, l è r a t Ma s é a p el i o z n dei À 1 Ai vecchi che raccontano, ai bambini che c’incantano 2 Matarèl, el paés dei Ànzoi Gavér amor D a sempre gli angeli vegliano sul nostro paese. Tanto è stato scritto, tanto è stato fatto, pensando sempre a loro, copatroni, insieme a San Leonardo, di tutta la comunità di Mattarello. Possiamo vantare la contrada degli angeli... Un’allegra brigata che il nostro compaesano Pier Paolo Perazzolli, con il suo particolare umorismo ha voluto immaginare. Nelle vie di questo fantasioso rione, possiamo incontrare l’Anzolón, grande e grosso, taglia forte, l’Anzolin, esile e smilzo, l’Anzolét, il più piccolo, l’Anzolóna, angelo tenero con il cuore di mamma... Col tempo, la contrada si è allargata, tanto che Mattarello si è meritato l’appellativo di “Paese degli Angeli”. Abbiamo voluto gli Angeli protagonisti della Sagra 2013. Una festa tutta dedicata a loro, dove tutti, grandi e piccoli, avessero modo di parlare, dialogare dello stesso argomento; dove ognuno potesse esprimere la propria opinione a modo suo, Lorenza Nardelli Alessandro Nicolli facendo ironia o discutendo seriamente. Un pretesto, insomma, per fare “sagra insieme”. I bambini, con il loro sguardo innocente, ci hanno senza dubbio aiutato a dare forma a queste strane, impalpabili presenze, in bilico tra la realtà e un mondo immaginario. Con la naturalezza che li distingue, hanno saputo scavalcare delicatamente gli stereotipi del nostro vissuto, dando vita ai loro Angeli, a dir poco straordinari. Centinaia e centinaia di opere d’arte, pezzi unici, piccole meraviglie, sono diventati altrettanti biglietti per invitare e ringraziare. Gli Angeli dei bambini hanno colorato il nostro paese, di giorno e anche di notte, proiettati sulla facciata della chiesa. Conoscevamo le abilità dei bambini, ma ciò che non avevamo messo in conto sono state le emozioni che questi segni, taluni semplici altri più elaborati, sono riusciti a suscitare in tutti coloro che li hanno ricevuti. Molti, incuriositi da quelle buffe faccine, da quelle figurine con le alucce colorate, sospese tra la terra e il cielo, hanno voluto venire a vedere, a conoscere questa nostra sagra. I preziosi e incomparabili biglietti dei nostri bambini sono riusciti anche a commuovere... Ancora adesso possiamo vederli sulle scrivanie degli uffici, sulla mensola della biblioteca, sulle credenze delle case. È difficile buttare via un biglietto così speciale! Ma l’entusiasmo dei bambini e delle maestre ha fatto altri miracoli... È riuscito a contagiare tutti, artisti, poeti, pittori, scultori, attori, associazioni, allargandosi a macchia d’olio, tra la gente del paese. È nata così la Sagra degli Angeli. Li abbiamo messi in mostra, sono scesi nei cortili, nei spiazi, li abbiamo appesi sui muri delle case, sono scesi sugli alberi con le loro scale colorate, ne abbiamo parlato tanto, li abbiamo conosciuti un po’ di più, li abbiamo riconosciuti tra la gente che continua a gavér amor a vivere insieme, a fare comunità. Abbiamo voluto racchiudere questa splendida esperienza in queste poche pagine, perché quando si vive qualcosa di speciale, quando si trova qualcosa che riesce ancora a far battere il cuore, che ti fa lanciare un oh! di meraviglia, allora senti il desiderio di raccontarlo e di condividerlo con gli altri; e poi perché noi dobbiamo essere i custodi degli accadimenti, degli eventi, che diventeranno la storia di un paese, da lasciare in eredità. 3 Spigolature nella storia e nella tradizione 4 I Matarèl, el paés dei Ànzoi La chiesa rurale di Mattarello dipendente da Santa Maria ncontrastato l’onore primaziale al Tempio, nel quale s‘ergeva la cattedra vescovile, nulla osta che per volere del Vescovo fino dai primi secoli per gli argomenti già svolti Santi Maria rifulgesse di quello splendore, che rifletteva su di lei la Cattedrale. È poi certissimo, se non si vuol cadere nell’assur-do, che eretta a pieve, la cura dell’anime si estendesse a un vastissimo circondario. A ricordare di quello che fu, restando ancora alcune stazioni strette di vincoli coll’antica matrice; a settentrione tutto il tratto che dal Veruca si estende al brutto Passo o Finestrelle, ove l’Adige batte nel monte, ed è detto di Vela, a sera la montagna che fiancheggia l’Adige, e si estende innalzandosi alle somme praterie del Vasone e si appella Sardagna, a mezzodì la vasta pianura di Mattarello cogli ameni colli di Novalina e Brusaferro. A cinque miglia dalla città, seguendo il corso del fiume, sovra un altipiano s’alza un castello, che, nel medio evo era feudo della Chiesa trentina e si diceva Castrum Mattarelli. Spettava per investitura prima ai Castrobarcensi, che cogli altri forti sulla riva opposta del fiume dominavano la valle; poi ai signori d’Ivano, da’ quali passò alla famiglia schiettamente tedesca dei Trautmansdorf. Erano vassalli del Principe, che come si rileva dal Codice Vanghiano in quel luogo possedeva altri beni, avendo, come si legge, il Vescovo Federigo nel 1212 ricuperato collo sborso di 900 lire da certo Guitoldo e dal suo nipote Milone certa sostanza feudale, che possedevano in Mattarello. Quel popolo sia di servi del castellano sia di liberi coltivatori degli ubertosi campi nella vasta pianura, nelle cose di spirito aveano ricorso al pievano di Santa Maria, presso il quale stava la piena giurisdizione, di modo, che prescindendo dalla piccola cappella del Castello, dedicata a San Giorgio Martire e che serviva a que’ signorotti, non v’avea luogo sacro a riunirsi alla preghiera, e alla partecipazione del sagrifizio pel popolo, sia della valle, sia dei colli di Brusaferri e di Novalina, e però era costretto a portare i bambini alla pieve pel santo battesimo e fino i morti a seppellire nel cimitero di Santa Maria. A segno della loro sudditanza e a compenso degli ufficîi che loro si prestavano, erano tassati a famiglia di pagare ciascuna al pievano uno stajo di miglio, tributo che ridotto a venti misure fu conservato fino all’ultima arbitraria riduzione dei livelli, come furono ridotte le prestazioni in uva pigiata e in vino bollito, che gravavano i possedimenti in Novalina. da: Giovanni Battista Zanella, Santa Maria di Trento, Trento, 1879 A grado che cresceano i bisogni e forse i disordini per la soverchia distanza, si accordò loro di edificarsi una chiesiciolla, ove riunirsi alle comuni preghiere, quindi a stilla a stilla gli altri spirituali provvedimenti, sicché poterono adorare Cristo in sacramento, poi tener depositato pei bisogni l’olio santo, poi la terra sacra pei morti, quindi il sacro fonte e in ultimo uno stabile cappellano, con questo però, che nelle cose oneste e lecite fosse soggetto al suo pievano. Trassi tali storiche notizie da un antico diario del secolo XV, che si conserva nell’archivio capitolare, scritto dal pievano Leonardo da Trento, il quale prega chi leggerà il suo scritto di raccomandare al Signore l’anima sua. E chi avrà la pazienza di scorrere questa leggenda voglia aggiungere un po’ di carità anche per colui, che qui trascrive la sua originale parola: Item quilibet seu quelibel massaricia tenens focum in villa Mattarelli et Novallina et manso Brusaferri tenetur et debet solvere plebano suo Sancte Marie Majoris de Tridento pro quolibet foco unum starium Millii sine aliqua exceptione. Et hoc in signum quod sunt sub plebe S. Marie Majoris de Tridento. Quibus hominibus ex magna gratia eis concessum fuit ut ibi in Mattarello ad magnas et continuas preces hominum ut ecclesiam ibi hedificarent. Deinde concessum est ut corpus Christi illuminatum tamen tenerent. Deinde concessum est ut oleum sanctum haberent ibi. Postremo concessum fuit ut mortuos suos ibi sepelirent qui prius portabantur omnes ad ecclesiam plebis S. Marie Majoris. Deinde habuerunt baptismum, seu baptisterium. Finaliter modo habent capellanum proprium qui tamen debet in honestis et licitis subiectus esse plebano suo. Da que’ giorni Mattarello divenne stazione importantissima, s’edificò una chiesa appropriata al bisogno di quel popolo numeroso, provveduta dalla pietà di que’ buoni fedeli di quanto dee conferire allo splendore del culto. La cura dell’anime è del tutto indipendente dalla parocchia nella spirituale amministrazione, e solo è legata per un lieve contributo, come lo è il comune pel reluito livello e l’uno e l’altro ricordanza dell’antico nesso, la quale si ravviva pell’amichevole saluto che il parroco di Santa Maria volge ogni anno a quel buon popolo celebrando in mezzo a loro il S. sagrifizio nel giorno di San Leonardo protettore principale scelto dagli avi ad implorare sulle loro famiglie e sui loro campì le benedizioni di Dio. 5 La Valle dell’Adige e il Trentino occidentale su una delle carte affrescate nella Sala delle Carte geografiche del Vaticano realizzata dal domenicano Egnazio Danti di Perugia (15361586), cosmografo e pittore. A dirimpetto di Romagnano, oltre l’Adice sta Mattarello, sito anch’esso di buoni vini se non verso l’Adice nel piano, dove han del morbido: verso l’erto, che si dice Mattarello di Sopra, e verso ancora Novalline, siti proprii. A Mattarello, oltre il picciol Villaggio, che fa il gran passo, stanno alcuni Masi di piacenza, e v’è un forte Castello in quadro con balouradi e torri coperte di rame, e per entro sono nobili commodità. Fu già di Casa Traumensdorf, e poi de Conti Galassi; hora si tiene dai Conti di Thunn. La chiesa figliale di Santa Maria Maggiore è assai ben tenuta d’altari, e paramenti; e tra le divozioni si singolarizza quella di S. Leonardo, come parlano i voti. Il luogo di Mattarello si rende celebre per il conflitto tra Veneti e Trentini, che vi seguì l’anno 1487. È fama che qui, o poco lungi morisse l’imperatore Lotario II nel riveniri d’Italia con il suo esercito circa l’anno 1137 ma non si verifica di Mattarello, constando però esser morto in una piccola villa tra monti di Trento, come tra gli altri autori lo scrive Ottone, vescovo di Frisinga. Non lungi da Mattarello verso il Calliano sta di notabile la nobil sorgente o scaturigine dell’Acqua viva, luogo chiaro non men per la scritta vittoria dell’imperator Teodosio contro gli Alani. L’etimologia di Mattarello non saprei bene d’onde venga: se non fosse in riguardo a punto di suoi vini che per ordinario di gran forza, color e fumo vanno al capo. Serve con tutto ciò questo vino matto, o fa matto, per farne altri che sono scemi, e scoloriti, o han del crudo. Ne si tralasciano per buoni li vini di Man, quelli che non han del morbido e cretoso, essendovi anche oltre i suoi masi, una nobil grotta, o antro, per conservarli. In Man, come dissi, s’è scoperto una casa o tempio d’idoli sotterraneo con antichità di marmi, memorie, e statue, che meritariano dissotterarli del tutto, e come sé fatto in parte. [da: Michelangelo Mariani, Trento con il sacro Concilio et altri notabili: descrittion’ historica libri tre, Trento, 1989 (= 1673)] Il castello di Mattarello dal Codice Brandis, pregevole raccolta di vedute di castelli e paesaggi trentini realizzata con il patrocinio probabilmente di Giacomo Andrea Brandis, governatore del Tirolo e insigne studioso vissuto tra il 1569 e il 1629. Nominato già nel 1212, allora in possesso dei Castelbarco, poi dei Castelnuovo di Caldonazzo, nel 1532 il castello passò a Nicolò Trautmanndorf che vi diede l’aspetto attuale. Acquistato dal generale Mattia Galasso di Campo nel 1634, dai Thun nel 1671, dai Conti Martini nel 1830, attualmente è di proprietà della Famiglia Bruno Travaglia. Sulla destra, in tedesco, la scritta Madurell Dorf, il villaggio di Mattarello. [da: Il Codice Brandis - Il Trentino, a cura dell’Istituto Italiano Castelli – Sezione di Trentino, testi di Nicolò Rasmo, Trento, 1975] 6 Matarèl, el paés dei Ànzoi La concessione del fonte battesimale nel 1454 L e ville di Mattarello, Novaline e maso di Brusaferro dipendevano da sempre, nel campo spirituale, dalla pieve di Santa Maria Maggiore di Trento. Per ogni atto di culto, la popolazione era costretta a recarsi, con notevole disagio, fino alla chiesa parrocchiale e le difficoltà aumentavano in caso di battesimi o di funerali. Dal diario dei pievano Leonardo da Trento, scritto verso la fine dei 1400, traspare l’insistenza con cui furono sollecitati i vari privilegi che la popolazione riuscì mano a mano a strappare al vescovo. Scriveva infatti Leonardo da Trento: «Così chiunque tenendo un fuoco [un complesso di persone residenti in un maso o una famiglia] o qualsivoglia masserizia nella villa di Matarello e Novalina e maso di Brusaferro è tenuto e deve pagare al suo pievano di Santa Maria Maggiore di Trento per qualsiasi fuoco uno staio di miglio senza eccezione [unità di misura per il grano; lo staio trentino aveva la capacità di circa 30 chilogrammi; il miglio, chiamato anche “grano minore” per la piccolezza dei semi, serviva solo per preparare zuppe o polente]. E questo in segno che sono soggetti alla pieve di Santa Maria Maggiore. A questi uomini, per grande favore, fu loro concesso dopo continue e insistenti suppliche della popolazione, che lì a Matarello costruissero una chiesa. In seguito fu concesso che tenessero il corpo di Cristo illuminato, poiché potessero tenervi l’olio santo. In seguito fu concesso che potessero seppellire lì i loro morti che prima erano portati tutti nella chiesa di Santa Maria Maggiore. In seguito ebbero il battesimo ossia il battistero. Da ultimo, finalmente ebbero un cappellano proprio, che tuttavia doveva essere soggetto nelle cose lecite e oneste al suo pievano». Purtroppo da questo documento non possiamo conoscere l’anno preciso in cui fu costruita la prima chiesetta di Mattarello: dobbiamo accontentarci della testimonianza delle Designationes del 1339 in cui per la prima volta essa viene nominata. Si può presumere però che la costruzione risalga al secolo XII, epoca caratterizzata dal sorgere delle cappellanie in seguito al proliferare dei castelli e alla perdita dell’antico prestigio da parte della pieve, come conseguenza della nascita del principato vescovile; inoltre la devozione a San Leonardo è tipica dì questo periodo. Si può dire che fu il castello di Mattarello a creare la struttura ecclesiastica del paese. Infatti la pieve, cioè la chiesa madre, concedeva il diritto di costruire una cappella solo là dove erano presenti le seguenti da: Maria Fausta Mazzetti, Memorie antiche di Mattarello, Trento, 1984 condizioni e cioè dove esistevano: il puteum, o pozzo, ovvero la presenza di abitazioni stabili; il focus, o nuclei famigliari legati su uno stesso territorio da interessi comuni; il castrum, cioè un castello alle dipendenze di un nobile. La cappella sorse nello stesso punto in cui si trova la chiesa attuale. Era orientata verso est, come lo sono le chiese più antiche, e questo in obbedienza all’antica tradizione cristiana secondo la quale l’est era simbolo della venuta del Salvatore come luce che illumina il mondo: l’orientamento ad est era dunque segno di attesa. Non è dato sapere quali sacramenti vi potevano essere amministrati: non certo il battesimo, perché tale privilegio sarà accordato solo nel 1454 dal principe vescovo Giorgio Hack. L’atto di concessione descrive in modo commovente i problemi della popolazione del tempo; vi è inoltre un accenno all’ordinamento della città di Trento, tipico di ogni città medioevale, per quanto riguarda la sicurezza: ogni sera sul fare della notte, le porte venivano chiuse e la città si trasformava in una fortezza: «Noi Giorgio, per grazia di Dio vescovo di Trento, con la