30 Studi e ricerche Studi e ricerche Temi&Strumenti Temi&Strumenti 30 L E DELLA Unione europea Fondo sociale europeo PREVIDENZA SO C I A L E Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione LA MOBILITA’ COSTRETTA LA MOBILITA’ COSTRETTA La mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno ’ISFOL, conformemente a quanto previsto dall’Art. 2 comma 3 del proprio Statuto, ha attivato una sede decentrata in Benevento al fine di fornire supporto alle Regioni ed agli Enti locali, nelle aree del Mezzogiorno (ex Obiettivo 1 programmazione fondi strutturali 2000-2006). Si tratta di una scelta funzionale-organizzativa volta a seguire i territori, tramite una prossimità anche fisica, nelle loro evoluzioni e quindi a calibrare le attività tipiche dell’ISFOL, in modo dinamico e contestualizzato, sui temi del capitale umano e dello sviluppo locale. La mission, i compiti e le funzioni dell’Istituto assumono nella sede di Benevento una connotazione puntuale e sistemica sulle problematiche e sulle prospettive del Sud. Nella sede decentrata opera il Centro per lo Sviluppo Locale quale sensore sui territori, luogo di divulgazione scientifica e di ricerca per ambiti territoriali e sportello agenziale per lo sviluppo. Tra le attività del Centro, finanziate con D. Dir. N. 285 Bis/I/04 della DGPOF del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, rientra la presente ricerca sulla mobilità geografica dei giovani italiani. Sia a livello comunitario che nazionale la mobilità viene considerata quale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla Commissione europea “Anno europeo della mobilità professionale”. Il fenomeno sicuramente ha dei risvolti positivi a livello europeo e nazionale poiché appiana quei differenziali territoriali tra domanda e offerta di competenze, soddisfa le esigenze individuali e arricchisce lo stesso capitale umano in mobilità, ma se si osserva la mobilità sotto la “lente territoriale” può nascondere degli impatti negativi soprattutto nel lungo termine. E’ il caso di aree deboli come quelle del Mezzogiorno d’Italia. Con la presente ricerca si è voluto, dunque, approfondire la mobilità dei giovani italiani individuando le caratteristiche e le prospettive delle Regioni Obiettivo 1 e cercando di comprendere il fenomeno anche nella sua componente non sana, che si potrebbe definire “costretta”. Di certo oggi non si assiste ad esodi migratori come quelli registrati negli anni 50’ e 60’ ma i flussi riguardano soprattutto giovani a medio-alta scolarizzazione per cui ci troviamo di fronte ad un fenomeno di drenaggio geografico delle competenze: il brain drain. La mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno ISBN 88-543-0029-2 9 788854 300293 Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Temi&Strumenti Studi e ricerche 30 ISBN 88-543-0029-2 L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è stato istituito con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca con Decreto legislativo n. 419 del 29 ottobre 1999; ha sede in Roma ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. L’Istituto opera in base al nuovo Statuto approvato con D.P.C.M. del 19 marzo 2003 ed al nuovo assetto organizzativo approvato con delibera del Consiglio di Amministrazione n. 12 del 6.10.2004. Svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro, al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale. Fornisce consulenza tecnico-scientifica al Ministero del Lavoro e delle Previdenza Sociale e ad altri Ministeri, alle Regioni, Province autonome e agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali pubbliche e private. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal Parlamento e fa parte del Sistema statistico nazionale. Svolge anche il ruolo di struttura di assistenza tecnica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia Nazionale LLP–Programma settoriale Leonardo da Vinci, Centro Nazionale Europass, Struttura nazionale di supporto all’iniziativa comunitaria Equal. Presidente Sergio Trevisanato Direttore Generale Antonio Capone La collana “Temi&Strumenti” – articolata in Studi e Ricerche, Percorsi, Politiche comunitarie – presenta i risultati delle attività di ricerca dell’Isfol sui temi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le conoscenze, sviluppare il dibattito, contribuire all’innovazione e alla qualificazione dei sistemi di riferimento. La collana “Temi&Strumenti” è curata da Isabella Pitoni, responsabile Ufficio Comunicazione Istituzionale Isfol. 2006 – ISFOL Via G. B. Morgagni, 33 00161 Roma Tel. 06445901 http://www.isfol.it Unione europea Fondo sociale europeo ISFOL LA MOBILITA’ COSTRETTA La mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno ISFOL EDITORE Il volume raccoglie i risultati della ricerca sulla mobilità geografica interna dei giovani italiani sviluppata nell’ambito delle attività finanziate con D. Dir. N. 285 Bis/I/04 della DGPOF del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La ricerca è a cura del “Centro per lo Sviluppo Locale” che opera presso la sede decentrata dell’ISFOL in Benevento per le aree del Mezzogiorno. Responsabile sede Antonio Capone Gruppo di Lavoro Massimo Resce – progetto di ricerca, progetto di pubblicazione, supervisione, integrazioni e raccordi Giuliana Tesauro – modelli e analisi socio – economiche Giuseppe Rillo e Francesco Manente - modelli ed elaborazioni statistiche Raffaele Castagnozzi – analisi socio – demografiche Alessia Colalillo e Giovanna Rossi – ricognizione ed analisi normativa Gianpiero Colatruglio – elaborazioni GIS Indagine CATI l’indagine è stata impostata con la collaborazione di Andrea Rocchi del Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento ed è stata realizzata per l’ISFOL da Synergy Knowledge People S.r.l. e Tendentia S.r.l. La pubblicazione è aggiornata al 31 dicembre 2006. Coordinamento editoriale della collana Temi&Strumenti: Piero Buccione e Aurelia Tirelli. Collaborazione di Paola Piras. INDICE pag. Introduzione La mobilità dei giovani italiani delle Regioni Obiettivo 1 1.1 Aspetti storico - demografici della migrazione interna 1.1.1 Storia della migrazione interna in Italia 1.1.2 Migrazione e struttura demografica 1.1.3 Indicatori di mobilità 1.2 Analisi della mobilità formativa dei giovani 1.2.1 Flussi di laureati meridionali all’interno del Mezzogiorno 1.2.2 Flussi di diplomati universitari meridionali all’interno del Mezzogiorno 1.2.3 Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati nelle Università del Centro-Nord 1.2.4 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia 1.2.5 Flussi di iscritti 1.2.6 Relazione tra laureati maschi e femmine residenti nelle aree Obiettivo 1 1.2.7 Università preferite e tempo medio per laurearsi 1.2.8 Sintesi delle caratteristiche della mobilità formativa in Italia 1.3 Indagine sugli attegiamenti dei giovani italiani nei confronti della mobilità 1.3.1 Obiettivi e modalità di indagine 1.3.2 Risultati generali 1.3.3 Segmentazione della popolazione 1.3.4 Dettaglio su alcune province 1.3.5 Dettaglio dei risultati 1.3.6 Focus sui giovani in mobilità originari delle Regioni Obiettivo 1 1.3.7 Sintesi delle caratteristiche della mobilità 13 Cap. 1 17 18 18 24 27 30 30 33 34 36 38 40 42 47 48 48 49 52 62 62 88 91 5 INDICE pag. 1.4 Le variabili socio-economiche dei flussi di mobiltà costretta 1.4.1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 1.4.2 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio 1.4.3 Elaborazione di un modello di lettura 1.4.4 Comparazione tra Regioni Obiettivo 1 e Regioni del Centro - Nord 1.4.5 Sintesi delle caratteristiche delle determinanti socioeconomiche dei flussi di mobilità La mobilità tra politiche per il capitale umano e lo sviluppo locale 2.1 Il capitale umano nei procesi di crescita economica e sviluppo 2.1.1 Crescita economica e sviluppo 2.1.2 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo 2.1.3 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo 2.2 La situazione nel mezzoggiorno 2.2.1 Il livello di istruzione dei cancellati 2.2.2 Capitale umano e forza lavoro 2.2.3 I flussi di mobilità delle Regioni Obiettivo 1: il “brain drain” 2.3 Le politiche sulla mobilità’ 2.3.1 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità 2.3.2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità 92 93 123 130 134 135 Cap. 2 Cap. 3 Conclusioni 137 138 138 140 144 148 148 156 164 166 167 176 183 APPENDICE STATISTICA 189 BIBLIOGRAFIA 263 6 INDICE DELLE TABELLE pag. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. 1 - Tasso Migratorio Interno e PIL pro-capite Regioni dell’Obiettivo 1 - Italia 2 - Variazione % della composizione della Forza Lavoro per titolo di studio 3 - Indice di struttura della popolazione attiva nelle Regioni Obiettivo 1 4 - Indice di ricambio nelle Regioni Obiettivo 1 5 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni Obiettivo 1 6 - Indice di struttura della popolazione attiva e tasso migratorio interno 7 - Rapporto tra laureati residenti in Regione e in Provincia, in percentuale 8 - Atenei - Facoltà preferiti dagli studenti residenti nelle Regioni Obiettivo1 9 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di laureati in Atenei centro-settentrionali 10 - Laureati e Diplomati Universitari stranieri nelle Università italiane per continente di provenienza 11 - Sedi universitarie italiane preferite dagli studenti stranieri 12 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali 13 - Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali 14 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università di Bologna 15 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale 16 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale 17 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Bocconi 18 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica di Milano 22 23 25 26 26 28 32 35 35 37 38 39 40 43 44 44 45 46 7 INDICE DELLE TABELLE pag. Tab. 19 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica di Milano Tab. 20 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale Tab. 21 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale Tab. 22 - Focus su 10 Province delle Regioni Obiettivo 1 Tab. 23 - Nuovi iscritti all’anagrafe, per aree geografiche Tab. 24 - Trasferimenti di residenza per tipologia Tab. 25 - Tasso migratorio interno Tab. 26 - Occupati per titolo di studio, sesso e regione Tab. 27 - Tasso di occupazione per titolo di studio e regione Tab. 28 - Tasso di occupazione per ripartizione regionale Tab. 29 - Tasso di disoccupazione per ripartizione regionale Tab. 30 - Tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno per titolo di studio Tab. 31 - Forze di lavoro in serie storica 1995-2005 e 1 trimestre 2006 Regioni Obiettivo 1 Tab. 32 - Reddito pro-capite per ripartizione regionale Tab. 33 - Reddito pro-capite ripartizione per grandi Aree Tab. 34 - Reddito pro-capite ripartizione Regioni Obiettivo 1 Tab. 35 - Variabili statistiche correlate ai flussi Migratori delle regioni Obiettivo 1 Tab. 36 - Peso dell’Industria nelle Regioni Obiettivo 1 Tab. 37 - Popolazione di età 18 – 33 anni Tab. 38 - Incidenza cancellati a medio-alta scolarizzazione su totale popolazione Regioni Obiettivo 1 Tab. 39 - Atenei, sedi universitarie per Regione Tab. 40 - Peso titolo di studio per forza lavoro Tab. 41 - Spesa delle famiglie per l’istruzione per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1 Tab. 42 - Spesa pro-capite per l’istruzione per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1 Tab. 43 - Spesa amministrazioni pubbliche per istruzione in ripartizioni geografiche Regioni Obiettivo 1 8 46 47 47 63 93 94 95 100 101 102 106 109 111 116 117 118 120 122 122 156 156 157 159 161 163 INDICE DELLE FIGURE pag. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 1 - Peso occupati per settore produttivo in Italia, in serie storica 2 - Età media della popolazione 3 - Tasso di mobilità residenziale per 1.000 abitanti 4 - Indice cumulato della variazione della popolazione per 1.000 abitanti 5 - Retta di Regressione laureati maschi (X) femmine (Y) 6 - Composizione degli assi 7 - Segmentazione della popolazione 8 - Composizione dei gruppi in valori percentuali 9 - Descrizione gruppo “Ordinari” 10 - Descrizione gruppo “Emergenti” 11 - Descrizione gruppo “Svantaggiati” 12 - Descrizione gruppo “Spettatori” 13 - Descrizione gruppo “Agiati” 14 - Descrizione gruppo “Delfini” 15 - Provenienza intervistati 16 - Sesso, età e stato civile degli intervistati 17 - Dati demografici sull’area di origine e di residenza 18 - Flussi di mobilità 19 - Dettaglio delle motivazioni che hanno indotto la mobilità 20 - Durata della mobilità 21 - Grado di soddisfazione e valutazione del proprio spostamento 22 - Valutazione delle possibilità di rientro 23 - Titolo di studio degli intervistati 24 - Motivazione e valutazione della propria formazione 25 - Luogo di formazione 26 - Livello culturale dei genitori degli intervistati 27 - Condizione lavorativa attuale e durata 28 - Modalità di inserimento nel mondo lavorativo e coerenza con formazione 20 27 29 30 41 53 54 55 56 57 58 59 60 61 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 9 INDICE DELLE FIGURE pag. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 10 29 - Valutazione proprie aspettative e formazione 30 - Professione dei genitori degli intervistati 31 - Valutazione Provincia di residenza 32 - Pregi e difetti della Provincia di residenza 33 - Potenzialità della Provincia di residenza 34 - Offerta formativa Provincia di residenza 35 - Valutazione dell’offerta formativa della Provincia di residenza 36 - Formazione e territorio 37 - Valutazione delle strutture/servizi presenti nella Provincia di residenza 38 - Valutazione motivazionale delle strutture/servizi presenti nella Provincia di residenza 39 - Provenienza giovani italiani in mobilità e loro destinazione 40 - Ampiezza comune di provenienza dei giovani in mobilità provenienti dalle Regioni Obiettivo 1 41 - Destinazione dei giovani provenienti dalle Regioni Obiettivo 1 42 - Motivazione e durata dello spostamento dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 43 - Professione, titolo di studio e classi di età dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 in mobilità 44 - Tasso migratorio interno nelle Province italiane 45 - Tasso migratorio interno nelle Regioni italiane 46 - Saldo migratorio interno nelle Regioni Obiettivo 1 47 - Tasso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 48 - Tasso di occupazione nelle Province italiane 49 - Tasso di occupazione nelle Regioni italiane 50 - Tasso di disoccupazione in serie storica 1995-2005 nelle Regioni Obiettivo 1 51 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni italiane 52 - Forza lavoro in serie storica 1995-2006 nelle Regioni Obiettivo 1 53 - Forze di lavoro nelle Province italiane 54 - Forze di lavoro nelle Regioni italiane 55 - Reddito pro-capite ripartizione grandi aree 56 - Reddito pro-capite in serie storica 1995-2004 nelle Regioni Obiettivo 1 57 - Piano fattoriale del peso delle determinanti sui due fattori calcolati nelle Regioni Obiettivo 1 58 - Piano fattoriale 59 - Imprese per settore economico e regione 60 - Livello d’istruzione popolazione adulta grandi ripartizioni geografiche 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 89 90 90 96 97 98 99 103 104 107 108 112 113 114 117 119 127 129 133 149 INDICE DELLE FIGURE pag. Fig. 61 - Livello d’istruzione popolazione adulta nelle Regioni Obiettivo 1 Fig. 62 - Tasso di scolarizzazione superiore grandi ripartizioni geografiche Fig. 63 - Tasso di scolarizzazione superiore nelle Regioni Obiettivo 1 Fig. 64 - Tasso variazione occupati per titolo di studio Fig. 65 - Tasso variazione cancellati con più di 14 anni dalle Regioni Obiettivo 1 Fig. 66 - Cancellati dalle Regioni Obiettivo 1 con più di 14 anni Fig. 67 - Tasso di variazione cancellati a medio/alta scolarizzazionenelle Regioni Obiettivo 1 Fig. 68 - Tasso di variazione della forza lavoro per titolo di studio grandi ripartizioni geografiche Fig. 69 - Peso della spesa delle famiglie per l’istruzione grandi ripartizioni geografiche Fig. 70 - Peso della spesa delle amministrazioni pubbliche per l’istruzione grandi ripartizioni geografiche 150 151 151 153 153 154 155 158 160 162 11 INDICE DEI BOX pag. Box 1 - Programmi ed iniziative europee a sostegno della libera circolazione e della mobilità dei lavoratori Box 2 - Europass Mobilità Box 3 - Strumenti per la mobilità a disposizione degli operatori accreditati sull’area web Box 4 - Dispositivi sulla mobilità della Regione Campania 12 173 174 180 182 INTRODUZIONE L’ISFOL nella sede decentrata di Benevento1 ha avviato un percorso di approfondimento delle variabili di rottura alla base dei processi di sviluppo. Tra gli elementi che maggiormente stigmatizzano l’economia meridionale vi è lo squilibrio tra dimensione dell’apparato produttivo e disponibilità di forze lavoro, squilibrio da cui deriva la persistenza nell’area di un tasso di disoccupazione pari a tre volte quello rilevabile nelle aree del Centro-Nord. Partendo da questo dato si è ritenuto necessario indagare sulla mobilità geografica che coinvolge le Regioni del Mezzogiorno come fattore di risposta a tale squilibrio. La mobilità professionale e geografica è divenuta un elemento chiave della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO)2 e del Piano d’Azione in materia di competenze e mobilità3. In particolare, con la SEO si è istituito un quadro di sorveglianza multilaterale che esorta gli Stati membri ad attuare politiche più efficaci nel settore occupazionale. La strategia ispiratrice dell’UE in termini di occupazione si fonda sul concetto in base al quale il mercato europeo dell’occupazione può funzionare correttamente solo se i cittadini sono liberi di passare da un posto di lavoro, da un’attività, da un paese o da una regione all’altra. 1 La sede di Benevento è stata istituzionalizzata al fine di fornire supporto alle Regioni ed agli Enti locali, nelle aree dell’Obiettivo 1, come indicate nella regolamentazione comunitaria per la programmazione dei fondi strutturali 2000-2006. 2 La Strategia europea per l’occupazione (SEO) è stata avviata dal Consiglio straordinario sull’occupazione di Lussemburgo nel novembre del 1997, per mettere in atto quanto disposto dal Trattato di Amsterdam che, per la prima volta, ha inserito formalmente gli interventi per il lavoro tra le priorità dell’azione comunitaria. 3 COM (2002) 72. Successivamente: “Relazione sullo stato di attuazione del Piano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobilità“(COM/2004/0066 def.); Decisione del Consiglio, 22/07/2003, relativa a orientamenti per le politiche degli stati membri a favore dell’occupazione (2003/578/CE). 13 INTRODUZIONE In Italia, il Piano di attuazione del rilancio della strategia europea di Lisbona PICO (Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione) sostiene e promuove i processi di mobilità. Sia a livello comunitario che nazionale, dunque, la mobilità viene considerata quale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla Commissione europea “Anno europeo della mobilità professionale”. L’iniziativa europea mira a sensibilizzare i cittadini sui vantaggi di un lavoro all’estero o del cambiamento di lavoro ed a migliorare la comprensione del fenomeno stesso. La mobilità geografica, anche se è portatrice di effetti positivi su scala territoriale europea e nazionale, presenta aspetti particolarmente delicati e complessi se riferita alle Regioni del Mezzogiorno, soprattutto quando si tratta di mobilità di giovani. Infatti, agli impatti positivi di breve periodo potrebbero corrispondere impatti territoriali negativi nel lungo termine. Mentre nel primo caso la mobilità può generare effetti positivi per gli individui e per il sistema economico, appianando gli squilibri territoriali tra domanda e offerta di lavoro, nel secondo il drenaggio di competenze potrebbe rivelarsi un ostacolo allo sviluppo endogeno, vanificando gli effetti di qualsivoglia politica di intervento nel Mezzogiorno di Italia. Per tali motivi l’ISFOL ha avviato uno studio sulla dimensione territoriale della mobilità per le Regioni del Mezzogiorno partendo da una fondamentale distinzione tra una componente “sana” ed una componente “costretta”. In generale, oggi si assiste ad un flusso certamente più contenuto rispetto alle migrazioni verificatesi negli anni cinquanta, ma con delle caratteristiche preoccupanti. Infatti, si assiste al così detto brain drain, ovvero una migrazione di risorse a medio/alta scolarizzazione che lascia il Sud orfano di quella potenziale classe dirigente e di quelle competenze strategiche per lo sviluppo locale. Una promozione della mobilità gestita in modo generalistico e non tipizzato rispetto alle esigenze locali potrebbe condurre allo svuotamento dei territori proprio di quelle risorse indispensabili ad innescare uno sviluppo endogeno e strutturato. Pertanto, si percepisce l’urgenza di approfondire il tema nella sua componente “costretta”, valutando gli effetti positivi e le eventuali aree di intervento attualmente non prese in considerazione dalle politiche in atto. In particolare, accanto alle politiche di accompagnamento, sarebbe opportuno considerare eventuali politiche di rientro e/o di scambio (il flusso di capitale umano in uscita dal Mezzogiorno potrebbe essere compensato da una corri14 INTRODUZIONE spondente componente in entrata così da trasformare il pericoloso fenomeno del brain drain in un virtuoso e produttivo brain exchange). La ricerca si sofferma sulla mobilità geografica interna dei giovani italiani di età compresa tra i 18 ed i 33 anni per individuarne le caratteristiche e le prospettive soprattutto in riferimento alle Regioni dell’Obiettivo 1 (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), che nel testo vengono assunte come nozione di Mezzogiorno o di Sud-Italia. In particolare, si è cercato di conoscere e comprendere le variabili che sottendono il fenomeno della mobilità nella fase formativa ed in quella lavorativa, dal lato delle motivazioni personali e dal punto di vista delle determinanti socio-economiche. Nel percorso di ricerca sono state evidenziate le caratteristiche generali di natura storica e demografica della migrazione interna italiana; è stata analizzata la mobilità dei giovani in età formativa; attraverso un’indagine C.A.T.I. è stata effettuata una ricognizione sulle motivazioni che spingono i giovani in età lavorativa allo spostamento; si è realizzato un modello di lettura, seppure parziale, delle determinanti socioeconomiche del fenomeno; si è cercato di comprendere le connessioni tra mobilità, capitale umano, crescita e sviluppo locale; infine, è stata aggiunta una breve ricognizione delle politiche in atto (a livello comunitario, nazionale e regionale) con la finalità di costruire un quadro integrato di conoscenze sulla mobilità interna, utile ai policy maker per la definizione delle scelte di intervento. 15 CAPITOLO 1 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Il processo di sviluppo e trasformazione delle realtà socio-economiche nel nostro Paese è fondato su una pluralità di concause. Un ruolo determinante ha rivestito e riveste la mobilità geografica interna. L’indagine realizzata si sofferma sulla mobilità geografica a medio - alta scolarizzazione dei giovani (18 - 33 anni) delle Regioni italiane dell’Obiettivo 1 cercando di comprendere se vi siano alla base elementi di costrizione. Dopo aver delineato i tratti storico-demografici del fenomeno più generale della migrazione interna, si approfondiscono tre momenti della mobilità seguendo la filiera istruzione - mercato del lavoro - sviluppo locale. Nel primo momento, s’indaga sulla mobilità formativa analizzando i flussi dei laureati e diplomati, con particolare riferimento ai movimenti interni alle aree dell’Obiettivo 1 e da queste verso le Regioni del Centro/Nord, soffermando l’attenzione sulle caratteristiche di questi flussi e cercando di comprendere se essi possano rappresentare un’anticamera della mobilità lavorativa. Nella seconda fase, si segue un approccio “motivazionale” volto ad individuare gli elementi personali che spingono l’individuo al trasferimento. Si amplia lo spettro della mobilità passando da quella formativa a quella dettata da esigenze lavorative. Infine, si segue un approccio prevalentemente socio-economico con un focus territoriale sulle macro variabili del processo di mobilità4 cercando di individuarne le determinanti e le relazioni con i processi di sviluppo. 4 Occupati, occupati per titolo di studio, tasso di occupazione per titolo di studio, disoccupati, disoccupati per titolo di studio, tasso di disoccupazione per titolo di studio, forza lavoro, reddito disponibile pro capite, spesa delle famiglie, prodotto interno lordo, tasso di irregolarità o di lavoro nero, unità di lavoro, peso dell’industria, popolazione in età 19-32 anni, indice di struttura della popolazione attiva, assunzioni previste, assunzioni previste per titolo di studio, indice di disoccupazione di lunga durata, tasso di natalità delle imprese, investimenti fissi lordi. 17 CAPITOLO 1 Dalle valutazioni emerse da tale indagine ne consegue un modello di sintesi in regressione multipla che ha consentito di esplicitare la dipendenza del tasso migratorio interno, in funzione di due determinanti interpretative: l’indice di disoccupazione di lunga durata, correlato negativamente al flusso migratorio interno, e il tasso di natalità lorda delle imprese che, invece, influenza il tasso migratorio interno in senso positivo. 1.1 Aspetti Storico-Demografici della migrazione interna Dal dopoguerra l’Italia tutta e, in particolare il Mezzogiorno, ha subito profondi cambiamenti sociali ed un significativo processo di modernizzazione, accompagnato da una consistente emigrazione, caratterizzata da una duplice componente: nazionale ed estera. La migrazione interna ricopre una importanza particolare data la sua durata maggiore che si protrae anche nel corso degli anni Settanta. La sua composizione sociale risulta più complessa poiché, seppure quantitativamente minoritaria, incide socialmente per il ruolo culturale e sociale svolto. Nel corso degli anni la componente di migrazione di persone con una formazione specialistica di alto livello (professionisti, tecnici, etc.) o di giovani in età formativa (universitari e post-universitari) è diventata sempre più numerosa. Nei prossimi paragrafi si focalizza l’attenzione sulle caratteristiche del flusso migratorio interno in Italia, evidenziandone le evoluzioni nel tempo e le componenti di ordine demografico che lo hanno definito e lo definiscono ad oggi. 1.1.1 Storia della migrazione interna in Italia In Italia il fenomeno delle migrazioni interne, generato dalle asimmetrie del mercato del lavoro caratterizzato da una forte disuguaglianza tra gli stock di domanda e di offerta, è divenuto rilevante soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, raggiungendo il suo apice tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con punte di oltre due milioni di trasferimenti di residenze all’anno e con direzione prevalente “nord-ovest”, parte del paese maggiormente industrializzata e verso Roma. Successivamente, l’intensità di tali trasferimenti ha subito una significativa diminuzione, assumendo un carattere di maggiore “circolarità”, contro la precedente “polarizzazione”5. 5 18 Aree in precedenza considerate periferiche o marginali sono divenute poli di attrazione. LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Il trend del flusso migratorio interno riprende nel 1994, toccando un picco nel 1998, per poi proseguire con ritmo relativamente sostenuto fino ad oggi. La prima migrazione interna di massa ha coinvolto essenzialmente la classe contadina, si è trattato di un vero e proprio esodo rurale6 che ha inciso profondamente sul riassetto sociale del Mezzogiorno d’Italia: il flusso delle rimesse7 determinò un incremento complessivo del livello dei redditi e dei consumi, contribuendo a migliorare le condizioni di vita. Con l’esodo rurale si sono determinati spostamenti anche interni al Mezzogiorno, dove si verifica – seppure slegato dal corso dell’industrializzazione – il medesimo processo di inurbamento che si riscontra al Nord. Nel ventennio compreso tra il 1955 ed il 1975 si registra il flusso di emigrazione, peraltro di carattere prevalentemente definitivo, più intenso dal Sud verso il Centro-Nord. Si può considerare che fino alla prima crisi petrolifera del 1973, circa quattro milioni di persone si sono trasferite dal Mezzogiorno d’Italia verso le Regioni settentrionali8. Lo sviluppo industriale è certamente uno dei fattori principali che hanno determinato le grandi migrazioni interne. L’occupazione industriale nel nostro paese ha registrato un trend altalenante che si conclude con un processo di deindustrializzazione a favore di una crescente occupazione assorbita sempre più dal settore terziario. Non a caso una prima significativa flessione del flusso migratorio interno coincide proprio con gli anni Ottanta, fase in cui l’intero settore industriale registra una sostanziale ristrutturazione seguita da una significativa riduzione degli occupati. A partire dalla metà degli anni Settanta, fino alla prima metà degli anni Novanta, l’Italia, insieme con altri paesi europei, ha visto mettere in discussione il principio in base al quale il fattore lavoro dovrebbe spostarsi dalle Regioni con un tasso di disoccupazione alto e con livelli di PIL pro-capite bassi9, verso quelle aree in cui è più probabile trovare lavoro, zone cioè caratterizzate da bassa disoccupazione e reddito ele6 E. Pugliese, “L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne”, il Mulino, 2002. (Cap. 2°) “Per esodo agricolo in senso stretto si intende il passaggio di lavoratori da attività agricole ad attività extragricole. Si parla di esodo rurale quando l’abbandono della terra è accompagnato da un trasferimento verso le aree urbane”. 7Le rimesse degli emigrati fanno parte (insieme con la Bilancia commerciale e la Bilancia dei servizi e dei redditi) delle partite correnti della Bilancia dei Pagamenti, in particolare sono il caso più frequente della voce Bilancia dei trasferimenti unilaterali (la parte relativa alle voci riguardanti i trasferimenti di denaro da e verso l’estero, che non sono contropartita di un’operazione commerciale). 8 Solo un terzo di tale cifra rappresenta gli spostamenti in senso inverso, dal Centro-Nord verso il Mezzogiorno. 9 Reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, Bologna, Il Mulino, 1996 (capitolo dedicato all’immigrazione); nuova edizione, 2002. 19 Storia della migrazione interna in Italia CAPITOLO 1 Storia della migrazione interna in Italia vato. In questo arco di tempo, infatti, in Italia si è assistito simultaneamente alla presenza di flussi migratori interni decrescenti e di differenziali interregionali crescenti sia nei tassi di disoccupazione che nei livelli pro-capite del PIL. L’avvenuta riduzione del flusso migratorio dal Sud al Nord del Paese è stata imputata a cause di carattere economico – sociale, ponendo l’accento su fattori che avrebbero influenzato sia l’offerta che la domanda di lavoro. Figura 1 - Peso occupati per settore produttivo in Italia, in serie storica 100% 90% 25,7 30,3 80% 38,4 49,4 56,7 70% 60% 69,4 32,1 40,6 50% 44,3 40% 39,5 30% 20% 35,6 42,2 23,1 29,1 17,2 10% 11,1 7,6 7,5 0% 1951 1961 Agricoltura 1971 1981 Industria 1991 2005 Servizi Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Sull’offerta di lavoro avrebbero inciso: la graduale riduzione del differenziale salariale tra le regioni; la nuova occupazione nel settore del terziario pubblico; i costi collegati allo spostamento; i fattori demografici, quali la riduzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione, data la stretta relazione tra la mobilità e le classi giovanili; l’inefficace e inadeguato sistema di collocamento interregionale che ha di fatto inibito e rallentato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Dall’altro lato, invece, ad influire sulla domanda di lavoro sarebbe stato il passaggio a sistemi di produzione sempre più flessibili, orientando la domanda di lavoro a favore di profili professionali specializzati, a danno della forza lavoro generica, offerta copiosamente dalle Regioni del Sud nei decenni precedenti10. 10 R. Basile, M. Causi, “Le determinanti dei flussi migratori nelle province italiane: 19912001”, Università degli Studi di Roma Tre, Dipartimento di Economia, Working Paper n°49, 2005. 20 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Verso la metà degli anni Novanta la situazione sembra cambiare anche se lentamente. Nel ‘94 si assiste ad una ripresa dei movimenti migratori interni, in particolare dalle regioni del Sud verso quelle del Centro-Nord. Allo stesso tempo nel Mezzogiorno, accanto ad una ripresa del PIL pro-capite, si osserva tra il 1999 e il 2003 una lieve diminuzione (con una flessione di circa 5 punti percentuali) del tasso di disoccupazione. Con la fine degli anni Novanta riprende il flusso migratorio interno, questa volta rinnovato nella composizione sia demografica che sociale. A spostarsi sono giovani ad alta scolarizzazione (laureati, tecnici specializzati) in cerca di una adeguata collocazione professionale ed occupazionale. La situazione nel primo quinquennio degli anni 2000 evidenzia un tasso migratorio11 nazionale nel 2002 pari a +1,1 per mille abitanti che nel tempo subisce una flessione, passando a +0,1 per mille abitanti nel 2005. La disaggregazione del dato a livello regionale mette in luce che la Campania ha la più bassa capacità attrattiva con un flusso in uscita particolarmente elevato ed in continuo aumento: il saldo migratorio passa da -1,9 per mille abitanti nel 2002 ad un valore pari a -4,4 per mille abitanti nel 2005. Nell’ambito dell’area Obiettivo 1 anche la Calabria (con un tasso migratorio che si attesta negli anni su una media di -4,3 per mille abitanti) registra un significativo esodo di residenti. In controtendenza la Sardegna ricalca sostanzialmente il trend nazionale, così come il resto delle regioni italiane, ad eccezione del Molise e del Piemonte. Il Molise, infatti, si è trasformato nel corso di soli quattro anni da bacino d’arrivo in area di fuga. Il suo saldo migratorio si è ridotto, passando da +1 per mille abitanti, nel 2002, a -1,2 per mille abitanti nel 2005. Così è accaduto in Piemonte dove da un valore positivo (+1,6 per mille abitanti) nel 2002, della variabile in oggetto, si è passati, nel 2005, ad un tasso migratorio pari a -0,1per mille abitanti. Degno di nota il trend, tra le aree Obiettivo 1, della regione Sicilia che da circa quattro anni registra un saldo migratorio interno in evoluzione secondo un andamento positivo e costante nel tempo (passando da un -2,8 per mille abitanti del 2002 ad un -1,9 per mille abitanti del 2005). L’inverso si nota in Basilicata con un indicatore dal trend negativo che tende ad aumentare quasi in modo costante. 11 Il Tasso migratorio netto è dato dal rapporto tra il saldo migratorio (SM=Iscritti-Cancellati ) dell’anno e l’ammontare medio annuo della popolazione residente (P). In formula: TMN=SM/P*1000. 21 Storia della migrazione interna in Italia CAPITOLO 1 Storia della migrazione interna in Italia Nell’intervallo di tempo considerato, il tasso di variazione del Pil pro-capite nazionale registra una variazione positiva di 5,4 punti percentuali; la disaggregazione regionale evidenzia un range di variazione compreso tra +1,5% (Abruzzo) e +9,0% (Lazio). Tutta l’area Obiettivo 1, con +7,1%, supera il trend nazionale. In particolare, la Puglia (+5,5%) uguaglia il valore soglia complessivo, seguita da Sardegna e Campania (entrambe con il +6,7%). Decisamente oltre il dato nazionale, nonché al di sopra del trend meridionale, le regioni Calabria (+7,8%), Sicilia (+7,9%) e Basilicata (+8,2%). Tabella 1 - Tasso Migratorio Interno e PIL pro-capite Regioni dell’Obiettivo 1 - Italia, Serie storica Ripartizioni Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1 ITALIA Tasso migratorio interno (valori per 1.000 abitanti) 2002 2003 2004 2005 -1,9 -3,2 -3,9 -4,4 -2,6 -2,6 -2,1 -2,6 -3,1 -2,6 -3,1 -3,3 -4,0 -3,6 -4,8 -4,3 -2,8 -2,3 -2,3 -1,9 1,1 0,7 0,8 0,6 -2,3 -2,5 -2,8 -2,9 1,1 0,6 0,4 0,1 PIL pro-capite* (valori in Euro) 2002 2003 13.480 13.895 13.096 13.483 13.862 14.436 12.373 12.900 13.012 13.761 14.743 15.410 13.428 13.981 19.444 19.985 2004 14.382 13.810 14.996 13.343 14.042 15.724 14.383 20.500 *Il PIL pro-capite 2004 corrisponde all’ultimo dato disponibile. Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat e Tagliacarne. Dalla variazione percentuale (2005/2000) della composizione della Forza lavoro in Italia e nelle macro ripartizioni si evince un incremento nel tempo della componente a medio-alta scolarizzazione nella forza lavoro. Complessivamente, in Italia cresce la forza lavoro in possesso di diploma (+4,4%) e di laurea/dottorato (3,2%). Per le Regioni dell’Obiettivo 1 gli incrementi delle suddette variabili si registrano pari al 4,1% e al 2,2% (il valore più basso tra le ripartizioni analizzate). Considerate le modifiche della struttura sociale nel tempo è altresì vero che la mobilità degli scolarizzati cresce maggiormente, rispetto al resto della popolazione. 22 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Tabella 2 - Variazione % della composizione della Forza Lavoro per titolo di studio. Italia e macro ripartizioni - (2005/2000) Nord Centro Obiettivo 1 ITALIA Elementari -4,4 -4,8 -4,0 -4,4 Medie -3,3 -4,0 -2,3 -3,2 Superiori 4,4 4,6 4,1 4,4 Laurea/Dottorati 3,3 4,1 2,2 3,2 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat I fattori alla base delle nuove migrazioni, in larga parte formate da skilled migrants, sono spesso gli stessi rispetto ad altri tipi di migrazioni. Si tratta, infatti, di crisi economiche, differenziali salariali, livelli di disoccupazione non meno che di motivazioni individuali e familiari. Accanto a tali determinanti vanno considerate le differenze riguardanti il tenore di vita intendendo con ciò un insieme di elementi qualitativi quali l’accesso ai servizi pubblici, le condizioni di salute, la speranza di vita, la libertà di scelta e la sicurezza. Alle tradizionali determinanti si affianca, inoltre, quello che in un recente dibattito è stato definito “network approach”12 (o “sapere migratorio”, secondo Palidda e Reyneri, 1995), che identifica quelle reti di sostegno che agevolano la migrazione grazie alle relazioni nella zona di destinazione, innescando una catena migratoria. L’emigrazione si sviluppa significativamente se inserita all’interno di una catena migratoria tra una comunità locale o una rete di famiglie presenti nella zona di origine e un’altra comunità o rete familiare nelle aree di destinazione. Secondo questo approccio, le catene migratorie alimentano dinamiche che possono favorire uno sviluppo autopropellente dei movimenti migratori. Le reti sociali rappresentano degli importanti fattori di richiamo, poiché si strutturano sia come fattori di riduzione dei costi di riproduzione sociale (affitti, servizi, etc.), che come elementi in grado di ridurre le criticità e le problematiche insite nel processo di ricerca del lavoro e nel percorso d’integrazione sociale dell’emigrato. Come evidenziato, dunque, i flussi migratori sono determinati da una pluralità di fattori espulsivi ed attrattivi, attraverso i quali si strutturano costi e benefici in grado di incidere significativamente sulla propensione al trasferimento della forza lavoro proveniente dal Mezzogiorno. In particolare, un’eccessiva polarizzazione dei fattori espulsivi e di richiamo porterebbe ad incentivare i flussi migratori e, di conseguenza, a condizionare gli effetti economici e sociali prodotti dalla mobilità geografica nel breve e nel lungo periodo, soprattutto nelle aree del Sud d’Italia. 12 Cfr. Ghatak, Levine e Wheatley Price, 1996. 23 Storia della migrazione interna in Italia CAPITOLO 1 1.1.2 Migrazione e struttura demografica L’intensità e la consistenza dei flussi migratori influiscono notevolmente sui processi economici, demografici e sociali delle aree interessate, determinando conseguenze di rilievo sia nelle zone di partenza che in quelle di destinazione e provocando la cosiddetta pressione demografica differenziale13. Tra gli effetti demografici diretti vi è chiaramente la riduzione della popolazione delle aree di origine ed il conseguente aumento demografico delle aree di arrivo, con ciò determinando una variazione significativa della struttura demografica dei territori coinvolti. A tali effetti demografici si collegano altrettante ricadute in termini economici, venendo alterato l’originario rapporto produzione-consumo. Pertanto, in presenza di una zona di origine strutturata demograficamente verso l’invecchiamento, la fuoriuscita di forza lavoro giovanile inficia significativamente le prospettive di sviluppo14. Da qui l’esigenza di valutare le condizioni demografiche delle aree di partenza nell’ambito delle Regioni Obiettivo 1 al fine di stimare, seppur parzialmente, le conseguenze e gli effetti dei flussi migratori in uscita sulla crescita dei territori. Analizzando la serie storica dell’indice di struttura15 della popolazione delle Regioni Obiettivo 1 se ne evidenzia, nel periodo 2002-2005, un sostanziale incremento che lo approssima sempre di più al 100%, ciò ad evidenziare la presenza di una popolazione attiva sempre meno giovane, seppure l’indicatore non superi mai il 100% a testimonianza di un trend della popolazione totale crescente o comunque stazionario. Al di sopra del dato medio relativo all’intera area Obiettivo 1 (peraltro uguagliato dalla regione la Calabria) si registra l’indice di struttura delle Regioni Sardegna, Basilicata, Sicilia e Puglia; di contro un distacco in senso opposto si rileva per la regione Campania. In particolare, gli incrementi più evidenti si registrano in Sardegna, che nel periodo considerato segna un aumento dell’indicatore di ben 8,1 punti percentuali. Segue la Basilicata che nel 2005 supera la Sicilia, attestando una crescita dell’indice di struttura demografica intorno ai 6,2 punti percentuali, rispetto al 2002. Complessivamente, la Sardegna mantie13 “La causa principale delle migrazioni è quasi sempre legata allo squilibrio demografico-economico tra il luogo di origine e quello di destinazione. Tale causa viene indicata con il termine pressione demografica differenziale”, in N. Federici, “Istituzioni di demografia”, ed.Elia, Roma, 1980. 14 M. Livi Bacci, “Introduzione alla demografia”, Loescher, Torino, 1990. 15 Indice di struttura della popolazione attiva = [P(40-64)/P(15-39)* 100]. Indica il grado di invecchiamento della popolazione attiva: tanto più basso è l’indice tanto più giovane è la popolazione in età lavorativa. In una popolazione stazionaria o crescente il valore è inferiore al 100% mentre in una popolazione tendenzialmente e fortemente decrescente il rapporto supera il 100%. 24 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 ne il primato circa il grado di invecchiamento della popolazione attiva, seguita da Sicilia e Basilicata. La Campania si conferma nel tempo la regione con l’indice più basso e quindi con la popolazione più giovane in età lavorativa. Si tratta, nel complesso, di un risultato non negativo, ma da una lettura attenta della realtà dei territori considerati emerge l’inevitabile confronto con un mercato del lavoro sostanzialmente statico ed in affanno caratterizzato da limiti strutturali tali da impedire l’assorbimento della offerta lavorativa ed il necessario ricambio generazionale. Infatti, confrontando i dati precedenti con l’indice di ricambio della popolazione in età attiva16 - quale stima del rapporto tra coloro che stanno per lasciare, a causa dell’età, il mondo del lavoro e coloro che vi stanno per entrare - si nota come nelle aree con una popolazione attiva più giovane (come appunto la Campania e la Calabria) l’indicatore in oggetto assuma valori più lontani dalla soglia del 100%; con ciò a significare una tendenza alla disoccupazione di giovani in cerca di prima occupazione, causata dallo scarso ricambio con lavoratori anziani. Analizzando i tassi di disoccupazione delle Regioni Obiettivo 1 essi pur risultando particolarmente elevati – soprattutto in Sicilia - in Campania e Calabria, registrano un trend discendente nel tempo, a differenza della sostanziale stazionarietà individuata nelle altre regioni della ripartizione. Fenomeno probabilmente giustificato da elevati tassi migratori in uscita che tendono a peggiorare nel tempo, condizionando negativamente il trend della variabile nell’intera area Obiettivo 1. Tabella 3 - Indice di struttura della popolazione attiva nelle Regioni Obiettivo 1 Serie storica 2002-2005. Valori percentuali Regioni Puglia Calabria Sicilia Basilicata Campania Sardegna Obiettivo 1 2002 81,9 81,0 83,5 82,9 77,2 87,6 81,3 2003 83,6 82,8 85,3 84,9 78,8 90,1 83,0 2004 85,1 84,1 86,3 86,6 80,3 92,6 84,5 2005 87,4 86,5 88,3 89,1 82,4 95,7 86,7 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. 16 L’indice di ricambio della popolazione in età attiva è un indice soggetto a forti fluttuazioni ed è molto variabile. Solitamente oscilla tra il 15% in popolazioni in via di sviluppo e il 100% e oltre in popolazioni molto mature. In formula: [P(60-64)/P(15-19)]*100. 25 Migrazione e struttura demografica CAPITOLO 1 Migrazione e struttura demografica Tabella 4 - Indice di ricambio nelle Regioni Obiettivo 1 Serie storica 2002-2005. Valori percentuali Regioni Puglia Calabria Sicilia Basilicata Campania Sardegna Obiettivo 1 2002 81,7 74,9 80,8 85,7 69,4 93,1 77,8 2003 83,6 75,2 81,8 82,8 70,8 99,1 79,3 2004 83,6 73,9 79,7 80,2 71,0 102,4 78,8 2005 82,7 72,5 78,2 76,2 69,2 104,3 77,5 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. Tabella 5 – Tasso di disoccupazione nelle Regioni Obiettivo 1 Serie storica 2002-2005. Valori percentuali Regioni Puglia Calabria Sicilia Basilicata Campania Sardegna Obiettivo 1 2002 13,4 18,0 20,6 13,5 17,5 13,5 19,3 2003 15 16,5 20,1 13,2 16,9 13,8 18,7 2004 15,5 14,3 17,2 12,8 15,6 13,9 15,6 2005 14,6 14,4 16,2 12,3 14,9 12,9 14,8 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. Anche i dati sull’età media della popolazione confermano quanto sopra messo in luce. Infatti, nel periodo 2002-2005 l’età media della popolazione delle Regioni Obiettivo 1 resta sostanzialmente stabile intorno ai 39 anni. Sardegna e Basilicata si avvicinano di più alla media nazionale (pari a 42 anni nel 2005), mentre la Campania è l’unica regione Obiettivo 1 che si mantiene al di sotto dei valori medi (Fig. 2). Focalizzando l’attenzione sui valori 2005 relativi all’indice di struttura della popolazione attiva, disaggregato per Province delle Regioni dell’Obiettivo 1 con i rispettivi saldi migratori interni, il legame che ne scaturisce è di tipo inverso: ad alti valori del primo corrispondono bassi valori del secondo e viceversa. Dai dati risulta, infatti, che nelle Regioni con valori dell’indice di struttura vicini all’unità, corrispondono saldi migratori con valori positivi. Di contro, l’incremento del flusso migratorio si registra in quelle ripartizioni territoriali con indici di struttura bassi che segnalano una popolazione attiva tendenzialmente più giovane. In particolare, la Campania risulta la regione con l’indice di struttura più basso (82,4 per mille abitanti) in relazione al flusso migratorio più elevato (-4,4 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. 26 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 2 - Età media della popolazione - Anni 2002-2005 Migrazione e struttura demografica 43,0 42,0 ITALIA 41,0 Sardegna Basilicata 39,0 Calabria Sicilia Puglia Obiettivo 1 38,0 Campania 40,0 37,0 36,0 35,0 34,0 2002 2003 2004 2005 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. per mille abitanti), mentre la Sardegna si caratterizza per l’indice di struttura più elevato (95,7 per mille abitanti) e per un saldo migratorio positivo e quindi basso (0,6 per mille abitanti). E’ Napoli il capoluogo con l’indice di struttura della popolazione attiva più basso (80,4 per mille abitanti), registrando un saldo migratorio addirittura pari a -8 per mille abitanti. Tra i restanti capoluoghi solo il tasso migratorio di Palermo (-3,4 per mille abitanti) supera significativamente il dato medio riferito alla regione di appartenenza. Tabella 6 - Indice di struttura della popolazione attiva e tasso migratorio interno Anno 2005 Indice di struttura (%) Benevento Avellino Salerno Caserta Napoli Campania Bari Lecce Foggia Brindisi Taranto Puglia Potenza 89,0 87,4 86,7 80,1 80,4 82,4 85,6 91,1 84,3 89,5 89,7 87,4 89,5 Saldo migratorio (per mille abitanti) -0,2 0,5 -1,4 0,3 -7,9 -4,4 -2,1 -0,9 -6,1 -2,0 -2,7 -2,6 -3,3 segue 27 CAPITOLO 1 Indicatori di mobilità (segue) Tabella 6 - Indice di struttura della popolazione attiva e tasso migratorio interno Anno 2005 Indice di struttura (%) Matera Basilicata Cosenza Vibo Valentia Crotone Reggio Calabria Catanzaro Calabria Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanisetta Enna Catania Siracusa Ragusa Sicilia Sassari Nuoro Cagliari Oristano Sardegna 88,3 89,1 88,8 84,0 79,5 84,7 89,3 86,5 90,9 87,7 94,1 85,7 86,6 90,7 85,9 89,8 86,7 88,3 94,6 94,0 96,4 98,6 95,7 Saldo migratorio (per mille abitanti) -3,3 -3,3 -2,7 -5,1 -9,0 -4,8 -4,0 -4,3 -1,0 -3,4 -2,2 -3,1 -5,7 -2,8 -0,5 -1,7 -0,1 -1,9 1,6 -2,4 1,1 0,3 0,6 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. 1.1.3 Indicatori di mobilità Le variazioni della consistenza della popolazione segnalano l’esistenza di processi demografici o socio-economici in atto sul territorio. Procedendo con una analisi più specifica della dinamica demografica è possibile stabilire anche la natura di tali processi alla base della variazione della popolazione. In effetti, la popolazione può variare per la crescita naturale ovvero per movimenti migratori. In particolare, un indicatore in grado di fornire una misura dell’incidenza complessiva del movimento territoriale della popolazione residente è il tasso di mobilità residenziale17. Considerato il periodo 2002-2005 e in riferimento al dato medio dell’area Obiettivo 1, tale indicatore (calcolato per 1.000 abitanti) resta costantemente negativo (passando da -2,3 del 2002 a -2,9 del 2005) a testimonianza di un continuo flusso in uscita. Il trend rispecchia l’an17 Tasso di Mobilità Residenziale = (I-C)/Pop*1.000, dove: (I-C) è il saldo delle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche di un determinato periodo e (Pop) è la popolazione residente all’inizio del periodo di riferimento nel territorio considerato. 28 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 3 - Tasso di mobilità residenziale per 1.000 abitanti - Anni 2002-2005 2,0 1,0 0,0 Sardegna 2002 2003 2004 2005 -1,0 -2,0 -3,0 -4,0 -5,0 Sicilia Puglia Obiettivo 1 Basilicata Calabria Campania -6,0 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. damento di tutte le regioni considerate ad eccezione della Sardegna che registra nel tempo tutti valori positivi del tasso di mobilità residenziale (passando dall’1,1 del 2002 allo 0,6 del 2005). Superano il dato medio ripartizionale, a partire dal 2003, la Puglia e la Sicilia. Fin qui, però, si è potuto solo fornire la misura dell’incidenza dell’incremento (o decremento) migratorio della popolazione in un determinato periodo. E’ possibile, invece, ricorrere ad un altro metodo di misurazione al fine di descrivere l’andamento demografico della popolazione, si tratta dell’indice cumulato di variazione della popolazione18. Questo indicatore offre il vantaggio di fornire una misura dell’incidenza complessiva della popolazione che genera le variazioni demografiche, poiché è costruito sui saldi delle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche relativi ad eventi naturali ovvero a trasferimenti di residenza. Nel caso delle Regioni Obiettivo 1 nel periodo 2002-2005, l’indice cumulato della variazione della popolazione (calcolato per 1.000 abitanti) presenta una tendenza costantemente negativa (pari nel 2005 a 1,7). Particolare quanto si registra per la Campania dove ad un iniziale valore positivo del dato (+1,4) segue un trend discendente che porta il valore dell’indicatore (pari a -2,0) al di sotto del valore medio. Resta sempre positivo il trend della Sardegna, fino ad azzerarsi nel 2005, mentre in Puglia solo nel 2004 prevalgono saldi positivi. 