“Il Gruppo ‘Libertà’: Donne Lavoratrici Sessuali a Cochabamba
Matteo Bertolino
www.matteobertolino.com
Introduzione
Il documentario fotografico proposto ha come fine tanto la visibilizzazione del lavoro sessuale (LS) quanto
quella delle donne lavoratrici sessuali (DLS), al fine di suscitare un dibattito critico all’interno della società.
L’invisibilizzazione e l’ignoranza rispetto alle condizioni di vita e di lavoro delle DLS è direttamente legata al
riprodursi di pregiudizi, stigma, discriminazione , stereotipi, marginalizzazione, violenze, precarietà, assenza
di una tutela giuridica appropriata (diritti umani, delle donne, del lavoro, etc.). Il lavoro si è sviluppato tra i
mesi di Gennaio e Giugno 2011, presso la città di Cochabamba, Bolivia. Di questa realtà si è documentato,
in particolare, un gruppo specifico di DLS, quelle che nei primi anni ’90 formavano il gruppo detto “Libertà”;
nel 2009 tale storico gruppo confluisce nella “ONAEM” (Organizzazione Nazionale d’ Attiviste per
l’Emancipazione della Donna), che rappresenta oggi in Bolivia la rete organizzata di DLS (formata
interamente da DLS), nata per difendere e rivendicare diritti per tutto il settore nel paese.
La necessità di dare visibilità alle DLS appare oggi come una priorità al fine di sviluppare nel mondo
movimenti sociali organizzati, che possano essere efficaci tanto nel suscitare un confronto serio
sull’argomento quanto nell’incidenza politica diretta, affinché nelle agende pubbliche nazionali e
internazionali entri con maggiore forza la discussione attorno alle DLS. Pregiudizi e preconcetti permeano,
ancora, la visione patriarcale dominante del LS, non solamente in Bolivia: le DLS non sono percepite come
persone e come donne (portatrici di diritti umani), bensì come corpi, mercanzia, servizi, divertimento, svago,
gioco, ‘materiale monouso’, esseri inferiori e subalterni. Non sono né rispettate né considerate e
comunemente, quando si pensa a loro, le si immagina come persone differenti, sporche, peccaminose,
perverse, perse, come se si trattasse di un mondo differente, lontano, marginale e parallelo, che tutti
conoscono ma del quale nessuno, o pochi, parlano apertamente. La profonda ipocrisia delle nostre società
comporta che il settore sia “usato e sfruttato”, per poi essere discriminato e criminalizzato in molti modi, tanto
da parte delle istituzioni così come dalla società nel suo complesso. Le DLS, tuttavia, sono innanzitutto
persone e donne, donne come le altre; molte hanno famiglia, mariti, figli, nipoti, tutte hanno impegni,
responsabilità, valori, problemi, dubbi, desideri, sogni ed emozioni. Sono persone e sono donne. Sono
donne, degne e coraggiose.
Allo stesso tempo, in generale, s’ignorano (o piuttosto è più facile ignorare) le difficili condizioni nelle quali le
DLS lavorano; strade e quartieri pericolosi, motel 24h con condizioni igieniche al limite, clienti violenti,
ambienti in generale poco sicuri e esposti a molteplici rischi e pericoli, abusi frequenti da parte delle stesse
autorità. Partendo dalla considerazione dell’esistenza di varie forme e mondi diversi all’interno dei quali si
articola il LS (club privati, bar di lusso, strade, locali più “popolari”, DLS che lavorano a casa propria e solo
su appuntamento, “whiskerie”, etc.), questo lavoro si concentra – principalmente – in uno dei quartieri storici
del LS a Cochabamba, dove la via Junin incrocia la via Aroma. Questa è la zona, l’angolo, dove lavora il
gruppo de “La Libertà”.
Per la realizzazione di questo lavoro si sono utilizzate le tecniche dell’osservazione partecipativa e
dell’etnografia visuale, attraverso l’uso d’interviste aperte e in profondità con alcune DLS che appartengono
al gruppo “Libertà”. Lo strumento principale è la fotografia digitale. Il documentario tocca due dimensioni
diverse e allo stesso tempo complementari: le condizioni di lavoro delle DLS, da un lato, e, dall’altro, la
vita “normale”, rutinaria, quotidiana, il loro essere persone e donne. Mentre per coprire la prima si
utilizzano immagini diverse (varie donne durante vari momenti del giorno e della notte), per la seconda lo
strumento prescelto è la storia di vita di una DLS in particolare, Sabina, la cui vita rispecchia – pur
mantenendo le sue specificità – quella di migliaia di altre DLS, non solo in Bolivia ma in tutto il mondo.
