febbraio 2015 Biblio news Riapre al pubblico la casa del Manzoni Dopo un restauro durato 7 mesi, la Casa del Manzoni di via Morone è stata riaperta al pubblico. Sono visitabili al piano terra lo studio del poeta e, al primo piano, quelli che furono i locali di rappresentanza e le camere da letto della famiglia. Il secondo piano, dove abitava la madre Giulia Beccaria, è invece occupato dal Centro Studi Manzoniani ed è accessibile solo per motivi di studio. Dopo un restauro durato 7 mesi, con interventi su 5.800 mq di superfici interne (di cui 1.600 mq di decorazioni), oltre 300 mq di soffittature lignee a cassettoni, 250 mq di pavimentazioni storiche e 1.400 mq di facciate, costato circa 4 milioni di euro, lo scorso ottobre la Casa del Manzoni di via Morone è stata riaperta al pubblico. La visita inizia a piano terra, dallo studio dove Alessandro Manzoni ha scritto buona parte delle sue opere su un tavolinetto sotto la finestra che dà sul giardino, ben illuminato al contrario della scrivania posta al centro della stanza. L’arredo è quello lasciato dal Manzoni, analogamente alla camera da letto del poeta al primo piano. Tutti gli altri locali della casa sono stati invece arredati con criteri museali perché gli arredi originali sono andati perduti. Sempre a piano terra, c’è il cosiddetto “Studio di Tommaso Grossi”, che amava lavorare in questo locale vicino all’amico Alessandro, che però non contiene nulla che facesse parte dell’arredamento originale. Per visitare gli spazi originariamente adibiti ad abitazione della famiglia, all’accoglienza degli amici e ad altre attività sociali bisogna riattraversare il cortile e salire per un elegante scalone al primo piano. La prima stanza raccoglie cimeli, ritratti e souvenir della famiglia, come il genero Massimo d’Azeglio, e degli amici più stretti. La seconda sala è dedicata ai ritratti manzoniani: dipinti, incisioni, fotografie, bronzetti, la terza a cimeli legati in vario modo ai Promessi Sposi. Non ci sono opere di autori famosi tranne un piccolo disegno a china di Gaetano Previati. Queste tre stanze erano quelle di rappresentanza come si vede dalla qualità di pavimenti a parquet e dalle decorazioni dei soffitti. Procedendo si entra nella zona più domestica e si nota immediatamente la diversa qualità del parquet. La prima stanza era la camera matrimoniale. In alcune vetrinette sono presentati volumi acquistati dalla seconda moglie Teresa Stampa mentre alle pareti si possono ammirare due serie di stampe di Gallo Gallina (1828) e di Bartolomeo Pinelli (1830-33) sul tema dei Promessi Sposi. Dalla camera matrimoniale si può passare alla camera da letto privata di Alessandro Manzoni, che raccoglie l’arredamento esistente alla sua morte, oppure alla camera del figliastro Stefano Stampa. In questo locale stretto e lungo sono esposti numerosi libri, dalla prima opera pubblicata, ossia l’Ode in morte di Carlo Imbonati, il compagno della madre Giulia Beccaria nel periodo parigino, del 1806, fino all’ultima definitiva edizione dei Promessi Sposi del 1840 contenente anche la Storia della colonna infame. Tra queste due opere vari testi tra cui una copia della prima edizione del 1827 e delle sue traduzioni (quella in tedesco del 1827, che fu la prima a essere realizzata grazie al pressante interessamento di Johann Wolfgang von Goethe che molto apprezzava l’opera del Manzoni tanto da aver tradotto Il cinque maggio; la seconda dell’anno seguente in inglese, la terza in francese del 1832). Ritornando allo scalone si attraversano alcune stanzette dove sono esposti alcuni oggetti appartenuti al Manzoni, come il suo bastone da passeggio e la sua paglietta, e altri che testimoniano la sua passione per la botanica che coltivava nella gestione della tenuta di Brusuglio (oggi frazione del comune di Cormano) che la madre aveva ereditato da Carlo Imbonati. Il secondo piano, originariamente destinato agli appartamenti della madre Giulia Beccaria sono attualmente occupati dal Centro Studi Manzoniani: non sono aperti al pubblico ma sono accessibili solo per motivi di studio. La casa del Manzoni è visitabile gratuitamente da martedì a venerdì dalle 10 alle 18, il sabato dalle 14 alle 18, tranne i giorni festivi. 