100 km con papa Giovanni
È
la quinta volta che dedico la 100 ad un santo. Quest’anno anno
voglio ricordare il beato Giovanni XXIII° a 50 anni dalla morte, avvenuta
a Roma il 3 giugno 1963. Angelo Giuseppe Roncalli era nato il 25 novembre
1881 a Sotto il Monte – vicino a Bergamo – da una famiglia contadina.
Non aveva certo un fisico da atleta e non credo fosse un gran fondista. Ma è
uno che ha “camminato” tanto e ha fatto “camminare” anche altri.
Ha preso sul serio il suo personale cammino di fede, lavorando sul suo
carattere, dandosi una regola di vita, allenandosi con gli esercizi spirituali,
e scrivendo il suo percorso in un diario, il “Giornale dell’anima”.
Ha compiuto un lungo cammino di servizio alla Chiesa che lo ha
portato in Bulgaria, in Turchia, in Francia, poi a Venezia e a Roma, ad
incontrare mondi diversi, a gettare ponti di dialogo con le altre confessioni
cristiane e con tutti, ad affrontare i gravi problemi del suo tempo. È stato
anche il primo papa moderno ad uscire dal Vaticano con un viaggio a
Loreto e con altre uscite brevi ma significative come la visita al carcere di
Regina Coeli.
Ha fatto passi importantissimi che hanno fatto camminare la Chiesa e
l’hanno avvicinata all’umanità, alle speranze e alle lacrime di tanta gente:
pensiamo alla celebre carezza da portare a casa ai bambini nel “discorso alla
luna” della sera dell’11 ottobre ’62, all’interessamento per la risoluzione
della crisi di Cuba che poteva innescare un conflitto nucleare mondiale,
all’enciclica Pacem in terris e soprattutto alla convocazione del Concilio
Vaticano II.
Lungo il percorso della 100 non si trovano chiese o immagini di papa
Giovanni. Ci sono però tanti luoghi che possono ricordare questo mite e
coraggioso profeta di speranza. Vicino a questi luoghi mi fermerò a pregare
e a meditare accompagnato da questo libretto che è a disposizione di quanti
lo desiderano.
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La vita di Papa Giovanni
Angelo Giuseppe Roncalli è il quartogenito dei 13 figli di una modesta famiglia
di contadini mezzadri. A 11 anni, Angelo entra nel seminario di Bergamo dove
frequenta il ginnasio e il liceo; continua
gli studi a Roma e diventa sacerdote nel
1904. Segretario del Vescovo di Bergamo
Radini – Tedeschi, che gli sarà sempre di
esempio come pastore vicino alla gente e
attento alle problematiche sociali, inizia
ad insegnare in seminario discipline storiche e teologiche. È poi cappellano militare durante la prima guerra mondiale.
In questi anni esprime il suo metodo di
lavoro: “Mettersi a contatto con tutti, essere
presente dovunque, esporre con chiarezza la
dottrina, non lasciarsi sopraffare dalle difficoltà, non arrendersi alle iniziative avversarie, non accontentarsi di fare argine e
tenere posizioni, ma precedere e guidare in spirito di apostolato”.
Nel 1921 è nominato presidente del Consiglio per l’Italia delle Pontificie Opere Missionarie, incarico che accresce il suo amore per le missioni estere. Nel
1925 diventa Vescovo. Dal ’25 al ’34 è delegato apostolico in Bulgaria, dal ’34
al ’44 è ad Istanbul, delegato Apostolico in Turchia e Grecia, e dal ’44 al ’52
è a Parigi, nunzio apostolico in Francia. In tutti questi paesi, Mons. Roncalli
affronta le difficili situazioni sociali, politiche e religiose con equilibrio e semplicità, riuscendo a conquistare tutti.
Nel 1953 Pio XII lo nomina Cardinale e Patriarca di Venezia. Si presenta ai
veneziani con queste parole: …Vengo dall’umiltà e fui educato ad una povertà
contenta e benedetta che ha poche esigenze, che protegge il fiorire delle virtù più
nobili e più alte e prepara alle elevate ascensioni della vita. La Provvidenza mi
trasse dal mio villaggio nativo e mi fece percorrere le vie del mondo in Oriente ed
in Occidente, accostandomi a genti di religioni e di ideologie diverse, in contatto
coi problemi sociali acuti e minacciosi e conservandomi la calma e l’equilibrio
dell’indagine e dell’apprezzamento, sempre preoccupato, salva la fermezza ai principi del Credo cattolico e della morale, più di quello che unisce, che di quello che
separa e suscita contrasti...”. Gli piace stare con la gente, tanto che compare per
le calli e i campielli e trova spesso il tempo di visitare anche gli ammalati nei
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vari ospedali. La gente lo ama tantissimo perché vede in lui un fratello e un
padre che accoglie tutti a braccia aperte.
