Politica Meridionalista
CIVILTA’ D’EUROPA
RIVISTA DI CULTURA, ECONOMIA, INFORMAZIONE EURO-MEDITERRANEA
ANNO XLII - Maggio 2014 - ISSN: 0393-7844 - Euro 2,50
L’Europa
che vogliamo
Dopo 35 anni un nuovo Libro Bianco dal titolo “Campania,
terra di veleni” e la ristampa del testo originario della ricerca
1977: Politica Meridionalista pubblica la
“mappa” della nocività nella Terra dei fuochi
Nel maggio del 1977, il centro
studi “Nuovo Mezzogiorno” di Napoli
dava alle stampe un Libro bianco dal
titolo “Salute e ambiente in Campania”. La pubblicazione focalizzava in
particolare un tipo d’inquinamento
per la prima volta esaminato a livello scientifico-sociale da un team di
studiosi. Infatti l’articolo introduttivo
del giornalista-scrittore Giannino Di
Stasio sottolineava come la pubblicazione in esclusiva de “la mappa della
nocività” a Napoli e in provincia, tracciata da un gruppo di studiosi napoletani della Fondazione Pascale, guidati
dal prof. Giovan Giacomo Giordano,
fosse un vero e proprio scoop. Alla
conferenza stampa di presentazione
della ricerca, convocata successivamente, parteciparono gli inviati delle maggiori testate nazionali. Il prof.
Giordano illustrò con estrema competenza scientifica, i risultati della
ricerca stessa. Vi fu un’eco immediata con ampi servizi da parte dei TG
della Rai e di emittenti private mentre furono richieste e ospitate interviste del prof. Giordano dalle testate
nazionali Altri studi, oltre quello del
prof. Giovan Giacomo Giordano, sulle condizioni igieniche e sanitarie
di una città dolente (Napoli) a firma
di Giulio Tarro, Andrea Amatucci,
Giorgio Nebbia e Gherardo Mengoni, fecero parte del Libro bianco
edito a cura di Politica Meridionalista,
la testata diretta dal 1972 ad oggi da
Nicola Squitieri. A distanza di trentacinque anni, il Libro Bianco “Salute e
ambiente in Campania” è stato riedito da il Denaro-Libri. Su iniziativa poi
del figlio del Prof. Giordano, Antonio
e dello stesso prof. Tarro, si è anche
proceduto a realizzare una nuova e
aggiornata edizione del Libro Bianco
del 1977 dando alle stampe una ricerca dal titolo “Campania, terra di veleni”- curata da Il Denaro-Libri - che
prendendo spunto dagli stessi temi,
purtroppo ancora oggi di grande attualità, collocandoli nella cosiddetta
“terra dei fuochi”(causa di tante morti per tumori), arricchiti dalle testimonianze di studiosi che non si fanno
travolgere dalle correnti principali di
quello che è scontato, ma fanno considerazioni e proposte originali per
superare gli ostacoli organizzativi e
burocratici ed anche l’ ignoranza e la
malafede. Così possiamo leggere articoli di giornalisti esperti del settore
come Maria Pirro, Chiara Graziani e
Rosaria Capacchione, di studiosi della
materia come Alfredo Mazza, Prisco
Piscitelli e Francesco Maranta, ed anche di appassionati volontari come
Gianni Angeli ed Antonio Trotta.
Presentata una ricerca di Unimpresa
I costi dell’illegalità e la lotta alla criminalità organizzata
Vale 10 miliardi di euro l’anno il “giro di affari” del racket che grava sulle imprese italiane: La quota più ampia è a carico dei commercianti costretti a pagare alla criminalità
organizzata un pizzo pari a 6,5 miliardi (il 65%). Sono oltre 200mila i negozianti e gli
artigiani colpiti dall’estorsione. Questi alcuni degli allarmanti dati contenuti nella seconda edizione del libro di Luigi Scipione
“I costi dell’illegalità e la lotta alla criminalità organizzata” pubblicato per iniziativa
dell’ufficio studi di Unimpresa con le prefazioni del procuratore nazionale antimafia,
Franco Roberti (nella foto) e del presidente
di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Altro capitolo drammatico - secondo la
ricerca - è l’usura con i tassi dei prestiti
erogati dagli “strozzini” che cambiano di
regione in regione.”La sensazione più diffusa e raccapricciante - osserva Luigi Scipione - è che esistono settori in cui l’usura
si va facendo sempre più sofisticata ed indipendente anche rispetto alla criminalità
organizzata, in particolare, il settore professionistico, a certi livelli, lo stesso settore
bancario”.
Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia
Anno XLII - Maggio 2014
direttore responsabile
NICOLA SQUITIERI
EDITORIALE - L’EUROPA CHE VOGLIAMO
A
ncora una volta la nostra
testata apre le sue pagine ad un ampio confronto dedicato alle tematiche legate
all’Europa nel più ampio contesto
della centralità del Mediterraneo
e dello sviluppo dell’area meridionale del Paese. Ad approfondire
queste tematiche Politica meridio-
sviluppo all’interno stesso dei vari
Paesi membri (Gianni Pittella). Occorrerà per questo rendere sempre
più competitiva la nostra industria
soprattutto nell’area meridionale
del Paese (Luigi Mazzella) dove le
imprese potranno e dovranno necessariamente usufruire di nuove e
più favorevoli normative legate allo
nalista - Civiltà d’Europa ha invitato alcuni tra i più autorevoli esponenti delle istituzioni comunitarie
e nazionali, dell’economia e della
cultura, già destinatari negli anni
del Premio Guido Dorso. Alla vigilia
delle elezioni del nuovo Parlamento sono oggi sempre più grandi le
sfide che l’Europa dovrà affrontare
nei prossimi anni sia a livello di funzioni che di poteri, anche per poter
vincere l’euroscetticismo sempre
più diffuso. Sarà necessario realizzare un vero e proprio “progetto europeo” da portare avanti nel nuovo
Parlamento da parte dei vari gruppi politici favorendo la crescita e lo
sviluppo (Andrea Amatucci). Nel
Mediterraneo (come ponte con il
Sud e l’Est del mondo), in particolare, saranno necessarie grandi alleanze per imporre una nuova idea di
Europa, una Europa dei popoli (Antonio Iodice), dove le banche dovranno tornare a parlare con i loro
territori di riferimento e le imprese
diventarne partner (Antonio Corvino). L’obiettivo principale resta
però ancora oggi quello indicato,
con grande intuizione politica, da
Alcide De Gasperi: realizzare l’edificazione dell’Europa dei popoli,
della carità e del progresso (Sergio
Zoppi).
vice direttore
ANTONIO PISANTI
coordinamento editoriale
BRUNO LATELLA
segretario di redazione
ALFREDO FIORITO
servizi fotografici
GIUSEPPE DE GIROLAMO
Direzione, Redazione, Amm.ne
C.so Umberto I, 22 - 80138 Napoli
Via Caio Mario, 8 - 00192 Roma
E-mail: [email protected]
Reg. Tribunale di Napoli
n. 2329 del 15 giugno 1972
Iscrizione al Registro
Nazionale della Stampa n. 2071
del 20 febbraio 1987
«Politica Meridionalista
Civiltà d’Europa»
è edita a cura dell’Associazione
per la valorizzazione
delle risorse del Mezzogiorno
“Guido Dorso”
www.assodorso.it/rivistaonline.htm
Periodico associato all’USPI
Unione Stampa Periodica Italiana
Stampa
I Farella snc
Napoli
A Palazzo Giustiniani
la consegna dei Premi “Guido Dorso” - 34° edizione (da pag. 8 a 11)
Al Senato premiati gli ambasciatori del Mezzogiorno
In copertina:
Nella foto: una delle due Aule del Parlamento Europeo
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
1
I Sud d’Europa attendono risposte concrete
alle drammatiche situazioni economico-sociali
L’Europa di fronte
alle nuove grandi sfide
Gianni Pittella*
Ci troviamo oggi di fronte ad un
momento di grandi cambiamenti. La
gravissima crisi economica degli ultimi
anni ha portato ad un lungo periodo
di incertezza e inquietudine, ma, come
tutti i periodi di crisi, può rappresentare
il punto di partenza per un nuovo inizio. Questa crisi può costituire l’occasione per gettare delle basi più solide
per il futuro e fare in modo che quanto
è accaduto non possa più ripetersi, almeno non con la stessa gravità. Ecco
perché quest’anno, l’anno delle elezioni europee, è di grande importanza. Da
sempre, le elezioni hanno costituito un
momento di rinnovamento e sono state al contempo l’occasione in cui tirare
le somme di ciò che si è riuscito a costruire nella legislatura che si appresta a
concludere. Ma le elezioni Europee non
sono solo questo. Lo sguardo di chi, ha
cercato negli anni di costruire un percorso, scandito non dalle legislature ma
da un progetto a lungo termine, si concentra sugli interventi futuri mirando a
consolidare e rendere più forte l’Europa
nel suo complesso. I passi in avanti che
l’Unione Europea ha compiuto negli ultimi anni sono enormi, ma altrettanto
importanti e significative sono le sfide
che si troverà ad affrontare nel futuro
più prossimo. In primo luogo la sfida
sarà istituzionale. L´Europa, in quanto
progetto di civilizzazione, può sopravvivere solo se trova una dimensione
politica e su questo punto tutti gli stati
membri sono troppo timidi e non abbastanza attivi. Per reagire a questo stallo,
nel prossimo mandato il Parlamento
europeo ha bisogno di seguire il consiglio provocatorio di Jacques Delors e
Helmut Schmidt e promuovere un “golpe parlamentare”. Noi abbiamo bisogno
di una controffensiva pro-europea per
sostenere una nuova fase costituente guidata dal Parlamento. Un dibatto
aperto durante la campagna elettorale
sul futuro dell´Europa è l´arma più potente a nostra disposizione a sostegno
della nuova iniziativa del Parlamento.
2
Strasburgo - Il Presidente della Repubblica, Napolitano, con il Vicepresidente del Parlamento Europeo,
Pittella, nel corso dell’incontro con i deputati italiani.
Ogni gruppo politico sta nominando un
candidato alla Presidenza della Commissione europea e sta lavorando ad
un programma per l´Europa che possa
illustrare le proprie visioni di progetto
europeo. In questo modo potremo avere finalmente un dibattito su questioni
concrete, trasformando la Commissione
nel governo democratico d´Europa, che
risponda pienamente al Parlamento europeo. Noi socialisti siamo pronti a questo dibattito. Abbiamo un leader naturale per la Commissione, Martin Schulz,
e stiamo lavorando a un programma
ambizioso. Ma le risposte fondamentali
che dovremo dare riguardano innanzitutto la situazione drammatica: nei Sud
d’ Europa, il quadro economico e sociale è drammatico. La crisi economica è
stata solo il punto di partenza di un circolo vizioso che ha provocato una crisi
sociale devastante e dal quale si fa fatica ad uscire. La coesione interna all’UE
ne ha risentito in maniera significativa
ed è proprio alla società, a tutti i cittadini europei che bisogna dare delle risposte rapide e concrete. Le popolazioni
dell’Europa si aspettano delle riforme
che possano migliorare la loro vita in
quelli che sono gli aspetti quotidiani e
fondamentali, primo fra tutti il lavoro.
La svolta da noi tutti auspicata non potrà mai avere luogo se non si interviene
in maniera repentina su tale settore. E’
giunto il momento di investire in ma-
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
niera significativa nella formazione dei
lavoratori di domani, iniziando col concedere loro nuove opportunità lavorative. Bisogna quindi dare nuova linfa
al settore della cultura e, soprattutto,
a quello dell’istruzione e della ricerca.
E per fare questo servono risorse. Dobbiamo quindi porre fine all´austerità. So
che molte persone pensano che questa
sia una risposta troppo facile, ma credo fermamente che quest´approccio
dogmatico all´austerità possa spingere
l´Europa sull´orlo del disastro. Nonostante l´introduzione dell´austerità,
il debito è aumentato e la situazione
sociale nel Sud dell´Europa è estremamente precaria. Per la prima volta nella storia contemporanea alcune città
italiane sono state colpite dalla deflazione. Combattere l´austerità significa
due cose. Primo, è il momento di essere
più flessibili con l´implementazione del
Patto di Stabilità. L´attuale clausola sugli investimenti prevista dalla Commissione è troppo debole. L´investimento
produttivo pubblico non dovrebbe
essere preso in considerazione per
il calcolo del patto di stabilità. Secondo, dobbiamo riaprire il dibattito
sull´introduzione degli Eurobonds. Su
questo punto, dobbiamo essere chiari:
*Vicepresidente vicario
del Parlamento Europeo
continua a pag. 19
Competitività e innovazione per il decollo del Sud
Europa e Mezzogiorno
nella società post-industriale
luiGi Mazzella*
Quando i
fautori
della
necessità di realizzare l’industrializzazione
del Sud dell’Italia a tappe
forzate e ravvicinate ebbero
il sopravvento
– del tutto naturale, peraltro,
in considerazione dell’esigenza di quei tempi – la
gente meridionale che dall’epoca del
Gran Tour aveva in larga parte indossato giacche bianche o nere e cravatte a
farfalla capì che era giunto il momento
di convertirsi a un diverso abbigliamento: la tuta blu.
Un abito, però, che quella popolazione si rese subito conto di non potere
indossare dalle sue parti.
Era vero, infatti che da Melfi a Gioia
Tauro, con fondi della cassa per il Mezzogiorno, si costituivano giganteschi
opifici ma era purtroppo altrettanto
incontestabile che quelle fabbriche restavano vere e proprie ”cattedrali nel
deserto”.
Il Meridione industriale non riusciva
a decollare. Erano piuttosto i treni della
speranza a portare migliaia di calabresi,
lucani, campani, siciliani, pugliesi, molisani, abruzzesi nelle città del Nord, dove
si consumavano, a causa dell’impatto
con una realtà del tutto nuova e sconosciuta, drammi familiari che autori
teatrali, sceneggiatori e registi cinematografici portavano sul palcoscenico o
sullo schermo.
Oggi che la stessa società industriale, tanto agognata dai nostri progenitori, si sta dissolvendo per fare posto alla
cosiddetta società dei servizi (finanziari,
borsistici, creditizi, bancari, assicurativi, informatici, informativi, di offerta
turistica e culturale) nessuno informa
gli Italiani del Sud che quello che sta
accadendo potrebbe aprire, superata
la fase critica del cambiamento, nuove
prospettive per loro.
Mi spiego meglio. L’Italia, come tutta l’Euro-zona, è al centro di un vero e
proprio conflitto epocale. In esso non
sono utilizzate armi da fuoco, missili o
altro ma incursioni borsistiche-finanziarie (spread, calo improvviso di titoli, bolle creditizie etc.). Esso vede ancora una
volta il Polo Anglosassone (Gran Bretagna e Stati Uniti d’America) schierato in
posizione contrapposta all’Europa continentale, sia pure con l’intento, benefico, ma ugualmente spietato nei mezzi
di esecuzione, di portare l’Euro-zona
dall’economia manifatturiera (secondo
mondo) alla società post-industriale dei
servizi (primo mondo, quello, cioè, dei
finanzieri, dei banchieri, dei gestori di
assicurazioni, dei tycoon dell’informatica e dell’informazione, dei fornitori di
servizi turistici e culturali).
In tali circostanze il ricorso da parte
dei governanti dei Paesi interessati dal
fenomeno alla real-politik è d’obbligo.
Non ci si può consentire una lettura,
degli eventi e degli accadimenti umani che sia, in qualche modo, ispirata ai
desideri, al sogno o all’avversione. Si
deve restare ancorati alla secchezza
delle analisi, alla fredda lucidità nella
diagnosi.
Sotto un profilo rigorosamente realistico, appare auspicabile che l’Europa
continentale si ponga, più prima che
dopo, sulla scia del Polo anglosassone
per entrare a far parte del primo mondo
della società dei servizi. Di quella parte
del Pianeta, cioè, dove la coltivazione
nel settore agricolo di beni rurali e la
produzione in quello industriale di ma-
nufatti sarà ridotta soltanto nel confine
dei prodotti di altissima eccellenza, e
dove l’imprenditoria dovrà cimentarsi, nella sua stragrande prevalenza, nel
campo delle utilità offerte ai cittadini, avvalendosi degli enormi sviluppi
dell’altra tecnologia per fornire servizi
della più varia natura. In altre parole,
sarà necessario favorire una trasformazione radicale della nostra economia,
riducendo drasticamente quella reale
nei termini oggi esistenti nel polo anglosassone (all’incirca venticinque per
cento del totale).
In definitiva, quale che sia la volontà
effettiva e concreta dei suoi abitanti, il
legame psicologico con l’attuale realtà, sembra inevitabile che l’Euro-zona
compia quel passaggio e abbandoni il
tipo di società che l’ha caratterizzata nel
secolo scorso.
