Pagina 4 bonariamente prendendo in giro. “La mia cesarola” ha sussurrato dal posto dei generosi dove si trova, “La mia cesarola che aveva tanta paura di me…”. Così mi chiamava affettuosamente ma avrebbe preso a calci nel sedere chi si fosse permesso di ripetere quelle parole in maniera offensiva. Perché lei era visceralmente anticlericale ma si sarebbe tagliata le vene piuttosto che a un clericale fosse proibito di professare la propria fede. Altre persone e altri tempi! Cara Geppa, cara donna meravigliosa che anni dopo quando ho capito quanto tu valessi sono venuta a ringraziarti per quel dono lontano, mi hai stritolato in un abbraccio e mi hai detto chiaramente: “Non rinnegare mai le tue idee se ne sei convinta, non badare a chi ti sta intorno, quando hai la coscienza a posto, anche se sbagli, ma sei convinta di agire per il meglio, vai avanti, se poi ti accorgi di aver commesso degli errori, non vergognarti, (e ha soggiunto ridacchiando) anche Cristo ha sbagliato nel scegliere Giuda, l’importante è rimediare”. E quella domenica pomeriggio nel cimitero di Ravenna sotto un acquazzone spaventoso con raffiche di vento da far paura, sono tornata indietro di tanti, tantissimi anni. Un pomeriggio d’estate sotto un temporale con tuoni e fulmini, il mare mugghiava, e noi tre fratelli eravamo soli in casa, mamma lavava i piatti in un ristorante, hanno bussato alla porta. Era lei, la Geppa con il suo cappello con falce martello. Istintivamente noi tre ci siamo abbracciati, cosa voleva da noi quella donna, d’accordo facevano la spesa alla cooperativa ma avevamo sempre pagato, forse non ci voleva più perché andavamo a Messa a Marina di Ravenna? Non c’era il prete allora a Porto Corsini. La Geppa, avvolta in una cerata grondante d’acqua ci ha guardato lungamente poi da una tasca ha tolto un libriccino con la copertina nera. “Datelo a vostra madre, può fare la spesa e segnare in questo libretto, pagherà quando può. E io non mangio i bambini”. Prima di andarsene ci h avvolto in uno sguardo così caldo sotto il cappello a falce martello che avrei voluto abbracciarla, ma mi faceva ancora paura. E la sera quando la mamma è rientrata stanca morta si è accasciata su una sedia, ma visto il libretto nero, non a tutti era concesso, aveva le farfalle nel cuore. Cibo per i suoi figli e pagarlo quando poteva. E questo grazie alla Geppa. Grazie Geppa, grazie Geppa Comunista come volevi essere chiamata. Quei tre ragazzini terrorizzati che in un lontano pomeriggio d’estate sotto un temporale terribile, hanno capito cos’era la bontà, sono adulti ormai, anzi Il Foglio della Domenica quasi vecchi, ma nel loro cuore c’è un posto speciale per quella meravigliosa comunista che li ha aiutati nel momento del maggior bisogno. LA DOMENICA DELL’OLIVO Per Gesù e per i suoi apostoli oggi è ancora festa, anche se da un po’ di tempo Gesù va ripetendo ai suoi di salire a Gerusalemme dove sarà condannato dai sacerdoti e messo a morte, che poi il terzo giorno risorgerà. Era difficile per loro credere a queste sue parole. Non era possibile che l’avrebbero condannato a morte: non aveva fatto niente di male, anzi aveva guarito tutti quelli che aveva incontrato; poi cominciavano a credere che Gesù era veramente il Messia e quindi doveva liberare (come tutti credevano) il suo popolo dal dominio di Roma. Erano saliti a Gerusalemme per la Pasqua: avrebbero offerto a Dio l’agnello e ne avrebbero consumato una parte nella cena tutti assieme, patto di amicizia con Dio e coi familiari. Per gli orti sul monte degli ulivi erano accampati gruppi di pellegrini e nelle notti d’attesa per il sacrificio, cantavano quasi in gara i canti del Signore. Gesù la notte la passava dai suoi amici a Betania, dopo essersi fermato per qualche tempo nell’orto del Getsemani ad ascoltare i cori in preghiera e dopo aver contemplato la città santa e il tempio. Quella mattina coi suoi Gesù lascia Betania, sale il monte degli Ulivi per il versante opposto a quello che guarda Gerusalemme. Passa dal Capanno dei fichi (Betfage), posto sul crinale, manda a prendere dal capanno un asinello e comincia la discesa verso il tempio. Accanto a Gesù c’è un bel gruppetto di uomini e donne, i suoi discepoli, tutti in festa. Alcuni di altri gruppi accampati negli orti, chiedono di cosa si tratta e si uniscono nell’entusiasmo della festa. Raccolgono rami dalla recente potatura ed ecco il trionfo di Gesù e la domenica dell’olivo o delle palme. Non passeranno che pochi giorni e quelle strade risuoneranno d’un altro grido: “Crucifige!” (Crocifiggilo!) e su esse cadrà il piano delle donne. Noi ci chiediamo quello forse che si chiesero molti in Gerusalemme: “E tu da che parte stai?”