Il 28 ottobre 1958, dopo la morte di Pio XII, viene eletto Papa a 77 anni e
sceglie il nome di Giovanni (nome di suo padre e del patrono del suo paese d’origine). Sembra la nomina di un “papa di transizione”, ma già dopo
soli tre mesi sorprende tutti, annunciando la convocazione di un Concilio
Ecumenico. Le sorprese e le novità saranno poi tante: visita i bambini e gli
anziani in ospedale e i detenuti in carcere, in quanto vescovo di Roma visita
personalmente le parrocchie e le borgate della città. È il primo Papa ad uscire
dal Lazio, compiendo un pellegrinaggio in treno a Loreto e Assisi. Durante
il suo pontificato, nomina 37 nuovi cardinali, tra cui per la prima volta un
tanzaniano, un giapponese, un filippino e un messicano.
Il 10 maggio 1963, dopo la pubblicazione della sua ultima enciclica “Pacem
in terris”, il Papa riceve il premio internazionale Balzan per la pace per la sua
intensa attività contro i conflitti.
Giovanni XXIII muore il 3 giugno 1963. Viene dichiarato beato da Giovanni
Paolo II il 3 settembre 2000. La sua memoria liturgica è l’11 ottobre, data
dell’inizio del Concilio.
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PRIMA DELLA PARTENZA:
fare un buon allenamento e conoscere il regolamento!
Regola costante: alle diciannove rosario per tutti, in cappella. Poi, cena
e ricreazione: tre quarti d’ora bastano per le due cose. Seguirà la recita del
mattutino, poi il giornale radio, eventualmente qualche buona audizione
musicale, se c’è. Alle undici devo coricarmi.
Ogni mattina, un pensiero che dia direzione e programma a tutta la giornata.
Meditazione non omessa mai: breve se non si può di più, ma vivace, agile e
calma. Poi devo evitare le lunghe udienze. Molta amabilità con tutti, come se
non avessi a occuparmi che di ciascuno, ma parola sciolta e breve. La mia salute
mi impone un regime quanto ai cibi. Anche a mezzogiorno mangerò meno,
come già poco mangio la sera. Sarà bene che io esca tutti i giorni al passeggio.
Signore mio, ciò mi pesa e mi pare tempo perduto. Ma è pur necessario, se
tutti insistono perché lo faccia. Lo farò, offrendo al Signore il sacrificio che mi
porta. (dal Giornale dell’anima)
«Dimmi la tua regola di vita», dicevano l’un l’altro i padri del deserto quando
si incontravano, per aiutarsi a cercare il Signore. O dicevano anche: «Dimmi
come vivi». La stessa domanda ci viene dal cuore, ogni volta che incontriamo un
cristiano o una cristiana che davvero ci appaiono tali. Non è una domanda per
avere precetti, ma idee. Consigli ricavati dall’esperienza. Una regola provata nei
giorni, che sia un segnale sulla strada della vita e non un legaccio ai piedi. Una
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parola del simile verso il simile e non una parola dall’alto. Il cristiano comune
racconta la sua regola, ma non detta regole a nessuno. Ho sperimentato mille
volte il bisogno di una parola e ringrazio di avere sempre avuto, intorno, tanti
che me l’hanno potuta dire. Poi magari non l’ho seguita, ma già l’averla è stato un
(L. Accattoli, Dimmi la tua regola di vita)
aiuto.
Quanti allenamenti abbiamo effettuato!
Quanti chilometri macinati per arrivare a partire oggi!
Ed essere qui alla partenza è già un successo
Abbiamo irrobustito il nostro corpo e il nostro carattere
Abbiamo imparato la perseveranza nella lunga distanza
Siamo stati costanti e determinati nella fatica
Forse ci siamo imposti delle regole e dei sacrifici
Abbiamo vissuto in modo più ordinato ed equilibrato
Aiutaci, Signore, ad allenarci sempre nel corpo e nello spirito
Facci essere buoni esempi e bravi allenatori gli uni per gli altri
Fa’ che i nostri cuori non si appesantiscano, le nostre menti non si
intorpidiscano, le nostre energie non vengano dissipate, le nostre giornate
non vengano buttate via.