Il cambiamento, infatti, è oggettivamente conseguenza necessaria di un
fatto che prescinde totalmente dai desideri e meno che mai dalle volontà di chi
lo deve subire sulla propria pelle. Il fatto
è che, spiace dirlo, i prodotti industriali
italiani e dell’Euro-zona non sono ormai
più competitivi con i manufatti creati
in altri Paesi (Indonesia, Serbia, Corea,
Cina, India e altri ancora). Non sempre,
poi, quei prodotti hanno quei connotati di eccellenza che ne renderebbero
impossibile o difficile la loro creazione
altrove. E’ sin troppo ovvio che se i prodotti non sono competitivi, o per il loro
prezzo contenuto o per la loro eccellenza di fattura, le industrie che li produco*Vicepresidente della Corte Costituzionale
continua a pag. 20
Napolitano: la “vista lunga” che manca alla politica europea
“Manca oggi - ha di recente notato Helmut Schmidt - “la vista lunga” in troppi leader
europei, per insufficiente consapevolezza del declino che minaccia l’Europa. I padri fondatori
e costruttori dell’Europa comunitaria non erano solo “impregnati di sentimento tragico della
storia”, erano portatori di un’audace e realistica visione del futuro. E questa può darla oggi,
ovvero nei prossimi anni, solo una politica che si faccia finalmente europea. Mentre finora
in un continente cosi interconnesso come il nostro, la politica è rimasta nazionale, con i suoi
fatali limiti e con le sue diffuse degenerazioni” (dal discorso del presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano al Parlamento Europeo).
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
3
Due importanti sentenze della Corte di Giustizia in materia fiscale
Nuova normativa europea
a tutela delle imprese
andrea aMatucci*
Attraverso
l ’o p e r a z i o n e
soggettivamente inesistente,
l’impresa venditrice (cartiera), che finge
di essere costituita ai sensi di
legge, non versa allo Stato
l’imposta
sul
valore aggiunto
riscossa dall’impresa acquirente (filtro),
che invece è effettivamente esistente ai
sensi di legge. La Corte di Giustizia, con
le sentenze del 21 giugno 2012 e del 31
gennaio 2013, ha dichiarato che la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, datata
28 novembre 2006 e relativa al sistema
comune di iva (G.U. L. 347, p. 1), vieta
che l’Amministrazione Finanziaria neghi
all’impresa acquirente il diritto di detrarre l’iva, senza che la medesima Amministrazione abbia dimostrato che tale impresa sia stata consapevole della natura
fittizia dell’impresa venditrice.
L’evasione è un comportamento illecito, con il quale il contribuente cela la
nascita dell’obbligazione tributaria, mentre l’elusione è un comportamento lecito,
con il quale egli evita che nasca l’obbligazione tributaria, ponendo in essere
una situazione di fatto diversa da quella
prevista dalla legge, ma che consenta di
conseguire lo stesso risultato attraverso
percorsi più complessi, ma non espressamente previsti dalla legge. L’operazione, considerata dalla Corte di Giustizia,
costituisce non elusione, né evasione,
come invece ritiene la medesima Corte,
bensì un comportamento intermedio,
che si avvicina maggiormente all’evasione, e perciò è illecito.
Attraverso tale operazione oggettivamente inesistente, l’impresa venditrice,
che finge di aver acquistato un bene da
altra con sede in diverso Paese membro,
simula la cessione dello stesso bene ad
altra impresa, trattiene l’iva da questa ri-
4
scossa e scompare. La Corte di Giustizia
su queste basi ha dichiarato che la citata
direttiva 2006/112 impone all’Amministrazione Finanziaria di riconoscere il
diritto di detrazione dell’iva all’impresa
acquirente, se la stessa Amministrazione
non dimostri che tale impresa era consapevole o connivente. A ragione la Corte
di Giustizia attribuisce all’Amministrazione Finanziaria l’onere della prova dell’avvenuta connivenza da parte dell’impresa
acquirente e non a questa ultima l’onere
della prova, spesso diabolica, della mancata connivenza. L’impresa acquirente,
in genere, non riesce, infatti, a fornire
tale prova, mentre l’Amministrazione Finanziaria dispone di mezzi idonei per accertare se l’impresa venditrice è fittizia.
Il notevole contributo, apportato dalla Corte di Giustizia, con le sentenze del
21 giugno 2012 e del 31 gennaio 2013,
consiste nell’avere interpretato la direttiva 2006/112, stabilendo che essa pone
l’onere della prova dell’esistenza di connivenza sull’Amministrazione Finanziaria. Deve considerarsi che, sulla base di
un principio generale degli ordinamenti
nazionali, l’onere della prova spetta, in
assenza di previsione legislativa contraria, all’Amministrazione Finanziaria e
che sul contribuente grava l’onere di dimostrare il contrario, cioè l’infondatezza
della motivazione dell’atto amministrativo. L’impresa acquirente, infatti, non è
in grado di svolgere indagini preliminari
nei confronti dell’impresa venditrice, al
fine di verificare se questa disponga di
un’ effettiva autonoma organizzazione e
se abbia presentato la dichiarazione iva e
versato la stessa imposta riscossa a titolo
di rivalsa nelle precedenti operazioni o,
se, l’impresa venditrice, che ha emesso
la fattura, abbia organizzato un’operazione fittizia. Si tratta di prove di difficile
o impossibile assunzione, specialmente
per le imprese acquirenti collocate nel
Mezzogiorno di Italia o in altre aree simili
d’Europa.
Attribuendo, pertanto, l’onere della
prova dall’Amministrazione Finanziaria
all’impresa acquirente, significa negare il
diritto di detrazione a tale impresa, non
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
in grado di dimostrare di essere stata inconsapevole, o impossibilitata ad esserlo, della frode. La Corte di Giustizia non si
esprime sull’ammissibilità di presunzioni
semplici, le quali non sono sufficienti.
Bisogna che la prova sia certa ed incontrovertibile. Soltanto la prova contraria
spetta al contribuente.
L’unico indizio è rappresentato dal
prezzo eccessivamente contenuto del
bene. Ma l’impresa cedente non ha interesse ad eccedere per non trasferire gran
parte del beneficio della frode all’impresa acquirente. Tuttavia, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare che
il prezzo sia effettivamente inferiore a
quello di mercato e che tale riduzione
non sia giustificata dalle specifiche regole di mercato che riguardano il particolare bene.Soltanto se tale Amministrazione
riesce a venire in possesso di documenti
dai quali risulta che era consapevole l’impresa acquirente, questa deve considerarsi connivente e perciò partecipe alla
frode. Pertanto, correttamente la Corte
di Giustizia stabilisce che la direttiva
2006/112 vieta che un Paese membro
neghi il diritto a detrazione dell’iva, senza che l’Amministrazione Finanziaria abbia dimostrato preliminarmente che tale
soggetto passivo era connivente o sapeva o poteva sapere che l’operazione rientrava in un disegno illecito. E’ incompatibile, quindi, con la direttiva 2006/112,
correttamente interpretata dalla Corte
di Giustizia, la prassi in base alla quale
in Italia si trasferiva comunque sul soggetto passivo, che ha acquistato il bene o
utilizzato il servizio, l’onere di tale prova.
Solo pervenendo a tali conclusioni,
la direttiva è interpretata alla luce dei
principi, contenuti nel Trattato istitutivo
dell’U.E., dell’effetto utile, del legittimo
affidamento, della neutralità fiscale e
della tutela delle imprese in buona fede,
specie se operanti in aree meno sviluppate, quale il Mezzogiorno, evitando
che versino una seconda volta l’iva.
*Professore emerito di Diritto finanziario
nell’Università Federico II di Napoli
Presidente del Comitato scientifico
dell’Associazione Guido Dorso
Qualche spunto per riprendere il cammino
Dall’Europa-fortezza
all’Europa-comunità
antonio iodice*
Le scadenze
elettorali sono
spesso l’occasione per valutare lo stato di
salute di una
democrazia. In
questo senso,
le elezioni europee del prossimo maggio
non sfuggono a
tale regola non
scritta, dal momento che rappresentano un significativo banco di prova per la
tenuta del percorso europeista, oggetto di un attacco concentrico da parte di
un’ondata di euroscetticismo comune a
molti Stati. Non a caso, un paio di mesi
fa il prestigioso «The Economist» dedicò
la sua copertina all’avanzata delle forze
anti-europee nel Vecchio Continente,
suggerendo un paragone con il Tea Party statunitense, che a un certo punto
sembrava capace di mettere in ambasce persino Obama.
Il settimo rinnovo del Parlamento
Europeo giunge in un contesto molto
difficile, per lo specifico italiano. L’ondata di euroscetticismo, le invettive populistiche e il sentimento anti-europeo
producono un intreccio tra governabilità “confuse” dei Paesi membri – con l’Italia in prima fila – e le oggettive difficoltà
dell’Unione Europea, appesantita dalla
crisi globale - accentuata dalla finanziarizzazione dell'economia - e sofferente
per l'incapacità, da parte della politica
(e dell'etica!), di assumersi quelle responsabilità e quelle decisioni che le
competono dalla nascita dello Stato
moderno.
In un contesto del genere - innegabilmente a tinte fosche - si situa la
vicenda dell'Euro, che merita un minimo di chiarezza, per evitare superficiali
rappresentazioni. Il percorso di avvicinamento all'Euro, che accelerò sensibilmente dopo il Trattato di Maastricht
e si concretizzò con l'adozione della
nuova moneta continentale nel 2002, si
caratterizzò per un consenso bipartisan
seguito con interesse anche da Paesi
di altre regioni geo-politiche, come il
Maghreb e l'ASEAN. Una volta esordito
sulla scena economica mondiale, inoltre, l'Euro produsse buone performance, almeno fino alla crisi del 2007-'08,
dopo la quale sono emersi alcuni nodi
strutturali che hanno riguardato in particolare determinati Paesi europei, gli
stessi che univano crisi finanziaria e crisi
politica.
A ciò si aggiunga un arricchimento
del panorama economico internazionale, con le economie asiatiche in continua crescita e fortemente sbilanciate in
favore di produzione ed esportazione
(in attesa che il loro rispettivo mercato
interno raggiunga livelli notevoli).
All'interno di uno scenario del genere, l'Italia si trova in un punto delicato
della propria transizione. Alcuni segnali
- che vanno al di là dell'ottimismo e della speranza in un certo senso “dovuti”
- sembrano indicare sviluppi in controtendenza rispetto all'ultimo decennio
di produttività decrescente. I dati Eurostat e Fondo Monetario Internazionale attestano per il 2014 un +3,9% di
crescita del PIL italiano, che porterebbe
il nostro Paese - mirabile dictu - tra le
posizioni di testa della corrispondente
classifica. D'altronde le stime sulla disoccupazione sono molto meno confortanti: a fronte di un tasso Usa del
6,7% di disoccupati, l'Europa ha il 12%
di senza lavoro, mentre l'Italia supera il
13%. Senza dimenticare, inoltre, che la
disoccupazione italiana non è uniforme
né anagraficamente né geograficamente, essendo polarizzata nelle regioni
meridionali e tra i giovani (presso i quali
ha livelli oggettivamente allarmanti).
La “questione europea” viene spesso affrontata di pancia, con un antieuropeismo che assume tutti i suddetti
motivi di malcontento per l'attuale
congiuntura economica e la crisi della
rappresentanza politica. A esso viene
contrapposto un euro-ottimismo di
matrice prettamente istituzionale, più
formale che convincente, tale di sicuro
da non scaldare il cuore della popolazione. Il nostro lavoro, al contrario, ci
impone un'analisi più serena e approfondita, che suggerisce una prima domanda, da rivolgere agli euro-scettici.
Cosa imputiamo all'Unione Europea?
Forse la crisi economica? Forse le difficoltà politiche italiane? Forse la minore
competitività - rispetto al passato - dei
comparti produttivi del nostro Paese?
Forse i conti pubblici sempre in rosso,
a causa (anche) di inveterati sprechi, di
una scarsa razionalità nelle scelte economiche e dell'abitudine a vivere l'oggi
senza preoccuparsi delle generazioni
che verranno? Quando l'Euro viveva i
suoi momenti di gloria, dotando il continente di una moneta forte - capace di
non arrossire al confronto con i più importanti coni nazionali - dove erano gli
euro-scettici e con quali frecce armavano il loro arco?
Sia chiaro: non è nostro costume
nascondere i problemi e silenziare le
lacune del percorso europeo. Proviamo,
anzi, a elencarne le più evidenti: l'armonizzazione delle politiche valutarie
e fiscali; il completamento dell'assetto
istituzionale (riconoscendo primazia
agli organi eletti dai cittadini); l'effettiva
valorizzazione di quegli enti consultivi che la governance europea prevede
(almeno sulla carta); la votazione di un
“vero” testo costituzionale, intorno al
quale ogni individuo possa fortificare
la sua identità di cittadino europeo; la
previsione di policy di aiuto in favore
di quei Paesi membri afflitti da deficit
economici strutturali e non dovuti a
recente imperizia della propria classe
dirigente; l'impegno per la costruzione
di un'Europa che persegua la mission
di “più occupazione” e “più crescita” per
l'intero continente.
Lo scorso 7 febbraio, dalle pagine di
«Repubblica», il filosofo politico Jürgen
Habermas ha offerto interessanti considerazioni sullo stato della democrazia
*Presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”
continua a pag. 19
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
5
Avviare l’edificazione di una Unione dei popoli e della civiltà
L’Europa dello spirito per dar vita
ad una Unione comune
SerGio zoPPi*
Negli anni
oscuri del secondo conflitto
mondiale,
lo
storico inglese
Christopher H.
Dawson (18891970) scriveva:
«Oggi tutti si
rendono conto
della necessità d’un ordine
europeo e il
problema vero non è se l’Europa debba sottostare a un’egemonia tedesca o
anglo-americana o russa, ma se l’Europa debba essere organizzata in forma
d’un impero militare totalitario, oppure
in forma di libera federazione democratica. Soltanto nel secondo caso si potrà
armonizzare il principio dell’autonomia
nazionale con quello d’una unità più
ampia dotata d’una cultura comune e
d’una comune tradizione storica in misura tale che ne possa nascere un vero
senso di solidarietà quale la Lega delle
Nazioni è incapace di creare. Un’unità
europea di questo genere sarebbe in
grado di collaborare con le altre federazioni mondiali – quali la Commonwealth britannica, gli Stati Uniti d’America,
l’Unione Sovietica, l’America Latina, l’India, la Cina, – come membro costitutivo
d’un ordine federale mondiale».
Sempre nelle ultime pagine del suo
agile e denso libro pubblicato a Londra
tra il 1942 e il 1943, precisava, invocando la forza e la primazia dello spirito:
«La conciliazione delle nazioni si raggiungerà soltanto su d’un piano ben
più profondo di quello dell’interesse
economico e del potere politico perché
è compito essenzialmente spirituale,
che richiede una visione spirituale, la
fede, e una volontà spirituale, la carità. Oggi vediamo qual sorte tocchi a
un mondo in cui l’odio diventa la forza
motrice che spinge l’immensa macchina statale costruita dall’organizzazione
scientifica moderna. In confronto con
6
questo male, tutte le differenze di partito, di classe, di nazionalità, di razza perdono ogni significato e perfino i mali
della guerra attuale, per quanto terribili
e immensi, non sono che i segni esterni e visibili del “mistero d’arbitrio senza
legge” ch’è all’opera nel mondo d’oggi»
(Il giudizio delle nazioni, Bompiani, Milano 1946, pp. 171 e 175).
Da allora lunghi passi sono stati realizzati verso mete ritenute dai più irraggiungibili. Le guerre totalitarie hanno
cessato d’insanguinare l’Europa, con la
costruzione di un’Unione che, pur tra
tante comprensibili difficoltà, procede
nel suo cammino allargandosi dall’economia alla politica. Va reso onore ai parlamenti e ai governi che hanno ideato,
voluto e realizzato tanti progressivi, mirabili traguardi e ai popoli che li hanno
assecondati e, sia pure attraverso gruppi minoritari, stimolati.
Non so, tenendo sotto gli occhi la
domanda posta anche a me da «Politica
meridionalista-Civiltà d’Europa», quali
possano essere oggi le maggiori attese
da parte delle popolazioni dell’Unione,
in anni caratterizzati da una crisi finanziaria, produttiva e sociale di forte e
amara intensità. Personalmente credo
che per l’intera Europa e quindi anche,
vorrei dire soprattutto, per il Mezzogiorno mediterraneo, il cammino dell’integrazione non consenta alternative,
convincendo gli europei della bontà
dell’obiettivo da perseguire, affinché
il continente si affermi come potenza
globale, con capacità di agire forte, di
una larga partecipazione democratica.