Il gruppo “Libertà” e la ONAEM
“Non rubo, non faccio del male a nessuno, perché dovrei sentire vergogna per quello che faccio?”. Sabina
utilizzò queste parole, tra le altre, il giorno in cui decise informare i suoi figli del suo lavoro. Ovviamente è
stato molto difficile dirlo, un colpo durissimo. Ma tutto ciò appartiene al passato. Oggi Sabina ha 55 anni, ed
è una madre, una nonna, sola, con 5 figli. Sabina è una donna che lavora. Il prossimo anno compie 20 anni
“nell’ambiente”. Appena suo nipote finirà la scuola Sabina ha in mente di ritirarsi, e magari dedicarsi alla
pasticceria.
Il lavoro sessuale non è una carriera che si pianifica. La persona giovane (uomo o donna) ci arriva obbligata,
direttamente o indirettamente. Intima complice è la società capitalista, che ha contribuito a trasformare i
corpi in mercanzia, con un prezzo fissato dal mercato. Nella maggior parte dei casi rappresenta l’unica via
attraverso la quale la società – escludente e machista nel caso boliviano – permette a queste persone
sopravvivere in un determinato momento, dopo che tutte le opportunità per sostenere una famiglia, per
costruirsi un cammino nella vita sono state loro chiuse o sono sfumate. È questo il caso della maggior parte
delle donne appartenenti al gruppo “Libertà”. Oggi questo gruppo di 25 donne, non più giovani, affronta un
futuro di incertezze, poiché conscio del fatto che non potrà continuare a lavorare ancora a lungo; senza
nessuna forma di sostegno sociale e di diritto alla pensione le donne della “Libertà” - confrontate con la
concorrenza di ragazze più giovani – dovranno, ancora una volta, inventarsi la vita, affinché i lori figli
possano avere un futuro migliore. La maggior parte di esse sono oggi madri, spose, perfino nonne; donne
mature, con esperienza, alcune superano i 60 anni. Doppiamente discriminate, per il fatto di essere già
“vecchie”. Molte sono morte. Decadi passate per strada, lottando, per loro e per le loro famiglie, perché i figli
possano studiare e costruirsi un futuro.
La ONAEM rappresenta oggi per queste ed altre DLS un’importante realtà di riferimento che continua a
rafforzarsi in tutto il paese; l’organizzazione, nata da poco (2009) è formata totalmente da DLS, ed ha
articolazioni su tutto il territorio nazionale attraverso rappresentanti nei 9 dipartimenti del paese, ed
internazionale attraverso la “RedTraSex” (Rete di Donne Lavoratrici Sessuali dell’America Latina e dei
Caraibi), lottando a favore dei diritti di tutte le compagne attraverso un approccio incentrato sulla politica,
sulla salute e sul lavoro, portando avanti una coraggiosa battaglia culturale. L’organizzazione si dedica alla
formazione di altre DLS (per esempio su temi legati alla salute sessuale e riproduttiva) distribuisce
preservativi nei locali notturni sensibilizzando, cercando di coinvolgere e di affiliare nuove DL nel movimento,
risponde a denunce e si relaziona con le istituzioni competenti (Difensore del Popolo, Municipio, donatori,
forze di polizia, centri sanitari, etc.), con il fine di esercitare un’influenza politica e ottenere risposte ai molti
problemi del settore; grazie ad alcuni finanziamenti esterni la ONAEM realizza progetti diretti alle DLS,
cercando di promuoverne e difenderne i diritti (spesso sconosciuti). Le componenti del gruppo “Libertà”
fanno oggi parte della ONAEM, e alcune di loro svolgono un ruolo chiave al suo interno, ruolo caratterizzato
da professionalità, esperienza, compromesso sociale e solidarietà.
All’inizio degli anni 90 gli abitanti del quartiere – nella zona dove la Junin incrocia la Aroma – si
organizzarono per scacciare le DLS dalle strade (inserendosi in un movimento all’epoca presente in varie
città del paese), per eliminare questa “sporcizia”, questa vergogna, chiedendo la chiusura dei motel della
zona, con il pretesto che fossero le stesse DLS ad attrarre tanta delinquenza nel quartiere; come risposta
Sabina e le altre DLS della zona si organizzarono per resistere alle minacce, rifiutandosi di essere scacciate
verso quartieri ancora più periferici di Cochabamba. Fu così che si formò il gruppo de “Libertà”, sono
composto oggi da 25 donne. Si trattò certamente di un momento chiave: rappresentò l’inizio
dell’organizzazione interna delle DLS, e, allo stesso tempo, l’embrione della stessa ONAEM. Grazie
all’appoggio esterno di alcune istituzioni sensibili, il gruppo “Libertà” è riuscito a crescere, ad acquisire
coscienza politica e sociale e a rivendicare diritti e attenzioni. Donne libere, senza padrone, senza
“pappone”; a differenza delle donne/ragazze (a volte ragazzine..) che lavorano in locali di un certo tipo
(spesso sfruttate e ove ricorrere sono perpetrate gravi violazioni dei diritti umani), le DLS della “Libertà” non
devono rispondere a nessuno di niente, solo loro, solo libere. Libere nella strada, libere di scegliere il cliente,
libere di andare o non andare “in ufficio” secondo la necessità, libere di far pagare quanto vogliono, libere di
fare ciò che vogliono con i clienti, libere, oggi, di scegliere consapevolmente se utilizzare il preservativo.
