Rassegna del 23/04/2013
FONDAZIONE ROMA
23/04/13
23/04/13
Avvenire
Messaggero Cronaca di
Roma
22 Nevelson, il cosmo in bianco e nero
48 Louise Nevelson
22/04/13
eventiesagre.it
0 Roma (RM) Louise Nevelson
22/04/13
lanotiziagiornale.it
0 Uno sguardo sulla quarta dimensione di Lady Lou
Cecchetti Maurizio
...
1
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Elisabetta[22/04/201310:03:10];Elisabetta[22...
 
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23-APR-2013
Lettori: 385.000
Diffusione: 107.541
Dir. Resp.: Marco Tarquinio
da pag. 22
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23-APR-2013
Lettori: 385.000
Diffusione: 107.541
Dir. Resp.: Marco Tarquinio
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23-APR-2013
Lettori: n.d.
Diffusione: n.d.
Dir. Resp.: Virman Cusenza
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
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Louise Nevelson
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Fiere
Storici
dal 16/04/2013 ore 10.00
al 21/07/2013 ore 20.00
Halloween
Raduni
Culturali
Musicali
Spettacolo
Cinema
Dove:
Via Marco Minghetti, 22
Palazzo Sciarra
Roma (RM)
info su Roma e mappa interattiva
Lazio - Italia
Cena Spettacolo
Mostre
San Valentino
8 Marzo
Corsi
Mostra Mercato
Sportivi
Religiosi
Per maggiori informazioni:
T +39 06 697645599
+39 06 69205060
fondazioneromamuseo.it
louisenevelsonroma.it
Fonte:
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Scheda Evento
Fiere
Teatro
Louise Nevelson
Mercatini
16 Aprile - 21 Luglio 2013
Museo Fondazione Roma - Palazzo Sciarra
Natale
Presepi
Capodanno
24 Aprile, ore 18:00
Le memorie della forma
Relatore Bruno Corà
Carnevale
Pasqua
Sfilate
Concorsi
Itinerari
Da Visitare
Ricette
Artisti
Viaggi e Vacanze
Utility
Comuni
Ingresso gratuito con presentazione del biglietto di mostra, prenotazione obbligatoria al numero +39
06 697 645 599
In concomitanza con la mostra Louise Nevelson, la Fondazione Roma-Arte-Musei organizza un ciclo di
conferenze e tavole rotonde dedicate alla sua figura e al suo rapporto con l'arte del XX Secolo in
Europa e in America.
Il 24 Aprile 2013, il curatore della mostra, Bruno Corà, introduce l?arte di Louise Nevelson. La
scultrice americana, originaria di Kiev, occupa un posto di particolare rilievo nella scultura del secolo
scorso attraverso un uso assiduo del recupero dell'oggetto e del frammento con intenti compositivi.
Nel corso di questa prima conferenza sarà analizzata la sua opera, a partire dalle esperienze del
collage cubista e dada e della natura morta metafisica, formulando una suggestiva ipotesi critica che
chiama in causa la tradizione dell'arte mnemotecnica nella lettura dell'assemblaggio nevelsoniano a
base di frammenti lignei monocromi.
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Processioni
MERCOLEDÌ 8 MAGGIO, ORE 18:00
Sede
Palazzo Sciarra
Titolo
Louise Nevelson e il New Dada
Relatori
Maurizio Calvesi
Maurizio Calvesi, storico e critico d'arte, professore emerito dell'Università La Sapienza di Roma
esaminerà l'opera della Nevelson negli anni Cinquanta e Sessanta, in concomitanza e in rapporto con
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
quella di artisti statunitensi come Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Jim Dine, ma anche come
Ettore Colla e altri.
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GIOVEDÌ 16 MAGGIO, ORE 18:00
Sede
Palazzo Sciarra
Titolo
Louise Nevelson e l'environment
Relatore
Aldo Iori
Aldo Iori, docente Accademia Belle Arti di Perugia e coordinatore scientifico della mostra, affronta il
tema di Louise Nevelson quale antesignana di modalità installative che coinvolgono l'intero ambiente
espositivo coinvolgendo l'osservatore in un rapporto diretto e inedito con l'opera.
GIOVEDÌ 23 MAGGIO, ORE 18:00
Sede
Palazzo Sciarra
Titolo
Louise Nevelson e l'arte europea
Relatore
Bruno Corà, curatore della mostra, in conversazione con:
Beverly Pepper
esponente contemporanea della scultura statunitense, residente da anni in Italia;
Pietro Bellasi
antropologo e professore emerito dell'Università di Bologna, studioso dell'opera di Alberto Giacometti
e Jean Tinguely;
Aldo Iori
docente Accademia Belle Arti di Perugia e coordinatore scientifico della mostra.
I relatori si intratterranno su vari momenti della scultura contemporanea europea e statunitense,
mettendo in evidenza anche i rapporti di Louise Nevelson con la plastica surrealista e novorealista.