Purché nel ricercare con impegno e
generosità il raggiungimento di nuovi
obiettivi sicuramente vitali (penso al rafforzamento dei poteri della Banca europea, al consolidamento delle politiche
fiscali e a una politica estera realmente
comune) non si dimentichi la lezione di
Dawson, convinto che solo lo stare insieme uniti e distinti: «possa conciliare
la libertà nazionale e l’autonomia culturale dei popoli europei occidentali con
la tradizione dell’unità europea e con i
bisogni dell’ordine mondiale» (ibidem,
p. 170).
Pur a distanza di decenni e di fronte a sfide allora neppure immaginabili, questa è politica nel suo significato
nobile e alto: lo aveva ben intuito Alcide De Gasperi, protagonista primario
nell’avviare l’edificazione dell’Europa
dei popoli, della civiltà e del progresso.
All’interno di questa visione, se condivisa, spetta oggi ai cittadini incalzare
parlamenti e governi, prendere posizione con gli organi di informazione,
impegnando ciascun elettore a esigere,
invertendo consolidate tradizioni, che,
a partire dall’Italia, solo i migliori tra i
migliori, fra coloro che praticano la politica, vadano a rappresentare i popoli
nelle sedi europee.
*Link Campus University of Malta-Roma
già Presidente del Formez
Una identità sovranazionale con 28 voci
L’Italia è uno dei sei Paesi, insieme al Belgio, alla Francia, alla Germania, al Lussemburgo e all’Olanda, che nel 1957 fondarono a Roma, in Campidoglio, l’Unione
europea. Da allora a oggi gli Stati membri sono diventati 28 (l’ultimo ad aderire, nel
luglio scorso, la Croazia). Di questi, 17 compongono l’Eurozona, l’area dell’Unione che
dal gennaio 2012 ha scelto la moneta unica, l’euro. L’Unione è una organizzazione di
carattere sovranazionale sui generis: lo è per quanto riguarda gli affari monetari e le
politiche ambientali, non lo è per il regime fiscale. Dal 2004 ha una sua Costituzione.
Nel 2012 all’Unione europea è stato assegnato il premio Nobel per la pace.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
L’Europa e il Mediterraneo nel medioevo della globalizzazione
Verso un nuovo rapporto
tra banche e imprese
antonio corvino*
Il
tempo
che stiamo vivendo, il MEDIOEVO della
Globalizzazione, è anche il
tempo
della
grande mutazione. Mutazione dei paradigmi
della
convivenza e
della composizione sociale, mutazione dei paradigmi
della organizzazione economica, della
struttura finanziaria, della struttura ed
evoluzione culturale, degli strumenti
della comunicazione in tutti i suoi gradi
e livelli. Mutazione dei paradigmi di formazione stessa del pensiero sempre più
dominato dall'intreccio tra plurimillenaria cultura collettiva e sapere consapevole, ma soprattutto inconsapevole,
individuale. Dare un senso e una direzione storicamente positiva ed orientata verso il recupero della dimensione
umana, mettendo al centro le aspirazioni, i desideri, i bisogni, la volontà
dell'uomo è l’impegno che ci aspetta.
Ciò significa anche esprimere il dissenso rispetto a quanto avviene intorno a
noi evitando di nascondersi dietro facili
alibi e deresponsabilizzanti generalizzazioni. E’ aberrante il continuo tentativo di mistificare la realtà con la quotidiana somministrazione di dichiarazioni
di ottimismo circa la ripresa dietro l'angolo, inutili e non richieste professioni
di orgogli nazionali fuori luogo, l’ostentazione di fideistici atteggiamenti verso
assurde presunte e scandalosamente
persistenti verità di partiti ormai ingoiati dalla storia, la disseminazione di qualunquismi spaventosi che alla fine si
traducono in una generalizzata sollecitazione a fidarsi e ad affidarsi. Vedrete...
Per ribellarsi, andare verso il nuovo, ciascuno dovrà esercitarsi a ritrovare il senso del limite e della misura, enunciati da
Camus come prerogative dei popoli del
Mediterraneo. Sul fronte sociale esiste
in Italia, così come in tutti i paesi dell’Europa mediterranea, un esercito di giovani (quantificati nel nostro paese in
oltre 13 milioni) tra i 30 e 45 anni che si
è assunto, più o meno consapevolmente, l’onere di tenere a galla il proprio paese. Negli studi professionali, negli uffici, nelle scuole, nelle università, negli
istituti di ricerca, in larghe componenti
del sistema economico. Si tratta di intere generazioni di giovani che rischiano
di essere sacrificate sull’altare del cosiddetto risanamento finanziario. Ad essi è
stato chiesto di sopportare il carico di
interi paesi facendoli andare avanti in
un regime di assoluta precarietà con salari che conducono alla povertà, alla rinuncia a procreare e all’assenza di qualsiasi prospettiva. E tuttavia essi
rappresentano la vera risorsa da cui ripartire liberando le infinite energie e le
straordinarie eccellenze che vi si nascondono. In tale prospettiva, va rifiutata, sul fronte economico, l'assurda presunzione di far passare come necessario
e ineluttabile il fallimento del sistema
produttivo che ci circonda e che ci riguarda come prezzo dovuto sull'altare
della globalizzazione che, però, ci fa
sentire uguali in tutto il mondo, salvo a
garantire la sopravvivenza di caste privilegiate e intoccabili. E’ altresì indispensabile riconsiderare gli attuali
equilibri europei che considerano sovversivo e irresponsabile mettere in discussione il fiscal compact, il livello del
rapporto percentuale tra Pil e deficit,
non sia mai il livello del debito pubblico, nel mentre si esercitano tutti a convincerci che la colpa è nostra perché
abbiamo vissuto al di sopra dei nostri
mezzi, come cicale che non hanno saputo essere competitive al punto giusto, e nel contempo provano a farci sentire in colpa se mettiamo in dubbio i
meccanismi che governano l'Euro e le
decisioni europee che strangolano le
economie del Mediterraneo e arricchiscono le economie del nord Europa, virtuose, competitive, legate al sogno europeo.
Se i governi dell’Europa
mediterranea cercassero una seria alleanza per demistificare tutte queste assurdità e, per esempio, pretendessero
dall'Europa e da chi la domina, di unificare le economie europee e mediterranee sul versante dei debiti, dei monopoli (vedi le reti, la logistica, l'energia, le
banche), dell'Euro e del suo rapporto di
cambio sui mercati mondiali, sulla fiscalità, sui servizi sociali, sul lavoro, sui capitali, allora sì, sarebbe possibile ricostruire il consenso intorno all’azione dei
singoli governi. Allora sì avrebbe senso
chiedere e imporre sacrifici perché significherebbe mostrare una prospettiva, indicare una strategia di ricostruzione dell'Europa e del consorzio umano
civile degli stati che la compongono.
Significherebbe dare un senso al processo di mutazione che stiamo vivendo
e indicare la direzione per superare in
maniera positiva e creativa il medioevo
della globalizzazione puntando agli
orizzonti di un nuovo rinascimento proteso verso l'uomo e l'umanità. In un approccio così definito potranno ritrovare
vigore ed entusiasmo l’Italia che funziona (ma anche la Spagna, la Grecia, il Mediterraneo … ). Il rischio di desertificazione umana e imprenditoriale che
incombe sul nostro Paese, e soprattutto
sul Mezzogiorno d’Italia (ma anche negli altri paesi mediterranei) potrà essere
scongiurato e, anzi, definitivamente annullato. In particolare per quanto riguarda l’Italia, così come c’è un esercito
di giovani che la sostiene, esiste una
componente che funziona anche fra le
imprese. Certo parliamo di eccellenze
che sono ancora eccezioni, e che tuttavia non sono poche. E che, soprattutto,
possono diventare termine di confronto per il resto del sistema produttivo e
per il resto del Paese. Secondo l'ultimo
rapporto dell'Osservatorio Banche-Imprese il 12% delle imprese italiane rientra in questa categoria. Esse hanno una
organizzazione efficiente, investono,
esportano, innovano, hanno una strut*Direttore generale Osservatorio Banche-Imprese
continua a pag. 18
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
7
A Palazzo Giustiniani la consegna dei
Al Senato premiati gli amb
La Targa del Presidente della Repubblica Nap
Con l’intervento del vice presidente
della Corte Costituzionale, Luigi Mazzella, e degli esponenti del mondo politico, istituzionale e culturale sono stati
consegnati al Senato della Repubblica,
presso la sala Zuccari di palazzo Giustiniani, i premi “Guido Dorso”, promossi
dall’omonima associazione presieduta da Nicola Squitieri. L’iniziativa - patrocinata dal Senato della Repubblica
e dall’Università degli studi di Napoli
“Federico II” - segnala dal 1970 contestualmente giovani studiosi del nostro
Mezzogiorno e personalità del mondo
istituzionale, economico, scientifico e
culturale che “hanno contribuito con
la loro attività a sostenere le esigenze
di sviluppo e di progresso del Sud”. Destinatari quest’anno per le varie sezioni
della 34° edizione sono stati: Giorgio
Santacroce, primo presidente della
Corte di Cassazione; Valerio Capolupo,
comandante generale della Guardia
di Finanza (istituzioni); Serafino Gatti,
professore ordinario all’Università La
Sapienza (economia); Rosanna Purchia,
soprintendente del teatro San Carlo
(cultura); Daniele Malfitana, direttore
dell’istituto per i beni archeologici e
monumentali del Cnr di Catania (ricerca); Matteo Palumbo, professore ordinario all’Università di Napoli Federico II
(università); Marco Demarco, direttore
del Corriere del Mezzogiorno (giornalismo); Gabriele Spina, direttore del
progetto “ReAzioni: il lessico del fare
società” Consorzio cooperative sociali
“Il Nodo” di Catania (sezione ordinaria)
La targa del presidente della Repubblica Napolitano, destinata ad una istitu-
zione che opera per il Mezzogiorno, è
stata quest’anno assegnata all’Accademia di Belle Arti di Napoli, presieduta
da Sergio Sciarelli.
Una menzione speciale è stata, infine,
conferita alla memoria del prof. Vincenzo Patalano, prorettore vicario della
Federico II dal 2001 al 2010. Il riconoscimento è stato ritirato dalla figlia del
Professor Patalano, Alessandra (nella
foto). La figura dell’insigne docente e
giurista è stata ricordata dall’ex rettore
della Federico II, Guido Trombetti (nel-
la foto), vice presidente della Regione
Campania e assessore alla Ricerca e
all’Università. La commissione giudicatrice era composta da Andrea Amatucci, presidente del comitato scientifico
dell’associazione Dorso; Massimo Marrelli, rettore dell’università di Napoli
“Federico II”; Luigi Nicolais, presidente
del Cnr e Nicola Squitieri, presidente
dell’associazione Dorso.
Messaggi di adesione sono stati inviati
dal presidente della Repubblica, Napolitano e dal presidente del Senato,Grasso.
8
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
Nell’albo d’onore dei vincitori del “Guido Dorso” figurano alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo delle
istituzioni, della ricerca, dell’economia e
della cultura: da Giovanni Leone a Giorgio Napolitano; da Renato Dulbecco a
Franco Modigliani; da Antonio Marzano
a Pietro Grasso; da Pasquale Saraceno a
Francesco Paolo Casavola; da Antonio
D’Amato a Dominick Salvatore.
Il premio Dorso consiste in un’artistica
opera in bronzo creata, in esclusiva, dallo scultore Giuseppe Pirozzi.
Nelle pagine che seguono le foto e le
dichiarazioni dei premiati raccolte dalla
nostra Chiara Licenziati.
i Premi Guido Dorso - XXXIV edizione
basciatori del Mezzogiorno
politano all’Accademia di Belle Arti di Napoli
Giorgio Santacroce
Valerio Capolupo
Serafino Gatti
Primo Presidente della Corte di Cassazione
Comandante Generale Guardia di FInanza
Professore ordinario - Università La Sapienza
Il nostro lavoro al di fuori
di ogni protagonismo
L’impegno della GdF per
educare i giovani alla legalità
La voglia di riscatto in Usa
dei nostri emigranti
Nei quasi cinquant'anni di attività svolta al servizio delle istituzioni, mi sono
sforzato di esprimere la radice profonda del mestiere di giudice, o per lo
meno di mostrare come ho sempre inteso questo mestiere, al di fuori di ogni
formalismo e orgoglio di casta, di ogni
protagonismo esteriorizzato, dell'intanamento dietro i privilegi dell'incarico
ricoperto, di ogni facile compromesso
e collateralismo politico. Restare autorevolmente ma umilmente al proprio
posto, rispettando la specificità della
funzione esercitata, è stato e continuerà ad essere il leitmotiv della mia vita
professionale e del mio atteggiamento
fuori dal lavoro, a testa alta e col cuore acceso. La giustizia non è solo questione di codici e di procedure, è anche,
anzi è fondamentalmente, questione
di giudici e dell'ethos che portano con
sé. Senza osservare questa elementare
regola di condotta avrei finito per scolorire la toga che indosso.
Per un irpino fortemente legato alla
sua terra come me, ricevere il Premio
Dorso è motivo di grande orgoglio.
Nell'approfondire il pensiero di Guido Dorso, avvocato, giornalista e professore, ho ritrovato idee e valori che
ho sempre cercato di fare miei. Cerco
di assolvere il mio lavoro con grande
amore, con alto senso istituzionale e
dello Stato, con assoluta devozione
nei confronti dei diritti dei cittadini, in
un momento in cui il nostro ruolo di finanzieri è davvero complesso. Attualmente stiamo cercando di educare i
ragazzi alla giustizia, lavorando nelle
scuole della Sicilia e della Calabria,
dove la legalità è un concetto aleatorio o quanto meno elastico; ma sono
ottimista e fiducioso, perchè ho potuto registrare, da parte soprattutto dei
giovani, uno straordinario desiderio
che il Sud cresca davvero, una voglia
di legalità e di trasparenza. Cominciando proprio dalle scuole elementari, il nostro obiettivo è insegnare che il
rispetto delle norme è il presupposto
fondamentale della democrazia e dello sviluppo del Paese.
Negli Stati Uniti, dove ho studiato il sistema cooperativo sia nel settore agricolo
che in quello del credito, ho conosciuto un grande storico dell'economia, Ira
Glazier, che è stato il massimo studioso
americano dell'immigrazione in America. Vedendo il suo lavoro mi sono appassionato al tema dell'emigrazione italiana
negli USA, un fenomeno di dimensioni
gigantesche; ben 26 milioni di italiani attraversarono l'oceano per andare a lavorare nelle costruzioni, nelle strade ferrate
o nelle miniere. Venivano dalle parti più
povere del nostro Paese, spesso avevano
venduto lenzuola, materassi e povere
suppellettili per comprare il "biglietto di
passaggio marittimo", in molti casi non
avevano mai visto il mare, non sapevano leggere ne scrivere; secondo il censimento del 1901 infatti il 63% degli italiani era analfabeta. Lavorarono tutti molto
accanitamente, e pian piano misero da
parte anche qualche piccola somma che
li affrancò dai lavori più duri. Molti cominciarono allora a girare col carrettino
vendendo frutta, verdura, latticini, come
si faceva nel loro paese. E ancora oggi in
questi settori merceologici, specie nella
East Coast, abbiamo grossi imprenditori
che si chiamano Caruso, Palumbo, Esposito, Luongo. Ciò che accomunò tutti i
nostri emigranti fu la voglia di riscatto.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
9
A Palazzo Giustiniani la consegna dei
Al Senato premiati gli amb
La Targa del Presidente della Repubblica Nap
Rosanna Purchia
Daniele Malfitana
Matteo Palumbo
Soprintendente Teatro San Carlo di Napoli
Direttore Istituto CNR di Catania
Professore ordinario - Università Federico II
Il riscatto parta dal Sud
nel ricordo di Dorso
Occorre sempre più
coordinare la ricerca
Costruire un altro
Mezzogiorno
Mai come in questo momento così
complicato e oscuro del nostro Paese,
le parole che un grande uomo come
Dorso scrisse nel 1925 sono attuali e
scolpite nella pietra: "Il Mezzogiorno
non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà".
Dobbiamo riuscire, noi meridionali, a
riscattarci dalla nostra stessa incapacità di prendere il meglio dei nostri figli.
Le lavoratrici e i lavoratori del Teatro
San Carlo, ai quali dedico questo riconoscimento, sono per il 90% un'eccellenza meridionale, un'eccellenza
della nostra terra che vuole vivere in
qualità di istituzione nel proprio territorio e uscire per guardare al mondo.
La nostra fondazione lirico-sinfonica
ha toccato con le sue tournée quattro
continenti tra il 2012 e il 2013 e vanta
bilanci in pareggio negli ultimi cinque
anni; e questo è frutto di una tenace
volontà di andare avanti, affrontando
anche chi rema contro. Sono convinta che fino a quando il San Carlo farà
musica dentro e fuori le proprie mura
ci sarà speranza per Napoli e per il
mondo.