Fa’ che nello sport non dimentichiamo la lealtà, la correttezza e in tutti i campi
della società ci educhiamo alla legalità, alla giustizia e al rispetto per le regole di
convivenza civile.
Unifica la nostra vita nell’amore alla tua legge, nell’adesione alla tua parola
Nella tua volontà è la nostra pace e nell’obbedienza alla verità è la nostra libertà
“Obbedienza e Pace”: il motto di papa Giovanni
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FIRENZE
Mettiamoci in cammino
Il mondo cammina. Bisogna prenderlo per il suo verso con spirito sempre
giovane e confidante, non sprecando tempo a far confronti. Io preferisco
tenermi al passo con chi cammina che soffermarmi e lasciarmi sorpassare. (dal
Giornale dell’anima)
In viaggio verso Loreto - 1962
-Pronti? Via! Partiamo!
-La fila che lentamente si muove
-I primi passi verso s. Maria del Fiore
-La fila che si allunga, di passo e di corsa, attraverso le vie e i palazzi di Firenze
-Donaci la gioia del primo passo, Signore
-Mantieni giovane il nostro cuore
-Brucia le nostre indecisioni nella via della verità e del bene
-Fa’ che non ci fermiamo nel rimpianto del passato
-Ravviva la nostra fiducia e facci camminare con gli altri e incontro agli altri
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VETTA LE CROCI
Guardiamo lontano
Non è il vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo
meglio. È giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne le
opportunità e di guardare lontano.
(Giovanni XXIII, 24 maggio 1963, pochi giorni prima della morte)
Siamo in cima al primo valico
Respiriamo già l’aria fresca della collina
Cominciamo a scendere verso il Mugello
Ma quanta strada ancora da fare
Quanta salita che ci aspetta, lassù su quel crinale che da lontano comincia a
profilarsi
Facci guardare lontano, Signore
Quando gli orizzonti si accorciano
Quando le speranze si inaridiscono
Quando non vediamo oltre la punta del nostro naso e dei nostri interessi
immediati
Facci guardare lontano, Signore
Quando non vediamo più futuro
Quando non facciamo più progetti
Quando siamo immersi nella nebbia della delusione
Facci guardare lontano, Signore
Per educare con più speranza
Per continuare a costruire le nostre comunità
Per lasciare qualcosa alle nuove generazioni
Facci guardare lontano, Signore
Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il
nostro progetto d’amore. Ma non possiamo mai
considerarci seduti al capolinea, già arrivati.
Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà,
coscienza di avere accolto l’invito del Signore,
camminare, poi presentare quanto è stato
costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio
meglio.
Padre Pino Puglisi, prete di Palermo ucciso
dalla mafia nel 1993, oggi proclamato beato
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BORGO SAN LORENZO
La medicina della misericordia
La Confederazione delle Misericordie riunisce oggi oltre
700 confraternite. Sono diffuse in tutta la Penisola
– soprattutto in Toscana – e la loro azione è diretta
da sempre a soccorrere chi si trova nel bisogno e nella
sofferenza, con ogni forma di aiuto possibile, sia materiale
che morale.
Attualmente le Misericordie si avvalgono di oltre 2500
automezzi e operano in molteplici servizi nell’ambito
socio-sanitario: Trasporti sanitari e sociali, emergenza e
pronto soccorso, protezione Civile, onoranze funebri,
gestione di ambulatori specialistici, gestione di case di riposo, emodialisi, assistenza
domiciliare ed ospedaliera, assistenza a carcerati, anziani, immigrati, portatori di
handicap, tossicodipendenti, malati di AIDS, prevenzione dell’usura, consultori
familiari, servizio di telefono amico, raccolte di aiuti e missioni umanitarie
internazionali.
