Politica Meridionalista CIVILTA’ D’EUROPA RIVISTA DI CULTURA, ECONOMIA, INFORMAZIONE EURO-MEDITERRANEA ANNO XLII - Maggio 2014 - ISSN: 0393-7844 - Euro 2,50 L’Europa che vogliamo Dopo 35 anni un nuovo Libro Bianco dal titolo “Campania, terra di veleni” e la ristampa del testo originario della ricerca 1977: Politica Meridionalista pubblica la “mappa” della nocività nella Terra dei fuochi Nel maggio del 1977, il centro studi “Nuovo Mezzogiorno” di Napoli dava alle stampe un Libro bianco dal titolo “Salute e ambiente in Campania”. La pubblicazione focalizzava in particolare un tipo d’inquinamento per la prima volta esaminato a livello scientifico-sociale da un team di studiosi. Infatti l’articolo introduttivo del giornalista-scrittore Giannino Di Stasio sottolineava come la pubblicazione in esclusiva de “la mappa della nocività” a Napoli e in provincia, tracciata da un gruppo di studiosi napoletani della Fondazione Pascale, guidati dal prof. Giovan Giacomo Giordano, fosse un vero e proprio scoop. Alla conferenza stampa di presentazione della ricerca, convocata successivamente, parteciparono gli inviati delle maggiori testate nazionali. Il prof. Giordano illustrò con estrema competenza scientifica, i risultati della ricerca stessa. Vi fu un’eco immediata con ampi servizi da parte dei TG della Rai e di emittenti private mentre furono richieste e ospitate interviste del prof. Giordano dalle testate nazionali Altri studi, oltre quello del prof. Giovan Giacomo Giordano, sulle condizioni igieniche e sanitarie di una città dolente (Napoli) a firma di Giulio Tarro, Andrea Amatucci, Giorgio Nebbia e Gherardo Mengoni, fecero parte del Libro bianco edito a cura di Politica Meridionalista, la testata diretta dal 1972 ad oggi da Nicola Squitieri. A distanza di trentacinque anni, il Libro Bianco “Salute e ambiente in Campania” è stato riedito da il Denaro-Libri. Su iniziativa poi del figlio del Prof. Giordano, Antonio e dello stesso prof. Tarro, si è anche proceduto a realizzare una nuova e aggiornata edizione del Libro Bianco del 1977 dando alle stampe una ricerca dal titolo “Campania, terra di veleni”- curata da Il Denaro-Libri - che prendendo spunto dagli stessi temi, purtroppo ancora oggi di grande attualità, collocandoli nella cosiddetta “terra dei fuochi”(causa di tante morti per tumori), arricchiti dalle testimonianze di studiosi che non si fanno travolgere dalle correnti principali di quello che è scontato, ma fanno considerazioni e proposte originali per superare gli ostacoli organizzativi e burocratici ed anche l’ ignoranza e la malafede. Così possiamo leggere articoli di giornalisti esperti del settore come Maria Pirro, Chiara Graziani e Rosaria Capacchione, di studiosi della materia come Alfredo Mazza, Prisco Piscitelli e Francesco Maranta, ed anche di appassionati volontari come Gianni Angeli ed Antonio Trotta. Presentata una ricerca di Unimpresa I costi dell’illegalità e la lotta alla criminalità organizzata Vale 10 miliardi di euro l’anno il “giro di affari” del racket che grava sulle imprese italiane: La quota più ampia è a carico dei commercianti costretti a pagare alla criminalità organizzata un pizzo pari a 6,5 miliardi (il 65%). Sono oltre 200mila i negozianti e gli artigiani colpiti dall’estorsione. Questi alcuni degli allarmanti dati contenuti nella seconda edizione del libro di Luigi Scipione “I costi dell’illegalità e la lotta alla criminalità organizzata” pubblicato per iniziativa dell’ufficio studi di Unimpresa con le prefazioni del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti (nella foto) e del presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Altro capitolo drammatico - secondo la ricerca - è l’usura con i tassi dei prestiti erogati dagli “strozzini” che cambiano di regione in regione.”La sensazione più diffusa e raccapricciante - osserva Luigi Scipione - è che esistono settori in cui l’usura si va facendo sempre più sofisticata ed indipendente anche rispetto alla criminalità organizzata, in particolare, il settore professionistico, a certi livelli, lo stesso settore bancario”. Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia Anno XLII - Maggio 2014 direttore responsabile NICOLA SQUITIERI EDITORIALE - L’EUROPA CHE VOGLIAMO A ncora una volta la nostra testata apre le sue pagine ad un ampio confronto dedicato alle tematiche legate all’Europa nel più ampio contesto della centralità del Mediterraneo e dello sviluppo dell’area meridionale del Paese. Ad approfondire queste tematiche Politica meridio- sviluppo all’interno stesso dei vari Paesi membri (Gianni Pittella). Occorrerà per questo rendere sempre più competitiva la nostra industria soprattutto nell’area meridionale del Paese (Luigi Mazzella) dove le imprese potranno e dovranno necessariamente usufruire di nuove e più favorevoli normative legate allo nalista - Civiltà d’Europa ha invitato alcuni tra i più autorevoli esponenti delle istituzioni comunitarie e nazionali, dell’economia e della cultura, già destinatari negli anni del Premio Guido Dorso. Alla vigilia delle elezioni del nuovo Parlamento sono oggi sempre più grandi le sfide che l’Europa dovrà affrontare nei prossimi anni sia a livello di funzioni che di poteri, anche per poter vincere l’euroscetticismo sempre più diffuso. Sarà necessario realizzare un vero e proprio “progetto europeo” da portare avanti nel nuovo Parlamento da parte dei vari gruppi politici favorendo la crescita e lo sviluppo (Andrea Amatucci). Nel Mediterraneo (come ponte con il Sud e l’Est del mondo), in particolare, saranno necessarie grandi alleanze per imporre una nuova idea di Europa, una Europa dei popoli (Antonio Iodice), dove le banche dovranno tornare a parlare con i loro territori di riferimento e le imprese diventarne partner (Antonio Corvino). L’obiettivo principale resta però ancora oggi quello indicato, con grande intuizione politica, da Alcide De Gasperi: realizzare l’edificazione dell’Europa dei popoli, della carità e del progresso (Sergio Zoppi). vice direttore ANTONIO PISANTI coordinamento editoriale BRUNO LATELLA segretario di redazione ALFREDO FIORITO servizi fotografici GIUSEPPE DE GIROLAMO Direzione, Redazione, Amm.ne C.so Umberto I, 22 - 80138 Napoli Via Caio Mario, 8 - 00192 Roma E-mail: [email protected] Reg. Tribunale di Napoli n. 2329 del 15 giugno 1972 Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n. 2071 del 20 febbraio 1987 «Politica Meridionalista Civiltà d’Europa» è edita a cura dell’Associazione per la valorizzazione delle risorse del Mezzogiorno “Guido Dorso” www.assodorso.it/rivistaonline.htm Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana Stampa I Farella snc Napoli A Palazzo Giustiniani la consegna dei Premi “Guido Dorso” - 34° edizione (da pag. 8 a 11) Al Senato premiati gli ambasciatori del Mezzogiorno In copertina: Nella foto: una delle due Aule del Parlamento Europeo Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 1 I Sud d’Europa attendono risposte concrete alle drammatiche situazioni economico-sociali L’Europa di fronte alle nuove grandi sfide Gianni Pittella* Ci troviamo oggi di fronte ad un momento di grandi cambiamenti. La gravissima crisi economica degli ultimi anni ha portato ad un lungo periodo di incertezza e inquietudine, ma, come tutti i periodi di crisi, può rappresentare il punto di partenza per un nuovo inizio. Questa crisi può costituire l’occasione per gettare delle basi più solide per il futuro e fare in modo che quanto è accaduto non possa più ripetersi, almeno non con la stessa gravità. Ecco perché quest’anno, l’anno delle elezioni europee, è di grande importanza. Da sempre, le elezioni hanno costituito un momento di rinnovamento e sono state al contempo l’occasione in cui tirare le somme di ciò che si è riuscito a costruire nella legislatura che si appresta a concludere. Ma le elezioni Europee non sono solo questo. Lo sguardo di chi, ha cercato negli anni di costruire un percorso, scandito non dalle legislature ma da un progetto a lungo termine, si concentra sugli interventi futuri mirando a consolidare e rendere più forte l’Europa nel suo complesso. I passi in avanti che l’Unione Europea ha compiuto negli ultimi anni sono enormi, ma altrettanto importanti e significative sono le sfide che si troverà ad affrontare nel futuro più prossimo. In primo luogo la sfida sarà istituzionale. L´Europa, in quanto progetto di civilizzazione, può sopravvivere solo se trova una dimensione politica e su questo punto tutti gli stati membri sono troppo timidi e non abbastanza attivi. Per reagire a questo stallo, nel prossimo mandato il Parlamento europeo ha bisogno di seguire il consiglio provocatorio di Jacques Delors e Helmut Schmidt e promuovere un “golpe parlamentare”. Noi abbiamo bisogno di una controffensiva pro-europea per sostenere una nuova fase costituente guidata dal Parlamento. Un dibatto aperto durante la campagna elettorale sul futuro dell´Europa è l´arma più potente a nostra disposizione a sostegno della nuova iniziativa del Parlamento. 2 Strasburgo - Il Presidente della Repubblica, Napolitano, con il Vicepresidente del Parlamento Europeo, Pittella, nel corso dell’incontro con i deputati italiani. Ogni gruppo politico sta nominando un candidato alla Presidenza della Commissione europea e sta lavorando ad un programma per l´Europa che possa illustrare le proprie visioni di progetto europeo. In questo modo potremo avere finalmente un dibattito su questioni concrete, trasformando la Commissione nel governo democratico d´Europa, che risponda pienamente al Parlamento europeo. Noi socialisti siamo pronti a questo dibattito. Abbiamo un leader naturale per la Commissione, Martin Schulz, e stiamo lavorando a un programma ambizioso. Ma le risposte fondamentali che dovremo dare riguardano innanzitutto la situazione drammatica: nei Sud d’ Europa, il quadro economico e sociale è drammatico. La crisi economica è stata solo il punto di partenza di un circolo vizioso che ha provocato una crisi sociale devastante e dal quale si fa fatica ad uscire. La coesione interna all’UE ne ha risentito in maniera significativa ed è proprio alla società, a tutti i cittadini europei che bisogna dare delle risposte rapide e concrete. Le popolazioni dell’Europa si aspettano delle riforme che possano migliorare la loro vita in quelli che sono gli aspetti quotidiani e fondamentali, primo fra tutti il lavoro. La svolta da noi tutti auspicata non potrà mai avere luogo se non si interviene in maniera repentina su tale settore. E’ giunto il momento di investire in ma- Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 niera significativa nella formazione dei lavoratori di domani, iniziando col concedere loro nuove opportunità lavorative. Bisogna quindi dare nuova linfa al settore della cultura e, soprattutto, a quello dell’istruzione e della ricerca. E per fare questo servono risorse. Dobbiamo quindi porre fine all´austerità. So che molte persone pensano che questa sia una risposta troppo facile, ma credo fermamente che quest´approccio dogmatico all´austerità possa spingere l´Europa sull´orlo del disastro. Nonostante l´introduzione dell´austerità, il debito è aumentato e la situazione sociale nel Sud dell´Europa è estremamente precaria. Per la prima volta nella storia contemporanea alcune città italiane sono state colpite dalla deflazione. Combattere l´austerità significa due cose. Primo, è il momento di essere più flessibili con l´implementazione del Patto di Stabilità. L´attuale clausola sugli investimenti prevista dalla Commissione è troppo debole. L´investimento produttivo pubblico non dovrebbe essere preso in considerazione per il calcolo del patto di stabilità. Secondo, dobbiamo riaprire il dibattito sull´introduzione degli Eurobonds. Su questo punto, dobbiamo essere chiari: *Vicepresidente vicario del Parlamento Europeo continua a pag. 19 Competitività e innovazione per il decollo del Sud Europa e Mezzogiorno nella società post-industriale luiGi Mazzella* Quando i fautori della necessità di realizzare l’industrializzazione del Sud dell’Italia a tappe forzate e ravvicinate ebbero il sopravvento – del tutto naturale, peraltro, in considerazione dell’esigenza di quei tempi – la gente meridionale che dall’epoca del Gran Tour aveva in larga parte indossato giacche bianche o nere e cravatte a farfalla capì che era giunto il momento di convertirsi a un diverso abbigliamento: la tuta blu. Un abito, però, che quella popolazione si rese subito conto di non potere indossare dalle sue parti. Era vero, infatti che da Melfi a Gioia Tauro, con fondi della cassa per il Mezzogiorno, si costituivano giganteschi opifici ma era purtroppo altrettanto incontestabile che quelle fabbriche restavano vere e proprie ”cattedrali nel deserto”. Il Meridione industriale non riusciva a decollare. Erano piuttosto i treni della speranza a portare migliaia di calabresi, lucani, campani, siciliani, pugliesi, molisani, abruzzesi nelle città del Nord, dove si consumavano, a causa dell’impatto con una realtà del tutto nuova e sconosciuta, drammi familiari che autori teatrali, sceneggiatori e registi cinematografici portavano sul palcoscenico o sullo schermo. Oggi che la stessa società industriale, tanto agognata dai nostri progenitori, si sta dissolvendo per fare posto alla cosiddetta società dei servizi (finanziari, borsistici, creditizi, bancari, assicurativi, informatici, informativi, di offerta turistica e culturale) nessuno informa gli Italiani del Sud che quello che sta accadendo potrebbe aprire, superata la fase critica del cambiamento, nuove prospettive per loro. Mi spiego meglio. L’Italia, come tutta l’Euro-zona, è al centro di un vero e proprio conflitto epocale. In esso non sono utilizzate armi da fuoco, missili o altro ma incursioni borsistiche-finanziarie (spread, calo improvviso di titoli, bolle creditizie etc.). Esso vede ancora una volta il Polo Anglosassone (Gran Bretagna e Stati Uniti d’America) schierato in posizione contrapposta all’Europa continentale, sia pure con l’intento, benefico, ma ugualmente spietato nei mezzi di esecuzione, di portare l’Euro-zona dall’economia manifatturiera (secondo mondo) alla società post-industriale dei servizi (primo mondo, quello, cioè, dei finanzieri, dei banchieri, dei gestori di assicurazioni, dei tycoon dell’informatica e dell’informazione, dei fornitori di servizi turistici e culturali). In tali circostanze il ricorso da parte dei governanti dei Paesi interessati dal fenomeno alla real-politik è d’obbligo. Non ci si può consentire una lettura, degli eventi e degli accadimenti umani che sia, in qualche modo, ispirata ai desideri, al sogno o all’avversione. Si deve restare ancorati alla secchezza delle analisi, alla fredda lucidità nella diagnosi. Sotto un profilo rigorosamente realistico, appare auspicabile che l’Europa continentale si ponga, più prima che dopo, sulla scia del Polo anglosassone per entrare a far parte del primo mondo della società dei servizi. Di quella parte del Pianeta, cioè, dove la coltivazione nel settore agricolo di beni rurali e la produzione in quello industriale di ma- nufatti sarà ridotta soltanto nel confine dei prodotti di altissima eccellenza, e dove l’imprenditoria dovrà cimentarsi, nella sua stragrande prevalenza, nel campo delle utilità offerte ai cittadini, avvalendosi degli enormi sviluppi dell’altra tecnologia per fornire servizi della più varia natura. In altre parole, sarà necessario favorire una trasformazione radicale della nostra economia, riducendo drasticamente quella reale nei termini oggi esistenti nel polo anglosassone (all’incirca venticinque per cento del totale). In definitiva, quale che sia la volontà effettiva e concreta dei suoi abitanti, il legame psicologico con l’attuale realtà, sembra inevitabile che l’Euro-zona compia quel passaggio e abbandoni il tipo di società che l’ha caratterizzata nel secolo scorso. Il cambiamento, infatti, è oggettivamente conseguenza necessaria di un fatto che prescinde totalmente dai desideri e meno che mai dalle volontà di chi lo deve subire sulla propria pelle. Il fatto è che, spiace dirlo, i prodotti industriali italiani e dell’Euro-zona non sono ormai più competitivi con i manufatti creati in altri Paesi (Indonesia, Serbia, Corea, Cina, India e altri ancora). Non sempre, poi, quei prodotti hanno quei connotati di eccellenza che ne renderebbero impossibile o difficile la loro creazione altrove. E’ sin troppo ovvio che se i prodotti non sono competitivi, o per il loro prezzo contenuto o per la loro eccellenza di fattura, le industrie che li produco*Vicepresidente della Corte Costituzionale continua a pag. 20 Napolitano: la “vista lunga” che manca alla politica europea “Manca oggi - ha di recente notato Helmut Schmidt - “la vista lunga” in troppi leader europei, per insufficiente consapevolezza del declino che minaccia l’Europa. I padri fondatori e costruttori dell’Europa comunitaria non erano solo “impregnati di sentimento tragico della storia”, erano portatori di un’audace e realistica visione del futuro. E questa può darla oggi, ovvero nei prossimi anni, solo una politica che si faccia finalmente europea. Mentre finora in un continente cosi interconnesso come il nostro, la politica è rimasta nazionale, con i suoi fatali limiti e con le sue diffuse degenerazioni” (dal discorso del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano al Parlamento Europeo). Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 3 Due importanti sentenze della Corte di Giustizia in materia fiscale Nuova normativa europea a tutela delle imprese andrea aMatucci* Attraverso l ’o p e r a z i o n e soggettivamente inesistente, l’impresa venditrice (cartiera), che finge di essere costituita ai sensi di legge, non versa allo Stato l’imposta sul valore aggiunto riscossa dall’impresa acquirente (filtro), che invece è effettivamente esistente ai sensi di legge. La Corte di Giustizia, con le sentenze del 21 giugno 2012 e del 31 gennaio 2013, ha dichiarato che la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, datata 28 novembre 2006 e relativa al sistema comune di iva (G.U. L. 347, p. 1), vieta che l’Amministrazione Finanziaria neghi all’impresa acquirente il diritto di detrarre l’iva, senza che la medesima Amministrazione abbia dimostrato che tale impresa sia stata consapevole della natura fittizia dell’impresa venditrice. L’evasione è un comportamento illecito, con il quale il contribuente cela la nascita dell’obbligazione tributaria, mentre l’elusione è un comportamento lecito, con il quale egli evita che nasca l’obbligazione tributaria, ponendo in essere una situazione di fatto diversa da quella prevista dalla legge, ma che consenta di conseguire lo stesso risultato attraverso percorsi più complessi, ma non espressamente previsti dalla legge. L’operazione, considerata dalla Corte di Giustizia, costituisce non elusione, né evasione, come invece ritiene la medesima Corte, bensì un comportamento intermedio, che si avvicina maggiormente all’evasione, e perciò è illecito. Attraverso tale operazione oggettivamente inesistente, l’impresa venditrice, che finge di aver acquistato un bene da altra con sede in diverso Paese membro, simula la cessione dello stesso bene ad altra impresa, trattiene l’iva da questa ri- 4 scossa e scompare. La Corte di Giustizia su queste basi ha dichiarato che la citata direttiva 2006/112 impone all’Amministrazione Finanziaria di riconoscere il diritto di detrazione dell’iva all’impresa acquirente, se la stessa Amministrazione non dimostri che tale impresa era consapevole o connivente. A ragione la Corte di Giustizia attribuisce all’Amministrazione Finanziaria l’onere della prova dell’avvenuta connivenza da parte dell’impresa acquirente e non a questa ultima l’onere della prova, spesso diabolica, della mancata connivenza. L’impresa acquirente, in genere, non riesce, infatti, a fornire tale prova, mentre l’Amministrazione Finanziaria dispone di mezzi idonei per accertare se l’impresa venditrice è fittizia. Il notevole contributo, apportato dalla Corte di Giustizia, con le sentenze del 21 giugno 2012 e del 31 gennaio 2013, consiste nell’avere interpretato la direttiva 2006/112, stabilendo che essa pone l’onere della prova dell’esistenza di connivenza sull’Amministrazione Finanziaria. Deve considerarsi che, sulla base di un principio generale degli ordinamenti nazionali, l’onere della prova spetta, in assenza di previsione legislativa contraria, all’Amministrazione Finanziaria e che sul contribuente grava l’onere di dimostrare il contrario, cioè l’infondatezza della motivazione dell’atto amministrativo. L’impresa acquirente, infatti, non è in grado di svolgere indagini preliminari nei confronti dell’impresa venditrice, al fine di verificare se questa disponga di un’ effettiva autonoma organizzazione e se abbia presentato la dichiarazione iva e versato la stessa imposta riscossa a titolo di rivalsa nelle precedenti operazioni o, se, l’impresa venditrice, che ha emesso la fattura, abbia organizzato un’operazione fittizia. Si tratta di prove di difficile o impossibile assunzione, specialmente per le imprese acquirenti collocate nel Mezzogiorno di Italia o in altre aree simili d’Europa. Attribuendo, pertanto, l’onere della prova dall’Amministrazione Finanziaria all’impresa acquirente, significa negare il diritto di detrazione a tale impresa, non Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 in grado di dimostrare di essere stata inconsapevole, o impossibilitata ad esserlo, della frode. La Corte di Giustizia non si esprime sull’ammissibilità di presunzioni semplici, le quali non sono sufficienti. Bisogna che la prova sia certa ed incontrovertibile. Soltanto la prova contraria spetta al contribuente. L’unico indizio è rappresentato dal prezzo eccessivamente contenuto del bene. Ma l’impresa cedente non ha interesse ad eccedere per non trasferire gran parte del beneficio della frode all’impresa acquirente. Tuttavia, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare che il prezzo sia effettivamente inferiore a quello di mercato e che tale riduzione non sia giustificata dalle specifiche regole di mercato che riguardano il particolare bene.Soltanto se tale Amministrazione riesce a venire in possesso di documenti dai quali risulta che era consapevole l’impresa acquirente, questa deve considerarsi connivente e perciò partecipe alla frode. Pertanto, correttamente la Corte di Giustizia stabilisce che la direttiva 2006/112 vieta che un Paese membro neghi il diritto a detrazione dell’iva, senza che l’Amministrazione Finanziaria abbia dimostrato preliminarmente che tale soggetto passivo era connivente o sapeva o poteva sapere che l’operazione rientrava in un disegno illecito. E’ incompatibile, quindi, con la direttiva 2006/112, correttamente interpretata dalla Corte di Giustizia, la prassi in base alla quale in Italia si trasferiva comunque sul soggetto passivo, che ha acquistato il bene o utilizzato il servizio, l’onere di tale prova. Solo pervenendo a tali conclusioni, la direttiva è interpretata alla luce dei principi, contenuti nel Trattato istitutivo dell’U.E., dell’effetto utile, del legittimo affidamento, della neutralità fiscale e della tutela delle imprese in buona fede, specie se operanti in aree meno sviluppate, quale il Mezzogiorno, evitando che versino una seconda volta l’iva. *Professore emerito di Diritto finanziario nell’Università Federico II di Napoli Presidente del Comitato scientifico dell’Associazione Guido Dorso Qualche spunto per riprendere il cammino Dall’Europa-fortezza all’Europa-comunità antonio iodice* Le scadenze elettorali sono spesso l’occasione per valutare lo stato di salute di una democrazia. In questo senso, le elezioni europee del prossimo maggio non sfuggono a tale regola non scritta, dal momento che rappresentano un significativo banco di prova per la tenuta del percorso europeista, oggetto di un attacco concentrico da parte di un’ondata di euroscetticismo comune a molti Stati. Non a caso, un paio di mesi fa il prestigioso «The Economist» dedicò la sua copertina all’avanzata delle forze anti-europee nel Vecchio Continente, suggerendo un paragone con il Tea Party statunitense, che a un certo punto sembrava capace di mettere in ambasce persino Obama. Il settimo rinnovo del Parlamento Europeo giunge in un contesto molto difficile, per lo specifico italiano. L’ondata di euroscetticismo, le invettive populistiche e il sentimento anti-europeo producono un intreccio tra governabilità “confuse” dei Paesi membri – con l’Italia in prima fila – e le oggettive difficoltà dell’Unione Europea, appesantita dalla crisi globale - accentuata dalla finanziarizzazione dell'economia - e sofferente per l'incapacità, da parte della politica (e dell'etica!), di assumersi quelle responsabilità e quelle decisioni che le competono dalla nascita dello Stato moderno. In un contesto del genere - innegabilmente a tinte fosche - si situa la vicenda dell'Euro, che merita un minimo di chiarezza, per evitare superficiali rappresentazioni. Il percorso di avvicinamento all'Euro, che accelerò sensibilmente dopo il Trattato di Maastricht e si concretizzò con l'adozione della nuova moneta continentale nel 2002, si caratterizzò per un consenso bipartisan seguito con interesse anche da Paesi di altre regioni geo-politiche, come il Maghreb e l'ASEAN. Una volta esordito sulla scena economica mondiale, inoltre, l'Euro produsse buone performance, almeno fino alla crisi del 2007-'08, dopo la quale sono emersi alcuni nodi strutturali che hanno riguardato in particolare determinati Paesi europei, gli stessi che univano crisi finanziaria e crisi politica. A ciò si aggiunga un arricchimento del panorama economico internazionale, con le economie asiatiche in continua crescita e fortemente sbilanciate in favore di produzione ed esportazione (in attesa che il loro rispettivo mercato interno raggiunga livelli notevoli). All'interno di uno scenario del genere, l'Italia si trova in un punto delicato della propria transizione. Alcuni segnali - che vanno al di là dell'ottimismo e della speranza in un certo senso “dovuti” - sembrano indicare sviluppi in controtendenza rispetto all'ultimo decennio di produttività decrescente. I dati Eurostat e Fondo Monetario Internazionale attestano per il 2014 un +3,9% di crescita del PIL italiano, che porterebbe il nostro Paese - mirabile dictu - tra le posizioni di testa della corrispondente classifica. D'altronde le stime sulla disoccupazione sono molto meno confortanti: a fronte di un tasso Usa del 6,7% di disoccupati, l'Europa ha il 12% di senza lavoro, mentre l'Italia supera il 13%. Senza dimenticare, inoltre, che la disoccupazione italiana non è uniforme né anagraficamente né geograficamente, essendo polarizzata nelle regioni meridionali e tra i giovani (presso i quali ha livelli oggettivamente allarmanti). La “questione europea” viene spesso affrontata di pancia, con un antieuropeismo che assume tutti i suddetti motivi di malcontento per l'attuale congiuntura economica e la crisi della rappresentanza politica. A esso viene contrapposto un euro-ottimismo di matrice prettamente istituzionale, più formale che convincente, tale di sicuro da non scaldare il cuore della popolazione. Il nostro lavoro, al contrario, ci impone un'analisi più serena e approfondita, che suggerisce una prima domanda, da rivolgere agli euro-scettici. Cosa imputiamo all'Unione Europea? Forse la crisi economica? Forse le difficoltà politiche italiane? Forse la minore competitività - rispetto al passato - dei comparti produttivi del nostro Paese? Forse i conti pubblici sempre in rosso, a causa (anche) di inveterati sprechi, di una scarsa razionalità nelle scelte economiche e dell'abitudine a vivere l'oggi senza preoccuparsi delle generazioni che verranno? Quando l'Euro viveva i suoi momenti di gloria, dotando il continente di una moneta forte - capace di non arrossire al confronto con i più importanti coni nazionali - dove erano gli euro-scettici e con quali frecce armavano il loro arco? Sia chiaro: non è nostro costume nascondere i problemi e silenziare le lacune del percorso europeo. Proviamo, anzi, a elencarne le più evidenti: l'armonizzazione delle politiche valutarie e fiscali; il completamento dell'assetto istituzionale (riconoscendo primazia agli organi eletti dai cittadini); l'effettiva valorizzazione di quegli enti consultivi che la governance europea prevede (almeno sulla carta); la votazione di un “vero” testo costituzionale, intorno al quale ogni individuo possa fortificare la sua identità di cittadino europeo; la previsione di policy di aiuto in favore di quei Paesi membri afflitti da deficit economici strutturali e non dovuti a recente imperizia della propria classe dirigente; l'impegno per la costruzione di un'Europa che persegua la mission di “più occupazione” e “più crescita” per l'intero continente. Lo scorso 7 febbraio, dalle pagine di «Repubblica», il filosofo politico Jürgen Habermas ha offerto interessanti considerazioni sullo stato della democrazia *Presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” continua a pag. 19 Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 5 Avviare l’edificazione di una Unione dei popoli e della civiltà L’Europa dello spirito per dar vita ad una Unione comune SerGio zoPPi* Negli anni oscuri del secondo conflitto mondiale, lo storico inglese Christopher H. Dawson (18891970) scriveva: «Oggi tutti si rendono conto della necessità d’un ordine europeo e il problema vero non è se l’Europa debba sottostare a un’egemonia tedesca o anglo-americana o russa, ma se l’Europa debba essere organizzata in forma d’un impero militare totalitario, oppure in forma di libera federazione democratica. Soltanto nel secondo caso si potrà armonizzare il principio dell’autonomia nazionale con quello d’una unità più ampia dotata d’una cultura comune e d’una comune tradizione storica in misura tale che ne possa nascere un vero senso di solidarietà quale la Lega delle Nazioni è incapace di creare. Un’unità europea di questo genere sarebbe in grado di collaborare con le altre federazioni mondiali – quali la Commonwealth britannica, gli Stati Uniti d’America, l’Unione Sovietica, l’America Latina, l’India, la Cina, – come membro costitutivo d’un ordine federale mondiale». Sempre nelle ultime pagine del suo agile e denso libro pubblicato a Londra tra il 1942 e il 1943, precisava, invocando la forza e la primazia dello spirito: «La conciliazione delle nazioni si raggiungerà soltanto su d’un piano ben più profondo di quello dell’interesse economico e del potere politico perché è compito essenzialmente spirituale, che richiede una visione spirituale, la fede, e una volontà spirituale, la carità. Oggi vediamo qual sorte tocchi a un mondo in cui l’odio diventa la forza motrice che spinge l’immensa macchina statale costruita dall’organizzazione scientifica moderna. In confronto con 6 questo male, tutte le differenze di partito, di classe, di nazionalità, di razza perdono ogni significato e perfino i mali della guerra attuale, per quanto terribili e immensi, non sono che i segni esterni e visibili del “mistero d’arbitrio senza legge” ch’è all’opera nel mondo