18 Indice Cumulato di Variazione della Popolazione = (Saldo anagrafico totale)/Pop *1.000. dove: Saldo anagrafico totale = Saldo naturale+Saldo migratorio residenti; Pop= popolazione residente all’inizio del periodo di riferimento nel territorio considerato. 29 Indicatori di mobilità CAPITOLO 1 Indicatori di mobilità Figura 4 - Indice cumulato della variazione della popolazione per 1.000 abitanti - Anni 2002-2005 2,0 1,0 Sardegna 0,0 2002 2003 2004 2005 -1,0 -2,0 Sicilia Puglia Obiettivo 1 Campania -3,0 -4,0 Calabria Basilicata -5,0 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. Da quanto fin qui emerso è evidente la costante fuoriuscita di forza lavoro, nel periodo 2002-2005, dalle aree del Mezzogiorno. Questo aspetto lascia ipotizzare una perdita di quel capitale umano fondamentale per lo sviluppo dei territori di partenza. 1.2 Analisi della mobilità formativa dei giovani italiani 1.2.1 Flussi di laureati meridionali all’interno del Mezzogiorno Il primo momento dell’indagine realizzata si sofferma sull’analisi dei flussi migratori della popolazione interna alle regione Obiettivo 119. Il flusso di universitari, come indicatore di propensione alla mobilità, ha rappresentato il primo approccio all’indagine, in quanto componente rintracciabile facilmente, a cui segue stanzialità dell’individuo in caso di inserimento nel mercato del lavoro. Il livello territoriale su cui è stata effettuata questa prima analisi è quello provinciale. Il campione rappresentativo preso in considerazione è costituito dall’insieme di laureati e da coloro che hanno conseguito un diploma universitario, entrambi analizzati per specificità di indirizzo ed in alcuni casi anche per piano di studi20. 19 20 Tabella dati n° 1 dell’appendice statistica allegata. Con ciò si è inteso indagare le motivazioni dello spostamento formativo dovuto alla mancanza di facoltà universitarie specifiche o ad altri motivi (maggior possibilità di inserimento nel mondo lavorativo). 30 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Si è provveduto, dunque, all’estrazione delle province italiane del Mezzogiorno e alla suddivisione dei dati per genere e provenienza (provinciale, regionale o extraregionale). In questo modo, è stato possibile rappresentare i laureati ed i diplomati universitari per ogni provincia, suddivisi per sesso e per residenza, su tre livelli: • residenti in provincia; • residenti in regione; • residenti fuori regione. Considerando dapprima i laureati “residenti per provincia”, è risultato evidente che il numero di donne laureate supera i laureati maschi, per oltre il 90% delle province; le uniche province che si discostano sono Reggio Calabria (248 donne vs. 287 uomini) e Taranto (131 donne vs 145 uomini). Si evince, inoltre, che il numero dei laureati è direttamente proporzionale alla dimensione delle province considerate: i valori più alti, infatti, si riscontrano in ogni capoluogo di regione (Napoli, Bari, Palermo e Cagliari) tranne in Calabria, dove la provincia di Cosenza registra il valore più elevato. Spostando l’attenzione sui laureati residenti in regione, si conferma il trend che vede prevalere il numero di donne laureate, rispetto ai maschi; il fenomeno si conferma nell’80% delle Regioni. Inoltre, attraverso il rapporto tra il totale delle laureate residenti in regione e quelle residenti in provincia, si evince che gli Atenei con gli indici più elevati di laureate provenienti da altre province sono: Caserta (77,2%) per la Campania, Enna (97,6%) Catania (74,7%) e Palermo (75,1%) per la Sicilia, Oristano (61,3%) in Sardegna. Gli stessi risultati si riscontrano analizzando il fenomeno dal punto di vista maschile, ad eccezione delle province di Vibo Valentia ed Avellino, dove il campione non è rappresentativo21 e della provincia di Enna, dove al 56,1% degli uomini corrisponde il 97,6% delle donne. Passando ad analizzare il flusso di laureati per provincia residenti fuori regione, emerge che in quasi il 30% delle province il fenomeno della mobilità formativa è pressoché nullo. Segno questo di una bassa propensione allo spostamento tra le Regioni del Mezzogiorno. Il dato si riscontra soprattutto in Calabria e nelle isole, confortato dall’ipotesi del limite logistico. Inoltre, in Calabria ed in Sicilia, avviene uno scambio del tutto peculiare che vede prevalere, tra i laureati a Reggio Calabria, studenti residenti nella provincia di Messina e, viceversa, i laureati a Messina sono per la quasi totalità residenti in provincia di Reggio Calabria. 21 Rispettivamente contano solo 2 e 9 laureati. 31 Flussi di laureati meridionali all’interno del Mezzogiorno CAPITOLO 1 Flussi di laureati meridionali all’interno del Mezzogiorno Tabella 7 - Rapporto tra laureati residenti in regione e in provincia, in percentuale Anno 2004 Caserta Benevento Napoli Avellino Salerno Foggia Bari Taranto Brindisi Lecce Potenza Matera Cosenza Crotone Catanzaro Vibo Valentia Reggio di Calabria Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sassari Nuoro Oristano Cagliari % Maschi 72,76 49,65 33,90 75,00 43,60 11,85 32,40 10,34 7,69 45,85 27,68 20,00 55,13 20,00 43,46 100,00 21,95 12,00 68,03 13,96 30,00 15,79 56,10 72,79 18,18 18,75 30,07 12,50 70,59 37,69 % Femmine 77,19 29,32 40,73 33,33 56,99 10,33 35,15 7,63 20,83 49,85 15,57 12,50 48,00 24,14 30,22 50,00 19,76 8,79 75,12 23,58 33,33 28,57 97,62 74,69 46,43 15,00 31,93 14,29 61,29 38,92 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. Sul fronte dell’analisi di genere dei laureati, risulta ancora una volta che il numero delle donne supera prevalentemente quello dei maschi, tranne nelle province di Benevento, Taranto, Potenza, Reggio Calabria e Sassari. Infine, a differenza di quanto emerso dall’analisi sui laureati in provincia, per coloro che hanno conseguito una laurea fuori dal proprio ambito regionale non vale il principio in base al quale sono i capoluoghi di provincia ad avere il maggior numero di laureati. Se in Calabria, infatti, è la provincia di Reggio a registrare il numero dei laureati più alto (170), in Sicilia risulta essere Messina (1.583) e Sassari (67) in Sardegna. Segno questo che nel momento in cui ci si deve spostare per motivi di studio in un’altra regione del Mezzogiorno la numerosità della popolazione non ha nessuna influenza. 32 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 1.2.2 Flussi di diplomati universitari meridionali all’interno del Mezzogiorno Al flusso22 di mobilità per motivi di istruzione/formazione, all’interno del Mezzogiorno, dei laureati residenti nel Sud, si affianca il flusso dei diplomati universitari. Rispetto al numero dei laureati per provincia – in cui la componente femminile supera quella maschile per oltre il 90% delle province – per i diplomati universitari il trend si conferma nel 70% delle province considerate. In particolare, nelle province di Bari, Foggia, Lecce, Catania e Cagliari, il numero delle donne in possesso di diploma universitario è doppio rispetto al numero dei maschi, mentre a Caserta, Matera, Cosenza, Vibo Valentia, Palermo, Siracusa e Sassari la situazione si inverte. Ciò però non porta a concludere circa la maggiore stanzialità delle donne rispetto agli uomini, dal momento che in questa fase della ricerca il campione di riferimento include soltanto i laureati e non già il complesso degli iscritti che se analizzato potrebbe capovolgere il risultato. Secondo la graduatoria tra le province con il maggior numero di studenti con Diploma Universitario, Catania occupa il primo posto, seguono Bari e Messina che si posizionano rispettivamente al secondo e al terzo posto, nonostante il minor numero di residenti rispetto alle province in competizione. Per la Sicilia e per la Calabria, infine, il numero dei diplomati universitari è maggiore nelle province capoluogo. Ponendo l’attenzione sugli studenti residenti in regione e in possesso di diploma universitario, risulta che nel 50% delle province esaminate le donne superano numericamente i maschi. Come per i laureati, anche in questo caso si rileva una bassa propensione a spostarsi all’interno della propria regione per il conseguimento di un diploma universitario. Questo accade in ogni regione sia per gli uomini che per le donne. Tuttavia, volendo indicare le preferenze di mobilità verso una provincia della stessa regione, si evidenzia una certa fluidità in Puglia verso Bari e in Sicilia verso Catania. Per ciò che concerne, invece, il numero, in ciascuna provincia, dei diplomati universitari con residenza fuori regione, sono poche le province con valori tali da essere considerati significativi, anzi ve ne sono molte con valori nulli. Volendo, comunque, estrapolare una tendenza, seppure poco rilevante, si nota che in Campania, il valore più elevato si ha a Napoli, anche se rapportandolo alla cospicua densità numerica 22 Tabella dati n°1 dell’appendice statistica allegata. 33 CAPITOLO 1 Flussi di diplomati universitari meridionali all’interno del Mezzogiorno della stessa provincia non risulta essere un valore particolarmente indicativo23. In Puglia primeggia la provincia di Bari, ma non è da trascurare il valore relativo alla provincia di Foggia che beneficia della migliore posizione geografica in quanto confinante con due Regioni. Situazione completamente diversa dalle precedenti si riscontra nella provincia di Messina, in cui si registra il valore più alto di tutto il Mezzogiorno di diplomati universitari con residenza fuori regione, probabilmente a causa della posizione geografica e del valore nullo che il fenomeno indagato assume nella provincia di Reggio Calabria. 1.2.3 Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati nelle università del Centro-Nord Un ulteriore punto di focalizzazione della ricerca ha riguardato lo studio relativo alla mobilità degli studenti del Mezzogiorno verso le Università del Centro-Nord24. Anche in questo caso è stata indagata la mobilità formativa ed i dati presi in considerazione hanno riguardato tutte le Università25 centro – settentrionali da cui è stato estrapolato il numero di laureati o diplomati universitari, nell’anno 2004, con residenza nelle aree Obiettivo 1. Nella maggior parte delle province del Mezzogiorno (67% dei casi) si preferisce Roma, quale città nella quale conseguire una laurea; comunque, nella classifica generale ben il 90% del campione si concentra nella scelta di tre Università: Roma, Bologna e Milano. Spostando l’attenzione sul fronte delle Facoltà del Centro-Nord prescelte dai giovani del Mezzogiorno, prevalgono, nell’Ateneo romano, le Facoltà di Giurisprudenza e Medicina - Psicologia, rispettivamente per i maschi e per le femmine. A Bologna i maschi del Mezzogiorno preferiscono la facoltà di Ingegneria, mentre Economia è scelta indistintamente dai due sessi. Le Facoltà milanesi preferite sono, invece, Economia e Medicina. Il quarto posto della graduatoria è occupato dall’Università di Chieti, che annovera numerosi laureati provenienti da tutte le province della Campania e della Puglia (esclusa Lecce), ma anche da Vibo Valentia, Trapani e Palermo. 23 24 25 I diplomati universitari con residenza fuori regione sono 12 a Napoli e 6 a Salerno. Tabella dati n° 2 dell’appendice statistica allegata. Le Università considerate rappresentano il 95% di quelle presenti sul territorio nazionale. Sono state escluse quelle i cui valori sono risultati poco significativi ai fini della ricerca. 34 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Tabella 8 – Atenei - Facoltà preferite dagli studenti residenti nelle Regioni Obiettivo1 UNIVERSITA’ Roma MASCHI Giurisprudenza Bologna FEMMINE Medicina Psicologia Economia Ingegneria Economia Economia Medicina Medicina Milano Chieti Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati nelle università del Centro – Nord Economia Medicina Medicina Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR. La vicinanza geografica, invece, risulta essere un elemento determinante per la scelta degli studenti provenienti dalle province di Benevento e di Caserta che preferiscono rispettivamente le Università del Molise e di Cassino. Emerge, inoltre, un dato alquanto curioso relativo alla provincia di Agrigento che conta nel 2004 numerosi laureati presso l’Università di Pisa così come per Oristano i cui laureati sono concentrati prevalentemente presso l’Università di Torino. Il trend risulta essere però isolato all’anno 2004, poiché non trova conferma nel numero degli iscritti del 2005. D’altra parte volendo fare una classifica delle province dell’area Obiettivo 1, riguardo alla mobilità dei giovani per motivi di studio si vedono prevalere, nelle prime tre posizioni le province pugliesi di Foggia, con l’8,32% dei laureati in atenei centro-settentrionali, Lecce, con l’8,06% e Bari, con il 7,43%. Tabella 9 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di laureati in Atenei centrosettentrionali (in %) PROVINCE Foggia Lecce Bari Napoli Cosenza Taranto Salerno Potenza Catanzaro Caserta TOTALE 8,32 8,06 7,43 7,30 6,03 5,50 4,65 4,36 4,24 3,96 MASCHI 3,51 4,20 3,83 3,58 2,53 2,69 2,27 1,92 1,95 1,86 FEMMINE 4,81 3,86 3,60 3,72 3,50 2,81 2,38 2,44 2,29 2,10 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2004. Infine, un altro dato di particolare interesse mette in luce che vi sono delle province in cui il numero dei laureati e diplomati universitari che hanno frequentato una Università presente nella propria provincia, o 35 CAPITOLO 1 Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati nelle università del Centro – Nord nella propria regione o ancora all’interno del Mezzogiorno, è inferiore al numero dei laureati e diplomati universitari formati presso le Università del Centro - Nord. Ad esempio, nelle province di Avellino, Matera, Crotone, Vibo Valentia e Siracusa ciò succede rispetto alla città di Roma; mentre nelle province di Brindisi e Ragusa rispetto alla città di Milano e nella provincia di Agrigento rispetto alla città di Pisa. Nel complesso tale fenomeno, che è indice di buona propensione alla mobilità per motivo di studio di molte province del Mezzogiorno, è valido per circa il 70% delle province. Il restante 30% è rappresentato dalle province più grandi e importanti come Napoli, Bari, Palermo che si distinguono per la capacità di limitare i processi di desertificazione presenti nelle aree interne, in quanto città in grado di erogare un’offerta formativa qualificata. 1.2.4 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia Accanto all’analisi sulla mobilità dei giovani italiani, laureati e diplomati universitari in Italia, la ricerca ha previsto una ulteriore indagine sulla mobilità straniera all’interno del nostro Paese per motivi di studio26. Il doppio approccio dell’analisi ha considerato, da un lato le Università italiane di destinazione e, dall’altro, gli Stati di provenienza degli studenti stranieri. In particolare, sono state considerate 47 Università italiane e 131 Stati stranieri, con 1.440 laureati e diplomati universitari uomini e 2.257 donne. Il campione è stato selezionato escludendo le Università (quali ad esempio quelle della Basilicata, del Sannio, di Messina etc.) e successivamente gli Stati (come l’Afghanistan, l’Algeria, l’Angola, etc.) in cui il numero dei laureati in Italia risultava essere del tutto irrilevante. Pertanto, il campione di riferimento è risultato composto da 35 Università e 56 Stati stranieri con 1.324 laureati e diplomati universitari uomini e 2.089 donne. L’aver operato una sintesi campionaria ha reso possibile una notevole semplificazione della lettura dei dati con la minima perdita di informazioni ed una accresciuta capacità interpretativa. Lo scenario dei flussi migratori distinto per continenti è formato prevalentemente dalla componente femminile che supera nella totalità dei casi il 50% delle presenze. I Paesi europei (circa 71%) risultano essere quelli di maggiore provenienza dei flussi studenteschi; segue al terzo posto il continente asiatico (11%). 26 36 Cfr. appendice statistica. LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Tabella 10 - Laureati e Diplomati Universitari stranieri nelle Università italiane per continente di provenienza. Anno 2004 Paese di provenienza Unione Europea Altri Paesi Europei Asia Africa Sud America Nord America Oceania % 38,1 33,0 11,0 9,0 6,9 1,8 0,2 di cui donne (%) 61,6 66,1 53,5 50,0 65,3 63,5 50,0 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR. Sinteticamente, i Paesi da cui provengono i maggiori flussi migratori per motivi di studio verso le Università italiane sono, nell’ordine, la Grecia, l’Albania e la Germania e le Università preferite quelle di Milano, Bologna e Roma. In particolare, la Grecia conta 633 laureati e diplomati universitari presso le Università italiane. L’Albania conta 346 diplomati o laureati, pari quasi alla metà di quelli provenienti dalla Grecia. Al terzo posto si posiziona la Germania (189), al quarto la Svizzera (142) ed al quinto Israele (141). È da sottolineare, a tal proposito, l’influenza su tali risultati del fattore relativo alla vicinanza geografica. Non è un caso, dunque, se i valori con una certa rilevanza si registrano solo nei Paesi dell’Unione Europea, ad eccezione del Camerun i cui laureati (112) sono presenti in ogni Università italiana. Diversa è la situazione degli italiani residenti all’estero che ritornano in Italia per motivi di studio: ammonta a 197 il numero di laureati presso le Università di Bologna, Torino e Milano. I Greci, invece, preferiscono gli Atenei di Napoli, Bologna e Roma; gli Albanesi: Bologna, Roma e Milano; i Tedeschi: Bolzano, Roma e Padova; gli Svizzeri: Milano, Padova e Roma; gli Israeliani, Roma, Milano e Bologna. Modificando la prospettiva di indagine e spostando l’attenzione sulle Università italiane con più laureati stranieri, si nota come gli Atenei preferiti siano quelli della Lombardia (706 laureati e diplomati universitari stranieri), dell’Emilia Romagna (550) e del Lazio (484); al Veneto (456) ed alla Toscana (287) spettano rispettivamente il quarto e il quinto posto. Nella classifica provinciale, invece, Roma occupa il secondo posto tra Milano e Bologna. Padova è la quarta provincia preferita dagli studenti stranieri, seguita da Torino; peculiare il decimo posto occupato dalla città di Bari (con 85 laureati e diplomati universitari stranieri), nonostante la vicinanza alla Grecia (che conta 50 laureati e diplomati universitari in Italia). 37 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia CAPITOLO 1 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia Tabella 11 - Sedi universitarie italiane preferite dagli studenti stranieri Anno 2004 Posizione in graduatoria 1 2 3 4 5 Regione Lombardia Emilia Romagna Lazio Veneto Toscana Università Milano, Bergamo, Brescia, Insubria Bologna, Ferrara, Modena, Parma Roma, Tuscia Padova, Verona, Venezia Firenze, Pisa Siena Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR. La preferenza da parte degli studenti stranieri a favore delle Università del Nord è indice, con molta probabilità, di un approccio lungimirante volto a considerare l’accessibilità in termini occupazionali nel mondo del lavoro in una fase successiva al conseguimento del titolo di studio, oltre a lasciare emergere la probabile esistenza di maggiori strutture di accoglienza e l’apertura del sistema formativo verso le Università di Paesi diversi. 1.2.5 Flussi di iscritti L’analisi sulla mobilità interna dei giovani laureati e diplomati universitari del Mezzogiorno d’Italia nell’anno 2004 si va ad incrociare con l’indagine relativa ai flussi di studenti iscritti presso le Università italiane nel 200527. Come è accaduto per i laureati nel 2004, nell’83% circa delle province del Mezzogiorno le iscrizioni universitarie del 2005 si sono concentrate verso le Università romane, che per il restante 17% del campione rappresentano il secondo posto tra gli Atenei prescelti dai nuovi iscritti del Sud. Bisogna sottolineare, inoltre, che considerando i flussi di iscrizioni le preferenze della quasi totalità delle province del Mezzogiorno (93%) si concentrano sulle città di Roma, Bologna e Milano. Nella fattispecie, rappresentano delle eccezioni alla regola le province di: Foggia, dove i giovani preferiscono spostarsi verso la vicina città di Chieti; Benevento, i cui studenti hanno preferito iscriversi per lo più presso l’Università del Molise; Caserta, dove la maggior parte dei nuovi iscritti universitari si sposta verso Cassino. Dal confronto tra i dati scaturiti dall’analisi dei giovani laureati del Mezzogiorno nelle Università del Centro-Nord e quelli dei giovani iscritti, è possibile dunque affermare che esiste una sostanziale corrispondenza, facendo eccezione per la già citata provincia di Agrigento dove al con27 38 Cfr. appendice statistica. LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 sistente flusso di laureati nel 2004 presso l’Università di Pisa non corrisponde il flusso di iscritti nel 2005 che si orienta verso gli Atenei universitari romani. Un’altra importante corrispondenza tra laureati ed iscritti (peraltro a conferma di un trend consolidato) si riscontra nella scelta fatta dagli studenti di tutte le province sia della Campania che della Puglia orientatisi verso l’Università di Chieti. Anche sul fronte delle iscrizioni la vicinanza geografica influisce significativamente sulla scelta dei giovani residenti nella provincia di Benevento, che si iscrivono prevalentemente presso l’Università del Molise e nella provincia di Caserta, che scelgono di iscriversi nell’Università di Cassino. Analizzando i flussi degli iscritti nelle Università del Centro-Nord, secondo la provincia di provenienza, tra i primi sette posti per mobilità di iscrizione ben quattro sono occupati da province pugliesi. In particolare, sul totale dei giovani del Mezzogiorno che lasciano la propria provincia d’appartenenza per studiare nelle Università del Centro-Nord, l’8,5% proviene da Foggia, il 7,7% da Lecce, il 5,4% da Bari ed il 5,1% da Taranto. Tabella 12 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centrosettentrionali (in %) PROVINCE Foggia Lecce Cosenza Potenza Bari Salerno Taranto Catanzaro Napoli Reggio Calabria TOTALE 8,5 7,7 6,8 5,5 5,4 5,1 5,1 4,7 4,2 4,1 MASCHI 3,7 3,9 3,0 2,4 2,6 2,3 2,4 2,2 2,3 1,9 FEMMINE 4,7 3,8 3,8 3,1 2,8 2,8 2,7 2,5 1,9 2,2 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2005. Un dato degno di nota è la totale assenza, nei primi posti della classifica, delle province delle isole che occupano le ultime posizioni nella classifica elaborata. Tale fenomeno potrebbe essere determinato sia da problemi logistici legati ad elevati costi di trasferimento (eccessiva distanza tra le province e le Università), che dalla presenza di una offerta formativa molto soddisfacente delle Università locali. Approfondendo l’aspetto della mobilità in termini di nuove iscrizioni universitarie a livello regionale risulta, dunque, come anticipato a livello provinciale, che tra le Regioni Obiettivo 1, la Puglia è quella che raggiunge la percentuale più alta di giovani emigrati nelle Regioni del Centro-Nord per motivi di studio. 39 Flussi di iscritti CAPITOLO 1 Flussi di iscritti Seguono la Calabria e la Campania (anche se confrontando la media delle province risulterebbe al secondo posto la Basilicata.) La Sicilia, invece, con una percentuale pari a 16,9%, occupa il quarto posto; tuttavia tale valore è condizionato dalla numerosità delle province siciliane; infatti, se si considera la media delle province o il valore singolo di ogni provincia facente parte della regione, il dato che ne scaturisce risulta poco significativo; in tal caso si collocherebbe al penultimo posto, superata dalla Basilicata e poco lontana dalla Sardegna. Tabella 13 - Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali (in %) REGIONE Puglia Calabria Campania Sicilia Basilicata Sardegna % 30,4 19,3 18,3 16,9 8,4 7,2 Media provinciale 6,1 3,9 3,6 1,9 4,2 1,8 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2005 1.2.6 Relazione tra laureati maschi e femmine residenti nelle aree Obiettivo 1 L’approfondimento statistico28 sul flusso di studenti29 del Mezzogiorno che si recano nelle Università del Centro-Nord per conseguire una Laurea o un Diploma Universitario intende mettere in luce l’esistenza di una eventuale associazione tra le due variabili maschile e femminile. • Dal valore del coefficiente di correlazione lineare calcolato si evince che tra le due variabili (maschile e femminile) esiste una rilevante relazione lineare positiva30, elemento alquanto prevedibile dal momento che, come precedentemente evidenziato, la preferenza per talune Università del Centro-Nord da parte degli studenti del Mezzogiorno, non è riconducibile alla variabile sesso31. 28 Programma statistico utilizzato SPSS 14.0, indice di correlazione di Pearson e regressione lineare. 29 Tabella dati n°6 dell’appendice statistica allegata. 30 Coefficiente di correlazione lineare: r (x,y) = cov (X,Y)/ √(S2 S2 ) = 0,951 (momenti cenx y trali) ; r (x,y) = (mxy - mx my) / [√(m2x - m21x) √(m2y - m21y)] = 0,951 (momenti all’origine). 31 Il diagramma scatter (o diagramma a dispersione), quale rappresentazione grafica particolarmente efficace, evidenzia eventuali legami esistenti tra coppie di variabili. 40 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 • Anche graficamente è emersa una chiara relazione lineare, con pendenza positiva, tra le due variabili prese in considerazione. In altri termini all’aumentare della componente maschile corrisponde un rispettivo aumento della componente femminile. Si è proceduto, poi, allo studio di un modello di regressione lineare32 che ha evidenziato un buon legame tra le variabili maschio e femmina prese in considerazione, confermando la bontà dei risultati ottenuti in precedenza. Figura 5 - Retta di Regressione laureati maschi (X) e femmine (Y) Fonte: Elaborazione ISFOL su dati Ufficio statistica MIUR - 2006. 32 La regressione formalizza il problema di una relazione funzionale della misurazione tra variabili, sulla base di dati campionari estratti da un’ipotetica popolazione infinita. Originariamente Galton utilizzava il termine come sinonimo di correlazione, tuttavia oggi in statistica l’analisi della regressione è associata alla risoluzione del modello lineare. Più formalmente, in statistica la regressione lineare rappresenta un metodo di stima del valore atteso condizionato di una variabile dipendente, o endogena, dati i valori di altre variabili indipendenti, o esogene. I risultati ottenuti sono: Dev (x) = 1.447.141,2; Codev (x,y) = 2.044.589; stime dei coefficienti di regressione : ß1 = Codev (x,y) / Dev (x) = 1,413 ; ß2 = ym - ß1 xm = - 122,259; l’equazione della retta di regressione stimata per spiegare il fenomeno è: Y = -122,259 + 1,413 X. 41 Relazione tra laureati maschi e femmine residenti nelle aree Obiettivo 1 CAPITOLO 1 1.2.7 Università preferite e tempo medio per laurearsi Ritornando ad analizzare il flusso dei giovani studenti dalle aree Obiettivo 1 alle Regioni centro-settentrionali, si è voluto individuare il tempo medio impiegato per conseguire la laurea in relazione anche all’incidenza economica sulle famiglie. A tal proposito sono state considerate le aree di provenienza dei giovani, nello specifico solo le province del Mezzogiorno dove è risultata significativa la mobilità verso il Centro-Nord e come aree di destinazione, invece, sono state prese in considerazione le tre città universitarie che nel corso di indagine sono risultate le preferite33: • Milano; • Bologna; • Roma. Per ciascuna di esse sono stati valutati i dati riguardanti le facoltà maggiormente frequentate34: • Per Bologna, le Facoltà di Economia ed Ingegneria; • Per Milano, la distinzione tra il corso di laurea triennale e quadriennale dell’Università Bocconi e le Facoltà di Medicina ed Economia dell’Università Cattolica; • Per Roma, le Facoltà di Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia. Università di Bologna: tempi di conseguimento della laurea e ingresso nel mondo dal lavoro Relativamente all’Università di Bologna sono stati considerati i dati riguardanti i laureati presso le Facoltà di Economia ed Ingegneria, confrontando i tempi di laurea dei residenti nella provincia con quelli degli studenti provenienti dalle province del Sud Italia. Dall’analisi dei laureati in Economia provenienti dalle aree Obiettivo 1, il tempo medio per laurearsi è risultato simile e in molti casi inferiore al tempo impiegato dagli studenti residenti nella provincia di Bologna. Dall’analisi di genere emerge che gli studenti maschi provenienti dalla provincia di Napoli, iscritti alla Facoltà di Economia, impiegano il minor tempo (3,6 anni) per conseguire la laurea, rispetto agli altri studenti provenienti dal Mezzogiorno, di contro le studentesse napoletane impiegano più tempo (6 anni). 33 34 Cfr. appendice statistica. Per mancanza di dati non è stato possibile inserire nello studio sia le facoltà di Economia e di Medicina della Bocconi, che la facoltà di Psicologia e la media degli anni impiegati per conseguire la laurea negli Atenei romani. 42 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 La stessa analisi, rivolta ai laureati in Ingegneria per ripartizione geografica, mette in luce un tempo di laurea per il campione femminile non inferiore ad una media di 6 anni (per le donne provenienti dalle province di Caserta, Catanzaro, Lecce), mentre gli studenti maschi riescono a conseguire la laurea in Ingegneria in un tempo medio di 5 anni (è il caso dei giovani provenienti dalla provincia di Salerno). Tabella 14 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università di Bologna. Per sesso, provincia di provenienza e facoltà. Anno 2004 Province di provenienza Bologna Foggia Lecce Bari Napoli Cosenza Taranto Salerno Potenza Catanzaro Caserta Economia M 5,06 4,57 4,76 4,39 3,56 5,08 5,06 3,85 5,06 4,43 5,00 F 4,91 5,04 4,32 4,67 6,00 5,31 5,27 4,33 5,69 4,67 3,60 Ingegneria M 6,65 7,73 5,55 6,11 n.d. 6,76 7,64 5,00 5,35 6,75 6,75 F 6,25 6,63 6,00 7,25 n.d. 10,00 7,00 11,50 n.d. 6,00 6,00 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. Analizzando il tempo medio che i laureati in Ingegneria ed Economia impiegano per entrare nel mercato del lavoro, le elaborazioni sono state effettuate per la facoltà di Ingegneria su 5 sedi universitarie e per la facoltà di Economia su 6 sedi universitarie, per gli anni 2004 e 2005. L’elaborazione dei dati sottolinea la diversa capacità di cooptare laureati da parte degli indotti economici del Nord e del Sud di Italia. Infatti, la lettura in chiave percentuale dei dati, evidenzia che gli studenti che hanno conseguito la laurea presso l’Università di Bologna, entrano nel mondo del lavoro prima degli studenti che hanno conseguito la laurea presso gli atenei del Mezzogiorno. Le percentuali di ingresso dei laureati nella struttura occupazionale, ad un anno dal conseguimento del titolo accademico, sono per l’Università di Bologna pari al 83% dei laureati di Ingegneria e al 65% dei laureati in Economia. Tali valori percentuali vengono raggiunti dai laureati che conseguono il titolo accademico presso gli atenei del Sud, solo dopo ben tre anni dal conseguimento della laurea. 43 Università preferite e tempo medio per laurearsi CAPITOLO 1 Università preferite e tempo medio per laurearsi Tabella 15 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale Per sede universitaria e tempo di inserimento - Anno 2004 Facoltà di Ingegneria Università di: Bologna Catania Messina Salerno Basilicata Università di: Bologna Catania Messina Salerno Sassari Bari Facoltà di Ingegneria 1 anno 3 anni 83,00 89,50 76,40 90,50 33,30 85,70 67,20 == 50,00 == Facoltà di Economia 1 anno 3 anni 65,20 83,80 42,20 68,40 43,30 56,40 38,20 == 52,10 72,90 39,70 == 5 anni 98,40 94,90 94,10 == == 5 anni 94,50 89,70 83,90 == == == Fonte: Almalaurea. Tabella 16 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale Per sede universitaria e tempo di inserimento - Anno 2005 Università di: Bologna Catania Messina Salerno Basilicata Università di: Bologna Catania Messina Salerno Sassari Bari Facoltà di Ingegneria 1 anno 3 anni 80,60 91,70 62,60 92,20 55,60 73,90 66,00 == 80,00 == Facoltà di Economia 1 anno 3 anni 61,70 82,70 45,40 69,60 47,20 61,50 34,40 == 45,00 66,70 48,50 66,20 5 anni 96,30 91,40 92,30 == == 5 anni 94,00 87,30 79,70 == == == Fonte: Almalaurea. Tempo impiegato per laurearsi nelle Università Bocconi e Cattolica di Milano L’analisi dei dati effettuata sugli studenti delle Università di Bologna, è stata elaborata con gli stessi criteri metodologici sugli studenti della Bocconi e della Cattolica di Milano. Come già detto in precedenza, per la non disponibilità dei dati, per la Bocconi è stata effettuata la ripartizione tra il corso di laurea triennale e quadriennale, a differenza della seconda, dove la ripartizione è stata effettuata tra la Facoltà di Medicina ed Economia. 44 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dall’elaborazione emergono indicatori simili a quelli ottenuti presso le Università di Bologna: gli studenti provenienti dalle Regioni Obiettivo 1, impiegano un tempo medio per laurearsi simile ed in molti casi inferiore a quello dei giovani residenti. I valori riscontrati presso l’Università Bocconi tra le studentesse di Caserta e Cosenza (4,8 anni), che rappresentano le unità di analisi con il tempo medio più basso per laurearsi, confermano tale tendenza. Anche per l’Università Cattolica di Milano, sia per la Facoltà di Medicina che per quella di Economia, sono gli studenti provenienti dalle province delle aree Obiettivo 1 a laurearsi in tempi ridotti. In particolare le studentesse in Economia ed in Medicina residenti a Catanzaro, Taranto e Cosenza, per laurearsi impiegano in media quattro anni. Dai procedimenti elaborati sui dati dell’Università di Bologna e di Milano, è possibile formulare delle ipotesi per spiegare il minore tempo impiegato per laurearsi da parte dei giovani del Mezzogiorno. Significativa potrebbe essere la presa di coscienza degli studenti circa la loro incidenza economica sul reddito delle famiglie di origine. Tale fenomeno potrebbe indurre gli studenti a frequentare i corsi universitari con più responsabilità e dedizione, requisiti necessari per portare a termine il percorso universitario in tempi brevi. Tabella 17 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Bocconi Per sesso e provincia di provenienza. Anno 2004 Province di provenienza Milano Foggia Lecce Bari Napoli Cosenza Taranto Salerno Potenza Catanzaro Caserta Percorso “TRIENNALE” M F 3,13 3,12 3,10 3,00 3,00 3,00 3,00 3,35 3,00 3,00 3,00 3,00 3,00 3,00 3,46 3,00 3,50 3,20 3,00 3,00 3,00 3,00 Percorso “QUADRIENNALE” M F 6,28 5,92 5,45 5,65 6,52 5,06 6,11 5,51 5,70 4,86 6,33 4,83 5,66 5,09 6,10 6,57 5,35 6,83 6,11 5,36 6,32 4,83 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. 45 Università preferite e tempo medio per laurearsi CAPITOLO 1 Università preferite e tempo medio per laurearsi Tabella 18 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica di Milano Province di provenienza Milano Foggia Lecce Bari Napoli Cosenza Taranto Salerno Potenza Catanzaro Caserta Corso di laurea M F 6,36 6,02 5,50 5,50 4,33 4,50 6,00 6,33 == == 5,50 7,00 4,50 4,00 == == 5,66 == == 4,00 == == Percorso normale Diploma Universitario M F 4,57 4,03 == == == 3,00 == 4,00 8,00 == == 3,00 == == == == == == == == == == Laurea I° livello M F 4,13 == == == 3,00 == == == == 3,00 == 3,00 == == == 3,00 == == == 5,00 == Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. Tabella 19 – Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica di Milano Province di provenienza Milano Foggia Lecce Bari Napoli Cosenza Taranto Salerno Potenza Catanzaro Caserta Corso di laurea M F == == 7,00 5,33 == 8,00 4,00 == == == 9,00 4,00 8,50 4,00 4,00 5,50 == == == 6,50 7,00 == Percorso normale Diploma Universitario M F == == == 3,00 == == == 3,00 == == == == == 3,00 == 3,00 == 3,00 == == == == Laurea I° livello M F 3,00 == == == 3,00 == == == == == == == == == == 3,00 == == == == == Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. Tempo di inserimento nel mondo lavorativo: Università di Roma Per Roma, che si ricorda essere, insieme con le città di Bologna e Milano, una delle città preferite dai ragazzi sia per iscriversi che per conseguire una laurea, l’indagine ha inteso valutare il tempo di inserimento nel mondo lavorativo dopo aver conseguito una Laurea proprio in uno degli atenei della città. Le tabelle che seguono mettono in luce il fenomeno indagato per le facoltà di Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia. Dai dati è evidente la facilità di impiego dei giovani laureati, nelle due facoltà considerate, presso le Università della città di Roma rispet46 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 to ai colleghi che hanno studiato negli atenei delle Regioni Obiettivo 1. Ciò vale sia per i dati pre-riforma che per quelli post-riforma, in cui sono evidenti le differenze e le difficoltà d’inserimento nel mondo lavorativo soprattutto nel breve periodo, cioè fino a tre anni dal conseguimento della Laurea. Tabella 20 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale Per sede universitaria e tempo di inserimento. Anno 2005 Università di: Roma TRE Roma LUMSA Salerno Foggia Bari Catanzaro Reggio Calabria Messina Catania Sassari Facoltà di Giurisprudenza pre – riforma 1 anno 3 anni 23,80 == 36,70 80,00 13,90 == 20,60 39,70 20,40 43,90 19,00 62,10 25,00 == 20,80 36,40 13,80 50,90 18,80 50,60 5 anni == 71,40 == 73,20 == == == 80,70 76,30 == Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. Tabella 21 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale Per sede universitaria e tempo di inserimento. Anno 2004 Università di: Roma LUMSA Bari Catanzaro Reggio Calabria Messina Catania Università di: Roma La Sapienza Catanzaro Messina Facoltà di Giurisprudenza post - riforma 1 anno 3 anni 52,40 == 14,30 == 16,70 == == == 28,60 == == == Facoltà di Medicina e Chirurgia post - riforma 1 anno 3 anni 89,40 == 27,30 == 42,90 == 5 anni == == == == == == 5 anni == == == Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. 1.2.8 Sintesi delle caratteristiche della mobilità formativa in Italia Le analisi fin qui condotte evidenziano che la mobilità formativa è sostanzialmente determinata dalla qualità delle Università di destinazione che esercitano una vera e propria attrazione per i giovani studenti del Sud. 47 Università preferite e tempo medio per laurearsi CAPITOLO 1 Sintesi delle caratteristiche della mobilità formativa in Italia Nel contempo tale mobilità può essere considerata un’anticamera della mobilità lavorativa. Infatti, dalle valutazioni effettuate si nota che l’ingresso nel mondo del lavoro è facilitato in quei contesti in cui l’offerta lavorativa risulta essere meglio collegata all’offerta formativa. In particolar modo si è verificato che nelle province che sono poli di attrazione formativa (Roma, Milano e Bologna) si abbreviano i tempi di inserimento nel mondo lavorativo dopo aver conseguito una laurea. In tal modo tali aree da poli di attrazione formativa potranno trasformarsi in poli di stanzialità, in cui i giovani dopo essersi formati restano per lavorare. Per confermare quanto fin qui assunto l’analisi è proseguita effettuando un’indagine CATI sui giovani in età lavorativa (18-33 anni). In questo modo si è cercato di mettere in luce se le province considerate oggi poli di attrazione, grazie alla presenza di Università ritenute di prestigio, siano da annoverarsi anche come province in cui l’offerta lavorativa, soprattutto ad alta scolarizzazione, supporta l’offerta formativa. 1.3 Indagine sugli atteggiamenti dei giovani italiani nei confronti della mobilità 1.3.1 Obiettivi e modalità di indagine L’obiettivo dell’indagine è condurre alla descrizione dell’atteggiamento dei giovani italiani verso la mobilità per motivi formativi e di lavoro fuori dai confini regionali, nonché descriverne la percezione nei confronti della provincia di residenza in termini di opportunità formazione/lavoro. La metodologia utilizzata è l’indagine quantitativa C.A.T.I. (Computer Aided Telephone Interviewing)35. Target di riferimento è la popolazione italiana di età compresa tra i 18 ed i 33 anni (circa 12.870.000 al censimento 2001). Il questionario è stato condiviso con il Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento, che da tempo indaga sull’atteggiamento dei giovani nei confronti della mobilità. Il campione utilizzato è di 1.600 unità con sovra – campionamento su 10 province del Sud – Isole: Cagliari, Cosenza, Catanzaro, Foggia, Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Salerno. Il campio35 Condotta per l’ISFOL di Benevento tra il 3 luglio 2006 ed il 19 luglio 2006 dalle società Synergy Knowledge People S.r.l. e Tendentia S.r.l.. 48 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 ne è stato realizzato per quote proporzionali rispetto alla popolazione di riferimento secondo: • fascia di età; • sesso; • area geografica d’appartenenza. Per ottimizzare la rappresentatività, i comuni dai quali estrarre i numeri di telefono delle persone da intervistare sono stati stratificati considerando: • regione d’appartenenza; • numerosità della popolazione residente (tutti i capoluoghi di provincia); • percentuale di popolazione residente con meno di 33 anni. In totale sono stati scelti 248 comuni campione (punti campione), per ognuno dei quali i numeri telefonici sono stati estratti in modo casuale dagli archivi telefonici informatizzati dei comuni stessi e in numerosità proporzionale rispetto alla popolazione residente nello strato rappresentato. Per condurre le 1.600 interviste sono stati effettuati 60.191 contatti telefonici su 30.514 numeri distinti. 1.3.2 Risultati generali Questi tre segmenti individuati: • No Mobilità; il 90% del campione dichiara di essere residente nella stessa regione di origine; • In Mobilità; l’8% sono giovani italiani che vivono in una regione differente dalla propria di origine; • Stranieri; il restante 2% che si sono trasferiti in Italia. Il 60% dei giovani “In Mobilità” sono originari del Sud – Isole (S-I), di cui: • il principale flusso di migrazione è verso il Nord – Ovest (NO=42%); • il 65% è originario di piccoli comuni (con meno di 20.000 abitanti) ed il flusso principale di spostamento si muove verso comuni più grandi; • tra le 10 province del Sud – Isole in analisi, Cagliari è quella che registra la più alta percentuale di giovani in mobilità (14%). Il 65% dei giovani “Stranieri” è rappresentato da donne, di cui: • hanno un’età compresa tra i 28 ed i 33 anni (67% vs. 43%); • sono coniugati in misura superiore alla media (28% vs. 16%); 49 Obiettivi e modalità di indagine CAPITOLO 1 • il 38% vive al Centro e il 35% al Nord – Ovest; • prediligono i piccoli comuni (il 66% vive in comuni con meno di 20.000 abitanti). Risultati generali Il 96% è soddisfatto dell’esperienza di mobilità, di cui: • il 77% lo considera uno spostamento definitivo, questo valore sale al 93% se si considerano i soli Stranieri; • i 3/4 dei giovani che sono al di fuori della propria regione di origine si sono trasferiti da più di 5 anni; • la maggioranza del campione sostiene di non essere intenzionata a ritornare nella propria regione d’origine. Solo il 31% degli “Stranieri” dichiara di essere disposto a ritornare nel proprio paese natale (gran parte per motivi familiari). Il 45% si trova fuori della propria regione per motivi familiari, di cui: • la seconda motivazione è per un contratto di lavoro a tempo indeterminato (20%), questo è il principale motivo di trasferimento per gli “Stranieri” (40%); • il principale motivo di rientro è di tipo familiare (30%); • il 10% fornisce come motivazione di ritorno “perché amo la mia regione”. Il 57% degli intervistati ha un diploma di scuola superiore, di cui: • il 15% è universitario ed il 16% è laureato, non emergono significative differenze tra i tre segmenti; • il 22% dichiara di laurearsi o essersi laureato fuori della propria regione (il 62% se si osservano i soli giovani “In Mobilità”, questo dato, osservato congiuntamente con l’anzianità dello spostamento, porta a dire che spesso il trasferimento ha inizio al momento della scelta universitaria); • tra i motivi che portano a laurearsi troviamo: “maggiori prospettive di carriera” (34%), “apre la strada a lavori di interesse” (30%) e “per cultura/piacere” (28%); • ci si trasferisce per frequentare Università ritenute di prestigio (22%) e per l’assenza di specifiche facoltà all’interno della propria regione (20%); • la distribuzione del titolo di studio dei genitori degli intervistati è molto simile per padri e madri: circa il 13% ha un diploma di scuola elementare, circa il 33% ha un diploma di scuola media inferiore, circa il 38% ha un diploma di scuola media superiore, circa il 10% è laureato. 50 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Il 77% ritiene che il lavoro rispetta le proprie aspettative, di cui: • il 74% dichiara ripeterebbe il percorso formativo effettuato; • il 61% ritiene che l’attività lavorativa sia coerente con il proprio titolo di studio (66% per i residenti del Nord – Ovest); • il 35% degli intervistati sono studenti, tra gli “Stranieri” sono più presenti le seguenti categorie: operaio (30%), casalinga (20%) e disoccupato (12%); • la maggioranza dei giovani (51%) ha trovato lavoro grazie ad amicizie/contatti personali (96% per gli stranieri, 57% per il Sud e Isole, 69% per i giovani tra 18 – 22 anni), il 5% ha richiesto una intermediazione politica, il 18% lavora perché ha risposto ad annunci e solo il 5% grazie ai centri per l’impiego; • circa un padre su 3 degli intervistati è pensionato, artigiani e professioni simili per il 22% circa dei padri degli “Stranieri”, il 41% delle mamme del campione è casalinga, il 31% delle mamme degli “Stranieri” è operaio, agricoltore o artigiano. Il 75% è soddisfatto dell’offerta formativa della propria provincia di residenza, di cui: • le persone in mobilità, sia italiani che “Stranieri”, sono più soddisfatte delle persone che risiedono nella propria regione d’origine; • i giovani residenti nel Sud – Isole sono meno soddisfatti del resto del campione (36% di insoddisfatti vs. 25% a totale campione); • le strutture formative sono il principale motivo di soddisfazione (39%) e il principale motivo di insoddisfazione (36%); • secondo il 71% dei giovani l’offerta formativa rispecchia la vocazione del territorio provinciale, più sicuri di questa affermazione sono i giovani “In Mobilità” (88%), il 38% dei giovani del S – I forniscono risposte negative (vs. 29% totale campione); • il 50% degli intervistati si dichiara soddisfatto delle strutture/servizi di orientamento, formazione e lavoro presenti nella provincia di residenza, i giovani “In Mobilità” contribuiscono in maniera positiva alla soddisfazione (68% si considera soddisfatto); • solo il 29% dei residenti nel meridione si dichiara soddisfatto di questo particolare aspetto della propria provincia. Il 43% è soddisfatto dell’offerta lavorativa della propria provincia di residenza, di cui: • i giovani “In Mobilità” e gli “Stranieri” sono più soddisfatti del resto del campione (54%); • l’86% dei residenti nel S – I si dichiara insoddisfatto, contrariamente, il 70% dei residenti nel N – O è soddisfatto, le casalinghe e i disoccupati sono molto meno soddisfatti (40% per nulla soddisfatto) delle restanti categorie professionali; 51 Risultati generali CAPITOLO 1 • motivo di soddisfazione (52%), ma al tempo stesso motivo di insoddisfazione (61%) è la tipologia e la quantità di offerta lavorativa della provincia; • per il 62% dei giovani intervistati (78% per i giovani residenti nel S – I) nella propria provincia di appartenenza esistono potenzialità inespresse, primo fra tutti il turismo (45%, 59% nel caso di residenti nel S – I), per gli “Stranieri” l’industria è la potenzialità da sviluppare con priorità. Risultati generali 1.3.3 Segmentazione della popolazione Al fine di dare una lettura più completa del fenomeno i risultati di dettaglio vengono presentati per totale campione ed esperienza: il totale campione, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti viene indicato come “Totale”; i giovani che (attualmente) risiedono nella propria regione d’origine, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti vengono indicati come “No Mobilità”; i giovani che (attualmente) risiedono fuori della propria regione d’origine, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti vengono indicati come “In Mobilità”; i giovani provenienti dall’estero, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti vengono indicati come “Stranieri”. Successivamente verrà presentata la segmentazione dei giovani in base allo stile di vita economico – culturale. Inoltre bisogna sottolineare che in tale indagine con il termine “residenza” si intenderà non la residenza legale, ma la regione dove attualmente si dichiara di trascorrere la maggior parte del tempo. Al fine di offrire una descrizione più approfondita dei giovani, del loro rapporto con la mobilità e della loro percezione della provincia di residenza è stato possibile effettuare una segmentazione degli intervistati basandosi sullo stile di vita economico – culturale. I differenti gruppi rilevati presentano esperienze, motivazione ed esigenze diverse nei confronti della mobilità; la descrizione delle caratteristiche di ogni segmento fornisce informazioni utili alla comprensione dei giovani, del loro rapporto con la mobilità e con la provincia di appartenenza. Per l’analisi viene presentata: 1. spiegazione degli Assi della mappa su cui vengono rappresentati i gruppi; 2. posizione dei gruppi nella mappa ad assi ortogonali; 3. profilo dei residenti: consistenza, vissuto verso la mobilità, percezione verso la provincia di residenza e profilo socio – demografico. Di seguito si riportano i grafici che sintetizzano i risultati. 