Anno 5 Numero 20 Supplemento ad Avvenire del 27 maggio 2009 [email protected] Barometro PEZZO A PEZZO IL NUOVO WELFARE ATTIVO A MARZO SU FEBBRAIO NEL I TRIMESTRE 2009 SUL IV TRIMESTRE 2008 AD APRILE SU MARZO PAGINA S k PREZZI +0,2% PROFESSIONE Redattore editoriale: sempre più specializzato FRANCESCO RICCARDI c m y PIL –2,4% ARGOMENTI Le linee guida dell’Ue sui percorsi d’apprendimento IL PUNTO omiglia a un patchwork, ma pezzo a pezzo si sta delineando il nuovo welfare all’italiana. Una coperta piuttosto multicolore, fatta di pezze cucite assieme nel tempo, più che da un unico tessuto di lana, ma con il quale si sta cercando di dare "copertura" a un numero sempre maggiore di persone. L’ultimo intervento è quello che descriviamo qui a fianco, dedicato a quei lavoratori somministrati, "in affitto" per intenderci, che non rientrano nei parametri per ricevere né la disoccupazione ordinaria né quella a requisiti ridotti. Purché abbiano lavorato almeno 78 giorni durante lo scorso anno – e non siano attualmente in missione a causa della crisi – potranno beneficiare di un sussidio pari a 1.300 euro. Inoltre, per coloro che risiedono nelle regioni del CentroNord grazie all’utilizzo dei fondi europei dedicati alle zone dell’Obiettivo 3, viene previsto in aggiunta al sussidio un voucher, un buono da 700 euro da spendere in formazione, offerta e organizzata dalle Agenzie per il lavoro attraverso le quali i lavoratori avevano prestato la propria opera lo scorso anno. Si tratta di un progetto pilota, sperimentale, e quindi perciò stesso da affinare ed estendere. Assai emblematico, però, perché delinea il nuovo ruolo degli attori del mercato e le linee guida di un diverso approccio di politica attiva del lavoro. Anzitutto, l’iniziativa nasce dal dialogo sociale, dall’incontro tra sindacati dei lavoratori "atipici", l’associazione principale delle Agenzie per il lavoro Assolavoro e il governo con il supporto tecnico di Italia Lavoro. Si riconferma così la scelta di puntare sulla bilateralità – con l’intervento congiunto delle forze datoriali e sindacali – in una logica di sussidiarietà, nella quale anche quando, come in questo caso, i fondi per i sussidi sono di origine pubblica, vi è comunque una compartecipazione quantomeno ai costi organizzativi degli interventi da parte dei soggetti privati. I quali sono chiamati a svolgere un nuovo, più ampio ruolo che va al di là del business della somministrazione. Da un lato una vera e propria "presa in carico" del lavoratore, con il quale si stringe un "patto di attivazione" per il vaglio delle competenze, la ricerca di altre occasioni d’impiego, un piano di formazione per uscire "rafforzati" da questo periodo di sospensione forzata. Dall’altro lato, la certificazione dello stato di disoccupazione del lavoratore e degli altri requisiti per ottenere i sussidi pubblici, compresa la disponibilità ad accettare offerte di lavoro "congrue". Le Agenzie per il lavoro si avviano così a divenire l’altro pilastro – a fianco dei Centri per l’impiego pubblici – sui quali si cerca di costruire appunto un nuovo mercato del lavoro più efficace e includente e un welfare più esteso e meglio "mirato". Ma è soprattutto dal punto di vista del lavoratore che questo intervento – per quanto, ripetiamo, limitato e sperimentale – delinea una svolta. Si evidenzia, infatti, la conferma della strategia di mantenere il più possibile integro il legame fra persona e lavoro, tra lavoratore e posto, anche in un periodo di recessione e in relazione a una prestazione per sua stessa natura temporanea come l’interinale. Soprattutto, si investe con decisione nella formazione come strumento di rafforzamento continuo delle competenze e quindi dell’occupabilità della persona. I lavoratori "in affitto", emblema della precarietà fino a qualche anno fa, oggi sono al centro di un sistema fatto di tutele pubbliche, di provvidenze degli enti bilaterali e di garanzie derivanti dal contratto nazionale. Un modello, appunto, per il nuovo welfare che il governo intende costruire. VENDITE +0,1% INTESA Ai lavoratori in "affitto" disoccupati un buono formativo e un sussidio Ecco come si muovono le Agenzie èletture di Francesco Riccardi In primo piano U n sussidio da 1.300 euro e soprattutto un voucher formativo da 700. Per la prima volta i lavoratori in somministrazione rimasti senza lavoro sono beneficiari di un intervento di politica attiva, affidato alle Agenzie per il lavoro. Ma come stanno agendo queste ultime? Abbiamo raccolto alcune esperienze. La prima a partire, anticipando anche i tempi dell’intesa con il ministero del Lavoro, è stata Adecco con il programma "Candidate caring". «Il nostro obiettivo era duplice: da un lato mantenere attivi e legati a noi i lavoratori in sospensione, dall’altro assicurare alle imprese che avremmo potuto fornire loro un capitale umano ancora più preparato appena la produzione fosse ripartita», spiega Claudio Soldà, responsabile Csr e public affair. La multinazionale svizzera, dopo un’intesa con i sindacati, ha così censito tutti i lavoratori che avevano svolto almeno una missione nell’ultimo trimestre del 2008 e attualmente si trovavano senza lavoro. Il bacino comprende 31mila persone. Di queste, ne sono già state contattate telefonicamente oltre la metà e 9.850 hanno risposto in maniera positiva. A tutti costoro è stata rivolta un’attività di aggiornamento del curriculum, valutazione delle competenze acquisite e orientamento. All’interno di questo insieme, poi, i curriculum di 3.950 lavoratori è stato ripresentato alle imprese e per 1.720 persone si è concretizzata una nuova opportunità di lavoro. Altri 200 sono stati invece avviati a programmi di formazione organizzati dall’ente bilaterale Forma.temp. Ora, dopo la firma dell’intesa con il governo, i due bacini di ex-lavoratori sono in parte sovrapposti. In totale, comunque, Adecco pensa di avviare alla formazione sulle più diverse materie circa 4mila soggetti. Pronta a partire era anche GI Group che aveva già allertato le filiali e costruito un database. Nei giorni scorsi sono cominciate così le telefonate di avviso ai lavoratori e nei diversi uffici sono state esposte locandine esplicative. L’universo di riferimento è stimato in circa 3mila persone, delle quali la metà è già stata contattata. «La risposta dei lavoratori è decisamente positiva, tanto che 1.500 persone hanno già iniziato a frequentare le lezioni», spiega Angelo Colli Lanzi, responsabile GI Forma- 2 6 C 3 6 PAGINA Un voucher per amico zione. L’intervento maggiore riguarda corsi di specializzazione nell’automotive, ma non mancano quelli di lingue, informatica, gestione di paghe e contributi, attività alberghiere e per magazzinieri. In genere la formazione riguarda il segmento d’impiego nel quale il lavoratore ha già operato, visto che la crisi non è settoriale, ma generale e trasversale, e dunque non c’è la necessità di orientare in maniera diversa i candidati. «Si tratta in ogni caso di un’iniziativa molto importante per le agenzie stesse – sottolinea ancora Colli Lanzi –. Assieme ai sindacati, infatti, le Agenzie sono chiamate ad operare integrando e rendendo concreto