MERCOLEDÌ 29 MAGGIO, ORE 18:00
Sede
Palazzo Sciarra
Titolo
Louise Nevelson e l'arte del suo secolo
Relatore
Thomas Deecke
Thomas Deecke, critico d'arte, già Direttore del Museo d'arte contemporanea di Bremen, partendo da
un confronto con alcune importanti esperienze storiche relative al monocromatismo - da Barnett
Newman a Yves Klein - giunge a più stringenti relazioni con la plastica di Donald Judd e quella della
generazione minimalista USA.
GIOVEDÌ 6 GIUGNO, ORE 18:00
Sede
Palazzo Sciarra
Titolo
Louise Nevelson e l'oltrescultura
Relatore
Terry Dufrêne, docente all'Université Paris X-Nanterre
Dallo spazio domestico al paesaggio, dalla meditazione sulle ombre a quella relativa alle fasi dell'alba
e del crepuscolo nella natura, l'opera della Nevelson viene osservata e indagata dallo studioso
francese fino allìindividuazione di un linguaggio universale, emblema della sculturaspettacolo, e
cerimonia delle cose che ci circondano nella vita.
MERCOLEDÌ 19 GIUGNO, ORE 18:00
Sede
Palazzo Sciarra
Titolo
Louise Nevelson e la scultura del XX secolo
Relatore
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
Bruno Corà, curatore della mostra, in conversazione con:
Lorenza Trucchi
storica e critica d'arte, giornalista testimone sin dagli anni Cinquanta, su numerose testate, della
fortuna critica di numerosi artisti internazionali e di Louise Nevelson;
Nunzio
scultore italiano attivo sulla scena artistica internazionale a partire dagli anni Ottanta;
Alberto Fiz
critico d'arte, Direttore del MARCA di Catanzaro.
La tavola rotonda apre una riflessione sull'incidenza dell'arte di Nevelson nella plastica della seconda
metà del XX Secolo, individuando gli specifici contributi linguistici introdotti dalla sua opera.
Sede
Museo Fondazione Roma
Palazzo Sciarra
Via Marco Minghetti, 22 - 00187 Roma
T +39 06 697 645 599
www.fondazioneromamuseo.it
Orari
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
lunedì chiuso
(la biglietteria chiude un'ora prima)
Biglietti
Intero E 10,00
Ridotto E 8,00
Informazioni e prenotazioni
T +39 06 69205060
(da lunedì a venerdì ore 9.00-18.00 - chiuso sabato domenica
e festivi)
www.fondazioneromamuseo.it
www.louisenevelsonroma.it
Louise Nevelson
16 Aprile - 21 Luglio 2013
Museo Fondazione Roma - Palazzo Sciarra
Sarà aperta al pubblico dal 16 aprile al 21 luglio 2013 presso il Museo
Fondazione Roma, nella sede di Palazzo Sciarra, la mostra Louise Nevelson,
promossa dalla Fondazione Roma e organizzata dalla Fondazione RomaArteMusei con Arthemisia Group. L?esposizione, realizzata con il patrocinio dell?
Ambasciata Americana e in collaborazione con la Fondazione Marconi di Milano e
la Nevelson Foundation di Philadelphia, annovera oltre 70 opere della scultrice
americana di origine russa Louise Berliawsky Nevelson (Pereyaslav-Kiev, 1899;
New York, 1988).
«Con la mostra dedicata a Louise Nevelson - dichiara il Presidente della
Fondazione Roma, Prof. Avv. E M M A N U E L E F. M . E M A N U E L E - il Museo
Fondazione Roma conferma il proprio impegno per la diffusione della cultura
internazionale, offrendo la possibilità di avvicinarsi a realtà meno note al grande
pubblico, ma non per questo meno importanti per lo sviluppo dell?arte del
ventesimo secolo».
«L?omaggio alla scultrice americana - prosegue il Prof. EMANUELE - costituisce
l?ulteriore tappa di un viaggio al di là dei confini artistici del nostro Paese, che
rappresenta a pieno l?identità della Fondazione Roma, i suoi valori, la sua
apertura agli altri, l?attenzione costante per la circolazione delle idee e il
dialogo tra le culture».
«Questo progetto - conclude il Presidente della Fondazione Roma - rivolge un?
attenzione particolare al mondo femminile, focalizzandosi sulla personalità e sul
tratto figurativo di alcune donne che hanno apportato un contributo significativo
all?arte contemporanea. Il percorso, infatti, è iniziato nel 2009 con l?esposizione
dedicata a Niki de Saint Phalle ed è proseguito con la mostra che ha visto
protagonista Georgia O?Keeffe, nel 2011».
