19º anno - n. 199 - dicembre 2010 “... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...” Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92 del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme. il giornalismo che vorremmo «La divaricazione fra l’Italia dei cittadini e quella dei governanti ha sfondato ogni soglia del senso comune. Il delirio di una corte asserragliata a difesa delle prerogative del principe non conosce ripensamenti. I pretoriani della corte che ne garantiscono la difesa alzano il tiro e dettano legge: vogliono più potere e più soldi. Tutti quelli che si trovano devono essere dedicati alla loro bulimica fame...». (Moni Ovadia) di Tullio Clementi In un suo recente corsivo (venerdì 3 dicembre), Michele Serra accostava «due magnifici articoli (Sofri su Repubblica, Ferrara sul Foglio)» che «affrontavano con argomenti opposti il suicidio di Monicelli». E dopo aver premesso di essere «d’accordo con Sofri, in totale disaccordo con Ferrara», il noto polemista scriveva che «da vecchio lettore di quotidiani, mi è piaciuto poter confrontare, sull’argomento, due calibri intellettuali tanto impegnativi quanto illuminanti i due campi in conflitto», aggiungendo che «la qualità è l’ossigeno che ci manca» e, quindi, «se l’Italia è in asfissia è perché da troppi anni respiriamo mediocrità». Ovvero: «Tutto ciò che è ben fatto e ben detto, che ha cura formale e dignità culturale, dal tavolo di un falegname all’articolo di un giornalista, dal discorso di un politico al progetto di una discarica, è oggettivamente rivoluzionario in un paese dal quale nessuno ha preteso, negli ultimi anni, altro che il pigro adagiarsi nei facili canoni del consumismo usa e getta». E concludeva con una constatazione (che vuol essere anche un auspicio): «Le “cose difficili” hanno un pubblico crescente, perfino in telesegue a pagina 9 SULLE NOMINE, CON SPERANZA DI SMENTITA quelli che... senza poltrona mai! di Bruno Bonafini Gestazione lunga e faticosa quella delle nomine nelle società partecipate dei servizi in Valle. Conclusione preannunciata a fine dicembre, con l’assemblea del 30. Ma la metafora giusta rischia di essere un’altra. Non una gestazione, ma un recupero archeologico, anch’esso operazione lunga e delicata. Quella “produce” il nuovo, questo riporta alla vista l’antico, dinosauri d’antica era, reperti carichi di storia. Che nel nostro caso non finiranno tuttavia nel settore espositivo della memoria ritrovata, ma rivitalizzati e riportati “in organico”. Da quanto preannunciano i soliti ben informati, il toto-nomine di chi segue da vicino il rinnovo LAVORO IN VALLE: DIBATTITO DI FUOCO Sindacati-Tomasi: scontro frontale di Michele Cotti Cottini «Il documento dei sindacati è vergognoso […], non si può affermare che il Presidente della Comunità Montana se ne sbatte i cog...oni dei lavoratori […], adesso mi sono girati i cog...oni […]; i sindacati spu...ano gli amministratori locali […]; di che indennità parlate che da quando sono stato eletto non ho preso un quattrino? Io pretendo solo di non prendere i calci nei cog...oni […]; voi sindacati avete combinato una put...ata». Parola del Presidente Tomasi. Potrebbe sembrare la trascrizione di un’intercettazione telefonica, furbetti e politici nazionali ci hanno abituato a questo linguaggio aulico nelle loro conversazioni riservate. Purtroppo però questo è l’estratto dell’intervento che Tomasi ha pubblicamente pronunciato durante una tavola rotonda sul tema del lavoro in Valcamonica. Un’iniziativa messa in programma dal Circolo camuno della Federazione della Sinistra già da qualche settimana. Il caso ha voluto che si tenesse pochi giorni dopo il botta e risposta a mezzo stampa tra Cgil-Cisl-Uil e il Presidente della Comunità Montana Tomasi. Uno scontro inedito e dai toni infuocati che ha aggiunto interesse ad un incontro pubblico già di per sé degno di nota visto il livello dei relatori: dai rappresentanti sindacali al presidente di Assocamuna, dal presidente del Bim al segretario di zona del Pd (al suo debutto). Le premesse segue a pagina 5 dei vertici delle spa pubbliche, sembra che il pacchetto degli entranti coinciderà largamente con quello degli uscenti. Quantomeno, non mancheranno alcuni ben noti intramontabili. Con il consueto rimescolamento, è ovvio, per cui dal Comune o dalla Comunità montana si passa alla Spa, dalla Spa al Consorzio, dal Consorzio alla sua controllata e così via. Cambiando tutto, insomma, perchè tutto resti tale e quale, come si dice e si usa tra uomini di mondo. È lo scotto da pagare al rinnovamento del vertice in Comunità montana, così come si è determinato, con le sue luci e le sue ombre, dice qualcuno. Qualcuno rassegnato alla logica del do ut des mercantile che sembra insuperabile ad ogni livello. In una situazione in cui tutti sono deboli e ogni componente, anche piccola, ha il suo peso nella tenuta amministrativa. Ma al realismo ferreo di queste considerazioni fa controcanto l’esigenza altrettanto forte dei tanti che vorrebbero vedere facce e scelte nuove, per tante buone ragioni. Per elevare il dibattito al di sopra delle insinuazioni immancabili (ma anche, allora, difficilmente contestabili) di chi vede in certo “professionismo” politico-amministrativo la condizione di comportamenti e scelte in cui l’interesse privato o di consorteria prevale sugli interessi collettivi e spesso li orienta e li piega. Talora operando per la riconferma nella carica con le opportusegue a pagina 2 sabato 29 gennaio 2011: a cena con Graffiti... Tenetevi liberi. Festeggeremo a Bienno il numero 200, nel 20º anno del nostro sempre... graffiante giornale! dicembre 2010 - graffiti 2 dalla prima pagina quelli che... senza poltrona mai nità offerte dalla carica stessa. O, ancora, per consentire con un ricambio che non sia un gioco di squadra, il dovuto controllo di chi “vien dopo” sull’operato di chi lo ha appena preceduto. La possibilità reale e non solo teorica, insomma, che gli eventuali scheletri nell’armadio siano disvelati, per cui è meglio agire in modo da non averne, dato che alla scadenza del mandato se ne dovrà render conto. Credibilità e trasparenza, insomma. Che potrebbero venire da uomini nuovi (e competenti, perchè no?), non logorati da carriere ormai lunghe e inevitabilmente “chiacchierate”, a torto o a ragione. Il cui prologo stava in un’operazione di razionalizzazione delle società pubbliche. Con tutti gli accorpamenti che la normativa può consentire. E riducendo gli emolumenti per gli amministratori, che oggi sono di gran lunga più alti di quelli di spa analoghe, perfino rispetto ad alcune di maggior fatturato e con territorio di riferimento più ampio, come la Cogeme, ad esempio. Operazione che i Camuni non hanno avuto la soddisfazione di cogliere tra le pur lunghe manovre per gli accordi, tra dichiarazioni di Tizio, repliche di Caio e controrepliche di Sempronio. Ma c’è ben altro che fa temere un pacchetto di nomine ampiamente nel segno dei soliti «... la politica non dà certo il buon esempio: non solo ritirarsi da essa a una certa età per dedicarsi a qualche altra attività è cosa da noi sconosciuta, non solo perlopiù l’età media dei leader italiani è seconda solo a quella della Corea del Nord, ma ogni volta che essa è chiamata a nominare i vertici di qualcuno dei mille enti alle sue dipendenze, si può essere sicuri che nel novanta per cento dei casi sceglierà un vecchio politico o un vecchio burocrate con una lunga carriera alle spalle nei più svariati incarichi (ognuno dei quali in genere non c’entra nulla con l’altro), messo lì soprattutto come ricompensa o per tutelare chi di dovere...». Ernesto Galli Della Loggia, “Il potere grigio degli oligarchi”, Corriere della Sera noti. Ed è l’aver commissionato un parere legale sulla possibilità di evitare quanto disposto da una norma recente, il Dpr 168 del 07.09.2010, che all’art. 8 prescrive che «non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti la nomina abbiano ricoperto la carica di amministratore negli enti locali stessi» (intesi in senso molto lato). Norma volta ad evitare commistioni tra attività di gestione dei servizi locali e ruoli di controllo. Il documento prodotto, un ragionamento pro parte piuttosto che un parere pro veritate, dà conforto a chi volesse operare una forza- AVANTI GRAN PARTITO! tura interpretativa riducendo la portata del divieto alle sole Spa strettamente operative nei servizi. Rivela l’intento di chi lo ha realmente commissionato (non certamente la Spa che poi ne sosterrà il costo). Interpretazione che “salva” così qualche comoda postazione per intuibili rientri. Consentendo a qualcuno di saldare un debito politico, a qualcun altro di uscire dalla crisi di astenenza. E ai tanti che seguono scettici la vicenda di veder confermate certe sconfortanti previsioni. Che sono anche quelle del presente articolo, una lamentazione preventiva che ben volentieri accetterebbe la smentita dei fatti. (a cura di Michele Cotti Cottini) note e parole, in piazza per cambiare Vanno di moda gli elenchi ultimamente. Ne faccio uno anch’io. Elenco delle ragioni per cui ricordare la manifestazione del PD, l’11 dicembre a Roma: 5 Gli articoli della Costituzione letti in una piazza S.Giovanni gremita di persone vere, giovani e anziani, con cui camminare per le strade a Roma mi ha fatto stare bene. Si torna a respirare e sperare. 5 L’incipit emiliano-pragmatico-riformista di Bersani: «Cominciamo che fa freddo, dai». Mancava solo «ragassi…». 5 L’applauso liberatorio che ha accolto il «cari compagni» rivolto a una gremita piazza S.Giovanni. Pure a questo Veltroni ci aveva costretti a rinunciare. 5 I 9 compagni della delegazione camuna: pochi – pochissimi – ma buoni. 5 Il passato remoto con cui Bersani ha liquidato gli anni berlusconiani: «Promise più libertà e meno tasse, propagandò un modello individualista. Si scagliò contro il Palazzo e se ne fece uno tutto suo, e con le porte piuttosto girevoli. Accumulò potere politico, economico, mediatico…». Speriamo si possa davvero parlarne solo al passato. 5 Le bandiere che coprivano la visuale e volteggiavano a tempo di musica (unico neo l’invasione del fantomatico movimento piemontese dei “Moderati”, con bandiere gialle tra le più esteticamente sgradevoli mai affacciatesi in un corteo). 5 La gru di Brescia e i monumenti “adottati” dai ricercatori in rivolta: l’Italia reale proiettata sul maxischermo in piazza. 5 La lucida analisi di Bersani sui mali del nostro Paese: «il deperimento dell’etica pubblica, della dignità della politica; l’idea di una doppia morale consentita ai ricchi; il riaffacciarsi di stereotipi insultanti per la dignità della donna, la condiscendenza verso la mentalità pararazzista». 