febbraio 2015
Biblio news
Riapre al pubblico la casa del Manzoni
Dopo un restauro durato 7 mesi, la Casa
del Manzoni di via Morone è stata riaperta
al pubblico. Sono visitabili al piano terra
lo studio del poeta e, al primo piano,
quelli che furono i locali di rappresentanza
e le camere da letto della famiglia. Il
secondo piano, dove abitava la madre
Giulia Beccaria, è invece occupato dal
Centro Studi Manzoniani ed è accessibile
solo per motivi di studio.
Dopo un restauro durato 7 mesi, con interventi su 5.800 mq di superfici
interne (di cui 1.600 mq di decorazioni), oltre 300 mq di soffittature lignee
a cassettoni, 250 mq di pavimentazioni storiche e 1.400 mq di facciate,
costato circa 4 milioni di euro, lo scorso ottobre la Casa del Manzoni di
via Morone è stata riaperta al pubblico.
La visita inizia a piano terra, dallo studio dove Alessandro Manzoni ha
scritto buona parte delle sue opere su un tavolinetto sotto la finestra che
dà sul giardino, ben illuminato al contrario della scrivania posta al centro
della stanza. L’arredo è quello lasciato dal Manzoni, analogamente alla
camera da letto del poeta al primo piano. Tutti gli altri locali della casa
sono stati invece arredati con criteri museali perché gli arredi originali sono
andati perduti. Sempre a piano terra, c’è il cosiddetto “Studio di Tommaso
Grossi”, che amava lavorare in questo locale vicino all’amico Alessandro,
che però non contiene nulla che facesse parte dell’arredamento originale.
Per visitare gli spazi originariamente adibiti ad abitazione della famiglia,
all’accoglienza degli amici e ad altre attività sociali bisogna riattraversare il
cortile e salire per un elegante scalone al primo piano. La prima stanza
raccoglie cimeli, ritratti e souvenir della famiglia, come il genero Massimo
d’Azeglio, e degli amici più stretti. La seconda sala è dedicata ai ritratti
manzoniani: dipinti, incisioni, fotografie, bronzetti, la terza a cimeli legati in
vario modo ai Promessi Sposi. Non ci sono opere di autori famosi tranne un
piccolo disegno a china di Gaetano Previati. Queste tre stanze erano quelle
di rappresentanza come si vede dalla qualità di pavimenti a parquet e dalle
decorazioni dei soffitti. Procedendo si entra nella zona più domestica e si
nota immediatamente la diversa qualità del parquet. La prima stanza era la
camera matrimoniale. In alcune vetrinette sono presentati volumi
acquistati dalla seconda moglie Teresa Stampa mentre alle pareti si
possono ammirare due serie di stampe di Gallo Gallina (1828) e di
Bartolomeo Pinelli (1830-33) sul tema dei Promessi Sposi. Dalla camera
matrimoniale si può passare alla camera da letto privata di Alessandro
Manzoni, che raccoglie l’arredamento esistente alla sua morte, oppure alla
camera del figliastro Stefano Stampa. In questo locale stretto e lungo sono
esposti numerosi libri, dalla prima opera pubblicata, ossia l’Ode in morte di
Carlo Imbonati, il compagno della madre Giulia Beccaria nel periodo
parigino, del 1806, fino all’ultima definitiva edizione dei Promessi Sposi del
1840 contenente anche la Storia della colonna infame. Tra queste due
opere vari testi tra cui una copia della prima edizione del 1827 e delle sue
traduzioni (quella in tedesco del 1827, che fu la prima a essere realizzata
grazie al pressante interessamento di Johann Wolfgang von Goethe che
molto apprezzava l’opera del Manzoni tanto da aver tradotto Il cinque
maggio; la seconda dell’anno seguente in inglese, la terza in francese del
1832). Ritornando allo scalone si attraversano alcune stanzette dove sono
esposti alcuni oggetti appartenuti al Manzoni, come il suo bastone da
passeggio e la sua paglietta, e altri che testimoniano la sua passione per la
botanica che coltivava nella gestione della tenuta di Brusuglio (oggi
frazione del comune di Cormano) che la madre aveva ereditato da Carlo
Imbonati.