La retrospettiva, a cura di Bruno Corà, narra il contributo che l?artista ha dato
allo sviluppo della nozione plastica: nella scultura del secolo scorso la sua opera
occupa un posto di particolare rilievo, collocandosi tra quelle esperienze che,
dopo le avanguardie storiche del Futurismo e del Dada, hanno fatto uso assiduo
del recupero dell?oggetto e del frammento con intenti compositivi. La pratica
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
dell?impiego di materiali e oggetti nell?opera d?arte, portata a qualità
linguistica significante da Picasso, Duchamp, Schwitters e altri scultori, nonché
l?assemblage - spesso presente anche nell?elaborazione della scultura africana esercitano una sensibile influenza sin dagli esordi dell?attività della giovane
artista, che emigra con la famiglia negli U.S.A nel 1905, stabilendosi a Rockland
nel Maine. La Nevelson, insieme a Louise Bourgeois, ha segnato in maniera
imprescindibile l?arte americana del XX Secolo.
La mostra racconta, attraverso un percorso emblematico, l?attività della
Nevelson, che prende avvio dagli anni Trenta, con disegni e terrecotte,
consolidandosi poi attraverso le successive sculture: gli assemblage in legno
dipinto degli anni ?50, alcuni capolavori degli anni ?60 e ?70 e significative
opere della maturità degli anni ?80. Le opere presenti in mostra provengono da
importanti collezioni nazionali e internazionali di istituzioni e musei, quali la
Louise Nevelson Foundation, il Louisiana Museum of Modern Art di Humlebaekin
in Danimarca, il Centre national des arts plastiques in Francia, The Menil
Collection, la Pace Gallery di New York e la Fondazione Marconi.
Nel 1986 la collettiva Qu?est-ce que la Sculpture Moderne?, presso il Centre
Georges Pompidou a Parigi, consacra Louise Nevelson tra i più grandi scultori
della sua epoca. L?artista seguita a lavorare sino alla sua scomparsa,
sopravvenuta a New York il 17 aprile del 1988, mentre le sue opere vengono
acquisite da noti musei e collezionisti privati negli Stati Uniti e nel mondo.Il
catalogo, edito da Skira, accanto alle immagini delle opere, include il saggio
critico del curatore Bruno Corà e alcuni testi storico-critici di Thierry Dufrêne,
Thomas Deecke, Aldo Iori, oltre ad un testo di Louise Nevelson del 1972 e uno
di Maria Nevelson - nipote della Nevelson - e una conversazione con Giorgio
Marconi, Presidente della Fondazione Marconi, che ha diffuso in Italia l'opera
della Nevelson.
L?ART IST A
Leah Berliawsky nasce il 23 settembre del 1899 in Ucraina, a Pereyaslav,
cittadina a sud-est di Kiev. A causa della partenza del padre per gli Stati Uniti, a
5 anni smette di parlare per sei mesi e riprende quando, all?inizio del 1905, la
famiglia si ricongiunge in America. Il suo nome viene cambiato in Louise.
Durante l?adolescenza coltiva l?interesse per la cultura in generale grazie alla
mentalità aperta del padre, che ritiene di dover dare a tutti i suoi figli,
indipendentemente dal sesso, un?adeguata istruzione.
Determinata sin da giovane a non sposarsi per dedicarsi interamente all?arte, a
soli diciassette anni incontra Charles Nevelson, che chiede la sua mano. Accetta
di sposarsi perché il matrimonio può garantirle la cittadinanza americana,
stabilità economica e perché il fidanzato non si oppone al suo progetto di
divenire un?artista. Nel 1920 i coniugi Nevelson si trasferiscono a New York. Nel
1922, da una gravidanza non voluta, nasce Myron Irvin Nevelson, poi detto Mike.
Nel 1924 la coppia si trasferisce a Mount Vernon: la lontananza dall?ambiente
newyorkese causa i primi dissidi di coppia. In questo periodo Louise si dedica a
studi metafisici e di spiritualismo. Nel 1928 i coniugi tornano a Manhattan e
Louise inizia a prendere lezioni da Hilla von Rebay, che le mostra le opere di
Kandinsky e di Klee e la spinge a recarsi in Europa.
Nell?ottobre 1931 visita Monaco, Vienna, Berlino, Salisburgo, Parigi, quindi l?
Italia, dove ammira i lavori di Giotto. A Monaco e a Parigi vede quadri del
periodo cubista, che rappresentano per lei una vera e propria rivelazione. Nel
1933 conosce e lavora con Diego Rivera e diventa amica della moglie, Frida
Kahlo.
Nel 1935 insegna pittura murale e inizia a esporre in piccole gallerie del
Greenwich Village. Dello stesso anno, la prima importante prova pubblica nell?
esibizione annuale della Society of Indipendent Artists, organizzata dal
Rockefeller Center; la seconda è ancora una collettiva.
La critica inizia ad accorgersi della sua presenza, ma nonostante i primi
riconoscimenti, vende pochissimo e ciò è fonte di sconforto.