La ricerca costituisce l'asse portante
e l'ingranaggio principale della vita e
della cultura del nostro Paese. Lo stesso
Presidente della Repubblica Napolitano
esorta continuamente le istituzioni e la
società ad investire su di essa. Occupandomi di ricerca applicata al patrimonio
archeologico e monumentale nel Meridione d'italia, ho potuto constatare che
il problema principale di questa nostra
terra, così ricca di testimonianze, non
è tanto la mancanza di risorse, quanto
piuttosto l'assenza di coordinamento.
Se riuscissimo a realizzare un sano, efficace e virtuoso collegamento tra le varie strutture e gli operatori attivi sul territorio, allora forse potremmo portare
dei significativi cambiamenti anche nel
modo di operare e di pensare, anche nel
settore della ricerca, raggiungendo una
di quelle occasioni storiche di cui Guido
Dorso parlava, e valorizzando nel modo
più proficuo le eccellenze del nostro
territorio. C'è bisogno di elaborare un
linguaggio comune che parli alla gente e faccia comprendere il senso e l'importanza della ricerca anche nel nostro
settore. Abbiamo deciso di mettere a
disposizione le competenze, i laboratori e le professionalità di tanti, nelle due
emergenze meridionali più importanti
e straordinarie, Pompei ed Ercolano.
Questo premio rappresenta per me un
punto di partenza; bisognerà ricominciare da zero a lavorare perchè una serie di passioni vitali, di stimoli, restino
presenti e vivi, e aiutino a uscire fuori
dalla melma delle passioni tristi che
sono quelle che ci mangiano la vita,
ci corrodono l'esistenza. Bisogna ricominciare da capo. Questo significa andare al di là delle difficoltà, della mancanza di finanziamenti, al di là della
crisi strutturale delle istituzioni, per
provare ad inventarsi giorno per giorno una vita altra; e lo possiamo fare
solo cercando di fare il nostro mestiere nel modo migliore, accarezzando
quelle passioni che danno calore alle
nostre giornate. Se giorno per giorno
proveremo ad abitare il nostro tempo,
forse riusciremo anche a inventarci e
a costruirci un mondo nuovo e quindi
anche un Sud altro rispetto a quello
che abbiamo davanti.
10
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
i Premi Guido Dorso - XXXIV edizione
basciatori del Mezzogiorno
politano all’Accademia di Belle Arti di Napoli
Marco Demarco
Gabriele Spina
Sergio Sciarelli
Direttore del Corriere del Mezzogiorno
Direttore del Progetto “ReAzioni” - Catania
Presidente Accademia di Belle Arti - Napoli
Napoli sempre alla ricerca
di una sua reale identità
Investire al Sud nell’infanzia
per aumentare il Pil
Un ambito riconoscimento
alla grande cultura di Napoli
Bagnoli, il quartiere dove sono nato, credo
sia in qualche misura la metonimia del Sud:
la parte per il tutto, lì dove tutto si spiega
e nulla probabilmente si risolve. In questa
parte della città, il sindaco Nicola Amore immaginò la città-albergo, poco dopo Saverio
Nitti immaginò invece la città-industria; ora
non c'è ne l'una ne l'altra. Quando nel 1997
ho fondato il "Corriere del Mezzogiorno" la
mia scommessa era superare la Pimentel
Fonseca con i suoi 44 numeri del "Monitore Napoletano". Ho battuto questo record,
eppure, dopo sedici anni al Corriere, non ho
capito ancora il mistero del Sud, o meglio
il mistero di Napoli. E la mia domanda è la
stessa che un secolo fa Antonio Renda pose
ad una trentina di interlocutori tra gli intellettuali del tempo, tra cui Lombroso e Salvemini: "Perchè il Mezzogiorno è così? Perchè Napoli è così? Perchè è tanto lontana
dal Nord?". Una delle risposte più ricorrenti
che gli pervennero era quella che alludeva
a questioni antropologiche, quella di Lombroso, ma anche di tanti altri. Ciò che mi colpisce è che, dopo tanti anni, la spiegazione
antropologica, sulla diversità cioè dei meridionali, ritorna ancora. Siamo dunque diversi? Sono convinto di no. La motivazione
più alta è quella di Croce che afferma che,
anche se fossimo diversi, dobbiamo credere
che così non è, perchè altrimenti entreremmo in un determinismo senza via d'uscita.
La valenza strutturale del nostro progetto consiste nell'essere riusciti, in
una terra come la Sicilia, carica di individualismi, a creare una rete forte
di enti pubblici e privati che per due
anni hanno lavorato insieme in grandissima sinergia e che tutt'oggi, finito
il progetto, continuano a pianificare,
progettare e portare avanti progetti. In
questo momento il consorzio "Il Nodo"
è impegnato in un lavoro di ricerca
che permetta di individuare i fattori di
appetibilità sociale di alcuni valori da
trasmettere e far accogliere ai giovani
a rischio di devianza; valori come l'istruzione, la cultura, con cui spesso le
politiche sociali e il mondo della cultura falliscono; questo perchè molte volte
nell'intervento sociale immettiamo un
valore che non viene riconosciuto. I riferimenti di un ragazzo possono risultare diversi dai nostri, per cui molte volte noi gli parliamo di onore, di giustizia
ma ci ritroviamo su piani differenti. James Heckman, premio Nobel 2000 per
l'economia, professore alla Yale University, ha creato l'equazione Heckman
che descrive come l'investire somme
ingenti di denaro nella primissima infanzia e nell'adolescenza aumenti il PIL
di una comunità. Ed è proprio su questa linea che intendiamo proseguire.
Napoli sta vivendo una stagione di
grande tristezza, nella quale dovrebbero essere un po' più frequenti le
note liete, come lo sono il San Carlo e
il Corriere del Mezzogiorno. Il premio
di Napolitano all'Accademia di Belle
Arti di Napoli è in sostanza un segno
di riconoscimento anche alla città nel
campo culturale e della formazione,
perchè un'istituzione di tanta tradizione, ubicata in un edificio monumentale
con un patrimonio artistico così ricco,
meriterebbe di essere messa nella massima visibilità nei confronti della città,
come uno degli elementi di eccellenza
che possono lenire un po' quel senso di
amarezza che oggi ci pervade come cittadini napoletani. Forse il mondo delle
Accademie di Belle Arti d'Italia non è
conosciuto per il suo reale valore. Esse
sono università del sapere e del fare,
università molto particolari, che offrono alta formazione artistica e musicale;
sono fucine non soltanto di artisti, ma
anche di professionisti di elevata qualità, di sperimentatori e ricercatori; sono
dei mondi che vanno conosciuti meglio e vanno anche appoggiati meglio
politicamente; dal 1999 le accademie
aspettano il regolamento di attuazione
della legge che le inserisce nel settore
universitario.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
11
Una visione strategica in sintonia con l’Europa
Occorre fare squadra per salvare
il patrimonio culturale del Sud
daniele Malfitana*
I numerosi
appelli lanciati
proprio in questi ultimi mesi
dalla comunità scientifica,
nazionale
ed
internazionale,
sull’esigenza di
“investire in cultura”, “investire
in ricerca”, “investire sul capitale
umano”, offrono un segnale evidente di
quanto sia necessario e non più procrastinabile intraprendere un reale percorso
di innovazione, culturale ed occupazionale. Il patrimonio culturale, materiale ed
immateriale, dell’Italia meridionale non
può, tuttavia, assumere un ruolo determinante e strategico di crescita, se, da
subito, il nostro Governo non si affretta a
cogliere le potenzialità di un reale investimento nella ricerca, nella consapevolezza dei risultati di eccellenza che questo
porterebbe se solo le centinaia di giovani
(e non) ricercatori, attivi nelle università e
nei centri di ricerca presenti in Italia meridionale e Sicilia, fossero incentivate e
meglio supportate. Che questa possa rivelarsi una strategia vincente sembra sia
stato già recepito da alcuni regioni (Basilicata, Puglia, ed in certa misura anche
la Sicilia) che, nell’arco di questo ultimo
quinquennio hanno provato (nell’utilizzare le risorse 2007-2013) a pianificare la
propria attività di programmazione strategica in stretta sinergia con Università e
Istituti di ricerca che operano nel territorio. Gli accordi di collaborazione scientifica e di ricerca già siglati con i più qualificati Centri di Ricerca (cito soprattutto
il Consiglio Nazionale delle Ricerche)
hanno dato avvio ad attività i cui risultati sono immediatamente spendibili sul
territorio, sia in termini di prodotti di conoscenza, che in termini “occupazionali”.
Questo perché la ricerca, anche quella
sui beni culturali su cui grava ancora
qualche pregiudizio, può davvero consentire di cogliere problemi e disegnare
linee di intervento sulle quali articolare
12
nuovi percorsi di crescita e sviluppo. Tutto ciò, a patto, però, che i diversi attori,
non solo quelli che operano nel settore
dei beni culturali, si mettano a dialogare.
Cito come esempio più diretto, perché è
il settore in cui sono impegnato in prima
persona, quello dell’archeologia. Tutti
noi sappiamo oggi che non è più possibile procrastinare il dialogo tra le diverse
archeologie (preistorica, classica, medievale, ma anche industriale, moderna e
contemporanea, scaturite dalle ricerche
di archeologia urbana che tanto hanno
contribuito alla conoscenza delle nostre
città) e le multiformi conoscenze che
ruotano attorno ad esse: è solo da questo dialogo che sarà possibile individuare
strategie adeguate per restituire un senso ai luoghi, trasformando in risorse attive tutte le testimonianze, passate e moderne che ci stanno intorno. E’ superfluo
ribadire che il potenziale della ricerca di
un Paese – del nostro Paese e del nostro
Sud – incide fortemente sulla competitività, sulla produzione di innovazione
(anche gestionale) e soprattutto sulla capacità di rispondere in maniera adeguata
a bisogni ed esigenze non solo dei semplici cittadini, ma della grande comunità
globale. La grande sfida cui ci stiamo tutti preparando, Horizon 2020, ci impone
in maniera forte il superamento di ogni
frammentazione, invitandoci a costruire
percorsi per produrre conoscenze integrate e generare benessere economico
e sociale. La strada da seguire è, dunque,
come deve essere sempre più chiaro,
quella della libera circolazione di persone e idee, con una condivisione globale
di ciò che ognuno produce, perché possa essere messo a sistema e perché tutti
possano sedere attorno ad un tavolo per
discutere, programmare ed ottimizzare
tempo e risorse. La competizione in Horizon 2020 è elevata e solo mettendosi
insieme sarà possibile bruciare tappe e
conseguire risultati importanti. Oggi si
parla tanto di innovazione nel campo
dei beni culturali. Ma spesso facciamo
confusione perché pensiamo che innovazione significhi sic et simpliciter far uso
di tecnologie sofisticatissime, tendenti a
sbalordire chi osserva. Si, forse, è anche
questo. Ma – e qui giungo al punto no-
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
dale del mio intervento – l’Italia meridionale e la Sicilia, in particolare, hanno
oggi bisogno di innovazione culturale,
politica e soprattutto metodologica con
possibilità di sperimentazioni continue
e con aperture mentali che aiutino a superare diffidenze, concezioni personalistiche e ogni altra limitazione che può
nuocere al raggiungimento di obiettivi
e traguardi condivisi. Le grandi realtà archeologiche e monumentali del nostro
Sud d’Italia possono e devono diventare
luoghi straordinari di sperimentazione,
banco di prova per innovare e trasmettere al contesto internazionale dei beni
culturali che l’Italia tutta è capace di produrre innovazione. Penso, ad esempio,
alle grandi realtà di Pompei ed Ercolano
su cui oggi anche il CNR guidato da Luigi
Nicolais, sta lavorando alacremente per
realizzare, insieme ad altri partner italiani
e stranieri, tra cui la Fraunhofer Gesellschaft ed il Packard Humanities Institute,
una politica e una strategia unitaria di
approccio, conoscenza, salvaguardia e
divulgazione.
Non c’è, come credo, una ricetta particolare. Bisogna in verità capire che tutti
possiamo concorrere a dare un’opportunità forte ai nostri territori perché, nel
rispetto di ogni proprietà intellettuale, da
garantire e mantenere sempre, si possa
creare un clima collaborativo e sinergico
“speciale” che ci consenta di fondere discipline, metodologie e prassi operative,
superando le formule, sempre in voga
nell’Italia tutta, della mancanza di risorse.
Perché il problema è soprattutto questo:
non la mancanza di risorse, ma la mancanza di una strategia condivisa da tutti
gli altri attori che operano sul territorio
e che aspirano a contribuire alla sua crescita culturale, superando gli steccati di
“proprietà privata” o di ingarbugliata burocrazia. Per agevolare il raggiungimento
di questo obiettivo lo Stato ha offerto,
recentemente, alcuni strumenti operativi, mettendo attori diversi (Università,
Enti di ricerca, Regioni, Pubbliche
Amministrazioni) nelle condizioni di svi*Direttore Istituto per i Beni Archeologici
e monumentali - Consiglio Nazionale delle Ricerche
continua a pag. 18
Lezioni di mafia: il nuovo libro del Presidente del Senato Pietro Grasso
Cosa Nostra raccontata
da un narratore particolare
pito con Giovanni Falcone. 10 puntate
in tv dal titolo: “lezioni di mafia”. Avevo
concordato con Giovanni Falcone “ la
L’elezione di Pietro Grasso a Senatoscaletta” di tutte 10 le puntate del prore della Repubblica e poi a presidente
gramma di un’ora ciascuna da trasmetdiventando così la seconda carica dello
tere per il Tg2. Era stato preparato uno
Stato è, sotto certi aspetti, un fatto clastudio apposito. La scenografia prevedemoroso, incredibile. Un magistrato che
va un tavolo e due poltrone: una per me,
nei quarant’anni di attività nella lotta
allora direttore del Tg2, ed un’altra per
contro la mafia, è oggi al vertice della
Giovanni Falcone. Avevamo preparato
Repubblica. Cinquant’anni fa, solo cintutto. Lo scopo del programma era
quant’anni fa sarebbe stato possiquello di illustrare ai telespettatori
bile? Questo fatto conferma quanto
il complesso meccanismo di Cosa
sia stato lungo il percorso compiuto
Nostra, le sue regole , la sua spietata
dallo Stato nella lotta a Cosa Nostra
organizzazione, in Italia e all’estero.
come ci ha insegnato il pentito BuDovevamo registrare la prima puntascetta parlando della mafia.
ta di un giovedì. Il sabato precedente
La “caparbietà” di Giovanni FalFalcone veniva ucciso nell’attentato
cone, il sua originale approccio nel
di Capaci. Decisi di andare in onda
combattere il crimine organizzato ha
ugualmente con la sedia vuota su cui
permesso che la procura di Palermo
doveva sedere Giovanni Falcone.
riuscisse a “istruire” il maxiprocesso
Lezioni di mafia fu così la prima traa Cosa Nostra arrivando finalmente
smissione organica di analisi su cosa
a condannare centinaia di membri
nostra. E Piero Grasso ha voluto, da
della mafia. Oggi usiamo, quasi con
presidente del Senato, riprendere
disinvoltura la parola “condannare”
lo stesso titolo del programma. E
come l’epilogo di un processo. È stacosì è nato il libro “Lezioni di mafia”
ta la novità del maxiprocesso, rispet(Sperling & Kupfer Ed.) con Grasso
to a tutti gli altri precedenti che si
che conduce i lettori o i telespettatoerano conclusi con un nulla di fatto
ri negli antri bui e meno bui di Cosa
in mancanza di prove, di conferma
Nostra. Un documento pressoché
delle accuse. I pentiti erano pratiunico, raccontato questa volta da un
camente sconosciuti. Invece il ma“narratore” particolare cioè da una
xiprocesso è arrivato alla condanna
persona che la lotta alla mafia l’ha
finale perché la procura di Palermo
fatta da protagonista sul campo : ieri
con Falcone, Borsellino e tanti altri
magistrati e forze dell’ordine erano 20 gennaio 2003 - Senato della Repubblica (Palazzo Giustiniani) - con la toga del magistrato oggi da
riusciti a raccogliere le prove neces- L’allora procuratore capo della Repubblica di Palermo, Pietro Gras- presidente del Senato. Pietro Grassarie. Il che, ripeto, per un processo so, nella foto con il presidente della Repubblica, Ciampi, riceve il so, ne possiamo esser certi, la lotta
alla mafia continuerà a farla. Perché
di mafia era l’autentica novità! Ma se Premio Dorso per il suo impegno nella lotta contro la mafia.
la mafia purtroppo è ancora presenFalcone era stato il “giudice istruttote in tanti importanti gangli dello Stato.
re” , Pietro Grasso era stato scelto come il
ratore della Repubblica di Palermo e poi
Ecco perché anche questo libro è imporgiudice a latere che doveva giudicare e
come procuratore nazionale antimafia,
tante. Raccontare la mafia significa far
per giudicare aveva studiato le migliaia
l’organismo fortemente voluto da Gioluce su tanti punti bui della nostra sodi carte che erano alla base di un’opevanni Falcone. Dunque La Sicilia quindi
cietà. La memoria, il ricordo sono l’unica
razione gigantesca quantitativamente
non è solo la terra che ha dato la mafia
eternità possibile. Così è stato scritto per
e qualitativamente. Un successo che ha
ma anche la terra che ha visto una forricordare Giovanni Falcone.
visto appunto la condanna di centinaia
tissima lotta antimafia. Nel momento in
di mafiosi a pene pesantissime.
cui Pietro Grasso è diventato presidente
*Cofondatore e vicedirettore con Biagio Agnes e Sandro
Per la prima volta lo Stato aveva vinto in
del Senato avendo lasciato la magistraCurzi del TG3 Rai, Alberto La Volpe è stato anche
un processo alla mafia mentre in precetura non ha certamente esaurito il suo
conduttore di Speciale TG1 fino al 1987 quando venne
nominato direttore del TG2, incarico che ha mantenuto
denza appariva quasi disarmato impoimpegno nella lotta contro “Cosa Nostra”.
fino al 1993. È autore del libro-intervista con Pietro
tente dinanzi a un’organizzazione crimiHa così voluto ereditare la filosofia di un
Grasso “Per non morire di mafia”(2009). Premio Dorso
nale tra le più feroci. E per Pietro Grasso
ciclo di trasmissioni che io avevo conceper il giornalismo (1988).
alberto la volPe*
nominato giudice a latere nel maxiprocesso è stata la svolta decisiva nella sua
carriera di magistrato. È cambiata la sua
vita, sono cambiati i suoi modi di vivere
come l’ossessione della scorta permanente, come un’ avviso di pericolo.