2 Lo studio a pian terreno Illustrazioni de I Promessi Sposi alle pareti di quella che fu la camera matrimoniale Cameretta del Manzoni con l’arredo originale Sala dei Promessi Sposi Promessi Sposi all’opera Cosa trovi in biblioteca Come molti altri romanzi ottocenteschi, anche i Promessi Sposi hanno dato luogo a opere liriche. Luigi Inzaghi in Alessandro Manzoni e Milano, ne cita 5, cadute nel dimenticatoio, e altre due che ebbero un certo successo all’epoca, vista anche la notorietà dei musicisti e dei librettisti. Di esse esiste una registrazione parziale interpretata da una diva del bel canto come Magda Olivero. Si tratta della seconda opera di Amilcare Ponchielli, (più noto per aver composto La Gioconda, uno dei cavalli di battaglia di Maria Callas) che ebbe varie rielaborazioni tra il 1856 e il 1873. Quest’ultima versione, con il libretto rielaborato da Emilio Praga, ebbe un notevole successo al teatro Dal Verme di Milano. Anche Errico Petrella si cimentò con lo stesso soggetto sui testi di Antonio Ghislanzoni, il librettista dell’Aida di Giuseppe Verdi. Il successo al Teatro Sociale di Lecco (1869) fu discreto, poi l’opera venne dimenticata. Ma non completamente dato che anche di questa esiste una registrazione parziale di Magda Olivero. Baudinelli, Riccardo In viaggio con Renzo e Lucia Bianchini, Edoardo Invito alla lettura di Alessandro Manzoni Campolunghi, Piero Romanzo e realtà nelle vere paternità di Giulia Beccaria e di suo figlio Alessandro Manzoni Cottignoli, Alfredo Manzoni - Guida ai Promessi sposi D'angelo, Paolo Le nevrosi di Manzoni - Quando la storia uccise la poesia Eco, Umberto Tra menzogna e ironia Ginzburg, Natalia La famiglia Manzoni Inzaghi, Luigi Alessandro Manzoni e Milano Nencioni, Giovanni La lingua dei "Promessi sposi" Manzoni, Alessandro Alessandro Manzoni - Opere Il soprano Magda Olivero Casa Manzoni Difficile condividere l’entusiasmo di Giulia Beccaria per l’acquisto nel 1813 da parte del figlio Alessandro Manzoni della casa che sarebbe stata l’ultima della sua vita, visto che ci abitò per 60 anni fino alla morte. Infatti in una stampa dell’epoca si vede (ahimè male) un piccolo edificio privo di facciata sovrastato dall’antistante ben più nobile e imponente Palazzo Belgioioso. Ma è un fatto che Giulia Beccaria dopo poco meno di un anno dall’acquisto scriveva allo zio Michele de Blasco: “Ci troviamo contentissimi della nostra nuova casa per l’aspetto veramente felice...”. Comunque il Manzoni dopo l’acquisto iniziò immediatamente una serie di ristrutturazioni, scaglionate nel tempo a causa delle difficoltà economiche che culminarono 50 anni dopo con il rifacimento della facciata in quello stile neorinascimentale che ancora possiamo ammirare, oltre che con l’arretramento del fianco su via Morone imposto dal Comune. Alla morte del Manzoni (1874) la casa, messa all’asta dagli eredi, fu acquistata da Bernardo Arnaboldi Cazzaniga (un antenato di Letizia Moratti) che la conservò con cura e la arricchì di affreschi ispirati a varie opere manzoniane. I problemi sorsero alla sua morte (1918) quando gli eredi per prima cosa vendettero il giardino retrostante, che successivamente fu acquisito dalla confinante Banca Commerciale Italiana (oggi Intesa San Paolo), e subito dopo cercarono di ottenere l’allentamento dei vincoli sull’immobile imposti dalla Sopraintendenza ai Monumenti, cosa che riuscì solo al proprietario seguente che fu autorizzato a eseguire profonde ristrutturazioni interne. Quando nel 1937 fu istituito il Centro di Studi Manzoniano, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde acquistò l’immobile e lo donò al Centro perché ne facesse la sua sede. Tre anni dopo la proprietà passò al Comune di Milano che iniziò i restauri mirati al ripristino dell’edificio com’era ai tempi del Manzoni, lavori che si rivelarono subito molto impegnativi per le modifiche apportate negli anni dai vari proprietari. Lo scoppio della guerra causò la sospensione dei lavori, ripresi solo negli anni ’60. Nel 1965 fu finalmente inaugurato il Museo Manzoniano che però dopo alcuni anni fu nuovamente costretto a chiudere. La riapertura, speriamo definitiva, l’ottobre scorso. 