1 Mistero buffo inviato Marco più altro materile, brani e presentazioni I GRAMMELOTTE - completi da rivedere presentazioni VARIANTE 1- AL PROLOGO: GUERRA NEL GOLFO VARIANTE 2 GESù BAMBINO VARIE EDIZIONI Giullarata popolare ATTORE “Mistero” è il termine usato già nel II, III secolo dopo Cristo per indicare uno spettacolo, una rappresentazione sacra. Ancora oggi, durante la messa, sentiamo il sacerdote che declama: “Nel primo mistero glorioso... nel secondo mistero...”, e via dicendo, Mistero vuol dire dunque: rappresentazione sacra; mistero buffo vuol dire: spettacolo grottesco. Chi ha inventato il mistero buffo è stato il popolo. Fin dai primi secoli dopo Cristo il popolo si divertiva, e non era solo un divertimento, a muovere, a giocare, come si diceva, spettacoli in forma ironico-grottesca, proprio perché per il popolo, il teatro, specie il teatro grottesco, è sempre stato il mezzo primo d’espressione, di comunicazione, ma anche di provocazione e di agitazione delle idee. Il teatro era il giornale parlato e drammatizzato del popolo. ROSA FRESCA AULENTISSIMA 2 Per quanto riguarda la nostra storia, o meglio la storia del nostro popolo, uno dei testi primi del teatro comico-grottesco, satirico, è Rosa fresca aulentissima di Ciullo (o Cielo) d’Alcamo. Ebbene, perché noi vogliamo parlare di questo testo? Perché è il testo più mistificato che si conosca nella storia della nostra letteratura, in quanto mistificato è sempre stato il modo di presentarcelo. Al liceo, al ginnasio, quando ci propongono quest’opera, ci fanno la più grossa truffa che si sia mai messa in opera in tutta la storia della scuola. Prima di tutto ci fanno credere che sia un testo scritto da un autore aristocratico, che, pur usando il volgare, ha voluto dimostrare d’essere talmente dotato da tramutare “il fango in oro”. È riuscito cioè a scrivere un’opera d’arte: grazie alla grazia di cui solo un poeta aristocratico come lui poteva essere intriso. Tanto da far giungere un tema così triviale, così rozzo come un dialogo “d’amore carnale”, a livelli straordinari di poesia “culta”, propria della “classe superiore”! Ecco, dentro questo sforzo di farci passare quest’opera come momento ispirato di un autore aristocratico, ci è capitato dentro quasi tutto, diciamo tutte le capriole e i salti mortali dei sacri autori borghesi dei testi scolastici, dal De Sanctis al D’Ovidio. Dirò che il primo a fare un gioco di 3 truffa è stato Dante Alighieri. Infatti, più o meno esplicitamente, nel suo De Vulgari Eloquentia, dice con una certa sufficienza che “... d’accordo, c’è pure qualche crudezza in questo “contrasto”, qualche rozzezza, ma certamente l’autore è un erudito, un colto”. Non parliamo poi di cosa hanno detto gli studiosi verso il Settecento e l’Ottocento a proposito dell’origine “culta” di questo testo; il massimo è successo naturalmente sotto il fascismo, ma anche poco prima non si scherzava. Lo stesso Croce, Benedetto Croce, il filosofo liberale, dice che indubbiamente si tratta di un autore aristocratico poiché la poesia del popolo è un fatto meccanico, cioè a dire “è un fatto di ripetizione pedestre”. Il popolo, si sa, non è capace di creare, di elevarsi al di sopra di quello che è la banalità, la brutalità, il volgare, e quindi riesce al massimo a copiare “meccanicamente”; da qui il senso di “meccanico”. Solo l’autore aristocratico, colto e evoluto, ha la possibilità di sviluppare artisticamente un tema qualsivoglia. Il popolo, bue e becero, al massimo riesce a fare delle imitazioni. Basta, tutto lì. 4 A buttare all’aria tutta questa bella impostazione sono arrivati due mascalzoni, nel senso cordiale naturalmente della parola, mascalzoni per la cultura borghese e aristocratica: un certo Toschi e un altro che si chiama De Bartholomaeis, due cattolici, per l’esattezza. Costoro hanno combinato una vera e propria carognata, cioè hanno dimostrato che il “contrasto” in questione è un testo straordinario, ma opera indiscutibilmente del popolo. Come? Ecco qua, basta farne l’esame. Cominciamo col decifrare per bene cosa dice questa giullarata (poiché quello che parla, è giullare). Dice: “rosa fresca aulentissima ch’apari inver’ la state” [rosa fresca e profumata che appari verso l’estate]. Chi declama questo verso è un gabelliere, più precisamente uno che come lavoro si preoccupa di ritirare le gabelle nei mercati. Oggi in Sicilia si chiamano “bavaresi” perché pare che l’ultima concessione fosse data da un re borbonico ai bavaresi; ma anticamente questi personaggi, che oggi si chiamano, magari, vigili urbani, si chiamavano in un modo abbastanza fantasioso: esattamente gru o grue. Perché? Perché avevano un libro, un registro, attaccato ad una coscia con una cinghia e quando dovevano ritirare i soldi per segnare l’introito e il nome e il cognome di quello che aveva versato il denaro spettante al padrone per la terra data in 5 affitto, si mettevano in questa posizione abbastanza comoda per scrivere, cioè, appoggiavano il piede destro al ginocchio sinistro restando in piedi su di una gamba sola, appunto come le gru o gli aironi. Ora questo gru o grue si trova a fare dichiarazione d’amore ad una ragazza. E come il ragazzo, nascondendosi il libro che ha sulla coscia con una falda del mantello o con la sottana, si fa credere nobile e ricco, così anche la ragazza, che è affacciata ad una finestra, si fa passare per la figlia del padrone, del proprietario della casa. In verità si tratta di una donna di servizio, forse di una sguattera. Da cosa lo si capisce? Da un’ironia che fa proprio il ragazzo, che ad un certo punto dice: “di canno [da quando] ti vististi lo maiuto [vestita di maiuto, vestita di saio] | bella, da quello jorno so’ feruto [ferito]”. Il saio era proprio quello dei frati e anche delle suore, ma qui, in verità, il termine è canzonatorio: si allude ad una specie di grembiulone, una “pazienza” appunto, senza maniche, che, essendo naturalmente apprettata, evitava alle lavandaie di bagnarsi quando andavano alla roggia. Ora, si sa benissimo in quale posizione si mettano le lavandaie... Oddio, lo sanno le persone che le hanno viste, le lavandaie. Oggi ci sono le lavatrici, così una delle cose più belle della natura non si vede più. Alludo a quelle rotondità 6 oscillanti in moto che le lavandaie offrivano ai passanti. Ecco perché il giullare, carogna, dice: “quando ti vidi nella posizione del lavare... quando avevi addosso il saio, di te m’innamorai”. S’innamorò, come dice Brecht, “di quello che il padreterno creò con grazia maestosa”, io credo, nel settimo giorno, quello di riposo: giacché gli occorreva tutta la concentrazione possibile per fabbricare tanta perfezione dinamica: il perno di tutto il creato. Dunque: “del tuo perno mi innamorai”. Ora conosciamo l’origine sociale dei due personaggi: la ragazza che millanta la propria posizione aristocratica e il ragazzo che fa altrettanto. Il ragazzo declama: “rosa fresca aulentissima ch’apari...”: è un linguaggio aulico, raffinato, proprio di chi vuol farsi passare per nobile. Egli ne fa una caricatura, ma non fine a se stessa, vedremo poi la vera ragione. “Rosa fresca aulentissima ch’apari inver’ la state, | le donne ti disiano, pulzell’ e maritate”. Cioè, sei talmente bella che anche le donne, pulzelle e maritate, vorrebbero fare l’amore con te. Per non parlare delle vedove! va beh... quelle è risaputo, è normale. Ma dico, è una pazzia! Ma pensate voi, a scuola, il povero professore che dovesse spiegare le cose 7 così come sono dette... “È normale, ragazzi,... nel Medioevo le donne s’accoppiavano sovente”. Gli arriva un pernacchio che non finisce mai... di risate maltrattenute... viene mandato via, cacciato da tutte le scuole del regno (è proprio il caso di dire che siamo ancora un regno), e basta, è finito! Ecco perché il povero insegnante, che fra l’altro “tiene famiglia”, è costretto a mentire. Notate che questa preoccupazione di correggere la verità nasce già al momento di decifrare il soprannome dell’autore; infatti viene quasi sempre citato nei testi di scuola non come Ciullo d’Alcamo, ma come Cielo d’Alcamo. Attenzione, i lombardi sanno cosa significhi il termine “ciullo”: senza voler fare della scurrilità, “ciullo” è il sesso maschile. E notate che anche in Sicilia m’è capitato, ad Alcamo, di chiedere il significato di “ciullo”... ah ah ah... giù tutti a ridere! Ad ogni modo, tornando alla scuola, vi rendete conto che questo termine deve essere subito modificato, medicato, portato via, e naturalmente il professore dice: “C’è un errore”. Infatti noti ricercatori hanno fatto carte false per indicare un’altra lettura. Non potevano accettare un soprannome del genere, altrimenti si tratterebbe indubbiamente di un giullare, in quanto quasi tutti i giullari hanno soprannomi piuttosto pesantucci. Per quanto riguarda il Ruzante, per esempio, che a nostro avviso si può 8 ben definire “l’ultimo dei giullari”, il suo soprannome viene da “ruzzare”. Qualcuno che è di Padova, o delle vicinanze, sa che “ruzzare” significa “andare con gli animali”: non a spasso, ma unirsi con gli animali, nelle feste e nei periodi adatti, preferiti dai medesimi, naturalmente. Dunque, non si può dire “ciullo”. Non si può, in una scuola come la nostra, dove l’ipocrisia e la morbosità cominciano fin da quando vai all’asilo. Io sono stato all’asilo, da piccolo s’intende, e mi ricordo che quando succedeva che una bambina vedeva un bambino che faceva pipì diceva: “Oh, guarda!... suora... cos’ha quel bambino li?” “Una brutta malattia, – rispondeva la maestra, – non guardare... via, via, fatti il segno della croce!” È la nostra scuola. E dobbiamo capire il dramma degli insegnanti. Ora, “rosa fresca aulentissima ch’apari inver’ la state | le donne ti disiano, pulzell’ e maritate”. Come lo risolviamo? Notate che è ancora un modo di dire, in Sicilia. A Sciacca, per fare un complimento ad una ragazza si dice: “Bedda tu si, fighiuzza, che anco altri fighiuzze a tia vurria ’mbrazzari”, anche le altre ragazze vorrebbero abbracciare te, tanto sei bella. Lo dicono senza nessuna malignità, ma nella nostra scuola non si può! E allora che cosa s’inventa? Subito una virata di sessanta gradi, per poter aggiustare la 9 faccenda. Il professore insegna (e guardate che queste sono didascalie che trovate in ogni testo): “non bisogna prendere la forma così, tout court, bisogna cercare d’individuarla. Cioè: sei talmente bella che anche le altre donne, pulzelle e maritate, vorrebbero a te assomigliare. Non vorrebbero te, ma vorrebbero apparire quale tu sei, bella, elevata in mezzo a tutte le altre donne”. Così, subito, il ragazzo o la ragazza imparano l’ipocrisia e in casa dicono: “Mamma, desidererei una mela... no, non desidererei nel senso di volerla mangiare, ma vorrei apparire come la mela, rotonda e rossa da mordere”. Ora, andando avanti, si scopre ancora un altro gioco abbastanza brutale del modulo. Continua il testo: “tràgemi d’este locora, se t’este a bolontate... fammi uscire da questo fuoco, se ne hai volontà, ragazza”, la prega il giovane. E si sa benissimo come riescano le ragazze a far uscire dal fuoco e dal desiderio i ragazzi, quando ne abbiano volontà: ma qui, non si dice niente... sono cose che non interessano, e si va avanti. C’è subito la risposta della ragazza, che va giù un pochettino a piedi giunti e scopre proprio poca eleganza di modi, infatti si esprime più o meno così: “Puoi andare ad arare il mare e a seminare al vento, con me a fare all’amore non ci arriverai mai. Tutti i soldi, tutti i tesori di questa terra puoi raccogliere, ma non ci sarà niente da fare con me. 10 Anzi, ti dirò di più, che se tu insisti, io, piuttosto di accettare di fare l’amore con te, li cavelli m’aritonno, mi faccio radere i capelli, vado suora, e così non ti vedo più... ah, come starò bene!” E il ragazzo risponde: “ah sì? tu ti vai a aritonnere i cavelli? E allora anch’io mi faccio tondere il cranio... vado frate... vengo nel tuo convento, ti confesso... e al momento buono... sgnácchete!” Lo sgnácchete l’ho aggiunto io, ma è implicito. La ragazza impallidisce e urla: “Ma sei un anticristo, sei un essere vergognoso... ma come ti permetteresti?... Piuttosto di accettare la tua violenza io mi butto nel mare e mi annego”. “Ti anneghi? Anch’io... no, non mi annego: mi butto nel mare anch’io, ti vengo a prendere laggiù, nel fondo, ti trascino sulla riva, ti stendo sulla spiaggia e, annegata come sei, sgnácchete! faccio all’amore”. “Con me, annegata?” “Si!” “Obeau! – esclama la ragazza, con molto candore: – ma non si prova nessun piacere a fare l’amore con le annegate!” Sa già tutto, naturalmente. Una sua cugina era annegata, è passato uno di lì, s’è guardato intorno “Io ci provo”... Ha provato... “Donnacore! che schifezza... meglio il pescespada!” Ad ogni modo la ragazza profondamente si scandalizza e lo minaccia: “Senti, se tu ti provi 11 soltanto a farmi violenza, io mi metto ad urlare, arrivano i miei parenti e ti ammazzeranno di legnate!” E il ragazzo risponde sbruffone (non dobbiamo dimenticare che sta recitando il personaggio del ricco aristocratico): “Se i tuoi parenti trovanmi che ti ho appena violentata o che ti sto facendo violenza, e che mi posson fare? Una defensa mèttoci di dumili’ agostari (duemila augustari)”. Cosa vuol dire? L’augustario era la moneta di Augusto, inteso Federico II. Infatti siamo nel 1231-32, proprio al tempo in cui in Sicilia governava Federico II di Svevia. Duemila augustari equivalevano, più o meno, a settantacinquemila lire odierne. E che cosa è questa defensa? Fa parte di un gruppo di leggi promulgate a vantaggio dei nobili, dei ricchi, dette “leggi melfitane”, volute proprio da Federico II, per permettere un privilegio meraviglioso a difesa della persona degli altolocati. Così, un ricco poteva violentare tranquillamente una ragazza; bastava che nel momento in cui il marito o i parenti scoprivano la cosa, il violentatore estraesse duemila augustari, li stendesse vicino al corpo della ragazza violentata, alzasse le braccia e declamasse: “Viva lo ’mperadore, grazi’ a Deo!” Questo era sufficiente a salvarlo. Era come avesse detto: “Arimorta! 12 Attenti a voi! Chi mi tocca verrà subito impiccato”. Infatti chi toccava l’altolocato che aveva pagato la defensa veniva immediatamente impiccato, sul posto, o un po’ più in là. Ecco che la potete immaginare da voi tutta la scena. Grande vantaggio per il violentatore medievale era dato dal fatto che, allora, le tasche non facevano parte dei pantaloni. Erano staccate: erano delle borse che si appendevano alla cintola, il che poteva permettere una condizione vantaggiosissima dell’amatore: nudo, ma però con la borsa. Perché, nel caso: “Ah! mio marito!” trac... defensa... op... “Arimorta! Ecco i quattrini!” Naturalmente bisognava avere i soldi contati, è logico, non si può: “Scusi, aspetti un attimo... gli spiccioli!... Ha da cambiarmi per favore?” Subito, subito, lì, veloci! Le madri che s’interessavano della salute dei propri figlioli, una madre nobile naturalmente, e ricca, diceva sempre: “Esci? Hai preso la defensa?” “No no, vado con gli amici...” “Non si sa mai, magari incontri...” Ah, perché la defensa valeva anche per la violenza a base di coltello. Uno dava una coltellata a un contadino... zac... defensa! Che naturalmente era minore, centocinquanta 13 massimo. Se poi ammazzava l’asino insieme al contadino, allora si faceva cifra tonda. Ad ogni modo questo vi fa capire quale fosse la chiave della “legge” del padrone: la brutalità di una tassa che permetteva di uscire indenni da ogni violenza compiuta da quelli che detenevano il potere. Ecco perché non ce lo spiegano mai questo “pezzo” a scuola. Mi ricordo che sul mio libro di testo al liceo tutta questa strofa non esisteva, era stata censurata. Su altri testi c’era, ma non veniva mai spiegata. Perché? È logico! Per una ragione molto semplice: attraverso questo pezzo si scopre chi ha scritto il testo. Non poteva essere altro che il popolo. Il giullare che si presentava sulla piazza scopriva al popolo quale fosse la sua condizione, condizione di “cornuto e mazziato”, come dicono ancora a Napoli: cioè bastonato, oltre che cornuto. Perché questa legge gli imponeva proprio lo sberleffo, oltre che il capestro. Ed altre ce ne erano di queste leggi bastarde. Quindi il giullare era qualcuno che, nel Medioevo, era parte del popolo; come dice il Muratori, il giullare nasceva dal popolo e dal popolo prendeva la rabbia per ridarla ancora al popolo mediata dal grottesco, dalla “ragione”, perché il popolo prendesse coscienza della propria condizione. 14 Ed è per questo che nel Medioevo ne ammazzavano con tanta abbondanza di giullari, li scuoiavano, gli tagliavano la lingua, per non dire di altri ornamenti. Ma torniamo al “mistero buffo” vero e proprio. Foto 1. Sequenza di buffonata. Ecco, questa è una sequenza di buffonata, cioè una specie di preparazione agli spettacoli ironico-grotteschi ai quali partecipava anche il popolo, truccato e travestito. Questi erano popolani... li vedete... questo camuffato addirittura da “mammuttones”. Cos’è il “mammuttones”? È un’antichissima maschera mezzo capro mezzo diavolo. In Sardegna ancora oggi i contadini durante certe feste si vestono con queste pelli strane, si mettono queste campanelle e vanno intorno con maschere molto simili a quelle che si notano nella immagine. Vedete che sono quasi tutti diavoli. Ecco, questo è un giullare, questo è il personaggio del jolly, il matto (allegoria del popolo) e questo è un altro diavolo... un altro ancora... ecco un’altra sequenza. Foto 2. Sequenza di buffonata. 15 Diavoli, streghe e un frate decorativo di passaggio. Notate un altro particolare: tutti hanno strumenti per far rumore, perché il gioco del fracasso, del frastuono, era essenziale in queste feste. (Indicando un personaggio della lastrina) Questo ha addirittura un “ciucciué”, o altri nomi che dànno a Napoli; sono delle membrane di cuoio che, schiacciate e tirate, emettono dei pernacchi spaventosi. (Indica un altro personaggio) Qui c’è un altro con la gamba alzata, che non ha bisogno di strumenti: questo lo fa da sé, il rumore, è un naturalista... Questi altri emettono altri suoni. Questi personaggi mascherati si riunivano tutti quanti nella piazza e incominciavano a fare una specie di processo finto ai nobili, ai potenti, ai ricchi, ai padroni in genere. Fra i quali c’erano mercanti, imperatori, strozzini, banchieri... che è poi la stessa cosa. C’erano anche dei vescovi e dei cardinali. Non ho mai capito perché, nel Medioevo, mettessero vescovi e cardinali insieme ai potenti e ai padroni: sono atteggiamenti del tutto particolari che non siamo andati a verificare. Naturalmente erano falsi vescovi, falsi ricchi. Chissà perché, i ricchi veri non accettavano di giocare con il popolo. Era gente del popolo che si travestiva; si organizzava una specie di processo, abbastanza violento, a base di accuse precise. “Hai fatto questo, hai sfruttato, hai rubato, hai ammazzato...” 16 Ma il momento avvincente era il finale. Era una specie d’inferno nel quale venivano precipitati, con finte pentole piene di finto olio bollente, con massacri, con scuoiamenti, tutti questi ricchi, questi signori. I ricchi, quelli veri, se ne stavano in casa in quei giorni, perché magari passavano per la strada e... “Ahiddame!” “Oh scusi, credevo che fosse uno finto”. Quindi, per evitare di essere presi per ricchi finti, se ne stavano in casa asserragliati. Anzi, si dice, lo dice malignamente un grosso storico, Bloch, che è quel francese alsaziano ammazzato dai nazisti in quanto comunista, asserisce Bloch che certamente le persiane con le imposte sono state inventate in quel periodo per permettere ai ricchi di poter guardare in piazza queste manifestazioni, senza essere visti da giù. Tutta questa gente, questi giullari, questi buffoni, alla fine della festa entravano in chiesa. La chiesa nel Medioevo rispettava il significato originale di ecclesia: cioè, luogo di assemblea. Ebbene, entravano in quel luogo d’assemblea alla fine degli otto o undici giorni, tempo di durata di questa buffonata che si svolgeva di dicembre e proseguiva la tradizione delle feste Fescennine romane, il carnevale dei Romani. Entravano dunque, e ad aspettarli in fondo alla chiesa, sul transetto, c’era il vescovo. Il vescovo si spogliava di tutti i paramenti e li offriva al capo dei giullari; 17 il capo dei giullari saliva sul pulpito e incominciava a tenere una omelia, una predica, nella chiave esatta delle prediche del vescovo: cioè, ne faceva l’imitazione. Non soltanto l’imitazione dei tic, dei moduli, ma di tutto il discorso di fondo: scopriva cioè tutto il gioco della mistificazione, dell’ipocrisia: il gioco del potere. Ed erano talmente bravi a rifare il verso e soprattutto l’imitazione dei moduli d’ipocrisia e di paternalismo, che si racconta che san Zeno da Verona, che era una persona dabbene, fra l’altro, fu talmente fregato da un giullare, fu talmente imitato bene che per sei mesi, ogni volta che tentava di salire sul pulpito per tenere le proprie prediche, non riusciva a terminarle; dopo le prime tre o quattro battute, balbettava e se ne andava. Succedeva che cominciasse: “Miei cari fedeli, io qui, umile pastore vi por...” e giù tutti a sghignazzare. “La pecorella...” “Beee!!”, e il poveraccio, confuso, doveva andarsene. Foto 3. “Milites”, Mosaico absidale (secolo XII). Basilica di Sant’Ambrogio, Milano. Ora qui, in quest’altra lastrina, ci sono due personaggi. Sono due milites. È la riproduzione di un mosaico che si trova in Sant’Ambrogio di Milano, è un pezzo del mosaico pavimentale di 18 Sant’Ambrogio e neanch’io, che mi ci sono trovato sotto a fare i rilievi quando facevo architettura, non mi ero accorto di questo stupendo pezzo di mosaico. Sono due giullari, due giullari travestiti da milites, e lo si capisce dalla caratterizzazione teatrale dei loro gesti. I milites venivano presi di mira abbastanza frequentemente anche perché erano quelli più odiati dal popolo. Ai milites appartenevano quei professionisti dell’ordine costituito che noi chiamiamo oggi questori, commissari. Se con un po’ di fantasia riuscite a togliere gli abiti medievali e li sostituite con un abito moderno, vedrete che hanno certe espressioni abbastanza significative. Alla vostra sinistra c’è una costruzione: ebbene, non fa parte dell’impianto scenico, fa parte di un’altra scena. Infatti tutta questa nostra scena è inscritta dentro l’arco. Perché dico questo? Perché evidentemente la costruzione fuori dell’arco è composta da diversi piani: sono quattro, cinque, sei piani. Ecco, abbiamo verificato, abbiamo fatto dei sondaggi, delle verifiche storiche: nel Medioevo, le questure e i commissariati erano tutti ad un piano solo. Questo per evitare la dipsonomia, una malattia che colpisce molte volte i questori e i commissari: quella facilità, durante un interrogatorio, di sbagliare nel dare indicazioni. Sono talmente presi dal movimento 19 agitato, dal gesto, che la sinistra diventa la destra, la destra la sinistra, per cui dicono: “Esca pure, quella è la porta”, e indicano le finestra. Questo si è verificato parecchie volte... nel Medioevo! A proposito dello scherzare su cose molto serie, drammatiche, un compagno, ieri, un avvocato, mi ha scritto dicendo che queste allusioni a fatti avvenuti ultimamente, risolti con una risata, gli avevano fatto male. Ebbene, è proprio quello che volevamo. Cioè, far capire che è quanto permette e permetteva (è nella tradizione del giullare) all’attore del popolo, di scalfire le coscienze, di far rimanere qualcosa di amaro e di bruciato. L’allusione ai roghi è del tutto casuale. Se io mi limitassi a raccontare le angherie usando della chiave “tragica” con una posizione di retorica o di malinconia o di dramma (quella tradizionale, per intenderci), muoverei solo all’indignazione e tutto, immancabilmente, scivolerebbe come acqua sulla schiena delle oche, e non rimarrebbe niente. Mi sono permesso questo inciso perché, spesso, torna dentro il discorso risentito del perché “ridere” di cose tanto serie. È proprio il popolo che ce lo ha insegnato: ricordiamo, a proposito del popolo, quello che Mao Tse-tung dice a proposito della satira. Egli dice che la satira è l’arma più efficace che il popolo ha avuto tra le mani per far capire a se 20 stesso, dentro la propria cultura, quelle che sono tutte le storture e le prevaricazioni dei padroni. Andando avanti con le lastrine, questa immagine ci fa vedere un’altra rappresentazione sacra, questa volta drammatica e grottesca insieme. Foto 4. “Comici ambulanti del secolo XIV”. Cambrai, Bibliothèque Municipale. È una rappresentazione nelle Fiandre, intorno al 136o (la data è segnata sul disegno). Osservate, qui c’è una donna con un agnello in braccio. Ve lo faccio notare perché verrà di proposito durante un pezzo della rappresentazione della Strage degli innocenti. Andiamo avanti: qui c’è un’altra immagine abbastanza importante, ed è Anversa 1465, esattamente l’anno prima dell’editto di Toledo. Foto 5. Rappresentazione comico-grottesca nella piazza municipale di Anversa (1465). Quello di Toledo è l’editto che vietò definitivamente al popolo di rappresentare i misteri buffi. E lo capirete già da questa immagine, il perché di questa censura. Guardate: qui c’è Gesù Cristo, un attore che rappresenta Gesù Cristo, qui due sgherri. Qui c’è un banditore, un altro attore s’intende, e il popolo, 21 sotto, che reagisce, replica alla battuta del banditore. E cosa dice il banditore? Urla: “Chi volete sulla croce? Gesù Cristo o Barabba?” E sotto tutto il popolo risponde urlando: “Jean Gloughert!!”, che era il sindaco della città. Capirete che una simile ironia un po’ pesante, così diretta, non faceva piacere al sindaco e agli amici suoi... Ecco perché si incominciò a pensare: “Ma non sarebbe meglio vietarle?” Una rappresentazione del genere, anzi, un pochettino più violenta, se vogliamo, è questa: Foto 6. Una “Passione” rappresentata nella Piazza del Louvre, a Parigi (secolo XV). Parigi, qui siamo nella piazza del Louvre, sempre intorno allo stesso periodo. Guardate, c’è, in questo teatrino, Gesù Cristo, un attore che recita la parte di Gesù Cristo, e altri attori. Qui c’è Ponzio Pilato con la bacinella già pronta, per permettergli di lavarsi le mani, e qui ci sono due vescovi, notate, sono due vescovi cattolici. Dovrebbero avere un costume almeno ebraico, no? con degli elementi completamente diversi: cappelloni “a tonda”, torciglioni, abiti d’un’altra epoca, completamente diversi, che la gente conosceva. 22 Invece il popolo, fingendo di non saperne niente di costumi, ci ha piazzato lì i due vescovi, quasi veri e nostrani. Cioè a dire: “D’accordo, il fatto è successo in Palestina, come non detto, d’accordo, non c’erano ancora i cristiani, quegli altri erano ebrei, quindi non c’entra niente, erano vescovi ebrei e, soprattutto, erano di un’altra religione, un’altra realtà! Sì, ma sempre due vescovi erano, quelli che hanno insistito tanto perché fosse mandato in croce Gesù Cristo. Il fatto è che sempre, in tutti i tempi e in tutte le epoche, i vescovi stanno dalla parte dei padroni per mettere in croce i poveri cristi!” E naturalmente questi discorsi non piacevano ai vescovi, ai cardinali e neanche al papa, tanto che decisero di riunirsi a Toledo e dissero: “Basta! Non dobbiamo più permettere che il popolo approfitti di questo gioco scenico, che parte dal sacro, per poi far cadere tutto in burla e in ironia”. E così vietarono non soltanto di prendere come pretesto il Vangelo, ma anche la Bibbia. Foto 7. “La sbornia di Davide” (da un codice miniato dell’Alto Medioevo). Ecco un giullare legato alla strumentalizzazione dei racconti biblici. È la rappresentazione della famosa sbronza di Davide. Nella Bibbia si racconta che Davide si beccò una sbronza che 23 durò sette giorni, spaventosa! Durante questa sbronza se la prese un po’ con tutti: cominciò ad insultare suo padre, la madre, il padreterno, ma soprattutto se la prese con i propri sudditi, cioè il popolo. Diceva più o meno: “Popolo becero, disgraziato e anche un po’ coglione-, ma perché credi a tutte queste storie?” E il giullare riprendeva grottescamente quel personaggio urlando al pubblico: “Ma davvero credi che il padreterno sia sceso in terra con tutte le sue carabattole e abbia detto: “Beh, adesso basta con queste discussioni sulla divisione dei beni e dei terreni, faccio io, faccio da me. Ecco, vieni qua tu, hai la barba, mi piaci, prendi questa corona: tu fai il re. Tu, vieni qua. È tua moglie? Sei simpatica, fai la regina. Che faccia da delinquente che hai tu, tieni... fai l’imperatore. E quello... che faccia da furbo che ha... Vieni, vieni, to’, fai il vescovo, vai! A te, guarda, faccio fare il commerciante. A te, vieni, vieni... guarda, tutto questo spazio, tutta quella terra che va fino a quel fiume è tutta roba tua... mi sei simpatico... e tientela stretta eh!!... Non mollarla mai agli altri, e falla lavorare per bene... E anche a te, prendi questa terra... È tuo parente? Bene! così la roba si tiene unita. Ed ora vediamo un po’... a te darò tutta la parte sul mare. Il diritto di pesca, invece, è per te. E voi... laggiù... miseri e striminziti... te e te e te e te, e anche le vostre mogli, lavorerete per 24 lui, per lui e per lui, e anche per lui, e se vi lamenterete vi sbatto all’inferno, come è vero che sono Dio! E lo sono, per Dio!”” Ecco, rappresentazioni di questo genere non piacevano a quelli che la roba l’avevano per davvero: quindi si decise, o meglio lo decisero i vescovi, che qualora un giullare si fosse permesso di recitare ancora simili obbrobri in mezzo al popolo, sarebbe stato bruciato immediatamente. Tuttavia ci fu un tale, un certo Hans Holden (foto 8), famoso giullare tedesco, bravissimo in questo gioco dell’ubriacatura di Davide, che si permise di recitare ancora dopo l’editto: lo misero al rogo. Il poveraccio credeva che i vescovi scherzassero con la loro minaccia: “Figurati se mi mettono al rogo!” Ma si sbagliava, i vescovi sono gente seria, non scherzano mai! Infatti l’hanno bruciato vivo. Finito lì. Foto 8. “L’arresto di Hans Holden”. C’era anche un modo di fare “battage” pubblicitario, diciamo, agli spettacoli sacri, usato nel Medioevo. Ancora oggi, in Puglia, durante i festeggiamenti per San Nicola da Bari, un santo che veniva dall’Oriente, famoso vescovo, santo, negro, si celebrano processioni. Ebbene, oggi questa festa si è ridotta a una sfilata così, generica, con cartelloni che nel Medioevo 25 servivano ad indicare i pezzi, le scene che sarebbero state rappresentate la sera stessa. Dietro c’erano dei “battuti”, ovvero dei flagellanti o flagellati, che andando intorno si davano delle pacche della madonna... Non per niente si trattava di uno spettacolo sacro. Non solo, ma finito il giro di pubblicità per le strade e per le piazze della città, si mettevano intorno al palco dove si svolgeva la rappresentazione e sottolineavano, indicavano cantando, urlando, lamentandosi e respirando perfino coralmente, i tempi drammatici e grotteschi della rappresentazione. Insisto su questo particolare perché sentirete intervenire ogni tanto nelle mie esibizioni indicazioni di forma di canto corale. Il canto più o meno era questo, per esempio: LAUDA DEI BATTUTI Prototipi: Pordenone, mantovana. Brescia, Ohiohioh bati’, bative! Ehiaiehieh! (E) compagnon, metìf in scera, batìf forte e volentera, n’avi’ doia d’ésti bóti: bative! no trambìt de ves isbiot(i), no trambìt le visigade, Campagna 26 carne rote e disciuncade. Ohiohioh bati’, bative! Ehiaiehieh! Chi vol torse salvasion c’0l se bata de rüscon col fragel a batascioch, no fi’ mostra de daf bot: bative! c’ol Segnor onniputent(e) foe batüd veritament(e). Ohiohioh bati’, bative! Ehiaiehieh! Se vorsi’ tor penitensa a scuntà la gran sentensa c’la se proxima a rivare che niun podrà scampare: bative! che gnirà de contra a noj, ohi batemose cunt doj. Ohiohioh bati’, bative! Ehiaiehieh! Par salvarghe d’ol pecat Jesus Xristo foe picat, ’nsu la croze foe ’nciudat, su la facia g’ foe spüdat: bative! e l’ased g’ foe dait a bevar e no gh’era lì ol sant Pedar. Ohiohioh bati’, bative! Ehiaiehieh! E vui segnori de l’üsüra, vui n’avrit malaventüra, vui c’havit spüat a Xristo col sciorirve al mal acquisto: bative! vui c’havit turciat ’m l’uga i danari a qui(e) che süda. 27 Ohiohioh bati’, bative! Ehiaiehieh! Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie! Compagni, mettetevi in schiera (fila), battetevi forte e volentieri, non abbiate doglia (non lamentatevi) di queste botte: battetevi! Non tremate d’esser nudi, non tremate (non abbiate paura) delle frustate che vescicano (fanno vesciche, piaghe), carni rotte e disgiunte (dalle ossa). Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie! Chi vuol prendersi salvezza che si batta col flagello con il flagello facendolo schioccare, non fingete di darvi botte: battetevi! ché il Signore onnipotente fu battuto veramente. Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie! Se volete prendere (fare) penitenza e scontare la grande sentenza che è prossima ad arrivare che nessuno potrà scampare: battetevi! che verrà addosso a noi, ohi battiamoci con dolore. Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie! Per salvarci dal peccato Gesù Cristo fu picchiato, 28 sulla croce fu inchiodato, sulla faccia gli fu sputato: battetevi! e l’aceto gli fu dato a bere e non c’era lì San Pietro. Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie! E voi signori dell’usura, voi ne avrete malaventura, voi che avete sputato a Cristo arricchendovi col malacquisto: battetevi! voi che avete torchiato come (si torchia) l’uva i denari a quelli che sudano. Ohioihi battete, battetevi! Ehiaieehie! Qualche anno fa si è tenuta presso Milano, all’abbazia di Chiaravalle, una straordinaria mostra di macchine teatrali. Si trattava di splendide statue in cui tutti gli arti erano mobili, articolati, esattamente come nei burattini o nelle bambole. Il movimento era regolato da una serie di leve e di ganci che venivano manovrati da un burattinaio nascosto nell’incavo dietro la statua, che non era a tutto tondo, ma costruita solo per la metà anteriore. C’era per esempio una stupenda Madonna col bambino del 1100 in cui entrambi i personaggi si muovevano, braccia, tronco, gomiti e perfino gli occhi, giocando anche sul trucco del déséquilibre dei burattinai fiamminghi: per esempio, nell’avambraccio, a bilanciere, a snodo dentro la mano, c’era un perno, per cui qualsiasi 29 colpo, anche piccolo, faceva roteare la mano sul polso, prima che ritrovasse il proprio equilibrio stabile. Qualsiasi piccolo colpo faceva in modo che le mani, o un’altra parte del corpo, si muovessero con una grazia straordinaria. Il che dava l’impressione di qualcosa di vivo. Con lo stesso principio è stato costruito un altro pezzo famoso, il Cristo d’Aquileia: non lo si vede perché è vestito di una tunica che gli ricopre tutto il corpo, ma, a nudo, è tutto articolato, fino al collo. Perché il popolo ricorreva a queste macchine per rappresentare la divinità, quando metteva in scena i propri spettacoli? Forse aveva timore di fare atto di blasfemia, di intaccare la sacralità del personaggio divino? No! Niente affatto, ciò avveniva perché l’attore, il comico, voleva che l’interesse del pubblico fosse accentrato non tanto verso il divino, ma verso l’uomo: se un attore fosse entrato prima nel costume di Gesù Cristo si sarebbe presa tutta l’attenzione, mentre una statua era soltanto indicativa, emblematica, e l’attore aveva agio di sviluppare la drammaticità della condizione umana, sottolinearla maggiormente: la disperazione, la fame, il dolore. Ho fatto questo discorso sulle macchine teatrali perché il pezzo che reciterò ora ne prevede l’impiego, appunto l’impiego di una macchina che raffigura la Madonna col bambino in braccio. 30 Con lei abbiamo in scena una donna che tiene in braccio un agnello, una pazza: ecco perché vi ho fatto notare prima quell’immagine delle Fiandre in cui si vede una donna con un agnello in braccio. È una donna alla quale hanno ammazzato il bambino durante la strage degli innocenti e ha trovato in un ovile un agnello, se l’è preso in braccio e, convinta, va a dire a tutti che quello è il proprio figlio. L’allegoria è chiara: l’agnello è l’“Agnus Dei”, il figlio di Dio, quindi questa donna è anche la Madonna. Questo doppio gioco del personaggio donna-Madonna è molto antico, viene addirittura dai greci; la donna può permettersi di dire delle cose che una Madonna vera, un’attrice che facesse la Madonna, o meglio un attore truccato da Madonna, come si usava allora, non avrebbe mai potuto dire. Questa donna bestemmia addirittura contro Dio, con una violenza incredibile. Si mette a urlare con quest’agnello in braccio: “...potevi tenertelo presso di te tuo figlio, se doveva costarci tanto patimento, tanto dolore! Verrai a comprendere il dolore degli uomini, tu che hai voluto subito un cambio a tuo vantaggio, per una tazzina di sangue tuo hai voluto un fiume di sangue, mille bambini per uno tuo. Potevi tenerlo presso di te tuo figlio, se doveva costarci tanto patimento, tanto dolore! Verrai a capire anche tu il dolore, la pena degli uomini, la 31 disperazione, il giorno che verrà a morirti tuo figlio in croce. In quel giorno capirai quale tremendo castigo hai imposto a tutti gli uomini, per un peccato, per un errore! Ebbene, sulla terra, nessun padre, per quanto malvagio, avrebbe avuto il coraggio di imporlo al proprio figliolo. Per quanto fosse carogna, questo padre!” È certo la più grande bestemmia mai udita! È come dire: “Padre, padreterno, sei la zozza della zozza! Nessun padre è tanto carogna quanto te”. E perché tanto odio da parte del popolo verso il padreterno? L’abbiamo visto prima. Perché il padreterno è rappresentativo di quello che i padroni hanno insegnato al popolo, è quello che ha fatto le divisioni, che ha dato terre, poteri, privilegi a un certo gruppo di persone, e invece fastidi, disperazione, sottomissione, umiliazione, mortificazione all’altra parte del popolo. Ecco perché Dio è odiato, perché rappresenta i padroni, è quello che dà le corone, i privilegi; mentre è amato Gesù Cristo, che è quello che viene sulla terra a cercare di ridare la primavera. È, soprattutto, la dignità. Il discorso della dignità è, in queste storie del popolo, ripetuto quasi a tormentone, con un’insistenza incredibile. La dignità. Andremo ora alla rappresentazione della Strage degli innocenti. Devo indicarvi soltanto un particolare: il linguaggio. Il linguaggio, il dialetto, 32 sarebbe meglio dire una lingua, perché è il padano dei secoli XIII-XV, ma recitato da un attore, il quale si trovava costretto a cambiare paese ogni giorno. Oggi era a Brescia, domani a Verona, a Bergamo ecc. ecc., quindi si trovava a dover recitare in dialetti completamente diversi l’uno dall’altro. Erano centinaia i dialetti, e c’era una grandissima differenziazione, maggiore che quella attuale, fra un paese e l’altro, per cui il giullare avrebbe dovuto conoscere centinaia di dialetti. E allora, che cosa faceva? Ne inventava uno proprio. Un linguaggio formato da tanti dialetti, con la possibilità di sostituire parole in determinati momenti, e quando si trovava nell’impaccio di non sapere quale parola scegliere, per far capire qualche cosa, ecco che subito metteva tre, quattro, cinque sinonimi. C’è un esempio straordinario: un giullare di Bologna racconta di una ragazza che si trova ad abbracciare un uomo che ama. Ma di colpo ne ha paura. Ha voluto ad ogni costo far l’amore con lui, ma quando si trova nel momento delicato, ecco che subito lo allontana e dice: “Non me tocar a mi, che mi a son zovina, son fiola, tosa son e garsonetta”. Ha detto tutto: sono ragazza, sono ragazza, sono ragazza e anche ragazza. Così ognuno si può scegliere il termine che meglio comprende. Queste iterazioni le sentirete in questo spettacolo molte volte, ma sono usate 33 anche ad altro scopo: raddoppiare il momento poetico e, soprattutto, nel ritmo, ingigantire la drammaticità. E questa è una cosa sola, unica, del giullare, del teatro del popolo, cioè, la possibilità di poter scegliere i suoni più adatti al momento. Per cui si sente “croz”, “cros”, “crosge” ed è sempre “croce”, presa da diversi dialetti, per rendere il momento più adatto al valore scenico. La rappresentazione è eseguita da un solo personaggio e poi vi spiegherò il perché. Non è soltanto un fatto di esibizione, ma c’è una ragione reale di fondo. Ci sarà il gioco delle statue mobili, come vi ho già detto, il coro dei battuti, quello che inizia il canto e a un certo punto, vedrete, c’è un soldato che viene scannato e muore, e il coro dei battuti indica l’andamento funebre di un canto. 34 STRAGE DEGLI INNOCENTI CORO DEI BATTUTI Ohioihi bati’, bative! Ehiaiehieh! Cont duluri e cont lamenti par la straze d’innozenti, innozent mila fiolìt i han scanà ’me pegurìt, da le mame stralünade ol Re Erode i ha scarpadi. Ohioihi bati’, bative! Ehiaiehieh! DONNA Sasìn... porch... no tocà ol me fiol. PRIMO SOLDATO Lasèl andà... mola sto fiol o at taj le mane... at dag na pesciada in la panza... mola! DONNA Nooo! Amàsum a mi pitòst... (Il soldato le strappa il bambino e glielo uccide). Ahia... ahaa... at ml’hait amasàt, cupàtt. PRIMO SOLDATO Oh, t’en chi n’oltra... Férmet doa at seit, dona... a v’infilzi a tüti e doi... ti e ol bambin. MADRE Infìlzegh püra, che mi a preferzo... SECONDO SOLDATO No far la mata... at seit anc’mo zùina ti e at hait ol temp de sfurnàn ’n’altra dunzena de bambin... Dam chi quel... fa’ la brava... MADRE No... giò sti scìampasc de doss. 35 SECONDO SOLDATO Ahio... a te sgagni eh... e alora cata quest... (schiaffo) e mola stu fagòtt! MADRE Pità, at pregi... no’l me masàl... at dag tüt quel che a g’ho... Il soldato strappa il fardello alla madre e si ritrova fra le mani un agnello. SECONDO SOLDATO Ohj, ma se l’è quest? Un pegurìn, un berìn...? MADRE Oh sì, non l’è un bambin, a l’è un berìn... mi ne g’ho gimai aüdi de bambin... no so capaz, mi. Ohj te pregi, soldat, no masarme sto berìn... che non l’è anc’mo Pasqua... e at farìet gram pecat se at m’lo masi! SECONDO SOLDATO Oh, dona! Ti me vol (voj) tor par ol de-drio... o ti è mata de cuntra? MADRE Mi mata? Non che no’l sont mata. Sopraggiunge un altro soldato. SECONDO SOLDATO Vegn oltra, làsegh ol berìn... che quela a l’è vüna che ol s’ha ruersà ol cervel... par ol dulor che gh’em cupà ol fiolìn. ’S’te cata... moevete, che a’ n’em anc’mò una gran mügia de scanà(n). PRIMO SOLDATO Pecia... ch’am vegn de trà sü... SECONDO SOLDATO Bela forza! At magnet me na vaca: scigul, muntun saladi e poe... vegn chi al 36 cantun, gh’è ’n’osteria... at fagarò bevar un bel grapot(o). PRIMO SOLDATO No, no l’è par ol mangià! a l’è par stu macel, sta becarìa de fiulìt ch’eni trait in pie, che ol me s’è ruersà el stomegh. SECONDO SOLDATO Se ol savevet d’es inscì delicat, no te dovevet gnì a fà stu mestè d’ol suldat. PRIMO SOLDATO Mi eri gnüd suldat par masar omeni nemisi... SECONDO SOLDATO E magari per sbatascià anca-quai dona ruersa sul paion... eh? PRIMO SOLDATO Bon, se la capitava... ma semper dona di nemisi... SECONDO SOLDATO E scanag ol bestiam... PRIMO SOLDATO Ai nemisi. SECONDO SOLDATO Brüsagh le case... copagh i vegi... le gaìne... e i fiulìt. Fiulìt sempar di nemisi. PRIMO SOLDATO Sì, anca i fiulìt... ma in guera! In guera non l’è desunor: ag son le trombe che e sona, i tamburi che i pica e canson de bataja e i bei paroli d’i capitani a la fin! SECONDO SOLDATO Oh, anca par sto macel ti g’avrà d’i bei paroli d’i capitani. PRIMO SOLDATO Ma chì, as masa d’i inozenti... SECONDO SOLDATO E perché, in guera no i sont tüti inozenti? Cosa t’han fait a ti, quei? T’han fait quajcosa sti poveraz che at copett e at scani col sonar de trombe? (Sul fondo passa la macchina 37 raffigurante la Madonna col bambino). Ch’am s’debia sguerciar i ögi se quela no a l’è la Verzen Maria col so bambin che sem oltra a cercà! ’Ndémegh a press, inanz che la ghe scapa... moevete che sta volta ag cateremo ol premi, ch’a l’è groso. PRIMO SOLDATO No al voj sto premi sgaroso, sporcelento... SECONDO SOLDATO Bon, al catarò mi ad zolo. PRIMO SOLDATO No, ne manco ti ol catarèt... (Gli sbarra la strada). SECONDO SOLDATO Ma ti è gnüdo mato? Làsame pasar, che gh’em l’orden de masarghe ol so fiol a la Verzen... PRIMO SOLDATO Ag caghi sü l’örden mi... no bogiarte de lì loga che at s’ciunchi... SECONDO SOLDATO Disgrasiad... no t’è an ’mo capit che se a quel bambin ol resterà in vita, ol gnirà lü ol re de Galilea, al post d’ol’Erode... che gl’l’hait dit la profezia, quel! PRIMO SOLDATO Ag caghi anco sü l’Erode e la profezia, a mi! SECONDO SOLDATO At gh’hait besogn de ’ndà de corpo, miga de stomeg te, alora... Fate in d’un prat e láseme pasar(e)... che mi no voi perd ol premi, a mi! PRIMO SOLDATO No, gh’n’hait abasta de vidè amazar fiulìt! 