presente rendiamo noto che si sono presentati davanti a noi i nostri diletti fedeli il sindaco e gli uomini della comunità della nostra villa di Matarello del distretto e della giurisdizione della nostra città di Trento e con una loro petizione ci dimostrarono come essi, pur essendo soggetti con diritti parrocchiali alla chiesa della Beata Vergine Maria della nostra città di Trento, e pur ricevendo da essa i singoli sacramenti della Chiesa tuttavia temono il pericolo specialmente nel fare battezzare i loro bambini e infanti, soprattutto in tempo d’inverno per la molta neve talvolta o per l’intensità del freddo poiché detta villa dista molto dalla chiesa parrocchiale, e sarebbe difficile per loro nei tempi suddetti portare i loro infanti al battesimo nella suddetta chiesa; anzi talvolta potrebbe darsi il caso che notte tempo non potessero raggiungere la loro chiesa parrocchiale e il suo pievano per la chiusura delle porte della nostra città. Perciò ci hanno umilmente supplicato che paternamente ci degnassimo in grazia di provvedere ai pericoli delle anime dei loro infanti. Noi, inclinati ai voti di quei nostri fedeli e desiderosi di ovviare opportunamente ai pericoli che ne potrebbero derivare, abbiamo ritenuto che si debba concedere ai nostri uomini di Matarello e ai loro successori in perpetuo il battistero nella cappella di San Leonardo 7 Mattarello (Madurell) nella cartina storica del Tirolo di Mathias Burglechner del 1611. confessore di Matarello e con la presente lo concediamo d’autorità nostra ordinaria e per espressa volontà e consenso del pievano della chiesa di Santa Maria in Trento cosicché l’anzidetto pievano e i suoi successori possano lecitamente e validamente consacrare l’acqua battesimale per la comunità di Matarello nella suddetta cappella di San Leonardo e avere là il battistero, e così battezzarvi i loro infanti e bambini ... salvi sempre restando i diritti della chiesa di Santa Maria di Trento dai quali con questa nostra concessione non vogliamo affatto derogare. A testimonianza di tutto questo è stato appeso alla presente il nostro sigillo. Dato a Trento nel nostro Castello del Buon Consiglio il 20 settembre dell’anno dell’Incarnazione del 1454» (Archivio Capitolare di Trento: Sezione pergamene Capsa 39, n. 37). La conclusione di questo documento è molto importante poiché il principe vescovo concesse sì il battistero alla chiesa di Mattarello ma non tolse l’obbligo che la popolazione aveva nei confronti del pievano, obbligo che consisteva nel versamento di una certa quantità di miglio come segno che era soggetta alla chiesa di Santa Maria Maggiore. Il fonte battesimale della chiesa di Mattarello. Affresco di Adolfo Mattielli. La copertura è opera di Settimo Tamanini - Mastro 7 (1999). (Foto Marco Perini) 8 Matarèl, el paés dei Ànzoi La nuova chiesa di Mattarello F in dal 1339 esisteva a Mattarello una piccola chiesa sullo stesso posto dell’attuale (Catalogus Cleri Diocesis Tridentinae, 1914). La cura di Mattarello apparteneva anticamente a Santa Maria Maggiore di Trento (ancora durante il secolo scorso la comunità di Mattarello pagava alla canonica di Santa Maria Maggiore in Trento il livello annuo di 22 staia di miglio come appare dalle relative ricevute) ma nel secolo XV ne venne staccata e resa indipendente: il diritto del fonte Battesimale risale all’anno 1454. Titolare e protettore dell’antica chiesa era, come dell’attuale, San Leonardo, la cui festa si celebra il 6 novembre. Vi erano erette e corredate di privilegi le confraternite del Santissimo Sacramento, del Rosario e dell’Angelo Custode. Fin dalla fondazione il sacerdote preposto a questa cura si denominava ora rettore, ora pievano e qualche volta curato. Il suo posto, in occasione del pieno Capitolo a Trento, venendo in ordine di precedenza, era il primo dopo i parroci della città, cioè presso il parroco di Piedicastello. Fra gli antichi rettori si deve far speciale menzione del Pievano don Gianantonio Fontana, perché fu in grandissima parte per sua insistenza e cura che venne eretta la nuova capace chiesa, principiata nel 1784. Egli era stato curato di San Bartolomeo, venne eletto pievano di Mattarello il 12 ottobre 1783 e passò arciprete del Banale nel 1797. Durante la seconda metà del secolo XVIII la popolazione di Mattarello era assai aumentata, raggiungendo la cifra di 900 abitanti, perciò il nuovo pastore si vide obbligato a procurarsi l’aiuto di un cappellano. Don Fontana deve essere stato uomo dinamico, poiché poco dopo il suo arrivo si trova registrata anche la riattazione della canonica, con cambiamento delle scale e fabbrica di un nuovo locale per la scuola e per le adunanze comunali dette allora “Regole”. In quell’epoca il pievano doveva tenere anche la scuola, per la quale riceveva un compenso annuale d’un carro di legna per ogni scolaro. Da questo incarico venne esonerato solo nel 1827. Egli narra in una sua memoria di aver trovato la chiesa di Mattarello «malamente corredata di suppellettili consistenti per lo più in molte cose superflue, di cattivo gusto e di cattiva materia. Troni di legno, statue più del bisogno, candellieri di legno poco men d’un carro, armadi in ogni angolo, bordi di pianeta falsi, il corpo della chiesa pieno di imbarazzi e per sé incapace di capire il popolo oltre l’essere basso, cupo, spesso e Mercedes Prandi Gerloni (Santi Angeli 1944) sommamente insalubre. Quindi dopo aver adocchiate tante irregolarità non ho mai abbandonato il pensiero di procurare a tutt’uno il progetto, altra volta formato, di fabbricar una nuova chiesa a seconda del bisogno e delle disposizioni di quei benefattori che appunto a quest’uomo hanno lasciato pingui legati, fra i quali meritano il primo luogo l’illustrissima signora Fraila Catterina Perotti e l’illustrissimo signor Barone G.B. Gentilotti di felice memoria... Posso dire di non aver fatta alcuna sacra funzione in tempo della quale non mi sia destato il vivo rammarico di non poterla fare a dovere a cagione appunto della ristrettezza ed irregolarità della presente chiesa: io gemeva in parte e in parte ardeva di interno sdegno vedere il mio popolo così disperso e distratto che non poteva cogliere alcun frutto della parola di Dio Il passaggio dalla sacrestia di molta parte degli uomini, l’andirivieni continuo a cagione della ristrettezza e del gran caldo nell’estate Don Giovanni Antonio Fontana (Sclemo, 1748-Tavodo, 1826), curato di Mattarello dal 9 novembre 1783 fino al 1797. Per la sua elezione, a nome del popolo, il nobile presbitero trentino don Antonio Sardagna de Hochenstein, compose un’ode. Frequentati gli studi di umanità con eccellenti risultati ed ordinato sacerdote, prima di arrivare a Mattarello fu cooperatore nel Banale e curato di Villazzano. Nel 1785 intraprese il restauro della canonica. Nel 1790, abbattuta la vecchia curaziale, ormai cadente ed angusta, il 24 maggio 1790 gettò la prima pietra della nuova chiesa (Foto Marco Bridi). 9 Mappa catastale di Mattarello del 1855. erano cose insoffribili a chi è appunto sensibile per il decoro della casa di Dio». Questa memoria si conserva manoscritta in canonica e da essa abbiamo tratto quasi tutte le notizie di cui non sia indicata la fonte. Il progetto di una nuova chiesa più ampia datava da venti e più anni, ma l’attuazione ne fu ritardata – continua don Fontana – «da non so quale etichetta e puntiglio che regnava con sommo danno e scandalo tra i “vicini” e gli “abitanti” per volere i primi che gli altri non avessero ingerenza alcuna né uffizio nella chiesa. Questo era il pregiudizio più terribile e l’ostacolo più forte a una tale impresa giacché distruggeva quella unione che unicamente poteva contribuire a detta fabbrica e senza cui era impossibile riuscire». L’antagonismo tra “vicini” e “abitanti” era spiegabile se non encomiabile. I “vicini” erano i veri cittadini che godevano di diritti e privilegi ereditari, materiali e morali, dei quali erano gelosissimi, primo tra tutti quello di intervenire alle “regole”, ove si trattavano tutti gli affari del paese e specialmente si procedeva all’elezione del sindaco e dei giurati che dovevano venire scelti fra i “vicini”. Alla “regola” spettava anche la scelta del pievano che veniva poi confermata dal Capitolo. Agli altri abitanti invece non restava che uniformarsi alle decisioni dei “vicini” e quando occorreva… pagare». Nel 1785 il sindaco conte Saracini propose «di riflettersi che sormontando la stabilita fabbrica (della canonica) le tenui entrate della comunità» egli «crederebbe opportuno che presentandosi qualche buon soggetto che poss’anco essere decoroso al pubblico venga accettato in vicino e con la contribuzione che pagherà s’alleggerisca la spesa di detta fabbrica». I “vicini” non accolsero subito la proposta, ma l’anno seguente furono accettati come appare da istrumento rogato l’11 luglio 1786. Matteo Zambon e Gian Battista Tamanini, mediante l’offerta di fiorini 260 (Verbali delle Regole conservati in un grosso volume rilegato in pelle e portante a tergo la scritta “Memorie antiche” che si custodisce nell’archivio in canonica). Don Fontana si sforzò di far capire al popolo che in chiesa non si doveva far distinzione fra vicini e forestieri ed ottenne dal sindaco allora in carica, che 10 Matarèl, el paés dei Ànzoi era il dottor Antonio Felice Sardagna, di far convocare una pubblica “regola” alla quale potessero intervenire tutti i capi famiglia, tanto “vicini” come “abitanti”, per cercare di raggiungere un accordo e quindi trattare tutti uniti riguardo alla fabbrica della nuova chiesa. Questa “regola” fu infatti indetta nell’ottobre del 1788. Vi si nominarono con scrutinio a voti registrati da un notaio, sei amministratori e procuratori della fabbrica. La deputazione risultò composta dal barone Cristoforo Trentini, Pietro de Consolati, Dominico Moratelli, Matteo Zamboni al quale subentrò Antonio Simon, dal sindico della chiesa Giovanni Tamanini e dal sindico “pro tempore”. In questa carica al dottor Saradagna subentrò nel 1791 il conte Prospero Sardagna, nel 1792 il conte Pietro de Consolati, nel 1793 Nicolò Donati, nel 1794 il conte Bernardino Tabarelli e nel 1795 il conte Giuseppe Sizzo che rimase in carica fino al 1797. Il disegno per la nuova chiesa, nello stile barocco dell’epoca ma assai semplice e quasi disadorno, lo preparò l’ingegner Bartolomeo Scottino di Lizzana, architetto. Dello stesso stile esistevano già a Mattarello le ville Bertolazzi (Larcher) all’Acquaviva e Gentilotti (Gerloni) alle Novaline. I concorrenti per la fabbrica furono parecchi; più meritevoli per la buona fama, i patti miti e le condizioni discrete sembrarono i fratelli Cometti, comancini, coi quali venne stretto un regolare contratto nell’ottobre del 1789. Ottenuto dal vicariato il permesso di lavorare di festa a pro dell’erigenda chiesa, don Fontana comprò subito alcuni pesi di lino che distribuì alle donne da filare gratuitamente durante l’inverno per poi vendere il filo a beneficio della fabbrica. Esse ne filarono infatti 250 libbre. Dopo Natale numerosi uomini incominciarono a scavar sassi dal Castellér previa licenza del magistrato consolare. Si dovettero superare parecchie difficoltà, fra le quali una assai noiosa riguardante la compera d’un pezzetto di terreno da ceder al beneficio Thunn in compenso d’un altro piccolo appezzamento necessario per formarvi un nuovo cimitero; quello vecchio, o parte di esso, doveva venir coperto dalla prolungazione della chiesa verso est. Livellaro del suddetto terreno era il Moratelli che stentò ad arrendersi, benché membro della deputazione, dalla quale carica si dimise. Anche con il barone Battaglia insorsero difficoltà per ottenere altre poche pertiche di terreno del luogo a nord della fabbrica e contiguo alla strada che porta a Mattarello di Sopra, per poter ingrandire la chiesa nuova e collocarla con la facciata in prospetto della via Regia in posizione regolare. Questo terreno era primogenituale soggetto a fede commesso, perciò la ricerca del modo di compenso riuscì assai penosa. 11 Il 1° maggio del 1790 si incominciò a fabbricare il muro per recinto del nuovo cimitero e il 24 dello stesso mese, lunedì di Pentecoste, seguì la benedizione del Camposanto e la solenne posa della prima pietra della chiesa che venne collocata nelle fondamenta del coro, fra lo squillare delle campane, lo sparo dei mortaretti e il giubilo generale. Subito dopo si lavorò alacremente alle fondamenta. Durante il 1791 la fabbrica continuò e vennero preparati i materiali occorrenti con l’aiuto di abbondanti elemosine di graspàto, di bozzoli e di denaro raccolto in chiesa. Nell’aprile del 1792 fu coperto il nuovo presbiterio e coro e durante l’autunno un’altra parte della chiesa nuova. Nella primavera seguente, all’arrivo dei maestri Cometti, che erano soliti tornare in patria durante l’inverno, venne ultimato il presbiterio e la sacrestia con una stanza sovrapposta e già in maggio seguì la demolizione della chiesa vecchia e del campanile. Fu presa la decisione di non ammettere nella nuova chiesa monumenti o lapidi sepolcrali e quelle che prima vi esistevano dei Trautmannsdorf (feudatari del castello, Sardagna, proprietari d’una villa alle Novaline) e presbiterale, cioè per sacerdoti defunti a Mattarello, vennero levate con cautela per trasportarle nel nuovo camposanto. Il 21 luglio del 1793 don Fontana stesso, avendo benedetto il presbiterio per deputazione vescovile ebbe la soddisfazione di cantarvi la prima Messa e, seguita da una unga processione verso Mattarello di Sopra e la Croce, per supplire alla processione del Corpus Domini, omessa per la demolizione della vecchia chiesa. Durante il 1793 venne ultimato e ornato di stucchi l’interno a e condotta la fabbrica del campanile fino all’altezza della chiesa. Nel 1796 narra ancora don Fontana «in maggio si fece qualche lavoro di stuccatura ma poi tutto rimase interrotto dalla vicinanza dei Francesi dal continuo passaggio, ripassaggio, ritirate e movimenti delle poderosissime armi imperiali ed in seguito dall’invasion de’Francesi, cosicché non si pensò alla fabbrica ma ognuno alla propria salvezza, regnando dappertutto il disordine, gli orrori con danni immensi, con mali inauditi in ogni genere, con epidemie distruggitrici sì di animali che di uomini, battaglie, spogli tutto in gran parte. Anno per noi e per tutta l’Europa sempre memorabile, terribile, senza esempio». Il campanile venne ultimato solo nel 1809 e la relativa spesa fu coperta colle spontanee offerte versate nelle casse della confraternite. Il verbale della Regola tenuta verso la fine del 1808 ricorda che le offerte furono «da questi aitanti versate nelle predette casse a titolo di carità … e che privatamente nessuno s’obbliga per una determinata prestazione di denaro, ma che ognuno concorrerà a suo piacer qualor per l’ultimazione del campanile abbisognassero ancora altre volontarie offerte nel modo stesso come fu fino qui praticato colla fabbrica della chiesa di San Leonardo». I conti relativi a queste fabbriche non fu possibile rinvenirli, benché siano certamente esistiti in un quadernino apposito ricordato da don Fontana e perciò la curiosità di sapere quanto spesero i fedeli di Mattarello per la costruzione della loro chiesa resta insoddisfatta. Nel 1897 una secolo dopo la sua erezione una brevissima nota redatta dal benemerito pievano d’allora don Dario Trentini dice che «a spese delle locali confraternite venne con figure e decorazioni rinnovato il presbiterio di questa chiesa, mentre il rimanente tutto della stessa venne decorato a spese di questo lodevole Municipio. Esecutore e direttore dei lavori fu l’egregio pittore prof. Aldi Agostino di Mantova». E in una postilla il capo comune Dalprà aggiunge che «per debito di giustizia devesi dichiarare che questo lavoro venne eseguito esclusivamente per impulso del molto rev. do don Dario trentini, pievano locale, sostenendo a suo carico la non indifferente spesa dell’impalcatura ecc.». Il frontespizio della Carta di Regole della comunità di Mattarello, Novaline e Valsorda (1740). Nella pagina a fianco: Mattarello sulla cartina storica del Sud Tirolo realizzata da Joseph von Sperges verso la metà del 1700. 