NIKO S KAVVADI AS il poeta dei mari e dell’amore incompiuto NIKO S KAVVADI AS il poeta dei mari e dell’amore incompiuto 18 g iugno – 18 lug lio 2010 Comunità Greco Orientale di Trieste Sala FILOXENIA, VIA MAZZINI,3 TRIESTE ogni giorno dalle 17 alle 21 La mostra Nikos Kavvadias, il poeta dei mari e dell’amore incompiuto è stata curata da Eleni Galani (Ufficio stampa della Fondazione Ellenica di Cultura di Atene) in collaborazione con lo staff della Fondazione Ellenica di Cultura di Atene Asteris Topis, Lefteris Bletsas, Nikos Arapian, Rena Karambela i docenti della Cattedra di Neogreco dell’Università di Trieste Maria Kassotaki e Dimitris Mammis Coordinamento: Aliki Kefalogianni, direttore della Fondazione Ellenica di Cultura - Sezione Italiana Traduzione testi in italiano: Fabiana Galiussi Si ringrazia per la collaborazione la Comunità Greco-Orientale di Trieste FONDAZIONE ELLENICA DI CULTURA UNIVERSITÀ DI TRIES TE – LINGUA E LETTERATURA NEOGRECA COMUNITÀ GRECO-ORIENTALE DI TRIES TE Con l’ omaggio al poeta Nikos Kavvadias organizzato nella ricorrenza dei 100 anni dalla nascita, la Fondazione Ellenica di Cultura intende far conoscere al pubblico internazionale il poeta dei mari e il carattere cosmopolita e multiculturale della sua opera. L’ esposizione dedicata a Kavvadias e le manifestazioni parallele che la accompagnano, le proiezioni e le letture di poesie, i concerti e le presentazioni del poeta da parte di qualificati studiosi della letteratura neogreca costituiscono l’ omaggio di cui è in programma la realizza zione all’ estero nelle Sedi Staccate (Berlino, Odessa, Alessandria) e nelle Sezioni (Trieste, Belgrado, Sofia, Bucarest, Tirana) della Fondazione Ellenica di Cultura. L’ omaggio verrà presentato nelle lingue dei rispettivi paesi a sancire l’ intento di rendere l’ opera del poeta patrimonio del pubblico di ogni paese e di promuoverne la traduzione. In questa direzione ha operato la Fondazione Ellenica di Cultura che assieme ai propri collaboratori ha organizzato l’ omaggio e lo ha tradotto in ognuna delle lingue dei paesi coinvolti, rafforzando così il plurilinguismo e la traduzione. Alla realizzazione di questo intento hanno contribuito gli insegnanti dei corsi universitari di neogreco, le edizioni “Agra” con il materiale fotografico fornito e il Centro Ellenico per il Cinema, ai quali rivolgiamo un caloroso ringrazia mento. Il Presidente della Fondazione Ellenica di Cultura Prof. Georgios Babiniotis MARE GROSSO DONNA Terre basse, sole infuocato e palme, un uccello che si destreggia sui cavi delle sartie. Ammiccano due braccia nere, tatuate, fiaccate da morbi tropicali. Danza sopra la pinna del pescecane. Mostra la lingua al vento e passa. Altrove ti chiamavano Giuditta, qui Maria. Il serpente e la murena si sbranano sulla roccia. Abbiamo percorso insieme la muraglia Cinese. Intorno a te, marinai di Ur costruivano una nave. Al Granico fra spade nude stillavi olio nelle profonde ferite del Macedone. Bandiera gialla - segnale d’acqua. Su con le due ancore e getta davanti l’ancoretta. Le due luci della notte. E un Pisanello scolorito dall’onda del maltempo. Da bambino avevo fretta, ma ora vado piano. Αl mondo mi comanda una ciminiera e fischia. La tua mano, che accarezzò i miei capelli radi, se per un attimo mi piegò, oggi non mi comanda. Verde. Schiuma, profondo blu, vinaccia. Nuda. Solo una cinta dorata alla vita. I tuoi occhi erano separati da sette Equatori nella bottega di Giorgione. Il mare grosso… Il mare grosso ci affonderà. Le parti sommerse inzuppate, cemento e ruggine. Di buon’ora, alla destra della parete della prua Si è addormentato il pescecane che fa da pilota. La clessidra si incrinò e così l’ancora a 4 punte. - Ragazzo, prendi il legno e andiamocene di nuovo lontano. Quale figlio di cagna ci maledì, che siamo ridotti così, che vecchi e ragazzini ci prendono in giro? Gli avrò gettato una pietra che il fiume non mi vuole. Cosa ti ho fatto, per