52 Elevato Elevato livello livello econ-culturale: econ-culturale: Giovani Giovani laureati laureati oo più più con con mestieri mestieri di di alto alto profilo profilo (avvocato, (avvocato, medico, medico, ecc) ecc) vs vs Basso Giovanipoco poco Basso livello livello econ-culturale: econ-culturale: Giovani istruiti istruiti con con professioni professioni di di basso basso profilo profilo (operaio, (operaio, casalinga, casalinga, ecc) ecc) inin modo L’asse rappresenta modo verticale rappresenta L’asse verticale crescente crescente ilil LIVELLO LIVELLO ECONOMICOECONOMICOCULTURALE . CULTURALE PERSONALE. PERSONALE Figura 6 - Composizione degli assi Basso Basso livello livello econ-culturale: econ-culturale: Giovani Giovanicon con genitori genitori poco poco istruiti istruiti con con professioni professioni di di basso basso profilo profilo (operaio, (operaio, casalinga, casalinga, ecc) ecc) vs vs Elevato Elevato livello livello econ-culturale: econ-culturale: Giovani Giovanicon con genitori genitori laureati laureati oo più più con con mestieri mestieri di di alto alto profilo profilo (avvocato, (avvocato, medico,ecc) medico,ecc) L’asse inin modo L’asse orizzontale orizzontale rappresenta rappresenta modo crescente crescente ilil LIVELLO LIVELLO ECONOMICOECONOMICOCULTURALE . CULTURALE DELLA DELLA FAMIGLIA. FAMIGLIA 1. Gli Assi LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Segmentazione della popolazione 53 54 % La percentuale rappresenta la consistenza del gruppo ed è riferita a 1.464 intervistati. Il volume del parallelepipedo rappresenta la consistenza del gruppo Giovani Giovani con con medio medio livello livello economicoeconomicoculturale culturale 2. Posizione dei gruppi Figura 7 - Segmentazione della popolazione Giovani Giovani con con basso basso livello livello economicoeconomicoculturale culturale Giovani Giovani con con elevato elevato livello livello economicoeconomicoculturale culturale CAPITOLO 1 Segmentazione della popolazione LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 8 - Composizione dei gruppi in valori percentuali 3. Profilo dei gruppi Segmentazione della popolazione 55 56 pari a circa tra i 18 e i 33 anni di età 3.119.000 giovani * PROFILO DEMOGRAFICO Sono tutti italiani. La distribuzione per sesso, età, area geografica di residenza e origine è in linea con il totale campione. Da rilevare che il 50% è originario e vive in piccoli comuni con meno di 20.000 abitanti. ESPERIENZE DI MOBILITÀ Il 92% appartiene ai “NO Mobilità”. Le persone “IN Mobilità” lo sono per motivi universitari, nello specifico per assenza di facoltà nella propria regione (25% vs 6% totale campione). Si sono trasferiti da poco (il 12% - di 6 mesi fa) o da molto (l’85% + di 5 anni fa) tempo. Non considerano lo spostamento come definitivo (36%). Sarebbero disposti a tornare se trovassero un lavoro che piace (36%) e perché amano la propria regione (19%). STUDIO Mediamente più istruiti del totale campione: il 68% ha un diploma di scuola superiore e il 30% ha una laurea o si sta laureando. Chi ha intrapreso gli studi universitari lo ha fatto per avere maggiori prospettive di carriera (42%); il 47% ritiene che il proprio corso di laurea non è coerente con l’offerta lavorativa della regione. Studiano fuori regione di origine per il prestigio dell’Università e per assenza di facoltà di interesse (risp. 26% e 30%). Basso il livello di istruzione dei propri genitori: più dell’85% dei padri e delle madri ha un titolo elementare o di scuola media inferiore. PROFESSIONE Il 40% è studente, il 36% è impiegato. Ha trovato lavoro attraverso annunci o inviando autonomamente il proprio CV (30%). Molto soddisfatti della coerenza degli studi con il tipo di lavoro e delle proprie aspettative lavorative; chiaramente ripeterebbero il percorso formativo (51% sicuramente). Figli di pensionati (43% padri), casalinghe (56% madri) o operai (23% padri, 10% madri). PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione delle opportunità di lavoro, potenzialità inespresse e offerta formativa. Figura 9 - Descrizione gruppo “Ordinari” CAPITOLO 1 Segmentazione della popolazione pari a circa tra i 18 e i 33 anni di età 2.932.000 giovani * PROFILO DEMOGRAFICO La distribuzione per sesso non è significativamente differente dal totale campione. Giovani con meno di 22 anni (31%), non coniugati (91%), il 30% risiede ed è originario nel N-O. ESPERIENZE DI MOBILITÀ Il 93% appartiene ai “NO Mobilità”. Il 60% delle persone “IN Mobilità” si è trasferito per necessità familiari e il 20% per maggiori posti di lavoro; il 90% da più di 5 anni. Molto soddisfatti dell’esperienza (43%), non sarebbero disposti a tornare nella regione di origine (35%). STUDIO Leggermente più istruiti del totale campione: 80% ha un diploma di scuola superiore. Il 60% dei laureati/laureandi ritiene che il proprio corso non sia coerente con l’offerta lavorativa della regione di residenza. Anche i genitori possiedono principalmente un titolo di scuola superiore: 68% dei padri, 63% delle madri. PROFESSIONE Il 46% è studente e il 16% è in cerca di occupazione. In linea con il totale campione per quanto riguarda la soddisfazione della coerenza del lavoro con lo studio e per quanto riguarda i propri desideri e aspettative. I papà sono impiegati (32%), commercianti (9%), così come le mamme (27% impiegate, 6% commercianti); inoltre il 41% delle madri sono casalinghe. PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione delle opportunità di lavoro e offerta formativa, mentre ritengono che l’offerta formativa rispecchia la vocazione del territorio. Come potenzialità inespresse citano il turismo (51%). Figura 10 - Descrizione gruppo “Emergenti” LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Segmentazione della popolazione 57 58 tra i 18 e i 33 anni di età 2.091.000 giovani * pari a circa * PROFILO DEMOGRAFICO Donne (53%); tra i 28 e i 33 anni (47%); il 28% è coniugato; il 47% risiede al Sud e Isole in piccoli comuni (54% in comuni con meno di 20.000 ab.). ESPERIENZE DI MOBILITÀ L’88% appartiene ai “NO Mobilità”. Il 5% è “Straniero”. Il 42% delle persone “IN Mobilità” si è trasferito per un contratto di lavoro a tempo indeterminato, per maggiori possibilità di guadagno (25%) e prospettive di carriera (20%). Non totalmente soddisfatti dello spostamento; il 78% lo ritiene uno spostamento sicuramente definitivo e il 35% non sarebbe disposto a tornare nella propria regione di origine per nessun motivo. STUDIO Titolo di studio inferiore alla media del campione: il 32% possiede un diploma di scuola media inferiore; solo il 2% ha una laurea o si sta laureando. Il 90% dei padri e il 95% delle madri ha un titolo di studio inferiore o uguale alla scuola media inferiore. PROFESSIONE Disoccupati (35%), operai (27%) e casalinghe (11%); il 60% di chi lavora lo deve a conoscenze/amicizie. Il 38% non ritiene per nulla coerente il suo lavoro con il titolo di studio conseguito; il lavoro non rispecchia le proprie aspettative (30% poco o per nulla). I papà sono: pensionati (40%) o operai (29%); le mamme: casalinghe (56%), operaie (15%) o pensionate (15%). PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA Per nulla soddisfatti delle opportunità di lavoro della propria provincia di residenza (32%); in linea con il totale campione per la soddisfazione dell’offerta formativa e delle strutture e servizi d’orientamento. Figura 11 - Descrizione gruppo “Svantaggiati” CAPITOLO 1 Segmentazione della popolazione tra i 18 e i 33 anni di età 908.000 giovani * pari a circa * PROFILO DEMOGRAFICO Donne (54%); tra i 28 e i 33 anni (50%); il 34% è coniugato; il 7% proviene dall’estero. ESPERIENZE DI MOBILITÀ Il 7% è “Straniero”, di questi il 70% si è spostato per necessità familiari da più di 5 anni (80%). Gli “IN Mobilità” sono soddisfatti di questa esperienza (100%) e lo ritengono uno spostamento definitivo (93%), anche se sarebbero disposti a tornare nella propria regione di origine (62%) trovando un lavoro di interesse (34%). STUDIO Titolo di studio inferiore alla media del campione: il 36% possiede un diploma di scuola media inferiore; solo il 2% ha una laurea o si sta laureando. I titoli di studio dei propri genitori sono in media con il totale campione. PROFESSIONE Operai (47%) e casalinghe (36%); chi lavora lo fa da meno di 6 mesi (21%) e ha trovato lavoro grazie ad amicizie (60%). Il 45% non ritiene per nulla coerente il lavoro con il titolo di studio conseguito; il lavoro non rispecchia le proprie aspettative (40% dichiara poco o per nulla) e il 30% sicuramente non ripeterebbe il percorso formativo. I papà sono impiegati (28%), le mamme sono casalinghe (50%). PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione su: opportunità di lavoro, offerta formativa e informazioni delle strutture di orientamento. Figura 12 - Descrizione gruppo “Spettatori” LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Segmentazione della popolazione 59 60 tra i 18 e i 33 anni di età 1.473.000 giovani * pari a circa * Figura 13 - Descrizione gruppo “Agiati” PROFILO DEMOGRAFICO Uomini (60%), giovani (73% ha – di 28 anni), non coniugati (95%); vivono in grandi comuni (50% in comuni con + di 50.000 ab.) ESPERIENZE DI MOBILITÀ Il 90% appartiene ai “NO Mobilità”. Le persone “IN Mobilità” lavorano in maniera occasionale o a tempo determinato (risp. 13% e 12%). Trasferiti da 1 a 5 anni (60%). Dichiarano di averlo fatto per cultura (30%) e stile di vita (21%). Si dichiarano per nulla soddisfatti dell’esperienza (8%) e non considerano questo come uno spostamento definitivo (66%). Disposti a tornare nella regione di origine per una prospettiva di carriera migliore (15%). STUDIO Molto più istruiti del totale campione: 25% universitario, 28% laureato; hanno scelto l’Università perché ritenuto necessario (16%) o per continuare il lavoro dei genitori (8% vs 1% del tot. campione). Di coloro che hanno studiato fuori dai confini regionali: il 15% ha studiato all’estero e il 14% nelle Marche; il 20% non cita nessun motivo specifico che lo ha portato fuori regione. I padri sono laureati (71%), così come le madri (65%). PROFESSIONE Il 60% è studente; il 60% di chi lavora ha trovato un impiego grazie ad amicizie e il 10% dichiara per “intermediazione politica”. Sono molto soddisfatti della coerenza tra propri studi e lavoro, inoltre trovano appagate le loro aspettative (40%, in entrambi i casi, i molto soddisfatti), anche se il 20% non ripeterebbe il proprio percorso formativo. Figli di professionisti (28%), imprenditori (14%), professori (8%) e medici (6%), con madri insegnanti (37%) o impiegate (24%). PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione su: opportunità di lavoro, potenzialità inespresse della provincia, offerta formativa. Sono insoddisfatti delle informazioni delle strutture di orientamento (20%), principalmente a causa della professionalità del personale. CAPITOLO 1 Segmentazione della popolazione tra i 18 e i 33 anni di età 2.346.000 giovani * pari a circa * Figura 14 - Descrizione gruppo “Delfini” PROFILO DEMOGRAFICO La distribuzione per sesso, età, area geografica di residenza e origine è in linea con il totale campione. Lo stato civile del 90% è libero. ESPERIENZE DI MOBILITÀ L’89% appartiene ai “NO Mobilità”. Il 18% delle persone “IN Mobilità” si è trasferito per la possibilità di una maggiore specializzazione e sono soddisfatti di questa esperienza (48% si dichiara molto soddisfatto). STUDIO La quasi totalità di questo segmento (88%) è universitario o possiede una laurea; il restante 12% ha un diploma di scuola superiore. Il 60% di chi ha deciso di laurearsi ritiene che il corso sia coerente con l’offerta lavorativa della regione di residenza. È invece in media, rispetto al totale campione, il titolo di studio dei propri genitori. PROFESSIONE Studenti (47%), liberi professionisti (20%) e imprenditori (4%); da notare la totale assenza di operai e casalinghe. Chi lavora lo fa da più di un anno (85%) e ha trovato lavoro grazie ad auto-candidature ed annunci (25%). Ritengono che la propria attività lavorativa sia molto coerente con i titoli di studio effettuati (45%), rispecchia molto le proprie aspettative (36%) e la quasi totalità ripeterebbe il percorso formativo (85%). I papà sono impiegati (34%), le mamme sono impiegate (30%) o insegnanti (17%). Da notare anche la presenza di imprenditori (8%) e commercianti (6%). PERCEZIONE DELLA PROVINCIA DI RESIDENZA Non si differenziano dal totale campione per soddisfazione delle opportunità di lavoro. L’8% cita l’ambiente (salvaguardia e miglioramento) tra le potenzialità inespresse. Molto soddisfatti dell’offerta formativa (27%), ritengono che questa rispecchi la vocazione del territorio (76%). LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Segmentazione della popolazione 61 CAPITOLO 1 1.3.4 Dettaglio su alcune province Nella tabella che segue si evidenziano i risultati dell’indagine CATI effettuata attraverso la somministrazione di alcune domande specifiche in 10 province del Mezzogiorno identificate, nei paragrafi precedenti, come le province in cui la mobilità formativa risulta maggiore. Da tale focus si evidenzaino alcuni dati importanti elencati di seguito. Il campione dei residenti della provincia di Cagliari è meno soddisfatto del totale campione del “Sud-Isole” per la coerenza tra studio/ lavoro e per l’offerta formativa; inoltre ritengono che la provincia abbia una potenzialità turistica inespressa (80%). I residenti di Palermo ritengono che la provincia non abbia eccessive potenzialità inespresse; sono più soddisfatti, rispetto agli altri residenti del “Sud-Isole”, dell’offerta formativa della provincia. I giovani intervistati di Cosenza e Reggio Calabria sono insoddisfatti delle opportunità di lavoro della provincia di appartenenza. Infine, a Salerno si nota una soddisfazione per il lavoro e la formazione, superiore alle altre province del “Sud-Isole” in analisi. 62 2,98 3,04 d33 Rispecchia i propri desideri e aspettative? d34 Ripeterebbe il suo percorso formativo? 44,8% 615 33 80 1,65 80 3,27 2,76 2,52 NA 2,87 2,85 2,45 d43 Rispetta la vocazione del territorio? d44 È soddisfatto delle strut/serv di orientamento, form e lavoro? 2,11 2,69 615 2,66 1.600 2,09 2,70 2,73 80 58,7% 60,3% 77,9% 72,5% Valori MEDI Ba s e d41 È soddisfatto dell'offerta formativa della sua prov di res? T u r is m o d40 Qua li? 1.600 62,4% 615 1,72 2,27 2,99 1.600 Ba s e Valori % d39 Secondo lei esistono potenzialità del territorio inespresse? SI Valori MEDI Ba s e d37 È soddisfatto delle opportunità di lavoro della sua prov di res? 2,68 2,68 2,97 S-I 247 Totale 773 AREA Valori MEDI Ba s e d32 La sua attività è coerente con il tipo di tit di studio conseguito? Valori MEDI: 4= Molto o Sic. Si … 1= Per Nulla o Sic. NO Tabella 22 - Focus su 10 province delle Regioni Obiettivo 1 23 2,14 2,58 2,66 73 62,3% 83,6% 73 1,90 73 3,22 3,30 2,70 SA 18 18 44 1,61 44 2,83 3,50 2,67 LE 27 53 1,51 53 3,11 2,67 2,78 CS 19 43 1,40 43 3,11 3,26 3,05 RC 77,5% 88,6% 86,8% 76,7% 40 1,58 40 3,22 2,67 2,72 FG 18 20 46 2,17 2,72 2,65 40 1,88 2,93 2,48 44 2,14 2,66 2,84 53 1,94 2,77 2,77 43 1,67 2,79 2,47 14 43 1,53 43 3,00 2,79 2,64 PA 21 48 1,58 48 2,52 2,71 2,29 CA 43 2,21 2,84 2,53 2,12 2,77 2,86 43 1,92 2,73 2,29 48 60,7% 79,5% 83,7% 65,1% 83,3% 43 1,86 43 2,95 2,90 2,70 CZ 63,2% 40,0% 61,5% 70,5% 78,8% 62,9% 82,6% 46 1,80 46 3,11 2,83 2,67 PZ PROVINCIA DI RESIDENZA LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio su alcune province 63 64 Nord-Est 40% 60% Centro 100,0% 18,1% 17,1% 80% Sud e Isole 59,3% 39,8% 40,4% Estero 100% 2,3% Stranieri IN Mobilità 0% NO Mobilità Totale Nord-Ovest 20% 35,4% 37,2% 24,0% 25,2% 18,1% 18,5% 24,9% Nord-Est Centro 60% 16,3% 10,6% 16,0% 40% 18,1% 17,9% 100% Sud e Isole 80% 37,7% 21,9% 39,8% 38,4% Area geografica di residenza (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) Il 60% dei giovani “IN Mobilità”è originario del Sud e Isole; analizzando questa informazione congiuntamente con la distribuzione per area di residenza, si nota come il Nord-Ovest sia la zona che “attira”maggiormente i giovani “IN Mobilità”e gli “Stranieri”. La distribuzione dei “NO Mobilità”è invece simile a quella del totale campione. Da notare che il 60% delle casalinghe e il 47% dei disoccupati intervistati è originario e risiede nel meridione. La maggioranza degli originari del N-O in mobilità sono studenti. Nord-Ovest 18,1% 17,0% 9,9% 9,7% 20% 21,1% IN Mobilità 0% 24,0% NO Mobilità Stranieri 23,2% Totale Area geografica di origine Figura 15 - Provenienza intervistati CAPITOLO 1 1.3.5 Dettaglio dei risultati Di seguito si riporta il dettaglio dei risultati rappresentato con grafici commentati. 40% Uomo 20% Donna 60% 64,7% 80% 50,0% 49,2% 49,6% 100% Stranieri IN Mobilità NO Mobilità Totale 0% 32,0% 31,8% 45,9% 42,2% 42,8% 28-33 80% 57,4% 60% 23-27 40% 12,9% 35,4% 18-22 20% 29,7% 18,7% 25,8% 25,4% Età 100% Stranieri 0% 20% Libero 40% 72,2% 87,0% 84,6% NO Mobilità IN Mobilità 84,5% Totale 80% 100% 13,0% 15,4% 15,5% 27,8% Coniugato 60% Stato civile (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) Analizzando i dati demografici dei tre gruppi, è da notare che un terzo dei giovani “Stranieri”è donna, hanno un’età più elevata del resto del campione e il 28% dichiara di essere coniugato. Per i restanti segmenti, invece, non si registrano significative differenze rispetto al totale campione. 0% 50,0% IN Mobilità 35,3% 50,8% NO Mobilità Stranieri 50,4% Totale Sesso Figura 15 - Provenienza intervistati LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 65 66 0% 40% 20-50 20% 0-20 n.d. 19,9% 19,9% 24,2% 100% 150 e oltre 80% 12,7% 12,6% 11,3% 50-150 60% 19,9% 19,8% Stranieri IN Mobilità NO Mobilità Totale 0% 0-20 20% 36,2% 20-50 12,7% 12,6% 50-150 60% 19,9% 20,2% 150 e oltre 80% 16,7% 26,7% 8,8% 8,6% 12,4% 19,9% 19,9% 24,7% 40% 65,9% 47,5% 47,3% 100% Ampiezza centro di residenza (abitanti/000) Dettaglio dei risultati (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) Un terzo dei giovani “IN Mobilità”è originario di comuni con meno di 20.000 abitanti; guardando alla distribuzione per ampiezza centro di residenza, si nota come una parte significativa di questo gruppo sia “confluita”in comuni medio/grandi. Meno attesa la distribuzione degli “Stranieri”, i quali risiedono principalmente nei piccoli comuni. La maggioranza delle casalinghe è originario e risiede in comuni con meno di 20.000 abitanti. Stranieri 64,5% 47,5% NO Mobilità IN Mobilità 47,7% Totale Ampiezza centro di origine (abitanti/000) Figura 17 - Dati demografici sull’area di origine e di residenza CAPITOLO 1 Sud e Isole Sud e Isole 16,3% 10,6% Nord-Ovest Nord-Est Sud e Isole Estero Estero Estero Il 42% dei giovani “IN Mobilità”originari del Sud e Isole si è trasferito nel Nord-Ovest, mentre un quinto circa si è spostato in altre regioni del meridione. Il 73% dei giovani “Stranieri” risiede nel Centro/Nord-Ovest. Base: 37 37,7% Centro Estero 35,4% % 19,6% Area Residenza Area Origine Nord-Est Sud e Isole Base: 70 Centro 12,8% 41,9% 25,7% Nord-Ovest % Sud e Isole Area Residenza area Sud e Isole Area Origine Focus: Flusso area origine residenza Figura 18 - Flussi di mobilità Altre Lecce Cosenza Potenza Foggia Reggio Calabria Cagliari Catanzaro Palermo Napoli Salerno 0% 1,4% 1,4% 10% 2,1% 2,8% 4,1% 6,9% 6,9% 8,6% 9,0% 9,7% 20% 30% 40% 50% 47,1% La classifica della mobilità per provincia di origine mostra che a Salerno appartiene il 10% dei giovani “IN Mobilità” originari del Sud e Isole, a seguire Napoli e Palermo (9%), mentre la provincia con la + alta % di giovani “IN Mobilità” è Cagliari (14%). Base: 70 Focus: Mobilità per provincia di origine LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 67 68 2,3% 7,6% Totale (Base = 158) Studio (non spec.) Lavoro stag./occas./nero Contratto a Progetto Visita di amici e/o parenti Contr. intermittente Formaz. tecnica specifica Stage Aziendale Studi di scuola superiore Contratto lavoro DET Altro Lavoro (contratto non spec.) Università Contratto lavoro INDET Necessità familiari 10% 20% 40% 50% Stranieri (Base = 37) 30% 44,6% * risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero” IN Mobilità (Base = 121) 0% 0,6% 0,6% 0,6% 1,9% 1,9% 2,2% 2,3% 3,2% 4,1% 5,5% 6,3% 6,4% 19,7% d7. Perché non risiede nel luogo di origine? * (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) Il 90% dei giovani dichiara di risiedere nella stessa regione di origine. Circa il 44% degli intervistati “IN Mobilità”si è spostato per motivi familiari (questi sono principalmente studenti e casalinghe). Il primo motivo che ha portato gli “Stranieri” in Italia è un contratto a tempo in determinato. Da notare che gli stage aziendali sono citati solo dagli italiani. Stranieri IN Mobilità NO Mobilità 90,1% Attuale situazione di mobilità Figura 19 - Dettaglio delle motivazioni che hanno indotto la mobilità CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 17,5% Tra 1 e 3 anni 80% 71,3% 77,2% 75,8% Non sa/non indica Altro Fare esperienza diversa No università di prestigio La qualità della vita Situazione generale migliore La cultura Lo stile di vita Più possibilità di specializzazione Più prospettive di carriera Più guadagni Assenza corsi studio di interesse Numero di posti di lavoro Motivi familiari 0% Totale 10% 4,0% 4,7% 1,0% 1,7% 2,3% 3,4% 3,7% 5,6% 6,0% 6,6% * risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero”, non per “Visita ad amici e/o parenti” 30% 40% ** Multipla 60% Stranieri 50% Eccezion fatta per le necessità familiari (nominate principalmente da studenti e casalinghe), le motivazioni di spostamento appaiono molto frammentate. Si nota come gli “Stranieri” si aspettano maggiori guadagni rispetto agli “Italiani IN Mobilità”. IN Mobilità 20% 8,6% 9,2% 12,4% 49,9% d9. Per quali motivi si è spostato dalla Sua regione di origine? * (**) (Base: Totale=153; IN Mobilità=117; Stranieri=36) La maggioranza degli intervistati che non risiedono nella propria regione di origine si è trasferita da più di 5 anni. Da notare che il 18% degli “Stranieri” ha raggiunto l’Italia tra 1 e 3 anni fa. Più di 5 anni 60% Tra 3 e 5 anni 40% Tra 6 mesi e 1 anno 20% 8,4% 2,8% 5,3% 4,8% 6,2% 6,5% Meno di 6 mesi 0% Stranieri IN Mobilità Totale 4,7% 3,7% 8,8% 7,0% d8. Da quanto tempo si trova nell’attuale luogo di residenza? * Figura 20 - Durata della mobilità LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 69 70 39,9% IN Mobilità 38,9% Totale 97% 56,9% 56,7% 35,6% Stranieri 92% 56,1% 2,8% 5,5% Molto Abbastanza Poco Per nulla Totale 51,5% 77% 25,9% 17,1% 5,6% IN Mobilità 46,0% 73% 26,5% 21,5% 6,0% Stranieri 69,2% 93% 23,7% 4,3% 2,8% Sicur.SI Prob.SI Prob. NO Sicur. NO d11. Considera questo come uno spostamento definitivo? * Dettaglio dei risultati * risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero”, non per “Visita ad amici e/o parenti” (Base: Totale=153; IN Mobilità=117; Stranieri=36) Quasi la totalità degli intervistati si dichiara soddisfatto dell’esperienza di mobilità. I giovani originari del Nord-Ovest sono più soddisfatti del resto del campione. Le casalinghe, invece, si rivelano meno soddisfatte dei restanti intervistati. La maggioranza considera lo spostamento come definitivo; significativamente più elevata (69%), rispetto ai giovani Italiani, la % di “Stranieri” che valuta lo spostamento come definitivo. 1/4 degli studenti originari del Sud e Isole non considerano questo spostamento come definitivo. 96% 1,9% 1,3% 2,1% 2,3% d10. È soddisfatto di questa esperienza? * Figura 21 - Grado di soddisfazione e valutazione del proprio spostamento CAPITOLO 1 IN Mobilità Totale Stranieri 12,7% 31% 18,6% 27,0% 41,7% Sicuramente SI Probabilmente SI Probabilmente NO Sicuramente NO Totale (Base = 120) 0,9% 8,0% 10% 6,6% 2,6% 3,4% 7,9% 8,5% 9,4% 23,4% 29,1% 20% 40% 50% Stranieri (Base = 26)° 30% Dopo i motivi familiari, il trovare un lavoro di interesse è la motivazione che spingerebbe i giovani a tornare nella regione d’origine. Da notare che nessun “originario”del NO cita tra i motivi “l’amore per la propria regione”. 17,9% IN Mobilità (Base = 94) 0% Non sa/non indica Altro Migliori infrastrutture Migliorare la qualità della vita (meno traffico, aria pulita…) Cambiamento situazione generale (economica, politica, sociale) Avere una prospettiva di carriera migliore Guadagno più elevato rispetto all'attuale Perché amo / mi piace la mia regione Per nessun motivo particolare Trovare un lavoro sicuro che mi piace Motivi familiari (costruzione nucleo familiare, …) d13. Per quali motivi sarebbe disposto a tornare nella Sua regione di origine? ** ** multipla risponde solo se “SICURAMENTE SI” o “PROBABILMENTE SI” a d12 °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa * risponde solo se “IN Mobilità” o “Straniero”, non per “Visita ad amici e/o parenti” (Base: Totale=153; IN Mobilità=117; Stranieri=36) La maggioranza del campione sostiene di non essere intenzionata a ritornare nella propria regione d’origine. Solo il 31% degli “Stranieri” dichiara di essere disposto a tornare nel proprio paese natale (gran parte per motivi familiari). 20,6% 49%28,5% 24,7% 18,7% 45%26,2% 25,3% 29,8% 26,2% d12. Sarebbe disposto a ritornare nella Sua regione di origine? * Figura 22 - Valutazione delle possibilità di rientro LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 71 72 60% 61,5% Medie inferiori Laurea 48,3% 57,2% 56,7% Il 16% del campione dichiara di essere in possesso di un diploma di laurea. Un quinto delle persone “IN Mobilità” è universitario.Gli “Stranieri”, in media, presentano un livello di istruzione inferiore rispetto al resto del campione. Il NordEst è l’area dove risiede la più alta percentuale di laureati (22%). Infine, risulta che circa il 20% dei disoccupati ha una laurea o titoli superiori. (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) Nessuno/elementare Medie superiori 40% Universitario 20% 17,7% Dottorato di ricerca 10,1% 10,8% 14,2% 15,4% 20,6% 10,6% 16,3% 14,7% 10,8% 16,2% 15,0% Master 0,8% 0,8% 0,5% 0,4% 0,3% 0,5% 0% Stranieri IN Mobilità NO Mobilità Totale 0,4% 0,3% d21. Mi potrebbe indicare il Suo titolo di studio? Figura 23 - Titolo di studio degli intervistati CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 1,7% 0,4% 18,6% 10,2% 30% 40% IN Mobilità NO Mobilità Totale Per l’esigua numerosità, “Stranieri” non rappresentati 28,4% 29,0% 33,8% 0% Si 20% 50,1% 52,3% No 40% 71,8% Non sa 60% 44,2% 23,7% 80% 41,9% 100% 4,4% 5,8% 5,7% * risponde solo se > di “universitario” a d21 ° Multipla Il 42% dei giovani laureati o laureandi ritengono che il loro corso NON è coerente con l’offerta lavorativa della regione di residenza. Nei giovani “IN Mobilità” questa % scende al 24%, nei giovani residenti nel S-I sale al 62%. IN Mobilità NO Mobilità Totale d23. Secondo Lei, la Sua laurea è coerente con l'offerta lavorativa della sua regione di residenza? * (Base: Totale=513; NO Mobilità=456; IN Mobilità=46; Stranieri=11) Le più ampie prospettive di carriera sono la motivazione principale che spinge a laurearsi (34%, questa % sale al 40% se si considerano i soli giovani del C e N-E), seguita da “apre le strade a lavori di mio interesse” (29%, 35% nei giovani del N-O). 20% 11,8% 10% 2,6% 0,2% 0,5% 0,8% 0% Non sa/non indica Altro Per consiglio di amici / parenti Per cambiare regione Per cambiare nazione Per continuare lavoro di genitori/parenti Perché è necessario Maggiori possibilità di guadagno Mi piaceva la facoltà/le materie Cultura / piace lo studio Perché apre la strada a lavori di mio interesse Maggiori prospettive di carriera d22. Per quali motivi ha deciso di laurearsi? * ° Figura 24 - Motivazione e valutazione della propria formazione LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 73 74 0% 16,9% 20% 21,8% Si 61,6% 40% 60% 83,1% 78,2% No 80% 38,4% Totale (Base = 105) 0% 2,6% ** multipla, risponde solo se “SI” a d24 * risponde solo se > di “universitario” a d21 20% 30% 40% Il nome dell’Università è la prima motivazione dello spostamento. Per i giovani del S-I, la prima motivazione è l’assenza di corsi nella propria regione (30%). 12,3% 8,2% 10% 3,4% 3,6% 5,1% 5,4% 7,2% 8,8% 16,3% 20,4% 21,5% °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa NO Mobilità (Base = 77) IN Mobilità (Base = 28)° Non sa Altro Situazione generale Maggiori infrastrutture Qualità della vita Per l’esigua numerosità, “Stranieri” non rappresentati 100% Maggiori prospettive di carriera Lo stile di vita Più possibilità di specializzazione Fare un'esperienza diversa Motivi familiari Presenza di facoltà solo fuori Il prestigio dell'università d26. Per quali motivi ? ** (Base: Totale=513; NO Mobilità=456; IN Mobilità=46; Stranieri=11) Il 22% del campione si è laureato o si sta laureando fuori dalla propria regione d’origine. La % sale al 62% se si considerano i soli giovani “IN Mobilità”. In un certo senso, quindi (tesi avvalorata dall’analisi per età), il trasferimento già inizia al momento della scelta universitaria. IN Mobilità NO Mobilità Totale d24. Ha conseguito (sta conseguendo) il diploma di laurea fuori dalla Sua regione di origine? * Figura 25 - Luogo di formazione CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 0% 1,5% 0,9% 10% 38,5% 39,1% 50% 48,9% 0% 0,5% 10% 5,7% 17,4% 30% 28,0% Dottorato di ricerca Medie inferiori 20% 13,6% 12,2% 15,2% 10,4% 15,1% 10,6% 7,8% 5,4% 1,7% 0,3% Master Medie superiori Non indica Stranieri IN Mobilità NO Mobilità Totale 0,3% 2,2% 40,5% 50% Nessuno/elementare Laurea 40% 34,9% 34,2% 36,5% 36,0% 36,4% 35,4% d28. Mi potrebbe indicare il titolo di studio di Sua madre? (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) La distribuzione per titolo di studio dei genitori non è significativamente differente tra le tre tipologie di intervistati. Questo accade anche se si considerano le aree geografiche di residenza e origine. Nessuno/elementare Laurea 40% 33,2% 32,0% 33,0% 32,2% 30% 22,8% Dottorato di ricerca Medie inferiori 20% 14,4% 10,8% 10,8% 11,7% 14,0% 11,7% 13,8% 11,6% 8,0% 4,9% 2,6% 0,1% 0,3% Master Medie superiori Non indica Stranieri IN Mobilità NO Mobilità Totale 3,0% 0,1% 0,3% d27. Mi potrebbe indicare il titolo di studio di Suo padre? Figura 26 - Livello culturale dei genitori degli intervistati LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 75 76 0% Totale 0,2% 0,2% 0,2% 0,8% 1,2% 1,6% 2,7% 2,8% 3,2% IN Mobilità 30% Stranieri 40% Il 35% degli intervistati è studente. Se si considera la sola distribuzione degli “Stranieri”: il 30% è operaio, il 20% casalinga e il 12% disoccupato. 20% NO Mobilità 10% 4,8% 7,2% 10,1% 11,5% 18,3% 35,4% * risponde solo se “lavoratore” a d29 20% 14,8% Meno di 6 mesi Tra 3 e 5 anni 0% 7,3% 4,8% 5,3% 14,3% 14,3% 15,3% 19,6% 8,3% 8,8% 7,9% 8,2% 15,2% 19,5% 40% 60% 61,3% Tra 6 mesi e 1 anno Più di 5 anni 44,0% 48,0% 49,1% Tra 1 e 3 anni 80% d30. Da quanto tempo lavora? * °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa La metà del campione dei “lavoratori” lo fa da più di 5 anni. La % sale al 61% se si considerano i soli lavoratori “IN Mobilità”. (Base: Totale=774; NO Mobilità=678; IN Mobilità=74; Stranieri=22°) Stranieri IN Mobilità NO Mobilità Totale (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) Agricoltore Ricercatore Medico Artigiano Dirigente/Imprenditore Altra professione Insegnante Commerciante Rappres/Lav Autonomo Casalinga Libero professionista Operaio Disoc. / Altra no prof Impiegato Studente d29. Mi potrebbe indicare la Sua professione? Figura 27 - Condizione lavorativa attuale e durata CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 0% 1,8% 1,0% 2,2% 80% IN Mobilità 60% 100% Stranieri ° 35,3% NO Mobilità 35,9% 25,0% 10,8% 28,4% IN Mobilità 34,5% 25,6% 11,6% 28,4% Stranieri 18,6% 50,7% 5,2% 25,5% ° Molto Abbastanza Poco Per nulla °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa Il 39% sostiene che il proprio titolo di studio non è coerente con l’attività lavorativa che svolge. Non si rilevano significative differenze tra i tre gruppi analizzati. I residenti del Nord-Ovest sono più soddisfatti del restante campione (66% vs 59%). Totale 61% 25,7% 10,7% 28,3% d32. La sua attività è coerente con il tipo di titolo di studio conseguito? * (Base: Totale=774; NO Mobilità=678; IN Mobilità=74; Stranieri=22°) 40% NO Mobilità 20% La modalità più citata per trovare lavoro è quella dei contatti familiari/amicizia (51%; 96% per gli “Stranieri”, 57% per il S-I, 69% per i giovani tra 18-22 anni). Il 4% dichiara di essere ricorso ad una intermediazione politica attraverso auto-candidatura e l’1% attraverso concorso. 50,5% Totale 2,6% 2,7% 4,4% 4,7% 5,4% 6,1% 18,4% * risponde solo se “lavoratore” a d29 Altro Interm. pol. concorso Attività propria Interm. politica generale Concorso Interm. pol. cvautocand. Da solo (cv, autoc) Centri per l'impiego Agenzie di lavoro interinale Annunci (internet/giornali) Contatti familiari amicizia d31. Come ha trovato lavoro? * Figura 28 - Modalità di inserimento nel mondo lavorativo e coerenza con formazione LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 77 78 IN Mobilità 34,2% 43,2% 8,4% 14,2% Stranieri° 22,1% 54,5% 14,3% 9,2% Molto Abbastanza Poco Per nulla 44,4% Totale 74% 29,1% 12,3% 14,2% NO Mobilità 44,0% 29,4% 12,0% 14,7% IN Mobilità 50,2% 28,0% 12,8% 9,0% Stranieri° 35,9% 23,3% 22,1% 18,6% °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa (Base: Totale=774; NO Mobilità=678; IN Mobilità=74; Stranieri=22°) * risponde solo se “lavoratore” a d29 Sicuramente SI Probabilmente SI Probabilmente NO Sicuramente NO d34. Ripeterebbe il Suo percorso formativo? * Per il 77% del campione il proprio lavoro rispecchia i desideri e le aspettative. La percentuale sale all’84% se si considerano i giovani del Nord-Ovest. I lavoratori più giovani (tra i 18 e i 22 anni) sono, invece, meno soddisfatti del proprio lavoro rispetto ai più “anziani” (29% risponde poco o per nulla). Il 74% degli intervistati ripeterebbe il percorso formativo effettuato, la % scende al 59% per gli “Stranieri”. Considerando la distribuzione per titolo di studio, non appaiono significative differenze. NO Mobilità 30,7% 45,7% 45,7% 30,8% 14,6% 14,0% Totale 77% 8,9% 9,4% d33. Rispecchia i Suoi desideri / aspettative? * Figura 29 - Valutazione proprie aspettative e formazione CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 40,6% 2,0% 3,1% 13,1% 20,9% 4,1% Totale 0,4% 30% Stranieri 40% IN Mobilità 10% Totale 3,0% 0,4% 0,5% 0,6% IN Mobilità 30% 50% Stranieri 40% Il 41% delle mamme del campione è casalinga. Il 31% delle mamme degli “Stranieri” è operaio, agricoltore o artigiano. NO Mobilità 20% 18,1% (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) NO Mobilità 1,2% 1,6% 3,1% 11,2% 9,5% 5,7% 3,7% 0,9% 0% Non indica Disoccupato Artigiano Medico 0,8% 0,2% Rappres./Lav. Aut. Agricoltore Dirigente/Imprenditore Commerciante Libero professionista Operaio Insegnante Pensionata Impiegato 0,6% 20% Circa un padre su 3 degli intervistati è pensionato. Artigiani e professioni simili per il 22% circa dei padri degli “Stranieri”. 10,4% 10% 5,0% 6,1% 3,4% 0,7% 0% Non indica Disoccupato Casalinga Altra prof Rappres./Lav. Aut. Medico Agricoltore Artigiano Insegnante Commerciante Dirigente/Imprenditore Libero professionista Operaio Impiegato Casalinga Pensionato 29,0% d36. Potrebbe indicarmi la professione di Sua madre? d35. Potrebbe indicarmi la professione di Suo padre? Figura 30 - Professione dei genitori degli intervistati LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 79 80 43% 8,8% NO Mobilità 9,5% Totale IN Mobilità 14,5% 39,3% 34,8% 11,4% Stranieri 19,6% 34,0% 24,0% 22,4% Molto Abbastanza Poco Per nulla Il 43% degli intervistati è soddisfatto delle opportunità di lavoro della provincia di residenza. Si nota come i giovani “IN Mobilità” e gli “Stranieri” sono più soddisfatti del resto del campione (54%). L’86% dei residenti nel S-I si dichiara insoddisfatto, contrariamente il 70% dei residenti nel N-O è soddisfatto. Le casalinghe e i disoccupati sono, come era facile prevedere, molto meno soddisfatti (40% per nulla soddisfatto) delle restanti categorie professionali. (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) 32,6% 32,1% 26,4% 33,2% 32,1% 25,2% d37. È soddisfatto delle opportunità di lavoro offerte dalla Sua provincia di residenza? Figura 31 - Valutazione provincia di residenza CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 0% 10% 20% 11,7% 30% 50% 60% NO Mobilità (Base = 598) Stranieri (Base = 20)° 40% Le offerte di lavoro in termini di tipologia e quantità sono la principale motivazione di soddisfazione. Gli stranieri sono più soddisfatti dello sviluppo dei diversi settori. Totale (Base = 683) IN Mobilità (Base = 65) 0,5% 0,4% 1,4% 3,2% 3,8% 6,8% 9,5% 10,5% 52,1% ** multipla risponde solo se “POCO” O “PER NULLA” a d37 * multipla risponde solo se “MOLTO” o “ABBASTANZA” a d37 Non sa, non indica Altro Criminalità Controlli burocratici/fiscali Tutela dei lavoratori Contesto politico Tipo di struttura del territorio Settori sviluppati Strutture di orientamento Tipologie/quantità di offerta d38a. Motivi di s oddis fazione * Figura 32 - Pregi e difetti della provincia di residenza Non sa, non indica Altro Criminalità Controlli burocratici/fiscali Tipo di struttura del territorio Contesto politico Strutture di orientamento Tutela dei lavoratori Settori sviluppati Tipologie/quantità di offerta NO Mobilità (Base = 844) Stranieri (Base = 17)° 40% 50% 60% 70% 80% Totale (Base = 917) IN Mobilità (Base = 56) 10% 20% 30% Così come per la soddisfazione, le offerte di lavoro in termini di tipologia e quantità sono il principale motivo di insoddisfazione; questo è anche il motivo più segnalato dagli “Stranieri”. °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa 0% 4,2% 1,4% 0,4% 2,8% 3,8% 4,3% 6,1% 7,4% 8,1% 61,4% d38b. Motivi di ins oddis fazione ** LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 81 82 Si No 40% 60% Non sa 80% 23,3% 33,3% 17,5% 18,8% 100% 5,7% 1,1% 1,6% 8,3% 10% 44,8% 20% 40% 50% °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa NO Mobilità (Base = 906) Stranieri (Base = 18)° 30% Il turismo è la potenzialità inespressa più citata (45%; 59% nel caso di residenti nel S-I). Per gli “Stranieri” è l’industria la potenzialità maggiormente inespressa. 12,8% Totale (Base = 979) IN Mobilità (Base = 55) 0,4% 7,3% 2,9% 3,2% 3,3% 3,7% 4,3% 0,5% 0% Non indica Altro Sanità Ricerca scientifica Informatica Infrastrutture Servizi/Comm/Artig Agricoltura Formazione/Università Culturale/artistico Ambiente Industria Più occupazione Turismo d40. Quali? * (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) * risponde solo se si a d39 Per il 62% degli intervistati esistono potenzialità inespresse nella propria provincia di residenza. La % è del 78% per i residenti nel S-I. 20% 49,9% Stranieri 0% 47,8% IN Mobilità 26,8% 18,5% 64,0% NO Mobilità 18,9% 18,8% 62,4% Totale d39. Secondo Lei, esistono potenzialità del territorio inespresse? Figura 33 - Potenzialità della provincia di residenza CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 75% IN Mobilità 25,7% 50,1% 14,5% 9,8% Stranieri 45,5% 41,9% 12,6% Per nulla Molto Abbastanza Poco I tre quarti del campione è soddisfatto dell’offerta formativa della propria provincia di residenza. Le persone in mobilità, sia italiani che “Stranieri”, sono più soddisfatte delle persone che risiedono nella propria regione d’origine. Anche in questo caso, come per le opportunità di lavoro, i giovani residenti nel S-I sono meno soddisfatti del resto del campione (36% di insoddisfatti vs 25% a totale campione). (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) NO Mobilità Totale 54,7% 54,0% 19,5% 18,0% 17,6% 20,6% 7,8% 7,7% d41. È soddisfatto dell'offerta formativa (scuola/università/corsi di formazione) della sua provincia di residenza? Figura 34 - Offerta formativa provincia di residenza LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 83 84 10% 20% 40% 50% NO Mobilità (Base = 1.070) Stranieri (Base = 32) 30% Le strutture formative sono il motivo di soddisfazione più citato (40%). Per gli “Stranieri”, invece, il principale motivo è il personale didattico. Totale (Base = 1.194) IN Mobilità (Base = 92) 0% 7,9% 4,5% 5,2% 6,9% 7,1% 10,3% 11,8% 14,2% 24,7% 39,4% 0% 10% 9,5% 6,8% 6,8% 6,9% 7,3% 20% 12,9% 13,2% 16,1% 36,0% 50% 60% NO Mobilità (Base = 372) Stranieri (Base = 5)° 40% °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa 30% Come per i motivi di soddisfazione, le strutture formative sono il motivo di insoddisfazione più citato (36%). Per gli “Stranieri”, invece, il principale motivo è il personale didattico. 19,0% Totale (Base = 406) IN Mobilità (Base = 29)° Non sa, non indica Altro Prestigio delle strutture presenti Dimensione Relazioni Form. - Lavoro Strutture di orientamento Offerta di lavoro Burocrazia Personale didattico Strutture formative d42b. Motivi di insoddisfazione ** (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) ** multipla, risponde solo se “POCO” O “PER NULLA” a d41 * multipla, risponde solo se “MOLTO” o “ABBASTANZA” a d41 Non sa Altro Relazioni Form. - Lavoro Burocrazia Dimensione Prestigio delle strutture presenti Offerta di lavoro Strutture di orientamento Personale didattico Strutture formative d42a. Motivi di soddisfazione * Figura 35 - Valutazione dell’offerta formativa della provincia di residenza CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 71% 22,9% NO Mobilità 23,8% Totale 46,6% 20,3% 19,4% 46,9% 10,3% 9,9% Stranieri 27,1% 37,2% 28,5% 7,3% Sicuramente SI Probabilmente SI Probabilmente NO Sicuramente NO Il 71% degli intervistati percepisce che l’offerta formativa della propria provincia di residenza rispecchia la vocazione del territorio. Più sicuri di questa affermazione sono i giovani “IN Mobilità” (88%). Analogamente alle precedenti domande, anche in questo caso appaiono significative differenze tra i residenti nel meridione e i residenti nelle altre zone d’Italia. Il 38% dei giovani del S-I forniscono risposte negative (vs 29% totale campione). (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) IN Mobilità 34,0% 53,7% 5,7% 6,6% d43. Rispetta la vocazione del territorio? Figura 36 - Formazione e territorio LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 85 86 51% 15,0% 35,7% 40,9% 8,4% NO Mobilità 14,3% 34,8% 42,2% 8,7% Totale Stranieri 16,3% 42,8% 26,8% 14,1% Per nulla Molto Abbastanza Poco La metà degli intervistati si dichiara soddisfatta delle strutture/servizi di orientamento, formazione e lavoro presenti nella provincia di residenza. Anche in questo caso, come per i precedenti argomenti in analisi, i giovani “IN Mobilità”contribuiscono in maniera positiva alla soddisfazione (68% si considera soddisfatto). Si noti, infine, che solo il 29% dei residenti nel meridione si dichiara soddisfatto di questo particolare aspetto della propria provincia. (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) IN Mobilità 9,5% 58,2% 26,2% 6,0% d44. È soddisfatto (in termini di informazione efficace) delle strutture/servizi di orientamento, formazione e lavoro presenti? Figura 37 - Valutazione delle strutture/servizi presenti nella Provincia di residenza CAPITOLO 1 Dettaglio dei risultati 0% 10% 20% 18,9% 30% 40% 50% 60% Per il totale campione la tipologia delle informazioni fornite è il motivo di soddisfazione più ricorrente; per gli “Stranieri” è la professionalità del personale. Totale (Base = 815) NO Mobilità (Base = 711) IN Mobilità (Base = 82) Stranieri (Base = 22)° 1,0% 1,5% 4,3% 7,5% 14,0% 0% 20% 16,3% 30% 40% 50% 60% 70% 80% La tipologia delle informazioni fornite è anche il principale motivo di insoddisfazione. Totale (Base = 785) NO Mobilità (Base = 731) IN Mobilità (Base = 39) Stranieri (Base = 15)° 10% 1,5% 5,9% 7,3% 8,6% 19,5% 20,8% 25,7% 26,8% °Per l’esigua numerosità, si consiglia una lettura qualitativa Non sa Altro Tempi di attesa Cortesia del personale Presenza/pubblicità Professionalità del personale Burocrazia Tempi di attesa Tipologia di risposte/informaz d45b. Motivi di insoddisfazione ** (Base: Totale=1.600; NO Mobilità=1.442; IN Mobilità=121; Stranieri=37) ** multipla, risponde solo se “POCO” O “PER NULLA” a d44 * multipla, risponde solo se “MOLTO” o “ABBASTANZA” a d44 Non sa Altro Tempi di attesa Presenza/pubblicità Burocrazia Cortesia del personale 20,9% 26,5% Professionalità del personale Tempi di attesa 27,4% Tipologia di risposte/informazioni d45a. Motivi di soddisfazione * Figura 38 - Valutazione motivazionale delle strutture/servizi presenti nella provincia di residenza LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Dettaglio dei risultati 87 CAPITOLO 1 1.3.6 Focus sui giovani in mobilità originari delle Regioni Obiettivo 1 Il presente paragrafo intende focalizzare l’attenzione sui giovani provenienti dalle Regioni Obiettivo 1 che, dall’indagine CATI effettuata, risultavano essere in mobilità. Nel dettaglio si presentano sotto forma di tabella le informazioni estrapolate. Figura 39 - Provenienza giovani italiani in mobilità e loro destinazione Area geografica di origine Totale 23,2% 17,0% NO Mobilità 24,0% 18,1% IN Mobilità 21,1% 17,1% 40,4% 18,1% 2,3% 39,8% Area geografica di destinazione Totale 25,2% 17,9% 18,5% 38,4% NO Mobilità 24,0% 18,1% 18,1% 39,8% 78,10% 9,9% 9,7% Stranieri 100,0% 0% 20% Nord-Ovest 88 59,3% 40% Nord-Est 60% Centro 80% Sud e Isole 100% Estero IN Mobilità 37,2% 16,0% Stranieri 35,4% 16,3% 10,6% 0% 20% Nord-Ovest 40% Nord-Est 24,9% 60% Centro 21,9% 37,7% 80% 100% Sud e Isole LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 40 - Ampiezza comune di provenienza dei giovani in mobilità provenienti dalle Regioni Obiettivo 1 Ampiezza comune di provenienza (abitanti/000) 47,20% 21,90% IN MOBILITA' 25,30% 0% 20% 0-20 12,00% 40% 20-50 25,80% 60% 50-150 15,00% 80% oltre 150 100% non disponibile Figura 41 - Destinazione dei giovani provenienti dalle Regioni Obiettivo 1 Flussi da una Regione Obiettivo 1 ad una Regione del Centro - Nord Sardegna 5,6% 13,90% Sicilia 5,6% 14,90% 15,20% 4,2% Calabria Basilicata Puglia 2,70% 2,8% Campania 0,00% 9,80% 8,3% 5,00% Lombardia Marche Umbria 24,80% 10,00% Lazio Liguria Molise 15,00% 20,00% Piemonte Toscana Trentino 25,00% 30,00% Emilia Romagna Veneto 89 Focus sui giovani in mobilità originari delle Regioni Obiettivo 1 CAPITOLO 1 Focus sui giovani in mobilità originari delle Regioni Obiettivo 1 Figura 42 - Motivazione e durata dello spostamento dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 Ampiezza comune di provenienza (abitanti/000) 47,20% 21,90% IN MOBILITA' 0% 25,30% 20% 0-20 12,00% 40% 20-50 25,80% 60% 50-150 15,00% 80% 100% oltre 150 non disponibile Figura 43 - Professione, titolo di studio e classi di età dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 in mobilità Professione Studente Impiegato Operaio Commerciante Disoccupato Altro 79,90% Titolo di studio Medie inferiori Medie s uper ior i L a u r ea 83,00% Classi di età 0% 90 23-27 anni 18-23 anni 20% 40% 27-33 anni 60% 80% 100% LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 1.3.7 Sintesi delle caratteristiche della mobilità L’indagine campionaria sulla mobilità geografica dei giovani ha avuto come finalità quella di descrivere il vissuto e l’atteggiamento dei giovani italiani verso la mobilità in materia di istruzione, formazione e lavoro fuori dai confini regionali e la loro percezione nei confronti della provincia di residenza in termini di opportunità formazione/lavoro. I risultati di questa indagine, nel loro complesso, sono stati dettagliati in precedenza e dalla loro analisi e dopo aver effettuato inferenza dal campione alla popolazione, per i valori più interessanti e significativi, emerge che circa l’8% del campione intervistato è costituito da giovani italiani in mobilità (960.849). Di questi, il 60% (576.509) sono originari del Sud – Isole e appartenenti a comuni medio – piccoli (con 50.000 abitanti), con un’età compresa tra i 23 e i 33 anni (83%), con una leggera prevalenza degli uomini sulle donne e stato civile libero (83%). Nel complesso, i giovani delle Regioni del Mezzogiorno si spostano nel Centro-Nord (79,4%, pari a 457.748) e le destinazioni preferite e che maggiormente attirano, perchè caratterizzate da aspettative di migliori condizioni di vita e presenza di opportunità di lavoro, sono la Lombardia (26,5%), il Lazio (10,8%), il Piemonte (9,8%) e l’Emilia (8,7%). Il 48,3% di questi giovani si trova fuori dalla propria regione principalmente per necessità familiari, la seconda motivazione è per lavoro (35,1%) mentre la terza è per studio (11%); si sono trasferiti da più di cinque anni (77,5%) e alla base del trasferimento vi sono motivi familiari (51,1%), disponibilità di un maggior numero di posti di lavoro del luogo di destinazione (12,6%) e assenza di corsi di studio di interesse nella propria zona di appartenenza. Tutto questo rispecchia il quadro della situazione in cui versano le Regioni dell’area Obiettivo 1, caratterizzate da mancanza di prospettive per il futuro, non buone condizioni di vita e scarse condizioni economiche e sociali. Il 97,1% delle persone in mobilità dal Sud-Isole è soddisfatto di questa esperienza; inoltre, il 50,9% considera lo spostamento definitivo e il 56,6% non è disposto a tornare nella regione d’origine. Dall’analisi del livello d’istruzione dei giovani meridionali in mobilità si evince che si tratta di capitale umano. Infatti circa l’80% è in possesso di diploma superiore; nello specifico: il 59,3% ha un diploma superiore, il 15,5% è Studente Universitario/Laureando, il 7,7% è Laureato, l’1,4% sta svolgendo un Dottorato di Ricerca e l’1,4% sta frequentando un Master. La Laurea è stata conseguita: per cultura o perché piace lo studio (24,1%); perché era importante per il lavoro di in91 CAPITOLO 1 Sintesi delle caratteristiche della mobilità teresse (22,3%); perché era di interesse la facoltà frequentata (21,5%). Dei giovani del Mezzogiorno che hanno conseguito o stanno conseguendo una laurea al di fuori della propria regione di appartenenza (70,5%), il 45,9% ha frequentato l’Università in Emilia Romagna, il 19,6% in Lombardia, il 15,5% in Piemonte e l’11,7% nel Lazio: ciò è dovuto principalmente al prestigio dell’Università frequentata, ai motivi familiari e all’assenza di specifiche facoltà all’interno della propria regione. La distribuzione del titolo di studio dei genitori dei giovani in mobilità dal Sud-Isole ha evidenziato che i padri hanno un diploma di scuola media superiore (45,1%), mentre le madri hanno un diploma di scuola media inferiore (36,4%); la maggior parte dei padri è pensionato (32,3%), impiegato (19%) e operaio (14,5%), invece la maggior parte delle madri è casalinga (48,4%). Per quanto riguarda lo stato delle persone provenienti dal meridione, il 28,2% è studente, il 25,7% è impiegato che lavora da più di cinque anni (65,9%) e ha trovato lavoro attraverso la rete familiare e degli amici (57,2%); inoltre, tale lavoro è coerente con il titolo di studio conseguito (35%) e rispecchia i desideri e le aspettative (29,9%) per cui sicuramente si ripeterebbe il percorso formativo effettuato (39,3%). 1.4 Le variabili Socio-Economiche dei flussi di mobilità costretta Avendo analizzato il fenomeno della mobilità formativa ed averlo approfondito le motivazioni dei giovani italiani che sono alla base delle scelte di mobilità con uno sguardo al mercato del lavoro, si intende affrontare inoltre un approccio prevalentemente socio-economico con un focus territoriale sulle macro variabili del processo di mobilità36, cercando di individuare le determinanti e le relazioni tra mobilità nel suo complesso e i processi di sviluppo. A tal proposito è stata analizzata ogni singola componente ritenuta valida nel possibile processo di relazione-incidenza con il flusso migratorio regionale. 36 Occupati, occupati per titolo di studio, tasso di occupazione per titolo di studio, disoccupati, disoccupati per titolo di studio, tasso di disoccupazione per titolo di studio, forza lavoro, reddito disponibile pro capite, spesa delle famiglie, prodotto interno lordo, tasso di irregolarità o di lavoro nero, unità di lavoro, peso dell’industria, popolazione in età 19-32 anni, indice di struttura della popolazione attiva, assunzioni previste, assunzioni previste per titolo di studio, indice di disoccupazione di lunga durata, tasso di natalità delle imprese, investimenti fissi lordi. 92 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Infine è stato elaborato un modello di lettura multivariata (Analisi delle Componenti Principali), capace di individuare la relazione causaeffetto tra il fenomeno della mobilità geografica e le singole variabili nei diversi contesti regionali. 1.4.1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Prima di costruire il modello di analisi multivariata al fine di interpretare la dinamica dei flussi di mobilità sono state prese in considerazione le singole variabili quali possibili determinanti. Quale quantificazione del flusso di mobilità la variabile considerata dipendente nel modello elaborato è il “tasso migratorio interno”. A lungo si è parlato della forte incidenza che il fenomeno dell’immigrazione straniera ha avuto negli ultimi anni in Italia, mentre scarsa è stata l’attenzione prestata ai movimenti migratori interni. A fronte di un flusso estero riguardante mezzo milione di nuovi residenti, infatti, quello interno interessa quasi il triplo delle persone, cioè 1.385.046 di italiani37. Dai dati si evince che il 67,4% del movimento migratorio è prodotto dagli spostamenti da altri Comuni, il 21,6% dall’estero e l’11% dalle correzioni dei dati censuari38. Per quanto riguarda il movimento interno, il Centro conta 248.131 nuovi ospiti mentre il Mezzogiorno 346.103, ma la meta più ambita sia dagli italiani che dagli stranieri è il Nord, basti pensare che nel 2004 si sono spostate nel Settentrione 790.812 italiani a fronte di 26.469.091 residenti. Tabella 23 - Nuovi iscritti all’anagrafe, per aree geografiche Valori assoluti e percentuali - Anno 2004 Da altro Comune dall’estero Valore % Valore % assoluto assoluto Nord 790.812 66,8 265.456 22,4 Centro 248.131 64,4 104.419 27,1 Mezzogiorno 346.103 71,0 74.691 15,3 Italia 1.385.046 67,4 444.566 21,6 per altri motivi Valore % assoluto 127.211 10,7 32.854 8,5 66.378 13,6 226.443 11,0 Totale Valore % assoluto 1.183.479 100 385.404 100 487.172 100 2.056.055 100 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT. 37 38 Fonte: Istat, anno 2004. Persone censite come aventi dimora abituale, ma che non hanno voluto o potuto (per mancanza di requisiti) iscriversi nel registro anagrafico dei residenti del comune nel quale erano state censite e iscrizioni di persone non censite, e quindi non entrate a far parte del computo della popolazione legale, ma effettivamente residenti. 