Il secondo piano, originariamente destinato agli appartamenti della madre
Giulia Beccaria sono attualmente occupati dal Centro Studi Manzoniani:
non sono aperti al pubblico ma sono accessibili solo per motivi di studio.
La casa del Manzoni è visitabile gratuitamente da martedì a venerdì dalle
10 alle 18, il sabato dalle 14 alle 18, tranne i giorni festivi.
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Lo studio a pian terreno
Illustrazioni de I Promessi Sposi
alle pareti di quella che fu
la camera matrimoniale
Cameretta del Manzoni
con l’arredo originale
Sala dei Promessi Sposi
Promessi Sposi all’opera
Cosa trovi in biblioteca
Come molti altri romanzi ottocenteschi, anche i
Promessi Sposi hanno dato luogo a opere liriche.
Luigi Inzaghi in Alessandro Manzoni e Milano, ne
cita 5, cadute nel dimenticatoio, e altre due che
ebbero un certo successo all’epoca, vista anche la
notorietà dei musicisti e dei librettisti. Di esse
esiste una registrazione parziale interpretata da
una diva del bel canto come Magda Olivero.
Si tratta della seconda opera di Amilcare
Ponchielli, (più noto per aver composto La
Gioconda, uno dei cavalli di battaglia di Maria
Callas) che ebbe varie rielaborazioni tra il 1856 e
il 1873. Quest’ultima versione, con il libretto
rielaborato da Emilio Praga, ebbe un notevole
successo al teatro Dal Verme di Milano. Anche
Errico Petrella si cimentò con lo stesso soggetto
sui testi di Antonio Ghislanzoni, il librettista
dell’Aida di Giuseppe Verdi. Il successo al Teatro
Sociale di Lecco (1869) fu discreto, poi l’opera
venne dimenticata. Ma non completamente dato
che anche di questa esiste una registrazione
parziale di Magda Olivero.
Baudinelli, Riccardo
In viaggio con Renzo e Lucia
Bianchini, Edoardo
Invito alla lettura di Alessandro Manzoni
Campolunghi, Piero
Romanzo e realtà nelle vere paternità di Giulia
Beccaria e di suo figlio Alessandro Manzoni
Cottignoli, Alfredo
Manzoni - Guida ai Promessi sposi
D'angelo, Paolo
Le nevrosi di Manzoni - Quando la storia uccise la
poesia
Eco, Umberto
Tra menzogna e ironia
Ginzburg, Natalia
La famiglia Manzoni
Inzaghi, Luigi
Alessandro Manzoni e Milano
Nencioni, Giovanni
La lingua dei "Promessi sposi"
Manzoni, Alessandro
Alessandro Manzoni - Opere
Il soprano Magda Olivero
Casa Manzoni
Difficile condividere l’entusiasmo di Giulia Beccaria per l’acquisto nel 1813 da
parte del figlio Alessandro Manzoni della casa che sarebbe stata l’ultima della
sua vita, visto che ci abitò per 60 anni fino alla morte. Infatti in una stampa
dell’epoca si vede (ahimè male) un piccolo edificio privo di facciata sovrastato
dall’antistante ben più nobile e imponente Palazzo Belgioioso. Ma è un fatto
che Giulia Beccaria dopo poco meno di un anno dall’acquisto scriveva allo zio
Michele de Blasco: “Ci troviamo contentissimi della nostra nuova casa per
l’aspetto veramente felice...”. Comunque il Manzoni dopo l’acquisto iniziò immediatamente una serie di
ristrutturazioni, scaglionate nel tempo a causa delle difficoltà economiche che culminarono 50 anni dopo
con il rifacimento della facciata in quello stile neorinascimentale che ancora possiamo ammirare, oltre che
con l’arretramento del fianco su via Morone imposto dal Comune. Alla morte del Manzoni (1874) la casa,
messa all’asta dagli eredi, fu acquistata da Bernardo Arnaboldi Cazzaniga (un antenato di Letizia Moratti)
che la conservò con cura e la arricchì di affreschi ispirati a varie opere manzoniane.
