UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE, DEI BENI CULTURALI
E DEL TURISMO
CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN
Theory, Technology and History of Education
CICLO XXV
TITOLO DELLA TESI
Carità educatrice ed impegno sociale della Chiesa aquilana
nell’Ottocento:
I Conservatori Femminili
TUTOR
Chiar.mo Prof. ROBERTO SANI
DOTTORANDA
Dott.ssa OLGA DI LORETO
COORDINATORE
Chiar.mo Prof. PIERGIUSEPPE ROSSI
ANNO 2011-2012
INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1
L’impegno sociale e le opere di carità della Chiesa aquilana con
particolare riferimento all’Ottocento
Premessa
1.1 Il periodo tridentino ovvero da Bernardo Sancio a
Mariano de’ Ricciaccariis (1579- 1592)
1.2 L’applicazione di Trento ed i suoi frutti: da Mariano
de’ Ricciaccariis a Iñigo de Lacerda (detto anche Ignazio
Della Zerda, 1683-1702)
1.3 Da Iñigo de Lacerba a Francesco Saverio Gualtieri
(1729-1817): la Chiesa aquilana nel Secolo dei Lumi
1.4 L’impegno sociale ed educativo dei vescovi aquilani
governanti la diocesi durante l’Ottocento in un clima
fortemente anticlericale
Bibliografia al Capitolo 1
Fonti Archivistiche
CAPITOLO 2
Conservatorio di Santa Maria della Misericordia
Premessa
2.1 Conservatorio di Santa Maria della Misericordia:
fondazione, lasciti e benefici, finalità
2.2 Istruzione ed educazione delle fanciulle nel
Conservatorio
Appendice Documentaria al Capitolo 2
Bibliografia al Capitolo 2
Fonti Archivistiche
CAPITOLO 3
Conservatorio della SS.ma Annunziata
Premessa
3.1 Dapprima del Conservatorio della Ss.ma Annunziata.
Ragguaglio sulla Chiesa della Nunziata e l’omonimo
Monastero
3.2 La vita nel Conservatorio SS.ma Annunziata: Regole e
Costituzione
3.2.1. Ri-educazione, educazione e lavoro all’interno della
Ss.ma Annunziata
3.2.2 La vita monastica nella Ss.ma Annunziata.
Vestizione e oblazione
3.3 Dispute tra l’Ordinario Diocesano e la Congrega di
San Sisto circa il diritto di patronato sul conservatorio
della Ss.ma Annunziata
Appendice Documentaria al Capitolo 3
Bibliografia al Capitolo 3
Fonti Archivistiche
CAPITOLO 4
Conservatorio di SS. Teresa e Orsola
Premessa
4.1 Istituzione e finalità del Conservatorio di Ss. Teresa e
Orsola
I
1
2
7
10
11
17
18
19
21
31
40
70
71
73
77
83
90
99
103
105
156
157
159
159
4.2 Precisazioni sulla figura di Gio:Battista Magnanti
4.3 Scissione del Conservatorio di Ss. Teresa e Orsola da
quello di S.ta Maria della Misericordia
4.4 L’educazione nel conservatorio di Ss. Teresa e Orsola
Appendice Documentaria al Capitolo 4
Bibliografia al Capitolo 4
Fonti Archivistiche
CAPITOLO 5
Conservatorio di SS. Crisanto e Daria
Premessa
5.1 Il Conservatorio di SS. Crisanto e Daria: fondazione e finalità
Bibliografia al Capitolo 5
Fonti Archivistiche
CAPITOLO 6
La Pia Casa di Educazione/Conservatorio San Paolo e la Pia Casa
di Educazione San Giuseppe
Premessa
6.1 La fondazione della Pia Casa di Educazione San Paolo e l’operato
di Donna Maria Dragonetti Rustici
6.2 Il S. Paolo, un “bagliore tra le tenebre”, ovvero un autentico
esempio di istruzione ed educazione femminile nell’Aquila
ottocentesca
6.3 Un educandato per fanciulle della classe agiata aquilana nel S.
Paolo
6.4 Trasformazione dell’Istituto S. Paolo
Appendice Documentaria al Capitolo 6
Bibliografia al Capitolo 6
Fonti Archivistiche
CAPITOLO 7
Conservatorio Sant’Anna con annessa pia Casa di Lavoro
con riferimenti all’Ospizio dell’Addolorata
Premessa
7.1 Il conservatorio S. Anna: incertezze sulla data d’istituzione,
finalità e “addestramento” ai lavori donneschi
Appendice Documentaria al Capitolo 7
Bibliografia al Capitolo 7
Fonti Archivistiche
BIBLIOGRAFIA GENERALE
Fonti Archivistiche
165
168
171
173
178
179
180
181
185
185
186
190
196
205
212
213
270
272
274
275
285
315
316
318
327
INTRODUZIONE
L’Abruzzo vanta una lunga e apprezzabile tradizione di ricerca storica,
che ha consentito di far conoscere molti aspetti della quotidianità, della
cultura e della spiritualità di questa regione. Tuttavia nella vasta letteratura
di cui possiamo disporre gli studi storico-pedagogici occupano da sempre un
posto piuttosto modesto, specie se si parla di studî sui conservatori
femminili e della loro attività incentrata al sec. XIX. Ad oggi, infatti, la
letteratura scientifica contemporanea non ha ancora prodotto studî
interamente dedicati alla trattazione esclusiva di questa tematica. Alcuni
precedenti studî hanno preso in esame i conservatori aquilani ma
prevalentemente dal punto di vista giuridico e storico-economico; troppo
spesso, infatti, si è ignorato che essi sono essenzialmente istituzioni
educative, la cui presenza ha condizionato notevolmente l’educazione
femminile realizzata in Abruzzo e i modelli familiari e culturali di questa
regione.
La presente ricerca, dunque, si propone, o meglio si auspica, di arricchire
la conoscenza della storia dei conservatori abruzzesi e dei modelli culturali
ad esso intrinseci andando ad osservare questi “sistemi educativi” sotto
l’aspetto dei contenuti, dei metodi di insegnamento, delle figure deputate
all’educazione, delle modalità relazionali, dei rapporti che si instauravano
all’interno di queste istituzioni con la città, delle esperienze realizzate per
educare le fanciulle del popolo e, altresì, quelle nobilo-borghesi.
La presente ricerca, pertanto, ha tentato di riportare la lunga storia dei
conservatori femminili aquilani, con particolare riguardo all’Ottocento,
partendo da un punto di osservazione privilegiato, ovvero l’educazione, in
particolare quella femminile, nel suo continuo svolgersi sia esplicito che
implicito.
Il presente studio, dunque, oltre ad analizzare l’impegno sociale della
chiesa aquilana ottocentesca in opere di carità, quali, appunto, i conservatori
femminili, vuole far emergere un misconosciuto aspetto di anzidetti
conservatori che va oltre l’assistenzialismo caritatevole, cristiano ed
indulgente: l’aspetto pedagogico, ciò che concerne l’educazione e
l’istruzione delle fanciulle, specie quelle appartenenti alle classi sociali più
svantaggiate (orfane, “pericolanti”, indigenti, ecc.).
La presente ricerca è essenzialmente il frutto di un reperimento - a cui è
correlata un’analisi critica - delle fonti archivistiche condotta utilizzando i
metodi classici della ricerca storico-educativa e specifici criteri di critica
pedagogica. Poiché non si dà storia o, per essere più precisi, non si dà
storiografia, senza le fonti, lo studio di quest’ultime è imprescindibile, oltre
per le ben note connotazioni legate all’analisi delle stesse, altresì poiché non
si attestano, come già premesso, pubblicazioni scientifiche coeve dedicate in
toto alla tematica.
I conservatori soggetti della presente trattazione sono sei e, sebbene la
loro istituzione è avvenuta prima dell’Ottocento, essi hanno continuato
energicamente il loro operato durante questo Secolo, metamorfosandosi nel
passaggio attraverso i diversi periodi storici.
I sei conservatori menzionati risultano essere i seguenti: Conservatorio di
Santa Maria della Misericordia (fondato nel 1595); Conservatorio della
SS.ma Annunziata (fondato nel 1615); Conservatorio SS. Orsola e Teresa
(fondato nel 1671); Conservatorio SS. Crisanto e Daria (fondato nel 1672);
I
Conservatorio / Pia Casa di Educazione San Paolo (fondata nel 1783), a cui
si connettono le vicende della scuola laica San Giuseppe (fondata nel 1809);
Conservatorio Sant’Anna con annessa pia Casa di lavoro (fondato nel
1859) con riferimenti all’Ospizio dell’Addolorata.
Nel primo Capitolo, introduttivo, si cerca di offrire una panoramica
sull’essere e sull’agire della chiesa locale mediante l’operato dei vescovi
che amministrarono la diocesi aquilana dal periodo tridentino, ovvero
dall’istituzione del primo conservatorio annoverato in questa ricerca, a tutto
l’Ottocento (seppur circoscrivendo il discorso a quanto è correlabile con i
conservatori femminili).
I capitoli successivi, dal secondo al settimo, sono rivolti all’analisi dei
diversi suddetti conservatori e delle loro peculiarità offrendo, al contempo,
richiami ad una tematica più vasta che l’espressione “educazione
femminile” condensa bene.
Senza entrare nella sintesi dei diversi Capitoli – in quanto ad apertura
degli stessi è posta una Premessa dove è ravvisabile in forma sintetica il
contenuto del Capitolo – è opportuno, invece precisare in questo preambolo
il significato del lemma «conservatorio».
Il termine «conservatorio» si riferiva, dalla fine del Medioevo fino agli
inizi del secolo scorso, agli istituti di accoglienza dell’infanzia abbandonata,
i “proietti”, e a fanciulli di entrambi i sessi, detti “esposti” o “pericolanti”,
per lo stato di indigenza in cui versavano o perché orfani, anche se di un
solo genitore. Questi fanciulli, così precocemente segnati dalla sofferenza,
venivano qui “conservati” per essere sottratti dai pericoli e dal degrado
morale a cui la società poteva esporli, veniva impartita loro una educazione
secondo i canoni della Dottrina cristiana, venivano istruiti e formati ad una
attività lavorativa, imparando un mestiere, al fine di potersi rendere
economicamente autonomi nella vita.
Con tale definizione si intendono anche alcuni stabilimenti in cui i
giovani che vi erano accolti ricevevano una accurata formazione musicale,
ma non è questa l’accezione giusta del termine per la presente ricerca bensì
la prima su menzionata.
Nella presente ricerca è emerso che, tra i conservatori suddetti presi in
esame, quelli in cui è ravvisabile un’autentica dimensione pedagogica sono:
il conservatorio di Santa Maria della Misericordia, il conservatorio S. Paolo
a cui si innesta, per varie vicende, come anzidetto, l’attività della scuola S.
Giuseppe, e il conservatorio S. Anna; di contro, nei restanti conservatori –
ovvero, della Ss.ma Annunziata, il SS. Orsola e Teresa, il SS. Crisanto e
Daria – si palesa una robusta preponderanza della dimensione assistenziale
e caritativo-filantropico rispetto a quella pedagogica (vd. Schema 1 e 2).
La motivazione a quanto suaccennato è ravvisabile, sinteticamente, nel
fatto che si tratta di conservatori di donne e non di fanciulle che, più di una
istruzione, necessitavano in special modo di una “riabilitazione” ad una vita
morigerata e cristiana dacché detentrici di un passato dissoluto e/o
semplicemente disgraziato.
È opportuno precisare, inoltre, che poiché la presente ricerca è il frutto
quasi esclusivo di fonti archivistiche, queste sono state trascritte, in
Appendice ad ogni Capitolo, seguendo precisi criteri di editing creati ad hoc
per la presente ricerca, esplicitati nella Tabella 1.
Ogni riscrittura dei documenti è sempre preceduta da piccolo un abstract
in cui si riferisce sia sulle note “tecniche” della fonte (manoscritto,
II
dattiloscritto, numero delle pagine o delle facciate, forma del documento, se
carta sciolta o in forma libelli, ecc., autore o firmatario, data o periodo, ecc.)
sia sul contenuto della stessa.
La motivazione che sta alla base della “trascrizione” delle fonti è quella
(ri)proporre documenti scarsamente noti o inediti riferiti agli anzidetti
Conservatori.
III
Schema 1 – Conservatori femminili presenti a L’Aquila durante
l’Ottocento: sussistenza della “dimensione” pedagogica ed elementi
caratterizzanti
Conservatori in cui la "dimensione"
pedagogica prevale su quella
riabilitativo-assistenziale
Conservatorio S.ta
Maria della
Misericordia
(Fondato nel 1595,
soppresso nella
seconda metà del ‘900)
Conservatorio per
fanciulle orfane,
pericolanti, indigenti,
ecc., di età inferiore ai
12 anni;
Istruzione affidata alle
suore Stimmatine. A
partire dal 1942
l’istruzione passa alle
suore Alcantarine
Conservatorio/Scuola Pia
San Paolo
Conservatorio/Pia Casa di
Lavoro S. Anna
(Fondato nel 1782,
soppresso nel 1913)
(Fondato nel 1859-1867,
soppresso agli inizi del
'900)
Conservatorio per
fanciulle povere, orfane,
in pericolo di perdersi,
ecc., di età inferiore ai 10
anni e, eccezionalmente,
non superiore ai 12 anni;
Istruzione affidata prima
alle oblate agostiniane del
Bambin Gesù, inamovibili
e convittrici, poi alle
maestre secolari
amovibili;
Conservatirio per fanciulle
povere e pericolanti dai 12
anni di età in sù;
Istruzione - addestramento
professionale affidata alle
suore Stimmatine fino
all'anno 1884,
successivamente
subentrarono le suore
Agostiniane del monastero
di S. Amico
Nell’educandato per
fanciulle nobili ad esso
annesso: istruzione
affidata alle Figlie della
Carità
IV
Schema 2 – Conservatori femminili presenti a L’Aquila durante
l’Ottocento: sussistenza della “dimensione” riabilitativo-assistenziale ed
elementi caratterizzanti
Conservatori in cui la
"dimensione" riabilitativoassistenziale prevale su quella
pedagogica
Conservatorio della
SS.ma Annunziata
(Fondato nel 1615,
soppresso nel 1901)
Conservatorio per donne
mal maritate,
abbandonate dai mariti,
ex meretrici, indigenti,
ecc., di età non superiore
ai 35 anni;
Assistenza/rieducazione
affidata alle suore del
Terz’Ordine francescano.
Conservatorio di SS.
Teresa e Orsola
Conservatorio di SS.
Crisante e Daria
(Fondato nel 1671;
soppresso nel 1811;
riprende attività; si
estingue nel 1880)
(Fondato nel 1672,
soppresso nel 1811)
Conservatorio per donne
zitelle, indigenti, anche
sposate che volevano
ritirarsi dalla vita
secolare senza
necessariamente
prendere i voti, ecc.;
Assistenza/rieducazione
affidata alle oblate di
Sant’Orsola (Orsoline)
prima di comunità poi
claustrali.
Conservatorio per donne
“a pericolo di perdersi”,
essenzialmente ex
meretrici con la volontà di
redimersi dal vizio e
riabilitarsi, ma anche “mal
maritate”;
Assistenza affidata alle
suore del Terz’Ordine
francescano.
V
Tabella 1 – Quadro sinottico dei criteri ed interventi di editing utilizzati nella
trascrizione delle fonti archivistiche
Interventi
“tecnici”
(di Editing)





Modifiche
del
testo
originale


Nessuna
modifica

Viene riproposta la suddivisione
originale delle pagine: il principio di
ogni pagina nel testo originale viene
segnalato nella “riscrittura” della
fonte introducendo uno slash, o /,
anche se ciò capita all’interno di una
parola (es.: chie/sa);
Per i singoli termini o anche intere
proposizioni messe in evidenza nel
testo: se nel testo originale viene
usata la sottolineatura, il corsivo, il
tutto maiuscolo, o in eventuali casi
misti, ciò si riporterà fedelmente
nella “riscrittura” della fonte con una
nota esplicativa a piè di pag.
arrecante la dicitura: sottolineatura
nel testo; corsivo nel testo, ecc.
Citazioni: All’inizio e alla fine di
ogni fonte trascritta: si useranno i
sergenti (« »); nel caso di citazioni e
di discorsi diretti all’interno della
fonte si farà uso dei doppi apici alti (“
”); nel caso di citazioni all’interno di
citazioni nella fonte si farà uso degli
apici singoli (‘ ’); per le singole
parole poste tra virgolette all’interno
della fonte si farà uso degli apici
singoli (‘ ’).
Presenza
di
cancellature
nell’originale: come nel caso di parti
aggiunte fra le righe o cancellate, si
darà conto in nota a piè di pagina;
Il carattere della fonte trascritta: 11,
Times New Roman, normale
L’inserimento di lettere e/o parti di
parole mancanti (specie nelle
abbreviazioni): verrà segnalato con la
parentesi
quadra
[…]
es.:
Cons[ervato].rio;
Nel caso di difficile lettura di singoli
termini o parti del testo: parentesi
tonda con un punto interrogativo al
proprio interno (?) con eventuale nota
esplicativa a piè di pagina
Non verranno modificati gli usi
lessicali, verbali, ecc., oggi non
corretti e/o desueti ritenuti legittimi
e/o usati con frequenza nell’italiano
di allora
VI
CAPITOLO 1
L’impegno sociale e le opere di carità della Chiesa aquilana
con particolare riferimento all’Ottocento
Premessa
Sebbene la presente trattazione s’incentra su un determinato periodo
storico, ovvero l’Ottocento, e su una specifica tematica, i conservatori
femminili aquilani attivi durante il XIX sec., è utile ripercorrere il cammino
che la chiesa aquilana seguì antecedentemente, un cammino in cui il
servizio della carità e l’impegno sociale della chiesa, in termini non
unicamente assistenzialistici ma altresì educativo-didattici, hanno detenuto
un ruolo imprescindibile nella realtà abruzzese.
La scelta di ripercorrere le tappe fondamentali che hanno caratterizzato i
periodi antecedenti l’Ottocento è motivata dal fatto che la maggioranza dei
conservatori femminili aquilani che operarono laboriosamente durante tutto
l’Ottocento furono fondati molto prima, come il più antico tra questi, ovvero
il conservatorio di Santa Maria della Misericordia, fondato nel 1595 dal
vescovo Basilio Pignatelli, e ininterrottamente attivo (sopravvivendo anche
alle leggi di soppressione francesi e post-unitarie) fino al 25 maggio 1893,
quando fu dato avvio al suo «concentramento» nella Congregazione di
Carità1, o il più giovane tra essi, il conservatorio S. Anna, istituzionalmente
eretto nel 1867 sotto l’episcopato del vescovo Luigi Filippi e attivo fino al
1888.
Attraverso detto preambolo introduttivo, dunque, si cerca di cogliere,
seppur sommariamente, l’essere della chiesa locale mediante l’operato dei
vescovi che amministrarono la diocesi aquilana dal periodo tridentino a tutto
l’Ottocento; successivamente, nel presente Capitolo, si espliciterà il nucleo
della trattazione ovvero l’impegno che la chiesa si assunse negli ambiti
caritativo-assistenziale ed educativo-didattico durante l’Ottocento con
precipuo riferimento ai conservatori femminili ottocenteschi quando le
bufere della modernità non risparmiarono affatto la urbs Samnitum
princeps2 e tutta la sua chiesa.
1. Il periodo tridentino ovvero da Bernardo Sancio a Mariano de’
Ricciaccariis (1579-1592)
1
CONGREGAZIONE DI CARITÀ L’AQUILA, Relazione sulle riforme nell’amministrazione e
sulle mutazioni nel fine delle Opere Pie del Comune di Aquila, Tipografia Giuseppe Mele,
L’Aquila, 1894, p. 65.
2
L’Aquila è stata sempre considerata città eminente in tutto il Sannio, o, più precisamente
in quella parte del Sannio che in seguito alla divisione del Regno di Napoli in Provincie, si
denominò Abruzzo Cita e Ultra. Nel 1575 in un Gonfalone, donato a S. Pietro in Roma in
occasione del Giubileo, appariva la seguente iscrizione: «Aquila urbs princeps Samnitum
nullum Metropolitanum praeter Romanum Pontificem agnoscens». (Cfr. G. EQUIZI, Storia
dell’Aquila e della sua diocesi, S.A.I.E., Torino, 1957, p.3.
1
Il reatino Bernardo Sancio (1538-1552) fu eletto presule per L’Aquila da
Carlo V e subito confermato da papa Paolo III. A riguardo si precisa che in
seguito ad un concordato stipulato tra papa Clemente VII e il cattolicissimo
Carlo V d’Asburgo nel 1532, si contempla la sede aquilana, insieme ad altre
numerosi diocesi e arcidiocesi, nelle quali, d’ora in avanti, il vescovo
sarebbe stato di nomina regia e di conferma ponteficia; l’Aquila perde così
la sua libertas mostrandosi, come affermò L. A. Antinori, come «città
povera e di servitù3».
Con l’elezione a vescovo di Bernardo Sancio si riconfermavano le
direttive della casa reale di Spagna le quali, già dal tempo di Ferdinando il
Cattolico e di Isabella di Castiglia, richiedevano per gli eligendi vescovi
precipue caratteristiche: nazionalità (naturales destos reinos), onestà,
estrazione sociale nobile o di classe media, erudizione 4, ecc., al fine di
riparare alla decadenza delle diocesi causata da lunghi anni di assenteismo
pastorale e dalla presenza di un clero mediocre e contaminato.
Sapiente nelle scienze giuridiche ed ecclesiastiche, B. Sancio fu aperto
agli orientamenti della chiesa che andava radunandosi a Trento (il Concilio
di Trento fu aperto da papa Paolo III nel 1545 e chiuso, dopo numerose
interruzioni, nel 1563), orientamenti che subito praticò accogliendo
definitivamente all’Aquila i PP. Cappuccini che nel 1540, dopo un
provvisorio alloggio in Collemaggio, stanziarono il loro convento presso la
cappella di S. Giuseppe5 istituendo, così, il primo convento cappuccino in
Abruzzo.
Al vescovo B. Sancio va, altresì, il riconoscimento del completamento
della chiesa della Misericordia eretta, come osserva R. Colapietra, «su un
grande slancio anonimo di pietà popolare, povera gente, storpie,
mendicanti, tessitrici6», chiesa che accolse la Confraternita di S. Maria della
3
A. L. ANTINORI, Annali degli Abruzzi, XXIX, Forni, Bologna, 1972, p. 13; R.
COLAPIETRA, Spiritualità coscienza civile e mentalità collettiva nella storia dell’Aquila,
Deputazione Abruzzese di Storia Patria, L’Aquila, 1984, p. 313.
4
«[...] Hombres generosos e grandes letrados e de vida onesta […] pastores de almas, a las
que han de enseñar la doctrina cristiana por medio de la predicaciòn» avente, in aggiunte
una «competente formación teológica, moral y canónica». Cfr. B. LLORCA, R. G.
VILLOSLADA, F. J. MONTALBAN, Historia de la Iglesia Católica, Tomo III, Edad Nueva,
BIBLIOTECA DE AUTORES CRISTIANOS, 199, Madrid, 1977.
5
A partire già dal 1519 la riforma dei PP. Cappuccini era stata «trapiantata» da Stefano di
Molino nella città dell’Aquila (L. A. ANTINORI, Annali degli Abruzzi, XVIII, op cit., p.
222); dopo un provvisorio alloggio in Collemaggio, nel 1540 «venne dalla famiglia
Angelini conceduto sito fuor di città a fondazione d’un convento di Cappuccini […] presso
alla cappella di S. Giuseppe situata sulle rovine di una delle ville della Torre in colle a un
miglio dalla città, all’oriente […] e in esso cominciarono i fondamenti del convento con
limosine del pubblico, dei privati […]» (L. A. ANTINORI, Annali degli Abruzzi, XIX, op cit.,
p. 185).
6
R. COLAPIETRA, Spiritualità coscienza civile e mentalità collettiva nella storia
dell’Aquila, op cit., p. 318.
2
Misericordia, amministratrice dell’omonimo conservatorio istituito presso il
suo «casamento e chiesa7» già nel 1595.
L’episcopato del Sancio - che governò spiritualmente per quattordici anni
la città pur non riuscendo a risiedere fisicamente all’Aquila affidando il
governo al Vicario Benedetto Oliva, Arcidiacono della Cattedrale - fu molto
attivo in un contesto di fede genuina, come osservò papa Pio V; fu
apprezzato anche dall’aquilano, umanista, commendatore Bernardino Cirillo
che, in merito, sottolineò l’ineccepibilità della città dell’Aquila con queste
parole:
«[…] La città dell’Aquila si poteva oltremodo pregiare, da che per quanto esso
aveva osservato in molti anni con gran diligenza, fra le cose della Santa
Inquisizione, non si era trovato alcuno aquilano giammai, che mal sentito avesse
della cattolica fede. Loda invero da essere stimata più di qualunque altra, che da
benignità di cielo, o da industria umana si possa desiderare, quando che questo si
sia a riconoscere per dono speciale, e grazia singolare della Divina bontà8».
L’episcopato sanciano vide anche l’espressione di un carisma religioso al
femminile mosso dall’intento di servire Dio ed aiutare le anime: l’operato
della venerabile Diodata la Francese, a cui va il merito di aver incrementato
la devozione verso la passione di Gesù, contemporaneamente all’impegno
delle clarisse aquilane dell’Eucarestia presenti all’Aquila già dal 1447 9, data
in cui la Beata Antonia da Firenze e S. Giovanni da Capestrano, fondarono
il Monastero dell’Eucarestia chiamato successivamente di S. Chiara povera.
Queste iniziative ebbero dei risvolti molto importanti anche in campo
educativo dacché è proprio a partire dai secc. XV e XVI che cominciano a
nascere i “sentimenti” di educazione della prole e di intenzionalità di cura,
«un fatto compiuto in tutti gli strati sociali solo sul finire del Settecento10».
Con il suo episcopato zelante e riformatore, B. Sancio anticipa le
caratteristiche dei vescovi che lo succedettero, ovvero del napoletano,
oriundo spagnolo, Alvaro della Quadra (1553-1563) - proposto da Carlo V e
confermato da papa Giulio II, guidò per soli quattro anni la diocesi aquilana
- e Joâo de Acuña (1561-1578), anche appellato Giovanni D’Acugna,
portoghese ma di famiglia spagnola, consacrato da Pio IV e divenuto
vescovo all’età di 84 anni.
Il de Acuña attuò il messaggio conciliare, seppur vi prese parte solo per
procura, concretando l’aspetto, «inventato» a Trento, del «vescovo
7
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: S. Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria, 1ª Relazione, 19 februarius 1595,
Conservatorio di S. Maria della Misericordia, parte dell’istrumento di fondazione, p. 2.
8
L. A. ANTINORI, Annali degli Abruzzi, XX, op cit., pp. 132-133. Su B. Cirillo si veda: M.
VANTI, Un umanista del Cinquecento in funzione di riformatore. Bernardino Cirillo
commendatore e maestro generale dell’Ordine del Santo Spirito 1556-1575, Roma, 1936.
9
R. COLAPIETRA, Spiritualità coscienza civile e mentalità collettiva nella storia
dell’Aquila, op cit., p. 317.
10
R. SANI, Per una storia dell’educazione familiare nell’età moderna e contemporanea.
Itinerari e proposte di ricerca, in L. PATI (a cura di), Ricerca-pedagogica ed educazione
familiare. Studi in onore di Norberto Galli, Vita e Pensiero, Milano, 2003.
3
pastore11» e attuando i due assi portanti dell’opera di riforma della chiesa
tridentina, ovvero Gloria Dei e Salus Animarum che suprema lex est.
Mostrando di aver ben recepito il messaggio conciliare, il vescovo de
Acuña erige nel 156812, stando a quanto afferma L. A. Antinori, il
Seminario Diocesano in una casa di proprietà dell’Ospedale Maggiore, nei
pressi della chiesa di S. Crisanto, donatagli dal Magistrato della città, chiesa
che, dopo la sua distruzione, avvenuta nel 1568, fu ricostruita:« […] nelle
case spettanti allo Spedal Maggiore nella strada che conduce alla chiesa di
S. Bernardino. In quelle case nel 1568 erano stati allogati i chierici del
seminario, i quali passati altrove, vi si vedranno poi stanziate le meretrici
pentite alle quali si cedette anche la chiesa13».
In merito scrisse anche Angelo Signorini, affermando:
«[…] E la sua prima istallazione fu in casa dello Spedale Maggiore presso S.
Crisante, a tale effetto dal pubblico cedutagli. Eretto così il Seminario Diocesano e
il suo successore nell’episcopato (de Racciaccaris) lo trasferì di contiguo alla
chiesa cattedrale, lo accrebbe di rendite, e ne proseguì l’opera alacremente 14».
Le «case» anzidette di cui parla l’Antinori presso cui si stanziarono le
meretrici rappresentarono il conservatorio di SS. Crisanto e Daria per le
«donne pentite e periculanti» istituito ufficialmente nel 168515 ma operativo
già sotto l’episcopato di Carlo De Angelis, nel 1672 16 (di cui si palerà nel
Capitolo 5 del presente elaborato).
L’impegno del vescovo de Acuña fu apprezzabile anche nella
promozione caritativo-assistenziale, circoscrivibile all’infanzia maschile
abbandonata, attraverso il Conservatorio degli Orfani, e, altresì, nella
diffusione culturale con la creazione dell’Accademia dei Fortunati «per i
molti scienziati che la composero, e per i dottissimi cittadini che la
nobilitarono nell’ardua palestra delle lettere17»; essa, però, si sciolse
inspiegabilmente nell’anno 1580 per risorgere nel 1598, ad opera del gesuita
P. Sartorio Caputi, sotto una nuova denominazione, ovvero Accademia dei
Velati la quale «rianimò l’amore degli studî nella gioventù aquilana sì, che
ne riportò i ben meritati elogi dal Quadrio, dal Fabricio e dal
Tiraboschi18».
11
H. JEDIN, Das Bischofsideal der katholischen Reformation, in «Sacramentum Ordinis»,
Schlesisches Bonifatius-Blatt, Breslau 1942. Alle pp. 200-256 H. Jedin parla del cardinale
Roberto Bellarmino e dei “consigli per un vescovo” che il Bellarmino da a suo nipote,
Angelo Della Ciaia, divenuto vescovo di Teano.
12
Secondo N. LODI (N. LODI, Storia della diocesi aquilana, vol. III, c.89v) e A. SIGNORINI
(A. SIGNORINI, La diocesi dell’Aquila descritta e illustrata, Tipografia Grossi, L’Aquila,
1868, vol. II. p. 92) l’apertura dell’istituto risalirebbe al 1567.
13
L. A. ANTINORI, Annali degli Abruzzi, XX, op cit., p. 201.
14
A. SIGNORINI, La diocesi dell’Aquila descritta e illustrata, op cit., vol. II, p. 92.
15
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioces., 65/A, f. 249v.
16
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: S. Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria, 3ª Relazione, 12 ottobre 1686, SS.
Crisanto e Daria. Scomunica alla violazione della clausura, pp. 1-2.
17
A. SIGNORINI, La diocesi dell’Aquila descritta e illustrata, op cit., vol. II, p. 97.
18
Idem.
4
Ma puntualizziamo sul Conservatorio degli Orfani, esempio di
filantropica assistenza e caritatevole istruzione seppur esclusivamente
maschile.
Il vescovo de Acuña dette inizio alle migliorie dello stabilimento il 15
maggio 1563 affinché si restaurasse quel «Pio stabilimento alle direzioni
dell’antichissima Confraternita del Sacramento istallata nel Duomo di
Aquila nella Cappella di S. Giuseppe19».
Infatti il Conservatorio degli Orfani, fondato dalla Compagnia detta
originariamente del Ss. Sacramento e, poi, della Pietà, fu ospitato dapprima
nella sede della confraternita e chiesa ad essa contigua nel vescovado e,
successivamente, nella chiesa dei locali di S. Maria ante Civitatem acquisiti
dai procuratori ed ampliati grazie a numerosi lasciti da parte di generosi
cittadini.
Sul conservatorio degli Orfani così scrisse Angelo Signorini:
«[…] Da erranti che erano (e dopo di aver dimorato per lungo tempo nelle case
della Fraternita a lato della Cattedrale) si pensò al meglio situarli; e all’oggetto si
presero in enfiteusi le abitazioni a lato di S. Maria in Civitate; e ciò dall’Arciprete
di quell’epoca D. Benedetto Oliva. Ottenutane dunque la conferma nel 19
settembre 1589 dal Pontefice Sisto V […] tosto vi presero stanza gli orfani di S.
Giuseppe colo loro Rettore e Maestro. Il di cui conservatorio arricchito di rendite e
messerizie accoglie oggi trenta e più fanciulli che si occupano tutto il giorno ad
apprendere le diverse arti, ad informarsi, tenere pianticelle, nella morale e nel
sapere; non esclusa la nobile palestra della musica strumentale e dei concerti20».
E nella visita pastorale del 18 luglio 1577, il Vicario generale e
protonotario apostolico Ercole Lamia esorta i confratelli:
«[…] Ut diligentem curam habeant dictorum orfanorum, non solum illos
alendo, sed etiam ut habeant preceptorem conscientia timoratum ac virtutibus
preditum qui edoceat eosdem pueros literas et cantus, ac scribere et pre ceterias
animadvertendum ne pueri ipsi vitiis imbuant 21».
Nel Conservatorio degli Orfani si ricevevano i fanciulli orfani soltanto di
padre, sia della città di L’Aquila sia del contado, e potevano rimanervi fino
all’età di diciotto anni; l’“arte degli Ortolani” contribuiva ancora nel
sostentamento degli orfani, almeno fino agli inizi dell’Ottocento, con una
somma di 15 carlini nella festa di S. Giuseppe e, per il Corpus Domini, con
una salma22 di cavoli da piantare nell’orto23.
19
A. SIGNORINI, La diocesi dell’Aquila descritta e illustrata, op cit., vol. II, p. 94.
Idem.
21
ADA, Vescovi e Arcivescovi, Visite Pastorali, vol. 1137, c. 90r.
22
«Salma» [lat. tardo sagma, sauma dal gr. Σάγμα «carico, basto»] unità di misura di
capacità per aridi, usata in Italia e particolarmente in Sicilia, dove la salma legale
equivaleva a circa 275,089 litri, prima dell’adozione del sistema metrico decimale; anche
unità di misura di superficie equivalente a circa 17.462 m², nonché unità di peso usata nel
secolo 16° per determinare la portata utile di una nave, equivalente a tre cantari (cioè, in
Sicilia, a circa 238 Kg). ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA “G. TRECCANI”,
Vocabolario della Lingua Italiana, Roma, 1994, vol. IV S-Z, p. 27.
20
5
Agli inizi dell’Ottocento il conservatorio fu trasferito in S. Bernardo e vi
rimase fino al 1823. Con l’istituzione della Congregazione di Carità del 3
agosto 1862 il Conservatorio ne sarà assorbito e i suoi beni devoluti a fini
assistenziali24.
Chiudendo questo doveroso inciso sull’educazione dei fanciulli
rappresentato, appunto, dal conservatorio degli Orfani, non vanno
dimenticati, tra gli altri aspetti della instancabile attività pastorale di de
Acuña: la precedente erezione della confraternita dell’Orazione e della
Buona Morte, poi di S. Girolamo (1564), grazie alle elargizioni delle nobili
famiglie aquilane Carli e Rivera; i primi, seppur fallimentari, incontri con i
Gesuiti (1564); la riattivazione dell’antico monastero di S. Caterina con la
clausura delle agostiniane di S. Amico (1565); il culto alla Madonna della
Neve, prima che i pastori conducessero dalle Puglie, con la loro
transumanza, la venerata immagine della Madonna della Croce (Roio) che
incentiverà notevolmente la devozione mariana tanto delle genti del contado
aquilano quanto della popolazione della città; la partecipazione della città di
L’Aquila al Giubileo dell’anno santo 1575, indetto da Gregorio XIII, per la
cui occasione si registra una massiccia presenza (oltre 500) di fedeli aquilani
nella Capitale.
Dentro lo stesso alveo tridentino va collocato, insieme all’episcopato di
de Acugna, il sinodo del vescovo Mariano de Ricciaccariis (1579-1592) che
mostra un inequivocabile piano di riforma della chiesa locale in sintonia con
la chiesa di Roma rappresentando un «ampio ed incisivo affresco della
spiritualità cittadina a fine Cinquecento25».
Umile monaco dei Minori osservanti di S. Francesco, nativo di Tivoli,
giunse semplice cenobita all’Aquila dove, grazie ai suoi meriti, fu eletto da
Margherita d’Austria, governatrice degli Abruzzi, proprio confessore.
Rimasta vacante la sede aquilana in seguito alla morte di d’Acugna, la
duchessa di Parma, consapevole del talento del monaco romano, chiese a
Filippo II di eleggere vescovo M. de Ricciaccariis.
Questi, per «il bene spirituale della sua greggia26» e l’osservanza delle
dottrine evangeliche, chiamò in L’Aquila già dal 1583 i PP. Carmelitani, ai
quali nel 1609 dal vescovo Gundisalvo De Rueda, e dal Capitolo di S. Maria
di Assergi, fu ceduta la chiesa parrocchiale di Assergi.
Ebbe forti contrasti con il vescovo di Valva e Sulmona per le terre unite
alla sua Diocesi dal Pontefice Martino V, e la controversia si risolse a suo
favore.
L’impegno del vescovo de Ricciaccariis, però, si concretizzò
principalmente nella cura della anime27 e sulla predicazione della Parola di
23
G. MARIANI, Memorie storiche di pubblici stabilimenti, c. 10r.
M. MORELLI, La Chiesa Aquilana dal 1860 al 1892, Comitato per le celebrazioni del 1.
Centenario di fondazione dell’Ist. Suore Francescane del Bambin Gesù, L’Aquila, 1891, p.
40.
25
R. COLAPIETRA, Spiritualità coscienza civile e mentalità collettiva nella storia
dell’Aquila, op cit., p. 358.
26
A. SIGNORINI, La diocesi dell’Aquila descritta e illustrata, op cit., vol. II, p. 99.
27
Cfr. Decreta diocesanae synodi Aquilanae, pp. 26-54.
24
6
Dio28 a sui seguirono altre attività quali: il conferimento dell’ordine sacro ai
titolari di benefici ecclesiastici; la compilazione dell’inventario dei beni
ecclesiastici; un calendario di feste liturgiche fisse e mobili, ecc.
Il vescovo formula complessivamente 138 capitoli in cui è ravvisabile lo
spirito di Trento opportunamente ricodificato per la chiesa locale;
disposizioni generali e particolari la cui “anima” è rappresentata
dall’amore/carità secondo il precetto di Cristo e l’insegnamento
dell’apostolo: l’amore/carità non fa male al prossimo, pienezza della legge è
l’amore/carità. È questo che, in ultima analisi, Mariano de’ Ricciaccariis
ricorda attraverso le sue disposizioni sinodali.
1.2 L’applicazione di Trento ed i suoi frutti: da Mariano de’
Ricciaccariis a Iñigo de Lacerda (o anche Ignazio Della Zerda,
1683-1702)
All’episcopato di M. de’ Ricciaccariis seguì quello di Basilio Pignatelli
(1593-1599) che, congiuntamente a quello di Giuseppe de Rubeis (15991605) hanno il merito di aver istillato il genuino spirito tridentino e di aver
gettato le basi per il futuro lavoro. A raccogliere una tale eredità di spirito e
di programma saranno, però, tutti i dieci vescovi del Seicento29.
Restando fermi alla tipologia del vescovo pastore, è possibile cogliere
nell’arco compreso tra il 1538 e il 1702 – ovvero dall’episcopato di
Bernardo Sancio a quello di Ignazio Della Zerda – alcuni denominatori
comuni utili ad orientarci nel cammino della chiesa diocesana aquilana, tra
condizioni socio-culturali ed ecclesiastiche che variano sempre nel tempo e
mai furono stazionarie.
I vescovi del periodo indicato operarono il loro programma riformatore
tra notevoli e variegate difficoltà: carestie30, terremoti31 e pestilenze32, uniti
a contrasti sia interni all’autorità ecclesiastica sia esterni, con l’autorità
civile, con la quale, tuttavia, non mancarono collaborazione e rispetto.
Così, mentre di tanto in tanto, pongono la loro intercessione a favore
della città, ora adoperandosi per ottenere dalla regia corte sgravi fiscali (es.:
B. Pignatelli), ora compiendo l’ufficio di paciere per liti e discordie (es.: De
28
Ivi, pp. 61-62.
Considerando anche il de Rubeis, che chiude il Cinquecento e traghetta la Chiesa locale
nel secolo successivo, durante i Seicento, nella diocesi aquilana si hanno i segg. vescovi: gli
spagnoli Gundisalvo de Rueda (1606-1622), De Mendoza Alvaro (1622-1628) e De Gaioso
Gaspare (1629-1644); il napoletano Del Pezzo Clemente (1646-1651); lo spagnolo Tellio
de Leon Francesco (1654-1662); il napoletano De Angelis Carlo (1663-1674); lo spagnolo,
traslato a Brindisi, Torricella Giovanni (1676-1681); lo spagnolo Tipaldi Arcangelo (16811682); Della Zerda Ignazio (1683-1702) che introduce la chiesa aquilana nel Settecento.
30
Furono frequenti in Abruzzo ma la più ragguardevole fu quella del 1561.
31
Tra i terremoti più disastrosi vi sono quelli del 1577, 1646, 1703. Il terremoto del 1646,
congiuntamente alla peste del 1656/57 daranno un duro colpo alla realtà aquilana
ampiamente documentate dalle Relationes del De Leon e del De Angelis.
32
Micidiale fu l’epidemia di peste diffusasi nel giugno 1656 e terminata nel maggio del
1657 che causò più di 4.000 morti in città (Cfr. L. LOPEZ, La città dell’Aquila nella grande
peste del 1656, Futura Ed., L’Aquila, 1987).
29
7
Rubeis e Tripaldi), ora ottenendo che L’Aquila venisse dichiarata capitale
dell’Abruzzo Ulteriore (De Gayoso, nel 1641 da Filippo IV), i vescovi
aquilani operano la loro azione riformista della chiesa innanzitutto offrendo
se stessi come esempio da imitare, quindi con accurate e frequenti visite
pastorali e sinodi33.
Osservando un po’ la vita di questi vescovi, appaiono sicuramente come
uomini intrisi di pietà e di carità. Se Giovanni de Acuña dà tutto ai poveri
trasferendosi in una umile casa donatagli dal sig.re Marino Saturnino,
l’erudito Basilio Pignatelli s’impone bontà d’animo e ricchezza di dottrina,
Arcangelo Tipaldi merita il titolo di “padre dei poveri” recandosi
personalmente al capezzale degli infermi e nelle case dei bisognosi, e
Gundisalvo de Rueda, come i suoi predecessori, reca personalmente la
comunione agli ammalati e indigenti facendosi un pellegrino apostolico.
Echi di una esemplarità che richiama i modelli sublimi dei pastori secondo
lo spirito di Trento e della riforma cattolica.
Né anzidetti vescovi riformatori e attuatori del disegno tridentino
dimenticarono la cura dei monasteri34, particolarmente quelli di clausura, e
l’esercizio concreto della carità applicata ad opere di altro significato sociale
come gli ospedali e i conservatori femminili - spesso con la mediazione
delle confraternite laicali che vanno sempre più incrementandosi – questi
ultimi a carattere non solo assistenziale ma educativo, rieducativo e
riabilitativo.
Tra il vescovi annoverati sopra quelli che, per le finalità della presente
trattazione, necessitano di una puntualizzazione sono Basilio Pignatelli e
Gundisalvo De Rueda.
Circa l’operato del vescovo B. Pignatelli nell’ambito dell’assistenza ed
educazione dei bisognosi, si ricorda che a questi va il merito di aver istituito
il primo conservatorio per fanciulle, nonché il più attivo e longevo della
diocesi aquilana, il conservatorio di S. Maria della Misericordia, fondato,
come anzidetto, con suo istrumento del 19 febbraio 1595 al fine di
accogliere povere e orfane fanciulle, di età inferiore ai dodici anni, che non
rappresentavano solo delle “ricoverate” ma venivano educate ed istruite in
vere e proprie scuole, dalle suore Stimmatine (e, successivamente dalle
suore Alcantarine).
L’educazione loro impartita aveva un triplice intendimento: morale,
civile e religioso35, ovvero le orfanelle venivano educate alla dottrina
cristiana ed istruite ai rudimenti del sapere.
33
Vd. ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 45v; ASV, Congr. Concilio, Relat.
Dioec., 65A, f. 109v; ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 172v.
34
In una Relatione ad limina il De Rubeis ci informa dell’esistenza in L’Aquila di ben 11
monasteri di clausura, elogiando, tra essi, particolarmente le monache di S. Chiara, il cui
monastero, che pur avendo 120 monache non ha beni immobili, se non le elemosine elargite
dalla carità della Sede apostolica e dagli aquilani «maiori sanctitatae ac bonorum ominium
exemplo relucet» (Cfr. ASV, Congr. Concilio, Relt. Dioec., 65A, f. 21r-v).
35
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio della
Misericordia in Aquila, p. 1.
8
Emerge, dunque, in questo conservatorio tardo cinquecentesco,
congiuntamente alla dimensione assistenziale una dimensione pedagogica,
seppur grossolana.
Con l’episcopato del Pignatelli, inoltre, quel sogno del Ricciaccaris,
seppur dopo trentaquattro anni, si realizza in quanto i padri Gesuiti nei primi
di novembre 1596 prendono stanza in L’Aquila nell’antico palazzo
Camponeschi, messo a loro disposizione dal magistrato della città 36.
Alla direzione del Collegio aquilano nel 1598 è preposto, dal superiore
provinciale di Napoli, il padre Sertorio Caputo, il cosiddetto «Apostolo
dell’Aquila» su cui L. A. Antinori così riferisce:
«Era venuto all’Aquila Sartorio Caputi della Compagnia di Gesù ne primi anni
della fondazione del Collegio, per la quale bolliva ancora lo sdegno della maggior
parte dei cittadini. Pochi perciò praticavano co’ Gesuiti; e quei pochi ricapitavano
più che con gli altri con Sertorio, chè se per talenti naturali non era agli altri
superiore, era non dimeno stimato per uomo ingenuo, e di molta virtù cristiana.
Aveva egli in prima fatta la scuola dell’umanità, poi della filosofia, a scolaresca
numerosa. Co’ mezzi inventati e presi, avea messe in piedi Accademie, conferenze,
ritiramenti spirituali de’ suoi discepoli, con profitto nella scienza, e nei costumi,
talché di quelli molti divennero buoni religiosi di varj ordini. Fornito di carità, e di
prudenza, fu assiduo a ben istruire i suoi scolari 37».
Sul finire del Cinquecento, così, L’Aquila vanta di avere efficienti istituti
deputati alla educazione di ogni grado, genere e ceto sociale.
Nella città, infatti, possono essere individuati sicuramente due esempi,
seppur profondamente diversi, d’istruzione: una istruzione delle donne,
basilare, rudimentale, includente altresì l’addestramento ai lavori cosiddetti
“donneschi”, praticata nei conservatori e rivolta ai ceti sociali più umili, ed
una istruzione maschile, a carattere elitario, forbita ed articolata (corsi di
grammatica, retorica, filosofia, matematica, teologia, diritto ecclesiastico e
civile, lingue straniere, addestramento nelle scienze cavalleresche, ecc.) 38.
Attraverso la Ratio studiorum della Compagnia di Gesù si contribuì a fissare
alcuni caratteri propri della cultura della Controriforma - inserendoli in un
programma d’istruzione che ne garantiva la trasmissione da una generazione
all’altra – e si delineò, al contempo, un codice fondamentale di riferimento
in campo dell’insegnamento.
Nel 1612 arrivarono all’Aquila i PP. Barnabiti, nel 1613 i Cistercensi, nel
1615 il Terz’Ordine Francescano a S. Carlo, nel 1618 i Minimi a S. Maria
del Poggio e le Clarisse aquilane che, espressamente invitate, sciamano a
Vasto, Sulmona e Napoli per la formazione dei nuovi monasteri.
36
Cfr. A. TANTURRI, I Gesuiti all’Aquila tra Cinque e Seicento, «Bullettino della
Deputazione abruzzese di storia patria», LXXX (1990), pp. 111-160; A. CLEMENTI,
L’Università dell’Aquila dal Placet di Ferrante I d’Aragona alla statalizzazione (14581982), Bari, 1992, pp. 51-105.
37
L. A. ANTINORI, Annali degli Abruzzi, XX, op cit., p. 252 (ma anche XXI, pp. 412-416,
717-719).
38
Vd. R. SANI, Ad Maiorem Dei Gloriam, EUM, Macerata, 2009, pp. 26-61.
9
Se i Gesuiti hanno il merito di aver impresso una nuova direzione agli
studi – grazie all’apporto di uomini come Sertorio Caputo e Francesco
Zuccaroni, quindi Vincenzo Mastareo, Girolamo Rivera e Francesco
Rosecco, unitamente alla fondazione di Accademie o all’incremento di
quelle già esistenti (Accademia dei Fortunati e dei Velati), scuole adeguate
per alti settori della società, troviamo offerte formative dai Barnabiti,
Carmelitani, Conventuali, Agostiniani, Filippini e Scuole popolari, e studi
filosofico-teologici sorgono in S. Michele dei Cappuccini, in S. Carlo del
Terz’Ordine, unitamente a quelli di materie umanistiche e letterarie
impartite nel seminario vescovile, ove il numero di studenti arriva a contare
le 60 unità39.
Ma accanto a detti esempi di scolarizzazione, sia elitaria sia popolare, nel
Seicento, esattamente sotto l’episcopato di Gundisalvo de Rueda, si assiste
ad un’altra nuova iniziativa per la realtà aquilana, identificabile in ciò che
oggi definiremmo di recupero e reinserimento sociale di donne che
presentano problemi dall’essersi formate in ambienti socialmente e
moralmente inadatti. Stiamo parlando dell’operato del conservatorio della
Ss.ma Annunziata, istituito il 20 luglio 1615 per l’accoglienza di ex
meretrici, donne malmaritate, ma anche povere e vedove al si sotto dei 35
anni d’età al fine di allontanarle dal vizio e dal peccato.
Questo conservatorio di donne, fu attivo fino agli inizi del Novecento
perseguendo il proprio fine con molta alacrità (in merito si veda il Capitolo
3 del presente lavoro).
E come non menzionare altri due conservatori per donne, il conservatorio
di SS. Teresa e Orsola, impropriamente anche detto conservatorio di
“zitelle”, istituito il 24 dicembre 1671, e il conservatorio di SS. Crisanto e
Daria istituito nel 1672 entrambi dal vescovo Carlo De Angelis sempre per
l’accoglienza di donne pentite e pericolanti (per cui si vedano i Capitoli 45).
È lapalissiano dunque quanto dalla fine del Cinquecento e per tutto il
Seicento, l’impegno della chiesa aquilana sia incentrato in azioni di
assistenza, recupero e reinserimento sociale, specie femminile, che
trascendono il semplice aspetto caritativo-assistenziale, paradigmatico della
chiesa e del messaggio cristiano, ma che includono un laborioso impegno
della chiesa anche nel campo dell’istruzione, elitaria e di massa, maschile e
femminile.
1.3 Da I. de Lacerba a F. S. Gualtieri (1729-1817): la Chiesa aquilana
nel Secolo dei Lumi
Il passaggio della Chiesa aquilana al secolo “dei Lumi” avviene
all’insegna della sofferenza, la quale sotto vesti diverse, mai mancherà
nell’età della Dea Ragione. A fronte di una illusoria felicità che deisti e
39
Cfr. TH. REY-MERMET, Le saint du siècle des Lumières. Alfonso de Liguori (1696-1787),
Paris, 1982 (tr. It. a cura di N. FILIPPI e S. MAJORANO, Roma, 1983).
10
illuministi andranno propagando per ogni dove, si erge un’altra verità: «stat
Crux dum volvitur orbis».
Il riflesso immediato è ancora nella vita dei vescovi aquilani, oltre che
nella comunità ecclesiale, mentre nel più ampio programma ecclesiastico
giganteggiano le figure di Alfonso Maria Liguori e di Benedetto XIV,
dall’insegnamento e testimonianza dei quali anche i vescovi dell’Aquila,
prenderanno luce e confronto per il bene della loro chiesa.
Al vescovo de Lacerba, cui tocca condurre la chiesa locale durante il
Settecento, seguiranno i vescovi napoletani Domenico Taglialatela (17181742), Giuseppe Coppola (1742-1749), Ludovico Sabatini d’Anfora (17501776), il salerinitano Benedetto Cervone (1777-1788) e l’aquilano
Francesco Saverio Gualtieri (1792-1817) che introduce l’Ottocento.
Già il vescovo Tellio de Leon Francesco (1654-1662) iniziò a lamentare,
nella seconda metà del Seicento, forse profeticamente, che i Commissari
della Camera regia erano «molti e per di più persone di poco retti
costumi40», rimarcando l’atteggiamento sfrontato e poco riguardoso nei
confronti della Chiesa da parte delle autorità civili, condotta destinata
sempre più a peggiorare anche nel Regno di Napoli, che la storia poi
registrerà sotto i nomi di “regalismo” e di “giustizionalismo”, ovvero il
principio della supremazia dello Stato sulla Chiesa.
Il memoriale redatto dal Tellio nel 166041 registrava una decelerazione
sia nella sfera civile sia in quella ecclesiastica della società locale, sullo
sfondo degli eventi più generali della storia.
Esempio di detta frenata denunciata dal vescovo Tellio fu la temporanea
chiusura del seminario diocesano, riaperto, poi, sotto l’episcopato del De
Angelis.
Il Settecento si aprì con questo scenario, caratterizzato da poca
industriosità, accompagnata da una manifesta indisciplina, specie nei
riguardi della Chiesa; a questo si aggiunse anche il devastante terremoto del
2 febbraio 1703.
La situazione sembra sollevarsi con la nomina a vescovo di Domenico
Taglialatela - nominato da Carlo III nel 1712 ma approvato da Clemente XI
solo nel 1718 - il quale ritiene opportuno “iniziare daccapo” effettuando, nei
ventitre anni del suo governo, numerose visite pastorali e sinodi.
Ma intanto le idee illuministiche assieparono la politica degli stati italiani
attuatori di una linea di secolarizzazione sul piano socio-politico e religioso
con risvolti poco felici anche sul piano economico.
Sotto il ministro Bernardo Tanucci a Napoli nel 1767 vengono soppressi i
Gesuiti, e all’Aquila iniziò subito la vendita dei loro beni: il palazzo
Camponeschi fu venduto al duca di Paganica, Ignazio di Costanzo, e
incalcolabile fu il danno che ne risentì l’istruzione tanto curata dai Padri.
A questa seguirono altre leggi di soppressione attuate durante la
dominazione francese dei Napoleonidi, Giuseppe Bonaparte e Gioacchino
Murat e, con questi personaggi, si entra già nell’Ottocento.
40
41
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 181r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, ff. 180r-182v.
11
1.4 L’impegno sociale e educativo dei vescovi aquilani governanti la
diocesi durante l’Ottocento in un clima fortemente anticlericale
Il risveglio laicista, derivato e sviluppatosi con l’Illuminismo e
caratterizzante altresì l’Ottocento, pur seguendo diverse strade, ebbe un
unico denominatore comune: quello di dichiarare la chiesa medievalista e
laicista. L’idea cristiana veniva combattuta contemporaneamente da
idealisti, materialisti e liberali; dal liberalismo filosofico prima che da quello
politico.
L’Aquila non ebbe, in questo periodo dei filosofi del calibro del teatino
Bernardo Spaventa, ma ebbe uomini d’azione e giuristi di chiara fama che
fondarono il loro anticlericalismo - raramente un ateismo vero e proprio - su
motivi politici più che su ragioni filosofiche.
La già su accennata azione d’aggressione e repressione nei riguardi della
chiesa e dei religiosi, per la parte di storia che qui ci riguarda, continuò con
il regno dei Napoleonidi e le leggi di soppressione da questi promulgate Giuseppe Bonaparte il 13 febbraio 1807, e Gioacchino Murat il 7 agosto
1809 - soppressione che interessò in primis il conservatorio di SS. Crisanto
e Daria, mai più risorto, successivamente quello di SS. Orsola e Teresa,
confluito in quello della SS.ma Annunziata, e altri conservatori femminili
aquilani ma che, dopo il Decennio francese, ripresero la loro attività.
Durante il regno dei Napoleonidi l’Aquila, come tutto il Regno, fu
vessata da leggi anticlericali ed eversive dell’asse ecclesiastico, per cui
furono soppressi anche i conventi di S. Bernardino, dei Cistercensi, di S.
Agostino (il cui edificio fu sede dell’Intendenza e della Prefettura), di S.
Domenico e quello di Collemaggio.
Alle leggi di soppressione degli ordini religiosi promulgate da Giuseppe
Napoleone e da Gioacchino Napoleone si sovrapposero, di quest’ultimo, i
decreti d’istituzione del Consiglio Generale degli Ospizi dell’11 febbraio e
del 16 ottobre dello stesso anno cui venne trasferita l’amministrazione di
tutti gli ospizi, ospedali e stabilimenti di beneficienza.
Con tale provvedimento cessava pertanto di esistere il Tribunale misto,
organismo istituito nel 1742 a seguito del concordato concluso l’anno
precedente tra il papa Benedetto XIV e Carlo III di Borbone, che
comprendeva cinque membri, di cui due ecclesiastici, di nomina pontificia,
due laici o ecclesiastici, di nomina regia, ed un ecclesiastico, nominato dal
pontefice, su tre proposte formulate dal re.
Con il ritorno dei Borboni la situazione non mutò nella sostanza, poiché
in virtù dei decreti regi del 1°, 14 e 29 febbraio 181642, con l’attribuzione di
ampie facoltà al Ministro dell’Interno, venne confermata ai Consigli degli
Ospizi la soprintendenza sugli stabilimenti di pietà e sui luoghi pii, si
42
La trascrizione del decreto del 29 febbraio 1816 è riportata anche in E. MARIANI,
Memorie storiche di pubblici stabilimenti di beneficienza della città dell’Aquila, Biblioteca
provinciale «S. Tommasi dell’Aquila», ms. 583 (L), cc. 4r-5r.
12
riformò il sistema amministrativo delle confraternite e furono date
disposizioni generali sui conservatori43.
Il concordato del 1818 tentò di ricomporre alcune questioni di natura
giurisdizionale compromesse durante il governo francese, questioni inerenti
la sfera spirituale ma anche gli abusi perpetrati dal re Ferdinando I con la
violazione delle immunità ecclesiastiche, quali quelle relative alla nomina
dei vescovi.
Nella relazione ad limina rimessa alla Congregazione del Concilio il 22
aprile 1818, il vescovo aquilano Saverio Gualtieri, con prudente ottimismo,
auspicava che, con il concordato venisse ripristinato l’antico diritto
dell’alternanza annuale con il sindaco per la nomina del predicatore
quaresimale dell’Avvento, limitando l’individuazione delle responsabilità su
un diritto «disturbato solo dall’invasore governo44».
Con il decreto del 1845 furono inseriti, nelle Commissioni
amministrative, la figura di un ecclesiastico di nomina del vescovo e, nel
Consiglio d’Intendenza per la discussione dei conti, due consiglieri
provinciali ed uno ecclesiastico.
Dalle successive disposizioni che riconosceranno agli ordinari diocesani
la prerogativa di nomina delle badesse e degli Officiali interni ai
conservatori (25 luglio 1851), a quelle che mirano ad ampliare il numero dei
competenti delle commissioni o alla consegna di fondi di rendita per la
gestione delle spese di culto agli ordinari diocesani, si giungerà, con la legge
del 3 agosto 1862, alla costituzione delle Congregazioni di carità, che si
sostituiranno alle Commissioni di beneficienza alle quali, con la successiva
legge del 17 luglio 1890 del governo Crispi, passeranno tutti i beni delle
confraternite e delle opere pie.
I continui aggiustamenti normativi miravano sostanzialmente ad una
limitazione, se non esclusione, della presenza ecclesiastica dalla gestione
amministrativa delle Opere pie; infatti, le testimonianze dei vescovi affidate
alle relations ad limina raccontano del proprio disagio di non esercitare più,
nei fatti, alcuna giurisdizione sulle stesse.
Nella relazione del 1826 il vescovo Girolamo Manieri chiarisce tutti i
limiti imposti all’esercizio delle proprie facoltà sulle pie istituzioni così
interrogandosi:
«[…] De iis quid referre potero? Exceptis meris ac striati facultatibus spirituali
bus, nil iuris super ipsis est ordinariis in hoc regno. Reguntur enim et
administrantur a laicis officialibus et procuratori bus qui subsunt generali concilio
hospitiorum nuncupato in unaquaque Provincia sedenti 45».
E ancora, nel 1830, sempre a riguardo delle ultimissimae institutiones che
vi furono nella diocesi aquilana, quali confraternite, conservatori, ospedali,
orfanotrofi ed altri luoghi pii, ritorna sui limiti del mandato episcopale
43
T. BONANNI, Corografia delle opere pie della provincia dell’Aquila degli Abruzzi.
Relazione archivistica dell’anno 1883, Tipografia Grossi, L’Aquila, 1884, pp. 7-9.
44
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, ff. 550-560.
45
ASV, Congreg. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 204v.
13
ribadendo che il vescovo non ha al riguardo verun diritto, essendo queste
istituzioni amministrate da ufficiali e procuratori che dipendono dal
Consiglio Generale degli Ospizi46.
Lo stesso malessere era stato espresso dal vescovo Francesco Saverio
Gualtieri nella relazione ad limina trasmessa alla Santa Sede nel 1817 in cui
viene riportato il triste elenco di tutti i monasteri, conventi e conservatori
soppressi tra il 1807 ed il 1811, tra cui il SS. Orsola e Teresa e SS. Crisanto
e Daria (per cui si vedano i Capp. 4-5 della presente trattazione).
Questi ed altri conservatori, nonostante i mutevoli assetti sociali che
tenteranno di limitare o condizionare il loro campo d’azione, individueranno
sempre lo spazio entro il quale inserire la dimensione spirituale della carità,
dell’assistenza e della educazione delle classi sociali più svantaggiate.
La data 8 settembre 1860 segna un nuovo corso della storia nella città
dell’Aquila che ebbe inizio quando l’Intendente Federico Papa chiamò nel
suo palazzo il Sindaco e i Decurioni per dichiarare ufficialmente la caduta
del governo borbonico e la realizzata unità d’Italia, sotto la guida di Vittorio
Emanuele.
Si costituì subito un triunvirato composto dallo stesso Federico Papa, dal
Sindaco Fabio Cannella e da Angelo Pellegrini, i quali inneggiarono alla
monarchia sabauda. Non fu difficile a questi triunviri ottenere l’ascolto del
popolo, psicologicamente incline alle attese di novità e future speranze di
cambiamento, senza dire che lo spirito antiborbonico era già ampiamente
diffuso nei diversi strati sociali e andava manifestandosi, dal 1848 in poi, in
discorsi politici, sommosse popolari e cospirazioni.
In questo clima il vescovo Luigi Filippi preferì allontanarsi da L’Aquila
per non trovarsi nella necessità di dover cantare, il giorno successivo, il Te
Deum di ringraziamento per un accadimento che non condivideva
minimamente.
Ad uno dei tre triunviri che si era a lui presentato già l’8 settembre 1860
perché firmasse «il processo redatto all’uopo, nel quale si proclamava
l’annessione della provincia di Aquila all’Italia una e indivisibile 47», il
vescovo rispose che non avrebbe mai permesso né il canto del Te Deum né
alcun altro atto religioso che si sarebbe potuto interpretare come una sua
adesione alla «rivoluzione che erasi aperta48».
Decise così per l’esilio – presso il convento di S. Basilio a Roma - che da
volontario e di pochi giorni si trasformò in coatto e lunghissimo, allo scopo
di evitare uno scontro frontale che avrebbe potuto avere conseguenze gravi
sul piano religioso e civile.
Il Te Deum fu cantato ugualmente, nonostante la contrarietà palesata dal
presule, dall’arcidiacono Luigi Manieri.
L’avversione del Filippi per il governo sabaudo era in parte giustificata
dall’essere stato educato nel clima napoletano ed eletto all’episcopato per
46
ASV, Congreg. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 222r.
M. MORELLI, La Chiesa aquilana dal 1860 al 1892, Comitato per la celebrazione del 1°
Centenario di fondazione dell’Istituto Suore Francescane di Bambin Gesù, L’Aquila 1981,
p. 12.
48
Idem.
47
14
designazione di Ferdinando II. Ma più che questo motivo, alquanto
sentimentale, ad influire negativamente sull’animo del presule fu il fatto che
il nuovo governo giungeva con una fama poco rassicurante per la Chiesa e
le sue istituzioni.
Oltre alla cacciata dei Gesuiti anche dal Piemonte (1848), grande
malumore e contrasti, non solo tra il clero cattolico, avevano suscitato le
leggi cosiddette “separatiste”, ovvero la leggi Siccardi n. 1013 del 9 aprile
1850 e n. 1037 del 5 giugno 1850 e più ancora avevano amareggiato e
devastato i cattolici piemontesi gli emendamenti neo-giurisdizionalisti del
Rattazzi, la cui legge (la Legge n. 878) fu approvata definitivamente il 29
maggio 1855. La legge abolì gli ordini ritenuti privi di utilità sociale, ovvero
che «non attendono alla predicazione, all’educazione, o all’assistenza degli
infermi», e ne espropriò tutti i conventi (335 case), sfrattando 3.733 uomini
e 1.756 donne49.
Vennero anche aboliti i Capitoli delle Collegiate di città con meno di
20.000 abitanti e tutti i benefici semplici, spesso di patronato laico o misto.
Fu anche costituita la Cassa ecclesiastica, una persona giuridica distinta ed
autonoma dallo Stato, alla quale furono conferiti i beni degli enti soppressi.
Nel biennio 1859-1861 questa legislazione fu estesa ai territori che vennero
successivamente annessi.
All’Aquila l’applicazione delle suddette Leggi fu avviata nel novembre
1863, con una istruzione della Direzione Speciale della Cassa Ecclesiastica
per le Provincie napoletane ai Prefetti.
A distanza di qualche anno, con le Leggi del 7 luglio 1866 e del 15
agosto 1867, si ottenne nella città la soppressione degli ordini religiosi e
della maggior parte degli Enti ecclesiastici; il 15 ottobre 1867 si procedette
alla liquidazione del patrimonio ecclesiastico.
All’Aquila anche le mense vescovili e relative rendite dei presuli, come
in tutte le provincie napoletane, furono poste sotto sequestro.
Il Filippi e gli altri vescovi esiliati poterono tornare finalmente alle loro
sedi nel 1866 per disposizione del Ministro Bettino Ricasoli, apparsa sulla
Gazzetta Ufficiale il 22 ottobre dello stesso anno.
Le conseguenze delle leggi eversive dello Stato furono devastanti
soprattutto per i Regolari: alcune famiglie di religiosi dopo la soppressione
non saranno più in grado di risollevarsi e scomparvero per sempre dalla
diocesi aquilana. Molti edifici sacri, confiscati dal demanio, perderanno la
naturale vocazione e destinazione d’uso per essere adibiti ad alloggi militari,
depositi e sedi di enti civili.
In questo clima affatto favorevole ad iniziative ecclesiastiche di
qualunque natura, l’operato di Luigi Filippi - il primo arcivescovo aquilano
promosso con Bolla papale di Pio IX il 23 gennaio 1876 – si distinse, in
pieno Ottocento, per la sua industriosità e audace attività.
49
G. ROMANATO, Le leggi antiecclesiastiche negli anni dell'unificazione italiana, in «Studi
storici dell'Ordine dei Servi di Maria», volume 56-57, 2006-2007, Atti del Convegno
“Ordini religiosi fra soppressione e ripresa (1848-1950). I Servi di Maria”, Roma, 3-6
ottobre 2006, Edizioni “Marianum”, Roma, 2007, pp. 1-120., in particolare p. 9.
15
Definito la “gemma” dell’Ottocento aquilano, si distinse in svariate opere
di promozione culturale, sia di alfabetizzazione sia di grado superiore.
Sorvolando, dunque, sulle altre attività di carattere prevalentemente
liturgico, e rimanendo a quanto più ci qui ci interessa, ovvero la sfera
educativa, forte fu l’impegno del vescovo Filippi nel promuovere la
diffusione dell’istruzione di scuole pubbliche e gratuite per le fanciulle del
popolo gestite da religiose (a lui è attribuito il merito di aver chiamato nel
1855 le Figlie della Carità all’Aquila che vi giunsero nel 1859).
A tal fine, attivò e sostenne due stabilimenti finalizzati all’educazione
delle giovani: il conservatorio-scuola-educandato S. Paolo e il conservatorio
S. Anna con annessa Pia Casa di lavoro.
Il conservatorio-educandato-scuola S. Paolo fu definito un “bagliore”
nelle tenebre, ovvero un fulgore nel buio principiatosi nel Settecento e
perdurato fino agli anni immediatamente successivi l’unità del Paese.
Il S. Paolo fu fondato nel 1782 per volere di una nobile benefattrice laica
aquilana, Donna Maria Dragonetti ne’ Rustici, e per suo volere
amministrato dalle oblate agostiniane del Bambin Gesù di Roma; questo
istituto contribuì fortemente alla alfabetizzazione delle giovinette di umile
estrazione, congiuntamente all’operato della Suola S. Giuseppe che, però,
era amministrata e gestita dal Comune (a riguardo si veda il Capitolo 6).
Parallelamente all’operato dell’anzidetto conservatorio si ebbe quello del
conservatorio S. Anna, fondato nel 1859, anche se alcune fonti testimoniano
la sua fondazione nell’anno 1867; seppur perseguendo finalità educative,
l’attività del S. Anna fu caratterizzata prevalentemente dalla sua Pia Casa di
Lavoro per l’addestramento delle ragazze ai lavori manuali donneschi
(specie nell’arte del merletto di fiandra), una specie scuola ad indirizzo
professionale (a riguardo si veda il Capitolo 7).
Rimanendo sempre in ambito educativo, il vescovo Filippi fu il primo tra
i presuli aquilani ad intuire l’importanza della stampa periodica popolare
tanto da fondare una rivista settimanale, L’Aquila degli Abruzzi, il cui primo
numero uscì il 4 maggio 1878.
Circa l’attività liturgica-pastorale la catechesi rappresentò per il Filippi
una autentica preoccupazione poiché voleva rendere l’insegnamento della
dottrina cristiana più facile, pratica ed uniforme tant’è che nella petizione
del Piccolo Catechismo espresse il desiderio che si aggiornasse il testo del
catechismo tridentino tenendo conto delle verità definite o acquisite dopo di
allora.
A queste esortazioni, inoltre, accompagnò anche un Breve prospetto di
dottrina cristiana per uso della diocesi di Aquila, che più tardi ampliò nel
Catechismo della Dottrina Cristiana per uso della diocesi di Aquila,
pubblicato a Roma nel 1865. Un eccellente lavoro precursore del
Catechismo di San Pio X.
Ristrutturò ed abbellì il Seminario diocesano - dove dettava
personalmente i programmi - dotandolo di un gabinetto per la fisica ed una
biblioteca, cui donò la collezione patristica latina di Jacques Paul Migne.
Parimenti restaurò il seminario di Cittaducale, chiuso da tempo per le
tristi vicende del tempo, e lo destinò a luogo di villeggiatura estiva per i
seminaristi aquilani.
16
BIBLIOGRAFIA AL CAPITOLO 1
ANTINORI L. A., Annali degli Abruzzi, XVIII, Forni, Bologna, 1972.
ANTINORI L. A., Annali degli Abruzzi, XXIX, Forni, Bologna, 1972.
BONANNI T., Corografia delle opere pie della provincia dell’Aquila degli
Abruzzi. Relazione archivistica dell’anno 1883, Tipografia Grossi,
L’Aquila, 1884.
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alla statalizzazione (1458-1982), Bari, 1992, pp. 51-105.
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storia dell’Aquila, Deputazione Abruzzese di Storia Patria, L’Aquila, 1984.
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di Aquila, Tipografia Giuseppe Mele, L’Aquila, 1894, p. 65.
EQUIZI G., Storia dell’Aquila e della sua diocesi, S.A.I.E., Torino, 1957.
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Italiana, Roma, 1994, vol. IV S-Z, p. 27.
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«Sacramentum Ordinis», Schlesisches Bonifatius-Blatt, Breslau 1942.
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1977.
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L’Aquila, 1987.
MARIANI E., Memorie storiche di pubblici stabilimenti di beneficienza della
città dell’Aquila, Biblioteca provinciale «S. Tommasi dell’Aquila», ms. 583
(L), cc. 4r-5r, 10r.
MORELLI M., La chiesa Aquilana dal 1860 al 1892, Comitato per le
celebrazioni del 1° Centenario di Fondazione dell’Istituto Suore
Francescane del Bambin Gesù, L’Aquila, 1891, p. 40.
REY-MERMET TH., Le saint du siècle des Lumières. Alfonso de Liguori
(1696-1787), Paris, 1982 (tr. It. a cura di N. FILIPPI E S. MAJORANO, Roma,
1983).
ROMANATO G., Le leggi antiecclesiastiche negli anni dell'unificazione
italiana, in «Studi storici dell'Ordine dei Servi di Maria», voll. 56-57, 20062007, Atti del Convegno “Ordini religiosi fra soppressione e ripresa (18481950). I Servi di Maria”, Roma, 3-6 ottobre 2006, Edizioni Marianum,
Roma, 2007, pp. 1-120 (in particolare p. 9).
SANI R., Ad Maiorem Dei Gloriam, EUM, Macerata, 2009, pp. 26-61.
SANI R., Per una storia dell’educazione familiare nell’età moderna e
contemporanea. Itinerari e proposte di ricerca, in L. PATI (a cura di),
Ricerca-pedagogica ed educazione familiare. Studi in onore di Norberto
Galli, Vita e Pensiero, Milano, 2003.
TANTURRI A., I Gesuiti all’Aquila tra Cinque e Seicento, «Bullettino della
Deputazione abruzzese di storia patria», LXXX (1990), pp. 111-160.
FONTI ARCHIVISTICHE
17
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio
della Misericordia in Aquila, p. 1.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: S.
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria, 1ª
Relazione, 19 februarius 1595, Conservatorio di S. Maria della
Misericordia, Parte dell’istrumento di fondazione, p. 2.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: S.
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria, 3ª
Relazione, 12 ottobre 1686, SS. Crisanto e Daria. Scomunica alla
violazione della clausura, pp. 1-2.
ADA, Vescovi e Arcivescovi, Visite Pastorali, vol. 1137, c. 90r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 249v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, ff. 550-560.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 109v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 172v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 181r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 45v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, ff. 180r-182v.
ASV, Congr. Concilio, Relt. Dioec., 65/A, f. 21r-v.
ASV, Congreg. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 204v.
ASV, Congreg. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 222r.
18
CAPITOLO 2
Conservatorio di Santa Maria della Misericordia
Premessa
Il conservatorio della Misericordia fu fondato nel 1595 dal vescovo
Basilio Pignatelli50 con il concorso di alcuni patrizi aquilani e fu
amministrato, su incarico del vescovo suo successore, Gundisalvo De
Rueda, dal servo di Dio Baldassarre Nardis51, insieme con il Magistrato
della città e la Confraternita sotto lo stesso titolo.
In una sezione dell’istrumento di fondazione del Conservatorio di Santa
Maria della Misericordia, datata 19 februarius 159552, si legge la volontà di
voler istituire in L’Aquila presso il “casamento” e chiesa appartenente alla
Confraternita di Santa Maria della Misericordia un conservatorio per
fanciulle povere orfane “pericolanti” della città di età inferiore ai dodici
anni53.
Come nel caso del conservatorio della SS.ma Annunziata, nel tempo
sorsero contrasti di natura giurisdizionale tra l’autorità ecclesiastica e la
50
Si vedano in merito: Decreto del Vescovo Basilio Pignatelli del 5 aprile 1596 (ADA,
Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisante e Daria, 1ª Relazione, Copia del Decreto del
Vescovo Basilio Pignatelli del 5 aprile 1596, pp. 2-3) e 19 Februarius 1595. Parte
dell’“istrumento di fondazione” (ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., 1ª Relazione, 19
Februarius 1595, Conservatorio Santa Maria della Misericordia. Parte dell’“istrumento di
fondazione”, p. 2) riportati nella Appendice documentaria al presente Capitolo.
51
Lo scrittore Domenico di S. Eusanio in una sua opera – avente quale tema principale il
dipinto Copia della Visitazione di Raffaello, eseguita da Giambattista Celio per l'Oratorio
dei Filippini in L'Aquila e donata al Santuario di Roio, in costruzione, dal Venerabile
Baldassarre Nardis - così descrive la figura del Venerabile Baldassarre Nardis intorno al
1630: «Il Venerabile Baldassarre Nardis, filippino aquilano, fu molto divoto di questa Santa
Vergine. Principiò l'ultima infermità di Baldassarre ai 18 di giugno 1630 in occasione di un
faticoso viaggio, ch'egli fece alla Madonna SS. della Croce di Roio, lontana un miglio
incirca dalla città. Era già il Servo di Dio per le continue penitenze talmente indebolito ed
estenuato, che appena poteva reggersi in piedi; tuttavia in quel giorno, non tanto per
l'istanza fattagli dai Massari di quella Università, quanto per l'ardente sua divozione verso
quella chiesa, dove si venera una bellissima immagine di rilievo della Madre di Dio si
trasferì colà per celebrarvi la messa, prendere dalla sua potentissima protettrice l'ultima
licenza, sperando, che in breve ne avrebbe potuto più felicemente goder la presenza nel
Paradiso. Terminata questa funzione, quantunque la strada fosse molto scoscesa, volle con
tutto ciò tornarsene a piedi a digiuno[…]». Cfr. G. PANSA, Miti, Leggende e Superstizioni
dell’Abruzzo: studi comparati, Editori Caroselli, Sulmona, 1927, p. 16. A rigurdo si veda
anche: MUSEO DELLE GENTI D’ABRUZZO, Busta XVI, ff. 3-6, numero inventario 26, Vita di
Sant’Eusanio, sacerdote e martire. Aquila,1848, Opuscoli Fondo Antico “G. Pensa”,
Museo delle Genti d’Abruzzo, Pescara.
52
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria. 1ª Relazione: 19 februarius 1595,
Conservatorio Santa Maria della Misericordia. Parte dell’“istrumento di fondazione”, pp.
2-3.
53
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria, pp. 2-3.
19
congregazione di Santa Maria della Misericordia in merito
all’amministrazione del conservatorio e alle rivendicazioni dei diritti di
patronato sui luoghi pii54; la controversia si risolse a favore della congrega
della Misericordia, riconosciuta, solo sul finire del 1800 (per cui si vedano
le Osservazioni sul Conservatorio della Ss.ma Misericordia del 18 ottobre
188855), l’unica amministratrice dei beni, affari e servizi del conservatorio.
Si precisa che la Confraternita di S. Maria della Misericordia oltre ad
amministrare l’omonimo Conservatorio, amministrava, in egual modo,
quattro opere pie di culto sotto il titolo della SS. Concezione, di S.
Leonardo, di S. Maria della Pietà e dell’Assunta 56.
Per quanto attiene l’istruzione impartita nel Conservatorio di Santa Maria
della Misericordia si parla di una educazione per le fanciulle avente un
triplice intendimento: morale, civile e religioso 57, affidata alle suore
Stimmatine58, con la condizione, sempre, che le stesse si assoggettassero
alle dipendenze degli Amministratori.
Oltre a ricevere un’istruzione di base, le orfanelle venivano formate alla
moralità cristiana, al fine di creare buone cristiane e altrettanto buone madri
di famiglia.
Si può affermare che in detto conservatorio emerge ciò che in questa sede
è stata definita “dimensione” pedagogica, ovvero la reale sussistenza di una
istruzione impartita alle giovinette, aspetto che va oltre l’assistenzialismo
filantropico-cristiano caratterizzante altre tipologie di conservatori femmili.
All’interno dello stabilimento di S. Maria della Misericordia fu anche
progettato di erigere una scuola per ragazze appartenenti a famiglie agiate
della città di L’Aquila e del contado (progetto approvato con la
Deliberazione del 28 gennaio 1859 dalla Confraternita di S. Maria della
Misericordia59) su ciascuna delle quali avrebbe gravato, oltre l’onere di una
retta utile al mantenimento della scuola, la spesa relativa al vitto di
un’orfana60 ricoverata nel conservatorio.
54
ADA, Busta 614, fasc. 5, Controversia tra il Vescovo di Aquila e la Congrega di S. Sisto
intorno diritto della gestione interna (patronato) dei Conservatori di Santa Maria della
Misericordia e SS.ma Annunziata. Copia delle sentenza 17 del marzo 1860; ADA, Busta
614, fasc. 5, Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso dalla Consulta del Regno in
data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei Conservatorj in Aquila sotto i titoli SS.
Annunziata e S. Maria della Misericordia; ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul
Conservatorio della SS.ma Misericordia. Aquila, 18 ottobre 1888.
55
ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul Conservatorio della SS.ma Misericordia.
Aquila, 18 ottobre 1888.
56
CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA, Relazione sulle riforme nell’amministrazione e
sulle mutazioni nel fine delle Opere Pie del Comune di Aquila, Tipografia di Giuseppe
Mele, 1894, Parte III, p. 63.
57
ADA, Busta 614, fasc. 5, Comunicazione del Sindaco del conservatorio di S.M. della
Misericordia al Vescovo, Aquila 3 maggio 1856, p. 1.
58
Le suore Stimmatine, insediatesi nel Conservatorio di S. Maria della Misericordia nel
1858, vi rimasero fino al 1942. ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel
Conservatorio della Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857, p.1.
59
ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio della Misericordia di
Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con allegata Copia Deliberazione.
60
ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio della Misericordia di
Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con allegata Copia Deliberazione, p.2.
20
Nonostante, però, i vari carteggi fra autorità civili ed ecclesiastica e una
certa premura rivolta alla realizzazione di detto progetto, l’iniziativa rimase
confinata all’aspetto di carattere formale; al di là di queste attestazioni,
infatti, ad oggi non sono state rinvenute fonti, scritture o documenti fattuali
che attestino l’effettiva realizzazione di detta scuola.
È importante precisare che fino al 1839 al conservatorio di Santa Maria
della Misericordia era annesso anche il conservatorio di SS. Teresa e Orsola
(di cui si parlerà in seguito) il quale tornò a vita autonoma - a causa delle
difficoltà da parte della congregazione della Misericordia che
l’amministrava, di continuare a far fronte ai costi per il mantenimento del
fabbricato - con Reale Rescritto del 15 giugno 1839 e, con successiva
deliberazione del Consiglio Generale degli Ospizî datata 2 febbraio 183961.
Sul finire del 1800, precisamente nel 1881, si propose di aprire in
propinquità del conservatorio di Santa Maria della Misericordia una casa di
tolleranza, decisione ritenuta scandalosa dal Sindaco-Amministratore del
conservatorio, poiché antinomico con le finalità di anzidetta opera pia la
quale, si ribadiva: «[…] Si occupa dell’istruzione civile morale e religiosa
di povere orfanelle onde scamparle dalla corruzione e fornir loro un onesto
avvenire62».
Il Sindaco, pertanto, dopo aver espresso il suo diniego al Prefetto, decise
di avanzare una supplica all’Arcivescovo dell’Aquila, emessa il 16 luglio
1881, con la quale chiedeva a sua Eccellenza di intercedere affinché detta
casa di tolleranza non venisse aperta.
Con le comunicazioni n.° 287 del 16 e 26 Luglio 1881, avente ad
oggetto: Casa di tolleranza, il Prefetto comunica al Sindaco del
conservatorio il proprio impegno nell’impedire l’apertura dell’anzidetta
casa, sottoscrivendo che: «[…] Per ragione di pubblica morale non fu
permesso da questo Ufficio di pubblica sicurezza l’apertura della Casa di
Tolleranza in prossimità del Conservatorio della Misericordia63».
Sempre sotto la guida delle suore Stimmatine, alle quali seguirono, nel
secolo successivo, agli inizi del Novecento, le suore Alcantarine, questo
conservatorio sopravvivrà alla soppressione successiva all’unità d’Italia e,
pur passando attraverso i diversi enti che ne assunsero la gestione,
continuerà a prestare operare attivamente, sostenuto anche dalle rendite che
ad esso confluirono dal soppresso conservatorio della Ss.ma Annunziata e
dall’accorpamento delle quattro confraternite di S. Leonardo dei Carcerati,
S. Maria Assunta in Cielo, S. Maria della Pietà, SS. Concezione.
2.1
Conservatorio di Santa Maria della Misericordia: fondazione,
lasciti e benefici, finalità
61
ADA, Busta 614, fasc. 5, Separazione del Conservatorio di S. Teresa da quello della
Misericordia. Aquila 2 febbraio 1839; ADA, Busta 610, fasc. 8, Separazione del
Conservatorio di S. Teresa dal Conservatorio della Misericordia. (Aquila, 22 giugno
1839). Allegato Reale Rescritto.
62
ADA, Busta 614, fasc. 5, Casa di tolleranza, p. 1.
63
ADA, Busta 614, fasc. 5, Casa di tolleranza, p. 2.
21
Come anticipato nella Premessa al presente Capitolo, il conservatorio di
Santa Maria della Misericordia fu fondato nel 1595 per iniziativa del
vescovo Basilio Pignatelli - presule che resse la diocesi di L’Aquila per soli
sei anni, dal 1593 al 159964 - e approvato con suo Decreto del 5 aprile
159665 (la cui trascrizione è riportata nella Appendice documentaria al
presente Capitolo).
In una sezione dell’istrumento di fondazione del conservatorio di Santa
Maria della Misericordia datata 19 februarius 159566, si legge la volontà di
voler istituire in L’Aquila, presso il “casamento” e chiesa appartenente alla
confraternita di Santa Maria della Misericordia, un conservatorio per
fanciulle povere, orfane e “pericolanti” della città di età inferiore ai dodici
anni al fine di educarle, preservandole dal peccato, e istruirle.
Nell’anzidetta sezione della scrittura inerente la fondazione del
conservatorio è, infatti, stabilito quanto segue:
«Congregatio Confiatrum Confiaternitatis ecclesia Sacta Maria di Misericordia
die 19 m.[ensis] Februarii 1595 […].
Havendo la Confraternita della Misericordia molte volte desiderato introdurre
nell’accasamento et chiesa di detta Confraternita le povere orfane et zitelle derelitte
et soggette de cadere in peccati e perdere anche l’honore, però si propone a tutti
che si contentino e che gli medesimi officiali pro tempore di detta confraternita
possino ricorrere a quelli superiori che sarà necessario per licentia di poter stabilire
il negozio predetto con potestà e facultà di poter mandare gli homini et far tutte
quelle spese a loro parere necessarie, tanto per accomodare la casa et chiesa come
per qualsivoglia cosa per servizio di dette zitelle ad onore et gloria di Nostro
64
Pignatelli Basilio, dei Duchi di Monteleone, patrizio napoletano, religioso dei Chierici
Regolari Teatini, venne consacrato da Clemente VIII sul finire dell’anno 1593. Dopo il suo
ingresso in diocesi, avendo visto il persistere di alcuni problemi interni alla diocesi, tenta di
riconvocare il Sinodo diocesano, ma non vi riesce. Nel 1594 desideroso di avere nella sua
diocesi i PP. Gesuiti, fa venire in città una piccola comunità di quest’ordine e le destina la
chiesa di S. Margherita di Forcella. Molto attento alle problematiche sociali istituisce il
Conservatorio per le orfane pericolanti nella chiesa e “casamento” della Misercordia. Nel
1599 si adopera molto per la canonizzazione di Giovanni di Capestrano, seppur con esiti
negativi. Nello stesso anno decide così di dimettersi, facendo ritorno al convento dei PP.
Teatini e mantenendo il titolo di vescovo aquilano, in merito è stato scritto:«[…] Questi per
attendere con più fervore alla propria santificazione dopo sei anni rinunziò all’offizio di
vescovo e terminò privatamente i suoi giorni» (GAETANO MORONI ROMANO (a cura di),
Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastica, Tipografia Emiliana Veneta, Venezia,
MDCCCXI [1811], vol. I, p. 255). Muore a Napoli nel marzo del 1605. Su Basilio
Pignatelli si veda anche: A. CESTORO (a cura di), Geronimo Seripando e la Chiesa del suo
tempo nel V Centenario della nascita, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1997, pp.153154.
65
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria. 1ª Relazione: Copia del Decreto del
Vescovo Basilio Pignatelli del 5 aprile 1596, pp. 2-3.
66
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria. 1ª Relazione: 19 februarius 1595,
Conservatorio Santa Maria della Misericordia. Parte dell’“istrumento di fondazione”, p.
2.
22
Signore Iddio et della Madonna Santissima / della Misericordia sua quisdem
protezione […]67».
Il conservatorio della Misericordia, infatti, aveva quale scopo principale
quello di ricoverare e mantenere un determinato numero di orfane povere
della città e «[…] Di conferire annualmente due doti ciascuna di £ 106,25
alle ricoverate quando contraggono matrimonio68».
L’iniziativa del vescovo Pignatelli fu realizzabile, però, solo grazie alle
elargizioni dispensate nel tempo da diverse famiglie patrizie aquilane che,
nell’ordine cronologico delle regalìe, furono: conte Ferdinando Alfieri di
Annucci69; famiglie Quintilii70; famiglie Ludovici e Mattucci71; famiglia
Rosanti72; famiglia Pipino73; famiglia De Santi74; famiglia Gentileschi75;
conte Angelini76.
Nella seconda relazione dal titolo 1615-1681: Conservatorio Santa
Maria della Misericordia. Legati e documenti, presente nel Volumetto delle
relazioni sui conservatori femminili aquilani77, sono riportati otto legati redatti da diversi notai aquilani - a favore del pio conservatorio.
La relazione si articola in tre facciate.
Viene ricordato il primo testamento, ovvero quello da parte del Sig.re
Ferdinando Alfieri di Annucci, per mano del notaio Giuseppe Balmo, a
favore del conservatorio, arrecante la data del 24 novembre 1615.
Seguono quello dello stesso Ferdinando Alfieri a favore di Giovanni
Quintilii, che a sua volta, fece testamento a favore di Bernardino Quintilii
67
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit, p. 2.
CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA, Relazione sulle riforme nell’amministrazione e
sulle mutazioni nel fine delle Opere Pie del Comune di Aquila, Tipografia di Giuseppe
Mele, 1894, Parte III, p. 63.
69
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. 2ª Relazione: 1615-1681,
Conservatorio di S.ta Maria della Misericordia. Legati e Documenti, pp. 2-3.
70
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. 2ª Relazione, op cit., p. 3.
71
ADA, Busta 614, fasc. 3, Acta semplicis ecclesiastici beneficii sub titulo SS.mi Crucifissi
erecti in ecclesia Misericordiae hujus Civitalis de jurepatronatus familarum Ludovici et
Mattucci.
72
ADA, Busta 614, fasc. 2, Acta semplicis Beneficii sub titulo B.a M.a de Costantinopoli
erecti in ecclesia S. M. de Misericordia de jurepatronaty Familiae Rosanti.
73
ADA, Busta 614, fasc. 4, Acta semplicis ecclesiastici benefici sub titulo S.mi Crucifissi
erecti in eccelesia S.M. de Misericordia hujus Civitatis de jurepatronatis familiae Pipino.
74
ADA, Busta 614, fasc. 1, Comunicazione dell’Ufficio Notarile al Vescovo, Notaio
Celestino Filippi, Roio ottobre 1858.
75
ADA, Busta 614, fasc. 1, Acta simplicisis ecclesistici benefici sub titulo S. M. de
Misericordia erecti in ecclesia eisdem tituli husus civitalis de jurepatronatiy familiae
Gentileschi; ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 12 marzo 1872; ADA, Busta 614, fasc. 1,
Certificazione della Cancelleria della Curia Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila
17 maggio 1883.
76
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia Arcivescovile di
Aquila degli Abruzzi, Aquila 17 marzo 1883.
77
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit, pp. 2-3.
68
23
affinché si adempisse a soddisfare i legati a favore del conservatorio della
Misericordia.
Gli otto lasciti di cui sopra sono riassunti, in ordine cronologico, a
seguire:
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
24 novembre 1615, notaio Giuseppe Balmo di Aquila;
19 dicembre 1615, notaio Giuseppe Balmo di Aquila;
30 dicembre 1615, notaio Giuseppe Saliscone di Aquila;
Gennaio (7, 12, 13, 14) 1616, notaio Giuseppe Balmo di Aquila;
1 ottobre 1617, notaio Marco Antonio Petanzio di Aquila;
1 gennaio 1681, notaio Marco Antonio Petanzio di Aquila;
22 ottobre 1681, notaio Filippo Magnante di Aquila;
8 luglio 1681, notaio Bernardo Battaglia de Lollis dell’Aquila.
Anzidetta relazione è trascritta integralmente nell’Appendice
documentaria al presente Capitolo; circa, invece, i lasciti della famiglia
Rosanti, effettuati sostanzialmente nell’arco della seconda metà del 1600,
nonché quelli della famiglia Pipino, del periodo 1690-1769, non è presente
alcuna trascrizione considerato il pessimo stato di conservazioni delle fonti.
Di contro, nell’Appendice, sono riportati i lasciti di: famiglie Ludovici e
Mattucci (1622-1768), con riferimento all’atto datato 30 dicembre 1768 del
notaio Marco Antonio Rietelli; famiglia De Santi, nella fattispecie della
sig.ra Maria De Santi con testamento del 4 maggio 1854 rogato presso il
notaio Celestino Filippi in Roio; conte Angelini (17 marzo 1883); diverse
certificazioni della cancelleria della Curia Arcivescovile di L’Aquila circa la
famiglia Gentileschi (in particolare quella del 12 marzo 1872 e del 17
maggio 1883).
Dopo le dimissioni del vescovo Basilio Pignatelli, su decisione del
vescovo succedutogli78, Gundisalvo De Rueda, il conservatorio della
Misericordia fu amministrato dal servo di Dio Baldassarre Nardis, insieme
con il Magistrato della città e l’omonima confraternita.
La confraternita di Santa Maria della Misericordia oltre al conservatorio
sotto lo stesso titolo, amministrava anche, in egual modo, altre quattro opere
pie di culto sotto il titolo della SS. Concezione, di S. Leonardo dei Carcerati,
di S. Maria della Pietà e S. Maria Assunta in Cielo79.
A queste, successivamente, si aggiunse la confraternita dei Nobili che,
attraverso la Deliberazione del 13 maggio 1873 (approvata dalla
Deputazione provinciale nel 18 marzo 1874) disponeva della inversione
delle rendite, spettanti alle quattro nominate Opere Pie e, dunque, a favore
del conservatorio della Misericordia80.
78
In realtà in successore di B. Pignatelli fu Giuseppe De Rubeis, originario di Paganica,
consigliere del Re Filippo II, trasferito all’Aquila da Ugento (LE), il cui episcopato nella
diocesi aquilana durò solo dal 1599 al 1605 in quanto venne eletto vescovo di Matera. A
questi seguì il vescovo Gundisalvo De Rueda (episcopato dal 1606 al 1622).
79
CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA, op cit., Parte III, p. 63.
80
Idem.
24
Solo sul finire del 1800, in seguito a quanto prescritto dall’art. 24 della
Legge 3 agosto 1862 e dalla successiva Deliberazione dell’11 marzo 1892,
le anzidette quattro istituzioni di culto vennero considerate illegalmente
aggregate all’istituto della Misericordia e, conseguentemente, anche le loro
rendite «[…] Sia perché l’aggregazione di fatto non si era verificata81», sia
perché «[…] Risultando dai bilanci dell’Istituto che le quattro Opere Pie
continuavano il loro scopo primitivo di culto82».
Il Comune di L’Aquila, pertanto, stabilì, nella seduta del Consiglio del 30
novembre 1892, di trasformare le quattro citate confraternite in
Congregazioni di Carità incluso il conservatorio della Misericordia 83,
decisione questa confermata anche dalla successiva Deliberazione della
Giunta amministrativa provinciale del 25 maggio 1893.
Con Deliberazione datata 30 dicembre 1901 – viste le Deliberazioni del
Consiglio comunale e della Congrega di Carità di Aquila, visti gli atti della
Giunta provinciale amministrativa, vista la Legge 17 luglio 1890 n. 6972 e i
relativi regolamenti, udito il parere del Consiglio di Stato – si stabilisce che
le quattro Confraternite della SS. Concezione, di S. Leonardo dei Carcerati,
di S. Maria della Pietà e S. Maria Assunta in Cielo:
«[…] Sono raggruppate e trasformate a favore del Conservatorio della Misericordia
di Aquila coll’obbligo di erogare l’annua somma di Lire 1.095 nell’adempimento
degli oneri di culto a carico delle Confraternite stesse come risulta dal bilancio
1901 del predetto Conservatorio.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, già inserto nella
raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandato a chiunque
spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma addì 23 gennaio 1902.
F.to Vittorio Emanuele
F.to Giolitti
Il Guardasigilli f.to F. Cocco Orte.
Registrato alla Corte dei Conti, addì 14 febbraio 1902.
Roma, lì 30 dicembre 1901.
Il Direttore84».
Ma torniamo all’amministrazione del conservatorio della Misericordia da
parte dell’omonima confraternita.
Essa, nel rispetto della Legge generale, aveva ricevuto l’approvazione
delle regole con i Regi Assensi del 27 agosto 1782 e del 9 settembre 1783 85
ma, nonostante tutto - come accadde per il conservatorio della Ss.ma
Annunziata, la confraternita di San Sisto e l’Ordinario diocesano - la
confraternita della Misericordia dovette fronteggiare lunghe e intricate
81
CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA, op cit., Parte III, p. 64.
Idem.
83
CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA, op cit., Parte III, pp. 64-65.
84
ADA, Busta 614, fasc. 5, Raggruppamento e trasformazione di 4 Confraternite a favore
del Conservatorio della Misericordia. Roma, 30 dicembre 1910.
85
CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA, op cit., Parte I, Osservazioni Generali, p. 9,
Parte III, pp. 63-64.
82
25
dispute con l’Ordinario diocesano, in particolare con il vescovo Luigi
Filippi, sul diritto di amministrazione e patronato del conservatorio.
In merito lo studioso alloctono Giuseppe Equizi riferisce:
«[…] Il Vescovo Pignatelli nel 1596, vi istituì il conservatorio di s. Maria della
Misericordia per le orfane pericolanti; e il suo successore Gundisalvo De Rueda ne
affidò il governo al servo di Dio Baldassarre Nardis, il quale lo amministrò insieme
col magistrato cittadino e col governatore della confraternita. Ebbe in seguito
numerosi legati ed il sindaco Carlo Rustici con la consorte, Maria Dragonetti, con
forti somme abbellirono la chiesa e beneficiarono il conservatorio stesso. La nobile
confraternita suddetta ottenne l’approvazione delle sue regole con Decreto Regio il
27 agosto 178286».
La querelle tra la confraternita di Santa Maria della Misericordia e il
vescovo L. Filippi si estrinseca essenzialmente nella fonte documentaria
manoscritta Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso dalla Consulta
del Regno in data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei Conservatorj in
Aquila sotto i titoli SS. Annunziata e S. Maria della Misericordia 87
(trascritta nella Appendice documentaria al presente Capitolo).
Nel documento sono presenti ben 71 rilievi, ovvero osservazioni critiche,
che il Vescovo espone minutamente per controbattere all’avviso emesso
dalla Consulta del Regno (dal Re Ferdinando II), in data 17 marzo 1860
circa il diritto di patronato sui due conservatori aquilani - quello della SS.ma
Annunziata e Santa Maria della Misericordia – contesi, per quanto attiene la
SS.ma Annunziata tra il Vescovo dell’Aquila e la Congrega di S. Sisto,
mentre per quanto riguarda S.ta Maria della Misericordia la controversia
interessa il Vescovo e la omonima.
Gli anzidetti 71 rilevi si articolano in: Introduzione, I Parte, II Parte, III
Parte, Riepilogo.
Nello specifico: i primi sei punti sono introduttivi; la I Parte include i
punti 6-9; la II Parte i punti 10-49; la III Parte i punti: 50-59; il Riepilogo
comprende i punti 60-71.
Nelle sue puntualizzazioni, il Vescovo dell’Aquila: «[…] Reclama il
patronato e le giurisdizioni inseparabili del suo Ministero sopra i due
Conservatorii di donne sotto i titoli SS. Annunziata e S.ta Maria della
Misericordia in Aquila88» al fine di trasmettere ai suoi successori il diritto di
patronato sulle anzidette due fondazioni, nonché per tutelare e garantire la
morale e la religiosità che egli vedeva vulnerabili con un regime laico,
ovvero con l’amministrazione condotta attraverso le Congregazioni.
Nei rilievi il Vescovo sostiene le sue istanze facendo riferimento a
diverse fonti che lui stesso enuncia nel punto 2 della dissertazione, ovvero:
86
G. EQUIZI, Storia dell’Aquila e della sua diocesi, S.A.I.E., Torino, 1957, pp. 150-151.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso dalla Consulta
del Regno in data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei Conservatorj in Aquila sotto i
titoli SS. Annunziata e S. Maria della Misericordia, pp. 1-47.
88
ADA, Busta 614, fasc. 5, Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso dalla Consulta
del Regno in data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei Conservatorj in Aquila sotto
titoli SS. Annunziata e S. Maria della Misericordia, p. 1.
87
26
documenti desunti dagli storici aquilani fin dal 1334; istrumenti stilati in
itinere nell’interesse di questi due stabilimenti; visite pastorali; regi decreti;
decreti ed atti della Curia aquilana, ecc.
Il primo riferimento menzionato dal Vescovo è rappresentato dai Reali
Rescritti 25 luglio 1851, 15 novembre 1852, 31 agosto 1853.
Il Rescritto 25 luglio 1851 dichiarava il diritto da parte degli ordinari
diocesani di eleggere (denominato anche “diritto di nomina”) tutte le
persone ecclesiastiche (badesse ed altri “officiali”) che intervenivano nella
vita del conservatorio e delle Chiese ad esso annesse nonché la disciplina di
tutti i Luoghi Pii per ciò che attiene la parte religiosa e morale.
A riguardo, nel punto 7 della I Parte dei Rilievi formulati
dall’Arcivescovo Luigi Filippi il 17 Marzo 1860, si esplicita quanto segue:
«[…] Il primo di tali Rescritti (diei 25 Luglio 1851) aveva dichiarato spettare
agli ordinarii diocesani la elezione delle Badesse e delle altre Officiali interni dei
Conservatorii e ritiri di qualunque natura anche dipendenti dai Consigli degli
Ospizii … e le nomine delle persone ecclesiastiche intervenienti ai Conservatorii e
ritiri suddetti, ed alle Chiese dei medesimi, e che la disciplina interna di tutti i
LL.PP. per la parte religiosa e morale appartenga esclusivamente agli Ordinari
medesimi89».
Il secondo Rescritto, datato 15 novembre 1852, precisava che la nomina
degli ufficiali ecclesiastici interni ai Conservatori andava devoluta agli
ordinari diocesani solo nel caso in cui non esistevano diritti di patronato o
privilegi, sorretti da legittimi Titoli, che attribuivano ad altri la facoltà di
farlo, come nel caso di patronati acquistati dai Comuni, Commissioni di
beneficienza, ecc.
In merito, sempre nel punto 7 della Parte I dei Rilievi, indica quanto
segue:
«[…] L’altro diei 15 N[ovem]bre 1852 poi, a rimuovere difficoltà incontrate,
aveva dichiarato che la nomina suaccennata va devoluta agli Ordinarii sol quando
non sianvi privilegi e diritti di patronato sorretti da legittimi Titoli che attribuissero
ad altri la facoltà di farlo, nel qual caso sono codesti a rispettarsi ed a mantenersi
nel possesso di chi l’esercitava, non avendo mai inteso S.M. con la surriferita
sovrana Determinazione diei 25 luglio 1851 distruggere o derogare in menoma
guisa i privilegi ed i patronati legittimamente acquistati sia dai Comuni, e dalle
Commissioni Amministrative di beneficienza e dai loro rappresentanti, e solo vuole
S.M. che s’intervenghino per conoscere le qualità morali dei nominati90».
Il Rescritto 31 agosto 1853 corroborava quanto precisato nel precedente
Rescritto del 25 luglio 1851 per cui:«[…] Si dovevano ritenere e
riconoscere le giurisdizioni ed il patronato del Vescovo, anziché ritenere
89
ADA, Busta 614, fasc. 5, Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso dalla Consulta
del Regno in data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei Conservatorj in Aquila sotto
titoli SS. Annunziata e S. Maria della Misericordia, p.3. Quanto qui riportato, nel
documento originale è tutto sottolineato.
90
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., Parte I, punto n. 7, pp. 6-7.
27
per dimostrato a pro della Congrega un privilegio ed una eccezione che non
si giustificò né si poteva giustificare91» in quanto non fu mai prodotta una
documentazione che attestava:«[…] Un privilegio o un diritto di patronato
sorretto da legittimi titoli92».
Nelle Parti II e III si richiamano i Decreti di fondazione dei due
conservatori chiamati in causa, ovvero il conservatorio della SS.ma
Annunziata – per cui si richiama il Decreto 11 luglio 1615 di «erigimus ac
deputamus Conservatorium93» - e della Misericordia – per cui si ricordano
la Deliberazione 19 febbraio 1595 e la Bolla episcopale 5 aprile 1596 - e
altri Regi Decreti in merito al patronato e amministrazione dei due
conservatori, stabilendo nel punto 71 dei Rilievi, che era opportuno:
«[…] Restituire, pel bene della religione e della morale, al Vescovo di Aquila il
patronato e le giurisdizioni che si reclamano, lasciando che la Congrega conservi i
diritti di amministrare i beni temporali alla dipendenza del Vescovo e servata la
formula dei Capitoli del 1615 e del 1596 pei due Conservatorii94».
Naturalmente la congrega della Misericordia replicò puntualmente agli
anzidetti 71 rilievi di Monsignor L. Filippi formulando una risposta scritta
rispettivamente alle 71 osservazioni riassunte nel documento dal titolo
Osservazioni sul Conservatorio della Ss.ma Misericordia. Aquila, 18
ottobre 188895.
Si tratta di una carta sciolta manoscritta di 6 facciate, redatta in L’Aquila
il 30 settembre 1888 e firmata dagli ufficiali della congrega di Santa Maria
della Misericordia congiuntamente al Segretario dell’omonimo
Conservatorio, il sig. Domenico Antonelli, e dal Sindaco-Amministratore
M. Bonanni96.
In primis la Congrega di S.ta Maria della Misericordia puntualizza che le
osservazioni esplicitate da Monsignor L. Filippi circa il Conservatorio
dell’Annunziata, con i relativi diritti di giurisdizione, nulla hanno a che fare
con il conservatorio della Misericordia (vd. punti 1-4 del documento
riportato in Appendice) che, fin dal proprio atto di fondazione
(Deliberazione 19 febbraio 1595 e Bolla episcopale 5 aprile 1596), fu
91
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., Parte I, punto n. 7, pp. 8-9.
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., Parte I, punto n. 7, p. 8. Quanto qui riportato nel
documento originale è sottolineato.
93
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., Parte II, punto n. 11, p. 10. Nel testo originale, circa la
data di erezione del conservatorio della Ss.ma Annunziata, era stato scritto «10» poi,
corretto sopra con «11».
94
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 6.
95
ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul Conservatorio della SS.ma Misericordia.
Aquila, 18 ottobre 1888, pp. 1-6.
96
Di fianco - ovvero lateralmente nei margini della pagina - a questa dichiarazione della
Congrega di S.ta Maria della Misericordia è scritta la risposta del Vescovo Luigi Filippi
datata 18 dicembre 1888. A rigurdo si veda: ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul
Conservatorio della SS.ma Misericordia. Aquila, 18 ottobre 1888, pp. 1-6.
92
28
sottoposto, sia per il governo temporale sia per quello spirituale, alla
Congrega della Misericordia.
Il Vescovo, infatti, non aveva sul Conservatorio della Misericordia
alcuna giurisdizione, nemmeno sullo spirituale in quanto il quartiere dove
sorgeva il Conservatorio, cioè Porta Bazzano, ai tempi era sotto la
dipendenza dell’Arciprete di San Giovanni in Laterano di Roma – come
stabiliva il documento n.1 spedito dall’Arciprete il 13 agosto 1654 - a cui la
Confraternita aveva fatto ricorso per far cessare le pretese di giurisdizione
da parte del Vescovo dell’Aquila sullo stesso Conservatorio; non a caso solo
nel 1721 è accertata la prima visita episcopale nel Conservatorio.
In merito, nel 3° punto delle Osservazioni, è scritto:
«[…] L’Ordinario Diocesano non aveva sul Conservatorio la menoma
giurisdizione neanche sul ramo spirituale, poiché secondo la direzione locale detta
città in quei tempi, e quel quartiere ove trovasi il Conservatorio, dipendeva
dall’Arciprete di S. Giovanni in Laterano di Roma. Risulta tutto ciò da un monito
(documento n. 1) spedito a 13 agosto 1654 dal Cardinale Arciprete di detta
Basilica, dal quale si ha che avendo la Confraternita fatto a lui ricorso per far
cessare le molestie dei Vescovi di Aquila le recavano pel preteso esercizio di loro
giurisdizione, il sullodato Cardinale vietò al Vescovo, alla sua Curia ed a
qualunque altro ente Ecclesiastico di spiegare la menoma giurisdizione su detto
Conservatorio, tanto direttamente che indirettamente sotto pena delle più tremendi
scomuniche. Dopo di ciò, solo nel 1721 si vede eseguita una Santa Visita del
Vescovo come rilevasi dalle carte ora esibite97».
Alle suddette notazioni rilevate dalla Congrega di S. Maria della
Misericordia, Monsignor Filippi risponde analiticamente, precisando,
innanzitutto, che l’assimilazione tra i due Conservatori non va intesa sotto
un’accezione secolare, dunque per quanto attiene i diritti di
amministrazione, di patronato, ecc., ma per quanto concerne, invece,
l’accezione spirituale, ovvero il monitoraggio della moralità e costumatezza
della vita nei due conservatori, unicamente di spettanza del Vescovo.
Infatti, Monsignor Filippi sottolinea che tutte le sue osservazioni sono
avvalorate da una riflessione massima, ovvero: «[…] La necessità di
tutelare la pubblica morale nei tempi odierni, in cui la fede il pubblico
costume sono in tanta decadenza98», necessità che diventa imprescindibile
nel caso del governo di conservatori per donzelle.
Circa, poi, il diritto di patronato e giurisdizionale in genere da parte della
Congrega di S.ta Maria della Misericordia sull’omonimo Conservatorio, il
Vescovo risponde di esserne più che edotto, ma lascia passare un messaggio
97
ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul Conservatorio di Santa Maria della
Misericordia. Aquila, 18 ottobre 1888, p. 5.
98
Nel testo originale, lateralmente a questa affermazione, Monsignor L. Filippi pone
lateralmente la seguente nota:«Ed i Conservatori di donzelle particolarmente devono essere
sorvegliati e diretti dalla potestà ecclesiastica con tutta la summità delle leggi canoniche,
onde evitare gravi inconvenienti, che infelicemente si sono non di rado osservati». ADA,
Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 6.
29
non molto positivo circa l’eticità dei componenti della stessa Congrega
definiti i “soliti” patrizi aquilani99.
In epilogo della sua risposta, il Vescovo chiede a sua Maestà di:
«[…] Far diritto alla di Lei domanda e concedere al Vescovo che liberamente e
pienamente eserciti su questo Conservatorio quella giurisdizione, quella vigilanza,
e quella tutela che sono necessari al suo sacro carattere, e che la fondazione, e la
osservanza, e la natura stessa della cosa, e le imperiose circostanze del pubblico
costume gli concedono, disponendo che siano riformati gli Statuti a norma della
vigente prova ecclesiastica.
Aquila, 18 dicembre 1888.
Filippi Luigi, Vescovo».
A riguardo dell’amministrazione del Conservatorio della Misericordia da
parte della omonima confraternita, lo storico Giuseppe Equizi ci riferisce
che successivamente fu redatto un nuovo statuto approvato con Regio
Decreto del 6 dicembre 1906 che sostituiva l’amministrazione “antica”,
ovvero quella stabilita dal Regio Decreto 27 agosto 1782.
Lo storico, in merito, scrive:
«[…] L’amministrazione antica fu sciolta e fu redatto un nuovo statuto dell’ente
approvato con regio decreto il 6 dicembre 1906. Ora in forza di questo statuto
l’amministrazione è affidata a un consiglio speciale, composto di un presidente che
è di diritto il Presidente della Congregazione di Carità, di quattro membri eletti dal
consiglio comunale e di due altri membri, scelti dalla confraternita di S. Maria
della Misericordia nel proprio seno100».
In questa sezione dedicata all’amministrazione e governo del
conservatorio della Misericordia è opportuno ricordare che ad esso era
annesso anche il conservatorio di Ss. Orsola e Teresa, un conservatorio di
donne istituito in L’Aquila il 24 dicembre 1671 per accogliere donne anche
sposate che intendevano ritirarsi dalla vita secolare senza l’obbligo di
emissione dei voti, con la sola condizione che, una volta uscite senza una
giusta causa, non potevano più esservi riammesse; esso accoglieva oltre alle
vedove e malmaritate anche le donne zitelle.
Il Ss. Orsola e Teresa fu separato dalla Misericordia con Reale Rescritto
del 19 gennaio 1839 divenuto effettivo nel giugno 1839.
Nella comunicazione scritta che l’Intendente-Presidente del Consiglio
degli Ospizi fa al vescovo L. Filippi del 2 febbraio 1839, l’Intendente rende
noto a Monsignor Filippi detta separazione e il Vescovo considera la cosa
giusta e vantaggiosa al fine di «[…] Non confondere le donne vedove e
maritate con le ragazze101».
99
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., pp. 5- 6.
G. EQUIZI, Storia dell’Aquila e della sua diocesi, S.A.I.E., Torino, 1957, p. 151.
101
ADA, Busta 614, fasc. 5, Separazione del Conservatorio di S. Teresa da quello della
Misericordia. Aquila 2 febbraio 1839, p. 2.
100
30
La trascrizione della comunicazione del 2 febbraio 1839 è presente nella
Appendice documentaria al presente Capitolo.
2.2 Istruzione e educazione delle fanciulle nel Conservatorio
Nel Conservatorio di Santa Maria della Misericordia l’educazione per le
fanciulle aveva un triplice intendimento: morale, civile e religioso 102; essa
venne affidata alle suore Stimmatine, con la condizione, sempre, che le
stesse si assoggettassero alle dipendenze degli Amministratori.
Quanto detto si evince, in particolare, dalla comunicazione scritta che il
Sindaco/Amministratore del conservatorio di S.ta Maria della Misericordia,
il sig.re Micheletti, fa al Vescovo L. Filippi il 3 maggio 1856 che si riporta a
seguire:
«Ill.mo e Rev.mo Signor
In giustificazione de’ miei rapporti degli 8 Gennaio e 29 Aprile ultimi [1856] mi
vaggo nel debito di rispettosamente sommettere alla illuminatezza e giustizia della
SS. Ill.ma e Rev.ma che lo Stabilimento da me amministrato ha per iscopo la
educazione morale e religiosa e civile delle orfane che si sono ammesse, e che
essendo stato tutto ciò affidato ai laici fu dato ad essi il diritto ed imposto il dovere
di provvedere in prime cure, e par quanto ai laici può appartenere, a tutto ciò che
alla cennata triplice educazione conviene, come il tutto evidentemente risulta dalla
propria fondazione e dalle Regole munite di Sanzione sovrana. Che fa i pii
stabilimenti, perché assimilati ai minori, son soggetti a seconda de’ diversi casi alla
tutela de’ Consigli degli Ospizi o anche de’ Vescovi per le sovrane risoluzioni del
1851, questa stessa tutela altro non tende che a conservare integra le istituzioni, e
perciò serbar illeso agli amministratori locali l’esercizio delle loro attribuzioni,
salvo la superiore autorizzazione o approvazione. Agli amministratori quindi il
diritto inalienabile della iniziativa e proposta degli affari; al tutore il diritto
d’impartire o negare secondo giustizia la sua autorizzazione o approvazione.
Coll’aver dunque supplicato la Sua autorità per la destinazione del Confessore
presso questo Conservatorio ho adempito, se mal non mi appongo, al dovere di
amministratore; ho riconosciuto e rispettato il diritto che il Vescovo ha su tal
riguardo, e mi sono uniformato a quanto si è praticato fin ora.
Mi auguro che S.S. Ill.ma e Rev.ma voglia degnarsi di prendere in considerazione
le riflessioni che le ho umiliate.
Il Sindaco Amministratore, Micheletti103».
Per quanto attiene al suaccennato triplice intendimento che l’educazione
impartita nel conservatorio doveva possedere, si può affermare che esso è
connaturato al pensiero ottocentesco e non solo; l’Ottocento, infatti,
rappresenta una tappa importante nel cammino della valorizzazione della
102
ADA, Busta 614, fasc. 5, Comunicazione del Sindaco del conservatorio di S.M. della
Misericordia al Vescovo, Aquila 3 maggio 1856, p. 1.
103
ADA, Busta 614, fasc. 5, Comunicazione del Sindaco del Conservatorio di S.M. della
Misericordia al Vescovo, Aquila 3 maggio 1856. Si tratta di una carta sciolta di due facciate
intestata “Conservatorio di S.ta Maria della Misericordia”, n. del protocollo 28, numero
della spedizione 24, riscontro all’Uffizio del 30 aprile.
31
donna a cui è riconosciuta una distintiva missione sia nella famiglia sia nella
società civile e religiosa.
La donna diventa l’interlocutrice principale della Chiesa, la destinataria
privilegiata del suo messaggio in quanto:«[…] In virtù della sua indole
ritenuta più incline alla pietà e al ruolo di educatrice all’interno della
famiglia, a lei è affidata la missione di riportare a Cristo e alla Chiesa una
società che se ne va sempre più allontanando104».
Alla donna il pensiero ottocentesco, cattolico e non, riconosceva una
vocazione educatrice e per questo la fanciulla doveva essere «educata ad
educare105», ruolo attribuitole su un piano simbolico «[…] Che la consacra
ad essere custode oblativa della moralità, dell’armonia e della concordia
del genere umano106» ma, al contempo, era molto cauto nel riconoscere alla
medesima il diritto ad una formazione intellettuale e all’accesso alla cultura
che, seppur non del tutto precluso, era oggetto di diffidenze e riserve.
Se da un lato l’educazione della donna è ritenuta necessaria, la
prospettiva di un’istruzione femminile incontrava ancora forti riserve,
soprattutto se prevedeva un preciso curriculum di studi107; la donna colta,
infatti, rimane sostanzialmente una figura destabilizzante o comunque
scomoda108.
L’impegno nello studio e l’apertura verso dimensioni diverse dagli
interessi domestici rischiavano di sottrarre la donna dai suoi compiti primari
nonché costituiscono una minaccia per l’equilibrio familiare e sociale
fondato su una rigida distribuzione dei ruoli.
Riassumendo, dunque, si può affermare che esisteva una avversione per
la femme savante ma non si negava alla donna di coltivare la mente purché
la sua cultura rispetti regole e confini ben definiti109.
All’interno di questa generale tendenza è doveroso, però, fare una
distinzione che vede una differenza di atteggiamenti tra la prima metà
dell’Ottocento, più chiusa nei confronti della cultura femminile, e la
seconda metà dello stesso secolo dove si assiste ad una maggiore apertura
104
A. DORDONI, La donna studiosa di Dupanloup nella riflessione di Geremia Bonomelli,
in L. PAZZAGLIA (a cura di), Cattolici, Educazione e trasformazioni socio-culturali in Italia
tra Ottocento e Novecento, La Scuola, Brescia, 1999, p. 212. Tra gli scritti sulla donna
nell’Ottocento che sottolineano la particolare missione ad essa attribuita nell’ambito della
Chiesa si vedano: M. DE GIORGIO, Il modello cattolico, in G. FRAISSE, M. PERROT, Storia
delle donne in Occidente. L’Ottocento, Laterza, Bari, 1991, pp. 155-191; M. L. TREBILIANI,
Modello mariano e immagine della donna nell’esperienza educativa di don Bosco, in F.
TRANIELLO (a cura di), Don Bosco nella storia della cultura popolare, SEI, Torino, 1987,
pp. 187-217; M. CAFFIERO, Dall’esplosione mistica all’apostolato sociale (1650-1850), in
L. SCARAFFIA, G. ZARRI (a cura di), Donne e Fede, Laterza, Bari, 1994, pp. 327-373.
105
C. COVATO, Educata ad Educare: ruolo materno ed itinerari formativi, pp. 131-145, in
S. SOLDANI (a cura di), L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile
nell’Italia dell’Ottocento, F. Angeli, Milano, 1989.
106
C. COVATO, op cit., p.132, in S. SOLDANI (a cura di), ibidem.
107
AA.VV., L’Educazione delle donne all’indomani della Unità. Un problema a molte
dimensioni, in «Passato e Presente», VII, 1988, pp. 11-36.
108
C. COVATO, Sapere e Pregiudizio. Educazione delle donne tra Settecento e Ottocento,
Archivio Guido Izzi, Roma, 1991.
109
L. GUERCI, La sposa obbediente. Donna e matrimonio nella discussione dell’Italia del
Settecento, Tirrenia, Torino, 1986.
32
proponendo – rimanendo nell’ambito delle posizioni moderate – il modello
educativo di Fénelon nel trattato De l’éducation des filles (pubblicato nel
1687), di madame Campan110 nel trattato De L’education (1824), di
madame de Genlis111, ecc., sostenendo la necessità per le fanciulle di essere
istruite oltre che nei lavori donneschi, nella lingua, nel disegno, nella storia
e nella geografia ma privilegiando indubbiamente l’educazione rispetto
all’istruzione, l’educazione del cuore rispetto a quella della mente.
Risulta, pertanto, pressoché naturale che all’interno del conservatorio
della Misericordia si auspicasse e si determinasse nelle regole – reggenti il
conservatorio – un’educazione avente quel triplice scopo morale, civile e
religioso, proprio perché l’assunto di base era rappresentato da questa
visione squisitamente ottocentesca che, usando le parole della S. Soldani,
attribuisce alla donna un ruolo simbolico che la consacrava ad essere la
custode oblativa della moralità, dell’armonia e della concordia del genere
umano112.
A rimarcare il ruolo educativo della Misericordia fu anche la forte
reazione del Sindaco di detto conservatorio all’apertura di una casa di
tolleranza in prossimità di esso.
L’irritazione e la conseguente ribattuta del Sindaco a questa inconsulta e
frettolosa decisione fu immediata nonché vivida tanto da rivolgersi
all’Arcivescovo di L’Aquila, Monsignor L. Filippi, affinché intercedesse
con la propria autorità presso l’Ufficio di Pubblica Sicurezza per far
chiudere, ovvero non autorizzare, anzidetto bordello.
110
Jeanne-Louise-Henriette Genet, più conosciuta come Madame de Campan, fu dama di
compagnia dell’imperatrice Maria Antonietta e direttrice dell’educandato di Écouen
finalizzato all'educazione delle figlie e delle sorelle dei membri della Legione d'Onore.
Dopo la caduta dell'imperatore e la restaurazione sul trono dei Borboni, nel 1814 la scuola
venne chiusa e Madame Campan fu tacciata come traditrice. Madame Campan si ritirò a
Mantes, dove si dedicò all'attività di saggista. Scrisse De l'Education des Femmes (1827)
pubblicato postumo da Laterza con il titolo De l'education. Per alcuni cenni biografici si
vedano: M.F. BARRIÈRE a M.me Campan, De l’éducation, Paris, vol. 1 [trad. it. Fontana,
Milano, 1827].
111
Madame de Genlis [Stéphanie Félicité du Crest de Saint-Aubin contessa di], nata ad
Issy- l’Évêque il 25 gennaio 1746, scomparsa a Parigi il 3 dicembre 1830, fu istitutrice dei
duchi d’Orléans. Simpatizzante della Rivoluzione, poi invisa al Direttorio, fu per qualche
anno in esilio. Rientrò in Francia nel 1802 e fu nominata ispettrice per l’istruzione
elementare. La sua pedagogia, di carattere pratico, si manifesta nei seguenti scritti: S. F. DU
CREST DE SAINT-AUBIN, MADAME DE GENLIS, Adèle et Théodore ou Lettres sur
l’éducation, Paris, Lambert & F. J. Baudouin, 1782; Les petits émigrés, ou Correspondance
de quelques enfants: ouvrage fait pour servir à l’éducation de la jeunesse, Paris, Onfroy,
1798; Maison rustique pour servir à l’éducation de la jeunesse ou retour en France d’une
famille émigrée, Paris, Maradan, 1810. Il suo messaggio pedagogico trapela, altresì, nei
romanzi sentimentali quali: Les Chevaliers du Cygne (1795); Mademoiselle de Clermont
(1802). Più letti sono ancora oggi i Mémoires. Madame de Genlis viene menzionata anche
nelle Lezioni di Pedagogia A.A. 1903-1904 del prof. LUIGI CREDARO nella Dispensa n. 36,
p. 281, dove il prof. parla degli “anti-Emilo” tra cui annovera, oltre alla Genlis, anche JeanJoseph Cajot, il Cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, Jean- Henri-Samuel Formey.
112
C. COVATO, idem.
33
Era indubbiamente impensabile mettere a fianco ad una Opera Pia che
impartiva istruzione ed educazione alle orfanelle un luogo immorale quale
una casa chiusa.
Nella carta sciolta del 16 luglio 1881113 il Sindaco della Misericordia, il
sig. re Micheletti, infatti, scrive a Monsignor L. Filippi:
«In prossimità di questo Stabilimento è stata aperta una casa di tolleranza.
Tale ridotto è uno scandaloso controsenso a questa Opera Pia, la quale si occupa
dell’istruzione civile e religiosa di povere orfanelle onde scamparle dalla
corruzione e fornir loro un onesto avvenire. Tale santissimo ed utilissimo scopo
merita di esser protetto e garantito da qualsiasi scandalo e disturbo che in vicinanza
del Pio Istituto potrebbe verificarsi in ogni istante, per grida incomposte, canti
diurni e notturni, risse ed altro.
Dopo essermi perciò diretto dal Prefetto della Provincia, pregandolo a voler inibire
in quel luogo tale ridotto, adempio ora al dovere di darne conoscenza anche
all’E.V. Ill.ma e Rev.ma onde si degni interporre i suoi autorevoli uffici presso la
sullodata autorità, a fine di conseguire più facilmente l’intento.
Il Sindaco Amministratore. Micheletti».
Nella seconda facciata della su menzionata carta sciolta è presente la
risposta del Prefetto al Pro Vicario Generale della diocesi di Aquila ovvero
viene comunicata la decisione di diniego alla apertura della casa di
tolleranza nel ridotto vicino al Conservatorio di S. Maria della Misericordia.
Nella risposta si legge:
«Nel porgere riscontro alla nota di N.S. al margine segnata 114 mi pregio rassicurare
V.S. Ill.ma e Rev.ma che per ragione di pubblica morale non fu permesso da questo
Ufficio di pubblica sicurezza l’apertura della Casa di Tolleranza in prossimità del
Conservatorio della Misericordia. Il Prefetto».
Per quanto attiene, invece, strettamente l’istruzione nel conservatorio
della Misericordia non vi sono fonti documentarie che attestino una vera e
propria attività d’insegnamento per tutto il periodo pre-unitario; negli anni
antecedenti l’Unità d’Italia, infatti, il programma educativo del
conservatorio prevedeva che le fanciulle venissero educate alla moralità
cristiana, alla religione e alle arti, ovvero prevalentemente in attività
manuali femminili (pratiche di ricamo, filatura, tessitura) e servili in vista
del matrimonio o, di contro, della monacazione.
L’istruzione ad intendimento “civile” – come estrinsecato nelle fonti
documentarie – interessò il periodo post-unitario; si ricorda che il
113
Carta sciolta di due facciate in cui la prima è intestata Conservatorio di S.ta Maria della
Misericordia, oggetto: Inibirsi una casa di tolleranza, datata Aquila degli Abruzzi 16 luglio
1881, indirizzata all’Arcivescovo dell’Aquila dal Sindaco del Conservatorio al fine di
informarlo sulla scandalosa (così viene appellata nel testo) decisione di aprire una casa di
tolleranza nelle vicinanze dello stesso Conservatorio. Il Sindaco esorta l’Arcivescovo ad
intercedere con la sua autorità affinché detta Casa venisse chiusa. ADA, Busta 614, fasc. 5,
Casa di tolleranza, p. 1.
114
Al margine è presente l’oggetto del documento, ovvero “Casa di tolleranza”. ADA,
Busta 614, fasc. 5, Casa di tolleranza, p. 2.
34
conservatorio della Misericordia, così come pure la Scuola Pia S. Paolo,
sopravvisse prima alle leggi di soppressione francese delle corporazioni
religiose e dopo a quelle post-unitarie, ovvero alla Legge del 7 luglio
1866115 e alla successiva Legge del 15 agosto 1867116 sugli enti ecclesiastici
in genere.
Le figure deputate ad erogare istruzione nel conservatorio della
Misericordia furono essenzialmente le suore Stimmatine che si insediarono
nel conservatorio nel 1858 e vi rimasero fino al 1942.
L’istruzione dispensata dalle religiose era paragonabile all’elementare del
grado inferiore e comprendeva: l’insegnamento religioso cattolico; la
lettura; la scrittura; nozioni di aritmetica, lingua italiana; cenni sul sistema
metrico.