Gesù disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio
e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i
peccatori». (Mt 9,11-13)
La Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece
di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle
necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento
piuttosto che condannando…
Così stando le cose, la Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio
Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre
amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà
verso i figli da lei separati. (11 ottobre 1962, Discorso di apertura del Concilio)
L’immagine più bella di Papa Giovanni è il Pontefice che lascia i suoi palazzi e
va in mezzo al suo popolo ovunque si trova: nelle carceri, negli ospedali, nelle
famiglie. Egli non fa distinzione tra piccoli, come i bimbi dell’ospedale del Bambin
Gesù, e adulti, sulla strada o nelle famiglie. Papa Giovanni, partendo dal cuore
dell’uomo, legge e indica una legge fondamentale che guida la storia: i sistemi
cambiano, l’uomo rimane. Chi resta legato ai sistemi viene travolto, chi rimane
unito all’uomo è profeta di Dio e conosce il futuro, i cui segni sono già presenti.
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Papa Giovanni proprio perché immerso nella luce di
Dio riusciva a vedere la luce che Dio ha posto in ogni
creatura. Proprio per questa comunione con Dio e con la
luce che da Lui emanava, in Papa Giovanni si fondono
la precisione e la severità della dottrina cattolica e la sua
profonda umanità.
(don Oreste Benzi)
TRA I MONTI, DI NOTTE, GUARDANDO LA LUNA
Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi,
dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo,
e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro
cuore.
(Concilio, Gaudium et spes 1)
Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci
del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si potrebbe dire che perfino la luna si è affrettata stasera a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo
una grande giornata di pace. La mia persona conta niente: è un fratello che
parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene… Occorre cogliere quello che ci unisce e lasciar
da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà…
Tornando a casa, troverete i bambini; date loro una carezza e dite: questa è
la carezza del Papa. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate
per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i
suoi figli specialmente nelle ore della mestizia e dell’amarezza. Infine ricordiamo tutti, specialmente, il vincolo della carità, e cantando, o sospirando, o
piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta,
procediamo sereni e fiduciosi nel nostro cammino.
(Piazza s.Pietro, sera dell’11 ottobre 1962)
-Per l’armonia nelle nostre famiglie: ti preghiamo, Signore.
-Per la convivenza civile nei nostri paesi: ti preghiamo…
-Per la comunione nelle nostre parrocchie: ti preghiamo…
-Per l’unità della Chiesa: ti preghiamo…
-Per la giustizia e la fraternità nei luoghi di lavoro: ti preghiamo…
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-Perché cerchiamo quello che ci unisce: ti preghiamo…
-Perché condividiamo le gioie e le sofferenze: ti preghiamo…
-Per la tenerezza nei gesti e nelle parole: ti preghiamo…
-Per il rispetto e la verità nell’informazione: ti preghiamo…
Fiaccolata in piazza s.Pietro l’11 ottobre 1962,
la sera dell’inizio del Concilio
IN MEZZO ALL’APPENNINO NEL SILENZIO DELLA NOTTE
Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui (Sal 37,7)
Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion (Sal 65,2)
Vigilanza sull’esercizio della carità con le parole. Anche quando ci può essere
la necessità di uno sfogo, in certe ore di solitudine e di abbandono, il silenzio
e la mitezza sono temperamenti che rendono più fruttuoso il patire qualche
cosa per amore di Gesù.
Ancora più calma, ancora più calma e soavità e pace nelle cose mie. Se non
posso fare tutto il bene che credo necessario al profitto delle anime nella
missione affidatami, non mi debbo per nulla né turbare né inquietare. Il mio
dovere, secondo gli impulsi della carità, e basta. Tutto il Signore sa volgere al
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trionfo del suo regno, anche il mio non poter fare di più, anche la violenza
che mi debbo imporre del restare esteriormente inoperoso. Questa calma e
questa pace debbo ispirare anche negli altri, con la parola e con l’esempio. (dal
Giornale dell’anima)
-Per chi ama in silenzio: ti preghiamo, Signore
-Per chi lavora in silenzio: ti preghiamo, Signore
-Per chi prega in silenzio: ti preghiamo, Signore
-Per chi non riesce a stare mai in silenzio: ti preghiamo, Signore
-Per chi soffre in silenzio: ti preghiamo, Signore
-Quando il silenzio è imbarazzato e risentito: ti preghiamo, Signore
-Quando il silenzio è pieno di amore e contemplazione: ti preghiamo, Signore
-Quando il silenzio ci rende capaci di vero ascolto e comunicazione: ti
preghiamo, Signore
Il frutto del silenzio è la preghiera
Il frutto della preghiera è la fede
Il frutto della fede è l’amore
Il frutto dell’amore è il servizio
Il frutto del servizio è la pace.
