DIRITTO DI STAMPA Giovanni Ceccarelli Fading away: dipingendo l’addio Medicina e Arte Prefazioni di Roberto Burgio Vincenzo Nesi L’editore e l’autore restano a disposizione di quanti vantassero diritti nei confronti del materiale qui riprodotto. Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: novembre Vuole trovare parole che nessuno potrà mai dimenticare; esse varranno per chiunque le scaglierà in faccia alla morte. E C: The secret hearth of the clock Munich . . . queste cose dovevano accadervi e voi dovete accettarle questa è la vostra parte dell’eterno fardello . . . dimenticherete queste cose faticando alle faccende di casa le ricorderete oziando accanto al fuoco quando l’età e la dimenticanza addolciranno il ricordo come un sogno che fu narrato e spesso nel sogno si mutò . . . esse appariranno irreali. Il genere umano non può sopportare molta realtà. T S E: Assassinio nella cattedrale , parte seconda Indice Prefazione Prefazione Premessa Capitolo I L’amore tra Hodler e Valentine nel contesto della loro vita Capitolo II Valentine nei dipinti di Hodler prima della malattia Capitolo III La maternità e la malattia di Valentine Capitolo IV Ferdinand dipinge Valentine durante la malattia .. Un’ulteriore considerazione: importanza di una datazione controversa, . Capitolo V Due temi connessi .. Le dernier portrait, – .. Love and Death, . Capitolo VI Tra psicoanalisi e voyeurismo Indice Capitolo VII L’attesa della fine. Diversi punti di vista .. Il ciclo di Hodler su Valentine: una interpretazione “ottimista” (con qualche limite), – .. Il ciclo di Hodler su Valentine: una interpretazione “pessimista”, – .. Il ciclo di Hodler su Valentine: una interpretazione fattuale, . Capitolo VIII Considerazioni finali Postfazione Bibliografia Bibliografia citata nel testo e relativa alla storia della medicina Prefazione Vivere la propria vita svolgendo con eguale entusiasmo due diverse attività professionali non è comune, ma non è, nemmeno, proprio raro; letterati e maestri di scherma, medici e maestri di yoga, architetti–impresari e musicisti, amministratori e/o critici d’arte non sono abbinamenti eccezionali, e possono, anzi, entrambi gratificare. Più raro è, come è volutamente capitato a Gianni Ceccarelli, viversi medico–pediatra e docente–pediatra fino a già tarda età e aver poi abbandonato questa attività per dedicarsi a scienze umane: a “critica e storia dell’arte pittorica”, sempre con l’entusiasmo “a tempo pieno” che ne era stato alla base per il lungo tempo precedente della sua vita di Pediatra. Anch’io, Pediatra come lui, come lui anch’io forte estimatore dei valori che più contano nella vita, spesso, reiteratamente con il pensiero mi sentivo affine al Prof. Gianni Ceccarelli nella mente e nel cuore (azzardato fare riferimento a un cuore “pensante”: eppure possibile se si è riusciti, con Pascal, a formulare l’aforisma che il cuore ha delle ragioni che la ragione — la mente — non conosce); e ho vissuto le affinità elettive che per vari idealismi erano intessute di ricordi e non si erano assopite. Godetti della libera docenza in Pediatria che ben meritatamente Gianni acquisì poco dopo la sua prima laurea. E godetti della notizia di una sua seconda laurea (a anni) in “Studi storico artistici” presso la “Sapienza” Università di Roma, la stessa dove tanti anni prima si era laureato in Medicina e Chirurgia. L’ordine nei propri cassetti o nei propri scaffali (“a muro” o in armadi dedicati) regge molto meno nel tempo di altri arredamenti in mobili, ma è più vicino al modo di vivere di molti di noi: i meno attenti, i più costretti a tirar fuori, sequenzialmente, un po’ tutto, a mano a mano e a rimettere poi “un po’ tutto a posto”, magari senza aver trovato l’oggetto della ricerca. Recita un severo proverbio: l’ordine è pane, il disordine è fame. Prefazione Ma il senso dell’ordine fa parte di noi. . . almeno quando lo abbiamo; non è come il talento, il prodotto di una intuizione o di una ideazione, sentire il bello (ed esserne affascinato) crearsi uno spazio perché coltivarlo faccia parte del nostro modo di vivere, dia gioia sequenzialmente (o alternativamente) alla gioia che può dare l’aver curato (mai trascurato) il proprio dovere (routine) di lavoro a volta a volta, quale che ne sia stato l’ambito o la professione, l’arte, il mestiere o l’impiego. “Beati” si può dire coloro che svolgono il loro lavoro in un ambito occupazionale che li appaga e che renda loro possibile di farsi intensamente coinvolgere nell’attività che espletano. Vorrei andare avanti per venire immediatamente a esemplificare la descrizione di questi “vari modi di vivere” che, tutto sommato, potremmo parafrasare nel “modo di essere”; e, molto facile, parafrasare ancora: “viviamo come siamo”. Pensare che il Prof. Ceccarelli abbia curato