ADOLFO PANARELLO [Terra filiorum Pandulfi] I Settembre 2001 ADOLFO PANARELLO [Terra filiorum Pandulfi] I Settembre 2001 SIGNIFICATO DELLE NOTAZIONI IMPIEGATE NELLA TRASCRIZIONE DEI TESTI ||f. x|| | [...] [xxx] (...) (xxx) <x> † — Numerazione dei fogli Inizio del foglio Testo non leggibile sul microfilm o sulla copia fotostatica Testo di dubbia lettura Omissis Commento dell’Autore Interpolazioni ope ingenii Crux desperationis Pagine bianche ABBREZIAZIONI E SIGLE A.S.C. = Archivio Storico Campano, a cura di ANGELO BROCCOLI, (6 volumi) Caserta 1889-1900 A.S.N. = Archivio di Stato di Napoli A.S.V. = Archivio Segreto Vaticano F.I.S.I. = Fonti per la Storia d’Italia C.R.A. = Casa Reale Amministrativa RINGRAZIAMENTI Rev. D. Gregorio De Francesco - Dott. Giuseppe Angelone - Sig. Vittorio Ragucci © 2001 by Adolfo Panarello Prima edizione di 150 esemplari a cura e spese dell’Autore, che si dichiara disposto a regolarizzare la propria posizione qualora vi fossero involontarie inadempienze. Tutti i diritti riservati Progetto grafico: Adolfo Panarello PREFAZIONE Circa sei anni fa, nella biblioteca della parrocchia di S. Eraclio a Pietravairano ebbe luogo una riunione a cui parteciparono molti studiosi operanti sul territorio della Diocesi di Teano-Calvi e di quella di Alife. Lo scopo dell’incontro era quello di mettere a punto un progetto culturale che fosse in grado di recepire i contributi scientifici prodotti di volta in volta e di raccoglierli in una pubblicazione periodica o di proporli in convegni da tenersi ora in una località ora in un’altra. Si discusse a lungo sulle identità delle persone a cui affidare la responsabilità della pubblicazione e di quelle che avrebbero dovuto far parte del comitato scientifico; di quale taglio dare al periodico e delle eventuali fonti di finanziamento. Si individuò anche un nome per il progetto e la rivista, Volturnia, che, però, non ha mai visto la luce. Tutti gli illustri studiosi, uno alla volta, si sono defilati scusandosi gentilmente per non poter partecipare al progetto «a causa dei molti impegni». Io, invece, che «non ho nulla da fare» e non sono illustre, quel progetto non l’ho mai abbandonato e, cambiandogli il nome e la forma, ho deciso di realizzarlo. Volturnia è, così, diventata Terra filiorum Pandulfi e la rivista sarà sostituita da una serie di volumi, monografici o collettanei, aventi per titolo il nuovo nome del progetto e una numerazione progressiva. Il presente volume, che è il primo ma, spero, non l’ultimo, essendo una mia iniziativa, è interamente composto da miei contributi. Tuttavia, per il futuro, se altri vorranno raccogliere l’invito che esso rappresenta, il secondo volume, il terzo, il quarto, etc. potranno benissimo raccogliere contributi di vari autori ed essere curati da altri. A me basta il merito di aver scosso il torpore, di aver indicato la strada e di avere mosso i primi passi dimostrando che se si fa cultura disinteressatamente ogni progetto è realizzabile. Un ultima notazione per spiegare il nome del progetto e del volume. 3 Terra filiorum Pandulfi è un’espressione usata dal cronista Riccardo di San Germano per descrivere il territorio perduto e riconquistato da Federico II di Svevia nel 1229 e coincidente, più o meno, con la Contea longobarda di Teano. Il titolo vuole, dunque, dire che i contributi si riferiscono alla storia, all’arte, all’archeologia, alla letteratura, alla cultura in generale di quel territorio che appartenne ai figli di Pandolfo VI conte di Teano, vale a dire al territorio che coincide più o meno con quello dell’attuale Diocesi di Teano-Calvi, ma anche eventuali piccole dilatazioni territoriali saranno comunque gradite e accettate. Dedico questo lavoro a quanti amano lo studio della propria Terra. Vairano Scalo, 12 agosto 2001 Adolfo Panarello 4 PRECISAZIONI METODOLOGICHE Ho avuto discussioni, anche piuttosto animate, con illustri colleghi studiosi in merito alle mie scelte metodologiche. Qualcuno mi ha detto: «I tuoi lavori vanno benissimo, ma adesso devi fare il salto di qualità!». La stessa persona, a me che gli chiedevo che cosa intendesse per «salto di qualità» ha risposto: «Devi assoggettare la tua ricerca alle metodologie canoniche, devi prima leggere tutto ciò che è stato già scritto e poi pensare di espandere le conoscenze!». Altri mi hanno detto, invece, che «dipendo tropo da altri», poiché mi affido a citazioni piuttosto lunghe e altri ancora che la mia prosa è troppo «notarile» e, quindi, «fredda e asettica». Altri ancora, infine, che nei miei testi c’è «poca comparazione» ed anche che se regalo sempre i miei lavori e se mi mantengo libero ideologicamente non farò mai carriera. Da quanto predetto sembrerebbe quasi che io abbia stravolto gli itinera tradizionali della ricerca per affidarmi ad un percorso metodologico strano, illogico e inutile. Pur accettando con grande rispetto i rilievi e le opinioni degli illustri studiosi più quotati di me e che mi onorano della loro considerazione, intendo precisare che i cardini della metodologia non sono casuali e neppure dovuti ad una eventuale “inesperienza”, ma sono, piuttosto, il frutto di scelte precise e mirate, maturate nel corso di lunghi e onerosi (anche dal punto di vista economico visto che mi finanzio da solo) anni di studio e di ricerca, durante i quali mi sono preoccupato più di ricercare la verità che gli utili economici e/o una brillante carriera. Non possono interessarmi più di tanto, perciò, oggi come ieri, il prestigio e i soldi che potranno scaturire dalle mie opere, mentre mi interessa molto lasciare una traccia indelebile e, spero, utile a quanti vorranno approfondire gli studi sui medesimi argomenti da me toccati in un apporto dinamico estensivo. La seconda precisazione è strettamente legata agli ambiti operativi 5 Terra filiorum Pandulfi. I della mia ricerca. È difficile, infatti, comparare elementi che non esistono ed è altrettanto difficile dare credito scientifico a storici locali che hanno fondato le loro conclusioni solo sulla logica. Al territorio del quale mi sono occupato e del quale intendo occuparmi in futuro, quello della piana di Patenaria, hanno, infatti, rivolto l’attenzione solo alcuni saccenti della seconda metà del secolo XIX e della prima metà del secolo XX, i quali hanno iterato marchiani errori storici ed archeologici non per malafede, ma semplicemente perché non avevano i mezzi tecnici di cui si dispone oggi e per non contraddire troppo quanti li avevano preceduti nello studio dei medesimi argomenti. Ciò, naturalmente, per assoggettare le loro ricerche alle «metodologie canoniche», le quali, allora come oggi, suggeriscono di «leggere prima tutto ciò che è stato già scritto e poi di espandere le conoscenze». Io non sono d’accordo totalmente con questa convinzione e, per evitare di essere influenzato o fuorviato dalle opinioni di altri, ma, nello stempo per dare il giusto riconoscimento al loro sforzo di ricerca, ho deciso di invertire il processo visitando direttamente i siti archeologici e gli archivi alla ricerca di prove scientificamente inoppugnabili e su di esse ho fondato le mie prime impressioni. Solo in un secondo momento ho preso in cosiderazione quanto era stato scritto prima per individuare i punti di convergenza e le eventuali divergenze. Ho pensato che in tal modo sarei rimasto sempre super partes e rigorosamente ancorato alla base scientifica, la quale è oggettiva. Ciò mi avrebbe consentito di avvicinarmi di più a quello che dovrebbe essere l’unico vero obiettivo della ricerca: la verità. Non so quante volte sono riuscito nel mio intento, ma mi si consenta almeno di essere convinto di averci provato, non per fare carriera o per soldi, ma solo per il gusto di studiare e di fare ricerca. Per quanto riguarda la presunta «dipendenza da altri» a causa di «citazioni troppo lunghe», non capisco per quale ragione nei miei processi comparativi (che, dunque, effettuo quando è possibile) io debba riassumere correndo il rischio di fraintendere, piuttosto che assemblare pensieri certi dando voce agli stessi autori che li hanno estrinsecati. Quanto allo stile «notarile» e alla «prosa fredda e asettica» devo dire che mi interessa molto di più restituire documenti perduti o divulgare notizie e prove nuove, piuttosto che affidarmi ad elucubrazioni retoriche che sono, a mio modesto avviso, poco consone a chi si propone di applicare il metodo scientifico. 6 Precisazioni metodologiche In conclusione mi piace pensare che gli studiosi “veri”, quelli in buona fede, comprenderanno le ragioni della mia metodologia e accetteranno i miei modesti contributi come graditi raggi di sole che illuminano piccole zone d’oscurità, avendo, però, la consapevolezza che essi non sono testi sacri depositari di verità assolute, ma solo strumenti di lavoro utili (spero) a quanti, più dotati di me, vorranno allargare le zone di luce. 7 SUL TOPONIMO E SULL’ORIGINE DEL CENTRO DI ROCCAMONFINA (Testo della relazione tenuta a Roccamonfina il 5 agosto 2001) Paolo Poccetti, in un suo interessante saggio pubblicato nel 19821, riesaminando il frammento epigrafico in lingua osca rinvenuto in località "Sorgenza" e pubblicato primieramente dall'Antonini nel 19772 (ora conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli) ha fissato in modo scientifico le basi glottologiche del toponimo di Roccamonfina, partendo, ovviamente, dal più antico MIFINEÍS, attestato nell'epigrafe summenzionata e, quindi, indiscutibile dal punto di vista dell'autenticità. Egli, dopo aver opportunamente precisato l'impossibilità di inviduare, al momento della stesura del suo saggio, la precisa destinazione del monumento a cui il frammento epigrafico si riferiva, fece, comunque, notare che «validi indizi (...) di ordine grafico e linguistico, fanno ritenere MIFINEÍS una sola unità lessicale e formalmente integra. Infatti la terminazione —eís, propria del genitivo singolare dei temi in —o ed in consonante dell'osco e la caratterizzazione morfologica postulano, in linea di principio, due diversi tipi di suffissazione, in —jno—, da un nominativo *mifins (maschile) o *mifinum (neutro), oppure in —i(p)n, che rimanda ad un tema in consonante nasale (con il trattamento del suffisso analogo al tipo di osco LEGINEI, ecc.)»3. Il toponimo italico *Mifjnum o la sua variante Mefinum appare «suffissato sul tipo di Saepinum, Larinum, ecc., rispetto al quale le attestazioni medievali documentano, nella maggior parte dei casi, una nor1 Cfr. P. POCCETTI, Sul toponimo "Rocca Monfina" (Caserta), L'«It. Dial.», 1982, XLV, pp. 221-227. 2 Cfr. R. ANTONINI, Notizie di iscrizioni osche inedite, SE45, 1977, p. 344. 3 Cfr. P. POCCETTI, Sul toponimo cit., p. 222. 9 Terra filiorum Pandulfi. I male apertura della i, nella sillaba iniziale, la cui quantità è assicurata dalla grafia osca»4. Quanto poi alla comparsa della lettera n nel toponimo, egli fa acutamente notare che: «nell'iscrizione osca, MIFINEÍS ammette (...) due soluzioni esegetiche: si può essere (...) in presenza dell'indicazione del toponimo stesso (genitivo singolare di *Mifjnum) oppure del corrispondente etnico, non marcato da alcun suffisso (gen. sing. di *Mifjns). Per quest'ultima eventualità il parallelo tipologico tra Mifinum e Mifins può essere offerto da Sepinum rispetto a Σαιπινς di Ve 190. Se il testo fosse completo, così come è tràdito, l'ipotesi di un toponimo in caso genitivo potrebbe apparire coerente con la funzione di una pietra di confine: occorre, tuttavia, ricordare che nessun cippo terminale osco ci è altrimenti noto e che quelli latini presentano in prevalenza il genitivo plurale dell'etnico. Una tale eventualità, comunque, troverebbe una pertinenza storica nella circostanza messa in rilievo dal Beloch5, che il massiccio di Rocca Monfina costituiva in epoca preromana il confine orientale tra il territorio aurunco e quello sidicino. La possibilità, invece, che MIFINEÍS sia un etnico si giustifica difficilmente al di fuori di un contesto onomastico o di un altro enunciato più ampio, che doveva continuare o precedere in altri blocchi accostati (...) Il mutamento linguistico che dalla forma originaria del toponimo, Mifinum, ha portato a Monfina si intreccia con le interpolazioni paretimologiche e con le fantasie erudite, che hanno riconosciuto concordemente in Monfina un'originaria composizione con l'elemento Mon(te) (...)»6. Il Poccetti, dunque, definisce, a mio avviso giustamente, «fantasie erudite», le teorie degli intellettuali che lo hanno preceduto per il semplice fatto che esse non si appoggiano su prove di alcun tipo. Tra le più note, vanno ricordate, ad esempio, quelle che hanno voluto individuare nel «Monte di Fina»7 o nel «Monte delle Faville»8 la base etimologica del toponimo di Roccamonfina. 4 Cfr. P. POCCETTI, Sul toponimo cit., pp. 224-225. 5 Cfr. K.J. BELOCH, Römische Geschichte bis zum Beginn der punischen Kriege, Berlin–Leipzig 1926, p. 534: «Die Ostgrenze des Gebiets von Suessa gegen Teanum hat ohne Zweifel die Rocca Monfina gebildet». 6 Cfr. P. POCCETTI, Sul toponimo cit., p. 225. 7 Cfr. G. PERROTTA, La sede degli Aurunci, Napoli 1737, pp. 89-91. 8 Cfr. F. POLITO, Storia della Madonna dei Lattani preceduta da un Cenno monografico di Roccamonfina, Aversa 1906, p. 12. 10 Sul toponimo e sull’origine del centro di Roccamonfina Le summenzionate notazioni possono, a mio avviso, fare riferimento alla natura dei luoghi, ma non certo ad una città che non esisteva ancora! È noto, infatti, un documento del 31 dicembre 800, registrato nel Chronicon Vulturnense9, che dice chiaramente che nel luogo ove sorge l'attuale abitato c'era un piccolo villaggio o, semplicemente, una corte a cui erano pertinenti vualdora tria, cioè tre selve. Anzi, a fugare ogni dubbio sull'identificazione del luogo e sulla dignità dello stesso interviene un secondo documento dell'anno 936, presente anch'esso nel Chronicon Vulturnense10, nel quale vengono addirittura descritti i confini di una pecia de terra ubicata «vicino Mefino» che aveva «i seguenti confini: da un lato il Savone, dall'altro il canalone da cui scendono le stesse acque, denominate Sorgenti dallo stesso Fao, da un terzo lato un rigagnolo che scende dagli stessi Lattani, dal quarto lato la terra della chiesa di S. Mauro, detta bosco di Cerreto in Piano, là dove è denominata Tavola (...)»11. Siamo quindi sicuri che almeno fino al 936 la città di Roccamonfina non esisteva ancora. Tralasciando le citazioni degli storici, anche accreditati, come Camillo Pellegrino ad esempio, per rimanere aderenti alla documentazione pura, arriviamo con un salto al 1171, anno in cui Roberto, Conte di Caserta, Gran Connestabile di Puglia e di Terra di Lavoro e Gran Giustiziere, si pronunciò per la definizione della vertenza fra Sessa e Teano per lo sfruttamento delle acque del cosiddetto Pozzillo. In tale sentenza, pubblicata per la prima volta dall'Ughelli12, si fa specifico riferimento ad un territorio di pertinenza Roccae Monfini, cioè della Rocca di Monfino o, se si vuole, di Mefino o di Mifino. Il fatto che in questo testo a Monfino venga associata una Rocca è di estrema importanza. Infatti, la costruzione della struttura, cioè la rocca nel senso stretto del termine, che ancora sopravvive nel toponimo attuale, viene a collocarsi inoppugnabilmente in un intervallo temporale chiu9 Cfr. Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni di S. Vincenzo al Volturno, a cura di V. FEDERICI, vol. I, Roma 1925, vol. I, pp. 255-256, doc. 38. 10 Cfr. Chronicon Vulturnense cit., vol. II, Roma 1925, p. 49, doc. 88. 11 Traduzione di A. Di Landa, in A. PANARELLO, V. RAGUCCI, G. ANGELONE, Rocca ad Mefinu. Storia del castello e del feudo di Roccamonfina dal sec. IX all'eversione della feudalità (= RAM), Sessa Aurunca 2001, p. 3, nota 7. 12 Cfr. F. UGHELLI, Italia sacra sive de Episcopis Italiae et insularum adjacentium, tomo VI, Venezia 1720 [anastatica A. Forni, Bologna 1973], coll. 552-554. Per la traduzione in italiano, cfr. RAM, pp. 17-20. 11 Terra filiorum Pandulfi. I so dai due capisaldi del 936 e del 1171. Inoltre il terminus del 936 consente anche di affermare che essa non fu eretta per difesa contro i Saraceni, i quali, com'è noto, furono annientati nel 915. Bisogna quindi cercare una nuova motivazione alla costruzione della struttura fortificata nella difesa del valico o, più verosimilmente, nella fortificazione di un confine, possibilità, questa, che rinvia immediatamente all'ètimo osco di cui si è detto. Al di là della funzione, comunque, è importante evidenziare come l'abitato indotto dalla stessa rocca non possa essersi sviluppato prima del 1171 e come nel Mandatum pro reparatione castrorum imperialium emanato nel 1230 dall'imperatore Federico II di Svevia, la Rocca Mifini13 viene obbligata a collaborare al restauro del castello di Sessa insieme con i casali limitrofi14. Altrettanto importante è la citazione, nel Chronicon di Riccardo di S. Germano, di un transito per Mefinum effettuato l'anno prima, nel 1229, dal vescovo albanese Pelagio e da Giovanni Reco di Gerusalemme15, poiché testimonia che in quell'anno l'abitato o la località che lo ospitava aveva ancora una sua distinta dignità e il nome specifico di Mefinum. Di conseguenza la struttura fortificata non era, per così dire, la «Rocca Monfina», ma la «Rocca di Mefino». In epoca angioina, negli anni tra il 1272 e il 1317 le varianti si sprecano, ma l'uso di espressioni come Rocce in fine16 e Rocce Infinis17 prima e di Roccemifini18 in un'unica parola poi, testimoniano come la separazione tra il nome della struttura e della sua funzione o della sua ubicazione e quello della località tendano a fondersi sempre più in direzione del toponimo attuale. Le connotazioni dei singoli elementi onomastici, dunque, e le loro distinzioni funzionali non erano più sentite come molto forti e ciò significa che l'abitato nel senso attuale del termine stava ormai nascendo o, addirittura, era già nato. 13 Si noti che Mefinum, Mifinum e Monfinum si ripetono senza regole temporali, per cui non può ipotizzarsi uno sviluppo diacronico del termine Mefino/Mifino in Monfino. 14 Cfr. RAM, p. 5 e nota 18. 15 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon, a. MCCXXIX, in E. GATTOLA, Ad Historiam Abbaatiae Cassinensis Accessiones, II, Venezia 1734, pp. 770-820. 16 Cfr. ACCADEMIA PONTANIANA, I Registri della Cancelleria Angioina (= Reg. Ang.), XXIV (1280-1281), Napoli 1976, p. 18. 17 Cfr. A. BROCCOLI, Nota sul Comune di Galluccio: i feudatari sotto la dominazione angioina, manoscritto presso la Biblioteca del Museo Provinciale Campano di Capua, busta 91 (12). 18 Per le varie attestazioni della variante cfr. RAM, pp. 5-8 e note 20-28. 12 Sul toponimo e sull’origine del centro di Roccamonfina Singolare, in tal senso, è la notazione Castri Rocce Mefini (alla lettera: «del Castello della Rocca di Mefino») presente in un Registro Angioino relativo al 131719. L'uso contemporaneo, nella stessa espressione, dei termini di “castello” e di “rocca” evidenzia, a mio avviso inequivocabilmente, sia la destituzione della valenza originaria della seconda delle due parole, sia il suo ingresso a pieno titolo nel toponimo attuale, sia l'esistenza di un abitato con dignità urbana. Gli sviluppi successivi, la creazione di uno stemma e lo scioglimento delle sigle e dei simboli ad esso connessi sono un altro argomento, slegato dal toponimo di Roccamonfina, e spero che quanto prima possa venire alla luce la documentazione necessaria per darne spiegazioni scientifiche. 