svegliarmi prima che albeggi. Ultima notte in porto non va sprecata. Un peccatore che non goda e che non abbia colpa. Il pappagallo impartisce ordini dall’albero, come faceva un tempo a Colombo dalla cuccetta. Anni in ansia a fissare il solcometro, anni d’ansia per toccare la terraferma, per stordirmi. Segnata. Che ti illumini una lampada rossa. Piena di alghe e boccioli di rose, Sorte anfibia. Cavalcavi un cavallo senza sella e briglie, la prima volta, in una grotta ad Altamira Segnata. Che ti illumini una luce ammalata. Hai sete di oro. Prendi, cerca, conta. Qui vicino a te, rimarrò immobile per anni fin che tu mi diventi, Sorte, Morte, Pietra. Gli indigeni hanno acceso fuochi sulla spiaggia e lo strepito ci investe del suono dei loro strumenti. E quando avrai sconfitto le morti da mare sulla scala di corda voglio vederti apparire. Balza il gabbiano per accecare il delfino. Che mi guardi? Sarò io a ricordarti dove m’hai visto! Supina sulla sabbia ti avevo infilzato la notte che mettevano le fondamenta alle Piramidi. Alghe intrecciate ai capelli, alghe sulla bocca. Così come ti sei addormentata per sempre negli abissi screziata di tatuaggi, scarnita da spade, erano tanti gli orecchini degli Incas che portavi. Traduzione: Ti no Sangiglio Traduzione: M aria Kass otaki “Kavvadias viene trattato ingiustamente, e assieme a lui anche noi lettori, quando senza andare oltre viene data particolare enfasi solo all’ elemento “mare”, che indubbiamente caratterizza la sua poesia, dal mo mento che quello che si cela in tutta la sua opera è l’ aspra solitudine dell’ anima, il disperato ricorso a un amore perennemente inconcludente e, infine, l’ agonia corrosiva dell’ irrevocabile scorrere del tempo e della morte. Per quanto riguarda la nave (sempre una nave da carico per rendere ancora più penosa la solitudine), essa è la “patria” del poeta, come nostra patria è la terraferma, e i suoi compagni non sono nè tutti i marinai (come del resto non sono nostri compagni tutti gli uomini), né indistintamente gli uo mini affascinanti e dannati, ma alcune esistenze irrimediabil mente lacerate. Alcune esistenze che il destino amaro, oscuro, oltre alla necessità di garantirsi il pane quotidiano che e merge ad una prima superficiale interpretazione, ha condotto senza possibilità di ritorno alla solitudine per tutta la vita. Giorgos Mar kopulos, poet a dall’in serto Sette giorni del quotidiano “Kathim erinì”: Omaggio a Nikos Kavvadias, 28 febbr aio 1999 La nave: un mondo in miniatura …la poesia di Kavvadias mette in risalto il valore della multiculturalità e in particolare la possibilità di convivenza di diverse culture all’ interno di un contesto sociale. La nave non è altro che il compendio del mondo intero. Il paese-mondo in miniatura. Ognuno porta con sé i propri tratti geoculturali, le proprie divinità e le proprie preghiere. Nella poesia «Le preghiere dei marinai» appare in maniera vivida questo mosaico di culture differenti, ma anche la loro armonizzazione attraverso la coesistenza delle diversità. Proprio questa coesistenza forzata genera, in definitiva, il rispetto per l’ altro. È così che quando muore «Willy, il fuochista nero di Gibuti» il narratore prega per la salvezza dell’ anima: Dio dei neri, perdona il buon Willy. E anche questo verso potrebbe servire come esempio di moralità in particolare in un’ epoca in cui il contrasto tra civiltà e la globalizzazione fanno sembrare il mondo della terraferma ancora più soffocante. (brano tratto dall’omaggio a Niko s Kavvadias Il po eta e il m ar e di Tasso s Psarr as per la serie t elevisiva della television e greca Epoche e Scrittori, 2001-2002) Il nostro Marabù Di Giorgos Seferis «Sabato 11 febbraio 1956. Di pomeriggio Marabù compare all’improvviso. Ha ormeggiato qui la sua nave. Arriv a dall’Australia. Indossa una maglietta girocollo color violetto. Non ha vestiti, a parte quelli estiv i, dice. Lui è un vero viaggiatore. Parla delle isole di