Tracce d’eternità La rivista elettronica del mistero Anno II Nr. 8 (Maggio 2010) IL CERVELLO RETTILE E I “RAPIMENTI ALIENI” di eSQuel» LE APPARIZIONI MARIANE DI ZEITUN, IN EGITTO di Bruno Severi LE FIRME DI QUESTO NUMERO Philip Mantle Ivan Mackerle Michael Seabrook Yuri Leveratto Bruno Severi Andrea della Ventura Maurizio Martinelli Roberto La Paglia Domenico Dati Aldo C. Marturano Massimo Maravalli Luciano Scognamiglio David Lombardi Ines Curzio Noemi Stefani Antonella Beccaria Osvaldo Carigi Stefania Tavanti Alateus eSQuel Simonetta Santandrea Simone Barcelli Gianluca Rampini MERAVIGLIOSE INTERVISTA A HAWAII NORIO HAYAKAWA di Noemi Stefani LA VALLE DELLA MORTE di Gianluca Rampini di Ivan Mackerle (traduzione di Germana Maciocci) LA PIRAMIDE DI FALICON di Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti SIMBOLI E MITI di Roberto La Paglia Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. NOTE A MARGINE *** Simonetta Santandrea Simonetta Santandrea ha 39 anni ed è la fondatrice del gruppo “Tracce d’eternità” sulla piattaforma Facebook, gruppo di cui tuttora è responsabile. Si occupa di Storia Antica e in rete collabora con Luoghi Misteriosi, Paleoseti ed altri siti tematici. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà CONTENUTI Yuri Leveratto L’enigma del monolito di Pokotia, emblema della civiltà Pukara pag.47 NOTE A MARGINE Simonetta Santandrea *** Andrea della Ventura Messico, una terra di numerose segnalazioni ufologiche pag.99 pag.2 Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti La piramide di Falicon pag.51 LIBRARSI Simonetta Santandrea “Perché Darwin sbaglia” (What Darwin Got Wrong), di Jerry Fodor e Massimo Piattelli Palmarini pag.9 ARCHEOUFOLOGIA DOCUMENTI Aldo C. Marturano Alla ricerca della mitologia slavo-russa pag.106 SCIENZA DI FRONTIERA Massimo Maravalli Magnetismo dissociante pag.113 XAARAN Antonella Beccaria La strategia della tensione tra Belgio e Italia Domenico Dati L’astronauta di Palenque pag.11 LE INTERVISTE DI GIANLUCA RAMPINI LIFE AFTER LIFE pag.59 David Lombardi Arca dell’Alleanza la teoria clipeologica Gianluca Rampini Norio Hayakawa Noemi Stefani Una domanda senza risposta pag.115 ALTRE VERITA’ pag.64 pag.13 Alateus Inferno e Paradiso DREAMLAND pag.117 Gianluca Rampini Il caso Hill oltre le apparenze pag.66 PARANORMALE eSQuel Il cervello rettile e i rapimenti alieni CONFESSO, HO VIAGGIATO Noemi Stefani Meravigliose Hawaii UFOLOGIA pag.119 pag.20 Bruno Severi Le apparizioni mariane di Zeitun, in Egitto Maurizio Martinelli Genetica da un punto di vista non terrestre pag.26 GLI ANELLI MANCANTI pag.76 Ivan Mackerle La valle della morte (traduzione di Germana Maciocci) pag.83 ESOTERISMO Roberto La Paglia Simboli e Miti Ines Curzio La civiltà Iperborea e il popolo celtico pag.125 pag.37 Michael Seabrook L'Est di Iside l'Ovest di Nefti pag.103 ARCHEOLOGIA Simone Barcelli La furia di Tlaloc pag.42 Luciano Scognamiglio la Programmazione Neuro-Linguistica nello studio delle interferenze aliene pag.88 Philip Mantle L’eredità di Roswell Un colloquio con il Dott. Jesse Marcel jr (traduzione di Sabrina Pasqualetto) pag.93 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà APPUNTAMENTO ALLA FINE DI LUGLIO PER IL NR. 9 DI TRACCE D’ETERNITÀ REDAZIONE E COLLABORATORI REDAZIONE Simonetta Santandrea [email protected] Gianluca Rampini [email protected] Simone Barcelli [email protected] Traduzioni Sabrina Pasqualetto [email protected] Anna Florio [email protected] Antonio Nicolosi [email protected] Germana Maciocci [email protected] COLLABORATORI ED AUTORI Numero 8 (Maggio 2010) Portale simonebarcelli.org Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. This electronic magazine, in pdf format, is not a newspaper, it has no periodicity. It can not be considered an editorial, under Law No. 62/2001. Is provided in a free download only for registered users of the portal and a copy is sent to the authors and collaborators. For the possible use of texts and images please contact the respective authors. Christopher Dunn [email protected] Michael Seabrook [email protected] Marisol Roldàn Sànchez [email protected] José Antonio Roldàn [email protected] Yuri Leveratto [email protected] Agustìn Valverde [email protected] Philip Mantle [email protected] Paul Stonehill [email protected] Malcolm Robinson [email protected] Heinz Insu Fenkl [email protected] J. Antonio Huneeus www.openminds.tv Antonella Beccaria [email protected] Simone Barcelli [email protected] Teodoro Di Stasi [email protected] eSQuel [email protected] Enrico Baccarini [email protected] Gianluca Rampini [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Simonetta Santandrea [email protected] Sergio Coppola [email protected] Antonio Crasto [email protected] Maurizio Giudice [email protected] Stefano Panizza [email protected] Giovanna Triolo http://blog.libero.it/Angoloprivato Noemi Stefani [email protected] Ines Curzio [email protected] David Sabiu [email protected] Massimo Pietroselli [email protected] Alessio Margutta urgiddi.wordpress.com Roberto La Paglia [email protected] Isabella Dalla Vecchia www.luoghimisteriosi.it Alessia Maineri [email protected] Michele Proclamato [email protected] Alateus [email protected] Monica Caron [email protected] David Lombardi [email protected] Massimo Bonasorte [email protected] Davide Amore [email protected] Marco Zagni [email protected] Enrico Vincenzi [email protected] Bruno Severi [email protected] Luca Andrea La Brocca [email protected] Domenico Dati [email protected] Massimo Staccioli [email protected] Andrea della Ventura [email protected] RIVISTA ELETTRONICA LIBRI ELETTRONICI TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà LA RIVISTA ELETTRONICA DEL CENTRO UFOLOGICO TARANTO La rivista on line “Ieri, Oggi, Domani” del CENTRO UFOLOGICO TARANTO centroufologicotaranto.wordpress.com è giunta al quarto e quinto numero. Ecco i links per sfogliare come un vero e proprio giornale ed ingrandire la rivista del Centro Ufologico Taranto Numero 4 http://it.calameo.com/read/0000944438d57f306c1fb Numero 5 http://en.calameo.com/read/0000944432d2dc469139c Per richiedere la rivista in versione Pdf basta inviare una email a [email protected] Per contattare gli articolisti del Centro Ufologico Taranto Vincenzo Puletto [email protected] Antonio De Comite [email protected] Eugenio Palese [email protected] Franco Pavone [email protected] Antonello Vozza [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà LA RIVISTA ELETTRONICA NAUTILUS MAGAZINE 3.0 “Nautilus Magazine 3.0”, rivista elettronica che si occupa, in parte, delle tematiche di “Tracce d’eternità”, è on line, sulla piattaforma Scribd, col secondo numero. Sotto la geniale guida di Maurizio Decollanz, il mensile è uno spazio di approfondimento di Nautilus Truth Magazine e Nautilus Travel Magazine. Ecco il link per sfogliare la rivista: http://www.scribd.com/doc/29094612/Nautilus-Magazine-3-0-Numero-Due TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà LIBRARSI “PERCHÉ DARWIN SBAGLIA” (WHAT DARWIN GOT WRONG) DI JERRY FODOR E MASSIMO PIATTELLI PALMARINI Simonetta Santandrea Listino € 25,00 Editore Feltrinelli Collana Campi del sapere Data uscita 21/04/2010 Pagine 272, brossura Lingua Italiano EAN 9788807104572 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà “Quando Jerry Fodor ed io stavamo scrivendo il nostro libro, Gli errori di Darwin (pubblicato in America, ora in uscita da Feltrinelli), sapevamo che avrebbe provocato un vespaio. E infatti sosteniamo che il neodarwinismo, cioè una spiegazione dell' evoluzione del vivente centrata sul processo di selezione naturale, è nettamente superato. Dal momento che questa teoria è ancora considerata dalla mag-gioranza dei biologi il fulcro di una concezione genuinamente scientifica dell' evoluzione, non ci stupiamo delle stroncature già ricevute, alcune addirittura velenose e talvolta sguaiate, per esempio quella dell'evoluzionista americano Michael Ruse sul «Boston Globe» e quella del genetista italiano Guido Barbujani sul «Sole 24 Ore». Assai gradite e non attese sono state, invece, le recensioni positive (sul «Guardian», «Sun-day Times» e «Scotsman Five Star Reviews») e in Italia (Nicoletta Tiliacos sul «Foglio» e Roberto de Mattei sul «Gior-nale»). Una civilissima ma anche robu-sta tirata d'orecchie mi è stata personalmente data da Luigi Luca CavalliSforza («Repub-blica»), decano dei genetisti ed evoluzionisti italiani, di cui mi onoro di essere amico da molti anni e che tanti considerano a giusto titolo un maestro. Voglio subito precisare che Fodor ed io riteniamo Darwin uno dei massimi scienziati di ogni tempo, pochi gli stanno a petto per inventiva teorica, scru-polo sperimentale e onestà intellettuale. Però sono successe tante cose nel frattempo, comprese quelle che Cavalli-Sforza, il genetista e filosofo della New York Univer-sity Massimo Pigliucci (in una sua stroncatura del libro su «Na-ture») e i filosofi americani Ned Block e Philip Kitcher (in una stroncatura sulla «Boston Review») giustamente citano. Si tratta di processi diversi dalla selezione naturale e da tempo riconosciuti tali, come l'effetto della fluttuazione casuale nelle varianti dei geni, detta «deriva genetica», le mutazioni neutrali, né favorevoli né sfavorevoli, e la selezione naturale limitata dalla densità (quando, cioè, essere in troppi a portare un tratto biolo-gico inizialmente favorevole lo rende sfavorevole). Ma vi è di più,, veramente ben di più…..”. Ma ss imo P ia tt ell i P a lma r i n i a l Co rr ie re d el la S e ra ( es tr a t to ). Il libro di Piattelli Palmarini e Fodor “What Darwin Got Wrong”, uscito negli Stati Uniti in febbraio, ha suscitato un ac-ceso dibattito nel mondo anglo-sassone e nel nostro Paese, dove la traduzione è in libreria dal 21 aprile per Feltrinelli. Il «Corriere della Sera» se n' è occupato il 23 marzo a firma Telmo Pievani. Poi «Repubblica», il 29 marzo ha ospitato la posizione dello stesso autore Piattelli Palmarini. Sullo stesso quotidiano è inter-venuto in difesa delle consolidate teorie Darwiniane Luigi Luca Cavalli-Sforza, il 6 aprile, mentre contro Darwin si è schierato Roberto de Mattei sul «Giornale» del 3 aprile. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Una recensione polemica verso gli autori, a firma di Guido Bar-bujani, è apparsa il 4 aprile sul «Sole 24 Ore». Da segnalare inoltre un articolo di Andrea Lavazza su «Avve-nire» (1°aprile). E gli interventi apparsi sul «Fo-glio » (30 marzo, 1 e 2 aprile). All'estero importanti recensioni sono uscite su «Nature », «The Guardian », «The Sunday Times », «Boston Review», «Times Literary Supplement». Questo a indicare che la discus-sione, anche polemica, è attuale e forte. Da un lato, si accusano gli autori di superficialità nella ricerca, tanto che Michael Ruse, uno de-gli scienziati più noti dell’evoluzionismo, ne ha parlato come di un “libro intensamente irritante” e con “cattivissimi argomenti”. Dall’altro, ascoltando Fodor po-trebbe tornare in mente uno dei motti di Antonio Coutinho, immunologo dell’Institut Pasteur: “i sassi cadono in terra per la forza di gravità, non perché la selezione naturale ha eliminato tutti quelli che tendevano ad ascendere in alto”… Ai posteri l’ardua sentenza, Manzoni docet. [email protected] XAARAN LA STRATEGIA DELLA TENSIONE TRA BELGIO E ITALIA www.youcapital.it Questo progetto è stato orientativamente suddiviso in quote. Puoi donare una o più quote inserendo alla pagina http://www.youcapital.it/?p=1 nella apposita casella il numero di quote che intendi donare avanzamento del progetto Totale Donazioni € 215.00 10.75% di €2000.00 importo di ciascuna quota: € 5.00 Antonella Beccaria Il periodo della strategia della tensione in Belgio presenta una serie di somiglianze e di punti in comune con l’Italia. Questi passano per una serie di fatti tra cui si possono elencare: - la storia della banda del Brabante-Vallone (19821985); - la vicenda criminale di Patrick Haemers; TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà - la strutturazione di nuclei Stay Behind in cellule di guerra non ortodossa inserite all’interno degli apparati di sicurezza e di polizia militare; - per la presenza e la strategia operativa delle Cellules Communistes Combattantes (giugno 1983); - la presenza di personaggi come Elio Ciolini, nome noto in Italia per i depistaggi alle indagini sulla strage alla stazione di Bologna (2 agosto 1980) e sulla scomparsa dei giornalisti italiani Italo Toni e Graziella De Palo (Beirut, 2 settembre 1980). Lo scopo di questa inchiesta è quello di studiare i fenomeni criminali che si verificano in Belgio tra la fine degli anni settanta e per tutti gli anni Ottanta fino ad arrivare al decennio successivo con il caso Dutroux e le coperture fornite in fase di indagine al suo entourage. Quest’ultimo episodio, infatti, oltre a mettere in evidenza pratiche investigative volte più ad attività di dossieraggio che di prevenzione-repressione del crimine, ha inferto un ulteriore colpo alla gendarmerie belga, definitamente sciolta nel 2001 e assorbita da corpi civili di polizia. Lo scopo di quest’attività è quello di realizzare una serie di reportage che raccontino al lettore italiano una stagione di terrore all’estero. Al momento la conoscenza dei fatti eversivi europei si limita infatti per lo più alla situazione tedesca (con la Rote Armee Fraktion, Raf) e alle attività delle organizzazioni filopalestinesi nel Vecchio Continente (con relativi interventi repressivi degli apparati di sicurezza israeliani). Una volta che questi dossier e materiale fotografico saranno pronti, li si raccoglierà in un volume che riunisca e approfondisca l’esito della ricerca. In collegamento a questo lavoro, sarà realizzato anche un archivio web con le informazioni raccolte in modo che la documentazione possa essere accessibile a tutti. La licenza del materiale sarà una di quelle messa a disposizione da Creative Commons per incentivare la loro circolazione. Il percorso online non sarà però l’unico. Si prevede infatti un ciclo di articoli sulla stampa cartacea (editore individuato) e un libro (editore da individuare). I tre canali sono stati pensati per dare la maggior diffusione possibile agli esiti dell’inchiesta e la scelta del copyleft per fornire maggior vigore a questa diffusione. - raccolta di documentazione da remoto attraverso contatti con giornalisti, investigatori ed esperti locali - almeno due viaggi in Belgio per raccogliere interviste, documenti e materiale audio e video - acquisizione di libri (allo stato attuale della valutazione una decina di volumi) specializzati - acquisizione di documentazione italiana da confrontare con quella belga. Antonella Beccaria è giornalista, scrittrice e blogger. Per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, per la quale cura la collana "Senza finzione", ha pubblicato "NoSCOpyright – Storie di malaffare nella società dell’informazione" (2004), "Permesso d’autore" (2005), "Bambini di Satana" (2006), "Uno bianca e trame nere" (2007), "Pentiti di niente" (2008) e "Attentato imminente" (2009). Per Socialmente Editore "Il programma di Licio Gelli" (2009) mentre per maggio 2010 è in uscita "E rimasero impuniti - Dal delitto Calvi ai nodi irrisolti di due repubbliche". Appassionata di fotografia, politica, Internet, cultura Creative Commons, letteratura horror ed Europa orientale (non necessariamente in quest'ordine), scrive per il mensile "La voce delle voci" e per la rivista online "Domani" e dal 2004 ha un blog, "Xaaraan" (http://antonella.beccaria.org/). Vive e lavora a Bologna. [email protected] A T T E N T A T O IM M IN E N T E d i A n to n e lla B e c c a r ia e S im o n a M a m m a n o S ta m p a A lte r n a tiv a C o lla n a S e n z a F in z io n e , n o v e m b r e 2 0 0 9 w w w .s t a m p a lt e r n a t iv a .it Piazza Fontana, una strage che si poteva evitare - Pasquale Juliano, il poliziotto che nel 1969 tentò di bloccare la cellula neofascista veneta. Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’Università di Padova fa partire una nuova indagine. A coordinarla è un commissario di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una trappola: Juliano si vedrà così scippare l’inchiesta, che verrà insabbiata, e finirà sotto processo accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno dieci anni per dimostrare la sua innocenza, ma nel 1979, quando sarà assolto da tutti i capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà quasi concluso il suo tragico corso. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà LE INTERVISTE DI GIANLUCA RAMPINI NORIO HAYAKAWA Traduzione a cura di Germana Maciocci Gianluca Rampini Faccio solamente una breve premessa. Molti di voi non conosceranno Norio Hayakawa ma ho voluto intervistarlo per fare un po’ di chiarezza su alcuni supposti progetti segreti del governo statunitense e sulle sua basi segrete. Pochi hanno approfondito questo argomento come ha fatto Norio. L’ufologia è spesso viziata da molto folclore a questo riguardo ed ho pensato fosse utile a tutti, me compreso, avere informazioni TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà di prima mano da chi ha investigato sul campo. Il passo successivo sarebbe riuscire a intervistare Bob Lazar che, per chi non lo sapesse, afferma di aver lavorato all’interno dell’Area 51 e di esser stato assegnato a studi di retro ingegneria sulla propulsione di un velivolo extraterrestre. Per queste affermazioni ha subito pesanti ripercussioni per il suo lavoro e per la sua reputazione. In conseguenza di questo ha deciso di lasciarsi alle spalle questi argomenti e di non concedere più interviste. Negli ultimi anni ci è riuscito solamente George Noory a Coast to Coast, trasmissione radiofonica che consiglio a tutti gli appassionati. E’ un pezzo che ci provo e forse prima o poi ci riuscirò. Intanto vi lascio all’intervista con Norio, dalla quale spero potrete trarre alcuni spunti interessanti, la ricerca migliore è quella che si fa per se stessi. Norio, può fornirci qualche informazione personale, riguardo agli studi che ha seguito, in cosa è impegnato al momento e in quale modo si è ritrovato coinvolto nella ricerca sugli Ufo? Sono stato responsabile della rete civile dei Servizi Segreti, che ora non esiste più. Si trattava allo stesso tempo di una rete flessibile di investigatori e ricercatori di informazioni riservate, che si occupavano prevalentemente, nel corso dello scorso ventennio, delle operazioni governative nei pressi di Groom Lake, Nevada, conosciuto da tutti come Area 51. Il CIN fu istituito inizialmente nel 1988 come guardia civile, o “comitato” sovrainteso ai diversi programmi Black Project del governo. Lo scorso decennio ha in compenso visto la crescita di altri gruppi civili più ampi, bene organizzati e motivati, come la Federazione degli Scienziati Americani (Federation of American Scientists - FAS) la quale attività ha avuto un impatto più decisivo sull’attendibilità governativa riguardo argomenti importanti come l’ambiente, e pertanto il ruolo di gruppi più piccoli come il CIN è stato sminuito. Al momento supporto la Federation of American Scientists (FAS). Ho avuto il privilegio di controllare con i miei stessi occhi questa base che si occupa di ricerca, sviluppo e test, sia da White Sides sia da Freedom Ridge durante i primi anni novanta, quando queste colline limitrofe non erano vietate al pubblico (in quanto a quei tempi il governo non era al corrente del fatto che la base si potesse vedere dalle loro cime). Cerco sempre di tenermi aggiornato sulle informazioni più recenti riguardanti questo importante complesso aerospaziale d’avanguardia del Nevada. Sebbene non mi occupi più da anni di ricerche e investigazioni riguardanti l’Area 51, cerco comunque di restare informato su questa base significativa. Nel frattempo, mi occupo principalmente di scoprire il più possibile riguardo alla presunta esistenza di un laboratorio biologico alieno\governativo presso Dulce, nel Nuovo Messico. Per coincidenza (anche se non credo che nella vita esistano delle “coincidenze”) vivo al momento nell’affascinante stato del Nuovo Messico. Mi sono trasferito nel 2008 dalla California a Rio Rancho, Nuovo Messico, nei pressi di Albuquerque. Nel marzo del 2009 ho organizzato a Dulce la primissima conferenza riguardante la Base Nascosta. È stato un successo strepitoso e il suo impatto è ancora ampiamente sentito: (http://www.ufodigest.com/news/ 0409/conference-ends.php) TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ho le mie teorie riguardo Dulce (http://www.ufodigest.com/news/ 0409/blue-beam.php ) Non c’è dubbio che la sia l’idea che la psicologia insite dietro l’Area 51 in Nevada che Dulce, Nuovo Messico, giocheranno un ruolo principale in un possibile mutamento radicale di mentalità che potrebbe avvenire nel giro di pochi anni. Per un lungo periodo della sua carriera si è dedicato quindi a ricerche sull’Area 51. Vorrei pertanto iniziare con qualche domanda a tale proposito. La persona che ha realmente dato vita al collegamento alieno con l’Area 51 è stata Bob Lazar. Potrebbe darci la sua opinione riguardo lui e la sua storia? Sì, ho incontrato Bob Lazar diverse volte e mi ha rilasciato una lunga intervista per la troupe della televisione nipponica nel 1990, presso la sua abitazione a Las Vegas. Credo sinceramente che Bob Lazar sia affidabile per quanto riguarda le prove che ha presentato, e credo anche che abbia un tempo lavorato al laboratorio nazionale di Los Alamos. La sua specialità erano gli acceleratori di particelle e credo che abbia lavorato anche su qualche tipo di arma che utilizzava tale tecnica. Dopo aver lavorato a Los Alamos, si è trasferito a Las Vegas. Diversi anni fa è quindi tornato nel Nuovo Messico e vive ora a Sandia Park, dietro le Sandia Mountains presso Albuquerque e ha proseguito i suoi affari nell’ambito delle attrezzature scientifiche tramite una società chiamata United Nuclear, e ogni tanto su richiesta militare ha eseguito dei lavori particolari. Un paio di mesi prima che mi trasferissi qui a Rio Rancho, vicino ad Albuquerque (nel 2008), Bob Lazar si è trasferito nel Michigan, dove ha spostato ora la sua azienda. Credo che continui a lavorare indirettamente per la difesa attraverso diversi sub appaltatori. Bob Lazar Ha mai avvistato dei velivoli insoliti nel deserto intorno all’Area 51? Certamente, ho avvistato diversi oggetti interessanti sulle Groom Mountains, specialmente nella serata del 21 febbraio 1990, quando mi trovavo lì con la troupe della televisione nipponica. Era la sera dello stesso giorno che avevo intervistato Bob Lazar a Las Vegas. Questi ci disse esattamente dove recarci per vedere i voli di prova degli oggetti che aveva descritto nell’intervista. Non volle venire con noi (la troupe comprendeva, incluso me, otto persone). A partire dalle 18.45 circa, iniziammo ad avvistare diversi oggetti color arancio che sorvolavano le Groom Mountains. Restammo piuttosto impressionati. Filmammo gli oggetti. Intorno alle 19.00, ne avvistammo un altro, e dopo venticinque minuti un altro e, infine, alle 19.45, l’ultimo. Restammo piuttosto colpiti dalle loro manovre di volo, l’unico problema era la distanza che ci faceva apparire gli oggetti come particelle di luce che davano sull’arancione. Restammo comunque impressionati dalle improvvise accelerate, discese e ascese di tali oggetti, in uno spazio limitato, effettuate durante l’osservazione. Ancora oggi non ho idea di cosa fossero veramente. In ogni modo, un mio collega, Gary Schultz, avvistò un oggetto simile nella stessa area ed esattamente una settimana più tardi (il 28 febbraio 1990). Lui e sua moglie lo fotografarono, era color arancione e molto distante, e quando sviluppò la foto che aveva fatto notò che sulla parte superiore appariva arrotondato: http://www.youtube.com/watch?v =ItjN7Jdp9OQ L’Area 51 in Nevada è ancora attiva? Sicuramente sì. Anche ora, se ci si reca sull’ampia area di parcheggio del terminal E.G. & G. dell'aeroporto McCarren di Las Vegas, ogni giorno è possibile trovarlo pieno di auto di impiegati che dicono di lavorare presso il Groom Lake, Nevada (Area 51). Ci sono inoltre dai sette agli otto voli giornalieri da e per l’Area 51, su 737 anonimi che arrivano e partono dallo stesso terminal. Negli ultimi tre anni, il complesso dell’Area 51 è stato visibilmente ampliato. Due anni fa, una nuova torre radar bluastra alta circa cinquanta metri è stata costruita con il tarmac. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Diversi nuove costruzioni, serbatoi per l’acqua, ecc. sono stati aggiunti durante questo periodo. Lo scorso anno è stata ultimata la costruzione di un nuovo hangar immenso sul lato sud del complesso, circa quattro volte più grande dell’hangar H-18, fino a quel momento il più grande dell’Area 51. Inoltre, circa due mesi fa, la pavimentazione della strada che porta a Groom Lake dal complesso fino al confine con il perimetro est è stata completata. Anche una nuova torre di comunicazione è stata costruita vicino alla torre di guardia est, nei pressi del confine. La maggior parte delle persone non sa che al momento l’Area 51 ha in totale dai 1800 ai 2200 impiegati part-time e full-time, tutti impegnati in progetti diversi e separati in programmi divisi in settori specifici, portati avanti da società appaltatrici della difesa come Lockheed, Northrop Grumman, Boeing, Raytheon, General Atomics, TRW, ecc. ecc. Alcuni impiegati lavorano tutti i giorni, sporadicamente, per una settimana o più, ecc. in base al loro compito. Sia il complesso dell’Area 51 in Nevada che il Dugway Proving Grounds nello Utah sono in definitiva luoghi dove sono perseguiti progetti diversificati legati alla difesa. Alcuni edifici presso l’Area 51 Quale tipo di progetti segreti sono in corso presso la base in Nevada? Nuove generazioni di tecnologie di difesa, di veicoli aerei telecomandati (Unmanned Aerial Vehicles - UAVs) e veicoli aerei telecomandati da combattimento (Unmanned Combat Aerial Vehicles - UCAVs), sviluppi continui di nuovi tipi di aeroplani spia ipersonici. Nuovi tipi di radar, di sistemi di armi elettroniche integrate all’aeroelettronica e ultimo ma non meno importante: possibili test di volo di velivoli ricondizionati di origine sconosciuta, anche se non sono sicuro che possano aver luogo veramente. Ecco un Velivolo da combattimento senza pilota Dopo Bob Lazar, altri hanno fatto delle soffiate sull’argomento? Certamente. La maggior parte non hanno fatto riferimento ad argomenti tecnici poiché questi non sono facilmente comprensibili ai “profani”. Ci sono tra i 1800 e i 2000 impiegati nell’Area 51 che lavorano per diverse società appaltatrici della difesa, come Lockheed, Northrop Grumman, General Atomics, Raytheon, McDonnel Douglas, TRW, Ryan Aero, eccetera. In ogni caso, il grosso di tali impiegati lavorano a progetti fortemente compartimentalizzati per cui è difficile che un soggetto o un gruppo sappiano a cosa lavora un altro. È quella che viene chiamata "alta compartimentalizzazione". Il governo sta testando da qualche parte tecnologie aliene o si tratta solo di una speculazione? Al momento si tratta di una semplice speculazione in attesa di prove evidenti. Ma potrebbe essere possibile, e io resto sempre aperto a tale possibilità. Ma cosa c’entra tutto questo con gli UFO? Assolutamente niente. Per una parte della popolazione, l’Area 51 viene associata alle “tecnologie extraterrestri” solo a causa della supposizione (proveniente da Robert Lazar) che esista un programma di ricondizionamento condotto in tutta segretezza in un piccolo complesso, presumibilmente nascosto tra le pendici delle Papoose Mountains, presso il Papoose Lake, a circa diciassette miglia sud dell’Area 51. Non esiste prova visibile dell’esistenza di questo sito S-4, come non esiste nessuna foto satellitare che lo abbia individuato. Il presunto sito S-4 è stato associato all’Area 51 unicamente perché vicino a tale luogo. Il punto riguardante questo sito è che si tratta tuttora di una supposizione. Questo non significa che non esista, ma non porta a nessuna conclusione. Un altro soggetto importante sul quale ha investigato è il progetto Blue Beam. Può spiegarci di cosa si tratta e come ne è venuto a conoscenza? TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il progetto Blue Beam è stato inizialmente scoperto dal giornalista investigativo canadese Serge Monast (con il quale già dal 1993 tenevo una corrispondenza) che riteneva fosse parte di un prossimo programma segreto della NASA. Al momento, il progetto Blue Beam potrebbe essere stato rilevato dal progetto del governo HAARP in Alaska. Tale progetto deriva principalmente dagli studi di Nikola Tesla, consiste nel riscaldamento della ionosfera per creare uno schermo virtuale dove le onde elettromagnetiche possano essere bombardate e fatte rimbalzare per determinare la posizione di possibili bunker sotterranei “nemici”, e cose simili. Parte di questo progetto studierebbe anche possibili modifiche meteorologiche. Uno degli aspetti dell’HAARP sarebbe collegato al progetto Blue Beam per quanto riguarda la possibilità nel futuro dell’utilizzo di proiezioni olografiche su larga scala come parte del programma di propaganda. Io credo che sia possibile che un progetto simile in scala ridotta possa aver avuto luogo presso Dulce, nel Nuovo Messico, tra la metà degli anni settanta e i primi anni ottanta. Sandia Laboratories (all’interno della base aerea militare di Kirtland) presso Albuquerque potrebbero aver lavorato su prototipi delle tecnologie Blue Beam negli ultimo anni settanta e potrebbero averle testate nello stesso luogo. http://www.ufodigest.com/news/0 409/blue-beam.php È possibile che sia HAARP che l’originale Bluebeam Project affondino le loro origini nelle ricerche di Nikola Tesla. Solo di recente il parco antenne del progetto HAARP è stato completato portando il numero a 180. Proiettori olografici aria-aria Puoi spiegarci meglio il collegamento tra Haarp ed il Bluebeam Project? Certo. HAARP ha davvero molte funzioni e molti progetti diversificati fra loro. Uno di questi progetti da realizzarsi in un futuro non troppo lontano è quello di bombardare la ionosfera con onde elettromagnetiche per creare uno schermo artificiale sul quale proiettare immagini tridimensionali per le Operazioni Psicologiche dell’esercito. L’uso di ologrammi è menzionato nel Progetto 2025 del Aeronautica Militare. Vengono chiamati Proiettori Aerei Olografici. L’aviazione sta lavorando indipendentemente su HAARP. I programmi HAARP hanno molti obiettivi e sono sicuro che ne avrai già sentito parlare. Il controllo climatico è uno di essi. Un altro è quello di individuare la posizione della basi sotterranee nemiche. Ciò viene fatto tramite il bombardamento di onde elettromagnetiche riflesse sull’atmosfera sino a siti interessati. Quindi è corretto affermare che HAARP ha incorporato il concetto del Bluebeam Project tra i suo vari progetti. Ci sono prove riguardo questo progetto segreto? Devi sapere che in Nuovo Messico si svolgono i programmi di ricerca e sviluppo più all’avanguardia di tutto il mondo, non solo per quanto riguarda la genetica umana ma anche l’alta tecnologia militare. Principalmente sono situati presso il laboratorio nazionale di Los Alamos, che è a solamente un centinaio di chilometri a sudest di Dulce. Il Phillips Laboratory (la struttura più all’avanguardia delle forze aeree) si trova anche questa presso la base aerea militare di Kirtland di Albuquerque. Ci sono altre strutture importanti nel Nuovo Messico, come la base aerea di Holloman e la base missilistica di White Sands. Le armi più avanzate ad energia diretta (microonde) vengono ora testate a White Sands nel Nuovo Messico. Durante gli ultimi venti anni l’Area 51 ha cambiato “reputazione”. All’inizio nessuno la conosceva, è quindi diventata la base segreta contenente UFO e alieni per antonomasia. Più tardi diverse persone hanno iniziato a credere che si trattasse “solamente” di una base principale segreta del TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà governo dove venivano svolti progetti riservati. Quindi qualcuno ha affermato che fosse ormai fuori sevizio e che tale “segretezza” fosse utile a distrarre l’attenzione da altri “punti caldi” tra le basi segrete militari. Quindi è stato imposto il limite di accesso per cui sono state effettuate di nuovo delle ipotesi. Cos’è alla fine l’Area 51 e a cosa serve? È da sempre mia opinione che debba essere noto a tutti se i soldi delle nostre tasse vengono utilizzati per finanziare progetti nefandi o che possono danneggiare l’ambiente. Penso sia anche merito dell’attivismo condotto da parte mia insieme al CIN e di altri gruppi ben radicati che il governo abbia iniziato a riconoscere alcune malefatte, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente. Nel 1998 il nostro gruppo ha organizzato una grande manifestazione presso l’Area 51 (vicino al cancello di entrata est) per protestare a riguardo. Più di duecento cittadini impegnati sono arrivati da tutti gli Stati Uniti per partecipare, il 6 giugno 1998. Un articolo sulla manifestazione è apparso in prima pagina del Las Vegas Review Journal. Le nostre richieste erano le seguenti: 1) che il governo riconoscesse l’area come base (per es. base Area 51); 2) che il governo costruisse un recinto chiaramente definito attorno al perimetro dell’Area 51; 3) che il governo trasferisse la torretta di guardia esattamente sulla linea del perimetro e non a cinquecento metri all’interno dell’area riservata (L’Area 51 è l’unica base aerea militare degli Stati Uniti dove si viene arrestati semplicemente andando presso la torre di guardia. Tutte altri basi permettono l’avvicinamento, ma non questa. Si viene arrestati anche semplicemente per questo); 4) che il governo risarcisse ex operai dell’Area che avevano riportato malattie dovute all’esposizione a prodotti chimici tossici mentre lavoravano su programmi segreti; 5) che il governo cessasse di bruciare prodotti chimici tossici in pozzi aperti presso l’Area 51 e il deserto circostante. Queste furono le nostre proteste principali. Due hanno portato a dei risultati: dopo pochi anni dalla manifestazione, il governo ha ammesso la presenza di una base presso Groom Lake. Non ha comunque affermato che il nome della base è Area 51, il che è comprensibile perché tale nome non è mai stato quello ufficiale della struttura, bensì il nome assegnato dal Dipartimento per l’Energia diversi anni fa per designare un’area geografica all’interno del vasto sito di collaudo nel Nevada. Il termine Area 51 è stato unicamente utilizzato da tale dipartimento e non dalle forze aeree che hanno giurisdizione su tale base. L’altro riconoscimento da parte del governo ha riguardato il rimborso agli ex operai dell’Area 51. Proprio circa tre anni fa, il governo statunitense ha ammesso che diversi operai si erano ammalati e ha deciso di rimborsare completamente gli ex operai e le loro famiglie (ad es. le vedove), visto che alcuni di essi erano già morti. Ecco perché ritengo che l’attivismo sia così importante, l’ho operato per tanti anni presso l’Area 51 e non me ne pento ancora oggi, anzi ne sono orgoglioso. In mancanza del saldo attivismo dei cittadini, il governo avrebbe ancora taciuto riguardo tale luogo. La stessa politica sto mantenendo nei riguardi di Dulce, il mio scopo è di continuare a pubblicizzare cosa avviene presso Dulce, Nuovo Messico. Sempre all’intenro di Dulce, presunti contenitori di alieni in incubazione Arriviamo quindi alla base aerea di Dulce. La storia più famosa legata a tale base riguarda “l’incidente alieno” dove alcuni militari sarebbero rimasti uccisi da alieni stazionati nella base. Può dirci qualcosa a proposito o si tratta solo di una leggenda? È importante stabilire prima di tutto, Gianluca, che Dulce non è una base aerea. In effetti, Dulce è qualcosa di completamente diverso rispetto a qualsiasi altra installazione militare. Infatti, la cosa più singolare è il frequente andirivieni di elicotteri militari nel suo cielo. È un dato di fatto. Questa è una delle ragioni per cui gli abitanti di Dulce sono da TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sempre disturbati dal fatto che elicotteri militari si possano recare in qualsiasi momento nell’area senza rispettare la loro sovranità. Infatti, senza nessuna ragione apparente due elicotteri militari sono misteriosamente apparsi e poi volati via sopra il Best Western Hotel al mattino presto (alle 6 a.m.) anche il 29 marzo 2009, data della conferenza riguardante la base aerea sotterranea. Diversi abitanti durante la conferenza ne hanno testimoniato la presenza. Per quanto riguarda la presunta sparatoria del 1979 tra entità aliene e 66 soldati della Delta Force statunitense: questo presunto incidente è stato presentato da Phil Schneider nel 1995 durante diverse conferenze negli Stati Uniti. È una storia affascinante, ma sfortunatamente tuttora non verificabile. Potrebbe aver ripreso l’idea da Bob Lazar che per primo ha dichiarato nel 1989 e nel 1990 riguardo un presunto alterco tra un limitato gruppo di militari statunitensi ed entità sconosciute presso una base segreta. Non aveva specificato se presso la struttura di Groom Lake o no. Bob Lazar non aveva mai nominato Dulce, nel Nuovo Messico. Presunta immagine del livello 12 della base sotterranea di Dulce Quindi non esiste realmente un laboratorio segreto alieno statunitense presso Nuovo Messico? Dulce, Per quanto ne sappia io, non esiste sicura, tangibile, solida, irrefutabile, fisica, documentata prova di nessun tipo che supporti la presunta esistenza di tale laboratorio. Ma è mia opinione personale che ci sia “qualcosa”, non so cosa sia, ma qualcosa di “reale”, anche se non sappiamo ancora cosa si possa definire “reale”. La “realtà” per alcuni potrebbe non essere la stessa “realtà” per altri. In ogni modo, per quanto riguarda Dulce, la maggior parte delle persone non sa che nel 1967 il governo statunitense ha fatto esplodere una bomba atomica sotto terra, a poco più di trenta chilometri a sud-est di Dulce, Nuovo Messico. Tale esperimento era parte di un programma post-bellico chiamato "Plowshare". Il governo statunitense fece esplodere un ordigno nucleare a circa tre chilometri di profondità, tale esperimento specifico fu chiamato progetto Gasbuggy. Fu condotto in via sperimentale per aiutare il flusso di gas naturali in tale regione. O almeno questa fu la ragione addotta dal governo. Tre anni fa ebbi un’unica occasione di visitare il Ground Zero locale, grazie alla gentilezza di un Apache Jicarilla residente presso Dulce che mi fece da guida. È mia opinione che inizialmente ci furono solo lievi perdite di radiazioni nell’area, alcuni allevatori locali mi dissero anche che il governo avrebbe monitorato il livello di radiazioni ritrovato in alcuni animali, ad esempio alcune mucche del luogo. Inoltre, ho sentito di qualche problema ricorrente di fertilità riscontrato in alcune donne presso l’area di Dulce. Queste sono alcune domande che necessitano ancora al momento di risposta, non si è ancora arrivati a una conclusione. Se ricordo bene, lei condivide l’idea di Vallee e Keel riguardo una possibile origine ultraterrestre degli Ufo. Potrebbe spiegarci la questione dal suo punto di vista personale? Supporto sicuramente la loro teoria unica sugli UFO. È possibile studiare il fenomeno UFO semplicemente attraverso il metodo cosiddetto scientifico. Non c’è dubbio che siamo di fronte ad un fenomeno che è strettamente legato alla multidimensionalità. Il fenomeno UFO potrebbe non essere un fenomeno strettamente fisico. Questa è la ragione per cui credo che il governo sia da sempre impegnato nel nascondere la loro esistenza. Non è ruolo del governo spiegare al pubblico qualcosa che è al di là della sua comprensione, come ad es. l’opinione prevalente che gli UFO siano appunto un fenomeno meramente fisico. Il governo non vuole dare spiegazioni paranormali, poiché non è ruolo del governo dare spiegazioni di tipo religioso. La gente richiede comunque spiegazioni al governo, anche se, di nuovo, si rifiuta di spiegare il fenomeno poiché questo coinvolgerebbe la sfera religiosa e paranormale. Pertanto è solamente possibile che si arrivi a una risposta tramite la ricerca di un vasto numero di persone nel mondo, salvo che queste entità che hanno sempre manovrato tali TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà velivoli non decidano di manifestarsi prima. Ma il governo non prenderà mai parte a tale Rivelazione, avendo evitato di discutere il fenomeno per tutti questi anni. Ecco perché sono dalla parte di Jacques Vallee e John A. Keel, e la penso allo stesso modo per quanto riguarda i cosiddetti rapimenti alieni, è impossibile spiegarli attraverso la metodologia empirica. Pensa che anche nel caso dell’incidente di Roswell si sia trattato di una finzione? Quando è iniziato questo programma elusivo e da parte di chi? Probabilmente sì. La domanda è: chi l’ha architettata? Il governo? O le stesse entità? Credo semplicemente che qualsiasi tecnologia avanzata non possa essere rilevata dai nostri radar antiquati risalenti alla fine degli anni quaranta. Che uno dei loro avanzatissimi velivoli si possa schiantare così è impensabile. Gli umani hanno un concetto particolare d’incidente dovuto al nostro pensiero strutturato in maniera lineare. Roswell, pertanto, è stato per me un incidente brillantemente rappresentato o dalle entità stesse o da queste insieme al governo. L’anno 1947 rappresenta per me l’inizio del processo graduale (pianificato dalle entità probabilmente in accordo con i servizi segreti del governo) per condizionare l’opinione pubblica verso possibili scenari del futuro, per ragioni tuttora sconosciute. Grazie Norio del tempo che ci hai dedicato. [email protected] PARANORMALE IL CERVELLO RETTILE E I «RAPIMENTI ALIENI» eSQuel Accade sempre più di frequente che sia la rete a stimolare in me il desiderio di fare, per quanto possibile, chiarezza su alcuni aspetti della vita che, probabilmente da sempre, l’uomo considera fra i più misteriosi e bizzarri. Questa volta, il destro me l’hanno fornito gli utenti Werther e Blissenobiarella di UfoForum (http://www.ufoforum.it/default. asp), il primo con un sogno pubblicato direttamente nel forum, la seconda sempre con un sogno che mi ha inviato privatamente. Per entrambi i sogni i suddetti utenti hanno dato il permesso alla pubblicazione. Di seguito, il sogno di Werther: Ultimamente ho fatto alcuni "Sogni" diversi dallo schema, arriva il solito rettiliano, che ti dice che tu sei speciale, che sono venuti per restituirti quello che ci è stato tolto. Ma stavolta mentre cerca di portarci nella sua base, arriva un altro essere e lo "paralizza" con una sorta di raggio, lui è incazzato a morte, ma non riesce nel suo intento . L'essere è femminile ha un effetto calmante. I sogno era abbastanza lucido, vedevo i particolari ad esempio del rettiliano: lingua biforcuta, altezza, colore. L'unica cosa che mi lascia un po’ così è che non cerca di portarci (parlo al plurale perche siamo in due, la seconda persona non so chi sia) in un’astronave sottoterra. Il fatto e che siamo noi a seguirlo, poi improvvisamente c'è il rifiuto di entrare nella base sotterranea. È lì che interviene una seconda figura di forma umanoide femminile. Gli spara, lo immobilizza ma non lo uccide, sono io che nel sogno cerco di ucciderlo. Ma l'arma che possiede l'essere non funziona se la uso io. Grido «fallo fuori, fallo fuori!», ma sembra che non capisca il perché dovrebbe farlo. Ci allontaniamo, in una specie di cerchio rotondo, siamo in parecchi lì. Il rettiliano si riprende, incazzato come non mai, ma ormai non può nulla. Ci dice solo "ritornerò» e poi sparisce con la classica figura «raggio e ufo» che tutti abbiamo in testa. Il sogno ovviamente è fuori dal classico schema, anche per le cose che mi vengono dette. Cose del tipo: «voi avete qualcosa di speciale ma non lo sapete usare», «io posso insegnartelo, ma devo far parte di te». Parla di simbionte? Non so. Resta il fatto che il rifiuto e la sensazione negativa, non ti molla mai con loro. Mentre l'altro essere, quello femminile, non so come spiegarti, è ingenuo in un certo senso e ti lascia un senso di benessere e appartenenza. Partendo dal sogno di Werther, quindi, cercherò di scrivere qualcosa che possa servire a tutti (tutti, oddio … a più d’uno). A tale scopo, ho pensato, come si dice in Emilia, «di metterla giù bella ‘pesa’» muovendo niente meno che da un'ipotesi formale. Baseremo la nostra ipotesi sui seguenti assiomi: a) La Coscienza crea il Multiverso e lo mantiene in essere descrivendolo continuamente. b) La Coscienza che crea è detta Universale, quella che mantiene in essere è detta Individuale. c) Non esiste alcuna differenza essenziale rilevabile fra Coscienza Universale e Coscienza Individuale. Ne consegue che le qualità che è possibile predicare TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà esistenti per l’una lo sono anche per l’altra. d) Solo la Coscienza (Universale e Individuale) è reale e, in quanto tale, è ontologicamente immutabile. Definiamo tale immutabilità ontologica come «oggettività». e) Il Multiverso, in quanto oggetto creato dalla Coscienza, è ontologicamente modificabile. Definiamo tale mutabilità ontologica come «soggettività». f) L'unico ambito oggettivo esistente è, dunque, ciò che chiameremo 'Campo di Coscienza' mentre ogni altra cosa diversa da esso è pura soggettività. g) È facoltà della Coscienza trattare ogni cosa diversa da se stessa in modo sia soggettivo, sia oggettivo. Ecco fatto, questi assiomi disegnano i limiti del nostro sistema di riferimento e, per restare al sogno di Werther, iniziamo con l’affermare che, in base a f), sia il rettiliano, sia la femmina umanoide sia, infine, la poltrona sulla quale siedo ora sono considerate in eguale misura componenti soggettive della realtà descritta (mantenuta in essere) dalle singole Coscienze Individuali in questo spazio-tempo. Ora e in base a g), possiamo anche decidere, al contrario di quanto abbiamo fatto sopra, di riconoscere ‘valenza oggettiva’ a tutti gli oggetti che gravitano all’interno dell’esperienza di qualsiasi Coscienza. Questo perché, nell’ipotesi proposta, la qualificazione d’oggettività o di soggettività è del tutto slegata dal parametro d’esistenza dell’oggetto. In altri termini, l’oggetto esiste solo ed esclusivamente perché creato dalla Coscienza Universale. Poi, la Coscienza Individuale potrà decidere di trattarlo come un oggetto modificabile (soggettivo) o non modificabile (oggettivo). Tuttavia, ciò non necessariamente all’interno di un giudizio di verità, bensì all’interno di un giudizio di convenienza rispetto alle necessità conoscitive della Coscienza stessa1. Quel che c’interessa, quindi e preliminarmente, è di ricondurre ogni fenomeno che ricada nell’esperienza percettiva dentro un ambito omogeneo nel quale, cioè, i diversi oggetti percepiti dalla Coscienza Individuale siano classificati alternativamente tutti in modo oggettivo o tutti in modo soggettivo. Chiaro che non sarà la stessa cosa giacché una Coscienza alle prese con oggetti ontologicamente immutabili è una Coscienza che ha rinunciato al suo potere rispetto agli oggetti che essa stessa ha creato. L’enfasi, quindi e in questo caso, è posta sull’oggetto osservato che, proprio in quanto tale, acquista una sorta di sacralità intangibile (resa, tra l’altro, formidabile proprio dal Principio di Indeterminazione il quale rende di fatto inconoscibile l’oggetto-particella). A ben vedere, la sacralità d’ogni impianto religioso potrebbe stare proprio tutta qui (compreso l’impianto religioso razionalista, ossia l’ultima grande religione monoteista dell’umanità, ma è discorso che allo stato non c’interessa d’approfondire). Di contro, la Coscienza Individuale che tratta ogni cosa soggettivamente, ossia come oggetto modificabile, enfatizza l’osservatore. Ciò, oltre spogliare l’oggetto di qualsiasi sacralità ne legge i comportamenti come espressione immediata del divenire dell’esperienza2. Ma cosa spinge la Coscienza Individuale a scegliere una visione oggettiva in luogo di una soggettiva? Semplice: il cervello rettile. L’uomo è un animale a tre cervelli. Tre componenti hardware conosciuti come archipallium o rettile, paleopallium o emotivo e neopallium o intellettuale, filogeneticamente ordinati e che, in questo contesto, chiameremo la Triade (struttura che nell’homo sapiens vede il predominio quasi assoluto del cervello rettile e delle pulsioni che da questo derivano, segnatamente: sopravvivenza e riproduzione). Quando la Coscienza Individuale (potremmo chiamarla Anima, Eloah o Paperino, quel che conta è che siamo tutti consapevoli che si sta parlando di «quella roba lì») prende ad esistere dentro un corpo fisico (per quel che sappiamo potrebbe farlo anche in altri modi), la sua manifestazione è strettamente condizionata dalla Triade che, a sua volta, si trova sotto il dominio incontrastato dell’archipallium e delle sue primitive pulsioni. Ciò comporta esattamente quello che vediamo ogniqualvolta osserviamo noi stessi o un nostro simile. Esiste, infatti, una cifra unica che appartiene a ciascuno di noi e 1 2 Sembrerebbe, quindi, che al creatore (noi) difetti la qualità dell’onniscienza. Tutto ciò, tra l’altro, in termini strettamente simbolici. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà che va normalmente sotto il nome di «umanità». Quella cifra specifica che ci fa sentire, in fondo, tutti quanti «sulla stessa barca». Tutti quanti uguali e uniti da quel cenno «saputo» che non ha bisogno di parole per far intendere chiaramente: «lo so bene chi sei e che cosa vuoi perché voglio la stessa cosa: sopravvivere e riprodurmi. Quindi, fai poco il furbo, abbassa la cresta ed uniformati alla svelta perché il lupo cattivo (la morte) è sempre in agguato». Ecco, questo spinge fortemente l’intera Totalità psichica (e, quindi, la Coscienza Individuale che la genera) verso una visione oggettiva dell’esperienza perché il profondo senso d’insicurezza che deriva in modo naturale dal predominio di queste pulsioni primitive può essere lenito solo se l’oggetto con il quale ho a che fare è solido e ontologicamente immutabile. Ho costruito la mia casa sulla roccia … cosa posso temere? Di seguito, posto il sogno inviatomi dall’utente Blissenobiarella a titolo d’esempio di come la Coscienza Individuale, ente noumenico3, è condizionata dalla parte fenomenica della Totalità costituita dalla Triade fisica: Passeggiavo per il mercato con un bimbo di pochi mesi nel marsupio. Il bimbo aveva la pelle chiara e gli occhi azzurri ed era completamente glabro. Non sapevo se fosse mio figlio. 3 «Noumenico» è qui inteso in senso più platonico che kantiano, ossia come tutto ciò che non può essere percepito nel mondo tangibile, che è raggiungibile solo tramite il ragionamento e che gode di una valenza sostanzialmente metafisica. Camminavo con lui ed avevo la sensazione che tra di noi ci fosse un dialogo continuo, uno scambio mentale incessante. Mentre passeggiavamo assorti dai pensieri l'uno dell'altra ci allontaniamo dal mercato e cominciamo a salire lungo una strada di montagna. Qualcuno si inserisce nelle nostre menti e comincia a raccontarci una storia. È un racconto lunghissimo che riguarda le vicende di tre bambini down che a dispetto della loro condizione di inferiorità, riescono ad acquisire poteri straordinari ed insieme salvano il mondo dalla catastrofe. Io ed il bimbo, che intanto è cresciuto fino ad assumere le sembianze di un bambino di due anni ed al quale sono cresciuti stupendi capelli biondi e boccoluti, siamo entusiasti della storia. Senza rendercene conto siamo arrivati presso una casetta isolata con il tetto spiovente coperto di neve, in cima ad un monte. Abbiamo voglia di giocare. Così invento per il bambino una situazione mentale in cui noi ci troviamo a scivolare sul tetto della casa e spicchiamo il volo, come i piccoli eroi del racconto. Entrambi ci divertiamo e ridiamo felici. Poi qualcuno mi chiama ed io mi allontano lasciando il bambino a sgambettare attorno alla casa. Indossa solo un pannolino e degli scarponcini alti, come dei piccoli anfibi. Scambio qualche battuta con qualcuno che non vedo, poi mi volto ad osservare il bambino. Un orrore profondo mi pervade. Come in una serie di flash vedo cosa il piccolo sta per fare: vuole richiamare un meteorite affinché si venga a schiantare accanto a lui. "OH NO! Ma perchè lo vuole fare?", urlo angosciata. "Perchè richiamare un meteorite e farsi una passeggiata fra le radiazioni è il metodo più rapido per trasformarsi in un coccodrillone siriano..." mi risponde una voce maschile che ho la sensazione sia la fusione di molte voci. Vedo nella mia mente l'immagine del bambino gonfiarsi fino a stravolgersi ed assumere le fattezze di un enorme drago. Tutto mentre lui è lì che mi fissa con il suo pannolino, i boccoli biondi, gli occhioni azzurri e un sorriso innocente sulle labbra rosa. Faccio per correre da lui e fermarlo, ma quelli con cui stavo parlando mi fermano. "E' quello che vuole. Non puoi impedirglielo» Mi dicono con voci neutre. Io capisco che hanno ragione. Molto bene, nel sogno è presente una profonda interazione dell’io osservatore tanto con il bambino «biondo e boccoluto» (ossia con una forza psichica nascente), quanto con la parte rettile della Totalità Psichica (ossia con l’archipallium o cervello rettile). Tuttavia, il «pezzo forte» è costituito dall’evidentissima autonomia che proprio il bimbo mostra d’avere rispetto all’io osservatore (personalità cosciente). Affermiamo che esso rappresenta senza alcun dubbio una pulsione nascente e sostanzialmente ancora indistinta. È anche facile vedere come il «richiamare un meteorite e farsi una passeggiata fra le radiazioni» sia, in sostanza, un’allusione ad una pratica «spinta» d’iniziazione che permetta a quella pulsione di evolvere TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà rapidamente sino a caratterizzarsi in modo definitivo in senso rettile («trasformarsi in un coccodrillone siriano»)4. In effetti e subito dopo il bambino compie la definitiva trasformazione in grande drago. In buona sostanza, la personalità cosciente non ha alcun potere sul destino delle forze psichiche nascenti che, in base ad a) e b), affermiamo generate direttamente dalla Coscienza Individuale. Tali forze, infatti e una volta in circolo, sono sotto l’imperio del cervello dominante. Quello rettile, appunto. Tra l’altro e in riferimento sia alla passeggiata fra le radiazioni, sia alla trasformazione in drago è interessante notare come nel cervello rettile, assieme alla suddetta spinta oggettivista, sia presente anche una fortissima componente magica. E come questo generi una profonda contraddizione che, tuttavia, è risolta in modo brillante (sic!) tramite la divisione fra religione da un lato e scienza dall’altro. Ma teniamo il punto, ossia ciò che ha generato questa speculazione. Parliamo dello schema, piuttosto preciso e sostanzialmente inusuale, riscontrato nel sogno di Werther rispetto alla dinamica delle c.d. abduction. Mi riferisco, naturalmente, all’intervento della femmina umanoide che entra in aperto (e violento) conflitto con l’adduttore rettiliano, facendolo desistere. Anzitutto lo schema di base sul quale innestare l’abduction operata dal rettile. Che significa? Chi sono gli alieni rettiliani ? E perché rapiscono? 4 Si tratta proprio del meccanismo che sta alla base del processo educativo. Sulla scorta dell’ipotesi proposta, la risposte potrebbero apparire semplici. I parassiti sarebbero oggetti generati dalla Coscienza Individuale sin dal suo primo insorgere nel primate. Da allora, i parassiti avrebbero preso a vivere di vita propria. In altre parole, nel preciso istante nel quale la Coscienza Individuale si manifesta nella prima scimmia bipede, sarebbero generati i parassiti, per lo più come espressione dell’archipallium (allora dominante al 99.99%), ma non solo. In realtà, da subito vi sarebbe stata generazione di parassiti anche da parte del paleopallium e del neopallium (giacché anche queste due componenti generano pulsioni specifiche). Sin dall’inizio, quindi, la parassitosi si sarebbe manifestata come indiretta espressione dell’attività del cervello che l’ha generata, attività divenuta ‘riflessiva’ per l’intervento del centro intellettuale (indiretta poiché gli oggetti generati dal cervello specifico continuano a porre in essere comportamenti coerenti con la cifra caratteristica della fonte che li ha generati). Quando, infatti, entra in gioco la terza forza (consapevolezza, il terzo cervello) iniziano i guai perché, assieme ad essa, nell'uomo entra la morbosità poiché la consapevolezza porta con sé la morbosità nella forma di un attaccamento eccessivo e malato alle cose. Si pensi, ad esempio, ad un’emozione come la semplice attrazione. Questa, perfettamente funzionale nel primate poiché regolata sino ad un momento prima dalle sole dinamiche feromoniche, diviene improvvisamente oggetto di speculazione consapevole. In altre parole, il centro intellettuale comincia ad usare delle energie degli altri due centri. Gioco estremamente pericoloso giacché se con il centro emozionale le cose possono ancora essere tenute sotto relativo controllo, con quello rettile il controllo è del tutto fuori discussione. Così nascono i rettiliani. Così nasce il Mostro che, in realtà, non è che un'istanza rettile vestita di consapevolezza. Senza consapevolezza avrebbe portato il primate ad uccidere una preda per cibarsene. In questo modo, invece, il primate è portato ad accaparrarsi quanto più può perché dal centro rettile la paura della morte non cessa mai di fluire mentre la mente consapevole, da parte sua, non vuole morire affatto. Con lo scorrere del tempo, poi, si ha un’evoluzione coscienziale inevitabile che determina un aumento del peso delle istanze derivanti dagli altri due cervelli. Questo fa sì che nasca e si affermi il concetto di morale che, di conseguenza, porta l’uomo ad un traguardo drammatico. Tale traguardo è rappresentato dalla vicenda cristica5, ossia l’evento grazie al quale la stessa Coscienza Individuale compie una scelta molto precisa: il sacrificio del Logos (il Cristo) in favore del Serpente (il cervello rettile). 5 Evento più volte prefigurato dal motivo mitologico del Dio sacrificato, morto e risorto. Mito già conosciuto dai Sumeri. Sul punto sarebbe interessante approfondire la tematica del motivo mitologico ripetuto il quale porta, alla fine, alla vicenda storica della Passione di Cristo nei termini di uno specifico meccanismo psicologico in forza del quale la Coscienza prima descrive e, di conseguenza, modifica la Materia. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il fatto è che un tale sacrificio sembra rendersi necessario poiché l’uomo (i.e. la Mente) è ancora troppo giovane. L’uomo è appena uscito dall’infanzia e quel che c’è, quindi, è una Mente adolescente, problematica ed ipercritica conquistabile non più con la semplice promessa di beni terreni (l’unico interesse del cervello rettile), ma piuttosto spostando il fuoco della tensione vitale sul problema morale (istanze superiori divenute molto attive). È per questo motivo, quindi, per questa sostanziale inadeguatezza ad una realizzazione spirituale piena e consapevole che l’autonomia delle istanze superiori (incarnate dal neopallium) deve essere bloccata tramite la messa in scena del dramma divino che si concretizza nella crocifissione (paralizzazione) del Logos, ossia dell’espressione della parte noumenica della Totalità che incarna le istanze più alte. Con ciò il cervello rettile (il Serpente, Satana) è messo nelle condizioni di regnare sul mondo materiale, ancorché per un tempo finito. Il passo si può leggere direttamente nell’Apocalisse di Giovanni: 20 – 1 Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano. 2 Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; 3 lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un po' di tempo. Difficile essere più espliciti. Il veggente dell’Apocalisse disegna con chiarezza disarmante la fine del regno del cervello rettile: «2 Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni». In altre parole e a mente del sogno di Werther, l’intervento assolutamente sorprendente, aperto e diretto della «femmina umanoide» (istanza superiore) nei confronti del rettile rapitore potrebbe (dico potrebbe) rappresentare il segno autentico che il tempo indicato nell’Apocalisse di Giovanni è realmente venuto. Il tempo nel quale la Coscienza Individuale libera il Logos dalla croce per inchiodarvi il Serpente. Interessante, a questo proposito, il fatto che il «controllo» dell’intera vicenda (destinata a durare duemila anni) è affidato ad accadimenti e scritti di tono morbosamente religioso (Nuovo testamento). Ciò è voluto per evidenti ragioni di coerenza. Il sodalizio fra il Serpente e la parte morbosa del terzo cervello, infatti, connota da sempre e in modo naturale l’intera esperienza cosciente in senso profondamente religioso (spesso smaccatamente manicheo). Ne consegue che l’era del Serpente deve essere dominata da strumenti idonei e perfettamente comprensibili come, appunto, lo strumento neotestamentario. Il dramma cristico, quindi, costituisce l’aggancio fenomenico rispetto a vicende riguardanti noumeni. In questo senso, nulla d’oggettivo. Sennonché e proprio per le necessità esposte, nulla di più oggettivo. Ma è solo un gioco di parole il quale, infine, rende bene la forza del sogno nel quale la Coscienza ha scelto d’immergersi. Sogno che in Oriente chiamano Maya. Manca solo l’eventuale relazione con il 2012. [email protected] FRESCHI DI PORTALE La bufala degli astronauti dell’India (di Simone Barcelli) La notizia (bufala) non è dell’ultima ora ma merita di essere segnalata agli utenti. Circa un paio di mesi fa numerosi portali italiani riprendevano un articolo pubblicato il 17 febbraio 2010 da Archeology Daily News (www.archeologydaily.com) e da All News Web (www.allnewsweb.com) in cui si dava conto della scoperta di pitture rupestri preistoriche all’interno di una grotta in una remota zona dell’India (Hoshangabad, stato di Madhya Pradesh, a 70 chilometri da Raisen). L’immagine, a prima vista, è quella di un astronauta, di un disco volante e di un emblematico oggetto, subito interpretato come un buco nero dal quale sarebbero arrivati sul nostro pianeta i presunti alieni. La scoperta, si legge, è di un gruppo di antropologi; un archeologo indiano, Wassim Khan, avrebbe sostenuto che quanto disegnato è del tutto anomalo e comunque discordante dall’arte rupestre preistorica che rappresenta solitamente la vita quotidiana della gente del posto. Questa notizia, così come proposta, è un falso clamoroso. L’articolo non fa altro che rimandare ad un sito indiano, il “Rajasthan Times”, e sfido chiunque ad accertarne la veridicità. Del fantomatico archeologo non c’è traccia. L’immagine a corredo dell’articolo è una parte di una rappresentazione recente proveniente dal Kimberly Park: in questo parco ogni anno gli aborigeni australiani ripropongono nuovi dipinti in omaggio al popolo delle Stelle, raffigurando i Wandjina, degli “esseri spirituali”. I dipinti sono denominati Bradshaw Patings dal nome di Joseph Bradshaw che per primo li scoprì nel 1891, nella regione del Kimberley. L’immagine è visibile anche nel video-documentario “Secret Space part 2″ di Chris Everard, inserito su Youtube addirittura il 16 dicembre 2008, al seguente indirizzo www.youtube.com/watch?v=qEi4gLHe5ws. A questo punto non ci rimane che consigliarvi la lettura propedeutica di un classico, "Astronavi sulla Preistoria", di Peter Kolosimo, recentemente ristampato da Mursia. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà PARANORMALE LE APPARIZIONI MARIANE DI ZEITUN, IN EGITTO Bruno Severi “Ed apparve un portento grande nel cielo: una Donna vestita di sole e la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Apocalisse 12:1) INTRODUZIONE Nel corso di tutta l’era cristiana sono state assai numerose le apparizioni della Madonna. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà I paesi, per così dire, baciati da questo divino intervento sono stati nel passato principalmente due: l’Italia e la Francia. Man mano che il messaggio evangelico veniva diffuso in tutto il mondo, le apparizioni mariane hanno iniziato ad interessare paesi assai lontani, per storia e cultura, spesso esotici. Non mancano, pertanto, nel lungo elenco di questo tipo di apparizioni, paesi come il Messico, il Guatemala, il Laos, il Giappone, il Vietnam, la Cina, il Ruanda, la Corea, eccetera. È stato calcolato che nel solo XX° secolo ci siano stati 386 casi di apparizioni mariane dei quali 299 non hanno avuto ancora un giudizio definitivo, 79 sono stati già riconosciuti come privi di ogni fondamento certo, e solamente 8 sono stati giudicati come vere manifestazioni del Divino dalla Chiesa cattolica. In questi ultimi anni, sembra che un paese particolarmente interessato da questi fenomeni sia gli Stati Uniti. Dal 1985 al 1994, di apparizioni mariane che hanno destato un certo scalpore ne sono state segnalate oltre 20. Occorre, tuttavia, tenere ben presente che tra i tanti casi che con cadenza quasi regolare le cronache ci fanno conoscere, solo pochi riescono a superare il filtro rappresentato dall’esame, dallo studio approfondito e dalle critiche delle autorità religiose preposte a giudicare questi fenomeni. La Chiesa cattolica è sempre assai prudente nell’approvare o meno la genuinità delle apparizioni. Quando qualcuno afferma di essere stato testimone di una o più apparizioni, il vescovo della diocesi ha il compito di interessarsi del caso attenendosi a questo stabilito nel 1978, sotto il pontificato di Papa Paolo VI, dalle norme emanate dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede. In primo luogo deve verificare se si tratta di vera apparizione e non di allucinazione patologica, o che non sia il frutto di plateali menzogne1. 1 Occorre chiarire quali siano le differenze tra le visioni, le apparizioni e le allucinazioni (Hinsie e Campbell, Potrebbe anche trattarsi dell’opera subdola del maligno. Ricordiamoci che per la Chiesa, un’autentica apparizione è un carisma – gratia gratis data – che si presenta ad una sola o a più persone per il bene spirituale del prossimo e/o della Chiesa nel suo insieme. Se il Vescovo della diocesi interessata ritiene che i fatti siano meritevoli di più approfondite indagini, allora incarica per la loro valutazione una commissione di esperti (psicologi, teologi ed altri professionisti). Essa valuta i fatti interrogando i visionari e chiunque altro possa dare una qualche testimonianza e visitando il luogo nel quale si è verificato il fenomeno. Esamina poi gli eventuali messaggi e le conseguenze 1970; Swann, 1996). In breve, le prime originano nella nostra mente e qui vi rimangono. In esse prevale, pertanto, l’aspetto soggettivo. Le apparizioni vengono sperimentate come qualcosa di reale che si verifica fuori dalla nostra mente e dal nostro corpo. Mentre esse possono possedere una loro sorta di oggettività in quanto percepibili, talora, anche da altre persone, le allucinazioni sono viste e vissute ugualmente come qualcosa che si presenta all’esterno di noi stessi e le crediamo reali, ma in effetti sono il frutto della nostra immaginazione o di altri processi mentali talora patologici. Esistono altre due varianti di questo tipo di esperienze che sono: le illusioni, nelle quali la percezione di oggetti reali viene interpretata in modo erroneo, come nel caso di alcuni tipi di miraggio. Infine, le pseudoallucinazioni che non sono altro che allucinazioni che il soggetto riconosce coscientemente come tali, ossia che sono prive di una realtà oggettiva. Essendo spesso sfumati i confini tra queste diverse categorie percettive, non è raro che i termini che le designano siano usati erroneamente come sinonimi. Tralascio volutamente, per ragioni di spazio, di considerare quelle esperienze percettive collegate con lo stato di sonno e di sogno o con altri rilevanti stati modificati di coscienza. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà dell’evento: guarigioni inspiegabili, fenomeni miracolosi o portentosi concomitanti o successivi, ed il possibile aumento della devozione e della fede. Di particolare importanza riveste il contenuto dei messaggi, quando presenti. Esso deve essere pienamente in linea con gli insegnamenti ufficiali della Chiesa e non provocare divisioni al suo interno. Terminato questo lavoro sul campo, la commissione esprime per votazione il proprio giudizio sulla possibile genuinità dell’apparizione presa in esame: “constat de supernaturalitate”, oppure “non constat de supernaturalitate”. Giudizio consegnato, insieme a tutta la documentazione raccolta, al vescovo che eventualmente lo trasmette agli organi superiori della Chiesa. A questo punto, di solito passano numerosi anni prima che la Chiesa, affidato il caso ad una sua particolare commissione interna, esprima ufficialmente l’esito della lunga e minuziosa inchiesta. Sono possibili quattro differenti tipi di valutazione (Samples, 1991; Foster, 1995): 1- l’apparizione non è riconosciuta come espressione di un disegno divino perché accompagnata da messaggi non conformi al Credo Cristiano; 2- all’apparizione manca la prova certa sulla sua origine divina. Viene lasciata, tuttavia, una certa libertà ai singoli fedeli di accordarle o meno la propria devozione; 3- per la Chiesa i messaggi non contengono nulla che sia contrario al Credo Cristiano. Essa non garantisce, però, dell’autenticità dell’apparizione; 4- si riconosce nell’apparizione un intervento divino. Appare, di conseguenza, chiaro che dei tanti casi di cui le cronache ci rendono informati, solo un’esigua minoranza riesce a superare tutti i livelli di giudizio ed a ottenere la promozione al rango di vera apparizione miracolosa della Vergine. Piuttosto sporadico è il giudizio della scienza, ossia la verifica della realtà dei fenomeni ottenuta servendosi di apposita ed affidabile strumentazione scientifica. Inoltre, quando la scienza se ne interessa ed esprime il proprio parere, quest’ultimo può non essere in accordo con quello dato dalle autorità religiose. Ma occorre anche sottolineare che il giudizio della scienza spesso si è rivelato non unanime essendosi spesso formati partiti favorevoli e partiti contrari nei riguardi dello stesso fenomeno. Questo per dire che non esiste sempre un giudizio univoco della scienza, ma esistono bensì in questo, come in altri campi, valutazioni anche diametralmente opposte sullo stesso fenomeno e che riflettono i giudizi ed i pregiudizi dei singoli studiosi. Sino ad ora abbiamo parlato di casistiche riguardanti principalmente l’ambito cattolico. Però occorre ricordare che anche altre Chiese Cristiane, ma di diversa confessione, talvolta hanno visto al loro interno manifestarsi tali ed identiche apparizioni. In questo articolo desidero soffermare l’attenzione su una serie impressionante, sia per numero che per qualità, di apparizioni mariane avvenute in Egitto in anni molto recenti ed in seno alla chiesa cristiana ortodossa copta. Queste manifestazioni hanno ricevuto il riconoscimento ufficiale da parte delle più alte autorità religiose locali e, in un caso, anche della Chiesa cattolica. In seguito, feci una ricerca su Internet dove finalmente potei raccogliere una buona quantità di informazioni che mi ha permesso di ricostruire, con sufficiente precisione, la storia di questo interessantissimo e misconosciuto fatto. L’ANTEFATTO La chiesa copta della Vergine Maria a Zeitun, nelle immediate vicinanze della capitale egiziana, fu fatta costruire nel 1924 in seguito, si dice, alla visione della Madonna che ebbe in sogno l’anno prima un certo Khalil Pasha Ibrahim. Ella gli chiese di costruire una chiesa a lei dedicata promettendo, nel contempo, di riapparire 50 anni più tardi. Secondo un’altra fonte (Scott Rogo, 1982), la Madonna avrebbe promesso il suo ritorno non appena la chiesa, della quale aveva sollecitato la costruzione, fosse stata terminata (la cerimonia di consacrazione avvenne nel 1925). Comunque siano andate le cose, alle ore 20,30 del 2 Aprile 1968, esattamente 50 anni dopo questi primi eventi, tra le cupole della chiesa copta di Zeitun ci fu la prima di una lunga serie di apparizioni della Madonna. Il 2 Aprile è una data che riveste una certa importanza per il fatto che è l’ultimo giorno di un lungo periodo di festeggiamenti che la chiesa copta celebra in onore di Maria che, per l’occasione, viene chiamata “Nostra Signora della Luce”. Altro fatto strano è che la chiesa copta di Zeitun si troverebbe sulla strada che la Sacra Famiglia avrebbe percorso durante il suo viaggio in Egitto. Tra i primi ad accorgersi dell’apparizione furono due meccanici che lavoravano in Come appassionato di parapsicologia, ma anche di altre fenomenologie di frontiera, non avevo mai sentito parlare delle apparizioni mariane accadute a Zeitun (o Zeitoun), in Egitto. Alcuni anni fa, facendo una ricerca bibliografica all’Istituto di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna, ho trovato in una rivista un articolo di due psicologi, dei quali uno, il canadese Michael Persinger, è un noto studioso della fenomenologia paranormale. Questo articolo trattava della peculiare attività sismica in Egitto in corrispondenza di apparizioni della Madonna nella chiesa copta di Zeitun (Derr e Persinger, 1989). Tra i numerosi articoli passati in rassegna quel giorno nella biblioteca dell’Istituto di Psicologia, questo mi colpì particolarmente ma, non so per quale meccanismo psicologico (atteggiamento di difesa, di censura, o chissà cosa), non volli né leggerlo, né fotocopiarlo. Registrai solamente il titolo e gli autori nella memoria e basta. Dopo circa due anni, ebbi un secondo incontro con le apparizioni di Zeitun leggendo un libro che ne faceva solo un breve accenno (Talbot, 1997). Mi decisi, a quel punto, di cercare su altre fonti qualche notizia più dettagliata, ma senza alcun successo. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà LA STORIA CI DICE un’officina di riparazioni auto posta di fronte alla chiesa. Entrambi erano di religione musulmana. Richiamati da qualcosa di strano che stava accadendo nella strada, uscirono di corsa e videro una giovane signora vestita di bianco che camminava sulla cupola principale del tempio. Credendo che fosse una ragazza aspirante al suicidio e che potesse precipitare data l’impossibilità di camminare sulla sfericità della cupola, i due urlarono alla donna di fermarsi. La figura di donna era circondata da un intenso alone luminoso e si inchinava ogni volta che passava accanto alla croce che sovrastava la cupola principale. Qualcuno tra la gente che si stava raccogliendo in strada ad ammirare l’inconsueta scena gridò: “E’ la Vergine Maria”. Tanta era la gente che si raccolse ad ammirare il fenomeno che il traffico stradale ne fu bloccato. Dal momento che da quella prima volta le apparizioni si ripresentarono con notevole costanza (nei primi due anni in media 2-3 volte alla settimana), alcuni esponenti religiosi di alto rango furono incaricati dal Pope di Alessandria di Egitto e Patriarca per l’Africa ed il Medio Oriente, sua santità Anba Kirillos VI, di raccogliere informazioni dirette ed indirette del fenomeno. Anch’essi furono testimoni delle apparizioni di questa figura femminile che passeggiava tra le cupole della chiesa e che, in certi momenti, sembrava benedire con le mani o con movimenti del capo la folla sottostante. Lo stesso Pope fu presente al manifestarsi di questi straordinari fenomeni. Egli, in seguito, diede la sua approvazione sulla genuinità di questi fatti. Anche il Cardinale cattolico Stephanos I°, incaricato dal Papa Paolo VI° di fare indagini scrupolose, si espresse a favore: “Senza dubbio si tratta di una reale apparizione…” (Zaki, 1978). Paolo VI° (Immaculata, aprile 1979), ufficialmente riconobbe le apparizioni di Zeitun come manifestazioni divine. Anche le autorità civili fecero le loro indagini senza trovare alcunché che facesse sospettare qualche trucco. In particolare, la polizia ispezionò un ampia zona circostante la chiesa (per un raggio di 15 miglia) per trovare marchingegni che potessero essere la causa fraudolenta dei fenomeni, ma senza alcun risultato. Lo stesso presidente della Repubblica Egiziana, Abdul Nasser, un fervente marxista, fu uno dei tantissimi testimoni. La notizia si sparse con la velocità del fulmine e le sere seguenti una folla vastissima ed eterogenea, fatta di cristiani, musulmani, ebrei, agnostici ed atei, venuti da tutto il paese e anche dall’estero, si radunò attorno alla chiesa. In alcune notti si dice che la folla abbia raggiunto il numero di 250.000 persone. I problemi di ordine pubblico che ne seguirono furono brillantemente risolti: chiusura forzata del traffico in tutta la zona, eliminazione di alberi e manufatti vari dal piazzale della chiesa per far posto alla folla, stretto controllo della situazione da parte della polizia presente in forze, eccetera. La TV egiziana ha fatto svariate riprese, centinaia di fotografi professionisti hanno fatto migliaia di fotografie, ed è stato calcolato che in tre anni più di un milione di persone sia stato TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà testimone delle apparizioni di Zeitun. Un organismo governativo egiziano, il “General Information and Complaints Department” ha diffuso nel 1968 questa dichiarazione: “Sono state condotte indagini ufficiali che ci hanno portato a concludere che è innegabile che la Santa Vergine Maria sia apparsa alla chiesa di Zeitun con un corpo chiaro e luminoso che è stato visto da tutti i presenti, sia cristiani che musulmani”. Qualcuno ha fatto rimarcare come un fatto tanto eccezionale come quello solo a stento abbia varcato i confini egiziani e, nel mondo, siano state date vaghe notizie di queste apparizioni solo anni dopo il loro accadere. Fanno eccezione, per quel che ho potuto appurare, due soli brevi articoli del “The New York Times” datati 5 maggio e 21 agosto 1968. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che questa mancata diffusione su scala mondiale sia da riferirsi al fatto che gli eventi straordinari sono accaduti nell’ambito della chiesa copta e non di quella cattolica… TIPOLOGIA DELLE APPARIZIONI Un particolare importante è che le numerose apparizioni (alcune centinaia), che si protrassero per ben 3 anni, erano spesso di lunga durata. Quella del 30 aprile 1968 durò 2 ore e 15 minuti. Inoltre, erano visibili a chiunque e non c’era alcun problema a fotografarle. Avvenivano sempre nel cuore della notte ed erano precedute o accompagnate da inconsueti fenomeni luminosi. La Madonna (anche noi a questo punto, ed anche in seguito, ci uniformiamo provvisoriamente a questa identificazione), nel corso delle centinaia di apparizioni a Zeitun, non ha mai detto una sola parola. La sua presenza, in primo luogo, ed i gesti di benedizione elargiti alla folla e gli inchini alla croce che sovrastava la cupola centrale, per i credenti sono valsi molto più di qualsiasi parola e sono apparsi ricchissimi di profondi e, talora, insondabili significati. Secondo la descrizione di Padre Boutros Gayed (1996), rettore della Chiesa di Zeitun e fratello del Pope Shenouda III, le apparizioni hanno mostrato queste caratteristiche: 1. La Madonna appariva dotata di una propria intensa luminosità. Indossava una tunica lunga sino ai piedi ed a volte il capo era coperto da uno scialle. Spesso era circondata da stelle brillanti più grandi del normale. Poteva apparire l’intero suo corpo o solo il suo busto. 2. La Vergine era solita spostarsi tra le cupole della chiesa, in particolare in vicinanza di quella centrale. Passando davanti alla croce sulla cupola maggiore ella si inchinava e la croce acquistava una fulgida luce. 3. Talvolta portava un bambino tra le braccia. 4. In altre occasioni la sua sagoma non era ben definita, ma sempre luminosa. Oppure si vedeva una nuvola luminescente dalla quale la Madonna prendeva progressivamente una forma definita. 5. L’apparizione della Madonna era preceduta o accompagnata da bianche colombe che volavano attorno alla chiesa. Anch’esse erano luminose, più grandi del normale e si spostavano nel cielo senza alcun battito delle ali. Di solito sembravano materializzarsi dall’interno di nuvole luminose che comparivano misteriosamente tra le cupole della chiesa, oppure comparivano all’improvviso dal nulla. In un’occasione furono viste in numero di sette spostarsi velocemente nel cielo disposte a formare una croce. 6. A volte si osservava solo un bagliore luminoso arancione o azzurro chiaro che risplendeva per alcuni istanti per poi scomparire. Oppure si vedeva chiaramente una nebbia luminescente che avvolgeva ogni cosa e dalla quale emanava un piacevole odore di incenso. 7. Padre Boutros Gayed ricorda di avere visto la Madonna passare davanti al disco della luna piena coprendola alla vista. In concomitanza di queste apparizioni, tra coloro che vi hanno assistito o che hanno successivamente visitato la chiesa, sono stati segnalati numerosissimi casi di guarigioni inspiegabili e di altri fatti miracolosi. A questo si aggiunga l’aumento nel fervore religioso di tanta gente e la conversione di persone sino a quel momento non credenti. ALTRE APPARIZIONI MARIANE IN EGITTO Il quadro sin qui descritto, già così sconvolgente, aumenta la sua complessità ed il suo interesse nel constatare che non è stato affatto un fenomeno isolato. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Altre apparizioni simili si sono verificate negli anni successivi in Egitto. Edfu Alle ore 20,10 del 21 agosto 1982, la Beata Vergine Maria è apparsa nella chiesa copta di Edfu, presso Assuan. Le apparizioni si sono prolungate sino al mese di novembre di quello stesso anno ed hanno trovato il riconoscimento da parte del vescovo Hedra di Assuan. In seguito, il Pope della Chiesa Copta Shenouda III ha dato la propria approvazione riguardo all’origine divina di queste apparizioni. Santa Demiana Nel quartiere periferico di Soubra, a Il Cairo, ulteriori apparizioni mariane hanno iniziato ad aver luogo il 25 marzo 1986 e si sono protratte sino al 1990-91. Il teatro degli avvenimenti è stata la chiesa copta di Santa Demiana Martire. Si tratta di una chiesa molto dimessa incastonata tra le strettissime viuzze di un’area molto popolare della capitale. Verso il tramonto, la prima apparizione fu vista, dagli abitanti delle case adiacenti la chiesa, nello spazio tra le sue due torri. La Vergine Maria apparve in una forma molto luminosa circondata da un alone di luce intensa. Nei giorni seguenti, una folla sempre più numerosa accorse per assistere alle successive manifestazioni di questa figura, tanto da intasare le viuzze circostanti. Un giornale locale, il Watani, con un articolo del 13 Aprile, ci informa che in effetti i fenomeni luminosi che hanno interessato la chiesa di santa Demiana hanno avuto inizio prima del 25 marzo, ma senza destare subito un particolare interesse. Questo si è acceso, ed è dilagato, solo il 25 marzo quando si è constatato che, oltre ai bagliori ed alle nuvole luminescenti che rivestivano la sommità della chiesa, c’era anche una figura femminile prontamente riconosciuta come la Madonna. Pure in questa occasione, Sua Santità il Pope Shenouda III ha istituito un’ulteriore commissione per stabilire l’origine di quei fenomeni. La commissione, recatasi sul posto nel corso della notte dell’undici aprile, ha potuto osservare, dalle 3,40 alle 5 del mattino, “la Santa Vergine in una forma chiara circondata da un alone luminoso”. Da un’analisi più approfondita condotta nelle serate successive, ed alla quale hanno contribuito anche le testimonianze di semplici cittadini accorsi ad assistere al fenomeno, la commissione papale ha potuto concludere le sue ricerche affermando: - - - - Le apparizioni della Vergine sono state ripetute e si sono manifestate in diverse forme. Sono state viste colombe sulla sommità della chiesa. Da essa si diffondeva un forte profumo d’incenso. Un’intensa luce apparentemente non naturale si diffondeva dall’interno di una delle due torri verso l’esterno. Questa luce ha continuato a risplendere anche quando è stata sospesa per un’ora l’erogazione della corrente elettrica nell’intero quartiere. Le apparizioni non erano limitate alle sole ore - - - - notturne, ma potevano manifestarsi anche in pieno giorno. Esse, oltre che sulla superficie esterna della chiesa, sono state osservate anche nel suo interno. Oltre alla Madonna, anche altri santi personaggi sono comparsi, come Santa Demiana, vari altri santi ed il bambino Gesù tenuto in braccio dalla Madonna. Spesso la Madonna appariva contornata da lingue di fuoco che assumevano, successivamente, le forme ed i colori più disparati. Le apparizioni avevano durata variabile (da pochi secondi ad ore) e potevano ripetersi più volte in una stessa notte. Anche per la fenomenologia di Santa Demiana è stato possibile raccogliere una documentazione fotografica. Shentena El-Hagar Nuovi fenomeni simili sono accaduti alla chiesa copta di un piccolo villaggio egiziano, Shentena El-Hagar (Menufiya) tra l’agosto ed il settembre del 1997. Da un resoconto giornalistico sappiamo che i primi ad accorgersene sono stati gli abitanti delle case circostanti la chiesa che si sono precipitati ad avvisare il parroco. Essi hanno visto dapprima un intenso bagliore luminoso argenteo che rivestiva la grossa croce del campanile. Da questa luce è emersa una figura verosimilmente umana che è stata riconosciuta come la Madonna. I testimoni sono stati in grado di fornire precisi dettagli di questo personaggio: aveva una croce al TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà di sopra della testa, il suo abito era blu e teneva le mani sollevate come in un gesto di preghiera. Il vescovo di Menufiya, Benjamin, così ne dà testimonianza al giornale “Middle East Times”: “L’ho vista tre volte. Ella apparivata all’interno di tre cerchi di luce. Una volta teneva le mani alzate al cielo come se pregasse. La seconda volta ella camminava a destra e a sinistra guardando la folla sottostante. Nell’ultima, ella si è trasformata in una grande colomba argentea che solcava il cielo”. Aggiungo anche la descrizione di un testimone indiretto, che riassumo in questi termini: “La Vergine Maria è apparsa a mio padre ed a mio fratello, oltre a diverse altre persone, per tre ore. All’inizio è comparsa una stella rossa discesa dal cielo e che si è mossa attorno alla chiesa sino a quando non sono apparse due grosse colombe bianche. In seguito, si è vista una forte luce emanare dalle campane all’interno del campanile. Entro questa luce si è concretizzata la Vergine Maria sotto forma di un corpo di luce molto luminoso. Poi si è disciolta la luce che la circondava mostrando la Vergine più chiaramente accanto alle due colombe. I lineamenti del corpo non erano molto netti, tuttavia la si è vista più volte fare una specie d’inchino verso la folla. Come detto, oltre a mio padre e a mio fratello, c’era una ingente folla che ha visto le stesse cose così come le ho descritte. Alcuni tra i presenti hanno detto di avere visto la Madonna anche all’interno della chiesa”. Un prete copto che ha assistito ai fenomeni, così li descrive: “Palle di fuoco, stelle cadenti incandescenti, luci incredibili, cerchi di fuoco attorno alla croce ed ali scintillanti in movimento”. Un altro religioso così riferisce: “Allora Ella apparve sulla chiesa con due angeli al fianco e si spostava benedicendo la gente”. Una delegazione di religiosi d’alto rango ha svolto delle indagine ed è stata spettatrice dei fenomeni. In base alle loro dichiarazioni, il Patriarcato della Chiesa copta ha emesso il seguente documento: “Una luce supernaturale è apparsa nella chiesa di Shentena El-Hagar, Menufiya, specialmente verso la fine di agosto, ed ha attirato migliaia di persone che hanno inneggiato al fenomeno spirituale che è continuato per diversi giorni in distinte occasioni”. Sfortunatamente (non sono riuscito a conoscerne la ragione), non è stato possibile raccogliere una documentazione filmata o fotografica. Il solito verificarsi di guarigioni miracolose ha accompagnato lo svolgersi di questi fenomeni. Mentre scrivevo questo articolo sono riuscito, attraverso Internet, a mettermi in contatto con un ingegnere americano che è stato testimone delle apparizioni di Zeitun. Gli ho chiesto di descrivermi la sua esperienza e, in particolare, di confermarmi che le fotografie che si trovano in giro delle apparizioni di Zeitun corrispondono o no a quanto da lui osservato. Una delle fotografie più famose compare anche nella sua pagina WEB che tratta, appunto, di queste miracolose apparizioni. Con estrema cortesia, egli ha acconsentito che citassi in questo articolo la sua diretta esperienza che mi ha così riassunto (la traduzione dall’inglese è mia): “Nell’aprile 1968 ho visto la Santa Vergine Maria, all’una di notte di un venerdì, proprio nella forma illustrata nella fotografia che appare nella mia pagina WEB su Zeitoun. Essa era a figura intera, con la veste fluttuante. Teneva le mani lungo i fianchi con i palmi aperti come per fare un invito. Questa figura si è spostata lentamente sopra la cupola per lungo tempo e, quando scomparve, corpi celestiali con forma di colomba volarono per tutto il cielo sopra la chiesa. Ci siamo tornati diverse volte ed abbiamo visto per lo più gli oggetti celestiali con forma di colomba. Essi apparivano sempre dopo la mezzanotte e prima dell’alba. Un sentimento di riverenza e di sollievo indescrivibile mi è rimasto per un lungo tempo. Prima di lasciare l’Egitto per gli USA, dove dovevo completare gli studi universitari di ingegneria, nel periodo tra l’aprile del 1968 ed il luglio del 1969 sono andato a Zeitoun una dozzina di volte. Mi sistemavo in una delle strette viuzze che contornano la piccola chiesa e, guardando in alto verso il cielo, cantavo in mezzo ad una fitta folla o pregavo Gesù e la sua Madre Benedetta, la Vergine Maria Theotokos (Madre di Dio in Verità)”. Mi ha anche riferito che la sua famiglia è stata testimone degli eventi straordinari accaduti alla chiesa copta di Santa Demiana. Egli è impiegato come ingegnere alla “Boing Aerospace Company” di Saint Louis (Missouri) ed ha il grado universitario di Ph.D. LE INTERPRETAZIONI DELLE CHIESE CRISTIANE Per i cristiani, quelli cattolici soprattutto, l’origine divina di questa fenomenologia rappresenta una possibilità reale. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Non tutte le apparizioni sono genuine, ma nihil obstat che una ristretta minoranza lo sia. Più scettica è la Chiesa Protestante. La realtà delle apparizioni mariane è fortemente contestata per questioni ideologiche di fondo. Al limite, può ammettere che i presunti casi di apparizione siano particolarmente frequenti, specialmente in questo declinante millennio, ma può riconoscere in essi non un disegno di Dio, bensì un intervento del Demonio. Infatti, c’è chi vede dietro a questi eventi un’astuta strategia del Maligno mirante a confonderci o c’è chi ritiene che questa complessa e misteriosa fenomenologia sia un segno della prossima venuta della fine dei tempi di apocalittica memoria. Insomma, sarebbe uno di quei segnali (avvento di falsi profeti, di guerre, carestie, inconsueti fenomeni celesti, eccetera) profetizzati nel Nuovo Testamento che annuncerebbero la fine dei tempi ed il presentarsi imminente del giudizio universale (Matteo, 24; Luca, 21). Un'altra chiave di lettura particolarmente cara ai protestanti e a diversi studiosi scettici è che si tratti, come vedremo meglio in seguito, di allucinazioni sia individuali che collettive. Oppure, che la Chiesa cattolica abbia ogni interesse a vedere il miracoloso dietro ad ogni angolo per fini propri facilmente individuabili e, per questa ragione, se ne serva. IL PARERE DEI CRITICI E DI ALTRI STUDIOSI Sulla rivista della associazione degli scettici australiani, “Skeptic”, ho trovato un articolo di un certo Harry Edwards (1994) che, facendo riferimento ad alcune delle più note apparizioni mariane (Guadalupe, Lourdes, Fatima e Medjugorje), arriva a queste sconsiderate conclusioni: “Tutti i visionari rientrano nella medesima categoria; hanno età compresa tra i 6 e i 16 anni, sono contadini, pastori o semplici popolani senza cultura, devoti alla loro religione, indottrinati dalla Chiesa cattolica a credere nei miracoli e nel soprannaturale in genere. Senza eccezioni, essi appartengono a famiglie povere e si può ipotizzare che l’avere queste apparizioni divine possa confortarli ed elevare la loro considerazione agli occhi della gente. I ragazzini hanno vivida immaginazione, fantasticano, vedono cose che gli adulti non vedono, ed amano serbare dei segreti – tutti attributi dei potenziali veggenti. Dato l’ambiente favorevole, un background religioso ed una valida motivazione, uno è già sulla strada delle allucinazioni. Il soprannaturale è contraddetto da tutto ciò che impariamo attraverso i nostri cinque sensi e le leggi naturali; “vedere” o “udire” al di là dei cinque sensi e delle leggi di natura deriva da uno stato soggettivo basato su concetti senza fondamento”. Per Edwards il problema è già risolto, anzi non esiste, non è mai esistito. La partigianeria e la parzialità di questo critico emerge ancor più chiaramente quando fa un breve riferimento proprio alle apparizioni oggetto di questo articolo. Vediamo cosa dice ancora Edwards: “Un altro luogo di culto meno noto nel quale la Beata Vergine Maria si dice sia apparsa è Zeitoun, a Il Cairo, dove nel 1968 alcuni operai musulmani videro una visione in cima ad una chiesa copta ortodossa; poi, nel 1986, ella riapparve sopra la chiesa di Santa Demiana, sempre a Il Cairo. Le incandescenti relazioni tra copti cristiani e fondamentalisti musulmani possono avere avuto a che fare con tutto ciò”. Centinaia di apparizioni durate per anni ed osservate da più di un milione di persone, fotografate e filmate a non finire vengono, da Edwards, ridotte ad una sola indeterminata visione da parte di alcuni operai musulmani. L’insinuazione di carattere politico-religioso completa il quadro. Lascio al lettore ogni ulteriore commento. Mi limito solo a sottolineare il metodo usato da una certa categoria di critici di questo stampo. Davanti ad un fenomeno ampio e complesso, oltre che non facilmente spiegabile come quello delle apparizioni, questi critici selezionano alcuni casi (quelli che fanno al caso loro), fanno su di essi alcune frettolose considerazioni demolitrici, per poi generalizzarle a tutto il settore. Nel far questo, evidenziano massimamente i punti ritenuti deboli e minimizzano o tacciono tutti gli altri. È come se uno studioso, avendo riscontrato che un mistico cristiano ha avuto dei problemi psicologici, potesse affermare che tutti i mistici cristiani sono dei malati mentali. È chiaro che il metodo scientifico, ed anche il buon senso, sono tutt’altra cosa. Che un simile articolo, come quello di Edwards, sia stato accettato e pubblicato da una rivista che riflette la posizione ideologica del club degli scettici australiani, mi crea delle perplessità anche su questi ultimi. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Purtroppo, questo modo di far critica è diffusissimo in tutto il mondo ed ho solo voluto darne un esempio. Un tentativo più serio di spiegare le apparizioni di Zeitun è stato fatto dai già citati Derr e Persinger (1989) su un’autorevole rivista di psicologia. Quello che essi ipotizzano è che esista una connessione assai stretta tra manifestazioni sismiche ed alcuni tipi di fenomeni luminosi. Essi hanno raccolto tutti i dati relativi ai terremoti occorsi in Egitto tra il 1967 ed il 1971 per vedere se c’era una corrispondenza temporale tra essi ed i fenomeni luminosi occorsi alla chiesa di Zeitun. Vale la pena riportare alcuni brani significativi tratti dal loro articolo: “Quando fotografati, questi fenomeni apparivano come bagliori di luce. Principalmente c’erano due distinti tipi di eventi: piccole luci di breve durata in movimento (le colombe) e più durature formazioni, del tipo effetto a corona, disposte in genere nelle parti apicali della chiesa. Le descrizioni di carattere più dettagliato dei fenomeni, come le visioni, spesso apparivano come flash; i loro dettagli di solito riflettevano il background religioso degli spettatori”. Più avanti, i due studiosi concludono: “Le caratteristiche di questi fenomeni luminosi suggeriscono con forza l’esistenza di tensioni tettoniche entro quell’area. Secondo l’ipotesi delle tensioni tettoniche, dei fenomeni luminosi anomali sono generati da brevi e locali cambiamenti nelle tensioni che precedono i terremoti all’interno della stessa regione. Fattori psicologici determinano dettagli maggiormente elaborati di queste esperienze perché ci sono stimolazioni dirette nel cervello degli osservatori così come contributi indiretti da storie di rinforzo”. Come fa giustamente notare William R. Corliss (1997), i terremoti di cui i due studiosi fanno cenno si sono manifestati a ben 400 km. di distanza e non è chiaro come possano avere provocato degli effetti luminosi così lontano. Aggiungo io, “Perché solo e sempre a Zeitun ed in particolare sulla sommità della sua chiesa copta e non anche, e contemporaneamente, in altri mille luoghi più o meno vicini?” Inoltre, le corrispondenze temporali tra i terremoti e le manifestazioni luminose non sono state così precise come previsto dalla teoria, anzi, tutt’altro. E questo è riconosciuto anche dagli stessi autori che pensano di non avere tenuto conto di importanti e fondamentali variabili che ancora non sono riusciti ad individuare. Infine, avendo io avuto la possibilità di analizzare alcune fotografie di queste apparizioni, alcune di esse non sembrano affatto rappresentare dei semplici bagliori luminosi, bensì una sagoma umana femminile piuttosto ben definita che, per certi particolari, fa pensare immediatamente alla Madonna. Non posso, però, garantire al cento per cento che le foto non siano truccate, anche se ciò mi sembra abbastanza improbabile. Anche alcuni parapsicologi hanno studiato ed espresso parerei sulle apparizioni di Zeitun. Michael Grosso (1985; 1996), ad esempio, afferma che “simili visioni non sono apparizioni della Maria storica, ma sono effettivamente proiezioni olografiche paranormali create dall’inconscio collettivo”. Ispirandosi alle intuizioni di C. G. Jung (1964), Michael Grosso ritiene che il mito (o l’archetipo) della antica e primordiale deamadre, sistematicamente represso dalla civiltà moderna, sia stato momentaneamente ripristinato e manifestato a Zeitun per via paranormale grazie alle ormai incontenibili energie accumulatesi nell’inconscio collettivo. Oppure, “L’attesa della gente del realizzarsi della profezia comunicata al futuro costruttore della chiesa di Zeitun sarebbe stata la molla che ha creato le condizioni perché da tale attesa si concretizzasse tutta la suddetta fenomenologia”, è quanto sostiene un altro ben noto parapsicologo, Scott Rogo (1982). Sulla questione delle proiezioni olografiche paranormali, rimando a Talbot (1997). Quest’ultimo autore sostanzialmente condivide l’opinione espressa da Michael Grosso sull’origine olografica paranormale delle apparizioni mariane, quella di Zeitun in particolare (Talbot, 1976; 1997). Esistono anche delle interpretazioni di questa fenomenologia su base ufologica, ma non ne tratto per la loro attuale palese inconsistenza. Un fatto che mi ha colpito è rappresentato dalla curiosa analogia che mi sembra di poter cogliere tra il modo con il quale costantemente si afferma che prenda forma la Vergine Maria e certi fenomeni propri delle sedute medianiche. Nel primo caso, l’apparizione inizia con una massa, una nuvola luminescente, dalla quale sembra prendere forma e consistenza (materializzarsi) la figura identificata come la Madonna. Nel secondo caso, stando ai resoconti dei testimoni, si ottengono delle figure con TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sembianze umane a partire da masse informi di una sostanza luminescente detta ectoplasma. Ma questo è ancora un argomento minato e non mi sento di insistere oltre. Un altro fatto che mi sembra doversi sottolineare è dato dalla rapidità con la quale le somme autorità religiose copte arrivano a dichiarare ufficialmente il carattere sovrannaturale di queste apparizioni: solo alcuni mesi. Ciò contrasta nettamente con la maggior prudenza e, forse, con il maggior scrupolo, con cui queste indagini e questi verdetti vengono elaborati dalle autorità religiose cattoliche: dopo decine di anni, se non più. CONCLUSIONI Le apparizioni mariane di Zeitun e degli altri luoghi descritti sono veramente qualcosa di particolare. Esse, pur avendo certi elementi in comune con tante altre importanti apparizioni mariane, hanno anche qualcosa di singolare che le rende uniche. Anzi, sembra che le differenze superino le somiglianze. Non mi riferisco tanto al loro numero e alla ricchezza di manifestazioni visive che le hanno caratterizzate, bensì mi riferisco al fatto che sono state sempre ed assolutamente mute. La Vergine non ha profferito una sola parola, nessun messaggio è stato comunicato. Questo, che a prima vista può sembrare un difetto, lo considero al contrario un pregio che ne avvalora l’oggettività. La messaggistica delle apparizioni mariane più importanti è sempre stata fonte di dubbi, di insinuazioni e di sconcerto. Non è sempre stato chiaro sino a che punto i messaggi potessero essere considerati rivelazioni divine e non invece il frutto della fertile fantasia dei veggenti. Ma non solo. Basandosi anche sul fatto che esse sono quasi sempre avvenute in ambito cattolico, si è spesso insinuato che le apparizioni ed i messaggi potessero essere stati in qualche modo pilotati o strumentalizzati dalla Chiesa cattolica per scopi sia di promozione religiosa, sia di natura politica (principalmente al fine di indebolire o soppiantare altre Chiese cristiane non cattoliche compresenti nel luogo degli avvenimenti). La Madonna apparsa in Egitto, se veramente della Madonna si tratta, non ci ha lasciato nullo di detto e, con il suo silenzio e la sua presenza, ha così potuto parlare sia a i cattolici, ai copti, ai musulmani ed ai non credenti. Più che come elemento di divisione, sembra abbia funzionato come elemento di aggregazione. Almeno in questo caso nessuno potrà sospettare trame politiche di bassa lega che hanno favorito, se non letteralmente creato, questi fenomeni. Non credo occorra aggiungere molto di più a quanto già detto. Ho esposto i fatti ricostruendoli in base alle informazioni che, a fatica, sono riuscito a reperire. Ritengo che qualcosa di veramente notevole sia accaduto nella terra d’Egitto, qualcosa che trova implicazioni su vari fronti, non da ultimo quello della fede personale. Sul piano della verifica scientifica, come quasi sempre accade con questo tipo di fenomeni e come già accennato in precedenza, i fatti esposti sono suscettibili di essere presi per buoni, oppure no. Le fotografie, i filmati e le numerosissime testimonianze un qualche valore debbono pur averlo una volta che sia stata accertata la loro genuinità. Come già detto, spesso la valutazione della scienza non sempre riesce ad essere univoca, assoluta. Quello che vale per alcuni scienziati può non essere sufficiente per altri. Stando così le cose, non resta che raccogliere i dati in maniera precisa e coerente, e dopo saranno il tempo e lo studio approfondito a decidere su quanto accaduto. Può anche darsi che non si arrivi mai ad una conclusione definitiva. Per concludere, mi si permetta un piccolo sfogo personale contro un atteggiamento molto comune tra gli studiosi, e non solo, e che mi reca un grande fastidio. Molte persone, quando sono richieste di giudicare eventi insoliti come questi, anche se non ne sanno nulla e mai se ne sono interessate, si sentono in dovere di esprimere degli “autorevoli” giudizi. Ma perché cercare sempre e comunque di dare una spiegazione a fatti che al momento non sono conoscibili o non sono ancora del tutto chiari? Di enigmi nell’universo ce ne sono tantissimi. Alcuni di essi potranno trovare una spiegazione in breve tempo, altri chissà quando, ed altri ancora forse mai. Mi sembra un atteggiamento paranoico dovere per forza dare delle interpretazioni affrettate ed a tutti i costi con il rischio di doversi in seguito smentire. Se esiste un fatto reale che non siamo in grado di spiegare, accettiamolo così com’è, senza sentenziare e senza dire una parola di troppo. Ciò non ci impedirà di poterlo studiare usando la logica, il buon senso ed il metodo scientifico. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Se al di là di un alto muro, ad esempio, mi si dice che c’è un oggetto, senza dirmi quale, e mi si chiede di che colore sia, è sciocco lanciarsi ad indovinare (anche la domanda è sciocca). Più accorto mi sembra sia tacere e, nello stesso tempo, cercare una scala per superare quel muro e renderci conto di quello che c’è al di là di esso. Davanti a fenomeni come quelli sopra esposti, le apparizioni mariane in Egitto, fermiamoci un momento, non corriamo a dare subito un giudizio. Non c’è nulla di male a non sapere cosa rispondere. Forse basta solo meditarci un po’, aspettare alcuni attimi o tempi più propizi. O, forse, no… Non rompiamo affrettatamente l’incantesimo! È anche questo il fascino del mistero: spiazzare la gente lasciandola letteralmente senza parole. [email protected] BIBLIOGRAFIA Corliss, W.R. (1997): The Zeitoun apparitions. Science Frontiers, N. 64, Jul-Aug. Derr, J.S. e Persinger, M.A. (1989): Geophysical variables and behavior: LIV. Zeitoun (Egypt) apparitions of the Virgin Mary as tectonic strain-induced luminosities. Perceptual and Motor Skills, 69, 123-128. Edwards, H. (1994): Apparitions and Shrines. The Skeptic, Vol. 13, N. 4, pag. 13. Foster, M.S (1995).: Canonical considerations regarding alleged apparitions. JCD. Gayed, B. (1996): The apparitions of Virgin Mary at Zeitun Church, Egypt, with real photos. http://www.geocities.com/Athens/7084/ zeitugal.htm Grosso, M. (1985): The final choise. Walpole, NH: Stillpoint. Scott Rogo, D. (1982): Miracles. Dial Press, New York, pp. 256-257. Grosso, M. (1996): UFO’s and the Mith of NewAge. Mithos Journal, N. 6, Fall. Swann, I. (1996): The great apparitions of Mary: An examination of 22 supranormal appearances. Crossroads Publ. Hinsie, L. e Campbell, R. (1970): Psychiatric Dictionary. Oxford University Press, New York. Jung, C. G. (1964): Flying Saucers: A Modem Myth of Things Seen in the Skies. Civilization in Transition, Collected Works, vol. 10. New York: Pantheon Books. Samples, K. R. (1991): Apparitions of the Virgin Mary: A protestant look at a catholic phenomenon. Part 1. Christian Research Journal, pag. 20, Winter. Talbot, M. (1976): UFOs beyond real and unreal. Da: Gods of Aquarius, Brad Steiger Ed., N.Y. Talbot, M. (1997): Tutto è uno. URRA Edizioni, pp. 333-334. Zaki, P. (1978): Our Lord’s Mother visits Egypt in 1968. Zeitun, Egypt: Coptic Orthodox Church Publ. Altre opere non citate nell’articolo che trattano delle apparizioni di Zeitun sono: Jackson, R., Jackson, J., Kamell, Y.: A Lady of Light appears in Egypt. St Mark's Avenure Press Johnston, E. (1980): When millions saw Mary. Chulmleigh (UK): Augustine Publ. Palmer, J. (1969): Our Lady returns to Egypt. San Bernardino, CA: Culligan Publ. Bruno Severi è nato a Bologna nel 1946. Laureato in Scienze Biologiche, ha lavorato all'Università di Bologna, presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia, come Microscopista Elettronico. Direttore Scientifico del Centro Studi Parapsicologici di Bologna http://cspbo.altervista.org/b, è uno dei 5-6 studiosi italiani che fanno parte della Parapsychological Association, la più importante ed esclusiva associazione parapsicologica esistente al mondo. Ha scritto vari articoli ed ha riferito in congressi di Parapsicologia o di Scienze di Frontiera. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ESOTERISMO SIMBOLI E MITI Roberto La Paglia Il simbolo, in quanto rappresentazione visibile di una informazione accessibile soltanto attraverso la pratica dell'analisi e dello studio delle tradizioni, contiene prevalentemente un carattere esoterico; lo stesso possiamo affermare per i miti e proprio su questo connubio riteniamo importante fare un’osservazione su quella che TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà potrebbe essere stata la nascita dei miti e dei simboli ricorrenti in molte religioni e tradizioni; un esempio attinente a tale esposizione è la religione Egizia. Gli studi effettuati fino ad oggi sulla preistoria suggeriscono che i primi uomini non si dedicassero all’osservazione del cielo in modo regolare, non erano neanche soliti registrare e tra- smettere il frutto delle loro osservazioni; nonostante ciò una particolarità venne comunque notata e registrata, il movimento precessionale e il modo in cui esso si sviluppa: è molto probabile che la religione dei primi egiziani si fondasse su questa specifica conoscenza e che tale conoscenza ebbe un enorme peso sul suo sviluppo. Partendo dal presupposto che le antiche culture basassero le certezze dei loro miti sui risultati osservabili della precessione, le continue differenze nel cielo dovevano riflettere le composizioni religiose scritte durante tre millenni di storia Faraonica in Egitto. Quali miti scaturirono da queste osservazioni? E furono proprio questi miti che vennero preservati nella tradizione orale? Lo studio del movimento dei cieli era una parte necessaria dell’educazione dei sacerdoti dai primi tempi della storia, in quanto le stelle annunciavano l’arrivo dell’alba, ovvero l’apparire del Dio Sole. Ogni importante momento del corso del Sole era accompagnato da un rituale, e certe date erano ricordate e festeggiate con riti speciali. Una delle cariche più importanti che potesse ricoprire un sacerdote egiziano era quella di “osservatore delle ore” (imywnwt), egli stabiliva il periodo esatto del tempo prima dell’alba e trascorreva la notte a preparare i cibi e le cerimonie; l’alba avrebbe purificato il sacerdote, il sostituto del re, questo era un momento di grande solennità e doveva svolgersi nel preciso istante in cui il Sole compariva all’orizzonte. Appurato quindi che il fenomeno precessionale era un fenomeno normale, gli antichi pensatori dovettero cercare in qualche modo di misurarlo e comprenderne il preciso funzionamento; i miti non erano altro, quindi, che delle informazioni sui movimenti celesti e sugli eventi ciclici, un rimando orale di secoli di osservazioni prima che il tutto venisse conservato per iscritto. Questa potrebbe essere una delle spiegazioni dell’intrigato mondo mitologico egizio e delle inquietanti raffigurazioni animali presenti nell’iconografia sacra. D’altra parte sarebbe impensabile supporre che l’osservazione dei cieli si praticasse solo dopo la costruzione dei templi solo per il fatto che questi ultimi erano preposti a tale scopo; indubbiamente questa tecnica venne affinata sin dagli inizi dell’umanità, tramandando sotto forma di simboli (Dei) il frutto di quanto visto ed appurato; soltanto in seguito la pratica si trasferì nei templi e soltanto dopo la scoperta della scrittura essa venne posta come testo sacro dalle varie popolazioni, egiziana compresa. SIMBOLISMO ESOTERICO Nell’antica Grecia il Simbolo (Symbolon), rappresentava il segno di riconoscimento e di controllo ottenuto spezzando in due un oggetto, in tal modo il possessore di una delle due parti era in grado di farsi riconoscere dall’altro dimostrando come esse combaciassero. Questa antica tradizione andò nel tempo allargandosi fino ad inglobare anche l’idea del Simbolo come rappresentazione di una realtà non sensibile, una realtà magica che alludeva a qualcosa di misterioso, ma reale allo stesso tempo. Il valore magico del Simbolo rimase vivo per tutto il Medioevo, il Rinascimento ed oltre; la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà realtà oggettiva del Simbolo rimane il suo enorme potere espressivo, la capacità di rivelare strutture e caratteri altrimenti inaccessibili che fanno parte di mondi a noi sconosciuti ma reali, anche se non evidenti nell’esperienza immediata. I Simboli sono stati espressioni delle civiltà, materializzazioni del divino e del trascendente, forza motrice della Tradizione, segni visibili della cosmogonia divina. Lo studio del Simbolo è l’intuizione del dualismo, la realtà pratica di come tutti gli antagonismi e le contraddizioni del trascendente finiscano sempre per condensarsi in una sola unità. L’uso del Simbolo nella trasmissione degli insegnamenti dottrinali relativi alla Tradizione, è di fondamentale importanza, e non a caso! Il Simbolismo, infatti, è il modo più adatto e fruibile per l’uomo di tramandare insegnamenti e pensieri, il modo più naturale. Tutto ciò è facilmente comprensibile se si pensa che il linguaggio stesso, in fondo, è Simbolismo, qualunque espressione umana è in realtà un simbolo del pensiero che si traduce esteriormente; unica differenza rimane nel fatto che il linguaggio è analitico e discorsivo, mentre il Simbolismo è essenzialmente intuitivo. Da questi ultimi discorsi potremmo quindi porci un ulteriore interrogativo: il Simbolismo è di natura umana o di natura Divina? Riflettendo sul fatto che le leggi naturali alle quali tutti siamo sottoposti, dalle quali proveniamo e nelle quali viviamo, sono in fondo una espressione ed una esteriorizzazione della Volontà Divina, e se riflettiamo ancora sul fatto che il Simbolismo trova il suo fondamento nella natura stessa degli esseri umani, dobbiamo necessariamente concludere che il Simbolo ed il Simbolismo stesso sono sicuramente di natura Divina. A questo punto possiamo provare a dare una scala “gerarchica” al Simbolo ed al Simbolismo, possiamo sicuramente riflettere sul fatto che nella Natura il Sensibile è Simbolo del Soprasensibile, l’intero ordine naturale è a sua volta Simbolo dell’ordine Divino, e possiamo concludere affermando che l’uomo stesso è a sua volta Simbolo in quanto creato ad immagine della Natura Divina. Nell’ambito delle discipline psicologiche e della psicoanalisi, il Simbolismo si intende in due modi differenti: come rappresentazione indiretta e figurata dell’idea e come rappresentazioni accettabili in luogo di rappresentazioni ricusate o rimosse. Proprio riferendosi a questa seconda interpretazione è facile intravedere la sostanza stessa del Simbolismo, la sua vera natura; la disciplina dei simboli è in realtà la forma primitiva e spontanea di pensiero, una specie di vocabolario attraverso il quale si esprimono tutte le sensazioni e le emozioni della vita, anche il sentimento nelle sue forme superiori. In molte correnti iniziatiche i Simboli sono dei veri e propri condensatori di verità nascoste, stimolo alla riflessione ed alla ricerca interiore attraverso il simbolo stesso; tra i vari personaggi che si occuparono del Simbolismo (anche se non nei termini occulti che ci interessano), ricordiamo Freud e Jung; il primo considerò varie volte il problema dando però un senso di ristrettezza alla sua vasta interpretazione; ammise una costanza nelle rappresentazioni simboliche attribuendo però al simbolo una funzione nettamente difensiva. L’ubiquità dei simboli ed il loro apparire nelle diverse culture indussero invece Carl Gustav Jung a postulare la sua teoria dell’Inconscio Collettivo, un enorme contenitore e matrice allo stesso tempo degli archetipi, i quali possono essere considerati come simboli universali. Abbiamo fino ad ora parlato di simboli e quindi, implicitamente, di Esoterismo; è necessario però chiedersi cosa rimanga oggi di questa antica dottrina, quale sia la connotazione che l'era moderna ha riservato a questo termine. Di cosa si occupa realmente un esoterista e quali sono i tratti essenziali di questo studio? Con il termine Esoterismo, ormai da tempo, sia per comodità editoriale che per l’insana abitudine occidentale di sintetizzare termini e concetti, sembra aver assunto tre forme di espressione: divulgativo, profondo e commerciale. Nel primo caso vengono raggruppati tutti gli scritti inerenti il lato essoterico della questione, ovvero si tende a divulgare una immagine molto semplificata e facilmente interpretabile usando l’aspetto rivelato dell’Esoterismo stesso; si tratta ovviamente di una operazione impropria che non tiene conto della profonda sinergia esistente tra Esoterismo e Essoterismo, una operazione che raggiunge alla fine un unico scopo, quello di proporre una immagine distorta e decisamente elementare degli insegnamenti racchiusi nei simboli; in pratica è come se si discutesse di un’automobile senza minimamente accennare al fatto che esiste il motore e che questo è indispensabile affinché l’auto stessa possa assolvere alle proprie funzioni. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Partendo da questo presupposto, estremamente diffuso e pubblicizzato, la seconda espressione, (Esoterismo Profondo), rimane oggetto di studio per poche persone, prende le distanze dalla massa e si racchiude sempre più tra le sue mura, solide fondamenta divisorie costruite volutamente dal modernismo essoterico e per costrizioni dagli esoteristi. Il terzo caso, l’esoterismo commerciale, è in fondo la sintesi di quanto appena detto; basterà entrare in una qualsiasi libreria, cercare lo scaffale intestato “Esoterismo” e provare a leggere alcuni dei libri esposti; con sommo stupore troveremo mischiati testi astrologici, misterici, occultistici, fino ad arrivare alla Magia e all’Ufologia. Cosa intendiamo quindi, esattamente, con i termini Esoterismo e Esoterista? L’Esoterismo, per sua insita natura, è lo studio del simbolo, la costante ricerca dei punti di collegamento che mettono in sinergia l’uomo con il trascendente; l’esoterista, di contro, è colui che sceglie questa strada facendone una ragione di vita. La ricerca esoterica è quindi una forma di concettualizzazione del proprio io profondo, portata all’estremo limite del tempo e dello spazio, al fine di ritrovare la chiave d’accesso ai grandi misteri, ovvero, per quanto possa apparire assurdo, l’uomo stesso. Studiando i segni, esaminando i tratti e penetrandone la trascendenza, il ricercatore apprende l’arte del discernimento e inizia a separare lo spirito dalla materia, il sacro dal profano, dove il termine sacro non implica necessariamente una dimensione religiosa bensì universale. Il primo passo che compie l’esoterista è quello di imparare ad usare la propria coscienza; avere la coscienza di se stessi equivale ad identificare il presente, separandolo dal passato che diviene in questo caso il nostro subconscio. Preso atto di questo movimento, quando l’esoterista raggiungerà uno stato di coscienza che lo ponga in maniera arbitraria e senziente tra presente e passato, sarà in grado di focalizzare il proprio futuro e le tre dimensioni diverranno una soltanto nel presente. Questa tecnica, conosciuta anche come l’Eterno Presente, è il primo passo per riuscire a conoscersi veramente, progredire nello sviluppo di una propria coscienza individuale e proiettare la propria immagine nel tempo. In poche parole, adesso il presente è in realtà trino, ovvero composto da presente, passato e futuro contemporaneamente, mentre l’esoterista è in grado di discernere e interagire con ognuno di essi; solo in questo modo è possibile comprendere i principi delle leggi universali e, soprattutto, comprendere che quegli stessi principi sono anche in noi stessi. Proprio dallo studio che porta alla comprensione delle leggi nascono le varie ramificazioni dell’Esoterismo; è vero infatti che molte leggi si manifestano esclusivamente nell’uomo ma è altrettanto vero che molte altre sono appannaggio esclusivo del mondo e delle sue correlazioni energetiche; per questi motivi bisognerà preventivamente penetrare il simbolismo umano per poi accedere a quello divino. L’Esoterismo è quindi un movimento di approfondimento e analisi, un metodo di osservazione che permette di dare la giusta prospettiva a ciò che viene osservato. Si tratta di una costante ricerca che permetterà di ritrovare nei simboli antichi le verità moderne e viceversa; nulla si crea, tutto è già esistito sotto forme e aspetti diversi. Volendo usare una forma più esplicativa, l’esoterista è un ricercatore che tenta di ritrovare il vero senso della vita; per fare ciò egli sperimenta continuamente usando il metodo speculativo e spaziando dalla scienza alla filosofia, dalla spiritualità al materialismo, dal campo umanistico alle antiche tradizioni, comparando tra loro i vari risultati e custodendone gelosamente gli insegnamenti tratti. Non si pensi con questo che si tratta di una ricerca sterile e fine a se stessa; l’esoterista in realtà sperimenta in prima persona ed è un insostituibile aiuto nel tentativo di spiegare i vari misteri che si celano dietro i miti, i movimenti religiosi e le credenze popolari; egli si propone a se stesso come risposta all’eterno quesito sul senso della vita e sul perché dell’esistenza, e una volta trovata la risposta diventa esempio per coloro che gli stanno accanto. Roberto La Paglia, oltre ad essere giornalista reelance, è scrittore e ricercatore. Mente fervida, alimentata da un intenso ed inesauribile desiderio di ricerca, attraverso le sue opere, accompagna i lettori in un viaggio verso l'ignoto, guidandoli nei meandri più nascosti delle dottrine occulte ed esoteriche. Uno dei suoi ultimi libri è “Archeologia Aliena” (Ed.Cerchio della Luna, 2008). Roberto La Paglia IL GRANDE LIBRO DEI TAROCCHI http://www.xenia.it Perché i tarocchi attirano così tanto l’attenzione delle persone e sono sempre popolari a dispetto del passare del tempo? Il grande libro dei tarocchi si propone di svelare tutti i segreti della cartomanzia, dalla sua storia e dai diversi tipi di carte e mazzi, al ricco valore simbolico ed esoterico delle carte secondo la Cabala e la psicologia. Con i 22 Arcani Maggiori - presentati dettagliatamente uno per uno, dal Bagatto al Matto - si possono realizzare innumerevoli tipi di letture divinatorie e perfino meditare, poiché la forza degli archetipi in essi contenuti fa sì che ogni Lama rappresenti una tappa dell’esistenza umana e ci metta nelle condizioni migliori per analizzare i nostri stati d’animo. Anche gli Arcani Minori – dieci carte per i quattro semi di Bastoni, Coppe, Denari e Spade più le quattro figure di Fante, Cavaliere, Regina e Re - possiedono una simbologia che, se ben interpretata, ci consente di “vedere” la situazione con chiarezza. Se infatti gli Arcani Maggiori rappresentano un punto di vista profondo, soggettivo e qualitativo, gli Arcani Minori indicano eventi connessi alla persona ma non sempre originati dalla stessa, ovvero rappresentano un punto di vista oggettivo, mancante però del necessario approfondimento. Ecco perché qualora si vogliano ottenere previsioni relative ai grandi avvenimenti della vita è necessario utilizzare il mazzo per intero. Infine l’ultimo capitolo presenta, con esempi pratici, i diversi metodi lettura – tra cui il Grande e il Piccolo Gioco, il Ventaglio, la Croce Celtica, l’Albero della Vita, il Metodo Astrologico che ci permettono, con diversi gradi di difficoltà, di interrogare il mazzo. Il grande libro dei tarocchi è un’opera ricca di consigli e suggerimenti perché il lettore possa impadronirsi di tutti gli strumenti per comprendere il passato e presagire il futuro mediante la conoscenza e la lettura dei Tarocchi. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Roberto La Paglia STREGONERIA MODERNA http://www.cerchiodellaluna.it Stregoneria: un nome che evoca storie oscure, terribili segreti e un senso di malcelato timore che ancora oggi sopravvive nell’immaginario collettivo. Cosa si intende esattamente per Stregoneria? Quante delle notizie e dei resoconti storici corrispondono esattamente alla realtà? Stregoneria Moderna tenta di dare una risposta a questi e molti altri quesiti, muovendosi in un ambiente non sempre facilmente decifrabile, nel quale storie di semplice umanità si intrecciano con terribili intrighi e complotti, frutto spesso di menti malate e di ignoranza. Da questo punto di vista, l’intera ricerca dell’autore tende ad assumere il ruolo di un punto di incontro che, finalmente, metta a nudo le vere origini di questa antica pratica, le sue radici storiche, accanto ad una aggiornata esposizione delle implicazioni moderne, sia storiche che operative. Seguendo queste indicazioni di fondo scopriremo moderni rituali, antiche verità volutamente taciute, in una lunga cronistoria che analizza la Stregoneria in ogni sua sfaccettatura, cercando di riportare il discorso alle sue giuste e dovute proporzioni. Incontreremo le prime intuizioni che portarono l’uomo a cercare i mezzi per interagire con i misteri e le forze invisibili che lo circondano, viaggeremo all’interno della Stregoneria Medioevale e gli orrori dell’inquisizione, scoprendo verità e bugie di uno dei periodi più bui della storia. Dalla Stregoneria tradizionale alla Wicca, attraversando i vari movimenti magici che hanno lasciato ampie tracce della loro presenza nel pensiero spirituale moderno. Il punto di arrivo sarà un pratico vademecum ricco di informazioni, esempi pratici, incantesimi, invocazioni, segreti delle erbe e delle pietre; un utile compendio per chiunque voglia approfondire e, perché no, mettere alla prova le proprie potenzialità. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ARCHEOLOGIA LA FURIA DI TLALOC Il dio della pioggia in una rara immagine del 1964 Simone Barcelli Chi ha avuto la fortuna di visitare almeno una volta il Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico può ben comprendere perché da sempre è considerato all’unanimità tra i più belli. A parte il design avveniristico (sono già trascorsi oltre quarant’anni dalla sua costruzione) e la cornice da TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà favola in cui è immerso (lo stupendo bosco di Chapultepec), il museo è rinomato per la maggior collezione di arte precolombiana al mondo ed è la meta obbligata di ogni turista anche se l’archeologia non è esattamente in cima ai suoi pensieri. L’unico paragone che viene in mente è con il Museo de Il Cairo, in Egitto. L’ingresso al Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico Ancor prima di varcarne la soglia quel che attira immediatamente l’attenzione del visitatore è certamente una gigantesca statua che troneggia sulla fontana del piazzale d’ingresso. Il monolite dovrebbe rappresentare Tlaloc, il mitico dio azteco della pioggia: pur non recando alcuna specifica iscrizione che possa confermarlo, la gente ha ormai identificato l’opera scultoria con questa divinità. Come sia arrivata fin qua la statua e che cosa ci sia di vero nella ‘maledizione’ innescata dal terribile dio durante il suo trasferimento è una storia che merita di essere raccontata. Tlaloc faceva già proseliti a Teotihacan, “la città dove nascono gli dèi” a circa 60 chilometri da Città del Messico. Il dio della pioggia era venerato anche dai Maya con l’appellativo di Chac e dai Toltechi come Cocijo. Questa divinità incuteva così tanto terrore che gli Aztechi praticavano regolarmente il sacrificio umano per ingraziarsela, nella consapevolezza che fosse l’artefice delle avverse condizioni climatiche che si abbattevano sul Mesoamerica: se non era con piogge torrenziali il dio si faceva sentire con lunghi periodi di siccità. La sua sposa era Chalchiuitlicue, associata all’acqua di fonti, laghi e fiumi: tutto in famiglia. Entrambi riuscirono a governare una delle cinque epoche che secondo la leggenda si susseguirono sul nostro pianeta. Il monolite, da quel che sappiamo, adornava uno dei due templi di Tenochtitlan. Quando la città fu invasa nel 1521 dagli spagnoli la statua del dio della pioggia era già scomparsa. Nonostante ne avessero sentito parlare, i conquistatori non riuscirono a spiegarsi come fosse stato possibile nascondere una statua alta 28 metri e pesante 167 tonnellate. Tlaloc tornò improvvisamente alla luce 400 anni dopo - nella prima metà del secolo scorso per merito (o per sventura) di un contadino che stava arando un appezzamento di terreno a San Miguel Coatlinchan, un piccolo villaggio vicino Texcoco, nel letto ormai asciutto del torrente Santa Clara. La statua di Tlaloc fotografata tra il 1935 e il 1938 da Rodney Gallop. A pochi mesi dall’inaugurazione ufficiale della nuova sede del Museo, prevista in pompa magna il 17 settembre 1964 con la partecipazione del presidente Adolfo Lopez Mateos, le autorità decisero che il dio della pioggia avrebbe fatto bella figura all’ingresso e ne disposero pertanto il suo trasferimento. La storia della ‘maledizione’, divenuta col tempo una leggenda metropolitana, prende piede proprio il giorno in cui fu effettuato il trasporto dell’insolito monumento perché si abbatté sulla città un’incredibile pioggia torrenziale in piena stagione secca. Per far giungere Tlaloc al Museo fu necessario organizzare un servizio fuori dal comune. La divinità fu trasportata per trenta chilometri utilizzando un rimorchio speciale che attraversò le vie della città non prima che fossero sollevati al suo passaggio i cavi della rete elettrica e telefonica; altri possibili ostacoli sul cammino furono addirittura rimossi. Quel che rimane di quel memorabile giorno, a parte il ricordo sbiadito dei presenti, un breve filmato (tuttora visionabile in una saletta del museo) e poche fotografie, è il puntuale resoconto pubblicato dalla giornalista Louise Riley sulle pagine di un quotidiano messicano il 17 aprile 1964. Poiché è l’unico che abbiamo finora rintracciato, appare doveroso presentarne un ampio stralcio, riadattato nella nostra lingua, per l’eccezionalità della testimonianza. “Piove su Città del Messico. Tlaloc, il dio della pioggia, è entraro nella capitale. La pioggia non è mancata ed è la punizione del dio Tlaloc per l’irriverente trasferimento dalla sua dimora ancestrale… Gli abitanti di Coatlinchan hanno tentato tre volte di fermare il trasferimento…in cambio di Tlaloc, gli abitanti di Coatlinchan hanno ottenuto dal governo la costruzione di una scuola e di un centro medico nonché la pavimentazione della strada che collega il villaggio con Texcoco. Le truppe, con l'ordine di non sparare, sono già in città dallo scorso febbraio. Gli agenti segreti avevano occupato il campanile per controllare le case nei pressi e identificare gli istigatori…Alle 6:20 del mattino, nella tenuta di Tepetitlan in Coatlinchan, Texcoco, l'architetto Pedro Ramirez Vazquez ha dato il via all’operazione...I motori dei due trattori bulldozer da 860 cavalli l’uno hanno fatto vibrare la piattaforma, sostenuta da 72 ruote, con il carico di Tlaloc e un silenzio malinconico è sceso su tutti i presenti...I duemila abitanti della città seguono in silenzio l'ansimare delle macchine. Da un tetto una giovane donna che aspettava con ansia con un sacchetto di coriandoli ha lanciato un bagno multicolore sulla figura del Signore della pioggia. Alle 11:20 l’enorme piattaforma si ferma all'incrocio con la strada di Texcoco. Alcuni uomini lì in attesa si avvicinano, fissano il monolito che giace imbavagliato con 42 cavi di acciaio e senza dire una parola se ne vanno. Tre pattuglie della Polizia Federale, un centinaio di soldati, un camion dei pompieri, un furgone pieno di pneumatici di ricambio e martinetti idraulici, un esercito di antropologi, ingegneri, elettricisti, meccanici e giornalisti sono stati gli artefici e gli spettatori di questo spostamento. Un treno merci passa nelle vicinanze e l'autista rispettosamente si toglie il berretto e per tre volte aziona il fischio. Una fila di auto di 5 chilometri, ciclisti, donne con bambini camminano vicino alla piattaforma. Alle 2:40, sulla strada Ignacio Zaragoza, centinaia di bambini si affollano intorno. La gente dalle finestre e dai tetti grida ‘il dio della pioggia, il dio della pioggia!’. C’è un vero groviglio di cavi elettrici e telefonici difficile da manovrare. Le strade sono immerse nel buio e l'aria è piena di odore di gomma bruciata. Alle 8:40 di notte questo strano corteo si ferma alla rotonda Glorieta de Morazan. Deve attendere per la notte d’anticipo e si sposta in avanti ad aprire la strada alla nuova dimora di Tlaloc in Chapultepec Park. ‘Vediamo se questa fermata fa piovere di meno’ dice uno dei colleghi giornalisti. Non finisce queste parole che un fulmine illumina il cielo e tuona violentemente. Come se Tlaloc lo avesse ordinato si scatena una pioggia torrenziale sulla città. Il trasferimo del monolite a Città del Messico L’arrivo del dio della pioggia a Zocalo, la piazza principale di Città del Messico TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Una rappresentazione di Tlaloc Le pozzanghere ostacolano il traffico in Tlalpan…il personale del Servizio idrico cercano di scoprire le fogne. L'acqua raggiunge un livello di 40 centimetri. La visibilità è quasi pari a zero. Non lontano da lì, alla periferia della Sears Roebuck un muro crolla su sei vetture. L'acqua invade anche l'edificio e uno strato di fango si riversa sulla casa. ‘Ora ci crediamo che Tlaloc è il dio della pioggia? Guardate cosa ci fa’ dice una delle persone. A tarda notte si riprende la marcia sotto i riflettori finché si entra nel Zocalo. Sono le 10:38, le luci del Palazzo Nazionale e della Cattedrale si accendono per accogliere la figura monumentale. La marcia stridente dei rimorchi, le assordanti grida di una folla di cinquemila persone che accompagnano la processione. Il dio di Teotihuacan è acclamato nel bel mezzo di un muro umano, in Reforma vicino Cuauhtemoc. Ci sono persone tra gli alberi e sui monumenti. Alle 1:13, in perfetta sincronia, i due trattori che tirano la piattaforma di 23 metri si fermano di fronte al nuovo museo sul Paseo de la Reforma. L’evento archeologico del secolo è finito. D’ora in poi Tlaloc, un fantasma del passato, si trova la propria immagine riflessa su uno specchio d'acqua che lo circonda”. Nel 1968 così ricordava quel giorno uno dei protagonisti, l’architetto Pedro Ramírez Vázquez: “Ironia della sorte, l'arrivo del dio della pioggia è stato salutato dalla tempesta più pesante mai registrata per questa stagione normalmente secca.” Il dio della pioggia si era davvero adirato per l’irriverenza patita e non aveva mancato di far sentire la sua voce. Chi era al seguito di quel bizzarro convoglio, tornando con la mente a credenze popolari ben radicate nella memoria, non mancò di interpretare gli accadimenti di quel giorno. Resterà una bella storia che i nonni potranno raccontare in una notte di pioggia scrosciante. [email protected] L’autore si frappone a Tlaloc Simone Barcelli ha 46 anni ed è un ricercatore indipendente di Storia Antica, Mitologia e Archeologia di confine. In rete collabora con Storia in Network, Tuttostoria, Edicolaweb, Acam, Esonet, OOPArt.it, Paleoseti e ArcheoMedia, sui cui portali sono pubblicati i suoi studi tematici. E’ fresco di stampa “Tracce d’eternità” - Un incredibile viaggio ai confini della Storia, tra le rovine di alcuni dei più misteriosi siti archeologici (169 pagine, ISBN 978-88-87295-66-5, prezzo Euro: 14,80 Edizioni Il Cerchio della Luna www.cerchiodellaluna.it), di Simone Barcelli, webmaster del portale. Disponibile nelle librerie specializzate e in quelle on line. Il volume è stato recensito da Hera (marzo 2010) e Area di Confine (maggio 2010). ARCHEOLOGIA L’ENIGMA DEL MONOLITO DI POKOTIA, EMBLEMA DELLA CIVILTÀ PUKARA Yuri Leveratto Il monolito di Pokotia è una statua di pietra antropomorfa, alta circa 170 cm, che fu trovata intorno al 1960 nel sito di Pokotia, a circa 2 chilometri dalla città di pietra di Tiwanaku. Nel 2002 i ricercatori Bernardo Biados, Freddy Arce, Javier Escalante, Cesar Calisaya, Leocadio Ticlla, Alberto Vasquez, Alvaro Fernholz, Omar TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Sadud, Paulo Batuani e Rodrigo Velasco hanno analizzato il monolito, che si trovava nel Museo de metales preciosos a La Paz, e si sono resi conto che riportava delle iscrizioni non solo nella parte frontale, ma anche nel dorso. Purtroppo non è stato possibile risalire al luogo esatto dove il monolito fu trovato, ciò avrebbe permesso attuare un serio studio stratigrafico. In ogni modo dall’analisi della statua si può affermare che appartiene ad un periodo antecedente alla civiltà Tiwanaku classica. A mio parere il monolito di Pokotia potrebbe essere stato intagliato in un periodo antecedente al fiorire della civiltà Pukara. Secondo la linguistica ufficiale il termine Pukara viene dal Quechua e significa fortezza, o luogo strategico da dove si può controllare una vallata o la confluenza di due fiumi. La civiltà Pukara aveva il suo centro nella cittadella fortifificata che si trova 61 chilometri al nord di Juliaca, nel dipartimento di Puno. Il termine Pukara però è così frequente nelle vallate a nord del lago Titicaca (il sito di Poquera e anche i petroglifi di Pusharo, situati molto più lontani, presso il fiume Palotoa, nel Madre de Dios), che porta a mio parere ad individuare l’origine della civiltà Pukara nell’Amazzonia. Probabilmente alcuni indigeni di origine Arawak si spinsero verso la Sierra intorno al VI millennio prima di Cristo, per intercambiare i loro prodotti. Alcuni di loro si fermarono nell’altopiano e, mischiandosi con i nativi di origene Colla, diedero inizio alle cultura Chiripa e Qaluyo (lo provano anche i petroglifi di Quiaca, molto simili a quelli di Pusharo), e successivamente alla civiltà Pukara. saggezza e sarà esempio di carattere forte. Nella parte frontale sinistra della statua vi è un ulteriore decrizione che viene così interpretata: Lo sciamano proclama l’immensa importanza di questo luogo, il potere della Divinità, in modo da consegnare la saggezza all’uomo. Ci sono poi due altre incisioni addizionali, sempre nella parte frontale: Oh grande Putaki, uomo saggio e progenitore di molte genti. E ancora: Il luogo dove fu trovato il monolito di Pokotia fu individuato da alcuni ricercatori come un sito sacro o un oracolo. Secondo lo studioso Clyde A. Winters nel monolito di Pokotia vi sono varie iscrizioni (di origine proto-sumerica), ma le più importanti sono al di sotto delle mani (che sono appoggiate alle coscie), e nella parte dorsale (nella schiena della statua). Questa è la traduzione delle iscrizioni che si trovano nella parte frontale, secondo l'epigrafista Clyde A. Winters: Divulga a tutta l’umanità l’apertura dell’oracolo di Putaki. Si proclama che la stirpe di Putaki sarà stimata nel tempo. Agisci in modo giusto in modo che l’oracolo possa divulgare la saggezza. Apprezza il culto. Tutti devono testimoniare la volontà Divina. L’indovino interpreterà la guida dell’oracolo, in modo da rendere note le regole che guideranno l’umanità. I cittadini testimonieranno in favore dell’essere umano che diffonderà TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Giura di testimoniare carattere e saggezza. Porta testimonianza del potere della Divinità in modo da rafforzare il tuo carattere. Nella mano del monolito vi sarebbe scritto, sempre secondo Winters: L’oracolo di Putaki conduce l’uomo alla verità. Questo oracolo prezioso farà germogliare la stima, ora testimonia la sua fuga. Per quanto riguarda la parte dorsale del monolito, ci sono varie interpretazioni. Secondo Clyde A. Winters questa sarebbe la traduzione: La norma ideale è l’oracolo. Questo oracolo porta alla conoscenza della volontà divina. Distribuisci a tutta l’umanità la volontà divina. Cogli il senso della voce perfetta. L’oracolo spargerà serenità. Ascolta l’oracolo, chiamate l’indovino. L’indovino parla in modo saggio. La volontà divina diventerà visibile e scintillante, uscendo dalla bocca dell’oracolo. Ascoltate l’indovino, ascoltate l’oracolo per poter chiamare a voi saggezza e carattere. Ascoltate l’oracolo per diffondere la volontà divina, seguendo il Bene legittimo e giusto. Chiama a te il nutrimento puro per l’oracolo. Oh oracolo, sei il testimonio della purezza. Diffonderai serenità e saggezza. L’oracolo di Putaki è padre della saggezza e beneficio per tutti. Diventerà un testimonio visibile della saggezza e della volontà divina. Diffonderai la volontà divina e sarai testimonio del suo potere. Secondo Winters pertanto, il monolito di Pokotia era un oracolo il cui nome era Putaki. Le iscrizioni che vi sono incise sarebbero in proto-sumero pittografico, anche se non cuneiforme come nella Fuente Magna. Gli autori delle iscrizioni del monolito di Pokotia sarebbero pertanto gli stessi che incisero la Fuente Magna, in un periodo compreso tra il 3000 e il 2000 a.C. Sempre secondo Winter il protosumero deriverebbe, insieme al proto-dravidico, e al protomande, da popoli che vissero nel Sahara prima del diluvio. Vi è poi un'altra traduzione delle iscrizioni dorsali del monolito di Pokotia. È un interpretazione del quellca pittografico, l’antico idioma dell’altopiano andino, parlato forse da una ristretta cerchia di sacerdoti nella cultura Pukara e nella Tiwanaku classica. Secondo questa interpretazione, che si basa anche su calcoli archeo-astronomici, le iscrizioni situate sul dorso del monolito significherebbero: Nel tempo che Manco Capac e Mama Ocllo uscirono dalle acque del lago Titicaca, apparì nel cielo una nuova stella proprio al lato della Croce del Sud. Successivamente la stella si fece più piccola e quindi scomprave nel cielo. Si vedeva sopra le montagne all’orizzonte tra due montagne e iniziò a brillare il terzo giorno del quarto mese. Secondo questa interpretazione quindi, la parte dorsale del monolito relaterebbe l’esplosione di una supernova, proprio quando la celebre leggenda di Manco Capac e Mama Ocllo situerebbe la loro uscita dal lago Titicaca ovvero la loro “nascita”. Dopo avere analizzato sia la Fuente Magna che il monolito di Pokotia mi sento di dire che i due reperti sono autentici ed entrambi riportano delle iscrizioni protosumeriche e quellca. Come già da me ribadito nel mio articolo sulla Fuente Magna, concordo pienamente con la tesi di Bernardo Biados secondo la quale i Sumeri circumnavigarono l’Africa già a partire dal 3000 a.C. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il fatto che, una volta arrivati presso Capo Verde, abbiano trovato venti contrari, li ha spinti ad inoltrarsi nell’oceano, alla ricerca di venti favorevoli (la stessa rotta fu percorsa secoli più tardi da Fenici, Cartaginesi e Portoghesi). Fu così che, accidentalmente, i navigatori Sumeri si trovarono presso le coste del Brasile, probabilmente negli attuali Stati del Piauì o Maranhao. Siccome erano in cerca di metalli si diressero verso l’interno del continente e, navigando lungo il fiume Madeira e il Beni giunsero sull’altopiano andino, luogo oltrechè ricco di metalli, considerato sacro fin da tempi arcaici, per l’esistenza stessa del lago Titicaca, il più alto del mondo. Alcuni Sumeri si fermarono nell’altopiano andino e si mischiarono con le etnie Colla e Arawak, mentre altri tornarono in patria. E’ interesante verificare come i termini seguenti mostrino similarità, soprattutto nelle consonanti: Pusharo (PSR), Pukara (PKR), Pokotia (PKT), Putaki (PTK). antiche tracce della presenza dei Sumeri nel Nuovo Mondo. [email protected] E' possibile riprodurre questo articolo indicando chiaramente il nome dell'autore e la fonte www.yurileveratto.com È pertanto possibile che l’origine della civiltà Pukara, e successivamente del sito di Pokotia (con l’oracolo di Putaki), sia la selva amazzonica, con gli enigmatici petroglifi di Pusharo, che a mio parere indicano un luogo strategico utilizzato da popoli della selva durante il loro lungo percorso verso la Sierra. Se ulteriori scavi saranno approvati a Tiwanaku e Pokotia, con il proposito di scoprire cosa vi sia alla profondità di ben 30 metri, potrebbero venire alla luce importanti giacimenti protoPukara, e forse anche altre Yuri Leveratto 1542 I primi navigatori del Rio delle Amazzoni www.lulu.com E’ un libro storico e d'attualità nello stesso tempo. Nella prima parte l'autore racconta l'incredibile avventura di Francisco de Orellana, il primo europeo che esplorò il grande fiume, nel 1542. La seconda parte, la cronaca, è il resoconto del suo viaggio, terminato nel 2009, attraverso seimila chilometri di fiume, navigando da Puerto Ocopa (Perú), fino a Belem do Pará (Brasile). E' una guida articolareggiata, ma anche un'analisi di un mondo spesso dimenticato, ma di fondamentale importanza per il futuro del nostro pianeta. Prefazione di Lorenza Mazzetti, la celebre autrice de “Il cielo cade”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Foto: Nel corpo articolo: il dorso del monolito di Pokotia. Foto 1,2,3,4,5 monolito di Pokotia. Foto 6 particolare del sito di Pukara, 61 Km da Juliaca (dip.to di Puno). Foto 7, 8 monolito scoperto da Max Portugal nel 1948 a Pokotia. Yuri Leveratto, nato a Genova quarantuno anni fa, dopo aver conseguito la laurea in Economia ha iniziato il suo peregrinare per il mondo a bordo di navi da crociera. Ha vissuto a New York, lavorando come guida turistica e dal 2005 si trova in Colombia. Autore di racconti e romanzi, appassionato di Storia e fantascienza, viaggia per venire in contatto con culture autoctone e studiarne cultura e modo di vita. Tra i suoi libri ricordiamo “La ricerca dell’El Dorado” (Infinito Edizioni, 2008) e “1542 I primi navigatori del Rio delle Amazzoni” (Lulu.com, 2009). ARCHEOLOGIA LA PIRAMIDE DI FALICON Osvaldo Carigi – Stefania Tavanti «Mi tenete sulle spine, commissario. Cos’altro avete trovato durante le vostre ricerche, Monsieur?» «Un’altra piramide. Forse la più straordinaria di tutte.» «Davvero?» TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà «L’abbiamo individuata su una montagna vicino Nizza. O meglio proprio sopra la città.» «Perché vi ha colpito più delle altre?» «Senza dubbio per la posizione privilegiata. La piramide non è molto grande: in origine non doveva superare i nove metri d’altezza però domina ancora la baia della città e gode di una vista invidiabile sul Mediterraneo. Se non fosse che si tratta indubbiamente di una piramide, avrebbe potuto ospitare benissimo un faro per le nostre navi...» «Continuate.» «Vi si accede dal paese di Falicon, un postaccio infame abbarbicato in cima a un grande monte, il Chauve. Ed è così isolata che, dopo averla localizzata, abbiamo dovuto sfoltire una gran quantità di cespugli per riportarla alla luce.» (da il ‘Segreto egizio di Napoleone’ di Javier Sierra) “A nord di Nizza ad un centinaio di metri a sinistra, dopo l’incrocio dell’Aire Saint Michel, sul cammino per il piccolo villaggio di Falicon, una strada conduce alla frazione di Gaines, ed attraverso un sentiero segnalato si giunge in un quarto d’ora a un pozzo naturale dominato da una piramide alta da 7 a 8 metri molto rovinata.” Quella di Falicon, paesino del dipartimento delle Alpi Marittime, è una vera e propria piramide in scala ridotta, realizzata con pietre calcaree e caratterizzata da un andamento geometrico irregolare in quanto costruita lungo un ripido pendio vicino alla sommità di Mont Cou o Chauve (Montecalvo). È priva della parte superiore e versa in cattive condizioni a causa dell’azione erosiva degli elementi e di quella, ugualmente deleteria, dei numerosi visitatori e cercatori di improbabili tesori che di anno in anno hanno contribuito a diminuirne l’altezza. Fortunatamente, dopo molteplici richieste di intervento al fine di scongiurarne la sparizione, nel 2007 è stata iscritta nella lista dei monumenti storici. Nel corso delle nostre ricerche, ci siamo imbattuti, come il lettore avrà modo di constatare, in un vero e proprio rompicapo circa la datazione e la motivazione per cui la piramide fu eretta. Le contraddittorie descrizioni della stessa, della grotta sottostante, le testimonianze acquisite e i pareri, spesso discordi, degli studiosi hanno avuto il ‘pregio’ di confermare l’enigma che circonda la costruzione, lo stesso che, istintivamente, ci ha intrigato così tanto dal farci decidere di intraprendere un viaggio tra storia e mistero. LA SCOPERTA DELLA GROTTA DI RATAPIGNATA Tutto ha inizio nel marzo 1803 quando l’italiano Domenico Rossetti, di passaggio a Nizza per vedere “i diruti avanzi dell’antica Cameneleon, città capitale delle Alpi marittime nei tempi della Repubblica Romana”, viene a sapere che “verso la sommità della vicina montagna vedeasi un buco profondissimo, dal quale all’imbrunir del giorno uscivano a gruppi i pipistrelli, che in quel linguaggio sono detti ‘ratte pignate’”. Rossetti, di professione avvocato e profondo conoscitore della storia antica, “curioso di veder siffatto loco”, decide di visitarlo e dopo un’ascesa “per la riferita montagna” raggiunge “il mentovato buco” alle dieci e mezza della mattina e grande è il suo stupore quando vede, illuminata da un raggio di sole TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà che penetra obliquamente nel foro,“una grossa colonna d’alabastro, candida al par della neve, eretta in mezzo di una gran sala”. Nel 1965, lo studioso francese Robert Charroux, in visita alla cavità sotterranea scoperta da Rossetti, riporta che “…basta recarsi al villaggio di Falicon, che si trova a monte di Nizza e domina la città dalla collina, per poter scorgere a non più di duemila metri di distanza una sconosciuta piramide…”. Secondo l’autore la piramide doveva avere in origine gli spigoli lunghi 9 metri: “…interamente costruita in lastroni di pietra viva, legati con una malta ancor più tenace di quella che impiegavano i Romani, cela una voragine dall’imboccatura simile a un pozzo di due o tre metri di diametro”. Charroux descrive anche lo stesso effetto di luce solare osservato da Rossetti, specificando che è l’orientamento del portale a consentire al sole “alle dieci di ogni mattina d’estate, di penetrare nel pozzo fino ad illuminare una bianca colona calcarea centrale, sulla quale poggia l’intera volta di un tempio sotterraneo”. Domenico Rossetti - Vasto, 10 ottobre 1772 - Parma, 7 luglio 1816. Spetta a lui la scoperta storica della grotta di Ratapignata sul fianco del Monte Calvo, descritta in un poema di 3 canti di un centinaio di versi. L’apertura della grotta così come un lato della piramide sono sensibilmente orientati a sud. Per questo motivo all’inizio dell’estate (solstizio) i raggi del sole rischiarano l’interno. LA PIRAMIDE INVISIBILE Stranamente, nelle 115 pagine del suo poemetto ‘La grotta di Monte-Calvo’, edito a Torino nel 1812, nel quale Rossetti descrisse minuziosamente fatti e luoghi inerenti la sua scoperta, non viene mai citata espressamente la presenza di una piramide. Come spiegare questa omissione? Lo abbiamo chiesto agli studiosi Javier Sierra e André Douzet, che si sono occupati del mistero di Falicon. “Una delle mie fonti principali rivela Sierra - è un raro libro intitolato "La mysteriouse pyramide de Falicon” (FranceEmpire, 1976) di Henri Broch. L'autore cita l’opera di Rossetti ma non fa caso al fatto che la piramide non vi sia menzionata poiché Broch ritiene che Rossetti fosse interessato solamente alla grotta” “Per quel che mi riguarda - afferma Douzet ritengo che la piramide esista da molto tempo. Il silenzio di Rossetti mi fa pensare che egli non ne abbia parlato volontariamente. Secondo alcuni voci sarebbe stata sua intenzione riservare la notizia per un'opera successiva”. Catherine Ungar, nel suo "nouveaux aperçus" edito nel 1983, affermò che la piramide fu costruita proprio da Rossetti e dal suo amico Giovan Giacomo Vinay, allora consigliere della Prefettura di Torino nonché proprietario del terreno dove si trova la grotta, a mò di visibile segnale ‘turistico’ per meglio identificare la grotta di Monte Calvo. Douzet reputa però ridicolo che “Rossetti e Vinay si siano messi a costruire o finanziare un tale lavoro”, di cui, inoltre, sarebbero rimaste delle tracce a livello mediatico. “Dire che questa costruzione è del XIX secolo è come dire che le piramidi egiziane sono state edificate da Napoleone, ad esempio, per farne dei fari per le sue truppe”. Altra spiegazione all’assenza nel libretto di ogni riferimento alla piramide vuole che la stessa, al momento della scoperta della grotta, fosse talmente confusa nel paesaggio circostante da non essere stata notata da Rossetti, ma per dubitare di questa ipotesi basta leggere la sua biografia dalla quale estrapoliamo queste poche esaustive righe: “poeta estemporaneo, filosofo, tragediografo, archeologo ed avvocato, incarnò pienamente lo spirito dell’intellettuale illuminista ed enciclopedista erudito”, e ancora “…si appassionò alla speleologia e all’archeologia, compiendo diverse esplorazioni”. A una persona dotata di un così vasto bagaglio culturale poteva sfuggire, seppur mimetizzata, una struttura artificiale? TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il mistero si infittisce ulteriormente quando leggiamo la descrizione che Rossetti fa dell’entrata della grotta, ovvero “un triangolo, che nei punti dell'unione delle linee, ossia della formazione degli angoli, si accosta alquanto alla circolare, il che ci obbliga a considerarlo piuttosto come un triangolo composto di tre angoli ottusi." e "I macigni che formano e circondano la bocca della grotta, se si considerino dal fondo del collo del pozzo, sono pendenti al di dentro; ma la loro unione ed il loro collegamento è tale che non minacciano affatto di cadere. Ai fianchi vi sono vari piccoli scavi, con dentro capricciosi rilievi, in guisa che potrebbero assomigliarsi ad alcune statuette collocate entro dei loro nicchi”. Ciò farebbe pensare ad una struttura triangolare, formata da pietre, posta sopra l’antro. Dunque Rossetti, nel suo poema, ha in realtà descritto la piramide? Nel 1901 in un articolo del Club Alpino Francese si legge che la grotta di Monte-Calvo “è sormontata, o piuttosto coperta, da una enigmatica piramide edificata dall’uomo, le cui origini sono oscure”. CHI L’HA COSTRUITA? Sul frontespizio del poema di Rossetti vi è uno strano disegno. Opera di una certa Sophie Lederk, raffigura il nostro eroe in primo piano e sullo sfondo una piramide che egli indica con un dito. Quale enigmatico significato cela questa immagine? All’epoca della scoperta di Rossetti, in Francia era scoppiata l’egittomania, a seguito della spedizione militare di Napoleone nella terra del Nilo, che aveva visto il fiorire di monumenti in stile egizio, pregni di significati ermetici. È noto che la piramide figura tra i simboli della Massoneria ed infatti molte di queste bizzarre opere in muratura furono progettate da membri di tale società e spesso celavano delle cavità sotterranee in cui probabilmente si celebravano riti iniziatici. Se Rossetti fosse stato un massone come molti suoi colleghi intellettuali, si giustificherebbe la scelta simbolica di collocare una piramide sopra l’antro da lui scoperto ma, in mancanza di documentazione certa, attestante o meno tale affiliazione, ci limitiamo a citare la sua volontà di tenersi lontano da ogni "spirito di partito”. Secondo lo studioso Enrico Calzolari: “Si potrebbe attribuire la piramide di Falicon a un movimento ideologico neotemplare, di stampo massonico. Quando però ho letto dell’allineamento FaliconTarquinia-Argos è saltato fuori il tema dei campi morfici, delle linee di forza. Ho quindi inserito le coordinate di Falicon nella carta del Mediterraneo (43° 45’ N - 07° 16’ E), scoprendo che il punto viene a coincidere con la bisettrice del triangolo isoscele che è formato dal trilite sormontato da losanga rinvenuto nel Lozère (Francia), dal trilite sormontato da losanga di Niolu (Corsica) e dal quadrilite sormontato da losanga di San Lorenzo al Caprione (La Spezia). Dopo di che ho tracciato in carta la linea Falicon-Roma ed ho avuto la seconda sorpresa. Continuando la tracciatura, la linea ha raggiunto AtenePaphos-Sidone (Tyro). Troppe coincidenze per poter accettare che la piramide di Falicon sia stata costruita nell’Ottocento. Occorrerà approfondire”. L’allineamento FaliconTarquinia-Argos, citato da Calzolari, è uno degli elementi della più sorprendente tra le ipotesi avanzate circa l’origine della piramide cioè quella che vuole gli etruschi costruttori dell’enigmatico monumento. Ad affermarlo è Charles Lebonhaume, il quale espone questa teoria nel suo ‘Le grand livre des pyramides’ con una serie di indizi che però non trovano riscontri storici in quanto gli etruschi non costruivano piramidi ed edificavano ‘a secco’. “I siti segnalati sembrano interessanti, spiega l’etruscologo Giovanni Feo potrebbe trattarsi di luoghi con particolari caratteristiche territoriali, anticamente reputate importanti, forse anche sacre. L’ipotesi proposta dall’autore, di una origine etrusca della piramide, sembra che poggi solo su basi tecniche; mancano prove concrete, non potendo reggersi l’ipotesi solo su un toponimo (Falicon = Falisci1), peraltro molto comune, e su un “allineamento” che andrebbe valutato e spiegato più approfonditamente. Certo, gli Etruschi portarono nella Gallia celtica saperi, conoscenze e scrittura, ma ancora non si sa nulla su di una possibile presenza etrusca nella regione di Falicon. Il significato e l’origine 1 Popolo originario di Falerii, una delle dodici città principali dell'Etruria che costituirono per lungo tempo una potente alleanza nel Mediterraneo occidentale e nel Mar Tirreno. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà della piramide francese restano dunque ancora da svelare.” Charroux, nel descrivere la piramide nel suo libro, aggiunge che nella facciata di levante “si apre una specie di portale alto due metri e mezzo, il cui frontone fino al 1921 era ornato di una svastica, distrutta poi da un vandalo che la asportò a colpi di scalpello”. LA SUPERFICIE TRONCA DELLA PIRAMIDE. Abbiamo chiesto a Edmond Rossi un suo parere circa il motivo della mancanza della punta. “Il doit s'agir tout simplement d'une érosion naturelle...” è stata la sua risposta. Nel libro leggiamo che la svastica era il simbolo sacro di Manu (l’egizio ‘Mina’ o ‘Menes’, il celtico ‘Menw’, il greco ‘Minos’ e il romano ‘Numa’) nonché di un antico popolo dell’India: gli Jain. Secondo Charroux potrebbero essere stati proprio gli Jainisti ad edificare la piramide di Falicon, nel corso delle loro migrazioni, in epoche remote, verso l’Europa e l’America del Sud dove avrebbero costruito altre piramidi, anche se sarebbe più appropriato parlare di stupa, monumenti religiosi tipici dell'Asia sud-orientale che presentano solitamente una torre a forma di cono. Tuttavia vogliamo sottolineare che l’attuale frazione di Gaina, il sito più antico della zona ove sorge la piramide e il più vicino ad essa, in tempi antichi era chiamato Jain o Jaina, toponimo che troviamo citato anche in uno studio sui castelli di Falicon di Edmond Rossi, esperto di storia ed etnologia regionale. Pierre Bodard, dell’IPAAM (Istituto di Preistoria ed Archeologia delle Alpi Marittime), nel 1970 limitò comunque la presenza di segni incisi ad una A visibile sul rivestimento della facciata sud della piramide, stroncando, altresì, ogni congettura ‘artificiale’ riguardo croci, svastiche e addirittura una presunta figura umana, scolpita nella grande stalagmite della sala principale della grotta, definendole incrostazioni o fessure naturali. Tesi, questa, contestata da Douzet, secondo il quale “non ci vuole una laurea in archeologia” per constatare che certe stalattiti e stalagmiti furono appositamente ritoccate per far sì che, illuminate in una certa maniera, potessero dar vita a particolari figure: questo farebbe propendere per l’ipotesi che nella grotta si riunissero i seguaci di un culto solare, capaci di calcolare con precisione quando l’astro avrebbe proiettato i propri raggi su determinate parti. antico monastero dell’Ordine. Non è una piramide molto alta; la cavità interna raggiunge però notevoli profondità. Su uno dei suoi muri qualcuno disegnò nel XIII secolo una testa di Bafometto, un volto barbuto e cornuto che somiglia per certi tratti a quello di Saint Merri di Parigi. Le corna potrebbero essere in realtà anche piante o foglie: l’immagine è troppo indistinta per poterlo affermare con sicurezza”. l’edificazione della piramide nel 1260 ad opera di “una organizzazione patrocinata dai Templari o di affiliazione templare”‘ ma le sue teorie furono rigettate dal mondo scientifico in quanto mescolavano astrologia, occultismo e discutibili nozioni storiche. Secondo Edmond Rossi “questa costruzione non è opera dei Templari, benché durante il medioevo essi abbiano frequentato la regione” e addirittura per Pierre Bodard non sarebbe storicamente dimostrabile che l’Ordine avesse avuto dei possedimenti nella zona. Altre immagini della Piramide di Falicon UNA PIRAMIDE TEMPLARE? Nel saggio ‘Il tesoro dei templari. Le ricchezze nascoste’ di Franjo Terhart abbiamo troviamo questo intrigante riferimento :”Chi cerca Bafometto in Francia, non resta mai a mani vuote. Su una collina a nord di Nizza, sorge in un fondo privato un edificio alquanto insolito. Gli abitanti locali lo chiamano da secoli la ‘piramide di Falicon’; di essa si dice che fu eretta dai Templari e sia collegata da un camminamento sotterraneo a un La scoperta, nei pressi della Ratapignata, di una galleria collegata ad un pozzo viene anche citata da Henri Brosch nel suo La mysteriouse pyramide de Falicon. Brosch, suppone una frequentazione templare dei luoghi, basando la sua opinione su una leggenda che vuole i cavalieri rossocrociati, occupanti la vicina bastia, fossero stati a conoscenza di un sotterraneo che conduceva ad una sala dove avrebbero sepolto un bottino. Già nel 1970, Maurice Guinguand aveva ipotizzato TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà LA GROTTA DI ‘RATAPIGNATA’. Spaccato della grotta. La seconda immagine è tratta dal libro di C. Lebonhaume “Le grand livre des pyramides”. Possibilista, invece, è Douzet, poichè “avendo tutto intorno loro proprietà, è impossibile che i membri dell’Ordine abbiano ignorato questo luogo, ma non posso dire l’uso che essi ne fecero”. Cauto nell’avallare o meno l’ipotesi templare, appare Javier Sierra: “non esistono prove certe che in questo caso siano coinvolti i templari... Non ancora almeno”. Da segnalare, tuttavia, che nell’ottocentesco ‘Viaggio nella Liguria Marittima’ viene ricordata una Fontana del Tempio, posta “nell’indirizzamento medesimo” della grotta di Montecalvo, che avrebbe preso il nome dai monaci guerrieri. “La valletta e la fonte prese il nome dai Templarj, ossia Cavalieri del Tempio, i quali ebbero un ostello in questo delizioso recesso. Della chiesa loro rimangono in una villa alcune vestige”. L’entrata della grotta IL CULTO DEL DIO MITRA Ogni datazione della piramide impallidisce, però, di fronte a quella fornitaci da Etienne Gotteland, strano patriarca, occultista e fondatore della setta ‘Universitalità Pratica’, stabilitosi a Falicon nel 1922. Basandosi su dati tradizionali egli “misurò 60 gradi di differenza dovuti alla processione equizionale, in senso inverso alla rotazione terrestre” arrivando ad asserire che “ se si calcola lo spostamento di un grado in 72 anni, l’età della piramide dovrebbe essere di 4.335 anni”.(!) Una vetustità che Bodard, nel 1970, ‘ringiovanisce’ di molti secoli in base al ritrovamento di alcune steli funerarie nell’area circostante il monumento e al fatto che da lì partiva l’acquedotto che alimentava Cemenelum (Cimiez), ipotizzando che la costruzione facesse parte di un più vasto complesso di origine galloromana. Ma ancora più significativa è, a nostro avviso, la notizia, riportata nello stesso anno dal dott. Cheveneau, membro eminente dell’IPAAM, che, nel IV secolo, a Cimiez fosse stanziata una legione proveniente da Alessandria d’Egitto. Il rinvenimento tra Cimiez e Falicon di tombe e sarcofagi romani decorati con teste di toro e con il gladio e la croce, simboli associati a Mitra, divinità solare e petrogenita (nata cioè dalla roccia) di origine iranica, il cui culto iniziatico e misterico si era ampiamente diffuso nell’Impero Romano, soprattutto tra i soldati, ha fatto supporre che i legionari di Cimiez fossero adepti del dio. Questo porta ad una intrigante possibilità: poiché i santuari in onore di Mitra erano solitamente ricavati in ambienti sotterranei, naturali o creati appositamente, i soldati di Cimiez potrebbero aver adibito la vicina grotta di Montecalvo a luogo di culto, considerando anche il clima particolarmente temperato all’interno della prima sala e la presenza di acqua, elemento purificatorio del rituale mitraico, ed aver contrassegnato il tempio con il monumento più rappresentativo del loro paese di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà provenienza ovvero una piramide. “La grotta simboleggia la volta celeste. L’idea dominante è quella di rappresentare il dio Mitra tauricida in una grotta. La cifra 7 trova, nel culto di Mitra un significato dominante. Certi rilievi delle regioni danubiane rappresentano 7 cipressi (alberi solari) alternati a 7 pugnali ricoperti da un berretto frigio. A Doura 7 scalini portano alla nicchia rituale. Spesso il tempio era orientato verso levante per permettere ai primi raggi del sole di penetrare da una finestra o da un’apertura praticata nella volta e colpire direttamente l’effige del dio” (M. Vermaseren, esperto del culto mitraico). Nella grotta sotto la piramide ci sono sette gradini, che potrebbero corrispondere ai sette gradi dell’iniziazione mitraica, una piattaforma di pietra sulla quale il sacerdote avrebbe potuto officiare, e un rigagnolo d’acqua di fonte. Inoltre l’apertura meridionale della grotta è orientata verso il sole. Dunque, come spiega Edmond Rossi, quella di Falicon potrebbe essere una piramide costruita da autentici egiziani alquanto lontani dal loro paese. Quest’ultima ipotesi, ci preme sottolinearlo, non ha nulla a che vedere con quella, riportata in molti siti web, blog e forum, che vuole la piramide essere la tomba di un antico condottiero di probabile origine egizia, poiché trattasi di uno scherzo candidamente confessatoci dall’autore. Senza dubbio si è fin troppo fantasticato su questo diruto monumento ma, ammettiamolo, anche questo ha contribuito al fascino particolare che esso esercita da oltre duecento anni, un fascino che “non può non farci sognare su questa antica testimonianza smarrita, oggi minacciata da molteplici degradazioni”. UNA SECONDA PIRAMIDE A MONTECALVO? Secondo Charroux, da “un pozzo tenebroso” nella prima sala si giungerebbe in un’altra caverna con una piramide alta dieci metri. In realtà il pozzo è nella seconda sala perciò la misteriosa grotta potrebbe essere la seconda caverna scoperta da Rossetti, la cui volta “finisce con una punta aguzza”: una forma vagamente piramidale! Tuttavia nel XX secolo si era convinti che esistesse un terzo livello inesplorato, in quanto Rossetti, dopo aver gettato delle pietre nel pozzo, aveva udito un rumore cupo “simile a quello di un corpo caduto in mezzo alle acque”. Osvaldo CARIGI Nato a Roma il 1° novembre 1953. Collabora con Adriano FORGIONE dal Maggio del 2007. Ha pubblicato e pubblica regolarmente su FENIX ma saltuariamente anche su NEXUS e la spagnola MAS ALLA'. Da Maggio 2009, sempre principalmente per FENIX, lavora in coppia con Stefania TAVANTI. BIBLIOGRAFIA ‘LA GROTTA CALVO’ di ROSSETTI DI MONTEDOMENICO IL SEGRETO EGIZIO DI NAPOLEONE di JAVIER SIERRA LEGENDES ET CHRONIQUES INSOLITES DES ALPES MARITIMES. COLLECTION «MEMOIRES DU SUD» di EDMOND ROSSI ‘IL LIBRO DEI MAESTRI DEL MONDO’ di ROBERT CHARROUX ‘LE GRAND LIVRE DES PYRAMIDES’ di CHARLES LEBONHAUME ‘VIAGGIO NELLA MARITTIMA’ di BORTOLOTTI LIGURIA DAVIDE ‘FALICON, PYRAMIDE TEMPLIERE OU LA RATAPIGNATA’ di MAURICE GUINGUAND BIOGRAFIA DEGLI UOMINI ILLUSTRI DEL REGNO DI NAPOLI, COMPILATA DA DIVERSI LETTERATI NAZIONALI. Tomo IV LA MYSTERIEUSE PYRAMIDE DE FALICON di HENRI BROCH VOYAGE AUX ALPES MARITIMES di EMILE FODERE ‘IL TESORO DEI TEMPLARI. LE RICCHEZZE NASCOSTE’ di FRANJO TERHART Stefania TAVANTI Nata il 5 settembre 1966 a Firenze. Lavora nel campo dell'editoria dal 1995. Appassionata da sempre di archeologia, ha iniziato dal 2009 a pubblicare, in collaborazione con Osvaldo Carigi, sulle riviste FENIX, MAS ALLA’ e NEXUS. Falicon. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà IMMAGINI DELL’INTERNO DELLA GROTTA. La grotta che si estende sotto la piramide destò con le sue meraviglie l’entusiasmo di Rossetti che, nel suo poemetto, non risparmia certo al lettore i dettagli di quel “superbo teatro” “dell’acque effigiato e scolto innanzi a cui ogni più illustre e chiaro artifizio mortal sarebbe incolto”. La grotta di Ratapignata (pipistrello in Nizzardo) è composta di numerose sale. La prima, accessibile con una scala di corda, è una rotonda di 22 m. alta 15. Al centro di questa rotonda si trova un’enorme stalagmite rassomigliante ad una statua. Un altro gigantesco sedimento si trova ad ovest ed è saldato al soffitto come una colonna. A sud una scala composta di 7 gradini discende verso una piattaforma ricoperta di pietrisco. Da una piccola fessura posta a nord si può accedere al piano inferiore dove in una seconda sala un canaletto raccoglie un filo d’acqua. Ai piedi di una parete verticale di forma triangolare si apre una stretta fessura che sbocca su una sala dal soffitto basso. Nizza con alle spalle il Mont Chau o Chauve. Questo toponimo (in italiano‘Monte Calvo’) viene contestato da Lebonhaume, in quanto a suo parere il Moun Cau occitano significa semplicemente Mont Chaud (Monte Caldo) e“i suoi declivi sono ricoperti da un’abbondante vegetazione, in barba agli sforzi topomastici dell’amministrazione”. (dal libro “Le grand livre des pyramides) L’articolo “La piramide di Falicon” è apparso sul numero 7 della rivista Fenix –Enigmi e misteri della storia e del sacro. I sette gradini che corrisponderebbero ai livelli di iniziazione mitraica. A tal proposito, gli unici scalini che Rossetti rammenta nel suo poema sarebbero posteriori alla scoperta della grotta. Leggiamo infatti che il piano inclinato lungo sette metri che si trova al termine del collo di pozzo “ultimamente si è fatto scalpellare e ridurre a comodi gradini altrimenti si correrebbe pericolo di sdrucciolare e di precipitare poi dentro il primo salone”. Douzet, tuttavia, trova improbabile che qualcuno si sia preso la briga di scavare una scala nella nuda roccia per facilitare la discesa dei visitatori, fra cui ricordiamo la regina Vittoria, anche alla luce del fatto che la prima alzata misura ben 2 metri e richiederebbe pertanto un vero e proprio “passo da gigante”! TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ARCHEOUFOLOGIA L'ASTRONAUTA DI PALENQUE Lastra funeraria della tomba del Dio-Re Pacal Domenico Dati Palenque è un sito archeologico maya situato nello stato messicano del Chiapas, a circa 130 km a sud di Ciudad el Carmen. È un sito di medie dimensioni, più piccolo rispetto a Tikal e Copàn, ma contiene alcune delle più belle opere di architettura e scultura che i Maya abbiano prodotto. Scoperta nel 1952 dall'archeologo Alberto Ruz Lhiullier, all'interno della piramide nota come “il Tempio delle iscri- TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà zioni”, la lastra monolitica (380 cm per 220 cm con uno spessore di 25 e circa 5 tonnellate di peso) risalente al 692 D.C. copriva il sarcofago contenente i resti di un uomo dal volto coperto da una maschera di giada e madreperla, le cui caratteristiche differivano dalla media e dalle usanze della popolazione, con i suoi 173 centimetri d'altezza (20 cm in più della media) e per la forma “normale” del cranio invece di essere “allungato” come si conveniva ai nobili di quel popolo. Il monarca Pacal, l'uomo sotto la maschera di giada, sembrava essere un uomo robusto, tra i 40 e i 50 anni. I suoi denti sebbene dipinti di rosso, erano normali, e non erano né appuntiti e nè adornati, cosa inusuale per un maya adulto d'alto rango. Il Vimana Nel Vymaanika-Shastra antico manoscritto del IV secolo a.C. è riportata la seguente dicitura: “Ciò che può volare da un posto all'altro è un Vimana. Gli esperti dicono che ciò che può volare nell'aria, da un'isola ad un'altra isola, da un mondo ad un'altro mondo, è un Vimana.” Stucco Pacal Il Tempio delle Iscrizioni – Palenque Il Vimana Maschera di giada Antro del sepolcro con la lastra Palenque Il corredo funerario era ricchissimo: oltre alla maschera di giada e madreperla, un diadema, orecchini, una collana, un pettorale, bracciali, ad ogni dito delle mani e dei piedi anelli di giada, statuine in giada. Collo e caviglie ornati di perline, una perla in una conchiglia riempita con polvere di cinabro. Il Samarangana Sutradhara, un altro antico testo sanscrito, recita: “Forte e durevole deve essere il corpo, come un grande uccello volante, di materiale leggero. Dentro si deve porre il motore a mercurio, con sotto l'apparecchi di ferro per il riscaldamento. Per mezzo della forza latente del mercurio, che mette in moto il vortice, un uomo seduto al suo interno può viaggiare nel cielo, in modo meraviglioso, percorrendo grandi distanze.” Ed ancora: “Il Vimana sviluppa la forza del tuono attraverso il mercurio. E subito diventa come una perla nel cielo”. Incensiere Vari tipi di Vimana precolumbiani TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il Mercurio questo sconosciuto L'utilizzo del calore come fonte d'energia elettrica E' un elemento chimico con simbolo HG e numero atomico 80, pesante più del Ferro, è un metallo avente color argenteo, elemento presente nella tavola periodica ed è liquido a temperatura ambiente. Noto sin dall'antichità è nota anche la sua tossicità l'intossicazione da mercurio crea sintomi quali tremori, instabilità emotiva, insonnia, demenza ed allucinazioni. Estratto dal minerale di Cinabro entra facilmente nella catena alimentare se rilasciato nell'ambiente senza precauzioni. Recentemente ricercatori del U.S. Department of Energy's (DOE) Lawrence Berkeley National Laboratory, hanno studiato un sistema in grado di trasformare efficientemente l'energia termica in energia elettrica. Questa tecnologia basata sull'uso di schiere di nanotubi in silicio permette di ricavare dal calore energia elettrica. Analogamente un'intuizione del ricercatore Viktor Schauberger (1885-1958) consisteva nell'aver osservato nelle fredde notti di luna piena il levitare delle pietre di forma ovale dal fondo di un lago che attraendosi e respingendosi con un movimento circolare risalivano in superficie. Secondo Schauberger, il fenomeno era spiegabile come l'effetto combinato del freddo avesse sulla composizione metallifera delle pietre, soprat-tutto silice e silicati. Quindi questi stessi materiali se riscaldati sarebbero stati in grado di rilasciare energia elettrica. Eventuali “Endobatterie” si fatte potrebbero significare una fonte d'energia di facile e pratico impiego. In una tavola Maya conosciuta come Codice Troano tavola P1.XXVIIL v'è raffigurato un essere dall'aspetto poco umano e che ricorda l'incensiere (vedi foto pagina precedente) intento ad azionare una presunta “macchina per volare” o vimana. L'essere nella Foto (vedi foto seguente) è intento a scaldare manualmente con una fiamma la scatola marcata con una “X” che suppongo sia un'endobatteria, mentre con l'altra mano è presumibile che stia fornendo con un attrezzo il movimento iniziale al mercurio presente nel Mercurio Nativo su Matrice di Cinabro È possibile far vorticare il mercurio come nella figura applicando una tensione elettrica, va fornito solo un movimento iniziale con una bacchetta, il mercurio continuerà a vorticare aumentando la velocità. Esperimento vortice di mercurio TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà motore tipo “lampada” posizionato sulla sommità. Manovra corretta Manovra errata Nella tavola P1.XXIX dello stesso codice è raffigurato questa volta un uomo (vedi foto qui sopra) intento nello stesso atto ma questa volta la manovra è sbagliata, infatti viene usata la fiamma verso il motore tipo “lampada” e l'attrezzo per il movimento iniziale verso l'endobatteria (scatola marcata “X”) vanificando l'operazione come mostra l'espressione delusa dello stesso (è interessante l'uso delle sfere-sonagli utilizzati nelle “tute”). Riassumendo il calore all'interno d'un antico vimana, era usato per attivare le endobatterie manualmente o magari riscaldate con fornellini alimentati ad alcol etilico e quindi come fonte per generare energia elettrica il cui utilizzo vedremo più avanti. Va altre sì considerato che anticamente la forza di gravità doveva necessariamente risultare essere meno forte di quella di oggi ,infatti non sarebbero potuti esistere esseri giganteschi come i dinosauri, sarebbero morti soffocati, schiacciati dal loro stesso peso. Gravità ed Antigravità la legge del ritmo di Pier Luigi Ighina Giunti a questo punto, abbiamo quasi tutto per la ricetta d'un antico vimana, manca solo l'ultimo ingrediente, quello che consente l'antigravità. Ma prima dobbiamo capire cosa sia la gravità o meglio la “forza risultante” che percepiamo come “forza di gravità”. Pier Luigi Ighina Secondo la legge del ritmo elaborata da Pier Luigi Ighina (1908-2004) esiste uno scambio ritmico d'energia tra il sole e il pianeta terra, l'energia solare luminosa parte dal sole con un movimento vorticoso destroso (come il guscio d'una conchiglia) ed arriva alla terra avvolgendola ed sottoponendola ad una notevole pressione magnetica che subisce (come un'arancia stretta saldamente in un pugno) insieme a tutte le cose presenti su di essa. Questa energia (monopoli positivi o asiatico Yang) impossibile da schermare è capace di penetrare qualunque cosa esistente ed imprime con la sua velocità una “prima forza di gravità” a tutte le cose (quindi in barba a Sir Isaac Newton e alla sua mela siamo sospinti verso il centro della terra e non attratti da esso!)...ma non è finita qui! L'energia penetra tutto senza ostacolo (riscaldando il magma) arriva fino al centro della terra saturandola ed a questo punto i monopoli entrano in collisione tra di loro e subiscono un'inversione - riflessione si trasforma cioè in energia terrestre negativa (monopoli negativi o asiatico Yin). Essendo una riflessione inverte velocità, direzione e verso attraversando la terra questa volta dal centro ritornando verso la superficie vorticando in senso sinistro ed opponendosi alla “prima forza di gravità” finendo per compensarla (anti-gravità) e come risultante abbiamo finalmente quella che viene percepita come “forza di gravità”. L'energia terrestre di ritorno colora il cielo di blu e ritorna al sole dove nel punto d'impatto impedisce l'emissione dell'energia solare (macchie solari). Così come accade per la terra accade per ogni pianeta del sistema solare da qui la definizione di “legge del ritmo” di Ighina ovvero successione regolare con cui un fenomeno si ripete nel tempo. rappresentato sulla lastra di Palenque vi fosse un motore antigravitazionale con funzione di turbina la cui potenza è comandata dal flusso d'aria in entrata e dalla combustione d'una miscela idrogeno-aria pressurizzata. L'idrogeno viene prodotto dalla reazione della coppa (vedi schema in foto successiva) d'alluminio trattata superficialmente con mercurio, e l'alcol etilico proveniente dai fornellini (fonte di calore che attivano le endobatterie). La miscela d'aria risucchiata dalla presa e dal vorticare della rotazione del mercurio viene fatta passare nelle due sfere riscaldandosi ed aumentando la pressione (Klimator di Schauberger), quindi viene miscelata all'idrogeno prodotto nella coppa ed alla fine combusta per generare la spinta. Il mercurio roteando tramite i magneti permanenti (vedi flywheel di Ed Leedskalnin foto seguente) cattura i monopoli negativi (energia terrestre o asiatico Yin) che vengono addensati tramite il potere delle punte, aumentando l'effetto antigravitazionale e facendo perdere progressivamente peso all'apparecchio ed al suo occupante che veste una particolare tuta per essere protetto dagli effetti dall'energia stessa. Teoria sull'antico segreto del volo La teoria che ho elaborato e che negli antichi vimana come quello TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Flywheel di Ed Leedskalnin (Coral Castle, Florida) La posizione anomala del piede destro (mentre il sinistro è sul comando diretto alla presa d'aria) suggerisce che il pilota stesso è sottoposto ad antigravità all'interno del veicolo e cerca di rimanere saldo in posizione mentre la sua capigliatura svolazza senza controllo. [email protected] Fonti http://www.lbl.gov/ http://ighina.66ghz.com/ http://it.wikipedia.org/wiki/ http://twilightscience.forumfree.it / http://www.edicolaweb.net/edic1 68a.htm http://maps.google.it/maps?hl=it &tab=wl http://mmmgroup.altervista.org/i -mercur.html http://www.tdf.it/Italy/neoumanes imo/Viktor_ita.htm http://peswiki.com/index.php/OS: Klimator:Main_Page Schema funzionamento del Vimana di Palenque http://www.angelsofmars.it/civilt a' misteriose/palenque.htm L’autore ringrazia il Sig. Alberto Tavanti e tutti coloro che hanno dedicato l'attenzione. http://www.famsi.org/mayawritin g/codices/pdf/4_madrid_rosny_b b_pp79-112.pdf È possibile copiare, duplicare e diffondere il presente documento. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ARCHEOUFOLOGIA ARCA DELL’ALLEANZA La teoria clipeologica David Lombardi David Lombardi, 27 anni, ricercatore e membro C.I.R. (CENTRO ITALIANO RICERCHE) si occupa da tempo di archeologia, ufologia e clipeologia. È socio del CROP www.croponline.org (Centro di Ricerche Operativo sul Paranormale) diretto dal dottor Giorgio Pastore nonché membro dello staff di Majuro (www.majuro.it). Secondo la clipeologia (scienza che studia le presenze aliene in epoche remote) esiste una buona possibilità che l’arca dell’alleanza uno degli oggetti più misteriosi della storia cristiana possa essere un congegno di natura aliena. Chi la portato sulla terra? Per quale motivo è stato creato? Partendo dalle ricerche fatte da tre esperti ossia Erich Van Daniken (ricercatore ed esperto clipeologo), Alfredo Lissoni (noto ufologo) e Giorgio Pastore (capo del centro di ricerche operativo sul paranormale) il misterioso oggetto sarebbe stato costruito sulla terra. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà I presunti alieni che lo hanno ideato hanno a loro volta trasmesso le informazioni agli umani, i quali si sono messi a lavoro dando vita a quella che noi conosciamo come Arca dell’Alleanza. Stando alle descrizioni trovate nei capitoli 25, 26 e 27 dell’esodo, l’arca dell’alleanza era fatta di legno di acacia e rivestita d’oro. Non notate nulla di strano? Legno e oro cos’hanno di cosi strano? Apparentemente niente ma basta riflettere per vedere in essi un isolante, nel nostro caso il legno, ed un buon conduttore di e- lettricità, che nel nostro caso è l’oro. Unire un isolante e un conduttore di elettricità è il sistema per creare un condensatore elettrico. All’epoca di Mosè non vi erano queste conoscenze e chi avrebbe potuto averle per elaborare uno strumento simile? Dio oppure un entità simile? E se si fosse trattato di un qualche essere proveniente da un altro pianeta nel quale vi era già una tecnologia avanzata? Ma la questione dell’arca non termina qui in quanto altre ricerche hanno portato ad altri possibili elementi ufologici nascosti in quelli che nel capitolo 28 dell’esodo sono chiamati Urim e Tummin. Nonostante sia sconosciuta la loro origine e il loro funzionamento essi erano posti sul pettorale che indossava il sommo sacerdote. Stando ad ulteriori ricerche fatte dall’ufologo Roberto Pinotti il termine Urim significava “Luci”. Partendo dal fatto che erano posti sul pettorale che indossava il sommo sacerdote potevano essere benissimo di piccole dimensioni e ciò non toglie che po- tessero essere quindi dei mini congegni. Ma qual’era lo scopo? Forse erano i mezzi in base ai quali gli umani comunicavano con Dio e qui si subentra nella più incredibile ipotesi clipeologica ossia che Dio potrebbe essere un essere di un altro pianeta. Al di là di ciò ecco un brano dell’esodo che espone l’intera questione sia sulla costruzione dell’arca sia sul possibile scopo dei due misteriosi oggetti chiamati Urim e Tummin: Esodo 25-10,11 10 Faranno dunque un'arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. 11 La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai intorno un bordo d'oro. Esodo 25-20,21e22 20 I cherubini avranno le due ali stese di sopra, proteggendo con le ali il coperchio; saranno rivolti l'uno verso l'altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il coperchio. 21 Porrai il coperchio sulla parte superiore dell'arca e collocherai nell'arca la Testimonianza che io ti darò. 22 Io ti darò convegno appunto in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sull'arca della Testimonianza, ti darò i miei ordini riguardo agli Israeliti Che quei due misteriosi oggetti fossero collegati al propiziatorio posto tra i due cherubini? Che il propiziatorio fosse una sorta di mezzo di comunicazione con gli esseri di un altro pianeta? Nei versetti 28, 29, 30 del capitolo 28 dell’esodo vi sono altri dettagli sui famosi Urim e Tummin: TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà 28 Si legherà il pettorale con i suoi anelli agli anelli dell'efod mediante un cordone di porpora viola, perché stia al di sopra della cintura dell'efod e perché il pettorale non si distacchi dall'efod. 29 Così Aronne porterà i nomi degli Israeliti sul pettorale del giudizio, sopra il suo cuore, quando entrerà nel Santo, come memoriale davanti al Signore per sempre. 30 Unirai al pettorale del giudizio gli urim e i tummim. Saranno così sopra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore per sempre. Stando a quanto è scritto nell’esodo e cercando di elaborare un’ipotesi l’arca dell’alleanza e quei due oggetti misteriosi erano un mezzo di comunicazione tra gli umani e coloro (possibili alieni scambiati per divinità) che gli hanno trasmesso le istruzioni per costruire l’arca. Ma se Mosè comunicava con Dio già prima di costruire l’arca quale altro motivo celava il misterioso oggetto? Forse l’arca era un sistema più sicuro in quanto solo certe persone potevano entrare nella tenda dove era custodita l’arca? I misteri dell’arca dell’alleanza a livello clipeologico sono tanti ma sono certo che con un passo alla volta la verità verrà alla luce. [email protected] Fonti: *Erich Von Daniken – gli dei erano astronauti; *Alfredo Lissoni – UFO progetto genesi; *Giorgio Pastore – dei del cielo, dei della terra. DREAMLAND IL CASO HILL: OLTRE LE APPERENZE Gianluca Rampini Sul caso dei coniugi Hill sono state spese moltissime parole ma poche di queste si sono con-centrate sull'effettiva analisi della credibilità dell'episodio stesso. Per ragioni che vedremo più avanti, al “rapimento” di Barney e Bett y Hill è stato riconosciuta TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà un'unanime e trasversale credi-bilità. Vi sono in realtà elementi con-trastanti che emergono ad una attenta analisi dei fatti e delle te-stimonianze dei due protagonisti ed è preciso dovere di chi si occupa di questi argomenti porli in risalto piuttosto che metterli in disparte per preservare la validità del caso. In effetti, per quanto mi riguarda, non è tanto in dubbio l'evento in sé quanto la sua interpretazione. Cercare di fare chiarezza ed eli-minare i dati spuri dal quadro complessivo del fenomeno dei rapimenti non può che agevo-larne la comprensione. Non mi soffermerò troppo sulla descrizione degli eventi che sono ben noti ma porrò l'attenzione su alcuni elementi chiave dell'intera vicenda, elementi specifici e per quanto possibile documentati. La mappa tridimensionale dise-gnata in base ai ricordi di Bett y Hill, le sue testimonianze e le regressione ipnotica di Barney. 19 settembre 1961 Durante il viaggio di ritorno dal-le vacanze passate in Canada i coniugi Hill percorrevano una strada fra le colline a sud di Groveton, nel New Hempshire, dirigendosi verso Portsmouth do-ve risiedevano. Nei pressi di un altura deno-minata Indian Head Bett y venne incuriosita da un luce nel cielo che a suo parere non poteva essere una stella. Chiese allora la marito di ac-costare per poterla guardare con più attenzione, questi l'accontentò solamente perché voleva sgranchirsi le gambe e far scen-dere il cane. Non riuscendo a capire cosa fos-se risalirono in macchina e pro-seguirono il loro percorso ma circa due ora più tardi, nei pressi di Cannon Mountain l'oggetto luminoso riapparve molto più vicino e di conseguenza molto più sospetto. Si fermarono nuovamente, in un primo momento esso era ancora in volo e successivamente, la sequenza non è chiara nei loro ricordi, lo ritrovarono a terra a circa trecento metri dalla loro posizione. L'oggetto era a forma di “pancake” con grandi oblò squa-drati uno accanto all'altro che formavano una linea curva. Quando era al suolo poggiava su apposite “gambe”. Con il cannocchiale Barney riuscì anche a distinguere oltre i vetri di quelle finestre alcune figure umanoidi. Spaventati rimontarono in mac-china dove un strano rumore ed una altrettanto strana sensazione li raggiunse. Nel loro racconto è a questo pun-to che si colloca il missing time di due ore all'interno del quale è possibile si sia verificato il rapi-mento ed il contatto con questi extraterrestri. Le parole di Betty Hill E’ corretto riportare l’osser-vazione di alcuni scettici secondo i quali Bett y fosse una fanatica di Ufo e che questo confuterebbe il suo racconto. Ma a parte il fatto che ormai non è possibile dimostrarlo sarebbe come TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà dire che poiché uno è paranoico allora non esistono le cospirazioni. Il che è logicamente sbagliato. Ci limitiamo quindi a prendere atto delle sue parole. Prima testimonianza di Bett y Hill “L’oggetto apparve in cielo come una nuova stella, poi all’improvviso incominciò a muoversi. Passò davanti al disco lunare e allora fermammo la macchina per guardare meglio… Barney decise di prendere il binocolo per cercare di iden-tificare quell’oggetto strano, ma quello che vide gli destò molta preoccupazione e paura. Asserì di aver visto degli esseri molto simili a noi che lo guar-davano da dietro i finestrini e che, a quel punto, il veicolo incominciò a scendere. Barney ebbe la sensazione che stessero cercando di catturarlo, quindi risalì in auto e partimmo a tutta velocità verso l’autostrada per evitare di essere presi. Udimmo una serie di suoni intermittenti quindi, per motivi inspiegabili, Barney prese ad imboccare una stradina se-condaria, dove vedemmo quello che pensavamo essere la Luna al tramonto. Poi ci rimettemmo in autostrada e di li a poco, udimmo di nuovo quei suoni intermittenti ma proseguimmo, senza più fer-marci, verso casa”. Seconda testi monianza Betty Hill di “Gli esseri erano 11 ma ce ne era uno che per identificarlo meglio decidemmo che doveva essere il capo, infatti era quello che si esprimeva in inglese. Poi c’era l’esaminatore che faceva i test, poi gli altri 9 che secondo noi facevano parte dell’equipaggio. Le fattezze dei miei esaminatori erano essenzialmente simili: minuti, glabri, macrocefali e con una fisionomica simile a un incrocio tra suino e uomo. Mi ispezionarono il naso, la gola, gli occhi, le orecchie, pre-levarono campioni di capelli, di pelle ed erano molto interessati ai nostri piedi. Mi stesero sul tavolo e cercarono di infilarmi uno strumento appuntito nella vagina dicen-domi che era un test di gravidanza, allorché io replicai che non esistevano test di gravidanza e che simili cose era-no per me sconosciute. Barney era di vedute alquanto ristrette e fu per lui uno choc emotivo notevole; iniziò ad avere problemi di salute, stati d’ansia, pressione a sbalzi, problemi di stomaco e non rispondeva alle cure. Il suo medico pensò che forse l’impatto emotivo dovuto a un forte choc, gli impediva di gua-rire e decise di mandare mio marito da uno psichiatra che esercitava nel suo stesso edificio. Barney iniziò a frequentarlo re-golarmente e a parlare della sua infanzia e di tutto il resto. Il dottore lo analizzò a lungo e dopo qualche seduta ci indirizzò, Barney ed io, dal dottor Be-njamin Simon di Boston”. Terza testimonianza Bett y Hill di “Dopo varie sedute il dottor Simon mi fece vedere il bozzetto di una mappa stellare che il capo degli alieni mi aveva mostrato. Non so se c’era una apertura nello scafo o cosa fosse, ma ad un tratto ecco la mappa con alcuni degli oggetti che sem-bravano muoversi realmente. L’essere però non aveva attivato uno schermo o quant’altro ma era così realistica, proprio come guardare il cielo stellato. Mi chiese se dalla mappa potevo dire dove ci trovavamo, allorché io risposi di no. Mi disse che era un’informazione importante senza la quale non potevano mostrarmi da dove venivano”. Quarta testi monianza di Bett y Hill “Riguardo alla mappa stellare posso dire che successivamente venni contattata da un’insegnante dell’ Ohio, tale Marjory Fish. Iniziammo una serrata corrispondenza epistolare finché mi disse che voleva venire a casa per parlarmi. Passammo giorni interi a parlare di quella mappa e mi fece molte domande. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Incominciò poi a costruire mo-dellini usando scatole e corde, mettendo il nostro sistema solare al centro e iniziò a calcolare la distanza in anni luce. Al termine aveva disposto quasi tutte le stelle nella stessa posizione che avevo visto su quella mappa, ma ne mancavano due. Non fu in grado di completare la ricerca fin quando gli astronomi non scoprirono quelle due stelle nel ‘69”. La parte più interessante del suo racconto e sicuramente quella della sua esperienza all'interno della “nave spaziale” a contatto con gli alieni. Gli elementi forniti nella sua descrizione appartengono ad un canovaccio che nei decenni suc-cessivi sarebbe divenuto abbastanza comune, per quanto comuni siano i casi di rapimento da parte degli alieni. Ma non la si può accusare di essersi rifatta a racconti pre-cedenti, a riviste o a film perché l'argomento non era ancora di dominio pubblico ne tanto meno attirava l'attenzione del pubblico come può essere ai giorni nostri. Grazie alle ricerche svolte dagli esperti del settore sappiamo ormai con buona certezza che questi atteggiamenti scientifici sono spesso una copertura per scopi meno filantropici, volendo usare un eufemismo. Quindi tenere sotto controllo la consapevolezza dei rapiti ri-guardo alle procedure a cui ven-gono sottoposti diventa di vitale importanza ed a questo che ser-vono quelle che vengono definite “screen memories”, dei falsi ricordi che servono a ma-scherare, anche a livello in-conscio, quelli veri. Con tutta probabilità ciò che Bet-t y ha ricordato di quell'episodio non sono i fatti come si sono svolti ma bensì ciò che gli alieni hanno voluto che lei ricordasse. Il prof. Simon che operò l'ipnosi non era di certo preparato ad affrontare un simile caso e non ebbe quindi alcuna possibilità di superare questi blocchi mentali e di arrivare realmente in pro-fondità nel subconscio dei due coniugi. Non siamo nemmeno in grado di sapere se vi siano stati episodi successivi per cui il quadro rimane incompleto. Vi è però un altro dettaglio che, nonostante quanto detto sin ora, depone a favore della credibilità di questo caso. Il che è molto interessante ma di certo non aiuta nel giudicare l'intera vicenda. Mi riferisco alla “mappa stel-lare” che il Dott. Simon disegnò in base alle indicazioni di Bett y sotto ipnosi. Zeta Reticuli, la mappa Come ci ha ricordato la stessa Bett y il collegamento tra la sua mappa e il sistema “Zeta Reticuli” lo dobbiamo all'infaticabile dedizione di un insegnate dell'Ohio, Marjory Fish che per tre anni si impegnò per trovare una corrispondenza accettabile tra le varie porzioni di mappe stellari esistenti e gli ele-menti del disegno di Bett y. La sua ricerca iniziò nel 1966 e per alcuni anni non ebbe molto successo, nel 1969 invece grazie l'uscita del nuovo e più dettagliato Catalogo stellare Gliese (Catalogo delle stelle vicine) riuscì finalmente a indi-viduare le corrispondenze che cercava. Il lavoro completo terminò sola-mente nel 1972 con la definitiva identificazione del sistema “Zeta Reticuli”. Naturalmente da qual momento in poi sono state espresse le più diverse opinioni riguardo la precisione di tale corrispondenza e nella maggior parte dei casi esse riflettono le posizione precon-cette di chi le ha espresse. Mi sembra quindi ragionevole scartare tutte le posizioni total-mente a favore o completamente contrarie. Ve sono altre più interessanti che analizzano la questione nella so-stanza piuttosto che nel significato che ne possa derivare. Il Prof. Walter Mitchell, pro-fessore di astronomia all'Ohio State Universit y ha affermato: “Più esamino la mappa più rimango impressionato dall'astronomia compresa nel lavoro di Marjory Fish”. David R. Sunders, esperto di statistica presso il “Industrial Relation Center” dell'Università di Chicago ha detto: TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà “Non riesco a trovare nessun punto debole nell'interpretazione della mappa di Betty Hill da parte della sig.ra Fish”. Secondo i miei calcoli la pos-sibilità che la corrispondenza sia casuale si aggira attorno ai 1000 contro 1. “In molti ambiti in cui vengono utilizzati simili metodi statistici una simile percentuale è ritenuta convincente”. Mark Steggert dello Space Re-search Coordinator Center, pres-so l' Università di Pitsburgh ha sviluppato un programma informatico denominato PAR (Perspective Alternation Rou-tine) che può riprodurre l'aspetto di vari gruppi di stelle come se fossero visti da varie punti di vista. Ecco le sue dichiarazioni. “Ero intrigato dal proposito di Marjorie Fish secondo il quale ha interpretato la supposta map-pa di Betty Hill. Non credevo che con un modello si potessero creare problemi astronomici. Con mia sorpresa scoprii che lo schema ottenuto con il mio computer aveva una stretta cor-rispondenza con i dati forniti da Marjiorie Fish”. Dopo ripetute elaborazioni con il suo software ha infine con-fermato le posizioni indicate dalla Fish. “Sono stato in grado di identificare potenziali aree di er-rore, ma non veri errori”. Questa zona di incertezza non depone però necessariamente a sfavore della tesi della Fish perché anche tra i vari cataloghi stellari come il “Astrophisical Observatory Catalog” ed il Ro yal Astronomical Society Obser-vatory Catalogue” o il “Yale Catalogue of Bright Stars” esistono considerevoli dif-ferenze, fino a 2 ordini di magnitudine in alcuni casi o differenze sino al 40% nella distanze delle stelle, come nel caso della stella Gliese 59. Altre stelle presentando dif-ferenza minori ma il punto in se rimane valido: alla luce di quanto appena detto le imprecisioni contenute nella mappa di Zeta Reticuli derivata dall'esperienza di Bett y Hill non ne inficiano la validità. Zeta Reticuli, nell'ufologia Il caso dei coniugi Hill non è l'unica circostanza in cui viene nominato il sistema Zeta Reticuli, anzi esso ritorna spesso a tal punto che è ormai associato agli alieni Grigi quale loro sistema natale. Naturalmente non vi è alcuna prova in questo senso ma questa teoria ha guadagnato comunque una certa fama. Tre sono le fonti principali che ne hanno dato origine. La prima è un intervista di Robert Collins e William Moore, pubblicata sulla rivista Focus nel 1991, all'insider, e probabile debunker, Richard Doty in cui quest'ultimo affermò che Zeta Reticuli era il sistema d'origine delle EBE (Entintà Biologiche Extraterrestri). Dot y è un personaggio controverso spesso coinvolto in rivelazioni clamorose ma piut-tosto dubbie, come il promesso e negato rilascio di un filmato concernente l'atterraggio di un UFO alla base di Holloman. Non sarebbe però saggio ce-stinare preventivamente tutto quello che Dot y dice, è probabile che nella confusione che egli insinua vi siano nascoste informazione reali. L'abitudine di nascondere una verità tra due bugie è ormai ben consolidata in certi ambienti di intelligence ed essa risponde bene all'esigenza di far trapelare determinate informazioni ren-dendole al contempo poco credibili. È impossibile poter dire se ciò si applichi a Zeta Reticuli, ma vale la pena di lasciare aperta questa porta. La seconda è la testimonianza dello scomparso Michael Wolf il quale avrebbe lavorato a stretto contatto con questi alieni grigi nel corso di progetti super segreti sotto l'egida del Majestic 12, del quale lui stesso avrebbe fatto parte. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nel suo libro “Catchers of Heaven”, scritto poco prima di morire, egli rivelò fra le altre cose che gli alieni provenivano da Zeta Reticuli. In questo caso da un punto di vista umano mi sentirei di con-cedere una maggiore credibilità a Michael Wolf di quanto non mi sentirei di concederne a Dot y, pur tenendo sempre presente che non esistono conferme. La terza fonte sono le infor-mazioni trapelate, quasi cer-tamente ad arte, sul Progetto Serpo, per il quale sarebbe stato effettuato uno “scambio di per-sonale” tra gli alieni ed il gover-no statunitense. Anche in questa circostanza pare che che ci sia lo zampino di Dot y, che in effetti ne ha com-binata una più del Diavolo. È parere di molti che la storia del “proggetto Serpo” sia una bufala, per lo meno nei termini con cui è stata raccontata. Ma se tutti questo riferimenti a Zeta Reticuli sono appa-rentemente infondati come vanno considerati e quale importanza rivestono per il nostro ragio-namento? Sono importanti perché sottolineano ed accentuano la dico-tomia insita in tutta la storia del rapimento dei coniugi Hill. Da una parte vi è la mappa descritta da Bett y Hill che sem-bra trovare sorprendenti conferme da una parte del mondo accademico, sostanziando l'ipo-tesi “Zeta Reticuli” mentre dal-l'altra vi sono le testimonianze di persone coinvolte a vario titolo nella “questione aliena” la cui però dubbia reputazione o indi-mostrabilità la ridimensionano, il tutto in una curiosa inversione dei ruoli. osservare l'oggetto con il binocolo, Barney senza fretta ne approfitta per far scendere il cane. Dopo un po' chiede a Bett y di passargli il binocolo: Zeta Reticuli in astronomia “...a quel punto mi rendo conto che non è un satellite, è un aeroplano, credo, si può vedere la fila di finestrini”. Non è il caso di scendere troppo nel dettaglio ma può essere utile aggiungere alcuni dati astro-nomici al nostro ragionamento. Le due stelle principali che ci interessano sono Zeta1 e Zeta2. Sono stelle molto simili al nostro sole anche se considerevolmente più vecchie. Distano 39 anni luce dal nostro sistema solare e sono separate tra loro da 9000 unità astronomiche (una AU corrisponde alla di-stanza terra sole: circa 149,597,871 km). Formano un sistema binario rivolgendo una attorno all'altra e cosa più importante sino ad ora non sono stati identificati pianeti giganti in orbita stretta il che fa supporre la possibile presenza di pianeti simili alla Terra. La vetusta età delle stelle po-trebbe aver consentito ad una civiltà di evolversi come e più della nostra, una civiltà quindi presumibilmente in grado di superare senza grosse difficoltà i 39 anni luce che ci separe-rebbero. Quindi da questo punto di vista l'ipotesi che una qualche razza aliena da li provenga è plausibile. I ricordi di Barney affiorano sotto ipnosi Riprendiamo ore le fila dell'argomento principale, ossia le testimonianze. A differenza di Bett y, le cui se-dute ipnotiche, non rivelarono molto più di quanto non ricor-dasse coscientemente, le sedute di Barney rivelarono molti det-tagli relegati nel suo subconscio. La prima cosa che si percepisce ascoltando le sue sessioni di ipnosi regressiva è la genuinità delle emozioni che si avvicendano nei suoi ricordi. Queste emozioni variano dal fastidio, alla paura sino al sollievo, se non ad una impre-vedibile felicità. Ma lasciamo che siano le sue parole, come ci sono giunte tramite alcune registrazioni, a farci rivere ciò che è rimasto impresso nella sua memoria. Cominciamo dal momento in cui Barney ricorda di aver fermato la macchina perché Bett y gli aveva detto : “Guarda c'è una stella che si muove in cielo!”. Barney risponde allora un po' seccato: “Quello è un satellite”. Non appena ebbero accostato Bett y salta giù dalla macchina per TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Soddisfatto restituisce il binocolo a Bett y. Ripartono e Bett y gli dice: “Barney quello non è un aero-plano, ci sta ancora seguendo”. Allora Barney cerca un posto dove poter fermare la macchina ed imbocca una strada sterrata laterale. In questa prima fase è importante sottolineare che nella voce di Barney non si rilevano emozioni particolari, se non la scocciatura di dover dar retta alla moglie. Dice: “quella cosa è ancora li”. “Credo che Betty voglia convincermi che quello è un disco volante”. A questo punto il dottor Simon chiede se ci sia luce sufficiente per vedere e Barney risponde: “Ci sono delle luci che si muo-vono nel cielo, ma non si sente alcun rumore e penso che questo è ridicolo”. Poi si rivolge a Betty “È un aeroplano, non dovresti credere in queste cose, io non ci credo”. Continua: “Non riesco a sentire alcun ru-more, voglio sentire un jet”. Lo psichiatra allora chiede “perchè vuoi sentire jet?”. gli un “Perchè Betty mi sta facendo diventare matto, mi sta facendo arrabbiare, continua a dire: è strano, guarda, non è un aereo. Io penso, ci deve essere, voglio sentire un rombo, voglio sentire un motore”. Simon chiede distante?” “quanto è “Non è molto lontano, circa 300 metri direi”. “Come si indietro circolo?”. muove, avanti oppure in “No, va verso ovest e poi torna diritto indietro, mi ricorda un palla attaccata a…(incomprensibile: una rac-chetta, un palo) che si allontana ma torna diritta indietro. Penso che solamente un jet può volare così veloce”. “Spero di trovare un punto dove fermarmi ed ad un certo punto riconosco un posto”. “Che cos'è questo luogo?”. “E' Indian Head, ci sono stato altre volte, mi sento a mio agio vedendo un luogo familiare”. E' a questo punto della regres-sione che succede una cosa insolita, Barney interrompe e dice allo psichiatra: “Mi sto svegliando”. Il medico lo tranquillizza e lo mantiene nella trance ipnotica: “Sei in un sonno profondo, non ti sveglierai, ti ricorderai ogni co-sa”. Ma ciò non accade per caso, è da questo momento in poi che nella voce di Barney lo stressa aumenta, il panico comincia a farsi strada. “È proprio qui sopra, alla mia destra. Che cos'è?. Cerco di mantenere il controllo così Betty non si accorga che sono spaventato”. “Oh se era spaventato”. Barney sospira, la sua voce è rotta dalla paura. Simon lo rassicura, dicendoli che non ha più da temere e che può proseguire. Barney è sconvolto: “Devo tornare indietro a pren-dere la pistola” Urla: “Oh mio Dio!”. Dio, Oh mio Il medico deve nuovamente cal-marlo e lo fa proseguire. “Torno indietro alla macchina, prendo il binocolo e guardo, è la fuori, oltre la strada. Oh mio Dio! Che cos'è?”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Simon per focalizzare la sua attenzione gli chiede a che distanza fosse. “Non sembrano trecento metri, non è così lontano. Ora è rivolto verso di me, è come un grosso pancake con una fila di finestre, con alcune luci ed una più forte”. “Una fila di finestrini come un aereo commerciale?”. “No, non come un aereo perché formano una linea curva attorno alla metà del pancake. Mi dico, Dio, devo scuotere la testa”. “Non può essere vero, non può esser li! Ma è ancora li, guardo verso la strada sperando che arrivi qualcuno a dirmi che non è li”. “Cosa vogliono, cosa voglio-no?”. Di nuovo Barney sembra terrorizzato. “Una persona guarda verso di me, ha un aspetto amichevole, mi guarda da sopra la spalla, sta sorridendo. Mi fa pensare ad un irlandese rosso di capelli. Reagisco a questo pensiero pensando che io invece non sarò amichevole perché di solito gli irlandesi non sono gentili con le persone di colore”. “Dice che ti guarda da sopra la spalla, vuoi dire che non era rivolto verso di te?”. “No è muro. rivolto verso un Lo vedo attraverso una delle finestre, una grande finestra suddivisa solamente da alcune strutture che evitano che sia una unica superficie di vetro. Sembra un tedesco nazista”. “Indossa un'uniforme?”. “Sì, un'uniforme nera ed ha una sciarpa nera attorno attorno al collo e sulla spalla sinistra”. “Come riesci a vedere questi particolari da così lontano?”. “Come fai ad essere sicuro che ti stesse dicendo quelle cose?”. “Quegli occhi, non ho mai visto occhi così!”. Per rassicuralo Simon gli ricorda che poc'anzi lo aveva descritto come amichevole. “Il leader era amichevole (il che ci fa capire che c'erano altri esseri, nda). Il leader, quello con la giacca nera luccicante e la sciarpa nera”. “Quegli uomini con le giacche nere… io non ho soldi, non ho niente”. “Non lo so, gli occhi sono li, sono sempre li, mi sta dicendo: non aver paura, c'è un incidente sulla strada”. “Non devo essere spaventato, non parleranno con me”. Simon: “Sono veicolo?”. nel loro “No, sono in piedi sulla strada”. “Come fai a dire che è il leader?”. “Tu dove sei, macchina?”. “Perché gli altri, tutti mi guardavano, se ne sono andati e lui è rimasto da solo a guardarmi. Poi rientro in macchina e mi dico di non cedere al panico, cerco di riprendermi”. “No, sono sospeso”. sei in “Stavo usando il binocolo”. “Hanno facce come le nostre? Hai detto che sembra un irlandese”. “Ha gli occhi a mandorla, ma non come i cinesi”. “Il leader mi sta dicendo qualcosa…” “Come riesce raggiungerti?”. a “Vedo il suo volto, le sue labbra muoversi, mi sta guardando, mi sta dicendo qualcosa… cosa?” “Rimani li e continua a guardare. Devo abbassare il binocolo altrimenti continuo a rimanere immobile… Dio dammi la forza”. Barney urla e strepita come se lottasse per riuscire ad abbassare il binocolo, per distogliere lo sguardo. “Devi allontanarti da me!”. Di nuovo a questo punto le emozioni sono così intense che Barney si rivolge allo psichiatra chiedendogli: “Posso svegliarmi?”. Ma il medico lo calma e lo fa proseguire. “Dov'è Betty, cosa ha fatto nel frattempo?” Gli chiede. “Non lo so, non capisco, siamo stati rapinati?”. “Perchè pensi di stato rapinato?”. esser “So che è nella mia mente, non voglio dirlo”. “A me puoi dirlo”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà “Stai veramente fluttuando nell'aria o è solamente la sen-sazione che provi?”. “Non sono in macchina, non sono accanto alla macchina, non sono nel bosco... sto proprio fluttuando”. La seduta a questo punto si interrompe e viene ripresa la settima successiva. Barney esordisce così: “Ci sono degli uomini in mezzo all'autostrada, che mi assistono. Penso solamente ad immagini mentali perché i miei occhi sono chiusi. Mi sembra di stare salendo, sono leggermente inclinato e penso che i miei piedi non sbattono contro le rocce, questo è buffo”. “Ho paura di aprire gli occhi perché mi è stato detto di tenerli chiusi, così non li apro. Non voglio essere operato”. “Cosa ti fa pensare un'ope-razione?”. ad paura. Guardo fuori e vedo una grande Luna. Eccola. E sono felice”. “Non lo so. Mentre penso questo sono disteso sullo stomaco, credo di essere dentro a qualcosa ma non apro gli occhi. MI è stato detto di tenere gli occhi chiusi”. “Chi ti ha detto questo?”. “L'uomo che ho visto attraverso il binocolo”. Conclusioni “Sono gli stessi che sono sulla strada?”. “No”. “Che ruolo hanno questi uo-mini?”. “Mi hanno preso e portato su per la rampa”. Poi c'è un salto, non saprei dire se nei ricordi o nella regi-strazione. “Sono disteso su un tavolo, i miei pantaloni sono aperti ed una coppa è stata posta sulle mie parti intime…e poi si è fermato”. “E' buffo perché penso che se sto fermo e zitto la cosa finirà presto e non mi faranno male”. … “Sto camminando e vengo gui-dato, i miei occhi sono chiusi, poi li apro e vedo la mia macchina. I fari sono spenti, il motore è spento e Dotsy (il cane) è sotto il sedile. Mi allungo e la tocco. Mi siedo e vedo Betty che arriva lungo la strada e rientra in macchina”. “Penso, non è così male, non ho ragione di aver Il racconto di Barney è quanto meno sconclusionato. Non possiamo sapere se questo dipenda dall'inesperienza del dottor Simon a confrontarsi con una situazione così fuori dall'ordinario. Ma vi sono dei dettagli che possono suggerisci qualcosa. Innanzitutto l'aspetto di questi esseri che non assumono mai fattezze particolarmente aliene, se non per gli occhi. Qualcuno sostiene che il dettaglio degli occhi sia da imputare al fatto che 12 giorni prima della seduta di ipnosi andò in onda un episodio della serie Outer limit in cui comparvero degli alieni somiglianti alla descrizione poi fatta da Barney. Per quanto mi riguarda questa relazione non è però rilevante perché non è possibile dimostrare che Barney abbia effettivamente visto quello show. La questione è un'altra. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Dobbiamo tener presente che Barney è un uomo di colore che negli anni 60 era sposato con una donna bianca. Curiosamente questi alieni as-sumono prima l'aspetto di un irlandese, che per sua stessa am-missione sono ostili nei suoi confronti e poi quello dei nazisti, che in quanto ad avversione nei confronti delle persone di colore non erano certo da meno. Un altro dettaglio che ci mostra come i ricordi cambino nella sua mente, oppure come la sua esperienza si modifichi durante il suo svolgersi è quello del suo flut-tuare. In un primo momento si sente sollevato da terra, sembra le-vitare mentre poco dopo dice che quegli uomini vestiti di nero lo portano su per una rampa. Oppure il racconto di come abbia tenuto gli occhi chiusi perché gli era stato detto di fare così. Mi sembra difficile credere che questi esseri se volevano nascondere qualcosa si siano af-fidati alla correttezza di Barney nel seguire le loro indicazioni. Appare più come un trucco mentale, come allo stesso modo potrebbe esserlo quello del bi-nocolo. Dalle parole di Barney si percepisce che si sente obbligato ad osservare il “leader” il che potrebbe suggerire che quello fosse una sorta di espediente per focalizzare il suo cervello su qualcosa mentre in realtà succedeva tutt'altro. Una serie di strani comportamenti, di immagini che si sovrappongono come capita nei sogni. Ma questo non mi porta a pensare che il loro racconto sia falso ma piuttosto che gli eventi siano stati completamente diversi da quelli che sono stati poi raccontati. Fa eccezione la mappa. È davvero difficile inquadrarla in tutto il contesto, se non con una clamorosa coincidenza, in una campo in cui le coincidenza a mio parere lasciano il tempo che trovano. Il tutto potrebbe risolversi con la teoria delle screen memories, secondo la quale gli alieni inserirebbero dei falsi ricordi nel subconscio dei rapiti in modo tale che se interrogati non possano accedere ai ricordi reali. Ma non sono convinto che sia sufficiente. Potrebbe essere sufficiente se Jacque Vallee o John Keel non avessero proposto la teoria “Ultraterrestre” secondo la quale dietro al fenomeno ufo e per estensione a quello dei rapimenti, non ci fosse solamente la spie-gazione extraterrestre, ma qual-cosa di più fine, di più complesso. Lo sarebbe se non fosse stata formulata la teoria del-l'universo olografico, per cui la realtà in cui ci viviamo e nelle cui dimensioni siamo confinati non è reale per come noi in-tendiamo la realtà. Sono ormai molti gli elementi in ufologia, come i racconti di al-cuni, non tutti, i rapiti, o come l'impossibile varietà di oggetti volanti che solcano i nostri cieli che mi fanno pensare che potrebbe esserci qualcuno o qualcosa in grado di manipolare la trama della nostra realtà, non tanto come in Matrix, dove la manipolazione aveva luogo nella realtà, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ma proprio al di fuori di essa. Forse la realtà in cui siamo confinati non è che una porzione, un recinto posto intorno a noi per tenerci separati da qualcosa che è al di là, da qualcosa che non dobbiamo raggiungere. Per quanto possa sembrare com-plessa questa idea essa non è dissimile da quella per cui i Catari sono stati sterminati e gli gnostici in genere perseguitati. L'idea per cui il nostro mondo sia stato creato da un Demiurgo malvagio che vuole impedire all'uomo di ricongiungersi con il Divino che è al di là, sopra di lui, quel divino di cui noi conserviamo ancora una scintilla. Cosa sia questa scintilla è difficile dirlo, ma potrebbe es-sere la nostra anima che ci rende così preziosi da tenerci qui imprigionati finché il suo segreto non ci sia stato tolto. UFOLOGIA GENETICA DA UN PUNTO DI VISTA NON TERRESTRE Maurizio Martinelli PREMESSA METODOLOGICA Le basi teoriche del presente saggio sono i fondamentali studi del Dr Zecharia Sitchin, le cui tesi sono sempre di più corroborate dalle recenti conclusioni della scienza ufficiale. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà A quasi novant’anni, Sitchin vive da solo in New York, continuando a partecipare a conferenze e rilasciando interviste1. 1 L’ultima intervista in ordine di tempo è stata rilasciata al New York Times del 10 gennaio 2010 Prima di terminare la propria missione, Sitchin pubblicherà un ultimo e definitivo libro dal titolo provvisorio “There were giants”, nel cui ultimo capitolo verrà esplici-tata una profezia che, per usare le sue parole “will rock the world”. Seguendo le “Cronache Terrestri” del Dr. Zecharia Sitchin2, nei cui sette libri sono spiegati i testi antichi, dalla Enuma Elish3 alla Bibbia, si evince che siano vissuti contemporaneamente sul pianeta Terra, almeno da circa 445.000 anni, differenti esseri, cosiddetti umani, sia di origine extraterrestre, che di origine “mista”, che prettamente terrestre. Per motivi in apparenza solo prettamente economici4, gli es2 Zecharia Sitchin (Baku, 1922) pubblicò nel 1976 il suo primo libro, “Il dodicesimo pianeta”, nel quale ha messo le basi per un spiegazione della storia umana radicalmente differente da quella dell’establishment, partendo tuttavia sempre dall’esame dei testi e dei manufatti. Oltre ai sette libri che compongono “Le Cronache Terrestri”, Sitchin ha scritto sino all’inizio del 2010 altri sei libri 3 In italiano “ Quando in alto”. Si tratta delle prime parole che hanno fornito il titolo della versione AccadicaBabilonese de “’L’Epica della creazione”, scritta in sette tavolette. A differenza degli studiosi ortodossi che hanno trattato l’Epica come una storia allegorica della lotta tra bene e male, Sitchin la considera come una traduzione Accadica-Babilonese di una sofisticata cosmologia Sumera che spiega la formazione del nostro Sistema Solare 4 La gran parte degli esseri extraterrestri che giunsero sulla Terra lavorava nell’estrazione dell’oro nell’attuale Africa del Sud e nello Zimbabwe per un periodo di circa 40 sar (ovvero un anno del loro pianeta d’origine Nibiru, che corrisponde a 3.600 anni terrestri), pari a 144.000 orbite intorno al Sole del pianeta Terra. A seguito di una rivolta dovuta alle dure condizioni lavorative e all’inadeguatezza dei mezzi tecnologici, dietro suggerimento di Ea/Enki, gli Anunnaki decisero di utilizzare come seri extra-terrestri giunti sul pianeta Terra appunto circa 445.000 anni fa, chiamati dai Sumeri come Anunnaki5, decisero di effettuare una prima manipolazione genetica, che venne eseguita probabilmente sull’Homo Erectus nell’Africa centro6 orientale circa 300.000 anni fa da un ristretto gruppo di esperti Anunnaki. Essi erano i responsabili generali del pianeta Terra, Ea/Enki7 (più tardi conomanovalanza un nuovo essere, derivato da una manipolazione genetica. 5 Tale era il nome con cui i Sumeri si riferivano ai loro Maestri/Dei, i quali avevano creato in Sumer la prima civilizzazione dopo il Diluvio del 10.800 a.C. Letteralmente “Coloro che dal cielo vennero sulla Terra”, a volte abbreviato in “Anunna”, “I celesti”. Il primo gruppo consisteva in 50 unità ed era guidato da Ea/Enki 6 Lentamente, ma inesorabilmente, le scoperte o, forse più appropriatamente, le riscoperte della scienza odierna, mostrano la fondatezza delle informazioni contenute nelle tavolette Sumere, così come riportate da Z. Sitchin. Il magazine Science del 13 febbraio 2009 annunciò la riuscita decifrazione del Genoma di una femmina Neanderthal. Il progetto, gestito da scienziati del Max Plank Institute di Leipzig, Germania, aveva come scopo la verifica del momento in cui la cosiddetta “specie Neanderthal” si fosse separata da quella dell’Homo Sapiens e quali rapporti avessero avuto le due specie. Il New York Times sottolineò che I nuovi ritrovamenti “documentano” due importanti “momenti” nei mutamenti genetici. Il primo, avvenne circa 5.7 milioni di anni fa, quando la linea umana si staccò da quella che portò agli scimpanzé avvenne invece 300.000 anni fa, quando i Neanderthal ed i progenitori dell’Uomo attuale si separarono 7 E.a (la cui residenza è l’acqua), fu il leader del primo gruppo di 50 Anunnaki, che giunsero sul pianeta Terra, atterrando nel Golfo Persico provenendo dal loro pianeta di origine, Nibiru, circa 445.000 anni fa. Egli era il primogenito del “Re” di Nibiru, Anu, ma non il suo erede, in quanto per le rigide regole di successione degli Anunnaki, l’Erede Legale era il primogenito nato dalla mezza-sorella del re. E.a ricevette da Anu il titolo di En.ki TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sciuto dagli Egiziani come Ptah, “colui che sviluppa”), la sua mezza sorella e responsabile dei servizi medici e sanitari sul pianeta Terra, Ninmah8 (conosciuta dagli Egiziani come Ninharsag od Hathor, in generale venerata come la “Grande Madre”), il figlio di Enki, Ningishzidda9 (conosciuto dagli egiziani come Thot, Hermes dai Greci e Mercurio dai Romani, ed in America Centrale come Quetzalcoatl), riconoscibile dal caduceo o simbolo della vita in quanto espressione della doppia elica del dna. (Signore della Terra), ma il suo riferimento numerico, 40, era sempre inferiore a quello di 50 garantito al suo mezzo-fratello, Enlil. Erede Legale di Anu e “Capo della missione sul pianeta Terra”. 8 Nin.mah (Signora potente), anche Nin.ti (Signora della vita), Mammi (Madre/Dea) e Nin.har.sag (Signora del picco della montagna). Figlia di Anu e dunque mezza sorella sia di E.a che di Enlil, era stata promessa come sposa ad E.a., ma ella preferì Enlil, con il quale ebbe un figlio, Ninurta sul pianeta Nibiru, senza tuttavia sposarsi. 9 Nin.gish.zi.da (Signore dell’albero della vita) o Nin.gish.zidda (Signore del manufatto della Vita), uno dei figli di E.a, esperto in genetica e nelle costruzioni, progettò le tre piramidi nella piana di Gizah, l’E.ninnu, il tempio costruito da Gudea in Lagash per Ninurta e le costruzioni circolari in pietra come Stonehenge I simboli di Ningishzidda, il doppio serpente, come la doppia elica del DNA È evidente che Enki era a conoscenza del Genoma dell’Homo Erectus e degli altri ominidi presenti in quell’epoca sul pianeta Terra. Soprattutto Enki sapeva che circa 3.9 miliardi di anni fa, era stato il pianeta Nibiru a portare sul pianeta Terra il seme della vita, il Dna, nel momento in cui avvenne lo scontro tra Nibiru ed i suoi satelliti con l’allora pianeta chiamato dai Sumeri Tiamat. Da tale scontro, Tiamat divenne l’attuale pianeta Terra mentre i suoi frammenti crearono la cintura degli asteroidi. Da vari libri e dal sito di Z. Sitchin. Copyright Z. Sitchin. Reprinted with permission. Il famoso schema in cui Sitchin mostra le orbite dei pianeti prima dello scontro tra i satelliti di Nibiru/Marduk e Tiamat. Dopo molti infruttuosi tentativi, il risultato finale della prima manipolazione genetica portò alla nascita di un primo neonato chiamato Adamu (“colui che proviene dalla terra”) partorito dalla stessa Ninmah, quindi di altri sette neonati maschi. Le tavolette Sumere riportano i nomi delle sette infermiere Anunnaki10 che, guidate da Ninmah, accettarono di portare in grembo i primi sette feti misti; curiosamente il genetista Bryan Sykes ha citato sette prime “mamme” da cui discenderemmo attualmente11. Successivamente fu la moglie di Enki12 ad accettare di partorire una femmina, Tiamat (madre della vita) in maniera da poter avere la controparte femminile di Adamu, mentre le altre sette infermiere Anunnaki partorivano ancora altre sette neonate. Tuttavia i nuovi esseri creati tramite la prima manipolazione genetica, formati dalla combinazione dei geni di un ominide terrestre, Homo Erectus e di quelli degli Anunnaki, non erano in grado di procreare, per cui la loro esistenza non poteva avere futuro13. Tuttavia, allo scopo di evitare di costringere le proprie femmine a partorire in continuazione, gli stessi tre responsabili Anunnaki decisero di effettuare una seconda manipolazione genetica sul primo maschio Adamu e sulla prima femmina Ti-Amat per poter permettere agli ibridi di procreare, dopo aver compreso le motivazioni della loro impossibilità. Spiega infatti Sitchin, che “…poiché all’inizio l’Adamu non poteva procreare, dobbiamo concludere che in quello stadio gli 10 I loro nomi sono Ninimma, Shuzianna, Ninmada, Ninbara, Ninmug, Musardu, Ningunna 11 Bryan Sykes, “The seven daughters of Eve”. W.W. Norton & Company Lt, New York, 2001 12 Nin.ki significa “Signora della Terra”. Essa seguì Ea/Enki sul pianeta Terra, portandosi il primogenito, Marduk. Era anche conosciuta come Dam.ki.na (Signora che giunse sulla Terra) 13 Per i dettagli, vedi Z. Sitchin, the “Sixth tablet” in “The lost book of Enki”, Bear & Company, Rochester, 2002 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ibridi possedessero i 22 cromosomi base. Da vari libri e dal sito di Z. Sitchin. Copyright Z. Sitchin. Reprinted with permission. Altri notissimi disegni presentati da Sitchin mostrano il famoso scontro. A sinistra una delle spiegazioni della scienza ufficiale per la nascita della nostra Luna, (figura A) che sarebbe stata causata dall’impatto di un corpo celeste errante con la Terra. A destra, invece, la spiegazione di Sitchin, la quale, parte soprattutto dal testo dell’Enuma Elish o “ Epica della creazione” dei Sumeri. Trattando l’antichissimo testo non come allegoria, ma come una sofisticata cosmogonia, Sitchin mostra che il testo spiega l’accadimento di una collisione celeste in cui un corpo celeste invasore (il cosiddetto dodicesimo pineta, Nibiru) distrugge un grande pianeta ricco d’acqua, Tiamat, in maniera che una parte di Tiamat, diventi l’attuale pianeta Terra, mentre il suo principale satellite, Kingu, sia l’attuale Luna (figura B) durata di vita, estremamente più lunga della nostra attuale, tenendo conto che il loro pianeta di provenienza, Nibiru, gira intorno al Sole una volta ogni circa 3.600 anni terrestri16 . Copyright Z. Sitchin. Reprinted with permission. Tavoletta sumera da Z. Sitchin “ Divine encounters, pag. 13 ”. Copyright Z. Sitchin. Reprinted with permission. Ningishzidda ed Enki davanti a Ninmah, la quale tiene in mano Adamu, l’ibrido Homo Erectus/Nibiriano, escalmando “ Le mie mani lo hanno portato alla luce” Dunque agli ibridi mancava il cromosoma X alla femmina ed Y al maschio, per cui tecnicamente Ningishzidda lo estrasse da Ninmah ed Enki ri-spettivamente per inserirlo negli ibridi 14“. Essi effettuarono con successo tale seconda manipolazione genetica, realizzata sempre nei loro laboratori denominati nella versione accadica “Bit Shimti”15, giungendo dunque alla “creazione”, per usare un’espressione biblica, dell’Homo Sapiens. Grazie appunto alla possibilità di procreare, l’Homo Sapiens continuò così regolarmente la sua esistenza, essendo “formato” in maniera corretta dalla combinazione dei cromosomi terrestri e di quelli Anunnaki, in pratica una sorta di meticcio. Gli Anunnaki, servendosi di loro come lavoratori nelle miniere per l’estrazione dell’oro, li chiamavano “Lavoratori misti”, dal termine Sumero “lulu amelu” È importante sottolineare che gli Anunnaki evitarono di concedere all’Homo Sapiens la loro stessa 14 Z. Sitchin “ The cosmic code”, Avon Books, New York, 1998, pag.120. 15 Od in lingua Sumera SHI.IM.TI, “Casa dove in vento della vita è soffiato”. Per la dettagliata spiegazione, vedi Z. Sitchin “Genesis revised”, Avon Books, New York, 1990, pag. 185 e segg. Tavoletta sumera da Z. Sitchin “Il dodicesimo pianeta”, Ed. Mediterranee, Roma, 1996, pag. 367. Copyright Z. Sitchin. Reprinted with permission. Ninmah ed Enki dopo la manipolazione genetica. In alto il Disco Alato, simbolo di Nibiru, considerato il dodicesimo pianeta del nostro sistema solare, in basso la taglierina del cordone ombelicale L’Homo Sapiens visse così lungamente sul pianeta Terra, praticamente in due forme dal punto di vista sociale. Un buon numero lavorarono assieme e per gli Anunnaki, principalmente come minatori nelle miniere d’oro dell’attuale Sud Africa e Zimbabwe17, ma anche 16 All’infuriato capo missione Enlil, Ningishzidda spiegò che al nuovo essere era stata concessa la possibilità di procreare, ma non la stessa durata di vita di cui disponevano gli Anunnaki. 17 L’antica ed intensiva attività di estrazione dell’oro nel Sud Africa e Zimbabwe è stata ampiamente confermata da numerosi ritrovamenti di miniere ed anche di corpi di uomini in sotterraneo con datazione sino a 115.000 anni fa. La stessa AngloAmerican Corporation, tramite il proprio magazine Optima, ha confermato l’esistenza di attività minerarie nello Swaziland e nel Sud Africa intorno allo stesso periodo. Un’ulteriore conferma dell’importanza di tale attività è avvenuta con il recente ritrovamento dei resti di una città antica circa 200.000 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà come assistenti, aiutanti e servitori nelle “ città “ e nelle basi nella Mesopotamia ed in altre zone del pianeta. Copyright Z. Sitchin. Reprinted with permission. Tavoletta Sumera da Z. Sitchin “ The lost book of Enki “ Bear & Co., Rochester, 2002, pag. 172 Ninurta, il figlio primogenito del comandante Enlil, a destra il suo simbolo della doppia aquila, a sinistra un Homo Sapiens Sapiens che lo sta servendo Altri Homo Sapiens, sia coatti, sia per loro decisione, non facevano parte dell’organizzazione degli Anunnaki e così si sparsero in altre aree del pianeta Terra. Lo studioso Sud Africano Michael Tellinger18, il quale sta verificando sul campo, in particolare nel settore dell’estrazione dell’oro le intuizioni di Sitchin, sottolinea la condizione di sudditanza e vera e propria schiavitù, “…la specie di schiavi lavorava nelle miniere senza comprendere il suo esatto posto nello schema degli avvenimenti. Essa sapeva che questa (l’oro) era l’unica cosa che gli veniva richiesta. Viveva in strutture non dissimili da quelle usate ancora oggi nelle miniere del Sud Africa. Ogni cosa era a anni nell’Africa del Sud, a 280 km ad ovest di Maputo (capitale del Mozambico) da parte di Michael Tellinger e Johan Heine. I risultati sono stati illustrati nel libro “Temples of the African gods”, 2010. 18 Michael Tellinger ha scritto un libro, “Slave species of god”, ed altri due assieme a Johan Heine, “Adam’s calendar” e “Temples of the African gods”. disposizione degli schiavi, ma essi non avevano scelta, libertà, né futuro se non il lavoro nelle miniere. Essi erano nati in schiavitù per le miniere e morivano come schiavi nelle stesse. Ma debbono essere esistiti schiavi che si ribellarono e fuggirono nella intensa macchia africana, per formare piccole unità familiari, imparando a sopravvivere come cacciatori. Il popolo Khoi San19 si è probabilmente formato da questi gruppi. Ci fu un tempo in cui ad alcuni di questi schiavi venne permesso di lasciare le strutture le strutture minerarie e di vivere nell’Africa selvaggia, probabilmente quando essi diventarono vecchi e deboli, non più capaci di continuare il duro lavoro cui erano stati destinati20”. Ad un certo punto, intorno a 110.000 anni fa, Enki si accorse che mano a mano che gli Homo Sapiens procreavano fra loro, venivano diluiti i geni di prove- 19 Khoisan (scritto talvolta KhoiSan o Khoi-San) è il termine con cui si designano collettivamente i due gruppi etnici principali dell'Africa meridionale, i Khoi e i San. Sebbene i San (detti anche "boscimani") siano principalmente cacciatori-raccoglitori e i Khoi (detti anche "ottentotti") principalmente pastori, questi due gruppi sono fisicamente e culturalmente affini. Si ritiene che il gruppo Khoi si sia separato dai San proprio con l'adozione dell'allevamento, pratica che essi avrebbero quasi certamente mutuato dalle vicine popolazioni Bantu. Anche le lingue e i dialetti parlati da questi due popoli appartengono evidentemente a un unico gruppo, detto gruppo delle lingue khoisan; queste lingue sono caratterizzate dalle tipiche consonanti col suono di "click", rappresentate nell'alfabeto occidentale con simboli come "/" e "!" (vedi per esempio //Hus, il mancala tipico della Namibia) - (fonte Wikipedia). 20 Michael Tellinger, “ Slave species of god “, A Music Master Book, Johannesburg, S.A., pagg 113-114 nienza Anunnaki, per cui lentamente ma inesorabilmente nell’Homo Sapiens prendevano il sopravvento i vecchi caratteri distintivi dell’Homo Erectus. Allo scopo di mantenere nell’Homo Sapiens alcune delle principali caratteristiche Anunnaki, Enki decise pertanto di intervenire personalmente e copulò con due donne Homo Sapiens, le quali procrearono un maschio Adapa21 (il biblico Adamo), l’altra una femmina, Titi (la biblica Eva). Da loro prende inizio la linea genetica dell’Homo Sapiens Sapiens, la quale arriva sino ad oggi, malgrado la quasi totale estinzione in seguito al cosiddetto Diluvio, avvenuto intorno al 10.800 a.c22. Fu ad alcuni Homo Sapiens Sapiens debitamente selezionati da tale linea genetica che i leaders Anunnaki decisero di comunicare ed insegnare una parte delle loro conoscenze, per cui si formò una tradizione che potremo definire anche di conoscenza esoterica che tramanda di 21 Dopo essere stato istruito da Ea/Enki nel centro sapienziale di Eridu, Adapa venne considerato come “L’uomo perfetto”, il cosiddetto primo uomo civilizzato 22 La decisione da parte del Comandante in capo della missione Anunnaki , Enlil, di non informare tutti i vari tipi di Homo Sapiens dell’arrivo di una gigantesca ondata o tsunami, provocò ovviamente la loro quasi totale distruzione. Uno studio sui livelli dei mari nel passato pubblicato dalla rivista nel numero del 6 Febbraio 2009, conclude che a) la calotta di ghiaccio dell’Antartico crollò improvvisamente, b) a causa della topografia del continente e dei livelli dei mari vicini, l’ondata o tsunami fu più alta almeno tre volte di quanto calcolato sino ad ora,raggiungendo il massimo impatto circa 2.000 miglia più lontano. Un diagramma che accompagna l’articolo mostra l’impatto massimo dell’ondata nel Golfo Persico, nel Mar Mediterraneo e da lì verso le terre bibliche ed il monte Ararat TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà padre in figlio le proprie funzioni di “aiutante” degli Anunnaki ed in sostanza di “mediatore” fra gli stessi Anunnaki ed il resto della popolazione che abitava nelle “città” e nelle basi. Il primo a rompere il tabù dei rapporti sessuali fra Anunnaki ed Homo Sapiens Sapiens fu, come abbiamo analizzato, Enki, il Signore del pianeta Terra, ma soprattutto il detentore delle conoscenze che oggi potremmo definire scientifiche ed organizzative in senso generale. Enki tuttavia aveva uno scopo ben preciso, ovvero evitare il decadimento dei geni Anunnaki nell’Homo Sapiens e concedere gradatamente ad individui debitamente selezionati parte della sapienza Anunnaki. Come sappiamo, le femmine Anunnaki erano pochissime, quasi tutte collaboratrici di Ninmah, la mezza sorella di Enlil ed Enki, per l’assistenza medica agli Anunnaki. Oltre ad esse esistevano le figlie dei vari Anunnaki nate sul pianeta Terra, fra cui la donna maggiormente conosciuta è Inanna/Ishtar23, la figlia di Nannar/Sin24, dunque nipote di 23 In.anna, (la Signora di Anu), era conosciuta anche con il suo nome Arcadico, Ishtar. Figlio di Nannar/Si, nipote di Enlil, pronipote di Anu, sposò un figlio di Ea/Enki, Dumuzi, il quale morì presto, per cui Inanna non ebbe figli. In una sorta di riparazione, ad Inanna venne garantita la gestione della terza civilizzazione post-Diluvio, quella dell’Indus Valley. Attivissima allo scopo di emergere fra i maschi Anunnaki, Inanna riuscì ad entrare nella ristretta cerchia dei dodici leaders Anunnaki, prima con il numero 5, successivamente con il numero 15, al posto di una ormai invecchiata Ninmah. Conosciuta come una Maestra/dea dell’amore e della guerra, Inanna venne associata al pianeta Venere ed alla costellazione della Vergine 24 Nannar, (colui che brilla), conosciuto anche come Su.en o Sin (Il Signore che si moltiplica), il primo figlio di Enlil sul pianeta Terra. Sposato con Ningal Enlil. Pertanto sia gli Anunnaki che lavoravano sul pianeta Terra, che soprattutto quelli che occupavamo le stazioni spaziali, la base sulla Luna e quella sul Marte si trovavano in una condizione di vera e propria astinenza sessuale, né potevano pensare ad una famiglia. Ciò premesso, fu proprio Marduk25, il primogenito di Enki, a lacerare definitivamente il tabù dei rapporti tra Anunnaki e femmine Homo Sapiens Sapiens, decidendo di sposarne una, Sarpanit, figlia di Enki.me (uno degli Homo Sapiens Sapiens che viaggiò nello spazio), discendente dalla linea genetica di Adapa. La decisione di Marduk spinse gli Anunnaki astronauti26 a seguirne l’esempio con un’azione (Grande Signora) ebbe come figli i gemelli Inanna ed Utu/Shamash. Le città in cui risiedeva erano prima Ur in Sumer, quindi Harran nel’attuale Turchi Sud-orientale 25 Mar.duk (significa Figlio del globo puro). Era il figlio primogenito di Ea/Enki, nato sul pianeta Nibiru e successivamente portato sul pianeta Terra dalla madre Damkina. Poiché il padre non era il legale erede del “Re” Anu di Nibiru, Marduk cercò incessantemente di ottenere il diritto a regnare sul pianeta Terra da parte dei leaders Anunnaki. Ottenuta dal padre la gestione della seconda civilizzazione post-Diluvio, quella Egiziana, venne conosciuto come Ra ed Amon-Ra, nel momento in cui spostò la propria residenza in Babilonia. Avendo sposato una femmina Homo Sapiens Sapiens, seppur della linea genetica di Adapa, a Marduk fu proibito di tornare sul pianeta Nibiru. Dopo le esplosioni nucleari del 2024, essendo stata risparmiata dal fall-out nucleare la sua città Babilonia, i leaders Anunnaki accettarono di riconoscerlo, sia pure momentaneamente, come il leader del pianeta Terra. Secondo gli storici greci e romani, la tomba di Marduk si trovava all’interno del’Esagil, il suo tempio in Babilonia, quando la città venne attaccata da Serse nel 482 a.c., per cui Sitchin ritiene che egli morì nel 484 a.C. 26 Conosciuti come Igi.gi (coloro che osservano e guardano) erano circa 300. di forza, eseguita da 200 di essi, i quali, dopo la celebrazione del matrimonio di Marduk in Mesopotamia, rapirono letteralmente altrettante ragazze Homo Sapiens e le portarono provvisoriamente con loro nella base situata presso l’attuale Baalbek27, Libano. Questo gruppo di Igi.gi, assieme a moglie e prole, si sparse in varie parti del pianeta Terra, sempre restando legato al suo comandante originario sulla Base di Marte, ovvero Marduk, il quale ovviamente li aveva difesi davanti ai leaders Anunnaki. I loro figli, geneticamente un terzo Anunnaki, verranno ricordati nelle leggende dei vari popoli come semidei, eroi, direttamente discendenti dai Maestri/Dei. I figli di queste unioni cosiddette miste risultavano dunque o per due terzi (se la madre era Anunnaki28) o per un terzo di origi-ne extraterrestre o cosiddetta “divina” (se il padre era Anunnaki29). In effetti, la spiegazione del concetto di “maggiore divinità” se la madre era Anunnaki, risiede nella presenza del cosiddetto Dna Mitocondriale solamente nella 27 Come sappiamo da “L’Epica di Gilgamesh”, si tratta del cosiddetto “Luogo dell’atterraggio”, lo spazioporto pre-Diluvio, indicato dalla Bibbia come Beth-Shemesh (la casa del Dio Sole Utu/Shamash). Esisteva un’enorme piattaforma di pietra, di cui resta ancora il famoso “Thrilithon”, un gruppo di tre colossali blocchi di pietra, ognuno dei quali pesa circa Tons 1.100. Fu lì che gli Anunnaki riuscirono ad atterrare appena terminato il Diluvio. 