Sempre che non capiti un “cattivo” cliente, che pretende qualcosa, che è violento, ubriaco, drogato, che non
vuole pagare, che rifiuta il preservativo, che insulta, che malmena, che è sporco e che puzza
tremendamente. Sempre che. Sempre che la polizia arrivi, e per tempo, una volta chiamata. Sempre che
non sia la stessa polizia a perpetrare abusi. Oggi come ieri. Oggi le DLS sono più unite, grazie alla ONAEM,
c’è più solidarietà, maggior sostegno reciproco, le compagne si difendono tra loro, si prendono cura l’una
del’altra facendo fronte ai molteplici rischi del lavoro. Prima che nascessero forme di organizzazione del
movimento la situazione era molto diversa, ciascuna doveva preoccuparsi da sola di se stessa, c’era poca
solidarietà; però allora sì si lavorava anche di notte dove la Junin incrocia la Aroma; oggi droga e
delinquenza sono aumentate, la città è cresciuta e con essa i problemi (oggi Cochabamba ha una
popolazione di circa 1m di persone, con circa 7.000 DLS registrate per un totale stimato di circa 12.000
donne incluse le clandestine).
Il LS oggi è molto diffuso nel paese, e in particolare nelle grandi città (Cochabamba, La Paz, Oruro, Santa
Cruz); si stima che vi siano circa 35-40.000 lavoratori e lavoratrici sessuali nel paese. Ciò nonostante,
questo lavoro – così amato e che non conosce crisi – non è riuscito ad ottenere accettazione sociale. Una
sentenza della Corte Suprema Boliviana del 2001 depenalizza il lavoro sessuale nel paese; il quadro
giuridico rimane tuttavia vago e confuso, e non si registrano sforzi significativi da parte delle istituzioni per
discutere delle problematiche del settore con serietà; ancor meno si pensa a regolare legalmente il settore
come reclamano le stesse DLS. Secondo il piano sanitario nazionale, tutte le DLS hanno diritto al test
gratuito dell’HIV/AIDS, e sempre portano con sé il “documento di controllo sanitario”, con la data dell’esame
e il suo esito. Le DLS cui venga diagnosticata la malattia dovrebbero cessare l’attività immediatamente e
sottomettersi alle necessarie cure mediche pubbliche e gratuite. Tale sistema è concepito soprattutto per
controllare il virus (e con lui le DLS) e per proteggere i clienti (incapaci di proteggersi da soli), e non le DLS.
L’utilizzo del preservativo oggi è molto più diffuso, ma non è ancora sistematico. L’accesso all’informazione
per alcuni settori di DLS – in materia di salute – resta molto difficile, e non esiste nessun programma statale
per ciò che concerne la distribuzione di preservativi (quelli distribuiti nei centri sanitari tecnicamente sono
comprati dal Fondo Globale); in generale, sono le DLS che spesso comprano i preservativi (il cliente
raramente li ha con sé), sapendo che non sempre quelli che si trovano in commercio sono sicuri (per
esempio alcune farmacie cancellano la data di scadenza per poter continuare a venderli, mentre altri sono
direttamente falsificati); oggi, grazie a sostegni esterni, la ONAEM può distribuire alle DLS preservativi sicuri
in modo abbastanza regolare (ma comunque non sufficiente per coprire i bisogni), accompagnando la
distribuzione con azioni di prevenzione generale.