93 Le variabili SocioEconomiche dei flussi di mobilità costretta CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Tra il 1993 e il 200239 risulta un incremento del 10% dei trasferimenti di residenza ed in particolare ammonta circa al 17% l’aumento di quelli effettuati tra Regioni diverse. La percentuale maggiore di trasferimenti avviene all’interno della stessa regione che nel 2002, con 887.097 spostamenti su 1.223.558, rappresentava il 72,50% del totale. Dai valori assunti dall’indice di spostamento40 calcolato dallo Svimez su base 1993, si può notare come il più alto incremento della mobilità interna si registri dal 1998 in poi, quando tale indice da 108 aumenta progressivamente fino a raggiungere, nel 2002, il valore di 110. Tuttavia, il flusso migratorio riguardante sia gli spostamenti all’interno della stessa regione che tra Regioni diverse ha raggiunto il suo apice nel 2000, coinvolgendo 1 milione e 270 mila persone. Tabella 24 - Trasferimenti di residenza per tipologia Serie storica 1993-2002 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Totali Valore Numero assoluto indice 1.115.101 100 1.109.749 100 1.109.960 100 1.095.628 98 1.153.455 103 1.199.883 108 1.218.731 109 1.271.878 114 1.133.006 102 1.223.558 110 Tra Regioni diverse Valore Numero assoluto indice 287.584 100 278.740 97 287.749 100 296.183 103 307.286 107 324.852 113 335.760 117 359.008 125 320.133 111 336.461 117 Nella stessa regione Valore Numero assoluto indice 825.517 100 831.009 100 822.211 99 799.445 97 846.169 102 875.031 106 882.971 107 912.870 110 812.873 98 887.097 107 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT. Tra il 2002 ed il 2005 si è verificato un decremento del saldo migratorio sia nel Nord che nel Centro, mentre nel Mezzogiorno nello stesso periodo si è registrato un aumento costante. Se nel 2002, infatti, il saldo migratorio del Nord interessava 3,2 persone per mille abitanti, nel 2005 ne riguarda soltanto la metà. Nel Sud d’Italia, invece, come probabile risposta alla crisi economica, nei tre anni si va progressivamente ampliando la fetta di popolazione emigrante nelle altre Regioni, passando da un saldo del -2,0 per mille abitanti del 2002 ad un saldo del -3,1 per mille abitanti nel 2005. 39 40 Rapporto Svimez 2006. L’indice di spostamento calcolato dallo Svimez è dato dal valore assoluto dei trasferimenti di residenza dal 1993 al 2002 considerando come base di calcolo il valore al 1993. 94 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Tabella 25 - Tasso migratorio interno Serie storica 2002-2005 Piemonte Valle D’Aosta Lombardia Trentino - Alto Adige Veneto Friuli - Venezia Giulia Liguria Emilia - Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna NORD CENTRO OBIETTIVO 1 ITALIA 2002 1,6 6,0 2,5 2,7 3,4 4,5 1,8 6,6 3,2 4,5 4,4 0,2 2,0 1,0 -1,9 -2,6 -3,1 -4,0 -2,8 1,1 3,2 2,0 -2,3 1,1 Tasso migratorio interno (valori per mille abitanti) 2003 2004 0,6 0,6 5,0 3,3 1,2 2,0 1,9 2,5 2,2 1,5 3,3 2,6 1,5 1,8 5,0 4,9 2,3 2,3 3,4 2,7 3,6 3,3 1,6 0,7 2,3 2,1 0,4 -0,5 -3,2 -3,9 -2,6 -2,1 -2,6 -3,1 -3,6 -4,8 -2,3 -2,3 0,7 0,8 2,0 2,2 -2,5 0,6 2,2 1,7 -2,8 0,4 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 2005 -0,1 4,9 1,3 1,8 1,2 1,8 1,3 4,3 1,7 2,9 2,3 0,9 2,5 -1,2 -4,4 -2,6 -3,3 -4,3 -1,9 0,6 1,6 1,5 -2,9 0,1 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT. 95 CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Figura 44 - Tasso migratorio interno nelle province italiane Anno 2005 96 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 45 - Tasso migratorio interno nelle Regioni italiane Anno 2005 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Considerando i dati a livello regionale risulta che la Campania è la regione italiana che ha il flusso migratorio in uscita più alto ed in continuo aumento: se, infatti, il saldo migratorio nel 2002 era di -1,90 per mille abitanti, nel 2005 ammonta a -4,40 per mille abitanti. 97 CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti All’interno del Mezzogiorno, accanto alla Campania, un’altra regione in cui l’esodo dei residenti risulta imponente è la Calabria, il cui tasso migratorio si attesta negli anni su una media di -4,18 persone per mille abitanti. Situazione particolare è quella che vive il Molise, trasformatosi nel corso di soli quattro anni da bacino d’arrivo ad area di fuga. Il suo saldo è, infatti, diminuito da +1 per mille abitanti nel 2002 a -1,2 per mille abitanti nel 2005. Nel Mezzogiorno solo la Sardegna, nonostante un trend negativo negli ultimi anni, presenta un saldo positivo. Tra le Regioni delle aree Obiettivo 1 la regione Sicilia vede da circa quattro anni il proprio saldo migratorio in evoluzione secondo un trend positivo e costante negli anni, passando da un -2,80 per mille abitanti del 2002 ad un -1,90 per mille abitanti del 2005. Situazione del tutto opposta nella regione Basilicata che vede il proprio trend negativo aumentare nel corso degli anni quasi in maniera costante. Figura 46 - Saldo migratorio interno nelle Regioni Obiettivo 1 Serie storica 2002-2005 2 1 0 2002 2003 2004 2005 1 2 3 4 5 6 Campania Puglia Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 98 Basilicata Calabria Sicilia Sardegna LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Cambiando il punto di analisi, si può affermare che le Regioni con maggiore capacità attrattiva sono l’Umbria nel Centro, l’Emilia Romagna nel Nord-Est41 e la Valle d’Aosta nel Nord-Ovest. Tra le Regioni centro-settentrionali solo il Piemonte ha visto un ribasso notevole di tale saldo migratorio tanto da passare da un valore positivo (1,60 per mille abitanti nel 2002) ad un valore negativo (-0,10 per mille abitanti nel 2005). Figura 47 - Tasso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 Serie storica 2002-2005 2 1 0 2002 2003 2004 2005 -1 -2 -3 -4 -5 -6 Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Di seguito si analizzano le singole variabili possibili determinanti del flusso di mobilità. Proseguendo l’analisi, per giungere alla formulazione di un possibile modello che possa spiegare l’evoluzione dei flussi migratori interni, si è voluto indagare anche sul fenomeno dell’occupazione nelle diverse Regioni italiane per titolo di studio. Dall’andamento del tasso di occupazione totale e relativo degli occupati a medio-alta scolarizzazione, aventi cioè almeno il diploma di 41 Entrambe hanno un trend negativo dal 2002 (Umbria 4,50 nel 2002, 2,40 nel 2005; Emilia Romagna 6,60 nel 2002, 3,60 nel 2005). 99 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti scuola superiore, si evidenzia una forte disparità tra le Regioni meridionali e quelle centro-settentrionali. Paragonando i dati regionali al valore medio nazionale, infatti, in entrambi i gruppi indagati (occupati a medio-alta scolarizzazione e occupati totali) le Regioni Meridionali nella totalità dei casi si collocano al di sotto della media nazionale. Di contro, i valori delle Regioni centro-settentrionali sono nettamente superiori a quello medio nazionale ed in alcuni casi risultano quasi il doppio di alcune Regioni meridionali (è il caso del Trentino e dell’Emilia Romagna con valore 451 occupati totali ogni mille abitanti). Ancora una volta è palese il divario tra Nord-Sud. Tabella 26 - Occupati per titolo di studio, sesso e regione Media 2005 Licenza elementare Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Licenza media Diploma 2-3 anni Diploma 4-5 anni 131.000 627.000 5.000 21.000 307.000 1.350.000 31.000 160.000 157.000 708.000 34.000 152.000 36.000 180.000 159.000 597.000 143.000 513.000 20.000 94.000 50.000 207.000 117.000 534.000 42.000 139.000 9.000 35.000 213.000 595.000 150.000 464.000 22.000 59.000 76.000 189.000 175.000 508.000 65.000 256.000 188.000 5.000 468.000 72.000 263.000 58.000 53.000 174.000 79.000 32.000 43.000 119.000 27.000 5.0000 62.000 51.000 11.000 17.000 28.000 15.000 651.000 18.000 1.458.000 122.000 672.000 186.000 244.000 671.000 548.000 147.000 240.000 906.000 204.000 41.000 593.000 407.000 76.000 229.000 548.000 191.000 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 100 Laurea breve, laurea, dottorato 233.000 7.000 611.000 54.000 263.000 73.000 107.000 272.000 226.000 52.000 95.000 410.000 80.000 16.000 264.000 150.000 25.000 93.000 212.000 69.000 Totale 1.829.000 55.000 4.194.000 440.000 2.063.000 504.000 620.000 1.872.000 1.510.000 346.000 635.000 2.085.000 492.000 107.000 1.727.000 1.221.000 193.000 603.000 1.471.000 597.000 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Tabella 27 - Tasso di occupazione per titolo di studio e regione Media 2005 (occupati ogni 1.000 abitanti) Almeno il Diploma superiore valore assoluto Occupati Piemonte 884.000 204 Valle d’Aosta 25.000 203 Lombardia 2.069.000 220 Trentino Alto Adige 176.000 181 Veneto 935.000 199 Friuli Venezia Giulia 259.000 215 Liguria 351.000 220 Emilia Romagna 943.000 227 Toscana 774.000 215 Umbria 199.000 232 Marche 335.000 221 Lazio 1.316.000 250 Abruzzo 284.000 219 Molise 57.000 177 Campania 857.000 148 Puglia 557.000 137 Basilicata 101.000 169 Calabria 322.000 160 Sicilia 760.000 152 Sardegna 260.000 158 ITALIA 11.463.000 196 valore assoluto 1.829.000 55.000 4.194.000 440.000 2.063.000 504.000 620.000 1.872.000 1.510.000 346.000 635.000 2.085.000 492.000 107.000 1.727.000 1.221.000 193.000 603.000 1.471.000 597.000 22.563.000 Totale Occupati 422 448 446 451 439 418 389 451 420 403 418 396 37 332 298 300 324 300 293 362 386 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Ulteriori analisi sono state effettuate sui tassi di occupazione in serie storica dal 1995 al 2005. Nel lungo periodo i dati confermano la profonda distanza tra Regioni meridionali e quelle Centro-Settentrionali, poiché si nota un aumento di tale tasso. Mentre nel Centro-Nord è costante nel tempo, nel Mezzogiorno segue un trend altalenante. Se da una parte, infatti, nelle due Isole e in Basilicata c’è un trend positivo che già dal 1996 si conferma nel tempo, nelle altre Regioni meridionali si nota invece una involuzione dei tassi di occupazione con valori in discesa. 101 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 102 1996 56,5 61,8 58,7 62,7 58,3 56,6 53,9 63,9 57,2 56,0 58,2 50,4 56,1 48,7 42,1 42,6 43,8 40,7 39,6 45,8 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 1995 55,5 61,1 58,3 61,2 57,8 55,6 52,9 63,1 57,0 55,5 57,2 49,9 55,0 49,3 42,5 42,5 44,1 41,9 39,5 46,2 1997 56,1 62,6 58,8 62,7 59,1 56,8 54,5 64,5 57,3 56,2 57,3 50,8 55,4 49,1 42,2 41,9 44,6 40,6 40,0 46,7 1998 56,2 62,3 59,8 63,5 59,6 57,5 55,7 65,1 58,0 56,9 58,1 51,1 55,2 49,3 43,3 42,4 45,0 41,0 40,9 47,3 1999 57,9 62,6 60,9 64,2 60,4 58,3 56,7 66,6 59,3 59,2 59,8 51,8 54,6 49,6 43,1 43,2 45,7 40,5 41,0 48,1 2000 59,8 65,2 61,7 65,8 62,0 59,5 58,1 67,8 60,8 60,7 60,7 52,8 56,0 50,9 43,2 44,5 47,6 41,5 41,6 48,3 2001 60,7 66,3 63,0 65,9 62,8 61,2 60,2 68,5 62,1 61,8 61,4 53,9 58,3 52,2 44,0 45,4 47,1 42,8 43,0 50,2 2002 61,2 66,7 63,9 66,3 63,1 61,5 60,5 69,5 62,4 60,9 62,2 55,7 59,0 52,5 45,4 46,2 47,9 43,8 43,5 50,9 2003 63,0 67,5 65,2 67,1 64,8 63,1 60,4 69,5 63,7 60,9 64,0 57,0 58,1 51,8 45,7 45,4 49,6 45,2 43,4 51,2 2004 63,4 67,0 65,5 67,4 64,3 62,5 60,2 68,3 63,2 61,4 63,8 58,5 56,3 52,0 45,0 45,0 49,1 46,0 43,2 51,2 2005 64,0 66,3 65,5 67,1 64,6 63,1 61,0 68,4 63,7 61,6 63,5 58,4 57,2 51,1 44,1 44,4 49,2 44,5 44,0 51,4 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Tabella 28 - Tasso di occupazione per ripartizione regionale. Serie storica 1995-2005 CAPITOLO 1 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 48 - Tasso di occupazione nelle province italiane Anno 2005 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 103 CAPITOLO 1 Figura 49 - Tasso di occupazione nelle Regioni italiane Anno 2005 104 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Spostando l’attenzione sul fenomeno della disoccupazione italiana nel corso di 10 anni, dal 1995 al 2005, viene ribadita ancora una volta la dicotomia interna al Paese. Le Regioni Centro-Settentrionali presentano tassi di disoccupazione che il più delle volte sono la quarta parte di quelli delle Regioni meridionali, che nonostante siano caratterizzate da una diminuzione continua di tali tassi, continuano a presentare un divario con le Regioni del Centro-Nord. Ad esempio, confrontando l’Abruzzo, che rappresenta la regione del Centro-Nord con il più alto tasso di disoccupazione (12,2 nel 1995 e 7,9 nel 2005), con la Basilicata, cioè la regione del Sud con il più basso tasso di disoccupazione (15,9 nel 1995 e 12,3 nel 2005), si può notare come il divario tra le due aree negli anni aumenti in modo notevole: nel 1995 la distanza tra le due è pari a 3,7, mentre nel 2005 è del 4,4. Pertanto, la disoccupazione nel Mezzogiorno diminuisce in maniera meno che proporzionale rispetto a quella delle Regioni CentroSettentrionali e, in tale prospettiva, potrebbe essere letto sia il mancato decollo economico, sia il consequenziale flusso migratorio verso il Nord d’Italia. Dall’andamento della serie storica dei tassi di disoccupazione si nota che dai picchi, registrati in tutte le Regioni nel biennio 1999-2000, si passa ad un trend decrescente dell’indicatore considerato negli anni successivi con livelli minimi dei tassi di disoccupazione mai toccati negli ultimi dieci anni. La Calabria sembra essere l’unica regione che non vede mutare nel tempo il proprio tasso di disoccupazione; se nel 1995, infatti, tale valore raggiunge il 14,7, nel 2005 è di 14,4. Il primato della Sicilia e della Campania, invece, inteso come il valore del tasso di disoccupazione costantemente superiore al valore medio di tutto il Mezzogiorno, viene conteso negli ultimi anni dalla Puglia e dalla Calabria. 105 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 106 1996 10,6 9,9 5,7 4,3 6,0 10,9 11,9 4,4 7,2 10,4 6,1 12,4 11,7 11,7 20,2 16,4 15,8 16,7 23,1 14,5 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Ista 1995 10,6 10,9 5,8 4,7 6,1 11,5 12,0 4,9 7,6 10,1 6,7 12,3 12,2 11,9 20,2 15,7 15,9 14,7 22,6 14,7 1997 10,8 9,6 5,4 4,1 5,7 10,8 11,2 4,9 7,3 9,1 7,0 12,0 11,9 12,1 20,7 17,9 16,7 15,6 23,4 14,7 1998 10,7 9,7 5,1 3,5 5,5 9,8 11,1 4,5 7,0 9,1 6,0 12,0 12,0 12,8 19,9 19,5 16,1 19,1 24,1 15,2 1999 9,7 9,7 4,4 3,8 5,1 9,9 10,6 3,5 6,5 8,3 6,0 11,8 12,8 12,2 19,9 18,1 15,3 21,2 24,4 15,7 2000 8,6 8,6 3,9 2,8 4,3 8,6 8,9 3,0 5,4 7,1 5,0 11,2 10,7 10,0 20,0 16,3 14,5 19.3 24,0 15,6 2001 7,2 8,5 3,2 2,8 4,0 7,9 7,0 2,8 4,3 6,3 4,5 10,5 9,0 9,7 18,8 14,1 14,6 19,3 22,0 13,8 2002 7,4 7,9 3,3 2,9 3,9 7,7 7,0 2,2 4,1 7,3 5,0 8,5 9,4 8,8 17,5 13,4 13,5 18,0 20,6 13,5 2003 5,4 3,7 3,6 2,8 3,8 5,1 6,5 3,1 4,9 6,5 4,5 9,1 8,4 10,5 16,9 15,0 13,2 16,5 20,1 13,8 2004 5,3 3,0 4,0 2,9 4,2 3,9 5,8 3,7 5,2 5,7 5,3 7,9 7,9 11,3 15,6 15,5 12,8 14,3 17,2 13,9 2005 4,7 3,2 4,1 3,2 4,2 4,1 5,8 3,8 5,3 6,1 4,7 7,7 7,9 10,1 14,9 14,6 12,3 14,4 16,2 12,9 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Tabella 29 - Tasso di disoccupazione per ripartizione regionale. Serie storica 1995-2005 CAPITOLO 1 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 50 - Tasso di disoccupazione in serie storica 1995-2005 nelle Regioni Obiettivo 1 30 25 20 15 10 5 0 1995 1996 1997 Campania 1998 Puglia 1999 Basilicata 2000 Calabria 2001 Sicilia 2002 Sardegna 2003 2004 2005 Media Mezzogiorno Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat 107 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Figura 51 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni italiane Anno 2005 108 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Per quanto riguarda i tassi di disoccupazione suddivisi per titolo di studio si individuano dei valori che possono rappresentare una sicura determinante dei flussi migratori. Notevole è la differenza tra i valori riscontrati nelle isole e quelli emersi nelle altre Regioni: in Sicilia e in Sardegna, infatti, il tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione è più elevato di quello a medioalta scolarizzazione, trend che risulta totalmente inverso rispetto a quello del resto delle Regioni. Probabilmente l’isolamento geografico porterebbe ad ipotizzare quale sua conseguenza la contrazione alla propensione alla mobilità, tale da giustificare i bassi tassi migratori. Tuttavia, dai dati della tabella seguente, la giustificazione potrebbe essere imputata proprio al maggiore tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione. Infatti, nelle altre Regioni dove accade il fenomeno opposto, la migrazione interna ha una certa rilevanza, fatto questo che potrebbe essere riconducibile ad uno spostamento di persone ad alta scolarizzazione. Tabella 30 - Tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno per titolo di studio Anno 2005 Totale Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 14,900 14,600 12,300 14,400 16,200 12,900 TASSO DI DISOCCUPAZIONE Almeno Diploma Superiore 12,925 13,600 12,525 14,425 12,225 11,200 Bassa scolarizzazione 12,330 11,570 8,930 10,770 14,500 12,570 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. Accanto all’analisi dei livelli di occupazione e di disoccupazione, si è ritenuto necessario proseguire lo studio sulle probabili determinanti dei flussi migratori interni ponendo l’attenzione anche sull’andamento della forza lavoro nelle Regioni dell’Obiettivo 1. Per tale finalità è stata ricostruita la serie storica della forza lavoro dal 1995 al primo trimestre 2006. Dall’analisi di questo indicatore si nota che, se da un lato vi è stato un aumento di tale valore dal 1995 (tranne per la regione Calabria 711 nel 1995 mentre 693 nel 1 trimestre 2006), il trend degli ultimi anni in tutte le Regioni considerate subisce una contrazione che volge al negativo, in modo particolare nella regione Campania. Per definizione42 le forze lavoro sono le persone occupate e quelle in cerca di occupazione (disoccupati, persone in cerca di prima occupazio109 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti ne e altre persone in cerca di occupazione), per cui l’analisi di tale componente non può non essere correlata a quelle effettuate su occupati e disoccupati. Come già evidenziato in precedenza (§ 2.3.1.a e 2.3.1.b), ad un trend in discesa del tasso di disoccupazione dal 1995, pur con la presenza in alcune Regioni di valori altalenanti, non corrisponde uno stesso andamento del tasso di occupazione, divario questo che va ampliandosi soprattutto nell’ultimo triennio. Tale contrazione viene evidenziata anche da quanto emerge dall’analisi sulla forza lavoro. Una possibile e plausibile spiegazione viene fornita dalla presenza nelle Regioni considerate di flussi migratori. Questi spostamenti, infatti, a parità di persone occupate, riducendo il numero delle persone in cerca di occupazione comportano una diminuzione della forza lavoro e nello stesso tempo del tasso di disoccupazione. Graficamente si può notare come i valori della metà delle Regioni dell’Obiettivo 1 (Calabria, Sardegna, Basilicata) siano collocati al di sotto della media, ma soprattutto come, per tutte le Regioni, i trends siano costanti negli anni. Numericamente, infatti, le variazioni risultano del tutto irrilevanti e non trovano affatto corrispondenza nella forte riduzione, avvenuta negli ultimi anni, del tasso di disoccupazione rispetto ad una relativa stabilità dei tassi di occupazione. 42 110 Glossario Istat. 1995 1.987 1.379 213 711 1.645 611 1.091 1996 1.979 1.400 210 707 1.661 610 1.094 1997 2.007 1.402 215 699 1.696 625 1.107 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea. Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1 1998 2.047 1.451 215 731 1.751 641 1.139 1999 2.031 1.449 216 738 1.756 651 1.140 2000 2.044 1.462 221 731 1.776 649 1.147 2001 2.055 1.449 217 751 1.777 660 1.151 2002 2.085 1.464 218 758 1.761 666 1.159 2003 2.073 1.446 218 754 1.760 660 1.152 Tabella 31 - Forze di lavoro in serie storica 1995-2005 e I° trimestre 2006 Regioni Obiettivo 1 (dati in migliaia) 2004 2.087 1.461 222 723 1.739 689 1.153 2005 2.029 1.431 220 705 1.756 686 1.138 I° trimestre 2006 2.025 1.464 220 693 1.748 675 1.137 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 111 CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Figura 52 - Forza Lavoro in serie storica 1995-2006 nelle Regioni Obiettivo 1 2.500 2.000 1.500 1.000 500 0 1995 1996 1997 Campania 1998 Puglia 1999 Basilicata Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 112 2000 2001 Calabria 2002 Sicilia 2003 Sardegna 2004 2005 Obiettivo 1 I° trimestre 2006 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 53 - Forze di lavoro nelle province italiane Anno 2005 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 113 CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Figura 54 - Forze di lavoro nelle Regioni italiane Anno 2005 114 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 1.4.1d Il reddito disponibile pro-capite E’ stato approfondito un ulteriore indice come possibile variabile esplicativa dei flussi migratori: il reddito disponibile pro-capite. Dall’analisi della serie storica (1995-2004) di tale indice secondo ripartizione regionale è emersa una notevole differenza tra i valori del Sud e del Nord d’Italia poiché, nella maggior parte dei casi analizzati, i primi sono risultati la metà dei secondi. In tutte le Regioni si è registrato un aumento più o meno costante nell’arco temporale considerato, ma con notevoli differenze in termini numerici tra Regioni del Sud e quelle del Centro-Nord. Se dopo dieci anni, infatti, nelle ripartizioni del Centro-Nord l’incremento è stato di circa 6.000 euro con picchi di oltre 7.000 euro (variazione 1995 – 2004 del Trentino Alto Adige pari a +7.792), nelle Regioni del Mezzogiorno, i cui valori di partenza erano già molto più bassi, l’aumento è stato di circa 5.000 euro (variazione massima 1995 – 2004 pari a + 5.314 in Basilicata). La regione nel 2004 con reddito pro-capite più elevato è stata il Trentino Alto Adige (26.954 euro nel 2004) che, grazie ad una forte crescita economica, ha superato negli anni la Valle d’Aosta (25.407 euro nel 2004). Dall’altro lato, il valore più basso nel 1995 (8.399 euro) è stato quello della regione Calabria che permane nell’ultima posizione anche nel 2004 (13.343 euro). 115 116 1996 17.108 20.682 16.276 18.336 20.768 18.047 17.642 19.283 15.527 16.189 14.645 14.447 13.142 11.995 9.886 9.994 10.613 8.908 9.921 11.104 1997 17.612 20.734 16.893 18.970 21.002 18.750 18.096 19.709 16.157 16.797 15.227 14.908 13.458 12.966 10.398 10.200 11.129 9.417 10.452 11.729 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istituto Tagliacarne. 1995 16.181 19.700 15.154 17.166 19.162 16.872 16.642 17.966 14.398 15.152 13.986 13.673 12.410 11.026 9.339 9.326 9.682 8.399 9.261 10.415 1998 18.297 21.285 17.681 19.517 22.220 19.289 18.629 20.448 16.437 17.526 15.660 15.760 13.739 13.133 10.787 10.712 11.761 9.774 10.785 12.150 1999 18.818 21.495 18.145 19.530 22.420 19.727 19.391 20.873 17.228 18.163 16.499 15.811 14.133 13.320 11.170 11.228 12.636 10.333 11.037 12.823 2000 19.876 22.070 19.222 20.445 24.015 20.797 20.441 22.058 18.019 19.012 17.199 16.301 15.137 14.209 11.773 11.720 12.900 10.916 11.638 13.261 2001 20.950 23.840 20.674 21.505 24.861 21.467 21.547 23.060 18.966 20.017 18.072 17.414 16.174 15.166 12.540 12.377 13.328 11.702 12.402 14.241 2002 21.464 24.419 21.562 22.453 25.969 21.916 22.522 23.994 19.396 20.549 18.630 18.570 16.724 15.774 13.480 13.096 13.862 12.373 13.012 14.743 2003 22.026 25.015 22.355 23.002 26.404 22.349 23.052 24.436 19.868 20.909 19.045 19.313 17.004 16.672 13.895 13.483 14.436 12.900 13.761 15.410 2004 22.992 25.407 22.900 23.800 26.954 22.848 23.598 24.667 20.366 21.636 19.695 20.248 16.974 17.046 14.382 13.810 14.996 13.343 14.042 5.724 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Piemonte Valle d’Aosta Liguria Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Emilia Romagna Marche Toscana Umbria Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Tabella 32 - Reddito pro capite per ripartizione regionale Serie storica 1995-2004 CAPITOLO 1 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Le differenze tra le aree Obiettivo 1 e le altre aree della penisola italiana risultano ancora più evidenti considerando una ripartizione geografica non più di tipo regionale, ma per grandi aree. Dall’elaborazione grafica dei dati si nota, inoltre, che anche il Centro ha valori medi al di sotto al dato nazionale. A condizionare tale valore, però, è la presenza del valore relativo alla regione Molise, in quanto regione non facente parte dell’area dell’Obiettivo 1. Tabella 33 - Reddito pro capite ripartizione per grandi Aree Serie storica 1995-2004 Nord-Ovest Nord-Est Centro Obiettivo 1 ITALIA 1995 17.050 17.660 13.441 9.404 14.389 1996 18.100 18.935 14.324 10.071 15.357 1997 18.552 19.389 14.919 10.554 15.853 1998 19.195 20.146 15.376 10.995 16.428 1999 19.497 20.603 15.859 11.538 16.874 2000 20.403 21.828 16.646 12.035 17.728 2001 21.742 22.734 17.635 12.765 18.719 2002 22.474 23.600 18.274 13.428 19.444 2003 23.099 24.060 18.802 13.981 19.985 2004 23.775 24.517 19.327 14.383 20.500 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istituto Tagliacarne. Figura 55 - Reddito pro capite ripartizione grandi aree Serie storica 1995-2004 30.000 25.000 20.000 15.000 10.000 5.000 0 1995 1996 1997 1998 Nord - Ovest 1999 Nord - Est 2000 Centro 2001 Obiettivo 1 2002 2003 2004 ITALIA Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat Focalizzando l’attenzione sulle Regioni meridionali, i valori più elevati rispetto alla media sono solo quelli relativi alla regione Sardegna ed alla Basilicata, mentre i valori più bassi in assoluto si riscontrano in Calabria. 117 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 118 1996 9.886,0 9.994,0 10.613,0 8.908,0 9.921,1 11.104,0 10.071,0 1997 10.398,0 10.199,8 11.129,0 9.416,6 10.451,7 11.729,2 10.554,0 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istituto Tagliacarne 1995 9.338,6 9.326,0 9.682,0 8.398,6 9.262,0 10.415,2 9.403,7 1998 10.787,2 10.712,0 11.760,5 9.774,2 10.784,7 12.150,2 10.994,8 1999 11.170,2 11.227,6 12.635,5 10.333,4 11.037,2 12.822,5 11.537,7 2000 11.773,4 11.719,8 12.899,5 10.915,6 11.637, 13.260,7 12.034,4 2001 12.540,2 12.377,0 13.328,0 11.701,6 12.401,7 14.241,2 12.764,9 2002 13.479,6 13.096,2 13.861,5 12.372,8 13.011,5 14.743,0 13.427,4 2003 13.894,6 13.483,4 14.435,5 12.900,4 13.760,5 15.409,5 13.980,6 2004 14.381,6 13.810,0 14.996,0 13.342,8 14.042,4 15.724,2 14.382,8 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1 Tabella 34 - Reddito pro capite ripartizione Regioni Obiettivo 1 Serie storica 1995-2004 CAPITOLO 1 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Figura 56 - Reddito pro capite in serie storica 1995-2004 nelle Regioni Obiettivo 1 18.000,00 16.000,00 14.000,00 12.000,00 10.000,00 8.000,00 6.000,00 4.000,00 2.000,00 0,00 1995 1996 Campania 1997 Puglia 1998 1999 Basilicata 2000 Calabria 2001 Sicilia 2002 Sardegna 2003 2004 Obiettivo 1 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat Per lo studio statistico di un modello in grado di spiegare il fenomeno dei flussi migratori interni, dalle Regioni meridionali verso quelle centro – settentrionali, sono state considerate, oltre alle precedenti, altre variabili determinanti del fenomeno e ad esso correlate. Tra quelle rilevanti anche dal punto di vista della possibile correlazione con i flussi migratori, bisogna menzionare il Peso dell’Industria, la Spesa delle Famiglie, il Prodotto Interno Lordo, le Unità di Lavoro e il Tasso di Lavoro Nero. Il primo indicatore sintetizzato è la Spesa delle Famiglie (indicatore di povertà/ricchezza) che rivela le spese sostenute dalle famiglie residenti per acquistare beni e servizi. In tale definizione rientrano: • gli autoconsumi; • i beni e servizi forniti dal datore di lavoro ai dipendenti a titolo di salario o per prestazioni di servizio; • i fitti stimati delle abitazioni occupate dai proprietari o godute a titolo gratuito; • ogni altra spesa effettuata dalla famiglia per scopo diverso dal consumo esclusa dalla rilevazione. L’indagine sulla Spesa delle Famiglie rileva l’ammontare complessivo della spesa al momento dell’acquisto del bene o servizio, a prescin- 119 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Tabella 35 - Variabili statistiche correlate ai flussi Migratori delle Regioni Obiettivo 1 Anno 2004 - Composizioni percentuali su base nazionale Spesa delle Famiglie (a) Piemonte 8,1 Valle d’Aosta 0,3 Lombardia 17,8 Trentino Alto Adige 2,1 Veneto 8,9 Friuli Venezia Giulia 2,2 Liguria 3,2 Emilia Romagna 8,5 Toscana 6,9 Umbria 1,4 Marche 2,6 Lazio 9,8 Abruzzo 1,9 Molise 0,5 Campania 7,30 Puglia 5,50 Basilicata 0,80 Calabria 2,70 Sicilia 6,90 Sardegna 2,40 100 NORD OVEST NORD EST NORD CENTRO MEZZOGIORNO Prodotto Interno Lordo (a) 8,4 0,3 20,2 2,2 9,1 2,4 3,0 8,7 6,7 1,4 2,6 10,4 1,9 0,4 6,50 4,60 0,70 2,30 6,00 2,20 100 Unità di Lavoro (a) 8,1 0,2 28,5 2,1 9,1 2,2 3,8 8,4 6,8 1,5 2,8 10,0 2,0 0,5 7,40 5,50 0,80 2,70 6,30 2,40 100 Tasso di irregolarità* 9,2 14,7 7,3 10,9 8,7 12,8 11,5 8,6 9,8 12,8 10,7 14,4 12,6 19,2 23,2 20,9 20,8 31,0 26,0 18,3 13,4 8,3 9,3 51,3 20,7 28,1 54,1 21,1 24,7 51,3 21,1 27,5 12,3 22,8 valori calcolati dagli aggregati a prezzi correnti. * anno 2003 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. dere dal momento dell’effettivo consumo o utilizzo e dalle modalità di pagamento (per acquisti a rate o con carta di credito). Dalla tabella si evince che tale valore risulta essere più elevato al Nord rispetto ad altre aree della penisola, a causa di un elevato grado di incertezza sulle prospettive di evoluzione del reddito. Altra variabile considerata è il Prodotto Interno Lordo che rappresenta il rapporto tra il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti da una Regione in un determinato periodo di tempo e i fattori produttivi impiegati all’interno della Regione stessa. Anche questo dato mette in evidenza il netto divario che esiste tra Nord e Sud e che risulta essere indicativo di una forte incidenza del mancato sviluppo economico nazionale delle Regioni meridionali del paese rispetto a quelle settentrionali. Infine, il dato delle Unità di Lavoro quantifica, invece, in modo omogeneo, il volume di lavoro svolto da coloro che partecipano al 120 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 processo produttivo realizzato sul territorio economico di una Regione a prescindere dalla loro residenza, ovvero di occupati interni. Esso rappresenta la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o ancora da lavoratori che svolgono un doppio lavoro. Questo concetto non è più legato alla singola persona fisica, ma risulta ragguagliato ad un numero di ore annue corrispondenti ad un’occupazione esercitata a tempo pieno, numero che può diversificarsi in funzione della differente attività lavorativa. Le unità di lavoro sono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi rientranti nelle stime del Prodotto Interno Lordo in un determinato periodo di riferimento. Tale indicatore evidenzia, come del resto accadeva per le altre due variabili analizzate precedentemente, come oltre il 50 % di unità lavorative si trovino al Nord. Per quanto riguarda i tassi di irregolarità, calcolati come rapporto percentuale tra le unità di lavoro non regolari per regione e/o ripartizione e le unità di lavoro totali, è evidente come nel complesso economico del paese sono le Regioni dell’Italia meridionale ad avere i valori più elevati. Le differenze sembrano interpretabili alla luce della marginalità economica e dell’arretratezza del sistema produttivo che caratterizza quei contesti in cui il fenomeno in esame risulta essere maggiormente incisivo. L’enorme divario del valore di questo indice tra le Regioni del Mezzogiorno e le altre aree della penisola, non fa altro che confermare che gli sforzi ad indirizzo politico – programmatici devono essere indirizzati verso la lotta al sommerso che riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’intero sistema economico di un territorio. Ultima variabile sintetizzata a livello regionale è quella riguardante il Peso dell’Industria che rappresenta la percentuale della ricchezza prodotta dal settore industriale rispetto alla ricchezza dell’intero indotto economico locale. In questo caso si nota come la Basilicata sia l’unica regione del Mezzogiorno che registri una certa rilevanza in termini di ricchezza prodotta dal settore industriale grazie alla presenza di distretti industriali. 121 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti CAPITOLO 1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti Tabella 36 - Peso dell’Industria nelle Regioni Obiettivo 1 Anno 2003 - Valori percentuali Peso dell’Industria 19,80 22,30 27,20 16,90 16,90 19,90 Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Fonte: Istat Popolazione di riferimento dello studio della mobilità Nello studio del fenomeno della mobilità geografica il target di riferimento è la popolazione avente età compresa nell’intervallo 18 – 33 anni, di conseguenza è utile analizzarne la dinamica soprattutto nelle Regioni delle aree Obiettivo 1, su cui l’indagine è focalizzata. Nella fattispecie nelle Regioni Obiettivo 1 si segnala lungo la dimensione temporale 2002 – 2005 un maggior decremento della popolazione in esame nelle Regioni della Sardegna (-4,76%) e della Basilicata (-4,62%). Tabella 37 - Popolazione di età 18 - 33 anni Serie storica 2002-2005 Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna ITALIA Fonte: Istat 122 2002 2003 2004 2005 848.183 24.950 1.950.889 204.109 986.604 238.309 279.630 803.509 701.052 167.184 306.469 1.120.165 272.966 69.308 1.389.290 966.380 137.209 473.524 1.146.036 392.204 12.477.970 823.044 24.541 1.899.674 200.468 965.231 232.047 269.386 785.865 683.166 165.054 302.756 1.091.362 270.518 68.645 1.377.343 951.531 135.039 468.199 1.130.692 386.568 12.231.129 811.687 24.038 1.880.310 197.840 955.448 226.768 261.693 775.565 679.562 165.756 302.603 1.086.764 270.141 68.019 1.369.952 941.270 133.335 465.541 1.126.306 380.545 12.123.143 803.244 23.490 1.869.561 196.135 944.580 221.110 257.869 778.367 672.245 165.319 299.794 1.079.995 269.007 67.101 1.356.598 931.738 130.868 458.085 1.111.962 373.541 12.010.609 Variazione % popolazione 2002-2005 -5,30 -5,85 -4,17 -3,91 -4,26 -7,22 -7,78 -3,13 -4,11 -1,12 -2,18 -3,59 -1,45 -3,18 -2,35 -3,58 -4,62 -3,26 -2,97 -4,76 -3,75 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 1.4.2 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio Correlazione lineare di Pearson L’indicazione di una serie di determinanti dei flussi di mobilità ha posto il problema di valutare l’eventuale correlazione43 di queste con il fenomeno migratorio al fine di confermare o meno l’esistenza di una relazione. Dalle analisi statistiche44 effettuate risulta che i tassi di migrazione delle Regioni Obiettivo 1 sono correlati alle variabili considerate nei paragrafi precedenti. La correlazione risulta positiva45, per le seguenti variabili: • Indice di struttura della popolazione attiva; • Tasso di occupazione; • Reddito disponibile pro-capite; é invece negativa46, per: • Il tasso di disoccupazione a medio-alta scolarizzazione; • Il tasso di lavoro nero. Risulta poco significativa la correlazione tra tasso migratorio e le altre variabili quali: • Occupati a bassa scolarizzazione; • Occupati a medio-alta scolarizzazione; • Forza lavoro; • Spesa delle famiglie; • Assunzioni previste laureati; • Assunzioni previste; • Tasso di disoccupazione; • Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione; • Indice popolazione di età 19 – 32 anni; • Peso Industria. 43 La correlazione fra due variabili non implica una relazione causa – effetto ma semplicemente la tendenza di una variabile a variare in funzione di un’altra. 44 Elaborazione con software statistico SPSS (Statistical Package for the Social Sciences) 14.0, coefficiente di correlazione di Pearson. 45 La correlazione si dice diretta o positiva quando variando una variabile in un senso anche l’altra varia nello stesso senso (alle stature alte dei padri corrispondono stature alte dei figli);. 46 La correlazione si dice indiretta o inversa quando variando una variabile in un senso l’altra varia in senso inverso (a una maggiore produzione di grano corrisponde un prezzo minore). 123 CAPITOLO 1 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio Di fatto queste variabili sono state escluse dalle considerazioni utili a spiegare le determinanti dei flussi di mobilità costretta. Le analisi mettono a confronto il tasso migratorio generico interno delle Regioni italiane del 2005, calcolato dall’Istat per ogni 1.000 abitanti. Tale valore è calcolato sul dato ufficiale degli iscritti e cancellati rapportato alla popolazione residente nell’arco di tempo considerato, di conseguenza si tratta di un dato ufficiale che però non valuta la mancata registrazione di tutti coloro che emigrando decidono di non cambiare la propria residenza. Un esempio che conferma quanto appena asserito è dato dal fatto che solo il 40%47 circa della popolazione emigrante della provincia di Benevento decide di cambiare il proprio medico curante una volta spostatosi. Ciò comporta che la maggior parte delle persone che si spostano da Benevento non vengono rintracciate per mancanza di dati ufficiali. Per quanto riguarda le variabili correlate positivamente ai flussi migratori non si notano delle criticità dal momento in cui le dipendenze analizzate sono sempre di facile interpretazione. Risulta, infatti, intuitivo che a flussi migratori crescenti da una data regione corrispondano alti valori del tasso di occupazione e del reddito disponibile pro-capite. Stesse considerazioni per le variabili correlate in maniera negativa ai flussi migratori. Infatti, la fuoriuscita di persone facendo diminuire la forza lavoro presente in una regione porta come conseguenza la diminuzione sia dei tassi di disoccupazione che del tasso di lavoro nero. In modo particolare si nota la diminuzione dei tassi di disoccupazione a medio alta scolarizzazione, dovuta presumibilmente più al flusso migratorio, per lo più costituito da diplomati e laureati che da un aumento degli occupati a medio alta scolarizzazione. Dato questo ultimo confermato dall’indagine CATI analizzata nei paragrafi precedenti. Infatti, questi giovani, una volta formatisi in aree diverse da quelle di residenza, decidono di restarvi per la facilità di inserimento nel mondo lavorativo. Per tali motivazioni, sempre più spesso nelle Regioni meridionali si nota la mancanza di alcune figure professionali, soprattutto ad alta scolarizzazione, che risultano essere importanti per la crescita di tali aree. Una medaglia a due facce: dove da un lato, le figure professionali già presenti di cui il mercato lavorativo è saturo e, dall’altro, altre professionalità che per la loro mancanza vengono richieste al Centro-Nord. 47 124 Ufficio Mobilità dell’Ufficio CED (Centro Elaborazione Dati) dell’ASL BN. LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Analisi delle componenti principali L’analisi in componenti principali48 è una delle tecniche maggiormente utilizzate nel trattamento multidimensionale dei dati. Essa consente di realizzare un’economia descrittiva riducendo il numero di variabili necessarie per descrivere il fenomeno in esame e di ricercare le dimensioni fondamentali, i fattori, che determinano lo stesso. È stata applicata ad una matrice con in riga le Regioni dell’area Obiettivo 1 e in colonna le determinanti del flusso migratorio viste in precedenza. Lo studio si è, quindi, concentrato sull’influenza di tali variabili sul territorio in esame. Innanzitutto si procede con l’osservazione della matrice di correlazione, cercando di identificare le variabili tra loro maggiormente correlate: dall’analisi risulta che la maggior parte delle variabili sono correlate tra loro e tale interdipendenza è statisticamente significativa. Tuttavia alcuni coefficienti superando lo 0,90 come valore, ci indicano che potrebbero esserci problemi di multicollinearità (correlazioni spurie o nascoste)49. Verificata l’esistenza di correlazione fra le variabili considerate, si procede con l’esame della tabella delle comunalità, ovvero della quantità di varianza di ciascuna variabile spiegata dai fattori comuni: essa evidenzia che gran parte della variabilità di tutte le variabili è ben espressa dai fattori comuni. 48 L’analisi in componenti principali può essere utilizzata quando si dispone di dati quantitativi organizzati in una matrice n x p, ovvero casi (n) per variabili (p). I casi sono collocati sulle righe della matrice dei dati, mentre le variabili si trovano sulle colonne. E’ un metodo che consente di rappresentare la nuvola dei punti-unità, Nu (che è situato in uno spazio a k dimensioni, Rk, che non siamo in grado di vedere ) in un sottospazio Rp (con p<k) in modo che la deformazione che la nuvola Nu subisce, come conseguenza della proiezione in Rp, sia la minima possibile. Si vuole cioè che la deformazione della struttura originaria della matrice di partenza per effetto della proiezione in Rp produca la “minima perdita di informazione” (dove l’informazione è fornita dalla variabilità totale). Il metodo, dunque, fa passare le variabili da k a p. Queste p “nuove” variabili sono dette “componenti principali”. Il primo passo da effettuare prima di impostare la procedura per l’applicazione della tecnica di ACP consiste nella standardizzazione delle variabili che si intende sottoporre ad analisi. La logica che sottende a questa scelta è quella di creare una matrice Xn,p dei dati centrata, ovvero tale che i dati siano espressi in valori-scarto dalla media. Spiega Bolasco “…dal momento che i dati sono centrati, l’origine dello spazio di rappresentazione degli individui sarà data dal baricentro della nuvola dei punti. La distanza di ogni punto dall’origine, pari alla lunghezza o norma del vettore, misura uno scostamento dalla media. Perciò le rappresentazioni vettoriali sono delle misurazioni di differenze dal valor medio, che producono delle valutazioni relative sull’insieme dei punti. Per misurare la dispersione totale della nuvola dei punti, si definisce la quantità di inerzia dei punti pari alla somma ponderata delle M-norme dei vettori unitari”. 49 Si ha una correlazione spuria quando due variabili risultano correlate pur non essendolo in realtà. Infatti si può verificare che la correlazione tra due variabili appaia elevata se la prima è correlata positivamente con una terza variabile, a sua volta correlata positivamente alla seconda. Si ha invece una correlazione nascosta quando due variabili non appaiono correlate pur essendolo in realtà. Infatti si può verificare che la prima variabile sia correlata negativamente con una terza variabile che, a sua volta, è correlata positivamente con la seconda. Ricordiamo, tuttavia, che l’ACP lavora anche in presenza di collinearità. 125 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio CAPITOLO 1 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio Passando all’esame della tabella “varianza totale spiegata”, dalla quale si desume la quota di variabilità spiegata da ogni componente principale che permette di scegliere il numero di componenti su cui basare l’analisi, si osserva che i primi quattro fattori spiegano quasi il 98% dell’informazione totale. Anche lo screeplot conferma quanto sopra50. Lo studio della matrice delle componenti consente di osservare il contributo di ciascuna variabile sul singolo fattore51, o meglio la correlazione tra ciascuna variabile ed ognuno dei fattori estratti, permettendoci di individuare le variabili che sono meglio rappresentate su ciascun fattore. Il primo fattore considerato è caratterizzato da variabili che interpretano una dimensione di sviluppo occupazionale: si rintracciano variabili legate al tasso di occupazione e alle assunzioni previste da una parte e a valori crescenti nel tasso di disoccupazione, negli occupati laureati e diplomati, nella spesa delle famiglie, nella forza lavoro e negli investimenti fissi lordi dall’altra. Per tale motivo è possibile definire questo fattore come “Condizione Economico-Sociale. La seconda componente individuata, invece, è caratterizzata da variabili riconducibili ad una dimensione legata al flusso migratorio: si evidenziano variabili relative al tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione, al tasso di lavoro nero, al reddito disponibile pro-capite regionale e al tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione. Da ciò la motivazione a definire questa seconda componente come “Flusso Migratorio in funzione delle proprie determinanti”. Lo stesso dicasi per la terza componente e quarta componente legate anch’esse al flusso migratorio attraverso le variabili tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione, indice popolazione 19-32 anni e peso dell’industria. La matrice delle componenti ruotata non migliora le possibilità di analisi. La figura che segue mostra il cosiddetto cerchio delle correlazioni nel quale vengono proiettate le variabili considerate sui fattori scelti e permette di analizzare la struttura dei punti unità sugli assi selezionati. Il piano fattoriale considerato è quello formato dal secondo e primo fattore 50 Ci sono tre criteri cui è possibile ricorrere per individuare i fattori da tenere nelle fasi successive di analisi: 1) autovalore > 1: questo criterio è stato indicato già in fase di parametrizzazione della procedura SPSS quando tra i criteri di estrazione è stato indicato di conservare le componenti con autovalori > 1; 2) Incrementi tra gli autovalori > 0,50: si conservano le componenti tra i cui autovalori intercorre una differenza > 0,50; 3) Scree-test: osservazione del grafico decrescente degli autovalori al fine di individuare il punto in cui le differenze tra i diversi autovalori si appiattiscono. Si conservano i fattori che presentano scarti più evidenti e si taglia la linea quando tali scarti si stabilizzano. 51 Dimensione fondamentale che determina la variazione del fenomeno in esame. 126 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 poiché è quello che meglio si presta alle interpretazioni delle variabili. Nell’applicazione in questione le variabili tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione, peso dell’industria, tasso lavoro nero ed indice di disoccupazione di lunga durata si oppongono al reddito disponibile pro-capite, al tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione e al tasso di disoccupazione generale. Questa prima struttura da una parte mette in risalto il fatto che di fronte alle difficoltà del settore industriale di migliorare il territorio attraverso nuove industrie e la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro, il tasso di disoccupazione (prevalentemente a medio alta scolarizzazione) è destinato a crescere: ciò è sicuramente anche la conseguenza della giovane età dei disoccupati e che attualmente la maggior parte dei giovani arriva a conseguire almeno un diploma di scuola media superiore. A fronte di ciò la domanda di lavoro espressa dall’economia regionale è rivolta a qualifiche professionali per le quali è sufficiente la scuola dell’obbligo, rispetto a disoccupati che in buona parte possiedono almeno un diploma superiore. Figura 57 - Piano fattoriale del peso delle determinanti sui due fattori calcolati nelle Regioni Obiettivo 1 Condizione socio-economica Basilicata 4.5 Sardegna 3.0 1.5 Reddito disponibile pro-capite regionale Peso Industria 0 Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione Tasso lavoro nero Indice di disoccupazione di lunga durata Calabria Tasso di disoccupazione -1.5 Puglia Sicilia -3.0 Campania -3.0 -1.5 0 1.5 Flusso migratorio Fonte: Elaborazione Isfol. 127 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio CAPITOLO 1 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio Si tratta di una vera e propria costrizione della mobilità, infatti la mobilità in generale è un fenomeno bidirezionale ed accresce le potenzialità dei territori coinvolti. Qui ci si trova di fronte ad una mobilità monodirezionale, una vera e propria emigrazione che impoverisce i territori dei lavoratori di provenienza a vantaggio dei territori di destinazione. Infatti, è ben noto che, tra i fattori produttivi più importanti ai fini dello sviluppo di un’economia, il capitale umano gioca un ruolo fondamentale, in quanto grazie ad esso possono essere fatti avanzare i settori produttivi più dinamici, in grado di creare innovazione e consentire percorsi di crescita sostenuti nel tempo. Pertanto, è indispensabile promuovere l’insediamento di imprese ad elevato livello di tecnologia e di capitale umano52. L’altro elemento rilevante che insieme alla disoccupazione incide in maniera negativa sull’economia delle Regioni dell’area Obiettivo 1 è il fenomeno del lavoro nero. Infatti, le dinamiche e le conseguenze dovute ad un’economia sommersa, comportano una distorsione di importanti indicatori economici (es. PIL, tasso di disoccupazione, tasso di inflazione, ecc.) che impediscono una valutazione corretta dello stato di salute dell’economia dell’area considerata. Con le analisi statistiche effettuate queste ipotesi diventano assiomi di realtà regionali dove il fenomeno del “sommerso” non garantisce né sicurezza sul posto di lavoro (in termini di diritti) né possibilità di carriera professionale e salariale. Dall’altra parte, invece, si evidenzia una forte influenza del reddito disponibile pro-capite, del tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione e del tasso di disoccupazione generale, elementi di cui già si è trattato abbondantemente nei capitoli precedenti. La segmentazione delle Regioni Obiettivo 1 in funzione delle determinanti della mobilità Al fine di offrire una descrizione più approfondita del flusso migratorio delle Regioni dell’area Obiettivo 1 in funzione delle proprie determinanti, si è proceduto ad effettuare una segmentazione delle Regioni così come proiettate sul piano fattoriale scelto. Sull’asse verticale del piano è stata rappresentata in modo crescente la condizione socioeconomica delle aree oggetto di studio, mentre sull’asse orizzontale il flusso migratorio in funzione delle proprie determinanti. Il grafico realizzato mette in evidenza quattro aree che hanno permesso di definire dei profili demografici di seguito esplicitati. Con “Statici” si definisce la 52 R. Piras, “Migrazioni e capitale umano”, Continua l’esodo di laureati e diplomati. La Sardegna Perde intelligenze. Sardegna Economica 5/2005. 128 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 regione Sardegna in cui si può notare una non fuoriuscita di capitale umano dovuta ad una buona condizione socio-economica. Con “Condizionati” si definisce la regione Basilicata dove il capitale umano è condizionato ad abbandonare la propria regione di residenza in quanto il comparto economico-industriale non riesce ad assorbire tale forza lavoro. Infatti, in questa regione l’offerta di lavoro è a medio bassa scolarizzazione. Si riconoscono, inoltre, due livelli di costrizione: fuggitivi e obbligati. Con “Fuggitivi” si definisce la regione Calabria caratterizzata da una condizione socio-economica bassa e nello stesso tempo da elevati tassi di disoccupazione a medio alta scolarizzazione e del tasso di lavoro nero. Infine, con il profilo “Obbligati” si includono le rimanenti altre Regioni, ossia Puglia, Sicilia e Campania, dove ad una condizione socio-economica bassa si aggiungono elevati tassi disoccupazione soprattutto di a bassa scolarizzazione. Figura 58 - Piano fattoriale Si osserva che nella regione Calabria c’è un elevato tasso di lavoro nero: infatti, l’aumento delle forme di lavoro irregolari trova linfa vitale nella disoccupazione elevata, in quella giovanile che raggiunge picchi di esasperazione, nella carenza di un tessuto industriale che non favorisce lo sviluppo economico e che costringe il capitale umano ad emigrare verso zone in cui la possibilità di occupazione è più elevata. Ne 129 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio CAPITOLO 1 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economiche determinanti il flusso migratorio consegue che lo sviluppo di tale area passa non solo dalla creazione di nuove attività produttive, ma anche dal rientro nei confini della legalità di quelle che attualmente ne sono ai margini. Le Regioni Puglia, Basilicata e Campania, invece, risultano essere influenzate dal valore del peso dell’industria che risulta essere una determinante fondamentale per queste aree (in tali Regioni troviamo infatti i valori più elevati rispetto alle altre aree dell’Obiettivo 1). Per tale motivazione la capacità di non saper cooptare l’offerta di lavoro ad alta formazione fa sì che in questi territori cresca il flusso migratorio destinato alle aree del Centro-Nord. Ultima analisi da effettuare è quella sulle due rimanenti Regioni Sicilia e Sardegna. In queste due Regioni le considerazioni vanno spostate tutte sul valore del tasso di disoccupazione ed in modo particolare su quello che si riferisce ai disoccupati a bassa scolarizzazione: infatti la Sicilia ha il valore più alto mentre la regione Sardegna, che è l’unica regione con flusso migratorio positivo (in termini di tasso generico di migratorietà interno), è situata al secondo posto di tale classifica. Tutto questo permette di affermare che, se come molti sostengono, la coesione sociale, la partecipazione delle forze sociali e politiche è condizione significativa per il rilancio o il consolidamento dello sviluppo del territorio, emerge con chiarezza che la sfida per queste Regioni consiste nell’aumentare la competitività delle imprese creando un ambiente innovativo basato su una forza lavoro qualificata, su ricerca e sviluppo e sulla società dell’informazione. Infatti, in una società in cui l’innovazione tecnologica ha un ruolo fondamentale per la crescita e lo sviluppo economico, il capitale umano diventa un fattore prioritario per la ricerca e nello stesso tempo per la diffusione delle tecnologie. Di conseguenza, la fuoriuscita, “fuga”, e la successiva assenza, da una determinata area di capitale umano rappresenta uno dei principali limiti allo sviluppo economico dell’area stessa. 