28 Uno dei casi più conosciuti è senz’altro quello di Gilgamesh, figlio della Anunnaki Ninsun e del principale prete del santuario della città di Uruk. 29 In questo caso possiamo citare Nabu, il figlio di Marduk, uno dei principali Maestri/Dei Anunnaki e di Sarpanit, terrestre della linea Homo Sapiens Sapiens. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà cellula femminile, esattamente fuori dal nucleo della cellula. Il figlio dunque di una donna Anunnaki ereditava sia la sua parte di Dna normale, sia il suo MTDna, dunque è chiaro la spiegazione del concetto di due terzi di divinità. Tale Mtdna, non mischiandosi con il Dna del padre si trasmette inalterato da madre a figlia e così via attraverso le generazioni, per cui si comprende l’affermazione sopra citata della superiorità della discendenza maternale rispetto a quella paternale30 . Ad ulteriore conferma del fatto che gli Anunnaki disponevano di conoscenze genetiche che noi dobbiamo ancora scoprire, Zecharia Sitchin presenta le conclusioni di ricerche eseguite negli anni ottanta da parte di studiosi della Washington University in cui si mostra come le scimmie femmine cui viene data la possibilità di scelta, preferiscono accoppiarsi con i propri mezzifratelli, “… il fatto più eccitante di questo esperimento risiede nel fatto che sebbene i mezzi fratelli preferiti abbiano lo stesso padre, essi hanno una madre differente. Il magazine Discover (dicembre 1988) riporta studi che mostrano che vespe maschio normalmente si accoppiano con le proprie sorelle. Siccome una vespa maschio fertilizza molte femmine, è stato riscontrato che l’accoppiamento preferito risulta quello con la mezza sorella: stesso padre, ma madre diversa 31. 30 A partire dalla seconda metà degli anni ottanta, ricerche come quella condotta da Rebecca Cann della Università di Berkeley, California (più tardi Università delle Hawaii) dimostrarono che esiste una femmina comune a tutte le donne, vissuta tra i 250.000 ed i 300.000 anni fa al massimo, in Africa centro-orientale. 31 Z. Sitchin “Genesis revisited”, Avon Books, New York, 1990, pag. 183. Tale fatto getta maggiore luce sulle rigide procedure che regolavano i rapporti sessuali praticati dagli Anunnaki, procedure che sono successivamente rimaste nel comportamento umano. Il successore al trono od alla gestione del potere era il primogenito maschio, ma se nato da una mezza-sorella, per cui a volte avveniva che, come nel celebre caso del patriarca Abraham, il successore non fu il primogenito Ismaele, nato da una “schiava od aiutante”, ma l’altro maschio Isacco, seppur nato successivamente, perché figlio della moglie/mezza-sorella, Sara. Ricordiamo ancora, si intende la sorella nata dallo stesso padre, ma non dalla stessa madre. Tale regola di successione venne utilizzata in seguito da centri di potere e conoscenza creati dagli Anunnaki, sia in Egitto che in Sud America, per gli Incas. In definitiva, a partire da circa 445.000 anni fa, sul pianeta Terra sono vissuti contemporaneamente i seguenti esseri e forse alcuni fra gli Anunnaki sono ancora viventi: 1. Anunnaki nati sul proprio pianeta, Nibiru 2. Anunnaki nati sul pianeta Terra 3. Anunnaki per due terzi 4. Anunnaki per un terzo 5. Annunaki per meno di un terzo 6. Umani Ibridi 7. Homo Sapiens 8. Homo Sapiens Sapiens È possibile riprodurre l’articolo citando Copyright Dr M. Martinelli 2010 Reprinted with permission. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà UFOLOGIA LA VALLE DELLA MORTE Viaggiando attraverso la taiga siberiana alla ricerca degli strani 'calderoni' che si dice siano stati lasciati da visitatori alieni – o da antichi demoni Traduzione di Germana Maciocci Ivan Mackerle LA TAIGA SIBERIANA La taiga siberiana è costituita da una vasta distesa brulla di conifere, incontaminata e inesplorata come la foresta amazzonica, e più di diecimila km della regione occidentale della Yakuzia sono completamente disabitati. Priva di qualsiasi tipo di strada, si tratta di una foresta fitta e pieTTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà na di alberi sradicati, paludi invasive and e sciami di zanzare. In breve, si tratta di un’antica selva – luogo ideale per la nascita di miti e leggende a proposito di strane creature e di luoghi singolari dove accadono fatti bizzarri. Anche la creatura selvaggia della leggenda locale - Chuchuna – è qui molto diffusa, e il mistero più affascinante di tutti riguarda una particolare credenza riguardo alla terribile 'Valle della Morte', che sarebbe piena di strutture tondeggianti di natura artificiale. Le tradizioni locali tramandano storie di cacciatori solitari delle tribù nomadi degli Evenk, e di altri Yakuzi che vagavano per queste valli suggestive – potrebbero infatti essercene più di una, – che parlano di strane 'case di acciaio' emisferiche (kheldyu) che sporgerebbero dal terreno costantemente ghiacciato. Queste formazioni lisce e rossastre spesso sono descritte con un’apertura sulla parte superiore, e una scaletta a chiocciola che discende verso una galleria circolare, con accessi a diverse stanze 'metalliche'. Nonostante la temperatura esterna sia inferiore ai quaranta gradi, quella interna sembrerebbe essere piacevolmente calda. Gli anziani Yakuzi non sanno come abbiano avuto origine tali 'case' o a chi appartengano. Le associano vagamente al mito degli antichi demoni della taiga, Niurgun Bootur e Tong Duurai (vedere qui di seguito 'Leggende della Yakuzia'). Queste strutture misteriose – che gli autoctoni chiamano anche olguis, o 'calderoni' rovesciatisembrano forgiati in un metallo sconosciuto, di colore simile al rame, particolarmente duro e con bordi taglienti come rasoi. Nessuno è mai riuscito a tagliarne via neanche un frammento. Nel tempo, gli Yakuzi hanno notato come qualche 'calderone' si sia inabissato gradualmente nel terreno gelato e sia scomparso, lasciando al loro posto chiazze circolari coperte da una strana vegetazione. Questi luoghi sono pericolosi per tutte le specie viventi, sostare nei loro pressi troppo a lungo può portare alla pazzia e si può restare colpiti da una malattia letale e sconosciuta. Per questa ragione, gli anziani delle tribù hanno vietato per lungo tempo l’accesso a tali aree circoscritte, dichiarandole maledette. Questa regione ha il nome di Uliuiu Cherkechekh – la Valle della Morte. RACCONTI DEI VIAGGIATORI Esistono inoltre racconti recenti di viaggiatori che si sono trovati di fronte a questi calderoni nella taiga. Alcuni sembrano verosimili, altri improbabili. Mikhail Korecky di Vladivostok ha scritto al quotidiano Trud di essere stato nella Valle tre volte. La prima nel 1933, a dieci anni; la seconda nel 1937; l’ultima nel 1947 con alcuni amici. Sarebbe incappato in un totale di sette ‘calderoni’; avevano tutti un aspetto misterioso e misuravano 6~9 metri di diametro. La vegetazione che li circondava era singolare, più lussureggiante rispetto alle piante nei dintorni, con enormi foglie di bardana, lunghi peduncoli ed erba insolitamente alta, il doppio di un uomo. Durante la sua ultima visita, Korecky e i suoi compagni avrebbero passato la notte in uno dei ‘calderoni’; nonostante non sia accaduto niente d’interessante, nel giro di un mese uno TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà degli amici avrebbe perso tutti i capelli e a Korecky si sarebbero formate due pustole sulla guancia mai guarite. Nel 1936, un geologo in visita presso il fiume Olguidakh (un “sito con calderone”), ne trovò uno solo, sommerso in parte. Un liscio emisfero di metallo, spesso due cm e con i bordi affilati come rasoi, di colore rossastro. Sporgeva a malapena per un quinto della sua grandezza e l’ampiezza del vano nella sua volta era accessibile a una persona a cavallo di una renna. Il geologo inviò questa descrizione alla capitale Yakutsk, ma nessuno gli badò. La scoperta di un anziano cacciatore Evenki incontrò lo stesso scarso interesse. Nel 1971, affermò di aver trovato una “fossa di metallo” nel terreno nella quale vide i corpi di esseri magri, neri e con un occhio solo in “abiti di acciaio”. Nessuno gli credette, nonostante la sua volontà di mostrarli ai chiunque avesse desiderato vederli. Sfortunatamente, è ormai defunto. Una spedizione archeologica seria è stata organizzata solamente nel 1979 presso Yakutsk. Nonostante la presenza di una guida – un anziano locale che avrebbe visto i 'calderoni' durante la sua giovinezza – non fu possibile localizzarne neanche uno. L’area dove avrebbero dovuto trovarsi si era modificata significativamente nel trascorrere degli anni, la vegetazione era cresciuta talmente folta che non era possibile vedere al di là di dieci passi avanti, lasciando un’eventuale scoperta alla mera fortuna. Gli ufologi russi hanno ipotizzato che tali ‘calderoni’ possano es- sere resti di UFO, naufragati a causa di un incidente o di una remota battaglia aerea. Il ricercatore russo dott. Valerey Uvarov pensa possano essere collegati a un impianto di energia, situato nelle profondità della Terra, un’arma per proteggere il nostro pianeta dai pericoli provenienti dallo spazio profondo. Gli extraterrestri li avrebbero costruiti in tempi antichi, afferma, e adesso funzionerebbero automaticamente, distruggendo il meteorite di Tunguska nel 1908, quello di Chulym nel 1984, e più recentemente quello di Vitim nel 2002. Al momento, asserisce, i livelli radioattivi dell’area si starebbero nuovamente alzando e la fauna starebbe abbandonando le foreste, come in vista qualche evento imminente. NELLA VALLE Il mistero della Valle della Morte e dei suoi ‘calderoni’ in Yakuzia, poco conosciuto e ancora irrisolto, mi ha praticamente ipnotizzato. Si tratta di formazioni naturali? Se artificiali, chi le ha costruite e perché? Le strane malattie che avrebbero colpito chi è capitato nelle loro vicinanze suggerirebbero alti livelli di radioattività. Non è da meravigliarsi se in pochi si sono avventurati alla loro ricerca, la mancanza di informazioni attendibili e la lontananza della regione ne aumentano la pericolosità. Ma, esplorare la temuta Valle e trovare i misteriosi emisferi di metallo, prima che scompaiano nelle profondità della terra, costituirebbe una scoperta d’interesse mondiale. Il mio team non credeva negli UFO, o negli esseri neri e monocoli: il nostro obiettivo principale era di scoprire la reale esistenza dei ‘calderoni’ e cosa fossero in realtà. Il nostro problema principale era localizzare i ‘calderoni’ nella taiga, così vasta e impenetrabile. L’informazione più attendibile che avevamo riguardo al luogo esatto era una vaga nozione che si trovasse da qualche parte lungo il fiume Olguidakh, tributario del Viliuy, nelle profondità della taiga. Non era possibile trovare nessun testimone oculare che potesse guidarci direttamente. Vagare alla cieca e a piedi ci avrebbe portato a un sicuro insuccesso. L’unica soluzione possibile era un’esplorazione aerea in un momento dell’anno nel quale la neve fosse sciolta e gli alberi fossero privi di foglie, che avrebbero altrimenti ostacolano la visuale. Un pilota avrebbe potuto esplorare in un’ora quanto a noi, a piedi, avrebbe preso un mese. Avrebbe potuto volare sopra un’area selezionata e filmare il paesaggio sottostante alla ricerca di qualsiasi anomalia. Ma non potevamo permetterci un elicottero; un’ora sola di noleggio ci sarebbe costata 1.500 dollari americani. Jirka Zitka, il nostro pilota, poteva utilizzare un deltaplano a motore, ma dopo diversi ragionamenti, avevamo rifiutato quest’opzione, poiché sarebbe stato difficoltoso decollare in una regione con una vegetazione così fitta, o far at- TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà terrare d’emergenza l’apparecchio. Alla fine, optammo per un parapendio a motore – in pratica, un paracadute dotato di motore – che avrebbe potuto decollare e atterrare in una piccola area. Il nostro mezzo di trasporto ci abbandonò sotto a un ponte sull’Olguidakh e si allontanò lungo le strade polverose nei pressi della città di Mirnyj. Rimasi seduto sul mio zaino strapieno, domandandomi come saremmo riusciti a penetrare nella taiga ed esplorare entrambe le rive del fiume. Non potevamo portarci dietro sulle spalle tutta l’imponente attrezzatura e le provviste, pensate per durare quattordici giorni. Anche l’‘off-road’ meglio equipaggiato non avrebbe potuto attraversare la giungla, priva di ogni strada percorribile. Scegliemmo quindi una via ben testata per il trasporto forestale – il fiume. Gonfiammo un gommone, che divenne ben presto nostro compagno inseparabile, e mettemmo tutte le apparecchiature e le provviste in un’altra barchetta gonfiabile. La nostra guida era Sláva Pastuchov, un materialista che non credeva nella legenda e ci aveva accompagnato per pescare, cacciare, e soprattutto per aiutarci a sopravvivere. Un cacciatore esperto, che a seguito di un malanno durante la navigazione attraverso un’inquietante area disseminata da alberi spogli e a pezzi, ci lasciò presto, e in fretta. La Valle della Morte è nota per essere realmente una catena completa di vallate che si allargano lungo le rive del fiume. Per esplorare l’intero percorso di 200 chilometri lungo il fiume, lo avevamo diviso in sezioni, nelle quali sostavamo per qualche giorno e, per quanto ce lo potessero permettere le rive paludose e piene di vegetazione, ci accampavamo per partire poi per le nostre spedizioni. Lanciare un paracadute nella taiga non era un’impresa facile. Darsi lo slancio cercando di non scivolare su acquitrini dissestati pieni di radici giganti e buche nascoste, con trenta chili di peso sulle spalle, richiedeva forti gambe. Non avevamo alle spalle un’esperienza di volo su parapendio, e per Pavel Stepán, il nostro pilota, il successo era una mera impresa atletica. “Ho trovato qualcosa!” urlò Pavel dopo essere atterrato da poco con il suo paracadute. “Ho visto uno strano cerchio”, disse, puntando a est del fiume. Ci radunammo intorno alla videocamera e ripetemmo la registrazione. Aveva ragione! Nel bel mezzo di un paesaggio monotono si vedeva uno strano anello. Con l’aiuto del computer, le foto della taiga e le immagini via satellite di Google Earth, determinammo le esatte coordinate dello strano cerchio e, al colmo della gioia per aver trovato il nostro primo ‘calderone’, aprimmo una bottiglia di vodka. CALDERONI INABISSATI Nonostante fossimo in giugno, fummo sorpresi da una nevicata notturna. Dopo il secondo giorno di neve, perdemmo la pazienza e uscimmo alla ricerca del cerchio misterioso. Ci arrampicammo su una collinetta, GPS in mano, attraverso la folta vegetazione, verso una radura sulla cima e ci fermammo stupiti. Non avevamo mai visto niente del genere. Non si trattava della superficie liscia e sporgente del tanto ambito emisfero, ma di una pozza circolare dal diametro di circa 50 metri. Al suo centro si trovava un pezzo di terreno circolare di circa 30 metri di diametro. Non sembrava una formazione naturale, ma di un anello con un’apertura al centro, anche questa sommersa dall’acqua. Utilizzando due lunghi rami per testare il terreno sottostante, per assicurarsi che non si trattasse di un pericoloso pantano, Pavel affrontò l’acqua quasi gelata con i suoi stivali alti da pescatore, verso l’anello innevato. Sotto la neve e un sottile strato di fango, urtò contro qualcosa di solito con un palo. Si trattava solo di ghiaccio? Con attenzione, continuò verso il centro del cerchio, fermandosi di fronte all’apertura. Il bastone lungo circa tre metri sparì sotto la superficie. Di cosa si poteva trattare? Se l’emisfero fosse stato di ghiaccio, la corrente lo avrebbe sciolto. Poteva trattarsi di un ‘calderone’ gigante, in quel momento quasi completamente sommerso nella terra gelata? La neve si sciolse e fummo di nuovo colpiti dalla fortuna. Pochi chilometri più giù lungo il fiume, trovammo un luogo simile. In una pozza perfettamente circolare, questa volta con diametro di 10 metri, trovammo una TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà cupola gigante, solida e liscia, leggermente ricurva, coperta da uno strato di fango. Con l’aiuto di un bastone, testammo la sua superficie, ma sfortunatamente non avevamo appresso l’attrezzatura fotografica. Avremmo dovuto drenare l’acqua e rimuovere il fango – e a tal fine avremmo dovuto avere apparecchiature più sofisticate e fondi per sostenere la spedizione. Infine, senza preavviso, fui colpito da strani problemi di salute che si manifestarono dopo aver passato una notte vicino a uno dei ‘calderoni’ sommersi. Il giorno successivo, fui colpito da capogiri che mi provocavano un senso di svenimento, di perdita completa dell’equilibrio, tosse e brividi… come narrava la vecchia leggenda degli Yakuzi. La crisi durò tutto il giorno quando le nostre tende furono sommerse da un’altra tempesta di neve. Dopo altro ghiaccio e un vento gelido del nord, eravamo tutti zuppi. Era come se i demoni crudeli della taiga stessero cospirando contro di noi che la attraversavamo. Ma, in quanto unico ammalato della compagnia, non incolpammo antichi residui di radiazioni. Quando le mie condizioni non migliorarono il giorno seguente, ci imbarcammo sul gommone e passammo tutta la notte e il giorno dopo discendendo il fiume, allontanandoci dalla Valle della Morte più in fretta possibile. UN’ISOLA DEL TESORO GEOLOGICA Anche se non abbiamo trovato nessuna prova dei leggendari ‘calderoni’ metallici, non siamo fuggiti a mani vuote. Abbiamo scoperto qualcos’altro, qualcosa di altrettanto espressivo – un sacchetto di minerale di titanio. Durante la nostra perlustrazione aerea alla ricerca dei ‘calderoni’, abbiamo trovato un altro sito particolare – un campo perfettamente circolare di pietre color ruggine presso il quale l’ago della bussola era impazzito. Una montagna magnetica? Probabilmente. Dal punto di vista geologico, l’intera regione risulta essere singolare. Avevamo calpestato vette siberiane dure, ignee, che si erano originate nell’Archeozoico. In alcuni punti, sono trapassate da spaccature ricolme di depositi di minerali contenenti diamanti. La miniera di diamanti più grande si trova nella città di Mirnyj, al centro della regione dalla quale ci eravamo imbarcati per la nostra missione nella taiga. Tornando a Praga, abbiamo mostrato un campione di roccia a un geologo, il quale ha confermato che si trattava di magnetite e ilmenite, una lega di titanio e ferro. Mi suggerirono di vendere le coordinate di quella zona magneticamente anomala ai russi, per un buon prezzo. Il racconto della nostra missione causò un po’ di trambusto tra i media russi. È stato anche raccontato che siamo scappati terrorizzati dalla Valle della Morte, ma in realtà il vero ostacolo al nostro ritorno alla ricerca dei ‘calderoni’ è la mancanza di soldi. Abbiamo già comunicato informazioni a due differenti gruppi di esploratori con base a Mirnyj. Uno di questi, guidato da Andrey Yevteyev, porterà in dotazione una pompa idraulica per drenare la pozza centrale e quindi dissotterrare il resto. L’altro gruppo, guidato da Yury Krivoruczko, partirà probabilmente la prossima primavera. Siamo a conoscenza di formazioni geologiche insolite come calotte o cappelli di ferro, palle di lava, concrezioni sferiche giganti, e geodi. I ‘calderoni’ oggetto di leggenda potrebbero essere formazioni geologiche sconosciute. Mentre le descrizioni delle scalette interne, delle gallerie e delle stanze potrebbero essere state immaginate da cacciatori superstiziosi e abbellite da fantasisti e da ufologi. È un dato di fatto che la taiga siberiana nasconda comunque grandi ricchezze e grandi segreti, inclusa la natura dei ‘calderoni’ un mistero inquietante che rimane tuttora irrisolto. http://en.mackerle.cz/ TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ivan Mackerle (1942) is a Czech explorer, freelance writer and publicist interested in cryptozoology, fortean matters, and paranormal phenomena. He studied up the Faculty of mechanical engeneering CVUT in Prague, specialization cars and engines, but since his youth he has been passionately interested in learning about all sorts of mysterious and unrevealed phenomena dissclaimed by the official science. For over 30 years he has led expeditions to remote parts of the world seeking monster and other fortean mysteries, some of which he has reported in FT or Fate. The most famous are expeditions to the Gobi desert in search of the Mongolian Death Worm, to Madagascar in search for the “man eating tree” to Nan Madol in Micronesia in search for platinum coffins with giants, or expedition to the Siberia´s Valley of Death with its mysterious “cauldrons”. He is autor of many books (Czech) and a documentary films from his expeditions. UFOLOGIA LA PROGRAMMAZIONE NEURO-LINGUISTICA NELLO STUDIO DELLE INTERFERENZE ALIENE Ricostruzione grafica di una scena di rapimento Luciano Scognamiglio Cosa sono realmente le interferenze aliene? E' opinione comune, nell'ambito dell'ufologia ma anche tra tutti coloro che credono all'esistenza di forme di vita extraterrestre, che le apparizioni degli UFO siano eventi non comuni, e che i contatti con gli esseri a bordo di essi siano eccezionalmente rari al TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà punto da costituire pochi eclatanti casi studiati nella storia contenenti elementi inspiegabili e quasi irreali, destinati a morire insieme alle persone che li hanno vissuti. Purtroppo la realtà è tutt'altra, ma prima di arrivare alle cifre è opportuno capire quali sono le interferenze aliene, e per farlo prenderò in prestito la famosa classificazione di Josef Allen Hynek, astronomo, astrofisico ed ufologo statunitense. Questo ricercatore riconosceva quattro tipi di contatti possibili con forme di intelligenza aliena secondo quanto riportato da numerosi testimoni: l'incontro ravvicinato del primo tipo, ovvero l'avvistamento di uno o più UFO; l'incontro ravvicinato del secondo tipo, cioè l'osservazione di effetti fisici prodotti da un'attività ufologica; l'incontro ravvicinato del terzo tipo, ossia il contatto visivo con esseri viventi non terrestri in associazione con un avvistamento di UFO; ed infine l'incontro ravvicinato del quarto tipo, rappresentato dal rapimento di un soggetto ad opera di un UFO o dei suoi occupanti. Per lungo tempo si è creduto che queste manifestazioni aliene fossero più presenti seguendo in ordine inverso la scala di Hynek, ma i dati raccolti nelle ultime decine di anni ci mostrano che è esattamente il contrario, ovvero che l'attività aliena sul pianeta terra si verifica maggiormente man mano che si prosegue nell'ordine ascendente di quella classificazione. Hynek con Vallee Non sapendo ciò, gli ufologi si sono sempre concentrati, e purtroppo quasi tutti continuano ancora a concentrarsi, sui meri avvistamenti, con foto e video, fiondandosi in massa sui luoghi dove pare si siano verificate interferenze ufologiche come se- gni, bruciature e cerchi nel grano, e facendosi brillare gli occhi ogni volta che è possibile tempestare di domande il protagonista di un qualche famoso episodio di abduction, ovvero di incontro ravvicinato del quarto tipo. È invece proprio quest'ultima casistica che si rivela tutt'altro che rara, e che ci ha consentito, indagandola con gli opportuni mezzi, di capire cosa stava realmente succedendo e dove sbagliavamo per non rendercene conto. Grazie alle giuste tecniche utilizzate, il fenomeno dei rapimenti alieni si è scoperto essere qualcosa di più reale, diffuso, complesso e terribile di quanto inizialmente immaginato. Molti degli aspetti di questo genere di avvenimento sono stati investigati, sviscerati e capiti ad un livello profondo solo in Italia dal dottor Corrado Malanga, docente e ricercatore di chimica organica presso l'università di Pisa, mentre all'estero vengono a malapena menzionati dagli addotti e da ricercatori del calibro di Budd Hopkins, David Jacobs e Derrel Sims, che usano l'ipnosi per recuperare i ricordi bloccati delle abduction. Il problema risiede appunto non solo nel fatto che gli sfortunati protagonisti dei rapimenti alieni ricordano poco o nulla di questi eventi, ma anche nelle caratteristiche interferenze aliene in essi presenti che fanno di tutto per ostacolare il processo di recupero ricordi, di acquisizione di coscienza del problema, e di azione volta a conoscere queste interferenze e ad eliminarle da sé e dalla propria vita. Il procedimento, per quanto possa essere agevolato da qualcun altro che possibilmente conosca nel dettaglio la materia e l'ipnosi, è in realtà personale, inizia e continua solo per propria volon- TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà tà, e se questa volontà non si traduce in potere e quindi in azione, il procedimento stesso non viene portato a termine e l'addotto viene “perso”. Le interferenze aliene avvengono infatti a diversi livelli ed influenzano la vita degli addotti fino alla loro morte, e anche oltre. Grazie alle ricerche approfondite che si sono potute fare in Italia nelle ultime decine di anni, è risultato che il fenomeno delle abduction non solo è uguale in tutto il mondo e non varia a seconda delle persone, ma anche che ci sono molti più addotti di quanto inizialmente si pensava: la percentuale media stimata, infatti, è dell'1% circa, ovvero poco più di 600mila persone in Italia, e in totale quasi 70 milioni di persone in tutto il mondo. Numeri che sembrano essere verificati ogni giorno e che portano a riconsiderare più seriamente il problema. La PNL La Programmazione NeuroLinguistica (PNL) è un validissimo strumento che ci ha consentito di scoprire e di capire veramente tanto dagli addotti e dalle loro esperienze di abduction. La PNL non è una tecnica in sé ma piuttosto un corpus di conoscenze e tecniche iniziato a formarsi negli anni '70 ad opera di Richard Bandler e di John Grinder, due linguisti statunitensi, e successivamente arricchito ed evolutosi fino ad oggi per merito di tanti altri studiosi che hanno contribuito in modo quasi scientifico. Questo particolare ed innovativo ramo dello studio della psiche si basa sull'espressione inconscia del corpo fisico, e sfrutta lo stesso principio al contrario, ovvero non è solo possibile capire una dinamica psicologica dall'osservazione di tanti micro e macro movimenti fisici, ma si può anche agire nella psiche stessa passando per il corpo e quindi per il cervello, che ne è il punto intermedio di collegamento. Le nostre meccaniche interne infatti tendono ad essere considerate ed espresse secondo schemi mentali ben precisi che corrispondono ad altrettanti gesti e posture a livello fisico: tendiamo a riconoscere e ad attuare i concetti e le informazioni che elaboriamo sia secondo il nostro bagaglio culturale sia seguendo inconsciamente un codice arcaico presente in ognuno di noi. Il primo insieme di programmazioni è dato dai nostri ricordi, conoscenze, credenze e convinzioni, che formano quindi il nostro subconscio, definito “mappa” in PNL: se la realtà in cui esistiamo, in cui ci muoviamo e con cui interagiamo, è il “territorio” sempre per dirla in termini di PNL, allora potremo ottenere il massimo da questo territorio facendo in modo che la nostra mappa di esso lo riproduca il più possibile fedelmente. Il secondo insieme di programmazioni è invece rappresentato dagli archetipi, ovvero da ciò che è alla base del nostro universo, di cui parlavano gli antichi Greci, come nel caso del mondo delle idee di Platone, ma anche ricercatori dell'era moderna, primo fra tutti Carl Gustav Jung, psichiatra e psicoanalista svizzero, che assieme al concetto di inconscio collettivo oltre a quello già conosciuto di inconscio, riuscì a definire questi archetipi come le forme originali e primitive del pensiero, che caratterizzano noi tutti anche nella percezione e nell'espressione. Questi possono essere considerati come l'alfabeto di scrittura e la tecnica di disegno della nostra mappa del territorio. La PNL è nata in gran parte studiando il lavoro di Milton Hyland Erickson, psichiatra statunitense e padre dell'ipnosi moderna: l'analisi di migliaia di ore di registrazioni video di dialoghi ed ipnosi con i suoi pazienti permisero la decodifica del sistema di espressione della psiche attraverso il corpo, e della possibilità di programmarla sempre attraverso di esso. Furono quindi messe a punto una serie di tecniche di osservazione, di deduzione, di dialogo e di programmazione, anche con l'aiuto di stati di rilassamento ed ipnosi leggera, che potessero aiutare un soggetto a prendere coscienza della diversità tra la sua mappa ed il suo territorio, concetti introdotti dall'antropologo statunitense Gregory Bateson, a conoscere la struttura dell'una e dell'altro, ed a modificare quindi la propria mappa per vivere al meglio nel territorio della propria vita. Dalla PNL sono state prese alcune conoscenze e tecniche successivamente evolute ed adattate per essere utilizzate nel campo delle interferenze aliene: infatti non è necessario essere praticanti esperti con titoli ufficiali conseguiti in PNL, perché le nozioni prese in prestito da tale ambito ed applicate nel nostro campo sono in realtà poche e semplici, rese ancor più tali dal loro essere state migliorate allo scopo. Queste metodologie non servono solo ad investigare il problema, che ormai conosciamo quasi totalmente, ma soprattutto sono utili a risolverlo, eliminandolo alla radice, cosa che fa del nostro lavoro un punto di riferimento fondamentale per tutti coloro che vivono in questa situazione senza nulla poter fare. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Chiunque abbia sufficiente volontà e disponibilità può apprendere queste meccaniche, sperimentarle quotidianamente, poi acquisire le informazioni riguardanti i casi di interferenza aliene, ed infine utilizzare quanto appreso per verificare in prima persona, quasi toccando con mano, qual è la realtà che vivono gli addotti, come stanno veramente le cose, e quanto di ciò che viene scritto su internet, raccontato dai mass media e propinato da gruppi organizzati di finti ricercatori e rivelatori, sia in realtà assolutamente falso. Con la PNL e la conoscenza avanzata della casistica di abduction si può capire immediatamente chi sta mentendo e chi invece sta dicendo la verità, chi sta inventando e chi sta ricordando: imparando a conoscere noi stessi possiamo riuscire a conoscere anche gli altri. Ed infatti non potevamo studiare gli alieni se prima non capivamo noi stessi com'eravamo fatti. Conosci te stesso La necessità di esplorare la psiche degli addotti è nata non solo dall'ovvio problema dei ricordi bloccati durante l'abduction, ma anche dal fatto che queste persone presentano personalità complesse e contrastanti che derivano dalla coesistenza in essi di diverse interferenze aliene che permangono anche oltre i contatti avuti durante le esperienze dei rapimenti. Tutto ciò risulta essere molto difficile e delicato da affrontare con i normali mezzi di comunicazione e terapia della psicanalisi, della psicologia e della psichiatria. Nella storia gli addotti infatti sono sempre stati emarginati o additati come pazzi o posseduti, ed i provvedimenti presi nei loro confronti sono stati nulli o drastici, partendo dall'indifferenza più totale fino alla reclusione o addirittura la rogo, dato che la chiesa cattolica ha fatto la sua “bella” parte in passato come oggi ci pensa il lato ottuso della medicina. Fortunatamente nel mondo ci sono diverse religioni e diverse medicine, e la triste situazione occidentale non è stata uguale dappertutto. Le interferenze aliene sono così costantemente presenti negli addotti che a volte hanno dato origine ai famosi casi definiti di “possessione diabolica”, più numerosi di quanto si pensi stando ai dati forniti dai preti esorcisti, dove i soggetti in preda alla confusione totale delle proprie personalità interne ma esogene diventano così gli “indemoniati” che vanno esorcizzati per poter “guarire”. È interessante notare che ciò che fino ad oggi abbiamo definito come dèi, angeli e demoni, abbiano in realtà precise corrispondenze con queste intelligenze aliene. Ma, si sa, ognuno tira l'acqua al suo mulino, e quindi gli alieni e tutti i problemi che portano con sé vengono definiti in modi diversi a seconda dell'ambiente in cui ci si trova per poter così trattare con i propri metodi i soggetti che vi hanno a che fare. L'addotto non è un malato, e quindi non deve guarire: come la religione, anche la scienza, o meglio dovrei dire lo scientismo, sbaglia nel considerarlo tale, e quindi cerca in ogni modo di far sparire i sintomi, al punto di rintontirlo con limitazioni mentali o sostanze chimiche che lo tengano buono ma ancor più confuso ed infelice per tutto il resto della sua vita. La strada per capire la complicata situazione psicologica degli addotti, e quindi per aver accesso alle memorie ed alle conoscenze nascoste dentro di loro, non è affatto quella aggressiva ma è anzi quella basata sulla fiducia, sul dialogo, sulla sensibilità. Comprendere nel profondo cosa un addotto prova, e far sì che questi si apra senza alcuna paura di scoprirsi e di sentirsi giudicato, rappresenta il punto di partenza per il recupero dei ricordi bloccati durante le abduction e la successiva fase in cui si affrontano questi ricordi e ciò che ha provocato tali avvenimenti. Per questo serve una buona dose di coraggio, di sicurezza e di rassicurazione, che bisogna essere in grado di avere e di dare a queste persone. In aiuto a tutto ciò entrano in scena le tecniche di lavoro basate sulla PNL messe a punto da Corrado Malanga. Queste tecniche, ad oggi, escludendo le nuove ipotesi di lavoro ancora in fase di realizzazione e di test, consistono in due applicazioni principali: la “tecnica delle ancore” ed il “SIMBAD”. La prima sfrutta appunto il concetto di “ancora”, ovvero quel legame che si crea tra la psiche ed il corpo fisico quando si vive una situazione emotivamente intensa e al contempo si ricevono determinati input su uno o più canali sensoriali: in quel momento, ciò che viene visto, ascoltato, toccato, odorato e gustato, o “sentito” più in generale, viene collegato alla scena vissuta, e da allora l'emozione di questa tornerà inconsciamente ogni volta che le sensazioni saranno riprodotte. Le ancore sono solitamente indesiderate, ma possono anche essere utili per richiamare uno stato psicologico favorevole, e TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà nella PNL ci sono quindi persino delle tecniche per crearle ad hoc. Nel nostro caso, le ancore vengono sfruttate per agganciare il soggetto al fotogramma che si ricorda immediatamente prima del suo missing time dovuto all'abduction, ancorandolo quindi letteralmente ad esso, e grazie a precise domande sugli input sensoriali del momento gli si può far rivivere il tutto scavalcando il blocco nella memoria. La seconda tecnica invece, il cui acronimo sta per “Self Induced Method for Blocking Abductions Definitively”, è letteralmente un metodo autoindotto per bloccare le abduction definitivamente. Ciò consiste in una fusione di tecniche e conoscenze, ovvero: lo Psicodramma dello psichiatra statunitense Jacob Levi Moreno, la Meditazione Trascendentale dello yogi indiano laureato in fisica e matematica Maharishi Mahesh, e il meccanismo delle simulazioni mentali studiato scientificamente da lungo tempo. Nel SIMBAD il soggetto addotto si trova a simulare le componenti della sua psiche interagendo con esse, in modo da conoscere il suo problema e quindi da affrontarlo. All'interno della simulazione, che è a tutti gli effetti una reale percezione, si potrà quindi interagire anche con le interferenze aliene mediante le loro immagini mentali: questa interazione passerà dunque da passiva ad attiva, ovvero da una fase iniziale di percezione, di conoscenza, di comunicazione, ad una fase di azione, di manifestazione, in cui le immagini mentali vengono usate come punto di collegamento con ciò che effettivamente rappresentano, e dato che l'obiettivo di tale psicodramma è di unire le componenti della propria psiche e successivamente eliminare gli alieni in essa, questo accadrà realmente com'è stato ampiamente dimostrato. Ciò è permesso dalla natura olografica dell'universo e dalla struttura olonomica del nostro cervello, in accordo con le scoperte scientifiche di David Joseph Bohm, fisico e filosofo statunitense, e di Karl Pribram, neurochirurgo austriaco e professore di psichiatria e psicologia. Il SIMBAD, proprio come la tecnica delle àncore che vi è anche inclusa, può essere praticato sia da soli che con l'aiuto di un'altra persona. Il tutto, se effettuato con l'aiuto di un altro, può essere decisamente migliorato dall'uso dell'ipnosi, che va effettuata prima di iniziare la tecnica, e mantenuta per tutta la durata della seduta. Tutto qui? In realtà la questione è molto più articolata sia nelle sue basi che nei suoi sviluppi, e le tecniche funzionano decisamente meglio di quanto si possa pensare ad una prima impressione. Ogni passaggio descritto in questa sede meriterebbe un approfondimento a parte sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, fino a permettere ad ogni lettore di poter superare l'incertezza iniziale ed applicare con successo queste tecniche. Analizzando passo per passo tutte le situazioni possibili e come affrontarle con il metodo giusto si potrà fornire ad ognuno sia la chiave per ottenere le prove di quanto affermiamo, sia la possibilità di contribuire a cambiare le cose in questo che a tutti gli effetti è un risveglio di Coscienza da parte dell'Uomo. Attualmente questo lavoro è portato avanti completamente in tutti i suoi aspetti solo da Corrado Malanga e da pochissimi suoi collaboratori in grado di applicare con successo la totalità dei suoi metodi. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Siamo comunque molto contenti che tanti altri stiano facendo di tutto per contribuire alla diffusione di questo genere di informazione e per aiutare gli addotti ad applicare queste tecniche anche laddove non si sappia usare l'ipnosi. In quanto collaboratore attivo di Corrado Malanga, spero che questo mio articolo possa essere il primo di una serie di pubblicazioni chiarificatrici che contribuiranno ad aumentare l'informazione in questo campo ed anche il numero di coloro che hanno a cuore la vita delle vittime dei rapimenti alieni. Per approfondimenti, un riassunto delle principali scoperte sulle interferenze aliene è contenuto nel documento Alien Cicatrix di Corrado Malanga scaricabile gratuitamente, assieme a moltissimi altri dello stesso autore, dal suo sito ufficiale www.ufomachine.org. Buona ricerca. UFOLOGIA L’EREDITA’ DI ROSWELL UN COLLOQUIO CON IL DOTT. JESSE MARCEL JR. Traduzione di Sabrina Pasqualetto Philip Mantle I primi di luglio del 1947, qualcosa si è schiantato nel deserto non molto distante da Roswell, New Mexico. Un allevatore di pecore, Mac Brazel, scoprì alcuni strani detriti metallici sulla sua terra. Non sapendo cosa fossero li prese con se e li portò all’ ufficio dello sceriffo. Egli a sua volta contattattò la Roswell Army Air Force, che TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ospitava la 509a Bomb Wing, l'unica ala della bomba atomica presente al mondo in quel momento. La RAAF mandò due uomini a Roswell per osservare quegli strani detriti. Uno di questi era il funzionario dell'intelligence Maggiore Jesse Marcel. Il Maggiore Marcel si recò al ranch in questione e recuperò un po'di questo materiale. Sulla via del ritorno alla base si fermò, nelle prime ore del mattino, a casa sua. Svegliò la moglie e il figlio di 11 anni, Jesse Marcel jr. Il Maggiore Marcel sparse una parte del materiale recuperato sul pavimento della cucina della sua casa incuriosendo e Jesse Jr. Di lì a poco sarebbero stati tutti coinvolti in quello che è diventato noto come l'Incidente di Roswell. Il Maggiore Marcel scomparve nel l980, ma non prima di aver raccontato la sua storia. Durante il fine settimana di ottobre, 20 e 21 del 2007, la rivista UFO DATA tenne la conferenza annuale. Il tema di quell'anno fu il 60° anniversario dell'incidente di Roswell. Nel Regno Unito per la prima volta partecipò l’ormai Dott. Jesse Marcel jr, figlio del Maggiore Jesse Marcel. È stato il relatore principale della manifestazione e, il 24 ottobre, ho avuto il piacere della sua compagnia. Durante questa bella giornata di autunno ho colto l'occasione per mostrare al Dott. Marcel alcuni dei bellissimi paesaggi del North Yorkshire, Yorkshire Dales National Park e una delle sue numerose attrazioni storiche la Bolton Abbey in Wharfedale. Dopo una giornata di sole autunnale trovai il tempo per intervistare il Dott. Marcel sui suoi ricordi di quella mattina del l947. Philip Mantle Dott. Jesse Marcel Jr. Mi parli un po'di lei. Chi è il Dott. Jesse Marcel jr? Beh, mio padre era un ufficiale della base aerea dell’ intelligence a Roswell, New Mexico. Ho fatto le scuole elementari in Roswell. Quando mio padre ha lasciato la vita militare ci siamo trasferiti in Louisiana dove mi sono diplomato. Ho fatto una scuola di specializzazione e poi la scuola statale di medicina della Louisiana e mi sono laureato nel l961. Credo che tu abbia anche prestato servizio nelle forze armate. Sì. Sono entrato nel Marina degli Stati Uniti e ho girato il Pacifico occidentale, coinvolto nella crisi dei missili a Cuba. Sono stato in Giappone, Cina e Vietnam. Sono partito per un addestramento di specializzazione nell’ospedale navale dove sono diventato uno specialista in orecchio, naso e gola. Sono rimasto dieci anni nella marina. In seguito mi sono trasferito a Helena, nel Montana. Dopo ha riserve. continuato nelle La Guardia Nazionale. Sono entrato nel 1972 mi sembra. Sono andato a scuola di volo per elicotteri ed sono diventato chirurgo di volo. Mi sono finalmente ritirato nel l996. Si è ritirato, ma mi sembra di capire che è nuovamente in servizio da poco. Sì, mi sono ritirato per il mio 60 ° compleanno. Tuttavia, con il conflitto in Iraq sono stato chiamato di nuovo per il servizio attivo come chirurgo di volo e sono stato 13 mesi in Iraq in uno squadrone di elicotteri. Ho visto gran parte dell'Iraq da un elicottero Black Hawk. Come un giovane Jesse Marcel, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà quanti anni avevi quando l'incidente di Roswell ha avuto luogo? Avevo 11 anni a quel tempo. In che data è successo? È stato all'inizio di luglio del 1947, non sono sicuro della data esatta. Erano i primi di luglio, l947. Potresti raccontare le vicende di nuovo di quella mattina di inizio luglio, l947? Come ho detto, mio padre era l'ufficiale dell'intelligence di base. Il suo lavoro era proprio quello di indagare determinati eventi. E 'stato mandato in un ranch a nord-ovest di Roswell a raccogliere alcuni detriti da qualcosa che si era schiantato là vicino. E’ successo che la nostra casa era proprio sulla via del ritorno alla base, così portò il materiale dentro. Mio padre capì la natura insolita di questo (materiale). Così venne a casa, svegliò mia madre e me per farci dare un'occhiata a questi detriti che aveva trovato nel deserto, appena fuori di Roswell. Aveva già pre-posizionato il materiale sul pavimento della cucina. Egli disse: "Guarda!Credo che questi siano i resti di un disco volante". Come erano questi detriti? In realtà erano di tre tipi. Ce n’erano un sacco simili a fogli, sembravano fogli di alluminio da cucina di oggi. Alcune travi che avevano scritte molto strane o dei simboli. E alcuni di plastica nera. Le travi con i simboli sono state la parte più intrigante di tutta la faccenda. Quindi sei stato tu ad identificare per primo questi prestato attenzione a quanto la gente diceva e io non ho visto il giornale. UFO, Stanton Friedman. Suo padre ne parlò con qualcuno negli anni a venire? Beh mi piace pensarlo ma non ne sono sicuro. Mia madre ha detto che fu lei a notarli, ma mi piace pensare che sia stato io. Quindi suo padre partì per qualche giorno. Che aspetto avevano le travi, quali erano questi simboli? Quando portò il materiale alla base se ne andò per un periodo di tempo, non sono sicuro di quanto tempo. Ciò che compresi fu che il Colonnello Blanchard, comandante della base, gli ordinò di portare i detriti al Fort Worth Army Air Field, dove il generale Ramey dell’ ottava divisione dell’Air Force potesse vederlo. Non so esattamente per quanto tempo se ne andò, so solo che ci fece sedere e ci disse di non parlare ancora di quanto accaduto. Trattarlo come un non-evento, che non è successo, punto. Raramente, tra di noi!. A volte al negozio di alimentari, vedevamo alcuni giornali con titoli sensazionali come 'Sono stato catturato da un venusiano' e noi ci guardavamo in faccia come a dire 'noi conosciamo la vera storia'. simboli sulle travi o è stato tuo padre a farteli notare? Erano di piccole dimensioni, da 12 a 18 pollici. Erano circa 3/8 di pollice di diametro. I simboli erano come forme geometriche stampate sulla parte interna della trave. Avevano un colore molto distintivo di porpora o viola. Erano solidi e non disegni, erano solidi. E naturalmente c'è un altro testimone, sua madre. Che cosa fece? Sa, lei era una casalinga nel 1940. Non ha detto un granché, il suo posto era in cucina, per così dire. Quindi non ha parlato molto. Naturalmente ero fuori città quando Stanton Friedman venne ad intervistare mio padre. Stavo facendo il tirocinio di medicina a Helena, nel Montana. Suo padre come le commentò? Quindi eri fuori. Ha detto che sembrava scrittura di un'altra civiltà. Sì. la Quindi, per quanto tempo lei ha visto questo materiale? Probabilmente per circa 15 o 20 minuti in totale. E poi ho aiutato mio padre a metterlo in una Buick del l942. Poi non so se tornò alla base quella stessa notte o aspettò la mattina successiva. Ma lo portò alla base. Quindi lei era consapevole dell'eccitazione in città nel momento in cui la RAAF emesso il suo comunicato stampa in cui dichiarava di aver del materiale dallo schianto di un disco? Beh sa, ero impegnato in sella alla mia bicicletta e non ha Quindi, quando siete venuti a conoscenza della spiegazione ufficiale, cioè che non si era trattato di un disco volante, ma di un pallone meteorologico? Non ne sono esattamente sicuro, ma sarebbe stato anni dopo, perché me lo tolsi completamente dalla mente, non ci pensai più. Ha mai parlato con i suoi amici di questo? No. Era un argomento tabù. Quindi, negli anni successivi, suo padre è stato contattato, nel 1978, da un ricercatore TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà È passato un po'di tempo da quando suo padre è morto. Si sente di dover aggiungere qualcosa alla storia da quando la sua storia è divenuta nota? Beh, lo chiamato ogni settimana la domenica credo che fosse. Parlavamo brevemente di questo per rinfrescare i nostri ricordi, di come era e mi ha confermato quello che mi ricordavo. E mi ricordo una delle ultime conversazioni che ho avuto con lui si era appena andato a Roswell su richiesta di una delle stazioni televisive di New Orleans. Andarono al campo e quando gli parlai e scherzosamente gli dissi "Ne è rimasto qualcuno?", sue parole furono "No, lo hanno ripulito tempo fa". Ci parli un po’ di suo padre. Era un militare. Per esempio, cosa ha fatto durante la seconda Guerra Mondiale? Beh, è stato con il 509° gruppo bombardieri, l'unità che sganciò le bombe atomiche sul Giappone. Ha fatto un sacco di formazione con loro, era l'ufficiale di intelligence per tale unità. Erano un gruppo di raccolta. Non erano persone che volavano di notte, così è stato qualificato per questo. Egli era nel Pacifico occidentale durante la guerra e poi in preparazione del lancio della bomba atomica sul Giappone era a Tinian dove il B29 decollò per far sganciare le bombe su Hiroshima e Nagasaki. Prima dell’incidente di Roswell, nel l947, successe che suo padre ed altri, scambiarono un pallone meteorologico con un riflettore radar collegato ad esso. Suo padre era qualificato per distinguere un pallone da un riflettore radar? Era molto qualificato, era andato a scuola radar poco tempo prima e sapeva distinguere bene un obiettivo radar da un pallone meteorologico. E anche l'attrezzatura ad essi correlata, quindi sapeva che quello che stava guardando non era un pallone meteorologico o un obiettivo radar e lo posso confermare. Quindi, se dobbiamo credere alla spiegazione ufficiale, per amor di discussione. E' stato un pallone meteorologico e suo padre si era sbagliato. Nella sua carriera militare è stato mai rimproverato, degradato o messo da parte? Per così dire. No, ho visto il suo libretto militare e le sue relazioni di valutazione ufficiale ed erano sempre di ottima qualità. Egli era rispettato, come un individuo altamente addestrato e non è mai stato rimproverato o ha subito alcun tipo di degrado a causa di una sua errata identificazione. E più tardi nella sua carriera, quale era il suo grado? Tenente colonnello. Quindi è stato promosso? Sì, fu promosso indipendentemente dal fatto di Roswell. E dove finì la sua carriera militare? È stato a Washington, non al Pentagono, in un altro ufficio, non ho mai saputo dove, ha concluso la sua carriera a Washington DC. Si dimise dalla Air Force perchè voleva tornare in Louisiana. Penso che ne avesse abbastanza della vita militare e fosse un po' sfiduciato da ciò che stava succedendo in quel momento con la Guerra di Corea e volesse tornare a casa. Quindi lei ha appena tenuto un discorso alla conferenza annuale della rivista UFO DATA. Ora, una delle cose di cui ha parlato è stato il fatto che lei è stato invitato a Capitol Building, potrebbe dirci un po'di più in merito? Ero occupato nel mio ufficio a casa a Helena e la mia segretaria venne da me e mi disse che vi era un signore al telefono che voleva parlare con me. Le dissi che al momento ero occupato con un paziente e di prendere il numero. Lei tornò dicendomi che la persona TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà insisteva per parlare con me. Così presi il telefono. La voce disse: “So che andrà a Washington DC per un incontro” e io risposi che aveva ragione. Disse che voleva parlare con me del fatto di Roswell. Mi disse di chiamarlo al momento del mio arrivo. Così, quando arrivai a Washington e andai al motel, c'era un suo messaggio nella segreteria, quindi sapeva dove avrei alloggiato. Mi voleva incontrare il giorno dopo al Capitol Building, nella stanza 228. Così ho camminato fino al Campidoglio e mi presentai lì, era una persona molto piacevole. Mi disse che dovevamo parlare di Roswell. Così dissi ok. Mi chiese se volessi parlare in una stanza più sicura. Dissi di no, perché non avevo intenzione di dire qualcosa che non avessi già detto altre volte. Mi disse che aveva lui qualcosa da dirmi, così andammo a parlare in una stanza sicura. Abbiamo preso l'ascensore che andò giù a molti livelli al di sotto del Campidoglio dove c'era un gruppo di sale molto ben arredate per persone di alto rango. C’era un libro su Roswell posizionato sulla scrivania, indicò il libro e disse: "Questa non è finzione". E io so replicai: “Bene! Io so che non lo è! Allora quando lo direte a tutti?”