CLAUDIA MASSI
L’ARRIVO DEL TRENO A PESCIA
LA COSTRUZIONE DI UN TRATTO DELLA FERROVIA
LUCCA-PISTOIA (1848)
QUELLI CON PESCIA NEL CUORE
2004
Il disegno di copertina è di Enrico Parrini.
È
ben noto come una stazione
ferroviaria rivesta un ruolo
fondamentale nel sistema economico di una collettività; per questo
motivo l’associazione Quelli con
Pescia nel Cuore, che mi onoro di
presiedere, ha ritenuto opportuno di
impegnarsi per una più ampia conoscenza e per una maggiore valorizzazione di quella al servizio della città.
Primo impegnativo passo è questa
pubblicazione, grazie alla quale Claudia Massi ci fa ripercorrere le vicende
che portarono, un secolo e mezzo fa,
alla realizzazione del tratto pesciatino
della linea ferroviaria Lucca-Pistoia e,
con l’aiuto di interessanti illustrazioni,
ci mostra, tra l’altro, l’originaria struttura della stazione. Il lettore, al riguardo, potrà facilmente notare quanto
questa fosse concettualmente diversa
dall’attuale.
La ricerca, che ha richiesto mesi di
paziente e minuzioso lavoro di archivio, avrà un duplice effetto: quello di
fare opera divulgatrice, con notizie ed
immagini in gran parte inedite e,
soprattutto, quello di rendere maggiormente consapevoli i pesciatini dell’importanza della loro stazione e dei servizi che offre (anche se, purtroppo,
non ottimali).
Con simili, doverose aspettative,
Quelli con Pescia nel Cuore salutano l’uscita di questa pubblicazione, la
prima nella loro breve storia, non
dimenticandosi, naturalmente, di complimentarsi con la sua valente autrice e
di ringraziarla per la sua non comune
disponibilità.
Lando Silvestrini
Pescia, 29 maggio 2004
3
Allorquando i primi esperimentatori di Strade
Ferrate si turarono gli orecchi al violentissimo e
inarmonico fischio della locomotiva, forse non
supponevano che sarebbe venuto il giorno, in
cui il medesimo fischio avrebbe colmato di beatitudine e di voluttà i pubblici colti e intelligenti,
che con tanto di bocca spalancata assistevano
all’esecuzione della gran Fantasia sul Vapore!
Carlo Lorenzini
N
elle pagine di Un romanzo in
vapore. Da Firenze a Livorno.
Guida storico-umoristica, una
‘storia’ di Carlo Lorenzini sulle strade
ferrate italiane nel 1856, realizzate o in
fase di costruzione, l’autore richiama
lo stupore e la meraviglia di fronte alla
locomotiva a vapore come espressione
del progresso, nel momento in cui si
appresta a descrivere un viaggio con la
Leopolda, la prima linea progettata in
Toscana. Il romanzo fu redatto dal
Lorenzini per un tipografo fiorentino,
Giuseppe Mariani (già stampatore
degli orari ferroviari), il quale voleva
realizzare “un libretto da vendersi nelle stazioni, per leggere in treno, che potesse divertire servendo nel tempo stesso da Guida in viaggio, e illustrando le città dove la locomotiva
faceva sosta o le campagne e i villaggi che si
potevano vedere dal finestrino del vagone”1. E
per Lorenzini il treno diventa lo spunto per un altro libro scritto qualche
anno dopo, Il viaggio per l’Italia di Gian-
nettino, nel quale si percorre anche la
strada ferrata Pisa-Lucca-Pistoia2.
La Leopolda3, pensata per congiungere Firenze con il porto di Livorno, fece parte di un ampio disegno del
governo lorenese, che vide, proprio
nelle realizzazioni ferroviarie, un
mezzo atto a incrementare le comunicazioni e il mercato interno, per cui si
dette un notevole impulso, tra il 1844 e
il 1849, alla rete di trasporto regionale,
che comprendeva la Maria Antonia
(Firenze-Pistoia)4, concepita fin da
principio, non solo come collegamento alla capitale, ma anche come primo
tratto di comunicazione con Pisa,
attraverso la Valdinievole e Lucca5.
In questo vasto scenario si collocò
il tronco Lucca-Pistoia. La linea richiese, per essere terminata, un tempo
assai lungo. Dal 1846, anno in cui
furono rese pubbliche, con l’approvazione del granduca di Toscana e del
Duca di Lucca, le direttive per realizza5
controllo sulle compagnie attraverso
un proprio dipartimento, denominato
Direzione generale delle acque e strade, che vigilava su tutte le fasi costruttive, da quella progettuale a quella esecutiva8. Come direttore generale di
questo dipartimento fu nominato un
illustre architetto, Alessandro Manetti9, mentre come commissario regio
per la costruzione della linea LuccaPistoia fu incaricato, in rappresentanza
del governo toscano, l’architetto Carlo
Reishammer, genero del Manetti, e,
per il governo lucchese, l’architetto
Lorenzo Nottolini, rimasto in carica
fino al 1847, anno in cui il ducato di
Lucca cessò di esistere con l’annessione del suo territorio al Granducato.