5 I ragazzi che facevano la fila per fare una foto con Rosy Bindi nel corteo. 5 L’ironia travolgente di Cristicchi, che ha reinterpretato Cotugno («Sono un italiano, un italiano nero») e Fo («E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale…»). 5 La poesia potente di Cristicchi, con cui ha ricordato gli ultimi: «I matti sono punti di domanda senza frase / Migliaia di astronavi che non tornano alla base / Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole / I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole / Mi fabbrico la neve col polistirolo / La mia patologia è che son rimasto solo». 5 La stoccata di Bersani agli improbabili uomini della provvidenza di casa nostra: «Pensare che si possano risolvere le cose affidandosi a scorciatoie personalistiche è una illusione disastrosa. Questo drammatico equivoco è andato oltre Berlusconi. Toccasse mai a me, mai metterei il mio nome sul simbolo. Che noi non dobbiamo suscitare passione per una persona, ma per la nostra Repubblica». 5 La sorpresa di Fiorella Mannoia sul palco e la sua versione di “Clandestino”. 5 La compostezza con cui i militanti bergamaschi, bresciani e cremonesi hanno sopportato le condizioni scandalose del treno speciale: vagoni obsolescenti che nemmeno la Brescia-IseoEdolo, parecchie carrozze senza riscaldamento, viaggio interminabile con lunghe soste nel vuoto. Nessun isterismo: il partito prima di tutto. Viva l’Italia, abbasso Trenitalia. 5 L’agenda delle cose da fare: «cancellare le leggi speciali e della cricca, monopoli e posizioni dominanti, introdurre norme finanziarie per snidare le illegalità e le mafie, leggi che combattano l’omofobia, garantiscano la dignità della persona nella malattia e dicano finalmente a un bambino nato qui e figlio di immigrati: sei un italiano…». graffiti - dicembre 2010 3 Lozio: la sconfitta della rettitudine di Alessandro Domenighini (sindaco di Malegno) Contrariamente alla regola, che vale in generale e che fino ad ora è valsa anche per me, di non intervenire nelle questioni che riguardano altri comuni e altre amministrazioni comunali, siccome l’articolo “Come è stato possibile tutto questo?” di Giacomo Goldaniga, apparso su Graffiti di novembre mi ha fatto perdere parecchie ore di sonno, intervengo “per fatto personale” sulla vicenda del’edificazione massiccia avvenuta nella valle di Lozio. Avendo frequentato Lozio costantemente negli ultimi 20 anni dico anche io la mia. Se c’è un responsabile dell’edificazione massiccia di villette a schiera nella valle di Lozio, questo è l’amministrazione comunale che ha guidato il comune dal 1995 al 2004. Per noi che costituimmo il comitato per la salvaguardia della valle di Lozio sono stati nove anni di battaglie: contro il progetto di discarica (vinta), contro il progetto di termovalorizzatore (vinta), contro le villette (persa). Battaglie anche legali per le quali abbiamo pagato sia come associazioni (gli amici delle natura avevano sede presso la scuola di Laveno e da lì se ne sono dovuti andare perché la scuola è stata venduta per essere sostituita da villette), sia personalmente (in termini economici e purtroppo anche in termini di salute). L’elezione di Claudia Fiorani a sindaco, avvenuta nel 2004, ci ha purtroppo illuso che la battaglia fosse vinta, così se abbiamo una responsabilità (e io questa responsabilità me la sento tutta) è stata quella di aver lasciato sola Claudia a battersi per la difesa del territorio. Il nostro compito doveva essere quello di affiancarla e non lo abbiamo svolto. Forse qualcuno AMBIENTE & DINTORNI ignora che è più facile togliere la patria potestà ad un genitore che un’area edificabile ad una immobiliare, e così l’amministrazione Fiorani, in perfetta solitudine è riuscita solo a limitare i danni. Basterebbe confrontare il piano regolatore in vigore fino al 2004 con le varianti approvate dall’amministrazione Fiorani per vedere quanto i danni siano stati limitati. Cito anche un fatto che da solo spiega chi sia Claudia Fiorani: tra le aree edificabili rese inedificabili ve ne era una, abbastanza gran- de, del vice sindaco. Se le idee valgono per quel che costano e non per quel che rendono, ecco dimostrata la serietà e la rettitudine dell’amministrazione Fiorani. Io mi sento di avere molto da imparare dal comportamento di quella amministrazione. Chiedo quindi a chi invece per cinque anni ha dormito di formare il proprio giudizio (e conseguentemente quello dei lettori) sui documenti (come si addice ad uno storico rigoroso come Goldaniga) e non sulle suggestioni. chi l’ha permesso e chi l’ha voluto Vorrei manifestare alcune considerazioni riguardo l’articolo a firma di Giacomo Goldaniga, pubblicato lo scorso mese su Graffiti, dal titolo “Scempio urbanistico in valle di Lozio”. Mi trovo in sintonia con l’autore quando esprime tutto il suo sdegno e stupore per la scellerata scelta edificatoria che è stata attuata nel bellissimo comune verso cui nutro un affetto e un legame particolari. Anch’io ritengo tanto assurda quanto controproducente l’attuazione di progetti demenziali. Dalla struttura di riposo per anziani adiacente l’antica chiesa di s. Nazzaro, al nuovo villaggio fantasma ( amo definirlo “ stile Gardaland”, tanto sembra finto) sorto nella medesima località, dalla colata di cemento in località “Camerata”, allo smisurato accrescimento delle abitazioni di Villa. Purtroppo però, ciò che è avvenuto a Lozio, non è prerogativa di quel comune. Negli ultimi quindici anni stiamo assistendo in tutta la Valcamonica ad una dissennata distru- (di Guido Cenini) Parco: arrangiati o muori! Dai dati in nostro possesso attualmente, ma speriamo di essere smentiti, la Regione Lombardia ha deliberato che ogni parco regionale avrà sulla parte corrente un 10 % in meno nel 2011 rispetto all’anno in corso. E fin qui, vista la finanziaria o patto di stabilità di Tremonti, non ci stupisce più di tanto. Il ministro ha negato soldi alla cultura ed all’ambiente, nonostante Pompei e le continue alluvioni, non ultima quella del Veneto. Con la prevenzione non si fa notizia, non si creano consensi e quindi non si mangia. Ma la notizia più grave è che per i fondi in conto capitale sembra probabile che dalla Regione Lombardia non arriveranno finanziamenti per il 2011. Quindi nessun investimento, quindi niente interventi, niente attività di promozione e di sviluppo. Persino il nuovo direttore sembra sia stipendiato direttamente dalla regione e non dal Parco dell’Adamello. Sembra abbastanza chiara la politica ambientale della regione: i parchi si devono arrangiare o non hanno senso sopravvivere e dunque devono morire lentamente strozzandosi con le proprie mani. Il Parco è nato come occasione di sviluppo di un’area montana che ha grandi potenzialità paesaggistiche e naturalistiche. Come altri territori italiani e stranieri che sono simili dal punto di vista ambientale ci si era illusi che una buona politica al riguardo potesse essere di volano per attività economiche, iniziative sociali, educazione ambientale tali da dare un colpo in avanti, ma se vengono meno i necessari finanziamenti da stato e regione per iniziare questo cammino, per dare input all’iniziativa privata, tutto sembra dare adito a pensare che la politica attuale nazionale e locale veda di buon occhio solo la fine di queste esperienze. Non siamo evidentemente d’accordo su tali scelte ed invitiamo Comunità Montana e Parco a credere a questa grande occasione per risalire la brutta china della crisi economica e industriale che ha colpito la valle. zione dei suoli. Se, anzi, ampliamo il nostro sguardo al di fuori, vediamo che tutto questo ha avuto luogo anche nelle zone adiacenti, in molte province, in molte regioni. È un fenomeno di portata nazionale che sembra non accenni ad arrestarsi. Consiglio a tal proposito di guardare su internet il bel film documentario dal titolo “Il suolo minacciato”. Come ci si spiega l’incontrollata avanzata del cemento su scala tanto vasta? Credo che il venir meno della capacità della politica di progettare e pianificare il territorio per l’interesse generale, abbia lasciato libertà di azione a faccendieri e speculatori di ogni sorta e ad ogni livello. Sono altresì convinto che in questo genere di investimenti ci sia una forte presenza della criminalità organizzata. Tornando al piccolo comune in questione, mi pare che Goldaniga pecchi di sproporzione nell’ addebitare le responsabilità dell’accaduto a quelle che lui chiama “famigerate associazioni ambientaliste”. Non so se queste ultime abbiano tentato tutte le mosse a disposizione per arrestare tali nefandezze; ma in caso contrario credo che ciò sia stato causato da quel senso d’impotenza e dallo scoramento che avanza fra chi da anni si batte contro i mulini a vento, non trovando, molte volte, nemmeno il sostegno degli abitanti del posto. Mi pare inoltre di notare un’eccessiva indulgenza verso quello che è stato l’operato della giunta Pizio. Non voglio ora difendere l’amministrazione Fiorani, e non ho elementi per affermare se, nelle condizioni ereditate, abbia attuato tutto ciò che era in suo potere per fermare i progetti. So però che ad aver messo in campo il tutto sono stati l’ex sindaco Pizio e i suoi collaboratori. E non mi riferisco solo all’avvenuta cementificazione. Altre diavolerie avevano ispirato la bizzarra fantasia dell’allora primo cittadino. Chi si ricorda del tentativo di creare una discarica nella zona della ex cava? O della volontà di installare un termovalorizzatore? Per il futuro auspico che l’attuale maggioranza abbia la sensibilità, la capacità e il coraggio di fare scelte politiche opposte rispetto a quelle sopracitate. Lozio se lo merita. (Igor Ducoli) dicembre 2010 - graffiti 4 FRA IDEALI AL TRAMONTO E INTERESSI INCONFESSABILI non c’è partita di Tullio Clementi L’invettiva morettiana contro i dirigenti del centrosinistra («con questi politici non vinceremo mai») non rende adeguatamente “giustizia” agli interessati, e tantomeno contribuisce a illuminare i potenziali elettori sulla natura e sui limiti (oltre che sulle eventuali virtù) dei dirigenti stessi. Posta così, in realtà, l’invettiva sembra voler prendere di mira soprattutto le qualità intellettuali e politiche, lasciandone intendere l’inadeguatezza rispetto alla natura della competizione, e proprio per questo non mi pare troppo convincente. Ancorché “figli d’arte” (o forse proprio in virtù di tale privilegio), infatti, quasi tutti questi dirigenti sono passati attraverso le vecchie e gloriose scuole di formazione dei grandi partiti storici, dove si discuteva anche dei “massimi sistemi”, certo, ma senza mai snobbare le altrettanto importanti arti della buona amministrazione, come abbiamo