38 SECONDO SOLDATO Alora ol sarà pejor par ti! (Lo trafigge con la spada). PRIMO SOLDATO Ohia... ch’at m’hait cupat... disgraziat... at m’hait sfondade le büele. SECONDO SOLDATO Am rincress... at set stait impropi un tarloch... mi no vorsevi miga... PRIMO SOLDATO Am pisa ol sangu da part tüt... oh mama... mama... indua at sett, mama... ol vegn scür... hait frec, mama... mama... (Muore). SECONDO SOLDATO No l’ho cupat mi, quest a l’era già cadaver in d’ol mument che l’ha scomenzà a ’vegh pità. “Suldat ch’ol sent pità a l’è già bela mort cupà”, ol dis anca ol proverbio! E ’ntant ol m’ha fait perd l’ocasion de catà la Verzen col bambin. I battuti cantano una litania funebre., Il soldato esce trascinandosi via il cadavere del compagno. Entra la Madonna, o meglio, il manichino della Madonna. Alle sue spalle entra la pazza. MADRE No scapìt, Madona... no catèf pagüra che mi no sont un soldat... sont una dona... una mama anch mi... col me bambin... Scondìv chi loga tranqùila, che i suldat i sont andat via... sentève, pora dona, che n’avit fait d’ol curir... Fèime vardà ol vostro fiolì. Oh! me l’è bel et culorìt! Quant temp ol g’ha? Belo, belo... me l’è alegher... ol rid... bel, belo... ol dev averghe giusta 39 ol temp d’ol me... Me ol g’ha nom? Jesus? L’è un bel nom: Jesus! Belo belo... Jesulìn... ol g’ha già doi dencìt... ohi che simpatech... ol me n’ol g’ha an’mo fait i denci... l’è stait un poch malad ol mes pasat, ma ades ol sta ben... l’è chì che ol dorma propi me un angiulin... (Lo chiama) Marco! Ol g’ha nom Marco... ol dorma propi de güst... Oh cara, me t’set bel! Set bel anca ti... Marcolin... L’è anca vera che nojaltre mame a s’em fait in d’una manera che ol noster fiolìn ol ghe pare ol più belo de tüti... ol pol averghe anch quai difet, ma nünc no l’ videm miga. Ag voj tanto de quel ben a sto bestiolì, che se m’al purtàsen via a gnirìa mata! Se ag pensi al grand stremizi che g’ho üt stamatina, quand che sont andada a la cüna e la g’ho truvada svoeja, piena de sangu e ol me fiulin ol gh’era più... Par fortüna che no l’era vera nagot... che a l’era dömà un sogn, ma mi n’ol savevi miga che a l’era un sogn, tant che de lì a poch me sont desvegiada an’mo sota l’impresiun d’ol sognament, e tüta desesperada che parevi ’na mata! Sunt andada de föra in d’la cort e g’ho scomensà a biastemà contra al Segnur. “Deo tremend e spietàt, – ag criavi, – at l’hait comandat ti sto ’mazament... a t’hait vorsüd ti sto sacrifizi in scambi de fag gni giò ol to fiol: mila fiolìt scanat par vün de ti, un fiüm de sangu par ’na tasina! T’ol podevet ben tegnil in presa a ti sto fiol, se ag 40 dueva costarghe tanto sacrifìzi a nün pover crist... Oh, at gnirà a cumprend in fin anca ti se ol voer di’ crepar de dulor in t’ol dì che gnirà a murit ol fiol. At gnirà anca a comprend infina co l’è stait ben grand tremend castigo che t’hait picat a i omeni in eterno... che niuno patre in su la tera no g’avarìa gimai üt ol cor de ’mporghe a un so fiol, (per) quant c’ol füdess malvaz!” A s’eri lì-lo in dela corte che criavi ste biasteme, come v’ho dit, quand, de bot, ho voltà là i ögi e, denter al uvìl, in mez a i pegurì, ho descovrì ol me bambin che ol piagneva... de sübet ag l’ho recognosüd... l’hait catat in ti brazi... e ho scomensà a piangere de consolazio(n)... “At domandi pardon, Segnor misericurdiös, par sti brüti paroli che t’hait criati, che mi no le penzàva miga... che o l’è stait ol diavul, sì, ol è stait ol diavul, a sugerimei! Ti è tant bon, Segnor, che ti m’hait salvad ol fiol de mi!... e ti g’ha fait de manera che toti ol ciapa par on pegurin-berìn veraz. E anco i soldat no se n’ incorge miga e am lo làseno campare... Dovarò giüsta stag atenta in campana in t’ol dì che gnirà la Pasqua, che quel a l’è ol temp che as masa pegurit-berìn compagn che incoe bambin. A gniràn i becari a cercamel... ma mi ag metarò na scüfieta in testa e ol faserò tüto de pesa... che as convinze che a l’è un bambin. Ma a pres, de sübet, a varderò ben che n’ol debian recognosar 41 gimai più par un bambin... anze, ol menarò a pascolare e ag fagarò ’mparare a magnar l’erba in manera che ol sembrerà somejerà par tüti un pegurìn... Imparché ol vegnirà plu fazile, a sto me fiol, campar de pegura, che non d’omo, in sto mundo infamat!” Oh, ol s’è desvegià... ol ride! Vardìt, Madona, se no l’è bel de catà ol me Marcolin... (La donna scosta lo scialle e mostra alla Madonna la pecorella. La Madonna ha un malore). Oh, Madona, av sentì mal? Fiv forza, no piagnì... che ol pejor a l’è pasat... Ol andrà tüto a fornì ben, vedarì... L’è abasta aveg fidücia in la Providenza che ghe aìda a toti! CORO Segnor che ti è tanto misericordiös de fag ’gnì la folìa a quei che non sont capaz de tras foera ol dolor... MADRE (cullando l’agnello canta) Nana, nana, bel bambin de la tua mama. La Madona la ninava ’tant che i angiuli cantava, San Giusep in pie ol dormiva, ol Gesù bambin rideva e l’Erode ol biastemava, mila fiolìt in zel volava, nana nana. 42 TRADUZIONE STRAGE INNOCENTI STAMPATA CORO DEI BATTUTI Ohiohi battete, battetevi! Eheiaiehieh! Con dolori e con lamenti per la strage degli innocenti, innocenti mille bambini li hanno scannati come agnellini, dalle mamme stralunate re Erode li ha strappati. Ohiohi battete, battetevi! Ehìaiehieh! DONNA Assassino... porco... non toccare il mio bambino. PRIMO SOLDATO Lascialo andare... molla ’sto bambino o ti taglio le mani... ti do un calcio nella pancia... molla! DONNA Nooo! Ammazza me piuttosto... (Il soldato le strappa il bambino e glielo uccide). Ahia... ahaa... me lo hai ammazzato, accoppato. SECONDO SOLDATO Oh, eccone qui un’altra... Fermati dove sei, donna... 0 v’infilzo tutte due... te e il tuo bambino. MADRE Infilzaci pure, che io preferisco... SECONDO SOLDATO Non far la matta... sei ancora giovane tu e hai il tempo di sfornarne un’altra dozzina di bambini... Dammi qui quello... fa’ la brava. MADRE No... giù queste zampacce da dosso. 43 SECONDO SOLDATO Ahia... mordi eh... e allora prendi questo (schiaffo), e lascia ’sto fagotto! MADRE Pietà, ti prego... non uccidermelo... ti do tutto quello che ho. Il soldato strappa il fardello alla madre e si ritrova fra le mani un agnello. SECONDO SOLDATO Oh, ma cos’è questo? Un pecorino, un agnello...? MADRE Oh sì, non è un bambino, è un pecorino... io non ho mai avuto dei bambini... non sono capace, io. Oh ti prego, soldato, non uccidermi questo agnello... che non è ancora Pasqua... e faresti un grande peccato se me lo ammazzi! SECONDO SOLDATO Oh, donna! Mi vuoi prendere per il didietro... o forse sei matta? MADRE Io matta? No che non sono matta! Sopraggiunge un altro soldato. Vieni via, lasciale l’agnello... che quella è una alla quale si è rovesciato (stravolto) il cervello... dal dolore ché le abbiamo ucciso il figlio. Cosa ti prende... muoviti, che ne abbiamo ancora un grande mucchio da scannare. PRIMO SOLDATO Aspetta... che mi viene da vomitare... SECONDO SOLDATO 44 SECONDO SOLDATO Bella forza! Mangi come una vacca: cipolle, montone salato e poi... vieni qui all’angolo, c’è un’osteria... ti farò bere un bel grappotto. PRIMO SOLDATO No, non è per il mangiare! è per questo macello, questa carneficina di bambini che abbiamo messo in piedi, che mi si è rovesciato lo stomaco. SECONDO SOLDATO Se sapevi di essere così delicato, non dovevi venir a fare questo mestiere del soldato. PRIMO SOLDATO Io ero venuto soldato per uccidere uomini nemici... SECONDO SOLDATO E magari anche per sbattere riversa anche qualche bella donna sul pagliaio... eh? PRIMO SOLDATO Beh, se capitava... ma sempre donna di nemici... SECONDO SOLDATO E scannargli il bestiame... PRIMO SOLDATO Dei nemici. SECONDO SOLDATO Bruciargli le case... uccidergli i vecchi... le galline e i bambini... Bambini sempre di nemici. PRIMO SOLDATO Sì, anche i bambini... ma in guerra! In guerra non è disonore: ci sono le trombe che suonano, i tamburi che rullano e canzoni di battaglia e le belle parole dei capitani alla fine! 45 SECONDO SOLDATO Oh, anche per questo macello avrai delle belle parole dai capitani. PRIMO SOLDATO Ma qui, si ammazzan degli innocenti... SECONDO SOLDATO E perché, in guerra non sono tutti innocenti? Cosa ti hanno fatto a te, quelli? T’hanno fatto qualche cosa quei poveracci che uccidi e scanni col suono delle trombe? (Sul fondo passa la macchina raffigurante la Madonna col bambino). Che mi si possano accecare gli occhi se quella non è la Vergine Maria col suo bambino che stiamo cercando! Andiamole appresso, prima che ci scappi... muoviti, che questa volta raccogliamo il premio, che è grosso. PRIMO SOLDATO Non lo voglio questo premio schifoso sporco... SECONDO SOLDATO Bene, lo raccoglierò (prenderò) da solo. PRIMO SOLDATO No, neanche tu lo prenderai... (Gli sbarra la strada). SECONDO SOLDATO Ma sei diventato matto? Lasciami passare, che abbiamo l’ordine di ammazzare il suo figlio alla Vergine... PRIMO SOLDATO Ci cago sull’ordine io... non muoverti da lì o ti stronco... SECONDO SOLDATO Disgraziato... non hai ancora capito che se quel bambino resterà in vita, 46 diventerà lui il re di Galilea al posto di Erode... che gliel’ha detto la profezia, quello! PRIMO SOLDATO Cago anche su l’Erode e la profezia, io! SECONDO SOLDATO Hai bisogno di andar di corpo, tu, mica di stomaco, allora... Vai in un prato e lasciami passare... che io non voglio perdere il premio, io! PRIMO SOLDATO No, ne ho abbastanza di veder ammazzare bambini! SECONDO SOLDATO Allora sarà peggio per te! (Lo trafigge con la spada). PRIMO SOLDATO Ahia... che mi hai ucciso... disgraziato... mi hai sfondato le budella... SECONDO SOLDATO Mi rincresce... sei stato proprio un tarlocco (stupido)... io non volevo... PRIMO SOLDATO Mi piscia il sangue da per tutto... Oh mamma... mamma... dove sei, mamma... viene buio... ho freddo, mamma... mamma... (Muore). SECONDO SOLDATO Non l’ho ucciso io, questo era già cadavere nel momento in cui ha cominciato ad avere pietà. “Soldato che sente pietà è già bello e morto ammazzato”, lo dice anche il proverbio! E intanto mi ha fatto perdere l’occasione di prendere la Vergine col bambino. I battuti cantano una litania funebre. Il soldato esce trascinandosi via il cadavere del compagno. 47 Entra la Madonna, o meglio, il manichino della Madonna. Alle sue spalle entra la pazza. MADRE Non scappate, Madonna... non abbiate paura ché io non sono un soldato... sono una donna... una mamma anch’io... col mio bambino... Nascondetevi tranquilla, che i soldati sono andati via... sedetevi, povera donna, che ne avete fatto di correre... Fatemi guardare il vostro bambino. Oh! com’è bello e colorito! Quanto tempo ha? Bello, bello... come è allegro... ride... bello, bello... deve avere giusto il tempo del mio... Come ha nome? Gesù? È un bel nome: Gesù! Bello, bello... Gesulino... ha già due dentini... ohi che simpatico... il mio non li ha ancora tutti i denti... è stato un po’ malato il mese scorso, ma adesso sta bene... è qui che dorme proprio come un angioletto... (Lo chiama) Marco! Si chiama Marco... dorme proprio di gusto... Oh caro, come sei bello! Sei bello anche tu... Marcolino... È anche vero che noialtre mamme siamo fatte in una maniera che il nostro bambino ci sembra il più bello di tutti... può avere anche qualche difetto, ma noi non lo vediamo. Gli voglio tanto di quel bene a questo bestiolino, che se me lo portassero via diventerei matta! 48 Se penso al grande spavento che ho avuto questa mattina, quando sono andata alla culla e l’ho trovata vuota, piena di sangue e il mio bambino non c’era più... Per fortuna che non era vero niente... che era solo un sogno, ma io non sapevo che era un sogno, tanto che di lì a poco mi sono svegliata ancora sotto l’impressione del sogno, e tutta disperata che sembravo una matta! Sono andata fuori nella corte e ho cominciato a bestemmiare contro il Signore: “Dio tremendo e spietato, – gli gridavo, – l’hai comandato tu ’sto ammazzamento... l’hai voluto tu questo sacrificio in cambio di far venir giù tuo figlio: mille bambini scannati per uno di te (uno tuo), un fiume di sangue per una tazzina! Potevi ben tenerlo vicino a te ’sto figlio, se doveva costarci tanto sacrificio a noi poveri cristi... Oh, verrai a capire alla fine anche tu cosa vuol dire crepare di dolore nel giorno che verrà a morirti il figlio. Arriverai anche a capire alla fine che è stato ben grande e tremendo castigo che hai imposto agli uomini in eterno... ché nessun padre sulla terra non avrebbe giammai avuto il cuore d’imporre ciò a un suo figlio, per quanto fosse malvagio!” Ero là nel cortile che gridavo queste bestemmie, come vi ho detto, quando, di colpo, ho voltato là gli occhi e, dentro l’ovile, in mezzo alle pecore, ho scoperto il mio bambino che piangeva... subito 49 l’ho riconosciuto... l’ho preso nelle braccia... e ho cominciato a piangere di consolazione. “Ti domando perdono, Signore misericordioso, per queste brutte parole che ti ho gridato, che io non le pensavo... ché è stato il diavolo sì, è stato il diavolo a suggerirmele! Tu sei tanto buono, Signore, che mi hai salvato il figlio di me!... e hai fatto in modo che tutti lo prendono per un agnello-pecorino, vero. E anche i soldati non se ne accorgono, e me lo lasciano campare... Dovrò giusto stare attenta in campagna il giorno che verrà la Pasqua, ché quello è il tempo che si ammazzano agnelli uguale che oggi i bambini. Verranno i macellai a cercarmelo... ma io gli metterò una cuffietta in testa e lo fascerò tutto con le pezze... che si convincano che è un bambino. Ma appresso, subito, guarderò bene che non lo debbano riconoscere mai più per un bambino... anzi, lo porterò a pascolare e gli farò imparare a mangiare l’erba in modo che sembrerà assomiglierà (sarà) per tutti un pecorino... Perché sarà più facile, a questo mio figlio, campare da pecora, che non da uomo, in questo mondo infame!” Oh, si è svegliato... ride! Guardate, Madonna, se non è bello da cogliere (cogliere come fosse un fiore) il mio Marcolino... (La donna scosta lo scialle e mostra alla Madonna la pecorella. La Madonna ha un malore). Oh, Madonna, vi sentite 50 male? Fatevi forza, non piangete... che il peggio è passato... Andrà tutto a finir bene, vedrete... Basta avere fiducia nella Provvidenza che ci aiuta tutti! CORO Signore, che sei tanto misericordioso da far venire la follia a quelli che non sono capaci di tirarsi fuori il dolore... MADRE (cullando l’agnello canta) Nanna, nanna, bel bambino della tua mamma. La Madonna cullava intanto che gli angeli cantavano, San Giuseppe in piedi dormiva, il Gesù bambino rideva e l’Erode bestemmiava, mille: bambini in cielo volavano, nanna, nanna! 51 Sempre legata al tema della dignità è la Moralità del cieco e dello storpio. È uno dei temi più famosi e diffusi nel teatro medievale di tutta Europa; se ne conoscono versioni un po’ dappertutto: più di una in Francia (foto 9), nello Hainaut belga. In Italia una versione celebre, di Andrea della Vigna, è della fine del Quattrocento. Foto 9. “Moralité de l’aveugle et du boiteux” (Moralità del cieco e dello storpio). Frontespizio di una stampa francese del secolo XVI. Ebbene, a un certo punto il cieco dice: “Non è dignità avere le gambe dritte, avere gli occhi che vedono, dignità è non avere un padrone che ti sottomette”. La libertà vera è quella di non aver padroni, non soltanto io, ma vivere in un mondo dove anche gli altri non abbiano padroni. E questo, pensate!, intorno al 1200-1300. Naturalmente, queste sono cose che a scuola non ci insegnano, perché far sapere ai ragazzini che già nel Medioevo i poveracci avevano capito certe dimensioni, il significato dell’essere sfruttato, è molto pericoloso! 52 MORALITÀ DEL CIECO E DELLO STORPIO CIECO Aidème, bona zente... fàitme la carità, a mi che son povareto e desgrasiò, orbo de doj ogi, che, o meno male, no me podo vardarme, che m’ gavarìa gran compassion e vegnarìa disperat a amatirme. STORPIO Ohj zente de core, ahibèt pità de mi che sont consciat in la manera che an dol vardarme am senti catar de tanto spaventu che vorarìa scapar de tüte gambe, se no fusse che sont storpiat de no moverme se no cönt ol caret. CIECO Ohj che no podi andà intorna che pichi a rebatón con la crapa in tüti i culoni e in di cantù... aidème quajcun. STORPIO Ohj che no sont pü capaze de gnir via de sta caregiada, che i me sont s’cepade le rode del caretì(n), a gnirò a crepare chì loga de fame, se no m’aìda quajcun. CIECO Gh’ avevi un sì bravo cagnaso che ol me scumpagnava... ol m’è scapad arenta a una cagna in fregula... amanch mi credi che la sia stada femena sta cagna, che ag vedi miga mi e no podi es seguro... ch’ol podrìa anch’ess stad un can sporcel viziuso, o un gato smorbioso che am l’ha fait inamurat, ol me can. STORPIO Aìda, aìda... no gh’è njuno che g’abia quatro rode nove da imprestame pol me caretì? Deo Segnor, fame la grazia d’averghe quatro rode! 53 CIECO Chi è che s’lamenta che ol vole le rode de Deo? STORPIO Sont mi quel, ol sciancat instorpiat coi rodi s’cepadi. CIECO Vegna arenta de mi, da sta oltra banda d’la strada, che vedarò d’aidat... No che no podarò vedar... almanch d’on miracolo... Ma ben, vedarem! STORPIO A no podo miga gnì lilò... Deo malediga toeti i rodi del mundo e a faga gnì quadrade che i no podan pü andà intorno a rudulà. CIECO Oh se as poderese far de manera de gnì mi de drisada infìna a ti... stat seguro, varda, che ag starìa fin a cargarte in sora a e spale de mi tuto intrego, salvo le rode e ol caretì! Agh strasfurmarem in t’una criatura sola de doj che semo... e g’avarìem satisfasion intramboli. Mi andarìa intorna co i to ogi de ti e ti co i me gambi de mi. STORPIO Ohj che pensada! Dei d’averghe on gran zervelo ti, pign de rode e rodele. Ohj che el Segnur Deo m’ha fait la grazia de ’mprestarme le rode del to zervelo per farme andare inturna de novo a dimandar la carità! CIECO Sigùta a parlà che me orisunti... vag ben in sta diresiun? STORPIO Sì, vegn tranquill che at siet sora la rota giusta. CIECO Par no topigar a l’è mejor che am büti gatoni. Là, a vag semper de drita? 54 STORPIO Pogia un poc de manca... no, esagerat! Quela a l’è una virada... Büta l’ancura e torna in drio(drè)... bon... föra i remi, sü le vele... driza, driza... ben, vegn siguro ades. CIECO At m’hait catat per un galeon? Slungame una man quando at sont apres. STORPIO Ma te ’e slonghi tote e doie e mane! Vegn, vegn, bel fiolì de la toa mama... ch’ag set... No!... cramentu... no andar via de deriva... driza a la drita... Oh, ol me barcon de salvatagio... CIECO A t’hait catat? A t se’ ti, proprio ti? STORPIO A sont mi quel, o bel sguercion dori’... fat imbrasà! CIECO Ag stait pü in d’la pel d’la contentesa, caro ol me sturpiat! Vegn che te carego... montame su e spale... STORPIO Ag monti sì... rivoltes a l’incontrari... sta’ bas con la s’cena... Issa! Ag son. CIECO Ohj, no picarme i ginogi in le reni... co ti me s’cionchi... STORPIO Perdoname... o l’è la prema voelta co munti a cavalo, no gh’ sont abitüat. Ohj ti, fag atension a no sbortolame de soto, me arìcomando. CIECO Stat seguro che at tegnirò caro, compagn ch’at füdeset on sach de rape rose. Ti fame da guida polito pitost... de ne mandarme a pestà i buagne di vacch. STORPIO Fagarò atensiù, va’ schiscio: pitosto, no ti g’ha un fero de casciarte in boca a fag de morso e un 55 para de cinghie de tacarte al colo? Am sarìa più(pi) fazile a menarte intorna. CIECO Oh ben: ti m’hait catat par un asin? Ojamì come te peset! Come ol va che et così pesantu? STORPIO Camina... scunsüma miga ol fiat... ahrii! Trota, me bel sguerciot, e fag atension che quand te tiri l’oregia de manca, ti te duarèt voltar de manca... e quando tiri... CIECO Hait capit! Hait capit... sont miga un asen. Ohj! Boia, bestia, at set trop pesantu! STORPIO Pesantu mi?... Ma sont ’na pluma... una parpaja. CIECO Una parpaja de piombo, che se al lasi burlat par tera at fait un buso de trovarghe l’acqua sorgiva... sanguededio! T’hait magnà un incuden de fero a colasion? STORPIO A ti se mato, a son doj giorni che no magno. CIECO Bon, ma i saran puranco doj mesi che no ti caghi. STORPIO Ohj che sberlüsciadi: Deo me vegna a testimoni... a i sont sie die a pena che no i vag de corpo. CIECO Sie die? Doi pasti almanco al giorno ai fano dodese coverti. San Gerolamo protetor de i fachini, e son drio a portarme intorna un magaseno de scorta par un ano de carestia. Am despiase ma mi at scarego chi loga e ti am fet ol sacrosanto piaser d’andarte a scarigar ol magasinamento inlegale! 56 STORPIO Fermate, no ’l senti sto fracaso? CIECO Sì, ol me pare de zente che cria e biastema! Contra a chi l’è che i vosa? STORPIO Fait un poc pü in drio che ’ag sciaro de vardarghe... lilò pogia... Bon, adeso ol vedi... ag l’han con lü... povaro Cristo. CIECO Povaro Cristo a chi? STORPIO A lü, Cristo in la persona... Jesus, fiol de Deo! CIECO Fiol de Deo? Lo qual? STORPIO Come: lo qual? Lo unigo fiol, gniurantu! Un fiol santisim... e i ghe dise che ol fa robe mirabil, meravegiose: ol guarise e maladie, le pejor tremende co gh’è al mundo, a chi e soporta con l’anema zoiosa. Donca a l’è mejor che sbaracheme de sta contrada. CIECO Sbaracar? E par qual reson? STORPIO Parché mi no podo tor sta condision con alegresa. I dise che se sto fiol de Deo ol gnise a pasar de chi loga, mi gnerìa miracolat d’un boto... e ti anca, a la misma manera... Pensaghe un poc, se davero ghe cata a tuti e doj la desgrazia de ves liberadi di nostri desgrazi! D’un boto ag s’trovarìam in la cundision d’es obligat a tor via un mestier per impoder campare. CIECO Mi a digarìa d’andarghe in contra a sto santo, che ol ghe traga fora de sta sventura malarbeta. 57 STORPIO At dighi de bon? At gnirat miracolat, bon, e at tocherà crepar de fame... che toeti i te criaran: “Vagj a lavorar!...” CIECO Ohj che me cata i sudori fregi in del pensarghe... STORPIO “Vagj a lavorar, vagabondo, – i te diserà, – brasce robade a la galera...” E a perderesmio ol gran previlez che g’avemo in pari ai siori, ai paroni, de tor gabela: lori col slongar i truchi de la lege, nojaltri con la pità. Li doi a gabar cojoni! CIECO Andemo, scapemo via de sto incontro col santo, che mi a vòi pitosto morir. Ohj mama de mi... ’ndem... ’ndem de vulada al galop... tachete a e orege, da guidarme pi lontan che ti pol de sta cità! Andareni fora anch de Lombardia... Andarem in Franza o in un sito dove no podarà rivar gimai sto Jesus fiol de Deo... Andaremo a Roma!... STORPIO Sta’ calmo, calmo, spiritat matido, che ti me sgropi in tera... CIECO Ohi, te pregi, salvame! STORPIO State bon... che ag salveremo tot doj in compagnia... no gh’è anc ’mo pericolo, co la procesion che mena ol santo no la s’è anc’mo movüda. CIECO Ag fari cos’è? STORPIO L’han ligat a una colona... e i è dre’ a pical. Ohj come i pica, sti scalmanat!... CIECO Oh poer fiol... perché ol pichen? Cos ol g’ha fait a lori... sti scalmanat? 58 STORPIO L’è gnì a parlag de ves tüti amorosi, compagn de tanti fradeli. Ma ti varda ben de no lasarte miga catar de cumpassion par lü, che o l’è ol pü gran pericol de ves miraculat. CIECO No, no... no g’ho compasion... che par mi no l’è nisün quel Crist... che no ghe l’ho gimai cognosüdo mi... Ma dime cosa ag fan adeso... STORPIO Ag spüen adoso... sgarusi purscel, in facia ag spüen... CIECO E lü, cosa ol fa... cosa ol dise, sto poraso santo fiol de Deo? STORPIO No dise... no ’l parla... no ’l se rebela... e no i varda miga d’inrabìt, a quei scalmanat... CIECO E come i varda? STORPIO I varda con malencunia... CIECO Oh car fiol... no me dighi pü nagota de quel che va a süced che mi am senti sgriscì ol stomego... e freg al core, che g’ho pagüra che abia ves quajcos che somegia a la compasion. STORPIO Anch mi am senti ol fiat che am sgiungia al gargaroz e i sgrisci in d’i brasci... Andem, andem via de chi loga. CIECO Sì, ’ndem a serarse in quai lögu dua as poda fa’ a men de gnì a cugnusar di sti robi dulurusi. Mi cognoso una hosteria... STORPIO ’Scolta! CIECO Cosa? STORPIO Sto gran frecas... chi a renta. CIECO No sarà miga ol santo fiol che ariva? 59 STORPIO Oh, Deo grazia, no me farme stremire che saresimo perdüj... là intorna a la culona non gh’è pü niuno... CIECO Ne manco ol Jesus fiol de Deo? Dove i se son casciadi? STORPIO I son qua... ecoi che i riva toeti in procesion.. a semo ruinadi! CIECO A gh’è chì anco ol santo? STORPIO Sì, a l’è in d’ol meso... e l’han cargado d’una crose pesanta, ol poareto!... CIECO No stat a perderte in compasione... desbregate pitosto a guidarme in quai lögu indoe ghe podemo nascondere ai so ögi... STORPIO Sì, andemo... pogia de drita... cori, cori, prima che ol ghe poda vardà, sto santo miracoloso. CIECO Ohi che me sont inzupad in d’una cavegia... che no sont più capaz de moverme! STORPIO Te vegna un cancaro, improprio adeso?... no ti podevi guardare in do te metevi i pie? CIECO Eh no che no podevo vardare... che mi sont sguercio e no me podo vedar i pie! Come no i podo? Sì che i podo vedar... me i vedo! Me vedo i pie... o che bei doj pie che g’ho! Santi bei... con tuti i didi... quanti didi? Cinco par pie... e coi ongi grosete e picinine disgradante in fila... Oh, voi basarve toti, a un par uno. STORPIO Mato... staite bon che ti me stravachi. Ohj... che ti m’ha copad... disgrasio... at podesi tor a pesciadi... toi! (gli dà una pedata). 60 CIECO Ohj maravegia... ag vedi anca ol ciel... e i arbori... e le done! (Come se le vedesse passare) Bele, le done!... Miga tute! STORPIO Ma sont stait propi mi che t’ho molat la pesciada? Fame provar de novo: sì... sì... C’ol sia malarbeto sto giorno... a sont roinat! CIECO Ol sia benedeto sto fiol santo che ol m’ha guarit! A vedi quel che no g’ho gimai vedüo in vida mia... e geri stat grama bestia a vorseme scapar de lü, che no gh’è roba pi dolza e zoiosa al mondo co valga la luz. STORPIO Ol diavol g’habia a menarselo via e con lü, insema, lo quei ch’ag sont recognisenti... Dueva propi es tant malarbìo sfortunat de ves vardat da quel inamoros? A son desesperat! Am tocherà morir de buele svoie... am magnerìa ste giambe rinsanide bele crüe, p’ol despet! CIECO Mato a gero mi, mo ol veghi ben, a scapare del bon camino par tegnirme su quelo scuro... che non saveva mi sto gran premio co fuse ol vederghe! Oh beli i colori coloradi... i ogi de e done... i lavri e ol rest... beli i formighi e e mosche... e ol sole... ag podi pü che vegna note par vedeg i stele e gnì a l’ostaria a descovrir ol color del vin! Deo grazia, fiol de Deo! STORPIO Ohj me mi... che ’m tocarà andar de sota a un padron a südar sangu per magnar... Ohi mala sventura sventurada sporscela... dovarò ’ndarme 61 intorna a cerciarme un altro santo che ol me faga la grazia de storpiarme de novo i gareti... CIECO Fiol de Deo maraviglioso... no gh’è parole né in volgar né in latino che poderi dì’ co l’è un fium in piena, la tua pità! Schisciad sota una crose, ti g’ha anc’mo de giunta tanto amor de pensarghe pur anco e a desgrasiò de nojalteri disgrasiat!... 62 CIECO Aiutatemi, buona gente... fatemi la carità, a me che sono povero e disgraziato, orbo di due occhi, così che, per fortuna, non posso guardarmi, che io avrei tanta compassione e verrei disperato (mi dispererei) da ammattirmi. STORPIO Oh gente di cuore, abbiate pietà di me che sono conciato in modo tale che nel guardarmi mi sento prendere da tale spavento che vorrei scappare a gambe levate, se non fosse che sono storpiato da non muovermi se non col carretto. CIECO Ahi che non posso andare intorno che picchio e ripicchio (a ripetizione) la testa contro tutte le colonne e nei cantoni... aiutatemi qualcuno. STORPIO Ohi che non sono più capace di venir via (uscire fuori) da questa carreggiata, ché mi si son rotte le ruote del carrettino, e finirò col crepare di fame in questo luogo, se non mi aiuta qualcuno. CIECO Avevo un così bravo cagnaccio che mi accompagnava... mi è scappato dietro a una cagna in fregola... almeno io credo che sia stata femmina questa cagna, ché non ci vedo io e non posso esser sicuro... che potrebbe anche essere stato un cane porcello vizioso, o un gatto smorfioso che me l’ha fatto innamorare, il mio cane. STORPIO Aiuto aiuto... non c’è nessuno che abbia quattro ruote nuove da imprestarmi per il mio 63 carrettino? Dio Signore, fammi la grazia di avere quattro ruote! CIECO Chi è che si lamenta che vuole le ruote di Dio? STORPIO Sono io quello, lo sciancato storpiato con le ruote rotte. CIECO Vieni vicino a me, da quest’altra parte della strada, che vedrò di aiutarti... No che non potrò vedere... a meno d’un miracolo... Beh, vedremo, va’! STORPIO Non posso venire lì... Dio maledica tutte le ruote del mondo e le faccia divenire quadrate che non possano più andare in giro a rotolate. CIECO Oh se potessi fare in modo di venire io dritto fino a te... stai sicuro, guarda, che ci starei fino (perfino) a caricarti sulle mie spalle tutto intero, salvo (meno) le ruote e il carrettino! Ci trasformeremmo in una creatura sola da due che siamo... e avremmo soddisfazione entrambi. Io andrei in giro con i tuoi occhi di te e tu con le mie gambe di me. STORPIO Oh che pensata! Devi avere un gran cervello tu, pieno di ruote e rotelle. Oh che il Signore Iddio m’ha fatto la grazia di imprestarmi le ruote del tuo cervello per farmi andare intorno di nuovo a domandare la carità! CIECO Seguita a parlare che mi orizzonto... vado bene in questa direzione? STORPIO Sì, vieni tranquillo che sei sulla rotta giusta. 64 CIECO Per non inciampare è meglio che mi metta a gattoni (a quattro zampe). Ehilà, vado sempre dritto? STORPIO Appoggia un po’ a sinistra... no, esagerato! Quella è una virata... Getta l’ancora e torna indietro... bene... fuori i remi, su le vele... raddrizza, raddrizza... bene, vieni sicuro adesso. CIECO Mi hai preso per un galeone? Allungami una mano quando ti sono appresso (vicino). STORPIO Ma te le allungo tutt’e due le mani! Vieni, vieni, bel bambino della tua mamma, che ci sei... No! sacramento... non andare via di deriva... raddrizza a destra... Oh, il mio barcone di salvataggio... CIECO Ti ho preso? Sei tu, proprio tu? STORPIO Sono io quello, o bel guercione dorato... fatti abbracciare! CIECO Non sto più nella pelle per la contentezza, caro il mio storpiato! Vieni che ti carico... montami sulle spalle... STORPIO Ci monto sì... rivoltati all’incontrario (di spalle)... stai basso con la schiena... Issa! Ci sono! CIECO Ohi, non picchiarmi (piantarmi) i ginocchi nelle reni... che mi spezzi. STORPIO Perdonami... è la prima volta che monto a cavallo, non ci sono abituato. Ohi tu, fai attenzione a non sbattermi (farmi rotolare) di sotto, mi raccomando. CIECO Stai sicuro che ti terrò caro, compagno (uguale) se tu fossi un sacco di rape rosse. Tu fammi 65 la guida pulito (bene) piuttosto... da non mandarmi a pestare lo sterco delle vacche. STORPIO Farò attenzione, va’ schiacciato (rilassato, tranquillo): piuttosto, non hai un ferro da cacciarti in bocca che faccia da morso e un paio di cinghie da attaccarti al collo? Mi sarebbe più facile menarti (portarti) intorno. CIECO Oh bene: mi hai preso per un asino? Ohimè come pesi! Come va che sei così pesante? STORPIO Cammina... non consumare il fiato... ahrii! Trotta, mio bel sguerciotto, e fai attenzione che quando ti tiro l’orecchio di sinistra, tu dovrai girare a sinistra... e quando tiro... CIECO Ho capito! Ho capito... non sono mica un asino. Oh! Boia, bestia, sei troppo pesante! STORPIO Pesante io?... Ma sono una piuma... una farfalla! CIECO Una farfalla di piombo, che se ti lasci cadere per terra fai un buco da trovare l’acqua sorgiva... sangue di Dio! Hai mangiato un’incudine di ferro per colazione? STORPIO Sei matto, sono due giorni che non mangio. CIECO Bene, ma saranno pure due mesi che non caghi. STORPIO Oh che spiritosaggine: Dio mi venga testimone... sono sei giorni appena che non vado di corpo. 66 CIECO Sei giorni? Due pasti almeno al giorno fanno dodici coperti. San Gerolamo protettore dei facchini, sono dietro a portarmi intorno (sto portandomi in giro) un magazzino di scorte per un anno di carestia. Mi dispiace ma io ti scarico qui e tu fai il sacrosanto piacere di andare a scaricare l’immagazzinamento illegale! STORPIO Fermati, non senti questo fracasso? CIECO Sì, mi sembra di gente che grida e che bestemmia! Contro chi è che gridano? STORPIO Fatti un po’ più indietro che cercherò di guardare... appoggia qui... Bene, adesso lo vedo... ce l’hanno con lui... povero Cristo. CIECO Povero Cristo a chi? STORPIO A lui, Cristo nella persona (in persona)... Gesù, figlio di Dio! CIECO Figlio di Dio? Quale? STORPIO Come: quale? L’unico figlio, ignorante! Un figlio santissimo... e dicono che fa cose mirabili, meravigliose: guarisce le malattie, le peggiori e tremende che ci sono al mondo, a chi le sopporta con anima gioiosa. Dunque è meglio che sbaracchiamo da questa contrada. CIECO Sbaraccare? E per quale ragione? STORPIO Perché non posso accettare questa condizione con allegria. Dicono che se questo figlio di Dio venisse a passare da questa parte, io verrei miracolato di colpo... e tu anche, nella stessa maniera... Pensaci un po’, se davvero ci capita a tutti 67 e due la disgrazia di essere liberati dalle nostre disgrazie! Di colpo ci troveremmo nella condizione d’essere obbligati a prenderci un mestiere per poter campare. CIECO Io direi di andare incontro a questo santo, che ci tiri fuori da questa disgrazia maledetta. STORPIO Dici davvero? Verrai miracolato, bene, e ti toccherà crepare di fame... ché tutti ti grideranno: “Vai a lavorare!...” CIECO Ohi che mi vengono i sudori freddi nel pensarci... STORPIO “Vai a lavorare, vagabondo, – ti diranno, – braccia rubate alla galera...” E perderemmo il grande privilegio che abbiamo uguale ai signori, ai padroni, di prendere la gabella: loro allungando (ingrandendo) i trucchi della legge, noi con la pietà. I (tutti e) due a gabbare (imbrogliare) coglioni! CIECO Andiamo, scappiamo via da questo incontro con il santo, che io voglio piuttosto morire. Ohi mamma di me (mia)... andiamo... andiamo di volata al galoppo... attaccati alle orecchie, (in modo) da guidarmi il più lontano che tu puoi da questa città! Andremo fuori anche dalla Lombardia... Andremo in Francia o in un sito (luogo) dove non potrà arrivare giammai questo Gesù figlio di Dio... Andremo a Roma!... STORPIO Stai fermo, fermo, spiritato ammattito, che mi cadi in terra... CIECO Ohi, ti prego, salvami! 68 STORPIO Stai buono... che ci salveremo tutti e due in compagnia... non c’è ancora pericolo, ché la processione che mena (accompagna) il santo non si è ancora mossa. CIECO Cosa fanno? STORPIO L’hanno legato a una colonna... e sono dietro a picchiarlo (stanno picchiandolo). Ohi come picchiano, ’sti scalmanati!... CIECO Oh povero figlio... perché lo picchiano? Cosa gli ha fatto a loro... ’sti scalmanati? STORPIO È venuto a parlargli di essere tutti amorosi, uguale a (come) tanti fratelli. Ma tu guarda bene di non lasciarti prendere da compassione per lui, che è il più gran pericolo di (per) essere miracolati. CIECO No, no, non ho compassione... che per me non è nessuno, quel Cristo... che non l’ho mai conosciuto io... Ma dimmi cosa gli fanno adesso... STORPIO Gli sputano addosso... schifosi maiali, in faccia gli sputano... CIECO E lui cosa fa... cosa dice, ’sto poveraccio santo figlio di Dio? STORPIO Non dice, non parla, non si ribella... e non li guarda neanche da arrabbiato, quegli scalmanati... CIECO E come li guarda? STORPIO Li guarda con malinconia. CIECO Oh caro figlio... non dirmi più niente di quello che va succedendo che mi sento stringere lo stomaco... e freddo al cuore, che ho paura che debba essere qualcosa che assomiglia alla compassione. 69 STORPIO Anch’io sento il fiato che mi si ferma in gola e i brividi alle braccia... Andiamo, andiamo via da qui. CIECO Sì, andiamo a chiuderci in uno di quei luoghi dove si possa fare a meno di venire a conoscere questi fatti dolorosi. Io conosco un’osteria... STORPIO Ascolta! CIECO Cosa? STORPIO Questo gran fracasso... qui vicino. CIECO Non sarà mica il santo figlio che arriva? STORPIO Oh, Dio grazia (per grazia di Dio), non mi far spaventare ché saremmo perduti... là attorno alla colonna non c’è più nessuno... CIECO Nemmeno Gesù figlio di Dio? Dove si sono cacciati? STORPIO Sono qua... eccoli che arrivano tutti in processione... siamo rovinati! CIECO C’è qui anche il santo? STORPIO Sì, è nel mezzo... e l’hanno caricato di una croce pesante, poveretto!... CIECO Non stare a perderti in compassione... sbrigati piuttosto a guidarmi in qualche luogo dove possiamo nasconderci ai suoi occhi... STORPIO Sì, andiamo... appoggia a destra... corri, corri, prima che ci possa guardare, questo santo miracoloso... CIECO Ohi, mi sono azzoppato a una caviglia... (tanto) che non sono più capace di muovermi. 70 STORPIO Ti venga un cancro, proprio adesso?... non potevi guardare dove mettevi i piedi? CIECO Eh no che non potevo guardare... ché io sono cieco e non mi posso vedere i piedi! Come non posso? Sì che li posso vedere... me li vedo! Mi vedo i piedi... o che bei due piedi che ho! Santi belli... con tutte le dita... quante dita? Cinque per piede... e con le unghie grossette e piccoline degradanti in fila... Oh, vi voglio baciare tutte, una per una. STORPIO Matto... statti (stai) buono che mi rovesci. Ohi... che mi hai accoppato... disgraziato... se potessi prenderti a pedate... tieni! (gli dà una pedata). CIECO Oh meraviglia... vedo anche il cielo... e gli alberi... e le donne! (Come se le vedesse passare) Che belle le donne!... Non tutte! STORPIO Ma sono stato proprio io che ti ho dato la pedata? Fammi provare di nuovo: sì... sì... Che sia maledetto questo giorno... sono rovinato! CIECO Sia benedetto questo figlio santo che mi ha guarito! Vedo quello che non ho mai visto in vita mia... ero stato (una) grama bestia a volermene scappare da lui, ché non c’è cosa più dolce e gioiosa al mondo che valga la luce. STORPIO Il diavolo abbia a portarselo via e con lui, assieme, quelli che gli sono riconoscenti... Dovevo proprio essere tanto maledetto sfortunato da essere guardato da quell’innamorato (uomo pieno d’amore)? Sono disperato! Mi toccherà morire di 71 budelle vuote... mi mangerei queste gambe risanate belle crude, per il dispetto! CIECO Matto ero io, adesso lo vedo bene, a scappare dal buon cammino per tenermi su quello oscuro... che non sapevo io ’sto gran premio che fosse il vederci! Oh belli i colori colorati... gli occhi delle donne... le labbra e il resto... belle le formiche e le mosche... e il sole... non ne posso più che venga notte per vedere le stelle e andare all’osteria a scoprire il colore del vino! Deo gratias, figlio di Dio! STORPIO Ohimè (Povero me)... ché mi toccherà andare sotto a un padrone a sudar sangue per mangiare... Oh mala sventura sventurata e porca... Dovrò andare intorno a cercarmi un altro santo che mi faccia la grazia di storpiarmi di nuovo i garretti... CIECO Figlio di Dio meraviglioso... non ci sono parole né in volgare né in latino che possano dire come sia un fiume in piena, la tua pietà! Schiacciato sotto una croce, hai ancora in aggiunta tanto amore da pensare perfino alle disgrazie di noialtri disgraziati!... 72 Foto 10. “La Domenica delle Palme”. Stampa popolare del secolo XVIII. Un certo Smith, un inglese, nell’Ottocento ha raccolto in un volume parecchie rappresentazioni sacre d’Italia (foto 10). Ecco, questa è l’immagine di una rappresentazione che ancora oggi si esegue in Sicilia, esattamente nella Piana dei Greci. Questa rappresentazione indica tre momenti diversi di una stessa situazione: l’entrata di Cristo in Gerusalemme – lo vedete, è il personaggio sotto le frasche, e tutt’intorno il popolo festante –; Bacco; e infine la discesa di Dioniso all’inferno. Dioniso è una divinità greca, di origine tessalico-minoica, di quindici secoli avanti Cristo. Di lui si racconta che era talmente preso d’amore per gli uomini che, quando un demonio venne sulla terra e rubò la primavera per portarsela all’inferno e godersela tutta per sé, si sacrificò per gli uomini: salì in groppa a un mulo, scese all’inferno e pagò di persona, con la propria vita, pur di permettere agli uomini di riavere la primavera. Ebbene, anche Gesù Cristo, quindici secoli dopo, è quel Dio che viene sulla terra per cercar di ridare la primavera agli uomini. La primavera, come ho detto prima, è la dignità: lo stesso tema di un altro pezzo che vedremo dopo. In mezzo c’è Bacco, il dio dell’allegrezza, dell’ebbrezza addirittura, dell’andare in sgangherataggine ed essere felici. 