d’oggi» (Il giudizio delle nazioni, Bompiani, Milano 1946, pp. 171 e 175). Da allora lunghi passi sono stati realizzati verso mete ritenute dai più irraggiungibili. Le guerre totalitarie hanno cessato d’insanguinare l’Europa, con la costruzione di un’Unione che, pur tra tante comprensibili difficoltà, procede nel suo cammino allargandosi dall’economia alla politica. Va reso onore ai parlamenti e ai governi che hanno ideato, voluto e realizzato tanti progressivi, mirabili traguardi e ai popoli che li hanno assecondati e, sia pure attraverso gruppi minoritari, stimolati. Non so, tenendo sotto gli occhi la domanda posta anche a me da «Politica meridionalista-Civiltà d’Europa», quali possano essere oggi le maggiori attese da parte delle popolazioni dell’Unione, in anni caratterizzati da una crisi finanziaria, produttiva e sociale di forte e amara intensità. Personalmente credo che per l’intera Europa e quindi anche, vorrei dire soprattutto, per il Mezzogiorno mediterraneo, il cammino dell’integrazione non consenta alternative, convincendo gli europei della bontà dell’obiettivo da perseguire, affinché il continente si affermi come potenza globale, con capacità di agire forte, di una larga partecipazione democratica. Purché nel ricercare con impegno e generosità il raggiungimento di nuovi obiettivi sicuramente vitali (penso al rafforzamento dei poteri della Banca europea, al consolidamento delle politiche fiscali e a una politica estera realmente comune) non si dimentichi la lezione di Dawson, convinto che solo lo stare insieme uniti e distinti: «possa conciliare la libertà nazionale e l’autonomia culturale dei popoli europei occidentali con la tradizione dell’unità europea e con i bisogni dell’ordine mondiale» (ibidem, p. 170). Pur a distanza di decenni e di fronte a sfide allora neppure immaginabili, questa è politica nel suo significato nobile e alto: lo aveva ben intuito Alcide De Gasperi, protagonista primario nell’avviare l’edificazione dell’Europa dei popoli, della civiltà e del progresso. All’interno di questa visione, se condivisa, spetta oggi ai cittadini incalzare parlamenti e governi, prendere posizione con gli organi di informazione, impegnando ciascun elettore a esigere, invertendo consolidate tradizioni, che, a partire dall’Italia, solo i migliori tra i migliori, fra coloro che praticano la politica, vadano a rappresentare i popoli nelle sedi europee. *Link Campus University of Malta-Roma già Presidente del Formez Una identità sovranazionale con 28 voci L’Italia è uno dei sei Paesi, insieme al Belgio, alla Francia, alla Germania, al Lussemburgo e all’Olanda, che nel 1957 fondarono a Roma, in Campidoglio, l’Unione europea. Da allora a oggi gli Stati membri sono diventati 28 (l’ultimo ad aderire, nel luglio scorso, la Croazia). Di questi, 17 compongono l’Eurozona, l’area dell’Unione che dal gennaio 2012 ha scelto la moneta unica, l’euro. L’Unione è una organizzazione di carattere sovranazionale sui generis: lo è per quanto riguarda gli affari monetari e le politiche ambientali, non lo è per il regime fiscale. Dal 2004 ha una sua Costituzione. Nel 2012 all’Unione europea è stato assegnato il premio Nobel per la pace. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 L’Europa e il Mediterraneo nel medioevo della globalizzazione Verso un nuovo rapporto tra banche e imprese antonio corvino* Il tempo che stiamo vivendo, il MEDIOEVO della Globalizzazione, è anche il tempo della grande mutazione. Mutazione dei paradigmi della convivenza e della composizione sociale, mutazione dei paradigmi della organizzazione economica, della struttura finanziaria, della struttura ed evoluzione culturale, degli strumenti della comunicazione in tutti i suoi gradi e livelli. Mutazione dei paradigmi di formazione stessa del pensiero sempre più dominato dall'intreccio tra plurimillenaria cultura collettiva e sapere consapevole, ma soprattutto inconsapevole, individuale. Dare un senso e una direzione storicamente positiva ed orientata verso il recupero della dimensione umana, mettendo al centro le aspirazioni, i desideri, i bisogni, la volontà dell'uomo è l’impegno che ci aspetta. Ciò significa anche esprimere il dissenso rispetto a quanto avviene intorno a noi evitando di nascondersi dietro facili alibi e deresponsabilizzanti generalizzazioni. E’ aberrante il continuo tentativo di mistificare la realtà con la quotidiana somministrazione di dichiarazioni di ottimismo circa la ripresa dietro l'angolo, inutili e non richieste professioni di orgogli nazionali fuori luogo, l’ostentazione di fideistici atteggiamenti verso assurde presunte e scandalosamente persistenti verità di partiti ormai ingoiati dalla storia, la disseminazione di qualunquismi spaventosi che alla fine si traducono in una generalizzata sollecitazione a fidarsi e ad affidarsi. Vedrete... Per ribellarsi, andare verso il nuovo, ciascuno dovrà esercitarsi a ritrovare il senso del limite e della misura, enunciati da Camus come prerogative dei popoli del Mediterraneo. Sul fronte sociale esiste in Italia, così come in tutti i paesi dell’Europa mediterranea, un esercito di giovani (quantificati nel nostro paese in oltre 13 milioni) tra i 30 e 45 anni che si è assunto, più o meno consapevolmente, l’onere di tenere a galla il proprio paese. Negli studi professionali, negli uffici, nelle scuole, nelle università, negli istituti di ricerca, in larghe componenti del sistema economico. Si tratta di intere generazioni di giovani che rischiano di essere sacrificate sull’altare del cosiddetto risanamento finanziario. Ad essi è stato chiesto di sopportare il carico di interi paesi facendoli andare avanti in un regime di assoluta precarietà con salari che conducono alla povertà, alla rinuncia a procreare e all’assenza di qualsiasi prospettiva. E tuttavia essi rappresentano la vera risorsa da cui ripartire liberando le infinite energie e le straordinarie eccellenze che vi si nascondono. In tale prospettiva, va rifiutata, sul fronte economico, l'assurda presunzione di far passare come necessario e ineluttabile il fallimento del sistema produttivo che ci circonda e che ci riguarda come prezzo dovuto sull'altare della globalizzazione che, però, ci fa sentire uguali in tutto il mondo, salvo a garantire la sopravvivenza di caste privilegiate e intoccabili. E’ altresì indispensabile riconsiderare gli attuali equilibri europei che considerano sovversivo e irresponsabile mettere in discussione il fiscal compact, il livello del rapporto percentuale tra Pil e deficit, non sia mai il livello del debito pubblico, nel mentre si esercitano tutti a convincerci che la colpa è nostra perché abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi, come cicale che non hanno saputo essere competitive al punto giusto, e nel contempo provano a farci sentire in colpa se mettiamo in dubbio i meccanismi che governano l'Euro e le decisioni europee che strangolano le economie del Mediterraneo e arricchiscono le economie del nord Europa, virtuose, competitive, legate al sogno europeo. Se i governi dell’Europa mediterranea cercassero una seria alleanza per demistificare tutte queste assurdità e, per esempio, pretendessero dall'Europa e da chi la domina, di unificare le economie europee e mediterranee sul versante dei debiti, dei monopoli (vedi le reti, la logistica, l'energia, le banche), dell'Euro e del suo rapporto di cambio sui mercati mondiali, sulla fiscalità, sui servizi sociali, sul lavoro, sui capitali, allora sì, sarebbe possibile ricostruire il consenso intorno all’azione dei singoli governi. Allora sì avrebbe senso chiedere e imporre sacrifici perché significherebbe mostrare una prospettiva, indicare una strategia di ricostruzione dell'Europa e del consorzio umano civile degli stati che la compongono. Significherebbe dare un senso al processo di mutazione che stiamo vivendo e indicare la direzione per superare in maniera positiva e creativa il medioevo della globalizzazione puntando agli orizzonti di un nuovo rinascimento proteso verso l'uomo e l'umanità. In un approccio così definito potranno ritrovare vigore ed entusiasmo l’Italia che funziona (ma anche la Spagna, la Grecia, il Mediterraneo … ). Il rischio di desertificazione umana e imprenditoriale che incombe sul nostro Paese, e soprattutto sul Mezzogiorno d’Italia (ma anche negli altri paesi mediterranei) potrà essere scongiurato e, anzi, definitivamente annullato. In particolare per quanto riguarda l’Italia, così come c’è un esercito di giovani che la sostiene, esiste una componente che funziona anche fra le imprese. Certo parliamo di eccellenze che sono ancora eccezioni, e che tuttavia non sono poche. E che, soprattutto, possono diventare termine di confronto per il resto del sistema produttivo e per il resto del Paese. Secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio Banche-Imprese il 12% delle imprese italiane rientra in questa categoria. Esse hanno una organizzazione efficiente, investono, esportano, innovano, hanno una strut*Direttore generale Osservatorio Banche-Imprese continua a pag. 18 Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 7 A Palazzo Giustiniani la consegna dei Al Senato premiati gli amb La Targa del Presidente della Repubblica Nap Con l’intervento del vice presidente della Corte Costituzionale, Luigi Mazzella, e degli esponenti del mondo politico, istituzionale e culturale sono stati consegnati al Senato della Repubblica, presso la sala Zuccari di palazzo Giustiniani, i premi “Guido Dorso”, promossi dall’omonima associazione presieduta da Nicola Squitieri. L’iniziativa - patrocinata dal Senato della Repubblica e dall’Università degli studi di Napoli “Federico II” - segnala dal 1970 contestualmente giovani studiosi del nostro Mezzogiorno e personalità del mondo istituzionale, economico, scientifico e culturale che “hanno contribuito con la loro attività a sostenere le esigenze di sviluppo e di progresso del Sud”. Destinatari quest’anno per le varie sezioni della 34° edizione sono stati: Giorgio Santacroce, primo presidente della Corte di Cassazione; Valerio Capolupo, comandante generale della Guardia di Finanza (istituzioni); Serafino Gatti, professore ordinario all’Università La Sapienza (economia); Rosanna Purchia, soprintendente del teatro San Carlo (cultura); Daniele Malfitana, direttore dell’istituto per i beni archeologici e monumentali del Cnr di Catania (ricerca); Matteo Palumbo, professore ordinario all’Università di Napoli Federico II (università); Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno (giornalismo); Gabriele Spina, direttore del progetto “ReAzioni: il lessico del fare società” Consorzio cooperative sociali “Il Nodo” di Catania (sezione ordinaria) La targa del presidente della Repubblica Napolitano, destinata ad una istitu- zione che opera per il Mezzogiorno, è stata quest’anno assegnata all’Accademia di Belle Arti di Napoli, presieduta da Sergio Sciarelli. Una menzione speciale è stata, infine, conferita alla memoria del prof. Vincenzo Patalano, prorettore vicario della Federico II dal 2001 al 2010. Il riconoscimento è stato ritirato dalla figlia del Professor Patalano, Alessandra (nella foto). La figura dell’insigne docente e giurista è stata ricordata dall’ex rettore della Federico II, Guido Trombetti (nel- la foto), vice presidente della Regione Campania e assessore alla Ricerca e all’Università. La commissione giudicatrice era composta da Andrea Amatucci, presidente del comitato scientifico dell’associazione Dorso; Massimo Marrelli, rettore dell’università di Napoli “Federico II”; Luigi Nicolais, presidente del Cnr e Nicola Squitieri, presidente dell’associazione Dorso. Messaggi di adesione sono stati inviati dal presidente della Repubblica, Napolitano e dal presidente del Senato,Grasso. 8 Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 Nell’albo d’onore dei vincitori del “Guido Dorso” figurano alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo delle istituzioni, della ricerca, dell’economia e della cultura: da Giovanni Leone a Giorgio Napolitano; da Renato Dulbecco a Franco Modigliani; da Antonio Marzano a Pietro Grasso; da Pasquale Saraceno a Francesco Paolo Casavola; da Antonio D’Amato a Dominick Salvatore. Il premio Dorso consiste in un’artistica opera in bronzo creata, in esclusiva, dallo scultore Giuseppe Pirozzi. Nelle pagine che seguono le foto e le dichiarazioni dei premiati raccolte dalla nostra Chiara Licenziati. i Premi Guido Dorso - XXXIV edizione basciatori del Mezzogiorno politano all’Accademia di Belle Arti di Napoli Giorgio Santacroce Valerio Capolupo Serafino Gatti Primo Presidente della Corte di Cassazione Comandante Generale Guardia di FInanza Professore ordinario - Università La Sapienza Il nostro lavoro al di fuori di ogni protagonismo L’impegno della GdF per educare i giovani alla legalità La voglia di riscatto in Usa dei nostri emigranti Nei quasi cinquant'anni di attività svolta al servizio delle istituzioni, mi sono sforzato di esprimere la radice profonda del mestiere di giudice, o per lo meno di mostrare come ho sempre inteso questo mestiere, al di fuori di ogni formalismo e orgoglio di casta, di ogni protagonismo esteriorizzato, dell'intanamento dietro i privilegi dell'incarico ricoperto, di ogni facile compromesso e collateralismo politico. Restare autorevolmente ma umilmente al proprio posto, rispettando la specificità della funzione esercitata, è stato e continuerà ad essere il leitmotiv della mia vita professionale e del mio atteggiamento fuori dal lavoro, a testa alta e col cuore acceso. La giustizia non è solo questione di codici e di procedure, è anche, anzi è fondamentalmente, questione di giudici e dell'ethos che portano con sé. Senza osservare questa elementare regola di condotta avrei finito per scolorire la toga che indosso. Per un irpino fortemente legato alla sua terra come me, ricevere il Premio Dorso è motivo di grande orgoglio. Nell'approfondire il pensiero di Guido Dorso, avvocato, giornalista e professore, ho ritrovato idee e valori che ho sempre cercato di fare miei. Cerco di assolvere il mio lavoro con grande amore, con alto senso istituzionale e dello Stato, con assoluta devozione nei confronti dei diritti dei cittadini, in un momento in cui il nostro ruolo di finanzieri è davvero complesso. Attualmente stiamo cercando di educare i ragazzi alla giustizia, lavorando nelle scuole della Sicilia e della Calabria, dove la legalità è un concetto aleatorio o quanto meno elastico; ma sono ottimista e fiducioso, perchè ho potuto registrare, da parte soprattutto dei giovani, uno straordinario desiderio che il Sud cresca davvero, una voglia di legalità e di trasparenza. Cominciando proprio dalle scuole elementari, il nostro obiettivo è insegnare che il rispetto delle norme è il presupposto fondamentale della democrazia e dello sviluppo del Paese. Negli Stati Uniti, dove ho studiato il sistema cooperativo sia nel settore agricolo che in quello del credito, ho conosciuto un grande storico dell'economia, Ira Glazier, che è stato il massimo studioso americano dell'immigrazione in America. Vedendo il suo lavoro mi sono appassionato al tema dell'emigrazione italiana negli USA, un fenomeno di dimensioni gigantesche; ben 26 milioni di italiani attraversarono l'oceano per andare a lavorare nelle costruzioni, nelle strade ferrate o nelle miniere. Venivano dalle parti più povere del nostro Paese, spesso avevano venduto lenzuola, materassi e povere suppellettili per comprare il "biglietto di passaggio marittimo", in molti casi non avevano mai visto il mare, non sapevano leggere ne scrivere; secondo il censimento del 1901 infatti il 63% degli italiani era analfabeta. Lavorarono tutti molto accanitamente, e pian piano misero da parte anche qualche piccola somma che li affrancò dai lavori più duri. Molti cominciarono allora a girare col carrettino vendendo frutta, verdura, latticini, come si faceva nel loro paese. E ancora oggi in questi settori merceologici, specie nella East Coast, abbiamo grossi imprenditori che si chiamano Caruso, Palumbo, Esposito, Luongo. Ciò che accomunò tutti i nostri emigranti fu la voglia di riscatto. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 9 A Palazzo Giustiniani la consegna dei Al Senato premiati gli amb La Targa del Presidente della Repubblica Nap Rosanna Purchia Daniele Malfitana Matteo Palumbo Soprintendente Teatro San Carlo di Napoli Direttore Istituto CNR di Catania Professore ordinario - Università Federico II Il riscatto parta dal Sud nel ricordo di Dorso Occorre sempre più coordinare la ricerca Costruire un altro Mezzogiorno Mai come in questo momento così complicato e oscuro del nostro Paese, le parole che un grande uomo come Dorso scrisse nel 1925 sono attuali e scolpite nella pietra: "Il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà". Dobbiamo riuscire, noi meridionali, a riscattarci dalla nostra stessa incapacità di prendere il meglio dei nostri figli. Le lavoratrici e i lavoratori del Teatro San Carlo, ai quali dedico questo riconoscimento, sono per il 90% un'eccellenza meridionale, un'eccellenza della nostra terra che vuole vivere in qualità di istituzione nel proprio territorio e uscire per guardare al mondo. La nostra fondazione lirico-sinfonica ha toccato con le sue tournée quattro continenti tra il 2012 e il 2013 e vanta bilanci in pareggio negli ultimi cinque anni; e questo è frutto di una tenace volontà di andare avanti, affrontando anche chi rema contro. Sono convinta che fino a quando il San Carlo farà musica dentro e fuori le proprie mura ci sarà speranza per Napoli e per il mondo. La ricerca costituisce l'asse portante e l'ingranaggio principale della vita e della cultura del nostro Paese. Lo stesso Presidente della Repubblica Napolitano esorta continuamente le istituzioni e la società ad investire su di essa. Occupandomi di ricerca applicata al patrimonio archeologico e monumentale nel Meridione d'italia, ho potuto constatare che il problema principale di questa nostra terra, così ricca di testimonianze, non è tanto la mancanza di risorse, quanto piuttosto l'assenza di coordinamento. Se riuscissimo a realizzare un sano, efficace e virtuoso collegamento tra le varie strutture e gli operatori attivi sul territorio, allora forse potremmo portare dei significativi cambiamenti anche nel modo di operare e di pensare, anche nel settore della ricerca, raggiungendo una di quelle occasioni storiche di cui Guido Dorso parlava, e valorizzando nel modo più proficuo le eccellenze del nostro territorio. C'è bisogno di elaborare un linguaggio comune che parli alla gente e faccia comprendere il senso e l'importanza della ricerca anche nel nostro settore. Abbiamo deciso di mettere a disposizione le competenze, i laboratori e le professionalità di tanti, nelle due emergenze meridionali più importanti e straordinarie, Pompei ed Ercolano. Questo premio rappresenta per me un punto di partenza; bisognerà ricominciare da zero a lavorare perchè una serie di passioni vitali, di stimoli, restino presenti e vivi, e aiutino a uscire fuori dalla melma delle passioni tristi che sono quelle che ci mangiano la vita, ci corrodono l'esistenza. Bisogna ricominciare da capo. Questo significa andare al di là delle difficoltà, della mancanza di finanziamenti, al di là della crisi strutturale delle istituzioni, per provare ad inventarsi giorno per giorno una vita altra; e lo possiamo fare solo cercando di fare il nostro mestiere nel modo migliore, accarezzando quelle passioni che danno calore alle nostre giornate. Se giorno per giorno proveremo ad abitare il nostro tempo, forse riusciremo anche a inventarci e a costruirci un mondo nuovo e quindi anche un Sud altro rispetto a quello che abbiamo davanti. 10 Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 i Premi Guido Dorso - XXXIV edizione basciatori del Mezzogiorno politano all’Accademia di Belle Arti di Napoli Marco Demarco Gabriele Spina Sergio Sciarelli Direttore del Corriere del Mezzogiorno Direttore del Progetto “ReAzioni” - Catania Presidente Accademia di Belle Arti - Napoli Napoli sempre alla ricerca di una sua reale identità Investire al Sud nell’infanzia per aumentare il Pil Un ambito riconoscimento alla grande cultura di Napoli Bagnoli, il quartiere dove sono nato, credo sia in qualche misura la metonimia del Sud: la parte per il tutto, lì dove tutto si spiega e nulla probabilmente si risolve. In questa parte della città, il sindaco Nicola Amore immaginò la città-albergo, poco dopo Saverio Nitti immaginò invece la città-industria; ora non c'è ne l'una ne l'altra. Quando nel 1997 ho fondato il "Corriere del Mezzogiorno" la mia scommessa era superare la Pimentel Fonseca con i suoi 44 numeri del "Monitore Napoletano". Ho battuto questo record, eppure, dopo sedici anni al Corriere, non ho capito ancora il mistero del Sud, o meglio il mistero di Napoli. E la mia domanda è la stessa che un secolo fa Antonio Renda pose ad una trentina di interlocutori tra gli intellettuali del tempo, tra cui Lombroso e Salvemini: "Perchè il Mezzogiorno è così? Perchè Napoli è così? Perchè è tanto lontana dal Nord?". Una delle risposte più ricorrenti che gli pervennero era quella che alludeva a questioni antropologiche, quella di Lombroso, ma anche di tanti altri. Ciò che mi colpisce è che, dopo tanti anni, la spiegazione antropologica, sulla diversità cioè dei meridionali, ritorna ancora. Siamo dunque diversi? Sono convinto di no. La motivazione più alta è quella di Croce che afferma che, anche se fossimo diversi, dobbiamo credere che così non è, perchè altrimenti entreremmo in un determinismo senza via d'uscita. La valenza strutturale del nostro progetto consiste nell'essere riusciti, in una terra come la Sicilia, carica di individualismi, a creare una rete forte di enti pubblici e privati che per due anni hanno lavorato insieme in grandissima sinergia e che tutt'oggi, finito il progetto, continuano a pianificare, progettare e portare avanti progetti. In questo momento il consorzio "Il Nodo" è impegnato in un lavoro di ricerca che permetta di individuare i fattori di appetibilità sociale di alcuni valori da trasmettere e far accogliere ai giovani a rischio di devianza; valori come l'istruzione, la cultura, con cui spesso le politiche sociali e il mondo della cultura falliscono; questo perchè molte volte nell'intervento sociale immettiamo un valore che non viene riconosciuto. I riferimenti di un ragazzo possono risultare diversi dai nostri, per cui molte volte noi gli parliamo di onore, di giustizia ma ci ritroviamo su piani differenti. James Heckman, premio Nobel 2000 per l'economia, professore alla Yale University, ha creato l'equazione Heckman che descrive come l'investire somme ingenti di denaro nella primissima infanzia e nell'adolescenza aumenti il PIL di una comunità. Ed è proprio su questa linea che intendiamo proseguire. Napoli sta vivendo una stagione di grande tristezza, nella quale dovrebbero essere un po' più frequenti le note liete, come lo sono il San Carlo e il Corriere del Mezzogiorno. Il premio di Napolitano all'Accademia di Belle Arti di Napoli è in sostanza un segno di riconoscimento anche alla città nel campo culturale e della formazione, perchè un'istituzione di tanta tradizione, ubicata in un edificio monumentale con un patrimonio artistico così ricco, meriterebbe di essere messa nella massima visibilità nei confronti della città, come uno degli elementi di eccellenza che possono lenire un po' quel senso di amarezza che oggi ci pervade come cittadini napoletani. Forse il mondo delle Accademie di Belle Arti d'Italia non è conosciuto per il suo reale valore. Esse sono università del sapere e del fare, università molto particolari, che offrono alta formazione artistica e musicale; sono fucine non soltanto di artisti, ma anche di professionisti di elevata qualità, di sperimentatori e ricercatori; sono dei mondi che vanno conosciuti meglio e vanno anche appoggiati meglio politicamente; dal 1999 le accademie aspettano il regolamento di attuazione della legge che le inserisce nel settore universitario. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 11 Una visione strategica in sintonia con l’Europa Occorre fare squadra per salvare il patrimonio culturale del Sud daniele Malfitana* I numerosi appelli lanciati proprio in questi ultimi mesi dalla comunità scientifica, nazionale ed internazionale, sull’esigenza di “investire in cultura”, “investire in ricerca”, “investire sul capitale umano”, offrono un segnale evidente di quanto sia necessario e non più procrastinabile intraprendere un reale percorso di innovazione, culturale ed occupazionale. Il patrimonio culturale, materiale ed immateriale, dell’Italia meridionale non può, tuttavia, assumere un ruolo determinante e strategico di crescita, se, da subito, il nostro Governo non si affretta a cogliere le potenzialità di un reale investimento nella ricerca, nella consapevolezza dei risultati di eccellenza che questo porterebbe se solo le centinaia di giovani (e non) ricercatori, attivi nelle università e nei centri di ricerca presenti in Italia meridionale e Sicilia, fossero incentivate e meglio supportate. Che questa possa rivelarsi una strategia vincente sembra sia stato già recepito da alcuni regioni (Basilicata, Puglia, ed in certa misura anche la Sicilia) che, nell’arco di questo ultimo quinquennio hanno provato (nell’utilizzare le risorse 2007-2013) a pianificare la propria attività di programmazione strategica in stretta sinergia con Università e Istituti di ricerca che operano nel territorio. Gli accordi di collaborazione scientifica e di ricerca già siglati con i più qualificati Centri di Ricerca (cito soprattutto il Consiglio Nazionale delle Ricerche) hanno dato avvio ad attività i cui risultati sono immediatamente spendibili sul territorio, sia in termini di prodotti di conoscenza, che in termini “occupazionali”. Questo perché la ricerca, anche quella sui beni culturali su cui grava ancora qualche pregiudizio, può davvero consentire di cogliere problemi e disegnare linee di intervento sulle quali articolare 12 nuovi percorsi di crescita e sviluppo. Tutto ciò, a patto, però, che i diversi attori, non solo quelli che operano nel settore dei beni culturali, si mettano a dialogare. Cito come esempio più diretto, perché è il settore in cui sono impegnato in prima persona, quello dell’archeologia. Tutti noi sappiamo oggi che non è più possibile procrastinare il dialogo tra le diverse archeologie (preistorica, classica, medievale, ma anche industriale, moderna e contemporanea, scaturite dalle ricerche di archeologia urbana che tanto hanno contribuito alla conoscenza delle nostre città) e le multiformi conoscenze che ruotano attorno ad esse: è solo da questo dialogo che sarà possibile individuare strategie adeguate per restituire un senso ai luoghi, trasformando in risorse attive tutte le testimonianze, passate e moderne che ci stanno intorno. E’ superfluo ribadire che il potenziale della ricerca di un Paese – del nostro Paese e del nostro Sud – incide fortemente sulla competitività, sulla produzione di innovazione (anche gestionale) e soprattutto sulla capacità di rispondere in maniera adeguata a bisogni ed esigenze non solo dei semplici cittadini, ma della grande comunità globale. La grande sfida cui ci stiamo tutti preparando, Horizon 2020, ci impone in maniera forte il superamento di ogni frammentazione, invitandoci a costruire percorsi per produrre conoscenze integrate e generare benessere economico e sociale. La strada da seguire è, dunque, come deve essere sempre più chiaro, quella della libera circolazione di persone e idee, con una condivisione globale di ciò che ognuno produce, perché possa essere messo a sistema e perché tutti possano sedere attorno ad un tavolo per discutere, programmare ed ottimizzare tempo e risorse. La competizione in Horizon 2020 è elevata e solo mettendosi insieme sarà possibile bruciare tappe e conseguire risultati importanti. Oggi si parla tanto di innovazione nel campo dei beni culturali. Ma spesso facciamo confusione perché pensiamo che innovazione significhi sic et simpliciter far uso di tecnologie sofisticatissime, tendenti a sbalordire chi osserva. Si, forse, è anche questo. Ma – e qui giungo al punto no- Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 dale del mio intervento – l’Italia meridionale e la Sicilia, in particolare, hanno oggi bisogno di innovazione culturale, politica e soprattutto metodologica con possibilità di sperimentazioni continue e con aperture mentali che aiutino a superare diffidenze, concezioni personalistiche e ogni altra limitazione che può nuocere al raggiungimento di obiettivi e traguardi condivisi. Le grandi realtà archeologiche e monumentali del nostro Sud d’Italia possono e devono diventare luoghi straordinari di sperimentazione, banco di prova per innovare e trasmettere al contesto internazionale dei beni culturali che l’Italia tutta è capace di produrre innovazione. Penso, ad esempio, alle grandi realtà di Pompei ed Ercolano su cui oggi anche il CNR guidato da Luigi Nicolais, sta lavorando alacremente per realizzare, insieme ad altri partner italiani e stranieri, tra cui la Fraunhofer Gesellschaft ed il Packard Humanities Institute, una politica e una strategia unitaria di approccio, conoscenza, salvaguardia e divulgazione. Non c’è, come credo, una ricetta particolare. Bisogna in verità capire che tutti possiamo concorrere a dare un’opportunità forte ai nostri territori perché, nel rispetto di ogni proprietà intellettuale, da garantire e mantenere sempre, si possa creare un clima collaborativo e sinergico “speciale” che ci consenta di fondere discipline, metodologie e prassi operative, superando le formule, sempre in voga nell’Italia tutta, della mancanza di risorse. Perché il problema è soprattutto questo: non la mancanza di risorse, ma la mancanza di una strategia condivisa da tutti gli altri attori che operano sul territorio e che aspirano a contribuire alla sua crescita culturale, superando gli steccati di “proprietà privata” o di ingarbugliata burocrazia. Per agevolare il raggiungimento di questo obiettivo lo Stato ha offerto, recentemente, alcuni strumenti operativi, mettendo attori diversi (Università, Enti di ricerca, Regioni, Pubbliche Amministrazioni) nelle condizioni di svi*Direttore Istituto per i Beni Archeologici e monumentali - Consiglio Nazionale delle Ricerche continua a pag. 18 Lezioni di mafia: il nuovo libro del Presidente del Senato Pietro Grasso Cosa Nostra raccontata da un narratore particolare pito con Giovanni Falcone. 