(Madre Teresa)
A CASAGLIA – LA FONTANA DEL VILLAGGIO
La Chiesa è come la vecchia fontana del villaggio, che disseta le varie
generazioni. Noi cambiamo, la fontana resta. (Papa Giovanni)
Quanta acqua è sgorgata lungo i secoli da questa fontana e dalle fontane dei
nostri paesi
E quante persone sono venute ad attingere acqua per le loro case
Quanti uomini e donne hanno lavato il loro bucato
Quante persone si sono incontrate e si sono parlate
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Donaci, Signore l’acqua viva del tuo Spirito
Irriga i deserti dell’umanità e disseta con la tua grazia le nostre aridità.
Fa’ che venga garantito a tutti il libero accesso all’acqua potabile
A CRESPINO, PREGHIAMO PER LA PACE
La sapienza che viene dall’alto
anzitutto è pura, poi pacifica,
mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che
fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia. (Gc 3,17-18)
Facciano tutto ciò che è in loro potere per salvare la pace; così eviteranno
al mondo gli orrori di una guerra, di
cui nessuno potrebbe prevedere le spaventevoli conseguenze. Continuino a
trattare. Sì, questa disposizione leale e
aperta ha un grande valore di testimonianza per la coscienza di ciascuno e in
faccia alla storia. Promuovere, favorire, accettare trattative, ad ogni livello
e in ogni tempo, è norma di saggezza e
di prudenza, che attira le benedizioni
del cielo e della terra
Sacrario dei caduti dell’eccidio di Crespino
(17 luglio 1944) in cui furono uccisi per
rappresaglia 42 civili, compreso l’anziano
parroco don Fortunato Trioschi
(Messaggio in occasione della crisi di Cuba, 1963)
Il Signore allontani dal cuore degli uomini ciò che può mettere in pericolo la
pace; e li trasformi in testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno. Illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alle sollecitudini per il giusto
benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il gran dono della pace;
accenda la volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere
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i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che
hanno recato ingiurie; in virtù della sua azione, si affratellino tutti i popoli
della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace”.
(Pacem in terris)
-Quando nel nostro cuore c’è rabbia e agitazione: donaci, Signore, la tua pace
-Quando in casa e tra vicini non ci parliamo più: donaci, Signore, la tua pace
-Quando i conflitti si trascinano senza fine: donaci, Signore, la tua pace
-Quando le nostre paci sono solo tregue: donaci, Signore, la tua pace
-Quando le ingiustizie provocano continue tensioni: donaci, Signore, la tua
pace
-Quando viene uccisa la verità e l’informazione viene piegata alle ragioni della
guerra: donaci, Signore, la tua pace
-Quando a pagare sono soprattutto i
bambini e gli anziani: donaci, Signore,
la tua pace
-Quando i ragazzi e i giovani vengono
educati alla violenza e alla vendetta:
donaci, Signore, la tua pace
-Quando enormi risorse vengono spese in armamenti: donaci, Signore, la tua
pace
-Quando la vita umana viene calpestata e i diritti dell’uomo violati: donaci,
Signore, la tua pace
POPOLANO – COMUNITÀ DI SASSO
Ricordiamo chi sta in carcere
Miei cari figlioli, miei cari fratelli, siamo nella casa del Padre anche qui. Siete
contenti che sia venuto a trovarvi? Sapevo che mi volevate, e anch’io vi
volevo. Per questo, eccomi qui. A dirvi il cuore che ci metto, parlandovi, non
ci riuscirei, ma che altro linguaggio volete che vi parli il Papa? Io metto i miei
occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui.
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Ho messo il mio cuore vicino al vostro. Il Papa
è venuto, eccomi a voi. Penso con voi ai vostri
bambini che sono la vostra poesia e la vostra
tristezza, alle vostre mogli, alle vostre sorelle,
alle vostre mamme… (Discorso ai carcerati)
Il carcere attuale è una vergogna disumanizzante.