Ecco perché ho detto che l’elezione di
Grasso è stato un elemento di assoluta
novità . La sua elezione è arrivata a conclusione della sua carriera come procu-
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
13
Occorre mobilitare le grandi risorse umane, naturali e culturali
Uniti in Europa per uno
sviluppo sostenibile
bruno latella
Le cause della grande crisi che ha
coinvolto anche l’Europa vanno ricercate nelle fantasiose teorie economiche e
finanziarie basate sulla presunta possibilità di aumentare all’infinito la produzione di “cose” per un mercato sempre più
globale, senza tener conto che il Pianeta
Terra dispone di risorse limitate. Tali teorie
portarono ad un consumismo sfrenato,
allo spreco ed all’inquinamento di vaste
aree del Pianeta. Oggi, specialmente nelle
grandi città, si accumulano montagne di
rifiuti che costituiscono vere e proprie miniere a cielo aperto che potrebbero essere
selezionate e utilizzate in massima parte
invece di disperderle e avvelenare il terreno e l’ambiente, come nelle “terre dei fuochi”. Altra conseguenza dello sviluppo demenziale è l’inquinamento dell’aria con
l’emissione incontrollata di CO2 e di altri
gas serra nocivi a causa del massiccio
impiego di fonti fossili (carbone, petrolio
e gas) per la produzione di energia elettrica, mentre c’è stata scarsa attenzione per
le fonti rinnovabili (vento, sole, acqua, geotermia, ecc.), presenti in abbondanza in
ogni angolo della terra. Ciò è potuto accadere perché alle accresciute possibilità
tecniche di aumentare le produzioni non
c’è stata una contemporanea crescita culturale di tutta la società.
A spingere in modo incontrollato
produzione e consumi spesso sono state
le grandi “mafie” dell’economia e della finanza il cui unico scopo è stato (ed ancora è) quello di aumentare il più possibile i
profitti da spartire tra dirigenti, azionisti
ed esponenti politici corrotti.
Il mondo politico che avrebbe dovuto controllare e indirizzare sia il capitale
finanziario che il lavoro verso un reale sviluppo a favore di tutta la società spesso è
stato imbrigliato e “foraggiato” e messo a
tacere dai detentori del potere economico e finanziario. Viviamo in una società
“sfilacciata” composta da chi accatasta
montagne di stipendi, liquidazioni e pensioni d’oro, oltre a privilegi e prebende
varie, mentre una moltitudine di persone
a stento riesce a sopravvivere. La politica
14
europea deve riappropriarsi del timone
dello sviluppo e portare l’economia fuori
dalle secche tra le quali si trova con il rischio di incagliarsi.
Per fare ciò occorre mobilitare e utilizzare le enormi risorse umane europee,
a cominciare dalle intelligenze e dalle
capacità professionali e non lasciarle inoperose per errati e miopi calcoli contabili.
Solo in Italia vi sono oltre 3.500.000 (tre
milioni e cinquecento mila) giovani disoccupati (la maggioranza nel Meridione)
oltre a grandi risorse naturali, culturali,
turistiche e ambientali inutilizzate.
E il mondo politico cosa ha fatto?
Ha cercato di favorire (e spesso imporre) piani di sviluppo calati dall’alto a
“macchia di leopardo” completamente
slegati dalla vocazione del territorio e
dalle tradizioni e competenze delle popolazioni. Sono così sorte le ben note “cattedrali nel deserto” con enorme spreco
di denaro e con grande “sollazzo” delle
cosche, degli speculatori e dei politici
corrotti, locali, nazionali e internazionali. Un saggio di quando è accaduto, è
ben descritto da Oscar Greco, dell’Università della Calabria, nel suo libro: “Lo
sviluppo senza gioia - eventi storici e
mutamenti sociali nella Calabria contemporanea” (ed. Rubbettino - prefazione di Bruno Amoroso). La politica, a tutti
i livelli (europea, nazionale e regionale)
deve essere basata su metodi di sana democrazia e principi etici e morali, in modo
da assicurare lavoro e benessere a tutti i
cittadini dei diversi popoli del Continente.
E non bisogna dimenticare che il popolo russo fa parte dell’Europa, per cui
non può rimanere ancora per lungo tempo fuori della grande famiglia europea,
anche per contribuire a costruire una duratura convivenza pacifica con gli abitanti degli altri Continenti del Pianeta terra.
Ambito riconoscimento a Nicola Squitieri
Su proposta del presidente del
Consiglio dei Ministri, il presidente della Repubblica, Napolitano ha conferito a Nicola
Squitieri, presidente dell’associazione “Guido Dorso” l’onorificenza di Grande Ufficiale
al merito della Repubblica
italiana. A darne comunicazione il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi. L’ambito
riconoscimento premia una
intensa e apprezzata attività
di divulgazione culturale svolta sopratutto tra le nuove generazioni in quarant’anni da
Nicola Squitieri quale attento
osservatore dei problemi del
nostro Mezzogiorno; attività
che si concretizza alla guida
dell’associazione Dorso promotrice del Premio omonimo
e alla direzione della rivista
“Politica Meridionalista-Civiltà
d’Europa”.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
Nel corso di una cerimonia svoltasi presso la Prefettura di Roma,
a palazzo Valentini, la dott.ssa Raffaella Moscarella, viceprefetto
vicario in rappresentanza del prefetto Pecoraro, ha consegnato al
presidente dell’Associazione Dorso, Nicola Squitieri il decreto di
nomina a Grande Ufficiale. L’Ordine al Merito della Repubblica è
stato istituito nel 1951 ed è destinato a “ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti,
dell’economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività
svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e
segnalati servizi nelle carriere civili e militari”.
La mission di Vertis per lo sviluppo nel Sud
Accompagnare e far crescere
le piccole e medie imprese
Accompagnare le aziende in tutte le
fasi della loro vita, sia in quella iniziale
(start-up) che in quelle di crescita e di
maturità (expansion e buy-out). E’ questa la mission di Vertis spa, una società
di gestione del risparmio con sede in
Napoli che gestisce fondi chiusi di private equità e venture capital. I fondi
che hanno raccolto circa 80 milioni di
euro, acquisiscono partecipazioni di
minoranza in PMI e progetti localizzati nel Mezzogiorno d’Italia. Fondatore
e amministratore delegato di Vertis è
Amedeo Giurazza (nella foto), da sempre impegnato nel sostenere nuove
opportunità per favorire il processo di
sviluppo del nostro Mezzogiorno ed in
questo contesto con un’attenzione particolare rivolta alle nuove generazioni.
Il fondo di private equity è destinato
a società consolidate, che già sono sul
mercato e vogliono rafforzare la loro
crescita o che si trovano ad affrontare il
passaggio generazionale della proprietà dell’azienda di famiglia; l’altro, di venture capital, è stato istituito per supportare la nascita di start up, finanziando
idee imprenditoriali e progetti innovativi e, a tal fine, sono stati anche stipulati
accordi con diverse Università, Centri
di Ricerca e Incubatori situati principalmente nel territorio di riferimento ma
anche in altre regioni italiane.
L’indipendenza, la localizzazione
geografica, il track record conseguito e
il patrimonio informativo accumulato
sono elementi che pongono Vertis in
una posizione di preminenza nel mercato del capitale di rischio nel Mezzogiorno determinando, così, una supe-
Private
Private Equity
Equity&&Corporate
Venture Finance
Capital
riore capacità di selezione delle opportunità di investimento.
Con l’ingresso dei fondi nelle aziende, oltre ad apportare risorse finanziare
si creano indirettamente nuovi posti di
lavoro. Ed è ciò che si è verificato: in un
momento storico-economico di manifesta difficoltà per il nostro Paese, e in
particolare per il Mezzogiorno d’Italia,
risulta interessante evidenziare il positivo impatto sul territorio di riferimento
che gli investimenti dei fondi gestiti da
Vertis hanno prodotto con la nascita di
nuove aziende e la relativa creazione
di nuovi posti di lavoro. Su circa 1.000
dossier analizzati in 4 anni per gli investimenti dei fondi, sono state realizzate
24 operazioni d’investimento, creati circa 250 nuovi posti di lavoro e apportato
capitali per un ammontare complessivo
di circa euro 56,7 mln, di cui euro 36,1
mln direttamente ed euro 20,6 mln attraverso altri investitori che, avendo
valutato positivamente le potenzialità delle aziende selezionate da Vertis,
hanno deciso di co-investire. «Abbiamo scommesso sul Meridione d’Italia spiega Amedeo Giurazza - e sul tessuto
imprenditoriale locale: siamo partiti nel
2009 e abbiamo voluto puntare sul Sud
dove molti sono gli imprenditori talentuosi, dinamici e molto competenti che
hanno le “carte in regola” per sostenere
un rapido processo di crescita, come è
già successo nel Nord Est d’Italia. E Vertis affianca gli imprenditori meridionali
nei loro progetti di crescita attraverso la
disponibilità di capitali, professionalità
e networking. In questi mesi stiamo lavorando al raddoppio: siamo in raccolta per il nuovo fondo “Vertis Venture 2”
che ha come obiettivo di raccolta 60 milioni di euro e l’inizio dell’attività d’investimento è prevista nel prossimo mese
di giugno. Abbiamo inoltre in programma l’apertura di un ufficio a Milano per
dedicarci, dopo l’esperienza circoscritta
al Sud, a investimenti di venture capital
in tutta Italia.»
IMPORTAZIONI
DI RISORSE
FRA NORD E SUD
L’associazione studi e ricerche per il
Mezzogiorno (gruppo Intesa San Paolo
- Targa del presidente della Repubblica nell’ambito del Premio Guido Dorso
2010), ha presentato presso la sede del
Banco di Napoli, una ricerca sulla interdipendenza economica e produttiva fra il
Mezzogiorno e il Nord d’Italia. Nello studio si evidenzia anche che per ogni 100
euro di investimenti effettuati nel Mezzogiorno, a causa di un effetto dispersione,
il Centro-Nord beneficia di 40,9 euro. Al
contrario ogni 100 euro di investimenti
effettuati nel Centro-Nord si verifica un
effetto dispersione a beneficio del Mezzogiorno pari a 4,7 euro. Inoltre avviene
che per ogni 100 euro di investimenti nel
Sud si trattengono 50 euro di produzione. Il direttore generale di Srm, Massimo
Deandreis, ha sottolineato che investire
sul Mezzogiorno produce una rilevante
ricaduta economica su tutto il territorio
nazionale.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
15
Le tappe significative di una prestigiosa carriera
Gli Ottant’anni di Giuseppe Pirozzi, un maestro
del panorama artistico contemporaneo
Maurizio vitiello
L’artista Giuseppe Pirozzi (80 anni l’11
marzo 2014) è senza dubbio una figura di
primo piano nel panorama artistico contemporaneo. Accademico di San Luca e
già Professore dell’Accademia di Belle Arti
di Napoli, artisticamente attivo dagli anni
Cinquanta, egli apre al pubblico, con una
certa cadenza, il proprio storico atelier
nel monumentale Palazzo Cimitile, nel
cuore di Napoli,conducendo i visitatori in
un viaggio coinvolgente alla scoperta dei
significati e della genesi complessa delle
sue opere scultoree, tra sculture, gioielli
e grafiche, avvalendosi anche di documentazioni bibliografiche e fotografiche.
Nella grande proliferazione di eventi ed
esposizioni si distinguono sempre le sue
mostre. Come non ricordare la prima,
impaginata nella suggestiva cornice di
Villa Rufolo a Ravello, realizzata, nel 1999,
con il contributo dell’Assessorato al Turismo della Regione Campania e dell’Ente
Provinciale del Turismo di Salerno, con le
sculture dal 1974 al 1999. Si trattò di una
delle rare esposizioni personali in Campania nell’ambito della pluridecennale
attività artistica dello scultore napoletano Giuseppe Pirozzi, da sempre legato alla costa amalfitana, ove si riposa e
medita nelle pause di riflessione. Espose
venticinque opere in bronzo di medie e
piccole dimensioni e alcuni preziosi pezzi
di microscultura da indossare in argento,
nonché alcune grafiche. Tutte le opere,
realizzate in esemplare unico, appartenevano alla produzione degli ultimi anni. Il
catalogo fu presentato da un contributo
di Massimo Bignardi, valente critico. Molti
critici hanno scritto sulla sua attività e tra
questi Luigi Carluccio che così si esprimeva sull’operatore: “Negli anni ‘50 gli artisti
napoletani dell’ultima generazione imposero la visione fantastica e drammatica
della loro realtà. Su quella linea Pirozzi
ha fatto una sua luce, ognuna delle sue
opere tende a delineare un momento del
trionfo possibile della ragione sull’istinto,
dell’ordine sul caos, della forma olimpica
sull’informe. Non senza, forse, una sofferta relazione con la realtà appunto di ogni
giorno; con la corruzione delle cose, la de-
16
Giuseppe Pirozzi destinatario del Premio Dorso (1980)
e autore nel 1988 del simbolo del Premio stesso, è stato
festeggiato per i suoi ottant’anni nel corso di un evento promosso dall’Accademia di Belle Arti di Napoli.
gradazione delle idee, lo spettacolo quotidiano ch’esse danno ridotte a un sussulto di viscere” Nel 1980 gli fu consegnato,
su nostra proposta, il prestigioso Premio
“Guido Dorso”, nel corso di una memorabile cerimonia tenutasi al Circolo della
Stampa di Napoli, con una motivazione
che scrivemmo con sentimenti di sincera
stima e ammirazione. E abbiamo continuato sempre, con articoli su varie riviste
e diversi quotidiani, notazioni in radio,
segnalazioni in tv, a precisare gli sviluppi
della sua impegnata ricerca estetica. La
visualità inseguita da Giuseppe Pirozzi
si divide tra raccolte indagini sull’humus
della regione e considerazioni sui rimandi
dei precipitati mitici. Nelle sue opere una
doppia anima è afferrata, una doppia vitalità è impressa. Giuseppe Pirozzi indaga
e vigila su mente e corpo dell’uomo e finemente cattura soffi di vita che potrebbero evadere. Ma ricordiamo anche la sua
mostra inaugurata il 27 dicembre 2011 al
Museo Archeologico Nazionale di Napoli,
intitolata “Oscilla e altri reperti - sculture 2010-2011”. I raffinati oscilla di Pirozzi
sono rilievi di terracotta che riproducono i “ritrovamenti” effettuati dall’artista
scavando nella propria memoria del suo
lungo e prestigioso percorso creativo. Nel
1988, Pirozzi firmò il simbolo del Premio
Dorso, che viene, annualmente, assegnato al Senato della Repubblica a giovani
ricercatori e a esponenti del mondo delle
istituzioni, dell’economia e della cultura,
che hanno particolarmente contribuito
attraverso la loro attività e il loro impegno a sostenere le esigenze di sviluppo e
di progresso del Mezzogiorno d’Italia.