3 La Milano bene dei Beccaria, Verri, Manzoni Quando Giulia Beccaria nel 1780 rientra nella casa del padre Cesare, dopo un lungo periodo passato in convento, è una bella e vivace diciottenne desiderosa di gettarsi nella brillante vita sociale milanese dalla quale era stata fino allora esclusa. Comincia a frequentare i salotti degli amici di famiglia, di casa Verri in primis, dove conosce Giovanni, fratello minore del più famoso Pietro Verri, e se ne innamora. La cosa preoccupa non poco le due famiglie visto che un matrimonio non è pensabile per lo scarso patrimonio di casa Beccaria. Bisogna trovare in fretta un marito per Giulia disposto a chiudere un occhio sulla dote striminzita. Il marito viene individuato in Pietro Manzoni, vedovo benestante, di 26 anni più vecchio, che condivide una casa sui Navigli piccola e umida con sette sorelle nubili. Il matrimonio è celebrato nel 1782 ma ciò non impedisce a Giulia di continuare a frequentare casa Verri tanto da avere, tre anni più tardi, un figlio da Giovanni. Agli appassionati di lirica non può non venire in mente il titolo della più famosa opera di Gioacchino Rossini: Il barbiere di Siviglia, ossia l’inutile precauzione. Per evitare uno scandalo Pietro Manzoni signorilmente riconosce come suo il piccolo Alessandro, ma subito lo allontana mandandolo prima a balia e poi in collegio. La vita familiare per Giulia, che nel frattempo si è stancata di Giovanni e innamorata di Carlo Imbonati, si fa sempre più insopportabile. Nel 1792 il matrimonio viene annullato, il piccolo Alessandro affidato al padre che però lo riaccoglierà nella casa paterna solo nel 1801. Nel frattempo (1794) Giulia raggiunge il suo amante a Parigi. La felicità dura poco perché nel 1805 Carlo Imbonati muore lasciando a Giulia il suo intero patrimonio. Alessandro raggiunge la madre a Parigi e scrive l’ode In morte di Carlo Imbonati che sarà la prima sua opera stampata. Frequenta i salotti intellettuali di Parigi dove la madre si attiva per trovargli una moglie. Dopo vari tentativi viene individuata la sedicenne Enrichetta Blondel, calvinista, che -guarda caso- già vive a Milano con il padre, banchiere ginevrino. Il matrimonio si celebra a Milano nel 1808 con rito calvinista, poi gli sposi si trasferiscono a Parigi. Nello stesso anno nasce la prima figlia che viene battezzata: è il primo segno del cammino di avvicinamento dei coniugi e della madre Giulia alla religione cattolica che nel 1810 verrà ufficializzato con la celebrazione di un nuovo matrimonio con rito cattolico. Nel giugno di questo stesso anno, la famiglia Manzoni, madre compresa, si trasferisce definitivamente a Milano. Nel 1813 viene acquistata la casa in via Morone che sarebbe diventata la Casa Manzoni come noi la conosciamo. Gli anni successivi sono quelli più fecondi, nei quali il Manzoni scrive gli Inni Sacri, le due tragedie Il conte di Carmagnola e l'Adelchi, l'ode Marzo 1821, Il Cinque Maggio, il romanzo Fermo e Lucia, prima stesura di quello che nel 1827 diventerà I Promessi Sposi che vedrà la stesura definitiva nel 1840, con l’aggiunta de La colonna infame, dopo un soggiorno di qualche mese a Firenze “per sciacquare i panni in Arno”. Natale 1833: Enrichetta muore di tubercolosi, forse a causa delle troppe gravidanze. L’anno successivo muore la primogenita Giulia diventata consorte di Massimo d’Azelio. Nel 1837 Manzoni sposa Teresa Borri, vedova del conte Stampa e madre di un figlio, che appena trasferitasi in via Morone comincia subito a scontrarsi contro la volontà di comando della suocera. Dalla lotta ne uscirà vincente ma a farne le spese sarà l’amico fraterno, Tommaso Grossi, che dovrà lasciare i due locali al piano terra di via Morone dove abitava da vent’anni. Nel 1841 muore la madre. L’ispirazione