73 Questo incastrare le divinità l’una dentro l’altra, notate, non è casuale: è una tradizione continua, nella storia delle religioni di tutti i popoli. A raccontare questa storia, dunque, abbiamo il personaggio dell’ubriacone, personaggio-guida di questa giullarata. Il personaggio racconta come, andato ad una festa nuziale, si sia ubriacato con il vino fabbricato, inventato espressamente da Gesù Cristo. Gesù Cristo, dunque, che diventa Bacco: e che ad un certo punto viene rappresentato in piedi, sopra un tavolo, mentre urla a tutti i commensali: “Imbriaghive, gente, feite alegreza, inciuchive, feit de bon”. Siate felici, è questo che conta: non aspettate il paradiso dopo, il paradiso è anche qua sulla terra. Proprio il contrario di quello che ci insegnano a dottrina, da ragazzini, quando ci spiegano che, insomma, bisogna pur sopportare... siamo in una valle di lacrime... non tutti possono essere ricchi, c’è chi va bene e chi va male, ma poi tutto viene compensato dall’altra parte, quando saremo in cielo... state tranquilli, state buoni e non rompete le scatole. Questo, più o meno. Ora, invece, questo Gesù Cristo della giullarata dice: “Rompete pure le scatole e state in allegria”. Due sono i personaggi legati a questa rappresentazione: l’ubriaco e l’angelo. L’angelo, meglio un arcangelo, vorrebbe raccontare il prologo di uno spettacolo sacro, dentro i canoni tradizionali; l’ubriaco, carogna, gli vuol rovinare tutto quanto per 74 raccontare la sbronza che s’è presa durante le nozze di Cana. L’angelo parla un veneto aristocratico, elegante, forbito; l’altro in un dialetto campagnolo, becero, pesante, e fortemente colorito. Eseguo il pezzo da solo, e non per un eccesso di esibizionismo: abbiamo provato a recitarlo in due attori, e abbiamo scoperto che non stava in piedi. Perché quasi tutti questi testi sono stati scritti per essere eseguiti da uno solo. I giullari lavoravano quasi sempre da soli: ce ne rendiamo conto dal fatto che, nel testo, tutto è alluso attraverso sdoppiamenti, indicazioni. Cosicché, attraverso questo gioco dell’immaginazione, tutta la carica di poesia e di comicità viene raddoppiata. Proprio come succede davanti al televisore, dove, per evitare che tu faccia fatica, ti dànno tutti i particolari: e tu te ne stai lì, un po’ beota, ti puoi addormentare, digerire, fare i ruttini rotondi... e il giorno dopo sei pronto per andare a lavorare, libero di testa e pronto a farti sfruttare di nuovo.6 Qui, invece, bisogna far la fatica di immaginare. Allora, quando sarò da questa parte della scena (indica a sinistra), sarò l’angelo, aristocratico, con bei gesti; quando sarò di là (indica a destra), sarò l’ubriaco. (Fino a quando il personaggio dell’angelo rimarrà in scena, ne verrà proiettata sul fondo l’immagine: foto 11). 75 Foto 11. Un “angelo”, di Cimabue, Assisi, Triforio di S. Francesco (fine secolo XIII). 76 LE NOZZE DI CANA ANGELO (al pubblico) Feite atenzion, brava zente, che mi voi parlarve de una storia vera, una storia che l’è cominzada... UBRIACO Anco mi ve voi contare de ona cioca... de un’imbriagadura... ANGELO ’Briagon!... UBRIACO Voria parlarve... ANGELO Cito... no parlare! UBRIACO Ma mi... ANGELO Cito... debio sprologare mi, che son lo sprologo! (Al pubblico) Bona zente, tutto quello che andremo a contare ol sarà tuto vero, tuto recomenzao dai libri o dai vanzeli. Tuto quelo che l’è sortìo non elo de fantasia... UBRIACO Anco mi voi contar, no de fantasia: me son catat un’imbriagadura si dolza, una cioca belisima che non me vogio catar gimai plu cioche al mondo per non desmentegarme de questa cioca belisima che g’ho adoso adesso... Che l’è una cioca... ANGELO ’Briagon!... UBRIACO Vorria contare... ANGELO No! Ti non te conti... eh?! UBRIACO Eh... ma mi... ANGELO SSSSS!... UBRIACO Ma mi... no?... 77 ANGELO Bona zente... Tuto quelo che andaremo a contarve ol sarà tuto vero, tuto o l’è sortìo dei libri o dei vanzeli. Quel poco che gh’em tacat de fantasia...GGGGGGGGGGGGGGGGGGGGGGGG GGGGGGGGGGGGGGGGGGG UBRIACO (pianissimo) Dopo ve racconto de una cioca belisima... ANGELO Oh! imbriagon... UBRIACO Non fazeva niente... solamente col dido! ANGELO Nemanco col dido. UBRIACO Eh, ma non fago rumor col dido! ANGELO Ti fa’ rumor... rrrrr... UBRIACO Fago rumor col dido?... Lo fagarò col servelo... Mi ghe penso... penso... penso... e coi ogi... e loro i capise! ANGELO No! UBRIACO Ma non fago rumor col servelo... ANGELO Ti fa’ rumor! UBRIACO Fago rumor col servelo? Boia!... Son imbriago davero... Maria Vergine! ANGELO No fiadar! UBRIACO Come? Non podo fiadar?... Manco col naso?... A s’cioparò! E... ANGELO S’ciopa! UBRIACO Ah... ma... se a s’cioparò a fagarò rumor, ah! ANGELO Sssss! UBRIACO Ma... mi... 78 ANGELO De tuto quelo che andaremo a contare ol sarà tuto vero, tuto o l’è sortìo dai libri, dai vanzeli: quel poc che gh’eni tacat de fantasia... L’ubriaco si avvicina all’angelo e gli strappa una piuma. UBRIACO (pianissimo, mimando di far volare la piuma) Uhi, che bela pluma colorada... ANGELO ‘Briagon!... UBRIACO (sussulta e mima di ingoiare la piuma, tossisce) Eh... ma... ANGELO Sssss! UBRIACO Eh, ma mi... non... ANGELO Tuto quelo che andaremo a contar el sarà tuto vero, tuto o l’è sortìo dai libri, dai vanzeli... (L’ubriaco torna vicino all’angelo e gli strappa delle altre piume, mima l’ammirazione per le medesime, si fa vento e si pavoneggia. L’angelo se ne accorge) ’Briagon!... UBRIACO Eh?... (Buttando in alto le piume) Nevega... ANGELO Ma ti vol sortir da sto palco?!... UBRIACO Mi sortarìa volentera se ti me t’accompagni, che mi no son capaz de tra’ avanti un pie... ca me stravaco, a me ribalto an grugnarme par tera... Se ti et tanto bon de compagnarme, dopo mi te conto de sta cioca belissima... 79 ANGELO No me interesa de questa cioca... Fora!... Fora!... Te descàsso fora a pesciade, veh!... UBRIACO Ah! me scasci a pesciade? ANGELO Sì, a pesciade... Fora!... UBRIACO Zente!... Avì ascultat? Un anzol ch’el me vol trar fora a pesciade... a mi! Un anzol!... (Aggressivo rivolto verso l’angelo) Vegne... vegne, anzelon... vegne a trarme fora a pesciade, a mi! Che mi te strapeno ’me ’na gaìna... at strapo i plume a una a una, anco dal cul... dal di drio... Vegne, galinon... Vegne! ANGELO Aìda... No tocarme... Aìda... Sassinoo... (Fugge). UBRIACO Sasino a mi?!... Avì scultat?... M’ha dit asasìno... Mi che sont inscì bon che me sorte bontà fin’anco dale oregie... che me se spantega par tera, svisegarghe soravìa... E come podarìa non eser bon con sta cioca belisima c’hoi catat? Che mi non imazinava mia che se sarìa finida si ben sta zornada, ca o l’era cominzada in una manêa malarbeta, desgrasiada... Mi s’eri invitado in un matrimonio, un spusalisio, in un loegu chì tacat arent, che s’ciamen Cana... Cana... che aposta, dopo, ghe digarano: nozze di Cana. Mi s’ero invitato... digo... sono arivato... gh’era già tütu ol banchet per ol spusalizio impruntat, cun la roba de magnar soravìa... e gh’era nisün de invitati che füssen sentat a magnare. Geren tüti in pie ch’oi deveno pesciadi par tera... ch’oi 80 biastemava... O gh’era ol patre de la sposa, davanti a un muro, col dava testunade... a rebatùn, cativo!... “Ma cossa è süccess cosa?” dumandi mì... “Oh, disgrassia...” “A l’è scapat ul sposu?...” “Ul sposu l’è quelu col biastema più de tüti”. “E cosa l’è süccessu cus’è?” “Oh, disgrassia... emo discoverto che una botte intera de vin, un tinasso de vin impruntat per ul banchet de matrimoni, ul s’è reversat in aset...” “Oh... oh... tütt el vin in aset?... Oh, che disgrassia... spusa bagnada a l’è furtünada, ma bagnada in t’ul aset l’è disgrassiada de schisciare... de casciare via!...” E tüti che piagneva, biastemava, la matre de la sposa la se trasciava i cavej, la sposa la piagneva, ul patre de la spusa dava testunade a rebatùn süll muro. In quel mentre riva dent un giùine, un zùvine, un certo Jesus, vün de ghe dìgono... fiol de Deo, de sovranome. No l’era sulengo, a no, l’era incumpagnat de la sua mama, vüna che ghe dìghen la Madona. Gran bela dona!!! Eveno invitati de riguardo, che rivaven giüsta un pu de ritard. Apena questa sciura Madona l’è vegnüda a saver de sto impiastro burdeleri che o gh’era in pie per sto fatto che s’era roversat el vin en aset, la gh’è andada visìn al so Jesus, fiol de Deo, e anca de la Madona, g’ha dit: “Ti che ti è tanto bon, zovin caro, che te fa’ de robe meravigliose par tüti, varda se te ha el plaser de traj foera de impiaster burdeleri che i ha infesciat sta povera zent”. Apena che l’ha parlat inscì la Madona, tüti, sübit, han vist spuntag, 81 fiorirghe sui laver del Jesus, un suriso inzì dolzu, ma inzì dolzu in sü sti làver, che se nu te stavet atentu, par la cumusiun, te se stacava i rudeli di genöcc e tumburlaven süi didón dei pie. Dolze stu surisu!... Apena l’ha finì de parlà, stu zovin el g’ha dà un bazutin sül nas a la sua mama e l’ha dit: “Bon, zente, podria verghe dodeze sidele impiendide de aqua ciara e neta?” L’è stat un fülmin, trachete, dodeze sidele son rivà lì davanti, impiendide d’acqua, che mi, vedè tuta quel’acqua in un colp sol, me sont sentì infin male, me pareva de negare... boja!... S’è fai un silensio che pareva de vesser in gesa al Santus, e stu Jesus l’ha insciuscicà un po’ cui man, dando de s’cioch, de tiron cui dit, a s’cioch, e pö l’ha valzà su una man, cun tri dit sulamente, chi i alter dü i e tegneva schisciat, e l’ha cuminzat a far di segni suravìa a l’acqua... di segni che fan solament i fiol de Deo. Mi, che eri soravìa, che ho dit, l’acqua me fa impression vardarla, e non vardava, s’eri pugià sora lì, un po tristansö, e son lì, d’un boto me senti rivà de dent i böcc del nas un parfüm cume de uva schisciada, nun pudeva cunfunderse... a l’era vin. Boja, che vin! Me n’han pasat una broca, g’ho pugià i lavre, hu mandà giò un gut, boja!... Oh... Oh... beati del purgatorio che vin!... Bucat apena, amareul in tul funt, un frizzich frizzantin, saladìn in tul mezz, c’ol mandava stralüzz de garanza, di barbaj da par tüt, senza fiur né bave, tri an de stagiunadüra al manco, anata d’ora! C’ul andava giò sluzigando par ul 82 gargozz a gorgnuà fin in dul stomigh, ul s’e spenelava un pochetin, ul restava lì do rimpiaz, peu, gnoch, ol dava un ribasón, turnava indré a rutulùn giò par ol gargozz, ol rivava fina ai böcc del nas, ol se spantegava in feura tütt el parfüm... che se pasava vün anca a cavalo, de cursa, gniuu... bll... “A l’è primavera!” el vusava! Che vin!... E tüti che aplaudiva al Jesu, “Bravo Jesus, at sei divino!” E la Madona!... la Madona, la sua mama de lü, l’andava in strambula par la sudisfaziun, l’urguglianza de trovarse un fiolo inscì bravo a tra’ foeura de l’aqua el vin. De lì un poco sevum tüti inciuchit, imbriagati. O gh’era la matri de la sposa che la balava, la sposa o l’era ciultai, ol spos ch’ul saltava, ol patri de la sposa, davanti a un muro, c’ul dava testunade a ribatón, cativo... che nessün ol gaveva vertido!... Ol Jesus a l’era montat in copa a un taulo, in pie, ul masceva vin par tüti. “Beve’ gente, feit alegria, inchiuchive, imbriaghive, no aspetì dopo, alegria!...” E dopo, in d’un colpo el s’è incurgi’ dela sua mama: “Oh sacra dona! oh Madonna! mama! me sun smentegat, scüseme, tegnevine un goto anca vui, bevetne un goto”. “No, no, fiol, grasie, at ringrasi, ma mi non podi bever, che mi non sono abitüada al vino, me fa turnà la testa... che dopo disi i stupidadi”. “Ma no, mama, no te pò far mal, te menarà solamente un po’ de alegria! No te pò far mal, sto 83 vino, a l’è vin s’ceto questo, a l’è vin bon... a l’hu fai me!...” E peu, a ghe son amò di canaja, malarbeti, che va intorna a racontare che ol vino a l’è un’invension del diaol, e l’è pecato, l’è un’invension del diaol satanazzo... Ma te paresse che se ol vin ol füdesse un’invension del diaol satanazz, ol Jesus ghe l’avaria dato de bever a la sua mama? A la sua mama de lü? Che lü l’è ciapat de tanto amor par le, che mi no g’ho par tüta la sgnapa de sto mundo! Mi son sicuro che se el Deo Padre in la persona, invece de impararghelo al Noè, tanto tempo dopo, sto truco meravigioso de schisciare l’üga, de trar foeura el vino, ol ghe l’avesse insegnat subito, fin dal prinzipio, all’Adamo, subito, prima dell’Eva, subito!... non saresmo in sto mundo malarbeto, saresmo tuti in paradiso, salüt! Parché a l’era a basta che in tul zorno malarbeto che atacato, a renta a l’Adamo, a l’è arivato el serpentun canaj a cont in boca la poma e ol diseva: “Magna la poma, Adamo!... dolze, bone, dolze, rosse, bone le pome!”, basta ca in quel momento ul Adamo ul gh’aves vüt tacat, arenta, un bicerot de vin..., uht: l’avrìa catat a pesciadi tüti i pomi de la terra, e nüm seresmo tüti salvi in paradiso! O l’è stai lì ol gramo pecat, che i früti no i era stati creadi par esser magnadi, ma par eser intorcicadi, schisciadi: che co le pome schisciade se fa ol bon sidro, coi scirese schisciade s’fai le bone sgnape dolze, e l’uva... l’è un pecat 84 mortale magnarla! con quela s’dev fa’ el vino! E mi a son sicuro che per quei che son stati onesti e savi in vita, in cielo, ol sarà tüto de vin! Biastemio? No che no biastemio mia! Mi me sont truvat in un insognamento, morto. Me sunt insugnat una nott de vesser morto, e me sunt insugnat che me vegneven a catà, me purtaven foeravia in un lögu tremendu dove gh’eren tanti basloti fundi e dentar a ogni basloto gh’era un danat, poverazzo! Incalcao dentar, in pie, in una rugiassa rusa, un’acquascia rusa che la pareva sangue, in pie! E mi ho cuminzà a pianser. “O Deo!... sunt capitat a l’inferno! maledetto che ho fai pecat!” E intanto che mi piangeva, me strasciaven foera tüti i pagn de dosso e incuminziava a lavarme, a sgürarme, a netarme d’una manera che cussì pulito, coll’acqua sboienta, freda, che ne manco de Pasqua ne m’era gimai capitat de esser tanto pulito! ’Na volta ca era ben netat, m’han calat de denter a un rugias russ, un baslot... glu... glu... glu... in st’acquascia rusa ca muntava fina ai lavri. Mi ho serà i lavri, ma una onda, a rebatùn, a l’è rivada e... troc... m’è ’ndà dentar... dentar in di böcc del nas... uf... a me ’ndai giò un... gulun... a s’eri in tul paradis!... A l’era vino! Boia! E de subito ho capit che meravigiosa invensiun o l’era staita quela del Deo Padre, per i beati, che erano tüti beati là dentro, che per non farghe fa’ fadiga ai poveri beati a valzà ogni volta el gumbit, col bicer col vino a impienir, e specià de impienisel de novo... i aveva incarcai, tüti i 85 beati, dentar, fina ai oregi, in biceroni de vino, in pie, fino a la boca, ca l’era basta valzà sü senza fadiga... valzà ul laver par di’: “Buondì, sciuri” e gluch... e mi ho cuminzà a cantà: “La mia morosa vorìa ves voliosa”, glug... glug... Aìda, aneghi, glug... che bel negare! Glug... glug... galò... ga... lò... glam... glo... glo... ANGELO (al pubblico) Fate attenzione, brava gente, che io voglio parlarvi di una storia vera, una storia che è cominciata... UBRIACO Anch’io vi voglio raccontare di una sbronza... di una ubriacatura... ANGELO Ubriacone!... UBRIACO Vorrei parlarvi... ANGELO Zitto... non parlare! UBRIACO Ma io... ANGELO Zitto... devo sprologare io, che sono il prologo! (Al pubblico) Buona gente, tutto quello che vi andremo a raccontare sarà tutto vero, tutto incomincia dai libri e dai vangeli. Tutto quello che è sortito non è di fantasia... UBRIACO Anch’io vi voglio raccontare, non di fantasia: mi sono presa una ubriacatura così dolce, una ubriacatura bellissima che non voglio più ubriacarmi al mondo per non dimenticarmi di questa ubriacatura bellissima che ho addosso adesso. Che è una ubriacatura... 86 ANGELO Ubriacone!... UBRIACO Vorrei raccontare... ANGELO No! Tu non racconti... eh?! UBRIACO Eh... ma io... ANGELO Sssss!... UBRIACO Ma io... no? ANGELO Buona gente... Tutto quello che andremo a raccontarvi sarà tutto vero, tutto è sortito dai libri e dai vangeli. Quel poco che ci abbiamo aggiunto di fantasia... UBRIACO (pianissimo) Dopo vi racconto di una ubriacatura bellissima... ANGELO Oh! ubriacone... UBRIACO Non facevo niente... solo col dito. ANGELO Neanche col dito. UBRIACO Ma non faccio rumore col dito! ANGELO Fai rumore... rrrr... UBRIACO Faccio rumore col dito?!... Beh, lo farò col cervello... Io penso... penso... penso... e con gli occhi... e loro capiscono! ANGELO No! UBRIACO Ma non faccio rumore col cervello... ANGELO Fai rumore! UBRIACO Faccio rumore col cervello? Boia!... Sono ubriaco davvero... Maria Vergine! ANGELO Non fiatare! UBRIACO Come? Non posso fiatare? Nemmeno col naso?... Scoppierò! E... ANGELO Scoppia! 87 UBRIACO Ah ma... se scoppio farò rumore, eh! ANGELO Sssss! UBRIACO Ma... io... ANGELO Di tutto quello che andremo a raccontare sarà tutto vero, tutto è sortito dai libri, dai vangeli: quel poco che vi abbiamo aggiunto di fantasia... L’ubriaco si avvicina all’angelo e gli strappa una piuma. UBRIACO (pianissimo, mimando di far volare la piuma) Oh, che bella piuma colorata... ANGELO Ubriacone!... UBRIACO (sussulta e mima di ingoiare la piuma, tossisce) Eh... ma... ANGELO Sssss... UBRIACO Eh, ma io... non... ANGELO Tutto quello che andremo a raccontare sarà tutto vero, tutto è sortito dai libri, dai vangeli... (L’ubriaco torna vicino all’angelo e gli strappa delle altre piume, mima l’ammirazione per le medesime, si fa vento e si pavoneggia. L’angelo se ne accorge) Ubriacone!... UBRIACO Eh?... (Buttando in alto le piume) Nevica... ANGELO Ma vuoi sortire da questo palco?!... UBRIACO Io sortirei volentieri, se tu mi accompagni, che io non sono capace di tirare (buttare) avanti un piede... che casco, vado a sbattere il grugno per 88 terra... Se tu sei tanto buono da accompagnarmi, poi io ti racconto di questa ubriacatura bellissima... ANGELO Non mi interessa di questa ubriacatura... Fuori!... Fuori!... Ti caccio fuori a pedate veh!... UBRIACO Ah! mi cacci a pedate? ANGELO Sì, a pedate... Fuori!... UBRIACO Gente!... Avete ascoltato? Un angelo che mi vuol buttare fuori a pedate... a me! Un angelo... (Aggressivo rivolto verso l’angelo) Vieni... vieni, angiolone... vieni a buttarmi fuori a pedate, a me! Che io ti strappo le penne come a una gallina... ti strappo le penne a una a una, anche dal culo... dal di dietro... Vieni, gallinone... Vieni! ANGELO Aiuto... Non toccarmi... Aiuto... Assassino... (Fugge). UBRIACO Assassino a me?!... Avete ascoltato?... Mi ha detto assassino... Io che sono così buono che mi esce bontà anche dalle orecchie... che mi si rovescia per terra, da scivolarci sopra... E come potrei non essere buono con questa sbronza bellissima che ho preso? Che io non immaginavo che sarebbe finita così bene questa giornata, che era cominciata in modo maledetto, disgraziato... Io ero invitato a un matrimonio, uno sposalizio, in un luogo qui vicino, che chiamano Cana... Cana... che apposta, dopo, gli diranno: nozze di Cana. Io ero invitato... dico... sono arrivato... c’era già tutto il banchetto (tavolo) per lo sposalizio pronto, con la roba da mangiare sopra... e nessuno degli invitati che 89 fosse seduto a mangiare. Erano tutti in piedi che davano pedate per terra... che bestemmiavano. C’era il padre della sposa, davanti ad un muro, che dava testate... a ripetizione, cattivo!... “Ma cosa è successo?” chiedo io... “Oh, disgrazia...” “È scappato lo sposo?...” “Lo sposo è quello che bestemmia più di tutti”. “E cosa è successo allora?” “Oh disgrazia... abbiamo scoperto che una botte intera di vino, un tino di vino preparato per il banchetto di matrimonio si è mutato in aceto”. “Oh... oh... tutto il vino in aceto?... Oh, che disgrazia... sposa bagnata è fortunata, ma bagnata nell’aceto è disgraziata da schiacciare... da cacciare via!...” E tutti che piangevano, bestemmiavano, la madre della sposa si stracciava (strappava) i capelli, la sposa piangeva, il padre della sposa dava testate a ripetizione nel muro. In quel mentre arriva dentro un giovane, un certo Gesù, uno che gli dicono... figlio di Dio, di soprannome. Non era solo, no, era accompagnato dalla sua mamma, una che le dicono (la chiamano) la Madonna. Gran bella donna!!! Erano invitati di riguardo che arrivavano giusto con un po’ di ritardo. Appena questa signora Madonna è venuta a sapere di questo pasticcio che c’era in piedi (questo fatto) che si era mutato il vino in aceto, è andata vicino al suo Gesù, figlio di Dio e anche della Madonna, e gli ha detto: “Tu che sei tanto buono, giovane caro, che fai delle cose meravigliose per tutti, guarda se hai il piacere di tirar fuori da questo 90 pasticcio che ha imbarazzato (messo nell’imbarazzo) questa povera gente”. Appena che ha parlato così la Madonna, tutti, subito, hanno visto spuntargli, fiorirgli sulle labbra di Gesù un sorriso così dolce, ma così dolce su ’ste labbra, che se non stavi attento, per la commozione, ti si staccavano le rotelle (rotule) dalle ginocchia e tombolavano (cadevano) sui ditoni (alluci) dei piedi. Dolce ’sto sorriso!... Appena ha finito di parlare, questo giovane ha dato un bacettino sul naso alla sua mamma e ha detto: “Bene, gente, potrei avere dodici secchie piene di acqua chiara e pulita?” È stato un fulmine, tracchete, dodici secchie sono arrivate lì davanti, piene d’acqua, che io, a vedere tutta quell’acqua in un colpo solo, mi sono sentito perfino male, mi sembrava di annegare... boia!... S’è fatto un silenzio che sembrava di essere in chiesa al Santus, e questo Gesù si è stropicciato un po’ le mani, dando di schiocco (schioccando le dita), e poi ha alzato una mano, con tre dita solamente, ché le altre due le teneva schiacciate (contro il palmo), e ha cominciato a fare dei segni sopra l’acqua... dei segni che fanno solamente i figli di Dio. Io, che ero un po’ in là, che (come) ho detto (prima) l’acqua mi fa impressione a guardarla, non guardavo, ero appoggiato sopra lì (in disparte), rattristato, e di colpo mi sento arrivare dentro i buchi del naso un profumo come di uva schiacciata, non ci si poteva confondere... era vino. Boia, che vino! Me n’hanno passata una brocca, ho appoggiato le labbra, ne ho 91 mandato giù un goccio, boia!... Oh... Oh... beati del purgatorio che vino!... Abboccato appena, amarognolo nel fondo, un poco frizzantino, salatino nel mezzo, che mandava luccichii (rosso) di garanza, bagliori dappertutto, senza fiori né bave, tre anni di stagionatura almeno, annata d’oro! Che andava giù scivolando per il gargarozzo a gorgogliare fin nello stomaco, si sparpagliava un pochettino, restava lì di rimpiazzo, poi, gnoch, dava un colpo, tornava indietro a rotoloni giù per il gargarozzo, arrivava fino ai buchi del naso, si spargeva fuori tutto il profumo... che se passava uno anche a cavallo, di corsa, gniuu... bll... “È primavera!” gridava. Che vino!... E tutti che applaudivano Gesù, “Bravo Gesù, sei divino!” E la Madonna!... la Madonna, la sua mamma di lui, andava in estasi per la soddisfazione, l’orgoglio di trovarsi un figlio così bravo a tirar fuori (ottenere) dall’acqua il vino. Di lì a un po’ eravamo tutti ubriachi. C’era la madre della sposa che ballava, la sposa era giuliva, lo sposo saltava, il padre della sposa, davanti a un muro, dava testate a ripetizione, cattivo... che nessuno lo aveva avvertito!... Gesù era montato in cima a un tavolo, in piedi, e mesceva vino per tutti: “Bevete gente, fate allegrezza (siate allegri), ubriacatevi, non aspettate dopo, allegria!...” E dopo, di colpo si è accorto della sua mamma: “Oh sacra donna! oh Madonna! mamma! mi sono dimenticato, scusatemi, tenete un goccio anche voi, bevetene un goccio”. “No, no, figliolo, grazie, ti 92 ringrazio, ma io non posso bere, ché io non sono abituata al vino, mi fa girar la testa... e dopo dico le stupidaggini”. “Ma no, mamma, non ti può far male, ti porterà solamente un po’ di allegria! Non ti può far male, questo vino, è vino schietto questo, è vino buono... l’ho fatto io!...” E poi, ci sono ancora delle canaglie, maledette, che vanno in giro a raccontare che il vino è un’invenzione del diavolo, ed è peccato, che è un’invenzione del diavolo satanasso... Ma ti parrebbe che se il vino fosse un’invenzione del diavolo satanasso, Gesù l’avrebbe dato da bere alla sua mamma? Alla sua mamma di lui? Che lui è preso da tanto amore per lei, che io non ho per tutta la grappa di questo mondo! Io sono sicuro che se il Dio Padre in persona, invece di insegnarglielo al Noè, tanto tempo dopo, questo trucco meraviglioso di schiacciare l’uva, di tirar fuori il vino, glielo avesse insegnato subito, fino dal principio, all’Adamo subito, prima dell’Eva, subito!... non saremmo in questo mondo maledetto, saremmo tutti in paradiso, salute! Perché sarebbe bastato che quel giorno maledetto che appresso all’Adamo è arrivato il serpentone canaglia con in bocca la mela e diceva: “Mangia la mela, Adamo!... dolci, buone, dolci, rosse, buone le mele!”, sarebbe bastato che in quel momento l’Adamo avesse avuto vicino un bicchierotto di vino..., uht: avrebbe preso a pedate 93 tutte le mele della terra, e noi saremmo tutti salvi in paradiso! È stato lì il gramo peccato, ché i frutti non erano stati creati per essere mangiati, ma per essere pestati, schiacciati: che con le mele schiacciate si fa il buon sidro, con le ciliege schiacciate si fanno le buone grappe dolci, e l’uva... è un peccato mortale mangiarla! con quella si deve fare il vino! E io sono sicuro che per quelli che sono stati onesti e savi in vita, in cielo, sarà tutto di vino! Bestemmio? No che non bestemmio no! Io mi sono trovato in sogno morto. Mi sono sognato una notte di essere morto e mi sono sognato che mi venivano a prendere, mi portavano fuori in un luogo tremendo dove c’erano tanti bacili fondi e dentro a ogni bacile c’era un dannato, poveretto! Immerso dentro, in piedi, in un’acquaccia rossa che sembrava sangue, in piedi! E io ho cominciato a piangere. “Oh Dio!... son capitato all’inferno! maledetto che ho fatto peccati!” E intanto che piangevo, mi stracciavano di dosso tutti i vestiti e incominciavano a lavarmi, strofinarmi, a pulirmi in una maniera che così pulito, con l’acqua bollente, fredda, che nemmeno di Pasqua mi era mai capitato di essere tanto pulito! Una volta che ero (che sono stato) ben pulito, mi hanno calato dentro a un’acquaccia rossa, in un gran bacile... glu... glu... glu... in questa acquaccia rossa che montava (saliva) fino alle labbra. Io ho chiuso le labbra, ma un’onda, a ridosso, è arrivata e... troc... m’è andata dentro... dentro nei buchi del naso... uff... mi è andato giù 94 un... golone (gran sorso)... ero in paradiso!... Era vino! Boia! E subito ho capito che meravigliosa invenzione era stata quella del Dio Padre, per i beati, ché erano tutti beati là dentro, che per non fargli far fatica ai poveri beati ad alzare ogni volta il gomito col bicchiere col vino e riempire, aspettare di riempirselo di nuovo... li aveva immersi tutti i beati, dentro fino alle orecchie in bicchieroni di vino, in piedi, fino alla bocca, che bastava alzare su senza fatica... alzare il labbro per dire: “Buongiorno, signori!” e gluch... e io ho cominciato a cantare: “La mia morosa vorrebbe essere vogliosa”, glug... glug... Aiuto, annego... glug... che bell’annegare! Glug... glug... galò... ga... lò... glam... glo... glo... Foto 12. “L’ubriaco”. Affresco parietale di una chiesa romanica della Provenza (secolo XI). Questo è un ubriaco (foto 12), meglio, un giullare che recita la parte di un ubriaco. È un affresco databile intorno al 1100, che si trova in una chiesetta romanica della Provenza: può essere che rappresenti proprio il pezzo che ho eseguito stasera. Questo testo è comunque conosciuto in molte lingue e dialetti diversi: se ne conosce una redazione anche in Baviera. È una testimonianza di quanto fossero importanti gli spettacoli e la figura del giullare: come 95 vedete, erano dipinti addirittura sui muri delle chiese. Vi reciterò ora un pezzo nuovo che ho recitato solo due volte, ieri e l’altro ieri. Ma mi fa sempre un po’ d’emozione il riprenderlo, perché è un pezzo di una difficoltà estrema. Si tratta della Nascita del giullare. È un pezzo che è legato, nella propria origine, all’Oriente, ma che noi conosciamo in una versione di origine siciliana. La Sicilia era legata all’Oriente, non soltanto da motivi economici e commerciali, ma anche da ragioni geografico-politiche, e, quindi culturalmente. Specialmente in quel periodo, 1200, periodo in cui in Italia si comincia a ritrovare qualche documento di questo pezzo che io sto per recitare. Però ce n’è un altro, piuttosto antico, del quale non si conosce con esattezza la datazione, che è delle nostre parti, più esattamente brescianocremonese. Il testo ritrovato non era nemmeno intiero, ma a frammenti. Avevo l’intenzione di ricostruirlo, ma non avevo il coraggio di impostarlo. Sono andato in Sicilia proprio l’anno scorso e abbiamo trovato, nella biblioteca di Ragusa, grazie a un compagno che ci ha portato, l’intiero testo in siciliano, straordinario! Di una violenza incredibile, l’ho anche imparato in siciliano: una lingua che ci suonerebbe però arcaica, incomprensibile. Ne ho fatto una traduzione lombarda, che capirete senz’altro meglio. Che cosa racconta questa giullarata? Ci troviamo davanti a un giullare il quale 96 racconta che prima di diventare giullare era un contadino e che fu Cristo a renderlo giullare. Come mai gli ha imposto questo nuovo mestiere? Aveva della terra, ma un padrone voleva portargliela via. Ma io non aggiungerò altro perché ho notato che tutto quel che dico oltre a questo discorso è inutile, lo capirete da voi soli. Non vi preoccupate se all’inizio non capirete alcune frasi, alcune parole: il senso, i gesti, il suono vi aiuteranno. Attraverso i gesti e i suoni potrete indovinare il significato che va correndo dentro questa storia. 97 NASCITA DEL GIULLARE – Ahh... gent... vegnì chì che gh’è ’l giular! Giular ca son mi... che fa i salt e ca ’l tràmbula e che... oh... oh... a u fai rider, ca foi coi alt e fai vedar com’a sont groli e grosi i balon che vai d’intorna a far guere son sfigürat, o trai via el pileo e... pffs... soi sengobrà. Vegnì chì ca è ora e lögu ca’l fa ’l pajasso tütt inturna, mi a v’insegni, vegna... vegna... Ul fa el saltin, ul fa el cantin, ul fa i giüghetti! Va’ la lengua ’me la gira! Ah... ah... a l’è un cultell... boja sta’ a recurdat... Ma mi no a l’era sempar... quest ca voi contar, come sunt nasüo. Che mi non son nasüo giular, non son vegnù d’un fiat dal zielo, e, op! e son rivà chi: “Bondì, bonasera”. No! Mi a son el frai d’on miracol! Un miracol es fait sü d’ me! Vuri’ credem? U l’è fait! Mi son nasüt vilan. Vilan, cuntaden propi. U s’eri tristo, alegro, no g’avevi tera, no! U s’eri rivado a ’ndà a lavurar, paréi a tüti in de sti vaj, da partütt. E un zorno u jtat vesen ’na muntagna, ma de piera. U l’era de nissün, u l’hai saüdo. U dimandat: “No! Nissün veul sta muntagna!” E mi sunt andai fin su... sun ’dait raspà cuj ung e hu vist che gh’era un po’ de tera, e hu vist che gh’era un filolin di aqua co l’andeva da giò de basso, e alora hu scuminsà a gratare. Son andai a tacat al fiüm, hu sbrancat inscì ste brasce, hu te portat la tera, u gh’era i me fjulit, la mia mujer. U l’è dolza la mia mujer, blanca c’u l’è, u l’ha dü zine tunde, e l’andar morbido cu l’hai... cu la par ’na 98 giunca ca meuvasse. Oh... l’è bela! Ag voj ben mi, e voj parlarne. La tera u purtà sü coi brasci! e l’erba, che fasevet: pfut... e te vegneva sü tütu. E dài ca l’era belo, l’era tera d’ora! U ciapeva la sapa, u te la meteva e... zu... te nasseva un arbero. Meravegia, u l’era sta tera: u l’era un meracol! U andava piopi, u andava tüti i arbori, a roveri, andava da pertütu. I andava a semenar ’n la lüna giüsta, mi cunusseva! E vegniva roba de magnar dulza, bela, bona. U gh’era zicurìn, u gh’era crodi, u gh’era fazoj, rave, u gh’era tüto! Par mi, par nüm. O era cuntentu! 0 se balava, e pö el piueva sempar par di dì e ol sol el brüsava e mi andava, vegniva, e i lüne ereno giüsti, ne gh’era gi-mai tropo vento o tropa gruma. U l’era bel! bel! U l’era tera nostra! Bela u l’era, stu gradùn. E ogni dì, u ne fazeva üni... la pareva la torre de Babele... bela cun sti gradi, u l’era ol paradis, ol paradis terestre. Ol giüri. E tüti i pasava i cuntaden e i diseva: – Che cü ca ghet... boia, varda! Da na muntagna u l’ha tirà feura!... Me disgrassià ca nun hai pensat! E invidia i g’aveva e un die l’è pasat ul padron. Ul padron de tüta la vale, u la vardà e l’ha dit: – Du’ l’è ca l’è nassüda sta torre? De chi l’è sta tera? – Me, – a g’ho dit, – a l’ho faja me con sti mani, u l’era de nissün. – De nissün? L’è na parola ca nu gh’è, nissün, a l’è la mea. 99 – No! nun è la tua! A sunt andà anca in dal nutar, varda, nu gh’era. U dumandà al prevete, u l’era de nissün e mi l’ho faita, toco par toco. – L’è mea, te me l’hai a darme. – Non poit dar, padron... mi no poi andà sota i altri a trabajar. – Mi t’hai paghi! at do denar, dime quanto vo’. – No! No, non voi denar, no, parché, s’te me dài denar, dopo a no podo comprar altra tera col dinar che te me dài e devo andar a lavorar, a trabajar ancora soto i altri. Non vòi me, no vòi! – Damela! – No! Alura lü l’ha fait una rigulada e l’è ’ndai. El dì appresso a l’è vegnü el prevete a dumandar. – L’è del padrun... fa’ el bravo, mola, nun te stai a far de caprissi, varda che quelo l’è tremendo, l’è cativu, mola sta tera! In Deo Domini fa’ el bun... – No! no! – g’ho di’, – no voi, – e g’ho fà anca un brüt muviment cun la man. A l’è vegnü el nodaro, u l’è vegnü anca lü, ul südava, boia, par vegnì sü a truarme: – Fa’ el bravo, gh’è la lege, sta’ atento che ti nun ti pode, che ti no... – No! No! – e g’ho fai anca a lü... u l’è andà via biastemando. Ul padron non l’ha mia molà, no! U l’ha cominzà andà a cacia, ul faseva pasà tüti i léguri da la parte de la mia tera! El ’ndavà a dre con tüti i cavali e i amisi e ’l me schisciava i sciesi. E in un dì 100 sulamente el m’ha brüsat tüt... u l’era estat... u l’era secat. E lü l’ha dait feug a tüta la muntagna e ’l m’ha brüsà tüt, anca i besti brüsà, la ca’ brüsada, ma nun sunt andaj via! Hu aspeciat... e l’è vegniá a pieuver de note, e apreso hu scumensà a netar, a polir, a rimpiantar pal, a remeter roba, repurtar la tera, a sestemar le piere, a fà gnir giò l’acqua dapartüt, perché de lì, boja, no me voj movar! E no me son movüdo! Solo che un dì a l’è rivado lü, g’aveva a pres tüti i so suldat, ul rideva, nüm erum nei campi cui fiulit, la mia mujera e mi; s’erum a lavurar, a trabajar, lì. U l’è vegnü, l’è descendü da cavalo, ul s’è cavà le braghe, u l’è vegnü tacat a la mia mujer, u l’hai catada, u l’hai sbatüda par tera, e g’ha strasciat i sochi... Mi a vureva meuves, ma i me tegneva i suldat, e ’l g’ha salta’ a dos, u l’ha faita, u l’ha faita cume füdess una vaca. Ca mi e i fiulit cui ögi sbarat, che i vardava e mi a me mueva, me sunt liberat, hu catait ’na sapa, hu dit: – Disgrassià! – Férmat, – m’ha dit me’ mujer, – nol fa’, no i specian oltre, i specian propi quelo, che te valset el to baston, par pö coparte. No te hai capit? I veur coparte e trar via la tera, no i specia altri, lü el debia pür difenderse, no valse meterse a sbragar con loro. Ca ti no t’hait onore, ti set povero, set contadin, vilan, non puoi pensar dignitat, onore, quela è roba par quei che inn sciuri! ai nobli! Che pö vegn a 101 inrabirse se ghe fan la tosa, se ghe fan la dona, la mujer, ma ti no! Lassa far. Valse pi tera che l’onor de ti, de mi, che tüti. Manza son mi, manza per amor de ti. E mi, a splanger. Caragnà in sü st’afari, l’hu vardà tüt, e i fiulit che piagneva... E lori peu i son andà rigulando content feuravia... u l’era un planger tremendo! Num se pudeva vardarse a presso vün cu l’alter, nun se vardava... s’andava per i paes, u te ciapaven a buciade, a sasade, a piere. Vusaven: – Oh... beu... ! No g’hai la forza de far feura onor che nu te g’hai, bestia che te set, la tua mujera a l’ha incalcada el padron e ti te se’ stait tranquilo par un mücc de tera, desgrasiò! E la mia mujer l’andava inturna: – Pütana, vaca! – u ghe disevan, e i scarpavan. Nanca in giesa la lassaven pasar. Nissün! E i fiulit no i podeva ’ndare intorna, tüti eremo lì e no ghe guardava pü nissün. La mia mujer a l’è scapada! Mi l’hai pü vidüa; mi no so indue l’è ’ndada, e i fiulit nu me vardava: maladi son vignit, ne manco i plangeva. E son morti! E mi son restai sol. Sol cun sta tera! Nun saveva cossa che fare. Una sera hu ciapai un toc de corda, hu bütà sü una trave, me la son metüda inturna al colo, hu dit: – Bon, me lassi andà, adess! Fo per lassam andà impicatt, u me senti pugià una manada, a me volti, a gh’è vün co ’na facia smorta, cui ogi grosi che ’l me dis: 102 – Me dàj un po’ de bevar? – Ma te par el mument de vegnì a dumandà de bevar a vün che fa l’ìmpicatt? Boja! Ul vardi e ’l g’aveva una facia de pover crist anca lü e vardi e ghe n’era altri doi, anca lor con una facia patida. – Va ben, ve darò da bevar, dopo me impichi. A vo’ a teu par bevar, i vardi ben: – Pü che bevar, vialtri avì besogn de magnar! Ma mi l’è tanti dì che nun fai de magnare... U gh’è de farlo, se vurì. Hu ciapat un baslot, hu metüd in sul feug, a g’ho fait scaldare de le fave, e gh’i ho dai, un baslot per ün, e i magnava! I magnava! Mi no g’aveva voia de magnar... “Speci che adess i magna e peu me impichi”. E intanto ch’el magnava, quel cui ög plu grandi che’l pareva propi un pover crist ul surideva e ul diseva: – Brüta storia l’è ti che te vöret impicass! Mi so ben ul perché t’ol vòi fare. T’è perdü tüt, la mujera, i fiulit e te g’ha sojament una tera, bon, mi savie ben! Se füsse in ti no lo vorria fare. E ’l magnava! E ’l magnava! E peu a la fin l’ha metüd giò tüt e l’ha dit: – Ti sai chi son me? – No! Ma g’ho avüt un dübi che ti te set Jesus Cristo. – Bon! T’è induinat. Quest l’è Pietro, e’l Marco l’è quel là. – Piazer. E cussa fait qua? 103 – Ti te m’hait dait de magnar e mi te do de parlare. – De parlare? Cussa l’è sta roba? – Disgrassià, giüsta che t’hai tegnit la tera, giüsta che non te vòi de padron, giüsta che t’hai üt la forsa de no molar, giüsta... At vol ben, aite forte, bon! ma t’ manca un qui cos che t’ha d’aver: qua e qua! (fa segno alla fronte e alla bocca). No star lì atchì in sü la tera, vai d’intorna e a quei che te tira piere, ti parla e dighe, faig comprender, e fai de manera che sta vesciga sgiunfiada ca l’è ol to padron, ti sbüsa cun la tua lengua e fa’ andar feura l’acqua e ul sier ca vegn feura a sbrodar marscio. Ti devi schisciare sti padrun, e i previti e tüti quei che va inturna, i nodari, i avogador, quei che va d’intorna. No par ben de ti, par la tua tera, ma par quei che è come ti, ca non han tera e che non han gnente e che han de soffregare sojamente, e che non han dignità da vantare. Campar de servelo, e no de pie! – Ma noi comprende? Mi non son capaze. Mi g’ho ’na lengua che non se move de rentra, embiscigo de par tüto e intopigo a ogni parlar... e no g’ho de stil e g’ho el servelo che u l’è fioco, molo! Come fabia a far le robe che te diset, andà intorna a parlar co i altri? – No arpanza, che ol miracol ’gne adess. Ul m’ha catat per la crapa, ul m’ha catat visin e peu ’l m’ha dit: – Jesus Cristo a soi mi che t’ vegna a ti a dat parlar. E sta lengua u la beuciarà e ’ndrà a schisciar ’me ’na 104 lama da partüto vescighe a far sbrogare, a da’ contra i padroni e li far schisciare parché i altri i capissa, parché i altri imprenda e parché i altri i poda rigolar. Che no è che col rìdare ch’ol padron ul s’ fa sbragare, che se i ride contra i padron, ol padron, da montagna ca l’è dijen colina e peu niente ca se move. Tegne! A t’do un baso che at farà parlare. E’l m’ha basao sü la boca, lungo el m’ha basao. E de bot ho sentit la lengua ca sbissava da partüto, e un zervel c’al se mueva, e tüti i jambi che s’andava in dar par lori, e sunt andà in mess a la piassa del paes a vusà: – Gnìii! Zente! Vegnì chì! Giulare! Ai fao giugar, giosrare col padron, vesciga granda o l’è e mi de lengua i vo’ sbüsare! E ve raconto de tüto, come ’l vien, come ’l vaga e come el Deo nu l’è quelo che ’l roba! È ’l rubar che pregne e i legi süi libri che son lor... parlare, parlare. Ehi gente! Ol padron se va a schisciare! Schisciare! O l’è de schisciare!... – Oh, gente, venite qui che c’è il giullare! Giullare son io, che salta e piroetta e che vi fa ridere, che prende in giro i potenti e vi fa vedere come sono tronfi e gonfi i palloni che vanno in giro a far guerre dove noi siamo gli scannati, e ve li faccio sfigurare, gli tolgo il tappo e... pffs... si sgonfiano. Venite qui che è l’ora e il luogo che io faccia da pagliaccio, che vi insegni. Faccio il saltino, faccio la cantatina, 105 faccio i giochetti! Guarda la lingua come gira! Sembra un coltello, cerca di ricordartelo. Ma io non sono stato sempre... e questo che vi voglio raccontare, come sono nato. Non che io non sono nato giullare, non sono venuto con un soffio dal cielo e, op! sono arrivato qui: “Buongiorno, buonasera”. No! Io sono il frutto di un miracolo! Un miracolo che è stato fatto su di me! Volete credermi? È così! Io sono nato villano. Villano, contadino proprio. Ero triste, allegro, non avevo terra, no! Ero arrivato a lavorare, come tutti in queste valli, dappertutto. E un giorno sono andato vicino a una montagna, ma di pietra. Non era di nessuno: io l’ho saputo. Ho chiesto: “No! Nessuno vuole questa montagna!” Allora io sono andato fino in cima ho grattato con le unghie e ho visto che c’era un po’ di terra, e ho visto che c’era un filino d’acqua che scendeva, e allora ho cominciato a grattare. Sono andato in riva al fiume, ho schiantato queste braccia, ho portato la terra (alla montagna), c’erano i miei bambini, mia moglie. È dolce mia moglie, bianca che è, ha due seni tondi, e l’andamento morbido che ha, che sembra una giovenca quando si muove. Oh! è bella! Le voglio bene io e voglio parlarne. La terra ho portato su con le braccia e l’erba (cresceva velocemente) faceva: pff... e veniva su di tutto. E dài che era bello, era terra d’oro! Piantavo la zappa e... pff... nasceva un albero. Meraviglia era, quella terra! Era un miracolo! C’erano pioppi, roveri e alberi 106 dappertutto. Li seminavo con la luna giusta, io conoscevo (io sapevo), e cresceva roba da mangiare, dolce, bella, buona. C’era cicorino, cardi, fagioli, rape, c’era di tutto. Per me, per noi! Oh, ero contento! Si ballava, e poi pioveva sempre per dei giorni e il sole scottava e io andavo venivo, le lune erano giuste e non c’era mai troppo vento o troppa nebbia. Era bello! bello! Era terra nostra. Bello era questo gradinone. Ogni giorno ne facevo uno, sembrava la torre di Babele, bella con queste terrazze. Era il paradiso, il paradiso terrestre! Lo giuro. E tutti i contadini passando dicevano: – Che culo che hai, boia, guarda: da una pietraia l’hai tirata fuori! Me disgraziato che non l’ho pensato! E avevano invidia. Un giorno è passato il padrone di tutta la valle, ha guardato e ha detto: – Da dove è nata questa torre? Di chi è questa terra? – Mia, – gli ho detto, – l’ho fatta io con queste mani, non era di nessuno. – Nessuno? È una parola che non c’è, nessuno, è mia! – No! non è la tua! Sono andato anche dal notaio, non era di nessuno. Ho chiesto al prete, era di nessuno e io l’ho fatta, pezzo per pezzo. – È mia, e tu me l’hai a dare. – Non posso dartela, padrone... io non posso andare sotto gli altri a lavorare. – Io te la pago! ti do denaro, dimmi quanto vuoi. 107 – No! No, non voglio denaro, perché, se mi dài i soldi, poi non