19 Cfr. A. BROCCOLI, Marzano e Marzanello studiati nella successione feudale all'epoca angioina (1272-1432), in Archivio Storico Campano, vol. II, parte II, fasc. IV, Caserta 1890, doc. XXXI. 13 PER UNA VISIONE STORICA DELLE STRUTTURE FORTIFICATE DEL TERRITORIO DI VAIRANO PATENORA (Testo della relazione tenuta nel borgo di Vairano Patenora il 19 maggio 2001) Tra le sicure acquisizioni degli ultimi studi sul territorio di Vairano Patenora ve n’è una sulla quale tutti i ricercatori, ormai, sembrano essere d’accordo e cioè che la piana di Patenaria (il territorio stretto dal monte Cesima, dal Montauro, dal massiccio del Roccamonfina e dal massiccio del Matese), a dispetto del disinteresse che l’ha accompagnata per lunghi anni, ha avuto un’importanza centrale fin dalla più remota antichità. In mancanza di scavi archeologici e di altri studi condotti con rigore scientifico, i primi studiosi non poterono che affidarsi alle analogie e ad un serie di personali intuizioni, le quali, sebbene logicamente motivate, non potevano certo essere considerate esaustive. Finalmente nel 1976 comparve, sulla rivista Antiqua1, un articolo di Giuseppe Guadagno sulla viabilità territoriale in epoca preistorica e protostorica, nel quale veniva evidenziato, per la prima volta anche su base archeologica, che la piana di Patenaria è attraversata da direttrici di transito, attive fin dal Neolitico, il cui tracciato coincide, più o meno con quello dell’antica via Latina e delle attuali S.S. Casilina e Venafrana. Appena due anni dopo, nel 1978, l’archeologa Gioia Conta Haller, sulla scia anche delle ricerche e degli scavi condotti da Werner Johannowsky, pubblicò una monografia2 nella quale affermò di aver riconosciuto, sul monte Catreola, «numerosi fondi di capanne e cocciame del bronzo recente»3. 1 N. 2-1976, pp. 55-86. 2 G. CONTA HALLER, Ricerche su alcuni centri fortificati in opera poligonale in area campano- sannitica (Valle del Volturno – Territorio tra Liri e Volturno), Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, “Monumenti” – III, Napoli 1978. 3 Cfr. G. CONTA HALLER, Ricerche cit., p. 33. 15 Terra filiorum Pandulfi. I Circa otto anni dopo, nel 1986, Domenico Caiazza confermò l’esistenza dell’insediamento segnalato dalla suddetta Conta Haller, ribassando, però, la datazione all’età del bronzo finale4. Inoltre, in una pregevole monografia5, segnalò anche una notevole quantità di nuovi ritrovamenti archeologici più antichi e più recenti di quelli del monte Catreola. Sulla base di tali segnalazioni, Luigi Di Cosmo, eminente ceramologo, focalizzò la sua attenzione sulla zona in esame e nel 1988, per la prima volta, pubblicò uno studio rigorosamente archeologico sul territorio dedicato, specificamente, alle ceramiche della valle della Corvara, che datò all’Eneolitico finale e al Bronzo arcaico, cioè allo scorcio del terzo millennio a.C.6 Nella medesima opera egli non mancò di evidenziare una singolare, quanto innegabile somiglianza delle forme e delle decorazioni delle ceramiche locali con quelle della necropoli eneolitica di Laterza, in provincia di Taranto. Ciò confermava l’esistenza degli itinerari commerciali notificati dal Guadagno e attestava inequivocabilmente l’esistenza di una osmosi culturale di origini antichissime fra le etnie locali e le altre che popolavano l’Italia centro-meridionale. Com’è noto (e lo provano anche i rinvenimenti locali) i villaggi neoeneolitici erano costituiti per lo più da capanne straminee intonacate con argilla cruda, ora a fior di suolo, ora incavate, di forma rettangolare, circolare o ellittica. Esse erano impiantate in zone nascoste alla vista, o protette da rilievi, o da barriere naturali, quasi sempre sottovento. Nei casi in cui le difese naturali erano ritenute insufficienti, venivano scavate delle trincee, o innalzate palizzate o eretti degli aggeres che circondavano il villaggio e lo difendevano. Resti di un agger preistorico, cioè di un rialzo o terrapieno, oggi accentuato dal solco stradale della cosiddetta Panoramica tra Marzanello e Vairano, sembrano potersi riconoscere nella valle della Corvara proprio in corrispondenza del sito esaminato da Luigi Di Cosmo. Se ulteriori indagini dovessero confermare tale possibilità, si tratterebbe della più antica fra le strutture fortificate del territorio di Vairano Patenora. Il più esteso e suggestivo, però, fra gli impianti fortificati territoriali, è certamente l’acropoli italica del Montauro. La sua costruzione, sulla 4 Cfr. D. CAIAZZA, Archeologia e Storia Antica del Mandamento di Pietramelara e del Montemaggiore. I. Preistoria ed Età Sannitica, Isola del Liri 1986, pp. 66-68. 5 Cfr. D. CAIAZZA, Archeologia cit., passim. 6 Cfr. L. DI COSMO, Ceramica preistorica dalla località Corvara in Vairano Patenora – Note preliminari, S. Angelo d’Alife 1988. 16 Per una visione storica delle strutture fortificate del territorio di Vairano Patenora base dei rinvenimenti ceramici di superficie (molto più simili a quelli dell’entroterra pentro che a quelli della zona litoranea) è da attribuire a qualche etnia sannitica itinerante e da collocare in un’epoca fra il V e il IV secolo a.C. con ritocchi di epoca successiva. I reperti noti, infatti, con grande difficoltà si possono collocare in un’epoca più antica del IV sec. a.C. e tale datazione rende la struttura perfettamente coerente con l’epoca dei ben noti conflitti fra Romani e Sanniti, i quali, iniziati nel 343 a.C. si protrassero per tutto il IV secolo a.C. fino a quando, nel 290 a.C., il confine territoriale fra le due potenze militari non fu spostato sul corso del fiume Volturno sancendo l’appartenenza del territorio di Vairano al dominio di Roma Secondo lo studioso Domenico Caiazza già citato, le murature dell’acropoli del Montauro sarebbero da collegare ai resti murari, anch’essi in opera poligonale, presenti sui vicini Monteforte, collina di Marzanello Vecchio e colle Vrecciale per formare un complesso quanto insolito insediamento protourbano7 e qualcuno ha addirittura azzardato una identificazione della città sannita con una ben precisa fra quelle nominate dagli autori classici nelle loro opere. Personalmente sento di poter condividere l’ipotesi del Caiazza circa il collegamento delle murature e circa la valenza protourbana dell’insediamento risultante, ma ritengo assolutamente azzardata ogni ipotesi sulla sua precisa identità. Le congetture, infatti, in base alle quali essa sarebbe ora l’Austicola8, ora la Phistelia 9 nominate da Tito Livio, non hanno, per il momento e per quanto ne posso sapere, nessun fondamento archeologico. Neppure sono noti elementi tali da ipotizzarne la coincidenza con la Taurania nominata da Plinio10 o con la Batulum o la Celemna nominate da Virgilio11. Resta innegabile, però, che, comunque si chiamasse, il suddetto insediamento dovette avere, soprattutto nel IV secolo a.C., una notevole dignità e una grande importanza strategica. Per tornare alle evidenze strutturali del Montauro, osserviamo che la sommità della collina, conformata a più terrazzi, denota la presenza di numerose opere murarie le quali sono di diversa epoca ed hanno diversa funzione. Fra esse, certamente la più evidente e la meglio conservata è la 7 Cfr. D. CAIAZZA, Archeologia cit., pp. 172-173, Tav. XXIII. 8 Cfr. G. TAGLIAMONTE, I Sanniti, Milano 1996, p. 70. 9 Cfr. D. CAIAZZA, Archeologia cit., pp. 134-136. 10 Cfr. PLINIO IL VECCHIO, Naturalis Historia, III.70. 11 Cfr. VIRGILIO, Eneide, VII.739. 17 Terra filiorum Pandulfi. I cinta poligonale dell’acropoli summenzionata. Essa è realizzata secondo canoni squisitamente italici: è costruita sulla sommità di un rilievo non facilmente praticabile; domina il territorio sottostante; si snoda alternandosi a difese naturali che sfrutta o adatta al complesso con grande acume; è priva di bastioni, torri e merli; si compone di grossi blocchi calcarei poligonali sovrapposti a secco secondo un andamento a doppio paramento parallelo con intercapedine riempita prevalentemente con terra e schegge di pietra; ha le porte d’accesso realizzate in modo da fortificare meglio il lato sinistro, sì da costringere gli assalitori a mostrare sempre il fianco destro, ossia quello sprovvisto di scudo. Il muro poligonale, che inizia sul Pizzo La Guardia, cioè sull’estremità occidentale del rilievo, con un tessuto alla prima maniera del Lugli12, si completa all’erta del picco orientale più alto, il Monte S. Angelo propriamente detto, con un poderoso tratto alla seconda maniera13. Poi si ricongiunge ad una sorta di briglia avvolgente e tendenzialmente discendente sui due versanti nord e sud del rilievo, la quale è realizzata alla prima maniera con i blocchi poligonali disposti a gradoni. L’arx propriamente detta, che occupa la sommità del Monte S. Angelo, è individuata da una cinta in opus siliceum alla prima maniera con qualche rara interpolazione alla seconda maniera. Tale diversità strutturale potrebbe essere dovuta ad estensioni planimetriche realizzate in epoche diverse o, più verosimilmente, a qualche restauro o miglioria statica apportata in epoche successive a quella di erezione delle murature originarie. Mi preme evidenziare che la parte sommitale del rilievo, da me ripetutamente studiata sia mediante il GPS14, sia mediante una lunga serie di sopralluoghi e di attenti esami delle aerofotografie a cura dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, si presenta frazionata in numerose zone diversamente caratterizzate, le quali non furono certamente create tutte dai costruttori del primitivo insediamento. Per i dettagli, la cui descrizione e discussione richiederebbe troppo tempo in questa sede, rinvio ad una mia imminente pubblicazione sull’antichità di Vairano e Marzanello. Un’indagine archeologica più approfondita, a me vietata dalla vigente legislazione, che esclusivizza le ricerche alle sovrintendenze, potrebbe fare 12 Cfr. G. LUGLI, La tecnica edilizia romana, I, Roma 1957, p. 67, Fig. I. 13 Cfr. ibidem. 14 Cfr. G. MASCOLO, M. PALUMBO, A. PANARELLO, P. VALENTE, On samnite achromatic cera- mics of Mount S.Angelo (Caserta province), «Fourth Euro Ceramics» (Riccione, 2-6 ottobre 1995), vol. 14, pp. 219-230, Figg. 2 e 3. 18 Per una visione storica delle strutture fortificate del territorio di Vairano Patenora ulteriore chiarezza completando il quadro delle attuali conoscenze. All’interno del recinto dell’arx, bene visibile in fotografia aerea, si trova una cavità circolare del diametro di circa dieci metri, evidentemente una cisterna, e, in un punto più a nord, appena fuori dalla cinta muraria, in corrispondenza di un suo crollo, abbondanti materiali ceramici di carattere votivo e di età ellenistica (purtroppo costantemente e impunemente depredati dai repertatori occasionali) testimoniano la presenza in loco di un santuario o, per lo meno, di un deposito votivo. A tal proposito non bisogna dimenticare che proprio a pochi metri da tale luogo, in un pianoro artificiale esposto a Nord, sono i resti di un’antica chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo, forse ubicata sui ruderi di un perduto tempio pagano. Mi piace, infine, evidenziare la straordinaria somiglianza fra la geomorfologia locale e quella di luoghi ospitanti teatri sannitici di cui si sono conservati resti, come quello di Pietrabbondante15 o quello di Roccavecchia di Pratella16. La conca (naturale o artificiale) nota come Valletta delle Felci, per le sue dimensioni e la sua conformazione, potrebbe, infatti, benissimo avere ospitato la cavea di un teatro i cui elementi calcarei divelti potrebbero essere stati reimpiegati dai costruttori dalla vicina e già citata chiesa di S. Michele Arcangelo. Sul territorio di Vairano non sono note, fino ad oggi, fortificazioni di epoca romana e tardo-antica e, se non fosse per qualche sporadico rinvenimento monetale, quest’ultima epoca sarebbe totalmente buia. Il Medioevo propriamente detto, al contrario, ha fornito una struttura di rara bellezza, la quale è anche la più nota di Vairano, vale a dire il borgo con la fortezza turrita. Per evitare il perpetuarsi di grossolani errori indotti dalla necessità quasi viscerale di attribuire un patrocinio al castello, dico subito che fino ad oggi non si sa nulla di oggettivo e scientificamente provato sull’identità del fondatore e anche nomi plausibili, come quello di Pandolfo VI di Teano o di qualcuno dei suoi figli, sono da collocare nel gruppo delle semplici ipotesi. Lo stesso discorso deve farsi per l’epoca di costruzione delle primitive strutture. Infatti, sebbene l’epoca compresa fra la metà del IX secolo e il primo ventennio del X possa sembrare pienamente plausibile per la necessi15 Cfr. E.T. SALMON, Il Sannio e i Sanniti8, Torino 1999, pp.143-146. 16 Cfr. D. CAIAZZA, Archeologia cit., pp. 306-313. 19 Terra filiorum Pandulfi. I tà degli antichi Vairanesi di difendersi dagli scorridori saraceni assoldati dai dinasti longobardi in lotta e per l’esigenza di migliorare, con l’aria più salubre dell’altura, le condizioni esistenziali generali, non si conosce, fino ad oggi, la minima prova archeologica o documentaria che possa suffragarne oggettivamente l’ipotesi. Le fonti più antiche, infatti, vale a dire il Codice Diplomatico Longobardo17, i Chronica Monasterii Casinensis di Leone Ostiense18, il Chronicon dell’anonimo salernitano19 e il Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni di S. Vincenzo al Volturno20 contengono solo menzioni di istituzioni, di corti, di fondi agrari, di condomae (famiglie servili), di istituzioni ecclesiastiche e, talvolta, anche del toponimo di Vairano nelle sue varianti Vairano, Variano e Bairano, ma nessun accenno al castrum. Solo l’ultima delle fonti summenzionate, il Chronicon Vulturnense, con espressioni come: «...inclitam ipsam curtem meam de Ninfio, que nuncupatur Gualdellu, propinquum Vairano...» presente in una donazione del 31 gennaio 80021 e come: «...terra de homines de Bairano...» presente in un altro documento del settembre 93622, consente di azzardare l’ipotesi dell’esistenza di un agglomerato urbano connesso o non ad un castrum erigendo o eretto. Bisogna attendere lo scorcio del XII secolo per trovare una fonte che faccia specifico riferimento ad un castrum Vayrani. Si tratta di un atto di concessione e conferma da parte di Guglielmo II il normanno all’Abbazia di S. Maria della Ferrara dell’usufrutto e del libero sfruttamento di alcune selve e terreni colti e incolti ubicati, come recita il testo, «...in tenimento castri nostri Vayrani...»23. Il testo di tale atto, pubblicato primieramente da Augusto Gaudenzi nel 1888 24, consente anche di giustificare 17 Cfr. l’edizione a cura di L. SCHIAPPARELLI e C. BRÜL, vol. VI, Le carte dei Ducati di Spoleto e di Benevento, a cura di H. ZIELINSKY, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, “Fonti per la Storia d’Italia” (=F.I.S.I.) n. 66 – Roma 1986, pp. 362-363. 18 Cfr. edizione a cura di H. HOFFMANN, in Monumenta Germaniae Historica (=MGH), “Scriptores”, XXXIV, Hannover 1980, I.24 (p. 70), I.34 (p. 92), I.47 (p. 126), I.56 (pp. 142-143), II.23 (pp. 389-390), II.69 (pp. 306-308), IV.39-40 (pp. 505-507). 19 Cfr. edizione a cura di G.H. PERTZ, in MGH, “Scriptores”, III, Hannover 1839, pp. 531-532. 20 Cfr. edizione a cura di V. FEDERICI, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, F.I.S.I. nn. 58-60 –vol. I (n. 58), Roma 1925, pp. 321-324, 255-256, 240, 318-319; vol. II (n. 59), Roma 1925, pp. 44-52, 317. 21 Cfr. Chronicon Vulturnense cit., vol. I, p. 250. 22 Cfr. Chronicon Vulturnense cit., vol. II, p. 45. 23 Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani. Storia di un borgo fortificato della Terra di Lavoro, Vairano Patenora 1998, pp. 19-20. 24 Cfr. A. GAUDENZI, Ignoti Monachi Cisterciensis S. Mariae de Ferraria Chronica, Napoli 1888, pp. 6-7. 20 Per una visione storica delle strutture fortificate del territorio di Vairano Patenora l’assenza, nel Catalogus Baronum 25 voluto dallo stesso sovrano intorno al 1188, di un barone di Vairano con l’appartenenza del castrum al regio demanio e consente anche di sostenere che la struttura fortificata aveva già assunto la piena dignità di castello. Di certo l’epoca di cui parliamo vide una struttura ben diversa da quella attuale. La presenza di una motta naturale, la collina del Piesco, e la vicinanza del castello di Presenzano, esempio locale topico dell’architettura militare normanno-sveva, analogamente ubicato e non modificato perché abbandonato nei primi anni del Rinascimento, rendono estremamente attendibile l’ipotesi di un unico, grosso donjon a pianta quadrata con coronamento appiombante dominante, dalla sommità del rilievo, le poche abitazioni sparse sulla pendice e circondate da una cinta muraria relativamente stretta. Tale doveva essere l’aspetto della fortezza che nel 1193, sotto la guida del castellano Ruggero di Chieti, seppe resistere vittoriosamente all’assedio e all’urto dell’esercito combinato di Enrico VI di Svevia e di Roffredo dell’Isola, abate di Montecassino, a cui i Vairanesi non vollero consegnarsi26. Il testo, celeberrimo, tanto da essere riportato, nella sua lectio facilior, nel cartiglio dello stemma civico di Vairano è: «Vairanum acriter impugnans, ubi erat quidem Rogerius de Theate pro Rege (Tancredo) statutus, in nullo profecit»27, cioè: «Assediando aspramente Vairano, dove si trovava un certo Ruggero di Chieti, schierato in favore del Re (Tancredi), non ottenne nulla». L’imperatore Federico II Hohenstaufen, successore del padre Enrico VI di Svevia, dopo aver incamerato più di duecento castelli28, attuò una profonda riforma per la migliore amministrazione dei medesimi affidando a dei provisores castrorum il compito della gestione, della manutenzione e dell’approvvigionamento. Anzi, nel 1231 emanò un Mandatum pro reparatione castrorum imperialium 29 con il quale sancì che gli uomini di 25 Cfr. edizione a cura di E. JAMISON, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, F.I.S.I. n. 101, Roma 1972. 26 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon, a. MCXCIII, edizione a cura di F. Sperduti, Cassino 1995. 27 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCXCIII. 28 Cfr. G. DE POUILLE, Le geste de Robert Guiscard, edizione a cura di M. MATHIEU, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici, “Testi e Monumenti”, 4, Palermo 1961, 1.II, vv. 380-390. 29 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXXI. 21 Terra filiorum Pandulfi. I Vairano, insieme a quelli di Pentima, Sesto, Mastrati, Torcino, Rocca Pipirozzi, Venafro, S. Maria Oliveto, Camposacco e Roccaravindola30 dovevano contribuire al restauro e al potenziamento del castello di Presenzano, strategicamente più importante per essere collocato nel punto di convergenza fra le due direttrici che aprivano il varco verso il basso Lazio e il basso Molise e lungo la linea di confine fra il dominio imperiale e i possedimenti territoriali di Montecassino. Non bisogna dimenticare, infatti, che due anni prima, nel 1229, il papa Gregorio IX, approfittando della sua temporanea assenza per la Crociata, ne aveva per breve tempo usurpato i territori. Vairano, in particolare, era stata presa per vim31, cioè con la forza, come riferisce il cronista Riccardo di S. Germano e ciò non può essere avvenuto senza danni. Il cambiamento dell’aspetto originario del borgo fortificato potrebbe essere iniziato, dunque, proprio con la “sutura” delle ferite inferte alle strutture dalle milizie papali. La riforma federiciana, tuttavia, dovette di certo togliere un po’ di smalto alla figura del castrum Vayrani se all’avvento degli Angioini (1266) esso non compare neppure nell’elenco dei castelli esistenti32. Ricompare, invece, ed è spesso menzionato esplicitamente, nei Registri della Cancelleria Angioina a partire dagli anni 1269-1270, nei quali, come recita uno stralcio: «Iohanni de Fossomes Senescallo de Vermandois donat Rex castrum Vairani cum scafa...»33, cioè: «Il Re (Carlo I) dona a Giovanni de Fonsomme, Siniscalco del Vermandois, il castello di Vairano con il guado (sul Volturno)...». Che la concessione del castrum sia stata accompagnata da un restauro delle preesistenze e/o dalla costruzione di nuove strutture è provato dal testo di una inquisizione del 1271, in cui, fra l’altro, è notata l’esistenza di un palacium novum all’interno di un castrum racchiuso da nuove mura e ubicato sulla sommità del monte di Vairano. Il testo dello stralcio in cui si dice quanto accennato è il seguente: «VAYRANUM – Habet Curia in eodem castro Vayrani jura possessiones et bona inferius denotata videlicet[:] 30 Cfr. E. STHAMER, L’amministrazione dei castelli nel Regno di Sicilia sotto Federico II e Carlo I d’Angiò, edizione italiana a cura di H. HOUBEN – C.D. FONSECA – F. PANARELLI, Bari 1995, p. 97, § 25. 31 Cfr. RICCARDO DI S. GERMANO, Chronicon cit., a. MCCXXIX. 32 Cfr. L. SANTORO, Castelli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli, Milano 1982, p. 47. 33 Cfr. ACCADEMIA PONTANIANA, I Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da R. Filangieri con la collaborazione degli Archivisti Napoletani (=Reg.Ang.), vol. VI (aa. 12701271), Napoli 1954, p. 136, § 675. 