letteraria sembra aver lasciato il Manzoni che negli ultimi 30 anni della sua vita si indirizza verso opere di saggistica e verso la politica. Nel 1860 si è ormai perso il ricordo di quell’Alessandro Manzoni scapestrato e miscredente che sessant’anni prima passava le serate sperperando il patrimonio paterno giocando al Ridotto della Scala. Ormai è una gloria nazionale, viene nominato Senatore nel primo Parlamento d’Italia, Giuseppe Verdi lo chiama “il mio santo”. L’anno successivo muore la moglie Teresa. Nel marzo 1873 cade battendo la testa contro uno scalino della chiesa di San Fedele e, dopo una lunga agonia, il 22 maggio muore. Verdi gli dedica uno dei suoi capolavori, la Messa di Requiem. 4 A. Appiani: Alessandro Manzoni a 4 anni in braccio alla madre Giulia Beccaria A. Manzoni tra la madre e la moglie Enrichetta con i 7 figli F. Hayez: Alessandro Manzoni (particolare) F. Hayez: Teresa Borri A. Manzoni e G. Verdi Al Museo Poldi Pezzoli sono esposti fino a fine mese 55 quadri di pittori macchiaioli e dell’’800 italiano appartenenti alla collezione di Giacomo e Ida Jucker. Non si tratta perciò di una grande mostra tanto che i quadri, per lo più di piccole dimensioni come si addice a una collezione privata, sono disposti in uno spazio ridotto al piano terra dello storico palazzo che ospita il Museo, ma è comunque un’occasione che gli appassionati del genere non si dovrebbero lasciar sfuggire vista la qualità delle opere mediamente alta. Fanno la parte del leone i nomi più importanti come Giovanni Fattori, di cui sono esposte varie tavolette che hanno per soggetto i cavalli, tema ripreso più volte con ottimi risultati dall’artista livornese, tra cui Cavalleggeri in avanscoperta e vedute della costa di Castiglioncello. Di Silvestro Lega si può ammirare Curiosità, il quadro- icona della mostra, che rappresenta una donna ritratta di spalle che sbircia sulla strada attraverso le fessure di una persiana. Lega è rappresentato molto bene grazie anche ad alcuni ritratti di donne di piccole dimensioni. Interessante l’unico quadro di Federico Zandomeneghi, la Signora sul prato che risale al periodo in cui il pittore veneziano risiedeva a Parigi e dipingeva spesso en plein air come all’epoca si usava, a fianco di impressionisti come Pissarro e Guillaumin, senza però che la sua tecnica venga influenzata, visto che rimane più italiana che francese con pennellate che ricordano Gaetano Previati, come fa notare la bella audioguida. Di Giacomo Favretto è esposta La bottega delle fioraie del 1881, ossia del periodo parigino dell’artista veneziano, che per la pennellata molto mossa può ricordare alcuni quadri della Scapigliatura più che le opere di Lega o Fattori. Un altro “parigino”, Giuseppe De Nittis, è presente con Che freddo! In una mostra dedicata ai Macchiaioli non poteva mancare Telemaco Signorini, uno dei padri del movimento, del quale si può ammirare Veduta di Settignano, paese oggi frazione della natia Firenze. Infine citiamo un curioso Segantini, La gioia del colore (Il prosciutto), curioso perché dipinto in uno stile molto lontano da quello delle vedute montane per cui il pittore trentino è famoso. Ciò si spiega perché il quadro fa parte di una serie di opere commissionate dall’editore Emilio Treves per arredare la sua abitazione. Un video che illustra molto bene la mostra si può vedere sul sito del Museo. Giuseppe De Nittis Che freddo! Giovanni Fattori Silvestro Lega che dipinge sugli scogli Telemaco Signorini Veduta di Settignano Orari Il Museo è aperto dalle ore 10 alle 18 e chiuso il martedì e nei giorni festivi Biglietti Intero 10 euro, ridotto 7 euro Via Manzoni 12 20121 Milano Informazioni E-mail: [email protected] Telefono: +39 02 79 4889/6334 5 Giovanni Segantini La gioia del colore Come spiega il curatore Fernando Mazzocca, la mostra Simbolismo. Dalla Belle Époque alla Grande Guerra, vuole mettere a confronto le principali scuole del movimento simbolista grazie all’esposizione di 130 opere tra oli, litografie e incisioni. Ci accompagna lungo il percorso, con