. Forse a qualcuno la cosa non interessava proprio per niente. invece conviene a te chiederti in profondità chi è quel Signore, che i buoni ed i poveri oggi festeggiano? E a te non interessa, hai già abbastanza argomenti per vivere la tua vita senza pensare a quel Signore,che ha sconvolto la vita di tanti? O ti vergogni di lui? Fra qualche anno forse anche pe te la vita finisce (fossero anche 100 i tuoi anni, saranno comunque bevi) e credi che neanche allora lui ti interesserà? Tutta questa meravigliosa, difficile avventura della tua vita è proprio così logico che finisca in una pugno di cenere? In questi giorni è uscita un elegante pubblicazione dalla penna e dalla fotografia del nostro compaesano Daniele Ferroni dal titolo “I volti delle parole”. Si tratta della raccolta di 65 poeti della nostra Romagna di ciascuno dei quali viene pubblicato uno stralcio indicativo della sua poesia e la foto. Complimenti, Daniele, per il paziente ed originale lavoro, ordinato e preciso, anche se un poco lontano dal mio palato, spero per sola questione di anni. Parrocchia Sant’Apollinare - Villanova di Bagnacavallo, Via Glorie 21 - WWW. Parrocchie.It/Bagnacavallo/Villanova DOMENICA V di QUARESIMA “Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio”. (Ez. 37, 12-14) 6/4/2014 bile non si possono conoscere se non per fede. Potrei anche ragionare dicendo che credere nella vita eterna o no, non cambia niente della mia vita pre- “E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. (Rm. 8, 8-11) “Gesù le disse:<Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?>. Gli rispose: <Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio>. (Gv. 11, 1-45) CREDI TU QUESTO? E’ talmente grande la paura della morte che l’uomo ha inventato la vita eterna. Ma se così fosse la natura umana (visto che tutti gli uomini hanno questa speranza di vivere anche dopo morte) sarebbe cattiva perchè ci fa sperare quello che non esisterebbe. Ora la natura umana non può essere cattiva. Questo è un ragionamento, ma le cose che superano la possibilità dello sperimenta- sente, perché fare ciò che è male non paga, non sarei felice, allora conviene all’uomo credere che c’è una vita eterna, che questo lo fa vivere e morire più sereno. Ma basta ragionare. Se c’è Dio, lui è Signore della vita e della morte. Non solo, ma se in me vive lo stesso Spirito del Signore, questo non può morire, io non posso morire. E allora posso credere alla Scrittura? Dice Paolo: “Se lo Spirito di colui che ha resuscitato Cristo dai morti abita in noi … darà la vita anche ai vostri corpi mortali”. E Gesù dice: “Chi vive e crede in me, anche se muore vivrà”. Certamente la morte è un fatto doloroso, anche Gesù piange per la morte dell’amico Lazzaro e nell’Orto degli ulivi quell’ultimo giovedì sera lui stesso è terrorizza- n. 14/14 to davanti alla sua morte prossima. La morte è un passaggio che prevede una nostra trasformazione profonda. D’altra parte, se Dio è nostro Padre, quale padre desidera la morte del proprio figlio? Se abbiamo fede in Dio non possiamo veramente mettere in dubbio la vita eterna. E se non abbiamo questa fede, la vita eterna è la più logica conseguenza della vita presente, perché sia ripagata la sofferenza di alcuni di fronte alla fortuna di altri e perché si compia quella giustizia che in terra non esiste e ancora perché la presenza dei nostri morti alla nostra vita, non è solo un fatto psicologico, né un fatto di fantasia, ma reale. Comunque credere a questo ci fa solo bene anche su questa terra e se il frutto è buono, si dice che la pianta è buona. Dobbiamo allora concludere che se credere nella pienezza