10 puntate in tv dal titolo: “lezioni di mafia”. Avevo concordato con Giovanni Falcone “ la L’elezione di Pietro Grasso a Senatoscaletta” di tutte 10 le puntate del prore della Repubblica e poi a presidente gramma di un’ora ciascuna da trasmetdiventando così la seconda carica dello tere per il Tg2. Era stato preparato uno Stato è, sotto certi aspetti, un fatto clastudio apposito. La scenografia prevedemoroso, incredibile. Un magistrato che va un tavolo e due poltrone: una per me, nei quarant’anni di attività nella lotta allora direttore del Tg2, ed un’altra per contro la mafia, è oggi al vertice della Giovanni Falcone. Avevamo preparato Repubblica. Cinquant’anni fa, solo cintutto. Lo scopo del programma era quant’anni fa sarebbe stato possiquello di illustrare ai telespettatori bile? Questo fatto conferma quanto il complesso meccanismo di Cosa sia stato lungo il percorso compiuto Nostra, le sue regole , la sua spietata dallo Stato nella lotta a Cosa Nostra organizzazione, in Italia e all’estero. come ci ha insegnato il pentito BuDovevamo registrare la prima puntascetta parlando della mafia. ta di un giovedì. Il sabato precedente La “caparbietà” di Giovanni FalFalcone veniva ucciso nell’attentato cone, il sua originale approccio nel di Capaci. Decisi di andare in onda combattere il crimine organizzato ha ugualmente con la sedia vuota su cui permesso che la procura di Palermo doveva sedere Giovanni Falcone. riuscisse a “istruire” il maxiprocesso Lezioni di mafia fu così la prima traa Cosa Nostra arrivando finalmente smissione organica di analisi su cosa a condannare centinaia di membri nostra. E Piero Grasso ha voluto, da della mafia. Oggi usiamo, quasi con presidente del Senato, riprendere disinvoltura la parola “condannare” lo stesso titolo del programma. E come l’epilogo di un processo. È stacosì è nato il libro “Lezioni di mafia” ta la novità del maxiprocesso, rispet(Sperling & Kupfer Ed.) con Grasso to a tutti gli altri precedenti che si che conduce i lettori o i telespettatoerano conclusi con un nulla di fatto ri negli antri bui e meno bui di Cosa in mancanza di prove, di conferma Nostra. Un documento pressoché delle accuse. I pentiti erano pratiunico, raccontato questa volta da un camente sconosciuti. Invece il ma“narratore” particolare cioè da una xiprocesso è arrivato alla condanna persona che la lotta alla mafia l’ha finale perché la procura di Palermo fatta da protagonista sul campo : ieri con Falcone, Borsellino e tanti altri magistrati e forze dell’ordine erano 20 gennaio 2003 - Senato della Repubblica (Palazzo Giustiniani) - con la toga del magistrato oggi da riusciti a raccogliere le prove neces- L’allora procuratore capo della Repubblica di Palermo, Pietro Gras- presidente del Senato. Pietro Grassarie. Il che, ripeto, per un processo so, nella foto con il presidente della Repubblica, Ciampi, riceve il so, ne possiamo esser certi, la lotta alla mafia continuerà a farla. Perché di mafia era l’autentica novità! Ma se Premio Dorso per il suo impegno nella lotta contro la mafia. la mafia purtroppo è ancora presenFalcone era stato il “giudice istruttote in tanti importanti gangli dello Stato. re” , Pietro Grasso era stato scelto come il ratore della Repubblica di Palermo e poi Ecco perché anche questo libro è imporgiudice a latere che doveva giudicare e come procuratore nazionale antimafia, tante. Raccontare la mafia significa far per giudicare aveva studiato le migliaia l’organismo fortemente voluto da Gioluce su tanti punti bui della nostra sodi carte che erano alla base di un’opevanni Falcone. Dunque La Sicilia quindi cietà. La memoria, il ricordo sono l’unica razione gigantesca quantitativamente non è solo la terra che ha dato la mafia eternità possibile. Così è stato scritto per e qualitativamente. Un successo che ha ma anche la terra che ha visto una forricordare Giovanni Falcone. visto appunto la condanna di centinaia tissima lotta antimafia. Nel momento in di mafiosi a pene pesantissime. cui Pietro Grasso è diventato presidente *Cofondatore e vicedirettore con Biagio Agnes e Sandro Per la prima volta lo Stato aveva vinto in del Senato avendo lasciato la magistraCurzi del TG3 Rai, Alberto La Volpe è stato anche un processo alla mafia mentre in precetura non ha certamente esaurito il suo conduttore di Speciale TG1 fino al 1987 quando venne nominato direttore del TG2, incarico che ha mantenuto denza appariva quasi disarmato impoimpegno nella lotta contro “Cosa Nostra”. fino al 1993. È autore del libro-intervista con Pietro tente dinanzi a un’organizzazione crimiHa così voluto ereditare la filosofia di un Grasso “Per non morire di mafia”(2009). Premio Dorso nale tra le più feroci. E per Pietro Grasso ciclo di trasmissioni che io avevo conceper il giornalismo (1988). alberto la volPe* nominato giudice a latere nel maxiprocesso è stata la svolta decisiva nella sua carriera di magistrato. È cambiata la sua vita, sono cambiati i suoi modi di vivere come l’ossessione della scorta permanente, come un’ avviso di pericolo. Ecco perché ho detto che l’elezione di Grasso è stato un elemento di assoluta novità . La sua elezione è arrivata a conclusione della sua carriera come procu- Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 13 Occorre mobilitare le grandi risorse umane, naturali e culturali Uniti in Europa per uno sviluppo sostenibile bruno latella Le cause della grande crisi che ha coinvolto anche l’Europa vanno ricercate nelle fantasiose teorie economiche e finanziarie basate sulla presunta possibilità di aumentare all’infinito la produzione di “cose” per un mercato sempre più globale, senza tener conto che il Pianeta Terra dispone di risorse limitate. Tali teorie portarono ad un consumismo sfrenato, allo spreco ed all’inquinamento di vaste aree del Pianeta. Oggi, specialmente nelle grandi città, si accumulano montagne di rifiuti che costituiscono vere e proprie miniere a cielo aperto che potrebbero essere selezionate e utilizzate in massima parte invece di disperderle e avvelenare il terreno e l’ambiente, come nelle “terre dei fuochi”. Altra conseguenza dello sviluppo demenziale è l’inquinamento dell’aria con l’emissione incontrollata di CO2 e di altri gas serra nocivi a causa del massiccio impiego di fonti fossili (carbone, petrolio e gas) per la produzione di energia elettrica, mentre c’è stata scarsa attenzione per le fonti rinnovabili (vento, sole, acqua, geotermia, ecc.), presenti in abbondanza in ogni angolo della terra. Ciò è potuto accadere perché alle accresciute possibilità tecniche di aumentare le produzioni non c’è stata una contemporanea crescita culturale di tutta la società. A spingere in modo incontrollato produzione e consumi spesso sono state le grandi “mafie” dell’economia e della finanza il cui unico scopo è stato (ed ancora è) quello di aumentare il più possibile i profitti da spartire tra dirigenti, azionisti ed esponenti politici corrotti. Il mondo politico che avrebbe dovuto controllare e indirizzare sia il capitale finanziario che il lavoro verso un reale sviluppo a favore di tutta la società spesso è stato imbrigliato e “foraggiato” e messo a tacere dai detentori del potere economico e finanziario. Viviamo in una società “sfilacciata” composta da chi accatasta montagne di stipendi, liquidazioni e pensioni d’oro, oltre a privilegi e prebende varie, mentre una moltitudine di persone a stento riesce a sopravvivere. La politica 14 europea deve riappropriarsi del timone dello sviluppo e portare l’economia fuori dalle secche tra le quali si trova con il rischio di incagliarsi. Per fare ciò occorre mobilitare e utilizzare le enormi risorse umane europee, a cominciare dalle intelligenze e dalle capacità professionali e non lasciarle inoperose per errati e miopi calcoli contabili. Solo in Italia vi sono oltre 3.500.000 (tre milioni e cinquecento mila) giovani disoccupati (la maggioranza nel Meridione) oltre a grandi risorse naturali, culturali, turistiche e ambientali inutilizzate. E il mondo politico cosa ha fatto? Ha cercato di favorire (e spesso imporre) piani di sviluppo calati dall’alto a “macchia di leopardo” completamente slegati dalla vocazione del territorio e dalle tradizioni e competenze delle popolazioni. Sono così sorte le ben note “cattedrali nel deserto” con enorme spreco di denaro e con grande “sollazzo” delle cosche, degli speculatori e dei politici corrotti, locali, nazionali e internazionali. Un saggio di quando è accaduto, è ben descritto da Oscar Greco, dell’Università della Calabria, nel suo libro: “Lo sviluppo senza gioia - eventi storici e mutamenti sociali nella Calabria contemporanea” (ed. Rubbettino - prefazione di Bruno Amoroso). La politica, a tutti i livelli (europea, nazionale e regionale) deve essere basata su metodi di sana democrazia e principi etici e morali, in modo da assicurare lavoro e benessere a tutti i cittadini dei diversi popoli del Continente. E non bisogna dimenticare che il popolo russo fa parte dell’Europa, per cui non può rimanere ancora per lungo tempo fuori della grande famiglia europea, anche per contribuire a costruire una duratura convivenza pacifica con gli abitanti degli altri Continenti del Pianeta terra. Ambito riconoscimento a Nicola Squitieri Su proposta del presidente del Consiglio dei Ministri, il presidente della Repubblica, Napolitano ha conferito a Nicola Squitieri, presidente dell’associazione “Guido Dorso” l’onorificenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica italiana. A darne comunicazione il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi. L’ambito riconoscimento premia una intensa e apprezzata attività di divulgazione culturale svolta sopratutto tra le nuove generazioni in quarant’anni da Nicola Squitieri quale attento osservatore dei problemi del nostro Mezzogiorno; attività che si concretizza alla guida dell’associazione Dorso promotrice del Premio omonimo e alla direzione della rivista “Politica Meridionalista-Civiltà d’Europa”. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 Nel corso di una cerimonia svoltasi presso la Prefettura di Roma, a palazzo Valentini, la dott.ssa Raffaella Moscarella, viceprefetto vicario in rappresentanza del prefetto Pecoraro, ha consegnato al presidente dell’Associazione Dorso, Nicola Squitieri il decreto di nomina a Grande Ufficiale. L’Ordine al Merito della Repubblica è stato istituito nel 1951 ed è destinato a “ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell’economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari”. La mission di Vertis per lo sviluppo nel Sud Accompagnare e far crescere le piccole e medie imprese Accompagnare le aziende in tutte le fasi della loro vita, sia in quella iniziale (start-up) che in quelle di crescita e di maturità (expansion e buy-out). E’ questa la mission di Vertis spa, una società di gestione del risparmio con sede in Napoli che gestisce fondi chiusi di private equità e venture capital. I fondi che hanno raccolto circa 80 milioni di euro, acquisiscono partecipazioni di minoranza in PMI e progetti localizzati nel Mezzogiorno d’Italia. Fondatore e amministratore delegato di Vertis è Amedeo Giurazza (nella foto), da sempre impegnato nel sostenere nuove opportunità per favorire il processo di sviluppo del nostro Mezzogiorno ed in questo contesto con un’attenzione particolare rivolta alle nuove generazioni. Il fondo di private equity è destinato a società consolidate, che già sono sul mercato e vogliono rafforzare la loro crescita o che si trovano ad affrontare il passaggio generazionale della proprietà dell’azienda di famiglia; l’altro, di venture capital, è stato istituito per supportare la nascita di start up, finanziando idee imprenditoriali e progetti innovativi e, a tal fine, sono stati anche stipulati accordi con diverse Università, Centri di Ricerca e Incubatori situati principalmente nel territorio di riferimento ma anche in altre regioni italiane. L’indipendenza, la localizzazione geografica, il track record conseguito e il patrimonio informativo accumulato sono elementi che pongono Vertis in una posizione di preminenza nel mercato del capitale di rischio nel Mezzogiorno determinando, così, una supe- Private Private Equity Equity&&Corporate Venture Finance Capital riore capacità di selezione delle opportunità di investimento. Con l’ingresso dei fondi nelle aziende, oltre ad apportare risorse finanziare si creano indirettamente nuovi posti di lavoro. Ed è ciò che si è verificato: in un momento storico-economico di manifesta difficoltà per il nostro Paese, e in particolare per il Mezzogiorno d’Italia, risulta interessante evidenziare il positivo impatto sul territorio di riferimento che gli investimenti dei fondi gestiti da Vertis hanno prodotto con la nascita di nuove aziende e la relativa creazione di nuovi posti di lavoro. Su circa 1.000 dossier analizzati in 4 anni per gli investimenti dei fondi, sono state realizzate 24 operazioni d’investimento, creati circa 250 nuovi posti di lavoro e apportato capitali per un ammontare complessivo di circa euro 56,7 mln, di cui euro 36,1 mln direttamente ed euro 20,6 mln attraverso altri investitori che, avendo valutato positivamente le potenzialità delle aziende selezionate da Vertis, hanno deciso di co-investire. «Abbiamo scommesso sul Meridione d’Italia spiega Amedeo Giurazza - e sul tessuto imprenditoriale locale: siamo partiti nel 2009 e abbiamo voluto puntare sul Sud dove molti sono gli imprenditori talentuosi, dinamici e molto competenti che hanno le “carte in regola” per sostenere un rapido processo di crescita, come è già successo nel Nord Est d’Italia. E Vertis affianca gli imprenditori meridionali nei loro progetti di crescita attraverso la disponibilità di capitali, professionalità e networking. In questi mesi stiamo lavorando al raddoppio: siamo in raccolta per il nuovo fondo “Vertis Venture 2” che ha come obiettivo di raccolta 60 milioni di euro e l’inizio dell’attività d’investimento è prevista nel prossimo mese di giugno. Abbiamo inoltre in programma l’apertura di un ufficio a Milano per dedicarci, dopo l’esperienza circoscritta al Sud, a investimenti di venture capital in tutta Italia.» IMPORTAZIONI DI RISORSE FRA NORD E SUD L’associazione studi e ricerche per il Mezzogiorno (gruppo Intesa San Paolo - Targa del presidente della Repubblica nell’ambito del Premio Guido Dorso 2010), ha presentato presso la sede del Banco di Napoli, una ricerca sulla interdipendenza economica e produttiva fra il Mezzogiorno e il Nord d’Italia. Nello studio si evidenzia anche che per ogni 100 euro di investimenti effettuati nel Mezzogiorno, a causa di un effetto dispersione, il Centro-Nord beneficia di 40,9 euro. Al contrario ogni 100 euro di investimenti effettuati nel Centro-Nord si verifica un effetto dispersione a beneficio del Mezzogiorno pari a 4,7 euro. Inoltre avviene che per ogni 100 euro di investimenti nel Sud si trattengono 50 euro di produzione. Il direttore generale di Srm, Massimo Deandreis, ha sottolineato che investire sul Mezzogiorno produce una rilevante ricaduta economica su tutto il territorio nazionale. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 15 Le tappe significative di una prestigiosa carriera Gli Ottant’anni di Giuseppe Pirozzi, un maestro del panorama artistico contemporaneo Maurizio vitiello L’artista Giuseppe Pirozzi (80 anni l’11 marzo 2014) è senza dubbio una figura di primo piano nel panorama artistico contemporaneo. Accademico di San Luca e già Professore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, artisticamente attivo dagli anni Cinquanta, egli apre al pubblico, con una certa cadenza, il proprio storico atelier nel monumentale Palazzo Cimitile, nel cuore di Napoli,conducendo i visitatori in un viaggio coinvolgente alla scoperta dei significati e della genesi complessa delle sue opere scultoree, tra sculture, gioielli e grafiche, avvalendosi anche di documentazioni bibliografiche e fotografiche. Nella grande proliferazione di eventi ed esposizioni si distinguono sempre le sue mostre. Come non ricordare la prima, impaginata nella suggestiva cornice di Villa Rufolo a Ravello, realizzata, nel 1999, con il contributo dell’Assessorato al Turismo della Regione Campania e dell’Ente Provinciale del Turismo di Salerno, con le sculture dal 1974 al 1999. Si trattò di una delle rare esposizioni personali in Campania nell’ambito della pluridecennale attività artistica dello scultore napoletano Giuseppe Pirozzi, da sempre legato alla costa amalfitana, ove si riposa e medita nelle pause di riflessione. Espose venticinque opere in bronzo di medie e piccole dimensioni e alcuni preziosi pezzi di microscultura da indossare in argento, nonché alcune grafiche. Tutte le opere, realizzate in esemplare unico, appartenevano alla produzione degli ultimi anni. Il catalogo fu presentato da un contributo di Massimo Bignardi, valente critico. Molti critici hanno scritto sulla sua attività e tra questi Luigi Carluccio che così si esprimeva sull’operatore: “Negli anni ‘50 gli artisti napoletani dell’ultima generazione imposero la visione fantastica e drammatica della loro realtà. Su quella linea Pirozzi ha fatto una sua luce, ognuna delle sue opere tende a delineare un momento del trionfo possibile della ragione sull’istinto, dell’ordine sul caos, della forma olimpica sull’informe. Non senza, forse, una sofferta relazione con la realtà appunto di ogni giorno; con la corruzione delle cose, la de- 16 Giuseppe Pirozzi destinatario del Premio Dorso (1980) e autore nel 1988 del simbolo del Premio stesso, è stato festeggiato per i suoi ottant’anni nel corso di un evento promosso dall’Accademia di Belle Arti di Napoli. gradazione delle idee, lo spettacolo quotidiano ch’esse danno ridotte a un sussulto di viscere” Nel 1980 gli fu consegnato, su nostra proposta, il prestigioso Premio “Guido Dorso”, nel corso di una memorabile cerimonia tenutasi al Circolo della Stampa di Napoli, con una motivazione che scrivemmo con sentimenti di sincera stima e ammirazione. E abbiamo continuato sempre, con articoli su varie riviste e diversi quotidiani, notazioni in radio, segnalazioni in tv, a precisare gli sviluppi della sua impegnata ricerca estetica. La visualità inseguita da Giuseppe Pirozzi si divide tra raccolte indagini sull’humus della regione e considerazioni sui rimandi dei precipitati mitici. Nelle sue opere una doppia anima è afferrata, una doppia vitalità è impressa. Giuseppe Pirozzi indaga e vigila su mente e corpo dell’uomo e finemente cattura soffi di vita che potrebbero evadere. Ma ricordiamo anche la sua mostra inaugurata il 27 dicembre 2011 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, intitolata “Oscilla e altri reperti - sculture 2010-2011”. I raffinati oscilla di Pirozzi sono rilievi di terracotta che riproducono i “ritrovamenti” effettuati dall’artista scavando nella propria memoria del suo lungo e prestigioso percorso creativo. Nel 1988, Pirozzi firmò il simbolo del Premio Dorso, che viene, annualmente, assegnato al Senato della Repubblica a giovani ricercatori e a esponenti del mondo delle istituzioni, dell’economia e della cultura, che hanno particolarmente contribuito attraverso la loro attività e il loro impegno a sostenere le esigenze di sviluppo e di progresso del Mezzogiorno d’Italia. In autunno al Senato saranno premiati i nuovi ambasciatori del Mezzogiorno Premio Guido Dorso: al via la XXXV edizione È in fase di avanzata organizzazione la XXXV edizione del Premio Internazionale “Guido Dorso” promosso dalla omonima associazione con il patrocinio del Senato della Repubblica, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Università di Napoli “Federico II” e della nostra testata. La cerimonia di premiazione - come è ormai consuetudine - si terrà al Senato, nel prossimo autunno, presso la sala Zuccari di palazzo Giustiniani, alla presenza degli esponenti del mondo delle istituzioni, dell’economia e della cultura del nostro Paese. Anche quest’anno il presidente della Repubblica ha concesso un suo personale riconoscimento che verrà assegnato ad una istituzione che opera per favorire il processo di sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno. Il simbolo dell’ambito riconoscimento è realizzato in esclusiva da Giuseppe Pirozzi. Artista di fama internazionale, Pirozzi fu destinatario nel 1980 del Premio Dorso e nel 1985 volle firmare il simbolo stesso del Premio. La commissione giudicatrice, composta da Andrea Amatucci, presidente del comitato scientifico dell’associazione Dorso; Massimo Marrelli, rettore magnifico dell’Università di Napoli “Federico II”; Luigi Nicolais, presidente del CNR e Nicola Squitieri, presidente dell’associazione Dorso, ha indicato anche quest’anno una serie di personalità italiane e straniere del mondo istituzionale, economico e culturale che hanno contribuito con il loro impegno e la loro attività a sostenere le esigenze di sviluppo e di progresso del Mezzogiorno d’Italia. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 Tra sfide, ipocrisie e rischi del potere Precetti del cardinale Mazzarino, genio politico sempre attuale vincenzo lucarelli È riemerso in queste settimane dalle ceneri del ‘600 un testo latino dei praecepta paoliticae, in una traduzione miscellanea in lingua italiana, agile, efficace e vigorosa. Che va all’essenziale del pensiero del Cardinale Giulio Raimondo Mazzarino (1602-1661), ministro di Stato in Parigi. Il quale dispensa riflessioni e consigli non solo ai suoi contemporanei, ma anche a quelli dei secoli successivi. Tanto da destare meraviglia per come l’alto Porporato abbia saputo trascrivere le esperienze di vita vissuta, accumulate alla Corte di Francia, subito dopo la morte di Luigi XIII, poiché il successore di quest’ultimo, Luigi XIV, il Re Sole, aveva appena cinque anni. Mazzarino, nato a Pescina nella Marsica, in provincia de L’Aquila, laureato in utroque iure, capì quanto fosse importante dotarsi di cinismo, assimilando varie analogie di pensiero con Niccolò Machiavelli. Particolarmente la spregiudicatezza di chi raggiunge il potere e intende mantenerlo. Interessante, a riguardo, la traduzione dal latino curata da Angelo Bernardini, già preside di licei classici e scientifici, manifestando capacità a mettere in evidenza astuzia, ruolo e profilo dell’uomo politico. Al quale il Cardinale pescinese raccomanda di controllare “le proprie emozioni nell’esercizio del potere, senza cedere all’ira o alle passioni amorose”. Ancor più, osservando tutto ciò che si agita e accade attorno, e dentro, le stanze del governo dello Stato. La pubblicazione di Bernardini esordisce con “la diffidenza”, che aleggia sovrana in tutta l’operazione di recupero del testo seicentesco. Tuttavia legata “alla prudenza” intesa come virtù di cui nessun politico può fare a meno. In pratica, essere prudente significa “controllare le proprie passioni, non svelare i propri sentimenti per meglio scoprire quelle degli altri”, senza procurarsi superflue inimicizie, anche quando si subisce un’offesa. Cosa che richiede “spirito di sopportazione, in attesa del momento propizio per rifarsi”. Per ulteriore intelligenza del lettore, Mazzarino ritiene che la prudenza vada incanalata a capire qual è la parte vincente per stare con essa, pur non contrastandone apertamente la filosofia utilitaristica. Del resto, il comportamento del politico deve essere (andreottianamente) controllato, conservando a se stessi dignità operativa. Sotto questo profilo il Cardinale suggerisce quali comportamenti bisogna osservare per capire se si ha a che fare con persona affidabile o no. Consiglia anche a non fidarsi di chi fa troppe promesse soprattutto se dedito al vino e ai piaceri di Venere. Su un altro versante, la generosità non è considerata un pregio, poiché può essere interpretata come dabbenaggine. Oltre a impedire a poter fare marcia indietro. Una specie di imperativo categorico viene riservato alla scelta a non mettere mai per iscritto talune promesse, come quelle da esprimere alle donne. Altrettanto con chi si convive, nei cui confronti occorre usare grande cautela nel parlare o di indicare dove si è diretti. Né quanto denaro si ha in tasca per non farlo desiderare. Molto utile è la raccomandazione a fare finta di possedere qualche notizia riservata, esponendola all’interlocutore che si suppone possa conoscerla, perché alla fine, correggendone i contorni, chi ascolta dirà quello che sa. Si è voluto riassumere panoramicamente il contenuto e il profilo di un libretto, edito dall’Associazione Lumen di Carsoli in provincia de L’Aquila, meritevole di una piacevole lettura. I praecepta mazzariniani sono persino uno stimolo alla prevenzione, destinata a caratterizzare le attività umane. Non manca il richiamo: “fingi e nascondi”; “sopporta e non reagire”. Come pure chiama fratelli o amici persone “a te inferiori e salutali per primo. Piuttosto non bisogna fare ringraziamenti in modo esagerato”. Per non parlare quanto sia importante “non chiedere nulla in prestito ad un amico. Se non lo può dare oppure se lo dà mal volentieri è capace di portare rancore”. Va da sé, “se ti comporti con troppa familiarità con i servi questi ti disprezzeranno. Viceversa, “se mantieni un gentile distacco, ti adorano”. Dal 6 al 22 giugno l’edizione 2014 di Napoli Teatro Festival Italia Luigi Grispello presidente della Fondazione Campania dei Festival Cambio al vertice della Fondazione Campania dei Festival istituita nel 2007 per organizzare e gestire tra l’altro il Napoli Teatro Festival Italia. La professoressa Caterina Miraglia (assessore alla cultura della Regione Campania) ha passato il testimone all’avvocato Luigi Grispello, Presidente dell’Agis Campania, che fa parte del Consiglio d’Amministrazione con Lucio D’Alessandro, Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa. “È mia intenzione proseguire il lavoro svolto dal 2011 fino ad oggi dalla professoressa Miraglia con lo stesso impegno e nel solco della continuità – ha dichiarato l’avvocato Grispello – Il Napoli Teatro Festival Italia è ormai una realtà solida e affermata a livello nazionale e internazionale, una “eccellenza” del nostro territorio, che in quanto tale va curata e sostenuta”. La settima edizione del Napoli Teatro Festival Italia di cui è direttore artistico Luca De Fusco, si svolgerà dal 6 al 22 giugno. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 17 segue da pag. 12 - Occorre fare squadra per salvare il patrimonio culturale del Sud - Daniele Malfitana luppare, finalmente in squadra, un linguaggio operativo comune. Penso, ad esempio, all’esperienza entusiasmante del Progetto PON Smart City “Living Lab di cultura e tecnologia” che l’Istituto per i beni archeologici e monumentali del CNR di Catania, che ho l’onore di dirigere, porta avanti insieme ad Università ed Imprese in due città del Meridione scelte come campione: Catania e Lecce. All’Università, Ente di ricerca o Impresa, di concerto con l’amministrazione pubblica che ha accettato di divenire luogo di sperimentazione, è affidato il compito di studiare e sviluppare, in piena sinergia con gli interlocutori che operano sul territorio (musei, parchi archeologici, comune, diocesi) una fruizione innovativa, avvincente, tecnologicamente avanzata, del patrimonio culturale. Il messaggio è molto chiaro: premio il tuo progetto di ricerca e sviluppo e, dunque, la tua idea, ti dò subito le risorse a condizione però che tu, a conclusione del progetto, consegni, del tutto gratuitamente, i tuoi risultati alla città, alla comunità, all’am- segue da pag. 7 - mosaico che, tessera dopo tessera, ci porterà, nel corso del 2014 e del 2015, ad offrire e mettere a disposizione della città, in maniera appunto “open”, le nostre ricerche, i nostri sforzi, le nostre conquiste, i nostri prodotti, con liberalità assoluta e ottemperando, credo, ad un principio importante: lavoriamo con fondi pubblici alimentati e retti dalla collettività che ha il sacrosanto diritto di sapere come vengono spesi i suoi soldi, cosa si fa, che risultati si raggiungono, anche in termini di pubblica utilità e di inclusione sociale. Inclusione sociale significa attrarre e generare cultura, anche nelle giovani generazioni, perché siano consapevoli di ciò che hanno sotto i loro occhi e ne diventino protagonisti nella fruizione. L’Europa con Horizon 2020 (78 miliardi di euro) vuol metterci nelle condizioni di operare: sta a noi che lavoriamo nei territori, e per i territori, far sì che la “smart specialization strategy” tanto invocata, oggi strumento operativo e programmatico forte, diventi prassi consolidata e percorso privilegiato di crescita. Verso un nuovo rapporto tra banche e imprese - Antonio Corvino tura finanziaria e patrimoniale solida, puntano sulla qualificazione e l'arricchimento delle risorse umane quale fattore di sviluppo. Nel Mezzogiorno la percentuale scende al 7% (nel nord ovest sale al 15%). Non sono grandissimi numeri, ma sono comunque una realtà importante e consistente. Soprattutto se esse diventano termine di confronto per il resto del sistema produttivo ed esempio per il resto del Paese. Il declino non è ineluttabile. Dipende da noi. Da ciascuno di noi. Dal rapporto OBI emerge inoltre che abbiamo circa il 45/50% delle imprese in mezzo al guado, ossia in difficoltà (di natura finanziaria, commerciale...) ma che comunque dispongono di fondamentali solidi (struttura patrimoniale, tecnologica, funzionale, produttiva). È necessario lavorare su questo tessuto produttivo per farlo uscire dal guado e farlo approdare sul versante dell'eccellenza. Perché quando le eccellenze non saranno più eccezioni ma realtà diffuse allora noi tutti ed il Paese nella sua globalità avrà vinto la sua battaglia. Le imprese dovranno crederci con tutte le loro forze. Lavorare sulla patrimonializzazione, sulla crescita dimensionale (o con progetti aziendali o con progetti di aggregazione), sulla internazionalizzazione, sugli investimenti e l’innovazione, sulle risorse umane. I lavoratori e i cittadini dovranno proporsi quali partner delle imprese e con esse definire e attuare i percorsi virtuosi. Senza nascondersi 18 ministrazione, perché tutti ne possano liberamente fruire, facendo così assumere alla ricerca, altrimenti destinata a rimanere per addetti, un risvolto socialmente utile. La sinergia tra gli attori, cui più volte ho fatto cenno in questo mio contributo, è sicuramente tenuta insieme da un monito chiaro: la proprietà del patrimonio culturale del nostro Paese non è di nessuno, nel senso, che tale patrimonio rappresenta l’oggetto sul quale, e nell’interesse del quale, tutti siamo chiamati e direi obbligati ad operare per concorrere ad una sua efficace gestione e fruizione, mettendo a disposizione ciò che ciascuno di noi ha nelle proprie potenzialità, risorse economiche incluse. Senza dubbio è questo uno strumento importante, nuovo, intrigante, insomma, un metodo procedurale sicuramente figlio dell’innovazione metodologica, che purtroppo viaggia (specie in Italia meridionale) talora con velocità diverse, ma che tutti speriamo con i nostri ruoli e le nostre responsabilità di accrescere. L’esperienza citata è solo un tassello di un più ampio che abbiamo un tratto di strada faticoso e difficile da fare insieme e quindi è il caso di abbandonare atteggiamenti e pregiudizi peraltro ormai vecchi e datati. La pubblica amministrazione dovrà abbattere steccati e dismettere trabocchetti e trappole e lavorare per costruire un contesto favorevole all'impresa, rivedendo i tempi, i percorsi e gli strumenti che oggi bloccano e rendono un'avventura eroica e non conveniente l'attività di impresa (ma anche la semplice esistenza come cittadini). Le banche dovranno tornare a parlare con i territori e le imprese e diventarne partner, non controparte, operando anch'esse per sostenere