l’intervento pubblico, per la prima volta come protagoniste di una strategia di politica attiva per il lavoro». Telefonate, comunicazioni on-line e soprattutto una serie di sms informativi direttamente ai cellulari dei lavoratori potenzialmente interessati. Randstad ha avviato così la campagna informativa per le persone in somministrazione attualmente disoccupate. «Abbiamo censito un bacino di circa 2.200 lavoratori in possesso dei requisiti per beneficiare del vou- IMMIGRATI Lo sfruttamento raccontato in prima persona i sono libri capaci di proiettarti "dall’altra parte", di farti infilare nei panni di personaggi diversi, di situazioni anche drammatiche. Di solito avviene con le opere narrative, ma quando si tratta di saggi su una realtà tangibile, per quanto nascosta ai più, l’effetto è decisamente più forte, l’immedesimazione costringe a riflettere e la coscienza non riesce più a starsene tranquilla come prima. Probabilmente è questo il pregio maggiore del libro "Mannaggia la miserìa" di Anselmo Botte, sindacalista della Camera del lavoro di Salerno, edito da Ediesse: storie di braccianti immigrati che lavorano nella piana del Sele, sotto la sferza dei caporali, anch’essi stranieri. Il testo, narrato in prima persona, racconta la vita quotidiana, reale, di un gruppo di immigrati marocchini, una parte dei 700 che abitano nel ghetto di San Nicola Varco, PAGINA ETICA E IMPRESA Responsabilità sociale tra obbligo e opportunità mercato ortofrutticolo abbandonato Anselmo Botte vicino a Salerno, divenuto il rifugio Mannaggia di fortuna dei la miserìa braccianti stranieri. Storie di braccianti Il caldo torrido stranieri e caporali dell’estate, il freddo nella piana del Sele dell’inverno vissuto in tuguri senza Edizioni Ediesse acqua né corrente 156 pagine elettrica, 10 euro soprattutto la fatica di 8-10 ore a raccogliere le pesche sotto il sole, a leggerli si avvertono sulla propria pelle. Più ancora dello sfruttamento – una giornata di lavoro a schiena china vale, quando va bene, 25 euro dei quali 3 da lasciare al caporale per il cher formativo – spiega Fabio Costantini, responsabile Hr solutions del gruppo olandese –. Nel nostro caso c’è stata anche la collaborazione diretta delle aziende clienti. Sono state le stesse imprese, nelle quali abbiamo la "filiale inhouse", infatti, a segnalare i lavoratori somministrati in sospensione che potevano usufruire della formazione, mettendo pure a disposizione dei locali per le lezioni». Le tipologie di corsi organizzati riguardano sia le competenze trasversali come lingue e comunicazione, sia quelle tecnicospecifico come meccanica di base, informatica a vari livelli, corsi per carrellisti e mulettisti. Pure un’agenzia di media grandezza come Openjob ha già censito e contattato quasi tutti i lavoratori che rispondono ai requisiti stabiliti. «Ad oggi sono oltre 600 le persone chiamate e avviate a progetti formativi. In particolare – spiega Elisa Origi, responsabile comunicazione – noi puntiamo sui corsi di italiano per gli stranieri e di inglese per gli italiani. Contiamo di concludere con i contatti di verifica e di chiamata la settimana prossima». Francesco Riccardi "servizio" di trasporto – a colpire è da un lato il senso di estraneità di questi giovani immigrati dal resto del contesto civile che si coglie fra le righe della narrazione, dall’altro l’impressionante assuefazione generale a un fenomeno di illegalità, di sfruttamento senza che – almeno apparentemente – si intravveda un cambiamento possibile. Il ghetto, tirato su nei locali abbandonati del mercato, è là ben visibile. Tutti sanno che nei campi la frutta e la verdura vengono raccolte da lavoratori senza contratto né tutele. Tutto, però, procede così da anni, da decenni anzi. Emblematico il dialogo tra gli anziani braccianti italiani, che accusano gli immigrati perché "accettano" di lavorare in nero a giornata, tornando così indietro rispetto alla loro conquista del contratto, e i marocchini, che a loro volta subiscono la "concorrenza" delle donne dell’Est, pronte a lavorare nelle serre per soli 18 euro a giornata... Un libro che fa riflettere e smuove dentro una domanda: possiamo continuare ad accettare questo sfruttamento, salvo lamentarci dei troppi immigrati allo sbando nel nostro Paese? L’INTERVENTO I requisiti per l’assegno accordo sottoscritto tra ministero del Lavoro, Assolavoro, Nidil-Cgil, Alai-Cisl e Uilcpo, con l’assistenza tecnica di Italia Lavoro spa prevede la realizzazione di un’azione sperimentale di politiche attive e passive destinata a sostenere i lavoratori in somministrazione non percettori di altri ammortizzatori sociali per i periodi di ritardo nella riattivazione delle missioni di lavoro. Al centro dell’intervento, il "patto di attivazione" – gestito dalle Agenzie e sottoscritto dal lavoratore – nel quale si definisce un percorso individuale che integra sostegno al reddito, formazione per l’aggiornamento delle competenze, proposte di lavoro e sistema sanzionatorio nel caso di rifiuto di offerte "congrue". Concretamente si tratta di un contributo di 1.300 euro e, limitatamente alle regioni del CentroNord (Obiettivo 3) un voucher formativo del valore di 700 euro. Questi i requisiti necessari per i lavoratori che desiderino partecipare ai corsi e percepire l’indennità: ● Il lavoratore deve aver effettuato almeno 78 giorni di missione di lavoro a tempo determinato, a partire dal 1/1/2008; ● deve essere disoccupato da almeno 45 giorni al momento della richiesta; ● per ottenere il sussidio economico, deve autocertificare di non percepire alcun sostegno pubblico al reddito (disoccupazione, mobilità, Cig) ● è tenuto a frequentare il corso di riqualificazione proposto dall’Agenzia. In caso di eccesso di domanda da parte di lavoratori disoccupati, la priorità sarà data agli "over 40" e a chi ha figli a carico. L’ 4 6 2 mercoledì 27 maggio 2009 DI LISA Secondo le linee guida della Comunità Europea a contare dovranno essere gli esiti dei percorsi formativi formali e informali Anche per facilitare la riconoscibilità delle competenze e un migliore incontro tra domanda e offerta RUSTICO * È finita l’era di registri, timbri e pagelle. La formazione in Europa si concentra ora sui risultati dell’apprendimento. Non contano più solo gli input della formazione e cioè gli orari, la durata, il nome della scuola e il metodo didattico. Le istituzioni comunitarie invitano piuttosto gli Stati membri a porre maggiore attenzione sugli esiti dei processi formativi: cosa una persona ha appreso e cosa sa concretamente fare al termine di un percorso educativo. È una rivoluzione annunciata. Destinata a incidere non solo sul significato della parola formazione, ma anche sulla vita di migliaia di insegnanti, formatori, studenti e apprendisti. Non si impara più solo in aula, ma nei luoghi di lavoro, durante le attività di svago, in famiglia. Pensare in termini di risultati dell’apprendimento porta con sé una serie di conseguenze che sono già state chiaramente individuate dalle istituzioni comunitarie. I titoli di studio e le qualifiche professionali devono esplicitare gli esiti della formazione. Una nuova vita per