Il tratto Lucca-Pistoia nacque sulla
scia della linea Lucca-Pisa10, anche se
la realizzazione di quest’ultima, di lunghezza più limitata, ebbe tempi più
brevi11. Gli stessi maggiorenti lucchesi
che avevano realizzato la prima linea,
ossia Pasquale Berghini, Carlo Minutoli Tegrimi, Tommaso Giannini, Felice
Francesconi, Alessandro Carina, Giuseppe Vitali, insieme ad un pistoiese,
Niccolò Puccini, e a un pesciatino,
Lorenzo Magnani12, priore nobile e
gonfaloniere della città nel 1845, promossero la Lucca-Pistoia, per la quale
scelsero ancora il progettista austriaco
Enrico Pohlmeyer.
Il permesso per costituire una
Società anonima, con gli stessi ordinamenti, privilegi e discipline di quella
per la strada ferrata Lucca-Pisa, viene
conferito, con Motuproprio del 18
dicembre 1844, da Carlo Ludovico di
Borbone, Infante di Spagna e Duca di
re il tracciato, ci volle poi più di un
decennio per arrivare fino a Pistoia, in
conseguenza a una serie di problemi
sopraggiunti ogniqualvolta, inaugurata
una stazione, si doveva costruire il tratto successivo. Al di là, quindi, delle
ottimistiche previsioni che, in un
primo momento, avevano stabilito un
tempo massimo di tre anni6, solo nel
1859 fu completata l’opera. In queste
condizioni difficili, la stazione di
Pescia, essendo la seconda dopo Altopascio in ordine di costruzione, fu
relativamente favorita, tanto che la sua
apertura avvenne, conformemente alle
aspettative, il 26 dicembre 1848.
Non si ha notizia di particolari
festeggiamenti per l’inaugurazione.
Stando alle fonti locali, non intervenne
nemmeno la banda che all’epoca suonava per ogni ricorrenza. Fu assente
anche Giuseppe Giusti, il quale in una
lettera inviata al prefetto di Firenze,
diceva di essere a letto “con una bronchite che mi fracassa”7. Se non si sono ritrovati documenti riguardo alla giornata
inaugurale, molte fonti archivistiche
possono essere utili per ricostruire la
nascita del tratto Lucca-Pescia.
***
Per realizzare il sistema ferroviario
toscano occorsero ingenti capitali,
reperiti con l’esclusivo intervento di
imprenditori privati, che agirono all’interno di Società anonime per azioni. Se
la situazione finanziaria dello Stato
non permise l’assunzione dell’onere
delle costruzioni ferroviarie, l’amministrazione centrale ebbe ugualmente il
6
ta e mantenuta a spese, rischio e pericolo di una privata Società anonima,
mentre negli articoli successivi si stabilisce che dopo l’apertura del tronco
Lucca-Pistoia, la Società avrà il diritto
di percepire per cento anni i proventi
“dei trasporti e dei transiti” in base alle
tariffe concordate con i rispettivi
governi; decorso il tempo prestabilito,
lo Stato entrerà in possesso della strada con tutte le opere accessorie; si stabilisce, inoltre, che entro il 1845
dovranno essere terminati tutti gli
studi tecnici ed economici della linea.
Vengono anche nominati un delegato
rappresentante del consiglio, l’avvocato Pasquale Berghini, e un cassiere,
Felice Francesconi; il capitale sociale è
costituito da otto milioni di lire da suddividere in ottomila azioni; ogni consigliere dovrà farsi carico di almeno
trenta azioni (si pensi che un lavoratore percepiva all’epoca una lira circa al
giorno di salario).
Riguardo al tracciato della linea
ferroviaria, diversi abitanti di Pescia,
possidenti, negozianti, professionisti,
temono che la ferrovia venga costruita
a esclusivo interesse dei costruttori
senza reali vantaggi per la popolazione.
Se infatti la linea fosse stata realizzata
“ai confini della giurisdizione” si sarebbe
allontanata troppo dalla città “luogo centrale che alla maggior parte della popolazione
riunisce tutti i rapporti commerciali, per un
non lieve danno la medesima risentirebbe”.
Quindi i pesciatini avrebbero dovuto
continuare a utilizzare i vecchi mezzi,
“privandosi così di quei comodi e benefizi che
dall’apertura della nuova strada ferrata
risentire dovrebbero”. Per questi motivi si
Manifesto deliberato a Lucca il 3 giugno 1845
per divulgare l’ordinamento e lo statuto della
Società per la strada ferrata Lucca-Pistoia.
Lucca, all’avvocato Pasquale Berghini.
Il 26 marzo del 1945, dopo essere
venuti a conoscenza che lo stato lucchese ha concesso il benestare per far
giungere la strada ferrata fino al confine con la Toscana, a Pescia si richiede
al Granduca la prosecuzione della linea
fino a Firenze “traversando il nostro industrioso Paese in modo da risentirne tutti quei
vantaggi che possono ragionevolmente aspettarsi”13.
Per comprendere meglio quali
dovessero essere gli obblighi della
Società così costituita è importante
citare proprio i primi articoli del Manifesto, datato 3 giugno 1845, firmato
dai membri del Consiglio. Nell’articolo
I si legge, ad esempio, che la strada ferrata Lucca-Pistoia sarà costruita, aper7
fa istanza affinché non venga autorizzata la costruzione più a sud della località Alberghi di Pescia14.