potuto constatare ed apprezzare per decenni laddove è stato possibile impegnare sul campo della pratica la cultura teorica e la passione politica di tanti giovani dirigenti. No, non sono – non possono essere – quelle lasciate filtrare dall’invettiva morettiana le ragioni per le quali con questi dirigenti politici il centrosinistra non vincerà mai. Sono di ben altra natura, le ragioni che tolgono fin dal suo accenno nascente ogni possibile ambizione ed ogni speranza ad una partita senza storia. Sono le ragioni di quanti, per dirla con le parole di Tito Boeri, «non vivono per la politica [non più], ma vivono della politica». E per vivere «della politica», soprattutto quando onorari e prebende vanno ben oltre ogni umano miraggio popolare, non c’è alcun bisogno di vincere, ma è più che sufficiente “partecipare”. Ovvero, è più che sufficiente un sistema elettorale che consacra gli “eletti” prima ancora del responso elettorale, grazie ad alcune disposizioni mirate, fra cui l’attuale legge elettorale (contro la quale non si ricordano grandi tumulti neppure nell’emisfero di sinistra) è solo uno degli ultimi tasselli. In questo senso, dunque, più ancora che le allusioni alle qualità intellettuali e politiche, lascia- te filtrare dall’invettiva morettiana, mi sembra che vada a cogliere nel segno l’amletica e sofferta (e non ancora “obsoleta”, nonostante sia ormai in circolazione da qualche mese) vignetta di Staino, laddove pone in bella evidenza il netto contrasto fra le inevitabili fatiche di un impegno politico vissuto all’insegna dell’interesse generale (per il quale è necessario a volte anche il sapersi mettere in discussione) e, per altro verso, le personali (e non per questo meno “umane”, naturalmente) lusinghe di una serena vecchiaia senza troppi problemi. “Ma allora vale per tutti!”, potrebbe obiettare il lettore. Tutti ispirati dalla filosofia andreottiana del “tiriamo a campare”. No, perché sul versante opposto gli stimoli alla vittoria sono alimentati soprattutto da altri interessi, il più delle volte inconfessabili, e questo – per fortuna o purtroppo – fa ancora la differenza. Perché al peggio non c’è mai alcun limite, neppure in politica. Ps: un concetto analogo, anche se limitato a Di Pietro e Casini (forse per una sorta di “carità di patria”), lo esprimerà anche Francesca Fornario su L’Unità (25 ottobre), scrivendo quello che «Bersani fa solo finta di non sapere», ovvero, che «ai suoi possibili alleati, Di Pietro e Casini, non importa vincere. Anzi, in RITRATTO qualche modo perdere consente loro di continuare a rappresentare qualcosa di concreto...». Mentre Matteo Renzi (Corriere della Sera del 5 novembre) rinuncia anche alla carità di patria e, dopo aver affermato che nel Pd sono tutti impegnati a dissertare su come morire («Chi non vuole morire democristiano, chi socialdemocratico e così morendo...»), aggiunge di non voler morire decoubertiniano, ovvero: «Non voglio partecipare e basta, voglio vincere le elezioni, almeno una volta, per vedere l’effetto che fa». E per vincere, come insegnano Vendola in Puglia e Pisapia a Milano, bisogna saper mettere nel conto che il nostro non è più (forse non lo è mai stato) un sistema “bipolare imperfetto” ma, piuttosto, un sistema “tripolare perfetto”, dove il terzo rassembrement (quello delle “anime belle”, come si usa dire spregiativamente negli ambienti di Palazzo) “scende in campo” solo se e quando riesce ad intravvedere una qualche speranza concreta. «... Ci sono ogni giorno nuovi dazibao, ma se ne può intravedere il senso solo in parte, non si può arrivare a penetrare tutta la verità. Non tutti i pezzi sono sulla scacchiera, è una partita che non si può giocare». (Acheng) (a cura di Tullio Clementi) Renato Rovetta Un “ritratto” di Renato Rovetta? Si fa presto a dirlo! Tutt’al più si può tentare una sorta di florilegio, grazie a quanto altri hanno scritto di lui, dopo la recente scomparsa. Renato se n’è andato nello scorso mese di ottobre, dopo aver «penato il martirio della malattia con dignitosa quanto stoica pazienza», scrive Nino Dolfo (Bresciaoggi, 14 ottobre 2010), dopo una lunga esistenza (siamo stati coetanei per quasi settant’anni) vissuta come «narratore delle passioni civili, del mondo culturale e dei suoi salotti con penna graffiante e con quel suo carattere beffardo, ma anche con quella rara capacità di leggere senza filtri distorcenti lo scenario epocale...» (ibidem). Un «irregolare della vita», in sostanza: «comunista e libertario, incuriosito da ogni deviazione della verità rivelata...», per dirla con le parole di Massimo Mucchetti (altro giovane alfiere della stampa laica nella provincia bresciana degli anni Settanta). Che è un po’ come dire «fuori dai ranghi», se vogliamo tornare a Nino Dolfo, il quale aggiunge che «bollato di scomunica, ma fedele alla sua vena di polemista di razza, Renato Rovetta continuò a scrivere pamphlet che facevano il contropelo alla Brescia bianca e tradizionalista, spesso in anticipo sulle indagini dei magistrati e sulla stampa tout court. Da free lance senza bavaglio né padroni». Da Brescia Sessanta a Brescia Ottanta, da Scritti clandestini a Scritti satirici, fino alla creazione del sito Bresciablob. E sul concetto di “eretico” avrà buon gioco perfino Paolo Corsini, citando il titolo di una prima biografia (Una vita da eretico, appunto), assieme al più recente Diario di un ischemizzato creativo, per dire che Renato «è stato un combattente nato, sempre fuori dal coro, sempre appartato in una solitudine che lo illimpidisce». Un uomo, conclude quindi l’ex sindaco di Brescia, sorretto dalla convinzione che «il compito della cultura è quello di seminare dubbi, agitare idee, promuovere ansia di verità». Di mio posso solo aggiungere il bel ricordo di una breve ma intensa collaborazione (col nome che mi porto appresso, ma anche con lo pseudonimo di Tomaso Castelli) negli anni di punta del blog bresciano, quando gli scritti graffianti di Renato (“Dalemoni” e “Monsignor Bino”, erano fra i bersagli preferiti) – ma anche gli appelli all’impegno civile, sociale e politico, come quando attivò il tam tam mediatico in supporto alla candidatura dell’altrettanto eretico Arturo Squassina, per esempio, – ti aiutavano ad affrontare le giornate più opache e deprimenti. Serve altro? graffiti - dicembre 2010 5 INIZIATIVA DELLA FEDERAZIONE DELLA SINISTRA A CIVIDATE CAMUNO lavoro in Valle: idee e proposte in campo a cura di Michele Cotti Cottini I SINDACATI E LE IMPRESE. «7.000 posti di lavoro a rischio nel nostro comprensorio»: suona subito la campanella d’allarme il segretario della Cgil Gazzoli. Gli ammortizzatori sociali hanno agito da tampone, ma ciò che è mancata e manca tutt’ora è una politica per lo sviluppo. Gazzoli torna a criticare gli enti comprensoriali, poco e per nulla impegnati sul tema del lavoro, come se la crisi non esistesse. La realtà è che la disperazione aumenta: sempre più sono i camuni che si rivolgono alla Caritas per un pacco di cibo, sempre più sono i lavoratori che chiedono ai sindacati di dar loro una mano nel trattare con le banche. L’incapacità di costruire un’alternativa di fron- dalla prima pagina Sindacati-Tomasi... non sono bastate a smuovere tv e giornali locali: nessun giornalista presente; non scherziamo, mica è la sagra del maiale. L’assenza dei media locali è una ragione in più per offrire ai lettori di Graffiti un resoconto della serata (qui a fianco). Dopo due ore di dibattito, il presidente della Comunità Montana, presente in sala, chiede la parola e prova a raccontare il suo punto di vista. Confessa di averci capito poco del fondo di oltre 1 milione di euro stanziato per la riconversione del tessile in Valcamonica: un progetto ereditato dalla gestione precedente, che ha cercato di portare avanti attraverso incontri in Regione e con i Comuni, nonostante gli ostacoli frapposti dalla Provincia. Tomasi rivendica i risultati ottenuti negli ultimi 5 anni in Alta Valle: un aumento di posti di lavoro pari al 3% della popolazione grazie al turismo, ai consorzi forestali e alla centrale di teleriscaldamento. Dopodiché sbotta, attacca nuovamente Cgil e Cisl a muso duro per poi chiudere con un timido appello al ritrovare un progetto condiviso e concreto. La risposta dei sindacati non si fa attendere. «Non è sufficiente dire: io il patto territoriale non lo conosco», controbatte Bertocchi. E Gazzoli: «Anch’io sono stato eletto un anno fa e quel patto me lo sono studiato». Se la Comunità Montana ha proposte migliori, perché non le ha mai avanzate? Perché non si è vista la grinta che Tomasi ha mostrato questa sera negli incontri con la Provincia o in un’emergenza aziendale come quella della Selca? «Non siamo più disposti a sopportare l’immobilismo degli enti». Cgil e Cisl ribadiscono la loro disponibilità a sedersi attorno a un tavolo, ma le posizioni restano lontane. «Quando si va in montagna, è bene togliersi i sassolini dalle scarpe», commenta il segretario Pd Milesi. te ad aziende in difficoltà non è purtroppo nuova: Bertocchi della Cisl ricostruisce la lunga storia dell’Olcese, negli anni d’oro 3.300 dipendenti solo nello stabilimento di Piancogno. Dal 1984 al 2006 il gruppo ha beneficiato della cassa integrazione quasi ininterrottamente: 22 anni di cassa sono costati 400 milioni di euro. I sindacati nel rispondere alle emergenze hanno sì tutelato il reddito dei lavoratori, ma forse – ha ragionato Bertocchi – bisognava sforzarsi maggiormente nel cercare percorsi alternativi. E, venendo all’oggi, lo strumento su cui tutte le forze si devono impegnare con convinzione si chiama patto territoriale. La crisi si accompagna all’attacco ai diritti dei lavoratori, tuona Ballerini della Fiom. Nel nostro comprensorio qualche settore ha retto (le Forge, la Lucchini) ma ora si sta registrando con preoccupazione la chiusura di piccole aziende di qualità, stritolate dalle banche per problemi finanziari contingenti. Su quest’ultimo problema Bianchi non può che dirsi d’accordo con Ballerini. Il presidente di Assocamuna allarga l’orizzonte: oltre alla crisi economica c’è l’indebitamento pubblico ad ostacolare lo sviluppo. Come si può andare avanti con uno Stato che spende per pagare gli interessi sul debito 100 miliardi dei 300 che ricava dalle imposte? E con una Regione che destina il 75% delle proprie risorse solo nella sanità? Sul piano locale Bianchi vede nella concertazione e nell’incubatore la via per il rilancio. Cita i capitoli dell’agenda che dovrebbe darsi l’incubatore: energia rinnovabile, compresa quella nucleare; turismo; innovazione tecnologica… LE ISTITUZIONI E I PARTITI. Si confessa pessimista sulla condizione del lavoro in Valle Gelfi, presidente del Bim: la crisi