Seppur non legittimamente, in quanto operavano dentro un conservatorio,
le religiose della Misericordia nella pratica cercavano di conformarsi,
nonostante gli ovvi limiti - derivanti da aspetti concausali quali l’esiguità del
materiale didattico e dei luoghi deputati all’istruzione (aule) derivanti da
una scarsezza delle risorse finanziarie - ai contenuti didattici dei programmi
per le elementari di grado inferiore della Legge Casati (R.D. 3725 del 13
novembre 1859; R.D.1492 del 10 ottobre 1867) prima e della Legge
Coppino dopo (L. 3961 del 15 luglio 1877); a riprova di quanto suaccennato
è anche il fatto che nel conservatorio le fanciulle ricevevano un’istruzione
fino a 8anni e, dopo il 1877, fino a 9 anni.
Circa l’educazione/istruzione affidata alle suore Stimmatine, nella carta
sciolta manoscritta, di 2 facciate, intestata Consiglio Generale degli Ospizi
del Secondo Abruzzo Ulteriore. Segretariato, n. protocollo 18.93, datata
Aquila 18 luglio 1857, oggetto: Sulla educazione delle alunne nel
Conservatorio della Misericordia in Aquila, indirizzata al Vescovo di
115
Con la LEGGE 7 LUGLIO 1866 il nuovo Stato italiano prendeva misure radicali nei
confronti degli enti religiosi cattolici presenti nel Regno e del loro patrimonio. La Legge in
questione disponeva, infatti, la soppressione di ordini, corporazioni e congregazioni
religiose che avesser carattere essenzialmente ecclesiastico in cui si conduceva vita
comune.
Negando loro la personalità giuridica si negava anche la possibilità che gli enti soppressi
fossero proprietari di terre, conventi, monasteri; i loro beni, così, venivano assegnati al
demanio dello Stato, il quale riconosceva a sua volta una rendita del 5% (eguale alla rendita
dei beni incamerati) a favore del Fondo per il culto. Era questo Fondo che, secondo la
Legge, avrebbe dovuto provvedere alla pensione dei membri degli ordini soppressi.
L'ambiguità della Legge manifesta nel riferimento a istituti di «carattere ecclesiastico» e in
cui si conduceva «vita comune» permise la sopravvivenza dei conservatori (istituti di
istruzione femminile) e di altre istituzioni simili.
La Legge della soppressione degli ordini religiosi del 7 luglio 1866 subì una modificazione
ad opera del Deputato Francesco Paolo Catucci il 20.05.1867, proposta che confluì in
quella presentata sullo stesso argomento dal Deputato Cannella (vd. ARCHIVIO STORICO
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, Resoconti dell’attività legislativa, Legislatura X, Sessione I,
fasc. n. 17, Iniziativa parlamentare).
116
La LEGGE del 15 AGOSTO 1867 soppresse 25.000 enti ecclesiastici che non avevano cura
d'anime. I beni immobili e i fabbricati di proprietà degli enti soppressi passarono a Comuni
e Province per essere adibiti ad uso pubblico (scuole, asili, ospedali, caserme ecc.); lo Stato
incamerò anche i manoscritti, le opere d'arte, ecc., degli enti soppressi, destinandoli a
biblioteche e musei pubblici.
35
Aquila, Mons. Luigi Filippi, si comunica a quest’ultimo la decisione della
Congrega di Santa Maria della Misericordia di affidare l’educazione morale
e civile delle fanciulle del Conservatorio alle suore Stimmatine.
«IIl.mo e Re.vo Signore
Se Signor Sindaco Amministratore del Conservatorio di S. Maria della
Misericordia di questa città ha manifestato che la maggioranza della nobile
Confraternita sotto lo stesso titolo con deliberazione diei 28 scorso giugno ha
provveduto che la educazione morale e civile delle alunne fosse affidata alle
Religiose Stimmatine117, purché le Regole di quest’ordine religioso si accomodino
alla dipendenza degli Amministratori.
Mi pregio manifestare a V. S. Ill.ma e Rev.ma una tale proposizione pregandola a
favorire al Conservatorio gli suoi riscontri a riguardo.
L’Intendente Presidente. Dammarca118».
Di fianco alla comunicazione del Consiglio Generale degli Ospizi è posta
la seguente breve risposta del Vescovo L. Filippi:
«Si risponde.
Si è scritto alla Superiora Generale in Firenze, prospettandole le condizioni che si
propongono, e quando si avrà il riscontro si farà conoscere. F. Luigi Vescovo 119».
Circa l’operato delle suore Stimmatine nel conservatorio della
Misericordia, in particolare dopo la formazione del nuovo Stato unitario,
sorge qui spontaneo un interrogativo:«Queste religiose possedevano la
patente richiesta alle maestre?».
Se anzidette religiose avessero o meno la patente – obbligatoria per le
maestre con lo Stato unitario - per l’esercizio della loro professione nel
conservatorio è impossibile stabilirlo con precisione dato la mancanza di
fonti documentarie in merito, si possono, di contro, qui rievocare le
obiezioni che l’ordine delle Stimmatine mosse alle autorità scolastiche
sintetizzate in una lettera del loro Sindaco apostolico Giovanni Battista Del
Turco circa l’obbligo della patente per le maestre.
In questa lettera si fa presente alle “nuove” autorità scolastiche che il fine
della loro congregazione era quello di provvedere alla educazione delle
povere orfane e di fanciulle di bassa condizione sociale alle quali non
occorrevano titoli di studio; si precisa, inoltre, che essendo religiose,
l’abilitazione era data all’istituto in quanto tale e non alle singole suore e
che mai in passato le religiose avevano subito esami per ricevere la patente.
Nella lettera di G. B. Del Turco, infatti, è scritto:
«[…] Non convengo che voi altre dobbiate sostenere un esame, tanto più che
mai fin qui le monache sono state esaminate. Se vogliono darvi la patente, dovete
117
Sottolineatura nel testo. ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel
Conservatorio della Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857, p.1.
118
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio della
Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857, p. 1.
119
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio della
Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857, p. 2.
36
dire che questa la diano senza l’esame come fanno in Toscana, giacché la scuola è
affidata all’intero corpo dell’istituto e in tal caso la diano a voi soltanto, giacché la
maestra siete voi e le altre sorelle sono costì per coadiuvarvi soltanto, e per supplire
al disimpegno dei bisogni domestici. Dite poi che il vostro scopo è togliere dalle
strade le povere bambine, e istruirle nella dottrina cristiana e nei doveri religiosi e
poi dar loro una istruzione elementare nei lavori di cucito, di calza, nella lettura,
nello scritto e nei principi di aritmetica, convenientemente alla loro condizione di
povere, e che a forma dello scopo dell’istituto voi non siete venute ad insegnare la
grammatica ed altre cose più elevate. Quando si ostinassero per esigere da voi che
insegnaste anche queste materie, e che doveste sottoporvi agli esami, io preferirei
mio malgrado di far chiudere la scuola […]120».
Questa linea di difesa trovò parere favorevole nell’ex Stato Pontificio e
nell’Ex Regno delle Due Sicilie ma non certo nel Lombardo-Veneto e nel
Regno di Sardegna dove le amministrazioni preferivano conformarsi alle
leggi del nuovo Stato italiano ordinando la chiusura di diversi ritiri121.
L’incontro avutosi nel 1864 tra la Superiora Generale Stimmatina con il
Papa Pio IX – il quale aveva dichiarato che sostenere un esame per la
patente non era poi cosa così sconvolgente – non smosse l’Istituto dalla sua
posizione.
Le Stimmatine ricorsero anche alla S.C. dei Vescovi e Regolari dalla
quale ebbero la risposta che i Vescovi non potevano obbligarle né a
sostenere esami né a conseguire diplomi122.
Si può pertanto dedurre che le suore Stimmatine della Misericordia non
avessero una patente in quanto appartenente ad una comunità educante che
vestiva l’abito e operante all’interno di un conservatorio e non di un
educandato.
Inoltre, il conseguimento della patente comportava da parte della
religiosa un’obbedienza allo Stato e non alla Superiora, venendo così meno
il principio di dipendenza della stessa religiosa dalla Superiora nello
svolgimento del proprio apostolato.
All’interno dello stesso conservatorio della Misericordia fu progettato di
erigere una scuola per ragazze appartenenti a famiglie agiate della città di
Aquila e del contado con un progetto approvato con la Deliberazione del 28
gennaio 1859 dalla Confraternita di S. Maria della Misericordia123.
In merito, nella carta sciolta manoscritta di 2 facciate avente quale
oggetto: Progetto per aprirsi nel Conservatorio della Misericordia di
120
ANONIMO, Cent’anni di vita dell’istituto delle Suore Stimmatine, 1850-1950, FirenzeGalluzzo, Casa madre, 1960, pp. 171-172.
121
ANONIMO, Cent’anni di vita, cit., pp. 189 ss.
122
«[…] Ricevuta l’approvazione, la madre rivolgeva a Mons. De Luca alcuni quesiti. 1. Se
i Vescovi possono obbligarci a prendere esami o diplomi. Risposta: No, affatto, perché ciò
è tutta parte della superiora dell’istituto, spetta ad essa il tenerlo fermo. Anzi stiano
fermissime; come sono state fin qui, mentre cedere ed accettare leggi del governo, sarebbe
un disdoro per l’istituto. Piuttosto chiudano qualche casa […]». ANONIMO, Cent’anni di
vita, op cit., p. 200.
123
ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio della Misericordia di
Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con allegata Copia Deliberazione, pp.1-2.
37
Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate (carta intestata Consiglio
Generale degli Ospizi del Secondo Abruzzo Ulteriore. Segretariato, n.
protocollo 339, n. spedizione 236, datata Aquila, 4 febbraio 1859),
indirizzata al Vescovo di Aquila e firmata dal Presidente, Consigliere
Decano, il sig. re Candido Colucci, è scritto:
«Aquila, 4 febbraio 1859
Ill.mo e Rev.mo Signore
La fratellanza di S. Maria della Misericordia con Deliberazione diei 28 passato
Gennaio ha progettato di aprirsi una scuola nel locale del Conservatorio per le
ragazze di famiglie agiate.
Il Consiglio Generale non incontra difficoltà dal suo canto ad approvare un tal
progetto in tutte le sue ipotesi. Pria però di dare le sue provvidenze al riguardo
trasmette a V. S. Ill.ma e Rev.ma la Copia conforme della detta deliberazione,
pregandola a favorirgli il di lei avviso.
Il Presidente, Consigliere Decano, Candido Colucci».
Nella seconda pagina del documento è scritto quanto segue:
«Aquila, 8 marzo 1859
Signore
A seconda della deliberazione presa dalla fratellanza di S. Maria della Misericordia
di questa città del giorno 25 di Gennaro ultimo con’ piacere accolgo in tutte le sue
parti, il divisamento di essa, di aprirsi cioè una scuola nel locale di quel
Conservatorio per le ragazze di famiglie agiate.
Mi pregio manifestarlo a Lei in riscontro all’Uffizio del Consiglio G.[enera]le degli
Ospizii dei 4 febbraio ultimo n. 335/236».
Copia Deliberazione Allegata
«Conservatorio di S. Maria della Misericordia in Aquila.
L’anno 1859 il giorno 28 gennaio. Previo analogo invito del sig. Sindaco diretto a
tutti i Confratelli si sono riuniti in consulta i sottoscritti ed hanno emessa la
seguente deliberazione. Il Sindaco ha sommesso alla Fratellanza dopo la
costruzione della nuova scuola, è rimasto al di sotto della scuola medesima un
portico in continuazione del cortile il quale luogo coverto potrebbe utilizzarsi per i
vantaggi del Conservatorio, ogniqualvolta venisse chiuso dall’unico lato di oriente
e ripartito sconvenevolmente per addirsi poscia a scuola delle bambine della classe
agiata le qual’altre a quel tanto che occorre pel mantenimento della scuola suddetta
saran tenute di pagare ancora la spesa di vittazione di un orfana per ciascuna. A
quale oggetto ha resa ostensiva alla fratellanza la perizia redatta ai 18 dell’andante
del Perito Francesco Longlei il quale ne fa ammontare la spesa a Ducati 94.71 ed
ha proposto il fondo delle impredevute dell’an/dante esercizio per far fronte alla
spesa nella perizia suddetta dettagliata.
La fratellanza – Intesa la proposizione, esaminata la perizia ed il luogo su cui
intendono farsi i lavori, ha considerato. Che la progettata opera pia vantaggiosa ed
utile pel pio luogo – Che i prezzi nella perizia dettagliati sono regolati – che il
fondo progettato non arreca il menomo disequilibrio a tutti gli esiti ordinari
consueti dello Stabilimento – Che trattandosi di luogo di educazione di giovani
donzelle non se ne può permettere a chicchessia indistintamente l’ingresso, ma solo
38
a persona proba ed onesta di piena fiducia del Sindaco – Delibera 124 – Di
provvedersi in ammi.ne al proposto lavoro ai prezzi dettagliati nella perizia in
parola e col fondo indicato dal Sindaco il quale rimane facoltato a farlo eseguire da
un maestro fabbricatore di sua fiducia e con quel risparmio che potrà ottenere –
Salvo la superiore app.ne fatto e deliberato aggiorno mese ed anno come sopra.
Il Sindaco amministratore [M.] Bonanni.
I confratelli – Ferdinando De Torres – Bartolomeo de Torres – Francesco
Ciampella – Ignazio Pica Alfieri – Teodoro Bonanni – Girolamo Mannini – R.mo
Gibbiono – Dom.[enic]o Coppa – Ignazio Antonelli OlivaTeod.[or]o
Alferioscanio - Per Copia conforme – Il Segretario Conte Domenico Antonelli –
Visto Il Sindaco Amministratore M. Bonanni.
Pel Segretariato del Consiglio Generale degli Ospizi in congedo il Suppliente,
Nicola Lupanchini».
Come si evince chiaramente dalla fonte suddetta fu effettivamente
deliberato il giorno 28 gennaio 1859 di aprire una scuola per le bambine
appartenenti alla classe agiata aquilana da costruirsi nella parte orientale del
conservatorio; il conservatorio, di conseguenza, avrebbe sfruttato un portico
attiguo alla scuola in continuazione del cortile il quale essendo coperto
poteva utilizzarsi «per i vantaggi del conservatorio qualora venisse chiuso
il lato d’oriente125».
Fu stabilito, inoltre, che ognuna delle bambine della classe agiata era
dovuta a pagare una retta utile al mantenimento nella scuola inclusa la spesa
relativa al vitto di un’orfana126 ricoverata nel conservatorio che, come
stimato dal perito, il sig. re Francesco Lonlei, era pari a Ducati 94,71.
Nonostante, però, i vari carteggi fra autorità civile ed ecclesiastica e una
certa premura rivolta alla realizzazione di detto progetto, l’iniziativa rimase
confinata all’aspetto di carattere formale.
Al di là di questa attestazione, infatti, ad oggi non sono state rinvenute
fonti o qualsiasi altra specie di documentazione che attesti l’effettiva
realizzazione di detta scuola.
Una delle cause della mancata realizzazione del progetto può essere
riconosciuta nella difficoltà di ristrutturazione dell’edificio in quanto esso
presentava il non indifferente problema della irregolarità della pianta –
cresciuta su se stessa mediante l’aggregazione successiva di costruzioni
annesse – e quello della parcellizzazione degli spazi tipica della
suddivisione in celle.
Gli unici locali vasti erano rappresentati dalla chiesa e refettorio, quindi
quale altro vasto locale poteva essere adibito a dormitorio per le fanciulle di
classe agiata? Quale alla loro scuola?
124
Grassetto nel testo. ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio
della Misericordia di Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con allegata Copia
Deliberazione, p. 2.
125
ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio della Misericordia di
Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con allegata Copia Deliberazione, p.2.
126
ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio della Misericordia di
Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con allegata Copia Deliberazione, p.2.
39
Tutti questi interrogativi circa la ricerca di spazi ampi da adibire a
“luoghi” per l’educazione concorsero, a mio avviso, alla mancata
realizzazione del progetto; ma, d’altronde, questo rappresentava un remoto
“problema” già esperito da Napoleone I agli inizi dell’Ottocento per le
maisons d’éducation.
APPENDICE DOCUMENTARIA AL CAPITOLO 2
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori:
Santa Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria.
1ª Relazione: Copia del Decreto del Vescovo Basilio Pignatelli del 5 aprile
1596
«Dominus Basilius Pignatellus, Dei et Apostolicae Sedis gratia episcopus
Aquilanus.
Nuper nobis per venerabilem confraternitatem S. Mariae de Misericordia huius
Aquilanae civitatis et eius venerabiles confratres expositum et narratum fuit quod
ipsa quae introytus et redditus quorumdam propriorum locorum stabilium anno
quolibet, die primo cuiuslibet mensis, panes ex salmis circuite triginta frumenti
pauperibus erogare solebat, nuper vero quadraginta virgines pauperes, quindecim
videlicet octava die septembris, festo S. Mariae Virginis, reliquas vero in reliquis
anni temporibus vesti bus cooperire et singulis diebus sex missarm sacrificia in
ecclesia praefata celebrari et alia opera pia in dies fieri procurat, cuperet eosdem
introitus et redditus una cum eleemosinis quae per christifideles eiusdem
confraternitatis largintur convertere in alimenta pauperum virginum quae a propriis
matribus male custodiuntur et egestate oppresse ad pubblice peccandum sese ipsas
inducunt. Et simun eadem subiungebat expositio, si virgines ipse in domibus et
habitationibus praedictae confraternitatis quas commodas reddere intendit
cogeretur etiam invitae habitare proculdubio peccatis pubblicis huiusmodi
obviaretur et saluti animarum utique provideretur. Nos enim praedictis omnibus
auditis et diligenter consideratis ac plene pro veritate informati quod tum propter
paupertatem qua premuntur, tum etiam propter negligentiam, imo malam
custodiam quam matres erga proprias earum filias egenas et vilis conditionis
habent et quod deplorandum est opera propria matruum saepe virgines annorum
duodecim etiam minores in postribulum adducuntur, quae Deum quem amassent,
conlaudassent et glorificassent si sub bono fidoque gubernio permansissent ibidem
publice luxuriando ad iram prococant et inducant et quod si in civitate erigatur
locus in quo alii gubernari et diligenter custodiri possint huiusmodi paupere
mulieres, id totum in gloriam et honorem omnipotentis Dei, eiusque gloriosissime
matris Virginis Mariae ac in animarum confratrum dictarumque mulierum et
aliorum ominium qui eleemosinas pro opere tam pio mantenendo debuntur salutem
redundabit. His et aliis bene pensatis decretum et determinationem de convertendo
introitus in alimenta dictarum pauperum per eamdem confraternitatem factam
laudamus et nostra auctoritate ordinaria comprobamus et ex equi mandamus, factis
tamen prius per eamdem confraternitatem capitulis et statutis perpetuo observandis
et per nos approbandis in administratione praedicta quam eidem confraternitati
perpetuo relaxamus. Volumus autem quod missarum sacrificia in ecclesia paedicta
iuxta antiquam consuetudinem et prout hactenus observatum est celebrentur et quae
in honorem beatissimae Virginis in ea hucusque facta et recitata sunt omnibus
futuris temporibus recitentur et fiant, et quatenus poterint augeantur, reservato si
40
necesse fuerit Sanctae Sedis Apostolicae assensu et beneplacito desuper
impetrando. In quorum omnium et singulorum fidem etc. has presentes fieri
facimus per nostrum nostra eque curiae actuarius, nostra propria manu subscriptas
ac soliti quo in his utimur maioris sigilli apprensione munitas. Dat[um] Aquilae, in
episcopali palatio, die quinta mensis aprilis 1596. Dominus Basilius, episcopus
Aquilanus. Loco pendentis supradicti sigilli».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori:
Santa Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria.
2ª Relazione: 1615-1681: Conservatorio di Santa Maria della
Misericordia. Legati e Documenti
«Documenti che si indicano a favore del Conservatorio della Misericordia della
città di Aquila e sue figliole zitelle, povere, et orfane di scritture di notari della
stessa città.
In giustificazione al Legato Pio lasciatoli dal qual Ferdinando Alfieri di Annucci
D.[ucati] 100 per due maritaggi ogni anno di esso confirmato da Giovanni, e
Bernardino Quintlij di lui eredi […] e perciò da non doversi ridurre à somma
minore, siccome inragionevolissimamente à pretende dal Sig.re B. Coppa erede
degli eredi delli pii disponesti.
1615 = Nel die 24 novembre per notar Giuseppe Balmo dell’Aquila = Instrumento
di Ferdinando Alfieri col legato di annui D.[ucati] 100 al Conservatorio suddetto
per maritaggi due ogni anno delle di lui zitelle povere, et orfane.
1615 = Nel die 19 dicembre = Per Notar Giuseppe Balmo = Donazione del
med.[esi]mo Ferdinando Alfieri di tutti i suoi beni a beneficio degli stessi Quintio,
e Gasparo Quintlii che instituì eredi col peso di soddisfare tutti i legati ordinati nel
suo testamento.
1615 = Nel die 30 dicembre = Nell’atti della Corte della Città dell’Aquila appresso
Notar Giuseppe Saliscone attuari odi quella = Inventario delli beni mobili di
Ferdinando Alfieri fatto ad istanza di Francesca Alfieri.
1616 = Nel mese di gennaro = Per notar Giuseppe Balmo dell’Aquila = Instrumenti
fatti le giornate 7,12,13,14, e 19 Gen[nnai]o sud[ett]o, con li quali Gasparo, e
Bernardino Quntilii, come eredi e donatori di Ferdinando Alfieri, siccome
aperirono, fecero affitto delli beni stabili del medesimo, che una per uno
nominarono alle seguenti persone, cioè Antonio Castiglia, Gio: Francesco
Bartolomeo, Gio:Battista, e Scipione, Fabio Alfonso di Bazzano, Gio:Domenico
Pezzino dell’Aquila, Francescantonio Candolfo, Giuseppe Tantitto, e Crisostomo
Martilij.
1617 = 1° Ottobre = Nota di beni stabili di Ferdinando Alfieri […].
1681 = 1° Gennaro = Per nota Notar Marc’Antonio Petanzio dell’Aquila
Testamento di Giovanni Quintilii dove ordina il suo erede Bernardino Quintilii la
soddisfazione del legato pio di Ferdinando Alfieri al Conservatorio, anche per il
tempo passato che non era stato soddisfatto.
1681 = 8 luglio = Per notar Bernardo Battaglia de Lollis dell’Aquila = donazione di
Bernardo Quintio [Quintilii] fratello di d:[etto]o Giovanni a beneficio di Giulia sua
figlia di tutti i suoi beni col peso di soddisfare li legati pii di ogni altro suo erede,
per esonerare, disse, la mia coscienza e la mia anima.
1681 = 22 ottobre = Per Notar Filippo Magnante = Inventario delli beni di
Bernardino Quintilii fatto da Giulia Quintilii sua erede e donataria».
ADA, Busta 614, fasc. 1, Santa Maria della Misericordia. Comunicazione
dell’Ufficio Notarile al Vescovo, Notaio Celestino Filippi, Roio ottobre
1858
41
In questa comunicazione, una carta sciolta, manoscritta, di tre facciate, il
notaio Celestino Filippi, residente in Roio, rende noto al Vescovo della
Diocesi di Aquila, Filippi Luigi, del testamento della Sig.ra Maria De Santi,
del fu Bernardino, sottoscritto presso di lui il giorno 4 maggio 1854 in cui la
Sig.ra De Santi lascia i suoi averi, quale erede universale, a favore del pio
conservatorio della Misericordia. Si trascrive a seguire la carta:
«Eccellenza Reverendissima
In adempimento di quanto è prescritto nel Real Decreto de 18 maggio 1857 mi fo il
dovere informarla, che la Sig.ra Maria De Santi del fu Bernardino, di Aquila,
Priora del Venerabile Conservatorio della SS.ma Misericordia della stessa città di
Aquila, nel giorno 4 maggio 1854 per mano di me Notaio fece il suo testamento in
forma mistica, ed essendo passata all’altra vita si procede nel Regio Giudicato di
questo circondario di Aquila all’apertura di detto testamento, nel quale si trovò.
1°
2°
3°
4°
5°
6°
Che la stessa testatrice Sig.ra Maria De Santi lasciò D[ucati] 200: = al
Conservatorio della SS.ma Misericordia di Aquila, per erogarsi nei di Lei
funerali, per la celebrazio degli uffici di costume e messa cantata, e voleva
che il di lei cadavere ivi fosse seppellito. /
Lasciò allo stesso Conservatorio della SS.ma Misericordia altri Ducati 500:
= da impiegarsi nell’acquisto di uno o più fondi e con la rendita annuale,
detratti i presi, celebrarsi tante messe nella Chiesa di Santa Maria della
Misericordia per quante ve ne entrano a gn[una]a 20 l’una, e ciò in
perpetuo, applicandosi per l’anima di essa benefattrice a dei pii benefattori
del Conservatorio.
Istituì suo erede universale il ripetuto luogo pio in tutto il rimanente della
di lei eredità e specialmente in altri Ducati 1000 = oltre i mobili, e che tale
somma fosse impiegata, all’acquisto e compra a favore di detto pio luogo
in tanti fondi stabili, o in mutui fruttiferi e del fruttato o rendita impiegarsi
pel mantenimento di una o più orfane.
Che tutti i mobili come biancheria ed altro siano del luogo pio suddetto per
addirsi ai bisogni delle orfane alunne più povere, specialmente nei rincontri
delle loro malattie, eccettuato il letto come si trova, il quale ha lasciato ad
Annamaria Gioja attuale portinaja del detto Conservatorio.
Che le provviste che si trovano in vino, grano ed altri oggetti di dispensa si
fossero venduti, ed il ritratto distribuirsi a porzioni uguali tra le alunne
orfane di detto Conservatorio nel giorno della morte di essa benefattrice.
Che rinvenendosi altro danaro oltre di quello / descritto sia tutto del luogo
pio con l’obbligo di provvedere qualche cosa di necessario per la detta
Chiesa.
Stante ciò lo trasporto a Lei per l’uso di risulta, pregandola accusarmene la
ricezione per mio discarico.
Il Notaio residente in Roio, Celestino Filippi».
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 17 maggio 1883
42
«Il Cancelliere della Curia Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, riscontrati i
relativi processi127 esistenti nell’Archivio di essa Curia
Certifica
Che le due semplici Cappellanie col titolo di S. Maria della Misericordia, erette
nella Chiesa sotto la stessa invocazione in questa città sono di patronato laicale de’
due rami della nobile famiglia Gentileschi di Aquila; - cioè la prima di assoluto
patronato dei discendenti del fu D. Bernardino Gentileschi, marito della fu
D.[onna]a Teresa Porcinari a cui venne il patronato - e che per la morte del Rudo
(?) D. Stanislao De Marinis con bolla dei 2 settembre 1829 venne conferita mercé
nomina128 dei compadroni Rev.mo Sig.re Canonico D. Bernardino, Sig.re D. Carlo
Gentileschi, nonché del Luigi – questi figlio della nominata Sig.ra Porcinari –, del
Sig.re D. Angelo Gentileschi, al Sig.re Giallorenzo Gentileschi nipote e figlio
rispettivo de’ nominati.
E l’altra di patronato comune degli stessi Sig.ri Gentileschi, e dell’altro ramo
dipendente dal fu D. Andrea Gentileschi quam D. Equizio; la quale seconda
Cappellania dopo la nomina del Sig.re D. Andrea Gentileschi, nonché dei Sig.ri D.
Carlo e D. Bernardino Gentileschi fu pur conferita al D. Gio: Lorenzo Gentileschi
con bolla dei 4 giugno 1836, per rinunzia fattane dal Rev.mo Sig.re Canonico D.
Bernardo Gentileschi che ne era stato investito per nomina avutane da suo padre D.
Luigi, e dai Sig.ri D. Giase e D. Andrea Gentileschi.
Che l’ultimo investito di entrambe queste Cappellanie fu il Rev.mo Canonico D.
Gio: Lorenzo Gentileschi, defunto ai 25 settembre 1871.
Che al presente il Sig.re Giuseppe Gentileschi è l’unico nappe (vappe) del ramo
di D. Andrea; come i Sig.ri D. Luigi, D. Filippo, e i figli del fu D. Angelo
Gentileschi lo sono dell’altro ramo di D. Carlo.
Aquila 19 giugno 1873».
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 12 marzo 1872
«[Cancelleria della Curia Arcivescovile dell’Aquila degli Abruzzi] Riscontrato il
relativo processo esistente nell’Archivio
Certifica
Che il beneficio semplice col titolo di S. Maria della Misericordia eretto nella
Chiesa sotto la stessa in vocazione di questa città, sia di padronato, laicato e
propriame129, della nobile famiglia Gentileschi di Aquila, e che l’ultimo investito fu
il Sacerdote D. Gianlorenzo Gentileschi, defunto il dì 25 settembre 1871. Perché io
tosti si certifica il presente per uso dell’Intendenza di Finanza Aquila 12 Marzo
1872».
127
Parola poi cancellata e sostituita con “impartenimenti”.
Sul manoscritto è posta sopra il rigo, a modo di nota, tra i seguenti segni ˆˇ.
129
Sul manoscritto è posto lateralmente alla pagina tra i seguenti segni ˆˇ.
128
43
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 17 marzo 1883
«Il Cancelliere della Curia Arcivescovile dell’Aquila degli Abruzzi
Certifica
Che il beneficio semplice eretto sotto il titolo del SS. Sacramento eretto nella
Chiesa della Misericordia di Aquila, di patronato degli eredi del fu Conte Angelini,
posseduto dal Sig.re D. Orlando Pompei non è annesso alcun ufficio ecclesiastico
che debba compiersi personalmente dall’investito.
Per la verità rilascia il presente per solo uso amministrativo dell’Intendenza di
Finanza. Aquila 17 marzo 1883. Il Committente Amministrativo».
ADA, Busta 614, fasc. 2, Acta semplicis Beneficii sub titulo B.a M.a de
Costantinopoli erecti in ecclesia S. M. de Misericordia de jurepatronaty
Familiae Rosanti
Volumetto in forma libelli, manoscritto, quasi tutti i documenti sono datati
metà 1600.La trascrzione della fonte è stata impossibile per il pessimo stato
di conservazione del documento.
ADA, Busta 614, fasc. 3, Acta semplicis ecclesiastici beneficii sub titulo
SS.mi Crucifissi erecti in ecclesia Misericordiae hujus Civitalis de
jurepatronatus familarum Ludovici et Mattucci
Volumetto manoscritto in forma libelli contenente documenti a decorrere
dal 1622 fino al 1768. Il volumetto si conclude con la Copia dell’atto
notarile del Notaio Marcus Ant[oni]us Rietelli di Aquila datato Die
Tricesimo mensis Decembris, millesimo septingentesimo sexagesimo octavo
[vindemia] (ovvero: 30 dicembre 1768 [MDCCLXVIII])130.
Nel manoscritto si legge:
«Costituito personalmente avanti di noi […] Emidio Ciferri di questa città
dell’Aquila, il quale spontaneamente interviene a quest’atto per se stesso, erede,
essendo di età più che maggiorenne, et sui iuris, da una parte. E dall’altra il R.do
(?) fisico Venanzio Benardi cittadino aquilano, similmente agendo alle cose infratte
per se stesso, eredi quale sud.[ett]o di Ciferri principalmente costituito, ha in nostra
presenza asserito, come si rattrovano legittimamente avere il sub di nominare e di
ripresentare il Cappellano “toties(?) quoties vacare contingerit in tre cappellanie, o
siano eccl.ci beneficij”, uno eretto nella Collegiata a parte Chiesa di S. Silvestro,
dentro questa città, sotto il titolo della SS.ma Annunziata = L’altra nell’insigne
Collegiata a parte, Chiesa di S. Pietro di Coppito dentro questa medesima Città,
sotto il vocabolo della Madonna di Loreto = E l’altro finalmente nella Chiesa della
SS.ma Misericordia di questa città, sotto il titolo del SS.mo Crocefisso, ad esso d.
jus di nominare pervenuto per particolare donazione fattali dal fu Domencio
130
Busta 614, f. 3, Copia Atto notarile, p. 1.
44
Mattucci, come appare dal pubblico Istro.[mento] stipolato da me suddetto Notaro
in data 2 Aprile 1748; a cui è stanza assertiva, acciocché dette Cappellanie
venghino più tosto accresciute in divinis, ha deliberato le medesime donare pro una
vice tantum, a per la propria vacanza, con tit.o di particolare donazione tra vivi, a
favore di esso Venanzio Benardi, e volendo pertanto detta sua deliberazione ad
effetto mandare: Quindi è, chi esso Emidio Ciferri da ora ha donato, e dona con
donazione irrevocabile tra vivi, a favore dell’anzidetto fisico Venanzio Barnardi
per se, eredi, le descritte tre nomine di Cappelle, o siano semplici Ecclei Beneficis
[…]».
ADA, Busta 614, fasc. 4, Acta semplicis ecclesiastici benefici sub titulo
S.mi Crucifissi erecti in eccelesia S.M. de Misericordia hujus Civitatis de
jurepatronatis familiae Pipino
Volumetto manoscritto in forma libelli. I documenti sono datati da
marzo1690 al maggio 1769.
ADA, Busta 614, fasc. 6, Lasciti di Ferdinando Alfieri al Conservatorio
della Misericordia
«Documenti che si indicano à favore del Conservatorio della Misericordia della
Città dell’Aquila, e sue figliole zitelle, povere et orfane di scritture di Notari della
stessa città.
D. Ferdinando Alfieri con atto del Notar Giuseppe Balmo del 24 Novembre 1615,
lasciò:
1. Al conservatorio suddetto due maritaggi;
2. All’edificio di s. Francesco ducati 25;
3. All’edificio dei Cappuccini ducati 20;
4. All’edificio di S.M. Paganica ducati 10;
5. All’edificio di S. Pietro Coppito ducati 10;
6. All’edificio San Marciano ducati 10;
7. All’edifico di S. giusta ducati 10 ».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Controversia tra il Vescovo di Aquila e la
Congrega di S. Sisto intorno al diritto della gestione interna (patronato)
dei Conservatori di Santa Maria della Misericordia e SS.ma Annunziata.
Copia della sentenza 17 del marzo 1860
Si tratta di un manoscritto di 6 facciate contenente la Copia della Sentenza
emessa il 17 marzo 1860 dalla Consulta del Regno e Consiglio di Stato circa
la disputa insorta tra il Vescovo di Aquila e la Congrega di S. Sisto intorno
al diritto della gestione interna (patronato) dei due Conservatori di donne
della città, in primis quello della SS.ma Annunziata e, congiuntamente,
quello di Santa Maria della Misericordia.
Il Vescovo sottolinea che in base ai sovrani Rescritti del 25 luglio 1851 e
del 31 agosto 1853, la disciplina interna, nonché il controllo
45
sull’ammissione ed uscita delle fanciulle dai due Conservatori era facoltà e
diritto del Vescovo.
A quanto de iure il Vescovo rivendicava, si opponeva fermamente la
Congregazione di S. Sisto che, di contro, reclamava, appellandosi al Reale
Dispaccio del 1783 (in cui si evince il diritto di patronato della stessa) ed ai
successivi Rescritti dell’8 marzo e 18 dicembre 1852, l’amministrazione e
controllo interno del conservatorio dell’Annunziata nonché quello della
Misericordia.
Valutate queste rivendicazioni, la Commissione degli Affari Interni e delle
Finanze osserva che, in base alla reale Risoluzione del 25 luglio 1851 e
posteriore Rescritto 31 agosto 1853, al Vescovo, ovvero all’ordinario
diocesano, spettava disciplinare la parte morale e religiosa del
Conservatorio, inclusa, però, l’ammissione delle fanciulle nell’istituto
stesso, in quanto era spettanza dell’ordinario diocesano sceverare la moralità
delle future “ricoverate”, di entrambi i Conservatori ma non il diritto di
patronato che rimaneva alla Congrega di S. Sisto. Pertanto la Commissione,
il 18 novembre 1856 “portava avviso” che la determinazione 25 luglio 1851
e 31 agosto 1853 non potevano essere applicabili ai due conservatori che
rimanevano di padronato della Confraternita. Questa notificazione della
Commissione divenne sentenza il 17 marzo 1860.
A seguire si riporta integralmente la Copia della sentenza.
«Sessione del dì 17 marzo 1860.
Il Vescovo di Aquila in un rapporto diretto al Ministero degli Affari Ecclesiastici
domandava che in esecuzione dei due Sovrani Rescritti diei 25 luglio 1851 e 31
agosto 1853 gli si affidasse la disciplina interna dei due Conservatorj esistenti in
quella città sotto il titolo della SS.ma Annunziata, e di S. Maria della Misericordia,
nonché la vigilanza su l’entrata e l’uscita delle giovini. E rammentava gli
inconvenienti avvenuti dall’essere la disciplina dipesa da un’amministrazione
laicale. Si opponeva alle domande del Vescovo la Congregazione sotto il titolo di
S. Sisto, e diceva che avendo essa il padronato dei due Conservatorj,
l’amministrazione dei beni di essi, nonché l’esclusiva vigilanza per la disciplina
interna, e per l’ammissione delle giovani; cose attribuitele da un Real Dispaccio del
1783, erano da applicarsi non già i due Rescritti invocati dal Vescovo, bensì i
Rescritti degli 8 marzo e 18 dicembre 1852, che le conservavano i diritti conferiti
dalla sovrana potestà. Sua Maestà per l’organo del Ministero dell’Interno ordinava
questa consulta di dar parere.
La Commissione degli Affari Interni e delle Finanze osservava che colla Sovrana
risoluzione dei 25 luglio 1831 presa in seguito delle rimostranze episcopali la
disciplina interna per la parte religiosa e morale dei Conservatorj di qualunque
natura rimaneva affidata agli ordinari diocesani: che come una conseguenza di
questa sovrana risoluzione, col posteriore rescritto dei 31 agosto 1853 si ordinò non
potersi ammettere giovane, o donna nei Conservatorj di qualunque natura se non
previo il permesso dell’ordinario diocesano, cui spettava esaminare se la condotta
religiosa e morale dell’aspiranta il consentisse; ed il permesso di uscire
temporaneamente dallo Stabilimento dover essere dato di accordo dell’ordinario
diocesano, e da governatore del pio luogo, dovendosi, in caso di opposizione del
primo, vietare l’uscita.
Osservava che coi Sovrani rescritti degli 8 marzo e 18 dicembre 1852 S[ua]
M.[aestà] dichiarava non aver inteso colla sovrana determinazione dei 25 luglio
1851, distruggere e derogare in menoma guisa i privilegi e i patronati
legittimamente acquistati dalle Commissioni amministrative di beneficienza, dai
46
Comuni, dalle Confraternite e da altri rappresentanti i Luoghi Pii laicali: che la
spiegazione autentica data da S.M. con questi Rescritti, Rescritto dei 25 luglio
1851 non poteva non servir di norma alla intelligenza da darsi alla posteriore
Sovrana Determinazione dei 31 agosto 1853: che per conseguenza siccome aveva
S.M. dichiarato che la disciplina interna per la parte religiosa doveva intendersi
affidata ai Vescovi col rescritto dei 25 luglio 1851, ove non si opponesse padronato
o privilegio di qualche Confraternita nel modo stesso intendersi doveva il
posteriore Rescritto dei 31 agosto 1853, il quale come una conseguenza di quello
dei luglio 1851 aveva dato disposizioni circa l’entrata e l’uscita delle donne dai
Conservatorij.
Osservava che con il dispaccio del 1783 vennero dal Sovrano approvati gli statuti
della Confraternita di S. Sisto, nei quali essa, siccome era quella che aveva fondato
/ e dotato i due Conservatorij, ritenne il diritto di amministrarne le rendite, di in
vigilare sulla condotta delle giovani di decidere della loro ammissione, di nominare
il confessore e gli altri ufficiali amovibili ad nutum131, e tutto ciò
indipendentemente da qualunque autorità ecclesiastica; e che questi diritti
legittimamente acquistati dalla Confraternita in virtù di una Sovrana concessione
dovevano esserle conservati.
Quindi ai 18 Novembre 1856 portava avviso non essere applicabili le
Determinazioni contenute nei due registri dei 25 luglio 1851, e 31 agosto 1853 ai
due Conservatorj di Aquila di padronato della Confraternita di S. Sisto.
Partecipato questo avviso al Vescovo di Aquila quel Prelato in una memoria diretta
al Ministero degli Affari Ecclesiastici diceva essere il dispaccio del 1783 caduto sul
falso esposto dalla Confraternita di avere essa il padronato dei due Conservatorj per
averli fondati e dotati. E coi seguenti documenti che presentava cercava di mostrare
la falsità dell’esposto dalla Confraternita e nel tempo stesso non solo il suo diritto
su tutto ciò che riguardava il regolamento dei due pii luoghi ma anche il padronato
del Conservatorio dell’Annunziata. Un Decreto del 10 luglio 1615 col quale il
Vescovo di quel tempo erigeva un Conservatorio di donne convertite in alcune case
acquistate per tale oggetto colle limosine di uomini pietosi destinava dei probi
uomini perché ristaurassero quelle case ed alimentassero le donne da esservi
accolte. Un istrumento dei 20 dello stesso mese ed anno del quale la Congrega di S.
Sisto alla presenza del Vescovo dopo avere dichiarato di possedere nella qualità di
patrona la Chiesa dell’Annunziata cedette alcune stanze al Conservatorio delle
convertite onde aver accesso alla Chiesa ed assistere alle opere del divin culto, e
prestò il consenso di potersi il Conservatorio avvalere dell’opera del cappellano
della Congrega, sempre amovibile ad nutum132 di essa; a patto che il governo delle
convertite del Conservatorio si dovesse portare da quattro governatori, due dei
quali nominarsi in ciascun anno dalla Congrega, e due da coloro che avevano
comprate le case dove erigersi il Conservatorio. Si dichiarò che sino a tanto il
Conservatorio non acquistasse beni colla vendita dei quali mantenere le convertite,
al mantenimento dovesse provvedere la Congrega per la metà, rimanendo l’altra
metà a carico degli altri due governatori, e che acquistandosi beni, e soddisfatti
colla rendita i due governatori benefattori la casa dovesse rimanere alla Congrega,
conservando il diritto alla nomina dei procuratori. Alcuni articoli formati nel
medesimo giorno 20 luglio 1615 per lo buon governo e regolamento del
131
Sottolineato nel testo. Cfr. ADA, Busta 164, fasc. 5, Controversia tra il Vescovo di
Aquila e la Congrega di S. Sisto intorno diritto della gestione interna (patronato) dei
Conservatori di S. Maria della Misericordia e SS.ma Annunziata. Copia delle sentenza 17
del marzo 1860, p. 2.
132
Sottolineato nel testo. Cfr. ADA, Busta 164, fasc. 5, op cit., p. 3.
47
Conservatorio, sottoscritto dal Vescovo e da quattro governatori, nei quali si stabilì
che la ricezione delle donne doveva farsi con l’intervento del Vescovo e dei quattro
procuratori pro tempore del Conservatorio, e che così dovea pratticarsi in ogni altra
cosa riguardante il pio luogo. Finalmente si disse che qualunque controversia
potesse nascere su tali capitoli andava rimessa al giudizio del Vescovo. Due editti
l’uno del 1687 e l’altro del 1692, coi quali il Vescovo pose la clausura nel
Conservatorio dell’Annunziata, e vietò sotto pena di scomunica l’accesso in esso
anche ai governatori senza il suo permesso. Diverse visite episcopali eseguite
auctoritate ordinaria133. Diverse pagelle spedite ai confessori del Conservatorio
destinati dal Vescovo. I conti dati in due volte dati dai governatori del pio luogo al
Vescovo. Le seguenti notizie estratte da un antico manoscritto esistente nella Curia
aquilana che nel 1691 avendo la Confraternita preteso di escludere il Vescovo da
ogni ingerenza nel Conservatorio della Annunziata, il Viceré represse alla regia
udienza dell’Aquila che l’ordinario non fosse turbato nel suo diritto che avea, e
come primo governatore del Pio luogo, e come Vescovo, circa ea quae ad bonos
mores et regimen spirituale pertinent 134, che rinnovata la dispensa nel 1715 innanzi
al delegato della giurisdizione, quel Magistrato prescrisse che il governo spirituale
del pio luogo spettava privative alla Curia vescovile; circa l’economico e temporale
i governatori si regolassero come negli altri luoghi pii, con riconoscere il Vescovo
dell’Aquila come primo procuratore del luogo a tenore della sua fondazione ed
erezione.
Un’altra bolla vescovile del 1596 di fondazione del Conservatorio della
Misericordia ed alcuni documenti dimostrativi di essere questo pio luogo andato
soggetto all’ordinario per lo governo spirituale, e per lo temporale alla confraternita
di S. Sisto. E conchiudeva il Vescovo di Aquila il suo esposto implorando a S.M.
che invalidasse il Regio assenso su gli statuti della Confraternita contenuto nel
dispaccio del 1783, dichiarasse non esser di padronato della Confraternita i due
Conservatorj, e restituisse l’ordinario nell’antica sua giurisdizione e nel pieno
esercizio dei suoi diritti. S.m. ordinò nuovamente alla consulta di dare avviso
tenendo presenti i documenti e le ragioni esposte dal Vescovo.
La Commissione degli Affari Interni e delle Finanze osservava avere il Vescovo
portata la quistione su di un altro terreno, reclamando l’esclusiva vigilanza e
direzione dei due Conservatotj, non più in virtù dei due rescritti dei 25 luglio 1851
e 31 agosto 1853, ma in virtù delle capitolazione del 1615, ed implorando nel
tempo stesso da S.M. la revoca del Real Dispaccio del 1783, come quello che
conteneva la clausola usque ad nostrum auccasorumque nostro rum
beneplacitum135, ed era caduto su di un falso esposto. Osservava richiedere la
giustizia che le nuove domande e delucidazione del Vescovo, le quali tendevano a
spogliar la confraternita dei diritti attribuitele col Dispaccio del 1783 le venissero
comunicate per presentarle opportune difese: e che trattandosi di ridurre ad jus et
justitiam136, come dal Vescovo si pretendeva il real dispaccio del 1783 non le era
permesso dare avviso senza uno speciale comando sovrano.
Quindi ai 12 febbraio 1858 la / Commissione rassegnava il suo parere di potersi
S.M. di rescrivere che fossero comunicate alla Confraternita di S. Sisto le
osservazioni dell’ordinario sul precedente suo avviso dei 18 novembre 1852 e le
copie dei documenti esibiti, e degnassi di poi, se lo credeva, autorizzare
specialmente la consulta a dar parere su la riduzione del dispaccio del 1783 alle
133
Sottolineato nel testo. Cfr. ADA, Busta 164, fasc. 5, op cit., p. 3.
Idem.
135
Idem.
136
Idem.
134
48
norme di giustizia e del diritto. Su questo avviso S.M. ai 17 aprile 1858 emise il
seguente rescritto: S.M. il Re (D.G.) si è degnata approvare l’avviso preparatorio
dato fuori dalla consulta nella tornata dei 12 febbraio ultimo intorno alle operazioni
fatte dal Vescovo di Aquila al primo avviso pronunziato da codesto Congresso su
la quistione su quel Prelato e la Confraternita di S. Sisto, circa la vigilanza su la
disciplina interna ed ammissione delle alunne in quei due Conservatorij della
SS.ma Annunziata e di S.[anta] M.[ari]a della Misericordia.
Comunicate alla Confraternita le nuove domande e i documenti presentati dal
Vescovo, fece essa le sue osservazioni, alle quali il Vescovo diede le sue risposte.
E ritornato così l’affare all’esame della Consulta, la Commissione degli Affari
Interni e delle Finanze osservò non essere stata abilitata la Consulta da un espresso
sovrano comando ad esaminare la quistione se dovesse ovvero no ridursi ad ius et
iustitiam137 il dispaccio del 1783; e per conseguenza dovendo rispettare quella
sovrana determinazione, doveva rispettare il patronato e l’amministrazione che essa
avea alla Confraternita attribuito. Osservò che a conciliare al miglior possibile le
discordanti pretensioni del Vescovo e della Confraternita, ed a meglio conservare
nei due Conservatorj l’osservanza dei precetti della nostra Santa Religione, ed il
buon costume, poteva adottarsi un temperamento, col quale venissero ad eseguirsi
gli Statuti del 1615, in modo da non leder i diritti attribuiti alla Confraternita dal
Dispaccio del 1783.
Quindi ai 25 di febbraio 1859 portò parere potere S.M. degnassi dichiarare che
fermo restando il diritto di patronato e l’amministrazione dei due pii luoghi presso
la Confraternita di S. Sisto, e ferme rimanendo le regole di essa Congrega
approvate colla Sovrana risoluzione del 1783, non potessero riceversi donne nei
due Conservatorj né uscire da essi senza il permesso del Vescovo e dei governatori;
che rimanesse vietato il libero ingresso nei due stabilimenti a persone estranee da
quelle che compongono il governo senza il permesso dei governatori e del
Vescovo: e che restasse affidata esclusivamente all’ordinario quanto concerneva lo
spirituale, cioè la determinazione del Confessore, del Predicatore, del Cappellano,
previa proposta della Confraternita, giusta il diritto derivante dalle regole e dal
patronato. Questo parere veniva da S.M. approvato con Rescritto dei 2 del seguente
aprile.
Ma il Vescovo si è altamente doluto in due suppliche presentate
contemporaneamente una del Ministero dell’Interno e l’altra in quello degli Affari
Ecclesiastici.
Le doglianze del Vescovo sono nel generale per essere stato defraudato dei diritti
che gli veni / vano assicurati dalla polizia ecclesiastica, dagli statuti del 1615 che
avevano riconosciuto in lui il padronato dei due pii luoghi e la suprema vigilanza
su due di essi, e dalla secolare osservanza, nel particolare si duole che mentre gli si
era attribuita l’esclusiva cura dello spirituale, circa la nomina dei Confessori, del
Predicatore e del Cappellano, si era poi riservata la proposta di essi alla
Confraternita, dandosi a questo modo ai laici l’ingerenza nelle cose spirituali, e
diminuendosi la sua giurisdizione. S.M. ha ordinato che l’intera Consulta
riesaminasse la controversia, tenendo presenti le ragioni e le scritture del Vescovo.
In esecuzione del sovrano comando la Consulta occupatasi dell’esame dell’affare
osserva, quanto al Conservatorio della SS.ma Annunziata che tanto il decreto
dell’ordinario dei 16 luglio 1615, quanto l’istrumento stipulato ai 20 dello stesso
mese depongono in modo non dubbio di aver la Congrega di San Sisto contribuito
coi mezzi propri alla Fondazione di quel Conservatorio e al mantenimento delle
donne in esso rinchiuse, e come una conseguenza di queste cose aver ritenuto il
137
Sottolineato nel testo. Cfr. ADA, Busta 164, fasc. 5, op cit., p. 4.
49
diritto della nomina dei così detti procuratori, ossia governatori: che se coi
posteriori articoli formati nello stesso giorno 20 di luglio 1615 coll’intervento del
Vescovo si stabilì che la ricezione delle donne dovesse farsi coll’intervento del
Vescovo, e che qualunque controversia veniva rimessa al di lui giudizio, ciò non
importava di togliere e diminuire ai governatori nominati dalla Congrega, e quindi
suoi rappresentanti il diritto proveniente dalla fondazione, ma solo attribuire
all’orinario la vigilanza sul buon costume, ed il regime spirituale delle donne
rinchiuse; e che nel senso stesso vanno intesi i fatti della clausura vescovile messa
al Conservatorio nel 1595, le sante visite, la destinazione dei padri spirituali; nello
stesso senso i diritti conservati dal Vescovo secondo le notizie istoriche. Osserva
che dopo avere il Sovrano nel 1782 approvate le regole della Congrega di S. Sisto
essa formò una giunta alle regole stesse, nelle quali dopo avere enunciati i fatti dal
1615 della fondazione del Conservatorio e del mantenimento assunto dalle
richieste, stabilirono di dovere i governatori in vigilare su di esse, dipendere
dall’autorità dei Magistrati, escluso ogni superiore ecclesiastico, dovea provvedere
il Conservatorio di un soggetto idoneo amovibile ad nutum138 per lo regolamento
spirituale, di andare i mancamenti delle rinchiuse soggetti alla pena da pronunciarsi
dai governatori; conseguenza di quel diritto che la Congrega qual fondatrice sul
Conservatorio rappresentava; e che il Sovrano con risoluzione dei 18 giungo 1783
impartì il sovrano beneplacito sulla giunta alle regole, risoluzione che la
Commissione degli Affari Interni e delle Finanze nel precedente esame ha, come
era suo debito rispettare.
Osserva che è anche documentata la fondazione fatta dalla Congrega dell’altro
Conservatorio di S[ant]a M[ari]a della Misericordia.
Osserva che quando la stessa Commissione coll’avviso umiliato a S.M. è che la
M.S. si degnò approva/re proponeva di potessi ricevere né uscir donne dai due
Conservatorj senza il permesso dell’ordinario e dei governatori, di rimaner vietato
senza lo stesso permesso il libero ingresso nei due stabilimenti a persone estranee,
di rimanere elusivamente affidato all’ordinario quanto concerneva lo spirituale,
cioè la destinazione del Confessore, del Predicatore e del Cappellano, veniva ad
attribuirsi tutto quello, cui la sua qualità di pastore poteva estendersi; e se riserbava
alla Congrega il diritto di proporre il Predicatore, il Confessore ed il Cappellano,
non le attribuiva più ciò che le veniva assicurato alla sua qualità di fondatrice, tanto
dagli atti del 1615, quanto dalla sovrana determinazione del 1783. Per le quali
osservazioni la Consulta a pieni voti adotta l’avviso della Commissione degli
Affari Interni e delle Finanze già dalla M.S. approvato.
Il Consultore B. [arone]e Bonanni ha dichiarato che la sua famiglia appartiene al
sodalizio reclamante, ma dovendo dare il suo avviso concorre nel parere della
Consulta = Per Copia Conforme = Il Consigliere di Stato Presidente della Consulta,
firmato = Duca di Serracapriola = il Segretario = firmato = Pasquale Ferro = Per
Copia Conforme = Il Segretario = Pasquale Ferro».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso
dalla Consulta del Regno in data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei
Conservatorj in Aquila sotto i titoli SS. Annunziata e S. Maria della
Misericordia
138
Sottolineato nel testo. Cfr. ADA, Busta 164, fasc. 5, op cit., p. 5.
50
Manoscritto in forma libelli, composto da 47 pp., in cui son presenti ben 71
rilievi, ovvero osservazioni critiche, che il Vescovo espone minutamente per
controbattere all’avviso emesso dalla Consulta del Regno (Re Ferdinando
II), in data 17 marzo 1860 circa il diritto di patronato sui due conservatori
aquilani - quello della SS.ma Annunziata e Santa Maria della Misericordia –
contesi, per quanto attiene l’Annunziata tra il Vescovo dell’Aquila e la
Congrega di S. Sisto, mentre per quanto riguarda la Misericordia la
controversia interessa il Vescovo e la confraternita di s. Maria della
Misericordia.
A seguire si riporta integralmente la riscrittura del documento in oggetto.
«Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso dalla Consulta del Regno in
data dei 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei due Conservatorj in Aquila sotto
titoli SS. Annunziata e S. Maria della Misericordia.
_________________
N° 1 - Il Vescovo di Aquila reclamava il patronato e le giurisdizioni inseparabili
del suo Ministero sopra i due Conservatorii di donne sotto i titoli SS. Annunziata e
S. Maria della Misericordia in Aquila, e si determinava a ciò per serbare immuni e
non torchi i diritti dell’Episcopato, per tutelare e trasmette / re indeminuto ai suoi
successori il patronato di tali due Fondazioni, per garantire in fine la religione e la
morale che egli vedeva vulnerate col regime laico, fatto del quale trovò regolati e
diretti tali Conservatorii alla dipendenza e direzione di una Congregazione laicale,
che vanta, è vero, fra gli ascritti persone di età e di senno, ma che annovera pure
giovani ed imberbi; imperocché ne fanno parte di pieno diritto, e senza bisogno di
esservi ammessi139, tutti gli individui di un ordine della Città.
N. 2° - E sosteneva le sue istanze con documenti desunti dagli storici di Aquila
delle remote età (1334), e dagli atti che continueranno fino ai tempi che volgono:
dagli istrumenti stipulati progressivamente / nell’interesse di quelle fondazioni:
dagli Atti delle Sante Visite dei tempi antichissimi: dai Decreti ed altri Atti
dell’antica Curia aquilana, e con i quali elementi tutti dimostrò nel maggior punto
di evidenza: 1° La qualità ecclesiastica delle Fondazioni. 2° L’osservanza,
conforme alla qualità Ecc.[lesiastic]a del L.[uogo] P.[io] ed al gius patronato
episcopale. 3° La inutilità delle Regole della Congrega munita di Assenso Regio
nell’anno 1783, e la inutilità infine delle deduzioni che la Congrega contro poneva
alle giuste pretese del Vescovo140.
N. 3°- La Consulta del Regno intanto incaricata per sovrano comando a dare avviso
sopra quest’oggetto ha opinato, per quanto si è risaputo, di non recedere / da un
precedente avviso dalla sua Commissione degli Affari Interni e delle Finanze che
“riconosceva il patronato della Congrega, la legittimità delle sue regole del 1783, e
progettava solo concedersi talune facoltà al Vescovo”.
N. 4° - La opinione però che questo onorevole consesso porta in siffatta disamina.
Sembra al Vescovo che mal si accordi coi fatti e coi titoli; ed il temperamento che
139
Compare a questo punto, in corrispondenza della parola “ammessi” un’annotazione
laterale al testo, ovvero: «Com’essi asseriscono». Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, Rilievi del
Vescovo di Aquila sull’avviso emesso dalla Consulta del Regno in data 17 Marzo 1860
intorno al patronato dei Conservatorj in Aquila sotto titoli SS. Annunziata e S. Maria della
Misericordia, p. 3.
140
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 3.
51
ha progettato mena alla idea di una transazione141 che in ogni altro affare potrà
essere comportabile, menocché quando si versa nel patronato e nelle giurisdizioni
episcopali, non capaci di essere rinunciate o scemate, sotto qualunque forma
piaccia presentarne la inflessione e la modifica. /
N. 5° - E perché questo concetto del Vescovo non rimanga nella sterile
osservazione, egli si permette portare un rapido esame sulle tre parti che
costituiscono il lavoro della Consulta, cioè alla opposizione e com[m]ento del
primo Avviso della sua Commissione; alla enunciativa dei fatti ritenuti ora dalla
intera Consulta; e sulle conseguenze che ne ha tratte, e vi metto a riscontro sobrie
osservazioni senza prescindere dal riguardo che ad essa prefessa.
I.
N. 6 - Incomincia la Consulta dal presentare gli elementi del primo avviso della
Commissione su[a]ccennata, la quale aveva messo a rassegna i Reali Rescritti diei
25 luglio 1851, 15 N.[ovem]bre 1852, e 31 agosto 1853 per dedurne la / carenza
del diritto del Vescovo ad ingerirsi in quei due Conservatorii.
N. 7 - Siffatto avvisamento però era ed è estraneo alla sentenza. Il primo di tali
Rescritti (25 Luglio 1851) avea dichiarato spettare agli ordinarii diocesani la
elezione delle Badesse e delle altre Officiali interne dei Conservatorii e ritiri di
qualunque natura anche dipendenti dai Consigli degli Ospizii …. e le nomine delle
persone ecclesiastiche intervenienti ai Conservatorii e ritiri suddetti, ed alle Chiese
dei medesimi, e che la disciplina interna di tutti LL.PP. [Luoghi Pii] per la parte
religiosa e morale appartenga esclusivamente agli Ordinari medesimi 142.
L’altro diei 15 N[ovem]bre 1852 poi, a rimuovere difficoltà incontrate, / aveva
dichiarato che la nomina suaccennata va devoluta agli Ordinarii sol quando non
sianvi privilegii e diritti di patronato sorretti da legittimi Titoli che attribuissero ad
altri la facoltà di farlo, nel qual caso sono codesti a rispettarsi ed a mantenersi nel
possesso di chi l’esercitava, non avendo mai inteso S.M. con la surriferita sovrana
Determinazione diei 25 luglio 1851 distruggere o derogare in menoma guisa i
privilegi ed i patronati legittimamente acquistati sia dai Comuni, e dalle
Commissioni Amministrative di beneficienza e dai loro rappresentanti. E solo
vuole S.M. che s’intervenghino per conoscere le qualità morali dei nominati 143.
N. 8 - Ma appunto perché il Rescritto del 1851 aveva riportato alla dipendenza
dell’episcopato ciò che era patrimonio di questo, se taluno credeva invocare il
beneficio della esclusione da quella regola generale e giovarsi del caso di eccezione
sostenuto dal fondo di quei Rescritti, adducendo un privilegio o un diritto di
patronato sorretto da legittimi titoli144, aveva il dovere di presentarne la piena
dimostrazione. Questa non fu mai prodotta, e perciò doveva prevalere il principio
di massima che fu creato, ma fu soltanto richiamato in osservanza col Rescritto
dell’anno 1851.
Si dovevano ritenere e riconoscere le giurisdizioni ed il patronato del Vescovo,
anziché ritenere per / dimostrato a pro della Congrega un privilegio ed una
eccezione che non si giustificò né si poteva giustificare, e non si doveva collocare
il Vescovo nella anormale necessità di produrre esso le prove di ciò che per Legge
canonica e civile era a pro suo, esonerava la Congrega dal provuare il privilegio
vantato in opposizione di tutte le regole canoniche, e metterla anzi nella felice
141
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 4.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 6.
143
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 7.
144
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 8.
142
52
posizione di sostenersi col contraddire soltanto le dimostrazioni esibite dal
Vescovo.
N. 9 - Quella Commissione adunque, e poscia la Consulta la quale ha improntato la
locuzione, hanno messo da banda il principio che l’impero della regola deve star
saldo fino a quando colui che assume trovarsi nel caso di / eccezione, non dimostri
che effettivamente vi si trovi; e mentre la Congrega niuna dimostrazione
produceva, hanno riconosciuto che fosse stato bastevole per essa il contraddire le
deduzioni del Vescovo, il quale anche senza documenti teneva per sé le Leggi, e la
presunzione del patronato e delle giurisdizioni.
II
N. 10 - Nella seconda parte del suo Avviso la Consulta fa la rassegna dei
documenti prodotti dal Vescovo; ed il Vescovo ritiene di molta influenza notare
talune particolarità nell’esame di quelle carte.
N.11 - Il primo documento, cioè il Decreto vescovile del 11 145 luglio 1815, è la
ricognizione ed erezione canonica del Conservatorio della SS. Annunziata
(‘erigimus ac deputamus Conservatorium’); ed il Vescovo fa avvertire che se il
Prelato di quel tempo destinava dei probi uomini perché restaurassero le case
destinatevi, ed alimentassero le donne quivi accolte, si legge ancora la clausola
indivisibile dalla nomina e non calcolata dalla Consulta, “ut nobis paveant, et
obediant, et rationes reddant 146”, il che induceva la conseguenza che tali probi
uomini fossero degli agenti e mandatarii del Vescovo Patrono, nel modo stesso
come ogni altro Istituto e Fondazione tiene coloro i quali ne curano e in vigilano
l’andamento cui l’Autorità potrà sopraintendere e rivolgere le sue cure direttive, ma
non impiegare tutti i servizi che si addicono ad azioni secondarie e di minuta ese /
cuzione.
N.12 - L’Istrumento diei 20 luglio 1815 (che è il secondo documento analizzato
dalla Consulta) è notevole per molte particolarità che sottengono le deduzioni del
Vescovo.
N. 13 - L’assertiva del Sodalizio ammessa dalla Consulta, che la Chiesa si
apparteneva alla Congrega di S. Sisto, è smentita dai documenti; e se pure fosse
stata veridiera, non decideva del patronato del Conservatorio.
N. 14 - Che la Chiesa non fosse della Congrega è comprovato dai fatti anteriori
consegnati nelle Storie di Aquila, e giustificati con documenti per i quali è
assicurato che quella Chiesa apparteneva ad altro Conservatorio di cui si perde la
memoria nel 1411: che la Chiesa era alla dipendenza dei PP. / Domenicani: che nel
1452 fu ceduta all’Arciprete e popolo di Preturo, e che poscia vi fu ricoverata la
Congrega di S. Sisto (a)147.
N. 15 - E mettendo da banda questa operazione, se pure la Congrega avesse avuto
il patronato della Chiesa, non perciò aveva quello del Conservatorio.
La clausola di doversi reintegrare alla Congrega le stanze e la Chiesa 148nel caso che
il Conservatorio non sussistesse, pruova che del Conservatorio era di altri, e che si
fosse potuto destinare ad altri usi; perche ove fosse stato della Congrega, non si
145
Nel testo era stato scritto “10” poi, corretto sopra, “11”. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5,
op cit. p. 10.
146
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 11.
147
In basso a destra del testo alla lettera (a) è fatta corrispondere la seguente nota:
«Documento n. 1 della ‘Memoria di Monsignor Vescovo di Aquila’, stampa al fol. 25». Cfr.
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 13.
148
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 13.
53
sarebbe stato bisogno di stabilire il patto riversivo del conceduto uso della Chiesa e
delle stanze. Tutto ciò è comprovato dal testo di quell’atto dove si legge cosi: “ Che
se / dicto Monasterio di Convertite non sussisterà (il che Dio cessi), la dicta
Confraternita di facto possa ripigliarsi le stanze e l’ecclesia consegnateli, ad uso
come sopra, de facto remurer porta, et così gli Uffiziali repigliasse la possessione,
amovere tale porte remurare, et amovere qualsivoglia cosa che fosse fatta dentro i
beni di detta Confratrenita et Ecclesia 149”.
N.16 - La facoltà che si rinviene conceduta in questo stesso istrumento che il
Monastero si possa servire dello Cappellano che tiene et paga detta Confraternita,
vede ognuno che fu scritta acciò il Conservatorio risparmiasse uno stipendio
gravoso per i primordii di sua fondazione, e rafferma la diversità e destinazione tra
esse. Se ambedue queste fossero state di patronato della Congrega / sarebbe stato
inutile di apporre il patto che essa abbia sempre autorità di ponerlo et levarlo,
secondo sempre ave fatto, perché niuno avrebbe potuto contrastarle queste facoltà.
essendo visi apposto, desso prova appunto la diversità e distinzioni delle
fondazioni, delle quali l’una (cioè il Conservatorio) si avvaleva del ministero del
Cappellano dell’altra, senza alterare però il diritto di quest’ultima di sostituirla a
suo talento.
N.17 - L’altra clausola di questo stesso atto rimarcata dalla Consulta cioè “Che il
governo delle convertite e del Conservatorio si dovesse portare da quattro
Governatori, dei quali due da nominarsi in ciascun anno dalla Congrega, e due da
coloro che avevano / comprate le case” non depone cosa alcuna a pro della
Congrega.
N. 18 - Il governo e l’amministrazione confidata a determinati individui non poteva
alterare col Decreto di fondazione ed erezione; e se quei quattro Ammistratori
dovevano spiegare le loro ingerenza, il dovevano a tenore della fondazione, dove
(giova ripeterlo) era stabilito ut nobis pareant, et obediant et rationes vaddant 150.
N.19 - Se il diritto a nominare i governatori e amministratori inducesse patronato,
converrebbe dire che i due laici benefattori i quali avevano anticipato, per conto
della fondazione, per requisizione del Vescovo De Rueda e per rivalersene in
prosieguo, il prezzo d’acquisto della casa da addirsi al Conservatorio, / fossero pure
essi patroni, perché egli pure si ebbero il diritto di nominare due Governatori.
Niuno però fra loro e fra i loro eredi ha sognato pretenderlo, e gli amministratori
sono nulla più che mandatarii, e che la facoltà di scegliere questi mandatarii è fra
gli attributi del patronato. Se perciò il Vescovo accordò alla Congrega quella
facoltà nel 1615, ciò stesso pruova che la Congrega non la vantò per proprio diritto
ed attributo, ma perché lo ottenne dal patrono, e che non può ora estenderla a
convertirla a mezzo e ragione da farle affacciare un diritto di proprietà.
N. 20 - Nell’esame di questo documento per ultimo la Consulta fa risal / tare l’altra
clausola che essa reassume a questo modo: “ Che fino a quando il Conservatorio
non acquistasse beni, colla rendita de’ quali mantenere le convertite, al loro
mantenimento dovesse provvedere la Congrega per la metà, rimanendo l’altra metà
a carico degli altri due Conservatori”.
N. 21 - Ciò per altro non fa pruova del patronato, ma pruova soltanto una
contribuzione obbligatoria cui la Congrega si sottoscrive per quell’evento
prescritto, nel modo stesso come vi si sottoscrissero i due benefattori estranei ad
essa, e come vi si sarebbe mostrato pronto ogni altro.
N. 22 - Continua la Consulta a riassumere il prosieguo dei quella clausola di questo
stesso stabilimento “Che acquistandosi beni, e soddisfatti colla vendita i due
149
150
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 13-14.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 16.
54
Governatori benefattori / la casa dovesse rimanere alla Congrega, conservandosi il
diritto a nominare i Procuratori”.
N. 23 - Il reassunto però contenuto in questo periodo offre diversità del testo, la
quale merita essere avvertita.
Si diceva in quell’istrumento così: “E non sussistendosi dicto Monasterio, pagata
che sarà la casa, e rimborzatesi essi Alessandro et Fabrizio del speso di loro prorii
denari per essa casa, resti libera la casa predetta alla dicta Confraternita di S. Sisto
quale da ora nel caso predetto la cedino alla dicta Confraternita.
N. 24 - Quindi non fu stabilito (come la Consulta ritiene) che dopo rivalutato il
prezzo della casa, questa rimaneva a pro della Congrega, la quale conservava
eziandio il diritto a nominare i Procuratori / quasiché potesse rinvenirsi in ciò la
prova che la Congrega divenne patrona del fabbricato, e patrona del morale e
spirituale del Conservatorio, a segno che ne nominava i procuratori, perché si
conservò ad essa il diritto di nominarli.
Una particolarità sfuggita alla Consulta distrugge questa illazione, perché in quel
periodo si aggiunse pure la condizione che la casa restava alla Congrega dopo
risultato il costo, sempre e quando il Conservatorio non sussistesse.151
N. 25 - Se la casa doveva restare alla Congrega non sussistendo il Monastero, non
poteva verificarsi che la Congrega ottenesse la casa e conservasse il diritto a
nominare i Procuratori, il conseguimento della casa dipendeva da un avvenimento
che era incompatibile colla esisten /za del Monastero, perché essa poteva ottenersi
sol che il Monastero si fosse disciolto. E se si discioglieva, allora mancare il
sostrato sul quale poteva spaziare l’opera dei Procuratori.
N. 26 - E questa cessione della casa alla Congrega non costituisse elemento a pro di
essa, assegnacché era un corrispettivo alla parte che aveva presa in quella pia
opera.
N. 27 - La casa sarebbe stata acquistata metà dalla Congrega, e metà dai due
benefattori. Si era stabilito che questi due ultimi dovevano essere rivalutati dalla
metà del loro credito; nulla si era stabilito sulla rivaluta alla Congrega del prezzo
dell’altra metà, e per ciò si concluse che non sussistendo dicto Monastero il quale
già era nello stato d’incipienza la / casa intera restasse alla Congrega, perché: la
Congrega aveva anticipato metà della spesa; perché essa aveva concorso per metà a
mantenere le convertite fino alle evenienze delle vendite; perché aveva ceduto
locali per uso del Monastero.
N. 28 - Se il Vescovo improntasse in queste indagini il linguaggio dei giuristi
direbbe con essi che per quel patto res successit loco pretii152, perciocché la
Congrega colle stipulare una rivaluta a pro suo nel caso di scioglimento del
Conservatorio.
N. 29 - Che anzi tanto fu lontana la idea di trasferire il patronato alla Congrega, per
quanto la cessione della casa si previde pel solo evento “non sussistendo dato
Monastero”. / E perciò il caso della cessione non si osservò, tosto che il
Conservatorio non si è mai disciolto; e se ciò fosse accaduto, allora molto più
mancava l’elemento sul quale il patronato avrebbe potuto versare.
N. 30 - E se per una ipotesi si dovesse ritenere il patto quale la Consulta lo ha
inteso, la cessione del fabbricato non importa la cessione del patronato della
fondazione che in esso è istituita. Non sono poche le fondazioni ed i pubblici
stabilimenti riuniti in fabbricati presi a locazione, e non per tanto niuno di coloro
che hanno affittato case a questa destinazione, hanno preteso essere divenuti i
patroni.
151
152
Sottolineatura nel testo. Cfr., ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 20.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 22.
55
N. 31 - Aggiunse la Consulta il riassunto dei Capitoli della stessa data 20 Luglio
1616, e ritiene che “Si stabilì che la ricezione delle donne dovea farsi /
coll’intervento del Vescovo e dei quattro procuratori pro tempore del
Conservatorio, e che così dovea praticarsi in ogni altra casa riguardante il pio
luogo.
N. 32 - Il Vescovo trova qualche altra cosa nel testo di essi.
Il n. 4 di tali Capitoli è scritto così: “Che quelle che saranno maritate et honorate
tenendo comodità, che se li dia il vitto di quello che avevano bisogno per suo
sustento della casa sua, e di chi avrà cura di esse, e non volendo darlo che in nissun
modo si ricevano, e dandolo si riceveranno con intervento di Monsignor
Reverendissimo, e delli quattro Procuratori che sono, et pro tempore saranno,
essendo tutti cinque di un parere, e diseressando si attenda alli più voti secreti, et
così questo come in ogni / attiva cosa toccante al dicto loco”.
N. 33 - Non si stabilì l’intervento del Vescovo come di forma, ma come patronato,
insieme ai due Procuratori eletti da lui in persona dei due benefattori durante il
tempo in cui non si fossero ottenute vendite, ed insieme ai due a nominarsi dalla
Congrega.
E se i due Procuratori nominati dal Vescovo cessarono dalle loro incombenze
appena avvenuto l’evento che si ebbero le vendite, le loro voci si riunirono a quella
del Vescovo che ne aveva fatto ad essi delegazione e mandato, ed egli solo per
questo ebbe la maggioranza delle voci.
N. 34 - Il n. 9 poi di quei Capitoli, e sul quale la Consulta si è poco soffermata
racchiude la più ampla giurisdizione del Vescovo tosto che stabili. Et se questi
Capitoli fatti / per il Capitano D. Consalvo De Lira Governatore di questa Città per
Sua Maestà nascesse qualche controversia se rimette in tutto al parere di
Monsignore Reverendissimo perché faccai quello che più convenga al servizio di
Nostro Signore Iddio, e per maggior honore e gloria sua 153.
N. 35 - Gli Editti della clausura vescovile che la Consulta cenna soltanto senza
tribuire ad essi importanza, comprovano la qualità ecclesiastica del Conservatorio,
e mostrano come colle novelle regole proposte dalla Congrega (inconsapevole il
Vescovo) si tentò di sopprimere questa giurisdizione. Si formolò allora (nel 1781),
il n. 3 delle Regole col proibire di ridurre detto ritiro a Monastero di Clausura. Ma
a parte la riconseguenza di questa rinnovazione che non poteva violare i diritti del
Vescovo / gli Ordinarj sopraggiunti dopo a quell’epoca (1781) hanno esercitato
questa facoltà, tanto più che ne trovarono l’autorizzazione nei sacri canoni.
N. 36 - Accenna la Consulta di solo alle visite episcopali, come eseguite auctotitate
ordinaria154. E qui il Vescovo non omette far notare, che se da un canto la visita è
fra le attribuzioni episcopali, fatta attenzione dal patronato, pure quella qualifica
“auctoritate ordinaria155” non si rinviene negli atti. E perché? Perché il Vescovo
riunendo due qualità, soddisfaceva col suo accesso a due doveri, cioè e come
Vescovo, e come patrono. Ciò è vero tanto per quanto i provvedimenti emessi nelle
visite furono e per lo spirituale e pel temporale, val dire nel n. 7 (cominciando / dal
1669) diedono luogo ad ordinamenti emessi dal Vescovo per la disciplina interna156
in genere, e per la suddivisione dei conti i quali giusta il Decreto di fondazione si
dovevano vendere ad esso.
N. 37 - Quando le visite aggiungono pur esse ulteriori elementi al patronato di già
per altri mezzi ad dimostrato.
153
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 26.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 27.
155
Idem.
156
Idem.
154
56
N. 38 - Quando passa (la Consulta) a menzione le pagelle spedite ai Confessori, le
indica come farebbe chi volesse annunziare il solo titolo dalla carta, senza
annettervi influenza. Ma giova avvertire propria auctoritate157 senza alcuna
proposta della Congrega, la quale ove mai avesse vantato questo diritto, non
avrebbe al certo omesso di farlo valere, ed a prescindere che la Curia in tal caso
avrebbe approvato le / proposte che le si sarebbero fatte, e non proceduto alle
nomine di sua autorità158, la Congrega non avrebbe omesso di presentare ora le sue
deliberazioni e gli ufficii che le avrebbero trasmesse i Vescovi pro tempore colle
proposte dei Confessori. Ma di tanto non vi è vestigio; tanto è stata costante ed
immutabile la giurisdizione esecutiva di essi!
N. 39 - La reddizione de’ conti all’Episcopato che la Consulta trova comprovata
mercé i documenti prodotti dal Vescovo, e della cui importanza non tiene parola,
rafferma la esecuzione piena del Decreto di fondazione, pel quale siffatti conti si
dovevano rendere al Vescovo, e pruova la ricognizione del patronato episcopale159.
N. 40 - Le antiche memorie depositate in Curia circa le intenzioni tentate dalla
Congrega nel 1691 e 1715 a danno / dei Vescovi di quel tempo, che la Consulta
riferisce, offrono spiccatamente, per quello stesso che questo confesso ne epiloga,
che la Congrega si prestava solo nella parte economica e temporale
dell’amministrazione, e neanche assolutamente, restando la maggior parte del
temporale quo ad bonos mores 160 e cui si rapportano ben molte e molte ingerenze e
facoltà, e restando lo spirituale alla direzione del Vescovo riconosciuto come primo
procuratore (sono le stesse parole ritenute dalla Consulta) a tenore della fondazione
ed erezione161, la quale riserbò all’episcopato la qualità di patrono come si è
cennato nel n. 9.
N. 41 - E finalmente la Consulta in solo sette linee ritiene l’altro fatto di avere il
Vescovo prodotta una Bolla del 1569 e varj documenti sulla fonda/zione del
Conservatorio della Misericordia per pruovare che questo luogo pio è soggetto
all’ordinario pel governo spirituale, e per lo temporale alla Congrega stessa di S.
Sisto, senza scendere alla’analisi di tali carte, e senza trarne conseguenze.
N. 42 - Sebbene però la indagine sopra questa altra inchiesta non abbia intrattenuto
la Consulta, e sebbene allo stato non se ne proponga la violazione, pure tali carte
influiscono a mostrare come quella Congrega prestava la sua opera, e coadjuava
l’andamento di quest’altro Conservatorio di cui era stato fondatore altro Vescovo.
E la pratica mantenuta in caso identico spiega ciò di cui si forma disputa per un
caso speciale al quale quello si identifica.
N. 43 - E finalmente la Consulta compie la enumerazione dei fatti coll’enun/ciare
soltanto (senza portarvi esame od analisi) “Che il Vescovo aveva prodotta una
Bolla del 1569 e varj documenti sulla fondazione di S. Maria della Misericordia,
per pruovare che questo luogo pio è soggetto all’ordinario per governo spirituale, e
pel temporale alla Congrega di S. Sisto”
N. 44 - Una tale laconica menzione frattanto della esistenza di questa Bolla e
documenti relativi a S. Maria della Misericordia, o si è fatta per sorreggere le
pretese della Congrega pel patronato del Conservatorio della SS. Annunziata, o per
interloquire sul merito delle divergenze anche intorno al Conservatorio di S. Maria
della Misericordia.
157
Idem.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 29.
159
Idem.
160
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 30.
161
Idem.
158
57
N. 45 - Se pel primo scopo, la Consulta non ha fatto penetrare quali sieno i dati che
essa ha desunti da quelle carte / e quali conseguenze vi ha poscia applicate,
cosicché non si può controporvi risposta.
N. 46 - Se pel secondo [scopo], ed allora la discussione va trasportata sopra
tutt’altro campo. I documenti prodotti dal Vescovo circa la origine e qualità di
quest’altro Conservatorio; il sistema di amministrazione tutta ausiliatrice prestata
dalla Congrega di S. Sisto; le giurisdizioni mantenute; e la confutazione alle
pretensioni del sodalizio, formano oggetto d’altro incartamento che merita essere
analizzato e discusso nei più minuti particolari. Vuolsi solo aggiungere a tutto
quello che si trova ampiamente sviluppato sul riguardo, che la Congrega mena gran
rumore per un documento che essa fa valere, e propriamente un monitorio pel
Cardinale Arciprete di S. Giovanni Laterano dei 13 Agosto 1654 col / quale
s’inibisce al Vescovo di quel tempo ogni ingerenza su quel Conservatorio.
Questa carta però favorisce il Vescovo invece di nuocerlo. Ed in effetti:
N. 47 - Il Cardinale Arciprete teneva sotto la sua protezione la Chiesa di Santa
Maria della Misericordia, per renderla partecipe dei privilegi, e delle indulgenze
che derivano da quella concessione. Il Conservatorio pur se dopo di questa, e non si
era compreso.
Il patronato e le giurisdizioni del Vescovo non perciò rimanevano violate. Anzi
nonostante quel monitorio il Vescovo eseguì le Visite, rimostrò a quel Cardinale, e
ne riportò dichiarazione di costui di essersi bene avvalso dei proprii diritti.
N. 48 - Ed infine ammettendo pure contro la realtà delle cose, che la giurisdizione /
piena per quel Conservatorio fosse stata del Cardinale Arciprete di S. Giovanni in
Laterano, e che il Vescovo non vi poteva spiegare alcuna autorità, sarà sempre
innegabile che il patronato e le giurisdizioni erano di quel Cardinale. E siccome per
le discipline antiche posteriori a quella data (1554), e per le vigenti, le giurisdizioni
delle potestà ecclesiastiche straniere non sono riconosciute e si sono concentrate
negli ordinarii diocesani, così solo per tale ragione il Vescovo le vanta e fa valere.
N. 49 - Resultamento delle fin qui rassegante osservazioni si è che la esposizione
dei fatti semplici enumerati dalla Consulta fa ritenere siccome corollarii di ognuno
di essi, ed il patronato, e le giurisdizioni dal Vescovo, e che inoltre ai fatti epilogati
da quel consesso ne vanno aggiunti non / pochi altri i quali suppliti nel proprio
luogo raffermano sempre più quei due principii.
III
N. 50 - Tutto ciò che ha scorciato l’esame della terza parte del lavoro della
Consulta sulla motivazione del suo Avviso, che per le conseguenze dei fatti stessi
che ha ritenuti, e per quelle che emergono dalle addizioni portate dal Vescovo in
corrispondenza dei documenti esibiti, richiamano la superiore ragionevole
rettificazione.
N. 51 - Considera (la Consulta) non esser dubbio che la Congrega contribuì coi
proprii mezzi alla fondazione di quel Conservatorio e al mantenimento delle donne
quivi ritirate, e come una conseguenza aveva ritenuto il diritto delle nomine dei
procuratori o governatori. /
N. 52 - La contribuzione però a fondare il Conservatorio, non sta nel fatto, perché
questo surse per le cure del Vescovo De Rueda e del Padre Spinelli. Le elemosine
dei privati, e le somministrazioni di due benefattori procuravano l’acquisto delle
fabbriche, e la Congrega di S. Sisto cedé soltanto l’uso della Sacrestia, della
Chiesa, e delle stanze sopra la Sacrestia, imperocché come corporazione pia non
58
poteva mostrare uno spirito di pietà inferiore a quello che mettevano in azione i
privati. E se concorreva all’opera mercé la concessione dell’uso di cose materiali,
delle quali essa neppure era proprietaria assoluta (essendosi visto nel n. 13 …162
che la Chiesa ed annessi erano dei Domenicani) volle concorrere eziandio col
prestare l’opera personale nell’ammi/nistrare e vigilare l’andamento della
fondazione. E l’uno e l’latro modo col quale associò i suoi mezzi per far prosperare
la fondazione non avevano alcuna cosa di comune col patronato che rimonta ad
epoca anteriore e che riposa sopra tutt’altri attributi e prerogative.
N. 53 - I diritti di amministrare, e vigilare conferiti alla Congrega non
sorpassarono i cancelli prefissi dal Decreto di fondazione degli 11 Luglio 1615 che
la dichiarò ecclesiastica, e che nel permettere la concorrenza dei laici la subordinò
alle condizioni ‘uta nobis pareant et obediant, et rationes reddant’163, e non poteva
immutare la convenzione del 20 Luglio di quell’anno 1615 che riconobbe il
primato del Vescovo, e la dipendenza dalle sue risoluzioni. /
N. 54 - La conseguenza dunque che la Consulta trae da ciò di essersi conservato
alla Congrega il diritto di nominare i procuratori, e di essersi attribuita all’ordinario
la vigilanza sul buon costume ed il regime spirituale delle donne rinchiuse 164, non
concorda con gli antecedenti.
N. 55 - Dacché la Congrega vanti il diritto a nominare i procuratori perché
esercitano i designati e limitati diritti loro conferiti dal Decreto di fondazione e dal
successivo convenio dello stesso anno 1615, non segue al certo, che o i Vescovi
pro tempore avessero abdicato dalle loro prerogative e che inoltre tali procuratori
avessero acquistati diritto illimitato in contraddizione dei titoli, e se pure per
invasione li avessero sviluppati possano mantenervisi.
N. 56 - Considera di vantaggio (la Consulta) con una idea complessiva e fui tetica
che tutte le altre carte e documenti prodotti dal Vescovo menino alla stessa
conseguenza; ed il Vescovo alla sua volta vi contro pone le stesse risposte date
poc’anzi a quelle enumerate nell’esame portato sui fatti.
N. 57 - Irroga inoltre (la Consulta) un appoggio a pro della Congrega nel Dispaccio
del 1781 che approvò la giunta (come la Congrega la qualificò e come la Consulta
pure la chiama) alle regole della Congrega165, sanzionata poi nel 1783.
N. 58 - Contro di questo rilievo si è detto abbastanza nella Memoria a stampa (pag.
15) che si porge la preghiera di riavvicinare. Vuolsi solo qui richiamare
l’attenzione superiore alla non veracità dei fatti esposti all’augusto Re di quel
tempo. / Non era vero che la Congrega fondò e dotò il Conservatorio come si
asserì: si tacquero ed accettarono a quel Monarca, ed il Decreto di fondazione ed i
Capitoli del 1615: si conculcarono nelle dimande i diritti certi e non controvertibili
del Vescovo: si provocò una novazione166 a quel Decreto di fondazione ed al
successivo istrumento senza il concorso e senza l’intelligenza della principale parte
interessata quale era il Vescovo: e queste stesse novelle Regole formolate per
alterare le giurisdizioni episcopali, restarono prive di effetto, perocché anche dopo
di esse i Vescovi mantennero le loro prerogative, e cogli editti di clausura e colla
spedizione delle pagelle, e coll’esercizio degli altri loro diritti.
N. 59 - E perciò le considerazioni prodotte / non valgono a sostenere la opinione
che si è come corollario adottata.
162
Puntini di sospensione presenti nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 37.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 38.
164
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 39.
165
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 40.
166
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 41.
163
59
In riepilogo
N. 60 - Le pratiche del Vescovo De Rueda e del Padre Spinelli fui dal 1610
procurarono l’inaugurazione del Conservatorio in locale attiguo alla Chiesa della
SS. Annunziata.
N. 61 - Nel 1615 quello stesso Vescovo emanò il Decreto di fondazione
ecclesiastica ed il patronato episcopale.
N. 62 - Nello stesso anno 1615 la Congrega di S. Sisto ricoverata nella Chiesa della
SS. Annunziata, il cui patronato era dei domenicani, null’latro praticò che rendere
comune l’uso della Chiesa, della Sacrestia, e dell’opera del suo Cappellano, e
cedere pure l’uso di due stanze, e offerire i suoi servigi per l’amministrazione e
vigilanza del Conservatorio / senza ottenere al certo o il patronato assoluto, o il
patronato promiscuo col Vescovo.
N. 63 - La ecclesiasticità della Fondazione è comprovata dalla origine che si ripete
dall’opera del Vescovo il quale promosse le pie oblazioni, e vi aggiunse le
somministrazioni proprie; dal Decreto di erezione; dal Regolamento del 1615
formolato dal Governatore Regio, che limitò la ingerenza della Congrega; dai
provvedimenti governativi che infrenavano più volte le intrusioni alle quali si
abbandonò la Congrega nei tempi remoti.
N. 64 - La osservanza conforme ai titoli è contestata dagli atti delle Sante Visite,
dalle spedizioni delle pagelle ai confessori, dalle reddizioni dei conti in mano dei
Vescovi dai / permessi dati da questi per le vestizioni delle oblate senza
professione dei voti: dagli Editti di clausura.
N. 65 - Le novelle Regole del 1783 furono chieste surrettiziamente in
contraddizione dei titoli e dei diritti del Vescovo, ed indussero una novazione a
danno dell’episcopato improduttiva di effetti, perché all’insaputa della potestà
ecclesiastica, e perché anche a fronte di queste Regole i Vescovi del tempo
posteriore ad esse si sono mantenuti nell’esercizio di loro prerogative.
N. 66 - I Reali Dispacci che le sanzionarono non decidono della loro esistenza
legale, perché essi hanno implicita la condizione si preces veritati ritantur167, e
perché racchiudano l’altra condizione, ‘usque ad Nostrum, et Nostrorum
Successorum beneplacitum’168. /
N. 67 - La supposta tolleranza attribuita a qualche Vescovo nulla mette in essere,
perché i Titoli e la Legge condannano e riprovano perennemente ogni abuso. Niun
Vescovo poi poteva pregiudicare i diritti di coloro che gli succedevano, come il
fatto di un fiduciario non nuoce al sostituito per i noti principii di Legge universali
e per quelli richiamati nel R. Decreto dei 24 Marzo 1829.
N. 68 - Ripristinati inoltre i patronati coi Decreti del 20 Luglio 1818, e 16
Settembre 1831, i principii prevalsi in questi reclamano la piena manutenzione del
patronato del Vescovo sul Conservatorio della SS. Annunziata, della S.M. della
Misericordia.
N. 69 - Gli elementi che la Consulta ha fatto valere per appoggiare le pretese della
Congrega non sono perfetta / mente conformi ai fatti comprovati, e rimangono
invece raducati col riscontro di questi. La ingerenza nell’amministrazione e la parte
che prendeva nell’ammissione delle convertite, era commune anche coi pii due
benefattori nominati Procuratori dal Vescovo, il quale dopo cessato il loro esercizio
riunì in se ed alla voce sua, anche le altre due di quelli. Ed inoltre la ingerenza
predetta non si estende al di là del Decreto di fondazione.
167
168
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 44.
Idem.
60
N. 70 - La cessione della casa se il Monastero si discioglieva pruova il compenso
che si dava per le contribuzioni personali e riali colle quali la Congrega aveva
coadjuata l’opera, e non pruova già il patronato, anzi lo smentisce.
N. 71 - Laddove il Vescovo di Aquila non sa dubitare che la giustizia dell’Augusto
Re Francesco II che tutte / in se epiloga le virtù religiose e morali dei suoi antenati
fra quali annovera e Santi e Venerabili, si degli nella pienezza dei suoi poteri,
restituire, pel bene della religione e della morale, al Vescovo di Aquila il patronato
e le giurisdizioni che si reclamano, lasciando che la Congrega conservi i diritti di
amministrare i beni temporali alla dipendenza del Vescovo e servata la formula dei
Capitoli del 1615 e del 1596 pei due Conservatorii».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul Conservatorio della SS.ma
Misericordia. Aquila, 18 ottobre 1888
Carta sciolta manoscritta di 6 facciate, in cui sono presenti le osservazioni
della Congrega di Santa Maria della Misericordia alle 71 Osservazioni del
Vescovo L. Filippi. Il documento arreca la data Aquila, 30 settembre 1888.
Di fianco, ovvero lateralmente nei margini della pagina, è scritta la risposta
di Monsignor Luigi Filippi datata 18 ottobre 1888.
«Conservatorio di S. Maria della Misericordia in Aquila.
I sottoscritti componenti la Confraternita di S.[an]ta Maria della Misericordia
padrona, ed amministratrice del Conservatorio delle povere orfane sotto lo stesso
titolo.
Emanata la memoria ed i documenti presentati da Monsignor Vescovo di Aquila ad
oggetto di far dichiarare questo Conservatorio di natura ecclesiastico, e di
padronato del Vescovo medesimo; quali carte con uffizio de’16 Luglio ultimo
p.[rotocollo] 160/1920, sono state trasmesse in Copia dal Consiglio Generale degli
Ospizii per ordine del Sovrano onde la Confraternita vi faccia le sue osservazioni.
Visti i documenti esistenti nell’Archivio di questo pio luogo non chè le
osservazioni fatte dall’altra confraternita di S. Sisto sulla simile controversia circa
il Conservatorio della SS.a Annunziata,
Osservano
Le cose dedotte dal Vescovo circa il Conservatorio della Ss.ma Annunziata nulla
han di comune con questo della Misericordia 169. Poiché mancava a Monsignor
Vescovo ogni elemento su cui avesse potuto poggiare il suo assunto in rapporto a
questo Conservatorio si è servito di esporre, con una, e complessiva memoria, in
primo luogo tutto ciò che riguardava il Conservatorio della Ss.ma Annunziata col
disegno di farne poi applicazione anche in questo di S. Maria della Misericordia.
Leggesi infatti nella memoria: “lo stesso ragionamento vale anche per l’altro
Conservatorio delle orfane detto di S.ta Maria della Misericordia, poiché fondato
anche questo nel 1596 con Bolla del Vescovo Pignatelli 170, fu sottoposto pel
Governo temporale alla medesima Confraternita e pel Governo spirituale fu sempre
sotto il Vescovo”.
169
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul Conservatorio
della SS.ma Misericordia. Aquila, 18 ottobre 1888, p. 1.
170
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 2.
61
Le cose però dal Vescovo dedotte circa il Conservatorio della SS.ma Annunziata,
le quali per altro anziché deporre a favore del suo assunto, provano evidentemente
il contrario, nulla han di comune con questo Conservatorio. Qui non vi è iniziativa
di persone ecclesiastiche cioè né proposta, né premure, né cooperazioni de’
Missionari o del Vescovo, né debiti o elemosine di pie persone per l’acquisto del
locale pel mantenimento delle orfane non procuratori detti dal Vescovo e sotto la
sua dipendenza, ed obbedienza: non regolamento o capitoli per l’amministrazione,
che attribuiscono qualche facoltà al Vescovo non giudicati: non clausura ecc.
Cose tassativamente pertinenti a questo Conservatorio 171
Circa la fondazione di questo Conservatorio altro non vi ha se nonché una
Deliberazione della Confraternita munita di approvazione con Bolla vescovile.
Dalla Deliberazione de’ 19 febbraio 1595 esibita in Copia dal Vescovo, risulta che
la Confraternita di S.ta Maria della Misericordia spontaneamente e liberamente, e
senza la mozione o intervento di verun estraneo risolvè di fondare il Conservatorio
nella Chiesa e nelle case di sua proprietà dotandolo delle proprie sue rendite, le
quali furono poi aumentate da pii confratelli tra i quali dall’abate Scipione Bafile,
di cui oggi è erede la casa Rivera, dai Signori Coppa, Baroni di Coppito, e
recentemente dalla benemerita famiglia Rustici. Si riservò poi la Confraternita
stessa di ottenere il permesso da chi fusse fatto necessario.
Il Vescovo Pignatelli, lodando la pia opera con Bolla dei 5 aprile 1596 approvò la
novella istituzione e gli analoghi Statuti, e riconobbe alla Confraternita stessa
l’intero ed assoluto diritto di amministrare il Conservatorio.
“Factis prius percandem Confraternitatem Capitulis et Statutis perpetuo
osservantis, et per nos approbatis in administratione predicta, quam eidem
Confraternitati perpetuo relaxemus”.
Si riservò poi il Vescovo d’impetrare le superiori approvazioni.
“Riservato, si necesse fuerit Sancte Sedis Apostolice assensu et beneplacito
desuper impetrando” ma non essendosi ora tali solenni presentati deve ritenersi la
Bolla come sfornita della sanzione apostolica e Reale, e quindi non può giammai
costituire una fondazione ecclesiastica.
3° Il Vescovo aveva sul Conservatorio veruna giurisdizione 172
A prescindere dall’amministrazione temporale, come risulta dalla citata Bolla, e
come il Vescovo à nitidamente confessato nella sua memoria, si apparteneva
esclusivamente alla confraternita, l’Ordinario Diocesano non aveva sul
Conservatorio la menoma giurisdizione neanche sul ramo spirituale, poiché
secondo la direzione locale detta città in quei tempi, quel quartiere ove trovasi il
Conservatorio dipendeva dall’arciprete di S. Giovanni in Laterano di Roma.
Risulta tutto ciò da un monito (documento n. 1) spedito a 13 agosto 1654 dal
Cardinale Arciprete di detta Basilica, dal quale si ha che avendo la Confraternita
fatto a lui ricorso per far cessare le molestie che i Vescovi di Aquila le recavano pel
preteso esercizio di loro giurisdizione, il sullodato Cardinale vietò al Vescovo alla
sua Curia ed a qualunque altro Ecclesiastico di spiegare la menoma giurisdizione
su detto Conservatorio, tanto direttamente che indirettamente sotto pena delle più
tremendi scomuniche. Dopo di ciò, solo nel 1721 si vede eseguita una Santa Visita
del Vescovo come rilevasi dalle carte ora esibite.
4° Si adottano le osservazioni fatte dalla Confraternita di S. Sisto 173
171
172
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 2.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 5.
62
Abbenché come si è già notato, nulla vi abbia di comune tra la fondazione di
questo Conservatorio e dell’altro della SS.ma Annunziata, pure, perché è piaciuto a
Monsignor Vescovo assimilarle fra loro, i sottoscritti adottano in linea subordinata
tutte le osservazioni all’uopo fatte dalla Confraternita di S. Sisto specialmente circa
il Regio Assenso che fu rinnovellato nel modo e per i motivi della medesima
rimarcati.
Per gli esposti fatti, e per le cennate ragioni, i sottoscritti confratelli, con fiducia si
augurano che nell’alta sua sapienza e giustizia la Maestà del Re, N. S. (D. G.)
voglia degnarsi accoglierli, e conservare alla Confraternita il diritto di padronato
sul Conservatorio, di sua natura laicale, confermando nel contempo le Regole ed il
Regio Assenso in vigore.
Dalle camere della Confraternita. Aquila 30 settembre 1888.
Gli Ufficiali = Firmati = Michele De Baroni Bonanni Sindaco = Gennaro Nardis 1°
Governatore = Francesco Barone Coppa 2° Governatore = Domenico Coppa
Cassiere = I Confratelli firmati = Francesco Barone Ciampella = Teodoro de’
Baroni Bonanni = Ferdinando Marchese di Torres = Bartolomeo de’ Marchesi de
Torres = Giuseppe Gentileschi = Giacomo Barone Fisioni = Luigi Gentileschi =
Filippo Gentileschi = Bartolomeo Carli = Alessandro Vastanini de’ Marchesi Cresi
= Raffaele Vastanini de’ Marchesi Cresi = Ignazio Antonelli Oliva = P. Barone
Franchi = Ignazio Pica Alfieri = Ieodonico Alfieri Alsorio = Girolamo Manieri =
Luigi Michetti = Cesare Micheletti = Michele Coppa = Gaetano Gentileschi =
Francesco Gentileschi = Carlo Manieri.
Per copia conforme il Segretario del Conservatorio di S. M.a della Misericordia in
Aquila. Domenico Antonelli.
Il Sindaco Ammin. M. Bonanni».
Risposta del Vescovo Filippi Luigi:
«1° Monsignor Vescovo di Aquila ha creduto poter assimilare la causa del
Conservatorio della Misericordia a quella del Conservatorio dell’Annunziata,
perché uno è l’interesse da cui come Vescovo è animato, cioè la tutela della
pubblica morale, tutela che è stata sempre oggetto delle premure dei Vescovi suoi
antecessori; e dalla quale le due Confraternite (formate sempre dagli stessi
individui che ne hanno formato una specie di esclusiva proprietà di famiglia) hanno
cercato in ogni luogo di impedire, sino a che nel 1781 giunsero a fare il colpo di
mano di far sovranamente approvare le nuove Regole del tutto ostili alla potestà
ecclesiastica. Quindi sebbene per questo Conservatorio 174 non vi sia stata
l’iniziativa del Vescovo, ma della Confraternita, pure vi bisognò l’espressa
condizione dell’intervento del Vescovo, sotto la cui immediata tutela, per ciò che
riguarda la morale, debbono essere tutti i pubblici stabilimenti destinati alla
educazione delle fanciulle particolarmente. La confraternita della Misericordia (la
quale per altro sin a meno di un secolo addietro non era formata da soli Patrizii, che
ora ne hanno formato un privilegio esclusivo di poche famiglie) presentò al
Vescovo il suo progetto di investire le limosine che facevansi a domicilio in
limosine fisse destinate alle fanciulle che potevano raccogliersi in un locale vicino
alla Chiesa; ed il Vescovo, come si esprime nella Bolla, Auctoritate ordinaria,
approvò il tutto, e ne comandò l’esecuzione, ‘et ex equi mandavit’. Or chi non vede
qui l’ingerenza del Vescovo nell’atto della fondazione?
173
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 6.
Nel testo, lateralmente, è scritta la seguente nota: «Per la fondazione di questo». Cfr.
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 1.
174
63
La dipendenza dal Vescovo e l’ubbidienza al di lui ordini, per quello che riguarda
la disciplina del Conservatorio emerge nella natura stessa della casa; e non era
necessario espressamente professarla e prometterla.
Che poi non vi siano Capitoli fatti nell’atto di fondazione come quelli che si fanno
nella fondazione del Conservatorio dell’Annunziata, ciò deve imputarsi alle
questioni sopraggiunte 50 anni dopo la fondazione, in cui i Sig.ri Patrizii, mal
soffrendo la giurisdizione del Vescovo, cedettero di evaderla, mettendosi sotto il
protettorato del Capitolo di San Giovanni Laterano; poiché allora fecero il primo
colpo di mano, facendo perdere ogni traccia delle antiche Costituzioni; e non è
presumibile, anzi è del detto inconcepibile, che il Vescovo, la cui autorità come
necessaria si fa intendere nella fondazione, avesse potuto approvare che sotto gli
occhi suoi si ergesse un Conservatorio di vergini, e poi si formulassero delle
Regole nello spirito, da cui sono informali quelle che nel 1781 si fecero munire di
Real Assenso, cioè tendenti ad escludere perfettamente ogni ingerenza del Vescovo
anche riguardo allo spirituale, ed alla intera disciplina.
2° Tutto l’equivoco dell’attuale Confraternita sta nel credere che il Vescovo le
volesse togliere la facoltà di amministrare le rendite del Conservatorio. Or il
Vescovo di Aquila non ha mai preteso ciò; ma ha preteso quello che coi novelli
Statuti formolati in epoca sospetta, la Confraternita ha tolto al Vescovo, cioè il
diritto di in vigilare sulla morale e sulla disciplina del Conservatorio, e sulle
persone che debbano accedere, o entrare nel Conservatorio medesimo, sulle
persone ecclesiastiche che debbono dirigerlo nello spirito. È inutile quindi il
rispondere a questo secondo articolo nella specie; perché se volesse farlo
Monsignor Vescovo ha buono in mano per provare, che eccetto due o tre legati fatti
da famiglie Patrizie, la moltitudine di tutti gli altri legati, è stata fatta da persone
pie e devote che non appartenevano alla Confraternita, e se vi appartenevano non
erano del ceto dei Patrizii e molti di esse erano persone ecclesiastiche, come l’abate
Scipione Basile, di cui qui si parla.
La riserva poi di ottenere il permesso da chi fusse stato necessario non aveva
riguardo all’ordine del Conservatorio, che fu eretto con ordinaria autorità del
Vescovo, le cui facoltà a ciò fare erano ben sufficienti; ma bensì riguardavano la
riduzione delle messe, che prima celebravansi in gran numero nella detta Chiesa
per effetto dei molti legati pii che vi esistevano, essendovi prima dell’erezione del
conservatorio cinque Cappellani fissi per giorni feriali, e sei per i giorni festivi:
cosa che eccedeva le facoltà del Vescovo. Di questo e non di altro permesso si
parla allorché si dice: ‘Riservato, si neup. Fuerit’, etc.
Quindi ap. “Parisse come ben si ragiona dalla Confraternita quando crede che la
Bolla Vescovile di fondazione avesse bisogno di apostolica sanzione.
Lo stesso è a dire del Real Assenso che nel 1765 non era richiesto
tassativamente come lo fu col Dispaccio dei 17 Giugno 1767, e coll’altro del 19
giugno 1769.
3° Questo è un episodio che fa poco onore alla memoria dei maggiori dei sig.ri
attuali Confratelli, i quali per altro non si dimostrano in ciò diversi dai loro avi.
Prima di tutto qui si dice un solennissimo sproposito allorché si asserisce che il
quartium ove trovansi il Conservatorio fosse stato soggetto al Capitolo
Lateranense. Il capitolo Lateranense accettava sotto la sua protezione le Chiese che
la domandavano, e non i quartieri interi di una città o di un paese: altrimenti tutte le
chiese di quel quartiere sarebbero stati esenti dalla giurisdizione del Vescovo.
Dovevano dunque dire la Chiesa della Misericordia era sotto la protezione
dell’Arciprete di S. Giovanni in Laterano, e non il quartiere, e nemmeno il
Conservatorio. Se avessero detto ciò sarebbe stata salda la risposta che sin dall’11
Luglio del 1529, molto tempo prima che vi si ergesse la Compagnia, appena eretta
la Chiesa, Monsignor Flaviano Brancory Prelato di Clemente VII per avere la
64
devozione verso Manressa (?) e arricchirla di indulgenze ottenne un Breve con
molte indulgenze, per chiunque visitasse la detta miracolosa immagine.
Paolo III con un Breve dei 26 febbraio 1537 concesse in questa Chiesa e
Confraternita indulgenza plenaria scurel in anno nel Giovedì santo.
Paolo IV ai 12 agosto 1558 le conferì altre indulgenze; finalmente la Basilica
lateranense in data dei 25 febbraio 1566, diresse a questa Chiesa e Compagnia le
lettere parentali perché godesse di tutte le grazie e privilegii concedute ai Sommi
Pontefici alla Chiesa di S. Giovanni Laterano, e la ricevè sotto la sua protezione col
peso di mezza libra di zafferano annua nel dì di Natale. La quale concessione fu
rinnovata nell’anno 1591, e nel 1595 (cioè proprio un anno prima della erezione del
Conservatorio) come avrebbero potuto i Sig.ri Confratelli osservare dalle
pergamene esistenti nell’archivio della Confraternita. Ora ognun vede, ed ognun sa
che la Basilica Lateranense prendeva sotto la sua protezione le Chiese, e talune
fratellanze inservienti nelle Chiese, per arricchirle di privilegii spirituali; ma questa
sua protezione non si estendeva sul Conservatorio; poiché quando fu eretto il
Conservatorio i Confratelli di allora (che sapevano un po’ meglio il Diritto
Canonico) non richiesero la Bolla di erezione del medesimo dal Capitolo
Lateranense, come avrebbe fatto se la detta giurisdizione non si fosse ristretta alla
sola protezione ed ai privilegii ed indulgenze accordate alla Chiesa ed ai
Confratelli.
Dunque il Conservatorio non fu mai, né poteva essere soggetto alla giurisdizione
lateranense. Ma qui dicono i Confratelli: come si spiega il monito spedito dal
Cardinale Arciprete Lateranense al Vescovo dell’Aquila ai 13 Agosto 1654
‘Infandum Regina iubens…’ i Sig.ri Confratelli, come si è visto anche nel
Conservatorio dell’Annunziata, appena quasi fondati i due stabilimenti, intolleranti
di ogni soggezione, cominciarono a dimenticare che erano semplici amministratori
delle rendite dei due Luoghi Pii, e vollero farla da assoluti Padroni e Signori non
solo nel temporale, ma anche nello spirituale; quindi intravano, uscivano e
permettevano che si entrasse ed uscisse nel conservatorio quando loro piaceva e
pareva. I Vescovi ai quali ricade nel tempo a cuore quanto la custodia della
Clausura episcozialmente richiesta dal S. Con.[cilio] di Trento anche negli
Educandati di semplici giovinetti, più volte cercarono di infrenare questa licenza,
che poteva produrre tristi conseguenze per la morale delle giovinette; ma i Sig.ri
della Confraternita non mai vi si acquetarono, sino a che Monsignor Gaspare De
Gajoso, il quale resse la Chiesa aquilana dal 1629 al 1645, fu obbligato ad emettere
un ordine che niuno, sotto pena si scomunica ‘latae sententiae’ potesse entrare nel
Conservatorio senza licenza.
Lo stesso ordine fu contenuto dal di lui immediato successore Monsignor Clemente
del Pezzo, il quale governò la Chiesa aquilana dal 1646 al 1651. La Chiesa
aquilana varò sino al principio del 1654, in cui fu eletto Vescovo di Aquila
Monsignor Francesco Tellio de Leon.
Fu nel tempo della vacanza della sede175, che i signori Confratelli, onde sottraesi
interamente alla giurisdizione del Vescovo locale, di cui avevano disprezzati e
lacerati gli ordini, senza far conto della scomunica ‘latae sententiae’, ricorsero
all’espediente d’implorare la protezione del Can. Colonna Arciprete di S. Giovanni
Laterano, a cui con false asserzioni, riferiscono che non solo la Chiesa, ma anche il
Conservatorio della Misericordia era in solo lateranensi, e che perciò i Vescovi
175
Questa “vacanza della sede” episcopale di cui si parla nel testo, si ebbe tra l’episcopato
di Del Pezzo Clemente il cui episcopato terminò nel 1651 e il successore, Tellio De Leon
Francesco, eletto nel 1654; la vacanza interessa, dunque, il periodo 1651-1654.
65
avevano l’ordine di violarne l’immunità col pretendere di farvi visita come nei
luoghi posti sotto la loro immediata giurisdizione.
Allora il Cardinal Colonna non fece altro che spedire il famoso monito, con cui la
Confraternita crede di aver otturato la bocca del Vescovo; ma il monito è sempre
un monito e non una sentenza decisoria. Infatti il monitorio fu notificato dal
Vescovo Tellio de Leon ai 5 settembre 1655; questi però senza aver timore del
monitorio che minacciava le più tremende scomuniche, forte del suo diritto, ed
avvalorato dall’esempio dei suoi predecessori, eseguì la visita al Conservatorio,
rinnovò gli ordini dato dai suoi antecessori sotto pena di scomunica non già fuende
sententiae come quella del monitorio, la quale non colpiva nessuno, a latae
sententiae che realmente colpì i signori della Confraternita 176, e poi rispose come
convenivasi al Cardinale Colonna, il quale gli rispose che “aveva fatto bene e gli
dava tutta la sua autorità per lo dippiù che fosse necessario per detto buon
governo”.
Ma si acquietarono forse i Signori della Confraternita? Niente affatto. Vedendo che
non era loro riuscito il colpo di mano col Cardinal Arciprete di S. Giovanni
Laterano, pensarono di rivolgersi alla S. Congregazione dei VV. e Reg. a cui fecero
pervenire un memoriale pieno di gratuite e mendaci asserzioni, colle quali
pretendevano che la S. Congregazione proibisse al Vescovo ogni ingerenza nel
Conservatorio medesimo. La S. Congregazione com’era naturale, chiese al
Vescovo che riferisse lo stato delle cose, ed il Vescovo il data dei 15 Marzo 1656177
informò la S. Congregazione circa la verità delle cose; dietro di che la Santa
Congregazione rispose che il Vescovo si mantenesse nel suo diritto. I Vescovi
infatti posteriormente esercitarono un tal diritto, come si desume fra gli altri, dal
Doc. n. 3° e 4° tralasciandone molti altri; fino a che riuscì ai Sig.ri Confratelli di
fare il colpo di mano simile a quello che nella stessa epoca fecero per l’altro
conservatorio della SS.ma Annunziata, facendo cioè munire di Regio dispaccio le
regole da essi foggiate in senso direttamente ostile alla potestà ecclesiastica, ed alle
giurisdizioni che vi teneva il Vescovo per diritto.
Da questa semplice everidica narrazione poggiata su validi documenti emerge
chiaro quanto la Confraternita vada errata nei suoi argomenti; questa poca
consistenza abbiano le ragioni ad essa adottate, e quanto siano false le conclusioni,
colle quali spera che possa essere mantenuta nel possesso di un assoluto ed
indipendente padronato, contro ogni altro diritto, e contro l’evidenza dei fatti.
A tutte queste considerazioni Monsignor Vescovo aggiunge la importantissima che
nasce dalla necessità di tutelare la pubblica morale nei tempi odierni, in cui la fede
ed il pubblico costume sono in tanta decadenza 178; per cui davvero si augura che la
somma pietà del Re N.S. voglia far diritto alla di lei domanda e concedere al
Vescovo che liberamente e pienamente eserciti su questo Conservatorio quella
giurisdizione, quella vigilanza, e quella tutela che sono necessari al suo sacro
carattere, e che la fondazione, e la osservanza, e la natura stessa della cosa, e le
imperiose circostanze del pubblico costume gli concedono, disponendo che siano
riformati gli Statuti a norma della vigente prova ecclesiastica.
Aquila 18 Dicembre 1888. Filippi Luigi, Vescovo».
176
Sottolineato nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 5.
Questa data è scritta in colore diverso dal resto del testo, ovvero in blu; di contro il testo
è scritto in nero. Vd. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 5.
178
Qui è scritta lateralmente al testo la seguente Nota: «Ed i Conservatori di donzelle
particolarmente devono essere sorvegliati e diretti dalla potestà ecclesiastica con tutta la
summità delle leggi canoniche, onde evitare gravi inconvenienti, che infelicemente si sono
non di rado avvertiti», cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 6.
177
66
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio
della Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857
Carta sciolta manoscritta di 2 facciate intestata Consiglio Generale degli
Ospizi del Secondo Abruzzo Ulteriore. Segretariato, n. protocollo 18.93,
datata Aquila 18 luglio 1857, oggetto: Sulla educazione delle alunne nel
Conservatorio della Misericordia in Aquila, indirizzata al Vescovo di
Aquila. Di fianco è posta un breve risposta del Vescovo L. Filippi.
Si riportano, a seguire, integralmente, entrambe.
«IIl.mo e Re.vo Signore
Se Signor Sindaco Amministratore del Conservatorio di S. Maria della
Misericordia di questa città ha manifestato che la maggioranza della nobile
Confraternita sotto lo stesso titolo con deliberazione dei 28 scorso giugno ha
provveduto che la educazione morale e civile delle alunne fosse affidata alle
Religiose Stimmatine179, purché le Regole di quest’ordine religioso si accomodino
alla dipendenza degli Amministratori.
Mi pregio manifestare a V. S. Ill.ma e Rev.ma una tale proposizione pregandola a
favorire al Conservatorio gli suoi riscontri a riguardo.
L’Intendente Presidente. Dammarca».
Risposta del Vescovo:
«Si risponde.
Si è scritto alla Superiora Generale in Firenze, prospettandole le condizioni che si
propongono, e quando si avrà il riscontro si farà conoscere. F. Luigi Vescovo».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Stato delle alunne dimoranti nel Pio
Stabilimento di S. Maria della Misericordia in Aquila a tutto il 7 aprile
1858
Nomi e
Cognomi
delle alunne
Patr
ia
Età
circa
Qualità
Epoca di
ammissione
A carico di
chi le
mantiene
Signora
Maria De
Sanctis
Anna Maria
Gioia
Rosa Colaizzi
AQ
73
anni
Priora
25 giugno
1839
Conservatorio
Id.
-
Portinara
Id.
Id.
Orfana
Domenica
Pitone
Concetta
Id.
34
anni
19
anni
19
27 settembre
1828
13 maggio
1833
16 febbraio
1851
8 dicembre
Id.
Orfana
Orfana
Le
conve
nga o
no
conge
darsi
Oss
erva
zion
i
Id.
Id.
Id.
179
Sottolineatura nel testo. ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel
Conservatorio della Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857, p.1.
67
Colizzi
Teresa Di
Giambattista
Rachele
Cognoli
Emilia
Vastarini
Carolina
Vastarini
Matilda
Egidj
Giuseppina
De Matteis
Filomena
Riga
Carmela
Parisse
Teresa
Caldarelli
Teresa
Scimia
Angela Conti
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Giuseppina
Santucci
Anna Cioni
Id.
Maria
Riattelli
Maria Nicola
Longhi
Luisa
D’Angeloant
onio
Teresa
Feralla
Filomena
Colajanni
Rita
Colajanni
Id.
Id.
Id.
anni
24
anni
19
anni
25
anni
21
anni
17
anni
16
anni
14
anni
16
anni
18
anni
15
anni
16
anni
16
anni
15
anni
9 anni
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
Orfana
17
anni
13
anni
Orfana
Orfana
Id.
14
anni
-
Educanda
Id.
-
Educanda
Id.
Id.
Orfana
1847
24 dicembre
1847
17 gennaio
1850
14 agosto
1850
14 agosto
1850
1 dicembre
1851
20 marzo
1853
25 aprile
1853
30 giugno
1853
10 Luglio
1853
19 Luglio
1853
5 agosto
1853
4 dicembre
1853
1 ottobre
1855
4 giugno
1856
20 gennaio
1857
5 Luglio
1857
22 febbraio
1856
23 novembre
1852
23 novembre
1852
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Del Padre
Del Padre
ADA, Busta 614, fasc. 5, Raggruppamento e trasformazione di 4
Confraternite a favore del Conservatorio della Misericordia. Roma, 30
dicembre 1910
Carta sciolta, manoscritta di 3 facciate, con marca da bollo di £. 2, intestato
“Archivio di Stato in Roma. Archivio del Ministero di Grazia e Giustizia e
de’ Culti”. N°. XIII, p. 8/2 475, n°. 43 ff., arrecante la data Roma 30
dicembre 1901.
Nella carta si legge:
«Vittorio Emanuele III
per grazia di Dio e per volontà della Nazione,
Re d’Italia
Veduta la deliberazione 4 agosto 1901 dell’Amministrazione del Conservatorio
della Misericordia di Aquila, colla quale si propone la trasformazione ed il
68
raggruppamento a favore dell’opera pia stessa delle quattro confraternite locali
ditte della S.S. Concezione, di S. Maria della Pietà, di S. Leonardo de’ Carcerati e
Santa Maria Assunta in Cielo, aventi una entrata annua complessiva di Lire
5951.13, da erogarsi nel modo indicato nel bilancio 1901 del Conservatorio;
Vedute le deliberazioni del Consiglio Comunale e della Congregazione di Carità di
Aquila;
Veduti gli altri atti, tra cui il voto della Giunta provinciale amministrativa di
Aquila;
Vedute la legge 17 luglio 1890 n°. 6972 e i relativi Regolamenti;
Udito il parere del Consiglio di Stato, del quale / le si adottano i motivi da ritenersi
quei integralmente riportati;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’Interno;
Abbiamo decretato e decretiamo
Le quattro confraternite sopra indicate sono raggruppate e trasformate a favore del
Conservatorio della Misericordia di Aquila coll’obbligo di erogare l’annua somma
di Lire 1.095 nell’adempimento degli oneri di culto a carico delle Confraternite
stesse come risulta dal bilancio 1901 del predetto Conservatorio.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, già inserto nella
raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandato a chiunque
spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma addì 23 gennaio 1902.
F.to Vittorio Emanuele
F.to Giolitti
Il Guardasigilli f.to F. Cocco Orte.
Registrato alla Corte dei Conti, addì 14 febbraio 1902.
Atti del Governo. Registro 1° foglio 80. F.to Rostagno.
Si dichiara che la Copia presente è conforme all’originale che si conserva
nell’archivio suddetto e precisamente col n°. XIII della parte supplementare della
raccolta delle Leggi e dei Decreti per l’anno 1901, con cui fu collazionata al Sig.
Giuseppe Rivera che ne ha fatto domanda registrata col atto 9259, previo il
pagamento delle tasse prescritte dal R.o Decreto 9 settembre 1902, n. 445.
Roma li 30 dicembre 1901.
Il Direttore».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Separazione del Conservatorio di S. Teresa da
quello della Misericordia. Aquila 2 febbraio 1839
Carta sciolta manoscritta di 1 facciata, intestata “Intendenza del Secondo
Abruzzo Ulteriore. Consiglio Generale degli Ospizi. Segretariato”, n. 278;
datata Aquila, lì 2 febbraio 1839, indirizzata al Vescovo di Aquila.
«Ill.mo e Rev. mo Signore
Essendo stato proposto a E. Seg.[reta]rio di Stato Ministro degli Affari interni di
separarsi il conservatorio della Misericordia da quello di Santa Teresa, onde sia
quest’ultimo restituito all’antica sua istituzione, Sua Maestà il Re N.S. con Real
Rescritto de’ 19 di gennaio ha ordinato di prendersi sull’oggetto il di Lei avviso
conpiegandole perciò le carte relative, la prego di volermi manifestare ciò che le si
offre a riguardo.
L’Intendente Presidente»
Risposta del Vescovo
69
«Aquila 6 Febbraio 1839
Sig. re Intendente
Si è ella compiaciuta col pregievol foglio de’ 2 dicembre parteciparmi di aver S. M.
(D. G.) ordinato Con Real Rescritto del 19 gennaio p.p. che per la separazione
proposta del Conservat[ori]o della Misericordia da quello di S. Teresa si sentisse il
mio avviso quale ordinario diocesano e per tale effetto volle ella trasmettere le cose
relative.
[…] Dalla deliberazione della fratellanza risultano chiaramente i vantaggi per lo
Conservatorio della Misericordia e per le finanze, e per non confondere le donne
vedove e maritate con le ragazze, proponendo di rientrare ciascuno liberamente.
Se la unione ebbe luogo non per fatto proprio, ma per volontà altrui, non so
comprendere or che sono separati qual diritto abbia acquistato un luogo pio in altro
che debba esser gravato non solo del mantenimento di due orfane, ma del diritto
ancora di nominarle, venendo così ad offrire cure senza alcun titolo. / […] Per
siffatti riflessi io ritengo la necessità di separarsi questi due Stabilimenti pel modo
espresso dalla fratellanza».
BIBLIOGRAFIA AL CAPITOLO 2
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Conservatorio della Misericordia (Aquila, 22 giugno 1839). Allegato Reale
Rescritto.
ADA, Busta 614, fasc. 1, Acta simplicisis ecclesistici benefici sub titulo S.
M. de Misericordia erecti in ecclesia eisdem tituli husus civitalis de
jurepatronatiy familiae Gentileschi.
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 12 marzo 1872.
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 17 maggio 1883.
ADA, Busta 614, fasc. 1, Comunicazione dell’Ufficio Notarile al Vescovo,
Notaio Celestino Filippi, Roio ottobre 1858.
ADA, Busta 614, fasc. 2, Acta semplicis Beneficii sub titulo B.a M.a de
Costantinopoli erecti in ecclesia S. M. de Misericordia de jurepatronaty
Familiae Rosanti.
ADA, Busta 614, fasc. 3, Acta semplicis ecclesiastici beneficii sub titulo
SS.mi Crucifissi erecti in ecclesia Misericordiae hujus Civitalis de
jurepatronatus familarum Ludovici et Mattucci.
ADA, Busta 614, fasc. 4, Acta semplicis ecclesiastici benefici sub titulo S.mi
Crucifissi erecti in eccelesia S.M. de Misericordia hujus Civitatis de
jurepatronatis familiae Pipino.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Casa di tolleranza.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Comunicazione del Sindaco del conservatorio di
S.M. della Misericordia al Vescovo, Aquila 3 maggio 1856.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Controversia tra il Vescovo di Aquila e la
Congrega di S. Sisto intorno diritto della gestione interna (patronato) dei
Conservatori di Santa Maria della Misericordia e SS.ma Annunziata. Copia
della sentenza 17 del marzo 1860.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul Conservatorio della SS.ma
Misericordia. Aquila, 18 ottobre 1888.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio della
Misericordia di Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con
allegata Copia Deliberazione.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Raggruppamento e trasformazione di 4
Confraternite a favore del Conservatorio della Misericordia. Roma, 30
dicembre 1910.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso
dalla Consulta del Regno in data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei
71
Conservatorj in Aquila sotto i titoli SS. Annunziata e S. Maria della
Misericordia.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Separazione del Conservatorio di S. Teresa da
quello della Misericordia. Aquila 2 febbraio 1839.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio
della Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisante e Daria, 1ª
Relazione, Copia del Decreto del Vescovo Basilio Pignatelli del 5 aprile
1596.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisante e Daria, 1ª
Relazione, 19 Februarius 1595, Conservatorio Santa Maria della
Misericordia. Parte dell’“istrumento di fondazione”.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. 2ª
Relazione: 1615-1681, Conservatorio di S.ta Maria della Misericordia.
Legati e Documenti.
ARCHIVIO STORICO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, Resoconti dell’attività
legislativa, Legislatura X, Sessione I, fasc. n. 17, Iniziativa parlamentare.
MUSEO DELLE GENTI D’ABRUZZO, Busta 16, ff. 3, 6, n. inv. 26, Vita di
Sant’Eusanio, sacerdote e martire. Aquila,1848, Opuscoli Fondo Antico “G.
Pensa”, Museo delle Genti d’Abruzzo, Pescara.
72
CAPITOLO 3
Conservatorio della SS.ma Annunziata
Premessa
In seguito al carisma evangelico delle predicazioni di Padre Niccolò
Spinelli da Siena, minore osservante di S. Francesco, nell’anno 1606,
giunsero all’Aquila molte donne di “mal vita” sulla via della conversione
che: « […] Si tennero in un quarto dello Spedale Maggiore fino al 1615180».
Nel Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria 181 nella quarta
relazione stilata dal Vescovo Carlo De Angelis, è presente un breve nota
introduttiva in cui questi scrive:
«[…] Nel 1606 si convertirono varie prostitute per le pratiche del P. Spinelli
Minore Osservante di S. Francesco. Si tennero in un quarto dello Spedale Maggiore
fino al 1615. Indi situaronsi nella Nunziata, poiché il Vescovo Gundisalvo de
Rueda con un suo Decreto “Auctoritate ordinaria” lo eresse, e dichiarò
Conservatorio sotto il titolo delle Pentite della Ss. Nunziata colla Regola del
Terz’Ordine di S. Francesco182».
Precisamente in data 11 luglio 1615, infatti, il Vescovo Gundisalvo De
Rueda183, fondò per le anzidette donne convertite il Conservatorio della
Ss.ma Annunziata, nato come: «[…] Congregationem et Conservatorium
Mulierum Convertitarum184», presso i locali ricevuti: «[…] Ex piorum
180
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della Nunziata, manoscritto p. 3.
Volumetto manoscritto in forma libelli, composto da 12 pp. non numerate, contenente
25 sintetiche relazioni di Vescovi, Vicari generali e Cardinali, sui tre suddetti conservatori.
Le relazioni occupano un lasso temporale che va dall’anno 1595 al 1817. I Vescovi
interessati nelle relazioni in oggetto sono: Pignatelli Basilio, Gundisalvo De Rueda,
Torricella Giovanni, Domenico Taglialatela, Carlo De Angelis ). ADA, Busta 614, fasc. 5,
Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della Misericordia, SS.ma
Annunziata, Ss. Crisanto e Daria.
182
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria. IV Relazione: 23 ottobre 1692,
SS.ma Annunziata, p. 7; ADA, Busta 602, fasc. 9, Conservatorio Ss.ma Annunziata:
Memoria per la Chiesa della Nunziata, versione dattiloscritta, Tipografia Grossi, L’Aquila,
1859, p. 28.
183
Vd. A. SIGNORINI, La Diocesi dell’Aquila, Libro IV Serie, Cronologia dei Vescovi
aquilani con le varie vicende ei loro vescovadi, Tipografia Grossi, L’Aquila, 1868, pp. 107115; ADA, Visite Pastorali, De Rueda G., anni 1606-1620.
184
ADA, Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due Confraternite di S. Sisto e S.
Maria della Misericordia in Aquila, rappresentano rispettivamente in quanto all’ingerenza,
ed al Reggime su i due Conservatori della SS.ma Annunziata e della Misericordia in detto
Capoluogo. Copia Allegazione, Tipografia Giuseppe Barone, Vico Purgatorio ad Arco, n.
34, Napoli, 1860, p. 6.
181
73
hominum elemosynis emptis185», vani occupati anticamente dalla chiesa
detta della Nunziata (ovvero di S. Maria della Annunziata) e dal Monastero,
sotto lo stesso titolo, delle monache domenicane, soppresso nel 1411, di cui
ci parlerà in seguito.
Anzidetti locali accolsero a partire dal 1530 la Congregazione di S. Sisto
(proveniente dalla chiesa parrocchiale dei SS. Sisto e Nicola d’Anza),
fondatrice nonché conproprietaria del Conservatorio della SS.ma
Annunziata.
