5
103,52
33,5
7,5
51668,7
125,16
37,6
7,7
8194,1
97,92
18,6
7,4
26349,1
102,24
34,5
7,8
6209
115,41
31,1
7,4
6430,1
108,89
28,8
8,3
23902,7
110,84
32,9
8,1
16439,2
106,62
42,6
7,8
3959,9
102,7
36,7
8
6897,4
100,89
51,1
8
24304,1
96,91
45,3
8,2
5316
95,63
51,8
7,9
1295,6
82,4
57,7
7,8
16711,4
87,4
53,6
7,7
11795
89,1
53,7
6,4
2301,1
86,5
58,7
7
6861,9
88,3
58
6,9
15327,6
95,7
36,6
7,1
6929,3
MATRICE DI DATI PER ANALISI DEL MODELLO ATTRAVERSO LA REGRESSIONE MULTIPLA
APPENDICE STATISTICA
219
APPENDICE STATISTICA
Statistiche
Tasso migratorio generico regionale
N
Validi
20
Mancanti
0
Tasso migratorio generico regionale
Frequenza
Validi
-4,40
-4,30
-3,30
-2,60
-1,90
-1,20
-,10
,60
,90
1,20
1,30
1,70
1,80
2,30
2,50
2,90
4,30
4,90
Totale
Percentuale
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
2
1
2
1
1
1
1
1
20
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
10,0
5,0
10,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
100,0
Percentuale
valida
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
10,0
5,0
10,0
5,0
5,0
5,0
5,0
5,0
100,0
Percentuale
cumulata
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
45,0
50,0
60,0
65,0
75,0
80,0
85,0
90,0
95,0
100,0
Istogramma
6
5
Frequenza
4
3
2
1
Media =0,485
Dev. stand. =2,65236
N =20
0
-5,00
-2,50
0,00
2,50
Tasso migratorio generico regionale
220
5,00
APPENDICE STATISTICA
Statistiche descrittive
Tasso migratorio generico regionale
Assunzioni previste
Forza lavoro
Spesa delle famiglie
Assunzioni previste laureati
Occupati a bassa scolarizzazione
Occupati laureati e diplomati
Peso Industria
Tasso lavoro nero
Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione
Indice Popolazione di età 19 - 32 anni
Reddito disponibile pro capite regionale
Indice di struttura della popolazione attiva
Tasso di disoccupazione di lunga durata
Tasso di natalità lorda delle imprese
Investimenti Fissi Lordi
Media
,4850
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
,0000000
Deviazione std.
2,65236
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
1,00000000
N
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
20
Variabili inserite/rimosse(a)
Modello
1
2
Tasso di disoccupazione
di lunga durata
Tasso di natalità
lorda delle imprese
Variabili inserite
.
.
Variabili rimosseMetodo
Per passi (Criteri:
Probabilità di F di
inserimento <= ,050,
Probabilità di F di
rimozione >= ,100).
Per passi (Criteri:
Probabilità di F di
inserimento <= ,050,
Probabilità di F di
rimozione >= ,100).
(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
Riepilogo del modello(c)
Modello
R
R-quadrato
R-quadrato
Errore std.
Durbin-Watson
corretto
della stima
1
,820(a)
,672
,653
1,56136
2
,863(b)
,744
,714
1,41893
1,880
(a) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata
(b) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata, Tasso di natalità lorda delle
imprese
(c) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
221
APPENDICE STATISTICA
ANOVA(c)
Modello
Somma dei
df
Media dei
F
Sig.
quadrati
quadrati
1
Regressione
89,784
1
89,784
36,829
,000(a)
Residuo
43,881
18
2,438
Totale
133,666
19
2
Regressione
99,438
2
49,719
24,695
,000(b)
Residuo
34,227
17
2,013
Totale
133,666
19
(a) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata
(b) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata, Tasso di natalità lorda delle
imprese
(c) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
Coefficienti (a)
Modello
1
Coefficienti
Coefficienti
t
non standardizzati standardizzati
t
B
Errore
Beta
std.
,485
,349
1,389
Sig.