. Mi disse che se fosse per lui lo avrebbe già detto anni fa ma non è così. Ma chi era quest'uomo? Era un funzionario del governo? Il suo nome era Dick D'Amato. Si è qualificato come agente della NSA o della NSC. Così gli dissi quello che sapevo sulla vicenda Roswell. Mi chiese se fossi mai stato minacciato da nessuno. Gli dissi di no. Disse che sapeva di persone che erano state minacciate. Così scrisse il suo nome su un pezzo di carta e il suo numero di telefono, dicendomi di chiamarlo in caso di minaccia. Non ne ho mai avuto bisogno. Negli ultimi anni ci sono stati tentativi di infangare il buon nome di suo padre. Se non si può distruggere il messaggio allora distruggi il messaggero. Che cosa ha da dire su questo? Lo prendo come parte del gioco, lei e io sappiamo che ci sarà sempre gente che, secondo il loro programma, vorranno distruggere ogni notizia sugli UFO o dischi volanti o di Roswell. Fa parte del gioco. Ora penso di affermare il giusto dicendo che nel corso degli anni si è trovato a parlare con le altre persone coinvolte nell’incidente. C'è qualcuno che esce dalla folla per la sua convincente testimonianza? Ci sarebbe Bill Brazel, il figlio del proprietario del ranch, che prese un pezzo del relitto prima della pulizia. Lo ha messo nella sua bisaccia e qualche tempo dopo in un bar di Corona si è ubriacato e ne ha parlato. Poi un paio di giorni dopo qualcuno bussò alla sua porta e gli chiese di riconsegnarlo. solo. Ma non l‘ho visto di persona. Suo padre ha mai accennato all’infrangibilità del materiale? Raccontò un evento in cui uno degli uomini nel suo ufficio prese uno dei pezzi più grandi e lo colpì con una mazza, non gli fece nulla. Ora che abbiamo appena superato il 60 ° anniversario dell'evento di Roswell e ha pubblicato il suo libro “L‘eredità di Roswell“, mi dica un po’ di più sul libro e perché ha deciso di pubblicarlo ora. Beh, sto andando in là con gli anni e non c'è rimasta molta gente che abbia una conoscenza diretta di questo evento. Così ho voluto mettere nero su bianco la mia storia, i miei pensieri, perché credo che i fatti di Roswell fossero un vero e proprio UFO proveniente da qualche altro luogo. Ho voluto raccontarlo finché ero in tempo. Un'ultima cosa. La posizione ufficiale della United States Air Force rimane che l'incidente a Roswell fu un pallone, o addirittura il Progetto Mogul, che è ugualmente un pallone. Che ne dice di questo? Beh un pallone è un pallone. La missione del Progetto Mogul era top secret, ma il materiale utilizzato era materiale di scaffale, obiettivi radar e palloni. Non c'era differenza, era la missione ad essere diversa. Specialmente dal momento che è stato richiamato in servizio attivo in Iraq. È stato descritto come un foglio di (materiale), proprio come avevo visto io. Ho cominciato a scrivere il libro mentre ero in Iraq. In quel luogo ti rendi conto della tua mortalità. Una notte, un colpo di mortaio nelle vicinanze. Non indossavo il giubbotto antiproiettile, ma in seguito ho cominciato a mettere il mio portatile nel mio giubbotto antiproiettile per proteggerlo. Se fossi stato colpito almeno il libro sarebbe sopravvissuto. La gente ha detto che era una specie di metallo particolare. Forse Bill Brazel disse qualcosa a riguardo? Lui no, ma mio padre si. Disse che se lo piegavi, si spiegava da Ha intitolato il libro “L‘eredità di Roswell“. Secondo lei qual è l'eredità dell’Incidente di Roswell? L'eredità è quella di riconoscere il fatto che non siamo soli in Ve lo ha mai descritto? Non aveva nulla di insolito? questo universo. Che ci siano altre civiltà là fuori e ancora più importante che sanno come arrivare da noi, quindi sono più avanzate. E penso che uno dei messaggi è che sono più avanti di noi in modo da avere probabilmente sopravvissute alla loro adolescenza nucleare. Quindi, se il messaggio è che gli altri possono sopravvivere a questa guerra, forse possiamo farlo anche noi. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà I bersagli radar del progetto Mogul Lei ha visto le fotografie di suo padre fatte a Fort Worth, subito dopo l'incidente. Stava tenendo questo relitto sul terreno? No, decisamente no! Sa qual è la cosa buffa di tutta questa faccenda? Se guarda la faccia di mio padre quando alza questo obiettivo radar. Ha la faccia come dire:“ State scherzando, questa roba non è vera, lo hanno cambiato!” Quindi cosa diresti a chi dubita dell'idea extraterrestre dello schianto di Roswell? Rimanete sintonizzati e guardate il cielo, perché sono là fuori. Dott. Jesse Marcel, la ringrazio molto. Devo dire che è stato un vero piacere passare la giornata con il Dott. Jesse Marcel jr e aver trovato il tempo per un colloquio con lui. Indipendentemente dalle vostre riflessioni su quello che è successo a Roswell non si può mettere in dubbio l'onestà e la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sincerità di quest'uomo. Mi raccomando vivamente di aggiungere “L‘eredità di Roswell” alla vostra collezione di libri; si può ordinare una copia on-line all'indirizzo: www.theroswelllegacy.com. [email protected] Philip Mantle è un autore internazionale, docente e giornalista televisivo sul tema degli UFO. UFOLOGIA MESSICO, UNA TERRA DI NUMEROSE SEGNALAZIONI UFOLOGICHE Andrea della Ventura Il Mexico è sempre stata terra di grandi avvistamenti, il 13 marzo 2010 si è avuta una nuova spet-tacolare manifestazione; la segnalazione è stata riportata nel sito della ricercatrice Analuisa Cid grazie ad una lettera di Alfonso Salazar, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ricercatore UFO e tecnico dell'aviazione. C’è qualcosa che può legare que-sta facilità negli avvistamenti in questa zona al fatto che sempre qui siano ambientate storie come quelle che vi sto per raccontare? Già in altri luoghi della terra, secondo alcuni studiosi “di fron-tiera”, la religione di antiche civiltà sembra richiamare “visite extraterrestri”. Nelle foto scattate sabato 13 marzo dal signor Fausto Abaroa dalla sua casa nello Stato del Messico, sulle alture della Torres de Satélite, è possibile vedere un aereo cargo di tipo 727200 Boeing della compagnia DHL; ma è un po’ tutto il Paese a rivelarsi sempre più una terra prediletta dagli ovni, qualunque cosa essi siano. Il testimone ha detto che l'UFO era grande e stazionava nel corridoio aereo di San Mateo per poi incrociarsi con l'aereo alle ore 14.00. Il tempo era limpido, soleggiato e senza vento. Un a d e lle fo to d i A b a ro a Ovni e aerei cargo Ricapitoliamo: in questa zona del pianeta troviamo vari aspetti curiosi se non misteriosi: da se-coli e secoli la gente sa che qui le energie della Terra, in particolare il magnetismo, sono molto più forti che altrove. Sempre qui gli atzechi hanno ambientato la nascita e l’atto più importante di Quetzalcolatl, il loro dio principale. Infine, sempre qui si registra il maggior numero di avvistamenti Ufo di tutto il mondo. Avvistamenti che forse avve-nivano anche in epoche lontane visto che secondo alcuni un an-tico bassorilievo mostrerebbe accanto al Dio della fertilità tre personaggi con caschi spaziali. È interessante notare la distanza ravvicinata che intercorreva tra l'aereo e l'oggetto, il che poteva costituire una minaccia per la sicurezza dell'equipaggio. Questi oggetti sconosciuti sono un pericolo per le operazioni degli aeromobili secondo le ripe-tute dichiarazioni di Enrique Kolbeck controllore del traffico aereo messicano con 30 anni di carriera. Inoltre, questo Boeing già ha avuto un precedente incontro con un UFO sopra l'aeroporto di Città del Messico un anno fa mentre stava arrivando nella città. Ecco come si è espresso in passato sul suo sito ufficiale Josè Alonso Galicia Favela, contat-tista e ufologo messicano di Rio Bravo Tamaulipas, il quale rin-graziamo pubblicamente per la sua importante opera di divulgazione sul fenomeno ovni: “E’ chiaro che siamo di fronte ad un contatto alieno” ed aggiunge: ”Credi che sia tutto un caso o una coincidenza? Non chiuderti in questo mondo”. Precedenti storici e grandi rivelazioni Sempre il 13 marzo sono stati segnalati altri avvistamenti di oggetti TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sferici con la comparsa di oggetti simili a "bolle di sapone" che si muovevano in modo intelligente. Uno di questi avvistamenti è avvenuto alle ore 1:30 pome-ridiane nella zona del Conservatorio Nacional de Mú-sica (en Polanco) e l'altro sopra la Hemiciclo a Juárez, nella Alameda di Città del Messico. L'ondata UFO è aumentata in tut-to il paese da gennaio ad oggi. Di grande impatto è stato il rico-noscimento ufficiale del fenome-no UFO da parte del ministero della difesa messicano, per voce del suo segretario, generale Cle-mente Vega Garcia; egli ha di-vulgato un incidente in cui è stato coinvolto un aereo dell'aviazione militare mentre era in volo per intercettare un aereo dedito al narcotraffico, risultato nell'incontro con diversi UFO. Il 9 maggio 2004 verrà ricordato come una data storica per l'ufo-logia, e il giornalista della televisione messicana Jaime Maussan ha aggiunto un altro scoop alla sua già lunga e ono-rata carriera di divulgatore di questa fenomenologia. Altro incontro ravvicinato tra un ufo e un aereo è avvenuto nel Golfo Del Messico; protagonista è stato il Boeing 737-300 della "Magni Charters", lo scorso 30 gennaio 2010. Il volo 774 è stato inseguito da un UFO, rilevato dal radar per circa 5 minuti I l g en e ra le C lem en t e V eg a Ga r cia di bordo) sulla presenza di traffico sconosciuto, che ha seguito il 737, manovrando intorno ad esso per 5 minuti prima di scomparire facendo perdere il segnale sullo schermo radar. Il tecnico che ha rivelato tale testimonianza ha voluto rimanere anonimo. Egli stesso ha dichiarato con sicurezza che l’oggetto avvistato nei pressi del 737 era un ufo. Ha inoltre aggiunto che in quella zona del Golfo del Messico molti aerei sia passeggeri che merci hanno segnalato spesso incontri con ovni. apparecchiature continuavano a registrarne la presenza, sia in modalità radar che in modalità infrarossi. Già il 21 settembre del 2007 sullo stesso velivolo – B737-300 XA-MAI – il meccanico di bordo Josè Camacho Cuevas durante un test di volo tra Città del Messico e Ixtapa aveva immortalato grazie al suo cellulare un oggetto luminoso nelle vicinanze dell’aeromobile sul quale stava volando. Rilevamenti radar Nel primo caso l'incidente è avvenuto il 5 marzo, nello spazio aereo di Ciudad del Carmen, protagonista un bimotore Merlin C26A equipaggiato con sofisticate tecnologie elettroniche, sia radar che all'infrarosso (FLIR STAR ZAPPHIR II e radar AN/PS 143 BV3), durante un normale volo di interdizione al narcotraffico. Nel secondo invece lo strano incontro è occorso durante un volo da Città del Messico a Cancun sul Golfo del Messico. Il radar TCAS ha rilevato del traffico nei pressi del velivolo, un ufo che ha cominciato a girare intorno allo stesso aeromobile. Le condizioni meteo del volo erano caratterizzate da nebbia e qualche schiarita nella parte finale dello stesso. Secondo il rapporto, l’indicatore di TCAS ha prontamente avvertito l’equipaggio (capitano, primo ufficiale e meccanico R eso co n to su lle vi cen d e Relativamente all’incidente del 2004 invece, verso le 17.00 l 'aereo rilevò un traffico sconosciuto a 10.500 piedi sopra Ciudad del Carmen, e secondo le procedure il comandante, maggiore Magdaleno Jasso Núñez, virò verso l'obiettivo per dare un'occhiata più da vicino. Durante questa fase, l'oggetto schizzò via a fortissima velocità, rilevato dalle sofisticate attrezzature di bordo. Dopo alcuni momenti, l'oggetto tornò e iniziò a seguire il C26A (il tutto continuamente registrato dagli strumenti), presto imitato da un secondo oggetto. L'equipaggio era sbigottito. Non avevano in vista gli oggetti, eppure le TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il comandante ovviamente si affrettò a comunicare alla base l'insolita situazione, che presto si sarebbe trasformata in un vero e proprio incubo. Mentre l'aereo manovrava per cercare di entrare in contatto visivo con i due oggetti in questione, nel giro di un attimo giunsero sulla scena ben nove altri oggetti volanti non identificati, gettando i membri dell'equipaggio in uno stato di grande preoccupazione. La cosa più insolita era che c'erano ormai undici oggetti intorno a loro, eppure non riuscivano a vederli. Le sofisticate apparecchiature, però, non mentivano. Vi sono oltre due ore di registrazione sull’incontro ravvicinato del 2010 ma per ovvi motivi è stata realizzata una breve sintesi riguardo questi avvistamenti. Si è discusso della possibilità che si trattasse in realtà di palloncini, che potrebbero confondere chi osserva, anche se è improbabile che in una zona aeroportuale ve ne siano così tanti come d’altro canto sono anche stati segnalati in altre zone della città, oltre che da tecnici di volo, come riportato da Alfonso Salazar. Perchè si sono verificati spesso avvistamenti in quella zona aeroportuale? “Forse perchè in quella zona vi è un vortice di energia” ha affermato il ricercatore Luis Ramirez Reyes nel programma di Victor Camacho “Los Desvelados”. L’importante ufologo messicano ha aggiunto: ”E’ probabile che i radar creino magnetismo, che può essere anche di origine naturale visto che l’intera zona è caratterizzata da suolo vulcanico“. Decisamente diverso invece è il caso dell’aereo dell’aviazione militare; improvvisamente gli oggetti si disposero in cerchio intorno al velivolo, a distanza ravvicinata. Il comandante comunicò alla base che ora la situazione era di allarme rosso, circondati com'erano da undici oggetti di forma circolare dotati di una tecnologia avanzata che li rendeva invisibili all'occhio. sano e salvo alla base, e il maggiore Jasso preparò un dettagliato rapporto sull'incidente. Natura intelligente E’ possibile osservare diversi video riguardanti la presenza di sfere di luce in prossimità degli aerei, ed in molti, sembra che i misteriosi UFO luminosi se-guano il velivolo in maniera mol-to ravvicinata, quasi a voler esa-minare l’aeromobile stesso, com’era successo anche per il famoso volo inaugurale del con-corde; in diversi casi risulta quindi indubbia la natura in-telligente degli oggetti ripresi. b o r n1 9 8 7 @ ho t ma il. it Dopo alcuni minuti, durante i quali il comandante Jasso mantenne la calma e provò a spegnere tutte le luci di bordo per vedere se succedeva qualcosa, gli undici misteriosi oggetti sparirono, ponendo fine alla strana esperienza vissuta da questi membri dell'equipaggio, appartenenti alla 501° Squadriglia. Il C26A tornò TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Fonti: noiegliextraterrestri.blogs pot. com www.vo yager.rai.it evidenzaliena.wordpress.co m ww w. n e w- d i me n s io n so wf t ar e.co m ESOTERIC L'EST DI ISIDE L'OVEST DI NEFTI http://centroformazioneintegrata.org Michael Seabrook “Se i Babilonesi potevano riconoscere pianeti nel 6000 a.C. perchè non gli Egiziani, se hanno costruito piramidi che combaciano con la posizione delle stelle? Perché non potrebbero aver co-struito templi che combaciano con la posizione dei pianeti?” TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Una commerciante di libri, la morte degli dei nell’antico Egitto. È’ senz’altro possibile che a particolari membri di un gruppo fosse data la funzione di osservare e ricordare le posizioni e i movimenti di sole, luna pianeti e stelle. E’ stato detto che gli Egiziani non riconoscevano i pianeti. Ma questo collegamento dovrebbe aiutare. Anche considerando che gli antichi li abbiano avuti, non c’erano strumenti ottici. Robert Temple parla di ciò nel suo libro Crystal sun, e di come essi possano aver avuto lenti antiche. Strabone scrisse di come gli Egiziani eccellessero nelle scienze astronomiche. I pianeti sono più vicini delle stelle e qualcuno può essere visto muoversi nel cielo notturno a occhio nudo. Le nozioni di alto e basso Egitto in relazione al Nord e Sud geografico del paese antico anche un po’ ad un livello diverso hanno suggerito terra e cielo: i due cieli essendo uno per la terra e uno per il duat; questi cieli molteplici erano pensati come sovrapposti uno sull’altro. Non stava dando la vita il Nilo stesso riflesso proprio nel cielo in forma di via lattea, … Geb e Nut erano tenute divise dal dio cielo Shu (ecco probabilmente da dove venne l’idea che l’immagine del cielo è stampata sull’Egitto! L’immagine del cielo). Da Sir E.A. Wallace Budge. Gli Egiziani dei tempi antichi si disegnarono un paradiso materiale (il Duat) sulle rive del divino Nilo. Gli antichi Egiziani costruirono il cielo sulla Terra. Secondo quanto venne scritto nel codice egiziano dagli antichi sacerdoti e astronomi, vari monumenti e centri religiosi furono costruiti lungo le rive del Nilo seguendo l’ordine cosmico: e questo si può notare nella scelta della localizzazione e dell’orientamento dei templi antichi. Nell’antico Egitto i templi erano allineati con gli eventi astro- nomici in modo talmente preciso che le persone potevano fissare il loro calendario politico, economico, religioso basandosi su di essi. Questo ha scoperto uno studio su 650 templi, alcuni datati anche al 3000 a.C. I geroglifici sui muri del tempio davano suggerimenti sull’uso del-l’astronomia nell’architettura del tempio. Dal libro Rosslyn Guardian of the Holy Grail di Tim Wallace-Murphy e Mailyn Hopkins. Dal testo sulla piramide egizia “l’acqua del Nilo” dove rappresentato nei cieli dalla Via Lattea, gli antichi Egizi usavano il Nilo come itinerario iniziatico. Peter Dawkins descrive come i due regni d’Egitto dovevano essere un tempio vivente dello spirito divino dove l’uomo poteva interpretare la sua parte rituale e riunire il suo spirito con il divino come risultato di un processo alchemico. Il tempio della divinità sulla stessa Terra d’Egitto fu disegnato immutabile per il supremo compimento della natura, cioè l’Homo Sapiens. Questa rappresentazione geografica dell’archetipo umano ha una spina, una testa nel nord e un corpo nel sud. Lungo la spina rappresentata dal fiume Nilo giacciono sette templi a segnare i grandi centri mistici che furono gli equivalenti terreni dei sette charkas principali del corpo umano. Sette vennero ancora dalla mummia di Tutankhamon – la maschera d’oro (la testa), le altre tre bare a forma di mummia, e 4 tombe, che tutti supponevano adattate, come una bambola russa, che aggiunge fino a sette strati… L’immagine nel tempio della dea Iside era coperta di veli e era TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà proibito a qualunque neofita di sollevarli. I sette veli di Iside erano protetti da sette sigilli magici. A ogni stadio si doveva pronunciare un nome magico per proteggere chi osava compiere un tale sacrilegio. Gli archeologi moderni che rimuovono gli involucri dalle antiche mummie egizie trovano ancora piccoli scarabei nascosti nelle pieghe del bendaggio. Piccoli scarabei intagliati venivano fatti con un’ampia scelta di materiali. Si credeva che il piccolo oggetto magico fosse permeato di particolari poteri protettivi che proteggessero dal male. Per il Taoismo l’alchimia interiore possiede una stretta rassomiglianza con le credenze di base del Tantra che dichiara di essere la più antica religione in India. La meditazione Tantrica comincia con la visualizzazione della spina della colonna centrale interna, il Shushumna come asse del cosmos. Sul Shushumna sono infilate una serie di ruote o chakras. Ce ne sono sette in totale, il settimo si trova alla sommità del cranio. Alla base dell’osso pelvico si trova il charka più basso, lì dorme il serpente Kundalini avvolto attorno al fallo interno (linghom) con la punta della sua coda nella sua bocca. Quando la Kundalini viene risvegliata si raddrizza, entra dal fondo di Shushumna per viaggiare verso l’alto e raggiungere il cranio. Allo yoga tantrico sono attribuite molte capacità di cui una di queste è la trasmutazione del piombo in oro. Il corpo è visto come una pianta con il fusto di una pianta essendo un albero, l’albero della vita. Questi sette punti chakra partendo dalla base alla sommità in sequenza rappresentano pianeti. Il primo chakra (il charka radice) è la Luna. Il secondo chakra (il sacrale) è Mercurio. Il terzo chakra (il plesso solare) è Venere. Il quarto chakra (il cuore) è il Sole. Il quinto chakra (la gola) è Marte. Il Sesto chakra (la fronte) è Giove. Il settimo chakra (la corona) è Saturno. La meditazione non solo è una via per l’illuminazione ma anche una metafora per viaggiare lungo la via lattea. (dal libro di Robert Temple, The crystal sun.) A Karnak, nel tempio di Ptah, si trova la statua di Sekhmet, di circa 3.800 anni, fatta di basalto nero. Robert fu testimone di un lieve fenomeno di proiezione. Un minuscolo nastro di luce che tagliava in due il retro della statua, tanto che sembrava che Sekhmet, vista da dietro, avesse una soprannaturale corda spinale elettrica. Si dice che la mitica sorgente del Nilo fosse a Elepfantina e si credeva che la prima onda della piena annuale partisse da qui. Questa è la prima posizione dei sette punti chakra, segnata dai sette templi in Egitto. La prima onda della piena annuale in Egitto da’ Osiride disegnato sulla terra, un’esperienza di Kundalini annuale. Credo che i siti lungo il Nilo rappresentino la spina dorsale di Osiride. I punti charka egiziani che conducono alla configurazione di Orione (le piramidi di Giza) rappresentano la spina di Osiride. L’immagine del grande corpo di Osiride che si muove lentamente verso nord. Cioè: galleggiare sulle acque del Nilo è una specifica terminologia astronomica usata per descrivere i cambiamenti effettuati dalla precessione nelle coordinate celesti di Orione: la lenta deriva precessionale di Orione, i cui effetti erano che la costellazione sembrasse spostarsi lentamente verso nord, lungo la riva occidentale della Via Lattea. Questi templi lungo il Nilo rappresentano i punti chakra. A loro volta i punti chakra rappresentano i pianeti, con il Nilo che rappresenta la Via Lattea Luna Elefantina Mercurio Tebe Venere Abydos Sole Eliopoli Marte Menfi Giove Eliopoli Saturno Behedet da “Keeper of Genisis” (Custode della Genesi di Robert Bauval) Il periodo in cui il suo nome divenne sokar sembra indicare chiaramente la fusione del corpo di Osiride con la terra del sokar, cioè la necropoli di Menfi e che la sua immagine, cioè l’immagine astrale della regione di Orione nel cielo fosse in qualche modo innestata su di essa Le regioni sacre a Osiride, Abydos e Menfi, non vanno considerate solamente in termini terrestri ma anche in termini cosmici. I confini dell’Egitto furono stabiliti per segnare i gradi dei pianeti al solstizio. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il maggior scostamento era al tropico con 24+7 gradi, essendoci 7 gradi di Mercurio. Quindi il 6° Chackra = Giove= 3° occhio = divisione mediana delle sopracciglia = corna del bue tra cui siede il sole rosso = occhio di Horus = solstizio di mezzanotte di metà inverno Giove = Giapeto = Upuat = stella polare = Orsa Minore = Anubis = Pietro = Colui che conosce i segreti = il custode delle chiavi dei cancelli del cielo. Dall’India viene il ciclo di 60 anni di Giove che ci porta al sistema a base 60 di Pi greco e al Sacro Romano Impero. Pi greco e 360 ci portano alla grande piramide e alla misura della terra e del cielo. Ora, il confine dell’Egitto è stabilito dove il parallelo è 6/7 dell’equatore o esattamente 31 gradi a nord. Il confine meridionale è posto 7 gradi più in basso a 24 gradi nord. La divisione delle due terre fu posta per dividere per dividere i 6 gradi dell’Alto Egitto dall’1 grado del Basso Egitto. La divisione era a 30 gradi nord, segnata dalla Grande Piramide. La grande piramide è il centro di una croce che divide le due terre e l'est di Iside dall'ovest di Nefti: coloro che trassero dalle acque il corpo di Osiride, lo fecero nel punto che farà da divisione dei due territori. [email protected] DOCUMENTI ALLA RICERCA DELLA MITOLOGIA SLAVO-RUSSA Aldo C. Marturano www.miti3000.it Il breve primo studio che stiamo per affrontare è un tentativo di ricostruire una mitologia slavo-russa cercandone le tracce riconoscibili ai tempi in cui era TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ancora in atto un’aspra lotta del Cristianesimo contro i pagani nordici. Inoltre, giacché le tradizioni pagane ci sono giunte attraverso i miti, è giusto riflettere meglio sul mito per distinguerlo dalla favola o dal racconto ludico per ragazzi e infine, un po’ più avanti e interessati alla Mitologia Slava, ricostruirne gli aspetti peculiari slavo-russi. Naturalmente diciamo subito che, per motivi più in là esposti, la documentazione relativa è scarsa e frammentaria, ma noi c’immergeremo nella palude e raccoglieremo quel che potremo… respingendo la follia di far rivivere riti o dèi del passato in vesti romantiche e in anacronistici contesti! Già nell’Alto Medioevo ci furono difficoltà a dare un nome al credente di religioni diverse dal Cristianesimo e la parola preposta, paganus, fu sottoposta ad un processo ideologicolinguistico per consolidarne (con un colorito più spregiativo) il significato di non battezzato, al posto di contadino imbelle finora valido. Assicuratosi lo strumento lingui-stico, cominciò alfine la pro-paganda delle proibizioni e delle ridicolizzazioni atte a distruggere quella che fosse la filosofia o la religione dei popoli nordici. Sarebbe giusto farsi un’idea di che cosa s’intenda con religione, ma, siccome si è scritto tantis-simo e dibattuto altrettanto, qui ci limitiamo a dire che dal punto di vista scientifico essa non è altro che un sistema mitologico che offre spiegazioni di vario tenore e contenuto (ciascuna re-ligione si vanta di darne migliori di altre) sul significato del-l’essere vivi nel mondo e su come rapportarsi con un even-tuale divino creatore. A questo proposito, allo scopo di distinguere le religioni dominanti e sedicenti portatrici di verità e di etiche universali, nel passato furono coniati dagli etnografi europei vari termini da attribuire alle credenze sparse nel mondo coloniale considerate inferiori. E.B. Tylor coniò nel XIX sec. Animismo per i Paganesimi e la parola ebbe la sua esclusiva ragion d’essere nel porre i pagani animisti su un gradino più basso e svalutarli sul ricco mercato delle idee. Un altro termine pure abusato nel parlar corrente è Politeismo in cui però non troviamo alcunché di degradante se lo attribuissimo al Paganesimo perché, a guardar meglio le cose, anche il contrapposto Monoteismo Cri-stiano non è davvero tanto diverso ed è difficile distinguere la sua Trinità e i suoi Santi dai tanti dèi delle religioni po-liteiste… Ma serve avere tali distinzioni artificiali e capziose? E hanno ancor valore, visto che il Cristianesimo definisce sponta-neamente gli dèi pagani come Demoni o emanazioni del Diavolo (si leggano sant’Agostino e Rabano Mauro o Ermete Trismegisto o le Cronache Russe revisionate da Nestore), que-st’ultimo un essere creato dallo stesso dio cristiano? Nel Medioevo certamente valeva la pena esortare contro la vene-razione del Diavolo perché un Anticristo dava fastidio e, si spie-gava, il Diavolo era un angelo ribelle di certo inferiore al Dio Cristiano, ma quasi altrettanto potente e perciò capace di porta-re confusione nell’animo dell’uomo spingendolo verso il ma-le. A noi sembra che sia un semplice problema di rango e non di dubbiosa esistenza, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sempre ammesso che dio e dèi siano realtà! Purtroppo queste sono concezioni che continuano a circolare tuttora a braccetto con l’idea di negare ogni validità alla fede e al pensiero pagano. Addirittura, e qui entriamo nel vivo del nostro discorso, nelle definizioni ufficiali una mitologia, per il fatto d’esser collegata agli dèi pagani, è marchiata col nome di “superstizione” (parola carica di sentimenti negativi in quasi tutte le lingue europee, ma che significa unicamente pratica religiosa esistente al di là dei riti ammessi dallo stato imperiale romano) mentre l’altra mitologia, per il fatto di essere cristiana, non può neppur esser così chiamata, ma va definita religione rivelata unica e vera sopra ogni altra. Mito e Mitologia sono parole de-rivate dal greco che indicano l’una un racconto orale e l’altra una loro raccolta organica. Attenzione però! Mentre il Paganesimo grecoromano e la sua mitologia erano tenuti in grande stima dal pensiero cristiano in quanto pre-decessori storici del “sapere teo-logico” insegnato nelle università medievali, quello dei popoli nor-dici doveva restare mal cono-sciuto e ne veniva impedito lo studio. Insomma ammettere l’esistenza di un qualsiasi altro pensiero, religioso o no, era una questione di fondo spinosa che si risolveva proprio non attribuendo alle sel-vagge genti settentrionali, a “questi animali”, alcun grado d’intellettualità che invece i Gre-ci e i Romani avevano avuto e poi passato in eredità ai Cristiani. La logica di questo ragionamento stava nel fatto che la Chiesa si era impadronita giusto delle idee pagane classiche per radicarsi nell’Impero Romano e farlo poi cristiano. Siccome non sono mai esistiti poteri secolari che non abbiano cercato di allargare il proprio do-minio, da alleata del potere arma-to l’unico compito che restava alla Chiesa con i suoi secoli di dominio ideologico era evan-gelizzare i barbari per facilitarne la conquista dei territori! E così un sistema cristiano conquistatore e mercantile quasi per-fetto, dato il pensiero classico per morto e finito, si mette al lavoro e rifiuta ogni mitologia, salvo la propria, capace di inquinare il progetto social-economico che sta nascendo al volgere del 1° millennio! Il politeismo sincretistico romano era stato molto elastico ogni qual volta che una nuova regione e relativo popolo erano stati an-nessi all’Impero e, nel caso dei popoli nordici, avrebbe con ri-spetto assorbito i loro dèi nel suo pantheon come era sempre avvenuto. Anzi! Gli scritti di Plinio il Vecchio o di Tacito sulle credenze germano-baltiche, pur con evidenti alterazioni, sono degli esempi calzanti di tale modo di fare pragmatico da secoli già consolidato nella mitologia imperiale! Le peculiarità dei costumi con gli dèi rispettivi dei conquistati sarebbero stati annotati e, sistematizzati negli schemi ufficiali, noi avremmo avuto qualche det-taglio in più. La Chiesa al contrario non si permise mai aperture simili. La preoccupazione, giustissima dal suo punto di vista, fu che prima d’ogni altra cosa si riconoscesse il maggior spazio al dio cristiano, proclamato il più po-tente fra tutti gli altri dèi (e demoni), e in più, dal bacino del Reno fino all’Elba ossia fra i Germani e gli Slavi, lavorò sodo affinché la “paganità” di quei barbari fosse lavata via e di-menticata automaticamente. Si può facilmente intuire che gli scontri fra i centri di propaganda cristiani e i focolai pagani fos-sero frequenti, benché i contem-poranei li considerassero episodi di ordine minimo. Su questo punto potremmo partire da Gregorio Magno che nel VII sec. d.C. fu uno dei primi ad avere notizie di prima mano sugli scontri con gli Slavi nel sudest dell’Europa in una famosa corrispondenza con Massimo, vescovo di Tessalonica (l’odier-na Salonicco), che li vedeva attaccare la propria città. Il Papa tentò allora in tutti i modi di circoscrivere e giustificare l’ostilità contro quei pagani rac-comandando tra l’altro non tanto di combatterne gli usi e i costumi o di distruggerne i luoghi di culto con la forza (le armi non furono mai bandite) quanto invece di integrarli nella “morale cristiana” possibilmente avocando le loro feste e i loro culti alla protezione dei santi consacrati dalla Chiesa, addirittura inventandone di nuovi, se necessario. Se si considera che il Cristianesimo, di natura cittadina e aristocratica, presentiva già l’acme del successo futuro nel TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ruolo di sponsor e garante dei poteri secolari, la soluzione suggerita sopra era la migliore per prevalere. Malgrado ciò quattro secoli dopo i territori cristiani in Europa ap-paiono essersi ridotti mentre i pagani non sono scomparsi. Anzi! Lustrati dalla benedizione dell’acqua santa di un blando battesimo cristiano, perseverano imperterriti nei loro riti talvolta nella clandestinità e, in ambiente slavo-germanico, si nascondono dietro un Paganesimo masche-rato con la croce. Roma (ma pa-rimenti la più potente e più moderna Costantinopoli) esco-giterà nuovi espedienti per aggi-rare le conseguenze funeste delle conversioni forzate quando vide che nei catecumeni s’alimentava un odio crescente verso la stessa Chiesa non appena appariva chiaro che la nuova fede comportava l’assoggettamento ai poteri secolari forti con tasse e altri oneri mai auspicati. Per questi motivi, siccome l’unico scopo era ampliare il consenso popolare alla raccolta delle prebende e alle imposizioni delle corvées, le manovre cri-stiane, al di là della spiritualità che non c’interessa qui toccare, diventarono più sofisticate. Annotato per sommi capi il quadro storico fino al XII sec., torniamo ora al mito. Un racconto orale? Sì, ma non basta. Nel dizionario Zingarelli (1968) troviamo che il mito è un’…“immagine schematica o semplificata, spesso illusoria, di un evento, di un fenomeno sociale, di un personaggio quale si forma o viene recepita presso un gruppo umano, svolgendo un ruolo determinante nel comportamento pratico e ideologico di questo.” I miti dunque sono non soltanto parte di un costrutto culturale e religioso del passato, ma vivono con noi e capire a che cosa (e se) servono diventa importante ancor oggi. Né potrebbe essere altrimenti, se noi stessi siamo prodotti della cultura in cui ci siamo formati e restiamo i ripetitori (non passivi, visto che usiamo spesso rife-rimenti mitici) di tutto quanto questa ci ha inculcato. Imma-ginando allora un viaggio a ritro-so nel tempo, il discorso sul mito deve iniziare dalla nascita, dal momento in cui l’individuo uscendo dal mondo “nonumano” in cui si trovava s’affaccia in quello “umano” attraverso il pas-saggio che per il neonato (ma anche per il coniuge o per il membro acquisito) è rap-presentato dalla vulva femminile. È un aspetto simbolico non secondario giacché da quel momento in poi alla persona è assegnata la differenziazione cul-turale primaria ovvero il sesso col suo proprio ruolo. Nella nuova realtà, alle prime apparenze ostile e irta di pericoli, il nuovo venuto passerà proba-bilmente il resto della vita. A parte il coniuge, la presenza della donna-madre è fondamentale. Grazie all’età e all’esperienza, costei conosce l’ambiente da lun-go tempo e in esso sa districarsi e perciò, assicuratasi che suo figlio è sano e vivrà, si assume la responsabilità di insegnargli a vivere con le norme vigenti. A questo punto è chiaro che per diventare membro vero e pari agli altri al neonato occorre un certo periodo di “tirocinio alla vita” strettamente legato con la madre-maestra sulla quale, caso-mai il bimbo dovesse inaspettatamente morire, ricadrebbe la colpa grave di non aver avuto cura sufficiente di lui con tutte le pesanti conseguenze previste. Alla fine, sotto la spinta della natura e con i mezzi fisici e psicologici di cui dispone, la ge-nitrice trasmette le proprie cono-scenze accumulate fino a quel momento in modo che il bimbo acquisisca i gradi di libertà oc-correnti per continuare a vivere. Ed ecco un primo passo da com-piere per entrare nel mondo degli adulti ossia l’iniziazione. Le byline (racconti popolari russi da cui si possono estrarre alcuni dei miti a cui ci riferiamo) in-dicano persino che nel mondo slavo ci fossero riti iniziatici separati per le femmine e per i maschi e quindi dobbiamo im-maginare tutta una serie di rituali ai quali sottoporsi per accedere, fisicamente e “spiritualmente”, all’ambiente in cui si vivrà in gruppo… Permettiamoci un’utile e breve digressione per il mondo slavo. La madre fa parte d’una comunità primaria o famiglia diversa però da quella nucleare che conosciamo oggi formata da madre e padre con i rispettivi figli. Lì c’è la famiglia patrilocale estesa in cui più d’una generazione con a capo un maschio TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà anziano convivono e talvolta formano un intero villaggio. Se ci chiediamo a che serva un gruppo organizzato del genere e se sia importante per la tradizione pagana, pur non avendo la competenza per azzardare facili definizioni in termini antropologici né per discutere i principi con cui si classificano in etnografia le diverse comunità umane, ci preme rispondere che il bisogno generico di uomini e donne adulti a formare gruppi stabili probabilmente partì giusto dalle donne-madri moltissimi millenni fa. Alle femmine non soltanto toccava nutrire i propri piccoli, ma occorreva difenderli dagli assalti di animali predatori mentre esse erano occupate con i maschi a procurare cibo per tutti. Queste attività sono intimamente connesse fra di loro e derivano dalla nostra natura biologica in cui la riproduzione della specie è importante farla funzionare non solo all’età giusta, ma anche trovandosi in buone condizioni fisiche e psicologiche (sazi e contenti). Associandosi, si facilitava inoltre l’incontro fra i due sessi e l’accoppiamento poteva avvenire senza eccessivi traumi e in un luogo protetto, sapendo che per il coito umano si richiede più tempo che per altre specie. Abbiamo parlato di gruppo che occupa un ambiente o uno spazio. Oggi queste sono parole abbastanza correnti che si possono “allargare” a tutto il pianeta (un posto al sole, lo spazio vitale, la globalizzazione etc.), ma nel passato il concetto di territorio riservato ad un gruppo era ben più limitato mentalmente e fortemente sacralizzato. Un “pezzo di spazio” abitato è un vero e proprio mondo a sé col quale tutti sono relazionati e la cui acquisizione è un’impresa in comune tanto straordinaria da costituire solitamente l’argomento di miti elaboratissimi: basti pensare ai grandi poemi epici composti dai vari popoli sull’occupazione di una nuova patria. Siccome in questo spazio deve avvenire l’iniziazione, quel rito è molto importante per la società! In termini pratici l’aspirantemembro ha imparato a governare tutte le funzioni del proprio corpo e, dopo che ciò sia stato verificato dagli anziani secondo le modalità prescritte, può pas-sare allo stadio successivo. Due insegnamenti occorre inculcare precocemente: il primo è il rispetto per l’autorità co-stituita cioè per le gerarchie d’età e di sesso e, subito dopo, l’ob-bedienza alle regole, alle leggi, alle usanze oltre a paventare le sanzioni applicate al contrav-ventore. Con l’ausilio dei sapienti si apprenderà come si costruiscono e si adoperano certi arnesi, come si lavora il legno o si spaccano le pietre o si semina o come si usano le armi e tante altre cose, giacché sia gli arnesi sia le attività lavorative sono indispensabili elementi dei riti iniziatici. L’iniziazione somiglia alla frequentazione di una vera e propria “scuola di base” in termini mo-derni (o forse meglio di un “liceo”), ma alla stessa stregua, non essendoci ancora l’uso dello scrivere, è inutile cercare “libri di testo” perché la verbalità è dominante. E siamo giunti così alla Civiltà del Parlare che con l’invenzione del linguaggio articolato sembra distinguere l’uomo dagli altri animali! Avete mai notato che all’udire persino un semplice suono, emesso o no da bocca umana, immediatamente nella nostra mente (addirittura prima di saper parlare o comprendere una lin-gua) si generano delle immagini? Noi per comodità le abbiamo ordinate in tre tipi: 1. Sensazioni (paura, meraviglia, apprensione, allegria, soddisfazione etc.) o memorie olfattive o tattili o oniriche, 2. Immagini di oggetti a noi noti da esperienze passate e infine 3. Immagini di persone o di figure che assomiglino a uo-mini o a qualcosa di composito semiumano. La mente accumula queste immagini continuamente nel proprio archivio o memoria e, a causa degli “archivi mentali” diversi fra persone diverse l’immagine che si crea nella mente di chi sta ascoltando un messaggio parlato non sempre coincide con quella che chi parla sta tentando di trasmettere. Per evitare fraintendimenti la lin-gua fornisce allora la possibilità di ricorrere a descrizioni sempre più dettagliate, aggiungendo particolari sempre più intimi o più stuzzicanti etc. etc. un po’ alla volta finché gli “oggetti mentali” – nel nostro caso del docente e del discente – non coincidono. A questo punto si dice che la trasmissione è avvenuta con successo! TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nel processo iniziatico il sistema linguistico serba linguaggi ap-positi per l’insegnamento (discorso aulico, poetico, al-legorico etc.) contrapposti a quelli d’ogni giorno e così nel caso del mito si odono parole reboanti, si descrivono figure di personaggi straordinari o si parla di eroi ed eroine coinvolti in eventi assolutamente fantastici. Quando occorra mettere in risalto certi tratti salienti dell’evento raccontato, si usano persino giri di parole e figure retoriche complicati giudicati più efficaci per la comprensione e l’assi-milazione. Allo scopo di favorire la partecipazione dei discenti, si può migliorare la trasmissione del mito con delle tecniche mnemoniche che hanno sempre accompagnato il mito cioè il canto, le litanie, i gesti speciali, le danze e le imitazioni ludiche, le ripetizioni. Persino l’intervento del genio poetico dell’antico cantautore, chiamato nelle diverse lingue scaldo, aedo, vate o pevez, con i suoi espedienti linguistici e musicali come anagrammi o scioglilingua, ritornelli etc. è di gran-de aiuto perché trasformano il mito da una semplice “materia scolastica d’insegnamento” in una piacevole espressione arti-stica da ascoltare o, addirittura, da ricordare come epos nazio-nale. L’efficacia di queste tecniche è tanto vera che la pedagogica cri-stiana la sfruttò appieno. I drammi sacri, i cori, gl’inni e tanti altri tipi di insegnamenti cantati e suonati sono ancora og-gi il vanto di ogni manifestazione liturgica! Qui però si nota meglio un’evoluzione più tipica: con queste tecniche mediatiche si guidava nel Medioevo l’attenzione del catecumeno sempre più verso i libri, millantando che i miti cristiani (il Vangelo, la Bib-bia, le Vite dei Santi) erano unici, veri, immutabili e cultu-ralmente superiori (cioè edifi-canti)… perché raccolti in uno scritto! Questa manovra ideologica, che evolverà e migliorerà fino all’avvento di Internet, è chiara: si indica il mito e la mitologia pagani come cultura popolare analfabeta proprio perché orale rispetto alla cultura nobile superiore legata invece allo scritto! Malgrado ciò, nel Paganesimo esistette una scrittura sacra! Infatti rune germaniche, russe e finniche incise in modo sparso, sebbene non costituissero dei testi compiuti, ma soltanto brevi invocazioni o motti cristallizzati, sono state ritrovate su vari oggetti (i bastoncini slavi per leggere il futuro) ed erano usate allo stesso modo dei testi su pergamena cristiani. Certamente di fronte alle Sacre Scritture, le rune scritte su una pietra o su un pezzo di legno posseggono un valore assai meno coinvolgente! Addirittura, oggi sarebbe difficile immaginare di fermare un eser-cito invasore col solo agitare da-vanti al comandante nemico un libro scritto in una lingua scono-sciuta (come era il latino del Vangelo nel Medioevo). Eppure il papa Leone ci riuscì con Attila, Sacre Scritture in mano e agitando la croce, perché ben conosceva la forza magica di quegli oggetti e soprattutto il fa-scino che essi esercitavano sul barbaro di quel tempo! Concludendo, il mito pagano nasce così e prima di ogni insegnamento scientifico! Un esempio ci aiuterà allora a distinguere il mito dalla definizione scientifica moderna. Da un libro di Fisica traiamo la seguente descrizione di un’espe-rienza abbastanza comune: Definiamo un piano inclinato un piano che incontra un altro pia-no orizzontale di riferimento con una certa angolazione. Ogni volta che poniamo una sfera sulla parte più alta del piano inclinato, vedremo la sfera rotolare verso il basso. Di qui deduciamo che qualsiasi corpo posto su una superficie inclinata rispetto al piano orizzontale terrestre da una certa altezza tende a cadere sempre verso il basso per gravità. Passiamo ora alla Mitologia Greca e leggiamo di Sisifo: Sisifo, figlio di Eolo e Enarete, era un re rinomato per i suoi atti fraudolenti, tanto che riuscì persino ad ingannare la Morte. Gli dèi lo punirono per l’orgoglio di voler diventare immortale come loro e lo condannarono nell’Ade ad un supplizio eterno. Con l’aiuto delle mani e dei piedi doveva portare in cime ad una montagna un masso facendolo rotolare. A breve distanza dalla cima, il masso però ogni volta gli sfuggiva e cadeva rotolando verso il basso, per cui Sisifo doveva rico-minciare tutto daccapo.” Nei due brevi testi riportati non è forse stata descritta la medesima esperienza? Noi l’abbiamo letta una volta in “versione scientifica” e un’altra in “versione mitica”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Qui possiamo concludere che il mito è un racconto stratificato nel tempo di un’esperienza reale (considerata tale persino se vis-suta in sogno ossia “ricevuta dall’esterno”) subita o compiuta dai membri della comunità e fissata in una serie di parole (scelte con cura e per principio immutabili, sebbene sostituibili non appena il contenuto mitico diventi obsoleto o muti la comunità dove esso serviva) che il novizio deve attentamente ascoltare, ripetere e, quel che è più importante di tutto, assimilare incorporandolo nei pro-pri atteggiamenti e nei modi personali di reagire di fronte al quotidiano. E infine un’ultima considerazione: il mito stratificato dal tempo perde a volte molto del suo valore originario storico e si concentra in stereotipi elementari (memi) che possono più facil-mente passare come “pillole” al servizio della politica della classe dominante, trasformandosi in dogmi di fede che giustificano qualsiasi potere. Di esempi di tale uso dei miti la storia è piena a cominciare dai primi stati mesopotamici per giungere fino ai nostri giorni... Se ciò è chiaro, i tratti basilari del mito sono quelli che Giambattista Vico aveva individuato già nel 1700: 1. una descrizione del mondo in cui viviamo; 2. una morale pedagogica da appren-dere affinché siano evitati danni fisici al proprio corpo e a quello degli altri e 3. suggerire un comportamento ideale attraverso un personaggio e un evento mi-tici creando i modelli da imitare affinché nel novizio si costruisca una nuova personalità, tutta sua ma che riconosca l’ordine natu-rale e non osi disturbarlo con inutili devianze. Il mito non fa storia, ma morale, etica e costume. Ciononostante le Mitologie Pagane continuarono a tramandarsi oralmente di generazione in ge-nerazione nelle società del Nord Europa. Sopravvissero ed evol-sero, sebbene pesantemente inquinate di Cristianesimo. Purtroppo è arduo distinguerle e separarle fra di loro a causa dell’inquinante stesso che le ha penetrate ed alterate e, di conseguenza, i Paganesimi nordici sembrano molto simili e non a causa dei legami interpersonali stabilitisi fra le etnie a contatto per secoli in quelle “lontane” regioni! Certo, non si può che essere grati per l’area culturale del nordest europeo agli appassionati del XIX sec. per le sistemazioni in forma scritta del Kalevala fin-nico o del Kalipoeg estone o infine del Cantare della schiera di Igor e come pure delle byline, ma questo materiale è talmente sparso che non è facile riscrivere una mitologia senza scivolare nella speculazione. Alla fine condividiamo l’opinione della E. Levkievskaja che la Mitologia Russa in particolare è troppo giovane (non supera i 1000 anni d’età!) per metterla insieme con il metodo compa-rativo e partendo dal folclore po-polare russo conservatosi fino ad oggi. Per di più, quando la ricercatrice russa contemporanea, T. I. Sen’kina, ammette che “i racconti popolari della Carelia (urgofinnica) attraggono l’attenzione per le loro strette relazioni con le byline (russe)…” in circolazione nel mondo con-tadino dell’estremo nord, si rico-nosce implicitamente che una commistione di culture diverse c’è stata e c’è ancora e ciò rende il Paganesimo slavorusso ancor più composito e articolato. [email protected] Bibliografia essenziale A.Afanas’ev – Slavjanskaja Mifologija, Sankt-Peterburg 2008 K.