l’agognato "pezzo di carta" che deve essere più facilmente leggibile e compreso dagli attori del mercato del lavoro. Pensare in termini di esiti formativi facilita inoltre l’incontro tra domanda e offerta di competenze. Se lavorare è una occasione continua di apprendimento, anche il mercato del lavoro è responsabile nella discussione e decisione degli esiti attesi della formazione. I metodi e le sedi di insegnamento si devono adeguare ai grandi cambiamenti in atto nella società e nel mondo del lavoro: l’insegnamento va ripensato in vista dei risultati. Forte di queste certezze l’Unione Europea sta mettendo a punto alcune linee guida per garantire la qualità degli esiti formativi e la loro trasparenza a livello europeo. La più grande sfida di questo mutamento è che i titoli di studio e le qualifiche professionali diventino più semplici, riconoscibili e "mobili" in tutti i Paesi europei. Un grande passo verso uno spazio comune europeo di istruzione e formazione. Una grande sfida anche per l’Italia che è da tempo sollecitata ad avviare una profonda riforma del sistema educativo e formativo vero pilastro per il rilancio del nostro Paese. * Ricercatrice Adapt Centro Studi Marco Biagi Tabella 1: Progresso verso i 5 obiettivi per il 2010 (elaborazione dati Eurostat, %) Obiettivo Dati media Dati Italia 2010 UE 2007 2007 5 Obiettivi Abbandoni scolastici _ 10 < 14.8 19,3 Cattive performance di lettura * -20 +2,8 26,4 Ventiduenni diplomati 85 78,1 76,3 Aumento laureati in matematica, scienze e tecnologie ** 15 29 23,6 12,5 10 6,2 Adulti coinvolti in programmi di apprendimento permanente * dati 2006 ** per l’Italia il dato è calcolato sul periodo 2000-2005 i numeri 16,1% gli italiani tra i 25 e i 34 anni laureati 49,2% gli italiani tra i 25 e i 34 anni diplomati 30,9% gli italiani tra i 25 e i 34 anni con la sola licenza media 3,7% Problemi e soluzioni Apprendimento all’europea gli italiani tra i 25 e i 34 anni con la sola licenza elementare èlavoro Direttore responsabile DINO BOFFO Vicedirettori Tiziano Resca - Marco Tarquinio A cura di Francesco Riccardi (responsabile) Maurizio Carucci Comitato scientifico Guido Baglioni, Giuliano Cazzola, Lorenzo Ornaghi, Michele Tiraboschi (coordinatore) In collaborazione con: Adapt Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi” Università di Modena e Reggio Emilia Progetto grafico Aurelio Candido Per contattarci: [email protected] Piazza Carbonari 3, 20125 Milano Tel. 02/6780.461 LA BOCCIATURA Italia in ritardo: centrato un solo obiettivo su cinque LA SFIDA Competenze, un iceberg da fare emergere e validare LEGGE BIAGI Libretto formativo: occasione mancata S razie all’Europa anche in Italia iniziamo a capire che le persone sono chiamate a un apprendimento permanente, lungo tutto l’arco della vita. Non sono però ancora chiare le conseguenze di questa concezione che impone di superare la tradizione di una formazione relegata ai banchi di scuola. Con l’apprendimento lungo l’intero arco di vita la formazione non può non uscire da aule e banchi di scuola e abbracciare contesti di apprendimento variegati come i luoghi di lavoro e le sedi di aggregazione sociale. I documenti elaborati dalle istituzioni europee parlano oggi di apprendimento non-formale e apprendimento informale. Il primo si acquisisce in attività programmate (lavoro, studio); il secondo, nella vita quotidiana: in ufficio, a casa, nella comunità. In entrambi i casi si tratta di processi di apprendimento involontario, non strutturato in obiettivi formativi. Come a dire che i titoli di studio sono solo la punta di un iceberg. Per l’Europa la sfida per la modernizzazione dei sistemi di formazione ed educazione è rendere visibili tutte le competenze, comunque e ovunque siano state acquisite. Una volta identificate ed evidenziate, le competenze devono essere riconosciute, valutate e certificate. Cioè bisogna "validare" le competenze. Niente timbri, ma la verifica degli esiti dell’apprendimento. Dagli anni Novanta numerosi Paesi europei hanno attuato strategie a questo fine. Le opzioni nazionali coinvolgono il mondo della istruzione e formazione, il mercato del lavoro e il terzo settore. La validazione dell’apprendimento non-formale e informale è un tema oggi cruciale. Il mercato del lavoro globale – in continuo cambiamento – si regge su una forza lavoro sempre più qualificata e costantemente aggiornata. Il livello di competenze richiesto dai mercati del lavoro europei crescerà nei prossimi anni in tutti i settori e le occupazioni. Inoltre, saranno G ntrodotto dalla legge Biagi, il Libretto formativo del cittadino è uno strumento prezioso perché consente di raccogliere, sintetizzare e documentare le nostre diverse esperienze formazione e apprendimento. Il Libretto formativo è pensato non solo per gli studenti e gli apprendisti, ma anche per i lavoratori adulti coinvolti in percorsi di formazione continua, per i professionisti così come per i soggetti svantaggiati che faticano a trovare una occupazione stabile e di qualità nel mercato del lavoro. Con il Libretto formativo è possibile individuare e valorizzare le competenze acquisite, ma non ancora visibili. Il Libretto è anche una occasione per ricostruire le proprie esperienze formative precedenti, parallele o successive alle esperienze di lavoro, e "riflettere" su di esse. In questo senso, il Libretto ha una valenza sociale perché aiuta a sostenere e promuovere il ritorno al lavoro di soggetti svantaggiati e ormai scoraggiati rispetto alle possibilità di tornare al lavoro (ad esempio disoccupati da molto tempo o donne che intendono rientrare nel mondo del lavoro dopo aver allevato i figli). Il Libretto facilita altresì l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e rende trasparenti le carriere professionali e tutte le esperienze formative. Rispetto al classico curriculum vitae, che è una mera autodichiarazione, il Libretto formativo è caratterizzato da precisi criteri di validazione. In altre parole, le competenze sono identificate, riconosciute e registrate secondo determinate regole e principi. È dunque un vero peccato che, a quasi sette anni dalla sua introduzione formale nel nostro Paese, il Libretto formativo sia oggi poco più di una semplice idea. Una ottima idea, anzi, se è vero che il Libretto formativo è stato studiato a livello internazionale (OCSE) e segnalato dalla Commissione Europea tra le buone pratiche nel campo della "validazione" delle competenze. La realtà, infatti, ci segnala che sia una delle classiche occasioni mancate visto che, pur a fronte di una sperimentazione che ha coinvolto l’Isfol e tredici Regioni italiane e Province Autonome, il numero di Libretti formativi in circolazione è di poche centinaia. Una goccia nel mare di un mercato del lavoro a caccia di talenti e competenze oggi non facilmente riconoscibili e verificabili. (L.Rus.) ono note a tutti le carenze del sistema educativo e formativo del nostro Paese. Giovani che abbandonano la scuola. Diplomati disorientati e senza prospettive. Laureati che non trovano lavoro. Le indagini internazionali – come il rapporto PISA – ci dicono che la preparazione dei quindicenni italiani