I problemi sorsero alla sua morte (1918) quando gli eredi per prima cosa vendettero il giardino
retrostante, che successivamente fu acquisito dalla confinante Banca Commerciale Italiana (oggi Intesa
San Paolo), e subito dopo cercarono di ottenere l’allentamento dei vincoli sull’immobile imposti dalla
Sopraintendenza ai Monumenti, cosa che riuscì solo al proprietario seguente che fu autorizzato a eseguire
profonde ristrutturazioni interne. Quando nel 1937 fu istituito il Centro di Studi Manzoniano, la Cassa di
Risparmio delle Provincie Lombarde acquistò l’immobile e lo donò al Centro perché ne facesse la sua
sede. Tre anni dopo la proprietà passò al Comune di Milano che iniziò i restauri mirati al ripristino
dell’edificio com’era ai tempi del Manzoni, lavori che si rivelarono subito molto impegnativi per le
modifiche apportate negli anni dai vari proprietari. Lo scoppio della guerra causò la sospensione dei
lavori, ripresi solo negli anni ’60. Nel 1965 fu finalmente inaugurato il Museo Manzoniano che però dopo
alcuni anni fu nuovamente costretto a chiudere. La riapertura, speriamo definitiva, l’ottobre scorso.
3
La Milano bene dei Beccaria, Verri, Manzoni
Quando Giulia Beccaria nel 1780 rientra nella casa del padre Cesare, dopo un
lungo periodo passato in convento, è una bella e vivace diciottenne
desiderosa di gettarsi nella brillante vita sociale milanese dalla quale era
stata fino allora esclusa. Comincia a frequentare i salotti degli amici di
famiglia, di casa Verri in primis, dove conosce Giovanni, fratello minore del
più famoso Pietro Verri, e se ne innamora. La cosa preoccupa non poco le due
famiglie visto che un matrimonio non è pensabile per lo scarso patrimonio di
casa Beccaria. Bisogna trovare in fretta un marito per Giulia disposto a
chiudere un occhio sulla dote striminzita. Il marito viene individuato in Pietro
Manzoni, vedovo benestante, di 26 anni più vecchio, che condivide una casa
sui Navigli piccola e umida con sette sorelle nubili. Il matrimonio è celebrato
nel 1782 ma ciò non impedisce a Giulia di continuare a frequentare casa Verri
tanto da avere, tre anni più tardi, un figlio da Giovanni. Agli appassionati di
lirica non può non venire in mente il titolo della più famosa opera di
Gioacchino Rossini: Il barbiere di Siviglia, ossia l’inutile precauzione. Per
evitare uno scandalo Pietro Manzoni signorilmente riconosce come suo il
piccolo Alessandro, ma subito lo allontana mandandolo prima a balia e poi in
collegio. La vita familiare per Giulia, che nel frattempo si è stancata di
Giovanni e innamorata di Carlo Imbonati, si fa sempre più insopportabile. Nel
1792 il matrimonio viene annullato, il piccolo Alessandro affidato al padre che
però lo riaccoglierà nella casa paterna solo nel 1801. Nel frattempo (1794)
Giulia raggiunge il suo amante a Parigi. La felicità dura poco perché nel 1805
Carlo Imbonati muore lasciando a Giulia il suo intero patrimonio. Alessandro
raggiunge la madre a Parigi e scrive l’ode In morte di Carlo Imbonati che sarà
la prima sua opera stampata. Frequenta i salotti intellettuali di Parigi dove la
madre si attiva per trovargli una moglie. Dopo vari tentativi viene individuata
la sedicenne Enrichetta Blondel, calvinista, che -guarda caso- già vive a
Milano con il padre, banchiere ginevrino. Il matrimonio si celebra a Milano nel
1808 con rito calvinista, poi gli sposi si trasferiscono a Parigi. Nello stesso
anno nasce la prima figlia che viene battezzata: è il primo segno del cammino
di avvicinamento dei coniugi e della madre Giulia alla religione cattolica che
nel 1810 verrà ufficializzato con la celebrazione di un nuovo matrimonio con
rito cattolico. Nel giugno di questo stesso anno, la famiglia Manzoni, madre
compresa, si trasferisce definitivamente a Milano. Nel 1813 viene acquistata
la casa in via Morone che sarebbe diventata la Casa Manzoni come noi la
conosciamo.