con lo stesso scrupolo e impegno il primo archivio, il primo “scaffale”, di lavoro professionale quale “Pediatra di famiglia” come, vogliamo dire, ugualmente l’archivio pittorico di personaggi che hanno animato la raccolta artistico–storica della sua seconda collezione iniziata nella ottava decade della sua nuova laboriosissima vocazione. E sta più che bene avviata, questa seconda collezione, nel volume a ricco contenuto iconografico Medici, malati, malattie e farmaci nella storia dell’arte; quella materia (come ha ben scritto, prefandolo, anche Jolanda Nigro Covre) con l’entusiasmo che evoca nel lettore anche per “il segreto di una instancabile e allegra superattività” dell’autore. Tocca, quella materia, vette e altissime. Ora, in questo secondo ripiano dello stesso scaffale, Gianni conduce il lettore in un’altra vicenda, come ne fosse un partecipe, un interessato testimone o, addirittura, un passante–spettatore coinvolto: là, incontri con vaporose eleganze femminili o raccapriccianti tristezze di asili notturni; e che le fascinose figure femminili siano danzatrici in serie o in quadri isolati, poco conta. Ora, qui, nella vicenda umana — oh come umana ! — il ricordo di Hodler afferra anche il nome di ognuna delle figurette femminili che ne accompagnarono la esaltante vita di tombeur de femmes e che non ebbero, per lui, un peso rilevante: ha più gran peso, per un Pediatra, che Hodler ne ha reso madri alcune. Non si era trattato di madri, in linea di massima, intenzionalmente stabili. La durata di una sua relazione poteva oscillare fra due o tre Prefazione anni, salvo però, magari, a riprendere dopo più o meno significativa interruzione. I bambini — questo è quanto meno l’abitudine delle varie coppie di “repertorio genitoriale” — erano in fondo “effetti collaterali”. E spiace, inoltre, profondamente che anche la tubercolosi crescesse allora florida in un siffatto vivaio. . . sociale. Ferdinand Hodler visse con Valentine Godé–Darel il suo rapporto di tenerezza (tuttavia una tenerezza amara) che si esaurì per volere di una “funerea figura di Parca” che su di lei si avvolse. Sarà bene e sarà bello — come è stato per me — vivere il testo e le sue figure dalla prima all’ultima pagina. Il prof. Gianni Ceccarelli vi fa qui, ora, vivere la vita (e la miseria) dell’arte pittorica (che esalta e uccide: o “baratrizza”?) anche se ci viene trasmessa e comunicata con gli occhi sempre sinceri, sereni e salvifici “dalle iridi di autentica acqua marina” incapaci di mistificare o di mentire. Roberto B Professore Emerito di Pediatria Università degli Studi di Pavia Prefazione Il libro di Giovanni Ceccarelli è tante cose insieme. Non posso negare al lettore il godimento di arrivare dalla prima all’ultima pagina scoprendo alcuni aspetti peculiari, ma voglio suggerire subito che il libro non è quello che sembra essere dopo la lettura dei primi capitoli. Non ci troviamo soltanto di fronte ad un “saggio”. Non si tratta di leggere un’opera di un medico esperto che trae simultaneamente vantaggio dalla sua cultura scientifica acquisita in giovane età e dalla sua formazione in storia dell’arte, acquisita in età matura, per affrontare il tema di una recensione pittorica che attiene alla malattia di una donna descritta dalle opere di un grande pittore. Allora cosa c’è in questo libro? C’è di sicuro un’analisi che a me pare molto convincente, da profano quale sono, di un segmento piuttosto singolare della storia pittorica di Hodler. Quest’analisi porta il lettore alla scoperta d’interessanti osservazioni sulla maestria con la quale viene seguito, viene da dire ossessivamente documentato, il decorso della malattia di Valentine Godé–Darel fino alla sua morte. Ed oltre. C’è, però, un tentativo di dire molto di più. Si potrebbe dire di sconfinare in altre discipline: la filosofia, il sentimento religioso, l’etica. Ma si direbbe male. Non è uno “sconfinare” ma piuttosto un “non confinare” la vicenda a questione tecnica, sia pure ad un interessante livello accademico. Ci si pone quindi domande di carattere allo stesso tempo intime ed universali. Il significato della dignità umana conquista, lentamente, come in un giallo ben costruito, il centro del palcoscenico e si erge a principio etico imprescindibile. Non sfugge e non viene negata una particolare partecipazione di Gianni, l’autore, legata alla propria esperienza personale. Gianni è stato privato del suo amore, a causa della malattia della moglie, “Vandina”, poco dopo i cinquant’anni. Per chi conosce Gianni, i riferimenti potrebbero essere molteplici ma, se ne raccontassi anche uno solo, dimostrerei di essere come quei cultori di libri gialli che, dopo aver Prefazione letto il libro, incorrono in un’interpretazione banalizzata della genialità del finale. In un giallo non si tratta