è largamente insoddisfacente rispetto a quella dei coetanei d’oltreoceano e di alcuni Paesi Europei di eccellenza. Per colmare queste lacune, che non sono solo del nostro Paese, l’Europa ha da tempo individuato cinque obiettivi strategici per sostenere e guidare i governi nazionali nel riformare i sistemi educativi e formativi. Innanzitutto la riduzione del numero di giovani che escono prematuramente dai percorsi scolastici, massimo il 10%. Il secondo obiettivo riguarda la formazione di base: abbassare almeno del 20% il numero degli studenti europei che hanno scarse capacità di lettura. Il terzo prevede di portare entro il 2010 all’85% la quota di ventiduenni diplomati. Passando all’università, l’obiettivo europeo guarda all’innovazione: un aumento del 15% nel numero di laureati in matematica, scienze e tecnologie (MST). Inoltre, gli iscritti a queste facoltà dovrebbero essere più equamente distribuiti tra ragazzi e ragazze. Ma l’Europa non pensa solo ai giovani. Il quinto obiettivo è coinvolgere sempre più gli adulti in programmi di apprendimento permanente, almeno il 12,5%. In sede di bilancio di questi cinque obiettivi la Commissione Europea ha lanciato un chiaro segnale di allarme. Nel 2008 solo uno dei cinque obiettivi è stato raggiunto (vedi Tabella 1). Si tratta dell’aumento dei laureati in matematica, scienze e tecnologie. Anzi, rispetto al 15% auspicato dalle istituzioni europee, nei Paesi membri au- menta il numero di laureati del 29%, quasi il doppio di quanto atteso. Resta ancora molto da fare su tutti gli altri fronti. I giovani che abbandonano prematuramente la scuola sono diminuiti, ma solo di meno di 3 punti percentuali in 8 anni. Un tasto dolente è il dato sulle performance di lettura, che peggiorano dal 2000 al 2006. I diplomati 20-24enni aumentano, anche se non abbastanza da soddisfare le aspettative europee. Infine, gli adulti sono ancora poco coinvolti nelle opportunità di apprendimento permanente. La Commissione bacchetta soprattutto l’Italia che ha raggiunto solo uno dei cinque obiettivi e appare lontana dagli altri quattro. I laureati italiani in matematica, scienza e tecnologia aumentano e superano la quota fissata per il 2010. In relazione all’uscita precoce dalla scuola, il nostro Paese registra un dato nella media dell’Europa. Un’analisi più attenta rivela che dal 2000 al 2007 gli abbandoni scolastici dei 18-24enni sono diminuiti, ma oltralpe sono quasi sempre più bassi. Sulle capacità di lettura, la Commissione registra un peggioramento riguardo all’obiettivo fissato per il 2010. Sul terzo punto, aumento dei diplomati, i 20-24enni italiani muovono dei passi avanti, ma sono superati dai colleghi europei. Non va meglio per il dato sugli adulti coinvolti in programmi di apprendimento lungo tutto l’arco della vita, in diminuzione dal 2000 a oggi. La Commissione Europea ha ripetutamente sollecitato i Paesi membri a rafforzare e realizzare gli strumenti e le riforme in materia di formazione. La marcia verso gli obiettivi del 2010 continua, ma al traguardo mancano oramai pochi mesi, e l’Italia è chiamata a uno sforzo eccezionale per non occupare, come al solito, le posizioni di retrovia. Lisa Rustico sempre più richieste le competenze trasversali (comunicazione, autonomia, ecc.), spesso acquisite fuori dall’aula. Anche per questi motivi serve valorizzare tutte le conoscenze teoriche, abilità pratiche e competenze sociali, indipendentemente da dove e come siano state acquisite. I percorsi formativi, dunque, si costruiscono lungo tutto l’arco della vita attraverso svariate attività. Le potenzialità della validazione non si esauriscono in un esercizio individuale di autoriflessività su ciò che si sa e ciò che si sa fare. Certificare le competenze aiuta a costruire ponti tra diverse esperienze formative. Certificare facilita la comparazione tra diversi sistemi educativi nazionali, agevolando la mobilità internazionale di chi è nei percorsi formativi. È pur vero che, nonostante le potenzialità della "validazione", istituzioni, cittadini e parti sociali esprimono dubbi e perplessità a riguardo. In particolare, in merito ai suoi costi e alla possibilità di accedervi per i gruppi sociali più svantaggiati. Inoltre, sarà necessario trovare una corrispondenza tra i titoli di studio e le competenze validate di tipo non-formale e anche informale. In Italia manca un sistema nazionale unitario di validazione delle competenze comparabile all’esperienza francese o britannica, per citarne due tra le più note. Se non vogliamo restare al palo nel confronto internazionale, il tema della validazione deve diventare una priorità ben oltre le poche, quanto preziose, esperienze sviluppate sino ad ora a livello regionale, aziendale e soprattutto nel terzo settore. La validazione dovrà essere riconosciuta come strumento per realizzare l’apprendimento permanente in modo che sia valorizzato il potenziale per l’occupabilità e l’inclusione sociale. Ciò in vista degli obiettivi di Lisbona, certamente, ma anche per dare risposte concrete a tante persone oggi svantaggiate e che nella formazione potrebbero trovare una soluzione per un reale inserimento nella vita attiva. (L.Rus.) I mercoledì 27 maggio 2009 Il redattore editoriale è una figura chiave nel mondo dei libri e di Internet Non è più considerato alla stregua di un correttore di bozze: svolge funzioni di tramite tra autore e casa editrice Tra le sue mansioni: revisione della traduzione, organizzazione del testo, impaginazione le esperienze/1 3 DIVULGAZIONE «Così rendo gradevoli temi scientifici e tecnici» H a la scrivania sempre ingombra di carta e foto. Ma non è un problema. Mettere a punto riviste e newsletter la appassiona a tal punto che spesso si porta a casa le bozze da correggere. Elena D’Alessandro, 30 anni, di San Martino Valle Caudina, nell’Avellinese, ha frequentato il liceo linguistico e poi ha studiato lingue e letterature straniere all’Università degli studi di Napoli, l’Orientale. «Subito dopo la laurea in Filologia germanica, ho cominciato a lavorare a Parma nell’ambito del turismo e contemporaneamente mi preparavo in ricerca archeologica ad Arezzo – racconta – Ma mi sono resa subito conto che non era la mia strada. Ho collaborato per una testata di settore e, nonostante avessi vinto il dottorato di ricerca, mi sentivo già proiettata verso il mondo dell’editoria». Così, due anni fa, è arrivata la scelta del master specialistico all’Università Cattolica. «È stato un passo fondamentale perché mi ha consentito di svolgere lo stage presso la casa editrice Elsevier, multinazionale olandese, dove lavoro tuttora con un contratto a tempo indeterminato – sottolinea –. Sono entrata nel dipartimento di Odontoiatria che si occupa di riviste specializzate». Le mansioni sono molteplici: aggiornamento del sito web, confezione delle riviste on line e oggi anche la gestione del Giornale dell’odontoiatra e di Giovane odontoiatria. «Il mio ruolo è quello di affiancare il direttore responsabile nella scelta dei temi, controllo i testi, correggo le bozze e mi occupo marginalmente anche della grafica – spiega –. La mia qualifica attualmente è quella di dentistry