posso comprare altra terra coi soldi che mi dài e devo andare ancora a lavorare sotto agli altri. Non voglio io, non voglio! – Dammela! – No! Allora lui ha fatto una risata ed è andato. Il giorno appresso è venuto il prete a domandare. – È del padrone... fai il bravo, molla, non fare i capricci, guarda che quello è tremendo, è cattivo, molla questa terra. In Deo Domino fai il bravo! – No! no! – gli ho detto, – non voglio, – e gli ho fatto anche un brutto gesto con la mano. È venuto il notaio, è arrivato anche lui, sudava, boia, per venire su a trovarmi. – Fai il bravo, c’è la legge, stai attento che non puoi, che tu non... – No! No! – e ho fatto anche a lui (un brutto gesto con la mano), è andato via bestemmiando. Il padrone non ha mollato, no! Ha cominciato ad andare a caccia, faceva passare tutte le lepri dalla parte della mia terra! Andava continuamente avanti e indietro con i cavalli e gli amici a schiacciarmi le siepi. E un giorno mi ha bruciato tutto... Era estate... era seccato. Lui ha dato fuoco a tutta la montagna e mi ha bruciato tutto, anche le bestie bruciate, la casa bruciata, ma non sono andato via! Ho aspettato... è cominciato a piovere la notte, e dopo (la pioggia) ho cominciato a pulire, a ripiantare pali, a sistemare 108 pietre a riportare terra, a far scendere acqua dappertutto, perché di lì, boia, non mi voglio muovere! E non mi sono mosso! Solo che un giorno è arrivato lui, aveva appresso tutti i suoi soldati e rideva, noi eravamo nei campi coi bambini, mia moglie e io; stavamo lavorando. È venuto, è sceso da cavallo, si è tolto i calzoni, è venuto vicino a mia moglie, l’ha presa, l’ha buttata per terra, le ha strappato le gonne... Io volevo muovermi, ma i soldati mi tenevano, e lui le è saltato addosso, l’ha fatta come fosse una vacca. Che io e i bambini con gli occhi sbarrati, che guardavano, e io mi muovevo (con uno strattone) mi sono liberato, ho preso una zappa e ho detto: – Disgraziati! – Fermati, – mi ha detto mia moglie, – non lo fare, non aspettano altro, aspettano proprio questo: che tu alzi il tuo bastone, per poi ammazzarti. Non hai capito? Vogliono ammazzarti e portarti via la terra, non aspettano altro, lui deve pur difendersi, non vale mettersi contro di loro, che tu non hai onore, tu sei povero, sei contadino, villano, non puoi pensare a onore e dignità, quella è roba per i signori, i nobili! Che poi si arrabbiano se gli fanno la figlia, se gli fanno la donna, la moglie, ma tu no! Lascia fare. Vale più la terra che l’onore di te, di me, più di tutto. Manza sono io, manza per amore di te. E io a piangere... piangere su questo affare, ho guardato tutto e i bambini che piangevano. E loro, 109 col padrone, di colpo sono andati via ridendo contenti, soddisfatti. Era un piangere tremendo (il nostro)! Non riuscivamo a guardarci in viso l’un l’altro. S’andava in paese, ti prendevano a sassate, a pietre. Gridavano: – Oh bue! che non hai la forza di difendere il tuo onore perché non ne hai, bestia che sei, tua moglie l’ha montata il padrone e tu sei stato tranquillo per un mucchio di terra, disgraziato! E mia moglie andava in giro: – Puttana, vacca! – le dicevano e scappavano. Neanche in chiesa la lasciavano entrare. Nessuno! I bambini non potevano andare in giro, tutti erano lì, e non ci guardava più nessuno. Mia moglie è scappata! Io non l’ho più vista; io non so dove è andata. I bambini non mi guardano: sono venuti ammalati e manco piangevano. Sono morti! Io sono rimasto solo. Solo con questa terra! Non sapevo cosa fare. Una sera ho preso un pezzo di corda l’ho buttato su una trave, me la sono messa intorno al collo, ho detto: – Bene, mi lascio andare, adesso! Faccio per lasciarmi andare, impiccato, quando mi sento battere una mano sulla spalla, mi volto c’è uno (e vedo uno) con una faccia pallida, con gli occhi grandi che mi dice: – Mi dài un po’ da bere? – Ma ti sembra il momento di venire a chiedere da bere a uno che si sta impiccando? Boia! 110 Lo guardo e (vedo che) ci aveva una faccia da povero cristo anche lui, poi guardo e (vedo che) ce n’erano altri due, anche loro con una faccia patita. – Va bene, vi darò da bere e poi mi impicco. Vado a prendere da bere, li guardo bene: – Più che bere voialtri avete bisogno di mangiare! Ma io sono tanti giorni che non faccio da mangiare... C’è da farlo, se volete. Ho preso un tegame e ho messo sul fuoco a scaldare delle fave e gliel’ho date, una ciotola ciascuno, e mangiavano, mangiavano! Io non avevo voglia di mangiare... “Aspetto che mangino e poi mi impicco”. E intanto che mangiava, quello con gli occhi più grandi, che sembrava proprio un povero cristo, sorrideva e diceva: – Brutta storia questa che vuoi impiccarti! Io so bene perché lo vuoi fare. Hai perso tutto, la moglie, i bambini e ti è rimasta solo la terra, bene, io so bene! Se fossi in te non lo vorrei fare (lo farei). E mangiava! mangiava! Poi alla fine ha appoggiato tutto e ha detto: – Tu sai chi sono io? – No, ma ho avuto il dubbio che tu sei Gesù Cristo. – Bene! Hai indovinato. Questo è Pietro, e il Marco è quello là. – Piacere. E cosa fate qua? – Tu mi hai dato da mangiare e io ti do da parlare. – Da parlare? Cos’è questa cosa? 111 – Disgraziato! Giusto che hai tenuto la terra, giusto che non vuoi padroni, giusto che hai avuto la forza di non mollare, giusto... Ti voglio bene, sei forte, buono! Ma ti manca qualche cosa che è giusto che tu devi avere (abbia): qua e qua (fa segno alla fronte e alla bocca). Non rimanere qui attaccato a questa terra, vai in giro e a quelli che ti tirano le pietre digli, fagli comprendere, e fai in modo che questa vescica gonfia che è il padrone tu la buchi (possa bucare) con la lingua, e fai uscire il siero e l’acqua a sbrodolare marcio. Tu devi schiacciare questi padroni e i preti e tutti: quelli che gli stanno intorno: i notai, gli avvocati, eccetera. Non per il bene tuo, per la tua terra, ma per quelli come te che non hanno terra, che non hanno niente e che devono soffrire solamente e che non hanno dignità da vantare. (Insegna loro a) Campare di cervello e non di piedi! – Ma non capisci? Io non sono capace, io ho una lingua che non si muove di dentro (dentro la bocca), mi intoppo ad ogni parola e non ho stile (dottrina) e ho il cervello fiacco e molle. Come faccio a fare le cose che tu dici, e andare in giro a parlare con gli altri? – Non preoccuparti che il miracolo viene adesso. Mi ha preso per la testa, mi ha tirato vicino e poi mi ha detto: – Gesù Cristo sono io, che vengo a te a darti la parola. E questa lingua bucherà e andrà a schiacciare come una lama vesciche dappertutto e a dar contro ai 112 padroni, e schiacciarli, perché gli altri capiscano, perché gli altri apprendano, perché gli altri possano ridere (riderci sopra, sfotterli). Che non è che col ridere che il padrone si fa sbracare, che se si ride contro i padroni, il padrone da montagna che è diviene collina, e poi più niente. Tieni! Ti do un bacio che ti farà parlare. Mi ha baciato sulla bocca, a lungo mi ha baciato. E di colpo ho sentito la lingua che guizzava dappertutto, e il cervello che si muoveva e tutte le gambe che andavano da sole, e sono andato in mezzo alla piazza del paese a gridare: – Venite gente! Venite qui! C’è qui il giullare! Vi faccio far satira, giostrare col padrone, che vescica grande è e io con la lingua la voglio bucare. E vi racconto di tutto, come viene e come va, e come Dio non è quello che ruba! È il rubare impunito e le leggi sui libri che sono loro... parlare, parlare. Ehi gente! Il padrone si va a schiacciare! Schiacciate! È da schiacciare!... Foto 13. “La nascita del villano” (da un manoscritto del Trecento). Si tratta di un’immagine tratta da una miniatura. È la rappresentazione di un pezzo di un famoso giullare: 113 Matazone da Caligano. Matazone è un soprannome che vuol dire mattacchione (questa volta non è scurrile, come vedete ci sono delle eccezioni); Caligano, Carignano, è un paese vicino a Pavia. Il linguaggio, un dialetto dell’allora territorio di Pavia, è chiarissimo per noi lombardi; e, dico la verità, ho provato ad eseguirlo anche in Sicilia, ed arrivavano a capire tutto. Vedete: lassù c’è un angelo, qui il padrone, il signore, il signore delle terre, e qui c’è il contadino, o meglio il villano. Che cosa succede in questa rappresentazione? È il momento della consegna, al padrone, del primo villano creato dal padreterno. La giullarata racconta dell’uomo che, stanco di lavorare la terra, dopo sette generazioni, va dal padreterno e gli dice: “Senti, io non ce la faccio più a soffrire la fatica in questa maniera, devi alleviare la mia fatica. Mi avevi promesso che avresti rimediato in qualche modo!” “Come non ho rimediato?! – dice il padreterno, – ti ho dato l’asino, il mulo, il cavallo, il bue...” “Eh sì, ma sempre io devo spingere dietro l’aratro, – dice l’uomo, – sempre io devo andare a remondare la stalla, sempre io devo fare i lavori più bassi, come mettere lo sterco nei campi, mungere, ammazzare il maiale... Io vorrei che tu mi creassi qualcuno che mi aiutasse in tutto e per tutto, che mi sostituisse anzi, e io potrei finalmente riposare!” “Ah, ma tu vorresti un villano!” “E chi è?” “È proprio uno di quelli che vorresti tu... D’altra parte 114 non lo puoi conoscere, non l’ho ancora creato! Vieni, andiamo a crearlo adesso...” E vanno da Adamo. Appena Adamo vede arrivare il Padreterno assieme ad un uomo, zac! si mette le mani intorno al torace e urla: “No, basta, io di costole non ne mollo più!” “Ecco, va be’, hai ragione anche tu, – dice il padreterno, – ma cosa posso fare?” In quel momento passa un asino, e al padreterno viene un’idea: fa un gesto con le dita, e l’asino si gonfia. Rimane incinto. Ecco: da questo momento seguo il testo originale. È Matazone da Caligano che parla. Esiste un testo stampato in una forma un po’ diversa da questa, che è stata ricostruita mettendo insieme vari frammenti, per dare maggiore continuità e logica al testo. 115 LA NASCITA DEL VILLANO As reconta int’un liber ormai desmentegà, che pasadi set volt set generasiun del gramo dì de la descasciada d’ol paradis, l’omo, stüfo desperà per tanta fatiga che ghe tucava per campà, l’è ’ndait in la presenza de Deo, in la persona, e l’ha scomensà a piagnì e ’mplural che ghe mandase quajcuno a darghe una man, a fà i lavur d’la tera che lü, de par lü solengo, no ghe la faseva pü. “Ma no ti g’ha sforse i aseni e boj, par quel?” g’ha respundit Deo. “Ti g’ha reson, Segnor Pater Noster... ma sora a l’aratro ghe dobiemo starghe noi altri omeni a sping ’me i danati. E i aseni no i è capaz de podar vigne e no i riese a imprend a müng i vache per tanto che gh’insegni. Inscì che innanz ol temp, vegnum veci noialtri per fatiga e le nostre done sfiorisen, che a vent’ani le son de già paside”. Deo, che l’è tanto bon, a sentì sti robi ol s’è fait tor de cumpasion e la dit in un sospir: “Bon... vardarò de crearve süi do pie una creatüra che av poda ’gnì giò a scargarve de sta pena”. Daspo’ l’è andait de corsa de l’Adamo: “Sent, Adamo, fam un plager, valza su la camisa che g’ho de trat foera ’na costula che g’ho besogn par un speriment”. Ma l’Adamo, a sentì sta noeva, è s’ciupad a caragnà: 116 “Segnur, pietà che te m’n’è già tolta veuna de costula per fà nass la mia sposa, l’Eva traditora... Se adess t’am privet d’un’altra costula anc’mo no g’n’avrò asè par ingabiarme ol stomego, a me sboteran foera toti i frataj ’me on capon scanat!” “Ti g’ha reson anc ti, – l’ha biasegà ol Segnor gratandose in testa, – as g’ho de fà?” In quel menter pasava de liloga un aseno e al Segnur g’hait fülmenà un’idea: che par quel, lü l’è un vulcan! L’ha fait un segn invers a l’aseno e quel de bota ol s’è sgiunfà. Pasà i noev mesi, la panza de la bestia l’era ingrusida de s’ciupà... se sent un gran frecas, l’asen ol trà una slofa tremenda e con quela salta foera ol vilan spüsento. “Ohi che bela natività!” “Cito ti!” In de quel vegn oltra un tempural dilüvi e giò acqua reversa a el fiol de l’asino e poe grandina e tormenta e fülmeni e tüti sul curpason del vilan, parché ol se faga de sübit coscienza de la vita che ghe se presenta. ’Na volta che l’è ben netad, riva giò l’angel dol Signur, ol ciama l’omo e ol ghe dise: “Par ordine del Segnur, ti, da sto momento, ti serà patron e magior e lu vilan minor. Mo est stabilicto et scripto che sto vilan debia aver par victo pan de crusca con la scigola crüda faxoj, fava alesa e spüda. C’ol debia dormir sora a un pajon 117 che d’ol so stato as faga ben rasón. Da po’ che lü l’è nato snudo deighe un toco d’ canovazo crudo de quei c’as dopra a insacar sarache parché ol se faga un bel par de brache. Brache spacà in d’ol mezo e dislasà che n’ol debia perd trop ol temp in d’ol pisà”. Si racconta in un libro ormai dimenticato che, passate sette volte sette generazioni dal gramo giorno della cacciata dal paradiso, l’uomo, stufo, disperato per tanta fatica che gli toccava (fare) per campare, è andato alla presenza di Dio in persona e ha cominciato a piangere e a implorarlo che gli mandasse qualcuno a dargli una mano a fare i lavori della terra che lui da solo non ce la faceva più. “Ma non hai forse gli asini e i buoi per quello?”, gli ha risposto Dio. “Hai ragione, Signore Padre Nostro... ma sopra l’aratro ci dobbiamo stare noialtri uomini a spingere come i dannati, e gli asini non sono capaci di potare vigne e non riescono a imparare a mungere le vacche per quanto gli insegni. Così che innanzitempo veniamo vecchi noialtri per fatica e le nostre donne sfioriscono, che a vent’anni sono già appassite”. Dio, che è tanto buono, a sentire queste cose si è fatto prendere dalla compassione e ha detto in un sospiro: “Bene, vedrò di crearvi sui due piedi una 118 creatura che possa venire giù a scaricarvi da questa pena”. Poi è andato di corsa dall’Adamo: “Senti, Adamo, fammi un piacere, alza la camicia che ho da tirarti fuori una costola che (ne) ho bisogno per un esperimento”. Ma l’Adam0 a sentire questa novità è scoppiato a piangere: “Signore, pietà che me ne hai già tolta una di costola per far nascere la mia sposa, l’Eva traditora... Se adesso mi privi di un’altra costola ancora non ne avrò abbastanza per ingabbiarmi lo stomaco, e mi usciranno fuori tutte le frattaglie come (a) un cappone scannato”. “Hai ragione anche tu, – ha biascicato il Signore grattandosi la testa, – cosa devo fare?” In quel mentre passava di lì un asino e al Signore gli è fulminata un’idea: che, per quello, lui è un vulcano! Ha fatto un segno verso l’asino e quello di colpo si è gonfiato. Passati i nove mesi, la pancia della bestia era ingrossata da scoppiare... si sente un gran fracasso, l’asino tira una scoreggia tremenda e con quella, salta fuori il villano puzzolente. “Oh che bella natività!” “Zitto tu”. In quel (mentre) viene avanti un temporale diluvio e giù acqua a rovescio sul figlio dell’asino e poi grandine e tormenta e fulmini e tutti, sul corpaccione del villano, perché si faccia subito coscienza della vita che gli si presenta. 119 Una volta che è ben pulito, arriva giù l’angelo del Signore, chiama l’uomo e gli dice: “Per ordine del Signore, tu da questo momento sarai padrone e maggiore e, lui, villano minore. Ora è stabilito e scritto che questo villano debba aver per vitto pane di crusca con la cipolla cruda, fagioli, fava lessa e sputo. Che debba dormire sopra un pagliericcio ché del suo stato si faccia ben ragione. Dal momento che lui è nato nudo dategli un pezzo di canovaccio crudo di quelli che si adoperano per insaccare saracche perché si faccia un bel paio di braghe. Braghe spaccate nel mezzo e slacciate che non debba perdere troppo tempo nel pisciare”. Sembra proprio di ritrovarci con i padroni di adesso! Andando in giro per l’Italia, ci capita continuamente di incontrarci con la realtà di fatto. Per esempio, siamo arrivati a Verona, e c’erano delle ragazze in teatro con dei manifesti che avevano anche appeso ai muri, erano in sciopero. Erano in sciopero perché il padrone aveva proibito di andare al gabinetto. Cioè, una sentiva il bisogno... “Scusi, posso?” “No... e no!” Dovevano andare tutte al gabinetto alle 11,25: driiiin, e pipì. E chi non aveva bisogno, basta, turno dopo. Erano in sciopero per ottenere il privilegio di 120 fare pipì quando ne sentivano impellenza. Non so come sia andata a finire la questione. Però, il massimo del grottesco rimane il fatto avvenuto alla Ducati di Bologna, una fabbrica molto grande, di grande importanza, classe internazionale. Ebbene, che cosa è successo? I proprietari, lì non c’è “il padrone”, ma i padroni, hanno deciso di tagliare corto col tempo concesso per andare al gabinetto. Chi ci stava sette minuti, chi quattro, no, basta! Hanno litigato anche con i sindacati, c’è stata una lotta tremenda, a un certo punto hanno deciso. Proprio un colpo secco: “Due minuti e trentacinque secondi sono più che sufficienti per fare i propri bisogni... in totale”. Ora, detto così, sembra normale, poi uno pensa: “Beh, avranno fatto degli studi, si saranno consultati con dei tecnici...” Invece, vi assicuro, credete alla mia parola, è un record! Due minuti e trentacinque secondi: un record! Tanto è vero che gli operai mica vanno così... Si allenano a casa! Se voi non credete che sia un record provate personalmente, prendete dei libri interessanti, aspettate una giornata buona, prendete qualche disco hawaiano, ve lo consiglio: guiahmun! Aiuta molto. Ebbene, vedrete, è impossibile! È impossibile, soprattutto quando tu hai la psicosi del toc... toc... toc... Sì, perché in ogni gabinetto della Ducati c’è un orologio. Come uno entra, subito toc... toc... toc... Ora il tremendo, il grottesco della situazione è che uno pensa: “Come verrà stabilito il tempo? Quando 121 scatterà?” S’immagina naturalmente che l’operaio entri nel gabinetto e (mima l’entrata) to... ta... tata... prende un bel fiato, aaah... come quando uno si butta nell’acqua gelata e poi... (mima) toc... toc toc toc (fischio) uhjj... gni... No! neanche per idea: perché, è logico, se scatta il congegno vuol dire che c’è un pulsante sotto l’asse, no? e quindi, se uno s’appoggia all’asse schiaccerà il pulsante e farà scattare l’orologio marcatempo. Ma il padrone sa che l’operaio è furbo, svelto, sa che non si appoggerebbe mai all’asse, ma che se ne starà sulle punte... e non tocca!... resiste delle ore senza toccare. “Eh no, allora io ti frego”. Lo scatto non sarà sotto l’asse, ma sulla maniglia! E appena l’operaio appoggia la mano sulla maniglia, scatta il congegno elettrico, toc:... toc... toc... toc... “maledette bretelle che non... orco giuda... la carta...” (fischio, poi, rivolto alla tazza): “Scusi per il disturbo”. Allora ecco dove sta il problema dell’allenamento: bisogna arrivare sciolti nei movimenti, liberi al massimo... Quindi per prima cosa: via i pantaloni. I pantaloni già piegati sulla spalla... stanno anche bene... sembra una mantellina, no? liberi! la camicia alla bajadera (il tutto è mimato), se non ci si imbraga, e soprattutto non incominciare a dire: “Oh Dio... (cerca di coprirsi davanti)”. Bisogna fregarsene, senza questioni di pudore cretino. C’è un grosso studioso tedesco, Otto Weininger, che ha fatto degli studi straordinari su questo problema: 122 ebbene, hanno scoperto che è l’atteggiamento pudico che determina negli altri la consapevolezza che uno è nudo. È logico, uno va in giro così (mima uno che si copre con le mani i genitali e il sedere) e subito viene segnato a dito: “Oheu... uno nudo!! Mamma guarda, uno nudo!” Ma se uno si libera di questa pudicizia idiota e se ne sta tranquillo, chi se ne frega! Nudo, bello, tranquillo, sparato... la gente dice: “Oh, guarda, un conte!” Ecco allora che l’operaio deve diventare conte, quando va al gabinetto; e deve imparare anche, oltre ai ritmi del cottimo, quello del gabinetto. Sono ben diversi, ma fondamentali (mima saltellando l’operaio che entra nel gabinetto e si siede) un... due... tre... Una danza! Ma torniamo alla storia del villano e sentiamo che cosa consiglia l’angelo al padrone del villano nel momento che glielo consegna. Par insegna d’ol so casat zentil metighe in spala vanga e badil. Fal’andà intorna semper a pie biot che tanto niün ol te dirà nagot. De zenaro daghe un furcun in spala e cascialo a remundà la stala. De febraro fa’ che ol süda nei campi a franger i zol ma no fat pena se ol g’ha i fiac al col, 123 se ol ’gnirà impiegnid de piaghi e cal, ag n’avrà vantagio ol to caval liberat di moschi e di tafan che toti ’gniràn a stà de casa d’ol vilan. Ponighe ’na gabela su omnia roba ol faga, metighe ’na gabela infine a quel che caga. De carnoval laselo pur balar e pur cantar che ol s’abia de legrar, ma poc, che no s’ debia smentegare co l’è a sto mundo par fatigare. Anco de marzo falo andar descalzo. Faghe podar la vigna c’ol se cati la tigna. Del mese d’avrile c’ol stia in d’el ovile co’ e pegore a dormir, dormire desvegiato che ol luvo el s’è afamato. Se l’afamato luvo vol torse qualche armento as’ tolga ol vilan pure che mi no me lamento. Mandalo a ranzar l’erba de majo con le viole ma varda che no se perda, corendo le bele fiole. Le bele fiole sane, n’importa se vilane, fale balar distese con ti par tutto ol mese: Das po’ che at ’gnirà noiosa 124 daghela al vilan in sposa, in sposa già impregnida che no ’l debia far fadiga. De zugno a tor scirese fait che ol vilan vaghi, su i arbori de brugne, de peschi e de mugnaghi, ma innanz parché no debia sbafarse le più bele faghe magnar la crusca che ’ag stopi le budele. De lulio e de l’agosto, col caldo che at manda a rosto, per farghe pasar la set daghe de bévar l’azet e, s’ol biastema d’inrabiat, no te casciar de so pecat: che ol vilan sia bon o malnat sempr a l’inferno l’è destinat. D’ol mese de setembre, par farlo ben destendre, mandelo a vendemiare ma innanz fale ben schisciare che no’l se poda imbriagare. D’otuber bel, faghe mazà ol purscel e a lü par premio lasighe i büdel ma non lasarghe proprio tüte che vien bone par sacar salsize. Al vilan laseghe i sanguinazi che i è venenusi e intosigazi. I bon parsulti stagni lasighe a quei vilani lasegheli da salare, 125 da po’ fali menare a la casa de ti, che ol sarà un gran bel magnare. De novembre e ancor dezembre c’ol fredo no deba ofendre, par farlo descaldare mandelo a caminare, mandelo a taiar legna e fa’ che speso vegna, ch’ol vegna carigado che no ’l gnirà infregiado, e quando as presa al fogü casalo in altro lögu, casalo fora de l’üs che ol fogo ol rimbambis. Se fora ol piov de spesa digh’ che vaga a mesa, in gesa l’è riparà e ol podrà anc pregà pregà per pasatemp che tanto ghe vegn nient, che tant no gh’n’avrà salvamént, che l’anema no ghe l’ha e ol Deo nol pò scultà. E come podria aveg l’anema sto vilan bec se l’è ’gnì foera d’un aseno cun t’un pet? Ad insegna del suo casato gentile mettigli in spalla vanga e badile. 126 Fallo andare intorno sempre a piedi nudi che tanto nessuno dirà niente. Di gennaio dagli un forcone in spalla e caccialo a ripulire la stalla. Di febbraio fai che sudi nei campi a franger le zolle ma non darti pena se avrà le fiacche al collo, se verrà pieno di piaghe e calli, ne avrà vantaggio il tuo cavallo liberato dalle mosche e dai tafani che tutti verranno a star di casa dal villano. Ponigli una gabella (tassa) su ogni cosa faccia, mettigli una gabella persino a (su) quel che caca. Di carnevale lascialo pur ballare e pur cantare che s’abbia da rallegrare, ma poco, che non si debba dimenticare che è a ’sto mondo per faticare. Anche di marzo fallo andare scalzo. Fagli potare la vigna che si prenda la tigna. Nel mese di aprile che stia all’ovile con le pecore a dormire a dormire svegliato (da sveglio) ché il lupo è affamato! Se l’affamato lupo vuol prendersi qualche armento si prenda pure il villano che io non mi lamento. Mandalo a tagliar l’erba di maggio con le viole ma guarda che non si perda (distragga) 127 rincorrendo le belle figliole. Le belle figliole sane, non importa se villane, falle ballar distese con te per tutto il mese. Quando poi ti verrà a noia dàlla al villano in sposa, in sposa già piena (incinta) che non debba far fatica. Di giugno a prender ciliege fai che il villano vada, sugli alberi di prugne, di pesche e di albicocche, ma prima, perché non debba mangiarsi le più belle, fagli mangiar la crusca che gli stoppi (chiuda) le budelle. Di luglio e d’agosto, col caldo che ti manda arrosto, per fargli passar la sete dàgli da bere l’aceto e, se bestemmia arrabbiato non ti preoccupare dei suoi peccati: che il villano sia buono o malnato (cattivo) sempre all’inferno è destinato. Nel mese di settembre per farlo ben distendere, mandalo a vendemmiare ma prima fagli ben pigiare affinché non si possa ubriacare. D’ottobre bello, fagli ammazzare il maiale e a lui per premio lasciagli le budelle 128 ma non lasciargliele proprio tutte, che vengono buone (possono servire) per insaccare salsicce. Al villano lasciagli i sanguinacci che sono velenosi e intossicanti. I buoni prosciutti sodi lascia a quei villani, lasciaglieli da salare, e poi falli portare alla casa di te (tua), che sarà un gran bel mangiare. Di novembre e ancor dicembre affinché il freddo non lo debba offendere, per farlo riscaldare mandalo a camminare, mandalo a tagliar legna e fa’ che spesso venga (torni), che venga caricato che (così) non verrà raffreddato (non si raffredderà), e quando si avvicina al fuoco caccialo in un altro luogo, caccialo fuori dall’uscio, ché il fuoco lo rimbambisce. Se fuori piove a dirotto digli che vada a messa, in chiesa è riparato e potrà anche pregare, pregare per passatempo, ché tanto non gli viene niente (non ne avrà profitto), ché tanto non ne avrà salvamento, 129 ché l’anima non ce l’ha e Dio non lo può ascoltare. E come potrebbe avere l’anima questo villano becco (cornuto) se è venuto fuori da un asino con una scoreggia? Voglio velocemente soffermarmi su un particolare: la storia dell’anima. Dice Matazone: “Tu, villano, non puoi avere un’anima in quanto sei stato partorito da un asino”. Ebbene, è quasi un consiglio ad accettare questa condizione, a non accettare l’anima: poiché l’anima costituisce il pretesto per il più grosso ricatto che si possa fare. È quanto sostiene Bonvesin de la Riva nel Rispetto tra l’anima e il corpo: “Ringrazia Dio, anima, di non avere il sedere, perché te lo riempirei di pedate: tu sei il mio piombo, io non posso volare perché mi pesi addosso”. Perché, questo rifiuto dell’anima? Perché è il più grosso ricatto cui il padrone possa ricorrere contro di noi. Nel momento della disperazione uno potrebbe anche dire: “Ma che me ne frega, un minimo di dignità, io la coltellata gliela do a questo padrone bastardo!” E allora il padrone, o il padrone attraverso il prete: “No! Ferma! Ti vuoi rovinare? Hai sofferto tutta la vita e adesso che hai la possibilità, tra poco crepi, di andare in paradiso, perché Gesù Cristo te l’ha detto, tu sei l’ultimo degli uomini e avrai il regno dei cieli... Ebbene, vuoi rovinare tutto? Calmati, stai 130 tranquillo, non ribellarti!... e aspetta dopo. Io sì, perdio, sono rovinato! Io sono il padrone, per la miseria! E cosa mi ha detto Gesù Cristo? “Tu non entrerai mai nel regno dei cieli, tu sei come il cammello (o meglio il cameo, che è la fune delle navi), che non passerà mai attraverso la cruna di un ago...” L’hai capita la fregatura? Per forza devo farmelo qui, un piccolo paradiso. Ed è per questo che mi do da fare a tenerti sotto, a schiacciarti, a derubarti: ti porto via anche l’anima, certo! Io voglio il mio piccolo paradiso, piccolo ma tutto per me, subito, per il tempo che sto al mondo. Beato te che ce l’avrai tutto quanto, il paradiso! Dopo, è vero, ma per l’eternità!...” Foto 14. “La Resurrezione di Lazzaro” (disegno di Dario Fo, da una sinopia rinvenuta nel camposanto di Pisa). Passiamo ora al miracolo di Lazzaro. Questo testo è un “cavallo di battaglia” da virtuosi, perché il giullare si trova a dover eseguire qualcosa come quindici-sedici personaggi di seguito, senza indicarne gli spostamenti se non con il corpo: nemmeno variando la voce, con gli atteggiamenti soltanto. Quindi è uno di quei testi che costringe chi lo esegue ad andare un po’ a soggetto, regolandosi sul ritmo delle risate, dei tempi e dei silenzi del pubblico. È, in pratica, un canovaccio sul quale 131 dovrò improvvisare di volta in volta. Motivo dominante del testo è la satira a tutto ciò che costituisce il “momento mistico”, attraverso l’esposizione di ciò che il popolo intende normalmente per “miracolo”. La satira si rivolge contro l’esibizione del miracolistico, della magia, dello stregonesco, che è una costante di molte religioni, compresa la cattolica: il fatto cioè di esibire il miracolo come un evento soprannaturale, allo scopo di indicare che, indubbiamente, è Dio che l’ha eseguito: laddove, all’origine del racconto del miracolo, predomina il significato di amore e di attaccamento della divinità al popolo, all’uomo. Qui, il miracolo è raccontato dal punto di vista del popolo: tutto è visto e raccontato in funzione di uno spettacolo eseguito da un grande prestigiatore, un mago, qualcuno che riesce a fare cose straordinarie e immensamente divertenti. Nessun accenno a quello che si pretende ci sia dietro. In una sinopia del camposanto di Pisa è raffigurata la resurrezione di Lazzaro. (Sinopia è l’abbozzo che precede l’esecuzione dell’affresco: strappato l’affresco per un restauro, è venuto alla luce l’abbozzo, ben conservato). Lazzaro non appare neanche: l’attenzione è tutta concentrata, come in teatro, su una folla di personaggi attoniti, che esprimono col gesto la meraviglia per il miracolo. Un elemento grottesco, come grottesca è la rappresentazione, quasi che teatro e rappresentazione 132 figurativa vadano di pari passo: c’è anche un personaggio che infila le dita nella borsa di uno spettatore che gli sta vicino. Approfitta della meraviglia, dello stupore, del miracolo, per fregargli i quattrini. 133 RESURREZIONE DI LAZZARO – Oh scusè! Oh l’è questo ol simiteri, campusanto, duè che vai a fà ol süscitamento d’ul Lassaro? – Sì, l’è quest. – Ah bon. – On mument, des palanche par entrar. – Des palanche? – Fasemo do. – Doi palanche?! Boja, e parché? – Parché mi a sont ol guardian d’ol simiteri e vialtri a vegnìt dentar a impiascicam tütu, a rüinam i sciesi e a schisciarme l’erba, e mi ho da ves cumpensat de tüti i fastidi e i scruseri che me impiantì. Doi palanche o no ’s vede ol miracol. – Bon! As ben un bel furbasso anca te, va’! – Doi palanche anca vi altri, e no me importa se avì i fiolit, a non m’importa, anca quei varden. Sì, d’acord: mesa palanca. Vai giò disgrassiat dal mür. Al vol vede ol miracol a gratis, ol fürbaso! As paga, no?! Doi palanche... no, non hait pagat. Doi palanche, anca vui doi palanche par ’gnì dentar. – On bel furbasso quelo! Ol fa i dané coi miracoli. Ades bisogna ved ’ndua l’è ol Lassaro... Ag sarà ol nom sü la tomba! L’altra volta son gnit a vede ol miracol d’un altro, sont stai mezza giurnada a speciare e pö ol miracolo a me l’hait fait in funda là! Sunt stait chì cume un babie, un baltroc, a vardag. Ma sta volta ca so al nom, me sont interesat, a treuvi 134 ol nom in sü la tumba, a sunt ol primo! Lassaro?!... (cercando) me meti... Lassaro?! me meti davanti a la tumba, a veuri vede tüt dal prinzipi. Varda! Lassaro?! E anca se treuvi la tumba cun scrit Lassaro, ca non son capaze a lezar? Bon! A beh! Induini! Sto chi. M’è ’ndai mal l’oltra volta, sperom adesso. Chi ariva intorna? No, non cominzum a spigner! A sont rivai mi prem, e voi stà davanti! No m’importa se ti sie piccolo! Queli piccoli vien la matina presto a torse el posto. Furbo eh! A l’è picolo e el vegn davanti! A fem la scaleta? I piccoli davanti, quei lunghi de drio! E peu el piccolo el riva dopo e l’è cuma s’el füss rivà prima! Non spigner, me fait andar dentar la tumba! Boia! No m’interessa, stiè indrio! Eh?! Ah! Le done, anca lor i spigne adesso! – No ariva? No è ora de sto miracolamento? – No gh’è un quai vügn ca conoss stu Jesus Cristo, che ol pò andà a ciamarlo, che nüm sem arivadi, no? ’N se pò aspeciare sempre pai miracoli, no? – O dit un urari, o rivare, no? – Cadreghe! Chi vole cadreghe?! Done! Cateve ’na cadrega! Doi bajochi ’na cadrega! Catè ’na cadrega par insetarve, done! Che quando gh’è ol miracolamento e ol santo el fa vegnì feura ul Lassaro in pie, c’ul parla, ul canta, ul se move, ve catè un tal stremizio, quant de li a renta, par de dre, andarì dentra a picar par tera su una bocia, un sas, cu’ la testa, e restet cupadi! Morti! E ul santo ne fa ün 135 solamente de miracolamento, int un ziorno, eh! Cateve! Cateve la cadrega! Doi bajochi! – Ohi, nol pense propri che a fà dané, eh! – Alora, a gh’è nisün che o vaga...? – No spigner! No m’interessa! – No muntar sü le cadreghe! Ah furbo! L’hai vist? Ol pìculu as piassa sü le cadreghe! – E non appogiare, eh! cu gh’è la tumba che... – Ariva? Non ariva! – Sardele! Dolze le sardele! Doi bajochi le sardele! Dolze! Brustolide! Bone! Bone le sardele! Che fa suscitare i morti! Bone! Doi palanche! – Sardele, sardele, daghen un cartocio al Lazzaro, ca’l se prepara ul stomego! – Cito, blasfemo! – Boni! – Ul riva! Ul riva! L’è chi! – Chi l’è? cu l’è? – Jésus! – Qual’è? – Quelo negru? Uh, che ogio cativu! – Ma no! Quelu l’è ol Marco! – Quelo de drio? – Qual’è? Quelo alto? – No, quel picolin. – Quel fiulin? – Quelo lì cun la barbeta. – Oh ma ’l par un fiulin, boja! – Varda! Gh’è de dre tüti! 136 – Ohè! Giuvanni! Cugnussi mi el Giuvanni. Giuvanni! Jesus! Che simpatic co l’è ol Jesus! – Ohè! Guarda! Gh’è anca la Madona, gh’è tüta la parentela! Ma ’l và in turno sempar con tüta...? O là!... – No ’l lasseno andà in turno solengo, parché a l’è un po’ mato! – Jesus! Sempatego! M’ha schiscià l’ögiu! – Jesus! Jesus, fag ol miracolamento dei pessi e dei pani come l’altra völta, che i era ’sì boni! – Cito, blasfemo, sta’ bon! – Silenzio! In genögio, l’ha fait segn de ’ndà in genögio, besogna pregà. – ’Ndue l’è la tumba? – Eh... l’è quela là. – Ohia! Varda! L’ha dit de tirà sü ol tumbun! – Oh, la piera! – Cittu! – In genógio, in genógio, sii, giù tùti in genógio, va! – Ma mi no, no va in genògio parché no ghe credo! 0 bella! – Cittu! – Fam vedé. – No, giò de lì, giò de la cadrega. – No, lasséme montar che voi vedar! – Boia I Ohi guarda! L’ha tirà sü ol tombon, o gh’è ’ol morto, ol gh’è dentro! Boja, ol Lassaro, euh che spüssa, s’o l’è stu tanfo? – Boja! 137 – Cus’è? – Cittu! – Lassém guardà! – O l’è impienit de vermini, de tafani. Euh! Ol sarà almanco un mese che l’è morto quelo, ul s’è disfat! Uh, la carugnada co g’han fai! Uhia che schers! No ghe la fa stavolta, povaretto! – De seguro non ghe la fa, non ghe riesse! Imposibil ca l’è bon a tirar fora! O l’è marscio! Che scherso, ohh disgrassià! Ghan dit tri dì co l’era morto! O l’è un mese almanco! Che figüra! Por Jesus! – Mi digo che l’è capaz eguale! Quel l’è un santo c’ol fa ol miracolamento anca dopo un mese che l’è marscio! – Mi digo che non è capaze! – Vòi far scomessa? – E femo scomessa! – Deh! Doi baiocchi! Tre baiocchi! Diese baiocchi! Quel che te vol scometer. – I tegno mi? Ti te fidi? Se fida! Se fidemo tuti? D’accordo, i tegno mi sti bajochi! – Bon, ecco, fet atension! Tuti in genogio, silensio! – Ul cossa ’l fa? – U l’è lì ch’el prega! – Cittu! Eh?! – Ohia! Alzati, Lassaro! – Oh! Ghe pò dire e anco cantare, sojamente i vermini che o l’è impienido ven fora!... Alsarse?... – Cittu! U s’è muntà in genogio! 138 – Chi? Jesus? – No, Lassaro. Boja, varda! – Ma va’, impusibil! – Fa’ vedè! – Oh varda! ol va, ol va, l’è in pie, ol va, ol va, ol borla, ol va, ol va, sü, sü, ol va, ol va, l’è in piè!... – Miracolo! Oeh! Miracolamento! Oh Jesus, dolze che ti set creatura, ca mi non credeva miga! – Bravo Jesus! – Ho vinciü la scumessa, da’ chì. Uehi! Fa’ mia ul fürbasso! – Jesus, bravo! – La mia borsa! Me l’han robada! Lader! – Bravo Jesus! – Lader! – Jesus, bravo! Jesus! Bravo!... Lader... – Scusi! È questo il cimitero, camposanto, dove vanno a fare il resuscitamento (resurrezione) del Lazzaro? – Si, è questo. – Ah bene. – Un momento, dieci soldi per entrare. Dieci soldi? – Facciamo due. – Due soldi?! Boia, e perché? – Perché io sono il guardiano del cimitero e voialtri venite dentro a schiacciarmi tutto, a rovinarmi le siepi e a schiacciarmi l’erba, e io devo essere 139 ricompensato di tutti i fastidi e i danni che mi impiantate. Due soldi o non si vede il miracolo. – Bene! Sei bene un bel furbacchione anche tu, va’ là! – Due soldi anche voialtri, e non m’importa se avete i bambini, non mi importa, anche loro guardano. Sì, d’accordo: mezzo soldo. Vai giù, disgraziato, dal muro. Vuol vedere il miracolo gratis, il furbastro! Si paga, no?! Due soldi... no, non hai pagato. Due soldi, anche voi due soldi per venire dentro. – Un bel furbo quello! Fa i soldi con i miracoli. Adesso bisogna vedere dov’è il Lazzaro... Ci sarà il nome sulla tomba! L’altra volta sono venuto a vedere il miracolo di un altro, sono stato mezza giornata ad aspettare e poi il miracolo me l’hanno fatto in fondo là! Sono stato qui come un cretino a guardare. Ma questa volta che so il nome, mi sono interessato, trovo il nome sulla tomba, sono il primo! Lazzaro?!... (cercando) mi metto... Lazzaro?! mi metto davanti alla tomba, e voglio veder tutto dall’inizio. Guarda! Lazzaro?! E anche se trovo la tomba con scritto Lazzaro, che non sono capace di leggere? Va beh! Indovino! Sto qui. M’è andata male l’altra volta, speriamo adesso (che vada meglio). Chi sta venendo avanti? No, non cominciamo a spingere! Sono arrivato io prima, e voglio stare davanti! Non m’importa se tu sei piccolo! Quelli piccoli vengono la mattina presto a prendersi il posto. Furbo, eh! È Piccolo e viene 140 davanti! Facciamo la scaletta? I piccoli davanti, quelli lunghi di dietro! E poi il piccolo arriva dopo ed è come se fosse arrivato prima! Non spingere, mi fai andare dentro la tomba! Boia! Non mi importa, state indietro. Eh? Ah! Le donne, anche loro spingono, adesso! – Non arriva? Non è ora per ’sto miracolo? – Non c’è qualcuno che conosca questo Gesù Cristo, che possa andare a chiamarlo, che noi siamo arrivati, no? Non si può aspettare sempre per i miracoli, no? – Mettete un orario e rispettatelo, no? – Seggiole! Chi vuole seggiole? Donne! Prendetevi una seggiola! Due soldi una sedia! Prendete una sedia per sedervi, donne! Che quando c’è il miracolo e il santo fa venir fuori il Lazzaro in piedi, che parla, canta, si muove, vi prendete uno spavento quando gli luccicheranno gli occhi (vivi) che andrete a sbattere di dietro e a picchiare per terra su un sasso con la testa e resterete ammazzate! Morte! E il santo ne fa uno solo di miracolo in un giorno. Prendetevi una sedia! Due soldi! – Ohi, pensa proprio solo a fare soldi, eh! – Allora, non c’è nessuno che vada...? – Non spingere! Non m’interessa! – Non salire sulle sedie! Ah furbo! Avete visto? Il piccolo si piazza (in piedi) sulle sedie! – E non (ti) appoggiare che c’è la tomba (davanti) che... – Arriva? Non arriva! 141 – Sardelle! Dolci le sardelle! Due soldi le sardelle? Dolci! Abbrustolite! Buone! Buone le sardelle! Che fanno resuscitare i morti! Due soldi! – (Chiamando) Sardelle, sardelle... danne un cartoccio al Lazzaro che si prepara lo stomaco! – Zitto, blasfemo! – Buoni! – Arriva! Arriva! È qui! – Chi è? qual è? – Gesù! – Qual è? – Quello nero? Uh, che occhio cattivo! – Ma no! Quello è il Marco! – Quello dietro? – Qual è? Quello alto? – No, quello piccolo. – Quel ragazzino? – Quello lì con la barbetta. – Oh, ma sembra un ragazzino, boia! – Guarda! Ci sono dietro tutti! – Ohè il Giovanni! Lo conosco io il Giovanni. (Chiamando) Giovanni! Gesù! Che simpatico che è Gesù! – Oh! Guarda! C’è anche la Madonna! C’è tutta la parentela! Ma va sempre in giro con tutta... (sta gente)? Oheu!... – Non lo lasciano andare in giro solo, perché è un po’ matto! 142 – (Chiamando) Gesù! Simpatico! M’ha schiacciato l’occhio! – Gesù! Gesù, facci il miracolo dei pesci e dei pani come l’altra volta che erano così buoni! – Zitto! Blasfemo, sta’ buono! – Silenzio! In ginocchio, ha fatto segno di mettersi in ginocchio, bisogna pregare. – Dov’è la tomba? – Eh... è quella là. – Oh! Guarda! Ha detto di tirare su il tombone (la pietra tombale). – Oh, la pietra! – Zitto! – In ginocchio, in ginocchio, su, giù tutti in ginocchio! – Io no! Io non mi metto in ginocchio, perché non ci credo. Oh bella! – Zitto! – Fammi vedere. – No! Giù di lì, giù dalla sedia. – No! Lasciatemi salire che voglio vedere! – Boia! Guarda! Hanno alzato la pietra, c’è il morto, è dentro boia, (è) il Lazzaro che puzza! Cos’è ’sto tanfo? – Boia! – Cos’è? – Zitto! – Lasciatemi guardare! 143 – È pieno di vermi, di tafani! Oheu! Sarà almeno un mese che è morto quello, s’è disfatto! Oh, che carognata che gli hanno fatto! Uh che scherzo! Non ce la fa ’sta volta, poveretto! – Di sicuro non ce la fa, non ci riesce! Impossibile che sia buono di (che riesca a) tirarlo fuori (resuscitarlo)! È marcito! Che scherzo! Oh disgraziati! Gli hanno detto tre giorni che era morto! È un mese almeno! Che figura! Povero Gesù! – Io dico che è capace ugualmente! Quello è un santo che fa il miracolo anche dopo un mese che è marcito! – Io dico che non è capace! – Vuoi far scommessa? – E facciamo scommessa! – Sì! Due soldi! Tre soldi! Dieci soldi! Quello che vuoi scommettere! – Li tengo io? Ti fidi? Si fida! Ci fidiamo tutti? D’accordo, li tengo io questi soldi! – Buoni, ecco, fate attenzione! Tutti in ginocchio, silenzio! – Cosa fa? – È lì che prega. – Zitto eh! – Ohia! Alzati, Lazzaro! – Oh! Glielo può dire e anche cantare, solo i vermi di cui è pieno vengono fuori!... Alzarsi?.. – Zitto! Si è montato (alzato, messo) in ginocchio! – Chi? Gesù? 144 – No! Lazzaro! Boia, guarda! – Ma va’, impossibile! – Fammi vedere! – Oh, guarda! Va, va, è in piedi, va, va, cade! Va, va su, è in piedi!... – Miracolo! Oh! Miracolamento. Oh Gesù, dolce creatura che sei, che io non credevo! – Bravo Gesù! – Ho vinto la scommessa, dài qui. Uehi! non fare il furbacchione! – Gesù, bravo! – La mia borsa! Me l’hanno rubata! Ladro! – Bravo Gesù! – Ladro! – Gesù, bravo! Gesù! Bravo!... Ladro... 145 E arriviamo a Bonifacio VIII, il papa del tempo di Dante. Dante lo conosceva bene: lo odiava al punto che lo mise all’inferno prima ancora che fosse morto. Un altro che lo odiava, ma in maniera un po’ diversa, era il frate francescano Jacopone da Todi, pauperista evangelico, un estremista, diremmo oggi. Era legato a tutto il movimento dei contadini poveri, soprattutto della sua zona, al punto che, in spregio alle leggi di prevaricazione imposte da Bonifacio VIII, che era una bella razza di rapinatore, aveva gridato in un suo canto: “Ah! Bonifax, che come putta hai traìto la Ecclesia!” Ahi Bonifacio, che hai ridotto la Chiesa come una puttana! Bonifacio se la legò al dito: quando finalmente riuscì a mettere le mani su Jacopone, che era fra l’altro uno straordinario uomo di teatro, lo sbatté in galera, seduto, costretto a rimanere in questa posizione (indica), mani larghe e piedi legati, per cinque anni, incatenato sulle proprie feci. E si racconta che dopo cinque anni. quando uscì grazie alla sopravvenuta morte del papa, questo povero frate, ancora giovanissimo, non riusciva più a camminare: era costretto a trascinarsi in giro piegato in due. Quando, un anno e mezzo dopo, morì, cercarono di stenderlo nella cassa da morto: non ce la facevano; ogni volta che lo stendevano... gnìììì!, tornava alla posizione originale. Alla fine si sono stufati e lo hanno sepolto seduto. 