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dei À
1
Ai vecchi che raccontano,
ai bambini che c’incantano
2
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Gavér amor
D
a sempre gli angeli
vegliano sul nostro paese.
Tanto è stato scritto, tanto è
stato fatto, pensando sempre a
loro, copatroni, insieme a San
Leonardo, di tutta la comunità di
Mattarello.
Possiamo vantare la contrada
degli angeli... Un’allegra brigata
che il nostro compaesano Pier
Paolo Perazzolli, con il suo
particolare umorismo ha voluto
immaginare.
Nelle vie di questo fantasioso
rione, possiamo incontrare
l’Anzolón, grande e grosso,
taglia forte, l’Anzolin, esile e
smilzo, l’Anzolét, il più piccolo,
l’Anzolóna, angelo tenero con il
cuore di mamma...
Col tempo, la contrada si è
allargata, tanto che Mattarello si
è meritato l’appellativo di “Paese
degli Angeli”.
Abbiamo voluto gli Angeli
protagonisti della Sagra 2013.
Una festa tutta dedicata a loro,
dove tutti, grandi e piccoli,
avessero modo di parlare,
dialogare dello stesso argomento;
dove ognuno potesse esprimere
la propria opinione a modo suo,
Lorenza Nardelli
Alessandro Nicolli
facendo ironia o discutendo
seriamente.
Un pretesto, insomma, per fare
“sagra insieme”.
I bambini, con il loro sguardo
innocente, ci hanno senza dubbio
aiutato a dare forma a queste
strane, impalpabili presenze, in
bilico tra la realtà e un mondo
immaginario.
Con la naturalezza che li
distingue, hanno saputo
scavalcare delicatamente gli
stereotipi del nostro vissuto,
dando vita ai loro Angeli, a dir
poco straordinari.
Centinaia e centinaia di opere
d’arte, pezzi unici, piccole
meraviglie, sono diventati
altrettanti biglietti per invitare e
ringraziare.
Gli Angeli dei bambini hanno
colorato il nostro paese, di giorno
e anche di notte, proiettati sulla
facciata della chiesa.
Conoscevamo le abilità dei
bambini, ma ciò che non
avevamo messo in conto sono
state le emozioni che questi
segni, taluni semplici altri
più elaborati, sono riusciti a
suscitare in tutti coloro che li
hanno ricevuti.
Molti, incuriositi da quelle buffe
faccine, da quelle figurine con
le alucce colorate, sospese tra
la terra e il cielo, hanno voluto
venire a vedere, a conoscere
questa nostra sagra.
I preziosi e incomparabili
biglietti dei nostri bambini sono
riusciti anche a commuovere...
Ancora adesso possiamo vederli
sulle scrivanie degli uffici, sulla
mensola della biblioteca, sulle
credenze delle case.
È difficile buttare via un biglietto
così speciale!
Ma l’entusiasmo dei bambini
e delle maestre ha fatto altri
miracoli...
È riuscito a contagiare tutti,
artisti, poeti, pittori, scultori,
attori, associazioni, allargandosi
a macchia d’olio, tra la gente del
paese.
È nata così la Sagra degli Angeli.
Li abbiamo messi in mostra, sono
scesi nei cortili, nei spiazi,
li abbiamo appesi sui muri
delle case, sono scesi sugli
alberi con le loro scale colorate,
ne abbiamo parlato tanto, li
abbiamo conosciuti un po’ di
più, li abbiamo riconosciuti tra
la gente che continua a gavér
amor a vivere insieme, a fare
comunità.
Abbiamo voluto racchiudere
questa splendida esperienza in
queste poche pagine, perché
quando si vive qualcosa di
speciale, quando si trova qualcosa
che riesce ancora a far battere
il cuore, che ti fa lanciare un
oh! di meraviglia, allora senti
il desiderio di raccontarlo e di
condividerlo con gli altri; e poi
perché noi dobbiamo essere i
custodi degli accadimenti, degli
eventi, che diventeranno la storia
di un paese, da lasciare in eredità.
3
Spigolature nella storia
e nella tradizione
4
I
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La chiesa rurale di Mattarello
dipendente da Santa Maria
ncontrastato l’onore primaziale al Tempio, nel
quale s‘ergeva la cattedra vescovile, nulla osta che
per volere del Vescovo fino dai primi secoli per gli
argomenti già svolti Santi Maria rifulgesse di quello
splendore, che rifletteva su di lei la Cattedrale.
È poi certissimo, se non si vuol cadere nell’assur-do,
che eretta a pieve, la cura dell’anime si estendesse
a un vastissimo circondario. A ricordare di quello
che fu, restando ancora alcune stazioni strette di
vincoli coll’antica matrice; a settentrione tutto il
tratto che dal Veruca si estende al brutto Passo o
Finestrelle, ove l’Adige batte nel monte, ed è detto
di Vela, a sera la montagna che fiancheggia l’Adige,
e si estende innalzandosi alle somme praterie del
Vasone e si appella Sardagna, a mezzodì la vasta
pianura di Mattarello cogli ameni colli di Novalina e
Brusaferro.
A cinque miglia dalla città, seguendo il corso del
fiume, sovra un altipiano s’alza un castello, che, nel
medio evo era feudo della Chiesa trentina e si diceva
Castrum Mattarelli. Spettava per investitura prima ai
Castrobarcensi, che cogli altri forti sulla riva opposta
del fiume dominavano la valle; poi ai signori d’Ivano,
da’ quali passò alla famiglia schiettamente tedesca dei
Trautmansdorf. Erano vassalli del Principe, che come
si rileva dal Codice Vanghiano in quel luogo possedeva
altri beni, avendo, come si legge, il Vescovo Federigo
nel 1212 ricuperato collo sborso di 900 lire da certo
Guitoldo e dal suo nipote Milone certa sostanza
feudale, che possedevano in Mattarello. Quel popolo
sia di servi del castellano sia di liberi coltivatori degli
ubertosi campi nella vasta pianura, nelle cose di
spirito aveano ricorso al pievano di Santa Maria,
presso il quale stava la piena giurisdizione, di modo,
che prescindendo dalla piccola cappella del Castello,
dedicata a San Giorgio Martire e che serviva a que’
signorotti, non v’avea luogo sacro a riunirsi alla
preghiera, e alla partecipazione del sagrifizio pel
popolo, sia della valle, sia dei colli di Brusaferri e di
Novalina, e però era costretto a portare i bambini alla
pieve pel santo battesimo e fino i morti a seppellire nel
cimitero di Santa Maria. A segno della loro sudditanza
e a compenso degli ufficîi che loro si prestavano,
erano tassati a famiglia di pagare ciascuna al pievano
uno stajo di miglio, tributo che ridotto a venti misure fu
conservato fino all’ultima arbitraria riduzione dei livelli,
come furono ridotte le prestazioni in uva pigiata e in
vino bollito, che gravavano i possedimenti in Novalina.
da: Giovanni Battista Zanella,
Santa Maria di Trento,
Trento, 1879
A grado che cresceano i bisogni e forse i disordini per
la soverchia distanza, si accordò loro di edificarsi una
chiesiciolla, ove riunirsi alle comuni preghiere, quindi
a stilla a stilla gli altri spirituali provvedimenti, sicché
poterono adorare Cristo in sacramento, poi tener
depositato pei bisogni l’olio santo, poi la terra sacra
pei morti, quindi il sacro fonte e in ultimo uno stabile
cappellano, con questo però, che nelle cose oneste e
lecite fosse soggetto al suo pievano.
Trassi tali storiche notizie da un antico diario del
secolo XV, che si conserva nell’archivio capitolare,
scritto dal pievano Leonardo da Trento, il quale prega
chi leggerà il suo scritto di raccomandare al Signore
l’anima sua.
E chi avrà la pazienza di scorrere questa leggenda
voglia aggiungere un po’ di carità anche per colui,
che qui trascrive la sua originale parola: Item
quilibet seu quelibel massaricia tenens focum in villa
Mattarelli et Novallina et manso Brusaferri tenetur
et debet solvere plebano suo Sancte Marie Majoris
de Tridento pro quolibet foco unum starium Millii
sine aliqua exceptione. Et hoc in signum quod sunt
sub plebe S. Marie Majoris de Tridento. Quibus
hominibus ex magna gratia eis concessum fuit ut
ibi in Mattarello ad magnas et continuas preces
hominum ut ecclesiam ibi hedificarent. Deinde
concessum est ut corpus Christi illuminatum tamen
tenerent. Deinde concessum est ut oleum sanctum
haberent ibi. Postremo concessum fuit ut mortuos
suos ibi sepelirent qui prius portabantur omnes ad
ecclesiam plebis S. Marie Majoris. Deinde habuerunt
baptismum, seu baptisterium. Finaliter modo habent
capellanum proprium qui tamen debet in honestis et
licitis subiectus esse plebano suo.
Da que’ giorni Mattarello divenne stazione
importantissima, s’edificò una chiesa appropriata al
bisogno di quel popolo numeroso, provveduta dalla
pietà di que’ buoni fedeli di quanto dee conferire
allo splendore del culto. La cura dell’anime è del
tutto indipendente dalla parocchia nella spirituale
amministrazione, e solo è legata per un lieve
contributo, come lo è il comune pel reluito livello e
l’uno e l’altro ricordanza dell’antico nesso, la quale
si ravviva pell’amichevole saluto che il parroco di
Santa Maria volge ogni anno a quel buon popolo
celebrando in mezzo a loro il S. sagrifizio nel giorno
di San Leonardo protettore principale scelto dagli avi
ad implorare sulle loro famiglie e sui loro campì le
benedizioni di Dio.
5
La Valle dell’Adige e il Trentino occidentale su una delle carte
affrescate nella Sala delle Carte geografiche del Vaticano
realizzata dal domenicano Egnazio Danti di Perugia (15361586), cosmografo e pittore.
A dirimpetto di Romagnano, oltre l’Adice sta
Mattarello, sito anch’esso di buoni vini se non
verso l’Adice nel piano, dove han del morbido: verso
l’erto, che si dice Mattarello di Sopra, e verso ancora
Novalline, siti proprii. A Mattarello, oltre il picciol
Villaggio, che fa il gran passo, stanno alcuni Masi
di piacenza, e v’è un forte Castello in quadro con
balouradi e torri coperte di rame, e per entro sono
nobili commodità. Fu già di Casa Traumensdorf,
e poi de Conti Galassi; hora si tiene dai Conti di
Thunn. La chiesa figliale di Santa Maria Maggiore
è assai ben tenuta d’altari, e paramenti; e tra le
divozioni si singolarizza quella di S. Leonardo, come
parlano i voti.
Il luogo di Mattarello si rende celebre per il conflitto
tra Veneti e Trentini, che vi seguì l’anno 1487. È
fama che qui, o poco lungi morisse l’imperatore
Lotario II nel riveniri d’Italia con il suo esercito
circa l’anno 1137 ma non si verifica di Mattarello,
constando però esser morto in una piccola villa tra
monti di Trento, come tra gli altri autori lo scrive
Ottone, vescovo di Frisinga.
Non lungi da Mattarello verso il Calliano sta di
notabile la nobil sorgente o scaturigine dell’Acqua
viva, luogo chiaro non men per la scritta vittoria
dell’imperator Teodosio contro gli Alani.
L’etimologia di Mattarello non saprei bene d’onde
venga: se non fosse in riguardo a punto di suoi vini
che per ordinario di gran forza, color e fumo vanno
al capo. Serve con tutto ciò questo vino matto, o fa
matto, per farne altri che sono scemi, e scoloriti, o
han del crudo.
Ne si tralasciano per buoni li vini di Man, quelli che
non han del morbido e cretoso, essendovi anche oltre
i suoi masi, una nobil grotta, o antro, per conservarli.
In Man, come dissi, s’è scoperto una casa o tempio
d’idoli sotterraneo con antichità di marmi, memorie,
e statue, che meritariano dissotterarli del tutto, e
come sé fatto in parte.
[da: Michelangelo Mariani, Trento con il sacro Concilio et altri
notabili: descrittion’ historica libri tre, Trento, 1989 (= 1673)]
Il castello di Mattarello dal Codice Brandis, pregevole
raccolta di vedute di castelli e paesaggi trentini realizzata
con il patrocinio probabilmente di Giacomo Andrea Brandis,
governatore del Tirolo e insigne studioso vissuto tra il 1569
e il 1629. Nominato già nel 1212, allora in possesso dei
Castelbarco, poi dei Castelnuovo di Caldonazzo, nel 1532 il
castello passò a Nicolò Trautmanndorf che vi diede l’aspetto
attuale. Acquistato dal generale Mattia Galasso di Campo
nel 1634, dai Thun nel 1671, dai Conti Martini nel 1830,
attualmente è di proprietà della Famiglia Bruno Travaglia.
Sulla destra, in tedesco, la scritta Madurell Dorf, il villaggio
di Mattarello.
[da: Il Codice Brandis - Il Trentino, a cura dell’Istituto
Italiano Castelli – Sezione di Trentino, testi di Nicolò
Rasmo, Trento, 1975]
6
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La concessione del fonte
battesimale nel 1454
L
e ville di Mattarello, Novaline e maso di Brusaferro
dipendevano da sempre, nel campo spirituale, dalla
pieve di Santa Maria Maggiore di Trento. Per ogni
atto di culto, la popolazione era costretta a recarsi,
con notevole disagio, fino alla chiesa parrocchiale
e le difficoltà aumentavano in caso di battesimi o di
funerali. Dal diario dei pievano Leonardo da Trento,
scritto verso la fine dei 1400, traspare l’insistenza con
cui furono sollecitati i vari privilegi che la popolazione
riuscì mano a mano a strappare al vescovo. Scriveva
infatti Leonardo da Trento:
«Così chiunque tenendo un fuoco [un complesso
di persone residenti in un maso o una famiglia]
o qualsivoglia masserizia nella villa di Matarello e
Novalina e maso di Brusaferro è tenuto e deve pagare
al suo pievano di Santa Maria Maggiore di Trento per
qualsiasi fuoco uno staio di miglio senza eccezione
[unità di misura per il grano; lo staio trentino aveva la
capacità di circa 30 chilogrammi; il miglio, chiamato
anche “grano minore” per la piccolezza dei semi,
serviva solo per preparare zuppe o polente]. E questo
in segno che sono soggetti alla pieve di Santa Maria
Maggiore. A questi uomini, per grande favore, fu
loro concesso dopo continue e insistenti suppliche
della popolazione, che lì a Matarello costruissero una
chiesa. In seguito fu concesso che tenessero il corpo
di Cristo illuminato, poiché potessero tenervi l’olio
santo. In seguito fu concesso che potessero seppellire
lì i loro morti che prima erano portati tutti nella
chiesa di Santa Maria Maggiore. In seguito ebbero
il battesimo ossia il battistero. Da ultimo, finalmente
ebbero un cappellano proprio, che tuttavia doveva
essere soggetto nelle cose lecite e oneste al suo
pievano».
Purtroppo da questo documento non possiamo
conoscere l’anno preciso in cui fu costruita la prima
chiesetta di Mattarello: dobbiamo accontentarci della
testimonianza delle Designationes del 1339 in cui per
la prima volta essa viene nominata. Si può presumere
però che la costruzione risalga al secolo XII, epoca
caratterizzata dal sorgere delle cappellanie in seguito
al proliferare dei castelli e alla perdita dell’antico
prestigio da parte della pieve, come conseguenza
della nascita del principato vescovile; inoltre la
devozione a San Leonardo è tipica dì questo periodo.
Si può dire che fu il castello di Mattarello a creare
la struttura ecclesiastica del paese. Infatti la pieve,
cioè la chiesa madre, concedeva il diritto di costruire
una cappella solo là dove erano presenti le seguenti
da: Maria Fausta Mazzetti,
Memorie antiche di Mattarello,
Trento, 1984
condizioni e cioè dove esistevano: il puteum, o pozzo,
ovvero la presenza di abitazioni stabili; il focus, o
nuclei famigliari legati su uno stesso territorio da
interessi comuni; il castrum, cioè un castello alle
dipendenze di un nobile.
La cappella sorse nello stesso punto in cui si trova la
chiesa attuale. Era orientata verso est, come lo sono
le chiese più antiche, e questo in obbedienza all’antica
tradizione cristiana secondo la quale l’est era simbolo
della venuta del Salvatore come luce che illumina il
mondo: l’orientamento ad est era dunque segno di
attesa.