Donna intelligente e molto bella, ma anche volubile e anticonformista, tra alti e
bassi di umore, Louise è incostante nelle amicizie, non aderisce a nessun gruppo
artistico ed è sempre concentrata su se stessa. La necessità di una vita libera
da legami, alcune avventure sentimentali e gli incoraggiamenti di maestri e
amici a dedicarsi interamente all?arte, la distaccano dal marito da cui divorzierà
nel 1941. La sua stravaganza e il suo carattere contribuiscono a determinare un
giudizio negativo sulla sua persona che si riflette sul suo lavoro, escluso da
rassegne artistiche e non compreso.
All?inizio degli anni ?40 New York è piena di artisti in fuga dalla guerra europea
e la Nevelson ne conosce molti, tra cui Piet Mondrian. Ad agosto del 1941 decide
di modificare l?atteggiamento nei confronti del mondo dell?arte e si reca nella
prestigiosa galleria di Karl Nierendorf per chiedere una personale, che il
gallerista organizzerà, con un impatto favorevole sulla critica.
Il figlio Mike parte per la guerra. Nel 1942 inaugura una seconda personale
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
presso la stessa galleria Nierendorf: le sue opere sono ora il risultato di
assemblaggi che anticipano il lavoro degli anni seguenti e sempre più spesso
compare il nero come unico colore dominante.
Nel gennaio del 1943 partecipa alla mostra Thirty-One-Women presso Art of This
Century, la galleria di Peggy Guggenheim.
Il suo equilibrio emotivo muta grazie al miglioramento del rapporto con il figlio e
alla sua relazione con l?artista Ralph Rosenborg, durata più di cinque anni.
Matura così in lei una nuova coscienza del lavoro e dell?importanza dell?
esposizione delle proprie opere.
Ma il suo lavoro è letto ancora come una deriva surrealista. La critica sarà invece
positiva nei suoi confronti nel 1946, grazie all?opera Young Bird, inclusa nell?
annuale esposizione del W hitney Museum of American Art di New York.
A partire dal 1947 Louise studia le nuove tecniche di stampa presso Atelier 17 di
Stanley W illiam Hayter.
Dopo la guerra molti artisti rientrano in Europa. Nevelson frequenta
assiduamente i colleghi dell?espressionismo astratto, tra cui Rothko, ma è
esclusa dalle loro mostre. Parte per il Messico dove ritrova Rivera e rimane
affascinata dall?arte precolombiana.
Negli anni ?50, accettata come membro della Federation of Modern Painters and
Sculptors, è oramai nota come Lady Lou.
Giungono i primi riconoscimenti pubblici e nel 1952 è accolta alla National
Association of Women Artists. Le sue opere cominciano ad avere un mercato,
sono anni di intenso lavoro, durante i quali la critica la sostiene, e nel 1958 Life
le dedica un servizio.
Nel 1959 il Museum of Modern Art di New York acquista una sua opera e altre
entrano nelle collezioni del W hitney Museum e del Brooklyn Museum di New
York, dell?Alabama?s Birmingham Museum, del Museum of Fine Arts di Huston e
del Fansworth Museum di Rockland. Jean Arp vede l?opera del MoMA e le dedica
un poema.
Negli anni ?60 Nevelson meraviglia il mondo dell?arte con grandi sculture
monocrome bianche, nere e oro, esponendole nella personale Royal Tides alla
Martha Jackson Gallery e alla Biennale di Venezia del 1962. In seguito la sua
arte approda da Cordier a Parigi, alla Kunsthalle di Baden-Baden in Germania e
al W hitney Museum. Si interessa a inedite esperienze professionali e i suoi
lavori raggiungono dimensioni sempre maggiori, in sintonia con le grandi opere
dell'Espressionismo Astratto.
In questi anni è più che mai attiva: amplia il suo studio e la presenza di
assistenti le permette di lavorare molte ore al giorno e di riprendere l'attività
grafica, rispondendo alle richieste di un mercato ormai internazionale.
Numerose sue personali sono ospitate in musei pubblici e gallerie private. In
Italia - dopo aver esposto nel 1970 alla galleria Lolas-Galatea di Roma inaugura nel 1973 una mostra di ottanta lavori eseguiti tra il 1955 e il 1972
presso lo Studio Marconi di Milano, con cui inizia un felice e duraturo rapporto;
nel 1976 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia.
Anche la critica la osanna come la più grande scultrice vivente. Nevelson cura
molto la sua immagine, dai toni sempre eccessivi, tra il drammatico e il fatale,
con foulard e ciglia finte e vestiti ricercati, quasi lei stessa fosse una creazione
artistica.
Negli ultimi anni della sua vita - ancora prolifica e attiva - le diagnosticano un
cancro polmonare. Le cure la violentano e la indeboliscono; nel febbraio 1988
smette di parlare e il 17 aprile muore nella sua casa newyorkese. Il mondo
dell'arte le tributa i massimi onori, mai prima riservati ad un'artista donna.
LA MOST RA
Strutturata in un percorso che riunisce nuclei di opere, la mostra permette di
comprendere l?evoluzione artistica della Nevelson cronologicamente e
tematicamente.