12 Matarèl, el paés dei Ànzoi La visita nel 1749 di mons. de Alberti U no dei momenti più significativi della storia recente di Mattarello è rappresentato dalla visita che il canonico di Trento Francesco Felice de Alberti d’Enno fece alla curazia il 7 luglio del 1749. Felice Alberti d’Enno, nato a Trento il 4 ottobre 1701 da Gervasio e Barbara contessa Bortolazzi, fu uno dei personaggi più in vista della realtà ecclesiastica trentina, ma non solo. Fatto canonico nel 1724, fu consigliere episcopale ed imperiale e ordinò, fra l’altro, l’archivio del Capitolo, compilando i famosi Annali dei Principato di Trento dal 1022 al 1540. Nel 1756 venne eletto coadiutore e amministratore plenipotenziario e nel 1758 fu nominato principe vescovo di Trento. Della sua visita rimane la testimonianza contenuta in un interessante documento custodito presso l’Archivio Diocesano di Trento. Nel testo -scritto in gran parte in latino- è minuziosamente descritta la cronaca degli incontri che egli ebbe con alcuni rappresentanti della popolazione. Ciò fa supporre che la visita fosse stata programmata da tempo e rientrasse nella serie delle visite pastorali. Monsignor de Alberti arrivò a Mattarello e fu accolto nella ormai fatiscente antica chiesa di San Leonardo con il suono delle campane a festa. Ad accoglierlo fu il curato Giovanni Battista Cimonatti, uno dei più attivi a Mattarello assieme al suo successore Antonio Felice Adamo Cimonatti. Per prima cosa, fu invitato a visitare la chiesa. Il documento redatto da don Cimonatti, a questo proposito, appare molto interessante, perché contiene una sorta di inventario del patrimonio della chiesa e cioè: uno strumento ligneo del battistero nuovo, cinque ostensori sull’altare maggiore, un vaso d’argento, un altare della Beata Vergine Maria dedicato al Santo Rosario, un altare di Sant’Andrea Apostolo, una tabella con i nove capitoli che dovevano essere osservati dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, un altare di Sant’Antonio mantenuto col patronato della famiglia del nobile Ludovico Sardagna (il casato, che disponeva di proprietà alle Novaline, si divise in diversi rami nobiliari con i predicati di Hohenstein, Meanburg, Leopoldsdorf, Neuhof e Neuburg, toponimo tedesco di Mattarello, chiamato anche Neuberg), due statue lignee di San Leonardo Patrono e Sant’Antonio. Illustrando l’altare di Sant’Andrea, il parroco si preoccupò di spiegare che il mantenimento della dote di tale altare, «è preteso dalla nobile famiglia Battaglia ma di fatto è mantenuto dalla Chiesa». Massimo Baldi Terminata la visita, monsignor de Alberti fu invitato a benedire la cappella situata all’interno del castello e il cui committente fu il barone Giovanni Battista Gentilotti ( console e arciconsole a Trento, intorno alla prima metà del 1700, fece costruire il sontuoso palazzo alle Novaline). Questa cappella, di cui si ha notizia fin dal 1212, era stata dedicata a San Giorgio Martire, il Santo dei Longobardi, e ciò farebbe supporre che in epoca remota la Torre di Mattarello sia stata una roccaforte dei Longobardi. Il canonico si trasferì quindi in località Lidorno, la zona paludosa in prossimità dell’Adige, verso Romagnano, dove impartì la benedizione alla cappella dedicata a San Vincenzo Ferrerio dell’ordine dei Predicatori ed edificata da un tal Giovanni Zanetti. Di questa costruzione, per quanto di nostra conoscenza, non rimane alcuna testimonianza. È tuttavia molto probabile che si trovasse all’interno di un palazzo situato in quella che oggi viene comunemente definita località San Vincenzo, a nord della località Ronchi. Nel corso della sua visita, monsignor de Alberti non mancò di benedire anche la cappella dedicata a San Raimondo situata alle Novaline, presso la villa del conte Leonardo Saracini. Il religioso venne ricevuto al suono delle campane dal signor Giovanni Antonio Bonetti. Il canonico si trasferì quindi in località Martinelle o “Pietra morta”, dove tenne la benedizione di un’altra cappella dedicata alla Beata Vergine Maria e San Giuseppe. Tale cappella, di proprietà di Norbert Heyder, fu eretta il 20 agosto 1731. Oggi è conosciuta come la cappella Sant’Andrea Bellavista e si presenta architettonicamente interessante per la presenza di un rosone di gusto rinascimentale, impreziosito da vetri lavorati. La visita di monsignor de Alberti si concluse all’Acquaviva, nella villa di Girolamo Bortolazzi. In quell’occasione venne accolto dal custode Antonio dei Simoni. La visita deve aver avuto un particolare significato in quanto il religioso era figlio della contessa Barbara Bortolazzi. Dopo aver ultimato il giro attraverso le chiese e le cappelle della curazia, il canonico s’incontrò con i responsabili, i massari, della Confraternita del Santo Rosario, istituita il 29 novembre 1658, e del Santissimo Sacramento, nota fin dal 1698: Antonio Dal Prà e Nicolò fu Giuseppe Ranz, mentre della seconda, ben più consistente quanto ad iscritti e conosciuta anche come Confraternita dei “Rossi” 13 per via dei cappelli rossi e delle tuniche rosse che portavano gli affiliati, era “ministro” Antonio de Agostini. Entrambe avevano l’obbligo di mantenere la dote degli altari, di portare la statua del Santo alla processione, di accendere le candele e di contribuire al sostentamento della chiesa attraverso le elemosine o il versamento di un contributo da stabilire. Nel corso dell’incontro il canonico non mancò di chiedere lumi sul numero di iscritti e sulla loro modalità di sostentamento: dalle dichiarazioni dei responsabili emerge un notevole impegno da parte della popolazione di Mattarello per il mantenimento delle Confraternite e degli altari. Tra le persone visitate da monsignor de Alberti non poteva mancare il sindaco, che si presentò così: «Io mi chiamo Domenico Fracalos, son sindico della Venerabile Chiesa di San Leonardo di Mattarello e sono dal 14 febbraio in qua in tal ufficio». Dal documento si traggono importanti indicazioni circa il ruolo e le sue funzioni. «Son stato proposto alla Regola dal sindico vecchio e dal signor pievano e dalla medesima Regola confermato. Si sta in tal ufficio due anni, sebbene io sia obbligato a starvi se non un anno. Non godo nessun salario, ma lo faccio ad onor di Dio e del Titolare San Leonardo». Come tutte le cose terrene, anche la chiesa aveva bisogno di denaro per il suo sostentamento. Per questo motivo monsignor de Alberti chiese notizie circa i libri contabili: «Essendo stati i miei predecessori molti anni in tal ufficio ‑ spiegò ‑ non so se ogni anno abbiano fatto i conti, molto più che per ora non mi hanno consegnato tutti i libri». Quindi si soffermò sulle principali spese cui era tenuta la chiesa di Mattarello. Tra queste figurano il salario alla mónega, la manutenzione della canonica, dell’orologio e «quanto occorre di necessario a rifare l’altare di Sant’Antonio che viene mantenuto colle elemosine e in supplemento con il denaro che sborsa il d. Ludovico Sardagna. Il che – aggiunge il sindaco – dovrebbe pur fare la Casa Battaglia, giacché pretende essere suo Jus Patronatus l’altare di Sant’Andrea, dove la Chiesa lo mantiene di tutto punto». Ma il momento forse più importante della visita fu l’incontro che il de Alberti ebbe con il curato don Giovanni Battista Cimonatti, al quale furono chiesti i titoli e notizie sulla situazione patrimoniale della chiesa di cui vengono elencate le rendite: «Esse consistono nel possesso e godimento della canonica con orto adiacente, 3 carra e 4 conzali di brascato che si ricava dalla massa della Decima Capitolare e starra 20 di grano, cioè un terzo di formento, un terzo di segata e un altro terzo di formentazzo. In vigore della convenzione avevo circa 43 o 44 carra di legna. Chiunque poi dei Comune o altro che sia facesse un carro di brascato di sua propria ragione, sia poi livellario, proprietario o manente, è tenuto dare una conzale a me. E chi poi ne facesse cento caffa non è tenuto a contribuire, se non con una conzale sola. Ogni affittatino che non giungesse a far un carro di brascato, mi corrisponde invece annualmente mezzo Ragnese. Devo soggiungere che fia assegnato alla Canonica un luogo detto alla Valle dal quale ricavo di livello annuo, 37 alemanni con obbligo di celebrare due messe al mese». A questo punto monsignor de Alberti chiese se il Curato fosse a conoscenza di inconfessati, scandalosi, pubblici peccati, ma la risposta fu negativa. Alla domanda di fornire dei suggerimenti, il Curato rispose: «Avrei da dire che fossero eseguite le pene comminate contro alcuni, i quali si fanno lecito di uscir la notte cantando canzoni improprie, suonando e sparando come anco di giocare alla palla per’mezzo la Chiesa, non senza irriverrenza della medesima e turbamento delle funzioni. Si sono bensì pubblicati i rigorosi ultimi Ditti per qualche tempo attenuti, ma non vedendo alcuna esecuzione delle pene minacciate, molti ripigliano il pessimo, cattivo costume. Mi pare aggravio troppo grande della Chiesa che abbia a mantenere il monego, la Canonica e l’Orologio sul campanile, parendomi che tale aggravio dovrebbe addossarsi alla comunità». Nel 1992, durante i lavori di restauro della ex canonica sulla piazza della chiesa, a piano terra, in quella che era la sede del Consiglio della Regola, sono venuti alla luce tre affreschi risalenti al 1657 e fatti eseguire dal curato Paolo Naurizio da Trento (1657-1672). Raffigurano (da sinistra) un vecchio seduto con un bastone ed una lucerna, un guerriero con alabarda ed un guerriero con copricapo piumato, rappresentano gli ufficiali della comunità , posti a custodire il luogo dell’adunanza. 14 Matarèl, el paés dei Ànzoi Uno dei villaggi vicini alla città di Trento è Mattarello: a oriente ha il monte, Calliano a mezzogiorno, a ponente il notissimo fiume Adige e a tramontana Trento. La via regia, che conduce in Italia, divide quel paesello in due parti. Ora, per quante ricerche abbia io fatte, non mi avvenne d’incontrare nessun altro Mattarello tranne che il nostro di Trento, di cui la menzione più antica non va per me al di là del secolo decimo quarto. Michelangelo Mariani nel suo Trento intorno a questo luogo scrive cosi: [«…»] Soggette alla cura di Mattarello sono circa ottocento anime [1731-1806) (ora quasi duemila: 1890)] che abitano, oltre che a Mattarello, anche all’Acquaviva e alle Novaline non che in varie abitazioni sparse qua e là, dette volgarmente Masi. All’Acquaviva, alle Novaline e alle Martinelle vi sono degli oratori pubblici: a Mattarello invece è situata la chiesa parrocchiale di san Leonardo confessore, ed è vicina alla via regia ed alla canonica. Essa, quale filiale della parrocchia di S. Maria Maggiore di Trento, è soggetta al R. mo Capitolo dei Canonici della chiesa Cattedrale, da cui anzi nel 1454 ottenne il battistero. Ha quattro altari, tre confraternite, cioè quelle del SS. Sacramento, del Rosario e dei santi Angeli Custodi. Celebra la festa della sua dedicazione nella domenica del santo Rosario [7 ottobre]; quella del suo titolare, ch’è san Leonardo, il giorno 6 novembre. La festa poi dei santi Angeli Custodi vi si celebra con ogni maggiore solennità nella domenica prima di settembre. Il predicatore quaresimale per Mattarello viene destinato dal vescovo di Trento. [da: P. Giangrisostomo Tovazzi, Parochiale Tridentinum, a cura di P. Remo Stenico, Trento, 1970] Mattarello (Matarello) sulla mappa del Tirolo di Peter Anich e Blasius Hueber, conosciuta come Atlas Tyrolensis e messa in commercio nel 1774. Nella pagina a fianco: angioletti nel dipinto “Fortezza d’animo e di corpo” (Sala dell’Alcova, Villa Bortolazzi all’Acquaviva). 15 I Santi Angeli Custodi L a Chiesa cattolica sempre insegnò l’esistenza degli Angeli, e sempre onorolli d’un culto speciale ed invocolli ne’ sacri suoi ufficî. Colla scorta delle divine Scritture ella ce li mostra distinti in tre classi, che chiamansi gerarchie ed in ciascuna Gerarchia riconosce tre Ordini o Cori di questi Spiriti celesti. La Gerarchia più superiore è composta de’ Serafini, de’ Cherubini e de’ Troni; la Gerarchia di mezzo è formata dalle Dominazioni, dalle Virtù e dalle Potestà; la Gerarchia inferiore consta de’ Principati, degli Arcangeli e degli Angeli. Comunemente sotto il nome di Angeli s’intendono gli spiriti di ciascun Ordine di tutte e tre le celesti Gerarchie; ma, parlando con precisione, si dovrebbero intendere soli gli Spiriti dell’ultimo Ordine della inferiore Gerarchia. Di questi Spiriti, che diconsi propriamente Angeli con parola greca significante Messi o Nunzî, la Chiesa ci dice, che il misericordissimo Iddio fin da quando gli ebbe creati, molti ne destinò, perché fossero poscia custodi e protettori degli uomini; e non pochi sono i luoghi delle da: Calendario Ecclesiastico pubblicato ad uso del popolo della città e della diocesi di Trento dal sacerdote Nicolò Toneatti, Trento, 1856 divine Scritture, che confermano questa dottrina. Per lo che noi dobbiamo mostrarci grati e riconoscenti al signore Iddio, che ci provide di sì nobili guardiani; aver grande fiducia nella benevolenza di Spiriti sì eccelsi; ed in ogni luogo appalesare molta riverenza per la presenza loro. Per ricordare tutto ciò ai fedeli il sommo Pontefice Paolo V (1614) permise, che sotto rito doppio si potesse a piacimento del Clero recitare l’Ufficio de’ santi Angeli Custodi nel primo giorno non impedito dopo la festa della Dedicazione di s. Michele Arcangelo; e Clemente X lo dichiarò di precetto e gli assegnò il giorno 2 d’ottobre, come si vede nel Breviario e nel Messale romano. Ma nell’impero Romano-Germanico e ne’ Dominj Austriaci fin dal tempo di Clemente IX (1667-69) si cominciò a celebrare la festa de’ santi Angeli Custodi col rito doppio di seconda classe coll’ottava nella prima Domenica di Settembre. E qui è da notarsi, che a differenza delle altre feste fissate nelle varie Domeniche de’ mesi, le quali si regolano secondo il computo civile, numerandole cioè dal principio nel mese, per la festa de’ Santi Angeli Custodi si usò di attenersi al computo ecclesiastico, giusta il quale si chiama prima Domenica del mese quella, che, se non cade nel primo giorno, gli è più vicina o precedendolo o susseguendolo; onde la festa de’ santi Angeli Custodi può cadere anche nei giorni 29, 30 e 31 d’agosto, se questi son giorni di Domenica. In Trento si solennizzava la festa de’ santi Angeli Custodi da’ Reverendi Padri Somaschi a s. Maria Maddalena nella Domenica prima dopo Pasqua coll’orazione panegirica la mattina e colla processione la sera. Allorché poi sotto il governo italico fu chiusa quella chiesa per usarla profanamente, la bella Statua dell’Angelo Custode fu di là trasportata alla chiesa di s. Martino, e da questa dopo alcuni anni fu tolta per collocarla nella chiesa parrocchiale di s. Pietro, ove s’istituì anche un pio sodalizio, il quale per parecchi anni si mantenne in fiore facendo di quando in quando la solenne Processione, come usavasi da’ Somaschi, nella domenica di Albis. Or già sono molt’anni, dacché sembra raffreddato il primiero fervore; per lo che è da desiderarsi, che questa devozione sì santa e sì vantaggiosa venga promossa ed incoraggiata specialmente dai genitori, a’ quali debbe stare grandemente a cuore d’instillare né petti de’ loro figliuoli stima, venerazione e confidenza verso gli Angeli Custodi. 