dura da 2 anni; di disoccupazione si sente parlare da 40 anni ma oggi la situazione è più grave che mai. «Gli enti locali hanno le mani legate, dati i tagli dei trasferimenti cui è stato co- stretto il Governo. Ma superiamo le polemiche degli ultimi giorni, dobbiamo fare squadra», è l’appello conciliante di Gelfi. Milesi del Pd elenca le varie facce del problema lavoro in Valcamonica: le prospettive incerte per molti lavoratori, il pendolarismo giornaliero, la scarsa soddisfazione di giovani laureati che non trovano un posto di lavoro coerente con il proprio percorso di studi, la precarietà che lede la dignità della persona e danneggia l’economia. Milesi prova anche a declinare una possibile ricetta per la Valle basata sui principi della soft economy: agroalimentare di qualità, nuove tecnologie per la salvaguardia del territorio, convivenza tra turismo culturale e di massa, imprese sociali, green economy… Bene la soft economy, ma non è possibile rinunciare al manifatturiero: nelle conclusioni ci mette passione e competenza Matteo Gaddi, responsabile lavoro di Rifondazione per l’Italia del Nord. Di fronte alle continue delocalizzazioni (per limitarci al tessile camuno: Cotonella in Albania, NK in Tunisia, Franzoni in Bosnia), occorrono norme punitive verso le aziende: chi delocalizza deve restituire tutti i contributi pubblici diretti e indiretti ricevuti, questa la ricetta della Federazione della Sinistra. E senza tornare all’Iri e allo Stato imprenditore – si domanda Gaddi – perché Finlombarda investe negli inceneritori e non nelle aziende in difficoltà? Gaddi cita l’esperienza del protocollo d’intesa firmato da tutte le parti sociali e istituzionali in Valseriana: un bell’accordo per dare un futuro ai lavoratori espulsi dal tessile, un fondo di 60 milioni di euro per finanziare start-up. Progetti presentati: zero. Morale: senza la volontà di politici e imprenditori non si possono fare passi avanti. Come si può pensare di costruire un futuro alternativo se i Comuni cambiano la destinazione d’uso delle ex aree industriali spianando la strada a nuovi centri commerciali? alcune altre... perle «“In Valcamonica la disoccupazione non esiste. Anzi ci sono tanti posti di lavoro che i Camuni non vogliono...”. [...] Siamo rimasti disorientati, delusi ed amareggiati di fronte alle dichiarazioni di un Presidente che, probabilmente, non ha la consapevolezza di quello che sta accadendo in Valle ed in particolare nel mondo manifatturiero. […] Certo questa Comunità Montana (in compagnia delle forze politiche di governo) non ha mai partecipato né mai si è informata né mai ha assunto alcun ruolo sulle vicende difficili della Selca o della Franzoni o della NK o del gruppo Inusti. […] La Comunità Montana è impegnata da mesi a risolvere, con il manuale Cencelli, la spartizione dei posti nelle Aziende di Valle e forse l’impresa è riuscita, tirando con lo zuccherino di qualche poltrona anche la affamata Lega...». (stralcio del comunicato sindacale) «... Il presidente della Comunità montana rimprovera il sindacato di usare un linguaggio incomprensibile, di fare spesso della dietrologia, aggiungendo che «gli enti locali non hanno fra i loro compiti istituzionali d’interloquire con le forze sindacali, che a giusta ragione difendono i diritti dei loro iscritti mentre noi ci occupiamo di tutti indistintamente, anche delle imprese non avendo tra l’altro nessuna responsabilità oggettiva sul mondo del lavoro». (Bresciaoggi, 7.12.10) dicembre 2010 - graffiti 6 LETTERA DEL PRESIDENTE CAMUNO GIACOMO CAPPELLINI A GASTONE alpini: «è rimasto lo spirito di un tempo» di Giacomo Cappellini* Ho letto sull’ultimo numero di Graffiti la valutazione che mi hai riservato. Ognuno di noi pone cose, persone e fatti su una scala di valori, ciò è naturale, piuttosto scontato oltre che assolutamente legittimo; rendere pubblica la valutazione però spesso provoca un dissenso altrettanto legittimo. Mi rifili un cinque, mediocrità assoluta! Anche se la cosa personalmente non mi tocca più di tanto e non avrei quindi scritto, l’apprezzamento coinvolge l’Associazione che presiedo per cui mi è obbligo farlo. Sono un uomo o meglio un leader di sinistra! All’A.N.A. aderisce gente di sinistra, di centro e di destra. Questa moltitudine si chiama Alpini! Li rappresento tutti! Chiarimento questo che devo per rispetto dei miei associati, per il momento ritengo l’argomento assolutamente chiuso e rimando ogni ulteriore commento a quando non sarò più presidente della Sezione A.N.A. di Vallecamonica. Ciò che mi fa arrabbiare davvero sono però le affermazioni “meno retorica “ e “votati al vino e strinù”. Meno retorica! Farsi portatori di una memoria per ricercare ed affermare principi di lealtà alle istituzioni auspicando di ritrovare un rinnovato senso civico. Richiamarsi al passato per cercare un’identità, un chiaro senso di appartenenza che ci permetta di guardare serenamente al futuro per accostarci magari al confronto globale. Ricercare in momenti bui della nostra storia motivi di riscatto per esprimere solidarietà e speranze di pace. Se queste fossero solo parole si tratterebbe certo unicamente di retorica, ritengo però che, al di là del modo e del contesto in cui si opera, diffondere i valori sopra detti superi il fatto semplicemente verbale. Votati al vino e strinù! Potrei dire che intorno a certi momenti si crea amicizia, aggregazione e quant’altro. Potrei indirizzarti da alcuni e la lega pretende i corsi di italiano per gli immigrati Nel corso della riunione di “Salotto ’89”, venerdì 19 novembre, il senatore Gianpiero De Toni, spargendo sul tavolo alcuni documenti e volantini prodotti dall’Italia dei Valori nelle ultime settimane, richiamava l’attenzione sulla foto di un “suv” sul cui retro era stampata la seguente scritta: «Per la libertà della Padania: va pensiero sull’ali d’orate». Ma va la!, gli ho detto, è un vostro fotomontaggio. E lui, di rimando: no, ti assicuro, era proprio così. E allora m’è venuta come una sorta di folgorazione: sull’ali “d’orate?”, e perché non anche “di trote”? (t. c.) Sindaci dei nostri Comuni per chiedere loro cosa rappresentano gli Alpini nelle rispettive comunità. Potrei dirti cosa e quanto fanno i nostri gruppi di Protezione Civile e le Squadre Anti Incendio Boschivo. Allego invece semplicemente le pagine del nostro Libro Verde della Solidarietà 2009 che riguardano la Vallecamonica. Forse non sapevi neppure che esistesse. Questa pubblicazione raccoglie ogni anno i numeri di quanto gli Alpini offrono in lavoro e denaro (più di 30.000 ore e quasi 155.000 Euro). Non lo pubblichiamo per vantarci, le cifre sono sicuramente in difetto poiché qualcosa e non poco sfugge per modestia, lo pubblichiamo «Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono». (Voltaire) repliche per dare un esempio, perché quanto noi facciamo nel pieno spirito del volontariato possano farlo anche altri. Per ultimo voglio ricordare che proprio sull’esempio del nostro slancio di solidarietà e generosità alcuni decenni or sono è nata la moderna Protezione Civile. Da allora tante cose sono cambiate, come in tutte le famiglie c’è del buono e del meno buono, ma lo spirito dei nostri soci e volontari ti posso assicurare è rimasto sostanzialmente quello di un tempo, integro e pulito. Questa è l’Associazione che presiedo e conosco, non credo essa meriti di essere tacciata di fare retorica o votata al vino e strinù. * Presidente dell’Associazione nazionale alpini, sezione di Valle Camonica Caro Giacomo, ho chiesto a Gastone il privilegio di poter essere io a rispondere alla tua lettera, perché vorrei mettere a profitto il non lieve vantaggio di aver frequentato gli alpini per ben 18 mesi, nelle caserme del Centro addestramento reclute all’Aquila e poi al 3º Reggimento di artiglieria da montagna, su in Carnia – dalle cui basi avremmo valicato i passi dolomitici per le sfiancanti e nostalgiche marce dei campi estivi e invernali, ma anche per scendere giù nell’orrenda conca di Longarone devastata dal Vajont, nell’autunno del 1963 – , dove ho avuto la fortuna di poter rinunciare ai gradi di caporale grazie all’offerta/richiesta di un ex capitano (degradato a tenente per insubordinazione) di far da attendente a sua moglie, con due graziose bambine ed un cane lupo di nome “Bill”. Dopo il congedo, tuttavia, non ho rinunciato né all’esibizione del cappello alpino né, tantomeno, ad occasionali frequentazioni delle Feste degli Alpini (a maggior conferma, come direbbe il Faust di Goethe, che nel nostro petto «dimorano due anime»); così come durante la naja non mi ero risparmiato nel cantare in coro (benché notoriamente stonato) la canzone simbolo della Julia, commuovendomi come tanti altri per la “bandiera nera sul Ponte di Perati” come segno di “lutto degli Alpini che va alla guerra”, senza alcun pensiero per i greci che la guerra, invece, non l’avevano voluta. Del resto, quelle stesse tavolate imbandite con vino e strinù – dove si creano anche momenti di aggregazione, certamente – ho contribuito anch’io, a lungo, ad animarle, benché su un versante più strettamente politico, fino a quando (concedimi un’autocitazione), per adeguarsi ai tempi, «... si regalarono mutandine rosse alle signore» (T. Clementi, Una vita a Ramengo). Quanto alla Protezione civile, anche facendo la tara a tutto il fango di cui si sono coperti i suoi dirigenti nazionali in questi ultimi tempi, posso solo aggiungere che conosco ed apprezzo l’impegno di molti suoi membri, ma ne conosco pure altri che non vorrei mai trovarmi sull’uscio di casa... Ecco, tornando a Gastone, quando egli scrive che «da un leader collocato a sinistra ci aspettavamo meno retorica e un corpo più votato alla solidarietà...», credo che intenda prendere di mira gli Alpini nella stessa misura in cui verrebbero presi di mira i fanti o i marinai laddove essi fanno un tutt’uno (nel bene e nel male) con il tessuto sociale in cui sono inseriti e di cui ne sono, quindi, la più diretta e naturale rappresentazione. In questo senso, dunque, mi pare che il dubbio finale dello stesso Gastone («Forse è ancora presto»), benché condito da una declinazione di stampo provocatoriamente leghista (sperom) vada inteso anche come una possibile... apertura di credito. E non solo al nuovo presidente della sezione valligiana. Ps: ad ulteriore conferma di come e quanto un territorio come il nostro sia permeato (nel bene e nel male) dalla significativa e non eludibile presenza degli Alpini, ecco l’elenco di alcuni articoli (il cui titolo ne lascia intuire anche il carattere) pubblicati su Graffiti negli ultimi 10 anni. Carlo Branchi, Giù le mani dagli Alpini (gennaio 2001); Pier Luigi Milani, Qualche riflessione