Il Conservatorio della SS.ma Annunziata viene giuridicamente istituito il
20 luglio 1615 con istrumento rogato dal notaio Carlantonio Pandolfi186, un
notaio autoctono, alla presenza del Vescovo, di Padre Spinelli e dei 4
procuratori, di cui 2 proprietari della casa che ospiterà l’istituto, cioè il
barone Alessandro Pica e Fabrizio Colantonio, ed altri 2 della
Congregazione di S. Sisto, il barone Giovan Battista Quintii e il Capitano
della città, Marcello Vivio.
Attraverso anzidetto istrumento si stabilisce la natura dell’opera di carità,
ovvero si precisa che il Conservatorio dovrà accogliere donne mal maritate,
povere, abbandonate dai mariti e:« […] A pericolo di perdersi, di età al di
sotto dei 35 anni, che non siano colpite da alcuna infermità contagiosa 187».
Dovranno inoltre esservi accolte anche le meretrici, sempre al di sotto dei
35 anni, purché sane, senza alcuna discriminazione tra le naturali della città
e furastiere, al fine di allontanarle:« […] Dalli vitii e peccati, e levar i mezzi
con che altri non le offendano188».
Fu stabilito che i Procuratori dovevano provvedere al mantenimento di
almeno 12 donne.
Al suddetto istrumento di fondazione redatto il 20 luglio 1615 sono
congiunte le Regole e Costituzioni per il Conservatorio della SS.ma
Annunziata, un volumetto manoscritto in forma libelli composto da 50 pp.
185
Idem.
A riguardo si veda: ADA, Busta 602, fasc. 1, Regole e Costituzioni. Regole del
Conservatorio della SS.ma Annunziata di Aquila approvate da S.M. Ferdinando IV in data
16 giugno 1783, pp. 40-41; ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della
Nunziata, manoscritto p. 3; ADA, Busta 602, fasc. 9, Memorie per la Chiesa della
Nunziata, dattiloscritto pp. 27-28; ADA, Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due
Confraternite di S. Sisto e S. Maria della Misericordia in Aquila, rappresentano
rispettivamente in quanto all’ingerenza, ed al Reggime su i due Conservatori della SS.ma
Annunziata e della Misericordia in detto Capoluogo. Copia Allegazione, Tipografia
Giuseppe Barone, Vico Purgatorio ad Arco, n. 34, Napoli, 1860, pp. 1-3 et passim; ADA,
Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due Confraternite di S. Sisto e S. Maria della
Misericordia in Aquila, rappresentano rispettivamente in quanto all’ingerenza, ed al
Reggime su i due Conservatori della SS.ma Annunziata e della Misericordia in detto
Capoluogo. Copia Allegazione, versione manoscritta, pp. 3-4; ADA, Busta 602, fasc. 2,
Memorie per la Nunziata col parere del Sig. Dell’Agata, p. 1; P. POLI (a cura di), La Chiesa
aquilana 750 di vita (1256-2006), Atti del Convegno, Cattedra Bernardiniana, L’Aquila, 68 dicembre 2005, pp. 280-281.
187
Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio della SS. Annunziata. Regole e
Costituzioni.
188
Idem.
186
74
inerente il regolamento da osservarsi nel Conservatorio (per cui si veda
l’Appendice al seg. Capitolo).
Nell’Indice delle cose che si contengono nelle presenti Regole, che
rappresenta quasi un proemio del volumetto succitato, che antecede
l’Introduzione, nonché sintetizza i punti che praticamente definiscono il
regolamento, si legge:
«Regole e Costituzioni da osservarsi inviolabilmente dalla pentita, o siano
convertite penitenti dimorantino nel Conservatorio Pio sotto il titolo della SS. ma
Annunziata, nommeno che dalla donna malmaritata, e periclitanti 189, ed ogni altro
individuo che in esso Conservatorio si ritirasse, aggravate e confermate con Real
Diploma in data Settembre 1783 Copia di cui legalizzata si inserisce nel fine della
presente Regola190».
Le Regole e Costituzioni, infatti, ricevettero il Real Assenso, dal Re
Ferdinando IV, in data 25 settembre 1781191, integrato poi con la Regola da
aggiungersi alla p[ri]ma per il buon regolamento del Pio Luogo Laicale192
che ricevette il Regio Assenso in data 16 giungo 1783 entrato in vigore il 3
settembre 1783193.
Nel tempo, sorgeranno – come pure per il Conservatorio di S.ta Maria
della Misericordia – fervidi contrasti tra la Congregazione di S. Sisto ed i
Vescovi succeduti a Mons. G. De Rueda in merito all’amministrazione del
Conservatorio, rivendicandone, la prima, il diritto di fondazione e, pertanto,
il conseguente patronato.
L’ordinario diocesano si troverà, così, coinvolto in una controversia
estenuante, che si protrarrà per i due secoli successivi, contro le
rivendicazioni della Congregazione di S. Sisto sulla proprietà dei locali,
l’amministrazione dello Stabilimento e, persino, sulle questioni di natura
spirituale quali la nomina del cappellano, del confessore, ecc.
Con il Real Diploma del 1783 vengono accolte le istanze della
Congregazione di S. Sisto e confermate le regole già approvate nel 1781,
con la condizione che il Conservatorio rimanga di stato laicale, senza mai
costituirsi in comunità ecclesiastica, né pretendere esenzioni o privilegi
collegati ad istituzioni ecclesiastiche.
I successivi interventi da parte del Re Ferdinando IV saranno volti a
ratificare, o correggere, quanto precedentemente concesso alle contrapposte
parti, senza mai ledere i diritti ormai acquisiti di regio patronato.
La sovrana Risoluzione del 2 aprile 1859 confermerà le Regole del 1783
in materia di amministrazione del pio luogo affidata alla congregazione di S.
Sisto, pur riconoscendo al Vescovo la prerogativa di esprimere il proprio
consenso sull’ingresso o egresso delle donne e su tutto ciò che concerne gli
189
Da «periclitare», v. intr. [dal latino periclitari, der. di pericŭlum «pericolo»], letter. –
Essere in pericolo, correre grave pericolo. Raro l’uso trans., arrischiare, mettere in pericolo.
190
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio della SS. Annunziata. Regole e Costituzioni, p.
2.
191
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 40.
192
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 41-42.
193
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 49-50.
75
affari di ordine spirituale, quali la scelta del confessore, del predicatore, del
cappellano.
Il Conservatorio verrà soppresso nel 1901 e trasformato in
Congregazione di Carità, e le ospiti passeranno al Conservatorio della
Misericordia, diretto dalle suore Stimmatine (1858-1942)194:
«[…] Col Decreto 2 agosto 1917 furono trasformate altre due opere pie: la
Madonna del Ponte di Coppito e la Madonna degli Angeli extra moenia, come pure
il Conservatorio della SS. Annunziata e l’Istituto S. Paolo, l’autorità ecclesiastica
ed i singoli amministratori si opposero con tutte le loro possibilità a questa
barbarica laicizzazione di sacri istituti, ma gli organi governativi e la magistratura
furono ostinatamente avversi195».
Dopo la trasformazione dell’Ente, con relativa revisione degli statuti, si
stabilì che:
«[…] Pur riconoscendo la più alta importanza ai principii di moralità, lo scopo
di istituzioni di beneficienza si limita al miglioramento morale ed economico della
classe povera senza riguardo alle pratiche religiose ed al culto esterno 196».
Circa le suore Alcantarine, che dovettero andare via dopo la soppressione
del Conservatorio, nel 1901, queste trovarono alloggio nel palazzo Bonanni
in Via S. Marciano, in L’Aquila, donde, nel 1909, passarono alla direzione
dell’Istituto Fibbioni, sito nella zona «Quattro Cantoni», che tennero fino al
1973, anno della sua chiusura.
Intanto l’ex Conservatorio della SS.ma Annunziata divenne sede delle
suore della Dottrina Cristiana fino al terremoto del 1915.
Dal 1927 al 1993 i locali dell’ex Conservatorio ospitarono le Suore della
Carità chiamate, da D. Giovanni Minozzi e Padre Giovanni Sameria, per
gestire l’Opera Nazionale del Mezzogiorno, una struttura che si proponeva
di aiutare nello studio i ragazzi dell’Italia centro-meridionale.
Nel 1993, al posto di queste suore, ritiratesi nella casa dell’Asilo Infantile
di S. Demetrio, subentrano le Suore Betlemite.
Volendo aprire un inciso inerente l’ambito educativo-formativo reperibile
all’interno del Conservatorio della Ss.ma Annunziata, si può affermare che,
in generale, non si tratta di una istruzione vera e propria ma, piuttosto, di
una riabilitazione delle donne “ritiratesi” nella Ss.ma Annunziata (meretrici,
mal maritate, abbandonate dai mariti, “a pericolo di perdersi”, ecc.) che
presentavano gravi problemi derivanti dall’essersi formate in ambienti
socialmente e moralmente inadatti.
194
F. MURRI, Monastrei, Conventi, Case e Istituti Religiosi dell’Arcidiocesi Aquilana,
ISSRA, L’Aquila, 1996, p. 297.
195
G. EQUIZI, Storia dell’Aquila e della sua diocesi, S.A.I.E. Editrice, Torino, 1957, Cap.
VIII, pp. 65-66. A riguardo si veda anche: CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA,
Relazione sulle riforme nell’amministrazione e sulle mutazioni nel fine delle Opere Pie del
Comune di Aquila, Tipografia Giuseppe Mele, Aquila, 1894, Parte III, Fondazioni di
beneficienza amministrate da Confraternite, pp. 57-62.
196
CONGREGAZIONE DI CARITÀ DI AQUILA, op cit., Parte III, p. 62.
76
La rieducazione, improntata sui canoni conformi alla dottrina della
Chiesa di Roma, era dispensata dapprima dalle suore poste sotto la regola
del Terz’Ordine Francescano e, successivamente, dalle suore Alcantarine.
Le maestre provvedevano, pertanto, essenzialmente all’addestramento ai
lavori donneschi e alla produzione dei manufatti, da eseguirsi in gruppo in
una apposita camera di lavoro, dove era fondamentale il silenzio nonché il
decoro.
È evidente, da quanto si legge, la mancanza di qualsiasi forma
d’istruzione, seppure basilare, da impartirsi alle donne ospiti del
Conservatorio.
Quest’ultime erano “addestrate” ai soli lavori donneschi (solo alcune di
loro alla questua) poiché una qualsiasi loro forma di istruzione, anche il solo
saper leggere o scrivere, rappresentava, per queste donne, un potenziale
veicolo di dissolutezza, peccato o vizio, nonché di ostacolo alla loro
redenzione, in quanto agevolava i rapporti con il mondo esterno, con la
temporalità e con il secolo (per quante decidevano di farsi monache).
L’unico “esempio” di istruzione è circoscrivibile al periodo in cui il
Conservatorio fu affidato alle suore Alcantarine mediante Decreto vescovile
del 25 dicembre 1882 che istituirono all’interno dello stesso Conservatorio
una scuola di soli tre classi elementari con due maestre per l’istruzione delle
orfane e delle pentite.
Il 29 ottobre 1888 le 19 ragazze allora ricoverate diedero un saggio di
studi e di lavori donneschi, una prova che fu molto apprezzata
dall’Arcivescovo e da diversi ecclesiastici del tempo assai qualificati 197.
3.1 Dapprima del Conservatorio della Ss.ma Annunziata. Ragguaglio
sulla Chiesa della Nunziata e l’omonimo Monastero
L’antico monastero delle monache domenicane di S. Maria
dell’Annunziata e l’annessa omonima chiesa - comunemente detta chiesa
della Nunziata – furono fondati nel 1334 per disposizione testamentaria del
sig.re Bonanno di Amico Giunta, conte del Corbaro, la cui famiglia era detta
dei Poppleti poiché proveniente dal territorio di Poppleto (oggi Coppito,
frazione del Comune di L’Aquila).
Avendo questi disposto che si erigesse e fondasse un monastero di donne
soggetto al priore di S. Domenico dell’Aquila, i suoi due figli ed eredi,
Andrea e Bonagiunta198, nel 1334, eseguirono tale disposizione e
197
M. MORELLI, La Chiesa aquilana dal 1860 al 1892, Suore Francescane del Bambin
Gesù, L’Aquila, 1981, p. 179, p. 182; F. MURRI, Monasteri, Conventi, Case e Istituti
religiosi dell’arcidiocesi aquilana, ISSRA, L’Aquila, 1996, p. 130, p. 296.
198
Bonagiunta da Poppleto fu nel 1338 Capitano della città di L’Aquila, carica che
mantenne fino al 15 maggio 1345; in questo giorno secondo Filippo Murri, Bonagiunta da
Poppleto venne assassinato in chiesa per mano dei suoi compaesani di Coppito (F. MURRI,
Monasteri, Conventi, Case e Istituti Religiosi dell’Arcidiocesi Aquilana, ISSRA, L’Aquila,
1996, p.130), stando, invece, a quanto riferisce Antonio di Buccio morì nell'epidemia di
peste del 1363 (A. DI BUCCIO, Cronaca delle cose dell'Aquila dall'anno 1363 all'anno 1424,
in Ant. Ital. Medii Aevi, coll. 853 ss., st. VI). A riguardo della signorìa del Bonagiunta, lo
77
finanziarono la fondazione del monastreo e della annessa chiesa sotto il
titolo di Santa Maria della Nuziata presso nei locali di S. Vittorino.
L’atto di fondazione fu rogato dal Notaio Pietro D’Andrea di S. Anza
dell’Aquila alla presenza dei Poppleti, del Vescovo aquilano, Mons. Angelo
Acciajoli, del Provinciale dei Domenicani e del Priore del convento, in data
8 luglio 1334 e riassunto in forma pubblica dal Notaio Eusani Ruzi di S.
Anza.
All’inizio il complesso edilizio fu abitato dalle monache domenicane ma
in seguito alla epidemia di peste del 1459 nonchè al terremoto del 26-27
novembre 1461 (proseguito con numerose repliche fino al marzo del 1462),
il monastero rimase completamente vuoto tant’è che, nel manoscritto
Memorie per la Chiesa della Nunziata, si legge:
« […] Tutte queste cose si sono riportate per far vedere il principio, l’antichità e
la durata di questo Monistero; poicché dopo il 1411 non si trova altro di esso.
Sicché deve dirsi che dentro il Secolo XV mancò, e finì del tutto. Che fine poi
avessero fatto i tanti suoi beni, non si sa, e in potere di chi passassero 199».
Andate via le monache domenicane, nel 1473 il Priore e i frati di S.
Domenico, del cui convento la chiesa dell’Annunziata era cappella, per
continuare nel possesso e per conservare i loro diritti, vi posero quattro frati
sacerdoti.
Sei anni più tardi i medesimi religiosi rivendettero la chiesa per 400
ducati agli aquilani di Preturo, perché il suddetto terremoto aveva distrutto
anche la loro chiesa parrocchiale, la chiesa S. Pietro.
In quel tempo officiarono la chiesa dell’Annunziata due figure molto
note ed influenti al tempo: Serafino Ciminelli200 e Gianfrancesco Sinceri.
Nel fascicoletto dattiloscritto Memorie per la Chiesa della Nunziata, a
riguardo si legge:
«[…] Sin dal 1500 si dice, che era in essa [chiesa] Arciprete Serafino
dell’Aquila clebre poeta, che in quell’anno morì; e gli succedette Gianfranco
scrittore e cronista abruzzese Buccio Di Ranallo scrisse, già nel poema Cronaca Aquilana poema di milleduecentocinquantasei strofe tetrastiche di alessandrini in cui narra gli
avvenimenti della storia aquilana dalla fondazione della Città (1254) al maggio 1362 – nella
sezione Cronaca dell’Anno 1342: «[…] Facea lo capetano ciò che lui volìa: Assay plu che
lo re Aquila avea in balìa». (BUCCIO DI RANALLO, Cronica Aquilana, edizione critica e
commento di Carlo De Matteis (a cura di), Edizioni del Galluzzo, Firenze, 2008, p. 126).
199
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della Nunziata, Versione manoscritta,
p. 1; ADA, Busta 602, fasc. 9, Memorie per la Chiesa della Nunziata e documenti,
Versione dattiloscritta, Punto 1, Tipografia Grossi, L’Aquila, 1859, pp. 2-3.
200
Serafino Ciminelli (L'Aquila, 1466 – Roma, 1500), conosciuto con lo pseudonimo di
Serafino Aquilano, fu Arcivesovo e apprezzabile poeta la cui produzione fu composta
essenzialmente da epistole in rima e da tre egloghe a carattere pastorale. Dal 1484 si trasferì
a Roma dove soggiornò presso il Cardinale Ascanio Sforza che, successivamente, seguì a
Milano. La Fonte principale per la biografia del S. Ciminelli è: R. CALMETA, Vita del
facondo poeta vulgare S. Aquilano, in Collettanee grece latine e vulgari per diversi auctori
moderni nella morte de l'ardente Seraphino Aquilano, Bologna 1504; altra fonte dell'epoca
è: A. COLOCCI, Apologia nell'opere di Seraphino, contenuta nella 2ª ediz. delle Rime del
Ciminelli, Roma 1503.
78
Sinceri, il quale viveva ancora nel 1518, come rilevasi da uno stromento di Notar
Massimo di Rocca di Corno Aquilano a’ 11 gennajo 1518, ap. Rit. Pag. 5153. E
così poi seguentemente si nominano gli altri Arcipreti nella medesima Chiesa, e fra
questi nel 1536 Giulio Del Sincero, il quale ra insieme canonico di S. Marciano, e
Cappellano in S. Leonardo de’ Porcinari, e morì nel 1538, e Paolo III conferì questi
tre beneficii ad Andrea Bob[b]io, o de Bolis Bolognese suo familiare201».
Dal 1530 circa al 1615 i locali del convento della Nunziata furono
occupati dalla Confraternita di S. Sisto, una delle più antiche ed importanti
della città, proveniente dalla chiesa parrocchiale di Ss. Sisto e Nicola
d’Anza.
Circa la legittimazione a confraternita più antica della diocesi di
L’Aquila, la disputa fu soprattutto con la confraternita di S. Sebastiano; solo
dopo la promulgazione di un articolo si stabilì la primazia della
Confraternita di S. Sisto rispetto a tutte le altre e fu stabilito quanto segue:
«[…] Quindi nel 1582 per competenza insorta tra questa Compagnia, quella di S.
Sebastiano, e altre per la precedenza, questa produsse varii articoli, tra i quali con
uno propose esser ella più antica di tutte le altre, poiché nel 1358 fu confermata da
quel Vescovo Aquilano; con altro propose, che prima esisteva nella Chiesa de’ Ss.
Sisto, e Niccola di Sant’Anza; e con altro, che da circa 50 anni addietro si era
situata nella Chiesa della Nunziata. Come rilevasi da detto fascicolo di Scritture, e
si cita ‘Act. de praeced. in proces. in Arch. Cath.’202».
Nel 1615, con un decreto Auctoritatae ordinaria del Vescovo della
diocesi di L’Aquila, Gundisalvo De Rueda (inviato all’Aquila nel 1611 per
succedere all’episcopato di Mons. Giuseppe De Rubeis, lasciò la sede
aquilana nella primavera del 1622), tutto l’edificio fu concesso al
conservatorio di donne cosiddette “pentite” della SS.ma Annunziata.
Il Vescovo G. De Rueda si affaccendò molto a rigurdo, infatti:
«[…] Fece varii Capitoli per lo Regolamento, e governo di esso, firmati da Lui,
e dal Capitano della Città, e si stabilì ancora, che si eligessero in ogni anno quattro
de’ Confratelli di S. Sisto col titolo di Governatori, i quali dovessero presiedere e
governarle come il tutto costa dal Registro, che si conserva in Archivio Vescovile
nel Bullettario fol 247 e segg., e dallo strumento di erezione a Luglio 1615 di
Notario Carlantonio Pandolfi […]203».
Nel 1653 al conservatorio della SS. ma Annunziata vennero lecitamente
conferite le rendite dei conventi di S. Maria degli Agostiniani in Ansidonia e
di S. Andrea dei Severi in L’Aquila, soppressi per bolla instaurandae, e
201
ADA, Busta 602, fasc. 9, Memorie per la Chiesa della Nunziata e documenti, Versione
dattiloscritta, op cit., p. 28.
202
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della Nunziata, Versione manoscritta,
p. 2.
203
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della Nunziata, Versione manoscritta,
p. 3; Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 9, Memorie per la Chiesa della Nunziata e documenti,
Versione dattiloscritta, op cit., p. 28.
79
altresì gli vennero riconosciuti i lasciti dell’Arciprete di S. Maria del
Poggio, il decano Giacomo Filippo Orangella.
Negli anni l’edificio che ospitava il conservatorio della SS.ma
Annunziata divenne pressoché fatiscente e abbandonato a sé stesso.
Restaurato nel 1782, nel 1783, con il Reale Assenso del Re di Napoli
Ferdinando IV, passò ad accogliere le giovani pentite, “pericolanti” e “mal
maritate”.
Il nuovo Conservatorio fu posto sotto la regola del Terz’Ordine
Francescano.
Con Decreto vescovile del 25 dicembre 1882 detto Conservatorio fu
affidato alle suore Alcantarine, giunte all’Aquila proprio in quell’anno, che
lo guidarono fino alla sua cessazione nei primi del Novecento.
Per quanto riguarda, invece, ciò che oggi andremmo a denominare
“gestione amministrativo-finanziaria” del Conservatorio - come si è
anticipato nella Premessa - lunghe, controverse ed ardimentose liti videro
protagonisti i Vescovi succedutesi al G. De Rueda ed i Governatori pro
tempore del Conservatorio, che rappresentavano la Confraternita di S. Sisto
(per cui si vedano le pp. 4-5 del manoscritto, trascritto di seguito, Memorie
per la Chiesa della Nunziata, una specie di annotazione scoliastica, dove
vengono sintetizzate le anzidette dispute).
La contesa si concluse con il Real Diploma del 1783 e la successiva
sovrana Risoluzione del 2 aprile 1859 che, sottolineando lo stato laicale del
Conservatorio, affidava l’amministrazione dello stesso Conservatorio alla
Confraternita di S. Sisto e riconosceva al Vescovo la prerogativa sui
cosiddetti “affari spirituali” (ammissione/espulsione delle ricoverate,
elezione del confessore, cappellano, ecc.).
Per una maggiore puntualizzazione, si riporta a seguire la trascrizione del
manoscritto Memoria per la Chiesa della Nunziata, fascicoletto composto
da 5 pp. dove si ricostruisce, in forma sintetica, la storia della Chiesa della
Nunziata e dell’annesso Monastero sino all’istituzione del Conservatorio
della SS.ma Annunziata.
Questo manoscritto rappresenta la fonte più rappresentativa di quanto
antecedente al conservatorio della Ss. ma Annunziata.
Per le altre due fonti circa gli albori del Conservatorio della Ss.ma
Annunziata, Memoria per la Chiesa della Nunziata e documenti, versione
dattiloscritta (libretto non rilegato, integrazione del manoscritto Memoria
per la Chiesa della Nunziata, di cui non è conosciuto l’autore, nota è,
invece, la tipografia, ovvero Tipografia Grossi dell’Aquila, come pure
l’anno, 1859) e Memoria della Chiesa della Nunziata col parere del Signor
dell’Agata, si rimanda all’Appendice della presente trattazione.
Memoria per la Chiesa della Nunziata, versione manoscritta
«Bonanno di Amico Giunta, Conte del Corbaro, la cui famiglia diceasi
comunemente Poppleti, dispose, che si erigesse e fondasse un Monastero di donne
soggetto al Priore di S. Domenico dell’Aquila. Indi i di lui due figli ed eredi
Bonagiunta e Andrea nel 1334, eseguirono tal disposizione, e colla presenza e
consenso del Vescovo aquilano Angelo Acciajoli, del Provinciale de’ Domenicani,
e del Priore del convento dell’Aquila, eressero a loro spesa nelle di loro case, poste
nell’Aquila ne’ locali di S. Vittorino, tal Monistero colla Chiesa sotto il titolo di S.
80
Maria della Nunziata; e per sostentamento delle monache assegnarono e cederono
molti beni stabili siti nell’Aquila, e in altri luoghi del contado. E di tutto ciò se ne
stipolò lo stromento nel Convento di S. Domenico da Not.[a]ro Pietro d’Andrea di
S. Anza dell’Aquila a’ 8 Luglio 1334 quale poi riassunto in forma pubblica dal
Notar Eusanio Ruzj di S. Anza, conservati nell’Archivio di S. Domenico.
E in un Breve spedito da Niccolò V. per S. Chiara povera, si fa anche menzione
di questo Monistero e si dice di Istituto agostiniano, a soggetto a i PP. Domenicani;
e riportasi tal Breve dal Wadingo nel tom. XI. pag. 513.
Questo Monistero non era de’ poveri, nè vivea di questua, ma di vendite; e
ricavarsi da due testamenti, uno rogato da Notar Niccola Gentile di Rojo a’ 3
novembre 1335, in arch.[ivio] S. Clarae n. 62; e l’altro da Notar Gentile di Matteo
a’ 4 dicembre 1338, in arch.[ivio] Confrat.[ernita] Piet. N. 28. Notar Biaggio di
Mattarelli a’ 31 Genn. 1347 rogò il Legato fatto alle monache di S. Maria della
Nunziata soggetta ai frati di S. Domenico. In arch. Confr. Piet. N. 150 – Altro
Legato da Notar Giacomo Tomasio del Poggio Picenza a’ 22 dicembre 1362.
Nel 1377 furono adempiuti i Legati fatti all’edificio di questo Monistero fin dal
1365 da Giovanni, e Catarina Gagliotti in mano della Prioressa, così
denominandosi allora Superiora. Lib.[ro] de Legati Gaglioffi in arch. [ivio]
Confrat. [ernita] Piet. n.° 350.
Nel 1407 fu questo Monastero esentato dal pagamento delle decime papali.
Nel 1411 a’ 7 Gennajo per gli atti di Not.[a]ro Giacomo di Cicco, Mariuccia
Camponeschi soddisfece in mano di Suor Nella del Poggio, Priora, e di otto
Monache, il Legato lascito da Cecca sua madre. In Arch.[ivio] Confrat.[ernita] Piet.
n.° 45204.
Tutte queste cose si sono riportate per far vedere il principio, l’antichità e la
durata di questo Monistero; poicché dopo il 1411 non si trova altro di esso 205.
Sicché de[v]e dirsi che dentro il Secolo XV mancò, e finì del tutto. Che fine poi
avessero fatto i tanti suoi beni, non si sa, e in potere di chi passassero.
Se non voglia dirsi, che si devolvessero al Convento di S. Domenico, che
rimase padrone del Monistero nella sua decadenza, e che poi lo cedè, come or ora
vedremo.
Tal Monistero adunque rimasto vuoto di Monache per la peste, come si vuole,
accaduta nell’Aquila nel 1459, fu abitato da qualche tempo da alcuni pochi
Domenicani, indi perché l’Arciprete, e popolo di Preturo si trovavano senza
Chiesa, perché la loro esistente nelle pertinenze della Fonte di Preturo era rimasta
desolata, come si crede, pel tremoto [terremoto] del 1452, o come altri vogliono,
perché appena quella incominciata; i PP. Domenicani gli cederono questa Chiesa
della Nunziata co’ suoi annessi.
Di poi la Compagnia di San Sisto, che stette prima nella Chiesa parrocchiale de
Ss. Sisto e Niccola d’Anza dentro la Città, situossi e persiste in questa della
Nunziata; e da un fascicolo di Scritture d’Archivio Vescovile per le competenze tra
il Vescovo Teglialatela e la Compagnia sul Conservatorio delle Pentite, di cui qui
parleremo appresso, ricavasi, che la Compagnia vi fu ricevuta dall’Arciprete, e
Popolo di Preturo, co’ quali convenne; e dicesi che la convenzione si conservava
nell’Archivio della medesima Compagnia, la quale certamente ha dovuto essere
senza contradizione alcuna praticato sempre per l’addietro.
Quindi nel 1582 per competenza insorta tra questa Compagnia, quella di S.
Sebastiano, e altre per la precedenza, questa produsse varii articoli, tra i quali con
204
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della Nunziata. Versione manoscritta,
p. 1.
205
ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit. p. 2.
81
uno propose esser ella più antica di tutte le altre, poiché nel 1358 fu confermata da
quel Vescovo Aquilano; con altro propose, che prima esisteva nella Chiesa de’ Ss.
Sisto, e Niccola di Sant’Anza; e con altro, che da circa 50 anni addietro si era
situata nella Chiesa della Nunziata. Come rilevasi da detto fascicolo di Scritture, e
si cita ‘Act. de praeced. in proces. in arch. Cath.’.
Sicché venne la Compagnia in questa Chiesa circa il 1530 e vi si trovò
certamente l’Arciprete, e Popolo di Preturo, co’ quali dovè convenire per esservi
ricevuta; perché sin dal 1500 si dice, che era in essa Arciprete Serafino dell’Aquila
celebre Poeta, che in quell’anno morì; e gli succedette Gianfrancesco Sinceri, il
quale viveva ancora nel 1518, come rilevasi da uno stromento di Notar Massimo di
Rocca di Corno Aquilano a’ 11 gennajo 1518, ap. Rit. pag. 5153. E così poi
seguentemente si nominano gli altri Arcipreti nella medesima Chiesa, e fra questi
nel 1536 Giulio del Sincero, il quale era insieme Canonico in S. Marciano, e
Cappellano in S. Leonardo de’ Porcinari, e morì nel 1538, e Paolo III conferì questi
tre Beneficii ad Andrea Bobio, o de Bolis Bolognese suo familiare.
Tanto che nel 1529 per il taglione del Principe d’Oranges la Chiesa della
Nunziata contribuì libre 4 e once 6 ½ di argento, e affatto non si nomina la
Compagnia. Segno evidente che allora non vi era 206.
Nel 1606 si convertirono varie Prostitute per le pratiche del P. Spinelli, Minore
Osservante di S. Francesco.
Si tennero in un quarto dello Spedale Maggiore fino al 1615207.
Indi situaronsi nella Nunziata, poiché il Vescovo Gundisalvo de Rueda con un
suo Decreto “Auctoritate ordinaria” lo eresse, e dichiarò Conservatorio sotto il
titolo delle Pentite della Ss. Nunziata colla Regola del Terz’Ordine di S.
Francesco 208; e fece varii Capitoli per lo Regolamento, e governo di esso, firmati
da Lui, e dal Capitano della Città, e si stabilì ancora, che si eliggessero in ogni
anno quattro de’ Confratelli di S. Sisto col titolo di Governatori, i quali dovessero
presiedere e governarle come il tutto costa dal Registro, che si conserva in Archivio
Vescovile nel Bullettario fol. 247 e segg., e dallo strumento di erezione a Luglio
1615 di Notario Carlantonio Pandolfi209.
Il Vescovo Gundisalvo de Rueda aggregò poi, e unì alcuni beneficii a questo
Conservatorio, e ne paga ogni anno alla Mensa Vescovile la Colletta di carlini tre.
Nel 1653 furono applicate a questo Conservatorio le rendite de’ Conventini di
S. Maria degli Agostiniani in Ansidonia, e di S. Andrea dei Servi nell’Aquila
soppressi per la bolla “Instaurandae”; e nel 1654 il Vicario Capitolare Muzio
Febonio col permesso della S.C. de’ Vescovi Regolari confermò l’unione fatta di
tutti i beni de’ servi di S. Andrea, e Giacomo Filippo Organella, Arciprete di S.
Maria del Poggio, gli lasciò in morte tutto il suo asse, che ascese a più migliaja.
Questa è l’origine e progresso del Conservatorio delle Pentite della Nunziata.
LODI, MEMORIE DELLE CHIESE AQUILANE, PARTE 3.ª DELLE CHIESE,
MONASTERI, E CONSERVATORII DI DONNE = ART. NUNZIATA A.D. 1770».
Nel manoscritto succitato è presente, nelle pp. 4-5, questa “integrazione”
che si trascrive a seguire:
206
ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit. p. 3. Cfr. stessa Busta, fasc. 9, Memorie per la Chiesa
della Nunziata. Versione dattiloscritta, op cit., p. 27.
207
ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit. p. 3.
208
ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit. p. 3. Cfr. stessa Busta, fasc. 9, Memorie per la Chiesa
della Nunziata. Versione dattiloscritta, op cit., p. 28.
209
Idem.
82
«Per questo Conservatorio dovettero i Vescovi successori del [De] Rueda
sostenere delle liti seguitate dai Governatori pro tempore, ma risoluta sempre a
favore di quelli ed eccole.
Nel 1691 fino al 1695: Il Vescovo [Ignazio] [de] La Zerda sostenne strepitosa
lite nei Tribunali di Napoli con i Governatori di questo Conservatorio, pretendendo
essi esser meramente laico ne averci diritto alcuno il Vescovo. Ma riconosciutegli
l’avezzione e fondazione e altri documenti, fu ordinato dal Viceré al Tribunale
dell’Aquila che non facesse perturbare il Vescovo del suo diritto che si tiene come
primo Governatore e come Vescovo del governo spirituale.
Nel 1715 li Governatori posero di nuovo in controversia il diritto del Vescovo
nel Conservatorio pretendendolo non solo laico; ma anche regio; e in una notte di
fretta, e di soppiatto, fecero dipingere sulla porta di esso lo stemma dell’Imperatore
Carlo VI.
Ma discostatosi il tutto special.[men]te avanti il Delegato della Real
Guarnigione, dove si accudì valorosamente del Vicario apostolico D. Francesco
Maria Ianzio, fu deciso che il governo spirituale primativo al Vescovo; e per primo
Governatore a tener della erezzione e fondazione.
Nel 1732 pretesero i Governatori negare al Vescovo Taglialatela anche la guida
di questo Conservatorio […].
Tutte queste cose costano dalle scritture, che dei discorsi nei fascicoli si
conservano in Archivio vescovile.
E bello anche sarebbe, se tutte le presenti innovazioni si siano fatte, e si
proseguano, senza neppur averne richiesto Monsig. Vescovo come egualmente
padrone che chi a modo suo dispone. /210
Ma che se ne deduca da tali brighe e a qual fine si sono più riportate? Eccolo.
Siccome i Governatori […] pretesero togliere al Vescovo ogni diritto sul
Conservatorio, certamente ne avrebbero seguite delle altre contro l’Arciprete a
popolo di Preturo, se non per appellargli dalla Chiesa almeno per costringerli a
somministrare la loro porzione per le spese che annualmente occorrono in essa.
Non li hanno mai tentato; dunque ben sapranno che tentar nol poteano; e questa la
convenzione che era presso di loro211».
3.2 La vita nel Conservatorio SS.ma Annunziata: Regole e
Costituzione
Il Conservatorio della Ss.ma Annunziata adempì alle Regole e
Costituzione approvate dal Re S. M. Ferdinando IV in data 16 giugno 1783
(Real Diploma in data Settembre 1783) la cui Copia è collocata nelle pp. 41
e segg. del volumetto manoscritto intitolato Regole e Costituzione del
Conservatorio della SS.ma Annunziata (per cui si veda la trascrizione
integrale riportata nella Appendice documentaria al presente Capitolo).
Per molti anni dalla sua fondazione – avvenuta il 20 luglio 1615 – il
Conservatorio osservò, in particolare per quanto attiene l’aspetto
amministrativo, le cosiddette Regole pel il buon governo della Santa
Congregazione di San Sisto in quanto: «[…] da essa Congregazione si
210
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della Nunziata, Versione manoscritta,
inizio di p. 5.
211
ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 5.
83
fondò fin dall’anno 1615212». Inoltre, la fratellanza di San Sisto non ritenne
necessario creare un regolamento ad hoc per il Conservatorio della Ss. ma
Annunziata facendo adeguare lo stesso alla osservanza della Regola cui
ottemperavano le “convertite” e le “esposte” dell’omonimo conservatorio in
Napoli.
Solo successivamente «con più matura riflessione213», si decise di
munire anzidetto Conservatorio di un proprio Regolamento che ricevette il
reale Assenzo dal Re Ferdinando IV e l’approvazione della Curia in data 16
giugno 1783.
Le Regole e Costituzione del Conservatorio della Ss.ma Annunziata sono
suggellate in un volumetto manoscritto in forma libelli composto da 50 pp.
inerente il regolamento da osservarsi nel Conservatorio.
Anzidetto regolamento si suddivide in tre parti, ovvero:
«[…] Nella prima parte si descriveranno per Capi tutti gli Avvisi e Proibizioni
estratti dalla Regola originale (approvata da Sua Maestà), nella seconda si tratterà
degli esercizi da praticarsi ogni giorno con tutte le sorelle in comune, nella terza di
tutti gli uffici di ciascheduna in particolare 214».
La I Parte, intitolata Parte I Avvisi e proibizioni estratti dalla Regola
approvata da S.[ua] M.[aestà], quali acciò le abbiano più a memoria, se la
riducono in diversi Capi, si descrivono attraverso 16 Capi:«[…] tutti gli
avvisi e proibizioni estratti dalla Regola originale215».
Nello specifico, la I Parte, si articola in:
 Indice delle cose che si contengono nelle presenti Regole (pp. 1-5);
 Introduzzione216 alla Regola (p. 5);
 Avvisi e proibizioni (pp. 7-9) inerenti le Regole a cui le “pentite” o
“convertite” dovevano attenersi.
Nell’Indice delle cose che si contengono nelle presenti Regole, che
rappresenta quasi un proemio del volumetto considerato, che antecede
l’Introduzione nonché sintetizza i punti che praticamente definiscono il
regolamento, si legge:
«Regole e Costituzioni da osservarsi inviolabilmente dalla pentita, o siano
convertite penitenti dimorantino nel Conservatorio Pio sotto il titolo della Ss.ma
Annunziata, nommeno che dalla donna malmaritata, e periclitante217, ed ogni altro
individuo che in esso Conservatorio si ritirasse, aggravate e confermate con Real
212
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio della SS. Annunziata. Regole e Costituzione, p.
40.
213
214
Idem.
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio della SS. Annunziata. Regole e Costituzione, p.
2.
215
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio Ss. ma Annunziata. Regole e Costituzione, p. 9.
La doppia “z” è una peculiarità del linguaggio del tempo.
217
Da «periclitare», v. intr. [dal latino periclitari, der. di pericŭlum «pericolo»], letter. –
Essere in pericolo, correre grave pericolo. Raro l’uso trans., arrischiare, mettere in pericolo.
216
84
Diploma in data Settembre 1783 Copia di cui legalizzata si inserisce nel fine della
presente Regola ». (Vd. Immagine 1)
85
Immagine 1: Indice delle cose che si contengono nelle presenti Regole
86
Fonte bibliografica: Archivio della Curia Arcivescovile dell’Aquila, Busta 602, Fascicolo 1,
Conservatorio Ss.ma Annunziata. Regole e Costituzioni. Indice delle cose che si contengono nelle
presenti Regole, p.1
Nell’introduzione del regolamento, ovvero Introduzzione218 alla Regola
(pp. 5-6 del manoscritto), si stabilisce, attraverso una originale similitudine,
l’ineludibile occorrenza di regole al fine di garantire ordine, evitare
l’allontanamento dai principi etici e ogni forma di rilassatezza.
L’osservanza delle regole da parte delle “pentite” doveva ispirarsi ai
canoni d’insegnamento di san Carlo Borromeo219, che riportarono ordine e
disciplina nei conventi in nome dell’austerità e delle penitenze precipue
della «primitiva Chiesa220».
A tal riguardo si riporta di seguito quanto scritto nella Introduzione:
218
Si ricorda che la doppia “z” è una peculiarità del linguaggio del tempo.
Carlo Borromeo santo (Arona 1538, Milano 1584), chiamato a Roma dallo zio Pio IV,
fu eletto cardinale diacono e nominato segretario di Stato, e gli fu assegnato l’arcivescovato
di Milano con l’obbligo di rimanere a Roma. Ebbe contemporaneamente numerosi altri
importanti uffici nella curia. Si adoperò per la riapertura del Concilio di Trento,
sostenendone i lavori fino alla chiusura (3 dicembre 1563); intanto era stato ordinato prete e
nello stesso anno fu fatto vescovo. Nel sett. 1565, chiuso il periodo romano, il Borromeo
passava a Milano. Qui, in 18 anni di attività pastorale, lavorò con impegno grandissimo alla
ricostruzione morale ed amministrativa della vasta diocesi. Collaborando con i gesuiti
conbattè contro le infiltrazioni protestanti nel clero e tra i fedeli. Portò innanzi con
risolutezza l’opera di riforma del clero: fondò nel 1581 la Congregazione degli Oblati,
istituì e organizzò dei seminarî (il Seminario Maggiore e il Collegio elvetico a Milano).
Non fu uomo di lettere ma a lui si deve la creazione di numerose scuole e collegi per laici
(il collegio di Brera, il collegio Borromeo di Pavia), e l’istituzione di scuole di dottrina
cristiana. Egli fu canonizzato il 1° novembre 1610.
220
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio Ss. ma Annunziata. Regole e Costituzione, p. 2.
219
87
«Introduzzione221
Siccome una vigna non può sussistere senza una viega 222 d’intorno, che la difende
dai malviventi ed animali, i quali tentano di sterminarla, tal pure anche una
comunità non può sussistere senza certe regole, le quali tengono da lei lontano il
disordine, la confusione, la novità, gli abusi e soprattutto il nemico infernale,
affinché non la conquassi223 e precipiti nell’abisso della rilassatezza.
A tal fine si stabiliscono le presenti regole e costituzioni formate o per meglio dire
estratte dalle originali regole approvate da S.M., accomodate alla debolezza, a
circostanze dei tempi presenti, atzessocchè per qualunque parte che si rimirino, non
hanno la menoma austerità, come dovrebbero averla, trattandosi di convertite
penitenti.
San Carlo Bartolomeo ordinò a tutti i confessori dei suoi tempi, che imprimessero
bene in mente dai loro penitenti, i canoni penitenziali, e le gravi austerità dei
penitenti della primitiva Chiesa, I acciò concepissero il giusto orrore della malizia
del peccato, II acciò si confondessero al vedere quanto più di vigore vi assigeva nei
primi secoli dai Cristiani per soddisfare una sola colpa, III acciò di buona voglia
eseguissero le scarse e miti penitenze degli antichi tempi, colle penitenze odierne,
arrossiti i peccatori e peccatrici, infliggerebbero da se stessi altre più pesanti
mortificazioni.
A tal riflesso le nostre convertite accetteranno con sensi di vera umiltà, ed
osserveranno minutamente ogni apice, o parola, delle presenti regole che ad altrio
non riduconsi, che ad una vita cristiana ritirata ed esemplare, dovendo la madre
riflettere essersi ritirata, far penitenza dei loro peccati e della scorretta loro vita
condotta nel secolo sull’esempio dell’ammirabile S.[an]ta Maria Maddalena
Penitente, e per compenzare con la strettezza di una vita dolorosa i peccati
trascorsi, e piangere la loro colpa, per cui saranno state anche di misero inciampo
alla povera anima, forse a quest’ora perduta per cagion loro e di buona voglia
faranno di loro stesse un odoroso olocausto a Dio del loro cuore e volontà, affinché
sortisca il bramato fine della gloria dell’altissimo, e della salute dell’anima loro e
per procedere con chiarezza e buon ordine, sarà diviso il presente regolamento in
tre parti224.
Nella prima parte225 si descrivono per Capi tutti gli avvisi e proibizioni estratti
dalla Regola originale. Nella seconda si tratterà degli esercizi da praticarsi ogni
giorno da tutte le sorelle in comune. Nella terza di tutti gli uffici di ciascheduna in
particolare.
Nel principio si ponerà li orario col quale dovranno regolarsi».
La II Parte, intitolata Degli esercizi da praticarsi ogni giorno divisi in
vari Capitoli, che rappresenta il nucleo dell’ordinamento, è rappresentata da
un elenco dettagliato delle regole articolato in XIV Capitoli (pp. 9-39 del
volumetto manoscritto).
I Capitoli anziddetti, nello specifico, sono i seguenti: Cap. I, Della Levata
e Coro; Cap. II, Del Lavoro; Cap. III, Della Cucina e Refettorio; Cap. IV,
221
Grassetto nel testo. Si ricorda che la doppia “z” è una peculiarità del linguaggio del
tempo.
222
Termine dialettale derivante dal sost. latino saeptum, i (n.) che significa “recinto”.
223
Da «conquassare», letter. – sbattere, scuotere con violenza, in modo da provocare danno;
per estens., devastare, rovinare, anche in senso figurato.
224
Sottolineato nel testo.
225
Grassetto nel testo.
88
Della Ricreazione; Cap. V, Del Parlatorio; Cap. VI, Del Dormitorio; Cap.
VII, Delle Inferme e Defonte; Cap. VIII, Del Ricevimento delle sorelle; Cap.
IX, Delle convittrici che dovranno maritarsi; Cap. X, Della Carità; Cap. XI,
Dell’Ubbidienza; Cap. XII, Della Castità; Cap. XIII, Della Povertà; Cap.
XIV, Della Polìzia, Civiltà e Modestia.
Queste clausole sembrano quasi scandire, o meglio, ritmare, il quotidiano
all’interno della Ss. ma Annunziata, dalle prime ore del mattino (Cap. Primo
Della Levata) sino alla sera, al momento del riposo nella cameratadormitorio (Cap. VI Del Dormitorio).
Ogni agire ordinario delle convittrici è cadenzato nel regolamento come
pure il rapporto delle stesse con il mondo esterno, con quanto esisteva al di
là della grata.
Anche l’attività lavorativa, caratterizzata essenzialmente dai lavori di
cucito e tessitura, è rigorosamente determinata non solo al fine del ricavato
economico dalla vendita dei manufatti, ma finanche: «[…] per fuggire
assolutamente dall’ozio, che è origine di tutti i mali 226»; dopo la pietà,
infatti, il lavoro rappresentava il dovere principale delle convittrici «[…] a
cui dovranno attendere con ogni premura227».
In sintesi, oltre a definire nel dettaglio l’osservanza dei principî miranti al
rigore, alla morigeratezza, alla castità e alla moralità in genere, il
regolamento, nella Parte II, stabilisce altresì la vita delle convittrici fuori dal
Conservatorio, in caso di matrimonio (vd. Cap. IX, Delle convittrici che
dovranno maritarsi presente nella Appendice documentaria al presente
Capitolo). Anche in questo caso le convittrici non avevano minima libertà
decisionale poiché la ricerca di un eventuale marito era prerogativa del
Sindaco e/o Priora dell’Annunziata che “ricercavano” il consorte
nell’entourage degli uomini benestanti del contado o della città.
In merito nel regolamento è scritto:
«In ogni caso di matrimonio, non sia lecito alle convittrici tratterselo da loro,
ma la ricerca debba farsi dal Sindaco, o dalla Priora, la q.[ua]le sia nell’obbligo
passare la notizia al Sindaco, acciò considerandosi il partito vantaggioso e
profittevole, si possa dal meglio conchiudere ed ultimare, senracché alcun altrio
individuo dimorante dentro il Conserv.[ato]rio, niuno escluso, neppure gli Ufficiali,
possano ingerir visi né direttamente né indirettamente, ma spetti alla Priora, tanto
prima, che dopo conchiuso il matrimonio, far sì che tutto si esegua con prudenza, e
modestia cristiana, e non permetta far conversare la sposa con il futuro sposo, se
non per due o tre volte al fine di conoscersi, e colla possibile brevità ed assistenza
della Priora, e molto meno discorrerne in Conserv.[ato]rio, sotto la pena che
stimerà la Priora228».
La Parte III (pp. 25-38 del volumetto manoscritto contenente il
regolamento) è caratterizzata da un prosieguo dei Capitoli annoverati nella
226
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio Ss. ma Annunziata. Regole e Costituzione, Cap.
II Del Lavoro, art. 1°, p. 10.
227
Idem.
228
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio Ss. ma Annunziata. Regole e Costituzione, Cap.
IX, Delle convittrici che dovranno maritarsi, p. 18.
89
Parte II. Si tratta di sette Capitoli, circa le figure più rappresentative
deputate alla gestione e buon governo del Conservatorio.
Analiticamente i Capp. hanno la seguente denominazione: Cap. XV,
Della Priora (comprendente 13 artt.); Cap. XVI, Della Maestra (2 artt.);
Cap. XVII Della Portiera ed Ascoltatrice (3 artt.); Cap. XVIII Della
Sacrestana (6 artt.); Cap. XIX Dell’Infermiera (1 art.); Cap. XX Delle
colpevoli ed incorreggibili (1 art.); Cap. XXI Della Vestizione e Oblazione
(non si specificano art.); Regolamento per il vitto comune (per cui è assente
la numerazione del Capitolo).
Tra le figure suddette, nel presente elaborato, particolare attenzione è
rivolta alla Maestra in quanto “rappresentante” la sfera educativa all’interno
del Conservatorio.
3.2.1 Ri-educazione, educazione e lavoro all’interno della Ss.ma
Annunziata
Come anticipato nella Premessa al presente Capitolo, nel Conservatorio
della Ss. ma Annunziata più che di istruzione vera e propria si può parlare di
“addestramento” – ovvero un insieme di attività manuali eseguite dalle
convittrici al fine di realizzare manufatti, specie tessili – e di “rieducazione”
delle cosiddette pentite, dimoranti nel Conservatorio, impartita
essenzialmente dalle suore dell’Terz’Oridne francescano attraverso pratiche
devote caratterizzate, principalmente, da preghiere in forma di novene, da
preghiere litaniche e acrostiche229, da giaculatorie, da rosari, ecc.
In merito, si ricorda, che nell’Ottocento si assiste ad una massima
efflorescenza di devozioni “particolari” rappresentati sia da testi di
devozione230 monotematici (che offrono meditazioni e preghiere su temi
229
Il termine «acròstico» [dal gr. tardo άκρόστιχον, comp. di άκρόs «estremo» e στίχοs
«verso»] indica un tipo di poesia in cui le iniziali dei singoli versi, lette nell’oridne,
formano una parola o una frase (detta anche acrostico); fu molto diffuso nella fra i Greci
dell’età ellenistica, poi nella poesia latina cristiana, medioevale e bizantina in soggetti sacri
e profani. Indica, per estens., anche una parola formata dalle iniziali di parole singole, per
es.: ΙXΘΥΣ, Iησoνς Xριστός Θεου Yίός Σωτήρ «Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore». Un
«divoto acrostico» è in C. FOGLIANO, Un libretto che vale un tesoro, Lib. religiosa di G.
Palma, Milano, 1908, p. 53, che si riporta, quale esempio, a seguire:
Divoto acrostico
Gesù la Via, la Verità, la Vita,
Egli è venuto in me: lo stringo al seno.
Signor, io v’amo: a me porgete aita:
Un poco amor, e son felice appieno,
Maria Madre di Dio, Madre d’amore,
A me volgete ormai sereno il ciglio:
Ricevete pur me nel vostro cuore:
Infin salvatemi: son vostro figlio,
Amen. Così sia. Gesù Maria.
230
Secondo lo studioso A. Dordoni i libri di devozione: «[…] Suggeriscono mezzi e modi
per vivere concretamente la pietà, traducendola nella pratica personale quotidiana» (Cfr.
A.DORDONI, I libri di devozione dell’Ottocento (con particolare riferimento alla
produzione milanese): proposte per una lettura critica, in «Annali di storia dell’educazione
90
specifici come il Rosario, la visita al Ss. Sacramento, la via crucis, la
devozione al Sacro Cuore o al Preziosissimo Sangue, oppure meditazioni di
preghiere in onore di Maria) sia da manuali pluralistici (enciclopedie,
zibaldoni, empori, da cui il devoto può attingere materiali di tutte le qualità
per tutti i bisogni e le situazioni).
È chiaro che nella Ss.ma Annunziata circolavano per lo più testi
monotematici, specie quelli in onore di Maria, seguiti da quelli a devozione
cristologica (cinque piaghe, preziosissimo sangue, sacro cuore, via crucis,
quarantore, visite al santissimo sacramento), delle anime purganti e degli
angeli.
La Maestra leggeva, a voce alta, alle convittrici tridui, settenari, ottavari,
quattordicine, ecc., sui “modi” per assistere alla messa e per accostarsi ai
sacramenti, regole di vita, elevazioni e pensieri per ogni giorno del mese,
preghiere per i diversi mesi dell’anno consacrati a particolari devozioni
(maggio alla Madonna, giugno al Sacro Cuore, novembre ai defunti), passi
tratteggianti la pietà mariana, ecc.
Tutti testi che, dispensando pratiche devozionali ed esercizi pii, miravano
a rieducare le ospiti della Ss.ma Annunziata orientandole ad una vita
morigerata ed evangelica scevra da ogni dissolutezza, licenziosità e dagli
impulsi temporali, che sensibilizzavano a una pietà “calda”, che puntava sul
sentimento e sugli affetti.
Inoltre, per le più giovinette che ambivano al matrimonio venivano
impartiti insegnamenti ricorrendo alla manualistica del tempo in forma
anaforica, ovvero caratterizzati dalla figura retorica dell’anafora 231.
A riguardo si pensi a quelli che sono stati considerati gli enchiridion
della letteratura di pietà in forma anaforica durante l’Ottocento: La giornata
della pia contadinella di Elena Guerra232, le Elevazioni a Dio di Isabella
e delle istituzioni scolastiche», I, 1994, p. 59). Detti libri si caratterizzano per la praticità –
considerato il loro linguaggio semplice e la loro maneggevolezza – per la destinazione alla
pietà privata dei fedeli, per il carattere popolare in quanto si rivolgono ad un pubblico non
elitario, di persone semplici, naturalmente in grado di leggere, ma generalmente sprovviste
di una formazione culturale e teologica. Tra i libri di devozione, pertanto, secondo A.
Dordoni non vanno annoverati i trattati ascetico-mistici o i classici della letteratura
spirituale, che sono espressione di una cultura teologico-spirituale e non di devozione
popolare come, invece, i libri di devozione. Vd. A.DORDONI, I libri di devozione
dell’Ottocento (con particolare riferimento alla produzione milanese): proposte per una
lettura critica, in «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», I, 1994,
pp. 59-102). Sui libri di devozione si veda anche: G. POZZI, Grammatica e retorica dei
santi, Vita e Pensiero, Milano, 1997, pp. 299-321.
231
L'anàfora (dal greco ἀναφορά, anaphorá, «ripresa») è una figura retorica che consiste
nel riprendere, ripetendola, una parola o un'espressione all'inizio di frasi o di versi
successivi, per sottolineare un'immagine o un concetto. L'effetto è tanto maggiore quanto
più numerose sono le ripetizioni.
232
Di seguito si riporta un frammento dell’opera La giornata della pia contadinella:
«Quando spazzi la casa, pensa che anche l’anima tua ha bisogno di essere ripulita e di’ a
Gesù che ti faccia questa carità. Quando accendi il fuoco, ricordati che lo Spirito Santo è
quegli che accende nei nostri cuori il fuoco del divino amore, e pregalo che lo accenda
anche nel tuo cuore e in quello di tutte le persone tepide. Quando lavi de’ panni, pensa che
Gesù, per lavare l’anima tua dalle macchie della colpa, ha versato tutto il sangue. Quando
metti fuoco nel forno, pensa all’Inferno ed a quei disgraziati che vi dovranno stare per tutta
91
Scopoli Biase, scritte al fine di: «[…] levare lo spirito a Dio in ogni
momento della giornata, non solo nel tempo dedicato alla preghiera, ma
anche in quello occupato dalle faccende domestiche233», la Giornata
cristiana della giovinetta di Madame Mathilde Bourdon234.
Aprendo un inciso in merito alla dimensione educativa caratterizzante, in
generale, la letteratura di pietà durante l’Ottocento l’opera che esprime
meglio il panorama delle devozioni è il Manuale di Filotea del sacerdote
milanese Giuseppe Riva (1831)235.
Il testo contiene circa un centinaio di esercizi pii e letture devote che,
secondo l’autore, dovevano essere come le corde di un’arpa, cioè nessuna
superflua poiché: «[…] Se non occorrono tutte in una sola sonata, è
necessario però che tutte vi siano nello strumento, perché esso possa
rendere tutti i toni236».
È curioso osservare che G. Riva, come molti altri autori del tempo,
insista sulle “devozioni” piuttosto che sulla “devozione”, ovvero sulle
l’eternità. Quando ti occupi a filare, rifletti che il tempo presto passa e non torna mai
addietro, e come la tua lana, la tua canapa, il tuo lino passa dalla rocca al fuso, così passano
ad uno ad uno i giorni della tua vita, e presto arriverà quello della morte. Quando netti
erbaggi o legumi, pensa se hai anche levato dal tuo cuore tutto il cattivo, se v’è più nulla da
togliervi, e proponi di voler purgare il cuore tuo da tutto quel male che dentro vi alligna e
che l’induce tante volte a offendere Dio e il prossimo». Cfr. E. GUERRA, La giornata della
pia contadinella, ossia istruzioni ed esercizi di pietà ad uso delle giovinette della
campagna, terza ediz., Libreria Arciv. Boniardi-Pogliani, Milano, 1873, pp. 13-17.
233
I. SCOPOLI BIASE, Elevazioni a Dio ad uso delle donne cristiane, Milano, 1873, pp. 112153. Isabella Scopoli Biase, scrittrice nota anche con lo pseudonimo di Maria S. Milanese,
fu anche educatrice, spesso impegnata in lavori di puro carattere editoriale per motivi
economici, dato un improvviso rovescio di fortuna della sua famiglia. Predilesse la poesia
ma scrisse anche racconti e romanzi educativi per l’infanzia sempre trattando i temi
prescelti con profonda religiosità. Vd. R. FARINA (a cura di), Dizionario biografico delle
donne lombarde 568-1968, Baldini & Castoldi, Milano, 1995, pp. 997-998.
234
MADAME MATILDE BOURDON, Giornata cristiana della giovinetta. Meditazioni e letture
per tutti i giorni dell’anno, Tipografia della Gazzetta d’Italia, Firenze, voll. IV, 1871 (trad.
it dell’opera Journée chrétienne de la fille, 1867).
235
Il sacerdote Giuseppe Riva, canonico penitenziere della Chiesa cattedrale di Milano,
pubblicò nel 1831 il Manuale di Filotea, dopo la morte dell’autore, nel 1876, raggiunse la
22ª edizione e, nel 1952 la 58ª edizione. Il Riva è anche autore di un’operetta intitolata Il
divoto di Maria (1845), Il mese di Maria (Milano, tip. Lamperti, 1839), Il mese di Maria
con salterio mariano (Milano, Boniardi, 1845), Il Salterio della beata vergine Maria
(Milano, Pogliani, 1847), L’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
considerata in dieci brevissime lezioni storico-ascetiche (Milano, Valentini, 1854). Sul
Riva si vedano: A. NIERO, La figura di un grande educatore. La Filotea del Riva e la pietà
popolare lombarda, in «Diocesi di Milano. Terra ambrosiana», XXIX, 1988, pp. 68-74; E.
CATTANEO, Pietà liturgica e pietà popolare a Milano fra l’Ottocento e Nocento, IN
AA.VV., Religione et culture dans la cité italienne de l’antiquité à nos jours, Strasbourg,
Association des pubblications près les Universités de Strasbourg, 1981, pp. 211-226; A.
DORDONI, I libri di devozione nell’Ottocento (con particolare riferimento alla produzione
milanese): proposte per una lettura critica, in «Annali di Storia dell’Educazione e delle
Istituzioni Scolastiche», I, 1994, pp. 91-101; M. BENDISCIOLI, La pietà specialmente del
laicato sulla scorta dei manuali di devozione diffusi nell’Italia settentrionale, in AA. VV.,
Chiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878), Vita e Pensiero, Milano, 1973, vol.
II, pp. 159-162.
236
G. RIVA, Manuale di Filotea, Istituto italiano d’arti grafiche, 35ª edizione, 1897, p. 3
della Prefazione.
92
pratiche di pietà piuttosto che sulla pietà; infatti, nel Manuale, si assiste ad
un trapasso dalla devozione, come atteggiamento profondo dell’anima, alle
devozioni e al devozionalismo.
Nel Manuale, come in tutta la letteratura di pietà dell’Ottocento, si
avverte il bisogno di provvedere il cristiano di strumenti, di armi affinchè
egli possa compiere gli esercizi di pietà cristiana ed essere guidato alla virtù.
Siffatta letteratura: «[…] assolve la funzione di guidare la devozione
privata, fasciando il cristiano di una cintura protettiva237».
Durante l’Ottocento, si assiste, infatti, ad un proliferare di «guide
dell’anima», di «modi facili e brevi», di «giardini spirituali 238», allo scopo
di diffondere l’esercizio della preghiera a quante più persone possibili.
Allo stesso fine si fece largo uso di forme facilmente memorizzabili e
d’indubbia efficacia pedagogica quali: canzonette, poesie, acrostici, litanie e
soprattutto giaculatorie239. Quest’ultime, in particolare, immettendosi e
convergendo nelle azioni quotidiane, ricordavano brillantemente nelle
coscienze la presenza di Dio.
Oltre alle anzidette forme letterarie, la letteratura di pietà dell’Ottocento
fu caratterizzata dalla pietà mariana al fine di sviluppare una pietà “calda”,
che puntava sul sentimento e sugli affetti, sensibile al culto del
devozionismo popolare, fattori essenziali che portarono, inoltre, alla
riconquista cattolica delle campagne.
Nella pietà mariana ottocentesca si ritrovano i temi del sacrificio, della
sofferenza riparatrice, della oblatività e del silenzio seppur è considerata
povera sul piano teologico.
Naturalmente questo devozionalismo scatenò un’accesa controversia dei
teologi tra cui Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona dal 1871 al 1914,
l’ex gesuita Carlo Maria Curci, i seguaci di L.A. Muratori che, già nel 1747,
aveva denunciato, nel trattato Della regolata devozione dei cristiani, gli
eccesi del culto a Maria e ai santi, sostenendo la necessità di una pietà sobria
e più discreta.
237
M. MARCOCCHI, Le dimensioni educative nella letteratura di pietà, in L. PAZZAGLIA (a
cura di), Cattolici, educazione e trasformazioni socio-culturali in Italia tra Ottocento e
Novecento, La Scuola, Brescia, 1999, p.191.
238
Il “giardino” è un genere letterario diffuso nell’Ottocento. In merito si veda: G. RIVA,
Giardino spirituale di istruzioni e preghiere utilissime a chicchessia, specialmente ai
giovani e alle persone occupate per l’esercizio della pietà, S. Maiocchi, Milano, 1865.
239
La Giaculatoria [dal latino tard. Iaculatoria (prex), propr. «preghiera che si lancia verso
il cielo», femm. dell’agg. Iaculatorius «che serve a scaglare», der. di iaculari «lanciare»] è
una breve e fervente preghiera, generalmente senza una formula prescritta, che può essere
anche recitata mentalmente anche durante le comuni occupazioni. Esse sono invocazioni ed
esclamazioni che rinnovano la coscienza della presenza di Dio, e, unificandosi alle
occupazioni quotidiane, le inseriscono in un clima spirituale. In tal senso, es. di giaculatoria
sono: «Sacro cuore del mio Gesù fa ch’io t’ami sempre più»; «O Maria speranza mia, chi
mai scordarsi potrà di te! Abbi o Regina, pietà di me», tratte da: B. CAPITANIO, Brevi atti
per la SS. Comunione ed altre divozioni, Tip. Vesc. del Pio Istituto, Brescia, 1870. Oppure
traendo da G.B. FENOGLIO, La vera di famiglia, Arneodo, Torino, 1978, alcune “divote
aspirazioni” da farsi durante la giornata: «Signore non permettere ch’io poltrisca nella
tiepidezza»; «Abbiate misericordia di me, o Signore, e salvatemi».
93
Questa «efflorescenza» di devozioni, così come la definì G. Bonomelli,
venne paragonata ad un albero frondoso che appesantisce con il suo
frascame la vita spirituale allontanandola dal centro del messaggio cristiano.
In merito questi scrisse:
«Fate che quelle frondi e quelle foglie siano troppo rigogliose e lussureggianti,
il succo vitale dell’albero si disperderà, non darà frutti o meschini, li lascerà cadere
immaturi e ben presto l’albero stesso intisichirà e morrà per esaurimento. Così
avviene a chi si carica di devozioni, di pratiche religiose ed è tutto negli atti
esteriori del culto: soccombe sotto il peso. Vedete l’industre contadino, che recide
senza pietà quei rami della vite che sovrabbondano e così restringe l’umore vitale e
assicura i frutti e provvede insieme alla durata della pianta. Meno devozioni, meno
pratiche religiose, meno consumo delle forze spirituali negli atti esterni, e sarà più
vigorosa la vita dello spirito, più vivo il fuoco della carità interna. Concentrate i
raggi del sole sopra un punto e avrete il fuoco: divergeteli disperdeteli ed avrete
una luce fioca e a stento ne sentirete il calore: moltiplicate le devozioni e
scremerete le energie del sentimento religioso, renderete fiacca la pietà 240».
Anche Carlo Maria Curci censurava la «fanciullaggine introdotta e
mantenuta nelle pratiche del culto» che «[…] col comodo pretesto di
opporsi al Gensenismo […] furono messe nella falsa via di una molteplicità
disastrosa241».
Dette valutazioni rimasero, però, limitate a una piccola sfera di specialisti
e per tutto l’Ottocento si assiste ad un infiacchimento dello spirito liturgico
dacché la liturgia è avvertita come estranea e inaccessibile242.
Si genera, in tal modo, una situazione senza sbocco: quando la liturgia
deteriora e perde la sua forza educatrice si moltiplicano le pratiche devote; a
sua volta l’esuberanza delle pratiche devote accentua la decadenza della
liturgia.
Tuttavia, queste espressioni religiose hanno dimostrato quello che ormai
nessuno studioso dei fenomeni religiosi potrebbe contestare e cioè che non
si possono relegare questi fenomeni a una dimensione periferica e
secondaria della modernità, destinata a esaurirsi con l’avanzare della
secolarizzazione, ma che, anzi, essi ne costituiscono uno dei più significativi
indicatori quanto mai illuminanti dei mutamenti della contemporaneità.
Tornando alla suddetta modalità di accostarsi al liturgico e agli atti di
culto, la situazione non si modificava tra le mura della Ss.ma Annunziata
dove le convittrici dovevano, attenendosi rigidamente al Regolamento,
pregare e lavorare in silenzio, pena ammonimenti, pubbliche umiliazioni,
punizioni corporali, espulsione dal Conservatorio.
Circa la preghiera, dunque, per le donne dimoranti nella Ss.ma
Annunziata che decidevano di non prendere i voti e “rimanere nel secolo”,
nulla cambiava rispetto alle suddette espressioni devozionali, personali e
collettive, caratterizzanti tutto l’Ottocento.
240
G. BONOMELLI, Il culto religioso: difetti-abusi, Pastorale per la Quaresima, 1905, pp.
50-51.
241
M. MARCOCCHI, Le dimensioni educative nella letteratura di pietà, op cit., p. 197.
242
Idem.
94
Per quanto attiene, invece, le attività manuali, ovvero lavorative, eseguite
nella Ss. ma Annunziata è bene subito precisare che queste venivano
impartite da un maestra che aveva il compito di sorvegliare le convittrici
nelle loro attività, svolte in una “camera del lavoro” nell’osservanza del
silenzio più rigoroso. A tal riguardo, nella Parte III del Regolamento, nei
punti 1° e 2° del Cap. XVI, Della Maestra, è scritto:
«[…] 1° Obbligo della Maestra sarà, subito che le convittrici escono dal Coro,
portandosi nella Camera del lavoro, dove devono radunarsi, per vedere se
osservano il silenzio, e se si mettono puntualm.[ent]e a lavorare insegnando alle
ignoranti con tutta carità il lavoro loro necessario stimolando le pigre, ammonendo
le pelinguenti, esaminando i lavori riscuotendo il fatto da ciascuna, facendo
eseguire a puntino tutti gli ordini della Priora, a cui devono riferire fedelmente
senza passione la diligenza, e la buona qualità nommeno, che la mancanza della
sorella alla loro cura connessa. Sarà parimenti obbligo loro con intelligenza della
Priora, ricevere e restituire i lavori alla Ruota distribuendoli senza parzialità, e
secondo il talento e abilità degli individui, restando ad essi proibito di andar
cercando lavori, dovendo questo esser pensiero e cura della Priora e Maestra.
2° In oltre, sia loro cura, che dentro la Camera del lavoro non si cantino canzoni
profane, che non si mormori, né si contrasti, né si permetta ad lacuna levarsi dal
suo luogo ed uscir dalla stanza del lavoro senza chieder prima licenza, e dichiarare
il motivo, che le chiama ad uscire. Non siano facili a conceder licenza alla
vagabonda ed oziosa, né giammai mandino due insieme, ed obblighino tutte a
ritornar presto al lavoro 243».
Nulla, dunque, di quanto afferisca nell’accezione moderna di maestra.
Lo scopo principale era l’addestramento al lavoro, alla realizzazione di
un manufatto, osservando il silenzio e pregando litanicamente.
L’istruzione, anche il solo saper leggere o scrivere, infatti, rappresentava,
per queste donne, un potenziale veicolo di dissolutezza, peccato o vizio,
nonché di ostacolo alla loro redenzione, in quanto agevolava i rapporti con il
mondo esterno.
Solo sul finire dell’Ottocento, precisamente nel 1882, quando questo
conservatorio passò - in seguito al ritiro di alcune vecchie oblate
appartenenti al Terz’Ordine Francescano - sotto la guida delle suore
Alcantarine244, mediante il Decreto del Vescovo Luigi Filippi del 25
243
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., Parte III, Cap. XVI, Della Maestra, pp. 28-29.
Le suore Alcantarine giunsero a L’Aquila nel 1882 grazie all’interssamento del duca
Francesco Rivera che chiese delle suore da impiegare nella direzione ed istruzione di orfane
e pentite ricoverate presso la Ss.ma Annunziata, rimasto senza personale religioso. Affinchè
potessero «trattare al meglio l’affare» (F. MURRI, Monasteri, Conventi, Case e Istituti
Religiosi dell’Arcidiocesi dell’Aquila, op cit., pp. 295-296), l’11 aprile 1882 partirono per
L’Aquila il direttore canonico delle Alcantarine, Vincenzo Gargiulo, la Madre Generale sr.
Maria Agnese dell’Immacolata, il Cappellano don Giacomo Uliano e suor Maria del Cuore
di Gesù allo scopo di visitare il locale che avrebbe dovuto accogliere le oblate Alcantarine e
decidere sul da farsi. Questi furono accolti dal duca F. Rivera e insieme si recarono dal
vescovo Luigi Filippi. Decisero così di partire per l’Aquila la mattina del 5 giugno 1882 la
Madre Generale Agnese dell’Immacolata e con lei quattro suore, ovvero: suor Maria del
Cuore di Gesù, suor Maria Vincenza del Preziosissimo Sangue, suor Maria Angiola della
244
95
dicembre 1882, come specificato nella Premessa al presente Capitolo, si
assiste ad una istruzione vera e propria, seppur elementare, e le maestre si
riappropriarono del loro compito naturale.
Le Alcantarine istituirono all’interno del conservatorio una scuola di soli
tre classi elementari con due maestre per l’istruzione delle orfane e delle
pentite.
Nella Ss.ma Annunziata si iniziò, così, a “fare scuola” instruendo le
convittrici nel catechismo, nelle lettere, nei lavori domestici e: «[…]
s’instillò nei loro cuori l’obbligo dei doveri religiosi, il rispetto della carità
reciproca; si stabilì tra loro la frequenza dei sacramenti e furono avviate
alle pratiche di tutte quelle virtù convenienti al loro stato245».
Oltre ai rudimenti del sapere, dunque, nulla di più in quanto veniva data
priorità al lavoro e alla vita conventuale poiché non era l’istruzione lo scopo
principale della Ss.ma Annunziata.
A tal rigurdo anche il Vescovo della diocesi di L’Aquila Luigi Filippi
tenne a rimarcare le finalità del conservatorio della Ss.ma Annunziata e, in
data 31 agosto 1856, in risposta ad una lettera dell’Intendente Presidente del
Consiglio degli Ospizî, scrisse:
«Signore
La destinazione del Conservatorio della SS.ma Annunziata è quella di accogliere
quelle donne che avendo condotta una vita lubrica e licenziosa, vogliano,
sinceramente ravvedute, trascorrere i loro giorni nella solitudine del Chiostro,
attendendo ad espiare le loro passate colpe. Nella soppressione poi dell’altro Pio
Luogo di S. Crisante246, stabilito per le donne mal maritate, venne questo riunito al
Conservatorio della Ss.ma Annunziata, e per tale aggregazione sogliono
ammettersi ancora indesse quelle donne, che avendo incontrate infortunio e
disgrazie nel loro maritale unione (non sicuramente per ragioni di sé stessa, ma dei
loro mariti, chè ciò suona appunto mal maritate; che se avesse ad ammettersi colpa
da parte delle donne, si direbbe il marito mal ammogliato) cercano una asilo,
onde/sottrarsi dai pericoli e vessazioni, e che si suppone risentano, senza loro colpa
e azione […]247».
Sotto la direzione delle oblate Alcantarine si assistette ad un
considerevole aumento del numero delle convittrici e «[…] Con l’aiuto di
Divina Misericordia, suor Maria Teresina del Carmelo. Ben presto ristabilirono nel
conservatorio la regolare disciplina e impartirono una elementare istruzione.
245
F. MURRI, Monasteri, Conventi, Case e Istituti Religiosi dell’Arcidiocesi dell’Aquila, op
cit., p. 296.
246
Si tratta del conservatorio di S. Crisante e Daria, fondato con molta probabilità nel
1672, estintosi nel 1811 - in seguito alle leggi francesi finalizzate alla soppressione di
monasteri e conventi attuata tra il 1807 e 1811 - insieme a quello di SS. Orsola e Teresa,
come chiaramente espresso dal vescovo Francesco Saverio Gualtieri nella relazione ad
limina trasmessa alla Santa Sede nel 1817. Dopo la soppressione francese il conservatorio
di SS. Crisante e Daria che fu assorbito dal conservatorio dell’Annunziata, dato che
svolgeva analoga assistenza, e, a differenza del conservatorio di SS. Teresa e Orsola non
riprese più la propria vita autonoma.
247
ADA, Busta 614, fasc. 5, Precisazioni sulla Annunziata del Vescovo all’Intendente
Presidente del Consiglio degli Ospizi, 31 agosto 1856.
96
Dio, l’opera continuò a perseverare felicemente per la maggior gloria di
Dio e per la salvezza delle anime248».
Il 29 ottobre 1888 le 19 ragazze ricoverate nella Ss.ma Annunziata
dettero un saggio di studî e di lavori femminili alla presenza
dell’arcivescovo L. Filippi e delle autorità ecclesiastiche e civili, verifica
che ricevette il plauso di tutti i presenti.
Purtroppo, come anzidetto, le suore Alcantarine rimasero nel
conservatorio della Ss.ma Annunziata fino al 1901 quando questo
conservatorio fu unito a quello della Misericordia diretto dalle suore
Stimmatine (1858-1942) e finalizzato all’accoglienza di orfane bisognose
che non avessero superato il dodicesimo anno di età.
Va ricordato che le suore Alcantarine, dietro pressante richiesta
dell’Amministrazione aquilana, nel 1942 presero la direzione del
conservatorio della Misericordia249.
Volendo puntualizzare su una singolarità si riporta a seguire la Tabella 1,
Stato delle alunne dimoranti nel Conservatorio della SS.ma Annunziata a
tutto il 27 maggio 1858, ovvero un quadro sinottico dove si evince l’età e lo
status delle donne riocerate nella Ss.ma Annunziata nell’anno 1858; si
osservi come prima della direzione delle suore Alcantarine l’età delle
ricoverate era molto più alta e il conservatorio perseguiva finalità
prevalentemente ri-educativo/assistenziale e non certamente didatticopedagogico.
248
FONDAZIONE DELL’ISTITUTO FIGLIE POVERE DI S. PIETRO D’ALCANTARA, Diario delle
origini, Roma, 1991, p. 48.
249
ADA, Bollettino Diocesano di Aquila, gennaio 1933, p. 14.
97
Tabella 1 - Stato delle alunne dimoranti nel Conservatorio della SS.ma Annunziata a tutto il 27
maggio 1858
Nome e
Cognome
delle alunne
Patria
Età
circa
Qualità
Epoca
di ammissione
A carico
di chi le
mantiene
Maria Rita
Vanni
Maria Teresa
D’Amore
Maria
Annunziata
Grechi
Maria
Caterina
Superba
Maria
Crocefissa
Paolucci
Maria
Raffaella
Fuschi
Maria
Nazarena
Laglia
Maria Luisa
Ciuca
Maria
Chiara
Pultini
M. Cristina
Pietrogiacom
o
Eugenia
Salmaggi
Giacinta
Sciarra
Giacinta
Spaziani
Angela
D’Orazio
Angelica
Guarini
Aquila
52
anni
58
Oblata
Portinara
Priora
23 luglio 1815
23 gennaio 1829
Conservat
orio
Id.
40
anni
Maestra
29 maggio 1829
Id.
Id.
34
anni
Id.
5 aprile 1832
Id.
Lucoli
43
anni
Id.
15 giugno 1833
Id.
Aquila
32
anni
Id.
13 maggio 1836
Id.
Id.
33
anni
Id.
28 luglio 1836
Id.
Ocre
36
anni
44
anni
Id.
1 luglio 1838
Id.
Id.
26 settembre
1838
Id.
Id.
32
anni
Id.
13 ottobre 1847
Id.
Id.
40
anni
54
anni
52
anni
54
anni
40
anni
Id.
8 aprile 1845
Id.
Id.
25 aprile 1853
Id.
Alunna
pentita
Id.
10 giugno 1822
Id.
18 maggio 1827
Id.
29 marzo 1829
Id.
10 settembre
1837
22 giugno 1841
Id.
12 luglio 1842
Id.
13 ottobre 1846
Id.
13 dicembre
1847
29 gennaio 1849
Id.
Campan
a
Aquila
Lucoli
Sassa
Id.
Gaglian
o
Aquila
Teresa
D’Orazio
Rosa
Giannetti
Carolina
Arcelli
Gaglian
o
Aquila
Beranice
Petrucco
Luisa Gentile
Id.
Emilia
Pulsini
Id.
Aquila
Id.
33
anni
16
anni
25
anni
27
anni
25
anni
14
anni
Alunna
pericolant
e
Id.
Nubile
Alunna
pericolant
e
Id.
Alunna
pentita
Alunna
pericolant
e
Le
conve
nga o
no
conge
darsi
Oss
erva
zion
i
Id.
Id.
98
Teresa De
Paolis
Anna
Zuppella
Teresa
Nigella
Anna Maria
Turonio
Paganic
a
Aquila
Nunziata
Franciosi
Domenica
Lupinante
Id.
Id.
Id.
41
anni
40
anni
36
anni
21
anni
Nubile
6 gennaio 1849
Id.
Pentita
10 gennaio 1847
Id.
Pericolant
e
Pentita
16 febbraio
1851
6 ottobre 1854
Id.
Pentita
17 maggio 1855
Id.
22 luglio 1853
Di pia
persona
6 ottobre 1847
Della
Priora
Di
benefattor
e
Del
comune
Del
fratello
Del
Vescovo
Aquila
29
anni
21
Basilia
Rospanti
Severina
Colageo
Id.
16
Alunna
pericolant
e
Id.
Id.
12
Id.
1 maggio 1849
Annunziata
Valuingo
Rosa tilesi
Id.
15
Id.
1 aprile 1853
Amatric
e
Alessan
dria di
Egitto
Aquila
24
26 maggio 1856
Id.
15
Id.
29
Alunna
pentita
Alunna
pericolant
e
Alunna
pentita
Alunna
pericolant
e
Id.
Id.
29
Vedova
Monticc
hio
25
Nubile
Maria
Vittoria Lian
Rita
D’Alessandro
Antonia
Laglia
Clementina
Riga
Giuseppa
Mauro
Caterina
Palombo
18
21
5 settembre
1856
Id.
29 settembre
1856
30 gennaio 1857
Del padre
3 aprile 1857
2 luglio 1857
Di pia
persona
Id.
15 settembre
Del padre
Id.
Fonte Bibliografica: ADA, Busta 602, Fascicolo 5, Stato delle alunne dimoranti nel Pio
Stabilimento della SS.ma Annunziata in Aquila a tutto il 7 aprile 1858
3.2.2 La vita monastica nella Ss.ma Annunziata. Vestizione e oblazione
Una volta ammesse nel conservatorio della Ss. ma Annunziata – ovvero
ritenute idonee perché sane, non affette da alcuna malattia contagiosa, di età
inferiore ai trentacinque anni, con la volontà di pentirsi e convertirsi alla
dottrina cristiana - le donne potevano scegliere se alloggiarvi come semplici
convittrici o se diventare monache.
Considerato che la maggioranza delle donne ospitate nella Ss.ma
Annunziata, al momento del loro ingresso in conservatorio non erano più
nel fiore degli anni – seppure di età inferiore ai trentacinque anni – perché
ex prostitute, malmaritate e/o abbandonate dai mariti, molte di loro
decidevano di intraprendere la vita monastica; ancor più tale scelta era
motivata da una intensa volontà di redenzione, di rottura con il passato e
dalla possibilità di riscattarsi da un precedente vissuto trascorso nella
dissipatezza e nella immoralità.
99
Qualora la convittrice decideva di diventare monaca, doveva svolgere un
periodo di “sperimentazione”, la cosiddetta “probazione”, della durata di sei
mesi250 durante cui era vigilata dalla Priora del conservatorio incaricata dai
Governatori dello stesso di redigere una relazione scritta sulla condotta della
convittrice; la Priora, inoltre, doveva, durante la “probazione”, relazionarsi
con quest’ultima in modo avveduto ma anche:«[…] Trattandola con
amorevolezza, e somma carità, e procurando di penetrarla in fondo al
cuore, e vedere nel tempo stesso, se persista nella morigeratezza dei
costumi, nella subordinazione alle maggiori, nell’osservanza delle presenti
Regole e Costituz.[io]ni, che se le leggeranno spesso 251».
Durante il periodo di “probazione”, per tutti i sei mesi, era tassativamente
negato alla donna di recarsi alla grata e dovevano, se possibile, tenersi
isolate dalle altre convittrici: «[…] Restandola proibito in q.[est]i sei mesi
di trattare, ed andare alla grata, sotto qualunque pretesto. […] Inoltre, per
quanto sarà possibile, si tenghino separate dalle altre252».
Il periodo cosiddetto di sperimentazione - in cui le aspiranti donne che
intendevano entrare nell’ordine religioso dovevano dare prova della loro
idoneità – era molto importante poiché, in questo periodo, i Governatori del
conservatorio potevano accertarsi se la decisione era frutto di «uno zelo
inavveduto253», ovvero di «una apparente immatura volontà di concedersi a
Dio254» oppure se effettivamente queste donne intendevano farsi suora.
Nel regolamento, infatti, al punto 1° del Cap. XXI è scritto:
«Molte sono le anime chiamate da Dio alla penitenza che ne sembrano anche
desiderose, ma poche però sono quelle, che di fatto vogliono distaccare il loro
cuore dalla vita peccaminosa, e sottoporre la loro volontà alla santa ubbedienza;
onde a ben distinguere le prime dalle seconde, si sperimenteranno prima della
vestizione per sei mesi, come trovasi prescritto nel Cap. 8 255 […] giacchè
accertandosi per un trasposto di zelo inavveduto, ogni sorta di donna malmaritata,
mossa soltanto da una apparente immatura volontà di convertirsi a Dio, donna
violentata o condotta a forza, o intimorita con minaccie di severi castighi, non
essendo il nostro Conserv.[ator]io un carcere, ma bensì un luogo pio aperto per far
penitenza a chi desidera sequestrarsi dal mondo, togliendosi da pericoli di più
offendere Dio, e placarlo dei passati trascorsi, ne seguirebbe grave scandalo o
sconcerto, o rovineranno le altre […]. Passati dunque li sei mesi di pronazione,
dopo che i Governatori pro tempore si saranno accomodati li interessi del
Conserv.[ator]io, e colla licenza ed approvazione dei med.[esi]mi, gli si daranno
prima della vestizione gli esercizi spirituali […] e dopo la vestizione si passerà al
nuviziato, il quale durerà per lo spazio di anni due tra il secolarato ed il nuviziato;
ma in caso la nuvizia fosse dimorata secolare due anni, debba fare un solo anno di
250
In merito si veda il Cap. XXI, punto 1°, Della vestizione e oblazione, in: ADA, Busta
602, fasc. 1, op cit., p. 33.
251
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., Parte II, Cap. VIII, Del Ricevimento delle Sorelle, p.
17.
252
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., Parte II, Cap. VIII, Del Ricevimento delle Sorelle, pp.
17-18.
253
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 33.
254
Idem.
255
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., Cap. VIII., Del Ricevimento delle sorelle, pp. 17-18.
100
nuviziato, e terminato il nuviziato, avendo data riprova di una vita morigerata, con
licenza dei Superiori pro tempore, si farà l’oblazione 256».
Superato il periodo di “probazione”, l’aspirante monaca era tenuta a
svolgere un periodo non definito in cui effettuava gli esercizi spirituali, solo
dopo accedeva al noviziato.
Il noviziato aveva la durata di ben due anni che, una volta superati,
davano accesso alla oblazione.
Con l’oblazione – la cui formula è riportata, in tutte le sue espressioni,
nell’ultima sezione del Regolamento, a p. 50 (per cui si veda l’Appendice
documentaria al presente Capitolo), la donna si offriva a Dio diventando
monaca del Terz’Ordine Regolare di S. Francesco.
Dette religiose svolgevano una vita ascetica, nella più austera spiritualità
claustrale, lontana dal mondo al di là della grata.
Questa chiusura con il mondo esterno al conservatorio rappresentava
concretamente una clausura ribadita continuamente, nella sua osservanza,
dall’Ordinario diocesano alle donne ivi ricoverate.
Nel Volumetto manoscritto intitolato Volumetto delle relazioni sui
Conservatori: Santa Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss.
Crisanto e Daria, nella quarta relazione intitolata 23 ottobre 1692, SS.ma
Annunziata. Scomunica alla violazione della clausura nell’Annunziata257, il
Vescovo Domenico Taglialatela stabilisce sanzioni e castighi da infliggersi
a coloro i quali destabilizzassero o sovvertissero la vita claustrale delle
donne ritiratesi nell’Annunziata258.
Nella relazione in merito si legge:
«Per reprimere la malitia dell’homini, et togliere via ogni abuso farsi per il passato
introdotto nel Conservatorio delle donne convertite, e mal maritate eretto in questa
città dell’Aquila contiguo alla venerabile chiesa della Ss.ma Annunziata con
ordinaria autorità della S.M. di Monsignor Gundisalvo de Rueda, Vescovo nostro
predecessore fin dall’anno 1615, con alcuni patti convenienti, ordini, e costituzioni
di già approvati, e confirmati sotto li 21 luglio dell’anno passato 1687, previo
nostro editto affisso nelle porte di esso, ordinassimo e comandassimo che nessuna
persona di qualsivoglia stato, grado, e conditione si fusse, avesse avuto ordine di
andare, o intrare in d:[ett]o Conservatorio à fare veruna perturbazione, attentato
256
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., Cap. XXI, punto 1°, Della Vestizione e Oblazione, p.
33.
257
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria, p. 7.
258
In realtà nel Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria (ADA, Busta 614, fasc. 5), sono
presenti ben 15 relazioni riguardanti il conservatorio della Ss. ma Annunziata circa
l’osservanza della clausura. Le anzidette relazioni si presentano nell’ordine seguente: 4ª
relazione, 26 agosto 1669; 6ª relazione, 21 luglio 1687; 7ª relazione, 12 agosto 1688; 8ª
relazione, 23 ottobre 1692; 9ª relazione, 22 aprile 1700; 10ª relazione, 1° settembre 1704;
11ª relazione, 6 luglio 1709; 12ª relazione, 4 dicembre 1715; 13ª relazione, 20 maggio
1718; 14ª relazione, 19 dicembre 1720; 17ª relazione, 8 ottobre 1723; 18ª relazione, 18
settembre 1724; 20ª relazione, 24 aprile 1724; 21ª relazione, 19 agosto 1733; 25ª relazione,
12 novembre 1817. I Vescovi interessati nelle relazioni in oggetto sono: Pignatelli Basilio,
Gundisalvo De Rueda, Torricella Giovanni, Domenico Taglialatela, Carlo De Angelis.
101
violenza, ò parlare con d:[ett]e donne sotto qualsiasi causa, senza nostra espressa
licenza in scriptis e di Governatori di esso Conservatorio sotto pena di scomunica
maggiore lata sententia, et altra pena […]».
Similmente il tema dell’osservanza della clausura ricompare,
nell’anzidetto Volumetto, nelle relazioni che vanno dal 22 aprile 1700 al 12
novembre 1817; in quest’ultima relazione, il Vescovo Carlo De Angelis,
dopo una breve premessa circa le origini della Ss. ma Annunziata, scrive:
«Madre Priora sono ormai troppo pubblici i disordini accaduti in Cod.[est]o
Conservatorio, ed io non posso permettere che seguitino ad accadersi, e debbo
rimediare per quanto posso, che in avvenire non ne succedano degli altri peggiori;
sicché: in verità di suddetta obbedienza vi ordino di non far entrare in
Conservatorio persona alcuna, siano donne, siano uomini, nonché fossi i
Governatori, senza suo special permesso in iscritto […]259».
A rinsaldare l’importanza della vita claustrale e l’ineluttabilità della clausura
per le donne dell’Annunziata sembra servire la quinta relazione – intitolata:
18 settembre 1724, SS.ma Annunziata. Visita a questo Conservatorio dove, in seguito alla visita episcopale di Monsignor Domenico Taglialatela,
si ordina di incrementare il numero delle grate alle finestre del conservatorio
e soprattutto all’atrio posto dirimpetto alla casa del sig. re Santucci.
Nella relazione è scritto:
«Die decimaoctava mensis Septembris 1724.
Che debbia leggere nel Refettorio sin che dura la tavola […].
Che nella fenestra, che sta nell’entrata di rimpetto alla Casa di Santucci vi si ponga
la grata di legno che nell’altra stanza dove sta la caldora da cocere il mosto, vi si
faccia la porta nella fenestra.
Che alle crate debbano assistere le ascoltatrici».
Il fatto che queste suore svolgessero una vita claustrale e contemplativa,
però, non trasformò mai il conservatorio della Ss. ma Annunziata in
monastero di clausura dacché, come stabilito al punto III delle Regole
approvate dal Re Ferdinando IV in data 16 giugno 1783:
«Sarà proibito agli Ammin.[istrato]ri pro tempore ridurre q.[uest]o ritiro di
convertite a Monastero di clausura, ma della sempre rimanere addetto a quest’opera
di pietà, per dare asilo alle povere pentite […] senracché sia mai soggetto ad alcun
giudice o superiore ecch.co (ecclesiatico), acciò q.[uest]i non abbia da esercitare,
né possa avere giurisdizione alcuna sopra q.[uest]o Cons.[ervato]rio […] 260».
Sullo stato (laicale vs. ecclesiastico) del conservatorio della Ss.ma
Annunziata e sul relativo patronato, ovvero se esso doveva ricadere sotto la
giurisdizione dell’Ordinario diocesano di L’Aquila o sotto la Congrega
259
260
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 7.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 43.
102
laicale di San Sisto della stessa città, si scatenò una lunghissima disputa,
durata anni, di cui si parlerà, nello specifico, in seguito.
Circa le regole a cui dovevano attenersi le donne dell’Annunziata che
decidevano di consacrarsi a vita religiosa, queste, come tutte le convittrici
ricoverate nel conservatorio, erano dovute a rispettare i voti di carità,
obbedienza e povertà, a cui, diversamente dalle convittrici laiche, si
aggiungeva il voto di castità.
I capitoli: X, Della Carità; XI, Della Ubbidienza; XII, Della Castità;
XIII, Della Povertà, ratificati nella Parte II del Regolamento (pp. 18-22)
fissano minuziosamente ogni condotta delle sorelle fino al loro trapasso per
cui si veda l’Appendice documentaria al presente Capitolo.
Nella parte III del Regolamento (pp. 34-35) è presente il Cap. XXI, Della
Vestizione e Oblazione, con annessa formula da recitare per l’oblazione, per
cui si veda sempre l’Appendice delle fonti.
3.3 Dispute tra l’Ordinario Diocesano e la Congrega di San Sisto
circa il diritto di patronato sul conservatorio della Ss.ma Annunziata
Come dianzi detto, il conservatorio della Ss.ma Annunziata fu soggetto
di lunghissime controversie che vide protagonisti la Congrega di San Sisto e
l’ordinario diocesano – nello specifico i Vescovi succeduti a Mons. De
Rueda - al fine di rivendicare l’«ingerenza e regime» sul governo del
conservatorio.
Sorsero, infatti, nel corso degli anni, accesi contrasti in merito
all’amministrazione del Conservatorio, per cui la Congrega di S. Sisto ne
rivendicava il diritto di fondazione e il conseguente patronato; l’ordinario
diocesano si troverà, conseguentemente, coinvolto in una controversia
estenuante, che si protrarrà per i due secoli successivi, contro le
rivendicazioni della Congregazione di S. Sisto sulla proprietà dei locali,
l’amministrazione dello Stabilimento e, persino, sulle questioni di natura
spirituale quali la nomina del cappellano, del confessore, ecc.
Con i Reali Rescritti dichiarativi datati 8 marzo e 15 dicembre 1852 si
ribadiva il diritto di patronato della Congregazione di S. Sisto sul
conservatorio della Ss.ma Annunziata (come pure il diritto di patronato della
Congregazione di S. Maria della Misericordia sull’omonimo conservatorio);
parimenti si stabiliva che le richieste del Vescovo circa la propria
immistione nella disciplina interna, nonché nella vigilanza sulla entrata e
uscita delle donne dal conservatorio, non poteva essere accolta.
In merito, si veda la trascrizione della carta sciolta, manoscritta, intitolata
A tutela dei diritti che le due Confraternite di S. Sisto e S. Maria della
Misericordia in Aquila, rappresentano rispettivamente in quanto
all’Ingerenza, ed al Reggime su i due Conservatori della Ss.ma Annunziata
e della Misericordia in detto Capoluogo. Copia Allegazione261, riportata
nell’Appendice documentaria.
261
ADA, Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due Confraternite di S. Sisto e S.
Maria della Misericordia in Aquila, rappresentano rispettivamente in quanto
103
Con il Real Diploma del 1783 vengono accolte le istanze della
Congregazione di S. Sisto e confermate le regole già approvate nel 1781,
con la condizione che il Conservatorio dell’Annunziata rimanga sempre di
stato laicale, senza mai costituirsi in comunità ecclesiastica, né pretendere
esenzioni o privilegi collegati ad istituzioni ecclesiastiche.
I successivi interventi da parte del Re Ferdinando IV saranno volti a
ratificare, o correggere, quanto precedentemente concesso alle contrapposte
parti, senza mai ledere i diritti ormai acquisiti di regio patronato.
La sovrana Risoluzione del 2 aprile 1859 confermerà le regole del 1783
in materia di amministrazione del pio luogo affidando la stessa alla
congregazione di S. Sisto; confermerà, altresì, che il conservatorio della
Ss.ma Annunziata è stato e dovrà essere sempre amministrato da confratelli
laici come espressamente sancito nel citato Regio Assenso del 1783 in cui è
espressamente detto che:« […] l’autorità ecclesiastica non avrebbe potuto
giammai prendere ingerenza alcuna262».
La sovrana Risoluzione del 2 aprile 1859, riconosce, però, al Vescovo la
prerogativa di esprimere il proprio parere sull’ingresso o egresso delle
donne e su quanto concerne gli affari di ordine spirituale, quali la scelta del
confessore, del predicatore, del cappellano, ma nulla di più in merito a
quanto afferisce al governo del conservatorio.
A conferma di quanto determinato dalla Risoluzione del 1859 sono anche
le Circolari Ministeriali 17 settembre 1851, 31 marzo 1852, 9 aprile 1853,
18 maggio 1853, in cui la Consulta dei reali domini siti nella diocesi
dell’Aquila e Provincia, chiede ai Vescovi e agli Intendenti, dei chiarimenti
al fine di poter distinguere quali siano i luoghi pii laicali da quelli puramente
di origine ecclesiastica.
In merito ai suddetti atti legislativi si rimanda alla vasta Appendice
documentaria al presente Capitolo.
all’Ingerenza, ed al Reggime su i due Conservatori della Ss.ma Annunziata e della
Misericordia in detto Capoluogo. Copia Allegazione, pp. 1-15.
262
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6 , Comunicazione al Vescovo dell’Aquila da parte
del Conservatorio della SS. ma Annunziata, Oggetto: Sulla distinzione de’ LL. PP. laicali
da quelli puramente ecclesiastici, p.1.
104
APPENDICE DOCUMENTARIA AL CAPITOLO 3
ADA, Busta 602, fasc. 9, Memorie per la Chiesa della Nunziata e
documenti, Tipografia Grossi, Aquila, 1859 [Versione dattiloscritta]
Nel dattiloscritto, alla voce “punto n. 1”, pp. 1-28, è riportata anche la copia
del manoscritto Memorie per la Chiesa della Nunziata, in questa sede
riportato all’interno del paragrafo 3.1.
A p. 28 Memorie per la Chiesa della Nunziata e documenti, Versione
dattiloscritta è presente una sezione intitolata “Copia etc.” articolata in 14
pp., da p. 28 a p. 42, comprendente ben 24 punti.
Iniziando dal “punto n. 2” – in quanto il “punto n. 1” non è altro che una
copia del manoscritto già elaborato in precedenza all’interno del Capitolo 3
- da p. 28 a seguire si legge quanto riportato integralmente:
N.° 2
«G. Gundisalvus de Rueda Sacrae Theologiae D., Dei, et Apostolicae Sedis
gratia Episcopus Aquilanus, Regiusque Consiliarius.
Pro majori cultu divino, et ad agenda fidelium devotionem, et ut animarum
saluti provideatur, tenore praesentium “authoritate ordinaria erigimus, et
deputamus” in hac nostra Civitate Aquilana Congregationem, et Conservatorium
Mulierum convertita rum in domibus ad hunc effectum ex piorum hominum
eleemosynis emptis sitis intus dictam Civitatem iuxta Ecclesiam Annunciationis
Beatae Mariae Virginis, iuxta vias publicas, ac iuxta bona haeredum Joannis
Josephi Cascine, et alios fines, cum facultatibus infrascriptis etc., et pro ipsius
manutenzione et gubernatione “eligimus”, et pro prima vice “constituimus”
providos viros infra nominandos, qui domos praedictas reparent, et accomodent,
prout opus fuerit et qualitas rei requirit, Convertitas mulieres ibi introducendas
alant, eisque provideant, et “ nobis pareant, et obediant, et rattionem reddant” ad
paraescriptum Constitutionum desuper per nos emanandarum, et in fide
praesentibus pro testibus ad. R. Pre. F. Antonio de Carolis Canonico Aquilano –
Datum Aquilae die 11 Julii 1615 – D. Gundisalvus Episcopus»263.
N.° 3
«Hac die vigesima mensis Julii 1615 – Aquilae in Episcopatu Civitatis Aquilae
etc.
Carolus Antonius Pandolphus Notarius et testes infrascripti etc. – Personaliter
constituti Hjeronimus Sabornisca et Ascanius Pedini de Aquila hjernotar et
Procuratores Confraternitatis S. Sisti de Aquila residentis in Ecclesia
Annuntiationis B-eatae Mariae semper Virginis in civitate Aquilae intervenientes
ad infrascipta omnia etc. – confratres ejusdem Confraternitatis S. Sisti de Aquila
major et sanior Ad. Illustrissimi et Reverendissimi Domini Gundisalvi de Rueda
Episcopi Aquilani unanumiter congregati salvi de Rueda Episcopi Aquilani
unanimiter congregati et coadunati totam integram confraternitatem facente et
263
ADA, Busta 602, fasc. 9, Memorie per la Chiesa della Nunziata e Documenti, Versione
dattiloscritta, pp. 28-29.
105
representantes etc. – Et requisita dicta Confraternitas ab Ad. Illustrissimo et
Reverendissimo Domino D. Consalvo de Rueda P. Nicolao Spinello et aliis ut
vellet dicta Confraternitas cedere Ecclesiam supradictam ad usum tantum
Monasterio erigendo contiguo dictae Ecclesiae Annuntiationis mulierum convertita
rum et male nuptarum, factis pluriuso consultationibus subsequentis vide licet –
La dicta Confraternita se contenta che le dicte Convertite si possan servire di
dicta Ecclesia per li Sacramenti da ministrarseli residendo in essa il Santissimo
Sagramento et che le stanzie in loco sopra la Sacrestia di detta Confraternita et
dove sono le campane nel quale si debbia far un muro o lamina in modo che dicti
Confratri habbino l’uso di poter sonare a loro volontà le campane et che dalla parte
superiore di dette stanzie sia lecito dal detto Monasterio di Convertite far la tribuna
et sola che risponda a detta Ecclesia per udir Messa etc. – Et perché la Casa dove
s’erigge dicto Monasterio si trova “esser comprata” dal Barone Alessandro Pica et
Fabrizio Colantonio e Saverio Franzese “ad requisizione di Monsignor
Reverendissimo D. Consalvo de Rueda” Padre Nicolò Spinelli et Philippo Mirello,
perciò per li dui altri Procuratori si contentano li predicti Baron Alessandro et
Fabrizio qui presenti pigliar il peso di dicta procura et governo di Convertite
insieme a dicti procuratori electi da dicta Confraternita similmente presenti et
contentandosi fintanto che si è pagata la Casa et che dicto Monasterio habbi stabile
di posser mantenere de intrate almeno duodeci convertite quali Alessandro e
Fabrizio et loro successori insieme con li dui Procuratori che eleggerà la
Confraternita ogni anno debbiano provvedere al necessario per dicte Convertite et
eleggere ogni anno quelli che dovranno haver tal cura così doi per la Confraternita
et doi per essi Alessandro e Fabritio et loro heredi, ma poicchè vi sarà intrata ferma
come di sopra resti a peso di essa Confraternita tanto l’electione di detti Procuratori
et mantenimento di convertite […] 264».
N.° 4
«Jesus Maria,
Li Ordini, e Costitutioni che si fanno perché prevalesca, e si conservi in servitio
d’Iddio il luogo delle Convertite, e delle mal maritate sono:
1. Li quattro Procuratori deputati che sono il Baron Alessandro Pica, il
Tesoriere, Fabritio Colantonio hanno da essere per il tempo, e conforme
all’ordine, e cautela fatta per N.r Carl’Antonio Pandolfi avanti a
Monsignor Reverendissimo quest’anno 1615 a’ 20 luglio, e così ancora
li altri doi Procuratori fatti per parte della Compagnia della SS.
Annunciata, che sono il Baron Gio:Battista Quintij, et il Capitan
Marcello Vivio.
2. E mancando in alcun tempo alcun di loro si ha da volar tra li fratelli che
abbraccino la detta opera persona nella quale concorrino le qualità, e
carità che conviene per dargli simil carico, e cura, e finito il tempo
debbiano dar conto de loro amministratione, e convenendo ternarli a
tutti, ò alcun di loro a confirmare per un altro anno per haver dato bon
conto, se potrà fare.
3. Che si guardi, e si osservino li ordini che si seguono nel recevere delle
dette donne prima che si mettano dentro detto loco per il male che
parerria dopo haverle poste tornarle a cacciar fuora.
264
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 29.
106
4. Che elle che saranno maritate, et honorate, tenendo comodità che se dia
il vitto di quello che haveranno bisogno per suo substento della casa
sua, e di chi haverà cura d’esse, e non volendo darlo, che in nisun modo
si ricevano, e dandolo “si riceveranno con intervento di Monsignor
Reverendissimo”, e delli quattro Procuratori, che sono, et pro tempore
saranno, essendo tutti cinque di un parere, e discrepando si attenda alli
più voti secreti, et “così in questo come in ogni altra cosa tocchante al
dicto loco”.
5. Che le Donne mal Maritate povere abbandonate da loro mariti, per la
qual causa si trovino à pericolo di perdersi, et offender Iddio, che queste
tali si ricevano in detto loco senza interesse lacuno; avvertendo che
sieno d’anni trentacinqu’in sotto, et che habbiano infermità contagiosa
né altro male, perché avendo qualche cosa di questo de più anni, ovvero
infermità, in nessun modo si riceveranno.
6. Che le Donne Meretrici che sieno state, o sieno, si ricevano quelle che
saranno d’anni trentacinq’in sotto, e non di più età, né mal sane, né
d’infermità contagiosa né suspette d’essere state spiritate, e che esser
sane o inferme sieno riconosciute da Medici, e con giuramento suo, e
con molta prova che sieno sane, se ricevano in detto loco.
7. Che non si attenda che siano naturali di questa Città, o furastiere, mà
che si ricevano tutte ugualmente, con le condizioni già dette, perché di
questa maniera prevalescerrà la fundatione di detto luoco, e, quello che
si desidera e di non far’hospetale, se non recoglimento di Donne dove si
conservino in servizio de Iddio, appartandole dalli vitij, e peccati, e
levar i mezzi con che altri non le offendano, tenendo mira al maggior
honore et Gloria di Sua Divina Maestà, à chi si promette, e giura
d’osservar tutto il sopraddetto.
8. Et che sieno obbligati li detti Procuratori ogni anno la Vigilia del giorno
che si fa la Predica della Maddalena d’andar dal Governatore, e dirli
comandi al Bargello, ch’avisi à tutte le Donne di mala vita, che saranno
nella Città che vedano il giorno seguente alla Predica dove sarà il
Predicatore de più spirito, perché di quella fece il Padre Nicolò Spinelli
de’Minori Osservanti Predicatore nel medesimo anno in San
Bernardino, fu il principio di questa fondazione, e se spera che Nostro
Signor Iddio, con la intercessione del istesso Santo, al quale doveranno
haver sempre riguardo, mentre faranno elettione del detto Predicatore,
poiché in quella Predica del detto Padre so conobbe ajuto particolare del
Cielo, come anco lui testificò, però faranno qullo che Dio li spirarrà,
che così facendo si spera, si convertiranno sempre a suo santo servitio
alcuna di quelle che andaranno a sentirla, e da nostra parte dovemo far
questa diligentia, che così si mette per obligatione.
9. Et se in questi Capitoli fatti per il Capitano D. Consalvo de Lira
Governatore di questa Città per SUA MAESTÀ nascesse qualche
controversia “se rimette in tutto al parere di Monsignor Reverendissimo
perché faccia quello che più convenga al servitio di Nostro Signor
Iddio, e per maggior honor’ e gloria Sua”, ch’è quanto in questo si
pretende.
10. Et in quanto alli confessori di dette donne se ordina, che ogni volta che
li Padri di San Bernardino volessero confessarle non se li possa negare,
già che così par che si convenga, essendo che da Padri di detto convento
non solo furono le dette prime convertite, ma istituite per tutto il tempo
che stettero a mettersi dentro del loco, dove hora stanno vestite
dell’habito di detta Religione, nel quale doveranno conservarsi sempre,
senza far mutatione veruna.
107
11. Et questi Capitoli, et ordini se hanno da mettere in una tavola
inamarcibile nell’Ecclesia dell’Annuntiata à fine che si completa e
guardi, e ne resti memoria sempre.
12. Et così da tutti li sopraddetti si promette a Nostro Signore Iddio, et si
giura di complire e guardare, così la firmano tutti a chi conviene di
prima mano. Nel Regio Palazzo della fedelissima Città dell’Aquila a’
20 di luglio 1615 – D. Gonsaldo Obispo dell’Aquila – Cons. e de Lira –
Fra Nicola Spinelli di Siena min.[or]e osser[vant].e – Fabritio
Colantonij – Gio: Battista Quintij – Alessandro Pica – Marcello Vivio –
Loco sigilli Episcopi Aquilani. Movente, lacerantes, deturpantes, seu
aliquo modo impedientes sint ipso facto exco. – N. Pandulphus. Act.
265
».
N.°5
«Die 26 augusti 1669, de mane. Illm. et R.mus Carolus De Angelis Dominus
Episcopus Aquilanus proseguendo suam incoeptam Visitationem de mane se
contulit ad Parochialem Ecclesiam sub Titulo Sancti Petri de Praetorio in Ecclesia
SS. Annuntiationis B.M. Virginis, et in ejus janua fuit omni qua decet reverentia
honorifice receptus ad Abd. Rd. Archipres. D. Hironymo Maneris Ejusdem
Ecclesiae,et factis de more solitis caerimoniis ac etiam absolutis praecibus pro
defunti.
Visitavit Sanctissimum Euch. Sacramentum conservatum in duabus Pixibidus
argenteis depurati bene retentis, et laudavit. Visitavit altare majus in quo tenetur
celebrare omnibus diebus Dominicis, et festis ad. Rend. D. Hieromymus Maneri
Archipres, ejusdem Ecclesiae.
Visitavit Altare S.M. Magdalenae erectum ad devotionem Mulierum
Convertitarum: mandavit provideri de lavabo etc.
Adest in dicta Ecclesia societas Sancti sisti quae tenetur accedere in
Prcessionibus pubblicis, et associare mortuos ad sepulturam.
Mandavit Prioribus N.D. Salvatori Massonio, et Donato Antonio Alfieri quod
compareant coram Illmo “ad redenda computa sua rum administrationum infra
mensem”266».
N.° 6
«Die octava mensis Januarii 1693 – Post vesperas idem Ill.[ustrissi]mus et
Reverendissimo Dominus D.F. Ignatius de Lacerda Episcopus Aquilanus
associatus ad admodum Reverendissimis D. Domenico et Francisco ad Antonellis
V.I. Doctoribus et Canonicis Aquilanis accessit ad visitationem Venerabilis
Ecclesiae SS.me Annunciations Civitatis Aquilae ubi honorifice fuit receptus ad
admodum Reverendissimo Archipresbytero D. Hyeronimo de Meneris, qui ibidem
animarum curam exercet per ejus Parochia annexa Sancti Petri de Preturo, ac factis
de more solitis coeremoniis cum precibus et orationibus consuetis ac etiam
absolutis precibus pro defuctis.
Visitavit …267
265
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit. , pp. 30-33.
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 34.
267
Puntini di sospensione presenti nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 34.
266
108
Visitavit altare majus in quo prefatus Archipresbyter Manerius celebrat omnibus
diebus Dominicis et festivis pro onere ejus Archipresbyteratus Curati, et satisfecit
per se ipsum.
Adest ….268
Adest etiam in eadem Ecclesia societas seu confraternitas sub invocazione
ejusdem SS.me Annunciatonis et Sancti Xysti, quae tenetur accedere processioni
bus aliquae pia opera exercere sic ut etc.
Adest etiam ut supra Conservatorium predictum cum cratis et confessionale
predictarum Monialium mulierum Convertitarum cohaerentibus in dicta Ecclesia
ad utroque latere ejus Altaris Majoris Mandavit. Mandavit quod infra dies
quindicim sub poena interdicti Ecclesiastici in confessionale predictum apponantur
tabulae ita ut coopertum maneat a parte superiore ad finem 269».
N°. 7
«Die 9 Januarii 1693 – Post vesperas Illustrissimus et Reverendissimus
Dominus Dominucus ad Antonellis V.I.T. Patritius et Canonicus Aquilanus etc.,
Generalis Vicarius et visitator Aquilanus accessit ad supradictam Ecclesiam
Annunciationis et facta adoratione aute Santissimum Eucharistiae Sacramentum
fecit visitam personalem supradictarum mulierum convertitarum ante gratas
ferreas270».
N°. 8
«Die 11ª. Paedicti mensis et anni – Ill.[ustrissi]mus et Reverendissimus
Dominus Episcopus prosequendo ejus visitationem denuo accessit ad predictam
Venerabilem Ecclesiam SS.me Annunciationis et ingressus fuit intus
Conservatorium associatus a prefato Reberendissimo Domino Vicario Generali et
Ad. Reverendis D. Philippo Caprino et Domino Scipione Bassi Procuratoribus
ejusdem Conservatorii una mecum etc. per visitandum dictum Conservatorium
deambulando eum; ubi fuit receptus a mulieribus praedictis intus existentibus
numero decem et novem flexis genibus; Illustrissimus Dominus aspersit et
benedixit illas cum aqua benedicta. Mandavit in loco detto “la guarda cucina” che
si muri un buco corrispondente all’horto del Reverendissimo Arciprete Bruno, e si
facci una finestra per dar luce alla cucina e si facci la ferrata.
Et postea venit ad Dormitorium ubi congregatae sunt omnes sorores, quibus
Illustrissimus Dominus fecit colloquium universalem pro bouoo etc., et postea
deambulando circum circa exiit foras cum mentionatis de comitatu, et rediit ad
Palatium Episcopale 271».
N°. 9
«Die 12ª. Ejusdem mensis – Prefatus Reverendissimus Dominus Generalis
Vicarius et Visitator proseguendo in ceptam visitationem denuo accessit ad dictum
Conservatorium associatus a prefatis Procuratoribus una mecum etc., deambulando
in locis predicti Conservatorii ordinavit modo sequenti vide licet – nella volta a
basso che si muri la ferrata detta la cantina nuova – La raticcia dove si confessano
268
Idem.
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., pp. 34-35.
270
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 35.
271
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., pp. 35-36.
269
109
le sorelle che si muri attorno in modo che non si possa levare – Che le Sorelle in
futurum non prendino Corvatte, Manichetti e Merletti per lavare e principalmente
dai Mercanti, Mastro d’arti, Capitano e Soldati “sotto pena ad arbitrio di
Monsignor Vescovo”.
Che si faccia la chiave alla porta che va alle campane quale tenghi la Superiora.
Che le grate di legno che sono alla loggia si faccino più strette, e si muri a piedi di
esse un mattone che corrisponde all’horto dell’Arciprete Bruno. Alle stanze delli
luoghi comuni si faccino alle finestre le ferrate di legno come anche alla finestra
della cucina.
Alle finestre della casa nuova si faccino le graticce di ferro strette e ben
chiodate.
Le chiavi delle porte le tenghino li suddetti Procuratori ad finem etc.
Successive idem Dominus Visitator Generalis prosequendo suam visitationem
accessit ad Venerandam Ecclesiam SS.me Annunciationis Beatissimae Virginis
Mariae in cujus ingressu fuit receptus ad Ad. Reverendo Fabritio Narducci
Economo Archipresbyteratus Curati vacantis S. Petri de Preturo annexi aidem
Ecclesiae et Beneficiatis ipsius; et per ejusdem Economi manus de osculata
preparata Cruce, receptoque incenso decantando “TE Deum” etc., perventi insimul
ante Altare majus Ecclesiae praedictae et ibidem recitatis solitis precibus et
orationibus ac postea fusis precibus pro Fidelibus defunti de morte etc. Visitavit
post solitas incensationes Sanctissimum Eucharistiae Sacramentum retentum in
duabus pixidibus argenteis intus tabernaculum ligneum deauratum. Mandavit
tantum deaurari cuppam majoris, et in eodem Altare majore adest onus celebrandi
singulis diebus Dominicis et festivis de precepto pro onere suprascripti diebus
Dominicis et festivis de precepto pro onere suprascripti Archipresbyteratus Curati,
et satisfecit petitiones ejus Economi. Adest etiam etc. 272».
N°. 10
«Die decimanona mensis Dicembri 1720 – Idem Ill.mus et Re.mus Dominus
Dominicus Taglialatela Episcopus Aquilanus coram praed. DD. Canonicis
Convisitatoribus accesit ad Ecclesiam SS.me Annuntiationis in qua facta oratione
ante Sanctissimum Eucaristiae Sacramentum postea ingressus fuit intus
Conservatorium Mulierum pentitarum sub eodam Titulo Annunciationis, et in ejus
janua fuit cum omni reverentia à Reverendissima Vicaria, et omnibus aliis
monialibus receptus, praevia temen visitatione personali facta ad cratem majorem
dictae Ecclesiae omnium monialium, accessit ad Chorum in quo sermonem habuit,
et postea visitavit Dormitorium, Refectorium aliaque loca dicti Conservatorij, et
ordinavit ut infra.
Che nel Refettorio si debbia leggere sinché dura la tavola – Che debbiano
assistere le Ascoltatrici quando stanno le Monache alla crata et alla porta – Che li
Governatori debbano rendere i conti 273».
N°. 11
«Die decima octava mensis Septembris 1724 – Praefatus Illustrissimus et
Reverendissimus Dominus Episcopus Aquilanus prosequendo suam generalem
Visitationem cum DD. Joanne Thoma Alfieri, et D. Joanne Petro Cyrilli Canonicis
Convisitatoribus mecum accessit ad Ecclesiam Sanctissimae Annunciationis hujus
272
273
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., pp. 36-37.
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 37.
110
Civitatis, in qua per manus Reverendi Petri Piccinini Confessoris mulierum
pentitarum existentium in Conservatorio sub eodem Titulo Annunciationis B.M.V.
recepto aspersorio aquae benedictae, ipsoque aspoque populo inibi adstanti fecit
orazione ante Santissimum Eucharistiae Sacramentum, postea accessit ad cratem
majorem ferream, ubi fecit Visitationem personalem separatium omnium dictarum
Monialium pentitarum.
Deinde cum dictis DD. Can. Convisitatoribus, et Confessario, mecum ingressus
fuit dictum Confessario, mecum ingressus fuit intus dictum Conservatorio
Pentitaru, in quo cum omni reverentia, et humilitate fuit receptus a praedictis
Monialibus, et associatus a quatuor gravioribus monialibus visitavit totum
Conservatorium ceteraque loca in eo existentia, et ordinavit ut infra.
Che si debbia leggere nel Refettorio sin che dura la Tavola.
Che nella fenestra, che sta nell’entrata di rimpetto alla casa Santucci vi si ponga
la crata di legno.
Che nell’altra stanza dove sta la caldara da cuocere il mosto vi si faccia la porta
nelle fenestre.
Che alle crate debbano assistere le Ascoltatrici.
Postea concionem habuit omnibus Monialibus adstantibus 274».
N°. 12
«Die 19 mensis Augusti 1733 – Post Vesperas - Idem Ill.mus, et R.mus
Episcopus
Aquilanus
prosequendo
visitationem
Monasteriorum,
et
Conservatoriorum Mulierum hujus Civitatis Aquilae una cum ejus Reverendissimo
Domino Vicario Generale, et Dominis Canonicis Aquilanis D. Francisco Vivio, et
D. Natale Cardinali Convisitatoribus, una mecum accessit ad Conservatorium
Mulierum pentitarum Sanctissimae Annunciationis Ejusdem Conservatorii ubi
recepto apersorio cum aqua benedicta per manum eiusdem Conservatorij
Cappellani, ipsaque aspersa Populo adstanti, et facta oratione ante Sanctissimum
Eucharistiae Sacramentum accessit ante Cratem Majorem ferream inibi existentem,
ubi habuit Visitationem personalem omnum Religiosarum ejusdem Conservatorii
separatium, et particulariter, et expleta dicta Visitatione personali una cum dictis
Rd. Vicario Generali, et Convisitatoribus ingressus fuit intus dictum
Conservatorium, ubi receptus fuit cum omni reverentia, et humilitate a dictis
Religiosis, et processionaliter accessit ad Chorum sive Oratorium dieti
Conservatorii, ubi habuit spiritualem, et pastoralem orationem, seu sermonem
omnibus dictis Religiosis ibi adstantibus, qua peracta associatus a quatuor
Religiosis gravioribus ejusdem Conservatorii, visitavit totum Conservatorium, et
loca ejusdem et mandavit – Che nel Refettorio vi si osservi il silenzio, e che si
debba leggere finché sarà terminata la tavola tanto nella mattina quanto nella sera –
Che si chiuda, o che si rimuri la porta, che sta a man sinistra quando si entra in
detto Conservatorio fra il termine di un mese sotto pena ad arbitrio etc. – Che in
niun tempo, e per veruna occasione si parli da dette Religiose con alcuna persona
ancorché sia lor congiunta con le porte aperte; deinde data ejusdem Religiosis
Benedictione discessit – Simon Figurellus Aud. Sanctae Visitationi 275».
N°. 13
274
275
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., pp. 37-38.
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., pp. 38-39.
111
«Fr. Ignatius de Lacerda Episcopus etc – Tibi Reverendissimo Domino Joannes
a Laureto Presbytero terrae Cambiani Aquilanae nostrae Dioecesis, et Canonico
Collegiatae ac Parochialis Ecclesiae S. Mariae de Rodio hujus Civitatis Aquilae
salutem etc. Tenore paraesentium licenzia concedimus Sacramentales confessiones
audiendi Religiosarum pentita rum existentium in Venerabili Conservatorio
Santissimae Annuntiationis in Civitate paredicta, in Confessionali tamen ejusdem
Ecclesiae: et in casu necessitatis requisito a Matre Superiora seu Vicaria praedicti
Conservatorii ingrediendi etiam ipsius clausuram ad effectum praedictae aliaque
sacramenta ministrandi ipsius infirmis, quae ad crates accedere non valeant,
earumque animas in agonia positas Deo commendandi ad formam Rit. Rom.
servatis tamen servandis solitis ordinationibus: valiturum per triennium a Sacr.
Conc. Trid. praescriptum. In quorum etc. Datum Aquilae ex Episcopali Palatio die
12 Augusti 1688 – Ignatius Episcopus Aquilanus – Loco Sigilli – N. Melonius
Actuarius276»
N°. 14
«F. Ignatius de Lacerda etc. – Tibi Rever.° Domino. Baptistae Magdaloni
Presbytero Aquilano et Canovitatis Aquilae Ecclesiae S. Pauli de Lavareto hujus
Civitatis Aquilae salutem etc. Tenore praesentium licenzia concedimus
Sacramentales Confessiones audiendi “Religiosarum pentita rum” existentium in
Venerabili Nostro Conservatorio sito in Venerabile Ecclesia Annuntiationis
B.V.M. intus civitatem, in confessionali tamen ejusdem Ecclesiae, et in casu
necessitatis requisito a Matre Superiora seu Priora praedicti Conservatorii
ingrediendi etiam “ipsisus clausuram” ad effectum praedictum, aliaque sacramenta
ministrandi ipsius infirmis, quae ad crates accedere non valeant etc. Valituram per
triennium a Sacro Concilio Tridentino praescriptum – In quorum etc. – Datum
Aquilae ex Episcopali Palatio die 22 Aprilis 1700 . F. Ignatius Episcopus
Aquilanus – Loco Sigilli – N. Melonius Actuarius277».
N°. 15
«Dominicus de Benedictus etc. – Tibi Rever.° Dominio Francisco Testa Terrae
Pizzuli Aquilanae nostrae Dioecesis incolae in hac Civitate Aquilana – Tenore
praesentium licenzia concedimus sacramentales confessiones audendi
Religiosarum pentitarum existentium in Venerabile Conservatorio sub vocabulo
Annuntationis in Civitate praedicta ad Confessionale ipsius Cappellae, easque a
peccatis omnibus, exceptis casibus et censuris reservatis, adsolvendi etc., et in
causa necessitatis requisito a Superiora ejusdem Conservatorii ingrediendi etiam
intus “ipsius clausuram” ad effectum praedictumetc. Ut supra – Valituram per
triennium a Sacro Concilio Tridentino praescriptum. In quorum etc. – Datum
Aquilae ex Episcopali Curia die 15 Decembris 1703 – Dominicus de Benedictis
Vicarius Capitularis – Loco Siggilli – Melonius Acturius278».
N°. 16
276
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 39.
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 40.
278
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 40.
277
112
«Alias similis triennium pro eodem Conservatorio in persona Reverendi Domini
Joannis Ticrj Presbiteri Aquilani expedito sub die prima Septembris 1704 279».
N°. 17
«Alias similis expedita Rever. Domino Dominico Magante – Die 6 Julii
1709280».
N°. 18
«Die 20 Maij1715 – Alia similis in persona Domini Petri Pauli Prencipe».
N°.19
«Die 20 Maij 1718 – Consimilis in persona ejusdem Reverend. Domini Petri
Pauli Prencipe».
N°. 20
«Alia similis expedita ab Episcopo D. Domenico Taglialatela Rev. Domino
Bernardino Pasqualone Presbytero Aquilano ac Canonico Collegiatae et Parochialis
Ecclesiae S. Mariae de Balneo hujus Civitatis Aquilae die 28 Aprilis 1727».
N°. 21
«A 8 Ottobre 1723 – Dal Revend. Vicario Generale di Monsignor Vescovo è
stata vestita in chiesa della Nunziata una Giovane di quelle pentite, che ha preso
l’abito di penitenza previa la solita benedizione dell’abito ed altro fatto in chiesa.
Registro degli atti della Curia Vescovile pel 1723, p. 57».
N.° 22
«Illm. D. Ignatius de Lacerda Dei et Apostolicae Sedis gratia Episcopus
Aquilanus Regiusque a latere Consiliarius – Essendo sin dall’anno 1615 in questa
Città con autorità ordinaria del nostro predecessore Monsignor Gundisalvo de
Rueda eretto il Conservatorio di donne convertire, e mal maritate contiguo ed a lato
alla chiesa della Ss. Annunziata, e con alcuni certi confirmati, et approvati ordini e
costituzioni – E perché tal Luogo Pio deve godere ecclesiastica immunità, et
osservanza di clausura, acciocchè le Donne che si ritrovano in esso possano
seguitare a vivere religiosamente, ritiratamente, e spiritualmente, e non siano da
alcuno istigate, et da diabolico spirito perturbate, et il suddetto santo luogo violato,
havemo perciò fatto il presente da affiggersi alla porta di detta Chiesa e
Conservatorio, ed il quale ordiniamo, e comandiamo a tutte e singole persone di
qualsivoglia stato, grado e conditione, che sotto pena di scomunica maggiore latae
sententiae, et altre pene, e censure, per simili casi emanate nelli Sacri Canoni e
Costitutioni Apostoliche riservate alla Santa Sede Apostolica, e senza pregiudizio
di procedere anco contro i trasgressori con il braccio laicale ed altre pene
temporali, in niun modo debbono essere in detto Conservatorio a farvi alcuna
279
280
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 41.
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., p. 41.
113
perturbazione, attentato o violenza, né senza espressa licentia in scriptis nostra, e
de Mag. Governatori di esso Conservatorio entrarvi, e sotto l’istessa pena di
scomunica a Noi riservata, fuor di parenti in 1° e 2° grado parlare ad alcuna di dette
Religiose donne in esso esistenti. E volemo che il presente affisso come sopra
astringhi ogn’uno a chi spetta, come se li fosse personalmente notificato, come
anco incorre nell’istessa scomunica a Noi riservata chi quello amoverà, lacererà, o
in qualsivoglia altro modo perturberà: aliasq. et f. in sol. Affig. Etc. – Datum
Aquilae ex Episcopi Palatio die 21 Julij 1687 – Ignatius Episcopus Aquilanus.
Eodem die 21 Julij 1687 – Aquilae – Petrus Antonius de Virgilio publicus Fun.
Episcopalis curiae testor me hodie originalia superegestrati edicti affisse et
reliquisse ad valvas supradicttae Civitatis, et aliud ad illas pred. Ejus Conservatorii
et in eis affxa reliquisse, modo re. In fide etc. – N. Melonius Actuarius281».
N.° 23
«Vescovado di Aquila 19 Novembre 1817 – Madre Priora. Sono ormai troppo
pubblici i disordini accaduti in codesto Conservatorio; ed io non posso permettere
che seguitino ad accadere, e debbo rimediare per quanto posso che in avvenire non
ne succedano degli altri maggiori; sicchè - In virtù di S. ubbidienza vi ordinò a non
far più entrare nel Conservatorio suddetto persona alcuna siano uomini, non esclusi
i Governatori senza mio speciale permesso per iscritto, giacchè per poter trattare gli
affari del Conservatorio, o particolari, vi son le grate da poter parlare – voglio che
subito facciate apporre alla porta per la quale si entra nel Conservatorio (e perché
non vi sia equivoco) intendo alla seconda, ossia l’interna, vi si appongano due
chiavi differenti da conservarsi una da voi e l’altra dal Cappellano, e dovendosi
aprir la stessa per introdurvi le proviste grandi pel conservatorio, o per tutt’altro
che non puole immettersi per mezzo della ruota, sia fatto sempre coll’intervento, e
presenza del Cappellano suddetto – Voglio che sian chiuse le due porte interne,
cioè una che comunica col Confessionale, e l’altra col granaro – Voi non dovete
dormire che nella Corsea dove dormono tutte le altre per mantener l’ordine anche
di notte. Dovendo qualche giovane dimorante in Conservatorio parlare alle grate,
avrete l’avvertenza di far stare presente un assistente, ma questa sia delle Anziane,
e che abbia date buone ripruove di sua condotta, mentre è dimorata costà,
eccettuata una tal Domenicantonia vedova di un fu birro del sig. Marchese
Dragonetti – Vi ricordo che qualunque trasgressione al mio precetto di ubidienza vi
tira addosso un peccato mortale – Sicuro che avrete a cuore la vostra coscienza
passo a benedirvi – Il Vescovo – Alla M. Priora del Conservatorio della Ss.
Annunziata in Aquila282».
N.° 24
«Regole formate dalla Congrega nel 1783, e roborate di R. Assenso – S.R.M. –
I fratelli della Venerabile Congregazione, sotto il Titolo di San Sisto della Città
Dell’Aquilla, detta la SS. Annunciata, supplicando espongono a V.M., come
avendo i supplicanti da 25 settembre 1781 ottenuto il vostro Reale Assenso sulle
Regole per il buon governo di detta Congregazione, non si parlò in essa del
governo del Conservatorio delle donne pentite, e mal maritate, che da essa
Congregazione si fondò sin dall’anno 1615, per cui tiene l’obbligo di alimentare
281
282
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit. , p. 42.
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit., pp. 43-44.