della vita (nell’eternità) è un buon frutto, produce in noi una speranza di giustizia, di misericordia e di pienezza è buona anche la nostra fede. Pagina 24 IlI Foglio della Domenica OFFERTE DI QUESTA SETTIMANA Silvagni Dirce € 20 * Brusi Carlo € 14 * Paganini Adele € 5 * Sonia e Maria Bezzi € 10. In generi Staffa Stefano * Donati Massimiliano * Bezzi Acre * Maccolini Diana * Morelli Luisa * CRAI Villanova * Capelli Angelina * Lucetta * Preda Angelo * Ossani Marino. BENEDIZIONE ALLE CASE Quest’anno, per le ragioni che già conoscete non vengo alle vostre case per la benedizione pasquale e allora vi prego di sostituirmi. Benedizione comune e distribuzione dell’acqua benedetta: Lunedì Santo (14/4/14, ore 20) in chiesa: Le famiglie di Via Glorie. Martedì Santo (15/4/14, ore 20) in chiesa: Le famiglie di Via Superiore e Centro. Mercoledì Santo (16/4/14, ore 20) in chiesa: Le famiglie della campagna Dall’1 al 6 aprile andrò a benedire e a fare gli auguri a famiglie impossibilitate a venire in chiesa. Dal 7 al 10 andrò a benedire i luoghi pubblici e le fabbriche. Il Giovedì Santo (17/4/14) porterò la Comunione ai nostri ammalati * Ricordate (ore 20) la benedizione delle uova Le 40 Ore di adorazione del Signore. Dalle ore 11 della domenica delle Palme alle 17; Lunedì, martedì, mercoledì Santi dalle ore 7,30-9, ore 17-20 nella cappella invernale. Giovedì Santo , ore 20, S. Messa ricordando l’ultima Cena del Signore, Venerdì Santo, ore 20, Adorazione della croce, ricordo della morte del Signore. Seguirà la Via Crucis per le Case Fiorite. Sabato Santo,Veglia di Pasqua, ore 22,30. Confessioni: alle messe di lunedì e martedì santo sarà presente Padre Germano di Ravenna. Per i ragazzi sabato mattina vigilia di Pasqua. CENNI DI STORIA DELLA CHIESA (continua 63) CONQUISTADORES (Hernan Cortés e Francesco Pizarro) Per gli spagnoli del Cinquecento il 1492 non è soltanto l’anno della scoperta dell’America. E’ anche e soprattutto l’anno della presa di Granada: della vittoria finale sul dominio arabo. Chi va nel Nuovo Mondo forse dimentica Cristoforo Colombo, ma quella guerra di oltre settecento anni contro i “Mori” ce l’ha nel sangue. Hernan Cortés aveva otto anni quando nel suo borgo natale, Medellinin Estremadura, si imparò della caduta di Granada. Finite le avventure ci si ritrova poveri, ma ecco presentarsi un intero mondo nuovo e Cortés vi si precipitò a diciannove anni, troncando gli studi di Legge a Salamanca per raggiungere Santo Domingo governata da un suo zio. Già nel 1493 il Nuovo Mondo era stato diviso da Alessandro VI in due parti seguendo i meridiani. La parte orientale toccava ai portoghesi, quella occidentale agli spagnoli. Il patto bilaterale di Tordesillas (1494 sposterà la linea più a ovest, passando al Portogallo l’attuale Brasile. Nel 1511 Cortés passò a Cuba, guadagnandosi la fiducia del governatore Diego Velasquez. Di qui inizia la sua avventura. Nel febbraio del 1519 Velasquez lo manda a fare esplorazioni nell’attuale Messico. Ha 11 navi, 553 soldati, 110 marinai, fucili, archibugi, cannoni e 16 cavalli. Sbarcato si proclama “capitano generale”, dipendente solo dal re. E con quelle poche centinaia di uomini, una goccia nel mare, prima della fine dell’anno si è già impadronito della capitale dell’impero, la meravigliosa Tenochtitlan (Città del Messico). L’imperatore Montezuma II gli ha aperto le porte perché terrorizzato dalle sue vittorie (con massacri) dovute anche ad alleanze con popolazioni contrarie al dominio atzeco,ma soprattutto per una paura arcana: che non fosse l’incarnazione di Quetzalcoatl, antico dio locale, che aveva promesso che sarebbe tornato in Messico. Montezuma diventa un ostaggio collaboratore. A questo punto però Cortés deve tornare sulla costa a combattere altri spagnoli,capeggiati dal nuovo governatore di Cuba, Panfilo Narvaez,che reclama le nuove terre. Vince, prende con sé quelle truppe, ma al ritorno trova la capitale in rivolta. Usa Montezuma per placare i ribelli, ma questi viene ferito e muore misteriosamente. Cortés , fuggito dalla capitale, si trova addosso quasi tutto il Messico, sotto la guida del nuovo imperatore Cuauhtemoc. Dopo