Contemporanea
ritratti
«Musica = vita»
Luca Mosca si racconta
di Andrea Oddone Martin
Venezia, custode di Bellezza senza tempo, diventa abbacinante nel
sole di questa giornata. Siamo in campo San Polo dove ci viene incontro cordialmente Luca Mosca, compositore di origine milanese ma ormai naturalizzato veneziano. Dopo pochi minuti, trasferiti nel suo
studio, ci parla della musica, della sua musica.
La musica per me coincide esattamente con la vita, tutto ciò che faccio e per tutto il tempo che ho è scrivere musica. È la mia passione, che con indubitata sicurezza ho
scelto dall’età di sedici anni, dopo aver assistito a un concerto con musiche di Sciarrino (Amore e Psiche). In quel
momento decisi che sarei stato un compositore di musica contemporanea. Quando non scrivo... viaggio! La mia
passione per i viaggi è inesauribile, ho un vero entusiasmo
verso la scoperta e il confronto con altre culture, soprattutto quando sono veramente diverse
da quella cui appartengo. Le esperienze che conduco nei vari viaggi si traducono immediatamente in idee che sviluppo nel mio ambito di assoluta preferenza: la scrittura musicale. Questo
è un binomio di cui i monomi costituenti finiscono inevitabilmente col
sovrapporsi, e mi fa considerare la musica uno splendido viaggio, un viaggio
dove la scoperta è continua, stimolante e rivelatrice.
Ho ereditato la capacità di trasporre le esperienze di carattere extramusicale nella letteratura musicale da Salvatore Sciarrino, uno dei miei fondamentali maestri di composizione insieme all’indimenticato Franco Donatoni. Ho avuto la considerevole fortuna di incontrare questi grandi mentori
in momenti estremamente favorevoli:
Luca Mosca
Donatoni era appena uscito dall’estremo nichilismo nel quale si negava addirittura la possibilità di scrivere musica, e iniziava un periodo estremamente prolifico, generoso e vivace. Il contatto ravvicinato con loro mi ha
profondamente segnato nell’immaginario e nella tecnica musicale.
Lungo questi anni di intensa attività le partiture che sono uscite
dalla sua matita vanno dall’opera alla musica sinfonica, al pianoforte e orchestra, al piano solo... Quale genere predilige Luca Mosca?
Le esperienze musicali che pratico e che ho praticato sono state in un modo o nell’altro indifferentemente congeniali al mio onnivoro interesse in campo musicale, ma
se devo espormi in una preferenza direi la musica operistica e la musica da camera. La mia è una scrittura virtuosistica e la densità delle masse orchestrali non favoriscono l’emergere di dettagli che le piccole formazioni invece
consentono. Poi per me è estremamente stimolante lavorare direttamente con gli interpreti che dovranno poi eseguire le partiture che compongo: i rimandi sono continui
e le idee fioccano, è veramente gratificante.
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Nella sua lunga carriera c’è un particolare lavoro che ama
ricordare?
L’opera America, di cui mia moglie ha scritto il libretto, è
stata un’esperienza che ricordo con un duplice sentimento di pienezza e di grande fatica. A me competevano, oltre
ovviamente a quello di comporre, tutti gli incarichi di cui
solitamente si incarica una produzione: da quelli prettamente logistici a quelli umani, che nel teatro non sono assolutamente meno importanti di quelli artistici. Trasferiti
a Lecce per lavorare con la compagnia che doveva montare l’opera, ci siamo occupati di tutto, lavorando in maniera estenuante. A tutt’oggi, ripensandoci, anche se sono
certissimo di non voler più ripetere un’esperienza simile,
sono altrettanto sicuro che quel momento mi ha regalato
una particolare pienezza.
Le numerose composizioni che puntellano il suo viaggio musicale
sono caratterizzate principalmente dall’uso di strumenti acustici. E
la musica elettronica?
La musica elettronica non mi piace, assistere a un concerto di musica davanti a un diffusore acustico non mi fa
partecipare. Anche la mia lontananza dai mezzi informatici – compongo con il pianoforte, scrivo esclusivamente a mano e non so usare assolutamente il computer nemmeno per le mail – penso che contribuisca a questa mia
distanza. Ammiro le composizioni di musica elettronica
di alcuni compositori, come ad esempio Stockhausen o
Ligeti, ma nel concerto preferisco gli strumenti tradizionali e la gestualità che compete loro. Tradurre in un’idea
compiuta il gesto apparentemente casuale delle mani guidate dal pianoforte costituisce per me la vera e insostituibile esperienza musicale.
