CONDUTTORE E ONERI ACCESSORI
Cassazione 3 giugno 1991, n. 6216
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Guido QUAGLIONE - Presidente
"
Giuseppe TROPEA - consigliere
"
Angelo GIULIANO - consigliere
"
Lorenzo PITTÀ - Rel. consigliere
"
Paolo VITTORIA - consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposta da
T. L. e F. G. - res.ti in Sesto San Giovanni, V.le Casiraghi - elett. dom.ti in Roma, c-o la Cancelleria della
Corte di Cassazione, rapp.ti e difesi dall'Avv. D. J., con studio in Milano (20122) - P.zza M. - per delega a
margine del ricorso.
Ricorrenti
contro
A. G. e R. S.
Intimati
Visto il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 31.3. - 2.6.1987 (R.G. 2283-84).
Udito il Cons. Rel. dott. L. Pittà nella pubblica udienza del 6.3.1990.
Sentito i P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. di Lanni che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
G. A. e S. R., proprietari di un appartamento che avevano concesso in locazione a L. T. ed a G. F. intimavano
a costoro sfratto per morosità assumendo che non avevano pagato gli oneri accessori relativi agli anni 1978 e
1979, ammontati a L. 1.643.490 e, contestualmente, li convenivano dinanzi al Pretore di Monza per la
convalida.
Gli intimati deducevano che non erano stati posti in condizioni di adempiere non avendo ricevuto la
documentazione comprovante l'erogazione delle spese.
Il Pretore rigettava l'istanza di convalida e dichiarava l'incompetenza per valore indicando quale giudice
competente il Tribunale di Monza dinanzi al quale gli attori riassumevano la causa chiedendo la risoluzione
del contratto, oltre che per la morosità anche perché i conduttori avevano adibito l'appartamento a studio
professionale.
I convenuti contestavano la fondatezza delle domande e, prospettando un loro calcolo delle somme versate ai
locatori, sostenevano di non essere loro debitori ma creditori di L. 54.986.
Il Tribunale, rilevato che i locatori avevano inviato ai conduttori i conteggi relativi alle spese accessorie, e che
i conduttori si erano limitati ad offrir informalmente la somma di Lire 304.000 insufficiente a sanare la
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morosità mentre, non avevano contestato, con i loro conteggi, le specifiche pretese dei locatori, dichiarava la
risoluzione della locazione per morosità ritenendo assorbita l'ulteriore domanda di risoluzione.
Avverso la decisione del Tribunale i conduttori interponevano appello e rilevavano che applicando ai conteggi
le norme sull'equo canone, erano creditori di L. 3.721.246; deducevano altresì l'illegittimità delle spese di
portierato relative a due mesi del 1978 ed il travisamento, da parte del Tribunale, del conteggio intercorso tra
le parti; contestavano, infine, d'essere tenuti al pagamento di alcune spese come quelle relative al compenso
dell'amministrazione e quelle di cancelleria.
La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 31.3.1987, correggendo parzialmente la ripartizione delle spese
generali, riduceva a Lire 1.250.517 la somma dovuta dai conduttori ai locatori e confermava, nel resto, la
decisione del Tribunale.
Gli intimati non si sono costituiti.
Motivi della decisione
I ricorrenti, col primo motivo, denunciano la violazione delle norme sulla determinazione del canone e delle
spese di conservazione, nonché delle norme sull'indennità per miglioramenti, con la conseguente
improcedibilità dell'azione e, infine, la contraddittorietà della motivazione sulla retroattività e sulle deduzioni
del canone; il tutto con riferimento all'art. 360 nn. 2, 3, 4, e 5 c.p.c., 23 u.c., 43, 44, e 45 Legge 27.7.1978 n.
392 laddove la Corte d'appello ha affermato:
a) la possibilità di maggiorare gli oneri accessori ed il canone anche quando sono determinati a "forfait";
b) l'implicita retroattività del canone al 1.1.1978 anziché al 1.11.1978;
c) l'attribuzione ai conduttori delle spese per il taglio dell'erba, delle siepi, e per la potatura, nonché per
l'imbiancatura ed il lavaggio dello spogliatoio comune, opere, queste ultime, costituenti miglioramenti.