scontri feroci e durissime marce sotto il sole e nella neve, il 13 agosto 1521 entra nuovamente nella capitale, semidistrutta da un lungo assedio e governa con la nomina locale di padrone dell’impero. Ma da Madrid arrivano ispettori mal disposti, poi arriva un vicere che gli lascia solo il comando delle truppe per nuove esplorazioni. Un viaggio in Spagna gli rivela che nessuno lo prende sul serio. Tornato in Messico, fa per pochi anni ancora la vita di subalterno e nel 1540 torna in Spagna dove muore oscuramente. Cortés: brigante o eroe? Appena sbarcato in Messico prende con sé una donna, Malinche o Marina. Concubina, interprete, consigliera. Con le popolazioni locali ha usato lealtà, benevolenza e perfidia, alleandosi con gruppi etnici ostili agli atzechi. Oppure ha usato terrore come a Cholula, temendo che i cittadini di questa città avessero preparato una imboscata ne fece uccidere a tradimento qualche migliaio. Ferocia comune in quegli anni anche altrove, come in Germania ove i principi massacrarono tranquillamente molte migliaia di contadini ribelli. Gli piaceva l’oro, ma come segno di potere. Tra i conquistadores fu il meno avido, perché ambizioso. Voleva essere un re, non un ricco., tuttavia per impadronirsi di un certo oro fece torturare e poi impiccare senza processo l’imperatore Cuauhtemoc. Molti indios lo consideravano un dio guerriero, ma egli rifiutò sempre onori divini. Questo gli pareva un peccato orribile. Per lui gli indios non erano bestie, ma uomini per i quali Cristo era morto e questo lo dovevano sapere. Bisognava dirglielo subito senza gradualità e pazienza. Uno dei religiosi al suo seguito giunse a dirgli:”Non è giusto che per forza li costringiamo a farsi cristiani e vorrei che smettessimo di distruggere i loro idoli, finchè essi non imparino a conoscere la nostra fede”. Cortés distrugge templi e statue, però non aveva mai visto sacrifici umani, le vittime tenute all’ingrasso in apposite gabbie, le pozze di sangue fresco. Per lui i templi erano officine di morte da bruciare al più presto. I suoi frati lo invitarono alla calma ed alla prudenza. Finalmente fu persuaso e si limitò a vietare sacrifici umani. Si sa che molto spesso si servivano di queste usanze sanguinose anche contro innocenti per appropriarsi dell’oro che trovavano in casa. Un altro di questi conquistadores fu Francisco Pizarro, nato in Estremadura forse nel 1473, figlio illegittimo, abbandonato ed analfabeta, spinto in America dalla miseria come tanti altri spagnoli, da cinquantenne intraprese la conquista del Perù su licenza di Carlo V e coi fondi raccolti da due amici. Nel 1531 con tre navi, 180 soldati e 27 cavalli sbarcò nella Pagina 3 cittadina di Tumbez trovando l’impero lacerato da una lotta civile tra due fratelli pretendenti al trono, Atauhalpa e Huascar. Con un tranello catturò Atauhalpa, che dalla prigionia riuscì a fare uccidere Huascar, poi offrì al conquistatore quantità enormi di oro in cambio della libertà.. Pizarro, preso l’oro, lo fece uccidere. Gli spagnoli ricevettero poi rinforzi e occuparono la capitale Cuzeco e le altre città: Quito, Bogotà, l’altipiano boliviano. Presso la costa fondò una nuova capitale, Lima. Poi i conquistatori presero a massacrarsi tra loro. Pizarro contro Almagro (due trovatelli), amici fraterni, resi nemici dall’oro. Almagro finì strangolato, ma nel 1541 i suoi sostenitori pugnalarono a morte Pizarro. Dalla Spagna arrivò il primo vicere e la faida divenne generale: il figlio di Almagro fu decapitato per ribellione, il vicerè ucciso in battaglia, altri capi strangolati; poi la sorte tragica dei quattro fratellastri che Pizarro aveva portato con sé dalla Spagna: uno pugnalato con lui, un altro ucciso in combattimento, il terzo decapitato per ribellione. Soltanto il quarto Hermando, tornò in Spagna carico di oro, ma fu condannato a vent’anni per i suoi delitti in America. Cortès aveva virtù e difetti, Pizarro era soltanto perfido. Non comandante di un esercito, ma feroce capobanda. Non riuscì a tenere assieme i suoi uomini, perché alla sua impresa aveva dato come unica motivazione la razzia. Vennero così meno i valori che in Spagna