Alla prima adunanza ufficiale della
Società, svoltasi il 22 ottobre 1845,
parteciparono, oltre ai consiglieri, trentasette soci, che rappresentavano 5183
azioni15. In questa riunione, con il fine
di convincere gli azionisti ad assumere
altre quote di capitale, in modo da anticipare i tempi di costruzione e quindi
trarre il massimo profitto dall’investimento, fu richiamata l’importanza
della linea, in base a diversi presupposti economici: dalla necessità di un collegamento con la Lucca-Pisa, a quello
con la Pistoia-Porretta e con la PistoiaFirenze, dalla numerosa popolazione
esistente nell’area, alla ricchezza agricola e manifatturiera del territorio16.
In quegli anni infatti Pescia poteva
vantare molti opifici e manifatture di
grande importanza, dalle cartiere
Magnani, Calamari, Ansaldi e Livini,
alle filande Scoti, Méjean, Bartoli e
Marchetti, dalle concerie alle vetrerie,
dalle ferriere alle cererie, dai pastifici
alle calzolerie, per citarne solo alcuni17.
Il 23 marzo 1846, Enrico Pohlmeyer consegnava al direttore generale di
acque e strade la relazione progettuale
sull’intero tragitto, che era stato ripartito in undici Divisioni18. In questo
rapporto, inoltre, si faceva presente
che, per quanto riguarda l’arrivo a
Pescia, c’erano due problemi da sciogliere, quello di avvicinarsi maggiormente “alla industriosa città” e quello di
realizzare, per quanto possibile, “la
strada ferrata fuori dai luoghi soggetti alle
inondazioni della Pescia Toscana e della
Pescia di Collodi”. Nella relazione esisteva anche un’accurata suddivisione delle
stazioni ferroviarie previste, classificandole di prima, seconda e terza classe. Quella di Pescia, collocata nella
seconda classe, doveva comprendere:
una “fabbrica per il servizio”, le abitazioni per gli impiegati, per un macchinista
e per i “custodi della strada”, un portico,
una rimessa per le locomotive, un locale per le piccole riparazioni, i depositi
per il carbone e per l’acqua, un magazzino per le merci19.
Nel progetto delle stazioni ferroviarie, consegnato un anno dopo la
relazione generale, l’ingegnere austriaco mostra maggiore attenzione alla
funzionalità dell’architettura, mettendo
in secondo piano le decorazioni e l’estetica di questi manufatti.
Per la stazione di Pescia, sia la pianta che i prospetti riflettono uno stile
semplice ed essenziale. Attraverso una
planimetria a “U” si definiscono le
funzioni, mentre le aperture delle facciate longitudinali, identiche tra loro, si
susseguono alla stessa distanza l’una
dall’altra. Nelle due ali della pianta si
trovano due sale per i passeggeri, il
locale per i facchini e per le guardie, le
abitazioni del capostazione e del custode. Suddividono lo spazio tra i binari e
il corpo di fabbrica due cortili scanditi
da colonne. L’ampia tettoia, coperta da
una capriata di legno di notevoli
dimensioni, si sviluppa sopra i tre
binari, per riparare dalle intemperie i
passeggeri ogniqualvolta salivano e
scendevano dal treno.
8
"La tavola C comprende lo sviluppo della Stazione che s'intende di costruire per Pescia, nella
quale la tettoja destinata ai carri, è lunga circa b. 105 e larga b. 21 e ½, ogni rimanente si vede
esposto con abbastanza chiarezza". Commento di Carlo Reishammer al progetto Pohlmeyer
(1847).
9
A sud-ovest del corpo centrale,
verso il rio della Dilezza, viene progettata la rimessa per le locomotive, composta da un laboratorio, da una stanza
per contenere il serbatoio dell’acqua e
da due camere per il macchinista e per
il facchino20. Essendo stabilito nella
relazione progettuale che ogni 1000
metri una guardia doveva controllare
l’andamento della linea, c’è la necessità
di “casette di muramento e parimente simili
fabbrichette, dirette allo stesso uso, costruite
presso ogniuno degli incontri della ferrata con
le strade ordinarie”21.
Con Motuproprio del 16 maggio
1846, Leopoldo II, dopo aver preso
visione del progetto, autorizzò i lavori
preliminari per il tratto di linea che dal
confine toscano arrivava fino a
Pistoia22. Il successivo 20 maggio
avvenne la notificazione pubblica,
dove si chiarì che il punto di partenza
del tragitto nel territorio toscano
sarebbe stato ad Altopascio, per poi
proseguire verso il Marginone alla
volta della città di Pescia. Attraversate
quindi la Pescia di Collodi, in vicinanza della Dogana di Squarciabocconi, e
la Pescia di Pescia, in prossimità della
cartiera Livini, si sarebbe passati tra il
Bella Vista e Borgo a Buggiano, toccando Bagni di Montecatini e Pieve a
Nievole; una volta realizzato un “traforo” sotto il monte di Serravalle, si
sarebbe fatto “capo alla Città di Pistoia”.