(Costante)
Tasso di
disoccupazione
-2,174 ,358
-,820
-6,069
di lunga durata
2
(Costante)
,485
,317
1,529
Tasso di
disoccupazione
-2,030 ,332
-,765
-6,112
di lunga durata
Tasso di natalità
,727
,332
,274
2,190
lorda delle imprese
(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
Statistiche
di collinearità
Tolleranza VIF
,182
,000
1,000
1,000
,000
,961
1,041
,043
,961
1,041
,145
Diagnostiche di collinearità (a)
Modello
Dimensione
Autovalore Indice di
collinearità
Variabilità spiegata
(Costante)
1
1
1,000
1,000
2
1,000
1,000
,50
2
1
1,198
1,000
,00
2
1,000
1,095
1,00
3
,802
1,222
,00
(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
222
Tasso di
Tasso di
disoccupazione natalità
di lunga
lorda delle
durata
imprese
,50
,50
,50
,40
,40
,00
,00
,60
,60
APPENDICE STATISTICA
Statistiche dei residui(a)
Minimo
Massimo
Media
Valore atteso
-3,3847
4,0856
,4850
Valore atteso std.
-1,692
1,574
,000
Errore standard dei valori attesi
,337
,876
,532
Valore atteso corretto
-3,8183
4,9842
,4966
Residuo
-2,38461
2,33305
,00000
Residuo std.
-1,681
1,644
,000
Residuo stud.
-1,901
1,695
-,004
Residuo cancellato
-3,18420
2,71925
-,01160
Residuo studentizzato
-2,079
1,804
-,004
per cancellazione
Distanza di Mahal.
,119
6,294
1,900
Distanza di Cook
,000
,474
,076
Valore d’influenza
,006
,331
,100
(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
Deviazione
std.
2,28771
1,000
,141
2,33887
1,34217
,946
1,041
1,63228
1,094
N
20
20
20
20
20
20
20
20
20
1,561
,122
,082
20
20
20
Grafico a dispersione
Regressione Residuo per cancellazione
studentizzato
Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
2
Umbria
Valle d'Aosta
Abruzzo
Sicilia
Lazio
1
Marche
Basilicata
Liguria
0
Molise
Calabria
Emilia Romagna
Sardegna
Lombardia
Piemonte
Puglia
Friuli Venezia Giulia
Veneto
Toscana
-1
Campania
-2
-2
Trentino Alto Adige
0
2
Regressione Valore previsto standardizzato
223
APPENDICE STATISTICA
Trentino Alto Adige
Cook's Distance
0,40000
Valle d'Aosta
Campania
0,20000
Sicilia
Abruzzo
Puglia Lazio
Calabria
Lombardia
Piemonte
Toscana Emilia Romagna
Veneto
Molise
Sardegna
Liguria Marche Friuli Venezia Giulia
Umbria
0,00000
0,00000
Basilicata
0,20000
0,40000
Centered Leverage Value
Grafico di normalità Q-Q di Standardized Residual
Normale atteso
2
0
-2
-2
0
Valore osservato
224
2
APPENDICE STATISTICA
Istogramma
5
Frequenza
4
3
2
1
Media =2,7755576E-17
Dev. stand. =0,9459053
N =20
0
-2,00000
0,00000
2,00000
Standardized Residual
225
APPENDICE STATISTICA
Tabella 21 - Output completo delle risposte dell’indagine CATI con focus sulle Regioni Obiettivo 1
Risultati indagine CATI
Popolazione di
riferimento
Campione
In Mobilità
di cui provenienti:
dall'estero
Italiani
Popolazione italiana di età compresa 18-33 anni al 31/12/2005
1.600 unità
158
37
121
(7,56%)
di cui provenienti:
dal Centro - Nord 49
dal Sud ed Isole
72 (59,5%)
Maschi
Femmine
50,70%
18-22
17,00%
Centro
25,70%
0 - 20
21,90%
49,30%
classi di età
23-27
28-33
40,20%
42,80%
area destinazione
Nord
Nord Est
Ovest
Sud Isole
12,80%
41,90%
19,60%
Ampiezza comune di provenienza (in migliaia)
20 - 50
50 -150
+ 150
Nd
25,30%
12,00%
25,80%
15,00%
Flussi da una Regione Ob.1 ad una Regione del Centro – Nord
dalla
Campania
Sardegna
Sicilia
Sicilia
Calabria
Campania
Calabria
Campania
Calabria
Puglia
Sardegna
Calabria
Puglia
Campania