22 Per una visione storica delle strutture fortificate del territorio di Vairano Patenora Castrum quod est in summitate montis Vayrani circumdatum muris novis et continet in se palacium novum unum magnum cum cameris tribus una magna et duabus parvis, domum unam planariam et quandam cisternam...»34, cioè: «Vairano – La (Regia) Curia ha in tale castello di Vairano i diritti, le proprietà e i beni di seguito elencati, cioè[:] Un castello che si trova sulla sommità del monte di Vairano, circondato da nuove mura e che comprende un grande palazzo con tre camere, una grande e due piccole, una casa planaria e una cisterna...». È evidente, nel passo appena riportato, che la parola castrum, la prima volta, è usata con il senso generico di “possedimento”, “feudo”, mentre la seconda volta si riferisce specificamente alla fortezza, la quale aveva al suo interno anche un comodo impianto residenziale (il palacium novum) circondato e protetto da una cinta muraria “nuova di zecca” (il perimetro del borgo). Anche un’altra inquisizione, datata 1276, parla esplicitamente di un «Sedile quod est in pede Castelli»35, cioè di un Sedile, o come diremmo oggi, di un «Seggio che si trova ai piedi del castello». Solo per notarlo, la contrada attuale che occupa tale posizione, è detta proprio, in vernacolo, ju’ Siéggiu, cioè il Seggio. La posizione dominante della fortezza, nella composizione generale del borgo, corrisponde pienamente ai canoni architettonici angioini, così come l’espansione centrifuga dell’abitato intra moenia. La confortevole abitabilità e l’eleganza dell’aspetto generale del borgo sono attestati dalla visita e dalla permanenza in loco, il 24 gennaio 1272, del re Carlo I d’Angiò in persona e del suo illustre accompagnatore, il papa Gregorio X36. Accertato lo spolvero dell’impianto, notiamo anche come fu certo questo il periodo in cui fecero la loro comparsa, nelle strutture del borgo e della fortezza, gli elementi ritenuti canonici dell’architettura militare angioina, vale a dire le scarpa troncoconica e il redondone, cioè il toro a sezione circolare, che, nelle torri, stacca il corpo cilindrico dal basamento scarpato. Il riferimento al palacium novum composto da vari ambienti e circondato da nuove mura, di cui ho detto è anche da considerare come prova concreta che nello scorcio del secolo XIII, il castrum Vayrani non era 34 Cfr. L. GEREMIA DE’ GEREMEI, Vairano illustrato con carte inedite, Napoli 1888, “Documenti angioini ed aragonesi”, pp. 1-3. 35 Cfr. Reg.Ang., vol. XIII (aa. 1275-1277), Napoli 1959, pp. 286-290, § 314. 36 Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani cit., p. 31. 23 Terra filiorum Pandulfi. I più un torrione isolato ma aveva già assunto l’aspetto quadrilatero con le torri angolari che ha sostanzialmente conservato fino ad oggi. Se si fa eccezione per gli ipotetici danni procurati dal terremoto del 22 gennaio 1349, il quale, stando a quanto riferisce Giovan Vincenzo Ciarlanti, fece sentire i suoi effetti devastanti per tutto il Sannio e per tutta la Terra di San Benedetto37, bisogna arrivare al secolo XV per constatare variazioni strutturali rilevanti nell’aspetto del borgo. In tale secolo, infatti, il castrum subì prima l’urto e il saccheggio delle soldatesche mercenarie del patriarca Vitellesco (1437), intervenuto per conto del papa Eugenio IV nel conflitto fra Renato d’Angiò e Alfonso d’Aragona; poi le scosse del terremoto del 5 dicembre 1456, il quale, come recita esplicitamente il testo di una lettera inviata da Napoli ai Reggimenti di Bologna, «a Calviciano, Variano, alla Torre e a [Franco] gli ha fatto danni assai»38; quindi l’assedio vano, nel febbraio 1460, delle truppe di Giovanni d’Angiò (figlio di Renato), che cercava di usurpare il trono di Napoli a Ferrante I d’Aragona; e, infine, tra febbraio ed aprile 1461, il tremendo saccheggio delle truppe di Marino Marzano, duca di Sessa e principe di Rossano, coinvolto in un torbido conflitto contro il cognato, il già citato re Ferrante I d’Aragona39. In conseguenza di quest’ultimo urto, per ripetere il testo di un noto Privilegio di franchigia concesso dal re Ferrante I d’Aragona il 10 luglio 1468, Vairano rimase «depopulata et dehabitata», cioè «devastata e spopolata»40. Intorno al 1495, con il castello danneggiato e con una nuova invasione francese in corso (quella del re Carlo VIII), il feudatario del tempo, Innico II d’Avalos, essendo filoaragonese, non poteva non temere un attacco. Decise, perciò, di provvedere subito ad un restauro e ad un potenziamento del baluardo fortificato, la cui attuazione gli conferì l’aspetto che, sostanzialmente ha conservato fino ad oggi. In seguito a tale restauro, le alte torri, le cui scarpe furono ulteriormente potenziate e rinsaldate con tamburi di fabbrica, furono resecate al livello delle cortine, le murature delle quali furono sensibilmente rastremate alla base; i coronamenti delle torri, persa la loro funzione nell’ambito della difesa piombante, divennero poco sporgenti e si appoggiarono ad eleganti beccatelli tufacei delicatamente modanati; fu costruita una poderosa rampa d’accesso 37 Cfr. G.V. CIARLANTI, Memorie istoriche del Sannio2, IV, Campobasso 1823, pp. 198-199. 38 Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani cit., pp. 69-71 e nota 44. 39 Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani cit., p. 36. 40 Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani cit., pp. 36-37. 24 Per una visione storica delle strutture fortificate del territorio di Vairano Patenora alla fortezza, protetta da un pianoro artificiale inquadrato da mura merlate alla guelfa e dalla mole maestosa del mastio; furono aperte nuove feritoie e furono modificate le vecchie per l’utilizzo delle armi da fuoco. Ciò perché, rispetto a quando ci si doveva difendere da attacchi all’arma bianca «le cose cambiarono (...) di molto con le costruzioni militari aragonesi, che pur innestandosi spesso a complemento e rafforzamento di quelle angioine, ne mutavano quasi sempre forme e caratteristiche; esse appartengono, infatti, a un altro periodo, il Quattrocento (...), che vede un mutamento radicale nel modo di fare guerra e, di conseguenza, nella concezione stessa dell’architettura militare difensiva. Magistri del calibro di Francesco di Giorgio Martini, Antonio Marchesi da Settignano, o il catalano Guillém Sagrera cominciarono a costruire torri cilindriche scarpate, bassi corpi di fabbrica, cortine e torrioni, adatti a rispondere al tiro delle artiglierie e a offrire alle bombarde il minor bersaglio possibile»41. Il castello di Vairano, ovviamente, non fu ricostruito dagli illustri architetti nominati, ma, nella sua ristrutturazione, certamente risentì della nuova concezione architettonica motivata, peraltro, da esigenze eminentemente militari. Ultime ristrutturazioni, in ordine di tempo, che si possono definire “storiche” per l’impianto esaminato, sono quelle operate dai componenti della famiglia Mormile, possessori di Vairano dal 1590 all’eversione della feudalità. Essi, fra la metà del secolo XVII e quella del secolo XVIII, ritoccarono sensibilmente la fortezza privandola, ormai, quasi totalmente della sua valenza militare per restituirla ad un uso specificamente abitativo. Furono, così, introdotte nuove rampe interne ed esterne per facilitare gli spostamenti; furono murati gli spazi intermerlari e allargate le feritoie per trasformarle in finestre; furono creati ambienti per la lavorazione e lo stoccaggio delle derrate; fu aumentato il numero dei vani abitabili rendendo funzionali a tale uso anche le cavità delle torri. È prova di ciò uno stanzone di forma trapezoidale ricavato al primo livello del mastio, le cui pareti ancora conservano ampi frammenti di intonaco affrescato con fregi fitomorfi e lacunari imitanti specchiature marmoree. Solo il vacuo inferiore della torre nord-occidentale, nel 1660, conservava ancora l’uso di carcere criminale42. Quanto suddetto a proposito delle funzioni dei vani è corroborato dal testo di un Apprezzo redatto nel suddetto anno 1660 dal 41 Cfr. E. SALVATORI, I giganti del Sud, p. 61, «Medioevo», I.9, ottobre 1997, pp. 52-61. 42 Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani cit., pp. 83-84. 25 Terra filiorum Pandulfi. I Tabulario Pietro de Marino, del quale si conserva una copia originale nell’Archivo General de Simancas (Valladolid)43. Come sarà, in futuro, il castello di Vairano? Per quanto mi riguarda, analizzando asetticamente il presente, credo che esso non avrà un futuro e perciò non mi stanco mai di contemplarlo, di fotografarlo e di filmarlo. Credo, infatti, senza voler togliere nulla alla valentìa degli architetti, che sia che esso dovesse crollare, sia che dovesse essere “consolidato” o “restaurato”, magari in nome di una fantomatica valorizzazione o in nome di una parvenza di maggiore fruibilità, il suo aspetto ne risulterà inevitabilmente e irrimediabilmente modificato. Cesserà, cioè, di essere il magico monumento che ho ammirato fin da quand’ero bambino per diventare una comune costruzione “ristrutturata”. Ovviamente spero che gli eventi futuri possano smentirmi e che l’amore per la cultura e per l’oggetto storico in sé possa prevalere su qualsiasi altra motivazione. 43 Sp. 229, ff. 57-140. 26 I SOVRANI D’ARAGONA AD LA SYLVA DE VAYRANO Alfonso I d’Aragona morì il 27 giugno 1458 e lasciò l’Aragona, la Sicilia e la Sardegna al fratello Giovanni e il Regno di Napoli al ventisettenne figlio naturale Ferrante. Tale successione al trono di Napoli, riconosciuta nel 1443 come legittima dai Seggi del Parlamento Napoletano, dal Gran Parlamento dei baroni e dal papa Eugenio IV(1431-1447), fu osteggiata in qualche modo dal papa Callisto III (1455-1458) e definitivamente approvata dal papa Pio II (1458-1464) non senza una adeguata contropartita1. Ferrante, che pure non era stato avaro nel concedere potere e ricchezze ai suoi baroni, trovò, tuttavia, una ferrea opposizione in alcuni di loro. Essi, infatti, riunitisi in una specie di lega, invitarono Giovanni d’Angiò, figlio di Renato, a invadere il Regno di Napoli e a conquistarlo2. Il sovrano francese sbarcò a Castelvolturno e si diresse verso la Puglia per unirsi ai baroni ribelli stanziati a S. Severo. La rivolta baronale, alimentata da Marino Marzano, principe di Rossano e duca di Sessa, cognato di re Ferrante, si propagò rapidamente e interessò presto anche l’alta Terra di Lavoro. Il re aragonese fu, perciò, costretto ad intervenire personalmente con il suo esercito, ma fu pesantemente sconfitto fra Sarno e Nola dalle truppe combinate del cognato Marino Marzano e di Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto. La non totale unità d’intenti e di vedute dei baroni ribelli e le conseguenti fratture che si aprirono nella loro coalizione permisero al re di riorganizzare il suo esercito e di passare alla riscossa ottenendo una brillante serie di vittorie in Calabria nel corso del 1461. 1 La restituzione di Benevento e Terracina e un congruo censo annuo. 2 La medesima impresa, com’è noto, era già stata tentata invano dallo stesso Renato d’Angiò. 27 Terra filiorum Pandulfi. I Una vittoria schiacciante Ferrante d’Aragona la ottenne l’anno successivo (1462), in Puglia, sotto le mura di Troia, dove le sue milizie sbaragliarono le truppe baronali e costrinsero Giovanni d’Angiò alla fuga nell’isola d’Ischia. Qui l’invasore si rifugiò per circa due anni, dopo di che, sconfitto in una epica battaglia navale dalla flotta reale, fu costretto a fuggire e a fare ritorno in Francia. Durante gli anni del conflitto suddetto tra Ferrante I d’Aragona, re di Napoli, e il pretendente al trono, Giovanni d’Angiò, figlio di Renato, Vairano, feudo di Francesco Antonio d’Aquino, fu fedele al sovrano aragonese. Per tale ragione, agli inizi del mese di febbraio 1460 la fortezza di Vairano fu assediata dalle truppe francesi. Tale assedio, però, non ebbe esito favorevole. Di tale evento dà notizia il Nunziante nella sua opera I primi anni di Ferdinando d’Aragona e l’invasione di Giovanni d’Angiò, con le seguenti parole: «Lasciati a Teano, a Sessa, nella terra di Francolisi, Marino Marzano, Deifebo dell’Anguillara, Antonello da Forlì e Jacopo da Montagano, che gli rendevano sicure le spalle, il pretendente [Giovanni d’Angiò, n.d.A.], con Antonio Caldora, si volse verso la Puglia. Assalirono dapprima Presenzano, “terra della madre de la Marchesa de Pescara, et l’hebbero cum voluntà de li huomini. Poi si voltarono a Vayrano, dove sta la dicta donna, et non poterono fare niente” (...)»3. Nello stesso anno 1460 «Ferdinando [I d’Aragona, n.d.A.] scriveva il 14 giugno di aver messo il campo ‘ad la silva de Vayrano’ con le genti del Pontefice [Pio II, n.d.A.] le quali “sono squadre XII de bella gente”. Il 15 contava di giungere a Capua, e il 16 di muoversi contro gli Angioini»4. L’esito della guerra, come suddetto, fu favorevole all’Aragonese. Va notato, ancora, che anche il Re Alfonso I d'Aragona, alfine vittorioso, aveva sostato a Vairano nel mese di febbraio 1440 o 1441, ponendovi il «campo regio»5. 3 Cfr. E. NUNZIANTE, I primi anni di Ferdinando d’Aragona e l’invasione di Giovanni d’Angiò, pp. 435-436, in “Archivio Storico per le Province Napoletane” (=ASPN), a. XIX, Napoli 1894.- Cfr. anche A. PANARELLO, Castrum Vayrani, Vairano Patenora 1998, pp. 35-36. 4 Cfr. E. NUNZIANTE, I primi anni cit., in ASPN, a. XX, Napoli 1895, pp. 263-264, nota 3. - Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani cit., p. 36. 5 Cfr. Fonti Aragonesi, serie II, vol. I, 1957, “Frammenti delle Cedole di Tesoreria”, p. 149: «...senyor Rey dat en Vayrano...». 28 I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano Al di là del fatto storico in sé, che potrebbe avere un’importanza marginale, è interessante notare le ragioni della scelta logistica del re Ferrante e di suo padre Alfonso: perché il campo proprio alla Selva di Vairano, in quel luogo che ancora oggi conserva il toponimo? La prima risposta è strettamente geografica. Basta infatti studiare alcune tra le carte antiche del territorio: la carta dello Jansonius del 1566 (fig. 2); la carta di Terra di Lavoro del Magini del 1620 (fig. 3); la carta della Diocesi di Teano del 1635 voluta dal De Guevara (fig. 4); la carta del De Vaugondy (fig. 5); la carta del Marzolla (fig. 6); la carta di ZuccagniOrlandini (fig. 7). Per osservare in modo lampante l’incredibile valenza strategica della Selva di Vairano, ubicata in una zona non distante da tutte le principali arterie stradali del tempo (la Via Latina, la via per l’Abruzzo, l’antica consolare Allifae-Venafrum) e dall’unico guado agevole sul Volturno, peraltro facilmente difendibile, cioè la cosiddetta Scafa di Vairano, di cui si parla anche nella Cancelleria Angioina6. La geografia della valle di Prata e dei luoghi ad essa adiacenti è stata bene descritta dall’architetto Rosa Carafa nel 1986 ha scritto: «Dalla località Tavernole tra il miglio 34 e 35 una strada si dirigeva al convento di S. Maria della Ferrara e qui o varcava il Volturno alla Scafa di Vairano e per Taverna delle Penne andava ad Ailano e Prata o proseguiva alla Scafa di S. Angelo passava per il Volturno e per Taverna S. Angelo andava ad Alife»7. Dal punto di vista militare, invece, dopo la riconquista di Presenzano e il rafforzamento delle difese di Vairano, la Selva di Vairano rappresentava il punto di raccolta delle milizie più idoneo per spiccare un attacco decisivo verso Capua o, in caso di un imprevisto ripiegamento, per rifugiarsi nel maestoso castello che aveva già respinto un furioso assalto. Va notato, infine, che il re Ferrante d’Aragona dovette scegliere di persona il luogo, dal momento che vi aveva già sostato due anni prima, ponendovi casualmente un campo. 6 Cfr. A. PANARELLO, Castrum Vayrani cit., p. 55; p. 56; p. 56 nota 56; p. 57 nota 57; p. 61; p. 72; p. 86; p. 93. 7 Cfr. R. CARAFA, La valle di Prata nella cartografia antica, p. 197, in AA.VV., Atti del Primo Convegno dei Gruppi Archeologici dell’Italia Meridionale, Prata Sannita 25-27 aprile 1986, pp. 193-210. 29 Terra filiorum Pandulfi. I Nel Codice Aragonese, infatti, è registrato il seguente itinerario del re Ferdinando I nell’anno 1458: «Ier juillet - Naples. 5 juillet - Aversa. 11 juil. Ier août. - Capoue. 8 août Fons Populi. (“Pioppitelli” ? [N.d.A.]). 8 août, 8[15]sep. - La même localité 19 septembre - Vairano. 21 septembre - Monteroduni. 22 septembre - Venafro. 23 septembre - Venafro. 15 oct., 16 oct. - Sulmona. 17 octobre - S. Valentino. 24 octobre - Francavilla. 25 octobre - Paglieta. 29 octobre - Monteodorisio. 30 octobre - S. le Trigno. 31 octobre - S. Martino. 6 novembre - Nocera (di Puglia). 14 nov., 15 nov. - Canosa (di Puglia). (...) 18 novem. - Ville et camp d’Andria (...)»8. Lo stesso Codice Aragonese riporta anche il testo di una lettera inviata da Vairano A la municipalité de Naples, appunto il 19 settembre 14589. Sempre il Codice Aragonese restituisce una lettera molto importante, perché consente di ricostruire, su base documentaria, alcune vicende della congiura dei baroni contro Ferdinando I d’Aragona e di accertare l’identità dei ribelli. Il suo testo è il seguente: 8 Cfr. ARM. AD. MESSER, Le Codice Aragonese, Paris 1912, pp. CXLI- CXLII. 9 Cfr. ARM. AD. MESSER, Le Codice Aragonese cit., pp. 85-86, n. 63. 30 I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano «1460. - 3. II. - Naples. (ibid., fol. 168-169) Au Trésorier apostolique. Reverende in Christo pater, consiliarie noster dilecte. Per ralacione de multi et anche per vostre lectere (ultimamente mandate al nostro et vostro Petro d’Archangelo) havemo sentuto, con quanto ardore er amore la R.cia V[ostra]» se porte verso de nui et in le facende et cose, che se resgostano (sic) a nostro stato, et (abenche de sempre, che dapemo vostra noticia, sempre ve habiamo conoxuta questa voluntate de bene in meglio) tanto più la necessita de le cose occurrente ni fa havere care le dicte vostre bone opere, et ve le rengraciamo infinitamenti: voglia nostro S. Dio, che con bene et honore vostro lo poczamo retribuire et ben recanoxere in quancha condicio[ne] de tempo, advisando la R.cia V[ostra], como ja credemo multo ben senta, che tra pochi (sancza nessuna colpa oy causa nostra, ma per sola pravita et malicia de alcuni) la subventione de gran parte de nostro stato in questo Reame, sencza colpo de spata, ne oppugnacione militaria, purche fosse de stimare, successive se so descoperti a ladicta rebellione, non solum li, che dicevano principe de Rossano, duca de Sora, conte de Cerrito, conte de Marreri, conte Antonio et tucta casa Caldora, conte de Campobaxo, Jacobo de Montagano, Carlo de Sangro, la terra de Pontecorvo, la cita de Venafra, principe de Taranto, conte de Montorio, conte de Santo Valentino, Josia de Aquaviva, la cita et contato de la Aquila et parte de quillo de Albi, et la terra de Fogia, in tanto che lodicto principe de Tarento veniva ad assistere Giovenaczo (Giovinazzo di Bari), delquale se ene levato con poco honore, et lo duca de Sora piglao Archi et Fontana, et le conte Antonio Caldora (con queste altre gente soi sequace) hanno pigliato Suyo et le castello forte, et quasi tucte le terre de la abbatia de Montecassino, excepto Sancto Germano, contra loquale entendemo, che (de poi che con loro ene junto Deifebo (dell’Anguillara) et Anton[i] de Forlue (Antonello da Forlì), com loro gente, che so fra tucti sei cento cavalli) haveno deliberato de andare ad expugnarlo: et cossi terre de la matre del marquese de Peixcara (Pescara), çio e Presenxano et Vairano (lequale ja una volta hanno tentato) et non ce potero intrare, et credese, che da loco en fora andaranno la via de 31 Terra filiorum Pandulfi. I Puglia, per la via del contato de Molisi, per respecto de la Dohana de le Pecore. Credemo havere sentuto la R.[cia] V., come havemo recuperato Calbi per escalamento. De tucti queste cose ve advisiamo, perche sacziate, come procedano et quanto ni sia bisognyo trovareni cum multe gente d’arme per quisto tempo novo che vine (sic). Li inimici et rebelli nostri multo hanno date ad intendere tra de loro, che lo conte Jacobo Piczinino havesse de essere a li servicii de li Franciosi con loro, laquale cosa (in verita) seria a tucti loro un gran favore et ajuto, ma per quel che sentimo, che la S.ta de nostro Signore [lo Papa], con paternale pieta et amore verso de nui, se adopera fare col dicto conte Jacobo, non credemo ancora perderolo. Si pur Soa S.ta mostrara voglia, anche piu tosto habia de essere con nui, che con li inimici, come havemo inteso, che essa Soa B.ne e dispone et voglia, laquale cosa la tenemo a singulare gracia, ultra le altre multe, de lequale li simo infinitamente tenuti et obligati; et tanto quisto quanto la venuta soa de le bande de qua, ve pregamo de parte nostra, cum ogni subjectioni et debita reverencia, le rengraciare, perche canoxemo, che de quelle resultara ad nui favore et beneficio in queste nostre facende, in lequale sia certa la R.