Koko, meno di cento abitanti, dov e hanno fatto scalo per ricov erare un fuochista colpito alla mano da una goccia di mazut (dice che una piccola goccia viene espulsa con una tale pressione da poter provocare l’amputazione della mano). È un inestricabile miscuglio di mito e verità quest’uomo, mentre parla biascicando o con quel suo trascinato tono declamatorio. Ha scelto di stare con la sinistra Di Mitsos Cassola “Nella sua v ita Kavvadias ha deciso da subito da quale versante della collina stare politicamente. Ha deciso di stare con la sinistra. Senza però cercare mai di negoziare la sua scelta - come hanno fatto molti - spesso tentando di trarre vantaggio dalle proprie lotte. Kavvadias diceva che la sinistra non si identif ica unicamente con la sua f orza elettorale, con l’insieme dei suoi v oti. La sua forza è un mondo intero f atto di buona v olontà, f atto di persone che non vogliono fare torto al proprio v icino né da lui subire torti. E queste persone non sono poche. E sono sparse in tutti i partiti, persino in quelli rivali. La prosa di un poeta La moralità nel romanzo Guardia di Nikos Kavvadias (*) Molte cose possono essere dette su «Guardia» (e probabilmente sono già state dette), l’opera in prosa di Nikos Kavvadias scritta 25 anni f a e pubblicata nel 1954. Quello che personalmente mi avvince è la sua moralità. I rapporti umani, in questo libro, hanno una straordinaria coerenza. Anche se gli eroi passano attraverso mille v icissitudini, alla f ine niente v a perso: si ritrov ano, si baciano, fanno (o non fanno) l’amore, esiste un affetto inf inito nei gesti, nelle parole con cui si riv olgono all’altro, una f iducia profonda: si salutano di nuov o (e stavolta per sempre), non si perdono. Non si tratta di un’opera in prosa di straordinario valore, pur non mancando di v irtù narrativ e. Tra le sue qualità c’è anche il f atto che la scrittura non ricorda affatto quella di un poeta. Non sono in grado di collocarla comparativamente all’interno della nostra letteratura “di mare”, ad ogni modo sembra che il suo intreccio si basi alquanto sulla suggestione esercitata da molteplici elementi esotici. Di certo, i luoghi della narrazione sono la nav e e i porti dov e una sporcizia abominev ole coesiste con un caldo soffocante. Tipica dell’ottica di Kavvadias è la scena in cui la maîtresse mette in fresco l’uva, destinata ad esser mangiata di lì a poco, nel bidet. Quello che rovescia l’etica predominante – e conf erisce a «Guardia» un’altra dimensione, quasi politica – è il f atto che tutti questi desperados (prostitute, protettori, contrabbandieri, pederasti, avventurieri, etc.) mostrano non solo una solidarietà straordinaria, ma anche una coerenza letteralmente inaspettata. La trama ha uno sviluppo circolare. L’incontro con una prostituta, una maîtresse o una mendicante si chiude con l’incontro con la stessa prostituta, la stessa maîtresse, la stessa mendicante. Le condizioni in cui tutto ciò si svolge sono naturalmente quelle che si def iniscono romanzesche. Il cardine è l’amore, sotto qualunque forma. Determinati principi restano però del tutto inviolabili. Se ne potrebbe trarre un piccolo codice di etica. Per Kavv adias, due persone che fanno l’amore (sia pure a pagamento) v engono considerate per sempre compagni di v ita. Due che hanno mangiato dallo stesso piatto di un amico comune non av ranno, invece, altra occasione di ritrovarsi. A questo v oglio arriv are. La prosa borghese, nella misura in cui riporta f edelmente le “gesta” borghesi è intrisa di passioni, grandi amori, sentimenti puri, tragiche separazioni, odi biechi. Due amanti appassionati, che si sentono morire all’idea della perdita dell’altro, si trasformano improvvisamente (per ragioni di convenienza amorosa o altro) in acerrimi nemici. Si lasciano tra gli insulti. Se capita loro di incontrarsi, v olgono ostentatamente altrov e lo sguardo, non si salutano. Non ritroviamo niente di tutto ciò in Kavvadias. La