Gli anni successivi sono quelli più fecondi, nei quali il Manzoni scrive gli Inni
Sacri, le due tragedie Il conte di Carmagnola e l'Adelchi, l'ode Marzo 1821, Il
Cinque Maggio, il romanzo Fermo e Lucia, prima stesura di quello che nel
1827 diventerà I Promessi Sposi che vedrà la stesura definitiva nel 1840, con
l’aggiunta de La colonna infame, dopo un soggiorno di qualche mese a
Firenze “per sciacquare i panni in Arno”.
Natale 1833: Enrichetta muore di tubercolosi, forse a causa delle troppe
gravidanze. L’anno successivo muore la primogenita Giulia diventata consorte
di Massimo d’Azelio. Nel 1837 Manzoni sposa Teresa Borri, vedova del conte
Stampa e madre di un figlio, che appena trasferitasi in via Morone comincia
subito a scontrarsi contro la volontà di comando della suocera.
Dalla lotta ne uscirà vincente ma a farne le spese sarà l’amico fraterno,
Tommaso Grossi, che dovrà lasciare i due locali al piano terra di via Morone
dove abitava da vent’anni. Nel 1841 muore la madre.
L’ispirazione letteraria sembra aver lasciato il Manzoni che negli ultimi 30
anni della sua vita si indirizza verso opere di saggistica e verso la politica.
Nel 1860 si è ormai perso il ricordo di quell’Alessandro Manzoni scapestrato e
miscredente che sessant’anni prima passava le serate sperperando il
patrimonio paterno giocando al Ridotto della Scala. Ormai è una gloria
nazionale, viene nominato Senatore nel primo Parlamento d’Italia, Giuseppe
Verdi lo chiama “il mio santo”. L’anno successivo muore la moglie Teresa. Nel
marzo 1873 cade battendo la testa contro uno scalino della chiesa di San
Fedele e, dopo una lunga agonia, il 22 maggio muore. Verdi gli dedica uno
dei suoi capolavori, la Messa di Requiem.
4
A. Appiani: Alessandro
Manzoni a 4 anni in braccio
alla madre Giulia Beccaria
A. Manzoni tra la madre e la
moglie Enrichetta con i 7 figli
F. Hayez: Alessandro
Manzoni (particolare)
F. Hayez: Teresa Borri
A. Manzoni e G. Verdi
Al Museo Poldi Pezzoli sono esposti fino a fine mese 55 quadri di pittori
macchiaioli e dell’’800 italiano appartenenti alla collezione di Giacomo
e Ida Jucker. Non si tratta perciò di una grande mostra tanto che i
quadri, per lo più di piccole dimensioni come si addice a una collezione
privata, sono disposti in uno spazio ridotto al piano terra dello storico
palazzo che ospita il Museo, ma è comunque un’occasione che gli
appassionati del genere non si dovrebbero lasciar sfuggire vista la
qualità delle opere mediamente alta.