[cia] V., che non obmectamo de provedere quanto meglio potemo, non sencza grande et importabile expense: et percio havemo mandato non solum per li dui Ursini (Napoleone e Roberto Orsino) fratelli et per lo conte Urbino, ma eciam per lo dicto conte Jacobo: et a tucti havemo provisto del piu denaro che ni ene stato possibile, saltem per levare et farele venire qua; delquale dito conte Jacobo ancora non havemo resposta, abenche nce habiamo mandato directamente et speramo havere la sua resposta de di [i]n di. Credemo che, si per la Sanctita de n. S. et anche per lo ill. Duca de Milana, lodito conto Jacobo, a ladita sua venuta, sera in stato, lo fara piu volenteri et piu presto, laqual cosa non porria essere piu necessaria de quel che ene, perche, essento juncte tucte ledicte gente, com nui facilmente porremo disponere ad nostra volunta de la Dohana de le Peccore, la piu parte de lequale so de lidicti rebelli: pregamo adunca la R.[cia] V., che como bene have accustumato pro nobis, et non cesse de persuadire a la S.ta de lodito n. S.re sopre ledicte cose et altre, tucto quello, che meglio occorrera potesse fare in protectione, refermacione et integracione del nostro stato, et che non permecta, che la malignita de questi rebelli et loro pravo pensiero reexa in danno oy detrimento de lo honore et 32 I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano stato nostro. Dat. in Castello Novo civitatis nostre Neapolis die iii° februarii, viiie indictionis, m. cccc. lx. Rex Ferdinandus. Dirigitur Thesaurario Apostolico. - T. Girifalcus»10. Non altrettanto favorevole agli Aragonesi fu l’esito del conflitto con i Franco-Spagnoli che si combatté nei primi anni del XVI secolo. «Benché coetaneo del re di Napoli gli era zio (era stato anche suocero del defunto Ferrante perché questi, in seconde nozze, ne aveva sposata la figlia) ma questi vincoli di sangue non impedirono a Ferdinando il Cattolico di compiere quello che fu definito “il più grande tradimento della storia” stipulando con Luigi XII un trattato segreto che contemplava la spartizione del Regno di Napoli: alla Francia sarebbero toccati i territori dalla capitale agli Abruzzi ed alla Spagna la parte meridionale del regno comprendente le Calabrie e le Puglie. Il trattato fu sottoscritto a Granata l’11 novembre del 1500 e venne ratificato da Papa Alessandro VI (al quale, naturalmente, andarono dei vantaggi) il 25 giugno 1501 e, quando l’esercito francese varcò i confini pontifici ed invase il regno napoletano, Federico d’Aragona, con una Bolla fu dichiarato decaduto dal trono. Quando Federico venne a conoscenza del patto segreto fatto ai suoi danni si trovò stretto, senza nessuna possibilità di difesa, tra le forze francesi avanzanti dal nord e quelle spagnuole provenienti dal sud»11. Nel corso del suddetto conflitto, memore della fortuna dell’avo Ferdinando I, il re Federico II d’Aragona, decise di accamparsi alla selva di Vairano e di convocare tutti i suoi migliori ufficiali per riorganizzare il suo esercito in vista dei conflitti decisivi. Il Volpicella12 riferisce infatti che il 6 maggio del suddetto anno 1501, il re invitò i baroni a lui fedeli «a comparire in armi alla selva di Vairano ove il 15 giugno 1501 doveva radunarsi l’esercito (...) per opporsi all’invasione» degli armati di Luigi XII. Tra i baroni fedeli a Federico II furono Giuliano Boccapianola, Tiberio Caracciolo, Francesco di Mareri e Luise Paladini. Il suddetto “summit” alla selva di Vairano si ricostruisce anche con l’ausilio dei Registri Curiae della Cancelleria Aragonese, nei quali, addì 13 giugno 1501, è registrato che da Napoli, il re «Annunziando, ch’egli l’in10 Cfr. ARM. AD. MESSER, Le Codice Aragonese cit., pp. 438-441, n. 334. 11 Cfr. A. D’AMBROSIO, Storia di Napoli dalle origini ad oggi, Napoli 1995, p. 111. 12 Cfr. L. VOLPICELLA, Note storiche e biografiche, in Regis Ferdinandi primi Instructionum liber. 10 maggio 1486 - 10 maggio 1488, Napoli 1916, pp. 283, 303, 307, 358, 393, 410. 33 Terra filiorum Pandulfi. I domani muoverà verso la selva di Vairano, comanda a Cantelmo de Cantelmo di arrolar circa quattrocento fanti, indirizzandoli, giusta l’ordine di D. Cesare [d’Aragona, fratello del re, n.d.A.], alla volta di Castel di Sangro e di là Verso Venafro unendosi tutta la gente d’arme»13. Da due annotazioni relative ai giorni 12 e 13 luglio 1501, presenti sempre nei Registri Curiae della Cancelleria Aragonese, si conosce quanto segue: «Da due lettere scritte dal re, una al detto conte di S. Severino, l’altra al duca di Calabria, s’apprende che i francesi si trovavano a Teano e che traversando la selva di Vairano passerebbero a Telese per porre l’assedio a Capua. Tuttavia il re assicura che questa città era ben munita e gli abitanti erano disposti a difendere bene la causa di sua M.tà; e che Ettore Fieramosca da Capua andato co’ suoi verso Calvi, la cui fortezza era tenuta da un francese e da sei calabresi, avea data battaglia e li avea vinti. Fa sapere inoltre, che il 14 sarebbe partito da Napoli non avendo a dubitare di questa città né di Capua. E in ultimo nella lettera diretta al duca scrive essersi saputo da Calabria, che Consalvo Ferrando ai 10 del mese dovrebbe smontare a Bivona per rompere in quella provincia: noi (scrive il Re) non ne facimu gran casu perche li aragonesi et angioyni de quella provintia se sono uniti contra spagnoli et vincendo dacqua como facilmente con la gratia de N.S. Dio speramo li propulserimo senza difficulta ultra che quelle rocche et castelli stanno multo bene forniti»14. Le sue aspettative, però, furono disilluse dagli eventi successivi: l’esito del conflitto, com’è noto, non gli fu favorevole. 13 Cfr. N. BARONE, Notizie storiche raccolte dai Registri Curiae della Cancelleria Aragonese, p. 719, in ASPN, a. XV, Napoli 1890. 14 Cfr. N. BARONE, Notizie cit., pp. 722-723. 34 I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano Fig. 1 - Localizzazione territoriale della Selva di Vairano [Rielaborazione dalla Carta della Provincia di Caserta a cura di F. Fasolo, Caserta s.d.] 35 Terra filiorum Pandulfi. I Fig. 2 - Stralcio della carta di Jansonius [JOANNIS JANSONII, Atlantis Contracti (Pars Posterior), Amsterdam 1566] 36 I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano Fig. 3 - Stralcio della carta del Magini [GIO. ANT. MAGINI, Italia, Bologna 1620 (rist. 1630)] 37 Terra filiorum Pandulfi. I Fig. 4 - Stralcio della carta del De Guevara [D. JOHANNES DE GUEVARA, Descriptio Theanensis Dioecesis in Campania Fælici Sidicinorum Complectens, Roma 1635] 38 I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano Fig. 5 - Stralcio della carta del De Vaugondy [M. ROBERT - M. ROBERT DE VAUGONDY, Atlas Universel, Paris 1757] 39 Terra filiorum Pandulfi. I Fig. 6 - Stralcio della carta del Marzolla [BENEDETTO MARZOLLA, Atlante corografico Storico e Statistico del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1832] 40 I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano Fig. 7 - Stralcio della carta di Zuccagni-Orlandini [ATTILIO ZUCCAGNI-ORLANDINI, Atlante Geografico degli Stati Italiani, II, Firenze 1844] 41 D. ANDREA CASIMIRO D’AMBROSIO, PRINCIPE DI MARZANO, ACQUISTA LA TERRA DI ROCCA MONFINA (1756) Nel volume 37 dell'Inventario del Notaio Ranucci, presso l'Archivio di Stato di Napoli, è contenuta la Compra della Terra di Rocca Monfina e Casali per il S.r D. Andrea Casimiro d'Ambrosio Pñpe di Marzano avvenuta nel 1756. Ad essa sono allegate le copie di due importanti atti, vale a dire un Apprezzo del 1737/1738 (Allegato I) e di una sua Revisione con nuovo Apprezzo del 1756 (Allegato II). Essi sono due dettagliati ritratti della realtà totale della Terra di Roccamonfina e dei suoi Casali nella parte centrale del secolo XVIII. Il testo dell’Apprezzo del 1737-38 è stato appena pubblicato nell’opera che ho realizzato con Vittorio Ragucci e Giuseppe Angelone dal titolo ROCCA AD MEFINU. Storia del castello e del feudo di Roccamonfina dal secolo IX all’eversione della feudalità, mentre, per quanto ne so, quello del Real Biglietto che precede il medesimo Apprezzo, quello della Compra vera e propria e quello della Revisione del 1756 sono ancora inediti. Mi piace, perciò, pubblicarli di seguito per completare la restituzione di una importante documentazione feudale. Tutto il materiale summenzionato si trova in originale presso l'Archivio di Stato di Napoli (C.R.A., III, Inv. Notaio Ranucci, vol. 37, ff. 237r-253v). Testo del Real Biglietto (senza numerazione): — «Sig.ri Marchese Ci[z]o: D.n Ant.° Belli; e D.n Francesco Bargas Machuca. In conseguenza della vendita fatta dal tribunale della Regia Camara del feudo di Roccamonfini, e suoi Casali al Prencipe D.n Andrea Casamiro de Ambrosio per il prezzo di ducati ventiquattromila et | approvata da S.M. con real biglietto spedito per questa 43 Terra filiorum Pandulfi. I secret.ria de mio carico in data de 24 del passato mese di Marzo, dovendosi õra stipulare il corrispondente istrumento di vendita, si è degnata | S.M. destinare ã V.S.S. a fini che in suo real nome, è de suoi Serenissimi eredi e successori, e della Regia Corte e fisco di questo Regno intervengano nella Stipula di tal instrum.to. Di suo real ordine lo partecipo a V.S.S. per suo complimento: Palazzo, 21 Lug.o 1756 (...)». Testo della Compra: — «|| f. 237r|| Die vigesima Mensis Julij Millesimo septincentesimo quinquagesimo sexto Neapoli, et proprie in Aula Magna Regiae Camerae Summariae (...) Costituiti in presenza nostra Il Sig.r Marchese D. Baldassarre Ci[z]o Sp.ble Luogotenente della Regia Camera della Summaria, Il Sig.r D. Antonio Belli Presidente della Regia Camera, e Commissario dell'infra.tto Negozio, et Il Sig.r Cavaliere D. Francesco Vargas Macciucca Presidente di detta Regia Camera, et Avvocato Fiscale del Real Patrimonio, ministri destinati dalla Maestà del Re nostro Sig.re ad intervenire in suo Real nome nella stipula del presente contratto di vendita dell'infra.tta Terra di Roccamonfina, e suoi Casali in vig.e di Real Biglietto spedito per Secret.a di Stato del Dispaccio di Guerra, Marina, e Commercio, et Azienna sotto li ventuno del corr.te mese di Luglio che per me si conserva, e perciò essi Sig.ri ||f. 237v|| Ministri intervengono alle cose infra.tte in nome <e> parte della Maestà del Ré nostro Sig.re, che Dio sempre feliciti, e conserva (sic), e per la Regia Camera e fisco di questo Regno, e per li serenis.mi eredi e successori di detta Real Maestà da una parte et il Sig.r D. Andrea Casimiro d'Ambrosio Principe di Marzano, il quale interviene similm.te alle cose infra.tte per se suoi eredi, e succes.ri (...) dall'altra parte. Dette parti spontan.te hanno asserito in presenza nostra, che sin dall'anno 1734 d'ordine del Tribunale della Regia Camera in esecuzione de Reali Ordini Gen.li di S.M. spediti per Secret.a di Stato, e Guerra a’ 17 Maggio 1734 si ritrovano sequestrata la Terra di Roccamonfina, e suoi Casali posta in questa Provincia di Terra di Lavoro, confinante col tenimento della Città di Sessa, quale Terra nell'anno 1738 fu ||f. 238r|| apprezzata dal Regio Ingeg.re Camerale D. 44 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) Agostino Caputo coll'intervento sù la faccia del luogo del q.m Sig.r Marchese D. Carlo Ruo[z]i della Regia Camera, e Commis.rio, e del q.m Sig.r Marchese D. Matteo di Ferrante, allora Avvocato fiscale del Real Patrim.°, e poi Luog.te dell’istessa Regia Camera per la summa di docati 34282, e g.a 62 5/2. Ed essendosi più volte emanati li banni per la vendita di detta Terra, non si è mai proceduto ad accenzione (sic) di candela per non essere comparsi oblatori, et intanto la Regia Corte ha proceduto all’affitto delle sue Rendite, e percezzione (sic) de frutti della medema (sic). Nel mese d’Agosto del scorso anno 1755 dall’Avvocato D. Gabriele Morola fù [inviato] un memoriale alla Maestà del Ré nostro Signore, ed in quello esponendo, che intendeva attendere ||f. 238v|| alla compra di detta Terra per esso, ò per perso<na> nominanda, e che l’apprezzo fatto nell’anno 1738 si stimava molto alterato, e lo teneva inabilitato á presentarne l’offerta, perciò supplicava Gi[...] si fusse compiaciuto commettere al Tribunale della Regia Camera, affinché avesse fatto rivedere d.° apprezzo da altro Regio Ingeg.re, ó Tavolario del S.R.C. da rivedersi detto apprezzo dall’istessi atti e con Real Biglietto spedito per Secret.a di Stato d’Azienna in data de 12 Agosto 1755 fu rimesso detto Memoriale al Tribunale della Regia Camera, acciò avesse fatto rivedere detto apprezzo da detto Regio Ingeg.re, ó Tavolario del S.R.C. E propostosi detto Negozio in Regia Camera, dalla med.ma con suo decreto de 27 Agosto 1755 fu ordinato, che detto Apprezzo della Terra di Rocca Monfina si fusse riveduto per il Regio Ingeg.re ||f. 239r|| D. Gaetano Levere ex eisdem actis. Furono portati i processi, ed apprezzo dal detto Ingeg.re Levere, il quale avendoli osservati ne fece una lunga, e ben distinta Relazione, dando prezzo separato á ciascuno corpo feudale, e burgensatico di detta Terra, e nel summario riferì, che l’apprezzo del regio Ingeg.re Caputo, dato alli Corpi Feudali di detta Terra, e suoi Casali, ascendeva a docati 32527.2.7. Il prezzo del burgensatico descritto nell’anno 17[1]4 ascendeva a d. 1005.40. E come che in detta Terra vi erano sei pezzi di Territorj, che si pretendeva dal sig. Conte di Luzan ultimo Possessore di detta Terra, che eran suoi, et acquistati con titolo particolare, perciò il detto Ingeg.re Caputo apprezzò detti Territorj pretesi dal sig.r Conte ||f. 239v|| di Luzan per docati 749.95 1/12. 45 Terra filiorum Pandulfi. I Che in uno tutto il prezzo del Feudale, e burgensatico di detta Terra secondo l’apprezzo fatto dal Regio Ingeg.re Caputo ascendeva a doc.i 34282.52 1/12. E secondo la Lettura, e revisione d’apprezzo fatto da detto Regio Ingeg.re Levere ascendeva cioè il feudale a doc.i 25558. [...] Et il burgensatico di detti due Territorj importa d. 677.50[...] Et il burgensatico delli altri sei Territorj pretesi dal Conte di Luzan importa docati 785 [...] Che in uno il prezzo dato da detto Ingegniere Levere ascende a Doc.ti 27022. Presentata detta Relazione, et apprezzo in Regia ||f. 240r|| Camera, dalla medema (sic) con altro decreto de 7 Gennaro 1756 fú ordinato, che si fusse proceduto alla vendita di detta Terra, e si fussero emanati li banni, quali furono emanati, così in Napoli, come in loco Rei sitae, e luoghi circumvicini, et à 21 di detto mese di Gennaro 1756 da detto Mag.° D. Gabriele Morola fú presentata offerta di voler attendere esso alla compra di detta Terra offerendo la summa di docati ventiduemilacinquecento, e dieceotto, e g.a [51] quanto importava il valore di quella secondo la revisione dell’apprezzo dell’Ing.re Levere, deducta sesta. La sud.a offerta fu vista, e postillata dal sig.r Avvocato Fiscale del Real Patrim.° Sig.r Cavaliere Vargas, e le postille accettate da detto Morola, e furono di nuovo emanati li banni per l’accensione della candela così qui in Napoli, come nella ||f. 240v|| Terra di Roccamonfina, e nell’altri convicini luoghi. Fu accesa la prima volta la candela in Regia Camera a’ 20 Feb.ro 1756, quale s’estinse a beneficio di detto D. Gabriele Morola per l’istessa summa di doc.ti 22518__52 - ad fidem deliberandi e in tanto per parte dell’Univ.tà della Terra di Roccamonfina si presentò istanza paenes acta, et in quella asserendo, che si procedeva alla vendita di detta Terra, ed incumbeva a detta Univ.tà, che con detta vendita non restasse pregiudicata ne’ confini del suo tenimento, stante le notorie controversie, che si aggirano tra essa Univ.tà, e quella della Città di Sessa, che ha cercato estendere li suoi confini per considerevole spazio dentro il tenimento dell’Univ.tà di Rocca Monfina, al che pensando ella riparare ||f. 241r|| precedenti ordini del Tribunale della Regia Camera aveva procurato, che dall’Att.rio Scarola si fussero riconosciuti gli antichi confini, che l’uno tenimento dall’altro dividevano, in 46 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) effetto in seguito di tal recognizione detto Attuario Scarola ne aveva avanzata sua Relazione al Tribunale della Regia Camera, sperando, che si dovesse quella eseguire, che perciò formiter il Procuratore di detta Univ.ta si protestò, che alla vendita di detta Terra non s’intendesse l’Univ.tà pregiudicata nelle sue Ragioni riguardo a’ detti confini appurati, e riconosciuti dall’Att.rio Scarola, et in niente potesse ostarli la vendita, et apprezzo, má potesse domandare l’esecuzione della Relazione dell’Attuario Scarola, e sperimentare ogni altra sua raggione, in pié della quale istanza fú interposto decreto, che detta comparsa si fusse ||f. 241v|| conservata negl’atti, e si fusse intimata al Regio Fisco. A’ 23 Feb.ro 1756 di nuovo si accese la candela in Regia Camera per la vendita di detto feudo, quale candela si estinse à benef.° del Mag.co D.° Cesare Coppola per persona nominanda per la summa di docati ventitremila ad finem providendi e A’ 20 Marzo 1756 di nuovo si accese la candela in Regia Camera, e quella si estinse à beneficio di detto Mag.co D.° Cesare Coppola per persona nominanda, come ultimo licitatore, e più offerendo per la summa di doc.ti 24 m/a con tutti li patti, condizioni, e postille fatte nella margine dell’offerta presentata dal Mag.co S.r D.° Gabriele Morola a’ tutta passata. E dal Tribunale della Regia Camera fú fatto appuntam.°, che sopravenendo offerta di incontinenti per tutta la mattina seg.te 11 Marzo 1756 ||f. 242r|| prima che li Sig.ri Ministri entrassero nella Rota si fusse ricevuta, e non venendo nessuno additam.° restasse ferma la detta accensione di candela per la summa di docati 24 m/a. E dal Mag.co Natale d’Amato Att.rio del Negozio si attestò, che sin all’ore 19 del giorno 11 Marzo, quando se n’erano calati li Sig.ri Ministri non era venuta nessuna offerta di incontinenti giusta l’atto fatto dal detto Mag.co Att.rio d’Amato. Et á detto dì 11 Marzo 1756 il detto Mag.co S.r D.° Cesare Coppola con sua istanza nominò in compratore di detta Terra l’Ill.re Principe di Marzano D.° Andrea Casimiro d’Ambrosio, e da questo fu accettata detta nomina, et essendosi dal Tribunale della Regia Camera fatta consulta alla Maestà del Re nostro Sig.re in data de 13 di detto mese di Marzo, et in quella asserendo la vendita fatta di detta Terra a’ d.° Mag.co S.r D.° Cesare ||f. 242v|| Coppola per se, ò per persona nominanda per la summa di docati ventiquattromila, e che fra gli altri effetti compresi in detto Feudo vi erano sei porzioni di 47 Terra filiorum Pandulfi. I Territ.° burgensatico di valore di docati settecentoquarantanove, e g.a 95, che il Conte D.° Antonio de Luzan le acquistò, e poi li cedé a sua figlia Suor Maria Amalia Luzan Religiosa nel Monistero di S. Giuseppe de Russi di Sig.e Monache di questa città, la quale faceva istanza per il pagam.° di detta somma in suo beneficio a che S.M. aveva ordinato, che si fussero osservati gli ordini gen.li, e che la Camera aveva commessa tal istanza al Mag.co Raz.le D. Francesco Messina, acciò del tutto ne avesse fatta Relazione per provedere del conveniente, e che frà tanto stimava, che non si fusse impedita la vendita del Feudo, se non che delli docati 24 m/a prezzo di detto Feudo ne dovesse restar depositata la ||f. 243r|| summa di docati settecentoquarantanove, e g.a 95 in Regia Camera, sin a’ tanto che si determinasse in termini di giustizia la pretenzione della Riferita Religiosa, et informata S.M. del tutto, si è degnata di approvar detta vendita nella conformità di sopra espressa, e che la Regia Camera avesse disposto di corrispondere per il suo compim.°, come appare da detto Real Biglietto in data de 24 marzo 1756. Perlocche dal detto Sig.r Principe di Marzano fú fatto il pagam.° delli docati ventiquattromila con sua fede di credito del Banco del SS.mo Salvatore in data de’ 22 di d.