Da un punto di vista giuridico, nessuna autorità è legittimata a chiedere e controllare il documento sanitario
delle DLA (i clienti in molti casi sono gli ultimi nel farlo...); nonostante ciò, la scarsa consapevolezza dei
propri diritti fa sì che molte di loro si ritrovino, ancora oggi, vittime di abusi e maltrattamenti soprattutto da
parte della polizia (incarcerazioni, “multe”, e perfino pretese di rapporti sessuali). La situazione oggi in
Bolivia è tuttavia decisamente migliorata, specie se comparata con quella di dieci anni or sono, epoca in cui
la polizia era davvero padrona assoluta delle DLS, per legge. All’epoca, infatti, ogni DLS doveva
obbligatoriamente registrarsi come tale presso le forze dell’ordine, e portare con sé un libretto che la
identificava come meretrice. In questo modo era esercitata una stretta forma di controllo su tutto il settore
(caricato in questo modo di stigma), legittimandosi ingiustizie sistematiche. Oggi, semplicemente, si è
passati da un controllo statale basato sulla repressione della polizia a un controllo sociale incentrato
sull’aspetto sanitario.
Sabina tuttavia non fu mai molestata eccessivamente dalla polizia godendo di una certa protezione, per il
fatto di essere stata la moglie di un militare, e per essere madre di 4 figli e incinta di uno; Sabina aveva
disperatamente bisogno di lavorare e di guadagnare soldi per sé e per i suoi figli. Senza alcun sostegno e
senza altre fonti di guadagno, la strada divenne “l’ufficio”.
Sabina e la libertà
Sabina nasce presso la città di Oruro, nel 1956; figlia di un padre minatore, è figlia unica. La madre è
casalinga. Sabina può studiare grazie principalmente agli sforzi e al sostegno del padre, fino a ottenere il
titolo di “professoressa rurale”; prima di finire gli studi Sabina conoscerà il suo futuro marito, un militare, con
il quale all’età di 21 anni contrarrà matrimonio. Dei 5 figli che avrà Sabina, 2 moriranno prematuramente.
All’età di 25 anni Sabina divorzia da suo marito, dopo aver scoperto che la tradiva con un’altra donna.
Ancora a Oruro, e con 3 figli a carico, conosce un altro uomo e nel frattempo si dedica a seguire corsi di
pasticceria, taglio e confezione, taglio di capelli.
Con Jaime, il suo secondo compagno, Sabina non si sposa, fa però due altri figli. Un giorno, al rendersi
conto che Jaime violentava una delle figlie e che le rubava soldi, decide di cacciarlo di casa, trovandosi
improvvisamente sola, con 4 figli e un altro in arrivo.
Sabina decide quindi di trasferirsi a Cochabamba, alla ricerca di un lavoro. E di soldi. Una volta arrivata,
come prima cosa iscrive i figli a scuola, scuola che si trova a fianco della piazza San Sebastian, quartiere già
frequentato da altre DLS; proprio una di queste, Mary, introduce Sabine “nell’ambiente”. Era il 1992 e
Sabina aveva 36 anni. Quel giorno iniziava la sua vita come lavoratrice sessuale. Da allora Sabina lavora in
quello stesso angolo, dove la Aroma incrocia la Junin. Nei paraggi di quest’angolo vi sono diversi motel 24h,
hotel che servono per “las piezas” (difficile la traduzione, comunque ci si riferisce ai rapporti sessuali), luoghi
mediamente putridi, dove a dare il benvenuto sono letti sporchi, pareti schizzate e odori malsani.
Sabina, incinta, inizia a lavorare; i primi tempi aveva in mente, come molte altre compagne, di lavorare solo
per un periodo, nulla più, il minimo per risparmiare qualche soldo per poi magari aprire una piccola attività.
Le condizioni nelle strade allora erano molto diverse da quelle di oggi; non esistevano forme di
organizzazione tra compagne e gli abusi della polizia erano, come accennato, una triste abitudine. La strada,
a differenza dei locali, in generale, presenta maggiori rischi e non offre nessuna forma di protezione, tranne
quella delle colleghe. “L’ufficio” è oggi un quartiere pericoloso, ragione per la quale le DLS de La lavorano
principalmente di giorno; raramente appaiono di notte, e quando lo fanno rimangono vicine: vagabondi, ladri,
assalitori, drogati non smettono di dar fastidio a chicchessia e di causare problemi. A volte qualcuno, da una
macchina in corsa, grida loro qualche insulto, così. La sera Sabina, come le altre, torna a casa dalla sua
famiglia: il quartiere diventa pericoloso, i figli hanno bisogno di attenzioni, e spesso le uniche possibili sono
quelle delle madri.
Sabina – oggi presidente del gruppo “Libertà” – arriva al lavoro la mattina, abbastanza presto. Arriva dopo
che il nipote è andato a scuola e dopo che sua figlia, Alejandra, è andata a lavorare. Inizia l’attesa. Le
chiacchiere con le colleghe e con le altre persone del quartiere aiutano a far passare il tempo. Sabina –
come le altre DLS della zona – si fa pagare 30 Boliviani (meno di 3 €) per un rapporto completo, e di questi
10 Boliviani – che paga il cliente – vanno al proprietario del motel. Alcuni clienti, a volte, pagano un po’ di
più. Sabina ha sempre due cose nella borsa: preservativi e carta igienica, i più fedeli compagni di lavoro.