Sicilia
Sicilia
Campania
Sardegna
Calabria
Calabria
Campania
Puglia
Sicilia
Sardegna
Puglia
Basilicata
Sardegna
Sardegna
Puglia
Campania
Campania
Basilicata
226
alla
Lombardia
Lombardia
Lombardia
Molise
Piemonte
Liguria
Lombardia
Lazio
Lazio
Emilia
Piemonte
Emilia
Lombardia
Toscana
Veneto
Emilia
Emilia
Liguria
Veneto
Trentino
Piemonte
Piemonte
Lazio
Toscana
Marche
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Umbria
Marche
Marche
%
8,30
5,60
5,60
4,80
4,20
4,20
4,20
4,10
4,00
2,90
2,80
2,80
2,80
2,70
1,60
1,50
1,50
1,50
1,40
1,40
1,40
1,40
1,40
1,40
1,40
1,40
1,30
1,30
1,30
1,30
1,30
1,30
Regioni Preferite
Lombardia
26,50%
Lazio
10,80%
Piemonte
9,80%
Emilia
8,70%
APPENDICE STATISTICA
In Mobilità dal Sud ed Isole
Motivazione Generale
%
Nece ssità familiar i
48,30
Lavor o
35,10
Studio
11,00
Altro
Da quanto tempo
72 (59,5%)
5,60
nello spe cifico:
TEMPO INDET.
%
18,10
SENZA SPECIF.
7,60
TEMPO DETERM.
4,10
STAGE AZIEND.
2,30
LAVORO INTERM.
1,50
CO.CO.PRO.
1,50
%
Meno di 6 mesi
4,50
S oddi sf a z i one
Tra 6 mesi e 1 anno
6,50
Molto
36,80
%
60,30
Tra 1 e 3 anni
6,40
Abbastanza
Tra 3 e 5 anni
5,10
Poco
1,40
Più di 5 anni
77,50
Per nulla
1,50
Motivazione Specifica
Motivi familiar i
%
51,10
Spostamento definitivo
Sicur amente si
%
50,90
Maggior i oppor tunità lavorative
12,60
Probabilmente si
19,80
Asse nza cor so di studio di interesse
11,40
Probabilmente no
24,00
Maggior i guadagni
5,00
Maggior i prospe ttive car riera
7,00
Sicur amente no
Maggiore specializzazione
0,80
Disponibiltà rientro
Stile di vita
7,10
Sicur amente si
5,30
%
16,10
Altro
3,60
Probabilmente si
27,30
Non sa non indica
4,30
Probabilmente no
25,60
La cultura
5,10
Sicuramente no
31,00
Situazione gener ale migliore
2,80
Qualità de lla vita
1,40
Assenza Università/corsi di formazione di
prestigio
2,20
Esper ienza diversa
1,40
Titolo di studio
%
Motivazione rientro (risposta
multipla)
%
Motivi familiar i
25,30
Trovare un lavoro sicuro che piace
23,80
Per nessun motivo
17,90
Medie inferiori
20,10
Perché am o/piace la mia regione
12,90
Medie superiori
53,90
Guadagno più elevato
6,40
Univer sitario/laure ando
15,50
Altro
7,20
4,80
Laurea
7,70
Prospettiva di carrier a migliore
Dottor ato di ricerca
1,40
Non so
4,70
Master
1,40
Miglior are la qualità della vita
4,80
Cambiame nto situazione ge nerale
3,30
227
APPENDICE STATISTICA
Motivazioni laurea
(risposta multipla)
%
Maggiori prospettive di cariera
19,30
Apre la strada al lavoro di interesse
22,30
Cultura/piace lo studio
24,10
Emilia R omagna
45,90
Piace va la facoltà/le mater ie
21,50
Lazio
11,70
Maggior i possibilità di guadagno
10,90
Lombar dia
19,60
Perché è ne cessar io
10,50
Toscana
7,30
Altro
10,60
Piemonte
15,50
Conseguimento della laurea fuori della
regione
Si
Regione dove si è conseguita la
laurea
%
%
70,50
No
29,50
Motivazione studi universitari fuori dalla regione di
origine (risposta multipla)
Come ha trovato lavoro
%
%
Prestigio de ll'univer sità
33,60
Contatti familiari/amicizia
57,30
8,80
Prese nza facoltà solo fuori re gione
20,70
Annunci(interne t/gior nali)
Motivi familiar i
30,40
Agenzie di lavoro inter inale
Fare un'e sper ienza diversa
Maggiore possibilità di specializzazione nel proprio
settore
15,40
Centri pe r l'impiego
Stile di vita
Maggior i infrastrutture
Professione
228
6,60
10,80
7,30
Da solo (cv, autoc.)