Non è dato sapere quali sacramenti vi potevano
essere amministrati: non certo il battesimo, perché
tale privilegio sarà accordato solo nel 1454 dal
principe vescovo Giorgio Hack. L’atto di concessione
descrive in modo commovente i problemi della
popolazione del tempo; vi è inoltre un accenno
all’ordinamento della città di Trento, tipico di ogni città
medioevale, per quanto riguarda la sicurezza: ogni
sera sul fare della notte, le porte venivano chiuse e la
città si trasformava in una fortezza:
«Noi Giorgio, per grazia di Dio vescovo di Trento, con
la presente rendiamo noto che si sono presentati
davanti a noi i nostri diletti fedeli il sindaco e gli
uomini della comunità della nostra villa di Matarello
del distretto e della giurisdizione della nostra città di
Trento e con una loro petizione ci dimostrarono come
essi, pur essendo soggetti con diritti parrocchiali
alla chiesa della Beata Vergine Maria della nostra
città di Trento, e pur ricevendo da essa i singoli
sacramenti della Chiesa tuttavia temono il pericolo
specialmente nel fare battezzare i loro bambini e
infanti, soprattutto in tempo d’inverno per la molta
neve talvolta o per l’intensità del freddo poiché
detta villa dista molto dalla chiesa parrocchiale, e
sarebbe difficile per loro nei tempi suddetti portare
i loro infanti al battesimo nella suddetta chiesa; anzi
talvolta potrebbe darsi il caso che notte tempo non
potessero raggiungere la loro chiesa parrocchiale e il
suo pievano per la chiusura delle porte della nostra
città. Perciò ci hanno umilmente supplicato che
paternamente ci degnassimo in grazia di provvedere
ai pericoli delle anime dei loro infanti. Noi, inclinati
ai voti di quei nostri fedeli e desiderosi di ovviare
opportunamente ai pericoli che ne potrebbero
derivare, abbiamo ritenuto che si debba concedere
ai nostri uomini di Matarello e ai loro successori in
perpetuo il battistero nella cappella di San Leonardo
7
Mattarello (Madurell) nella cartina
storica del Tirolo di Mathias
Burglechner del 1611.
confessore di Matarello e con la presente lo
concediamo d’autorità nostra ordinaria e per espressa
volontà e consenso del pievano della chiesa di Santa
Maria in Trento cosicché l’anzidetto pievano e i
suoi successori possano lecitamente e validamente
consacrare l’acqua battesimale per la comunità di
Matarello nella suddetta cappella di San Leonardo e
avere là il battistero, e così battezzarvi i loro infanti
e bambini ... salvi sempre restando i diritti della
chiesa di Santa Maria di Trento dai quali con questa
nostra concessione non vogliamo affatto derogare.
A testimonianza di tutto questo è stato appeso alla
presente il nostro sigillo. Dato a Trento nel nostro
Castello del Buon Consiglio il 20 settembre dell’anno
dell’Incarnazione del 1454» (Archivio Capitolare di
Trento: Sezione pergamene Capsa 39, n. 37).
La conclusione di questo documento è molto
importante poiché il principe vescovo concesse sì
il battistero alla chiesa di Mattarello ma non tolse
l’obbligo che la popolazione aveva nei confronti del
pievano, obbligo che consisteva nel versamento di
una certa quantità di miglio come segno che era
soggetta alla chiesa di Santa Maria Maggiore.
Il fonte battesimale della chiesa di Mattarello.
Affresco di Adolfo Mattielli. La copertura è opera
di Settimo Tamanini - Mastro 7 (1999).
(Foto Marco Perini)
8
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La nuova chiesa di Mattarello
F
in dal 1339 esisteva a Mattarello una piccola
chiesa sullo stesso posto dell’attuale (Catalogus Cleri
Diocesis Tridentinae, 1914). La cura di Mattarello
apparteneva anticamente a Santa Maria Maggiore di
Trento (ancora durante il secolo scorso la comunità
di Mattarello pagava alla canonica di Santa Maria
Maggiore in Trento il livello annuo di 22 staia di miglio
come appare dalle relative ricevute) ma nel secolo XV
ne venne staccata e resa indipendente: il diritto del
fonte Battesimale risale all’anno 1454.
Titolare e protettore dell’antica chiesa era, come
dell’attuale, San Leonardo, la cui festa si celebra il 6
novembre. Vi erano erette e corredate di privilegi le
confraternite del Santissimo Sacramento, del Rosario
e dell’Angelo Custode.
Fin dalla fondazione il sacerdote preposto a questa
cura si denominava ora rettore, ora pievano e qualche
volta curato. Il suo posto, in occasione del pieno
Capitolo a Trento, venendo in ordine di precedenza,
era il primo dopo i parroci della città, cioè presso il
parroco di Piedicastello.
Fra gli antichi rettori si deve far speciale menzione
del Pievano don Gianantonio Fontana, perché fu
in grandissima parte per sua insistenza e cura che
venne eretta la nuova capace chiesa, principiata nel
1784. Egli era stato curato di San Bartolomeo, venne
eletto pievano di Mattarello il 12 ottobre 1783 e passò
arciprete del Banale nel 1797.
Durante la seconda metà del secolo XVIII la
popolazione di Mattarello era assai aumentata,
raggiungendo la cifra di 900 abitanti, perciò il nuovo
pastore si vide obbligato a procurarsi l’aiuto di un
cappellano.
Don Fontana deve essere stato uomo dinamico, poiché
poco dopo il suo arrivo si trova registrata anche la
riattazione della canonica, con cambiamento delle
scale e fabbrica di un nuovo locale per la scuola e
per le adunanze comunali dette allora “Regole”. In
quell’epoca il pievano doveva tenere anche la scuola,
per la quale riceveva un compenso annuale d’un
carro di legna per ogni scolaro. Da questo incarico
venne esonerato solo nel 1827. Egli narra in una
sua memoria di aver trovato la chiesa di Mattarello
«malamente corredata di suppellettili consistenti
per lo più in molte cose superflue, di cattivo gusto
e di cattiva materia. Troni di legno, statue più del
bisogno, candellieri di legno poco men d’un carro,
armadi in ogni angolo, bordi di pianeta falsi, il corpo
della chiesa pieno di imbarazzi e per sé incapace di
capire il popolo oltre l’essere basso, cupo, spesso e
Mercedes Prandi Gerloni
(Santi Angeli 1944)
sommamente insalubre. Quindi dopo aver adocchiate
tante irregolarità non ho mai abbandonato il pensiero
di procurare a tutt’uno il progetto, altra volta formato,
di fabbricar una nuova chiesa a seconda del bisogno
e delle disposizioni di quei benefattori che appunto
a quest’uomo hanno lasciato pingui legati, fra i quali
meritano il primo luogo l’illustrissima signora Fraila
Catterina Perotti e l’illustrissimo signor Barone G.B.
Gentilotti di felice memoria... Posso dire di non aver
fatta alcuna sacra funzione in tempo della quale non
mi sia destato il vivo rammarico di non poterla fare
a dovere a cagione appunto della ristrettezza ed
irregolarità della presente chiesa: io gemeva in parte e
in parte ardeva di interno sdegno vedere il mio popolo
così disperso e distratto che non poteva cogliere alcun
frutto della parola di Dio… Il passaggio dalla sacrestia
di molta parte degli uomini, l’andirivieni continuo a
cagione della ristrettezza e del gran caldo nell’estate
Don Giovanni Antonio Fontana (Sclemo, 1748-Tavodo, 1826),
curato di Mattarello dal 9 novembre 1783 fino al 1797. Per la
sua elezione, a nome del popolo, il nobile presbitero trentino don
Antonio Sardagna de Hochenstein, compose un’ode. Frequentati
gli studi di umanità con eccellenti risultati ed ordinato
sacerdote, prima di arrivare a Mattarello fu cooperatore nel
Banale e curato di Villazzano. Nel 1785 intraprese il restauro
della canonica. Nel 1790, abbattuta la vecchia curaziale, ormai
cadente ed angusta, il 24 maggio 1790 gettò la prima pietra
della nuova chiesa (Foto Marco Bridi).
9
Mappa catastale di Mattarello del 1855.
erano cose insoffribili a chi è appunto sensibile per il
decoro della casa di Dio». Questa memoria si conserva
manoscritta in canonica e da essa abbiamo tratto quasi
tutte le notizie di cui non sia indicata la fonte.
Il progetto di una nuova chiesa più ampia datava da
venti e più anni, ma l’attuazione ne fu ritardata –
continua don Fontana – «da non so quale etichetta e
puntiglio che regnava con sommo danno e scandalo
tra i “vicini” e gli “abitanti” per volere i primi che
gli altri non avessero ingerenza alcuna né uffizio
nella chiesa. Questo era il pregiudizio più terribile
e l’ostacolo più forte a una tale impresa giacché
distruggeva quella unione che unicamente poteva
contribuire a detta fabbrica e senza cui era impossibile
riuscire».
L’antagonismo tra “vicini” e “abitanti” era spiegabile
se non encomiabile. I “vicini” erano i veri cittadini
che godevano di diritti e privilegi ereditari, materiali
e morali, dei quali erano gelosissimi, primo tra tutti
quello di intervenire alle “regole”, ove si trattavano
tutti gli affari del paese e specialmente si procedeva
all’elezione del sindaco e dei giurati che dovevano
venire scelti fra i “vicini”. Alla “regola” spettava anche
la scelta del pievano che veniva poi confermata
dal Capitolo. Agli altri abitanti invece non restava
che uniformarsi alle decisioni dei “vicini” e quando
occorreva… pagare». Nel 1785 il sindaco conte
Saracini propose «di riflettersi che sormontando la
stabilita fabbrica (della canonica) le tenui entrate
della comunità» egli «crederebbe opportuno che
presentandosi qualche buon soggetto che poss’anco
essere decoroso al pubblico venga accettato in vicino
e con la contribuzione che pagherà s’alleggerisca
la spesa di detta fabbrica». I “vicini” non accolsero
subito la proposta, ma l’anno seguente furono
accettati come appare da istrumento rogato l’11
luglio 1786. Matteo Zambon e Gian Battista Tamanini,
mediante l’offerta di fiorini 260 (Verbali delle Regole
conservati in un grosso volume rilegato in pelle e
portante a tergo la scritta “Memorie antiche” che si
custodisce nell’archivio in canonica).
Don Fontana si sforzò di far capire al popolo che
in chiesa non si doveva far distinzione fra vicini e
forestieri ed ottenne dal sindaco allora in carica, che
10
Matarèl, el paés dei Ànzoi
era il dottor Antonio Felice Sardagna, di far convocare
una pubblica “regola” alla quale potessero intervenire
tutti i capi famiglia, tanto “vicini” come “abitanti”, per
cercare di raggiungere un accordo e quindi trattare
tutti uniti riguardo alla fabbrica della nuova chiesa.
Questa “regola” fu infatti indetta nell’ottobre del
1788. Vi si nominarono con scrutinio a voti registrati
da un notaio, sei amministratori e procuratori della
fabbrica. La deputazione risultò composta dal barone
Cristoforo Trentini, Pietro de Consolati, Dominico
Moratelli, Matteo Zamboni al quale subentrò Antonio
Simon, dal sindico della chiesa Giovanni Tamanini e
dal sindico “pro tempore”. In questa carica al dottor
Saradagna subentrò nel 1791 il conte Prospero
Sardagna, nel 1792 il conte Pietro de Consolati, nel
1793 Nicolò Donati, nel 1794 il conte Bernardino
Tabarelli e nel 1795 il conte Giuseppe Sizzo che
rimase in carica fino al 1797.
Il disegno per la nuova chiesa, nello stile barocco
dell’epoca ma assai semplice e quasi disadorno, lo
preparò l’ingegner Bartolomeo Scottino di Lizzana,
architetto. Dello stesso stile esistevano già a Mattarello
le ville Bertolazzi (Larcher) all’Acquaviva e Gentilotti
(Gerloni) alle Novaline. I concorrenti per la fabbrica
furono parecchi; più meritevoli per la buona fama, i
patti miti e le condizioni discrete sembrarono i fratelli
Cometti, comancini, coi quali venne stretto un regolare
contratto nell’ottobre del 1789.
Ottenuto dal vicariato il permesso di lavorare di festa a
pro dell’erigenda chiesa, don Fontana comprò subito
alcuni pesi di lino che distribuì alle donne da filare
gratuitamente durante l’inverno per poi vendere il filo
a beneficio della fabbrica. Esse ne filarono infatti 250
libbre.
Dopo Natale numerosi uomini incominciarono a
scavar sassi dal Castellér previa licenza del magistrato
consolare.
Si dovettero superare parecchie difficoltà, fra le
quali una assai noiosa riguardante la compera d’un
pezzetto di terreno da ceder al beneficio Thunn
in compenso d’un altro piccolo appezzamento
necessario per formarvi un nuovo cimitero; quello
vecchio, o parte di esso, doveva venir coperto
dalla prolungazione della chiesa verso est. Livellaro
del suddetto terreno era il Moratelli che stentò ad
arrendersi, benché membro della deputazione, dalla
quale carica si dimise.
Anche con il barone Battaglia insorsero difficoltà per
ottenere altre poche pertiche di terreno del luogo a
nord della fabbrica e contiguo alla strada che porta
a Mattarello di Sopra, per poter ingrandire la chiesa
nuova e collocarla con la facciata in prospetto della
via Regia in posizione regolare. Questo terreno era
primogenituale soggetto a fede commesso, perciò la
ricerca del modo di compenso riuscì assai penosa.
11
Il 1° maggio del 1790 si incominciò a fabbricare
il muro per recinto del nuovo cimitero e il 24
dello stesso mese, lunedì di Pentecoste, seguì la
benedizione del Camposanto e la solenne posa della
prima pietra della chiesa che venne collocata nelle
fondamenta del coro, fra lo squillare delle campane, lo
sparo dei mortaretti e il giubilo generale. Subito dopo
si lavorò alacremente alle fondamenta.
Durante il 1791 la fabbrica continuò e vennero
preparati i materiali occorrenti con l’aiuto di
abbondanti elemosine di graspàto, di bozzoli e di
denaro raccolto in chiesa.
Nell’aprile del 1792 fu coperto il nuovo presbiterio e
coro e durante l’autunno un’altra parte della chiesa
nuova.
Nella primavera seguente, all’arrivo dei maestri
Cometti, che erano soliti tornare in patria durante
l’inverno, venne ultimato il presbiterio e la sacrestia
con una stanza sovrapposta e già in maggio seguì la
demolizione della chiesa vecchia e del campanile.
Fu presa la decisione di non ammettere nella nuova
chiesa monumenti o lapidi sepolcrali e quelle che
prima vi esistevano dei Trautmannsdorf (feudatari del
castello, Sardagna, proprietari d’una villa alle Novaline)
e presbiterale, cioè per sacerdoti defunti a Mattarello,
vennero levate con cautela per trasportarle nel nuovo
camposanto.
Il 21 luglio del 1793 don Fontana stesso, avendo
benedetto il presbiterio per deputazione vescovile
ebbe la soddisfazione di cantarvi la prima Messa e,
seguita da una unga processione verso Mattarello
di Sopra e la Croce, per supplire alla processione
del Corpus Domini, omessa per la demolizione della
vecchia chiesa.
Durante il 1793 venne ultimato e ornato di stucchi
l’interno a e condotta la fabbrica del campanile
fino all’altezza della chiesa. Nel 1796 narra ancora
don Fontana «in maggio si fece qualche lavoro di
stuccatura ma poi tutto rimase interrotto dalla vicinanza
dei Francesi dal continuo passaggio, ripassaggio, ritirate
e movimenti delle poderosissime armi imperiali ed in
seguito dall’invasion de’Francesi, cosicché non si pensò
alla fabbrica ma ognuno alla propria salvezza, regnando
dappertutto il disordine, gli orrori con danni immensi,
con mali inauditi in ogni genere, con epidemie
distruggitrici sì di animali che di uomini, battaglie, spogli
tutto in gran parte. Anno per noi e per tutta l’Europa
sempre memorabile, terribile, senza esempio».
Il campanile venne ultimato solo nel 1809 e la relativa
spesa fu coperta colle spontanee offerte versate
nelle casse della confraternite. Il verbale della Regola
tenuta verso la fine del 1808 ricorda che le offerte
furono «da questi aitanti versate nelle predette casse
a titolo di carità … e che privatamente nessuno
s’obbliga per una determinata prestazione di denaro,
ma che ognuno concorrerà a suo piacer qualor per
l’ultimazione del campanile abbisognassero ancora
altre volontarie offerte nel modo stesso come fu
fino qui praticato colla fabbrica della chiesa di San
Leonardo».
I conti relativi a queste fabbriche non fu possibile
rinvenirli, benché siano certamente esistiti in un
quadernino apposito ricordato da don Fontana e
perciò la curiosità di sapere quanto spesero i fedeli di
Mattarello per la costruzione della loro chiesa resta
insoddisfatta.
Nel 1897 una secolo dopo la sua erezione una
brevissima nota redatta dal benemerito pievano
d’allora don Dario Trentini dice che «a spese delle
locali confraternite venne con figure e decorazioni
rinnovato il presbiterio di questa chiesa, mentre il
rimanente tutto della stessa venne decorato a spese
di questo lodevole Municipio. Esecutore e direttore
dei lavori fu l’egregio pittore prof. Aldi Agostino di
Mantova». E in una postilla il capo comune Dalprà
aggiunge che «per debito di giustizia devesi dichiarare
che questo lavoro venne eseguito esclusivamente per
impulso del molto rev. do don Dario trentini, pievano
locale, sostenendo a suo carico la non indifferente
spesa dell’impalcatura ecc.».
Il frontespizio della Carta di Regole della comunità di
Mattarello, Novaline e Valsorda (1740).
Nella pagina a fianco: Mattarello sulla cartina storica del Sud
Tirolo realizzata da Joseph von Sperges verso la metà del 1700.