Le condizioni igieniche dei motel – nella maggior parte dei casi – sono pessime. In queste stanze si
consumano decine di rapporti al giorno, lontano da occhi indiscreti. I clienti variano molto, ce ne sono di tutti i
tipi, alcuni sono “abituali”, altri cercano solo una parola d’amore e di consolazione, la parola amica di una
donna con grande esperienza nei temi d’amore. L’angolo tra la Junin e la Aroma appartiene al gruppo “
Libertà”; difficilmente una nuova collega può unirsi a loro, a meno che non si guadagni il rispetto e la fiducia
de tutte le lavoratrici dell’angolo; si tratta infatti di un angolo storico, e le donne del gruppo devono difendere
la loro immagine e quella dell’angolo, senza permettere che ladre, drogate o prepotenti rovinino la
reputazione dell’intero gruppo. La “Libertà”, in questo senso, ha adottato da poco un regolamento interno, il
cui obiettivo è proprio quello di mantenere un ambiente di lavoro rispettoso, degno, sano e solidale; violare il
regolamento (venire a lavorare ubriachi, rubare, insultare, etc.) comporta una sospensione dal lavoro per un
numero di giorni determinato in ragione della violazione. Donne libere. Ma non anarchiche.
A seconda degli impegni della giornata, e, ovviamente, della necessità, Sabina decide se continuare a
lavorare o se andarsene; Sabina svolge varie attività come leader della ONAEM, attività dirette ad altre DLS,
nuove, clandestine. Finiti gli impegni di lavoro, Sabina vive la sua routine come qualsiasi altra donna: la
spesa, la cucina, i vestiti da lavare, la casa da riordinare, i figli di cui prendersi cura, i conti da pagare, e la
domenica in chiesa. Una volta alla settimana Sabina va al cimitero, per regalare un fiore fresco a sua figlia
morta. Niente di più e niente di meno della vita di una qualsiasi donna, con un lavoro e una famiglia da
mantenere. Sua figlia, Alejandra, studia contabilità, al primo anno, e suo figlio, Josè – di 27 anni, sposato e
con 2 figli – ha aperto un negozio di vestiti sulla via 25 de Mayo; gli altri due figli vivono in Spagna (Marco e
David, di 23 e 32 anni), e quando possono mandano a casa dei soldi per aiutare. Suo nipote, Chirstian, figlio
della figlia deceduta, è come un figlio per lei , e Sabina continua a lavorare perché possa terminare almeno
la scuola. Josè oggi parla di sua madre con orgoglio, ammirazione e rispetto, pur riconoscendo quanto sia
stato duro accettare il lavoro della madre; perché sono state le perfide voci del quartiere a giungergli per
prime, e a quella età (come a qualsiasi altra) non è per nulla facile sentirsi insultato e chiamato “figlio di
puttana”. Pugnalate, dice. La cosa peggiore che ti possa succedere. Il tempo e gli sforzi di Sabina sono
comunque riusciti nell’intento di mantenere la famiglia unita e solidale, nonostante i durissimi colpi della vita.
Oggi Josè è convinto che il giorno in cui sua madre lascerà finalmente il lavoro si stia avvicinando. Senza
dubbio il suo appoggio non mancherà, come non è mancato in passato.
La forza e la dignità di Sabina simbolizzano quella di migliaia di altre DLS nel mondo; ciascuna con la
propria storia, il proprio percorso, le proprie particolarità; vivono in paesi diversi, però tutte affrontano le
stesse ingiustizie: società ipocrite, patriarcali, machiste, escludenti, discriminanti e violente. Davanti alla
paura, davanti alla mancanza di rispetto, al cospetto del mondo, le donne della “Libertà” sono riuscite ad
unirsi e a concentrarsi su un obiettivo comune. Sabina è oggi una madre attenta e responsabile, che ha
messo davanti al proprio il bene dei figli; conquistandosene la stima e l’orgoglio , per essere stata capace di
resistere a tanto, solamente per loro. Sabina è una madre, una donna, una leader, che lotta affinché il futuro
di tutte le compagne possa essere rispettato, regolato e considerato, e affinché la società sia più giusta e
egualitaria, senza stigma né discriminazioni. Affinché un giorno il lavoro sessuale sia riconosciuto come un
lavoro come un altro.
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