114
dodici convertite; quindi affinchè il detto Conservatorio in ogni futuro abbia la sua
stabilità, e fermezza, supplicando, la M.V. di accordare sulle Regole, per il buon
governo dello stesso Conservatorio formate, anche il vostro Reale assenso, e lo
avranno “Ut Deus” –
Giunta da farsi alle Regole della Congregazione di San Sisto della città
dell’Aquila della Ss. Annunciata - Sotto il 25 settembre dell’anno 1781 – Li
fratelli della Laical Congregazione sotto il titolo di S. Sisto, oggi comunemente
detto della Ss. Nunziata dell’Aquila, ottennero dalla M.S., Dio guardi, il Reale
Assenso sulle Regole, che allora esibirono nella Reverendissima Curia del
Cappellano maggiore, come dal privilegio, che ne fecero, sotto la stessa data,
spedire, che da essi si conserva. Non sembrò allora necessario di cercare Reale
approvazione sulle regole da osservarsi nell’Amministrazione del Conservatorio
delle donne pentite, e mal maritate, che “da detta Fratellanza si fondò sin dall’anno
1615, comprando per esse una casa contigua alla chiesa di detta Confraternita”,
detta della Ss. Nunziata, concedendole Chiesa, Sacrestia, Casa, mobili, “e tutt’altro,
che aveva, obbligandosi di alimentar dodici convertite, e di somministrar loro ogni
anno tutti gli avanzi della detta Confraternita, stabilendo loro, finanche la Messa
quotidiana, riserbandosene però sempre l’Amministrazione” come appare dal
pubblico Testamento, che ne fu stipulato per gli atti del Notar Carloantonio
Pandolfi dell’Aquila, sotto il 20 luglio 1615 – come in effetto da quel tempo è stato
sempre, fino al presente da detta Fratellanza, governato, e ben amministrato, come
tuttavia si governa ed amministra provedendo dette donne di tutto il bisognevole,
adempiendo sempre a tutte quelle condizioni, alle quali con detto Testamento si
obbligò; tantochè “ultimamente le rifece da fondamenti la Chiesa cadente, ed
attualmente li sta rifacendo tutto il Conservatorio” –
Intanto detta Fratellanza non istimò necessario far munire di Regio Assenso le
Regole addette a dette Pentite, perché si seviranno delle stesse Costituzioni, che si
osservavano dalle Convertite di Napoli stampale con Reale approvazione. Ma
essendosi con più matura riflessione considerato da detta Fratellanza essere più che
necessario e giovevole il supplire a dette Regole per il buon governo di dette
povere Pentite; affinchè li Governatori pro tempore l’amministrino a dovere, perciò
ha formate le altre sottoscritte regole da aggiungersi alle prime per il buon
regolamento del Pio Luogo Laicale, vera opera di pubblica pietà da osservarsi in
perpetuo irremissibilmente, dopo però, che la pref. M.S. si sarà compiaciuta
avvalorare col suo Real Assenso.
I° Che il Priore e due Assistenti, o siano Governatori pro tempore, “debbano
aver cura e pensiere invigilare indefessamente su di dette Convertite, e tenere da
esse lontane le antiche pratiche, e lenocinii, e nel caso, che dette Convertite,
venissero molestate, e sollecitate da alcuno con cicaleggi intorno al Conservatorio
debbono li medesimi, e specialmente il Priore appartarvi pronto riparo, implorando
economicamente l’autorità del Magistrati secolari.
2° /283 E siccome per mantenere nel S. timor di Dio le Convertite, vi è bisogno
di una persona Ecclesiastica in qualità di Confessore, che le dirigge nello
Spirituale, con dar loro una volta l’anno gli Esercizii, così siano obbligati detti
Ufficiali pro tempore “provvederle di un soggetto idoneo” di età matura, approvato
dall’Ordinario, morigerato, e zelante, prudente, e pieno di spirito di Religione,
acciò “accudisca solamente” nello spirituale ad esse convertite, “amovibile però ad
nutum di esso Priore e Governatore.
3° Sarà proibito agli Amministratori pro tempore ridurre detto Ritiro di
Convertite a Monastero di Clausura, ma debba sempre rimanere addetto a
283
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit. , p. 45.
115
quest’opera di pietà per dare asilo alle povere pentite, e riputarsi i beni e rendite
presenti e future laicali, ed esenti da qualunque peso, anche di onciario, “senzachè
sia mai soggetto ad alcun Giudice a Superiore Ecclesiastico, acciò questi non abbia
ad esercitare, né possa avere giurisdizione alcuna sopra detto Conservatorio, e sua
Confraternita.
4° Che debbano gli Ufficiali suddetti mantenere in esso Conservatorio una
donna onesta avanzata, di sperimentata capacità e prudenza, e ripiena di carità
cristiana, la quale abbia l’impiego di Superiora, ed un’altra consimile che faccia da
Maestra, ed oltre a ciò scegliere due delle migliore tra dette convertite, che
facciano da Portinare Ascoltatrici, amovibili però ad nutum di detti Ufficiali pro
tempore.
5° Che facendosi istanza a detti Ufficiali da qualche donna che volesse
convertirsi, ed essere ammessa in detto Conservatorio, debbano i medesimi trattarla
con tutta carità, ed esaminare con matura riflessione il fine dal quale è mossa se
veramente sia retto, e provenga da animo veramente contrito, e risoluto di vivere
cristianamente, con fargli sentire le Regole e Costituzioni, che deve osservare, e
trovandola costante nella sua risoluzione di vivere cattolicamente, come sopra,
“l’ammettono alla probazione per lo spazio di sei mesi”, nel qual tempo etc.
6° /284 Che siano tenute le convertite menare una vita esemplare, con esercitarsi
nelle orazioni, mortificazioni del tempo con qualche astinenza o digiuno, e
specialmente nel silenzio; e debbano prestare il dovuto rispetto ed ubbidienza non
solo al Priore e Governatori pro tempore, ma anche alla Superiora ed altri Ufficiali.
7° Nel caso qualche Convertita commettesse mancanza …285 sarà per la prima
volta dalla Superiora ammonita, e soggettata a penitenze arbitrarie, e per la seconda
volta, qualora non riesca alla Priora corregerla, e ridurla al dovere sia tenuta
avvertirne il Priore e Governatori, acciò le faccino un’acre riprensione. E per la
terza volta se le dia una discreta penitenza ad arbitrio del Priore e Governatori, ed a
proporzione della mancanza commessa. E se neppure questo terzo castigo giovasse
per richiamarla a suoi doveri debba espellersi dal Conservatorio, come
incorreggibile, senza speranza di potervi essere più ammessa.
8° Che non possa alcune di dette Pentite in alcun tempo uscire dal
Conservatorio, ed andar vagando per la Città … 286 come ancora sia espressamente
proibito di far entrare verun uomo di qualsiasi grado e condizione, ed età, e riserba
del Medico, Chirurgo, e Confessore in caso d’infermità, ed artieri in caso dei lavori
necessari previa licenza degli Ufficiali, e nell’accompagno della Priora, o altra
Deputata etc., e dandosi il caso, che dovessero entrare in detto Conservatorio gli
Ufficiali pro tempore per qualche causa di precisa necessità non possa avere
ingresso un solo; ma due insieme, ed accompagnati dalla Superiora come sopra.
9° Accrescendosi la rendita del Conservatorio per nuovi acquisti, possa questa
applicarsi al mantenimento di altre Convertite oltre le dodici. Quali rendite
debbano interamente con tutte le altre amministrarsi dagli stessi Ufficiali
indipendentemente dai superiori Ecclesiastici, etc.
Sieguono le firme.
Aquila – Tipografia Grossi – Anno 1859287».
284
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit. , p. 47.
Puntini di sospensione presenti nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 9, ibidem.
286
Idem.
287
ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit. , pp. 44-45.
285
116
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memoria per la Nunziata col parere del Sig.
Dell’Agata
Fascicolo manoscritto, composto da 25 pagine, non titolato (infatti, il titolo
suddetto è ricavato da una nota di chiusura posta alla fine del volumetto).
Anche in questa memoria è ripercorso un excursus di date e vicende
riguardanti la storia del Conservatorio della SS.ma Annunziata con
particolare riferimento ai lasciti, ai beneficiari, agli eredi, ecc.
Nella prima pagina si legge:
«Nel 1610 a 16 Marzo Giampietro Bruno dell’Aquila donò con titolo di donazione
irrevocabile tra viventi della Ven.[erabile] Confraternita di S. Sisto, sita dentro la
Ch.[ie]sa detta Ss.ma Nunziata, che amminysta ad immemorabili il Conservatorio
delle convertite, che sta a d.[e]tta chiesa attaccato dentro la città, due capitolo di
censo, colla loro annualità, dà gli uno li capitoli di docati Cinquecento e colli
anualità di docati Quaranta contro Domenico Camardese, Gianfrancesco di Chilo,
Salvatore Marimpietro, ed altri di Piacenza, da esso Donante comprato a 13
d.[ice]mbre 1602 come dall’istrum.[ent]o per N.[ota]ro Gianfrancesco Incordati; e
l’altro di capitale simile di docati Cinquecento coll’annualità di docati Trentasette;
Cinquanta contro Troyani del Verile, ed altri di Piacenza, dallo stesso donante
comprato a 14 Ap.[ri]le del 1603, come dall’istrum.[ent]o per N.ro Pandolfo
Pandolfi con vari patti e condizioni […]».
Il volumetto continua specificando per i diversi anni (nello specifico: 1613,
1621, 1622, 1630, 1643, 1645, 1709, 1760) sui lasciti, le donazioni e le
eredità varie.
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio della Ss.ma Annunziata. Regole e
Costituzioni
Di seguito la trascrizione del manoscritto:
«Parte I - Avvisi e proibizioni estratti dalla Regola approvata da S.[ua]
M.[aestà], quali acciò le abbiano più a memoria, se la riducono in diversi Capi
I.
Nel tempo che se le dovranno in ogni Anno gli esercizi spirituali, e nel
giorno del ritiro, che si farà una volta al mese, resta a ciascuno individuo
proibito andare alle feste, a riserba della Superiora, ed ingiunto osservare
più ritiratezza e silenzio, come nel Cap:9 di queste Regole;
II.
Resta parimenti proibito il parlare a solo con veruno benché parente, ed
ingiunto di chieder licenza alla Superiora prima di andare alla grata,
coll’assistenza ben anche dell’Ascoltatrice, come da queste Regole e
Cap:11;
III.
Che non sia lecito a ciascuno di discorrere né con uomini né con donne a
porta aperta, come alla stessa Regola, Cap: 11;
IV.
Che non sia lecito ad alcuna dare ingresso a verun uomo, a riserba del
Medico Chirurgo, Confessore in caso di infermità ed Artieri in caso di
lavori, previa licenza dei Governatori pro tempore, colli accompagno della
117
Priora, o altra da Lei deputata, e prima che entrino si dia il segno col
campanello, affinché tutte si ritirino, come da Regola, Cap:12;
V.
Resti ancora proibito dar l’ingresso alla donna, acciò non abbino la
convertita a dissiparsi, come da questa Regola, Cap:12;
VI.
Se per qualche necessità dovessero entrare nel Conservatorio gli Ufficiali
pro tempore, non sia lecito dar l’ingresso ad uno solo, ma due insieme,
accompagnati dalla Priora o altra deputata, come da questa Regola, Cap:12;
VII.
Che non sia lecito ad alcuna sorella uscire dal Conservatorio, se non in caso
di estrema necessità, e con licenza di approvazione ‘in scripty de superiori
pro tempore’, questo non si dovrà senza matura riflessione; ad estrema
necessità, restano a carico della loro coscienza; e dovendosi il caso che
alcuna senza tal licenza, e capricciosami se ne uscisse, non sia lecito dei
più rientrarvi, come da questa Regola Cap: 12;
VIII.
Non sia lecito ad alcuna sorella tenere presso di se carta, calamaio e penna,
e molto meno di rubarle furtivamente alla Priora, alla quale dovranno
chiedere licenza quando avranno necessità di scrivere biglietti, la quale
dovrà leggerli prima che si mandino, ed aprire e leggere le lettere che si
ricavino, purché non sian diretti al Confessore, come da questa Regola,
Cap: 11;
IX.
Resti espressam[ent]e proibito di mandare o ricevere regali di commestibili
o di altra specie, canestri o fagotti, quantunque dai parenti di stretto grado,
senza intesa o licenza della Priora, che dovrà visitare e osservare qualunque
cosa, che entri, o esci dal Cons[ervato]rio, come da questa Regola, Cap:12;
X.
Resti espressamente proibito di parlare alla grata della Chiesa, né
affacciarsi in zampo di funz[io]ni alla grata, né alla ruota, e si ingiunge a
ciascuna sorella di non far strepito, o parlare ad alta voce, che potesse
causar disturbo in questa Chiesa;
XI.
Che non sia lecito ad alcuna sorella dormire accompagnata con l’altra, Cap:
8;
XII.
Che non sia lecito ad alcuna scegliersi il luogo a piacer suo né in
dormitorio, né in scuola, coro, o stanza del lavoro ma contentarsi di quello
che gli viene assegnato dalla Superiora;
XIII.
Resti proibito espressamente di cantar canzoni profane, far discorsi
mondani, leggere libri mondani, e far discorsi indecenti, Cap: 8, come
ancora tenere strumenti di cuore, specchio, ed ogni altra vanità;
XIV.
Sia proibito a ciascuna sorella contrarre amicizia particolare e distinta colli
altre, per evitare i comizi, e mantenere la Santa Pace e si prescrive che tutte
egualmente si trattino come sorelle, come al Cap: 13;
XV.
Ogni individuo dimorante in Cons.rio sia tenuto a lavorare un giorno della
settimana in vantaggio del Pio Lugo, in esecuzione della risoluzione della
Consulta del 12 Maggio 1788 per osservarla, cresciuto il vitto e stabilito il
Medico Chirurgo e Mandatario a spese del Pio Luogo, ed ogni qual vota
118
dovranno lavarsi ed accomodarsi la biancheria di tavola o di chiesa, siano
tutte obbligate ad aiutare;
XVI.
In ogni Venerdì, ed in ogni festa di precetto dell’anno si visiterà la Via
Crucy.
In ogni sabato si diggiunerà in onore della Beat.[issi]ma Vergine. Ogni
Martedì o Venerdì dell’anno si farà la disciplina essendo in arbitrio della
Priora esentarne quelle che saranno indisposte, e quelle che mancheranno,
senza legittima causa saranno private di pietanza per due giorni».
«Parte II - Degli esercizi da pratticarsi ogni giorno divisi in vari Capitoli
e primariamente:
Cap: P.[ri]mo
Della Levata e Coro
1°.
Appena udito il segno della levata del mattino, che si regolerà secondo
l’orario, tutte sorgeranno immediatamente da letto, ed avvertiranno
bene a non uscire dal dormitorio, se non saranno prima di tutto punto
vestite, ed unite insieme.
2°.
Al primo svegliarsi solleveranno lo spirito del cuore a Dio col segno
della croce e con la recita del Gloria Patri, offerendo al Signore tutte le
azzioni della giornata. […].
3°.
OMISSIS.
4°.
OMISSIS.
5°.
Ogni sera all’ora stabilita nell’orario, andaranno tutte in coro a recitare
le litanie della SS.ma Vergine con fare gli atti di ringraziam.[en]to,
l’esame di coscienza, e la visita al SS.mo Sacramento, ed ogni alzia
cosa descritta nell’Orario.
6°.
La Pietà è il fondam.[en]to di tutto; sicché faccino le sorelle le cose
suddette con ogni attenzione ed impegno, cercando [di] acquistare una
divoz.[ion]e soda, che non si appaghi solo di apparenza. La Priora
invigili e castighi irremissibilmente le indivote, le immodeste, le
irriverenti, le scomposte, e ciarlière nel coro, e quelle sorelle, che non
giungeranno in coro a tempo, faccino una croce in terra con la lingua.
7°.
In ogni festa di precetto, siccome si deve unicam.[ent]e attendere al
culto di Dio, ed all’interesse dell’anima, così debbono tutta impiegarla
in opere spirituali, come sono frequenza dei Sacramenti, meditazione,
lezzioni di libri spirituali, istruzioni, conferenze, ed alzio che stimerà
opportuno la Superiora, visitando anche tutta in commune la Via Crucy,
ed in tutti i giorni di Quaresima anche si visiterà.
Cap: II
Del Lavoro
119
1°.
Dopo della pietà, il principaliss.[m]o dovere delle sorelle è il lavoro a cui
dovranno attendere con ogni premura per fuggire assolutam.[ent]e l’ozio,
che è l’origine di tutti i mali.
2°.
Iva288 il lavoro diranno la mattina la Dottrina cristiana, ed il giorno il
rosario, ed una mezz’ora di lezzione 289 spirituale di qualche vita di Santo, o
altro libro divoto approvato dal Confessore, stabilendosi tanto di mattina
che di giorno, un ora di silenzio, raccogliendo in esso lo spirito di Dio,
ruminando la meditazione fatta nella mattina, e la lezzione 290 del giorno,
dopo dal quale potranno tutte parlare a voce bassa di cosa lecita e onesta,
cantare con il permesso della Priora o Maestra che assisterà, qualche
canzoncina spirituale.
3°.
A niuna sia lecito scegliersi il posto a suo capriccio, ma ciascuna dovrà
dimorare dove sarà situata dalla Priora, sino che a lei piacerà di cambiarlo.
Ciascuna porterà sommo rispetto ed obbedienza alla Maestra che sarà
stabilita, e mancando saranno rigorosamente punite a discrezione della
Priora.
4°.
Resta espressam.[ent]e proibito ad ogni individuo che dimora nel
Conserv.[ato]rio il lavare i panni di qualunque genere di persona, Secolari
o Regolari, sì uomini che donne di qualunque stato, condiz.[io]ne, o
parentela.
5°.
Si guardino in questo luogo le sorelle parlare in segreto li una colli altra,
per essere cosa pessima, da non soffrirsi nella comunità, e mala creanza;
avvertendo le sorelle non guastare o confondere rispettosam.[ent]e i lavori
l’una colli altre; e molto meno ardiscono rubare spille, filo, ed ogni altra
cosa, perché saranno punite con privaz.e di vino, o di pietanza, o
disciplina.
6°.
Si inculca alla maestra di vigilare esattam.[ament]e sopra le sorelle, perché
dalla sua assistenza e premura dipende gran parte l’avanzamento dei lavori,
e la quiete della communità, e non permetterà che niuna, per causa di
lavoro, lasci mai le oraz.[io]ni ed altre pie funzioni, non potendo la Priora
esser sempre presente.
Cap: III
Della Cucina e Refettorio
« [...] Si cucini robba povera e perciò si usino tutta la carità e l’economia nel
risparmio della robba, della legna a fuoco, e procurino [le cuciniere] che le vivande
siano ben preparate, con puntualità e pulizia 291».
288
Nella lingua ant. e nell’uso poet. le forme iva, ivano, rappresentano l’imperfetto del
verbo ire, dunque l’accezione iva può essere intesa quale “effettuato”, “proceduto”, ecc.
289
La doppia “z” è una peculiarità della lingua, specie abruzzese, dell’epoca.
290
Idem.
291
ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio della S.S. Annunziata. Regole e Costituzioni, p.
13.
120
Seguono delle puntualizzazioni inerenti il refettorio:
«[…] Si va in refettorio unitamente, ci si lava le mani, si sta in piedi finché sia
terminata la benedizione della mensa, e terminata, ognuna scenderà al suo luogo
mangiando in silenzio, e con tutta la civiltà, ed ascoltando attentamente la lezzione
che si farà durante la mensa, una settimana per ciascheduna da quelle che sapranno
leggere292. […] Finito il pranzo e la cena, al segno del campanello quella che legge
intonerà il ‘De Ante Domine’, at293 che tutte si metteranno in piedi fuori la tavola
per fare il ringraziamento».
Della Ricreazione Cap: IV
«La ricreazione si concede due volte al giorno, dopo il pranzo, e la sera o prima o
dopo la cena per una ora la volta, in qualunque sito, a giud.[izi]o della Priora, nel
qualtempo si permette alla sorella il divertirsi onestam.[ent]e, il giucare a boccia, o
altrio lecito ed innocente divertimento.
Si guardino però le sorelle di non contestarsi l’una con l’altra con motti pungenti,
con derisioni, o parole offensive della carità e molto meno introdurre discorso di
secolo, racconti dei passati loro trascorsi / 294; né sarà lecito far discorsi di
maritaggi e sposalizi, e saranno severamente punite le pelinguenti con croci per
terra con la lingua, se la trasgressione è leggere, e se è grave, col mordacchio in
bocca.
In tal tempo stiano tutte unite insieme, proibendosi il ritirarsi in disparte e il
parlarsi in seguito; negli ultimi giorni di Carnevale si permetterà qualche
divertimento lecito e onesto, restando espressam.e vietato il mascherarsi fra loro, o
li ammettere persone mascherate in parlatorio o finalm.[ent]e introdurre nel
Conserv.[ato]rio o parlatorio stesso, cani, instromenti da suonare, abiti da uomo per
travestirsi, e la recita di rappresentazioni anche sacra, per li gravi inconvenienti che
potrebbero nascervi».
Del Parlatorio Cap:V
1°.
Sarà permesso alli soli parenti parlare ogni otto giorni con le nostre
convittrici, le quali non ardiranno mai portarsi in parlatorio ancorché
chiamate, senza licenza della Superiora, e allorché vi saranno, vi si
trattenghino brievam.[ent]e con tutta la modestia ed edificaz.[ion]e, e
sempre colli assistenza della Priora, Ascoltatrice, o Maestra, guardandosi
di raccontare i fatti del Conserv.[ato]rio, o mormorarne, o mostrarsene mal
contente, anche per via dei cenni, o altri segni, e le trasgressore saranno
unite con pane ed acqua.
2°.
Nel tempo della orazione, del refettorio, o altri atti communi, non sia lecito
ad alcuna andare in Parlatorio, quantunque chiamata. Colla persona non
parenti delle convittrici non sarà lecito parlare, senza licenza del Sindaco.
Il Parlatorio dovrà essere chiuso prima dell’Ave Maria.
Del Dormitorio Cap: VI
292
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 13-14.
Trad. it: “ma pure”, “ma di più”, “pur tuttavia”, etc.
294
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 15.
293
121
1°.
Nel Dormitorio penderà il lume acceso tutta la notte, e ciascuna deve avere
il proprio letto. Appena dato il segno del riposo, ogni sorella andrà in
silenzio a spogliarsi prontam.[ent]e con tutta la modestia senza farsi vedere
in alcun modo scoverta e si coricherà, proibendosi a ciascuna di restare in
piedi dopo il segno, o di accostarvisi al letto della compagna, finalm.e il
dormirvi accompagnata, il ciarlarvi, o l’alzarsi prima o dopo delle altre,
sotto la pena di croci con la lingua, di diggiuni o altrio, ad arbitrio della
Priora.
2°.
Ogni sorella avrà la sua cassa, o arca per conservare la robba, le cui chiavi
dovranno essere sempre pronte ad ogni richiesta della Priora295.
Delle Inferme e Defonte Cap: VII
1°.
Infermandosi alcuna sorella, si avrà tutta la cura per lei, e se dia subito li
avviso al Confessore, acciò prima della terza visita del Medico, senza la
sua confessione, giusta la Bolla Pontificia.
2°.
L’inferma sarà pareticolarm.[ent]e assistita dall’Infermiera, ed accadendo
che dovesse assisterla per lungo tempo, specialm.[ent]e di notte, siano tutte
abbligate una notte per ciascuna, secondo si stimerà dalla Superiora, e
servirse ad assistere l’inferme con tutta carità e pazienza.
3°.
L’inferma sarà visitata ogni giorno dalla sorella, con licenza della Priora,
acciò non la vadino ad inquitare.
4°.
In caso di morte di alcuna, si faranno particolari orazioni da tutta la
communità per la moribonda, ed il giorno della morte, da tutte le sorelle si
reciterà la terza parte del rosario, e si visiterà la Via Crucy per la defunta,
ed oltre a ciò da ciascuna si applicheranno in di lei suffragio p.me tre
communioni, e lo stesso si praticherà nella morte della Superiora, Ufficiali,
Confessori, Sindaco e Governatori pro tempore, e per quindici giorni si
applicherà per essi il rosario della communità.
5°.
Nella commemoraz.[ion]e dei morti tutte applicheranno la comunione, il
rosario e la Via Crucy per li benefattori e sorelle defonte296.
Del Ricevimento delle Sorelle Cap: VIII
1°.
295
296
Nell’ammettersi alla probazione, qualunque donna che volesse ritirarsi e
stabilirsi in Conserv.[ato]rio debba la Superiora sperimentarla per lo spazio
di mesi sei, trattandola con amorevolezza, e somma carità, e procurando di
penetrarla in fondo al cuore, e vedere nel tempo stesso, se persista nella
morigeratezza dei costumi, nella subordinazione alle maggiori,
nell’osservatezza delle presenti Regole e Costituz.[io]ni, che se le
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 15-16.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 17.
122
leggeranno spesso, restandola proibito in q.[est]i sei mesi di trattare, ed
andare alla grata, sotto qualunque pretesto, e terminata q.[est]a pronazione,
recandosi personalmente dalla Superiora, parteciparlo ai Governatori pro
tempore (restando a carico della coscienza di essa Priora la giusta
relaz.[ion]e de’ portamenti di essa), acciò possono ammetterla come le
altre, attesocchè secondo i Statuti del luogo, non è lecito ammettere e
ricevere la donna rilasciata, che non mostrano un segno di pentimento, e
molto meno quella che verranno dai parenti o altri costretta ad andarvi per
loro privati fini, dovendo essere spontanea e soda la loro conversione.
Restando altresì proibito l’ammettersi donna affetta da malattia contagiosa,
e molto meno donna gravida, di qualsiv.[ogli]a stato, e quantunque i
Superiori useranno tutte le diligenze prima di ammetterle, se mai si
scoprisse dopo li ingresso il malore, o la gravidanza, sia la Superiora
nell’obbligo di avvisarne i Governatori pro tempore, acciò prendano gli
espedienti convenevoli, proibendosi a tutte le convittrici di poterne parlare,
o ingerirsene, dovendosi usare tutta la carità e secreto in tali casi. Nel caso
che per ord.[in]e dei Superiori entrino nel Conserv.[ato]rio donne
malmaritate, e giovanette pericolanti, debbono queste tenersi in particolare
mira e custodia della Priora, Maestra, ed altra ufficiali, e restino queste
tenute all’osservanza delle regole come tutte le altre.
Inoltre, pur quanto sarà possibile, si tenghino separate dalle altre 297.
Delle convittrici che dovranno maritarsi Cap:IX
1°.
In ogni caso di matrimonio, non sia lecito alle convittrici trattarselo da
loro, ma la ricerca debba farsi dal Sindaco, o dalla Priora, la q.[ual]le sia
nell’obbligo passare la notizia al Sindaco, acciò considerandosi il partito
vantaggioso e profittevole, si possa dal meglio conchiudere ed ultimare,
senracchè alcun altrio individuo dimorante dentro il Conserv.[ato]rio,
niuno escluso, neppure gli Ufficiali, possano ingerirvisi né direttamente né
indirettamente, ma spetti alla Priora, tanto prima, che dopo conchiuso il
matrimonio, far sì, che tutto si esegua con prudenza, e modestia cristiana, e
non permetta far conversare la sposa con il futuro sposo, se non per due o
tre volte a fine di conoscersi, e colla possibile brevità ed assistenza della
Priora, nel qual tempo non sia lecito alle altre sorelle intervenire nel
Parlatorio, e molto meno discorrerne in Conserv.[ato]rio, sotto la pena che
stimerà la Priora298.
Della Carità Cap: X
1°.
297
298
Conoscano tutte le convittrici la somma necessità in cui sono di avere un
cuore ben provveduto di carità e di pace, acciò vivano sempre unite e
strette con quel caro vingolo, chiamato dall’Apostolo S. Paolo ‘Legame’,
di tutta la cristiana perfezione, senza di cui il Conserv.[ato]rio posto in
confusione e scompiglio, diverrebbe scandalo anche del Secolo. E giacché
la carità è paziente, dolce e benefica, tutto soffre, tutto tollera, non è
invidiosa, non temeraria, non superba, non iraconda, non si piaccia, non si
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 17-18.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 18.
123
ostina, non cerca il proprio interesse, ma la virtù e bene del prossimo;
perciò si studjno di acquistare, e mantenere tra loro una carità adorna di sì
graziose doti, sopportandosi l’una con l’altra negli errori e difetti.
2°.
Non siano invidiosa, sospettosa e gelosa, né siano ostinate nel difendere il
proprio parere. Si astengono da ogni, benché spicciola mormoraz.[ion]e,
rapporto, o sussurrìo tra loro, se non vogliano essere maledette da Dio.
Non si mostrino parziali, e più attaccate ad una sorella che dall’altra. Si
soccorrano nei comuni bisogni scambievolmente. Si trattino con amore e
rispetto, non con asprezza e imperio, specialm.[ent]e le giovani verso le
anziane. Se mai insorgesse qualche sdegno o dissapore fra loro, avvertano
di riconciliarsi prima di andare al riposo, e qualora taluna si mostrasse
superba e dura, sia mortificata dalla Superiora a misura della sua durezza
facendola ritirare in Cam.[er]a ed aggiungendovi ancora un diggiuno a
pane a acqua, in caso fosse stato di scandalo alla sorella.
3°.
Non abbino ardire di togliersi la robba una coll’altra, di apporsi il falso, o
levarsi la fama, di bestemmiare, di maledire, dire parole di imprecazione,
ed ingiuriose, specialmente insultanti per gli antichi trascorsi, ed in caso di
contravenz.e, sia ogni pelinguente, per la p.ma volta privata del vino per un
mese intero, con farle tenere la mordacchia in tempo della mensa nel primo
giorno di castigo, e tornando a commettere simili eccessi, sia questa in
carcere colli intellig.o dei superiori, e lo stesso si eseguirà allorché una
delle sorelle percotesse un anziano, aggiovandosi dippiù un diggiuno pane
e acqua299.
Dell’Ubbidienza Cap: XI
1°.
Dovete ubbidire prontamente non solo alli vostri Superiori principali ma
anche al Confessore e Priora, guardandovi dalla scusa e ritrosia; e se per
qualche mancamento fosta penitenziata, ubbidita subito, senza allegar
pretesto. Similmente dovete con cuor grato e sicuro obbedire, e senza
replica ciecamente osservare la presenti Regole e Costituz.[io]ni, ed altre
ordinazioni, che in avvenire vi saranno ingiunte da legami superiori, senza
lamentarsi, disprezzarla o criticarla […].
2°.
Simalmente trovandosi qualche sorella disubbidiente alla cosa suddetta e
alzio, sia la prima volta condannata a mangiare in terra in mezzo al
refettorio, la s.[econ]da volta ad un pane e acqua, e nel caso che alcuna
sorella ricusasse di eseguire le penitenze imposte dalla Priora, ella ne facci
intesi i Superiori del Conserv.[ato]rio, acciò siano più aspramente
castigate300.
Della Castità Cap: XII
1°.
299
300
Dopo esservi ritirata dal mondo, osservar douvete esattamente la castità, la
quale si custodisce col tener sempre mortificato il corpo, riducendolo in
servitù allo spirito, e mantenendolo, dopo le offese fatte a Dio nel Secolo,
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 18-20.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 20.
124
in continua penitenza. Fuggite tutte le occasioni, che possano eccitarvi al
peccato, vegliando di continuo alla custodia del cuore, degli occhi, della
lingua, e di tutti i sentimenti.
2°.
A tali effetto si raccomanda una rigorosa modestia nel vestire, nel
guardare, nell’andare o levarsi dal letto, e nel trattarvi fra di voi,
gurdandosi dallo spogliarsi a vista delle altre sfacciatamente, ed il
rinfacciarvi le umane commesse miserie, le quali devono restar sepolze; a
tutto ciò sotto la pena di diggiuni e pane e acqua, delle croci a lingua per
terra, e privazioni della crazia, ad arbitrio della Priora.
3°.
Si fugga la curiosità di sapere la nuova del mondo, e le cose vane, che
potessero appannare la purità, massima di ricondurvi, a raccontarvi le
antiche debolezze del Secolo.
4°.
Si guardi ognuna di ricondurre ai suoi amici e complici colà nel Secolo per
motivo di lemosina, o alzio aiuto in qualche suo preteso bisogno 301.
Della Povertà Cap: XIII
1°.
Siano le convittrici povere, vale a dire, povere di spirito, di robba, di
desideri, di attacco, e di tutto, ad imitaz.e di Gesù Cristo il quale non volle
possedere né casa, né vestiti, né cosa alcuna in questo mondo per vostrio
esempio302.
Della Polizia, Civiltà e Modestia Cap: XIV
Questi sono i tre doveri che devono essere sommamente a cuore delle convittrici
del Conservatorio:
1°.
La polizia esteriore è un argomento non dispreggevole della mondezza 303
interiore. Questa apparisca nell’abito, nel paramento, ed in ogni cosa. Sia
ognuna della sorella lontana da qualunque sorta di vanità, ma dall’altra
parte si mantenghi ben pettinata, ben lavata, ed in buon ordine, badando a
non macchiarsi le vesti, pulirle, accomodarle, e piegarle attentamente. Tal
polizia non debbono procurarla solam.e in loro stessa, ma mantenerla ben
anche dentro il Conserv.[ato]rio, e perciò si raccomanda spazzarlo e
scoparlo spesso; ogni giorno rifar ciascuna il suo letto.
Nell’inverno scomponerlo tutto ogni quindici giorni, ed ogni otto giorni li
està per cercare ben bene la tavola a banchetti, a ciò tutto sia ben netto e
pulito.
301
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 21-22.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 22.
303
Dal latino mundĭtia, der. di mundus “mondo, pulito”, l’esser mondo, nettezza, per lo più
con senso fig. di purezza.
302
125
2°.
Ciascuna nell’uscire farà dei respui 304 uffici, specialm.[ent]e la cuciniera,
dovrà lasciare non solo ben disposta tutta la casa, ma netta ancora dalla
polvere ed immondezza, il soffitto, le paranzi, i vasi e tutt’altro, facendo
osservare a chi subentra, acciò non sia incolpata chi vien dopo nell’ufficio,
e la impulizia siano mortificata col mandarla in ginocchioni, e far tornare
ad adempiere il loro dovere.
3°.
La civiltà non è meno importante ad una convittrice. Questa deve
osservarsi massimam.e nel trattare con la persona con tutto rispetto, e buon
modo. Allorché si parla con la Superiora si usi sempre il termine Lei305, e
stionsi sempre all’impiedi, qualora non la si dica sedersi; e con la
compagna si usi il termine Voi306.
4°.
Entrando in Conservatorio persone di riguardo si alzino tutte, e stiano
impiedi finché parta.
5°.
Finalmente la modestia deve essere sopra la polizia, e civiltà, e perciò
amarsi altamente da tutte. Ella deve risplendere in ogni cosa, nel vestire,
nel camminare, nel guardare, nel parlare, sicché niente affonda chi vi tratta,
o chi vi vada, e fuggesi tutto ciò, che può dare semplice ombra e sospetto
di poca modestia; e sopra tutto si ammiri questo bel greggio nel parlar poco
e nella vigilantissima custodia dei sensi, e massima degli occhi. Questa
polizia, giusta civiltà e modestia vi si raccomanda più che alziove, allorché
andata in parlatorio, proibendosi qualunque vano ornamento di fettuccia
zagarella307, guarnizioni alle vesti, dovendo ciascuno individuo andar
coverta con un velo in testa, e specialm.e nel Coro, e coverta anche nelle
spalle, con essere i colori delle vesti oscuri, proibendosi anche qualunque
ornam.to di collane, orecchini ed alzio 308.
Parte III
Della Priora Cap: XV
1°.
Questa dunque esser deve donna di orazione, e di straordinaria virtù,
ricorrendo sempre a Dio per ben adempiere i suoi doveri e che abbia lo
spirito di una vera umiltà, senza di cui il Signore non dona i suoi lumi. Al
qual’affetto anche gli individui a lei soggetti preghino, acciò un tale
ufficio, in vece di merito non la rieschi di dannazione.
2°.
E poicchè la strada più brieve ed efficace di santificare le suddite, si è il
buon esempio, deve perciò la Priora precederle a tutti gli atti communi,
specialm.e a quelli riguardanti gli esercizi di pietà, o di umiltà. In oltre sia
ella la più mansueta e paziente, la più fedele ed esatta nell’osservanza delle
presenti Regole, la più docile ed ubbidiente agli ordini dei Superiori, e del
Confessore, la più mortificata in se stessa, e la più zelante dell’onor di Dio,
304
Dal latino respuo, respis, respui, respuĕre, Tr. 3ª: “spuntar fuori”; in questa sede respui
uffici può trovare un corrispettivo in “sopravvenuti compiti, lavori, mansioni”.
305
Sottolineato nel testo.
306
Sottolineato nel testo.
307
Affine a zagana, zaganella, significa “nastro”, “fettuccia”.
308
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 22-24.
126
vegliando sempre per il totale adempimento delle Regole, giammai
permettendo l’introduzzione di alcuno abuso, o prendendosi arbitrj a favore
delle inosservanti, con dar loro licenza senza ragion discreta, che siano
contrarie a questa Regola, per lo stesso conto, che ne dovrebbe rendere un
giorno a Dio.
3°.
Si ricordi ella esser madre commune di tutte le sue suddite, e perciò si
guardi dall’esser parziale con alcuna. Ammonisca e corregga con dolcezza
e prudenza tanto in privato, che nei pubblici Capitoli, e non tralasci di
castigare con libertà di spirito nella occorrenza, a misura dei mancamenti.
Riferisca sinceramente alli Superiori gli andamenti, le inosservanze, le
massime, le trasgressioni delle suddite, e quanto succede nel
Conser.[vato]rio, per essere indirizzata nel suo Governo, e negli opportuni
rimedi.
4°.
Non si curi di piacere agli occhi delle sue suddite indivote, e scorrette, se
vuol dar gusto a Dio, che la giudicherà severamente in ordine alla fedeltà
dell’impiego ingiutole. Ami le inferme con singolar tenerezza, le visiti
spesso, procuri che siano ben provvedute ed assistite nello spirituale, e nel
temporale, le consuoli, le rassegni al Signore con salutari e caritatevoli
ammonizioni, e si guardi dal fomentare la malinconia, e le finzioni.
5°.
La Priora nulla disponga da se sola, ma dipenda sempre dal Sindaco e
Governatori pro tempore, ai quali presterà la più esatta subordinazione ed
ubbidienza, guardandosi di stabilire, o risolvere alcuna cosa a proprio
talento.
6°.
Vada perfettamente di accordo col Confessore, ed a lui ricorra per gli
opportuni consigli nei casi particolari, l’ascolti nei buoni suggerimenti, e li
eseguisca fedelmente. Ecciti e mantenga nelle sue suddite il buon concetto,
ed una piena confidenza in esso lui.
7°.
Obblighi ognuna a sentirsi in ogni giorno la S.ta Messa, e solo dispenzi in
caso di necessità, siccome obbligar deve ciascuna a confessarsi una volta il
mese, e non facendolo per la prima volta l’ammonisca, per la seconda volta
la punisca con un pane ed acqua, e persistendo ostinata, ne dia l’avviso ai
Superiori. Quanto alle communioni, lasci il pensiero al Confessore.
8°.
Avverta che in coro e nella Chiesa stia ciscuna con la dovuta modestia,
silenzio, divozione e raccoglimento, e castighi severamente le pelinguenti.
9°.
Non permetta che le sue suddite dimoranti nel Conservatorio vadino in
Parlatorio, più spesso degli otto giorni, non essendo decoro del
Conservatorio, che il Parlatorio sia sempre pieno, quando non si trattasse di
qualche parente forestiero, mai però in tempo degli atti communi, ed
escluda dal far parlare con le predette suddite qualunque siasi, che non
appartenga, o per parentela o per altro vingolo ad esse loro, purché non
abbia la licenza in iscritto dal Sindaco o di altro Deputato. Assista alla
grata allorché alcun individuo è chiamato, lei stessa per quanto è possibile,
ed in sua mancanza, quella di cui potrà più fidarsi, restando in sua libertà di
eliggersi una Vicesuperiora, che possa supplire in sua vece, allorché sarà
legitimam.e impedita; siccome sarà in sua liberta deputare la Maestra,
127
l’Infermiera, la Sacrestana, la Panettiera, le Scopatrici, cuciniere,
Ascolatrici, ed ogni altra ufficiale, che sarà necessaria pel buon
regolamento del Conservatorio.
10°.
Quanto al refettorio, invigili acciò tutte sian trattate egualm.e, visiti le
porzioni, vada spesso in cucina, inculcando alla Cuciniera l’attenzione e la
carità nel preparare le vivande, e castigando quelle, che saranno
manchevoli.
11°.
Quando vi fussero individui pertinaci ed incorreggibili a tutti i salutari
rimedj di diggiuni, di disciplina, di carceri, ed altri salutari rimedj, ne
avvisi il Sindaco ed i Governatori, acciò possano prendere gli espedienti
necessarj.
12°.
Indispenzabilm.[ent]e faccia leggere in pub.[blico]co Refettorio, almeno
due volte la settimana le presenti Regole, acciò ognuna possa
impossessarsene. Usi tutta la più sopraffina attenzione, acciò le grate siano
ben custodite, e così la porta, la quale non deve aprirsi che in casi di
necessità, tenendo sempre presso di se le chiavi, tanto di essa grata, e porta,
che della ruota, coro, ed ogni altro. Si guardi la Priora dall’esser
manchevole in alcuna sorta di quanto si è di sopra avvertito e prescritto, e
di quanto sarà per prescriversi, ed avvertirsi in appresso, perché trovandosi
trascurata, o infedele, resterà per la prima volta ammonita con tutta la
serietà dai supervisori, che se ciò non giovasse a farla ravvedere, sia per la
seconda volta, dopo le più minute ricerche del vero, deposta dal Priorato
quante volte si stimasse espediente, avvertendo tutte le Convittrici di esso
Conservatorio essere obbligate in coscienza di dar parte del mal governo di
essa Priora al Confessore, acciò questi lo passi a notizia del Sindaco e
Governatori.
13°.
Per ultimo si ricordi la Priora che le Convittrici del Conservatorio sono
anime ad essa lei consegnate da Dio, delle quali dovrà rendergliene
strettissimo conto, ed acciocché non si sgomenti, si ricordi ancora che lo
stesso Dio l’ajuterà, e che il bene il quale farà col suo zelo, vigilanza ed
attenzione, non solo ritornerà in beneficio della sua suddita figlia, ma
preparerà ben anche ad essa lei un guiderdone tanto più grande nel cielo,
quanto più avrà travagliato e fatigato per il bene temporale e spirituale di
esse loro309.
Della Maestra Cap: XVI
1°.
309
Obbligo della Maestra sarà, subito che le convittrici escono dal Coro,
portandosi nella camera del lavoro, dove devono radunarsi, per vedere se
osservano il silenzio, e se si mettono puntualm.[ent]e a lavorare
insegnando alle ignoranti con tutta carità il lavoro loro necessario
stimolando le pigre, ammonendo le pelinguenti, esaminando i lavori
riscuotendo il patto da ciascuna, facendo eseguire a puntino tutti gli ordini
della Priora, a cui devono riferire fedelmente senza passione la diligenza, e
la buona qualità nommeno, che la mancanza della sorella alla loro cura
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 25-27.
128
connessa. Sarà parimenti obbligo loro con intelligenza della Priora,
ricevere e restituire i lavori alla Ruota distribuendoli senza parzialità, e
secondo il talento e abilità degli individui, restando ad essi proibito di
andar cercando lavori, dovendo questo esser pensiero e cura della Priora e
Maestra.
2°.
In oltre, sia loro cura, che dentro la camera del lavoro non si cantino
canzoni profane, che non si mormori, né si contrasti, né si permetta ad
lacuna levarsi dal suo luogo ed uscir dalla stanza del lavoro senza chieder
prima licenza, e dichiarare il motivo, che le chiama ad uscire. Non siano
facili a conceder licenza alla vagabonda ed oziosa, né giammai mandino
due insieme, ed obblighino tutte a ritornar presto al lavoro310.
Della Portiera ed Ascoltatrice Cap: XVII
1°.
Questa sorella che sarà scalza per assistere alla porta, non ardisca, né le sia
lecito in assenza della Priora, o senza di lei special licenza, aprire in alcun
tempo la porta per dar commodo alla sorella di trattare compra di
qualunque robba con mercanti ed altri venditori, o di parlare sulla porta
con veruna persona, quantunque parente di primo grado, o introdurre, o
mandar fuori regali di commestibili, o di alzia specie, né lettere, canestri o
fagotti e qualsivoglia persona, anche a parenti di stretto grado, senza intesa
della Priora, la quale prima li riconosca, e ne veda il contenuto, purché non
si tratti di lettere dirette al Confessore: e lo stesso si osservi nell’introdurre
alcuna delle cose suddette; e trovandosi in ciò colpevole la portinaia sia
castigata con una privata disciplina, alla qual pena soggiaccia ancora la
sorella pelinguente, e quando accada doversi introdurre superiori,
confessore, medico, chirurgo, artisti, o altri nel Cons.[ervato]rio, prima se
ne darà dalla portinara un segno col campanello, acciò tutte si ritirino, e
non si facciano vedere, e mancandosi alla cosa suddetta, sia la portinara
sospesa per mesi tre dall’ufficio, e mortificata in pubblico refettorio, a
giudizio della Priora.
2°.
L’ascoltatrice che indispensabilmente dovrà assistere a qualunque
individuo 311 che sarà chiamato alla grata, badi seriamente che non si parli
di vanità, di cose inutili ed oziose: attenda ad ogni occhiata, ogni moto, ad
ogni cenno e se accadesse contrasto, o parola alterata, la proibisca, e non
desistendo, chiuda subito la grata, come chieder la dove se sopravvenisse
persona indebita mentre stanno parlando, procurando sempre, che il
trattenim.to innanzi alla tale grata sia breve.
3°.
Sia in obbligo di coscienza l’ascoltatrice informare la Priora di qualunque
mancanza succedesse in tal grata, e qualora si trovasse nel suo ufficio
difettosa, e specialm.e consensiente alle pelinguenti nella grata, sia
immediatam.e deposta dall’impiego, ed esemplarmente mortificata312.
310
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 28-29.
Sottolineato nel testo.
312
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 29-30.
311
129
Della Sacrestana Cap: XVIII
1°.
Questa deve custodire con tutta esattezza gli arredi sacri, ed ogni altra cosa
appartenghi alla Sacrestia ed alla Chiesa, che dovrà tutto inventariarsela,
per darne conto in fine del suo ufficio.
2°.
[…] Tener netta la biancheria […]313.
3°.
OMISSIS314
4°.
OMISSIS
5°.
OMISSIS
6°.
La chiave del sacro ciborio315, e la chiave del communichino 316, si
rivanghino sempre alla P.[ad]re Confessore pro tempore, il quale
communicar deve tutte le convittrici, senza permetterlo ad altri, giusta il
sacrato della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari sotto lì 26
Aprile 1766317.
Dell’Infermiera Cap: XIX
1°.
Ogni qualunque sorella sarà deputata per Infermiera, si vesta di somma
umiltà, carità, sofferenza, dolcezza domandando ogni mattina a Dio la
grazia di far bene il suo ufficio. Compatisca nella sorella inferma quelle
imperfezioni e mancamenti, che spesso lo stesso male cagiona […] 318.
Delle Colpevoli ed incorreggibili Cap: XX
1°.
Qualunque sorella dimorante nel Cons.[ervato]rio, la quale commettesse
mancanza o difetto, tanto circa l’osservanza esatta della presenti Regola,
quanto circa il costume, ad esattissima ubbidienza dovuta al Sindaco,
Governatore, Priora, o altre subalterni ufficiali , per la prima e seconda
[volta] sarà dalla Priora ammonita e soggetta alle penitenze retroscritte e
alzie discrete, ad arbitrio della Priora, che imporrà loro quelle penitenze
più ripugnanti rispettivamente a ciascuno individuo. Per la terza volza poi,
non vedendosi emendazione, essa Priora ne avvisi il Sindaco e
Governatori, i quali non potendo richiamare a suoi doveri, né con
mortificazioni, né con carceri, la espelleranno dal Conserv.[ato]rio come
313
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 30.
Vd. ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 31.
315
Dal latino ciborium, gr. kibốrion, “tabernacolo”, “pisside”.
316
Nel senso di “confessionale” ossia la sede nella quale il sacerdote confessore amministra
il sacramento della penitenza; consiste generalmente in un mobile ligneo, spesso ornato,
con un seggio per il confessore e due inginocchiatoi laterali per i fedeli, separati mediante
una parete divisoria interrotta da una piccola grata.
317
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 31.
318
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 32.
314
130
incorreggibile, senza speranza di potervi rientrare. Avvertendo che alle
stesse ammonizioni dei sig.ri del Governo sarà soggetta anche la Priora e
tutte le altre subalterne ufficiali in caso di trasgressione delle presenzi
Regole e Costituz.ni, negligenza, e poco zelo nei rispettivi impegni 319.
Della Vestizione e oblazione Cap:XXI
1°.
Molte sono le anime chiamate da Dio alla penitenza che ne sembrano
anche desiderose, ma poche però sono quelle, che di fatto vogliono
distaccare il loro cuore dalla vita peccaminosa, e sottoporre la loro volontà
alla santa ubbedienza; onde a ben distinguere le prime dalle seconde, si
sperimenteranno prima della vestizione per mesi sei, come trovarsi
prescritto nel Cap: 8, nel qual tempo si scandaglierà li indole a naturale
nommeno, che la salute del corpo, che non deve essere deteriorata
sostanzialmente, con farla riconoscere dal Medico per quanto detti la
prudenza; giacché accettandosi per un trasporto di zelo inavveduto, ogni
sorta di donna malmaritata, mossa soltanto da un’apparente immatura
volontà di convertirsi a dio, donna violentata o condotta a forza, o
intimorita con minacci di severi castighi, non essendo il nostro
Conserv.[ato]rio un carcere, ma bensì un luogo pio aperto per far penitenza
a chi desidera sequestrarsi dal mondo, togliendosi da pericoli di più
offendere Dio, e placarlo dei passati trascorsi, ne seguirebbe grave
scandalo o sconcerto, o rovineranno le altre, né si otterrà quel santo fine
preteso in questo santo luogo di penitenza.
Passati dunque li sei mesi di pronazione, dopo che da Governatori pro
tempore si saranno accomodati gli interessi del Conserv.[ato]rio, e colla
licenza ed approvazione dei med.[esi]mi gli si daranno prima della
vestizione gli esercizi spirituali, quindi nella mattina della vestizione si
poterà in coro alla grata grande laterale per la Sacra Funzione, ricevendo
dal Confessore ordinario, o latro sacerdote, li abito, o sia la tonica di color
negro, il crocifisso col corio acceso, e cordone di S. Francesco, regolando
la sacra funzione secondo il rituale romano, e dopo la vestizione si passerà
al nuviziato, il quale durerà per lo spazio di anni due tra il secolarato ed il
nuviziato; ma in caso che la nuvizia fosse dimorata secolare due anni,
debba fare un solo anno di nuviziato, e terminato il nuviziato, avendo data
riprova di una vita morigerata, con licenza dei superiori pro tempore, si
farà l’oblazione320.
Dell’Oblazione
«Nell’Anno … a dì … del mese di … io N. N. chiamata al Secolo S.S. figlia di
N.N. ed M.M., alla presenza del R.[everen]do N.[ostro] Confessore ordinario, e
della R.[everend]a M.[ad]re Superiora come pure di tutte le sorelle prepongono
innanzi alla SS.ma Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, alla Vergine
Santissima Madre di Dio nostro Padrone, a S.ta Maria Maddalena, ed al sacratico
padre S. Francesco, ed a tutta la Corte Celeste, perseverare in questo Santo
Conservatorio sino alla morte, e dippiù propongono osservare perpetua castità,
povertà, ed obbedienza, e prometto osservare la Regola e alto istituzioni di esso
319
320
Idem.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 33.
131
Conservatorio approvato dalla Maestà del Sovrano. Così Dio mi ajuti questo dì …
Io Suor N.N.321».
Regolamento per il vitto commune
Per tutti i giorni, distinti in “ordinari” e “straordinari” (per giorni
“straordinari” s’intendevano: il Carnevale, Giovedì grasso, Pasqua, festa di
Maria Maddalena, vigilia di Natale, festa di Natale), vengono stabilite le
pietanze, anche nella loro quantità (espressa in Libre), e le bevande 322.
Dopo questa elencazione, alla fine del paragrafo, si legge:
«[…] Oggi, lì 28 aprile 1814. Il Consiglio quale quello degli Offiziali conferma il
presente Regolamento ad uso del Conservatorio dell’Annunziata, e ne includa la
esecuzione, salvo l’adempimento delle disposizioni amministrative attualmente in
vigore323».
Il Regolamento in oggetto – qui trascritto integralmente - è vidimato da
quattro persone di cui si leggono chiaramente solo due nomi, ovvero
Giambattista Micheletti, Giovanni Pica.
ADA, Busta 602, fasc. 1, Regole e Costituzioni. Regole del Conservatorio
della Ss.ma Annunziata di Aquila approvate da S.M. Ferdinando IV in
data 16 giugno 1783
Questo manoscritto si articola in 10 pp. ed è contenuto dall’interno del
documento, in forma libelli, composto da 50 pp., intitolato Regole e
Costituzioni. Regole del Conservatorio della Ss.ma Annunziata di Aquila
approvate da S.M. Ferdinando IV in data 16 giugno 1783 contenente,
appunto, le Regole governanti il Conservatorio approvate dal Re Ferdinando
IV in data 16 giugno 1783.
Da p. 40 a seguire del manoscritto in oggetto è scritto quanto riportato a
seguire:
«COPIA: Ferdinando IV Gratia Rex Ubiusque Sicilia et Hyĕrusălem, Infans
Hispaniarum rex Parma e Plăcentia, et Castri, ac Magny Princeps Hereditary
Etrurie.
[…] I Fratelli sotto Santa Congregaz.[ion]e sotto il titolo di S. Sisto della città
dell’Aq.[ui]la, detta la SS.ma Annunciata, sugget[ta] espongono a V.[ostra]
M.[aestà], come avendo i supplicanti da 25 Sep.[tembr]is 1781 ottenuto il Reale
Assenso sulle Regole per il buon governo di detta Congregaz.[ion]e, non si parliò
in essa dal governo del Conservatorio delle donne pentite, e mal maritate, che da
essa Congregaz.[ion]e, si fondò sin dall’Anno 1615, per cui tiena li obbligo di
321
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 34. A questo punto, nel manoscritto, seguono gli
Avvertimenti (p. 35) circa la formula dell’oblazione succitata, che in questa sede vengono
omessi.
322
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., pp. 37-38.
323
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 39.
132
alimentare dodici convertite; quindi affinché il Cons.[ervato]rio in ogni futuro
tempo abbia la sua stabilità e fermezza, supplicano la M.V. di accordare sulle
Regole, per il buon governo dello stesso Cons.[ervato]rio, formate anche il Real
Assenso, e lo avranno ‘ut Deus’324 = 325
‘Provisus per Regole Cam.[er]a S.[an]ta Clara [Chiara] Neapoli lì Gunÿ 1783’ =
Giunta da farsi alle Regole della Congregaz.[ion]e di S. Sisto della città
dell’Aq.[ui]la detta SS.ma Annunziata = Sotto lì 25 settembre dell’anno 1781326.
Li fratelli della Laical Congregaz.[ion]e sotto il titolo di S. Sisto, oggi
comune.[men]te detta della Ss.ma Nunziata della città dell’Aq.[ui]la ottennero
dalla M.[aestà] S.[ua], Dio Guardi, il Real Assenso su la Regola che allora
esibirono nella Reverendissima Curia del Cappellano maggiore, come dal
Privilegio, che ne fecero, sotto la detta data, spedire, che da essi si conserva.
Non sembrò allora necessario di cercare la Reale approvaz.[ion]e sulle Regole da
osservarsi nell’ammin.[istrazio]ne del Con.[servato]rio della donna pentita o mal
maritata, che da detta fratellanza si fondò fin dall’anno 1615 comprando per essa
una casa attigua alla Chiesa di q:[est]a Confraternita, detta della S.Sma Nunziata,
concedendole chiesa, sacrestia, casa, mobili, e tutt’altro che aveva, obbligandosi di
alimentare dodici convertite, e di somministrar loro ogni anno tutti gli avanzi della
detta Confraternita, stabilendo loro fin anche la Messa quotidiana, riserbandosene
però sempre l’Amministraz.[ion]e, come appare dal pub.[bli]co Testamento, che
ne fù stipulato per gli Atti del fù Notar Carlantonio Pandolfi dell’Aq.[ui]la, sotto lì
20 Luglio 1615 = Come in effetti da quel tempo è stato sempre, fino al presente da
detta fratellanza governato, e ben amministrato, come tuttavia si governa ed
amministra provvedendo a queste donne di tutto il bisognevole, adempiendo
sempre a tutte quelle condizioni, come questo Istrom.[en]to si obbligò; tantoché le
rifece da fondam.[en]ti la Chiesa cadente, ed attualm.[ent]e li sta rifacendo tutto il
Cons.[ervato]rio =
Intanto questa fratellanza non estimò necessario far munire di R. Assenso la Regola
adottata a queste pentite perché si servivano delle stesse Costituzioni, che si
osservavano dalle convertite di Napoli stampate con Real approvaz.[ion]e. Ma
essendosi con più matura riflessione considerato da questa fratellanza essere più
necessario e piacevole il supplire a queste Regole per il buon governo di queste
povere pentite, affinché i Sovrani pro tempore l’amministrino a dovere; perciò ha
formate le alzie sottos.[tan]te la Regola da aggiungersi alla p.[ri]ma per il buon
regolamento del Pio Luogo Laicale, vera opera di qualca pietà da osservarsi in
futurio irremissibilm.[ent]e, dopo però, che la Preg.[iat]a M.[aestà] S.[ua] si sarà
compiaciuta avvalorarla col suo Real Assenso 327 = I =
Che il Priore, e due Assistenti, o siano Priori pro tempore eletti nella maniera che
sta espressata nella Regola, e proprio nel Cap: Terzo, debbano aver cura e pensiero
in vigilare indefessam.[ent]e su di queste convertite, e tener da essa lontana le
antiche pratiche, e nel caso, che queste convertite venissero molestate, e sollecitate
da alcuno con cicaleggi intono al Cons.[ervato]rio, debbano, li med.[esi]mi e
specialm.[ent]e il Priore apportarvi pronto riposo, implorando economicam.[en]te li
autorità de’ Magistrati secolari.
324
ADA, Busta 602, fasc. 1, Regole e Costituzioni. Regole del Conservatorio della SS.ma
Annunziata di Aquila approvate da Sua Maestà Ferdinando IV in data 16 giugno 1783, p.
40.
325
Simbolo grafico presente nel testo, è un segno di unione.
326
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 41.
327
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 42.
133
Alla gli convertita debba darsi per alim.[en]to il pane a sufficienza, alle regola di
libra dodici e mezza /328 per caduna, ed in ogni giorno una soglietta di vino,
minestra e pietanza, ed in alcuna solennità dell’anno, come Pasqua, Natale,
Carnevale, una pietanza di più, e in tutti giorni dell’anno il solo pane e minestra di
legumi, come finora si è praticato: badare a fare nei tempi debiti la provvista di
legna, sale, olio, lardo minestra, pensare al mantenim.[en]to della fabricha, ed a
tutto in somma che sarà necessario; anzi per maggior esattezza di tutto ciò, sia
principal cura del Priore pro tempore, […] a far sì, che q.[est]i ufficiali tenghino
registri fedeli tanto di quelle che entrano, quanto di quelle che escono, e notino
con chiarezza il di loro nome, giorno, mese, ed anno in cui sono entrate ed uscite
da q.[uest]o Cons.[ervato]rio, e tutte le spese soliza esitarsi nei conti, giustificata
però con documenti, come si è spiegato nel cap: Ottavo della Regola vallata di
R.[egi]o Assenso; ed occorrendo qualche spesa insolita, far si della previa
consulenza e non alzim.[men]ti, e facendosi a capriccio, non sia nei conti bonata,
acciò nulla loro manchi, né abbino pretesto di tornare alla vita rilasciata e
peccaminosa, dalla q.[ua]le si erano tolte: e nella morte delle med.[esim]e, sotto la
Confraternita, oltre il Cappellano accompagnare i di loro cadaveri nella Chiesa
della stessa Confraternita, ed intervenire ai funerali, con fare quegli atti di pietà
soliti a praticarsi = II =
E siccome per mantenere nel S.[an]to timor di Dio la convertita, vi è di bisogno di
una persona ecclesiastica in qualità di confessore, che la dirigga nello spirituale,
con dar loro una volta l’anno gli esercizj, così siano obbligati gli Ufficiali pro
tempore provvederla di un soggetto idoneo di età matura, approvato dall’Ordinario,
morigerato e zelante, prudente e pieno di spirito di religione, acciò accudisca
solam.e nello spirituale ad esse convertite, amovibile però ad nota di esso Priore e
Gov.[ernato]ri = III =
Sarà proibito agli Ammin.[istrato]ri pro tempore ridurre q.[uest]o ritiro di
Convertite /329 a Monastero di clausura, ma della sempre rimanere addetto a
quest’opera di pietà, per dare asilo alle povere pentite, e riputarsi i beni e rendite
p.[rese]nti e future laicali, ed esenti da qualunque peso, anche di onciario,
senracché sia mai soggetto ad alcun giudice o superiore ecch.[lesiasti]co, acciò
q.[ue]sti non abbia ad esercitare, né possa avere giurisdizione alcuna sopra
q.[uest]o Cons.[ervato]rio, a sua Confraternita, e riguardo alle processioni, debbano
soltanto i confratelli intervenire a questa, e si deve portare la statua del prezioso
protettore S. Equizio, giusta il contenuto ed espressato nel Cap.to Secondo della
Regola vallata di R.[egi]o Assenso, restando esenti da qualsivoglia altro, perché
addatti a q.[ue]sta Opera di pietà = IV =
Che debbano gli Ufficiali suddetti mantenere in esso Cons.[ervato]rio una donna
onesta avanzata, di sperimentata capacità e prudenza, e ripiena di carità cristiana, la
quale abbia li impiego di Superiora, ed un'altra consimile, che faccia da Maestra;
ed oltre a ciò scegliere due delle migliori tra queste convertite, che facciano da
Portiera ed Ascoltatrice, amovibili però ‘ad nutu’ di q.[ue]sti Ufficiali pro tempore
=V=
Che non sia lecito a Gov.[overnato]ri pro tempore ammettere in q.[uest]o
Cons.[ervato]rio donna infetta di qualunque male, che vi sia dubbio di comunicarsi
alle altre, e molto meno donna gravida di qualsiv.[ogli]a stato, e condizione; e
perciò debbano gli Uffi.[cia]li farle riconoscere dal Medico Chirugo e ‘mammina’
relativam.[ent]e alle occasioni e motivi né possano ricevere quella donna rilasciata,
che non mostrano vano segno di pentimento, e molto meno quelle, che verranno
328
329
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., inizio di p. 42.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., inizio di p. 43.
134
dai parenti, o da altri costrette ad entrare per privati loro fini; in guisa che non
possa costringersi il Priore e Gov.[overnato]ri ad ammettere in q.[uest]o
Cons.[ervato]rio forzosam.[ente] tali donne, mentre non essendo spontanea, e vere
le loro conversioni, ma finte, e violentate, non solo il ritiro sarebbe per loro inutile,
ma di pregiudizio, così per essa, che alla alzia in q.[uest]o Conservatorio
permanenti, le q.[ua]li ad ogni minima tentazione, potrebbero vacillare, ed indursi
ad uscirsene, colla lusinga di ritornare alle loro prime scandalose prattiche = VI =
/330Che facendosi ist.[anz]a a questi Ufficiali da qualunque donna, che volesse
convertirsi, ed essere anmmessa in Cons.[ervato]rio, debbano i med.[edesi]mi
trattarla con tutta carità, ed esaminare con matura riflessione il fine dal quale è
mossa, se veram.[en]te sia retto, e provenga da animo veram.[en]te contrito e
risoluto di vivere cristianamente, con fargli sentire le Regole e Costituzioni, che
deve osservare, e trovandola costante nella sua risoluzione di vivere
cattolicam.[ent]e, come s.a, l’ammettano alla probaz.[ion]e per lo spazio di mesi
sei, nel qual tempo si abbia da sperimentare dalla superiora e Maestra, per vedere
se persiste nella morigeratezza dei costumi, con subordinaz.[ion]e alle maggiori,
all’osserv.[anz]a delle Regola e Costituzioni, restandole espressamente proibito per
q.[uest]o tempo di probaz.[ion]e, di trattare, ed andare alla grata, sotto qualunque
pretesto o colore, e terminata q.[uest]a probaz.[ion]e, trovandosi perseverante nella
vita cristiana, ammettersi come le altre = VII =
Che siano tenute le convertite menare una vita esemplare, con esercitarsi nelle
orazioni, mortificaz.[ion]i del corpo con qualche astinenza o diggiuno, e
specialm.[ent]e nel silenzio; e debbano prestare il dovuto rispetto ed ubbedienza,
non solo alla Priora e Gov.[ernato]ri pro tempore ma anche alla Superiora ed altre
Ufficiali = VIII =
E perché qualunque communità non può sussistere senza un qualche ordine, e
sistema fisso nella distribuzione delle ore addette alle opere di pietà, al travaglio, al
desinare, al dormire, per ciò ad evitare ogni confusione, si stabilisce che tutte le
convertite debbano alzarsi al p.[ri]mo segno, che darà la Superiora, e vestite tutte al
detto segno, che darà la med.[esi]ma; portarsi unite nel coro, ivi fare la solita
oraz.[ion]e, e sentirsi la S.[an]ta Messa, indi passare tutte in una stanza commune,
per applicarsi ai lavori manuali, e poscia, al segno di desinare, tutte andar beddono
in refettorio, dove li debbano leggere ad lata voce un libro spirituale durante il
desinare, terminato il q.[ua]le, tutte unite debbono andare in coro a fare il ringrazio,
ed indi al segno del campanello ritornare al lavoro manuale, dove per un ora
almeno, stiano in silenzio a forma di ritiro, e non di conversaz.[ion]e, vietando
/331loro sì in tempo di lavoro, che in ogni alzio, di cantar canzoni profane, e far
discorsi mondani non confacenti al loro stato. In fine desistendo dal lavoro alle ore
ventitrè e mezza, non andaranno a dormire, se p.[ri]ma non avranno fatta
unitam.[ent]e la visita al Santissimo Sacram.[en]to, colla solita oraz.[ion]e, colli
espressa proibizione di dormire accompagnata in qualsiv.[ogli]a modo = IX =
Debbano queste convertite frequentare quanto più spesso sarà possibile li S.ti
Sacramenti della Penitenza e Comunione con tutta li umiltà e modestia, e negli otto
giorni dell’anno, che si daranno i S.ti Esercizi siano tenuti osservare più ritiratezza,
raccoglim.[en]to e silenzio, e non sia tacito alla medesima di andare alla grata, a
riserba della Superiora = X =
Nel caso qualche convertita commettesse mancanza circa li osserv.[anz]a delle
Regole, quanto circa il costume, sarà per la prima volta dalla Superiora ammonita,
e soggettata a penitenza arbitraria, secondo li esigenza de casi, e per la s.[econ]da
330
331
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., inizio di p. 44.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., inizio di p. 45.
135
volta, qualora non riesca alla Priora correggerla, e ridurla al dovere, sia tenuta
avvertirne il Priore e Gov.[ernato]ri, acciò le facciano un’acre riprensione. E per la
terza volta se le dia una discreta penitenza ad arbitrio del Priore e Gov.[ernato]ri,
ed a proporz.[ion]e della mancanza commessa. E se neppur questo terzo castigo
giovasse per richiamarla ai suoi doveri, debba espellarsi dal Cons.[ervato]rio come
incorreggibile, senza speranza di potervi essere più ammessa, non essendo
prudenza che un’infetta guasti le altre /332.
Ai quali ammonizioni e castighi sarà soggetta anche la Priora, in caso di
inavvertenza e poco zelo. Ed affinché tutto si esiegua, e la superiora non possa
regolarsi a capriccio, ma vada tutto in buon ordine, e senza confusione, debba
adempiersi minutam.e quanto in conformità della presenti Regola, si contiene nella
tabella ed orario, che sarà affisso nel coro = XI =
Che sia esperessam.[ent]e proibito di mandare presenti, o lettere ad alcuna persona,
massima non congionta, senza l’espressa licenza della Superiora, e che non
possano le convertite parlare con veruno, benché parente, alla grata senza questa
licenza, e senza l’Ascoltatrice, e non possono discorrere né con uomini, né con
donne a porta aperta = XII =
Che non possa alcuna di questa pentita in alcun tempo uscire dal Cons.[ervato]rio,
ed andar vagando per la città, e dandosi il caso, che uscisse qualcuna di essa, non le
sia lecito di più rientrarvi, come ancora sia espressam.[ent]e proibito di far entrar
verun uomo di qualsisia stato e condizione ed età, a riserba del Medico Chirurgo e
del Confessore, in caso di infermità, ad anziani in caso dei lavori necessarj, previa
licenza degli Ufficiali, e colli accompagno della Priora, o altra deputata, e prima
che entrino, si dia il segno col campanello, affinché tutte si ritirino, e terminato il
loro respuo impiego, debbano subito riuscirne accompagnati dalla Priora, o altra
sostituta: e siccome non è meno pernicioso dar l’ingresso alla donna, così resta
questo anche proibito, acciò non abbino le pentite occasioni di dissiparsi con
discorsi mondani, e così frastornarsi dalla buona intenzione, e riponersi in qualche
idea del mondo, lo che resti a carico della superiora, acciò si esegua con ogni
esattezza, sotto la stessa pena di sopra espressata; e dandosi il caso, che dovessero
entrare in questo Conserv.[ato]rio gli Ufficiali pro tempore per qualche causa di
precisa necessità, non possa avere ingresso non solo, ma due insieme, ed
accompagnati dalla Superiora come sopra = XIII =
[…] Si vieta a ciascuna delle pentite contrarre amicizia particolare e distinta colli
altra, e si prescriva che tutte egualmente si trattino con reciproco amore, come
sorelle in Cristo, acciò sia stabilita tra loro la pace commune = XIV =
Accordandosi dalla Maestà del Sovrano come si spera, potersi fare da q.[ues]sto
Cons.[ervato]rio nuovi acquisti, con quali venga a crescere la rendita, possa questa
applicarsi al mantenimento di altre convertite sopra al prescritto numero di dodici
da riceversi colli istesse condizioni premesse. Quali rendite debbano interam.[ent]e
con tutte le altre amministrarsi dagli stessi Ufficiali colla dovuta attenzione
indipendentemente dai Superiori eccl.[esiasti]ci, cercando sempre mantenerla ed
aumentarla in vantaggio di un’opera tanti pia e necessaria. E nel caso vogliano
entrarvi o altre convertite soprannumerarie, o donne mal maritate, ad esclusione di
quelle contenute e spiegate nel Cap. V, debbano per lo mantenim.to convenirsi con
gli ufficiali pro tempore, e siano soggette all’esatta osservanza di tutta la Regola,
come le altre. E così anche per qualche proietta, la quale però debba convenirsi
come sopra, e tenersi in particolar mira e custodia della Priora, Maestra, ed altre
maggiori, che saranno in qualche carica =
332
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., inizio di p. 46.
136
Io Carlo Rustici Priore = Io Cesare Miccheletti Gov.[ernato]re supplico = Io
Alessandro Quinzi Marchese di Preturo Governatore = Io Pietro Miccheletti
fratello = Io fratello Paolo Vivy = Io fratello Antonio Carli supplico come sopra =
Io Carlo Perella confratello = Io confratello Nicola Leognani Castiata costituisco
come sopra = Io Alessandro Cresj confratello = Io confratello Corrado Leognani
Castriota = Io Francesco Caprini Confratello = Io Alessandro Carli confratello
supplico = Io confratello Antonio Vastarini = Io confratello Giuseppe Caprini 333=
Che la presenti Regole siano state firmate e sott.[oscri]te dal Sig.e D. Carlo Rustici
attuale Priore di essa Confraternita, e dalli Sig.ri D. Cesare Micheletti e
March.[ese]e D. Alessandro Quinzi attuali Ufficiali della med.[esim]a, e da tutti li
sopraddetti Sig.ri come confratelli della stessa, componentino quasi li intiero corpo
della Confraternita, stante li assenza del Sig.re March.[es]e Ippolito Corcinari
R.[egi]o Consigliere residente in Napoli, e che q.[ue]sti siano tali l’attesto io
N.[ota]ro Giacinto Capulli dell’Aquila, / 334 e richiesto l’ho segnato = Locuy Signi
Notavii pred.i =
Questo è il tenore della descritta Regola poicchè avendo questa Curia
attentam.[ent]e esaminata, le ha trovata propria ed adattata al fine per cui sono state
le med.[esi]me formate, contenendo sagge diposizioni, ed ottimo regolam.[en]to
per l’amministraz.[ion]e, e buon governo di tal pia commendevola opera, senza
ledere affatto la polizia del Regno; e perciò precedente il parere del R.[egio]
Consig.[lie]re D. Dom.[eni]co Potenza Avv.[oca]to fiscale del Regal patrimonio, e
mio ordinario consultore, sen di voto, che possa V.[ostra] M.[aestà] degnarsi di
accordare sulla menzionata Regola il R.[egi]o Assenso, con spedirsi il privilegio in
forma Regaly Camere S.[an]ta Clara, colle seg.[uen]ti condizioni =
P.[ri]mo che li istesso Cons.[ervato]rio sia sempre in istato laicale, soggetto al pari
di ogni altro alla Real giurisdizione della M.[aestà] V.[ostra], e suoi Regy
Magistrati per tutta la loro causa ed attinenza, senzacché si intenda mai essere o
comporre il med.[edesim]o una comunità ecclesiastica, o poter pretendere
qualunque esenzione o privilegio, che agli ecclesiastici, loro ordini, istituti e
communità si appartiene = 2° Che il P.[rio]re Direttore, o sia Confessore, altra
ingerenza non abbia, se non alla nuda e semplice direzz.[ion]e spirituale, senza
punto potersi inserire nella temporalità del Medesimo Cons.[ervato]rio = 3° Che
nella reddiz.[ion]e dei conti, debba osservarsi tutto quello vien prescritto nel Cap.
V § 1 et segg. del Concordato = E per ultimo, che non si possa aggiungere o
mancare cosa alcuna dalla preisente Regola, senza il precedente Real permesso.
E questo è quanto occorra riferire a V.[ostra] M.[aestà] = Da casa in Napoli 14
Giugno 1783 =
Di V. [ostra] M.[aestà] Umil.[issim]mo Vassallo e Cappellano = Isidoro
Arciv.[escovo] Di Salerno Capp.[ella]no Maggiore = Dom.[eni]co Potenza =
Giambattista Adona = ‘Super quā guida pregins.ta relatione, fuit per n.ra Regola
camera interpositu inf.tu dac. tu tenoris sag.tis’ = Die Decima Sesta M.[ensis] Iuni
Millennio Septicentesimo Octuagesimo Tertio, Neāpŏlis = Regaly Camera, S.ta
Clara providat, docerint, atque mandat, q.to espediatur privilegium Regii Assensy
[…]».
Il documento si conclude dicendo:
333
334
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 48.
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 49.
137
«[…] V.M. Conceda il suo Real Assenso alla preinstituita capitolazione fatta dal
Priore, Ufficiali, e tratti dalla Santa Congregazione di S. Sito della città
dell’Aquila, detta la SS. Annunziata, circa il buon governo di essa il modo di
eliggere gli Ufficiali, e governo del Cons.[ervato]rio […].
In forma Regoly Cam.[er]a S.[an]ta Clara […] Die Terzia Mensis Ibrÿ 1783,
Aquila e registratu in hoc R.a Sac.ria Aquilani auditorii in privilegioru folio: 107, t.
ad fol. 135.
In fede V. I. D. Vincentiy Catenda Sacresy 335».
ADA, Busta 602, fasc. 2, Capitoli estratti dalla Regola del Conservatorio
della Ss.ma Annunziata di Aquila approvate da S.M. Ferdinando IV il dì
16 Giugno 1783
Di seguito la trascrizione del manoscritto:
«Capitoli preliminari in oggi totalmente abrogati
Capitolo 2°336 = “E siccome per mantenere nel santo timore di Dio le convertite vi
è bisogno di una persona ecclesiastica in qualità di Confessore che le diriga nello
spirituale …337 gli siano obbligati detti ufficiali pro tempore provvederle338 di un
soggetto idoneo di età matura approvato dall’ordinariato, morigerato e zelante …
Acciò accudisca nello spirituale di esse convertite, amovibile però di natura di
eglio Priore e Governatori”.
Capitolo 3° = “Sarà proibito agli amministratori pro tempore ridurre q:o ritiro di
convertite a monastero di clausura … senza che sia mai soggetto ad alcun giudice o
superiore acciò questi non abbia ad esercitare, né possa avere giurisdizione alcuna
sopra dello Conservatorio (A)”339.
Capitoli da richiamarsi nel pieno vigore
Capitolo 11° = “Che sia espressamente proibito di mandare presenti o lettere ad
alcune persone … e che non possano le Convertite parlare con veruno, benché
parente, alla grata senza l’espressa licenza della Superiora, e senza l’Ascoltatrice; e
non possano discorrere né con uomini, né con donne a porta aperta 340 (B)”.
Capitolo 12° = “Che non possa alcuna di dette pentite in alcun tempo uscire dal
Conservatorio, ed andare vagabondo per la città, e dandosi il caso che uscisse
qualcuna di esse non le sia lecito di più rientrarvi: comme ancora sia espressamente
proibito di far entrare verun uomo di qualsiasi stato e condizione, ed età, a riserba
del medico, chirurgo, e confessore in caso di infermità, ed astenersi in caso dei
335
ADA, Busta 602, fasc. 1, op cit., p. 50.
Sottolineato e grassetto nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 2, Capitoli estratti dalla
Regola del Conservatorio della Ss.ma Annunziata di Aquila approvate da S.M. Ferdinando
IV il dì 16 Giugno 1783, p. 1 e passim.
337
Puntini di sospensione presenti nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 1.
338
Sottolineatura nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 1.
339
Idem.
340
Sottolineatura nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, ibidem.
336
138
lavori necessari, previa licenza degli Ufficiali, e coll’accompagno della Priora, o
altra Deputata, previa che entrino si dia il segno del campanello affinché tutte si
ritirino, e terminato il loro rispettivo impiego, debbano subito riuscire
accompagnati dalla Priora, o altra sostituta. E siccome non è meno pernicioso dar
l’ingresso alle donne, così resti questo anche proibito, acciò non abbiano le pentite
accogliere di dispiacersi con discorsi mondani, e così trasformarsi dalla buona
intenzione, e riponersi in qualche idea del mondo, lo che resti a carico della
superiora, acciò si attenda con ogni esattezza … E dandosi il caso che dovendo
entrarein q:o Conservatorio per qualche causa di precisa necessità, non possa avere
ingresso uno solo ma sue insieme, ed accompagnati dalla Superiora come sopra”.
Capitolo estratto dal Regolamento ad uso del detto Conservatorio, confermato
dal Consiglio Generale degli Ospizii il di 28 Aprile 1814 e che dichiara più
espressamente ciò che è detto nel Cap: 11°
Del Parlatorio = Cap: V
1°.
Sarà permesso alli soli parenti parlare ogni otto giorni con le nostre
convittrici, le quali non ardiranno mai portarsi in Parlatorio ancorché
chiamate, senza licenza della Superiora, ed allorché vi saranno, vi si
trattenghino brevemente con tutta la modestia ed edificazione, e sempre
coll’assistenza della Priora, Ascoltatrice, o Maestra, guardandosi di
raccontare i fatti del Conservatorio, o mormorare o mostrarsene mal
contente, anche per via di cenni, o altri segni, e le trasgressore saranno
punite con pane ed acqua.
2°.
Nel tempo dell’orazione, del refettorio, o altri atti comuni non sia lecito ad
alcune andare in parlatorio, quantunque chiamata. Colle persone non
parenti delle Convittrici non le sarà lecito parlare senza licenza del
Sindaco. Il Parlatorio dovrà esser chiuso prima dell’Ave Maria.
I suddetti due articoli sono stati totalmente abrogati, per ciò che riguarda la
parte spirituale dei seguenti Reali Decreti.
R. Decreto dei 29 febbraio 1816.
Volendo stabilire nel regime dei conservatorii, ritiri ed orfanotrofii di donne di
questa nostra Capitale e del Regno quel metodo uniforme e regolare di
amministrazione che corrisponde ai principii della loro istituzione, e che risulta dai
sistemi generali da noi ordinati co’ Decreti del dì 1 e 14 del corrente mese di
febbraio riguardo agli altri stabilimenti di pietà e luoghi pii laicali. Abbiamo
decretato e decretiamo quanto segue:
Art: 11 = Tutto ciò che riguarda la parte spirituale di tutti i divisiti stabilimenti,
rimane sotto la vigilanza e dipendenza de’ rispettivi ordinarii =
Real Rescitto dei 25 Luglio 1851, e 26 Agosto 1853; il cui contesto può vedersi
nelle rispettive copie, che presso di Monsignor Ill.mo. esistono.
(A) Costando in oggi il d:[ett]o Conservatorio non solo di convertite, ma
eziandio di giovani oneste la detta Regola è applicabile, e deve essere
applicata per tutte; non esclude coloro che hanno fatto l’obblazione: anzi
costoro vi dovrebbero essere più astrette, e per l’edificazione che debbono
dare all’altra, e per la promessa più speciale che emisero di osservare la
Regola.
139
(B) Sarebbe vano il pretesto che potrebbe affacciarsi, cioè, che con i Sacerdoti
secolari o regolari vi si possa parlare, oppure mandargli lettere341; mentre la
Regola parla chiaramente, ed esplicitamente; e non lascia luogo a dubbiare.
Si rifletta però che essendo le reclude in d:[ett]o Pio Luogo tutte povere e
bisognose hanno necessità di una certa corrispondenza con persone non
parenti, onde procacciarsi, ricevere e consegnare i lavori; e perciò si lascia
il tutto alla saggezza e prudenza del Superiore, onde voglia emanare quelle
disposizioni che crederà all’oggetto più opportune. E se, si son date delle
sagge disposizioni pei Parlatorii nei Monasteri di clausura, e si spera che si
daranno energiche e prudentissime per quelli dei Conservatorii, nei quali,
lasciati in balia di loro stessi, le occasioni a delinquere sarebbero più
spesse, più forti gl’incentivi, e più deplorevoli le cadute: potendosi in
allora, quod semper absit, a ragione ripete col Profeta Geremia, luscitque
antemurale, et murus pariter dissipatees est. (Cap: II:)».
ADA, Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due Confraternite di S.
Sisto e S. Maria della Misericordia in Aquila, rappresentano
rispettivamente in quanto all’ingerenza, ed al Reggime su i due
Conservatori della Ss.ma Annunziata e della Misericordia in detto
Capoluogo. Copia Allegazione
Di seguito la trascrizione del manoscritto:
«A tutela dei diritti che le due Confraternite di S. Sisto e S. Maria della
Misericordia in Aquila, rappresentano rispettivamente in quanto all’ingerenza, ed
al Reggime su i due Conservatori della Ss.ma Annunziata, e della Misericordia in
detto Capoluogo = Napoli, Tipografia di Giuseppe Barone – Vico Purgatorio ad
Arco – N. 34 – 1860.
Nell’attuale vertenza tra l’Ill.mo e Rev.mo Monsignor Vescovo di Aquila, e le due
Confraternite sotto il titolo di S. Sisto, e di Santa Maria della Misericordia,
relativamente al raggiungimento, ed all’ingerenza cui ‘de jure’ sui due
Conservatorii (di donna) della Ss.ma Annunziata, e della Misericordia, esistenti
nell’anzidetto Capoluogo, sia pregio dell’opera di riassumere colla possibile brevità
quanto al proposito, con gli analoghi considerandi di fatto e di diritto.
Sulle prime il lodato Ill.mo Diocesano in virtù dei sovrani rescritti dei 25 luglio
1851, e 31 agosto 1853, imprendeva a reclamare la disciplina interna dei due
cennati Conservatori, nonché la vigilanza sull’entrata, e uscita delle giovani. Sulle
osservazioni in contrario delle due anzidette Confraternite, cioè a dire, che le
disposizioni invocate dall’Ordinario non erano applicabili per gli annunciati
stabilimenti, per ragione del patronato342, che dette Congreghe rispettivamente vi
rappresentano, nei luoghi dei Reali Rescritti dichiarativi degli 8 marzo, e 15
dicembre 1852, la consulta incaricata a dare all’obietto il suo avviso, pendeva
341
Sottolineatura nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, ibidem.
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due
Confraternite di S. Sisto e S. Maria della Misericordia in Aquila, rappresentano
rispettivamente in quanto all’ingerenza, ed al Reggime su i due Conservatori della Ss.ma
Annunziata e della Misericordia in detto Capoluogo. Copia Allegazione, p.1.
342
140
nell’opinamento di non essere ammessibili ad rem343 le domande ut die344
dell’illustre Prelato. In seguito di che facevasi quest’ultimo ad impegnare
gagliardamente il patronato in parola, sopra tutto rispetto alla confraternita di S.
Sisto qualificando ad un tempo per surrettizio ed orrettizio affatto il sovrano
dispaccio all’uopo del 1783 (I)345, col quale esso sodalizio venne rifermato
nell’ingerenza, e nel governo privativamente 346 del sopraddetto Conservatorio
dell’Annunziata, senza avervi che fare l’autorità ecclesiastica 347.
Rimessa di nuovo la specie alla disamina della detta data consulta, questa non
vedendogli abilitata da espresso sovrano comando ad esaminare nel fondo, se
avesse a ridurgli ad jus, et justitiam348 il citato Reale Dispaccio, con saggio e
prudenziale temperamento portava avviso:
“Che fermo rimanendo il diritto di patronato, e l’amministrazione de’ predetti
luoghi pii presso le due suindicate Congreghe, non potessero ricevergli donne nei
prefasti Conservatori senza il permesso del Vescovo; nonché rimanesse vietato il
libero ingresso a persone estranee da quelle componenti il governo, senza il
permesso dei Governatori, e del Vescovo medesimo; e che restasse affidato
esclusivamente all’ordinario quanto concerneva lo spirituale, cioè destinazione del
Confessore, e del Cappellano, previa la proposta delle ripetute Confraternite”.
Il quale parere venne approvato da sua Maestà con Reale Rescritto dei due aprile
del caduto anno. Non essendovisi il Vescovo acquietato, si presenta la stessa
specie ad essere riesaminata per ordine sovrano dalla Consulta Generale sulla base
dei documenti sine inde prodotti, rivangandosi dai suoi primordii, e con separate
deduzioni per l’uno e per l’altro Conservatorio.
A cominciare da quello dell’Annunziata, secondo quel che riferisca il prelato Ill.mo
Ordinario diocesano in quanto alla fondazione (di esso luogo pio), nel 1615 il
Vescovo allora Monsignor de Rueda, col provento di pie largizioni e lemosine
faceva sorgere, ed inaugurarva lo enunciato stabilimento, per accogliere le donne
pentite o mal maritate, come da diploma del medesimo sotto la data degli 11 luglio,
predetto anno (I)349; del quale documento il prelodato odierno sacro Pastore ha fatto
risaltare le seguenti parole:
“Authoritate ordinaria erigimus, et deputamus in hac nostra civitate aquilana
congregationem et conservatorium mulierum convertitorum in domibus ad hunc
effectum ex piovum hominum eleemosynis emptis … et pro ipsius manutentione,
et gubernatione eligimus, et pro prima vice constituimus providos viros, qui
dominos predictas reparent … convertitas mulieres ibi introducendas alant, aisque
provideant, et nobis pareant, e t obediant, et rationem reddant ad prescriptum
constitutionum desuper per nos comanandarum”.
343
Corsivo e sottolineatura nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, ibidem.
Idem.
345
Nel manoscritto è, a questo punto, fatta corrispondere la seguente nota, ovvero:«
Documenti n. 1°, pagina 29». Trattandosi di un atto notarile sembra ovvia questa
annotazione. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 2.
346
Sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 2, ibidem.
347
Idem.
348
Corsivo e sottolineatura nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 2.
349
Nel manoscritto qui è inserita la seguente nota: «Documenti num. 2 f. 33». Cfr. ADA,
Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 3.
344
141
Quasi che, secondo tale giacitura di espressioni, il pio luogo in ogni cosa dovesse
sottostare all’autorità dell’Ordinario, come luogo pio ecclesiastico. Né qui
soffermatosi il sullodato Monsignor Vescovo, ha creduto di scorgere dritto di alto
patronato potentissimo sul ridetto Conservatorio a favore appunto dell’Ordinario
pro tempore, sia nelle trascritte parole del suaccennato Diploma, sia nella dicitura
degli statuti per l’anzidetto locale foggiati a’ 20 luglio predetto anno 1615(I) 350,
precisamente dagli articoli 4 e 9, e che da qui a poco riporteremo.
Ma l’indicato Monsignor de Rueda, per abbondanza di cuore, e per il troppo
desiderio (lodevole e celebrando) di vedere surto senza intermissione di tempo351 il
Conservatorio in parola, quasi che il prodotto delle limosine sarebbe bastato
appieno all’impresa, dava per fatto nel Diploma su riferito, che le cose da essere
ridotte a forma di locale all’obietto, fossero già state comprovate mercé il prodotto
delle largizioni di pie persone, e che tali largizioni, a credere di lui, fossero da
tanto, da fornire pure il mantenimento alle donne ivi introduceva: la cosa però non
andò con questa felicità di successo. Dall’atto pubblico per Notaio Pandolfi, de’ 20
luglio di quello stesso anno 1615 (I) 352, nel quale sollenne rogito 353 intervenne fra
gli altri lo stesso Vescovo de Rueda, apertamente rilevasi, che per l’acquisto del
casamento trasformando in Conservatorio, il denaro era stato da proprio anticipato,
e sborsato da due illustri cittadini, da doverne essere rivalutati mediante le limosine
da raccogliersi:e dove queste non fossero state sufficienti da sopperire alla spesa
del casamento, e del mantenimento delle donne convertite, dovesse per metà fare
fronte da proprio a detta spesa la Confraternita di S. Sisto, con altre particolarità,
come qui appresso. Dippiù detto sodalizio, come emerge dal rogito suaccennato,
concedeva al medesimo Conservatorio l’uso della Chiesa della Ss. Annunziata,
chiesa propria di essa Congrega, non che due stanze per farvisi il Coro; col
mantenimento pure (a carico della Confraternita) in perpetuo del Cappellano per la
celebrazione della Santa Messa, e ministrazione de’Sacramenti; a patto, e
condizione (notisi) che il reggime del ripetuto Conservatorio (nel modo ut infra) si
dovesse portare dal medesimo Sodalizio: la quale dicitura mena al certo a fare
scambiare di molto e moltissimo la posizione qui avanti premessa dall’Ordinario.
E qui è a notare che i deputati scelti dal Vescovo de Rueda, prima vice per la pia
opera, furono piuttosto gl’intraprenditori, diciamo così, ad rem, ed insieme gli
spenditori delle limosine, che si raccoglievano, col peso del rendiconto a lui
medesimo (a Mons. De Rueda). E quando invece sarebbero subentrati procuratori,
ed amministratori effettivi e non precari, dal pio luogo, questi dovevano sortire dal
grembo della ridetta Confraternita, e da questa medesima PRIVATIVE eligendi,
come è determinatamente espresso nel succennato pubblico istrumento; e senza che
vi si legga la clausola (come meglio sarà chiarito qui appresso) della reddizione de’
conti all’Ordinario.
Giova pure far rilevare, che laddove nel diploma vescovile nel farsi cenno degli
statuti per lo governo del Conservatorio, vi si aggiunge, che sarebbero stati emanati
esclusivamente per Nos, o sia dal Vescovo; per l’opposto siffatte ordinanze furono
formulate non già dal solo Vescovo, bensì fatte e distese nel palazzo civico, agenti
ed intervenienti oltre il Prelato, il Regio Governatore non che i rappresentanti la
350
Nel manoscritto qui è inserita la seguente nota: «Documenti num. 3 f. 34». ADA, Busta
602, fasc. 2, op cit., p. 4.
351
Sottolineato nel testo. Cfr ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 4.
352
Nel manoscritto qui è inserita la seguente nota: «Documenti num. 4 f. 36». ADA, Busta
602, fasc. 2, op cit., p. 4.
353
Atto pubblico – per es. di compravendita – ricevuto da un notaio [dal lat. Mediev.
Rogitum, der. di rogare].
142
Confraternita. E secondo la chiara giacitura dell’articolo 4 di tali statuti, il
Conservatorio veniva a riguardarsi per luogo pio misto, come quello, che sarebbe
stato governato, ed amministrato dai ecclesiastici, o da laici, (giusta la natura dei
luoghi pii misti, Gagliardo Inst. Canonic. T. 3, Lib. 3, Tit. 8 n. 34), vale a dire dal
Vescovo, e da quattro procuratori (eligendi, come sopra, dalla Congrega), a
MAGGIORANZA DI VOTI354 in ogni cosa toccante il pio luogo. Con che cadeva pure
ogni pretesa, della reddizione dei conti all’Oridinario: sia perché tanto nell’atto
pubblico, come sopra, quanto nelle predette ordinanze, nel farsi parola del
rendiconto, non è affatto nominato il Vescovo: sia anche, in virtù delle norme della
polizia ecclesiastica state sempre vigenti nel Regno, per lo che i luoghi pii misti
sono stati dell’intutto assimilati ai luoghi pii laicali, come qui sotto vedremo.
Riferisce pure lo stesso attuale Prelato, che insorte successivamente delle
controversie tra Ordinari pro tempore, e la Confraternita circa la corrispettiva
ingerenza sul ridetto Conservatorio, con diversi atti sovrani del 1695, 1715, 1733,
fosse stato determinato, di non potersi pregiudicare il diritto, che vi tiene il
Vescovo, e come Vescovo, e come primo governatore; ma di ciò qui appresso.
Comunque fosse andato il procedimento della cosa, non si può mettere in dubbio,
che dalla metà in circa del secolo passato, la Confraternita aveva a se
privativamente il governo, e l’onnimoda ingerenza, sull’indicato Stabilimento,
senza avervi più che fare l’Ordinario; ad illustre prova ne somministra monumento
irrepugnabile de’ 9 luglio 1780 (I)355, non che altri posteriori 356. Fino a che col su
indicato reale dispaccio del 1783 la soprascritta Congrega (come qui avanti
accenna vasi) fu ritenuta e rifermata nel giuj privativo del reggime e
dell’amministrazione del sopraddetto Conservatorio, senza mai andar soggetto ad
alcun giudice o superiore ecclesiastico. Sul quale andamento si è proceduto in
continuazione, scienti, ed acquiescenti gli Ordinarii pro tempore nel lunghissimo
corso di tanti anni.
Le quali cose promesse, s’imprendono a sviluppare le seguenti proposizioni.
I
Il patronato preteso da Monsignor Vescovo sul Conservatorio dell’Annunziata è
dell’intutto insussistente. Essendo piaciuto all’attuale distinto Prelato di poggiare il
cardine delle sue dimostrazioni ad rem sul Diploma, qui sopra riportato, di
Monsignor de Rueda, noi, salve le osservazioni qui sopra, non disgrediamo tale
Diploma, il quale anzi ci fornirà elemento decisivo per lo sviluppo della qui
premessa enunciazione.
È ivi detto espressamente che il locale, e l’edificio del Conservatorio andava a
sorgere colle lemosine di pii, e divoti particolari:
«Erigimus et deputamus Congregationem, et Conservatorium mulierum
convertitarum in domibus ad hune effectum ex piorum hominum elemosinis
emptis».
Ora secondo le norme inconcusse dei sacri canoni riformate dal Concilio di Trento,
Fasc. 14, Cap. 12 de Reform., non altrimenti si acquista il patronato su chiesa, e su
qualsivoglia luogo pio, che col farsene la fondazione aeva proprio. Da qui la
regola: «Ius patronatus acquiri non potest nisi ex fundatione, constructione atc.
354
Maiuscoletto nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 5.
Nel manoscritto qui è inserita la seguente nota: «Documenti num. 5 f. 39.». ADA, Busta
602, fasc. 2, op cit., p. 6.
356
Nel manoscritto qui è inserita la seguente nota: « Documenti num. 6 f. 40». ADA, Busta
602, fasc. 2, ibidem.
355
143
ecclesie, benficii etc. ex propris bonis fundatoris»: presso De Fargna, de
jurepatronat. Post. 5, Com. 2, in Comment.».
Per l’opposto, per la stessa costante disciplina della Chiesa, non si può affatto
pretendere alcun patronato su qualunque pia fondazione surta col prodotto delle
lemosine, e largizioni dei fedeli, Cardinale De Luca Disc. 32, num. 5 de Paroch.
Cardinal Petra, Comment. Ad Const. 1, Anastasii IV, Fas. 2, num. 33 Pitonio, de
Controv. Patron. Allegat. 54 num. 23. Giacché i pii oblatori, lungi dal prosumere
acquisto di patronato, hanno invece avuto in mira, elemosynas elargendo, di
esercitare un atto di religione e di pietà, e nulla più. Molto meno possono
pretendere gius patronato i raccoglitori, e spenditori di tali limosine, non potendo
certamente convertire a loro profitto le largizioni altrui, e fatte tassativamente per
obietto di divozione, et pro amore Dei: epperò ogni pia fondazione nata ex
oblationibus fidelium si ritiene assolutamente sui juris, e non mai patronato.
“Iura (scrive il famigerato Panimolle) non indulgent ius patronatus fidelibus
prestanti bus eleemosynas, et oblationas, sed tantum fundi collatori, donanti, et
costruenti: at ratio est (continua egli), quia fideles prestando eleemosynos, et
oblationes, non intendunt acquisere ius patronatus: neque acquiri potest, cum ad
hunc effectum debeat quis sufficientes construere ecclesiam etc. Nam si unus
(conchiude lo stesso) nune parum tribuat, nunc alter, dicuntur benefactores”.
For. Eccl. Deis g. num. 12 et segg.
E come si esprime Monsignor Gagliardo: «Si quis ecclesiam […] omissis».
Epperò ostano alle pretese dell’Ill.mo Vescovo (stando alle di Lui proprie
deduzioni) le iniziative medesime, o sia il modo, come nacque il ripetuto
stabilimento (I)357.
Sarebbe poi un andare oltre con indizi a proprio piacimento nel voler desumere
nella specie alto patronato, come egli (il Vescovo) lo chiama, dagli articoli 4 e 9
qui avanti citati (2)358: in quanto che da tali articoli per nessuna congettura
canonica si arguisce ombra del supposto diritto. Che anzi in quanto all’intelligenza
applicazione, ed estensione dell’art. 9: «Se nasce qualche controversia, si rimette in
tutto al parere di Monsignor Vescovo, perché faccia quello che più convenga al
servizio di Dio», fino a che il Conservatorio avrebbe avuto forma di luogo pio
misto (come meglio qui appresso), si doveva stare in quei medesimi atti sovrani del
1795, 1715, 1733, invocati da esso Ordinario diocesano, in virtù dei quali il
Vescovo pro tempore non è affatto qualificato per patrono, ma invece come primo
Governatore (I)359, oltre la sua qualità di sacro pastore quod spiritualia.
357
Nel manoscritto è qui inserita la seguente nota: «E da nessun documento apparisce né
anche per congettura, che il sullodato Monsignor de Rueda, o i Prelati successori avessero
de proprio assegnati beni al Conservatorio, o erogata somma per presumerne patronato
quasi che a titolo di dotazione, o altrimenti». ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 8.
358
Nel manoscritto è qui inserita la seguente nota: «E che qui riportiamo in nota per
comodo del lettore. Art. 4:“Quelle che saranno maritate, et honorate … si riceveranno con
intervento di Monsignor, e delli quattro Procuratori, che sono, et pro tempore saranno,
essendo tutti cinque di un parere, e discrepando, si attenda alli più voto segreti, e così in
questo come in ogni altra cosa toccante al dicto loco. Et se in questi Capitoli nascesse
qualche controversia, si rimetta in tutto al parere di Monsignor Rev., perché faccia quello
che più convenga al servizio di nostro Signor Iddio …”». ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit.,
pp. 8-9.
359
Nel manoscritto è qui inserita la seguente nota: «Cioè come primo governatore
onorario, secondo ch’è evidentissimo dal riferito Art. 4 dei menzionati Statuti, per lo che
ogni cosa toccante il Conservatorio era da decidersi dal Vescovo, e dai quattro
Procuratori a maggioranza di voti». ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 9.
144
II
Il Conservatorio, di che si tratta, è da ritenersi a buon diritto di qualità laicale dal
suo stesso nascimento; e tutt’al più come luogo pio misto (salvo le mutazioni in
appresso): conseguenza che ne risulta.
Secondo le massime magistrali del sullodato Cardinale de Luca, non basta che un
luogo pio sia stato eretto ut sic dall’autorità ecclesiastica, per dirsi realmente, e
sostanzialmente ecclesiastico; che anzi, continua egli, trattandosi di riunione di
donne secolari senza professione di voti, l’atto di erezione per autorità ordinaria, o
della sede apostolica, potrebbe qualificarsi non più che una mera approvazione,
senza menare ad ecclesiasticità.
«Talis erectio (così De Luca) in ea forma esse debat, ut redoleat ita factum esse, ut
locum ecclesiasticum constituat, secus autem, ubi importaret simplicem
approbationem apostolicam, vel ordinariam ipsius loci pii, vel Instituti … ut in
Mediolanem sub tit. de Regular. Occasione domo rum in quibus viri, vel mulieres
quandam religiosam, ac collegialem vitam ducant». De alienation. Disc. 1. Num.
13.
D’altronde la tessera, può dirsi, in capo secondo la comune de’ dottori, per dirsi un
loco pio di natura ecclesiastica, si è, che il Ministro, o Amministratore sia stabilito
dal Vescovo: Barbosa de off. Ep. All. 75, num. 5, Amostezo de caus piis, tom. 1.,
lib. 4, capo XI, num. 12.
Laddove per lo Conservatorio dell’Annunziata, non appena avrebbe preso
carattere, e forma di Stabilimento, gli amministratori, come delle cose dette di
sopra, sarebbero stati destinati per tutto il futuro tempo dalla confraternita, scelti
dal proprio seno: e senza diperdere nella reddizione conti dall’Ordinario.
Dippiù nessuno disconosca che trattandosi di luogo pio onoratamente ecclesiastico,
all’autorità ecclesiastica privativa appartenga foggiare Statuti, e regole per lo
prosperoso andamento del medesimo. Per l’opposto le regole per lo Conservatorio
furono fatte (come più innanzi si è detto) nel palazzo civico, di accordo dal
Vescovo, dal Governatore Regio, e dai Procuratori o Amministratori. […] Ma poi,
ove per cento modo di vedere non si volesse riguardare come luogo pio laicale al
suo cominciamento, dovrebbe indebitamente ritenersi come luogo pio misto, in
vista del citato Art. 4 degli Statuti su mentovati, in dove si dispone (giova ripeterlo)
che il governo del ripetuto Conservatorio dovéa dipendere dal Vescovo, e dai
Procuratori a maggioranza di voti.
Ora i luoghi pii misti per norma di jus pubblico ecclesiastico, ed internazionale,
seguono precisamente l’indole e natura dei luoghi pii laicali: “Loca pia mista (così
Monsignor Gagliardo), qua laici una cum ecclesiasticis administrant, loci mera
laicalis conditionem sequuntur in omnibus”. Istitut. Canonic. Lib. 3, Tit. 8, n. 34.
Ecco trascritto all’uopo reale dispaccio dei 22 dicembre 1742, del seguente tenore:
“Costando già, che si tratta di luogo pio misto nel suo governo … deve soggiacere
al generale Stabilimento del concordato per la data dei conti, e de’generali ordini si
S.M.; essendo solamente accennati dal detto Concordato li luoghi pii amministrati
e governati dalli soli ecclesiastici”. D. Gaetano M. Brancone – presso Gatta, Reali
dispacci, part. 1, tom. 4, tit. 36, num. 3.
145
Insomma, come conchiude lo stesso Monsignor Gagliardo, l’Ordinario nei luoghi
pii misti vi rappresenta né più, né meno, che sui luoghi pii laicali, cioè quoad
spiritualia tantum, (I)360:
«Nova lex concordatorum iam definivit, episcopos in locis piis laicalibus FORE
SPIRITUALIA TANTUM COGNITUROS, idem ius esse IN MIXTIS LOCIS PIIS
361
OBSERVANDUM , que scilicet ab laicis una cum ecclesiasticis administrantus, rex
rescripsit die 12 maii 1742, previatribunalis mixti consultazione».
Cit. Lib. 3 Instit. Canonic. Tit. 7, num. 34 in nota dict. Num. Subiect.
Vuol dire che quando anche il Conservatorio in parola fosse rimasto sotto la
categoria di luogo pio misto, in sostanza d’indole laicale, in tale ipotesi dovrebbe
soggiacere in quanto al reggime, ed all’amministrazione alle norme comuni, e
vigenti per tutti gli altri luoghi pii laicali, salvi nella totalità i diritti della Congrega
su tale Conservatorio per ragione di patronato, ed altrimenti, come dalle cose
deducende (I)362.
«[…] La dicta Confraternita come vera signora et patrona de dicta Ecclesia
dell’Annuntiata … se contenta, che le dicte convertite si possan servire di detta
Eccllesia per li sacramenti da ministrarseli … et che le stanzie sopra la sacrestia di
detta confraternita, et dove sono le campane, nel quale si debba fare un muro, e la
mia … e che dalla parte superiore di dette stanzie sia lecito al detto monastero di
convertite, far la tribuna, e sola, che risponda a detta ecclesia per udir Messa … e
che detto Monastero si possa servire dello Cappellano, che tiene, e che paga dietta
Confraternita, quale Cappellano dietta Confraternita habbia sempre autorità di
ponerlo, e levarlo, secondo sempre have fatto … cum pacto, et conditione (notisi)
che IL GOVERNO363 di dicte convertite, et Monasterio si abbia da fare da quattro
procuratori, de’ quali due ogni anno in perpetuum se ne debbiano eleggere da essa
Confraternita … ma poiché vi sarà intrata ferma (per lo Conservatorio) resti a peso
di essa Confraternita tantum l’elezione di detti procuratori (cioè di tutti quattro) et
mantenimento di convertite».
Adunque tale gius, o sia il governo, e la ingerenza di detto corpo morale sul
medesimo Conservatorio può ben dirsi provenutogli quasiche a titolo oneroso, da
dovergli essere in ogni tempo mantenuto, e conservato, non altrimenti che si
trattasse di gius patronale: eccoassodato con la più sfolgorante evidenza il diritto in
proposito della Congrega su indicata, da non esservi bisogno di altra prova e
dimostrazione.
360
Nel manoscritto è qui inserita la seguente nota: «Da qui come scrive colla solita tempra
di saggezza il Cardinale De Luca, autorità ecclesiastica versando nelle proprie attribuzioni
tragga dono dalla provvidenza in così fatti luoghi pii laicali, o misti, che valgano lo stesso,
in ordine alla prosperità della morale […], ma non già soggiunga lo stesso, che possa
mettervi la clausura, e prescrivere quel che precisamente convenghi ai Monasteri con
professione di voti solenni ec. giacchè trattandosi di persone meramente secolari, per le
quali sarebbero incompatibili le disposizioni concernenti le monache professe […]». Cfr.
ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 10. La frase “quoad spiritualia tantum” è sottolineata
nel testo. Cfr. ADA, Busta 602, ibidem.
361
Maiuscolo nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 10.
362
Nel manoscritto è qui inserita la seguente nota: «E senza soffermarsi affatto a carte
distaccate di alcun Vescovo pro tempore, ad oggetto di spiegare giurisdizione (salvo lo
spirituale) nel Conservatorio, sia perché rimaste disposizioni puramente in carta, sia
perché in controsenso dalla disciplina ecclesiastica nel Regno». Cfr. ADA, Busta 602,
fasc. 2, op cit., p. 11.
363
Maiuscolo nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 11.
146
Oltre a ciò si va mica nel campo dell’immaginazione, nel ritener a favore
dell’anzidetta Congrega l’esistenza del Patronato effettivo sul ripetuto
Conservatorio, su quanto la medesima umiliò al Real Governo nel 1783; cioè a
dire: «Che da detta fratellanza si fondò il Conservatorio delle donne pentite sin
dall’anno 1615, comprando per esse una casa contigua alla Chiesa, Sagrestia, Casa,
e Mobili … obbligandosi di alimentare dodici convertite, e di somministrare loro
ogni anno tutti gli avanzi della detta Confraternita … da quel tempo provvedendo
dette donne di tutto il bisognevole … tanto che ultimamente rifece dai fondamenti
la Chiesa cadente; ed attualmente sta rifacendo tutto il Conservatorio».
Ed invero nel sopraddetto atto pubblico per Notaio Pandolfi trovasi registrato
(come di sopra annunziavosi) quanto siegue: «Et perché la casa dove si erige dicto
Monastero si trova essere comprata dal Barone Alessandro Pica, et Fabritio
Colantonio ad requisitionem di Monsignor Reverendissimo … che dall’elemosine
si debbiano mantenere dette convertite, et di quello avanzerà pagarne il prezzo
della casa (dove si erige detto Monastero) comprata per essi Alessandro, et
Fabritio, et non trovandosi sufficienti elemosine per mantenimento, et prezzo della
casa, la metà se ne debba fare da essa Confraternita, siccome i predicti confrati
promettono, e l’altra metà da essi Alessandro, e Fabritio, sintantochè l’elemosine
per satisfare il debit, et rimborsarsi dal speso, et non sussistendo dicro Monasterio,
il che Dio cesse, pagata che sarà la casa predicta, et rimborsatesi del speso dei loro
proprii denari per essa casa, resti libera la casa predicta alla dicta Confraternita di
S. Sisto ecc.».
Da nessun documento apparisce, che il debito per la compra fatta dell’anzidetta
casa fosse stato estinto colle limosine. E se non è conveniente dare una mentita
gratij ad una Corporazione stata sempre composta di rispettabili, ed illustri
cittadini, è uopo ritenere, che il prezzo del ridetto casamento fosse stato
effettivamente disborsato dalla medesima Confraternita, tramandatosene la
tradizione ai successori, sull’appoggio della quale rassegnò esso Sodalizio al
Sovrano nel 1783, la storia, e la fondazione di tale stabilimento.
E quando anche detta Congrega avesse solamente estinto il debito gravitante, come
sopra, sul ripetuto edificio da convertirsi a Conservatorio, sarebbe bastato da se
solo questo titolo per l’acquisto del patronato su tale pio luogo.
Giacchè nel linguaggio dei Dottori il gius Patronato si ottiene per tre modi, colla
dazione dal fondo, colla costruzione, e colla dotazione, e non già comulativa, sed
disjunctive tantum, ita ut vel sola fundatio, vel sola construtio, vel sola dotatio
sufficiat: Pichler Ius Canonic. ad Jit. de Iurepatron. num 12.
E come scrive Panimolla in caso ad un dipresso consimile:
«Ius patronatus creatur non minus ex fundi collaziona, quam ex constructione, et
dotatione; adeo ut unum ex praedictis facies, acquirat ius patronatus, cuius titulus
exuberat, si sit vel ex fundatione, vel ex constructione, vel dotatione, non solum de
jure communi, sed etiam ex disposizione Sacr. Conc. Iridentini».
Cit. for. Eccl. Dacis. 9. n. 6364.
364
Nel manoscritto è qui riportata la seguente nota: «Non potrà riuscire al Vescovo di far
costare di falso, qualche nella suaccennata memoria al R. Jrono soggiunse la
Confraternita, cioè, che crollati Chiesa e Conservatorio nel 1703 per effetto del tremoto,
essa Congrega de proprio aveva rifatto dalli fondamenti (detta) Chiesa cadente, e tutto il
Conservatorio. Giacchè quando anche, oltre la somma erogata all’uopo del Sodalizio,
fosse concorso in sussidio detto Conservatorio colle sue rendite, ciò non varrebbe ad
alterare la sostanza del fatto. Ed ancorchè in ipotesi la Confraternita non avesse
contribuito alla spesa della riedificazione, di che si tratta, il suo diritto di patronato
sull’uno, e sull’altro locale (sulla Chiesa e sul Conservatorio), sarebbe rimasto
147
Insomma a prescindere che il governo del Conservatorio dell’Annunziata si
appartiene alla Confraternita in parola per titolo luminosissimo, sull’appoggio del
pubblico istrumento, come qui avanti, non può al certo detto Sodalizio cadere dal
patronato sul ripetuto luogo pio, nel cui possesso trovasi ad immemorabili: 1°
Perché nessun documento preciso, pienamente dimostrativo, e concludente è stato
prodotto per far valere il contrario; 2° Perché secondo la massima irrepugnabile
giurisprudenza, il possesso centenario, e più, in che trovasi essa Congrega
nell’esercizio del ridetto patronato, costituisce (a prescindere dalle cose testè
dedotte) titolo incontrastabile, e senza bisogno di altra giustificazione.
«Centenaria possessio, scrive il famigerato Cardinale De Luca, omnem maculam,
et suspicionem purgat, atque ius tribuit allegandi titulus de mundo meliorem,
absque necessitate illum iustificandi». De alienat discur. 2, n. 8.
E come conchiude nel Disc. 171 de Regal:
«Ubi adesset centenaria, etiam in petitorio cessat necessitas justificationis tituli, ex
recepta rimiunque frequenter in omni fere materia insinuata conclusione».
ADA, Busta 602, fasc. 9, Poche Osservazioni per l’Ordinario Diocesano
dell’Aquila nella vertenza con la Congrega laicale sotto il titolo di S. Sisto
Si tratta di un breve dattiloscritto composto da 5 pp., firmato da Francesco
Derelli, collegabili alla tematica del fasc. 2 (stessa Busta) dal titolo: “A
tutela dei diritti che le due Confraternite di S. Sisto e S. Maria della
Misericordia in Aquila, rappresentano rispettivamente in quanto
all’ingerenza, ed al Reggime su i due Conservatori della Ss.ma Annunziata
e della Misericordia in detto Capoluogo. Copia Allegazione”.
Si riporta integralmente a seguire:
«Impegnata disputa tra l’Ordinario Diocesano di Aquila e la Congrega laicale sotto
il titolo di S. Sisto nella detta città, cha aspira al conseguimento di un preteso
patronato sul Conservatorio della Ss. Annunziata, mentre per opposto l’Ordinario
sostiene la sua plenaria giurisdizione sul medesimo, comechè la pia istituzione
fosse meramente ecclesiastica, cotesta disputa per comando Sovrano fu invitata
allo esame e parere della Consulta.
Mentre però non pareva esser dubbio l’indole della quistione importasse
scolpitamente, che per effetto della missione sovrana, la Commissione mista
stabilita da Re Ferdinando II d’immortale ricordanza, che fa parte della consulta,
avesse dovuto portar esame e dar parere su le vicendevoli deduzioni del Diocesano
e della /365 Congrega, è intervenuto che l’affare fosse stato disaminato dalla
Consulta a simiglianza di tutti gli altri Sovranamente invitati al suo esame, anzi che
dalla Commissione mista, che doveva diffinire l’indole e la natura della pia
istituzione.
permanentemente in vita, per ragione dei cementi, pietre, ecc. (dei due crollati edificii)
rimpiegati, ed adoprati nella predetta ricostruzione, secondo che è cordatissima dottrina
[…] ». Le parole sottolineate in questa nota risultano essere sottolineate nel testo. Cfr.
ADA, Busta 602, fasc. 2, op cit., p. 15.
365
Inizio della p. 2 del documento. ADA, Busta 602, fasc. 9, Poche Osservazioni per
l’ordinario diocesano dell’Aquila nella vertenza con la Congrega laicale sotto il titolo di S.
Sisto.
148
E poiché la Consulta ha portato avviso di rispettarsi e mantenersi lo stato
possessivo, il Vescovo di Aquila non può rimanersi dal rassegnare rispettosamente,
pria che il cennato avviso venga umiliato alla sapienza Sovrana, che per esso
gravissimo pregiudizio è inferito alla sua ordinaria giurisdizione, da questo appunto
che pare essersi sperduto di vista l’indole del contendere, e la Consulta avesse
versato in un esame che secondo le leggi in vigore relative alla materia doveva
esser fatto esclusivamente ed apparteneva alla Commissiione mista della Consulta
medesima.
Ed invero non è punto quistione pura e semplice di attribuzioni che su quel Pio
Stabilimento potessero per avventura tenere ed esercitare rispettivamente l’autorità
ecclesiatica ed il Corpo morale laico. Nel trattarsi di violazione o di alterazione di
attribuzioni indisputate che la Congrega avesse legittimamente esercitate sul
Conservatorio, per maniera che avesse dovuto attendersi allo stato possessivo de’
contendenti.
366
/ Le attribuzioni reclamate dal Vescovo sono indipendenti, né trovano riscontro
nello stato passivo, ovveramente possono ragguagliarsi a quelle che le leggi e la
Polizia ecclesiastica concedono e conferiscono agli Ordinari diocesani su la
religione ed il costume de’ Conservatori e de’ Ritiri di natura laicale, e dipendenti
dall’amministrazione laica nelle rispettive Diocesi. Per contrario il Vescovo
dell’Aquila viene reclamando la sua plenaria giurisdizione ordinaria, con sottrarsi
di Conservatorio dell’Annunziata da ogni ingerenza de’laici sia della Congrega di
S. Sito, sia del Consiglio degli Ospizi.
Il quale reclamo del’Ordinario tiene a fondamento meramente ecclesiastica del
Conservatorio, soggetto perciò alla sua sola giurisdizione ordinaria, senza
smembramento di attribuzioni a favore di laici, e specialmente della Congrega di S.
Sito.
Il Vescovo vien arrecando i titoli conformatori del suo assunto, testificanti la
qualità ecclesiastica del Pio Luogo. E primo la Bolla data dal Vescovo Aquilano
nel 10 luglio 1610 “Pro majori cultu divino” con che fu eretto “Auctoritate sua
ordinaria” il Conservatorio sotto il titolo delle Pentite della Santissima Annunziata,
rimasto sempre da quel tempo sottoposto alla dipendenza dell’Ordinario. Seguono
poi gli atti di Santa Visita, l’osservanza inviolata della qualità ecclesiastica, le
dispute con la Congrega a quando a quando eccitate, decise a favore de’ Vescovi
Aquilani dal Collaterale Consiglio de’ Vicerè, e dal Delegato della Reale
giurisdizione; ed in fine altre pruve, altri titoli, altre canoniche dottrine, con che
l’Ordinario Diocesano adopera a rischiarare ed a sostenere la qualità ecclesiastica
del Conservatorio.
La Congrega di S. Sito /367 a sua volta non si rimane di arrecare mezzo, e di trovare
sua ragione, impugnando la qualità ecclesiastica del Conservatorio, ed affermando
invece la istituzione laicale, nelle Regole della Confraternita compilate e roborate
di Regio Assenso nel 1783, dalle quali apparisse la Congrega aver fondato e dotato
il Conservatorio fin dal 1615, e ritenere perciò sul medesimo il patronato laicale.
Dalle quali vicendevoli deduzioni del Vescovo e della Congrega, e de’ documenti
rispettivamente prodotti si fa chiaro innegabilmente, che la disputa impegnata non
è già pura e semplice di esercizio, o di amplitudine di attribuzioni, ma invece
d’investigare e diffinire l’indole, la natura, la qualità del Conservatorio, se
ecclesiatica, o laicale. Dalla quale diffinizione dipenderà poi la latitudine,
l’ampiezza, lo esercizio delle attribuzioni. Chè se il Conservatorio sarà ravvisato,
comè, di natura ecclesiatica, cade sotto la giurisdizione plenaria del Diocesano, né
366
367
Inizio della p. 3 del documento. ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit.
Inizio della p. 4 del documento. ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit.
149
ci ha immiscenza veruna di laici. Se per opposto la qualità del Pio Luogo andasse
riconosciuta laicale, ed in Patronato laicale della Congrega, sarà allora il caso
d’investigare, come di conseguenza, le attribuzioni che in conformità delle leggi,
della Polizia ecclesiastica, e dello stato possessivo fossero esercibili e competenti
alla potestà ecclesiastica ed a’ patroni laici.
Or quall’esame che fa d’uopo portate alla Bolla Episcopale d’instituzione del
Conservatorio, alla longeva / 368 osservanza delle attribuzioni ecclesiastiche, alla
legalità ed efficacia delle Regole della Congrega del 1783, per addentrarne il valore
e l’applicazione in conformità del Canonico Diritto e delle leggi in vigore, e farne
poscia dipendere la diffinizione in conformità del Canonico diritto e delle Leggi in
vigore, e farne poscia dipendere la diffinizione della qualità del Conservatorio, se
ecclesiastica assolutamente, ovvero di patronato laicale; ed in questo secondo caso
passare a determinare le attribuzioni del Diocesano, secondo le leggi di Polizia
ecclesiatica, e lo stato possessivo, tutta questa disamina, tutte queste investigazioni,
e la correlativa diffinizione in quistione, non appartiene certamente, né per legge
può appartenere alla Consulta, ma in vece alla Commissione mista, che fa parte
della Consulta medesima, alla quale è commessa la partizoone e la diffusione
de’luoghi pii ecclesiastici da quelli di natura meramente laicale.
Poste le quali rispettose e ben fondate osservazioni, il Vescovo dell’Aquila,
confidando nella esemplarissima religione, nella giustizia e nnel’alta sapienza
dell’Augusto Sovrano (D.G.), vien implorando, che la M.S. voglia degnarsi di
comandare, che la disputa relativa al Conservatorio della SS. Annunziata di Aquila
venga rinviata allo esame della Commissione mista della Consulta, per quindi, con
ogni migliore cognizione di causa, poter rendere le sue Sovrane risoluzioni».
ADA, Busta 602, fasc. 2, Reale Rescritto al Consiglio degli Ospizî della
provincia di Aquila sulla controversia sorta tra il Vescovo di Aquila e la
confraternita di S. Sisto
Carta sciolta avente la seguente intestazione:«Ministero e Real Segreteria di
Stato degli Affari Ecclesiastici e della Pubblica Istruzione, 2° Ripartimento,
n. 5104»; è datata Napoli 29 Aprile 1858, indirizzata al Vescovo
dell’Aquila.
Si riporta integralmente di seguito:
«Ill.mo e Rev.mo Signore
Il Direttore del Ministero dell’Interno ha comunicato il seguente R.[ea]le Rescritto
al Consiglio degli Ospizî di codesta Provincia per l’adempimento:
“La Consulta dei Reali Domini di qua dal Faro, incaricata per sovrano
comandamento di avvisare intorno ai dubbî e le osservazioni fatte dal Vescovo di
Aquila sul primo parere dato fuori quel Consenso in Novembre 1856 circa la
controversia sorta tra quel Prelato e la Confraternita di S. Sisto sù la vigilanza,
disciplina interna ed ammissione delle alunne nei due Conservatori della SS.ma
Annunziata e S.ta Maria della Misericordia in codesta Città ha in modo
preparatorio opinato quanto appresso.
368
Inizio della p. 5 del documento. ADA, Busta 602, fasc. 9, op cit.
150
Che le deduzioni del Vescovo abbiano portata la quistione sopra altro campo
avendo Egli impugnata la legittimità del padronato della Confraternita su quei due
Conservatori.
Che trattandosi quindi, giusta la novella dimandata dal Vescovo, di spogliare la
Confraternita di quel diritto di patronato dal quale è attualmente il possesso, di far
dichiarare di natura Ecclesiastica i detti due Conservatorî, come si pretende che
fossero stati in limine fundationis369; e di far ridurre alle norme di giustizia e del
diritto, il R.[ea]le Dispaccio del 1783 che approvò le Regole della Confraternita di
S. Sisto.
Che a far ciò, occorre innanzitutto, che sieno comunicate alla Confraternita tutte le
osservazioni del Vescovo di Aquila sul parere già pronunziato della Consulta nel
18 Novembre 1856 intorno alla questione che si era riprodotta, affinchè possa quel
Pio Sodalizio fare le sue osservazioni all’uopo”.
E la M. S. trovando giusto così fatto avviso preparatorio della Consulta si è degnata
approvarlo.
Rendo quindi di ciò informata V.a Ill.ma e Rev.ma per opportuna sua intelligenza.
Il Direttore Scarpa».
ADA, Busta 602, fasc. 2, Consulta dei Reali Dominii incaricata dal
Sovrano di dar parere intorno alla controversia sorta tra l’Ordinario di
Aquila e la Confraternita di S. Sisto
Carta sciolta avente la seguente intestazione: «Ministero e Real Segreteria
di Stato dell’Interno, 4° Ripartimento, 4° Carico, n. 1213». La carta è
indirizzata all’Intendente-Presidente del Consiglio degli Ospizî di L’Aquila;
è datata Napoli 2 Aprile 1859.
Si tratta della Sovrana Risoluzione per l’adempimento di risposta al
rapporto del 20 Dicembre 1858, n. 3238, riportata integralmente a seguire.
« La Consulta dei Reali Dominii al di qua del Faro incaricata per ordine Sovrano di
dar parere intorno alla controversia sorta tra l’Ordinario di Aquila e la
Confraternita di S. Sisto, per la vigilanza, disciplina interna ed ammissione delle
alunne di due Conservatorii SS.ma Annunziata e S.ta Maria della Misericordia in
codesta Città, ha avvisato.
Che fermo rimanendo il diritto di patronato e l’amministrazione dei due Luoghi Pii
presso la Confraternita di S. Sisto; e fermo rimanendo le Regole di essa Congrega
approvate con la Sovrana risoluzione del 1783, non possano riceversi donne nei
due conservatori, né uscire da essi, senza il consenso del Vescovo e del
Governatore.
Che rimanga vietato l’ingresso libero nei due PP. LL. a persone che non sieno
quelle che compongono il Governo, senza il permesso e dei Governatori e del
Vescovo: e che rimanga esclusivamente affidato all’Ordinario quanto concerne
affari di ordine spirituale, cioè la distinzione del confessore, del Predicatore e del
Cappellano, previa proposta della Confraternita, giusta il diritto derivante dalle
regole e dal Patronato.
369
Sottolineato nel testo. ADA, Busta 602, fasc. 2, Reale Rescritto al Consiglio degli
Ospizî della provincia di Aquila sulla controversia sorta tra il Vescovo di Aquila e la
confraternita di S. Sisto, p. 1.
151
E la Maestà del Re (N. S.) ha degnato approvare il sopra espresso avviso della
Consulta.
Nel Real Nome le communico questa Sovrana Risoluzione per lo adempimento, di
risposta al rapporto del 20 Dicembre 1858, N. 3238. Napoli 2 Aprile 1859».
ADA, Busta 602, fasc. 8, Reale Rescritto al Consiglio degli Ospizii circa i
Conservatorii della SS.ma Annunziata e S.ta Maria della Misericordia.
Napoli 29 aprile 1858
Manoscritto di 3 facciate su carta intestata «Ministero e Real Segreteria di
Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica, 2° Ripartimento.
n.° 5104»; è datato Napoli 29 aprile 1858.
Si trascrive a seguire:
«Napoli 29 aprile 1858
Ill.mo e Rev.mo Signore
Il Direttore del Ministero dell’Interno ha comunicato il seguente Reale Rescitto al
Consiglio degli Ospizii di codesta Provincia per l’adempimento: “La consulta dei
Reali Domini di qua del Faro”, incaricata per Sovrano comandamento, di avvisare
intorno ai dubbi, e le osservazioni, fatte dal Vescovo di Aquila sul primo parere
dato fuori da quel Consiglio in Novembre 1856 circa la controversia sorta tra quel
Prelato e la Confraternita di S. Sisto, su la vigilanza, disciplina interna ed
ammissione delle alunne nei due Conservatori della SS. Annunziata e S.ta Maria
della Misericodia in codesta città, ha in modo preparatorio opinato quanto appreso:
Che le deduzioni del Vescovo abbiano portato la quistione sopra altro campo
avendo egli impugnata la legittimità del padronato della Confraternita su quei due
Conservatori;
Che trattandosi quindi, giusta la novella dimanda del Vescovo, di spogliare la
Confraternita di quel diritto di patronatao dal quale è attualmente in possesso, di far
dichiarare di natura ecclesiastica i detti due Conservatori, come si pretende che
fossero stati in limine fundationis, e di far ridurre alle norme di giustizia e del
diritto, il Real Dispaccio del 1783 che approvò le Regole della Confraternita di S.
Sisto.
Che a far ciò occorre innanzitutto che sieno comunicate alla Confraternita tutte le
osservazioni del Vescovo di Aquila sul parere già pronunciato della Consulta nel
18 novembre 1856 intorno alla questione che si era riprodotta, affinchè possa quel
Pio Sodalizio fare le sue osservazioni all’uopo.
E la M.S. trovando giusto così fatto avviso preparatorio della Consulta si è degnata
approvarlo”.
Rendo quindi dicciò informata Vostra Illustrissima e Reverendissima per
opportuna sua intelligenza. Il Direttore T. Scarpa».
ADA, Busta 602, fasc. 8, Conservatorii Ss.ma Annunziata e S.ta Maria
della Misericordia in Aquila. Sovrana Risoluzione, Napoli 2 Aprile 1859
Carta sciolta di 2 facciate, manoscritte, su carta intestata: «Ministero e Real
Segreteria di Stato dell’Interno, 4° Ripartimento, 4° Carico, n.° 1213»,
datata Napoli 2 aprile 1859 e indirizzata all’Intendente Presidente del
Consiglio degli Ospizî dell’Aquila.