Dalle suddette affermazioni i ricorrenti deducono che, per la decisione su tali punti della controversia i locatori,
a norma degli art. 43, 44, 45 e seguenti della legge n. 392 del 1978, avrebbero dovuto presentare al Pretore la
domanda di conciliazione; sicché l'omissione di tale adempimento aveva determinato l'improcedibilità
dell'azione che doveva essere proposta dinanzi allo stesso Pretore.
Conseguentemente la sentenza dovrebbe essere cassata senza rinvio.
Il motivo è infondato perché in tema di locazione d'immobile urbano, la controversia concernente il pagamento
degli oneri accessori è devoluta al giudice competente secondo gli ordinari criteri di valore, non venendo in
rilievo la speciale competenza del Pretore che l'art. 45 della legge numero 392 del 1978, prevede con l'esclusivo
riferimento al canone (cfr. Cass. 8.8.1988 n. 2353; Cass. 17.4.1987 n. 3794; Cass. 9.12.1985 n. 6205).
Col secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 9 della legge n. 392 del 1978, in relazione
all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l'erronea applicazione di tale norma alle spese preventivate anziché a quelle
effettuate, rilevando che la Corte d'appello ha dedotto dalla stessa norma il convincimento che la contestazione
relativa alle spese riguardanti gli oneri accessori debba essere fatta prima del termine di due mesi stabilito per
il loro pagamento, mentre la norma stabilisce tale termine per il pagamento delle spese e non per le relative
contestazioni.
Per altro il suddetto termine non è applicabile alle contestazioni riguardanti le spese preventivate, perché esso
decorre dalla relazione sulle spese effettuate.
E poiché - concludono i ricorrenti - l'Avv. P. (dei locatori) non aveva mai inviato il conteggio consuntivo
sebbene loro lo avessero richiesto con lettera del 21.5.1979, il suddetto termine non poteva considerarsi
decorso poiché la contestazione sulle spese era stata da loro fatta non appena avevano reperito ed analizzato il
conteggio consuntivo.
Il motivo è infondato perché la Corte d'appello, con motivazione esauriente ed immune da vizi logici o
giuridici, ha dimostrato che i conduttori erano stati resi edotti dall'Avv. P., con lettera del 14.5.1979, in merito
alle spese poste a loro carico per oneri accessori con la specifica indicazione dei relativi importi e delle quote
millesimali; sicché erano stati posti nella condizione di potere fare eventuali contestazioni che, invece, non
formularono in alcun modo, poiché con la loro lettera del 21.5.1979, in risposta a quella del 14 dello stesso
mese, si limitarono a sollevare obiezioni relativamente alla classificazione dell'appartamento, al deposito
cauzionale ed ai relativi interessi.
Soltanto dopo tale esauriente motivazione - di per sè sufficiente a dimostrare l'infondatezza, sul punto, delle
contestazioni dei conduttori - la Corte d'appello ha rilevato che tali contestazioni dovevano essere fatte entro
il termine di due mesi stabilito dal 3 c. dell'art. 9 della legge n. 392 del 1978 per il pagamento degli oneri
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accessori, ma tale rilievo è meramente rafforzativo e non essenziale e decisivo ai fini della motivazione, sicché
le censure contro di esso formulate dai ricorrenti sono irrilevanti.
Col terzo motivo i ricorrenti denunciano:
- a) la violazione dell'art. 9 della legge n. 392 del 1978, perché era stato loro addebitato il compenso dovuto
all'amministratore e le spese d'amministrazione;
- b) la violazione delle norme sull'accertamento della morosità, con ulteriore riferimento agli artt. 23, 43, 44 e
45 della suddetta legge.
I ricorrenti sostengono che il compenso e le spese di cui alla lett. a) non fatto parte degli accessori elencati
nell'art. 9 della suddetta legge e, contestano la sussistenza, per il 1978, delle morosità perché - esclusa dal
conteggio la somma di L. 415.863, addebitata per tali voci, e detratta dalla suddetta somma quella di L. 361.425
corrispondente al loro debito, alla data dell'intimazione di sfratto - resterebbe a loro favore un credito di L.