gli sforzi delle imprese sui diversi versanti. E' cambiato il mondo della finanza. Le imprese devono muoversi in maniera diversa rispetto al passato, le banche devono tracciare il nuovo percorso magari puntando di più sull'economia reale e tralasciando di farsi travolgere dalla speculazione (magari in attesa che qualcuno metta mano alla revisione della disciplina dell'attività bancaria ristabilendo la demarcazione tra banca del territorio e banca globale). Il governo italiano e la politica italiana, tornando alla Grande Politica, ai temi strategici, ad una nuova visione del futuro, e finalmente abbandonando la piccola deriva. Abbiamo bisogno di grandi alleanze nel Mediterraneo, con la Francia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, i Paesi Balcani, e quanti hanno a cuore il futuro dell'Euro- Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 pa, per imporre una nuova idea di Europa che prescinda dagli strangolamenti finanziari e di bilancio imposti a Nazioni, Stati e Popoli sull'altare di un malinteso senso del rigore che in realtà altro non è che strategia di dominio del mercato e speculazione finanziaria con dividendi straordinari maturati sulla sofferenza e l'impoverimento altrui. Abbiamo bisogno di un Governo che abbia la forza di ricordare ai tedeschi che qualcuno nel 1953 azzerò il mastodontico debito di guerra tedesco per consentire alla Germania di riprendere il suo percorso. Abbiamo bisogno di un Governo e di un'autorità monetaria che ricordi ai tedeschi che l'inflazione, più che un mostro è ormai uno spauracchio dietro cui sta prendendo forma la deflazione. Quella si terribile e devastante. Che ci sono spazi e disposizioni, nei trattati comunitari sul sistema monetario, che consentono, in casi di conclamata emergenza quale l’attuale, una indispensabile consistente immissione di liquidità nel sistema Italia e nell’intero sistema dell’Europa mediterranea. Che è quindi necessario dare attuazione a tali disposizioni piuttosto che andare a ricercare inutili apprezzamenti da parte dei cosiddetti soggetti forti del nord Europa. Insomma c'è molto da fare. Ma si tratta di cose che si possono fare, non sono cose impossibili. Nella certezza di possedere risorse, idee e voglia, tanta voglia, per reinventare il mondo. Il nostro mondo. segue da pag. 2 - L’Europa di fronte alle nuove grandi sfide - Gianni Pittella il livello di debito nella maggior parte dei Paesi dell´Eurozona è insostenibile nel lungo tempo. Non mi sto riferendo solo all´Italia, Grecia e Portogallo, ma anche a Paesi come la Francia, con un debito che raggiunge più del 90% del suo PIL. Con tale livello di debito, è molto difficile per famiglie e imprese avere fiducia nei prospetti economici dei loro Paesi e, così, smettono di spendere e investire. Una mutualizzazione del debito è necessaria per la sopravvivenza delle nostre economie. Nel contesto di sfiducia e di distacco nei confronti delle istituzioni dell’Unione, è necessario inoltre riportare l’entusiasmo per il grande progetto europeo. Bisogna dotarsi di politiche per lo sviluppo efficaci e progetti con- segue da pag. 5 - vincenti che possano dissuadere anche i più sfiduciati dal vedere l’unione europea come un nemico. L’Unione e la progressiva interrelazione tra i diversi paesi, sono la sola via d’uscita dalla crisi. Bisogna evitare di dare argomentazioni a coloro che con le loro visioni antieuropeiste e populistiche incrementano una forza centrifuga che mina la coesione europea. C’è bisogno al contrario di un’Europa che accresca le sue funzioni e i suoi poteri. Un’Europa che segua il disegno dei padri fondatori, e che vada verso politiche comuni non solo monetaria ma anche economica, fiscale, industriale. Il principale obiettivo del Parlamento Europeo nella prossima legislatura deve essere quello di promuovere la crescita e lo sviluppo al suo interno. Un mezzo fondamentale per prevenire crisi future è rendere più integrate le economie dei paesi membri. Ma integrare non vuol dire uniformare. Significa piuttosto incrementare la sinergia tra gli stati al fine di migliorare la collaborazione tra di essi preservando le loro peculiarità. Diminuire le differenze soprattutto economiche tra i diversi stati membri è un passo necessario per lo sviluppo dell’Unione. L’interdipendenza tra gli stati è ormai così profonda che non si può più pensare con logiche nazionalistiche, il nostro sguardo deve necessariamente tendere al di là dei confini statali perché se un solo paese dell’Unione è in difficoltà -lo si è già visto in più occasioni- la stessa Europa è in difficoltà. Dall’Europa-fortezza all’Europa-comunità - Antonio Iodice europea. Parliamo di colui che nella metodologia sociologica si chiama “attore privilegiato”, poiché ha dedicato l'ultimo decennio delle sue riflessioni alla costruzione europea, arrivando a elaborare una teoria “tarata” appositamente sull'Unione Europea. Si tratta del cosiddetto “patriottismo costituzionale”, in base al quale i sentimenti di affiliazione che gli individui proverebbero nei confronti di una compagine statale o sovra-statale sarebbero costruiti dal rispetto dell'assetto normativo e del corpus legislativo. Non è una cosa da poco, perché concerne un aspetto fondamentale della dimensione della “cittadinanza”: cosa è che ci rende cittadini di uno Stato? Cosa ci lega a una compagine statale e ci fa sentire parte di un tutto? Cosa ci unisce ad altri individui che non conosciamo e che probabilmente non conosceremo mai, con i quali nondimeno condividiamo un ordinamento politico, una costituzione, un assetto legislativo? Le domande non sono peregrine, perché toccano il nocciolo duro della questione: la costruzione di un'appartenenza mediante la definizione di una o più identità. Ben sappiamo - forti di una pluridecennale letteratura in materia - i meccanismi di costruzione dell'identità nazionale: li conosciamo non solo perché li abbiamo studiati da adulti, ma anche perché ce li hanno inculcati sin da bambini attraverso l'insegnamento dei programmi scolastici. Per questo motivo siamo ben consapevoli di come risulti ben più complessa la costruzione di una “identità di secondo livello”, come quella europea, che non si sostituisce all'identità nazionale, ma si somma. Si è europei senza smettere di essere italiani, tedeschi, francesi... evidentemente. Ciò rappresenta un valore aggiunto esattamente quanto un limite: è un valore aggiunto perché la dimensione europea è “arricchente” e non “escludente”, ma è un limite perché i meccanismi di costruzione identitaria non possono replicare nel continente quanto accaduto all'interno dei confini nazionali. I singoli Stati-nazione hanno costruito il senso di appartenenza alla propria comunità attraverso passaggi storici a volte mirabili, ma altre volte tragici: l'elezione di un inno nazionale, la scelta di una bandiera, la ricorrenza della data dell'indipendenza hanno “lavorato” fianco a fianco - in questo senso - con la dichiarazione di guerre, il combattimento di battaglie, la segregazione di minoranze politiche che avrebbero offuscato il mito fondativo di una comunità “pura”, la diffidenza verso la figura dello “straniero”, che potrebbe mettere a repentaglio la suddetta “purezza”. Questi meccanismi non sono replicabili (verrebbe da dire “per fortuna”) a livello europeo e rendono necessaria l'individuazione di alternative. Habermas le trova nella definizione di un sistema normativo - che “fissi” determinati valori intorno ai quali si riconosce la maggior parte della popolazione - tale da fungere da elemento di aggregazione per quest'ultima: quasi una costruzione che funzioni “al contrario”, cioè non come punto di arrivo di un determinato percorso storico e sociale, ma come punto di partenza per future identità. È quasi inutile aggiungere come una prospettiva del genere, di natura prettamente normativa, riscontri difficoltà a “scaldare gli animi” e incentivare entusiasmi. Allo stesso tempo rappresenta una proposta da discutere, insieme a possibili alternative. Ciò che è certo è che, allo stato attuale, il progetto europeista abbia bisogno di un'acce- lerazione, che non vada nella direzione solamente di un Paese dell'Est Europa da aggiungere nell'Eurozona (come recentemente accaduto con la Lettonia), ma produca un salto di livello qualitativo: oggi l'Unione Europea presta facilmente il fianco agli sfoghi euroscettici e ai rigurgiti nazionalisti. Tanto il deficit di legittimità delle decisioni prese a Bruxelles (il cui passaggio fondamentale non è rappresentato peraltro dall'aula legislativa, l'unica votata dai cittadini), quanto la posizione semi-egemonica dell'esecutivo tedesco in seno al governo europeo, quanto ancora la preminenza attribuita agli organi economici rispetto alle istituzioni politiche minano da tempo la piena affermazione del progetto europeista. Per dirla con le parole di Habermas (che certo non può essere tacciato di “euro-scetticismo”): “I popoli europei hanno buoni motivi per volere un'unione politica; ma la conseguente necessità di allargare l'edificio familiare dello Stato nazionale, per condividere un piano superiore con altre nazioni, è ancora intuitivamente distante”. Come uscire da questa stasi? Ripercorrendo, per i tratti possibili, i sentieri di costruzione di un'identità nazionale, vale a dire definendo uno scenario sociale prima ancora che un edificio politico-economico: serve l'Europa dei popoli, che si riconosca nel Mediterraneo come culla di tutte le più significative civiltà occidentali, che accetti il ruolo che la geografia le “impone” (cioè come ponte con il Sud e l'Est del mondo), che non si chiuda nella dimensione della tetragona “fortezza”, che sostituisca il metodo intergovernativo (troppo esposto a veti incrociati e ataviche antipatie nazionali) con la costruzione di un vero senso di comunità. Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 19 segue da pag. 3 - Europa e Mezzogiorno nella società post-industriale - Luigi Mazzella no, non riescono a venderli e non sono neppure in grado di restituire eventuali mutui assunti con le banche per mandare avanti il processo produttivo. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti d’America, l’approdo alla Società dei servizi è avvenuto per effetto di provvedimenti legislativi presi dalle Assemblee parlamentari e di atti amministrativi degli Esecutivi in carica. Margaret Thatcher e Ronald Reagan hanno avuto, a tempo debito, il coraggio politico di elevare la tassazione sino a limiti insopportabili per le industrie manifatturiere del Paese e di abbassarla repentinamente, dopo la de-industrializzazione verificatasi, al 33 e 23 per cento, per aiutare gli imprenditori, per così dire ”sopravvissuti” a porre le basi per un’efficiente società dei servizi. A quel che si legge in giro, non sembra che un leader dell’Europa continentale abbia oggi una visione così lucida sul da farsi per sottrarre l’economia della zona dell’Euro alla tirannia della sopravvenuta mancanza di competitività dei suoi prodotti a causa degli alti costi dei salari e del Welfare. Tutti appaiono smarriti e brancolanti nel buio più fitto, impegnati spasmodicamente in diatribe di un tempo ormai irrimediabilmente passato. Non sono mancate, nell’Euro-zona, proposte di abbattimento delle imposte che riecheggiavano i livelli angloamericani ma la misura, non a caso, è stata avversata, proprio da chi l’aveva ispirata in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Essa, presa in un contesto di piena e persistente attività manifatturiera, avrebbe avuto solo l’effetto di ritardare l’auspicato passaggio alla società post-industriale; non certo di accelerarlo. La situazione di stallo è aggravata dal fatto che l’elettorato attivo è del tutto ignaro e comunque insensibile a una tale colossale svolta economica e politica: è scarsamente e distortamente informato da una stampa, ora del tutto inconsapevole dei termini reali del problema, ora fortemente interessata (ed etero-diretta dai gestori di livello mondiale dei servizi) a nascondere la reale portata del cambiamento, nel timore, certamente fondato, di contraccolpi di natura sociale. Naturalmente v’è chi invoca la consueta volontà di reagire all’imposizione dello strapotere dei cosiddetti poteri forti. La verità è che i poteri economici non sono ordinati in gerarchie piramidali organizzate e concordi. Essi si limitano a sapere bene 20 quello che non devono fare: prestare quattrini che non ritornano a casa con i connessi interessi! D’altronde è difficile negare che il calo di competitività dei manufatti italiani ed europei (della zona continentale) non sia anche una conseguenza dei progressi che i lavoratori hanno conseguito, quanto al loro status giuridico ed economico, in Italia per effetto di uno statuto dei lavoratori che non c’è in nessun altro Paese industriale. Il nostro Paese ha, inoltre, giudici così sensibili ai problemi sociali che utilizzano le norme di quello statuto in modo così rigoroso da imporre ai datori di lavoro di riprendere in fabbrica i lavoratori ingiustamente licenziati, anche dopo averli abbondantemente risarciti. Senza dire che la cosiddetta Trimurti italiana c’è invidiata da tutte le organizzazioni sindacali dell’Occidente intero, per il peso che riesce a esercitare sulla vita politica del Paese. Tutte cose verissime che hanno contribuito, però, a rendere molto alto il costo del lavoro, a differenza di quello che avviene, per esempio, in Cina dove non seguono il modello italiano, pur dichiarandosi comunisti (più che genericamente, come da noi, di sinistra democratica). D’altro canto, il meccanismo economico in atto in Italia e nell’Eurozona si è messo in modo, per così dire, automatico. Dagli anni Ottanta, nei Paesi di maggiore sviluppo si è realizzata un’accumulazione del capitale che ha determinato, oggettivamente, un predominio del sistema finanziario sull’intera economia. Quando, nell’ambito di un’impresa, il processo di crescita del capitale diventa abnorme (e tale è stato in quegli anni), è inevitabile che i dettami non scritti dell’economia capitalistica per realizzare il massimo profitto impongono di cercare mezzi di produzione di ricchezza addizionali. E il denaro in più finisce nelle casse di chi lo sa utilizzare e lo Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014 fa rendere con operazioni finanziarie, borsistiche, assicurative e via dicendo. Allora: i cosiddetti poteri forti non sono stati creati da una misteriosa Spectre di fleminghiana memoria, ma, essendo già esistenti, sono stati irrobustiti e ingigantiti dagli stessi imprenditori che oggi piangono sull’immatura dipartita della società industriale euro-zonica di cui erano stati i protagonisti! Che oggi continuino a esserci nell’Eurozona forze politiche che puntano a elaborare provvedimenti idonei a conservare la società industriale, contrastano, per comprensibili finalità umane, la disoccupazione conseguente alla chiusura delle fabbriche, è circostanza che se, in astratto, tende a bloccare ogni trasformazione determinando ritardi, non è detto che, in concreto, non produca effetti nocivi nella svolta obbligata che è già in atto nella direzione della società post-industriale. Tale svolta, per il Sud che ha perso clamorosamente l’appuntamento con l’idustrializzazione delle sue terre, potrebbe invece presentare aspetti positivi, solo che si colmassero i gap attualmente esistenti. Il primo relativo a un deficit conoscitivo in materia informatica che, se superato, potrebbe dare una stura molto proficua alle capacità creativa delle popolazioni meridionali. Il secondo, relativo ai