° mese di Marzo 1756. E con mandato del Tribunale della Regia Camera fú ordinato, che delli sud.i docati 24 m/a se ne fusse fatta una fede di credito separata di docati settecentoquarantanove tt.s 4.15. in testa della Regia Corte a disposizione della Regia Camera ||f. 243v|| e Sig.r Presidente D. Antonio Belli Commis.° per le pretenzioni dedotte negli atti da Suor Maria Amalia Luzan Religiosa del Monist.° di S. Giuseppe de Russi figlia del Sig.r Conte D. Antonio Luzan. E stante d.° pagamento de sud.i d.ti 24 m/a fatto da detto Sig.r Principe li furono consegnate le provisioni pro capienda possessione, ed in effetto quella fú presa dal detto Sig.r Pñpe per mezzo del suo Procuratore specialm.e da esso lui destinato a’ tal’atto, e li fú dal Mag.° Att.rio d’Amato dato il detto possesso sotto il dì 3 Aprile di questo corrente anno, come il tutto più chiaramente appare dagli atti fatti dal Tribunale della Regia Camera presso il Mag.° Att.rio Natale d’Amato a’ quali in tutto s’abbia Relazione. E fattasi questa assertiva per vendendo esse parti delle cose sud.e, et infra.tte ad invicem cautelarsi per publico Istrom.° come si conviene, quindi è che essi Sig.ri Ministri in nome della Maestà del Re ||f. 244r|| 48 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) nostro Sig.re, e della sua Regia Corte, e Fisco di questo Regno da ora liberam.e, e senza patto alcuno di ricomprare hanno deliberato, venduto, et alienato, sincome liberano, vendono, et alienano a’ detto Sig.r D. Andrea Casimiro d’Ambrosio Principe di Marzano Compratore di buone fede pñte, et accettante per se (sic), suoi eredi, e succes.ri infra li gradi della successione feudale solam.e, e non oltre, e giusta la natura del Feudo, e servata la forma de privilegi, che n’apparono, e delli capitali costituzioni, e grazie di questo Regno la sud.a Terra di Rocca Monfina posta in questo Regno di Napoli nella Provincia di Terra di Lavoro con li suoi sedici Casali denominati Ciccioni, Campello, Giglieri, Tuorisicchi, Gallo, San Pietro delle Scalambrice, Cese, Torano, Felazzi, Garofali, Guarini da qua’, Guarini da lla’, Fontana Fredda, Cerquarola, Tavola, e S. Domenico, con tutte le loro pertinenze, corpi ||f. 244v|| giurisdizionali, allodiali, e burgensatici, col suo castello, magazini, giardini, granari, e con tutte le loro adiacenze, ville, casali, Terzieri abitati, e disabitati<,> Uomini, Vassalli, Angarj, Perangarj, Servizi Reali, e personali<,> debiti così per l’Uñità, come per li Particolari, feudi, suffeudi, Feudatarij, Suffeudatarij, Quaternati, e non Quaternati, Secundum quid, Nobili, Rustici, piani, et de Tabula, Adohi, Donativi, Relevj, escadenze, terzariae, quartarie, censi, crediti, Rendite, et entrate quals.no, tanto in denaro, quanto in specie, o altrim.e consistenti, Case<,> Torri<,> Edificj, Massarie, Casalini, Orti, Osterie, Forni<,> Trappeti, Montagne, arbusti, terre coltivate, et incolte, decime, censi, rag.ni di servitii, Territorj, tenimenti, Terratici, Pascoli, e rag.ne di Pascolare, Gabelle, Dogane, Collette, Scannaggi, Ragioni di [U]scitura, Portolania, Zecca di pesi, e misura, Fiere, Mercati, Ponti, Pedaggi, passaggi ||f. 245r|| Ragioni di Piazza, boschi, erbaggi, Gliannaggi, Pascoli, prati, arbori, selve, caccia di fiere, e di ucelli (sic), fida, diffida, franchizia, immunità, onori, privilegi, prerogative, potestà, grazia, acque, decorsi d’acqua, Rivi, Fiumi, jus pescandi in essi, Paludi, pantani, Fonti, Molini, Laghi, peschiere, beni vacati, e mortizj, gentilizij, escadenze, difese, foresta, e Monti, piani, valli<,> jus di projbire, jus Patronati di Chiese, Cappelle, et jus di presentare in quelle, colla clausola però si qui, vel si quae aut si qua ex predictis sunt alla detta Terra, e suoi Casali adjacenti, et [al] Regio Fisco spettano, et appartengono, e possono, o potrebbero in qualunque modo, e tempo spettare, et appartenere in vig.e di privilegj<,> Ragioni, prescrizio49 Terra filiorum Pandulfi. I ni<,> consuetudini, e per qualunque altra causa, anco de facto, et anco con tit.° particolare, e coll’intiero suo stato, e della maniera, che si ritrova descritta, e confinata da detti Regj Ingegnieri ||f. 245v|| Camerali Caputo e Levere nelli divisati loro apprezzi. Et sigñer col Banco della Giustizia, et omnimodo giurisdizione, e cognizione di prime, seconde, e terze cause, civili, criminali, e miste, mero, e misto imperio, et gladij potestate tra’ gl’Uomini, et abitanti di detta Terra, e suoi Casali, delinquenti in tutto il suo tenimento, pertinenze, e distretto, colle quattro lettere arbitrarie, e colla facoltà di componere tutte, e quals.no sorti di delitti, commutar le pene da corporali in pecuniarie, e quelle rimettere, e transigere, componer, aggraziare, fare indulti, e grazie de delitti, ed ogni altra cosa spettante all’utili Padroni di dette giurisdizioni, senza eccezzione (sic), restrizzione (sic), o limitazione alcuna má con piena, e libera disposizione di detto Sig.r Principe juxta, però novissimos Reales Ordines á tenore della postilla fiscale fatta nella margine dell’offerta accettata dal sud.° ||f. 246r|| Morola. E colla facoltà di creare, nominare, e far Governatori, Consultori, Assessori, Capitani, Luog.ti, Erario, Mastro di Fiera, Baglivi, Mastrodatti, Caporali, Armizeri, et altro Officiali di qualsivoglia sorte soliti á crearsi restando però in ogni cosa intatta la natura del Feudo, e sua giurisdizione. Et anco signanter colli sottoscritti corpi feudali, giurisdizionali, e burgensatici, pro’ ut in enunciatis appretio, et ejus revisione, nec aliter, nec alio modo, giusta la postilla fiscale fatta nella margine dell’offerta accettata dal sud.° D. Gabriele Morola. La Mastrodattia, e Fida degli animali, unite alle quali va la fida delli danni dati, licenza di caccia, e dell’accetta per legnare. La Bagliva, Portolania, e Zecca di pesi, e misure, quali corpi giurisdizionali per antica convenzione si ritrovano in potere dell’Uñità di detta Terra, la quale ne corrisponde al Barone d.i 36 ||f. 246v||<,> il Jus del taglio delle pietre. La Torre con abitazione di sopra sita in testa del luogo dove si fa il mercato. Un Territorio denominato lo Prencipe, che è territorio piano, con porzione montuosa seminatoria con piedi di castagne di capacità moggia venti, e passi centottantanove confinante verso Levante col Territ.° arbustato, che si possiede dalla Camera Baronale di detta Terra, detto 50 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) li Pipini, ed altri confini. La Ripa di Castagne, e Quercie nel luogo denominato la Pentinella, seu Ripa della Duchessa, dove la Baronal Camera vi ha il jus di tagliare le mole de mulini. Il Territorio detto li Coletta ad uso di orto con alcuni piedi di frutta di capacità moggia uno, e passi centosessanta. Il Territorio chiamato li Tuorisicchi poco lontano dal sud.° seminatorio arbustato, e vitato di capacità ||f. 247r|| moggia sette, e passi trecentottantanove. Il Territorio seminatorio nel luogo detto li Serracini di capacità moggia nove, e passi centocinquantuno. Il Territorio seminatorio arbustato, e vitato nel luogo detto li Pipini, di capacità di moggia sette, e passi settantaquattro. Il Territorio nel luogo detto l’assancati (sic), di capacità passi duecentonovantatre. Il Territorio Seminatorio nel luogo detto li Tuori di capacità moggia uno, e passi centottantacinque. Et oltre li sud.i Corpi jus ragioni, e giurisdizioni sotto parola signanter descritti nelli sud.i due apprezzi, quali il Regio Fisco promette farli veri, esistenti, et ad altri non ceduti, o’ assegnati, o’ in quals.a altro modo distratti, per il qual’effetto se l’intendino col presente Istrom.° cedute dal Regio Fisco tutte le sue ragioni ||f. 247v|| et azzioni (sic), che in quals.a modo li spettano, e potessero spettare sopra detta Terra di Rocca Monfina, e suoi Casali, ancorché le sud.e Rag.ni fussero Reali, e riserbati (sic) al Principe, e tali che di esse bisognasse qui farne espressa menzione. E colla facoltá à detto Sig.r Principe D. Andrea conceduta di reintegrare tutti, e qualsivogliono corpi feudali, e burgensatici, jus ragioni, et ogni altra cosa, niuna eccettuata à detta Terra, e suoi Casali, tenimento, pertinenze, e distretto spettanti, senza che detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro sia tenuto à pagam.° veruno à beneficio della Regia Corte per le cose [ded.e] forse reintegrande, dummodo tamen fiscus ad nihilum teneatur à tenore della postilla fiscale accettata dal sud.° Morola, e non altrim.e. Debbia però il Regio Fisco prestarli tutta l’assistenza, con trattarsi tutte le cause dependenti ||f. 248r|| dalla Compra di detta Terra, e Casali nel Tribunale della Regia Camera, e non in altro Tribunale. E con tutti gl’altri corpi, jus, ragioni, e giurisdizioni, intendendosi 51 Terra filiorum Pandulfi. I venduti tali, quali sono quelli di demanio in demanio, di servizio, in servizio, di feudo, in feudo, e di burgensatico, in burgensatico, non mutata in cosa alcuna la natura del feudo, e la forma de privilegi, e cautele, che n’apparono, non ostante (sic), che nell’apprezzi sud.i siano stati descritti per feudali, o burgensatici, il tenore de quali sud.i privilegi, e cautele si abbia per inserito, e descritto de verbo ad verbum nel presente Istrom.°, dimodo che per la descrizione particolare non s’intenda fatto pregiudizio alla vendita gen.le di tutti, e quals.° beni burgensatici, e feudali di detta Terra, e non specificati in detti apprezzi. ||f. 248v|| Franca, e libera detta Terra, e suoi Casali<,> giurisdizione, Corpi giurisdizionali, feudali, e burgensatici da qualunque vincolo di sostituzioni, Fedecommessi purificati, ó purificandi, e da qualunque altro peso, obligo, et ipoteca, contratto, debito, o legato, censo, laudemio, eccetto dal feudal servizio, seu Adoa dovuta alla Regia Corte, ó suoi assegnatarj in somma d’annui doc.ti 13, e g.a 17 2/4 juxta librettum Realis Patrimonj á tenore della postilla fiscale fatta nella margine dell’offerta accettata dal sud.° Morola; et eccetto ancora dal peso della bonatenenza per li corpi burgensatici, quatenus de jure si dovesse, da decorrere detti pesi a carico di detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro dal dì 3 Aprile 1756 in poi, nel qual giorno li fú consignato il possesso di detta Terra: Per lo passato però sino a detto dì sia tenuta la Regia Corte esimere intende, et [il]lego d.° Sig.r Principe D. Andrea Casimiro da qualunque molestia, e danno ||f. 249r|| per causa di detti pesi di Adoa, e Bonatenenza. E si è dichiarato che li frutti, proventi, emolumenti, rendite, et entrate di detta Terra sono principiati à decorrere à beneficio di detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro dal d.° dì 22 del mese di Marzo di quest’anno 1756, nel qual giorno li fu fatto l’effettivo pagamento delli sud.i docati 24 m/a prezzo di detta Terra, e suoi Casali ut supra, cioè rispetto alli frutti naturali pendenti, e non esatti vadino a’ beneficio di detto Sig.r Principe di Marzano D. Andrea Casimiro d’Ambrosio, e li frutti civili di debbano dividerli con la Regia Corte pro rata temporis, in omnibus, però servata la forma dell’offerta di detto D. Gabriele Morola, e postille fiscali fatta nella di lei margine, e non altrim.e né d’altro modo. E questo tutto per il sud.° prezzo offerto di doc.ti 24 m/a, per li quali si estinse la candela a’ tutta passata a’ benef.° di detto Mag.° S.r D. Cesare Coppola, quali doc.i ventiquattromila, già sono stati per 52 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) d.° ||f. 249v|| Sig.r Principe D. Andrea Casimiro pagati per mezzo del Banco SS.mo Salvatore con sua fede di credito de 22 Marzo 1756 de quali d.ti 24 m/a con mandato spedito dal Tribunale della Regia Camera se n’è fatta fede di credito di docati settecentoquarantanove tt.s 4.15 in testa della Regia Corte a’ disposizione della Regia Camera, e Sig.r Presidente Commis.rio per le pretenzioni dedotte negl’atti da Suor Maria Amalia Luzan Religiosa nel Monist.° di S. Giuseppe de Russi di questa Città figlia del Sig.r Conte D. Ant.° Luzan adimpletis, adimplendis da detta Suor Maria Amalia, a’ tempo della liberazione se li farà di d.° denaro. Dimodo che da oggi in poi, et in perpetuum detta Terra di Rocca Monfina, con i suoi Casali, loro Corpi, entrate, rag.ni, giurisdizioni, et intiero stato, anco sotto la parola signanter espressi, e contenuti in d.° apprezzo, e sua Revisione, e con tutti gli altri beni, e rag.ni, tanto in generale, quanto ||f. 250r|| in particolare come di sopra venduti passino nell’utile dominio di detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro, e de’ suoi Eredi, e successori infra gradus successionis feudalis, rispetto alli beni feudali, e nel pieno dominio di detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro, e de suoi eredi, e successori, rispetto alli burgensatici ad averli [et] tenerli [et] venderli [etc.] non mutata però in cosa alcuna la natura del feudo, cedendo essi Sig.ri Ministri in nome di S.M., e della sua Regia Corte, e Fisco ogni Ragione a’ quella competente contro quals.no persone, per ragione, e causa di detta Terra, e suoi Casali, e loro Corpi, giurisdizione, et intiero stato, come di sopra liberata, e venduta, e tanto in vig.e delle cautele, e privilegj, che n’apparono, quanto in qualunque altro modo, ponendo detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro in luogo della Regia Corte, e costituendo Procu.re ||f. 250v|| irrevocabile in cosa [prospett.a]. E con tutti quelli privilegj, prerogative, ragioni, giurisdizioni, preeminenze, ed [censi], colli quali, e sincome l’ultimo Feudatario meglio, e più pienam.e ha avuto e posseduto detta Terra, e suoi Casali, e loro Corpi, Ragioni, giurisdizioni, e beni, e sincome ad presente la Regia Corte, e Fisco l’ha tiene, e possiede, e sono contenuti in detti due apprezzi, delle quali rag.ni , e prerogative tutte, d.i Sig.ri Ministri in d.° nome niente n’hanno riserbato alla Regia Corte, né ad altra qualunque Persona, anzi tutte dette Ragioni, ancorché fussero Realie, e riserbate al Principe, e tali, de quali bisognasse qui farne espressa, e special menzione, e non venissero incluse, né comprese nel general parlare, et à 53 Terra filiorum Pandulfi. I tenore di d.i due apprezzi, della enunciata offerta, postille, e moderazioni fatte dal Regio Fisco, accettazioni, e repliche fatte dallo stesso D. ||f. 251r|| Gabriele Morola, e quelle viste, ed ammesse dal Regio Fisco e non altrim.e né d’altro modo udendo essi Sig.ri Ministri in d.° nome che il tutto s’intendi individualm.e trasferito, sincome lo trasferiscono in persona di d.° Sig.r Principe D. Andrea, e de suoi Eredi, e Successori infra gradus successionis feudalis rispetto alli feudali, costituendoli Procuratori irrevocabili in cosa propria, poiche (sic) nessuna rag.ne [etc.], et hanno costituita la Regia Corte per semplice costituta, udendo che quella sia tenuta per legge, rag.ne, et uso [etc]. E si è dichiarato, che la pñte liberazione, e vendita di detta Terra s’intendi fatta con tutti li privilegj, e prerogative delle vendite, che si fanno ad istanza del Regio Fisco, e sotto l’asta fiscale della Regia Camera, e specialm.te colla prerogativa, e privilegio della L. 2.a omnes, e della L. 3a Bene a’ [G]en. Cod. de quatr. prescript.ne; Dimodo che niuno Creditore, o Pretensore possa aver rag.ne, e molestare directe, o indirettam.e detto Sig.r Pñpe D. Andrea Casimiro, e suoi Eredi, e succes.ri per qualunque causa, ragione, et azzione (sic) anco dominicale, et Ipotecaria quanto si fusse privilegiata; ma debbia e[...] ||f. 251v|| contro del Regio Fisco servata la forma di d.a L. Bene a’ [G]en., e di ogn’altro privilegio Fiscale. E per esecuzione del Capitolo Settimo dell’Offerta presentata da d.° D. Gabriele Morola si è dichiarato, che la vendita di d.a Terra s’intendi fatta colli med.i confini descritti, e designati da d.° Mag.co Regio Ingeg.re D. Agostino Caputo nel sud.° suo apprezzo, e s’intendino di nuovo qui nel pñte Istrom.° descritti de verbo ad verbum. Con patto espresso, che venendo d.° Sig.r Principe D. Andrea a’ patire qualche litigio per li d.i confini, sia tenuta la Regia Corte alla Refezzione (sic) di tutti li danni, spese, ed interessi, ancorché la lite fosse ingiusta, e che d.° Sig.r Pñpe Compratore restasse vincitore, quale litigio forse premonendo per d.i confini si debbia trattare nel Tribunale della Regia Camera. Nella margine del sud.° capitolo 7.° dell’offerta vi è la seg.te postilla fiscale V.t = Fiscus promittit tantummodo assistentiam, quale postilla fiscale venne accettata dal sud.° D. Gabriele Morola oblatore nella seg.te maniera V t . = accetto la sud.a postilla fiscale, conché però in ogni futuro tengo, che Io, o la Persona nominanda venisse a soccumbere ||f. 252r|| nella perdita di qualunque porzione di d.i confini, o di altro, contenu54 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) to nell’apprezzo, sia il Fisco tenuto all’amenda, et evizzione (sic) = Morola = E da detto Sig.r Avvocato Fiscale Cavalier Vargas fú replicato V.t: Fiscus. Et espressam.e si conviene, e dichiara che la liberazione, e vendita di detta Terra, e Casali s’intendi fatta con tutti li patti, e condizioni contenuti in d.a offerta, e postille fiscali fatte nella sua margine, accettate dall’oblatore copia della quale offerta, e postille fiscali, apprezzi, ultimo atto d’estinzione di candela, ed atto di possesso, e Reali Dispacci per me si conserva, et il suo tenore appresso s’inserirà. Sottomettendo essi Sig.ri Ministri in nome di S.M. tutti, e quals.no Vassalli, et Uomini di d.a Terra dal giorno del possesso in poi in tutto, e per tutto a d.° Sig.r Principe D. Andrea Casimiro d’Ambrosio, salva (sic) però le lettere d’assicurazione de Vassalli, da impetrarsi dalla Regia Corte secondo l’uso, e consuetudine del Regno. Comandando a’ quelli in genere, et in specie, che riconoscono d.° Sig.r Pñpe D. Andrea Casimiro delle rag.ni solite, e consuete per d.a Terra, e suoi Casali, et a’ ||f. 252v|| quello obediscano come loro, e di detta Terra vero ed utile Sig.e, e Padrone. Ed hanno promesso, e convenuto essi Sig.ri Ministri in d[...] nome per sollenne (sic) stipulazione [etc.] a’ d.° Sig.r Pñpe D. Andrea Casimiro pñte [etc.] la liberazione, vendita et alienazione pred.a [etc.], e tutte le cose pred.e [etc.], colli patti, e clausole pre.i et infratt.e, sempre [etc.] averle [etc.] rate [etc.], et a’ quelle non controvenire [etc.] per quals.a Causa [etc.]. Di più essi Sig.ri Ministri in d.° nome hanno promesso d.a Terra di Rocca Monfina, e suoi Casali, con quals.no suoi Uomini<,> Vassalli, corpi, beni, rag.ni, giurisdizioni, e pertinenze quals.no contenuti in d.i apprezzi con tutte loro rag.ni, e la possessione di quelli in giudizio, e fuori da ora sempre, et in perpetuum a d.° Sig.r Principe D. Andrea Casimiro defendere, et antestare, et essere la Regia Corte venuta d’evi[z.e] tanto de jure, quanto de facto, e così per ragion di dominio, come di ipoteca, o’ servitù generalm.e, e specialm.e da tutti Uomini, e persone in amplissima forma, et ogni lite [etc.] assumere nella Regia Corte, et intieram.e rifare tutti li danni [etc.], e tanto avendosi ||f. 253r|| riguardo al tempo, che forse seguisse d.a e[v]izzione (sic), quanto al presente tempo ad elezione però, e volontà di detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro d’Ambrosio, e de suoi Eredi, e succes.ri, e sincome è meglio, utile, et espediente li parerà, e piacerà, qual e[v]izzione (sic) 55 Terra filiorum Pandulfi. I però sintenda quo ad corpora tantum, e non già quo ad redditus. E si è convenuto, che sopra il presente contratto di liberazione, e vendita di detta Terra abbia da impetrarsi il Reale assenso dalla Maestà del Re nostro Signore per la Real Camera di S. Chiara da registrarsi poi nelli Regi Quinternioni, e nel Regio Cedolario a’ spese di detto Sig.r Principe D. Andrea Casimiro. Il tenore delli sud.i apprezzi<,> offerta, e postille fiscali, ultimo atto d’estinzione di candela, atto di possesso, e Reali Dispacci è come siegue V t . Inserantur E per la Real osservanza delle cose sud.e [etc.] essi Sig.ri Ministri ||f. 253v|| spontan.te hanno obligato se stessi in d.° nome, e la Maestà del Ré nostro Sig.re, sua Regia Corte, e Fisco di questo Regno, e li serenis.mi eredi, e succes.ri di d.a Regia Maestà, e beni tutti anco demaniali, feudali pñti, e futuri a d.