Nell’articolo IV vengono menzionati i compiti che si accollerà la Società, e cioè quello di seguire tutta la
costruzione, provvedere non solo alla
formazione del piano stradale e a tutte
le opere accessorie, ma anche all’acqui-
Tavola D. Rimessa delle locomotive, disegno
di Enrico Pohlmeyer (1847).
sto di tutte le macchine e attrezzi vari
necessari alla realizzazione della strada,
al trasporto delle merci e dei viaggiatori. Saranno pure a carico della Società
tutte le spese occorrenti per l’acquisto
dei terreni da occupare con la strada
ferrata e con tutte le opere murarie.
Nell’articolo XV si precisa che i cavalcavia, gli acquedotti, le chiaviche e le
altre opere d’arte occorrenti lungo il
percorso, dovranno essere di “muratura
e calcina”, mentre i ponti sulla Pescia di
Collodi, sul torrente Dilezza, e sulla
Borra, dovranno sostenersi con “armature di legname o di ferro, però sopra fiancate
da pile di opera muraria”.
10
Il tracciato della linea nella zona del Castellare di Pescia nel progetto di Enrico Pohlmeyer.
Pianta disegnata da Benedetto Simi nel 1847.
11
"La tavola B rappresenta la Disposizione Generale dei locali destinati per servire alla Stazione
di Pescia, si osserva come l'andamento attuale della strada denominata del Chiasso (del Castellare ndr) resta tagliato dalla fabbrica principale della stazione e dalle 3 ruotaje presso l'ingresso
di questa, per cui è stata proposta una rettifica alla strada ferrata sino alla Dilezza, lungo il qual
Rio pure convenientemente rettificato, si conduce separata dal Rio mediante un muro nell'andamento attuale al confine della Stazione, ove attraversa le ruotaje allo stesso livello. Mediante
la ridetta ultima rettificazione la Dilezza può essere attraversata dalla strada ferrata con un
Ponte a squadra". Osservazioni di Carlo Reishammer sul progetto di Enrico Pohlmeyer (1847).
12
precedente, sulla strada comunale che
da Pescia conduce alla chiesa stessa.
Per quest’ultimo problema, l’ingegnere
propone una galleria coperta a volta
“lunga b. 46, per la quale la strada ferrata
potrà sottopassare alla viottola della villa e
alla vicina strada del Castellare”, ma il
commissario regio è più favorevole alla
costruzione di due viadotti, in quanto
“la strada ferrata resta meglio garantita dalle
disgrazie e con la impudenza, la malignità,
non che l’ignoranza potrebbero facilmente dar
luogo”26, rispetto alla galleria.
Nell’articolo XVII si indica che la
stazione di Pescia dovrà collocarsi tra il
ponte a Catano e le Casacce23. La stazione, pensata con tutte le prescrizioni
necessarie a quelle di seconda classe,
attesta l’importanza che assumeva
Pescia, in quanto era un grande centro
industriale. Infatti, solo a Pistoia veniva assegnata una stazione di prima
classe, mentre a Buggiano, a Montecatini, il cosiddetto ‘Paese dei Bagni’, e
ad Altopascio, identificati tutti come
centri minori, si destinava la terza classe. Alla distinzione delle diverse stazioni fa riferimento anche Giuseppe
Ansaldi nella sua Valdinievole illustrata, il
quale, citando la strada ferrata LuccaFirenze in funzione già da molti anni,
che passa a circa due chilometri a sud
di Pescia, rimarcherà che “quivi c’è una
delle principali stazioni”24.
Nel 1847 Enrico Pohlmeyer presentava il disegno di tutte le opere in
muratura previste lungo il tragitto, tra
le quali il viadotto con 37 archi da realizzare vicino alla stazione di Pescia, in
direzione di Borgo a Buggiano. Per
dimostrare la fattibilità del progetto,
esibiva, a confronto, anche un altro
suo viadotto di 72 archi, già costruito e
funzionante a Brünn, sulla strada ferrata austriaca25. Presso il Castellare di
Pescia, inoltre, visto che “il piano viabile
(riferito alla strada ferrata ndr) è profondamente incassato nel terreno della collinetta
sulla quale è situata la villa”, si fa presente la necessità di mettere in comunicazione, attraverso un viadotto, questa
con la strada davanti alla chiesa; d’altronde era indispensabile un altro viadotto a pochissima distanza da quello
***
Aperto il cantiere per la costruzione del tronco, sorsero subito problemi
di natura economica. In una lettera
datata 29 settembre 1847, Carlo Reishammer, mentre auspicava un avanzamento dell’opera di fronte all’incertezza del reperimento di ulteriori capitali
necessari, precisava che a quel momento ci si doveva limitare alle costruzioni
indispensabili per mettere in esercizio
la strada ferrata e favorire così un più
sollecito recupero degli investimenti,
con vantaggi per gli enti pubblici e privati che avrebbero potuto meglio completare i lavori27.