146 (dopo jacopone da todi) Non era comunque il solo ad avere in odio il papa: già Gioacchino da Fiore, vissuto ancor prima di san Francesco, che può esser considerato un po’ il padre di tutti i movimenti ereticali, aveva detto più o meno: “Se vogliamo dare dignità alla chiesa di Cristo, dobbiamo distruggere la chiesa. La grande bestia di Roma, la bestia tremenda di Roma. E per distruggere la chiesa non ci basta far crollare le mura, i tetti, i campanili: dobbiamo distruggere chi la governa, il papa, i vescovi, i cardinali”. Un po’ radicale, come atteggiamento. Fatto sta che il papa del tempo gli mandò subito in visita un centinaio di armati che lo cercarono per le montagne dove viveva, individuarono grazie ad una spia la grotta in cui abitava, ma, loro sfortuna, lo trovarono morto: ancora caldo, ma morto. Era morto due minuti prima che arrivassero: non si sa se per lo spavento d’aver visto i soldati che arrivavano, o perché era un po’ carogna e voleva fargli dispetto. Io credo che sia così: Gioacchino da Fiore era un maligno, molto maligno. Foto 15. “Bonifacio VIII”. Ricostruzione da un codice trecentesco. Ecco un’immagine di Bonifacio VIII, molto realistica: lo vediamo usare come sedile il frate Segalello da Parma. Segalello da Parma era dell’ordine degli insaccati, così detti perché vestivano di sacco: un altro estremista, tanto per 147 rimanere all’interno del linguaggio di questi giorni, che sentiamo così spesso parlare di estremismi di ambo le parti, di opposti estremismi... L’estremista che fa da sedile, dunque, era di quelli che pretendevano che il papa e la chiesa fossero poveri, estremamente poveri, che tutto venisse consegnato nelle mani della gente più umile: che “la dignità della chiesa, – diceva Segalello, – si fondasse sulla dignità dei poveri”. Quando tu chiesa hai al tuo interno un povero disgraziato che muore di fame, sei una chiesa che non può gloriarsi di essere viva. A proposito del soprannome (il popolo lo chiamava Segarello): Segalello era di quelli che predicavano la castità assoluta, e gli derivava evidentemente dal fatto che non lo vedessero mai andare a donne. Ebbene, questo frate dal soprannome quasi da giullare se ne andava in giro a provocare i contadini: “Ehi, voi, ma che fate? Giocate? Ah no! Vangate la terra? Lavorate! E di chi è la terra? Vostra, immagino! No? Non è vostra? Ma come! Voi lavorate la terra e... Ma ne avete un profitto?! Che profitto? Ah... una percentuale così bassa? E come, tutto il resto se lo tiene il padrone? Il padrone di che cosa! Della terra? Ah ah ah! C’è un padrone della terra? Voi credete davvero che sulla Bibbia il tal appezzamento di terra sia assegnato al tal dei tali... Cretini! Deficienti! La terra è vostra: loro se la sono fregata, e poi l’han data 148 da lavorare a voi. La terra è di chi la lavora: chiaro?!” Pensate, nel Medioevo andare in giro a dire certe cose: la terra è di chi la lavora! È da pazzi incoscienti dirlo oggi, figuratevi nel Medioevo! Infatti l’hanno subito preso e messo sul rogo, lui e tutta la sua banda di “insaccati”. Scampò uno solo. Si chiamava fra’ Dolcino, e si ritirò dalle sue parti, dalle parti di Vercelli: ma invece di starsene a casa in pace e in silenzio, visto il rischio che aveva corso, nossignori, andò intorno ancora a provocare i contadini, a fare il giullare. Andava e cominciava: “Ehi contadino!... la terra è tua, tientela, cretino deficiente, la terra è di chi la lavora...” E i contadini del vercellese, forse per il fatto che lui parlava il dialetto del luogo e lo capivano bene, lo guardavano e dicevano: “Eh eh... che pazzo è quel fra’ Dolcino! Però mica dice delle cose sceme! Sai, io quasi quasi la terra me la tengo... No, anzi, la terra la lascio al padrone, io mi tengo il raccolto!” E da quel giorno, ogni volta che arrivavano i “dimandati”, li prendevano a sassate. E cominciarono a strappare anche il contratto, che si chiamava “angheria”. Sì, il contratto che nel Medioevo univa i contadini al padrone si chiamava “angheria”. Allora aveva il solo significato di contratto: poi la gente ha cominciato a capire, e si è arricchito di sfumature: “Ah, un’angheria?...”: cioè, un contratto tra contadino e padrone. Bene, 149 stracciavano questo contratto: ma, sapendo di non poter resistere da soli, si univano, si associavano l’un con l’altro: tutti i contadini della zona. Non solo, ma comprendendo che bisognava allargare l’unione, perché avesse più forza, si univano con gli artigiani minori, con i salariati, che nel Medioevo cominciavano ad esistere in gran numero. Fu così che giunsero all’organizzazione di una comunità straordinaria. Fra di loro si chiamavano “comunitardi”. Sono i primi comunitardi della storia che conosciamo: come centro di organizzazione, avevano la “credenza”. La credenza è oggi in tutta Italia, dalla Sicilia al Veneto, quell’armadio che teniamo in casa per riporvi la roba da mangiare. Il sostantivo deriva evidentemente dal verbo credere: credere in qualcosa. Credenza: credere nella comunità, quindi; e queste forme di comunità avevano cominciato ad esistere dal VI secolo. La prima “credenza” di cui abbiamo notizia è la “credenza” nella comunità di Sant’Ambrogio; un armadio enorme, immenso, tutto fatto a stive, con tanti sportelli di legno particolari, nei quali si conservavano i generi alimentari della comunità, il grano dall’umidità, tutto quanto potesse servire alla comunità nei periodi di carestia. Lì a Vercelli, invece, per la divisione dei beni comuni non si aspettava la carestia: si radunava tutto quanto e lo si distribuiva a ciascuno secondo il 150 bisogno. Secondo il bisogno, notate bene, non secondo il lavoro che ciascuno aveva prodotto. Questo modo di autogovernarsi aveva dato molto fastidio ai padroni: soprattutto a quelli che si sentivano “derubati” della terra. Uno in particolare, il conte del Monferrato, organizzò una spedizione punitiva, partì con i suoi sbirri, acchiappò un centinaio di comunitardi e tagliò loro mani e piedi. Era un vezzo di allora: in Bretagna, duecento anni prima, i signori avevano fatto lo stesso con i propri contadini. Mani e piedi tagliati, furono messi a cavalcioni di asini, e spinti verso la città di Vercelli: perché i comunitardi si rendessero conto di quel che capitava ad agire con troppa libertà e “presunzione”. Quando i comunitardi videro i propri fratelli ridotti e malconci in questa maniera non si misero a piangere. Partirono la notte stessa ed arrivarono a Novara all’improvviso, entrarono in città e fecero un vero e proprio massacro degli sgherri, dei boia massacratori: non solo, riuscirono a convincere la popolazione a rendersi libera e ad organizzarsi a sua volta in comunità. Con una rapidità incredibile Oleggio, Pombia, Castelletto Ticino, Arona, tutta la parte a nord del Lago Maggiore, Domodossola, la zona verso il Monte Rosa, tutto il Lago d’Otra, la Valsesia, Varallo, la Val Mastallone, Ivrea, Biella, Alessandria... insomma, mezza Lombardia e mezzo Piemonte si ribellarono. Non sapendo più dove metter le mani, duchi e conti mandarono a Roma un 151 messo che arrivò urlando al papa: “Aiuto, aiuto... aiutaci tu, per Dio!” Davanti al per Dio, che può fare il papa? “Per la miseria, per Dio, devo aiutarli...” Per sua fortuna, e per fortuna dei signori del nord, stava per imbarcarsi a Brindisi la quarta crociata (quella di cui noi non sappiamo niente, perché ci viene passata del tutto sotto silenzio, e per “quarta crociata” ci contrabbandano quella che in realtà fu la quinta). E allora fece dire ai crociati dal messo: “Fermi tutti, scusate, ho sbagliato: gli infedeli non stanno dall’altra parte del mare, stanno lassù, in Lombardia, travestiti da contadini ribelli. Via subito!” A marce forzate ottomila uomini, quasi tutti tedeschi, arrivarono in Lombardia, si unirono alle truppe del duca Visconti, dei Modrone, dei Torriani, dei Borromeo, del conte del Monferrato – c’erano anche due nuovi personaggi, i Savoia, che proprio allora cominciavano a farsi strada – e diedero luogo ad un massacro ferocissimo. Riuscirono a rinchiudere in un monte presso Biella tremila comunitardi, uomini, donne, bambini: in un colpo solo li massacrarono tutti, li bruciarono, li scannarono... Di questa storia che vi ho così sommariamente raccontato, sui libri di testo in uso nelle scuole non si fa cenno. Ed è giusto, d’altra parte: chi organizza la cultura? Chi decide cosa insegnare? Chi ha l’interesse a non dare certe informazioni? Il padrone, la borghesia. Fin che glielo permetteremo, è naturale che continuino a fare quello che ritengono giusto. Vi 152 immaginate che questi qui, impazziti, si mettano a raccontare che nel Trecento, in Lombardia e in Piemonte, ci fu una vera e propria rivoluzione, durante la quale, nel nome di Cristo, si riuscì a costituire una comunità in cui tutti erano uguali, si volevano bene, non si sfruttavano l’un l’altro? C’è la possibilità che i ragazzini si esaltino e gridino: “Viva fra’ Dolcino! Abbasso il papa!” E non si può, perdio, non si può! Esagero, naturalmente, per amore di polemica: perché, per la verità, in qualche libro di testo un po’ più avanzato, in qualche scuola di grande tradizione (il Berchet per esempio, la scuola che frequenta mio figlio), la notizia si trova. Magari in una nota a pie’ di pagina, che suona così (la cito a memoria): “Fra’ Dolcino, eretico, nel 13o6 fu bruciato vivo insieme alla sua amica”. Capito? Così i ragazzi imparano che fra’ Dolcino era eretico in quanto aveva un’amica! Eseguo adesso la giullarata di Bonifacio VIII. Inizia con un canto extraliturgico antichissimo, catalano, esattamente della zona dei Pirenei: durante il canto il papa si veste per una cerimonia importante. Va ricordato un vezzo che aveva Bonifacio VIII: quello di far inchiodare per la lingua dei frati, ai portoni dei nobili di certe città. Poiché questi frati pauperisti e legati ai “catari”, ad altri movimenti ereticali, avevano la cattiva abitudine di andare in giro a parlar male dei signori: allora il papa li prendeva e zac... (mima l’atto di inchiodare per la lingua). Non lui 153 personalmente, che anzi aveva orrore del sangue: aveva degli uomini apposta per questo... Non era un accentratore. Un altro episodio che si ricorda di lui, tanto per dare un’idea di che tipo fosse, è l’orgia che organizzò il venerdì santo del 1301. Tra le tante processioni che avevano luogo a Roma quel giorno ce n’era una di “catari”, che approfittavano dei canti liturgici per insultare, con battute sottobanco, proprio il papa. Dicevano: “Gesù Cristo era un povero cristo che se ne andava in giro senza neanche il mantello: c’è invece qualcuno che il mantello ce l’ha, e pieno di pietre preziose. C’è qualcuno che se ne sta in cima a un trono tutto d’oro, mentre Cristo camminava a piedi nudi. Cristo, che era Dio, Padreterno, per essere uomo era sceso in terra: c’è qualcuno che non è nemmeno uomo, e fa tanto il padreterno, per essere dio si fa portare in giro su portantine...” Per la miseria! Bonifacio, che era piuttosto sveglio, pensò: “Vuoi vedere che ce l’hanno con me? Ah sì? E io gli faccio lo sfregio!” Organizzò un’orgia proprio di venerdì santo: chiamò alcune prostitute, alcune signore di buona famiglia, che spesso è la stessa cosa, vescovi e cardinali, e pare che tutti assieme abbiano fatto delle cose proprio turpi e ignobili. Tanto che tutte le corti d’Europa si scandalizzarono, anche quella di Enrico III d’Inghilterra che, secondo i cronisti del tempo, era un re piuttosto grossier. 154 Dicono infatti che, per far divertire i suoi baroni durante i banchetti, spegnesse una candela con un rutto, a tre metri di distanza! Qualcuno aggiunge addirittura – ma io non ci credo – che riuscisse a spegnerle addirittura di carambola, cioè facendo il rutto verso il muro... di sponda... (mima) tac-tac... È umorismo inglese, di cui non siamo in grado di cogliere tutte le sottigliezze, naturalmente; dobbiamo accontentarci, è come il cricket. 155 BONIFACIO VIII Il giullare recita il personaggio di papa Bonifacio VIII. Mima il gesto di pregare e canta AL JORN DEL JUDICI PARRÀ QUI AVRÀ FET SERVICI UN REY VINDRÀ PERPETUAL VESTIT DE NOSTRA CARN MORTAL DEL CEL VINDRÀ TOT CERTAMENT AL JORN... S’interrompe e si rivolge ad un immaginario chierico dal quale si fa consegnare la mitria. Riprende a cantare ANS QUEL JUDICI NO SERÀ UN GRAN SEÑAL SA MONSTRARÀ... (Mima di togliersi la mitria dal capo) Oh! se ol è pesanto questo! No, andemo... devo andare a caminare mi... (Finge di afferrare un altro copricapo) Eh, questo ol è bon... (Se lo caccia in capo e riprende a cantare) AL JORN DEL JUDICI... (S’interrompe) Ol spegio... (Mima di rimirarsi allo specchio) l’è storto, eh!... Ol guanto! (Riprende a cantare mimando di infilarsi il guanto. Canta) ANS QUEL JUDICI NO SERÀ 156 UN GRAN SEÑAL SA MONSTRARÀ... L’olter... un guanto domà? g’ho do mani, no? no g’ho ’na mano sola... vòi ch’me la taie? (Canta) LU SOL PERDRÀ LU RESPLANDOR LA TERRA TREMERÀ DE POR... (Ordina) Ol mantelo!... ol mantelon. (Mima di afferrare un largo, pesante mantello) AL IORN DEL JUDICI PARRÀ QUI AVRÀ... Ohi s’o l’è pesanto questo!... (Cerca di caricarselo in spalla. Chiede aiuto ai chierici) PARRÀ QUI AVRÀ FET SERVICI Spignè ansembio, andemo... (Canto rallentato) Uhei! volet spignere voialtri?... cantela anco! A debio far tüto da me?... cantare, spignere, portà ol mantelo, portà ol capelo... andemo! Fermo e recomensemo! (Sempre rivolgendosi a chierici immaginari) E ti, canta: la prima vose! (Canta fingendo di impostare il canto del chierico) FET SERVICIII (Riprende dirigendo col capo) UN REY VINDRÀ PERPETUAL Secunda vox. (Indica un altro chierico) VESTIT DE NOSTRA CARN MORTAL Terza. (Torna ad indicare il primo chierico) DEL CEL VINDRÀ TOT CERTAMENT (S’interrompe scoraggiato) A seit stonat, eh!!! Demo a spignere ansembia. (Canta salendo in acuto e blocca di scatto) 157 PER FER DEL SETGLE JUGIAMENT Chi l’è che monta coi pie sul mantelo?! (Si gira imbestialito) A te se te, eh? stunat! At faghe tirar sü per la lengua mi! disgrasiò... no cante e no spigne!... ’demo... All’alleluiatico te parti. (S’interrompe incredulo) No ’l sa nemanco cosa l’è l’alleluiatico?... l’alleluiatico l’è quel rìssul ch’as fa con la vose... ’demo... AL JORN DEL JUDICI PARRÀ QUI AVRÀ FET SERVICI (Gorgheggia e tira il manto. Si arresta esausto) Ohi che mesté de boja fa lu papie! (Dà un ultimo strappo per caricarsi il manto) UN REY VINDRÀ PERPETUAL VESTIT DE NOSTRA CARN MORTAL... (Di nuovo rivolto a un chierico) L’anelo! (Alza il tono della voce) L’anelo! (Sempre cantando s’infila l’anello. Lo rimira e dopo averci alitato sopra nel gorgheggio) Oh come el sbarluscia! (Ordina) L’oltro... a l’è grandu questo, a l’è par ul didon. (Infila l’anello nel pollice, continua a cantare) DEL CEL VINDRÀ TOT CERTAMENT... Ol baston! (Gridando) Ol baston... No quel par picà, andemo... quel col turcicón. (Indica la spirale. Riprende il canto) DEL CEL VINDRÀ TOT CERTAMENT... A semo pronti? a partìsomo eh? Ansembia andemo. No star a spignere de boto, disgrasiò: te me voi vedar stravasciado col müson in la mota? Atento ti... 158 Stunat! A femo balansa, avanti: do colpi de balansa avanti de partir: on, doi, su l’alleluiatico! (Canta) LOS INFANTS QUI NATS NO SERAN DINTRE SES MARES CRIDARAN DIRAN TOT PLOROSAMENT AJUDANS DEUS OMNIPOTENT Come canto ben! Dove andì voialtre... dove partì?... dove va tüta sta zente?... a me impiantì chì da par mi solengo?... el papie a son! Bonifax me! mia son un careter... Chi elo? Chi?... chi è quelo co’ la crose... Jesù?... ah Cristu!... Jesus Cristo... Guarda guarda... orcu... com a l’è cunzad... desgrasiò! Adess cumprendi parché ol ciamen “pover cristu”... oh boja... ohi come el va inturnu... Malerbétta!... andemo che mi fa impression a guardar ste robe... (Finge di rispondere a un chierico che è di diverso avviso) At dìseto che l’è mejor che mi ghe vago a preso... che me faga vedar par la zente che mi son bon, che me fago vedar ad ajudarlo a portar la croze... magari che tüti me plaudeno, che dicon “Ca bon ca l’è sto Bonifazio...” Ma sì, fasemo contenti sti mincioni... andemo. (Finge di spogliarsi) Dài, toite el mantelon... teinitelo... ol baston... l’è mejor che adeso vago... Non te crederà... a g’ho i trembor... Jesus, cum vala?... Jesus, non te me cognose? a sun Bonifax... Bonifacio, ol papie... Come chi è lu papie! Andemo... lu pastor... quelo co lo vien da Pietro, co i àlteri in fila... a no te me 159 ricognose?... Ah, l’è por ol capelon... l’era parché ol piove... magara... (Rivolto al chierico) ’Egna torme fora tuto... l’anelo!... No far vedere che g’ho i aneli. (Mima di farsi spogliare di ogni orpello) No far veda roba che sbarlüssega... oh a l’è gotico tremendo quelo! A l’è un originalum... fora le scarpe... fora! El vol vedar zente a pie bioti, ’demo, fora!!... dame quai cossa da sbordegar... la tera in facia. (Si strofina il viso con il fango) Dài, sbordegame tuto: el vor vedar così! Cosa vo’, l’è mato! (Si rivolge a Cristo) A te me ricognoset adess? A sont ol fiol de ti... umile che mi ol so che fai pietà... Jesus... varda, mi me inginöci devanti a ti... che mi sunt gimai ingenugiat, che tüti me fa i... Jesus... Jesus... dame a tra’ un mument, orco! Ma come, mi at parlo, e ti no me dait ascolto? Benedeto, un po’ de creanza, ecco! Mi at disevo... (Si arresta come se Cristo l’avesse interrotto) Mi?... mi... Co hait dito? che mi ho amazait i fraite?... mi? che ho fait de mal? No è vera!... I è de robe cative... i so de le busie che trae intorna i malelengue par gelosia... che... (Additandolo con foga) Anca de ti m’han dito de robe... caro! Ma mi no ghe credo miga! Benedeto, a i cativi, ti sa... (S’inginocchia disperato) Jesus! Jesus, vardame nei ogi, che mi te vojo ben... che ai fraìte? ma no, che ghe vojo ben, mi g’ho sempre vorsudo ben ai fraiti. (Rivolto all’immaginario chierico) Manda a torme un fraite, svelto! (Al Cristo) Mi ghe vojo ben... (Al chierico) Dove ti va a trovarli i fraiti? 160 Ma in preson, che gh’è impiegnide!... (Al Cristo) Jesus, mi... Jesus, guarda un fraite, guarda che bel. (Mima l’abbraccio e il bacio, volta il viso disgustato) Che spussa!... (Al Cristo) Jesus, faite ajdare de mi a portar la crose, che mi son forte, che ti te fait fadiga... che mi sont abituat... sont un boeu mi... a porto certi mantelon... laseme... Ciraneo... fora de le bale... (Mima scacciare il Cireneo e prendere il suo posto) Mi te ajdi... no, no fag fadiga... no... no spignere! Jesus, bon... (Viene scaraventato lontano da una terribile pedata) Cristu!! Una pesciada a mi?! Bonifax!! Lo Prense! ah bon... canaja... malnato... Ah, s’ol savese to padre... disgrasiò! Cap de’ aseni!... Sente, no g’ho pagüra da ditel che me fa el piazer de vederte inciudà, ca incoo giüsta am voj ciucare, a voj torme lo plaser de balare... balare! andà de pütane! parché sunt Bonifax a mi... prence son! Mantelon, capelo, baston, aneli... tuti!!! Va’, ’me sbarlüscen... canaja... Bonifax sun! Cantare! (Se ne va tronfio e impettito cantando a tutta voce) AL JORN DEL JUDICI PARRÀ QUI AVRÀ FET SERVICI UN REY VINDRÀ PERPETUAL VESTIT DE NOSTRA CARN MORTAL DEL CIEL VINDRÀ TOT CERTAMENT ........................ ........................ 161 Il giullare recita il personaggio di papa Bonifacio VIII. Mima il gesto di pregare e canta IL GIORNO DEL GIUDIZIO APPARIRÀ COLUI CHE HA CREATO TUTTO VERRÀ UN RE ETERNO VESTITO DI NOSTRA CARNE MORTALE VERRÀ DAL CIELO CERTAMENTE IL GIORNO... S’interrompe e si rivolge ad un immaginario chierico dal quale si fa consegnare la mitria. Riprende a cantare COSÌ QUEL GIUDIZIO NON SARÀ UN GRAN SEGNO SI MOSTRERÀ... (Mima di togliersi la mitria dal capo) Oh! se è pesante questo! No, andiamo... devo andare a camminare, io... (Finge di afferrare un altro copricapo) Eh, questo va bene... (Se lo caccia in capo e riprende a cantare) IL GIORNO DEL GIUDIZIO... (S’interrompe) Lo specchio... (Mima di rimirarsi allo specchio) È storto, eh!... Il guanto! (Riprende a cantare mimando di infilarsi il guanto. Canta) COSÌ QUEL GIUDIZIO NON SARÀ UN GRAN SEGNO SI MOSTRERÀ... 162 l’altro... un guanto solo? ho due mani, no? non ho una mano sola... vuoi che me la tagli? (Canta) IL SOLE PERDERÀ LO SPLENDORE LA TERRA TREMERÀ DI PAURA... (Ordina) Il mantello... il mantellone. (Mima di afferrare un largo, pesante mantello) IL GIORNO DEL GIUDIZIO APPARIRÀ COLUI CHE... Ohi se è pesante questo!... (Cerca di caricarselo in spalla. Chiede aiuto ai chierici) APPARIRÀ COLUI CHE HA CREATO TUTTO Spingete insieme, andiamo... (Canto rallentato) Ehi! Volete spingere, voialtri?... Cantatela anche! Devo far tutto da me?... cantare, spingere, portare il mantello, portare il cappello... andiamo! Fermi e ricominciamo! (Sempre rivolgendosi a chierici immaginari) E tu, canta: la prima voce! (Canta fingendo di impostare il canto al chierico) ... CREATO TUTTO-O-O (Riprende dirigendo col capo) VERRÀ UN RE ETERNO Seconda voce. (Indica un altro chierico) VESTITO DI NOSTRA CARNE MORTALE Terza (Torna ad indicare il primo chierico) VERRÀ DAL CIELO CERTAMENTE (S’interrompe scoraggiato) Sei stonato, eh!!! Mettiamoci a spingere insieme. (Canta salendo in acuto e blocca di scatto) PER FARE IL GIUDIZIO FINALE 163 Chi è montato coi piedi sul mantello?! (Si gira imbestialito) Sei tu, eh?! stonato! Ti faccio tirar su per la lingua, io! disgraziato... non canta e non spinge!... Andiamo... All’alleluiatico parti. (S’interrompe incredulo) Non sa neanche cos’è l’alleluiatico?... L’alleluiatico è quel ricciolo che si fa con la voce... Andiamo... IL GIORNO DEL GIUDIZIO APPARIRÀ COLUI CHE HA CREATO TUTTO (Gorgheggia e tira il manto. Si arresta esausto) Ohi che mestiere da boia fare il papa! (Dà un ultimo strappo per caricarsi il manto) VERRÀ UN RE ETERNO VESTITO DI NOSTRA CARNE MORTALE... (Di nuovo rivolto a un chierico) L’anello! (Alza il tono della voce) L’anello! (Sempre cantando s’infila l’anello. Lo rimira e dopo averci alitato sopra nel gorgheggio) Oh come luccica! (Ordina) L’altro... È grande questo, è per il pollice. (Infila l’anello nel pollice, continua a cantare) VERRÀ DAL CIELO CERTAMENTE... Il bastone! (Gridando) Il bastone... non quello per picchiare, andiamo! quello col torciglione. (Indica la spirale. Riprende il canto) VERRÀ DAL CIELO CERTAMENTE... Siamo pronti? Partiamo, eh? Andiamo insieme. Non stare a spingere di colpo, disgraziato: vuoi vedermi stravaccato col muso nel fango? Attento a te, stonato! Facciamo bilancia, avanti: due colpi di 164 bilancia prima di partire: un, due, su l’alleluiatico! (Canta) I BAMBINI CHE NATI NON SARANNO DENTRO LE LORO MADRI GRIDERANNO DIRANNO TUTTI PIANGENDO AIUTACI O DIO ONNIPOTENTE Come canto bene! Dove andate, voialtri? Dove partite?... dove va tutta ’sta gente?... M piantate qui da solo? Sono il papa Bonifacio, io! Non sono mica un carrettiere... Chi è? Chi?... chi è quello con la croce... Gesù?... Ah, Cristo! Gesù Cristo... Guarda guarda... orco... com’è conciato... disgraziato! Adesso capisco perché lo chiamano “povero cristo”... oh boia... ohi come va in giro... Maledizione! andiamo che mi fa impressione guardare queste cose... (Finge di rispondere a un chierico che è di diverso avviso) Dici che è meglio che gli vada vicino?... che mi faccia vedere dalla gente che sono buono, che mi faccia vedere ad aiutarlo a portar la croce... Magari poi tutti mi applaudono, dicono: “Che buono che è, questo Bonifacio”... Ma sì, facciamoli contenti ’sti minchioni... andiamo. (Finge di spogliarsi) Dài, tieniti il mantello... tenetelo... il bastone... È meglio che adesso vada. Non ci crederai, mi tremano le gambe... Gesù, come va?... Gesù, non mi conosci? Sono Bonifacio... Bonifacio, il papa... Come, chi è il papa! Andiamo... è il pastore, quello che viene da 165 Pietro, con tutti gli altri di fila... non mi riconosci? Ah, è per il cappellone... Era perché piove... Magari... (Rivolto al chierico) Vieni a levarmi via tutto... l’anello!... non far vedere che ho gli anelli... (Mima di farsi spogliare di ogni orpello) Non far vedere roba che luccica... È un fissato tremendo, quello! un originalone... Fuori, levami le scarpe... fuori! Vuol vedere la gente a piedi nudi... andiamo, fuori! Dammi qualcosa per sporcarmi... la terra, in faccia. (Si strofina il viso con il fango) Dài, sporcami tutto: vuol vedere così! Cosa vuoi, è matto! (Si rivolge a Cristo) Mi riconosci adesso? Sono tuo figlio... Umile, che lo so che faccio pietà. Gesù... guarda, io m’inginocchio davanti a te... Io che non mi sono mai inginocchiato, che tutti mi fanno i... Gesù... Gesù... Ma dammi retta un momento, orco! Ma come, io ti parlo e tu non mi dài ascolto? Benedetto, un po’ di creanza, ecco! Ti dicevo... (Si arresta come se Cristo l’avesse interrotto) Io?... io... Che hai detto? Che io ho ammazzato i frati?... io? Che ho fatto del male? Non è vero! Sono cattiverie, sono tutte bugie che mettono in giro le malelingue, per gelosia... che... (Additandolo con foga) Anche di te, m’han detto delle cose! Caro! Ma io non ci credo mica! Benedetto, sono cattivi lo sai... (S’inginocchia disperato) Gesù! Gesù, guardami negli occhi, che io ti voglio bene... che ai frati? ma no, che gli voglio bene, io ho sempre voluto bene ai frati, io... (Rivolto all’immaginario chierico) Manda a prendermi un 166 frate, svelto! (Al Cristo) Io gli voglio bene (Al chierico) Dove vai a trovarli, i frati? Ma in galera, che è piena!... (Al Cristo) Gesù, io... Gesù, guarda un frate, guarda che bello... (Mima l’abbraccio e il bacio, volta il viso disgustato) Che puzza! (Al Cristo) Gesù, fatti aiutare da me a portar la croce, che io sono forte, tu ti affatichi... io sono abituato... sono un bue, io... porto certi mantelloni! lasciami... Cireneo, fuori dai coglioni!... (Mima scacciare il Cireneo e prendere il suo posto) Io ti aiuto... no, non faccio fatica... no... non spingere! Gesù, buono... (Viene scaraventato lontano da una terribile pedata) Cristo!! Una pedata a me?! Bonifacio! Il Principe! Ah, bene... canaglia... malnato... Oh se lo sapesse tuo padre... disgraziato! Capo degli asini! Senti, non ho paura a dirtelo che mi fa piacere vederti inchiodato: che oggi giusto mi voglio ubriacare, voglio togliermi il piacere di ballare... ballare! Andare a puttane! Perché sono Bonifacio, io... Principe, sono! Mantellone, cappello, bastone, anelli... tutti! Guarda come luccicano... canaglia... Bonifacio, sono! Cantare! (Se ne va tronfio e impettito cantando a tutta voce) IL GIORNO DEL GIUDIZIO APPARIRÀ COLUI CHE HA CREATO TUTTO VERRÀ UN RE ETERNO VESTITO DI NOSTRA CARNE MORTALE VERRÀ DAL CIELO CERTAMENTE . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . 167 ..................... .. 168 Testi della Passione IL MATTOELAMORTE In una locanda alcuni sfaccendati giocano a carte con il matto. MATTO Ol caval sù l’asen, la verzen sora al vizius e am porti a casa tüto. Ah, ah. Avit sempre üt la cunvinzion ca mi füs un polastro de spenà vu, eh? E mo’, com’ la metìu? (Distribuisce le carte). PRIMO GIOCATORE No a l’è finida anc’mo la partida... pecia un bot a cantà! MATTO No, che mi a canto de contra... e a balo... Ohi che bele carte. Bona sira maiestà, segnor regio, av despiàse andarme a catar la corona de quel bastardasc d’ol me amig? (Sbatte una carta sul tavolo). SECONDO GIOCATORE Ah ah... at set tumburnà col regio ca mi ghe pichi l’imperadur! MATTO Ohi ohi, varda a ti cosa ol me cascia st’imperadur: ag pichi là quest (si volta di schiena appoggiando il sedere sul tavolo) e poe de giünta st’asasin che at copa l’imperadur ’me un porscel. PRIMO GIOCATORE E mi at stopi l’asasin col capitani... 169 MATTO E mi at fag vegnir la guera che ol capitani ol dev partir. SECONDO GIOCATORE E mi la carestia e ol culera e la peste che le guere a fan furnì. MATTO E ti alora tö l’umbrela che sptiù tempesta, sptiù st’ tempuraj... sptiù piova e delugi... (Ha bevuto dalla brocca e spruzza tutti quanti). PRIMO GIOCATORE Ohi desgrasiad d’un Matazon, at si mat?... MATTO Eh sì che a son mato ah... se a me ciamit Matazon, son mato... e a me vincio ’e partide de tarochi cont al delügi che a omni pestilenza fa fà ol fagot. OSTESSA Deighe on taj par piazer de fà sto burdeleri, che gho zente in d’ol stanzon ch’i è renta andar a tabola. MATTO Chi a sont? OSTESSA No l’sag mi... che no i g’avevi gimai vedùi chilo’ a Emmaus queili, in la mea lucanda. I ghe dise i apostoli... SECONDO GIOCATORE Ah, i sont quei dodes che ag van intorno al Nazareno. MATTO Sì: ol Gesù, che ol seria queilo che ol sta in del mez, vardalo là... ch’ol m’è tant sempatich a mi. Ohè, Gesù Nazaren, at salüdi! Bon apetit! Hait vist, ol m’ha schisciad l’oegio... com’ a l’è sempatich! TERZO GIOCATORE Dodes e vün tredes... o i ’s met a tabola in tredes, che ag mena sì tanto gram! 170 MATTO Oh, ma se i sont matochi! Pecia che ag fag ’na scaramanza par scasciarghe via ol maloegio. (Canta) Tredes a cena scalogna nol mena maloegio stà quac che at tochi sti ciapp! (Palpa il sedere all’ostessa). OSTESSA Staite bon, Matazon, che am fait reversare l’acqua bujenta! PRIMO GIOCATORE L’acqua bujenta, cosa an fan cos’è a queili? OSTESSA A credi che i se vol lavase i pie. SECONDO GIOCATORE Lavarse i pie inanze de magnar? Ohi chi è ’mpropi mati! Matazon, ti at dobiareset andarghe cont lori che a queili a sont i compagnon fadi a bela posta par ti. MATTO A tl’hait dit, ti g’ha rezon: am vencio sta partida e cont i palanchi che am pagaret vag de là in d’ol stanzon a bevarmei tüti cont lori... e vui no vegnì miga, che vui no podit star coi mati e matazoni, che a sit fiol de putane e de ladroni. Gli cambiano le carte. TERZO GIOCATORE Gioega, gioega, che am voi propi goed sta tua vinciüda. MATTO A sproposit de ladroni: ’ndua l’è ’ndad a furnì ol mat che g’l’avevi in mez a i me carti? SECONDO GIOCATORE Deighe un spec che ol se poda mirar: at truaret de sübet la facia d’ol to mat... 171 PRIMO GIOCATORE Gioega e no stà perd ’ol temp... (gioca) cavajer col spadon! SECONDO GIOCATORE Rejna col baston. MATTO Strolega col cavron. TERZO GIOCATORE Ol bambin innozente. PRIMO GIOCATORE Ol Deo ’nipotente. MATTO La justizia e la rezon. SECONDO GIOCATORE Ol furbaso e l’avocat. TERZO GIOCATORE Ol boja e l’impicat. MATTO Ol papa e la papesa. PRIMO GIOCATORE Ol preite che fa mesa. SECONDO GIOCATORE La vita bela e alegra. TERZO GIOCATORE La morte bianca e negra. SECONDO GIOCATORE De carte a gh’ n’et pü: caro ol me mat ti gh’a perdü. MATTO Pusibil! Ma come ho fait a perdre? PRIMO GIOCATORE Com’ l’ha fait?! No ti è bon de ziogar, ol me car Matazon cojon. Paga mo’, foera ste palanche! MATTO M’avit pelat al cumplet, boia d’un goebo... E di’ che a pensag me pareva d’averghela mi, de seguro, sta carta de la morte... am regordi che ag l’avevi chi in d’ol mez. Sul fondo appare la Morte: una donna bianca con gli occhi cerchiati di nero. SECONDO GIOCATORE Ohi mama... chi a l’è quela? 172 Il matto volta le spalle alla Morte. È intento a contare i soldi. TERZO GIOCATORE La stria... la morte! Fuggono tutti meno il matto. MATTO Sì, la morte, impropi... g’l’aveva mi! Ohi che frio... ’ndua av sit casciadi tüti? gh’è ol frio ch’a’m riva in d’i osi. Sarit sta porta... (Sbircia appena la Morte) Bon dì. Gh’è tüto serad... d’in dove ol vegne sto infregiamento boia? (Vede la Morte) Bon dì, bona sira... bona note madama, cont permes. (Si alza per andarsene) Sicome i me amisi a sont andatt... (Ha dimenticato i soldi sulla tavola) Scerché quaidün? La padrona l’è de là in d’ol stanzun a servig in tavola a i apostul ol baslot de lavas i pie: se a vorsì andag, no fit di cumplimenti. Ohi che barbeli! MORTE No, av rengrazio, ma preferzo de spectare quinve. MATTO Bon... se la vol sentarse, la s’toga sta cadrega... l’è anc’mo calda, che g’l’ho scaldada mi! Ca scüsa, madama... ma indes che la vardi plü de renta am somegia d’aveg’la reconosüda n’altra voelta. MORTE El sta imposible, ch’eo me sont una ch’as conose una volta mas solamente. 173 MATTO Ahi sì? una volta mas...? E la g’ha una parlada de foresta... che la me par toscania... no la è? La è feraresa? Romana? Trevigiana? De Cicilia? Ne manco de Cremona? Che i sont i plu foresti de tüti quei, plus foresti de i lodigiani che i son foresti infine derento a Lodi! Ab omni manera, madama, am permetì de dirve che av truvi un poc giò de caregiada, un poc smortina, de l’ültema voelta che no ve g’ho cognosüda. MORTE At dit smorta? MATTO Sì, no ve ofendit, a spero? MORTE No, che eo a sont in sempiterna stada smorta. Che smorto e gli è el meo naturale. MATTO Smorto al naturale? Ah, eco a chi a ghe somegia! Vu che somegì spüada a sta figüra ch’è pintürada sü sta carta! MORTE Enfacti, ch’eo sont la Morte. MATTO La Morte? A sit la Morte, a vu? Oh ti varda la combinasiu’! a l’è la Morte! Bon... piazere... mi a sont Matazon... MORTE Te fago pagüra, eh? MATTO Pagüra a mi? No, che mi a son mato matazone, e ol san tüti che anco in d’ol ziogo de i tarochi ol mato no ol g’ha pagüra de la morte. Anze, de contra la va zercando par far copia maridada, che insema i venze omnia carta: infin quela d’amore! MORTE Se no ti g’hai pagura, come l’è che ti tremba sta giamba? 174 MATTO La giamba? A l’è perché a no l’è mia, sta giamba chì! Che la mia vera de mi me la g’ho perdüda in d’ol campo a guerezare... e alora ne g’ho catada una d’un capitano... che lü a l’era morto e la soa giamba la svisigava anc’mo viva como la fuese una coa d’una luzertula cupada. E donca g’l’hait taiada, sta giamba e m’la sont tacata a mi con la spüa... che, vardit, ol se comprend ben che no la pò ess la mia... a l’è plü longa de ona spana che la me fa ’ndà zopo de strambola, a mi! Ohi, güra, che no as deve trembar de fifa d’enanze a una segnora madona lustrisema compagna... ’dem, pogia! MORTE At set bon zentile a nomarme lustrisema e madona. MATTO Oh, n’el fag per zerimonia, credime... ca par mi, a v’al giüri, vu s’et lustrisima e infin simpatiga... e mi g’hait plazer che vui sit gnüda a trovarme a mi, che vui me piaziu, tant che av voi pagar de bevar, se am permetì! MORTE Ben volentera... Hai dit ch’ eo at plazi a ti? MATTO Següra! Tüto am piaze de vui: ol parfüm de grizantemi che gh’i’ indoso, e ol palor smorto de la facia, che de noialtri as dise: “Dona de carna fina d’ol color d’la biaca, dona che in d’ol far l’amor no l’è mai straca”. MORTE Oh che ’m fait gnire svergognosa, mato che no seit artro. Niuno me aveva gimai fata rosire in sta manera. 175 MATTO Rusìt imparché vui sit dona verzine et purisima: che a l’è vera che pareci omeni vui avit imbrasad, ma par una voelta sojamente... che niuno de quei ol meritava de ’gnì a dormì con vui, strengiüda, che niuno av porta amor sinzer ni stima. MORTE A l’è vera, niuno me stima. MATTO Imparché vui set trop modesta e no fet sonar corni, ni bater tambori a nunziar la vostra vegniuda, con tüt che sit Rejna... Rejna d’ol mundo! A la vostra sanità, Rejna! MORTE Sanità de la Morte? No’ ’ndivino si ti è plu mato o plu poeta. MATTO Tuti li dò: imperoché omni poeta a l’è mato, e al roerso. ’Evìt, smortina, che ol ve darà un poc d’colur sto vin. MORTE Oh ch’l’è bon! MATTO E come n’ol podaria es bon... a l’è isteso che l’è renta a bef ol Nazareno, in d’ol stanzun de là... e quel as n’intende e come ad vin... gran cognosidur l’è, quel! MORTE Lo qual’è ol Nazareno in fra quei? MATTO Ol zovin sentad ind’ol mez, quel cont i ogi grandi e ciari. MORTE Oh gli è un gran bel’omo, e dolze. MATTO Sì, a l’è un bel omo, ma no me vorsarì far ’gnir gialuso... no me vorsarì far ol despet de lasarme de par mi zol par andarghe in compagnia de lori... che am vegnarìa de planger desesperat! 176 MORTE Ti me vol luzingare oh, furbaso?! (Si toglie il velo nero). MATTO Mi luzingar? Luzingar ’na dama che ne manco de imperador, nemanco de papa no se lasa menar in sogezion? (La Morte appare con i capelli biondi). Ohi che bela che ti è co’ sti cavei, che mi volentera a cataria toti i fior de la tera per butarteli indoso de covrirte tuta soto un gran mucio, e po’ am butarìa anc mi a scercarte sota a quel mucio e a spoiarte de i fior... e de tuto! MORTE At m’ fait gnir gran calor con ste parole, el meo mato, e am rincresce caro, che volentera avria vorsudo starte in compagnia e portarte seco a mi. MATTO No ti è gnüda par quel, par portarme via con ti? Ah ah, no set gnüda par mi... ah ah... e mi che am figurava... obj che a l’è gran ridiculaso sto fato... bon, am fa major plazer sto scambio, a sont propi content... ah ah! MORTE Mo a vego ben che ti eri falzo... bosiardo... che ti fazevi mostra de amarme par tegnerme bona, per pagura de la morte... che a sont eo, quela. MATTO No, no ti g’ha capit, smortina... a mi sont content imperché vu no v’et gnüda de mi par interese... no v’et restada in compagnia de mi par ol mesté de tram foera l’ültem sospir... ma sojamente imparché mi a ve sont sempatec a vui... a l’è vera? av sont sempatic me... smortina? Dime. Se l’è ch’av suced? Che av gota foera i lagroem da i ogi? Oh sta 177 l’è grosa: la mort che la piang... a v’ait purtat ofesa, a mi? MORTE No, ti ne me g’hai ofesa... ti m’hai molcido ol cor sojamente... eo plango par malenconia de quel fiolo Jesus sì dolze... che elo quel ne tocherà de tollerme a morir. MATTO Ah, par lü at set gnüda... Par ol Crist! Ben, a me rencres anc a mi... por zovin, cont la facia inscì de bon c’ol g’ha. E par quale azident t’ol menaret via: maladia de stomec, de cor o curedela? MORTE Maladia de la croze... MATTO De la croz? Ol fornirà inciudad? Oh pover Crist... che n’ol podeva veg n’alter nom plu sventurat? Sent, smortina: fam un piaser, lasa che mi ag vaga a visal... c’ol se prepara a sto süplizi tremend. MORTE Gli è inutil che t’ l’avisi, imparché sì ’l conose el sape ben de quand nascìo al mundo che diman e dobiarà slongarse in croze. MATTO Ol sape... ol cognos e, de giunta, ol resta lì loga tranquil a cuntarla sü e ghe surid beat ai so compagnon? Oh che a l’è mat anc lü pegior de mi, quel! MORTE Te l’hait dito... e como no el podaria es mato, un che l’ama de tanto amor i omeni, imperfino quei che el meneranno a la croze... imperfino ’l Giuda che l’anderà a trajrlo? MATTO Ah, ol sarà ol Giüda? Quel là che e sta in un cantun a la tabola, che ag farà ol servizi? Ag-varìa 178 scumetüd... Sta facia de giüda! Specia che ag vag là a darghe un para de sgiafuni a stu maInat... e ag spüdi in t’un ogio. MORTE Lasa corir... n’ol val la pena... che a tuti ad dovarajghe spudarghe in l’ogi, che tuti ag volterano le spalle quand le vegnerà el momento. MATTO Tüti? Anc ol sant Pedar...? MORTE Lo quel par el primo, e tre volte de retorno. Vien, no stamoce a pensare plu... ’egni! a versarme el vino che me voio imbriacare... slontanar de sta trestizia. MATTO At g’hait rezon... ol meior è averghe la morte alegra. Donca: bevemo a scaciamagon! Bela smortina... vegn in alegreza: slazate sto mantel che at voi vedar ste braze stagne d’ol color d’ la lüna... ohi che e son bele... e slazet anc ol gibot d’inanz che at voi lustrarme i ogi con sti to doi pomi d’arzento che par le stele Diane... MORTE No, a te pregi, mato... che eo a mi sont donzela, o garzoneta e me svergogno tuta... che niuno omo el ma gimai tocata snuda! MATTO Ma mi no sont omo... mi a sont mato... e no ghe sarà pecat par la morte far l’amor con un foll balengo che a song mi quel... no t’g’abia pagura che mi a smorzerò tüti i lümi... e a un solengo an lasarò... o andaremo a balar... di bei paseti che at voi ’nsegnar... at voi far cantar de sospiri e de lamenti inamorosi. 179 traduzione In una locanda alcuni sfaccendati giocano a carte con il matto. MATTO Il cavallo su l’asino, la vergine sul vizioso e mi porto a casa tutto. Ah ah. Avete sempre avuto la convinzione che io fossi un pollo da spennare, eh? E adesso, come la mettete? (Distribuisce le carte). PRIMO GIOCATORE Non è ancora finita la partita... aspetta un po’ a (prima di) cantare! MATTO No, che io invece canto... e ballo... Oh che belle carte. Buona sera maestà, signor re, vi dispiace andarmi a prendere la corona di quel bastardaccio del mio amico? (Sbatte una carta sul tavolo). SECONDO GIOCATORE Ah ah... ci sei caduto col re, perché io ci sbatto (sopra) l’imperatore! MATTO Ohi ohi, guarda cosa mi fa l’imperatore: ci picchio (ci sbatto sopra) questo (si volta di schiena appoggiando il sedere sul tavolo) e poi per giunta quest’assassino che ti ammazza l’imperatore come un maiale. PRIMO GIOCATORE E io ti fermo (arresto) l’assassino col capitano... MATTO E io ti faccio venir la guerra, così il capitano deve partire. 180 SECONDO GIOCATORE E io la carestia, il colera e la peste che fanno terminare la guerra. MATTO E tu allora prendi l’ombrello che sputo tempesta, sputo questo temporale... sputo pioggia e diluvio... (Ha bevuto dalla brocca e spruzza tutti quanti). PRIMO GIOCATORE Ohi disgraziato d’un Matazone, sei matto?... MATTO Eh sì che sono matto, ah... se mi chiamate Matazone, sono matto... e io vinco la partita a tarocchi con il diluvio che fa far fagotto ad ogni pestilenza. OSTESSA Smettetela per favore di far bordello (fracasso), perché c’è gente nello stanzone che sta per mettersi a tavola. MATTO Chi sono? OSTESSA Non lo so... non li ho mai visti qui a Emmaus quelli lì, nella mia locanda. Li chiamano gli apostoli... SECONDO GIOCATORE Ah! Sono quei dodici che vanno dietro al Nazareno. MATTO Sì: il Gesù, che sarebbe quello che sta in mezzo, guardalo là... che a me è tanto simpatico! Ohè, Gesù Nazareno, ti saluto! Buon appetito! Hai visto? mi ha schiacciato l’occhio... com’è simpatico! TERZO GIOCATORE Dodici e uno tredici... oh, si mettono a tavola in tredici, che porta così male! MATTO Oh, ma se sono matti! Aspetta che gli faccio una scaramanzia per scacciargli via il malocchio. 181 (Canta) Tredici a cena scalogna non porta, malocchio resta tranquillo che io tocco queste chiappe! (Palpa il sedere all’ostessa). OSTESSA Stai buono, Matazone, che mi fai rovesciare l’acqua bollente! PRIMO GIOCATORE L’acqua bollente! Cosa se ne fanno quelli? OSTESSA Credo che vogliano lavarsi i piedi. SECONDO GIOCATORE Lavarsi i piedi prima di mangiare? Ohi! Sono proprio matti! Matazone, dovresti andare con loro che quelli sono i compagni fatti apposta per te. MATTO L’hai detto, hai ragione: vinco ’sta partita e con i soldi che mi pagherete vado di là nello stanzone a bermeli tutti con loro... e voi non venite, voi non potete stare con i matti perché siete figli di puttana e di ladroni. Gli cambiano le carte. TERZO GIOCATORE Gioca, gioca che voglio proprio godermela, questa tua vincita. MATTO A proposito di ladroni: dove è andato a finire il matto che avevo fra le mie carte? SECONDO GIOCATORE Dategli subito uno specchio, che si possa ammirare: troverai subito la faccia del tuo matto... PRIMO GIOCATORE Gioca e non perdere tempo... (gioca) cavaliere con lo spadone. 