° Sig.r Principe D. Andrea Casimiro, et à me sott.to Secret.rio di S.M. pñte [etc.]; Et esso Sig.r Principe D. Andrea Casimiro spontan.e ave obligato se stesso, suoi Eredi, succes.ri, e beni tutti [etc.] burg.ci, e feudali pñti, e futuri alla Regia Corte, et a d.i Sig.ri Ministri in d.° nome et a’ me [etc.] pñti [etc.], sub poena et ad poenam degli [etc.] med.i [etc.] cum potestate Cap.i [etc.] Constit.e praecarj [etc.] renunciaverunt et juraverunt (sigla) Praesentibus Judice Januario Lamberti de Neapoli R.° ad Conv[...] D. Josepho Ranucci M.° Notario Joanne Merolla M.° Notario Josepho Coccovese. | | testibus | V. S. D.i Joannes Ranucci Secretarius Suae Regiae M.tis Notarius eius Regiae Curiae; ac Primus Notarius huius Civitatis et Regni Neapolis (firma)». A questo punto andrebbe inserito il testo della copia dell’Apprezzo del 1737/38 (Allegato I), per il quale si rimanda all’opera Rocca ad Mefinu cit., pp. 21-35. 56 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) Testo della copia della Revisione del 1756 (Allegato II): — «||f. 1r|| Natale d’Amato Attuario della R.a Camera vi Sig.mo dal m.co R.° Ing.re Gaetano Levere per esecuz.ne di dec.to della Reg.a Cam.a del 27. Agosto del pas.to anno 1755 preced.te Real Dispaccio di S.M. (Dio g.di) del 12 d.° è stata fatta la seguente relaz.ne V.t<:> Al Reg.° Cons.o, e Pres.te della Reg.a Cam.a della Sum.a Sig.r D. Antonio Belli Com.rio; Sin dall’anno 1738 ritrovasi fatto l’apprezzo della Terra di Roccamonfina dal Reg.° Ingeg.re Cam.[le] D. Agostino Caputi preced.te ordine, ed appuntam.to della Reg.a Cam.a coll’Intervento su’ la faccia del luogo del q.m Ill.re Marc.se D. Carlo Puoti fu’ Pres.te della d.a Reg.a Cam.a, e del q.m Ill.re March.se D. Matteo de Ferrante allora Avv.to Fiscale della med.a, ma su’ l’idea che tale appresso fusse alterato son già scorzi (sic) più che i tre lustri, né oblatore vedesi affacciato per la compra di quella, se non che di pñte si è umiliata supp.ca alla M.tà del nostro Sovrano (Dio g.di) dall’Avv.to D. Gabriele Morola, colla quale esponendo egli l’enunciato apprezzo esagerandone l’alteraz.ne de prezzi così nella valuta di sua giurisdiz.ne, come negl’altri corpi asserisce di voler attendere al di lei compra purché si moderi l’apprezzo suddetto, sup.do farsi quello rivedere dalli med.i atti per altro Reg.° Ingeg.re, o Tavolario del S.R.C. degnandosi pertanto la Maestà del nostro Re’ rimettere tal richiesta alla Regia Cam.a della Sum.a, mediante suo Real Diploma, ha stimato la med.a ordinare con Suo dec.to [solo] a’ relaz.e [al p.te], ed inteso il Reg.° Fisco in data delli 22 del pros.° pas.° mese di Agosto 1755 che l’apprezzo di d.a Terra di Roccamonfina si rivedesse per me sott.° Reg.° Ing.re [Cam.le] dagl’[Ist]essi atti; laonde ||f. 1v|| essendo mio obligo dar esecuz.ne del sud.° venerato dec.to per adempìre a’ quel tanto mi viene incaricato ho’ minutamente osservato gl’intieri atti, che su’ la faccia del luogo coll’Intervento de’ sopranominati Ministri furono fabricati, et osservando punto per punto la relazione del d.° apprezzo formata dal succennato Reg.° Ingeg.re Caputo in d.° anno 1738, ora di quella ne formo il pñte nuovo apprezzo, e comeche riveder devo degl’istessi atti quel tanto si è riferito, e valutato da d.° m.co Caputo percio’ permettomi per guida l’istessa relaz.e del pred.° Ing.e Caputo sequendo per maggior intelligenza del pñte apprezzo l’istesso metodo di quella nel modo che segue V.t. Riferisce, riverito mio Sig.re il pred.° Reg.° Ing.re Caputo dopo il pre57 Terra filiorum Pandulfi. I liminare di sua relaz.e, che la Terra sud.a di Roccamonfina con suoi Casali ritrovasi situata nella Prov.a di Terra di Lavoro, distante da questa Cap.le miglia trentadue in cui puossi andare e per la Strada della Città di Sessa, come via più comoda, e tutta galessabile, e per la Strada della Città di Tiano, benché meno comoda come via soltanto atta col galesso fino a d.a Città di Tiano donde poi per cavalcatura, in d.a Terra si può aver l’accesso, mediante il camino (sic) di miglia quattro; Riferisce altresì che in ogni Sabato nella d.a Città di Tiano vi è mer||f. 2r||cato, che ogni venerdì sia quello nella cennata Città di Sessa, che per anche non più di miglia quattro l’è lontana; e così passo passo va dinotando le distanze tiene detta Terra dall’altre Città, e Terre quasi convicine come Capua, Gaetà, per lo che tralascio qui rappresentare per non esser prolisso. Indi descrive la situaz.e, in cui trovasi la Terra pred.a riferendo essere ella divisa, e ripartita in più Casali parte sui Colli di alcuni Monti, e parte su’ picciole colline, che il suo Aere è salubre per stare situata dalla parte di mezzo giorno, e [...]minata da venti, e che perciò l’abitanti d’essa godono perfetta salute. Che nel principio siavi un gran largo, dove ogni lunedì vi si fa’ il mercato, concorrendovi moltissima gente delle convicine Città, e Terre a’ vender che vienevi; che sianvi nel med.° largo sei ben grossi, e fronduti olmi con cinque poggi di fabrica, che recan commodo a’ naturali di detta Terra in tempo estivo, che tal largo [e: gli] è racchiuso da ottime abitazioni di due ordini, tutte a’ Tetti, con [d]ette Botteghe in un lato per vendita de’ panni, oltre dell’osteria e vari vicoli con case de’ med.mi naturali, che nella testa di d.° largo verso levante ritrovasi un’antica Torre di figura quadra ripartita da tre ordini, il p.mo di tre stanze, nelle quali si regge Corte del Gov.re di essa Terra; il secondo, e [terzo] d’alcuni camerari nella di cui ||f. 2v|| sommità vi è una campana per unire i Cittad.i, allorché fanno parlam.to, e sotto d.a Torre sono le carceri, che intorno d.a Torre verso il largo del cennato mercato vi stia la Chiesa Collegiata sotto il titolo della B.V. Assunta, et à minuto ne fa la sua descriz.ne che qui non ripeto per la ragione antedetta; Annotando, che viene ella officiata da dodici Canonici de’ quali è Capo l’Arciprete, ed altri sei godono il titolo di curati, che sonve parim.te molte altre Cappelle che [attrovansi] nel ristretto di d.a Terra, ed una sorgente, di acqua perenne commune a’ tutti che sta’ poco di sotto di d.° mercato. 58 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) Riferisce poi che la sud.a Terra componesi di sedici piccioli Casali divisi con quattro altre Parrocchie, quattro de’ quali Casali nominati Ciccioni, [Campelli], Gliglioni, e Turisichi sono soggetti al mentovato Arciprete per l’Amm.ne de Sacram.ti, e il Casale sud.° nominato di Ciccioni per stare adiacente dalla parte inferiore a’ d.a Terra, viene abitato da famiglie più Civili, e l’abitaz.ni sono di p.mo, e secondo ordine di buona forma costrutte, et in esso è altra Sorgiva d’acqua perenne, della di cui acqua si servono a lavare i panni<,> che in detto Casale ci sono altre due Chiese, e della med.ma ne forma distinta descriz.e. Va in oltre proseguendo la descriz.ne di altre Cappelle, ||f. 3r|| che sono così in d.° Casale di Torisichi, come in quello di Glilioni, in cui evvi anco altra Sorgiva; che verso sopra la Montagna siavi altro Casale detto Gallo composto di molte abitaz.ni parte ad uno, e’ parte a’ due ordini tutti a’ tetti divise a’ strade, in dove è la Chiesa Parochiale governata da tre Canonici Curati della sud.a Collegiata e vi è il Campanile, ed orologio. Che mezzo miglio distante da d.° Casale sop.a una Montagna denominata de dattili (sic) vi stà un antico convento dei P.P. Minori osservanti di S. Fran.co fuori del quale vi è una Sorgive d’acqua perenne, vi è la Chiesa, e mantengonsi dodici Padri. Cinque di essi Sacerdoti, e gl’altri laici, con altre circostanze che per brevità lascio. Sussiegue a’ descrivere alcuni altri Casali, e precise uno denominato S. Pietro delle Scalambrice con altri sei piccioli Casali poco distanti l’uno dall’altro nominati li Guarini, Fontana Fredda, Cerquarola, le C[e]se, e S. Domenico con abitaz.ni quasi tutte di un ordine coverte a tetti con strade montuose presso situati nelle falde del Monte detto di S. Croce, con loro Chiese, ed altri commodi, essendovi altri conventi, e Chiesa de’ PP. Domenicani, tenendo di famiglia tredici Padri; ed oltre à ciò descrive altre Cappelle, e Sorgive che per detti ||f. 3v|| Casali esistono; E poi nota, che circa un miglio distante di d.a Terra verso mezzogiorno trovasi altro Casale detto di Torano a’ quale va unito altro Casale chiamato de’ Felossi (sic), et altresì distante da essi un altro miglio caminando verso levante vi è il Casale detto delli Garofali unito con esso il Casale detto di Tavola, e dipartitam.e di essi ne fa’ la descriz.ne con le Chiese, e Sorgive che vi sono, che avendosi in d.a relaz.e del m.co Caputo, mi dispenso per ripetere. Osservasi etiandio dalla pred.a relaz.e, che la d.a Terra di 59 Terra filiorum Pandulfi. I Roccamonfina, e suoi Casali vien numerata per fuochi quattrocento e tredici, come apparisce dalla fede di certificatoria del nuovo carico formato dal [p.no] Gen.[le] 1737 nell’atti di d.° accesso fol. 4, e contiene anime duemila settecento cinquanta nove così capaci di communione, come in capaci, lo che parim.te apparisce dalla fede negl’atti sud.ti fol. 22; e che fa soldati di Battaglione a’ piedi n.° venti, et a’ Cavallo n.° quattro, conforme leggesi dalla fede formata dalla Univ.tà di d.a Terra in detti atti fol. 78. Osservasi dagl’atti sud.i, e da d.a relaz.e, che gl’abitanti ||f. 4r|| della cennata Terra, e Casali sono parte Bracciali, e parte che attendono alle mercanzie di Compra, e vendita, anco riguardo al commodo del mercato coma sopra riferito, e le loro donne parte attendono alla Coltura de’ Campi, e parte alle massarizie di Casa, che dell’abitanti vestono commodam.e, e la mag.r parte di panni ordinati, che vanno tutti calzati, e dormono sopra matarazzi di lana, e pagliacci (sic). Che nella med.a Terra, e Casali, si [avvi] da venti famiglie Civili, due Dott.ri di legge, cinque di medicina, e due chirurgi, quattro Agrimensori, due Speziali di Medicina, e quattro manuali, quattro Sartori, otto Scarpari, diece fabbricatori, e quattro Barbieri, lo che tutto viene attestato dalla p.tta Univ.tà nell’atti pred.i fol. 82. In oltre si ave da’ med.i atti, e da d.a relaz.e, che il Territ.° della sud. Terra, e Casali produce ogni sorte di Vittovag.e per commodo, e mantenim.° degl’abitanti d’essa consistente in grano, lino, Canape, Castagne, Avena e Prato, che d’oglio però ne facciano in abbondanza non già in d.a Terra, ma che possedendo i suoi Cittadini molti Territori in tenim.to della ||f. 4v|| Città di Sessa, ivi raccogliono dell’oglio tanto che lo vendono a’ Forastieri, et è la loro maggior rendita, che le Vettuaglie vagliano rispetto al grano a’ Carlini otto il tomolo, il lino a’ Carlini sei la decina, le Castagne a’ Carlini tre il tomolo, che per raccoglierne abbondantem.te ne’ proprij Territorij vendonsi a’ Forastieri, l’Avena a’ g.na venticinque il tomolo, e’l vino a’ Carlini quattro il barile; che detti Cittad.i posseggono per loro comodo, ed industria duecento muli, circa venti Cavalli, Settecento tra pecore, e capre ottocento animali [...], cento cinquanta Somari, e duecento bovi trà [vacche e] Genghi, loché tutto parim.e leggesi dalla fede 80 dell’atti sud.i. Che la pred.a Terra, e suoi Casali venga governata da quattro Sindici, che si eligono la domenica doppo la metà del mese d’Agosto per pubblico parlam.° dal Popolo nella Curia dell’Univ.tà a’ nomina 60 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) dell’antecedenti Sindici, i quali governano poi separatamente il di loro quartiere, e nell’istesso luogo eliggono il Cancelliere; da [darseli] docati otto l’anno di ||f. 5r|| provisione et a’ pred.ti Sindici docati diece l’anno per ciascheduno, tengono altresì tre Giurati con prov.ne di doc.ti quaranta l’anno, tutt’e’ trè<,> che nella quadragesima vi si predica, ed al Predicatore se li danno doc.ti Cinquanta venendo eletto d.° Predicatore dal Vescovo di d.a Città di Tiano, siccome tutto ravvisasi dalla fede fol. 76 degl’atti pred.ti. Che in d.a Terra, e Casali vivesi a’ Catasto, ed a’ tassa e da essi pagansi li pesi forzosi della Reg.a Corte che Fiscali, ed ogn’altro che occore, siccome costa eziandio dalla fede in d.i atti fol. 72, et 73 a t.° Che riguardo allo Spirituale vien governata dall’Arciprete, e Curati [vivendo] soggetti alla giurisdiz.ne spirituale del d.° Vescovo della Città di Tiano, e per il temporale viene governata da un Gov.re eligendo dall’utile B.ne del Feudo sud.° alla giurisdiz.e delle p.me, seconde, e Terze Cause, Civili, criminali e miste assistendo il [m.mo] d’altri Servienti, e suo Baglivo, etiandio diricorso alla [G.C.] della Vic.a. Riferisce ancora il d.° m.co Ing.re Caputo [varie] fontane, e sorgive, che in d.a Terra sono per comodo de’ Cittadini tanto quelle di sopra enunciate, quanto altre, che parim.e nascono da d.° Territ.° e scorrono in quello della ||f. 5v|| città di Tiano per cui i Cittadini d’essa Terra son franchi di Bagliva in d.a Città, siccome viene attestato nel fol. 59 degl’atti pred.i. Che sono in d.a Terra dieceotto montani, o’ sian Tapeti per macinar l’olivi posseduti da particolari Cittadini, e [venti] molini per macinar grano, formati dall’acque dell’enunciata Sorgiva, che etiandio si possedono da particolari Cittad.ni di d.a Terra, nella Baronal Corte v’ha jus alcuno lo che apparisce anche dalla fede fol. 6[2] di detti atti. E che li med.i Cittadini godono alcune franchizie con altre terre convicine allorché vi è mercato, e fiera o[v] essi si portano a’ vendere e comprare, e così quelle dalle Terre godono in essa di Roccamonfina, con le quali sta parim.e ad acqua, ed erba comune, siccome leggesi dal fol. [2]4; e 25 degl’atti pred.ti. Trattando poi de’ confini della pred.a Terra, e Casali riferisce il d.° m.co Ing.re Caputo, [e viene] attestato da d.a Univ.tà fol. 24 di detti atti che i suoi Territorij confinano con quelli della d.a Città di Tiano, con quelli della Terra di Cajaniello, con quelli della ||f. 6r|| Terra di Marzano, con quelli della Terra di Conca, con quelli della Terra di 61 Terra filiorum Pandulfi. I Galluccio, e con quelli della detta Città di Sessa; Indi va’ egli d.° m.co Ing.re descrivendo punto per punto tutto il circuito di d.a confinaz.e preced.te [...] degl’esperti di tutte d.e Uñtà confinanti con andar descrivendo luogo per luogo la confinaz.e pred.a riferendo ascendere ella al circuito di miglia dieciotto, ed un terzo, lo che per brevità non rapporto, essendosi in d.a relaz.e con distinz.e notato. Comp[oste] tutte l’osservate descriz.i prerogative, e confinazioni di d.° Feudo passo a’ notare le rendite del med.° con l’istesso metodo por[tato] da d.° m.o Ingeg.re Caputo, e perciò Corpi Feudali, che si possiedono dalla Baronal Corte In [primis] la giurisdiz.e di d.a Terra, e suoi Casali delle p.me, Seconde e Terze Cause, Civili, Criminali, e Miste, Mero et Misto imperio cum gladij potestate<,> quattro lettere arbitrarie<,> Banco di giustizia con tutte le facoltà, e prerogative solite concedersi a’ Baroni di si fatti feudi, godendo i suoi emolum.ti, e proventi ||f. 6r|| tenendo la facoltà di componere li delitti, e le pene corporali in pecuniarie, quelle rimettere in tutto, o’ in parte sodisfatte p.ma le parti offese come costa da detti atti, e propriam.e da i Testimonij Fiscali sopra l’articolo 5.°___ Secondo la Mastrodattia, [e] fida degl’animali, unite alle quali, va’ la fede de’ danni dati, licenza di caccia, e dell’accetta per legnare ut fol. 15 di detti atti, la rendita del pñte Corpo, sebbene dicasi alle volte esser stato affittarsi annui doc.ti quattrocento, ed otto per li concor[si di] che vi sono stati nulla di meno coacervato le rendite da’ libri degl’Erarij, et attento il ristretto ut fol. 54 di detti atti, si porta da d.° Reg.° Ing.re per annui doc.ti trecentonovantasei, e g.na 15.5/7 ______ 396. __ 15.5/7. So per tanto che riveder devo il pñte apprezzo ex eisdem actis avendo osservato l’atti sud.ti e specialm.te il ristretto ||f. 7r|| formato in tempo dell’accesso anzicennato dall’att.rio della Causa fol. 54 ritrovo che cumulando gl’anni cinque dal 1728 al 1733 rispetto a’ tal rendita ripartendola poi ne viene ogni anno compensata med.te la summa di d.ti quattrocento, e [sette], e g.na 59. 1/5 e non già la d.a summa di d.ti 396, e g.na 13 5/7, portata da d.° m.co Ing.re Caputo, il quale credo [...] così é hà [...] la [...] [da] due rubriche che sono in d.° ristret62 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) to, e poi l’ha ripartite, loche io non stimo possa aver luogo, a motivo che dette due contengono una la rendita dell’anno 1663, e l’altra dell’anno 1714, onde stimo in congruo voler ora tener conto di una rendita sì [reno.ta], e perciò attento le ragioni pred.te io stimo ||f. 7v|| regolare il pñte apprezzo colle rendite di detti anni a’ noi più propinqui, e per tal ragione carico tal rendita per annui docati _______407. __ 59.1/5. Terzo la Bagliva, Portolania, e Zecca, la quale si porta di annua rendita di doc.ti trentasei per antica transaz.ne passata coll’Uñtà di d.a Terra, siccome apparisce dal fol. [8], e dal fol. 15, e’ verificato si è con Testimonij Fiscali su’ d.° articolo, onde d.° m.co Ing.re Caputo carica annui docati trentasei _ 36_ E per li motivi sud.i io carico l’istessi annui doc.ti trentasei _________ 36 ___. Quarto il Jus prohibendi del taglio delle pietre che d.° m.° Ing.re Caputo carica per annue grana quarantacinque _________, ___ 45. Avendo io osservato gl’atti ritrovo che sebene (sic) i Testimonij esaminati ||f. 8r|| sopra l’11.° articolo depongono, che il Barone possiede d.° jus, non perciò ci assegnano rendita alcuna, ma dicono andar compreso col Territorio detto della Molara, e soltanto dal ristretto anzicitato osservo, che d.° jus nel corso di d.ti anni cinque abbia reso carlini nove, che dipartiti come sopra per gl’anni cinque sud.° a’ noi più vicini di d.° ristretto imp.no annue g.na dieciotto, e perciò carrico per d.° Jus ___, _18. Che in uno le pred.e annue rendite Feudali di d.a Terra ascendono secondo il sentim.° di d.° m.o Ingeg.re Caputo a’ doc.i quattrocento trentadue, e g.na 58 5/7 e da d.a Summa ne deduce così annui doc.i tredici e gña 17 1/2 per il peso dell’Adoa che sop.a d.° feudo io pago giusta ||f. 8v|| la fede fol. 7 di detti atti, come annui doc.i trentasei per l’annua provisione pagarsi ad un soldato, [...]citano netti annui doc.i trecento ottantatre, e gña 41.3/12 _ 383. __ 41.3/12. Tal rendita feudale però come di sopra ho riferito 63 Terra filiorum Pandulfi. I ascende giusta il mio Sentim.°, e per le ragioni di sopra riferite ad annui doc.ti quattrocento tre, e gña 77.1/5, da quali dedotti l’istessi doc.ti 49, e gña 17.1/2 per l’Adoa, e provisione di un soldato come sopra resta netta per annui doc.ti trecento novanta quattro, e gña 59.7/10 ________ 394. __ 59.7/10. Corpi Burg.ci che si possed.no dalla Baronal Corte In primis possiede la Torre con abitazione al di sopra sita in testa del des.tto largo dove si forma il mercato che des.tto da d.° m.co Ing.re Caputo, e da me al di sopra se n’è fatta parola. ||f. 9r|| Secondo un Territorio denominato Prencipe che è Territ.° piano con porz.e montuosa seminatorio dove vi sono trenta piedi di Castagnie (sic) confinante verso Levante col Territorio arbustato, che possiedesi dall’istessa Baronal Corte detto delli Pipini, ed altri confini giusto vien notato dal d.° m.co Ing.re Caputo che dice anco essere di Capacità moggia venti, e passi 189. Secondo il passo pratticato in d.a Terra, che si porta di rendita dal med.° Reg.° Ing.re conpensatamente (sic) annui doc.ti venticinque, e gña 71.3/7 ___ 25. __ 71.3/7. Riguardo alla descriz.ne, sito, qualità, e capacità devo uniformarmi a’ quel tanto si riferisce da d.° m.o Ing.re Caputo, giache (sic) non altro rastro (sic) ne ho’ dagl’atti, ma riguardo alla Sua rendita vado a considerare, che lo ratizzo, e partizione ||f. 9v|| fatta da d.° m.co Ing.re non sia ella adatta mercè che pur anche credo, siccome di certo abbiasi regolato colla rendita del pred.° anno 1714. notata in d.° ristretto fol. [5]4, e così parim.te ha fatto per gl’altri Corpi describendi, quandoche di quello non può aversene ragione per i motivi di sop.a enunciati, e come [anno] non colligato con gl’altri anni susseguenti; Onde io cumulando, e ripartendo la rendita di d.