Ma i problemi non furono tutti
risolti. Dopo qualche mese, infatti, il
direttore delle Reali fonderie granducali di Follonica si lamentava del debito di ben 43.000 lire contratto dalla
Società concessionaria della strada ferrata Lucca-Pistoia con il governo centrale. A queste rimostranze, tuttavia, il
segretario delle Finanze faceva presente l’opportunità di continuare la forni13
Una porzione della Tavola E disegnata da Enrico Pohlmeyer (1847). "La Tavola E sta a rappresentare tutto l'insieme delle opere murarie progettate per una lunghezza di b. 1.074 circa, all'oggetto per eliminare ogni cattivo effetto che in caso di inondazione delle acque della Pescia in
terrapieno continuo starebbe a produrre sui terreni compresi tra il ridetto terrapieno e la Città
di Pescia, poiché rinchiuse tali acque potrebbero estendersi molto più in su di quello che attualmente non fanno ed anco sino a compromettere la sicurezza della predetta Città. Consistono
tali opere in un lungo viadotto di 37 archi di una larghezza di b. 15, della freccia di b. 6,40, di
forma ellittica e sostenuta da piloni grossi b. 2,60, da impostare uno sull'altro, e b. 8,40 da testata a testata". Commento di Carlo Reishammer.
14
tura “di cuscinetti necessari per guarnire di
rotaje ferrate il tronco in costruzione fino a
Pescia”28. E così fu fatto. Fornite 465
tonnellate di cuscinetti per terminare il
tratto Lucca-Pescia, ci fu bisogno
ancora di altre 65 tonnellate, come sottolineava l’architetto commissario
regio, per cui la Società concessionaria
fu costretta a chiedere un prestito di
100.000 lire all’accollatario Angelo
Talacchini attraverso la Cassa del reale
arcispedale di S. Maria Nuova di Firenze29.
Quanto alle opere da realizzare, si
ritrova nei documenti una descrizione
accurata dei materiali necessari. Ad
esempio per “il Ponte di Collodi presso la
Dogana di Squarciabocconi”, si precisa che
il piano viabile deve essere sostenuto
da un’armatura in legname di abete
posta sopra il “muramento” e che deve
Sezione trasversale di una locomotiva a vapore degli anni Trenta dell’Ottocento.
La stazione di Pescia in un’immagine degli anni Trenta del Novecento (coll. Giorgio Lavoratti).
15
non per trarlo dietro a sé, non esistendo all’indicata stazione di S. Salvatore
piattaforma destinata a invertire il
senso di marcia della locomotiva per il
ritorno a Lucca 31.
Il 20 dicembre 1848, qualche giorno prima dell’apertura al pubblico
della stazione di Pescia, Carlo Reishammer informa sullo stato di avanzamento dell’opera, della quale “è stata
interamente costruita la tettoia, per ricoverare
i treni, oppure per montare i passeggeri, e dell’Uffizio è stata soltanto eseguita quella parte
che era necessaria alla vendita dei biglietti ed
al ricovero dei passeggeri sino al momento di
entrare nelle carrozze del treno”. Reishammer precisa inoltre che “la fabbrica della
stazione medesima è stata portata coi suoi
muramenti all’altezza di circa braccia 4 dal
piano terreno circostante” e che la piattaforma girevole, per voltare la macchina, insieme agli scambi occorrenti per
la manovra dei treni verso il vicino viadotto degli Alberghi, saranno presto in
funzione, e aggiunge: “Trovansi già collocati al loro posto e furono adoperati sotto i
miei occhi li scambi che occorreva aver situati
verso il Castellare cosicché la macchina sulla
quale facevo la mia ispezione, fu cambiata
dalla testa alla coda di un treno di carri da
trasporto e di alcune carrozze sui quali veico-
essere fatta una copertura di zinco
sulla “parte superiore dei monachi ammorzati ai travi orizzontali ed ai puntoni per collegare i primi ai secondi”.
Nel resoconto dei lavori, inviato da
Reishammer nel marzo 1848 al direttore generale delle acque e strade, a
seguito di un sopralluogo, si dà notizia
che “tutte le piccole case di abitazione per le
guardie da Lucca a Altopascio”, vale a dire
i caselli ferroviari, sono ormai costruite, così come la stazione di Altopascio.
Si precisa anche che non è stata realizzata “l’impalcatura di legname del Ponte
sulla Pescia di Collodi, al quale sono da
parecchi mesi ultimati i muramenti destinati
a posare dei legnami medesimi e che mancano
210 tonnellate di ferri per le ruotaje”.
Il 10 giugno 1848 viene inaugurato
il tratto fino ad Altopascio30. Un mese
dopo si fa presente, in una lettera, che
presto “verrà aperta anche la stazione a S.
Salvatore”. Fino a quando non si raggiungerà Pescia, la locomotiva verrà
adoperata per spingere avanti il treno e
Immagine della stazione di Altopascio negli
anni Quaranta del Novecento.
16
Due immagini della stazione risalenti ai primi anni del Novento (coll. G. Magnani).
li avevano trasportati molti ferri, legnami e
delle persone che dovevano servire alla esecuzione dei lavori, accessori che rimarranno
ancora da fare”. La strada di accesso alla
stazione collegata è ultimata e, aggiunge il commissario regio, non presenta
“a parer mio tal pendenza da renderne soverchiamente incomodo l’uso delle vetture desti-
nate al trasporto dei passeggeri dalla strada
ferrata ai vicini luoghi abitati e viceversa”32.