moralità non ha alti e bassi. Tutto è stabile. Gli amanti si abbracceranno con un certo affetto quando si incontreranno nuov amente, gli amici si baceranno, mangeranno e berranno assieme, la madre che ha perso il f iglio in mare, non mangerà mai più pesce. Considero il romanzo «Guardia» un sommo esempio di moralità. Magari potesse essere insegnato a scuola. Il. Ch. Papadimitrakopoulos * Nikos Kavvadias «Guardia», romanzo, 2a edizione. Frontespizio e quattro disegni di Iannis Tsarouchis. Atene. Kedros 1976, p. 262. Uno dei quattro disegni che ha realizzato Iannis Tsarouchis per il romanzo dell’indimentcato poeta di «Marabù». Nikos Kavvadias nacque l’11 gennaio 1910 a Nikolsk Ussuriysk, una città di prov incia della regione di Harbin in Manchuria, da genitori originari di Cef alonia. Il padre Harilaos Kavvadias gestiva un ufficio commerciale che avev a come cliente principale l’esercito zarista. Nel 1914, con lo scoppio della prima guerra mondiale, la f amiglia ritornò in Grecia, stabilendosi ad Argostoli. Il padre ritornò in Russia dove andò incontro alla sua rov ina economica. Nel 1917, durante la Rivoluzione d’Ottobre, v enne incarcerato e ritornò in Grecia solo nel 1921. La f amiglia si trasf erì al Pireo. All’età di 18 anni Kavvadias iniziò a pubblicare poesie sulla riv ista periodica della “Grande Enciclopedia Greca” con lo pseudonimo di Petros Valchalas. Al termine degli studi ginnasiali sostenne gli esami per accedere alla Facoltà di Medicina. Nello stesso periodo morì il padre e così Kavvadias f u costretto a trov are lav oro presso un ufficio nautico. Continuò parallelamente a collaborare con diverse riv iste f ilologiche. Nel nov embre del 1928 Kavvadias ottenne il suo primo libretto nautico con la qualif ica di «mozzo» e si imbarcò l’anno successiv o sulla nav e da carico «Agios Nikolaos». Nel 1934, la famiglia si trasf erì dal Pireo ad Atene. La sua casa divenne luogo d’incontro di letterati, pittori e poeti. Kavvadias a quell’epoca viene descritto come un uomo semplice e di poche parole, trasandato, amabile, cordiale, con un senso dell’umorismo inesauribile, amato da tutti. Nel 1938 prestò servizio militare a Xanthi. In seguito alla dichiarazione di guerra da parte dell’Italia (1940) partì per il fronte albanese dov e combattè fino al crollo del fronte e l’inv asione delle truppe tedesche. Al termine della guerra civ ile (1949) il poeta si imbarcò nuov amente dopo aver ottenuto un permesso dalla Pubblica Sicurezza, che lo avev a classificato come «comunista non attiv o» e gli rilasciav a speciali passaporti con validità limitata. Dal 1954 f ino al 1974, viaggiò continuamente con solo brev i intervalli. In questo lasso di tempo, gli eventi principali che segnarono la sua vita f urono la morte del suo fratello più piccolo, Argiris, (1957), l’uscita del suo unico romanzo «Guardia» in f rancese (1959), la riedizione delle raccolte poetiche «Marabù» e «Nebbia Mattutina» (1961) dalle edizioni Galaxias, la morte della madre (1965) e la nascita di Filippo (1966), figlio di sua nipote Elga. Nikos Kavvadias morì nel 1975 presso la clinica «Santi Apostoli» di Atene, in seguito a un ictus cerebrale. OPERE DI NIKOS KAVVADIAS MAR ABÙ (ΜΑΡΑΜΠΟΥ) Peosie 1a edizione: Kykl os 1933, 2a edizione: Galaxias 1961-1971, 3a edizione: Kedros 1975-1989, 4a edizione: Agra, 1990 NEBBIA MATTUTINA (ΠΟΥΣΙ) Poesie 1a edizione: Α. Κaravias, 1947, 2a edizione: Galaxi as, 1961-1971, 3a edizione: Κedros : 1975-1989, 4a edizione: Agra, 1989 GUARDIA (ΒΑΡ∆ΙΑ) Romanzo 1a edizione: Α. Κaravias, 1954, 2a edizione: Κedros, 1980-1989, 3a edizione: Agra, 1989 TRAV ERSO (ΤΡΑΒΕΡΣΟ) Poesie 1a edizione: Κedros , 1975-1989, 2a edizione: Agra, 1990 LI (ΛΙ) Testo in pros a 1a edizione: Agra, 1987 DELLA GUERRA/SUL MIO CAV ALLO (ΤΟΥ ΠΟΛΕΜΟΥ/ ΣΤΟ ΑΛΟΓΟ ΜΟΥ) Testi in pr osa 1a edizione: Agra, 1987 DIARIO DI UN TIMONIERE (ΤΟ ΗΜΕΡΟΛΟΓΙΟ ΕΝΟΣ ΤΙΜΟΝΙΕΡΗ) Posie e scritti non racc olti in v olume 1a edizione: Agra, 2005