182 SECONDO GIOCATORE Regina col bastone. MATTO Strega col caprone. TERZO GIOCATORE Il bambino innocente. PRIMO GIOCATORE Il Dio onnipotente. MATTO La giustizia e la ragione. SECONDO GIOCATORE Il furbo e l’avvocato. TERZO GIOCATORE Il boia e l’impiccato. MATTO Il papa e la papessa. PRIMO GIOCATORE Il prete che fa la messa. SECONDO GIOCATORE La vita bella e allegra. TERZO GIOCATORE La morte bianca e negra. SECONDO GIOCATORE Di carte non ne hai più: caro il mio matto, hai già perso. MATTO Possibile! Ma come ho fatto a perdere? PRIMO GIOCATORE Come hai fatto? Non sei capace di giocare, caro il mio Matazone coglione. Adesso paga, fuori questi soldi! MATTO M’avete pelato completamente, boia d’un gobbo... E dire che a pensarci mi sembrava proprio di averla io questa carta della morte, mi ricordo che ce l’avevo qui nel mezzo. Sul fondo appare la Morte: una donna bianca con gli occhi cerchiati di nero. SECONDO GIOCATORE Ohi mamma... chi è quella? Il matto volta le spalle alla Morte. È intento a contare i soldi. 183 TERZO GIOCATORE La strega... la morte! Fuggono tutti meno il matto. MATTO Sì, la morte! Proprio... ce l’avevo io! Oh che freddo... dove vi siete cacciati tutti? Ho il freddo che mi arriva alle ossa. Chiudete quella porta... (Sbircia appena la Morte) Buon giorno. È tutto chiuso, da dove viene questo freddo boia? (Vede la Morte) Buon giorno, buona sera... buona notte, madama, con permesso. (Si alza per andarsene) Siccome i miei amici sono andati... (Ha dimenticato i soldi sulla tavola) Cercate qualcuno? La padrona è di là nello stanzone a servire in tavola gli apostoli e la catinella per lavarsi i piedi: se volete andarci, non fate dei complimenti. Oh che batto i denti! MORTE No, vi ringrazio, ma io preferisco aspettare qui. MATTO Bene, se vuol sedersi si prenda questa sedia, è ancora calda, l’ho scaldata io! Mi scusi, signora, ma adesso che la guardo più da vicino mi sembra d’averla già conosciuta un’altra volta. MORTE È impossibile, che io sono una che si conosce una volta sola. MATTO Ah sì? Una volta sola? E ha una parlata forestiera, che mi sembra toscana. Non lo è? È ferrarese? Romana? Trevigiana? Di Sicilia? Nemmeno di Cremona? Che quelli lì sono i più 184 forestieri di tutti, più forestieri dei lodigiani, che sono forestieri persino dentro Lodi! Ad ogni modo, signora, mi permetta di dirle che la trovo un po’ giù di carreggiata, un po’ pallida, dall’ultima volta che non l’ho conosciuta. MORTE Dici che sono pallida? MATTO Sì, non vi offendete, spero? MORTE No, io sono eternamente stata pallida. Il pallore è il mio (colore) naturale. MATTO Pallida naturale? Ah, ecco a chi assomigliate! Voi assomigliate sputata a questa figura dipinta sulla carta! MORTE Infatti, sono la Morte. MATTO La Morte? Ah, siete la Morte, voi? Oh guarda che combinazione! È la Morte! Bene... piacere... io sono Matazone. MORTE Ti faccio paura, eh? MATTO Paura a me? No, io sono matto e lo sanno tutti anche nel gioco dei tarocchi, che il matto non ha paura della morte. Anzi, al contrario, la va cercando per far coppia maritata, che insieme vincono ogni carta, persino quella d’amore! MORTE Se non hai paura, com’è che ti trema questa gamba? MATTO La gamba? È perché questa gamba non è mia. La mia vera l’ho persa in un campo a guerreggiare... e allora ne ho presa una di un capitano che era morto, e la sua gamba si muoveva ancora viva come fosse stata la coda di una lucertola 185 ammazzata. E dunque gli ho tagliato questa gamba e me la sono attaccata da solo, con lo sputo; che, guardate, si capisce bene che non può essere la mia... è più lunga di una spanna e mi fa andare zoppo. Ohi! Sta’ buona (gamba del capitano), che non si deve avere paura davanti a una signora madonna illustrissima così... andiamo, appoggia! MORTE Sei ben gentile a chiamarmi illustrissima e madonna. MATTO Oh, non lo faccio per cerimonie, credetemi, è che per me, lo giuro, voi siete illustrissima e anche simpatica. E ho piacere che voi siate venuta a trovarmi, ché voi mi piacete, tanto che vi voglio pagare da bere, se me lo permettete! MORTE Ben volentieri! Hai detto che ti piaccio? MATTO Certo! Tutto mi piace di voi, il profumo di crisantemi che avete addosso, e il pallore smorto della faccia, che da noi si dice: “Donna di carne fina dal colore della biacca, donna che a far l’amore mai non si stanca”. MORTE Oh, mi fai diventare vergognosa, matto che non sei altro, nessuno mi aveva mai fatto arrossire in questo modo. MATTO Arrossite perché voi siete donna vergine e purissima: è vero che parecchi uomini voi avete abbracciato, ma per una volta sola... ché nessuno di quelli meritava di venire a dormire stretto a voi, che nessuno vi porta amore sincero né stima. MORTE È vero, nessuno mi stima! 186 MATTO Perché voi siete troppo modesta e non fate suonare corni, né battere tamburi ad annunciare la vostra venuta, con tutto che siete Regina... Regina del mondo! Alla vostra salute, Regina! MORTE Salute della Morte? Non indovino se sei più matto o più poeta. MATTO Tutti e due, perché ogni poeta è matto, e viceversa. Bevete, pallidina, che vi darà un po, di colore questo vino. MORTE Oh come è buono! MATTO E come non potrebbe essere buono? È lo stesso che sta bevendo il Nazareno, nello stanzone di là, e quello se ne intende eccome di vino! Gran conoscitore egli è! MORTE Qual è il Nazareno fra quelli? MATTO Il giovane seduto nel mezzo, quello con gli occhi grandi e chiari. MORTE Oh, è un gran bell’uomo, e dolce. MATTO Sì, è un bell’uomo, ma non vorrete ingelosirmi? Non mi vorrete fare il dispetto di lasciarmi solo per andare con loro?... ché mi verrebbe da piangere disperato! MORTE Mi vuoi lusingare, eh, furbacchione?! (Si toglie il velo nero). MATTO Io lusingare? Lusingare una dama che non si lascia mettere in soggezione né da papi, né da imperatori? (La Morte appare con i capelli biondi). Oh! Che bella che sei con questi capelli, che io volentieri coglierei tutti i fiori della terra per 187 buttarteli addosso da coprirti tutta sotto un gran mucchio, e poi mi butterei anch’io a cercarti sotto quel mucchio, e ti spoglierei dei fiori... e di tutto! MORTE Mi fai venire un gran caldo con queste parole, caro il mio matto, e mi spiace, ché volentieri sarei rimasta in tua compagnia e ti avrei portato con me. MATTO Non sei venuta per quello? Per portarmi via con te? Ah! Non sei venuta per me... Ah, ah... E io che credevo... Oh, è molto ridicolo ’sto fatto, bene! Mi fa proprio piacere ’sto scambio, sono proprio contento... Ah, ah. MORTE Ora vedo che tu eri falso e bugiardo e che fingevi di amarmi per tenermi buona, per paura della morte... che sono io, quella. MATTO Non hai capito, pallidina, io sono contento perché non sei venuta da me per interesse, non sei rimasta in mia compagnia per il tuo mestiere di tirarmi fuori l’ultimo respiro, ma solamente perché io sono simpatico a voi, non è vero? Vi sono simpatico io, pallidina? Ditemi, cosa vi succede? ché vi gocciolano fuori le lacrime dagli occhi? Oh, questa è grossa, la morte che piange! Vi ho fatto offesa io? MORTE No, tu non mi hai offeso, tu mi hai addolcito il cuore solamente, io piango per malinconia di quel figlio Gesù (che è) così dolce, che è lui quello che mi tocca portarmi via a morire. 188 MATTO Ah, per lui sei venuta? Per il Cristo! Bene, mi spiace proprio, povero giovane, con la faccia così da buono che ha. E per quale accidente lo porterai via? Malattia di stomaco? Di cuore? O di polmoni? MORTE Malattia della croce... MATTO Della croce? Finirà inchiodato? Oh povero Cristo, che non poteva avere un altro nome più sventurato. Senti, pallidina, fammi un piacere, lascia che io vada ad avvisarlo che si prepari a questo supplizio tremendo. MORTE È inutile che tu lo avvisi, perché lui lo sa già, lo sa da quando è nato che domani dovrà allungarsi in croce. MATTO Lo sa e resta lì tranquillo a raccontarla su, e a sorridere beato coi suoi compagni? Oh, che è matto anche lui peggio di me! MORTE L’hai detto... e come non potrebbe essere matto uno che ama di tanto amore gli uomini, persino quelli che lo porteranno in croce, persino Giuda che lo tradirà? MATTO Ah, sarà il Giuda? Quello là che sta in un angolo della tavola, che gli farà il servizio? L’avrei scommesso! Con quella faccia da giuda! Aspetta che vado di là a dargli un paio di schiaffoni a ’sto malnato e poi gli sputo in un occhio. MORTE Lascia correre, non vale la pena, ché a tutti dovresti sputargli negli occhi, ché tutti gli volteranno le spalle, quando verrà il momento. MATTO Tutti? Anche il san Pietro? 189 MORTE Lui per primo e tre volte di seguito. Vieni, non stiamoci a pensare più, vieni a versarmi del vino che mi voglio ubriacare, allontanare da ’sta tristezza. MATTO Hai ragione, è meglio avere la morte allegra. Dunque: beviamo e scacciamo il magone. Bella pallidina, vieni che stiamo allegri. Slacciati questo mantello che voglio vedere queste braccia sode del color della luna... Oh, come sono belle! E slacciati anche il giubbetto davanti che voglio vedere e lucidarmi gli occhi con questi due pomi d’argento che sembrano le stelle Diane. MORTE No, ti prego, matto, che io sono signorina e ragazzina (vergine) e mi vergogno tutta, ché nessun uomo mi ha mai toccata nuda! MATTO Ma io non sono un uomo, io sono matto e la morte non farà peccato a fare l’amore con un matto, con un folle pazzo come sono io. Non aver paura, ché io spegnerò tutti i lumi e ne lascerò uno solo, e andremo a ballare (balleremo) dei bei passetti che ti voglio insegnare e ti voglio far cantare di sospiri e di lamenti amorosi. 190 MARIA VIENE A CONOSCERE DELLA CONDANNA IMPOSTA AL FIGLIO Maria sta in compagnia di Zoana e per strada incontra Melia. MELIA Bon dì Maria.. bon dì Zoana. MARIA Bon dì Melia, sit ’dré andar a far spesa? MELIA No, ag l’ho d’ già fatta sta matina... av g’ho de dive un rob, Zoana. ZOANA Disìme. Cunt parmes, Maria... Si appartano e parlano concitate. MARIA In doe la va tüta sta zente? cosa l’è ’dré a süced là in funda? ZOANA Ol sarà quai sponsalizi de seguro... MELIA Sì, a l’è on sponsalizi... vegni de là improprio ades. MARIA Oh ’ndem a vedar, Zoana, che a me piasen tanto i sponsalizi, a mi. A l’è zovina la sposa? E ol sposo chi a l’è? ZOANA No sag mi... a credi col debia es un de foera... MELIA ’Dem, Maria, no stit a perd ol tempo co’ i matrimoni... ’ndemo a casa che g’avem anc’mo de metarghe l’acqua al fogo per la menestra. MARIA Specìt, ’scultì. A i è ’dré a biastemà! ZOANA O i biastemerà par ’legria e contentesa! 191 MARIA No, che me someia... col fagan con rabia: “stregonaso”, g’han criad... sì g’ho intendìo ben... ’scultì co i va a repét, Contra a chi e g’l’han? ZOANA Oh, ’des che me ’egn in mente... no l’è per un sponsalizio, che i vosa, ma contra a ün che l’han descoverto sta note che ol balava con un cavron che pö a l’era on diavulo. MARIA Ah, par quel ag disen: stregonaso? ZOANA Sì, par quel... ma no femo tardi, Maria... ’ndem a casa che no le son robe da vedar quele, che ag pod sücedegh de catarse ol malogio. MARIA A gh’è una crose che la sponta de sora e teste de la zente! E altre doe crose che spunta adeso! ZOANA Sì, st’altre a son de doe ladroni... MARIA Povra zente... i vano a ’ncrosare tüti e trie... Chi ol sa la mama de lori! E magara le, pora dona, no lo sa gnanca che i è drie a masarghe ol so fiol de le. Sopraggiunge correndo la Maddalena. MADDALENA Maria! Oh Maria... ol vostro fiol Jesus... ZOANA Ma sì, ma sì, ol gh’sa de già le... (A parte) State cito... ’sgrasiada. MARIA Cos’ l’è che so de già mi?... ’s l’è capitat al me fiol? ZOANA Nagota... cos’ag dovarìa eserghe capitat, o santa dona? A gh’è dumà che... Ah, no t’avevi dit? 192 Ohj che ’smentegada che sont... m’era gnid via d’ la testa de ’visarte che lü, ol to fiol, m’aveva dit che no el vegnarà a casa a magnar a mezdì, che ol g’ha de ’ndare sü la montagna a cuntar parabule. MARIA A l’è quest che set gnüda a dirme anc’ti? MADDALENA Sì, quest, Madona. MARIA Oh, ol sia rengraziad ol Segnore... ti eri rivada tanto de corsa... cara fiola... che mi n’evi catat un stremizi de quei... me s’evi già figürat no so miga quale desgrazia... Come semo stüpide de volte noaltre mame! Ag femo preoccupade par nagota! ZOANA Sì, ma anco le, sta balenga, che la ’riva correndo ’scalmanada par ’gnì a darte ol nunzi de ste bagatele... MARIA Bona, Zoana... no starghe a criar adeso... a l’infine l’è gniuda par farme un plazer d’una comission... At rengrazi, fiola... come ad ciamat ti, che mi am pare de cognosarte? MADDALENA Mi sont la Madalena... MARIA Madalena? La qual? Quela... ZOANA Sì, a l’è le... la cortizana. ’Ndem via, Maria, ’ndem a casa... co l’è mejor, che no ghe femo vedar con zente compagn... no ’l sta ben. MADDALENA Ma mi no fago pü ol mester. ZOANA Ol sarà perché no ti trovi plu smorbiosi de catar... Va’, desvergognada. MARIA No, no descasarla... povra fiola... se ol me car Jesus s’la tegne in tanta fiducia de mandam’la a 193 mi a fam di cumision, l’è segn che ades la fa giüdizi... vera? MADDALENA Sì, a fag giüdizi ades. ZOANA Vag a crederghe... la question l’è che ol to fiol de ti a l’è tropo bono, as lasa catare d’ la compasion e ol freghen toeti! Ol g’ha sempre d’intorna un mügio de poltro’... zente senza laoro ni arte, morti de fame; desgrasiò e putane, compagn a quela! MARIA At parlet de cativa ti, Zoana... lü, ol me fiol, ol dise sempre co l’è par loro, sovra ’gni cosa par lori, sbandati e sperdüi, che o l’è gnudo a sto mundo a darghe la speranza. ZOANA D’acordi, ma at cumprendi che a sta manera no ol fa un bel vardà... ol se fa parlar a dre’... Con tuta la zente de bon-levada co gh’è in cità; i cavajeri e soi dame, i dotori e i siori... che lü cont’ol so fare zentile savente e ’rudito a s’truarìa de sübet in t’la manega e averghe onori, farse aidare se ol g’avese besogn. No, cripante: ol va a meterse co i piogiat vilan! E de contra a quei! MARIA Scoltì come i vosa, e i ride... ma no se vede e crose! ZOANA A parte che ol podrìa farghe a men de sparlarghe sempre a dre’ ai prevet e a i prelat... che quei no gh’la perdonano a niuno. MARIA Eco de novo e tre crose... ZOANA Quei un dì a g’la faran pagare! Ag faran d’ol male! 194 MARIA Fag d’ol male al me fiol? E parché, co l’è sì bon... no ol fa che d’ol ben a tüti, anco a quei che no ghe domanda! E tuti i ghe vol ben! Sentit... i son dre’ a sghignasar de novo... un de quei ol dua es borlad per tera... Tüti ghe vol ben al me fiol... no a l’è vera? MADDALENA Sì, anco mi ag voi tanto ben! ZOANA O, ol sconoscemo tüti che spirato ben at voi ti al so fiol de la Maria! MADDALENA Mi ne g’ho un amore compagn che par on fradel par lü! Adeso... ZOANA Adeso... parché prima donca...? MARIA Zoana, daghe un taio infina de intormentarla sta fiola... cos’l’ha t’ha fait... no ti vedi co l’è smortificada... com l’è che cria tanto... E anco ol füdese che lè, sta zoina, la aga a tegner un amor par lü de quei che e done de normale a gh’han par i omeni, che ghe piase... bon? No a l’è omo sforse ol m’è fiol, oltra che ves Deo? De omo ol g’ha i ogi, le man, i pie... e tüto de omo... financo i dulori e l’alegresa! Donca ag tocherà a lü, ol me fiol, a decid... co ol savrà ben lü se fa, quando gnirà ol so mument, se ol vorerà torsela una sposa. Par mi, quela che lü ol scernerà, mi ag vurarò ben ’me füdes la mia fiola... E ag speri tanto ca vegna prest quel dì... che ormai ol g’ha compit trentatrì ani... e l’è ora che ol meta sü famegia... Oh che brüt crià che fan là in funda... e com l’è nera sta croze. 195 Tanto me plazerìa averghe per casa di bambin so’ de lü, de far ziogare, ninar... che mi ne so tante canzon de cuna... e darghe i vizi... e contarghe fabole, de quele bele fabole che i finisce sempre bene... e in zocondia! ZOANA Sì, ma adeso basta de starte a insognare, Maria... andemo che da sta banda, no magnemo pü nemanco a sira... MARIA No g’ho fame a mi... no ghe descovro la reson... ma m’è gnit a doso un strencio de stomego... bisogna proprio che vaghi a vedar cos’ l’è ca va, a là in funda. ZOANA No, no te vaghi!... che a sont robe quele co e fano intrestizia e at menaran un s’ciopamagon par tüto ol ziorno. Ol to fiol no ol sarà contento... pò es che in stu momento ol sebia già in la casa e che a te specia... che ol g’ha fame. MARIA Ma se ol m’ha mandà a dire che no ’l vegnarà! ZOANA Ol pò averghe üt on respensamente. At set com’è i fioli. Quando te i speci a casa no i torna... e i retorna quando no i speci miga! E bisogna ves sempre a pronta cont ol magnar al fogo. MARIA Sì, ti g’ha reson... andemo... At voret ’gnì anco ti Madalena, a magnarne una scudela? MADDALENA Bon voluntera, se no v’ dag infesciament... Sul fondo passa la Veronica. 196 MARIA Cos’ l’è capitat a quela dona... co la g’ha un mantin tuto insenguinat? Ohj bona dona... av set fada male? VERONICA No, miga mi... ma un de quei cundanat che g’han metüo de soto a la crose, lo quelo co a ghe crìeno stregonaso... e che no l’è stregon, ma santo!... Santo de seguro, che ol se capisce da i ogi dolzi ch’ol tene. A g’ho sugad la facia insanguagnenta... MARIA Oh dona pitosa... VERONICA ... con sto mantin e gli’ n’è sortit on miracol... ol m’ha lasad l’emprunta d’la soa figura, che ol pare un ritrat. MARIA Fam’lo vedar. ZOANA No ves curiosa, Maria, che n’ol sta ben. MARIA No sont curiosa... a senti ch’ol devi vedel. VERONICA D’acordi, at lo fago vedar, ma in prima segnat con-t’ol segn de la crose... eco, a l’è ol fiol de Deo! MARIA Ol me fiol... ah... a l’è me fiol de mi! (Corre disperata verso l’esterno). ZOANA Co t’è fat... benedeta dona! VERONICA Ma mi no credevi ch’a füs la sua mama... de quel! Maria sta in compagnia di Giovanna e per strada incontra Amelia. 197 Buon giorno Maria... buon giorno Giovanna... MARIA Buondì Amelia, state andando a fare la spesa? AMELIA No, l’ho già fatta questa mattina... devo dirvi una cosa, Giovanna. GIOVANNA Ditemi; con permesso, Maria... AMELIA Si appartano e parlano concitate. MARIA Dove va tutta questa gente? Cosa sta succedendo là in fondo? GIOVANNA Sarà qualche sposalizio di sicuro... AMELIA Sì, è uno sposalizio... vengo di là proprio adesso. MARIA Oh, andiamo a vedere, Giovanna, che a me piacciono tanto i matrimoni. È giovane la sposa? E lo sposo chi è? GIOVANNA Io non lo so... credo che debba essere uno di fuori. AMELIA Andiamo Maria, non state a perdere tempo con i matrimoni... andiamo a casa, che dobbiamo ancora mettere l’acqua sul fuoco per la minestra. MARIA Aspettate, ascoltate. Stanno bestemmiando! GIOVANNA Oh, bestemmieranno per allegria e contentezza... MARIA No, che mi sembra che lo facciano con rabbia: “stregone!”, hanno gridato... sì, ho inteso 198 bene... ascoltate che vanno a ripetere. Con chi ce l’hanno? GIOVANNA Oh, adesso che mi viene in mente, non è per uno sposalizio che gridano, ma contro uno che hanno scoperto questa notte che ballava con un caprone, che poi era il diavolo. MARIA Ah, per quello gli dicono stregone? GIOVANNA Sì, sarà per quello... ma non facciamo tardi, Maria, andiamo a casa che non sono cose da vedere quelle, che può succedere di prendersi il malocchio. MARIA C’è una croce che spunta sopra le teste della gente! E altre due croci che spuntano adesso! GIOVANNA Sì, queste altre sono di due ladroni... MARIA Povera gente... vanno a crocifiggerli tutti e tre... chissà la loro mamma! E magari lei, povera donna non sa neanche che stanno ammazzando suo figlio. Sopraggiunge correndo la Maddalena. MADDALENA Maria! Oh, Maria... vostro figlio Jesus... GIOVANNA Ma sì, ma sì, lo sa di già lei... (A parte) Stai zitta disgraziata. MARIA Cosa è che so già io? Cosa è capitato a mio figlio? GIOVANNA Niente... cosa dovrebbe essergli capitato, o santa donna? C’è solo che... ah, non te lo 199 avevo detto? Oh, che smemorata che sono... mi era uscito dalla testa di avvisarti che lui, tuo figlio, mi aveva detto che non verrà a casa a mangiare a mezzogiorno perché deve andare sulla montagna a raccontare parabole. MARIA È questo che sei venuta a dirmi pure tu? MADDALENA Sì, questo, Madonna. MARIA Che sia ringraziato il Signore... eri arrivata tanto di corsa, cara figlia, che io mi ero presa una paura di quelle... mi ero già figurata non so mica quale disgrazia... Come siamo stupide alle volte, noi altre mamme! Ci preoccupiamo per niente! GIOVANNA Sì, ma anche lei, questa matta, che arriva correndo accaldata per venire a darti l’annuncio di queste stupidaggini. MARIA Buona, Giovanna... non stare a sgridarla adesso... infine è venuta per farmi il piacere di una commissione. Ti ringrazio, figliola... come ti chiami tu, che mi sembra di conoscerti? MADDALENA Io sono la Maddalena... MARIA Maddalena? Quale? Quella... GIOVANNA Sì, è lei... la cortigiana. Andiamo via, Maria andiamo a casa, che è meglio che non ci facciamo vedere con gente simile, che non sta bene. MADDALENA Ma io non faccio più il mestiere. GIOVANNA Sarà perché non trovi più sporcaccioni da prendere... ma va’ via, svergognata. MARIA No, non cacciarla, povera figliola... se il mio caro Gesù se la tiene in tanta fiducia da mandarla a 200 me per farmi delle commissioni è segno che adesso ha messo giudizio, vero? MADDALENA Sì, faccio giudizio adesso. GIOVANNA vai a crederle... la questione è che tuo figlio è troppo buono, si lascia prender dalla compassione e lo fregano tutti! Ha sempre attorno un mucchio di poltroni, gente senza lavoro né arte, morti di fame, disgraziati e puttane... uguali a quella! MARIA Parli da cattiva tu, Giovanna! Lui, il mio figlio, dice sempre che è per loro, sopra ogni cosa per loro, sbandati e sperduti, che è venuto a questo mondo, per dargli la speranza. GIOVANNA D’accordo, ma non capisci che in questa maniera non fa un bel vedere? Si fa parlar dietro... con tutta la gente bene allevata che c’è in città: i cavalieri e le loro dame, i dottori, i signori... che lui con il suo fare gentile, sapiente ed erudito, si troverebbe subito nella loro manica e avrebbe onori, farsi aiutare se ne avesse bisogno. No, sacripante: va a mettersi con i pidocchiosi villani! E contro a quelli! MARIA Ascoltate come gridano, e ridono... ma non si vedono le croci. GIOVANNA A parte che potrebbe fare a meno di sparlar sempre dei preti e dei prelati... quelli non la perdonano a nessuno! MARIA Ecco di nuovo le tre croci... GIOVANNA Quelli, un giorno gliela faranno pagare... gli faranno del male! 201 MARIA Far del male a mio figlio? E perché, che è così buono... non fa che del bene a tutti, anche a quelli che non glielo domandano! E tutti gli vogliono bene! Sentite... stanno sghignazzando di nuovo... uno di quelli deve essere caduto per terra... Tutti vogliono bene a mio figlio... non è vero? MADDALENA Sì, anch’io gli voglio tanto bene! GIOVANNA Oh lo conosciamo tutti, che ispirato bene gli vuoi tu, al suo figlio della Maria! MADDALENA Io non ho un amore uguale che per un fratello, per lui! Adesso... GIOVANNA Adesso... perché prima, dunque...? MARIA Giovanna, smettila infine di tormentarla, questa figliola... Cosa ti ha fatto?... Non vedi com’è mortificata? Com’è che gridano tanto? E anche se fosse che lei, questa giovane, abbia a tenere un amore per lui, di quello che le donne normali hanno per gli uomini che gli piacciono... Bene? non è forse un uomo mio figlio, oltre che essere Dio? Da uomo ha gli occhi, le mani, i piedi... e tutto da uomo, finanche i dolori e l’allegria! Dunque toccherà a lui, a mio figlio, decidere... che saprà bene lui cosa fare, quando verrà il suo momento, se lui vorrà prendersela una sposa. Per me, quella che lui sceglierà, io le vorrò bene come se fosse una mia figliola. E ci spero tanto che venga presto, quel giorno... che ormai ha compiuto trentatre anni, ed è ora che metta su famiglia... Oh che brutto gridare che fanno là in fondo... E come è nera, questa croce! 202 Tanto mi piacerebbe averci per casa dei bambini suoi di lui... da far giocare, cullarli... che io ne conosco tante di canzoni da culla... e dar loro i vizi... e raccontar loro favole, di quelle belle favole che finiscono sempre bene, e in giocondità! GIOVANNA Sì, ma adesso basta di stare a sognare, Maria... Andiamo, che di questo passo non mangiamo più nemmeno a sera. MARIA Non ho fame, io... non ne scopro la ragione... Ma mi è venuta addosso una stretta di stomaco... Bisogna proprio che vada a vedere cos’è che succede, là in fondo. GIOVANNA No, non vai!... che sono cose, quelle, che fanno tristezza. Ti porteranno uno strappacuore per tutto il giorno. Tuo figlio non sarà contento. Può essere che, in questo momento, lui sia già in casa e che ci aspetti... che lui ha fame. MARIA Ma se mi ha mandato a dire che lui non verrà! GIOVANNA Lui può avere avuto un ripensamento. Lo sai come sono i figli. Quando li aspetti a casa non tornano... e ritornano quando non li aspetti mica! E bisogna essere sempre pronte, col mangiare sul fuoco. MARIA Sì, hai ragione... andiamo. Vuoi venire anche tu, Maddalena, a mangiare una scodella? MADDALENA Ben volentieri, se non vi do fastidio... Sul fondo passa la Veronica. 203 MARIA Cos’è capitato a quella donna, che ha un tovagliolo tutto insanguinato? Oh buona donna, vi siete fatta male? VERONICA No, mica io... ma uno di quei condannati che hanno messo sotto la croce, quello al quale gridano stregone... e che non è stregone, ma santo!... Santo di sicuro, che lo si capisce dagli occhi dolci che tiene... gli ho asciugato la faccia insanguinata... MARIA Oh donna pietosa... VERONICA ... con questo tovagliolo, e ne è sortito un miracolo... lui mi ha lasciato l’impronta della sua figura, che sembra un ritratto. MARIA Fammelo vedere. GIOVANNA Non essere curiosa, Maria, che non sta bene. MARIA Non sono curiosa... sento che devo vederlo. VERONICA D’accordo, te lo faccio vedere, ma prima segnati col segno della croce... ecco, è il figlio di Dio! MARIA Il mio figlio! Oh, è il mio figlio, di me! (Corre disperata verso l’esterno). GIOVANNA Cosa hai fatto... benedetta donna! VERONICA Ma io non credevo che fosse la sua mamma... di quello! 204 GIOCO DEL MATTO SOTTO LA CROCE In scena il matto, soldati e quattro crociatori. Si stende un lenzuolo dietro al quale Gesù viene fatto spogliare. MATTO Done! Ehj done inamorate d’ol Crist, gnit a lustrarve i ogi... gnit a videl belo snudo ch’ol se sbiota, ol vostro moroso... doi palanchi par sguardada, ehnit done... Oh che l’è belo de catà! A disìu che a l’era ol fiol de Deo: mi am pares col sebia igual a un altro omo, par tüto cumpagn!... Doi palanchi, done, par sguardal! Ag n’è niuna ch’as voia tor sto sfizi par doi palanchi? Bon, l’è dì de festa incoe... am voi ruinarme... Vegn chi te, ch’at ol fagarò vidè a gratis... ohi che smorbia... vegn scià! No perd st’ocasion... no ti è ti quela, la Madalena tanto inamorusa de lü che, no truand mantin ni salvieta par sugarghe i pie, ti g’ li ha sügad con i to cavei? Bon, peg par vui: che ades, par lege, a duarem cuarcial coverto in s’ul pecat... con t’un scusarin c’ol somegiarà a ’na balerina! L’è a l’ordin ol cap di comichi? Tira su ol telun che andarem a incomenzare ol spectacol: scena prima: ol fiol de Deo, gran cavajer cont la corona, ol monta a cavalo... un bel cavalot de legn par andà a torneo in giostra. E, par fà che n’ol borla in tera, a l’inciodarem sora la sela... man e pie! 205 CAPO DEI CROCIATORI Móchela de fà ol paiaso e egn chì a dag ’na man... tachèghe ’na corda ai pols, vün par part, c’ol se slonga de polito... ma laseme sgumbrat e palme, ch’as poda filzaghe i ciodi. Mi ag picarò in questa de drita, e... PRIMO CROCIATORE E mi in ’st’oltra. Büteme un ciodo, che ol martel a g’l’ho del me. SECONDO CROCIATORE Ohi che ciodasc! A scumeti che in sete martelade ol pichi dentar tuto? PRIMO CROCIATORE E mi an farò in sese, at voi scumet? SECONDO CROCIATORE D’acordi. Forza, slarghive vui doi che ag’ metum le ale a st’angiuloto, ch’al g’abia a volar ’me l’Icaro in d’ol ziel. TERZO CROCIATORE Trajem insema... insema ho dit... a m’lo stravachì pian c’ol dev restà in d’ol mez d’la sela, ol cavajer... un poc püsè a mi... bon, ag son al segn... propi in d’ol boegio. SECONDO CROCIATORE Mi no ag son miga, hait fait i boegi trop destanti... rüsa ti... forza... t’è magnà la furmagela a sto mesdì? Sforza! PRIMO CROCIATORE Sì, sforza, va a fornì che ag sciuncarem i ligaduri de e spale e d’li gumbet. TERZO CROCIATORE Ti no te casciare, che no e miga toe le ligadure! Rüsa! Eh eh, sforza! Lamento di Gesù, contrappunto lamentoso delle donne. 206 PRIMO CROCIATORE Ohj, hait sentit ol s’cepp? SECONDO CROCIATORE Sì, no l’è stait bel... a l’è un s’ciocc col me fa sgrignì i osi... de contra, ol s’è giüsta slongad de misura: ades ag sont anc mi sora al boegio. PRIMO CROCIATORE Bon, tegnit in tir la corda; e ti valza ol martel che a partisum insembia. SECONDO CROCIATORE Stag atento a mica picarte i didi! Risata degli altri. TERZO CROCIATORE Slarga sto sciampìn che no te fag galìtigo, at seguri!... oh ti varda sta man, come la g’ha impruntat ol rigo de la vita!... a l’è un segn tant longo che ol parese eghe ol destin de campar anc’mo sinquant’ani almanco, sto cavajer! Vag a crederghe a le bagole de ’e strolighe, a ti! SECONDO CROCIATORE Stopa sta lengua e valza ol martel... PRIMO CROCIATORE Son prunt a mi. TERZO CROCIATORE Daighe alora... Daaighee d’ol prem bot... (Tonfo). Ohioa ahh! che a sbusa i palmi! CAPO DEI CROCIATORI (contrappunto dell’urlo di Cristo) Ohoo, ol tremba da par tüt. Stì calmi. Daaghee d’ol segund bot... ohaoioaohh! a slargà i osi! Ohoh ag spüda ol sangu a gnochi. Daighe ol terzo boto, ohahiohoh 207 sto ciod t’ha sverzenat. Ohoh che e done no ti g’ha dimai sforzat. El quarto t’ol regala i soldat ohahiohoh che ti g’hait dit de no masareohahiohoh e i nemisi ’me fradeli i dovarìa amare. Ol quinto t’ol manda i vescovi d’la senagoga ohahiohoh che ti g’hait dit che i sont falzi e malarbeti, ohahiohoh che i toi vescovi i sarà tüti umili e povareti. Ol sesto l’è ol regalo de i segnoriohahiohoh che ti g’hait dit che i no anderan in zielo ohahiohoh e ti g’hait fait l’exemplo del camelo. Ol setemo t’ol pica i ’mpostoriohahiohoh che ti g’hait dit che n’ol cunta nagot se i prega ohahiohoh che i è boni a fregar mincioni in tera ma ol Segnor, quel no’l se frega. PRIMO CROCIATORE Hait venciüd me. At duaret pagam de bevar, recordes. SECONDO CROCIATORE Ag bevaremo a la santità do sto cavajer e a la soa sfortüna! Come av trouvit, majstà? Av sentit ben saldo in d’i mani, sto destrer? Bon, alora adeso andaremo in giostra, sanza lanza e sanza scudo! CAPO DEI CROCIATORI G’hait slazade le corde dai polzi? Bravi i me baroni... strenzeghe ben sarada sta coreza intorna a e spale, che nol debia borlaghe a 208 doso in d’ol tirarlo in pie, sto campion! Daspò, na volta inciodad i pie a g’la toiaremo... SECONDO CROCIATORE ’Gnì chi toeti... spüeve in t’i mani che a gh’em de ’ndrisar l’arbor de la cucagna! Vialtri ’gnì inanze co e corde e fele pasar de soravìa a la traversa de tranzet... Vegn scià anca ti, Matazon: monta in co’ a la scala, pront a tegnil. MATTO Me dispiase ma mi no podi aidarve: che n’ol me g’ha fait nagot a mi, quelo... SECONDO CROCIATORE O balengo! ma nemanco a nojaltri ol ne g’ha fait nagot... a l’em giüsta incrusat par pasatem, ah ah, e g’han dait de giünta dese palanche a testa par ol desturbo... dài, daghe una man che après at fem l’onur de giügarghe ’na partida a dadi cun ti... MATTO Ah bon, se a l’è par ’na partida no me tiri miga indré! Sont già su la scala, varda... a podì scomenzà! PRIMO CROCIATORE Brao! Sem a l’orden toti...? ’ndem alora, rüzem insema, me aricomandi... un strep longo a la volta. Av dag ol temp: Ohj izaremo Ehiee sto penon de nave ohoho par fag de drapo ohoho gh’em tacad un mato. ohoho Ohj izaremo Ehiee sto palon de festa ohoho cucagna grosa ohoho Gesù Cristo in cofa. ohoho 209 Ohi che cucagna Ahaa che la sbusa ol cielo ohoho ag piove sangue ohoho patre nostro ol plange. ohoho Legrìve, legrìve Ehee ch’em trovat chelo bravo ohoho c’ol s’è fat s’ciavo ohoho par vestirghe da novo. ohoho Loeu, a l’è asè; me par che ol stevia ben franco. Bon... alora tra’ foera i dadi che fem. sta ziogada. Il matto giocando ai dadi e a tarocchi ha vinto la tunica di Cristo e le paghe dei “crociatori”. MATTO Oh se vorsìt toti indré i vost palanchi, mi a ve i lasi de voluntera, cumpres la culana i uregit, l’anelo... e varda, ag tachi anc’mo quest. PRIMO CROCIATORE E par tüta sta roba cus te vorareset in scambi? MATTO Quel là... SECONDO CROCIATORE Ol Cristo? MATTO Sì, voeri che m’ol lasì stacal via de la crose. CAPO DEI CROCIATORI Bon: pecia c’ol meura e a l’è to... MATTO No, mi ol voeri ades che l’è anc’mo vivo. PRIMO CROCIATORE Oh mat de tüti i mati... at voreste che de contra a gh’abium de sfurnì inciodat tuti nünc e quatar al so rempiaz? 210 MATTO No, no averghe pagüra, che no av capitarà nagota a vui: abastarà che ag pìcum sü un’olter al so post, vün de la sua taja, e at vedaret che no s’incorgerà niün d’ol scambi... che intanto sü la crose a se insomegen tuti. PRIMO CROCIATORE Quest l’è anco vera... inscurtegat in sta manera poe, che ol par un pess in gratiroela... CAPO DEI CROCIATORI Ol sarà vera, ma mi no ghe stago. E poe, chi ti g’avarìat in ment de tacaghe d’ol rempiaz? MATTO Ol Giüda! CAPO DEI CROCIATORI Ol Giüda? Quel... MATTO Sì, quel so apostul traditor che ol s’è impicat pendüt per disperaziun al figo de drio a la sces, sinquanta pas de chì. CAPO DEI CROCIATORI Mueves, de corsa, andem a sbiutal che ol g’avarà anc’mo in sacocia i trenta denari d’ol servisi... MATTO No, no stit a distürbav... che intant quei i ha bütad via de sübet in mez a un rosc de spin. CAPO DEI CROCIATORI ’Me fait a savel ti? MATTO Ol sago, imparché i g’ho catat mi quei dinari, vün par vün. Vardì chì che brasi sgurbiat che am sunt cunsciat... CAPO DEI CROCIATORI No m’interesa i brazi... faghe vedè sti dinari. Ohi ohi, e tüti d’arzenti... va’ beli... me i pesa, e i sona... 211 MATTO Bon, tegnìvei, i è i voster anca queli, se ’gnit d’acordi d’ol scambi. Par mi... mi ag sont d’acordi. CAPO DEI CROCIATORI Anca nujartri... MATTO Bon, alora andit de prescia a torve ol Giüda impicat pendüt, che mi ag pensi a tirà de baso ol Crist... PRIMO CROCIATORE E se ariva ol zentürion e at cata in d’ol scrusamento? MATTO Ag dirò che a l’è stat una penzada de mi... che poe sont un mato. E che vui non gh’avet colpa niuna. Ma no stit chì a perd ol tempo, andit... CAPO DEI CROCIATORI Sì, sì... andem, e a sperem che no ghe porten rogna, sti trenta dinari. MATTO Bon, a l’è fada. Ohi, me par gnanca vera: sunt inscì cuntento... Gesù, tegn dur, che a l’è rivad ol salvament... töi e tenaie... ecoe. Ti no l’avareset gimai dit, ah Gesù, che ol sarese ’gnüd a salvarte impropri un mato... ah ah... pecia che imprima at ligarò con sta coreza, ag fagarò in un mument... no eghe pagura che no te fagarò mal, at fagarò ’gnir giò dolze ’me na sposa e poe at cargarò in le spale, che a mi a sont fort me un boe... e via de vulada! At porterò giò al fiüm, che lì a g’ho un barchet, e cont quater paladi ol traversum ol fiüm... E prima che vegna ciaro as truerem beli me ol zol a casa d’un me amiso stregon c’ol te medegarà e at fagarà guarì in trì die. No ti voeret? No ti voeret ol stregon...? Bon, andarem da ol medego onguentari, co a l’è un me 212 amigo fidat anca quelo de mi. Ne manco quelo? Se te voeret alora? Nagot... no at voeret miga che at s’ciodi? Ho capit... at g’hait la convinziun che con sti boeci in di mani e in di pie, tüt ins’cincà ’n di ligadür ’me t’han cunsciat, no ti serà pì capaz de andà intorna, ni de imbucat de par zol. No ti vol star al mundo a dipend da i olter ’me un disgraziad? G’ho indovinat? No l’è nemanco par quelo? O sacrabiot... e par qual razon donca! P’ol sacrifizi? Se te diset cos’è? Ol salvamento? La redenzion... cos te straparlet cosa? O poveraz!... asfìdo mi... at g’hait la fever... sent ’me te bujet... Bon, ma ades at tiri giò, at quarci ben con la tonega... chì, perdonam se am, permeti, ma at set un bel teston... a vores miga es sarvat? At voeret propri murir su ste trave? sì...? Par ol salvament di omeni... Oh, questa a l’è de no credarghe!... e poe a i disen che ol mato a son mi... ma ti am bati de mila pertighe a vantagio, caro ol me fiol Gesù! E mi che a sont stait a scanam a ziogar a e carte tüta la note par poe averghe sta gran bela satisfazion! Ma sacragnon, ti at set ol fiol de Deo, no? Mi al cognosci ben, fam la corezion se a sgaro: ben, donca, d’ol mument che ti è Deo t’ol savaret ben ol resultat che ol gavarà daspò sto to sacrifizi de crepare incrusat... Mi no son deo e nemanco profeta: ma m’l’ha cuntad la smortina sta note, in fra i lagrem, ’me ol ’gnirà a furnì. In prima at fagarano ’gnir tüto indurat, tüto d’oro, dal có fino 213 ai pie, daspò sti ciodi de fero i t’ei fagarano tuti d’arzento, i lagrem egnarano tocheti sluzenti de diamante, ol sangu, che at gota de par tüto ol s’ciambierano cont una sfilza di rubini sbarlüscenti, e tüto quest a ti, che t’hait sgulat a parlag d’la povertà. De giünta sta tua croze dulurusa e la picheran in da par tüto: sora ai scudi, sü e bandere de guera... sü e spade a copar zente, ’me i fudes videli... a copare parfin in d’ol nome de ti... ti, che t’hait criat che a semo toti fradeli, che a no se deve masare. Ti g’hait üt un Giüda giamò? Bon, ti n’agarà tanti ’me furmighe, de Giüda, a traìrte e a duvrarte par impagnutà i cojoni! Dam a tra’... no val la pena... Eh? No saran tüti traiuri? Bon, fam inqualche nom: Franzesco ol beat... e poe ol Nicola... san Michel taja mantel... Domenic... Catarina e Clara... e poe... d’acordo, metémeg anca questi: ma i saran semper quater gatt in cunfrunta al nümer di malnat... e anco quei quater gatt i se trovaran n’altra voelta compagni che i t’han fait a ti, dopo che i g’avaran schischiadi de vivi. Ripet, scusa, che questa no la g’ho capida... Anca se an füdese vün zol... si anca un omo dumà in tuta la tera degn d’es salvad imparché ol è un giusto, ol to sacrifizi n’ol sarà stait fait par nagot... Oh no: no, alora no gh’è più speranza, at zet impropi ol cap di mat... at set un manicomi intrego! La zola voelta che ti me g’ha piazüdo, Jesus, l’è stait la voelta che 214 set rivat in gesa che i fasevan mercat e t’è scomenzà a sfruntà tüti col bastun. Ohi che bel ved... quel l’era ol to mestè... Miga ol crepà in crose par ol salvamento! Oh Segnor Segnor... am vegn de piang... a no créderghe, a piangi d’inrabit... CAPO DEI CROCIATORI Ohi Matazon, disgraziat! No tl’hait anc’mo tirà a baso a quel? S’t’hait fait cos’è infina adeso, a t’hait dormit? MATTO No che no g’ho dormit... g’ho üt dumà un ripenzament... A no vojo s’ciodarlo plu sto Cristo... a l’è mejor ch’ol resta in crose. CAPO DEI CROCIATORI Oh bravo, e magara adeso at vorareste indrio tüta la cavagna di ori e di dinari... ohi che furbaso! ti g’ha mandadi a fare i fachini a torte sto Giüda impicat sojamente par farte ’na ridada? No, caro Matazon! Se ti voi indrio la tua roba, at la duarét venzer de novo a i tarochi! Justa... a sta zola condizion. MATTO No, mi no g’ho voia de ziogar. Tegneve ’mpure tüto... dinari, ori, oregini, che mi no ziogarò gimai plu in sta vita... Ho vinzut par la prema voelta sta note, e me g’ha bastat... Anco par un omo zol col sebia degno ol val la pena de morir in croze! O se l’è mato... l’è mato, ol fiol de Deo! Picà, picà tüti, l’era ol to mestè, tüti quei che fan mercat in gesa: lader, balos, impustur e fürbacioni: foera, picà, picà! 215 In scena il matto, soldati e quattro crociatori. Si stende un lenzuolo dietro al quale Gesù viene fatto spogliare. MATTO Donne! Ehi donne innamorate di Cristo, venite a lucidarvi gli occhi... venite a vederlo bello nudo che si spoglia, il vostro innamorato... due palanche per un’occhiata, venite donne! Oh, è cosi bello da comprarlo! Dicono che era il figlio di Dio: a me sembra che sia uguale a un altro uomo, uguale in tutto!... Due palanche, donne, per guardarlo! Non c’è nessuna che ha voglia di prendersi questa soddisfazione per due palanche? Bene, è giorno di festa oggi... mi voglio rovinare... Vieni qui tu, che te lo farò vedere gratis... o che smorfiosa... vieni qua! Non perdere questa occasione... non sei tu quella, la Maddalena tanto innamorata di lui che, non trovando né mantello né salvietta per asciugargli i piedi, glieli ha asciugati con i capelli? Bene, peggio per voi: che adesso, per legge, dovremo coprirlo, coprirlo sul posto del peccato... con un grembiulino, da farlo assomigliare a una ballerina! È pronto il capo dei comici? Tira su il telone che andremo ad incominciare lo spettacolo! Scena prima: il figlio di Dio, gran cavaliere con la corona, monta a cavallo... un bel cavallo di legno, per andare intorno in giostra! E per fare che non cada a terra l’inchioderemo sulla sella... mani e piedi! 216 Smettila di fare il pagliaccio e vieni qui a darci una mano... attaccagli una corda ai polsi, una per parte, così si allunga per bene... ma lasciatemi libere le palme, che si possano infilzargli i chiodi. Io ci picchierò su questa di destra, e... PRIMO CROCIATORE E io quest’altra. Buttatemi un chiodo che il martello ce l’ho di mio (io). SECONDO CROCIATORE Oh che chiodaccio! Scommettiamo che in sette martellate lo picchio dentro tutto? PRIMO CROCIATORE E io ce la farei in sei, vuoi scommettere? SECONDO CROCIATORE D’accordo. Forza, allargatevi voi due che mettiamo le ali a questo angioletto (così) che possa volare come Icaro in cielo. TERZO CROCIATORE Tiriamo insieme... insieme, ho detto... me lo rovesciate, piano che deve restare in mezzo alla sella, il cavaliere... un po’ verso di me... bene, sono sul segno, proprio sul buco. SECONDO CROCIATORE Io non ci sono mica, hai fatto i buchi troppo distanti... tira tu... forza... hai mangiato il formaggio a mezzogiorno? Forza! PRIMO CROCIATORE Sì, forza, ma va a finire che gli romperemo i legamenti delle spalle e dei gomiti. TERZO CROCIATORE Non ti preoccupare, non sono mica i tuoi i legamenti, tira! Eh! Eh forza! CAPO DEI CROCIATORI 217 Lamento di Gesù, contrappunto lamentoso delle donne. PRIMO CROCIATORE Ohi, avete sentito lo schianto? SECONDO CROCIATORE Sì, non è stato bello... è stato uno schiocco che mi fa scricchiolare le ossa... in cambio, si è giusto allungato di misura: adesso ci sono anch’io sopra il buco. PRIMO CROCIATORE Bene, tenete in tiro la corda; e tu alza il martello, che partiamo insieme. SECONDO CROCIATORE Stai attento a non picchiarti le dita. Risate degli altri. TERZO CROCIATORE Allarga questo zampino che non ti faccio il solletico, te l’assicuro... oh, tu guarda questa mano, come ha segnata la linea della vita: è un segno tanto lungo che sembrerebbe che avesse il destino di campare ancora cinquant’anni almeno, questo cavaliere! Vai a credere alle balle delle streghe tu! SECONDO CROCIATORE Ferma la lingua e alza il martello. PRIMO CROCIATORE Io sono pronto. TERZO CROCIATORE Dagli allora... diamogli il primo colpo... (Tonfo). Ohioa ahh! a bucare le palme! 