Ci sono casi in cui in celle destinate ad accogliere
due persone, vivono in 5 con 3 letti e i detenuti
fanno a turno a dormire per terra. Come può un
magistrato avallare questo strumento che la legge
sembra imporgli e non osa invece accreditare
strutture come le Comunità o progetti sul territorio
che garantiscano sulla pericolosità sociale e offrano Tra i detenuti di Regina Coeli
nel contempo una speranza di riabilitazione? Il (Natale 1958)
rispetto della giustizia non deve permettere che
l’applicazione formale di una legge offenda il bene inviolabile della persona perché
lo strumento della giustizia, in questo caso il carcere, non è conforme a quello che
la legge prevede. Il carcere è oggi uno strumento deteriorato dalla contingenza
storica e dovrà essere sopportato solo quando non si offrano vie alternative che
assicurino gli stessi obiettivi. È per tutto questo che chiediamo che tutte le Procure
privilegino i percorsi di riabilitazione rispetto alle facili carcerazioni e di non
costringere a vissuti disumani.
(Comunità di recupero di Sasso, Carcere e presunta giustizia)
Per i giudici, i magistrati, gli avvocati.
Per tutti i detenuti, soprattutto per i minori che si trovano in carcere
Per i condannati a morte in attesa di esecuzione
Per chi subisce trattamenti degradanti nelle prigioni
Per chi si trova in carcere per errori giudiziari o per le sue convinzioni
religiose o politiche
Per il personale che lavora nelle carceri
Perché a pagare non siano sempre i più poveri, gli ultimi, chi ha meno
possibilità
Perché il bisogno di sicurezza e di giustizia non si tramuti in ricerca di
punizione e di vendetta
Perché la pena possa avere davvero un valore rieducativo e lasci aperta la
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speranza
Per chi esce dal carcere, perché sia aiutato a reinserirsi nella società
Perché vengano studiate e realizzate misure alternative al carcere
PONTE DI MARIGNANO
passiamo i confini
Comprendo bene che diversità di razza, di lingua, di educazione, contrasti
di un passato cosparso di tristezze, ci trattengono ancora in una distanza che
è scambievole, che non è simpatica, spesso è sconcertante. Pare logico che
ciascuno si occupi di sé, della sua tradizione familiare o nazionale, tenendosi
serrato entro il cerchio limitato della propria consorteria, come è detto degli
abitanti di molte città dell’epoca di ferro, dove ogni casa era una fortezza
impenetrabile e si viveva sui bastioni. Miei cari fratelli e figliuoli: io debbo
dirvi che alla luce del vangelo e del principio cattolico, questa è una logica
falsa.
(Ai cattolici di Istanbul, Pentecoste 1944)
Siamo sul ponte di Marignano, il confine tra Toscana ed Emilia – Romagna
Una volta era un confine tra due stati, con tanto di dogana
Su questo ponte ricordiamo papa Giovanni come un vero “pontefice”, un
costruttore di ponti di dialogo, di stima reciproca, di preghiera.
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Pensiamo con gratitudine a tutte le persone che hanno gettato ponti
Ponti stradali e ferroviari, ponti aerei per soccorrere zone isolate, ponti nelle
telecomunicazioni
Ponti di incontro tra i popoli e le culture, ponti di scambio culturale e economico,
ponti di dialogo educativo tra diverse generazioni.
Ponti che superano diffidenze e pregiudizi, ponti che scavalcano odi e
rivalità.
Ponti anche attraverso la pratica sportiva: che bello quando una gara unisce e non
divide, quando ci si dà la mano e non ci si insulta, quando si è avversari in campo
ma compagni nella vita, quando una competizione fa incontrare atleti di paesi
diversi, quando si creano ponti di collaborazione e solidarietà.
Brisighella, il Monticino all’alba
SCENDENDO A VALLE NELLE ULTIME ORE DELLA NOTTE
Profeti di speranza
«Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della
notte?». La sentinella risponde: «Viene il mattino, poi anche la notte;
se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!». (Is 21, 11-12)
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A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da quei profeti di sventura,
che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo. Nelle
attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che
rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli
passati, risultano del tutto peggiori... Nello stato presente degli eventi umani,
nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto
da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in
tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro
aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane,
per il bene della Chiesa. (Discorso per l’apertura del Concilio)
-Perché ci accorgiamo delle notti che rischiano di scendere sulla convivenza
civile, sul futuro della nostra società, sulle speranze dei giovani: donaci la tua
luce, Signore!