Contemporanea
«La memoria dell’acqua»
il nuovo lavoro di Mario Pagotto
Su testo di Paolo Ruffilli
nasce uno spettacolo di suoni, parole, danze
L
a memoria dell’acqua è un’opera di teatro musicale di Mario Pagotto della durata di 75 minuti circa, su testo di Paolo Ruffilli e con le coreografie di Barbara Canal. Si tratta di
una commissione dell’Acqua Minerale San Benedetto, che ricercava un
nuovo lavoro di teatro musicale ispirato al tema dell’acqua che trovasse la sua naturale collocazione scenografica all’interno dello stabilimen-
te, che ha portato l’umanità alla difficile situazione in cui si
trova, e che sarà proprio un cambiamento di mentalità a far
invertire la rotta. Il testo entra in contatto con la musica in
modi diversificati. Vi sono cinque parti cantate (dalla voce del soprano Valentina Coladonato), altre in cui le parole vengono declamate sulla musica, altre ancora in cui vi è
solo recitazione.
Il lavoro è comple t ato, oltre che da parti puramente
strumentali, da
quattro azioni
coreografiche.
Quali sono i
punti di partenza del tuo stile
compositivo?
Indubbiamente la mia formazione, riguardo
allo studio della composizione, deriva dalla
scuola italiana
del dopoguerra. In particolare sono stati determinanti gli
incontri con gli
insegnamenti di
Franco Donatoni e Alessandro
Scena da La memoria dell’acqua
Solbiati. Tuttavia poi, sulla
base di questo
to industriale di Paese di Treviso, dove ha debuttato il 15 marzo scorpensiero musicale – uno dei più limpidi, a mio parere, non
so. L’inusuale palcoscenico, oltre a offrire un ampio spazio che da insolo a livello italiano, ma internazionale – la mia ricerca perdustriale si fa artistico (i precedenti sono numerosissimi), diviene punto
sonale mi ha portato a conoscere e apprezzare altre forme
d’incontro tra arte e tecnica, unite dalla comune
di pensiero musicale, come quello copreoccupazione della gestione e del futuro di un
siddetto minimalista. È nella fusione di
elemento così prezioso e fondamentale per la viqueste due grandi tradizioni che forse
Dal testo di Paolo Ruffilli
ta dell’uomo. Chiediamo al compositore di illusi può trovare una matrice del mio fastrarci un po’ più nel dettaglio lo spettacolo.
re musica. Naturalmente il discorso an….goccia a goccia
La vicenda narrata poeticamente nel
drebbe molto approfondito. In particola sento sussurrare laggiù in fondo:
mormora appena
lavoro di Ruffilli ha come oggetto la
lare poi, nella Memoria dell’acqua, che è un
come una tenda smossa su dal vento
graduale desertificazione di un luogo
lavoro teatrale, ho ritenuto giusto toccacol passo lieve di una ballerina
non precisato. Tutti i tentativi dell’uomo
re diversi registri musicali, anche in base
col frullo di un’ala
di invertire la tendenza non pervengoalle suggestioni testuali, adottando, pur
che sale poco a poco
no a risultati significativi, fino a che la
nell’unicità di pensiero, livelli linguistie che diventa a un tratto,
comunità comprende che è soprattutto
ci anche molto differenziati. Cosa che fa
per l’orecchio, la nota netta
l’atteggiamento sbagliato nei confronti
di quest’opera, credo, un esempio di ladi un tenue pianoforte,
dell’acqua e in generale verso l’ambienvoro recepibile a più livelli. (l.m.)
e ride e canta: soffio di vita…
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libri
Tre recensioni
S
ergio Durante si è formato a Bologna e Harvard, ha dato
concerti come flautista, da anni è ordinario di Filologia
musicale nell’Università di Padova. La LIM ha raccolto
una dozzina di saggi suoi, italiani e inglesi: questi Studi su Mozart
e il Settecento sono uno specchio degli interessi dell’autore, maturati in più di vent’anni di ricerche e insegnamento. Eterogenei nell’impianto e negli obiettivi, gli Studi «sono nati da suggestioni non dichiarate ma trasparenti: dalla storia della mentalità alla microstoria, dalla musicologia storica all’analisi». Nella
prima parte, dedicata a Mozart, Durante analizza un’aria della Clemenza di Tito, si misura in una teoria generale dell’opera in
musica, e ne offre una suggestiva applicazione al Don Giovanni.