s’erano dati all’impresa: una guerra di liberazione.. Quei valori rimasero patrimonio di una minoranza dei più austeri religiosi, disarmati e perciò quasi impotenti. Gli unici ad entrare in contatto con la gente pacificamente erano loro, i frati. La loro opera era comunque difficile per la difficoltà della lingua e a far capire come un Dio fosse stato crocifisso dalla gente, il mistero della Trinità (il popolo era politeista). Scandalizzava poi soprattutto la condotta dei conquistadores, in prima fila nelle cerimonie religiose, come nei massaacri. Da convertire non era la popolazione peruviana, ma i conquistadores. A Pizarro va riconosciuto lo straordinario coraggio nelle bat- Il Foglio della Domenica taglie, in marce faticose sulle montagne e nelle insidie delle foreste, nell’affrontare la fame, la sete, il freddo e la calura. Nessun altro merito. In questo spettacolo di imbarbarimento splendida è la figura di Bartolomeo de lllas Casas, nato a Siviglia nel 1474, andò in America per la prima volta nel 1502 e ottenne nell’isola Hispaniola (oggi Haiti) un pezzo di terra da sfruttare. Ordinato sacerdote nel 1510 e più tardi domenicano, rinunciò ai suoi possedimenti e si dedicò esclusivamente all’evangelizzazione e alla difesa degli indios. Tornato in Spagna presentò a Carlo V la Brevissima relation che venne poi stampata e diffusa a partire dal 1552. Fu poi nominato vescovo di Chiapa (Messico). Tutta la sua vita fu spesa nella difesa degli indios. Ottenne anche dall’imperatore buone leggi, che però non vennero applicate. Ebbe calunniatori. Lo accusarono perfino di eresia. AVVISI DI SS. MESSE LUNEDI’ 7 S. GIOV. BAT. DE LA SALLE Ore 20: Per il fu Conficconi Alieto. MARTEDI’ 8 S. DIONIGI Ore 20: Per i Defunti Ferroni e Amadei. MERCOLEDI’ 9 S. DEMETRIO Ore 20: Per i miei professori. CHE NOSTALGIA CANAGLIA PER GIOVEDI’ 10 QUELLE PERSONE MERAVIGLIO- S. EZECHIELE SE! Ero ragazzina, cattolica, praticante, catapultata in Romagna (e fin che avrò fiato non finirò mai di ringraziare questa terra meravigliosa), non c’era scelta per mio padre o accettava il trasferimento o perdeva il posto di lavoro. E siamo arrivati a Porto Corsini nel lontano 1958. Signore! Quanto ho amato e quanto amo le poche persone ormai rimaste di allora che ci hanno accolto con generosità senza confini. Il romagnolo apre il suo cuore e non solo a chi arriva e cerca di inserirsi in maniera onesta e cerca di migliorare la propria condizione economica. E Porto Corsini era completamente, appassionatamente targata PCI, quello storico a cui ammirevolmente dedicavano tempo, soldi, fatica per costruire la prima Casa del Popolo. Poche stanze con un grande cortile, che allora si chiamava arena dove l’estate si ballava, è arrivato persino Secondo Casadei, e d’inverno si andava a vedere Lascia e Raddoppia. Naturalmente si dovevano portare le sedie di casa. Le bandiere rosse garrivano al vento, passava Marino con un tegame dove aveva abbrustolito i semi di zucca e un bottiglione di gazzosa. Con 10 lire prendevi tutti e due. Poi c’era la Coop. Le donne che la gestivano, orgogliosamente comuniste, portavano un fazzoletto rosso al collo. La responsabile, una donna, energica, con incollato alla testa un cappello di paglia estate e inverno con su stampata la falce e martello, a me incuteva terrore. Era anche l’incaricata che alla sera passava per le case a chiamare chi l’indomani sarebbe andato a lavorare nelle terre della tenuta Rasponi. Geppa si chiamava quella donna meravigliosa, così dura all’esterno e con un cuore d’angelo all’interno, l’ho capito dopo poco tempo. Alcune domeniche fa sono andata a trovarla al cimitero. Sarà che ormai sono vecchia e le emozioni mi soffocano, ma dopo interminabili minuti fissando la sua fotografia ho avuto la sensazione che mi stesse Ore 20: Per mio babbo, mia mamma e mio fratello. VENERDI’ 11 S STANISLAO Ore 20: Per quanti ci hanno fatto del bene. SABATO 12 S. ZENO Ore 20: Per il fu Milani Francesco. DOMENICA 13 DOMENICA DELLE PALME Ore 8,30: Per la fu Montanari Maria e Defunti di Famiglia. Ore 10: In piazza per la processione fino alla chiesa Ore 10,30: per Manetti Ernesto e Liverani Allegrina.