editor. Devo dire che avere una formazione umanistica è fondamentale per dare un registro divulgativo a testi scientifici e tecnici e renderli gradevoli e accattivanti». Il lavoro è appagante e soddisfacente, anche dal punto di vista della remunerazione. Non mancano poi i contatti con i professionisti e gli esperti del settore. «Sono frequentemente in giro per l’Italia a seguire congressi e conferenze – prosegue –. Sono occasioni che arricchiscono e consentono di aggiornarsi e di farsi un bagaglio culturale». Elena è più che soddisfatta del suo lavoro: «Spero di diventare brava e di poter crescere ancora. Ho una grande autonomia e questo all’inizio mi ha creato qualche difficoltà, ma poi ho imparato a "nuotare" e a muovermi bene. Mi auguro di continuare così». (G.Sc.) Corsi & master P er acquisire gli strumenti necessari a svolgere la professione di redattore editoriale e trovare lavoro è consigliabile svolgere un master a livello universitario. Ecco di seguito i principali: ● Master di primo livello in redattore di editoria libraria con conoscenze delle tecnologie digitali. Università degli studi di Milano, Facoltà di lettere e filosofia, Fondazione Mondadori e Associazione italiana editori. Durata: annuale. Tel. 02/50.31.20.93 ● Master specialistico in professione editoria (libri, periodici, web) . Università Cattolica, Facoltà di lettere e filosofia in collaborazione con la Scuola di editoria del Centro Padre Piamarta di Milano. Durata: annuale. Tel. 02/72.34.38.60 ● Master in editoria cartacea e multimediale (post-laurea specialistica). Scuola superiore di Studi umanistici dell’Università degli studi di Bologna. Durata: biennale. Tel. 051/29.17.111 ● Master universitario di 1° livello per redattori editoriali. Università di Urbino “Carlo Bo”, Facoltà di lettere e filosofia. Durata: annuale. Tel. 0722/30.56.51 La professione ● Corso di perfezionamento in editoria, giornalismo, comunicazione. Università degli Studi Roma Tre, facoltà di lettere e filosofia. Durata: annuale Tel. 06/57.33.86.08 DI GIOVANNA SCIACCHITANO D le esperienze/2 ivora libri e giornali, è pignolo fino all’ossessione, potrebbe fare a meno del dizionario, conosce le lingue e se la cava bene anche con l’informatica. È il redattore editoriale, una figura chiave nel mondo dei libri e del web che funge da interfaccia fra autore ed editore. «Paradossalmente oggi siamo diventati tutti un po’ redattori editoriali grazie al computer – osserva Edoardo Barbieri, docente di bibliografia e biblioteconomia all’Università Cattolica di Milano, responsabile del master specialistico in Professione editoria –. Infatti elaboriamo testi che poi correggiamo». In realtà il redattore che lavora per le case editrici ha competenze specifiche. «L’alta qualità delle sue abilità ne fa una figura preziosissima per la casa editrice – prosegue Barbieri –. Il lavoro redazionale comprende un insieme di mansioni che vanno dalla revisione della traduzione all’organizzazione del testo (la divisione in capitoli, paragrafi, la titolazione...), dall’impaginazione all’approvazione del prezzo». Insomma, si tratta di scelte complesse che richiedono esperienza e nozioni. «Oggi il redattore editoriale non è più un mestiere che si può imparare sul campo, affidandosi alla buona volontà – spiega Giovanna Rosa, coordinatrice del master di primo livello in Redattore di editoria libraria con conoscenze delle tecnologie digitali dell’Università degli studi di Milano –. È un’attività per la quale è necessaria una professionalità moderna. Bisogna poi sfatare il luogo comune in base al quale ormai l’editoria è gestita dagli uffici marketing. Non è così. All’interno Una penna tra editore e scrittore delle case editrici lavorano profili che hanno studiato e che studiano il libro. Che fungono da interfaccia fra l’autore e l’impresa». Le competenze che fanno parte del bagaglio degli editor sono quelle letterario-storiche, ma anche quelle economico-giuridiche, inclusa la normativa sul diritto d’autore. «Il master della Cattolica si propone di dare una formazione a 360 gradi – sottolinea Barbieri –. Anche la grafica gioca un ruolo importante nel bagaglio di conoscenze. Un libro deve essere "trasparente", perché la vera grafica è quella che non si vede, come spiega bene Stanley Morison ne I principi fondamentali della tipografia». Insomma un occhio al contenuto e uno alla forma. «Non bisogna dimenticare, però, che occorre disporre di strumenti economici – evidenzia Rosa –. Bisogna saper mettere a punto un budget. Per questo il master del- Nonostante la crisi che ha coinvolto l’editoria, la possibilità d’inserimento arriva non solo da parte delle grandi case editrici, ma anche dagli studi editoriali CONSIGLI «Per fare bene serve precisione e una spiccata capacità critica» H a sempre letto di tutto. Di più. Simona Mondello, 28 anni, di Bollate, in provincia di Milano, attualmente lavora alla Bur. «Ho studiato al liceo scientifico e Scienze della comunicazione allo Iulm di Milano – racconta –. Poi la passione per i libri mi ha portato a iscrivermi al biennio di specializzazione in Editoria, giornalismo e comunicazione multimediale, un corso che oggi non è più attivo». In effetti, Simona, oltre a studiare con profitto, ha sempre letto almeno cinquesei libri al mese e, una volta laureata, le è scattata la curiosità di capire cosa c’è dietro a un libro, chi sono le persone che vi lavorano e quale attività svolgono. «Il corso è stato molto utile e mi ha consentito di svolgere uno stage di 250 ore in Bur nel 2005 – spiega Simona –. Devo dire che ho imparato in fretta il mestiere e, dopo alcuni stage e contratti a progetto, sono stata assunta l’anno scorso. Sono molto soddisfatta sia sotto il profilo professionale e umano che retributivo». In Bur Simona si occupa della saggistica, seguendo sia i testi nuovi, i cosiddetti original, sia i classici per i quali sono scaduti i diritti. «Il lavoro è molto – sottolinea – , a partire dalla gestione della copertina, all’analisi del testo che riceviamo in word dall’autore, dalla correzione e revisione del testo fino all’impaginazione e alle indicazioni in fotocomposizione». E, parallelamente, c’è anche il coordinamento di alcuni collaboratori. «Il bello del mestiere è che si impara sempre molto leggendo i libri, anche in ambiti un po’ la Statale comprende anche un modulo sugli strumenti economici per il redattore e uno sul bilancio d’esercizio, la valutazione dei risultati d’impresa e risorse d’autoimprenditorialità». Oggi coesistono due figure di questo tipo che lavorano in parallelo. «C’è il redattore che svolge materialmente il lavoro di preparare un testo approntandolo per la stampa seguendo le norme e gli stili delle case editrici – dice Riccardo Fedriga, vicedirettore del master in Editoria cartacea e multimediale all’Università di Bologna – e chi coordina tutte le fasi dell’editing svolgendo un ruolo più manageriale. In genere, questi ultimi lavorano all’interno della casa editrice, mentre gli altri possono essere free-lance. E oggi quest’ultimo gruppo rappresenta la maggioranza dei professionisti». I compiti del redattore editoriale sono davvero