1.4.3 Elaborazione di un modello di lettura Per approfondire il fenomeno della mobilità geografica, la ricerca è stata ampliata a tutte le Regioni italiane per cercare di trovare un possibile modello capace di spiegare il flusso migratorio nel suo complesso, valuandone le ricadute positive e negative. La mobilità geografica può rappresentare, infatti, certamente un fattore positivo per la crescita del capitale umano e dello sviluppo economico. A questo punto le possibili determinanti del flusso migratorio, fin qui prese in considerazione sono state associate ad ogni regione italia130 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 na ed a queste sono state aggiunte altre tre variabili. La prima riguarda l’indice di disoccupazione di lunga durata, che è la quota percentuale di persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi, sul totale delle persone in cerca di occupazione. La seconda variabile aggiunta è il tasso di natalità lorda delle imprese calcolato rapportando il numero delle nuove imprese sul totale delle imprese registrate nell’anno precedente moltiplicato per cento. La terza variabile al possibile modello è data dagli investimenti fissi lordi che per l’anno considerato, cioè il 2005, sono calcolati mediante la stima dei minimi quadrati in base all’andamento di tale valore in serie storica dal 1980 al 2003. Tale dato indica il valore in milioni di euro degli investimenti fissi lordi effettuati negli anni dalle singole imprese nei diversi contesti regionali. L’analisi statistica in regressione multipla53 si evidenzia che la variabile tasso migratorio54 considerata dipendente (Y), può essere spiegata da due determinanti, l’indice di disoccupazione di lunga durata (X1) ed il tasso di natalità lorda delle imprese (X2) secondo il modello che segue: Y = -2,03 X1 + 0,72 X2 + 0,485 Tale modello mette in evidenza che la dipendenza del tasso migratorio è negativa rispetto alla prima variabile e positiva rispetto alla seconda. Infatti, l’indice di disoccupazione di lunga durata influenza entrambe le componenti del tasso migratorio e cioè sia le entrate che le uscite. Le altre variabili considerate55 non hanno dimostrato alcuna relazione con il flusso migratorio. In ogni regione all’aumentare di tale indice vi è una contrazione delle entrate e un aumento delle uscite dovuto alla non capacità di cooptare forza lavoro nell’intero sistema economico produttivo dell’area considerata. Fenomeno completamente opposto per quanto riguarda la seconda variabile che incide in maniera positiva sul tasso migratorio. Infatti, all’aumentare del tasso di natalità lorda delle imprese il tasso 53 Il modello di regressione multipla è stato analizzato secondo il metodo per passi che include una per volta le possibili variabili capaci di spiegare il modello. 54 Il tasso migratorio interno è il rapporto tra il saldo migratorio interno (entrate meno uscite) dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000. 55 Vedi appendice statistica 131 Elaborazione di un modello di lettura CAPITOLO 1 Elaborazione di un modello di lettura migratorio aumenta. In questo caso si può facilmente dedurre che l’aumento di tale tasso sarà dovuto sia alla diminuzione delle uscite che all’aumento delle entrate all’interno della regione considerata, che vista la fiorente natalità di imprese diventerà certamente un polo di attrazione. Con il modello studiato si è voluto spiegare come i flussi di capitale umano in uscita possano incidere sulla crescita economica e sul successivo sviluppo dell’area di destinazione e, di conseguenza, come questi ultimi influenzino i territori di origine in termini di mancato progresso. Soffermandoci in modo dettagliato sul valore del tasso di natalità delle imprese è possibile notare che, nelle aree in cui esso risulta essere più elevato e in cui vi è maggiore capitale umano, la crescita del comparto socio – economico è più elevata. Inoltre, l’industria di queste aree viene agevolata dalla forte incidenza di produzione ad alto livello tecnologico, sempre più richiesta dal mercato nazionale ed internazionale e che nasce per acquisita competenza da parte del nuovo imprenditore56. Quest’ultimo, così come si evince da studi57 recenti, ha un titolo di studio sempre più elevato (46,3% diploma superiore e 21,5% laurea), con differenze per ripartizione geografica che si acutizzano sempre di più se si considerano le motivazioni di avvio, le modalità di finanziamento ed il settore imprenditoriale. Nel Sud ed Isole, invece, a differenza di ciò che succede nelle altre Regioni italiane, si dà inizio ad una attività perché l’alternativa è la disoccupazione oppure un lavoro non ritenuto soddisfacente; si fa ricorso agli aiuti pubblici oppure ad aiuto di familiari e parenti con scarsa diffusione del credito con e senza garanzie. Inoltre, considerando il settore economico delle imprese (tabella seguente), si nota come quelle in cui vi è bisogno di un titolo di studio più elevato e specialistico, sono collocate per lo più nelle Regioni centro – settentrionali (mentre solo nel commercio il numero delle imprese nel Sud ed Isole supera quello delle altre Regioni italiane). A questo punto, il modello formulato, acquisisce maggiore rilevanza una volta considerati tali assunti. Infatti, la relazione che lega il flusso migratorio alla natalità delle imprese risulta più complessa, in quanto conferma che tali flussi essendo formati per la gran parte di capitale umano, vanno ad arricchire 56 Indagine FOBS (Factors of Business Success) condotta dall’Istat, 2005, si basa sull’adozione di definizioni condivise e sull’utilizzo di un questionario comune tra i Paesi Europei partecipanti, avente lo scopo di ottenere dati confrontabili. 57 Le nuove attività imprenditoriali, Istat, 13 Luglio 2006. 132 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 le aree di destinazione (Centro-Nord), contribuendo alla loro continua crescita economico – sociale, grazie al reciproco trasferimento di competenze e know-how. Ne deriva che le aree del Mezzogiorno, da cui provengono i flussi migratori, restano sprovviste della futura classe dirigente. Infatti, l’assenza di giovani a medio alta scolarizzazione incide sulla diminuzione dei possibili nuovi imprenditori, capaci di intraprendere una nuova attività non per mancanza di alternative, ma perché competenti ed idonei a contribuire alla crescita dell’intero comparto economico. Figura 59 - Imprese per settore economico e regione Anno 2004 (valori percentuali) ITALIA SUD-ISOLE CENTRO NORD-EST NORD-OVEST Sardegna Sicilia Calabria Basilicata Puglia Campania Molise Abruzzo Lazio Marche Umbria Toscana Emilia-Romagna Liguria Friuli-Venezia Giulia Veneto Trentino-Alto Adige Lombardia Valle d'Aosta Piemonte 0 5 10 15 Industria 20 Costruzioni 25 Commercio 30 35 40 45 50 Altri servizi Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 133 Elaborazione di un modello di lettura CAPITOLO 1 Elaborazione di un modello di lettura Pertato la maggior crescita economica comporta il consolidamento e il rafforzamento di un’industria e di un sistema dei servizi aperti ai valori della competizione e dell’innovazione tecnologica a partire dalle proprie specificità produttive. Inoltre, un’industria qualitativamente elevata radicata nel territorio e un capitale umano sempre più competitivo sono di fondamentale importanza per un maggiore e duraturo sviluppo locale nel Mezzogiorno. 1.4.4 Comparazione tra Regioni Obiettivo 1 e Regioni del Centro Nord Per avere un quadro di insieme del divario tra le Regioni appartenenti alle aree Obiettivo 1 e le Regioni del Nord è stato effettuato un confronto socio–economico tra le Regioni che nelle due aree presentano i valori migliori e successivamente tra quelle che presentano i valori peggiori. Il primo confronto è tra la regione Sardegna e il Trentino Alto Adige, Regioni queste ultime che hanno il valore più alto nelle rispettive aree, del reddito disponibile pro-capite, valore che evidenzia una vitalità economica delle due Regioni. È possibile notare una situazione economico - demografica di partenza molto simile, in quanto si registrano valori analoghi dell’indice di popolazione (19-32 anni) e dell’indice di struttura della popolazione attiva dal lato demografico e della forza lavoro, della spesa delle famiglie e del tasso di natalità lorda delle imprese. A tali indici se ne contrappongono altri che presentano enormi disparità come ad esempio gli investimenti fissi lordi, il tasso di occupazione a bassa scolarizzazione, il tasso di disoccupazione di lunga durata, il tasso di lavoro nero, le assunzioni previste laureati, il peso delle industrie e le assunzioni previste in generale. Le motivazioni di queste differenze trovano fondamento nel fatto che il comparto economico industriale del Trentino risulta essere più sviluppato e competitivo rispetto a quello della Sardegna, il che comporta una maggiore capacità e nello stesso tempo semplicità di cooptare forza lavoro. Una criticità: in Sardegna, pur avendo un reddito disponibile procapite di gran lunga inferiore a quello del Trentino e altri indici che nel confronto non risultano essere positivi, la spesa delle famiglie è superiore a quella del Trentino; cosa questa che può trovare una possibile spiegazione nel valore del tasso di lavoro nero che in Sadegna risulta essere quasi il doppio in del Trentino. Per gli effetti e le conseguenze di tale indice si rimanda ai paragrafi precedenti. 134 LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1 Altro confronto effettuato è quello tra le due Regioni che nel Nord e nelle aree Obiettivo 1 presentano la peggiore situazione economica. Queste Regioni dal punto di vista del reddito disponibile pro-capite risultano essere il Veneto e la Basilicata. In questo caso le differenze, rispetto alla situazione analizzata in precedenza, si acuiscono. Infatti, la regione Basilicata, a differenza delle altre Regioni analizzate, non rappresenta certamente un polo di attrazione, anzi i giovani cercano di trovare altrove la possibilità di inserirsi nel modo lavorativo. Inoltre, dal confronto risulta che in Basilicata ci sono valori di tasso di lavoro nero e investimenti fissi lordi molto distanti da quelli del Veneto. A differenza del confronto la spesa delle famiglie in Basilicata è quasi nulla rispetto a quella del Veneto, probabilmente a causa di diffuse perché vi è una enorme difficoltà economico e sociali. 1.4.5 Sintesi delle caratteristiche delle determinanti socioeconomiche dei flussi di mobilità Per analizzare in maniera più approfondita il fenomeno della mobilità geografica sono state monitorate le determinanti che stigmatizzano maggiormente il dinamismo dei flussi migratori. La metodologia adoperata si è basata sull’individuazione delle possibili variabili di rottura che alimentano la consistenza dei movimenti migratori. Le analisi statistiche effettuate (modello di regressione multipla) hanno evidenziato empiricamente tra i maggiori fattori di espulsione il tasso di disoccupazione di lunga durata. Di contro, si segnala tra le determinanti che rientrano nei fattori di attrazione, il tasso di natalità lorda delle imprese. Si evince che la mobilità in uscita risulta maggiore nelle ripartizioni regionali con un’elevata incidenza della disoccupazione di lunga durata: ciò è dovuto alle difficoltà dell’intero sistema economico produttivo dell’area considerata di cooptare forza lavoro. In tal senso, i flussi di mobilità sono più dinamici quanto più ampia risulta la forbice della disoccupazione di lunga durata tra le Regioni del Nord e del Sud. La seconda determinante, costituita dai tassi di natalità lorda delle imprese, alimenta degli andamenti inversi: infatti, nelle Regioni caratterizzate da una maggiore incidenza della natalità delle imprese, si segnala una consistente contrazione dei flussi in uscita e di conseguenza un buon dinamismo dei movimenti migratori in entrata, il tutto dovuto ad una crescita più elevata del comparto socio-economico. Inoltre, queste aree sono agevolate da un forte sviluppo industriale ad alto livello tecnologico, sempre più richiesto dal mercato nazionale ed internaziona135 Comparazione tra Regioni Obiettivo 1 e Regioni del Centro - Nord CAPITOLO 1 Sintesi delle caratteristiche delle determinanti socioeconomiche dei flussi di mobilità le e conseguenza di una maggiore competenza acquisita da parte del nuovo imprenditore che ha un titolo di studio sempre più elevato (46,3% diploma superiore e 21,5% laurea). Nel Sud ed Isole, invece, a differenza delle altre Regioni italiane, si inizia un’attività per far fronte alla disoccupazione, oppure ad un lavoro non ritenuto soddisfacente e si fa ricorso agli aiuti pubblici o di familiari, con scarsa diffusione del credito con e senza garanzie. Inoltre, come ribadito le imprese il cui settore economico richiede un titolo di studio più elevato, sono collocate maggiormente nelle Regioni centro – settentrionali. Tutto ciò conferisce maggiore rilevanza al modello formulato e conferma che i flussi migratori, essendo formati per lo più da capitale umano, arricchiscono le aree di destinazione (Centro-Nord) contribuendo alla loro ulteriore crescita economico – sociale e impoveriscono le aree del Mezzogiorno da cui provengono, rendendole sprovviste della futura classe dirigente. Per evidenziare il divario esistente tra le Regioni appartenenti alle aree Obiettivo 1 e le Regioni del Nord, si è effettuato, poi, un confronto socio–economico tra le Regioni che nelle due aree presentano i valori migliori (Sardegna e Trentino Alto Adige) e tra quelle che presentano i valori peggiori (Basilicata e Veneto). 136 CAPITOLO 2 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Il fenomeno della mobilità può essere al contempo causa ed effetto delle condizioni socio-economiche di determinate aree geografiche. Pertanto, nelle prossime pagine si cercherà di approfondire il ruolo del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo per comprendere meglio l’incidenza di suoi trasferimenti territoriali e riflettere, dunque, sull’adeguatezza delle politiche oggi in atto sulla mobilità. Le analisi empiriche realizzate negli ultimi anni hanno fatto emergere i limiti delle impostazioni teoriche orientate a valutare la crescita economica attraverso la definizione dei fattori economici di natura quantitativa (Pil; capitale fisico; forza lavoro). Così, si sono sempre più affermati quegli approcci che puntano sull’analisi dei fattori di crescita qualitativi ed extraeconomici quali: il capitale umano, gli investimenti realizzati, il livello di modernità delle istituzioni, etc.. Nel corso degli anni si è andata sempre più affermando la convinzione che la crescita economica dipenda da una combinazione di dinamiche interagenti, che derivano dalla relazione virtuosa tra le determinanti quantitative ed i fattori qualitativi. Il capitale umano ha così assunto un ruolo centrale nelle teorie della crescita e dello sviluppo economico, fino ad alcune ricerche empiriche che ne riconoscono la centralità. Le misurazioni di tale fattore sono diverse e pur sempre parziali, poiché si tratta di quantificare un elemento prevalentemente qualitativo, per esempio oltre a valutare quantitativamente gli anni di istruzione della forza lavoro occorre utilizzare misure che ne valutino in qualche modo la qualità intrinseca. Alcune proxy per misurare la qualità dell’istruzione utilizzate sono: spesa in istruzione; rapporto studenti/insegnanti; spesa in salari per gli insegnanti. 137 CAPITOLO 2 Di seguito si presenta un breve excursus sulle teorie ed i modelli che si soffermano sul ruolo del capitale umano nei processi di crescita economica e sviluppo locale per arricchire la lettura del fenomeno attuale della mobilità del Mezzogiorno nei nostri giorni, per poi passare ad una breve ricognizione delle politiche in atto sulla mobilità a livello europeo, nazionale e regionale. 2.1 Il capitale umano nei processi di crescita economica e sviluppo locale 2.1.1 Crescita economica e sviluppo Volendo dare una definizione del capitale umano e considerare il suo ruolo nei processi di crescita economica e sviluppo occorre fare un’opportuna distinzione tra questi ultimi due temi. Solitamente la crescita economica è intesa sotto il profilo quantitativo ed i suoi benefici ed effetti si traducono in processi di sviluppo variamente intesi. E’ pur vero, però, che il collegamento tra i due aspetti non è scontato; infatti, in presenza di un trend di crescita non è detto che si inneschi un conseguente trend di sviluppo. Si consideri, ad esempio, la crescita del PIL che non indica necessariamente incremento del benessere, bensì uno strumento utile ad acquisirlo. Una riflessione, dunque, nasce spontanea pensando alle società post-industriali, nelle quali gli aspetti quantitativi della crescita economica si accompagnano a quelli prevalentemente qualitativi dello sviluppo sociale, politico, territoriale e ambientale. La crescita economica si riferisce alla capacità di un sistema economico di produrre ed accrescere la disponibilità di beni e servizi a favore dei fabbisogni della popolazione; supponendo un incremento nel tempo di tale disponibilità in funzione della crescita della popolazione. La crescita economica dipende da numerosi fattori e da una complessità di eventi interagenti. Attualmente le teorie sulla crescita58 prendono in considerazione fattori squisitamente economici accanto ad elementi extra-economici ed istituzionali. Solitamente le teorie economiche “classiche”59 sulla crescita puntano su interventi ad hoc volti a determinare l’incremento della produttività del capitale fisico e del58 Tra le prime si può risalire ad Adam Smith che nel 1774 pubblicò il primo trattato dell’economia moderna dal titolo “Un’indagine sulle cause della ricchezza delle nazioni”. 59 Le teorie della crescita economica iniziano con gli economisti classici della rivoluzione industriale (D. Ricardo), riprese tra il 1940-50 da economisti del calibro di R.F. Harrod, R. Nurkse e R.M. Solow. 138 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE la forza lavoro al fine di innescare la cosiddetta “convergenza condizionale”60. Purtroppo, però, l’evidenza empirica ha messo in luce i limiti di quanti teorizzavano una crescita economica stimolata da fattori economici classici, pertanto, nell’ultimo decennio hanno assunto rilievo, tra le determinanti della crescita, nuovi e più complessi fattori. Si tratta, innanzitutto, di puntare su investimenti (infrastrutture; telecomunicazioni) che generano un incremento della produttività dell’intero indotto economico garantendo un tasso di crescita duraturo grazie alla virtuosa interazione tra il capitale fisico ed il progresso tecnico. Accanto a questo tipo di investimenti si annoverano, poi, quelli in capitale umano, ritenuti ormai di rilevanza strategica per l’evoluzione dei sistemi economici. Si tratta, infatti, di impiegare risorse in grado di annodare la produttività al capitale umano, inteso come coacervo di cultura, competenze e conoscenze. La scoperta dell’importanza dei fattori immateriali nei processi di crescita61 ha ampliato la visione e l’approccio interpretativo dei percorsi evolutivi considerati, aprendo la strada ad un concetto ampio e vasto di sviluppo che focalizza gli interventi previsti in un’ottica di maggiore capillarità, e offrendo una letture di più ampia diffusione sociale in grado di fondere fattori quantitativi ed elementi qualitativi. In sintesi, nell’affrontare gli aspetti dinamici del processo economico si ricorre, solitamente, alla distinzione tra crescita economica e sviluppo economico. Nel caso della crescita economica, si valuta la possibilità di enucleare fenomeni in grado di alimentare teorie che affrontano l’evoluzione dei sistemi economici dal punto di vista squisitamente quantitativo, nel senso di creazione di ricchezza. Quando alla componente quantitativa si affiancano elementi qualitativi di maggiore complessità, si è in grado di parlare di sviluppo economico62. Seppure, la distinzione tra i due aspetti non assuma affatto nella realtà una connotazione tanto netta da inibirne del tutto le reciproche implicazioni. In particolare, nel 1990 le Nazioni Unite – pubblicando il primo Rapporto sullo sviluppo umano – hanno proposto un nuovo approccio al tema dello sviluppo richiamando la teoria degli entitlements di 60 Teorizzata da Solow, secondo il quale, i Paesi con basso PIL pro-capite dovrebbero registrare una crescita più veloce, rispetto a Paesi con PIL pro-capite maggiore, poiché nei primi la convenienza a risparmiare ed investire è maggiore che nei secondi. 61 Oltre al capitale umano sono numerosi i fattori di crescita alternativi che le nuove teorie economiche individuano: saggio di investimento; livello di democrazia, lo Stato e le sue Istituzioni; fattori finanziari; grado di apertura dell’economia; capitale sociale. 62 P. Palazzi, “An index for sustainable development”, Moneta e credito, vol. LVII, no. 226, (in collaborazione con Enrico Casadio Tarabusi). Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Scienze Economiche, Economia dello Sviluppo. 139 Crescita economica e sviluppo CAPITOLO 2 Crescita economica e sviluppo Amartya Sen63. Con l’introduzione dell’Indice di Sviluppo Umano (ISU)64 lo sviluppo viene misurato in un nuovo modo inteso come “processo di ampliamento delle possibilità di scelta della gente”. Infine, è opportuno chiarire che il concetto di sviluppo si arricchisce anche di una connotazione locale la cui caratteristica principale è la capacità di catturare opportunità che dipendono certamente da fattori agglomerativi inseriti in un contesto ampio e ramificato di relazioni in un ambito ed in una dimensione territoriale65. 2.1.2 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo Solo in tempi relativamente recenti si è approfondito il tema del capitale umano nell’ambito delle teorie economiche. Il capitale umano viene incluso nelle risorse economiche insieme con l’ambiente ed il capitale fisico. Mentre, però, il capitale fisico è costituito da beni capitali e mezzi di produzione, il capitale umano è l’insieme delle facoltà e delle risorse umane quali la conoscenza, l’istruzione, la formazione e le capacità tecniche. Intorno agli anni ’70 e ’80, alla luce dei fallimenti dei processi di industrializzazione in vaste aree del pianeta, si è messa in evidenza l’importanza del fattore umano nel mettere a frutto le potenzialità economiche delle risorse disponibili: e il capitale fisico altro non è che un insieme di beni realizzati dal lavoro umano. Il capitale umano, dunque, è quello che si accumula attraverso investimenti in istruzione e formazione al fine di accrescere la produttività futura del lavoro. Occorre, però, fare un passo indietro per comprendere i vari approcci nella valutazione e misurazione del capitale umano. Il primo economista classico che introdusse il termine di capitale umano fu Adam Smith, suggerendo un parallelismo tra gli uomini e le macchine produttrici: le risorse economiche impiegate per produrre le macchine non erano da meno rispetto ai costi sostenuti per l’educazione degli uomini; pertanto, entrambe le grandezze rientravano nel calcolo della 63 A. Sen (1981), “Poverty and famines: an essay on entitlements and deprivation”, Claredon Press, Oxford. Secondo la teoria degli entitlements lo sviluppo desiderabile è quello che consente a ciascuno l’effettiva acquisizione delle risorse determinate, oltre che dal reddito, dall’esistenza di meccanismi istituzionali e politici idonei. 64 L’Indice di sviluppo umano (in inglese: HDI-Human Development Index) è un indicatore di sviluppo macroeconomico realizzato dall’economista pakistano Mahbub ul Haq nel 1990. È stato utilizzato, accanto al PIL (Prodotto Interno Lordo), dalle Nazioni Unite a partire dal 1993 per valutare la qualità della vita nei paesi membri. Tra gli aggregati ponderati troviamo: speranza di vita alla nascita; tasso alfabetizzazione; valore reale reddito pro capite; indice libertà politica; indice sviluppo di genere. 65 Zaninotto E. (2004), a cura di, Dimensione d’impresa, demografia industriale e occupazione in Trentino, Ed. Trentuno, Trento. 140 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE ricchezza nazionale. Successivamente furono numerosi gli studiosi66 stimolati da tali riflessioni, ma la creazione di un impianto teorico omogeneo sul tema riceve tuttora interessanti contributi. Tra i maggiori autori contemporanei, Becker (1964) teorizza sulle determinanti economiche che influenzano il diverso processo di accumulazione del capitale umano. Mentre Lucas (1988), nel suo modello, evidenzia lo stretto collegamento tra il processo di crescita endogeno e l’accumulazione di saperi e conoscenze, attraverso una dinamica che consente lo sviluppo e l’evoluzione dei sistemi produttivi e dei tassi di crescita economica senza l’intervento delle determinanti esogene. Le teorie di Lucas sono avallate anche dall’impianto teorico proposto nel 1986 da Romer che considera l’incremento della conoscenza quale elemento determinante dello sviluppo economico: i processi di accumulazione di capitale umano derivano dagli stessi processi di produzione. In tale scenario si evidenzia come il sistema educativo sia uno strumento di selezione degli individui volto a generare, nel percorso di accesso al mercato del lavoro, delle dinamiche competitive tra gli attori sociali. In tale prospettiva, A. Weiss (1995) sottolinea come l’investimento in istruzione generi un aumento esclusivo del solo capitale umano. In sintesi, nel corso del ventesimo secolo le teorie sul capitale umano ne hanno valutato l’impatto in termini di sviluppo economico, gli effetti sul livello salariale, il tipo di competenze necessarie per accrescerlo (Lovaglio, 2004); ciò a conferma che “il capitale umano acquisibile attraverso l’istruzione e la formazione (nella famiglia, scuola e lavoro) sia alla base di tutte le teorie che cercano di spiegare la crescita economica”67. In particolare, la stima quantitativa del capitale umano annovera tra i principali contributi due metodi di calcolo del valore monetario dell’uomo: • retrospettivo: stima del costo di allevamento dell’uomo dalla nascita fino all’età di ingresso al lavoro68; • prospettivo: stima del valore monetario dell’uomo attraverso la determinazione del valore attuale dei redditi futuri69. 66 67 68 Tra i quali: Bentham, Mill, Marshall, Petty, Fisher. P.Lovaglio, G. Vittadini, “Il concetto di capitale umano e la sua stima”. Principale teorico del metodo retrospettivo è E. Engel (1883) che equipara il valore monetario dell’uomo al suo costo di produzione, ovvero alle spese sostenute fin dalla nascita. 69 I principali contributi al metodo prospettivo si devono a: W. Petty (1690) che considerò il capitale umano nazionale dato dalla rendita perpetua del reddito da lavoro nell’arco della vita ad un certo tasso di interesse; W. Farr (1853) propose il metodo di capitalizzazione dei redditi; Dublin e Lotka (1930) riprendendo Farr pervennero alla stima del valore monetario dell’uomo in base alla stima monetaria del valore attuale dei redditi futuri (VARA) al netto dei consumi attesi (CEA) da cui la stima del capitale umano lordo e netto. 141 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo CAPITOLO 2 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo Si tratta di metodi non privi di limiti ed errori e pertanto opportunamente riletti negli anni successivi alla loro formulazione. Infatti, il metodo retrospettivo “non tiene conto del ritorno sui reddi70 ti” , mentre nell’approccio prospettivo si evidenzia70 il limite di “non conoscere stime future del flusso di redditi da lavoro oltre al fatto che non considera l’investimento in istruzione e in professionalità; pertanto, in entrambi i casi non si chiarisce il problema della stima e distribuzione del capitale umano”71. La Scuola di Chicago (Mincer, 1958; Becker, 1962), nella seconda metà del ventesimo secolo, riconsiderò le teorie sul capitale umano riconoscendolo quale fattore in grado di determinare il livello della propria retribuzione e quindi della crescita economica nell’intero processo di produzione72. Purtuttavia, tale approccio lascia aperta la questione relativa alla valutazione quantitativa del capitale umano considerato in termini di anni di scolarità ed esperienza lavorativa73. Successivamente, molti altri autori (Solow, 1957; Benhabid e Spiegel, 1994; Abramovitz, 1991; et al.) hanno evidenziato la centralità del capitale umano nella determinazione della ricchezza nazionale, lasciando irrisolto il problema della sua stima e considerandolo sempre quale numero indice dello stock educativo della popolazione. Ad introdurre la valutazione del capitale umano dal punto di vista quantitativo è Dagum che, prendendo le mosse dalla relazione economica esistente tra crescita economica e capitale umano74, indica questo ultimo quale elemento fondamentale per la definizione del reddito e della ricchezza familiare e/o individuale75. Da qui la definizione disaggregata che tiene conto dell’investimento e del suo ritorno76 in capitale umano quale “costrutto multidimensionale non osservabile generato dall’investimento in istruzione, formazione ed esperienza sul lavoro e da fattori personali e ambientali tale da produrre un aumento della capacità lavorativa misurabile dall’incremento di reddito da lavoro nel ciclo vi70 In P.G.Lovaglio, G. Vittadini, “Il concetto di capitale umano e la sua stima”, § 4 “Discussione”. 71 In C. Dagum, P.G. Lovaglio, G. Vittadini, “IL capitale umano in Italia: analisi della distribuzione”. 72 “Secondo la Scuola di Chicago produttività e qualità del lavoro sono variabili endogene che di- pendono dal talento, dall’istruzione e dall’esperienza del lavoratore”, in C. Dagum, P.G. Lovaglio G. Vittadini, “Il capitale umano in Italia:analisi della distribuzione”. 73 Nella funzione (f) dei guadagni della Scuola di Chicago il reddito da lavoro dell’i-esimo lavoratore è pari a: yi=f(si, ji, Zi)+ui, dove: si= anni di scolarità; ji= anni di esperienza di lavoro; Zi= insieme di variabili individuali; ui= errore casuale. 74 Romer (1986, 1989), teorizza la “crescita endogena” con capitale umano secondo cui la produttività è determinata endogenamente dalla crescita del CU, dall’attività di R&S e da varie modalità di apprendimento. 75 La funzione generatrice del reddito (FGR) di Dagum spiega il reddito da lavoro del lavoratore (yi) come funzione del CU (hi) e della ricchezza (ki) più un errore casuale (ei). Quindi si avrà: yi=wihi+piki+ei che esprime una relazione positiva diretta tra reddito e CU e tra reddito e ricchezza. 76 Individuata nel 1996 da Dagum e Vittadini. 142 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE tale”. Tale definizione (dall’approccio squisitamente statistico) fonde i due fattori costituenti il capitale umano (“formativi” e “riflessivi”)77 portando ad una visione della variabile indagata in termini di reddito da lavoro derivante dall’investimento in capitale umano. Verificata, così, la relazione esistente in termini teorici tra reddito e capitale umano l’attenzione della ricerca teorica prosegue focalizzandosi, appunto, sul processo di accumulazione di tale variabile, ricoprendo un ruolo centrale nell’ambito di un’economia/società della conoscenza, sia per lo sviluppo economico che umano e sostenibile dei sistemi territoriali. Come già indicato, in questa sede non interessa proporre un ulteriore modello di lettura del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo, quanto piuttosto comprenderne i trasferimenti, quindi i flussi di mobilità costretta, valutandone gli effetti che possono determinarsi in aree in ritardo di sviluppo come il Sud d’Italia. Tra le diverse realtà economiche e sociali, certamente, una particolare attenzione merita lo scenario che caratterizza la macroregione del Mezzogiorno d’Italia. Una realtà piena di contraddizioni, ma ricca di opportunità e potenzialità. Tra queste il capitale umano di cui dispone il Sud rappresenta una indubbia risorsa che in questa sede viene misurata utilizzando le proxy dei tassi di scolarizzazione e dei titoli di studio a medio alta qualifica detenuti dalla forza lavoro, proprio al fine di dare enfasi a quel processo di mobilità territoriale e, soprattutto, alla considerazione che una perdita di capitale umano si traduca necessariamente in una perdita in termini di crescita e sviluppo dell’intero indotto economico territoriale. In tal modo si è tenuto conto del tasso di scolarizzazione quale variabile di flusso la cui variazione può essere considerata in prima approssimazione un’accumulazione di capitale umano. Ma, bisogna chiarire, che non necessariamente il tasso di scolarizzazione è anche indice di conseguimento del titolo di studio78. Per questo motivo, si è valutato anche il livello di istruzione dei cancellati e infine si è tenuto conto del capitale umano incorporato nella forza lavoro (stock). 77 Gli “indicatori formativi” sono grandezze quali-quantitative (anni scolarità, anni esperienza lavorativa, condizioni di salute, stato civile, genere, regione appartenenza, età, ampiezza demografica comune appartenenza, ricchezza, debito familiare, status sociale); gli “indicatori riflessivi”sono costituiti dai redditi da lavoro. 78 Dal momento che non tutti gli iscritti giungono a conseguire, per svariate motivazioni, il titolo di studio. 143 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo CAPITOLO 2 2.1.3 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo La relazione tra capitale umano, crescita e sviluppo è studiata ed analizzata da tempo ricevendo numerosi contributi, in particolare nell’ambito della teoria della “crescita endogena”. Si tratta di impostazioni che se da un lato hanno un fondamento teorico, dall’altro non sempre ricevono conforto dall’analisi empirica. E’ certamente assodato che la dotazione di capitale umano rappresenti una delle componenti e delle determinanti fondamentali nei processi di crescita e di sviluppo delle economie avanzate ed in via di espansione. Tuttavia, la controversa relazione causale fra le due variabili non è del tutto chiara. Per comprendere l’influenza esercitata dal capitale umano nei processi di crescita economica è importante ripercorrere il ruolo assegnato al capitale umano nelle teorie della crescita. Il primo modello moderno di teoria della crescita è stato sviluppato da Solow79 negli anni cinquanta che ha teorizzato (in una fase di crescita equilibrata e stabile) un tasso di crescita del prodotto e dei fattori produttivi costante nel tempo e influenzato da fattori non controllabili economicamente come l’andamento della popolazione o le scoperte scientifiche e tecnologiche80. In tal senso l’accumulazione di capitale sarebbe consentita solo in fasi di aggiustamento, ma è pur vero che realtà economiche diverse registrano un andamento differente dei fattori esogeni e, pertanto, diversi tassi di crescita. Questo fenomeno è spiegato dallo stesso Solow come un posizionamento delle singole economie lontano dal sentiero di crescita in equilibrio. L’analisi empirica, però non è riuscita a spiegare la variabilità dei tassi di crescita, individuando l’esigenza di ampliare il concetto di capitale così da arricchirlo con elementi ancora non spiegati. In tale contesto elaborativo si affianca alla visione del capitale fisico tradizionalmente inteso una componente nuova ed immateriale, quale il capitale umano - al quale si associano le conoscenze scientifiche e tecnologiche - frutto di un investimento in grado di accrescere la 79 Per teoria neoclassica della crescita si fa riferimento principalmente al modello di Robert Solow (1956). Per le implicazioni di politica economia della nuova teoria della crescita, si vedano i lavori di: Scott M.F.(1992); Shaw K.G. (1992). 80 Il modello neo-classico della crescita economica di Solow permette di separare le determinanti della crescita in variazioni positive di input (lavoro e capitale) e progresso tecnologico. Con l’impiego del suo modello, Solow calcolò che circa quattro quinti nella crescita marginale dell’output per unità di lavoro negli Stati Uniti era attribuibile al progresso tecnico. In “A Contribution to a Theory of Economic Growth”, (QJE, 1956), spiega la crescita di un sistema economico partendo dalla seguente funzione di produzione aggregata: Y=F(K,AL)=Ka(AL) 1-a, 0< a >1, dove Y, K, L sono reddito, capitale e lavoro ed A rappresenta il livello tecnologico, con AL inteso quali l’unità di “lavoro effettivo” ed il termine esponenziale inteso come l’incremento del prodotto netto pro-capite dovuto al progresso tecnico. 144 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE produttività del lavoratore così come il capitale fisico. Ma, a differenza del capitale fisico, il capitale umano contribuisce costantemente alla crescita, indipendentemente dai propri livelli di accumulazione e come esito dell’interazione dei fattori interni al sistema economico considerato (da qui la definizione di crescita “endogena”). Nel 1988 Robert Lucas, tra i maggiori esponenti della nuova macroeconomia classica81, confermò il suddetto impianto teorico individuando quale differenza sostanziale tra capitale fisico e umano la capacità del secondo di produrre esternalità positive82. Si genera, in tal modo, un circuito virtuoso dal momento che gli investimenti in capitale umano producono esternalità che a loro volta rappresentano incentivi addizionali alla realizzazione di ulteriori investimenti in capitale umano; insomma, il capitale umano rappresenta l’input necessario per la sua stessa produzione. In tal modo il capitale umano genera un effetto moltiplicatore, interagendo con lo sviluppo delle conoscenze, diventa uno stimolo interno (endogeno) alla crescita del sistema economico di riferimento. Il modello proposto da Lucas, dunque, differenziandosi dall’analisi neoclassica, considera la centralità del capitale umano nel contribuire alla produzione totale sia come fattore produttivo accumulabile sia come esternalità positive che è in grado di generare. In sintesi, il capitale umano non solo è un fattore che da solo è in grado di determinare crescita perpetua di un’economia (Lucas, 1988), ma interagisce con altri fattori rilevanti come il progresso tecnico essendo l’unico fattore produttivo a determinare la tecnologia di produzione dello stesso (Romer, 1990). Infatti, nel 1992 Mankiw-Romer-Weil suggeriscono l’introduzione del capitale umano nella funzione di produzione83, spiegando come in presenza di mercati di capitali globali e con rapida 81 La Nuova Macroeconomia Classica si pone quale ambizioso obiettivo teorico la definizione di un modello macroeconomico partendo da un approccio analitico di tipo microeconomico, ossia una teoria macroeconomica microfondata (considerando impostazioni di tipo walrasiano: equilibrio economico generale, agenti individuali ottimizzanti, concorrenza perfetta). La NMC, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, si sostituisce al monetarismo di prima generazione, propugnando l’inutilità e la dannosità dell’intervento dello Stato nell’economia. Si tratta di una scuola di pensiero che avanza critiche anche al keynesismo tradizionale. Maggiori esponenti della NMC sono gli economisti R. Lucas, T. Sargent e N. Wallace. 82 Si parla di esternalità positiva quando all’attività (di produzione e/o consumo) di un soggetto sono associati (come by-product) impatti positivi nei confronti di altri soggetti (imprese e/o consumatori) e questi ultimi non pagano un prezzo pari ai benefici ricevuti. Alcuni esempi: al consumo privato di formazione (studenti universitari) sono associati impatti positivi ricadenti su altri soggetti (la società conta su un maggior numero di capitale umano); alla decisione di un’impresa di attivare corsi di formazione sono associati effetti esterni positivi (disponibilità, in una certa area di manodopera qualificata). 83 La funzione di produzione di Mankiw-Romer-Weil risulta essere: Y=F(K,H,AL)=Kα Hβ (AL) 1-α-β‚, 0< α +β‚>1, dove H è il capitale umano; adattando la funzione di accumulazione di Solow (K=sY) al sistema si ha: K=sKY; H=sHY, con sH come frazione della popolazione della scuola secondaria. 145 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo CAPITOLO 2 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo trasmissione della tecnologia, divergenze nell’ammontare di capitale umano possono spiegare divergenze nei livelli di reddito pro-capite. Dalla valutazione delle analisi economiche fin qui considerate risulta evidente l’impatto positivo esercitato dal capitale umano sulla crescita economica. E’ necessario, ovviamente, che il contesto economico incoraggi gli investimenti della variabile in oggetto al fine di favorirne la capacità produttiva anche attraverso attività imprenditoriali e innovative ritenute strategiche per lo sviluppo. L’incremento di capitale umano migliora la produttività del lavoro ricoprendo un ruolo importante nella definizione dei percorsi di crescita, sebbene vi siano alcune variabili decisive individuate dagli studiosi della materia. Si tratta di garantire un certo grado di apertura all’economia dell’area considerata, dal momento che il mercato dei settori esportatori consente, allargandosi, una maggiore remunerazione del capitale umano divenendo attrattivo per la realizzazione di nuovi investimenti. E’, così, possibile affermare che il capitale umano rappresenta uno dei motori per lo sviluppo economico, ma resta aperta la questione relativa alla necessità di individuare le vere componenti dell’istruzione che partecipano realmente alla crescita. Empiricamente sono stati valutati gli effetti economici dell’istruzione sia in termini microeconomici che macroeconomici. Sostanzialmente l’approccio micro84 riconosce il legame tra elevati livelli di istruzione e maggiori livelli di reddito, lasciando aperta la questione relativa alle cause del fenomeno. Di contro, il secondo tipo di approccio non individua soluzioni univoche relative al legame ipotizzato; infatti, l’istruzione determina la crescita economica solo in concomitanza con altri aspetti istituzionali. E’ pertanto alquanto complesso individuare le variabili in grado di definire il capitale umano85 ovvero considerare possibili proxy86 che assumono un andamento differente in relazione alle diverse aree di riferimento. Ciò chiarito e ritornando alla valutazione sulla esistenza di una qualche relazione tra istruzione e crescita, parte della teoria87 sostiene che a determinare i fenomeni di evoluzione di un sistema economico non partecipi tanto l’accumulazione di capitale umano quanto 84 L. Grazzini, A. Petretto, “Spesa pubblica per il welfare e crescita economica: una rassegna”, SIEP, Working Paper n.413, 2005. 85 Numero di anni di scuola; spesa pubblica in istruzione; tassi di scolarità (iscritti/popolazione in età scolastica*100) o di maturità (esami di maturità con esito positivo/popolazione in età “giusta”*100). 86 Tasso alfabetizzazione (percentuale di popolazione con più di 15 anni in grado di leggere e scrivere. Nella classifica mondiale degli Stati per tasso di alfabetizzazione, data dal Rapporto delle Nazioni Unite sul Programma di Sviluppo 2005, l’Italia occupa il 43° posto, con un tasso pari al 98,5%), diffusione di giornali, etc. 87 Benhabib & Spiegel, 1994. 146 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE lo stock in grado di assicurare livelli di istruzione più elevati e quindi approcci innovativi rapidi ed efficaci. Si tratta di un risultato frutto di un confronto dei modelli disponibili: il modello Mankiw-Romer-Weil (1992) e quello Nelson-Phelps (1966). Nel primo il capitale umano è un fattore di produzione, nel secondo modello esso, invece, influisce direttamente sulla determinazione del tasso di innovazione tecnologica. Quindi, in MRW la crescita è definita, tra le altre variabili, dalla crescita del capitale umano, mentre in NPh dal suo livello. La differenza fondamentale sta nel fatto che in MRW l’istruzione offre benefici correnti, mentre in NPh il capitale umano produce effetti che si estendono nel tempo. Negli ultimi anni è poi tornata alla ribalta la tesi88 a favore dell’accumulazione di capitale umano quale elemento decisivo per innescare processi di crescita e, quindi, di miglioramento delle istituzioni. L’evidenza empirica ha chiaramente mostrato come nell’ultimo trentennio i paesi che hanno registrato maggiore crescita siano stati quelli con i più elevati tassi di scolarità [Checchi, 1999]; il confronto internazionale, però, è valutato cautamente89 dal momento che la relazione positiva tra istruzione e crescita è dimostrata per i paesi con bassi livelli di istruzione, mentre per le altre aree la relazione è inesistente ovvero inversa. In tal caso si ribalterebbe il nesso causale per cui sarebbe la crescita a stimolare maggiori livelli di istruzione90. Focalizzando l’attenzione sulla situazione verificatasi nel nostro paese, autorevoli autori (Checchi et al., 1999) rilevano una relazione positiva tra accumulazione di capitale umano e PIL, lasciando sfumato il nesso causale. Più precisamente, Checchi chiarisce l’esistenza di una relazione non lineare tra le due variabili, pertanto la relazione è negativa se il numero di diplomati sulla forza lavoro è al di sotto della soglia minima ritenuta “efficiente” (pari a circa il 17%)91. Il superamento di tale soglia genera esternalità in grado di tradurre il percorso formativo individuale in crescita complessiva per l’intero indotto economico di riferimento. Si tratta, dunque, di una impostazione in grado di giustificare i differenti margini di sviluppo raggiunti dalle diverse regioni italiane nel corso degli anni. A dare una svolta decisiva alle considerazioni relativa al nesso esistente tra crescita e capitale umano, è intervenuta recentemente la 88 89 90 Glaeser et al. (2004). Krueger e Lindahl, 2001. Bils & Klenow (2000). Secondo gli autori la crescita, riducendo il tasso di sconto, stimola la domanda di istruzione. 91 Valore superato in Italia solo a partire dagli anni Ottanta. 147 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo CAPITOLO 2 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo Banca d’Italia (2006) con uno studio decisivo92 che si sofferma sul ruolo delle determinanti della produttività: R&S, capitale umano, infrastrutture pubbliche. I risultati dello studio mostrano l’esistenza di un equilibrio di lungo periodo tra il livello93 di produttività e i tre tipi di capitale; e tra questi, il capitale umano risulta avere l’impatto più forte sul Fattore Totale di Produttività (TFP). Infatti, il capitale umano, misurato sul livello di qualificazione dei lavoratori, sembra avere l’impatto quantitativamente maggiore sulla produttività regionale. Un suo aumento dell’1 per cento accresce la produttività di circa 0,4 punti percentuali; un analogo incremento del capitale investito nelle infrastrutture pubbliche innalza la produttività di circa 0,1 punti. L’attività di R&S ha effetti sicuramente positivi, ma di entità relativamente inferiore agli altri fattori. In sintesi, la Banca d’Italia ci dice che è più utile destinare risorse all’istruzione, piuttosto che alle infrastrutture e alla R&S. Non è di poco conto. 2.2 La situazione nel Mezzogiorno 2.2.1 Il livello di istruzione dei cancellati L’Italia, come dimostrano numerose recenti ricerche94, è fanalino di coda per dotazione di capitale umano disponibile e, all’interno del Paese, il Mezzogiorno registra una posizione di ulteriore inferiorità aggravata da flussi in uscita della variabile in questione. In particolare, il livello di istruzione95 della popolazione adulta residente nelle Regioni Obiettivo 1 è costantemente al di sopra della media italiana nel periodo 1995-2003 e del dato medio relativo alle altre regioni italiane, seppure tracciando un trend in flessione nel tempo (bilanciato, peraltro, dalla crescita della popolazione ad alta scolarizzazione). Rispetto al 1995, il livello di istruzione nelle Regioni Obiettivo 1 si 92 Raffaello Bronzini (Banca d’Italia) e Paolo Piselli (Banca d’Italia) “Determinants of long-run regional productivity: the role of r&d, human capital and public infrastructure “- “Determinanti della produttività regionale nel lungo periodo: il ruolo della ricerca e sviluppo, del capitale umano e delle infrastrutture” [Tema di discussione n. 597, settembre 2006]. 93 Lo studio si focalizza sul livello delle variabili invece che sui tassi di crescita. Come hanno sostenuto Hall e Jones (1999), l’indagine su tale livello può rappresentare un tema di ricerca molto più naturale, dato che le differenze nel livello di produttività o di reddito riflettono le differenze nel Welfare. 94 Tra gli studi di riferimento: ricerca comparativa internazionale EDEX (Educational Expansion and Labour Market) finanziata dalla DGXII della Commissione Europea. 95 Percentuale della popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello di istruzione secondario inferiore. 148 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE riduce di 11,1 punti percentuali, mentre l’Italia ed il resto delle Regioni del paese perdono rispettivamente il 12,1% e il 12,6%, con ciò confermando una distanza positiva a favore del Mezzogiorno (+7,5%) – fattore che indica una incidenza maggiore della popolazione a bassa scolarizzazione in tutta l’area del Sud. Nell’intervallo di tempo considerato sono la Basilicata e la Sardegna a segnare una flessione particolarmente significativa, contro un trend di sostanziale conferma delle altre aree del Sud. Nel biennio 2004-2005 la curva delle Regioni Obiettivo 1 continua a dominare in termini di livello di istruzione della popolazione adulta rispetto al resto d’Italia96. Figura 60 - Livello d’istruzione popolazione adulta grandi ripartizioni geografiche. Serie storica 1995-2003 90,0 60,0 69,8 68,3 67,0 65,7 64,2 65,6 62,7 63,8 61,0 62,3 60,7 64,2 59,2 58,8 56,9 63,2 58,0 61,8 60,8 56,9 55,9 55,6 54,7 53,7 58,7 53,6 51,2 30,0 0,0 1995 1996 1998 1997 Italia 1999 Regioni non Ob.1 2000 2001 2002 2003 Regioni Ob.1 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. 96 Si tratta di dati non confrontabili con i precedenti a causa di modifiche nella classificazione dei titoli di studio nel periodo overlap (2003) tra le due indagini. 149 Il livello di istruzione dei cancellati CAPITOLO 2 Il livello di istruzione dei cancellati Figura 61 - Livello d’istruzione della popolazione adulta nelle Regioni Obiettivo 1 Serie storica 1995-2003 80,0 70,0 60,0 50,0 1995 1996 Campania 1997 Puglia 1998 Basilicata 1999 Calabria 2000 Sicilia 2001 Sardegna 2002 2003 Italia Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Passando ad analizzare il tasso di scolarizzazione superiore97 relativo alla popolazione di età compresa tra i 20 e i 24 anni che ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore, si evidenzia, nel periodo 1995-2003, un trend inverso rispetto al precedente dato. Infatti, le Regioni Obiettivo 1 registrano un dato inferiore alla media italiana. Per le aree del Sud il tasso di scolarizzazione cresce di 15,2 punti percentuali nella fase considerata, contro un incremento dell’indicatore riferito alle altre regioni di circa il 12%. Esplodendo il dato a livello regionale emerge un tasso di scolarizzazione superiore nel biennio 2002-2003 per Calabria e Basilicata che mantengono il primato nel tempo. Fanalini di coda Puglia e Sardegna, contro un recupero registrato dalla Sicilia a partire dal 1998. Nel 2004 e nel 2005 l’andamento dell’indicatore conferma il precedente orientamento, ferma restando l’impossibilità di confronto con i dati passati a causa della riclassificazione dei titoli di studio avvenuta a partire dal 2003. 