Si riporta a seguire.
152
«La Consulta dei Reali dominii al di qua del Faro incaricata per ordine Sovrano di
dar parere intorno alla controversia sorta tra l’Ordinario di Aquila e la
Confraternita di S. Sisto, per la vigilanza, disciplina interna ed ammissione delle
alunne di due Conservatorii Ss.ma Annunziata e S.ta Maria della Misericordia in
codesta Città ha avvisato:
Che fermo rimanendo il diritto di patronato e l’Amministrazione dei due Luoghi Pii
presso la Confraternita di S. Sisto; e ferme rimanendo le Regole di essa Congrega
approvate con la Sovrana Risoluzione del 1783, non possono riceversi donne nei
due Conservatorii, né uscire da essi, senza il consenso del Vescovo e del
Governatore.
Che rimanga vietato l’ingresso libero nei due PP. LL. a persone che non sieno
quelle che compongono il Governo, senza il permesso e dei Governatori e del
Vescovo.
E che rimanga esclusivamente affidato all’Ordinario quanto concerne affari di
ordine spirituale, cioè la destinazione del Confessore, del Predicatore e del
Cappellano, previa proposta della Confraternita, giusta il diritto derivante dalle
regole e dal Patronato.
E la Maestà del Re (N.S.) ha degnato approvare il sopra espresso avviso della
Consulta.
Nel Real Nome le comunico questa Sovrana Risoluzione per lo adempimento, di
risposta al rapporto del 20 Dicembre 1858, n°. 3238 = Napoli 2 Aprile 1859».
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6, Circolare Ministeriale 17
SETTEMBRE 1851
A seguire la trascrizione del documento:
«Napoli 17 settembre 1851
Ministero e Real Segreteria di Sato degli Affari Ecclesiastici e della Pubblica
Istruzione. 2° Ripartimento. Oggetto: Sulla distinzione de’ LL. PP. laicali da quelli
puramente ecclesiastici.
Ill.mo e Rev.mo Signore
In adempimento delle sovrane disposizioni emesse sulle rimostranze
dell’Adunanza Episcopale comunicate col Real Rescritto del 25 prossimo passato
Luglio, il Consiglio di Stato con parere preparatorio ha opinato, che per distinguere
quali sieno i luoghi pii laicali da quelli puramente di origine ecclesiastica, e
progettar una legge di conseguenza, è necessario, che i Vescovi e gl’Intendenti
rimettano alla Commissione per mezzo de’ rispettivi Ministeri gli opportuni
chiarimenti su’ seguenti articoli.
1. Quali sieno i luoghi pii stabiliti nelle particolari diocesi e provincie.
2. Qual’esercizio di pietà vi si pratichi.
3. Chi ne sia stato il fondatore, o dotante, e se esistono titoli, e quali.
4. Se l’amministrazione siesi tenuta da’ laici o dagli ecclesiastici, e quale ne sia
stata l’ingerenza.
5. Se mai tale amministrazione o ingerenza siesi interrotta, per qual tempo, e per
qual motivo.
6. Finalmente, tenendosi presenti i Reali Decreti del I° febbraio 1816, e de’ 4
aprile 1830, riferiscano quale sia l’attuale osservanza sì per la disciplina, che per
l’amministrazione de’ suddetti pii stabilimenti.
153
Essendosi S.M. degnata uniformarsi ad un siffatto avviso del Consiglio di Stato,
nel Real Nome lo partecipo a V.S. Illustrissima e Reverendissima per sua
intelligenza, e pel corrispondente uso di risulta da sua parte.
Napoli 17 Settembre 1851. Ferdinando Troja».
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6, Circolare Ministeriale 31 MARZO
1852
A seguire la trascrizione del documento:
«Ministero e Real Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione
Pubblica. 2° Ripartimento. Napoli, 31 Marzo 1852. Oggetto: Sulla distinzione de’
LL. PP. laicali da quelli puramente ecclesiastici.
Ill.mo e Rev.mo Signore
In seguito del Real Rescritto del 17 settembre decorso anno, la Consulta di Stato di
questi reali dominî ha riferito, che la Commissione creata per l’esame delle
questioni sulla laicità o ecclesiasticità di varî luoghi pii del Regno ha osservato, che
nel riunirsi nel lavoro degl’Intendenti le carte relative al particolare luogo pio,
nasce difficoltà su’ rapporti degli Ordinarî, i quali tenendo l’estensione della loro
giurisdizione in separate provincie, nel rimettere le loro osservazioni non fanno
conoscere per l’amministrazione civile in quale provincia si trovi il luogo pio; e
quindi ad agevolare il confronto delle osservazioni degli Ordinari sulle carte
degl’Intendenti, ha fatto premura di prevenirsene i Vescovi, onde faccian conoscere
sotto quale amministrazione provinciale si trovi il Pio Luogo, sul quale essi
crederanno rimettere le loro osservazioni.
Lo che partecipo a vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima, perché curi di
apprestare all’uopo gli opportuni chiarimenti.
Il Direttore. Francesco Scorza».
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6., Circolare Ministeriale 9 APRILE
1853
A seguire la trascrizione del documento:
«Ministero e Real Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione
Pubblica. 2° Ripartimento. Napoli, 9 Aprile 1853. Oggetto: Sulla distinzione de’
LL. PP. laicali da quelli puramente ecclesiastici.
Ill.mo e Rev.mo Signore
Dopo le due Circolari in data de’ 17 settembre 1851 e del 31 marzo decorso anno
relative a’ chiarimenti chiesti dalla Consulta di questi reali domini, affin di poter
distinguere i luoghi pii laicali da quelli puramente di origine ecclesiastica, si è
rilevato che molti Ordinarî non han trasmessi gli statini da essi dimandati; il perché
quel consesso ha fatto premura per ottenere le convenienti delucidazioni, non
potendo nella deficienza di siffatti rilievi darsi pieno adempimento a’ sovrani
comandi.
Partecipo ciò a V.S. Illustrissima e Reverendissima, perché laddove non abbia
ancora adempito alla inchiesta, o voglia aggiungere altri chiarimenti in proposito,
lo pratichi al più presto, con farmeli tenere, ond’io possa inviarli alla Consulta.
Accuserà intanto ricezione della presente.
154
Il Direttore. F.[rancesco] Scorza».
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6., Circolare Ministeriale 18
MAGGIO 1853
A seguire la trascrizione del documento:
«Aquila, 18 Maggio 1853
Conservatorio della Santissima Annunziata. Num.° di protocollo 29. Num.° di
spedizione 24. Riscontro all’Uffizio del 14 Maggio.
Num.° della spedizione 115. Oggetto: Sulla distinzione de’ LL. PP. laicali da quelli
puramente ecclesiastici.
Ill.mo e Rev.mo Monsignor Vescovo
Perché gli ordini suoi contenuti nel pregevol foglio in margine indicato, credano
sempre mai obbedite, mi onoro umilmente gli opportuni chiarimenti su ciascun
articolo in questo uffizio annunciato e richiesto.
1°.
In questa Chiesa vi si trova stabilito un solo P.[io] L.[uogo] sotto il titolo
della SS.ma Annunziata.
2°.
Nel Conservatorio si ricoverano le donne pentite e mal maritate, e si estrae
un annuo maritaggio di ducati 25 a pro di una donzella orfana e povera
della città.
3°.
Il suddetto Pio Luogo fu fondato dalle patrizie famiglie aquilane con le
loro particolari rendite, a tale pio scopo dedicate, giusta si ha dal Regio
Assenso rinnovato in Giugno 1783, smarriti essendosi i titoli anteriori.
4°.
Lo stesso è stato sempre amministrato dai Confratelli laici. Che anzi nel
citato Regio Assenso è espressamente detto che l’autorità ecclesiastica non
avrebbe potuto giammai prendere ingerenza alcuna.
5°.
L’amministrazione tenuta dai laici non si è mai interrotta.
6°.
Infine la disciplina e l’amministrazione è quella che deriva dal surripetuto
Regio Assenso, dietro la dipendenza, direzione e vigilanza del Consiglio
Generale degli Ospizii, e delle ministeriali istruzioni de’ 20 maggio 1820.
Il Sindaco. R. Micheletti».
155
BIBLIOGRAFIA AL CAPITOLO 3
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di devozione diffusi nell’Italia settentrionale, in AA. VV., Chiesa e
religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878), Vita e Pensiero, Milano,
1973, vol. II, pp. 154-162.
BENDISCIOLI M., La pietà specialmente del laicato, sulla scorta di manuali
di devozione diffusi nell’Italia settentrionale, in Chiesa e religiosità in Italia
dopo l’Unità (1861-1878), Atti del IV Convegno di Storia della Chiesa (La
Mendola 1971), 4 voll., Milano, 1973, vol. II, pp. 154-176.
BONOMELLI G., Il culto religioso: difetti-abusi, Stabilimento per le arti
grafiche “Egidio Foroni”, Cremona, 1905, pp. 50-51.
BUCCIO DI RANALLO, Cronica Aquilana, edizione critica e commento di
Carlo De Matteis (a cura di), Edizioni del Galluzzo, Firenze, 2008.
CALMETA V., Vita del facondo poeta vulgare S. Aquilano, in Collettanee
grece latine e vulgari per diversi auctori moderni nella morte de l'ardente
Seraphino Aquilano, per Giovanne Philotheo Achillino bolognese in uno
corpo redutte, Ed. Bazalieri Caligola, Bologna 1504 (Nella vetustissima
città di Bologna: per Caligula Bazaliero di quella cittadino impresse, 1504,
di luglio).
CAPITANIO B., Brevi atti per la SS. Comunione ed altre divozioni,
Tipografia Vesc. del Pio Istituto, Brescia, 1870.
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l’antiquité à nos jours, Strasbourg, Association des pubblications près les
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COLOCCI A., Apologia nell'opere di Seraphino, contenuta nella 2ª ediz.
Besickiana [Joanni de Besicken] delle Rime del Ciminelli, Roma 1503.
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nell’amministrazione e sulle mutazioni nel fine delle Opere Pie del Comune
di Aquila, Tipografia Giuseppe Mele, L’Aquila, 1894, Parte III, Fondazioni
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DI BUCCIO A., Cronaca delle cose dell'Aquila dall'anno 1363 all'anno 1424,
in Ant. Ital. Medii Aevi, coll. 853 ss., st. VI
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156
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MORELLI M., La Chiesa aquilana dal 1860 al 1892, Suore Francescane del
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FONTI ARCHIVISTICHE
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ADA, Busta 602, fasc. 1, Conservatorio Ss.ma Annunziata. Regole e
Costituzioni. Indice delle cose che si contengono nelle presenti Regole.
ADA, Busta 602, fasc. 1, Regole e Costituzioni. Regole del Conservatorio
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16 giugno 1783.
ADA, Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due Confraternite di S.
Sisto e S. Maria della Misericordia in Aquila, rappresentano
rispettivamente in quanto all’ingerenza, ed al Reggime su i due
Conservatori della SS.ma Annunziata e della Misericordia in detto
157
Capoluogo. Copia Allegazione, Tipografia Giuseppe Barone, Vico
Purgatorio ad Arco, n. 34, Napoli, 1860 [versione dattiloscritta].
ADA, Busta 602, fasc. 2, A tutela dei diritti che le due Confraternite di S.
Sisto e S. Maria della Misericordia in Aquila, rappresentano
rispettivamente in quanto all’ingerenza, ed al Reggime su i due
Conservatori della SS.ma Annunziata e della Misericordia in detto
Capoluogo. Copia Allegazione, versione manoscritta.
ADA, Busta 602, fasc. 2, Consulta dei Reali Dominii incaricata dal
Sovrano di dar parere intorno alla controversia sorta tra l’Ordinario di
Aquila e la Confraternita di S. Sisto.
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Chiesa della Nunziata, Versione
manoscritta.
ADA, Busta 602, fasc. 2, Memorie per la Nunziata col parere del Sig.
Dell’Agata.
ADA, Busta 602, fasc. 2, Reale Rescritto al Consiglio degli Ospizî della
provincia di Aquila sulla controversia sorta tra il Vescovo di Aquila e la
confraternita di S. Sisto.
ADA, Busta 602, fasc. 5, Stato delle alunne dimoranti nel Pio Stabilimento
della SS.ma Annunziata in Aquila a tutto il 7 aprile 1858.
ADA, Busta 602, fasc. 8, Conservatorii Ss.ma Annunziata e S.ta Maria
della Misericordia in Aquila. Sovrana Risoluzione, Napoli 2 Aprile 1859.
ADA, Busta 602, fasc. 8, Reale Rescritto al Consiglio degli Ospizii circa i
Conservatorii della SS.ma Annunziata e S.ta Maria della Misericordia,
Napoli 29 aprile 1858.
ADA, Busta 602, fasc. 9, Memoria per la Chiesa della Nunziata, versione
dattiloscritta, Tipografia Grossi, L’Aquila, 1859.
ADA, Busta 602, fasc. 9, Poche Osservazioni per l’ordinario diocesano
dell’Aquila nella vertenza con la Congrega laicale sotto il titolo di S. Sisto.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Precisazioni sulla Annunziata del Vescovo
all’Intendente Presidente del Consiglio degli Ospizi, 31 agosto 1856.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, Ss.ma Annunziata, Ss. Crisanto e Daria.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6, Circolare Ministeriale 17
SETTEMBRE 1851.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6, Circolare Ministeriale 31 MARZO
1852.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6, Comunicazione al Vescovo
dell’Aquila da parte del Conservatorio della SS. ma Annunziata, Oggetto:
Sulla distinzione de’ LL. PP. laicali da quelli puramente ecclesiastici.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6., Circolare Ministeriale 18 MAGGIO
1853.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6., Circolare Ministeriale 9 APRILE
1853.
ADA, Visite Pastorali, De Rueda G., anni 1606-1620.
158
CAPITOLO 4
Conservatorio di SS. Teresa e Orsola
Premessa
Il Conservatorio di Ss. Teresa e Orsola venne fondato in L’Aquila il 24
dicembre 1671 su iniziativa di suor Olimpia Lepori - orsolina congregata
secondo la regola di S. Angela Merici - e del servo di Dio Padre Gio:Battista
Magnanti, oratoriano della Congregazione di S. Filippo Neri in L’Aquila.
Il Conservatorio si conformò alla Regola della Congregazione di S.
Orsola. Esso accolse donne nubili, le cosiddette “zitelle”, ma anche mal
maritate e vedove, provvedendo al loro mantenimento, assistenza ed
educazione alla Dottrina cristiana; prima che venisse scisso dal
conservatorio di S.ta Maria della Misericordia (attraverso Reale Rescritto 15
giungo 1839), esso si occupava anche dell’istruzione di fanciulle povere e
abbandonate.
Nel tempo, però, le religiose del Ss. Teresa e Orsola si avvicinarono
sempre più alla vita claustrale tanto da essere persino ammonite, nel 1825,
dal vescovo Girolamo Manieri, fino ad abbandonare il loro apostolato
dell’insegnamento e la loro opera formativa, per dedicarsi elusivamente alla
clausura.
Il conservatorio sopravvisse alla prima ondata delle leggi di soppressione
decretate dai francesi nel 1798, ovvero risultò giuridicamente soppresso ma
di fatto era stato risparmiato, specie nella alienazione dei beni; non riuscì,
però, a sottrarsi alla seconda ondata di soppressioni tant’è che venne
soppresso, insieme a quello di SS. Crisanto e Daria, nel 1811, come
chiaramente espresso dal vescovo Francesco Saverio Gualtieri nella
relazione ad limina trasmessa alla Santa Sede nel 1817.
Il Ss. Teresa e Orsola dopo la soppressione francese riprende la propria
vita autonoma, a differenza di quello di Ss. Crisanto e Daria che fu assorbito
dal conservatorio della Ss.ma Annunziata, dato che svolgeva analoga
assistenza.
Il Ss. Teresa e Orsola scomparve definitivamente nel 1880370.
4.1 Istituzione e finalità del Conservatorio di Ss. Teresa e Orsola
Il Conservatorio di S. Teresa venne istituito nella città di L’Aquila nel
1671, precisamente il “die vigesima quarta dicembri anni 1671371” (il 24
dicembre 1671), dietro istanza di suor Olimpia Lepori che, per questa ed
altre ragioni, ne rappresenta la fondatrice, ovvero la prima “guida” della
casa.
370
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioces., 65/B, f. 312v.
ADA, Busta 610, fasc. 1, Decreto episcopale pel Conservatorio di S. Teresa in Aquila,
p.1.
371
159
Il documento che attesta anzidetta costituzione è il Decreto Episcopale
pel Conservatorio di S. Teresa in Aquila372 del 1801.
Ivi si legge che suor Olimpia Lepori, insieme ad altre sorelle, visse per
molti anni sotto l’insegnamento ed i consigli del reverendo Padre
Gio:Battista Magnanti, della Congregazione degli Oratorii373 de l’Aquila, e
sotto la Regola della Congregazione di S. Orsola374, comunemente
conosciuta anche come Compagnia di Sant’Angela, fondata da Angela
Merici a Brescia il 25 novembre 1535 (approvata nel 1544) e diffusasi, agli
inizi del Seicento, anche nella Diocesi aquilana.
Con esattezza la Lepori fu un orsolina dapprima di genere claustrale,
successivamente, quando si portò alla guida del conservatorio, si identificò
in quelle di vita comune senza clausura; come diverse fonti 375 testimoniano,
però, nel conservatorio di Ss. Teresa e Orsola, si osservava la regola per le
orsoline di vita comune di Milano redatta da Giovanni Fontana, vicario
generale della diocesi, nel 1585376.
Padre Gio:Battista Magnanti ebbe stretti contatti con suor Olimpia
Lepori.
A suor Olimpia Lepori venne concessa la prima amministrazione della
casa, ovvero del conservatorio di S. Teresa.
Ad essa, come pure alle «molte alte vergini, e sorelle in Cristo377», le
cosiddette “sante madri”, va il merito di aver presentato istanza al fine di
istituire un conservatorio di donne gestito dalle orsoline di San Carlo,
richiesta che si concluse, poi, in quel Decreto Episcopale del 24 dicembre
1671 nato dalla volontà di «[…] Interporre quanto fatto dal Vescovo di
372
ADA, Busta 610, fasc. 1, op cit., pp. 1-2.
La Congregazione fu fondata a Roma da San Filippo Neri. Essa venne canonicamente
eretta nel 1575 da papa Gregorio XIII, che donò agli oratoriani la chiesa di Santa Maria in
Vallicella, e le sue regole vennero approvate da papa Paolo V con il breve Christifidelium
quorum libet il 24 febbraio 1612. Gli oratoriani si dedicano alla santificazione delle anime
mediante l'istruzione, la direzione spirituale, la predicazione e l'apostolato liturgico, in
particolare tra i giovani.
374
Cfr. R. SANI, Ad Maiorem Dei Gloriam. Istituti religiosi, educazione e scuola nell’Italia
moderna e contemporanea, EUM, Macerata, 2009, pp. 26, 29 e passim; P. GUERRINI, La
Compagnia di S. Orsola dalle origini alla soppressione napoleonica (1535-1810), in S.
Angela Merici e la Compagnia di S. Orsola nel IV Centenario dalla fondazione.
Miscellanea di studi, Àncora, Brescia, 1936; A. CISTELLINI, Figure della Riforma
Pretridentina, Morcelliana, Brescia, 1948, pp. 198-212; T. LEDOCHOWSKA, Angèle Merici
et la Compagnie de Sainte Ursule à la lumière des documents, Àncora, Milano-Roma,
1968, 2 voll.; L. MARIANI, E. TAROLLI, M. SEYNAEVE, Angela Merici, Contributo per una
biografia, Àncora, Milano, 1986.
375
ADA, Busta 610, fasc. 2, Regola Generale per tutte quelle vergini della Compagnia di
S. Orsola. Le quali furono retirate à vivere in congregazione, Libretto dattiloscritto di
GIOVANNI FONTANA, pp.1-25; ADA, Busta 610, fasc. 5, Atti di vestizione delle monache
nel Monastero di S. Teresa in Aquila.
376
G. ROCCA, Dizionario degli Istituti di Perfezione (DIP), Edizioni Paoline, Milano, vol.
VI, 1980, coll. 902-903.
377
ADA, Busta 610, fasc. 1, op cit., p.1.
373
160
Brescia e poi da S. Carlo Borromeo, come nelle regole stampate in detta
città si legge378».
A seguire si riporta la trascrizione della Copia originale del manoscritto
intitolato Decreto Episcopale pel Conservatorio di S. Teresa in Aquila
mentre nella Appendice documentaria al presente Capitolo è presente il
manoscritto originale.
«Copia = Carolus De Angelis sacrae theologiae doctor et magister colendissimus
Neap[olitanus], Dei et Apostolicae Sedis gratia episcopus Aquilanus, eidem S. Sedi
immediate subiectus, necnon regius consiliarius, etc. Dilectis nobis in Christo
filiabus Olimpiae Lepori, aliisque sororibus, virginibus sub Regula Beatae Angelae
de Brixia fundatricis huiusmodi virginum, et societatis sub titulo S. Ursulae,
pluribus ab hinc annis in hac civitate Aqulae conviventibus ob consilium b.[one]
mem[ori]ae venerabilis servi Dei patris domini Joannis Baptistae Magnantis olim
praepositi Congregationis Oratorii Aquilani paesentibus, ac etiam futuris, salutem
in Domino sempiternam.
Cum da vestram instantiam, sub die vigesima quarta dicembris, anni proxime
paeteriti 1671, vobis ex episcopali nostra ordinaria auctoritate concessimus
erectionem ecclesiae in domo tunc electa pro huiusmodi societate, ubi ad praesens
in hac predicta civitate reperimini cum susceptione, et administratione sacramento
rum. Nuper Nobis exponere feceritis pro omnium confirmatione, et corroborazione,
et ut concessionem indulgentiarum auctoritate nostra ordinaria inhibi vobis in
futurum elargire dignaremur, prout exponitur in supplici coram nobis porrecto
libello, tenoris seguentis: “Ill.mo e Rev.mo Monsignore = Suor Olimpia Lepori con
molte alte vergini, e sorelle in Cristo, essendo convissuta molti anni per conseglio
del quondam P.[adre] Gio:Battista Magnante della Congregazione dell’Oratorio e
sotto la regola di S. Orsola, fondata dalla B. Angela da Brescia, in essa città, e poi
propalata in molti altri luoghi d’Italia, com’è ben noto: et essendosi VS. Ill.ma
compiaciuto l’anno passato concederli l’erezione della Chiesa con
l’amministrazione de’ Ss.mi Sacramenti nell’istessa casa dove al presente si
ritrovano; hora pertanto supplicano la paterna Sua benignità a farle grazia
d’interporre decreto sopra tal’erezione predetta, con l’approvazione ad instar di
quella che fece Monsig[or]e Vescovo di Brescia, e poi S. Carlo Borromeo, come
nelle Regole stampate in detta città si legge; con concederli anco tutte quelle
indulgenze, che può come ordinario concedere; et applicare siccome li sopradetti
prelati fecero ecc. Che il tutto riceveranno a garanzia, ut Deus379, ecc.” = Nos enim,
piis ac devotis vestris /380 petitionibus satisfacere capiente, ad laudem et gloriam
omnipotentis Dei ac b.[eatae] Mariae Virginis et ad honorem eiusdem S. Ursulae
et S. Theresiae virginum tutelarium ac praefatae b.[eatae] Angelae huiusmodi loci
ac conservatorii virginum fundatricis, quia vidimus, legimus ac diligenter scrutati
378
Cfr. ADA, Busta 610, fasc. 1, Decreto episcopale pel Conservatorio di S. Teresa in
Aquila, p.1. Nella versione a stampa delle regole per la compagnia di s. Orsola del 1585,
GIOVANNI FONTANA, protonotario apostolico, arciprete e vicario generale della Chiesa di
Milano, afferma di aver secondato la volontà del compianto Cardinal Borromeo il quale,
dopo aver conservato la Regola a coloro che avevano scelto il carisma di S. Orsola pur
continuano a vivere nelle proprie case, non aveva fatto in tempo a consegnarla anche a
coloro che si era costituite in comunità. Vd. ADA, Busta 610, fasc. 2, Regola Generale per
tutte quelle vergini della Compagnia di S. Orsola. Le quali furono retirate à vivere in
congregazione, Libretto dattiloscritto di GIOVANNI FONTANA, pp. 1-25.
379
ADA, Busta 610, fasc. 1, op cit., p.1.
380
Inizio della terza pagina del manoscritto. ADA, Busta 610, fasc. 1, op cit.
161
sumus regulam eiusdem b.[eatae] sororis Angelae sub vocabulo Divae Ursulae
virginitatem servantem in civitate Brixiensi, eam in praedicto egregio consortio
obtinere et observare debeatis, cognoscentem vestram devotionem e tea quae in
sacto hoc insituto reperiuntur, bona esse et iuxta ritum volentium spiritum adherere
Deo saluti fidelium mulierum quam maxime expedire, dum ad catholicae fidei
exaltationem tendant.
Idcirco singula in ea contenta, auctoritate nostra qua fungimur, laudamus et
approvamus, ecclesiamque praefatum, ut supra a nobis erectam et vobis
concessam, eadem auctoritate nostra, iterum quatenus opus sit per praesentes
erigimus et concedimus moderazioni, correctioni et decretis nostri et successo rum
nostro rum pro tempore existentium in omnibus semper subiectam remanentem
iuxta constitutiones apostolicas ac pro erecta et canonice instituta et concessa
declaramus, cum omnibus et singulis privilegiis, prerogativis, immunitatibus et
exemptionibus quibus de iure vel de consuetudine potiri et gaudere debent se solent
aliae similes societates in diversis locis sub eadem regulam cum beneplacito
apostolico vel ordinaria auctoritate erectae, caeteraque conservatoria et monasteria
canonice erecta et instituita, utque in eis vo set in futurum existentes sorores
virginis sacramenta omnia suscipere possitis, quin etiam unicuique huius societatis
quotiescumque Eucharistiae SS.um Sacramentum sumpserint, quatraginta dies de
vera indulgentia in forma Ecclesiae consueta auctoritate nostra praedicta
superaddimus et concedimus. Volumus tamen quod sororibus et virginibus in dicto
vestro conservatorio conviventibus, nullo umquam tempore liceat et licitum sit a
beo vel ecclesia egredi vel discendere absque nostra et successorum nostrorum
expressa licentia, sed perpetua in eo clausura observetur. Licitum tamen sit aliis
mulieribus secularibus et huic societati adscriptis oratorium tantum interius ingredi
pro orationibus, aliisque piis actibus faciendis, prout regula praefata continetur,
quam volumus que ad reliquia pro expressa de verbo ad verbum haberi ; et licitum
etiam fit /381 vovis ad ecclesiam accedere pro ornandis ecclesia et altari bus, in
quorum omnium et singulorum praemissorum fidem et testimonium veritatis, has
paraesentes nostras fieri fecimus per infrascriptum notarium nostra eque
episcopalis curiae cancellarium, nostra propria manu subscriptas ac soliti maioris
nostri sigilli apprensione munitas. Dat.[um] Aquilae, ex episcopali palatio, anno a
nativitate Domini nostri Iesus Christi millesimo sexcentesimo septuagesimo
secundo, indictione X., die vero vigesima prima mensis novembris, pontificatus
autem SS.mi in eodem Christo Patri set D.[omini] N.[ostri] D.[omini] Clementis
divina providentia S. S. [Papae] X., anno eius tertio feliciter Amen. = Carolus
Episcopus Aquilanus = Philippus Melonius, Not.[arius], et Canc.[ellarius]. Adest
sigillum».
Il conservatorio di S. Teresa e S. Orsola accolse donne anche sposate che
intendevano ritirarsi dalla vita secolare senza l’obbligo di emissione dei
voti, con la sola condizione che, una volta uscite senza una giusta causa, non
potevano più esservi riammesse; a riguardo, infatti, nella Relazione
Diocesana del 1685 si legge che, circa la novella erezione del conservatorio
delle vergini di S. Teresa e S. Orsola, è stata data disposizione che: «[…]
Aliqua ex eis ab ipso exeunte, quacumque ex causa non possit in idem
iterum introire ad omnem bonum finem382».
381
382
Inizio della quarta pagina del manoscritto. ADA, Busta 610, fasc. 1, op cit.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 251r.
162
Lo studioso N. Lodi afferma che l’improprio appellativo di conservatorio
di “zitelle” - vale a dire indirizzato all’accoglimento di sole donne nubili 383
– fosse stato attribuito al Ss. Teresa e Orsola dal Vescovo Carlo De Angelis
su impulso di Ovidia Mancini, fanciulla aquilana, che si narra vestì l’abito
del Terz’Ordine Francescano a soli 12 anni, e del succitato don Gio:Battista
Magnante, che diresse il conservatorio fino alla sua morte avutasi il 14
novembre 1669.
Circa Ovidia Mancini ci giungono notizie, seppur esigue, da un
manoscritto dello storico Nicolò Lodi che descrive la prematura vocazione
di Ovidia così:
«[…] Essa Ovidia, tenera ancor fanciulla, diceva spesso alle sue pari di voler fare il
monastero di s. Orsola, senza che capisse ciò che diceva. Giunta appena all’uso
della ragione, altro non desiderava che vestir l’abito del Terz’Ordine di S.
Francesco ed in età di anni 12 l’ottenne nella chiesa di San Bernardino
coll’intervento di circa180 Terziarie che allora vi erano, le quali, poi, con gran
giubilo la ricondussero a casa384».
Anche da quanto scrive lo storico Angelo Signorini – a riguardo
dell’episcopato di Carlo De Angelis e dei suoi rapporti con il conservatorio
di Ss. Teresa e Orsola – l’erezione “primitiva” del conservatorio è attribuita
alla giovane Ovidia Mancini, fatto che però diverge da quanto impresso nel
Decreto Episcopale (sopra trascritto) in cui la fondazione di anzidetto
Luogo Pio è attribuita giuridicamente a suor Olimpia Lepori e «altre
vergini», nonché, come pure scrive Signorini, a Gio:Battista Magnanti.
A riguardo A. Signorini scrisse:
«[…] Né qui fermasi la gloria del vescovo de Angelis, che a’ suoi tempi e con suo
pieno consentimento si erigeva ancora il tuttavia esistente conservatorio di S.
Teresa, per le donzelle che amano applicarsi negli esercizî delle virtù Cristiane.
Ben è vero che l’erezione primitiva di questo conservatorio si deve alla serva di
Dio Ovidia Mancini, la quale sotto la direzione del suo Padre spirituale
Gio:Battista Magnate, dal 1640 al 1669 abitava già con varie sorelle ora nella
propria casa ora in casa aliena; ma fu propriamente per opera del vescovo de
383
Quale esempio circa l’ingresso in SS. Orsola e Teresa si riporta a seguire l’accettazione
da parte della Badessa del conservatorio Maria Crocefissa Francesconi relativa alla richiesta
di un padre nell’ammettere la propria figlia zitella: «Accetto io qui sottoscritta attuale
Badessa di questo Conservatorio delle SS. Orsola e Teresa di questa città dell’Aquila,
come essendo stata richiesta da Pasquale Altobelli di diletto, perché ricevessi in esso
Conservatorio la di lui figlia zitella Anna Felice Altobelli di età circa anni ventiquattro, in
qualità di educanda, chiamai in seguito Capitolo per sentire la volontà di tutte le moniche,
ed infatti le medesime risolverono che io mi fossi prima informata della qualità, onestà, e
costumi della giovine, e trovandoli corrispondenti alle persone claustrali, l’avessi ricevuta;
onde essendomi informata dell’occorrente, ne ho avute buone relazioni, e perciò può
beniss.[im]o la R[everendissi].ma Curia compiacersi accordare la licenza di d.[ett]a
donzella Anna Felice di essere ammessa in d.[ett]o Conservatorio, avendo già adempiuto al
solito pagamento. Aquila. S. Teresa, 31 dicembre 1803». ADA, Busta 610, fasc. 6,
Certificati delle donne entrate in Conservatorio, p. 1.
384
Cfr. N. LODI, La diocesi dell’aquila. I conservatori, Biblioteca Provinciale “Salvatore
Tommasi” dell’Aquila, ms. 93, c.3.
163
Angelis in cui queste sante donne furono proviste di Monastero e Chiesa, e dove
appunto si racchiusero con ferma volontà di non uscire dal conservatorio, se non
richieste come la Chiesa sotto la vera denominazione delle sante Orsola e Teresa
era anticamente dove oggi è sito il parlatorio di questo Monastero, e fu appunto nel
1678 in cui il Prelato Torricella successore del de Angelis, benedisse l’attuale
nuova Chiesa; rimarchevole, non dico già per il quadro in tela dell’Altare
maggiore, della scuola di Pompeo Cesura, o per quello dell’Angelo custode di
Giulio Cesare Bedeschini; quanto perché in questa chiesa di S. Teresa riposano
condegnamente le sacre ossa di Santa Rofina con altre reliquie di Santi.
Or bene facendo ritorno a’ primordî del nostro ragionamento, è a sapersi ancora
come ad istanza del pubblico aquilano il Vescovo Carlo de Angelis il primo
settembre del 1668 fè accettare dall’uno e dall’altro Clero per Protettore della Città
s. Filippo Neri […]385».
In realtà, il conservatorio di S. Teresa e S. Orsola fu molto più che un
conservatorio di zitelle, in quanto in esso vennero accolte anche le vedove,
le maritate che non potevano convivere con il marito e, seppur per un
circoscritto frangente, anche le bambine e fanciulle orfane malagiate: esso si
concretava, dunque, in un autentico conservatorio di donne.
Nella Relazione ad limina del MDCCLXXX (1780) stilata dal Vescovo
della diocesi di Aquila D. Benedetto Cervone 386 con la collaborazione
dell’Arcidiacono Francesco Ardinghelli 387, nel riferire sullo stato della
diocesi, nel paragrafo titolato De Conservatorij mulierum, si pone al primo
punto l’anzidetto Conservatorio (anteponendolo a quello di S. Crisante,
della SS.ma Annunziata e a quello di Santa Maria della Misericordia).
Nella suddetta Relazione ad limina, infatti, si legge:
«Aquila MDCCLXXX.
Francisco Ardinghelli, Archidiaconus Aquilanus, et ejus I.llmi et Rev.mi D.
Benedicti Cervone Episcopi rejus [regius] civitaty [civitatis] Aquilae Vicarius388.
De Conservatorij mulierum
I.
II.
III.
IV.
P[ri].mum est sub titulo SS. Ursula, et Teresa.
Secundum sub titulo S. Chrysanti erectum ad Ep[i]sc[opo] predecessore
Carlo De Angelis, et ad Dominico Ep. [iscopus] succ.[essorem]
Taglialatela adauctum cum ecclesia restaurata […].
Tertium est mulierum paenitentium SS.ma Annunciata [Conservatory] B.
V. unitum sub regula S. Francisci de Assisiy [Assisiensis].
Quartum est puellarum orphanarum ecclesia Misericordia unitum, in quo
morantur, donec nupsit accesta date ad iposo orphanotrophio389».
385
A. SIGNORINI, La diocesi dell’Aquila descritta e illustrata, Libro Quarto, Serie
Cronologica dei Vescovi Aquilani con le varie vicende dei loro Vescovadi, Stabilimento
Tipografico Grossi, Aquila, Volume II, cap. XXXIX, 1868, pp. 124-125.
386
Cervone Benedetto, originario della Campania, fu Vescovo dell’Aquila dal 1777 al
1788, morì in Napoli dove si era recato per motivi di salute.
387
Ardinghelli Francesco, patrizio aquilano, vicario capitolare alla morte del vescovo
Ludovico Sabatini (1776) fu il primo Arcidiacono aquilano (quando questi ottennero l’uso
dei pontificali); morì il 24 ottobre 1787.
388
ASV, Congr. Concilio Relat. Dioec., Scheda 152, n. vol. 4004, 65A 2, p. 2r.
164
Riassumendo, dunque, la finalità principale del conservatorio di Ss.
Teresa e Orsola è inscrivibile nell’accoglienza e mantenimento di donne
nubili, delle cosiddette donne “ritirate” e delle “mal maritate”; secondario
appare la finalità di accogliere le bambine e fanciulle orfane che, invece,
venivano collocate presso il conservatorio della Misericordia che,
fisicamente, era congiunto allo stabile di SS. Orsola e Teresa almeno fino
alla prima metà dell’Ottocento (Vd. § 4.3 della presente trattazione).
4.2 Precisazioni sulla figura di Gio:Battista Magnanti
Appare qui doveroso aprire un inciso sul Sv. di Dio Giovanni Battista
Magnanti (1603-1669) appartenuto alla Congregazione dell’Oratorio di
L’Aquila, il quale operò attivamente non solo in tutta la Diocesi aquilana,
ma in tutto l’Abruzzo e nelle Marche in qualità di Procuratore di Padre
Antonio Grassi, del suo stesso Ordine.
Sulla sua vita del Magnanti si veda quanto scritto nel 1681 da Tomaso
Baldassini «che lo nomina con distinzione390» nel testo Vita del Servo di Dio
Gio:Battista Magnanti della Congregazione dell’Oratorio dell’Aquila391,
ma di cui «[…] ne fanno onorevole menzione il P. Gio:Paolo Oliva
Generale de’Gesuiti nelle sue lettere, Monsignor Suares nella lettera scritta
al Balducci, che si legge fra le Memorabili dell’Abate Michele
Giustiniani392».
Anche se il nome del Magnati non è annoverato nell’Index ac Status
Causarum393 - registro in cui sono riportati, nelle varie edizioni, i nomi dei
389
ASV, Congr. Concilio Relat. Diocesana, Scheda 152, n. vol. 4004, 65A 2, p. 10r
CARLO ANTONIO DE ROSA DI VILLAROSA (marchese), Memorie degli Scrittori Filippini,
o siano della Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri, Stamperia Reale, Napoli,
1837, p. 28.
391
T. BALDASSINI, Vita del Servo di Dio P. Gio:Battista Magnanti della Congregazione
dell’Oratorio dell’Aquila, Jesi, Stamperia Episcopale per Claudio Perciminei, 1681.
392
CARLO ANTONIO DE ROSA DI VILLAROSA (marchese), ibidem.
393
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Index ac status causarum
beatificationis servorum Dei et canonizationis beatorum, 1ª Edizione 1962, Città del
Vaticano, 1999. Quest’ultima edizione riporta i seguenti Venerabili e Servi di Dio
appartenuti all’Oratorio di S. Filippo Neri: Ven. Cesare Baronio, (1538-1607); Ven.
Bartolomeo de Quental (1622-1698) fondatore d.O. in Portogallo e Colonie; Ven. Giovanni
Battista Trona (1682-1750) d.O. di Mondovì; Ven. Ignazio Capizzi (1708-1783) d.O. di
Palermo; Sv. di Dio Marco Antonio Ribaudengo (1703-1764) d.O. di Palermo; Ven. John
Henry Newman (1801- 1890) fondatore d.O. in Inghilterra; Sv. di Dio Emilio Venturini
(1842-1905) d.O. di Chioggia; Sv. di Dio Giovanni Battista Arista (1862-1920) d.O. di
Acireale; Sv. di Dio Giulio Castelli (1846-1926) d.O. di Cava de’Tirreni; Sv. di Dio Filippo
Bardellini (1878-1956) d.O. di Verona; Sv. di Dio Raimondo Calcagno (1888-1964) d.O. di
Chioggia. L’Index del 1988 aggiungeva: Sv. di Dio Salvio Huix Miralpeix (1877-1936), la
cui beatificazione è prevista con un gruppo di Martiri della Spagna del 1936; Sv. di Dio
Nicolò Bijankovic (1645-1730), d.O. di Spalato. L’Index del 1975 recensiva la causa del
Sv. di Dio Ludovico Filippo Neri Alfaro (1709-1776), d.O. di Città del Messico .
390
165
candidati alla glorificazione appartenuti ai figli di S. Filippo – il suo operato
fu di indubbio valore rivolto non solo alla evangelizzazione e, dunque, ad
ampliare le modalità e gli spazi d’intervento e di presenza della Chiesa nella
società civile, ma altresì alla acculturazione delle masse.
Padre Magnanti operò laboriosamente su tutto il territorio così da
diffondere gli insegnamenti dell’Oratorio di S. Filippo Neri e la diffusione
della santa Fede così come professato da Santa Teresa.
A lui si deve altresì la diffusione dei Concerti Spirituali, una delle forme
più consone agli Esercizi dell’Oratorio, come lo stesso Padre Antici
Cristofaro, metropolita di Fermo, nel 1687 ci riferisce in un’opera dedicata
alla vita del Venerabile Antonio Grassi:
«[…] Dispensava un gran numero di alcuni Libretti intitolati Concerto Spirituale,
c’hebbero da Gregorio XV Sommo Pontefice Indulgenza à chi lo praticava; e ciò
precisamente, perché s’insinua, e s’insegna a ciascun Fedele rinnovare
frequentemente l’Atto di Fede, acciocché un sì divoto esercitio fosse sparso per
più Provincie, si valeva dell’Opera del Servo di Dio P. Gio Battista Magnanti della
Congregazione dell’Oratorio dell’Aquila, come in quello, che raggirandosi
fervuorosamente in varie Provincie à fruttuosamente fatigare per l’anime, havea
campo di diffondere in diversi luoghi una tal divotione, perciò diceva Antonio che
l’istituiva suo Procuratore. Per l’affetto, che haveva alla Fede Santa, professava, ad
imitazione di Santa Teresa, un particolare ossequio, e riverenza à quelli, che
cooperavano alla conversazione, ò propagazione di essa 394».
Nella sua opera Antici Cristofaro riporta anche un breve scambio
epistolare tra Padre Antonio Grassi e Gio Battista Magnanti quando
quest’ultimo era a Fano e dove fungeva da procuratore dello stesso Grassi
specie nella divulgazione dei libretti devoti, i Concenti Spirituali.
Nel Libro II, Capo XII, della succitata opera dell’Antici è scritto:
«[…] Non sarà discaro al Lettore, che prima di sottrarre la penna da questo capitolo
dell’affabilità del Servo di Dio, rapporti alcune particelle di lettere, che corsero tra
Lui, & il Padre Gio:Battista Magnanti della Congregazione dell’Oratorio
dell’Aquila, la cui Vita stampata in Iesi dal Padre Baldassini dimostra l’eccellenze
delle sue virtù, e del suo fruttuoso affaticare per le amine. Scrive dunque da Fano
ad Antonio in questa forma:
Padre Grasso mio, un’Huomo magro, mà Magnante vorrebbe ingrassarsi nello
Spirito con cotesto suo Grasso.
Il Signore hà voluto altro di me, e perciò non sono venuto à riverirla. Non per
questo V.R. hà da lasciare di pregare per questo Procuratore santo suo partiale
servo, e Procuratore (ciò dice alludendo alla procura, che gli haveva fatto Antonio
di dispensare a suo nome quei libretti divoti, che si intitolano i Concerti Spirituali
operetta del Ven. P. Domenico di Gesù Maria Carmelitano Scalzo) tanto più
adesso, che hò bisogno dell’assistenza del Signore per fare qualche guadagno per
Gesù in questa sortita, mi raccomandi per carità a tutti i Padri e Penitenti, perché io
come suo Procuratore vado costituendo degli altri Or.
394
ANTICI CRISTOFARO, Alla Sacra e Real Maestà di Cristina Regina di Svezia, La vita del
Ven. Servo di Dio P. Antonio Grassi della Congregazione dell’Oratorio di Fermo,
Stamperia di Giuseppe Vannucci, Roma, MDCLXXXVII (1687), pp. 54-55.
166
Mi tratterò qui fino a Domenica per la Commissione Generale, e poi me ne passerò
à Iesi per otto giorni dal Sig. Cardinal Cybo.
Servo Inutile nel Signore Gio:Battista Magnanti Pecc. 395».
Padre Antonio Grassi risponde così a Gio Battista Magnanti:
«Rispose Antonio al caro amico con queste parole.
Il Grasso di cognome, di Spirito magro, caramente risaluta il Padre Magnate ex
adipe, e pinguetudine, pregandolo cordialmente si compiaccia visitare benissimo
Procuratore li suoi clienti, e de comedente excat cibus, acciò gustiamo il miele
della sua dolcissima conversazione, e soavissima predicazione; si degni pregare per
me, e che non accompagni con usura lecita l’ingiustitia illecita.
Nos cum prole pia, benedicat Virgo Maria. Deo gratias.
Servo Antonio Grasso 396».
Successivamente l’Antici specifica le motivazioni di rievocare questo
scambio epistolare affermando:
«[…] Ho voluto qui rapportare queste lettere, acciocché si veda, e la santa
corrispondenza, che passava trà questi due Servi di Dio, e la dolce affabilità con la
quale aspergevano i loro scritti, à somiglianza, non solo di quello che leggiamo
haver praticato il Santo Padre Filippo col Beato Felice Cappuccino, mà etiamdio né
primi secoli della Chiesa i Santi Gregorio Nazianzeno, Anfilochio Vescovo, Saba
Monaco, e Teodosio Archimandrita, il che rapportando nel Settimo tomo de’ suoi
Annali il Cardinal Baronio, si ferma in una savia riflessione con dire: vidistis
suaves lepores, urbanos iocos icunda scommata latitia tempore versata ore
Sanctorum, né quis tetricus putet, Servo Dei nequè respirare licere397».
L’attività di Padre Gio:Battista Magnanti in opere di carità e solidarietà
cristiana nei riguardi di poveri, orfani ed indigenti, nel territorio abruzzese
oltre ad interessare la Diocesi di L’Aquila, si distinse altresì nella Diocesi
dei Marsi, sotto l’episcopato di Monsignor Giovanni Paolo Caccia di
Montefano398, appunto Vescovo dei Marsi, per aver animato, accanto al
395
ANTICI CRISTOFARO, op cit., pp. 162-163.
ANTICI CRISTOFARO, op cit., p. 163.
397
ANTICI CRISTOFARO, op cit., p. 164.
398
Monsignor Giovanni Paolo Caccia di Montefano fu vescovo dei Marsi dal 1648 al 1649,
episcopato molto breve in seguito alla sua morte avvenuta a Pescina (AQ) il 6
Settembre 1649. A questi successe Ascanio De Gasperis. Il vescovo G. P. Caccia in una
visita pastorale effettuata nella terra di Cerchio (AQ) nel maggio 1649 scrive quanto segue:
«[…] Il predetto Arciprete [ovvero D. Cesare Colantonio] deve vigilare affinché nella detta
terra non permangano incantatrici, indovine, adulteri, (aborti), malefiche streghe e simili:
se ci sono o - Dio ne scampi - ci saranno, egli è tenuto a denunciarlo all’Ill.mo
Monsignore, sotto pena della scomunica». Il fatto che Monsignor Caccia stabilisca quanto
anzidetto testimonia la presenza, nella diocesi marsicana, di una religiosità subalterna legata
al mondo magico, che ha come protagonisti gli “operatori del male”, quali streghe e
similari, nonché la presenza della cosiddetta demoiatrica, cioè quel singolare connubio di
medicina, magia e religiosità popolare che Adalberto Pazzini definisce «medicina eroica»,
(Cfr. A. PAZZINI, Storia, Tradizioni, e Leggende nella medicina popolare, Arti grafiche,
Bergamo, 1940, p. 11) nel senso che in essa il soprannaturale si interseca con le leggi
naturali.
396
167
Reverendo D. Anibale Rotolo, canonico della Cattedrale di Sulmona, con le
sue predicazioni: «[…] Tutti i suoi figli a seguire le vere tracce del
Redentore399».
Lo storico abruzzese Andrea Di Pietro, nel descrivere la personalità e
l’operato del Vescovo Giovanni Paolo Caccia – relazione in cui affiora il
rapporto di questi con Padre Gio:Battista Magnanti – si espresse così:
«[…] Con tutto lo zelo, e carità di padre, ajutato dal suo degno Vicario generale D.
Francescantonio de Comitibus, visitò quasi l’intiera Diocesi; corresse gli abusi che
si erano in essa introdotti, e specialmente represse la pretenzione dei Canonici di
Alba, che voleano avere il primo posto dopo i Canonici della Cattedrale, animò
tutti i suoi figli a seguire le vere tracce del Redentore, e per ottenere questo fine
primiero, chiamò in ajuto in Pescina col Reverendo Padre Gio:Battista Magnante
della Congregazione dell’Oratorio Aquilano, il Reverendo D. Anibale Rotolo
Canonico della Cattedrale di Solmona 400».
Il Padre Magnanti s’impegno nella diocesi aquilana anche nella
celebrazione di innumerevoli messe in suffragio per le anime del Purgatorio,
infatti: «[…] Somme considerevoli gli erano mandate da pii cristiani ed egli
le impiegava a far celebrare messe in suffragio dei defunti401».
4.3 Scissione del Conservatorio di Ss. Teresa e Orsola da quello di S.ta
Maria della Misericordia
Con il Reale Rescritto 15 giungo 1839 si ordinò la separazione del
conservatorio di Ss. Teresa e Orsola da quello della Misericordia402.
Con anzidetto Rescritto, dunque, il conservatorio di Ss. Teresa e Orsola
viene di nuovo restituito a vita autonoma a causa delle difficoltà da parte
della congregazione della Misericordia che l’amministrava, di continuare a
far fronte ai costi per il mantenimento del fabbricato.
Per tutto il Seicento, infatti, e fino almeno alla prima metà dell’Ottocento, i ceti popolari
abruzzesi percepirono il ricorso al “sacro” e al “magico” quale «unica dimensione possibile
di identità di sopravvivenza» (Cfr. T. FERRI, Introduzione a D. Ciàmpoli, Fra le selve.
Novelle abruzzesi, Forni, Bologna, 1981, p. 9). A riguardo si vedano anche: YVONNE
MASSETTI, Medicina e cultura popolare in Abruzzo, Adelmo Polla Editore, Cerchio, 1ª
edizione 1993; A. M. DI NOLA, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna
italiana, Boringhieri, Torino, 1976, pp. 4-20; I. BELLOTTA, Leggende e racconti
dell’Abruzzo e Molise, Newton Compton, Roma, 1985, p. 226; A. DE NINO, Tradizioni
popolari abruzzesi, Japadre, L’Aquila, 1970.
399
A. DI PIETRO, Catalogo dei Vescovi della Diocesi dei Marsi, Tip. Marsicana di V.
Magagnini, Avezzano 1872, p. 180.
400
A. DI PIETRO, Catalogo dei Vescovi della Diocesi dei Marsi, op cit., pp. 179-181.
401
Cfr. DON GIACOMO ALBERIONE, Per i nostri cari defunti: considerazioni e pratiche per
il mese dei defunti, Pia Società San Paolo, Alba, 1ª edizione 1932, ultima ristampa San
Paolo, Cinisello Balsamo, 2010, p. 224.
402
ADA, Busta 610, fasc. 8, Separazione del Conservatorio di S. Teresa dal Conservatorio
della Misericordia con Allegato Reale Rescritto (Aquila, 22 giugno 1839).
168
Il 22 giugno 1839, il Consiglio degli Ospizî invia una comunicazione al
Vescovo della Diocesi aquilana, Monsignor Girolamo Manieri, nella quale
comunica la necessità di separare i due stabilimenti.
Sicuramente l’accorpamento tra i due istituti così tanto diversi doveva
aver determinato problemi di convivenza tra la popolazione femminile e
così, nel rispetto delle diverse condizioni e fasce d’età, si poté in tal modo
provvedere ad una più conveniente separazione di tutte le orfane, che
sarebbero rimaste nella Misericordia, dalle donne che avevano scelto di
condurre vita ritirata che sarebbero passate al Ss. Teresa e Orsola, con la
restituzione dei locali originari alla stessa comunità.
Una simile risoluzione era stata fortemente invocata dal Vescovo
Girolamo Manieri, il quale, informato del progetto di scissione dei due
istituti ed interpellato per esprimere un parere al riguardo, aveva ricordato
quale fosse lo scopo del conservatorio di Ss. Teresa e Orsola, ovvero: «[…]
Ricoverare le vedove che volessero ritirarsi, le maritate che non possono
convivere con il marito e le altre che per ordine ci possono essere
situate403».
L’intento di Monsignor Manieri, esplicitato attraverso tale osservazione,
era quello di sottolineare l’incompatibilità tra le esigenze di persone adulte,
di donne, giustappunto, che per scelta vocazionale e non solo decidevano di
condurre vita ritirata, dalle necessità e bisogni di bambine o fanciulle orfane,
da “educare”.
A seguire si riportano alcune fonti circa la separazione dei due
conservatori, ovvero: la versione integrale della lettera404 indirizzata al
Vescovo dell’Aquila (A) a cui è allegato il Reale Rescritto (B) e una
ulteriore comunicazione (C) avente ad oggetto “Amministrazione del
Conservatorio di S. Maria della Misericordia405”, datata Aquila, lì 8 luglio
1839, circa la separazione dal S. Teresa.
In merito si veda anche, nella presente trattazione, l’Appendice
documentaria al Capitolo 2, Busta 614, fasc. 5, Separazione del
Conservatorio di S. Teresa da quello della Misericordia. Aquila 2 febbraio
1839.
(A)
«Ill.mo e Rev.mo Signore
Nella Copia del Real Rescritto onde sua Maestà si è degnato approvare la proposta
separazione del Conservatorio della Misericordia da quello di Santa Teresa mi
403
ADA, Busta 614, fasc. 5, Conservatorio di Santa Maria della Misericordia. Minuta del
Vescovo Girolamo Manieri del 6 febbraio 1839.
404
Si tratta di un manoscritto di una facciata intestato “Intendenza del Secondo Abruzzo
Ulteriore. Consiglio Generale degli Ospizî. Segretariato”, n. protocollo 1927, a cui è
allegato il Reale Rescritto avente ad oggetto: Separazione del Conservatorio di s. Teresa
dal Conservatorio della Misericordia datato Napoli 15 giugno 1839.
405
Carta sciolta, manoscritta, di due facciate intestata “Intendenza del Secondo Abruzzo
Ulteriore. Amministrazione del Conservatorio di S. Maria della Misericordia”, datata
Aquila lì 8 luglio 1839, indirizzata al Vescovo della Diocesi dell’Aquila. Si parla della
separazione del conservatorio di s. Teresa da quello della Misericordia.
169
onoro di prevenirla di avere disposto che il Sindaco della Misericordia dia la
consegna del locale del mobilio di Santa Teresa alla persona che Ella destinerà,
redigendosene verbale in quadrupla spedizione: che aggiusti i conti pel
mantenimento di quell’ospizio fino al punto della consegna, e finalmente ritirare da
S. Teresa tutte le orfane per passarle alla Misericordia, e faccia passare in S. Teresa
col di Lei consenso le ritirate ch’esistono nella Misericordia».
(B)
Allegato: Reale Rescritto
«Copia = Ministero e Real Segreteria di Stato degli Affari Interni, 4° Ripartimento,
2° Carico, n. 8223.
Propose cotesto Consiglio con rapporto dei 9 dello scorso sett.[embre] la
segregazione dei due stabilimenti in Aquila della Misericordia e di S. Teresa colla
riserba agli amministratori del primo di due piazze nel Conservatorio di S. Teresa
per collocarvi due orfane, e ciò come indennizzamento.
Incaricata la Consulta dei R. Dom.[ini]i per Sov.[ovrana] Com.[ommisione] di
esaminare la faccenda ha osservato che la ragione di tale segregazione è stata di
sgravare lo stabilimento della Misericordia dallo ulteriore mantenimento del
fabbricato del Conservatorio: e che se la rendita che va ad introitarsi a questo nella
tenue somma di D.[ucati] 411.17 poco potrebbe essere sufficiente senza gli aiuti
che egli promettono, e per l’opposto l’Ospizio della Misericordia possiede una
rendita cospicua, mal si conviene la riserba delle due piazze anche sul riflesso della
discorsa insestituzione; è stato di avviso di approvare la segregazione di che è
parola ed ordinarsi che ciascuno di essi stabilimenti ritornando secondo lo stato
attuale alla primitiva istituzione, ritenga la particolare dotazione che prima gli
apparteneva intendendosi compensate i debiti e i crediti di qualunque natura che
l’una potesse vantare contro dell’altro, o l’altro contro dell’uno. = Avendo io
rassegnato a S. M si è degnato di approvarlo, ed io nel R. Nome glielo partecipo
per l’uso di siffatta. Napoli, 15 giungo 1839, firmato N. Santangelo = S.[egretario]
Int.[endente] del 2° Ab[bruzzo] Ult.[eriore], presidente del Consiglio degli Ospizii.
Per copia conforme. Il Segretario del Consiglio Generale degli Ospizii».
(C)
Separazione del Conservatorio di S. Teresa dal Conservatorio della Misericordia
(Aquila 8 luglio 1839)
«Ill.mo e Rev.mo Signore
Il P. Intendente della Prov[inci]a qual Presidente del Cons.[igli]o degli Ospizii mi
scrive quanto siegue relativamente alla segregazione del Conservatorio di S[ant]a
Teresa da quello della Misericordia, approvata da S. M. il Re N.[ostro] S.[ignore],
come dal sovrano rescritto comunicato da S.E. il Ministro degli Affari Interni al
preladato Intendente sotto la data di 15 giugno corrente anno.
Sig.re Le rimetto copia del tal rescritto onde S.M. ha degnato approvare la proposta
segregazione dello stabilimento della Misericordia da quello di S. Teresa =
Conseguentemente a ciò Ella dovrò colla persona che sarà destinata
dall’Arcivicario, redigere un verbale in quadrupla petizione della consegna che
dovrà dare del locale e del mobilio che S. Teresa, aggiustando il conto per lo
mantenimento di quello stabilimento fino al punto della consegna.
Dovrà pure formare lo analogo progetto di variazione ora che il conservatorio di
suo carico si riduce ad una sola casa sulla quale farà ritirare rigorosamente tutte le
orfane. Le ritirate che attualmente sono nella Misericordia avrà cura di farle
passare in S. Teresa col consenso dell’ordinario.
L’Intendente Presidente Gontami […]».
170
In seguito alle leggi francesi di soppressione degli Ordini Religiosi
promulgate da Giuseppe Napoleone il 13 febbraio 1807 e da Gioacchino
Napoleone il 7 agosto 1809 a cui, successivamente, si sovrapposero i
Decreti di istituzione del Consiglio Generale degli Ospizi dell’11 febbraio e
del 16 ottobre dello stesso anno (cui venne trasferita l’amministrazione di
tutti gli ospizi, ospedali, stabilimenti di beneficienza e conservatori
femminili), nel triste elenco dei monasteri e conventi soppressi compare
anche quello di Ss. Teresa e Orsola.
Questo conservatorio venne soppresso, insieme a quello di Ss. Crisanto e
Daria, nel 1811 come chiaramente espresso dal vescovo Francesco Saverio
Gualtieri nella relazione ad limina trasmessa alla Santa Sede nel 1817.
In riferimento al primo conservatorio, quello di Ss. Teresa e Orsola, che
accoglieva «[…] Honestiores mulieres seu nuota seu inuptae seu reduce
vitae secularis pertaesae406», vi fu chiusa la chiesa e l’edificio utilizzato per
scopi militari; per il secondo, quello di Ss. Crisanto e Daria, nel quale
«Secebedant eadem de causa virgines vel matronae honestae conditionis»,
fu ceduto dal regio fisco ad un privato cittadino per uso domestico, con
inclusa l’annessa chiesa.
Dopo la soppressione francese, il conservatorio di Ss. Teresa e Orsola
riprende la propria vita autonoma, a differenza di quello di Ss. Crisanto e
Daria che fu assorbito dal conservatorio della Ss.ma Annunziata dato che
svolgeva analoga assistenza.
Nel tempo, l’attività delle orsoline in S. Teresa divenne sempre più
limitata al mondo esterno e proclive alla vita claustrale, considerata anche
l’esiguità numerica e l’anzianità delle stesse.
4.4 L’educazione nel conservatorio di Ss. Teresa e Orsola
Come nel caso del conservatorio della Ss.ma Annunziata, anche per il
conservatorio di Ss. Teresa e Orsola non si può parlare di una autentica
istruzione per le educande bensì di una educazione/addestramento, impartita
originariamente dalla religiose di S. Orsola e, successivamente, dopo
l’annessione al conservatorio di S.ta Maria della Misericordia dalle suore
Stimmatine.
Seppur l’istituto non aveva originariamente tra le sue specifiche finalità
quello dell’insegnamento e della scuola, in un secondo momento le suore
orsoline del S. Teresa abbracciarono l’apostolato dell’insegnamento sia per
far fronte alle particolari esigenze di alfabetizzazione del luogo, sia per:
«[…] ampliare le modalità e gli spazi d’intervento e di presenza della
Chiesa nella società civile407».
La Compagnia di S. Orsola, infatti, stando alle intenzioni della fondatrice
Angela Merici, avrebbe dovuto accogliere solo: «[…] Donne desiderose di
attendere alla propria perfezione spirituale attraverso la pratica in comune
della devozione e l’esercizio delle opere di carità più trascurate (assistenza
ai malati, cura delle giovani povere e sbandate, catechesi femminile nelle
406
407
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, c. 177v.
R. SANI, Ad Maiorem Dei Gloriam, op cit., p. 29.
171
parrocchie)408»; nel tempo, però, queste, su impulso dell’arcivescovo Carlo
Borromeo e dei suoi successori, si dedicarono anche all’educazione delle
fanciulle povere e di civile condizione sia negli educandati e conservatori
sia nelle scuole esterne per fanciulle povere annesse ai conventi.
Le religiose di S. Orsola dovevano avere con condotta emblematica
affinché rappresentassero un modello per le educande e dovevano avvalersi
di un metodo comune d’insegnamento della Dottrina cristiana ponendo
molta attenzione alla semplicità del metodo nonché dei contenuti
disciplinari in modo da evitare ogni incomprensione.
L’educazione era basata primariamente sui canoni della Dottrina
cristiana, sulla misericordia e amore verso il prossimo, l’attuazione di un
vincolo di sacra carità nei rapporti interpersonali, e solo marginalmente
sull’insegnamento della lingua, della numerazione, dei lavori donneschi,
ecc.
Nel Capitolo XXIX della Regola, Per la direzione, ed istruzione delle
scolare, ed educande, principalmente nei punti 10, 21, 22, 23, si precisano i
doveri delle Religiose verso le Educande; in anzidetti punti, infatti, si
stabilisce:
10. Che [le religiose] insegnino loro primariamente ad amare Cristo
Signore Nostro con tutto il cuore ed a fare tutte le cose per amor suo; ad
essere divota della Beatissima Vergine, dell’Angelo Custode, e delle
Sante, delle quali portano il nome.
21. Che insegnino loro ancora a leggere in volgare, ed in latino, secondo se
saranno avanzate, a scrivere correttamente, a numerare, a cifrare, a far
conti, ed a lavorare; per quanto il numero delle Religiose lo permetterà.
22. Che abbiano cura di dar fedelmente tutti questi principj tanto alle
Scolare, quanto alle Educande, secondo l’obbligo dell’Istituto loro.
23. Che estendano ancora il loro zelo sino alle persone avanzate in età del
loro sesso409».
Nel conservatorio di Ss. Teresa e Orsola, con il passare degli anni, si
assistette ad un lento crepuscolo dell’istruzione impartita dalla Religiose, un
regresso legato alla chiusura delle stesse Religiose nei riguardi del mondo
esterno poiché sempre più proclive alla clausura.
Questo fatto indusse nel 1825 il Vescovo Girolamo Manieri ad un aspro
richiamo delle Religiose, che è riportato nella fonte Precisazioni sulle
Maestre Pie, sulle Figlie della Carità e sullo “stato” della Casa di
Educazione S. Paolo410, dove è scritto:
«[…] Nel Conservatorio di S. Teresa, dove le Suore Orsoline avendo per obbligo di
loro fondazione il far la scuola alle fanciulle esterne, e non essendosi questa potuta
408
R. SANI, ibidem.
ORSOLINE, Regola di S. Agostino e Costituzione delle Religiose di S. Orsola dell’Istituto
di Bordeaux, Lazzarini Stampatore della R.C.A., Roma, MDCCCIV (1804), pp. 96, 98.
Questa edizione è fatta su quella di Roma nel 1668 coll'aggiunta della Bolla di
approvazione del Papa Paolo V, Milano 1837, coi tipi di Antonio Lamperti, pp. 101-102.
410
Vd. ADA, Busta 605, fasc. 2, Precisazioni sulle Maestre Pie, sulle Figlie della Carità e
sullo “stato” della Casa di Educazione S. Paolo, pp. 1-2.
409
172
istituire per mancanza di locale, quelle suore si sono a poco a poco dimenticate
dello scopo principale della loro istituzione, e si credevano già a livello degli altri
Monasteri di clausura: cosicché tre anni addietro non volevano permettere
l’ingresso nemmeno al Vicario Generale nell’interno del Conservatorio, ed io dovei
richiamarle (con mezzi coercitivi) alla vera intelligenza della loro Regola, ed ora
mi sto occupando per far ristaurare in locale vicino al detto Conservatorio per
addirlo alla Scuola esterna a cui le dette suore sono obbligate 411».
Nella seconda metà dell’Ottocento, con deliberazione del Sindacoamministratore dello stabilimento, si decide di affidare l’educazione delle
fanciulle alle Suore Stimmatine, che all’Aquila operarono anche in altri
conservatori, ovvero presso S. Agnese, S.ta Maria della Misericordia e nel
S. Anna412.
Il conservatorio di Ss. Teresa e Orsola si estinse nel 1880; ne viene fatta
segnalazione l’ultima volta dal vescovo Luigi Filippi nella relazione del
1880, da cui emerge chiaramente la prossimità della scomparsa del
conservatorio poiché le fanciulle «paucae remanserunt413».
APPENDICE DOCUMENTARIA AL CAPITOLO 4
ADA, Busta 610, fasc. 1, Decreto Episcopale pel Conservatorio di S.
Teresa in Aquila
Il manoscritto si compone di quattro pagine di cui si riporta, rispettivamente
a seguire, la scansione (la trascrizione della presente fonte è presente nel § 1
del presente Capitolo).
411
Idem.
Cfr. M. MORELLI, La Chiesa Aquilana dal 1860 al 1892, L’Aquila, 1981, p. 179.
413
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioces., 65/B, f. 312v.
412
173
174
175
176
177
BIBLIOGRAFIA AL CAPITOLO 4
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del Ven. Servo di Dio P. Antonio Grassi della Congregazione dell’Oratorio
di Fermo, Stamperia di Giuseppe Vannucci, Roma, MDCLXXXVII (1687).
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XXXIX, 1868, pp. 124-125.
FONTI ARCHIVISTICHE
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Carità e sullo “stato” della Casa di Educazione S. Paolo.
ADA, Busta 610, fasc. 1, Decreto episcopale pel Conservatorio di S.
Teresa in Aquila.
ADA, Busta 610, fasc. 2, Regola Generale per tutte quelle vergini della
Compagnia di S. Orsola. Le quali furono retirate à vivere in congregazione,
Libretto dattiloscritto di GIOVANNI FONTANA, pp.1-25.
ADA, Busta 610, fasc. 5, Atti di vestizione delle monache nel Monastero di
S. Teresa in Aquila.
ADA, Busta 610, fasc. 6, Certificati delle donne entrate in Conservatorio.
ADA, Busta 610, fasc. 8, Separazione del Conservatorio di S. Teresa dal
Conservatorio della Misericordia con Allegato Reale Rescritto (Aquila, 22
giugno 1839).
ADA, Busta 614, fasc. 5, Conservatorio di Santa Maria della Misericordia.
Minuta del Vescovo Girolamo Manieri del 6 febbraio 1839.
ASV, Congr. Concilio Relat. Diocesana, Scheda 152, n. vol. 4004, 65A 2,
p. 2r.
ASV, Congr. Concilio Relat. Diocesana, Scheda 152, n. vol. 4004, 65A 2,
p. 10r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioces., 65/B, f. 312v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 251r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, c. 177v.
179
CAPITOLO 5
Conservatorio di SS. Crisanto e Daria
Premessa
Le fonti propriamente concernenti il conservatorio di SS. Crisanto e
Daria sono pressoché esigue, ciò è intelligibile soprattutto se si considera la
brevità della sua autonoma esistenza, all’incirca centenaria (dal 1685 al
1811), data la soppressione subíta in seguito ai provvedimenti messi in atto
durante il decennio di dominazione francese da Giuseppe Bonaparte e
Gioacchino Murat414 e il conseguente suo confluire nel conservatorio della
Ss.ma Annunziata, che svolgeva analoga funzione.
La fonte documentaria principale è rappresentata dal Volumetto delle
relazioni sui Conservatori di Santa Maria della Misericordia, Ss.ma
Annunziata, SS. Crisanto e Daria, in cui sono presenti ben cinque relazioni
414
Si ricorda che a partire dalla metà del XVIII secolo si era venuta consolidando in Europa
una mentalità culturale favorevole alla soppressione delle congregazioni religiose e
all’incameramento dei loro beni; la Rivoluzione Francese poi, esasperando il laicismo dei
philosophes, vedeva nei religiosi dei nemici sia perché potenziali sostenitori della
monarchia sia perché, in quanto membri di una comunità, erano in contrasto con uno Stato
che, in breve, riconosceva principalmente i diritti dell’individuo; fu così che già con Legge
del 2 novembre 1789, emanata dalla Costituente, si dichiaravano tutti i beni ecclesiastici a
disposizione della nazione, fino a giungere al Decreto del 25 aprile 1810, attraverso cui
Napoleone soppresse tutti gli stabilimenti, corporazioni, congregazioni, “communità” ed
associazioni ecclesiastiche di qualunque natura e denominazione, eccettuate le suore di
carità e poche altre congregazioni aventi finalità educative e vietò a chiunque di vestir
l’abito di verun ordine religioso. Nel Regno di Napoli il re Giuseppe Bonaparte - salito al
trono nel 1806 fino al 1808 a cui succedette Gioacchino Murat fino al 1815 quando, con il
trattato di Casalenza del 20 maggio dello stesso anno fu sancito il ritorno al trono dei
Borboni - al fine di raccogliere denaro per le casse dello Stato, emanò subito alcuni decreti
che miravano al piano di soppressione degli ordini religiosi. Il primo atto ufficiale con cui
ebbero inizio gli interventi contro i religiosi fu la Circolare del Ministro del Culto Luigi
Serra di Cassano inviata agli Ordinari il 17 maggio 1806 con la quale si chiedeva un esatto
elenco dei monasteri e dei conventi del regno maschili e femminili e la loro ubicazione.
Tale disposizione venne ribadita anche qualche anno più tardi, con il Decreto del 21
dicembre 1809, emanato da Gioacchino Murat, il quale all’articolo 2 eludeva dai benefici
della pensione i religiosi degli ordini soppressi. Gioacchino Murat, al suo arrivo a Napoli,
continuò a sopprimere i conventi e nell’arco di due anni ne eliminò molti. Nel gennaio del
1809 diede all’arcivescovo di Amalfi, Silvestro Miccù, l’incarico di approntare un nuovo
piano di riduzione dei conventi specie maschili, sia degli Ordini possidenti (Domenicani,
Conventuali, Agostiniani, Carmelitani, ecc.) che di quelli mendicanti (Alcantarini,
Cappuccini, Osservanti, Riformati). Il Murat, probabilmente, auspicava di attuare una
completa soppressione degli Ordini religiosi e non una loro semplice riduzione come
dimostra il Decreto n. 448 dell’8 agosto 1809 attraverso cui si principiò la soppressione
degli ordini religiosi nel Regno di Napoli.
180
inerenti il conservatorio di SS. Crisanto e Daria comprese tra gli anni 16861740415.
5.1 Il Conservatorio di SS. Crisanto e Daria: fondazione e finalità
Nella Relazione intitolata 12 ottobre 1686, SS. Crisanto e Daria.
Scomunica alla violazione della clausura416, autografa dal canonico
Domenico Antonelli «Decano della Cattedrale di l’Aquila, e Vicario
Generale della detta Città417», è tracciato un breve proemio contenente dei
ragguagli sul conservatorio di SS. Crisanto e Daria.
Nella anzidetta introduzione si afferma che il conservatorio di SS.
Crisanto e Daria, originariamente denominato Conservatorio della Beata
Vergine Maria del Buon Ritiro, venne istituito con molta probabilità sotto
l’episcopato di Monsignor Carlo De Angelis nel 1672418 ma certamente nel
1685, questa pia istituzione, accoglieva le “donne pentite e pericolanti”; il
1685 rappresenta, infatti, la prima data ufficiale in cui il conservatorio di SS.
Crisanto e Daria viene annoverato tra i conservatori 419.
Nella suddetta Relazione si legge, infatti, quanto segue:
«Essendo olim420 eretto in questa città dell’Aquila il Conservatorio detto della
Beata Vergine Maria del Buon Ritiro di donne in esso retirate à penitenza,
contiguo, e con l’uso, alla venerabile Chiesa di Ss. Crisanto e Daria, e con godere
quid:[qu]e immunità, e clausura, conforme appare dalle Bolle della sua creattione,
que dicta auctoritate ordinaria da Monsignor De Angelis già Vescovo Aquilano,
approvata e confirmata anche dalla Sag:[r]a Congregazione, e con altre privilegij e
prerogative e indennità che godono e sogliono godere simili luoghi. E perché le
donne che si ritirano in detto luogo pio possino seguitare a vivere religiosamente,
retiratamente e spiritualmente, e non siano perciò da alcuno istigato da diabolico
spirito perturbate, et il sud:[dett]o luogo violato, habbiano perciò fatto il presente
415
Nello specifico le relazioni sono le seguenti: 12 ottobre 1686; 11 gennaio 1721; 15
gennaio 1721; 19 settembre 1724; 17 settembre 1740. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5,
Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della Misericordia, SS.ma
Annunziata, SS. Crisanto e Daria. Terza Relazione 12 ottobre 1686, SS. Crisanto e Daria.
Scomunica alla violazione della clausura, pp. 1-2 e passim.
416
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. Terza Relazione 12 ottobre 1686,
SS. Crisanto e Daria. Scomunica alla violazione della clausura, pp. 1-2.
417
CORSIGNANI PIETRO ANTONIO (VESCOVO DI VENOSA), Reggia Marsicana ovvero
Memorie Topografico-Storiche di varie Colonie e città antiche e moderne della Provincia
de’ Marsi e di Valeria: compresa nel vetusto Lazio e negli Abruzzi, II parte, Il Parrino
Editore, Napoli, March I, MDCCXXXVIII (1738), p. 278.
418
È quanto risulta dalla visita pastorale eseguita dal vescovo Domenico Taglialatela del 19
settembre 1724 al conservatorio di SS. Crisanto e Daria. Lo storico N. Lodi, riguardo alla
data di fondazione del conservatorio afferma che: «[…] Soppressa la sua parrocchialità, fu
unita [la chiesa] alla collegiata di S. Maria di Tempera e sequentemente il Vescovo De
Angelis, connoscendo il bisogno di un luogo di ritiro per le donne pentite e mal maritate,
nel 1672 si fé da detta collegiata cedere questa chiesa ed a sue spese vi fondò ed eresse il
conservatorio per dette donne». Cfr. N. LODI, La diocesi dell’Aquila. I conservatori,
Biblioteca provinciale “S. Tommasi” dell’Aquila, ms. 93, c. 35.
419
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioces., 65/A, f.249v.
420
Olim, avv.: una volta, un tempo, anticamente.
181
da affiggersi alla porta della nostra cattedrale, et a quella de d:[ett]a chiesa di Ss.
Crisanto e Daria, con il quale ordiniamo, e comandiamo, a tutti e singole persone,
che sotto pena di scomunica et late sententia, et altre pene et censure per simili casi
contenute nelli Sa:[ncti] Canoni e Costituzioni Apostoliche riservate alla Santa
Sede, e senza pregiudizio di procedere anche contro li dedotti trasgressori con il
braccio laicale ed altre pene temporali, in niun modo debbano essere in d:[ett]o
Conservatorio a farvi alcuna perturbatione, attentato e violenza, danno et offesa; ed
senza nostra espressa licenza li maschi, e lascive donne parlino con d:[ett]e donne
in esso esistenti, alias aliter ……421 et affigium datam Aquilae die 12 o.[cto]bris
1686 = Dominicus Antonellis, Vicario Generale».
Originariamente unito alla chiesa sotto lo stesso titolo sita presso porta
Barisciano – abbattuta per fare spazio alla fortezza spagnola e ricostruita,
prima del Seicento, in via S. Bernardino422 - riguardo alla data di fondazione
del conservatorio, lo studioso Nicolò Lodi scrive che:
«[…] Soppressa la sua parrocchialità, fu unita [la chiesa] alla collegiata di S. Maria
di Tempera e sequentemente il vescovo De Angelis, conoscendo il bisogno di un
luogo di ritiro per le donne pentite e mal maritate, nel 1672 si fé da detta collegiata
cedere questa chiesa ed a sue spese vo fondò ed eresse il conservatorio per dette
donne423».
A riferire sull’origine del conservatorio di Ss. Crisanto e Daria è anche lo
studioso alloctono Angelo Signorini che, a riguardo, scrive:
«Mosso alla seconda vita Francesco Tullio de Leon, Re Filippo IV nominò
vescovo Carlo De Angelis, Sacerdote Napolitano assai dotto e versato nelle facoltà
legali. Il quale tantosto confermato dal Pontefice Alessandro VII, il 17 aprile 1663
solennizzò il suo pubblico ingresso nel Tempio Cattedrale di Aquila […]
Zelantissimno per la sua sana morale della greggia del suo governo affidata, con
proprio valsente fondò ed eresse in Aquila il Conservatorio di S. Crisanto: luogo di
ritiro per le donne pentite e mal maritate. Ed all’oggetto nel 1672 si fè cedere dalla
Collegiata di S. Maria di Tempera la Chiesa intitolata a S. Crisanto; era già
parrocchiale di Filetto pria sua soppressione, tale Conservatorio poi il de Angelis
volle militasse sotto la Regola del Terz’Ordine di S. Francesco, gli diede il titolo di
Maria Vergine del Buon Ritiro, e lo assoggettò immediatamente al regime del
Vescovo aquilano; tal che si mantenesse con splendore e decoro insieme fino a’
primordi del secolo presente424»
Il conservatorio intitolato ai SS. Crisanto e Daria era finalizzato
all’accoglimento di donne peccatrici, essenzialmente ex meretrici ma anche
421
Puntini di sospensione presenti nel testo. Cfr. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 2.
In quanto all’ubicazione T. Bonanni riferisce: «[…] Ove attualmente abita il signor
Ciliandro Properzi». Cfr. T. BONANNI, Corografia delle opere pie della provincia
dell’Aquila degli Abruzzi. Relazione archivistica dell’anno 1883, L’Aquila, 1884, p. 18.
423
N. LODI, La diocesi dell’Aquila. I Conservatori, Biblioteca provinciale “S. Tommasi”
dell’Aquila, ms. 93, c.35.
424
A. SIGNORINI, La diocesi di Aquila descritta e illustrata, Tipografia Grossi, L’Aquila,
vol. 2, 1868, p. 124.
422
182
“mal maritate”, che si ritiravano in conservatorio per redimersi dal vizio e
riabilitarsi425, osservando la regola del Terz’Ordine Francescano.
Esso era governato dall’Ordinario diocesano.
Per comprendere appieno la grande opera di carità e di sostegno che
questo conservatorio assolveva è sufficiente leggere le relazioni del vescovo
Domenico Taglialatela in cui questo conservatorio viene presentato insieme
a quello della SS.ma Annunziata quale istituto di accoglienza «feminarum
corruptarum, sive male nuptarum 426», svolgendo un’azione d’intervento su
ciò che attualmente identifichiamo nelle diverse tipologie di disagio
femminile.
Questo conservatorio, a differenza di quello di Ss. Teresa e Orsola, dopo
le Leggi di soppressione francese, dall’anno 1811, non avrà più vita
autonoma ma verrà aggregato e poi assorbito, dal conservatorio della SS.ma
Annunziata che svolgeva analoga assistenza.
Nella seconda parte della succitata Relazione, titolata 12 ottobre 1686,
SS. Crisanto e Daria. Scomunica alla violazione della clausura, si precisa
sulle punizioni che verranno inflitte a chiunque che «istigato da spirito
diabolico427» avesse osato destabilizzare o sconvolgere la clausura di queste
donne ritiratesi in conservatorio.
Il Vicario Generale, Domenico Antonelli, autore di questa relazione,
precisa altresì che, circa la violazione di clausura e le relative punizioni prime tra tutte la scomunica - dovrà essere affisso sulla porta della
cattedrale, nonché su quella della chiesa di Ss. Crisanto e Daria, un avviso
pubblico.
L’osservanza di una vita imprescindibilmente claustrale, austera e
conventuale non riguardava esclusivamente le religiose che sovrintendevano
il conservatorio, ovvero le oblate appartenenti al Terz’Ordine francescano,
ma, di fatto, interessava anche le donne dimoranti nel conservatorio. Queste
non potevano non considerare i severi divieti volti a contrastare ogni
contatto con il mondo esterno, ovvero con quanto esisteva oltre la grata.
La clausura rappresenta, infatti, una costante categorica del Regolamento
reggente il conservatorio stesso.
Il Regolamento, caratterizzante la relazione intitolata 17 settembre 1740,
SS. Crisanto e Daria428, si articola in 11 punti disciplinanti la vita nel
conservatorio, dove, oltre ai dettami convenzionali che regolamentano la
vita comunitaria (“vittazione”, “levata”, coro, questua, preghiera, ecc.),
l’oggetto predominante le regole è l’osservanza della vita claustrale.
Alcun riferimento viene fatto circa l’educazione delle stesse “retirate”, né
si accenna all’addestramento di queste nei lavori donneschi come nel caso
425
Vd. ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit. p. 4.
Cfr. Le relazioni del 1737 e del 1740, in ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A,
rispettivamente ai ff. 337v e 350r.
427
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., p. 3.
428
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa Maria della
Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. Sesta Relazione, 17 settembre 1740,
SS. Crisanto e Daria.
426
183
degli altri conservatori di donne con le stesse finalità (es.: SS.ma
Annunziata e S. Agnese).
Nella anzidetta Relazione è scritto quanto riportato a seguire:
1° Che la porta del Conservatorio non si apra senza necessità nemmeno a
2°
3°
4°
5°
6°
7°
8°
9°
10°
11°
parenti carnali in p.[rimo] grado tanto maschi quanto femmine, né sia
lecito per nessuna causa parlare con medesimi a porta aperta.
Che non si permetta a alcuna persona tanto uomo, quanto donna di
qualsivoglia stato, grado, condizione entrare in d:[etto]o Conservatorio
senza legit[t]ima licenza, ò senza necessità.
Che non si permetta alle religiose parlare con persone ad esse non
congiunte in p.° [primo] e 2° grado di consanguineità e p:[rimo]mo di
affinità, e ciò sia sempre coll’assistenza della Madre Abbadessa, ò
Vicaria, o di altra religiosa deputata dalla M.[a]dre Badessa, e facendosi
altrimenti sia la trasgrediente penitenziata, incaricando alla Superiora di
far levare dalle crati [grate] quelle religiose che parlassero di cose non
attinenti al loro stato.
Che non si permetta ad alcuna religiosa sotto qualsiasi pretesto lavar
panni di huomini, specialmente camise e calzonetti ancorché questi
fossero loro parenti, incaricando alle Superiore di dare avviso delle
contro venienti.
Che in tempo si recita l’officio della Beata Vergine, ò de’ Morti.
Debbano tutte le religiose intervenire in choro ancorché non sapessero
leggere, come anche à tutte le altre incombenze spirituali, che si
sogliono fare, e le mancanti senza legittima causa siano penitenziale.
Che si facci l’orazione ogni giorno nel Choro per quello che è prefisso
nella Regola […].
Che si leggano le Regole una volta il mese in refettorio ò altro luogo
opportuno, acciò si sappino da tutte.
Che la Mad:[r]e Badessa, e Vicaria in vigilino sopra l’osservanza delle
Regole […].
Che il buono governo, regolamento, e mantenimento delle Religiose, le
superiore debbano con puntualità e facoltà far consapevoli il loro
P.[ad]re di tutte le limosine che compieranno in dato luogo tanto in
denaro, quanto in ogni altra sorta di commestibile; affinché il medesimo
secondo la sua discrezione e prudenza ordini come debbano quelle
impiegarsi per il vitto di esse. Religiose, altrimenti facendosi saranno
private di pietanza ad arbitrio di esso Procuratore tutte le moniche che
per quel tempo li passerà.
Che venendo ordinata da esso Ill.mo e Rev.mo Vescovo, ò dal d:[ett]o
Padre Spirituale, come anche dalla Badessa, o Vicaria, qualche cosa à
qualunque religiosa già eseguita con umiltà e senza replica, altrimenti
sarà penitenziata secondo le qualità della cosa.
Che a cuore di quanto sta ordinato nelle loro regole, in tempo che
qualche Religiosa passerà da questa all’altra vita, debbano mettere a
beneficio di detto Conservatorio tutte le robbe che la medesima
religiosa havrà, e li funerali se li debbano fare à spese del
Conservatorio.
184
Ultimamente si ricorda a tutte di amarsi l’un l’altra, e di pregare che si sono ritirate
dalla vanità del Mondo dentro il Conservatorio per servire semplicemente à Dio e
salvandosi l’anima429».
È evidente che più che un conservatorio, il Ss. Crisanto e Daria divenne,
nel tempo, pressoché un monastero dato che la clausura ecclesiastica, la vita
devota e la mortificazione interiore prevalsero sulla vita comunitaria e gli
abiti indossati non erano che quelli delle monache. È opportuno, però,
sottolineare, che i capisaldi di questa clausura si diversificavano dai vecchi
schemi mentali della clausura e della cultura monastica controriformista
che, ormai, avevano esaurito la loro funzione, in vista di quel processo di
“democratizzazione” che porterà ad una maggiore apertura sociale dei
conventi fino ad arrivare alla trasformazione che gli istituti religiosi
femminili realizzeranno nel corso dell’Ottocento.
BIBLIOGRAFIA AL CAPITOLO 5
BONANNI T., Corografia delle opere pie della provincia dell’Aquila degli
Abruzzi. Relazione archivistica dell’anno 1883, L’Aquila, 1884, p. 18.
CORSIGNANI PIETRO ANTONIO (VESCOVO DI VENOSA), Reggia Marsicana
ovvero Memorie Topografico-Storiche di varie Colonie e città antiche e
moderne della Provincia de’ Marsi e di Valeria: compresa nel vetusto Lazio
e negli Abruzzi, II Parte, Il Parrino Editore, Napoli, March I,
MDCCXXXVIII (1738), p. 278.
LODI N., La diocesi dell’Aquila. I conservatori, Biblioteca provinciale “S.
Tommasi” dell’Aquila, ms. 93, c. 35.
SIGNORINI A., La diocesi di Aquila descritta e illustrata, Tipografia Grossi,
L’Aquila, vol. 2, 1868, p. 124.
FONTI ARCHIVISTICHE
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. Sesta
Relazione, 17 settembre 1740, SS. Crisanto e Daria.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. Terza
Relazione 12 ottobre 1686, SS. Crisanto e Daria. Scomunica alla violazione
della clausura.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioces., 65/A, f.249v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, rispettivamente ai ff. 337v e
350r.
429
ADA, Busta 614, fasc. 5, op cit., pp. 2-3.
185
CAPITOLO 6
La Pia Casa di Educazione/Conservatorio San Paolo
e la Pia Casa di Educazione San Giuseppe
Premessa
Sopravvissuto alle leggi di soppressione durante il Decennio francese
prima e a quelle post-unitarie poi (Legge del 7 luglio 1866), come il
conservatorio di S.ta Maria della Misericordia, la Pia Casa di Educazione S.
Paolo fu fondata nel 1782 ad opera di una benefattrice laica, donna Maria
Dragonetti Rustici430, appartenente ad una delle famiglie più agiate ed
influenti dell’Aquila.
Nel manoscritto intitolato Copia delle Regole della Casa pia di
educazione di S. Paolo dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli
a 23 Aprile 1783, sono elencate e stabilite, attraverso 19 artt., le Regole,
approvate con regio Assenso, del Re Ferdinando IV il 27 marzo 1783, da
osservarsi nella Pia Casa di educazione S. Paolo (la trascrizione integrale
del manoscritto è riportata nella Appendice documentaria al presente
Capitolo).
Preambolo del documento è quanto la reale Camera di S. Chiara ricevette
in data 6 aprile 1783, ovvero la richiesta di donna Maria Dragonetti Rustici
di L’Aquila di aprire nei locali dell’ex collegio dei padri Barnabiti 431 - sito
430
Su donna Maria Dragonetti ne’ Rustici si veda: G. DEL RE, Descrizione topografica,
fisica, economica e politica de’ Reali Dominj al di qua del Faro nel Regno delle due Sicilie
con cenni storici fin da’ tempi avanti il dominio de’ romani, Tomo II, Stamperia Teuchini,
Strada Medina, n. 17, 1835, pp. 293-294; T. BONANNI, Gratulatoria epigrafica nelle ben
auspicate nozze dei nobili signori Alfonso dei marchesi Cappelli e marchesa Maria
Dragonetti-De Torres, tipografia R. Grossi, Aquila, 1894; T. BONANNI, Ai nobilissimi
Signori Cav. Giulio Marchese Dragonetti ed Almina de’ Marchesi Rusconi quando nel
giorno sacro della natività di Maria Santissima si univano in matrimonio, S. I., s. n.
(1863?).
431
N. LODI, La diocesi dell’Aquila, I Conservatori, Biblioteca provinciale “S. Tommasi”
dell’Aquila, ms. 91, c.70r.; E. CASTI, Sinopsi storica dell’istruzione ‘ducativa nell’Aquila
degli Abruzzi dal secolo XIII al secolo XIX, in «Bollettino della Società di storia patria
Anton Ludovico Antinori negli Abruzzi», pp. 262-263. Sui PP. Barnabiti si veda anche: L.
CIBRARIO (a cura di), Descrizione storica degli ordini religiosi compilata sulle opere di
Bonanni, d’Helyot, dell’Ab. Tiron, Stabilimento Tipografico Fontana, Torino, 1845, vol. II,
pp. 75-78; G. COLOMBO, Profili biografici di insigni barnabiti, Tip. di E. Wilmant, Lodi,
1871; A. M. ERBA, I Barnabiti: profilo storico, Stabilimento Grafico Commerciale, Firenze,
1969; I. M. CLERICI, L’educazione della gioventù: manuale di pedagogia secondo la regola
e la prassi dell’Ordine dei Barnabiti, Ancora, Milano, 1950; V. MICHELINI, I Barnabiti:
186
in Aquila e soppresso per volere della Curia nel 1777 – una scuola pia per
l’istruzione delle ragazze povere ed orfane della città dell’Aquila e del
contado «di anni sei almeno e che non abbia oltrepassato l’età di venti
anni432».
Il Re emana due dispacci, il primo datato 29 giugno 1782, il secondo
datato 2 novembre dello stesso anno, con i quali concede a donna Maria
Dragonetti la facoltà di erigere la Pia Casa di Educazione, come da lei
richiesto (e, per questo, ne rappresenta la fondatrice)433, presso i locali
dell’ex collegio dei Padri Barnabiti, e di poter disporre dei mobili e utensili,
nonché delle proprietà di anzidetto ex collegio (casa e chiesa annessa).
Donna Maria è chiamata altresì alla formulazione delle regole atte,
appunto, a regolare il buon governo, l’amministrazione e l’andamento del
pio luogo.
Dette norme regolavano la vita interna della Pia Casa di Educazione, le
finalità e le modalità del percorso educativo; altresì stabilivano: le modalità
per l’elezione degli amministratori (Governatori pro tempore, Priore,
Superiore e altri officiali), norme per provvedere al vitto, vestiario, igiene
personale e della casa, mantenimento e assistenza sanitaria delle maestre,
delle alunne convittrici e non.
Al fine di fornire un’adeguata educazione a queste fanciulle, Donna
Maria Dragonetti Rustici si recò personalmente a Roma dove chiese, ed
ottenne, dall’Istituto del Bambin Gesù osservante la regola di S. Agostino,
una Priora da porre a capo dello stabilimento e tre maestre oblate alle quali
poter affidare l’educazione delle fanciulle.
Come direttore ordinario propose di nominare il padre agostiniano Luigi
Fiorilli, il quale fu dal vescovo non solo “approvato” ma “comandato” 434.
Le ragazze che non volevano fare vita di comunità potevano restare
presso le loro famiglie, andare a scuola al mattino e la sera tornare nelle loro
case, sempre dietro autorizzazione di Donna Maria Dragonetti Rustici, che
aveva sull’istruzione il dominio assoluto 435; le fanciulle, invece, che
sceglievano di dimorarvi stabilmente osservano i tre voti di povertà, castità
ed obbedienza indossando l’abito di S. Agostino.
Dalle successive Regole e Costituzioni rivolte alle Sorelle Agostiniane
del monastero Bambin Gesù del 1790 emerge, attraverso la formulazione dei
diversi capitoli, la coesistenza di diverse cellule comunitarie in cui
l’adesione ai precetti della religione è vissuta quale elemento fondante di
formazione per la vita ma anche come scelta vocazionale: le fanciulle, le
educande, le novizie, le esercitanti, ovvero donne che chiedevano la
chierici regolari di S. Paolo alle radici della congregazione, 1533-1983, NED, Milano,
1983.
432
ADA, Busta 605, fasc., 1 Regolamento per lo servizio interno delle Scuole Pie delle
fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855), art. 10, p.
2.
433
Vd. ADA, Busta 605, fasc. 2, Testamento di Donna Maria Dragonetti ne’ Rustici,
Aquila 4 aprile 1821; Busta 605, fasc. 2, Integrazione al Testamento di Maria Rustici.
434
N. LODI, La diocesi dell’Aquila, I Conservatori, op cit., ms. 91, c. 70r.
435
N. LODI, ibidem.
187
permanenza nell’istituto solo per alcuni giorni per praticare gli esercizi
spirituali, ecc.
Nell’istituto S. Paolo l’educazione delle fanciulle era affidata alle
maestre “convittrici”, che alla fondazione dell’istituto risultavano essere
quattro oblate agostiniane del Bambin Gesù, residenti nello stesso istituto.
Poiché le maestre della Scuola Pia S. Paolo osservano una regola, quella
di s. Agostino, appunto, vengono definite in diverse fonti documentarie
«pie» ma nulla hanno a che fare con la Congregazione laicale delle Maestre
Pie Filippini e/o Venerini di cui si attesta la loro prima entrata nella città di
L’Aquila solo nel 1948 con l’Arcivescovo Carlo Confalonieri; con
esattezza, si tratta delle Maestre Pie Filippini fondate dal Cardinale
Marcantonio Barbarigo, vescovo di Montefiascone e Corneto, con l’aiuto
della «virtuosa donzella436» Lucia Filippini.
Le maestre del S. Paolo vengono, altresì, definite «pie» in quanto
operanti in una scuola pia.
Pur se l’istruzione e la formazione delle alunne erano impartite da
maestre oblate, fermo rimaneva quanto stabilito al punto secondo del
Regolamento, ovvero che la Casa di educazione S. Paolo non dovrà essere
mai trasformata in monastero ma dovrà rimanere sempre un opera pubblica
laica, infatti è scritto:
« […] Non ridurre la Casa di educazione a monastero di clausura, di soggettarlo
alla potestà ecclesiastica, ma debba sempre rimanere adatta quest’opera di pubblica
pietà per l’educazione delle fanciulle povere e rimaner sempre sotto la
giurisdizione meramente laicale437».
Nel 1804 donna Maria Dragonetti Rustici chiese al Re Ferdinando IV che
il vescovo potesse dirigere il conservatorio che nel 1810 verrà assoggettato
alla Commissione Amministrativa di Beneficienza.
Dalla stessa Commissione, nel 1809, verrà fondato un analogo istituto
sotto il titolo di San Giuseppe avente lo stesso scopo del S. Paolo, ovvero
l’istruzione gratuita delle fanciulle povere della città e del contado:
«[…] Lo scopo principale di ambedue le istituzioni è quello d’insegnare
gratuitamente alle fanciulle povere della città di Aquila la Dottrina Cristiana, i
doveri della religione, l’onestà di vivere, i lavori donneschi convenienti all’età e
alla condizione delle giovinette, le nozioni preliminari del leggere e scrivere
italiano, le quattro operazioni dell’aritmetica, leggere la lingua latina, ed il
galateo 438».
436
G. MORONI, Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri
giorni, Vol. III, Tipografia Emiliana, Venezia, MDCCCXL (1840), pp. 119- 122.
437
ADA, Busta 605, fasc. 1, Copia delle regole della Casa Pia di Educazione di S. Paolo
dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23 Aprile 1783, p. 3.
438
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno delle Scuole Pie delle
fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855), Punto 1,
p. 1.
188
Il S. Giuseppe occuperà, per insufficienza di spazi, i locali dell’antico
orfanotrofio maschile di S. Giuseppe, trasferitosi successivamente in S.
Bernardo.
Questa nuova scuola verrà posta sotto la regola di S. Francesco.
Nel 1817 nel S. Paolo si potevano annoverare 150 alunne e oltre 100 in
S. Giuseppe con un programma di studi «[…] Inquirens comperi circiter
omnes optime imbutas religionis documentis, legendi, scribendique, peritia
et manuum industria nobili quaque femina439».
Detto dato ci induce a riflettere sul grande apporto da parte dei due
conservatori alla lotta all’analfabetismo femminile negli starti di
popolazione più umile.
Nel manoscritto intitolato Regolamento per lo servizio interno delle
Scuole Pie delle fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in
Aquila (dicembre 1855)440 – trascritto nell’Appendice documentaria al
presente Capitolo - il fine educativo dell’istituto S. Paolo, insieme a quello
dell’istituto S. Giuseppe, si palesa appieno, nelle sue peculiarità e finalità.
Nel 1836 ha inizio una lenta ma insidiosa aggressione nei confronti delle
religiose di S. Paolo, specie dopo il rifiuto che queste manifestarono alla
proposta di trasferirsi in altri locali al fine di fondare, nell’ex convento dei
PP. Barnabiti, una scuola per l’istruzione delle fanciulle aquilane di civile
condizione della classe più abbiente.
L’educazione di queste fanciulle veniva affidata alle Figlie della Carità
delle Missioni di S. Vincenzo dei Paoli, che giunsero nella città di Aquila
nel 1859441 a richiesta del vescovo L. Filippi al fine di impartire
un’istruzione attraverso i cosiddetti metodi “moderni”442.
Cosicché nel tempo si fece in modo di far estinguere la piccola comunità
di religiose del S. Paolo: dopo averne incamerato le rendite si impedì alle
stesse l’emissione di voti perpetui presso l’istituto dove vi imposero le
maestre secolari amovibili.
439
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 178r.
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno delle Scuole Pie delle
fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855).
441
F. MURRI, Monasteri, Conventi, Case ed Istituti Religiosi dell’Arcidiocesi Aquilana,
ISSRA, L’Aquila, 1996, p. 327.
442
Circa l’Istituto di educazione S. GIUSEPPE, nel manoscritto in forma libelli (composto da
15 pp.) titolato Comunicazione del vice Presidente del Consiglio degli Ospizi. Aquila 6
febbraio 1858 - una comunicazione del vice Presidente del Consiglio degli Ospizi al
Vescovo dell’Aquila, in cui si chiedeva al vice Presidente di fare un ragguaglio sui due
stabilimenti di educazione siti nel comune dell’Aquila – si precisa che la Scuola Pia S.
Paolo era per le fanciulle della classe povera la cui istruzione era affidata alle maestre
definite pie (che risiedevano dentro i locali della Scuola di S. Paolo), mentre il S. Giuseppe
era destinato alle fanciulle di civile condizione della classe più abbiente, la cui educazione
era affidata alle Figlie della Carità. A riguardo si veda: ADA, Busta 605, fasc. 2,
Comunicazione del vice Presidente del Consiglio degli Ospizi. Aquila 6 febbraio 1858, p. 1;
ADA, Busta 605, fasc. 2, op cit., Memoria per l’Istituto delle Scuole Pie del Bambino Gesù
in Aquila, pp.10-11.
440
189
Con la Deliberazione 14 novembre 1913 della Congregazione di Carità 443
si procederà alla trasformazione di entrambi gli istituiti, ovvero dell’istituto
S. Paolo e quello di S. Giuseppe, con trasformazione anche degli oneri di
culto444 che gravano sugli stessi per beneficienza.
6.1 La fondazione della Pia Casa di Educazione San Paolo e l’operato di
Donna Maria Dragonetti Rustici
L’istituzione della Pia Casa di Educazione San Paolo, nel 1782, è
attribuibile alla esclusiva volontà di una benefattrice laica esponente di una
cospicua e nobile famiglia aquilana, donna Maria Dragonetti Rustici.
Spinta dal desiderio di sviluppare una scolarità femminile, seppur
elementare, rivolta ai ceti sociali più indigenti e gratuita, e alimentata da
generosa filantropia, precipuo nelle donne benefattrici sette-ottocentesche,
in un’epoca in cui: «[…] I luoghi dell'educazione femminile ci sono, ma
spesso l'assenza di una vera volontà d'insegnamento li riduce a luoghi di
ritiro, o di reclusione, dove la formazione fornita si cristallizza attorno alla
sola istruzione religiosa445», donna Maria Dragonetti avanzò alla Real
Camera di Santa Chiara, una “lodevol domanda” al fine di «[….] Aprirsi
una scuola di educazione per uso delle donzelle povere di quella città446» da
allogarsi presso i locali del soppresso collegio dei Padri Barnabiti in Aquila,
soppresso per volere della Curia già dal 1777.
Accolta la “lodevol domanda” dalla Real Camera di Santa Chiara,
attraverso due reali Dispacci, il primo arrecante la data 29 giugno 1782 e il
secondo la data del 2 novembre dello stesso anno, si concesse a donna
Maria Dragonetti Rustici dell’Aquila la facoltà di erigere una Casa di
educazione «[…] Per fare in essa ammaestrare gratis nella istruzione e
nelle arti donnesche le fanciulle più povere di detta città 447» nei locali
dell’ex collegio dei PP. Barnabiti con chiesa annessa, inclusi i mobili ed
utensili, affidando alla Dragonetti stessa il compito di formulare le regole e
costituzioni per l’amministrazione e il buon governo di questa Opera Pia,
anche dopo la sua morte.
Nella premessa della Copia delle regole della Casa Pia di Educazione di S.
Paolo dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23 Aprile
1783, in merito è scritto:
443
ADA, Busta 605, fasc. 2, Deliberazione 14 novembre 1913 della Congregazione di
Carità. Trasformazione dell’Istituto di S. Paolo.
444
ADA, Busta 605, fasc. 2, Istituto di S. Paolo. Trasformazione di oneri di culto. Aquila,
17 novembre 1914
ADA, Busta 605, fasc. 2, Istituto di S. Paolo. Trasformazione di oneri di culto. Aquila, 19
agosto 1914.
445
M. D'AMELIA, recensione a M. SONNET, L'éducation des filles au temps des
Lumières, Paris, Les Editions du Cerf, 1987, in «Memoria» n. 21, 1987.
446
ADA, Busta 605, fasc. 1, Copia delle regole della Casa Pia di Educazione di S. Paolo
dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23 Aprile 1783, p. 1.
447
ADA, Busta 605, fasc. 1, op cit., Premessa, p. 1.
190
«[…] Purché una opera di tanta grande e permanente pubblica utilità non può
stabilirsi e sussistere senza un certo ordine, e sistema da sempre osservarsi pel buon
regolamento dell’opera, e di coloro che dovranno governarla in futuro perciò detta
D. Maria à [ha] stima [nel] formare le presenti regole, e costituzioni da’ osservarsi
irremissibilmente in futuro da chiunque dovrà governare la detta pia Opera dopo
che saranno dalla sovrana approvazione, ed assenso448».
Le regole si articolano in 19 punti449 o articoli.
Dette norme disciplinano la vita interna della pia Casa d’educazione, le
finalità e le modalità del percorso educativo 450, la prassi per l’elezione degli
amministratori (Governatori pro tempore, Priore, Superiore e altri
“officiali”), norme per provvedere al vitto, vestiario, igiene personale e della
casa, mantenimento e assistenza sanitaria delle maestre convittrici, ecc.
Nel punto “primo” si puntualizza che l’insegnamento è
incondizionatamente gratuito e dovrà essere impartito da maestre pie che
risiederanno nello stesso pio istituto, seppur in locali staccati dagli alloggi
delle fanciulle e dalla scuola - ovvero in un quarto dell’abitazione
rappresentata dall’abolito collegio - al fine di poter meglio controllare le
alunne.
Successivamente, nell’art. “secondo”, viene stabilito che l’istituto s.
Paolo non potrà mai essere trasformato in monastero di clausura, come
spesso accadeva al tempo, ma, di contro, dovrà sempre rimanere: «[…]
Un’opera di pubblica pietà per l’istruzione delle fanciulle povere451» sotto
la giurisdizione laicale.
Quanto detto, circa lo stato laicale contrassegnante l’istituto, viene
corroborato nell’ultima parte delle Regole dove si attesta che: «[…] Tanto le
Maestre quanto le figliuole e la stessa Casa restino e siano sempre in istato
laicale soggetto alla reale giurisdizione della M[aestà] V[ostra] e suoi regi
Magistrati452».
Nel punto “quarto” Donna Maria Dragonetti Rustici, avveduta e
lungimirante, stabilisce che alla sua morte gli amministratori – Governatori
e Priori – dovranno essere scelti tra le famiglie benestanti secolari aquilane e
mai altrove, indicandone con dovizia di particolari, precisamente nel punto
“quinto”, le modalità di elezione453.
Nei punti successivi Donna Dragonetti stabilisce le regole sul vestiario,
vitto, cure mediche e quanto afferente la permanenza delle maestre
nell’istituto.
Nel punto “duodecimo” del Regolamento si parla della possibilità di
aprire altre tre scuole simili per accogliere, negli altri tre rioni della città: «
448
ADA, Busta 605, fasc. 1, ididem.
La esplicazione delle regole inizia a p. 2 del manoscritto e termina a p. 10.
450
Maggiori spiegazioni in merito vengono fornite in: ADA, Busta 605, fasc.2,
Regolamento per lo servizio interno delle Scuole pie delle fanciulle negli stabilimenti di S.
Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855).
451
ADA, Busta 605, fasc. 1, Copia delle regole della Casa Pia di Educazione di S. Paolo
dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23 Aprile 1783, p. 3.
452
ADA, Busta 605, fasc. 1, op cit. p. 11.
453
ADA, Busta 605, fasc. 1, op cit. pp. 4-6.
449
191
[…] Le più povere donzelle ed orfane della città e contado, le più vistose, e
specialmente quelle più esposte al pericolo di cadere in peccato, e quelle
abbandonate da ogni umano soccorso che non trovassero asilo dove
ricoverarsi454», di età inferiore ai 10 anni, o poco più, e non maggiori di 12
anni.
I punti “decimoquarto-decimonono” sono dedicati alla istruzione delle
fanciulle andando a puntualizzare sulla metodologia didattica, sui tempi e
luoghi dell’istruzione, sui lavori cosiddetti donneschi, sull’insegnamento
della dottrina cristiana, ecc.
Si precisa che la scuola dovrà avere inizio al mattino secondo orari e
modalità stabiliti in una tabella, redatta dalla Priora, esposta nella scuola
stessa e nei locali del coro, oltre che è dovere delle alunne ascoltare la santa
messa e fare opere di pietà. Si stabilisce, inoltre, che tutti i lavori eseguiti
dalle alunne e/o educande (punto “decimosesto”) sono e restano di proprietà
delle stesse e giammai potranno diventare possedimento delle maestre o
dell’istituto.
Il manoscritto si conclude con la formula di approvazione della Reale
Camera di Santa Chiara, e relativo regio Assenso, concesso alla Regole in
data «Die Vigesima Tertia Mensis Aprilis, Millesimo Septingentesimo
Septuagesimo Tertio [il 23° giorno del mese di Aprile 1783]455».
(La versione integrale delle Regole è trascritta nella Appendice al
presente Capitolo).
Donna Maria Dragonetti Rustici, ottenuto così il regio Beneplacito,
nonché anche il regio Governo per cui «[…] Vi fossero addette tutte le
rendite destinate a mantenere il culto nella Chiesa del soppresso Collegio,
ed anche gli arretrati delle rendite stesse dall’epoca della soppressione
avvenuta pochi anni prima456», con questi sussidi e con il proprio denaro
restaurò l’anzidetto Collegio e «Lo ridusse alla forma necessaria per
addirlo all’uso designato457».
Nel 1790 si recò personalmente a Roma, presso la Casa Madre
dell’Istituto del Bambin Gesù della regola di S. Agostino, per chiedere e, poi
ottenere, quattro suore, cioè una Priora e tre Maestre, rispettivamente la
prima da porre a capo dello stabilimento e le altre tre maestre a cui affidare
l’educazione della fanciulle e iniziare, così, la scuola.
A proposito delle quattro maestre romane, dati più precisi, vengono
forniti in una carta sciolta manoscritta, senza titolo, in cui è scritto:
«[…] La Sig.ra M. Rustici nell’erigere la Scuola Pia S. Paolo per l’istruzione ed
educazione delle fanciulle povere di Aquila vi destinò al governo quattro maestre
pie colle regole del Bambin Gesù che fece venire da Roma e furono: suor Fortunata
Cozzi, suor Maddalena Cozzi, suor Maria Crocefissa Valla, suor Gertrude Soldati,
454
ADA, Busta 605, fasc. 1, op cit. p. 7.
ADA, Busta 605, fasc. 1, op cit. p. 13.
456
ADA, Busta 605, fasc. 2, Comunicazione del Vice Presidente del Consiglio degli Ospizî.
Aquila 6 febbraio 1858, Memoria per l’Istituto delle Scuole Pie del Bambino Gesù in
Aquila, p. 4.
457
Idem.
455
192
tutte romane, che furono accompagnate dal celebre missionario D. Giuseppe
Marcone, e dopo la solenne e pubblica inaugurazione della Scuola le diede i santi
esercizi e le vesti dell’abito del Bambin Gesù sotto la regola di S. Agostino 458».
Come Direttore ordinario la Dragonetti propose al vescovo L. Filippi di
nominare il padre agostiniano Luigi Fiorilli, il quale fu dal vescovo non solo
«approvato» bensì «comandato459».
La pia Casa di Educazione S. Paolo fu floridissima fino al 1806 quando
era la stessa Donna Maria ad amministrare la Casa 460 e provvedere al
mantenimento delle dette maestre, oblate agostiniane del Bambin Gesù, che
contribuivano alle loro spese di mantenimento anche con piccoli lavori il cui
ricavato rassegnavano a Donna Maria.
Con il Decennio francese e le relative leggi di soppressione delle
Congregazioni religiose, le dette quattro suore dovettero, seppur per un
breve periodo, alloggiare in uno dei monasteri di clausura di L’Aquila, con
molta probabilità presso il monastero di S. Chiara461.
458
ADA, Busta 605, fasc. 2, Carta sciolta manoscritta senza intestazione, L’Aquila, 1853.
N. LODI, La diocesi dell’Aquila, op cit., ms. 91, c.70r.
460
Circa il ruolo di amministratrice del S. Paolo di Donna Maria Dragonetti Rustici nel suo
Testamento, al punto n. 3, è precisato che ne fu amministratrice dal 1783 al 1799. Cfr.
ADA, Busta 605, fasc. 2, Testamento di Donna Maria Dragonetti ne’ Rustici, Aquila 4
Aprile 1821, p. 2.
461
Si deduce che possa trattarsi del monastero di S. Chiara Povera in quanto l’attività delle
clarisse aquilane fu fervente anche durante il Decennio francese e post-unitario; inoltre
detto monastero fu l’unico ad essere annoverato (tra quelli claustrali) quale beneficiario dei
pii lasciti di Donna Maria Dragonetti Rustici; nel legato comunicato dal Tribunale Civile, n.
1208, lì 5 novembre 1822, autografo dal Regio Procuratore G. Lutarmi, infatti, è
scritto:«[…] Legò pure un capitale di censo in Ducati 1300:00 colla sua annualità contro
D. Gianlorenzo Centi a beneficio della Chiesa, e Sacrestia delle Donne Monache di S.
Chiara Povera». (Cfr. ADA, Busta 605, fasc. 2, Legati Pii lasciati dalla fu D. Maria
Rustici, L’Aquila, 5 novembre 1822, p. 1).
Sul monastero di S. Chiara Povera, anche detto della Beata Antonia, ci riferisce uno
studioso del tempo, l’aquilano Giuseppe Equizi, che scrisse: «[…] Lungo la via di Sassa,
all’apparenza così povera ma tanto piena di memorie cittadine e di arte, è situato il
monastero di S. Chiara dell’eucarestia. Fu edificato al tempo di Clemente VII (1342-1351)
dagli eredi di Iacopo Gaglioffi, con la chiesa, il campanile, l’ospedale dei poveri; e le prime
monache che l’abitarono furono Domenicane. Rovinato dai frequenti terremoti, e afflitto
dalla peste, il monastero restò deserto ed allora si pensò di ripopolarlo con altre religiose.
Era in quel tempo venuta all’Aquila la Beata Antonia da Firenze con altre compagne
terziarie di S. Francesco ed aveva ottenuto il monastero di S. Elisabetta, edificato da Paolo
Branconio e sua moglie nel territorio di S. Silvestro. Vi dimorarono per quattordici anni in
santità di vita, ma essendo cresciuto il numero delle suore, vi si trovarono a disagio e
cercarono un luogo più ampio e adatto per professare la regola di S. Chiara d’Assisi. Il
Cardinale Agnifili e S. Giovanni da Capestrano pensarono di farsi cedere dai Domenicani il
monastero dell’Eucarestia […] ottenuto l’assenso di Niccolò V, d’accordo con Pietro
Camponeschi ed Antonio Gaglioffi, fecero redigere a Roma un regolare strumento di
cessione il 2 giugno 1447; e il 6 luglio dello stesso anno S. Giovanni da Capestrano
condusse processionalmente la B. Antonia e le sue monache nel monastero, facendo loro
professare la rigida regola di S. Chiara» (G. EQUIZI, Storia dell’Aquila e della sua Diocesi,
S.A.I.E. Editrice, Torino, 1957, p. 148). Questo monastero, come suaccennato, aperto
durante il Decennio francese e, successivamente, anche con lo Stato unitario per l’opzione
fatta nel 1862 la quale comportava che le claustrali rimanessero ad abitarvi fino alla morte
459
193
Nel 1810 il Pio istituto passerà sotto la vigilanza della Commissione
Amministrativa di Beneficienza e le maestre medesime furono richiamate ad
occupare l’originale locale dei PP. Barnabiti.
L’assoggettamento alla Commissione Amministrativa di Beneficienza
fece sì che Dona Maria Dragonetti non fosse più l’amministratrice del S.
Paolo e la Commissione stessa s’impadronì delle rendite, ponendo ciascuna
maestra “a soldo”, assegnando per ciascuna sette Ducati mensili, ma: «[…]
Siccome le sole rendite allora esistenti non bastavano allo stipendio di
quattro maestre, ed alle spese di culto, che sole assorbivano più di 110
Ducati annui, così la Commissione chiese ed ottenne dal Comune un annuo
stipendio di Ducati 200, che furono fissati nel budget del Comune
medesimo462».
Quando nel 1810 la Commissione Amministrativa di Beneficienza decise
di aprire una Scuola analoga al S. Paolo, cioè la Scuola S. Giuseppe - di cui
si parlerà in seguito – per quelle fanciulle che alloggiavano nei quartieri
geograficamente lontani dal S. Paolo, al suaccennato mantenimento, si
aggiunse quello di altre tre maestre; le maestre a cui la Commissione dove
provvedere passavano così a sette, seppur la stessa Commissione riuscì ad
ottenere dal Comune che il sussidio annuo di Ducati 200 fosse elevato a
Ducati 400.
Un elemento fondamentale, però, contraddistingueva le maestre dei due
pii istituti e cioè che le maestre della scuola S. Giuseppe non osservano
alcuna regola religiosa, o meglio essa «[…] È stata sempre servita da
Maestre particolari, cioè non appartenenti al alcun Istituto, e viventi senza
una Regola propria, ed amovibili ad arbitrio della Commissione, in un
locale preso a pigione463», mentre le maestre del S. Paolo, seppur “messe a
soldo” continuarono a vivere in comunità nei locali dell’ex Collegio dei PP.
Barnabiti osservanti la regola di s. Agostino, ed essendo sempre supportate
ed aiutate «a tutto ciò che loro poteva essere necessario464» dalla fondatrice
Donna Maria Dragonetti Rustici.
seppur con la privazione di tutti i redditi, sostituti da una pensione irrisoria, e con la
proibizione di assumere nuove vocazioni. Nel monastero di Santa Chiara Povera, le
monache avevano accettato a proprio rischio giovani novizie senza, però, riceverne
spiacevoli conseguenze. Come scrisse il Sac. Mario Morelli, dopo la formazione dello Stato
unitario, le Clarisse del S. Chiara Povera «[…] Dei propri locali riottennero in uso solo
quelli adiacenti alla chiesa: gli altri – che anticamente formavano l’Ospedale dei Gaglioffi –
vennero adibiti ad usi civili e separati dal monastero con la chiusura dei sottopassaggi e
l’abbattimento degli archi e del ponte in muratura che univa le due ali. Una autentico
sfregio all’arte medioevale aquilana!» (M. MORELLI, La Chiesa Aquilana dal 1860 al 1892,
edito dal Comitato per le celebrazioni del 1° centenario di fondazione dell’Istituto Suore
francescane di Bambin Gesù, L’Aquila, 1981, p. 178). Su monastero di S. Chiara Povera in
L’Aquila si veda anche M. MORELLI, La Beata Antonia e il suo Monastero, L. U. Japadre
Ed., L’Aquila, 1983.
462
ADA, Busta 605, fasc. 2, Comunicazione del Vice Presidente del Consiglio degli Ospizî.
Aquila 6 febbraio 1858, Memoria per l’Istituto delle Scuole Pie del Bambino Gesù in
Aquila, pp. 4-5.
463
ADA, Busta 605, fasc. 2, Comunicazione del Vice Presidente del Consiglio degli Ospizî.
Aquila 6 febbraio 1858, Memoria per l’Istituto delle Scuole Pie del Bambino Gesù in
Aquila, p. 5.
464
ADA, Busta 605, fasc. 2, Idem.
194
Quest’ultima riuscì sapientemente a rimpiazzare una delle quattro
suore/maestre romane che, nel 1819, aveva contratto la peste; poiché da
Regolamento «[…] Le Maestre dovevano tenere in convitto una o più
educande secondo le risorse per poter rimpiazzare le Maestre che
verrebbero a mancare465», la Dragonetti Rustici volle che fosse ricevuta nel
S. Paolo come educanda la giovane orfana Agnese Picchioni466 dell’Aquila,
che successivamente vestì l’abito religioso e professò il detto Istituto; lo
stesso successe in seguito alla morte, nel 1825, di un’altra delle quattro
originarie maestre romane, rimpiazzata dall’educanda Antonia Palesse,
entrata in conservatorio all’età di 10 anni, che il 16 luglio del 1825 vestì
l’abito religioso per mano del Vescovo G. Manieri, prendendo il nome di
Maria Luisa Palesse; così le maestre del S. Paolo continuarono ad essere
sempre quattro almeno fino al 1835.
Nel corso nel medesimo anno, il 1835, morì suor Agnese Picchioni, che
era Priora; successivamente morirono le altre due maestre, e suor Maria
Luisa Palesse rimase l’unica superstite.
La Commissione Amministrativa, pertanto, decise che le maestre del S.
Paolo non vestissero più l’abito religioso e stabilì che, dopo succedessero
solo maestre secolari amovibili ad nutum dalla Commissione467: «[…] Così
dal 1835 vi fu ammessa come Maestra l’altra Educanda Geltrude Ianni, che
è pure superstite, e che comunque, non abbia l’abito religioso, ha vissuto
sempre sotto la stessa regola468».
Nell’intervallo dal 1835 al 1852, infatti, quando vennero a morte le altre
due sorelle, la Commissione non permise che le maestre diventassero suore
del Bambin Gesù bensì mantenessero l’abito secolare, seppur continuando
nella vita di comunità sotto la stessa regola e lo spirito della primitiva
fondazione.
Intanto nel 1822 Donna Maria Dragonetti Rustici morì ma prima che
venisse a mancare ben aveva provveduto affinché i suoi beni andassero a
favore della sua Pia Casa di educazione S. Paolo e non solo.
Nel testamento - allegato in Copia al manoscritto intitolato Collegiata
parrocchiale Chiesa S. Giusta in merito alla Scuola Pia S. Paolo, Aquila 9
giugno 1853 – rogato dal Notaio Francesco Curti Pasqualone di Aquila il 4
465
ADA, Busta 605, fasc. 2, Idem.
In una carta sciolta (manoscritta di una facciata) si leggono altre notizie sue dette
maestre, ovvero:« […] La terza maestra romana, suor Gertrude Soldati, morì il 29 maggio
1825 e già si trovava per alunna interna come maestra sopranumeraria a spese delle 3
maestre, Antonia Palesse, che in età di anni 10 incominciò a frequentare la Scuola, e il 16
luglio 1825 vestì solennemente l’abito religioso per le mani di Monsignor Manieri, non
volendo il sindaco di quell’epoca D. Gio Saverio Cappia Barone di S. Nicandro
ammetterla nella percezione della mesata se non si vestiva, e quindi fece giusta la regola,
la sua monastica professione = É ora in età di anni 54. Ammessa costei a maestra […]
rimpiazzarono come maestra la giovane Gertrude Ianni di anni 26 di tale esercizio.
Defunta la Priora Angela Picchioni ammisero per maestra la soprannumeraria Anna
Maria Mariani che tuttora vi esiste senza stipendio, e ricavar soltanto colla commesse
un’annua pensione, che dopo molto anni ricevè». ADA, Busta 605, fasc. 2, Carta sciolta
manoscritta senza titolo, Aquila, 1853.
467
ADA, Busta 605, fasc. 2, op cit., p. 6.
468
ADA, Busta 605, fasc. 2, Idem.
466
195
aprile 1821 (la cui trascrizione integrale è riportata nell’Appendice al
presente Capitolo), la sig.ra Dragonetti Rustici, oltre a lasciare un vitalizio
alle suore Maria Fortunata e Maddalena, le Sorelle Cozzi, a suor Maria
Gertrude Soldati e a suor Agnese Picchioni (punto 1° nel Testamento) 469 –
le prime tre originarie di Roma e la quarta di L’Aquila – lasciò a favore del
S. Paolo, sia in proprietà sia in usufrutto, i seguenti beni immobili (punti 2°
e 3° del testamento): il terreno prativo sito in Bagno, contrada Madonna
degli Angeli, di coppe470 8 e destri471 30, venduto a Donna Maria dal sig. re
Angelo Gentileschi, patrizio aquilano, mediante atto del Notaio Cifani
registrato in Aquila il 17 marzo (n. prog.o 173q al fol. 64); il “seminatorio”
di coppe 12 sito in contrada La Via, sempre nel Comune di Bagno, venduto
da D. Gioacchino Cenelli con istrumento del 28 marzo 1804, Notaio F. Curti
Pasqualone, e altri possedimenti per cui si veda la trascrizione del
Testamento nella Appendice al presente Capitolo.
La Dragonetti lasciò tutti i suoi beni «[…] Qualunque natura essa siano,
immobili, mobili, semoventi, nomi di debitori, ricoligenze (?), diritti, azioni,
ragioni, e ricadenze che mi spettano e in futuro mi potranno spettare, tanto
nell’usufrutto che nella proprietà ed in eguali parti e porzione472» ai quattro
conservatori dell’Aquila che ella individuò in: S. Paolo, S.ta Maria della
Misericordia; SS.ma Annunziata; S. Giuseppe, ossia Orfanotrofio esistente
in S. Berardo.
A questo Testamento sono correlati una integrazione, ovvero
Integrazione al Testamento di Maria Rustici, e i Lasciti Pii dalla fu D.
Maria Rustici per cui si veda l’Appendice documentaria al presente
Capitolo.
6.2 Il S. Paolo, un “bagliore tra le tenebre”, ovvero un autentico
esempio di istruzione ed educazione femminile nell’Aquila
ottocentesca
Sorto nell’ultimo ventennio del Settecento, nei Reali Dominii al di qua del
Faro, nell’Abruzzo Ultra (poi, ad opera di Giuseppe Buonaparte, che
riformò la ripartizione territoriale del Regno di Napoli - con le Legge n.132
del 1806 Sulla divisione ed amministrazione delle province del Regno -
469
Vd. ADA, Busta 605, fasc. 2, Testamento di Donna Maria Dragonetti ne’ Rustici,
Aquila 4 aprile 1821, punto 1°, p. 1.
470
Nella provincia
dell'Aquila,
l'unità
locale
di
misura,
più
usata,
della superficie in agraria è la coppa; il valore della coppa è variabile da comune a comune
della provincia; nel Capoluogo corrisponde a 6,22 are, ossia a 622 m2. Vd. A.
FERRARIO, Piccolo dizionario di metrologia generale, Nicola Zanichelli Editore, Bologna,
1959.
471
Un’altra unità locale di misura sono i Destri; 50 Destri equivalgono ad 1 coppa. Vd. A.
FERRARIO, op cit.
472
ADA, Busta 605, fasc. 2, Testamento di Donna Maria Dragonetti ne’ Rustici, Aquila 4
aprile 1821, punto 1°, pp. 2-3.
196
divenuto “Abruzzo Ulteriore Secondo” con capoluogo l’Aquila 473), lo
stabilimento S. Paolo rappresenta un “bagliore di lampi nelle tenebre”, per
usare le parole di uno scrittore autoctono di quell’epoca, Enrico Casti; questi
in merito affermò:
«[…] Dopo qualche nuova luce d’istruzione educativa un po’ diffusa anche nel
popolo che sembrava essersi riaccesa nella metà del Settecento […] dal 1799 in
poi, per le continue rivoluzioni e controrivoluzioni che conturbarono l’Italia
meridionale fino al 1860 quella luce è come un bagliore di lampi cui succedono più
fitte tenebre e paurose474».
È chiaro che con la metafora delle tenebre E. Casti alludeva al Decennio
francese prima (1806-1816) e alla Restaurazione borbonica poi (1816
Ferdinando IV-1848 Francesco II); la storiografia, d’altronde, ha
ampiamente sottolineato l'inadeguatezza, specie di quest’ultimo periodo, nel
campo dell'istruzione popolare.
Nell’atro scenario indicato da E. Casti, lo stabilimento S. Paolo
rappresenta il successo di una prassi educativa rivolta ai ceti sociali più
umili e che, in più, si adattava alle esigenze di varie “cellule” comunitarie
che coesistevano al suo interno, fornendo un’istruzione femminile che, ad
eccezion fatta per coloro che sceglievano di vestire l’abito religioso, era
legata alla volontà di riprodurre schiere di buone madri di famiglia,
fornendo loro una alfabetizzazione elementare, seppur privilegiando le
pratiche religiose, una buona condotta e addestrate ai lavori donneschi che
erano «[…] Considerati altrettanto indispensabili dell’alfabeto
all’educazione della donna475».
Nello stabilimento S. Paolo si possono ravvisare diverse cellule
comunitarie: le fanciulle orfane, le educande, le maestre convittrici, le
novizie con relative maestre e persino le esercitanti (donne che vi si
ritiravano qualche giorno per praticare gli esercizi spirituali); ciò implica
indubbiamente la coesistenza di diverse entità in un unico nucleo che
includeva: conservatorio, scuola, educandato, comunità religiosa.
Dunque il S. Paolo fu molto più che una semplice scuola o un semplice
conservatorio, simboleggiando una struttura formativa tout-court per lo più
473
In merito si vedano: G. DE SANCTIS (a cura di), Dizionario statistico de' paesi del Regno
delle Due Sicilie, Stamperia e Cartiera del Fibreno, Napoli, 1840. G. DE SANCTIS,
Dizionario statistico de paesi del Regno delle Due Sicilie al di qua del faro, pubblicato da
F.D., Tipografia dell’Industria, Napoli, 1848; V. BALDASSARRE, Dizionario statistico de
paesi del Regno delle Due Sicilie al di qua del faro, Tipografia di L. Nobile, Napoli, 1818;
P. PETITTI [barone] (a cura di), Repertorio amministrativo ossia Collezione di leggi, decreti,
reali rescritti, ministeriali di massima, regolamenti, ed istruzioni sull’amministrazione
civile del Regno delle Due Sicilie, Stab. Tip. di P. Androsio, Napoli, 1859.
474
E. CASTI, Sinopsi Storica dell’antica città d’Amiterno ne’ Sabini, Tipografia Aternina,
Aquila, 1887, p. 51.
475
S. SOLDANI, Il libro e la matassa. Scuole per «Lavori Donneschi» nell’Italia da
costruire, in S. SOLDANI (a cura di), L’educazione delle donne, Franco Angeli, Milano,
1989, p. 88.
197
gratuita, in cui l’impegno sociale della Chiesa continuava a realizzarsi anche
in un secolo in cui il progetto di autodeterminazione di un paese si
esprimeva attraverso i fermenti di nuove idealità e laceranti contrasti.
A riprova del fatto che nel S. Paolo coesistessero diverse entità
comunitarie è quanto si legge nel libretto manoscritto, di 38 pagine,
intitolato Regole e Costituzioni per le Sorelle Agostiniane e Convittrici nel
Monastero del Bambin Gesù annesso alla Chiesa di S. Paolo della città
dell’Aquila.