una serie di pannelli di citazioni, una guida d’eccezione, il poeta Charles Baudelaire che con i suoi Fiori del male aveva anticipato di 30 anni la nascita del movimento, influenzando in particolare il filone franco-belga che ha tra i protagonisti Gustave Moreau e Odilon Redon. Il filone centro-europeo, sviluppatosi sull’asse Vienna-Monaco di Baviera, ha invece le sue radici nella filosofia di Schopenhauer e Nietzsche, negli studi dell’inconscio di Freud e nella musica e nelle teorie artistiche di Wagner. Tra gli artisti Franz von Stuck e Arnold Böcklin. In Italia troviamo le radici letterarie in D’Annunzio che ha influenzato e sponsorizzato gli artisti della scuola romana (Giulio Aristide Sartorio e Galileo Chini in primis) e milanese (Giovanni Segantini e Gaetano Previati). La mostra presenta non solo gli artisti più famosi, ma anche nomi poco noti al grande pubblico ma che hanno comunque avuto un ruolo importante nel movimento. Così l’icona della mostra che campeggia sui manifesti e sulla copertina del catalogo è Carezze del belga Ferdinand Khnopff, non certo uno degli artisti più celebri del suo tempo. Del ben più noto Odilon Redon non sono esposte le composizioni floreali dagli accesi colori che gli hanno dato la fama ma una serie di 8 litografie di piccolo formato in bianco e nero. L’influenza di Wagner sui Simbolisti è testimoniata dal Parsifal di Leo Putz che trae spunto non già dalle scene mistiche dell’Incantesimo del Venerdì Santo o del Santo Graal ma piuttosto dall’erotismo della seduttrice Kundry e delle Fanciulle in fiore. L’erotismo, che costituisce una componente imprescindibile del movimento, è ben testimoniato, tanto per fare alcuni esempi, da La nascita di Venere di Ettore Tito, lontana mille miglia dal nudo asettico di botticelliana memoria, o dai molti nudi delle opere di Sartorio che, sottolinea Mazzocca, “assorbe l’eredità dei preraffaelliti fondendola all’eredità di Fidia e Michelangelo” in opere luminose, in netto contrasto con quelle cupe del filone tedesco come Il peccato di von Stuck, o Il silenzio della foresta di Böcklin o il provocatorio Al chiaro di luna di Albert von Keller. Completano la ricca selezione di artisti italiani alcune interessanti opere di Segantini (Angelo dell’Amore, Amore alla fonte della vita), di Galileo Chini, di Alberto Martini e Gaetano Previati. Franz von Stuck - Il peccato Ettore Tito - La nascita di Venere Simbolismo. Dalla Belle Époque alla Grande Guerra Milano, Palazzo Reale - Fino al 5 giugno 2016 Infoline +39.02 54914 Informazioni e acquisto biglietti Prezzi dei biglietti, compresa audioguida Intero: € 12,00 Ridotto: € 10,00 Gruppi: € 10,00 Scuole: € 6,00 Famiglie: € 10,00 per adulto (massimo 2 adulti) € 6 per bambino (da 6 a 14 anni) Orari Lunedì: 14.30 - 19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30 - 19.30 giovedì e sabato: 9.30 - 22.30 Il servizio di biglietteria termina un’ora prima 6 Il simbolismo tra poesia, musica e pittura Verso gli anni 1880 entrano in crisi i movimenti che negli anni immediatamente precedenti si erano contesi l’attenzione della scena artistica: il realismo della pittura accademica e l’impressionismo. A contrapporsi, senza però sostituirsi, a entrambi nasce il simbolismo che non si propone di descrivere ma di evocare, trasmettere impressioni, suggerire stati d’animo. Questo movimento si configura immediatamente come interdisciplinare, visto che, pur nascendo in ambito letterario, si estende al teatro, alla musica e alle arti figurative. Non sorge dal nulla perché troviamo anticipazioni nella poetica di Charles Baudelaire (Les Fleurs du mal sono del 1857) e, negli anni 1860-70, nelle opere di Stéphane Mallarmé, Paul Verlaine e Arthur Rimbaud, che sosteneva: “Il poeta deve farsi veggente, esplorare l’ignoto”. In campo musicale troviamo una chiara anticipazione in Richard Wagner, in particolare in Parsifal, in filosofia nelle opere di A. Schopenhauer e H. Bergson. In pittura non sono mancati i precursori romantici come Johann Heinrich Füssli, William Blake, Caspar David