Fanno la parte del leone i nomi più importanti come Giovanni Fattori,
di cui sono esposte varie tavolette che hanno per soggetto i cavalli,
tema ripreso più volte con ottimi risultati dall’artista livornese, tra cui
Cavalleggeri in avanscoperta e vedute della costa di Castiglioncello. Di
Silvestro Lega si può ammirare Curiosità, il quadro- icona della
mostra, che rappresenta una donna ritratta di spalle che sbircia sulla
strada attraverso le fessure di una persiana. Lega è rappresentato
molto bene grazie anche ad alcuni ritratti di donne di piccole
dimensioni. Interessante l’unico quadro di Federico Zandomeneghi,
la Signora sul prato che risale al periodo in cui il pittore veneziano
risiedeva a Parigi e dipingeva spesso en plein air come all’epoca si
usava, a fianco di impressionisti come Pissarro e Guillaumin, senza
però che la sua tecnica venga influenzata, visto che rimane più italiana
che francese con pennellate che ricordano Gaetano Previati, come fa
notare la bella audioguida. Di Giacomo Favretto è esposta La bottega
delle fioraie del 1881, ossia del periodo parigino dell’artista veneziano,
che per la pennellata molto mossa può ricordare alcuni quadri della
Scapigliatura più che le opere di Lega o Fattori. Un altro “parigino”,
Giuseppe De Nittis, è presente con Che freddo! In una mostra
dedicata ai Macchiaioli non poteva mancare Telemaco Signorini, uno
dei padri del movimento, del quale si può ammirare Veduta di
Settignano, paese oggi frazione della natia Firenze. Infine citiamo un
curioso Segantini, La gioia del colore (Il prosciutto), curioso perché
dipinto in uno stile molto lontano da quello delle vedute montane per
cui il pittore trentino è famoso. Ciò si spiega perché il quadro fa parte
di una serie di opere commissionate dall’editore Emilio Treves per
arredare la sua abitazione.
Un video che illustra molto bene la mostra si può vedere sul sito del
Museo.
Giuseppe De Nittis
Che freddo!
Giovanni Fattori
Silvestro Lega che dipinge sugli scogli
Telemaco Signorini
Veduta di Settignano
Orari
Il Museo è aperto dalle ore 10 alle 18 e chiuso il
martedì e nei giorni festivi
Biglietti
Intero 10 euro, ridotto 7 euro
Via Manzoni 12
20121 Milano
Informazioni
E-mail: [email protected]
Telefono: +39 02 79 4889/6334
5
Giovanni Segantini
La gioia del colore
Come spiega il curatore Fernando Mazzocca, la mostra Simbolismo. Dalla
Belle Époque alla Grande Guerra, vuole mettere a confronto le principali
scuole del movimento simbolista grazie all’esposizione di 130 opere tra oli,
litografie e incisioni. Ci accompagna lungo il percorso, con una serie di
pannelli di citazioni, una guida d’eccezione, il poeta Charles Baudelaire che
con i suoi Fiori del male aveva anticipato di 30 anni la nascita del
movimento, influenzando in particolare il filone franco-belga che ha tra i
protagonisti Gustave Moreau e Odilon Redon. Il filone centro-europeo,
sviluppatosi sull’asse Vienna-Monaco di Baviera, ha invece le sue radici
nella filosofia di Schopenhauer e Nietzsche, negli studi dell’inconscio di
Freud e nella musica e nelle teorie artistiche di Wagner. Tra gli artisti Franz
von Stuck e Arnold Böcklin. In Italia troviamo le radici letterarie in
D’Annunzio che ha influenzato e sponsorizzato gli artisti della scuola
romana (Giulio Aristide Sartorio e Galileo Chini in primis) e milanese
(Giovanni Segantini e Gaetano Previati). La mostra presenta non solo gli
artisti più famosi, ma anche nomi poco noti al grande pubblico ma che
hanno comunque avuto un ruolo importante nel movimento. Così l’icona
della mostra che campeggia sui manifesti e sulla copertina del catalogo è
Carezze del belga Ferdinand Khnopff, non certo uno degli artisti più celebri