12
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La visita nel 1749
di mons. de Alberti
U
no dei momenti più significativi della storia
recente di Mattarello è rappresentato dalla visita che il
canonico di Trento Francesco Felice de Alberti d’Enno
fece alla curazia il 7 luglio del 1749. Felice Alberti
d’Enno, nato a Trento il 4 ottobre 1701 da Gervasio e
Barbara contessa Bortolazzi, fu uno dei personaggi
più in vista della realtà ecclesiastica trentina, ma
non solo. Fatto canonico nel 1724, fu consigliere
episcopale ed imperiale e ordinò, fra l’altro, l’archivio
del Capitolo, compilando i famosi Annali dei Principato
di Trento dal 1022 al 1540. Nel 1756 venne eletto
coadiutore e amministratore plenipotenziario e nel
1758 fu nominato principe vescovo di Trento.
Della sua visita rimane la testimonianza contenuta in
un interessante documento custodito presso l’Archivio
Diocesano di Trento. Nel testo -scritto in gran parte in
latino- è minuziosamente descritta la cronaca degli
incontri che egli ebbe con alcuni rappresentanti della
popolazione. Ciò fa supporre che la visita fosse stata
programmata da tempo e rientrasse nella serie delle
visite pastorali.
Monsignor de Alberti arrivò a Mattarello e fu accolto
nella ormai fatiscente antica chiesa di San Leonardo
con il suono delle campane a festa. Ad accoglierlo fu
il curato Giovanni Battista Cimonatti, uno dei più attivi
a Mattarello assieme al suo successore Antonio Felice
Adamo Cimonatti.
Per prima cosa, fu invitato a visitare la chiesa. Il
documento redatto da don Cimonatti, a questo
proposito, appare molto interessante, perché
contiene una sorta di inventario del patrimonio della
chiesa e cioè: uno strumento ligneo del battistero
nuovo, cinque ostensori sull’altare maggiore, un
vaso d’argento, un altare della Beata Vergine Maria
dedicato al Santo Rosario, un altare di Sant’Andrea
Apostolo, una tabella con i nove capitoli che dovevano
essere osservati dalla Confraternita del Santissimo
Sacramento, un altare di Sant’Antonio mantenuto
col patronato della famiglia del nobile Ludovico
Sardagna (il casato, che disponeva di proprietà
alle Novaline, si divise in diversi rami nobiliari con i
predicati di Hohenstein, Meanburg, Leopoldsdorf,
Neuhof e Neuburg, toponimo tedesco di Mattarello,
chiamato anche Neuberg), due statue lignee di San
Leonardo Patrono e Sant’Antonio. Illustrando l’altare di
Sant’Andrea, il parroco si preoccupò di spiegare che
il mantenimento della dote di tale altare, «è preteso
dalla nobile famiglia Battaglia ma di fatto è mantenuto
dalla Chiesa».
Massimo Baldi
Terminata la visita, monsignor de Alberti fu invitato
a benedire la cappella situata all’interno del castello
e il cui committente fu il barone Giovanni Battista
Gentilotti ( console e arciconsole a Trento, intorno
alla prima metà del 1700, fece costruire il sontuoso
palazzo alle Novaline). Questa cappella, di cui si
ha notizia fin dal 1212, era stata dedicata a San
Giorgio Martire, il Santo dei Longobardi, e ciò farebbe
supporre che in epoca remota la Torre di Mattarello
sia stata una roccaforte dei Longobardi.
Il canonico si trasferì quindi in località Lidorno, la zona
paludosa in prossimità dell’Adige, verso Romagnano,
dove impartì la benedizione alla cappella dedicata
a San Vincenzo Ferrerio dell’ordine dei Predicatori
ed edificata da un tal Giovanni Zanetti. Di questa
costruzione, per quanto di nostra conoscenza,
non rimane alcuna testimonianza. È tuttavia molto
probabile che si trovasse all’interno di un palazzo
situato in quella che oggi viene comunemente definita
località San Vincenzo, a nord della località Ronchi.
Nel corso della sua visita, monsignor de Alberti non
mancò di benedire anche la cappella dedicata a San
Raimondo situata alle Novaline, presso la villa del
conte Leonardo Saracini. Il religioso venne ricevuto
al suono delle campane dal signor Giovanni Antonio
Bonetti.
Il canonico si trasferì quindi in località Martinelle o
“Pietra morta”, dove tenne la benedizione di un’altra
cappella dedicata alla Beata Vergine Maria e San
Giuseppe. Tale cappella, di proprietà di Norbert
Heyder, fu eretta il 20 agosto 1731. Oggi è conosciuta
come la cappella Sant’Andrea Bellavista e si presenta
architettonicamente interessante per la presenza di un
rosone di gusto rinascimentale, impreziosito da vetri
lavorati.
La visita di monsignor de Alberti si concluse
all’Acquaviva, nella villa di Girolamo Bortolazzi. In
quell’occasione venne accolto dal custode Antonio
dei Simoni. La visita deve aver avuto un particolare
significato in quanto il religioso era figlio della contessa
Barbara Bortolazzi.
Dopo aver ultimato il giro attraverso le chiese e le
cappelle della curazia, il canonico s’incontrò con
i responsabili, i massari, della Confraternita del
Santo Rosario, istituita il 29 novembre 1658, e del
Santissimo Sacramento, nota fin dal 1698: Antonio
Dal Prà e Nicolò fu Giuseppe Ranz, mentre della
seconda, ben più consistente quanto ad iscritti e
conosciuta anche come Confraternita dei “Rossi”
13
per via dei cappelli rossi e delle tuniche rosse che
portavano gli affiliati, era “ministro” Antonio de
Agostini. Entrambe avevano l’obbligo di mantenere
la dote degli altari, di portare la statua del Santo alla
processione, di accendere le candele e di contribuire
al sostentamento della chiesa attraverso le elemosine
o il versamento di un contributo da stabilire.
Nel corso dell’incontro il canonico non mancò
di chiedere lumi sul numero di iscritti e sulla loro
modalità di sostentamento: dalle dichiarazioni dei
responsabili emerge un notevole impegno da parte
della popolazione di Mattarello per il mantenimento
delle Confraternite e degli altari.
Tra le persone visitate da monsignor de Alberti non
poteva mancare il sindaco, che si presentò così:
«Io mi chiamo Domenico Fracalos, son sindico della
Venerabile Chiesa di San Leonardo di Mattarello e
sono dal 14 febbraio in qua in tal ufficio».
Dal documento si traggono importanti indicazioni circa
il ruolo e le sue funzioni. «Son stato proposto alla
Regola dal sindico vecchio e dal signor pievano e dalla
medesima Regola confermato. Si sta in tal ufficio due
anni, sebbene io sia obbligato a starvi se non un anno.
Non godo nessun salario, ma lo faccio ad onor di Dio
e del Titolare San Leonardo».
Come tutte le cose terrene, anche la chiesa aveva
bisogno di denaro per il suo sostentamento. Per
questo motivo monsignor de Alberti chiese notizie
circa i libri contabili: «Essendo stati i miei predecessori
molti anni in tal ufficio ‑ spiegò ‑ non so se ogni anno
abbiano fatto i conti, molto più che per ora non mi
hanno consegnato tutti i libri».
Quindi si soffermò sulle principali spese cui era
tenuta la chiesa di Mattarello. Tra queste figurano il
salario alla mónega, la manutenzione della canonica,
dell’orologio e «quanto occorre di necessario a rifare
l’altare di Sant’Antonio che viene mantenuto colle
elemosine e in supplemento con il denaro che sborsa
il d. Ludovico Sardagna. Il che – aggiunge il sindaco –
dovrebbe pur fare la Casa Battaglia, giacché pretende
essere suo Jus Patronatus l’altare di Sant’Andrea,
dove la Chiesa lo mantiene di tutto punto».
Ma il momento forse più importante della visita fu
l’incontro che il de Alberti ebbe con il curato don
Giovanni Battista Cimonatti, al quale furono chiesti
i titoli e notizie sulla situazione patrimoniale della
chiesa di cui vengono elencate le rendite: «Esse
consistono nel possesso e godimento della canonica
con orto adiacente, 3 carra e 4 conzali di brascato
che si ricava dalla massa della Decima Capitolare e
starra 20 di grano, cioè un terzo di formento, un terzo
di segata e un altro terzo di formentazzo. In vigore
della convenzione avevo circa 43 o 44 carra di legna.
Chiunque poi dei Comune o altro che sia facesse
un carro di brascato di sua propria ragione, sia poi
livellario, proprietario o manente, è tenuto dare una
conzale a me. E chi poi ne facesse cento caffa non
è tenuto a contribuire, se non con una conzale sola.
Ogni affittatino che non giungesse a far un carro di
brascato, mi corrisponde invece annualmente mezzo
Ragnese. Devo soggiungere che fia assegnato alla
Canonica un luogo detto alla Valle dal quale ricavo di
livello annuo, 37 alemanni con obbligo di celebrare
due messe al mese».
A questo punto monsignor de Alberti chiese se il
Curato fosse a conoscenza di inconfessati, scandalosi,
pubblici peccati, ma la risposta fu negativa. Alla
domanda di fornire dei suggerimenti, il Curato
rispose: «Avrei da dire che fossero eseguite le pene
comminate contro alcuni, i quali si fanno lecito di uscir
la notte cantando canzoni improprie, suonando e
sparando come anco di giocare alla palla per’mezzo
la Chiesa, non senza irriverrenza della medesima e
turbamento delle funzioni.
Si sono bensì pubblicati i rigorosi ultimi Ditti per
qualche tempo attenuti, ma non vedendo alcuna
esecuzione delle pene minacciate, molti ripigliano il
pessimo, cattivo costume.
Mi pare aggravio troppo grande della Chiesa che
abbia a mantenere il monego, la Canonica e l’Orologio
sul campanile, parendomi che tale aggravio dovrebbe
addossarsi alla comunità».
Nel 1992, durante i lavori di restauro della ex canonica sulla
piazza della chiesa, a piano terra, in quella che era la sede
del Consiglio della Regola, sono venuti alla luce tre affreschi
risalenti al 1657 e fatti eseguire dal curato Paolo Naurizio da
Trento (1657-1672). Raffigurano (da sinistra) un vecchio seduto
con un bastone ed una lucerna, un guerriero con alabarda ed un
guerriero con copricapo piumato, rappresentano gli ufficiali della
comunità , posti a custodire il luogo dell’adunanza.
14
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Uno dei villaggi vicini alla città di Trento è
Mattarello: a oriente ha il monte, Calliano a
mezzogiorno, a ponente il notissimo fiume Adige
e a tramontana Trento. La via regia, che conduce
in Italia, divide quel paesello in due parti. Ora,
per quante ricerche abbia io fatte, non mi avvenne
d’incontrare nessun altro Mattarello tranne che il
nostro di Trento, di cui la menzione più antica non
va per me al di là del secolo decimo quarto.
Michelangelo Mariani nel suo Trento intorno a
questo luogo scrive cosi: [«…»]
Soggette alla cura di Mattarello sono circa ottocento
anime [1731-1806) (ora quasi duemila: 1890)] che
abitano, oltre che a Mattarello, anche all’Acquaviva
e alle Novaline non che in varie abitazioni sparse
qua e là, dette volgarmente Masi. All’Acquaviva,
alle Novaline e alle Martinelle vi sono degli oratori
pubblici: a Mattarello invece è situata la chiesa
parrocchiale di san Leonardo confessore, ed è vicina
alla via regia ed alla canonica. Essa, quale filiale
della parrocchia di S. Maria Maggiore di Trento, è
soggetta al R. mo Capitolo dei Canonici della chiesa
Cattedrale, da cui anzi nel 1454 ottenne il battistero.
Ha quattro altari, tre confraternite, cioè quelle del
SS. Sacramento, del Rosario e dei santi Angeli
Custodi. Celebra la festa della sua dedicazione nella
domenica del santo Rosario [7 ottobre]; quella del
suo titolare, ch’è san Leonardo, il giorno 6 novembre.
La festa poi dei santi Angeli Custodi vi si celebra con
ogni maggiore solennità nella domenica prima di
settembre. Il predicatore quaresimale per Mattarello
viene destinato dal vescovo di Trento.
[da: P. Giangrisostomo Tovazzi, Parochiale
Tridentinum, a cura di P. Remo Stenico,
Trento, 1970]
Mattarello (Matarello) sulla mappa del Tirolo di Peter Anich
e Blasius Hueber, conosciuta come Atlas Tyrolensis e messa in
commercio nel 1774.
Nella pagina a fianco: angioletti nel dipinto “Fortezza d’animo e
di corpo” (Sala dell’Alcova, Villa Bortolazzi all’Acquaviva).
15
I Santi Angeli Custodi
L
a Chiesa cattolica sempre insegnò l’esistenza
degli Angeli, e sempre onorolli d’un culto speciale
ed invocolli ne’ sacri suoi ufficî. Colla scorta delle
divine Scritture ella ce li mostra distinti in tre classi,
che chiamansi gerarchie ed in ciascuna Gerarchia
riconosce tre Ordini o Cori di questi Spiriti celesti.
La Gerarchia più superiore è composta de’ Serafini,
de’ Cherubini e de’ Troni; la Gerarchia di mezzo è
formata dalle Dominazioni, dalle Virtù e dalle Potestà;
la Gerarchia inferiore consta de’ Principati, degli
Arcangeli e degli Angeli.
Comunemente sotto il nome di Angeli s’intendono
gli spiriti di ciascun Ordine di tutte e tre le celesti
Gerarchie; ma, parlando con precisione, si
dovrebbero intendere soli gli Spiriti dell’ultimo
Ordine della inferiore Gerarchia. Di questi Spiriti,
che diconsi propriamente Angeli con parola greca
significante Messi o Nunzî, la Chiesa ci dice, che il
misericordissimo Iddio fin da quando gli ebbe creati,
molti ne destinò, perché fossero poscia custodi e
protettori degli uomini; e non pochi sono i luoghi delle
da: Calendario Ecclesiastico pubblicato ad
uso del popolo della città e della diocesi di
Trento dal sacerdote Nicolò Toneatti,
Trento, 1856
divine Scritture, che confermano questa dottrina. Per
lo che noi dobbiamo mostrarci grati e riconoscenti al
signore Iddio, che ci provide di sì nobili guardiani; aver
grande fiducia nella benevolenza di Spiriti sì eccelsi;
ed in ogni luogo appalesare molta riverenza per la
presenza loro.
Per ricordare tutto ciò ai fedeli il sommo Pontefice
Paolo V (1614) permise, che sotto rito doppio si
potesse a piacimento del Clero recitare l’Ufficio de’
santi Angeli Custodi nel primo giorno non impedito
dopo la festa della Dedicazione di s. Michele
Arcangelo; e Clemente X lo dichiarò di precetto e
gli assegnò il giorno 2 d’ottobre, come si vede nel
Breviario e nel Messale romano. Ma nell’impero
Romano-Germanico e ne’ Dominj Austriaci fin dal
tempo di Clemente IX (1667-69) si cominciò a
celebrare la festa de’ santi Angeli Custodi col rito
doppio di seconda classe coll’ottava nella prima
Domenica di Settembre. E qui è da notarsi, che
a differenza delle altre feste fissate nelle varie
Domeniche de’ mesi, le quali si regolano secondo il
computo civile, numerandole cioè dal principio nel
mese, per la festa de’ Santi Angeli Custodi si usò di
attenersi al computo ecclesiastico, giusta il quale si
chiama prima Domenica del mese quella, che, se non
cade nel primo giorno, gli è più vicina o precedendolo
o susseguendolo; onde la festa de’ santi Angeli
Custodi può cadere anche nei giorni 29, 30 e 31
d’agosto, se questi son giorni di Domenica.
In Trento si solennizzava la festa de’ santi Angeli
Custodi da’ Reverendi Padri Somaschi a s. Maria
Maddalena nella Domenica prima dopo Pasqua
coll’orazione panegirica la mattina e colla processione
la sera. Allorché poi sotto il governo italico fu chiusa
quella chiesa per usarla profanamente, la bella
Statua dell’Angelo Custode fu di là trasportata alla
chiesa di s. Martino, e da questa dopo alcuni anni
fu tolta per collocarla nella chiesa parrocchiale di s.
Pietro, ove s’istituì anche un pio sodalizio, il quale
per parecchi anni si mantenne in fiore facendo di
quando in quando la solenne Processione, come
usavasi da’ Somaschi, nella domenica di Albis. Or già
sono molt’anni, dacché sembra raffreddato il primiero
fervore; per lo che è da desiderarsi, che questa
devozione sì santa e sì vantaggiosa venga promossa
ed incoraggiata specialmente dai genitori, a’ quali
debbe stare grandemente a cuore d’instillare né petti
de’ loro figliuoli stima, venerazione e confidenza verso
gli Angeli Custodi.
16
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La festa dei Santi Anzoi
e le confraternite di Mattarello
L
a festa dei Santi Anzoi affonda le proprie radici fin
nel XVIII, allorquando venne costituita la Confraternita
del Santo Angelo Custode.
Quella delle confraternite era un’usanza abbastanza
diffusa intorno al XVII e XVIII secolo. Si trattava di
una sorta di associazione di fedeli che esercitavano
opere di pietà e di carità. Oltre alla preghiera, essi
si sobbarcavano le spese per il mantenimento o la
ristrutturazione delle chiese e degli altari.
A Mattarello si ha notizia della presenza di una
Confraternita detta del Santo Rosario già nel 1658
(ACAT, Atti visitali, n. 44, p. 654). Tale confraternita
venne costituita il giorno 29 novembre: ogni affiliato
doveva in sostanza osservare i dettati di una tabella
-esposta nel foro della chiesa- e composta di nove
articoli.