nume- diversi rispetto alla propria cultura di base – continua –. C’è poi lo stretto rapporto con l’autore, al quale occorre fornire in prima battuta delle indicazioni "macro", e cioè su quali aspetti approfondire di più e quali invece limitarsi a tratteggiare». Certo, la giornata è lunga: non si va a casa prima di dieci ore di lavoro, ma non si guarda l’orologio. «Prima di entrare nella casa editrice leggevo classici, narrativa e critica letteraria – osserva –. Oggi mi occupo di politica ed economia, argomenti che mi hanno aiutato a capire come funziona la società. Sulla base della mia esperienza consiglio questa professione ai giovani precisi, con una buona conoscenza della lingua italiana, voglia di lavorare con gli altri e capacità critica per valutare in che misura un testo è migliorabile». In futuro le piacerebbe occuparsi di scouting. «Capire come si va a caccia di autori mi piacerebbe molto – ammette –. Anche se andrebbe a scapito del lavoro sui testi». Giovanna Sciacchitano rosi. «Nelle piccole case editrici questa figura fa un po’ di tutto – commenta Barbieri – mentre nei grandi gruppi è più facile specializzarsi o occuparsi di un segmento specifico». Per diventare dei bravi professionisti, però, non è sufficiente un corso, occorre avere solide basi culturali. «In primo luogo è indispensabile un’ottima conoscenza dell’italiano, una vasta cultura generale, padroneggiare almeno una lingua straniera e disporre di competenze informatiche, a partire dal pacchetto Office – sottolinea Barbieri –. Il master in Cattolica prevede 630 ore di laboratorio e 400 ore di stage. Credo si tratti di un buon punto di partenza per affermarsi in questo campo». Nonostante una crisi che ha coinvolto anche l’editoria, la domanda di lavoro c’è. «La maggior parte dei ragazzi che svolgono stage presso di noi viene poi trattenuto dall’azienda – osser- va Barbieri –. Non sempre si approda subito a un lavoro stabile, ma dopo un paio di anni si ottiene sempre un contratto all’altezza delle aspirazioni». Attualmente l’offerta non viene solo dalle grandi case editrici, ma anche dagli studi editoriali che stanno nascendo in questo periodo. «Il master della Statale di Milano dura un anno e prevede tre mesi di stage – dice Rosa –. Una formula che garantisce l’accesso alla professione. Infatti, circa l’80% dei nostri allievi entrano stabilmente nel mercato librario. Direi che il master può essere considerato un percorso innovativo per svolgere questa professione avendo a disposizione tutti gli strumenti oggi considerati indispensabili». Per sfondare, però, a detta degli esperti, è necessario allargare le prospettive, specializzarsi in un tema e rafforzare la formazione di base. «I giovani devono guar- L’OPPORTUNITÀ «Poter lavorare anche a casa e svolgere ricerche sulla musica» H a la casa invasa da dizionari, di tutte le lingue... Daniele Filippi, 33 anni, milanese, ha studiato alla facoltà di Musicologia di Cremona, dove ha svolto anche il dottorato di ricerca. «Accanto alla passione per la musica c’era anche quella per i libri, i manoscritti e quando ho visto il bando del master dell’Università degli studi di Milano con Mondadori ho pensato che fosse un’occasione da cogliere al volo – spiega –. Il corso l’ho frequentato quattro anni fa e mi ha consentito di svolgere uno stage in Adelphi, dove sono rimasto tutt’oggi come collaboratore esterno». Sono molti i redattori editoriali che svolgono l’attività in proprio. «Ci sono aspetti positivi, come quello di poter lavorare in parte da casa – racconta – e in questo momento con la moglie medico e due bimbi piccoli di quattro mesi e due anni non è un aspetto da sottovalutare. Inoltre continuo a svolgere ricerca in campo musicale». Il contatto con Adelphi, poi, rimane solido perché parte delle mansioni vengono svolte in sede. «Il guadagno è dignitoso – osserva –. Anche se rispetto a chi è assunto vengono a mancare tante sicurezze e non ci sono benefit e premi». A gratificare questi professionisti c’è sempre l’altissimo livello della casa editrice. «Il master è stato molto utile perché mi ha consentito di entrare nel mondo del lavoro – dice –. Si tratta di un corso molto serio: tutti i miei compagni hanno trovato una collocazione e credo che questo sia essenziale». Il lavoro di Daniele non è mai dare a questa professione pensando che si tratta di un lavoro impegnativo, che richiede lacrime e sangue – avverte Barbieri – e non un hobby, come in molti sono portati a pensare». La formazione più idonea è la laurea. «Oltre a quella in Lettere, che resta sempre un ottimo trampolino di lancio, bisogna tenere presente che la varietà dell’offerta editoriale rende più che appetibili anche altri corsi come quello in Giurisprudenza e Medicina» aggiunge Barbieri. «Ma il requisito fondamentale resta l’interesse reale per il mondo del libro – conclude Rosa –, tenendo presente che, nonostante l’avvento del web non si tratta di un oggetto in via di estinzione. E che occorre formare nuove figure capaci di rinnovare l’intera civiltà libraria». Secondo Fedriga il segreto per diventare un redattore editoriale di grande livello è la curiosità. «Occorrono anche ordine e disciplina, perché si trascorrono molte ore a preparare un testo, senza contare che chi svolge un ruolo manageriale deve saper gestire bene i tempi – continua Fedriga –. In questo momento i professionisti più richiesti sono i laureati in discipline scientifiche con un master in editoria, perché si tratta di specializzazioni difficili da trovare sul mercato. A questo va aggiunto il dominio e il controllo delle fonti elettroniche. Occorre cioè sapersi muovere bene nella rete». Per concludere, il redattore editoriale non dev’essere considerato, come un tempo, alla stregua di un correttore di bozze. Il suo raggio d’azione si è ormai allargato e oggi comprende numerosi compiti che vengono svolti anche per le numerose aziende di comunicazione. monotono. «Dopo i primi tempi in cui ho svolto "manovalanza" e soprattutto correzione delle bozze, oggi mi occupo della revisione dei libri dall’inizio alla fine, in collaborazione con l’ufficio tecnico. Il bello è che si passa dal romanzo al saggio, da un’epoca all’altra... Non c’è tempo per annoiarsi». Anche perché c’è sempre da imparare. «Con un background come il mio ho dovuto ampliare le mie conoscenze – racconta –. E poi bisogna sempre migliorare le lingue. Io parlo inglese e tedesco, ma leggo anche francese e spagnolo ed è necessario tenersi sempre in esercizio». Dunque, grande soddisfazione per un lavoro che risponde in pieno alle proprie aspettative, anche se nelle grandi realtà ci sono sempre aspetti organizzativi e tecnologici migliorabili. «Fra qualche anno mi piacerebbe fondare una casa editrice e poter scegliere cosa pubblicare – confessa Daniele –. Credo che sia il sogno di tutti». (G.Sc.) mercoledì 27 maggio 2009 4 PALERMO Alla ricerca di elettricisti e frigoristi di condizionamento, riparazioni a bordo vettura, attività di ricerca guasti. Si prevede contratto di assunzione tramite agenzia sino al mese di ottobre, con ottime possibilità di inserimento a tempo indeterminato dall’autunno di