54.438 (415.863 - 361.425) cui bisognerebbe aggiungere la somma di L. 304.000 effettivamente pagata; sicché
il loro credito ammonterebbe a Lire 358.438.
Inoltre l'addebito di L. 215.875 è riferibile ad un preventivo per cui non può ritenersi scaduto il termine di
contestazione ed il suo mancato pagamento non può essere considerato ai fini della morosità, mancando i
requisiti della liquidità ed esigibilità che mancano anche per l'addebito del 1978 essendo sub indice il relativo
accertamento.
Il motivo è fondato in quella parte che censura l'addebito ai conduttori delle spese relative al compenso
corrisposto all'amministratore e delle spese dallo stesso sostenute nell'esercizio della sua attività (spese di
cancelleria), non essendo comprese nè le prime nè le seconde tra gli oneri accessori che l'art. 9 della legge n.
392 del 1978 pone a carico del conduttore (cfr. Cass. 11.11.1988 n. 6088).
Conseguentemente tali spese non potevano essere incluse nel conteggio al fine di stabilire la morosità dei
conduttori.
Stabilito che tali spese non sono dovute dai conduttori, resta assorbita l'ulteriore censura tendente a dimostrare
la loro illiquidità ed inesigibilità.
Col quarto motivo viene denunciata la contraddittorietà della motivazione in ordine alla contestazione delle
prove sui rapporti di dare ed avere e sulla inesistenza della morosità, sulla certezza dell'importo dovuto e sulla
gravità dell'inadempimento con le relative conseguenze su:
- a) l'importo dei pagamenti effettuati;
- b) la sussistenza o meno della morosità;
- c) l'accertamento della gravità dell'inadempimento;
- d) la certezza dell'importo dovuto;
- e) la soccombenza e la liquidazione delle spese legali;
La Corte - sostengono in definitiva i ricorrenti - aveva omesso di accreditare in loro favore:
- 1) gli interessi, sulla cauzione di Lire 450.000, espressamente riconosciuti dall'Avv. di locatori con lettera
del 20.6.1979, - 2) la somma di L. 304.000 versata con assegno;
- 3) la somma complessiva di L. 2.138.000 il cui pagamento risulta dalle ricevute del 29.12.1977, del 4.4.1978,
del 10.7.1978 e del 3.10.1978;
con la conseguenza che la morosità non sussisterebbe se tali accrediti fossero stati conteggiati.
Infondata è la censura relativa all'omesso accredito degli interessi sul deposito cauzionale perché la Corte
d'appello ha osservato - esattamente - che i conduttori hanno inteso computarli, nonostante nel giudizio dinanzi
al Pretore fosse stato dato atto che la cauzione era stata versata in libretto di risparmio fruttifero intestato ai
conduttori i quali, col loro ricorso, non contestano tale specifica circostanza, limitandosi a rilevare,
genericamente, l'omesso accredito di tali interessi di cui, per altro, non indicano neppure l'ammontare.
È infondata altresì la censura relativa all'omesso accredito della somma di L. 304.000, poiché la Corte d'appello
- con ineccepibile motivazione - ha rilevato che giustamente era stata respinta dai locatori la suddetta somma,
sia perché insufficiente a sanare la morosità sia perché versata a mezzo di assegno di conto corrente; sicché
non poteva essere esclusa la risoluzione del contratto.
Infine, la censura riguardante l'omesso accredito della complessiva somma di L. 2.138.000 è generica e, quindi,
inammissibile perché la sola indicazione delle ricevute relative al pagamento di tale somma non consente
affatto di stabilire se la stessa fosse stata corrisposta ai locatori indebitamente e, conseguentemente, se la Corte
d'appello abbia errato non accreditandola ai conduttori.