Non si hanno notizie circa i fondatori. Si sa soltanto
che operò per almeno un secolo. Qualche utile
informazione si ricava dai documenti redatti
in occasione della visita del canonico di Trento
Francesco Felice de Alberti a Mattarello nel 1749.
In quell’occasione il religioso si incontrò con i
responsabili delle Confraternite del paese. I massari
della Confraternita del Santo Rosario erano Antonio
Dal Prà e Nicolò fu Giuseppe Ranz.
Incontrandosi col Canonico di Trento i due responsabili
spiegarono che «quasi tutti gli uomini e le donne vi
sono iscritti e non vi è aggravio alcuno di contributi di
annata, o di pagar cosa alcuna all’ingresso». E quanto
alle modalità di mantenimento della confraternita,
chiarirono che «la compagnia non ha beni stabili, nè
capitali, ma si mantiene colla questua delle gallete,
brascato e colle elemosine che si gettano nel zocco
della Chiesa esistente e certi avanzi d’alcuni che
hanno prima di noi amministrato e son per anco
inesatti, de quali procureremo di venire quanto prima
al coperto».
Dai documenti custoditi presso l’Archivio diocesano
di Trento, si ha notizia della costituzione di una nuova
Confraternita -detta del Santissimo Sacramento- nel
1695. Vi facevano parte quasi tutti i capifamiglia
del paese e venne costituita lunedì 21 gennaio. Lo
ricorda anche Giovanni Odorizzi, rettore della Chiesa
di Santa Maria Maggiore (di cui faceva parte la curazia
di Mattarello): in un documento datato 21 ottobre
1819, informa il vescovo che a Mattarello esisteva
la Confraternita del Santissimo Sacramento, “detta
dei Rossi, con Cappa rossa”. (ACAT, Libro B (174) n.
3). Tale Confraternita è rimasta attiva fin negli anni a
Massimo Baldi
cavallo delle due guerre, e ancora oggi -soprattutto fra
i più anziani del paese- è vivo il ricordo dei confratelli
che sfilavano in processione con caratteristiche tuniche
e cappelli rossi.
I confratelli e le consorelle del Santissimo Sacramento
dovevano preoccuparsi del mantenimento dell’altare
maggiore della chiesa, sobbarcandosi se necessario
le spese di ristrutturazione. Inoltre erano tenuti
al quotidiano rito dell’accensione dei ceri e delle
candele.
In occasione della visita del de Alberti nel 1749 il
responsabile della confraternita era Antonio de
Agostini, il quale, illustrandone l’attività al canonico,
spiegò che «tra uomini e donne gli ascritti saranno
circa 220. Li primi nelle processioni vanno con
cappa rossa, le seconde con velo in testa. Li obblighi
de Confratelli e Consorelle sono di contribuire con
(Ragnesi?) 4 annualmente se sono terrieri, mentre i
forestieri contribuiscono con (Ragnesi?) 10 a motivo
che non corrispondono alcuna questua.
Ogni confratello vivente, in morte di un altro,
contribuisce con ... 3 delle quali elemosine.
Si fanno celebrar 3 messe per l’anima del defunto
confratello, dovendo qui soggiungere un indebito
aggravio che si pretende da confratelli d’esser
mantenuti nelle funzioni di tutto l’anno di cere».
(ACAT, Atti visitali, n. 44).
La Nuova Confraternita del Santo Angelo Custode
venne costituita mercoledì 23 maggio 1759 a
Novalina, presso la villa del Conte Saracini (ACAT,
Miscellanea I, n. 51).
Alla riunione costitutiva parteciparono i signori
Giovanni Nepomuceno Tiberi, il barone Battaglia,
Giovanni Battista Benassutti, il signor Ferrari, il
sacerdote Antonio Fracalossi, il parroco Antonio
Cimonatti e il notaio Francesco Sardagna.
Con tale atto si stabiliva che «in ecclesia curazia S.
ti Leonardi Mattarellii» ad altare S. ti Andrea erigat
confraternita sub titolo S. Angeli custodi». In sostanza
l’altare di Sant’Andrea -che si trovava nella chiesa
antecedente quella attuale- veniva dedicato ai Santi
Angeli custodi.
Alla Confraternita aderirono un centinaio di
capifamiglia. Tra i soci fondatori figurano: Leonardo
Bianchini, Giovanni Battista Tamanini, Mattheo
Broilo, Nicolò Ranz, Simone Moratelli, Thomas
Ciani, Domenico Cappelleti, Bernardo Cappelletti,
Domenico Fraccalossi, Leonardo q.m Giovanni Maria
Bianchini, Nicolò Fraccalossi, Vincenzo Gentilli, Nicolò
17
La foto del 1940 ritrae
l’ingresso della villa
Saracini, ora Scotoni, alle
Novaline, ove nel 1759 fu
costituita la Confraternita
del Santo Angelo custode
(per gentile concessione della
Famiglia Scotoni).
q.m Ludovico Ranz, Bartholomeo Bridi, Antonio
Fraccalossi, Giovanni de Carolis, Giovanni Carlini,
Leonardo Girardi, Domenico Polli, Nicolò Zanella,
Andreas Bridi, Valentino Ciani, Oliviero q.m Giovanni
Bridi, Leonardo q.m Leonardo Bridi, Antonio q.m
Antonio Dalprà, Leonardo q.m Giacomo Girardi,
Giovanni Battista Ducatti, Mattheo Dalprà, Andreas
q.m Nicolò Postal, Antonio q.m Antonio Fraccalossi,
Bartholomeo Moratelli, Valentino q.m Antonio Frizzera.
Nel corso della riunione venne steso un regolamento
composto di nove articoli:
«Regole da osservare da Confratelli e Consorelle della
nuova compagnia del Santo Angelo Custode
1) Chiunque vuole entrare in questa Compagnia dovrà
passare arbitraria, congruente elemosina, in onore del
S. Angelo per i bisogni del suo altare.
2) Sarà obbligato annualmente a contribuire con
Carantani due e questi serviranno pel mantenimento
delli utensili.
3) Chi poi nell’entrare volesse passare alla Compagnia
Troni cinque, sarà libero dall’annua contribuzione dei
due Carantani.
4) Ad ogni seconda domenica del mese, si canterà
al suo altare la messa in onore del Santo Angelo e
a vantaggio dei confratelli viventi e a suffragio dei
defunti confratelli medesimi.
5) Nove giorni innanzi la Festa del Santo Angelo,
oppure a tempo più opportuno secondo le circostanze
del tempo, e come meglio giudica il signor Pievano
del luogo, si farà la Novena in onore del Santo Angelo,
come sarà stabilito nel libro.
6) La domenica prima di settembre si celebrerà
la sua festa col più possibile decoro, ed in questo
giorno saranno obbligati tutti li fratelli e le sorelle,
non legitimamente impediti, a fare le loro oracioni
per acquistar le moltissime indulgenze concesse dai
sommi Pontefici, che si vederanno nel libro, in cui ci
sarà la Novena, e molte altre oracioni da recitarsi a
gloria del medesimo Santo.
7) Ogni giorni li confratelli reciteranno un Pater et due
Angelo Dei in onore del Santo Angelo per ottenere la
sua assistenza fedele.
8) I confratelli e consorelle viventi saranno obbligati
ad intervenire alli uffizi diurni che si faranno per li
confratelli defunti ed accompagnarli alla sepoltura
potendo.
9) Ogni anno si doverà, dal cassiere e ministro e altro
effetto ed offizio, mostrare li conti ed ogni cosa al
Signor Pievano.
Li fratelli sin a quest’anno assentono al numero di
cento ed altrettante sono le consorelle, sperando che
s’accrescerà il numero per desiderio che tutti tengono
di questa compagnia».
Alla luce di questo documento -firmato dall’allora
parroco Antonio Cimonatti- si può tranquillamente
affermare che la Sagra dei Santi Anzoi è certamente
una delle più antiche del Trentino, essendosi
tramandata di generazione in generazione. Infatti,
distanza di quasi due secoli e mezzo, la devozione
dei fedeli di Mattarello nei confronti dei Santi Angeli
custodi non è mai venuta meno.
Lo testimonia anche il fatto che all’interno dell’attuale
chiesa di San Leonardo -consacrata nel 1896 e
progettata da Bartolomeo Scottino da Lizzana ancora
agli inizi del 1800- l’altare di sinistra è stato dedicato
proprio ai Santi Angeli custodi. La pala è opera del
Cirolini nel 1943.
Oggi la ricorrenza ha mantenuto la sua originaria
impronta religiosa, ma ha anche assunto un carattere
ricreativo e culturale. A partire dal 1981 -anno in cui la
sagra è stata rilanciata- la festa dei rappresenta anche
un modo per favorire l’incontro tra i vecchi e i nuovi
18
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Custodes hominum
Custodes hominum, l’inno
del Vespro nella festa degli
Angeli Custodi, è attribuito
tradizionalmente al santo cardinale
gesuita Roberto Bellarmino (15421621) e si trova per la prima volta
citato in un breviario cistercense
nel 1570. Le prime tre strofe
sono ispirate al bisogno dell’aiuto
celeste nelle lotte continue che si
debbono sostenere con le forze
del male; l’ultima è una preghiera
all’Angelo Custode.
Luciano Ducati conserva un
documento dal quale risulta
che nel 1905 don Dario
Trentini ha armonizzato l’inno.
Successivamente esso fu
rielaborato per quattro voci miste
da Dario Sassudelli.
Custódes hóminum psállimus ángelos,
natúræ frágili quos Pater áddidit
cæléstis cómites, insidiántibus
ne succúmberet hóstibus.
Nam quod corrúerit próditor ángelus,
concéssis mérito pulsus honóribus,
ardens invídia péllere nítitur
quos cælo Deus ádvocat.
Huc, custos, ígitur pérvigil ádvola,
avértens pátria de tibi crédita
tam morbos ánimi quam requiéscere
quicquid non sinit íncolas.
Sanctæ sit Tríadi laus pia iúgiter,
cuius perpétuo númine máchina
triplex hæc régitur, cuius in ómnia
regnat glória s’cula. Amen.
Cantiamo gli angeli custodi degli uomini, che il Padre affiancò come celesti compagni alla
[nostra] fragile natura, perché
non soccombesse ai nemici che la
insidiano. Infatti, l’angelo traditore che era andato in rovina,
giustamente privato degli onori
concessi, ardente di invidia, cerca di tenere lontani coloro che
Dio chiama al cielo. Qui dunque,
o custode, vigile accorri, allontanando dal luogo a te affidato [la
terra] tanto le malattie dell’animo quanto qualunque cosa non
permetta che gli abitanti riposino. Sempre sia lode alla Santa
Trinità, dalla cui perpetua volontà è retta questa triplice macchina [la terra, il cielo e gli inferi] e
la cui gloria regna in tutti i secoli. Amen.
19
Vincenzo Fortunato Schioppio è l’autore del libretto di devozione
pubblicato a Trento nel 1766 contenente la novena in onore del
Santo Angelo e dedicato dal rettore della chiesa di Mattarello
don Adamo Antonio Cimonati (1759-83) a Francescantonio
Ceschi di Santa Croce.
20
Matarel, el paes dei Anzoi
21
Ángele Dei,
qui custos es mei,
me, tibi commissum
pietáte supérna,
illúmina, custódi,
rege et gubérna.
Amen
Angelo di Dio,
che sei il mio custode
illumina, custodisci
reggi e governa me
che ti fui affidato
dalla pietà celeste.
Amen.
22
Matarèl, el paés dei Ànzoi
I gonfaloni
dei Ànzoi
I
da: Beatrice Job,
Otto tele restaurate ritornano
nella chiesa parrocchiale,
in “Mattarello Valsorda Notizie”, XIV, 2010
n periodi difficili, in cui la
cultura viene spesso messa in
secondo piano o addirittura
dimenticata, è giusto dare
risalto ad iniziative volte al
recupero e alla valorizzazione
del proprio patrimonio artistico.
Nel gennaio 2005 il parroco
don Antonio Brugnara inoltrò
alla Soprintendenza dei Beni
storico artistici della Provincia
autonoma di Trento la richiesta
per l’autorizzazione al restauro
di otto oli su tela, tre dipinti
e cinque gonfaloni. L’Ufficio
preposto autorizzò il restauro,
ritenendo le opere di grande
interesse storico artistico,
contribuendo con 32.230 Euro.
Il minuzioso restauro è stato
compiuto da Carla Caimi, che
vi ha lavorato dall’inizio del
2007 alla fine del 2009, e da
Katia Brida che si è occupata
dei tessuti dei gonfaloni. Le
opere d’arte, prima del restauro,
si trovavano in una stanzetta
dell’oratorio e versavano in un
cattivo stato di conservazione.
Grazie all’attenzione che da
sempre don Antonio mostra
nei confronti dell’arte, da
domenica 5 settembre 2010,
nella ricorrenza della festa
patronale dei Santi Anzoi, giorno
in cui sono stati ufficialmente
presentati alla comunità, è
possibile ammirare questi dipinti
in tutto il loro splendore.
Le tre tele: Predicazione di San
Paolo, Adorazione dei Magi e
Mater Admirabilis sono state
collocate ai lati dell’ingresso
principale della chiesa di San
Leonardo, sotto la cantoria. I
cinque gonfaloni vengono esposti
al pubblico solo durante la Sagra
dei Santi Anzoi per la difficoltà a
metterli in sicurezza.
I cinque gonfaloni, con
passamaneria e sostegni in legno
con pomoli, sono opera di un
autore ignoto, probabilmente
trentino, di formazione veneta,
che li realizzò nel XVIII
secolo. Non si hanno notizie
certe relative al committente,
ma è probabile che a volere la
realizzazione di tali opere sia
stata la Confraternita del Santo
Angelo Custode costituitasi nel
1759 presso la Villa del Conte
Saracini alle Novaline. Si tratta
di dieci dipinti su tela, su due
lati; solo L’annunciazione è
stata dipinta su un solo lato. La
passamaneria di profilatura in
tessuto era unita al dipinto con
cucitura a mano e rifinita con
frange in seta di colore giallo
nei lati verticali. Le tele, prima
del restauro, si presentavano
offuscate da molta polvere
e materiali di deposito, con
sollevamenti e cadute del colore,
tagli, sfondamenti, abrasioni,
colature, aloni di umidità e
ridipinture.
La scala di Giacobbe –
Giacobbe, figlio di Isacco e
Rebecca, era fratello gemello
di Esaù, che nacque però per
primo. Esaù, crescendo, divenne
abile nella caccia, un uomo
della steppa, mentre Giacobbe
era un uomo tranquillo che
dimorava sotto le tende. Isacco
prediligeva Esaù, perché la
caccia era di suo gusto, mentre
Rebecca prediligeva Giacobbe
(Genesi 25, 27-28). In cambio
di un piatto di lenticchie
Esaù cedette a Giacobbe la
primogenitura; quest’ultimo,
quando Isacco era in punto
di morte, approfittando della
momentanea assenza del
gemello, carpì la benedizione
prevista per Esaù indossando
una pelliccia di animale, così
da poter passare per il fratello,
che era molto peloso. Giacobbe,
per sfuggire all’ira di Esaù, fu
I cinque gonfaloni restaurati:
Sopra:
La scala di Giacobbe.
Sacrificio d’Isacco.
Nella pagina a fianco:
San Michele vince il demonio.
L’annunciazione.
Tobiolo e l’Angelo.
23
costretto a rifugiarsi presso suo
zio Labano. Una notte, durante il
viaggio, Giacobbe fece un sogno:
una scala da terra si protendeva
sin al cielo, con angeli che
salivano e scendevano; Dio
gli parlava, promettendogli
la terra sulla quale riposava
ed un’immensa discendenza.
Giacobbe chiamò il luogo dove
era accampato Betel, che in
lingua ebraica significa “Casa
del Padre”. Sul secondo lato del
gonfalone vi è l’iscrizione: «LA
VIA DEL CIEL L’ANGELO / TUO TI
ADDITA / NELLA GRAN SCALA,
CHE A / GIACOBBE APPARVE /
E TUTTO AMOR SECO A / SALIR
T’INVITA».
Sacrificio d’Isacco – Il
sacrificio d’Isacco è un episodio
biblico della Genesi (22,2-13).
Dio, per mettere alla prova
l’ubbidienza di Abramo, gli
ordina di sacrificare il proprio
figlio Isacco, immolandolo
su di un altare al posto di un
ariete. Mentre Abramo sta per
vibrare il colpo, un angelo del
Signore scende a bloccarlo.
Questo passo della Bibbia è
stato rappresentato da moltissimi
artisti durante i secoli: tra
le sculture più famose che
raffigurano questo passo si
ricordano le formelle realizzate
nel 1401 da Lorenzo Ghiberti e
da Filippo Brunelleschi per il
concorso bandito dall’Arte dei
Mercanti per la seconda porta
del Battistero di Firenze. Ad
accompagnare il dipinto vi è
la scritta: “FERMATI ABRAMO:
IDDIO / L’AMATA PROLE / VUOL
VIVA ANCOR GRIDÒ / L’ANGEL DEL
CIELO, / GODE DELLA TUA FÉ, EI /
PIÙ NON VUOLE”.
San Michele vince il demonio
– Michele è uno dei tre arcangeli
menzionati nella Bibbia ed è
ricordato per aver difeso la fede
in Dio contro le orde di Satana.