16 Matarèl, el paés dei Ànzoi La festa dei Santi Anzoi e le confraternite di Mattarello L a festa dei Santi Anzoi affonda le proprie radici fin nel XVIII, allorquando venne costituita la Confraternita del Santo Angelo Custode. Quella delle confraternite era un’usanza abbastanza diffusa intorno al XVII e XVIII secolo. Si trattava di una sorta di associazione di fedeli che esercitavano opere di pietà e di carità. Oltre alla preghiera, essi si sobbarcavano le spese per il mantenimento o la ristrutturazione delle chiese e degli altari. A Mattarello si ha notizia della presenza di una Confraternita detta del Santo Rosario già nel 1658 (ACAT, Atti visitali, n. 44, p. 654). Tale confraternita venne costituita il giorno 29 novembre: ogni affiliato doveva in sostanza osservare i dettati di una tabella -esposta nel foro della chiesa- e composta di nove articoli. Non si hanno notizie circa i fondatori. Si sa soltanto che operò per almeno un secolo. Qualche utile informazione si ricava dai documenti redatti in occasione della visita del canonico di Trento Francesco Felice de Alberti a Mattarello nel 1749. In quell’occasione il religioso si incontrò con i responsabili delle Confraternite del paese. I massari della Confraternita del Santo Rosario erano Antonio Dal Prà e Nicolò fu Giuseppe Ranz. Incontrandosi col Canonico di Trento i due responsabili spiegarono che «quasi tutti gli uomini e le donne vi sono iscritti e non vi è aggravio alcuno di contributi di annata, o di pagar cosa alcuna all’ingresso». E quanto alle modalità di mantenimento della confraternita, chiarirono che «la compagnia non ha beni stabili, nè capitali, ma si mantiene colla questua delle gallete, brascato e colle elemosine che si gettano nel zocco della Chiesa esistente e certi avanzi d’alcuni che hanno prima di noi amministrato e son per anco inesatti, de quali procureremo di venire quanto prima al coperto». Dai documenti custoditi presso l’Archivio diocesano di Trento, si ha notizia della costituzione di una nuova Confraternita -detta del Santissimo Sacramento- nel 1695. Vi facevano parte quasi tutti i capifamiglia del paese e venne costituita lunedì 21 gennaio. Lo ricorda anche Giovanni Odorizzi, rettore della Chiesa di Santa Maria Maggiore (di cui faceva parte la curazia di Mattarello): in un documento datato 21 ottobre 1819, informa il vescovo che a Mattarello esisteva la Confraternita del Santissimo Sacramento, “detta dei Rossi, con Cappa rossa”. (ACAT, Libro B (174) n. 3). Tale Confraternita è rimasta attiva fin negli anni a Massimo Baldi cavallo delle due guerre, e ancora oggi -soprattutto fra i più anziani del paese- è vivo il ricordo dei confratelli che sfilavano in processione con caratteristiche tuniche e cappelli rossi. I confratelli e le consorelle del Santissimo Sacramento dovevano preoccuparsi del mantenimento dell’altare maggiore della chiesa, sobbarcandosi se necessario le spese di ristrutturazione. Inoltre erano tenuti al quotidiano rito dell’accensione dei ceri e delle candele. In occasione della visita del de Alberti nel 1749 il responsabile della confraternita era Antonio de Agostini, il quale, illustrandone l’attività al canonico, spiegò che «tra uomini e donne gli ascritti saranno circa 220. Li primi nelle processioni vanno con cappa rossa, le seconde con velo in testa. Li obblighi de Confratelli e Consorelle sono di contribuire con (Ragnesi?) 4 annualmente se sono terrieri, mentre i forestieri contribuiscono con (Ragnesi?) 10 a motivo che non corrispondono alcuna questua. Ogni confratello vivente, in morte di un altro, contribuisce con ... 3 delle quali elemosine. Si fanno celebrar 3 messe per l’anima del defunto confratello, dovendo qui soggiungere un indebito aggravio che si pretende da confratelli d’esser mantenuti nelle funzioni di tutto l’anno di cere». (ACAT, Atti visitali, n. 44). La Nuova Confraternita del Santo Angelo Custode venne costituita mercoledì 23 maggio 1759 a Novalina, presso la villa del Conte Saracini (ACAT, Miscellanea I, n. 51). Alla riunione costitutiva parteciparono i signori Giovanni Nepomuceno Tiberi, il barone Battaglia, Giovanni Battista Benassutti, il signor Ferrari, il sacerdote Antonio Fracalossi, il parroco Antonio Cimonatti e il notaio Francesco Sardagna. Con tale atto si stabiliva che «in ecclesia curazia S. ti Leonardi Mattarellii» ad altare S. ti Andrea erigat confraternita sub titolo S. Angeli custodi». In sostanza l’altare di Sant’Andrea -che si trovava nella chiesa antecedente quella attuale- veniva dedicato ai Santi Angeli custodi. Alla Confraternita aderirono un centinaio di capifamiglia. Tra i soci fondatori figurano: Leonardo Bianchini, Giovanni Battista Tamanini, Mattheo Broilo, Nicolò Ranz, Simone Moratelli, Thomas Ciani, Domenico Cappelleti, Bernardo Cappelletti, Domenico Fraccalossi, Leonardo q.m Giovanni Maria Bianchini, Nicolò Fraccalossi, Vincenzo Gentilli, Nicolò 17 La foto del 1940 ritrae l’ingresso della villa Saracini, ora Scotoni, alle Novaline, ove nel 1759 fu costituita la Confraternita del Santo Angelo custode (per gentile concessione della Famiglia Scotoni). q.m Ludovico Ranz, Bartholomeo Bridi, Antonio Fraccalossi, Giovanni de Carolis, Giovanni Carlini, Leonardo Girardi, Domenico Polli, Nicolò Zanella, Andreas Bridi, Valentino Ciani, Oliviero q.m Giovanni Bridi, Leonardo q.m Leonardo Bridi, Antonio q.m Antonio Dalprà, Leonardo q.m Giacomo Girardi, Giovanni Battista Ducatti, Mattheo Dalprà, Andreas q.m Nicolò Postal, Antonio q.m Antonio Fraccalossi, Bartholomeo Moratelli, Valentino q.m Antonio Frizzera. Nel corso della riunione venne steso un regolamento composto di nove articoli: «Regole da osservare da Confratelli e Consorelle della nuova compagnia del Santo Angelo Custode 1) Chiunque vuole entrare in questa Compagnia dovrà passare arbitraria, congruente elemosina, in onore del S. Angelo per i bisogni del suo altare. 2) Sarà obbligato annualmente a contribuire con Carantani due e questi serviranno pel mantenimento delli utensili. 3) Chi poi nell’entrare volesse passare alla Compagnia Troni cinque, sarà libero dall’annua contribuzione dei due Carantani. 4) Ad ogni seconda domenica del mese, si canterà al suo altare la messa in onore del Santo Angelo e a vantaggio dei confratelli viventi e a suffragio dei defunti confratelli medesimi. 5) Nove giorni innanzi la Festa del Santo Angelo, oppure a tempo più opportuno secondo le circostanze del tempo, e come meglio giudica il signor Pievano del luogo, si farà la Novena in onore del Santo Angelo, come sarà stabilito nel libro. 6) La domenica prima di settembre si celebrerà la sua festa col più possibile decoro, ed in questo giorno saranno obbligati tutti li fratelli e le sorelle, non legitimamente impediti, a fare le loro oracioni per acquistar le moltissime indulgenze concesse dai sommi Pontefici, che si vederanno nel libro, in cui ci sarà la Novena, e molte altre oracioni da recitarsi a gloria del medesimo Santo. 7) Ogni giorni li confratelli reciteranno un Pater et due Angelo Dei in onore del Santo Angelo per ottenere la sua assistenza fedele. 8) I confratelli e consorelle viventi saranno obbligati ad intervenire alli uffizi diurni che si faranno per li confratelli defunti ed accompagnarli alla sepoltura potendo. 9) Ogni anno si doverà, dal cassiere e ministro e altro effetto ed offizio, mostrare li conti ed ogni cosa al Signor Pievano. Li fratelli sin a quest’anno assentono al numero di cento ed altrettante sono le consorelle, sperando che s’accrescerà il numero per desiderio che tutti tengono di questa compagnia». Alla luce di questo documento -firmato dall’allora parroco Antonio Cimonatti- si può tranquillamente affermare che la Sagra dei Santi Anzoi è certamente una delle più antiche del Trentino, essendosi tramandata di generazione in generazione. Infatti, distanza di quasi due secoli e mezzo, la devozione dei fedeli di Mattarello nei confronti dei Santi Angeli custodi non è mai venuta meno. Lo testimonia anche il fatto che all’interno dell’attuale chiesa di San Leonardo -consacrata nel 1896 e progettata da Bartolomeo Scottino da Lizzana ancora agli inizi del 1800- l’altare di sinistra è stato dedicato proprio ai Santi Angeli custodi. La pala è opera del Cirolini nel 1943. Oggi la ricorrenza ha mantenuto la sua originaria impronta religiosa, ma ha anche assunto un carattere ricreativo e culturale. A partire dal 1981 -anno in cui la sagra è stata rilanciata- la festa dei rappresenta anche un modo per favorire l’incontro tra i vecchi e i nuovi 18 Matarèl, el paés dei Ànzoi Custodes hominum Custodes hominum, l’inno del Vespro nella festa degli Angeli Custodi, è attribuito tradizionalmente al santo cardinale gesuita Roberto Bellarmino (15421621) e si trova per la prima volta citato in un breviario cistercense nel 1570. Le prime tre strofe sono ispirate al bisogno dell’aiuto celeste nelle lotte continue che si debbono sostenere con le forze del male; l’ultima è una preghiera all’Angelo Custode. Luciano Ducati conserva un documento dal quale risulta che nel 1905 don Dario Trentini ha armonizzato l’inno. Successivamente esso fu rielaborato per quattro voci miste da Dario Sassudelli. Custódes hóminum psállimus ángelos, natúræ frágili quos Pater áddidit cæléstis cómites, insidiántibus ne succúmberet hóstibus. Nam quod corrúerit próditor ángelus, concéssis mérito pulsus honóribus, ardens invídia péllere nítitur quos cælo Deus ádvocat. Huc, custos, ígitur pérvigil ádvola, avértens pátria de tibi crédita tam morbos ánimi quam requiéscere quicquid non sinit íncolas. Sanctæ sit Tríadi laus pia iúgiter, cuius perpétuo númine máchina triplex hæc régitur, cuius in ómnia regnat glória s’cula. Amen. Cantiamo gli angeli custodi degli uomini, che il Padre affiancò come celesti compagni alla [nostra] fragile natura, perché non soccombesse ai nemici che la insidiano. Infatti, l’angelo traditore che era andato in rovina, giustamente privato degli onori concessi, ardente di invidia, cerca di tenere lontani coloro che Dio chiama al cielo. Qui dunque, o custode, vigile accorri, allontanando dal luogo a te affidato [la terra] tanto le malattie dell’animo quanto qualunque cosa non permetta che gli abitanti riposino. Sempre sia lode alla Santa Trinità, dalla cui perpetua volontà è retta questa triplice macchina [la terra, il cielo e gli inferi] e la cui gloria regna in tutti i secoli. Amen. 19 Vincenzo Fortunato Schioppio è l’autore del libretto di devozione pubblicato a Trento nel 1766 contenente la novena in onore del Santo Angelo e dedicato dal rettore della chiesa di Mattarello don Adamo Antonio Cimonati (1759-83) a Francescantonio Ceschi di Santa Croce. 20 Matarel, el paes dei Anzoi 21 Ángele Dei, qui custos es mei, me, tibi commissum pietáte supérna, illúmina, custódi, rege et gubérna. Amen Angelo di Dio, che sei il mio custode illumina, custodisci reggi e governa me che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen. 22 Matarèl, el paés dei Ànzoi I gonfaloni dei Ànzoi I da: Beatrice Job, Otto tele restaurate ritornano nella chiesa parrocchiale, in “Mattarello Valsorda Notizie”, XIV, 2010 n periodi difficili, in cui la cultura viene spesso messa in secondo piano o addirittura dimenticata, è giusto dare risalto ad iniziative volte al recupero e alla valorizzazione del proprio patrimonio artistico. Nel gennaio 2005 il parroco don Antonio Brugnara inoltrò alla Soprintendenza dei Beni storico artistici della Provincia autonoma di Trento la richiesta per l’autorizzazione al restauro di otto oli su tela, tre dipinti e cinque gonfaloni. L’Ufficio preposto autorizzò il restauro, ritenendo le opere di grande interesse storico artistico, contribuendo con 32.230 Euro. Il minuzioso restauro è stato compiuto da Carla Caimi, che vi ha lavorato dall’inizio del 2007 alla fine del 2009, e da Katia Brida che si è occupata dei tessuti dei gonfaloni. Le opere d’arte, prima del restauro, si trovavano in una stanzetta dell’oratorio e versavano in un cattivo stato di conservazione. Grazie all’attenzione che da sempre don Antonio mostra nei confronti dell’arte, da domenica 5 settembre 2010, nella ricorrenza della festa patronale dei Santi Anzoi, giorno in cui sono stati ufficialmente presentati alla comunità, è possibile ammirare questi dipinti in tutto il loro splendore. Le tre tele: Predicazione di San Paolo, Adorazione dei Magi e Mater Admirabilis sono state collocate ai lati dell’ingresso principale della chiesa di San Leonardo, sotto la cantoria. I cinque gonfaloni vengono esposti al pubblico solo durante la Sagra dei Santi Anzoi per la difficoltà a metterli in sicurezza. I cinque gonfaloni, con passamaneria e sostegni in legno con pomoli, sono opera di un autore ignoto, probabilmente trentino, di formazione veneta, che li realizzò nel XVIII secolo. Non si hanno notizie certe relative al committente, ma è probabile che a volere la realizzazione di tali opere sia stata la Confraternita del Santo Angelo Custode costituitasi nel 1759 presso la Villa del Conte Saracini alle Novaline. Si tratta di dieci dipinti su tela, su due lati; solo L’annunciazione è stata dipinta su un solo lato. La passamaneria di profilatura in tessuto era unita al dipinto con cucitura a mano e rifinita con frange in seta di colore giallo nei lati verticali. Le tele, prima del restauro, si presentavano offuscate da molta polvere e materiali di deposito, con sollevamenti e cadute del colore, tagli, sfondamenti, abrasioni, colature, aloni di umidità e ridipinture. La scala di Giacobbe – Giacobbe, figlio di Isacco e Rebecca, era fratello gemello di Esaù, che nacque però per primo. Esaù, crescendo, divenne abile nella caccia, un uomo della steppa, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo che dimorava sotto le tende. Isacco prediligeva Esaù, perché la caccia era di suo gusto, mentre Rebecca prediligeva Giacobbe (Genesi 25, 27-28). In cambio di un piatto di lenticchie Esaù cedette a Giacobbe la primogenitura; quest’ultimo, quando Isacco era in punto di morte, approfittando della momentanea assenza del gemello, carpì la benedizione prevista per Esaù indossando una pelliccia di animale, così da poter passare per il fratello, che era molto peloso. Giacobbe, per sfuggire all’ira di Esaù, fu I cinque gonfaloni restaurati: Sopra: La scala di Giacobbe. Sacrificio d’Isacco. Nella pagina a fianco: San Michele vince il demonio. L’annunciazione. Tobiolo e l’Angelo. 