In autunno al Senato saranno premiati i nuovi ambasciatori del Mezzogiorno
Premio Guido Dorso: al via la XXXV edizione
È in fase di avanzata organizzazione la XXXV edizione del Premio Internazionale “Guido
Dorso” promosso dalla omonima associazione con il patrocinio del Senato della Repubblica, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Università di Napoli “Federico II” e della nostra
testata. La cerimonia di premiazione - come è ormai consuetudine - si terrà al Senato, nel
prossimo autunno, presso la sala Zuccari di palazzo Giustiniani, alla presenza degli esponenti
del mondo delle istituzioni, dell’economia e della cultura del nostro Paese. Anche quest’anno
il presidente della Repubblica ha concesso un suo personale riconoscimento che verrà assegnato ad una istituzione che opera per favorire il processo di sviluppo economico e sociale
del Mezzogiorno. Il simbolo dell’ambito riconoscimento è realizzato in esclusiva da Giuseppe
Pirozzi. Artista di fama internazionale, Pirozzi fu destinatario nel 1980 del Premio Dorso e
nel 1985 volle firmare il simbolo stesso del Premio. La commissione giudicatrice, composta
da Andrea Amatucci, presidente del comitato scientifico dell’associazione Dorso; Massimo
Marrelli, rettore magnifico dell’Università di Napoli “Federico II”; Luigi Nicolais, presidente del
CNR e Nicola Squitieri, presidente dell’associazione Dorso, ha indicato anche quest’anno una
serie di personalità italiane e straniere del mondo istituzionale, economico e culturale che
hanno contribuito con il loro impegno e la loro attività a sostenere le esigenze di sviluppo e di
progresso del Mezzogiorno d’Italia.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
Tra sfide, ipocrisie e rischi del potere
Precetti del cardinale Mazzarino,
genio politico sempre attuale
vincenzo lucarelli
È riemerso in queste settimane dalle ceneri del ‘600 un testo latino dei praecepta
paoliticae, in una traduzione miscellanea in
lingua italiana, agile, efficace e vigorosa. Che
va all’essenziale del pensiero del Cardinale
Giulio Raimondo Mazzarino (1602-1661),
ministro di Stato in Parigi. Il quale dispensa
riflessioni e consigli non solo ai suoi contemporanei, ma anche a quelli dei secoli successivi. Tanto da destare meraviglia per come
l’alto Porporato abbia saputo trascrivere le
esperienze di vita vissuta, accumulate alla
Corte di Francia, subito dopo la morte di Luigi XIII, poiché il successore di quest’ultimo,
Luigi XIV, il Re Sole, aveva appena cinque
anni. Mazzarino, nato a Pescina nella Marsica,
in provincia de L’Aquila, laureato in utroque
iure, capì quanto fosse importante dotarsi di cinismo, assimilando varie analogie di
pensiero con Niccolò Machiavelli. Particolarmente la spregiudicatezza di chi raggiunge
il potere e intende mantenerlo. Interessante,
a riguardo, la traduzione dal latino curata da
Angelo Bernardini, già preside di licei classici
e scientifici, manifestando capacità a mettere
in evidenza astuzia, ruolo e profilo dell’uomo
politico. Al quale il Cardinale pescinese raccomanda di controllare “le proprie emozioni
nell’esercizio del potere, senza cedere all’ira o
alle passioni amorose”. Ancor più, osservando tutto ciò che si agita e accade attorno, e
dentro, le stanze del governo dello Stato. La
pubblicazione di Bernardini esordisce con “la
diffidenza”, che aleggia sovrana in tutta l’operazione di recupero del testo seicentesco.
Tuttavia legata “alla prudenza” intesa come
virtù di cui nessun politico può fare a meno.
In pratica, essere prudente significa “controllare le proprie passioni, non svelare i propri
sentimenti per meglio scoprire quelle degli
altri”, senza procurarsi superflue inimicizie,
anche quando si subisce un’offesa. Cosa che
richiede “spirito di sopportazione, in attesa
del momento propizio per rifarsi”. Per ulteriore intelligenza del lettore, Mazzarino ritiene
che la prudenza vada incanalata a capire qual
è la parte vincente per stare con essa, pur
non contrastandone apertamente la filosofia utilitaristica. Del resto, il comportamento
del politico deve essere (andreottianamente)
controllato, conservando a se stessi dignità
operativa. Sotto questo profilo il Cardinale
suggerisce quali comportamenti bisogna osservare per capire se si ha a che fare con persona affidabile o no. Consiglia anche a non
fidarsi di chi fa troppe promesse soprattutto
se dedito al vino e ai piaceri di Venere. Su un
altro versante, la generosità non è considerata un pregio, poiché può essere interpretata
come dabbenaggine. Oltre a impedire a poter fare marcia indietro. Una specie di imperativo categorico viene riservato alla scelta a
non mettere mai per iscritto talune promesse, come quelle da esprimere alle donne. Altrettanto con chi si convive, nei cui confronti
occorre usare grande cautela nel parlare o di
indicare dove si è diretti. Né quanto denaro
si ha in tasca per non farlo desiderare. Molto
utile è la raccomandazione a fare finta di possedere qualche notizia riservata, esponendola all’interlocutore che si suppone possa
conoscerla, perché alla fine, correggendone
i contorni, chi ascolta dirà quello che sa. Si è
voluto riassumere panoramicamente il contenuto e il profilo di un libretto, edito dall’Associazione Lumen di Carsoli in provincia de
L’Aquila, meritevole di una piacevole lettura. I
praecepta mazzariniani sono persino uno stimolo alla prevenzione, destinata a caratterizzare le attività umane. Non manca il richiamo:
“fingi e nascondi”; “sopporta e non reagire”.
Come pure chiama fratelli o amici persone “a
te inferiori e salutali per primo. Piuttosto non
bisogna fare ringraziamenti in modo esagerato”. Per non parlare quanto sia importante
“non chiedere nulla in prestito ad un amico.
Se non lo può dare oppure se lo dà mal volentieri è capace di portare rancore”. Va da
sé, “se ti comporti con troppa familiarità con
i servi questi ti disprezzeranno. Viceversa, “se
mantieni un gentile distacco, ti adorano”.
Dal 6 al 22 giugno l’edizione 2014 di Napoli Teatro Festival Italia
Luigi Grispello presidente della
Fondazione Campania dei Festival
Cambio al vertice della Fondazione
Campania dei Festival istituita nel 2007
per organizzare e gestire tra l’altro il Napoli Teatro Festival Italia.
La professoressa Caterina Miraglia
(assessore alla cultura della Regione
Campania) ha passato il testimone
all’avvocato Luigi Grispello, Presidente
dell’Agis Campania, che fa parte del
Consiglio d’Amministrazione con Lucio
D’Alessandro, Rettore dell’Università
Suor Orsola Benincasa.
“È mia intenzione proseguire il lavoro svolto dal 2011 fino ad oggi dalla professoressa Miraglia con lo stesso
impegno e nel solco della continuità
– ha dichiarato l’avvocato Grispello – Il
Napoli Teatro Festival Italia è ormai una
realtà solida e affermata a livello nazionale e internazionale, una “eccellenza”
del nostro territorio, che in quanto tale
va curata e sostenuta”.
La settima edizione del Napoli Teatro Festival Italia di cui è direttore artistico Luca De Fusco, si svolgerà dal 6 al
22 giugno.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
17
segue da pag. 12 -
Occorre fare squadra per salvare il patrimonio culturale del Sud - Daniele Malfitana
luppare, finalmente in squadra, un linguaggio operativo comune. Penso, ad
esempio, all’esperienza entusiasmante
del Progetto PON Smart City “Living Lab
di cultura e tecnologia” che l’Istituto per
i beni archeologici e monumentali del
CNR di Catania, che ho l’onore di dirigere, porta avanti insieme ad Università
ed Imprese in due città del Meridione
scelte come campione: Catania e Lecce.
All’Università, Ente di ricerca o Impresa,
di concerto con l’amministrazione pubblica che ha accettato di divenire luogo
di sperimentazione, è affidato il compito
di studiare e sviluppare, in piena sinergia con gli interlocutori che operano sul
territorio (musei, parchi archeologici, comune, diocesi) una fruizione innovativa,
avvincente, tecnologicamente avanzata,
del patrimonio culturale. Il messaggio
è molto chiaro: premio il tuo progetto
di ricerca e sviluppo e, dunque, la tua
idea, ti dò subito le risorse a condizione
però che tu, a conclusione del progetto,
consegni, del tutto gratuitamente, i tuoi
risultati alla città, alla comunità, all’am-
segue da pag. 7 -
mosaico che, tessera dopo tessera, ci
porterà, nel corso del 2014 e del 2015,
ad offrire e mettere a disposizione della città, in maniera appunto “open”, le
nostre ricerche, i nostri sforzi, le nostre
conquiste, i nostri prodotti, con liberalità
assoluta e ottemperando, credo, ad un
principio importante: lavoriamo con fondi pubblici alimentati e retti dalla collettività che ha il sacrosanto diritto di sapere
come vengono spesi i suoi soldi, cosa si
fa, che risultati si raggiungono, anche in
termini di pubblica utilità e di inclusione
sociale. Inclusione sociale significa attrarre e generare cultura, anche nelle giovani generazioni, perché siano consapevoli
di ciò che hanno sotto i loro occhi e ne
diventino protagonisti nella fruizione.
L’Europa con Horizon 2020 (78 miliardi
di euro) vuol metterci nelle condizioni di
operare: sta a noi che lavoriamo nei territori, e per i territori, far sì che la “smart
specialization strategy” tanto invocata,
oggi strumento operativo e programmatico forte, diventi prassi consolidata e
percorso privilegiato di crescita.
Verso un nuovo rapporto tra banche e imprese - Antonio Corvino
tura finanziaria e patrimoniale solida,
puntano sulla qualificazione e l'arricchimento delle risorse umane quale fattore di sviluppo. Nel Mezzogiorno la percentuale scende al 7% (nel nord ovest
sale al 15%). Non sono grandissimi numeri, ma sono comunque una realtà importante e consistente. Soprattutto se
esse diventano termine di confronto per
il resto del sistema produttivo ed esempio per il resto del Paese. Il declino non è
ineluttabile. Dipende da noi. Da ciascuno di noi. Dal rapporto OBI emerge inoltre che abbiamo circa il 45/50% delle
imprese in mezzo al guado, ossia in difficoltà (di natura finanziaria, commerciale...) ma che comunque dispongono di
fondamentali solidi (struttura patrimoniale, tecnologica, funzionale, produttiva). È necessario lavorare su questo tessuto produttivo per farlo uscire dal
guado e farlo approdare sul versante
dell'eccellenza. Perché quando le eccellenze non saranno più eccezioni ma realtà diffuse allora noi tutti ed il Paese nella
sua globalità avrà vinto la sua battaglia.
Le imprese dovranno crederci con tutte
le loro forze. Lavorare sulla patrimonializzazione, sulla crescita dimensionale (o
con progetti aziendali o con progetti di
aggregazione), sulla internazionalizzazione, sugli investimenti e l’innovazione,
sulle risorse umane. I lavoratori e i cittadini dovranno proporsi quali partner
delle imprese e con esse definire e attuare i percorsi virtuosi. Senza nascondersi
18
ministrazione, perché tutti ne possano
liberamente fruire, facendo così assumere alla ricerca, altrimenti destinata a rimanere per addetti, un risvolto socialmente
utile. La sinergia tra gli attori, cui più volte
ho fatto cenno in questo mio contributo, è sicuramente tenuta insieme da un
monito chiaro: la proprietà del patrimonio culturale del nostro Paese non è di
nessuno, nel senso, che tale patrimonio
rappresenta l’oggetto sul quale, e nell’interesse del quale, tutti siamo chiamati e
direi obbligati ad operare per concorrere
ad una sua efficace gestione e fruizione,
mettendo a disposizione ciò che ciascuno di noi ha nelle proprie potenzialità,
risorse economiche incluse. Senza dubbio è questo uno strumento importante,
nuovo, intrigante, insomma, un metodo
procedurale sicuramente figlio dell’innovazione metodologica, che purtroppo viaggia (specie in Italia meridionale)
talora con velocità diverse, ma che tutti
speriamo con i nostri ruoli e le nostre responsabilità di accrescere. L’esperienza
citata è solo un tassello di un più ampio
che abbiamo un tratto di strada faticoso
e difficile da fare insieme e quindi è il
caso di abbandonare atteggiamenti e
pregiudizi peraltro ormai vecchi e datati.
La pubblica amministrazione dovrà abbattere steccati e dismettere trabocchetti e trappole e lavorare per costruire un
contesto favorevole all'impresa, rivedendo i tempi, i percorsi e gli strumenti che
oggi bloccano e rendono un'avventura
eroica e non conveniente l'attività di impresa (ma anche la semplice esistenza
come cittadini). Le banche dovranno tornare a parlare con i territori e le imprese
e diventarne partner, non controparte,
operando anch'esse per sostenere gli
sforzi delle imprese sui diversi versanti. E'
cambiato il mondo della finanza. Le imprese devono muoversi in maniera diversa rispetto al passato, le banche devono tracciare il nuovo percorso magari
puntando di più sull'economia reale e
tralasciando di farsi travolgere dalla speculazione (magari in attesa che qualcuno metta mano alla revisione della disciplina dell'attività bancaria ristabilendo la
demarcazione tra banca del territorio e
banca globale). Il governo italiano e la
politica italiana, tornando alla Grande
Politica, ai temi strategici, ad una nuova
visione del futuro, e finalmente abbandonando la piccola deriva. Abbiamo bisogno di grandi alleanze nel Mediterraneo, con la Francia, la Spagna, il
Portogallo, la Grecia, i Paesi Balcani, e
quanti hanno a cuore il futuro dell'Euro-
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
pa, per imporre una nuova idea di Europa che prescinda dagli strangolamenti
finanziari e di bilancio imposti a Nazioni,
Stati e Popoli sull'altare di un malinteso
senso del rigore che in realtà altro non è
che strategia di dominio del mercato e
speculazione finanziaria con dividendi
straordinari maturati sulla sofferenza e
l'impoverimento altrui. Abbiamo bisogno di un Governo che abbia la forza di
ricordare ai tedeschi che qualcuno nel
1953 azzerò il mastodontico debito di
guerra tedesco per consentire alla Germania di riprendere il suo percorso. Abbiamo bisogno di un Governo e di un'autorità monetaria che ricordi ai tedeschi
che l'inflazione, più che un mostro è ormai uno spauracchio dietro cui sta prendendo forma la deflazione. Quella si terribile e devastante. Che ci sono spazi e
disposizioni, nei trattati comunitari sul
sistema monetario, che consentono, in
casi di conclamata emergenza quale l’attuale, una indispensabile consistente
immissione di liquidità nel sistema Italia
e nell’intero sistema dell’Europa mediterranea. Che è quindi necessario dare
attuazione a tali disposizioni piuttosto
che andare a ricercare inutili apprezzamenti da parte dei cosiddetti soggetti
forti del nord Europa. Insomma c'è molto
da fare. Ma si tratta di cose che si possono fare, non sono cose impossibili. Nella
certezza di possedere risorse, idee e voglia, tanta voglia, per reinventare il mondo. Il nostro mondo.
segue da pag. 2 -
L’Europa di fronte alle nuove grandi sfide - Gianni Pittella
il livello di debito nella maggior parte
dei Paesi dell´Eurozona è insostenibile
nel lungo tempo.
Non mi sto riferendo solo all´Italia,
Grecia e Portogallo, ma anche a Paesi come la Francia, con un debito che
raggiunge più del 90% del suo PIL. Con
tale livello di debito, è molto difficile per
famiglie e imprese avere fiducia nei prospetti economici dei loro Paesi e, così,
smettono di spendere e investire. Una
mutualizzazione del debito è necessaria per la sopravvivenza delle nostre
economie. Nel contesto di sfiducia e di
distacco nei confronti delle istituzioni
dell’Unione, è necessario inoltre riportare l’entusiasmo per il grande progetto
europeo. Bisogna dotarsi di politiche
per lo sviluppo efficaci e progetti con-
segue da pag. 5 -
vincenti che possano dissuadere anche
i più sfiduciati dal vedere l’unione europea come un nemico. L’Unione e la
progressiva interrelazione tra i diversi
paesi, sono la sola via d’uscita dalla crisi.
Bisogna evitare di dare argomentazioni
a coloro che con le loro visioni antieuropeiste e populistiche incrementano
una forza centrifuga che mina la coesione europea. C’è bisogno al contrario di
un’Europa che accresca le sue funzioni
e i suoi poteri. Un’Europa che segua il
disegno dei padri fondatori, e che vada
verso politiche comuni non solo monetaria ma anche economica, fiscale,
industriale. Il principale obiettivo del
Parlamento Europeo nella prossima
legislatura deve essere quello di promuovere la crescita e lo sviluppo al suo
interno. Un mezzo fondamentale per
prevenire crisi future è rendere più integrate le economie dei paesi membri.