Nell’Apocalisse di Giovanni
(12,7-8) Michele conduce gli
angeli nella battaglia contro
il drago, rappresentante il
demonio. La frase che si trova
sul secondo lato del gonfalone è
la seguente: “LA VINSE IN CIEL,
ECCO / IL DRAGONE AVVINTO / SE
AL TUO CUSTODE TU / VIVRAI A
CANTO / SEMPRE L’AVRAI A PIÉ /
SCORNATO, E VINTO”.
L’Annunciazione – Maria
è qui rappresentata avvolta
nel tipico mantello azzurro e
dal velo bianco sulla testa,
è inginocchiata e pronta ad
ascoltare il messaggio dell’angelo
Gabriele che nella mano
sinistra stringe il giglio. In
alto la colomba, simbolo dello
Spirito Santo, libera un fascio
di luce che scende su Maria.
Seguono la scena due angeli
raffigurati in alto a sinistra.
All’annuncio dell’angelo la
Vergine risponde dicendo:
«Eccomi, sono la serva del
Signore, avvenga di me quello
che hai detto» (Vangelo di Luca
1,38). La frase che accompagna
il dipinto dell’Annunciazione è
la seguente: “MESSO L’ANGEL DA
DIO / COSA INAUDITA / CHIEDE
A MARIA PER DIO / RICETTO, E
CARNE / PEL DIO CHE DIEDE A /
LEI A CARNE E VITA”.
Tobiolo e l’Angelo – Nel Libro
di Tobia l’angelo Raffaele venne
invocato da Tobi, uomo giusto e
povero, affinché accompagnasse
suo figlio Tobia, spesso chiamato
Tobiolo, a riscuotere un credito
di dieci talenti d’argento
contratto dieci anni prima.
Durante il viaggio Raffaele
indicò a Tobia la strada più
sicura e lo salvò più di una volta,
senza mai rivelarsi come angelo,
se non alla fine della vicenda.
Come nel racconto biblico
Tobiolo reca in mano il pesce
che l’angelo gli ha fatto catturare
nel Tigri salvandolo dal morso
che l’animale stava per dargli al
piede. L’immagine sopra a destra
ci mostra il secondo lato del
gonfalone sul quale è riportata la
frase: “SCORRE TOBIA LA TERRA,
/ E L’ONDA INFIDA / SENZA LESION
SENZA / PERIGLIO, O MORTE /
MENTRE ALL’ANGELO / SUO TUTTO
S’AFFIDA”.
La pala dell’Angelo custode
nella Chiesa parrocchiale di Mattarello
(Foto Marco Perini)
(Foto archivio Luciano Ducati,
per gentile concessione).
25
Della presenza di un piccolo edificio di culto a
Mattarello si fa menzione in un documento del
1339, mentre data 20 settembre 1454 la concessione
del fonte battesimale. Mattarello era curazia della
pieve di Santa Maria Maggiore di Trento da cui
distava un’ora abbondante di cammino. Con
don Giovanni Antonio Fontana, nel 1784, prese
corpo l’idea di erigere un edificio più grande ed
accogliente. Nel 1789 fu affidato il progetto a
Bartolomeo Scottino da Lizzana, mentre l’appalto
andò ai Fratelli Cometti, comacini. La popolazione
contribuì materialmente ed economicamente per
erigere la chiesa che fu collocata sullo stesso luogo e
con lo stesso orientamento della precedente. I lavori
furono sospesi nel 1796 a seguito dell’occupazione
e del passaggio delle truppe francesi di Napoleone.
Nel 1854 fu installato l’organo del padovano
Angelo Agostini. Nel 1882 venne restaurato l’altare
maggiore, consacrato, con tutta la chiesa, nel
1895. Due anni dopo, essendo parroco don Dario
Trentini (1896-1906), l’interno fu abbellito dal
mantovano Agostino Aldi. Il 21 novembre 1906
la filiale di Santa Maria venne eretta parrocchia
foranea del decanato di Trento. La chiesa beneficerà
di alcune migliorie nel 1943-44 con la decorazione
delle volte e delle pareti del presbiterio ad opera
del veronese Adolfo Mattielli; sarà adeguata alle
norme del Vaticano II con una serie di interventi fra
il 1968-69 essendo parroco don Ettore Pederzolli
(1967-81); nel 1991-93 con il parroco don Renzo
Agostini (1981-95) fu oggetto di ulteriori lavori di
consolidamento e di restauro.
26
Matarel, el paes dei Anzoi
27
I Ànzoi dela cesa
L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. Il Signore Dio
fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì. Il Signore Dio disse allora: «Ecco
l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non
stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!».
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era
stato tratto. Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la
fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita. (Genesi 20-24)
Bozzetti di
Luciano Ducati
Tra la fine di giugno 1943 e l’aprile 1944 Adolfo
Mattielli (Soave, 1883-1966) pitturò e decoro la
chiesa di Mattarello ridotta «in uno stato veramente
deplorevole ed indecoroso alla santità della casa
di Dio, nonché alla buona reputazione del paese a
causa dell’umidità penetrata per la trascuratezza
con cui il Comune di Trento e forse i parroci avevano
fatto il loro dovere di riparare il coperto e le altre
parti dell’edificio bisognose»: così scriveva nel 1944
don Iginio Bleggi, cooperatore del parroco don
Settimo Tonelli, in un documento che ricostruisce
le fasi dell’intervento e illustra il corredo pittorico
della parrocchiale. Il filo conduttore era la storia
dell’umanità dalla cacciata dal paradiso terrestre al
ritorno al Padre nella gloria del Cielo: “La cacciata
dei primi uomini dal paradiso terrestre” (due
tempere di grandi dimensioni sulle pareti laterali
dell’ingresso ricoperte nel 1968-69); “Il battesimo
Sarìa bel gratàr con n’óngia
quela tinta verdolìna
e ritrovar quei Anzoi dela cesa
come che i era prima.
Sarìa bel tirarla via pian pianèl
finché i Anzoi i compare de nòf
ben comodàdi
tuti quanti su quel ziel.
Lì en alto, tuti ‘nsèma
i féva da cornìs
al gran Padreterno sentà
tra le nugole bianche del Paradis.
Quei soto, con le ali spiegade
e l’aureola sula testa,
tréi sula sinistra e tréi sula destra,
dreo l’altar i vardava,
en compagnia dei Santi,
quela bela scena
de simboli divini propri piena.
En font a la cesa
‘n angelo con ‘na spada lónga
tuta ‘nluminada,
con na facia da catìf
el sgaràva quei pòri grami
dal bel giardin del Paradis.
I me pareva così grandi, così bei,
quando, matelota, sula ponta dei pèi,
nei banchi alti, ai vespri,
sproloquiaven pian pianin
parole che no capivén, en latin.
Me suzéde de véderli ancor
quando adèss son ‘n cesa
per qualche ocasion
entant che i altri i è assorti
en dele so orazion.
Lorenza Nardelli
di Gesù” (è l’affresco del battistero che Luciano
Maino non attribuisce però al pittore veronese); “La
Madonna immacolata assunta ed ausiliatrice” sulla
cupola con i “Quattro Dottori della Chiesa”(sant’
Agostino, sant’Ambrogio, san Girolamo e san
Gregorio Magno) nei pennacchi; nel presbiterio sono
illustrati i grandi misteri: nella calotta lo stucco
dello Spirito Santo, fiancheggiato, ai lati, dai quattro
Evangelisti; in basso, sulle due pareti laterali, due
episodi della vita di Cristo: la moltiplicazione dei
pani e la pesca miracolosa; sull’abside “Il trionfo
dell’Agnello” e, in alto, “Dio Padre”, quello
interamente ricoperto, questo parzialmente ritoccato
fra il 1968-69 durante i lavori di adeguamento della
chiesa alle norme del Vaticano II. Luciano Ducati
ha ricostruito la cacciata dal paradiso terrestre di
cui non è stata conservata alcuna documentazione
fotografica.
28
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Gli Angeli nelle attività pastorali della parrocchia di Mattarello. Don
Vittore Maroni (1944-52, cooperatore, e 1952-62, parroco), dal 1951 al
1962, curò la pubblicazione di un bollettino parrocchiale intitolato “Sotto
l’Ala dell’Angelo Custode” e fra il 1960 e il 1961 promosse la realizzazione
sul colle di Castagnè San Vito di Pergine della colonia estiva “Santissimi
Angeli”, utilizzata fino al 1965, affittata alla Provincia lombardo-veneta
dei Padri Camilliani fino al 1979 e poi definitivamente venduta nel 1990
alla Comunità terapeutica di San Patrignano. Nelle foto: un’immagine
dell’edificio nel 1960 e il primo turno dell’estate 1962.
29
I Ànzoi
della sagra
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Matarèl, el paés dei Ànzoi
Mentre si festeggiano gli Angeli
arrivano i Francesi
A
Mattarello, il 4 settembre 1796. Nella
primavera del 1796 si prevedeva l’avanzata
dell’esercito francese in Italia, per congiungersi con
le truppe del generale Moreau e puntare su Vienna,
nell’intento di farla capitolare. Nelle valli trentine, molti
benestanti si preparavano a riparare verso altri territori,
più a nord, ma poi furono rassicurati dall’arrivo di
rinforzi austriaci venuti a potenziare l’esercito del
generale Wurmser. L’esercito napoleonico arrivò
di sorpresa: la popolazione era tutta sul posto e
attendeva alle sue ordinarie occupazioni, tanto che
– come ci narra un testimonio – a Mattarello, il 4
settembre, giorno in cui si festeggiava la sagra dei
Santi Angeli Custodi, si partecipò ai riti, si pranzò
tranquillamente, si partecipò alla partita al “pallone col
bracciale”, cioè alla palloncina, senza dare importanza
al passaggio di pattuglie di croati e di ussari del
generale Wurmser; non si badò che quei gruppi armati
venissero in su, verso nord, invece che andare in giù,
dove era il fronte.
La notizia delle novità venne portata all’improvviso dal
barone Tedeschi, di Rovereto, il quale comunicava al
da: Luigi Menapace,
Dal Barbarossa a Napoleone,
Trento, 1978
conte Bertolazzi che i Francesi avevano oltrepassato
il villaggio di Marco e la resistenza di Wurmser
cedeva. Notizie portate subito dopo da contadini
allarmatissimi, avvertivano che tutta la valle Lagarina
era occupata dai Francesi: ai Murazzi, sopra Calliano,
si udivano distintamente le fucilate. Da Mattarello
alcuni gruppi s’erano già mossi, salendo in fuga per le
strade di campagna verso Valsorda e Vigolo.
Infatti, gli Austriaci che erano stati respinti negli
scontri di Ala, Serravalle, Rovereto, avevano dovuto
cedere il punto fortificato di Castel Pietra. Raggiunta
l’Acquaviva, Napoleone vi si fermò per soggiornarvi:
ampia villa, bei giardini, lunghi viali di tuie e cipressi.
Napoleone aveva sempre buon gusto.
Il 5 settembre le truppe francesi occupavano Trento.
All’intorno non se ne sapeva niente. Dai paesi delle
colline, gruppi di gente si preparavano a venire in
città: ma s’imbattevano in pattuglie di ussari fuggitivi
“gli Ussari di Endady” che con segni e con parole
avvertivano ch’era opportuno non scendere in città.
In quella mattina del 5 settembre 1796 era prudente
stare alla larga.
Panoramica di Mattarello, inizi 1900 (Foto archivio Marco Perini, per gentile conessione)
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La processione solenne dei Santi
Anzoi dell’ano 1909. Precedono
il corteo la Banda Sociale e il
Coro parrocchiale; dietro la statua
dell’Angelo le orfanelle dell’Istituto
San Vigilio creato da don Dario
Trentini nel 1901 portano lo
stendardo di San Vigilio ricamato e
cucito da Mercede Prandi Gerloni,
tuttora conservato presso l’ufficio
parrocchiale di Mattarello
(Foto archivio Luciano Ducati,
per gentile concessione).
La processione dei Santi Anzoi del 1958. Davanti
al parroco don Vittore Maroni, Giovanni Perotti
con il cero e Giovanni Moratelli con il gonfalone;
a fianco: il chierichetto Luigi Guadagnin; i vigili
del fuoco volontari Luigi Dalprà, Alfredo Dalprà,
Tullio Zorzi e Silvio Tamanini; il coscritto Mario
Dalprà regge la statua dell’Angelo.
32
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La giostra
e il vaso della fortuna
A
Mattarello fu messa in piedi da Aldo
Lorenzini e da un gruppo di giovani del paese allora
variamente etichettati come “sagrestani, democristiani
e oratoriani” e che i maliziosi dicevano occhiuti
ammiratori delle gambe delle femmine volteggianti sui
seggiolini, operazione che riusciva loro facile stando a
manovrare, appunto, una giostra.
Nel 1946, rientrato dalla prigionia in Germania, l’Aldo
con alcuni amici, sostenuto dal parroco don Vittore
Maroni e dal cappellano don Aldo Tomasi, studia la
possibilità di far soldini per coprire le spese di gestione
dell’oratorio. Intrigava quanto riuscivano a guadagnare
i giostrai che fiondavano in occasione della Sagra dei
Santi Anzoi: si diceva che fossero arrivati a raccogliere
fino a 60 mila lire! Nel 1947 i nostri decidono di
costruire in proprio una giostra. Per non lasciare
nulla al caso, vanno fino a Lavarone in bicicletta per
un’operazione di spionaggio, poi si mettono al lavoro,
giorno e notte (più la notte che il giorno). Si presentano
Francesco Dalprà, Antonio Tamanini, Edoardo Zorzi,
Rino Dallabrida, Berto Bridi, Enrico Ruzz, Anselmo
Lorenzini, fratello di Aldo e poi il tecnico, Giulio
Dematté, che di mestiere faceva il fabbro.
Il cantiere è attrezzato in un posto lontano da sguardi
indiscreti, nel piazzale interno dell’orfanotrofio
femminile del San Vigilio, che per la nobile causa le
reverende suore mettono a disposizione.
da: Marco Bridi,
La Sagra dei Santi Anzoi,
1988, 1989
In primavera, con l’autorizzazione dei guardiaboschi
tagliano sul Doridondo circa 7 metri cubi di legname
e faticosamente li portano lentamente a valle su carri
trascinati da cinque coppie di buoi organizzate dal già
onnipresente Bruno Bianchini. Con molta ingegnosità
furono recuperati ingranaggi, motore, ferro. Il venerdì
antivigilia della Sagra dei Santi Anzoi la giostra
girava. Serviva però il collaudo, che il geometra
Diego Fontana rilasciò sollecitamente. Sulla stabilità e
funzionalità del manufatto nessuno nutriva incertezze,
si lasciò egualmente al lancio scaramantico di una
monetina da 10 lire se la giostra dovesse girare o no.
L’avvenire di quella macchina volante era,
evidentemente, segnato: dall’orfanotrofio i pezzi
smontati vennero portati nello spiaz dei Giovannetti
coincidente, con una certa approssimazione, ad una
porzione dell’attuale piazza Quintilio Perini, ove fa
capolinea l’autobus.
L’Aldo ricorda che quella volta si girò a tutto motore,
fino al surriscaldamento, la domenica, il lunedì e la
domenica successiva. Una manna, per sostenere,
tolte le spese, la pastorale dell’oratorio.
La giostra, a pianta esagonale, negli anni seguenti fu
abbellita: le donne dell’Azione Cattolica offrirono stoffe
per mascherare la struttura lignea, Primo Vivaldi, pittore
per hobby, e non banale, dipinse ed ornò i pannelli
fatti di fogli di compensato massiccio che, per lungo
La giostra dei Matarèi sulla piazza di Romagnano e ressa davanti al vaso della fortuna allestito durante la Sagra del 1984.
33
tempo, sagomarono la parete esterna. La fama della
robustezza e della bellezza della giostra dei Matarei
varca l’Adige ed i Brusaferi. Ricordano i testimoni che
con un carro trainato da due buoi, e fu un viaggio
periglioso, venne piantata sulla piazza di Romagnano,
poi ad Aldeno, e qui le noie per i permessi furono
tante. Con il primo trattore arrivato a Mattarello, quello
di Albino Montel, fu portata anche a Vigolo Vattaro.
La giostra, con il Vaso della Fortuna, divenne il
segno per eccellenza della Sagra dei Santi Anzoi ed
esercitò sempre un grande richiamo sui giovani, con
la soddisfazione degli animatori dell’oratorio, Franco
Giovannini fra i primi, che potevano contare su entrate
sicure e in genere consistenti. Fu abbandonata negli
anni della contestazione, gli anni del Sessantotto,
quando la Sagra, le sagre, entrò in crisi. Fu smontata
e i vari pezzi che la componevano vennero depositati
qua e là nei locali dell’oratorio. E di quella macchina
che attraeva e faceva divertire non è rimasto nulla,
perché in occasione dei lavori di ristrutturazione
dell’edificio fra il 1985 e il 1986 ciò che ingombrava fu
impietosamente gettato.
I miei ricordi del vaso della fortuna – annota Anselmo
Lorenzini – partono dal 1937, quando l’impalcatura
veniva realizzata sulla piazza della chiesa, sul lato
destro, appoggiata alla parete nord della vecchia
canonica. I pali portanti erano ben piantati per terra,
fra il selciato, sul luogo un tempo destinato a cimitero.