del suo tempo. Del ben più noto Odilon Redon non sono esposte le
composizioni floreali dagli accesi colori che gli hanno dato la fama ma una
serie di 8 litografie di piccolo formato in bianco e nero. L’influenza di
Wagner sui Simbolisti è testimoniata dal Parsifal di Leo Putz che trae
spunto non già dalle scene mistiche dell’Incantesimo del Venerdì Santo o
del Santo Graal ma piuttosto dall’erotismo della seduttrice Kundry e delle
Fanciulle in fiore. L’erotismo, che costituisce una componente
imprescindibile del movimento, è ben testimoniato, tanto per fare alcuni
esempi, da La nascita di Venere di Ettore Tito, lontana mille miglia dal nudo
asettico di botticelliana memoria, o dai molti nudi delle opere di Sartorio
che, sottolinea Mazzocca, “assorbe l’eredità dei preraffaelliti fondendola
all’eredità di Fidia e Michelangelo” in opere luminose, in netto contrasto con
quelle cupe del filone tedesco come Il peccato di von Stuck, o Il silenzio
della foresta di Böcklin o il provocatorio Al chiaro di luna di Albert von
Keller. Completano la ricca selezione di artisti italiani alcune interessanti
opere di Segantini (Angelo dell’Amore, Amore alla fonte della vita), di
Galileo Chini, di Alberto Martini e Gaetano Previati.
Franz von Stuck - Il peccato
Ettore Tito - La nascita di Venere
Simbolismo. Dalla Belle Époque alla Grande Guerra
Milano, Palazzo Reale - Fino al 5 giugno 2016
Infoline
+39.02 54914
Informazioni e acquisto biglietti
Prezzi dei biglietti, compresa audioguida
Intero: € 12,00
Ridotto: € 10,00
Gruppi: € 10,00
Scuole: € 6,00
Famiglie: € 10,00 per adulto (massimo 2 adulti)
€ 6 per bambino (da 6 a 14 anni)
Orari
Lunedì:
14.30 - 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica:
9.30 - 19.30
giovedì e sabato: 9.30 - 22.30
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima
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Il simbolismo tra poesia, musica e pittura
Verso gli anni 1880 entrano in crisi i movimenti che negli anni
immediatamente precedenti si erano contesi l’attenzione della scena
artistica: il realismo della pittura accademica e l’impressionismo. A
contrapporsi, senza però sostituirsi, a entrambi nasce il simbolismo
che non si propone di descrivere ma di evocare, trasmettere
impressioni, suggerire stati d’animo.
Questo movimento si configura immediatamente come
interdisciplinare, visto che, pur nascendo in ambito letterario, si
estende al teatro, alla musica e alle arti figurative.
Non sorge dal nulla perché troviamo anticipazioni nella poetica di
Charles Baudelaire (Les Fleurs du mal sono del 1857) e, negli anni
1860-70, nelle opere di Stéphane Mallarmé, Paul Verlaine e Arthur
Rimbaud, che sosteneva: “Il poeta deve farsi veggente, esplorare
l’ignoto”.
In campo musicale troviamo una chiara anticipazione in Richard
Wagner, in particolare in Parsifal, in filosofia nelle opere di A.
Schopenhauer e H. Bergson. In pittura non sono mancati i precursori
romantici come Johann Heinrich Füssli, William Blake, Caspar David
Friedrich e i prerafaelliti come Dante Gabriel Rossetti, P. Puvis de
Chavannes, con le sue vaste e semplificate composizioni allegoriche e
simboliche, e Odilon Redon.
L’atto di nascita del movimento viene considerato l’articolo del poeta
Jean Moréas, Un Manifeste littéraire, pubblicato nel 1886 su Le Figaro,
anticipando quanto avrebbero fatto i Futuristi 23 anni più tardi. Il
movimento proclamava che “nemica della descrizione oggettiva, la
poesia simbolista cerca di rivestire l’Idea di una forma sensibile”. Dalla
ristretta cerchia dei poeti l’ideale simbolista prende rapidamente piede
tra i pittori tanto che nel 1891 il critico G. A. Aurier ha sufficiente
materiale per scriverci un libro (Le symbolisme en peinture).