Articolato in XIX Capitoli, dopo un proemio di 2 pp., in cui si ribadisce
la necessità di regole fisse per garantire il buon funzionamento di «ogni Pia
fondazione476» e che si chiude invocando «[…] L’ajuto del Signore fatto per
amor nostro Bambino, e coll’assistenza della sua divina madre Maria, e del
glorioso S. Agostino477», è in particolare nei Capp. I, V, VII, VIII, IX dove
si palesa la coesistenza nell’istituto di diverse anzidette entità; ciò è
intellegibile già dai titoli dei Capitoli che sono: Cap. I, Del Fine della
Istituzione delle Sorelle Maestre Convittrici; Cap. V, Della Maestra delle
Novizie; Cap. VII Della Maestra delle Educande; Cap. VIII Dell’Educande
ed Educandato; Cap. IX Delle Maestre delle Fanciulle che concorrono ala
Scuola.
Le Maestre convittrici – che, ricordiamo, alla fondazione dell’Istituto
erano quattro oblate del Bambin Gesù di Roma poste sotto la regola di S.
Agostino e solo nel tempo, ovvero dal 1836, furono sostituite con le maestre
secolari amovibili – dovevano condurre una vita irreprensibile, applicandosi
con tutto l’impegno nella propria spirituale perfezione, osservando i tre voti
di povertà, castità ed obbedienza e una somma “ritiratezza”; esse dovevano
formare donne forti e virtuose, buone madri di famiglia, dunque:
«[…] Renderle perfette in tutte le virtù civili, e morali, essendo loro incarico
insegnare alle fanciulle il leggere, e scrivere, come ancora l’abbaco, e le arti
donnesche, come sono il filare, cucire: ed in tal guisa giovano a se stesse, e alle
famiglie ove sono, dove anderanno, ed al pubblico tutto, mantenendo e
perfezionando tali arti vantaggiose in una città, e saranno così un giorno, non solo
altrettante maestre di famiglia simili a quelle descritte dall’Ecclesiaste, ma sibbene
ancora altrettante maestre valevoli, ed atte a formare nelle lor case altre
maestre478».
Gli obiettivi che la maestra convittrice doveva prefiggersi rispecchiavano
appieno l’intento educativo caratterizzante il XIX secolo, «[…] Dato che
476
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regole e costituzioni per le Sorelle agostiniane e Convittrici
nel Monastero del Bambino Gesù annesso alla Chiesa di S. Paolo della città dell’Aquila, p.
1.
477
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regole e costituzioni per le Sorelle agostiniane e Convittrici
nel Monastero del Bambino Gesù annesso alla Chiesa di S. Paolo della città dell’Aquila, p.
2.
478
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regole e costituzioni per le Sorelle agostiniane e Convittrici
nel Monastero del Bambino Gesù annesso alla Chiesa di S. Paolo della città dell’Aquila, p.
4.
198
l’Ottocento è il secolo che esalta la funzione materna unita a quella di
educatrice479».
Circa la Maestra delle novizie, essa doveva essere «uno specchio senza
macchia posto innanzi agli occhi delle sue discepole480» da cui dipendeva il
buon andamento del conservatorio e della scuola. Oltre ad osservare i tre
voti religiosi, doveva, essere la più zelante, ma al contempo discreta e
prudente, tra le oblate e la sua elezione doveva avvenire ogni tre anni.
Quanto stabilito per le Maestre delle novizie: «[…] S’intende
proporzionalmente della Maestra delle Educande se non che avendo questa
in mano piante più tenere, deve coltivarle con industria meno austera 481»,
vigilando sempre sulle fanciulle affinché nessuna di queste non «[…]
Venisse a perdere l’innocenza, o imbrattasse con atti o discorsi la santa
purità, e modestia, che dev’essere il bel giglio, che distingue le figliuole di
Dio482», per questo la maestra doveva anche cambiar spesso di posto le
alunne a scuola, nel coro, dei letti, ecc., in modo da evitare che queste
allacciassero amicizie troppo strette tra loro.
Alla Maestra delle fanciulle che frequentano la scuola è richiesta, oltre
che la solita vita esemplare, anche una “scienza sufficiente” per
l’insegnamento della dottrina cristiana, i lavori manuali donneschi e
un’istruzione elementare che: «[…] Sarà sempre secondo la Dottrina
spicciola e generale del Ven. Cardinal Roberto Bellarmino483 ed i libri
479
G. PADOVANI, Aspetti sociali dell’alfabetismo delle spose. Il caso di Parma, in S.
SOLDANI (a cura di), op cit., p. 201.
480
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regole e costituzioni per le Sorelle agostiniane e Convittrici
nel Monastero del Bambino Gesù annesso alla Chiesa di S. Paolo della città dell’Aquila, p.
6.
481
Idem.
482
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regole e costituzioni per le Sorelle agostiniane e Convittrici
nel Monastero del Bambino Gesù annesso alla Chiesa di S. Paolo della città dell’Aquila, p.
18.
483
«[…] Dietro richiesta del Cardinale Tarugi, scrisse il Catechismo breve e l’altro più
grande, che dopo poco furono stampati e diffusi in molti luoghi» (Cfr. R. BELLARMINO,
L’Autobiografia, cit., p. 63), con queste parole Bellarmino lasciava ai posteri testimonianza
del suo impegno catechistico nella stesura di due distinti catechismi; il primo è la Dottrina
cristiana breve perché si possa imparare a mente, pubblicata a Roma nel 1597; il secondo,
apparso l’anno seguente, è la Dichiarazione più copiosa della Dottrina Cristiana. In merito
a quest’ultima, lo stesso Bellarmino ne da notizia al fratello Tommaso in una lettera spedita
a Roma nel 1598 in cui scrive: «[…] Ho fatto per ordine di N. S.r una dichiarazione della
Dottrina cristiana, la quale è stampata, come viene il mulattiere ne darò cinque copie, che
potranno servire per libro spirituale per codeste donne, cioè la consorte di V. S. Camilla,
Caterina con l’altre monache, la sig.ra Laudomia, et la sig.ra Anna» (X. M. LE BACHELET,
Bellarmin avant son cardinalat. 1542-1589. Corrispondence et Documents, Paris,
Beauchesne, 1911, pp. 432-433). Le due Dottrine cristiane furono approvate da Clemente
VIII con il Breve Pastoralis Romani datato a Ferrara 15 luglio 1598, con cui ne
raccomandava la massima diffusione, la imponeva come unico testo nello Stato della
chiesa, concedendone il monopolio di stampa alla Confraternita della Dottrina Cristiana a
cui sarà rinnovato fino al sec. XIX. L’intervento papale era di poco successivo al divieto
definitivo della lettura della Bibbia in volgare avvenuto nel 1596 con la pubblicazione
dell’indice clementino. Del Catechismo breve si ebbero ben 56 versioni in altre lingue e più
di 500 edizioni. La fortuna del catechismo bellarminiano, scrive Pietro Stella è da inserire
«[…] Nel quadro di antico regime dell’area italiana» (P. STELLA, Il Catechismo in Italia e
199
cattolici, che hanno presentemente. Non sarà perciò lecito in verun tempo
introdurre nuove dottrine, nuovi catechismi, nuove istruzioni o manoscritte
o stampate fuori dalle anzidette».
Le maestre dovranno provvedere a suddividere le fanciulle in più classi
in base alla loro età e cioè: «delle piccole, delle mezzane, e delle grandi, ed
in ciascuna classe s’insegneranno le cose, che convengono484»; nell’istruire
le fanciulle, esse dovranno fare attenzione a tre “difetti”: la noia,
l’impazienza e l’ammirazione.
Le fanciulle del S. Paolo saranno, dunque, istruite dalla maestra nel
leggere, scrivere, far di conto, nella dottrina cristiana, nei lavori domestici,
nel cucinare, come pure nelle arts d’agrément; le fanciulle del S. Paolo,
infatti, erano esperte nel:
«[…] Far merletti stupendissimi, e ricamo in lana, in seta, in oro, in figure come
in ogni più fiorente istituto; a segno che le giovani educande in questo Istituto sono
state ricevute senza dote nei varii Monasteri di clausura di questa città, ed in quello
di Cittaducale, ove la loro rinomanza di abilissime Maestre di lavori ha fatto sì che
vari padri di famiglia di nascita civile vi abbiano messe le loro figlie in
educandato485».
(La trascrizione di tutti i predetti Capitoli è riportata integralmente nella
Appendice documentaria al presente Capitolo).
Si sottolinea che la scuola/conservatorio S. Paolo – poi, dalla seconda
metà dell’Ottocento, educandato per fanciulle di famiglie agiate - seppur dal
1836, con l’immissione delle maestre laiche amovibili, assunse un carattere
laicale, il suo impianto rimaneva sempre legato al modello conventuale,
l’unico, d’altronde, a cui era possibile riferirsi, anche per quanto concerne
l’ordinamento disciplinare.
Seppur in forma meno rigida, infatti, alle alunne veniva imposta una sorta
di “clausura” al fine di preservare in loro la religiosità, sottomissione,
modestia e verginità.
L’educazione delle fanciulle nel S. Paolo, come pure nella scuola S.
Giuseppe, rimase sempre legata ad abbondanti pratiche religiose, disciplina,
severa e onnipresente controllo e, per quanto riguardava l’istruzione,
sussisteva una svalutazione dello studio e dell’attività intellettuale, per
premiare, invece, qualità squisitamente femminili individuate nella buona
condotta e nell’applicazione ai lavori donneschi.
Francia in età moderna, in «Salesianum», XLIX, 1987, 1-2, pp. 303-322, in particolare p.
309), e cioè in quel meccanismo che vide l’episcopato italiano del Seicento privo di una
forte tradizione catechistica precedente, ampiamente disponibile ad adottare per
l’insegnamento catechistico nella propria diocesi la Dichiarazione della Dottrina
Christiana di Bellarmino accanto al Catechismus ad parochos.
484
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regole e costituzioni per le Sorelle agostiniane e Convittrici
nel Monastero del Bambino Gesù annesso alla Chiesa di S. Paolo della città dell’Aquila, p.
21.
485
ADA, Busta 605, fasc. 2, Memoria per l’Istituto delle Scuole Pie del Bambin Gesù in
Aquila, pp. 6-7.
200
In tal senso le scuole di S. Paolo hanno evidentemente un carattere
confessionale, essendo obbligatorio l’insegnamento della dottrina cristiana e
l’esercizio delle pratiche religiose, come si desume dalle regole del 23 aprile
1783 e dal successivo regolamento del 1871.
I programmi didattici, così, rappresentavano maggiormente un
“ornamento” ad un necessario aspetto pratico e casalingo legato alla volontà
di «riprodurre schiere di buone madri di famiglia486» e perfette cristiane.
Ma come funzionava la scuola nell’Istituto S. Paolo?
Questo quesito trova presto una risposta qualora si legge quanto impresso
nel volumetto non rilegato, composto da 6 pp., intitolato Regolamento per lo
servizio interno delle Scuole Pie delle fanciulle negli Stabilimenti di S.
Paolo e S. Giuseppe in Aquila, datato Aquila, dicembre 1855.
Detto Regolamento si compone di 27 articoli che riguardano
principalmente le materie scolastiche che le fanciulle dovevano seguire
(programmi) con i relativi testi da adottare, l’orario delle lezioni, gli esami
da sostenere e le modalità, il ruolo della Priora e della Commissione, ecc.
Nel regolamento quanto stabilito per il S. Paolo è rivolto anche alla
scuola S. Giuseppe che, si ricorda, fu fondata nel 1809 dalla Commissione
Amministrativa di Beneficienza, occupò i locali dell’ex orfanotrofio S.
Giuseppe, e aveva le stesse finalità della scuola S. Paolo ma con la
differenza che era affidata esclusivamente all’operato di maestre laiche
amovibili dipendenti, pertanto, elusivamente dalla Commissione
Amministrativa di Beneficienza e, dunque, dagli Enti Locali.
Nell’anzidetto Regolamento, infatti, dopo aver sottolineato che trattasi di
istituti di educazione per sole fanciulle della classe più umile, si stabilisce:
a. Apertura, chiusura ed orario della scuola (art. 2): essa avrà inizio il 3
novembre e fino a tutto il mese di aprile rispetterà il seguente orario:
dalle 8:00 alle 12:00 e, dopo la pausa pranzo, alle 13:00 riprenderà
fino alla sera, alle ore 23:00. Successivamente, dal 1 maggio a tutto
settembre, la scuola inizierà alle ore 7:30 fino alle 11:30 per
riprendere nel pomeriggio dalle 14:30 alle 23:00. Le alunne
dovranno trovarsi sempre in classe mezz’ora prima dell’inizio delle
attività (art. 3); nel Regolamento si legge:
«[…] La mattina quattro ore prima il mezzogiorno, la sera un’ora dopo il
mezzogiorno e termineranno alle ore ventitre; dal 1° maggio poi a tutto
settembre principieranno la mattina quattro ore e mezzo prima
mezzogiorno, e termineranno mezz’ora prima mezzogiorno, la sera due ore
e mezzo dopo mezzogiorno e termineranno alle ore ventitre 487».
La scuola rimarrà chiusa per vacanza (art. 4): tutte le domeniche e le
feste di doppio precetto; tutti i giorni di Gran Gala di Corte; tutti i
486
S. FRANCHINI, Gli Educandati nell’Italia post-unitaria, in S. SOLDANI (a cura di),
L’educazione delle donne, Franco Angeli, Milano, 1989, p. 76.
487
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno delle Scuole Pie delle
fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855), art. 2, pp.
1-2.
201
venerdì di marzo; dal 24 dicembre sino al 1° di gennaio incluso;
dall’ultimo giovedì del carnevale sino al giorno delle ceneri incluso;
dal mercoledì della settimana Santa fino al martedì dopo Pasqua
incluso; dal primo ottobre fino al 3 di novembre incluso.
b. Lo scopo primario dei due istituti (art. 1):
«[…] Lo scopo principale di ambedue le istituzioni è quello d’insegnare
gratuitamente alle fanciulle povere della città di Aquila la Dottrina
Cristiana, i doveri della religione, l’onestà di vivere, i lavori donneschi
convenienti all’età e alla condizione delle giovinette, le nozioni preliminari
del leggere e scrivere italiano, le quattro operazioni dell’aritmetica, leggere
la lingua latina, ed il galateo488».
Le fanciulle che potranno essere ammesse a questi istituti dovranno
avere un’età compresa tra i 6 ed i 20 anni (art. 10).
c. Il ruolo della Priora, direttrice dello Stabilimento (art. 5): essa darà
tutti gli ordini per il servizio interno dell’istituto, curando
l’esecuzione dei Regolamenti. Ad essa saranno diretti gli uffizî e gli
ordini per l’ammissione delle alunne489; regolerà altresì i diversi
impegni delle Maestre, che debbono da essa dipendere sia per i
tempi dell’istruzione, sia per il tempo in cui rimarranno nello
Stabilimento, nonché per gli altri obblighi che dette maestre debbono
adempiere nei riguardi dell’ istituto. La Priora avrà la cura di un
registro (art. 15) in cui annoterà i dati anagrafici delle alunne, il loro
profitto scolastico, la frequenza delle lezioni, ecc.:
« […] La Priora dello stabilimento terrà uno stato esatto, in cui saranno
seganti i nomi e i cognomi delle giovanette che frequentano la scuola, l’età,
i nomi dei genitori, il domicilio e la parrocchia, il giorno dell’ammissione,
l’assiduità, l’applicazione ed il profitto: tale stato che contesta il numero
488
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno delle Scuole Pie delle
fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855), art. 1, p.
1.
489
Per l’ammissione negli Istituti d’educazione S. Paolo e S. Giuseppe era obbligatorio un
certificato del parroco attestante la buona condotta morale e religiosa delle fanciulle e l’età
congiuntamente ad una lettera di presentazione, indirizzata alla Priora, sottoscritta dal
Presidente della Commissione Luoghi Pii del Comune dell’Aquila: «[…] Non potrà
riceversi alla istruzione una giovanetta se non presenti alla Priora un biglietto di
ammissione. E poiché ambedue gli Stabilimenti dipendono dalla Commissione
Amministrativa de’ Luoghi Pii del Comune di Aquila, tale biglietto verrà rilasciato dal
Sindaco Presidente della Commissione, o da ciascuno membro di essa». Ogni fanciulla, al
momento dell’ammissione, doveva essere accompagnata fisicamente da un genitore o
chiunque avesse la sua cura. ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno
delle Scuole Pie delle fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila
(dicembre 1855), artt. 7-8, p. 2. Per l’ammissione negli stabilimenti S. Paolo e S. Giuseppe
si vedano anche gli artt. 9-10 dell’anzidetto Regolamento; per l’espulsione gli artt. 12-14.
202
delle alunne e lo andamento della scuola, sarà presentato dalla Priora ai
Superiori allorché ne lo richiederanno 490».
d. Istruzione diversificata per classi: la Priora dividerà l’istruzione in
due classi ciascuna con diverse materie e metodologie
d’insegnamento (art. 16). Nella CLASSE PRIMA si insegneranno: Arti
donnesche convenienti all’età e condizione delle giovanette; nozioni
preliminari di leggere e scrivere; catechismo di Dottrina cristiana e
dei doveri. Nella CLASSE SECONDA si insegneranno: arti donnesche in
generale; leggere e scrivere secondo il metodo normale; catechismo
della Dottrina cristiana e dei doveri, con le principali cognizioni
della Bibbia, le prime operazioni dell’aritmetica; lettura della Lingua
Latina; il Galateo.
e. I libri destinati all’istruzione tanto nella prima quanto nella seconda
classe, sono i seguenti (art. 17): La Dottrina cristiana per uso della
Diocesi dell’Aquila; L’Abbecedario di Muni (?); Il Libro delle
Vergini491; Le glorie di Maria Santissima di S. Alfonso de Liguori492;
La vita di Gesù Cristo e la spiegazione delle Epistole e degli
Evangelisti; L’Uffizio della Beata Vergine e Maria in Latino493.
f. È espressamente proibito alla Priora ed alle Maestre di poter ricevere
alcun pagamento, sussidio494, o dono, di qualunque specie dalle
490
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno delle Scuole Pie delle
fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855), art. 15, p.
4.
491
Con molta probabilità si tratta del Leggendario delle santissime vergini le quali volsero
morire per Nostro Signore Giesu Christo, per mantenere la sua fede. Nuovamente
ristampato con aggiunta nel fine di nuove sante vergini, le quali non sono state più
stampate nel presente libro, Stamperia Felice Mosca, Napoli, 1733; può trattarsi, però,
anche del Leggendario delle sante vergini e martiri le quali morirono per il nostro Signore
Gesù Cristo per mantenere la sua santa fede. In questa edizione aggiuntavi la vita di Maria
Vergine, e di varie altre sante non più stampate nel presente libro, Stamperia Gio:Battista
Vendramini Mosca, Vicenza, seconda metà del secolo XVIII, periodo di attività della
stamperia.
492
Forse si tratta di: Le glorie di Maria Santissima opera del B. Alfonso Maria de' Liguori
Vescovo di S. Agata de' Goti ... tradotta dalla lingua italiana nell'idioma arabo dall'Ill.mo e
R.mo Monsignor Massimo Mazlum, Roma, Stamperia della S. Congregazione De
Propaganda Fide, 1827.
493
Si tratta del testo: Officium Beatae Mariae Virginis S. Pii V. Pontificis Maximi jussu
editum, et Urbani VIII. auctoritate recognitum, con l'uffizio de' morti, sette salmi, ed altre
divote orazioni, e divozioni, ex Typographia Remondiniana, Venetiis,1758.
494
Le scuole del S. Paolo ricevevano un sussidio annuo dal Comune pari a Ducati 350,00
annui fin dal 1854, ma già dal 1810 il Comune medesimo somministrava Ducati 400,00
«come supplemento di dotazione» sia alla scuola S. Paolo sia alla scuola S. Giuseppe,
«oltre qualche altra somma che il Comune medesimo potrebbe proporre di aggiungere al
Disnesso», cioè allo Stato Disnesso Comunale (Cfr. ADA, Busta 605, fasc. 2, Memoria per
l’Istituto delle Scuole Pie del Bambin Gesù in Aquila, p. 13). La Memoria fu scritta il 6
febbraio 1858 dal Vice Presidente del Consiglio degli Ospizî per il Vescovo della diocesi
aquilana, allegata al documento intitolato Comunicazione del Vice Presidente del Consiglio
degli Ospizî, Aquila 6 febbraio 1858, al fine di informare il Vescovo: «[…] Sulla storia
203
giovanette e dalle loro famiglie per la loro istruzione (art. 22); la
Priora e le Maestre dovranno essere imparziali nel giudizio sulla
istruzione delle fanciulle (art. 23).
g. Esami generali (tempi e modi): si terranno nel mese di settembre di
ciascun anno alla presenza delle Autorità costituite e di ogni altro
che si crederà d’invitare. I giorni degli esami saranno fissati dal
Vescovo, progressivamente per le diverse classi, inoltre:« […] Si
esporranno all’esame le alunne, presentando le diverse specie dei
lavori donneschi da loro eseguiti, e ponendosi pure la istruzione
ricevuta a norma di quanto trovasi stabilito nell’articolo 16 del
presente Regolamento495». Le alunne dovranno presentarsi agli
esami vestite in modo semplice e decoroso.
A partire dal 1836, però, l’operato delle maestre/oblate del San Paolo
iniziò a subire lente ma insidiose aggressioni per il loro rifiuto di trasferirsi
in un locale diverso da quello che occupavano alla data di fondazione del S.
Paolo, cioè l’ex collegio dei PP. Barnabiti; alle religiose veniva richiesto di
lasciare libero lo stabile che doveva essere occupato da un educandato per
fanciulle appartenenti alla classe agiata aquilana guidato delle Figlie della
Carità.
A tal fine, dopo averne incamerate le rendite, si farà in modo di far
estinguere la piccola comunità di maestre religiose del S. Paolo (oblate
agostiniane del Bambin Gesù di Roma), impedendo loro l’emissione di voti
perpetui presso l’istituto ed imponendo, per il notevole avvicendamento
determinato dall’età, le maestre secolari amovibili496.
Il vice Presidente del Consiglio degli Ospizî, stilando una Memoria
sull’Istituto S. Paolo rivolta al Vescovo, Mons. Luigi Filippi, in data 6
febbraio 1858, scrisse:
«[…] Per poter ciò effettuare non permisero che, venendo a morte una delle
Maestre Pie, fosse rimpiazzata da altra che vestisse l’abito dello stesso Istituto, ma
fosse rimpiazzata, come si è detto, da una Maestra che vi fosse ricevuta come
semplice stipendiata amovibile. E questo spiega come attualmente esista solo la
larva del detto Istituto nella persona della Priora Maria Luisa Palesse, che ne
commise la professione sin dal 1825, e le altre tre Maestre siano secolari,
comunque, salvo il solo abito che non abbiano indossato, conservano tutte lo spirito
del benemerito Istituto delle Maestre Pie del Bambino Gesù».
veritiera della fondazione dell’istituto S. Palo, le fasi che ha subito sinora, e lo stato in cui
è al presente […]» (ADA, Busta 605, fasc. 2, Comunicazione del Vice Presidente del
Consiglio degli Ospizî, Aquila 6 febbraio 1858, p. 2).
495
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno delle Scuole Pie delle
fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila (dicembre 1855), art. 26, p.
5.
496
Sulla condizione di “amovibilità” e “inamovibilità” delle Maestre del S. Paolo si veda il
manoscritto, di sei facciate, Precisazioni sulle maestre pie, sulle Figlie della Carità e sullo
stato della Casa di Educazione S. Paolo (ADA, Busta 605, fasc. 2) trascritto integralmente
nella Appendice documentaria al presente Capitolo.
204
In effetti nella città dell’Aquila e del contado, fino almeno al 1840, non
esisteva un educandato deputato ad accogliere fanciulle di civile condizione
figlie del patriziato e della classe benestante «[…] Mentre tutte le classi
inferiori di questa città ne sono bene ed abbondantemente provvedute 497»;
questo compito, ovvero quello di educare dette fanciulle benestanti seppur
in una scuola esterna e non con formula convittuale/collegiale, era deputato
al Conservatorio di SS. Teresa e Orsola, dove le suore Orsoline avevano
l’obbligo per loro fondazione di fare scuola alle fanciulle esterne ma, come
già detto nei Capitoli precedenti e, come ricorda il Vescovo L. Filippi nel
manoscritto Precisazioni sulle Maestre pie, sulle Figlie della Carità e sullo
“stato” della Casa di Educazione S. Paolo:
«[…] Questa non essendosi potuta istituire per mancanza di locale, quelle suore
si sono a poco a poco dimenticate dello scopo principale della loro istituzione, e si
credevano già a livello degli altri Monasteri di clausura: cosicché tre anni addietro
non volevano permettere l’ingresso nemmeno al Vicario Generale nell’interno del
Conservatorio ed io dovei richiamarle con mezzi coercitivi alla vera intelligenza
della loro Regola, ed ora mi sto occupando per far restaurare in un locale vicino a
detto Conservatorio per addirlo alla Scuola esterna a cui dette suore sono
obbligate498».
Così il desiderio di creare una “novità” - cioè un educandato per fanciulle
benestanti di civile condizione gestito dalla Commissione Amministrativa di
Beneficienza – e l’ammirazione per i cosiddetti metodi “attuali” e
“moderni” d’insegnamento, «[…] Laddove la classe dei proprietari
mancava di un Istituto per le proprie figliuole499», fece insorgere il pensiero
tra coloro che erano preposti all’amministrazione della res publica di
fondare un educandato per queste fanciulle e: «Sin dal 1836 proposero di
addirvi il locale di S. Paolo e di chiamare le Suore della Carità a
dirigerlo500».
6.3 Un educandato per fanciulle della classe agiata aquilana nel S.
Paolo
Volendo necessariamente realizzare anzidetto educandato per le fanciulle
appartenenti alla classe agiata aquilana nei locali del S. Paolo, nel 1840 la
Commissione Amministrativa di Beneficienza «maneggiò 501», ovvero si
adoperò in maniera discutibile, sia presso il Consiglio distrettuale sia presso
497
ADA, Busta 605, fasc. 2, Memoria per l’Istituto delle Scuole Pie del Bambin Gesù in
Aquila, p. 13, in ADA, Busta 605, fasc. 2, Comunicazione del Vice Presidente del
Consiglio degli Ospizî, Aquila 6 febbraio 1858.
498
ADA, Busta 605, fasc. 2, Precisazioni sulle Maestre pie, sulle Figlie della Carità e sullo
“stato” della Casa di Educazione S. Paolo, pp. 1-2.
499
ADA, Busta 605, fasc. 2, Precisazioni, op cit., p.7.
500
Idem.
501
Idem.
205
il Consiglio provinciale perché si avanzasse una proposta a sua Maestà, Re
Ferdinando II di Borbone, la fondazione di un educandato “nobile” da dover
esser diretto dalle Suore della Carità di Rosalie Thouret502. Sia l’uno che
l’altro Consiglio, così, assegnarono Ducati 1800 sui fondi provinciali per la
riduzione del locale di S. Paolo ad educandato interno e Ducati 412, sui
medesimi fondi provinciali, per il mantenimento delle Suore della Carità
oltre alle rendite del S. Paolo accresciute dall’annuo sussidio del Comune.
Il Re Ferdinando II, credendo che si trattasse di una fondazione ex novo
da farsi all’Aquila e, soprattutto, credendo che il locale S. Paolo fosse vuoto,
ovvero fosse qualche monastero soppresso, approvò la proposta disponendo
che la riduzione del locale si facesse a spese del Comune dell’Aquila e che
il mantenimento delle Suore della Carità gravitasse sui Comuni più agiati
della provincia.
Questo avallo reale, però, rimase ineseguito dacché incontrò la ferma
opposizione dell’allora Vescovo G. Manieri il quale protestò tenacemente
contro la violazione che si sarebbe fatta all’ultima volontà della fondatrice e
benefattrice del S. Paolo, donna Maria Dragonetti Rustici, la quale aveva
eretto l’istituto per porlo sotto l’egida delle cosiddette maestre pie, le oblate
del Bambin Gesù di Roma, e per destinare questo istituto all’educazione
delle fanciulle povere e svantaggiate; in questo donna Maria Dragonetti fu
molto precisa tant’è che non permise nemmeno a sua nipote, di famiglia
patrizia, di iscriversi al S. Paolo.
Morto Monsignor G. Manieri e con lui ogni impedimento, il progetto di
istituire un educandato per fanciulle nobili si ripristinò e il Consiglio degli
Ospizî tornò alla carica per realizzarlo.
Il 24 febbraio 1852 il Consiglio degli Ospizî fece deliberare dalla
Commissione Amministrativa di Beneficienza che le maestre del S. Paolo
dovevano trasferirsi nei locali della Scuola S. Giuseppe, preso a pigione dal
Comune, ma questa deliberazione «ebbe parità di due voti negativi contro
due affermativi503», pertanto non fu possibile deliberare quanto stabilito.
Così il Consiglio degli Ospizî, avvalendosi di una deliberazione
“studiata”, ingannevole e distorta, invia al Regio Ministero con rapporto diei
502
Sulle Suore della Carità si vedano: P. AROSIO, R. SANI, Sulle orme di Vincenzo de’
Paoli. Jeanne-Antide Thouret e le Suore della Carità dalla Francia rivoluzionaria alla
Napoli della Restaurazione (1765-1826), Milano, Vita e Pensiero, 2001; R. SANI, A.
ASCENZI, Vita religiosa, carità ed educazione nell’Italia dell’Ottocento. Rosalie Thouret e
la fondazione della Provincia modenese delle Suore della Carità (1834-1853), Alfabetica,
Macerata, 2007; L. MEZZADRI, Giovanna Antida Thouret: il coraggio della carità, San
Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1998; R. SANI, Ad Maiorem Dei Gloriam, EUM, Macerata,
2009, pp. 98-134.
503
ADA, Busta 605, fasc. 2, Memoria per l’Istituto delle Scuole Pie del Bambin Gesù in
Aquila, p. 9, in ADA, Busta 605, fasc. 2, Comunicazione del Vice Presidente del Consiglio
degli Ospizî, Aquila 6 febbraio 1858.
206
24 aprile 1852, n. 1224, codesta deliberazione dove non viene affermato che
le maestre del S. Paolo non adempissero più ai loro doveri o: «[…] Fossero
insufficienti a dare alle fanciulle povere la istruzione che lodevolmente
avevano dato sino a quell’epoca504», ma, con molta arguzia, viene
enfatizzata l’esigenza di fornire un insegnamento nuovo, basato su metodi
“attuali” e moderni, cioè: «[…] Che comprendesse oltre alla istruzione nella
Dottrina cristiana, nel leggere, scrivere e far di conto, cucire, far merletti, e
ricamare, anche l’insegnamento della lingua francese, della musica, del
ballo505», metodo che doveva essere impartito non più dalle Suore della
Carità - le quali erano sì dedite all’istruzione ed educazione delle fanciulle
povere ed abbandonate presso scuole elementari gratuite, orfanotrofi e
conservatori femminili, ma altresì praticavano, sulla scia di quanto stabilito
fin dalle origini dall’Istituto delle Suore di Carità, l’istruzione di fanciulle
nobili o benestanti506 - bensì dalle Figlie della Carità perché queste si
prestavano maggiormente alla educazione delle fanciulle povere; con questo
pretesto di istruire le fanciulle povere si sarebbe ovviato al diniego del
Vescovo – che voleva far rispettare incondizionatamente la volontà di
Donna Maria Dragonetti Rustici – e provveduto anche alla ambita
istituzione dell’Educandato per donzelle di famiglie benestanti.
In merito Mons. Luigi Filippi, nella Risposta alla lettera del Ministero e
Real Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione
Pubblica, 20 Gennaio 1858, scrisse:
«Morto Manieri, i suddetti ottimisti cominciarono a mettere di bel nuovo in
campo il loro vagheggiato progetto, e per venirne a capo, vi fecero entrar l’idea di
chiamare invece delle Suore [della Carità], le Figlie della Carità, perché
prestandosi queste anche alla educazione delle fanciulle povere, non si sarebbe
trovato dalla parte del Vescovo l’ostacolo della violazione alla volontà della fu
Signora Rustici, e così sotto pretesto di istruire povere donzelle, si sarebbe
provveduto all’educandato da essi vagheggiato delle donzelle di agiate
famiglie507».
In seguito alla detta proposta del Consiglio degli Ospizî, il Regio
Ministero degli Affari Interni, credendo che le scuole S. Paolo e S. Giuseppe
504
ADA, Busta 605, fasc. 2, ibidem.
Idem.
506
Cfr. P. AROSIO, R. SANI, Sulle orme di Vincenzo de’ Paoli. Jeanne-Antide Thouret e le
Suore della Carità dalla Francia rivoluzionaria alla Napoli della Restaurazione (17651826), cit, pp. 209-210; R. SANI, A. ASCENZI, Vita religiosa, carità ed educazione
nell’Italia dell’Ottocento. Rosalie Thouret e la fondazione della Provincia modenese delle
Suore della Carità (1834-1853), cit., p. 40.
507
ADA, Busta, 605, fasc. 2, Risposta del Vescovo alla lettera del Ministero e Real
Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica, 20 Gennaio 1858,
p. 2.
505
207
in L’Aquila non fossero servite alla meglio, inoltrò a Sua Maestà la
questione e nel Consiglio di Stato dell’11 maggio 1852 approvò, dietro
avallo della Consulta, l’erezione in L’Aquila dell’istituto delle Figlie della
Carità508 per l’educazione della fanciulle e comandò che si redigesse un
progetto di Stato per il servizio interno e l’amministrazione dello
stabilimento.
Dopo diversi passaggi amministrativi, ricevuto il reale Rescritto, il
Consiglio di Stato in data 16 novembre 1853 (e considerato l’antecedente
Reale Rescritto emesso nel maggio 1852), ordinò alla Commissione
Amministrativa che:«[…] Senza perdere un giorno di tempo avesse fatto
sgomberare dalle maestre pie il locale di S. Paolo, per farvisi le
restaurazioni necessarie509» ed ospitare le Figlie della Carità.
Così si scrisse al Superiore delle Missioni di s. Vincenzo de’Paoli, da cui
le Figlie della Carità dipendevano, per chiedere di inviare in L’Aquila
alcune religiose; il riscontro fu negativo in quanto a causa della guerra in
Crimea (1853-1856), più di 200 Figlie della Carità erano state spedite in
Oriente.
Così le maestre del s. Paolo ebbero tregua e, per il momento, non si
pensò più alle Figlie della Carità; sennonché il 30 giungo 1855 il Ministero
degli Affari interni invia al Consiglio il Real Decreto del 18 maggio 1852
«[…] Per la fondazione di un Istituto delle Figlie di Carità, colle clausole
contenute nel Real Rescritto dei 11 maggio 1852510».
508
Sulle Figlie della Carità si vedano: P. AROSIO, R. SANI, Sulle orme di Vincenzo de’
Paoli. Jeanne-Antide Thouret e le Suore della Carità dalla Francia rivoluzionaria alla
Napoli della Restaurazione (1765-1826), cit.; G. BURDESE, San Vincenzo de’ Paoli e le
Figlie della Carità nelle conferenze spirituali: il martirio della carità, Jaca Book, Milano,
2010, presentazione di Richard Mc Cullen; P. CASTAGNOLI, Catechismo delle sante regoli
comuni delle Figlie della Carità, Ed. Casa Centrale San Girolamo, Siena, 1958; C.
FERRARIO, Donne Milanesi 1857-2007: storie di carità, Bietti, Milano, 2007; FIGLIE DELLA
CARITÀ DI SAN VINCENZO DE’ PAOLI, Istituto ossia Regole e Costituzioni generali della
congregazione delle Figlie della Carità sotto la protezione di S. Vincenzo de’ Paoli, Tip.
Vescovile del Pio Istituto, Brescia, 1841; M. MARCOCCHI, Esperienze di vita consacrata
femminile nel mondo tra ‘500 e ‘600 (Italia e Francia), in Vincent de Paul. Actes des
colloque International d’etudes Vicentinnes (Paris, 25-26 septembre 1981), Edizioni
Vincenziane, Roma, 1983, pp. 18-41; M. MARCOCCHI, Indirizzi di spiritualità ed esigenze
educative nella società post-rivoluzionaria dell’Italia Settentrionale, in L. PAZZAGLIA (a
cura di), Chiesa e prospettive educative in Italia tra Restaurazione ed Unificazione, La
Scuola, Brescia, 1994; L. MEZZADRI, M. PEREZ FLORES (a cura di), La Regola delle Figlie
della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli, Jaca Book Milano, 1986; R. SANI, A. ASCENZI, Vita
religiosa, carità ed educazione nell’Italia dell’Ottocento. Rosalie Thouret, cit.; C. ZENCA,
Servire …: un secolo di storia delle Figlie della Carità nell’Italia meridionale, Casa
Centrale Figlie della Carità, Napoli, 1960.
509
ADA, Busta 605, fasc. 2, op cit., p. 10.
510
ADA, Busta, 605, fasc. 2, Risposta del Vescovo alla lettera del Ministero e Real
Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica, 20 Gennaio 1858,
p. 4.
208
Detto riscontro, niente affatto positivo, congiuntamente alla notizia di
voler istituire in L’Aquila un educandato per nobili fanciulle, giunse al
Marchese D. Emidio Antonini511, nativo dell’Aquila, Ministro
Plenipotenziario di sua Maestà Ferdinando II, che subito si attivò in merito;
questi, oltre a donare a favore dell’Opera pia Ducati 2400, s’impegnò nel far
giungere in città le Figlie della Carità.
Grazie al marchese E. Antonini nel maggio 1856 giunsero all’Aquila due
Figlie della Carità dalla Casa generalizia di Roma al fine d’ispezionare i
locali del S. Paolo. Dalle ispezioni emerse che il locale aveva bisogno di
molte migliorie, che avrebbero implicato un considerevole dispendio
economico e di tempo, fattore, quest’ultimo, molto importante se si
considera che il legato Antonini era vincolato a limiti temporali, ovvero la
istituzione dell’educandato entro un anno.
Si iniziò così a pensare di trovare un altro locale, che non mancava in
L’Aquila, per l’educandato nobile e le relative Figlie della Carità.
Il Vescovo L. Filippi in merito scrisse:
«[…] Si sta vendendo per espropria un eccellente palagio con tutti i commodi
necessari per formarvi un Educandato nobile; e il prezzo non andrà oltre i 2.400
Ducati. Ho proposto alla Congregazione degli Ospizi e alla Commissione di
Beneficienza di acquistare per le Figlie della Carità questo palagio colla somma dei
1.600 Ducati già esistenti in cassa pei restauri che volevano farsi in S. Paolo, e con
511
IL BARONE, CAVALIERE D. EMIDIO ANTONINI nacque all'Aquila il 15 agosto 1787 da
Giampietro, barone di Torano e tesoriere provinciale. Dopo un tirocinio negli uffici
finanziari, entrò nella diplomazia napoletana: divenne ufficiale di I classe il 25 agosto 1822
e segretario di ambasciata a Parigi il 9 febbraio 1827. Nominato inviato straordinario e
Ministro plenipotenziario in Prussia l'11 ottobre 1833, giunto in sede il 21 giugno 1834, si
adoperò per la causa carlista. Seguendo i movimenti della diplomazia europea, l'Antonini
intuì che la Prussia con il suo prestigio morale e militare avrebbe ridato all'Alemagna unità
e forza; studiò con molta ammirazione il sistema amministrativo prussiano e lo Zollverein
(Unione doganale tedesca). Seguì i rivolgimenti del '48 in Francoforte e nel 1849 fu anche a
Vienna, finché il 14 ottobre 1849 fu trasferito a Parigi con l'incarico di occuparsi anche
della legazione a Bruxelles. La città di Parigi costituì per l'Antonini un buon osservatorio
della politica internazionale, della quale egli vedeva chiaramente certe linee. In
considerazione della grave situazione interna francese, considerò Napoleone come il
restauratore dell'ordine e trovò in ciò rispondenza in Ferdinando II che fu il primo sovrano
a riconoscere il secondo impero. L'Antonini vide l'importanza del rovesciamento delle
alleanze verificatosi in occasione della guerra di Crimea, e protestò contro il congresso di
Parigi per essere stata ivi sollevata la questione napoletana. L'attività dell'Antonini, tuttavia,
ebbe scarsi risultati, a causa dell'autoritarismo e dell'isolazionismo che Ferdinando II
imprimeva alla sua politica. Oltre a molte onorificenze ottenute all'estero, il 1ºottobre 1852
fu nominato marchese dal re di Napoli. Morì a Parigi il 10 settembre 1862. Egli è stato
considerato uno dei migliori diplomatici borbonici. (Cfr. IST. G. TRECCANI, Dizionario
Biografico degli Italiani, Antonini Emidio, Volume 3, 1961). Su E. Antonini si vedano
anche: Arch. di Stato di Napoli, Esteri, fascicoli 177, 178, 466-477, 956-958, 4756; G.
CARIGNANI, Paolo Versace, la sua vita, le sue missioni, documenti e ricordi da servire alla
storia di Napoli dal 1825 al 1860, Stabilimento Tip. dell’Unione, Napoli, 1872, pp. 4 ss; R.
DE CESARE, La fine di un Regno, Longanesi, Milano, 1980, 3ª edizione, pp. 98, 104-109,
113, 501-503 e passim.
209
altre somme che potranno aversi dagli avanzi di cassa dei SS. Pii amministratori
della Commissione e dei fondi comunali. Pel mantenimento poi di quattro F. [iglie]
d.[ella] C.[arità] potranno impiegarsi i frutti del Legato Antonini ed i D.[ucati] 350
annui, che con superiore approvazione sono fissati nello St. Disc. Comunale, e gli
altri D. [ucati] 400 che il Comune istesso può, fin dal 1808, somministrare, il quale
sta sciupando le stesse sue rendite in cose meno necessarie di questa che
interessano la questione educazione. E così si otterrà nella Città un Educandato per
le signorine senza toccare in nulla l’Istituto di S. Paolo che tassativamente è
destinato per le donzelle povere; e così nell’atto che le maestre francesi (che
espressamente devono essere sempre francesi) verranno ad insegnare le maniere
della civiltà, i costumi francesi e la lingua francese alle signorine italiane, le povere
Maestre Pie senza essere più molestate continueranno ad insegnare italianamente
alle povere figlie degli artigiani e contadini aquilani le arti donnesche necessarie ed
utili alla vita, insieme col ben parlare, leggere, scrivere, e far di conti come hanno
tanto bene fatto sinora512».
Nella comunicazione del 6 aprile 1858 del Ministero e Real Segreteria di
Stato e Affari Ecclesiastici e Pubblica Istruzione, 2° Ripartimento, n. 4982,
indirizzata al vescovo della Diocesi dell’Aquila, mons. L. Filippi, il
Direttore, F. Scarpa, comunica che, per quanto riguarda lo stabilimento S.
Paolo, esso rimarrà abitato dalle cosiddette maestre pie, ovvero sia dalle
religiose oblate del Bambin Gesù, sia dalle maestre secolari amovibili,
mentre per quanto riguarda le Figlie della Carità si dovrà trovare un accordo
con il Consiglio degli Ospizî per decidere dove destinarle513.
Circa l’effettiva istituzione in L’Aquila, durante tutto l’Ottocento, di un
educandato per fanciulle di classe agiata non si hanno fonti documentarie in
merito, pertanto se ne deduce che, forse, non venne mai istituito.
Per quanto attiene, invece, alle Figlie della Carità, esse vennero chiamate
nel 1855, come anzidetto, dal vescovo Luigi Filippi, ma giunsero all’Aquila
solo nel 1859 ospitate nel primo piano di Palazzo Carli, poi, nel 1879,
nell’ex monastero di S. Caterina da Siena in Via Sassa, dopo la morte
dell’ultima domenicana.
L’Intendente Nicola De Giorgio, nel Rendiconto al Consiglio provinciale
del 7 maggio 1860, così ne dava l’annuncio:
«In questa città han preso stanza quattro Figlie della Carità, educando per ora le
fanciulle volgari, e se vi sarà l’opportunità di trovare un acconcio locale, sarà
l’istruzione estesa alle donzelle civili, e forse aperto un educandato a tutta
pensione514».
Nel 1860, in Palazzo Carli, le Figlie della Carità aprirono una scuola di
lavoro, una scuola per le fanciulle del popolo, l’educandato e l’asilo
d’infanzia (fu poi eretto in ente morale con Regio Decreto del 22 marzo
512
ADA, Busta, 605, fasc. 2, Risposta del Vescovo alla lettera del Ministero e Real
Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica, 20 Gennaio 1858,
pp. 6-7.
513
ADA, Busta 605, fasc. 2, Figlie della Carità. Lettera al Vescovo di Aquila, Napoli 6
aprile 1858.
514
M. MORELLI, La Chiesa Aquilana dal 1860 al 1892, cit., p.180.
210
1866 ed il suo regolamento approvato dalla Deputazione provinciale il 9
luglio 1868), per le cui realizzazioni offrì una generosa donazione
l’anzidetto marchese Emidio Antonini, donazione pari a £ 10.200.
Ma oltre al fervente operato pedagogico, le Figlie Della Carità in
L’Aquila si distinsero in quello assistenziale, principiando nel 1865 il
servizio dei poveri a domicilio.
A questo servizio è in special modo legata la figura di Suor Vittoria
Coillard, nata a Parigi nel 1831, giunta all’Aquila il 28 agosto 1875
rimanendovi per 24 anni continui fino al giorno della sua morte avvenuta il
20 luglio 1899.
Della sua attività e quella delle sue consorelle, ci da notizia l’Eco Degli
Abruzzi515 formulandone un vero elogio in cui si legge che suor Coillard fu
Superiora dell’Istituto, Direttrice dell’asilo infantile, dell’Istituto
dell’Immacolata per civili fanciulle e delle scuole elementari esterne,
nonché Assistente della Conferenza di s. Vincenzo de’ Paoli.
Le Figlie della Carità a partire dal 13 maggio 1893 si occuparono anche
dell’assistenza ai malati presso l’Ospedale S. Salvatore che, come hanno
riferito Angelo Tozzi516 e Carlo Zecca, in quel tempo, versava in forte stato
di decadenza; qui rimasero fino la 1974 e il loro ritiro dall’Ospedale
provocò uno scontento generale.
Circa l’Asilo d’infanzia in Via Sassa, n. 54, fu da queste gestito a partire
dal 1888, comprendente due maestre per ben 198 alunni; l’Educandato,
invece, comprendeva cinque classi elementari ed una complementare.
Asilo ed Educandato furono entrambi visitati dal Ministro della Pubblica
Istruzione, Paolo Boselli; fu in questa occasione che un’alunna aquilana,
una certa Laura Caruso, offrì al Ministro un proprio disegno da presentare
alla Regina Margherita di Savoia la quale lo trovò molto bello, stando alla
risposta fattagli pervenire per mano della Dama d’onore Marchesa Calabrini
di Villamarina il 20 marzo 1889, congiuntamente ad un anello con pietre
preziose517.
515
La stampa laica fu molto larga di lodi nei riguardi dell’operato delle Figlie della Carità
in L’Aquila. La Gazzetta di Aquila esaltò:« […] Il locale arioso ed il programma d’umiltà
“vestuto” senza quella réclame che di solito promette ciò che non sa mantenere»; La
Gazzetta Commerciale pubblicò un articolo sulle Monache Francesi riportato poi da
L’Aquila degli Abruzzi (Cfr. M. MORELLI, La Chiesa Aquilana dal 1860 al 1892, cit.,
p.181). Della stampa aquilana anzidetta solo quest’ultimo, ovvero L’Aquila degli Abruzzi
(fondato nel 1878, chiuso nel 1881), congiuntamente a La Palestra Aternina (fondata nel
1883 dall’Arcivescovo Augusto Antonini Vicentini e morta con lui nel 1892) furono riviste
a difesa del pensiero cattolico, l’altra stampa fu spesso dichiaratamente anticlericale. Sui
periodici che all’Aquila ebbero vita nell’arco di tempo che va dal 1860 al 1892 si veda W.
CAPEZZALI (premessa di Ernesto Pontieri), Giornali aquilani dall’Unità d’Italia alla
Repubblica, Editoriale Abruzzo, L’Aquila, 1976.
516
Si veda a riguardo: A. TOZZI, L’Ospedale S. Salvatore dell’Aquila nel passato e nel
presente, Edizioni F.lli Centofanti, L’Aquila, 1956; A. TOZZI, S. Giovanni da Capestrano
fondatore dell’Ospedale San Salvatore dell’Aquila: nel 6° centenario della nascita, Ente
Provinciale per il Turismo, L’Aquila, 1986.
517
Vd. M. MORELLI, La Chiesa Aquilana dal 1860 al 1892, cit., p. 81.
211
La stessa Regina Margherita si complimentò per iscritto, in data 12
dicembre 1885, con l’istituto per la sua alacre attività educativa518.
Dopo essere andate via dal S. Caterina, nel 1914, le Figlie della Carità
riaprirono presso Casa Bonanni in via S. Marciano e vi rimasero fino al
1927, quando, per interessamento di D. Giovanni Minozzi, passarono a
gestire l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia nel convento
dell’Annunziata.
Purtroppo anche da questa sede sono andate via, per mancanza di
personale, nel 1993.
È interessante specificare che nel 1919 un gruppo di queste suore, su
invito dei Marchesi Cappelli di S. Demetrio ne’ Vestini, aprirono in questo
paese un asilo d’infanzia avente come sede un palazzo di proprietà degli
stessi marchesi, donato poi alle Figlie della Carità519.
Nella realtà aquilana, così come in altre realtà anche extra-abruzzesi,
durante l’Ottocento il riferimento alla «tradizione spirituale vincenziana 520»,
ovvero a s. Vincenzo de’ Paoli e alla sue Figlie della Carità, ebbe una
notevole influenza, aspetto che non stupisce affatto se si considera, quanto
ha osservato Roberto Sani:
«[…] L’importanza che, all’interno della Chiesa e nella coscienza cristiana
dell’epoca post-napoleonica, assume la questione di una nuova e più incisiva
presenza religiosa nella vita della società, capace di porre rimedio, attraverso una
sollecita e intelligente opera caritativa e assistenziale, alle miserie materiali e
morali e agli accresciuti bisogni prodotti dalla crisi rivoluzionaria e dalle incipienti
trasformazioni socio-economiche521».
Oppure, quanto in merito affermato da Luigi Mezzadri, ovvero:
«[…] Praticamente la maggioranza delle congregazioni femminili di vita attiva
hanno derivato o si sono ispirate al quadro di vita e allo spirito dell’istruzione
vicentina522».
Nell’Ottocento, per i fondatori dei nuovi Istituti religiosi, Vincenzo de’
Paoli non rappresentò, si badi bene, un semplice autore da cui attingere
orientamenti ed indicazioni di carattere dottrinale, ma piuttosto «[…] Il
modello di una spiritualità che si misura sulle esperienze drammatiche degli
uomini e che va a Dio non astraendo dall’uomo523».
518
Idem.
F. MURRI, Monasteri, Conventi, Case e Istituti Religiosi dell’Arcidiocesi aquilana,
I.S.S.R.A., L’Aquila, 1996, pp. 323-327.
520
R. SANI, Ad Maiorem Dei Gloriam, op cit., p. 112.
521
R. SANI, Ad Maiorem Dei Gloriam, op cit., pp. 112-113.
522
L. MEZZADRI, Quando la Legge libera il Dono, in L. MEZZADRI, M. PEREZ FLORES (a
cura di), La Regola delle Figlie di s. Vincenzo de’ Paoli, cit., p. 23.
523
R. SANI, Ad Maiorem Dei Gloriam, op cit., p. 113.
519
212
7. Trasformazione dell’Istituto S. Paolo
In seguito all’abolizione dell’insegnamento della religione nel 1876 e
della già menzionata Legge del 17 luglio 1890, si procederà, con
Deliberazione del 14 novembre 1913 della Congregazione di Carità approvata dal Consiglio comunale dell’Aquila nella tornata del 21 novembre
1913 - alla trasformazione sia del conservatorio/pia casa di educazione del
San Paolo sia della scuola S. Giuseppe, con trasformazione anche degli
oneri di culto che gravavano sugli stessi per beneficienza.
Nel manoscritto, di 7 facciate, contenente la Deliberazione 14 novembre
1913 della Congregazione di Carità, a partire dalla pagina 5 sono presenti
delle precisazioni in merito al S. Paolo e alla pretestuosa sua trasformazione.
La motivazione fornita fu la seguente:
«[…] Le Scuole di S. Paolo524 hanno evidentemente carattere confessionale,
essendo obbligatorio l’insegnamento della Dottrina cristiana e l’esercizio di
pratiche religiose. Ciò si desume dalle regole del 23 aprile 1783 e dal regolamento
del 1871. Il culto quindi che vi si esercita è inerente alla istituzione.
Mutandosi il fine principale di questa, di conseguenza il culto, che ne è accessorio,
deve subire le medesima sorte.
Anche quando volesse ritenersi /525 che l’Istituto provvede a pratiche religiose in
adempimento di legati, che siano fondazione per se stanti, essi cadono sotto la
sanzione dell’art. 91 della Legge 17 luglio 1890, il quale nel n. 3 gli dichiara
soggetti a trasformazione, quando non corrispondono ad un bisogno della
popolazione.
Il fine loro, pel mutare dei tempi, è venuto a mancare e non corrisponde punto ad
un interesse della beneficienza, la quale deve avere carattere di utilità generale.
Neppure può affermarsi che essi rispondano ad un bisogno di culto, poiché al
medesimo è ampiamente e stabilmente provveduto mediante l’ufficiatura delle
parrocchie e delle numerose chiese della Città 526».
(In merito alle Deliberazioni circa la trasformazione del s. Paolo si veda
l’Appendice documentaria al presente Capitolo).
524
Rimarcato nel testo. Cfr. ADA, Busta 605, fasc. 2, Deliberazione 14 novembre 1913
della Congregazione di Carità. Trasformazione dell’Istituto di S. Paolo, p. 5.
525
Inizio di p. 6 del manoscritto.
526
ADA, Busta 605, fasc. 2, Deliberazione 14 novembre 1913 della Congregazione di
Carità. Trasformazione dell’Istituto di S. Paolo, p. 5.
213
APPENDICE AL CAPITOLO 6
ADA, Busta 605, fasc. 1, Copia delle regole della Casa Pia di Educazione
di S. Paolo dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23
Aprile 1783
Documento manoscritto, in forma libelli, composto da 13 pp. inerenti le
Regole, approvate con Regio Assenso dal Re Ferdinando IV, da osservarsi
nella pia Casa di educazione/Conservatorio S. Paolo.
A seguire si riporta la trascrizione integrale delle Regole approvate con
Regio Assenso in data 27 marzo 1783 e spedito in Napoli il 23 aprile 1783;
nell’Immagine 1 (Copia delle regole della Casa Pia di Educazione di S.
Paolo dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23 Aprile
1783, pp. 1-4), inoltre, si riporta la scansione delle prime pagine del
manoscritto:
«Copia. Ferdinando IV Dei Gratia Rex. Utriusque Sicilie et Hierusalem Infans
Hispaniarum Dux Parme, Placentie, et Castii, ae Magne Pripy Hereditarius
Hetrurie527
Universis set Singulis seriem, inspecturis tam patibus, quem futuris subiectorum
nostrorum ex effectibus benigne charitatis accedimus, quo fit, ut ipsorum,
petitionibus gratiosis assensum nostrum regale facile, benignusque prebeamus;
nuper pro parte D. E. Marie Dragonetti De Rustici fuit Majestati Nostre porrecta
infrascripta relatio, de nostro ordine facta per Rd.um [Reverendum] nostrum
regium Cappellanum Majorem, tenoris seguentis. V. E. S.R.M.
Con biglietto della Real Camera di S. Chiara del dì 6 del corrente mese si è degnata
la M.[aestà] V.[ostra] partecipare a questa Curia, che essendo stato di vostro Real
ordine soppresso il Collegio dei PP. Barnabiti dell’Aquila, essa Real Camera (cui
tal affare fu dalla M.V. rimesso per informo, e parere) propose, che potevasi dar
luogo alla lodevol domanda fatta da D.[onna] Maria Dragonetti de Rustici di aprirsi
una scuola di educazione per uso delle donzelle povere di quella città, e che a tal
fine degnar potevasi la M. V. di accordar alla medesima la casa co’ mobili
dell’anzidetto soppresso Collegio per poter servire all’erezione di detta scuola di
educazione. Alla qual consulta di essa Real Camera essendosi la M. V.
clementemente informata, degnassi in data de’ 29 Giugno del trasandato anno
darne gli ordini corrispondenti all’Udienza Provinciale, e l’avviso alla stessa Real
Camera. Indi essendosi per parte della menzionata D. Maria Dragonetti domandato
il Regio Assenso sulle regole formate pel buon governo 528, e regolamento della
surriferita pia opera /529 è con detto biglietto degnata la M.V. di comandare a questa
Curia che avesse osservate tali regole, e riferito l’occorrente, per potersi seguito
impartire sulle medesime il chiesto Regio Assenso.
527
Traduzione: Ferdinando IV per grazia di Dio Re del Regno delle Due Sicilie, di
Gerusalemme, Duca di Parma, Piacenza, Castro e Gran Principe Ereditario della Etruria.
528
Nel manoscritto, in corrispondenza di questa frase, sul lato sinistro del foglio, in basso
alla pagina, è posta la firma del Notaio che ha rogato la Copia del Regolamento, ovvero il
Notaio aquilano Nanni. Vd. ADA, Busta 605, fasc. 1, Copia delle regole della Casa Pia di
Educazione di S. Paolo dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23 Aprile
1783, p. 1.
529
Qui ha inizio la p. 2 del manoscritto.
214
Il tenore delle accennate regole è il seguente.
Regole per la nuova casa di educazione di fanciulle da erigersi nella Città
dell’Aquila nell’abolito Collegio de’ PP. Barnabiti.
Essendosi degnata la M. V. (Dio Feliciti) con due Reali dispacci per la Reale
Segreteria di Stato dell’Ecclesiastico della data uno 29 Giugno e l’altro de’ 2
novembre dello scorso anno 1782530 =531 Concedere a D. Maria Dragonetti Rustici
dell’Aquila la facoltà di erigere una Casa di educazione, per fare in essa
ammaestrare gratis nella istruzione e nelle arti donnesche le fanciulle più povere di
detta città, avendole conceduto a questo effetto la Casa, e chiesa, con tutti i mobili,
ed utensili, una colle rendite addette all’adempimento de luoghi pii annessi a detta
chiesa del soppresso collegio dei PP. Barnabiti, sito dentro detta Città, vicino la
Parrocchiale e collegiata Chiesa, purché una opera di tanta grande e permanente
pubblica utilità non può stabilirsi e sussistere senza un certo ordine, e sistema da
sempre osservarsi pel buon regolamento dell’opera, e di coloro che dovranno
governarla in futuro perciò detta D. Maria à [ha] stima [nel] formare le presenti
regole, e costituzioni da’ osservarsi irremissibilmente in futuro da chiunque dovrà
governare la detta pia Opera dopo che saranno dalla sovrana approvazione, ed
assenso =
Primo si dovrà situare in detta Casa di educazione un competente numero di
Maestre Pie, le quali abbiano da risedersi per insegnare gratis alle fanciulle la
dottrina cristiana, i doveri della religione, l’onestà di vivere ed i lavori manuali, con
ammetterle a scuola quotidianamente per quel tempo, che si stimerà opportuno, a’
fine di tenerle virtuosamente occupate e renderle istrutte in tutto ciò che è proprio
di una bene educata figliola. E nel caso ammessa che sia una figliola, si rendesse
inquieta o incorreggibile in modo che rendesse disturbo, o servisse di scandalo /532
alle altre dopo essere stata con tutta carità ripresa dalle Maestre, e poi da chi sarà
l’amministratore, e direttore del luogo, e vedendosi ostinata, si debba espellere,
affinché, una viziosa e incorreggibile non guasti le altre.
Intendendosi che detta scuola sia bensì dentro dell’abolito collegio medesimo ma
separata dal quarto di abitazione dove dovranno vivere dette Maestre, quale
appartatamente dovrà avere però la comunicazione colla scuola per portarvisi a
tempo debito le Maestre ad istruire le fanciulle, e ciò a fine che le scolare non
vadano a loro piacere, vagando e dissipandosi con recare disturbo e confusione a
dette Maestre il che resterà espressamente proibito533 = Secondo sarà sempre
proibito agli amministratori pro tempore ridurre detta Casa di educazione a
monastero di clausura, di [as]soggettarlo alla potestà ecclesiastica, ma debba
sempre rimanere adatta quest’opera di pubblica pietà per l’educazione delle
fanciulle povere e rimaner sempre sotto la giurisdizione meramente laicale, ne vi
dovrà aver altro dritto la potestà ecclesiastica se non quello solamente che le
concede concordato fra la S. Sede e la Maestà del Re N. [ostro] S.[ignore] che Dio
sempre feliciti = Terzo siccome a’ dette Maestre resta espressamente proibito
ricevere alcun pagamento dalle povere donzelle che andranno ad istruirsi così per
530
Sottolineatura nel testo.
Simbolo di unione presente nel manoscritto.
532
Inizio di p. 3 del manoscritto.
533
In questo punto del manoscritto è inserita lateralmente, nel margine sinistro del foglio, la
seguente nota: «Not.[a]ro Nanni», ovvero la firma del Notaio Nanni, un noto Notaio
aquilano, ripetuta in tutte le altre pagine del documento - eccetto che nelle pp. 4, 6, 9, 11 –
al fine di garantire l’autenticità dello stesso. ADA, Busta 605, fasc. 1, Copia delle regole
della Casa pia di educazione di S. Paolo dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in
Napoli a 23 Aprile 1783, p. 1.
531
215
istabilire e perpetrare una opera di tanta abilità ed importanza, è necessario che per
base, e fondamento di essa, detta D. Maria assegni la dote, tanto per lo
mantenimento del detto edificio quanto per la sussistenza di una o più Messe per
comodo della città massime per dì festivi, motivo per cui restar deve in sua piena
libertà di poter fare nuovi acquisti a favore di questo Pio Luogo, o dotarlo
altrimenti come meglio stimerà non dovendosi intendere inclusa questa opera nella
legge di rimortizzazione per essere meramente laicale, e di tanta pubblica necessità
e profitto in una Città o Provincia che ne è assolutamente sfornita, con condizione
bensì che gli assunti da farsi si debbono intendere per quelli solamente che sono
necessari per il mantenimento delle Maestre e delle zitelle che convivranno in detto
Luogo.
Quarto purché questo profittevole Istituto da’ cui deriva il massimo di tutti i
vantaggi allo Stato, preparandogli operose e costumate madri di famiglia nella
classe più numerosa e misera dei cittadini, che perciò à più bisogno di ajuti, e di
coltura, preveda, dissi, questa utilissima istituzione prenda la necessaria
consistenza, e riesca secondo la mente del Re N.S. cui tanto è a /534 cura il bene de
suoi fedeli vassalli. La stessa D. Maria Dragonetti ne sarà sua natural vita durante
l’amministratrice direttrice da S.[ua] M.[aestà] designata. E poiché sapendo la
fragilità delle umane cose, la medesima prevede il caso della sua mancanza,
affinché in ogni futuro tempo vi sia chi regga ed amministri con zelo il pio luogo,
ed affinché si evitino gli scandali, e gli sconcerti, perciò la suddetta D. Maria
implora il permesso di poter nominare, e sostituire all’amministrazione, e governo
di questa pia opera alcune delle più onorate e benestanti famiglie secolari, che in
detta Città dell’Aquila si distinguono per la loro pietà e prudenza le quali sieno
tenuto osservare, e far osservare, inviolabilmente le presenti regole senza
alterazione o cambiamento alcuno = Quinto per la creazione adunque degli
amministratori, in futuro e pro tempore dovranno in ogni anno radunarsi i capi
delle famiglie dalla detta D. Maria eliggende nel Giorno della festa di S. Pietro e
Paolo nella sagrestia di detta Chiesa, e procedere all’elezione di un Priore e due
Governatori senza parzialità e con aver dimisittendo il vantaggio del pio luogo,
quel Priore debba essere delle famiglie nominando proponendosi tre soggetti di
esse per isceglierne uno come sopra, e detti Governatori debbono eliggersi tra i pia
facoltosi di detta Città proponendosene sei di età matura, di sperimentata pietà, e
zelo, i quali debbono rimanere inclusi dalla maggioranza de voti bianché per via di
suffragi segreti come anche si debbano eliggere con detta bussola segreta due
donne di sperimentata probità, e saviezza di età matura, che abbiano la cura di
visitare detta Casa due volte al mese, osservare ed in vigilare, affinché le fanciulle
siano bene educate; ed ogni cosa vada con buon ordine, e trovandosi qualche
disturbo o scandalo debbano parteciparlo al Priore, e Governatore, acciò prendano
/535 dovuti provvedimenti, e vi diano pronto riparo. E detta elezione di Priore e
Governatori, e Donne debba registrarsi nel libro delle Consulte e questo conservasi
nell’Archivio di detta Casa, e fattasi l’elezione dovranno prendere il possesso della
casa nel giorno del primo Luglio, di ciascun anno, e saranno obbligati i suddetti
officiali congregarsi una volta la settimana nel luogo dove suol farsi la consulta, ed
invocati l’ajuto dello Spirito Santo e di Maria SS.ma trattino i negozi della Casa,
provvedano a tutti i bisogni, diano udienza all’ora destinata a quelle persone che
bramano entrare nella scuola, o per altro, e spediscano i biglietti, ed esercitino i
loro rispettivi impieghi con tutto il zelo con osservare e far osservare esattamente le
presenti regole. Detto Governo sia tenuto amministrare la rendita del pio luogo,
534
535
Inizio di p. 4 del manoscritto.
Inizio di p. 5 del manoscritto.
216
con tutta esattezza e diligenza, far provvedere il vitto quotidiano a proporzione
degli individui, badare che non manchino legna, sale, olio, minestra, badare alle
fabbriche agli utensili della Chiesa, all’ornamenti decenti degli attori, ed a tutto ciò
insomma che è necessario anzi per più esatta osservanza di tutto ciò sia principal
cura del Priore pro tempore (al quale come capo si debba usar il dovuto rispetto e
ubbidienza) invigilare sulla condotta dei Governatori, acciò niente si trascuri, per la
buona amministrazione dell’opera; e si attenda con buon zelo al costume delle
Maestre nonché delle fanciulle, e far si che detti Governatori tengano registri
fedeli, tanto dell’esito, che dell’introito e del giorno dell’ingresso, e dell’uscite di
quelle che avranno il vitto in detta casa notando con chiarezza i loro nomi, e
cognomi notando la spesa solita; che dovrà farsi, giustificata ne’ legittimi
documenti, e necessitando qualche spesa insolita, e straordinaria, della prima il
Priore proporla in consulta, affinché considerandosi necessaria, si approvi con voti
segreti, ed approvata possa eseguirsi e facendosi altrimenti non sia ne’ conti banale,
e terminatisi da detti officiali, l’amministrazione debbano rendere esatto, e chiaro
rendiconto /536 giusta le leggi del Regno, ed i Reali Dispacci e questo conto
discutersi avanti un deputato ecclesiastico e due nazionali da eliggersi dalla stessa
Consulta per bussola segreta; e rimanendo significati subito siano costretti a pagare
la somma significata secondo le leggi, e la Polizia del Regno = Sesto che resti
proebito al governo pro tempore di amministrare, più di un anno, ma’ solo sia nella
facoltà de’ Vocali il confirmato, e a vantaggio dell’opera pia il proseguimento della
loro amministrazione, e la conferma dovrà essere anche con maggioranza di voti
bianchi; o per comodo di detto Priore, Governatori, nemmeno che della casa pia,
debba mantenersi un Cappellano fisso, il quale sia un Sacerdote Secolare,
morigerato, provetto, prudente, benestante, e pieno di spirito di religione, il quale
abbia la cura non solo di celebrare la Messa, ma ancora di far provvedere la detta
casa del necessario quotidiano alimento e dare una mano all’esigenza delle rendite,
versando il denaro in mano dei SS. Governatori, e facendo di tutto fedele registro, e
quotidianamente ed in ciascuna settimana debba presentare a detto Governo la nota
delle spese occorse, senza che possa egli arbitrarsi di spendere a suo capriccio, cosa
alcuna, dovendo in tutto, e per tutto dipendere dagli ordini di detti Signori Priore e
Governatori; ed anche sia tenuto aver cura intorno al buon costume, perché non
nascano disordini o scandali: insomma debba essere un geloso custode di detta casa
pia; e vedendo che si introducesse mai qualche abuso pernicioso ai buoni costumi,
debba avvisare il Priore e Governatori acciò subito possano accorrervi e
provvedervi con quella cristiana prudenza che conviene; quel Cappellano sia
amovibile ‘ad nutum’ del Governo pro tempore = Settimo che siano tenuti detti
Governatori in vigilare che la detta Scuola sia ben provveduta di savie, prudenti e
diligenti Maestre di /537 sperimentata pietà ed eccellenti nelle arti donnesche; e
venendo queste a mancare, debbano fare ogni diligenza e con tutto zelo sceglierne
altre, che abbiano le sopraddette qualità; e la scelta debba farsi previa consulta, e
con maggioranza di voti bianchi, restando proibito, prendersi quelle donne che
abbiano servito in case particolari; che debbano detti Governatori e Priore badare
che le fanciulle siano trattate, ed ammaestrate con carità che fuggano per qualsiasi
voglia verso a qualunque ozio: che facciano profitto nella pietà cristiana e nelle
arti, e che si osservino esattamente le regole: dovranno tenere da detta casa lontano
qualunque ombra di scandalo, restandone obbligati non solo con pena del foro
Secolare, ad arbitrio di S.M. in caso di colpa, o negligenza, e specialmente vi sarà
unito aneta il dolo, ma aneta ne dovranno rendere stretto conto al divin tribunale,
536
537
Inizio di p. 6 del manoscritto.
Inizio di p. 7 del manoscritto.
217
restando il tutto a carico della loro coscienza = Ottavo E circa il vitto quotidiano
ed ordinario siano tenuti somministrare a dette Maestre ogni mattina per il pranzo
una minestra, una pietanza ed un pospasto sia di carne salata, sia di formaggio o
pura frutta; e la sera per la cena un insalata o una minestra ed una pietanza di carne,
e pane e vino sufficiente mattina e sera, senza che però dette Maestre possano
disporre più del proprio uso; ed in tutte le feste nobili di Natale, Capo d’anno,
Epifania, Carnevale, Pasqua, Pentecoste, Ferragosto e S. Martino, una pietanza di
più ad arbitrio di detti Governatori, né possano altro pretendere sotto qualunque
pretesto = Nono Siano tenuti i medesimi provvedere ciascuna Maestra in ogni anno
di una camicia, grembiale, un fazzoletto, un velo, due paia di calzette, un paio di
scarpe ed un paio di pianelle, come ancora di una veste ossia abito di lana in ogni
tre anni a tutte uniforme nella qualità, e colore, e somministrar loro il necessario in
caso di infermità con farle /538 accudire con tutta carità dal medico e chirurgo, e
somministrare i medicamenti ed ogni altro bisognevole il tutto si spese e conto di
dette Casa di Educazione senza poter altro pretendere a condizione però che tutti i
lavori che dette Maestre faranno debbono andare a conto, e beneficio di detta Casa,
e i Governatori pro tempore possono esigere conto dalla Superiora = Decimo
Inoltre che detti Governatori debbono eliggere la Superiora, ed altre Officiali dalle
più probe e prudenti Maestre = Undecimo Che gli Officiali o sia Governatori, non
possano far contratto di sorte alcuna a riserba degli affitti senza l’approvazione
della consulta, con portare fedele registro dei passaggi che faranno i beni da un
coloro all’altro con descriversi la qualità dei beni con le rispettive piante e confini,
lò che s’intenda anche in caso di nuovi acquisti, annotando nel Libro Maestro dei
registri e delle piante, o sia catastandolo. Quali libri e scritture debbono sempre
tenersi conservati nell’Archivio di detta Casa pia, e per maggior comodo dei
governatori pro tempore, si abbia a formare una copia, o sia duplicato di ciascuno
dei suddetti libri, che passassero di mano in mano di essi, senza detrimento degli
originali, mediante ricevute che dovranno formarne, i governatori per cautela di chi
lo consegna, e perché non abbiano a smarrirsi. E per maggior sicurezza di dette
scritture, debba la cassa, o stipo dell’archivio aver tre chiavi diverse una delle quali
ne abbia a tenere il Priore, e le altre due una per ciascheduna i suddetti
Governatori. E dandosi il caso, che in ogni futuro tempo venisse a a mancare o
totalmente estinguersi alcuna delle famiglie vocali, e dovendosi rimpiazzare, debba
il rimpiazzo seguire in una famiglia dello stesso ceto, o mancata, e che il Priore
debba nominare tre famiglie o più, per rimanere inclusa quella che per bussola
segreta, /539 avrà maggioranza di voti bianchi e volendosi aggregare qualche altra
famiglia per vantaggio della Casa pia debba cadere sopra famiglie benefattrici della
medesima, anche per bussola come sopra = Duodecimo E dandosi il caso che in
ogni futuro tempo si ammettesse la rendita di detta Casa, in maniera che
comportasse il potersi eliggere altre consimili Case dentro la stessa città, che per
essere composta di quattro estesi rioni, o sia quartieri ne richiederebbe almeno tre
altre, per dar comodo alle fanciulle abitanti nei rispettivi rioni, possano gli
amministratori pro tempore eliggere una, o più delle stesse Case precedente, previo
Real permesso, alle stesse regole e ritiratezza, come anche dandosi tal caso, che le
rendite avanzino, possano i Governatori ricevere ed alimentare le più povere
donzelle ed orfane della città e contado e le più virtuose, o specialmente quelle più
esposte al pericolo di cadere in peccato, e quelle abbandonate da ogni umano
soccorso, che non trovassero asilo dove ricoverarsi, perochè queste non siano
maggiori di anni dieci o al più dodici, da immettersi previa consulta, e per
538
539
Inizio di p. 8 del manoscritto.
Inizio di p. 9 del manoscritto.
218
maggioranza di voti bianchi; né abbiano detti officiali pro tempore alcuna facoltà
che di porre, né di aspettare le orfane, e donzelle ma tutto proponersi e
naturalmente risolversi in consulta, e quelle che dalla consulta saranno incluse,
intendarsi in detta Casa, ed espellersi quelle che si risolvesse cavare per qualche
causa urgente, e necessaria, e perché fossero incorreggibili e scandalose, restando
però sempre proibito ai Governatori di contrarre debiti, ed ingiunto il tutto regalar
con prudenza ed economia, e mantenere solo quegli individui che comporterà la
regola: e dopo aver educate ed alimentate per dieci anni dette donzelle, ed orfane
nel caso ancora avessero preso stato onesto, procurerà il governo pro tempore con
tutta la saviezza e prudenza cristiana, allocarle onestamente, affine di dar luogo alle
altre incaricandone la loro coscienza; e che non possano mai ponersi in detta Casa
donne maritate per /540 causa di disturbi fra coniugi, o per altra causa, perché non si
corrompano gli innocenti costumi delle donzelle, ne vi s’introducano scandali,
dell’età maggiori delli anni dieci, le altre però minori di detta età, che si
riceveranno, debbano pagare gli alimenti che riceveranno alla ragione di Ducati 24
l’anno, semestre per semestre anticipatamente, e gli Governatori pro tempore
debbano esigerne valida obbliganza, col soggiacere tanto le suddette educande che
le orfane e donzelle a tutte le regole, e costituzioni di detta Casa, restando alle
medesime proibite qualunque vanità anche nel vestire ed uscite che saranno non sia
lecito a detto governatori farle rientrare = Decimoterzo Dovranno anche i suddetti
Governatori badare unicamente con tutti i vocali a fare adempiere tutti i legati
annessi a detta Chiesa, e nel caso osservassero in qualunque tempo, che si
trascurassero ognuno di essi vocali abbia la facoltà di fargli adempiere con doversi
però ricorrere alla potestà laicale per coazione vocale e personale dei governatori
che trascureranno l’adempimento = Decimoquarto Rispetto poi alle Maestre,
Priora, ed altre Officiali che risiederanno in detta Casa di educazione, quali saranno
destinate da detti Governatori, ne rispettivi impieghi, debbano procurare con ogni
studio, la propria perfezione, coll’esercizio delle virtù con edificare il prossimo,
con fare in abito umile, e modesto, una vita veramente morigerata ed esemplare, e
le maestre debbono fare ogni giorno la scuola alle fanciulle, e donzelle povere della
Città, e contado, che ivi si porteranno le quali non possano prendersi minori
dell’età di anni sei con dare loro una cattolica, e santa educazione, circa i costumi,
politezza di vivere, ed insegnare loro la dottrina cristiana ed i lavori manuali addetti
al sesso donnesco, e detta Scuola debba farsi nel luogo destinato, come si è detto
nel Capo 1°. Dovendo poi neiziar la Scuola della mattina del giorno, secondo la
tabella, ed orario, che si terrà affissa giusta il contenuto nel Capitolo diecinove; ed
oltracciò debba essere cura di dette Maestre far ascoltare con ogni divozione alle
fanciulle la S. Messa, e far loro fare altre opere di pietà, secondo detterà loro la
pietà, e nei giorni festivi debbano farsi la dottrina cristiana a tutte le fanciulle che vi
concorreranno nel luogo addetto alla scuola, e le stesse Maestre debbano prestare la
dovuta obbedienza e rispetto al Priore, e Governatore pro tempore = Decimoquinto
Che siano similmente dette Maestre tenute ricevere per otto, dieci giorni, previa
licenza del Priore, e Governatore, e biglietto de’ medesimi, tutte quelle donzelle
che vogliono essere istruite per disporsi a ricevere la prima volta con frutto la
Ill.ma Eucarestia, senza poter da quelle pretendere alcun pagamento, né dette
Maestre, né la Casa Pia, per l’incomodo e fatica che vi s’impiega = Decimosesto
Che tutti i lavori che faranno le fanciulle, o educande, siano rispettivamente delle
medesime, senza che se ne possa prendere cosa alcuna, né dalla Casa Pia, né dalle
Maestre = Decimosettimo Che le suddette Maestre non possano pretendere, pel di
loro vitto, e vestito, altro che quello che si è spiegato nel Capitolo 8 e 9 =
540
Inizio di p. 10 del manoscritto.
219
Decimottavo Che non possano dette Maestre abitare ad altro luogo se non che
dentro a detta Casa di educazione, dove sono tutti i commodi necessari, né sia loro
mai lecito andare vagando per la Città; ma debbano risiedere notte e giorno dentro
la medesima, che sia sempre proibito di entrare in detta Casa uomini di qualunque
sorta, per evitare che i scandali, eccettati i casi di precisa necessità indispensabile,
come sono in caso d’infermità, i Medici Chirurghi e Confessore, come anco gli
artieri in caso di bisogno, previa licenza de’ Governatori pro tempore; sempre
accompagnati dalla Priora ed altre donne provette, e terminata la loro opera subito
debbono uscire. E dandosi il caso che dovessero entrare detti Priore, e Governatori
per qualche causa /541 di precisa necessità, in detta Casa Pia, non possa’ entrare un
solo, ma due insieme, ed accompagnati dalle Superiore come sopra = Decimonono
Ed affinché il tutto sia regolato con buon ordine, e metodo e non capricciosamente,
debbano la Superiora e Maestre, e fanciulle esattamente osservare la tabella ed
orario, che a tale effetto terranno a vista di tutte nella Scuola, e nel Coro. Supplicasi
infine la Reale pietà e magnificenza degnarsi accordare col suo beneplacito non
solo la facoltà de’ nuovi acquisti, da riputarsi in perpetuo meramente laicali, ma
servirsi ancora concedere esenzione da qualunque peso imposto o imponendo sopra
i beni, e rendite presenti di detta Casa Pia, ugualmente a quelli, e quelle de’
feminori, che servono all’educazione di gioventù femminile povera, una delle
migliori opere di pubblica pietà laicale; tanto maggiormente ne’ feminori gli alunni
sono obbligati a pagare, ed in questa Casa Pia si fa tutto gratis, e resta sempre
amministrata da Laici.
Sia Lode a Dio.
Avendo quindi questa Curia attentamente esaminati le anzidette regole, le à trovate
proprie, ed adattate al fine, per cui sono state le medesime formate contenendo
sagge disposizioni, ed ottimo regolamento per l’amministrazione, e governo di tal
commendevole opera senza ledere affatto la polizia del Regno; e perciò pregandole
il parere del Regio Consigliere D. Domenico Potenza Presidente della Regia
Camera della Summaria, e mio ordinario consultore son divoto di potersi degnare
la M.V. di accordare sulle menzionate Regole il Regio Assenso con ispedirsi
Privilegio in forma Regolis Camera S. Clara alle seguenti condizioni.
1°
2°
Che tanto le Maestre, quanto le Figliole, e la stessa Casa, restino e siano
sempre in istato laicale soggetto, al pari di ogni altra, alla Reale
Giurisdizione della M.V. e suoi Regi Magistrati per tutte le loro cause, ed
attinenze /542 senzachè mai s’intenda, mai essere, o comporre le medesime,
una Communità Ecclesiastica; o poter pretendere qualunque esenzione, o
privilegio, che agli Ecclesiastici, loro Ordini, Istituti e Communità si
appartiene.
Che il P. Direttore, oltre allo Spirituale altra ingerenza non abbia, se non
che alla semplice direzione.
E finalmente per la reddizione de’conti debba osservarsi tutto quello vien prescritto
dal Concordato. E questo è quanto occorre riferire a V.M. da Casa in Napoli, 27
marzo 1783 = Di V.M. = U. mo Vass.o e Capp.no I.M. di Salerno. C.M. =
Domenico Potenza = Giovanbattista Cidone = Die vigesima tertia M.[ensis]
Aprilis, millesimo septingentesimo septuagesimo tertio, Napoli 1783 Regali
Camera. […]
541
542
Inizio di p. 11 del manoscritto.
Inizio di p. 12 del manoscritto.
220
/543 V.M. concede il suo Reale assenso le presenti Regole formate per la nuova
Casa di educazione da erigersi nella Città di Aquila nell’abolito Collegio de’ PP.
Barnabiti pel buon governo e regolamento della medesima […]».
Immagine 1 - Copia delle regole della Casa Pia di Educazione di S. Paolo
dell’Aquila roborate di R. Assenso, spedito in Napoli a 23 Aprile 1783, pp.
1-4 (ADA, fasc. 1)
543
Inizio di p. 13 del manoscritto.
221
222
223
224
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regolamento per lo servizio interno delle Scuole
Pie delle fanciulle negli Stabilimenti di S. Paolo e S. Giuseppe in Aquila
(dicembre 1855)
Manoscritto non rilegato composto a 6 pp. di cui, a seguire, si riporta la
trascrizione integrale.
1. Lo scopo principale di ambedue le istituzioni è quello d’insegnare
gratuitamente alle fanciulle povere della città di Aquila la Dottrina
Cristiana, i doveri della religione, l’onestà di vivere, i lavori donneschi
convenienti all’età, e alla condizione delle giovinette le nozioni preliminari
del leggere e scrivere italiano, le quattro operazioni dell’aritmetica, leggere
la lingua latina, ed il galateo.
2. Le scuole saranno aperte alle alunne; ed avranno principio dai 3 di
novembre a tutto aprile la mattina quattro ore prima il mezzogiorno, la sera
un’ora dopo il mezzogiorno e termineranno alle ore ventitre; dal 1° maggio
poi a tutto settembre principieranno la mattina quattro ore e mezzo prima
mezzogiorno, e termineranno mezz’ora prima mezzogiorno, la sera due ore
e mezzo dopo mezzogiorno /544 e termineranno alle ore ventitre.
3. Ogni alunna dovrà trovarsi nella scuola almeno nella mezz’ora che siegue
l’apertura di essa sia nella mattina, sia nella sera.
4. Saranno vacanze, rimanendo chiusa la scuola:
a)
b)
c)
d)
e)
Tutte le domeniche e le feste di doppio precetto;
Tutti i giorni di Gran Gala di Corte;
Tutti i venerdì di marzo;
Dal 24 dicembre sino al 1° di gennajo inclusivamente;
Dall’ultimo giovedì del carnevale sino al giorno delle ceneri
inclusivamente;
f) Dal mercoledì della settimana Santa fino al martedì dopo Pasqua
inclusivamente;
g) Dal primo ottobre fino al 3 di novembre inclusivamente.
5. La Priora è la direttrice dello Stabilimento: Essa sarà responsabile rimpetto
ai Superiori e sosterrà la corrispondenza con loro. Ad essa saranno diretti
gli uffizî e gli ordini per l’ammissione delle alunne: Essa regolerà i diversi
disimpegni delle altre Maestre, che debbono da essa dipendere sia pel
tempo in cui ha luogo l’istruzione, sia pel tempo in cui le Maestre mancano
nello Stabilimento, o debbono adempiere agli altri obblighi dello istituto.
Essa insomma darà tutti gli ordini per lo servizio interno dello istituto,
curando la esecuzione dei Regolamenti ed ordini delle Autorità superiori.
544
Inizio di p. 2 del manoscritto.
225
6. Prima cura della Priora e delle altre Maestre sarà quella d’ispirare alle
alunne il Santo timore di Dio; l’abbozzimento al vizio e al peccato, istruirle
nei doveri verso la Chiesa, verso il proprio Sovrano, e verso i genitori;
porre in opera tutti i mezzi e prendere tutte le necessarie precauzioni per
impedire ogni scandalo.
7. Non potrà riceversi alla istruzione una giovanetta se non presenti alla
Priora un biglietto di ammissione. E poiché ambedue gli stabilimenti
dipendono dalla Commissione Amministrativa de’ Luoghi Pii del Comune
di Aquila, tale biglietto verrà rilasciato dal Sindaco Presidente della
Commissione, o da ciascuno membro di essa.
8. Onde ottenere il permesso della Commissione per ammettersi una
giovinetta alla scuola, sarà presentato un certificato del Parroco proprio,
che attesti l’età, la buona condotta morale, e religiosa della giovanetta che
deve entrare alla istruzione e che le persone con le quali convive siano
immuni da disonestà o corruttela di costumi.
9. Questi certificati presentati al Sindaco Presidente, o a ciascun componente
la Commissione saranno conservati nella Segreteria di essa in apposito
incartamento.
10. Non sarà ammessa nella suola alcuna giovanetta, che non abbia compiuta
l’età di anni sei almeno, o che abbia oltrepassato l’età di anni venti: potrà
rimanervi per tutto quel tempo che vorrà, sempre però fino all’età di anni
venti; potrà ritornarvi anche dopo aver interrotto il corso della scuola, ove
poi per un mese abbia mancato dovrà riprovvedersi dello analogo
permesso.
11. Ogni alunna ammessa alla istruzione dovrà essere per la prima volta
presentata nella scuola dal padre, o dalla madre, da qualche parente, o da
chiunque altro ne prenda cura.
12. La Priora vigilerà perché tutte le alunne frequentino assiduamente la scuola
né è loro permesso di appartarsene senza legittimo impedimento, e tale
impedimento sarà giustificato o a voce, o in iscritto dal padre, dalla madre,
dai parenti, o da chiunque altro /545 prenda cura di essa, senza bisogno di
addurne la ragione specifica.
13. Ove però un’alunna manchi alla scuola senza il permesso o consenso dei
genitori, o chiunque altro ne prenda cura, la prima volta sarà
prudentemente avvertita, e la seconda volta sarà espulsa dalla scuola
dandosene partecipazione alla Commissione.
14. Se poi qualche alunna ammessa alla istruzione tralignando dalle salutari
istituzioni si rendesse inquieta ed incorreggibile, o divenisse di mala
condotta, sarà ripresa per la prima volta con patena sollecitudine,
avvertendosene anche i parenti, quindi si farà uso di prudenti
545
Inizio di p. 3 del manoscritto.
226
mortificazioni, e nel caso di ostinazione o malvagità, che possa
contaminare le altre giovanette, verrà espulsa dalla scuola partecipandosi
sempre alla Commissione.
15. Affinché si possa agevolmente conoscere il profitto particolare di
ciascun’alunna, la Priora dello Stabilimento terrà uno stato esatto, in cui
saranno seganti i nomi e i cognomi delle giovanette che frequentano la
scuola, l’età, i nomi dei genitori, il domicilio e la parrocchia, il giorno
dell’ammissione, l’assiduità, l’applicazione /546 ed il profitto: tale stato che
contesta il numero delle alunne e lo andamento della scuola, sarà
presentato dalla Priora ai Superiori allorché ne lo richiederanno.
16. La Priora inoltre dividerà la istruzione delle alunne in due classi;
Nella prima classe s’insegnerà:
1. Arti donnesche convenienti all’età e condizione delle giovanette;
2. Nozioni preliminari di leggere e scrivere;
3. Catechismo di dottrina cristiana e dei doveri;
Nella seconda classe s’insegnerà:
1. Arti donnesche in generale;
2. Leggere e scrivere secondo il metodo normale;
3. Catechismo della Dottrina Cristiana e dei doveri, con le principali cognizioni
della Bibbia.
4. Le prime operazioni dell’aritmetica;
5. Lettura della Lingua Latina;
6. Il Galateo.
17. I libri destinati per la istruzione tanto della prima, quanto della seconda
classe, sono i seguenti:
1. La Dottrina Cristiana per uso della Diocesi dell’Aquila;
2. L’Abecedario di Muni [?];
3. Il Libro delle Vergini;
4. Le Glorie di Maria Santissima di S. Alfonso de Liguori;
5. La vita di Gesù Cristo e la spiegazione delle Epistole e degli Evangelisti;
6. L’Uffizio della Beata Vergine e Maria in Latino.
18. Nel comincimento, e nel finire della scuola non saranno trascurate
giammai le solite preghiere al Signore, insinnandosi speciale divozione a
Maria Santissima, come carattere distintivo della pietà cristiana.
19. L’insegnamento della Dottrina cristiana, che secondo la capacità della
alunne, dovrà impararsi a memoria, sarà fatto in ogni sabato.
20. La Priora e la Maestra avranno inoltre stretto obbligo di prender conto, e
vigilare, anche che le alunne si confessino almeno una vota al mese e si
comunichino.
546
Inizio di p. 4 del manoscritto.
227
21. Per quelle ragazze poi che non ancora si sono accostate al Santissimo
Sagramento della Eucarestia, vi sarà in ogni anno una speciale istruzione
data da una delle Maestre almeno per un mese, e dopo di otto giorni di
esercizi spirituali, che verranno loro fatti da un religioso /547, o da un
Sacerdote all’uopo approvato dal Vescovo, sarà fatta la prima comunione.
22. Resta espressamente proibito alla Priora ed alle Maestre di poter ricevere
alcun pagamento, sussidio, o dono, di qualunque specie dalle giovanette,
che ritengano alla loro istruzione e dalle loro rispettive famiglie.
23. La Priora e la Maestra useranno tutte le imparzialità nella istruzione a tutte
le alunne, senza distinzione. Però sarà cura della Priora e delle Maestre di
prediligere sempre le giovanette le più infelici, le più povere, le orfane di
padre, o di madre, e fra tutte queste in speciale modo le trovatelle prive
affatto di famiglia e di relazioni affettuose.
24. Le alunne dovranno rimanere nella scuola con tutta la possibile decenza,
sia nel procedere, sia nel vestire, coordinata sempre quest’ultima parte alla
loro rispettiva condizione. Dovranno serbare nella scuola il dovuto
silenzio, fino a che non ne venghino dispensate dalla Priora.
25. Non sarà permesso alcuno fuori de’ Superiori di entrare nella scuola, o
chiamare le fanciulle durante il tempo della istruzione. Ove ciò accada
dovrà chiedersi il permesso alla Priora, la quale potrà darlo in caso in
necessità; e dovendosi permettere che qualche alunna esca dalla scuola
nelle ore della istruzione, si procurerà che sia accompagnata da qualunque
della famiglia, oda altro maggiore di conosciuta probità.
26. Per dar pubblica e solenne testimonianza della diligenza, e dello zelo delle
Maestre nello esercizio de’ proprii doveri, e del profitto delle alunne, nel
mese di settembre di ciascun anno vi faranno gli esami generali
coll’intervento della Autorità costituite, e di ogni altro che si crederà
d’invitare. I giorni degli esami saranno fissati dal Vescovo, e per classi
progressivamente, si esporranno all’esame le alunne, presentando le
diverse specie dei lavori donneschi da loro eseguiti, e ponendosi pure la
istruzione ricevuta a norma di quanto trovasi stabilito nell’articolo 16 del
presente Regolamento.
27. Le Alunne che subiranno gli esami dovranno presentarsi nella semplicità
delle vestimenta, e degli ornamenti che si addicano alla loro età, allo scopo
di dar saggio dei profitti attenuti /548 dalla scuola, ed al fine di non avvilire
le altre compagne che mancassero di mezzi, riprovandosi ogni riservatezza
e pompa nelle fanciulle o giovanette come finora si è abusivamente
praticato.
Aquila, lì …549 dicembre 1855».
547
Inizio di p. 5 del manoscritto.
Inizio di p. 6 del manoscritto.
549
Puntini presenti nel manoscritto, la data, dunque, non è specificata.
548
228
ADA, Busta 605, fasc. 1, Regole e costituzioni per le Sorelle agostiniane e
Convittrici nel Monastero del Bambino Gesù annesso alla Chiesa di S.
Paolo della città dell’Aquila (1790)
Libretto manoscritto, in forma libelli, composto 38 pp. e da XIX Capitoli
che, nell’ordine, sono così titolati: Cap. I Del fine della istituzione delle
Sorelle Maestre Convittrici; Cap. II Della forma, e dello spirito, che deve
avere questo Istituto; Cap. III Della Priora; Cap. IV Della Vicaria; Cap. V
Della Maestra delle Novizie; Cap. VI Delle Novizie; Cap. VII Della Maestra
delle Educande; Cap. VIII Delle Educande ed Educandazio; Cap. IX Delle
Maestre delle Fanciulle che concorrono alla Scuola; Cap. X Della
Direttrice dell’Esercitazioni; Cap. XI Delle Converse; Cap. XII Della
povertà, e vita comune delle sorelle convittrici; Cap. XIII Della Castità;
Cap. XIV Della Obbedienza; Cap. XV Della vittivatezza delle sorelle e
custodia della casa; Cap. XVI Della Oblazione; Cap. XVII Delle inferme e
defonte; Cap. XVIII Del vitto, e vestiario, che devono avere le sorelle
convittrici; Cap. XIX Conclusioni.
Antecedente al Cap. I è presente un proemio, composto da 2 pp., non
titolato, che si trascrive di seguito:
«Ogni Pia Fondazione, ed Istituto, affinché sia permanente, e riesca profittevole
alla Chiesa, ed agli soggetti, che la sieguono, e vi hanno parte, è necessario, che sia
provveduta, e corredata di alcune Regole e Costituzioni particolari, le quali si
debbono aver presenti, ed inviolabilmente osservarsi, per ottenere il fine, che si è
avuto in mira, da chi pietosamente l’ha promossa.
Senza queste Regole fisse, e stabili, addiviene, che da tempo in tempo si cambi
metodo, e si varii il Governo, e buon’ordine di una Communità, come si variano i
soggetti, che la compongono, e come diversi sono gli umori, ed i pensamenti de
medesimi: da che quindi ne siegue il deterioramento, ch’è inevitabile delle
Communità, nelle quali non si tenga questo metodo fermo, ed uniforme, e la
facilità di dare negli estremi o di rigore, o di saggezza, e divenire di poca o niuna
utilità, ed edificazione a prossimi. Per ovviare a tali inconvenienti, e rendere
stabile, e fruttuosa, per quanto comporta la condizione delle cose umane. L’opera
pia disegnata della Istituzione, ed educazione delle fanciulle, da cui sperarsi deve,
/550 che sia per risultare gloria all’Altissimo, e vantaggio notabile alla Società, si è
stimato opportuno formare le presenti Regole, colle quali inerendo alle
determinazioni approvate dalla Maestà del Regnate Monarca Ferdinando IV, che
Dio feliciti, si da il metodo di vita da osservarsi dalle Maestre Pie, Convittrici in
essa Casa Pia, affine di promuovere unitamente col proprio spirituale vantaggio,
quello ancora delle famiglie affidate alla loro direzione.
Un esercizio così vasto di carità, lontano da ogni ombra di interesse non può
durare, né riuscire molto edificante, senza essere le suddette Maestre applicate
seriamente a procurare la priora perfezione, ed a camminare per la via della
cristiana virtù. Ecco dunque data loro la forma di una vita religiosa e discreta, la
quale operando esattamente, ed animando col loro spirito, verranno nommeno di
quelchè si possa dire di altre più rigide Istituzioni Religiose, e dare in mezzo al
popolo cristiano di se stesse buon’odore in Gesù Cristo, e ad essere nel loro umile
550
Inizio di p. 2 del manoscritto.
229
istituto di ajuto al loro sposo, e Signore per salvare le anime, al che contribuisce
non poco la buona, e virtuosa educazione dell’loro sesso. Diamo dunque coll’ajuto
del Signore fatto per amor nostro Bambino, e coll’assistenza della sua divina madre
Maria, e del glorioso S. Agostino, principio alla presente Regola, che per maggior
chiarezza sarà distribuita in varj e diversi Capitoli».
A seguire la trascrizione dei Capp. I, V, VII, VIII, IX del Regolamento per
le Sorelle agostiniane e Convittrici nel Monastero del Bambino Gesù
annesso alla Chiesa di S. Paolo della città dell’Aquila (1790) ritenuti i più
significativi per la presente ricerca.
«Capitolo I
Del fine della Istituzione delle Sorelle Maestre Convittrici
«Il fine e lo scopo di questa Pia Adunanza dev’essere l’educazione delle Fanciulle,
la loro istruzione, e disposizione a ricevere i S. Sagramenti, specialmente quello
della Cresima, e della divina Eucaristia, come pure la santificazione delle altre
donne, che per alcun tempo dell’anno vorranno ritirarsi dallo strepito del mondo,
per attendere seriamente alla loro eterna salute per mezzo dei Santi Esercizii. Fine
sublimassimo, per cui venne nel Mondo, si vestì di nostra carne, ed in essa istruì,
predicò, patì, e dette la sua vita il Figliuolo di Dio […]. E sovente ritornava tra i
fanciulli, accarezzandoli, benedicendoli, ed istruendoli; come pure si professava di
esser stato mandato dall’eterno Padre ad evangelizzare ai poveretti, e tutti invitava
per esser da Lui rifocillati colla sua divina parola, dicendo: “Venite da me”. E ciò è
appunto l’opera grande, di cui vengono onorate, ed incaricate insieme le Maestre di
questo Istituto, cioè di santificare le piccole, e le grandi, colla Dottrina, che dal
cielo portò in questo mondo la divina Sapienza incarnata, onde riputar si devono, al
dir di S. Paolo, coadjatrici di Dio.
Questo fine altresì è del pari vantaggio, e per le maestre convittrici, e per tutta la
popolazione della città. Per le maestre convittrici, poiché se si applicano all’opera
con quello spirito di carità, con cui devono, saranno nella beata eternità quali stelle
lucenti, che tramandarono limpidissimi raggi, e quasi i raggi saranno le loro figliole
istruite, onde formeranno la loro raggiante corona, come al presente sono le loro
stelle illuminatrici, con i raggi della dottrina di Gesù Cristo; ed /551 a ciò avranno,
secondo l’oracolo infallibile dello stesso Gesù Cristo, la maggioranza nel Regno
dei cieli = Quid fecerit, et docuerit hic major vocabitur in Regno Caelorum. Per
tutta la popolazione della città è vantaggioso tanto per il temporale, che per lo
spirituale. Qual felicità maggiore di una popolazione, di quella di aver donne forti e
virtuose? Appunto per formare di tal carattere è ordinato questo istituto; dovendosi
preoccupare con ogni sforzo delle maestre suddette di renderle perfette in tutte le
virtù civili, e morali, essendo loro incarico insegnare alle fanciulle il leggere, e
scrivere, come ancora l’abbaco, e le arti donnesche, come sono il filare, cucire: ed
in tal guisa giovano a se stesse, e alle famiglie ove sono, dove anderanno, ed al
pubblico tutto, mantenendo e perfezionando tali arti vantaggiose in una città, e
saranno così un giorno, non solo altrettante maestre di famiglia simili a quelle
descritte dall’Eccelesiaste, ma sibbene ancora altrettante maestre valevoli, ed atte a
formare nelle lor case altre maestre, il che infinitamente più è da valutarsi, se si
riguardi l’influsso del bene morale, che da queste maestre ridonda il beneficio a
551
Inizio di p. 4 del manoscritto.
230
particolari e del commune. La esperienza ha confermato l’Oracolo dello Spirito
Santo, il quale ci assicura che tale è la vita umana fino alla vecchiaia, quale fu
cominciata nell’adolescenza; è questo felice avvenimento dipende quasi del tutto
dai lumi, dalle massime, dai buoni semi che si inseriscono negli animi teneri delle
fanciulle; e quando anche queste traviassero, mercé la Luce ricevuta una volta nelle
istruzioni, non ignorano il modo di risorgere, /552 e rimettersi nel dritto sentiero;
laddove l’ignoranza, madre di tutti quasi i peccati, ha questo di proprïo, che
nasconde il male medesimo, acciò non si aborrisca, cela il bene, perché non si ami,
ed occulta le vie, ed i modi onde liberarsi da quel male, che poco apprende, e darsi
al bene, che poco o nulla conosce. Così innaffiate queste tenere piante, quali sono
le fanciulle di questa scuola dalla Grazia suprema, e coltivate da mano industre di
queste Madri esperte Giardiniere, cresceranno un giorno a produrre frutti
abbondanti di vita eterna, ed illuminate che sono, illumineranno le famiglie, di cui
saranno madri, ed amanti saranno di partecipare alla prole quel bene, di cui esse
sono ricolme.
[…] Affinché dunque, l’opera delle maestre convittrici corrisponda al detto fine,
dovranno primariamente applicarsi con tutto l’impegno alla propria spiritual
perfezione, mediante l’esercizio della carità, e delle altre cristiane virtù, e l’uso
della orazione, e de’ SS.mi Sagramenti. Secondariamente osservare a tal effetto i
tre consigli del Vangelo, Povertà, Castità, ed Obbedienza, e con questi una somma
ritiratezza. Senza /553 una tale osservanza non accadrà che possano attendere alla
propria santificazione, né alla edificazione del prossimo. Ma tutto si risolverà in
disordine. Il migliore insegnamento, che possono dare alle fanciulle, e
particolarmente alle povere, che staranno sotto la loro cura, sarà quello della loro
vita irreprensibile: terzo tener scuola aperta a tutte le fanciulle, e particolarmente
alle povere ed abbandonate, per istruirle nella cosa della fede, della pietà, e nei
lavori donneschi. Quarto accogliere le altre fanciulle, o civili o nubili, di età sotto i
dieci anni, per educarle santamente, ed ammaestrarle nelle buone arti convenevoli
alla loro condizione per tutto quel tempo, che converranno i loro maggiori coi
Gov.[ernator]i pro tempore. Quinto finalmente dar ricatto per alcuni determinati
giorni di ritiro a quelle donne secolari, che vorranno applicarsi alla riforma della
loro vita, con qualchè confessione generale, e spirituali esercizii.
Tutto è da sperare, che riesca a gloria di Dio, ed a vantaggio delle anime, qualora si
osservino le presenti Regole con puntualità, ed esattezza, le quali non portano in
verun conto peso di colpa grave, o venievole, se non in quanto trasgressione si
opponesse alle Leggi di Dio, e della Chiesa, e che l’azione, ovvero la omissione
anche da queste costituzioni fosse gravemente, o venialmente colpevole in se
medesima, o per le sue circostanze.
Capitolo V
Della Maestra delle Novizie
Dalla Maestra delle novizie dipende il ben operare del Convitto, e delle Scuole;
questa si deve parimenti eligere ogni tre anni, e confermare secondo il bisogno, e
dev’essere la più osservante delle Regole. La più zelante, la più discreta, e
prudente, per poter formare soggetti idonei per la grande opera di questo Santo
Istituto: l’officio di Lei sarà primo, aver sempre presenti sotto gli occhi le sue
novizie, in vigilare sopra i loro andamenti, esplorarne i naturali, le inclinazioni, i
difetti. Secondo: correggerle collo spirito di carità, senza esser nojosa, seccante,
552
553
Inizio di p. 5 del manoscritto.
Inizio di p. 6 del manoscritto.
231
importuna. Terzo: istruirle nella perfezione religiosa, avvezzarle al raccoglimento,
al silenzio, alla orazione mentale, e stare allegre, e fatigar volentieri a patire con
rassegnazione alla volontà divina, ad osservar la Regola, dichiarandola ad essa
minutamente, e ad aver zelo per la salute delle anime, ch’è il fine di questo santo
Istituto. Quarto: esercitarle nelle virtù, specialmente nella obbedienza, non
permettendo giammai, che facciano in menoma cosa la propria volontà, nella
umiltà, nella mortificazione, nella povertà esigendo, che in ciascun giorno ne
facciano più atti per formare l’abito nelle sante virtù. Quinto: mostrare in se stessa
ciocché di virtuoso debbano apprendere le Novizie: onde deve precedere col buono
esempio nella osservanza di Regole nella mortificazione, nell’annegazione di se
stessa, aborrendo i propri comodi, nella umiltà, nella carità, ed in tutte le sante
virtù, in guisacché la Maestra delle Novizie sia uno specchio senza macchia posto
innanzi agli occhi delle sue discepole. Si guardi perciò da ogni minimo /554 difetto,
persuasa, che le figliole con istento, apprenderanno subito i medesimi difetti, che
veggano dalla loro maestra. Procuri in ogni maniera di essere irreprensibile,
affinché possa con sicurezza diprendere la sua discepola da qualunque difetto.
Questo contegno che qui si prescrive alla Maestra delle Novizie s’intende ancora
per tutte le altre Maestre. La maniera più efficace di insegnare è quella degli
esempi. Tutte saranno buone Maestre se tutte saranno buoni esemplari; e saranno
Maestre eccellenti se saranno eccellenti esemplari. Ciascuna sia persuasa che tale
sarà la discepola quale è la Maestra, tale la figliuola qual è la Madre.
Capitolo VII
Della Maestra delle Educande
Quando si è detto nel Capitolo Quinto della Maestra delle Novizie s’intende
proporzionalmente della Maestra delle educande, se non che avendo questa in
mano piante più tenere, deve coltivarle con industria meno austera. Si guardi la
Maestra di non lasciarle mai sole, o di permettere che tra di loro o discorrano in
segreto o si addimestichino, o prendano confidenza, o che si urtino, o che si
prendino per le mani. Stia vigilanti prima che tra loro si formino amicizie, ed
attacchi particolari, che sono la peste della gioventù, e su questo punto sia
rigorosissima, e si opponga con efficaci ripari. Cambj loro spesso i posti a scuola,
in coro, a mensa, ed il sito del letto. In vigili, ed osservi, se si spogliano, e vestano,
con modestia, se tanno composte nel letto, e nel silenzio. Guai alla Maestra delle
educande che per sua trascuratezza qualché figliola venisse a perdere l’innocenza,
o imbrattasse con atti o discorsi la santa purità, e modestia, che dev’essere il bel
giglio, che distingue le figliuole di Dio, ed alla quale deve di continuo ingerire un
amor grande.
Badasse /555 se hanno spirito di orazione, se recitano con divozione le preghiere,
specialmente quando credono di non essere osservate. Se si avvede, che alcuna
abbia avversione alla orazione, sarà questo un pessimo indizio, e perciò sopra di
essa invigili, e ne osservi tutti gli andamenti, inculcandole frequentemente, che una
persona senza la orazione è come un soldato senza le armi nella battaglia, e perciò
facile a cadere in mano del nemico infernale.
La Maestra deve rigurdar tutte egualmente, come sue figliole, né affezionarsi
particolarmente ad alcuna, perché ciò produrrebbe la propria rovina. Procuri che
tutte le figliole si amino scambievolmente e non vengano mai a contrasti, ma
554
555
Inizio di p. 7 del manoscritto.
Inizio di p. 18 del manoscritto.
232
ciascuna stimi ed onori l’altra come se fossero maggiori. Insinui loro
continuamente sentimenti di pietà, e divozione […].
Capitolo VIII
Dell’Educande ed Educandato
Non si ammettino /556 giammai in questa Casa Pia figliuole infami ne figliuole di
madre o parenti infami, né giovinette, se non civili. Similmente non si ammettino
figliuole minori di anni sette, né maggiori di anni dodici, per quanto si potrà. Il loro
vestito sia civile, (inizio p. 20), pulito, semplice, e senza ombra di vanità, la quale
dev’essere bandita da questo luogo. Ciascuna avrà il suo letto a parte, né giammai
potranno dormire insieme in un medesimo letto, ancorché fossero sorelle, ne colla
maestra, né con altra convittrice. Vi sarà il dormitorio a parte per esse, e la maestra
avrà il suo letto in un sito dove potrà osservarle tutte. Il vitto dovrà essere il
medesimo comune a tutte le educande, senza particolarità, o distinzioni veruna, ed
in tutto, e per tutto eguale al rimante della Comunità […].
Le educande dovranno osservare un orario medesimo alle convittrici, alzandosi la
mattina all’ora medesima, colle quali anderanno alla orazione comune, ed a tutti gli
altri comuni di pietà.
Abbiano queste le ore stabilite per la scuola, e per ogni altra loro occupazione.
Siano dalla Maestra istruite nelle buone creanze, nel leggere, scrivere, far di conti,
ed in tutte le arti donnesche, proprie al loro grado, e condizione, molto più nella
dottrina cristiana, e nelle sante virtù.
Quelle che corrette più volte non si emenderanno, e che cagioneranno disturbi, si
appellano come incorreggibili.
Capitolo IX
Delle Maestre delle Fanciulle che concorrono alla Scuola
Le maestre delle fanciulle /557, che concorrono a questa scuola, debbono esser
dotate non solo di una speciale esemplarità di vita, ma sibbene ancora di una
capacità, e scienza sufficiente; non solamente dei lavori manuali, ma molto più
della Dottrina Cristiana, in cui debbono istruire le Figliole. L’Istruzione, ch’esse
debbono fare, sarà sempre secondo la Dottrina spicciola e generale del Ven.
Cardinal Roberto Bellarmino ed i libri cattolici, che hanno presentemente.
Non sarà perciò lecito in verun tempo introdurre nuove dottrine, nuovi catechismi,
nuove istruzioni o manoscritte o stampate fuori dalle anzidette. Quanto ai libri
spirituali, non si dovranno giammai introdurre né in questa scuola, né nel convitto,
se non quei che avranno l’approvazione di Roma madre, e maestra di tutte le altre
Chiese. Procureranno la Maestre quali vere madri d’ istruire le figliuole, avendo
mira alle forze, all’abilità, sanità, talento, e capacità di ciascuna, senza gravarle più
del dovere. Saranno perciò tutte le figliuole divise in più classi, cioè delle piccole,
delle mezzane, e delle grandi, ed in ciascuna classe s’insegneranno le cose, che
convengono. Ogni maestra nell’istruire le figliuole di guardi da tre difetti. Primo
dalla noja, poiché se le figliuole veggano annojarsi la maestra, quanto più
facilmente si annojeranno ancor esse, e non ameranno la Dottrina di Gesù Cristo.
Secondo: dall’impazienza, ma dovranno istruire secondo l’insegnamento di S.
556
557
Inizio di p. 19 del manoscritto.
Inizio di p. 21 del manoscritto.
233
Paolo in ispirito di dolcezza. Terzo: dal’ammirazione, poiché le figliole si
vergogneranno della loro ignoranza, e saranno più difficili a parlare. Mostreranno
le Maestre tutta la compassione per le povere ignoranti, e tutta la più soda carità.
Oltre (p.22) le scuole quotidiane, in ogni anno si faranno almeno quindici giorni di
istruzioni particolari per quelle figliuole le quali si avranno di ammettere alla prima
comunione secondo il tempo, ed il metodo già introdotto. E questa funzione sarà
otto giorni prima notificata per la città, affinché le figliuole vi possan concorrere.
Tali figliuole nella giornata siano impiegate; primo: la mattina adunate tutte in un
sito, sentiranno la meditazione spirituale, che si leggerà dalla maestra; secondo: si
farà loro la istruzione, o sia dichiarazione dalla maestra, con chiarezza delle cose,
che riguardano i sagramenti e specialmente procurerà d’istruirle, e disponerle per la
confessione generale, che dovranno fare tutte le prime comunicande. Lo stesso
metodo si terrà il giorno dopo pranzo. Quarto: procurerà che il giorno antecedente
alla comunione, abbian tutte fatta la confessione generale.
La funzione della prima comunione si farà nella solennità del Nome SS.mo di
Maria, secondo lo stile, e la forma introdotta; ed in tal giorno si tratterranno fino
alla sera, affinché tornando in casa, dopo la prima comunione, non abbiano a
divagarsi, e la Casa Pia si farà la carità dargli in tal giorno da mangiare».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Comunicazione del Vice Presidente del
Consiglio degli Ospizi. Aquila 6 febbraio 1858
Fascicoletto manoscritto di 15 pp. datato Aquila 6 febbraio 1858; è una
comunicazione del Vice Presidente del Consiglio degli Ospizî al Vescovo di
Aquila. In detta comunicazione veniva chiesto al vice Presidente di fare un
ragguaglio sui due stabilimenti di educazione, rispettivamente sulla Scuola
pia/Conservatorio S. Paolo, per le fanciulle della classe povera la cui
istruzione era affidata alle maestre cosiddette “pie”, ovvero le oblate
agostiniane del Bambin Gesù (che risiedevano dentro i locali della Scuola di
S. Paolo), e su S. Giuseppe per le fanciulle di civile condizione, della classe
più abbiente, la cui educazione era affidata alle Figlie della Carità, site nella
città di Aquila. Questo rapporto fu richiesto: «[…] Prima di autorizzare
l’inversione di un fondo che si era chiesto per appigionare una casa ove
allogare le Maestre Pie di S. Paolo, che dovevano sgombrare il locale da
esse abitato e per esse fondato onde cederlo alle Figlie della Carità558».
«I. M. I.
Ecc.mo Sig.re
Nella qualità di Vice Presidente di questo Consiglio degli Ospizii ho dovuto
firmare un rapporto a Lei diretto con questa stessa data, n° 371 in riscontro alla di
Lei Ministeriale dei 19 gennaio ultimo, 4° Rip[artimento], n.° 252, colla quale Ella
chiedeva un cenno sulla istituzione delle due Scuole per le fanciulle559 in questa
città sotto il titolo di S. Paolo, e di S. Giuseppe560 prima di autorizzare l’inversione
di un fondo che si era chiesto per appigionare una casa ove allogare le Maestre Pie
558
ADA, Busta 605, fasc. 2, Scuola Pia S. Paolo, Comunicazione del vice Presidente del
Consiglio degli Ospizi, p. 1.
559
Carattere rimarcato nel testo.
560
Idem.
234
di S. Paolo, che dovevano sgombrare il locale da esse abitato e per esse fondato
onde cederlo alle Figlie della Carità.
Questa di Lei richiesta suggeritale da quell’eminente senno governativo che tanto
la distingue, o per meglio dalla Provvidenza che assiste coloro che stanno nel
Consiglio dei Principi della terra, mi porge l’opportunità di parlare all’E.V. come
Vescovo, e rassegnarle che lo stabilimento delle Figlie della Carità in Aquila, a
solo fine di avere l’educandato interno per le signorine, si fonda colla distinzione di
un altro Stabilimento eretto espressamente per le povere fanciulle, stabilimento
affidato dalla fondatrice, che ne ottenne il Real Assenso nel 1782, all’Istituto Panto
fiorente in Roma e nello Stato Pontificio detto delle Maestre Pie del Bambino
Gesù.
Questo fatto di vedere dopo quindici lustri dalla sua istituzione distrutto uno
stabilimento che è stato ed è tuttavia benemerito di questa città, comunque rimasto
scheletro, perché sordamente minato fina da 22 anni addietro, cioè dal 1836 sin cui
non si permise all’Istituto amministrato dalla Commissione di beneficienza di
rimpiazzare le Maestre che morivano, e di riprodursi coll’ammettere alla vestizione
dell’abito dell’Istituto le altre Maestre, /561 ha fatto si che le anime benefiche che
avevano intenzione di fare dei legati pii per opere di tal natura, se ne siano
astenute, oppure abbiano chiesto a S. Maestà (D.G.) la grazia, che non avesse a
prendervi alcuna ingerenza il Consiglio degli Ospizi.
Io perciò la prego a prendere in seria considerazione questo affare, e di sospendere
qualunque provvedimento sul proposito sino a che lo stesso Consiglio degli Ospizi
non venga ad umiliarle un altro progetto, col quale senza espellere dal Locale di S.
Paolo le Maestre Pie, per le quali fu esso tassativamente destinato, possa anche
aprirsi l’Istituto per le figlie della Carità già decretato dalla Maestà del Re Nostro
Signore.
Nel foglio che mi permetto di racchiuderle, troverà la storia veridiera della
fondazione dell’Istituto di S. Paolo , le fasi che ha subito sinora, e lo stato in cui è
al presente, come pure vedrà il punto falso di partenza, col quale il Consiglio iniziò
lo Stabilimento delle figlie della carità colla proposta della distruzione delle
maestre pie di s. paolo, che hanno fatto e stanno facendo un bene sensibile a questa
città. Tutto ciò si fece prima che io fossi giunto in Diocesi; e se le dette maestre pie
non sono state sinora barbaramente espulse dal locale ad esse assegnato e per esse
procurato e dotato dalla fondatrice, si deve alle mie preghiere, e dirò pure a talune
arti indirette e prudenziali da me usate, onde non venire in aperta guerra con che
aveva iniziato l’affare, e sciolto il problema (come dice nel rapporto dei Aprile
1852) colla spada di Alessandro. Al Vescovo s’appartiene di tutelare le ultime
volontà dei defunti, e per tale considerazione io la prego di non permettere /562 che
si dia questo esempio di vederle violate sotto un’apparenza di legalità. Ed il modo
di salvare, e far rifiorire l’Istituto che si è quasi distrutto, e farsi che nel tempo
stesso, le figli della carità possano presto venire in Aquila, è quello che mi
permetto di indicale nel detto foglio, e che Le verrà, come diceva, proposto dal
Consiglio tra non guari; prevenendola che richiesto in nome di S. Maestà per
informo e parere del Direttore del Ministero degli affari ecclesiastici in seguito di
reclamo umiliato al Trono dalla Priora e Maestre del detto Istituto, ho dovuto per la
verità contenermi negli stessi termini.
Nella fiducia che si degnerà di accogliere benignamente le mie operazioni e che
darà le disposizioni opportune perché l’un Istituto sia consacrato, e all’altro sia
mandato ad effetto per secondare il bisogno sentito di un Educandato per le signore
561
562
Inizio di p. 2 del manoscritto.
Inizio di p. 3 del manoscritto.
235
e far sì che le fanciulle della classe inferiore non siano in migliore condizione di
quelle della classe superiore, come si verifica attualmente, gliene anticipo i dovuti
ringraziamenti, e pieno della più alta e sentita stima mi do l’onore di ripetermi.
Di Vostra Eccellenza
Aquila 6 febbraio 1858».
A pag. 4 del fascicoletto in questione è scritta la Memoria per l’Istituto
delle Scuole Pie del Bambino Gesù in Aquila, distribuita su 13 pp. che si
riporta integralmente a seguire:
«/563 Nel 1782 la Pia Signora Maria Rustici Patrizia Aquilana ottenne da sua
Maestà Ferdinando IV il soppresso locale del collegio dei Barnabiti sotto il titolo di
S. Paolo esistente in questa città, ed ottenne ancora il R. Beneplacito per potervi
aprire un Istituto che si addicesse alla istruzione delle fanciulle povere di questa
stessa città e del contado.
A tal’uopo ottenne anche il R. Governo che vi fossero addette tutte le rendite
destinate a mantenere il culto nella Chiesa del soppresso Collegio, ed anche gli
arretrati delle rendite stesse dall’epoca della soppressione avvenuta pochi anni
prima. La Signora Rustici con questi sussidi, e con denaro proprio ristaurò il detto
locale e lo ridusse alla forma necessaria per addirlo all’uso designato; formolò delle
regole da osservarsi per la buona educazione delle fanciulle povere, e ne ottenne e
ne ottenne anche il R. Assenso.
Nel 1790 personalmente si recò in Roma, ed ottenne dalla casa Madre detta del
Bambino Gesù, quattro suore, cioè una Priora e tre Maestre, con le quali iniziò la
scuola, che fu floridissima sino al 1806; e la stessa Signora Rustici amministrava le
rendite che aveva potuto summessivamente raggranellare, e provvedere al
mantenimento delle dette Maestre, le quali vivevano tra loro in vita perfettamente
comune, e rassegnavano anche il prodotto de i loro lavori all’Amministratrice, la
quale le provvedeva di tutto il bisognevole al vitto, vestito, medicinali, ecc.
Il governo militare nella detta epoca avendo abolite le Congregazioni Religiose, le
dette quattro suore si raccolsero in uno del Monasteri di clausura di questa città,
sino a che rassettasse le case, e messo il detto Pio Istituto sotto la vigilanza della
Commissione Amministrativa di Beneficienza le medesime Maestre furono
richiamate a rioccupare il detto locale, e a intraprendere di bel nuovo la scuola
delle fanciulle. Però, invece di avere per Amministratrice la Signora Rustici, la
Commissione Amministrativa s’impadronì delle rendite, pose ciascuna Maestra a
soldo, assegnando per ciascuna ducati sette mensili, e siccome le sole rendite allora
esistenti non bastavano allo stipendio delle quattro Maestre, ed alle spese di culto,
che sole assorbivano più di 110 ducati annui, così la Commissione chiese ed
ottenne dal Comune un annuo stipendio di ducati 200, che furono fissati nel budget
del Comune /564 medesimo.
Nel 1810 la Commissione istessa credette opportuno di aprire in un altro punto di
questa città un’altra scuola colle stesse norme per le fanciulle di quei quartieri che
non potevano accedere alla Scuola nel locale di S. Paolo, e per sopperire alle spese
di mantenimento di altre tre Maestre, ottenne dal Comune che il sussidio annuo di
ducati 200 fosse elevato a ducati 400; e così da quell’epoca la Commissione
fornendo un solo stato discusso per ambedue le Scuole di S. Paolo, e dell’altro
563
564
Inizio di p. 4 del manoscritto.
Inizio di p. 5 del manoscritto.
236
locale preso a pigione, detto di S. Giuseppe565, stipendiava sette Maestre, cioè le
quattro di S. Paolo, e le tre di S. Giuseppe; e così da quell’epoca esistono in questa
città le due Scuole di S. Paolo e di S. Giuseppe; colla differenza che quest’ultima è
stata sempre servita da Maestre particolari, cioè non appartenenti ad alcun Istituto,
e viventi senza Regola propria, ed amovibili ad arbitrio della Commissione, in un
locale preso a pigione, laddove le prime, cioè quelle di S. Paolo, non furono mosse
dal locale ad esse assegnato con Regio Beneplacito, e comunque messe a soldo,
continuarono a vivere secondo le Regole del loro Istituto, in vita perfettamente
comune, e come in un Conservatorio, sopperendo la Donna Maria Rustici
fondatrice a tutto ciò che loro poteva essere necessario.
Nel 1819 essendo appestata una delle quattro Maestre Romane, la Sig.ra Rustici
fece che vi fosse ricevuta come Educanda la giovane Agnese Picchioni Aquilana,
la quale fu poi vestita dell’abito religioso, e professò il detto Istituto; essendo
prescritto nelle Regole munite di R. Assenso che le Maestre dovevano tenere in
convitto una o più educande secondo le risorse per poter rimpiazzare le Maestre
che verrebbero a mancare. In seguito cioè nel 1825 morì un’altra della quattro
Mestre, e subito venne rimpiazzata con altra Educanda Antonia Palesse, la quale ai
16 Luglio dello stesso anno 1825 fu solennemente vestita dell’abito religioso dal
Vescovo M:re Manieri, e prese il nome di Maria Luisa Palesse,; e così le Maestre
continuarono ad esser quattro religiose sino al 1835. Nel corso dello stesso 1835
morì la suddetta Suora Picchioni, che ne era Priora, posteriormente morirono le
altre due, e rimase la sola Maria Lucia Palesse, che è ancora superstite; e la
Commissione Amministrativa non permise più che le Maestre avessero vestito
l’abito religioso, ma vollero che a misura che ne veniva a mancare una, fosse
rimpiazzata da una Maestra Secolare amovibile /566 ad nutum dalla Commissione; e
così dal 1835 vi fu ammessa come Maestra l’altra Educanda Geltrude Ianni, che è
pure superstite, e che comunque, non abbia vestito l’abito religioso, ha vissuto
sempre sotto la stessa regola.
Intanto la Signora Rustici venuta a morte nel 1822, quando l’Istituto era ancora
nello stato, nel quale essa lo aveva impiantato, fece il suo testamento, e lasciò suo
erede il detto Istituto della Scuola di S. Paolo, colla espressa dichiarazione che le
Maestre non dovevano essere mai meno di quattro, e che potevano aggregarsi a
proporzione che crescerebbero le rendite, e che doveva sempre dalle dette Maestre
tenervisi come convittrice un’orfana di buone speranze per poter rimpiazzare le
Maestre Pie che venissero a morire.
La Commissione s’impadronì delle rendite, e permise che nel 1825, quando era
ancor fresca la volontà della fondatrice, l’educanda Antonia Palesse vestisse l’abito
religioso, come si è detto; ma quando nel 1835 morì la Picchioni, la Commissione
medesima ammise come maestra l’altra seconda orfana M:a Gertrude Ianni, ma
non le permise mai d’indossare l’abito. Ed essendo venute a morte le altre due
Maestre nell’intervallo tra il 1835 al 1852, le fece pur rimpiazzare, ma nemmeno
permise che le nuove Maestre avessero indossato l’abito religioso, perché già la
Commissione aveva cominciato a concepire altro disegno sull’uso del detto Locale
di S. Paolo. Sicché le Mestre Pie in S. Paolo anche oggior sono quattro, ma una
sola di esse, cioè la Maria Lucia Palesse è professa dell’Istituto del Bambino Gesù,
le altre, rimpiazzate successivamente secondocché dal 1835 moriva una delle
Maestre professe del detto Istituto, vi rimasero coll’abito secolare, ma continuarono
a vivere in vita comune, sotto la stessa regola secondo lo spirito della primiera
fondazione; e continuarono a produrre l’immenso bene dell’istituzione di tutte le
565
566
Rimarcato nel testo, p. 5 del manoscritto.
Inizio di p. 6 del manoscritto.
237
donne del basso e medio ceto di questa città; le quali tutte sono mirabilmente
istruite nel leggere, scrivere, far di conti, nella dottrina cristiana, e nei lavori
domestici di cucire, far merletti stupendissimi, e ricamo in lana, in seta, in oro, in
figure come in ogni più fiorente Istituto; a segno che le giovani educande in questi
Istituto sono state ricevute senza dote nei varii Monasteri di clausura di questa città,
ed in quello di Cittaducale, ove la loro rinomanza di abilissime /567 Maestre di
lavori ha fatto si che varii Padri di famiglia di nascita civile vi abbiano messe le
loro figlie in educandato.
L’amore delle novità, è quel malinteso spirito di progresso però che ha invaso la
società moderna, animato dall’interesse privato, che mal soffriva in questa città
tutte le classi inferiori provvedute abbondantemente di mezzi per l’istruzione
donnesca, laddove la classe di proprietari mancava di un Istituto per l’educazione
delle loro figliuole, fece nascere in coloro ch’erano preposti all’amministrazione
della cosa pubblica il pensiero di fondare un educandato per le fanciulle delle
famiglie agiate; e sin dal 1836 proposero di addirvi il locale di S. Paolo, e di
chiamare le Suore della Carità a dirigerlo.
Per poter ciò effettuare non permisero che, venendo a morte una delle Maestre Pie,
fosse rimpiazzata da altra che vestisse l’abito dello stesso Istituto, ma fosse
rimpiazzata, come si è detto, da una Maestra che vi fosse ricevuta come semplice
stipendiata amovibile. E questo spiega come attualmente esista solo la larva del
detto Istituto nella persona della Priora Maria Luisa Palesse, che ne commise la
professione sin dal 1825, e le altre tre Maestre siano secolari, comunque, salvo il
solo abito che non abbiano indossato, conservano tutte lo spirito del benemerito
Istituto delle Maestre Pie del Bambino Gesù.
Nel 1840 la Commissione Amministrativa si maneggiò presso il Consiglio
Distrettuale, e poi presso il Consiglio Provinciale perché si proponesse a sua
Maestà (D.G.) la fondazione di detto Educandato nobile da dover esser diretto dalle
suore della Carità; e si l’uno che l’altro fecero tale proposta assegnando 1800
ducati sui fondi provinciali per la riduzione del locale di S. Paolo ad Educandato
interno, e dippiù, oltre le rendite dell’Istituto di S. Paolo accresciute dell’annuo
sussidio che da il Comune, altri ducati 412 sui medesimi fondi provinciali pel
mantenimento delle Suore della Carità. In tale proposta non si fece menzione di
quanto le si è sinora rasseganti, e quindi la Maestà del Re Nostro Signore sempre
intenta al bene dei suoi amatissimi sudditi, credendo che fosse questa una nuova
fondazione da farsi in Aquila, e che il locale di S. Paolo fosse un locale vuoto di
qualche Monastero soppresso, approvò la proposta, disponendo che la riduzione del
locale si facesse a spesa del Comune di Aquila, ed il mantenimento delle Suore di
Carità gravitasse sui Comuni più agiati della Provincia con un numero di piazze, e
di mezze piazze franche.