Frequentemente su quell’area, a mezzogiorno, tra
la chiesa e la canonica, furono ritrovati frammenti di
ossa umane. La copertura dei fianchi e del retro era
realizzata con i teloni dei carri prestati dai contadini.
Titolare della posa era el Tilio Valsordo, padre di
Settimo Tamanini-Mastro 7.
Incaricate dell’Azione Cattolica femminile passavano
di casa in casa e raccoglievano nelle famiglie i doni
che venivano numerati e depositati in canonica e
poi, il sabato, esposti sugli scaffali. Il premio grosso
consisteva in due agnelli.
Per alcuni anni dopo la guerra il vaso venne allestito
in un’aula dell’asilo infantile, allora ospitato presso
l’istituto San Vigilio [sede attuale del Circolo Pensionati
ed Anziani], era organizzato dai giovani dell’Azione
Cattolica; poi, però, si riprese al allestirlo sulla piazza
della chiesa, finché, nel 1969, fu spostato nell’attuale
area di piazza Municipio [piazza Quintilio Perini].
Il comune noleggiava la struttura principale, però
ben presto, per il deperimento degli elementi, venne
a mancare quel sostegno. Mattarello fece allora
cooperativa con Ravina per acquistare le strutture lignee.
Tutto il materiale era depositato là, e così ogni anno
occorreva andare a prenderlo e riportarlo, ma
mancava sempre qualche cosa e ogni volta bisognava
chiedere per carità qualche tavola e un fascio di
scòrzi per completare il manufatto. Si fece strada
l’idea di realizzare da noi qualche cosa di nuovo,
magari in ferro. L’idea fu messa in pratica nell’estate
del 1982. Remigio Serafini, Aldo e Anselmo Lorenzini,
Luigi Tamanini con il supporto tecnico di Enrico Ruzz
e la collaborazione diretta di Aldo Dorigatti, che
ospitò nel suo capannone-officina vicino alla stazione
la squadra di lavoratori, in una quindicina di giorni,
mise in piedi l’impalcatura metallica; Remigio Serafini
procurò anche il legname per la scaffalatura.
Ora la raccolta dei doni è fatta tramite i negozi locali
ed è integrata dall’acquisto di “numeri” da parte
dell’organizzazione assunta dal Gruppo Giovani
dell’oratorio. Fra i doni grossi vennero le biciclette,
un motorino,una radio, una lavatrice, un vestito, un
quadro d’autore, servizi vari, ecc.. Recentemente
è stata lanciata l’idea dell’offerta di una torta come
mezzo per sostenere il vaso.
34
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La sagra rinasce
S
i celebra oggi a Mattarello la
festa dei SS. Angeli patroni del
paese. La tradizionale sagra si
presenta puntuale anche se con il
passare degli anni essa è scaduta
molto di tono. Sopravvivono,
oltre alle funzioni religiose con
la bellissima processione del
pomeriggio, il vaso della fortuna
e qualche bancarella per la gioia
dei più piccoli.
La festa come sempre offre
l’occasione a molti mattarellesi
lontani dal paese di fare una
breve rimpatriata, a trascorrere
una giornata in lieta compagnia
di parenti ed amici, rivivendo
con nostalgia e rimpianto le
belle sagre di un tempo. Preme
sottolineare l’impegno degli
organizzatori del vaso della
fortuna ed il fine altamente
umanitario cui verrà devoluto
il ricavato. È infatti intenzione
del decano don Ettore Pederzolli
creare un fondo di solidarietà
per immediati interventi a favore
di coloro che si trovassero in
situazioni di particolare bisogno
a causa di eventi imprevedibili
e imprevisti che molto spesso,
purtroppo si verificano lasciando
dietro di sé dolori e miserie.
[da: L’ADIGE, domenica 3
settembre 1972]
35
Nella pagina a fianco:
la locandina della rinnovata Sagra dei Santi Angeli riportata in auge nel 1981 dal Consiglio
di Circoscrizione con il presidente Sergio Baldi (1981-84); i bozzetti sono di Luciano Ducati,
la stampa di Artestampa di Giorgio Ferrari in via della Stazione;
la famiglia degli Angeli di EDYPerazz (Pierpaolo Perazzolli) tratta dal volumetto “La
contrada degli Angeli” pubblicato nel 2000 (per gentile concessione).
i quotidiani locali “L’Adige” e “Alto Adige” dedicarono all’evento ampio spazio.
36
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Il parroco di Mattarello don Renzo Agostini (1981-95)
con Bruno Bianchini, delegato del sindaco dal 1956 al 1975
(foto Marco Perini);
immagini della Sagra del 1984.
Nella pagina a fianco:
bozzetti di Luciano Ducati.
37
38
Matarel, el paes dei Anzoi
Pietro Verdini
Livio Conta
Diego Bridi
Paul Sark
Theresia Trawöger Passigli
39
Marisa Postal Decarli
Mario Pasquali
Claudia Andriollo, Mario Pasquali,
Sonia Giuliani
Locandine della Sagra dei Santi Anzoi aventi come soggetto gli Angeli.
Il logo attuale della Sagra dei Santi Anzoi è stato realizzato nel 1989
dal grafico Nazareno Ambrosi.
Classe 5ª B della
Scuola primaria
di Mattarello
Alunni della Sc
uola primaria e
dell’Infanzia di
Mattarello
40
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Trent’anni di sagra
C
ambio alla guida del Comitato Permanente
Associazioni e Gruppi (CoPAG) che organizza la Sagra
dei Santi Anzoi, l’evento che mobilita la comunità per
l’intera settimana che precede la prima domenica di
settembre: Dario Pedrotti, presidente dal 2007, ha
lasciato l’incarico a Riccardo Tamanini, da undici anni
capogruppo degli Alpini in congedo.
Parole di apprezzamento per l’impegno profuso da
Pedrotti sono venute dalla trentina fra presidenti e
rappresentanti dell’intero mondo associazionistico di
Mattarello, che hanno sottoscritto il “Libro Soci 2011”
e rinnovato il direttivo.
Promosso dalla Circoscrizione nell’estate del 1984,
il CoPAG, in base allo Statuto che si è dato, «ha lo
scopo di organizzare comunitariamente la Sagra
dei Santi Anzoi e di attivare iniziative folcloristiche e
culturali e di mantenere e rinverdire le tradizioni vicine
e lontane nel pieno rispetto dell’autonomia operativa
delle singole associazioni». Primo presidente
fu Settimo Tamanini-Mastro 7, al quale in questi
trent’anni succedettero Luciano Zendron, Claudio
Lorenzini, Vittorio Gadotti, Bruno Pintarelli, Dario
Pedrotti ed ora Riccardo Tamanini.
Auguri di buon lavoro allora al nuovo presidente, che
s’insedia nell’anno in cui la Sagra festeggia trent’anni,
essendo stata rilanciata nel 1981 da Sergio Baldi,
Marco Bridi
presidente in carica della Circoscrizione, dopo il declino
cui era andata incontro nel corso degli anni Settanta,
con un imprinting che si è sostanzialmente mantenuto
intatto edizione dopo edizione: attorno alla ricorrenza
religiosa che ha nella processione della Statua
dell’Angelo custode il suo momento significativo (gli
Angeli sono copatroni della parrocchia che è intitolata a
San Leonardo), s’intrecciano una serie di appuntamenti
sapientemente variati, ove si dà spazio alla convivialità,
allo stare insieme mangiando, bevendo, ballando
e giocando in compagnia, ma in punta di piedi,
garbatamente, si mettono in vetrina anche la creatività
e la sensibilità culturale del paese attraverso mostre,
concerti, recital, eventi che si sono via via qualificati e
che incontrano il favore del pubblico.
Registrava, trent’anni fa, il cronista: sabato 5
settembre 1981, gara di sérci in notturna con
partenza dalla piazza e ballo popolare; domenica 6:
mostre fotografiche presso la Sala di Lettura e la sede
del Fotoclub; giochi per bambini, vaso della fortuna e
processione, concerto della Banda di Aldeno e ancora
balli; lunedì 7, Sagra dei Santi Anzolini: concerto del
Gruppo mandolinistico “Giacomo Sartori” presso il
Centro San Vigilio, allora tutto da ristrutturare, ove
funzionava un servizio cucina e bar.
[adattamento da: l’Adige, 10 aprile 2011]
La processione del 2011 con la statua dell’Angelo custode. La scultura lignea policroma, dorata e argentata di autore ignoto della seconda
metà del XVIII secolo, più volte restaurata, è costituita dall’Angelo, il bambino e il demonio nelle sembianze di un serpente-drago.
41
Il parroco don Antonio Brugnara con gli “anzoléti”
e i coscritti delle sagre 2005, 2007, 2004, 2006, 2008, 2009
(dall’alto, da sinistra a destra); la processione del 2012.
42
Matarel, el paes dei Anzoi
Il parroco don Antonio Brugnara con i volontari del Corpo dei Vigili del Fuoco che nella festa degli Angeli ricordano il loro patrono
San Michele arcangelo; sulla destra il comandante della stazione dei carabinieri di Mattarello maresciallo Manuello (sagra del 2007,
in alto); con i vigili di Mattarello ed una rappresentativa di vigili del fuoco della città di Ergolding (sagra del 2008, al centro); con i
vigili di Mattarello ed il coetanei del 1992 (sagra 201, sopra).
43
Album della
Sagra 2013
44
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La Sagra
dei Santi Anzoi 2013
N
ell’elegante cornice di
Villa Bortolazzi all’Acquaviva
mercoledì 22 agosto è stata
presentata ufficialmente la 32a
edizione della Sagra dei Santi
Anzoi, organizzata dal Comitato
Permanente Associazioni e
Gruppi (CoPAG) di Mattarello e
che si svolgerà dal 25 agosto al
2 settembre prossimi: distesa su
ben nove giornate, sarà una ricca
e variegata kermesse di musica,
arte, teatro, poesia, sport, ma
anche di gioco, divertimento,
gastronomia e solidarietà; un
progetto ambizioso reso, possibile
dal generoso impegno di circa
duecentocinquanta volontari
attivati da venticinque sodalizi,
dal sostegno di centoventi
sponsor ed “Amici di Mattarello”
e dal patrocinio del Comune e
della Circoscrizione.
Sul senso della Sagra hanno
parlato il presidente del CoPAG
Alessandro Nicolli e Lorenza
Nardelli, coordinatrice degli
appuntamenti culturali, che
insieme hanno firmato la
presentazione dell’opuscolo
informativo distribuito in tutte
le famiglie della circoscrizione:
in un momento di sfiducia e
di disorientamento, il paese
scommette ancora sulla forza del
gavér amór per la comunità nella
quale si vive, per la bellezza di
un progetto pensato e realizzato
in tanti, per la voglia di gioire
e di dare senso alle cose, come
hanno insegnato i nonni, i padri,
i maestri.
Lo hanno fatto commentando la
locandina dalla quale emerge
un messaggio di serenità: dietro
finestre aperte sono affacciati
angeli-bambini che guardano e
ascoltano, chiamano, suonano
e cantano in un clima di bella
convivenza.
Gavér amór significa ritrovare
l’entusiasmo e la voglia dei più
piccoli, che sono i più curiosi,
i più desiderosi di scoprire il
mondo, mentre gli adulti, forse
mai come adesso, hanno perso
l’abitudine di alzare lo sguardo e
di volare un po’ più in alto.
Ecco allora le altre due parole
chiave della Sagra: “gli
Angeli”, che ci riportano ad
una dimensione “altra” e “le
finestre”, intese come spazio
di osservazione ma anche di
apertura verso il mondo, ovvero
di cordialità e di accoglienza di
Dario Pedrotti, Marisa Postal, l’assessora comunale Lucia Maestri, Lorenza Nardelli,
Alessandro Nicolli, il presidente Bruno Pintarelli, Riccardo Tamanini, Giulio Moratelli.
Marco Bridi
persone, idee, progetti, sogni.
Considerazioni riprese
dall’assessore alla Cultura del
Comune di Trento Lucia Maestri
che ha apprezzato questa tensione
del volontariato locale di andare
incontro ai bisogni di relazione
delle persone e di intercettare i
cambiamenti e il nuovo che si fa
strada anche attraverso queste
manifestazioni che concorrono a
fare più comunità e a contrastare
la disgregazione e l’isolamento e
che l’amministrazione non può
non sostenere, palestra come
sono di educazione alla socialità,
quindi fattore di coesione e di
crescita. Un pensiero speciale
è stato rivolto alla compianta
Daniela Stoffella che nella
sua lunga attività in biblioteca
si è spesa perché Mattarello
diventasse il paese della
convivenza.
Una citazione speciale, infine,
ai bambini delle scuole, perché
sono loro a “firmare” questa
sagra con circa quattrocento
disegni, di angeli, tutti pezzi
unici, che gli organizzatori hanno
utilizzato per creare, oltreché la
locandina, altrettanti biglietti
di invito e di ringraziamento
e che indicheranno gli spazi
dell’evento.
Questa la Sagra dei Santi Anzoi
2013, che ben calibrando
le proposte nel segno della
tradizione e delle novità, come
ha concluso il presidente della
Circoscrizione Bruno Pintarelli,
sarà ancora una volta una festa
per i paesani e per quanti vi
vorranno partecipare, tutti
consapevoli che da quest’anno
Mattarello sarà a pieno titolo el
paés dei Ànzoi.
[adattamento da:
l’Adige, 22 agosto 2013]
45
D
opo l’incontro con i
bambini della scuola primaria in
primavera, ritorna a Mattarello
Fausto De Stefani e propone
“Al di là delle nuvole - Genti e
montagne dell’Himalaya”, una
mostra fotografica integrata da
una significativa raccolta di
oggetti della cultura materiale
delle popolazioni che abitano ai
piedi della più imponente catena
montuosa della terra, compresa
fra il Pakistan, il Tibet, la Cina
ed il Nepal: è un coinvolgente
viaggio culturale che esalta
l’umanità e la sensibilità di
questo alpinista, naturalista e
fotografo mantovano che è stato
il sesto uomo al mondo a salire
tutte le quattordici cime che
superano gli ottomila metri di
quota entrando di diritto nella
storia dell’alpinismo mondiale.
È l’evento che domenica 25
agosto, alle 18, inaugura la serie
di appuntamenti della Sagra dei
Santi Anzoi e che si realizza
grazie ai rapporti che legano De
Stefani ad Alessandro Tamanini
ed ai soci della SAT, che con il
patrocinio del Comune e della
Circoscrizione hanno allestito la
mostra presso la Sala “Alberto
Perini“ del Centro civico.
Conosciuto per il suo impegno
in campo naturalistico,
tra i fondatori e garanti
dell’associazione internazionale
“Mountain Wilderness”, da oltre
Fausto De Stefani, Claudio Bassetti, Alessandro Tamanini.
dieci anni De Stefani si dedica
con passione alla realizzazione
di un progetto umanitario in
Nepal nella cittadina di Kirtipur
non lontana dalla capitale
Kathmandu: qui, dal nulla,
potendo contare sui proventi
delle serate di solidarietà
organizzate in tutta Italia e sugli
aiuti che gli giungono, generosi,
anche da tantissimi sostenitori
trentini, ha costruito la “Rarahil
Memorial School”, un moderno
complesso scolastico no profit
composto da aule, ambulatori,
sala mensa e dormitori che
ospita un migliaio di bambini
e ragazzi, dai tre ai diciotto
anni. Gran parte di loro la
frequentano gratuitamente,
grazie ad un programma di
adozione a distanza attivato in
collaborazione con la Fondazione
“Senza Frontiere Onlus”, nata
nel 1998, di cui Alessandro
Tamanini è referente provinciale
e che con De Stefani, da una
decina d’anni, ha instaurato un
sodalizio di comuni interessi,
seguendolo spesso nei suoi viaggi
in Nepal. E, quale secondo
tempo dell’evento, con inizio
alle 21 e sempre presso il Centro
civico, viene proposto l’ultimo
documentario realizzato da
Alessandro Tamanini, presentato
in prima assoluta al recente Film
Festival della Montagna di Trento
e che porta il titolo della mostra.
Presidente della locale sezione
SAT per nove anni, appassionato
di montagna, cultore di
diverse discipline sportive
dall’arrampicata alla canoa al volo
a vela, Tamanini ha intrapreso
l’attività di documentarista
cinematografico moltissimi anni
fa, anche sulla scia del suo lavoro
di tele cineoperatore giornalista
presso la sede Rai di Trento.
In questo suo lavoro racconta
l’amicizia tra un alpinista dalla
lunga barba (Fausto De Stefani)
e tanti bambini del Nepal ed
illustra la vita quotidiana di
un popolo che è alle prese con
una situazione politico-sociale
disastrosa che colloca questo
paese asiatico ai primi posti nella
graduatoria mondiale per povertà
e inquinamento.
La mostra “Al di là delle nuvole”
rimarrà aperta fino a domenica 8
settembre.
Nell’ambito degli appuntamento
della Sagra aprono oggi e
rimarranno aperte fino a lunedì
2 settembre, la collettiva
“Angeli attraverso la tradizione
artistica” organizzata dal Gruppo
Amici del Colore nelle Sale ex
circoscrizione e la collettiva
“Opere pittoriche e ceramiche”
organizzata dal Gruppo
ArteInsieme nella Sala della
Meridiana .