97 Rapporto tra gli studenti iscritti al livello di istruzione considerato e la popolazione residente appartenente alla corrispondente classe teorica di età (per 100). Per la scuola secondaria superiore l’età teorica considerata è 14-18 anni, per l’Università è 19-25. 150 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Figura 62 - Tasso di scolarizzazione superiore grandi ripartizioni geografiche Serie storica 1995-2003 80,0 70,0 62,9 60,0 58,5 50,0 50,8 64,7 60,1 52,4 66,2 61,9 54,7 68,8 64,3 70,2 70,9 71,9 66,4 67,3 68,2 61,7 60,1 56,9 74,4 73,4 71,1 69,7 66,0 64,1 62,5 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 1995 1996 1997 Italia 1998 1999 Regioni non Ob.1 2000 2001 2002 2003 Regioni Ob. 1 (escluso Molise) Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Figura 63 - Tasso di scolarizzazione superiore nelle Regioni Obiettivo 1 Serie storica 1995-2003 80,0 Basilicata Calabria 70,0 Italia Campania Sicilia Puglia 60,0 Sardegna 50,0 40,0 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 151 Il livello di istruzione dei cancellati CAPITOLO 2 Il livello di istruzione dei cancellati La domanda di lavoro in Italia e nelle Regioni Obiettivo 1, ha registrato un tasso di variazione (2003/1996) di occupati per titolo di studio pari a circa +9%. Sono cresciuti in Italia gli occupati in possesso di diploma universitario e laurea breve (+71%), seguiti da coloro che hanno conseguito la maturità (+39%) e il dottorato di laurea (+37%). Nelle Regioni Obiettivo 1 la domanda di lavoro si è focalizzata soprattutto a favore di occupati in possesso di diploma di maturità (+41%) e di diploma universitario/laurea breve (+43%). In netta flessione il dato 2003, rispetto al 1996, se riferito, per entrambe le ripartizioni, agli occupati con licenza elementare o privi di qualifica. Spostando l’attenzione sul livello di istruzione di coloro che nel 200398 hanno lasciato le Regioni Obiettivo 1 per una regione del Centro-Nord, circa la metà (48,2%) era in possesso di un titolo di studio medio-alto (35,6% con diploma e 12,5% con laurea). Questo vale per tutte le Regioni Obiettivo 1, raggiungendo livelli particolarmente elevati soprattutto per la Calabria (55,1%) e la Basilicata (54,1%), dove si registra anche il maggior numero di cancellati a medio alta scolarizzazione. La presenza di individui a medio-alta scolarizzazione cresce di 6 punti percentuali nella composizione del flusso migratorio nel quinquennio 1999-2003, passando dal 42,2% (pari a 45.305 unitè) dell’anno iniziale al 48,2% nel 2003, (corrispondente ad un valore assoluto di 46.850 unità). Scomponendo il dato per titolo di studio elevato si nota, però, la performance positiva (tasso di variazione +37,4%) del dato riferito ai possessori di laurea, mentre si contrae il flusso di diplomati presso le scuole medie superiori (tasso di variazione -4,9%), ricalcando il trend complessivo e, dunque, l’andamento degli altri titoli di studio considerati. 98 152 Ultimo dato ISTAT disponibile. LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Figura 64 - Tasso variazione occupati per titolo di studio (2003 su 1996) Il livello di istruzione dei cancellati 71,5 80,0 60,0 42,9 36,6 40,0 39,3 41,2 26,6 23,1 16,7 9,6 9,4 20,0 0,1 3,5 0,0 -20,0 -36,7 -40,0 Dottorato Laurea Diploma Univ. Laurea Breve Maturità Italia Qualifica Licenza Media senza accesso -32,3 Licenza Elementare / nessun titolo Totale Regioni Ob.1 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat Figura 65 - Tasso variazione cancellati con più di 14 anni dalle Regioni Obiettivo 1 Per titolo di studio anno 2003 su 1999 37,4 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 -4,9 -10,0 -20,0 -15,4 -9,3 -20,1 -30,0 Nessun titolo/lic. elementare Diploma media Diploma media inferiore superiore Laurea Totale Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat 153 CAPITOLO 2 Complessivamente, la composizione percentuale dei cancellati dalle Regioni Obiettivo 1, nel 2003, vede prevalere la percentuale di coloro che sono in possesso di diploma di media superiore. Significativa la quota (20,8%) di cancellati laureati registrata in Calabria, seguita dal dato relativo alla regione Basilicata (16,1%); la Sicilia chiude la classifica delle Regioni Obiettivo 1 con l’8,5% dei cancellati laureati. S icilia TO TA LE S a rd e g na O B IETTIV O 1 Figura 66 - Cancellati dalle Regioni Obiettivo 1 con più di 14 anni Per titolo di studio e regione di origine - Anno 1999-2003 (valori percentuali) 2003 1999 2003 1999 2003 C a la b ria 2003 P ug lia 2003 B a silica ta 1999 C a m p a nia Il livello di istruzione dei cancellati 1999 1999 2003 1999 2003 1999 0 5 10 Nessun titolo o licenza elementare 15 20 25 Diploma media inferiore 30 35 Diploma media superiore 40 45 50 Laurea Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Nell’arco di tempo considerato (1999-2003), dunque, la componente migratoria più dinamica si conferma essere quella relativa ai laureati. Infatti, considerando il tasso di variazione delle cancellazioni per medio-alta scolarizzazione, esso risulta positivo (+3,4%) nel totale delle Regioni Obiettivo 1, sostenuto soprattutto dalle performance di Basilicata (+11%) e Sicilia (+7%). In flessione il dato riferito alle regioni Sardegna (-1,6%) e Puglia (-1,3%). Dalla scomposizione del dato emerge il trend positivo e dinamico dei valori riferiti ai laureati, parti154 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE colarmente significativo in Basilicata (+53,9%), Campania (+53,1%) e Sardegna (+47,6%). Si riduce in tutte le regioni, eccetto che per la Sicilia (+2,8%) il segmento dei cancellati in possesso di diploma di scuola media superiore. Considerando l’incidenza dei cancellati a medio-alta scolarizzazione sul totale della popolazione in ciascuna delle regioni dell’area Obiettivo 1, emerge il netto primato della Calabria in quanto a regione di origine di cancellati a medio alta-scolarizzazione: 41 emigrati verso le regioni del Centro-Nord ogni 10.000 abitanti, nel 2003, contro i 39 registrati nel 1999. Seguono Campania e Basilicata con 26 laureati o diplomati per 10.000 abitanti che abbandonano la propria residenza. Per la Puglia il dato scende a 24 cancellati (per 10.000 abitanti), mentre Sicilia e Sardegna chiudono la classifica rispettivamente con 20 e 17 cancellati ogni 10.000 abitanti. Tra le principali regioni di destinazione: il Lazio, che registra, nel 2003, il valore più alto dei migranti con un buon livello di istruzione (laurea e diploma di media superiore); la Lombardia e l’EmiliaRomagna. Figura 67 - Tasso di variazione cancellati a medio – alta scolarizzazione nelle Regioni Obiettivo 1. (anno 2003 su 1999) 53,9 53,1 60,0 47,6 50,0 37,4 34,2 40,0 26,5 30,0 20,0 10,0 30,5 11,1 4,4 3,6 7,4 0,0 -10,0 -4,5 -1,3 3,4 2,8 -1,6 -0,6 -6,7 -10,2 -4,9 -10,3 -20,0 Campania Puglia Basilicata medio-alta scolarizzazione Calabria Sicilia diploma media superiore Sardegna Totale laurea Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 155 Il livello di istruzione dei cancellati CAPITOLO 2 Il livello di istruzione dei cancellati Tabella 38 - Incidenza cancellati a medio-alta scolarizzazione su totale popolazione Regioni Obiettivo 1. (per 10.000 abitanti) Regioni Obiettivo 1 Cancellati medio-alta scolarizzazione Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna OBIETTIVO 1 1999 14.019 10.002 1.374 7.876 9.118 2.915 45.304 2003 14.639 9.873 1.527 8.158 9.794 2.868 46.859 Popolazione 1999 5.722.364 4.042.028 603.546 2.040.988 5.003.447 1.641.918 19.054.291 2003 5.725.098 4.023.957 596.821 2.007.392 4.972.124 1.637.639 18.963.031 Cancellati medio-alta scolarizzazione ogni 10.000 abitanti 1999 2003 24,5 25,6 24,7 24,5 22,8 25,6 38,6 40,6 18,2 19,7 17,8 17,5 24,7 23,8 Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat. La presenza di capitale umano nell’ambito delle Regioni Obiettivo 1 è certamente riconducibile agli elementi caratterizzanti la domanda e l’offerta del mercato dell’istruzione e del lavoro. Dal lato dell’offerta di istruzione sembra plausibile prendere in considerazione la scarsa diffusione di centri universitari presenti nel Mezzogiorno, tale da indurre lo spostamento degli studenti residenti, con ciò incidendo significativamente sull’ammontare degli investimenti in capitale umano registrato nel Sud Italia. Tabella 39 - Atenei, sedi universitarie per regione Anno accademico 2004/2005 Regioni Obiettivo 1 Nord Centro Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1 ITALIA Numero Atenei Totale di cui statali 35 23 31 21 8 6 5 4 1 1 3 3 4 3 2 2 23 19 89 63 Numero sedi universitarie Totale di cui statali 41 43 29 30 7 8 6 6 1 1 3 3 4 4 2 2 23 24 93 97 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Ministero dell’Università dell’Istruzione e della Ricerca. Di contro, la domanda di istruzione nell’area Obiettivo 1 è decisamente caratterizzata da un diffuso fenomeno di vischiosità della mobilità intergenerazionale (mobilità sociale) che di fatto lega il titolo di studio dei padri a quello dei figli. Infatti, nel Mezzogiorno l’avanzamento sociale legato all’acquisizione di titoli di studio superiori a quel156 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE li posseduti dai componenti della famiglia di origine risulta meno fluido, rispetto alle regioni del Centro-Nord. Aprendo una finestra sul mercato del lavoro, risulta di facile evidenza l’incapacità da parte del sistema produttivo del Mezzogiorno di assorbire l’offerta di lavoro, sebbene vadano opportunamente considerate le tipologie di formazione richieste dalle imprese e come ciò interagisca con le scelte familiari in tema di istruzione. 2.2.2 Capitale umano e forza lavoro Dall’analisi dello stock di capitale umano, rappresentato dal peso della forza lavoro per titolo di studio, sul totale forza lavoro, per ripartizioni geografiche, si evince che dal 2000 al 2005 si è registrato un differente orientamento verso la scolarizzazione che ha coinvolto tutto il Paese. Infatti, nell’intervallo di tempo considerato, si nota un incremento della forza lavoro a medio-alta scolarizzazione, soprattutto nel segmento “laureati” (passati dal 12,4% del 2000 al 15,6% del 2005). In particolare, nel 2000 a prevalere, in tutte le ripartizioni considerate, è la forza lavoro in possesso di licenza elementare (39,2%); nel 2005, invece, prevale la forza lavoro in possesso di diploma di scuola media superiore (38,9%), ad eccezione dell’area Obiettivo 1 dove resta una sostanziale maggioranza della forza lavoro a bassa scolarizzazione (37,6%). Tabella 40 - Peso titolo di studio per forza lavoro Anni 2000 e 2005 peso fl elementare peso fl media ITALIA Nord Centro Obiettivo 1 39,2 40,4 35,7 40,0 13,9 12,8 12,6 16,5 ITALIA Nord Centro Obiettivo 1 36,0 37,1 31,7 37,6 9,5 8,4 7,8 12,5 peso fl superiore peso fl laurea 34,5 34,4 38,0 32,0 12,4 12,3 13,7 11,5 38,9 38,8 42,6 36,1 15,6 15,7 17,9 13,8 2000 2005 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. 157 Il livello di istruzione dei cancellati CAPITOLO 2 Capitale umano e forza lavoro La variazione del peso della forza lavoro relativa alla fascia a medioalta scolarizzazione registra, nel periodo 2000-2005, un trend positivo (+4,4% forza lavoro diplomati; +3,2% forza lavoro laureati) in tutte le ripartizioni geografiche considerate, a differenza della diffusa flessione della variabile stimata in riferimento ai gradi di scolarità inferiore. In particolare, nelle aree Obiettivo 1, la variazione del peso della forza lavoro a medio-alta scolarizzazione sul totale forza lavoro, seppure positiva (+4,1% foza lavoro diplomati; +2,2% forza lavoro laureati), risulta comunque al di sotto del dato nazionale. Figura 68 - Tasso di variazione della forza lavoro per titolo di studio grandi ripartizioni geografiche. (anno 2003 su 1999) 2,2 Obiettivo 1 4,1 -4,0 -2,3 4,1 -4,8 Centro 4,6 -4,0 3,3 4,4 Nord -4,4 -3,3 3,2 4,4 ITALIA -4,4 -3,2 -5 -4 -3 -2 elementari -1 medie 0 superiore 1 2 3 4 5 laurea Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Spostando l’attenzione sugli aspetti qualitativi caratterizzanti il capitale umano si considererà, quale proxy (diffusamente riconosciuta in letteratura), la spesa pubblica e privata per l’istruzione sostenuta nel periodo 1995-2003. La spesa delle famiglie per l’istruzione, nel periodo 1995 – 2003, subisce, nell’area Obiettivo 1, un incremento del 33,7% – dato superiore alla variazione media nazionale che si attesta intorno al 31%. La Calabria indica un incremento significativo della variabile (42,7%), mentre la variazione più contenuta, all’interno delle regioni del Sud, si evidenzia in Puglia (26,4%). Complessivamente, il peso della spesa delle famiglie per istruzione delle differenti ripartizioni, rispetto al dato nazionale, resta sostanzialmente invariato nel tempo, vedendo una costante prevalenza del Nord, seguito dall’area Obiettivo 1 e, quindi, dalle regioni del Centro Italia. 158 1995 433,7 259,7 44,4 159,9 346,5 123,2 1.367,5 1.202,6 3.009,4 5.712,0 1996 462,2 264,2 46,7 173,5 360,8 130,5 1.437,9 1.246,8 3.155,1 5.979,0 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1 Centro Nord ITALIA 1997 459,5 271,0 46,9 180,3 379,2 136,2 1.473,2 1.284,9 3.250,1 6.158,2 1998 480,0 297,8 48,5 184,3 386,1 138,5 1.535,3 1.311,2 3.322,4 6.317,3 1999 500,6 303,7 51,0 196,2 412,4 144,1 1.607,8 1.379,1 3.461,7 6.606,0 2000 521,9 308,8 53,1 204,8 418,6 151,9 1.659,1 1.417,9 3.583,8 6.824,5 2001 533,1 316,0 54,8 214,8 432,9 155,2 1.706,9 1.461,8 3.700,6 7.038,3 Tabella 41 - Spesa delle famiglie per l’istruzione per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1 Serie storica 1995- 2003 valori ai prezzi correnti (milioni di euro dal 1999) (milioni di eurolire per gli anni precedenti) 2002 541,9 316,8 55,6 214,2 436,3 155,9 1.720,7 1.477,8 3.715,6 7.084,8 2003 584,9 328,3 59,2 228,3 460,6 166,8 1.828,1 1.563,2 3.933,7 7.506,2 2004 34,9 26,4 33,3 42,7 32,9 35,4 33,7 30,0 30,7 31,4 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Capitale umano e forza lavoro 159 CAPITOLO 2 Capitale umano e forza lavoro Figura 69 - Peso della spesa delle famiglie per l’istruzione grandi ripartizioni geografiche. Rispetto al dato nazionale in serie storica 1995 - 2003 60 50 40 30 20 10 0 1995 1996 1997 1998 Obiettivo 1 1999 Centro 2000 2001 2002 2003 Nord Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Dall’analisi effettuata sulla spesa pro-capite per l’istruzione per ripartizione geografica, si evince un livello di spesa nelle Regioni dell’Obiettivo 1 (96,4 euro annui) di gran lunga inferiore sia alla media nazionale (130,9 euro annui), che al dato relativo al Nord (152,6 euro annui) e al Centro (124,3 euro annui). In particolare, nelle aree Obiettivo 1 la regione che spende maggiormente in istruzione è la Calabria (113,7 euro annui) seguita dalla Campania e dalla Sardegna rispettivamente con 102,2 e 101,8 euro annui. Al contrario, registrano investimenti più contenuti la Puglia (81,6 euro annui) e la Sicilia (92,6), mentre la Basilicata (99,2) ha un valore poco superiore al dato medio del Sud. Inoltre, dalle variazioni percentuali della spesa per l’istruzione pro-capite, secondo la dimensione temporale 1995 – 2003, si nota un maggiore dinamismo nelle Regioni dell’Obiettivo 1 (+34,5%) rispetto alle altre aree considerate (Nord +28,1%; Centro +29,5%). La regione con la più alta variazione positiva nel Sud è la Calabria (+ 46,8%) seguita dalla Sardegna (+36,5%) e dalla Basilicata (+36,2). Mentre in Campania (+34,1%) ed in Sicilia (+33,8%) i valori sono molti vicini alla media segnalata nelle Regioni l’Obiettivo 1; in Puglia la variazione (+27,4%) subisce l’incremento minore. 160 76,2 64,0 72,8 77,5 69,2 74,6 71,7 96,0 119,1 100,4 81,0 65,1 76,7 84,1 72,0 79,1 75,3 99,9 124,8 105,2 1996 Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat. Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1 Centro Nord ITALIA 1995 80,4 66,9 77,3 87,7 75,7 82,6 77,2 103,0 128,4 108,3 1997 83,9 73,5 80,1 89,9 77,1 84,1 80,4 105,1 131,1 111,0 1998 87,5 75,1 84,5 96,1 82,4 87,8 84,4 110,6 136,4 116,1 1999 91,3 148,9 88,3 101,0 83,8 92,7 97,3 98,3 140,9 119,9 2000 Tabella 42 - Spesa pro capite per l’istruzione per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1 Serie storica 1995 – 2003 in euro 93,4 78,5 91,4 106,4 87,0 95,0 90,0 117,1 145,0 123,6 2001 95,0 78,8 93,1 106,6 87,9 95,6 90,9 118,3 145,3 124,3 2002 102,2 81,6 99,2 113,7 92,6 101,8 96,4 124,3 152,6 130,9 2003 % var. 03/95 34,1 27,4 36,2 46,8 33,8 36,5 34,5 29,5 28,1 30,4 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Capitale umano e forza lavoro 161 CAPITOLO 2 Capitale umano e forza lavoro Alla spesa per istruzione delle famiglia si aggiunge quella sostenuta dalla pubblica amministrazione, con riferimento al periodo 1995-2002 (ultimo dato disponibile). In tal caso l’incremento nelle aree delle Regioni Obiettivo 1 (+36,1%) è conforme a quello nazionale (+36,3%), tranne per la regione Basilicata dove il valore della variazione (+33,8) è inferiore al dato nazionale, nonché al valore medio dell’area Obiettivo 1. Anche in questo caso la variazione del peso della spesa per istruzione delle ripartizioni, rispetto al dato italiano, resta sostanzialmente stabile nel tempo, vedendo una prevalenza dell’area Obiettivo 1 uguagliata nell’ultimo biennio considerato dal dato del Nord. Nettamente al di sotto il valore riferito al Centro. Dal confronto tra le due tipologie di spesa pubblica per istruzione (famiglie e amministrazioni pubbliche) si evidenzia in tutte le ripartizioni un incremento della spesa pubblica per l’istruzione superiore a quello delle famiglie. Solo nel Centro le due variazioni si equivalgono registrando un valore pari ad un incremento di circa il 30%. Nell’ambito delle Regioni dell’Obiettivo 1 si hanno dei valori coerenti con i dati nazionali tranne che per le regioni Calabria e Sardegna, dove si verifica un trend inverso: l’incremento della variazione della spesa delle amministrazioni pubbliche per l’istruzione è inferiore alla variazione della spesa sostenuta dalle famiglie. Figura 70 - Peso della spesa delle amministrazioni pubbliche per l’istruzione grandi ripartizioni geografiche rispetto al dato nazionale in serie storica 1995 - 2002 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 1995 1996 1997 Fonte: elaborazione Isfol su dati Istat. 162 1998 1999 Obiettivo 1 Centro 2000 Nord 2001 2002 1995 4.803,0 3.016,6 582,6 1.902,1 4.155,4 1.499,8 15.959,6 8.812,3 15.671,4 41.719,4 1996 5.290,7 3.322,6 660,7 2.097,3 4.514,6 1.617,9 17.503,8 9.553,3 17.003,8 45.453,4 Fonte: elaborazione Isfol su dati Istat. Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1 Centro Nord ITALIA 1997 5.586,5 3.568,2 697,7 2.230,6 4.822,2 1.656,8 18.562,0 9.872,1 17.780,1 47.694,8 1998 5.753,3 3.633,8 710,1 2.316,8 4.973,0 1.713,6 19.100,6 10.188,7 18.373,0 49.167,2 1999 5.932,5 3.745,9 734,4 2.345,2 5.101,0 1.737,9 19.597,0 10.114,3 19.121,8 50.363,3 2000 6.315,2 3.970,0 751,4 2.349,9 5.393,9 1.799,3 20.579,8 10.695,8 19.760,2 52.621,8 2001 6.482,1 3.997,9 774,2 2.485,2 5.664,0 1.845,8 21.249,1 11.144,1 21.132,9 55.187,0 2002 6.609,6 4.081,0 779,3 2.580,2 5.759,5 1.905,7 21.715,5 11.480,8 21.953,0 56.872,2 Tabella 43 - Spesa amministrazioni pubbliche per istruzione in ripartizioni geografiche Regioni. Obiettivo 1 Serie storica 1995-2002 valori ai prezzi correnti (milioni di euro dal 1999) (milioni di eurolire per gli anni precedenti) 2003 37,6 35,3 33,8 35,7 38,6 27,1 36,1 30,3 40,1 36,3 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Capitale umano e forza lavoro 163 CAPITOLO 2 2.2.3 I flussi di mobilità delle Regioni Obiettivo 1: il “brain drain” I processi migratori, così come evidenziato, hanno messo in luce nella fase di ripresa di questi ultimi anni una tendenza allo spostamento marcatamente selettiva, caratterizzata da un flusso di competenze specifiche e di capitale umano ad elevata scolarizzazione. Nella fattispecie, la perdita di personale qualificato, a vari livelli, è definita brain drain o drenaggio di competenze. Il termine può riferirsi esclusivamente alle fasce più qualificate di lavoratori che comprendono studiosi e professionisti (higly skilled professionals), sino a includere tecnici o operai specializzati, nonché studenti universitari e specializzandi. L’interpretazione del fenomeno del brain drain è riconducibile ai seguenti filoni teorici99: • teoria della domanda e dell’offerta; • teoria del capitale umano; • teoria del push and pull; • teoria dello stream and countrstream. La teoria della domanda e dell’offerta, diffusa negli anni Sessanta e settanta, sostiene che il principale fattore capace di stimolare lo sviluppo nelle aree arretrate sia l’istruzione formale, in siffatto contesto si implementarono politiche di istruzione rivolte a qualificare la futura forza lavoro, alle quali, però, non fece fronte un sistema economico capace di assorbire il capitale umano qualificato. Lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro avrebbe causato un brain overflow (eccesso di cervelli), spingendo gli individui più qualificati a ricercare nuove opportunità in altri contesti economici. Questo approccio, però, non è esaustivo nello spiegare la fuga di cervelli presente anche in zone con una elevata domanda interna di competenze. La teoria del capitale umano, invece, considera l’istruzione come un investimento; pertanto, si valuta il guadagno potenziale (in termini di ritorno sociale e ritorno personale) di tale investimento una volta completata la formazione. Tuttavia, le comunità caratterizzate da elevati flussi in uscita di forza lavoro ad elevata professionalità, non sempre riescono a recuperare gli investimenti sostenuti per qualificare il proprio capitale umano, subendo in tal senso un duplice disavanzo. Infatti, nel breve periodo il deficit viene determinato dalle spese sostenute per formare la futura offerta di lavoro, nel lungo periodo, invece, la perdita di risorse umane qualificate potrebbe condizionare la capacità 99 I primi tre approcci sono riconducibili a E.J. Okoli (1994) e Wejin Qin (1999), mentre la quarta analisi è stata teorizzata da M.P. Slawon (1998). 164 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE di generare processi economici innovativi in grado di espandere una domanda di lavoro qualificata. Nelle aree di arrivo si sviluppano delle dinamiche inverse, in quanto i sistemi produttivi usufruiscono di capitale umano qualificato senza aver partecipato alle spese del processo formativo. Pertanto, le migrazioni di qualità produrrebbero nei contesti economici di destinazione effetti divergenti, dando luogo ad un virtuoso brain-gain (guadagno di cervelli) nel caso di entrata di professionalità, utili e utilizzabili nell’area di arrivo. Di contro, non è rara una sottoutilizzazione o dequalificazione professionale che genera il cosiddetto brain-waste (scarto di cervelli). Si è trattato fin qui di chiarire le sole conseguenze economiche, che non spiegano il complesso ed articolato processo decisionale da cui maturano i flussi migratori. A superare l’approccio squisitamente economico provvedono le teorie “push and pull” individuando diversi fattori di repulsione e attrazione delle migrazioni intellettuali. In particolare, i fattori “push and pull” sono presenti sia nelle aree di provenienza che in quelle di arrivo. In tale ottica, sarebbe la valutazione personale di tali fattori (economici, politici, sociali, psicologici) a determinare la decisione di migrare. Resta, anche in questa circostanza, una criticità dovuta alla incapacità di tale approccio di spiegare il perché in presenza delle stesse opportunità di restare (alcuni individui rimangono nelle zone di arrivo, mentre altri rientrano). Alla teoria “push and pull” si affianca così l’approccio “stream and countrstream” che considera come la scelta di emigrare comporti la valutazione di una serie di ostacoli che intervengono tra i fattori di attrazione e quelli di repulsione. I fattori “push and pull” sono quindi arricchiti, in una visione dinamica delle migrazioni, da continui fattori “intervenienti” (associati alla zona di origine e a quella di destinazione, nonché a fattori personali) che in ogni momento possono modificare gli equilibri del sistema economico influenzando così il processo migratorio. Tra le determinati che incidono profondamente sul processo decisionale degli individui qualificati in procinto di emigrare, assume particolare rilevanza l’incidenza dei costi di riproduzione sociale da sostenere nel processo di reinserimento sociale ed economico. Lungo questa direttrice gli emigranti attivano un processo valutativo, orientato a determinare i possibili costi e benefici conseguenti al processo di trasferimento per motivi di lavoro. 165 I flussi di mobilità delle Regioni Obiettivo 1: il “brain drain” CAPITOLO 2 2.3 Le politiche sulla mobilità La mobilità territoriale costituisce uno dei fenomeni più tipicamente rappresentativi della società contemporanea per cui dovrebbe essere destinataria di politiche dedicate. Il flusso di persone che costantemente si spostano, delineando una rete fittissima di traiettorie, porta con sé una fluidità anche di idee, capitali, merci e servizi, così da incidere sugli equilibri socio-economici preesistenti nei paesi o nelle aree “receiver”. Costi e benefici di tale fenomeno sono in chiara evidenza: da un lato, l’impoverimento delle aree di partenza in termini di capitale umano non meno che di opportunità di crescita, dall’altro l’appianamento dei differenziali territoriali tra domanda e offerta di lavoro e la possibilità di una equa distribuzione sociale. Occorrono maggiori politiche per rendere le zone depresse o sotto-utilizzate maggiormente attrattive al fine di innescare quei processi di crescita generatori di posti di lavoro e ridurre, quindi, i tassi di disoccupazione al fine di ridurre quei gap intra – regionali alla base della mobilità costretta. In questo modo, inoltre, le regioni che godono di condizioni occupazionali migliori non devono affrontare un’immigrazione eccessiva, pressioni di popolazione, congestioni e inquinamenti ambientali, etc. In un siffatto contesto, dunque, adeguate politiche di accompagnamento della mobilità e di rientro dei flussi migratori, soprattutto nella componente qualificata, rappresentano un imprescindibile elemento di riequilibrio nei percorsi di sviluppo dei territori di partenza sottoposti al brain drain. Certamente, le competenze professionali più qualificate potrebbero non essere sfruttate adeguatamente nelle aree di origine in quanto prive di strutture adeguate per tali professionalità. Tuttavia, proprio le nuove professionalità potrebbero rappresentare un significativo incentivo per la crescita delle strutture locali. Dunque, la migrazione di capitale umano qualificato è un fenomeno dalle diverse angolazioni di analisi; un movimento non a senso unico che fa propendere la scelta concettuale a favore di un generico brain-movement100. Focalizzeranno l’attenzione su alcuni dispositivi normativi nazionali ed europei si intende inquadrare il fenomeno nella sua gestione e valutazione istituzionale. Dalle direttive comunitarie agli orientamenti nazionali e quindi le applicazioni regionali. Si tratta di un insieme di iniziative che rappresentano uno sfondo ancora sfumato per un fenomeno che nel tempo assume connotazioni e caratteristiche fortemente variabili. 100 166 Todisco, 2000. LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE 2.3.1 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità Strategie comunitarie sulla mobilità geografica dei lavoratori Nell’agenda del legislatore comunitario la mobilità geografica dei lavoratori rappresenta una linea guida centrale per realizzare il processo di integrazione europea, ma anche un aspetto fondamentale per raggiungere gli obiettivi occupazionali, previsti dalla Strategia di Lisbona. La promozione dei processi di mobilità geografica è tema strettamente connesso all’attuazione del principio della cittadinanza europea e dell’integrazione interculturale, ma anche all’applicazione del diritto alla libera circolazione dei lavoratori, sancito dal Trattato istitutivo della Comunità europea. Se la “libera circolazione delle persone” viene definita come il diritto attribuito ai cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea di circolare e di soggiornare liberamente su tutto il territorio comunitario, indipendentemente dall’esercizio di un’attività lavorativa, la “mobilità” è il diritto di tutti i cittadini europei di lavorare e di vivere in un altro Stato membro senza subire discriminazioni fondate sulla nazionalità. Per addentrarci nel tema occorrerebbe ricordare non solo le disposizioni contenute negli Accordi di Schengen sul transito nel territorio comunitario e le politiche di cooperazione ad esso connesse101, ma soprattutto andrebbero ampiamente sviluppate le strategie e la normativa che l’Unione Europea ha adottato al fine di garantire la libera circolazione delle persone. Ciò richiederebbe un approfondimento della normativa sul riconoscimento delle qualifiche professionali, sui sistemi di sicurezza sociale, di assistenza sanitaria, di opportunità professionali, di apprendimento all’estero e di migrazione di lavoratori da paesi terzi. Temi che sono stati al centro del dibattito sviluppato nell’Anno Europeo per la mobilità dei lavoratori, appena concluso102. 101 Cfr. Nel 1985 Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno deciso di creare fra essi uno spazio senza frontiere (lo Spazio Schengen, dal nome della città lussemburghese in cui sono stati firmati i primi accordi). In seguito, è stata elaborata una Convenzione, firmata il 19 giugno 1990 (il 27.11.1990 ha aderito anche l’Italia) ed entrata in vigore nel 1995 che ha consentito l’abolizione dei controlli interni tra gli Stati firmatari e la creazione di una frontiera esterna unica, lungo la quale sono state adottate identiche procedure di controllo nello spazio di Schengen. In definitiva, vi è stata l’affermazione della piena libertà di circolazione nell’insieme dei territori di tutti gli Stati firmatari degli Accordi di Schengen. 102 Il 2006 doveva anche essere l’anno in cui i 12 Stati membri che hanno applicato il regime transitorio di libera circolazione dei lavoratori, dopo l’allargamento, avrebbero dovuto decidere se mantenere o meno restrizioni all’ingresso dei lavoratori provenienti dagli otto Paesi dell’Europa centroorientale divenuti membri dell’Unione Europea il 1° maggio 2004. Nel maggio 2006 Finlandia, Grecia, Portogallo, Spagna e Italia hanno aperto il loro mercato del lavoro a tutti i 25 Paesi dell’Unione Europea, mentre Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Francia e Olanda hanno introdotto misure per un graduale allentamento delle restrizioni; Austria e Germania sono gli unici Paesi che persistono nell’applicazione delle restrizioni fino alla fine del periodo transitorio, al più tardi 2011. 167 CAPITOLO 2 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità La mobilità dei lavoratori (intesa come mobilità professionale e geografica) all’interno delle politiche comunitarie viene considerata come un elemento chiave nella lotta alla disoccupazione, ma anche un’utile opportunità per acquisire nuove competenze ed esperienze, da spendere nel mercato del lavoro europeo al fine di ridurre le sperequazioni e gli squilibri presenti in alcuni settori produttivi o in alcune aree geografiche. I dati emersi dalle stime diffuse in ambito comunitario mettono in rilievo che uno dei principali fattori di debolezza del mercato del lavoro è da ricercarsi proprio nella scarsa propensione alla mobilità professionale (in media, i lavoratori europei cambiano occupazione solo una volta ogni 10,6 anni, mentre negli Usa la media è di 6,7 anni)103. La mobilità geografica dei lavoratori risulta, infatti, relativamente bassa: solo lo 0,1% della popolazione complessiva dell’UE ha cambiato la propria residenza ufficiale nel 2000. Più consistente, invece, il flusso della mobilità geografica tra Regioni di uno stesso Stato membro: infatti, circa l’1,2% della popolazione occupata nell’UE, pari circa a 2 milioni di lavoratori tra i 15 e i 64 anni di età, ha cambiato residenza, trasferendosi in un’altra regione, nel corso del 1999104. Negli anni più recenti, secondo i dati Eurostat, la percentuale degli italiani che ha trovato lavoro all’estero si è attestata intorno all’1,2%, mentre il 5,8%, nel 2003, ha dichiarato di aver cambiato lavoro nell’anno precedente. Meno propensi a cambiare lavoro in Europa sono risultati gli svedesi (tra il 2002 e il 2003 solo il 4,4% di essi ha cambiato lavoro), mentre i più favorevoli a trasferirsi sono i danesi (12,9%) e gli inglesi (12,6%). 103 Il monitoraggio sul flusso dei lavoratori in circolazione viene realizzato attraverso studi empirici che si basano sull’utilizzo di indicatori giuridici e sociali. I primi parametri, in generale, attengono alle misure di politiche attive poste in essere in ambito comunitario, nazionale, locale per incentivare ed agevolare la mobilità geografica dei lavoratori. Essi forniscono un quadro oggettivo degli incentivi predisposti, ma possono determinare risultanze diverse in ragione delle differenti realtà geografiche e sociali cui si riferiscono. Gli indicatori sociali sono quelli che assicurano un’analisi del fenomeno secondo criteri facilmente confrontabili: in questo caso sono presi in esame i cambi di residenza, l’età dei soggetti migranti, le loro qualifiche professionali, i costi di trasferimento (ad esempio, costi sostenuti per la nuova abitazione). 104 In particolare, un elemento per analizzare la mobilità geografica dei lavoratori può essere costituito dal cambiamento di residenza per motivi di lavoro nell’arco temporale di dieci anni. Un secondo dato di comparazione, invece, può essere considerato il cambio di residenza in generale. Tuttavia, i risultati che emergono con riferimento al primo indicatore mettono in luce la problematica sulla dimensione temporale: il periodo di dieci anni è forse troppo lungo per misurare analiticamente la mobilità geografica del lavoro e dei lavoratori. In questo arco di tempo, infatti, possono registrarsi per una stessa persona numerosi cambiamenti di residenza per motivi di lavoro. Attraverso il secondo indicatore, invece, le risultanti sono parziali poiché non forniscono informazioni complete sui motivi che hanno spinto il singolo a cambiare residenza, di solito indotto da ragioni essenzialmente o principalmente di lavoro. Nell’analisi dei processi di mobilità registrati nel corso degli anni, inoltre, un altro dato appare rilevante: il profilo professionale del lavoratore disposto a spostarsi risulta diverso, come dimostra il caso italiano. Infatti, se negli anni ’60 e ’70 i lavoratori che lasciavano il luogo di origine avevano prevalentemente una bassa qualifica, oggi, invece, coloro che sono disposti a trasferirsi altrove sono principalmente lavoratori qualificati o, addirittura, altamente qualificati. 168 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE La staticità della forza lavoro e la scarsa volontà degli europei a cambiare lavoro, in generale, sembra essere un dato comune e potrebbe essere ricondotta ad una carente informazione sui vantaggi offerti da un lavoro all’estero o in un altro settore. Questo è il dato che emerge anche nell’ambito dell’indagine Eurobarometro che sottolinea come gli Europei siano comunque favorevoli all’idea di cambiare lavoro, poiché consapevoli dell’importanza della libera circolazione e dei benefici che possono derivare dal cambiare luogo di lavoro, anche se non mancano le riserve sulle conseguenze che una scelta di questo tipo può determinare sulla vita familiare. L’urgenza di rimuovere gli ostacoli alla mobilità per facilitare il flusso dei lavoratori per attribuire flessibilità e dinamismo al mercato del lavoro comunitario e a quelli nazionali, senza correre il rischio di inondazioni migratorie o di depauperazione dei territori di origine, è stata riconosciuta sin dal Consiglio straordinario di Lisbona del 22 e 23 marzo 2000105. Il raggiungimento di migliori e numerosi posti di lavoro, la realizzazione di una maggiore coesione sociale e lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza richiedono l’abolizione di qualsiasi restrizione alla mobilità professionale e geografica in tutta l’Unione europea, misura raccomandata anche negli orientamenti comunitari per la crescita e l’occupazione (2005-2008) per garantire una maggiore reattività al mercato del lavoro. Va sottolineato, tuttavia, che nel diritto comunitario il tema della mobilità geografica dei lavoratori è strettamente connesso alla mobilità in materia di istruzione e formazione: pertanto, le istituzioni comunitarie, seguendo un doppio binario, hanno adottato, da un lato, provvedimenti per incentivare la mobilità per motivi di studio, dall’altro misure in grado di far crescere la mobilità professionale. A tal fine il Consiglio e la Commissione hanno segnalato la necessità di definire a breve gli strumenti e le misure per promuovere la mobilità degli studenti, dei docenti e del personale preposto alla formazione e alla ricerca, utilizzando al meglio i programmi comunitari esistenti, anche attraverso una maggiore trasparenza nelle procedure di riconoscimento delle qualifiche e dei periodi di apprendimento. 105 Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona (23/24 marzo 2000) ha inteso imprimere, attraverso la cd. “Strategia di Lisbona”, un rinnovato vigore alle politiche comunitarie, alla luce della globalizzazione economica e della crescente importanza delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni. A cinque anni dal varo della Strategia di Lisbona, la Commissione, considerati gli esiti deludenti, ha presentato la proposta per il Rilancio della Strategia di Lisbona [COM24/2005], documento integrato da: il doc. con le raccomandazioni agli Stai membri, allegato alla COM.24/2005 (SEC 193/2005); il doc. sulla governance e la tempistica, all. alla COM.24/2005 (SEC 193/2005); lo staff work document preparatorio per la COM.24/2005 (SEC.160/2005). 169 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità CAPITOLO 2 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità Nella stessa prospettiva le istituzioni comunitarie, a partire dall’anno 2000, hanno adottato una serie di strumenti per favorire i processi di mobilità, primo tra tutti il “Piano d’azione per la mobilità” approvato dal Consiglio Europeo a Nizza nel dicembre 2000106. Si tratta di un insieme di provvedimenti di natura amministrativa, regolamentare, finanziaria e sociale per definire, incrementare e democratizzare la mobilità della forza lavoro in Europa, nonché per promuovere forme di finanziamento adeguato. Successivamente, nel luglio 2001, è stata adottata la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilità nell’UE degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori107. Questo ulteriore intervento, incentrato principalmente sul mondo dell’istruzione, della formazione e della ricerca, ha agevolato la cooperazione politica a sostegno della mobilità con l’obiettivo specifico di porre le basi per definire i termini del riconoscimento delle eventuali esperienze acquisite all’estero. Alla fine dello stesso anno la Task force di alto livello su competenze e mobilità, istituita dalla Commissione nell’anno 2001108, ha presentato una relazione che ha costituito il presupposto per redigere il Piano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobilità109. Nel documento elaborato dagli esperti è stato sottolineato che gli sforzi per promuovere la mobilità geografica per essere efficaci debbono essere associati a misure che favoriscono la mobilità occupazionale, nell’intento di creare nuovi posti di lavoro e migliori condizioni di vita soprattutto in quelle Regioni meno sviluppate dell’Unione europea. Il Piano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobili110 tà costituisce un programma d’interventi per agevolare il processo della mobilità professionale attraverso azioni prioritarie volte a rafforzare lo sviluppo delle competenze, migliorare l’informazione e la trasparenza sulle possibilità occupazionali, incrementare la mobilità geografica, al fine di creare mercati del lavoro europei più aperti e più facil106 Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio il 14 dicembre 2000, relativa al piano di azione per la mobilità (2000/C371/03). 107 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 luglio 2001 (2001/613/CE), in G.U.C.E. L215/30 del 09/08/2001. 108 COM (2001) 116 def. 109 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni. Piano d’azione della Commissione per le competenze e mobilità, COM 72/2002 110 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni piano d’azione della Commissione per le competenze e la mobilità, del 13.02.2002. COM (2002) 72 def. 170 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE mente accessibili e sempre più in linea con la globalizzazione dell’economia e con l’allargamento dell’Unione Europea. Gli obiettivi e le azioni delineati nel Piano d’azione sono destinati ad affrontare una pluralità di sfide: predisporre sistemi d’istruzione e formazione in grado di rapportarsi alle esigenze del mercato del lavoro, migliorare il livello di istruzione e delle competenze nel campo delle ICT, chiarire e semplificare il riconoscimento e il trasferimento delle qualifiche per le professioni regolamentate, investire di più nelle risorse umane delle Regioni meno avanzate, favorendo lo sviluppo della conoscenza della lingua straniera e di abilità transculturali. Un successivo documento a sostegno della mobilità è la Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003111, relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, che propone di affrontare il cambiamento e promuovere l’adattabilità e la mobilità nel mercato del lavoro. La carrellata di provvedimenti comunitari in tema di mobilità prosegue con gli interventi previsti nel programma di lavoro generale “Istruzione e formazione 2010”, nell’ambito del quale è stata elaborata una proposta di “Carta di qualità per la mobilità nel settore dell’istruzione e della formazione”, presentata a Rotterdam il 12 luglio 2004112. La Carta può essere letta come un documento “universale”, finalizzato a sviluppare la cittadinanza europea e la comprensione delle diversità culturali e linguistiche, contenente principi comuni per rafforzare l’efficienza e l’efficacia di tutti i tipi di mobilità finalizzata all’apprendimento. Essa è rivolta a giovani e adulti che intendano esercitare il diritto di libera circolazione nel territorio degli Stati membri per seguire programmi di istruzione e formazione, volti ad innalzare il grado di conoscenza e di competitività dei cittadini europei anche nel mercato del lavoro europeo113. Si evince chiaramente dall’esame dei documenti comunitari citati che il sostegno alla mobilità della forza lavoro non può prescindere dal rispetto del diritto di libera circolazione dei lavoratori, dalla promozione dell’istruzione/formazione lungo tutto l’arco della vita, dalla garanzia che la flessibilità professionale non diventi precarietà, a detrimento del diritto alla sicurezza sociale. Trasferirsi per motivi professionali significa affrontare una serie di sfide per il lavoratore: inserirsi in un diver111 Cfr., sin da ora, la Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (2003/578/CE), pubblicato nella GUCE L 197/13 del 5 agosto 2003. 112 COM (2005) 450 def. 113 Cfr. “ La Carta europea di qualità per la mobilità” di Andrea Rocchi su Osservatorio ISFOL – Anno XXVII n. 1-2 Gennaio - Aprile 2006. 171 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità CAPITOLO 2 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità so contesto sociale, scegliere un altro alloggio per sé e la famiglia, adattarsi a nuove abitudini o imparare una nuova lingua. Per accrescere la mobilità si rende necessario un approccio globale che comprenda, oltre alla promozione della formazione fuori dai confini nazionali e al riconoscimento delle qualifiche, anche l’eliminazione di barriere amministrative e giuridiche: il coordinamento dei sistemi di previdenza sociale, la garanzia dell’esportabilità dei diritti a pensione integrativa dei lavoratori migranti, il rafforzamento del mercato dei servizi114. L’obiettivo è promuovere una cittadinanza europea attiva e l’inclusione sociale, ridurre le disuguaglianze, assicurare lo sviluppo del mercato unico e l’efficace integrazione dell’economia europea nel contesto dell’Unione allargata, rivedere le regole transitorie che disciplinano la libera circolazione dei lavoratori da, verso e tra i nuovi Stati membri a seguito dell’allargamento115. Garantire l’apertura e l’accessibilità dei mercati del lavoro europei a tutti significa sostanzialmente affrontare tre grandi sfide: una mobilità occupazionale inadeguata, la frammentazione delle informazioni e la mancanza di trasparenza sulle opportunità di lavoro. Nello scenario comunitario sono operativi diversi programmi ed iniziative a sostegno della libera circolazione e della mobilità dei lavoratori con lo scopo di facilitare il trasferimento all’estero. Il 2006 è stato proclamato dalla Commissione “Anno Europeo della mobilità dei lavoratori” al fine di sensibilizzare i lavoratori sui vantaggi offerti da un lavoro all’estero o dal cambiamento di lavoro: lavorare all’estero, infatti, può far acquisire nuove competenze ed esperienze che possono rivelarsi un utile momento di crescita professionale per il lavoratore, che in tal modo diviene anche più competitivo nel mercato del lavoro nazionale. Accrescere la mobilità occupazionale dei cittadini europei può anche significare incoraggiare la mobilità circolare, come viene suggerito nella Relazione sui flussi migratori nell’Unione europea116. Sarebbe auspicabile, infatti, che i lavoratori migranti rientrassero nel Paese di origine ricchi del bagaglio di competenze e di conoscenze acquisite all’estero: in tal modo si arginerebbero gli effetti distorsivi prodotti dalla 114 Cfr. “La mobilità dei lavoratori in Europa: un diritto, una scelta o un’opportunità? – L’anno europeo 2006” di Anna Maria Senatore su Osservatorio ISFOL – Anno XXVII n. 3-4 Maggio Agosto 2006. 115 Il fenomeno della mobilità geografica dei lavoratori interessa, infatti, in modo massiccio i cittadini dei nuovi Stati membri (ma anche di paesi terzi) che, in cerca di migliori sbocchi occupazionali si dirigono nei paesi dell’Europa centro meridionale. Va ricordato anche l’ingresso di altri Paesi nell’Unione Europea. 116 Presentata al Parlamento Europeo nel settembre 2006 dall’Associazione dell’Azione dei cittadini europei. 172 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE mobilità geografica dei lavoratori, che spesso comporta un depauperamento del paese di origine ed una notevole difficoltà di gestione per i paesi destinatari della forza lavoro migrante. Box 1 - Programmi ed iniziative europee a sostegno della libera circolazione e della mobilità dei lavoratori Programma / Iniziativa Contenuto Leonardo Da Vinci programma d’azione dell’Unione europea per la realizzazione di una politica di formazione professionale, che riserva una particolare attenzione alla mobilità transnazionale di giovani e adulti, finanziando progetti di tirocinio all’estero e scambi transnazionali Gioventù programma europeo di sostegno e finanziamento ai progetti che favoriscono l’educazione non formale e la mobilità giovanile internazionale e si rivolge ai giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni Visite di Studio Cedefop uno dei principali servizi del Cedefop, che è l’agenzia che assiste i decisori politici, la Commissione Europea, gli Stati membri e le organizzazioni delle parti sociali di tutta l’Europa Eures rete promossa dalla Commissione Europea che riunisce i servizi pubblici per l’impiego e altri enti e strutture quali sindacati, organizzazioni di datori di lavoro e autorità locali e regionali ed ha come obiettivo quello di informare, offrire consulenza e assistere i cittadini all’estero Database per il lavoro database per l’impiego che presenta le offerte di lavoro selezionate e disponibili in tutta Europa Europass dispositivo che documenta i percorsi europei di formazione e conferisce trasparenza e visibilità all’esperienza maturata all’estero A livello nazionale, le azioni per la mobilità sono svolte nell’ambito della rete EURES, che fornisce ai lavoratori ed ai datori di lavoro tre tipi di servizi: informazione, consulenza e assunzione/collocamento – il così detto matching domanda/offerta di lavoro. Nell’ambito di EURES sono stati creati specifici organismi specializzati preposti alla gestione tranfrontaliera tra cui: • Eurazur, per le Regioni Liguria e Provenza, Alpi e Costa Azzurra; • Transalp, per le Regioni Piemonte, Valle d’Aosta e Rhone Alpes; • Euralp, per la Carinzia e il Friuli Venezia Giulia; • Transtirolia, per le Regioni Tirolo e Alto Adige. Inoltre, l’Italia ha stipulato con molti stati comunitari ed extra comunitari, apposite convenzioni internazionali volte ad assicurare agli italiani emigrati gli stessi benefici di sicurezza sociale previsti dalla legislazione del paese estero per i propri cittadini. 173 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità CAPITOLO 2 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità Box 2 - Europass Mobilità Europass Mobilità E’ uno strumento che consente di documentare le competenze e le abilità acquisite da un individuo durante un’esperienza di mobilità realizzata all’estero (Spazio Economico Europeo e Paesi candidati) in esito a percorsi di apprendimento formale (corsi di istruzione e formazione) e non formale (lavoro, volontariato, ecc.). E’ un dispositivo che costituisce l’evoluzione del libretto Europass formazione, istituito con la Decisione del Consiglio del 21 dicembre 1998 (1999/51/CE) per favorire la formazione lungo tutto l’arco della vita e la mobilità degli individui tra occupazioni, settori e paesi diversi. I percorsi di apprendimento documentabili attraverso Europass mobilità possono svolgersi nel quadro di un qualsiasi programma o iniziativa in materia d’istruzione e formazione nazionale ed europea (ad esempio, Leonardo, Socrates e Gioventù). Europass mobilità è rivolto a tutti gli individui, indipendentemente dall’età, dalla qualifica e dalla condizione professionale. La gestione di Europass Mobilità è affidata al Centro Nazionale Europass (NEC). Prima dello svolgimento delle attività di apprendimento all’estero, l’organismo promotore del progetto di mobilità transnazionale inoltra al NEC la richiesta di rilascio del documento EuropassMobilità. Segue l’invio del progetto di soggiorno all’estero. Dopo aver ottenuto l’approvazione da parte del NEC, l’organismo promotore procede alla compilazione del documento insieme all’organismo ospitante. Per tutti coloro che partecipano a programmi di scambio realizzati nell’ambito di programmi comunitari (Leonardo, Erasmus, Gioventù, ecc.), è sufficiente presentare la richiesta al Centro Nazionale Europass; per i beneficiari di progetti inseriti nell’ambito di altre iniziative, il rilascio del documento Europass Mobilità è soggetto ad una verifica qualitativa da parte del Centro Nazionale Europass. In questo caso, è opportuno ricordare che: • è necessario stipulare un accordo formale tra organismo d’invio e organismo d’accoglienza; • le esperienze di apprendimento all’estero devono avere una durata minima di 15 giorni; • deve essere prevista la presenza di un tutor incaricato di seguire le attività dei beneficiari. Altri interventi a favore della mobilità sono più strettamente collegati ai sistemi di istruzione e formazione e alla certificazione delle competenze. Si tratta in particolare dei servizi offerti dal Centro Nazionale Europass (NEC) e dal Punto Nazionale di Riferimento (PNR) Italia, che fanno parte dei relativi network europei. Nell’ambito di Europass, merita una particolare attenzione il dispositivo Europass mobilità. Misure di incentivazione e sostegno della mobilità geografica dei lavoratori in Italia In Italia, sul tema delle misure di incentivazione e sostegno della mobilità geografica dei lavoratori, tra i primi interventi normativi si segnala il pacchetto Treu del 1997, che recepiva le intese raggiunte tra Governo e parti sociali nell’accordo per il lavoro del 24 settembre 1996. Il pacchetto introduceva, in particolare, un’indennità aggiuntiva di circa 400 euro al mese per le spese di alloggio e vitto in favore dei giovani del Sud coinvolti nei piani di inserimento professionali attivi nelle 174 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE imprese di altre Regioni. Partecipare ad un piano di inserimento professionale consentiva ai giovani di età compresa tra i 19 e 32 anni (fino a 35 per i disoccupati di lunga durata) di inserirsi in un’azienda per un periodo non superiore a 12 mesi. Questa modalità d’incentivazione economica della mobilità geografica dei lavoratori risulta senza dubbio significativa e in linea, tra l’altro, con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, ex articolo 87 del Trattato CE che, in molti casi, risulta invece di ostacolo alle politiche finanziarie d’incentivazione117. In materia di mobilità geografica, nel D.Lgs. n.276 del 10 settembre 2003 di attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla Legge n.30 del 14 febbraio 2003 (nota come Legge Biagi), si stabilisce che le Regioni, sentite le associazioni di datori e di prestatori di lavoro, istituiscono appositi elenchi per l’accreditamento degli operatori pubblici e privati e, con provvedimenti regionali, disciplinano il sostegno alla mobilità geografica dei lavoratori. Sulla scorta di queste prime iniziative si sono susseguiti, prima dell’introduzione della Legge Biagi, altri interventi nazionali e locali tesi a sostenere la mobilità interna dei lavoratori118 Tali interventi prevedono una particolare attenzione per i territori di origine, definendo un regime disciplinato di accompagnamento dei flussi migratori, anche in fase di rientro. Si è, inoltre, definita “l’architettura” istituzionale necessaria alla realizzazione delle politiche e delle normative di supporto e sostegno alla mobilità geografica dei lavoratori, prevedendo un duplice coordinamento: • orizzontale, riguardante i vari elementi delle politiche nell’ambito del diritto del lavoro e della previdenza sociale, del sistema fiscale, dei servizi sociali (come quelli per l’alloggio, l’istruzione, i servizi di cura alla persona o l’accesso alle informazioni sulle opportunità di lavoro a livello nazionale); • verticale, individuando la necessità del pieno coinvolgimento dei livelli subnazionali. Anche se il livello di analisi del coordinamento è di carattere nazionale, le iniziative devono essere contestualizzate, specificate e partico117 Possono considerarsi compatibili con il mercato comune, gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle Regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, sezione, punto 3, sub a) in Trattato CE (2002/C; 325/01). 