sull’esercito di professione e sul ruolo degli Alpini (settembre 2001); Pier Luigi Milani, Se l’Alpino si schiera (maggio 2002 e settembre 2002); Tullio Clementi, Alpini o solo... nostalgici (ottobre 2002); Pier Luigi Milani, Alpini in festa (e in pace) (giugno 2003); Tullio Clementi, Lettera aperta all’Associazione alpini di Cevo (dicembre 2005); Fausta Falconio, Alla riscoperta dei valori autentici (settembre 2006); Marcella De Negri, Un “evviva per gli Alpini? (luglio 2007); Tullio Clementi, Temù, gli Alpini traditi? (maggio 2009); Alessio Domenighini, A chi tocca tramandare la storia? (aprile 2010); Danilo Fedriga, A chi tocca tramandare la storia – replica (maggio 2010) cordialmente, Tullio Clementi graffiti - dicembre 2010 7 UN DOCUMENTO DEL COMITATO BORNESE PER IL REFERENDUM l’acqua e gli acquedotti sono dei bornesi a cura di Giacomo Goldaniga Un giorno Mino Martinazzoli asserì che i Comuni sono delle invenzioni celestiali, - guai se Dio non li avesse creati -. A noi ci sembra invece che la maggior parte di essi siano delle Associazioni di Affaristi, di famiglie benestanti imparentate tra loro, che più che al bene della loro comunità guardano ai propri interessi! Ed è quello che emerge dall’intricata vicenda della gestione delle acque bornesi. Pare che la concessione dell’acqua dei torrenti Trobiolo e Lovareno (inclusa la sorgente e l’acquedotto) siano state cedute qualche anno fa dalla giunta Franzoni (per questo si spiega il voto favorevole della minoranza) alla società Borno Energia Pulita. Il fatto di per sé è già grave, tuttavia in questa società il Municipio detenendo il 51% delle azioni era ancora proprietario di metà concessione del Trobiolo, del Lovareno e dell’acquedotto. I privati però hanno sempre cercato d’impossessarsi dell’intero pacchetto azionario per avere il controllo assoluto della società. Una volta in possesso avrebbero potuto sfruttare le acque del Trobiolo e del Lovareno con una o due centraline idroelettriche, vendere energia pulita e introitare pure la tassa sull’acqua potabile. È soprattutto per bloccare questo disegno che Pietro Bertelli, allora vice-presidente della Comunità Montana, aveva chiesto ed ottenuto per vie legali le dimissioni dell’allora sindaco Franzoni Martino, perché ne era il presidente (incompatibile per legge) e stava svendendo l’acqua. Ora la vicenda si stava replicando se non fosse intervenuta una variante: la sindachessa ha fatto macchina indietro. L’attuale giunta Rivadossi e l’intero Consiglio La mostra “Quando l’acqua racconta”, di Alessio Domenighini, fa tappa a Pisogne (scuola primaria di via Padre Cagni): dal 13 al 22 dicembre, tutti i giorni feriali dalle ore 8 alle 16 (sabato dalle ore 8 alle 12) ANCHE CONTRO LE MENZOGNE DELLA LEGA acqua: riparte la mobilitazione di Alessio Domenighini Quest’estate giravano manifesti a firma della Lega, che con la solita demagogia declamavano l’ennesima bufala e cioé che l’acqua era ritornata di proprietà delle comunità. Certo, se sai che la quasi totalità dei tuoi elettori crede ciecamente a tutto quello che le propini e se ne guarda bene dall’informarsi, allora puoi rifilare loro qualsiasi cosa. In realtà la Regione, nella quale la Lega la fa da padrona, sta per decidere, di fatto, la privatizzazione del servizio di distribuzione dell’acqua su tutta la Lombardia. Ci troveremo così qualche multinazionale mascherata magari da industria padana che a suo piacimento deciderà le tariffe, l’efficienza del servizio, gli interventi in caso di guasti. Il governo regionale di Formigoni doveva decidere la cosa il 30 novembre scorso. Poi ci sono state numerose prese di posizione contrarie a questo intervento di “Milano ladrona” da parte dei Comitati per la difesa dell’acqua pubblica (compreso quello camuno) e di molte amministrazioni locali. Il risultato, per ora, è stato un rinvio al 23 dicembre. Ovviamente il fatto che si siano raccolte circa un milione e mezzo di firme contrarie a questo ennesimo sopruso (oltre dodici mila anche in Valle) a lor signori proprio non gliene può importare di meno. E anche la Lega, ovviamente, accetta tranquillamente tutto questo. Insomma gridare slogan contro lo stato centralista va sempre bene, agire da regione ipercentralista va altrettanto bene. Così, stabilita la privatizzazione, il tutto sarà affidato alle Province dove, ovviamente, decideranno quelle realtà che contano più elettori. Brescia surclasserà tutti e la Valle Camonica verrà trattata alla stregua di un qualsiasi comune della Bassa. I Comuni potranno limitarsi ad esprimere un parere, vincolante si dice, ma che nei fatti non potrà contare nulla. Ma non erano le Province gli Enti inutili contro i quali per anni la Lega si era scagliata, chiedendone la soppressione? Certo. Ma questo finché la Lega non è entrata a gestire anche quell’Ente con le relative poltrone (e relativi introiti). Quando si dice coerenza... A questo punto non rimane che tornare a far sentire la voce. Il “Comitato per l’acqua pubblica di Valle Camonica” chiede che a decidere per il nostro territorio siano i Comuni all’interno del proprio ambito territoriale, cioè la Valle Camonica, anche attraverso l’Ente comprensoriale della Comunità Montana. Nei prossimi giorni il Comitato, insieme alla Carovana dei diritti umani, organizzerà un’assemblea pubblica per informare i cittadini e poi, a seguire, si troveranno delle forme di presenza pubblica ed azione. Insomma, aspettando la primavera, quando il referendum dovrebbe spazzare via ogni pretesa di permettere ai privati di speculare sul bene acqua, occorre riprendere la mobilitazione contro questa ennesima dimostrazione di centralismo che, nei fatti, come si diceva una volta, toglie ai poveri per fare molti regali ai ricchi. Magari con qualche regaluccio a chi li favorisce. Comunale decadrebbero ed il Comune verrebbe commissariato se il bilancio dell’Ente si chiudesse in passivo, in seguito alla legge sul patto di stabilità che prevede la parità di bilancio. Il deficit sussiste ed è pari a 360.000 euro, somma della fideiussione da pagare alla Banca di Valle Camonica per la funivia dell’Altissimo. Quindi la giunta si è giuntata ed ha pensato bene di vendere il 51% delle azioni per la somma di 705.000 euro. Una cifra ridicola, ma tuttavia sufficiente a coprire la fideiussione per la funivia e acquistare la concessione del Lovareno e dell’acquedotto per altri 342.000 euro (valore sottostimato). Grazie alla protesta di due consiglieri di maggioranza che han preteso il vincolo di recupero dell’acquedotto e del Comitato Bornese per il Referendum il colpaccio non è riuscito. Il volantino del Comitato Referendario recitava così: «Vendono le concessioni dell’acqua del Trobiolo e del Lovareno a Zaleski. L’acqua della sorgente Lovareno e gli acquedotti comunali non saranno più pubblici con le conseguenze che ne deriveranno. Non solo la società acquistante non s’accontenta del beneficio derivante dalla vendita dell’energia elettrica, ma mette le mani anche sulla nostra acqua potabile. Perché la sindachessa non ha interpellato la popolazione?». All’ombra della legge 122/2010 sui passivi delle società partecipate, la Rivadossi s’apprestava a vendere il 51% delle azioni ad Iniziativa Bresciana, che include la finanziaria di Vallecamonica, controllata da Cocchi, braccio destro di Zaleski. Il tutto avveniva in sordina senza uno straccio di coinvolgimento della popolazione bornese. Ora però, montata la protesta fra la popolazione, cambiate le carte in tavolo, la vendita dovrà avvenire mediante asta pubblica. Ma non tutto è assicurato e gli acquedotti non sono ancora salvi. Potrebbe succedere che la Provincia non dia il benestare all’attivazione delle concessioni, che l’asta vada deserta o che gli originari compratori possano ritirarsi, insoddisfatti della sola concessione del Trobiolo. Infatti la proposta della sindachessa è la seguente: «Invece di tenere in vita due concessioni idroelettriche a metà, ciascun ente ne possiederà una per intero. Il Trobiolo alla società acquistante, il Lovareno al Comune». Quindi dovrebbero sorgere due distinte centraline, una privata e una pubblica. La data utile per realizzare tutto ciò è la fine di Marzo 2011. A questa data il Comune dovrà contemporaneamente aver venduto il 51% delle sue azioni ed aver acquistato l’acquedotto del Lovareno. Certo una riflessione s’impone. La vicenda nella sua gravità è pure grottesca: l’Ente civico deve vendere il 51% delle sue azioni, di una società tra virgolette “già sua”, per riscattare il suo acquedotto. dicembre 2010 - graffiti 8 ACQUA, TELEFONIA, BANCHE, TRUFFE, L’AZIONE DI FEDERCONSUMATORI per non perdere la bussola a cura di Tullio Clementi La bussola è il logo di Federconsumatori, al cui responsabile territoriale, Giuseppe Lollio, rivolgiamo alcune domande. Innanzitutto, cos’è, in sostanza, Federconsumatori? Per dirla con il logo con cui si presenta al pubblico, è un’associazione libera e democratica nata per difendere i legittimi interessi del cittadino consumatore e degli utenti della pubblica amministrazione, che fa della sua autonomia valore fondante. Di cosa si occupa, in particolare? Informa sui diritti di utenti e consumatori; promuove l’educazione al consumo; interviene sulla pubblicità ingannevole; combatte le forme di illegalità, truffa, raggiri e soprusi. In quali settori? Dalla telefonia all’energia (elettricità e gas); dalle banche alle assicurazioni, alle finanziarie. Sulla qualità dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Sugli abusi nelle vendite al di fuori dei locali commerciali (a domicilio, per telefono, per corrispondenza, ecc); i ricorsi per acquisti difettosi; la corretta applicazione del codice della strada... Che genere di assistenza offre? Consulenza e suggerimenti in caso di semplice vertenza; consigli e avvio di pratiche per aprire un contenzioso. Assistenza legale qualora fosse necessario aprire una vera e propria vertenza. Nel comprensorio camuno-sebino, per esempio? Tanto per cominciare, abbiamo aderito ad un bando della Camera di Commercio di Brescia sulle tematiche dell’educazione e della tutela del consumatore e dell’utente, che favorisce iniziative sul territorio per l’informazione e l’educazione dei cittadini sui temi relativi a: - accesso al credito al consumo, con particolare riguardo all’attuale crisi economica; - pratiche commerciali sleali e alle clausole contrattuali vessatorie; - problematiche del gioco d’azzardo. E tale proposito, si sono concordate con undici amministrazioni comunali del territorio camuno e del Sebino bresciano delle iniziative serali rivolte ai cittadini in quanto consumatori e utenti, con particolare attenzione alla popolazione anziana. In