di capire chi è il colpevole. Se ben costruito, il giallo colpisce per la maestria con la quale si sono seminati tutti gli indizi necessari, non senza aver cercato di depistare il lettore nella prima parte del racconto. Nel nostro caso “l’arringa finale” di Gianni, come quella di un Perry Mason chiamato a risolvere un mistero su basi puramente indiziarie, è irresistibile ed inchioda il lettore alla propria sottovalutazione degli indizi che pure, a posteriori in maniera lampante, erano stati disseminati lungo il tempo della lettura. Il lettore scopre ad un tratto il vero tema del libro ed è chiamato a cimentarsi in una sorta di scelta ideale della quale parlerò nella postfazione. Il libro costringe a riflessioni profonde, ma ci porta verso di esse con estrema gradualità. Un gioiellino, sia detto riprendendo un concetto molto bene ricordato e sviluppato nel libro, che richiede un tempo di lettura, che individualmente parlando, ho vissuto come assai veloce. Vincenzo N Preside della facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali “Sapienza” Università di Roma Premessa Il mio primo incontro con la vicenda pittorica e umana del pittore svizzero Ferdinand Hodler e della sua amante (come si diceva nel linguaggio del tempo) Valentine Godé–Darel risale a moltissimi anni fa, in un congresso di medicina a Milano in cui il professor Hugo Tristam Engelhardt jr., che insegnava medicina e medicina sociale al Baylor College of Medicine di Houston nel Texas, mostrò alcune diapositive dei dipinti che Hodler produce durante la malattia di Valentine che si concluderà tragicamente. Alcune vicende familiari che allora pesavano — come continuano a fare — sulla mia vita mi appassionarono a quella antica vicenda di quasi un secolo fa, allora. Ricordo che scrissi al professor Hengelhardt se era possibile avere le diapositive da lui mostrate e, con mia grande sorpresa, pochi giorni dopo mi arrivò un pacchetto con le foto. Fu l’inizio di una ricerca che ebbe — per ora — una fine molti anni dopo, con questo libretto in cui ho tentato di raccontare quanto quella vicenda, di cui per caso proprio quest’anno si celebra il centesimo anniversario, presenta di aspetti attuali e problematici ancora oggi; e forse ben più oggi — nell’atmosfera molto più attenta che non allora ai temi etici da essa sottesi — che non nel momento, nel lungo momento in cui essa si svolse. Il testo è arricchito e impreziosito da due “Prefazioni”: una scritta dal professor Giuseppe Roberto Burgio, Emerito di clinica pediatrica nell’Università di Pavia. Il professor Burgio, che è il decano dei Pediatri italiani, firmò quasi cinquanta anni fa un’altra prefazione in un altro mio libro, dedicato — quello — alla Vaccinazione contro il morbillo, un tema a quel tempo molto attuale in Medicina; l’ho sempre considerato un Maestro non solo di Pediatria, come senza alcun dubbio è, ma anche di vita; gli sono profondamente grato per questa sua costante attenzione e simpatia nei miei riguardi. L’altra del Prof. Nesi, che si occupa nella sua vita di studioso di un contesto — come Analisi matematica — del tutto diverso, e che ha distinto il suo scritto Fading away: dipingendo l’addio in due parti. La prima, premessa al racconto, è una sorta di accurata presentazione dell’opera, una presentazione che ne lascia aperte molte possibilità interpretative. La seconda, posta qui al termine del testo — in una postfazione da leggere proprio e soltanto dopo aver compiuta la lettura — appare, al contrario, una presa di posizione su quanto si è scritto e letto. Anche se alquanto difficile da credere a prima vista, il “mestiere” del matematico, con le sue necessarie e “analitiche” consequenzialità, fornisce chiavi di lettura ulteriori e certo non peregrine. A entrambi i “prefatori” va, in eguale ed entusiastica misura, la gratitudine dell’Autore per la loro non lieve, ma si spera gradevole o almeno non troppo spiacevole, fatica. Inoltre, mi è sembrato, sempre anche in rapporto con le mie vicende personali, che si potesse — e forse si dovesse — con questo mio piccolo saggio rendere omaggio a Valentine che se da un lato sopravvive, come a me sembra, solo in virtù dell’opera di Hodler, può dall’altro ben rappresentare quella immensa folla di malati che nessuno più ricorda, ma che in ogni tempo soffrirono e continuano a soffrire e soffriranno per le loro malattie, dalle quali vengono sollevati — a volte — dalla Medicina, ma sempre — almeno in qualche misura — dall’amore, dal rispetto e dalla vicinanza da cui dovrebbero sempre essere circondati, come Roberto Burgio (per me “il Professore”) ha sempre insegnato. Di conseguenza, dedico questo lavoro a tutti i malati di tutti i tempi; e tra essi mi sia consentito menzionare ancora una volta la mia Vandina. Giovanni C Roma, estate