23 costretto a rifugiarsi presso suo zio Labano. Una notte, durante il viaggio, Giacobbe fece un sogno: una scala da terra si protendeva sin al cielo, con angeli che salivano e scendevano; Dio gli parlava, promettendogli la terra sulla quale riposava ed un’immensa discendenza. Giacobbe chiamò il luogo dove era accampato Betel, che in lingua ebraica significa “Casa del Padre”. Sul secondo lato del gonfalone vi è l’iscrizione: «LA VIA DEL CIEL L’ANGELO / TUO TI ADDITA / NELLA GRAN SCALA, CHE A / GIACOBBE APPARVE / E TUTTO AMOR SECO A / SALIR T’INVITA». Sacrificio d’Isacco – Il sacrificio d’Isacco è un episodio biblico della Genesi (22,2-13). Dio, per mettere alla prova l’ubbidienza di Abramo, gli ordina di sacrificare il proprio figlio Isacco, immolandolo su di un altare al posto di un ariete. Mentre Abramo sta per vibrare il colpo, un angelo del Signore scende a bloccarlo. Questo passo della Bibbia è stato rappresentato da moltissimi artisti durante i secoli: tra le sculture più famose che raffigurano questo passo si ricordano le formelle realizzate nel 1401 da Lorenzo Ghiberti e da Filippo Brunelleschi per il concorso bandito dall’Arte dei Mercanti per la seconda porta del Battistero di Firenze. Ad accompagnare il dipinto vi è la scritta: “FERMATI ABRAMO: IDDIO / L’AMATA PROLE / VUOL VIVA ANCOR GRIDÒ / L’ANGEL DEL CIELO, / GODE DELLA TUA FÉ, EI / PIÙ NON VUOLE”. San Michele vince il demonio – Michele è uno dei tre arcangeli menzionati nella Bibbia ed è ricordato per aver difeso la fede in Dio contro le orde di Satana. Nell’Apocalisse di Giovanni (12,7-8) Michele conduce gli angeli nella battaglia contro il drago, rappresentante il demonio. La frase che si trova sul secondo lato del gonfalone è la seguente: “LA VINSE IN CIEL, ECCO / IL DRAGONE AVVINTO / SE AL TUO CUSTODE TU / VIVRAI A CANTO / SEMPRE L’AVRAI A PIÉ / SCORNATO, E VINTO”. L’Annunciazione – Maria è qui rappresentata avvolta nel tipico mantello azzurro e dal velo bianco sulla testa, è inginocchiata e pronta ad ascoltare il messaggio dell’angelo Gabriele che nella mano sinistra stringe il giglio. In alto la colomba, simbolo dello Spirito Santo, libera un fascio di luce che scende su Maria. Seguono la scena due angeli raffigurati in alto a sinistra. All’annuncio dell’angelo la Vergine risponde dicendo: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Vangelo di Luca 1,38). La frase che accompagna il dipinto dell’Annunciazione è la seguente: “MESSO L’ANGEL DA DIO / COSA INAUDITA / CHIEDE A MARIA PER DIO / RICETTO, E CARNE / PEL DIO CHE DIEDE A / LEI A CARNE E VITA”. Tobiolo e l’Angelo – Nel Libro di Tobia l’angelo Raffaele venne invocato da Tobi, uomo giusto e povero, affinché accompagnasse suo figlio Tobia, spesso chiamato Tobiolo, a riscuotere un credito di dieci talenti d’argento contratto dieci anni prima. Durante il viaggio Raffaele indicò a Tobia la strada più sicura e lo salvò più di una volta, senza mai rivelarsi come angelo, se non alla fine della vicenda. Come nel racconto biblico Tobiolo reca in mano il pesce che l’angelo gli ha fatto catturare nel Tigri salvandolo dal morso che l’animale stava per dargli al piede. L’immagine sopra a destra ci mostra il secondo lato del gonfalone sul quale è riportata la frase: “SCORRE TOBIA LA TERRA, / E L’ONDA INFIDA / SENZA LESION SENZA / PERIGLIO, O MORTE / MENTRE ALL’ANGELO / SUO TUTTO S’AFFIDA”. La pala dell’Angelo custode nella Chiesa parrocchiale di Mattarello (Foto Marco Perini) (Foto archivio Luciano Ducati, per gentile concessione). 25 Della presenza di un piccolo edificio di culto a Mattarello si fa menzione in un documento del 1339, mentre data 20 settembre 1454 la concessione del fonte battesimale. Mattarello era curazia della pieve di Santa Maria Maggiore di Trento da cui distava un’ora abbondante di cammino. Con don Giovanni Antonio Fontana, nel 1784, prese corpo l’idea di erigere un edificio più grande ed accogliente. Nel 1789 fu affidato il progetto a Bartolomeo Scottino da Lizzana, mentre l’appalto andò ai Fratelli Cometti, comacini. La popolazione contribuì materialmente ed economicamente per erigere la chiesa che fu collocata sullo stesso luogo e con lo stesso orientamento della precedente. I lavori furono sospesi nel 1796 a seguito dell’occupazione e del passaggio delle truppe francesi di Napoleone. Nel 1854 fu installato l’organo del padovano Angelo Agostini. Nel 1882 venne restaurato l’altare maggiore, consacrato, con tutta la chiesa, nel 1895. Due anni dopo, essendo parroco don Dario Trentini (1896-1906), l’interno fu abbellito dal mantovano Agostino Aldi. Il 21 novembre 1906 la filiale di Santa Maria venne eretta parrocchia foranea del decanato di Trento. La chiesa beneficerà di alcune migliorie nel 1943-44 con la decorazione delle volte e delle pareti del presbiterio ad opera del veronese Adolfo Mattielli; sarà adeguata alle norme del Vaticano II con una serie di interventi fra il 1968-69 essendo parroco don Ettore Pederzolli (1967-81); nel 1991-93 con il parroco don Renzo Agostini (1981-95) fu oggetto di ulteriori lavori di consolidamento e di restauro. 26 Matarel, el paes dei Anzoi 27 I Ànzoi dela cesa L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì. Il Signore Dio disse allora: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita. (Genesi 20-24) Bozzetti di Luciano Ducati Tra la fine di giugno 1943 e l’aprile 1944 Adolfo Mattielli (Soave, 1883-1966) pitturò e decoro la chiesa di Mattarello ridotta «in uno stato veramente deplorevole ed indecoroso alla santità della casa di Dio, nonché alla buona reputazione del paese a causa dell’umidità penetrata per la trascuratezza con cui il Comune di Trento e forse i parroci avevano fatto il loro dovere di riparare il coperto e le altre parti dell’edificio bisognose»: così scriveva nel 1944 don Iginio Bleggi, cooperatore del parroco don Settimo Tonelli, in un documento che ricostruisce le fasi dell’intervento e illustra il corredo pittorico della parrocchiale. Il filo conduttore era la storia dell’umanità dalla cacciata dal paradiso terrestre al ritorno al Padre nella gloria del Cielo: “La cacciata dei primi uomini dal paradiso terrestre” (due tempere di grandi dimensioni sulle pareti laterali dell’ingresso ricoperte nel 1968-69); “Il battesimo Sarìa bel gratàr con n’óngia quela tinta verdolìna e ritrovar quei Anzoi dela cesa come che i era prima. Sarìa bel tirarla via pian pianèl finché i Anzoi i compare de nòf ben comodàdi tuti quanti su quel ziel. Lì en alto, tuti ‘nsèma i féva da cornìs al gran Padreterno sentà tra le nugole bianche del Paradis. Quei soto, con le ali spiegade e l’aureola sula testa, tréi sula sinistra e tréi sula destra, dreo l’altar i vardava, en compagnia dei Santi, quela bela scena de simboli divini propri piena. En font a la cesa ‘n angelo con ‘na spada lónga tuta ‘nluminada, con na facia da catìf el sgaràva quei pòri grami dal bel giardin del Paradis. I me pareva così grandi, così bei, quando, matelota, sula ponta dei pèi, nei banchi alti, ai vespri, sproloquiaven pian pianin parole che no capivén, en latin. Me suzéde de véderli ancor quando adèss son ‘n cesa per qualche ocasion entant che i altri i è assorti en dele so orazion. Lorenza Nardelli di Gesù” (è l’affresco del battistero che Luciano Maino non attribuisce però al pittore veronese); “La Madonna immacolata assunta ed ausiliatrice” sulla cupola con i “Quattro Dottori della Chiesa”(sant’ Agostino, sant’Ambrogio, san Girolamo e san Gregorio Magno) nei pennacchi; nel presbiterio sono illustrati i grandi misteri: nella calotta lo stucco dello Spirito Santo, fiancheggiato, ai lati, dai quattro Evangelisti; in basso, sulle due pareti laterali, due episodi della vita di Cristo: la moltiplicazione dei pani e la pesca miracolosa; sull’abside “Il trionfo dell’Agnello” e, in alto, “Dio Padre”, quello interamente ricoperto, questo parzialmente ritoccato fra il 1968-69 durante i lavori di adeguamento della chiesa alle norme del Vaticano II. Luciano Ducati ha ricostruito la cacciata dal paradiso terrestre di cui non è stata conservata alcuna documentazione fotografica. 28 Matarèl, el paés dei Ànzoi Gli Angeli nelle attività pastorali della parrocchia di Mattarello. Don Vittore Maroni (1944-52, cooperatore, e 1952-62, parroco), dal 1951 al 1962, curò la pubblicazione di un bollettino parrocchiale intitolato “Sotto l’Ala dell’Angelo Custode” e fra il 1960 e il 1961 promosse la realizzazione sul colle di Castagnè San Vito di Pergine della colonia estiva “Santissimi Angeli”, utilizzata fino al 1965, affittata alla Provincia lombardo-veneta dei Padri Camilliani fino al 1979 e poi definitivamente venduta nel 1990 alla Comunità terapeutica di San Patrignano. Nelle foto: un’immagine dell’edificio nel 1960 e il primo turno dell’estate 1962. 29 I Ànzoi della sagra 30 Matarèl, el paés dei Ànzoi Mentre si festeggiano gli Angeli arrivano i Francesi A Mattarello, il 4 settembre 1796. Nella primavera del 1796 si prevedeva l’avanzata dell’esercito francese in Italia, per congiungersi con le truppe del generale Moreau e puntare su Vienna, nell’intento di farla capitolare. Nelle valli trentine, molti benestanti si preparavano a riparare verso altri territori, più a nord, ma poi furono rassicurati dall’arrivo di rinforzi austriaci venuti a potenziare l’esercito del generale Wurmser. L’esercito napoleonico arrivò di sorpresa: la popolazione era tutta sul posto e attendeva alle sue ordinarie occupazioni, tanto che – come ci narra un testimonio – a Mattarello, il 4 settembre, giorno in cui si festeggiava la sagra dei Santi Angeli Custodi, si partecipò ai riti, si pranzò tranquillamente, si partecipò alla partita al “pallone col bracciale”, cioè alla palloncina, senza dare importanza al passaggio di pattuglie di croati e di ussari del generale Wurmser; non si badò che quei gruppi armati venissero in su, verso nord, invece che andare in giù, dove era il fronte. La notizia delle novità venne portata all’improvviso dal barone Tedeschi, di Rovereto, il quale comunicava al da: Luigi Menapace, Dal Barbarossa a Napoleone, Trento, 1978 conte Bertolazzi che i Francesi avevano oltrepassato il villaggio di Marco e la resistenza di Wurmser cedeva. Notizie portate subito dopo da contadini allarmatissimi, avvertivano che tutta la valle Lagarina era occupata dai Francesi: ai Murazzi, sopra Calliano, si udivano distintamente le fucilate. Da Mattarello alcuni gruppi s’erano già mossi, salendo in fuga per le strade di campagna verso Valsorda e Vigolo. Infatti, gli Austriaci che erano stati respinti negli scontri di Ala, Serravalle, Rovereto, avevano dovuto cedere il punto fortificato di Castel Pietra. Raggiunta l’Acquaviva, Napoleone vi si fermò per soggiornarvi: ampia villa, bei giardini, lunghi viali di tuie e cipressi. Napoleone aveva sempre buon gusto. Il 5 settembre le truppe francesi occupavano Trento. All’intorno non se ne sapeva niente. Dai paesi delle colline, gruppi di gente si preparavano a venire in città: ma s’imbattevano in pattuglie di ussari fuggitivi “gli Ussari di Endady” che con segni e con parole avvertivano ch’era opportuno non scendere in città. In quella mattina del 5 settembre 1796 era prudente stare alla larga. Panoramica di Mattarello, inizi 1900 (Foto archivio Marco Perini, per gentile conessione) 31 La processione solenne dei Santi Anzoi dell’ano 1909. Precedono il corteo la Banda Sociale e il Coro parrocchiale; dietro la statua dell’Angelo le orfanelle dell’Istituto San Vigilio creato da don Dario Trentini nel 1901 portano lo stendardo di San Vigilio ricamato e cucito da Mercede Prandi Gerloni, tuttora conservato presso l’ufficio parrocchiale di Mattarello (Foto archivio Luciano Ducati, per gentile concessione). La processione dei Santi Anzoi del 1958. Davanti al parroco don Vittore Maroni, Giovanni Perotti con il cero e Giovanni Moratelli con il gonfalone; a fianco: il chierichetto Luigi Guadagnin; i vigili del fuoco volontari Luigi Dalprà, Alfredo Dalprà, Tullio Zorzi e Silvio Tamanini; il coscritto Mario Dalprà regge la statua dell’Angelo. 32 Matarèl, el paés dei Ànzoi La giostra e il vaso della fortuna A Mattarello fu messa in piedi da Aldo Lorenzini e da un gruppo di giovani del paese allora variamente etichettati come “sagrestani, democristiani e oratoriani” e che i maliziosi dicevano occhiuti ammiratori delle gambe delle femmine volteggianti sui seggiolini, operazione che riusciva loro facile stando a manovrare, appunto, una giostra. Nel 1946, rientrato dalla prigionia in Germania, l’Aldo con alcuni amici, sostenuto dal parroco don Vittore Maroni e dal cappellano don Aldo Tomasi, studia la possibilità di far soldini per coprire le spese di gestione dell’oratorio. Intrigava quanto riuscivano a guadagnare i giostrai che fiondavano in occasione della Sagra dei Santi Anzoi: si diceva che fossero arrivati a raccogliere fino a 60 mila lire! Nel 1947 i nostri decidono di costruire in proprio una giostra. Per non lasciare nulla al caso, vanno fino a Lavarone in bicicletta per un’operazione di spionaggio, poi si mettono al lavoro, giorno e notte (più la notte che il giorno). Si presentano Francesco Dalprà, Antonio Tamanini, Edoardo Zorzi, Rino Dallabrida, Berto Bridi, Enrico Ruzz, Anselmo Lorenzini, fratello di Aldo e poi il tecnico, Giulio Dematté, che di mestiere faceva il fabbro. Il cantiere è attrezzato in un posto lontano da sguardi indiscreti, nel piazzale interno dell’orfanotrofio femminile del San Vigilio, che per la nobile causa le reverende suore mettono a disposizione. da: Marco Bridi, La Sagra dei Santi Anzoi, 1988, 1989 In primavera, con l’autorizzazione dei guardiaboschi tagliano sul Doridondo circa 7 metri cubi di legname e faticosamente li portano lentamente a valle su carri trascinati da cinque coppie di buoi organizzate dal già onnipresente Bruno Bianchini. Con molta ingegnosità furono recuperati ingranaggi, motore, ferro. Il venerdì antivigilia della Sagra dei Santi Anzoi la giostra girava. Serviva però il collaudo, che il geometra Diego Fontana rilasciò sollecitamente. Sulla stabilità e funzionalità del manufatto nessuno nutriva incertezze, si lasciò egualmente al lancio scaramantico di una monetina da 10 lire se la giostra dovesse girare o no. L’avvenire di quella macchina volante era, evidentemente, segnato: dall’orfanotrofio i pezzi smontati vennero portati nello spiaz dei Giovannetti coincidente, con una certa approssimazione, ad una porzione dell’attuale piazza Quintilio Perini, ove fa capolinea l’autobus. L’Aldo ricorda che quella volta si girò a tutto motore, fino al surriscaldamento, la domenica, il lunedì e la domenica successiva. Una manna, per sostenere, tolte le spese, la pastorale dell’oratorio. La giostra, a pianta esagonale, negli anni seguenti fu abbellita: le donne dell’Azione Cattolica offrirono stoffe per mascherare la struttura lignea, Primo Vivaldi, pittore per hobby, e non banale, dipinse ed ornò i pannelli fatti di fogli di compensato massiccio che, per lungo La giostra dei Matarèi sulla piazza di Romagnano e ressa davanti al vaso della fortuna allestito durante la Sagra del 1984. 