Col quinto motivo i ricorrenti denunciano - a norma dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. - l'insufficiente e contraddittoria
motivazione e l'omesso esame di documenti decisivi (ricevute di pagamento per il periodo 1973-1978) con
riferimento all'interpretazione dei contratti attraverso il comportamento delle parti, in merito al pagamento
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delle spese accessorie fino all'ottobre 1977 e, in particolare censurano - ritenendo non provato e contrario ai
documenti - l'assunto della Corte d'appello secondo cui le parti, per il pagamento degli oneri accessori, si
sarebbero comportate conformemente alla scrittura contemporanea al contratto del 1.7.1973, con la quale - in
deroga allo stesso - avrebbero convenuto che l'inquilino avrebbe rimborsato al locatore le maggiori spese delle
prestazioni accessorie, mentre il contratto stabiliva il loro rimborso "forfettario".
Invece - sostengono i ricorrenti - dalle ricevute emergeva che fino al 1974 i versamenti erano stati effettuati
nella misura globale di Lire 450.000 al trimestre, aumentata, dal 1 gennaio 1975, a L. 525.000, senza
conguaglio annuale e senza alcuna eccezione da parte dei locatori; dal che i ricorrenti deducono che gli oneri
accessori, malgrado la suddetta asserita scrittura, furono concordati in forma "forfettaria" e non vennero mai
richiesti nè corrisposti in base a rendiconto, bensì in conformità all'importo preventivamente pattuito.
Quando - a partire dal 1 novembre 1978 al contratto venne applicato il c.d. equo canone stabilito dalla legge
n. 392 del 1978, gli oneri accessori, per quell'anno, corrispondevano a quelli stabiliti "forfettariamente" fino al
31.10.1978 ed a L. 173.740 per il bimestre novembre-dicembre, ed erano stati tutti regolarmente saldati.
Il motivo è infondato perché la Corte d'appello ha dimostrato, in base ad una analitica contestazione del
conteggio proposto dai conduttori, l'insussistenza del credito di L. 3.271.246 da loro preteso, ma ha rilevato
altresì - sostanzialmente - che i locatori avevano richiesto il pagamento degli oneri accessori relativi agli anni
1978 e 1979, in corrispondenza di importi ben determinati e non "forfettari", avvalendosi della scrittura privata
stipulata tra le parti coevamente al contratto del 1 luglio 1973 e con la quale, in deroga allo stesso, avevano
pattuito il pagamento degli oneri accessori nel loro importo concreto e non "forfettario"; sicché il fatto che tali
oneri prima dell'applicazione della legge n. 392 del 1978, fossero stati pagati "forfettariamente" - come
sostengono i conduttori - non esclude che la richiesta del loro pagamento, nella misura concreta, per il periodo
successivo all'applicazione della suddetta legge, sia pienamente legittima perché conforme a tale legge oltre
che alla pattuizione derogativa contenuta nella menzionata scrittura coeva al contratto del 1 luglio 1973.
Alla stregua della considerazione suddetta deve essere interpretato l'assunto della Corte d'appello, secondo cui
le parti, in concreto, si sono comportate "in tal modo" cioè conformemente alla pattuizione derogativa, dopo
l'applicazione della legge n. 392 del 1978 e, pertanto, sul punto, deve escludersi che la motivazione sia
insufficiente e contraddittoria.
Del ricorso deve essere, quindi, accolto, per quanto di ragione, soltanto il terzo motivo, mentre vanno rigettati
gli altri.
Conseguentemente l'impugnata sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve
essere rinviata ad altra sezione della Corte d'appello di Milano la quale, previa determinazione dell'importo
delle somme relative al compenso corrisposto all'amministratore e di quelle relative alle spese di cancelleria,
per il periodo in contestazione (1978-1979), dovrà escludere tali spese dall'importo totale di quelle dovute per
oneri accessori per il medesimo periodo ed ottenuto, in tal modo, il nuovo importo dei suddetti oneri, dovrà
stabilire se in base ad esso sussista o non sussista la morosità ai sensi dell'art. 5 della legge n. 392 del 1978.
La Corte di rinvio statuirà altresì in ordine alle spese processuali, comprese quelle di questo grado del giudizio.
PQM
La Corte accoglie, per quanto di ragione, il terzo motivo del ricorso e rigetta gli altri; cassa l'impugnata
sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Milano anche
in ordine alle spese processuali.
Così deciso, nella camera di Consiglio della terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, in Roma,
il 6 marzo 1990.
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