2,20
7,40
Int. pol. cv- autoc
2,10
Concor so
Attività propria
2,20
2,10
Altro
7,90
12,20
%
Stude nte
28,20
Impiegato
25,70
Disoccupato
7,10
Operaio
17,40
Libero professionista
4,30
Casalinga
1,40
Rapprese ntante /Lavoratore autonom o
2,80
Commerciante
8,20
Insegnante
2,70
Altra professione
0,90
Artigiano
1,30
APPENDICE STATISTICA
Da quanto tempo lavora
Meno di 6 mesi
%
4,20
Tra 6 mesi e 1 anno
4,40
Tra 1 e 3 anni
16,70
Tra 3 e 5 anni
8,80
Più di 5 anni
65,90
L'attività è coerente con il titolo di studio?
%
Molto
35,00
Abbastanza
26,70
Poco
13,10
Per nulla
25,20
Rispecchia desideri e aspettative?
%
Molto
29,90
Abbastanza
46,10
Poco
11,10
Per nulla
12,90
Ripeterebbe percorso formativo?
%
Sicur amente si
39,30
Probabilmente si
35,50
Probabilmente no
18,60
Sicur amente no
6,60
Titolo di studio padre
%
Nessuno/elementari
12,50
Medie inferiori
24,70
Medie superiori
45,10
Laurea
8,60
Dottor ato di ricerca
0,80
Non indica
8,30
Titolo di studio madre
Nessuno/e lementari
%
19,40
Medie inferiori
36,40
Medie superiori
24,60
Laurea
12,10
Non indica
7,50
229
APPENDICE STATISTICA
Professione padre
%
Pensionato
32,30
Impiegato
19,00
Operaio
14,50
Libero professionista
7,00
Dirigente/Impre nditore
9,10
Commerciante
4,10
Non indica
3,60
Insegnante
1,40
Agricoltore
6,20
Medico
1,40
Rappr ese ntante
1,40
Professione madre
%
Casalinga
48,40
Impiegato
11,20
Pensionato
14,50
Insegnante
7,70
Operaio
1,40
Libero professionista
5,00
Commerciante
1,40
Non indica
1,40
Agricoltore
7,60
Rappr ese ntante
1,40
230
APPENDICE STATISTICA
Figura 1 - Tasso di attività 25-34 nelle province italiane. Anno 2005
231
APPENDICE STATISTICA
Figura 2 - Tasso di attività 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005
232
APPENDICE STATISTICA
Figura 3 - Tasso di attività totale nelle province italiane. Anno 2005
233
APPENDICE STATISTICA
Figura 4 - Tasso di attività totale nelle regioni italiane. Anno 2005
234
APPENDICE STATISTICA
Figura 5 - Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno 2005
235
APPENDICE STATISTICA
Figura 6 - Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005
236
APPENDICE STATISTICA
Figura 7 - Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno 2005
237
APPENDICE STATISTICA
Figura 8 - Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005
238
APPENDICE STATISTICA
Figura 9 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelle
province italiane. Anno 2005
239
APPENDICE STATISTICA
Figura 10 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelle
regioni italiane. Anno 2005
240
APPENDICE STATISTICA
Figura 11 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelle
province italiane. Anno 2005
241
APPENDICE STATISTICA
Figura 12 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelle
regioni italiane. Anno 2005
242
APPENDICE STATISTICA
Figura 13 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle province italiane. Anno
2005
243
APPENDICE STATISTICA
Figura 14 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno
2005
244
APPENDICE STATISTICA
Figura 15 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle province
italiane. Anno 2005
245
APPENDICE STATISTICA
Figura 16 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle province
italiane. Anno 2005
246
APPENDICE STATISTICA
Figura 17 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle province
italiane. Anno 2005
247
APPENDICE STATISTICA
Figura 18 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle regioni
italiane. Anno 2005
248
APPENDICE STATISTICA
Figura 19 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle province
italiane. Anno 2005
249
APPENDICE STATISTICA
Figura 20 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle regioni
italiane. Anno 2005
250
APPENDICE STATISTICA
Figura 21 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle province
italiane. Anno 2005
251
APPENDICE STATISTICA
Figura 22 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle regioni italiane.