33 tempo, sagomarono la parete esterna. La fama della robustezza e della bellezza della giostra dei Matarei varca l’Adige ed i Brusaferi. Ricordano i testimoni che con un carro trainato da due buoi, e fu un viaggio periglioso, venne piantata sulla piazza di Romagnano, poi ad Aldeno, e qui le noie per i permessi furono tante. Con il primo trattore arrivato a Mattarello, quello di Albino Montel, fu portata anche a Vigolo Vattaro. La giostra, con il Vaso della Fortuna, divenne il segno per eccellenza della Sagra dei Santi Anzoi ed esercitò sempre un grande richiamo sui giovani, con la soddisfazione degli animatori dell’oratorio, Franco Giovannini fra i primi, che potevano contare su entrate sicure e in genere consistenti. Fu abbandonata negli anni della contestazione, gli anni del Sessantotto, quando la Sagra, le sagre, entrò in crisi. Fu smontata e i vari pezzi che la componevano vennero depositati qua e là nei locali dell’oratorio. E di quella macchina che attraeva e faceva divertire non è rimasto nulla, perché in occasione dei lavori di ristrutturazione dell’edificio fra il 1985 e il 1986 ciò che ingombrava fu impietosamente gettato. I miei ricordi del vaso della fortuna – annota Anselmo Lorenzini – partono dal 1937, quando l’impalcatura veniva realizzata sulla piazza della chiesa, sul lato destro, appoggiata alla parete nord della vecchia canonica. I pali portanti erano ben piantati per terra, fra il selciato, sul luogo un tempo destinato a cimitero. Frequentemente su quell’area, a mezzogiorno, tra la chiesa e la canonica, furono ritrovati frammenti di ossa umane. La copertura dei fianchi e del retro era realizzata con i teloni dei carri prestati dai contadini. Titolare della posa era el Tilio Valsordo, padre di Settimo Tamanini-Mastro 7. Incaricate dell’Azione Cattolica femminile passavano di casa in casa e raccoglievano nelle famiglie i doni che venivano numerati e depositati in canonica e poi, il sabato, esposti sugli scaffali. Il premio grosso consisteva in due agnelli. Per alcuni anni dopo la guerra il vaso venne allestito in un’aula dell’asilo infantile, allora ospitato presso l’istituto San Vigilio [sede attuale del Circolo Pensionati ed Anziani], era organizzato dai giovani dell’Azione Cattolica; poi, però, si riprese al allestirlo sulla piazza della chiesa, finché, nel 1969, fu spostato nell’attuale area di piazza Municipio [piazza Quintilio Perini]. Il comune noleggiava la struttura principale, però ben presto, per il deperimento degli elementi, venne a mancare quel sostegno. Mattarello fece allora cooperativa con Ravina per acquistare le strutture lignee. Tutto il materiale era depositato là, e così ogni anno occorreva andare a prenderlo e riportarlo, ma mancava sempre qualche cosa e ogni volta bisognava chiedere per carità qualche tavola e un fascio di scòrzi per completare il manufatto. Si fece strada l’idea di realizzare da noi qualche cosa di nuovo, magari in ferro. L’idea fu messa in pratica nell’estate del 1982. Remigio Serafini, Aldo e Anselmo Lorenzini, Luigi Tamanini con il supporto tecnico di Enrico Ruzz e la collaborazione diretta di Aldo Dorigatti, che ospitò nel suo capannone-officina vicino alla stazione la squadra di lavoratori, in una quindicina di giorni, mise in piedi l’impalcatura metallica; Remigio Serafini procurò anche il legname per la scaffalatura. Ora la raccolta dei doni è fatta tramite i negozi locali ed è integrata dall’acquisto di “numeri” da parte dell’organizzazione assunta dal Gruppo Giovani dell’oratorio. Fra i doni grossi vennero le biciclette, un motorino,una radio, una lavatrice, un vestito, un quadro d’autore, servizi vari, ecc.. Recentemente è stata lanciata l’idea dell’offerta di una torta come mezzo per sostenere il vaso. 34 Matarèl, el paés dei Ànzoi La sagra rinasce S i celebra oggi a Mattarello la festa dei SS. Angeli patroni del paese. La tradizionale sagra si presenta puntuale anche se con il passare degli anni essa è scaduta molto di tono. Sopravvivono, oltre alle funzioni religiose con la bellissima processione del pomeriggio, il vaso della fortuna e qualche bancarella per la gioia dei più piccoli. La festa come sempre offre l’occasione a molti mattarellesi lontani dal paese di fare una breve rimpatriata, a trascorrere una giornata in lieta compagnia di parenti ed amici, rivivendo con nostalgia e rimpianto le belle sagre di un tempo. Preme sottolineare l’impegno degli organizzatori del vaso della fortuna ed il fine altamente umanitario cui verrà devoluto il ricavato. È infatti intenzione del decano don Ettore Pederzolli creare un fondo di solidarietà per immediati interventi a favore di coloro che si trovassero in situazioni di particolare bisogno a causa di eventi imprevedibili e imprevisti che molto spesso, purtroppo si verificano lasciando dietro di sé dolori e miserie. [da: L’ADIGE, domenica 3 settembre 1972] 35 Nella pagina a fianco: la locandina della rinnovata Sagra dei Santi Angeli riportata in auge nel 1981 dal Consiglio di Circoscrizione con il presidente Sergio Baldi (1981-84); i bozzetti sono di Luciano Ducati, la stampa di Artestampa di Giorgio Ferrari in via della Stazione; la famiglia degli Angeli di EDYPerazz (Pierpaolo Perazzolli) tratta dal volumetto “La contrada degli Angeli” pubblicato nel 2000 (per gentile concessione). i quotidiani locali “L’Adige” e “Alto Adige” dedicarono all’evento ampio spazio. 36 Matarèl, el paés dei Ànzoi Il parroco di Mattarello don Renzo Agostini (1981-95) con Bruno Bianchini, delegato del sindaco dal 1956 al 1975 (foto Marco Perini); immagini della Sagra del 1984. Nella pagina a fianco: bozzetti di Luciano Ducati. 37 38 Matarel, el paes dei Anzoi Pietro Verdini Livio Conta Diego Bridi Paul Sark Theresia Trawöger Passigli 39 Marisa Postal Decarli Mario Pasquali Claudia Andriollo, Mario Pasquali, Sonia Giuliani Locandine della Sagra dei Santi Anzoi aventi come soggetto gli Angeli. Il logo attuale della Sagra dei Santi Anzoi è stato realizzato nel 1989 dal grafico Nazareno Ambrosi. Classe 5ª B della Scuola primaria di Mattarello Alunni della Sc uola primaria e dell’Infanzia di Mattarello 40 Matarèl, el paés dei Ànzoi Trent’anni di sagra C ambio alla guida del Comitato Permanente Associazioni e Gruppi (CoPAG) che organizza la Sagra dei Santi Anzoi, l’evento che mobilita la comunità per l’intera settimana che precede la prima domenica di settembre: Dario Pedrotti, presidente dal 2007, ha lasciato l’incarico a Riccardo Tamanini, da undici anni capogruppo degli Alpini in congedo. Parole di apprezzamento per l’impegno profuso da Pedrotti sono venute dalla trentina fra presidenti e rappresentanti dell’intero mondo associazionistico di Mattarello, che hanno sottoscritto il “Libro Soci 2011” e rinnovato il direttivo. Promosso dalla Circoscrizione nell’estate del 1984, il CoPAG, in base allo Statuto che si è dato, «ha lo scopo di organizzare comunitariamente la Sagra dei Santi Anzoi e di attivare iniziative folcloristiche e culturali e di mantenere e rinverdire le tradizioni vicine e lontane nel pieno rispetto dell’autonomia operativa delle singole associazioni». Primo presidente fu Settimo Tamanini-Mastro 7, al quale in questi trent’anni succedettero Luciano Zendron, Claudio Lorenzini, Vittorio Gadotti, Bruno Pintarelli, Dario Pedrotti ed ora Riccardo Tamanini. Auguri di buon lavoro allora al nuovo presidente, che s’insedia nell’anno in cui la Sagra festeggia trent’anni, essendo stata rilanciata nel 1981 da Sergio Baldi, Marco Bridi presidente in carica della Circoscrizione, dopo il declino cui era andata incontro nel corso degli anni Settanta, con un imprinting che si è sostanzialmente mantenuto intatto edizione dopo edizione: attorno alla ricorrenza religiosa che ha nella processione della Statua dell’Angelo custode il suo momento significativo (gli Angeli sono copatroni della parrocchia che è intitolata a San Leonardo), s’intrecciano una serie di appuntamenti sapientemente variati, ove si dà spazio alla convivialità, allo stare insieme mangiando, bevendo, ballando e giocando in compagnia, ma in punta di piedi, garbatamente, si mettono in vetrina anche la creatività e la sensibilità culturale del paese attraverso mostre, concerti, recital, eventi che si sono via via qualificati e che incontrano il favore del pubblico. Registrava, trent’anni fa, il cronista: sabato 5 settembre 1981, gara di sérci in notturna con partenza dalla piazza e ballo popolare; domenica 6: mostre fotografiche presso la Sala di Lettura e la sede del Fotoclub; giochi per bambini, vaso della fortuna e processione, concerto della Banda di Aldeno e ancora balli; lunedì 7, Sagra dei Santi Anzolini: concerto del Gruppo mandolinistico “Giacomo Sartori” presso il Centro San Vigilio, allora tutto da ristrutturare, ove funzionava un servizio cucina e bar. [adattamento da: l’Adige, 10 aprile 2011] La processione del 2011 con la statua dell’Angelo custode. La scultura lignea policroma, dorata e argentata di autore ignoto della seconda metà del XVIII secolo, più volte restaurata, è costituita dall’Angelo, il bambino e il demonio nelle sembianze di un serpente-drago. 41 Il parroco don Antonio Brugnara con gli “anzoléti” e i coscritti delle sagre 2005, 2007, 2004, 2006, 2008, 2009 (dall’alto, da sinistra a destra); la processione del 2012. 42 Matarel, el paes dei Anzoi Il parroco don Antonio Brugnara con i volontari del Corpo dei Vigili del Fuoco che nella festa degli Angeli ricordano il loro patrono San Michele arcangelo; sulla destra il comandante della stazione dei carabinieri di Mattarello maresciallo Manuello (sagra del 2007, in alto); con i vigili di Mattarello ed una rappresentativa di vigili del fuoco della città di Ergolding (sagra del 2008, al centro); con i vigili di Mattarello ed il coetanei del 1992 (sagra 201, sopra). 43 Album della Sagra 2013 44 Matarèl, el paés dei Ànzoi La Sagra dei Santi Anzoi 2013 N ell’elegante cornice di Villa Bortolazzi all’Acquaviva mercoledì 22 agosto è stata presentata ufficialmente la 32a edizione della Sagra dei Santi Anzoi, organizzata dal Comitato Permanente Associazioni e Gruppi (CoPAG) di Mattarello e che si svolgerà dal 25 agosto al 2 settembre prossimi: distesa su ben nove giornate, sarà una ricca e variegata kermesse di musica, arte, teatro, poesia, sport, ma anche di gioco, divertimento, gastronomia e solidarietà; un progetto ambizioso reso, possibile dal generoso impegno di circa duecentocinquanta volontari attivati da venticinque sodalizi, dal sostegno di centoventi sponsor ed “Amici di Mattarello” e dal patrocinio del Comune e della Circoscrizione. Sul senso della Sagra hanno parlato il presidente del CoPAG Alessandro Nicolli e Lorenza Nardelli, coordinatrice degli appuntamenti culturali, che insieme hanno firmato la presentazione dell’opuscolo informativo distribuito in tutte le famiglie della circoscrizione: in un momento di sfiducia e di disorientamento, il paese scommette ancora sulla forza del gavér amór per la comunità nella quale si vive, per la bellezza di un progetto pensato e realizzato in tanti, per la voglia di gioire e di dare senso alle cose, come hanno insegnato i nonni, i padri, i maestri. Lo hanno fatto commentando la locandina dalla quale emerge un messaggio di serenità: dietro finestre aperte sono affacciati angeli-bambini che guardano e ascoltano, chiamano, suonano e cantano in un clima di bella convivenza. Gavér amór significa ritrovare l’entusiasmo e la voglia dei più piccoli, che sono i più curiosi, i più desiderosi di scoprire il mondo, mentre gli adulti, forse mai come adesso, hanno perso l’abitudine di alzare lo sguardo e di volare un po’ più in alto. Ecco allora le altre due parole chiave della Sagra: “gli Angeli”, che ci riportano ad una dimensione “altra” e “le finestre”, intese come spazio di osservazione ma anche di apertura verso il mondo, ovvero di cordialità e di accoglienza di Dario Pedrotti, Marisa Postal, l’assessora comunale Lucia Maestri, Lorenza Nardelli, Alessandro Nicolli, il presidente Bruno Pintarelli, Riccardo Tamanini, Giulio Moratelli. Marco Bridi persone, idee, progetti, sogni. Considerazioni riprese dall’assessore alla Cultura del Comune di Trento Lucia Maestri che ha apprezzato questa tensione del volontariato locale di andare incontro ai bisogni di relazione delle persone e di intercettare i cambiamenti e il nuovo che si fa strada anche attraverso queste manifestazioni che concorrono a fare più comunità e a contrastare la disgregazione e l’isolamento e che l’amministrazione non può non sostenere, palestra come sono di educazione alla socialità, quindi fattore di coesione e di crescita. Un pensiero speciale è stato rivolto alla compianta Daniela Stoffella che nella sua lunga attività in biblioteca si è spesa perché Mattarello diventasse il paese della convivenza. Una citazione speciale, infine, ai bambini delle scuole, perché sono loro a “firmare” questa sagra con circa quattrocento disegni, di angeli, tutti pezzi unici, che gli organizzatori hanno utilizzato per creare, oltreché la locandina, altrettanti biglietti di invito e di ringraziamento e che indicheranno gli spazi dell’evento. Questa la Sagra dei Santi Anzoi 2013, che ben calibrando le proposte nel segno della tradizione e delle novità, come ha concluso il presidente della Circoscrizione Bruno Pintarelli, sarà ancora una volta una festa per i paesani e per quanti vi vorranno partecipare, tutti consapevoli che da quest’anno Mattarello sarà a pieno titolo el paés dei Ànzoi. [adattamento da: l’Adige, 22 agosto 2013] 45 D opo l’incontro con i bambini della scuola primaria in primavera, ritorna a Mattarello Fausto De Stefani e propone “Al di là delle nuvole - Genti e montagne dell’Himalaya”, una mostra fotografica integrata da una significativa raccolta di oggetti della cultura materiale delle popolazioni che abitano ai piedi della più imponente catena montuosa della terra, compresa fra il Pakistan, il Tibet, la Cina ed il Nepal: è un coinvolgente viaggio culturale che esalta l’umanità e la sensibilità di questo alpinista, naturalista e fotografo mantovano che è stato il sesto uomo al mondo a salire tutte le quattordici cime che superano gli ottomila metri di quota entrando di diritto nella storia dell’alpinismo mondiale. È l’evento che domenica 25 agosto, alle 18, inaugura la serie di appuntamenti della Sagra dei Santi Anzoi e che si realizza grazie ai rapporti che legano De Stefani ad Alessandro Tamanini ed ai soci della SAT, che con il patrocinio del Comune e della Circoscrizione hanno allestito la mostra presso la Sala “Alberto Perini“ del Centro civico. Conosciuto per il suo impegno in campo naturalistico, tra i fondatori e garanti dell’associazione internazionale “Mountain Wilderness”, da oltre Fausto De Stefani, Claudio Bassetti, Alessandro Tamanini. dieci anni De Stefani si dedica con passione alla realizzazione di un progetto umanitario in Nepal nella cittadina di Kirtipur non lontana dalla capitale Kathmandu: qui, dal nulla, potendo contare sui proventi delle serate di solidarietà organizzate in tutta Italia e sugli aiuti che gli giungono, generosi, anche da tantissimi sostenitori trentini, ha costruito la “Rarahil Memorial School”, un moderno complesso scolastico no profit composto da aule, ambulatori, sala mensa e dormitori che ospita un migliaio di bambini e ragazzi, dai tre ai diciotto anni. Gran parte di loro la frequentano gratuitamente, grazie ad un programma di adozione a distanza attivato in collaborazione con la Fondazione “Senza Frontiere Onlus”, nata nel 1998, di cui Alessandro Tamanini è referente provinciale e che con De Stefani, da una decina d’anni, ha instaurato un sodalizio di comuni interessi, seguendolo spesso nei suoi viaggi in Nepal. E, quale secondo tempo dell’evento, con inizio alle 21 e sempre presso il Centro civico, viene proposto l’ultimo documentario realizzato da Alessandro Tamanini, presentato in prima assoluta al recente Film Festival della Montagna di Trento e che porta il titolo della mostra. Presidente della locale sezione SAT per nove anni, appassionato di montagna, cultore di diverse discipline sportive dall’arrampicata alla canoa al volo a vela, Tamanini ha intrapreso l’attività di documentarista cinematografico moltissimi anni fa, anche sulla scia del suo lavoro di tele cineoperatore giornalista presso la sede Rai di Trento. In questo suo lavoro racconta l’amicizia tra un alpinista dalla lunga barba (Fausto De Stefani) e tanti bambini del Nepal ed