° Territorio per li precennati anni cinque à noi più propinqui, siccome negl’altri seg.ti Corpi farò carico d.a 64 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) rendita per annui docati ventisei _________ 26 ___ Terzo la ripa di Castagne, e quercie (sic) nel luogo detto la Pendinella, seú ripa della Duchessa, dove la Baronal Corte vi ha il jus di tagliarvi le mole per li molini, che da d.° m.co Ingeg.re ||f. 10r|| des.tto, e confinato, e si carica per annua rendita di doc.ti uno, gña 15. 5/[2] _________1. __ 15.5/[2]. Osservatosi da me il mentovato ristretto ritrovo che compensatam.te la rendita di d.° Territ.° ascende ad annui Carlini undeci ne so’ donde sia stato mosso d.° m° Ing.re ad accamparla come sop.a, giacche (sic) se ripartita l’accessa con includervi gl’anni antecedenti sarebbe minorata de Carlini undeci annui, non già cresciuta onde io la carico per annui _________ 1. __ 10. Quarto porta d.° m.co Ing.re Caputo annui doc.ti quattro, e mezzo, che si corrispondono da Geronimo Gallo per Capitale di doc.ti Cinquanta come dalla fede dell’Uñtà fol. 15. non avendo tal rendita coll’anzi notate, come quella che tiene Capital Certo, che poi a’ suo luogo carica, et io al luogo che si deve di questo Cap.le farò menzione. Et in uno la rendita de sud.ti Corpi ||f. 10v|| Burg.ci delli detti due notabili Territorij ascende secondo d.° m.co Ing.re ad annui doc.ti ventisei, e gña 87.1/2 _________ 26. __ 87.1/2. E secondo me a’ doc.ti ventisette, e gña 10 ____ 27 __ 10. Sussiegue a’ riferire d.° m.co Ing.re Caputo, che furono annoverati, et apprezzati nel 1714 li seg.ti altri Corpi che si disse con ista.a per parte dell’Ill.re Conte di Luzan essere stati acquistati a’ titolo particolare da d.° Ill.re Conte fra’ il tempo possedé d.° Feudo, e perciò egli il m.co Caputo descrive separatam.e V. t. P.mo il Territorio detto li Colletta ad uso di Orto con alcuni piedi di frutta di vine fa la descriz.e, e confinaz.e, e l’asserisce di capacità moggia uno, e passi [7]60. porta di rendita annui doc.ti undeci, e gña 16.2/3 _________ 11. __ 16.2/3. Da me attento a’ d.° ristretto si porta per annui doc.ti 65 Terra filiorum Pandulfi. I undeci, e gña 80 _________ 11. __ 80. ||f. 11r|| Secondo il Territorio chiamato li Tuorisicchi poco lontano dal sud.° Seminatorio arbustato, e vitato descritto, e confinato da d.° m.co Ing.re l’asserisce di capacità di Moggia Sette, e passi 339 portando per annua rendita coacervatam.te di docati undeci, e gña 92. 2/3 _____ 11. __ 91.2/3. E da me per li motivi di sop.a asseriti si carica per annui doc.ti dodici, e gña 50 ______ 12. __ 50. Terzo il Territorio Seminatorio nel luogo detto li Severini g.a li suoi confini dal d.° m.co Ing.re rappresentati, e di capacità di Moggia nove, e passi 151. caricati per annua rendita di doc.ti diece e gña 80. _ 10. __ 80. E da me per li motivi di sop.a enunciati si porta per annui doc.ti diece, e gña 50 ______ 10. __ 50. Quarto il Territorio nel luogo detto li Pipini, Seminatorio, Arbustato, e vitato des.tto, e confinato da d.° m.co Caputo et asserito di Capacità di Moggia Sette, e passi [7]4. carricando (sic) per annua vendita compensatam.te di doc.ti otto, e gña 90 _____ 8. __ 90. ||f. 11v|| E da me si carica attento come sopra per annui doc.ti otto, e gña 87.1/2 _____ 8. __ 87.1/2. Quinto un altro Territ.° Sito nel luogo denominato l’Assangati (sic) Seminatorio g.a li confini del med.° m.co Ing.re Caputo annotati di capacità soli passi 293 portato per rendita annuale coacervatam.te di doc.ti uno, e gña 60 _______ 1. __ 60. E da me si porta per annui doc.ti uno, gña 80 _____ 1. __ 80. Sesto un altro Territ.° Seminatorio sito nel luogo d.° lo Tuo[r]o di S. M.a giusta i confini des.tti dal med.° m.co Caputo di capacità moggia uno, e passi 285. Si porta per annui doc.ti uno, e gña 42.1/2 _______ 1. __ 42.1/2. E da me si carica per annui doc.ti uno, e gña 26.2/3 _________ 1. __ 26.2/3. In uno tutta la sud.a rendita de pred.ti Corpi Burg.ci secondo la lettera di d.° m.co Reg.° Ing.re Caputi importano annui ||f. 12r|| doc.ti quarantacinque, e gña 66 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) 80.5/6. da quali se ne deduce annui doc.ti quindeci, e gña 81. che si pagano per bonatenenza restano docati ventinove, e gña 99.5/6. _________ 29. __ 99.5/6. E secondo la mia lettura li pred.ti Territorij danno di rendita compensatamente an. d.ti quarantasette, e gña 24.1/6 da quali dedotti l’istessi doc.ti 15 e gña 81. della bonatenenza restano netti doc.ti trentuno, e gña 43.1/6 ____ 31. __ 43.1/6. Infine il d.° m.co Ing.re Caputo dando prezzo al Feudo sud.° avendo considerato primieram.te il sito dove si trova, la distanza da questa Cap.le, e da molte Terre e Città convicine, la qualità, e quantità del Vassallaggio, Capacità, e fertilità del Territ.° producendo ogni sorte di Vettovaglie, vini, e frutti, però non in gran copia, verdume a’ sufficienza, e considerato ancora che l’Aere è di perfetta qualità, e la gente tutta di ottima complessione alla generaz.ne come altresì che la Baronal Corte possiede sop.a il Vassallaggio ani||f. 12v||me num.ro duemila settecento ventinove, l’[onnim.o]<,> la cogniz.e, e giurisdiz.e delle p.me, Seconde, e Terze Cause, Civili, criminali, e miste, mero e misto Imperio cum gladij potestat.e le quattro Lettere Arbitrarie, Banco di Giustizia, et altre facoltà, e prerogative solite concedersi a’ Baroni di simili Feudi, avendo considerato parim.te, che per causa della giurisdizione sud.a gode l’emolum.ti, e proventi seú pene Fiscali, e che tiene la facoltà di componere li delitti di pene corporali in pecuniarie, quelle rimettere in tutto, o’ in parte soddisfatte p.ma le parti offese, considerato per ultimo tutto quello, e quanto in consimili Casi di rag.e considerarsi deve secondo la disposiz.e de tempi correnti, valuto ed apprezzo la giurisdiz.e sud.a, avuta mira alla quantità de fuochi della Terra, e Casali des.tti, attento la minoranza di essi, che fu des.tta nell’anno 1714. per doc.ti dieciottomila cinquecento ottantacinque ______ 18585. ___ Et io come Revisore di d.° apprezzo avendo fatto tutte le anzinotate considerazioni, et aggiungendo alle med.e il comodo, e l’uso della des.tta Torre con abitaz.e ||f. 13r|| nel luogo dove si forma il mercato come quella che non da’ rendita al Barone, ma servir deve per uso, e comodo del feudo, non essendovi altro luogo di Palazzo Baronale, valuto, ed apprezzo le giurisd.e sud.a per doc.ti quindecimila seicento novanta quattro _______ 15694 ___ Indi d.° m.co Ing.re Caputo valutò li d.i annui d.ti 383, e gña 41.1/4 di rendita de sud.ti Corpi feudali di 67 Terra filiorum Pandulfi. I mastrodattia, Bagliva, Portolania, e Zecca, ed il jus del taglio delle pietre netti d’Adoa, e prov.ne del Soldato alla rag.e del due, e tre quarti per cento importa di Cap.le doc.ti tredicimila novecento quarantadue, gña 27.1/4 _______ 13942 __ 27.1/4. Da me si valuta la d.a annua rendita feudale di sopra riferita ascendente alla summa di d.ti 394. __ 59.7/10. eziandio franca d’Adoa, e della provisione ||f. 13v|| del Soldato alla rag.e del quattro per cento prezzo molto confacente alla d.a rendita essendosi valutata separatamente la giurisdiz.e, ed avendo pñte il solito pratticato in altri simili apprezzi dell’istessa condiz.e, ed imp.ta il suo Cap.le doc.ti novemila ottocento sessantaquattro, e gña 92.1/2 _________ 9864. __ 92.1/2. Ascende il prezzo feudale secondo la lettura del d.° m.co Ing.re Caputo in doc.ti trenta duemila cinquecento ventisette, e gña 22.1/4 _________ 32527. __ 27.1/4. E secondo la mia lettura a’ duc.ti Venticinquemila cinquant’otto (sic), e gña 92.1/2 _________ 25558 (sic). __ 92.1/2. Avendo io disminuito il prezzo di d.e giurisdiz.e, e rendita feudale non ostante che unito avesi anco il comodo della d.a Torre à riflesso che se volessi valutare la d.a rendita feudale inclusovi la giurisdiz.e sud.a compensando vendita feudale, e giurisdiz.ne siccome suolesi pratticare in somiglievoli ||f. 14r|| apprezzi di simili feudi d.a rendita feudale calcolata col prezzo di sop.a da me assegnato appena [occuparebbe] l’uno, e tèrzo (sic) per cento prezzo molto vantaggioso per il Reg.° Fisco, seppure non si stimerà incontrario da V.S. e dal T.le della Reg.a Cam.a. In oltre passasi a’ dar prezzo alle rendite Burg.che, e p.mo d.° m.co Ing.re Caputo da Cap.le alli doc.ti Ventisei, e gña 87.1/[7] de due Territorij uno d.° il Principe, e l’altro la Pendinella, e si valuta alla rag.e del quattro per cento importante il suo Cap.le doc.ti seicento cinquanta cinque, e gña 40. 1/12 _________ 655. __ 40.1/12. E da me la rendita pred.a etiandio come rendita burg.ca in feudo la valuto alla med.a ragione del 4. per 100., la quale impor68 D. Andrea Casimiro d’Ambrosio acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) tando annui d.ti 27., e gña 10, la quale importando an. d.ti 27., e gña 10. il suo Cap.le ascende a doc.ti Seicento settanta sette, e gña 50. _________ 677. __ 50. ||f. 14v|| Carica susseguentem.te d.° m.co Ing.re il Capitale di doc.ti cinquanta che si deve da Geronimo Gallo di sop.a riferito __ 50 __. Questo Cap.le da me non si porta nel pñte apprezzo à ragion che ritrova notato nel margine di d.a relaz.e del m.co Ing.re Caputo, fol. 23 a t.° di d.a relaz.ne dall’Att.rio Natale d’Amato, che in luglio dell’anno 1752 fu tal Cap.le restituito, et affrancato dal Reg.° Fisco. Susseguentem.te il d.° m.co Ing.re da prezzo alla Torre con stanze sop.a di essa di sop.a des.tta per doc.ti trecento __ 300 __ Ne tampoco io questa partita devo nel pñte apprezzo caricare avendo aggiunto, ed aggregato d.a Torre col prezzo della giurisdiz.e come sop.a ho riferito. Onde il m.co Reg.° Ing.re Caputo summando le dette tre partite de’ beni Burg.ci dice importare doc.ti Mille, e cinque, e gña 40.1/12 _________ 1005. __ 40.1/12. ||f. 15r|| E secondo questo mio apprezzo resta solo la d.a summa di doc.ti seicento settanta sette, e gña 50. ________ 677. __ 50. Passa finalm.te il più volte mentovato m.co Ing.re a’ dar le Cap. all’altra annua rendita Burg.ca degl’altri soprades.tti sei Territorij che giusta la sua rubrica imp.° an. doc.ti 29, e gña 99.5/6 netti di bonat.za, e similm.te si valuta alla rag.e del 4. per 100; importante il suo Cap.le doc.ti Settecento quarantanove, e gña 95.5/12.__________ 749. __ 95.5/12. Ed io valutando la med.a rendita de’ detti Sei Corpi ci Burg. netta parim.te di Buonat.za importante annui doc.ti 31., e gña 43.1/6 la stimo eziandio alla rag.e del 4. per 100. che il suo Cap.le imp.ta doc.ti Settecento ottantacinque e gña 29.1/6 _________ 785. __ 79.1/6. Summano Devenendo in ultimo al Summa||f. 15v||rio di quanto fin’ora si è notato riferisco. Che l’apprezzo di d.° m.co Reg.° Ing.re Caputo, tutto il Feudale di d.a Terra, e suoi Casali imp.ta __ 32527. __ 27.1/4. Il Burg.co di sop.a notato descritto nell’anno 1714. ________ 1005. __ 40.1/12. 69 Terra filiorum Pandulfi. I Il Burg.co anche di d.a Terra preteso dall’Ill.re Conte di Luzzan ultimo Possessore _________ 249. __ 95.1/12. Et in uno l’intiero prezzo di d.° Feudo tra feudale e Burg.co ascende in docati trentaquattromila duecentottantadue, e gña 62.5/12 _________ 34282. __ 62.5/12. E secondo la mia lettura tutto il Feudale importa _________ 25558. __ 92.1/2. Il Burg.co di due Territorij imp.a _____ 677. __ 50. Ed il Burg.co dell’altri Sei Territorij imp.ta d.ti 785. __ 29.1/6. Che invero l’intiero prezzo da me dato a d.° Feudo tra Feudale e Burg.co ||f. 16r|| ascende a d.ti ventisettemila, e ventidue e gña 21.2/3. _______ 27022. __ 21.2/3. E questo è quanto ho stimato à V.S. riferire su di tale affare rimettendomi sempre al Suo Savio, e prudente giudizio a’ cui per fine mi dedico [qualmi sott.°] a’ V.S. Nap.li 22. Xbre 1755 = Umilis.mo Devotis.° et oblig.mo Servid.re Gaetano Levere Regio Ing.re Camerale = (...)». 70 L’INCONTRO DI VAIRANO NEI PRESSI DI TEANO Tanto si è scritto e si scrive sull’incontro del 26 ottobre 1860 che avrebbe sancito l’unità d’Italia, eppure, al di là di ogni opinione, benché siano trascorsi ben 141 anni da quel qiorno tanto celebrato non si è ancora identificato univocamente il luogo in cui esso si verificò. Col passare degli anni, al contrario, la nebbia del tempo ha offuscato sempre più le vicende determinando la nascita e il protrarsi di una ridicola querelle tra i comitati storici (che poi da storici non sono formati, ma piuttosto da pseudopolitici e dilettanti) dei vari comuni che rivendicano sul proprio territorio il luogo dell’incontro. In realtà, come avrò modo dire, l’unica verità è fin troppo chiara e documentata (a meno che non si stia cercando qualche filmato o qualche fotografia!), ma quando l’acqua viene intorbidata ad arte e si consolidano credenze che vengono spacciate come “storia” dimenticando che la “storia” stessa si basa su elementi oggettivi e non su elementi tradizionali o campanilistici, chi ne fa le spese è la verità stessa. Certo è che se chiediamo ai nostri figli dove si è fatta l’unità d’Italia, giusta o sbagliata che fosse, risponderanno in parte «a Taverna Catena» e in parte «a Teano», dopo di che, dandosi reciprocamente del bugiardo, cominceranno ad accapigliarsi in una competizione verbale (spero) che perderà completamente la connotazione dell’interesse storico per assumere quello strettamente campanilistico. Ciò perché, come accennavo, il turbine tempestoso del tempo ha cancellato la memoria non solo degli eventi, ma anche delle tappe della discussione. Per tale ragione, credo che sia quanto mai opportuno fare il punto sulla situazione e restituire ai posteri quanto è accaduto, aggiornando ad oggi le conoscenze. Il 29 maggio 1891, presieduto dal prof. Mariano Mongillo, fu costituito a Teano un comitato con lo scopo di fare indagini in merito alla pre71 Terra filiorum Pandulfi. I cisa identificazione del luogo dell’incontro fra il re Vittorio Emanuele II e il generale Giuseppe Garibaldi. I componenti il comitato chiesero notizie al generale Cialdini, il quale, essendo ammalato, girò il quesito al suo ufficiale d’ordinanza, il capitano Lazzarini. Egli, con nota del 19 giugno 1891, consigliò di rivolgersi direttamente al Ministero della Guerra e aggiunse che, a suo avviso, l’incontro doveva aver avuto luogo più o meno «là dove la grande strada Venafro-Caianello gira a destra per Teano». Seguendo il consiglio del capitano Lazzarini, il comitato di Teano si rivolse al Ministro della Guerra, dal quale, con nota n. 6109 del 30 ottobre 1891, ebbe la seguente risposta: «Questo Ministro ha fatto attentamente consultare tutti i documenti relativi alla campagna del 1860 nelle provincie meridionali e i diari della campagna stessa che esistono negli archivi del Corpo di Stato Maggiore, ma non venne trovata alcuna notizia che accenni all’incontro del Re Vittorio Emanuele II con Garibaldi a Teano». In vista del cinquantenario dell’Incontro, il Ministero della Guerra affidò all’allora capitano Giulio Del Bono il compito di indagare mediante sopralluoghi e ricerche d’archivio. L’ufficiale portò a compimento l’incarico e, dopo il controllo e l’approvazione del generale Cavaciocchi (Capo dell’Ufficio Storico Militare), nel gennaio 1909 pubblicò nel fascicolo I delle Memorie Storiche Militari una Relazione Ufficiale nella quale venne riportato il seguente, inedito e prezioso stralcio del Diario Storico del Comando in Capo (vol. I, p. 20): «26.10.1860 – Alle 6 del mattino le truppe del 4° e del 5° Corpo partono alla volta di Teano: il 4° Corpo apre la marcia tenendo la via da S. Germano a Teano. Avuto sentore che il nemico occupava con alcune truppe Orchi di Roccamonfina, il generale Fanti, giunto al bivio della via di S. Germano, invia il colonnello Piola col primo squadrone delle Guardie di Ricognizione verso S. Germano. Detto squadrone spintosi fino al di là della gola di Mignano ritorna senza avere incontrato il nemico. A Taverna della Catena, S.M. il Re, che col suo quartier generale marcia colle truppe del 4° Corpo, è incontrato dal generale Garibaldi. (...)». 72 L’incontro di Vairano nei pressi di Teano L’on. Generale Achille Mazzitelli (Deputato al Parlamento nel Collegio di Teano) al quale, dopo la predetta Relazione, si era rivolto l’ins. Vincenzo Boragine con la speranza di ricevere appoggi, con una lettera dell’11 gennaio 1911 (peraltro pubblicata dallo stesso Boragine), fra le altre cose disse: «(...) malgrado fossi convinto che sia avvenuto alla Catena, dovè è attualmente la stazione di Caianello (...)» Tutti sapevano, a quel tempo, quale fosse la verità e lo stesso Sindaco di Teano, Carmine Lonardo, di cui mi piace lodare l’onestà, il 26 ottobre 1911, fece apporre una lapide con il seguente testo composto dal barone avv. Filippo Mazzoccolo, illustre studioso e scrittore teanese: «Vittorio Emanuele II e Garibaldi suggellato il patto d’azione tra popolo e Re al Quadrivio di Cajanello convennero e sostarono in questa città il 26 ottobre 1860» In tale occasione, pronunciando il suo discorso ufficiale, ebbe anche modo di dire: «Signori, il Quadrivio di Caianello o di Taverna Catena fu l’altare su cui l’eroe del Volturno depose la dittatura ossequiente alla fede giurata. Appena appressatosi Vittorio Emanuele, togliendosi il cappello disse: –Salute al Re d’Italia–, e questi a sua volta rispose: –Salute al mio migliore amico–. Si chiuse così, e col grido di Garibaldi agli astanti –Evviva il Re d’Italia!