218 CAPO DEI CROCIATORI (contrappunto dell’urlo di Cristo) Ohoo, trema dappertutto. State calmi! Dagli col secondo tempo... Ohaoioaohh! Ad allargare le ossa! Ohoh e gli sputa sangue a fiotti. Dagli il terzo colpo, ohahiohoh questo chiodo t’ha sverginato. Ohoh e le donne non le ha mai forzate. Il quarto te lo regalano i soldatiohahiohoh che gli hai detto di non ammazzareohahiohoh e i nemici come fratelli dovrebbero amare. Il quinto te lo mandano i vescovi della sinagoga ohahiohoh che gli hai detto che son falsi e maledetti ohahiohoh e che i tuoi saranno tutti umili e poveretti ohahiohoh Il sesto è il regalo dei signoriohahiohoh che gli hai detto che non andranno in cielo ohahiohoh e gli hai fatto l’esempio del cammello. Il settimo te lo picchian gli impostoriohahiohoh che gli hai detto che non conta niente se pregano ohahiohoh che sono buoni di fregare i minchioni in terra ma il Signore, quello non lo si frega. PRIMO CROCIATORE Ho vinto io. Dovrai pagarmi da bere, ricordatelo. 219 SECONDO CROCIATORE Berremo alla salute di questo cavaliere, e alla sua sfortuna! Come vi trovate, maestà? Ve lo sentite ben saldo nelle mani questo destriere? Bene, allora adesso andremo in giostra, senza lancia e senza scudo! CAPO DEI CROCIATORI Avete slacciato la corda dai polsi? Bravi i miei baroni... stringete ben chiusa questa cinghia attorno alle spalle, che non debba caderci addosso nel tirarlo in piedi, questo campione! Appresso, una volta inchiodati i piedi, glielo toglieremo... SECONDO CROCIATORE Venite tutti qui... sputatevi sulle mani che abbiamo da raddrizzare l’albero della cuccagna! Voi venite avanti con le corde e fatele passare sopra l’asse trasversale... vieni qui anche tu, Matazone: sali in cima alla scala, pronto a tenerlo. MATTO Mi dispiace ma io non posso aiutarvi: non mi ha fatto niente, quello. SECONDO CROCIATORE O balengo... ma nemmeno a noialtri non ha fatto niente: l’abbiamo giusto crocifisso per passatempo, ah, ah, e ci hanno dato perdipiù dieci palanche a testa per il disturbo... Dài, dacci una mano, che dopo ti faremo l’onore di giocare una partita a dadi con te. MATTO A beh, se è per una partita non mi tiro mica indietro! Sono già sulla scala, guarda... potete incominciare! 220 PRIMO CROCIATORE Bravo! Siamo a posto tutti? Andiamo allora... Tiriamo insieme, mi raccomando, uno strappo lungo alla volta: vi do il tempo. Ohi issiamo Ehiee questo pennone di nave ohoho per far da bandiera ohoho gli abbiamo attaccato un matto. ohoho Ohi issiamo Ehiee questo palo da festa ohoho cuccagna grossa ohoho Gesù Cristo in coffa. ohoho Ohi che cuccagna Ahaaa che buca il cielo 0hoh0 ci piove sangue ohoho il padre nostro piange. ohoho Rallegratevi, rallegratevi oheee che abbiamo trovato quel bravo ohoho che si è fatto schiavo ohoho per vestirci di nuovo. ohoho Alt, è abbastanza: mi sembra che sia ben saldo. Bene, tira fuori i dadi che facciamo una giocata. Il matto giocando a dadi e a tarocchi ha vinto la tunica di Cristo e la paga dei crociatori. MATTO Se volete indietro tutti i vostri soldi io ve li lascio volentieri, compresa la collana, gli orecchini, l’anello... e guarda, ci aggiungo anche questo. 221 PRIMO CROCIATORE E per tutta questa roba cosa vorresti in cambio? MATTO Quello là... SECONDO CROCIATORE Il Cristo? MATTO Sì, voglio che me lo lasciate staccare dalla croce. CAPO DEI CROCIATORI Bene: aspetta che muoia ed è tuo... MATTO No, lo voglio adesso che è ancora vivo. PRIMO CROCIATORE Oh matto di tutti i matti... vorresti che per giunta finissimo tutti noi quattro al suo posto? MATTO No, non aver paura che non vi capiterà niente a voi: basterà che attacchiamo un altro al suo posto, uno della sua misura, e vedrete che non si accorgerà nessuno dello scambio... tanto sulla croce ci assomigliamo tutti. PRIMO CROCIATORE Questo è anche vero... scorticato in questa maniera poi, che sembra un pesce in graticola... CAPO DEI CROCIATORI Sarà anche vero, ma io non ci sto. E poi chi avresti in mente di attaccarci al suo posto? MATTO Il Giuda! CAPO DEI CROCIATORI Il Giuda? Quello... MATTO Sì, quel suo apostolo traditore che si è impiccato per disperazione al fico dietro la siepe, cinquanta passi da qui. 222 CAPO DEI CROCIATORI Muovetevi, di corsa, andiamo a spogliarlo che avrà ancora in saccoccia i trenta denari del servizio. MATTO No, non state a disturbarvi... che tanto quelli li ha buttati via subito in mezzo a un rovo di spini. CAPO DEI CROCIATORI Come hai fatto a saperlo tu? MATTO Lo so perché li ho presi io quei denari, uno per uno. Guardate qui che braccia graffiate che mi sono conciato. CAPO DEI CROCIATORI Non m’interessano le braccia, facci vedere questi denari. Ohi, ohi, e tutti d’argento... guarda che belli... come pesano... come suonano... MATTO Bene, teneteveli, sono vostri anche quelli, se ci si mette d’accordo per lo scambio. Per me io sono d’accordo... CAPO DEI CROCIATORI Anche noialtri. MATTO Bene, allora andate a prendervi subito il Giuda impiccato, che ci penso io a tirar giù il Cristo. PRIMO CROCIATORE E se arriva il centurione e ti trova nel bel mezzo dello scrociamento? MATTO Gli dirai che è stata una mia pensata, che tanto sono un matto. E che voi non avete nessuna colpa. Ma non state qui a perdere tempo, andate... CAPO DEI CROCIATORI Sì, sì... andiamo, e speriamo che non ci portino sfortuna, questi trenta danari. MATTO Bene, è fatta. Non mi par neanche vero! sono così contento... Gesù, tieni duro, che è arrivata 223 la salvezza... prendo le tenaglie, eccole. Tu non lo avresti detto, eh Gesù, che sarebbe venuto a salvarti proprio un matto... Ah, ah... aspetta che prima ti legherò con questa cinghia, farò in un momento... non aver paura che non ti farò male, ti farò venir giù dolce come una sposa e poi ti caricherò sulle spalle, che io sono forte come un bue... e via di volata! Ti porterò giù al fiume: lì ho una barchetta e con quattro palate attraverso il fiume. E prima che faccia chiaro ci troveremo belli come il sole a casa di un mio amico stregone che ti medicherà e ti farà guarire in tre giorni. Non vuoi? Non vuoi lo stregone?! Bene, andremo dal medico degli unguenti, che è un mio amico fidato anche quello. Niente: non vuoi che ti schiodi? Ho capito... hai la convinzione che con questi buchi nelle mani e nei piedi, tutto schiantato nelle legature come t’hanno conciato, tu non sarai più capace di andare in giro né di imboccarti da solo. Non vuoi stare al mondo a dipendere dagli altri come un disgraziato? Ho indovinato? Non è neanche per quello? Oh accidenti... e per quale ragione? Per il sacrificio? Cosa dici? Cosa? Il salvamento? La redenzione... Che cosa straparli? Cosa? Oh poveraccio... sfido io... hai la febbre... senti come scotti... bene, ma adesso ti tiro giù, ti copro bene con la tunica... adesso scusami, se permetti sei un bel te storie... non vuoi essere salvato? Vuoi proprio morire su questa croce? Sì? Per la salvezza degli 224 uomini... Oh, questa è da non crederci... e poi dicono che il matto sono io, ma tu mi batti di mille pertiche di lunghezza, caro il mio figlio Gesù! Ed io che sono stato a scannarmi giocando alle carte tutta la notte per poi avere questa gran bella soddisfazione... ma sacramento, tu sei il figlio di Dio, no? Io lo so bene, correggimi se sbaglio: bene, dal momento che tu sei Dio, tu lo sai bene il risultato che avrà il tuo sacrificio di crepare crocifisso... Io non sono Dio e neppure profeta: ma me l’ha raccontato la smortina questa notte, tra le lacrime, come andrà a finire. Dapprima ti faranno diventare tutto dorato, tutto d’oro, dalla testa fino ai piedi, poi questi chiodi di ferro te li faranno tutti d’argento, le lacrime diventeranno pezzetti lucenti di diamante, il sangue che ti sgocciola dappertutto lo scambieranno con una sfilza di rubini luccicanti e tutto questo a te, che ti sei sgolato a parlar loro della povertà. Per giunta questa tua croce dolorosa la pianteranno dappertutto: sopra gli scudi, sulle bandiere da guerra, sulle spade, per uccidere gente come fossero vitelli, uccidere nel tuo nome, tu che hai gridato che siamo tutti fratelli, che non si deve ammazzare. Hai già avuto un Giuda? Bene, ne avrai tanti come formiche di Giuda, a tradirti, ad adoperarti per incastrare i coglioni! Dammi retta, non vale la pena... Eh? Non saranno tutti traditori? Bene, fammi qualche nome: Francesco il beato... e poi il Nicola... 225 san Michele taglia mantello... Domenico... Caterina e Chiara... e poi... d’accordo, mettiamoci anche questi: ma saranno sempre quattro gatti in confronto al numero dei malnati... e anche quei quattro gatti li tratteranno un’altra volta nello stesso modo che hanno fatto con te, dopo che li hanno perseguitati da vivi. Ripeti, scusa, che questa non l’ho capita. Anche se ce ne fosse uno solo... sì, anche un uomo soltanto in tutta la terra degno di essere salvato perché è un giusto, il tuo sacrificio non sarà fatto per niente... Oh no: allora sei proprio il capo dei matti... sei un manicomio completo! La sola volta che mi sei piaciuto, Gesù, è stata la volta che sei arrivato in chiesa mentre facevano mercato e hai cominciato a menare tutti col bastone. Ohi che bel vedere... quello era il tuo mestiere... mica crepare in croce per la salvezza! Oh Signore Signore... mi viene da piangere... ma non crederci, piango d’arrabbiato. CAPO DEI CROCIATORI O Matazone, disgraziato... non l’hai ancora tirato giù quello? Cosa hai fatto fin adesso, hai dormito? MATTO No che non ho dormito, ho avuto solo un ripensamento... non voglio schiodarlo più questo Cristo, è meglio che resti in croce. CAPO DEI CROCIATORI Oh bravo! e magari adesso vorresti indietro tutti gli ori e i denari... Ohi che furbastro! Ci hai mandati a fare i facchini, a prenderti questo Giuda impiccato, soltanto per farti una risata? No, caro Matazone! Se tu vuoi indietro la 226 tua roba, te la dovrai vincere di nuovo ai tarocchi! Solo a questa condizione. MATTO No, io non ho voglia di giocare, tenetevi pure tutto... denari, ori, orecchini, perché io non giocherò mai più in questa vita. Ho vinto per la prima volta questa notte, e mi è bastato... Anche per un uomo solo che ne sia degno vale la pena di morire in croce! Oh se è matto... è matto, il figlio di Dio! Bastonare, bastonare tutti, tutti quelli che fanno mercato in chiesa, ladri, truffoni, impostori e furbacchioni. Fuori, bastonare! Bastonare! 227 PASSIONE MARIA ALLA CROCE DONNA Andì a fermarla... l’è rent a ’gnì la soa mama de lü, la beata Maria, no faghel vardà incrusat ’me l’è che ol pare un cavrett inscortegat che cola sangui a fontanela par tütt ’me na muntagna de nev in primavera per sti gran ciodi che g’han picat in ti carni di man e di pie intrames a i osi sfurà... CORO No feghel vardà! E no la se vol fermà... a la vegne corendo desesperada in sül sentié che in quatro no la podemo tegnir... UOMO Se in quatro non la tegnì, prové in sinque e in sie... ei no la pol vegnì, no la pol vardà sto fiolì intorsegá cumpagn ’me ’na radis d’oliva magnada di furmighi... ALTRA DONNA Quarceghe, covrighe almanco la facia al fiol de Deo, che no l’ posa arecugnosarlo la soa mama... ag dirém che l’incrusat l’è un oltar, un foresto... che no l’è ol so fiol de lé! DONNA Mi a creo che puranco al femo quarcià tütt con un linzol bianco, al fiol de Deo, la soa mama ol recognuserà... abasta che ghe sponta de fora un dit d’un pie o un rìzzul dei cavej, imperché la g’l’hait fait lé, la sua mama, quei. UOMO La vegn... l’è chì loga la beata Maria... ag faria men dulor masala de cultel, pitost che lasag ved 228 ol fioll! Dem un sass de trasmurtila d’un bott, che la se ruersa per tera, che no la poss vardà... ALTRO UOMO Stet quacc, fev in là... oh povra dona che la ciamit beata... e cum la pol es beata con sta decurasion de quatro ciodi che g’han picat in de la carna dolorosa a rabatun, cumpagn che a no s’faria a una lüserta venenusa o a un scurbatt? DONNA Stì quacc... mantegnì ol fiat che adess sta dona la scoltarì crià de toeta vos, compagn s’l’aves squartada ol dulor, ’sgrasiada: dulor de sete culteladi a spacag ol cor... UOMO La està lì ferma, la dis nagot... Fit che la piangia almanco un poc! Fila crìar, ch’el s’abia de s’ciopar sto gran magon che ghe suféga ol goz. ALTRA DONNA ’Ntendìu, stu silensi che gran frecass ghe mena; e nol val cuerciase i uregi. Parla, parla: dig quai coss, Maria... ohi te pregit. MARIA Déime ’na scala... a voi montarghe a renta al me nann... Nan, oh ’l me belo smorto fiol de mi, stait seguro, me ben, che ’des la riva la toa mama... Come i t’han combinat sti assasit becari. Maleditt purscel rugnusi! ’Gnim a cunsciam ol fiol de sta manera! Cosa ol ’veva fait, sto me tarloch, de véghel inscì a scann de fav tanto canaja con lü... Ma am burlerì in ti mani: a vün a vün! Oh m’la pagarì, anc’ duarisi ’gniv in cerca in capp al mund, ’nimal besti sgrasiò! CRISTO Mama, no stat a criar, mama. MARIA Sì, sì, at gh’et rason... pardùnam, ol me nan, sto burdeleri c’ho fait e sti parol d’inrabit che hu dit, 229 ch’l’è stait stu strench dulur de truvate impatacat de sangu, s’ciuncat chì loga sü ste trave, sbiutat, de bott pestà... sbusà in de’ i me bej man si delicat, e i pie... oh i pie, che gota sangu, gota a gota... ohj che dua es gran mal! CRISTO No mama, no sta’ a casciat... des, t’el giüri, no senti pì mal... ol m’ha pasat. No senti pü nagota, va’ a ca’ mama, te pregi... va’ a ca’! MARIA Sì, sì anderem a ca’ insema, ’egni sü, a tirat giò de ste trave... cavarte fora i ciodi piano pian... dîm un tenaj... ’gnim a dam ’na man... aidém quaicün... SOLDATO Ehi dona, o s’te fait lì loga de soravìa a sta scala? chi v’l’ha dait ol parmes? MARIA A l’è ol me fiol de mi ch’avit incrusad... al voi s’ciodal, purtal cun mi a ca’... SOLDATO A ca’? Ohj che premura, no l’è anc’mo froll asé, o santa dona, no l’è anc’mo ben stagionat. Boj, ’pena che ol tira i ültem, av fo un fis’cet e gnì a teul bela che impachetà, ol vos car zovin... cuntent? ’Gni’ giò ’des. MARIA No che no’ vegni, no’ lasarò pasà chì loga la nott ol me fiol de per lü suleng a murime! E vui no podì miga fam sta preputensa, che mi a son la sua mama de lü, son la sua mama, mi! SOLDATO Bon! Des me t’l’hait sgionfade a sufficit, ohj cara la mia mama de lü: agh farem com quand a’s croda i pomi, voj vedar? agh’ darò na bela 230 scurlada a sta scala, e ’gnirì giò de stónfete ’me un bel perot marügu. CRISTO No, oh te pregi, soldat, che ti è bon e caro! Fame a mi quel che ti vol: scorla la crose de me scarparme i carni e le man e i osi, ma a la mia mama... te pregi, no farghe mal! SOLDATO Hait sentit, la mia patrona, quant inn i uri? As g’ho de fà? Per mi l’è ol stess laoro: o sciabatì vui, e de presia, de sta scala, o mi scorli la cruse... MARIA No, no... per carità... pecì che son già giò... vardì son chì abas la scala. SOLDATO Oh! l’intendìu al termin sta balada, o dona benedetta... E no’ vardì a mi, cun sti ogi a brüsatàm, che mi no ghe n’ho colpa niuna se ol zovin ol s’ha catat sta posision iscomuda de stag coi brasc slargadi... ohj che no g’ho pena de vui? che no cognosi mi, l’isbarluscià di lagreme sanguagnenti ch’av süda giò di ogi? Sa l’ha estu ori dulor de madri! Ma ag podi fag nagot... che mi sont comandat che vaga fina a l’orden sta cundana, sont condanat a fav murì ol fioll, o ben, de cuntra, lì loga, me picheran su mi co’ i stes so ciodi. MARIA O bon suldat curtes, tegnì, av fo un presenti de quest’anel d’argenti, e de sti uregiti d’ori... tegnì, in cambi d’un plager ch’am podit cunced. SOLDATO Ol saria stu plager? 231 MARIA De lasàm netàg via ol sangu, al me fiol, cont un poc d’acqua e un strasc, de daghen un poc de ’nbiasegass i lavri s’cepat d’la set... SOLDATO Nagot de pü che sti cialadi? MARIA Vurarìa anc’mo che catì stu scial e andìt de suravìa a la scala a metighel inturna a i spale de sota a i brasc, de aidàl un poc a stà tacat a la cruse... SOLDATO O dona, ag vursìt mal de cuntra al vost zovin donca, s’ol vursìt guarnal pì loga in vita a fal sgranì di sti tremend duluri. Al pagn de vui, faria mesté ch’ol moera sübet al pü presti, mi! MARIA Murì? Ol duvrà giüsta ’gnì morto sto car me dolce? Morte le man, morta la boca e i ogi... morti i cavej?... Ohj, che m’han tradit... Ohj Gabriel, zovin de dulza figura, con la toa vose de viola inamorosa p’ol prim ti, ti m’hait tradit de malorgnon: te set ’gnì a dime che saria gnü Rejna mi... e beata, jucunda a cap de toeti i doni. Vàrdum, vàrdeme chì loga me sont a tochi e sberlüsciada, l’ultima dona al mundo me sont discoverta! E ti... ti ol savevi in del purtame ol nünzi deslinguent de fam fiurì in t’el ventar ol fiolì, col sares gnü a sto bel tron Rejna! Rejna col fiol zentil e cavajer con doj speroni fait con doj gran ciodi impiantat ai pie! Perché no te m’l’hait dit avante ol sogn? Oh mi, te sta’ seguro, mi no avaria vorsüdo ves pregnida, no gimai a sta cundision, teut-anc füss gnü el Deo patre in t’ la persona, e no el piviun colombo so spirito beat a maridame... 232 CRISTO Mama, o che ol dulur ol t’hait trat föra mata che ti biastemi? Che diset robe senza cognizion?... Menila a ca’, fradeli, prima che l’abia a rabatarse là ruersa e strepenada. UOMO ’Ndem Maria, fait consulat ol fiol de vuj, lasel in pase. MARIA No, che no voj! Perdoneme... lasème istà chì loga arenta de lü, che no dirò pü nanca na parola incontra de so patre, incontra de njuno. Lasème... oh feite bon! CRISTO Hoi de murì, mama... e fag fadiga. Hoi de lasarme andar, mama, sconsumar ol fiat che me mantegne... ma con ti chì loga a pres ch’at strazii, no son capaze, mama... e fo pü gran fadiga... MARIA Te voj aidar, me ben, oh no casarme via! Fait che ne sofega insema matri e fiol e che ne mett imbrasat toecc e doj in una tomba sola. SOLDATO V’l’ho dit, oh sacra dona! Ghe n’è che un mezi, se ol vursì fai contentu: masàl de bota. Vuj: cateve in prescia quela lanza lì loga impugiada, nünc suldat a farem mostra de miga stag co’ i ogi... ’ndit de corsa sota via la crose e pichìghe a tüt picà de punta cun la lanza in del custat a fund in dol gozz, e de lì a un mument, vedrit, se s’ciunca el Crist, e ol va a murir. (La Madonna cade a terra) O s’ve pasa? O s’ l’è svegnuda che no l’ho gnanc tucada?... UOMO Slonghela lilè... fait pian... e ’nde via d’intorna che la g’abia a tor fiat... 233 DONNA Quajcosa de recuvrirla... ch’la g’ha i tremuri del frecc... ALTRO UOMO Mi g’ho desmentegat la mia gabana. UOMO Fev in là, aidème e slungala. ALTRO UOMO E adess stiv quacc, lasela repusà. MARIA (come in sogno) Chi set lilò, bel zovin, ch’am par aricugnuset? Cos l’è che at voit de mi? DONNA La va in strambula, dona smarida... La g’ha i visiun... GABRIELE Gabriel, l’angiol de Deo, sont mi quelo, vergen, ol nünzi d’ol to solengo e delicat amor. MARIA Torna a slargat i ali, Gabriel, torna indré al to bel ciel zojoso che no ti g’ha niente a far chì loga in sta sgarosa tera, in stu turmento mundo. Vaj che no te se sburdéga i ali de piume culurade ’e zentil culuri... no ti vedi fango e sangu e buagna, mestà e la spüsenta d’partüto? Vaj, che no te ne sbreghi i oregi tant delicat co sto criar desasperato e i plangi e ol plorar che crese in omnia parte. Vaj, che ne te se sconsuma i ogi lüminosi a remerar piaghe e croste e bugnoni, e mosche e i vermeni fora dai morti squarciadi. Ti no t’è abitüat, che in d’ol paradis no g’hai rumor ni plangi, né guere, ni preson, ni omeni impicadi ni done violade!... No gh’è ni fam, ni carestia, njuno che süda a stracabrasci ni fiolì sanza surisi, ni madri smaride e scurade, njun che pena per pagà ol pecat! Vaj, Gabriel, vaj... 234 GABRIELE Dona indulurada... che fin ’n’d’ol venter t’ha scarpada ol patiment, oh, mi ol cognosi ciaro sto turment che t’hait catat mirand ol segnor zóvin deo inciudat... in sto mument ’egni a cognusel anc mi, de pariment. MARIA Ol cognoset de pariment... de pariment a mi? Ah l’hait ü ti, Gabriel, in dol venter grosì, al me fiol? At n’è sgagniat ti i labri par no criar di dulüri ’nd’ol parturìl? At l’hait nutregat ti? Dait de teta ol latt, ti, Gabriel? Hait soffregà ti, quand l’è stait malad con la fever, i macc de la rosolia e i noti in pie a ninàl c’ol piangeva pei prem denci? No. Gabriel, si no hait scuntat ste bagatele, no podet parlà d’aveg ol me dolori in sto mument. GABRIELE At gh’hait reson, Maria... perdoname sta presonzion, che m’l’ha g’ha detat ol strapacore che g’ho in de dentro, che m’ figürava ves in punta o omnia patiment. Ma mi egni recurdat che ol sarà propi sta tua canzon plangida sanza vose, sto lamento intonat sanza singülti, sto sacrifizi to e del caro fiol de ti c’ol farà squarciarse ol ciel, che poda i omeni reversarse par la prema volta in paradis! DONNA Andate a fermarla, sta arrivando la sua mamma di lui, la beata Maria, non fateglielo vedere incrociato com’è che sembra un capretto scorticato 235 che cola sangue a fontanella dappertutto come una montagna di neve in primavera, per questi gran chiodi che gli hanno piantato nelle carni delle mani e dei piedi, in mezzo alle ossa forate. CORO Non fateglielo vedere! Lei non si vuole fermare... arriva correndo disperata sul sentiero che in quattro non la possiamo tenere. UOMO Se in quattro non la tenete, provate in cinque e in sei... lei non può venire, non può guardare questo figlio intorcigliato come una radice di olivo mangiata d’alle formiche. ALTRA DONNA Nascondetegli, copritegli almeno la faccia al figlio di Dio, che non possa riconoscerlo la sua mamma... le diremo che il crocefisso è un altro, un forestiero... che non è suo figlio di lei. DONNA Io credo che anche se lo facciamo coprire tutto con un lenzuolo bianco il figlio di Dio, la sua mamma lo riconoscerà... basta che gli spunti fuori un dito di un piede o un ricciolo dei capelli, perché glieli ha fatti lei, la sua mamma, quelli. UOMO Viene... è già qui la beata Maria... le farebbe meno dolore ammazzarla col coltello, piuttosto che lasciarle vedere il figlio! Datemi un sasso per tramortirla di colpo, che si rovesci per terra (così) che non possa guardare... ALTRO UOMO State quieti, fatevi in là... o povera donna, che la chiamate beata... e come può essere beata con questa decorazione di quattro chiodi che 236 gli hanno conficcato nella carne dolorosa, e ribattuto che uguale non si farebbe a una lucertola velenosa o ad un pipistrello? DONNA State quieti, trattenete il fiato che adesso questa donna l’ascolterete gridare a tutta voce, come se l’avesse squartata il dolore, sgraziata: dolore di sette coltellate da spaccarle il cuore. UOMO Sta là ferma, non dice niente... fate che pianga almeno un po’! Fatela gridare, che debba scoppiare questo gran magone che le soffoca la gola! ALTRA DONNA Ascoltate questo silenzio, che gran fracasso che porta; e non serve coprirsi le orecchie. Parla, parla, di’ qualche cosa Maria... oh, ti prego! MARIA Datemi una scala... voglio salire vicino al mio bene. Mio bene... oh, mio bello smorto figlio di me (mio), stai tranquillo mio bene, che adesso arriva la tua mamma! Come ti hanno combinato questi assassini, macellai: maledetti, porci rognosi! Venirmi a conciare il figlio in questa maniera! Cosa vi aveva fatto questo mio tontolone, d’averlo così in odio, da (essere) farvi tanto canaglie con lui... ma mi cadrete nelle mani: a uno a uno! Oh, me la pagherete, anche se dovessi venirvi a cercare in capo al mondo. Animali bestie disgraziati! CRISTO Mamma, non stare a gridare, mamma. MARIA Sì, sì, hai ragione... perdonami mio bene, questo baccano che ho fatto e queste parole da arrabbiata che ho detto, che è stato questo stretto dolore di trovarti imbrattato di sangue, spezzato qui, 237 su questa trave, denudato, di botte pestato... bucato nelle mie belle mani così delicate, e i piedi... oh, i piedi, che gocciolano sangue, goccia a goccia... oh, dev’essere un gran male! CRISTO No mamma, non stare a preoccuparti... adesso, te lo giuro non sento più male... mi è passato... non sento più niente, va’ a casa mamma, ti prego, va’ a casa... MARIA Sì, sì, andremo a casa insieme, vengo su, a tirarti giù da queste travi, cavarti fuori i chiodi piano, piano. Datemi una tenaglia... venite a darmi una mano... aiutatemi qualcuno...! SOLDATO Ehi, donna, cosa fai lassù sopra alla scala? Chi ve l’ha dato il permesso? MARIA È mio figlio di me che avete incrociato (crocefisso)... voglio schiodarlo, portarlo con me, a casa... SOLDATO A casa? Ohi che premura, non è ancora frollo abbastanza, o santa donna, non è ancora ben stagionato! Bene, appena tira gli ultimi vi faccio un fischietto, e venite a prenderlo bello che impacchettato il vostro caro giovane... Contenta? Venite giù adesso... MARIA No che non vengo! Non lascerò passare qui, in questo luogo la notte a mio figlio, da solo, tutto solo a morirmi. E voi non potete farmi questa prepotenza, ché io sono la sua mamma di lui, sono la sua mamma, io! 238 SOLDATO Bene. Adesso me le hai gonfiate a sufficienza, cara la mia mamma di lui: faremo come quando si scrollano le mele, volete vedere? Darò una bella scrollata a questa scala: e verrete giù a tonfo come una bella pera matura. CRISTO No! Oh, ti prego, soldato, che sei buono e caro! Fai a me quello che vuoi: scrolla la croce fino a lacerarmi le carni delle mani e le ossa, ma alla mia mamma... ti prego, non farle male. SOLDATO Avete sentito, cara mia padrona, quante sono le ore? Cosa devo fare? Per me è lo stesso lavoro: o scendete voi, e in fretta da questa scala, oppure io scrollo la croce. MARIA No, no... per carità... aspettate che sono già giù... guardate, sono qui ai piedi della scala. SOLDATO Oh, l’avete capita alla fine questa ballata, o donna benedetta... e non guardatemi con questi occhi da bruciarmi: io non ho colpa alcuna, se il giovane si è presa questa posizione scomoda di stare con le braccia allargate... oh che non ho pena di voi? che non conosco io, il luccichio di lacrime sanguinanti che vi sudano giù dagli occhi? È ben questo un dolore di madre! Ma non ci posso far niente, che io sono comandato che vada fino all’ordine questa condanna, sono condannato a farvi morire il figlio, o bene altrimenti, lassù, me attaccheranno, con gli stessi suoi chiodi. MARIA O buon soldato cortese, tenete, vi faccio un presente di questo anello d’argento, e di questi 239 orecchini d’oro... tenete, in cambio di un piacere che mi potete concedere. SOLDATO Quale sarebbe questo piacere? MARIA Di lasciarmi pulir via il sangue, a mio figlio, con un po’ d’acqua e uno straccio, di dargliene un po’ per inumidirgli le labbra spaccate dalla sete... SOLDATO Niente di più di queste sciocchezze? MARIA Vorrei anche che prendiate questo scialle e andiate sopra la scala a metterglielo attorno alle spalle, di sotto le braccia, per aiutarlo un po’ a restare attaccato alla croce... SOLDATO O donna, gli volete male al vostro giovane dunque, se lo volete mantenere più a lungo in vita a farlo soffrire di questi tremendi dolori. Nei vostri panni, farei in modo che morisse subito al più presto, io! MARIA Morire? Dovrà giusto venire morto questo caro mio dolce? Morte le mani, morta la bocca e gli occhi... morti i capelli?... Ohi, che mi hanno tradita... Oh Gabriele, giovane dalla dolce figura, con la tua voce da viola innamorante, per primo tu, tu mi hai tradito da truffatore: sei venuto a dirmi che sarei diventata Regina io... e beata, felice, in testa a tutte le donne! Guardami, guardami qui come sono a pezzi e sfottuta, l’ultima donna al mondo mi sono scoperta! E tu... tu lo sapevi nel portarmi “l’annuncio” che fa sciogliere dalla commozione, di farmi fiorire nel ventre il figlio, che sarei diventata di questo bel trono Regina! Regina con il figlio gentile 240 e cavaliere con due speroni fatti con due gran chiodi piantati nei piedi! Perché non me lo hai detto prima del sogno? Oh, io, stai sicuro, io non avrei voluto essere riempita, no, giammai a questa condizione, anche se fosse venuto il Dio padre in persona e non il piccione colombo suo spirito beato a maritarmi... CRISTO Mamma, o che il dolore ti ha fatto diventar matta che bestemmi? Che dici cose senza cognizione? Portatela a casa, fratelli, prima che abbia a rovesciarsi là, riversa e stravolta. UOMO Andiamo Maria, fate consolato (contento) il figlio di voi, lasciatelo in pace. MARIA No che non voglio! Perdonatemi... lasciatemi stare qui vicino a lui, che non dirò più neanche una parola contro suo Padre, contro nessuno. Lasciatemi... oh, fate i buoni! CRISTO Ho da morire, mamma, e faccio fatica! Ho da lasciarmi andare, mamma, consumare il fiato che mi mantiene (in vita)... ma con te qui vicino che ti strazi non sono capace, mamma... e faccio più fatica... MARIA Ti voglio aiutare, mio bene, oh, non cacciarmi via! Fa’ che ci soffochino insieme, madre e figlio, che ci mettano abbracciati tutti e due in una tomba sola! SOLDATO Ve l’ho detto, sacra donna! Non c’è che un mezzo se volete farlo contento: ammazzarlo di colpo!... Voi prendete svelta quella lancia laggiù appoggiata, noi soldati faremo finta di non starci con 241 gli occhi (di non guardare), andate di corsa sotto la croce e piantategli con tutta forza, di punta, la lancia nel costato, a fondo nel gozzo, e, di lì a un momento, vedrete, si schianta il Cristo e va a morire. (La Madonna cade a terra). Cosa vi succede? Com’è che è svenuta se non l’ho neanche toccata? UOMO Allungatela là... fate piano... e andate via d’attorno, che abbia a prender fiato... DONNA Qualche cosa per coprirla, che ha i tremiti del freddo... ALTRO UOMO Io ho dimenticato il mio mantello... UOMO Fatevi in là, aiutatemi ad allungarla... ALTRO UOMO E adesso state quieti e lasciatela riposare. MARIA (come in sogno) Chi sei laggiù, bel giovane, che mi sembra di riconoscerti? Cos’è che vuoi da me? DONNA Va sonnambula (parla nel sonno), donna smarrita... ha le visioni... GABRIELE Gabriele, l’angelo di Dio, sono io quello, vergine, il nunzio del tuo solitario e delicato amore. MARIA Torna ad allargare le ali, Gabriele, torna indietro al tuo bel cielo gioioso, che non hai niente da fare in questa schifosa terra, in questo tormentato mondo. Vai, che non ti si sporchino le ali dalle piume colorate di gentili colori... non vedi fango e sangue, sterco di vacca, è tutto una cloaca? Vai, che non ti si spacchino le orecchie tanto delicate con questo gridare disperato e i pianti e l’implorare che 242 cresce da ogni parte. Vai, che non ti si consumino gli occhi luminosi nel rimirare piaghe, croste e bubboni, e mosche e vermi fuori dai morti squarciati. Tu non sei abituato, che in paradiso non ci sono rumori né pianti, né guerre, né prigioni, né uomini impiccati, né donne violate? Non c’è né fame, né carestia, nessuno che suda (per il lavoro) a stancarsi le braccia, né bambini senza sorrisi, né madri smarrite e scure (per il dolore), nessuno che peni per pagare il peccato (originale) vai, Gabriel, vai... GABRIELE Donna addolorata... che perfino nel ventre t’ha strappato il patimento, oh, io lo conosco chiaramente questo tormento che ti ha preso guardando il Signore giovane Dio inchiodato... In questo momento vengo a conoscerlo anch’io (al) pari di te. MARIA Lo conosci al pari mio, pari a me? L’hai avuto tu, Gabriele, nel ventre ingrossato, il mio figlio? Hai morso tu le labbra per non gridare di dolore nel partorirlo? L’hai nutrito tu? Dato il latte dalla mammella tu, Gabriele? Hai sofferto tu, quando è stato ammalato con la febbre, le macchie della rosolia e le notti in piedi a ninnarlo (quando) che piangeva per i primi denti? No, Gabriele? Se non hai provato queste bagatelle, non puoi parlare d’avere il mio dolore in questo momento... GABRIELE Hai ragione, Maria... perdonami questa presunzione, che me l’ha dettata lo strappacuore che ho dentro (tanto) che mi figuravo di essere in cima 243 ad ogni patimento. Ma io vengo a ricordarti che sarà proprio questa tua canzone, pianta senza voce, questo lamento intonato senza singhiozzi, questo sacrificio tuo e del caro figlio di te che farà squarciare il cielo, che possano gli uomini riversarsi per la prima volta in paradiso! Altra Versione Il primo miracolo di Gesù bambino Quando in tòl ziélo impiegnìdo de stèle, de bòto, come fùlmine, l'è 'rivàdo uno stelón meravegióso con 'sto grande cuùn sbarluscénto de fògo sbarlazàndo tüte le stèle i se metüe a criàr: "Ohe, 'craménto! Chi l'è?". Al'éra la stella cometa che vegnìva dall'oriente per dàrghe l'indicasiùn a i Re Magi. Gh’éra il primo Re Magio, quello vègio, co' al'éra sü un caval negro, atènti a l'allegurìa, o' l’éra ingrignàt, un nass a bèch de catìvo che ól trava sacraménti perchè ól gh'avéa dei bugnùni sul cül che a ògni selàda: toc!, se ne schisciàvan quatórdese e biastemava 'mé Dio. A gh’éra il Re Magio biondo, ciàro, sempàtego ch'ól rideva, col mantelo d'arzento, muntà sü un cavàl bianco, aténti a l'allegurìa. E appresso a gh’éra il Re Magio negro che è sü un camèlo griso: un Magio negro... un negro, ma cussì negro, che contro a 'sto camèlo griso che montava, pareva più bianco del cavàlo bianco del Magio biondo. Bèlo de fàcia e tüto ridénte de quaranta dencióni luzénti e con dòi ögi che sbalusciàva nel scüro a luminàre. E sémpre sóvra al camèlo andava cantando. E ól cantava de contìnua, 'sta tiritéra: 244 "Oh che bèl, che bèl, che l'è andare sül camèl! Che bèl, che bèl! Un saltèl, do' saltèl sü le goebe dèl camèl! Oohh che bèl, che bèl el camèl che va a Betlèm, Sóta el lüm de mila stèl. La cométa che a cumpàgna giüsta fin a la capàna e la Madòna che la nina el Bambìn che piàgne e frìgna e Giüsèp che sega, sega. I angiulìt che i vola e i préga. L'asinèl e ól boe che i bòfa el camèl che sgamba e ól sgròpa balzelóni, vah 'm' el tròta! Oh che bèl, che bèl, che bèl che l'è andare sül camèl! De gran lónga pusé bèl ch'andar sül cavàl sul cavàl té scròla i bal che no' té càpita sul camèl che bèl, che bèl, che bèl!" "Baastaa,baastaa! - el vègio Re Magio ól biastemàva - Ma no' se pòde! O l'è quatro ziórni e quatro nòte col canta che l'è bèl andare sü 'sto camèl!" (Il Re Magio negro riprende la tiritera) "E per fòrsa che mé tóca cantare 245 in sül camèl per farlo andare perchè se mi no' ghe canto el camèlo s'indorménta. S'indorménta, bürla par tèra s'impantéga e mi stravàco col camèl che mé sbraga adòso e ghe rèsto tüto schiscià! Sì che canto sul camèl! Oh che bèl, che bèl! Cossì arìvo a la capàna co' la Madòna che la nina San Giüsèp che ól sega ól sega ól Bambìn che ól frìgna e piàgna i angiulìt che i vola e i préga. El camèl che sgròpa e ól tròta oh che bèl, che bèl, che bèl! Sóra el camèl bisogna che canto anca per dàrghe un po' de ritmo perchè andare sul camèl no' l'è come in gròpa dèl cavàl che ól cavàl va col galòpo e ól camèl ól sgamba a tròto sciàmpe ambàde una d'avanti e l'altra de drìo, che se no' se dà el bòn témpo se intupìca de 'na gamba se scarpüscia e ól và de sciàmba borletóni el va, se stciànta e mi, sóta de roèrsa tüto schisciàto dal camèlo! Oh che bèl, che bèl, che bèlo! 246 Dàrghe ól ritmo e farlo balàre che a Betlèm mi vòj arivàre, col camèl. Oohhee che bèl! Oohhee che bèl!" "Basta! - ól crìa desperàto ól vègio Re Magio - Té magno vivo! Té pélo via tüto el negro e mé magno el bianco de déntro! Té lo magno intiéro! Già, l'idéa de far venir anco un Re Magio négro, parchè doveva èsserghe tüta l'umanità! Poteva mìga tiràrghe aprèso uno giàldo, rosso, coi balìt?... No, negro! E poe co' 'sti ögi bianchi c'ól gh'ha, co' la sfèrsula négra in mèso... che quando gh'è scüro ghe végn rossa ch'el par 'na bèstia feróce. Che l'altro ziórno sunt andà in campagna, che gh'avéa dèi mè bisogni, che anca se sont un Re Magio gh'ho i miei bisogni de fare! A gh’éra scüro, sont andàito in un pràt, mé sont tirato giò le bràghe... perdonéme se ve la cónto... éro a metà scrusciàdo sü i ginögi, proprio in quèsta posisiòn, de boto devànti a mi té vedo 'na bestia, dei denci de bestia, dò ögi... un leon! Mé sónt cagà sóra le braghe! E poe l'éra lü, devànti a mi, che ól cagàva e nol cantava! L'ünica volta che nol cantava. Mi son cossì inferocìt, desgrasiò, fra i bugnùni che mé stciòpa, il che bèl, che bèl, che bèl, i spaventi che mé fa catàre, son cossì nervoso che, se arìvo a Betlème in 'sta manèra, stròso il bambìn dentro la culla." In quèl moménto nel ziélo... woom.. ól stelòn grande de la cométa ól s'è blocàt. "Cus'è capitàt?" 247 "La s'è fermàda per ciapà un po' el fià! El voer dì che sèm arivà! 'Rivàti quasi a Betlèm, che bèl, che bèl!" "Bastaaa! Mi ghe vago da solo a Betlèmme!" Dise desperà ól Rè Magio vègio, ghe da de spròn al sò cavàlo e ól va via come un mato e a drìo, sübito, el Re Magio negro a seguitàrlo e tüti e dòi i va in fondo nèl scüro e i scompàre... i scompàre ma se sénte sémpre più baso: "Oh che bèl, che bèl!" - "Basta!" - "Oh che bèl... " - "Basta!" (Porta la voce quasi a spegnersi sempre più flebile in lontananza) "Oh che bèl!" - "Basta!!" Nel ziélo impiegnìdo de stéle, de bòto l'è spontà l'ànzelo meravegiòso, co' dei cavèi tüti svarulénti de bòcoli che col vénto i sbanderàva... Un gran cerchión d'oro tacà, inciudàd, sü la crapa. Vestìdo de séda che col vénto i sbratacàva come vele slasàde. E de travèrso, chì sül stòmego, 'na grande svérzula de séda, ciara, granda, con scrito sopra: "Angelo!" Per quèi che no' capìse subito. E 'stu angelo, co' 'ste grande ali tüte coloràde, andava vdo 'mé 'na poiàna treménda nel ziélo. El vegnìva giò a pignamorta a raspà la tèra e ól criava: "Omeni de bòna volontàaauuuaaauvvvv, venì ch'è nato el redentoreeeeaaaauuuuuuuaaaaaavvv!" (Mima la picchiata con volo radente dell'angelo) Con tüti i pastori che se bütàvano per tèra spaventà! "Oheee... ma té sè mato! Té vo' schisciàrghe? A t'è spaventà tüti i péguri... che ghe andà via anca el late!"(Mima un'altra picchiata dell'angelo che per poco non lo travolge) 248 "Almànco té capitàsse d'andàr a sbàtere contra la montagna a scarcagnàrte el çerción fino al còlo, a spantegàrte tüte le piüme dapartüto. Ga1inàsso!" E tüti i pastori ghe diséva: "L'è megliór che catémo quarche ròba da portar al bambìn ch'è nasùo se no questo ól va avanti e indrìo, tüta la notte, e ghe sega e ghe ara tüto!" E tüti i ghe andava con un dono, in processiòn. Chi ghe porta dèl formàjio, chi che ghe porta un cavrèto, dèi conìli, un altro de le galìne, e chi ghe porta dèl vino, de l'oli, chi che ghe porta le póme còte e le torte coi maróni. E po' ghe ne sónt de quèi che arìvan co' la pulénta apòsta da la bergamàsca. Cu' la pulénta fumànta de lontan! Roba che, dàrghe de la pulénta a un bambìn apéna nascìdo, ghe vòl una bèla testa de cojóni! E lì, a la capàna, tutt'intórno a gh’éra de la gente che faséva dei baccàni, a gh’éra di quèli che ségava: Vir, vrom, vir, vrom; e poi quèli che batéva il fèro: pim, toc, toc pem; e gh’éra quèli co l'ànsema che dava ól fià: "buò, fir, fuòm, fim; e poi quei che vendéva: végne, végne, de ün, de dòi, chi valza la man par prim. "Basta! Vergogna! Tutto 'sto baccàn! 'Sta pòvara dòna, de la Madòna, so' tre giorni e tre notti che no' la dorme, se pùò far fracàss in 'sta manéra? Vergogna!" - "Eh, ma noiàltri vorsémo far el presepio!" E dentro la capàna gh'è tüti che entra in ginögio coi regali e Sant'Ana cata tüto: "Andì indrìo, andé a pregàr de fora, dàme qua i regali. Signor Jesus bambìn ti dovéa nàssere almanco tre volte a la setimàna, chi farémo una resérva de roba!" Arìva i Re Magi, i se ingenögia. Gh'è el vègio che el porta el sò regalo, poe el giovinèto e poe arìva dentro el negro... 249 "Ohi che bèl, che bèl, che bèl! Ól Bambìn nèl cavagnèl!" "Foera negro, via, cito! Spavénta no el fiulìn. Canta de foera!" El vousa el re vègio. In quel mentre 'riva dentro l'ànzelo, Gabriel, gridando: "Via, sübeto fuga in Egitto che gh'è ól re Erode che taja le teste ai bambìn come fuósse funghi." E allora Sant'Anna dise: "Per piasér gh'ho besògn de tre cavàli e tre carétti per caregàr tüta 'sta roba" - "No, no' gh'è tempo de caregàr, besògna andàr via sübeto. Via, fuga in Egitto." - "Ah, furbàsso ànzelo, ti voi catàre tüto ti, eh!" Poi tìren fora l'àseno che no' sta in pìe, l'è tüto embriàgo, che son tre giorni e tre notti ch'ól bófa per darghe un po' de calór al bambìn, no' sta drìsso, ól gh'ha la pànsa quasi par tèra e cominciano a caregàrghe de roba sulla stciéna, ól va par tèra, slìsséga. La Madonna ól va en gròpa e San Giüsèppe ghe dise: "Madona dessénde che 'sta bestia ól crepa!" - "Ma mi no' pòdo desséndere, se la zente no' mé vede su l'àseno no' capìsse che fémo la fuga in Egitto." In quèl mentre vién dentro un ànzolo, gridando: "Foera, foera - dise - baterìa!" - "Come bateria!?" "Traslòco! Via, scapàre!" - "Dove?" - "Fuga in Egìto!" - "De già?!" - "Sì, gh'è tüti i soldài de foera che ve çerca." "Aspèta, 'ndemo a tór un carèto - dise Sant'Ana - per caregàre tüti i regali che gh'han portà." - "Gnente regali, no' se porta via niénte!" Dise la Madòna: "Eh no, i mè regali li vòjo cara, i mè regali per ól fiolìn, che quando devénta grande... " - "Tira foera l'áseno!" - "Ma no, no - dise San Giusèpe - no' se pòl 250 caregàrlo 'st'áseno, a l'è quatro ziórni e quatro nòti che el bófa, l'è sfiatà compàgn d'una lugànegha insechìda!" 'Gnìva avante infàti 'sto ásen, inciochì che no'l restava in pìe, ghe se slargàva i giambi apéna che ól caregàven. Caregàven tüti i fiaschi, i ótri, caregàven i formàj, pachi e fagòti. E 'sto ásen: wwumm! Wuwmm! el 'ndava sóto, slargàva i giambi, la pànscia per tèra. A gh'è la Madòna che monta in còpa al àsen, insentàda col fiolìn in bráscio. "Madòna - ghe diséva San Giusépe - ven giò, nol se po' mòvere, el mòre!" - "Ma no' pòdo caro, chè tüta la zénte l'è abituà, durante la fuga in Egito, a vedérme che mi son sentàda in sü l'áseno in fin da la parténsa!" *** E alóra San Giusèpe ól se mète sóta a l'áseno, caréga l'áseno in gròpa e van via tüti insémbia. Dòpo do ziórni, trè ziórni, tüta la sacra famégia 'riva davànte a Jaffa. Jaffa bianca co' tüte le tóri altìsime, maravagióse. E sübito l'ànzelo ól vola in ziélo, ól fà un gran cerchio vdo. E l'àseno ól tira sü la testa... Iiiaaaahhhhhhhhh! (Imita il ragliare dell'asino) Pprrrooofffff! Slarga le giàmbe, pom, la pànscia par tèra. Una lofa dèl cül: pluff! L'ànema de l'àseno la va in ziélo. La Madòna de in còpa a la bèstia spiràda, la varda: "Pòvara bèstia... Segno di Dio, voer di' che sémo 'rivàti!" Van drénto a la cità, tròveno 'na stambèrga, tüto un büso, che, dèl confronto, la capàna de Betlèm a l'éra 'na réggia. Giusèpe ól tòpa i büsi. La famégia se mète a dormire. La matìna sübeto, la Madòna la ciàpa 'na cavàgna, 'na cesta e la va intórna a cercar pagni de lavare, perchè besógna che jüta anche le' la faméja. San Giusèpe andava intórna col martèl, la sega e ciòdi per truà de fare mestè. 251 El fiolìn in mèso a la strada. La sera la Madòna l'arìva, morta roversàda, con tüta la stcéna spacàda, róta. La se sèta ancmò bagnàda, straca. E San Giusèpe vién de foera imbestià chè no' gh'ha truvà lavór d'un soldo. Se punta lì col martèl sul tàvul: Ptum! Ptum! Ptum! Ptum! El pica sóra i didi, che quèla l'è l'üniga manéra de sfogàrse che gh'han i legnamèe. 