-H.Deschner – Historia criminal del Cristianismo. Siglo X, Barcelona 1998 K.Dowden – Il Paganesimo in Europa, Genova 2008 R.B.Ekelund jr. et al. – Sacred Trust : The Medieval Church..., New York 1996 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà A.Ferrari – Dizionario di Mitologia, Novara 2006 R.Fletcher – The Barbarian Conversion, New York 1998 B.N.Florija (red.) – Hristijanstvo v stranah vostoc’noi..., Moskva 2002 B.Hamilton – Die Christliche Welt des Mittelalters, Düsseldorf 2004 G.S.Kirk – El mito, Buenos Aires 2006 E.H.Lenneberg – Biologische Grundlagen der Sprache, Frankfurt/Main 1972 E.Levkevskaja – Mify Russkogo Naroda, Moskva 2000 A.Montagu/F.Matson – I linguaggi della comunicazione umana, Firenze 1981 N.J.Pounds – An Economic History of Medieval Europe, New York 1983 V.Propp – Le radici storiche dei racconti di magia, Roma 2006 J.Puhvel – Comparative Mythology, Baltimore 1989 J.Richards – Il Console di Dio, Firenze 1984 S.A.Tokarev (red.) – Mify Narodov Mira, Minsk 1994 W.Ullmann – Il papato nel Medioevo, Bari 1999 VV.AA. – Mirovozzrenie i kul’tura severnorusskogo naselenija, Moskva 2006 A.W.Watts – Myth and Ritual in Christianity, Boston 2003 SCIENZE DI FRONTIERA MAGNETISMO DISSOCIANTE Massimo Maravalli “Che bella, farei qualsiasi cosa per stare con lei”! “Non faccio altro che pensare a lei”! A chi non è capitato di prendersi una cotta per una ragazza in età adolescenziale? TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Attrazione, è una parola a noi nota ma sicuramente poco cono-sciuta. Chi di noi non cerca di essere attraente per qualcuno? Essere attratti da qualcuno o da qualcosa è facile ma forse il dif-ficile è darsi una spiegazione. Il gioco delle calamite è un e-sempio molto eloquente, se i poli sono diversi si uniscono, mentre se sono uguali si allontanano ma, entrambi, attirano a se corpi estranei soggetti al loro magne-tismo. Quindi per interessarci di qual-cuno o di qualcosa dobbiamo esserne richiamati. Si ma cos’altro ci spinge oltre l’interesse e la condivisione? Questo fa supporre che molto probabilmente siamo predisposti proprio per questo. Forse, siamo parte di qualcosa a cui non possiamo sottrarci, come quegli animali che “perdono la bussola” nei loro spostamenti migratori. Sì, come si sa, la terra è un ma-gnete e, di conseguenza, tutti quelli che vi abitano sono soggetti al suo richiamo. D’altro canto, noi abbiamo insite in noi delle certezze come ad esempio: la morte, che vediamo come la nostra fine e, altra dimostrazione, è quella che, se qualcuno ci dice la parola apocalisse, sappiamo subito a cosa si riferisce. Da “sempre” questa parola è presente nella nostra mente e da “sempre” siamo consapevoli del fatto, che dove c’è un inizio c’è una fine. Mi spiego meglio, oggi nel mondo c’è una psicosi globale nata a seguito delle rivelazioni del popolo dei Maya, cioè, che nel 2012 ci sarà una tra-sformazione planetaria che interesserà la terra e per alcuni ci sarà addirittura la fine del mondo. Cosa ci attira verso questa “verità”? Sicuramente l’attendibilità. Molti studiosi, infatti, hanno riconosciuto la validità e la precisione del loro calendario e, molti di essi, sono attratti dalla loro profezia che fa parte della leggenda di questa popolazione. La storia di questa etnia è im-mersa nel mistero e molte sono le domande che legano psicologicamente a se molte per-sone. Come facevano in quel periodo a calcolare in modo così preciso le fasi solari e lunari e prevedere esattamente le loro eclissi? Come hanno fatto a posizionare le loro costruzioni rispettando un “ordine” celeste così preciso? La “prova” della loro sapienza sul sistema solare, è sicuramente quella della piramide a Cuculcàn, essa infatti, era costituita da 365 gradini e, nei giorni degli equi-nozi di primavera e d'autunno, i raggi di luce formavano un’illusione ottica davvero af-fascinante, quella di un grande serpente che si muoveva nei gradoni nord per oltre 3 ore. Altre domande catturano la cu-riosità di molti, ad esempio come hanno fatto a modellare il famoso teschio di cristallo? La lavorazione di questa scatola cranica, è tutt’ora un mistero, infatti, oltre ad essere fatta di un materiale molto resistente che ha una durezza di poco inferiore al diamante, per la sua creazione è stato adottato un sistema molto tecnologico ancora in fase di studio. Ecco, questa forte “attendibilità”, attira a se stimolando la curiosità di molti, facendo nascere in loro la convinzione che tutto ciò potrebbe essere vero. Allora mi chiedo: io posso essere “catturato” mentalmente da sem-plici informazioni attendibili det-te da autorevoli scienziati sulla base di cose a cui neanche loro sanno dare una risposta? Oppure, posso credere ai misteri o alle ipotesi di importanti studiosi, solo perché loro stessi non riescono a spiegarsi come mai qualcuno li ha anticipati, senza avere a disposizione i potenti mezzi tecnologici di oggi? Beh, io credo che chi sa utiliz-zare questa calamita, sa di sicuro che sta “giocando” con il fuoco, in quanto tutti siamo magnetici o magnetizzati, nessuno escluso e forse chissà, oltre a sapere che esiste la smagnetizzazione saprà certamente che è di un polo uguale a quello di molti altri. [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà LIFE AFTER LIFE UNA DOMANDA SENZA RISPOSTA Noemi Stefani Ma cosa succede dopo la morte? Questa domanda ce la poniamo tutti, se ha un senso vivere e soffrire così tanto su questa terra, e sembra essere senza risposta. Nemmeno gli Angeli desiderano fare luce su questo. Lasciano intendere però. Lasciano che si apra uno spiraglio con l'Altra Dimensione. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Serafino si descrive, parla dei fratelli alati. Siamo tutti Angeli, non c'è sesso. Siamo tutti precisi. Potresti scambiarci per gli altri. Noi siamo tutti uguali, ci distingue poi la potenza. Cantiamo le lodi sulla terra, per quanto riguarda il cielo, lì non serve perchè lì tutto è soltanto pensato. Poi parla di quello che avverrà dopo la morte Dopo VERREMO A PRENDERVI, faremo un passo insieme, avrete altre strade. Poi saremo insieme per tutto il tempo che sarà necessario. Chiedo ‘Ma come sarà la morte?’ No. Non potremmo dirtelo. Sarebbe troppo rischioso per voi. Solo a Dio è permesso. <0> Capisco che il messaggio è terminato perchè finisce sempre in questo modo, tracciando un cerchio. Il cerchio oltre ad avere il significato del tempo (Uroburos) l'infinito, rappresenta anche la perfezione, cioè Dio. Ma tutto si collega, come ho avuto modo di capire negli anni, e nulla è fine a se stesso. Ogni nozione che proveniva dagli Angeli precedeva una conferma e il simbolo del cerchio (O) l'ho ritrovato anni dopo. Era distante da qui, in Palestina, al lago di Tiberiade. Impresso nelle mura sbrecciate della sinagoga di Cafarnao dove aveva predicato il nostro caro Maestro, Jesus... Gli Angeli vi lasciano segni, imparate a vederli. Imparate a distinguere quello che vale e a tralasciare le sciocchezze. Vi aiuteranno a trovare il filo Conduttore che vi porterà a risolvere tanti conflitti esistenziali, vivrete più sereni. Per prima cosa però…bisogna CREDERE e lasciare aperta la porta del cuore. Vedere questo cerchio per me è stato un dono grande, il più bello che potessi ricevere. Questo segno veniva utilizzato per dire che al momento il discorso era lasciato in sospeso ma che sarebbe ripreso presto. Così è stato. A volte permettono che qualcuno dall'altra parte ci possa parlare, perchè non dimentichiamo che Dilà si vive. Poi a volte gli Angeli troncano i discorsi bruscamente. Noi avremo soltanto le nozioni che possiamo ricevere. Quello che ci siamo guadagnati. Gesù l'ha detto che il Padre è il Dio dei viventil e loro continuano a sperimentare nello spazio tempo. Mio padre mancato all'improvviso tanti anni prima un giorno mi disse Parla con me, sono papà, molte persone sono poco portate a questa nuova apertura, alla TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà comprensione della nuova porta che si apre su Dio. Parla con loro. Dì che le cose meritano più importanza. Se non comprendono adesso, poi sapranno solo quello che possono comprendere ora. Tu potresti spiegare che noi sappiamo oltre la vita... Si può dedurre che chi non arriva a comprendere adesso, poi non potrà capire molto di più. E' adesso sulla terra che dobbiamo aprirci e imparare. Devi sapere che gente ce n'è tantissima e siamo tutti qui a pensare a voi. Per ora non posso dirti perchè, ma il dolore porta amore. Adesso noi siamo sereni. Solo la morte tace al pazzo richiamo dei soldi. Anche se ti sembra strano, potrei assicurarti che ora avrei pochi sogni da desiderare. Pochi perchè qui tutto è possibile. Morire è stato solamente cadere nel sonno profondo dell'anima. Parla di questo con loro. Parla come se avessero bisogno di aver pace nel cuore. Parla! Non ho altro da aggiungere, in questo messaggio c'è già tutto per chi vuole capire. Se avrete qualsiasi domanda da porre, scrivetemi. Per quello che so, parlerò io, per ciò che non conosco... Chiederemo direttamente a Loro. State in pace, non soffrite più. Togliete la mente dai soliti problemi, dalle preoccupazioni, dalle sofferenze... Sopra di voi c'è tanto azzurro. [email protected] ALTRE VERITA’ INFERNO E PARADISO Alateus www.alateus.it A proposito di Inferno (inteso come luogo di eterno dolore, e non come personaggio custode dell'Ade), occorre rammentare che durante i lavori del Concilio Vaticano II (1962-1967) l'allora titolare del Soglio di San Pietro, Giovanni XXIII (papa di un certo carisma e che aveva raccolto intorno a sè numerosi consensi) se ne venne fuori affermando che "l'inferno non esiste" e che la punizione per i peccatori consiste nel vivere in eterno lontani dalla luce divina e perciò privati della supposta beatitudine che ne deriva. L'affermazione lasciò tutti di stucco generando gravi imbarazzi. Non si sa come la prese il presunto Gesù che in vita sua terrena aveva molto insistito sulla fine che avrebbero fatto i peccatori, condannati ad essere precipitati nella Gheenna del Fuoco; d'altro canto anche Dante si deve essere rivoltato nella tomba, proprio lui che dell'inferno aveva minuziosamente descritto organizzazione e struttura. L’inferno di Dante Il risvolto pratico fu una percettibile riduzione degli introiti di bottega in quanto molti si chiesero se valeva ancora la pena di pagare la tangente al prete per evitare di finire arrosto, ora che le fiamme dell'inferno erano state dichiarate estinte. E' vero che restava sempre l'opportunità di tentare la conquista del paradiso ma questo pare non sia mai stato un grande incentivo per le masse di fedeli. Se chiedete a molti praticanti di darvi una definizione sulla natura e sul significato di paradiso rischiate di ricevere le risposte più strane. Tertulliano Tertulliano, a suo tempo, aveva definito il paradiso come "il luogo dove i beati possono eternamente contemplare e godere delle torture inflitte ai dannati". Qualche tempo dopo il papa successivo, Paolo VI, appena preso possesso della sua carica, si affrettò a ribadire con molta energia che "l'inferno esiste, eccome!". La domanda che ora viene naturale è questa: cosa deve fare un fedele praticante di fronte a due affermazioni fatte da due INFALLIBILI in netto contrasto tra di loro? Forse non troverete nessun riferimento a tutto ciò negli atti ufficiali del Concilio Vaticano II, ma li troverete sicuramente sulle pagine di quei giornali che all'epoca pubblicavano quotidianamente cronaca e resoconti dei lavori conciliari. Comunque sia, a parte le esternazioni di Giovanni XXIII, è interessante notare come quasi tutte le religioni siano concordi nel definire i loro "inferni" come luoghi di atroci sofferenze che TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà solo la mente perversa e corrotta del prete riesce ad immaginare. Viceversa sulla definizione di "paradiso" le incertezze dominano; per alcune religioni il paradiso nemmeno esiste. Per altre le idee sono confuse ed incerte. Nell'ebraismo solo determinate correnti lo prendono in considerazione. L'unica religione con idee apparentemente abbastanza concrete è l'Islam. Il musulmano che muore in grazia di Allah accede ad un giardino di delizie dove viene nutrito con latte, miele, vini prelibati (non alcolici naturalmente) e deliziato da vezzose fanciulle, sempre vergini: le uri dai seni di alabastro. Alcuni ne assegnano 12, altri 40 oppure 70, altri ancora affermano che il numero delle ragazze assegnate corrisponde al numero di Ramadan che il fedele ha devotamente osservato durante la sua vita terrena. Il paradiso di Allah dovrebbe dunque essere un posto dove tutti copulano alla grande, come conigli. Però anche quì non mancano le incertezze: alcuni sostengono che le uri siano in realtà solo dei grappoli di "uva bianca". Resta comunque incerta la sorte delle donne che muoiono in grazia di Allah. ala te u s @t i n.i t CONFESSO, HO VIAGGIATO MERAVIGLIOSE HAWAII Noemi Stefani Un viaggio lunghissimo, massacrante, che però valeva sicuramente la pena di fare, anche se sarei rimasta solamente qualche giorno. Mancavano pochi giorni al Natale del 2000. Lasciavamo il freddo e la nebbia della pianura padana per un luoTTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà go che tutti forse sognano un giorno o l'altro di poter visitare. Ad attenderci il volo della Delta, uno di quegli aerei/pulman affollatissimi che per andare al tuo posto ti devi inserire strusciando i fortunati della businnes class già spaparanzati nelle loro poltrone di pelle nera con il drink in mano. Pensi...ah che bello. Sarà così anche per noi che aspettavamo... Manco per sogno! Stavamo appiccicati in minuscoli sedili in fila per tre, e per giunta a me toccava il posto centrale. Per capirci, quello che quando devi alzarti per qualsiasi ragione è meglio se eviti perchè ci si alza almeno in due. Vicino a me siede un anziano signore dal ventre obeso. (Tra me rifletto. A chi toccherà appoggiare il braccio sul bracciolo stretto?). Intanto, in attesa del decollo lui si è già alzato un paio di volte a chiedere da bere alle hostess. Va a raggiungere la figlia a New York, mi dice sorridendo sotto ai baffi. Mangia e beve, coca, rum e una foglia di insalata gli è rimasta appesa alla panciona. Quando ha finito si pulisce i denti con l'indice, e poi soddisfatto si soffia il naso nel tovagliolo. Sempre al decollo e all'atterraggio le mie mani sudano freddo. Forse sarà paura o forse soltanto consapevolezza che sono i momenti più rischiosi per chi viaggia in aereo. Nove ore di volo e alla fine, occhi che lacrimano, naso secco e gambe penzoloni. Il sole ci accompagnerà per tutto il viaggio e la giornata sembra non finire mai, invece sono sol- tanto le 15 del pomeriggio quando atterriamo a N.Y. Controllo dei documenti, poi arrivano i cani. Uno si avvicina alla mia borsa da viaggio, l'annusa tutta e temo che voglia farci la pipì sopra. Incomincio a preoccuparmi quando ne arrivano altri due trattenuti a fatica da un police. Dovrebbero essere cani antidroga. I polices mi fanno aprire la borsa. Mi guardano storto, la droga non c'è. Dobbiamo aspettare il volo per San Francisco per almeno altre tre ore. Si gira un pò per sgranchire le gambe, che fare… Nell'attesa si prova a telefonare a casa... Salvo sentirsi rispondere malamente da chi stava già dormendo. L'aereo ritarda e ormai è buio. Dall'alto N.Y. è tutta una luce. Immagina un pannello luminoso di lucette colorate che non finisce mai, ecco, è così. Sull'aereo ormai dormono tutti, vinti dalla stanchezza. Stretti a una pseudo copertina blu, il capo reclinato su un micro cuscino, qualcuno della businnes class ha acceso la luce di cortesia e legge allungato nella sua comoda poltrona. Finalmente si sbarca a San Francisco. Qui bisogna attendere l'aereo per Honolulu. Si è rotto, e un ritardo dopo l'altro la gente sfinita si addormenta sui tavoli e sul pavimento. Arrivano patatine e coca cola ma l'aereo non c'è. Alla fine si riesce a ripartire e a bordo c'è aria secca, bruciano gli occhi. Dopo un po’ si incomincia a ballare e bisogna allacciare le cinture. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Siamo entrati in una perturbazione e dal finestrino vedevo azzurri zigzag che illuminavano la notte. Sotto c'era l'Oceano, automaticamente ho pensato agli squali... Che guardavano in su, in attesa... Ma è stato peggio quando si è illuminata la scritta di prendere il salvagene da sotto il sedile. Poi l'allarme è rientrato. Siamo arrivati a Honolulu alle 6 di mattina, stravolti dentro ai nostri giacconi pesanti. Gli occhi allucinati a guardare quelli del posto che giravano in camicetta e pantaloni corti. Nell'aria un profumo intenso di fiori e foglie bagnate di pioggia che ci stordiva. Infatti siamo capitati durante la stagione delle piogge. C'è il sole e poi piove, va avanti così ininterrottamente, e fa caldo. Il mare è di un bel turchese degradante e l'acqua è tiepida. Aloha, ci dicono. Non è proprio un saluto, così come si pensa. Aloha (aloca) è più un augurio e significa <Buona fortuna>. Me lo ha spiegato un vecchio nativo, capelli bianchi e pelle cioccolata. Gli mancano un bel po’ di denti, ma è raggiante con il suo bel sorriso . È uno strano paese dove tutti si sorridono. Quel giorno ho avuto la fortuna di incontrarlo e l'ho tempestato di domande sotto alle palme di Waikiki (Honolulu) che è anche la spiaggia Hawaii. più famosa delle Un po’ di nozioni Lo stato americano delle Hawaii si trova 2367 km a nord dell'Equatore e 4025 km a sudovest della più vicina massa continentale. Le sei isole principali fanno parte di un arcipelago composto da 128 isole che si allunga per 2452 km da Kure Atoll, a nord-ovest, fino alla Big Island, a sud-ovest. Le isole maggiori sono Oahu, Maui e Kauai (dette Neighbor Islands), la Big Island (Hawaii), Molokai (dove venivano isolati i malati di lebbra) e Lanai. Si tratta di affioramenti rocciosi, formatisi in seguito alla frattura del mantello terrestre da cui per 25 milioni di anni sono fuoriuscite masse immense di lava fusa. La Big Island, la più meridionale delle isole, si trova ancora in fase di formazione. Il suo vulcano più attivo, il Kilauea, ha eruttato negli ultimi anni più di due miliardi di metri cubi di lava. La flora e la fauna di queste isole remote, sviluppatesi in quasi completa assenza di ostacoli o predatori, hanno affrontato una dura lotta contro le più aggressive specie introdotte dai colonizzatori polinesiani e occidentali. Sulle isole si trovano migliaia di specie diverse, ma quasi la metà delle 2400 specie di piante autoctone è in pericolo. Infatti provate a raccogliere coralli o altro pensando di portarveli a casa e farete i conti con gli agenti all'aereoporto. Le foche monache hawaiane, i delfini e le balene sono residenti stabili alle Hawaii mentre sulle isole, come mi spiegava l'anziano, sono sconosciuti i serpenti. Nelle Hawaii esistono solo due parchi nazionali: l'Hawaii Volcanoes National Park e l'Haleakala National Park. L'arcipelago gode di un clima favoloso: mite e tiepido, caratterizzato per gran parte dell'anno dagli alisei nord-orientali. Nelle zone costiere le temperature medie sono piacevoli (27° C), e la differenza tra estate e inverno oscilla dai 5 ai 10 gradi. Il periodo più piovoso va da dicembre a marzo. In generale, le condizioni climatiche più secche e più calde e le acque più calme si trovano nelle aree sud-occidentali delle isole, quelle sottovento. Al contrario, le zone nordorientali, o sopravento, sono più umide: Hilo, la città più piovosa degli Stati Uniti, si trova sul lato sopravento di Big Island. Cultura La cultura hawaiana tradizionale e gli usi dei vari e diversi gruppi etnici immigrati nelle isole sono parte integrante del tessuto sociale. Le Hawaii non sono solo un punto di incontro tra Est e Ovest, ma un luogo in cui le culture confluiscono in modo tale da risultare tutte valorizzate. La rinascita della cultura tradizionale hawaiana ha comportato il fiorire delle halaus (scuole) di hula, nonché la riscoperta delle antiche tradizioni da parte di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà molti artisti e artigiani hawaiani, come la tessitura dei tapa, la fabbricazione di trapunte e la creazione delle variopinte ghirlande di fiori (lei). L’inglese è la lingua ufficiale delle Hawaii, ma arricchita di parole e frasi hawaiane e modi gergali pidgin. La lingua indigena è parlata solo da circa 9000 persone, ma l'85% dei toponimi sono in hawaiano e, spesso, il loro nome nasconde un'interessante storia. I primi immigrati hawaiani comunicavano tra loro in pidgin, una sorta di inglese primitivo e semplificato che a tutt'oggi costituisce il colorito dialetto locale in continua evoluzione. La diversità etnica delle isole si riflette anche nella gastronomia. È possibile trovare ogni tipo di piatto della cucina giapponese, un vasto assortimento della cucina regionale cinese, piccanti specialità coreane, piatti tipicamente hawaiani ed eccellente cibo thailandese e vietnamita. Il pesce fresco è disponibile in tutte le isole, per non parlare dell'abbondanza di frutti come l'avocado, il cocco, la guaiava, il mango e la papaya. Honolulu non è solo il paradiso tropicale visto in tanti telefilm americani, con ampie spiagge, palme battute dal vento e clima dolce. Poiché è l'unica città americana situata ai Tropici, la sola che ospiti un palazzo reale e che possa vantare un'equilibrata combinazione di influenze occidentali, asiatiche e polinesiane, Honolulu offre al vi-sitatore una molteplicità di interessi multiculturali. Rimarrete delusi se l'unico scopo del vostro viaggio sarà quello di sfuggire dalle folle della quotidianità, poiché Honolulu è uno dei luoghi più visitati del mondo; ma, con un po' di costanza e un itinerario ben studiato, avrete ampi margini di movimento. Le vallate sopra la città sono occupate da lussureggianti riserve naturali e attraversate da sentieri, spesso deserti. A circa un'ora di macchina dalla capitale si aprono piccole e tranquille baie in cui fare il bagno o lo snorkelling, rilassanti giardini e cittadine così piccole e tranquille da farvi dimenticare il chiasso delle spiagge The Big Island, la grande isola di Hawaii, rappresenta invece il luogo dei contrasti con le sue montagne dalle cime innevate e le spiagge nere, bianche e verdi. Isola di antichi ricordi offre anche chiese e geroglifici e ben due vulcani attivi. Il suo Hawaii Volcanoes National Park è senza ombra di dubbio il più originale tra tutti i parchi nazionali degli Stati Uniti. Ad Oahu, procedendo nella visita verso il Centro Culturale Poline- siano, ci verrà incontro il paradiso di montagne verdi incontaminate dove è stato girato il film Giurassic parck. Waikiki un continuum urbano caratterizzato da autostrade e grattacieli: una via di mezzo tra Miami Beach e il centro di Tokyo. In questa zona si concentra la gran parte delle strutture turistiche dell'isola. A poca distanza dalla città si trovano spiagge incantevoli, baie cristalline, montagne increspate e vallate ricoperte da piantagioni di ananas. Le spiagge per il surf sono leggendarie (Banzai Pipeline, Sunset Beach, Makaha), ma l'isola offre anche ottime opportunità agli amanti del bodysurf (Makapuu Beach, Waimea Bay), del windsurf (Kailua Bay), dello snorkelling (Hanauma Bay) e delle attività subacquee (Three Tables e la vicina Shark's Cove). Molti visitatori rimangono sbigottiti alla vista di Waikiki, un prolungamento costiero di Honolulu densamente popolato e traboccante di gruppi di turisti, di gente intenta allo shopping, di ristoranti e locali notturni. Il suo aspetto non è esattamente da cartolina, ma si tratta piuttosto di una decorosa spiaggia cittadina con il ritmo e l'andamento giusti per chi ha bisogno di smaltire gli eccessi della nottata appena trascorsa. Valentino era un romantico idolo delle folle, quando i turisti approdavano nell'arcipelago con lussuosi piroscafi. A sud-est della città si trova il Diamond Head, un cono tufaceo e un cratere formatisi in seguito a una violenta esplosione di vapore. La formazione vulcanica, alta 228 m, si erge alle spalle di Waikiki ed è uno dei punti di riferimento più noti del Pacifico. È possibile percorrere un sentiero ben tracciato e raggiungere la sommità da cui si godono magnifici panorami Assolutamente da gustare è il cibo. Su queste isole si trova un mix sorprendente di cucine (cinese, giapponese, coreana, thailandese, vietnamita...), tanto pesce fresco e ottima frutta, tra cui le noci di macadamia, l'avocado, il cocco e le red bananas. La cucina locale fa abbondante uso di carne, pesce e verdure spesso mischiate tra loro e accompagnate da salse piccanti. Flora e fauna Il moresco Royal Hawaiian Hotel, con le sue torri rosa, è una reliquia dei giorni in cui Rodolfo TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Le Hawaii sono isole di origine vulcanica. Emersero dal mare per una serie ripetuta di eruzioni. Quando la lava solidificò, sull'isola non esisteva alcune forma di vita. Furono il vento e gli uccelli a portare i primi semi da cui poi nacque una fitta foresta, grazie alla fertilità del terreno vulcanico. Più tardi, i polinesiani arrivarono con le loro canoe, portando nuove piante e i loro animali. La maggior parte della fauna e della flora che arrivò sull'isola indipendentemente sviluppó nuove caratteristiche per adattarsi ed evolse in nuove specie, di queste circa il 90% delle piante ed animali delle Hawaii sono presenti solo in questo arcipelago. Poiché piante e animali si svilupparono sull'isola in un contesto privo di predatori e concorrenti, non hanno sviluppato nessuna particolare forma di difesa (come veleno, camuffamenti, e così via). Così quando i recenti flussi migratori portarono nuove piante e animali, la flora e la fauna locale si trovò aggredita, ed oggi diverse specie indigene dell'isola sono per questo motivo o estinte, o a rischio di estinzione. Nonostante questo, le Hawaii offrono ancora una eccezionale varietà e unicità di flora e fauna, in parte perché diverse zone climatiche sono presenti nell'arcipelago, dalle foreste tropicali alle montagne innevate. Oltre a varie specie di uccelli, alcuni degli animali a rischio di estinzione comprendono le foche monache (di specie diversa dalla foca monaca mediterranea) e varie specie di balene che migrano alle Hawaii durante l'inverno. Canne da zucchero, ananas, caffè, cocco, mango, papaia, avo- cados, banane, lime sono coltivati sulle isole. Uno dei primi commerci era nella pianta del sandalo, apprezzata soprattutto in Cina per il suo olio aromatico.(notizie storico geografiche da Wikipedia) Il giorno seguente all'Hotel arrivano i top-gun. Tutti alti, belli con borsoni enormi. Parlo con una donna che pilota un cargo e mi dice che sono lì in vacanza anche loro. Da non dimenticare che lì vicino c'è Pearl Harbour e tanta storia americana. Girando un po’ abbiamo scoperto un self service dove con pochi dollari ci si può abbuffare di tutto e mangiare le migliori scrumble eggs che io abbia mai mangiato, nemmeno in U.K. Per il fuso orario (siamo dall'altra parte del pianeta) non riesco a dormire regolarmente, mi sveglio di notte e dormo di giorno. Siamo li per la maratona, e arriva il giorno della gara. L'hotel pullula di gente di tutte le razze, specialmente giapponesi, tutti in fila per ritirare il numero di corsa. Sveglia alle 3 di notte e gara alle 4.30 del mattino. Fuori piove a dirotto e la gente è già per strada che corre, fa stretching, urlando richiami sotto una pioggia torrenziale. L'arrivo è previsto verso le 10 di mattina a circa 2 km dall'albergo. Ci sono i "trollei", strani autobus aperti di colore giallo dove la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà gente siede su panchine di legno e i giapponesi salutano con la mano. Waikiki è piena di alberghi e banche e negozi prestigiosi. Vedo le maggiori firme, (Prada, Versace, Wuitton, Tiffany) tante gioiellerie. Fine mattina giungono all'arrivo quelli che si sono cimentati nella famosa maratona. Camminano male, tutti storti, i piedi pieni di vesciche, le gambe larghe... Eppure hanno ancora il coraggio di ammiccare tra di loro scambiandosi una smorfia di sarcasmo. È nell'animo umano. Chi sta meno male, ha sempre ragione di rallegrarsi vedendo chi sta peggio. Continua a piovere, ma agli abitanti dell'isola non sembra che interessi granchè. Nessuno usa l'ombrello e molti camminano a piedi nudi. Gli awaiani hanno spesso una corporatura tozza, sono robusti, il viso un po’ schiacciato che sorride. Sembrano felici! Forse perchè hanno un inquinamento quasi pari allo zero non avendo fabbriche sull'isola. Le ragazze più belle ballano la hula per i turisti negli androni dei maggiori alberghi. Ci hanno invitato ad un "luau", una festa dei nativi, nel <Villaggio culturale polinesiano> dove tutto è ricostruito tale e quale come era in origine. Un hawaiano ci accoglie battendo su un tronco d'albero divelto. Ogni capanna è dedicata a un isola della Polinesia. Per cui avremo Thaiti, Tonga, Samoa, Figi, Marchesas ecc. e in ogni capanna ci spiegano come si intrecciano le palme, per farne un tetto, come si suonano i tamburi, le danze tribali, come si accende un fuoco senza fiammiferi e tante altre amenità. I giorni volano in fretta, ed è tempo di tornare, ma torno arricchita di tanto e porterò tutto dentro di me. Quel che ho visto... Un mare cristallino, un vulcano silente e tanto verde, per gente pacifica che vive in armonia con il suo ambiente. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il resto è tutto ricostruito per i turisti, ma non posso pensare che sia così negativo. In fondo loro hanno trovato il modo di camparci e allo stesso tempo mantengono le tradizioni. E non inquinano... Tanto di cappello! [email protected] GLI ANELLI MANCANTI www.glianellimancanti.com LA CIVILTÀ IPERBOREA E IL POPOLO CELTICO Ines Curzio C’è un popolo alle origini della nostra civiltà che meriterebbe studi molto approfonditi volti a sottolineare le profonde differenze con quanto normalmente si racconta su di essa. Facciamo qui un breve excursus sulla Tradizione Celtica la quale TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà presenta numerosi ed inaspettati punti di coesione con le tradizioni di altri popoli: Sumeri, Assiri, Babilonesi, Iranici, Indù, Maya, Egizi, Greci ed Ebrei. I Celti non erano barbari, come solitamente si pensa riferendosi alle orde di popoli del nord che conquistarono l’Europa alla fine dell’Impero Romano. La vera cultura celtica è quella che nasce con la civiltà Iperborea che colonizzò le terre artiche fino al Nord dell’Inghilterra in epoche in cui si narra regnasse in tutte queste zone una natura lussuosa e verdeggiante come i suggestivi paesaggi della ben nota Irlanda. Erano un popolo civilissimo, pacifico, ed erano molto legati alla natura; questo loro aspetto viene sovente associato a quello dei nativi americani. Non edificavano templi poiché per loro la natura stessa era un tempio. Boschi, alture, laghi, stagni, sorgenti erano tutti luoghi in cui ci si poteva mettere in contatto con il divino. Luogo sacro per eccellenza era il bosco, coniugato ad un profondo rispetto per l'acqua. Moltissime piante venivano ritenute sacre; tra le principali la quercia e il vischio. Associavano la quercia al principio maschile ed il vischio a quello femminile. Il vischio era sacro in quanto mettendo le foglie nuove in inverno simboleggia la rigenerazione della vita. Questa pianta simbolica è arrivata sino a noi. I Celti consideravano la natura la madre sacra di tutti i viventi. Per loro tutte le forze della natura, anche le più sconvolgenti, erano una manifestazione di quella energia che tutto crea e tutto distrugge, rivelando una chiara impronta monoteista. Il mondo dei Celti non aveva dualità, non faceva distinzione tra sacro e profano, materia e spirito, corpo e mente: tutto veniva ricondotto ad un unico principio. Inoltre nella cultura celtica non esistono miti di creazione poiché loro vedevano il divino in ter- mini ciclici, cioè il tutto è in continua evoluzione. Il principio unico veniva designato con il termine Oiw e simboleggiato con il Sole. Essi erano a conoscenza del fatto che oltre alla parte esterna e visibile dell'uomo ve n'è una più interna, cioè l'essenza. Credevano, inoltre - secondo alcune fonti classiche - nella reincarnazione, macon un significato molto più esteso e complesso. I Celti ponevano poche barriere tra il visibile e l'invisibile e sostenevano che l'Aldilà fosse accessibile anche ai vivi. Ma non dobbiamo pensare che i Celti credessero nella reincarnazione così come la intendiamo noi; credevano, è vero, nella immortalità dell'anima, ma questa non "trasmigrava" da un corpo all’altro come si crede nel culto buddista. Il "passaggio" dello spirito, a testimonianza della visione celtica di Dio come divenire e non come essere, avveniva tra diversi mondi. Probabilmente ritenevano che esistessero infiniti piani di esistenza, che ognuno forse migliore del precedente, e che le TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà anime "migrassero" da uno all'altro di questi mondi. Nel ciclo mitologico si dice che in quell’epoca le persone avevano poca paura della morte in quanto veniva loro insegnato che l’anima non moriva, ma andava in altri luoghi, sempre in fiore, ricchi di cibo e di bevande in abbondanza e dove la gioventù e la salute erano assicurate. Secondo i primi Celti, tutte le forme di vita esistevano su tre diversi livelli, come tre esseri integrati, ma separati che coabitavano in un singolo essere: i reami della mente e del corpo erano collegati alla forza vitale che tutto pervade, lo Spirito. Ci sono molti punti d’incontro con il Cristianesimo, questo perché vi fu, alla fine dell'impero romano, una sintesi tra cultura nordica e cultura cristiana. La mitologia celtica fu assorbita da quella cristiana che ne ereditò alcune figure numinose. Le popolazioni nordiche infatti festeggiavano l'equinozio di primavera che corrisponde alla nostra Pasqua; il mondo presenta la forma di un uovo e presso queste popolazioni esso è associato alla frantumazione e a qualcosa di nuovo (il che simboleggia quindi la rinascita, la resurrezione). Alla scoperta dei primi abitanti della Terra. "A te la profonda pace dello scorrere dell'onda. A te la profonda pace del flusso dell'aria. A te la profonda pace della terra silenziosa. A te la profonda pace delle stelle lucenti. A te la profonda pace del Figlio della pace..." Tamisuq - Antica Benedizione Celtica Questa rigenerazione è rappresentata dalla dea Ostsara (in tedesco Ostern, in inglese Easter, termini che indicano nelle rispettive lingue la Pasqua cristiana), cioè colei che viene dall'est, il che ci fa supporre un contatto con i popoli orientali. Così come noi festeggiamo il Natale, i Celti festeggiavano il solstizio d'inverno durante il quale rinacque il dio Yule. Un'altra analogia è quella tra Adamo ed Eva e Ask ed Embla, per i celti rispettivamente il primo uomo e la prima donna (secondo la mitologia nordica) creati da Odino tramite un soffio. Peter Berresford Ellis, in "Il segreto dei druidi" ci ricorda che la mitologia celtica ha molte affinità anche con quella indù, infatti leggiamo che "i druidi rappresentavano per i Celti ciò che i bramini rappresentavano per i popoli indù". Un'altra analogia con l'induismo sta nel linguaggio. L'irlandese antico è molto simile al sanscrito e anche ad alcune lingue nordafricane. Ad esempio i tesi sacri indiani si chiamano Veda, termine che significa conoscenza. La parola "druido" deriva da "dru-vid", "vid" è la radice di Veda. I riti dei druidi sono particolarmente interessanti poiché palesano le analogie con il cristianesimo. I druidi, infatti, avevano una forma di battesimo. Presso i Celti il battesimo si chiamava "baisteadh geinntlidhe", termine associato probabilmente ai concetti di pioggia o protezione. Il battesimo prevede la purificazione per mezzo dell'acqua e questo rito non è una peculiarità del Cristianesimo, ma è un rito antichissimo, che accomuna le religioni più distanti, come quel- le dell'India, del Giappone e dell'America. Puntiamo ora la nostra attenzione su quelle che i Celti raccontano essere le proprie origini. Si dichiarano discendenti degli Iperborei, cioè una razza che ha preceduto sulla Terra i Lemuri e gli Atlantidei. Gli Iperboerei derivavano, a loro volta, dai Polari, così chiamati perché dicevano di esser stati portati dalla stella Polare. I Polari si erano insediati inizialmente nella calotta polare in tempi in cui queste zone non erano state ancora rivestite dai ghiacci, ma erano fertili e verdeggianti, e cioè nel periodo corrispondente al Cenozoico e Mesozoico, dove i libri di storia non contemplano la presenza dell'uomo. Questi polari sono forse da ricondurre alle misteriose Pietre di Ica che illustrano una civiltà esistita prima della scomparsa dei dinosauri? I Polari conoscevano la scienza del magnetismo; la canalizzazione delle energie (ad esempio la funzione dei menhir e dei dolmen era proprio quella di canalizzare energie e creare luoghi di forza). Bisogna sottolineare come i Celti considerassero i loro dèi un’altra forma di vita, non superiore o migliore di loro o delle loro famiglie. Le parole "Dio" e "Dea" hanno un significato ben diverso da quello che si intende presso altre popolazioni. Erano rispettati e ammirati in quanto capaci di compiere prodigi impossibili agli umani e non perché fossero esseri divini. Erano di carne e ossa, "reali". Le divinità celtiche sono viste spesso come coloro che governano il mondo fatato, popolato anche da spiriti di diversa natura e dalle anime dei morti. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nei primi manoscritti irlandesi, provenienti da più antiche tradizioni orali, ci sono dei riferimenti ai Tuatha De Danann. Oltre a descriverli come una via di mezzo tra umani e dèi, si dice che venissero dal cielo e avessero conoscenza e intelligenza illimitate. Erano dèi di un popolo che consi-derava il Regno della Terra, il Regno dei Misteri e il Regno dello Spirito di uguale importanza. La radice del nome Tuatha significa anche "Nord". Nei miti celtici irlandesi il Nord è considerato la fonte di tutti i poteri. I personaggi che compongono il pantheon celtico non sono figure astratte, come dicevamo, ma persone con caratteristiche e storie ben precise: di Dagda si dice che sia stato il più grande dei De Danann, signore della conoscenza e Sole di tutte le Scienze. Possedeva una mazza a doppia terminazione: con un capo poteva uccidere nove uomini in un colpo solo, mentre con l’altro poteva riportarli in vita. Sua figlia Brigit fu donna di saggezza e patrona della poesia. Nuada fu un altro sovrano, che regnò giustamente e con coraggio fino alla prima battaglia di Mag Tured, nella quale perse un braccio e Diancecht, medico dei Tuatha gliene fece uno di metallo prezioso, che valse al sovrano il nome di Nuada braccio d’argento. Si potrebbe curiosamente notare in questo una tecnologia stranamente bionica per una popolazione considerata barbara. Diancecht stesso era descritto come un dottore davvero speciale: guardiano di una fonte della salute insieme a sua figlia Airmed, era in grado di ridare la vita a tutti i guerrieri uccisi immergendoli totalmente nella fonte, causando gravi "problemi" e panico ai nemici che incontravano di nuovo in battaglia i guerrieri uccisi a fatica il giorno prima. Se però i guerrieri erano stati decapitati, allora la "resurrezione" diveniva impossibile. La tradizione vuole che i Tuatha De Danann giunsero in Irlanda il 1° Maggio (a Beltaine, celebrazione ancora oggi importante presso i pagani che seguono le antiche tradizioni celtiche) portando seco i tesori delle loro patrie native. Sull’isola regnò anche l’eroe Lugh, Dio del Sole, giovane, forte e radioso, dai capelli d’oro, a volte denominato "lo Splendente". Uno dei simboli dei Tuatha De Danann è la croce celtica: una croce con i bracci uguali circondata da un cerchio che simbolizza l’equilibrio delle forze maschili e femminili e i quattro elementi, i quattro punti cardinali (le quattro vie), che secondo alcuni vengono simboleggiati dai quattro reami di provenienza dei Tuatha De Danann di cui abbiamo parlato in precedenza. Al centro - dove le linee si incontrano - c’è il quinto elemento nascosto, lo Spirito, detto "Akasha" presso gli iniziati pagani. Il circolo che lo circonda rappresenta l’universo manifesto; contenuto all’interno di un cerchio infinito. Come abbiamo visto la tradizione celtica localizza il punto d'approdo di questa civiltà a Nord-Nord-Ovest e riporta le date del loro arrivo, coincidenti quasi sempre, secondo il calendario celtico, con le ricorrenze di Beldan (1° maggio) e di Samain (1° novembre). Perché? La spiegazione, ci viene da alcuni arditi studiosi che ricollegano queste visite con il fatto che il nostro pianeta è circondato da una specie di schermo, chiamato Fascia di Van Allen, che lo protegge dall'eccessivo bombardamento da parte delle particelle cosmiche, molto dannose perché ionizzanti, e delle radiazioni ultraviolette, micidiali per i microrganismi: senza la Fascia di Van Allen, la vita sulla Terra non sarebbe possibile. Potrebbe darsi che questa cintura, in qualche modo, possa arrecare "disturbo" ai sistemi di trasmissione o di guida. Tuttavia esistono tre "corridoi", in corrispondenza dei quali la fascia sembra attenuare la propria attività: questi si trovano sulla perpendicolare dei Poli e al disopra dell'Africa (quindi Nord, Centro e Sud). Ma perché proprio il 1° maggio ed il 1° novembre? C’è chi ipotizza che, per leggi di natura ancora sconosciute (forse legate all'inclinazione dell'asse terrestre?), nei due periodi indicati l'attività della suddetta fascia si riduca ulteriormente, favorendo in tal modo l'ingresso delle navi spaziali nella nostra atmosfera. [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà “Gli anelli mancanti”, edito da La Riflessione Davide Zedda ditore, fresco di stampa, è un viaggio a ritroso nel tempo, alla ricerca delle origini dell’uomo, tra mitologia, scienza e archeologia. Per saperne di più è d’obbligo il rimando al sito www.glianellimancanti.com ove troverete anche un video di presentazione. L’autrice si interroga su diversi argomenti: l’esistenza dei Giganti, la loro asserita provenienza dalla mitica Atlantide, il diluvio universale, le similitudini esistenti nei resoconti mitologici di tutto il mondo. Tematiche controverse, che da sempre fanno discutere studiosi e appassionati. Lo scritto di Ines ridesta l’attenzione ed apre di nuovo il dibattito, alla ricerca di qualcosa che pare sfuggirci di mano: gli anelli mancanti, appunto. (SB) Ines Curzio, Laureata in Discipline del Teatro, diplomata in Flauto traverso e Direzione d'Orchestra per l'opera lirica, si divide tra la carriera artistica e la sua attività di Antiquaria. La naturale curiosità, la passione per lo studio di tutte le scienze di confine, unite ad uno spiccato senso critico, l'hanno portata ad esplorare terreni misteriosi e ad analizzare temi affascinanti e suggestivi da cui sono nati numerosi articoli e sono culminati nella sua prima pubblicazione "Gli Anelli Mancanti".