/568 Questo progetto però rimase ineseguito per l’opposizione che incontrò da parte
del mer antecessore Monsignor Manieri, il quale protestò contro l’aperta violazione
che si sarebbe fatta dall’ultima volontà della Signora Rustici fondatrice dell’Istituto
delle Maestre Pie in S. Paolo, la quale aveva aperta questa casa, e l’aveva dotata
per le Maestre Pie, che allora ancora erano al numero di tre, e non per altro Istituto;
che aveva lasciato le sue rendite per la istruzione delle famiglie povere, e non per
quelle delle famiglie agiate; e questa di lei volontà era stata così precisa, che in vita
sua non volle mai permettere che una sua nipote di famiglia Patrizia fosse stata
ricevuta come Educanda nell’Istituto della Maestre Pie in S. Paolo, che essa diceva
di aver aperto appositamente per la sola educazione delle fanciulle povere.
567
568
Inizio di p. 7 del manoscritto.
Inizio di p. 8 del manoscritto.
238
Passato a miglior vita Monsignor Manieri, si cominciò di bel nuovo a mettere in
campo il progetto dell’Educandato nobile, e per venirne a capo, all’idea delle Suore
della Carità569, le quali si occupano precisamente dell’educazione delle nobili,
anziché delle povere, sostituirono quella delle Figlie della Carità570, le quali
prestandosi alla educazione delle povere non meno che delle nobili; non si sarebbe
trovato più l’ostacolo dalla parte del Vescovo, che era obbligato a procurare
l’adempimento dell’ultima volontà della fondatrice dell’Istituto delle Maestre Pie
in S. Paolo; e così con pretesto della istruzione delle fanciulle povere da affidarsi
alle Figlie della Carità, si sarebbe in pari tempo provveduto all’Educandato delle
fanciulle nobili tanto vagheggiato. Si attese sino ai principii del 1852, epoca in cui
venne a morte l’ultima delle quattro Maestre Pie venute da Roma, e in S. Paolo
rimase l’attuale Priora solamente Suora professa dell’Istituto, e le tre Maestre a cui
non fu mai permesso di emettere i voti religiosi dell’Istituto medesimo; e pochi
giorni dopo cioè ai 24 febbraio 1852 questo Consiglio degli Ospizii allora
composto di due soli membri e dell’Intendente, motivò e fece deliberare la
Commissione Amministrativa, nonché il Pensionato circa l’Istituto delle Figlie
della carità da aprirsi nel locale di S. Paolo, trasferendo le attuali Maestre, non
acclusa la Priora che vi emise i suoi voti religiosi, nel locale di S. Giuseppe, che
come si è detto più innanzi, appigionato dal Comune, accoglie le Maestre di un
altra scuola per le fanciulle in un sito opposto della città.
La Commissione Amministrativa di Beneficienza emise la sua deliberazione, ma a
parità /571 di due voti negativi contro due affermativi.
Il membro ecclesiastico ed un membro laico furono negativi, e considerando: 1°
Che l’Istituto di S. Paolo fondato da D[on]:na Maria Rustici aveva le sue particolari
regole sovranamente approvate, che non era nella loro facoltà di mutare, essendo
l’uffizio della Commissione di Beneficienza limitato alla semplice
Amministrazione ed alla sorveglianza per l’osservanza delle regole inerenti alla
fondazione; 2° Che l’Istituto di S. Paolo sovranamente approvato non poteva essere
annullato che dal Sovrano, tanto più che essendo il detto Istituto basato col pio
legato della fondatrice Sig.ra Rustici non poteva essere distrutto o modificato senza
le sovrane disposizioni, potendo gli eredi Rustici aver diritto a rivendicare il legato
vedendo mancare le condizioni, la cosa, e l’andamento sotto le cui norme il legato
fu largito e sanzionato; 3° Che l’Istituto delle Figlie della Carità poggia sopra
Regolamenti diversi, che al certo alterano, snaturano, variano le Regole
fondamentali; 4° Che volendo cedere alle Figlie della Carità il locale di S. Paolo
sarebbe lo stesso che divergere dalla volontà della Pia fondatrice; 5° Che non vale
il dire che lo stabilimento Rustici si conservi trasportandosi le attuali Maestre in
altro locale tostocché esso Stabilimento si spoglia del suo locale, ed una quota delle
sue rendite si inverte ad altro uso; conchiusero di non trovar luogo a deliberare
tanto sulla invenzione del locale di S. Paolo, quanto sulla fusione delle sue rendite
per lo stabilimento delle figlie di carità, che se il Comune volesse fondare in Aquila
anche l’Istituto delle Figlie della Carità, potrebbe destinare altro locale, e pel
mantenimento di esse destinare il sussidio votato dal Comune istesso, accresciuto
di altri fondi da rinvenirsi all’uopo.
Il Sindaco però e l’altro membro della Commissione deliberarono per
l’affermativa, come il Sindaco istesso con altri Denerioni (?) padri di famiglia, ai
quali si prospettò il vantaggio risultante da un Educandato per le figlie,
deliberarono analogamente, e votarono un sussidio annuo dal Comune di altri
569
Sottolineatura nel testo.
Sottolineatura nel testo.
571
Inizio di p. 9 del manoscritto.
570
239
Ducati 350; ed il Consiglio degli Ospizii poco interessandosi delle rilevanti
osservazioni fatte dai detti due membri, comise una deliberazione studiata, che
inviò a codesto R. Ministero con rapporto dei 24 Aprile 1852 n. 1224, nel quale
rapporto si fa menzione che l’Istituto delle fanciulle povere di S. Paolo, e si parla di
un competente numero di Maestre Pie chiamate dalla fondatrice572; ma non si parla
né della natura dell’Istituto né della qualità delle dette Maestre Pie come
appartenenti ad una Congregazione Religiosa. Che anzi per fare scomparire persino
l’ultima traccia di Istituto Religioso, si parla della necessità che vi fu di aprire
un’altra scuola in S. Giuseppe col sussidio di annui ducati 400 somministrati dal
Comune, e si accenna solo che ambedue le scuole rimasero sotto la dipendenza del
Consiglio degli Ospizii ed ebbero un solo Stato disuso. Quindi si viene a proporre,
che quando si addicesse all’Istituto dell’indole voluta dal perfezionamento dei
metodi moderni …573 il locale di S. Paolo, e si provvedesse alla condizione delle
maestre che ora alla meglio sostengono la istruzione. Eppure il Demrionato di
Aquila nella una deliberazione nel proposito, aveva confessato che le Maestre di S.
Paolo avevano lodevolmente corrisposto agl’incarichi loro affidati, donde emergere
chiaro che si voleva sacrificare l’Istituto di S. Paolo non perché le Maestre Pie non
adempissero ai loro doveri, o fossero insufficienti a dare alle fanciulle povere le
istruzione che lodevolmente avevano data sino a quell’epoca, ma perché si voleva
una istruzione voluta dal perfezionamento dei metodi attuali574, cioè che
comprendesse oltre alla istruzione nella dottrina cristiana, nel leggere, scrivere, far
di conto, cucire,far merletti, e ricamare, anche l’insegnamento della lingua
francese, della musica, del ballo, e di tutto ciò che la moderna società paganizzata
crede di dover formare il corredo di una signorina educata coi metodi attuali575 non
so se perfezionati o deteriorati pel vero bene delle famiglie.
In seguito di tale proposta del Consiglio degli Ospizii, codesto R. Ministero
credendo certamente che le Scuole di S. Paolo e di S. Giuseppe in Aquila fossero
servite non alla meglio, ma alla peggio da Maestre prersolate, e che quindi sarebbe
stato utilissimo l’affidare almeno una delle dette Scuole all’Istituto tanto benefico
delle Figlie della Carità, propose l’affare a sua Maestà (D.G.), il quale nel
Consiglio di Stato degli 11 maggio 1852 approvò, dietro avviso della Consulta,
l’erezione in Aquila dell’Istituto delle Figlie della Carità per l’educazione delle
fanciulle, e comandò che si redigesse un progetto di Stato, per il servizio interno, e
per l’amministrazione dello Stabilimento.
Questo progetto di Stato fu inviato dal Consiglio a codesto R. Ministero ai 14
maggio 1853 ed ai 5 novembre dello stesso anno il Ministero scriveva al Consiglio
che Sua Maestà si era degnata di approvare l’uno e l’altro.
Ricevutosi appena tale R. Rescritto, il Consiglio con suo offizio di 16 novembre
ordinò /576 alla Commissione Amministrativa che senza perdere un giorno di tempo
avesse fatto sgombrare dalle Maestre Pie il locale di S. Paolo, per farvisi le
restaurazioni necessarie, e che in seduta straordinaria avesse provveduto
all’occorrente.
(Da questa sola disposizione data dal Consiglio così premurosamente si rileva
l’impegno che vi era a fondare il nuovo Istituto sulla distruzione ed annientamento
del vecchio).
572
Sottolineatura nel testo.
Puntini di sospensione presenti nel testo.
574
Sottolineatura nel testo.
575
Sottolineatura nel testo.
576
Inizio di p. 10 del manoscritto.
573
240
Fortunatamente da pochi mesi io era giunto in questa Diocesi, ed alla fine di
settembre dello stesso anno avendo con immensa soddisfazione assistito agli esami
pubblici dati da circa 200 ragazze577 dirette dall’Istituto delle Maestre Pie in S.
Paolo, e data pubblica lode ben meritata alle Maestre Pie, le medesime quasi col
pianto mi avevano informato di ciò che si stava macchinando contro di esse per
cacciarle barbaramente dal locale ad esse assegnato dalla Governatrice dell’Istituto,
onde dare il medesimo locale alle Figlie della Carità che dovessero venire ad
insegnare alle figlie dei Signori i metodi moderni578. Affine di ben convincermi
della legalità del procedimento tenuto sino a quell’epoca intorno a questo affare,
cominciai ad intervenire alle sedute del Consiglio degli Ospizii, in cui era ancor
nuovo, ed a manifestare le mie idee circa l’Istituto delle Maestre Pie in S. Paolo, il
quale adempiva con tanto zelo e profitto ai suoi incarichi, come io e tutto il
pubblico eravamo ocularmente informati, ed eravamo convinti dai pubblici esami;
ma mi fu rotto il latino in bocca col mostrar misi; due Sovrani Rescritti del maggio
1852, e di novembre 1853, ai quali, si diceva, conviene dare assolutamente
esecuzione. Allora mi tacqui, e non potendo far altro, cercai di non fare almeno
disperdere la florida scuola, che ad ogni costo non si voleva più riaprire, facendo
osservare che pria di tutto conveniva assicurarsi se le Figlie della Carità erano nel
caso di anettare la fondazione che voleva farsi in Aquila di una casa del loro
Istituto, e poi pensare alla riduzione del locale di S. Paolo.
Si scrisse in Roma al Superiore delle Missioni di S. Vincenzo dei Paoli, da cui le
Figlie della Carità dipendono, e se ne ottenne in risposta che per la guerra
d’Oriente, essendosene spedite più di 200 in Crimea, non si poteva per allora
parlare della fondazione che voleva farsene in Aquila, e così le povere Maestre Pie
di S. Paolo ebbero tregua, e la loro scuola non fu dispersa, né per allora più si pensi
alle Figlie della Carità.
Intanto ai 30 giugno 1855 codesto Ministero inviò a questo Consiglio il R. Decreto
/579 dei 18 maggio 1852 per la fondazione dell’Istituto delle Figlie della Carità in
Aquila colle clausole nel R. Rescritto degli 11 maggio 1852, di cui si è più sopra
parlato. Fu questa la nuova e gradita occasione per ricominciare le trattative nel
proposito. Il Consiglio ufficiò codesto R. Ministero che il R. Decreto non poteva
eseguirsi per essersi ricevuto riscontro negativo dal Superiore delle Figlie della
Carità, e lo interessò perché interponesse la sua mediazione per potersi ottenere da
Parigi un competente numero di dette figlie; ma gli fu risposto con Ministeriale dei
2 settembre che le prattiche fatte all’uopo erano anche riuscite infruttuose per la
stessa ragione della spedizione di Crimea; e che perciò il Consiglio provvedesse
diversamente a quel bisogno 580 (cioè ad un bisogno non mai in realtà sentito).
Mentre per tali riscontri non più pensavasi alle Figlie della Carità, giunse al
Consiglio la partecipazione che il Marchese Antonini nativo di Aquila581,
Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà presso l’Imperatore dei francesi, avendo
inteso che in Aquila, sua patria (da cui mancava da circa un mezzo secolo), si
stabiliva un Istituto delle Figlie della Carità per concorrere anch’egli a quest’opera
pia, largiva una somma di 2400 ducati per comprarsene a tal’uopo rendita nel Gran
Libro.
577
Rimarcato nel testo.
Sottolineato nel testo.
579
Inizio di p. 11 del manoscritto.
580
Sottolineato nel testo.
581
Rimarcato nel testo.
578
241
Questa inaspettata largizione del Marchese Antonini, svegliò nuovamente il
vespaio.
Si scrisse al Marchese Antonini in Parigi affinché, se avea avuto la degnazione di
fare un pio legato a favore delle figlie della Carità, si fosse impegnato ad ottenere
la spedizione di un numero di esse in Aquila, tantoppiù che dopo la pace si erano
queste restituite in Europa.
Il Marchese Antonini se ne interessò; e nel maggio 1856 due Figlie della Carità
della Casa di Roma vennero in Aquila ad ispezionare il locale di S. Paolo per esse
destituito, ed indicarono le riduzioni che nel loro Istituto, e per l’Educandato erano
indispensabili.
La Commissione Amministrativa fece drizzare apposita perizia, e stabilì all’uopo il
fondo di 1600 ducati esistenti in cassa; e già si metteva mano alla esecuzione dei
lavori quando io, dopo avere ispezionato bene il locale, cominciai a protestare in
Consiglio contro tale progetto, che avrebbe fatto sciupare una somma
considerevole senza ottenersene lo scopo bramato, perché il locale di S. Paolo
costando di un edificio antico e di cattiva costruzione, ed essendo destinato ad
albergare /582 le sole Maestre che devono tenere la scuola esterna per le fanciulle
povere, e non l’educandato nobile; le riduzioni progettate non erano necessarie; e
qualora si fossero tentate, la somma destinatavi si sarebbe solo spesa in abbattere le
vecchie mura, senza ottenersi l’Educandato, per edificare il quale vi sarebbero state
necessarie più migliaia. Così, conseguitasi la ragionevolezza delle mie
osservazioni, il Consiglio ordinò alla Commissione che desistesse dai lavori di
demolizione già incominciati.
Intanto siccome da codesto Regio Ministero non si cessava con Ministeriali di far
premura per conoscere a che stato erano le cose per la fondazione dell’Istituto delle
Figlie della Carità; e siccome s’altronde il Marchese Antonini nell’atto di sua
donazione aveva messo il patto riversivo se tra un anno dalla stipolazione
dell’Istrumento le Figlie della Carità non si fossero stabilite in Aquila; così
insistendo la Commissione Amministrativa per la riduzione del locale di S. Paolo, e
per la chiamata delle Figlie della Carità, onde non perdere il legato Antonini; il
Consiglio degli Ospizii fece di avviso che chiamassero pure le Figlie della Carità,
ma che non si parlasse di riduzione del locale di S. Paolo, perché come sinora vi
erano state ben alloggiate le Maestre Pie, così potevano pure ben albergare in esso
le quattro Figlie della Carità, tantoppiù che nel R. Decreto che approva il Legato
Antonini, e nell’Istrumento di donazione medesimo si dice che le Figlie della
Carità devono rimpiazzare le Maestre Pie nella istruzione delle povere, e non si
parla affatto di Educandato. In seguito di tale avviso del Consiglio, la Commissione
onde non mettere in mezzo ad una strada la Priora colle altre tre Maestre Pie, delle
quali la prima ha abitato nel detto locale per circa 40 anni, e le altre chi da 30, chi
da 20 anni, a mie richieste, s’indusse a proporre di prendere in fitto una casa onde
alloggiare pel resto della vita, riducendo il loro soldo mensile da 7 a 5 ducati; e
quindi il Consiglio col suo rapporto dei 19 dicembre ultimo n.° 3462 domandò a
codesto R. Ministero l’autorizzazione di poter pagare il pigione della detta cassa
col soldo d’una delle tre Maestre di S. Giuseppe, che vala, e le quali sono
stipendiate cogli stessi fondi dell’Istituto delle maestre Pie di S. Paolo accresciuti
dall’annuo sussidio di ducati 400 che il Comune fin dal 1810 somministra alla
Commissione di beneficienza per tale progetto.
Ora però che l’E.V. è venuta in piena conoscenza del modo equivoco, con cui si è
intavolato /583 l’affare dell’Istituto delle Figlie della Carità da fondarsi in Aquila,
582
583
Inizio di p. 11 del manoscritto.
Inizio di p. 13 del manoscritto.
242
ch’è giusto al segno di doversi menare innanzi ad ogni modo, e che certo dopo il
reclamo fatto dalla Maestre Pie alla clemenza del Re Nostro Signore, e dietro
l’angolo informo che io sono stato richiesto a dare non mancherà di esser preso da
Sua Maestà in seria considerazione, mi permetto di proporre all’E.V. un mezzo
felicissimo per provvedere ai giusti reclami delle Maestre Pie, e nel tempo stesso
soddisfare al desiderio dei Padri di famiglia di condizione agiata, i quali sentono il
bisogno (come lo sento anch’io) di aversi in Aquila un Educandato per le
figliole di civile condizione584, che è il solo che qui manca, mentre tutte le classi
inferiori di questa città ne sono bene ed abbondantemente provvedute. E questo
mezzo facile Le sarà tra non quasi rassegnato regolamento dal consiglio degli
Ospizii con apposita motivata deliberazione, se l’E.V. mi farà sperare che potrà
essere accolto dall’E.V.
Si sta vendendo per espropria in questa città un eccellente ed ampio palazzo con
tutti i commodi necessari per formarvi un Educandato nobile, con ampie stanze da
destinarsi per camerate, in una bella esposizione, ed in buonipiano stato.
Il suo prezzo non andrà oltre i 2400, o 2500 ducati, attesa l’abbondanza delle case e
dei palazzi in Aquila ed il proprietario si contenterebbe di riceverne anche a respiri
il pagamento. La commissione Amministrativa di beneficienza tiene in cassa un
avvanzo di oltre a 2000 ducati sul fondo delle Scuole Pie di S. Paolo accresciuto
dall’annuo sussidio fissato nello Stato Disnesso Comunale in Ducati 350 sin dal
1854, ed approvati; avvanzo su cui erano stati già autorizzati 1600 Ducati per
ispendersi alla restaurazione e riduzione del locale di S. Paolo, secondo il progetto
fatto dall’ingegnere, e che non si è più eseguito. Si potrebbe dunque colle dette
somme, e con altri avvanzi già maturati, o maturandi, comprare il detto palazzo, e
si avrebbe già un magnifico locale, in cui le Figlie della Carità potrebbero tra pochi
giorni dall’atto di compra aprire l’Educandato tanto desiderato, e dirò pure tanto
necessario per la classe civile, la quale ora è in inferiore considerazione della classe
povera in fatto d’istruzione. Per l’annuo mantenimento poi delle quattro Figlie
della Carità potranno impiegarsi i frutti del Legato Antonini; Ducati 350 annui con
superiore approvazione fissati nello Stato Disnesso Comunale, ed una parte dei
Ducati 400 che il comune medesimo sin dal 1810 somministra come supplemento
di dotazione alla Scuola di S. Paolo, e di S. Giuseppe, oltre qualche altra somma
che il comune medesimo potrebbe proporre di aggiungere al suo stato Disnesso per
questo interessante oggetto, invece di sciupare le vistose rendite per la costruzione
di un teatro mal collocato, e di una strada, detta di Collemaggio, che è l’opera la
più stravagante che siasi mai potuta ideare.
In tal guisa senza molestare le Maestre Pie di S. Paolo dal locale tassativamente per
esse destinato, e per l’educazione e istruzione delle fanciulle povere, si potrebbe far
rinverdire questo benemerito Istituto tutto italiano e conforme ai nostri costumi
nazionali; e nel tempo stesso si potrebbe procurare a questa città il bene di avere
anche un Educandato per le fanciulle di civile condizione diretto dalle figlie della
carità, soddisfandosi così a questo sentito bisogno coi mezzi comunali, che già
sono in essere, e che potrebbero anche accrescersi, se l’E.V. troverà utilissimo che
il Comune spenda anche per l’educazione una piccola parte delle sue non modiche
rendite, che ora impiega solo a cose di poco o niun reale vantaggio per la Città
medesima».
584
Rimarcato nel testo.
243
ADA, Busta 605, fasc. 2, Collegiata parrocchiale Chiesa di S. Giusta in
merito alla Scuola Pia S. Paolo. Aquila 9 giugno 1853
Carta sciolta manoscritta, di 6 facciate, indirizzata all pro Vicario generale
di Aquila, firmata dall’economo curato Giuseppe Bellisario in data 9 giugno
1853.
Alla presente comunicazione è allegata la Copia del Testamento di Donna
Maria Dragonetti ne’ Rustici rogato dal Notaio Francesco Curti in Aquila,
dì 4 Aprile 1821. Il testamento si compone di 4 facciate manoscritte,
trascritte integralmente a seguire dopo l’anzidetta comunicazione.
«Collegiata parrocchiale Chiesa di S. Giusta. Aquila li 9 giugno 1853. Scuola di S.
Paolo.
Ill.mo e Rev.mo Signore
In replica al foglio circolare di V.S. Ill.ma e Rev.ma datato il 13 penduto maggio n°
115, debbo dirle che nell’ambito di questa parrocchia non trovansi eretti luoghi pii
laicali, sennonché la Scuola Pia S. Paolo fondata per la educazione morale ed
istruzione scientifica delle fanciulle povere della fu Sig.ra Maria Dragonetti ne’
Rustici di gloriosa rimembranza.
Per corrispondere con maggiore accuratezza ai quesiti fattimi allego Copia Regio
Assenso, dal, quale rileverà la concessione fatta dal Sovrano sì del locale che delle
rendite dei soppressi Barnabiti a favore del novello Istituto, il modo come dovea
governarsi e migliorarsi l’amministrazione delle rendite, per indi dare ricetto ad
orfanelle povere, ritenendole per educande. Nel decennio francese fu obbligata la
fondatrice a dar conto della sua amministrazione; o per /585 dir meglio dell’esimia
sua carità e generosità veramente singolare, onde veder fiorito lo Stabilimento che
corredò minutamente di tutti i soggetti necessari ad una comunità, e la chiesa fornì
di tutti i sacri arredi giornalieri e festivi, onde fiorisse il divin culto.
Non ebbe in allora, come diceasi posteriormente, chi la difendesse per sostenersi né
farvi suoi diritti, ed anticamente sotto il distano dello stabilimento dal suo materno
ed amorevole governo, e lo vide trasmesso alla commissione di beneficienza.
Fu obbligata a render conto della profusa sua generosità al Consiglio d’Intendienza
e ne risultò ereditrice di Ducati 6.780…586 che nel suo testamento legò a favore
della scuola pia, come rileverà dalla copia che le trasmetto.
Il R. Decreto del 1° febbraio 1816 militava a di lei favore per farne tornare
l’amministrazione in suo potere nel modo istesso che trovasi nell’epoca citata dal
1805; come dall’annessa copia, od almeno invocare il sussidio della garanzia
comunale, ma non seppe fare valere le sue ragioni, perché già gravata dagli anni.
/587 La sanzione sovrana impartita, l’erezione e governo della stabilimento non è
stata giammai rievocata da sovrane disposizioni del re nostro Augusto Sovrano,
ch’è tanto nobilmente e raramente regiato di sì eccellenza e verace pietà cristiana,
mi sembra perciò che potrebbe ora implorarsi di farlo tornare alla primiera
erezione, giusta la mente della fondatrice, e migliorare la condizione delle povere
maestre, e procurare asili e sussidi alle misere orfanelle, di cui ne ridonda il numero
585
Inizio di p. 2 del manoscritto.
Puntini di sospensione presenti nel testo. Vd. p. 2 del manoscritto.
587
Inizio di p. 3 del manoscritto.
586
244
in questa città ed eccitano la più viva commiserazione per lo stato di povertà e
pericoli in cui rattrovansi.
Non potendo ottenersi siffatta ripristinazione non sarà però difficile ottenersi il
distacco dalla commissione di beneficienza per formare una separata
amministrazione delle rendite della scuola pia sotto il governo di un sindaco
dipendente dal Consiglio degli Ospizi, come si pratica nei due stabilimenti della
SS.ma Annunziata e Misericordia e cogli avanzi procurarsi il miglioramento della
scuola, avvicinandosi in tal modo alla pia intenzione della fondatrice, e non si
addirebbero tali rendite ad altri usi e titoli che gravar debbano a carico del Comune,
com’è quello della scuola di S. Giuseppe per la quale rifonde un semplice
supplemento.
Le maestre pie romane chiamate dalla fondatrice, oltre il prescritto nel Regio
Assenso, si modellavano per l’intero governo alle regole del monastero detto del
Bambin Gesù di Roma tutte uniformi per la perfetta loro vita comune, per
l’educazione ed istruzione delle fanciulle ed altre opere di carità; e ciò fin dal 1790
come risulta dalla copia che conservano – sottoposte alla commissione di
beneficienza e salariate dovettero provvedersi di tutto il bisognevole alla vita collo
mensile sussidio che venne loro assegnato.
Le attuali maestre succedute alle romane cresciute in quella scuola ed attivate sulle
norme antiche tuttora in vigore e che han conservato con tutto zelo e amorevolezza,
ne hanno altresì migliorato l’istruzione, introducendovi ricami ed altri lavori che in
tempo delle romane non conoscevansi affatto.
Malgrado la di loro assidua operabilità ed i buoni allievi che han fatto a pro della
società, nonché i pubblici saggi dati annualmente delle loro fatiche e dei progressi
ritratti dalle donzelle, per le novità moderne di avere maestre estere in preferenza di
queste, perché della patria e ben conosciute, si decise /588 di decise volervi situare le
maestre francesi e coloro che vi consumarono il bel fiore della gioventù e vi
discapitarono di salute per le amarezze e continue fatiche, se vogliono mandare in
altro locale, che non ancora si trova adatto, ed andar quindi vagando per la città,
onde ascoltare la s. messa e praticare opere di cristiana pietà.
Siffatti progetti andiedano a vuoto per la difesa che ne prese a tutto petto la f.m. di
Monsignor Manieri in garanzia della pia intenzione della fondatrice e della vanità
de’ fatti che le adornano.
Ora è in movimento di bel nuovo il progetto per avere le suore di carità e balzare
altrove le povere maestre decise ad avere piuttosto una pensione e vivere solitarie
in sacro ritiro per non vedersi tra i tumulti del secolo dopo di aver menato per tanti
anni una vita quasi monastica.
Il legato della messa festiva lasciato nel suo testamento dalla Donna Maria Rustici,
giusta l’annessa copia, non è stato giammai adempito e neppure incominciato.
I due fondi appositamente legati fan parte in massa degli altri beni di dotazione e
di donazione fatta dalla Sig.ra Rustici e non si è potuto giammai appurare
l’ammontare della rendita, perché dalla Commissione /589 di beneficienza cumulata
tra le altre di sua gestione e gravata di pesi estrinseci in opposizione della volontà
della fondatrice sanzionata dal Re.
I legati di messe, giusta l’antica tabella, provenienti dai soppressi Barnabiti, si
adempiono dal Cappellano.
588
589
Inizio di p. 4 del manoscritto.
Inizio di p. 6 del manoscritto.
245
La somma saggezza ed altri poteri del degnissimo ed impareggiabile nostro
Monsignor Vescovo sapran tutelare le addolorate maestre che implorano il di lui
patrocinio, onde cessi la persecuzione, faranno eseguire nel miglior modo possibile
la pia intenzione della fondatrice, ed avvalendosi de’ suoi diritti anche a termini del
Real Decreto dei 10 gennaio 1843, saranno garantite le maestre, patrocinato
l’interesse delle povere orfanelle colla speranza di esservi un giorno ricevute per
educande e si accrescerà il numero delle maestre che potranno aversi forastiere, se
lo Stabilimento tornerà alla sua primiera istituzione, o quasi simile, giusta il citato
Regio Assenso.
Perdonerà V.S. U.ma e R.ma se ho ardito manifestarle il debole, ma rispettoso mio
divisamento.
L’Economo Curato, Giuseppe Bellisari».
Allegato: Testamento di Donna Maria Dragonetti ne’ Rustici, Aquila 4
aprile 1821
«Copia = La fu Sig.ra Maria Dragonetti ne’ Rustici col di lei testamento mistico
stipolato dal Not[ai].o D. Francesco Curti Pasqualone di Aquila il dì 4 Aprile 1821,
tra le altre cose diffuse i seguenti legati.
1°
2°
Lego a beneficio delle Suore Maria Fortunata e Maddalena Sorelle Cozzi e
di Suor Maria Gertrude Soldati e di Agnese Picchioni, le prime tre romane
e la quarta di questa città, attuali Maestre della Scuola Pia in S. Paolo, vita
di loro naturale durante, e sempreché continueranno a persistere nella
stessa scuola pia annui ducati ventisette e grana venti per ciascuna da
potersi eligere indipendentemente da miei universali eredi su di due annui
censi, uno di ducati cinquantasei dovutomi pel capitale di ducati 700: = da
D. Angelo Gentileschi di essa città in forza dell’atto dei 16 maggio 1820
stipolato dal Notaro Cifani, e l’altro di ducati 52:80 dovutomi tanto dal
suddetto D. Angelo, quanto dai di lui fratelli D. Bernardo e D. Carlo
Gentileschi pel capitale di ducati 660 in virtù dell’istrumento dei 20
maggio 1820. Stipò dal Notaio Curti Pasqualone, con condizione che
piacendo a ciascuna di esse mie quattro lagatarie di uscirsene per propria
elezione da questa scuola pia per portarsi altrove decader debba
immediatamente dal godimento del citato vitalizio di annui ducati 27:20 ed
il medesimo riconsoli dar si debba colla proprietà a beneficio de’ miei
universali eredi, lo chè pure abbia ad aver luogo dopo la morte delle
suddette quattro mie legatarie, anverochè passassero all’altra vita entro la
detta casa, ossia scuola pia.
Lego a favore della Scuola pia di educazione delle fanciulle sotto il titolo
di S. Paolo di questa città tanto in usufrutto che in proprietà i seguenti beni,
cioè il terreno prativo di coppe otto e destri trenta, sito in tenimento di
Bagno in contrada la Madonna degli Angeli venduto da D. Angelo
Gentileschi (inizio p. 2) di questa città, mediante atto del Notaio Cifani
registrato in Aquila lì 17 dello stesso mese, n. prog.o 173q al fol. 64 – ed il
seminatorio di coppe dodici circa sito in contrada la Via nel tenimento di
Bagno vendutomi da D. Gioacchino Cenelli con istrumento dei 28 marzo
1804, notaio Pasqualone coll’obbligo a detta Scuola pia di far celebrare in
perpetuo nella chiesa della medesima una messa piana in ciascun giorno
festivo e di precetto coll’elemosina di grana venti e con condizione che col
presente Legato rimangano sciolti i miei universali eredi dall’obbligo di
restituire alla stessa scuola pia il capitale di ducati 263:74 ½ rimasto presso
di me a compimento del denaro ritratto, come sopra, dalla vendita dei beni
246
3°
della fu D. Barbara Paolini di Amatrice nonché di pagare a detto pio luogo
gli annui ducati 10:54 ½ che da me gli sta pagando pel capitale anzidetto,
restando all’effetto svincolata l’ipoteca pel med.mo fatta pel censo di
maggior somma che rappresentavo contro D. Filippo e D. Antonio Centi di
essa città e che oggi rappresento contro D. Gianlorenzo di loro nipote e
figlio rispettivamente.
Lego altresì a favore della detta scuola pia di S. Paolo i crediti che
rappresento contro la med.a; uno di ducati tremila settecento trentasei e
grana sessanta - 3736:60 - proveniente da esito superante introito nel conto
da me reso, quale amministratrice di essa scuola pia dal 1783 al 1799, alla
visione di detto conto non si è mai proceduto dal Consiglio d’Intendenza di
questa Provincia, ove fu prodotto a motivo che dalle leggi allora vigenti la
visione di simili conti si limitava al conto predetto per quelli solamente
dell’epoca del 1800 in poi e non per gli altri antecedenti all’anzidetto anno,
e l’altro credito di ducati tremila quarantatre e grana settantanove,
risultante da declaratoria rilasciata a mio favore contro la ridetta scuola pia
in data degli 11 marzo 1814 dal Consiglio predetto pel conto finalmente da
me reso per l’amministrazione del pio luogo dal 1800 al 1811.
Di tutti e qualsivogliano altri miei beni di qualunque natura essi siano, immobili,
mobili, semoventi, nomi di debitori, ricoligenze [?], diritti, azioni, ragioni, e
ricadenze che mi spettano ed in futuro mi potranno spettare ed appartenere per
qualunque via e linea istituisco e di mia rocca nomino miei eredi universali e
particolari, tanto nell’usufrutto che nella proprietà ed in eguali parti e porzione, i
quattro Conservatori590 di questa città dell’Aquila, seno della Scuola Pia delle
fanciulle sotto il titolo di S. Paolo; altro di povere orfane sotto il titolo della
Misericordia; altro di donne pentite e malmaritate sotto il titolo della SS.
Annunziata, ed altro di poveri orfani sotto il titolo di S. Giuseppe, ossia
Orfanotrofio esistente in S. Bernardo coll’obbligo ai Sig.ri Amministratori di essi
quattro Conservatori di impiegare l’annuale prettato proveniente dai miei e rendite,
ed eredità in tanti usi pii a vantaggio dei ridetti conservatori e di ciascuno di essi
secondo la propria istituzione, cioè: la Scuola Pia di S: Paolo nell’accrescere nella
medesima una o più maestre pie; il Conservatorio della Misericordia nel mantenere
le orfane; quello dell’annunziata nel mantenere una o più pericolate o pericolande;
e quello di S. Giuseppe nel mantenere uno o più orfani in corrispondenza del
preltalo che ognuno di detti quattro Conservatorii verrà a perseguire dai miei ed
eredità, coll’obbligo di dovere gli stessi quattro luoghi pii dove per mezzo dei loro
amministratori ducati duecento in contanti, cioè ducati cinquanta ciascuno di essi
Conservatori nel termine dei mesi dal dì della mia morte al Sig.re D. Alessandro
Placidi in compenso dei di lui incomodi, a ricognizione dei favori compartitimi
come mio avvocato, e che andrà a compartirmi coll’adempiere a quanto mi trovo di
avergli addossato e tale pagamento farlo colle prime rendite che andranno a
percepire detti miei universali eredi i quali siani tenuti agli obblighi di sopra da me
ingiuntigli.
Esentori del presente mio testamento taglio e piego tanto il D. Alessandro Placidi,
quanto il Sig.re Carlo Gentileschi del fu D. Luigi proprietarii domiciliati in questa
città, colla facoltà di eseguire e far eseguire quanto con esso ha disposto. E questo
dico essere la mia ultima, precisa ed espressa volontà.
590
Rimarcato nel testo. Vd. ADA, Busta 605, fasc. 2, Testamento di Donna Maria
Dragonetti ne’ Rustici, Aquila 4 aprile 1821, p. 2
247
Lode a Dio. Aquila, Lì 4 aprile 1821, io Maria Dragonetti Rustici ho testato e
disposto come sopra».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Integrazione al Testamento di Maria Rustici
Carta sciolta di 2 facciate manoscritta, non datata, riportata a seguire.
«Nel Testamento di Maria Rustici si parla sempre di = Casa di Educazione per le
fanciulle che quando tratta di questo Stabilimento così si esprime.
“Dichiaro che essendomi da Sua Maestà il Re concessa la facoltà di erogare una
casa di educazione per fare in essa ammaestrare nella pietà, e nelle arti le fanciulle
povere di questa città e contado …”.
Né le Maestre in questa scuola pia sono state mai, né possono essere Claustrali, o
inamovibili: ciò si rileva ancora dallo stesso testamento della signora Rustici, col
quale lega le quattro maestre esistenti in S. Paolo nel tempo della sua morte di 1720
per ognuna, con condizione. “ Che piacendo a ciascuna di esse legatorie di
uscirsene per propria elezione da detta Scuola Pia per portarsi a domiciliare altrove,
decader debba immediatamente dal godimento del vitalizio …”.
Le regole di fondazione riguardano l’apertura di “Una Scuola di educazione per
uso delle donzelle povere” ed in quanto alla elezione delle Mestre ne tratta il solo
Art. 7° così concepito:
“Art. 7° Che sieno tenuti detti Governatori in vigilare che la detta Scuola sia
preservata di savie, prudenti, e diligenti maestre, di isperimentata pietà, ed
eccellenti nelle arti donnesche, e venendo queste a mancare, debbano fare ogni
deligenza, e con tutto zelo sceglierne altre, che abbiano le sopraddette qualità, e la
scelta debba farsi previa consulta, e con maggioranza di voti bianchi, restando
proibito prendirsi quelle donne, che abbaino servito in case particolari … 591 ».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Legati pii lasciati dalla fu D. Maria Rustici
Carta sciolta di due facciate, manoscritta, intestata “Ministero Pubblico
presso il Tribunale civile”, n° 1208, datata Aquila 5 novembre 1822 ed
indirizzata al Vescovo di Aquila. Ha quale oggetto: Legati pii lasciati dalla
fu D. Maria Rustici.
«Ill.mo e Rev.mo Signore
La fu defunta D. Maria Dragonetti Rustici coll’ultimo suo testamento del 4 Aprile
1821, per Notar D. Francesco Curti Pasqualone istituì suoi eredi gli Conservatori di
S. Paolo, Orfani di S. Giuseppe, SS.ma Annunziata, e della Misericordia esistenti
in questa città; legò pure un capitale di censo in Ducati 1300:00 colla sua annualità
contro D. Gianlorenzo Centi a beneficio della Chiesa, e Sacrestia delle Donne
Monache di S. Chiara povera; ed altro simile capitale di Ducati 200:00 contro D.
Giuseppe Leone unito ad un canone di annuo ducato 1:54; legò egualmente alla
Chiesa di S. Filippo Neri di questa città medesima.
591
Puntini presenti nel testo. ADA, Busta 605, fasc. 2, Legati pii lasciati dalla fu D. Maria
Rustici, p. 2.
248
Trattandosi di corpi morali della dipendenza di V.S. Ill.ma e Rev.ma, la priego
farmi conoscere al più presto [:]
1°
Se mai coll’aggregazione de’ beni rispettivamente lasciati a luoghi pii
soprannominati, questi potessero ritrarre una rendita superflua, ed oltre il
bisogno, oppure sufficiente al di loro economico mantenimento.
2°
Se la suddetta benefattrice avesse lasciati de’ congiunti che potessero dirsi
poveri.
Il Regio Procuratore. Giorgio Lautarmi».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Copia Decreto con cui vengono
provvisoriamente confermati i Consigli degli Ospizi e le Commissioni
amministrative per le istituzioni di pietà, eccetto le Congregazioni ed altre
istituzioni pie confidate ad ecclesiastici, la cui amministrazione viene
restituita a chi prima la esercitava. Caserta 1 febbraio 1816
«Ferdinando IV per la Grazia di Dio Re delle Due Sicilie = Visto il rapporto del
nostro Segretario di Stato Ministro dell’Interno = Abbiamo decretato e decretiamo
quanto siegue =
Art. 1° - I Consigli degli Ospizi istallati nelle provincie del nostro Regno per
soprintendere alle amministrazioni degli stabilimenti di pietà e de’ luoghi pii
laicali, continueranno nelle loro funzioni, secondo i regolamenti che sono
provvisoriamente in vigore: salvo le modificazioni che nostro Segretario di
Stato Ministro dell’Interno è autorizzato ad approvare.
Art. 2° - L’Amministrazione diretta di que’ monti, ospedali, cappelle ed
istituzioni pie, che nel 1805 veniva sostenuta da deputati o dagli agenti eletti dai
Comuni, continuerà a rimaner confinata alle commissioni amministrative nel
modo che si trovano stabilite. La proposta però degli individui che dovranno
comporle, sarà fatta dai rispettivi pensionati e verrà soggettata alle conferme
che preferirono le istituzioni.
Art. 3° - L’Amministrazione de’ beni che formano che formano il patrimonio
delle congregazioni e delle pie adunanze di qualunque natura, sarà restituita a
confratelli dei medesimi;secondo il possesso in cui erano nel 1805.
Art. 4°- Gli ecclesiastici che avevano il diritto ad amministrare direttamente
qualunque pia istituzione, che lo esercitavano senza contraddizione nel 1805 e
che ne furono privati in seguito alle istallazioni delle commissioni
amministrative, saranno reintegrati nel loro antico possesso.
Art. 5° - L’elezione annuale degli amministratori indicati ne’ due precedenti
articoli, e la nomina de’ rispettivi cassieri, dovrà essere annualmente
confermata dal Consiglio degli Ospizi i quali saranno anche responsabili della
idoneità ed sufficienza delle cauzioni.
Art. 6° - Gli amministratori in tal guisa eletti, dovranno nel loro esercizio tener
a guida gli stati distrutti e dovranno pure conformarli al sistema e alle regole
medesime che si trovano preferite […].
Art. 7°. Il metodo della reddiz.e dei conti, che ha finalmente luogo pe’ Comuni,
sarà conservato con quelle modificazioni che il Segretario di Stato, Ministro
249
dell’Interno andrà a prescrivere per rendere le operazioni più spedite e meno
complicate […].
Art. 8° - Le disposizioni contenute negli art. 6 e 7 del presente Decreto non
sono applicabili a quelle confraternite e pie adunanze, le quali non possedendo
fondi o rendite, amministrano semplicemente le loro prestazioni o oblazioni. La
misura dei conti di questi stabilimenti si eseguirà innanzi a ragionali eletti dalle
stesse congregazioni, secondo le loro regole e le autorità amministrative non
potranno procedere se non nel semplice caso di gravami o doglianze che
verranno prodotte dagli interessati.
Art. 9° - L’Ill.mo Segretario di Stato dell’Interno è incaricato della esecuzione
del presente Decreto. Firmato Ferdinando _ Da parte del Re _ Il Ministro
Segretario di Sato _ Firmato Tommaso Di Somma».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Precisazioni sulle Maestre Pie, sulle Figlie della
Carità e sullo “stato” della Casa di Educazione S. Paolo
Manoscritto di 6 facciate in cui si precisa che la Casa di
Educazione/Conservatorio S. Paolo è, contrariamente a quanto possa
emergere dai vari documenti, in primis dalle Regole e Costituzioni, il
testamento di donna Maria Rustici, ecc., un Istituto religioso con maestre
osservanti una Regola, le cosiddette maestre “pie”, agostiniane del Bambin
Gesù, dunque non maestre secolari. Per sostenere questa tesi l’autore
riprende analiticamente alcuni Artt. delle Regole reggenti lo stabilimento.
Il manoscritto è riportato integralmente a seguire:
« Il nome dell’Istituto è quello di Maestre Pie, quello del Bambin Gesù è l’Istituto
della Casa Religiosa, la quale presta un culto speciale a Gesù Bambino come
procoltore dell’infanzia e alle cure delle dette maestre.
La denominazione di Casa di Educazione592 per le fanciulle povere è precisamente
la introduzione dello scopo pel quale la Sig.ra Rustici fondò il nuovo Stabilimento,
ed è il vocabolo più proprio che conveniva adoprare nella disposizione
strumentaria. L’educazione non può aver luogo senza che vi siano le fanciulle che
vengano istruite, e le maestre che le spronano. Se la Sig.ra Rustici avesse detto nel
principio del suo testamento che aveva fondato il conservatorio di S. Paolo, o del
Bambino Gesù, o delle Maestre Pie, avrebbe potuto dirsi un tempo che questo
Istituto religioso potesse anche sussistere senza che avesse l’obbligo di istruire le
ragazze povere; laddove dandosi la denominazione dei Casa di Educazione si
preveniva ogni controversia interpretazione.
Ma che D. Maria Rustici abbia voluto fondare un Conservatorio dell’Istituto delle
Maestre Pie, si rileva dalla disposizione generale fatta in fine del testamento, ove
lascia eredi di tutti i suoi beni etc. i quattro Conservatori di Aquila, cioè … 593 il
Conservatorio di S. Paolo etc.
592
593
Sottolineatura nel testo.
Puntini presenti nel testo.
250
2° Non si è preteso mai che le Maestre Pie fossero claustrali594, perché le claustrali
sono quelle che vivono in clausura595, o siano le monache che fanno voti solenni, e
che vivono sequestrate dal secolo per attendere alla vita contemplativa, alle quali è
proibita la vita attiva, ossia il prestarsi a promuovere la pubblica educazione colla
istruzione. E sarebbe stata una sciocchezza se avesse inserito questa clausola. Anzi
si rileva la saggezza della fondatrice nell’aver fissato nell’Art. 2 delle Regole
approvate da S.M. che la detta Casa di educazione non possa mai ridursi a
Monastero di Clausura, poiché se ciò fosse avvenuto, si sarebbe distrutto lo scopo
della fondazione, che è quello della educazione della gioventù, a cui le monache di
clausura non possono mai addirsi per regola fondamentale del loro Istituto. Che
anzi questa clausola dimostra chiaramente che Donna Maria rustici fondava un
Conservatorio di suore con voti semplici, e non di semplici maestre secolari596;
poiché sarebbe stato impossibile ridurre a Monastero di clausura una casa di
semplici donne secolari597 non impegnate nell’osservanza di alcuna regola; laddove
sarebbe stato facilissimo il mettere la così detta clausura ad un Conservatorio di
suore, le quali vivendo sotto una regola, operando nel vitto e nel vestito la
uniformità come lo osservano le altre monache di clausura, avrebbero potuto
richiedere di assimilarsi a queste con un semplice Decreto della Curia Vescovile
che vi avesse stabilito la clausura.
Ciò sarebbe, per darne un esempio, avvenuto in Aquila nel Conservatorio di S.
Teresa 598, dove le Suore Orsoline avendo per obbligo di loro fondazione il far la
scuola alle fanciulle esterne, e non essendosi questa potuta istituire per mancanza
di locale, quelle suore si sono a poco a poco dimenticate dello scopo principale
della loro istituzione, e si credevano già a livello degli altri Monasteri di clausura:
cosicché tre anni addietro non volevano permettere l’ingresso nemmeno al Vicario
Generale nell’interno del Conservatorio, ed io dovei richiamarle /599 con mezzi
coercitivi alla vera intelligenza della loro Regola, ed ora mo sto occupando per far
ristaurare in locale vicino al detto Conservatorio per addirlo alla Scuola esterna a
cui le dette suore sono obbligate.
Il dire poi che’ dal non essere claustrali le Maestre di S. Paolo non siano
inamovibili, è un ignorare perfettamente le prime nozioni della Disciplina
Ecclesiastica, ed il voler parlare di materie che non sono di competenza dei laici.
La inamovibilità di una persona che vive in comunità non dipende affatto dalla
clausura. Tutti gli ordini religiosi che hanno voti semplici non sono in clausura, e
ciò nonostante sono inamovibili. I Gesuiti600, i Liguorini601 i Filippini602, e tutti gli
594
Sottolineatura nel testo.
Sottolineatura nel testo.
596
Sottolineatura nel testo.
597
Sottolineatura nel testo.
598
Rimarcato nel testo.
599
Inizio di p. 2 del manoscritto.
600
Religiosi appartenenti alla Compagnia di Gesù, ordine religioso fondato da Ignazio
Loyola nel 1534 quando s. Ignazio con P. Fabro, sacerdote, Francesco Saverio, D. Laìnez,
A. Salmerón, S. Rodríguez, N. Bobadilla, gettava in Montmartre a Parigi le prime basi della
futura Compagnia, facendo voto di servire dio in castità e povertà volontaria e di recarsi in
Terra Santa, con la promessa di mettersi a disposizione del Papa, ove fosse loro proibito di
andarvi. Svanita ogni possibilità di viaggio, ordinati sacerdoti, si riunirono in Roma (1538)
per mettersi agli ordini del papa. Decisero quindi di perpetuare la nascente società dei
maestri parigini, abbozzando un sommario ordinamento del nuovo istituto (formula istituti)
che, approvato verbalmente da Paolo III in Tivoli (3 sett. 1539) fu confermato mediante la
bolla Regimini militantis (27 sett. 1540) onde ebbe esistenza giuridica di ordine religioso
sotto il titolo ufficiale di Compagnia di Gesù.
595
251
ordini maschili insegnanti hanno voti semplici; intanto sono inamovibili, fuorché la
Suprema Potestà può cacciarli dal luogo loro assegnato.
Lo stesso è delle Orsoline, delle Figlie della Carità, delle Stimmatine e delle
Maestre Pie del Bambino Gesù. Esse hanno voti semplici, e ciò vuol dire che non
ligano la loro volontà coi voti solenni ed irretrattabili, ma con voti ai quali possono
rinunziare quando loro non più attalenta di vivere sotto quella Regola. Sicché un
religioso o religiosa insegnante sarà inamovibile sino a che vorrà esserlo; potrà
perdere la inamovibilità o per un fatto della volontà propria o per un delitto; ma
fino a che non vi sono questi due dati, niuno, fuorché il sommo Imperante, può
cacciarli dalla Casa loro assegnata per risedervi. Queste nozioni sono ovvie a
chiunque è per poco iniziato nelle cose di Diritto Canonico, ed è dispiacevole il
doverle riprendere.
Che poi le suore di S. Paolo fossero vere suore viventi sotto una Regola, o sia
Istituto Religioso del tipo poi anzi indicato, si rileva dallo stesso comma del
testamento in cui si legano ducati 23,20 alle quattro maestre, poiché dice: «lego a
Suor Geltrude, a Suor … etc.»; e che questo Istituto fosse di tipo indicato, si rileva
dalla condizione apposta « che piacendo a ciascuna di esse legatarie di uscirsene
per propria elezione603».
Dunque come si è detto pocanzi, la sola propria elezione le può rendere
amovibili604; mancando questa saranno sempre inamovibili, e niuno può cacciarle
dal loro sito.
L’articolo I.6 delle Regole di fondazione non fa niente al proposito; perché ivi
trattasi solo delle condizioni, che devono averci quelle che dovranno ammettersi a
far parte dell’Istituto delle Maestre Pie; poiché dovendo questo formare una casa
tutta a se, secondo la natura dell’Istituto, ed indipendente da un centro di
aggregazione, come lo sono gli altri Istituti, era necessario che si fissassero delle
regole esprimenti le qualità di quelle che dovevano esservi ammesse.
/605 Vi è dippiù. Nell’art. 14 si parla di Maestre, Priora, ed altre officiali che
risiederanno in detta Casa, e che i governatori dovranno destinare nei rispettivi
incarichi. Dunque si parla di un Istituto Religioso606, poiché ivi soltanto vi può
essere la Priora e le altre Officiali, cioè la Vicaria, la Maestra delle Novizie, delle
Educande, etc., come si vede poi spiegato nelle Costituzioni anzidette.
La distinzione poi tra le suore maestre pie e le educande secolari si rileva dall’Art.
16°, ove sta prescritto che i lavori delle educande siano rispettivamente proprii
delle medesime; laddove nell’Art. 9° si prescrive il contrario per le Maestre.
Perché questa distinzione?
Perché le prime sono secolari e queste sono religiose obbligate alla vita comune col
voto di povertà.
Finalmente nell’Art. 18 si parla dell’accompagnamento che deve farsi dalle
Superiore a quei secolari che per necessità o utilità dovessero entrare nello
Stabilimento.
601
Religiosi appartenenti alla congregazione del Ss. Redentore (perciò anche detto
redentorista), fondata nel 1732 da s. Alfonso Maria de’Liguori.
602
Tra i cattolici sono detti filippini i preti dell’oratorio di s. Filippo Neri; suore filippine
sono le oblate di s. Filippo Neri, congregazione fondata nel 1620 per l’educazione delle
fanciulle povere.
603
Sottolineatura nel testo.
604
Sottolineatura nel testo.
605
Inizio di p. 3 del manoscritto.
606
Sottolineatura nel testo.
252
Se fossero state Maestre secolari, bastava dire la Superiora; ma essendo religiose vi
sono la Vicaria, etc. […]. Poi il nome di Priora è nome proposto della Superiora di
una Congregazione Religiosa e non mai di un accozzamento di femmine secolari.
Da ultimo l’Art. 19° impone l’obbligo di ricevere le donzelle per la Prima
Comunione a spese della Casa Pia. Or è noto che questo è un incarico unico ed
esclusivo delle Maestre Pie del Bambin Gesù; ed in tutta le città ove esistono
queste case si adempie con esattezza a quest’obbligo più volte l’anno e con gran
frequenza. Ed anche questa pratica si è mantenuta in Aquila, ove nell’Ottobre di
ogni anno si esegue con somma diligenza questa tenera ed imponente funzione.
Questa è una delle prescrizioni della fondatrice, munita di R. Assenso, il che prova
che essa ebbe intenzione che la Casa di S. Paolo fosse abitata dalle Maestre Pie del
Bambino Gesù e non da altro Istituto.
Si potrebbe osservare che la Curia del Capp. Maggiore dà il voto di approvazione
alle dette Regole colla condizione che tanto le Maestre quanto le figliuole, e la
stessa Casa restino sempre in istato laicale, soggette alla R. giurisdizione e suoi
Regi Magistrati etc. senzachè s’intenda mai essere o comporre una comunità
eucaristica, o poter pretendere qualunque esenzione o privilegio che agli
ecclesiastici, loro ordini, istituti, o comunità si appartiene.
Qui si parla secondo lo stile dell’epoca, e si vuol dire lo stesso che si dice nell’Art.
in cui si proibisce /607 di ridursi a Monastero di Clausura. Se si fosse riguardato
come Casa Comunità ecclesiastica S. Paolo, avrebbe potuto pretendere l’esenzione
dalle zalulle (?) comunali, dai pesi regii etc.; avrebbe potuto pretendere al
privilegio del foro ecclesiastico, il privilegio del canone, cose che allora si
andavano abolendo coi vari Dispacci di quell’epoca. Questo e non altro significa la
detta clausola, la quale ora per la Polizia ecclesiastica è rimasta derogata. Ma non
significa affatto che le Maestre Pie fossero o dovessero essere secolari.
[…] /608 Che poi debbano le dette Regole intendersi di un Istituto e non di Maestre
secolari si rileva chiaramente dall’art. 5° in cui si preferiva non già di dare un soldo
mensile alle dette Maestre, come poi ha fatto la Commissione Amministrativa di
Beneficienza contro la volontà della fondatrice e la Sovrana sanzione, ma di
“provvedere il vitto quotidiano a proporzione degli individui”, cosa che non
avrebbe prescritto se si fosse trattato di stabilirsi un numero determinato di maestre
secolari; “che non manchino legna, sale, olio, minestra, e qualunque altra provvista
necessaria, etc.” le quali prescrizioni sarebbero state un fuor d’opera se non si fosse
trattato di un Istituto Religioso, la cui essenza consiste nel vivere in comune e sotto
una regola; non essendosi visto mai nella Chiesa che persone laiche vivessero sotto
questa forma.
Ciò si conferma maggiormente dall’Art. 8°, in cui si prescrive in che debba
consistere il vitto quotidiano, … colla clausola espressa “senzachè però le dette
Maestre possano disporre più del proprio uso”, il che vuol dire che dovranno vivere
nella perfetta osservanza del voto di povertà609, il quale permette il semplice uso610
delle cose necessarie alla vita, senza averne la libera disposizione, o la proprietà.
Quale incongruenza sarebbe stata il fare queste precisazioni a donne secolari, a cui
la proprietà delle cose non viene interdetta da nessuna legge!
La prova più chiara poi che nelle dette Regole si parli di Istituto religioso si rileva
dall’Art. 9° in cui è prescritto che i Governatori in ogni anno forniscano le maestre
di un velo … una veste, o sia abito di lana in ogni tre anni, a tutte uniforme nella
607
Inizio di p. 4 del manoscritto.
Inizio di p. 5 del manoscritto.
609
Sottolineatura nel testo.
610
Sottolineatura nel testo.
608
253
qualità e colore611. Or è chiaro che le Maestre secolari non portano il velo; né sono
obbligate a vestire abiti di lana uniformi nella qualità e colore in tutte le stagioni.
Chi non vede dunque che qui si parla di persone che vivono sotto la Regola di un
Istituto?
Lo stesso si rileva dall’altro comma “siano obbligati a somministrare loro il
necessario in caso di infermità, etc.”; alle Mestre secolari sarebbe bastato che si
fossero restituite alle loro famiglie /612, e che tutto al più si fosse dato loro un
compenso per medicinali, assistenza, etc. Ma la fondatrice che aveva tutt’altra
intenzione da quella che ora le si vuole affibbiare, volendo l’inamovibilità613 delle
Maestre, prevede anche il caso d’infermità o acuta o cronica, in cui le medesime
non potessero essere più utili allo stabilimento, e vuole che anche in questo caso lo
stabilimento pensi a curarle. S’intende bene poi come “i lavori delle maestre
dovessero andare a conto e beneficio di detta Casa” e poiché è costituzione radicale
di tutte le Comunità religiose viventi vita comune, che chi dall’Istituto ha diritto di
ricever tutto il necessario, debba versare a beneficio dell’Istituto medesimo tutti i
prodotti delle sue fatiche, come si pratica da per tutto ove si operava la vita
comune.
L’assunto nostro sempreppiù si conferma dall’Art. 12° in cui si prescrive che
accrescendosi le rendite potessero aprirsi nella Città altre Case consimili colle
stesse Regole e ritiratezza614; e che le educande e le orfane e donzelle che si
ammetteranno in convitto debbano soggiacere a tutte le Regole e Costituzioni di
detta Casa. Or è chiaro che le sole religiose, siano di clausura, siano semplici
conservatorii, hanno Regole e Costituzioni: le prime contengono gli articoli che
formano l’essenza, e diciamo così, le fisionomia dell’Istituto; le seconde poi
contengono le minute prescrizioni per tutti gli atti della vita delle persone che
fanno parte del detto Istituto. Ciò ebbe luogo in S. Paolo. Le Regole fondamentali
sono quelle munite di Regio Assenso, di cui ci occupiamo.
Le Costituzioni poi sono contenute nel manoscritto redatto nel 1790, e copiato
dalla Casa del Bambino Gesù di Roma, che ha per titolo: “Regole e Costituzioni
per le sorelle Agostiniane Convittrici nel Monastero del Bambino Gesù annesso
alla Chiesa di S. Paolo della Città dell’Aquila. 1790”
In esso si stabiliscono tutti i doveri delle Suore; si prescrive la forma di vivere;
l’osservanza dei voti, il noviziato, la professione religiosa, o meglio oblazione, di
cui si riporta anche il formulario, etc. Si prescrivono pure i doveri delle convittrici
o educande; i doveri di quelle che fanno il ritiro per la prima comunione, etc.; cose
tutte, di cui l’ombra che è rimasta, dimostra che l’Istituto si è fatto decadere dal suo
spirito primitivo, ma che ha esistito a vera forma di Istituto, ed esiste tuttavia nella
sola attuale Suor M.a Luisa Palesse, che fece la sua solenne oblazione il dì 16
Luglio 1825 nelle mani di Monsignor Manieri».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Risposta del Ministero e Real Segreteria di Stato
dell’Interno. Napoli 9 Marzo 1858
Carta sciolta, di una facciata, manoscritta, intestata “Ministero e Real
Segreteria di Stato dell’Interno, 4° Ripartimento, 4° Carico, n° 1282”,
611
Sottolineatura nel testo.
Inizio di p. 6 del manoscritto.
613
Sottolineatura nel testo.
614
Sottolineatura nel testo.
612
254
datata Napoli 9 Marzo 1858, riservata ed indirizzata al vescovo di Aquila
dal Direttore del Ministero; la carta riporta quanto a seguire:
«Napoli 9 marzo 1858
Ill.mo e Rev.mo
Ho letto la sua lunga relazione intorno al modo come conservare la istituzione della
Scuola Pia di S. Paolo e S. Giuseppe, ed allogare in Palazzo, che potrebbe
acquistarsi, le Figliuole della Carità.
Siccome apprezzo moltissimo i divisamenti di Lei così mi attendo relazioni
ufficiali complete, che valessero a richiamare siffattamente la Sovrana Sapienza da
derogare a tutte le discusse antecedenti proposizioni di codesto Consiglio, ed al
Real Decreto dei 18 maggio 1855 che ne fu la conseguenza.
Il Direttore».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Figlie della Carità in Aquila
Manoscritto di 4 facciate su carta intestata, arrecante la seguente
intestazione: Consiglio Generale degli Ospizi del Secondo Abruzzo
Ulteriore. Segretariato. Il documento è datato Aquila 9 marzo 1855, numero
del protocollo di spedizione 871, Oggetto: Figlie della Carità in Aquila,
indirizzato al Vescovo della diocesi dell’Aquila, Mons. Luigi Filippi,
dall’Intendente Presidente del Consiglio Generale degli Ospizi dove
quest’ultimo richiede al Vescovo di far giungere all’Aquila (da Roma)
quattro Figlie della Carità per la direzione della scuola S. Paolo.
L’Intendente comunica, altresì al Vescovo che, nella risoluzione del
Consiglio dell’8 marzo 1855 si stabilisce che, una volta giunte nel
Capoluogo aquilano, le Figlie della Carità dovranno sottostare per quanto
attiene la parte spirituale e morale al loro Padre Superiore.
Nello stesso manoscritto è presente, di fianco, la risposta del Vescovo
Mons. Luigi Filippi all’Intendente, datata 13 marzo 1855, dove il Vescovo
dichiara di impegnarsi affinché le quattro Figlie della Carità giungano in
l’Aquila al più presto e di contattare celermente la Casa Madre San
Vincenzo de’ Paoli in Roma.
Di seguito si riporta integralmente prima la comunicazione dell’Intendente
Presidente del Consiglio degli Ospizi al Vescovo L. Filippi e,
successivamente, la risposta di quest’ultimo al Consiglio stesso con allegata
la lettera che il Vescovo scrive al Padre superiore generale della
Congregazione delle Figlie di Carità in Roma.
«Ill.mo e Preg.mo Sig. re
Per mettersi ad atto l’Istituto per la istruzione delle fanciulle in questo Capoluogo,
sotto la direzione delle Figlie della Carità, oggetto di precedente corrispondenza, il
Consiglio Generale degli Ospizi nella sessione di ieri 8 andante deliberò fra l’altro
di ufficiarsi il Superiore Generale del predetto Istituto onde avesse date le
disposizioni per far trasferire quattro delle predette Figlie in questa residenza e di
pregarsi V.S. Ill.ma e Preg. ma onde avesse diretto gli opportuni ufficii allo stesso
P. Superiore per tutto ciò che concerne parte spirituale e morale.
Ora io vado a rassegnare tale disposizione del Consiglio al signor Direttore
dell’Interno colla preghiera di provocare dal ripetuto P. Superiore la concessione
delle quattro figlie, e le preventive partecipazioni della spesa alla quale ammonterà
255
il loro viaggio, equamente che l’elenco del mobilio loro dovuto a tenore della
regola, ed il dettaglio di ogni altro esito estrinseco e connesso alla loro venuta e
dimora, affinché dopo, approntato il tutto, si possino far conferire in luogo
destinato per esse. E nell’un tempo mi presto far partecipe a V.S. Ill.ma e Rev. ma
la seconda parte delle predette risoluzioni affinché dal suo canto abbia la bontà di
concordare col P. Superiore tutto ciò che riguarda parte spirituale e morale.
L’Intendente Presidente».
Risposta del Vescovo alla suddetta:
«13 marzo 1855
Sig. re Intendente
Di riscontro al preg.o Uf. Del Cons. Gen. le in data 9 marzo, mi pregio di
assicurarla di avere con questa stessa data scritto al P. Sup. dei Miss. di S.
Vincenzo de’ Paoli in Roma purché accolga il desiderio di questa città di avere
quattro Figlie della Carità onde potessero dirigere l’Istituto di S. Paolo della città
medesima, chiedendogli tutti gli chiarimenti opportuni da premettersi alla loro
venuta. Quando ne avrò il riscontro ne terrò avvisato il Consiglio med. per le
ulteriori determinazioni. F. L. Vescovo».
Allegato: Lettera del Vescovo al Padre Superiore
«Al Padre Superiore Generale della Congregazione della Missione di Roma
Rev.mo Padre
In questa città si desidererebbe di avere quattro Figlie della Carità per metterle alla
disposizione di un Istituto qui esistente, il quale ha per oggetto di insegnare alle
ragazze figlie del popolo le arti donnesche, ed educarle nei principii religiosi, e nei
modi civili che sono proprii del loro stato.
Mi dirigo perciò a Lei purché si degni di farmi conoscere se può esaudire un tale
santo e pio desiderio di questa città. Prima però di venire alle disposizioni della
loro destinazione credo necessario interessarla di indicarmi per minuta che potrà
assumere la spesa che dovrà farsi sì pel loro viaggio, che pel mobilio loro dovuto a
tenore delle Regole, facendomene il dettaglio, come pure per ogni altro esito
intrinseco e connesso alla loro venuta, non che pel loro mantenimento nel luogo
della loro novella dimora; mentre solo dopo aver visto se le rendite all’uopo
destinate possono bastare a tutto, potremo concordare del modo e del tempo di farle
qui trasferire.
Mi auguro al più presto un di Lei gradito riscontro, e dandogliene anticipatamente i
miei ringraziamenti, mi pregio di ripetermi. Il Vescovo. Aquila 13 marzo 1855».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Figlie della Carità in Aquila. Comunicazione del
Consiglio provinciale al Vescovo, lì 9 maggio 1855
Manoscritto di due facciate in cui è presente la comunicazione - firmata dal
Presidente del Consiglio provinciale dell’Aquila, indirizzata al Vescovo
della Diocesi dell’Aquila - in cui il Consiglio approva fermamente, la
collocazione delle Figlie di Carità presso i locali di S. Paolo in Aquila
riconoscendone l’operosità nonché i benefici che la città ne trarrà. Sulla
stessa carta, lateralmente, è scritta la risposta del Vescovo ad anzidetta
comunicazione.
In detta risposta il Vescovo rende noto - in qualità di Vescovo stesso e,
altresì, di Vicepresidente del Consiglio degli Ospizî – che ha anzitempo
espletato tutta la procedura per la venuta delle Figlie di Carità in Aquila
256
(lettera al Procuratore Generale della Congregazione della Missione in
Roma, in data 13 marzo 1855; lettera al Superiore Generale in Parigi; lettera
al Ministero dell’Interno) e che il ritardo nella risposta è attribuibile soltanto
ai tempi di consegna delle lettere considerato che lo spedizioniere
episcopale si trovava in Piemonte.
Si riporta a seguire la versione integrale del documento.
«Consiglio Provinciale di Aquila, 9 Maggio 1855
Ill. mo e Rev. Mo Signore
Nel discutere questo Consiglio Generale i voti del Consiglio del Distretto di Aquila
notava fra essi quello ardente con che implora la istallazione delle Figlie della
Carità nel locale di S. Paolo in questa Città. Il Consiglio generale però portando
esame sull’oggetto ed istruito delle prattiche tenute dal Sig. re Intendente, e di
conserva dal Consiglio Generale degli Ospizî, e da sua Sig.a Ill.ma e Rev. Ma, ha
rilevato con la massima soddisfazione, che per la faccenda non vi è altro a
desiderare, o ad eseguirsi, non restando che l’invito e la scelta ad ottenere delle più
zelanti, e religiose tra le figlie di S. Vincenzo de’ Paoli.
Sotto questo dato il Consiglio ad unanimità crede suo dovere in atto di
ringraziamento a sua Ill.ma e Rev.ma, ed al Sig.re Intendente della Provincia per
tanta operosità mostrata di pregarla con fervore e con ogni rispetto, che è pur
quello che le tributa l’intera Città, Diocesi, e Provincia a non istancarsi nel ben
fare, ed a provocare, e procurare il sollecito arrivo delle lodate Figlie della Carità,
la scelta delle quali sarà l’effetto della sua avvedutezza e religiosità, rendendo così
soddisfatti i desiderî del Distretto dell’Aquila.
Piace in fine al Consiglio prevenirla che nel riferire ne’ i suoi atti il voto del
Distretto, lo dirà esaurito con questo uffizio e ringraziamento, che per mio mezzo il
Consiglio medesimo umilmente le presenta. Il Presidente. Celestino Mei».
Risposta del Vescovo:
« Signor Presidente
Onorandomi di riscontrare il di Lei gentile foglio dei 9 maggio, col quale nell’atto
che si mostra ben informata di quanto da me e come Vice Presidente del Consiglio
Generale degli Ospizî, e come Vescovo di questa Città e Diocesi si è fatto sinora
onde attuare nel locale detto di S. Paolo lo stabilimento delle Figlie della Carità, mi
premura a procurare e provocare il sollecito arrivo delle dette Figlie in questa Città,
mi pregio di informarla che sin dal dì 13 marzo ultimo mi trovo di aver avanzato,
oltre ad una domanda in nome del Consiglio a S.E. il Direttore del Ministero
dell’Interno, una lettera al Procuratore Generale della Congregazione della
Missione (da cui dette Figlie dipendono) residente in Roma, da cui pende tuttavia il
riscontro. La tardanza poi di tale riscontro, come mi riferiva il mio spedizioniere di
Roma, è derivata dal perché il detto spedizioniere rattrovandosi in Piemonte, donde
essendo ritornato giorni addietro, mi ha fatto questi sapere di avere già scritto
sull’oggetto al Superiore Generale in Parigi, da cui attende riscontro.
Pare dunque che io abbia espletate tutte le operazioni in proposito che dovevano da
me farsi. 14 maggio 1855».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Figlie della Carità in Aquila. Comunicazione del
Consiglio Generale degli Ospizî, oggetto: Sulla destinazione delle Madri
del Bambin Gesù a Maestre della Scuola Pia di S. Paolo, lì Aquila 2
giugno 1855
257
Manoscritto di due facciate su carta intestata “Consiglio Generale degli
Ospizî del Secondo Abruzzo Ulteriore. Segretariato” (l’intestazione è
dattiloscritta), numero del protocollo 3268, numero della spedizione 2087,
avente quale oggetto: Sulla destinazione delle Madri del Bambin Gesù a
Maestre della Scuola pia di S. Paolo. Il manoscritto è datato Aquila 2
giugno 1855. Si tratta di una comunicazione – emessa, appunto dal
Consiglio degli Ospizî, indirizzata al Vescovo della diocesi di Aquila – in
cui il Consiglio – considerato che le richieste avanzate per ottenere le Figlie
della Carità in l’Aquila erano “tornate sane” (come lo stesso Vescovo
comunica con il foglio n. 922 datato 21 maggio 1855) – chiede al Vescovo
di consentire la destinazione delle Madri del Bambin Gesù alla Scuola Pia S.
Paolo al fine di educare le fanciulle povere.
Lateralmente alla stessa carta è scritta la risposta del Vescovo che accorda la
richiesta del Consiglio nel destinare le Madri del Bambin Gesù a Maestre
della Scuola pia di S. Paolo.
«Ill.mo e Rev.mo Signore
Dapoiché Ella col suo riverito foglio del 21 dell’or caduto maggio n. 922 si è
compiaciuta manifestare di essere tornate sane le di Lei richieste per ottenersi le
Figlie della Carità per la istruzione delle fanciulle della Scuola Pia di S. Paolo in
questa città, e reclamandosi d’altronde adunanimo dall’universale il miglioramento
di una tale istruzione, e la esecuzione degli ordini del Re S.N. (D.G.), il Consiglio
generale prega V.S. Ill.ma e Rev.ma a favorirgli il suo arrivo onde potess’invitare
alla ripetuta istituzione le Madri del Bambin Gesù di Roma, le quali si trovano
contemplate dalla Fondatrice della detta Scuola Pia di S. Paolo, salvo, ove l’avviso
di Lei sia affermativo, a liquidare se per l’attuale organico e posizione di esse,
possano corrispondere alla istruzione ed educazione delle fanciulle povere615, ch’è
la principale destinazione dell’Istituto di S. Paolo in Aquila, e se lo stipendio che
loro deasi corrispondere non ecceda i fondi sati autorizzati, il che si riserba dal
Consiglio stesso determinarlo e liquidarlo dopo il riscontro che V.S. Ill.ma e
Rev.ma sarà compiacente di favorirgli.
L’Intendente Presidente».
Risposta del Vescovo:
«Risp. Ai 6 Giugno - che con tutto il piacere mi pregerò per l’invito delle M. del
B. Gesù, quelle che furono contemplate dalla fondatrice e al loro volta ben
meritarono dell’educazione in questa Città».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Lettera del Ministero e Real Segreteria di Stato
degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica al Vescovo di Aquila.
Napoli, 20 Gennaio 1858
Lettera manoscritta di una facciata su carta intestata del Ministero e Real
Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica, 2°
615
Sottolineato nel manoscritto.
258
Ripartimento, n° prot. 4708, datata Napoli 20 Gennaio 1858, indirizzata al
Vescovo dell’Aquila, L. Filippi, in cui il Direttore di anzidetto Ministero,
portavoce del Re, chiede al Vescovo di provvedere a trovare un altro locale
alle Figlie della Carità diverso dalla Scuola pia S. Paolo, già occupato dalle
Maestre Pie e dal loro educandato finalizzati all’istruzione delle fanciulle
povere (figlie di artigiani e contadini) aquilane.
La versione integrale della lettera è la seguente:
«Ill.mo e Rev.mo Sig.re
Le accludo una supplica decretata da Sua Maestà (D.G.) a voce, con la quale la
Priora e Maestra della Scuola Pia di S. Paolo in codesto Capoluogo chieggono che
altro locale sia conceduto alle Figlie della Carità, mantenendosi le ricorrenti nel
possesso di quello in cui sono, senza darsi luogo a novità; e prego V. S. Ill.ma e
Rev.ma d’informare col suo parere su tale domanda, restituendola nel dar riscontro.
Il Direttore, Scarpa».
La risposta del Vescovo – riportata integralmente a seguire – fornita al Re è
lunga e particolareggiata; ivi Monsignor L. Filippi ripercorre per iscritto
tutta la storia dell’Istituto S. Paolo, dalla sua fondazione nel 1782 - per
volere e, soprattutto, per i lasciti di donna Maria Dragonetti Rustici – in poi,
evidenziandone il nobile fine educativo iniziato da quattro Maestre Pie
(religiose dell’Istituto del Bambin Gesù, chiamate da Roma) per istruire le
fanciulle povere aquilane. In seguito agli accaduti nel nostro Regno dal
1799 sino al 1815, fu vietato alle dette Maestre di accrescere la loro
Comunità religiosa; furono così le uniche 4 maestre pie romane a portare
avanti l’educandato. Quando queste iniziarono a mancare, la Commissione
di Beneficienza non chiamò altre Maestre Pie ma affidò l’istruzione “a
qualcuna delle alunne istruite nello stesso Istituto”. Quest’ultime Maestre
Pie, pur non portando l’abito religioso, hanno sempre condotto una vita
edificante, prestandosi con molto zelo alla istruzione ed educazione morale
e religiosa delle fanciulle aquilane.
Intanto “per quell’amore di novità”, già dal 1836, si propose di stabilire in
L’Aquila un Educandato per le donzelle figlie di famiglie agiate, diretto
dalle Suore di Carità, come se gli otto Monasteri di clausura e un
Conservatorio di donzelle esistenti in Aquila non fossero sufficienti – stando
a quanto il Vescovo Filippi declama - alla educazione di anzidette ricche
fanciulle.
Nel 1840, così, il Consiglio Distrettuale prima e il Consiglio Provinciale
poi, propose che il locale di S. Paolo venisse destinato all’Educandato da
affidarsi alle Suore della Carità ed il Re, credendo che detto locale fosse in
disuso, approvò. Fortunatamente questo progetto rimase ineseguito per
l’opposizione che incontrò da parte di Monsignor G. Manieri (predecessore
di L. Filippi) il quale protestò contro la violazione che si sarebbe fatta alla
nobile volontà della Sig.ra Maria Dragonetti Rustici, fondatrice dell’Istituto.
Morto Monsignor Manieri, i fautori dell’Educandato per ricche donzelle
presso lo stabilimento di S. Paolo cominciarono a ri-mettere in campo il loro
progetto e, al fine di realizzare il loro progetto, proposero di chiamare
invece delle Suore, le Figlie della Carità, perché, prestandosi queste anche
alla educazione delle fanciulle povere, non si sarebbe trovato dalla parte del
259
Vescovo l’ostacolo della violazione della volontà della fondatrice, la fu
Signora Maria Rustici; così sotto pretesto di istruire le donzelle povere, si
sarebbe provveduto alla costituzione dell’Educandato per le donzelle di
agiate famiglie.
ADA, Busta 605, fasc. 2, Risposta del Vescovo di Aquila alla lettera del
Ministero e Real Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della
Istruzione Pubblica, dei 20 Gennaio 1858
«Onorandomi di dar riscontro alla di Lei stimabile lettera dei 20 Gennaio corrente,
2° Rip. n. 4708, con cui si degna avanzarmi la domanda rivolta a S.M. (D.G.) dalla
Priora Maestra della Scuola Pia di S. Paolo di questa Città, debbo rassegnarle
candidamente essere pur troppo vero quello che dalle medesime coraggiosamente
s’espone.
Sin dal 1782, la fu Donna Maria Rustici col debito Regio Beneplacito fondava in
l’Aquila l’Istituto della Scuola Pia per la istituzione della quale ottenne da S.M.
Ferdinando IV il soppresso Monastero di PP. Barnabiti; colla rendita adietta pel
mantenimento del culto nella Chiesa annessavi. Chiamò da Roma quattro religiose
dell’Istituto del Bambin Gesù, che prende il titolo di Istituto delle Maestre Pie, le
quali vi si applicarono con zelo singolare, vivendo tra loro vita comune e
portandosi l’amministrazione delle rendite loro assegnate dalla pia fondatrice da tre
amministratori scelti tra la classe dei patrizi aquilani, coll’obbligo di aumentarsi le
religiose congregazioni delle maestre.
Per gli accaduti nel nostro Regno dal 1799 sino al 1815, fu vietato alle dette
Maestre l’accrescere la loro Religiosa Comunità, ed essendosi affidata nell’infausto
decennio l’amministrazione delle rendite del detto Istituto sotto la vigilanza del
Consiglio degli Ospizii, l’Istituto stesso rimase stazionario, e le sole 4 religiose
venute da Roma sostennero la istruzione delle ragazze povere della città con cura
indefessa, e con esito felicissimo, dovendosi tutto ad esse ed il miglioramento del
linguaggio nelle donne aquilane, ed i semi di pietà infusi abitualmente in esse, e la
perizia nei donnevoli lavori, in cui le donne aquilane si distinguono.
Non essendosi l’Istituto accresciuto per le dette vicende governative, ed essendo
cominciate a mancare le dette quattro Maestre; d’altronde la decisione della
Commissione amministrativa di Benef.[icienza]che lungi dall’amministrare le
rendite secondo la mente della fondatrice, stabilì un fondo di 4 ducati mensili a
ciascuna delle 4 Maestre, impiegando il supero della rendita ad aprire (sin dal
1808) un’altra scuola nel punto opposto di questa Città; la medesima Commissione
amministrativa, promise, che le superstite religiose ne avessero vestita un’altra e
nel tempo successivo come veruna delle superstite veniva a mancare; ma pel tempo
successivo non più permise di vestizione alcun altra, ma invece per sostenere
l’istruzione vi destinò qualcuna delle alunne istruite nello stesso Istituto,
assegnandole il saldo già stabilito di 4 ducati mensili; e così le medesime non
avrebbero vestito l’abito religioso (che loro non fu mai permesso d’indossare),
vivendo nel medesimo locale sotto la direzione della stessa Priora, ed osservando la
Regola stessa dell’Istituto delle oblate del Bambin Gesù.
E ad onore del vero devo confessare che, per testimonianza di tutti probi aquilani,
le medesime Maestre Pie, pur non portando l’abito, hanno sempre menato e
menano una edificantissima vita, e si sono prestate con molto zelo alla istruzione
morale e religiosa e nelle arti donnesche le più esquisite, cosicché sono per tutti i
riguardi benemerite di questa Città, in cui la più misera donnicciola, per
l’istruzione ricevuta in tale Scuola, sa di cucire, di far merletti e di ricamo, quanto
non ne sanno le donne di altri Paesi istruite nei migliori educandati del Regno.
260
Intanto, per quell’amore di novità – che la rovina politica e morale di tutte le
istituzioni – si cominciò da taluni ottimisti del paese a vagheggiare di stabilire in
Aquila un Educandato per le donzelle di agiate famiglie diretto dalle Suore di
Carità; e sin dal 1836 fu fatta tale proposta, come se non fossero stati bastanti alla
educazione delle donzelle di agiate famiglie non solo gli otto Monasteri di clausura
e un Conservatorio di donzelle esistenti in Aquila, i quali tutti hanno finora tenute
in educazione quelle che ora sono le migliori madri di famiglie aquilane, ma ancora
il Conservatorio di S. Teresa per le fanciulle di maggiore età [quest’ultima frase
appare sì ma cancellata con una riga sopra], e la stessa casa delle Scuole Pie in S.
Paolo, che pur accoglieva le donzelle come Educande.
Nel 1840 il Consiglio Distrettuale prima, e poi il Consiglio Prode, propose per tale
Educandato da affidarsi alle Suore della Carità il locale suddetto di S. Paolo,
assegnando 1800 ducati su i fondi Prodi per la riduz. [ion]e del locale, e ducati 412
per il mantenimento delle suore; e la Maestà del Re credendo che fosse questa una
nuova Fondazione da farsi all’Aquila, e che il locale di S. Paolo fosse un locale
vuoto, di qualche Monastero soppresso, approvò la proposta, disponendo che la
riduzione del locale si facesse a spese del Comune di Aquila, ed il mantenimento
annuo delle suore gravitasse sui Comuni più agiati della Provia comun. o di mezze
piagge o di piagge franche.
Questo progetto però rimase ineseguito per l’opposizione che incontrò da parte del
mio predecessore Monsignor Manieri il quale protestò contro la violazione che si
sarebbe fatta della nobile volontà della Signora Rustici fondatrice dell’Istituto delle
Maestre Pie di S. Paolo, la quale aveva aperta quella casa, e lasciate le sue rendite
alle Maestre Pie, e non ad altro Istituto, le aveva lasciate per la istruzione delle
fanciulle povere e non di quelle agiate; e questa di Lei volontà era stata così
precisa, che in vita sua non volle mai permettere che una sua nipote di famiglia
patrizia fosse stata ricevuta come Educanda nell’Istituto delle dette Maestre Pie in
S. Paolo, che essa aveva aperto appositamente per le sole fanciulle povere.
Morto Monsignor Manieri, i suddetti ottimisti cominciarono a mettere di bel nuovo
in campo il loro vagheggiato progetto, e per venirne a capo, vi fecero entrar l’idea
di chiamare invece delle Suore, le Figlie della Carità, perché, prestandosi queste
anche alla educazione delle fanciulle povere, non si sarebbe trovato dalla parte del
Vescovo l’ostacolo della violazione della volontà della fu Signora Rustici, e così
sotto pretesto di istruire le donzelle povere, si sarebbe provveduto all’Educandato
da essi vagheggiato delle donzelle di agiate famiglie.
Sul principio, dunque, del 1852 questo Consiglio degli Ospizii,composto allora
dall’Intendente e di due soli Consiglieri laici, approvò il progetto di far venire in
Aquila le Figlie della Carità e di addire per questo Istituto il locale di S. Paolo,
trasferendo le attuali Maestre Pie in un’altra casa detta di S. Giuseppe ove è aperta
a spese del Comune un’altra Scuola femminile per le fanciulle.
Il vescovo di allora, Mons. Navario, sì perché poco era informato delle cose della
Città, sì perché era in grandi veti col capo della Provia, annuì alla proposta, e solo
domandò che le attuali Maestre Pie non fossero depredate dei loro averi. E siccome
si proponevano solo B. Figlie della Carità, egli disse che se tale progetto volesse
eseguirsi, ve ne sarebbero bisognate almeno sei.
Allora il Consiglio degli Ospizii formò un progetto di Stato Dipresso su cui si
stabiliva che colle rendite dell’Istituto di S. Paolo, che ammontano a circa 500
ducati, e con un annuo sussidio che il Comune fin dal 1808 ha assegnato alle dette
Scuole Pie, si sarebbero potute mantenere 4 Figlie della Carità, e più due lo
stipendio alle quattro attuali Maestre Pie che avrebbero dovute essere licenziate.
Si fece deliberare analogamente il Decurionato, il quale assentì alla proposto del
Cons. degli Ospizi; ma la Commissione di beneficienza composta dal sindaco e tre
membri, si scisse in due opposti partiti. Un membro laico ed il membro
ecclesiastico furono perfettamente negativi e considerando 1. Che l’Istituto di S.
261
Paolo fondato da Donna Maria Rustici aveva le sue Regole sovranamente
approvate che non era nelle loro 616 facoltà di mutare, essendo l’Ufficio della
Commissione di Beneficienza limitato alla semplice amministrazione e alla
sorveglianza post’osservanza delle Regole inerenti la fondazione = 2. Che l’Istituto
di S. Paolo sovranamente approvato non poteva essere annullato che dal Sovrano,
tantoppiù che essendo l’attuale Istituto basato col pio legato della fondatrice Donna
M. Rustici non poteva essere distrutto o modificato senza le sovrane disposizioni,
potendo gli eredi Rustici aver diritto a revindicare il legato lascito vedendo
mancare le condizioni, la cosa e l’andamento sotto le cui norme il legato lascito è
sanzionato; 3. Che l’Istituto delle Figlie della Carità poggia sopra Regolamenti
diversi […]; 4. Che volendo cedere alle Figlie della Carità il locale di S. Paolo
sarebbe lo stesso che divergere dalla volontà della pia Fondatrice; 5. Che non vale
il dire che lo Stabilimento Rustici si conservi trasportandosi le attuali Maestre in
altro locale, dopocchè si spoglia del locale di esso Stabilimento, si restringe, ed una
quota delle sue rendite s’intende ad altro uso; conchiusero di non trovare luogo a
deliberare tanto sulla inversione del locale di S. Paolo quanto sulla fusione delle
sue rendite per lo Stabilimento delle figlie della Carità; e che se il comune volesse
fondare in l’Aquila anche l’Istituto delle Figlie della Carità, potrebbe destinare a
ciò il sussidio votato dal comune istesso, accresciuto di altri fondi da rinvenirsi
all’uopo.
Il Sindaco però e l’altro membro [del Commissione di Beneficienza 617] furono di
avviso opposto, ed il Consiglio degli Ospizii non curando le suddette ragioni,
veramente importanti, ritenne il parere di questi ultimi, formò la sua deliberazione
e propose al Ministro degli Affari Interni la fondazione in Aquila dell’Istituto delle
Figlie della Carità per l’istruzione delle fanciulle povere e per portare la istruzione
delle medesime al tipo voluto dall’indole dei metodi attuali 618, come se le Maestre
Pie (le quali come nella deliberazione decurionale citata si dichiara di avere
lodevolmente corrisposto agli incarichi loro affidati) non fossero state capaci di
fare quello che allora avevano fatto lodevolmente e, con soddisfazione del
pubblico, stanno tuttora facendo.
In seguito di tale rapporto del Consiglio degli Ospizii, il Ministero degli Affari
Interni, reputando che la città di Aquila mancava di un Istituto di pubblica
educazione, propose l’affare a Sua Maestà (D.G.) il quale nel Cons. di S [tato].
degli 11 maggio 1852 approvò, dietro l’avallo della Consulta, l’erezione in Aquila
dell’Istituto delle Figlie della Carità per l’educazione delle fanciulle, e comandò
che si redigesse un progetto di Stato Dipresso.
Questo progetto di Stato Dipresso fu inviato al Ministero degli Aff. Interni ai 14
maggio 1853; ed ai 5 novembre (1853) il Ministero con altro Reale Rescritto
manifestava che S.M. (D.G.) si era degnata di approvare lo Stato Dipresso e il
Regolamento per l’Istituto delle Figlie della Carità.
Ricevutosi quest’ultimo Real Rescritto, il Consiglio, o per dir meglio, chi allora
dominava il Consiglio, ordinò alla Commissione di Beneficienza con suo uff. dei
16 novembre che senza perdere un giorno di tempo avesse fatto sgomberare il
locale di S. Paolo, per restaurarlo, e che la Commissione in seduta straordinaria e
permanente avesse provveduto all’occorrente 619.
616
Ovvero del Consiglio degli Ospizî.
Si ricorda che la Commissione di Beneficienza era composta da tre membri: Sindaco, un
membro laico ed uno ecclesiastico
618
Sottolineatura nel testo.
619
Sottolineatura nel testo.
617
262
Ma fortunatamente io era giunto in Diocesi da pochi mesi, ed alla fine di settembre
avendo con immensa soddisfazione assistito agli esami di circa 400 ragazze620
dirette dalle dette Maestre Pie nel locale di S. Paolo, era stato informato
minutamente di tutto il procedimento sin allora tenuto per distruggere il benemerito
Istituto delle Maestre Pie, e sostituirvi le Figlie della Carità che dovevano
insegnare il francese ed i metodi moderni alle figlie dei Signori 621.
Cominciai quindi ad andare in Consiglio, in cui era amor nuovo, e a far sentire la
mia voce; ma mi fu rotto il latino in bocca col mostrarmisi i due Sovrani Rescritti,
ai quali, mi si diceva, conviene assolutamente dare esecuzione. Allora mi tacqui, e
non potendo far altro, cercai di non far disperdere la Scuola, che ad ogni caso non
si voleva più riaprire; facendo osservare che pria di tutto conveniva assicurarsi se le
Figlie della Carità erano nel caso di accettare la fondazione che voleva farsi in
Aquila di una Casa del loro Istituto, e poi pensare alla riduzione del locale.
Ed essendosi scritto al Superiore Generale della Congregazione di S. Vincenzo de’
Paoli, da cui dipendono, le Figlie della Carità, perché dicesse se le dette figlie
potevano venire in Aquila; se ne ottenne risposta che non potevano pel momento
disporsi neppur di una di esse, perché per la Guerra di trincea erano state tutte
spedite in Oriente.
Così le povere Maestre Pie di S. Paolo ebbero tregua, e non si pensò più alle Figlie
della Carità.
Mentre non più si pensava alle medesime, ai 30 giugno 1855 il Ministero degli
Affari Interni invia al Consiglio il Real Decreto del 18 maggio 1852 per la
fondazione di un Istituto delle Figlie della Carità, colle clausole contenute nel Real
Rescritto dei 11 maggio 1852.
Fu questa la nuova occasione per rincominciare le trattative; ed il Consiglio officiò
il Ministro che essendosi avuto riscontro negativo dal Superiore delle Figlie
della Carità per le ragioni suddette, non si poteva eseguire il Reale Decreto 622;
e che perciò pregavo di interporre i suoi uffizii, onde le dette Figlie della Carità si
potessero ottenere. Il Ministro ai mese di settembre rispose che le sue pratiche
all’uopo erano riuscite infruttuose per la stessa ragione della spedizione di Crimea;
e che perciò il Consiglio provvedesse diversamente a quel bisogno (cioè a quel
bisogno che non si era mai in realtà sentito).
In questo stato erano le cose, e si era cessato dal più tempore alle Figlie della Carità
quando giunse al Consiglio l’avviso che Real Ministro Antonini, Plenipotenziario
di S. Maestà presso l’Impero, nativo dell’Aquila, avendo inteso che trattavasi di
stabilire nella sua patria un Istituto delle Figlie della Carità, largiva a tal uopo una
somma di Ducati 2400 da comprarsene rendita per concorrere anch’egli a
quell’opera pia coi suoi diletti cittadini. Questa largizione del Marchese Antonini
indusse il sindaco ad impegnare lo stesso Marchese, perché trovandosi in Parigi,
avesse Egli stesso fatto le sue pratiche col superiore Generale, perché avesse
inviato in Aquila le Figlie della Carità, tantoppiù che cessata la guerra di Oriente,
queste si erano ristabilite in Europa. Queste pratiche ebbero il loro effetto, poiché
fu risposto nel 1856 che le medesime erano disponibili ormai; e già furono dati gli
ordini perché due figlie della Carità della Casa di Roma venissero ad ispezionare il
locale ad esse destinato, le quali infatti vennero nel maggio del ’56, e dissero che il
locale per essere da esse abitato, per formarsi l’educandato, aveva bisogno di
riduzioni.
620
Rimarcato nel testo.
Sottolineatura nel testo.
622
Rimarcato nel testo.
621
263
Fu drizzata una perizia all’uopo e la Commissione di Beneficienza stabilì il fondo
di 1600 ducati esistenti in cassa per tali riduzioni, le quali però sinora non si sono
eseguite, perché io, avendo ispezionato il locale, cominciai a protestare nel
Consiglio degli Ospizi contro tale progetto, il quale avrebbe fatto sciupare una
somma considerevole senza ottenersi lo scopo bramato […].
Ma siccome il Marchese Antonini nell’atto di sua donazione aveva messo il patto
riversivo se tra un anno detta stipola dell’Istrumento le Figlie della Carità non si
fossero stabilite in Aquila, […] così nello scorso Novembre con la maggior parte
del Consiglio degli Ospizi feci di avviso che chiamassero pure le Figlie della
Carità, ma che non si parlasse di lavori al locale; potendosi bene allocare in esso
quattro figlie della carità come sinora vi erano state ben alloggiate le quattro
Maestre Pie, tanto più che le figlie della carità dovendo rimpiazzare le Maestre Pie,
potevano per ora occuparsi solo della istruzione delle ragazze povere, e per
l’educandato sarebbesi pensato in seguito.
Dietro tale avviso le povere Maestre ebbero l’intimo di sgombrare il locale da esse
occupato da più di 30 anni, e perché non hanno in Aquila attinenze di famiglia, fu
proposto ti traslocarle in una casa da prendersi in fitto a spese della Commissione
di Beneficienza, riducendo il loro soldo mensile di ducati 7 a ducati 5.
Questo intimo, loro fatto, le gettò in una consumanza, e la Priora ne cadde malata
gravemente, né io potei più far cosa in loro favore, perché gli interessi particolari,
di coloro i quali credono di dovere vedere per le loro figlie un’era di rigenerazione
colla venuta delle Figlie della Carità, si sono tutti concentrati contro di me che son
rimasto solo nella pugna. E la sola mia prudenza per non incorrere in mali
maggiori, e non venire in urto aperto colle autorità, cosa nociva al pubblico bene in
questi miseri tempi, non mi aveva permesso di alzar più oltre la voce, e di far
sentire più alto i miei reclami.
Ora però che la Maestà del Re (D.G.) desidera di essere informata pel proposito, e
di sentire il mio parere, ho creduto di adempiere alla prima parte facendole questa
lunga narrazione; come adempio alla seconda col rassegnarle ingenuamente che il
voler cacciare dal locale di S. Paolo le Maestre Pie che per tanto tempo hanno
impiegato tutti i loro giorni a servire questo pubblico e ad educare tutte le donne
aquilane è un’aperta ingiustizia, è una vera iniquità.
Le Scuole sono fiorenti per tutti i rami. Esse insegnano con tanto fervore la dottrina
cristiana alle ragazze, dopo che io nello facilitato loro il metodo, che nello scorso
settembre avendo io pregato l’Intendente a favorire ai pubblici esami, non poté
trattenersi dal regalare una piasora [?] ad una povera fanciulla di 6 anni che fra le
altre si distinse nella recita di tutta la Dottrina da me composta per la mia Diocesi.
La perfezione dei lavori donneschi del cucire, del far calze, sino ai più delicati
merletti ed al più sopraffino ricamo è tale da meritare la meraviglia di qualsivoglia
forestiero che visita lo stabilimento. Che altro dunque si richiede perché debba
distruggersi uno stabilimento indigeno per impiantarvene uno esotico?
Il mio parere adunque, come lo è di tutte le persone sensate, le quali non parlano
perché temono di essere appuntate, è quello che le Maestre Pie avendo loro bene
servito e servendo bene la città nel locale appositamente per esse destinato, non
debbono essere amosse dal locale di S. Paolo, ove devono continuare ad istruire le
ragazze povere secondo la mente della Sig.ra Rustici che fondò tale Istituto, e le
dotò coi suoi beni, e che volendosi far venire le Figlie o le Suore della Carità
per aprire un Educandato nobile, si facciano pur venire ma si destini loro
altro locale623, che non manca in Aquila, e che può comprarsi col denaro già
623
Rimarcato nel testo.
264
esistente in cassa, e di provvedere alla riduzione del locale di S. Paolo per
l’Educandato (che voleva farvisi).
Ed ora più che mai si presenta una bella occasione per non molestare le Maestre
Pie, e nel tempo stesso contentare coloro che sentono il bisogno di far educare le
loro figliuole dalle Figlie della Carità.
Si sta vendendo per espropria un eccellente palagio con tutti i commodi necessari
per formarvi un Educandato nobile; e il prezzo non andrà oltre i 2.400 Ducati. Ho
proposto alla Congregazione degli Ospizi e alla Commissione di Beneficienza di
acquistare per le Figlie della Carità questo palagio colla somma dei 1.600 Ducati
già esistenti in cassa pei restauri che volevano farsi in S. Paolo, e con altre somme
che potranno aversi dagli avanzi di cassa dei SS. Pii amministratori della
Commissione e dei fondi comunali. Pel mantenimento poi di quattro F. [iglie]
d.[ella] C.[arità] potranno impiegarsi i frutti del Legato Antonini ed i D.[ucati] 350
annui, che con superiore approvazione sono fissati nello St. Disc. Comunale, e gli
altri D. [ucati] 400 che il Comune istesso può, fin dal 1808, somministrare, il quale
sta sciupando le stesse sue rendite in cose meno necessarie di questa che
interessano la questione educazione. E così si otterrà nella Città un Educandato per
le signorine senza toccare in nulla l’Istituto di S. Paolo che tassativamente è
destinato per le donzelle povere; e così nell’atto che le maestre francesi (che
espressamente devono essere sempre francesi) verranno ad insegnare le maniere
della civiltà, i costumi francesi e la lingua francese alle signorine italiane, le povere
Maestre Pie senza essere più molestate continueranno ad insegnare italianamente
alle povere figlie degli artigiani e contadini aquilani le arti donnesche necessarie ed
utili alla vita, insieme col ben parlare, leggere, scrivere, e far di conti come hanno
tanto bene fatto sinora».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Figlie della Carità. Lettera al Vescovo di Aquila,
Napoli 6 aprile 1858
Carta sciolta, manoscritta, di una facciata intestata Ministero e Real
Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione Pubblica, 2°
Ripartimento, n° 4982, indirizzata al Monsignor Vescovo di Aquila,
arrecante la data Napoli, 6 aprile 1858. Nella lettera il Direttore comunica al
Vescovo che, per quanto riguarda il locale di S. Paolo, esso rimane in
possesso delle Maestre Pie, mentre per quanto attiene il locale da concedersi
alle Figlie della Carità, dovrà accordarsi con il Consiglio degli Ospizî e
decidere se “far rimanere ricorrenti nel luogo ove stanno” (cioè in S. Paolo)
o cercarvi un posto che più si conviene in base alle disposizioni del Re.
Nella lettera si legge:
«Ill.mo e Rev.mo Sig. re
In seguito degli uffizii da me indiritti al Direttore dell’Interno sulle istanze fatte
alla Priora e Maestre della Scuola Pia di S. Paolo in cotesto Capoluogo, ond’avere
mantenute nel possesso del loro locale, che alle Figlie della Carità vorrebbesi
concedere, il sullodato Direttore mi ha ora manifestato di aver commesso a V.S.
Ill.ma e Rev.ma l’incarico di mettersi d’accordo col Consiglio degli Ospizî e
proporre un temperamento che possa far rimanere ricorrenti nel luogo ove stanno,
dando il posto che conviene alle Figlie della Carità, in adempimento degli ordini
sovrani.
Del che la prevengo in riscontro al suo rapporto del dì 2 febbraio ultimo. Il
direttore. F. Scarpa».
265
ADA, Busta 605, fasc. 2, Deliberazione 14 novembre 1913 della
Congregazione di Carità. Trasformazione dell’Istituto di S. Paolo
Manoscritto di 7 facciate contenente la Deliberazione della Congregazione
di Carità, datata 14 novembre 1913, approvata dal Consiglio comunale
dell’Aquila nella tornata del 21 novembre 1913. A partire dalla p. 5 di
questa Deliberazione sono presenti delle precisazioni in merito alla scuola S.
Paolo.
Si riporta di seguito nella sua trascrizione integrale.
« L’On. Prefetto ci ha comunicato che il Ministero dell’Interno, al quale erano stati
trasmessi gli atti riguardanti la trasformazione dell’Istituto di S. Paolo, insieme ai
pareri degli Enti Locali e della Autorità tutoria, ha restituiti gli atti stessi affinché:
a) Venga fatto invito alla Congregazione di Carità di proporre anche la
trasformazione degli oneri di culto che gravano l’Istituto;
b) Venga unito un certificato attestante quante sono le alunne che frequentano
l’Istituto e la percentuale in rapporto a quelle che frequentano le scuole
pubbliche;
c) Venga fatto conoscere quali scuole vengano mantenute dall’Istituto (1ª, 2ª,
3ª elementare);
d) Venga istituito il Consiglio Scolastico.
Per la prima richiesta il Presidente osserva che la Congregazione, quando nella
seduta 21 aprile 1909 decise di proporre la trasformazione dell’Istituto, espresse
parere che le rendite patrimoniali fossero conferite all’Asilo d’Infanzia di Aquila,
depurate da ogni peso, onere e professionalità.
Or, poiché nel bilancio di uscita dell’Opera pia figura un’annua assegnazione di £
270 per legati passivi di culto, giustamente il Ministero /624 ha fatto invito alla
Congregazione perché includa nella proposta anche gli oneri di culto. Dall’esame
degli atti si rileva quanto appresso in ordine a questi oneri:
«Dovranno anche i suddetti Governatori badare, unitamente con tutti i vocali, a far
adempiere tutti i legati annessi alla detta chiesa, e nel caso osservassero in
qualunque tempo si trascurassero ognuno di essi vocali abbia la facoltà di farli
adempiere, con doversi però ricorrere alla potestà laicale per la coazione reale e
personale dei Governatori che ne trascurassero l’adempimento.
All’epoca della fondazione si trovavano costituiti nella chiesa di S. Paolo varî
legati di messe in forza di disposizioni testamentarie fatte in favore del soppresso
Collegio dei Padri Barnabiti.
I titoli delle disposizioni s’ignorano; ma l’origine dei legati si riscontra annotata in
una supplica della fondatrice Signora Maria Dragonetti – Rustici, accolta dalla
autorità ecclesiastica con provvedimento del 3 febbraio 1784.
Nella supplica si esponeva che in base ai legati fissati nella chiesa, in alcuni giorni
dell’anno si sarebbero dovute celebrare più /625 messe ed in alcuni altri non se ne
sarebbe dovuta celebrare neppure una, e s’invocava che le messe stesse fossero
state distribuite a quelle che ricadevano di rata per ciascuna settimana.
624
625
Inizio di p. 2 del manoscritto.
Inizio di p. 3 del manoscritto.
266
Le messe ridotte di numero in proporzione delle rendite rimaste ascendevano in
complesso per tutti i legati a 337, ma la fondatrice ne aggiunse 28 a carico
dell’Istituto, per modo da avervi la messa quotidiana.
Dagli stati discussi dal 1847 nonché dai bilanci successivi fino a tutto il 1874 si
riscontra che le spese di culto ammontavano in media dalle £ 450 alle 500
all’incirca, e venivano erogate oltre che per la messa quotidiana, per gli esercizi
spirituali delle prime comunicanti, per il confessore, per il sagrestano, per cera,
olio, incenso, vino, ostia e mantenimento degli arredi sacri.
Con istanza 3 giugno 1874 diretta al Vescovo la Congregazione chiese la riduzione
delle spese di culto, sostenendo che i pesi dell’Istituto erano aumentati e che /626
v’era deficienza nei redditi destinati all’adempimento di essi, i quali ultimi
consistevano in ducati 5.56 di grano sconcio, ossia di £90 annue.
Il Vescovo aderì all’istanza e con Decreto 23.6.1874 stabilì che le messe fossero
celebrate nei giorni festivi di doppio precetto, non trascurata la solenne nella 1ª
domenica di ottobre.
In conseguenza di tale riduzione le spese di culto nei bilanci dell’Istituto furono
stanziate in £ 240 dagli anni 1876 al 1979 inclusivi e poscia elevate a £ 270 nel
1880 per essersi aggiunto l’esito di £ 30 per la festività del Rosario.
Questa somma di £ 270 è stata mantenuta nei preventivi successivi ed andava così
distinta:
 messe da celebrarsi nella chiesa dell’Istituto in tutti i giorni festivi di
doppio precetto £ 140.00;
 olio, cera, ostia, incenso e vino £ 88.00;
 Festività del SS. Rosario £ 30.00;
 Compenso al Sagrestano £ 12.00.
/627 Verso la metà del 1906 il Parroco di Santa Giusta si prestò a compiere nella
Chiesa di S. Paolo tutte le funzioni di culto che egli non poteva celebrare nella
parrocchiale pel fatto che questo aveva bisogno di restauri. Per questa ragione negli
anni 1907-1908-1909-1910 l’Istituto economizzò £ 270 spendendo solo £ 30 per la
festività del Rosario; 1911 e 1912 nessuna erogazione venne disposta nello
stanziamento e nel bilancio corrente 1913 si ritenne opportuno di radiarle.
Le scuole di S. Paolo628 hanno evidentemente carattere confessionale, essendo
obbligatorio l’insegnamento della dottrina cristiana e l’esercizio di pratiche
religiose. Ciò si desume dalle regole del 23 aprile 1783 e dal regolamento del 1871.
Il culto quindi che vi si esercita è inerente alla istituzione.
Mutandosi il fine principale di questa, di conseguenza il culto, che ne è accessorio,
deve subire le medesima sorte.
Anche quando volesse ritenersi /629 che l’Istituto provvede a pratiche religiose in
adempimento di legati, che siano fondazione per se stanti, essi cadono sotto la
sanzione dell’art. 91 della legge 17 luglio 1890, il quale nel N. 3 li dichiara soggetti
a trasformazione, quando non corrispondono ad un bisogno della popolazione.
Il fine loro, pel mutare dei tempi, è venuto a mancare e non corrisponde punto ad
un interesse della beneficienza, la quale deve avere carattere di utilità generale.
Neppure può affermarsi che essi rispondano ad un bisogno di culto, poiché al
medesimo è ampiamente e stabilmente provveduto mediante l’ufficiatura delle
parrocchie e delle numerose chiese della Città. In 29 chiese si celebra la messa
626
Inizio di p. 4 del manoscritto.
Inizio di p. 5 del manoscritto.
628
Rimarcato nel testo.
629
Inizio di p. 6 del manoscritto.
627
267
quotidiana, e nel rione, dove l’Istituto ha sede, ne esistono due, appena a 40 metri
circa di distanza; quella parrocchiale di S. Giusta e l’altra della Trinità Vecchia. La
soppressione di fatto negli ultimi sette anni dello adempimento delle pratiche
religiose, che fanno carico /630 all’Istituto, sta pure a dimostrare che se sono
soppresse ai bisogni della popolazione e non necessarie al funzionamento della
istituzione.
Dopo di che il Presidente in ordine alle notizie domandate dallo stesso Ministero
osserva che esse si sarebbero potute desumere dalla relazione in base alla quale
venne invocato il provvedimento di riforma; ma ad ogni modo è facile ottemperare
all’invito con la produzione di un certificato costatante il numero delle alunne che
frequentano l’Istituto 631, quale sia la percentuale in rapporto a quelle che
frequentano le scuole pubbliche e quali siano le classi mantenute dall’Istituto
medesimo.
Il Consiglio comunale approvò tale Deliberazione della Congregazione di Carità
nella tornata del 21 novembre 1913».
ADA, Busta 605, fasc. 2 , Istituto di S. Paolo. Trasformazione di oneri di
culto. Aquila, 13 novembre 1914
Dattiloscritto di 2 facciate, su carata intestata arrecante la seguente
intestazione: Procura Generale del Re presso La Corte di Appello degli
Abruzzi. È una lettera datata Aquila, 13 novembre 1914, prot. 6-416, fasc.
633, Oggetto: Istituto S. Paolo. Trasformazione di oneri di culto, indirizzata
all’Arcivescovo della Diocesi di Aquila dal Procuratore Generale Massola,
dove si chiede all’Arcivescovo anzidetto di esporre, se opportuno, le ragioni
contrarie alla: «[…] Trasformazione nel fine dello Istituto di S. Paolo di
questa città, anche per quanto riguarda gli oneri di culto632».
Ad anzidetto dattiloscritto è allegato una carta sciolta, ovvero: Riscontro
alla lettera dei 13 novembre 1914; è datato Aquila 17 novembre 1914
indirizzata al Procuratore Generale del Re presso la Corte d’Appello di
Aquila, avente lo stesso oggetto (ovvero: Istituto S. Paolo – Trasformazione
di oneri di culto).
A seguire si riporta quanto scritto nelle tre pagine del dattiloscritto.
« Circa la trasformazione nel fine dello Istituto di S. Paolo di questa città, anche
per quanto riguarda gli oneri di culto, il Superiore Ministero desidera venga
interpellata l’E.V. Ill.ma e Rev.ma pregandola di esporre le ragioni, che
eventualmente potesse opporre in contrario, per prenderle in considerazione.
Sul proposito l’E.V. fu già richiesta dal Pretore e dal Procuratore del Re locali,
come assicurano, con loro note, che temo non le siano pervenute.
Per adempiere però agli ordini del Superiore Ministero, io prego l’E.V. di volersi
compiacere rispondere in merito, ed, ove non lo creda, d’accusarmi per lo meno
con cortese sollecitudine ricezione della presente. Con perfetta osservanza.
630
Inizio di p. 7 del manoscritto.
Sottolineatura nel testo.
632
ADA, Busta 605, fasc. 2, Istituto di S. Paolo. Trasformazione di oneri di culto. Aquila,
13 novembre 1914, p.1.
631
268
Il Procuratore Generale. Massola».
Nella terza pagina del manoscritto, cioè nel Riscontro alla lettera dei 13
novembre 1914, si legge:
«In ordine alla trasformazione in oggetto, faccio osservare:
1. Qui si tratta di legati che sono ammessi ad un istituto di beneficienza, quale
condizione necessaria inscindibile della percezione delle rendite, lasciate
per la beneficienza medesima. I legati sub modo derivanti da disposizioni
testamentarie non possono venir meno, perché rientrano nella ragione dei
privati domini, come modalità dei medesimi, onde l’onere trae appunto la
sua designazione giuridica di modo. E le ragioni private vanno rispettate,
non solo in ciò che costituisce attività ma anche in ciò che costituisce
obbligazioni, e nella forma in cui furono queste create.
2. Si tratta poi di messe festive le quali son sempre istituite per bisogno delle
popolazioni. Infatti se non ci fosse questo bisogno sarebbero lasciate libere
in giorni non festivi a comodo del sacerdote. Ciò per ora in breve, per dare
pronto riscontro».
ADA, Busta 605, fasc. 2, Istituto di S. Paolo. Trasformazione di oneri di
culto. Aquila, 19 agosto 1914
Manoscritto di due facciate su carta intestata Regia Pretura di Aquila, n.
3338, Oggetto: Istituto S: Paolo di Aquila. Trasformazione di oneri di culto,
datata Aquila 19 agosto 1914, indirizzata al Arcivescovo di Aquila dal
Prefetto. Si parla dell’utilizzo e rimpiego del patrimonio dell’Istituto S.
Paolo a favore di un asilo infantile.
Ivi si legge:
«I Corpi Locali proposero sin dal 1909, a termini dell’Art. 91, n. 1 della legge sulle
Istituzioni Pubbliche di Beneficienza, la trasformazione del fine inerente al
patrimonio dell’Istituto di S. Paolo qui esistente a favore dell’Asilo Infantile. Con
necessarie deliberazioni del novembre dello scorso anno i detti corpi hanno
proposto che l’accennato provvedimento sia esteso ad alcuni legati di culto
gravanti l’ente di cui si tratta.
La Commissione provinciale di beneficienza ed assistenza pubblica ha espresso,
anche in merito a tale ultima proposta, parere favorevole, né si ha notizia di alcuna
opposizione.
Il Ministero dell’Interno ha ora deciso, al riguardo, il pare di quello di Grazia e
Giustizia dei Culti. Rivolgo preghiera alla S. V. di dirmi se la progettata
trasformazione dei detti oneri di culto riuscirebbe lesiva di diritti acquisiti propri di
culti ecclesiastici conservati a contraria ai bisogni religiosi della popolazione.
Gradirò sollecita risposta. Il Pretore ».
269
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ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 178r.
273
CAPITOLO 7
Conservatorio Sant’Anna con annessa pia Casa di Lavoro
e riferimenti all’Ospizio dell’Addolorata
Premessa
L’istituzione del conservatorio S. Anna - anche detto Ospizio S. Anna e
spesso erroneamente identificato nell’Ospizio dell’Addolorata e così
appellato - può essere fatta risalire al 1859633, ovvero alla data di fondazione
dell’Ospizio dell’Addolorata considerato che questo, sin dalla sua origine,
fu ospitato presso i locali di proprietà del conservatorio S. Anna; ad
avvalorare questa data è anche quanto l’Arcivescovo A. Antonini Vicentini
scrive in un documento del 2 febbraio 1891634 e altresì nelle antecedenti
disposizioni per l’Addolorata del 15 maggio 1882.
Altre fonti, invece, ufficializzano la data d’istituzione del detto
conservatorio all’anno 1867, considerato specialmente quanto risulta da una
scrittura privata del 1° aprile 1867 in cui Donna Maria Ferrari, la principale
benefattrice del S. Anna, ottiene in locazione il fabbricato, con casa ed orto
annessi, da un certo signor D’Amario, il quale, a sua volta, ne è entrato in
possesso il 17 dicembre 1865 a seguito della subasta da parte del
Comune635.
Alla istituzione del conservatorio S. Anna contribuì in modo notevole
Donna Maria Ferrari insieme ad altre sette “gentildonne” aquilane, anche
dette protettrici636.
Circa le finalità che il conservatorio si proponeva è sufficiente attingere
alla bozza del regolamento del 1867 – a cui seguirono altri due regolamenti,
il primo del 15 maggio 1882, il secondo del 15 agosto 1888 – dove si palesa
lo scopo di questa istituzione, ovvero l’accoglienza di giovinette dai 12 anni
di età in su, ritenute “pericolanti”, ovvero «tutte le quali si possano trovare
in prossimo pericolo di peccare637», per essere educate secondo i canoni
della dottrina cristiana e soprattutto renderle abili “a fare qualche cosa”,
ovvero nei lavori donneschi e prepararne il futuro in termini di sbocchi
occupazionali e di attività remunerative.
Quanto detto non sorprende affatto dato che negli anni prossimi
all’unificazione dell’Italia e in quelli immediatamente successivi, l’intento
633
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di
Lavoro eretta in Aquila nell’Ospizio S. Anna.
634
ADA, Busta 630, fasc. 1, Regole per le Terziarie dell’Addolorata dell’Ospizio S. Anna
fondato fin dal 1859, p.1.
635
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera di Maria Ferrari al Vescovo con la quale lo informa
delle migliorie apportate dalla stessa e dalle suore all’edificio di S. Anna, 1 Aprile 1867.
636
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera del Vescovo alle Protettrici della Pia Casa delle
povere fanciulle nel Conservatorio S. Anna.
637
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di
Lavoro eretta in Aquila nell’Ospizio S. Anna, Parte II, art. 1, p.1.
274
di stappare l’educazione delle donne dai modelli del passato - intessuti di
atmosfere monastiche, di ambienti claustrali, di pratiche devote e varie
formalismi, di lavoro “cieco” privo di qualsivoglia ricaduta economica – si
faceva sempre più forte.
Si sosteneva così che le vecchie “scuole di lavoro” potevano costituire
una solida base di partenza, purché si trovasse il modo di obbligarle a
fornire quel «patrimonio di cognizioni essenziali638» indispensabile alla
formazione di qualunque persona.
Non a caso nel conservatorio S. Anna veniva fornita alle giovinette anche
un’istruzione basilare che, seppur limitata ai rudimenti del sapere ed
effettuata solo nel fine settimana, era ritenuta fondamentale e
imprescindibile. Un modello d’istruzione paragonabile, dunque, alla
moderna scuola ad indirizzo professionale639.
Nel S. Anna l’attività lavorativa principale consisteva nella lavorazione
del merletto di fiandra, attività di grande vanto per la Casa e per la città de
L’Aquila, considerata la sua rinomanza anche all’estero, specie a Parigi.
La cura del conservatorio S. Anna e della Casa di Lavoro venne affidata
alle suore Stimmatine, direzione che lasciarono venti anni dopo, nel 1884.
Nel 1888 il Comune rivendica i locali che ospitavano il conservatorio di
S. Anna per l’accasermamento provvisorio delle truppe francesi; cosicché il
S. Anna viene ospitato dalle oblate Agostiniane presso i locali di S. Amico e
da questa data si perdono le tracce documentarie del conservatorio.
7.1 Il conservatorio S. Anna: incertezze sulla data d’istituzione, finalità
e “addestramento” ai lavori donneschi
Il conservatorio S. Anna con l’annessa pia Casa di Lavoro ed il suo
operato è da contestualizzare nel periodo dei difficili anni che anticipano e
immediatamente seguono la realizzazione dell’unità d’Italia.
Sulla data d’istituzione del conservatorio S. Anna si riscontra una
incertezza su cui orbitano due date: il 1859 e, una successiva, posticipata di
14 anni, il 1867.
L’esistenza del S. Anna già dal 1859 è, con molta probabilità, ascrivibile
alla data d’istituzione dell’ospizio dell’Addolorata dacché esso fu da sempre
ospitato - con una vantaggiosa locazione - presso i locali appartenenti al
conservatorio S. Anna (in seguito abbandonati, nel 1888, per consegnarli ai
militari francesi, trasferendosi nei locali del convento di S. Amico); ciò ha
determinato una commistione tra i due istituti non solo amministrativoburocratica ma anche legata alle pratiche di vita quotidiana, nella fattispecie
638
G. SCAVIA, Dell’istruzione popolare femminile in Francia, Germania, Svizzera, Italia.
Memorie e osservazioni presentate al Ministro della pubblica istruzione del Regno d’Italia,
Vaccarino, Torino, 1866, p. 143.
639
ADA, Busta 630, fasc. 3, Conservatorio S. Anna e Conservatorio di S. Agnese.
Istruzione; ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione nel Conservatorio di S. Agnese e
Conservatorio S. Anna; ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione delle giovani nel conservatorio
S. Anna, Aquila, 4 maggio 1874.
275
l’influenza che le terziarie dell’Addolorata esercitarono sulla prassi
educativa delle giovinette.
Ad avvalorare l’ipotesi della costituzione del S. Anna nel 1859, è lo
stesso Arcivescovo dell’Aquila Augusto Antonini Vicentini, che, il 24
novembre 1889, ragguagliando sui conservatori femminili aquilani, seppur
denominando il conservatorio S. Anna, come spesso accadeva al tempo,
“Pia Casa”, e mescidandolo alle vicende dell’ospizio dell’Addolorata, scrive
in merito:
«Tra i diversi Conservatorii ed Istituti di Educazione per le fanciulle in questa
Città, vi ha fin dal 1859 quello dell’Ospizio di M. S. Addolorata, ove è raccolto un
certo numero di povere e derelitte giovanette che la miseria, l’età, la mancanza o
povertà dei genitori, possono esporre a tentazione e pericoli di ogni maniera. Esso
forma una pia Casa di Lavoro che vive di questua e di pratiche per mezzo di
religiose dette Aiutanti che raccolgono dalla privata beneficienza i sussidi per il
mantenimento delle disgraziate fanciulle. Dal Regolamento dell’Istituto fatto nel
1882 dall’attuale Arcivescovo può rilevarsi il carattere, l’indirizzo e lo scopo della
Pia Casa.
Fu fondata fin dal 1859 per opera di pie caritatevoli donne che col lavoro
specialmente dei merletti (nei quali erano maestre abilissime) stabilirono
l’esistenza e il credito del Conservatorio 640».
O ancora quanto lo stesso Mons. Antonini Vicentini, scrive nel primo
punto del documento, del 2 febbraio 1891, sulle “Regole per le Terziarie
dell’Addolorata dell’Ospizio di S. Anna fondato fin dal 1859”, ovvero:
«L’Istituto delle Sorelle Terziarie di Maria Ss.ma dell’Addolorata ha per iscopo
di coadiuvare con la preghiera, col lavoro e con la questua l’Ospizio di
Beneficienza delle fanciulle derelitte fondato fin dal 1859, e procurare alle Suore la
propria fortificazione con quell’opera di carità tanto gradita a Dio e tanto
vantaggiosa alle “figlie del popolo”641».
Da altri documenti, invece, la fondazione del S. Anna è posticipata
all’anno 1867642, come risulta da una scrittura privata del 1° aprile 1867 in
cui Donna Maria Ferrari ottiene in locazione il fabbricato (casa ed orti
annessi) dell’ospizio di S. Anna, da un certo signor D’Amario, il quale, a
sua volta, ne era entrato in possesso il 17 dicembre 1865 a seguito di una
subasta da parte del Comune643. Precedentemente a questa scrittura privata,
640
ADA, Busta 630, fasc. 2, Notizie sull’Ospizio dell’Addolorata, p. 1.
ADA, Busta 630, fasc. 1, Regole per le Terziarie dell’Addolorata dell’Ospizio di S.
Anna fondato fin dal 1859, p. 1.
642
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di Lavoro
eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna; Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti: Ospizio
dell’Addolorata presso i locali delle religiose di S. Amico; Busta 630, fasc. 2,
Raccomandazione di accogliere nelle parrocchie dell’Arcidiocesi aquilana le due
questuanti Suor Margherita Dialetti e Suor Filomena Teuchini per raccogliere l’elemosina;
Autorizzazione dell’Arcivescovo a due Suore dell’Istituto di S. Anna per la Questua.
643
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera di Maria Ferrari al Vescovo con la quale lo informa
delle migliorie apportate dalla stessa e dalle suore all’edificio di S. Anna, 1 Aprile 1867.
641
276
si precisa, che i locali del S. Anna erano ospitati nel fabbricato di proprietà
di un certo Sig. Pettine.
A riguardo, nella Lettera di Donna Maria Ferrari al Vescovo644, Mons.
Luigi Filippi, con la quale lo informa circa le migliorie apportate all’edificio
del S. Anna nell’anno 1867, è scritto:
«[…] Il Signor Luigi D’Amario con subasta celebrata ai 17 dicembre 1865 ebbe in
locazione dal Comune dell’Aquila il fabbricato dell’Ospizio di S. Anna con gli orti
annessi siti nel tenimento di questa città. […] Tale locazione dura a tutto dicembre
del corrente anno 1867.
La Signora D.ª Maria Ferrari come Protettrice del privato Stabilimento che ha per
titolo “Pia Casa di Lavoro”, e che in oggi trovasi installata in casa del Signor
Giuseppe Pettine, ad oggetto di far pagare in detto Ospizio di Sant’Anna le giovani
e maestre raccolta in casa di Pettine, per averne avuto il debito permesso da S. E.ª
Ill.mo Monsignor Vescovo, il quale ne è il Superiore, e il quale ha assicurato
verbalmente i contraenti di questo patto verbalmente supportato dalla Giunta di
questo Municipio a potersi convenire la seguente sublocazione; la Signora Ferarri
ha richiesto al D’Amario a cedergli la locazione del fabbricato ed orti annessi; e
questi vi ha pienamente aderito, e perciò esse parti son venuti a seguente contratto
di sublocazione […]645».
Un altro documento in cui la data di fondazione del S. Anna è stabilita al
1867 è rappresentato dalla Autorizzazione dell’Arcivescovo A.A. Vicentini a
due Suore dell’Istituto di S. Anna per la questua, del 14 luglio 1884 (per la
cui trascrizione integrale si veda l’Appendice documentaria al presente
Capitolo), in cui si legge: «[…] Fra i diversi Conservatori ed Istituti per le
fanciulle di questa Città vi ha fin dal 1867 quello dell’Ospizio S. Anna
[…]646», come pure in altre carte sciolte, sempre autografe dal Vicentini,
avente il medesimo oggetto, ovvero l’autorizzazione alle suore questuanti,
datate rispettivamente 29 luglio 1885, 14 agosto 1888, 12 maggio 1889.
È evidente, dunque, una documentata aleatorietà circa la data precisa
dell’istituzione del conservatorio S. Anna.
Alla istituzione del S. Anna contribuì in modo notevole, specie
finanziariamente, Donna Maria Ferrari - benefattrice altresì del
conservatorio di S. Agnese - ma ben sette sono le “gentildonne” aquilane,
anche dette “protettrici”, che concorsero alla edificazione del S. Anna e
annessa pia Casa di Educazione, nello specifico queste furono: Concetta De
Felicis; Concetta Bonjorno; Almina Marchesa Dragonetti; Giulia Cialente;
Annina Properzi; Maria Ferrari; Margherita Ferrari647.
Sulle finalità che il conservatorio Sant’Anna si proponeva è sufficiente
attingere alla bozza del primo regolamento arrecante la data 1867 -
644
ADA, Busta 630, fasc. 2, ibidem.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera di Maria Ferrari al Vescovo con la quale lo informa
delle migliorie apportate dalla stessa e dalle suore all’edificio di S. Anna, 1 Aprile 1867,
op cit., p. 1.
646
ADA, Busta 630, fasc. 2, Autorizzazione dell’Arcivescovo A.A. Vicentini a due Suore
dell’Istituto di S. Anna per la questua, p. 1.
647
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera del Vescovo alle Protettrici della Pia Casa delle
povere fanciulle nell’Ospizio di S. Anna.
645
277
seguirono altri due regolamenti il primo, datato 15 maggio 1882 ed il
secondo, datato 15 agosto 1888 stilati dall’Arcivescovo A. A. Vicentini dove si palesa lo scopo di questa istituzione:
« […] Quello di raccogliere le giovinette pericolanti, ed istruirle nella religione
cattolica e nei lavori domestici che possono in avvenire procacciare loro un onesto
sostentamento […]648.
Anzidetto scopo viene ribadito in molte altre fonti, dove, generalmente
nella nota introduttiva, a fare da preambolo, era palesato il fine della pia
istituzione.
Circa l’età di ammissione delle fanciulle, è stabilito che il conservatorio
S. Anna con l’annessa pia Casa di Lavoro accoglierà le fanciulle orfane e
“pericolanti” dai 12 anni in su ma anche donne adulte e vedove con una
condotta morale ineccepibile; nella Parte III, art. 10, del Regolamento, circa
l’ammissione delle donne adulte, si stabilisce:
«In questa Pia Casa si potrà ammettere qualche donna adulta, purché sia di
specchiata morale, e non sia maritata. Si potrà pure accettare la vedova, ed
adulta sistemati i propri figli qualora ne avesse. Avrà costei stanze separate, né
avrà contatto immediato colle giovani; dovrà pagare £ 1 al giorno pel vitto; per
l’abitazione poi e pei servizi che se le recheranno, dovessi pagare £ 10 al mese,
a beneficio della casa649».
Potranno entrare nella pia Casa di Lavoro/Conservatorio anche tutte le
giovani di buona volontà che apprenderanno un lavoro e lavoreranno per
sostenere le fanciulle orfane pericolanti; queste verranno chiamate
“titulanti”.
«Vi saranno ammesse ancora delle giovani di buona volontà, e faticatrici, abili
nei lavori, particolarmente perché col loro lavoro possano procurare i mezzi,
onde mantenere le giovine pericolanti; queste avranno il nome di titulanti ed
avranno apposito regolamento e dipenderanno esclusivamente dalla Superiora
della Casa e dal Vescovo o suo Deputato 650».
Le fanciulle orfane, pericolanti ed abbandonate o che abbiano genitori
non in grado di mantenerle, dovranno provvedere al proprio sostentamento
attraverso attività lavorative definite “donnesche” e praticare la questua,
presso le varie parrocchie della Diocesi, insieme alle Terziarie
dell’Addolorata.
Per le ragazze, invece, che beneficiavano della protezione di qualche
benefattore, era obbligatoria una retta mensile pari a £ 10 mensili, come
pure un corredo e vestiario.
648
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di Lavoro
eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna, p.1.
649
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di Lavoro
eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna, Parte III, art. 10.
650
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di Lavoro
eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna, p. 2.
278
Nel Regolamento in merito è sancito:
«Le povere si riceveranno gratis, se lo giudicheranno, e vi avranno i mezzi
opportuni, i Superiori, qualora però sia provata l’onesta condotta fine a quel punto
da esse tenuta.
L’età ordinariamente richiesta è dai dodici anni in sopra, e non mai minore,
benché si volesse pagarne il mantenimento; tranne qualche caso raro ed
urgentissimo. Saranno ricevute sempre le pericolanti per le quali vi fosse qualche
pia persona che si obblighi a pagare il mensile di £ 10, fino a che la giovinetta
stassi nella Pia Casa»651.