118 Legge delega n. 30/2003 in G.U. R.I. – serie generale n. 47 del 26 febbraio 2003. Essa, tra l’altro, prevede provvedimenti sanzionatori nei confronti di coloro che non utilizzano gli strumenti di politica attiva del lavoro messi a disposizione. L’art. 13 D.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, inoltre, prevede il decadimento dai trattamenti di mobilità o altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o di occupazione. 175 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità CAPITOLO 2 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità lareggiate secondo obiettivi dettagliati, che possono essere individuati solo attraverso la dimensione locale. Gli attori della cooperazione verticale sono le parti sociali, i governi regionali, locali e le organizzazioni della società civile. In tale contesto si inserisce il “Programma Quadro per l’integrazione e lo sviluppo delle sperimentazioni in materia di Tirocini Formativi, inseriti in processi di mobilità geografica”, frutto dell’approvazione della Conferenza unificata Stato-Regioni (seduta del 20 maggio 2004). Questo Programma Quadro ha inteso mettere a sistema le attività, le metodologie, gli strumenti ed i servizi realizzati in forma sperimentale dai progetti promossi nell’ambito delle politiche a sostegno della mobilità geografica per una parte delle Regioni italiane. Nella stessa prospettiva si muove anche il D.M. Min. Lav. del 18 marzo 2005 che contiene “criteri e modalità di riparto delle risorse alle Regioni e alle Province autonome, finalizzate alla realizzazione dei tirocini formativi e di orientamento, inseriti in processi di mobilità geografica”. Nel 2005, inoltre, il Ministero del Lavoro ha istituito un Osservatorio sulla Mobilità geografica con il compito di monitorare tutte le attività di formazione volte a facilitare i processi di mobilità dei lavoratori, in particolare tutte le esperienze di tirocinio organizzate nell’ambito di azioni di sistema, poste in essere dall’agenzia tecnica per le politiche dell’occupazione del Ministero del Welfare, da Italia Lavoro e da Tecnostruttura. Il sostegno alla mobilità geografica e professionale rientra tra i temi sui quali sono intervenuti anche i POR119 predisposti dalle Regioni, che, in particolare, prevedono misure per il riconoscimento e la certificazione delle competenze, ma anche per contenere e limitare l’asimmetria informativa sull’incontro domanda/offerta di lavoro. In sintesi, da quanto emerso, si evince che l’obiettivo generale dell’intervento integrato sia stato quello di favorire lo sviluppo della mobilità del lavoro, dell’occupabilità, del partenariato fra territorio, imprese e istituzioni per promuovere la creazione di un sistema di rete orientato ad incentivare la mobilità geografica. 2.3.2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità Le politiche per il sostegno alla mobilità dei lavoratori per essere efficaci devono essere il frutto di azioni e di interventi realizzati in sinergia con le istituzioni regionali e locali, capaci di sostenere in modo più diretto la trasferibilità dei cittadini attraverso mirate politiche sociali, formative, abitative. 119 176 Programmi Operativi Regionali (Programmazione fondi strutturali 2000-2006). LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Un esempio significativo è rappresentato dall’esperienza della Regione Lombardia, che ha predisposto delle misure di grande impatto per agevolare la mobilità geografica dei lavoratori, sia nel territorio nazionale, che nei Paesi dell’Unione europea, ma anche per favorire la circolazione di quei lavoratori provenienti dai Paesi terzi. Competente a gestire e promuovere i flussi migratori e sulla mobilità geografica è l’Agenzia Regionale per il Lavoro lombarda, il cui scopo è quello di contribuire, nell’ambito del decentramento delle competenze tra Stato, Regioni e Province, a realizzare l’integrazione tra i servizi per l’impiego, politiche attive del lavoro e politiche formative. Per realizzare questi obiettivi la struttura stipula accordi di collaborazione con le Regioni dei Paesi del Sud e dell’Est del mondo; instaura intese con enti ed organismi territoriali per favorire l’inserimento lavorativo di cittadini provenienti dai Paesi terzi; offre assistenza alle istituzioni locali competenti in materia di immigrazione e mobilità geografica. Tra le iniziative promosse dall’Agenzia si segnalano numerosi programmi realizzati a livello regionale e provinciale: • il Programma “World Job”, finalizzato alla formazione di cittadini extracomunitari da inserire nel mercato del lavoro locale, con la previsione anche di azioni per individuare insediamenti abitativi e per facilitare il disbrigo di tutte le questioni burocratiche relative all’ingresso nel territorio italiano; • OCCUPABIT, progetto nato per promuovere formazione e attività di stage nel settore dell’ICT per giovani residenti in Regioni ex Obiettivo 1 (in particolare, Sicilia e Calabria). In tema di mobilità, in linea con l’esperienza lombarda, si segnalano anche i progetti avviati nelle Regioni Veneto (in cui sono state sottoscritte diverse convenzioni per organizzare tirocini formativi con alcune Regioni del Mezzogiorno), Emilia Romagna (che ha attivato processi di apprendimento collegati alla mobilità geografica di giovani meridionali verso il mercato del lavoro emiliano e romagnolo) e Marche (che sviluppato la comunicazione e l’interoperabilità tra tutti i centri per l’impiego collegati in rete a livello locale, provinciale e regionale sulla base di apposite convenzioni), tutti finalizzati a promuovere processi di mobilità geografica per i giovani del Mezzogiorno attraverso azioni di sostegno di tipo formativo, che rafforzino il sistema delle conoscenze e che consentano un più facile inserimento professionale. Nelle Regioni ex Obiettivo 1 si deve registrare l’alto grado di adesione alle azioni di supporto alla mobilità geografica rientranti nell’ambito del Programma Quadro Nazionale ‘SudNord-NordSud’ realizzato con risorse del Cipe, a valere sul Fondo per l’occupazione. 177 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità CAPITOLO 2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità Le azioni del Programma mirano a sviluppare la collaborazione interregionale, già avviata dal Ministero del Lavoro e dalle Regioni, per la diffusione su scala nazionale dei processi, degli strumenti, dei modelli e delle metodologie di lavoro. In questa direzione hanno operato le Regioni Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Campania. In quest’ultima la Regione120 ha aderito con una propria delibera di giunta regionale al Programma Quadro per l’integrazione e lo sviluppo delle sperimentazioni in materia di Tirocini Formativi inseriti in processi di mobilità geografica, per lo svolgimento da parte di cittadini residenti nelle Regioni del Mezzogiorno di esperienze di tirocini formativi presso datori di lavoro con sedi operative collocate nelle Regioni del Centro Nord. Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali121 ha provveduto ad assegnare un finanziamento alle Regioni e alle Province autonome che hanno aderito al Programma Quadro in qualità di soggetti “promotori” e “attuatori”, al fine di supportare lo svolgimento delle esperienze di tirocinio: le risorse finanziarie messe a disposizione sono gestite ed utilizzate per coprire i costi di mobilità dei tirocinanti (viaggi, vitto e alloggio, fino ad un massimo di euro 1.200,00 mensili) e di tutoraggio (fino ad un massimo di euro 100,00 mensili) da parte del soggetto promotore delle Regioni ospitanti del Centro Nord. Le aziende del Centro-Nord disposte ad ospitare tirocinanti si sono iscritte alla rete di mobilità abilitata nella propria Regione di appartenenza. Le proposte di tirocinio vengono trasmesse dalla Regione del Centro-Nord al Settore O.R.Me.L. della Regione Campania, la quale garantisce, inoltre, ai tirocinanti, che hanno aderito al progetto di tirocinio, la formazione “off the job” in accompagnamento, da realizzarsi in parte nella stessa Regione, per l’acquisizione delle competenze di base e trasversali, ed in parte nella Regione del Centro-Nord. Di particolare interesse anche il ruolo attivo della Regione Calabria nell’ambito del protocollo di intesa con la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Campania. La Regione Calabria si è impegnata a realizzare un progetto interregionale denominato “Mobilità geografica e professionale Sud – Nord”, finalizzato ad agevolare la mobilità geografica e professionale attraverso la realizzazione di azioni intese a consentire l’acquisizione di competenze professionali, tramite attività di formazione e/o tirocinio da attuarsi presso aziende operanti in Provincia di Trento che hanno visto coinvolti soggetti residenti in Calabria e in Campania. L’intento è stato quello di poter fornire ai destinatari delle azioni le competenze necessarie all’inserimento/reinserimento lavorativo nel contesto geografico di provenienza: sono state 120 121 178 Cfr. Bollettino Ufficiale della Regione Campania (n. 50 del 3 ottobre 2005). Con decreto del 18/3/2005. LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE previste attività per favorire lo scambio di esperienze di collaborazione tra Sud e Nord del Paese per agevolare la formazione e la mobilità geografica delle professionalità con l’obiettivo dell’inserimento e il reinserimento lavorativo dei giovani destinatari delle azioni in oggetto (anche attraverso lo sviluppo di attività di lavoro autonomo e cooperativo, con particolare riferimento al settore della cooperazione). Si è puntato a favorire la crescita della mobilità del lavoro, dell’occupabilità, del partenariato tra territori e imprese, dello sviluppo locale di singoli territori, in particolare facendo assegnamento sulla qualità dell’accoglienza. Le azioni di politica attiva volte a promuovere i processi a sostegno della mobilità geografica dei lavoratori non possono prescindere dalla predisposizione di misure in grado di creare e diffondere una cultura della mobilità, che illustri vantaggi e benefici del trasferimento geografico per motivi professionali in un’economia globalizzata, dove il mercato del lavoro ha perso i confini nazionali ed è diventato mercato del lavoro globalmente flessibile. Con il decreto del Ministero del Lavoro del 22 gennaio 2001 sui tirocini di mobilità geografica, è stato siglato un protocollo di intesa tra alcune Regioni del Centro-Nord (Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Piemonte) e Regioni del Mezzogiorno per realizzare Azioni di accompagnamento e supporto alla mobilità geografica Sud-Nord. Lo scopo del protocollo interregionale è stato quello di sostenere le spese di vitto, alloggio e trasferimento dei tirocinanti impegnati nei percorsi formativi, sviluppando azioni per favorire la mobilità geografica dei lavoratori. Dal monitoraggio realizzato nel marzo 2003 la Campania e la Sicilia risultano le Regioni che hanno maggiormente usufruito delle risorse messe a disposizioni dal Ministero per realizzare tirocini formativi. Nel 2002 il Ministero del Lavoro, in collaborazione con Italia Lavoro ha avviato un Programma di azione di sistema a sostegno della mobilità del lavoro e delle imprese denominato “Sud-Nord-Sud”, destinato a lavoratori disoccupati, imprese, associazioni imprenditoriali, enti locali e centri per l’impiego122. Tra gli obiettivi della sperimentazione: 122 I risultati conseguiti dal progetto sono di rilievo: una rete costituita da 60 Centri per l’impiego e 75 nodi privati, dislocati in 17 Regioni e in 70 province; 300 operatori pubblici e privati appositamente formati; 20 progetti di localizzazione in accompagnamento per circa 2.000 lavoratori attraverso percorsi di formazione al Nord per ritornare con il lavoro al Sud; 8 “laboratori di autoimpiego” attivi presso i Centri per l’impiego; 7 “tavoli dell’accoglienza” attivati in 6 Regioni del Centro Nord con il coinvolgimento di oltre 150 soggetti istituzionali e attori locali; 3000 giovani provenienti dalle Regioni del Mezzogiorno disposti a trasferirsi; 50 progetti di lavoro attivati dalla rete che riguardano 1500 soggetti in mobilità accompagnata e 250 imprese; dopo tre mesi di attivazione, oltre 1.000 posti di lavoro costantemente a rotazione presenti sulla bacheca telematica “ASPIDEA” insieme a circa 2.000 nominativi di persone che hanno dato la propria disponibilità ad intraprendere esperienze di mobilità. 179 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità CAPITOLO 2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità a) progettare, formare e implementare una rete nazionale di servizi per l’impiego pubblica e privata per agevolare l’incontro domanda offerta di lavoro in mobilità geografica; b) accompagnare i flussi dei lavoratori con iniziative di stimolo, promozione e assistenza tecnica, diffondendo la cultura della mobilità; c) sperimentare, promuovere e articolare interventi di politica attiva destinati ai soggetti in mobilità; d) facilitare gli investimenti da Nord a Sud attraverso azioni di accompagnamento, consistenti in iniziative formative; e) promuovere il ritorno dei lavoratori nelle Regioni di provenienza; f) sostenere la professionalizzazione di disoccupati meridionali di lunga durata, attraverso azioni di formazione volte alla diffusione di competenze tecnologiche; g) orientare le istituzioni locali alla costituzione di azioni di matrice pubblico- privata. Per la nuova gestione della mobilità è stato utilizzato uno specifico modello di servizio in grado di definire un network di rapporti diretti e di scambio di informazioni, basato essenzialmente su sistemi web – oriented. Box 3 - Strumenti per la mobilità a disposizione degli operatori accreditati sull’area web - Aspidea, bacheca interattiva per l’incontro domanda – offerta di lavoro in mobilità; - Bacheca dell’accoglienza, sistema telematico di informazione sulle opportunità di accoglienza abitativa e di inclusione sociale per i lavoratori in mobilità; - Borsa del partenariato, sistema informatico per l’incontro domanda – offerta di partenariato Nord – Sud; - Percorsi formativi, formazione in presenza e a distanza per operatori della mobilità; - Sistemi di videoconferenza per la preselezione a distanza; - Pacchetti multimediali di welcoming, volti a favorire l’allineamento delle conoscenze; - Borsa Continua nazionale del Lavoro, finalizzata alla connessione e integrazione con i sistemi di incrocio diretto domanda – offerta; - Carta dell’impresa accogliente, strumento che illustra la politica di accoglienza, i sostegni all’inserimento, gli accordi e le convenzioni stipulati; - Laboratorio di auto – impresa, sistema di formazione e assistenza ai percorsi di creazione d’impresa per lavoratori legati a esperienze di mobilità. 180 LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE Al percorso impostato dal progetto Sud-Nord-Sud si sono poi aggiunte una pluralità di azioni di supporto123. In questo panorama di interventi volti a promuovere un modello di “mobilità regolata” per i lavoratori si inserisce il progetto “Lavoro & Sviluppo”124. Si tratta di un’iniziativa rivolta alle imprese beneficiarie di agevolazioni del Programma operativo nazionale – sviluppo imprenditoriale locale (Pon –Sil), per favorire un efficace incontro tra domanda e offerta di lavoro qualificato, attraverso azioni formative “on the job”125 volte a fornire nuove e migliori opportunità di lavoro a circa duemila giovani provenienti dalle Regioni ex Obiettivo 1. Nel primo anno di attività il progetto ha fatto registrare risultati decisamente positivi126. Oltre alle iniziative a carattere interregionale vi sono delle iniziative promosse dalle singole Regioni. Di seguito si riportano alcuni esempi tra gli atti adottati dalla regioe Campania in tema di mobilità geografica dei lavoratori. 123 Tra le più significative: – un’intesa fra Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca per realizzare 4500 tirocini in mobilità post diploma collegati a progetti IFTS destinati a giovani del Mezzogiorno per figure professionali che difficilmente possono sperimentarsi sul territorio di provenienza (ICT e Meccatronica). – una collaborazione fra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero delle Attività Produttive per realizzare, nell’ambito della riprogrammazione Fse, tirocini formativi in mobilità di “andata e ritorno” e percorsi integrati di inserimento lavorativo per soggetti svantaggiati presso imprese e stabilimenti realizzati grazie ai finanziamenti pubblici al Sud (Legge 488/92); – un’iniziativa con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per interventi concertati sull’accoglienza abitativa dei lavoratori in mobilità; – un accordo tra Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e Sviluppo Italia per garantire l’interazione fra le opportunità di finanziamento e di supporto per l’autoimpresa ed i servizi forniti nella rete dei laboratori per l’autoimprenditorialità ai giovani in mobilità geografica che intendano avviare un’attività in proprio; – iniziative promosse dalle Province per integrare con risorse proprie le azioni della rete nazionale sostenendo strumenti flessibili di politica attiva. 124 Il programma è stato avviato nel 2005 dai Ministeri delle Attività produttive e del Welfare e realizzato dall’agenzia tecnica Italia Lavoro, con la collaborazione dell’Istituto per la promozione industriale (Ipi). 125 Ovvero tirocini formativi andata e ritorno, tirocini di inserimento, pacchetti individuali di inserimento al lavoro di soggetti svantaggiati, percorsi per lo sviluppo di competenze. 126 8300 imprese contattate, appartenenti ai settori manifatturiero, ICT, costruzioni, trasporti, servizi, turismo; circa 600 convenzioni siglate tra imprese e lavoratori, con la possibilità per il 60% dei partecipanti di trovare un’occupazione stabile nelle aziende che ospitano i tirocini; 69 interventi realizzati in mobilità geografica che hanno interessato aziende dell’Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Veneto. 181 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità CAPITOLO 2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità Box 4 – Dispositivi sulla mobilità della Regione Campania DGR n.472 del 25/3/2004 (BURC n.22 del 3/5/04): è stata approvata la proposta a sostegno della mobilità geografica prevedendo un intervento a sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici campane che con cadenza settimanale utilizzano i trasporti ferroviari verso le Regioni dell’Emilia Romagna, del Veneto, della Lombardia, della Toscana, del Piemonte e della Liguria, ossia verso quelle realtà dove si addensa il maggior numero di lavoratori campani. L’intervento di sostegno è previsto e finanziato sulla Misura 3.3 del POR – Attività di sostegno alla mobilità extraregionale, con importo pari a 500.000,00 €, ed è diretto esclusivamente ai soggetti con regolare rapporto di lavoro dipendente, aventi un reddito annuo di euro 18.000,00. L’intervento aveva decorrenza dal 10/3/04 al 31/12/04 DGR n.453 del 19/4/06 (BURC n. 22 del 15/5/06): nell’ambito delle Politiche Giovanili - Linee Operative per l’anno 2006, la Regione Campania ha adottato interventi per sostenere la mobilità dei giovani (giovani lavoratori, studenti o volontari), all’uopo elaborando politiche di scambi culturali, di studio, rivolte anche alle istituzioni scolastiche, ai Forum del settore, alle Associazioni aventi finalità statutarie rivolte ai Giovani e iscritte, ai sensi dell’art.5 della LR 14/89, all’Albo regionale delle Associazioni giovanili. Le finalità: sviluppare la solidarietà, la costruzione dell’Europa e la consapevolezza della cittadinanza europea, consolidare le relazioni dei giovani campani con le istituzioni comunitarie, locali straniere, con le comunità di campani all’estero. DGR n.749 del 16/6/2006 (BURC n.30 del 10/7/06): la Regione Campania ha adottato le Linee guida per la costruzione del sistema integrato dell’educazione degli adulti in Campania che si muova nella prospettiva del life long e del life wide learning, come delineato dagli orientamenti comunitari. Attraverso questo sistema la Regione intende favorire ed allargare il sistema dell’educazione permanente, che presuppone l’integrazione con il sistema scolastico e formativo più generale, portando a sinergia l’insieme delle opportunità formative che riguardano gli individui in età adulta, in relazione ai diversi problemi ed interessi che caratterizzano i diversi cicli di vita e momenti dell’esistenza di ciascun cittadino e delle comunità locali. Nell’ambito di questa ristrutturazione e riorganizzazione della gamma formativa per garantire l’apprendimento permanente, la Regione intende promuovere un sistema trasparente e certificabile delle competenze acquisite nei diversi contesti e percorsi di apprendimento, capace di favorire la mobilità professionale e geografica dei cittadini e dei lavoratori e il riconoscimento reciproco tra sistemi anche a livello europeo. 182 CAPITOLO 3 CONCLUSIONI Sia a livello comunitario che nazionale la mobilità viene considerata quale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla Commissione europea “Anno europeo della mobilità professionale”. Il fenomeno sicuramente ha dei risvolti positivi a livello europeo e nazionale poiché appiana quei differenziali territoriali tra domanda e offerta di competenze, soddisfa le esigenze individuali e arricchisce lo stesso capitale umano in mobilità, ma se lo si osserva sotto la “lente territoriale” può nascondere degli impatti negativi soprattutto nel lungo termine. E’ il caso di aree deboli come quelle del Mezzogiorno d’Italia. La mobilità geografica dei lavoratori, infatti, è definita dal rapporto tra la domanda e l’offerta di lavoro, lungo una direttrice che ne richiede il trasferimento geografico. La direzione dell’intensità dei flussi migratori interregionali è determinata, oltre ad elementi di contesto, dai divari occupazionali e salariali tra le regioni; ad un effetto spinta, caratterizzato dalla carenza di opportunità lavorative nelle Regioni Obiettivo 1, corrisponde un effetto richiamo da parte delle regioni del Nord Italia dotate di strutture economiche ad elevata attrattività. Si tratta di processi che si strutturano come fattori di flessibilità del mercato del lavoro dal momento che i movimenti migratori riducono le disparità economiche e sociali tra i differenti ambiti territoriali, in quanto fattori di contrazione dell’offerta di lavoro. Per il Mezzogiorno, dunque, la mobilità ancora non è pienamente una “libera scelta”, ma presenta caratteri di “costrizione”. Le dinamiche dei flussi migratori interni in Italia indicano una progressiva diminuzione e un successivo arresto delle migrazioni da Sud a Nord durante gli anni Ottanta e una ripresa della consistenza del feno183 CAPITOLO 3 meno a partire dalla metà degli anni Novanta. Anche se i flussi si sono quantitativamente attenuati, il fenomeno assume aspetti preoccupanti dal punto di vista qualitativo poiché investe giovani a medio-alta qualificazione. Ci troviamo di fronte ad un drenaggio di giovani competenze, fenomeno meglio noto come brain drain, che questa ricerca ha voluto approfondire nelle caratteristiche e nelle eventuali ripercussioni sullo sviluppo locale. Oggetto di analisi sono stati i giovani (18-33 anni) delle Regioni dell’Obiettivo 1: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Dapprima lo studio ha riguardato la mobilità formativa, che è risultata essere determinata dalla qualità delle Università di destinazione che esercitano una vera e propria attrazione per i giovani studenti del Sud. Le direttrici dei flussi Regioni Obiettivo 1 – Centro-Nord sono principalmente verso le Università di Milano, Bologna e Roma, mentre la mobilità formativa è limitata all’interno delle regioni meridionali. Questa fattispecie di mobilità può essere considerata un’anticamera della mobilità lavorativa, poiché nelle province di gravitazione formativa risultano abbreviati i tempi di inserimento nel mondo lavorativo grazie alla più efficiente filiera formazione – mercato del lavoro. L’Indagine CATI127, successivamente sviluppata, ha avuto come principale finalità quella di descrivere l’atteggiamento dei giovani italiani verso la mobilità regionale in materia di istruzione, formazione e lavoro e la loro percezione nei confronti della Provincia di residenza in termini di opportunità formazione/lavoro. L’indagine ha permesso di confermare le analisi precedenti, ossia che le province considerate oggi poli di attrazione, grazie alla presenza di Università ritenute di prestigio, sono da annoverarsi anche quali province in cui l’offerta lavorativa, soprattutto ad alta scolarizzazione, è raccordata con l’offerta formativa. Dall’indagine è emerso che dei giovani in mobilità, il 60% è originario delle Regioni Obiettivo 1, inoltre, più del 47% proviene da Comuni medio – piccoli (con popolazione inferiore ai 50.000 abitanti) confermando i rischi di desertificazione demografica. La fascia di età maggiormente interessata è quella compresa tra i 23 e i 33 anni (83%), con una leggera prevalenza degli uomini sulle donne e stato civile libero (83%). Nel complesso le persone delle regioni del Mezzogiorno si spostano nel Centro-Nord (79,4%) e le destinazioni preferite, perchè 127 184 Computer Aided Telephone Interviewing. CONCLUSIONI caratterizzate da aspettative di migliori condizioni di vita e presenza di opportunità di lavoro, sono la Lombardia (26,5%), il Lazio (10,8%), il Piemonte (9,8%) e l’Emilia Romagna (8,7%). Il 48,3% di questi giovani si trova fuori dalla propria regione principalmente per necessità familiari (fenomeno che potrebbe celare anche network migratori - § 1.1.1), la seconda motivazione è per lavoro (35,1%) mentre la terza è per studio (11%); si sono trasferiti da più di cinque anni (77,5%) e alla base di questo trasferimento troviamo motivi familiari (51,1%), disponibilità di un maggior numero di posti di lavoro del luogo di destinazione (12,6%) e assenza di corsi di studio di interesse nella propria zona di appartenenza. Il 97,1% delle persone in mobilità dal Mezzogiorno è soddisfatto di questa esperienza; inoltre, il 50,9% la considera come uno spostamento definitivo e il 56,6% non è disposto a tornare nella regione d’origine. Cosa preoccupante poiché l’80% ha almeno il diploma superiore, nello specifico il 59,3% ha un diploma superiore, il 15,5% è Studente Universitario/Laureando, il 7,7% è Laureato, l’1,4% sta svolgendo un Dottorato di Ricerca e l’1,4% sta frequentando un Master. Un’ulteriore fase di analisi ha avuto come scopo quello di individuare le determinanti che stigmatizzano i flussi mobilità, cercando di meglio comprenderne la componente costretta. Da un focus sulle variabili socio-economiche che determinano il fenomeno è emerso che tra i maggiori fattori di espulsione quello più rilevante è risultato il tasso di disoccupazione di lunga durata; di contro, tra le determinanti che rientrano nei fattori di attrazione, il tasso di natalità lorda delle imprese è emerso come il più significativo. Questi risultati hanno evidenziato che la mobilità in uscita è maggiore nelle ripartizioni regionali con un’elevata incidenza della disoccupazione di lunga durata. In tal senso, i flussi di mobilità sono più dinamici quanto più ampia risulta la forbice della disoccupazione di lunga durata tra le regioni del Nord e del Sud. Invece, nelle regioni caratterizzate da una maggiore incidenza della natalità delle imprese, vi è una consistente contrazione dei flussi in uscita e di conseguenza un buon dinamismo dei movimenti migratori in entrata. Gli esiti, positivi o negativi che siano, di tali processi nei contesti di sviluppo locale del Mezzogiorno possono essere analizzati nel breve e nel lungo periodo. Prendendo in considerazione gli eventuali effetti positivi del flusso migratorio nel breve periodo è possibile mettere in luce che se per alcuni versi il fenomeno migratorio rappresenta un fattore di riduzione del185 CAPITOLO 3 l’offerta di lavoro, esso stesso può facilitare l’equilibrio complessivo del mercato del lavoro nazionale, caratterizzato da ampi differenziali nei livelli occupazionali128. E’ così che i movimenti di capitale umano seguirebbero andamenti speculari a quelli del lavoro. Nel lungo periodo, invece, possono verificarsi effetti negativi derivanti dalla intensità, dal livello di persistenza e dalla direzione, il più delle volte univoca, del movimento migratorio e soprattutto dalla “qualità” del capitale umano oggetto di trasferimento. Se a spostarsi dal Sud al Nord del Paese sono sempre ed in modo massiccio i giovani qualificati, a lungo andare i territori di provenienza degli emigrati potrebbero subire una consistente perdita di capitale umano, che è ormai riconosciuto tra i principali fattori di crescita e di sviluppo endogeno. Tale dinamica potrebbe, dunque, accentuare il gap di sviluppo tra regioni settentrionali e meridionali. Un ulteriore livello della problematica è rappresentato dagli effetti derivanti dalla desertificazione delle aree di origine, soprattutto i piccoli comuni, sottoposte ad una erosione demografica. Si pensi a territori abbandonati nei quali si riduce drasticamente la domanda di alloggi, di servizi pubblici (scuola, sanità), di trasporto pubblico. Sono aree destinate al sottoutilizzo delle infrastrutture ed alla conseguente flessione degli investimenti e, quindi, all’incremento del livello di disoccupazione. Nell’ambito di aree ad economia poco competitiva, dunque, gli effetti della mobilità geografica di lungo periodo sono tuttaltro che positivi dal momento che il tempo di attrazione degli investimenti risulta notevolmente dilatato. Si rischia di inibire quelle condizioni indispensabili per la crescita auto sostenuta (self-sustaining), che trova nella componente giovane della forza lavoro uno stimolo determinante. Se questi sono i risultati la questione si sposta sulle politiche da mettere in campo, tenendo presente le tipologie di mobilità più rilevanti: • per l’occupazione, volta a cercare possibilità di lavoro assenti nel territorio di residenza, che va affrontata migliorando l’asimmetria informativa nell’incontro domanda/offerta di lavoro; • per la formazione, diretta a offrire opportunità on e off the job, che va sostenuta con progetti di alternanza scuola/lavoro che includano esperienze in mobilità; • per lo sviluppo, indirizzata a rafforzare processi di localizzazione produttiva, che va supportata con programmi d’integrazione fra lavoro e investimenti produttivi mediante partenariati fra imprese. 128 Conferma in G. Viesti, “Nuove migrazioni, il trasferimento di forza lavoro giovane e qualificata da Sud a Nord”, 2004. 186 CONCLUSIONI La mobilità professionale va promossa, ma va promossa con attenzione soprattutto quando in gioco sono aree in ritardo di sviluppo, perché per i giovani di questi territori la scelta di mobilità non si presenta “libera” ma “costretta”. Dalle ricognizioni effettuate sui dispositivi di accompagnamento della mobilità, si evince un quadro che presenta iniziative diversificate, ma non ancora del tutto solido, anche in virtù dell’ampiezza del fenomeno. Dal punto di vista dell’impostazione generica delle politiche sulla mobilità si pongono questioni quali l’orientamento professionale geografico, la maggiore efficienza nel recupero del mismatch tra domanda e offerta di competenze e nel sistema di riconoscimento delle qualifiche, l’apprendimento linguistico, la promozione di un modello assicurativo previdenziale che segua il lavoratore nella mobilità sociale e geografica tramite un sistema della portabilità delle pensioni, la promozione di politiche per la casa e/o accompagnamento ai trasferimenti, etc.. Dal punto di vista di una impostazione delle politiche tipizzata a seconda dei territori di provenienza, se si tratta di aree in ritardo di sviluppo, si pongono questioni quali il contenimento delle fuoriuscite mediante politiche di attrattività territoriale (con particolare attenzione ai piccoli comuni sottoposti ad erosione demografica), ma soprattutto la promozione di politiche di rientro del capitale umano affinché il pericoloso brain drain (monodirezionale) muti in un virtuoso brain exchange (circolare) come scambio di professionalità, di esperienze e cultura per la crescita economica ed il miglioramento dello sviluppo di una regione. E’ di fondamentale importanza proseguire nella promozione del successo formativo dei giovani e orientarli a scelte che tengano conto della rapida trasformazione del mondo del lavoro, così da garantire titoli di studio coerenti con gli sbocchi professionali e con le esigenze sociali globali, ma occorre anche considerare le vocazioni locali e creare quelle competenze richieste dalle imprese presenti nei territori. In definitiva, è sempre più necessaria una maggiore connessione tra filiera formativa e mercato del lavoro a livello europeo, nazionale, interregionale e locale affinché la mobilità sia una scelta libera e non costretta. 187 APPENDICE STATISTICA INDICE DELLE TABELLE pag. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. Tab. 1 - Flussi di laureati del Meridione verso le Università delle aree Obiettivo 1 2 - Flussi di diplomati universitari del Meridione verso le Università delle aree Obiettivo 1 3 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Bologna a Padova) 4 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino) 5 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di Insubria) 6 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma) 7 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di Insubria) 8 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma) 9 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine) 10 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della Calabria) 11 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine) 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 191 INDICE pag. Tab. 12 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della Calabria) Tab. 13 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro – Nord (dall’Università di Bologna a quella di Padova) Tab. 14 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro – Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino) Tab. 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendo il fenomeno per tipologia di Laurea e Sesso Tab. 16 - Dati per calcolo correlazione lineare e stima della retta di regressione tra la variabile maschile e femminile dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 laureati e/o con diploma universitario conseguito nelle Università del Centro – Nord Tab. 17 - Matrice di dati per calcolo correlazione lineare e analisi delle componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti Tab. 18 - Output completo delle analisi statistiche effettuate sulla correlazione lineare del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti Tab. 19 - Output completo dei risultati statistici riguardanti l’analisi in componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti Tab. 20 - Output completo dei risultati statistici relativi all’analisi della regressione multipla utilizzata per studiare un modello capace di sintetizzare il tasso migratorio delle Regioni italiane rispetto alle proprie determinanti Tab. 21 - Output completo delle risposte dell’indagine CATI con focus sulle Regioni Obiettivo 1 192 206 207 208 209 211 213 214 215 218 226 INDICE DELLE FIGURE pag. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 1 2 3 4 5 Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12 Fig. 13 Fig. 14 Fig. 15 Fig. 16 Fig. 17 Fig. 18 - Tasso di attività 25-34 nelle province italiane. Anno 2005 231 - Tasso di attività 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005 232 - Tasso di attività totale nelle province italiane. Anno 2005 233 - Tasso di attività totale nelle regioni italiane. Anno 2005 234 - Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno 2005 235 - Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 236 - Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno 2005 237 - Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 238 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelle province italiane. Anno 2005 239 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005 240 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelle province italiane. Anno 2005 241 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005 242 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle province italiane. Anno 2005 243 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005 244 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 245 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 246 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 247 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle regioni italiane. Anno 2005 248 193 INDICE DELLE FIGURE pag. Fig. 19 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 Fig. 20 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle regioni italiane. Anno 2005 Fig. 21 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 Fig. 22 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle regioni italiane. Anno 2005 Fig. 23 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle province italiane. Anno 2005 Fig. 24 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 Fig. 25 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle province italiane. Anno 2005 Fig. 26 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 Fig. 27 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno 2005 Fig. 28 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 Fig. 29 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno 2005 Fig. 30 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 Fig. 31 - Non Forze di lavoro totale nelle province italiane. Anno 2005 Fig. 32 - Non Forze di lavoro totale nelle regioni italiane. Anno 2005 194 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 Caserta Benevento Napoli Avellino Salerno Foggia Bari Taranto Brindisi Lecce Potenza Matera Cosenza Crotone Catanzaro Vibo Valentia Reggio di Calabria Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sassari Nuoro Oristano Cagliari Studenti anno solare 2004 (dati per sesso, residenza e tipologia studi: Laurea e Diploma Universitario) Maschi laureati Femmine laureate Maschi laureati Femmine laureate Maschi laureati Femmine laureate residenti residenti residenti residenti residenti residenti in regione in regione fuori regione fuori regione 514 732 374 565 75 125 143 191 71 56 14 10 4.566 5.740 1.548 2.338 686 725 12 18 9 6 0 5 1.140 1.530 497 872 171 326 363 523 43 54 27 44 2.068 3.306 670 1.162 265 370 145 131 15 10 14 4 13 24 1 5 0 1 591 1.294 271 645 17 51 177 289 49 45 91 47 5 24 1 3 3 31 1.034 1.698 570 815 29 44 5 29 1 7 0 0 237 503 103 152 11 12 2 6 2 3 0 0 287 248 63 49 86 84 50 91 6 8 0 0 1.511 2.247 1.028 1.688 15 25 910 1637 127 386 515 1.068 30 33 9 11 0 0 19 56 3 16 2 2 41 42 23 41 0 0 1.176 1.553 856 1.160 19 23 22 28 4 13 1 1 16 20 3 3 0 0 409 833 123 266 34 33 24 56 3 8 0 0 17 31 12 19 0 0 1.255 2.107 473 820 7 12 Tabella 1 - Flussi di laureati del Meridione verso le Università delle aree Obiettivo 1 APPENDICE STATISTICA 195 196 Caserta Benevento Napoli Avellino Salerno Foggia Bari Taranto Brindisi Lecce Potenza Matera Cosenza Crotone Catanzaro Vibo Valentia Reggio di Calabria Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sassari Nuoro Oristano Cagliari Studenti anno solare 2004 (dati per sesso, residenza e tipologia studi: Laurea e Diploma Universitario) Maschi Femmine Maschi Totale Femmine Maschi Femmine con Diploma con Diploma con Diploma con Diploma con Diploma con Diploma Universitario Universitario Universitario Universitario Universitario Universitario residenti residenti residenti in regione residenti in regione residenti residenti fuori regione fuori regione 6 4 4 2 0 0 4 8 6 3 1 1 73 76 24 16 6 6 0 0 0 0 0 0 10 14 21 6 5 1 13 49 3 4 1 5 42 103 36 91 6 11 11 13 3 1 0 0 4 16 0 1 0 0 20 44 3 8 0 0 0 1 0 0 1 0 7 1 2 0 1 1 32 26 22 12 2 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 19 9 6 4 0 1 58 61 8 9 49 53 0 4 2 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 52 110 48 83 2 0 0 0 0 0 0 0 16 5 7 0 0 0 5 2 0 1 0 0 0 2 1 0 0 0 1 3 2 2 0 0 7 37 2 7 0 1 Tabella 2 - Flussi di diplomati universitari del Meridione verso le Università delle aree Obiettivo 1 APPENDICE STATISTICA Laureati e Diplomati Universitari del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza (Università Centro- Nord) Tabella 3 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Bologna a Padova) FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI Molise 15 6 41 70 29 8 12 15 19 14 36 47 10 4 5 3 0 0 4 2 1 3 1 1 4 0 0 0 2 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 MASCHI Milano 26 17 13 17 61 41 25 35 49 55 115 109 125 118 76 67 98 70 156 143 64 82 55 37 44 46 6 10 36 38 18 22 57 50 51 34 41 20 41 25 40 37 21 18 11 5 45 32 56 51 55 39 22 31 22 26 11 10 24 24 FEMMINE Firenze 1 1 6 3 2 8 3 1 9 10 13 22 9 18 11 11 3 13 21 32 8 25 7 17 34 34 8 27 21 31 11 8 7 13 7 7 1 3 6 6 6 3 4 0 2 0 4 4 8 8 6 6 18 16 16 17 7 11 9 14 Roma 155 199 63 100 371 511 66 98 156 196 131 167 165 185 104 145 65 88 153 153 108 184 55 81 152 279 42 68 104 157 39 59 79 160 24 40 50 91 58 50 30 42 23 34 7 11 67 53 40 35 45 52 28 29 16 24 3 14 27 36 MASCHI Chieti 23 16 8 12 71 112 27 18 30 64 102 278 147 157 35 66 28 33 27 41 14 40 9 11 11 51 0 12 3 7 1 16 8 5 34 21 13 27 4 1 12 6 0 5 1 1 6 11 4 5 1 4 3 2 0 2 0 1 0 5 FEMMINE Cassino 42 153 1 4 10 7 0 1 7 2 3 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Padova 0 0 0 1 4 1 0 1 1 3 13 19 8 28 10 23 3 17 7 33 3 2 2 7 0 9 1 1 0 3 0 4 2 3 1 4 6 3 8 7 5 6 1 4 3 3 9 7 3 13 7 4 2 15 1 6 1 4 3 4 MASCHI Camerino 4 3 0 0 8 2 1 1 9 6 11 6 11 3 1 1 2 4 1 2 2 0 2 0 8 3 2 0 3 2 1 1 17 11 4 1 16 6 2 1 18 8 3 4 1 0 2 3 1 0 5 3 0 0 0 0 1 0 2 0 FEMMINE Bologna Caserta 26 13 Benevento 18 15 Napoli 61 29 Avellino 22 6 Salerno 51 36 Foggia 132 156 Bari 84 55 Taranto 94 78 Brindisi 70 59 Lecce 162 151 Potenza 65 48 Matera 37 35 Cosenza 109 83 Crotone 57 53 Catanzaro 83 56 Vibo Valentia 17 19 ReggioCalabria 72 48 Trapani 53 39 Palermo 75 18 Messina 52 19 Agrigento 36 15 Caltanissetta 18 10 Enna 20 5 Catania 56 15 Ragusa 36 19 Siracusa 48 18 Sassari 24 33 Nuoro 29 29 Oristano 11 16 Cagliari 31 25 APPENDICE STATISTICA 197 198 Pisa FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI Siena 16 10 15 25 32 34 37 60 14 25 45 19 58 17 18 5 18 24 15 5 15 2 6 8 18 16 3 15 2 12 FEMMINE MASCHI 9 6 20 10 35 11 39 30 7 24 30 14 26 13 17 5 7 26 7 5 21 6 5 8 8 13 2 5 4 6 Torino 28 1 6 3 21 3 12 3 18 8 44 14 59 20 47 24 43 20 130 26 23 5 13 6 18 5 9 4 10 12 6 4 32 15 15 6 19 2 23 6 11 2 12 2 5 1 18 5 17 5 23 12 30 19 18 19 17 6 13 12 MASCHI FEMMINE 3 3 7 12 18 12 9 29 9 29 30 20 37 1 55 0 32 17 5 11 46 6 0 10 22 19 21 19 6 13 FEMMINE MASCHI 4 8 13 13 21 25 21 65 18 52 29 28 33 0 59 3 35 31 5 22 44 9 0 6 28 25 23 24 6 23 Trieste 22 5 3 2 25 11 3 1 18 5 3 10 19 16 14 4 6 4 14 11 1 1 1 3 6 4 1 0 4 5 1 2 2 10 5 4 12 9 10 5 3 15 2 5 0 1 9 9 3 7 7 4 3 4 3 8 2 2 3 12 MASCHI Perugia 4 6 3 13 11 15 8 10 19 25 29 50 15 31 33 34 8 16 26 50 33 31 13 19 58 105 2 0 47 72 0 1 15 10 3 10 7 10 5 3 15 13 0 1 0 3 11 5 14 9 6 6 7 5 1 13 1 5 2 7 FEMMINE 0 2 2 2 4 5 7 8 6 31 0 2 8 6 4 1 11 4 1 5 9 3 1 0 4 4 2 5 1 4 Tuscia 29 2 6 2 47 12 4 3 22 8 3 1 36 4 2 0 5 1 24 1 1 2 0 0 4 1 1 2 13 6 0 0 5 1 2 7 32 5 5 4 4 3 2 0 1 1 18 6 5 4 3 2 3 2 2 2 0 0 13 3 MASCHI Pavia FEMMINE 1 0 2 2 6 7 9 4 7 24 7 2 13 0 2 1 6 6 4 2 15 3 2 5 6 3 9 7 2 1 Urbino 2 2 6 4 0 0 11 7 5 16 31 61 32 53 14 20 11 21 32 34 11 13 7 10 8 5 0 3 3 7 4 0 6 2 3 12 6 4 7 8 5 6 6 5 1 9 6 16 6 11 9 6 2 10 8 13 0 0 2 11 MASCHI Parma 1 0 0 2 0 1 1 3 4 1 32 23 19 15 22 21 35 20 30 51 4 4 12 15 7 8 6 5 4 11 1 1 5 3 5 11 2 3 2 2 10 4 1 2 1 1 2 1 2 5 6 2 5 4 4 1 3 5 1 2 FEMMINE Caserta Benevento Napoli Avellino Salerno Foggia Bari Taranto Brindisi Lecce Potenza Matera Cosenza Crotone Catanzaro Vibo Valentia ReggioCalabria Trapani Palermo Messina Agrigento Caltanissetta Enna Catania Ragusa Siracusa Sassari Nuoro Oristano Cagliari Laureati e Diplomati Universitari del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza (Università Centro- Nord) Tabella 4 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino) APPENDICE STATISTICA Tabella 5 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di Insubria) FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI 1 21 MASCHI 13 FEMMINE 6 2 1 2 1 1 MASCHI 2 FEMMINE 0 12 0 17 MASCHI 1 8 10 1 FEMMINE 4 11 1 1 1 1 MASCHI 9 1 1 Ferrara 8 1 1 2 1 1 1 2 FEMMINE 4 3 5 2 3 1 1 3 6 1 1 3 16 1 2 1 2 1 2 1 1 2 4 1 Firenze 3 5 MASCHI Chieti FEMMINE 3 1 2 2 3 1 1 1 1 2 1 4 3 1 1 4 1 1 1 Genova 3 3 MASCHI Camerino 1 FEMMINE Brescia 1 3 3 1 0 3 1 1 Insubria 2 MASCHI Bolzano 0 0 FEMMINE Bologna Albania 16 31 Apolide 2 Argentina 1 Austria 1 Belgio Bielorussia 1 Bosnia-Erzegovina 2 Brasile 1 1 Bulgaria 2 6 Burkina Faso Camerun 9 9 Canada Ceca, Repubblica 1 1 Cile 1 Cina 1 Colombia Congo 1 Corea del Sud 1 Costa d’Avorio Croazia 1 12 Ecuador 1 Eritrea 1 Etiopia Francia 2 2 Germania 4 5 Giordania 1 Grecia 29 30 India Iran 3 1 APPENDICE STATISTICA 199 200 MASCHI FEMMINE MASCHI 15 FEMMINE 1 19 1 9 11 MASCHI 1 FEMMINE 2 1 1 2 2 7 1 MASCHI 1 FEMMINE 6 1 2 2 8 15 5 1 1 2 1 3 1 13 10 3 1 2 14 19 11 4 3 9 1 2 3 2 1 1 1 1 1 4 3 2 3 3 1 2 3 24 1 6 9 5 4 2 3 2 3 1 1 2 1 3 34 7 1 5 1 2 1 6 12 3 3 4 2 1 6 4 1 3 1 3 3 5 MASCHI 1 FEMMINE Roma 20 24 MASCHI Modena 7 5 FEMMINE Milano 14 26 4 1 4 4 3 4 3 4 6 2 9 8 12 2 8 1 3 11 2 2 2 6 8 1 2 1 13 2 1 3 1 2 9 3 2 2 22 1 22 3 2 10 1 1 1 2 3 3 2 3 3 Padova 19 19 MASCHI Marche 1 3 FEMMINE Macerata 1 1 2 7 4 1 1 1 1 5 Parma 1 3 MASCHI Aquila FEMMINE Albania Apolide Argentina Austria Belgio Bielorussia Bosnia-Erzegovina Brasile Bulgaria Burkina Faso Camerun Canada Ceca, Repubblica Cile Cina Colombia Congo Corea del Sud Costa d’Avorio Croazia Ecuador Eritrea Etiopia Francia Germania Giordania Grecia India Iran Tabella 6 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma) APPENDICE STATISTICA Tabella 7 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di Insubria) FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI 1 1 2 MASCHI 2 FEMMINE 1 1 FEMMINE 1 1 1 1 3 1 1 MASCHI 1 FEMMINE 6 7 2 2 10 1 1 2 1 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 3 1 5 2 Firenze 1 1 4 1 1 2 MASCHI Ferrara 3 1 FEMMINE Chieti 1 1 1 1 1 1 3 1 2 1 3 1 1 1 2 1 7 3 5 2 1 Insubria Genova MASCHI Camerino 5 FEMMINE Brescia 1 MASCHI Bolzano FEMMINE Bologna Israele 10 3 Italiani res. Estero 20 30 Jugoslavia 6 Libano 1 Madagascar 2 Marocco 2 3 Messico 1 Moldavia 1 1 Norvegia Paesi Bassi Perù 1 2 Polonia 2 4 Regno Unito 1 Romania 6 Russia 1 San Marino 26 39 Slovacchia 1 4 Slovenia Spagna 1 1 Stati Uniti d’America1 Svezia 1 Svizzera 4 3 Tunisia 1 Turchia 1 Ucraina 2 Ungheria 1 Venezuela 3 APPENDICE STATISTICA MASCHI 201 202 FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI 1 MASCHI 1 1 FEMMINE 1 2 1 2 1 MASCHI 1 FEMMINE 1 2 1 4 1 4 4 21 3 2 2 5 3 12 19 3 9 14 3 4 2 5 1 3 29 2 2 4 2 1 4 MASCHI 1 FEMMINE 1 1 1 1 1 1 2 1 7 2 1 3 1 2 1 1 1 2 10 3 2 1 6 3 6 4 1 3 2 4 1 1 5 1 3 10 2 3 27 3 17 5 Roma 20 24 8 52 1 1 3 4 2 3 2 2 1 2 2 1 MASCHI Modena 7 5 FEMMINE Milano 14 26 13 14 14 14 6 12 4 1 3 3 2 2 1 1 2 1 13 1 1 2 3 2 3 1 1 1 14 1 3 1 3 2 10 3 1 3 2 Padova 19 19 5 2 2 7 3 2 2 MASCHI Marche 1 3 FEMMINE Macerata 1 1 3 2 1 1 2 1 1 1 1 Parma 1 3 MASCHI Aquila FEMMINE Albania Israele Italiani res. Estero Jugoslavia Libano Madagascar Marocco Messico Moldavia Norvegia Paesi Bassi Perù Polonia Regno Unito Romania Russia San Marino Slovacchia Slovenia Spagna Stati Uniti d’America Svezia Svizzera Tunisia Turchia Ucraina Ungheria Venezuela Tabella 8 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma) APPENDICE STATISTICA FEMMINE MASCHI 2 7 1 1 2 1 MASCHI 2 FEMMINE 2 0 9 3 1 2 1 3 3 1 1 1 1 MASCHI 1 1 1 1 4 1 2 1 FEMMINE 1 3 2 1 2 3 1 1 1 MASCHI 1 1 MASCHI 10 1 1 1 2 6 1 20 2 1 1 3 1 1 1 3 1 1 1 1 9 16 1 2 8 1 1 2 4 5 0 4 8 1 1 1 4 15 9 1 1 2 1 1 1 2 2 3 Torino 18 10 1 1 1 1 3 Trento 1 2 4 1 9 1 3 Trieste 6 2 1 21 1 2 1 4 FEMMINE 1 1 FEMMINE Siena FEMMINE 3 MASCHI 9 FEMMINE 16 MASCHI Piemonte 1 1 FEMMINE Perugia 3 1 MASCHI 2 1 2 1 Udine 4 MASCHI Pavia 3 2 6 FEMMINE Albania 3 Apolide Argentina Austria Belgio Bielorussia Bosnia-Erzegovina 2 Brasile Bulgaria 1 Burkina Faso Camerun 3 Canada Ceca, Repubblica Cile Cina Colombia Congo Corea del Sud Costa d’Avorio 1 Croazia Ecuador Eritrea Etiopia Francia 2 Germania Giordania Grecia 5 India Iran Pisa Tabella 9 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine) APPENDICE STATISTICA 203 Tabella 10 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della Calabria) 204 FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI 2 3 9 1 3 1 1 1 1 10 1 2 2 3 1 3 13 1 1 1 1 25 25 1 1 1 9 MASCHI 5 1 2 1 1 MASCHI 2 FEMMINE 1 MASCHI 1 FEMMINE 1 FEMMINE 1 1 10 1 MASCHI 2 FEMMINE 40 1 2 1 37 2 1 6 1 2 1 1 Ferrara 1 4 4 5 4 3 Firenze MASCHI 3 3 2 1 FEMMINE Chieti 9 Genova MASCHI Camerino 5 14 1 5 1 FEMMINE Brescia 5 6 1 1 1 1 Insubria MASCHI Bolzano 3 7 FEMMINE Bologna Albania 1 Apolide Argentina Austria Belgio Bielorussia Bosnia-Erzegovina Brasile 1 Bulgaria 1 Burkina Faso Camerun 1 Canada Ceca, Repubblica Cile Cina Colombia Congo Corea del Sud Costa d’Avorio Croazia Ecuador Eritrea Etiopia Francia 1 Germania 1 Giordania Grecia 7 8 India Iran APPENDICE STATISTICA FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI 1 4 4 1 3 1 1 1 1 1 1 3 1 3 2 1 1 3 1 1 1 2 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 12 1 4 2 1 1 2 3 1 8 3 1 1 1 5 3 1 15 4 1 2 Torino 1 25 5 1 4 1 1 2 Trento 1 2 1 3 1 2 1 1 2 2 9 2 13 1 Trieste 1 2 8 1 3 1 2 Udine 2 1 MASCHI 2 2 2 1 2 MASCHI 1 FEMMINE 1 MASCHI 1 MASCHI 2 FEMMINE 2 FEMMINE Siena MASCHI 3 FEMMINE 2 1 1 1 MASCHI Piemonte FEMMINE Perugia MASCHI 1 10 FEMMINE Pavia 1 4 3 1 2 1 FEMMINE Israele 1 Italiani res. Estero 4 Jugoslavia Libano 1 Madagascar Marocco 1 Messico Moldavia Norvegia Paesi Bassi Perù Polonia Regno Unito Romania