[adattamento da:
l’Adige, 25 agosto 2013]
46
Matarèl, el paés dei Ànzoi
D
Foto Marco Perini
opo l’apertura delle
collettive degli Amici del Colore
e del Gruppo ArteInsieme
e della mostra di Fausto De
Stefani, dopo la proiezione del
documentario “Al di là delle
nuvole” di Alessandro Tamanini,
lunedì 26 agosto il cartellone
della Sagra dei Santi Anzoi
propone una «cosetta originale,
spiritosa, la chiamiamo una
goliardata?, nuova senz’altro, ci
auguriamo gradevole»: a dirlo
è Luciano Zendron, autore e
regista della Filodrammatica
“Arca di Noè”, con la quale sta
preparando un nuovo spettacolo
che metterà in scena nei prossimi
mesi; «è una presentazione
della festa patronale fatta
da angeli birichini, che in
dialogo tra loro si prendono
in giro e prenderanno in
giro, punzecchieranno anche
qualche personaggio di questa
nostra Matarèl, el paés dei
Ànzoi, e lo faranno seguendo
un canovaccio che abbiamo
costruito per commentare, in
dialetto, tutti gli appuntamenti
della sagra». La location è
quanto mai interessante: el Spiàz
dei Bianchini, una tipica corte
rurale che conserva intatto un
suo fascino antico, alla quale
si accede dal portico davanti
alla chiesa e che i proprietari
hanno messo gentilmente a
disposizione. L’“Arca di Noè”,
che compie diciotto anni, un
periodo importante per un
La performance degli attori della Filodrammatica “Arca di Noé”
e del Coro Torre Franca Junior diretto da Lamberto Tamanini
(Spiaz dei Bianchini, lunedì 26 agosto 2013).
sodalizio che vive di volontariato
e di passione, vedrà debuttare
quattro new entry che hanno
accelerato il turn over nella
vita dell’associazione: Renata
Baldo, Sergio Bisesti, Milena
di Camillo e Sandra Tamanini
che reciteranno con Zendron e
con le “storiche” Elena Bridi,
Lorenza Nardelli e Marisa
Postal. La performance vede
anche la partecipazione del
Coro Torre Franca Junior
diretto da Lamberto Tamanini
e delle giovani ginnaste
dell’Associazione Sportiva
Dilettantistica “Ginnastica
Trento” allenate da Susanna
Berloffa che si esibiscono in
alcune coreografie.
Sul tiglio nel piazzale della scuola
primaria, intanto, e in altri spazi
in centro paese cominciano ad
apparire, discreti, gli Angeli
dei Bambini per indicare i
luoghi della sagra. Sono una
rielaborazione di Mauro Bovolo di
alcuni dei quattrocento disegni di
angeli che gli alunni delle scuole
di Mattarello hanno realizzato per
la ricorrenza e che il CoPAG ha
utilizzato per preparare, oltre alla
locandina, originalissimi biglietti
di invito e di ringraziamento.
[adattamento da: l’Adige,
26 agosto 2013]
47
Un angelo amico
Parlare con gli occhi
Un raggio
Come l’acqua scende
e tutto bagna.
Come il sole che scalda
e tutto asciuga.
Come il lampo
che fa un attimo di luce.
Come il tuono
con il rumore fa paura.
Così fu la tua vita.
Lasciasti come segno l’amicizia,
scordasti come dono l’amore,
dimenticasti anche molto dolore.
Ma se è vero che la vita è un
segno,
il tuo bel ricordo sincero
sarà più lungo di un lampo,
più forte del tuono.
Si asciugheranno le lacrime,
si riscalderà il cuore;
ma tu sei stato forte,
il ricordo ha sconfitto la morte.
Erano celesti
i suoi occhi,
celesti come il cielo sereno,
come il mare tranquillo
dopo la burrasca.
Mi guardava, mi scrutava
come per assicurarsi
che io fossi lì, con lui.
Quegli occhi celesti
dicevano quello che
il suo cuore avrebbe voluto dire,
sembrava mi leggesse dentro.
Intanto la sua anima buona
si preparava a volare
sempre più in alto.
È rimasto il mio Angelo custode,
quegli occhi celesti mi portano
luce
nei momenti bui della mia vita.
È un raggio il mio angelo,
luce,
da lunghe stagioni
m’illumina il pensiero,
squarcia il velo
varcando i sentieri oscuri
della mente,
sostiene l’odierno andare
con una delicata movenza d’ali,
un raggio che dolcemente schiude
gli occhi al futuro,
accende stelle e lune stinte,
voce vibrante in infiniti canti,
prodiga d’amore.
Ed io…
ascolto,
ascolto la sua voce.
Antonio Maule
Giovanni Battista Tomasi, Dorotea Masè.
Alla 14 ª edizione del recital
di poesie dialettale «Fiori de
setembre» dedicato a Eduino Gerola,
organizzato dal Gruppo «Vozi ‘n
dialèt»e tenutosi mercoledì 28
agosto presso il Centro civico San
Vigilio, hanno partecipato Tea Masè,
Rita Giovanella Demattè, Mirella
Tommasi, Giovanni Battista Gibello,
Alma Pintarelli, Mirella Beozzo,
Enrica Buratti, Lamberto Tamanini,
Maria Rosa Slomp, Antonio
Paonessa, Edda Condini Facchini,
Antonio Maule, Fiorella Albertini,
Olga Tamanini, Ivano Chistè e
Giovanni Battista Tomasi. Nel corso
della serata, condotta da Tea Masè,
con la collaborazione di Luciano
Zendron, si è esibito il Coro Torre
Franca diretto dal maestro Giacomo
Dossi. Con il contributo della
Circoscrizione le poesie in dialetto
del recital sono state raccolte in un
quaderno distribuito ai presenti.
Rita Giovanella Dematté
Dorotea Masè
48
Matarèl, el paés dei Ànzoi
L’angelo amico
Quando la stella più brillante
cattura il tuo sguardo …
io sono lì, accanto a te,
l’ammiriamo insieme.
Quando un gesto o una frase …
ti sbalordisce
e diventa fantastica
io sono lì, accanto a te,
tu sai, la condividiamo.
Quando il tuo pensiero …
è greve o felice, lo è anche il mio,
quando i ricordi hanno un’unica voce
non sorprenderti
se io sono lì, accanto a te.
L’amore può essere
sguardo, frase, pensiero …
ma l’angelo amico è concreto, sincero,
c’è,
perché l’amicizia è amore,
allora … non stupirti
se sono sempre lì, accanto a te.
Dorotea Masè
Angelo-presenza
Sussurro solletico soffio
battito d’ala o brezza
fiato profumato
forse sfioro leggero
lieve pressione
parola bisbigliata al cuore.
Così si manifesta
l’angelo di Dio.
Prende forse anche
sembianze umane e c’accompagna,
delicatamente discreto,
nel presente tangibile dei nostri giorni,
asciugandoci il pianto
condividendo le nostre emozioni.
La fede nella sua esistenza
nel suo operare
a nostro favore
illumina i nostri passi.
C’è o no una fetta d’immortalità
dentro il nostro essere
ed eco d’infinito nel nostro vivere?
E perché no allora
presenze che ci superano?
Enrica Buratti
Ricami di Giuliana Rizzoli.
49
Forse era un angelo
L’angelo custode
Un brivido leggero mi attraversa la schiena. Vado verso la porta del
soggiorno e sto per chiuderla, quando … è come se una forza arcana
mi spingesse all’aperto … mi sto sbagliando o qualcuno mi prende per
mano, guidandomi verso una luce misteriosa che porta in riva al mare?
È qui che, tanti anni, fa ho conosciuto quel bambino. Se ne stava
seduto sulla battigia e piangeva; teneva in mano una paletta e guardava
sconsolato il castello di sabbia che, piano piano, si stava frantumando.
Aveva due lacrimoni che scendevano sulle guance vellutate, sembrava
un pierrot disperato a cui hanno tolto il suo giocattolo preferito. Ci
guardammo e diventammo subito amici. La sua aria ingenua mi faceva
pensare a qualcosa di misterioso; era come se un filo legasse le nostre
esistenze. Una signora poco lontano ci stava osservando.
Incominciai ad andare tutti i giorni, mi ero specializzata in castelli di
sabbia e il bambino rideva contento.
Un giorno mi disse:«Guarda che presto me ne devo andare …». Lo
guardai e lui proseguì: «Vado in un posto dove ci sono tanti angeli e
così ti guarderò dal cielo». Mi girai verso la signora poco lontano e lei
rispose con un cenno affermativo. Feci per parlare ma lui mi accarezzò
le guance e, sorridendo, mi salutò.
Il giorno dopo ritornai sul posto e non trovai nessuno. Pensai alla mia
mamma quando, nelle preghiere della sera, non mancava di nominare
gli Angeli e mi faceva spostare dall’orlo del letto perché, diceva,
dovete far posto al vostro Angelo custode. Anche ora che sono anziana,
lascio a lui sempre un po’ di posto e così mi sento più sicura.
Guardo verso il mare, una brezza leggera muove le onde tracciando un
rettilineo davanti a me, sento una manina premere sulla mia, è come se
un bambino volesse salutarmi. Mi avvicino all’acqua, sembra che una
figura trasparente e irreale cammini in superficie per poi perdersi in
lontananza tra le onde, laggiù.
Essere evanescente,
con le ali,
dato da Dio alla gente
con tanti altri regali,
etereo, asessuato,
bianco, puro, pulito,
quante notti hai vegliato,
mentre succhiando il dito
sognavo i miei balocchi?
L’infantile pasticcio
(che solo tu capivi)
che recitavo a sera,
ti ripagava un po’
dei gesti miei cattivi
come correre in chiesa
o qualche bugietta.
Era la tua preghiera
che il tempo ormai corrode:
“Angelo di Dio
che sei il mio custode...”
Ora che sono uomo
come ti ho ripagato?
Mi illudo di esser grande
e ti ho dimenticato.
Perdonami, ti prego,
so che ti sei stufato,
ma,
Lui, che a me ti ha destinato,
sapeva che tormento
ti avrebbe procurato.
Dai, qualche momento ancora
continua a “reggere e proteggere”
e...
vedrai, che alla fine,
ti troverai contento.
Olga Tamanini
Presepi del’associazione
“Amici del Presepio”
di Mattarello.
Ivo Rossi
Gloria in excelsis deo
C’erano in quella regione alcuni pastori che,
pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte
facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del
Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li
avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma
l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una
grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella
città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo
Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino
avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine
dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:«Gloria a
Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
(Luca 2,8-14)
50
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Pietro Marsilli,
Don Antonio Brugnara.
Contrappunti musicali con il trio di
violini Chizuro Deguchi, Giovanna
Ferrari ed Ilaria Gazzini.
T
ema della sagra dei Santi Anzoi di quest’anno
sono “gli Angeli” e di angeli, nella tradizione cristiana
e nell’arte, hanno parlato in modo magistrale venerdì
30 agosto al San Vigilio nella serata organizzata
dalla Biblioteca il parroco don Antonio Brugnara e il
professor Pietro Marsilli; ma chi impersona meglio
questa figura se non l’angelo del focolare domestico
cioè la donna e, in particolare, la donna africana?:
così commenta Vittorio Lorenzini, presidente
dell’Associazione Fondo Progetti di Solidarietà
(FPS) impegnata nel Basso Shabeelle, in Somalia,
a fianco di don Elio Sommavilla e di Water for Life e
di altri organismi internazionali. Scrive la poetessa
e giornalista eritrea Elisa Kidané: «Quanti vogliono
operare in Africa, per prima cosa devono chiamare
le donne, perché esse sanno che ciò costituisce
la sopravvivenza per i loro figli: tessono la vita e le
relazioni e costruiscono quelle situazioni che riescono
a far sopravvivere la famiglia, il villaggio, il paese.
Ormai in Africa si riconosce che il denaro in mano
alle donne non frutta solo per la famiglia. Se l’Africa
rimane in piedi e ha la capacità di sopravvivere è
proprio grazie al lavoro silenzioso, nascosto ma
nello stesso tempo tenace delle donne, che oltre a
portarselo nel cuore, questo continente, se lo portano
sulle spalle».
«Chi dice donna, dice sviluppo», chiosa Lorenzini
per il quale queste parole ben riassumono il senso
del progetto che il FPS sta attualmente sostenendo:
un corso di formazione per trenta ragazze orfane,
aspiranti sarte, un mestiere tabù per le donne
ma che ora nelle aree liberate dall’occupazione
dei fondamentalisti è possibile rompere. Durante
l’apprendimento saranno tenute a confezionare
diecimila cartelle in tessuto per altrettanti alunni delle
scuole primarie dell’area, fra i quali si potrà introdurre
la prassi del portare libri e quaderni a casa per fare i
compiti evitando l’uso delle inquinanti borse di nylon.
«Siamo convinti che scuola e lavoro – conclude –
costituiscono le condizioni preliminari per qualsiasi
51
Pranzo etnico
presso lo spazio
tenda con il
Fondo Progetti
Solidarietà
Mostra dei disegni degli alunni delle classi III A e III B della
Scuola primaria di Mattarello (Progetto “Disegnare gli Angeli
con Pietro Verdini”, Biblioteca
Angeli nella Scuola primaria.
sviluppo e quindi per la liberazione e la promozione
della donna. Attraverso una dichiarazione scritta le
candidate s’impegnano nell’apprendimento di questo
mestiere che poi eserciteranno associandosi a tre
piccoli cooperative aperte in sordina nel centro di
Ayuub o a casa; le migliori saranno premiate con una
macchina da cucire manuale».
Per sostenere questo progetto il FPS ha riproposto
alla Sagra il pranzo etnico-solidale: «È un modo per
conoscere le culture da un diverso punto di vista
che non sia mediante la rappresentazione di drammi
e povertà ma la ricchezza culinaria ed artistica».
E dopo la cucina somala e nigeriana, ieri oltre
centotrenta persone si sono accostate, con generale
soddisfazione, ai piatti tipici del Senegal.
[adattamento da: l’Adige, 1 settembre 2013]
Spettacolo di cinema-concerto con
la Piccola Orchestra Lumière.
Concerto di organo
e tromba con
l’Ensemble
“G. Frescobaldi”
52
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Mostra-concorso con opera a tema “Gli Angeli”
organizzata dagli “Amici del Colore” in piazza
Quintilio Perini.
Artisti in mostra: nelle Sale ex circoscrizione: Fiorella Albertini,
Raffaella Baffetti, Annamaria Berloffa, Enrica Buratti, Maria
Bruna Bazzerla, Iginio Depedri, Renata Di Palma, Luciano
Frasanella Midollo, Liberio Furlini, Sonia Giuliani, Roberto
Lorenzini, Mirko Mittempergher, Mario Pasquali, Fabrizia
Persico, Lorenza Pomarolli, Antonio Raspadori, Arnaldo
Roncher, Rita Zanvettor ed Alessandro Ziglio dall’Associazione
Amici del Colore “Daniele Vivaldi”;
nella Sala della Meridiana, Maria Carla Acler, Giovanna
Bove, Loredana Giovanetti, Remo Largaiolli, Licia Marinchel,
Stefania Simeoni, Claudia Trotter, Nila Rosmery Velasco,
Mariangela Vesco, Alessandro Zanlucchi del Gruppo
ArteInsieme.
53
S
torico maestro della banda dal
1982 al ‘98, cesellatore ed artista
eclettico, Luciano Barberi è
presente alla collettiva di pittura
e scultura “Angeli in mostra”
allestita per la Sagra dei Santi
Anzoi nella dismessa officina
Dematté con un altorilievo in
legno e con l’originale in gesso
del busto di don Dario Trentini.
Opera che reputa perfettamente
in tema, perché non nutre dubbio
alcuno che questo prete, nato a
Villa Lagarina nel 1845 e morto
e sepolto qui in paese nel 1906,
sia stato “un angelo”: un angelo
attivo operoso, che tutto si è
dato e tanto ha dato del suo per i
più deboli e gli svantaggiati. Lo
mostrano le sue opere.
Cappellano dal 1870 al 1876,
e poi pievano dal 1896, nel
1897 don Trentini s’impegnò
per l’abbellimento della chiesa
chiamandovi il pittore mantovano
Agostino Aldi; nel 1901 fondò
un orfanotrofio per bambine
del “Tirolo italiano” e aprì a
beneficio del paese un asilo
che chiamò “il giardinetto”;
nel 1905 riprese l’antico inno
Custodes hominum in onore
dei copatroni della parrocchia
intitolata a San Leonardo. Per
disposizione testamentaria lasciò
l’amministrazione dei suoi beni
all’ordinario diocesano. Ora, ciò
che rimane dell’istituzione da lui
creata, la residenza per anziani
aperta nel 1980, è gestito da una
Fondazione.
«Sì, don Dario un angelo lo fu
davvero, – racconta Barberi –
mio nonno Umberto Vicentini
me lo ripeteva, e mi diceva che
per raggranellare soldi andò
sino a Vienna dall’imperatore!».
Un prete grande, che la gente
di Mattarello volle degnamente
onorare con un monumento e
così nel 1911, per iniziativa del
Club Ciclistico Matarellese, si
costituì un Comitato pro busto
che commissionò l’opera a Remo
Stringari di Aldeno (18791924). Lo scultore fuse il busto
bronzeo tuttora collocato su una
colonna sorretta da due putti in
marmo in un recinto alla base del
campanile. Nel 1987 a don Dario
Trentini è stata intitolata una
strada ed dal 1997 un’associazione
culturale porta il suo nome.