Ma integrare non vuol dire uniformare.
Significa piuttosto incrementare la sinergia tra gli stati al fine di migliorare la
collaborazione tra di essi preservando
le loro peculiarità. Diminuire le differenze soprattutto economiche tra i diversi
stati membri è un passo necessario per
lo sviluppo dell’Unione. L’interdipendenza tra gli stati è ormai così profonda
che non si può più pensare con logiche
nazionalistiche, il nostro sguardo deve
necessariamente tendere al di là dei
confini statali perché se un solo paese
dell’Unione è in difficoltà -lo si è già visto in più occasioni- la stessa Europa è
in difficoltà.
Dall’Europa-fortezza all’Europa-comunità - Antonio Iodice
europea. Parliamo di colui che nella metodologia sociologica si chiama “attore
privilegiato”, poiché ha dedicato l'ultimo
decennio delle sue riflessioni alla costruzione europea, arrivando a elaborare una
teoria “tarata” appositamente sull'Unione
Europea. Si tratta del cosiddetto “patriottismo costituzionale”, in base al quale i
sentimenti di affiliazione che gli individui
proverebbero nei confronti di una compagine statale o sovra-statale sarebbero
costruiti dal rispetto dell'assetto normativo e del corpus legislativo. Non è una cosa
da poco, perché concerne un aspetto fondamentale della dimensione della “cittadinanza”: cosa è che ci rende cittadini di
uno Stato? Cosa ci lega a una compagine
statale e ci fa sentire parte di un tutto?
Cosa ci unisce ad altri individui che non
conosciamo e che probabilmente non
conosceremo mai, con i quali nondimeno
condividiamo un ordinamento politico,
una costituzione, un assetto legislativo?
Le domande non sono peregrine, perché
toccano il nocciolo duro della questione:
la costruzione di un'appartenenza mediante la definizione di una o più identità.
Ben sappiamo - forti di una pluridecennale letteratura in materia - i meccanismi
di costruzione dell'identità nazionale: li
conosciamo non solo perché li abbiamo
studiati da adulti, ma anche perché ce li
hanno inculcati sin da bambini attraverso
l'insegnamento dei programmi scolastici.
Per questo motivo siamo ben consapevoli di come risulti ben più complessa la
costruzione di una “identità di secondo livello”, come quella europea, che non si sostituisce all'identità nazionale, ma si somma. Si è europei senza smettere di essere
italiani, tedeschi, francesi... evidentemente. Ciò rappresenta un valore aggiunto
esattamente quanto un limite: è un valore
aggiunto perché la dimensione europea è
“arricchente” e non “escludente”, ma è un
limite perché i meccanismi di costruzione
identitaria non possono replicare nel continente quanto accaduto all'interno dei
confini nazionali. I singoli Stati-nazione
hanno costruito il senso di appartenenza
alla propria comunità attraverso passaggi storici a volte mirabili, ma altre volte
tragici: l'elezione di un inno nazionale, la
scelta di una bandiera, la ricorrenza della
data dell'indipendenza hanno “lavorato”
fianco a fianco - in questo senso - con la
dichiarazione di guerre, il combattimento di battaglie, la segregazione di minoranze politiche che avrebbero offuscato
il mito fondativo di una comunità “pura”,
la diffidenza verso la figura dello “straniero”, che potrebbe mettere a repentaglio
la suddetta “purezza”. Questi meccanismi
non sono replicabili (verrebbe da dire
“per fortuna”) a livello europeo e rendono
necessaria l'individuazione di alternative.
Habermas le trova nella definizione di
un sistema normativo - che “fissi” determinati valori intorno ai quali si riconosce
la maggior parte della popolazione - tale
da fungere da elemento di aggregazione
per quest'ultima: quasi una costruzione
che funzioni “al contrario”, cioè non come
punto di arrivo di un determinato percorso storico e sociale, ma come punto di
partenza per future identità. È quasi inutile aggiungere come una prospettiva del
genere, di natura prettamente normativa,
riscontri difficoltà a “scaldare gli animi” e
incentivare entusiasmi. Allo stesso tempo
rappresenta una proposta da discutere,
insieme a possibili alternative. Ciò che è
certo è che, allo stato attuale, il progetto europeista abbia bisogno di un'acce-
lerazione, che non vada nella direzione
solamente di un Paese dell'Est Europa
da aggiungere nell'Eurozona (come recentemente accaduto con la Lettonia),
ma produca un salto di livello qualitativo:
oggi l'Unione Europea presta facilmente il
fianco agli sfoghi euroscettici e ai rigurgiti
nazionalisti. Tanto il deficit di legittimità
delle decisioni prese a Bruxelles (il cui passaggio fondamentale non è rappresentato peraltro dall'aula legislativa, l'unica
votata dai cittadini), quanto la posizione
semi-egemonica dell'esecutivo tedesco in
seno al governo europeo, quanto ancora
la preminenza attribuita agli organi economici rispetto alle istituzioni politiche
minano da tempo la piena affermazione
del progetto europeista. Per dirla con le
parole di Habermas (che certo non può
essere tacciato di “euro-scetticismo”): “I
popoli europei hanno buoni motivi per
volere un'unione politica; ma la conseguente necessità di allargare l'edificio familiare dello Stato nazionale, per condividere un piano superiore con altre nazioni,
è ancora intuitivamente distante”. Come
uscire da questa stasi? Ripercorrendo, per
i tratti possibili, i sentieri di costruzione
di un'identità nazionale, vale a dire definendo uno scenario sociale prima ancora
che un edificio politico-economico: serve
l'Europa dei popoli, che si riconosca nel
Mediterraneo come culla di tutte le più
significative civiltà occidentali, che accetti
il ruolo che la geografia le “impone” (cioè
come ponte con il Sud e l'Est del mondo),
che non si chiuda nella dimensione della
tetragona “fortezza”, che sostituisca il metodo intergovernativo (troppo esposto a
veti incrociati e ataviche antipatie nazionali) con la costruzione di un vero senso
di comunità.
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
19
segue da pag. 3 -
Europa e Mezzogiorno nella società post-industriale - Luigi Mazzella
no, non riescono a venderli e non sono
neppure in grado di restituire eventuali
mutui assunti con le banche per mandare avanti il processo produttivo.
In Gran Bretagna e negli Stati Uniti d’America, l’approdo alla Società
dei servizi è avvenuto per effetto di
provvedimenti legislativi presi dalle
Assemblee parlamentari e di atti amministrativi degli Esecutivi in carica.
Margaret Thatcher e Ronald Reagan
hanno avuto, a tempo debito, il coraggio politico di elevare la tassazione sino
a limiti insopportabili per le industrie
manifatturiere del Paese e di abbassarla
repentinamente, dopo la de-industrializzazione verificatasi, al 33 e 23 per
cento, per aiutare gli imprenditori, per
così dire ”sopravvissuti” a porre le basi
per un’efficiente società dei servizi. A
quel che si legge in giro, non sembra
che un leader dell’Europa continentale
abbia oggi una visione così lucida
sul da farsi per sottrarre l’economia della zona dell’Euro alla tirannia della sopravvenuta mancanza
di competitività dei suoi prodotti
a causa degli alti costi dei salari e
del Welfare. Tutti appaiono smarriti e brancolanti nel buio più fitto,
impegnati spasmodicamente in
diatribe di un tempo ormai irrimediabilmente passato. Non sono
mancate, nell’Euro-zona, proposte
di abbattimento delle imposte
che riecheggiavano i livelli angloamericani ma la misura, non a
caso, è stata avversata, proprio da
chi l’aveva ispirata in Gran Bretagna e
negli Stati Uniti. Essa, presa in un contesto di piena e persistente attività manifatturiera, avrebbe avuto solo l’effetto
di ritardare l’auspicato passaggio alla
società post-industriale; non certo di
accelerarlo.
La situazione di stallo è aggravata
dal fatto che l’elettorato attivo è del
tutto ignaro e comunque insensibile a
una tale colossale svolta economica e
politica: è scarsamente e distortamente
informato da una stampa, ora del tutto
inconsapevole dei termini reali del problema, ora fortemente interessata (ed
etero-diretta dai gestori di livello mondiale dei servizi) a nascondere la reale
portata del cambiamento, nel timore,
certamente fondato, di contraccolpi
di natura sociale. Naturalmente v’è chi
invoca la consueta volontà di reagire all’imposizione dello strapotere dei
cosiddetti poteri forti. La verità è che
i poteri economici non sono ordinati
in gerarchie piramidali organizzate e
concordi. Essi si limitano a sapere bene
20
quello che non devono fare: prestare
quattrini che non ritornano a casa con
i connessi interessi!
D’altronde è difficile negare che il
calo di competitività dei manufatti italiani ed europei (della zona continentale) non sia anche una conseguenza
dei progressi che i lavoratori hanno
conseguito, quanto al loro status giuridico ed economico, in Italia per effetto
di uno statuto dei lavoratori che non c’è
in nessun altro Paese industriale. Il nostro Paese ha, inoltre, giudici così sensibili ai problemi sociali che utilizzano
le norme di quello statuto in modo così
rigoroso da imporre ai datori di lavoro di riprendere in fabbrica i lavoratori
ingiustamente licenziati, anche dopo
averli abbondantemente risarciti. Senza
dire che la cosiddetta Trimurti italiana
c’è invidiata da tutte le organizzazioni
sindacali dell’Occidente intero, per il
peso che riesce a esercitare sulla vita
politica del Paese. Tutte cose verissime
che hanno contribuito, però, a rendere
molto alto il costo del lavoro, a differenza di quello che avviene, per esempio,
in Cina dove non seguono il modello
italiano, pur dichiarandosi comunisti
(più che genericamente, come da noi,
di sinistra democratica).
D’altro canto, il meccanismo economico in atto in Italia e nell’Eurozona si è
messo in modo, per così dire, automatico. Dagli anni Ottanta, nei Paesi di maggiore sviluppo si è realizzata un’accumulazione del capitale che ha determinato,
oggettivamente, un predominio del sistema finanziario sull’intera economia.
Quando, nell’ambito di un’impresa, il
processo di crescita del capitale diventa
abnorme (e tale è stato in quegli anni),
è inevitabile che i dettami non scritti
dell’economia capitalistica per realizzare il massimo profitto impongono di
cercare mezzi di produzione di ricchezza addizionali. E il denaro in più finisce
nelle casse di chi lo sa utilizzare e lo
Politica Meridionalista - Civiltà d’Europa • Anno XLII - Maggio 2014
fa rendere con operazioni finanziarie,
borsistiche, assicurative e via dicendo.
Allora: i cosiddetti poteri forti non sono
stati creati da una misteriosa Spectre
di fleminghiana memoria, ma, essendo già esistenti, sono stati irrobustiti e
ingigantiti dagli stessi imprenditori che
oggi piangono sull’immatura dipartita
della società industriale euro-zonica di
cui erano stati i protagonisti!
Che oggi continuino a esserci
nell’Eurozona forze politiche che puntano a elaborare provvedimenti idonei a conservare la società industriale,
contrastano, per comprensibili finalità
umane, la disoccupazione conseguente
alla chiusura delle fabbriche, è circostanza che se, in astratto, tende a bloccare ogni trasformazione determinando ritardi, non è detto che, in concreto,
non produca effetti nocivi nella svolta
obbligata che è già in atto nella direzione della società post-industriale.
Tale svolta, per il Sud che ha
perso clamorosamente l’appuntamento con l’idustrializzazione delle sue terre, potrebbe invece presentare aspetti positivi, solo che
si colmassero i gap attualmente
esistenti.
Il primo relativo a un deficit
conoscitivo in materia informatica
che, se superato, potrebbe dare
una stura molto proficua alle capacità creativa delle popolazioni
meridionali.
Il secondo, relativo ai servizi di
offerta turistica e di utilizzazione
del patrimonio artistico, architettonico,
culturale e storico che potrebbero monetizzare i flussi provenienti da Paesi
di nuova ricchezza come Russia, Cina e
altri e che incontrano difficoltà a decollare soltanto per mancanza di strutture
e infrastrutture. Che fare, allora? Stimolare da un lato l’alfabetizzazione informatica e digitale dei nostri giovani al
Sud (come nel resto del Paese, d’altronde) per offrire strumenti adeguati all’espressione della loro innata creatività.
Favorire, dall’altro, la nascita, la crescita o l’immissione nel mercato italiano
di grandi catene alberghiere, mondialmente collegate tra di loro per inserire
le nostre coste in circuiti, giri e pacchetti pre-definiti. Questo significherebbe
cambiare radicalmente le modalità
dell’offerta turistica con la creazione di
grandi e autosufficienti resort e l’eliminazione di modeste aziende alberghiere non più in linea con i tempi e soprattutto non più all’altezza di soddisfare le
esigenze di un pubblico ormai aduso a
molteplici e multiformi confort.
Ciampi: una rivista legata alla grande
tra­di­zio­ne ­me­ri­dio­na­li­stica
“Politica Meridionalista-Civiltà d’Europa”
nasce a Napoli
nel 1972 quale espressione
del Centro studi di politica
economica
e
sociale “Nuovo
Mezzogiorno”.
Suoi
sup­ple­
menti periodici
irregolari sono
gli “Incontri di studio”, attraverso i quali sono pubblicati gli atti
dei convegni nonché ricerche promosse dalla rivista e dal Centro.
La puntualità e la specificità delle pub­bli­cazioni, che si diffondono
progressivamente in un ambito di lettori molto più ampio di quello
interessato alle attività del Centro studi, l’autorevolezza e la varietà delle collaborazioni forniscono alla rivista, diretta sin dalla
fondazione da Nicola Squitieri (nella foto), uno spazio proprio nel
contesto del dibattito meridionalistico, tale da consentire la pub­
blicazione anche in periodi di sospensione o di rarefazione delle
attività del Centro, fino a configurare intorno alla testata un vero e
proprio movimento culturale espres­sivo di un nuovo meridionalismo, immune da ogni facile campanilismo e deciso a ricercare, al
di sopra di consunti schemi di schieramenti politici e sociali, nelle
capacità e nelle energie che sono proprie della gente del Mezzogiorno, le risorse utili a favorire la ripresa del processo di riduzione
del divario Nord-Sud. Intorno alla rivista girano quindi attività di
notevole rilievo, quali gli stessi “Incontri di studio”, la “Giornata
del Mezzogiorno nella Scuola” ed il Premio Internazionale “Guido
Dorso” che dall’anno 2000 si tiene al Senato della Repubblica sotto
l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica con il patrocinio
dello stesso Senato,del Cnr e dell’Università di Napoli “Federico
II”. Quest’ultima iniziativa, giunta alla XXXV edizione, forniva a
un cronista l’occasione per scrivere che “forse la realtà più sorprendente nel panorama del generale ristagno di autentici fermenti culturali, non è solo il premio in sé (che pure rappresenta un momento
di dibattito e di incontro di grande significato) ma anche l’attività
che sta al monte della manifestazione, in quanto il “Guido Dorso” si
inserisce in un impegno meridionalistico che non è vuota menzione di un momento, ma il costante lavoro di un’organizzazione che
produce idee senza tregua”. Non a caso la rivista ha ridato vita nel
‘90 al Centro studi, ricostituendolo nell’ambito dell’Associazione
per il Premio Dorso in quanto Centro studi per la valorizzazione
delle risorse del Mezzogiorno. Il Centro - destinatario nell’anno
2000 del Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei
Ministri - ha istituito un Comitato scientifico-culturale composto
dai destinatari di alcune delle sezioni del Premio Dorso. Il Comitato
è presieduto da Andrea Amatucci e composto da: Gerardo Bianco,
Antonio Catricalà, Luigi De Sena, Gianfranco Dioguardi, Adriano Giannola, Giovanni Lettieri, Zhenya Liu, Giovanni Magnifico,
Nicola Mancino, Antonio Marzano, Luigi Mazzella, Paola Pelino,
Dominick Salvatore, Giulio Tarro, Fulvio Tessitore, Sergio Zoppi.