-Perché ci destiamo quando rischia di scendere la notte dell’indifferenza e
dello scoraggiamento
-Per chi sta attraversando la notte del dolore, della solitudine, di relazioni che
sanguinano
-Per chi è senza lavoro, per chi vive la notte della crisi economica e non
intravede ancora la fine
-Perché diamo sostegno concreto a chi si è stancato di aspettare non si
accontenta più di parole
Il sole ancora basso tra le nubi a Pieve Thò
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-Perché non diventiamo profeti di sventura e sappiamo vedere anche il bene
che cresce
-Perché, comprendiamo che è meglio accendere un fiammifero invece che
maledire l’oscurità
-Perché la luce della fede e della speranza non venga meno nei nostri cuori
DOPO 80 – 90 CHILOMETRI,
QUANDO LA FATICA SI FA SENTIRE
Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla,
ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con
preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera
ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo
Gesù. (Fil 4,4-7).
Peccati e malinconia fuori di casa mia. Anche le cose che urtano la mia suscettibilità, i compagni che non mi vanno a genio, li debbo sopportare con grande tranquillità; diversamente dov’è il merito, il piacere di Dio? Mi sforzerò
sempre di trovare delle virtù anche dove non sembrano apparire. Soprattutto
penserò come, per tanti e tanti miei difetti, gli altri debbano fare dei grandi sacrifici per sopportare la mia povera persona. Umiltà, dunque; umiltà e sempre
congiunta ad allegria di spirito, ininterrotta, beata.
Donaci, Signore, un cuore lieto
Facci sentire la gioia del tuo Spirito
Fa’ che sappiamo godere con cuore puro delle semplici gioie che disponi sul
nostro cammino
Insegnaci a sopportare senza lamentarci troppo imprevisti e necessità
Rendici collaboratori della gioia dei nostri fratelli
Togli dal nostro animo confronti, malumori, invidie che ci tolgono il sorriso
Insegnaci un po’ di ironia e aiutaci a fare cose serie senza prenderci troppo
sul serio
Liberaci dal nervosismo e dalle eccesive preoccupazioni e donaci la gioia del lavoro assiduo per il tuo regno
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Il rettilineo di Errano all’alba
VERSO FAENZA… O UN PO’ PIÙ INDIETRO…
All’alba di un nuovo giorno
Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata senza voler risolvere i problemi
della mia vita tutti in una volta.
Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà, non alzerò
la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non cercherò di migliorare
o disciplinare nessuno tranne me stesso.
Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice
non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.
Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si
adattino ai miei desideri.
Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a sedere in silenzio
ascoltando Dio, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del
corpo, così il silenzio e l’ascolto sono necessari alla vita dell’anima.
Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò perfettamente, ma
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lo farò. E mi guarderò dai due malanni: la fretta e l’indecisione.
Solo per oggi saprò dal profondo del cuore, nonostante le apparenze, che l’esistenza
si prende cura di me come nessun altro al mondo.
Solo per oggi non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere
di ciò che è bello e di credere nell’Amore.
Posso ben fare per 12 ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare tutta
la vita.
AL TRAGUARDO
Di Papa Giovanni rimane nel ricordo di
tutti l’immagine di un volto sorridente
e di due braccia spalancate in un
abbraccio al mondo intero. Quante
persone sono restate conquistate dalla
semplicità del suo animo, congiunta ad
un’ampia esperienza di uomini e di cose!
La ventata di novità da lui portata non
riguardava certamente la dottrina, ma
piuttosto il modo di esporla; nuovo era
lo stile nel parlare e nell’agire, nuova la
carica di simpatia con cui egli avvicinava
le persone comuni e i potenti della terra. Fu con questo spirito che egli indisse
il Concilio Ecumenico Vaticano II, col quale aprì una nuova pagina nella
storia della Chiesa: i cristiani si sentirono chiamati ad annunciare il Vangelo
con rinnovato coraggio e con più vigile attenzione ai “segni” dei tempi. Il
Concilio fu davvero un’intuizione profetica di questo anziano Pontefice che
inaugurò, pur tra non poche difficoltà, una stagione di speranza per i cristiani
e per l’umanità.
Negli ultimi momenti della sua esistenza terrena, egli affidò alla Chiesa il suo
testamento: “Ciò che più vale nella vita è Gesù Cristo benedetto, la sua Santa
Chiesa, il suo Vangelo, la verità e la bontà”. Questo testamento vogliamo
raccogliere oggi anche noi, mentre rendiamo gloria a Dio per avercelo donato
come Pastore.
(Giovanni Paolo II, omelia per la beatificazione di papa Giovanni)
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