prospettiva? Avendo stipulato con la CdLT una convenzione che ci permette di utilizzare i locali delle Sedi di Darfo e sul territorio (in cambio di ciò Federconsumatori fornisce ai 20.000 iscritti alla Cgil un servizio agevolato nei costi per l’iscrizione all’associazione e per l’avvio di pratiche), ritengo che ciò potrà favorire lo sviluppo di iniziative simili a quelle che abbiamo intrapreso quest’anno in collaborazione con la Camera di Commercio di Brescia. Tuttavia, reputo necessario che si sviluppino, nell’ambito dei servizi della CGIL ad indirizzo sociale (Auser, Sunia, Ufficio stranieri...), quelle sinergie adatte a migliorare il lavoro di tutti, per un efficace servizio alla persona. Unificare le ragioni dei lavoratori e dei pensionati con quelle dei consumatori? Beh, non si tratta certo di una cosa semplice. Considero però importante che Federconsumatori dia il suo contributo ad una discussione sulla “consapevolezza sociale” dei lavoratori anche sul tema dei consumi. Se ci pensiamo bene, infatti, ogni atto di acquisto può trasformarsi in un regolatore del mercato, nel senso che la “consapevolezza sociale” del proprio lavoro può indurre a comportamenti diversi non solo per acquisti più “ consapevoli” ma anche sul proprio luogo di lavoro. Qualche caso significativo in Valle? Il problema dell’acqua, per esempio. In Valle si sono raccolte migliaia di firme sul referendum che chiede l’abrogazione della forzata privatizzazione di aziende pubbliche che gestiscono il ciclo idrico integrato. Io mi limito a segnalare il fatto che, Carte dei Servizi e Regolamento del Servizio Idrico Integrato (come di altri servizi di carattere pubblico) devono essere oggetto di confronto tra i gestori designati e le associazioni dei consumatori. Non è così? Così è stato possibile con UniAcque, che gestisce nella bergamasca il 60% dei comuni, lo è stato in parte anche per il Bresciano, ma si è limitata la discussione solo con l’ATO. In ambito valligiano esiste una situazione a dir poco paradossale: la società dei Servizi di Vallecamonica gestisce l’acquedotto del comune di Malegno e l’ospedale di Esine, più una ventina di depuratori in Valle; tutto il resto è lasciato alla buona volontà delle singole amministrazioni comunali. Solo il comune di Angolo ha aderito all’ATO provinciale, gli altri no, come hanno detto no all’idea di aderire alla società Aob2, che dovrebbe gestire il sub ambito 3. Quello della valle dell’Oglio. E Federconsumatori? Abbiamo chiesto (ed ottenuto) qualche settimana fa uno scambio di idee con il responsabile del settore di Valcamonica servizi. Non è contrario naturalmente ad affrontare la discussione sulla carta dei servizi e sui regolamenti, ma come si sa è tutto fermo. Si aspetta che la politica decida il da farsi su tutto il sistema. Sicuramente, dopo che avranno trovato la soluzione condivisa sugli assetti societari e sulle persone chiamate a dirigerli. Come Federconsumatori (in appoggio anche all’iniziativa del sindacato) si può tentare di fare una ricognizione per capire meglio il sistema dei servizi comunali sull’acqua; dalla captazione, al trasporto, alla depurazione e allo smaltimento. L’acqua come problema collettivo, e sul piano individuale, invece? Si sono recuperate soldi in favore di iscritti che hanno avuto problemi con i gestori delle telefonia e dell’energia, sulla vendita fuori dai locali commerciali. Siamo intervenuti in vicende di carattere turistico importanti, alcune andate a buon fine. Su alcuni contratti d’opera la soluzione si è trovata con l’ufficio legale. Si sono avviate alcune contestazioni con banche, assicurazioni e finanziarie. In alcuni casi i recupero crediti hanno deciso di non procedere. In altri i gestori hanno accettato di dilazionare nel tempo. Per la fornitura di apparecchiature per la casa ed il benessere si è impedito a due ditte della Valle e a una esterna di estorcere con tre contratti somme significative. Si è accertata una truffa di circa 9.000 euro per un viaggio organizzato da una società che poi è sparita. La società in questione è conosciuta agli inquirenti. Un’altra truffa di circa 600 euro per incauto acquisto su Internet (pacchetti di software e tv). Inoltre abbiamo consigliato e aiutato alcuni nostri iscritti a segnalare ai carabinieri e alla polizia postale casi di tentata estorsione. Ci sono altre associazioni dei consumatori in Valle? A quanto mi risulta c’è l’Adiconsum che ha i suoi uffici nella sede della Cisl territoriale e sulla questione della Carta dei Servizi potremmo sviluppare assieme l’iniziativa necessaria nei confronti degli enti gestori dei servizi di acqua, gas, elettricità. «Nelle stesse ora in cui alla Camera avveniva l’allegro mercato delle vacche che dovrebbe rinverdire il cadavere del governo, a Milano, la città più ricca d’Italia (governata da una delle signore più ricche d’Italia), una donna è morta di freddo in un’aiuola. E, nella stessa Regione Lombardia, un operaio senegalese, in Italia da 15 anni, è morto in una cella in preda a una crisi d’asma. Era stato arrestato perché, essendo rimasto disoccupato, il suo permesso di soggiorno era scaduto. Questi due morti vanno messi in conto al sindaco Moratti, al ministro Maroni e anche a quelli che si sono venduti per tenere in piedi il governo dei razzisti e dell’affarista pagatore». (Maria Novella Oppo) graffiti - dicembre 2010 9 NELLA PRADA DI CIVIDATE le intricate dimensioni della vita di Federica Nember Credo che a quasi tutti i viaggiatori, sia ai distratti che agli attenti, sia capitato almeno una volta di notare quel rudere ubicato lungo la super strada, all’altezza della prada di Cividate. È un piccolo edificio che probabilmente anni orsono era legato ad una dimenticata vita contadina; oggi, ormai senza tetto, commuove per la presenza di un albero che, coraggiosamente, sta crescendo al suo interno e i cui rami svettano alti oltre le pareti. Personalmente quando lo vedo penso all’Infinito di Leopardi e soprattutto al verso «e il naufragar m’è dolce in questo mare». Non sono un filosofo, non sono un sociologo né uno psicologo, non ho mai avuto ben chiaro perché pensavo proprio a quei versi. Ci ha pensato Patrizia Tigossi, artista brenese, a spiegarmi il perché. Nel suo saggio “Le rovine” descrive l’operato dell’uomo analizzandolo nel suo divenire: «L’architettura rappresenta un preciso equilibrio tra la tensione dell’anima che tende verso l’alto e la forza di gravità della materia che tende verso il basso». Da quando l’uomo ha capito che poteva costruirsi un tetto sopra la testa ha sviluppato una scienza che oggi chiamiamo architettura; non sempre è riuscito a realizzare ciò che ave- GIOVEDÌ 23 DICEMBRE 2010: Salotto89, per ragionare di politica in allegria e scambiarsi gli auguri. Appuntamento alle 20.30 in Sala ’89 a Boario Terme (vicolo Oglio 10). dalla prima pagina il giornalismo... visione che è stata, per anni, la dittatura del facile. I sondaggi non sanno e non possono registrarlo, ma è questo il vero segno che annuncia il cambiamento»... Ebbene, nel nostro piccolo noi, a volte, riusciamo a far convivere tale confronto delle opinioni e delle diversità perfino su un solo foglio. Come dimostra il dibattito scatenato dalla “provocazione” di Giacomo Goldaniga a proposito dei problemi urbanistici in quel di Lozio; la disputa cultural-folkloristica tra il nostro Gastone ed il cantastorie di Monno, Germano o, ancora, lo scambio di opinioni “senza rete” sugli alpini (un tema sul quale si sono misurati recentemente, in modo tanto serrato quanto civile, anche due preziosi sostenitori di Graffiti come Alessio Domenighini e Danilo Fedriga). Il tutto all’insegna di un principio già enunciato dall’indimenticabile Enzo Biagi (che citiamo per il valore dell’assioma, senza alcuna pretesa di voler incarnare il “verbo”, naturalmente): «Se la verità provoca uno scandalo, meglio accettare lo scandalo che abbandonare la verità». va nella mente, ma ha sempre anelato a raggiungere l’opera perfetta. Se gli antichi costruivano i loro edifici, i loro templi, le loro opere in modo che si compenetrassero con la natura circostante, ora dalle città alle province sembra che l’obbiettivo sia l’opposto. Non si teme né si rispetta la natura. Anche se la natura si riappropria di ciò che è suo, «tuttavia essa non fa crollare l’opera nell’assenza totale di forma della pura materia, almeno finché si parla di rovine e non di un mucchio di sassi; nasce una nuova forma che, dal punto di vista della materia, è totalmente significativa e comprensibile». Dunque l’edificio ha una sua vita, da architettura a rovina a nuova forma, una storia che si conclude con un ritorno alla terra o, come scrive l’artista, «un ritorno alla “buona madre”, come Goethe definisce la natura. Il fatto che tutto ciò che è umano “viene dalla terra e alla terra deve tornare”». L’artista conclude con queste parole: «Nella sua materia, nel suoi caratteri effettivi, l’opera è sempre rimasta natura; quando quest’ultima se ne riappropria non fa che riattivare in tal modo un diritto, sospeso fino ad allora, al quale però, per così dire, essa non ha mai rinunciato». FUOCO FATUO Come ho detto la mia formazione non è filosofica né psicologica, sono un archeologo e, pur apprezzando l’opera di quest’artista sia nei suoi scritti sia nelle sue realizzazioni manuali, non posso esimermi dall’affermare che non condivido in pieno ciò che afferma nel suo saggio. Testimonianza di vite e storie passate: le rovine vanno studiate e conservate, la natura deve fare il suo corso ma l’uomo ha il dovere di mai dimenticare ciò che ha imparato dal passato e ciò che edifici come il Santuario della Minerva a Breno o la Casa dei Gladiatori a Pompei testimoniano e narrano. Senza andare tanto lontano nel tempo oggi consideriamo archeologia industriale polverosi edifici che ci parlano di una rivoluzione industriale ormai superata, sarebbe a mio parere un reato cancellare la loro presenza. Vi sono invece scheletri di cemento e acciaio che urlano vendetta e la cui costruzione non ha certo rispettato quel rapporto fondamentale esistente tra uomo e natura. La poesia del rudere di cui parla Patrizia Tigossi è innegabile, ma vi sono edifici che è giusto ritornino alla natura, altri che dobbiamo salvaguardare sempre. (a cura di Stefano Malosso) ecco gli Uomini allo specchio Ancora un venire alla luce, dunque. Dopo 64 anni di buio poco cinematografico, torna alla luce Uomini allo specchio, primo lungometraggio (escludendo un piccolo esperimento ambientato a Edolo ma ormai perduto) di Toni Secchi, figura di spicco del cinema italiano nel suo periodo di massimo splendore, e da anni “cittadino d’adozione” della Valle: dopo Uomini allo specchio intraprenderà infatti una brillante carriera alla direzione della fotografia di tante produzioni televisive cinematografiche, dai servizi per La Settimana Incom e i Caroselli in Rai, fino all’approdo al cinema con Un uomo da bruciare dei fratelli Taviani, Mare Matto di Castellani, I mille Fuochi di Folco Quilici, Thomas (Gli indemoniati) di Pupi Avati, Un fiume di dollari di Lizzani, Quien Sabe? di Damiani e decine d’altri. Un ritrovamento fortunoso, inaspettato: di che si tratta? 