Russia San Marino Slovacchia Slovenia Spagna Stati Uniti d’America Svezia Svizzera 3 Tunisia Turchia Ucraina Ungheria Venezuela Pisa Tabella 11 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine) APPENDICE STATISTICA 205 206 FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI 1 1 2 1 4 2 1 MASCHI 1 1 FEMMINE 1 1 1 2 1 1 1 2 1 1 2 1 3 MASCHI 1 1 1 1 1 1 FEMMINE 2 3 2 1 1 1 FEMMINE 1 1 1 2 MASCHI 5 1 1 1 1 1 4 1 9 1 3 5 1 Napoli 1 4 FEMMINE 3 Palermo MASCHI Lecce 1 1 2 1 FEMMINE 14 1 3 Catania MASCHI 5 4 1 1 FEMMINE Venezia 1 1 Calabria MASCHI Verona 3 7 FEMMINE Urbino Albania 1 Israele Italiani res. Estero 5 10 Jugoslavia Libano Madagascar Marocco Messico Moldavia Norvegia Paesi Bassi 1 Perù 1 Polonia Regno Unito Romania 1 Russia San Marino 4 26 Slovacchia 1 Slovenia Spagna Stati Uniti d’America Svezia Svizzera Tunisia Turchia Ucraina Ungheria Venezuela Bari Tabella 12 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della Calabria) APPENDICE STATISTICA MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI Molise 117 105 423 605 189 69 130 76 120 96 350 415 70 36 44 22 17 7 30 18 42 35 9 5 24 12 2 1 8 1 1 1 7 2 4 1 3 1 8 2 2 1 1 1 0 0 5 0 0 0 3 0 0 0 0 0 3 0 6 0 MASCHI Milano 140 107 83 107 287 204 122 124 334 310 490 433 547 440 352 325 331 333 800 676 330 450 195 220 249 269 95 108 197 196 108 131 304 284 226 191 182 145 215 173 280 236 138 102 54 47 214 139 298 226 231 169 177 187 133 155 39 59 151 138 FEMMINE Firenze 46 47 42 56 87 101 68 108 118 172 112 188 148 192 116 163 55 79 189 284 196 290 64 109 292 430 121 195 191 323 83 105 98 187 57 89 66 53 65 70 56 60 22 31 13 10 48 72 58 78 63 84 118 149 122 190 59 62 84 123 Roma 550 782 366 646 758 1017 472 741 890 1375 707 1047 612 1001 542 975 382 601 701 1015 994 1501 465 665 1214 1984 369 571 784 1197 326 538 640 1134 163 294 279 452 243 398 217 355 183 282 62 57 273 333 227 335 228 326 227 349 107 227 58 124 198 278 MASCHI Chieti 82 72 63 94 495 289 74 106 161 225 953 1640 410 554 190 364 102 155 168 295 79 174 47 72 46 95 15 21 16 33 5 31 29 29 46 35 50 24 22 17 15 7 10 10 5 1 31 36 13 10 11 5 15 14 8 3 3 1 13 15 FEMMINE Cassino 679 1152 22 53 174 90 9 7 66 31 13 10 19 4 2 2 6 0 2 1 16 10 7 4 15 2 1 0 5 3 0 1 10 4 12 5 60 15 1 0 2 4 6 2 0 0 11 6 2 0 5 0 5 2 1 1 0 0 5 3 Padova 15 19 8 3 39 16 6 13 23 22 55 70 74 89 45 86 29 76 82 189 20 26 12 29 44 48 5 9 18 30 14 13 31 40 22 27 35 17 31 49 33 46 21 19 6 12 42 49 34 45 19 47 24 50 15 32 16 33 23 32 MASCHI Camerino 84 32 11 12 94 46 7 7 80 33 84 42 60 39 29 11 24 13 34 26 32 21 17 4 50 49 102 96 52 27 9 6 122 38 47 14 142 58 22 10 105 39 87 69 8 7 56 25 22 3 53 20 5 4 4 1 1 0 18 10 FEMMINE Bologna Caserta 81 90 Benevento 52 53 Napoli 152 169 Avellino 119 119 Salerno 205 278 Foggia 846 922 Bari 343 313 Taranto 483 457 Brindisi 412 405 Lecce 1020 910 Potenza 408 408 Matera 256 263 Cosenza 659 613 Crotone 339 349 Catanzaro 401 368 Vibo Valentia 120 148 Reggio Calabria 384 319 Trapani 364 387 Palermo 165 148 Messina 189 175 Agrigento 224 135 Caltanissetta 91 50 Enna 48 32 Catania 159 141 Ragusa 208 158 Siracusa 213 139 Sassari 186 175 Nuoro 175 219 Oristano 89 97 Cagliari 213 271 Iscritti del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza nelle Università del Centro - Nord Tabella 13 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro – Nord (dall’Università di Bologna a quella di Padova) APPENDICE STATISTICA 207 208 FEMMINE FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI Siena 62 67 107 141 352 126 96 181 75 135 257 118 274 32 54 25 111 114 92 24 99 23 25 28 59 67 31 68 16 32 Torino 71 9 32 10 100 27 40 24 108 28 194 92 226 73 233 64 289 87 629 188 118 49 81 43 101 56 40 32 98 48 49 40 194 101 90 25 132 17 154 40 92 32 61 24 29 9 114 34 97 20 170 52 233 94 123 50 85 34 122 50 MASCHI MASCHI 80 63 146 109 273 101 111 118 49 103 150 104 192 30 54 19 53 126 70 34 131 15 18 23 65 102 16 37 5 29 FEMMINE FEMMINE MASCHI 28 34 38 72 162 66 73 172 90 162 187 132 248 8 348 0 168 153 42 52 140 50 19 52 129 115 142 182 61 87 Pisa Trieste 12 8 3 9 22 25 6 9 17 21 13 27 24 61 30 20 10 16 36 35 8 6 5 7 14 19 3 1 7 9 0 3 10 17 13 16 19 29 8 13 8 14 7 9 6 5 29 34 11 15 26 21 8 12 9 18 2 6 15 31 MASCHI 44 41 73 97 158 107 123 286 109 251 215 149 228 12 395 15 198 257 75 110 167 51 5 44 200 152 236 212 86 89 FEMMINE Perugia 54 58 66 88 89 76 86 90 180 227 226 312 107 148 253 216 126 124 204 184 245 307 106 141 419 465 25 29 369 392 22 24 168 142 80 60 46 36 20 35 92 101 11 18 14 14 39 46 56 42 60 47 23 38 44 68 8 27 27 39 Tuscia 89 9 18 15 66 14 9 9 34 26 24 10 49 21 19 7 14 4 50 6 11 10 15 4 21 15 5 5 27 19 0 7 21 15 35 29 43 23 36 34 25 2 12 1 5 1 31 28 21 8 27 31 22 3 20 12 2 5 20 12 MASCHI 4 10 9 9 35 46 46 38 27 169 21 16 46 16 11 18 58 33 12 12 93 21 5 14 14 19 35 18 8 16 FEMMINE Pavia Urbino 26 14 14 33 93 62 59 55 48 90 179 277 192 297 94 99 79 87 164 199 66 53 36 59 84 71 18 19 26 24 12 14 33 32 41 43 43 26 27 33 37 32 36 32 11 9 40 46 39 29 30 29 21 27 31 53 4 9 22 41 MASCHI 3 6 15 13 36 34 47 39 27 92 19 12 36 9 25 10 52 36 11 17 106 20 3 16 22 20 46 14 14 10 FEMMINE Parma Caserta 10 11 Benevento 9 9 Napoli 25 19 Avellino 15 17 Salerno 43 45 Foggia 218 223 Bari 97 82 Taranto 146 145 Brindisi 155 153 Lecce 297 331 Potenza 48 37 Matera 85 96 Cosenza 44 69 Crotone 47 77 Catanzaro 57 63 Vibo Valentia 16 16 Reggio Calabria 30 41 Trapani 162 144 Palermo 21 10 Messina 14 12 Agrigento 73 64 Caltanissetta 10 6 Enna 7 8 Catania 22 28 Ragusa 25 18 Siracusa 38 30 Sassari 32 21 Nuoro 34 35 Oristano 23 15 Cagliari 12 21 Iscritti del Mezzogiorno fuori dalla propria residenza nelle Università del Centro - Nord Tabella 14 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro - Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino) APPENDICE STATISTICA APPENDICE STATISTICA Tabella 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendo il fenomeno per tipologia di Laurea e Sesso LAUREATI DI FOGGIA 8,32% %F 16,43 GIURISPRUDENZA PSICOLOGIA LETTERE ROMA %M 17,67 BOLOGNA 17,81 15,35 CHIETI 13,76 27,36 ROMA %M 17,25 BOLOGNA 18,26 18,52 MILANO 17,58 17,54 ROMA %M 20,42 CHIETI 18,19 20,66 MILANO 15,47 15,53 CHIETI %M 9,39 ROMA 49,07 65,09 MILANO 8,06 5,22 ROMA %M 28,41 BOLOGNA 20,37 11,23 PERUGIA 10,84 14,20 %M 36,64 2,29 3,81 %F 9,50 17,36 15,57 INGEGNERIA ECONOMIA LETTERE 20,45 16,66 5,30 5,13 17,30 14,74 MEDICINA 21,27 4,16 %M 50,32 2,61 %F 15,68 27,45 ECONOMIA 25,30 25,16 MEDICINA 48,07 16,78 %M 51,51 3,63 %F 5,94 35,67 MEDICINA 48,98 73,24 ECONOMIA 64,00 56,78 %M 40,84 22,53 %F 28,57 65,17 MEDICINA 44,20 79,45 ECONOMIA 77,05 56,09 %M 38,15 %F 24,73 ECONOMIA 32,11 15,62 GIURISPRUDENZA 32,75 34,28 LAUREATI DI LECCE 8,06% %F 18,77 GIURISPRUDENZA PSICOLOGIA LAUREATI DI BARI 7,43% %F 24,34 GIURISPRUDENZA PSICOLOGIA LAUREATI DI NAPOLI 7,30% %F 14,26 MEDICINA SCIENZE SOCIALI LAUREATI DI COSENZA 6,03% %F 37,75 GIURISPRUDENZA segue 209 APPENDICE STATISTICA segue: Tabella 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendo il fenomeno per tipologia di Laurea e Sesso LAUREATI DI TARANTO 5,50% %F %M 24,41 GIURISPRUDENZA 47,11 PSICOLOGIA 2,88 SCIENZE DELLA FORMAZIONE2,88 ROMA %M 18,34 BOLOGNA 16,57 13,13 INGEGNERIA ECONOMIA 29,78 18,08 6,41 19,23 MILANO 13,40 11,28 ECONOMIA 48,68 53,73 ROMA %M 32,50 %M 22,43 39,10 5,12 %F 36,22 12,24 21,93 MILANO 10,23 10,93 ECONOMIA 57,14 47,27 CHIETI 6,26 12,72 MEDICINA 50,00 46,87 BOLOGNA %M 16,08 %M 23,07 26,15 26,15 %F 16,66 0,00 27,08 MILANO 15,84 15,89 MEDICINA ECONOMIA 37,50 31,25 64,63 17,07 ROMA 26,73 35,65 PSICOLOGIA GIURISPRUDENZA 3,70 27,77 22,82 15,21 ROMA %M 25,30 LAUREATI DI CATANZARO 4,24% %F 32,43 GIURISPRUDENZA PSICOLOGIA LETTERE %M 28,84 3,84 9,61 %F 11,46 17,19 19,10 BOLOGNA 20,19 11,57 GIURISPRUDENZA ECONOMIA 15,66 56,62 25,00 21,42 PERUGIA 11,43 14,82 ECONOMIA GIURISPRUDENZA 21,27 19,14 4,16 31,94 ROMA %M 39,54 LAUREATI DI CASERTA 3,96% %F 44,9 GIURISPRUDENZA MEDICINA %M 45,80 32,90 %F 2,51 69,85 LAUREATI DI SALERNO 4,65% %F 38,96 MEDICINA GIURISPRUDENZA PSICOLOGIA LAUREATI DI POTENZA 4,36% %F 9,30 GIURISPRUDENZA INGEGNERIIA ECONOMIA %F 4,13 23,45 36,55 CASSINO 10,7 34,5 INGEGNERIA LETTERE 38,09 23,80 0,00 89,54 MILANO 6,63 3,83 ECONOMIA 80,77 70,58 210 Maschi Caserta 392 Benevento 188 Napoli 756 Avellino 220 Salerno 479 Foggia 741 Bari 808 Taranto 567 Brindisi 409 Lecce 887 Potenza 404 Matera 258 Cosenza 535 Crotone 148 Catanzaro 411 Vibo Valentia 108 Reggio Calabria 355 Trapani 271 Palermo 296 Messina 252 Agrigento 276 Caltanissetta 113 Enna 60 Catania 272 Ragusa 237 Siracusa 263 Sassari 181 Nuoro 156 Oristano 69 Femmine 443 263 785 242 503 1016 760 594 395 815 516 284 739 209 484 144 392 241 222 158 230 102 48 185 216 197 196 199 83 Xi-Xm 49,6 -154,4 413,6 -122,4 136,6 398,6 465,6 224,6 66,6 544,6 61,6 -84,4 192,6 -194,4 68,6 -234,4 12,6 -71,4 -46,4 -90,4 -66,4 -229,4 -282,4 -70,4 -105,4 -79,4 -161,4 -186,4 -273,4 Yi-Ym 81,5 -98,5 423,5 -119,5 141,5 654,5 398,5 232,5 33,5 453,5 154,5 -77,5 377,5 -152,5 122,5 -217,5 30,5 -120,5 -139,5 -203,5 -131,5 -259,5 -313,5 -176,5 -145,5 -164,5 -165,5 -162,5 -278,5 (Xi-Xm)*(Yi-Ym) 4042,4 15208,4 175159,6 14626,8 19328,9 260883,7 185541,6 52219,5 2231,1 246976,1 9517,2 6541,0 72706,5 29646,0 8403,5 50982,0 384,3 8603,7 6472,8 18396,4 8731,6 59529,3 88532,4 12425,6 15335,7 13061,3 26711,7 30290,0 76141,9 (Xi-Xm)^2 2460,16 23839,36 171064,96 14981,76 18659,56 158881,96 216783,36 50445,16 4435,56 296589,16 3794,56 7123,36 37094,76 37791,36 4705,96 54943,36 158,76 5097,96 2152,96 8172,16 4408,96 52624,36 79749,76 4956,16 11109,16 6304,36 26049,96 34744,96 74747,56 (Yi-Ym)^2 6642,25 9702,25 179352,25 14280,25 20022,25 428370,25 158802,25 54056,25 1122,25 205662,25 23870,25 6006,25 142506,25 23256,25 15006,25 47306,25 930,25 14520,25 19460,25 41412,25 17292,25 67340,25 98282,25 31152,25 21170,25 27060,25 27390,25 26406,25 77562,25 Xi*Yi 173656 49444 593460 53240 240937 752856 614080 336798 161555 722905 208464 73272 395365 30932 198924 15552 139160 65311 65712 39816 63480 11526 2880 50320 51192 51811 35476 31044 5727 Xi^2 153664 35344 571536 48400 229441 549081 652864 321489 167281 786769 163216 66564 286225 21904 168921 11664 126025 73441 87616 63504 76176 12769 3600 73984 56169 69169 32761 24336 4761 211 segue Yi^2 196249 69169 616225 58564 253009 1032256 577600 352836 156025 664225 266256 80656 546121 43681 234256 20736 153664 58081 49284 24964 52900 10404 2304 34225 46656 38809 38416 39601 6889 Tabella 16 - Dati per calcolo correlazione lineare e stima della retta di regressione tra la variabile maschile e femminile dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 laureati e/o con diploma universitario conseguito nelle Università del Centro – Nord APPENDICE STATISTICA 212 Maschi 160 10272 342,4 Dev(x,y)=1447141,2 Codev(x,y)=2044589 Cov(x,y)= 51700,2 s(x)= 219,6 s(y)= 247,4 Cagliari Totale Media Femmine 184 10845 361,50 Yi-Ym -177,5 ß1= ßo= 1,413 -122,25 (Yi-Ym)^2 31506,25 1837449,50 61248,32 Xi*Yi Xi^2 29440 25600 5264335 4964274 175477,83 165475,80 51700,23coefficiente di correlazione lineare: s(x)= 219,63 r(x,y)= s(y)= 247,48 (Xi-Xm)^2 33269,76 1447141,2 48238,04 La retta di regressione stimata ha equazione: Y=-122,259+1,413X s(x,y)= 0,951 (Xi-Xm)*(Yi-Ym) 32376,0 1551007,00 51700,23 coefficiente di correlazione lineare: r(x,y)= Xi-Xm -182,4 0,951 Yi^2 33856 5757917 191930,57 segue: Tabella 16 - Dati per calcolo correlazione lineare e stima della retta di regressione tra la variabile maschile e femminile dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 laureati e/o con diploma universitario conseguito nelle Università del Centro – Nord APPENDICE STATISTICA -4,4 -2,6 -3,3 -4,3 -1,9 0,6 Tasso Migratorio Campania 12,925 Puglia 13,6 Basilicata 12,525 Calabria 14,425 Sicilia 12,225 Sardegna 11,2 *Anno di riferimento 2004 *Anno di riferimento 2003 Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 7,3 5,5 0,8 2,7 6,9 2,4 Forza Lavoro 7,4 5,5 0,8 2,7 6,3 2,4 Tasso di irregolarità** 82,23 77,34 106,62 77,52 70,19 107,67 Peso Industria** Assunzioni previste 19,8 22,3 27,2 16,9 16,9 19,9 23,2 20,9 20,8 31 26 18,3 Spesa delle famiglie* 12,33 11,57 8,93 10,77 14,5 12,57 Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione 5,34 4,42 2,31 4,6 3,91 4,17 Assunzioni previste di laureati 20,54 20,16 19,26 20,02 19,42 19,89 Indice popolazione di età 19 32 anni 44,1 44,4 49,2 44,5 44 51,4 14.381,6 13.810 14.996 13.343 14.042,4 15.724,5 857 557 101 322 760 260 870 665 92 282 711 336 Occupati a bassa scolarizzazione Tasso di occupazione Occupati laureati e diplomati Reddito disponibile pro capite* Tasso di disoccupazi one 14,9 14,6 12,3 14,4 16,2 12,9 82,4 87,4 89,1 86,5 88,3 95,7 Indice di struttura della popolazione attiva Tabella 17- Matrice di dati per calcolo correlazione lineare e analisi delle componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti APPENDICE STATISTICA 213 Tasso migratorio 1,00 1,00 -0,75 -0,54 -0,67 -0,74 -0,94 -0,58 0,64 -0,67 -0,51 -0,30 0,95 0,88 0,64 -0,23 -0,26 -0,19 -0,30 -0,25 -0,70 0,03 -0,60 0,33 -0,34 0,63 0,59 0,92 -0,58 -0,36 -0,72 0,53 0,73 0,13 -0,49 0,07 0,85 1,00 0,99 0,69 -0,71 1,00 -0,71 0,40 -0,25 Assunzioni previste -0,25 Forza lavoro 0,40 1,00 Spesa delle famiglie -0,57 -0,40 -0,74 0,48 0,74 0,16 -0,50 0,08 0,88 0,99 0,99 0,66 1,00 1,00 -0,75 -0,23 assunzioni previste laureati -0,43 -0,38 -0,53 0,90 0,50 0,28 -0,69 0,30 0,56 0,68 0,71 1,00 0,66 0,69 -0,54 -0,26 -0,54 -0,32 -0,67 0,58 0,71 0,04 -0,44 0,05 0,80 0,98 1,00 0,71 0,99 0,99 -0,67 -0,19 Occupati a bassa scolarizzazione Fonte: Elaborazione ISFOL su output dati SPSS 14.0 Tasso migratorio generico regionale Assunzioni previste Forza lavoro Spesa delle famiglie Assunzioni previste laureati Occupati a bassa scolarizzazione Occupati laureati e diplomati Tasso di disoccupazione Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione Peso Industria Tasso lavoro nero Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione Indice Popolazione di età 19 - 32 anni Tasso Occupazione Reddito disponibile pro capite regionale Indice di struttura della popolazione attiva Occupati laureati e diplomati -0,61 -0,39 -0,75 0,50 0,72 0,20 -0,52 0,09 0,87 1,00 0,98 0,68 0,99 1,00 -0,74 -0,30 -0,52 -0,66 -0,86 0,25 0,75 0,53 -0,72 0,28 1,00 0,87 0,80 0,56 0,88 0,85 -0,94 -0,25 Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione -0,68 -0,89 -0,69 0,36 -0,36 0,70 -0,15 1,00 0,28 0,09 0,05 0,30 0,08 0,07 -0,58 -0,70 0,12 0,43 0,47 -0,32 -0,73 -0,63 1,00 -0,15 -0,72 -0,52 -0,44 -0,69 -0,50 -0,49 0,64 0,03 Tasso lavoro nero -0,51 -0,81 -0,66 0,06 0,07 1,00 -0,63 0,70 0,53 0,20 0,04 0,28 0,16 0,13 -0,67 -0,60 Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione 0,06 -0,06 -0,32 0,15 1,00 0,07 -0,73 -0,36 0,75 0,72 0,71 0,50 0,74 0,73 -0,51 0,33 Indice Popolazione di età 19 - 32 anni -0,47 -0,25 -0,38 1,00 0,15 0,06 -0,32 0,36 0,25 0,50 0,58 0,90 0,48 0,53 -0,30 -0,34 0,83 0,90 1,00 -0,38 -0,32 -0,66 0,47 -0,69 -0,86 -0,75 -0,67 -0,53 -0,74 -0,72 0,95 0,63 0,69 1,00 0,90 -0,25 -0,06 -0,81 0,43 -0,89 -0,66 -0,39 -0,32 -0,38 -0,40 -0,36 0,88 0,59 Reddito disponibile pro capite regionale Tasso Occupazione Peso Industria Tasso di disoccupazione 214 1,00 0,69 0,83 -0,47 0,06 -0,51 0,12 -0,68 -0,52 -0,61 -0,54 -0,43 -0,57 -0,58 0,64 0,92 Indice struttura pop. Attiva Tabella 18 - Output completo delle analisi statistiche effettuate sulla correlazione lineare del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti. Matrice di correlazione del tasso migratorio generico regionale APPENDICE STATISTICA Assunzioni previste Assunzioni 1,000 previste Forza lavoro -,733 Spesa delle -,755 famiglie Assunzioni -,541 previste laureati Occupati a bassa -,672 scolarizzazione Occupati laureati -,739 e diplomati Tasso di -,938 disoccupazione Tasso di disoccupazione -,582 a medio alta scolarizzazione Peso Industria ,640 Tasso lavoro nero -,673 Tasso di disoccupazione a -,506 bassa scolarizzazione Indice Popolazione di -,298 età 19 - 32 anni Tasso ,955 Occupazione Reddito disponibile pro ,878 capite regionale Indice di struttura della ,636 popolazione attiva Tasso di disoccupazione -,729 di lunga durata Tasso di natalità -,438 lorda delle imprese Investimenti Fissi -,720 Lordi ,425 ,703 ,416 ,758 ,995 -,566 -,595 ,992 -,744 -,401 -,741 ,480 ,552 -,396 ,743 ,702 ,302 ,879 ,847 ,083 ,994 ,992 -,501 ,161 ,986 ,994 ,111 ,662 ,703 -,475 ,139 ,562 1,000 ,996 ,705 ,863 ,130 -,428 -,377 -,531 ,904 ,501 -,686 ,285 ,679 ,713 1,000 ,662 ,703 ,996 Forza lavoro -,755 Spesa delle famiglie -,733 -,541 Assunzioni previste laureati 1,000 Occupati a bassa ,986 ,796 ,324 -,535 -,318 -,675 ,581 ,712 -,443 ,044 ,047 ,799 ,978 1,000 ,713 ,986 ,994 -,672 Occupati e laureati e diplomati ,994 ,687 ,455 -,610 -,393 -,745 ,498 ,724 -,516 ,202 ,089 ,869 1,000 ,978 ,679 ,994 ,992 -,739 Tasso di disoccupazione ,865 ,441 ,587 -,521 -,663 -,856 ,252 ,751 -,718 ,533 ,276 1,000 ,869 ,799 ,562 ,879 ,847 -,938 Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione ,037 ,241 ,716 -,677 -,886 -,689 ,358 -,361 -,153 ,695 1,000 ,276 ,089 ,047 ,302 ,083 ,111 -,582 ,640 Peso Industria -,548 -,298 -,162 ,118 ,435 ,471 -,322 -,731 1,000 -,629 -,153 -,718 -,516 -,443 -,686 -,501 -,475 Tasso lavoro nero ,157 -,091 ,713 -,507 -,807 -,658 ,055 ,075 -,629 1,000 ,695 ,533 ,202 ,044 ,285 ,161 ,139 -,673 Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione ,777 ,369 -,059 ,057 -,055 -,316 ,154 1,000 -,731 ,075 -,361 ,751 ,724 ,712 ,501 ,743 ,702 -,506 Indice Popolazione e di età 1-32 anni ,512 ,916 ,059 -,467 -,253 -,384 1,000 ,154 -,322 ,055 ,358 ,252 ,498 ,581 ,904 ,480 ,552 -,298 ,955 Tasso Occupazione -,703 -,483 -,857 ,833 ,897 1,000 -,384 -,316 ,471 -,658 -,689 -,856 -,745 -,675 -,531 -,744 -,741 ,878 Reddito disponibile pro capite -,352 -,267 -,822 ,686 1,000 ,897 -,253 -,055 ,435 -,807 -,886 -,663 -,393 -,318 -,377 -,401 -,396 ,636 Indice di stuttura delle popolazone attiva -,533 -,442 -,878 1,000 ,686 ,833 -,467 ,057 ,118 -,507 -,677 -,521 -,610 -,535 -,428 -,566 -,595 Tasso di disoccupazione e di lunga durata ,371 ,072 1,000 -,878 -,822 -,857 ,059 -,059 -,162 ,713 ,716 ,587 ,455 ,324 ,130 ,425 ,416 -,729 Tasso di natalità lordo della ,713 1,000 ,072 -,442 -,267 -,483 ,916 ,369 -,298 -,091 ,241 ,441 ,687 ,796 ,863 ,703 ,758 -,438 1,000 ,713 ,371 -,533 -,352 -,703 ,512 ,777 -,548 ,157 ,037 ,865 ,994 ,986 ,705 ,995 ,992 -,720 Investimenti Fissi Tabella 19 - Output completo dei risultati statistici riguardanti l’analisi in componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti APPENDICE STATISTICA 215 APPENDICE STATISTICA Matrice di componenti (a) Occupati laureati e diplomati Forza lavoro Spesa delle famiglie Tasso di disoccupazione Investimenti Fissi Lordi Tasso Occupazione Assunzioni previste Occupati a bassa scolarizzazione Assunzioni previste laureati Indice di struttura della popolazione attiva Tasso di natalità lorda delle imprese Reddito disponibile pro capite regionale Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione Tasso lavoro nero Tasso di disoccupazione di lunga durata Indice Popolazione di età 19 - 32 anni Peso Industria Metodo estrazione: analisi componenti principali. (a) 4 componenti estratti 1 ,926 ,926 ,922 ,921 ,914 -,908 -,905 ,890 ,771 -,715 ,705 -,685 ,604 ,424 ,479 ,611 ,582 -,638 Componente 2 3 4 ,291 -,063 ,209 ,316 ,016 ,206 ,311 -,074 ,216 -,008 -,381 ,015 ,364 -,074 ,153 ,392 ,021 -,120 ,294 ,224 ,033 ,404 ,060 ,199 ,249 ,343 -,464 ,444 -,324 -,330 ,373 ,570 -,105 ,682 ,021 ,107 ,581 -,520 -,157 -,805 ,348 -,156 -,711 -,288 -,363 -,694 -,067 ,345 ,215 ,711 -,322 -,074 ,397 ,644 1 ,937 ,928 ,925 ,916 ,915 ,782 ,775 ,302 -,161 -,202 -,049 -,553 -,390 -,581 ,218 ,508 ,405 -,334 Componente 2 3 4 ,207 ,258 ,110 ,153 ,293 ,161 ,227 ,267 ,110 ,209 ,336 ,070 ,118 ,382 ,047 ,448 ,022 ,425 -,238 ,005 ,584 ,924 -,138 -,115 -,921 -,118 -,241 ,914 ,311 ,008 ,808 -,069 ,539 -,801 -,172 -,127 -,784 -,278 ,280 -,692 -,095 -,363 ,126 ,964 ,024 ,060 ,842 -,036 ,160 ,807 ,386 -,187 -,202 -,893 Matrice dei componenti ruotata(a) Spesa delle famiglie Investimenti Fissi Lordi Occupati laureati e diplomati Forza lavoro Occupati a bassa scolarizzazione Tasso di disoccupazione Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione Tasso di disoccupazione di lunga durata Reddito disponibile pro capite regionale Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione Tasso lavoro nero Tasso Occupazione Indice di struttura della popolazione attiva Assunzioni previste Indice Popolazione di età 19 - 32 anni Tasso di natalità lorda delle imprese Assunzioni previste laureati Peso Industria Metodo estrazione: analisi componenti principali. Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser. a La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 7 iterazioni. 216 Totale Autovalori iniziali % di % varianza cumulata 1 10,651 59,174 59,174 2 3,705 20,586 79,760 3 1,905 10,584 90,344 4 1,375 7,640 97,984 5 ,363 2,016 100,0 6 8,81E-016 4,90E-015 100,0 7 6,76E-016 3,76E-015 100,0 8 4,54E-016 2,52E-015 100,0 9 3,28E-016 1,82E-015 100,0 10 2,62E-016 1,46E-015 100,0 11 5,96E-017 3,31E-016 100,0 12 2,39E-018 1,33E-017 100,0 13 -1,22E-016 -6,80E-016 100,0 14 -2,04E-016 -1,13E-015 100,0 15 -3,62E-016 -2,01E-015 100,0 16 -4,58E-016 -2,54E-015 100,0 17 -1,27E-015 -7,06E-015 100,0 18 -2,32E-015 -1,29E-014 100,0 Metodo di estrazione: Analisi componenti principali. Componente Varianza totale spiegata 10,651 3,705 1,905 1,375 Totale Pesi dei fattori non ruotati % di % varianza cumulata 59,174 59,174 20,586 79,760 10,584 90,344 7,640 97,984 Totale Totale 7,019 5,440 3,063 2,114 Pesi dei fattori ruotati % di % cumulata varianza % cumulata 38,995 38,995 30,224 69,219 17,019 86,238 11,746 97,984 APPENDICE STATISTICA 217 218 MATRICE DI DATI PER ANALISI DEL MODELLO ATTRAVERSO LA REGRESSIONE MULTIPLA Regioni Tasso Assunzioni Forza Spesa Assunzioni Occupati a bassa migratorio previste lavoro delle famiglie previste scolarizzazione generico laureati Piemonte -0,1 115,44 8,1 8,1 11,51 946 Valle d’Aosta 4,9 125,83 0,2 0,3 12,53 31 Lombardia 1,3 126,76 18,5 3,2 16,17 2125 Liguria 1,3 110,7 2,8 2,1 9,45 269 Trentino Alto Adige 1,8 183,29 2,1 2,1 7,73 263 Veneto 1,2 125,61 9,1 8,9 9,11 1128 Friuli Venezia Giulia 1,8 141,91 2,2 2,2 10,38 244 Emilia Romagna 4,3 145,54 8,4 8,5 13,13 930 Toscana 1,7 115,59 6,8 6,9 8,82 735 Umbria 2,9 137,57 1,5 1,4 4,41 146 Marche 2,3 111,35 2,8 2,6 9,47 300 Lazio 0,9 115,87 10 9,8 16,23 770 Abruzzo 2,5 125,72 2 1,9 8,05 208 Molise -1,2 106,85 0,5 0,5 4,66 49 Campania -4,4 82,23 7,4 7,3 5,34 870 Puglia -2,6 77,34 5,5 5,5 4,42 665 Basilicata -3,3 106,62 0,8 0,8 2,31 92 Calabria -4,3 77,52 2,7 2,7 4,6 282 Sicilia -1,9 70,19 6,3 6,9 3,91 711 Sardegna 0,6 107,67 2,4 2,4 4,17 336 Occupati laureati e diplomati 884 25 2069 351 176 935 259 943 774 199 335 1316 284 57 857 557 101 322 760 260 33,6 20,5 34 19,2 25 33,5 28 32,5 28,8 27,2 31,9 15,6 27,4 26 19,8 22,3 27,2 16,9 16,9 19,9 Peso industria Tabella 20 - Output completo dei risultati statistici relativi all’analisi della regressione multipla utilizzata per studiare un modello capace di sintetizzare il tasso migratorio delle Regioni italiane rispetto alle proprie determinanti APPENDICE STATISTICA Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Liguria Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Regioni 9,2 14,7 7,3 11,5 10,9 8,7 12,8 8,6 9,8 12,8 10,7 14,4 12,6 19,2 23,2 20,9 20,8 31 26 18,3 Tasso lavoro nero Tasso di Indice Reddito disoccupazione Popolazione disponibile a bassa di età 19 - 32 anni pro capite scolarizzazione regionale 4,9 16,11 22992 3 16,49 25407 4,56 17,28 23800 7,2 13,92 22900 3,13 17,37 26954 4,5 17,46 22848 5,16 15,96 23598 3,66 16,26 24667 5,86 16,25 20366 5,06 16,75 21636 4,7 17,2 19695 8,7 17,84 20248 7,8 18,07 16974 9,56 18,34 17046 15,76 20,54 14382 14,56 20,16 13810 12,5 19,3 14996 12,9 20,4 13343 17,73 19,42 14042 14,73 19,89 15724 Indice di Tasso di Tasso di Investimenti struttura della disoccupazione di natalità fissi lordi popolazione di lunga durata lorda attiva delle imprese 112,46 42,7 8,1 23906,8 108,14 24,4 7,2 895,5 103,52 33,5 7,5 51668,7 125,16 37,6 7,7 8194,1 97,92 18,6 7,4 26349,1 102,24 34,5 7,8 6209 115,41 31,1 7,4 6430,1 108,89 28,8 8,3 23902,7 110,84 32,9 8,1 16439,2 106,62 42,6 7,8 3959,9 102,7 36,7 8 6897,4 100,89 51,1 8 24304,1 96,91 45,3 8,2 5316 95,63 51,8 7,9 1295,6 82,4 57,7 7,8 16711,4 87,4 53,6 7,7 11795 89,1 53,7 6,4 2301,1 86,5 58,7 7 6861,9 88,3 58 6,9 15327,6 95,7 36,6 7,1 6929,3 MATRICE DI DATI PER ANALISI DEL MODELLO ATTRAVERSO LA REGRESSIONE MULTIPLA APPENDICE STATISTICA 219 APPENDICE STATISTICA Statistiche Tasso migratorio generico regionale N Validi 20 Mancanti 0 Tasso migratorio generico regionale Frequenza Validi -4,40 -4,30 -3,30 -2,60 -1,90 -1,20 -,10 ,60 ,90 1,20 1,30 1,70 1,80 2,30 2,50 2,90 4,30 4,90 Totale Percentuale 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 1 1 1 20 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 10,0 5,0 10,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 100,0 Percentuale valida 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 10,0 5,0 10,0 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 100,0 Percentuale cumulata 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 50,0 60,0 65,0 75,0 80,0 85,0 90,0 95,0 100,0 Istogramma 6 5 Frequenza 4 3 2 1 Media =0,485 Dev. stand. =2,65236 N =20 0 -5,00 -2,50 0,00 2,50 Tasso migratorio generico regionale 220 5,00 APPENDICE STATISTICA Statistiche descrittive Tasso migratorio generico regionale Assunzioni previste Forza lavoro Spesa delle famiglie Assunzioni previste laureati Occupati a bassa scolarizzazione Occupati laureati e diplomati Peso Industria Tasso lavoro nero Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione Indice Popolazione di età 19 - 32 anni Reddito disponibile pro capite regionale Indice di struttura della popolazione attiva Tasso di disoccupazione di lunga durata Tasso di natalità lorda delle imprese Investimenti Fissi Lordi Media ,4850 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 ,0000000 Deviazione std. 2,65236 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 1,00000000 N 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 Variabili inserite/rimosse(a) Modello 1 2 Tasso di disoccupazione di lunga durata Tasso di natalità lorda delle imprese Variabili inserite . . Variabili rimosseMetodo Per passi (Criteri: Probabilità di F di inserimento <= ,050, Probabilità di F di rimozione >= ,100). Per passi (Criteri: Probabilità di F di inserimento <= ,050, Probabilità di F di rimozione >= ,100). (a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale Riepilogo del modello(c) Modello R R-quadrato R-quadrato Errore std. Durbin-Watson corretto della stima 1 ,820(a) ,672 ,653 1,56136 2 ,863(b) ,744 ,714 1,41893 1,880 (a) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata (b) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata, Tasso di natalità lorda delle imprese (c) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale 221 APPENDICE STATISTICA ANOVA(c) Modello Somma dei df Media dei F Sig. quadrati quadrati 1 Regressione 89,784 1 89,784 36,829 ,000(a) Residuo 43,881 18 2,438 Totale 133,666 19 2 Regressione 99,438 2 49,719 24,695 ,000(b) Residuo 34,227 17 2,013 Totale 133,666 19 (a) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata (b) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata, Tasso di natalità lorda delle imprese (c) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale Coefficienti (a) Modello 1 Coefficienti Coefficienti t non standardizzati standardizzati t B Errore Beta std. ,485 ,349 1,389 Sig. (Costante) Tasso di disoccupazione -2,174 ,358 -,820 -6,069 di lunga durata 2 (Costante) ,485 ,317 1,529 Tasso di disoccupazione -2,030 ,332 -,765 -6,112 di lunga durata Tasso di natalità ,727 ,332 ,274 2,190 lorda delle imprese (a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale Statistiche di collinearità Tolleranza VIF ,182 ,000 1,000 1,000 ,000 ,961 1,041 ,043 ,961 1,041 ,145 Diagnostiche di collinearità (a) Modello Dimensione Autovalore Indice di collinearità Variabilità spiegata (Costante) 1 1 1,000 1,000 2 1,000 1,000 ,50 2 1 1,198 1,000 ,00 2 1,000 1,095 1,00 3 ,802 1,222 ,00 (a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale 222 Tasso di Tasso di disoccupazione natalità di lunga lorda delle durata imprese ,50 ,50 ,50 ,40 ,40 ,00 ,00 ,60 ,60 APPENDICE STATISTICA Statistiche dei residui(a) Minimo Massimo Media Valore atteso -3,3847 4,0856 ,4850 Valore atteso std. -1,692 1,574 ,000 Errore standard dei valori attesi ,337 ,876 ,532 Valore atteso corretto -3,8183 4,9842 ,4966 Residuo -2,38461 2,33305 ,00000 Residuo std. -1,681 1,644 ,000 Residuo stud. -1,901 1,695 -,004 Residuo cancellato -3,18420 2,71925 -,01160 Residuo studentizzato -2,079 1,804 -,004 per cancellazione Distanza di Mahal. ,119 6,294 1,900 Distanza di Cook ,000 ,474 ,076 Valore d’influenza ,006 ,331 ,100 (a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale Deviazione std. 2,28771 1,000 ,141 2,33887 1,34217 ,946 1,041 1,63228 1,094 N 20 20 20 20 20 20 20 20 20 1,561 ,122 ,082 20 20 20 Grafico a dispersione Regressione Residuo per cancellazione studentizzato Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale 2 Umbria Valle d'Aosta Abruzzo Sicilia Lazio 1 Marche Basilicata Liguria 0 Molise Calabria Emilia Romagna Sardegna Lombardia Piemonte Puglia Friuli Venezia Giulia Veneto Toscana -1 Campania -2 -2 Trentino Alto Adige 0 2 Regressione Valore previsto standardizzato 223 APPENDICE STATISTICA Trentino Alto Adige Cook's Distance 0,40000 Valle d'Aosta Campania 0,20000 Sicilia Abruzzo Puglia Lazio Calabria Lombardia Piemonte Toscana Emilia Romagna Veneto Molise Sardegna Liguria Marche Friuli Venezia Giulia Umbria 0,00000 0,00000 Basilicata 0,20000 0,40000 Centered Leverage Value Grafico di normalità Q-Q di Standardized Residual Normale atteso 2 0 -2 -2 0 Valore osservato 224 2 APPENDICE STATISTICA Istogramma 5 Frequenza 4 3 2 1 Media =2,7755576E-17 Dev. stand. =0,9459053 N =20 0 -2,00000 0,00000 2,00000 Standardized Residual 225 APPENDICE STATISTICA Tabella 21 - Output completo delle risposte dell’indagine CATI con focus sulle Regioni Obiettivo 1 Risultati indagine CATI Popolazione di riferimento Campione In Mobilità di cui provenienti: dall'estero Italiani Popolazione italiana di età compresa 18-33 anni al 31/12/2005 1.600 unità 158 37 121 (7,56%) di cui provenienti: dal Centro - Nord 49 dal Sud ed Isole 72 (59,5%) Maschi Femmine 50,70% 18-22 17,00% Centro 25,70% 0 - 20 21,90% 49,30% classi di età 23-27 28-33 40,20% 42,80% area destinazione Nord Nord Est Ovest Sud Isole 12,80% 41,90% 19,60% Ampiezza comune di provenienza (in migliaia) 20 - 50 50 -150 + 150 Nd 25,30% 12,00% 25,80% 15,00% Flussi da una Regione Ob.1 ad una Regione del Centro – Nord dalla Campania Sardegna Sicilia Sicilia Calabria Campania Calabria Campania Calabria Puglia Sardegna Calabria Puglia Campania Sicilia Sicilia Campania Sardegna Calabria Calabria Campania Puglia Sicilia Sardegna Puglia Basilicata Sardegna Sardegna Puglia Campania Campania Basilicata 226 alla Lombardia Lombardia Lombardia Molise Piemonte Liguria Lombardia Lazio Lazio Emilia Piemonte Emilia Lombardia Toscana Veneto Emilia Emilia Liguria Veneto Trentino Piemonte Piemonte Lazio Toscana Marche Toscana Umbria Marche Lazio Umbria Marche Marche % 8,30 5,60 5,60 4,80 4,20 4,20 4,20 4,10 4,00 2,90 2,80 2,80 2,80 2,70 1,60 1,50 1,50 1,50 1,40 1,40 1,40 1,40 1,40 1,40 1,40 1,40 1,30 1,30 1,30 1,30 1,30 1,30 Regioni Preferite Lombardia 26,50% Lazio 10,80% Piemonte 9,80% Emilia 8,70% APPENDICE STATISTICA In Mobilità dal Sud ed Isole Motivazione Generale % Nece ssità familiar i 48,30 Lavor o 35,10 Studio 11,00 Altro Da quanto tempo 72 (59,5%) 5,60 nello spe cifico: TEMPO INDET. % 18,10 SENZA SPECIF. 7,60 TEMPO DETERM. 4,10 STAGE AZIEND. 2,30 LAVORO INTERM. 1,50 CO.CO.PRO. 1,50 % Meno di 6 mesi 4,50 S oddi sf a z i one Tra 6 mesi e 1 anno 6,50 Molto 36,80 % 60,30 Tra 1 e 3 anni 6,40 Abbastanza Tra 3 e 5 anni 5,10 Poco 1,40 Più di 5 anni 77,50 Per nulla 1,50 Motivazione Specifica Motivi familiar i % 51,10 Spostamento definitivo Sicur amente si % 50,90 Maggior i oppor tunità lavorative 12,60 Probabilmente si 19,80 Asse nza cor so di studio di interesse 11,40 Probabilmente no 24,00 Maggior i guadagni 5,00 Maggior i prospe ttive car riera 7,00 Sicur amente no Maggiore specializzazione 0,80 Disponibiltà rientro Stile di vita 7,10 Sicur amente si 5,30 % 16,10 Altro 3,60 Probabilmente si 27,30 Non sa non indica 4,30 Probabilmente no 25,60 La cultura 5,10 Sicuramente no 31,00 Situazione gener ale migliore 2,80 Qualità de lla vita 1,40 Assenza Università/corsi di formazione di prestigio 2,20 Esper ienza diversa 1,40 Titolo di studio % Motivazione rientro (risposta multipla) % Motivi familiar i 25,30 Trovare un lavoro sicuro che piace 23,80 Per nessun motivo 17,90 Medie inferiori 20,10 Perché am o/piace la mia regione 12,90 Medie superiori 53,90 Guadagno più elevato 6,40 Univer sitario/laure ando 15,50 Altro 7,20 4,80 Laurea 7,70 Prospettiva di carrier a migliore Dottor ato di ricerca 1,40 Non so 4,70 Master 1,40 Miglior are la qualità della vita 4,80 Cambiame nto situazione ge nerale 3,30 227 APPENDICE STATISTICA Motivazioni laurea (risposta multipla) % Maggiori prospettive di cariera 19,30 Apre la strada al lavoro di interesse 22,30 Cultura/piace lo studio 24,10 Emilia R omagna 45,90 Piace va la facoltà/le mater ie 21,50 Lazio 11,70 Maggior i possibilità di guadagno 10,90 Lombar dia 19,60 Perché è ne cessar io 10,50 Toscana 7,30 Altro 10,60 Piemonte 15,50 Conseguimento della laurea fuori della regione Si Regione dove si è conseguita la laurea % % 70,50 No 29,50 Motivazione studi universitari fuori dalla regione di origine (risposta multipla) Come ha trovato lavoro % % Prestigio de ll'univer sità 33,60 Contatti familiari/amicizia 57,30 8,80 Prese nza facoltà solo fuori re gione 20,70 Annunci(interne t/gior nali) Motivi familiar i 30,40 Agenzie di lavoro inter inale Fare un'e sper ienza diversa Maggiore possibilità di specializzazione nel proprio settore 15,40 Centri pe r l'impiego Stile di vita Maggior i infrastrutture Professione 228 6,60 10,80 7,30 Da solo (cv, autoc.) 2,20 7,40 Int. pol. cv- autoc 2,10 Concor so Attività propria 2,20 2,10 Altro 7,90 12,20 % Stude nte 28,20 Impiegato 25,70 Disoccupato 7,10 Operaio 17,40 Libero professionista 4,30 Casalinga 1,40 Rapprese ntante /Lavoratore autonom o 2,80 Commerciante 8,20 Insegnante 2,70 Altra professione 0,90 Artigiano 1,30 APPENDICE STATISTICA Da quanto tempo lavora Meno di 6 mesi % 4,20 Tra 6 mesi e 1 anno 4,40 Tra 1 e 3 anni 16,70 Tra 3 e 5 anni 8,80 Più di 5 anni 65,90 L'attività è coerente con il titolo di studio? % Molto 35,00 Abbastanza 26,70 Poco 13,10 Per nulla 25,20 Rispecchia desideri e aspettative? % Molto 29,90 Abbastanza 46,10 Poco 11,10 Per nulla 12,90 Ripeterebbe percorso formativo? % Sicur amente si 39,30 Probabilmente si 35,50 Probabilmente no 18,60 Sicur amente no 6,60 Titolo di studio padre % Nessuno/elementari 12,50 Medie inferiori 24,70 Medie superiori 45,10 Laurea 8,60 Dottor ato di ricerca 0,80 Non indica 8,30 Titolo di studio madre Nessuno/e lementari % 19,40 Medie inferiori 36,40 Medie superiori 24,60 Laurea 12,10 Non indica 7,50 229 APPENDICE STATISTICA Professione padre % Pensionato 32,30 Impiegato 19,00 Operaio 14,50 Libero professionista 7,00 Dirigente/Impre nditore 9,10 Commerciante 4,10 Non indica 3,60 Insegnante 1,40 Agricoltore 6,20 Medico 1,40 Rappr ese ntante 1,40 Professione madre % Casalinga 48,40 Impiegato 11,20 Pensionato 14,50 Insegnante 7,70 Operaio 1,40 Libero professionista 5,00 Commerciante 1,40 Non indica 1,40 Agricoltore 7,60 Rappr ese ntante 1,40 230 APPENDICE STATISTICA Figura 1 - Tasso di attività 25-34 nelle province italiane. Anno 2005 231 APPENDICE STATISTICA Figura 2 - Tasso di attività 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005 232 APPENDICE STATISTICA Figura 3 - Tasso di attività totale nelle province italiane. Anno 2005 233 APPENDICE STATISTICA Figura 4 - Tasso di attività totale nelle regioni italiane. Anno 2005 234 APPENDICE STATISTICA Figura 5 - Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno 2005 235 APPENDICE STATISTICA Figura 6 - Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 236 APPENDICE STATISTICA Figura 7 - Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno 2005 237 APPENDICE STATISTICA Figura 8 - Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 238 APPENDICE STATISTICA Figura 9 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelle province italiane. Anno 2005 239 APPENDICE STATISTICA Figura 10 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005 240 APPENDICE STATISTICA Figura 11 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelle province italiane. Anno 2005 241 APPENDICE STATISTICA Figura 12 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005 242 APPENDICE STATISTICA Figura 13 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle province italiane. Anno 2005 243 APPENDICE STATISTICA Figura 14 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005 244 APPENDICE STATISTICA Figura 15 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 245 APPENDICE STATISTICA Figura 16 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 246 APPENDICE STATISTICA Figura 17 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 247 APPENDICE STATISTICA Figura 18 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle regioni italiane. Anno 2005 248 APPENDICE STATISTICA Figura 19 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 249 APPENDICE STATISTICA Figura 20 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle regioni italiane. Anno 2005 250 APPENDICE STATISTICA Figura 21 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle province italiane. Anno 2005 251 APPENDICE STATISTICA Figura 22 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle regioni italiane. Anno 2005 252 APPENDICE STATISTICA Figura 23 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle province italiane. Anno 2005 253 APPENDICE STATISTICA Figura 24 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 Tasso di Disoccupazione Maschile Totale nelle Regioni Italiane Anno 2005 254 APPENDICE STATISTICA Figura 25 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle province italiane. Anno 2005 255 APPENDICE STATISTICA Figura 26 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 256 APPENDICE STATISTICA Figura 27 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno 2005 Non Forze di Lavoro Maschile Totale nelle Province Italiane Anno 2005 257 APPENDICE STATISTICA Figura 28 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 258 APPENDICE STATISTICA Figura 29 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno 2005 259 APPENDICE STATISTICA Figura 30 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005 260 APPENDICE STATISTICA Figura 31 - Non Forze di lavoro totale nelle province italiane. Anno 2005 Non Forze di Lavoro Totale nelle Province Italiane Anno 2005 261 APPENDICE STATISTICA Figura 32 - Non Forze di lavoro totale nelle regioni italiane. Anno 2005 262 BIBLIOGRAFIA Aghion P. e Howit P., A Model of Growth trough Creative Desctruction, in “Econometrica”, 60, pp.323-35, 1992. Ajello A.M. e Meghnagi S. (a cura di), La competenza tra flessibilità e specializzazione: il lavoro in contesti sociali e produttivi diversi, Franco Angeli, Milano 1998. Ajello A.M., Cevoli M., Meghnagi S., La competenza esperta. Sapere professionale e contesti di lavoro, Ediesse, Roma 1992. Ajello A.M., L’apprendimento informale in “Università e scuola” n.1/R/2004. Ambel M., Competenze a confronto, in «Progettare la scuola», 1: 32-39, 2000. Balducci R., Candela G., e Scorcu A.E:, Teoria della politica economica. Modelli dinamici e stocastici, Zanichelli, Bologna, 2002. Banca d’Italia, Bronzini R. e Piselli P., “Determinants of long-run regional productivity: the role of r&d, human capital and public infrastructure“ - “Determinanti della produttività regionale nel lungo periodo: il ruolo della ricerca e svi-luppo, del capitale umano e delle infrastrutture” [Tema di discussione n. 597, settembre 2006]. Barbagli M., Provando e riprovando, Il Mulino, Bologna 1990. Barro R., Goverment Spending in a Simple Model of Endogenous Growth, in ”Journal of Political Economy”, 98, pp.103-125, 1990. Basile R. e Causi M., Le determinanti dei flussi migratori nelle province italiane: 1991 – 2001, Università degli Studi di Roma Tre, Dipartimento Economia, Working Paper n°49, Roma, 2005. Becchi A. , Quali politiche per l’occupazione nel Mezzogiorno, Politiche del lavoro n°22 – 23, 1993. Benadusi L. e Di Francesco G., Formare per competenze. Un percorso innovativo tra istruzione e formazione, Tecnodid, Napoli 2002. 263 BIBLIOGRAFIA Bresciani P.G., Competenze e comportamento organizzativo, Sinform, Bologna 1996. Bresciani P.G., L’alchimia delle competenze in “Professionalità” n.76/2003. Bresciani P.G., Le competenze: modelli di intervento e questioni aperte. Brunetta R., Tronti L., Capitale Umano e Mezzogiorno, nuovi temi della questione meridionale, 1996. Camuffo A., L’approccio alle risorse umane basato sulle competenze: questioni di teoria e di metodo, Direzione del personale, novembre-dicembre 1993. Carretta A., Dalziel M.M., Mitrani A., Dalle risorse umane alle competenze, Franco Angeli, Milano 1992. Centro Studi Unioncamere, Progetto Focus, Dossier Regionali, Roma, 2006. Cepollaro G., Le competenze non sono cose in “Professionalità” n.76/2003. D’Antonio M., Mercato duale del lavoro, sviluppo del mezzogiorno, migrazioni, Economia Italiana, 2000. Da Gli istituti comprensivi, Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione n.83, Le Monnier, Firenze 1998. Dagum C., Lovaglio P.G., Vittadini G., Il capitale umano in Italia: analisi della distribuzione, in Lavorare dopo la laurea. Caratteristiche e percorsi occupazionali a cura di Consorzio interuniversitario Almalaurea, il MULINO, pp 135-162, 2005. De Feo G., Le competenze delle risorse umane e quelle organizzative in “Sviluppo e organizzazione” n.157 del 1996. De Masi D.(a cura di), Verso la formazione post-industriale, Franco Angeli, Milano 1993. Di Francesco G. (a cura di), Competenze trasversali e comportamento organizzativo: le abilità di base per il lavoro che cambia, ISFOL, Franco Angeli, Milano 1993. Di Francesco G., Apprendimento e competenze. Un percorso di ricerca sui modelli di analisi e sui dispositivi di bilancio e valorizzazione delle competenze individuali in “Professionalità” n.76/2003. Dossier formazione in “Professionalità”, dal n.38 del 1997: E. Reyneri, Sociologia del mercato del lavoro, Il Mulino, Bologna, 1996 Fargion V., Geografia della cittadinanza sociale in Italia, Il Mulino, Bologna 1997. Federici N., “Istituzioni di demografia”, ed.Elia, Roma, 1980. Frega R., L’apprendimento come competenza tra individuo e organizzazione in “Professionalità” n.74/2003. Frega R., Teorie della competenza. Alcune implicazioni nelle pratiche formative e di bilancio in “Professionalità” n.66/2001. 264 BIBLIOGRAFIA Germani g., La marginalità come esclusione dai diritti in A.Bianchi, F.Granato. Germani G., Urbanizzazione e modernizzazione, Il Mulino, Bologna 1975. Gherardi S., Imparare a decidere in D.Demetrio, D.Fabbri, S.Ghepardi, Apprendere nelle organizzazioni, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994. Grazzini L. E Petretto A., Spesa pubblica per il welfare e crescita economica: una rassegna, SIEP, Working Paper n.413, 2005. Isfol, Il punto su….Mobilità geografica nazionale e transnazionale, Le monografie del CDS: Temi e Strumenti, Roma, 2005. Istat, Forze di lavoro, Istat, Roma, anni vari. Istat, Movimento migratorio della popolazione residente. Iscrizioni e cancellazioni anagrafiche, Istat, Roma, anni vari. Jahnke H., Mezzogiorno e knowledge society: i rischi di <<spreco>> e <<fuga>> delle risorse umane, Rivista Economica del Mezzogiorno, 2001. Kochanski J., Competenze e sviluppo delle risorse umane in “Sviluppo e organizzazione” n.160 del 1997. Levati W., Sarao M.V., Il modello delle competenze, Franco Angeli, Milano 1998. Livi Bacci M., Introduzione alla demografia, Loescher, Torino, 1990. Lovaglio P.G e Vittadini G., Il concetto di capitale umano e la sua stima, in M. Pelagatti (eds.) Studi in ricordo di Marco Martini, Giuffrè, Milano, pp 119-140, 2004. Lucas R., On the Mechanics of Economic Development, in “Journal of Monetary Economics”, 22, pp.3-42, 1998. Lucifera C., Economia Sommersa e Lavoro, Università Cattolica di Milano. Meghnagi S., Cevoli M., Mastracci C. (a cura di), Indagine nazionale sui fabbisogni formativi nell’artigianato - volume 2° Gli studi sulla competenza, EBNA, Roma 1998. Meghnagi S., Conoscenza e competenza, Loescher, Torino 1992. Miur, Indagine sull’istruzione universitaria: laureati, diplomati universitari, diplomati, Miur, 2005. Miur, Indagine sull’istruzione universitaria:iscrizioni universitariei, Miur, 2006. Murat M. e Paba s., Capitale Umano specifico e flussi migratori, Rivista di politica economica, 2002. Palazzi P., “An index for sustainable development”, Moneta e credito, vol. LVII, no. 226, (in collaborazione con Enrico Casadio Tarabusi). 265 BIBLIOGRAFIA Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Scienze Economiche, Economia dello Sviluppo. Piras R., “Migrazioni e capitale umano”, Continua l’esodo di laureati e diplomati. La Sardegna Perde intelligenze”. Sardegna Economica 5/2005. Piras R., Il Contenuto del Capitale Umano dei Flussi Migratori Interregionali: 1980- 2002, Mezzogiorno: Sviluppo e Nuove Teorie della Crescita, 2000 Piras R., Migrazioni e capitale umano, Continua l’esodo di laureati e diplomati. La Sardegna Perde intelligenze, Sardegna Economica, 2005. Pugliese E., “L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne”, il Mulino, 2002. Pugliese G., Sociologia della disoccupazione, Il Mulino, Bologna, 1993 Rebeggiani E. e Pugliese E., Occupazione e Disoccupazione in Italia (1945 – 1995), 1997. Rebelo S.T.(1991), Long-Run Policy Analysis and Long-Run Growth”, in “Journal of Political Economy”, 99-521. Rey B., Ripensare le competenze trasversali, Presentazione di Pier Giovanni Bresciani, Franco Angeli, Milano 2003. Roberto Frega, Conoscenza e competenza: alcune suggestioni in una prospettiva filosofica in “Professionalità” n.65/2001. Rocchi. A., “ La Carta europea di qualità per la mobilità” su Osservatorio ISFOL – Anno XXVII n. 1-2 Gennaio - Aprile 2006. Romano Piras, Un’analisi dei flussi migratori interregionali dei laureati: 1980- 1990, Rivista Economica del Mezzogiorno, 2005. Romer P.M.(1994), The Origins of Endogenous Growth, in “Journal of Economy Perspective”, vol. 8, pp.3-22. Romer P.M., (1990), Endogenous Technological Change, in “Journal of Political Economy”, vol.98, pp.71-101. Romer P.M.,(1986), Increasing Returns and Long-Run Growth, in “Journal of Political Economy”, 94, pp.1002-1037. Sarchielli V., Personalità o competenze. Scott M.F.,(1992), Policy Implications of ‘a New View of Economic Growth’, in “Economic Journal”,102, pp.622-632. Sen A. (1981), “Poverty and famines: an essay on entitlements and deprivation”, Claredon Press, Oxford, 1981. Senatore A.M., “La mobilità dei lavoratori in Europa: un diritto una scelta o un’opportunità? – L’anno europeo 2006” su Osservatorio ISFOL – Anno XXVII n. 3-4 Maggio - Agosto 2006. Shaw K.G. (1992), Policy Implications of Endogenous Growth Theory, in “Economic Journal”,102, pp.611-621. 266 BIBLIOGRAFIA Solow R.,(1956), A Contribution to the Theory of Economic Growth, in “Quarterly Journal of Economics, 70, pp.65-94. Spencer L.M., Spencer S.M., Competenze nel lavoro, Franco Angeli, Milano 1995. Valentini E., Quaderni di ricerca n°216, Università Politecnica Marche. Varchetta G., Il metodo delle competenze in “Sviluppo e organizzazione” n.140 del 1993. Viesti G., Nuove migrazioni, il trasferimento di forza lavoro giovane e qualificata da sud a Nord, 2004. Winter S.G., Conoscenza e competenze come risorse strategiche in D.J.Teece (a cura di), La sfida competitiva, McGraw-Hill Italia, Milano, 1989. Zaninotto E., Dimensione d’impresa, demografia industriale e occupazione in Trentino, Ed. Trentuno, Trento, 2004. Zingarelli A., Marginalità e lotte dei marginali, Franco Angeli, Milano 1979. 267 Temi & Strumenti - Studi e ricerche Isfol, Sviluppo locale. Prima analisi e compendium dei programmi nelle regioni dell’obiettivo 1, Roma, Isfol, 2004 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche;1) Isfol, Mobilità e trasparenza delle competenze acquisite: l’esperienza Europass Formazione in Italia, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 2) Isfol, Il Fondo Sociale Europeo 2000-2006. Quadro Comunitario di sostegno Ob. 3. Valutazione intermedia. 1° e 2° Parte, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 3) Isfol, Percorsi di orientamento. Indagine nazionale sulle buone pratiche, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 4) Isfol, Tra orientamento e auto-orientamento, tra formazione e auto-formazione, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 5) Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 6) Isfol, Passo alla Pratica. Una pratica Isfol di consulenza orientativa, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 7) Isfol, Investire nella progettualità delle associazioni di promozione sociale. Compendium progetti Legge 383/2000 triennio 2002-2004, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 8) Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 9) Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 10) Isfol, Consulenza alla persona e counseling: ambiti di intervento, approcci, ruolo e competenze del counselor, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 11) Isfol, Istruzione e formazione professionale: verso la costruzione di nuovi scenari e nuove competenze per gli operatori del sistema, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 12) Isfol, L’accompagnamento al successo formativo. Strategie e modelli operativi dei centri per l’impiego, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 13) Isfol, Bilanci pubblici ed equità di genere, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 14) Isfol, Atlante comparato sui Servizi per l’impiego nell’Unione europea ampliata, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 15) Isfol, Bi.dicomp. Un percorso ISFOL di Bilancio di Competenze, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 16) Isfol, Le dimensioni del coping e dell’attribuzione causale nell’orientamento: due strumenti ISFOL, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 17) Isfol, Verso il lavoro. Organizzazione e funzionamento dei servizi pubblici per i cittadini e le imprese nel mercato del lavoro. Monitoraggio 2004, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 18) Isfol, Standard delle competenze nell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore. Percorsi metodologici e di sperimentazione, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 19) Isfol, Esperienze di validazione dell’apprendimento non formale e informale in Italia e in Europa, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 20) Isfol, Ricostruire e valorizzare l’esperienza. Approcci e contesti d’intervento, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 21) Isfol, Valutare gli interventi per l’occupabilità: le misure di inserimento al lavoro, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 22) Isfol, Orientare l’Orientamento, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 23) Isfol, Dall’analisi della domanda alla valutazione della consulenza di orientamento: Val.ori, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 24) Isfol, Dialoghi sull’orientamento. Dalle esperienze ai modelli, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 25) Isfol, Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili. Monitoraggio 2004, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 26) Isfol, Formazione, istruzione e lavoro. Valutazione delle politiche sostenute dal Fondo sociale europeo 2000-2006 nell’Italia del Centro-Nord, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 27) Isfol, Conciliazione vita/lavoro: un traguardo possibile. L’esperienza di Equal, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 28) Isfol, Volontariato e pianificazione sociale di zona: la partecipazione. Indagine pilota sul volontariato, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 29) Isfol, La mobilità costretta, la mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 30) I.G.E.R. srl viale C.T. Odescalchi, 67/A 00147 Roma Finito di stampare dicembre 2006