Ora salta fuori il calco originale.
Ma come è andata? «È presto
detto – continua –. Verso la metà
degli anni Ottanta, quando il
Comune iniziò i lavori per la
realizzazione di quello che ora
è il centro civico, intervenendo
sull’edificio che fino al 1966
aveva ospitato l’orfanotrofio e
l’asilo, gli operai abbatterono la
nicchia ricavata su una parete
del porticato all’interno della
quale c’era il busto di don Dario
con tanto di firma dello Stringari
e data di esecuzione».
Chi è entrato nel vecchio San
Vigilio lo ricorderà: aperto
il grande portone in legno,
girato l’angolo, superato il
cancelletto, sulla destra, in alto,
la campanella e la nicchia con la
statua. «Lo avevano buttato senza
tanti riguardi in una buca scavata
nel centro del piazzale per
raccogliervi macerie e materiali
da portare in discarica. Io l’ho
raccolto e conservato in soffitta
per tutti questi anni».
Quel calco, che ha consegnato
alla posterità le fattezze di
un uomo energico ed austero,
era rovinato e sbriciolato in
più parti; mozzato il naso.
Qualche mese fa, cogliendo
come propizia l’occasione della
collettiva, Luciano Barberi lo ha
rispolverato e restaurato: «Gli
ho rifatto il naso, prendendo
l’impronta su quello in piazza,
e l’ho anche tinto, per ridarlo –
dice – alla comunità».
Ma questo busto dove potrà
essere ricollocato? Luciano
Barberi non si sbilancia:
«Per adesso lo espongo alla
mostra. Poi ci sarà il tempo per
pensarci». E per riconsiderare
questo “pievano pio ed attivo”
e per farlo conoscere, vuoi che
non si riuscirà a trovare uno
spazio all’interno del San Vigilio,
magari all’ingresso che proprio
in questi giorni viene ricoperto
con una tettoia? O presso la
residenza per anziani? Magari
con una scheda che ne ricordi la
figura? Vedremo.
[adattamento da:
l’Adige, 15 agosto 2013]
In alto: Luciano Barberi con il calco del
busto di don Dario Trentini restaurato.
Sotto: Fausto Tamanini, il maestro del
campanò.
54
È
Matarèl, el paés dei Ànzoi
la caratteristica della Sagra dei Santi Anzoi,
rispettata fin dal suo nascere, quella di
proporre piccoli-grandi eventi culturali
accanto agli appuntamenti genuinamente
conviviali fatti di piatti della tradizione,
musica e balli che richiamano tantissime
persone, come si è visto fin dall’pertura
del tendone venerdì 30 agosto.
Eventi resi possibili grazie ad una
rodata organizzazione, sostenuta da
circa duecentocinquanta volontari
occupati dietro gli stand del
“picciol villaggio” e del tendone.
Una “passeggiata tra le mostre
d’arte” è meritevole di attenzione:
cominciamo dalla collettiva
allestita dagli Amici del Colore
nelle sale ex circoscrizione
(diciannove gli autori presenti
con opere figurative e sculture),
che sabato 30 è uscita
all’aperto, su piazza Perini,
per una rassegna-concorso sul
tema “Gli Angeli”. Si passa,
poi, a quella dei dieci soci
di ArteInsieme, nella vicina
Sala della Meridiana. In via
Catoni, nella storica ex Casa
Rizzi, ora Saljoughi, espone
Mariapia Fedrizzi, con un
corredo di fotografie di Silvia
Tonelli. Poco più avanti, nell’ex
officina meccanica Dematté, è
stata collocata un’esposizione
di taglio moderno, «perché è
un luogo – dice la pittrice Clara
Lunardelli nella presentazione
– che richiama due dimensioni
del fare: la fatica e la creatività,
che appartengono ad ogni
essere umano». Anche qui il
tema conduttore, che ha unito
tredici individualità, è stato
declinato in linguaggi diversi,
dalla pittura alla scultura, dalla
fotografia alla scrittura. In ogni
opera «c’è uno spicchio di mente
e del cuore di un uomo che dà
una sua interpretazione della
realtà e del mondo, anche degli
angeli, a volte celestiali, a volte
più fisici e carnali, ora caritatevoli,
ora giocosi». La “passeggiata” si
conclude nella sede del Circolo
Pensionati ed Anziani, dove le
Giorgio Lunz
socie espongono una serie di
pregevoli ricami.
Questa è la Sagra dei Matarèi,
che durante la settimana sono
usciti di casa per il recital
“Fiori di Settembre”, per
le musiche della Piccola
Orchestra Lumière e del
Trio Ensamble Frescobaldi.
Sabato 31 agosto, nel
pomeriggio, c’è stata
l’inaugurazione ufficiale
della Sagra: sobri i discorsi
del presidente del CoPAG
Alessandro Nicolli, del
direttore artistico Lorenza
Nardelli e del presidente
della Circoscrizione Bruno
Pintarelli, improntati
tutti alla fiducia di chi
crede nell’importanza del
gavèr amor per la propria
comunità. Nonostante
tutto.
Al “picciol villaggio”
si sono esibiti i
“Brandenburger
Trumeter” di Lanshut
e il giocoliere Mattia
Capotorto, in uno
spettacolo preludio della
10a disfida dei zòni
de oro che si terrà nel
pomeriggio di domenica
1 settembre e deciderà
la vincitrice del 28°
Palio delle Contrade;
nella tarda serata si
è corsa la staffetta
delle contrade. La
domenica la festa tocca
il culmine: vaso della
fortuna, messa solenne,
vespri e processione
con la statua
dell’Angelo portata a
spalla dai coscritti del
1995. È il giorno in
cui, lungo le strade, il
muoversi, l’incontrarsi,
lo stare assieme
sembrano assumere un
calore nuovo.
[adattamento da: l’Adige,
1 settembre 2013]
55
Settimo Tamanini - Mastro 7
Marco Berlanda
Giuliano Tamanini
56
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Clara Lunardelli
Arnaldo Roncher
Mariapia Fedrizzi
57
Clara Lunardelli
Camilla Lorenzini
Pierpaolo Perazzolli
Giorgio Salomon
58
Matarèl, el paés dei Ànzoi
Stefania Simeoni
Edda Ferrari
Sonia Giuliani
59
Attività del Gruppo “Le Contrade”.
C
on la corsa a staffetta in notturna a Valsorda ha
preso il via giovedì 29 agosto la 28a edizione del Palio
delle Contrade. Organizzato dal Gruppo “Le Contrade”
costituitosi nel 1983 e presieduto da sette anni da
Giulio Moratelli, il Palio metterà in competizione i
“Verdi” delle Regole, vincitori della manifestazione
nel 2011 e nel 2012, i “Rossi” del Castèl, i “Gialli”
della Dèzima e i “Blu” del Masét. Per ragioni
organizzative interne si sono presi un anno sabbatico
i “Rosa” di Valsorda che peraltro hanno preparato
l’appuntamento in casa.
Durante tutte le sagre dei Santi Anzoi dal 1984 in
qua (con due interruzioni nel 1993 e nel 2003),
animati dai rispettivi capicontrada, giovani e meno
giovani abitanti delle cinque aree storiche della
circoscrizione concorrono in una serie di prove
che via via nel tempo si sono rinnovate. Questo il
programma dell’edizione 2013: venerdì 30, all’interno
del “Picciol villaggio” al parco, gara di tiro con l’arco;
sabato 31, la mattina, presso il laghetto delle Albere
di Aldeno, gara di pesca sportiva; nel pomeriggio,
sempre al “Picciol villaggio”, gara alla morra; alle 21,
lungo un circuito in centro paese, corsa a staffetta.
Domenica 1 settembre sono previste le ultime due
prove: alle 11, presso la palestra comunale, la gara
di arrampicata sportiva e nel pomeriggio, verso le
17, dopo la sfilata del corteo storico con i figuranti
della leggenda della Torre Franca, che celebra
quest’anno il suo 10° anniversario, l’attesissima
disfida dei zóni de oro, che attira sempre l’interesse
dei contradaioli schierati e di un folto pubblico di tifosi
ed appassionati e che solitamente decide la vincitrice
del trofeo assegnato alla contrada che avrà totalizzato
il miglior punteggio nella graduatoria delle sette gare
in programma.
[adattamento da: l’Adige, 30 agosto 2013]
60
Matarèl, el paés dei Ànzoi
“N
on è facile riunire insieme gli appassionati
delle mitiche Fiat 500 e delle Mini storiche: io e la
mia famiglia, visto che le possediamo entrambe,
ci proviamo»: così ci dice Andrea Fronza che
con la moglie Lara a fianco e i figli Nicolas e Yuri,
gestori della rivendita “al Tabachìn” in via Catoni,
ha organizzato “Evergreen Car”, un raduno misto, il
primo del genere in Trentino, che si tiene domenica
1 settembre in occasione della Sagra dei Santi Anzoi.
«Misto anche perché sarà aperto a tutte le macchine
d‘epoca, macchine sempre verdi. Noi ci proviamo,
quindi ci attendiamo una risposta numerosa, così da
inaugurare una lunga serie di appuntamenti».
La passione di Andrea cominciò nel 1971 con una
500 usata che lui ha accarezzato, coccolato e amato
come nessun altro in paese e, vent’anni dopo, non
fa mistero di aver perso la testa per una Mini. Non è
il solo, perché il Cinquino non si potrà scordare mai.
Ad Avio è attivo il CinCent Club 500 Fiat e derivate e
chi l’ha provato o posseduto concorderà. Spartana
assai agli inizi, pensata per il popolo operaio che si
muoveva in Vespa o Lambretta, questa superutilitaria
della casa torinese è stata di volta in volta la prima
macchina, la prima seconda macchina, il banco
di prova per i neopatentati, sinonimo di libertà ed
evasione, ed anche luogo di intimità nonostante le
ridotte dimensioni. Prodotta dal 1957 al 1975, via via
più accessoriata e perfezionata, è un mito che resiste,
come la 2 CV in Francia, o il Maggiolino in Germania
o la Mini in Inghilterra che uscirà nel 1959. Come
non ricordare le portiere che si aprivano a vento, il
tettuccio in tela e l’accensione con la levetta vicino
al freno a mano e poi la doppietta (marcia-frizionefolle-colpo di acceleratore-frizione-marcia) con cui si
cambiava?
Il programma della giornata prevede alle 9.30
il ritrovo delle evergreen presso il piazzale della
scuola primaria in via Poli, dove l’automobile sarà
posizionata e regolarizzata l’iscrizione; a seguire,
aperitivo e poi pranzo della Sagra sotto il tendone
allestito sul piazzale Ergolding, quindi partenza per il
tour in Valsugana. «E per quanti hanno desiderio di
prolungare la giornata, la proposta è quella di ritornare
a Mattarello per la serata danzante», conclude Andrea
Fronza che ha già raccolto numerose adesioni da
appassionati del Triveneto.
[adattamento da: l’Adige, 28 agosto 2013]
61
Nella pagina a fianco:
attività presso il “picciol villaggio” e raduno delle 500, evergreen
card.
A fianco:
vaso della fortuna e processione lungo via Giulio Catoni.
L
a domenica della sagra è il giorno dei riti, di una
puntata al vaso della fortuna, della visita alle mostre,
di una sosta fra gli stand del tendone e del “picciol
villaggio” (è il nome che lo storico del concilio Mariani
diede a Mattarello), della conclusione del Palio. È il
giorno degli incontri e delle relazioni; è il giorno in cui
il paese si riempie davvero, come ieri pomeriggio al
parco, per la riproposta della disfida dei zóni de oro,
dei birilli che la leggenda tramanda impegnasse un
tempo Nicolò di Trautmannsdorf, il signore della Torre
Franca, e i suoi cortigiani sul prato che si stendeva
davanti al castello; un gioco tramandato dal passato,
se è vero che si ricordano feste patronali durante le
quali si posizionavano birilli alti un metro da colpire
però con bocce così pesanti che solo i più vigorosi
riuscivano a maneggiare.
La gara fra le squadre delle quattro contrade che si
sono contese il Palio (andato quest’anno alla Dèzima
davanti alle Regole, Castèl e Masét; non ha aderito
Valsorda) si è aperta con il corteo storico cui hanno
partecipato i “Musici e Sbandieratori” di Borgo
Valsugana, i figuranti del “Palio dela Brenta”, il gruppo
bavarese “Brandenburger Trumeter” di Landshut,
giocolieri, armigeri e arcieri della “Gualdana del
Malconsiglio”: un evento suggestivo e di forte impatto,
ideato dieci anni fa da Lorenza Fontanari e Lorenza
Tamanini con il gruppo “Il ritrovato tesoro”. Il pubblico,
numerosissimo, quasi un migliaio di persone, coinvolto
dall’ever green istrionico Antonio Maule, ha gradito.
Successo anche per il 1° raduno di 500 e Mini
organizzato dalla famiglia Fronza che ha incontrato la
partecipazione di una cinquantina di mezzi d’epoca.
Lunedì 2 settembre la lunga kermesse si congeda
con gli appuntamenti dei Santi Anzolini, dedicati ai
pensionati ed agli anziani che il Circolo “Pomini” invita
a festeggiare sotto il tendone con pranzo, musica e
balli, e ai bambini per i quali si esibirà Luciano Gottardi
con i suoi burattini. La sera, alle 20.30, presso il
Centro civico si terrà il concerto della tradizione del
Corpo Bandistico diretto da Maurizio Peterlana mentre
sotto il tendone chiuderà, anche quest’anno, Ennio
Bailoni e la sua band. Gli angeli proiettati sulla parete
della chiesa che hanno sorpreso tanti visitatori si
spegneranno, lasciandoci il sapore della torta de pan
gratà preparata per la sagra dal Gruppo Donne.
[adattamento da: l’Adige, 2 settembre 2013]
62
Matarèl, el paés dei Ànzoi
La disfida dei zòni de oro e corteo storico presso il picciol villaggio.
Concerto della tradizione con il Corpo bandistico di Mattarello diretto da Maurizio Peterlana.
Nella pagina a fianco: i volontari e le socie del Gruppo Donne di Mattarello al lavoro sotto il tendone.
63
È
un grazie grande quello che Alessandro Nicolli
e Lorenza Tamanini rivolgono a quanti hanno reso
possibile la buona riuscita della 32a Sagra dei Santi
Anzoi, la lunga kermesse iniziata domenica 25 agosto
e conclusasi lunedì 2 settembre ma che con la mostra
di Fausto De Stefani “Genti e montagne dell’Himalaya”
organizzata dalla SAT si protrarrà fino a domenica
prossima. Grazie ai volontari delle associazioni che
hanno risposto all’invito del collaborare insieme,
del gavér amor e dare un po’ di tempo e regalare e
trafficare i propri talenti, gratuitamente, per costruire
ancor più comunità; grazie ai vigili del fuoco e ad alle
forze dell’ordine; grazie al comune che ha assicurato
il suo patrocinio; grazie agli sponsor ed agli amici
di Mattarello che hanno dato una mano generosa.
Grazie a quanti hanno scelto anche quest’anno di
venire in paese per visitare le mostre, per sostare
al parco e consumare un piatto sotto il tradizionale
tendone allargato nel “picciol villaggio”. E sono
numeri confortanti, superiori senz’altro alle passate
edizioni e che questo dirà pur qualche cosa. Forse
hanno fatto qualche cosa gli angeli, tema della festa di
quest’anno, che gli organizzatori hanno sentito vicini
nella disponibilità, nell’entusiasmo, nel verificare che
collaborando si possono tener vivi e far crescere gli
spazi di socialità e di convivenza anche in un contesto
generale in cui le relazioni e i rapporti all’interno di
una comunità sembrano allentarsi e sfilacciarsi. Ecco
allora il piacere di poter condividere quanto di buono
è stato fatto e realizzato e di destinare parte dei ricavi
in progetti di solidarietà attivati dal Fondo Progetti in
Somalia e da Suor Francesca Bolognani in America
Latina, senza dimenticare quello che è l’obiettivo
comune che il CoPAG si augura poter concretare in
tempi brevi: la realizzazione di una struttura in legno
da posizionare nel parco vicino alla palestra che possa
servire da centro logistico per i momenti aggregativi
delle associazioni. I fondi ricavati dal vaso della
fortuna saranno invece destinati alle opere parrocchiali
e all’associazione Pachamama Madre Terra che opera
in Ecuador.
[adattamento da: l’Adige, 6 settembre 2013]
Evelyn Segreto
COMITATO PERMANENTE ASSOCIAZIONI E GRUPPI
COMUNE DI TRENTO
CIRCOSCRIZIONE DI MATTARELLO
Matarèl, el paés dei Ànzoi
A cura di Lorenza Nardelli e Alessandro Nicolli
Realizzazione di Marco Bridi
Copertina di Pierpaolo Perazzolli
Fotografie di Giuliano Tamanini
Disegni degli alunni della Scuola primaria
e della Scuola dell’Infanzia di Mattarello
Trento – Mattarello dicembre 2013
Stampa: Nuove Arti Grafiche
COMITATO PERMANENTE ASSOCIAZIONI E GRUPPI
COMUNE DI TRENTO
CIRCOSCRIZIONE DI MATTARELLO - 2013
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Mattarello - il paese degli angeli