Il Comitato ha il compito di promuovere attività di studio e ricerche
tese ad ap­pro­fon­dire, in particolare, la realtà economica e sociale del Mezzogiorno nel più ampio contesto comunitario. “Politica
Meridionalista” ha oggi al suo attivo l’organizzazione di con­vegni
che vanno man mano esemplificando la presenza della testata nel
dibattito cul­tu­rale e politico sui problemi del Mez­zo­gior­no: tra questi citiamo uno dei primi, sul degrado ecologico urbano, “Napoli
Cancer” (di recente riedito a cura de Il Denaro-libri), ed uno dei più
significativi, per ricordare l’attualità del meridionalismo di Guido
Cortese. Gli atti di quest’ultimo convegno furono raccolti in volume, sot­to­lineando con efficace esito la vocazione editoriale della
testata a beneficio di un’azione di divulgazione e di promozione
culturale che va oltre la pubblicazione della rivista. Nel 2000 la
rivista ha dato vita ad una Collana di pubblicazioni intitolata “Quaderni di Politica Meridionalista”. Una funzione determinante nel
processo di crescita del Mezzogiorno e del Paese è attribuita alle
istituzioni scolastiche, edu­ca­tive e culturali e alle politiche che ne
programmano e ne assicurano il fun­zio­na­mento. All’editoria meridionale e alla pub­blicistica che comunque tratta del Mez­zo­giorno,
la rivista dedica da tempo una par­ticolare attenzione attraverso una
spe­ci­fica rubrica di recensioni. Analoghe ru­bri­che, con lo stesso
intento promozionale a be­ne­ficio della cultura meridionale, sono
ri­ser­vate ai problemi dei beni ambientali, intesi nell’accezione più
ampia del termine e quindi al turismo in quanto promotore di crescita e di sviluppo economico. Tra le indagini più significative, annotiamo il “viaggio” che la rivista va compiendo tra le istituzioni
alle quali compete il delicato compito di svolgere un’attenta opera
di prevenzione e repressione contro i fenomeni malavitosi ed il degrado socio-ambientale che affliggono la realtà meridionale. Aperta
a tutti i contributi e a tutte le voci, come dimostrano ampiamente la
varietà degli interventi e degli stessi riconoscimenti attribuiti attraverso il conferimento dei Premi Dorso, “Politica Meridionalista” è
attualmente impegnata a sottolineare l’urgenza e la produttività di
un corale impegno civile per il riscatto del Mez­zo­gior­no. In occasione dei trent’anni di attività della rivista, celebrati alla Camera
dei De­putati, l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio
Ciampi, ricordò, tra l’altro, in un messaggio che: “L’intensa attività
pubblicistica promossa dalla rivista ha favorito la nascita di un mo­
vi­men­to ­cul­tu­ra­le legato alla grande tradizione meridionalistica”.
Premio Dorso al Sindaco di New York Bill De Blasio
Per festeggiare il neosindaco di NewYork, Bill De Blasio già si annunziano ambiti riconoscimenti in Italia, tra questi quello preannunciato dall’associazione “Guido Dorso” che, ogni anno nel ricordo del grande meridionalista irpino, al Senato della Repubblica con il
patrocinio dello stesso Senato, del Cnr e dell’Università di Napoli “Federico II”, segnala dal 1970 le “eccellenze del Mezzogiorno” che
onorano il nostro Paese negli Stati Uniti. L’albo d’onore della sezione internazionale Usa-Mezzogiorno del Premio Dorso annovera
infatti alcune tra le maggiori personalità italo-americane di origine meridionale, quali: Charles Gargano, Joseph La Palombara, Dominic Massaro, Edward Re, Mike Rienzi, Dominick Salvatore, Frank Stella, John Volpe. Il Premio Dorso verrà conferito al Sindaco De
Blasio nel corso di una edizione speciale dell’iniziativa che si terrà a Palazzo Giustiniani in occasione della sua prima visita a Roma. In
una dichiarazione il presidente dell’associazione Dorso, Nicola Squitieri, nell’esprimere la più viva soddisfazione per l’elezione di Bill
De Blasio a sindaco della Grande Mela, ha ricordato che gli italo-americani hanno offerto e offrono tuttora un contributo fondamentale alla vita sociale e culturale degli Stati Uniti. Questo obiettivo è stato raggiunto senza mai perdere di vista la ricchezza unica della
cultura italiana e l’importanza di preservare sempre l’amore per questa ricchezza nelle future generazioni. Dalle sue origini italiane
il Sindaco De Blasio, di cui ne va sempre orgoglioso, ha imparato soprattutto l’importanza della famiglia e del prendersi cura di chi
più ha bisogno; in questo spirito sarà certamente il sindaco dell’eguaglianza e della parte più debole della città di New York.
Premio Internazionale
GUIDO DORSO
XXXV Edizione
Targa di Rappresentanza del Presidente della Repubblica
Patrocinio del Senato della Repubblica, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”
ALBO D’ONORE
SEZIONE ORDINARIA
RICERCHE E PROGETTI ESEGUITI
DA GIOVANI STUDIOSI
1970-2013
Vincenzo Napolillo, Maria Rosaria Ab­i­gne­n­te,
Rossella Carganico, Centro Stu­di “Il Dialogo”,
Massimo d’Aquino, Fran­ce­sco Muzio, Ada de
Santis, Grup­po di la­vo­ro delle Università di Napoli e Sa­ler­no, Grup­po di lavoro delle Cat­tedre
Con­ven­zio­na­te di Tecnologia dell’Architettura
I e II dell’Università di Na­poli (ex aequo), Paolo
Colucci e Ale­ar­do Fur­lani, Patrizia Cam­pa­gna
e Gian­ni Ma­ro­ne (ex aequo), Giu­sep­pe Melis,
Enza Ra­goz­zino, Piero Alon­zo, Fran­ce­sca Rusciano, Mi­chele Va­len­ti­no, Da­nie­la Amarelli
e Nicoletta Ric­ci (ex ae­quo), Pa­tri­zia Loffredo
e Igna­zio Rus­so­man­no (ex aequo), Pasquale
Del Giu­dice, Claudio Bat­timiello, Gennaro Po­
lidoro, Fi­li­berto Amati e Iolanda Di Vuo­lo (ex
aequo), Diego Bor­
ghe­
se, So­
nia Ger­
vasio e
Antonio Fer­ran­te (ex ae­quo), Ma­rian­na Ferraro, Se­re­na Ma­re­sca, Luca Giosi, Elia­na Paola Di
Ste­fa­no, Antonio Cep­pa­rulo, Giu­lia Carnevale
(alla me­mo­ria), Silvia La Mura, Angela Puo­
polo, Alessia Manzella, Gabriele Spina.
TARGA
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Università di Napoli Federico II, Svimez, Eme­
roteca-Biblioteca Tucci, Centro Svi­lup­po Ru­
rale (Portici), Fondazione Centro Stu­di di Ri­
cer­che Economiche Angelo Curella (Pa­ler­mo),
As­so­ciazione Studi e Ricerche per il Mez­zo­
gior­no (Napoli), Osservatorio Banche-Imprese
(Bari), Fondazione con il Sud (Roma), Accademia di Belle Arti (Napoli).
SEZIONI SPECIALI
1970-2013
Istituzioni e Politica:
Dario Antoniozzi, Guido Ber­to­la­so, ­Ge­rar­do
Bian­co, Valerio Capolupo, Antonio Catricalà,
Fran­ce­sco Com­pa­gna, Ci­ria­co De Mi­ta, Luigi
De Sena, Raf­fa­ele Fitto, An­to­nio Giolitti, Pietro Gras­so, Enrico La Loggia, Gian­ni Let­ta, Siro
Lom­bar­di­ni, Ema­nue­le Ma­ca­lu­so, An­to­nio
Mac­ca­ni­co, Nicola Man­ci­no, An­to­nio Mar­za­no,
Al­do Ma­sul­lo, ­Luigi Mazzella, Ric­car­do Mi­sa­si,
Tom­ma­so Mor­li­no, Gior­gio Na­po­li­ta­no, Lo­
ren­zo Natali, Giu­sep­pe Pi­sa­nu, Gianni Pit­tel­la,
Elda Puc­ci, Um­ber­to Ra­nieri, ­Giorgio Santacroce, An­ge­lo San­za, Mau­ri­zio Scel­li, Vin­cen­zo
Scot­ti, Ga­e­ta­no Stam­ma­ti, Giu­sep­pe Te­sau­ro,
Or­ten­sio Zec­chi­no.
Economia:
Giuseppe Alvaro, Salvatore Ca­fie­ro, An­to­nio
D’Amato, Mariano d’Antonio, Gia­n­do­me­ni­co
Di Sante, Emmanuele Emanuele, An­to­nio Fa­
zio, Serafino Gatti, Adria­no Gian­no­la, Vin­cen­
zo Giu­sti­no, Gio­van­ni Go­ria, Au­gu­sto Gra­zia­ni,
Gio­vanni Ma­gni­fi­co, Fran­co Mo­di­gliani (Pre­
mio Nobel per l’economia), An­drea Mo­nor­
chio, Car­lo Pa­ce, Antonio Pe­do­ne, San­dro Pe­
tric­cio­ne, Ro­ma­no Prodi, Pa­squa­le Sa­ra­ce­no,
Vito Tan­zi.
Imprenditoria e Cooperazione:
Luigi Abete (Abete Tipografica S.p.A.), Giu­
sep­pe Amato (Pastificio Amato), Et­to­re Ar­tio­li,
Carlo Bor­go­meo (Soc. Im­pren­di­to­ria Gio­va­ni­
le), Gianni Carità (Cen­tro orafo “Il Tarì”), Fausto
Cereti (Ae­ritalia), Salvatore d’Amato (Seda Car­to­plast), Vincenzo Er­co­lino (Feudi di S. Gre­
gorio), Gerardo Giu­ra­tra­bocchetti (“Le cantine
del notaio”), Giacomo Juliani (Con­ce­ria Ju­lia­
ni - Solofra), Gio­vanni Let­tie­ri (In­ve­sti­menti e
Sviluppo Me­di­ter­ra­ne­o), ­Paolo Lon­gobardi
(Unimpresa), Robert MacDo­
nald (Grup­
po
3M Italia), Gior­gio Ma­ron­cel­li, Car­lo Mar­ti­no
(Grup­po Tec­nomec En­ge­ne­e­ring), P
­ a­o­lo Mar­
tu­scel­li (Provv. OO.PP. Cam­pa­nia), En­rico Men­
si­tieri (Ici­men S.p.A.), Pa­ola Pe­lino (Pe­lino con­
fet­ti), Ga­brie­le Pe­sca­to­re (Ca­smez), Umberto
Pe­tit­to, Raf­f a­ele Pi­cel­la (Sme).
Ricerca e Università:
Antonio Barone, Achille Basile, Claudio Ber­to­
li, Fran­ce­sco Blasi, Scipione Bobbio, Ovidio M.
Buc­ci, Ni­co­la Cabibbo, Roberto Cin­go­la­ni, Cor­
ra­do Cli­ni, Ro­ber­ta Coc­chia­ra, Edo­ar­do Co­sen­
za, Mario Cu­to­lo, Giuseppe De Rita, Al­ber­to Di
Do­nato, Mario di Gioia, Roberto Di Lau­ro, A
­ l­do
Di Lo­ren­zo, Gianfranco Dio­guar­di, Re­nato Dul­
bec­co (premio Nobel per la me­di­ci­na), Ar­tu­ro
Fa­laschi, Giorgio Fran­ce­schet­ti, Alfredo Fusco,
Nino Gal­lo­ni, Domenica Ge­ra­ci, G. Gia­co­mo
Gior­dano, Lidietta Giorno, Ga­e­ta­no Giraldo,
Gio­van­ni Giu­di­ce, John Guar­diola, Um­ber­to
Gui­do­ni, Luigi La­bru­na, Gio­vanni Leone, Daniele Malfitana, Lo­renzo Man­go­ni, Mas­simo
Mar­relli, Giu­sep­pe Mar­ruc­ci, Le­o­poldo Mas­si­
milla, Lui­gi Na­po­li­tano, Vincenzo Na­so, Gior­
gio Nebbia, Luigi Nicolais, Matteo Palumbo,
Sergio Papa, Vin­cen­zo Pa­vo­ne, A
­ u­gu­sto Pe­
der­zini, Carlo Pe­done, Gio­van­ni Per­si­co, Clau­
dio Quin­ta­no, An­ge­lo Riz­zo, An­to­nio Ruberti,
Franco Sal­va­tore, Gian Tom­ma­so Scarascia
Mu­gnoz­za, Giu­lio Tar­ro, Guido Trom­betti, Alberto Var­varo, An­tonio Ven­dit­ti, Lida Viganoni, Gen­naro Vol­pi­cel­li, Lucia Votà­no, Car­mi­ne
Zoc­ca­li, Giu­sep­pe Zol­lo, Ser­gio Zop­pi.
Cultura:
Francesco Barbagallo, Mirella Bar­racco, Carlo
Bo, Giuseppe Cac­cia­tore, Giuseppe Cantillo,
Francesco P. Casavola, Com. Ca­ra­binieri tu­te­
la Patrimonio Artistico, Raf­fa­el­lo Causa, Fer­di­
nando Clemente, Fran­co Com­passo, Fran­ce­
sco De Mar­ti­no, Gabriele De Rosa, Cesare de
Seta, Ro­ber­to De Si­mo­ne, Ga­brie­le Ga­e­tani
d’Aragona, Giu­sep­pe Ga­lasso, Giu­sep­pe Giar­
rizzo, Fran­zo Gran­de Ste­vens, Centro Studi
“Guido Dorso”, Marta He­r­li­n­g, A
­ n­to­nio Io­di­ce,
G
­ io­ac­chi­no Lan­za To­ma­si, Pietro Lez­zi, Al­ber­to
M. Mo­ri­coni, Giu­sep­pe Pi­roz­zi, Ma­rio Po­mi­lio,
Mi­che­le Pri­sco, Rosanna Purchia, Fran­cesco
Rosi, Ma­rio San­so­ne, Ro­ber­to Sa­via­no, Carlo
Sbor­do­ne, M
­ i­che­le Scu­die­ro, Ful­vio Tes­si­to­re,
Attilio Veraldi, Gio­van­ni Ver­de.
Editoria:
Tommaso Avagliano, Bibliopolis, Ga­e­ta­no
Colonnese. Antonio de Dominicis (S.E.N.), Edizioni Deho­niane, Giovanna Delfino, Edi­zio­ni
Scientifiche Italiane, Edizioni di Storia e Letteratura, Ferraro Edi­tri­ce, Adria­no Gal­li­na (Ed.
del Del­fi­no), Francesco Giannini, Grimaldi & C.
Edi­tori, Al­fre­do Guida Edi­to­re, Casa Edi­tri­ce lo­
ve­ne, Piero Lacaita, Vito Laterza, Gui­do Li­guo­
ri, Enzo Lof­f re­do, Ga­e­ta­no Mac­chia­roli, Ro­sario
Rub­bet­tino, Sal­vatore Veca.
Giornalismo, Saggistica, Narrativa:
Lirio Abbate, Gaetano Afeltra, Biagio Agnes,
Nello Ajello, Clau­
dio Angelini, Angela Buttiglione, Er­man­no Cor­si, Sal­va­to­re d’Agata,
Lo­ren­zo Del Boca, Marco Demarco, Paola de
Paoli, Gigi Di Fiore, Gian­ni­no Di Stasio, Nuccio
Fava, Vit­to­re Fiore, Ar­tu­ro Frat­ta, Antonio Galdo, Paolo Gam­be­scia, Giu­sep­pe Giacovazzo,
An­to­nio Ghi­relli, Al­ber­to La Vol­pe, Mim­mo
Li­guo­ro, Luciano Lom­bar­di, An­tonio Lu­brano,
Myrta Merlino, Ro­berto Na­po­le­ta­no, Mario
Orfeo, Mario Pen­di­nel­li, Gio­vanni Russo, Gen­
naro San­giu­lia­no, ­Pa­squa­le Sa­ta­li­no, Egi­dio
Sterpa, Fe­de­ri­co Tor­to­relli, ­Ma­rio Tru­fel­li, Bru­
no Ve­spa, Sergio Za­vo­li.
Sezione Internazionale:
Kevin Allen, Edward Benfield, Valentino Bel­fi­
glio, Rocco Caporale, Eugenio Clini, Fran­ce­sco
De Angelis, Louis Joseph Freeh, Charles Gar­
gano, Antonio Gior­da­no, Donald Harringhton,
Hans Rim­bert Hemmer, Joseph La Pa­lom­ba­ra,
Zhen­ya Liu, Joseph Lopreato, Ser­gio Mar­chi,
Jo­se­ph Ma­selli, Jay Oliva, Do­mi­nic R. Mas­sa­
ro, Do­nald S. Pitkin, Edward Re, Mike Rienzi,
Do­mi­nick Sal­va­to­re, Con­chi­ta Sanborn, Frank
D. Stella, St. John’s Uni­ver­sity di N.Y., Keiichi
Takeuchi, Lydio Tomasi, Giuseppe Tritto, John
Vol­pe, Ma­riuc­cia Zerilli Marimò.
Formazione e Scuola:
Scuola Superiore di Giornalismo “Luiss - Gui­do
Carli”.
Scarica

scarica il pdf - Associazione Internazionale Guido Dorso