servizi di offerta turistica e di utilizzazione del patrimonio artistico, architettonico, culturale e storico che potrebbero monetizzare i flussi provenienti da Paesi di nuova ricchezza come Russia, Cina e altri e che incontrano difficoltà a decollare soltanto per mancanza di strutture e infrastrutture. Che fare, allora? Stimolare da un lato l’alfabetizzazione informatica e digitale dei nostri giovani al Sud (come nel resto del Paese, d’altronde) per offrire strumenti adeguati all’espressione della loro innata creatività. Favorire, dall’altro, la nascita, la crescita o l’immissione nel mercato italiano di grandi catene alberghiere, mondialmente collegate tra di loro per inserire le nostre coste in circuiti, giri e pacchetti pre-definiti. Questo significherebbe cambiare radicalmente le modalità dell’offerta turistica con la creazione di grandi e autosufficienti resort e l’eliminazione di modeste aziende alberghiere non più in linea con i tempi e soprattutto non più all’altezza di soddisfare le esigenze di un pubblico ormai aduso a molteplici e multiformi confort. Ciampi: una rivista legata alla grande tradizione meridionalistica “Politica Meridionalista-Civiltà d’Europa” nasce a Napoli nel 1972 quale espressione del Centro studi di politica economica e sociale “Nuovo Mezzogiorno”. Suoi supple menti periodici irregolari sono gli “Incontri di studio”, attraverso i quali sono pubblicati gli atti dei convegni nonché ricerche promosse dalla rivista e dal Centro. La puntualità e la specificità delle pubblicazioni, che si diffondono progressivamente in un ambito di lettori molto più ampio di quello interessato alle attività del Centro studi, l’autorevolezza e la varietà delle collaborazioni forniscono alla rivista, diretta sin dalla fondazione da Nicola Squitieri (nella foto), uno spazio proprio nel contesto del dibattito meridionalistico, tale da consentire la pub blicazione anche in periodi di sospensione o di rarefazione delle attività del Centro, fino a configurare intorno alla testata un vero e proprio movimento culturale espressivo di un nuovo meridionalismo, immune da ogni facile campanilismo e deciso a ricercare, al di sopra di consunti schemi di schieramenti politici e sociali, nelle capacità e nelle energie che sono proprie della gente del Mezzogiorno, le risorse utili a favorire la ripresa del processo di riduzione del divario Nord-Sud. Intorno alla rivista girano quindi attività di notevole rilievo, quali gli stessi “Incontri di studio”, la “Giornata del Mezzogiorno nella Scuola” ed il Premio Internazionale “Guido Dorso” che dall’anno 2000 si tiene al Senato della Repubblica sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica con il patrocinio dello stesso Senato,del Cnr e dell’Università di Napoli “Federico II”. Quest’ultima iniziativa, giunta alla XXXV edizione, forniva a un cronista l’occasione per scrivere che “forse la realtà più sorprendente nel panorama del generale ristagno di autentici fermenti culturali, non è solo il premio in sé (che pure rappresenta un momento di dibattito e di incontro di grande significato) ma anche l’attività che sta al monte della manifestazione, in quanto il “Guido Dorso” si inserisce in un impegno meridionalistico che non è vuota menzione di un momento, ma il costante lavoro di un’organizzazione che produce idee senza tregua”. Non a caso la rivista ha ridato vita nel ‘90 al Centro studi, ricostituendolo nell’ambito dell’Associazione per il Premio Dorso in quanto Centro studi per la valorizzazione delle risorse del Mezzogiorno. Il Centro - destinatario nell’anno 2000 del Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri - ha istituito un Comitato scientifico-culturale composto dai destinatari di alcune delle sezioni del Premio Dorso. Il Comitato è presieduto da Andrea Amatucci e composto da: Gerardo Bianco, Antonio Catricalà, Luigi De Sena, Gianfranco Dioguardi, Adriano Giannola, Giovanni Lettieri, Zhenya Liu, Giovanni Magnifico, Nicola Mancino, Antonio Marzano, Luigi Mazzella, Paola Pelino, Dominick Salvatore, Giulio Tarro, Fulvio Tessitore, Sergio Zoppi. Il Comitato ha il compito di promuovere attività di studio e ricerche tese ad approfondire, in particolare, la realtà economica e sociale del Mezzogiorno nel più ampio contesto comunitario. “Politica Meridionalista” ha oggi al suo attivo l’organizzazione di convegni che vanno man mano esemplificando la presenza della testata nel dibattito culturale e politico sui problemi del Mezzogiorno: tra questi citiamo uno dei primi, sul degrado ecologico urbano, “Napoli Cancer” (di recente riedito a cura de Il Denaro-libri), ed uno dei più significativi, per ricordare l’attualità del meridionalismo di Guido Cortese. Gli atti di quest’ultimo convegno furono raccolti in volume, sottolineando con efficace esito la vocazione editoriale della testata a beneficio di un’azione di divulgazione e di promozione culturale che va oltre la pubblicazione della rivista. Nel 2000 la rivista ha dato vita ad una Collana di pubblicazioni intitolata “Quaderni di Politica Meridionalista”. Una funzione determinante nel processo di crescita del Mezzogiorno e del Paese è attribuita alle istituzioni scolastiche, educative e culturali e alle politiche che ne programmano e ne assicurano il funzionamento. All’editoria meridionale e alla pubblicistica che comunque tratta del Mezzogiorno, la rivista dedica da tempo una particolare attenzione attraverso una specifica rubrica di recensioni. Analoghe rubriche, con lo stesso intento promozionale a beneficio della cultura meridionale, sono riservate ai problemi dei beni ambientali, intesi nell’accezione più ampia del termine e quindi al turismo in quanto promotore di crescita e di sviluppo economico. Tra le indagini più significative, annotiamo il “viaggio” che la rivista va compiendo tra le istituzioni alle quali compete il delicato compito di svolgere un’attenta opera di prevenzione e repressione contro i fenomeni malavitosi ed il degrado socio-ambientale che affliggono la realtà meridionale. Aperta a tutti i contributi e a tutte le voci, come dimostrano ampiamente la varietà degli interventi e degli stessi riconoscimenti attribuiti attraverso il conferimento dei Premi Dorso, “Politica Meridionalista” è attualmente impegnata a sottolineare l’urgenza e la produttività di un corale impegno civile per il riscatto del Mezzogiorno. In occasione dei trent’anni di attività della rivista, celebrati alla Camera dei Deputati, l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ricordò, tra l’altro, in un messaggio che: “L’intensa attività pubblicistica promossa dalla rivista ha favorito la nascita di un mo vimento culturale legato alla grande tradizione meridionalistica”. Premio Dorso al Sindaco di New York Bill De Blasio Per festeggiare il neosindaco di NewYork, Bill De Blasio già si annunziano ambiti riconoscimenti in Italia, tra questi quello preannunciato dall’associazione “Guido Dorso” che, ogni anno nel ricordo del grande meridionalista irpino, al Senato della Repubblica con il patrocinio dello stesso Senato, del Cnr e dell’Università di Napoli “Federico II”, segnala dal 1970 le “eccellenze del Mezzogiorno” che onorano il nostro Paese negli Stati Uniti. L’albo d’onore della sezione internazionale Usa-Mezzogiorno del Premio Dorso annovera infatti alcune tra le maggiori personalità italo-americane di origine meridionale, quali: Charles Gargano, Joseph La Palombara, Dominic Massaro, Edward Re, Mike Rienzi, Dominick Salvatore, Frank Stella, John Volpe. Il Premio Dorso verrà conferito al Sindaco De Blasio nel corso di una edizione speciale dell’iniziativa che si terrà a Palazzo Giustiniani in occasione della sua prima visita a Roma. In una dichiarazione il presidente dell’associazione Dorso, Nicola Squitieri, nell’esprimere la più viva soddisfazione per l’elezione di Bill De Blasio a sindaco della Grande Mela, ha ricordato che gli italo-americani hanno offerto e offrono tuttora un contributo fondamentale alla vita sociale e culturale degli Stati Uniti. Questo obiettivo è stato raggiunto senza mai perdere di vista la ricchezza unica della cultura italiana e l’importanza di preservare sempre l’amore per questa ricchezza nelle future generazioni. Dalle sue origini italiane il Sindaco De Blasio, di cui ne va sempre orgoglioso, ha imparato soprattutto l’importanza della famiglia e del prendersi cura di chi più ha bisogno; in questo spirito sarà certamente il sindaco dell’eguaglianza e della parte più debole della città di New York. Premio Internazionale GUIDO DORSO XXXV Edizione Targa di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Patrocinio del Senato della Repubblica, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” ALBO D’ONORE SEZIONE ORDINARIA RICERCHE E PROGETTI ESEGUITI DA GIOVANI STUDIOSI 1970-2013 Vincenzo Napolillo, Maria Rosaria Abignente, Rossella Carganico, Centro Studi “Il Dialogo”, Massimo d’Aquino, Francesco Muzio, Ada de Santis, Gruppo di lavoro delle Università di Napoli e Salerno, Gruppo di lavoro delle Cattedre Convenzionate di Tecnologia dell’Architettura I e II dell’Università di Napoli (ex aequo), Paolo Colucci e Aleardo Furlani, Patrizia Campagna e Gianni Marone (ex aequo), Giuseppe Melis, Enza Ragozzino, Piero Alonzo, Francesca Rusciano, Michele Valentino, Daniela Amarelli e Nicoletta Ricci (ex aequo), Patrizia Loffredo e Ignazio Russomanno (ex aequo), Pasquale Del Giudice, Claudio Battimiello, Gennaro Po lidoro, Filiberto Amati e Iolanda Di Vuolo (ex aequo), Diego Bor ghe se, So nia Ger vasio e Antonio Ferrante (ex aequo), Marianna Ferraro, Serena Maresca, Luca Giosi, Eliana Paola Di Stefano, Antonio Cepparulo, Giulia Carnevale (alla memoria), Silvia La Mura, Angela Puo polo, Alessia Manzella, Gabriele Spina. TARGA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Università di Napoli Federico II, Svimez, Eme roteca-Biblioteca Tucci, Centro Sviluppo Ru rale (Portici), Fondazione Centro Studi di Ri cerche Economiche Angelo Curella (Palermo), Associazione Studi e Ricerche per il Mezzo giorno (Napoli), Osservatorio Banche-Imprese (Bari), Fondazione con il Sud (Roma), Accademia di Belle Arti (Napoli). SEZIONI SPECIALI 1970-2013 Istituzioni e Politica: Dario Antoniozzi, Guido Bertolaso, Gerardo Bianco, Valerio Capolupo, Antonio Catricalà, Francesco Compagna, Ciriaco De Mita, Luigi De Sena, Raffaele Fitto, Antonio Giolitti, Pietro Grasso, Enrico La Loggia, Gianni Letta, Siro Lombardini, Emanuele Macaluso, Antonio Maccanico, Nicola Mancino, Antonio Marzano, Aldo Masullo, Luigi Mazzella, Riccardo Misasi, Tommaso Morlino, Giorgio Napolitano, Lo renzo Natali, Giuseppe Pisanu, Gianni Pittella, Elda Pucci, Umberto Ranieri, Giorgio Santacroce, Angelo Sanza, Maurizio Scelli, Vincenzo Scotti, Gaetano Stammati, Giuseppe Tesauro, Ortensio Zecchino. Economia: Giuseppe Alvaro, Salvatore Cafiero, Antonio D’Amato, Mariano d’Antonio, Giandomenico Di Sante, Emmanuele Emanuele, Antonio Fa zio, Serafino Gatti, Adriano Giannola, Vincen zo Giustino, Giovanni Goria, Augusto Graziani, Giovanni Magnifico, Franco Modigliani (Pre mio Nobel per l’economia), Andrea Monor chio, Carlo Pace, Antonio Pedone, Sandro Pe triccione, Romano Prodi, Pasquale Saraceno, Vito Tanzi. Imprenditoria e Cooperazione: Luigi Abete (Abete Tipografica S.p.A.), Giu seppe Amato (Pastificio Amato), Ettore Artioli, Carlo Borgomeo (Soc. Imprenditoria Giovani le), Gianni Carità (Centro orafo “Il Tarì”), Fausto Cereti (Aeritalia), Salvatore d’Amato (Seda Cartoplast), Vincenzo Ercolino (Feudi di S. Gre gorio), Gerardo Giuratrabocchetti (“Le cantine del notaio”), Giacomo Juliani (Conceria Julia ni - Solofra), Giovanni Lettieri (Investimenti e Sviluppo Mediterraneo), Paolo Longobardi (Unimpresa), Robert MacDo nald (Grup po 3M Italia), Giorgio Maroncelli, Carlo Martino (Gruppo Tecnomec Engeneering), P aolo Mar tuscelli (Provv. OO.PP. Campania), Enrico Men sitieri (Icimen S.p.A.), Paola Pelino (Pelino con fetti), Gabriele Pescatore (Casmez), Umberto Petitto, Raff aele Picella (Sme). Ricerca e Università: Antonio Barone, Achille Basile, Claudio Berto li, Francesco Blasi, Scipione Bobbio, Ovidio M. Bucci, Nicola Cabibbo, Roberto Cingolani, Cor rado Clini, Roberta Cocchiara, Edoardo Cosen za, Mario Cutolo, Giuseppe De Rita, Alberto Di Donato, Mario di Gioia, Roberto Di Lauro, A ldo Di Lorenzo, Gianfranco Dioguardi, Renato Dul becco (premio Nobel per la medicina), Arturo Falaschi, Giorgio Franceschetti, Alfredo Fusco, Nino Galloni, Domenica Geraci, G. Giacomo Giordano, Lidietta Giorno, Gaetano Giraldo, Giovanni Giudice, John Guardiola, Umberto Guidoni, Luigi Labruna, Giovanni Leone, Daniele Malfitana, Lorenzo Mangoni, Massimo Marrelli, Giuseppe Marrucci, Leopoldo Massi milla, Luigi Napolitano, Vincenzo Naso, Gior gio Nebbia, Luigi Nicolais, Matteo Palumbo, Sergio Papa, Vincenzo Pavone, A ugusto Pe derzini, Carlo Pedone, Giovanni Persico, Clau dio Quintano, Angelo Rizzo, Antonio Ruberti, Franco Salvatore, Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, Giulio Tarro, Guido Trombetti, Alberto Varvaro, Antonio Venditti, Lida Viganoni, Gennaro Volpicelli, Lucia Votàno, Carmine Zoccali, Giuseppe Zollo, Sergio Zoppi. Cultura: Francesco Barbagallo, Mirella Barracco, Carlo Bo, Giuseppe Cacciatore, Giuseppe Cantillo, Francesco P. Casavola, Com. Carabinieri tute la Patrimonio Artistico, Raffaello Causa, Ferdi nando Clemente, Franco Compasso, France sco De Martino, Gabriele De Rosa, Cesare de Seta, Roberto De Simone, Gabriele Gaetani d’Aragona, Giuseppe Galasso, Giuseppe Giar rizzo, Franzo Grande Stevens, Centro Studi “Guido Dorso”, Marta Herling, A ntonio Iodice, G ioacchino Lanza Tomasi, Pietro Lezzi, Alberto M. Moriconi, Giuseppe Pirozzi, Mario Pomilio, Michele Prisco, Rosanna Purchia, Francesco Rosi, Mario Sansone, Roberto Saviano, Carlo Sbordone, M ichele Scudiero, Fulvio Tessitore, Attilio Veraldi, Giovanni Verde. Editoria: Tommaso Avagliano, Bibliopolis, Gaetano Colonnese. Antonio de Dominicis (S.E.N.), Edizioni Dehoniane, Giovanna Delfino, Edizioni Scientifiche Italiane, Edizioni di Storia e Letteratura, Ferraro Editrice, Adriano Gallina (Ed. del Delfino), Francesco Giannini, Grimaldi & C. Editori, Alfredo Guida Editore, Casa Editrice lo vene, Piero Lacaita, Vito Laterza, Guido Liguo ri, Enzo Loff redo, Gaetano Macchiaroli, Rosario Rubbettino, Salvatore Veca. Giornalismo, Saggistica, Narrativa: Lirio Abbate, Gaetano Afeltra, Biagio Agnes, Nello Ajello, Clau dio Angelini, Angela Buttiglione, Ermanno Corsi, Salvatore d’Agata, Lorenzo Del Boca, Marco Demarco, Paola de Paoli, Gigi Di Fiore, Giannino Di Stasio, Nuccio Fava, Vittore Fiore, Arturo Fratta, Antonio Galdo, Paolo Gambescia, Giuseppe Giacovazzo, Antonio Ghirelli, Alberto La Volpe, Mimmo Liguoro, Luciano Lombardi, Antonio Lubrano, Myrta Merlino, Roberto Napoletano, Mario Orfeo, Mario Pendinelli, Giovanni Russo, Gen naro Sangiuliano, Pasquale Satalino, Egidio Sterpa, Federico Tortorelli, Mario Trufelli, Bru no Vespa, Sergio Zavoli. Sezione Internazionale: Kevin Allen, Edward Benfield, Valentino Belfi glio, Rocco Caporale, Eugenio Clini, Francesco De Angelis, Louis Joseph Freeh, Charles Gar gano, Antonio Giordano, Donald Harringhton, Hans Rimbert Hemmer, Joseph La Palombara, Zhenya Liu, Joseph Lopreato, Sergio Marchi, Joseph Maselli, Jay Oliva, Dominic R. Massa ro, Donald S. Pitkin, Edward Re, Mike Rienzi, Dominick Salvatore, Conchita Sanborn, Frank D. Stella, St. John’s University di N.Y., Keiichi Takeuchi, Lydio Tomasi, Giuseppe Tritto, John Volpe, Mariuccia Zerilli Marimò. Formazione e Scuola: Scuola Superiore di Giornalismo “Luiss - Guido Carli”.