Presso la stazione di Pescia, al
momento della sua apertura, furono
impiegate tredici persone, ossia un
capostazione, un magazziniere, uno
speditore, due ricevitori, quattro guardie e quattro facchini. Quanto alle
17
La stazione di Pescia in un’immagine del 1906 (coll. G. Magnani).
merci transitate, sembrano prevalere le
granaglie coltivate nella campagna circostante. Nel trasporto di bestiame sul
convoglio, il cavallo appariva l’animale
con la tariffa più alta, in quanto considerato un bene di lusso, posseduto
quindi da persona facoltosa. Per
potenziare il servizio su questo nuovo
tratto, fu appositamente acquistata una
locomotrice inglese che venne denominata ‘Pescia’33.
Non tutti accolsero bene ‘l’arrivo
del treno’. Chi aveva per esempio i
poderi in prossimità della linea ritenne
che il vapore della locomotiva provocava la “malattia delle uve”. Al pregiudizio popolare, Carlo Reishammer
rispondeva che chi affermava ciò era
contro la strada ferrata, contro i viaggi
e quindi contro il progresso34. Non
videro bene la realizzazione della ferrovia anche coloro che vennero espro-
priati dei terreni per far passare la
linea, oppure i vetturali che avevano il
timore di perdere una parte di lavoro e
che si sentivano ‘rovinati’.
Quanto al fabbricato principale
della stazione, il progetto originario di
Enrico Pohlmeyer fu sicuramente realizzato per la quasi totalità, secondo i
documenti già citati, così come avvenne anche nella vicina stazione di Altopascio. Osservando, tuttavia, le fotografie risalenti ai primissimi anni del
Novecento, appare chiaramente che
entrambe le stazioni subirono una
radicale trasformazione. In primo
luogo furono demolite le ‘tettoie’
soprastanti i binari, in secondo luogo
gli edifici furono rialzati di un piano; è
probabile infatti che le abitazioni previste ai lati del corpo centrale non
siano state realizzate in quanto si preferì collocarle al piano superiore.
18
Proprio nel 1849, anno di grandi
fervori politici, accade un fatto curioso, legato a questi ulteriori lavori sulla
linea ferroviaria. Anche a Pescia, come
in tutte le piazze delle città toscane,
grandi o piccole che siano, si vuole
innalzare l’Albero della libertà, inneggiante al governo provvisorio36. Se ne
sceglie uno di enormi dimensioni, che
per la difficoltà di metterlo in verticale,
rimane tre giorni adagiato a terra. Solo
nella domenica del 25 febbraio si
riesce a conclude quest’impresa, grazie
agli argani presi nel cantiere della strada ferrata e all’aiuto degli operai che
lavoravano sulla linea37.
Con la scomparsa di Enrico Pohlmeyer, nel 1850 il progetto passò
all’ingegnere pistoiese Tommaso Cini,
il quale avrebbe dovuto risolvere due
Disposizioni sul servizio dei trasporti (3
marzo 1859).
La Società chiede nel 1849 una
proroga al governo centrale per concludere l’opera fino a Pistoia, proroga
che il Ministero delle Finanze concede
fino al luglio del 1851, giustificata dalla
diffusa crisi finanziaria a cui è costretta tutta l’Europa35.
Uno dei primi orari riferiti a più società ferroviarie (1858).
19
stante i terreni adiacenti al torrente
medesimo38. Il commissario Reishammer scartò il progetto del ponte a due
luci per approvare quello a tre luci,
caratterizzato da “pile a pianta di forma
ellittica”, più adatte a resistere alla corrente delle acque39.
Contro l’avanzamento dei lavori
nel tratto che, partendo dalla riva sinistra del fiume Pescia di Pescia, giunge
a via di Campo, il vescovo di Pescia,
insieme ad Andrea Convalle, a Bartolomeo Nucci e a Demetrio Livini
firmò una petizione. In essa si denunciava il fatto che si voleva “eseguire detto
tratto per via di terrapieno, invece che in via
problemi: attraversare il Serravalle e
contenere il più possibile la superficie
di terreno da espropriare nell’orto del
monastero di S. Marta di Borgo a Buggiano, esproprio fortemente osteggiato
dalle monache. Inoltre, il Cini prospettò due soluzioni per realizzare il ponte
sul torrente Pescia, ponte che doveva
unire le due porzioni di viadotto sovra20
Illustrazioni satiriche ottocentesche. Nella pagina a fianco stampate sul volume di Carlo Lorenzini Un romanzo in vapore (1856),, sopra quelle de L’illustration. Journal Universel (1846-47).
21
supplizio inventato recentemente, a benefizio
delle persone poco facoltose, dagli azionisti
delle strade-ferrate. Se poi amate l’aria fresca,
la durezza delle panche e … i reumi di Cervello, entrate in un vagone di terza Classe e
sarete esaudito. Volendo salvare i rispetti
umani e mettersi al coperto dalla sorpresa di
una pioggia improvvisa o di un colpo di sole,
la seconda classe è fatta apposta. Se amate i
comodi della vita, o se viaggiate per conto di
qualche cliente: non c’è da esitare: la prima
classe è quella che più vi conviene[…].