La seconda sezione riguarda «canto e cantanti», un tema d’indagine che presenta marcate sfumature pedagogiche, come
dimostra l’articolo «Condizioni materiali e trasmissioni del sapere nelle scuole di canto a Bologna». L’ultima parte, più composita, accosta Tartini, l’esotismo musicale, il Settecento deca-
dentisticamente evocato da Vernon Lee (cioè la scrittrice anglo-fiorentina Violet Paget, 1856-1935). Nell’insieme il volume offre un quadro poliedrico del Secolo dei Lumi, ne esibisce in controluce le sfaccettature e ne evidenzia le contraddizioni. Il lettore è guidato attraverso i territori della musicologia, su percorsi che sconfinano in altri campi, la filologia la sociologia l’antropologia. La raccolta, rivolta in primis ai musicologi settecentisti, ricerca il «curioso indiscreto», un lettore appassionato di musica e di storia e nel contempo incontentabile, mai sazio di guardare agli avvenimenti da punti di vista diversi: il menu qui imbandito, appetitoso, merita per l’appunto
un siffatto lettore.
Nel 1770 i Mozart stettero sei settimane a Napoli: ma non
s’imbarcarono mai per la Sicilia. Il libro di Giuseppe Uccello su Mozart e la Sicilia riguarda dunque soprattutto il secondo
dei due termini, giacché tratta la fortuna – tutta moderna – del
teatro di Mozart nell’Isola. L’intento dell’autore, un benemerito e colto promotore della vita musicale messinese, è appunto
di accertare perché mai ne sia stata ritardata la recezione fino
al secondo dopoguerra. Uccello assortisce documenti di varia
estrazione – giornali, locandine, scritture – relativi a Palermo
Catania Messina Trapani Caltanissetta Taormina. E conclu-
Carta canta
di Giuseppina La Face Bianconi
de: la musica del Salisburghese, che nel suo teatro disegna personaggi umani complessi, non si confaceva gran che alla mentalità prevalente d’un pubblico che nello spettacolo cercava allora soprattutto l’intrattenimento. Il libro – essenziale lo stile,
eloquenti i risultati – è arricchito da utili cronologie e da un ampio corredo fotografico. È il bel dono d’un intellettuale siciliano di prim’ordine alla storia della fortuna di Mozart.
Nell’importante collana «Il pensiero musicale», diretta da Fabrizio Della Seta, esce una guida alla Sinfonia fantastica di Berlioz (1830), scritta da Paolo Russo, ricercatore nell’Università di
Parma, esperto di musica francese. La Fantastica, lo sanno tutti,
si basa su un «programma» letterario che racconta le visioni suscitate dall’oppio nella fantasia d’un giovane musicista. Russo
traccia la biografia di Berlioz, ne colloca la formazione letteraria e musicale nel contesto culturale francese ed europeo coevo, inquadra il tema del «fantastico», considera i modelli musicali adottati dal musicista, la genesi dell’opera, i ritocchi subiti
nelle esec u z ion i.
Legge poi
i cinque
tempi, alternando
la visione
d’insieme
all’esame
dei particolari; segue la metamorfosi dell’idea
principale
(l’idea fissa),
si china
sul fascinoso e talvolta enigmatico discorso armonico, discute le diverse stesure del «programma». Il lettore vien condotto per mano a osservare molti
aspetti, in particolare gli «effetti spaziali, scenici e immaginifici» procurati dalla smagliante orchestrazione. Un libro profittevole per i docenti e gli studenti dell’Università e del Conservatorio come per i melomani.
Sergio Durante, Studi su Mozart e il Settecento / Studies on
Mozart and the 18th Century, Lucca, LIM,
XII-258 pp., ISBN 978-88-7096-501-8, euro 30,00.
Giuseppe Uccello, Mozart e la Sicilia. Storia, analisi e cronologie
degli spettacoli di teatro musicale di Mozart in Sicilia,
introduzione di Antonino Titone, Palermo,
Publisicula – Mario Grispo Editore, 2007
(«Quaderni dell’Accademia Filarmonica di Messina», 9),
247 pp., ISBN 978-88-89783-12-2, euro 29,00.
Paolo Russo, Berlioz: Sinfonia fantastica. Una guida,
Roma, Carocci, 2008,
145 pp., ISBN 978-88-430-4305-7, euro 15,80.
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