40 minuti d’azione e intrighi che danno un senso ad un’attesa tanto lunga, e che ci raccontano più di quello che intendevano raccontarci nel 1946, quando il giovane Toni le plasmò come regista, direttore della fotografia e persino attore principale: molto più di una semplice vicenda noir, certamente. Così come una vecchia fotografia d’inizio novecento di Atget ad una Parigi incantata, seppur scattata senza ambizioni artistiche, diventa oggi di una forza dirompente per il complesso messaggio che ci porta dal mondo del passato, dei luoghi che furono, dei volti che passarono. Una pellicola impressionata riesce nel miracolo tecnico di riportare il passato al presente, col suo fascinoso carico di nostalgia, curiosità, emozione: è la magia del cinema, così come della fotografia. Come se, impressionando un’immagine sul labile supporto di una pellicola, questa diventasse un fantasma, in grado di andarsene e ritornare a farci visita in tempi imprevisti. Il film, che fu realizzato nel 1946 a Tradate e fu girato in bianco e nero con una cinepresa 16mm barattata da Secchi in cambio di alcune vecchie macchine fotografiche e poi rivenduta al termine delle riprese, è attualmente in fase di digitalizzazione, e Secchi possiede la sceneggiatura originale con i dialoghi che, per una serie sfortunata di eventi, non erano stati registrati. Insomma, nulla è andato perduto, e Uomini allo specchio potrà tra poco tornare a scorrere davanti ai nostri occhi con tutta la sua carica evocativa, facendo idealmente “parlare” i suoi 64 anni vissuti in uno scantinato, portando alla luce non solo la sua trama, ma soprattutto il mondo che l’ha vista prendere forma e i volti che l’hanno impersonificata davanti alla sapiente macchina da presa di Toni. dicembre 2010 - graffiti 10 L’UDITORE GIUDIZIARIO (a cura di Pier Luigi Fanetti) la verità è ancora “sotto chiave” Durante il dibattimento del processo per la strage di piazza Loggia a Brescia, conclusosi dopo due anni con le assoluzioni “dubbiose” degli imputati Delfino, Maggi, Rauti, Tramonte e Zorzi, impegnativa è stata l’attività dei difensori delle persone fisiche o giuridiche danneggiate dalla bomba. Alcuni avvocati erano già stati difensori di parte civile in precedenti processi nei quali, purtroppo, si era verificata una divisione nella strategia processuale tra chi propendeva per il filone bresciano (Ermanno Buzzi e Nando Ferrari) e chi per quello milanese (Cesare Ferri) dello stragismo fascista; altri legali hanno svolto tale incarico per la prima volta nel nuovo procedimento che ha seguito la pista veneta. Stavolta il collegio dei difensori di parte civile ha fatto gioco di squadra, coordinandosi e integrandosi, sia negli interventi in aula sia fuori. Nel primo incontro pubblico dopo le sentenza del 15 novembre, quattro degli avvocati hanno illustrato come nel 1993 era partita la complessa indagine della Procura di Brescia che è finita nel 2007 con la richiesta di rinvio a giudizio; hanno lamentato l?impossibilità di far uscire documenti dagli archivi poiché ancora mancano i regolamenti attuativi della legge sull’abolizione del segreto di Stato; hanno ammesso le difficoltà per la Corte d’assise (che è formata da due magistrati e sei giudici popolari) a riconoscere senza ombra di dubbio l’attendibilità dei testimoni dell’accusa su vicende di 36 anni fa che sono state aggrovigliate da depistaggi. I difensori di parte civile ritengono che la sentenza sia “un bicchiere mezzo pieno”, giacché non ha dichiarato l’innocenza degli imputati ma ha considerato dubbie le prove a loro carico. Perciò aspettano le motivazioni per capire come i giudici abbiano unificato le posizioni dei cinque imputati, stanti indizi più gravi a carico di Maggi e Tramonte, e per presentare appello. UNIONE DI COMUNI I comuni di Bienno e Prestine si apprestano a ad aggregarsi ai comuni di Breno e Niardo per dar vita all’unione dei comuni del centro valle. Ma la domanda sorge spontanea: chissà perché la Val Grigna non è riuscita a formare una sola unione , data la conformazione della valle e data anche e più importante configurazione urbanistica ormai contigua. Berzo ed Esine non ci stanno? Pensano di sopravvivere isolandosi dal resto della valle? CINGHIALI Netta e pesante la presa di posizione del Parco dell’Adamello e dell’assessore Broggi sulla questione cinghiali in contrapposizione alla provincia. Scrive l’assessore Broggi all’assessore Sala della Provincia: «Numerosi esemplari di cinghiale vivono nel Parco regionale dell’Adamello in particolare tra Breno, Braone e Niardo, ma come lei ben sa (il riferimento è all’assessore Sala) in questi ambiti, esterni al parco naturale dove non ci sono cinghiali, la caccia è consentita. Dalle sue parole, invece, si evidenzia l’impossibilità d’intervenire da parte delle Provincia perché gli animali si rifugiano nelle aree protette». «Essendo vietata per legge l’immissione del cinghiale su tutto il territorio regionale - scrive la Comunità montana - informiamo della situazione, per intraprendere i necessari provvedimenti». Quindi due posizioni nettamente distinte. Dapprima la Provincia ha chiuso non uno ma due occhi sull’introduzione dei cinghiali in valle e poi dà la colpa al Parco di proteggerli nelle aree di competenza . Cacciate i cinghiali ed anche l’assessore Sala. FRANE Non si contano più le frane in Valcamonica dopo due giorni di pioggia, la prevenzione resta un miraggio, lo stato non ci vede nemmeno. Anche metà del Veneto sommerso interamente da un metro d’acqua ha dovuto aspettare due settimane prima che il presidente Berlusconi se ne accorgesse. Intanto la Prestigiacomo insultava Tremonti per i mancati finanziamenti al proprio ministero e Silvio era indaffarato con Ruby. Le frane in valle non fanno notizia, ma danni certamente sì. Finiremo sotterrati da questo territorio e da questo governo? (g.c.) COOPERATIVA SOCIALE Pro-Ser Valcamonica Onlus Piazza don Bosco, 1 - DARFO BOARIO TERME 0364.532683 CONSULENZA PROGETTAZIONE E VENDITA DI SISTEMI INFORMATICI ANALISI E SVILUPPO SOFTWARE PERSONALIZZATO ASSISTENZA TECNICA Via Quarteroni, 16 25047 - DARFO BOARIO TERME Tel. 0364.535523 - Fax 0364.534788 Internet: www.ecenter.it e-mail: [email protected] 5 pulizie uffici, scale condominiali, negozi, bar, ristoranti, civili abitazioni. 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Vesto abiti tradizionali ricavati dalla lana e dalla canapa della Valle filate dalle nonne camune e tessute a telaio manuale di Monno. Nel tempo che mi rimane mi piace fare ricerca nel campo delle tradizioni e tutto quello che raccolgo lo divulgo nei libri e nelle riviste. Secondo te farei folklore fine a se stesso, durante la mia partecipazione all’Osteria de la Cantada (cfr. Graffiti del Settembre 2009). Per cambiare rotta e migliorarmi chiedo a tal proposito se tu possa specificare i punti deboli di tale programma e soprattutto come migliorarlo. Sarei lieto anche se questo costruttivo confronto potesse trovare risposta sulla tua interessante rivista valligiana. (Germano Melotti) repliche Caro Germano, innanzitutto grazie per i complimenti alla rivista e buona fortuna per la tua battaglia contro i centri commerciali, non sei il solo. Forse – come suggeriva tempo fa un assessore della Comunità Montana – sarebbe utile inserire pillole di informazione e di cultura nella tua trasmissione, poiché anche un format così popolare, di relax e di divertimento, può veicolare contenuti validi ed elevare il livello culturale nel quale ci troviamo. Inoltre non mi piace quell’eccessiva ripetitività (e quei tempi morti) che costringono te, Giannino e Daniela ad inventarvi sul momento battute scontate o a ripetere per l’ennesima volta la medesima canzone. Alcuni brevi suggerimenti, o meglio novità, da inserire nel programma, per elevare il palinsesto. 1. Un paese alla volta (lettura della descrizione fatta dai principali storici sui nostri Comuni nel corso dei secoli, magari sotto forma di gioco interattivo, invitando il pubblico da casa ad indovinare l’autore). 2. Un libro sulla Valle (titolo, autore e dove è possibile reperirlo). 3. L’iniziativa della settimana (l’appuntamento ritenuto più importante). 4. L’ospite in studio (a lui raccontare di sé e della sua biografia). 5. Un curioso documento storico ai più sconosciuto (la presentazione, per esempio, di un inedito). 6. Una frase o una parola in dialetto. 7. Una notizia curiosa. 8.Un’opera artistica o architettonica (la proiezione dell’immagine con il gioco da casa: dove si trova, chi l’ha dipinta o realizzata). Certo ci vuole un maggiore lavoro di redazione e meno improvvisazione, ma credo ne valga la pena… Ah, complimenti per il “Pà de seghel de Mon”, è buonissimo! (Gastone) LA CLASSIFICA DEL MESE a cura di Gastone ([email protected]) fallimenti e... medaglie Voto 1 a Corrado Ghirardelli, assessore provinciale ai Trasporti. Non ha ancora pagato 20mila euro ad un artigiano (che ora rischia di fallire) per la realizzazione della coreografia del centenario della Ferrovia camuno-sebina. Quel brutto vizio di spendere di più di quanto si ha in cassa. E per di più sulla pelle degli altri. Voto 2 a Fabio Bianchi, presidente di Assocamuna. Bruno Caparini imprenditore dell’anno è davvero troppo. A Edolo sono ancora in molti a ricordare quel burrascoso fallimento che scottò tante famiglie. Voto 3 a Dario Colossi, sindaco di Rogno. Il no al centro culturale islamico è sinonimo di intolleranza. Come sempre la lezione migliore l’ha data don Giancarlo Pianta, criticando fortemente l’atteggiamento di chiusura e di paura. Voto 4 a Simone Maggiori, assessore ad Ossimo. Farsi pignorare un mezzo comunale per non aver risarcito un cittadino che ha vinto una causa è ridicolo. Non avviene più neanche al sud. Voto 5 a Lino Balotti, presidente dell’associazione “El Teler”. Le “Ere da Nadal” hanno stufato. I mercatini di Monte di Berzo Demo sono sempre uguali e si esagera con le bancarelle di cibo. Non se ne può davvero più. Voto 6 a Riccardo Venchiarutti, sindaco di Iseo. La web-cam con cui ha cominciato a dialogare con la città, tramite web, è un’idea innovativa. Ma delegare il ricevimento dei cittadini ai suoi collaboratori è poco utile. Il rapporto umano prima di tutto. In