- Ogni volta che il treno è sul punto di
partire, se voi parlate caldamente colla persona di faccia, procurate che fra il vostro naso e
quello dell’interlocutore, ci passi una rispettosa distanza - poiché, nell’urto che si danno tra
loro i wagoni, movendosi potrebbe accadervi,
come è accaduto a tanti, che il vostro interlocutore venisse a darvi un bacio (coi denti) sul
tenerume delle vostre narici. Questi baci di
sovente, arrivano all’anima assai più … del
primo bacio d’amore!
- Se il wagone in cui entrate vi lascia libero nel vostro posto, fate in modo di scansare
la vicinanza dei ragazzi e dei parlatori di
vantaggio. Tanto i primi che i secondi finiranno col cavarvi il cervello.
- La vita è breve … ma la noia è lunga!
Perciò, se desiderate ammazzare in qualche
modo le lunghissime ore del wagone, procacciatevi un libro … o fate mentalmente il riepilogo delle vostre passività”42.
Ma le disavventure del viaggiatore
nel libro di Lorenzini sono ben rappresentate anche con illustrazioni satiriche, di moda all’epoca, sulla falsariga
delle vignette riportate nella stampa
europea, come ad esempio in un
numero del L’illustratione. Jurnal Universel del 1846-47.
di archi”, ovvero attraverso quel viadotto previsto nella relazione del progettista austriaco approvata dal governo. La
soluzione del terrapieno infatti, anche
se meno costosa, poteva danneggiare i
citati proprietari dei poderi a nord
della strada ferrata, visto che “accadendo
qualche rotta nel fiume Pescia, come frequentemente accade, le fabbriche (i fabbricati
ndr) ivi esistenti resterebbero sommerse dalle
acque”40.
L’opera, ancora una volta, non
procede secondo le ottimistiche previsioni e l’8 dicembre 1852 Leopoldo II,
sollecitandone la conclusione, rende
pubblico che “dentro un mese dalla data
del presente Decreto, dovranno dalla Società
essere riassunti e continuati i lavori per tutta
la linea da Pescia a Pistoia, con impiegarvi
costantemente un numero non minore di 400
operanti”41. È il caso di ricordare che
questa manodopera era costituita da
braccianti senza lavoro provenienti
dalle campagne circostanti la strada
ferrata.
Nel 1853 la linea raggiunse Bagni
di Montecatini. Per arrivare a Firenze
si dovette attendere l’inaugurazione
della galleria del Serravalle, avvenuta il
3 febbraio 1859.
***
Il viaggio in treno, a quel tempo
era ancora un’avventura, descritta con
ironia da Carlo Lorenzini nel Vademecum del viaggiatore.
“Sulla scelta della Classe, in cui dovete
entrare, consigliatevi con il vostro porta-monete”, scrive l’autore. “Se amate stare in
piedi, entrate in quarta classe, nuovo genere di
22
I treni, all’epoca, non andavano a
una velocità superiore delle venticinque miglia all’ora (circa 40 km l’ora),
velocità che addirittura non doveva
superare le 6 miglia all’entrata in stazione. Quasi nessun treno viaggiava in
orario: molti erano i passeggeri lasciati
alle intemperie, visti i ritardi, e alle
scortesie del personale43. Anche Reishammer di fronte al fatto “che i treni
delle Strade Ferrate Lucchesi andavano soggetti quasi tutti a frequenti ritardi”, fa presente che ciò dipende non soltanto
dalla difficoltà di conciliare il trasporto
misto tra carri merci e veicoli da pas-
seggeri, ma anche dalla mancanza di
coordinamento del servizio di questa
linea con la Leopolda, oltre all’utilizzo
di materiale rotabile acquistato spesso
di seconda mano per risparmiare. Le
stazioni erano chiuse da cancellate e
l’accesso era severamente regolamentato e consentito soltanto a chi era
munito di biglietto. La sorveglianza era
importante, soprattutto la notte.
All’ordine del giorno erano gli incidenti, gli episodi vandalici e gli attentati44.
Ma del treno ormai, come del progresso, quasi nessuno poteva più farne
a meno.
23
NOTE
Abbreviazioni: ASPe - Archivio di Stato di Pescia - ASFI - Archivio di Stato di Firenze
1 Una frase di Pier Coccoluto Ferrigni, un giornalista
14 ASPe, Comune di Pescia preunitario, Deliberazioni, 19
e umorista livornese, riportata nella nota introduttiva
della ristampa anastatica di C. LORENZINI, Un romanzo
in vapore. Da Firenze a Livorno. Guida storico-umoristica,
Maria Pacini Fazzi, Lucca, 1987, p. 11.
2 C. LORENZINI, Il viaggio per l’Italia di Giannettino, Felice Paggi Libraio-Editore, Firenze, 1886 (terza edizione).
3 Inaugurata il 10 giugno del 1848.
4 Inaugurata il 12 luglio 1851.
5 Cfr. A. BELLINAZZI, A. GIUNTINI (a cura di), In treno
a Firenze. Stazioni e strade ferrate nella Toscana di Leopoldo
II, Edizioni Polistampa, Firenze, 1998, pp. 37-46.