illustra la vita quotidiana di un popolo che è alle prese con una situazione politico-sociale disastrosa che colloca questo paese asiatico ai primi posti nella graduatoria mondiale per povertà e inquinamento. La mostra “Al di là delle nuvole” rimarrà aperta fino a domenica 8 settembre. Nell’ambito degli appuntamento della Sagra aprono oggi e rimarranno aperte fino a lunedì 2 settembre, la collettiva “Angeli attraverso la tradizione artistica” organizzata dal Gruppo Amici del Colore nelle Sale ex circoscrizione e la collettiva “Opere pittoriche e ceramiche” organizzata dal Gruppo ArteInsieme nella Sala della Meridiana . [adattamento da: l’Adige, 25 agosto 2013] 46 Matarèl, el paés dei Ànzoi D Foto Marco Perini opo l’apertura delle collettive degli Amici del Colore e del Gruppo ArteInsieme e della mostra di Fausto De Stefani, dopo la proiezione del documentario “Al di là delle nuvole” di Alessandro Tamanini, lunedì 26 agosto il cartellone della Sagra dei Santi Anzoi propone una «cosetta originale, spiritosa, la chiamiamo una goliardata?, nuova senz’altro, ci auguriamo gradevole»: a dirlo è Luciano Zendron, autore e regista della Filodrammatica “Arca di Noè”, con la quale sta preparando un nuovo spettacolo che metterà in scena nei prossimi mesi; «è una presentazione della festa patronale fatta da angeli birichini, che in dialogo tra loro si prendono in giro e prenderanno in giro, punzecchieranno anche qualche personaggio di questa nostra Matarèl, el paés dei Ànzoi, e lo faranno seguendo un canovaccio che abbiamo costruito per commentare, in dialetto, tutti gli appuntamenti della sagra». La location è quanto mai interessante: el Spiàz dei Bianchini, una tipica corte rurale che conserva intatto un suo fascino antico, alla quale si accede dal portico davanti alla chiesa e che i proprietari hanno messo gentilmente a disposizione. L’“Arca di Noè”, che compie diciotto anni, un periodo importante per un La performance degli attori della Filodrammatica “Arca di Noé” e del Coro Torre Franca Junior diretto da Lamberto Tamanini (Spiaz dei Bianchini, lunedì 26 agosto 2013). sodalizio che vive di volontariato e di passione, vedrà debuttare quattro new entry che hanno accelerato il turn over nella vita dell’associazione: Renata Baldo, Sergio Bisesti, Milena di Camillo e Sandra Tamanini che reciteranno con Zendron e con le “storiche” Elena Bridi, Lorenza Nardelli e Marisa Postal. La performance vede anche la partecipazione del Coro Torre Franca Junior diretto da Lamberto Tamanini e delle giovani ginnaste dell’Associazione Sportiva Dilettantistica “Ginnastica Trento” allenate da Susanna Berloffa che si esibiscono in alcune coreografie. Sul tiglio nel piazzale della scuola primaria, intanto, e in altri spazi in centro paese cominciano ad apparire, discreti, gli Angeli dei Bambini per indicare i luoghi della sagra. Sono una rielaborazione di Mauro Bovolo di alcuni dei quattrocento disegni di angeli che gli alunni delle scuole di Mattarello hanno realizzato per la ricorrenza e che il CoPAG ha utilizzato per preparare, oltre alla locandina, originalissimi biglietti di invito e di ringraziamento. [adattamento da: l’Adige, 26 agosto 2013] 47 Un angelo amico Parlare con gli occhi Un raggio Come l’acqua scende e tutto bagna. Come il sole che scalda e tutto asciuga. Come il lampo che fa un attimo di luce. Come il tuono con il rumore fa paura. Così fu la tua vita. Lasciasti come segno l’amicizia, scordasti come dono l’amore, dimenticasti anche molto dolore. Ma se è vero che la vita è un segno, il tuo bel ricordo sincero sarà più lungo di un lampo, più forte del tuono. Si asciugheranno le lacrime, si riscalderà il cuore; ma tu sei stato forte, il ricordo ha sconfitto la morte. Erano celesti i suoi occhi, celesti come il cielo sereno, come il mare tranquillo dopo la burrasca. Mi guardava, mi scrutava come per assicurarsi che io fossi lì, con lui. Quegli occhi celesti dicevano quello che il suo cuore avrebbe voluto dire, sembrava mi leggesse dentro. Intanto la sua anima buona si preparava a volare sempre più in alto. È rimasto il mio Angelo custode, quegli occhi celesti mi portano luce nei momenti bui della mia vita. È un raggio il mio angelo, luce, da lunghe stagioni m’illumina il pensiero, squarcia il velo varcando i sentieri oscuri della mente, sostiene l’odierno andare con una delicata movenza d’ali, un raggio che dolcemente schiude gli occhi al futuro, accende stelle e lune stinte, voce vibrante in infiniti canti, prodiga d’amore. Ed io… ascolto, ascolto la sua voce. Antonio Maule Giovanni Battista Tomasi, Dorotea Masè. Alla 14 ª edizione del recital di poesie dialettale «Fiori de setembre» dedicato a Eduino Gerola, organizzato dal Gruppo «Vozi ‘n dialèt»e tenutosi mercoledì 28 agosto presso il Centro civico San Vigilio, hanno partecipato Tea Masè, Rita Giovanella Demattè, Mirella Tommasi, Giovanni Battista Gibello, Alma Pintarelli, Mirella Beozzo, Enrica Buratti, Lamberto Tamanini, Maria Rosa Slomp, Antonio Paonessa, Edda Condini Facchini, Antonio Maule, Fiorella Albertini, Olga Tamanini, Ivano Chistè e Giovanni Battista Tomasi. Nel corso della serata, condotta da Tea Masè, con la collaborazione di Luciano Zendron, si è esibito il Coro Torre Franca diretto dal maestro Giacomo Dossi. Con il contributo della Circoscrizione le poesie in dialetto del recital sono state raccolte in un quaderno distribuito ai presenti. Rita Giovanella Dematté Dorotea Masè 48 Matarèl, el paés dei Ànzoi L’angelo amico Quando la stella più brillante cattura il tuo sguardo … io sono lì, accanto a te, l’ammiriamo insieme. Quando un gesto o una frase … ti sbalordisce e diventa fantastica io sono lì, accanto a te, tu sai, la condividiamo. Quando il tuo pensiero … è greve o felice, lo è anche il mio, quando i ricordi hanno un’unica voce non sorprenderti se io sono lì, accanto a te. L’amore può essere sguardo, frase, pensiero … ma l’angelo amico è concreto, sincero, c’è, perché l’amicizia è amore, allora … non stupirti se sono sempre lì, accanto a te. Dorotea Masè Angelo-presenza Sussurro solletico soffio battito d’ala o brezza fiato profumato forse sfioro leggero lieve pressione parola bisbigliata al cuore. Così si manifesta l’angelo di Dio. Prende forse anche sembianze umane e c’accompagna, delicatamente discreto, nel presente tangibile dei nostri giorni, asciugandoci il pianto condividendo le nostre emozioni. La fede nella sua esistenza nel suo operare a nostro favore illumina i nostri passi. C’è o no una fetta d’immortalità dentro il nostro essere ed eco d’infinito nel nostro vivere? E perché no allora presenze che ci superano? Enrica Buratti Ricami di Giuliana Rizzoli. 49 Forse era un angelo L’angelo custode Un brivido leggero mi attraversa la schiena. Vado verso la porta del soggiorno e sto per chiuderla, quando … è come se una forza arcana mi spingesse all’aperto … mi sto sbagliando o qualcuno mi prende per mano, guidandomi verso una luce misteriosa che porta in riva al mare? È qui che, tanti anni, fa ho conosciuto quel bambino. Se ne stava seduto sulla battigia e piangeva; teneva in mano una paletta e guardava sconsolato il castello di sabbia che, piano piano, si stava frantumando. Aveva due lacrimoni che scendevano sulle guance vellutate, sembrava un pierrot disperato a cui hanno tolto il suo giocattolo preferito. Ci guardammo e diventammo subito amici. La sua aria ingenua mi faceva pensare a qualcosa di misterioso; era come se un filo legasse le nostre esistenze. Una signora poco lontano ci stava osservando. Incominciai ad andare tutti i giorni, mi ero specializzata in castelli di sabbia e il bambino rideva contento. Un giorno mi disse:«Guarda che presto me ne devo andare …». Lo guardai e lui proseguì: «Vado in un posto dove ci sono tanti angeli e così ti guarderò dal cielo». Mi girai verso la signora poco lontano e lei rispose con un cenno affermativo. Feci per parlare ma lui mi accarezzò le guance e, sorridendo, mi salutò. Il giorno dopo ritornai sul posto e non trovai nessuno. Pensai alla mia mamma quando, nelle preghiere della sera, non mancava di nominare gli Angeli e mi faceva spostare dall’orlo del letto perché, diceva, dovete far posto al vostro Angelo custode. Anche ora che sono anziana, lascio a lui sempre un po’ di posto e così mi sento più sicura. Guardo verso il mare, una brezza leggera muove le onde tracciando un rettilineo davanti a me, sento una manina premere sulla mia, è come se un bambino volesse salutarmi. Mi avvicino all’acqua, sembra che una figura trasparente e irreale cammini in superficie per poi perdersi in lontananza tra le onde, laggiù. Essere evanescente, con le ali, dato da Dio alla gente con tanti altri regali, etereo, asessuato, bianco, puro, pulito, quante notti hai vegliato, mentre succhiando il dito sognavo i miei balocchi? L’infantile pasticcio (che solo tu capivi) che recitavo a sera, ti ripagava un po’ dei gesti miei cattivi come correre in chiesa o qualche bugietta. Era la tua preghiera che il tempo ormai corrode: “Angelo di Dio che sei il mio custode...” Ora che sono uomo come ti ho ripagato? Mi illudo di esser grande e ti ho dimenticato. Perdonami, ti prego, so che ti sei stufato, ma, Lui, che a me ti ha destinato, sapeva che tormento ti avrebbe procurato. Dai, qualche momento ancora continua a “reggere e proteggere” e... vedrai, che alla fine, ti troverai contento. Olga Tamanini Presepi del’associazione “Amici del Presepio” di Mattarello. Ivo Rossi Gloria in excelsis deo C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». (Luca 2,8-14) 50 Matarèl, el paés dei Ànzoi Pietro Marsilli, Don Antonio Brugnara. Contrappunti musicali con il trio di violini Chizuro Deguchi, Giovanna Ferrari ed Ilaria Gazzini. T ema della sagra dei Santi Anzoi di quest’anno sono “gli Angeli” e di angeli, nella tradizione cristiana e nell’arte, hanno parlato in modo magistrale venerdì 30 agosto al San Vigilio nella serata organizzata dalla Biblioteca il parroco don Antonio Brugnara e il professor Pietro Marsilli; ma chi impersona meglio questa figura se non l’angelo del focolare domestico cioè la donna e, in particolare, la donna africana?: così commenta Vittorio Lorenzini, presidente dell’Associazione Fondo Progetti di Solidarietà (FPS) impegnata nel Basso Shabeelle, in Somalia, a fianco di don Elio Sommavilla e di Water for Life e di altri organismi internazionali. Scrive la poetessa e giornalista eritrea Elisa Kidané: «Quanti vogliono operare in Africa, per prima cosa devono chiamare le donne, perché esse sanno che ciò costituisce la sopravvivenza per i loro figli: tessono la vita e le relazioni e costruiscono quelle situazioni che riescono a far sopravvivere la famiglia, il villaggio, il paese. Ormai in Africa si riconosce che il denaro in mano alle donne non frutta solo per la famiglia. Se l’Africa rimane in piedi e ha la capacità di sopravvivere è proprio grazie al lavoro silenzioso, nascosto ma nello stesso tempo tenace delle donne, che oltre a portarselo nel cuore, questo continente, se lo portano sulle spalle». «Chi dice donna, dice sviluppo», chiosa Lorenzini per il quale queste parole ben riassumono il senso del progetto che il FPS sta attualmente sostenendo: un corso di formazione per trenta ragazze orfane, aspiranti sarte, un mestiere tabù per le donne ma che ora nelle aree liberate dall’occupazione dei fondamentalisti è possibile rompere. Durante l’apprendimento saranno tenute a confezionare diecimila cartelle in tessuto per altrettanti alunni delle scuole primarie dell’area, fra i quali si potrà introdurre la prassi del portare libri e quaderni a casa per fare i compiti evitando l’uso delle inquinanti borse di nylon. «Siamo convinti che scuola e lavoro – conclude – costituiscono le condizioni preliminari per qualsiasi 51 Pranzo etnico presso lo spazio tenda con il Fondo Progetti Solidarietà Mostra dei disegni degli alunni delle classi III A e III B della Scuola primaria di Mattarello (Progetto “Disegnare gli Angeli con Pietro Verdini”, Biblioteca Angeli nella Scuola primaria. sviluppo e quindi per la liberazione e la promozione della donna. Attraverso una dichiarazione scritta le candidate s’impegnano nell’apprendimento di questo mestiere che poi eserciteranno associandosi a tre piccoli cooperative aperte in sordina nel centro di Ayuub o a casa; le migliori saranno premiate con una macchina da cucire manuale». Per sostenere questo progetto il FPS ha riproposto alla Sagra il pranzo etnico-solidale: «È un modo per conoscere le culture da un diverso punto di vista che non sia mediante la rappresentazione di drammi e povertà ma la ricchezza culinaria ed artistica». E dopo la cucina somala e nigeriana, ieri oltre centotrenta persone si sono accostate, con generale soddisfazione, ai piatti tipici del Senegal. [adattamento da: l’Adige, 1 settembre 2013] Spettacolo di cinema-concerto con la Piccola Orchestra Lumière. Concerto di organo e tromba con l’Ensemble “G. Frescobaldi” 52 Matarèl, el paés dei Ànzoi Mostra-concorso con opera a tema “Gli Angeli” organizzata dagli “Amici del Colore” in piazza Quintilio Perini. Artisti in mostra: nelle Sale ex circoscrizione: Fiorella Albertini, Raffaella Baffetti, Annamaria Berloffa, Enrica Buratti, Maria Bruna Bazzerla, Iginio Depedri, Renata Di Palma, Luciano Frasanella Midollo, Liberio Furlini, Sonia Giuliani, Roberto Lorenzini, Mirko Mittempergher, Mario Pasquali, Fabrizia Persico, Lorenza Pomarolli, Antonio Raspadori, Arnaldo Roncher, Rita Zanvettor ed Alessandro Ziglio dall’Associazione Amici del Colore “Daniele Vivaldi”; nella Sala della Meridiana, Maria Carla Acler, Giovanna Bove, Loredana Giovanetti, Remo Largaiolli, Licia Marinchel, Stefania Simeoni, Claudia Trotter, Nila Rosmery Velasco, Mariangela Vesco, Alessandro Zanlucchi del Gruppo ArteInsieme. 