quest’anno. Inquadramento e retribuzione secondo quanto sancito dal contratto collettivo nazionale metalmeccanico/comparto ferroviario. Inviare i cv tramite e-mail: [email protected] o fax: 0331211547. Oppure telefonare a: 0331211567. Le offerte L’ agenzia per il lavoro Openjob ricerca numerosi manutentori (in particolare elettricisti e frigoristi) per la provincia di Palermo per conto di un’azienda che opera nel settore ferroviario. Tra le principali attività previste dalla mansione di elettricista: revisione impianto elettrico delle vetture, prova finale di funzionamento attraverso l’alimentazione della carrozza, movimentazione manuale di accumulatori. Tra i compiti dei frigoristi: revisione dell’impianto VENTE-PRIVEE.COM Più di 200 posti e stage ARTICOLO 1 Sono 1.500 le figure da inserire in estate P a Divisione specializzata Horeca di Articolo 1 ricerca 1.500 figure estive su tutto il territorio nazionale. In particolare: er rafforzare ulteriormente la struttura centrale di Parigi (bisogna possedere una discreta conoscenza del francese) e le unità nei diversi Paesi, venteprivee.com ricerca giovani dinamici e motivati per ricoprire più di 200 nuove posizioni tra coordinatori delle operazioni di vendita, addetti al servizio clienti, creativi ed esperti informatici. Inoltre, per sostenere il suo sviluppo internazionale, assume anche presso le filiali locali. In particolare 35 nuovi addetti com- merciali e marketing analyst per le sedi di Italia (Milano), Francia (Parigi), Germania (Dusseldorf), Regno Unito (Londra) e Spagna (Barcellona). Inoltre è possibile presentare domanda per svolgere un periodo di stage. Gli interessati possono inviare il proprio cv, accompagnato da una lettera di presentazione a: [email protected] (candidature spontanee) o [email protected] (stage). Per maggiori informazioni: www.vente-privee.com/pr. L ● 70 barman; ● 150 facchini; ● 150 chef de rang; ● 200 lavapiatti; ● 200 camerieri di sala; ● 200 cameriere ai piani; ● 70 pizzaioli; ● 50 receptionist; ● 10 sommelier; ● 30 responsabili servizi ricevimento; ● 20 accompagnatori turistici. Si offre contratto di somministrazione per tutto il periodo estivo. Per inviare la propria candidatura consultare il sito www.articolo1.it ● 30 maitre; ● 50 capi cuoco partita; ● 150 aiuti cuoco; ● 150 commis di sala; Il metodo Borse di studio Oreal Italia e Unesco premiano 5 scienziate Oréal Italia e la Commissione nazionale per l’Unesco hanno premiato cinque giovani ricercatrici. Le scienziate hanno ricevuto una borsa di studio del valore di 15mila euro per proseguire la propria attività di ricerca nel campo delle scienze della vita e della materia. Tra le centinaia di candidature pervenute da tutta Italia, la giuria ha individuato le cinque più meritevoli: Anna Olivieri – genetista (Università degli studi di Pavia), Luisa Ostorero – astrofisica (Università degli studi di Torino), Valeria Righi – chimica (Università degli studi di Modena e Reggio Emilia), Cristina Ronchi – endocrinologa (Università degli studi di Milano) ed Elisabetta Versace – psicologa (Università degli studi di Milano Bicocca). Nato nel 1998 su iniziativa di L’Oréal e Unesco, For women in science è stato il primo premio internazionale dedicato alle donne che operano nel settore scientifico. In Italia il programma L’Oréal Italia per le donne e la scienza è giunto alla sua settima edizione. Il bando per l’edizione 2009/2010 e i relativi regolamento e domanda di ammissione saranno disponibili dal 30 settembre 2009 sul sito www.loreal.it. L’ DI etico MAURIZIO CARUCCI N on solo un valore teorico, ma soprattutto un comportamento quotidiano: oggi l’etica è una tra le principali sfide che un’azienda può intraprendere per muoversi con successo nella complessità del mercato. L’etica è intesa nella sua accezione più ampia e profonda, quale bene comune da perseguire attraverso decisioni e fatti quotidiani, in previsione dei risultati economici e valoriali che essa porta in dote e nel contempo quale oggetto di una legge, il decreto legislativo 231/2001 (vedi box), che ne decreta, se mai ce ne fosse bisogno, l’urgenza e l’importanza. «In verità – spiega Massimo Folador, consulente aziendale, noto anche come autore di due libri che si ispirano alla regola benedettina (Il lavoro e la regola e L’organizzazione perfetta) – questa legge arriva dal mondo anglosassone ed è stata approvata in Italia nel 2001. Purtroppo è vaga. Ed è ancora ignorata dalla gran parte delle imprese. Se ne sta parlando un po’ di più da qualche tempo. Forse anche in relazione alle sanzioni applicate nei confronti di sanità ed enti pubblici. Le buone pratiche, tuttavia, esistono. In genere, sono imprenditori che non vogliono mettersi in luce». Il decreto prevede – per prevenire la commissione di reati e al fine di evitare delle sanzioni di tipo interdittivo e patrimoniale – che gli enti predispongano modelli di organizzazione e gestione che garantiscano la trasparenza e la correttezza dei processi decisionali, della gestione delle risorse finanziarie e inoltre che ✱ Il decreto legislativo n. 231 del 2001 ha introdotto nel nostro ordinamento un’autonoma responsabilità di tipo penale e/o amministrativo a carico delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica, in conseguenza di specifiche violazioni della legge penale realizzate da soggetti appartenenti all’organizzazione aziendale. Il decreto può essere considerato come la prima applicazione normativa dettagliata di un principio generale che appartiene alla nozione di responsabilità sociale delle imprese, di corretta e trasparente gestione della società. Così la regola di San Benedetto può aiutare anche nell’applicazione del decreto 231/2001 sulla responsabilità sociale delle aziende siano introdotti organi predisposti alla vigilanza sull’applicazione di tali modelli, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate. «Oltre a essere un obbligo di legge – precisa Folador, che è tra i relatori del convegno dal Sportello patronato Inas DISOCCUPAZIONE AGRICOLA: IL TRATTAMENTO PER I CITTADINI STRANIERI er i cittadini stranieri che sono in Italia con un permesso di soggiorno per lavoro stagionale, in base al Testo Unico sull’immigrazione, non sono previste le indennità di disoccupazione agricola né i trattamenti di famiglia. Chi, invece, è in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale, è assicurato per la disoccupazione involontaria e per i trattamenti di famiglia, e vi ha diritto anche nel caso in cui abbia svolto lavoro stagionale nel settore agricolo. I cittadini comunitari godono del diritto di soggiorno e libera circolazione nell’Unione europea e, pertanto, possono svolgere anche attività lavorativa. Nei casi in cui il soggiorno si prolunghi oltre i tre mesi e l’interessato abbia intenzione di stabilirsi in Italia per studio o lavoro, è tenuto a richiedere l’iscrizione anagrafica, che ha ormai sostituito la carta di soggiorno Ue e che è richiesta per godere delle prestazioni di disoccupazione agricola e dei trattamenti di famiglia. Essa deve essere attestata all’atto di presentare la domanda. Quanto ai lavoratori neocomunitari, per quanto