Friedrich e i prerafaelliti come Dante Gabriel Rossetti, P. Puvis de Chavannes, con le sue vaste e semplificate composizioni allegoriche e simboliche, e Odilon Redon. L’atto di nascita del movimento viene considerato l’articolo del poeta Jean Moréas, Un Manifeste littéraire, pubblicato nel 1886 su Le Figaro, anticipando quanto avrebbero fatto i Futuristi 23 anni più tardi. Il movimento proclamava che “nemica della descrizione oggettiva, la poesia simbolista cerca di rivestire l’Idea di una forma sensibile”. Dalla ristretta cerchia dei poeti l’ideale simbolista prende rapidamente piede tra i pittori tanto che nel 1891 il critico G. A. Aurier ha sufficiente materiale per scriverci un libro (Le symbolisme en peinture). Altrettanto importante è stata l’influenza in campo musicale, ad esempio sulle opere di Claude Debussy o di Erik Satie. Il movimento si diffonde rapidamente oltre i confini francesi. A puro titolo di esempio citiamo il belga Maurice Maeterlinck (Debussy ha utilizzato il suo Pelléas et Mélisande come libretto della sua unica opera), il norvegese Munch, l’irlandese Oscar Wilde, l’italiano Gabriele d’Annunzio, l’austriaco Gustav Klimt, lo svizzero Arnold Böcklin. J. H. Füssli - L’incubo (1781) A. Böcklin - L'Isola dei Morti (1883) Leo Putz - Parsifal Cosa trovi in biblioteca Barilli, Renato Il Simbolismo. Le immagini dell’idea Gibson, Michael Il Simbolismo Baudelaire, Charles I fiori del male Lacambre, Genevieve Moreau Benedetti, Maria Teresa Simbolismo Maeterlinck, Maurice Poesia; Teatro; Prosa Bietoletta, Silvestra I Macchiaioli Mazzocca, Fernando Gaetano Previati 1852-1920 Briosi, Sandro Simbolo Mazzocca, Fernando I macchiaioli Damigella, Anna Maria La pittura simbolista in Italia 1885-1900 Montenz, Nicola Parsifal e l''Incantatore Elettrico, Maurizio I significati nascosti Raymond, Marcel Da Baudelaire al Surrealismo Fugazza, Stefano Simbolismo Volpi, Marisa Böcklin 7 Biblioteca Comunale La Biblioteca Comunale di Segrate, presente sul territorio dal 1970, garantisce a tutti i cittadini la possibilità di informarsi attraverso la consultazione e il prestito di libri, quotidiani, periodici, dvd, cd musicali, cd-rom e risorse digitali. In biblioteca è possibile navigare in internet da postazioni multimediali fisse oppure attraverso la rete wireless gratuita e accedere alla biblioteca digitale per consultare online quotidiani italiani e stranieri, banche dati professionali, risorse audio e video, e-book. Per il 187° incontro il Gruppo di Lettura sta leggendo il romanzo Lolita di Vladimir Nabokov La biblioteca organizza iniziative per promuovere la lettura coinvolgendo lettori di tutte le età, dai bambini agli adulti, e favorisce lo scambio tra culture diverse e l’accesso alle risorse informative e culturali da parte di tutti i cittadini, senza distinzione di età, razza, sesso, religione, nazionalità, lingua o condizione sociale. La Biblioteca Comunale di Segrate fa parte di CUBI, Culture Biblioteche, rete di 70 biblioteche in grado di offrire un catalogo di oltre un milione di documenti tra libri, riviste, film e musica che possono essere selezionati e ordinati tramite il catalogo online e l’app SBVinTasca che permette di accedere da smartphone a tutti i servizi della biblioteca. Appuntamento giovedì 25 febbraio ore 21.00 ingresso libero Tra i servizi online disponibili si segnalano MediaLibrary, che permette tra l’altro il prestito di e-book, e Bibliomediablog, blog delle biblioteche digitali pubbliche. Centro Civico “Giuseppe Verdi” Sala Polifunzionale Via XXV Aprile - Segrate http://gruppoletturasegrate.blogspot.it/ Scopri le nuove regole valide in tutte le biblioteche di CUBI: Regole di CUBI Biblioteca Comunale - Sede centrale Centro Civico Giuseppe Verdi - Via XXV Aprile 20090 Segrate In collaborazione con D COME DONNA Associazione di Promozione Sociale centro d’ascolto, informazione, consulenza, solidarietà Tel. /Fax 02 2133039 Tel. 02 26902374 / 02 26902366 [email protected] [email protected] www.dcomedonna.it www.dcomedonna.it Seguici su facebook 8