– la missione fatidica gloriosa del conquistatore delle due Sicilie». Nello stesso giorno, a Vairano Scalo, di fronte allo stabile della Taverna Catena, alla presenza del generale Mazzitelli e di altre autorità civili, ecclesiastiche e militari, anche teanesi, fu inaugurato il cippo in muratura che ancora si conserva e sul quale sono fissate le lapidi marmo73 Terra filiorum Pandulfi. I ree recanti incisi gli stralci testuali più eloquenti della documentazione ufficiale. Esso fu costruito e sostituì la colonna miliaria n. 31 riportata sulla cartografia ufficiale dell’epoca e bene individuabile per la sopravvivenza, fino ad oggi, della colonna miliaria n. 30 della convergente via statale per gli Abruzzi nei pressi del passaggio a livello delle “Guardiole”. La suddetta lapide, com’è noto, fu rimossa, non si sa per quale precisa ragione, nel periodo fascista e sostituita con un’altra, quella attualmente esistente, la quale reca il seguente testo: «Vittorio Emanuele II e Garibaldi suggellato il patto d’azione tra popolo e Re a Teano convennero e sostarono in questa città il 26 ottobre 1860». Nel testo sopra riportato la sostituzione è fin troppo evidente. A quanti mettono in dubbio l’esistenza della lapide originale, ricordo che di essa fu pubblicata una fotografia dal compianto studioso di Vairano Patenora, il dott. Guido Di Muccio, nella sua opera Incontro di Vairano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II (Curti 1985). Bisogna anche sottolineare, però, che le Autorità in buona fede, almeno fino al momento della costituzione del comitato (ma anche dopo) non erano mancate, tant’è vero che nel 1908 l’avvocato Giuseppe Lonardo (fratello del Sindaco di Teano e deputato al Parlamento), nella sua Prefazione al libro Poesie e Prose di Luigi Boragine (Detken e Rocholl, Napoli 1908), aveva scritto: «Garibaldi sacrificò l’idea repubblicana ed i trionfi delle sue vittorie sull’altare della libertà, dell’unità e dell’indipendenza della Patria; e l’aere mattutino del 26 ottobre 1860 risuonò del solenne saluto di “Re d’Italia” a Vittorio Emanuele, nello storico incontro a Caianello nel quadrivio detto “Taverna Catena”». Nonostante quanto suddetto, nel 1914, l’insegnante elementare Vincenzo Boragine volle negare con argomentazioni, purtroppo discutibili perché disgiunte dal rigore scientifico, la veridicità di tutta la docu74 L’incontro di Vairano nei pressi di Teano mentazione ufficiale, compresa quella del Diario Storico che aveva visto con i propri occhi e pubblicò il libro Lo storico incontro di Vittorio Emanuele II e Garibaldi, il quale, purtroppo, viene ancora visto come una specie di bibbia locale dalla gente comune. Lo stesso libro ebbe l’avallo del colonnello Cesare Cesari, capo (nel 1926) dell’Ufficio Storico del Ministero della Guerra. Questo fatto, nonostante i grossolani errori archivistici, storici e topografici – peraltro evidenziati dallo stesso sindaco Lonardo e dal deputato Giuseppe Lonardo, oltre che da una mèsse di altri studiosi e da numerosi quotidiani – contribuì ad alimentare l’orgoglio della gente di Teano e dintorni, la quale vedeva finalmente nelle proprie mani l’appoggio di una autorità ufficiale. L’affermazione che l’incontro era avvenuto «al ponticello S. Castaldo sulla via di Teano» pubblicata dal Cesari nel suo libro L’Assedio di Gaeta, sebbene non suffragata da alcuna prova, continua ad essere il principale punto fermo sul quale si basa la convinzione dei Teanesi e sulla quale fu addirittura redatta, nel 1963, una Relazione definitiva, la quale, ovviamente, definitiva non è. Molti furono gli illustri personaggi testimoni oculari dell’incontro: Francesco Crispi, ministro e statista, segretario di Garibaldi, nel suo Diario della Spedizione dei Mille, racconta che «Garibaldi e il Re s’incontrarono tra Marzanello e Vairano»; Genova di Revel, generale del IV Corpo d’Armata, nella sua opera Da Ancona a Napoli dice: «(...) vedemmo cavalieri fermi sulla strada al così detto Quadrivio della Taverna Catena e portarsi all’incontro del Re»; il generale Carandini, nella sua Vita di Manfredo Fanti, racconta che l’incontro «(...) ebbe luogo nel medesimo posto ove Cialdini si era abboccato con Salzano ossia al Quadrivio della Taverna Catena»; ecc. Nell’opera Qui sostò Garibaldi. Itinerari Garibaldini in Italia (Brindisi 1982) a cura di Erika Garibaldi, pubblicata dall’Istituto Internazionale di Studi “G. Garibaldi” di Roma, è scritto quanto segue: «Il 26 ottobre 1860 giovedì si preannuncia nebbioso e tale rimane fino verso le 8; il sole sorge alle 6,41. Garibaldi si alza come al solito presto alle 5 circa sapendo che i Piemontesi sarebbero partiti alle 6 dalla zona di Presenzano, da nord, verso il Quadrivio sulle due strade, quella da Cassino e quella da Venafro, si porta verso i suoi reparti e li fa spostare tra le 6 e le 7 a est della strada Vairano Scalo-Capua allo scopo di non intralciare i regolari. Pattuglie di Garibaldini a cavallo mantengo75 Terra filiorum Pandulfi. I no il contatto con le pattuglie nemiche e a Teano sostengono un breve scontro. Garibaldi segue l’itinerario Vairano Scalo – Taverna Nuova – Taverna Zarone – Traversa Zarone. Non sapendo da quale direzione il Re potesse venire in quanto Presenzano, dove il Re aveva pernottato il 25 sera presso il castello Del Balzo si trova quasi al centro tra le due strade da Venafro e da Cassino, e non sapendo neppure in quale direzione il Re si sarebbe diretto, Garibaldi, incontrando così i primi reparti piemontesi, si porta al Quadrivio Catena dove arriva poco prima delle 8 e attende certamente davanti alla taverna dove aveva pernottato. Il Re parte dal castello Del Balzo alle 6,30, si porta sulla strada Cassino-Quadrivio Catena e muove verso sud e cioè verso il Quadrivio, con i reparti del IV Corpo d’Armata che marciano a piedi (il V C.A. marciava sulla strada da Venafro). A cavallo, di passo, giunge al Quadrivio alle 8 circa dopo aver percorso quasi 12 chilometri. Garibaldi mosse lui incontro al Re benché taluni abbiano scritto che fu il Re a piegare dal Quadrivio Catena verso est e cioè verso Taverna Catena dopo aver visto Garibaldi (il che potrebbe essere in quanto il Re era di dieci anni più giovane di Garibaldi: gesto da Re). Al momento dell’incontro era presente la 63a Compagnia bersaglieri del 16° Battaglione bersaglieri (avanguardi della riserva generale). Garibaldi salutò per primo e i due, rimanendo a cavallo, sostarono poi per quindici minuti scambiando qualche parola e certo osservando i regolari in marcia. Insieme ripresero a cavalcare e dal Quadrivio Catena presero la strada per Teano, dove era diretto il Re, e sulla quale marciavano i reparti del IV C.A. Dopo aver percorso circa 4 chilometri sostarono (verso le 9) al ponte di S. Nicola (detto anche ponte di Caianello) sul Rio Fontana Paola, prima della discesa di San Nicola, a circa 200 metri dalla chiesetta Borgonuovo, poiché in quel punto era prevista una sosta per i vari reparti (in quel momento sostava il 26° Reggimento di fanteria). Dopo alcuni minuti, forse una decina, durante i quali il Re e Garibaldi si appartarono pochi minuti per parlare con i propri 76 L’incontro di Vairano nei pressi di Teano Ufficiali, fu ripreso il cammino verso Teano distante ancora circa 5 chilometri e alle prime case del paese al Largo Porta Roma si lasciarono: erano circa le 10» (cfr. pp. 252-254). Il testo appena riportato riferisce che la sera del 25 ottobre 1860 il Re pernottò a Presenzano ospite nel Palazzo Del Balzo e che Garibaldi dormì nella Taverna Catena. In realtà il luogo del pernottamento del “generalissimo” è rimasto dubbio fino al rinvenimento, nel corso del 2000, di un breve articolo e di un reportage narrativo ad opera del corrispondente del Times di Londra al seguito dell’esercito garibaldino, datati 5 e 6 novembre 1860, i quali hanno gettato nuova luce sulle vicende e consentito di fissare la temporanea dimora di Garibaldi nei pressi della Taverna Zarone, ubicata a circa quattro miglia e mezzo sulla strada fra Teano e Presenzano. Gli stessi contributi, da me pubblicati integralmente in un recente libretto dal titolo Nuova documentazione sull’incontro del 26 ottobre 1860 fra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi (Cassino 2000), hanno anche consentito di fissare il luogo dello storico incontro in un punto ubicato entro un cerchio avente un raggio di circa 750 metri e il centro nella Taverna Catena, la quale, nominata esplicitamente in quasi tutte le testimonianze sull’evento (ufficiali e tradizionali), era ed è ubicata nel territorio del Comune di Vairano Patenora. La traduzione dello stralcio saliente dell’articolo del 6 novembre 1860 è la seguente: «(...) Non c’è paese o città sulla strada: tutti sorgono sui fianchi delle montagne, dove l’aria è migliore. Lungo la strada ci sono solo delle taverne, ampie costruzioni come i caravanserragli orientali, con le loro stanze vuote e i corridoi, finestre bene difese da grate a piano terra e un’ampia cucina, dove il taverniere ha il suo “ufficio”. La prima di queste passato Calvi è la Taverna di Zarone, e qui ci accampammo per la notte tra il 26 e il 26. Garibaldi stesso aveva scelto un posto vicino alla strada, in uno slargo con un ampio mucchio di paglia a cui ciascuno fece ricorso per proteggersi dalla densa rugiada che bagnava il suolo. In breve tempo tutti si addormentarono. La mattina successiva non fu necessario svegliare nessuno perché l’aveva già fatto la densa rugiada notturna. In breve l’intero esercito brillava dei fuochi intorno a cui la truppa si adunava. La partenza fu ritardata fino al sorgere del sole per aspettare il rientro dei 77 Terra filiorum Pandulfi. I passeggeri inviati durante la notte a cercare Cialdini. Questi tornarono con la novità che i Piemontesi avevano passato Sesto e che si sarebbero mossi il mattino successivo nella direzione di Teano. L’ordine di partire fu dato e si cominciò a cercare i Piemontesi. A due miglia dal punto di partenza c’era un’altra Taverna chiamata Della Catena vicino alla quale c’è il bivio per S. Germano. Qui la campagna si apre verso sinistra e mostra un’altra strada che va da Presenzano verso Teano. Esce da un piccolo bosco chiamato Bosco del Fornito. Eravamo appena giunti alla Taverna che Missori fu visto tornare: portava la notizia che Cialdini non era lontano più di 10 minuti e subito si vide emergere dal bosco sul nostro fronte sinistro l’avanguardia dei Piemontesi. La colonna fu mandata verso destra per accamparsi sotto Monte S. Angelo, vicino a Marzanello, mentre Garibaldi ed il suo stato maggiore andavano ad incontrare Cialdini e il Re. L’incontro ebe luogo sulla strada da cui stavano arrivando i Piemontesi. Cialdini seguiva immediatamente l’avanguardia e niente fu più cordiale dell’incontro tra lui e Garibaldi. Si abbracciarono come vecchi amici. Ci fu una breve conversazione, durante la quale la maggior parte dei Piemontesi cominciò a passare a sinistra di Cialdini e subito dopo arrivò re Vittorio Emanuele in persona accompagnato dal suo seguito. Garibaldi si mosse e salutò. Il Re rispose al saluto e gli strinse affettuosamente la mano. Tutti si tennero a distanza e i due si misero l’uno di fronte all’altro. Ovviamente non so dire il contenuto della conversazione, ma fu certo data una spiegazione soddisfacente. Ciò è quanto so. Vi posso assicurare che i due si intesero. Garibaldi accompagnò il Re a Teano (...)». Nonostante quanto suddetto, molti storici continuano a dubitare. Altri non dubitano affatto e optano per Vairano oppure, non so su quali basi, per Teano. Personalmente ritengo che l’incontro di Teano, per usare l’espressione con cui l’evento è maggiormente noto, sia avvenuto, al di là di ogni ragionevole dubbio, nei pressi della Taverna della Catena e, quindi, nell’attuale territorio di Vairano Patenora. Pertanto, se accettabile e perfettamente motivabile nell’assenza di un centro abitato di rilievo nel sito dell’attuale Vairano Scalo, può essere l’espressione «nei pressi di Teano», ritengo assolutamente non corretta (mi perdonino gli studiosi più illustri e famosi di me) l’espres78 L’incontro di Vairano nei pressi di Teano sione «a Teano» e tantomeno qualunque altra espressione che non faccia specifico riferimento alla Taverna della Catena, che è l’unico punto, fermo e indiscutibile, dell’intera vicenda dell’incontro. Di quanto suddetto, fortunatamente, non solo il solo ad essere convinto. Molti sono gli agenti culturali che propongono, nelle loro pubblicazioni, la verità appena affermata. Basti pensare, ad esempio, alla scelta dell’Istituto Geografico De Agostini nella sua enciclopedia multimediale Gedea e nell’opera I giorni della storia d’Italia (Novara 1997), dove, a p. 137 si legge esplicitamente: «1860 – Ottobre – 26 – Garibaldi e Vittorio Emanuele II si incontrano a Vairano (CE); l’incontro è impropriamente passato alla storia come “incontro di Teano”. Garibaldi saluta il sovrano come re d’Italia, preludio dell’imminente consegna dei poteri e dello scioglimento delle forze militari garibaldine». Analoga scelta è stata effettuata dalla rivista Storia e Dossier, con l’articolo di V. Sani pubblicato a p. 63 del n. 83 (maggio 1994), dove si legge: «Dopo il Volturno, il destino del Regno delle Due Sicilie è ormai segnato. Francesco II sostituisce Ritucci con il generale Salzano, ma la decisione è ancora una volta quella di ritirarsi, dapprima sul Garigliano, poi a Gaeta per resistere all’assedio finale. D’altro canto anche per Garibaldi si appresta ormai l’epilogo: il 12 ottobre Cialdini alla testa dell’esercito varca i confini del Napoletano, seguito, tre giorni dopo da Vittorio Emanuele II. Il 21 ottobre i plebisciti sul continente e in Sicilia sanciscono l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte e cinque giorni dopo Garibaldi, rinunciando al titolo di Dittatore e all’ambita Luogotenenza delle Due Sicilie, consegna il frutto delle proprie fatiche nelle mani dei Savoia, sulla strada consolare tra Vairano e Marzanello, nei pressi di Teano». La rivista Storia illustrata, infine, nel numero 3 del novembre 1995, alla p. 18, riporta, con l’articolo di L. Forti, quanto segue: «26 ottobre 1860: al Quadrivio di Taverna Catena, a circa 10 chilometri da Teano, in provincia di Caserta, Vittorio Emanuele II, 79 Terra filiorum Pandulfi. I re di Sardegna, e il generale Garibaldi finalmente si incontrano. È la storica stretta di mano di Teano, che ispirò tanti dipinti, forse un po’ retorici, ma certo testimonianze di un avvenimento che ebbe grande importanza per la storia del Risorgimento. In pratica, è qui che nasce l’Italia (...)» e ancora, nella medesima pagina: «L’incontro di Teano si svolse, in realtà, al quadrivio di Taverna Catena, a circa 10 chilometri dal piccolo centro casertano, nel territorio di Vairano Patenora. I due corpi d’armata che costituivano l’esercito piemontese (il IV corpo al comando del gen.le Enrico Cialdini, che proveniva dalla strada Casilina, assieme a Vittorio Emanuele II; il V corpo al comando del gen.le Enrico Morozzo Della Rocca che proveniva dalla strada Venafrana) confluirono al Quadrivio, dove Garibaldi attendeva l’arrivo del Re». Fig. 9 - Il miliario n. 30 sulla statale Vairano Scalo - Venafro 80 L’incontro di Vairano nei pressi di Teano RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI V. BORAGINE, Lo storico incontro di Vittorio Emanuele II e Garibaldi, Santa Maria C.V. 1914. P. GEREMIA, Da Quarto a Taverna Catena, Caserta 1932. AA.VV., Storico incontro di Taverna Catena — Vairano Scalo 26-10-1860, Celebrazioni del I centenario della morte del Gen.le Giuseppe Garibaldi, a cura del Comitato delle celebrazioni, Vairano Patenora 1982. G. DI MUCCIO, Incontro di Vairano. Taverna della Catena – 26 ottobre 1860, Curti 1982. G. DI MUCCIO, Incontro di Vairano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, Curti 1985. G. DEL BONO (a cura di), Relazione Ufficiale dell’Ufficio Storico a cura del Generale Giulio Del Bono, «Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Storico - Memorie Storiche Militari» (fascicolo I), Gennaio 1909. E. GARIBALDI, Qui sostò Garibaldi. Itinerari garibaldini in Italia, Istituto Internazionale di Studi “G. Garibaldi”, Brindisi 1982. V. SANI, Io sto con Franceschiello, «Storia e Dossier» n. 83, maggio 1994. L. FORTI, “Salute a voi, Re d’Italia”, «Storia Illustrata» n. 3, novembre 1995. AA.VV., I giorni della storia d’Italia, Novara 1997. A. PANARELLO (a cura di), Nuova documentazione sull’incontro del 26 ottobre 1860 fra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi, Cassino 2000. 11 INDICE TOPONOMASTICO I toponimi sono elencati nelle varianti attesstate Abruzzi, 33 Abruzzo, 29 Ailano, 29 Albi, 31 Alife, 29 Alife, 3 Allifae, 29 Ancona, 75 Andria, 30 Angiò, 23, 24, 27, 27n, 28 Angiò, 28 Aquaviva, 31 Aquila, 31 Aquino, 28 Aragona, 24, 27, 28, 29, 30, 33, 34 Aragona, 28 Archi, 31 assancati (l’), 51 Assangati (l’), 66 Austicola, 17 Aversa, 30 Bairano, 20 Bari, 31 Batulum, 17 Benevento, 27n Bologna, 24 Borgonuovo, 76 Bosco del Fornito, 78 C[e]se, 59 Caianello, 72, 73, 74 Cajaniello, 61 Calabria, 27, 34 Calabrie, 33 Calbi, 32 Calvi, 34, 77 Calvi, 3, 4 Calviciano, 24 Campelli, 59 Campello, 49 Campobaxo, 31 Camposacco, 22 Canosa, 30 Capoue, 30 Capua, 28, 29, 34, 75 Capua, 58 Caserta, 11 Casilina (s.s.), 15 Cassino, 76 Castel di Sangro, 34 castello forte, 31 Castello Novo, 33 81 Terra filiorum Pandulfi. I Castelvolturno, 27 Catena, 73 Catreola (monte), 15, 16 Celemna, 17 Cerquarola, 49, 59 Cerreto in Piano (bosco di), 11 Cerrito, 31 Cese, 49 Cesima (monte), 15 Chieti, 21 Ciccioni, 49, 59 Coletta (li), 51 Colletta (li), 65 Conca, 61 Corvara (valle della), 16 dattili (Montagna de), 59 discesa di S. Nicola, 76 Dohana de le Pecore, 32 due Sicilie, 73 Due Sicilie, 79 Fao, 11 Felazzi, 49 Felossi, 59 Ferrara, 20, 29 Firenze, 18 Fogia, 31 Fons Populi, 30 Fontana Fredda, 49, 59 Fontana Paola, 76 Fontana, 31 Forlì, 28, 31 Forlue, 31 Francavilla, 30 Francia, 28, 33 Franco, 24 Francolisi, 28 Gaetà, 58 Gaeta, 75 82 Gaeta, 79 Gallo, 49, 59 Galluccio, 62 Garigliano, 79 Garofali, 49, 59 Gerusalemme, 12 Giglieri, 49 Gliglioni, 59 Granata, 33 Gualdellu, 20 Guardiole, 74 Guarini (li), 59 Guarini da lla’, 49 Guarini da qua’, 49 Ischia, 28 Italia, 71, 73, 75, 79 Largo Porta Roma, 77 Larinum, 9 Laterza, 16 Lattani, 11 Lazio, 22 Londra, 77 Marreri, 31 Marzanello Vecchio, 17 Marzanello, 16, 18, 75, 78, 79 Marzano, 24, 27, 28 MARZANO, 43 Marzano, 43, 44, 47, 48, 49, 52, 61 Mastrati, 22 Matese, 15 Mefino, 11 Mefino, 11, 12n Mefinum, 9, 12, 12n Mifino, 11, 12n *Mifjns, 10 Mifins, 10 *Mifinum, 9 Indice toponomastico *Mifjnum, 10 Mifinum, 10, 12n Mignano, 72 Milana, 32 Molara (Territorio detto della), 63 Molise, 22 Molisi, 32 Monfina, 10 Monfino, 11, 12n Monfinum, 12n Montagano, 28 Montagano, 31 Montauro, 15, 16, 17 Monte delle Faville, 10 Monte di Fina, 10 Monte S. Angelo, 18 Monte S. Angelo, 78 Montecassino, 21, 22 Montecassino, 31 Monteforte, 17 Monteodorisio, 30 Monteroduni, 30 Montorio, 31 Nap.li, 70 Naples, 30 Naples, 30, 31 Napoletano, 79 Napoli, 9, 24, 27, 28, 34, 43 Napoli, 46, 75 Neapoli, 44, 56 Neapolis, 33 Ninfio, 20 Nocera, 30 Nola, 27 Orchi, 72 Paglieta, 30 Palazzo Del Balzo, 77 Panoramica (strada comunale), 16 Patenaria, 6, 15 Peixcara, 31 Pendinella (la), 65, 68 Pentima, 22 Pentinella (la), 51 Pescara, 28, 31 Phistelia, 17 Piemonte, 79 Piesco (collina del), 21 Pietrabbondante, 19 Pietravairano, 3 Pioppitelli, 30 Pipini (li), 51, 66 Pipini, 64 Pizzo La Guardia, 18 ponte di Caianello, 76 ponte di S. Nicola, 76 Pontecorvo, 31 Pozzillo, 11 Prata (valle di), 29 Prencipe, 64 Presenxano, 31 Presenzano, 21, 22, 28, 29, 75, 76, 77 Principe (il), 68 Puglia, 11, 27, 28 Puglia, 32 Puglie, 33 Quadrivio Catena, 76 Quadrivio della Taverna Catena, 75 Quadrivio di Cajanello, 73 Quadrivio di Taverna Catena, 79a Regni Neapolis, 56 Regno delle Due Sicilie, 79 Regno di Napoli, 27, 33 Regno di Napoli, 49 Ripa della Duchessa, 51 ripa della Duchessa, 65 ROCCA AD MEFINU, 43 83 Terra filiorum Pandulfi. I Rocca ad Mefinu, 56 Rocca di Mefino, 13 Rocca di Monfino, 11 Rocca in fine, 12 Rocca Mifini, 12 Rocca Monfina, 10n Rocca Monfina, 43, 45, 46, 49, 51, 53 ROCCA MONFINA, 43 Rocca Pipirozzi, 22 Roccae Monfini, 11 Roccamonfina, 9, 11, 13, 72 Roccamonfina, 9, 15, 43, 44, 46, 57, 58, 60, 61 Roccamonfini, 43 Roccaravindola, 22 Roccavecchia di Pratella, 19 Rocce Infinis, 12 Rocce Mefini, 13 Roccemifini, 12 Roma, 17, 75 Rossano, 24, 27 Rossano, 31 S. Castaldo, 75 S. Croce (Monte detto di), 59 S. Domenico, 49, 59 S. Germano, 12, 22, 72, 78 S. le Trigno, 30 S. Maria Oliveto, 22 S. Martino, 30 S. Pietro delle Scalambrice, 49, 59 S. Severino, 34 S. Severo, 27 S. Valentino, 30 S. Vincenzo al Volturno, 20 Saepinum, 9 SaipinV, 10 San Germano, 4 84 Sancto Germano, 31 Sangro, 31 Sannio, 24 Santo Valentino, 31 Sardegna, 27, 80 Sarno, 27 Savone, 11 Scafa di S. Angelo, 29 Scafa di Vairano, 29 Selva di Vairano, 29 selva di Vairano, 33 selva di Vairano, 34 Sepinum, 10 Serracini (li), 51 Sessa, 11, 12, 24, 27, 28 Sessa, 44, 46, 58, 60, 63 Sesto, 22 Settignano, 25 Sicilia, 27 Siéggiu (ju), 23 silva de Vayrano, 28 Simancas, 26 Sora, 31 Sorgenza, 9 Spagna, 33 Suessa, 10n Sulmona, 30 Suyo, 31 Svevia, 12, 21 Svevia, 4 SYLVA DE VAYRANO, 27 Taranto, 16, 27 Taranto, 31 Tarento, 31 Taurania, 17 Taverna Catena, 71, 73, 74, 76, 77, 80 Taverna chiamata Della Catena, 78 Indice toponomastico Taverna della Catena, 72 Taverna della Catena, 78, 79 Taverna delle Penne, 29 Taverna Nuova, 76 Taverna S. Angelo, 29 Taverna Zarone, 77 Taverna Zarone, 76, 77 Tavernole, 29 Tavola, 11 Tavola, 49, 59 Teano, 11, 19, 28, 34, 72, 73, 74, 75, 77, 78, 79, 80 Teano, 3, 4, 29, 78 TEANO, 71 Teanum, 10n Telese, 34 Terra di Lavoro, 11, 27 Terra di Lavoro, 29, 44, 49 Terra di San Benedetto, 24 Terra filiorum Pandulfi, 3, 4 Terracina, 27n Theate, 21 Tiano, 58, 61 Torano, 49, 59 Torcino, 22 Torisichi, 59 Torre, 24 Traversa Zarone, 76 Troia, 28 Tuori (li), 51 Tuorisicchi (li), 66 Tuorisicchi, 49 Turisichi, 59 Urbino, 32 Vairani, 22 Vairano Patenora, 15, 16, 74, 77, 78, 80 Vairano Scalo, 73, 75, 76, 78 Vairano, 16, 17, 18, 19, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 75, 79 Vairano, 20, 31 VAIRANO, 71 Vairanum, 21 Valladolid, 26 Valletta delle Felci, 19 Variano, 20, 24 Vayrani, 20, 22, 22, 23 Vayrano, 28 Vayrano, 28n VAYRANUM, 22 Venafra, 31 Venafrana (s.s.), 15 Venafro, 22, 34, 72, 75, 76 Venafro, 30 Venafrum, 29 Vermandois, 22 via Latina, 15 Via Latina, 29 Volturno, 17, 22, 29, 79 Vrecciale (colle), 17 85 INDICE — Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3 — Precisazioni metodologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5 — Sul toponimo e sull’origine del centro di Roccamonfina . . . . .9 — Per una visione storica delle strutture fortificate del territorio di Vairano Patenora . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15 — I sovrani d’Aragona ad la sylva de Vayrano . . . . . . . . . . . . . . .27 — D. Andrea Casimiro d’Ambrosio, principe di Marzano, acquista la Terra di Rocca Monfina (1756) . . . . . . . . . . . . . . .43 — L’Incontro di Vairano nei pressi di Teano . . . . . . . . . . . . . . . .71 — Indice toponomastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .81 87 Finito di stampare nel mese di settembre 2001 presso Ediprint Service S.r.L. - Città di Castello (PG)