Circa il vestiario, le ragazze del S. Anna indosseranno nei giorni feriali
abiti umili, per lavorare, mentre nei giorni festivi, quando sarà loro concesso
uscrire dallo stabilimento: «[…] Vestiranno uniformemente tutte, cioè con
abito nero, colletto bianco e tropirro nero pel capo con contorno
bianco652».
La Pia Casa di Lavoro annessa al conservatorio S. Anna, rappresentava
una autentica scuola per lavori donneschi dove, alle giovinette, veniva
impartita una primaria istruzione circoscritta ai rudimenti essenziali del
leggere, scrivere, far di conto, amministrazione domestica, insegnamento
dispensato da maestre esclusivamente ecclesiastiche, ovvero le suore
Stimmatine, ed esclusivamente durante il fine settimana e nei giorni festivi
dacché, nei restanti giorni, le fanciulle dovevano lavorare e apprendere
l’arte.
L’attività lavorativa principale consisteva nella lavorazione del merletto
di fiandra, attività di grande vanto per la Casa e di lustro per la città
dell’Aquila, considerata la sua rinomanza nazionale ed estera poiché i
merletti erano stati esposti ed apprezzati persino a Parigi.
Seguivano i comuni lavori donneschi del tessere, punti decorativi in
genere, coltura dell’orto, ecc.
Nel Regolamento Giornaliero, al punto 7, si legge:
« […] L’istruzione vera e propria è impartita solo in alcuni giorni, ovvero nelle
domeniche ed altre feste, fossi dato a ciascuna lezione di leggere e di scrivere, non
potersene occupare nei giorni fissati, perché debbono lavorare.
Le giovinette lavoreranno a beneficio dello Stabilimento. Si rilascia a loro
vantaggio solo il terzo che dovessi avere per provvedersi di vestiario 653».
La cura del conservatorio S. Anna e dell’annessa Pia casa di Lavoro era
affidata alle suore Stimmatine, già presenti all’Aquila nel conservatorio di
S. Maria della Misericordia (per cui si veda il Capitolo 2 del presente
elaborato), direzione che lasceranno venti anni dopo, nel 1884, perché
651
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di Lavoro
eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna, p.1.
652
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di Lavoro
eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna, Parte II, art. 8.
653
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia Casa di Lavoro
eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna.
279
ridotte numericamente per l’impegno in altri Paesi colpiti dall’epidemia di
colera.
Il modello d’istruzione e formazione che le ragazze ricevevano presso il
conservatorio di S. Anna può essere paragonato al modello moderno di
scuola ad indirizzo professionale.
Sempre in merito all’istruzione, sappiamo che, nel 1872 il conservatorio
ricevette un’ispezione da parte di funzionari dell’Ufficio scolastico della
Prefettura della Provincia aquilana, accertamento che venne ripetuto l’anno
successivo, nel 1873.
Nella relazione inviata al vescovo L. Filippi dal Regio Prefetto, I. Musto,
il 21 ottobre 1873, vengono rilevate nelle ragazze alcune carenze dovute alla
tipologia e metodologia d’insegnamento impartito654.
Il Prefetto fa presente al Vescovo che nelle visite effettuate nel S. Anna
nei giorni 15 e 16 ottobre dello stesso anno, ovvero il 1873, su ben 28
ragazze solo 8 erano istruite, o meglio possedevano i rudimenti del sapere,
un dato non molto incoraggiante; si consigliava, pertanto, di adottare più
libri, di distribuire più quaderni, ma soprattutto di affidare l’istruzione a
maestre “patentate”.
Si ricorda che l’istruzione nel S. Anna era affidata alle suore Stimmatine,
nella maggioranza sprovviste della patente per le maestre a loro richiesta
obbligatoriamente dalle leggi del nuovo Stato unitario.
In realtà, come è noto, mentre nel Lombardo-Veneto e nel Regno di
Sardegna la patente era ormai un «dato tradizionale655» in quanto gli istituti
religiosi, pur difendendo la propria autonomia scolastica e il proprio
progetto educativo, avevano fatto sottoporre le religiose agli esami pubblici
per poter insegnare, nel Regno delle due Sicilie (come pure nello Stato
Pontificio) gli istituti religiosi avevano goduto di ampia libertà nel
programmare le loro scuole e non esisteva alcun obbligo di patente, dacché
la Chiesa ostacolava l'affermarsi dell'istruzione elementare obbligatoria, per
654
ADA, Busta 630, fasc. 3, Conservatorio S. Anna e Conservatorio di S. Agnese.
Istruzione; ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione nel Conservatorio di S. Agnese ed
Conservatorio Sant’Anna; ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione delle giovani nel
conservatorio Sant’Anna, Aquila 4 maggio 1874.
655
Cfr. G. ROCCA, La formazione delle religiose insegnanti tra Ottocento e Novecento, in
L. Pazzaglia (a cura di), Cattolici, educazione e trasformazioni socio-culturali in Italia tra
Ottocento e Novecento, La Scuola, Brescia, 1999, p. 420. Si precisa che nel LombardoVeneto l’Austria aveva continuato il suo orientamento giuseppinista, sin dagli inizi della
Restaurazione, e la norma della patente valeva per tutti gli istituti che si dedicavano
all’educazione e istruzione delle fanciulle (a riguardo si veda: G. ROCCA, Aspetti
istituzionali e linee operative nell’attività dei nuovi istituti religiosi, in L. Pazzaglia (a cura
di), Chiesa e prospettive educative in Italia tra Restaurazione e Unificazione, La Scuola,
Brescia, 1994, pp.173-198). Nel Regno di Sardegna Antonio Rosmini fu tra i primi a
preparare le sue religiose con un apposito corso di metodica, già nel 1839, poi gradatamente
l’obbligo della patente fu imposto anche alle religiose e, nel 1855, di fronte alle rimostranze
di alcuni vescovi piemontesi che tendevano a respingerlo, la Santa Sede aveva fatto
presente che esso non poteva più costituire un ostacolo nei rapporti tra Chiesa e Stato.
Se nel Lombardo-Veneto sorsero delle difficoltà, queste furono legate all’obbligo di
sostenere nuovi esami perché le patenti austriache di grado superiore erano state declassate
dal nuovo Stato italiano al grado inferiore e non erano, quindi, ritenute più valide per le
classi III e IV elementare.
280
il pericolo di una scristianizzazione dell'infanzia, e la perdita del proprio
monopolio in termini di cultura ed educazione.
Risultava tuttavia necessaria la sistematizzazione della formazione della
maestra al mestiere, che fino a quel momento era stata diversificata 656 a
seconda degli orientamenti dei vari regni d'Italia.
Furono pertanto istituite le Scuole normali657 (un biennio o triennio
necessario all'acquisizione della patente658 di maestro o maestra).
Circa poi l’obbligo di patente specificatamente richiesto dalle nuove
autorità scolastiche alle religiose Stimmatine si aprì tutta una querelle tra il
loro Sindaco apostolico, Giovanni Battista Del Turco – discussione che, nel
1864, portò la superiora delle Stimmatine ad incontrare il Papa Pio IX – e le
656
Le prime scuole elementari in Italia furono quelle istituite nel 1776 da Maria Teresa
d'Austria; vengono dette Normali perché applicano precise norme didattiche, pedagogiche e
organizzative. Sono il primo esempio di scuola così come oggi viene immaginata, con
classi non troppo numerose omogenee per età degli alunni o livello d'apprendimento, in cui
il maestro possa applicare un metodo d'insegnamento collettivo e non specifico per ciascun
alunno. Successivamente Ecoles Normales sono le scuole istituite dalle leggi rivoluzionarie
francesi del 1794, in cui si prevede di «formare i formatori che a loro volta avrebbero
operato nelle Normales provinciali. [...] In Lombardia nel 1787 si avviarono i corsi di
“metodo normale” per aspiranti maestre. Il modello ebbe successo e più tardi fu ripreso
altrove». (Cfr. A. S. RUGIU, Maestre e maestri, La difficile storia degli insegnanti
elementari, Roma, Carocci, 2006, p. 50).
657
Le Scuole Normali, attive in Italia fino alla riforma Gentile che istituisce gli Istituti
Magistrali, erano state previste dalla legge Casati. La scuola normale ebbe origine in
Piemonte e si estese nelle varie regioni dopo l’Unità. Essa doveva servire esclusivamente
come scuola professionale per formare maestri e maestre che conoscessero i rudimenti del
mestiere; ma poiché alle donne non vi erano altre strade aperte dopo il ciclo di studi
elementare, molte iscritte miravano a ricevere una formazione generale più che una
preparazione all’insegnamento. «Il sistema organizzato dalla Legge Casati prevedeva una
scuola normale triennale, che dopo il biennio lasciava la patente per la scuola elementare
inferiore. L'età di ammissione era quindici anni per le femmine, sedici per i maschi. Fra il
termine dell'elementare e l'accesso alla normale, le femmine stavano nell'ultima classe
elementare o in qualche caso frequentavano il ginnasio femminile, se c'era. I maschi
frequentavano le scuole tecniche o tre anni di ginnasio, oppure andavano a lavorare fino a
sedici anni» (Cfr. G. BINI, La maestra nella letteratura: uno specchio della realtà, in S.
Soldani (a cura di), L'educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell'Italia
dell'Ottocento, Franco Angeli, Milano, p. 350). «E così guastavasi più volte un buon
operaio per farne un cattivo maestro» (Cfr. F. VENIALI, Le scuole normali in Italia e fuori,
Camilla e Bertolero, Torino, 1885, p. 10).
658
Tuttavia, come chiarisce Santoni Rugiu, non tutti coloro che insegnavano erano in
possesso del diploma di Scuola Normale, oppure, pur possedendolo, avevano mai
frequentato le lezioni. Nel 1872 il 21% degli insegnanti elementari in servizio era
sprovvisto di regolare patente, comunque un progresso rispetto al 46,6 % di dieci anni
prima. Gabelli nel 1888 si unì al coro di lamentele per il basso livello dei nostri maestri in
confronto ad altri paesi: «[…] Da noi bastavano pochi anni di elementari più poi il corso
biennale o triennale delle Normali per acquisire la patente di maestro [urbano] inferiore o
superiore, molto meno per la preparazione dei maestri di scuole rurali e meno ancora per i
privatisti che si presentano agli esami di patente» anche senza aver frequentato un giorno
di Normale e che poi, per il gran bisogno di maestri, ottenevano anche loro un
insegnamento». (Cfr. A. SANTONI RUGIU, Maestre e maestri, La difficile storia degli
insegnanti elementari, Roma, Carocci, 2006, p. 46).
281
anzidette autorità in quanto le Stimmatine si rifiutavano di prendere la
patente perché in primo luogo non insegnavano lettere bensì la loro
congregazione era impegnata solo nella educazione di fanciulle povere,
orfane e di bassa condizione sociale alle quali non occorrevano titoli di
studio e, in secondo luogo, perché l’abilitazione era data all’Istituto in
quanto tale e non alle singole suore.
Tornando, dunque, al monito che l’Ufficio scolastico rivolse al vescovo
L. Filippi circa la situazione rilevata nel S. Anna, il Filippi rispose che
preferiva lasciare alle signore “protettrici” le considerazioni a riguardo,
poiché nell’istituto Sant’Anna il vescovo non esercitava che un’ingerenza
morale.
Inoltre, il vescovo L. Filippi, in merito all’ispezione nel conservatorio di
S. Anna, ricorda al Prefetto quanto segue: «[…] Il Signor Prefetto forse non
conosce lo spirito di fondazione di questa piccola casa che chiamar si deve
di ricovero e non d’istruzione, né conosce quali sono i mezzi con i quali si
mantiene […]659», lo scopo dunque, è quello di educare le giovani alla
morale cristiana e soprattutto alla dedizione al lavoro: «[…] Noi660 siamo
contente di quello che facciamo per queste povere figlie perché ci
auguriamo che un giorno riusciranno buone madri di famiglia, o laboriose
operaie, avendovi proposto a fine principale, di far dare ad esse una morale
educazione ed affezionarle al lavoro unica risorsa per loro661».
(Per la trascrizione integrale delle citate ispezioni governative si veda
l’Appendice documentaria al presente Capitolo).
Per quanto riguarda le relazioni tutt’altro che positive emesse dagli
Ispettori circa la qualità dell’istruzione nel S. Anna non c’è da meravigliarsi
considerato che in primis l’intento del conservatorio era quello di addestrare
le ragazze ai lavori donneschi, al fine di creare buone e cristiane e madri di
famiglia oltre che laboriose operaie; in secondo luogo la situazione nel S.
Anna rispecchiava nient’altro che quella visione diffusa della scuola negli
anni appena successivi all’Unità del paese.
In merito Simonetta Soldani scrive:
«[…] Dire scuola, insomma, ancora negli anni dell’Unità evocava soprattutto
immagini di lavoro sotto la guida e la sorveglianza di una persona esperta, in case
private o in locali a ciò destinati, magari in ambienti conventuali o connessi ad
istituzioni di beneficienza e di carità, che sempre più spesso affidavano al lavoro un
compito fondamentale di educazione e di rieducazione. […] D’altra parte, anche
nei conventi che accoglievano, per “educarle”, ragazze in attesa del matrimonio,
anche nei conservatori e negli educandati per fanciulle di condizione agiata,
accadeva raramente che il tempo dedicato all’alfabeto bilanciasse quello speso in
659
ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione delle giovani nel Conservatorio Sant’Anna, Aquila
4 Maggio 1874.
660
“Noi” indica le 7 donne protettrici del Conservatorio, firmatarie della lettera, esplicitate
a p. 3 del manoscritto. Cfr. ADA, Busta 630, fasc. 3, op cit., p. 3.
661
ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione delle giovani nel Conservatorio Sant’Anna, Aquila
4 Maggio 1874, p. 2.
282
pratiche religiose o in preziosi lavori d’ago, per lo più di soggetto sacro e destinati
a luoghi di culto 662».
O ancora quanto rilevò una ispettrice del Ministero della Pubblica
Istruzione, M. Conti Jonni, che operò prevalentemente nelle regioni di
Marche, Abruzzo, Molise, Umbria, Basilicata, Puglia e Calabria.
Essa riferendo su una propria ispezione in più di 291 istituti femminili
dell’Italia centrale, comprese le Opere Pie, affermò: «[…] La donna del
popolo non intende per scuola se non quella dove si insegnano con il
massimo interessamento il lavoro e le pratiche religiose, poco curandosi
dello studio che tanto erroneamente giudica cosa superflua e quasi un
perditempo663».
Circa agli «educatori» per fanciulle di civile condizione, l’ispettrice
affermava, in riferimento agli Abruzzi, Marche e Umbria, che ancora nel
1896, data di pubblicazione delle sue relazioni, essi davano solo una
istruzione elementare, protraendola però nel tempo e accompagnandola a
«poco cucito e molto ricamo […] per volontà delle alunne e delle famiglie
loro664».
In breve, come afferma la S. Soldani, negli anni immediatamente
successivi alla Unità, eccetto qualche iniziativa individuale o puramente
speculative in cui poteva accadere che qualche «piccolo spicchio di tempo e
di attenzione fosse destinato all’apprendimento della lettura e – più
raramente ancora – della sacra, elementarissima triade che legava il
leggere allo scrivere e far di conto665», la norma non era certo questa e
raramente accadeva, anche negli educandati o conservatori per fanciulle di
condizione agiata, che: «il tempo dedicato all’alfabeto bilanciasse quello
speso in pratiche religiose o in preziosi lavori d’ago 666».
Il compito di contrastare questa realtà - di cui all’indomani del Regno
d’Italia nessuno conosceva le dimensioni e le caratteristiche – fu affidato
alla scuola pubblica, fondata su principi diversi, sul leggere e scrivere e
sull’affermazione del valore universale dell’alfabeto anche in ambito
femminile. Com’è noto, però, quanto detto non ebbe un riscontro pratico e
nessuna di questa condizioni si realizzò, così le famiglie “civili”
continuarono a preferire per le loro figlie istituzioni con precisi filtri sociali,
ricche di pratiche devote e con un’istruzione pressoché “ornamentale”,
mentre i ceti più popolari preferivano disertare le scuole o, soprattutto nel
caso delle fanciulle, ritirarsi in conservatorio.
662
S. SOLDANI, Il libro e la matassa. Scuole per «Lavori Donneschi» nell’Italia da
costruire, in S. SOLDANI (a cura di), L’educazione delle donne, Franco Angeli, Milano,
1989, p. 89.
663
M. CONTI JONNI, L’educazione femminile in Italia. Studi e proposte, Antonini, Roma,
1896, p. 18.
664
M. CONTI JONNI, op cit., pp. 1-15.
665
S. SOLDANI, Il libro e la matassa. Scuole per «Lavori Donneschi» nell’Italia da
costruire, op cit., p. 89.
666
Idem.
283
Si avvertì dunque l’esigenza di offrire alle donne una formazione più
vicina alle abitudini del tempo e che mettesse in grado le allieve di “badare
a se stesse” attraverso l’addestramento ai lavori cosiddetti femminili.
Sulla base di queste problematiche fra il 1866 e il 1872 si affrontò il tema
della ridefinizione del rapporto fra scuola e lavoro in ambito femminile.
Durante gli anni Settanta nacquero così alcune iniziative, ad opera di
Società private e di Municipi, per istituire scuole femminili per
l’avviamento al lavoro, ma ebbero risultati discutibili.
L’esempio della pia Casa di Lavoro S. Anna con annesso conservatorio
seppur non rappresenta quel distacco dal Clero tanto agognato negli
ambienti pedagogici laicisti specie post-unitari, ma, di contro, fu gestito da
religiose, rappresenta un autentico esempio di scuola professionale che oltre
ad impartire quella sacra ed elementarissima triade che legava il leggere
allo scrivere e far di conto667 addestrava accortamente le donne nei lavori
femminili. Questo operato è ancor più degno di lode se si considera che il S.
Anna provvedeva a tale formazione avvalendosi di mezzi finanziari propri,
provenienti dalla vendita dei manufatti delle ragazze, dalle modeste rette
mensili corrisposte dalle convittrici, dalla questua che religiose ed educande
facevano presso le parrocchie e dalla filantropica beneficienza di donne
“protettrici” senza un minimo contributo da parte degli enti locali.
A proposito delle donne benefattrici, è doveroso ricordare che Donna
Maria Ferrari continuò ad occuparsi del conservatorio S. Anna e della Casa
di Lavoro per più di vent’anni, come risulta dal regolamento del 1888.
Nel 1888 il Comune rivendica i locali che ospitavano il conservatorio di
S. Anna (e le Terziarie dell’Addolorata), per l’accasermamento provvisorio
delle truppe francesi; cosicché il conservatorio di S. Anna e l’annessa pia
Casa di Lavoro viene ospitato dalle Agostiniane nei locali del monastero di
Sant’Amico; da questa data, sebbene l’attività di accoglienza e di recupero
delle fanciulle continui all’interno di questo istituto, si perdono le tracce
documentarie del conservatorio e dell’attività di Maria Ferrari all’interno
dello stesso668.
Maria Ferrari dopo il 1888 fu totalmente assorbita dall’opera della
piccola comunità delle Pie Dame del cuore di Gesù, da lei stessa fondata in
L’Aquila in via dei Muriccioli, a favore degli infermi e da cui,
successivamente, nascerà l’istituto delle Zelatrici del S. Cuore di Gesù.
Donna Maria Ferrari scelse di rimanere laica; negli anni in cui il destino e
il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche risultano molto incerti e il nascente
stato post-unitario cerca di elaborare ed applicare modelli d’istruzione
pubblica mediante normative che emarginano i religiosi e la religione in sé,
la Ferrari scelse di appartenere, dunque di identificarsi e dedicarsi, solo ai
667
Idem.
Si può supporre che Maria Ferrari, dalla fine dell’Ottocento, fu pressoché assorbita
dall’opera della piccola comunità delle “Pie Dame” del Cuore di Gesù, da lei stessa fondata
in via dei Muriccioli a favore degli infermi, dalla quale germinerà l’istituto delle “Zelatrici
del S. Cuore di Gesù”. Cfr. G. ESPOSITO, Donna Maria Ferrari, fondatrice delle Suore
Zelatrici del Sacro Cuore, L’Aquila, 1992; E. M. DELGADO, Maria Ferrari, il suo
apostolato della carità, la sua profezia del volontariato, L’Aquila, 2003.
668
284
bisognosi continuando a godere, e facendone usufruire agli stessi bisognosi,
dei privilegi che le derivavano dalla sua condizione sociale.
APPENDICE DOCUMENTARIA AL CAPITOLO 7
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia
Casa di Lavoro eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna
Libretto manoscritto, in forma libelli, composto da 14 pp. intitolato
Regolamento per la Pia Casa di Lavoro eretta in Aquila nell’Ospizio di S.
Anna. Detto Regolamento si compone di III Capitoli, articolati in 18 articoli
riportati integralmente di seguito:
I
«Questa casa è affidata alla protezione di Maria S.S. Addolorata, del purissimo
sposo di Lei S. Giuseppe, della Lei Madre S. Anna e di S. Gaetano Lione.
Lo scopo di questa istituzione è quello di raccogliere le giovinette pericolanti, ed
istruirle nella religione cattolica e nei lavori domestici che possono in avvenire
procacciare loro un onesto sostentamento».
1°
II
«Si riceveranno tutte quelle le quali si possono trovare in prossimo
pericolo di peccare.
Le povere si riceveranno gratis, se lo giudicheranno, e vi avranno i mezzi
opportuni, i Superiori, qualora però sia provata l’onesta condotta fine a
quel punto da esse tenuta. L’età ordinariamente richiesta è dai dodici anni
in sopra, e non mai minore, benché si volesse pagarne il mantenimento;
tranne qualche caso raro ed urgentissimo».
2°
«Saranno ricevute sempre le pericolanti per le quali vi fosse qualche pia
persona che si obblighi a pagare il mensile di £ 10, fino a che la giovinetta
stassi nella Pia Casa».
3°
«Dovranno tutte le giovinette nello entrare, portare un piccolo corredo
consistente in un letto, composto di seronni di ferro, tavole, pagliariceio,
una coperta d’inverno ed una di estate, un guanciale con quattro fodrette e
quattro lenzuoli. N. 4 Camicie, N. 4 paia di calze, N. 3 Grembiulini, N. 2
Abiti uno per l’estate e altro per l’inverno, N. 2 Sottoveste, N. 3 Fazzoletti
da collo, N. 3 da naso, N. 2 Tovaglie e due tovagliolini, N. 1 Abito nuovo
per quando escono. Questo deve essere uniforme al modello proprio di
quelli che sono nello Stabilimento: così pel tropirro nero, che dovrà servire
pel capo. Se per qualche caso la giovane pericolante per la sua povertà non
portasse il descritto piccolo corredo è rimesso all’arbitrio del Superiore di
riceverla con il poco che potrà portare, non dovendo il corredo mancante
ostacolare alla detta carità, che in questi casi dovrà farsi all’anima della
giovane col toglierla dal pericolo di perdersi l’anima».
4°
«Tutte quelle che saranno ammesse nella Pia Casa dovranno portare la fede
di Battesimo, e della Cresima se è stata cresimata, come il certificato del
285
Parroco che provi la buona condotta, ed al vero bisogno li richiede pure il
certificato del medico che attesti la buona salute, e la lettera del Vescovo».
5°
«Non potranno le giovani uscire dalla Pia Casa, se prima non saranno bene
istruite nei doveri cristiani e non abbiano imparato qualche lavoro col
quale possano guadagnare il pane, anche non trovarsi nuovamente esposte
ai pericoli di perdersi per mancanza di mezzi di empitenza».
6°
«Saranno espulse quelle che si renderanno colpevoli di gravi mancanze e
non avranno volontà di correggersi; queste però non si fassi se non dopo
sentito il parere delle Signore protettrici ed avutone il permesso del
Vescovo […]».
7°
«Dovendo una giovane uscire dalla Casa, si richiede il permesso del
Vescovo. La Superiora non potrà consegnarla se prima non le è presentato
il detto permesso. La giovane dovessi riconsegnare ai propri parenti, o a
chi ne facesse le veci, purché sia di buona morale. Nel momento che se ne
facci la consegna vi dovranno essere presenti due persone probe. Si fossi
una dichiarazione nella quale si esprimessi il giorno e l’anno nel quale esce
la giovane, come la persona alla quale viene consegnata e le ragioni che ne
danno determinata uscita. La detta dichiarazione sarà firmata dalla
Superiora, dalle due persone probe, ed in mancanza di queste, dalla
persona che la riceve, e dal parroco».
8°
«Il vestiario ordinario delle giovani che sono nella Pia Casa sarà quello che
potranno procurarsi con le loro fatiche, e che si addice meglio alla povertà,
ed umiltà del loro stato. Nell’uscire però vestiranno uniformemente tutte,
cioè con abito nero, colletto bianco e tropirro nero pel capo con contorno
bianco».
9°
«Ordinariamente le giovani usciranno in tutte le Domeniche per
passeggiare, ma sempre nella favorevole stagione. Si permette loro di
assistere a qualche funzione che si facesse in Chiesa, fuori di quella della
Casa, però non intenderanno mai in quelle Chiese ove vi fosse straorda di
persone».
10°
III
«In questa Pia Casa si potrà ammettere qualche donna adulta, purché sia di
specchiata morale, e non sia maritata. Si potrà pure accettare la vedova, ed
adulta sistemati i propri figli qualora ne avesse. Avrà costei stanze
separate, né avrà contatto immediato colle giovani; dovrà pagare £ 1 al
giorno pel vitto; per l’abitazione poi e pei servizi che se le recheranno,
dovessi pagare £ 10 al mese, a beneficio della casa».
11°
«Si potrà riceversi ancora qualche giovane che momentaneamente il
Vescovo credesse collocarla, per qualche caso urgente; questa però deve
essere di spiccata morale, e non potrà starci più di un mese; stassi pure
separata dalle altre e paghessi pure il suo mantenimento».
12°
«Vi saranno ammesse ancora delle giovani di buona volontà, e faticatrici,
abili nei lavori, particolarmente perché col loro lavoro possano procurare i
mezzi, onde mantenere le giovine pericolanti; queste avranno il nome di
286
titulanti ed avranno apposito regolamento e dipenderanno esclusivamente
dalla Superiora della Casa e dal Vescovo o suo Deputato».
Regolamento Giornaliero
1°
«Al segno della levata al mattino, fatto il segno della croce, si destano con
modestia ed in silenzio, rispondendo solo alle orazioni, quindi accomodato
il letto, si laveranno la faccia e si rassetteranno il capo. La stessa modestia
e silenzio si serbassi la sera nel porsi al letto».
2°
«Nell’uscire dal Dormitorio per andare nel coro, andranno sempre due per
due, ed in silenzio; lo stesso praticheranno la sera nel ritornare nel
Dormitorio; e quando andranno nella scuola la mattina, e nel dopo pranzo,
ed anche nello andare al refettorio. In queste circostanze, saranno sempre
seguite dalla maestra. È vietato girare per la casa inutilmente, senza
espresso consenso della Superiora; come è vietato di parlare a lungo ed in
segreto con qualche compagna».
3°
«Nella scuola si serbassi silenzio; solo è permesso di parlare a voce bassa.
[…] Terminato il silenzio, e passata mezz’ora, si recitassi il S. Rosario.
Nella giornata reciteranno il piccolo officio dell’Immacolata, secondo
l’ordine incominciando dal mattutino».
4°
«Nel tempo del pranzo, e della cena si fassi la lettura di un libro edificante
e piacevole. Non è lecito ad alcuna rifiutare ciò che le sarà presentato, sotto
il pretesto che non piace, perché dovranno assuefarsi a tutto; se accadesse
talvolta che qualcuna rifiutasse qualche sorta di cibo, supplirsi allora a
discrezione della Superiora. È vietato di fare mortificazioni nel cibo, senza
il permesso della Superiora».
5°
«Tutte faranno per turno la settimana, sia per la cucina, come per
accomodare le robe, eccetto il caso, che qualcuno dovesse fare qualche
lavoro urgente, ed allora la Superiora la dispensi».
6°
«La ricreazione si fassi nel tempo stabilito nell’orario. In questo tempo
tutte si diletteranno con discorsi e scherzi innocenti, in maniera che lo
spirito sia sollevato, non dissipato. Si fuggano le immoderate risa, e molto
più le parole, o scherzi, che possano offendere le compagne».
7°
«Nelle domeniche ed altre feste, fossi dato a ciascuna lezione di leggere e
di scrivere, non potersene occupare nei giorni fissati, perché debbono
lavorare».
8°
«Uscendo al passeggio, come si è detto, dovranno andare due per due, e in
ordine di statura. Nella strada serberanno silenzio, ed andranno con
modestia. Queste passeggiate non debbono oltrepassare le due ore.
Andranno tutte col capo coperto, e vestiranno secondo i prescritto.
Nell’uscire come nell’entrare in casa, andranno tutte a chiederne la
benedizione a Gesù Sagramentato».
9°
«La mattina faranno la meditazione in tempo della messa, si avrà cura di
leggerla prima perché non sia disturbato il sacerdote che celebra».
287
10°
«Le giovinette lavoreranno a beneficio dello Stabilimento. Si rilascia a loro
vantaggio solo il terzo che dovessi avere per provvedersi di vestiario; non è
permesso però di ritenerlo presso di se, ma presso la Superiora, la quale
segnassi il prodotto dei lavori con ciò che spendessi per ciascuna di loro. Si
raccomanda a tutte di ben custodirsi la propria roba, al fine di risparmiare,
e potersi col tempo formare un piccolo deposito, per portarlo con se nel
momento che dovesse uscire dallo Stabilimento».
11°
«Non si permette che si faccino cambi nella roba, senza permesso della
Superiora; ciascuna indossassi quello che le sarà assegnato col proprio
numero».
12°
«Si permette che le giovani siano visitate dai propri parenti, purché questi
siano di buona morale. Queste visite, si faranno non più spesso di una volta
al mese e nella stanza di ricevimento all’ingresso della casa, e nei giorni
festivi, né debbano oltrepassare nel trattenimento un’ora. La mattina
dovessi entrare dopo le 9 fino alle 12 ed il giorno dopo il pranzo dalle 2
fino alle 4».
13°
«Tutte che riceveranno dai parenti un regalo, se è cosa di vestiario, o
denaro, ciascuna lo serbassi per sé, se poi è cosa da mangiarsi, lo mettasi in
comune, dividendolo la Superiora tra le compagne».
14°
«Non è permesso ad alcuna di tornare alla propria casa, meno in qualche
urgente caso, nel quale i medici lo credessero indispensabile, col permesso
del Vescovo. Nommai però si permettessi che torni una giovane in una
casa, ove potesse trovarvi qualche pericolo. Nella circostanza della morte
dei propri genitori, si permette che la giovane vada a visitare i parenti, e vi
siano condotte dalla Superiora, che si trattiene fino a che vi stava la
giovane; ne si permette affatto che vi rimanga la notte».
15°
«Tutte quelle che usciranno definitivamente dalla Pia Casa, non potranno
più ritornarvi, eccetto qualche caso raro ed urgente, nel quale il Vescovo
credesse possa rientrare; dopo però avuto l’informo di essersi fuori
condotta bene».
16°
«Saranno severamente punite quelle che mancassero di rispetto ed
ubbidienza alla Superiora e Maestre».
17°
«Se per caso la Superiora o Maestra non potesse assistere alla scuola, vi
lasciassi qualche giovane di sua fiducia, e tutte a quella debbono ubbidire
come a Maestra».
18°
«[…] Al Vescovo spetta la libera elezione delle Signore Protettrici e tutte
da lui dipendessi. Il regolamento delle Signore protettrici è il seguente».
Regolamento delle Signore Protettrici
È PRESENTE SOLO IL TITOLO MA NULLA È SCRITTO IN QUESTA SEZIONE
288
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Ospizio dell’Addolorata
presso i locali delle religiose di S. Amico
Carta Sciolta di quattro facciate, manoscritta, intestata Augusto-Antonino
Vicentini669 Dottore in S. Teologia per grazia di Dio e della S. Sede
Apostolica. Arcivescovo di Aquila alla Medesima S. Sede Immediatamente
Soggetto. È datata 15 agosto 1888 e riguarda il regolamento dell’Ospizio
dell’Addolorata (fondato nel 1857).
Queste disposizioni, che richiamano quelle in precedenza formulate nel
1882 (15 maggio), sottolineano attraverso ben 16 punti - riportati
integralmente a seguire – lo scopo dell’Istituto e le regole che le fanciulle, di
esso ospiti, devono osservare. Si sottolinea, altresì, il ruolo di supporto che
le sorelle terziarie dell’Addolorata svolgevano nell’operato del
Conservatorio (esse venivano, infatti, chiamate “ajutanti”) ospitato nei locali
del Convento di S. Amico.
Si trascrive di seguito detto Regolamento:
«Volendo dare un regolamento definitivo all’Ospizio delle giovani derelitte sotto il
titolo dell’Addolorata, conservandone la prima istituzione ed adattandola alle
nuove esigenze del locale delle religiose di S. Amico ove riseggano, confermiamo
alle disposizioni giù emerse il dì 15 maggio 1882 che sono le seguenti:
1°
L’Ospizio dell’Addolorata confermando il carattere della prima istituzione
avuta fin dal 1857 ha per iscopo: 1° Il ricovero e la sussistenza delle
fanciulle povere, derelitte o pericolanti dagli otto ai venti anni; 2°
Un’educazione ed istruzione cristiana e civile secondo la loro condizione;
3° L’Esercizio di lavori donnevoli che servono a favorire i loro bisogni, e
renderle capaci di una situazione futura per quanto modesta, altrettanto
onorata.
2°
Esso è diretto da una Superiora principale per la parte educativa,
disciplinare ed economica; da una maestra patentata per la scuola, e
coadiuvata nel suo mantenimento con la questua [inizio p. 2 del
manoscritto] e col lavoro delle Sorelle Terziarie di M. SS. Addolorata,
dette Aiutanti.
669
Augusto Antonino Vicentini (1881-1892) fu il secondo Arcivescovo dell’Arcidiocesi
dell’Aquila (il primo fu Luigi Filippi che chiude la serie dei Vescovi ed apre quella degli
Arcivescovi). Nacque all’Aquila il 16 dicembre1829 e compì gli studi letterari nel Real
Collegio d’Abruzzo dei Gesuiti e quelli teologici nel seminario della città natale. Ordinato
sacerdote nel marzo 1853 da mons. L. Filippi ebbe la cattedra di letteratura presso il
seminario per molti anni. Nel 1859 fu eletto parroco di S. Francesco di Paola e nel 1871
canonico della Cattedrale (che fece restaurare una volta Arcivescovo). Valente oratore
predicò in diverse città italiane; nel 1879 fu nominato Vescovo di Conversano (Ba) dove
restò per due anni finché, morto mons. L. Filippi, fu eletto Arcivescovo dell’Aquila nel
1881. Ampliò il seminario formando anche quello dell’Immacolata per i chierici bisognosi.
Tenne il Sinodo diocesano. Fonte bibliografica: GIUSEPPE EQUIZI, Storia dell’Aquila e della
sua Diocesi, S.A.I.E. Editrice, Torino, 1957, pp. 75-76.
289
3°
Secondo la sua prima fondazione il Conservatorio è sotto la protezione
dell’Arcivescovo da cui dispone. Egli autorizza l’ammissione e l’uscita
delle fanciulle e sorveglia la disciplina e l’amministrazione o
immediatamente, o per mezzo di un sacerdote a sua scelta col titolo di
Delegato Ecclesiastico, il quale invigila sulla pietà, sulla morale e
sull’igiene dell’Istituto.
4°
Senza alterare la sua origine, rimane sotto la protezione di dette donne
della città, elette dallo stesso Arcivescovo, ed aventi l’ufficio di vistarlo,
d’accordo con la Superiora locale, osservarne l’indirizzo educativo e
l’esercizio dei lavori (darne commissioni); proporne i miglioramenti e
prendere informazioni sulla condotta delle fanciulle prima e dopo la loro
ammissione.
5°
Per ottenere questo è necessario: 1° Che sieno le fanciulle non minori di
anni otto, né maggiori di sedici, salvo qualche caso occasionale; 2° Che
sieno di legittimi e poveri genitori, ovvero orfane e derelitte; 3° Di buoni
costumi; 4° Di buona salute. Per le prime hà condizioni si richiede
l’attestato del parroco, per l’ultima quello del medico, specialmente per la
vaccinazione. Venendo a mancare le ultime due condizioni, le ricoverate
vengono restituite a chi le ha presentate, ovvero mandate in altro
Conservatorio ; [il punto n. 5 non compare sul manoscritto ove si passa
direttamente al punto 6];
6°
Essendovi qualche giovinetta che per sua condizione, o per mancanza di
chi se ne prende cura si trovi esposta a gravi pericoli, può esservi ammessa
per un tempo provvisorio e determinato, uniformandosi perfettamente ai
regolamenti sotto la garanzia di qualcuna delle Signore protettrici, o di
altra ed onesta persona alla quale in ogni evento riconsegnarsi.
7°
L’ingresso e l’uscita delle fanciulle o giovinette, sono registrati in apposito
libro dalla Superiora con l’indicazione dell’età, paternità, patria,
condizione dei genitori, ed il giorno dell’ammissione e dell’uscita col
motivo dell’una e dell’altra.
8°
Le occupazioni giornaliere delle fanciulle sono regolate da un orario
superiormente approvato, nel quale sono distribuite con giusto criterio le
ore di lavoro, della scuola, delle faccende domestiche e delle pratiche di
pietà cristiana, e della ricreazione.
9°
La scuola non potendo per la povera condizione delle ricoverate essere
professionale o di coltura, è limitata a quelle nozioni elementari che in base
ai programmi in vigore rispondono per quanto è possibile alla loro età e
capacità, e bastano al loro futuro ufficio di cameriere o di serve per vivere
con le loro fatiche.
10°
Il lavoro consiste principalmente nelle arti manuali del filare, cucinare,
lavare, ricamare, far merletti e tessere secondo l’età e l’attitudine di
ciascuna. Il ricavato di esso è impiegato per due terzi al mantenimento
dell’Istituto, e per un terzo a vantaggio delle giovinette nei modi più
convenienti ai futuri loro bisogni.
290
11°
È aperto un registro giornaliero e settimanale dei punti di diligenza che
ciascuna avrà meritata da uno fino a dieci nei diversi periodi della giornata
con la relativa categoria, ossia: 1° Condotta; 2° Lavoro; 3° Scuola; 4°
Servizi domestici. Il numero di punti sarà tenuto in considerazione alla fine
di ogni mese per assegnare a ciascuna secondo il proprio merito, il premio
o il castigo. Alla fine dell’anno scolastico faranno l’esame.
12°
Le pene disciplinari per le fanciulle negligenti nei propri doveri sono: 1.
L’ammonizione; 2. Una mortificazione innanzi alle altre; 3. Il silenzio
nella ricreazione; 4. La diminuzione di qualche cosa nel pasto; 5. Il divieto
di uscire con le altre nei giorni del passeggio; 6. Il pane ed acqua in luogo
del pranzo e della cena. Quando il castigo più volte inflitto non ha ottenuto
alcun risultato, se ne fa rapporto all’Arcivescovo per prendere quei
provvedimenti che crederà opportuni.
13°
L’amministrazione è regolata dalla Superiora con registro giornaliero
dell’introito e esito, compresa la nittitazione ed il vestiario in conformità
della diaria approvata. In ogni semestre deve esibire i conti e tenerli
sempre pronti ad ogni superiore richiesta. In ogni anno, secondo l’uso deve
presentarli a Mons. Arcivescovo ed alle Signore Protettrici nel giorno della
Addolorata, nel quale celebrano la festa dell’Istituto.
14°
L’abitazione delle giovinette e delle aiutanti è separata e distinta da quella
delle Suore religiose, così pel dormitorio, come per la scuola, ricreazione,
parlatorio e refettorio.
15°
Le Terziarie, ossia ajutanti, che non debbono osservare il n. 12, hanno una
regola loro propria approvata dall’Ordinario diocesano, ed informata allo
spirito di vera carità per mantenere il Conservatorio col mezzo del lavoro e
della questua di beneficienza, ed edificarlo con la preghiera e con
l’esempio di virtù religiose. Sono anche esse sotto l’immediata direzione
della Superiora locale.
16°
Nessuna persona privata, anche parente, può essere ammessa a visitare le
fanciulle senza il preventivo permesso dell’Arcivescovo o del suo
Delegato, o in mancanza senza la raccomandazione o compagnia di
qualcuna delle Signore Protettrici. L’Istituto è sempre aperto alle autorità
ecclesiastiche.
Augurandoci che queste norme vengano pienamente osservate, del che non
dubitiamo per l’esperienza che già ne abbiamo nei varii anni con somma nostra
consolazione, e riserbandoci secondo le circostanze di dare uno sviluppo anche
maggiore all’Istituto che ci è stato sempre a cuore, benediciamo nel Signore le
fanciulle con le loro Superiore ed Aiutanti, e tutte quelle persone che cooperano al
suo miglioramento.
Aquila 15 Agosto 1888670».
670
Prima di questa data, nel manoscritto, è stata apposta, poi cancellata, un’altra data
ovvero 15 Maggio 1889.
291
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Forma e regime delle
Sorelle Terziarie di S. Maria dell’Addolorata nell’Ospizio di Sant’Anna
(in S. Amico)
Libretto manoscritto composto da 42 pp.. Dopo l’Introduzione, segue la
Prima parte, che si articola in 9 Capitoli; la Seconda parte, intitolata Del
metodo di vita delle sorelle Terziarie, si articola in 8 Capitoli; la Terza
Parte, intitolata Delle alunne dell’Ospizio, comprende 6 Capitoli. Segue una
Conclusione. Il libretto è trascritto integralmente di seguito.
Introduzione
«Questa Casa è affidata alla protezione di Maria Addolorata, del purissimo sposo
San Giuseppe. Sant’Anna e San Gaetano tiene. Lo scopo di questa istituzione è di
togliere dal pericolo le fanciulle all’età di dodici anni in sù.
Art. 2 – Si riceveranno quelle, le quali possono trovarsi in pericolo prossimo di
peccare, ma mai che fosse stata di cattivi costumi, benché siasi poi emendata.
Art. 3 – Saranno ricevute le suddette pericolanti qualora vi sia persona che paghi
Lire dieci al mese, pensi in seguito al vestiario, ed imbiancura i suoi panni finché la
giovinetta dimora nella Pia Casa. E su ciò le si farà fare l’obbligazione in carta.
La vera povera, e si trovasse nel prossimo pericolo, si riceverà gratis, giudicandolo
i Superiori, e se vi saranno mezzi opportuni.
Art. 4 – Dovranno tutte le giovinette nell’entrare portare un piccolo corredo, come
le verrà significato in un a nota prima di riceverla.
Art.5 - Prima che siano accettate, dovranno portare la fede di Battesimo, Cresima,
Certificato di buoni costumi, il quale lo farà il Parroco, e l’attestato del medico se è
di salute, e la lettera di Monsignor Arcivescovo che permetta l’ammissione.
Art. 6 – Si terranno queste giovinette nella Pia Casa fino ad un tempo discreto, e
che credano i Superiori. Nessuna mai potrà rimanere a vita, né essere ricevuta
alcuna che volesse entrare come convittrice, ben anche pagasse lo stipendio
qualunque fosse; poiché verrebbe alterato il buon’ordine ed armonia della
comunità.
Art. 7 – Quelle giovani che si rendessero insubordinate e colpevoli di gravi
mancanze, la Superiora, esaminata bene la cosa con la saggia prudenza e pratica, ne
renderà avvisato Monsignor Arcivescovo per l’espulsione, onde e con il cattivo
esempio non rovini le altre.
Art. 8 – Dovendo una giovane uscire dalla Casa definitivamente si richiede il
permesso dell’Arcivescovo. La Superiora avuto dall’Arcivescovo il permesso, la
consegnerà ai propri parenti o a chi per essi.
Art. 9 – Non potranno mai andare in casa dei loro parenti o amici, meno il caso di
stretta necessità, ed allora si richiede il permesso di Monsignor Arcivescovo.
Art. 10 – Tutte quelle che usciranno definitivamente dalla pia casa non potranno
più ritornare.
Art. 11 – Tutto ciò che riceveranno dai parenti o da benefattrici, se è roba di
vestiario o denaro, ciascuna lo serberà per sé, il denaro lo deve rimettere nelle mani
della Superiora. Se poi è cosa commestibile la metterà in comune, dividendola fra
le compagne la Superiora.
Art. 12 – Le alunne dell’Ospizio se non hanno l’età di dodici anni, non verranno
mai ricevute, quantunque volessero per esse pagare lo stipendio».
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Capitolo Primo
Art. 1 – Non potranno le giovani essere ammesse se avranno oltrepassato gli anni
trenta.
Art. 2 – La giovine dovrà essere di genitori legittimi, di onesti costumi, di buona
sanità, di vera e soda vocazione, ed abile per tessere e questuare per bisogni
dell’Ospizio.
Art. 3 – Dovrà presentare la fede di Battesimo, Cresima e buoni costumi ed altro
che le verrà richiesto. Nel suo ingresso applicherà tre giorni del santo spirituale
ritiro. Quindi passerà sei mesi (più o meno secondo il bisogno) in prova, onde
sperimentare la vocazione, ed in questo tempo, credendolo la Superiora, sarà
condotta alla questua, e si sperimenterà anche negli altri lavori propri di dette
sorelle (Della Vestizio).
Art. 4 – Decorso il detto tempo, Monsignor Arcivescovo, che è sempre il superiore
di dette sorelle terziarie, trovandole idonee per la vestizione, le ammetterà alla
medesima il giorno di Maria Ss.ma Addolorata, che sarà sempre il Venerdì di
Passione; con funzione prescritta nel rituale.
Capitolo Secondo. Vestizione
Art. 1 – La vestizione si farà dal Superiore o chi per esso, alla presenza della
comunità religiosa (direttrice di Terziarie ed alunne) ed alla presenza delle sorelle e
d’altre persone che vi concorreranno.
La candidata (potendo) nel giorno della sua vestizione, come anche nel giorno della
sua professione, sarà contenta offrire un poco di cera ad arbitrio, e passerà in
refettorio una pietanza e vino.
Art. 2 – Dopo la vestizione passerà un giorno in stretto ritiro implorando le Divine
misericordie.
Art. 3 – Durante il noviziato, la giovine novizia non potrà parlare con le altre di
comunità, ed è perciò che stando con altre in camera o nella camera dei telari,
oppure trovandosi a questuare, non solo l’è proibito parlare coi secolari, ma
nemmeno può parlare con la sua compagna, meno qualche parola di stretta
necessità. Deve assuefarsi ad un contegno modesto e disinvolto.
Capitolo Terzo. Della Dote
Art. 1 – Prima che la novizia passi ad essere annoverata fra le professe dovrà
convenirsi definitivamente e con la debita legalità intorno alla dote, la quale sarà
determinata dal Superiore, il quale può dispensarla in parte o in tutto che egli crede.
Capitolo Quarto. Vestiario
Art. 1 – Il vestiario per tutte le sorelle sarà di lana tessuta e tinta nera, informa di
abito comodo e senza attillatura, con pazienza della stessa roba; intorno al collo un
panno di mussolo acconciato a forma di superio, retto, senza pieghe, ma tutto
liscio. Porteranno in testa un velo piccolissimo bianco, e sopra al bianco un
muntino di tibet nero.
Art. 2 – Inoltre useranno una cintura di cuoio nero larga un dito e mezzo, lunga
quasi all’estremità della vesta.
Art. 3 – Avranno appeso alla cintura la corona dei sette dolori di Maria Addolorata
ed al collo la medaglia miracolosa pendente da un nastro di lana colori violaceo.
Art. 4 – Tutto questo vistiario nella forma prescritta sarà pulito e composto,
semplice e senza vanità, in maniera che sia sempre salva la decenza, il decoro e la
modestia la più rigorosa, su di che la Superiora sarà rigorosa e non ammetterà
pretesti.
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Capitolo Quinto. Corredo e dote
Art. 1 – Per l’acconcio e corredo verrà fissata una somma discreta bastevole a
formarlo. Di tal corredo la novizia, nel caso che abbandonasse l’Ospizio, non potrà
pretendere che la sola parte non consumata e rimasta nell’atto della sua partenza.
Art. 2 – La dote sarà rinvestita ed assicurata secondo le leggi e col consenso de’
dotanti in un fondo, col patto espresso che qualora la giovane lasciasse l’Ospizio,
sarà restituita la dote o nella consegna del fondo in che fu costituita, o in denaro,
come meglio piacerà al Superiore, senza che la parte dotante possa in conto alcuno
reclamare contro la decisione del Superiore. Qualora poi si dovesse impiegare la
dote per i bisogni di Comunità, i dotanti saranno contenti della cauzione che ne
darà il Superiore, da realizzarsi nel solo caso che la giovine abbandonasse il detto
Ospizio, o sia comunità. Ma se la giovane sorella terziaria di Maria Addolorata
persevererà e morirà nella detta comunità, rimarrà tutto a vantaggio della casa, o
sia Ospizio.
Art. 3 – Se una giovane sorella avesse dei beni di sua libera spettanza, potrà
destarne a suo piacimento, e col consiglio del Superiore usarne anche in beneficio
della, o sia, comunità delle sorelle, o in beneficio della Chiesa e di altre pie Opere,
non però in pregiudizio della uniformità e perfetta vita comune e dell’osservanza.
Su di ciò è da osservarsi che né la giovane sorella, né i parenti, o altri, potranno mai
pretendere ciò che la giovane sorella terziaria di Maria Addolorata avrà fatto del
proprio in comunità, né vi sarà diritto a compenso, ritenendo tutto come dato e
ricevuto in lemosina.
Capitolo Sesto. Dell’ordine materiale della Casa
Art. 1 – La Casa avrà annessa una Chiesa pubblica ove si celebra la santa messa e
si fanno delle funzioni analoghe.
Art. 2 – Sarà ripartita secondo la diversità degli oggetti. Una parte per il noviziato.
Un’altra parte verrà desegnata per le professe. Una quarta porzione del locale sarà
destinata per le alunne che riceve l’ospizio e potranno queste essere ripartite in
classe dividendo le piccole dalle grandi qualora vi fossero per casualità di
circostanze. La scuola sarà in camera asciutta ed ariosa, dove le alunne passano le
ore del lavoro, alternando il detto lavoro con le preci, che verranno ripartite
secondo l’orario, e vi sarà anche l’ora del leggere, scrivere e far dei conti. L’ora del
catechismo verrà fissata la mattina dopo la colazione.
Art. 3 – Nel corridoio vi sarà un lampione, onde accenderlo quando vi sarà
bisogno. In sito adattato si terrà l’orologio, l’orario ed il campanello per suonare i
segni dell’osservanza, i quali si danno stesa trattandosi della levata, del pranzo,
della cena e del ritiro, come anche nel fine di detto ritiro. Per gli altri atti comuni si
daranno alcuni tocchi.
Art. 4 – Alle pareti potranno esservi dei motti spirituali. Nelle porte delle camere
delle sorelle al di fuori si terrà l’immagine di Sant’Anna. Su la porta della
Superiora e compagne l’immagine di San Francesco Saverio con il nome della
religiosa e la carica se l’ha, e sopra la porta sarà scritto “Viva il Sangue di Gesù
Cristo”. Nelle pareti si possono mettere dei motti spirituali.
Capitolo Settimo. Della Clausura
In questa Casa presso la porteria si destinerà una camera convinientemente
mobiliata per ricevere e parlare cogli esterni, i quali fuori del caso di necessità o
utilità, o rigorosa convenienza, non si condurranno né si faranno aggirare
nell’interno della Casa. La Superiora su tal punto sia vigilante, potendo bastare per
l’occorrente la camera di ricevimento, nella quale non permetterà le frequenti
visite, e le inutili conversazioni anche sotto l’aspetto di spirituali conferenze.
Il Superiore Monsignor Arcivescovo si riceverà nella camera da ricevere, che sarà
nell’interno, altre autorevoli persone si condurranno nella scuola. All’Ave Maria, le
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sorelle, come anche le alunne, dovranno essere in casa, e non si riceverà più alcuno
meno il caso di necessità.
È proibito in questa casa ammettere alla mensa chiunque non fosse alunna
dell’Ospizio. E se venisse qualche maestra esterna per insegnare dei lavori od altro,
nel caso le si dovesse dare il pranzo, le si appresterà in altra camera.
Capitolo Ottavo. Della Libreria
In una camera libera ed adattata vi sarà la libreria, in cui si conserverà un
assortimento di libri spirituali, vite di Santi, lezioni scritturali, istruzioni sopra la
dottrina cristiana ed altro simile. Sono affatto esclusi i libri proibiti, pericolosi e
sospetti. Chi ha cura della libreria terrà memoria in scritto dei libri che darà a
leggere (sempre con il permesso della Superiora) ed a suo tempo li ritirerà e
rimetterà al loro posto, cancellando la memoria.
Capitolo Nono. Per l’Infermità
Art. 1 – In questa casa vi sarà l’infermiera per le sorelle ed altra per le alunne
dell’Ospizio. Per le suore direttrici resteranno nella propria camera, meno casi
meritassero eccezione.
Art. 2 – La Superiora procurerà che le sorelle terziarie destinate all’assistenza
dell’inferme vi si adoprano con tutta la premura, e con ogni finezza di carità, e che
si prestino di giorno e di notte, se occorre. Avrà cura perché le inferme con
frequenza riceveranno i Ss.mi Sagramenti e che sieno ad esse apprestati quei
conforti che in simili casi sono indicati, avvertendo che le infermità richiamano le
inferme e le infermiere all’esercizio delle più belle virtù, ma sopra tutto della
pazienza che deve in tal tempo spirare tanto nelle une che nelle altre.
Art. 3 – Per l’amministrazione della Comunione ed Estrema unzione, e per
tutt’altro, pensa il Confessore di Comunità stabilito da Monsignor Arcivescovo.
Art. 4 – Seguita la morte di una sorella terziaria, anche d’una novizia, sarà esposto
il cadavere nella Chiesa dell’Ospizio.
Art. 5 – Il funerale seguirà senza pompa alcuna. Si metteranno quattro candele
intorno al cadavere, sei arderanno all’altare maggiore. Che se per disposizione
testamentaria od altrimenti vi fosse da fare un funerale solenne, questo potrà aver
luogo in altro giorno, datasi la sepoltura al cadavere.
Art. 6 – Morta una sorella terziaria la comunità farà celebrare sette messe in
suffragio della defunta, sei lette ed una cantata.
Art. 7 – Le sorelle ed anche le alunne dell’Ospizio applicheranno in suffragio della
defunta sette visite di Via Crucis. Letto corone di Maria Addolorata una messa
d’ascoltarsi e pure una volta la santa Comunione.
Art. 8 – Ammalando gravemente una alunna dell’Ospizio, se è in tempo si
riconsegna ai parenti, ma se il male fosse inoltrato talmente da non potersi
muovere, le spese andranno a carico dei parenti, tanto della malattia come dei
funerali, in caso che ne seguisse la morte.
PARTE SECONDA
Del metodo di vita delle Sorelle Terziarie:
Capitolo Primo
Condotta morale delle Terziarie
Art. 1 – Ciascuna sorella deve frequentemente riflettere che è stata chiamata da Dio
in questo luogo per santificarsi con quei mezzi che la bontà di Dio gli presenta […]
che sono doveri da soddisfarsi con Dio, con se stessa, con la comunità e con le
alunne. Quindi di proposito e con fermezza di spirito deve attendere a tener monda
la propria coscienza, e mortificarsi specialmente colla rinunzia del proprio giudizio
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e volontà; e di quelle soddisfazioni che allontanano dalla retta e sicura strada del
Calvario […].
Art. 2 – Nel parlare sarà umile, cortese, disinvolta e conserverà l’aria di modestia,
di riservatezza, di contegno, proprio dello stato delle persone consacrate al Signore.
Sarà caritatevole con tutti col vero spirito di Gesù Cristo.
Art. 3 – Tale sia la vita di ogni sorella che ispiri edificazione ad ogni classe di
persone, in qualunque tempo e luogo, massimamente quando trovansi fuori di casa
per la questua, ricordandosi tutte che per condurre le anime ai fonti di salute e di
vita , debbono con l’esempio e con il silenzio farsi ad altri maestre e modello.
Art. 4 – Ogni sorella sarà pronta ad occuparsi dove viene comandata dalla
Superiora, con animo grande e generoso, diffidando sempre delle proprie forze e
riponendo tutta la fiducia in Dio da cui deriva ogni bene. Si ricordi ognuna di
ricorrere spesso a Dio con orazione ecc. […].
Art. 5 - Dovrà ciascuna avere sommamente a cuore il buon ordine, le pene della
comunità ed il lavoro, pensando che la fatica giornaliera è una pena del peccato,
però conviene sottoporvisi umilmente. L’amore alla fatica e la fuga dall’ozio fa
molto onore alla donna cristiana […]. La persona occupata nel lavoro difficilmente
sarà vinta dal demonio con tentazioni. Quella oziosa, benché lontana dalle
occasioni, il Demonio la tenterà, e la farà cadere con suo rossore. La provvidenza
di questa Casa è il lavoro e la questua. […].
Art. 6 - Si guardino le sorelle dagli inganni del comun nemico il quale con mille
modi cerca di distogliere dall’intrapresa carriera, di rompere le pene, di angustiare
lo spirito e di abbattere le forze per diminuire, se non altro, il bene stesso che
stanno facendo. La fedeltà a Dio e alla regola delle cose anche minime assicura la
grazia, la perseveranza ed il premio eterno.
Art. 7 - Che se una sorella si rendesse insubordinata, ed anziché edificare menasse
vita reprensibile, […] il Superiore prenderà quelle misure dispienevoli che non si
vorrebbero giammai.
Capo Secundo
Della devozione alla Santa Vergine Addolorata
Art. 1 - Le sorelle avranno sommamente a cuore la devozione alla Vergine
Addolorata. Nel primo del mese la Superiora metterà in una scatola sette cartellini
ove sia scritto un dolore di Maria SS.ma, poi lo caverà a sorte, dandone uno per
ciascuna, affinché possa meditare nel corso del mese e comprendere la Vergine
SS.ma. Questo potrà molto aiutare le Sorelle per meditare mentre lavorano, come
veniva praticata dagli antichi monaci, dei quali si legge che facevano continuata
orazione solo poiché avevano la loro mente innalzata a Dio.
Art. 2 - Oltre al silenzio da osservarsi dalla intera comunità citato al capo, le sorelle
Terziarie avranno stretto silenzio il venerdì cominciando alle ore 21 fino alla
domenica mattina, così raccolta terrà col spirito compagnia alla Vergine Desolata,
e se fra questo tempo venissero i loro parenti, nemmeno con loro potrà parlare,
meno che fossero forestieri, e che dovessero ripartire.
Art. 3 - Le suddette sorelle saranno obbligate ad usare silenzio in ogni tempo e
luogo con le alunne dell’ospizio ed è perciò loro vietato qualunque discorso, il
conversare con loro, di non portare ad esse né ambasciate né saluti; ma qualora
fossero di ciò incaricate da parenti, faranno conoscere il tutto alla Superiora e la
medesima si farà essa un dovere di eseguire ciò che da parenti si desidera.
Art. 4 - Festeggeranno con fervore i due giorni nei quali si fa memoria dei dolori
di Maria SS.ma, cioè nel venerdì di Passione e nel Settembre.
Tenteranno ogni domenica la corono dei sette dolori di Maria Santissima, la quale,
come già si disse, porteranno nella cintura.
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Art. 5 - Non si prescrivano penitenze particolari, mentre debbono molto faticare,
ma chi può il sabato digiunare ad onore di Maria il digiuno sarà quello della
Chiesa.
Capitolo Terzo
Degli atti comuni
Art. 1 - Le sorelle Terziarie dovranno ogni mattina (tranne circostanze
straordinarie) assistere alla Santa Messa, la quale vi sarà in casa o fuori.
Art. 2 - Avrà luogo ogni giorno mezz’ora di meditazione, in comune con altre
preci, e si farà potendosi, avanti a Gesù Sacramentato. La colazione si prenderà in
silenzio al refettorio. Un quarto prima del pranzo si darà il segno per l’esame di
coscienza, quali faranno senza lasciare i loro lavori.
Art. 3 - Nel tempo del pranzo vi sarà un poco di lettura spirituale. Si osserverà
stretto silenzio. Finito che sarà il desinare, e dopo il ringraziamento, vi sarà
mezz’ora di ricreazione.
Art. 4 - Dopo la ricreazione che segue al pranzo, vi sarà un tempo di ritiro più o
meno lungo secondo la varietà delle stagioni, si noti per altro che le sorelle terziarie
che trovansi ai telai, e le alunne riunite nella scuola non possano ritirarsi col corpo
nelle camere separatamente; ma resteranno al loro posto osservando rigoroso
silenzio, e con lo spirito faranno la loro ritirata nelle piaghe del Crocefisso,
particolarmente nel suo amoroso cuore.
Art . 5 - Finita la ricreazione della sera, vi sarà il lavoro, ad ora stabilita anderanno
tutte in chiesa in silenzio per la visita al SS.mo Sacramento, e quindi al riposo; e
non sarà permesso in quel tempo il trattenersi a parlare senza necessità, e molto
meno di entrare nell’altrui camera, il che è sempre vietato anche in altra ore se non
vi sarà espressa licenza.
Art. 6 - Nell’ultima domenica del mese applicheranno tutte al digiuno in
preparazione alla morte.
Art. 7 - Il settenario che precede il venerdì di Passione, festa di M. Addolorata,
attenderanno ai santi spirituali esercizi.
Capitolo quarto
Della Confessione e Comunione
OMISSIS
Capitolo quinto
Della vita comune
Art. 1 - In questa comunità di Terziarie è prescritto il sistema di vita comune,
quindi dovrà evitarsi ogni singolarità nel vestiario, nella mensa e nella camera ed
ogni sorella avrà quell’acconcio che verrà stabilito, euguale per tutte senza
parzialità.
Art. 2 - Se una sorella volesse pensare al corredo a proprie spese, le sarà permesso
purché sia il tutto conforme a ciò che è prescritto per le altre.
Art. 3 - Chi avesse del proprio mobilio ed altri oggetti, interrogherà la superiora se
possa ritenerli in propria camera o debba tenerli altrove, né potrà servirsene a
talento, onde si mantenga il più che sia possibile l’ordine della vita comune,
ritenendosi tali oggetti o mobili come propri della comunità.
Art. 4 - Ogni individua si adatterà al vitto della comunità senza cercare esenzioni o
particolarità, meno il caso d’infermità, né potrà ordinare da se ciò che desidera, ma
dovrà, bisognando cose diverse, rivolgersi alla Superiora, ad essa ne farà intesa la
cuciniera, la quale con vero spirito di carità, provvederà al bisogno.
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Art. 5 - È proibito portar via dalla tavola e riservarsi cosa lacuna di ciò che si è
passato a mensa, e tutto ciò che sopravanza rimane alla comunità. Che se fra giorno
occorresse qualche cosa ad una individua la chiederà alla Superiora, come si è
detto, ed essa con molta carità ordinerà che sia provvista secondo il bisogno.
Art. 6 - Tutto ciò che provenisse alle sorelle Terziarie per lavori e donazioni, sono
della comunità. Trovandosi in giro per la questua possono prendere dei regali, ma
con l’intenzione di consegnare tutto alla Superiora al loro ritorno, ma questi sieno
spontanei, mai chiederli.
Capitolo sesto
Del Silenzio
Art. Unico - A mantenere ed accrescere il raccoglimento di spirito, molto
contribuisce il silenzio, quindi verrà questo diligentemente osservato del tempo
della ricreazione e del passeggio, parlandosi in altro tempo con voce sottomessa.
Per altro nella camera di ricevimento e nei luoghi pii della Comunità, si permette di
parlare a voce chiara. Sarà poi rigoroso silenzio alloiché la comunità va e torna
dagli atti comuni, come anche in coro. Al refettorio e la sera dopo l’orazione
alloichè sarà suonato il ritiro.
Capitolo settimo
Del sortir di casa
Art. 1 - Si permette alle Sorelle ed alunne dell’Ospizio, ed ad altre di Comunità, il
sortir di casa ma nei giorni ed ore stabilite, con moderazione, e col dovuto
permesso, né si accompagneranno mai con uomini di qualunque ceto e condizione.
Art. 2 – Le Sorelle Terziarie non potranno mai uscir sole ma almeno in due. Le
alunne dell’ospizio saranno accompagnate dalla maestra.
Art. 3 – Nel sortir di casa si eviteranno le strade troppo remote e troppo
frequentate, e varà bene dirigere il passeggio a qualche Chiesa o Santuario.
Art. 4 – Non è permesso alle Sorelle Terziarie l’andare nelle casî particolari benché
di parenti, senza speciale licenza della Superiora, alla quale si rimette il giudicare
se convenga di dare tal permesso, e trovatelo indicato, gli assegnerà la compagna e
gli darà quelle istituzioni che crederà opportune. Dicasi lo stesso per le alunne
dell’Ospizio.
Cap. “Lo mettono dove va meglio”
Della Questua
Art. 1 – Le Sorelle Terziarie, le quali debbono essere dodici, e non se ne
riceveranno di più del prescritto numero, quando qualcuna viene a mancare, al
posto vacante si supplisce con accettare altria individua scegliendola sempre tra
quelle che si sono pervenute per essere Terziarie di Maria Addolorata, e che sia
idonea per tutto ciò che si richiede.
Art. 2 – Queste sorelle Terziarie hanno l’obbligo di questuare, e di tessere, e tutto
ciò che verrà comandato dalla Superiora.
Art. 3 – La questua non potrà prolungarsi più di un mese, onde lo spirito non si
dissipi, ma si raccolga nell’ombra della Pia Casa con la regolarità del buon ordine e
pie riflessioni che le farà fare la Superiora con l’aiuto di Dio.
Art. 4 – Nel partire per la questua la Superiora destinerà chi deve mandare e
nessuna mostrerà di volere una piuttosto che l’altra per compagna.
Art. 5 – La Superiora prima di partire le darà quei consigli ed avvisi necessari,
come ancora l’itinerario dei Paesi da questuare, e su questo punto le sarà vietato
andare in paesi di propria volontà, o consigliate da Parroci ed altri, sotto aspetto di
molta limosina, non dovendo trasgredire affatto l’itinerario consegnato dalla
Superiora.
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Art. 6 – Al primo arrivo nei Paesi si porteranno a fare la visita a Gesù
Sacramentato e quindi al Parroco, pregandolo a dirigerle in una famiglia cattolica
secolare per l’ospitalità la quale non prolungheranno a lor talento, ma di presto
togliere l’incomodo a si benefici benefattori, e così non si butta il tempo
inutilmente, ma cercar sempre di riempire tutte le ore con la bell’opera della
questua.
Art. 7 – Prima di uscire, come al ritorno per la questua faranno un giorno di ritiro,
onde premunirsi d’aiuti spirituali, per essere più muta nel parlare, fruttare, ecc. […]
Art. 8 – La giovane che le si da per compagna andando alla questua, deve osservare
stretto silenzio, l’altia sarà prudente, e risponderà alle sole cose necessarie, se lo
stima conveniente.
Art. 9 – La giovane che se le dà per compagna dev’essere soggetta all’altra, ma in
cosa descreta, poiché non può la compagna superiore dargli dei comandi per
obbedienza, né entrare in cose di conoscenza, né impedirle la confessione, quando
la compagna lo richieda, nemmeno entrare in merito del bisogno che ha di
confessarsi e voler mettersi ad indovinare il motivo che acciò le spinge con
domande indiscrete e temerarie.
Art. 10 – Si ricordino nei loro viaggi d’unire la stanchezza e sudori a temi
predicanti negli ultimi tre anni della sua vita. Agli Apostoli nel giro che fecero
sulla terra per piantare la religione cristiana, ed alle fatiche che sostengono tanti
missionari nelle diverse parti del mondo con molto più stento, premurie, elisagi con
pericolo ancora della vita […].
Parte Terza
Delle alunne dell’Ospizio
Art. 1 – Le alunne dell’Ospizio vivano separate dalla comunità a cui solo si
uniranno per gli atti comuni ai quali dovranno intervenire. Staranno sotto la
vigilanza ed ubbedienza della Direttrice per esse assegnata, ed avranno l’orario
distinto e proporzionato per gli esercizi di pietà e d’istruzione.
Art. 2 – L’istruzione relativa alle medesime sarà: 1° Nella Dottrina Cristiana
nell’esercizio della meditazione e preghiera, e nello studio di moderare e frenare le
proprie passioni per l’acquisto delle sante virtù; 2° Nelle regole e pratiche di civile
educazione; 3° Nel leggere, scrivere, far di conto, e nel metodo di tenere ordinata
un’amministrazione domestica; 4° Nei lavori donneschi di ogni sorta, non
omettendo i più necessari e pii comuni. Ma il loro lavoro ordinario sono i merletti a
piombo, proprietà dell’Ospizio; 5° Nelle faccende domestiche. In una parola le
suddette alunne saranno formate ed istruite in modo che a suo tempo sappiano
guadagnarsi il pane con le loro fatiche ed industriee.
Art. 3 – Ogni quindici giorni si accosteranno al sacramento della penitenza,
rimettendosi la comunione al giudizio del Confessore. Nell’ultima domenica di
ogni mese attenderanno, unitamente al ritiro in preparazione alla morte, ed in ogni
anno ai santi spirituali esercizi.
Art. 4 – Con devote prattiche celebreranno le sei domeniche in preparazione alla
festa dell’angelico S. Luigi Gonzaga, nonché la festa della SS.ma Vergine
Addolorata.
Art. 5 – Le giovani dell’Ospizio nel sortire di casa avranno per prammatica un
abito nero con fazzolettone anche nero.
Art. 6 – La Direttrice baderà che nel vestiario sia la decenza e soprattutto la
compostezza, non permettendo quelle attillature che richiamano le giovani alla
dissipazione e leggerezza.
Capo Secondo
Delle Eserciziante
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Art. 1 – Per le alunne le quali vorranno ritirarsi per applicarsi ai santi spirituali
esercizi, si terranno divise dalla comunità anche nella mensa, e si riceveranno le
giovenette, le quali per la prima volta debbono mostrarsi a ricevere il pane degli
Angioli. Sarà anche ricevuta una sola che volesse nel silenzio ed orazione risolvere
sopra l’elezione dello stato, oppure apparecchiarsi alla confessione generale, ad
intraprendere un più fervente e santo tenor di vita.
Art. 2 – Questo ritiro dura di ordinario dieci giorni, ma sarà permesso proseguirlo
fino ad un mese a chi lo chiedesse per suo maggiore spirituale profitto.
Art. 3 – Non avranno alcuna comunicazione con le altre di comunità, e saranno
perciò separate anche nella ricreazione, ma assistite sempre dalla Direttrice, o
d’altra religiosa.
Capo Terzo
Della Dottrina Cristiana
Art. 1 – In tutte le domeniche dell’anno si farà la Dottrina Cristiana alle sorelle
Terziarie in camera separata ed all’alunne nella propria scuola.
IL CAPO QUARTO NON È PRESENTE NEL MANOSCRITTO, IVI, SI PASSA, INFATTI,
SUBITO AL CAPO QUINTO
Capo Quinto
Delle Congregazioni ed altri esercizi di pietà
Art. 1 – Fra le alunne del Conservatorio si stabilisce il rispetto delle Figlie di
Maria. Queste ogni prima domenica del mese faranno nella nostra chiesa la
comunione generale, ed il direttore della suddetta congregazione le terrà analogo
discorso.
Art. 2 – Quando ad altri pii esercizi vi sarà il mese del Santo Bambino, che suol
incominciarsi il giorno di Natale. Il mese dell’Addolorata, il quale comincia un
mese prima delle Ceneri: in Marzo il mese di San Giuseppe. Il mese di Maria
Ss.ma in maggio. Del prezioso Sangue in giugno. Nel settembre nuovamente il
mese di Maria Addolorata, in novembre il mese del’anime sante del purgatorio».
Conclusione
«Sono questi, o figlie, i compendisi mezzi che la provvidenza offre in questo
regolamento per la vostra santificazione, e per la preservazione delle giovinette a
gloria di Maria Addolorata dunque con piena fiducia a questa madre Addolorata
che è l’oggetto del vostro amore e compassione, animatevi alla più perfetta
osservanza di quando è prescritto in questo Regolamento, e procurate perciò di
andarlo leggendo massime nel giorno di ritiro ed anche nel tempo dei Santi
Esercizi. Non vi spaventino, né vi rimovino dalla virtuosa carriera le difficoltà ed
ostacoli interni ed esterni. E se il nemico della vostra salute è intento a distruggere
il bene, pronte voi siate alla difesa e custodi, mettendovi […] sotto il manto di
Maria Addolorata e sotto la protezione del Patriarca San Giuseppe e la valevole
protezione di Sant’Anna. L’operare e patire per Iddio sia sempre la vostra gloria;e
delle opere e patimenti che sosterrete sia Iddio la vostra consolazione in terra, e la
mercede il Santo Paradiso. Così Sia»
ADA, Busta 630, fasc. 1, Regole per le Terziarie dell’Addolorata
dell’Ospizio di S. Anna fondato fin dal 1859
300
Documento manoscritto composto da 8 pp., autografo da Augusto Antonini
Vicenti, Arcivescovo della Diocesi di Aquila. È datato L’Aquila 2 febbraio
1891.
Presenta 25 punti, con delle annotazioni poste lateralmente (finalizzate ad
implementare quanto stabilito nelle diverse sezioni (punti); esse sono
riportate integralmente all’interno delle sezioni stabilite, in cui si esprimono
le regole che le Sorelle terziarie di SS.ma Maria Addolorata dovevano
osservare e dove si evidenzia l’attività di supporto che queste sorelle
svolgevano nei riguardi dell’Ospizio di beneficenza delle fanciulle derelitte:
l’Ospizio di Sant’Anna. Si sottolinea quanto le Sorelle terziarie dovessero sì
supportare - con la questua, i lavori, l’assistenza (anche infermieristica) - le
alunne ma, al contempo, si evidenzia quanto le sorelle non dovessero avere
alcun contatto verbale, tranne in particolari circostanze, tantomeno
confidenziale, con le alunne dell’Ospizio.
Nel documento si legge quanto di seguito riportato:
1°
L’Istituto delle Sorelle Terziarie di Maria Ss.ma dell’Addolorata ha per
iscopo di coadiuvare con la preghiera, col lavoro e con la questua l’Ospizio
di Beneficienza delle fanciulle derelitte fondato fin dal 1859, e procurare
alle Suore la propria fortificazione con quell’opera di carità tanto gradita a
Dio e tanto vantaggiosa alle “figlie del popolo”.
2°
È composto di un numero di Suore non maggiore di dodici, secondo i
mezzi di cui possono disporre. Esse sono distinte in Novizie e Professe:
fanno i voti semplici di povertà, castità ed obbedienza, gli rinnovano ogni
due anni nella festa dell’Addolorata il Venerdì di Passione: vivono vita
comune ed hanno un Direttuale spirituale che viene nominato
dall’Ordinario.
3°
Si sostiene l’Istituto con lavori donnevoli, con la generosità dei fedeli e con
qualche dote che vi portano le Suore stesse, o con quelle convenzioni che
potranno avere le fanciulle. Tutto però è messo in comune o che sia
proveniente dalle une o dalle altre.
4°
L’ammissione delle Sorelle, nonché la professione ed il noviziato deve
essere autorizzata dall’Ordinario dietro domanda corretta di certificati di
nascita, buona condotta, di valida salute, nonché dell’adesione dei genitori,
se l’aspirante non avrà raggiunta l’età maggiore. Non si permette la
professione se non dopo gli anni 21.
5°
Dietro l’ammissione ricevuta deve farsi un anno di noviziato per
isperimentarne la vocazione con l’esercizio dell’umiltà, dell’obbedienza,
della preghiera o della carità sotto l’immediata dipendenza della Superiora
dell’Ospizio. La vestizione viene è fatta da Monsignor Arcivescovo dopo
tre mesi dall’ingresso. Il vestiario è quello che già è stato da molti anni
introdotto con semplicità e decenza esclusa ogni vanità.
6°
Terminato l’anno di noviziato, l’ospitante se avrà dato prova di vera
vocazione sarà ammessa alla professione, in caso diverso sarà licenziata
dall’Ospizio.
301
7°
La comunità, così delle fanciulle, come delle Terziarie, sarà diretta dalla
Superiora dell’Ospizio che distribuirà gli ufficii a ciascuna secondo l’età,
l’abilità, tenendo conto delle condizioni necessarie ad eseguirlo. La più
anziana fra loro rappresenterà fra le aiutanti la Superiora quando è assente.
8°
Gli ufficii da distribuirsi sono quelli di questuante, dispensiera, portinaia,
vestiaria ed infermiera. Il primo è dato alle più giovani, gli altri a quelle
che avranno almeno dieci anni di professione.
9°
Nella questua sono adibite una anziana e una giovane. Entrambe debbono
distinguersi per modestia, silenzio e umiltà. Vengono destinate per turno,
secondo che giudicherà la Superiora, alla quale nessuna deve rifiutarsi,
pensando che è chiamata a far un’opera la più meritoria innanzi a Dio, ed
alla comunità. Le altre che rimangono in casa debbono lavorare, tessere,
cucire secondo che viene loro prescritto, ed eseguirlo con la maggiore
esattezza possibile anche per mantenere il credito dell’Istituto.
10°
Le questuanti riporteranno in casa tutto ciò che è loro offerto, ancorché
fosse un dono personale: alloggeranno presso quelle famiglie che sono da
loro conosciute come benemerite dell’Ospizio, di buona opinione e
veramente distinte per ispirito di religione e di carità cristiana. Si
guarderanno dall’essere troppo importune nel chiedere, ed ingrate e
sfrontate nel ricevere. Eviteranno il più che sia possibile ogni
conversazione o discorso con persone estraneee, e specialmente con
uomini.
11°
Tornate in casa prenderanno una giornate di riposo ed avranno un
trattamento maggiore delle altre, se non è sufficiente per la loro
stanchezza, dalla comunità.
12°
Gli esercizi di pietà saranno comuni con quelle delle fanciulle, aggiuntavi
mezz’ora di meditazione la sera, quando quelle saranno allo studio. La
confessione ogni quindici giorni. Ogni anno in preparazione della festa
all’Addolorata faranno otto giorni di spirituali esercizi, come il primo
Venerdì di ogni mese un salutare ritiro nel raccoglimento e nel silenzio.
Due volte al giorno il rosario e la visita al Ss.mo Sagramento, nonché la
corona dell’Addolorata, a cui consacreranno una devozione speciale.
13°
La casa è sotto la clausura episcopale, salvo l’ingresso alle Signore
Protettrici dell’Ospizio, ed a quelle persone che verranno a dare
commissioni per lavori di merletti, di tessuti e cuciti. La portinaia è
responsabile dell’apertura e chiusura della porta. La sera deve essere
riconsegnata la chiave alla Superiora.
14°
Sarà cura delle Terziarie in modo speciale l’assistenza alle compagne, o
alle fanciulle inferme, per le quali useranno la maggiore carità e pazienza
per amore di Dio.
15°
Per adempiere al voto di povertà nessuna avanzerà pretenzione per vesti o
biancherie distinte, e molto meno potrà disporre o servirsi di denaro, di
mobili, generi o cose domestiche senza l’esplicito permesso della
Superiora.
302
16°
Si guarderanno tutte di alzare la voce, prendere quistioni ed alterchi; ma
dovranno invece amarsi, aiutarsi, e confortarsi scambievolmente,
procurando sopra ogni cosa di concorrere a mantenere, ciascuna per la
parte sua, il buon ordine e la pace della comunità.
17°
Se una sorella darà segni manifesti di non vera vocazione, o commetterà
serie mancanze che portino scandalo, verrà senz’altro espulsa, spogliata
delle vesti religiose, e rimandata in casa con quel sussidio che si crederà
sufficiente per una volta, onde ritornare nella propria condizione alle
faccende domestiche.
18°
È vietata assolutamente qualunque privata relazione o conversazione con le
alunne, così internamente, come esternamente, senza che sia permesso di
portare lettere o ambasciate dentro e fuori, dovendosi tutto riferire alla
Superiora, specialmente se si tratta di parenti che vengono a visitarle senza
il permesso dell’Ordinario.
19°
Nell’uscire a passeggio, o dirigere le alunne una volta la settimana,
procureranno di mostrare sempre un contegno modesto, serio e decente,
sotto ogni rapporto, perché sia di pubblica edificazione.
20°
Avranno le Terziarie un dormitorio comune ma separato da quelle delle
alunne, e procureranno che vi si mantenga la maggiore nettezza e decenza,
tenendo conto ciascuna del suo letto e degli oggetti che ne fanno parte ed
osservando il più rigoroso silenzio.
21°
Le più giovani per turno leveranno in designati giorni la biancheria delle
due comunità con la maggiore correttezza possibile, procurando che sia
conservata in apposite stanze e dando conto di quella che si è resa
inservibile.
22°
La vittilazione sarà sufficiente e corrispondente alla loro condizione, senza
che si pretende ricercatezza nei cibi o particolarità, dovendo tutte aver
presente la santa povertà abbracciata per amore di Dio, e la mortificazione
tanto necessaria a mantenere lo spirito religioso. Tutti i giorni faranno il
pranzo, tranne il mercoledì, venerdì e sabato nei quali si osserverà il
magro.
23°
La dispensiera terrà conto delle provvigioni, sotto la sorveglianza della
Superiora, la quale mese per mese farà lo statino dell’introito ed esito per
darne conto all’Ordinario alla fine di ogni anno, e qualunque volta lo
richieda. Alla morte di ogni sorella terziaria, la comunità farà celebrare a
sue spese un modesto funerale con sei messe lette ed una cantata, oltre poi
il rosario e la comunione che farà ognuna per otto giorni in suffragio della
defunta.
24°
Dopo la morte stessa, la comunità non è tenuta di nulla verso i parenti della
defunta, tranne qualche ricordo che, col permesso della Superiora, avesse
questa lasciato ad essi.
Tutto quello che non è preveduto in questa Regola e che sarà necessario a stabilirsi
per norma generale o nei casi particolari, verrà sottoposto al giudizio
303
dell’Ordinario, affinché con la sua autorità lo determini in conformità dello spirito
e dell’indirizzo dell’Istituto.
L’Aquila, 2 febbraio 1891, Augusto Antonino Arcivescovo».
ADA, Busta 630, fasc. 2, Notizie sull’Ospizio dell’Addolorata
Carta sciolta manoscritta, composta da 4 facciate, recante notizie
sull’Ospizio dell’Addolorata; è datata L’Aquila, 24 novembre 1889.
Si dichiara che l’Ospizio di S.M. dell’Addolorata è stato fondato nel 1859,
grazie all’operato e la beneficienza di sette donne caritatevoli (dette
Protettrici); fu regolato da due Regolamenti: il primo, datato Aquila, 15
maggio 1882 e siglato dall’Arcivescovo di Aquila Augusto Antonini
Vicentini, ed il secondo, quello definitivo, recante la data del 15 agosto
1888.
Specificato lo scopo e fissate le attività principali di detto Ospizio
dell’Addolorata, si dichiara che il Municipio di Aquila gli concesse in
affitto, per un modico prezzo, il locale nell’Ospizio di S. Anna per tanti anni,
ovvero fino a quando dovettero sgomberare per consegnarlo ai militari (nel
1888) e trasferirsi presso il Monastero di S. Amico.
L’Addolorata fu diretto fin dal 1860 dalle suore Stimmatine di S. Francesco
le quali, in seguito, lasciarono per attendere meglio alla direzione degli altri
due Conservatorii della Città, quale quello di Santa Maria della
Misericordia; a queste seguì la direzione delle Agostiniane di S. Amico.
Si trascrive integralmente, a seguire, il succitato documento.
«Tra i diversi Conservatorii ed Istituti di Educazione per le fanciulle in questa
Città, vi ha fin dal 1859 quello dell’Ospizio di M. S. Addolorata, ove è raccolto un
certo numero di povere e derelitte giovanette che la miseria, l’età, la mancanza o
povertà dei genitori, possono esporre a tentazione e pericoli di ogni maniera. Esso
forma una pia Casa di Lavoro che vive di questua e di pratiche per mezzo di
religiose dette Aiutanti che raccolgono dalla privata beneficienza i sussidi per il
mantenimento delle disgraziate fanciulle. Dal Regolamento dell’Istituto fatto nel
1882 dall’attuale Arcivescovo può rilevarsi il carattere, l’indirizzo e lo scopo della
Pia Casa.
Fu fondata fin dal 1859 per opera di pie caritatevoli donne che col lavoro
specialmente dei merletti (nei quali erano maestre abilissime) stabilirono
l’esistenza e il credito del Conservatorio. Con l’appropriazione dell’Ordinario
diocesano e col concorso di sette principali donne della città ch’ebbero ed hanno
tuttavia norme e realtà di Protettrici, potè contenere un numero considerevole di
fanciulle e di giovanette che ritolte alla miseria ed ai pericoli riuscirono abili
cameriere ed oneste di private famiglie.
La specialità di lavori nei quali acquistarono sempre credito fu quella dei merletti
che mandati a diverse esposizioni guadagnarono all’Istituto premii , menzioni
onorevoli e commissioni continue, cosicché crebbe la riputazione e benevolenza
della città.
Il Municipio gli accordò per modicissimo prezzo d’affitto il locale nell’Ospizio di
S. Anna per tanti anni finché dovendolo consegnare ai militari (nel 1888) gli esibì
con ufficio del 24 giugno 1888.
L’abitazione in una parte del Monastero di S. Amico, promettendo di provocare dal
Governo l’attribuzione della permanenza stabile del benemerito e filantropico
Istituto in quella località.
304
Fu diretto fin dal 1860 dalle Stimmatine di S. Francesco, le quali la lasciarono poi,
per attendere meglio alla direzione degli altri due Conservatorii della Città, ossia di
S. Agnese e della Misericordia.
Oggi è diretto dalle religiose Agostiniane di S. Amico, sotto la protezione di dette
Signore come già detto sopra.
Per le condizioni economiche dei tempi si è dovuto però diminuire il numero delle
fanciulle, attesi i ristretti proventi della questua coi quali hanno un vitto sufficiente
alla loro età e condizione.
Sono però continue ed innumerevoli le istanze per ottenere il ricovero tante altre
giovinette che ne avrebbero bisogno. Aquila, 24 novembre 1889».
ADA, Busta 630, fasc. 2, Circolare del Vescovado della Diocesi di Aquila,
Cancelleria della Curia, lì Aquila degli Abruzzi 22 Marzo 1868
Carta sciolta avente ad oggetto: Circolare del Vescovo ai Signori Parroci.
Questo documento si ripresenta nello stesso fascicolo in modo identico in
una carta sciolta, dal medesimo titolo ovvero: Circolare emessa dal
Vescovado della Diocesi di l’Aquila, Cancelleria della Curia, Segreteria
privata; simile è l’Oggetto in quanto il destinatario è l’esclusivo parroco di
Aragno (anziché tutti i parroci della Diocesi), la data è diversa, circa quattro
mesi dopo: lì 20 Luglio 1868.
È una lettera del Vescovo L. Filippi, rivolta ai parroci della Diocesi aquilana
in cui si invita loro a contribuire, attraverso attività di supporto (quali, ad es.
l’indicazione di donne benestanti caritatevoli presso cui accompagnare le
questuanti suore Stimmatine dell’Ospizio di S. Anna), all’elemosina per il
sostentamento del pio Stabilimento di S. Anna che, esclusivamente con il
lavoro delle fanciulle e delle suore, non riesce a sostenersi.
«Molto R.vo Signore
esiste in questa Città un pio Stabilimento nell’Ospizio di S. Anna, il quale accoglie
un certo numero di povere fanciulle abbandonate, o perché orfane di genitori, o
perché questi mancano assolutamente di mezzi per educarle.
Desso è retto dalle Suore Stimmatine di S. Francesco, e si mantiene mercé la
limosina de’ fedeli e l’assiduo lavoro delle povere alunne. Quest’ultimo mezzo
però di sussistenza è troppo circoscritto per poter far fronte ai tanti bisogni della pia
Opera, la quale perciò poggiar deve esclusivamente sulla carità cristiana.
Ed è a questo caritatevole ufficio che io la invito, Signor Parroco, interessandola
vivamente a stimolare la pietà de’ suoi filiani, a volere concorrere ad una opera sì
eminentemente cattolica, dando quell’obolo che le loro rispettive condizioni
permetteranno o in danaro o in genere di qualunque natura e quantità, che tutto sarà
utile a povere ed infelici fanciulle.
Ora recandosi in codesta Parrocchia due delle Suore Stimmatine per raccogliere la
espressa limosina io le raccomando alla carità ed allo zelo di Lei, affinché voglia
designare qualche proba e caritatevole donna che le accompagni nel giro del Paese,
usando loro altresì tutta quella carità di cui abbisognano, massime per l’alloggio.
E in tale fiducia nel Signore che prego a rimeritar degnamente tutti i benefattori del
cennato pio Stabilimento. Il Vescovo Filippi Luigi».
305
ADA, Busta 630, fasc. 2, Raccomandazione di accogliere nelle parrocchie
dell’Arcidiocesi aquilana le due questuanti Suor Margherita Dialetti e
Suor Filomena Teuchini per raccogliere l’elemosina
Carta sciolta intestata Augusto-Antonino Vicentini, Dottore in S. Teologia,
Arcivescovo dell’Aquila alla Medesima S. Sede Immediatamente Soggetto.
Nella carta, dopo una introduzione dove l’Arcivescovo racconta brevemente
la storia del Sant’Anna, è presente una raccomandazione ai parroci della
diocesi affinché si autorizzi alla questua due suore dell’Ospizio, Suor
Margherita Dialetti e Suor Filomena Teuchini.
«Fra i diversi Conservatori ed Istituti di Educazione per le fanciulle in questa Città,
vi ha fin dal 1867 quello dell’Ospizio di S. Anna, ove è raccolto un buon numero di
povere ed infelici giovinette che la miseria e tante altre condizioni domestiche
potrebbero esporre a seduzione e pericoli di ogni maniera. Benché sia una Casa di
Lavoro, e già tanto accreditata così per la direzione delle Stimmatine di S.
Francesco, come per i lavori stessi che hanno sempre incontrata la universale
soddisfazione, pure non potrebbe mantenersi senza la carità de’ fedeli per sopperire
a tutti i bisogni di un Istituto.
È perciò che due questuanti dello stesso suor Margherita Dialetti e suor Filomena
Teuchini si recano nelle Parrocchie della nostra Archidiocesi e fuori di essa ancora
per raccogliere una elemosina di qualunque genere essa sia.
Raccomandiamo quindi col più vivo interesse le due Religiose che son munite di
questo nostro foglio, e per la parte che ci riguarda interessiamo la carità dei molto
reverendissimi Parroci, nonché la pietà dei fedeli, affinché penetrati dalla santità
dello scopo e dalla posizione infelice delle povere fanciulle, vogliano concorrere
così alla loro cristiana e civile educazione, sicuri che Iddio non potrà non retribuire
il soccorso che vien dato ad un’opera di tanto vantaggio così spirituale, come
temporale.
Aquila dal Nostro Episcopio, 14 Luglio 1884. L’Arcivescovo, Augusto Antonino
Vicentini».
ADA, Busta 630, fasc. 2, Autorizzazione dell’Arcivescovo A.A. Vicentini a
due Suore dell’Istituto di S. Anna per la Questua
Carta sciolta intestata Augusto-Antonino Vicentini Dottore in S. Teologia
per le Grazie di Dio e della S. Sede Apostolica. Arcivescovo di Aquila alla
Medesima S. Sede Immediatamente Soggetto ed avente ad oggetto quanto
suindicato nell’intestazione.
È datata Luglio 1884, firmata dell’Arcivescovo Augusto Antonino.
Si riporta di seguito integralmente:
«Fra i diversi Conservatori ed Istituti di devozione per le fanciulle in questa Città,
vi ha fin dal 1867 quello dell’Ospizio di S. Anna, ove è raccolto un buon numero di
povere ed infelici giovanette che la miseria e tante altre condizioni domestiche
potrebbero esporre a seduzioni e pericoli di ogni maniera. Benché sia una Casa di
Lavoro, e già tanto accreditata così per la direzione delle Stimmatine di S.
Francesco, come per i lavori stessi che hanno sempre incontrato la universale
soddisfazione, pure non potrebbe mantenersi senza la carità di fedeli per sopperire
a tutti i bisogni di un Istituto. È perciò che due questuanti dello stesso Suor
Margherita Dialetti e Suor Filomena Teuchini si recano nelle Parrocchie della
Nostra Archidiocesi e fuori di essa ancora, per raccogliere una elemosina di
306
qualunque genere essa sia. Raccomandiamo quindi col più vivo interesse le due
religiose che son munite di questo nostro foglio, e per la parte che ci riguarda
interessiamo la carità dei molto R.ndi Parroci, nonché la pietà dei fedeli, affinché
penetrati dalla santità dello scopo e dalla posizione infelice delle povere fanciulle,
vogliano concorrere così alla loro cristiana e civile educazione, sicuri che Iddio non
potrà non retribuire il soccorso che vien dato ad un’Opera di tanto vantaggio così
spirituale come temporale.
Aquila dal Nostro Episcopo 14 Luglio 1884. L’Arcivescovo Augusto Antonini
Vicentini».
La stessa comunicazione (uguale all’anzidetta) si ritrova – sotto forma di
carta sciolta – nello stesso fasc., l’unica differenza è rappresentata dalla
data, ovvero 29 Luglio 1885 ed dal nominativo delle suore questuanti
ovvero Suor Elisabetta Taglione e Suor Brigida de Felice.
Lo stesso dicasi per altre due carte sciolte, identiche alla prima su riportata,
dove l’unica differenza è data anche in questo caso dal nominativo delle
suore questuanti e dalla data, nello specifico e rispettivamente: Suor
Elisabetta Taglione e Carolina Castri, data 14 agosto 1888, firmata dal Pro
Vicario Generale G. Giandomenico; Suor Elisabetta Taglione e Suor Anna
Felice, data 12 maggio 1889 a firma dell’Arcivescovo Augusto Antonini
Vicentini.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera di Maria Ferrari al Vescovo con la
quale lo informa delle migliorie apportate dalla stessa e dalle suore
all’edificio di S. Anna, 1 Aprile 1867
Manoscritto di 7 facciate datato 1 aprile 1867.
Si tratta di una scrittura privata tra la protettrice della Pia Casa di Lavoro di
S. Anna, Donna Maria Ferrari, ed il Sig. Luigi D’Amario che cede in
subaffitto alla Ferrari il fabbricato (con orti annessi) ove è sita l’anzidetta
Pia Casa di Lavoro. Nel documento viene dettagliatamente descritta la
composizione dell’edifico (porte d’ingresso, finestre, vani, orti e giardini,
ecc.) e le migliorie apportatevi.
La trascrizione della fonte è la seguente:
«Colla presente scrittura privata redatta in doppio originale si conviene quanto
segue.
Il Signor Luigi D’Amario con subasta celebrata ai 17 dicembre 1865 ebbe in
locazione dal Comune dell’Aquila il fabbricato dell’Ospizio di S. Anna con gli orti
annessi siti nel tenimento di questa città. […] Tale locazione dura a tutto dicembre
del corrente anno 1867.
La Signora D.ª Maria Ferrari come Protettrice del privato Stabilimento che ha per
titolo “Pia Casa di Lavoro”, e che in oggi trovasi installata in casa del Signor
Giuseppe Pettine, ad oggetto di far pagare in detto Ospizio di Sant’Anna le giovani
e maestre raccolta in casa di Pettine, per averne avuto il debito permesso da S. E.ª
Illus.mo Monsignor Vescovo, il quale ne è il Superiore, e il quale ha assicurato
verbalmente i contraenti di questo patto verbalmente supportato dalla Giunta di
questo Municipio a potersi convenire la seguente sublocazione; la Signora Ferarri
ha richiesto al D’Amario a cedergli la locazione del fabbricato ed orti annessi; e
questi vi ha pienamente aderito, e perciò esse parti son venuti a seguente contratto
di sublocazione.
307
1° Il Signor Luigi D’Amario da e concede in subaffitto alla detta Sig.ra Ferrari il
sopraddetto fabbricato dell’Ospizio di Sant’Anna con gli orti annessi, siccome egli
lo ricevè con verbale del 17 dicembre 1865 dal Comune dell’Aquila e secondo la
deposizione fattane nel ripetuto verbale, cioè:
Fabbricato = Portone d’ingresso nella pubblica strada con serratura chiave e
saliscendi con chiavino in ottone.
Cucina in seguito con dispensa di legno e serratura senza chiave. Vi sono dei
fornelli in mediocre stato senza ferri e sopra di essi vi è la cappa. Vi è uno stipo
con la chiusura di legno, serratura con chiave. Vi esiste pure un ciocco di legno con
pietra addetto a spezzare le carni. Vi è anche una cisterna con secchio e fune.
Porta d’ingresso al piccolo cortile con chiusura, serraccio e serratura senza chiave e
con una invetriata di legno in buono stato […].
Piano superiore = Scalinata di pietra in ottimo stato. Al mezzo di detta scalinata vi
è la porta d’ingresso nella loggia, tutto senza serratura. La loggia è coverta con
tetto ma vi è il pavimento senza mattoni. In piedi a detta loggia vi è altra porta che
immette ad esso con la sola chiusura di legno […].
Nel detto piano superiore e propriamente nella porta di oriente vi sono undici
camere con chiusura, serratura e con vetrine interne, e chiusura nelle finestre, meno
una che è rotta.
Più numero dodici camere a ponente, con porte, serratura e chiavi, con finestra
invetriata in buono stato, meno una nella quale non vi esistono vetri. In tutte le
dette camere non vi sono chiavi, all’infuori di una, e manca pure in una di essa la
serratura.
Da capo il corridoio, a mezzogiorno, vi è un finestrone con vetriata e chiusura in
buono stato.
Altro finestrone a piedi del tetto […].
In questo fabbricato vi esiste altro portone d’ingresso sulla via pubblica con
chiusura e serratura senza chiave. Di seguito all’antrone di detto ingresso, ed alla
parte diritta, vi è una stalletta con porta e serratura senza chiave. Indi vi è altra
stradina di pietra in ottimo stato che conduce anche al piano superiore sopra
descritto […].
Giardini = orto cinto di muri a fabbrica, attiguo al cortiletto con cisterna che ha
pure l’ingresso dalla pubblica via essendovi un’apertura con mostra di fabbrica e
chiusura. In questo orto si erige una pergoliera. Vi sono anche n. 5 alberetti di circa
cinque anni, e dieci piccole piante.
Altro orto cinto anche di muri a fabbrica contiguo al precedente con 28 alberetti
[…].
Il documento continua, per due pagine, con la descrizione dei locali affittati.
ADA, Busta 630, fasc. 3, Monastero di S. Amico. Lettera di risposta al
foglio n. 969, lì Aquila 14 Aprile 1888
Carta sciolta manoscritta di 2 facciate; è una lettera di risposta da parte delle
religiose del Monastero di S. Amico alla richiesta di ospitare le sue fanciulle
dell’Ospizio S. Anna (costretto a sgomberare per lasciar posto all’esercito) e
altresì un invito al Sindaco di Aquila di contribuire economicamente ai
lavori per l’adeguamento del convento necessari per ospitare le fanciulle.
«Rispondendo alla cortesissima sua del mese corrente, mi pregio riferire alla S. V.
Ill.ma anche da parte di quelle religiose che trattandosi di un atto di carità e di
308
giusto riguardo al benemerito Istituto di ricovero fatto sotto il titolo
dell’Addolorata che dee sgombrare l’Ospizio di S. Anna, non troviamo alcuna
difficoltà di accoglierlo nel nostro Monastero. Assicurate poi dalla S.V. che col dar
noi affittaliti al suo detto Istituto in questo Convento, gli godrà il vantaggio di
rimanervi fino all’ultima religiosa, ne facciamo una ragione di più per dare la
nostra adesione, anche per consiglio di E. Monsignor Arcivescovo.
Solo ci preme farle conoscere, Ill.mo Sig.re Sindaco di Aquila, che non potendo
fondersi in una le due comunità, e dovendo rimanere separate per diverso scopo ed
indirizzo di ciascuna, è necessaria qualche divisione numeraria e qualche
accomodo secondo l’esigenza e i bisogni del nostro Istituto.
Pregando quindi fin d’ora la S.V. Ill.ma perché in tempo utile disponga
l’occorrente, siamo sicure che nella sua saggezza nulla trascurerà di ciò che
giudicherà necessario al proposito.
Con tale fiducia ho l’onore di dichiararle i miei anticipati ringraziamenti».
ADA, Busta 630, fasc. 3, Lettera del Sindaco di Aquila all’Arcivescovo
A.A. Vicentini, lì 25 gennaio 1888
Carta sciolta intestata Regno d’Italia, Provincia del II Abruzzo Ultra,
Municipio di Aquila; spedizione n. 163; è firmata dal Sindaco di Aquila e
datata 25 gennaio 1888; è indirizzata al Monsignor Arcivescovo di Aquila.
In questa lettera, il Sindaco rende noto all’Arcivescovo che, in seguito alla
necessità di un accasermamento provvisorio del reggimento di artiglieria,
presso i locali dell’Istituto dell’Addolorata, anzidetto Ospizio sarà trasferito
presso i locali del Monastero delle religiose di S. Lucia; pur essendo
intenzionato a contribuire alle spese necessarie al trasferimento e
all’adeguamento dei locali destinati ad ospitare l’Istituto dell’Addolorata, il
Municipio chiede un supporto economico anche all’Arcivescovo.
«Eccellenza,
importante necessità obbliga questa Amministrazione a provvedere locali per
l’accasermamento provvisorio di un Reggimento di artiglieria, è indispensabile
perciò occupare l’Ospizio ove trovasi attualmente l’Istituto di Educazione e di
ricovero di ragazze povere sotto il titolo della Addolorata. Considerando che questo
benemerito Istituto non può esser trascurato ed il Municipio intende rende il denaro
per promuovere il progressivo svolgimento, essendo pur noto che il Monastero di
Santa Lucia per la sua ampiezza può senza disturbo accogliere il summenzionato
Istituto e persuaso che la virtù e la bontà di quelle religiose non vorrà dispiacersi di
ospitare queste figlie del popolo, sarebbe desiderio di questa Giunta, tradurre in
atto il progetto suaccennato ed interessa l’Eccellenza sua a voler coadiuvare l’opera
del Municipio, il quale da parte sua concorrerà per le spese necessarie di
adattamento ed altro occorrente, anche recare il minor disturbo possibile all’egregie
Religiose di Santa Lucia. Augurandomi che l’eccellenza sua vorrà facilitare il più
sollecitamente che potrà il consenso espressomi prego rassegnarle i segni di
perfetta stima ed osservanza».
ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione delle giovani nel Conservatorio
Sant’Anna, Aquila 4 Maggio 1874
Carta sciolta indirizzata al Vescovo di L’Aquila, datata 4 maggio 1874 e
firmata dalle seguenti 7 donne benefattrici: Marchesa Almina Rusconi
309
Dragonetti; Antonia Nardis; Anna Properzi; Giuditta Cialente; B. Angela
Nardis nota Paolucci; Margherita Ferrari; Maria Ferrari.
Si tratta di una lettera di risposta delle anzidette signore ad una
comunicazione che il Vescovo fa loro circa quanto relazionato dal Prefetto
della Provincia dell’Aquila sull’istruzione impartita nell’Ospizio
dell’Addolorata e nel conservatorio S. Anna.
Si riporta integralmente la lettera:
«Aquila, 4 maggio 1874
Eccellenza Reverendissima
Abbiamo recezione del di Lei pregiato foglio a noi diretto, col quale Ella ci da
conoscenza di ciò che il Sig.re Prefetto della Provincia Le scrive in proposito
all’istruzione delle giovani dell’Ospizio dell’Addolorata.
Il Sig.re Prefetto forse non conosce lo spirito della fondazione di questa piccola
Casa che chiamar si deve di ricovero e non d’istruzione 671 ne conosce quali
sono i mezzi coi quali si mantiene.
In questa povera casa come è a Lei noto, si ricoverano giovani di ogni età, di 15 o
20 anni a solo fin di sottrarle dai prossimi pericoli ed imparare ad esse a
guadagnarsi il pane col lavoro delle loro mani.
Le giovani ricevute rimangono nel Conservatorio a tempo indeterminato che può
essere ancora di pochi mesi secondo le circostanze, e fino a che non si offre ad esse
un onesto collocamento.
Lo stabilimento non ha nulla da poter fare un bilancio preventivo pei bisogni
urgenti per vivere. Il lavoro assiduo e qualche elemosina provveggono / 672 al
mantenimento supplito il lucro che può ritrarsi dal lavoro da un sussidio giornaliero
di Lire 3 al giorno, calcolandosi da noi che ogni alunna può guadagnare centesimi
10 in ogni ora.
L’eccellenza Vostra conosce molto bene come vanno le cose di questo
Stabilimento; la preghiamo perché con la sua efficacia persuada il Signor Prefetto
che noi non ripugniamo di ubbidire alla legge, ma ci è impossibile farla in pratica
tra tante ristrettezze di mezzi.
Del bilancio dei conti annuali che furono da noi a Lei presentati, ricorderà la bella
cifra dalla spesa di circa £ 5.000 che non sono, come Le è noto, il prodotto dei soli
lavori e piccole elemosine straordinarie ma le abbondanti sovvenzioni della E. V. e
nostre, appunto a mantenere aperta questa casa di ricovero in questi tempi di tanta
penuria.
Noi siamo contente di quello che facciamo per queste povere figlie perché ci
auguriamo che un giorno riusciranno buone madri di famiglia, o laboriose operaie,
avendovi proposto a fine principale, di far dare ad esse una morale educazione ed
affezionarle al lavoro unica risorsa per loro.
Speriamo prima in Dio e poi nella cura che ne hanno le buone Suore alle quali
credemmo affidarle, perché solo la /673 carità le anima a dedicare tutte loro stesse a
pro di tante infelici senza pretendere compenso di sorta.
Le baciamo rispettosamente il sacro anello.
Marchesa Almina Rusconi Dragonetti
Antonia Nardis
Anna Properzi
671
Rimarcato nel testo.
Inizio di p. 2 del manoscritto.
673
Inizio di p. 3 del manoscritto.
672
310
Giuditta Cialente
B. Angela Nardis nota Paolucci
Margherita Ferrari
Maria Ferrari».
ADA, Busta 630, fasc. 4, Conservatorio S. Anna. Lettera della Ispettrice
Governativa per gli Educatori Femminili
Carta sciolta di una facciata intestata Ispettrice Governativa per gli Educatori
femminili, datata Aquila 23 -11- 1889 indirizzata all’Arcivescovo A. A. Vicentini
dalla stessa Ispettrice, Ernesta Sati Maturi.
Si riporta di seguito integralmente la trascrizione del documento:
«Eminenza
Avrei bisogno delle notizie precise circa la fondazione dell’Ospizio di S.Anna in S.
Amico, e, poi chè V.E. tiene questo misero Ospizio sotto il suo patrocinio, penso
che il modo più sicuro di averle sia chiederle a V.E. stessa.
Prego Vostra Eminenza a dovermi perdonare il soverchio ardiere e col massimo
rispetto sono di Vostra Eminenza.
Devotissima Ernesta Sati Maturi, Ispettrice Governativa».
Segue la risposta dell’Arcivescovo (cartoncino di una facciata intesto
“Monsignor Vicentini Arcivescovo dell’Aquila, con intestazione a stampa e
logo della Curia):
«24 novembre 1889
In risposta al gradito foglio della Signora Ispettrice che ossequia, le fa tenere
l’annesso regolamento dell’Ospizio dell’Addolorata in S. Amico con le altre
notizie richieste. Da esse rileverei che le sarebbero necessarii molti miglioramenti,
sono però difficili a farsi per mancanza di mezzi. Con distinta considerazione».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera 6
ottobre 1881
La trascrizione del documento è la seguente:
«A sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vicentini Arcivescovo di Aquila
Eccellenza Rev.ma
Dal ragionamento sebbene disgustoso e non so quanto conveniente, ieri tenuto
davanti l’E.V. Rev.ma, Ella potrà essersi formata un’idea dello stato delle cose
dell’Ospizio di S. Anna. Ora dunque se dietro questa idea, onde evitare nuovi attriti
in appresso, V.E. volesse permettere che si eseguisse il progetto che io Le accennai
di concedere cioè una epoca conveniente alla Signora Ferrari per trovare una
direttrice che dipendente da essa stasse a capo del suddetto Ospizio, e così ritrarne
io le mie Religiose gliene sarei gratissima; mentre non avrei d’altronde il dispiacere
di togliere l’Istituto da questa Città, poiché rimarrebbe in altri due luoghi; e questo
sarebbe bastante dichiarazione presso il pubblico pure per l’E.V. Rev.ma
Monsignore, non è il puntiglio che mi spinge a rinnovarle la preghiera altra volta
avanzata, né tampoco intenda affatto addebitire la suddetta Signora Maria Ferrari
come causa di questa misura che io vedrei necessaria prendersi, ma è la natura
stessa e l’organizzamento di quel Pio Luogo che a ciò mi costringe. Quando poi
311
Ella non voglia per adesso aderire alle mie richieste due cose debbo porle
sott’occhio.
La prima, che se dall’E.V. Rev.ma, dal Signor Canc. Cialenti e dalla Signora
Protettrice si crederà utile non solo il proseguire la vestizione delle Assistenti
all’Ospizio di S. Anna, ma crederanno altresì di compiacerle con assicurarle e dirle
Monache, sebbene dipendenti dalle Stimmatine, che appunto questo dicono di voler
le assistenti attuali e le altre aspiranti, io che appunto, come saggiamente osservò
l’E.V. Rev.ma, non devo guardare ad / oggi ma deve la mia vista passare più
avanti, non posso da questo fatto non vedervi un principio di dualismo674; onde è
che non posso né voglio sulla mia sola responsabilità porre un altro giorno in attrito
l’Istituto: mi sieno dunque compiacenti di mettere in carta tutto che s’intenda circa
vestizione, titolo di monache, attribuzioni delle assistenti, nonché delle Religiose
Direttrici, che io proporrò il caso a coloro che devono coadiuvarmi nell’ufficio, e
che hanno diritto alle determinazioni da prendersi negli affari di qualunque rilievo.
La seconda cosa che devo porre sott’occhio dell’E.V. Rev.ma si è la seguente.
Quantunque io mi sia mostrata disposta, e per condiscendenza e per i motivi ormai
dichiarati, a cambiamento di personale delle mie Religiose dell’Ospizio, e
specialmente della Superiora locale, l’imponenza però che ormai hanno preso le
discussioni ed i ragionamenti relativi al medesimo Ospizio, mi fanno conoscere che
né per giustizia, né per prudenza potrei venire ad un tal cambiamento, se non dopo
un lasso di tempo da eliminare ogni ombra d’idea che potesse sorgere svantaggiosa
relativa alla Superiora medesima, o che essa, poveretta, potesse presso di me
pensarsi colpevole di ciò che non è in realtà. Con questo però io non intendo
ritenere per immanchevoli le mie Religiose, no; anzi, la preghiera che io faccio
all’E.V. si è, che se Ella negli esami che farà a S. Anna troverà di che osservare in
ordine alle Stimmatine, voglia significarmelo con tutta franchezza, e prenderne
altresì schiarimento dalla stessa Superiora locale; anzi mi / è grato, Monsignore
Rev.mo assicurarlo, che nelle Stimmatine Ella troverà sempre la soggezione dovuta
all’E.V. medesima, e attaccamento alle opere di carità volte dall’Istituto stesso, per
quanto il consentono le loro debolezze avvalorate dalla Divina grazia. Ed affinché
V.E. possa formarsi un’idea esatta della nostra Istituzione, mi è grato qui unirle un
esemplare delle Costituzioni della medesima.
Nella fiducia di poterla nuovamente ossequiare di persona dietro suo avviso, mi
onoro baciarle il sacro anello, e domandandole la sua Pastoral Benedizione, passo a
protestarmele con venerazione profonda.
Dell’E.V. Rev.ma
Dalla Misericordia, 6 ottobre 1881».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera
20 ottobre 1882
La trascrizione del documento è la seguente:
«A sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vicentini Arcivescovo di Aquila
Eccellenza Rev.ma
Il desiderio di trovare una via di conciliazione per quanto è da noi a gloria del
Signore, vero bene del povero Ospizio di S. Anna, e con decoro dell’Istituto nostro,
ci ha tenute assai occupate nella Congregazione testé da noi compiuta, sotto la
674
Sottolineatura nel testo.
312
presidenza del P. Rev.mo Generale dell’Ordine; ed ecco che cosa si è risoluto,
avuto in mira di appagare i desideri della E. V. Rev.ma.
La buona Suor Cesira è stata eletta in Congregazione ad altro ufficio; e però l’ho
richiamata, come ho richiamato Suor Gervasia. La nuova Superiora destinata per
l’Ospizio di S. Anna verrà da Napoli; e quando che Essa si sarà formata una giusta
idea del Luogo, sarà in grado di darci Cognizioni tali da poter risolvere noi tutti la
quistione nel modo il più confacente. Sono certa d’altronde che la nuova Superiora
troverà in V. E. Rev.ma tutto l’appoggio, e che sarà bene accolta dalla Comunità
ov’è stata destinata, mentre è solo in ossequio dell’Obbedienza che la poveretta si
sobbarca ad un ufficio con imbarazzi non indifferenti.
La Superiora pure della Misericordia675 è stata destinata altrove, e quella che la
sostituisce, spero certo che riscontrerà il gradimento di tutti, e disimpegnerà
vantaggiosamente il suo ufficio; poiché oltre le buone qualità che possiede, è stata
altra volta in Aquila. Non so che opinione ne potrà avere Donna Maria Ferrari, ma
certo si è, che io credo di avere ben stimato lo Stabilimento della Misericordia. /
nelle altre sistemazioni che ha potuto fino ad oggi eseguire per coteste Comunità
ho avuto in mira il bene delle medesime, nel mentre che ho dovuto pur guardare le
circostanze dell’Istituto.
Tanto doveva significare all’E.V. Rev.ma mentre lieta di baciarle il Sacro Anello,
imploro genuflessa la Sua Pastoral Benedizione, ed ossequiosamente me Le
soscrivo.
Dell’E.V. Rev.ma Firenze 29 ottobre 1882».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera
20 dicembre 1883
La trascrizione del documento è la seguente:
«A sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vicentini Arcivescovo di Aquila
Eccellenza Rev.ma
Di nuovo Chiesa Santa si accinge a solennizzare la memoria del Natalizio di
Nostro Signore Gesù Cristo, e sembra che i cuori dei fedeli in questi giorni si
riavvivino alle più care speranze, lusingandosi di quella Pace che in si beata
circostanza fu annunziata dagli Angeli agli uomini nuovamente possa udirsi
risuonare per la Chiesa, Madre nostra SS.ma, per il di Lei Augusto Capo, e per
l’Episcopato tutto, che col Supremo Gerarca divide le cure del Gregge di Gesù
Cristo. Sì che questo annunzio di Pace si rinnovi, tutti ne sentono il vero bisogno; e
le Figlie delle Sacre Stimate non sono al certo le ultime. Monsignore Rev.mo,
pertanto con tutta la sincerità del cuore alla E.V. io auguro, che per la
Veneratissima di Lei Persona, e per la Diocesi alle Sue cure commessa, il Natale
del presente anno sia ricolmo di grazie e consolazioni, come furono melliflui i Cieli
in quella notte in cui il Div Verbo apparve umanato nella Grotta di Betlem; e
poiché le Stimmatine pure hanno il bene di far parte dell’avventurato suo gregge,
se il Signore esaudisce i miei voti, spero che esse altresì riceveranno gli aiuti
necessari per sostenere la loro missione a vantaggio delle povere figlie del popolo:
a questo tendono le nostre preci, e i desideri nostri.
675
In corsivo nel testo.
313
Non sono che poche settimane che io ho avuto l’onore di parlare con V.E. Rev.ma
però stimo inutile il tornare sopra argomenti / già discussi: solo confermo a V.E.
quanto dissi, cioè che è in noi la buona volontà di servire l’E.V. col prestare la
nostra debole opera a vantaggio di codeste tre Case; e io conto nell’efficace
protezione non solo, ma ancora nell’autorità e sostegno della E.V. massime per ciò
che ha rapporto per lo Stabilimento di S. Anna, il quale, prevedo, che darà sempre
da pensare assai.
Con le proteste debba mia più alta venerazione genuflessa al bacio del Sacro
Anello, imploro la Sua Pastoral Benedizione, dichiarandomi col più profondo
rispetto.
Dell’E.V. Rev.ma
Dal Conv.o del Portico di Firenze, 20 dicembre 1883».
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera
22 settembre 1884
La trascrizione del documento è la seguente:
« A sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vicentini Arcivescovo di Aquila
Eccellenza Rev.ma
Essendomi stato impossibile nel passaggio che nei decorsi mesi feci da Napoli,
reduce dall’Albania, di portarmi all’Aquila, pregai R. do P. Salvatore di portarsi da
me in Assisi, onde prendere esatte notizie sullo stato esterno delle tre Comunità di
Aquila,ed in modo speciale di S. Bernardo e S. Anna. Dal detto Padre conobbi
come la prima Comunità ha bisogno di provvedimenti personali, ed a questi
vedremo di provvederci in occasione della Congregazione che l’Istituto dovrebbe
tenere nell’entrante mese di Ottobre, se non verrà impedita dalle funeste
circostanze del Clero. Quanto a S. Anna poi, Monsignore Rev.mo, per le notizie
che me ne dette il P. Salvatore, e per quanto ho più volte constatato di persona, e
per quanto me ne ha scritto in quest’anno la Superiora, Suor Angiolina, sempre più
ha dovuto confermarmi che l’opera delle Stimmatine in quel luogo è del tutto
inutile; e per il lato economico aggiungo che è di aggravio, mentre quello che
fanno alla questua quelle povere donne, non è sufficiente al loro mantenimento!
Tutte queste riflessioni mi hanno fatto venire alla risoluzione di ritirare dal detto
Ospizio le mie Suore Stimmatine.
Prego però V.E. a non disgustarsi di una tale risoluzione, ed a non negarmi il di Lei
consenso, giacché ancora il Rev.mo P. Generale dà la sua annuenza. Non venendo
a questo partito, mi riuscirebbe / impossibile il migliorare la condizione del
Conservatorio di S. Bernardo, per la scarsezza degl’individui, e per dare sfogo a
tanti bisogni che già conosco, ed a tanti che prevedo motivati dal Morbo che fa
strage a Napoli, e lascia sul lastrico tante innocenti creature.
Se non mi fosse stato impedito dai molteplici affari, e dal bisogno che ho di un po’
di riposo dopo un viaggio sì lungo che ho sostenuto, mi sarei portata di persona
costai in Aquila, e spero dunque che vorrai perdonarmi, e replicarmi in tempo
opportuno, onde alla Congregazione possa prendere le debite disposizioni.
Mi è grato cogliere l’opportunità per offrirmi ai di Lei comandi, mentre genuflessa
al bacio del Sacro Anello, imploro la Pastoral Sua Benedizione, e con ossequio
profondo me Le protesto.
Dell’E.V. Rev.ma
Conv. Del Portico di Firenze
22 settembre 1884».
314
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera
18 dicembre 1884
La trascrizione del documento è la seguente:
«A sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vicentini Arcivescovo di Aquila
Eccellenza Rev.ma
È sotto gli auspici di Maria Immacolata che mi onoro dirigermi all’E.V. Rev.ma in
quest’anno, onde umiliarle gli augurii miei e dell’Istituto per la solennità che si
avanza a gran passi. Nel far ciò ho avuto in mira di affidare a
quest’Amorevolissima Madre il compimento di quei voti che di vero cuore intendo
fare a riguardo della di Lei Sacra Persona, e dell’amato Gregge alle Sue cure
commessa. Senza che io questi voti esprima V.E. ben li comprende, poiché mi è
grato ritenere che, nella sua bontà, non può esserle dubbia la devozione delle Figlie
di S. Francesco per i Prelati posti a reggere la Chiesa di Gesù Cristo, come
opportuno il Serafico Patriarca ce ne ha dato l’esempio. In prova di questa
devozione e sincerità di sentimenti ho preso per mediatrice Maria Immacolata,
poiché ben si comprende che Essa sola può fare fronte all’odio satannico,
fieramente accanito, contro la Chiesa, contro di Lei Capo Visibile, e l’Episcopato
tutto. Oh! Questa Madre Pietosissima per quella preziosa Gemma posatale in
Fronte dall’immortale Pio Nono corrav. si corra in soccorso del di Lui Augusto
Successore, e dei Pastori del Gregge del suo Figlio Divino!
Un preludio di questi segnalati benefizii mi è grato augurarlo a V.E. / nelle
prossime Solennità Natalizie in quel modo che il di Lei esimio cuore può bramare.
Nel raccomandare alle calde preci dell’E.V. Rev.ma me stessa ed il mio povero
Istituto, torno a protestarle non venire mai meno in me, e nelle mie Figlie, la
volontà di compiere quell’obbligo che nella Sua Diocesi abbiamo l’onore di tenere
a vantaggio delle Figlie del povero, per quanto lo spirito dell’Istituto, e le nostre
deboli forze, aiutate dalla grazia del Signore, lo consentono. Con questa fiducia mi
è grato, genuflessa al bacio del Sacro Anello, implorare la sua Pastoral
Benedizione, e dichiararmi invariabilmente.
Dell’E.V. Rev.ma
Firenze 18 dicembre 1884».
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ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione delle giovani nel conservatorio
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ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera 6
ottobre 1881.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera da
Firenze, 29 ottobre 1882.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera dal
Con. del Portico di Firenze, 20 dicembre 1883.
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Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera dal
Con. del Portico, 22 settembre 1884.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera da
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jurepatronatiy familiae Gentileschi.
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 12 marzo 1872.
ADA, Busta 614, fasc. 1, Certificazione della Cancelleria della Curia
Arcivescovile di Aquila degli Abruzzi, Aquila 17 maggio 1883.
ADA, Busta 614, fasc. 1, Comunicazione dell’Ufficio Notarile al Vescovo,
Notaio Celestino Filippi, Roio ottobre 1858.
ADA, Busta 614, fasc. 2, Acta semplicis Beneficii sub titulo B.a M.a de
Costantinopoli erecti in ecclesia S. M. de Misericordia de jurepatronaty
Familiae Rosanti.
ADA, Busta 614, fasc. 3, Acta semplicis ecclesiastici beneficii sub titulo
SS.mi Crucifissi erecti in ecclesia Misericordiae hujus Civitalis de
jurepatronatus familarum Ludovici et Mattucci.
330
ADA, Busta 614, fasc. 4, Acta semplicis ecclesiastici benefici sub titulo S.mi
Crucifissi erecti in eccelesia S.M. de Misericordia hujus Civitatis de
jurepatronatis familiae Pipino.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Casa di tolleranza.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Comunicazione del Sindaco del conservatorio di
S.M. della Misericordia al Vescovo, Aquila 3 maggio 1856.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Conservatorio di Santa Maria della Misericordia.
Minuta del Vescovo Girolamo Manieri del 6 febbraio 1839.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Controversia tra il Vescovo di Aquila e la
Congrega di S. Sisto intorno diritto della gestione interna (patronato) dei
Conservatori di Santa Maria della Misericordia e SS.ma Annunziata. Copia
delle sentenza 17 del marzo 1860.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera 6
ottobre 1881.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera da
Firenze, 29 ottobre 1882.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera dal
Con. del Portico di Firenze, 20 dicembre 1883.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera dal
Con. del Portico, 22 settembre 1884.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Ospizio di S. Anna, Direzione delle Stimmatine.
Corrispondenza con Monsignor Vicentini Arcivescovo di Aquila. Lettera da
Firenze, 18 dicembre 1884.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Osservazioni sul Conservatorio della SS.ma
Misericordia. Aquila, 18 ottobre 1888.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Precisazioni sulla Annunziata del Vescovo
all’Intendente Presidente del Consiglio degli Ospizi, 31 agosto 1856.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Progetto per aprirsi nel Conservatorio della
Misericordia di Aquila una scuola per ragazze di famiglie agiate con
allegata Copia Deliberazione.
331
ADA, Busta 614, fasc. 5, Raggruppamento e trasformazione di 4
Confraternite a favore del Conservatorio della Misericordia. Roma, 30
dicembre 1910.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Rilievi del Vescovo di Aquila sull’avviso emesso
dalla Consulta del Regno in data 17 Marzo 1860 intorno al patronato dei
Conservatorj in Aquila sotto i titoli SS. Annunziata e S. Maria della
Misericordia.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Separazione del Conservatorio di S. Teresa da
quello della Misericordia. Aquila 2 febbraio 1839.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio
della Misericordia in Aquila.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Sulla educazione delle alunne nel Conservatorio
della Misericordia in Aquila. 18 luglio 1857.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: S.
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria, 1ª
Relazione, 19 februarius 1595, Conservatorio di S. Maria della
Misericordia, parte dell’istrumento di fondazione.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: S.
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria, 3ª
Relazione, 12 ottobre 1686, SS. Crisanto e Daria. Scomunica alla
violazione della clausura.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. 6ª
Relazione, 17 settembre 1740, SS. Crisanto e Daria.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisante e Daria, 1ª
Relazione, Copia del Decreto del Vescovo Basilio Pignatelli del 5 aprile
1596.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, Ss. Crisante e Daria, 1ª
Relazione, 19 Februarius 1595, Conservatorio Santa Maria della
Misericordia. Parte dell’“istrumento di fondazione”.
ADA, Busta 614, fasc. 5, Volumetto delle relazioni sui Conservatori: Santa
Maria della Misericordia, SS.ma Annunziata, SS. Crisanto e Daria. 2ª
Relazione: 1615-1681, Conservatorio di S.ta Maria della Misericordia.
Legati e Documenti.
ADA, Busta 630, fasc. 1, Regole per le Terziarie dell’Addolorata
dell’Ospizio di Sant’Anna fondato fin dal 1859.
332
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Forma e regime delle
Sorelle Terziarie di S. Maria dell’Addolorata nell’Ospizio di S. Anna.
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti. Regolamento per la Pia
Casa di Lavoro eretta in Aquila nell’Ospizio di S. Anna nel 1869.
ADA, Busta 630, fasc. 1, Statuti e Regolamenti: Ospizio dell’Addolorata
presso i locali delle religiose di S. Amico.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Autorizzazione dell’Arcivescovo A.A. Vicentini a
due suore dell’Istituto di S. Anna per la questua.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Circolare del Vescovo della Diocesi dei Aquila,
Cancelleria della Curia, lì Aquila degli Abruzzi 22 marzo 1868.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera del Vescovo alle protettrici della pia Casa
delle povere fanciulle nell’Ospizio di S. Anna.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera delle protettrici dell’Ospizio di S. Anna al
Sindaco dell’Aquila.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Lettera di Maria Ferrari al Vescovo con la quale
lo informa delle migliorie apportate da lei stessa e dalle suore all’edificio di
S. Anna. 1 aprile 1867.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Monastero di S. Amico. Lettera di risposta al
foglio n. 969, Aquila 14 aprile 1888.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Notizie sull’Ospizio dell’Addolorata.
ADA, Busta 630, fasc. 2, Raccomandazione di accogliere nelle parrocchie
dell’Arcidiocesi aquilana le due questuanti Suor Margherita Dialetti e Suor
Filomena Teuchini per raccogliere l’elemosina.
ADA, Busta 630, fasc. 3, Istruzione delle giovani nel conservatorio
Sant’Anna, Aquila 4 maggio 1874.
ADA, Busta 630, fasc. 3, Lettera del Sindaco all’Arcivescovo A.A.
Vicentini, Aquila 25 gennaio 1888.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6, Circolare Ministeriale 17 settembre
1851.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6, Circolare Ministeriale 31 marzo
1852.
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6., Circolare Ministeriale 18 Maggio
1853.
333
ADA, Busta 633, fasc. 2, sottofasc. 2.6., Circolare Ministeriale 9 aprile
1853.
ADA, Busta, 605, fasc. 2, Risposta del Vescovo alla lettera del Ministero e
Real Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Istruzione
Pubblica, 20 Gennaio 1858.
ADA, Vescovi e Arcivescovi, Visite Pastorali, vol. 1137, c. 90r.
ADA, Visite Pastorali, De Rueda G., anni 1606-1620.
ARCHIVIO STORICO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, Resoconti dell’attività
legislativa, Legislatura X, Sessione I, fasc. n. 17, Iniziativa parlamentare.
ASV, Congr. Concilio Relat. Diocesana, Scheda 152, n. vol. 4004, 65A 2,
p. 2r., p. 10r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f.249v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 312v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, f. 251r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/A, rispettivamente ai ff. 337v e
350r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, c. 177v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 178r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, ff. 550-560.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 109v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 172v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 181r.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 45v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, ff. 180r-182v.
ASV, Congr. Concilio, Relat. Dioec., 65A, f. 21r-v.
ASV, Congreg. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 204v.
ASV, Congreg. Concilio, Relat. Dioec., 65/B, f. 222r.
334
MGA, Busta 16, ff. 3, 6, n. inv. 26, Vita di Sant’Eusanio, sacerdote e
martire. Aquila,1848, Opuscoli Fondo Antico “G. Pensa”, Museo delle
Genti d’Abruzzo, Pescara.
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI FONDI ARCHIVISTICHE
ADA: Archivio Diocesano L’Aquila
ASV: Archivio Segreto Vaticano
MGA: Museo delle Genti d’Abruzzo
335
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I Conservatori Femminili