Nelle prime sale sono collocati manufatti di piccole dimensioni che documentano
l'uso del colore nero fin dai primi anni Quaranta. Subito dopo alcuni lavori dei
primi anni Cinquanta - come Moon Spikes n. 112 (1953) e Moon Spikes IV (1955)
-, sono presenti opere del periodo più maturo dell'artista, tra la fine degli anni ?
50 e l?inizio degli anni ?60, come Night Sun I (1959), Royal Tide III (1960,
Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk, Danimarca) e Ancient Secrets II
(1964). Queste rivelano come la libertà compositiva, dovuta all?assemblaggio di
elementi geometrici non pienamente lavorati, muta nell'uso di frammenti di
mobilio inseriti in strutture scatolari. Il colore nero omogeneo domina in tutte le
opere.
In mostra sette disegni, datati dal 1930 al 1933: questi sono essenziali nella
poetica della Nevelson, perché dal disegno nasce l?idea portante del suo lavoro.
Il suo tratto mimetico diviene sicuro nella ricerca di nuove spazialità e la figura
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
femminile ritratta - come in Untitled (Female Nude, 1933) - appare emblematica
di una libertà compositiva. Evidenti anche le adesioni alle istanze delle
avanguardie scoperte nei suoi viaggi in Europa (1931-1932), nelle scuole d'arte
che frequenta e attraverso contatti diretti con gli artisti europei a New York.
In questi stessi anni, ceramiche come l?opera Untitled - terracotta dipinta del
1935 - ribadiscono l'interesse per il Cubismo e il Surrealismo, e anche per
soluzioni antropomorfe proprie delle culture precolombiane, trasmesse da Diego
Rivera e da Frida Kalho, frequentati dall?artista nel 1933 a New York.
Accanto ai disegni tre serigrafie realizzate a metà degli anni Settanta
documentano l'interesse di Louise per la grafica, che studia fin dal 1947 presso il
famoso Atelier 17 di New York di Stanley W. Hayter. È un'esperienza importante
per lei, durante la quale elabora tecniche di stampa anticonvenzionali, con
procedure personali e sperimentazione compositiva.
Nel 1963 lavora anche presso la Tamarind Lithography Workshop di Los Angeles,
dove l?artista è ospite dello studio.
Qui sviluppa modalità esecutive per cui gli elementi materici - quali ritagli, trine,
elementi traslucidi - vengono aggiunti a piani cromatici creando stampe sempre
più preziose.
Sempre di questo periodo sono le opere orizzontali e verticali di legno nero,
esempi di accumulazione su supporti bidimensionali rettangolari, come Untitled
del 1976-1978, in cui gli oggetti, elementi geometrici di mobilio, sono accostati
secondo una ricerca di equilibrio tra le masse.
Accumulazioni verticali dei primi anni ottanta chiudono la prima parte del
percorso. Più che in altri casi in cui l'artista ha utilizzato la forma verticale,
queste sculture mostrano una spazialità nei volumi che accentua la
tridimensionalità. Nella sala del museo che ospita queste sculture, una luce blu
illumina le opere, creando una particolare visione della materia e accentuandone
la valenza metafisica.
Nella quinta sala, al costante utilizzo da parte dell?artista del nero, si
contrappongono alcune opere completamente bianche, colore che rende
maggiormente evidenti i rapporti tra luce e ombra: la scultura intitolata Dawn?s
Host (1959),
un vistoso disco bianco, testimonia il passaggio a questo colore, avvenuto negli
ultimi anni Cinquanta.
Le sue opere bianche vengono presentate per la prima volta al pubblico nel 1959
con l?insieme Dawn's Wedding Feast presso il Museum of Modern Art di New
York: una grande installazione dedicata al tema nuziale, composta da più
elementi. Le varie parti dell?opera verranno nel tempo acquisite da più
collezionisti, nonostante Nevelson le avesse concepite come un unico lavoro. La
mostra romana riunisce due pezzi dal titolo Columns from Dawn's Wedding Feast
del 1959, provenienti da The Menil Collection della città di Houston.
Il colore nero dà alle sculture un senso di monumentalità. Il bianco invece indica
un punto di vista più sereno per l?artista, che afferma: «Quando mi sono
innamorata del nero, per me conteneva tutti i colori. Non era una negazione, al
contrario, era un'accettazione [...] per me è il massimo», ma poi aggiunge: «Per
me, il nero contiene la forma, l'essenza dell'Universo. Ma il bianco esce fuori
nello Spazio con più libertà».
Nella stessa sala la produzione degli anni settanta e ottanta - come l?opera
Sky-Zag IX (1974) - è messa a confronto con le fotografie di grandi installazioni
realizzate negli stessi anni all'aperto quali Dawn Shadows (1982), che si erge in
Madison Plaza a Chicago e Frozen Laces-Four (1976 80) in Madison Avenue a
New York.