riguarda i periodi assicurativi successivi all’ingresso nella Ue (dal 01/05/2004 per Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Cipro e Malta; dal 01/01/2007 per Romania e Bulgaria) anche il lavoro agricolo stagionale è assicurato ai fini delle prestazioni di disoccupazione e trattamenti di famiglia. Riguardo ai periodi antecedenti, invece, sono coperti quelli di lavoro dipendente (eventualmente anche non agricolo) svolti in Ita- P Cosa prevede la norma sulla responsabilità lia, o nel Paese di origine se adeguatamente documentati; quelli di lavoro stagionale non sono coperti dalle prestazioni di disoccupazione agricola. Se, però, il lavoratore ha prestato attività stagionale agricola nell’anno solare precedente quello di ingresso del suo Paese nella Ue, può perfezionare il requisito per accedere alle prestazioni per disoccupazione involontaria sulla base dell’attività non stagionale: infatti l’assicurazione, anche se versata solo per alcuni periodi, copre l’intero anno. Se il lavoratore esce dall’Italia e trascorre un periodo in un Paese non comunitario e non convenzionato con l’Italia, sono indennizzabili i soggiorni brevi per turismo e quelli connessi a questioni familiari o di salute, non quantificabili preventivamente. Non vi è indennizzo, invece, se l’espatrio è definitivo, perché il lavoratore fa rientro nel proprio Paese di origine o accetta un lavoro all’estero. Infine, tutti i cittadini comunitari – compresi dunque i neocomunitari e, ovviamente, i cittadini italiani – godono del diritto alla libera circolazione. In virtù di questo principio, i periodi trascorsi in un Paese Ue sono considerati equivalenti a quelli trascorsi in Italia e, quindi, indennizzabili per disoccupazione, a patto che durante quei periodi l’interessato non abbia svolto attività lavorativa e non abbia beneficiato di prestazioni a carico di un ente previdenziale estero. Per la consulenza e l’assistenza necessarie, ci si può recare presso la più vicina sede dell’Inas Cisl (gli indirizzi si trovano su www.inas.it, oppure chiamando il numero verde 800001303): ricordiamo che la consulenza offerta dall’Inas è assolutamente gratuita. titolo Il giusto e il conveniente, in programma oggi all’Università Carlo Cattaneo-Liuc di Castellanza (Varese) –, questa norma può rappresentare una convenienza anche in termini economici. L’etica sul posto di lavoro, infatti, mette insieme i talenti individuali e quelli collettivi. L’eccellenza di un’azienda è frutto di una valorizzazione e una vocazione personali unite a una serie di comportamenti etici da parte della comunità aziendale». In una situazione di crisi come quella attuale, si avverte la necessità di recuperare i valori e di rifarsi a regole come l’ora et labora. «l monasteri benedettini – sottolinea ancora il consulente e scrittore – vengono proposti quale esempio illuminante per l’"organizzazione perfetta", grazie alla corretta gestione di valori condivisi, a una leadership diffusa e alla capacità di far lavorare insieme persone motivate e consapevoli delle proprie responsabilità». L’attenzione verso l’etica, comunque, è in crescita. Il Terzo rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia ha rilevato che la responsabilità sociale riguarda il 65% delle imprese con più di 100 dipendenti e raggiunge un importo globale di quasi un miliardo di euro l’anno. Dall’indagine emerge che il fenomeno della responsabilità sociale d’impresa non ha subito battute d’arresto, anzi il rallentamento dei consumi di una vasta fascia di famiglie italiane registratosi negli ultimi anni e le conseguenti ripercussioni avvertite dalle aziende si sono dimostrati un ulteriore stimolo per le imprese a impegnarsi nel sociale. In Italia sono in crescita le imprese che si dotano di "responsabili etici". Nel 1998 erano intorno all’1,6%, oggi sono il 38,7%. In sostanza quattro aziende su dieci si sono dotate di un vero e proprio settore dedicato alla responsabilità sociale d’impresa. Per diffondere la cultura dell’impresa sociale, oltre a corsi e master, sono nati perfino premi e diversi saloni dedicati. L’etica in azienda, insomma, grazie anche all’applicazione della 231/2001 consentirebbe miglioramenti economici. Merchant banking, due master in uno all’Università Carlo Cattaneo-Liuc «D a tre anni a questa parte, cioè da quando è entrata in pieno vigore la riforma del 3+2, abbiamo pensato, oltre al master di secondo livello, giunto alla decima edizione, di proporre un master di primo livello, ormai alla terza edizione». Lo dice Anna Gervasoni, direttore del master universitario in Merchant banking all’Università Carlo Cattaneo-Liuc di Castellanza (Varese). I corsi vogliono rispondere alla crescente necessità di formare professionisti da inserire nelle merchant e investment bank, nelle società di private equity e venture capital, nelle società di intermediazione e gestione del risparmio, nelle divisioni corporate finance delle società di revisione, nelle società di M&A (Mergers & acquisitions, fusioni e acquisizioni), nelle imprese per la funzione di pianificazione e sviluppo e di corporate buyer, nelle società di consulenza strategica e finanziaria. Nelle precedenti edizioni sono stati formati oltre 170 partecipanti, dei quali il 90% ha trovato occupazione. I master sono indirizzati a laureati in differenti corsi di laurea, prevalentemente Economia, Ingegneria e Giurisprudenza, con o senza precedenti esperienze lavorative. È richiesta una laurea magistrale o titolo equipollente. L’ammissione – i posti sono limitati a 20 – è subordinata all’esito positivo del colloquio di ammissione, che è di tipo attitudinale/motivazionale. «ll criterio di selezione ha gli stessi principi – sottolinea la Gervasoni –. Chiaramente si tiene conto del differente livello. Alcuni corsi sono comuni, altri differenti. O meglio, le materie sono le stesse, ma si differenziano per livelli base e avanzato. Diamo però la possibilità a tutti di frequentare, se lo desiderano, anche i corsi non pertinenti al proprio curriculum. Il master parte e finisce lo stesso giorno, si va tutti in stage nello stesso periodo, per l’allocazione degli stage si tiene conto dei differenti livelli». Nel caso in cui il numero degli ammessi fosse superiore al numero programmato, avverrà la selezione delle domande di partecipazione sulla base dei seguenti parametri: esito del colloquio attitudinale/motivazionale di ammissione; voto di laurea; titoli attestanti la conoscenza della lingua inglese; eventuali altri titoli attestanti precedenti esperienze lavorative.Una particolare attenzione è rivolta anche ai risvolti etici della finanza: «Da brava madre di famiglia, prima che da professoressa, ho sempre detto, da dieci anni a questa parte, che la finanza non può essere scollegata dall’economia reale, che i guadagni si fanno se si crea valore, che nella vita bisogna comunque potersi guardare tutte le mattine allo specchio con soddisfazione». Le domande di iscrizione possono essere inviate dal 15 giugno fino a dicembre 2009. Il costo è di 7mila euro. Sono previste borse di studio in base al merito. Per maggiori informazioni: www.liuc.it. Maurizio Carucci