Altrettanto importante è stata l’influenza in campo musicale, ad
esempio sulle opere di Claude Debussy o di Erik Satie.
Il movimento si diffonde rapidamente oltre i confini francesi. A puro
titolo di esempio citiamo il belga Maurice Maeterlinck (Debussy ha
utilizzato il suo Pelléas et Mélisande come libretto della sua unica
opera), il norvegese Munch, l’irlandese Oscar Wilde, l’italiano Gabriele
d’Annunzio, l’austriaco Gustav Klimt, lo svizzero Arnold Böcklin.
J. H. Füssli - L’incubo (1781)
A. Böcklin - L'Isola dei Morti (1883)
Leo Putz - Parsifal
Cosa trovi in biblioteca
Barilli, Renato
Il Simbolismo. Le immagini dell’idea
Gibson, Michael
Il Simbolismo
Baudelaire, Charles
I fiori del male
Lacambre, Genevieve
Moreau
Benedetti, Maria Teresa
Simbolismo
Maeterlinck, Maurice
Poesia; Teatro; Prosa
Bietoletta, Silvestra
I Macchiaioli
Mazzocca, Fernando
Gaetano Previati 1852-1920
Briosi, Sandro
Simbolo
Mazzocca, Fernando
I macchiaioli
Damigella, Anna Maria
La pittura simbolista in Italia 1885-1900
Montenz, Nicola
Parsifal e l''Incantatore
Elettrico, Maurizio
I significati nascosti
Raymond, Marcel
Da Baudelaire al Surrealismo
Fugazza, Stefano
Simbolismo
Volpi, Marisa
Böcklin
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Biblioteca Comunale
La Biblioteca Comunale di Segrate, presente sul
territorio dal 1970, garantisce a tutti i cittadini la
possibilità di informarsi attraverso la consultazione e
il prestito di libri, quotidiani, periodici, dvd, cd
musicali, cd-rom e risorse digitali.
In biblioteca è possibile navigare in internet da
postazioni multimediali fisse oppure attraverso la rete
wireless gratuita e accedere alla biblioteca digitale
per consultare online quotidiani italiani e stranieri,
banche dati professionali, risorse audio e video,
e-book.
Per il 187° incontro il Gruppo di Lettura sta
leggendo il romanzo Lolita di Vladimir Nabokov
La biblioteca organizza iniziative per promuovere la
lettura coinvolgendo lettori di tutte le età, dai
bambini agli adulti, e favorisce lo scambio tra culture
diverse e l’accesso alle risorse informative e culturali
da parte di tutti i cittadini, senza distinzione di età,
razza, sesso, religione, nazionalità, lingua
o condizione sociale.
La Biblioteca Comunale di Segrate fa parte di CUBI,
Culture Biblioteche, rete di 70 biblioteche in grado di
offrire un catalogo di oltre un milione di documenti
tra libri, riviste, film e musica che possono essere
selezionati e ordinati tramite il catalogo online e
l’app SBVinTasca che permette
di accedere da smartphone a tutti
i servizi della biblioteca.
Appuntamento giovedì 25 febbraio
ore 21.00
ingresso libero
Tra i servizi online disponibili si
segnalano MediaLibrary, che
permette tra l’altro il prestito di
e-book, e Bibliomediablog, blog
delle biblioteche digitali pubbliche.
Centro Civico “Giuseppe Verdi”
Sala Polifunzionale
Via XXV Aprile - Segrate
http://gruppoletturasegrate.blogspot.it/
Scopri le nuove regole valide in tutte le biblioteche di
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Centro Civico Giuseppe Verdi - Via XXV Aprile
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In collaborazione con D COME DONNA
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