Nonostante l'avversione per l'assenza di manualità diretta, dovuta alla
monumentalità di queste installazioni in metallo, la Nevelson inizia comunque a
produrre una serie di opere pubbliche - anche in omaggio alle vittime
dell'Olocausto - ancora oggi visibili in tutto il mondo.
L?ambiente successivo accoglie il più grande lavoro di Louise Nevelson in mostra
- Homage to the Universe (1968) - che, con i suoi otto metri di lunghezza, è il
protagonista assoluto dello spazio. Il passaggio di scala operato dall'artista in
opere come queste è influenzato dalla realizzazione delle grandi installazioni
pubbliche.
Esposti anche sei grandi collages di differenti dimensioni, come il Untitled del
1980 circa e il Untitled del 1985 circa, che rappresentano una particolare serie.
La bidimensionalità, l'assenza di una colorazione uniforme, le forme ritagliate,
rivelano la particolare attenzione ai piani prospettici che si determinano nelle
sovrapposizioni. Affiora la lezione cubista per coniugarsi con l'esperienza
pluridimensionale. Nella sala seguente, la poeticità e il lirismo dei volumi e delle
forme di opere come Tropical Landscape I (1975) sono affiancati da una
gigantografia di New York, città sempre amata dall'artista. La composizione
geometrica e la semplicità di questi lavori avvicina la Nevelson alle
contemporanee esperienze della generazione minimalista statunitense.
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
Chiudono il percorso opere di colore oro quali The Golden Pearl (1962), Royal
W inds (1960) e Golden Gate (1961-70) che risalgono ai primi anni sessanta. L?
artista riconduce il suo interesse per questo colore principalmente al detto degli
emigranti russi, in base al quale le strade americane si pensava fossero
lastricate d?oro, ma anche all?alchimia e al lusso dell?arte antica: «L'oro è un
metallo che riflette il grande sole. [...] Di conseguenza penso sia giunto
naturalmente dopo il nero e il bianco. In realtà era per me un ritorno agli
elementi naturali. Ombra, luce, il sole, la luna».
Nella vita della Nevelson il nero, il bianco e l?oro hanno un ruolo fondamentale:
lei stessa mantiene separati cromaticamente i suoi lavori, negli insiemi e nelle
installazioni, oltre a dividere il suo studio secondo il colore delle opere. Anche
quando partecipa nel 1962 al Padiglione Statunitense della XXXI Esposizione
Internazionale d?Arte della Biennale di Venezia decide di creare tre spazi
differenti, uno nero, uno bianco e uno oro, realizzando tre installazioni disposte
in base ai colori nell?ingresso e nelle due sale adiacenti. La sola luce naturale
illumina l?ambiente, filtrando da velari posti sul soffitto, creando una particolare
atmosfera che stupisce ed entusiasma la critica.
Molte fotografie storiche originali accompagnano il percorso, come il famoso
ritratto di Louise Nevelson realizzato da Robert Mapplethorpe nel 1986, e gli
scatti di Enrico Cattaneo eseguiti nel 1973 durante la mostra presso lo Studio
Marconi di Milano e di Pedro E. Guerrero nel 1979-80. Fruibile dal pubblico è
anche un documentario-intervista che mostra l'artista in azione nel suo studio e
approfondisce alcuni aspetti interessanti dell?affascinante lavoro della scultrice.
Ufficio Stampa di mostra Arthemisia Group
Adele Della Sala
Barbara Notaro Dietrich
Fondazione Roma
Comunicazione e Relazioni Esterne
Paola Martellini
Davide Vannucci
Valeria Roggia
Catalogo Skira
Lucia Crespi
Louise Nevelson
Museo Fondazione Roma
Palazzo Sciarra
Via Marco Minghetti, 22 - 00187 Roma
T +39 06 697645599
www.fondazioneromamuseo.it
Date al pubblico
Dal 16 aprile 2013 al 21 luglio 2013
Con il patrocinio di
Ambasciata degli Stati Uniti d?America
Mostra promossa da
Fondazione Roma
Organizzata da
Fondazione Roma Arte Musei
con
Arthemisia Group
in collaborazione con
Fondazione Giorgio Marconi
Nevelson Foundation di Philadelphia
con il contributo tecnico di
Decos Roma
Mostra a cura di
Bruno Corà
Coordinamento scientifico
Aldo Iori
Biglietteria e ufficio gruppi
Civita
Progetto didattico
Francesca Valan
Servizi educativi
WorkInProject
Audioguide
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Catalogo
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Orario apertura
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00 - lunedì chiuso
la biglietteria chiude un?ora prima
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Data Pubblicazione: 22/04/2013
Biglietti
Intero E 10.00
Ridotto E 8.00
Giovani fino a 26 anni; adulti oltre i 65 anni; forze dell?ordine e militari con
tessera di riconoscimento; studenti universitari con libretto e docenti delle
Facoltà con indirizzo Storia dell?Arte;
dipendenti Ministero per i Beni e le Attività Culturali; adulto che accompagna un
minore.