53 S torico maestro della banda dal 1982 al ‘98, cesellatore ed artista eclettico, Luciano Barberi è presente alla collettiva di pittura e scultura “Angeli in mostra” allestita per la Sagra dei Santi Anzoi nella dismessa officina Dematté con un altorilievo in legno e con l’originale in gesso del busto di don Dario Trentini. Opera che reputa perfettamente in tema, perché non nutre dubbio alcuno che questo prete, nato a Villa Lagarina nel 1845 e morto e sepolto qui in paese nel 1906, sia stato “un angelo”: un angelo attivo operoso, che tutto si è dato e tanto ha dato del suo per i più deboli e gli svantaggiati. Lo mostrano le sue opere. Cappellano dal 1870 al 1876, e poi pievano dal 1896, nel 1897 don Trentini s’impegnò per l’abbellimento della chiesa chiamandovi il pittore mantovano Agostino Aldi; nel 1901 fondò un orfanotrofio per bambine del “Tirolo italiano” e aprì a beneficio del paese un asilo che chiamò “il giardinetto”; nel 1905 riprese l’antico inno Custodes hominum in onore dei copatroni della parrocchia intitolata a San Leonardo. Per disposizione testamentaria lasciò l’amministrazione dei suoi beni all’ordinario diocesano. Ora, ciò che rimane dell’istituzione da lui creata, la residenza per anziani aperta nel 1980, è gestito da una Fondazione. «Sì, don Dario un angelo lo fu davvero, – racconta Barberi – mio nonno Umberto Vicentini me lo ripeteva, e mi diceva che per raggranellare soldi andò sino a Vienna dall’imperatore!». Un prete grande, che la gente di Mattarello volle degnamente onorare con un monumento e così nel 1911, per iniziativa del Club Ciclistico Matarellese, si costituì un Comitato pro busto che commissionò l’opera a Remo Stringari di Aldeno (18791924). Lo scultore fuse il busto bronzeo tuttora collocato su una colonna sorretta da due putti in marmo in un recinto alla base del campanile. Nel 1987 a don Dario Trentini è stata intitolata una strada ed dal 1997 un’associazione culturale porta il suo nome. Ora salta fuori il calco originale. Ma come è andata? «È presto detto – continua –. Verso la metà degli anni Ottanta, quando il Comune iniziò i lavori per la realizzazione di quello che ora è il centro civico, intervenendo sull’edificio che fino al 1966 aveva ospitato l’orfanotrofio e l’asilo, gli operai abbatterono la nicchia ricavata su una parete del porticato all’interno della quale c’era il busto di don Dario con tanto di firma dello Stringari e data di esecuzione». Chi è entrato nel vecchio San Vigilio lo ricorderà: aperto il grande portone in legno, girato l’angolo, superato il cancelletto, sulla destra, in alto, la campanella e la nicchia con la statua. «Lo avevano buttato senza tanti riguardi in una buca scavata nel centro del piazzale per raccogliervi macerie e materiali da portare in discarica. Io l’ho raccolto e conservato in soffitta per tutti questi anni». Quel calco, che ha consegnato alla posterità le fattezze di un uomo energico ed austero, era rovinato e sbriciolato in più parti; mozzato il naso. Qualche mese fa, cogliendo come propizia l’occasione della collettiva, Luciano Barberi lo ha rispolverato e restaurato: «Gli ho rifatto il naso, prendendo l’impronta su quello in piazza, e l’ho anche tinto, per ridarlo – dice – alla comunità». Ma questo busto dove potrà essere ricollocato? Luciano Barberi non si sbilancia: «Per adesso lo espongo alla mostra. Poi ci sarà il tempo per pensarci». E per riconsiderare questo “pievano pio ed attivo” e per farlo conoscere, vuoi che non si riuscirà a trovare uno spazio all’interno del San Vigilio, magari all’ingresso che proprio in questi giorni viene ricoperto con una tettoia? O presso la residenza per anziani? Magari con una scheda che ne ricordi la figura? Vedremo. [adattamento da: l’Adige, 15 agosto 2013] In alto: Luciano Barberi con il calco del busto di don Dario Trentini restaurato. Sotto: Fausto Tamanini, il maestro del campanò. 54 È Matarèl, el paés dei Ànzoi la caratteristica della Sagra dei Santi Anzoi, rispettata fin dal suo nascere, quella di proporre piccoli-grandi eventi culturali accanto agli appuntamenti genuinamente conviviali fatti di piatti della tradizione, musica e balli che richiamano tantissime persone, come si è visto fin dall’pertura del tendone venerdì 30 agosto. Eventi resi possibili grazie ad una rodata organizzazione, sostenuta da circa duecentocinquanta volontari occupati dietro gli stand del “picciol villaggio” e del tendone. Una “passeggiata tra le mostre d’arte” è meritevole di attenzione: cominciamo dalla collettiva allestita dagli Amici del Colore nelle sale ex circoscrizione (diciannove gli autori presenti con opere figurative e sculture), che sabato 30 è uscita all’aperto, su piazza Perini, per una rassegna-concorso sul tema “Gli Angeli”. Si passa, poi, a quella dei dieci soci di ArteInsieme, nella vicina Sala della Meridiana. In via Catoni, nella storica ex Casa Rizzi, ora Saljoughi, espone Mariapia Fedrizzi, con un corredo di fotografie di Silvia Tonelli. Poco più avanti, nell’ex officina meccanica Dematté, è stata collocata un’esposizione di taglio moderno, «perché è un luogo – dice la pittrice Clara Lunardelli nella presentazione – che richiama due dimensioni del fare: la fatica e la creatività, che appartengono ad ogni essere umano». Anche qui il tema conduttore, che ha unito tredici individualità, è stato declinato in linguaggi diversi, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla scrittura. In ogni opera «c’è uno spicchio di mente e del cuore di un uomo che dà una sua interpretazione della realtà e del mondo, anche degli angeli, a volte celestiali, a volte più fisici e carnali, ora caritatevoli, ora giocosi». La “passeggiata” si conclude nella sede del Circolo Pensionati ed Anziani, dove le Giorgio Lunz socie espongono una serie di pregevoli ricami. Questa è la Sagra dei Matarèi, che durante la settimana sono usciti di casa per il recital “Fiori di Settembre”, per le musiche della Piccola Orchestra Lumière e del Trio Ensamble Frescobaldi. Sabato 31 agosto, nel pomeriggio, c’è stata l’inaugurazione ufficiale della Sagra: sobri i discorsi del presidente del CoPAG Alessandro Nicolli, del direttore artistico Lorenza Nardelli e del presidente della Circoscrizione Bruno Pintarelli, improntati tutti alla fiducia di chi crede nell’importanza del gavèr amor per la propria comunità. Nonostante tutto. Al “picciol villaggio” si sono esibiti i “Brandenburger Trumeter” di Lanshut e il giocoliere Mattia Capotorto, in uno spettacolo preludio della 10a disfida dei zòni de oro che si terrà nel pomeriggio di domenica 1 settembre e deciderà la vincitrice del 28° Palio delle Contrade; nella tarda serata si è corsa la staffetta delle contrade. La domenica la festa tocca il culmine: vaso della fortuna, messa solenne, vespri e processione con la statua dell’Angelo portata a spalla dai coscritti del 1995. È il giorno in cui, lungo le strade, il muoversi, l’incontrarsi, lo stare assieme sembrano assumere un calore nuovo. [adattamento da: l’Adige, 1 settembre 2013] 55 Settimo Tamanini - Mastro 7 Marco Berlanda Giuliano Tamanini 56 Matarèl, el paés dei Ànzoi Clara Lunardelli Arnaldo Roncher Mariapia Fedrizzi 57 Clara Lunardelli Camilla Lorenzini Pierpaolo Perazzolli Giorgio Salomon 58 Matarèl, el paés dei Ànzoi Stefania Simeoni Edda Ferrari Sonia Giuliani 59 Attività del Gruppo “Le Contrade”. C on la corsa a staffetta in notturna a Valsorda ha preso il via giovedì 29 agosto la 28a edizione del Palio delle Contrade. Organizzato dal Gruppo “Le Contrade” costituitosi nel 1983 e presieduto da sette anni da Giulio Moratelli, il Palio metterà in competizione i “Verdi” delle Regole, vincitori della manifestazione nel 2011 e nel 2012, i “Rossi” del Castèl, i “Gialli” della Dèzima e i “Blu” del Masét. Per ragioni organizzative interne si sono presi un anno sabbatico i “Rosa” di Valsorda che peraltro hanno preparato l’appuntamento in casa. Durante tutte le sagre dei Santi Anzoi dal 1984 in qua (con due interruzioni nel 1993 e nel 2003), animati dai rispettivi capicontrada, giovani e meno giovani abitanti delle cinque aree storiche della circoscrizione concorrono in una serie di prove che via via nel tempo si sono rinnovate. Questo il programma dell’edizione 2013: venerdì 30, all’interno del “Picciol villaggio” al parco, gara di tiro con l’arco; sabato 31, la mattina, presso il laghetto delle Albere di Aldeno, gara di pesca sportiva; nel pomeriggio, sempre al “Picciol villaggio”, gara alla morra; alle 21, lungo un circuito in centro paese, corsa a staffetta. Domenica 1 settembre sono previste le ultime due prove: alle 11, presso la palestra comunale, la gara di arrampicata sportiva e nel pomeriggio, verso le 17, dopo la sfilata del corteo storico con i figuranti della leggenda della Torre Franca, che celebra quest’anno il suo 10° anniversario, l’attesissima disfida dei zóni de oro, che attira sempre l’interesse dei contradaioli schierati e di un folto pubblico di tifosi ed appassionati e che solitamente decide la vincitrice del trofeo assegnato alla contrada che avrà totalizzato il miglior punteggio nella graduatoria delle sette gare in programma. [adattamento da: l’Adige, 30 agosto 2013] 60 Matarèl, el paés dei Ànzoi “N on è facile riunire insieme gli appassionati delle mitiche Fiat 500 e delle Mini storiche: io e la mia famiglia, visto che le possediamo entrambe, ci proviamo»: così ci dice Andrea Fronza che con la moglie Lara a fianco e i figli Nicolas e Yuri, gestori della rivendita “al Tabachìn” in via Catoni, ha organizzato “Evergreen Car”, un raduno misto, il primo del genere in Trentino, che si tiene domenica 1 settembre in occasione della Sagra dei Santi Anzoi. «Misto anche perché sarà aperto a tutte le macchine d‘epoca, macchine sempre verdi. Noi ci proviamo, quindi ci attendiamo una risposta numerosa, così da inaugurare una lunga serie di appuntamenti». La passione di Andrea cominciò nel 1971 con una 500 usata che lui ha accarezzato, coccolato e amato come nessun altro in paese e, vent’anni dopo, non fa mistero di aver perso la testa per una Mini. Non è il solo, perché il Cinquino non si potrà scordare mai. Ad Avio è attivo il CinCent Club 500 Fiat e derivate e chi l’ha provato o posseduto concorderà. Spartana assai agli inizi, pensata per il popolo operaio che si muoveva in Vespa o Lambretta, questa superutilitaria della casa torinese è stata di volta in volta la prima macchina, la prima seconda macchina, il banco di prova per i neopatentati, sinonimo di libertà ed evasione, ed anche luogo di intimità nonostante le ridotte dimensioni. Prodotta dal 1957 al 1975, via via più accessoriata e perfezionata, è un mito che resiste, come la 2 CV in Francia, o il Maggiolino in Germania o la Mini in Inghilterra che uscirà nel 1959. Come non ricordare le portiere che si aprivano a vento, il tettuccio in tela e l’accensione con la levetta vicino al freno a mano e poi la doppietta (marcia-frizionefolle-colpo di acceleratore-frizione-marcia) con cui si cambiava? Il programma della giornata prevede alle 9.30 il ritrovo delle evergreen presso il piazzale della scuola primaria in via Poli, dove l’automobile sarà posizionata e regolarizzata l’iscrizione; a seguire, aperitivo e poi pranzo della Sagra sotto il tendone allestito sul piazzale Ergolding, quindi partenza per il tour in Valsugana. «E per quanti hanno desiderio di prolungare la giornata, la proposta è quella di ritornare a Mattarello per la serata danzante», conclude Andrea Fronza che ha già raccolto numerose adesioni da appassionati del Triveneto. [adattamento da: l’Adige, 28 agosto 2013] 61 Nella pagina a fianco: attività presso il “picciol villaggio” e raduno delle 500, evergreen card. A fianco: vaso della fortuna e processione lungo via Giulio Catoni. L a domenica della sagra è il giorno dei riti, di una puntata al vaso della fortuna, della visita alle mostre, di una sosta fra gli stand del tendone e del “picciol villaggio” (è il nome che lo storico del concilio Mariani diede a Mattarello), della conclusione del Palio. È il giorno degli incontri e delle relazioni; è il giorno in cui il paese si riempie davvero, come ieri pomeriggio al parco, per la riproposta della disfida dei zóni de oro, dei birilli che la leggenda tramanda impegnasse un tempo Nicolò di Trautmannsdorf, il signore della Torre Franca, e i suoi cortigiani sul prato che si stendeva davanti al castello; un gioco tramandato dal passato, se è vero che si ricordano feste patronali durante le quali si posizionavano birilli alti un metro da colpire però con bocce così pesanti che solo i più vigorosi riuscivano a maneggiare. La gara fra le squadre delle quattro contrade che si sono contese il Palio (andato quest’anno alla Dèzima davanti alle Regole, Castèl e Masét; non ha aderito Valsorda) si è aperta con il corteo storico cui hanno partecipato i “Musici e Sbandieratori” di Borgo Valsugana, i figuranti del “Palio dela Brenta”, il gruppo bavarese “Brandenburger Trumeter” di Landshut, giocolieri, armigeri e arcieri della “Gualdana del Malconsiglio”: un evento suggestivo e di forte impatto, ideato dieci anni fa da Lorenza Fontanari e Lorenza Tamanini con il gruppo “Il ritrovato tesoro”. Il pubblico, numerosissimo, quasi un migliaio di persone, coinvolto dall’ever green istrionico Antonio Maule, ha gradito. Successo anche per il 1° raduno di 500 e Mini organizzato dalla famiglia Fronza che ha incontrato la partecipazione di una cinquantina di mezzi d’epoca. Lunedì 2 settembre la lunga kermesse si congeda con gli appuntamenti dei Santi Anzolini, dedicati ai pensionati ed agli anziani che il Circolo “Pomini” invita a festeggiare sotto il tendone con pranzo, musica e balli, e ai bambini per i quali si esibirà Luciano Gottardi con i suoi burattini. La sera, alle 20.30, presso il Centro civico si terrà il concerto della tradizione del Corpo Bandistico diretto da Maurizio Peterlana mentre sotto il tendone chiuderà, anche quest’anno, Ennio Bailoni e la sua band. Gli angeli proiettati sulla parete della chiesa che hanno sorpreso tanti visitatori si spegneranno, lasciandoci il sapore della torta de pan gratà preparata per la sagra dal Gruppo Donne. [adattamento da: l’Adige, 2 settembre 2013] 62 Matarèl, el paés dei Ànzoi La disfida dei zòni de oro e corteo storico presso il picciol villaggio. Concerto della tradizione con il Corpo bandistico di Mattarello diretto da Maurizio Peterlana. Nella pagina a fianco: i volontari e le socie del Gruppo Donne di Mattarello al lavoro sotto il tendone. 63 È un grazie grande quello che Alessandro Nicolli e Lorenza Tamanini rivolgono a quanti hanno reso possibile la buona riuscita della 32a Sagra dei Santi Anzoi, la lunga kermesse iniziata domenica 25 agosto e conclusasi lunedì 2 settembre ma che con la mostra di Fausto De Stefani “Genti e montagne dell’Himalaya” organizzata dalla SAT si protrarrà fino a domenica prossima. Grazie ai volontari delle associazioni che hanno risposto all’invito del collaborare insieme, del gavér amor e dare un po’ di tempo e regalare e trafficare i propri talenti, gratuitamente, per costruire ancor più comunità; grazie ai vigili del fuoco e ad alle forze dell’ordine; grazie al comune che ha assicurato il suo patrocinio; grazie agli sponsor ed agli amici di Mattarello che hanno dato una mano generosa. Grazie a quanti hanno scelto anche quest’anno di venire in paese per visitare le mostre, per sostare al parco e consumare un piatto sotto il tradizionale tendone allargato nel “picciol villaggio”. E sono numeri confortanti, superiori senz’altro alle passate edizioni e che questo dirà pur qualche cosa. Forse hanno fatto qualche cosa gli angeli, tema della festa di quest’anno, che gli organizzatori hanno sentito vicini nella disponibilità, nell’entusiasmo, nel verificare che collaborando si possono tener vivi e far crescere gli spazi di socialità e di convivenza anche in un contesto generale in cui le relazioni e i rapporti all’interno di una comunità sembrano allentarsi e sfilacciarsi. Ecco allora il piacere di poter condividere quanto di buono è stato fatto e realizzato e di destinare parte dei ricavi in progetti di solidarietà attivati dal Fondo Progetti in Somalia e da Suor Francesca Bolognani in America Latina, senza dimenticare quello che è l’obiettivo comune che il CoPAG si augura poter concretare in tempi brevi: la realizzazione di una struttura in legno da posizionare nel parco vicino alla palestra che possa servire da centro logistico per i momenti aggregativi delle associazioni. I fondi ricavati dal vaso della fortuna saranno invece destinati alle opere parrocchiali e all’associazione Pachamama Madre Terra che opera in Ecuador. [adattamento da: l’Adige, 6 settembre 2013] Evelyn Segreto COMITATO PERMANENTE ASSOCIAZIONI E GRUPPI COMUNE DI TRENTO CIRCOSCRIZIONE DI MATTARELLO Matarèl, el paés dei Ànzoi A cura di Lorenza Nardelli e Alessandro Nicolli Realizzazione di Marco Bridi Copertina di Pierpaolo Perazzolli Fotografie di Giuliano Tamanini Disegni degli alunni della Scuola primaria e della Scuola dell’Infanzia di Mattarello Trento – Mattarello dicembre 2013 Stampa: Nuove Arti Grafiche COMITATO PERMANENTE ASSOCIAZIONI E GRUPPI COMUNE DI TRENTO CIRCOSCRIZIONE DI MATTARELLO - 2013