fondo ti hanno votato. Voto 7 a Alex Domenighini, sindaco di Malegno. Con i colleghi di Bienno, Borno ed Esine ha stretto un patto contro i gas serra. Che la certificazione ambientale e le politiche anti inquinamento diventino patrimonio di tutti i Comuni della Valle. Voto 8 a Mario Bezzi, sindaco di Ponte di Legno e presidente della società che gestisce gli impianti sciistici. La Sit ha bilanci con il segno più, fa copiosi investimenti e dà lavoro. È nelle altre due stazione camune che si deve ficcare il naso, l’Alta Valle viaggia da sé. Voto 9 a Dario Furlanetto, nuovo direttore del Parco dell’Adamello. Appena arrivato ha già le idee chiare, lo si è visto durante la presentazione ufficiale. È sicuramente un’ottima idea che la parte camuna dello Stelvio diventi Parco dell’Adamello. Voto 10 a Lorenzo Caffi, grafico. Come sempre l’agenda della Cooperativa Azzurra mescola arti visive e solidarietà. Davvero una bella – anche esteticamente – iniziativa. In bravura sta superando Paolo Antonioli. recensione di Tullio Clementi Titolo: Periferia protagonista Autore: Luigi Mastaglia Editore: Bibliolavoro «Trent’anni di vita sono un periodo ragguardevole, che consente di valutare progetti e realizzazioni di un comprensorio sindacale, dentro il cammino di un’organizzazione che deve coniugare la conoscenza e la consapevolezza della propria storia con la proiezione nell’avvenire», scrive Mimmo Franzinelli sul quotidiano della Cisl, Conquiste del lavoro, del 6 novembre, commentando il libro di Luigi Mastaglia, Periferia protagonista. Una ricostruzione di questi ultimi trent’anni di storia del sindacato (della Cisl, in particolare), a partire dalla conferenza unitaria di Montesilvano del settembre 1979, quando «si pensava che la presenza del sindacato nel territorio dovesse assumere valenza politica di rappresentanza dei ceti meno protetti» (pag. 14). Assumendo come prioritari i valori del territorio e di chi lo abita – a prescindere dalle diverse ed a volte anacronistiche dimensioni istituzionali –, quindi, il comprensorio nasce nell’ambito territoriale di ben quattro comunità montane (Valcamonica, Sebino bresciano, Alto Sebino bergamasco, Basso Sebino bergamasco e Monte Bronzone), con qualche rammarico per la mancata inclusione della quinta Comunità montana, quella della Val di Scalve, la cui economia gravita in misura significativa sulla bassa Valcamonica, ed il collante che permetterà di tenere insieme un simile progetto e mettere in sintonia esperienze tanto diverse, scrive Mastaglia, consisterà appunto in quella che «si può definire “la marginalità della periferia”». Fra le prime iniziative ci sarà la riattualizzazione delle piattaforme rivendicative unitarie elaborate fin dai primi anni Settanta, in tema di sviluppo e difesa del territorio, riassetto idrogeologico, pianificazione degli interventi industriali, miglioramento del sistema dei trasporti valligiani (su gomma e su rotaia), realizzazione dell’ospedale di Esine... Trent’anni! Segue poi una minuziosa ricostruzione dell’intero periodo, con particolare attenzione ai problemi organizzativi della Cisl, ma senza trascurare il contesto sociale ed i rapporti con le altre organizzazioni, con estrema franchezza, anche quando si tratta di analizzare la vicenda relativa al cosiddetto “accordo di San Valentino” (firmato tra il governo Craxi ed il sindacato, con esclusione della componente comunista della Cgil), i cui effetti devastanti non risparmieranno neppure la “periferia”. Una vicenda che secondo Mastaglia («si può affermare ora, con il senno di poi», dice) testimonia «che eravamo giunti alla fine di un ciclo della vita politico-sindacale italiana». Ed il tempo, purtroppo, gli sta dando ragione. dicembre 2010 - graffiti 12 ROSSO DI SERA (a cura di Giancarlo Maculotti) meglio il buso del tacon GRAFFITI via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi) 25040 DARFO BOARIO TERME [email protected] http://www.graffitivalcamonica.it Prima o poi doveva succedere. I soldi si sono volatilizzati. Infatti, diciamolo francamente, era meglio il “buso del tacon” come dicono i veneti. L’idea di distribuire soldi a pioggia ai Comuni confinanti con il Trentino era l’idea più balzana che la politica avesse partorito negli ultimi anni. Compensati perché di confine? Che criterio è? Su quale diritto si fonda? Su quale principio di equità? in Redazione: Monica Andreucci, Bruno Nessuna traccia di ragionamento serio alle spalle. Solo un escamotage per tacitare le proteste di Bonafini, Guido Cenini, Michele Cotti Cottini, comuni che minacciavano di passare al Trentino (sempre che Dellai li accolga, perché non è mica Alessio Domenighini, Stefano Malosso, Valerio così stupido e la torta, che è sempre la stessa, dovrebbe essere divisa tra più commensali…). Moncini, Federica Nember. Se si voleva veramente pensare ad una politica per i comuni di montagna non poteva passare la hanno collaborato: Giacomo Cappellini, logica dei confini. È vero che le differenze tra comuni trentini e comuni lombardi confinanti è Alessandro Domenighini, Ando Domenighini, sotto gli occhi di tutti. Basta passare il Tonale per vedere. Se si pensa che tutto lo sviluppo Igor Ducoli, Pier Luigi Fanetti, Gastone, sciistico è stato pensato e realizzato dalla parte lombarda e si osserva la realtà di oggi, c’è da Giacomo Goldaniga, Giuseppe Lollio, interrogarsi mica poco. Lo sviluppo alberghiero è quasi interamente trentino e persino la funivia Giancarlo Maculotti, Germano Melotti, del Paradiso, voluta e realizzata dal sindaco di Ponte di Legno, Torri, oggi è in mano trentina. Se Mario Salvetti. si guarda l’alta val Sabbia e la si paragona alla confinante val Giudicarie si rimane allibiti. Il proDirettore responsabile: Tullio Clementi. blema esiste, è fuor di dubbio, ma è la soluzione che non quadra. Prima di tutto i soldi potevano essere dati alle Comunità Montane e non ai singoli comuni. Tutte le collaborazioni a Graffiti, così come Sarebbe stato almeno più giusto anche se la domanda che nasce spontanea è questa: e le Comul’impegno dei componenti la Redazione, nità Montane vicine alle Comunità confinanti col Trentino perché devono rimanere all’asciutto hanno carattere assolutamente gratuito. pur avendo gli stessi problemi? Si capisce subito che il ragionamento per confini non regge. Proviamo allora a trovarne un altro. Potrebbe essere quello della vera autonomia e delle risorse per la stessa di cui non c’è traccia né nella riforma federalista da barzelletta che ci ha Le vignette di Staino, Ellekappa, Vauro, ed propinato la Lega, né nel cosiddetto federalismo fiscale. L’autonomia – lo dice bene Dellai – altri sono tratte dai quotidiani: l’Unità, il non può stare in una benevola concessione che viene dall’alto e nemmeno nel motto “arranCorriere della Sera, il Manifesto, Repubblica giati”. Autonomia vera significa possibilità di avere entrate certe e statuti delle istituzioni costruiti in loco, non fotocopia di un modello nazionale. Autonomia significa futuro per le Comunità Montane e non loro azzeramento. Siamo ben lontani da tutto ciò. Altra possibilità è quella di finanziare per progetti di qualità che tengano conto del futuro della montagna. Si è scelta la strada più facile e più controproducente e ora se ne pagano le conseguenze poiché quando si elargiscono, seppure a capocchia, dei danè, è inevitabile creare una specie di diritto alla prebenda ad Aeternum. E così Breno e Ceto, buggerati, chiedono l’adesione al Trentino. È una provocazione, è evidente, poiché il Trentino non può arrivare fino a Torino, anche se fa rima. E dove lo si ferma se assieme alla sua espansione corrono le lire? Non si fa più in fretta allora a chiedere addirittura il ritorno ai confini del Congresso di Vienna? La realtà è che servono meno chiacchiere sul federalismo e molta più autonomia per tutte le regioni. In uno stato federale le Regioni a statuto speciale con i loro privilegi (se tali sono) dovrebbero sparire. Tutte le regioni diventerebbero a Statuto speciale. Ma una riforma radicale Tel. 030.45670 nessuno la vuole. In un disegno serio quindi i soldi dati al Trentino Alto Adige dovrebbero Fax: 030.3771921 essere tolti. Più autonomia e meno soldi di Roma (cioè delle tasche di tutti) dati a poche regioBrescia - Via Luzzago, 2/b ni. Siamo in Europa, c’è l’euro. L’Alto Adige si potrebbe restituire all’Austria. Che cosa camwww.radiondadurto.org bia? Confini non ce ne sono più. FREQUENZE: In una situazione così ridicola in ogni caso a ABBONAMENTO 2011 dal lago a Capodiponte: 100.100 me come Comune di Cerveno farebbe comoda Capodiponte a Edolo: 99.90 do diventare confinante di Dellai per poi in ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00. da Edolo a Pontedilegno: 100.00 futuro essere integrato. Poi toccherebbe a Gli abbonati sostenitori riceveranno in Redazione Valcamonica: MERCOLEDÌ 22 DICEMBRE Schilpario. Poi a Vilminore. Lo giuriamo: ai omaggio un libro sulla Valcamonica. dalle ore 18,30 alle ore 19,20 Pirenei stop. Ci fermiamo. Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato all’Associazione VALCAMONICA ON-LINE (di Mario Salvetti) culturale Graffiti), tramite l’allegato bollettino. Tanti piccoli sforzi personali Il portale dello sci dell’Alta Valcamonica è stato potenziato nelle sue funzioni possono trasformarsi in una ed i dati di accesso, da ogni parte del mondo, sono in forte ascesa. Si presenta grande risorsa per le procome un fornitore di informazioni e servizi a tutto tondo: dal meteo (con temspettive di Graffiti! peratura istantanea ed intensità delle precipitazioni), alla Skimap interattiva (il www.adamelloski.com Ricordiamo inoltre che il bollettino per l’abbonamento al giornale può essere utilizzato anche per l’iscrizione all’omonima Associazione culturale (30 euro), che darà diritto non solo a ricevere il giornale stesso ma anche a farne giungere una copia per l’intero 2011 ad un’altra persona (che dovrà essere indicata, con l’indirizzo). plastico delle piste, con indicazioni altimetriche e logistica), ai pacchetti promozionali per il soggiorno (gli hotel, la ricettività, gli skipass), all’apertura delle piste (quante sono in funzione tra le 40 esistenti e quali le loro caratteristiche tra dislivello e grado di difficoltà). Sempre più ambite dal navigatore di internet sono anche le webcam sparse nei punti più importanti del comprensorio (piazza XXVII settembre a Ponte di Legno, Santa Giulia a Temù, Ghiacciaio Presena, Passo del Tonale, Vermiglio, Valbiolo, Bleis), osservabili sul sito in presa diretta con orario e temperatura del momento: i loro scatti, ripetuti nel corso della giornata, danno uno spaccato immediato e straordinariamente reale della situazione.