Ridotto gruppi E 8.00 (massimo 25 persone, prenotazione obbligatoria).
Scuole E 4.50 (ad alunno)
Famiglia E 20.50 (dai 3 ai 5 componenti)
Omaggio
Studenti universitari con libretto (il mercoledì dalle 14.00 alle 19.00); adulti oltre
i 65 anni (il martedì dale 14.00 alle 19.00); bambini fino a 6 anni; visitatori
diversamente abili (incluso 1 accompagnatore); 1 accompagnatore per ciascun
gruppo prenotato; 1 accompagnatore ogni 10 studenti; possessori Tessera Amici
del Museo; Giornalisti muniti di tessera di riconoscimento; soci ICOM;
Confesercenti; Federagit - Guide Turistiche Roma
Convenzioni FAI Possessori Bibliocard
Feltrinelli Carta Più
Dipendenti Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale
Lazio
Archeoclub d?Italia
Avis
Roma Pass
ATAC - METREBUSCTS
IED Istituto Europeo di Design
Pagine Bimbo
Associazione Dimore Storiche Italiane
Mondadori Card / Selecard
Upter (Università Popolare Terza Età)
I nformazioni e prenotazioni
T +39 06 69205060
da lunedì a venerdì ore 9.00-18.00 - chiuso sabato domenica
e festivi
www.fondazioneromamuseo.it
www.louisenevelsonroma.it
Visite guidate per singoli
(tutte le domeniche ore 16.00, massimo 25 persone, prenotazione consigliata,
biglietto di mostra escluso)
E 5.00
Visite guidate
(minimo 10 massimo 25 persone, prenotazione obbligatoria, biglietto di mostra
escluso)
Gruppi
Italiano e lingua straniera (inglese - francese - spagnolo)
E 100.00
Scuole
(minimo 10 massimo 25 persone, prenotazione obbligatoria, biglietto di mostra
escluso)
E 80.00
Visita giocata per famiglie - Totem di famiglia
(tutte le domeniche ore 11.00, massimo 25 persone, prenotazione obbligatoria,
biglietto di mostra escluso)
E 6.00 (a bambino)
gratuita ogni prima domenica del mese
Audioguide
Adulti E 5.00 (italiano - inglese)
Doppia E 8.00 (italiano - inglese)
Sistema di microfonaggio
Incluso nel costo del biglietto, per gruppi e scuole con guida
interna ed esterna.
Ufficio Stampa
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Uno sguardo sulla quarta dimensione di Lady Lou
Pubblicato da Redazione il 22 aprile 2013
Nella sezione Cultura, Primo piano
A proposito di: Leah Berliawsky, Louise Nevelson
di Raffaella Salato
“E’ quando sto lavorando e prendo delle decisioni che la mia vita è più emozionante: quando metto insieme le
cose e come le metto insieme. Questo lo chiamo energia del vivere o essenza della vitalità, perché si è
pienamente vivi quando si lavora. Si toccano le vere fibre del significato della vita”.
Louise Nevelson, al secolo Leah Berliawsky (Pereyaslav 1899 – New York 1988), era questo: una donna che
si esprimeva compiutamente nella realizzazione delle proprie opere, “una artista”, come ella stessa si definì, a
soli nove anni, allorché la bibliotecaria del paese le domandò cosa avrebbe voluto essere da grande. E la
forma da lei prescelta fu la scultura, declinata nelle più variegate fogge, materie e dimensioni: la scultura così
scarna ed immediata, rispetto alla pittura che invece confonde con il “colore” e crea un’illusione; quella
plasticità esasperata dell’oggetto che trascende le tre dimensioni per traghettare l’autore nella “quarta” (“La
scultura ha sempre quattro lati… quattro realtà, per l’appunto”, scriveva).
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Le opere esposte
Sono oltre settanta le opere della Nevelson esposte al Museo Fondazione Roma di PALAZZO SCIARRA ,
fino al 21 luglio prossimo, nella retrospettiva curata da Bruno Corà e fortemente voluta dal Prof. Avv.
Emmanuele F. M. Emanuele, che con questo progetto conferma ancora una volta la mission dell’istituzione da
lui presieduta: l’attenzione da un lato al superamento dei confini del nostro Paese, nel solco del principio del
Strage di Erba, parla Azouz: “Fu un commando
di italiani”
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dialogo tra diverse culture e della libera circolazione delle idee, dall’altro ad una finalità didattica ben precisa,
che intende offrire al grande pubblico la possibilità di avvicinarsi concretamente a realtà meno note le quali,
pure, hanno fatto la storia dell’arte del Novecento. In particolare, questa mostra – realizzata con opere
provenienti da importanti enti e musei nazionali ed internazionali, tra cui la Louise Nevelson Foundation, la
Pace Gallery di New York e la Fondazione Marconi – “rivolge un’attenzione particolare al mondo femminile,
focalizzandosi sulla personalità e sul tratto figurativo di alcune donne che hanno apportato un contributo
significativo all’arte contemporanea.” spiega il Prof. Emanuele, e aggiunge: “Il percorso, infatti, è iniziato nel
2009 con l’esposizione dedicata a Niki de Saint Phalle ed è proseguito con la mostra che ha visto protagonista
Giorgia O’Keeffe, nel 2011.”.