6 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112.
7 Epistolario di Giuseppe Giusti ordinato da Giovanni Frassi, vol. II, Succ. Le Monnier, Firenze, 1896, p. 389.
8 Dal 1849, includendo anche i compiti dello Scrittoio
delle Regie Fabbriche, divenne Direzione generale dei
lavori d’acque e strade e delle Fabbriche civili dello
stato. Sull’assetto amministrativo del governo lorenese
cfr. C. CRESTI, L. ZANGHERI, Architetti e ingegneri nella
Toscana dell’Ottocento, Uniedit, Firenze, 1978, pp. VIIXI.
9 L’architetto, studiò prima matematica a Pisa, completò poi, la sua formazione a Firenze presso l’Accademia delle belle arti e a Parigi all’Ecole des ponts et
chaussées.
10 Cfr. I. LOMBARDI, La strada ferrata Lucca-Pisa, in
“Rivista di archeologia, storia, costume”, n. 1, 1981,
pp. 41-46.
11 La linea Lucca-Pisa, aperta nel 1846, si sviluppava
su 21 chilometri cfr.: A. BETTI CARBONCINI, Un treno
per Lucca. Ferrovie e tranvie in Lucchesia, Valdinievole e Garfagnana, Funicolare di Montecatini, Calosci, Cortona,
1990, pp. 38-39.
12 Il Magnani, un grande industriale, era tra i 15 maggiori contribuenti pesciatini, tassati per 35 lire annuali
ed era proprietario, tra l’altro, del palazzo sede attuale
della stazione dei carabinieri di Pescia.
13 ASPe, Comune di Pescia preunitario, Deliberazioni, 26
marzo 1845, p. 203.
settembre 1845, p. 311.
15 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112.
16Ibidem.
17 M. PALLINI, L. SILVESTRINI, La guardia civica di
Pescia, fatti e personaggi 1847-1849, Amministrazione
Comunale di Pescia, Associazione Intercomunale n. 7,
1986, p. 14.
18 La prima Divisione, da Pistoia a Montalbano, la
seconda, il Passaggio del Serravalle fino alla Gabella
Vecchia, la terza, dalla Gabella Vecchia fino alla sponda destra del Torrente Nievole, la quarta, dalla Nievole fino al confine della comunità di Montecatini, la
quinta, dal confine della Comunità di Montecatini fino
al villaggio dei Bagni di Montecatini, la sesta, dai Bagni
di Montecatini fino al Bellavista, la settima, dal Bellavista fino alla strada Romana, l’ottava da Pescia fino a
Squarciabocconi, precisamente alla riva destra della
Pescia di Collodi, la nona, dalla Pescia di Collodi fino
a S. Salvatore, la decima, da S. Salvatore, la decima, da
S. Salvatore fino alla strada maestra fra Pescia e Altopascio, vicino Marginone, l’undicesima dal Marginone
fino ad Altopascio.
19 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112.
20 A.S.FI., Piante della direzione generale delle acque e strade, 1745.
21 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112, 6
febbraio 1846.
22 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112.
23 Ibidem.
24 G. ANSALDI, La Valdinievole illustrata, Tipografia
Vannini, Pescia, 1879, vol. II, pp. 61-62.
25 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112.
26 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112, 6
giugno 1847.
27 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 113.
28 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 113, 3
gennaio 1848.
29 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 113,
Aprile 1848.
30 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 113.
24
31 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, Lettera
della Segreteria delle Finanze, 16 luglio 1848, f. 113.
32 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 113.
33 Ibidem.
34 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 114, 5
luglio 1852.
35 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, ordinanza del Ministero delle finanze, commercio e lavori
pubblici, f. 113, 29 marzo 1849.
36 M. PALLINI, L. SILVESTRINI, La guardia.., cit. p. 147.
37 Diario di F. FREDIANELLI, Ricordi della Città di Pescia
dall’anno 1828 all’anno 1849 inclusive, Ms 1-B-40, depositato presso la Biblioteca Comunale di Pescia.
38 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112, 23
aprile 1850.
39 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 112, 31
luglio 1850.
40 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 114, 2
settembre 1851.
41 A.S.FI., Direzione generale delle acque e strade, f. 114,
articolo IX.
42 C. LORENZINI, Un romanzo in vapore. Da Firenze a
Livorno. Guida storico-umoristica, (ristampa anastatica)
Maria Pacini Fazzi, Lucca, 1987, pp. 142-146.
43 A. BELLINAZZI, A. GIUNTINI (a cura di), In treno a
Firenze. Stazioni e strade ferrate nella Toscana di Leopoldo II,
Edizioni Polistampa, Firenze, 1998, pp. 74-75.
44 A questo proposito si legge in un documento che
è avvenuta una disgrazia il 7 ottobre 1851 al convoglio
delle ore 3,30 da Pescia per Lucca che ha provocato la
morte di un cantoniere Tommaso Bandacci, in A.S.FI.,
Direzione generale delle acque e strade, f. 114, 9 ottobre
1851.
25
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27
Finito di stampare da
Casa della Penna-Pescia
nel mese di maggio 2004
28
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