Anno 2005
252
APPENDICE STATISTICA
Figura 23 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle province italiane.
Anno 2005
253
APPENDICE STATISTICA
Figura 24 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle regioni italiane. Anno
2005
Tasso di Disoccupazione Maschile Totale
nelle Regioni Italiane
Anno 2005
254
APPENDICE STATISTICA
Figura 25 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle province italiane.
Anno 2005
255
APPENDICE STATISTICA
Figura 26 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle regioni italiane. Anno
2005
256
APPENDICE STATISTICA
Figura 27 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno
2005
Non Forze di Lavoro Maschile Totale
nelle Province Italiane
Anno 2005
257
APPENDICE STATISTICA
Figura 28 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno
2005
258
APPENDICE STATISTICA
Figura 29 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno
2005
259
APPENDICE STATISTICA
Figura 30 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno
2005
260
APPENDICE STATISTICA
Figura 31 - Non Forze di lavoro totale nelle province italiane. Anno 2005
Non Forze di Lavoro Totale
nelle Province Italiane
Anno 2005
261
APPENDICE STATISTICA
Figura 32 - Non Forze di lavoro totale nelle regioni italiane. Anno 2005
262
BIBLIOGRAFIA
Aghion P. e Howit P., A Model of Growth trough Creative Desctruction,
in “Econometrica”, 60, pp.323-35, 1992.
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Isfol, Il Fondo Sociale Europeo 2000-2006. Quadro Comunitario di sostegno Ob.
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Isfol, Percorsi di orientamento. Indagine nazionale sulle buone pratiche, Roma,
Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 4)
Isfol, Tra orientamento e auto-orientamento, tra formazione e auto-formazione, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 5)
Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 6)
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Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma, Isfol, 2005
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 9)
Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione, Roma,
Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 10)
Isfol, Consulenza alla persona e counseling: ambiti di intervento, approcci, ruolo e competenze del counselor, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e
ricerche; 11)
Isfol, Istruzione e formazione professionale: verso la costruzione di nuovi scenari e nuove competenze per gli operatori del sistema, Roma, Isfol, 2006
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 12)
Isfol, L’accompagnamento al successo formativo. Strategie e modelli operativi dei centri per l’impiego, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 13)
Isfol, Bilanci pubblici ed equità di genere, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti.
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Isfol, Atlante comparato sui Servizi per l’impiego nell’Unione europea ampliata, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 15)
Isfol, Bi.dicomp. Un percorso ISFOL di Bilancio di Competenze, Roma, Isfol, 2006
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Isfol, Esperienze di validazione dell’apprendimento non formale e informale in
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Isfol, Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili. Monitoraggio 2004,
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Isfol, Formazione, istruzione e lavoro. Valutazione delle politiche sostenute dal
Fondo sociale europeo 2000-2006 nell’Italia del Centro-Nord, Roma, Isfol,
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Isfol, Conciliazione vita/lavoro: un traguardo possibile. L’esperienza di Equal,
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Isfol, Volontariato e pianificazione sociale di zona: la partecipazione. Indagine pilota sul volontariato, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 29)
Isfol, La mobilità costretta, la mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno (Temi&Strumenti. Studi
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I.G.E.R. srl
viale C.T. Odescalchi, 67/A
00147 Roma
Finito di stampare dicembre 2006
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