Nata in Ucraina
La Nevelson, nata in Ucraina e trasferitasi da bambina con la famiglia in America, nel Maine, fu
estremamente precoce e fin da piccola imparò a conoscere il mondo attraverso il disegno e la tecnica ad
acquarello. Successivamente al matrimonio con Charles Nevelson – sposato senza amore, solo per ottenere
la cittadinanza americana e perché egli non si opponeva alla sua carriera di artista – si trasferì a New York,
che rimarrà sempre la “sua” città e dove comincerà a frequentare le personalità più colte e culturalmente
informate dell’epoca.
“Lady Lou” – come venne chiamata abitualmente nell’ambiente a partire dagli anni ’50 – fu un’artista assai
ricettiva, che assimilò come una spugna le sollecitazioni più originali dell’arte europea e americana a cavallo
della Seconda Guerra Mondiale, accostandosi prima all’astrattismo di Kandinsky, Klee e Rothko, e in seguito
alla corrente cubista, per lei vera e propria rivelazione, ma senza ignorare le suggestioni dello spiritualismo
tipiche dell’arte precolombiana (fondamentali in tal senso l’incontro con Rivera, marito di Frida Khalo, e una
breve esperienza vissuta in Messico): “Forse i miei occhi hanno una grande memoria di tanti secoli”, disse.
La mostra romana si apre con un’esposizione di disegni e terracotte, le opere delle origini (anni ‘30), che
testimoniano la ricerca di un nuovo rapporto con lo spazio mantenendo sempre saldo il legame con il segno,
per scandire piani e forme: non a caso la Nevelson studiò grafica e tecniche di stampa per gran parte della
sua vita, e il rigoroso rispetto delle geometrie spaziali si rinviene anche nei manufatti successivi, quelli scolpiti
nel legno, il materiale con cui – a partire dagli anni ‘40 – ha stretto la relazione in assoluto più profonda.
La tecnica
Maestra della tecnica dell’assemblage, che si concretizzava nel realizzare sculture anche monumentali
unendo pezzi di legno con relitti di oggetti di uso quotidiano, recuperati per le strade della Grande Mela o nei
retrobottega di rigattieri e artigiani, assurse finalmente ad icona dell’espressionismo astratto internazionale alla
fine degli anni ’60, dopo l’esperienza alla Biennale di Venezia del 1962 e l’esposizione al MoMa di New York,
guadagnandosi la fama di maggiore scultrice vivente contemporanea.
Il tratto
Tratto caratteristico dell’opera della Nevelson è la monocromia, che si declina lungo l’intero suo percorso
artistico nelle tre fasi del nero, del bianco e dell’oro.
Il nero per accentuare la monumentalità delle forme, ma anche come compendio di tutti i colori, che lo rende
“accettazione” e non “negazione”, facendone nientemeno che la tinta dell’Universo (infatti l’opera di
dimensioni maggiori fra tutte, lunga 9 metri ed alta quasi 3, intitolata appunto “Homage to the Universe” e
datata 1968, è completamente nera). Ad esso, l’artista accosterà dal 1959 in poi il bianco, “che è un colore
più gioioso”, “che esce fuori nello spazio con più libertà”, permettendole di rendere con maggiore evidenza i
rapporti tra luce ed ombre e inaugurando una fase in cui ella si autodefiniva “architetto della luce”, come
testimoniano tre sculture dedicate al tema nuziale (“Dawn’s Host” e i due pezzi dell’installazione “Dawn’s
Wedding Feast”). Infine, l’oro: l’oro che fa da sfondo alle preziose icone russe del suo Paese d’origine e l’oro
che, nelle leggende tramandate dagli emigranti in cerca di fortuna oltreoceano, si pensava lastricasse le strade
americane.
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Esso fu l’epilogo naturale dopo il nero ed il bianco, perché “l’oro è un metallo che riflette il grande Sole” e, di
conseguenza, rappresenta “un ritorno agli elementi naturali: ombra, luce, il sole, la luna”).
I collages
Concludono la mostra i grandi collages degli anni ’80, bidimensionali e non uniformi nei cromatismi, realizzati
su supporti lignei o cartacei, e alcune serigrafie, oltre ad una serie di fotografie dell’artista intenta a lavorare
nel suo studio o in posa per un ritratto: tra queste, spicca quella famosa di Mapplethorpe del 1986, che ci
restituisce l’immagine fedele di una donna eccentrica e geniale, amante di vestiti barocchi, trucco pesante e
ciglia finte, attenta al proprio aspetto così come all’armonia delle sue sculture, ma soprattutto incurante del
conformismo e del pensiero comune della gente.
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