'Riva dentro ól Gesù Bambìn col mücc giò dèl naso, fin sü la bóca, tüto strapenàdo, con le mani vónce, le braghe de travèrso, sénsa gnanca 'na scarpa ai pìe. "Mama! A gh'ho fame!" "Bèla manéra che té gh'è de vegnìr a casa! Invece de domandàrghe sübet dèl to’' papà, de la tua mama se i son cunténti, o fategà. Perchè té déve far ti cossì, eh?" "Eh, mama, ma mi gh'ho fame!" E la Madòna: "Ma non ti gh'ha vergogna? Proprio ti che té sèt vegnü apòsta dèl ziélo, che té sèt nasciü al mondo apòsta per insegnàrghe ai altri a èser bòni, e avérghe amore e avérghe bòne parole per tüti... e proprio ai primi dòi cristiani che té ghe déve dar respècto, ti té arìvi a gnanca saludàrghe!" E Gesù Bambìn: "Oheu, la madòna!" Sbianca la Madòna e Giusèpe anche! Se mète a tavola. "Fiulìn va' a lavàrte i man, nétate i mòcoli dèl naso, mètese un po' i cavèli a polìto. Va' i bócol... cussì! Fate el segno de la cróse! No, aspèta, l'è un po' tròpo presto!" Poe el Bambìn ól dorme. Dorme la Madòna, dorme Giusèp. La matìna Gesù se desvégia , el resta da per lü, solo, no' gh'è nisciüno. Alóra se mète sü le braghe, mangia un tòco de 252 pane, va intorno dove che gh'è la strada e vede tüti i bambini che ziòga: cavalìna, sgiàfa a nascundùn, tòpa falsa... "Ehi, bambìn! Féme ziogàr anca mi ai vostri ziòghi!" - "Nò!" - "Vo' sóta mi! Fémo la cavalìna. Anca a la sgiàfa" - "No! Va' via, Palestina!" - "A córere? Viàltri mé corè drio. Fémo el ladro. Mi fel ladro?" - "No!" - "Ma perchè?" - "Via, Palestina! Terün!" El fiolìn piange. Piange ól Bambìn coi ögi grandi che cola' gotón de làgrime. E pur de avérghe la posibilità de ziogàr, de far festa, de far ziògo e fantasia coi altri fiolìt, el fa un miracolo. Che la sòa mama gh'avéa sémpre dito: "No' far miràculi intorno, che i té scopre, che se i capisse che ti té sèt ól fiolìn de Dèo arìva i sbiri de l'Erode e ghe tóca scapàre de nòvo!" Lì, in de la piàsa, gh'éra 'na fontana. E tüta intorna la tèra... de la tèra créta, de quèla che se 'dòpera per fare i matóni. Jesus Bambìn ól ciàpa sü un pagnòco de tèra e ól comincia con 'sti didìni a lavuràrla: el fa foera un crapìn d'osèlo poe tüto el corpascìn con le aletìne, la cóa, poe le piüme, fine, fine. El cata sü ón bastonsìn per farghe le sciampìne... "Bambìn, varda che bèl osèlo de mòta che gh'ho fàito! De tèra l'è!" "Oh che bravo el Palestina, végne apòsta de lontano per farghe vedere l'uselìn de mòta... oh bravo!" - "Sì, ma mi sunt capàze de farlo volare." - "Come?" - "Ghe fo' 'na bufàda." "Fà vedé?" "Èco! (Soffia con forza) Pfffuuuuu!" e l'uselìn ól dervìse tüte le piüme e le ali, se desténde, sbate, sbate: ciup, ciup, 253 ciup, ciup, viricip, ciup, viriiii, cip! (Con le sole mani mima l'uccello che svolazza intorno fino a scomparire nel cielo) "Bòja, che drago el Palestina! Che stregonàsso! Ohi, l'ha fàit volàr l'usèl de mòta co' 'na bufàda. De tèra l'éra!" - "No' l'è miga véra!" - "Com no? L'ho vidù mi!" - "Ma l'è un trüco vègio 'mé la Madòna: lü l'ha catà un uselìn de quèi inturpicà che burlà giò da 'n'albero... l'ha catà sü... poe l'ha sguatascià ne l'àqua... dòpo l'ha sfrugugnà un pochetìn ne la tèra.. poe l'ha metü sóra la man, gh'ha bufà in tèl cül: brivido... vce, vce, vce... l'è vulà via!" - "Ma no, l'ho visto mi, l'éra pròpio de tèra! Dai… Faghe védar, dài Palestina... 'n'altro tòc de créta, avanti via, möevess... (mima di creare un uccellino) dai che l'è fato... via co' le alète... Dai, bufa!" - "Spèta!" "Chi?" 'Riva un fiulòt, un bambìn, co' 'na gran testa tüta risulìt négher: "Fermo, verificare!" "Chi sèt?" "Tomaso!" "Tomaso? Come no' dito!"(Alza le mani, arreso di fronte alla consuetudine e al personaggio) Tomaso ciàpa un ciòdo... sum sum sum... sbüsa l'oselìn de tèra: "Regolamentare, vai!" "Aténti che bóffi!" (Soffia) Ppfffuuuuuuuu... (Mima nuovamente il volo dell'uccellino) cip, cip, cip, cipcipcipcip! "Vola! L'osèlo vola! Bravo Palestina! Caro come té voeri bén! Toh, un basin! Ma perchè té se stàit luntàn cossì tanto témpo? Che giògo che fémo! Adèso ognuno ól fà un osèlo... e ti, poe, Palestina: pffuuuu!, bófa e fa volar i nostri osèli!" "Dai Palestina! Che bèl Palestina che té sèt!" 254 E tüti gh'han comincià a far dèi oselón. V'un gh'ha fàit un panotún tüto tondo co' una côa drissa, con dèe alète quadri, con un gran crapón che burlàva giò, poe l'ha fàit dò giambìne, tum... el burla giò... ghe n'ha metü quatro, poe cinque zampe. "Ma no' se pòl un osèl de çinque zampe!" "Se no' stà in pìe... Importante che vola, no?" Poe 'n'altro, 'na lugànega, una bissa, 'na bissa salàma, con dodése ali in fila, sénsa la côa, dódese zampe. "Lè un cagnòtto..." Poe 'n'altro l'ha fàit un bugugnùn... paréva 'na torta, co' la testa drissa in mèzo, sénsa còlo, el bèco su sü... e tüte le ali, tüte scompagnàde, tüte intorno. E sénsa giàmbe. "No' so se el vola, vedarèm..." Poe, 'n'altro, gh'avéa fàit dèi oselìn che pareva de le cagadìne. Poe 'n'altro un strunsùn. E l'ultimo, un gato! "No' se pòl far volare un gato!" "Se vola quèl strunsùn là, volerà ancha el mé gato!" "No, ma i gati no' se pòl far volare. Un po' de régola!" "Mama! El Palestina no' vol far volar el mè gato! (Mima la madre che si affaccia al balcone e grida:) Fa' volàr sübeto el gato d'el mè fiòl, Palestina! Se no, vegni giò e té inciòdo!" (Mima il bambino Gesù che si osserva preoccupato le palme delle mani) "Tüti i oselón, tüti in fila!" "Via, che el bófa!" (Mima il volare strampalato dei vari uccelli) 255 Pffuuuuu... El pagnutùn: quac, quic, quoc, qua, té, pu, qua, té. Pfffeeee... La lugànega: pici, pete, qua, té, ce, che , se, té, pe. Pfffeeee... La torta: psu, pse, psu. Pfuuuu... El strunsùn: pce, pque, pte, pci, pce. El gato! Pfuuu gniaaaaoooo gna gnum gnam! Magna tüti i osèli dèl ziélo! "Ohi! Che bèl, che rìdare a stciepapànza!" "'N'altra uselàda, avanti tüti inséma!" Tüti che fan i osèli. Végnen anche dai altri quartiéri, tüti i fiolìt. Tüta la piàssa piéna de fiolìt che fan pastròchi con la tèra, tüte le statuète... Osèl de tüte le forme e culóri. I ziòga, i ride, i canta! Ma in quèl moménto: trac! Se spalanca el portón de la gran piàssa. E se vede 'parìre un cavalìn negro, tüto bardà, bèlo, con sóvra, a montàl, un fiolìn tüto rubisón, con dei öci sbricón, con i cavèli bén petenà... le piüme sül capèlo, vestìt de velùto e de séta, con un coletón de pisso. E gh'éra dòi soldati d'aprèso: el sovrastòmego de fèro, piüme anca loro sul capèl, montà sü dòi cavàli bianchi. Quèl bambìn l'éra ól fiòl dèl parón de tüta la cità. (Mima il bambino che, dal cavallo, si rivolge ai ragazzini del quartiere) "Ehi fiolìn, che cosa ziogàte?" "No' far mostra de gnénte, Palestina! Quèlo l'è un rompicojón. L'è ól fiòl d'ól parón. No' darghe trà. No' darghe corda, fa' finta de gnénte." "Mi dite a còssa state a giocare? Pòso giocare co' voiàltri?" "No!" 256 "E perchè, de gràssia?" "Cussì! Perchè tüte le volte che noialtri domandémo de ziogàr con ti, fiòl dèl patrón, coi to’' cavàli per far un zirèto, ti té dise no! Perchè tüte le volte che vegnémo a casa tua, che té gh'è de gran ziòghi, té ne fàit descassàre da i to’' sbiri! Noiàltri adèso gh'avemo un bèl ziògo, el più bèl ziògo dèl mondo, ma el Palestina, che quèl l'è al cap dèl ziògo, l'è nostro. Ti té se sióro ma no' té gh'e ól Palestina. Palestina l'è par noiàltri. Vero Palestina? (Mima di baciare Gesù) Pciu, pciu! No' té ne andar co' quèlo ah? No' fa el Giuda, ah?!" "Ma se pòl savére che ziògo l'è?" "Sì, che té lo digo... Noiàltri fasémo i uselón. Poe ól Palestina, bófa e i fa volare. Ti vol ziogàre anca ti?" "Oh sì!" "Bòn, tira fòra el to’' oselìn, bófaghe sóvra, e vedòm se ti è bòn de farlo volare!" (Gran sghignazzo corale) Rosso, inrabìto, co l'éra ól fiolìn dèl padrón, co' i i ögi foera de la testa. Gh'ha catà 'na lanza dèl soldàt, gh'ha dàit de spròn al so' cavàl, l'è 'rivàt in mèso ai fiòl criàndo 'mé un mato: "Se no' ziògo mi, no' ziogàte gnànca voiàltri!" Zan, zan, a spacàre coi zòcoli dèl cavàl tüte le stàtue, tüte le figurine de créta. Tüta par tèra, la tèra spacàda. Coi fiulìt che piagneva... tiràva bale de mòta; i soldàt coréndo a cavàl, criava: "Via! Foera, andìt foera, via! Che el pòl fare quel che el vòl quèl, parchè l'è ól fiòl dèl padrón!" 257 Le mame che vegnìveno foera de le finestre: "Catìvo! Un ziògo si bèlo co l'éra. No' costava gnénte... i nostri fiòl i l'éra conténti, e ti..." E i soldai: "Via matre! Via, che ve 'riva le lanze!" Pfium, pfium, ptum, ptum! Tüte le finestre seràde. La piàsa vòta. Gh’éra restà soltanto ól fiolìn dèl parón sul so' cavàlo negro, coi soldati che i rideva. E nesün gh'avéa scorgiùo che gh'éra restàt ól Bambìn Jesù visìn a la fontàna.. coi ögi grandi, impegnìdi de làgrime... che ól vardàva verso ól ziélo che el s'éra impiegnìdo de nìvole. "Paadreee, paaadreeeee!" Le nìvole se son dervìde: broomm, proomm, brooommm! (Mima il padreterno che si affaccia fra le nuvole) "Se gh'è!" (Rifacendo il tono del bambino, che a fatica trattiene il pianto) "Padree, son miii, Jesus..." "Cosa t'è capitàt, Bambìn?" "Eehh... quèl fiulìn lì l'è catìvo, chè gh'ha stcepàt tüti i figurìn de tèra che noialtri gh'avémo fato per ziogàre. G'ha scarcagnà tüto col so' cavàl e (Piange farfugliando) guduhntuchetugudutu" "Ma caro, per 'na stupidàda cusì, té gh'ha de far ciapàre un spavénto cusì grando a to’' pare? Che so' 'rivàto de volàta, de l'altra parte de l'univèrso che éro... gh'ho sbüsà quasi dódes nìvoli, gh'ho tirà sóta dódese cherubini, e mé son stùrta tüto ól triangolo, che ghe voer una eternità a rimpiasàl a 1'órden!" "E, ma lü l'è stàit catìvo! Lü l'è ól fiòl dèl parón, gh'ha tüto! Gh'ha tüti i ziòghi, ma l'istèso, quando gh'ha visto che 258 noialtri éremo conténti, gh'ha... (Singhiozza) ghidi tüte tuduuhu stcepàdo tüto... ehheeehhhe... e mi gh'avevo tanto fadigà..." "Parla ciàro." "E mi che gh'avevo fàto tanta fatìga de far ól miracolo de far volar gli oselìni... per avérghe dèi amìsi, per ziogàre insémbia... che dòpo i mè ciamàva Palestina caro toh un basìn!... E adèso son de nòvo solo, come prima. Che tüti i amisi mìi son scapati... ehhhee... (Piange) Gh'ho gran dolore mi, gh'ho gran dolore patre eeehhheeee..." "Oh té gh'hàit rasón. A dévo bén dir che ól spacàre, ól stcepàre sogni e ziòghi de plagér de fantasia, o l'è pròpi ól pejiór de tüte i viòl! Ma quèlo l'è un fiolìt, caro... cosa devo fare eh?"(Gesù, prima si lascia sfuggire un sospiro di pianto, poi, con tono, il più candido e normale possibile) "Màsalo! (Sorride guardando accativante verso l'alto per ottenere il consenso del padre) Eh!" "Ma caro, t'ho mandàt giò apòsta dal çiélo in tèra per imparàrghe la pace fra i òmeni... parlàrghe d'amore. La prima volta che quaicün té fa quaicòsa, té voi masàrlo! Té cominci bén la professiòn, eh?" "È tròpo? Bòn, alora stórpialo... sguèrcialo... eh? Sguèrcialo e stórpialo..." "No, no' se pòl far 'ste cose, caro. No' se pòl comensàr co' la violénza cussì, eh?" "No' se pòl? No' té pòl ti? Lo maso mi?" "E bon, fàit quèl che té pare, che tanto co' ti, no' se pòl descùtere. Ma non andar intorno a racontàr che so' stado mi!" 259 Prrooomm, bbrrraaaamm! I nìvuli sfragùglia da partüto e el Dèo scompare. No' l'è pasàto ól témpo. De nòvo a gh'è ól fiolìn dèl padron col ride, coi soldàt che i se sganàsa a rigolà, e ól Bambìn Jesù visìn, c'ól ciàma: "Patron... fiòl dèl parón!" "Eh?" "Eeehhheeeehhhh! (Ride col compiacimento di chi sta per preparando uno scherzo atroce) Té ridi, ti, eh? T'è fàit tüto 'sto sacrapànte d'intorno... t'è spatascià tüti i statuèti, el nostro ziògo. E ti sèt conténto, tranquìlo... ti pénsi che nisciün té faga gnénte, eh? Ti è convènso che no'l può èserghe nisciün che té castiga al mondo. Gnànca to’' pare, ah? E se adèso invece mi té fùlmino? Té ridi, eh? No' té ghe credi, eh?" Ffvvuuuooommmmm! Un fulmine treméndo è sortì dai ögi dèl Jesù Bambìn. (Descrive la terribile fiammata) Una léngua de fògo! 'Mé 'na bisa-serpénte infiamàda, l'intorcìga tüto 'sto fiolìn, ól scaravénta, ól revòlta, ól sbate per tèra, divénta tèra còta come in un forno. Poem! Fumante!! Tüte le done dai balcón se büta a criàre: "Stregonàso! Cosa ti gh'ha combenà de treméndo!?" I soldàt sbianchìdi de spavénto che scapa sui cavàli. La Madòna, che gh'ha sentìt criàr de lontàn la 'riva de corsa: "Cos'è succès? Fiulin cos'hàit fa' ti?" "Gnénte... ho fa' un miracolo. Mio primo miràculo. Varda, l'è ancora caldo." "Ma come... l'è un bambìn?! L'è un fiolìn che t'è trasformà in tèra cota!!! Ma cos t'è fàit cos? Ma perchè?" 260 "Eh! Ma lü l'éra catìvo, cara!" "No' vòj 'scoltàr scüse! Resüsitalo!" "Noo!" "Jesus, obidìse! Pénse a la povera mama de 'sto bambìn... lo strapacòre che gh'averà...! Resüsitalo!" "Ma non son capàze madre, mi gh'ho imparà soltanto a fulminare; no' gh'ho ancora imparàt el resùrgit!" "No' dir bosìe! Resüsitalo e inprèscia! No' ti capìse che se 'riva i sbiri ghe tóca de scapare de nòvo... mi e to’' patre che gh'avemo apéna trovà un lavór!" "Eh, ma però... Èco... no' se pòl fare un miracolo che bisogna disfarlo sübeto! Bòn, lo resüsito, però co' 'n'a pesciàda..." Tum! 'N'a pesciàda in tèl cül de tèra. Prum! El bambìn de carne e òsa torna in pìe. Se tégne i ciàpi in dèi mani... ól varda intorno spaventàt: "Cuss'è capitàt, cuss'è sucès cos'è?" E el fiolìn Jesus ghe dise: "Mi sont stàit! Ól miracolo... fulminà... resüsità! Poe l'è 'rivà la mia mama... Ringrasia la Madòna! Faghe sübit un fiurèt! Ma ti, té sénte brüsar ól cül per la pesciàda che té ho dada? Aténto che gh'é un'alegorìa, eh! Bòn servìsi per quei che son stremìdi... che derénto le finestre son nascondüdi per gran pagüra. (Indica in alto tutt'intorno alla piazza) Se quèli comìnzeno a penzàre, razonàre, bada bén, che ti, té deventerà grande a forza di pesciàdi che ti ciàpi! El cülo té monta, té monta, té monta, té monta: puuummm! E stciòpa! In eterno senza cülo! Amen!" 261 IL PRIMO MIRACOLO DI GESU’ BAMBINO ULTIMO Quando in tòl ziélo grando e scüro e pién de stèle, de bòto, come fülmine, l'è 'rivàda la stèla cuméta con 'sto grande cuùn sbarluscénto de fògo sbarlazàndo 'mé un serpénte immatìdo cól balo de San Vito… e l'è piombàda deréntro a 'sti lumini de stèle cupàgn d'ón scurbàt-pipistrèll a spampignà un fròtt de lùciole stremìde… 'ste pòre stèle i se metüe a criàr: "E ma chi l'è quèsto? 'Craménto!" E 'sto stelùn spricutàva e ól tornava indrèe, scumparìva de luntàn, segnàva 'na gran scia che 1'éra proprio el camìno per i Re Magi. Infàti a gh'éra tre Regi e Magi che i veniva de luntàn, fin dèl'oriénte. El pü vègio di tre Magi a l'éra un Rè con tan de corona d'òra in testa, i cavèli bianchi e una barba grisàda. La fàcia ingrognìda, un nass a bèch de catìvo che ól biastemàva e trava sacraménti perchè ól gh'avéa dei bugnùni sul cül che a ògni selàda: toc!, se schisciàvan de farlo criàre. A ghe n'éra 'n'altro, zóvane, muntà sü un cavàl bianco, in testa la corona indóva ghe spontáveno risulìn tüti d'ori e sótta dòi ögi celèstu e sémpre la bóca gh'avéa un sorìso. E un terso ghe n'éra, terzo Re Magio muntà sü un camèlo: un Magio negro... un negro, ma cussì negro, che contro a 'sto camèlo griso che montava, pareva più bianco dèl cavàlo bianco dèl Magio biondo. Bèlo de fàcia e tüto ridénte de quaranta dencióni luzénti e con dòi ögi che sbalusciàva nel 262 scüro a luminàre. E sémpre sóvra al camèlo andava cantando. E ól cantava de contìnua, 'sta tiritéra: "Oh che bèl, che bèl, che l'è andare sül camèl! Che bèl, che bèl! Un saltèl, do' saltèl sü le goebe dèl camèl! Oohh che bèl, che bèl el camèl che va a Betlèm, Sóta el lüm de mila stèl. La cométa che a cumpàgna giüsta fin a la capàna e la Madòna che la nina el Bambìn che piàgne e frìgna e Giüsèp che sega, sega. I angiulìt che i vola e i préga. L'asinèl e ól boe che i bòfa el camèl che sgamba e ól sgròpa balzelóni, vah 'm' el tròta! Oh che bèl, che bèl, che bèl che l'è andare sül camèl! De gran lónga pusé bèl ch'andar sül cavàl sul cavàl té scròla i bal che no' té càpita sul camèl che bèl, che bèl, che bèl!" "Baastaa, baastaa! - el vègio Re Magio ól biastemàva - Ma no' se pòde! O l'è quatro ziórni e quatro nòte cól canta che l'è bèl andare sü 'sto camèl!" 263 (Il Re Magio negro riprende la tiritera) "E per fòrsa che mé tóca cantare in sül camèl per farlo andare perchè se mi no' ghe canto el camèlo s'indorménta. S'indorménta, burla par tèra s'impantéga e mi stravàco cól camèl che mé sbraga adòso e ghe rèsto tüto schiscià! Sì che canto sul camèl! Oh che bèl, che bèl! Cossì arìvo a la capàna co' la Madòna che la nina San Giüsèp che ól sega ól sega ól Bambìn che ól frìgna e piàgna i angiulìt che i vola e i préga el camèl che sgròpa e ól tròta oh che bèl, che bèl, che bèl! Sóra el camèl bisogna che canto anca per dàrghe un po' de ritmo perchè andare sul camèl no' l'è come in gròpa dèl cavàl che ól cavàl va cól galòpo e ól camèl ól sgamba a tròto sciàmpe ambàde una d'avanti e l'altra de drìo, che se no' se dà el bòn témpo se intupìca de 'na gamba se scarpüscia e ól và de sciàmba borletóni el va, se stciànta 264 e mi, sóta de roèrsa tüto schisciàto dal camèlo! Oh che bèl, che bèl, che bèlo! Dàrghe ól ritmo e farlo balàre che a Betlèm mi vòj arivàre, cól camèl. Oohhee che bèl! Oohhee che bèl!" "Basta! - ól crìa desperàto ól vègio Re Magio - Té magno vivo! Té pélo via tüto el negro e mé magno el bianco de déntro! Té lo magno intiéro! Già, l'idéa de far venir anco un Re Magio négro, parchè doveva èsserghe tüta l'umanità! Poteva mìga tiràrghe aprèso uno giàldo, rosso, coi balìt?... No, negro! E poe co' 'sti ögi bianchi c' gh'ha, co' la sfèrsula négra in mèso... che quando gh'è scüro ghe végn rossa ch'el par 'na bèstia feróce. Che l'altro ziórno sunt andà in campagna, che gh'avéa dèi mè bisogni un po' de corpo de fare... e mé sont tirato giò le bràghe... perdonéme se ve la cónto... éro a metà scrusciàdo sü i ginögi, proprio in quèsta posisiòn, quando té vedo devànti a mi dò ögi de bèstia! Mé sónt cagà sóra le braghe! E poe l'éra lü ch'ól cagàva devànti a mi! El cagàva ma nól cantava! L'ünica vólta che nól cantava: "Oh che bèl, che l'è cagar sénza camèl!" In quèl moménto la stèla cométa la fa' una svoltàda 'mé un fülmine e de bòta la se ferma in mèzo al ziélo blucáda. "Cus'è sucèss cus'è?" 265 E ól negher ghe da la rispòsta con una bèla cantàda: "La s'è fermàda per ciapà un po' el fià! El voer dì che sèm arivà! 'Rivàti quasi a Betlèm, che bèl, che bèl!" Disperà, ól Rè Magio vègio ghe da de spròn al sò cavàlo e ól va via come un mato e a drìo, sübito, el Re Magio negro a seguitàrlo e tüti e dòi i va in fondo nèl scüro e i scompare... i scompàre ma se sénte sémpre più baso: "Oh che bèl, che bèl!" - "Basta!" - "Oh che bèl... " - "Basta!" (Porta la voce quasi a spegnersi sempre più flebile in lontananza) "Oh che bèl!" - "Basta!!" E poe un gran silénzio! In quèl, de bòto in dèl ziélo, se vede un grande anzolón che aparìsse, co' dei cavèi tüti svarulénti de bòcoli che cól vénto i sbanderàva... Un gran cerchión d'oro tacà, inciudàd, sü la testa. Vestìdo de séda che cól vénto i sbratacàva come vele slasàde. E de travèrso, chì sül stòmego, 'na grande svérzula de séda con scrito sopra: "Angelo!" Apòsta per quèi che no' capìse subito. E 'stu angelo, co' 'ste grande ali tüte coloràde, andava vdo 'mé 'na poiàna treménda nel ziélo. El vegnìva giò a pignamorta a raspà la tèra e ól criava: "Omeni de bòna vólontàaauuuaaauvvvv, venì ch'è nato el redentoreeeeaaaauuuuuuuaaaaaavvv!" (Mima la picchiata con volo radente dèll'angelo) Con tüti i pastori che se bütàvano per tèra spaventà! 266 "Oheee... ma té sè mato! Té vo' schisciàrghe? A t'è spaventà tüti i péguri... che ghe andà via anca el late!"(Mima un'altra picchiata dèll'angelo che per poco non lo travolge) "Almànco té capitàsse d'andàr a sbàtere contra la montagna a scarcagnàrte el çerción fino al còlo, a spantegàrte tüte le piüme dapartüto. Ga1inàsso!" E i pastori se metéveno in camìno per andà a la capàna e ghe portàveno tüta la roba de magnàre el redentore. E chi ghe porta dèl formàjio, chi che ghe porta un cavrèto, dèi conìli, un altro de le galìne, e chi ghe porta dèl vino, de l'óli, chi che ghe porta le póme còte e le torte coi maróni. E po' ghe ne sónt de quèi che arìvan co' la pulénta apòsta de la bergamàsca. Cu' la pulénta fumànta de lontan! Roba che dàrghe de la pulénta a un bambìn apéna nascìdo, ghe vòl una bèla testa de cojóni! Ma i dise: "Bisogna far el presépio!" Sant'Ana, ne la capàna, metéva a pòsto tüti i dóni che ghe 'rivàva. Che tüta la stala l'éra piéna de roba de magnàre, l'àsino l'éra tüto covèrto de pachi e fagòti che ghe spontàva fœra solamente la crapa a mèso sofegà. La vaca l'éra covèrta che no' se vedeva più. Galìne, formàj, salami, botisèle dapartüto che paréva d'èsere al merca'! Arìva i Re Magi, i se ingenögia. Gh'è el vègio che el porta el sò regalo, poe el giovinèto e poe arìva dentro el negro... "Ohi che bèl, che bèl, che bèl! Ól Bambìn nèl cavagnèl!" "Fœra negro, via, cito! Spavénta no el fiulìn. Canta de fœra!" el vousa el re vègio. 267 In quèl moménto se sénten i suldài ch'arìven: i suldài che van in tüte le capàne a védar se l'è nato ól Redentore, per 'masàrlo. E alóra, l'angiolón se para d'inànzi a la capàna in dove gh'éra la Madòna e ól Gesù Bambìn con un treméndo sciabolón! Arìva i suldài, e quèl che sta davanti el sé blòca: "Férma, vardé d'inànz a quèla capàna che sacraménto de angelo che gh'è lì, via che el ne spaca in dòi! Via, via scapare!" E in quèl moménto nèla cità, (mima di battere sul tamburo) patatum patatum patatum un banditore: "Ehi ascoltè mame, ascoltè dòne! Chi è che de voiàltre ha fàit nàser in 'sti tre ziórni un fiulìn pòle èser conténta, parchè ól re Erode ól ha desidìo de darghe un prémio al pü bèl bambìn che e nasciüdo. Portélo a la réggia e ól re, al bambìn pü bèlo, donarà 'na curoncìna co' sü scrito: "Oh come l'è bèl 'sto bambìn! L'è un putèlo quasi plü bèlo d'ól fiòl de déo!" E anca la dòna che l'ha purturìto o gh'avarà 'na curóna con sóvra stampà: "Quèsta l'è la mama che l'ha nascìo 'sto bambìn, bèl mé Dio!" "Sant'Ana che l'ha 'scoltà 'stò bordèléri, l'è andàit sübeto de la Madòna: "A gh'è un prémio, 'ndém, porta sübeto ól t'ho fiolìn al concorso." - "No che no' lo vòjo el premio. Mi no' gh'ho besógno d'avérghe consolaziùn altri che quèla che gh'ho già avüdo!" "No, no, gh'ha importànsa! Besógna che ól sàpia tüto el mondo. Ól premio donà dall'Erode non po' catàrselo 'n'altro fiòl! Andémo, andémo! Ubbedìse a la tua mama!" E fan per sortìre ma po' ghe repénsa e i dise: "Aspèta che andémo a tór dèi nastri per farlo plù bèlo ól nostro bambìn e 268 ti Giusèpe, daghe un ögio al fiulìn e sta aténto che no' ghe capita quaicòs." Vano fœra e, sübeto San Giusèpe ól pianta lì de ségare e dise: "Chì ghe deve èser 'na trápula, mi sénto che gh'è 'na trápula. Gesù Bambìn, cosa té dìset ti? " E Gesù Bambìn che l'éra già inteligénte ól fà: " Sì, sì..." e schìscia l'ögio. Alóra San Giusèpe ól tira fœra un biciér dove gh'éra dentro de la ròba négra per pitüràr i cadenàsc. Cunt un penèlo tac, tac, tac, fa dèi puntini in tüta la fàcia al fiulìn c'ól faséva i grimàsi p'el galìtico. "Fermo li!" poe ól se remète a ségar. Torna Sant'Ana e come la vede ól fiòlin : "Ohaiooh! La rosolìa!... La rosolìa négra! Quel negro che l'è vegnü dénter l'ha spaventà ól Bambìn!" Pœ ciàpa un strascio fru, fru, fri, nèta, nèta, e ól bambìn devénta tüto netàto, pulito. "Qualchedùn gh'ha pitürà dèi balìt sül so' facìn dèl Bambìn! Chissà chi l'è stado?" San Giusèpe che el segàva: "Su nò mi, su nò mi." "Ténto ti, cun quèla sega, che mi té ségo via quaicòss d'altro, óltre che ai corna!" Catìva che l'éra Sant'Ana! Pœ lée e la Madòna van foéra de nòvo a tór dèi inguénti per darghe un bòn parfümo al fiolìn: "Sta 'ténto che 'ndémo fœra, varda che se capita quaicòsa al fiolìn la cólpa l'è tùa!" San Giusèpe apéna che i dò dòni son sortìde fœra, no' sa cosa fare... Scòrge sü un muro un bestiolìn... tüto rigàdo giàldo e negro, una avìs, un ape granda, che l'éra pussè come un vespón. Cata un biciér... Toc... Cól biciér l'imprigiona 269 contro ól muro... presón! Un asèta. Soomm! Ghe tòpa sóra l'òrlo! (E l'imprigiona nel bicchiere) (Al bambìn gesù)"Scüsa ma dévo farte dar 'na cagnàda propi sü la ganàsa. Tum! Ploff! (Indica un immediato rigonfio sulla guancia del bambino) Adèss, dal'altro parte: Toc! Ploff! Tum! (Indica un rigonfio che spunta sull'altra guancia) Tum! In sü la fronte! (Come sopra) La trinità dei bugnoni!" Pœ, come non fosse, ritorna a far mostra de ségare. ‘Riva deréntro Sant'Ana: "Aaahhh Dio! Varda lì. Come l'è cunsciàto... Ooeehh cos'è capità? Che mostro! Varda lì!" "Ma no' 'stà a piàgner, l'è ròba che va via quasi sübit, dò mesi al màsimo!" el dise Giusèpe. "(Indicando i bernoccoli) Cos'è?" "L'è el dénte dèl giudìssio!" "De tüte e do parte?" "Sì." "Anca in fronte?" "Se no' gh'ha in testa lü el giudìssio!" Piange la Madòna, piange Sant'Ana. "Che desgràsia proprio adèso, che gh'éra un bèl premio de guadagnà, doveva capitàrghe 'sti trè dénti dèl giudìssio ! No' podarémo più portarlo da l’Erode, tanto che l'è mostruoso." De lì a un poco, fœra per le strade, se sént a piànzere. Se sénte criàre desperàde de le dòne, tüte matri, coi so' fiulìt insanguinàti, tajàti a tòchi. "Aahhaa! A l'éra 'na trápula! L'Erode, apéna sémo stàe ne la córte, l'ha fàit seràr tüti i porti. E i soldài sunt vegnü deréntro a masàrghe tüti i fiulìt... 'Na tràpula l'éra! Tüti masàdi!" Alóra Sant'Ana l'ha capito: l'è andàda par tèra in i ginöegio. Anca la Madòna. E tüte e dòi criàva: "Grazie Déo, iluminàto con grande mente de inteligénzia! Ti t'è vorsùo salvàrghe, 270 con quèsta desgràzia finta d'i bognùni, 'sto fiolìn che no' 'rivàse in le sgrinfie de l'Erode. Oho! Che ménte! Che trovàde che té gh'hai Déo!" E San Giüsèpe cól segàva de ràbia, cól segàva anca ól cavalèto, biastemàva: "Cussì, sémpre, sémpre cussì! - el diséva - Quando un òmo ól gh'ha 'na pensàda de zervèlo, poe tüti, ringràsien Déo, che no' gh'ha fàit gnénte!" In quèl mentre vién dentro un anzolo, gridando: "Fœra, fœra - dise - baterìa!" - "Come bateria!?" "Traslòco! Via, scapàre!" "Dove?" "Fuga in Egìto!" "De già?!" "Sì, gh'è tüti i soldài de fœra che ve çerca." "Aspèta, 'ndemo a tór un carèto - dise Sant'Ana - per caregàre tüti i regali che gh'han portà." "Gnénte regali, no' se porta via niénte!" Dise la Madòna: "Eh no, i mè regali li vòjo cara, i mè regali per ól fiolìn, che quando devénta grande... " " (a San Giüsèppe) Tira fœra l'áseno!" - "Ma no, no - dise San Giusèpe - no' se pòl caregàrlo 'st'áseno, a l'è quatro ziórni e quatro nòti che el bófa, l'è sfiatà compàgn d'una lugànegha insechìda!" 'Gnìva avante infàti 'sto ásen, inciochì che no'l restava in pìe, ghe se slargàva i giàmbi apéna che ól caregàven. Caregàven tüti i fiaschi, i ótri, caregàven i formàj, pachi e fagòti. E 'sto ásen: wwumm! Wuwmm!, el 'ndava sóto, slargàva i giambi, la pànscia per tèra. A gh'è la Madòna che monta in còpa al àsen, insentàda cól fiolìn in bráscio. "Madòna - ghe diséva San Giusépe - ven gió, nòl sé po' mòvere… el mòre!" "Ma no' pòdo caro, chè tüta la zénte l'è 271 abituà, durante la fuga in Egito a vedérme che mi son sentàda in sü l'áseno in fin da la parténsa!" E alóra San Giusèpe ól se mète sóta a l'áseno, caréga l'áseno in gròpa e van via tüti insémbia. Dòpo do ziórni, trè ziórni, tüta la sacra famégia 'riva davànte a Jaffa. Jaffa bianca co' tüte le tóri altìsime, maravegióse. E sübito l'ànzelo ól vola in ziélo, ól fà un gran cerchio vdo. E l'àseno ól tira sü la testa... Iiiaaaahhhhhhhhh! (Imita il ragliare dell'asino) Pprrrooofffff! Slarga le giàmbe, POM, la pànscia par tèra. Una slòfa dèl cül: pluff! L'ànema de l'àseno la va in ziélo. La Madòna de in còpa a la bèstia spiràda, la varda: "Pòvara bèstia a l’è morta!... Segno de Dio, voer di' che sémo 'rivàti!" Van drénto a la cità, tròveno 'na stambèrga, tüto un büso, che, dèl confronto, la capàna de Betlèm a l'éra 'na réggia. Giusèpe ól tòpa i büsi. La famégia se mète a dormire. La matìna sübeto, la Madòna la ciàpa 'na cavàgna, 'na cesta e la va intórna a cercar pagni de lavare, perchè besógna che jüta anche lée' la faméja. San Giusèpe andava intórna cól martèl, la sega e ciòdi per truà de fare mestè. El fiolìn in mèso a la strada. La séra la Madòna l'arìva, morta roversàda, con tüta la stcéna spacàda, róta. La se sèta ancmò bagnàda, straca. E San Giusèpe vién de fœra imbestià chè no' gh'ha truvà lavór d'un sóldo. Se punta 1ì cól martèl sul tàvul: Ptum! Ptum! Ptum! Ptum! El pica sóra i didi, che quèla l'è l'üniga manéra de sfogàrse che gh'han i legnamèe. 'Riva dentro ól Gesù Bambìn cól mücc giò dèl naso, fin sü la bóca, tüto strapenàdo, con le mani vónce, le braghe de travèrso, sénsa gnanca 'na scarpa ai pìe. 272 "Mama! A gh'ho fame!" "Bèla manéra che té ghé de vegnìr a casa! Invece de domandàrghe sübet dèl to’' papà, de la tòa mama se i son cunténti, o fategà... Perchè té déve far cossì, eh?" "Eh, mama, ma mi gh'ho fame!" E la Madòna: "Ma non ti gh'ha vergogna? Proprio ti che té sèt vegnü apòsta dèl ziélo, che té sèt nasciüo al mondo apòsta per insegnàrghe ai altri a èser bòni… avérghe amore e avérghe bòne paròle per tüti... e proprio ai primi dòi cristiani che té ghé déve dar respècto, ti té arìvi a gnanca saludàrghe!" E Gesù Bambìn: "Oheu, la madòna!" Sbianca la Madòna e Giusèpe anco! Se mète a tavóla. "Fiulìn va' a lavàrte i man, nétate i mòcoli dèl naso, mètese un po' i cavèli a polìto. Va' i bócol... cussì! Fate el segno de la cróse! No, aspèta, l'è un po' tròpo presto!" Oh, Giüsèpe, dighe qualcósa al to’ fiòl… l’é al to’ fiòl anca lü!! O no? Chi l’é al mé fiòl? Pœ el Bambìn ól dorme. Dorme la Madòna, dorme Giusèp. La matìna Gesù se desvégia, el resta da per lü, sólo, no' gh'è nisciüno. Alóra se mète sü le braghe, mangia un tòco de pane, va intorno dove che gh'è la strada e vede tüti i bambini che ziòga: cavalìna, sgiàfa a nascundùn, tòpa falsa... "Ehi, bambìn! Féme ziogàr anca mi ai vostri ziòghi!" "Nò!" "Vo' sóta mi! Fémo la cavalìna. Anca a la sgiàfa" "No! Va' via, Palestina!" "A córere? Viàltri mé corè drio. Fémo el ladro. Mi fò ladro?" "No!" "Ma perchè?" "Via, Palestina! Terün!" 273 El fiolìn piange. Piange ól Bambìn coi ögi grandi che cóla' gotón de làgrime. E pur de avérghe la posibilità de ziogàr, de far festa, de far ziògo e fantasia coi altri fiolìt, el fa un miracólo. Che la sòa mama gh'avéasémpre dito: "No' far miràculi intorno, che i té scopre, che se i capisse che ti té sèt ól fiolìn de Dèo arìva i sbiri de l'Erode e ghe tóca scapàre de nòvo!" Lì, in de la piàsa, gh'éra 'na fontana. E tüta intorna la tèra... de la tèra créta, de quèla che se 'dòpera per fare i matóni. Jesus Bambìn ól ciàpa sü un pagnòco de tèra e ól ‘comincia con 'sti didìni a lavuràrla: el fa fœra un crapìn d'osèlo poe tüto el corpascìn con le aletìne, la côa, poe le piüme, fine, fine. El cata sü ón bastonsìn per farghe le sciampìne... "Bambìn, varda che bèl osèlo de mòta che gh'ho fàito! De tèra l'è!" "Oh che bravo el Palestina, végne apòsta de lontano per farghe vedere l'uselìn de mòta... oh bravo!" - "Sì, ma mi sunt capàze de farlo vólare!" "Come?" "Ghe fo' 'na bufàda..." "Fà vedé?" "Èco! (Soffia con forza) Pfffuuuuu!" e l'uselìn ól dervìse tüte le piüme e le ali se desténde, sbate, sbate: ciup, ciup, ciup, ciup, viricip, ciup, viriiii, cip! (Con le sole mani mima l'uccello che svolazza intorno fino a scomparire nel cielo) "Bòja, che drago el Palestina! Che stregonàsso! Ohi, l'ha fàit volàr l'usèl de mòta co' 'na bufàda. De tèra l'éra!" "No' l'è miga véra!" "Com no? L'ho vidùo mi!" "Ma l'è un trüco vègio 'mé la Madòna: lü l'ha catà un uselìn de quèi inturpicà che l’é burlà giò da 'n'albero... l'ha catà sü... poe l'ha sguatascià ne l'àqua... dòpo l'ha sfrugugnà un pochetìn ne la 274 tèra.. poe l'ha metü sóra la man, gh'ha bufà in tèl cül: brivido... vce, vce, vce... l'è vulà via!" "Ma no, l'ho visto mi, l'éra pròpio de tèra! Dai… Faghe védar, dài Palestina... 'n'altro tòc de créta, avanti via, mœvess... (mima come fosse Gesù bambino di creare un uccellino) dai che l'è fato... via co' le alète... Dai, bufa!" - "Spèta!" "Chi?" 'Riva un fiulòt, un bambìn, co' 'na gran testa tüta risulìt négher: "Fermo, verificare!" "Chi sèt?" "Tomaso!" "Tomaso? (Alza le mani, arreso di fronte alla consuetudine e al personaggio) Come no' dito!" Tomaso ciàpa un ciòdo... sum sum sum... sbüsa l'oselìn de tèra: "Regolamentare, vai!" "Aténti che bóffi!" (Soffia) Ppfffuuuuuuuu... (Mima nuovamente il volo dell'uccellino) cip, cip, cip, cipcipcipcip! "Vóla! L'osèlo vola! Bravo Palestina! Caro, come té vœri bén! Toh, un basìn! Ma perchè té se stàit luntàn cossì tanto témpo? Che giògo che fémo! Adèso ognuno ól fà un osèlo... e ti, poe, Palestina: pffuuuu!, bófa e fa vólar i nostri osèli!" "Dai Palestina! Che bèl Palestina che té sèt!" vusa tüti i fliolìt E tüti gh'han ‘cominciàt a far dèi oselón. V'un gh'ha fàit un panotún tüto tondo co' ‘na côa drissa, con dèe alète quadri, con un gran crapón che burlàva giò, poe l'ha fàit dò giambìne, tum... el burla giò... ghe n'ha metü quatro, poe cinque zampe. "Ma no' se pòl un osèl de çinque zampe!" ól dise Jesus 275 "Se no' stà in pìe... Importante che vola, no?" Pœ 'n'altro, 'na lugànega, una bissa, 'na bissa salàma, con dodése ali in fila, sénsa la côa, dódese zampe. "Lè un cagnòtto..." Pœ 'n'altro l'ha fàit un bugugnùn... paréva 'na torta, co' la testa drissa in mèzo, sénsa còlo, el bèco su sü... e tüte le ali, tüte scompagnàde, tüte intorno. E sénsa giàmbe. "No' so se el vola, vedarèm..." Pœ, 'n'altro, gh'avéa fàit dèi oselìn che pareva de le cagadìne. Pœ 'n'altro un strunsùn. E l'ultimo, un gato! "No' se pòl far vólare un gato!" "Se vola quèl strunsùn là, vólerà ancha el mé gato!" "No, ma i gati no' se pòl far vólare. Un po' de régóla!" "Mama! El Palestina no' vól far vólar el mè gato! (Mima la madre che si affaccia al balcone e grida:) Fa' volàr sübeto el gato d'el mè fiòl, Palestina! Se no, vegni giò e té inciòdo!" (Mima il bambino Gesù che si osserva preoccupato le palme delle mani) "Tüti i oselón, tüti in fila!" "Via, che el bófa!" (Esegue una soffiata panoramica e mima via via il volare strampalato dei vari uccelli) Pffuuuuu... El pagnutùn: quac, quic, quoc, qua, té, pu, qua, té. Pfffeeee... La lugànega: pici, pete, qua, té, ce, che , se, té, pe. Pfffeeee... La torta: psu, pse, psu. Pfuuuu... El strunsùn: pce, pque, pte, pci, pce. El gato! Pfuuu gniaaaaoooo gna gnum gnam! Magna tüti i osèli dèl ziélo! "Ohi! Che bèl, che rìdare a stciepapànza!" 276 "'N'altra uselàda, avanti tüti inséma!" Tüti che fan i osèli. Végnen anche dai altri quartiéri, tüti i fiolìt. Tüta la piàssa piéna de fiolìt che i ziòga, i ride, i canta!... fan pastròchi con la tèra, tüte le statuète... osèl de tüte le forme e culóri che i vola. Ma in quèl moménto: trac! Se spalanca el portón de la gran piàssa. E se vede 'parìre un cavalìn negro, tüto bardà, bèlo, con sóvra, a montàl, un fiolìn tüto rubisón, con dei öci sbricón, con i cavèli bén petenà... le piüme sül capèlo, vestìt de velùto e de séta, con un coletón de pisso. E gh'éra dòi sóldati d'aprèso: el sovrastòmego de fèro, piüme anca loro sul capèl, montà sü dòi cavàli bianchi. Quèl bambìn l'éra ól fiòl dèl parón de tüta la cità. (Mima il bambino che, dal cavallo, si rivolge con arroganza ai ragazzini del quartiere) "Ehi fiolìn, che cosa ziogàte?" "No' far mostra de gnénte, Palestina! Quèlo l'è un rompicojón. L'è ól fiòl d'ól parón. No' darghe trà. No' darghe corda, fa' finta de gnénte." "Mé dit a còssa state a jocàndo? Pòso jocàre co' voiàltri?" "No!" "E perchè, de gràssia?" "Cussì! Perchè tüte le vólte che noialtri domandémo de ziogàr con ti, fiòl dèl patrón, coi to’' cavàli per far un zirèto, ti té dise no! Perchè tüte le vólte che vegnémo a casa tua, che té gh'è de gran ziòghi, té ne fàit descassàre da i to’' sbiri! Noiàltri adèso gh'avémo un bèl ziògo, el più bèl ziògo dèl mondo, ma el Palestina, che quèl l'è al cap dèl ziògo, l'è nostro. Ti té se sióro ma no' té gh'e ól Palestina. Palestina l'è 277 par noàltri. Vero Palestina? (Mima di baciare Gesù) Pciu, pciu! No' té n’andar co' quèlo ah? No' fa el Giuda, ah?!" "Ma se pòl savére che ziògo l'è?" "Sì, che té lo digo... Noiàltri fasémo i uselón. Pœ ól Palestina, bófa e i fa vólare. Ti vól ziogàre anca ti?" "Oh sì!" "Bòn, tira fòra el to’' oselìn, bófaghe sóvra, e védom se ti è bòn de farlo vólare!" (Gran sghignazzo corale) Rosso, inrabìto, co l'éra ól fiolìn dèl padrón, co' i i ögi fœra de la testa. Gh'ha catà 'na lanza dèl soldàt, gh'ha dàit de spròn al so' cavàl, l'è 'rivàt in mèso ai fiòl criàndo 'mé un mato: "Se no' ziògo mi, no' ziogàte gnànca voàltri!" Zan, zan, a spacàre coi zòcoli dèl cavàl tüte le stàtue, tüte le figürine de créta. Tüta la tèra spacàda. Coi fiulìt che piagneva... tiràva bale de mòta; i soldàt coréndo a cavàl, criava: "Via! Fœra, andìt fœra, via! Che el pòl fare quel che el vòl quèl, parchè l'è ól fiòl dèl padrón!" Le mame che faciàda a le finestre: "Catìvo! Un ziògo si bèlo co l'éra. No' costava gnénte... i nostri fiòl i l'éra conténti, e ti..." E i soldài: "Via matre! Via, che ve 'riva ‘na lanzàda!" Pfium, pfium, ptum, ptum! Tüte le finestre seràde. La piàsa vòda. Gh’éra restà sóltanto ól fiolìn dèl parón sul so' cavàlo negro, coi sóldati che i rideva. E nisciün gh'avéa scorgiùo che gh'éra restàt ól Bambìn Jesù visìn a la fontàna.. coi ögi grandi, impegnìdi de làgrime... che ól vardàva verso ól ziélo che el s'éra impiegnìdo de nìvole. (A tutta voce) "Paadreee, paaadreeeee!" 278 Le nìvole se son dervìde: broomm, proomm, brooommm! (Mima il padreterno che si affaccia fra le nuvole) "Se gh'è!" (A fatica trattiene il pianto) "Padree, son miii, Jesus..." (Amorevole e preoccupato) "Cosa t'è capitàt, Bambìn?" "Eehh... quèl fiulìn lì l'è catìvo, chè gh'ha s’cepàt tüti i figurìn de tèra che noialtri gh'avémo fato per ziogàre. G'ha scarcagnà tüto cól so' cavàl e (piange farfugliando) guduhntuchetugudutu..." "Ma caro, per 'na stupidàda cusì, té gh'ha de far ciapàre un spavénto cusì grando a to’' pare che so' 'rivàto de volàta, de l'altra parte de l'univèrso che éro? Gh'ho sbüsà quasi dódes nìvoli, gh'ho tirà sóta dódese cherubini, e mé son stùrta tüto ól triangolo, che ghe vœr una eternità a rimpiasàl a 1'órden!" "E, ma lü l'è stàit catìvo! Lü l'è ól fiòl dèl parón, gh'ha tüto! Gh'ha tüti i ziòghi, ma l'istèso, quando gh'ha visto che noialtri éremo conténti, gh'ha... (singhiozza) ghidi tüte tuduuhu s’cepàdo tüto... ehheeehhhe... e mi gh'avéo tanto fadigà..." "Parla ciàro." "E mi che gh'avevo fàto tanta fatìga de far ól miracólo de far vólar gli oselìni... per avérghe dèi amìsi, per ziogàre insémbia... che dòpo i mè ciamàva Palestina caro toh un basìn!... E adèso són de nòvo sólo, come prima. Che tüti i amisi mìi son scapadi... ehhhee... (Piange) Gh'ho gran dólore mi, gh'ho gran dólore patre eeehhheeee..." "Oh té gh'hàit rasón. A dévo bén dir che ól spacàre, ól s’cepàre sogni e ziòghi de plagér de fantasia, o l'è pròpi ól pejiór de tüte i viòl! Ma quèlo l'è un fiolìt, caro... cosa devo 279 fare eh?"(Gesù, prima si lascia sfuggire un sospiro di pianto, poi, con tono, il più candido e normale possibile) "Màsalo! (Sorride guardando accativante verso l'alto per ottenere il consenso del padre) Eh!" "Ma caro, t'ho mandàt giò apòsta dal çiélo in tèra per imparàrghe la pace fra i òmeni... parlàrghe d'amore. La prima vólta che quaicün té fa quaicòsa, té voi masàrlo! Té cominci bén la professiòn, eh?" "È tròpo? Bòn, alora stórpialo... sguèrcialo... eh? Sguèrcialo e stórpialo!" "No, no' se pòl far 'ste robe, caro. No' se pòl comensàr co' la violénza cussì, eh?" "No' se pòl? No' té pòl ti? Lo maso mi?" "E bon, fàit quèl che té pare, che tanto co' ti, no' se pòl descùtere. Ma non andar intorno a racontàr che so' stado mi!" Prrooomm, bbrrraaaamm! I nìvuli sfragùglia da partüto e el Dèo scompare. No' l'è pasàto ól témpo. De nòvo a gh'è ól fiolìn dèl padron cól ride, coi soldàt che i se sganàsa a rigolà, e ól Bambìn Jesù visìn a la fontàna, c'ól ciàma: "Patron... fiòl dèl parón!" "Eh?" (Ride col compiacimento di chi sta preparando uno scherzo atroce) “Té ridi, ti, eh? T'è fàit tüto 'sto sacrapànte d'intorno... t'è spatascià tüti i statuèti, té ruinàt el nostro ziògo. E ti sèt conténto, tranquìlo... ti pénsi che nisciün té faga gnénte, eh? Ti è convènso che no'l pòle èserghe nisciün che té castiga al mondo. Gnànca to’' pare, ah? E se adèso invece mi té fùlmino?... Té ridi, eh? No' té ghe credi, eh?" 280 Ffvvuuuooommmmm! Un fulmine treméndo è sortì dai ögi dèl Jesù Bambìn. (Descrive la terribile fiammata) Una léngua de fògo! 'Mé 'na bisa-serpénte infiamàda, l'intorcìga tüto 'sto fiolìn, ól scaravénta, ól revòlta, ól sbate per tèra, divénta tèra còta come in un forno. Pœm! Fumante!! Tüte le done dai balcón se büta a criàre: "Stregonàso! Còssa ti gh'ha combenà de treméndo!?" I soldàt sbianchìdi de spavénto che scapa sui cavàli. La Madòna, che gh'ha sentìt criàr de lontàn la 'riva de corsa: "Cos'è succès? Fiulin cos'hàit fa' ti?" "Gnénte... ho fa' un miracólo! Mio primo miràculo! Varda, l'è ancora caldo." "Ma come... l'è un bambìn?! L'è un fiolìn che t'è trasformà in tèra còta!!! Ma cos t'è fàit còs? Ma parchè?" "Eh! Ma lü l'éra catìvo, cara!" "No' vòj 'scoltàr scüse! Resüsitalo!" "Noo!" "Jesus, obidìse! Pénse a la povéra mama de 'sto bambìn... lo strapacòre che gh'averà! Resüsitalo!" "Ma non son capàze mama, mi gh'ho imparà sóltanto a fulminare; no' gh'ho ancora imparàt el resùrgit!" 281 "No' dir bosìe! Resüsitalo e inprèscia! No' ti capìse che se 'riva i sbiri ghe tóca de scapàre de nòvo... mi e to’' patre che gh'avémo apéna trovà un lavór!" (Lamentandosi) "Eh, ma però... Èco... no' se pòl fare un miracólo che bisogna disfarlo sübeto...! Bòn, lo resüsito, però co' 'n'a pesciàda..." (Mima di sferrare una terribile pedata al bambino disteso a terra) Tum! 'N'a pesciàda in tèl cül de tèra. Prum! El bambìn de carne e òsa torna in pìe. Se tégne i ciàpi cont i man... ól varda intorno spaventàt: "Cuss'è capitàt, cuss'è sucès cos'è?" El fiolìn Jesus ghe dise: "Mi sont stàito! Ól miracólo... fulminà... resüsità! Pœ l'è 'rivà la mia mama... Ringràsia la Madòna! Faghe sübit un fiurèt! Ma ti... tésénte brüsar ól cül per la pesciàda che t’ ho dàit? Aténto che gh'é un'alegorìa, eh! Bòn servìsi per quei che son stremìdi... che derénto le finestre son nascondüdi per gran pagüra. (Indica in alto tutt'intorno alla piazza) Se quèli comìnzeno a penzàre, razonàre, bada bén, che ti, té deventerà grande a forza di pesciàdi che ti ciàpi! El cülo té monta, té monta, té monta, té monta: puuummm! E s’ciòpa! In eterno senza cülo! Amen!" 282 PROLOGHI GRAMMELOT PROPOSTA PER DARIO NUOVA PRESENTAZIONE Il GRAMMELOT LA FAME DELLO ZANNI Ora, prima di iniziare col Mistero Buffo vero e proprio, mi permettete di eseguire un salto in avanti nel tempo, sorpassare il Medioevo vero e proprio e raggiungere il nostro glorioso Rinascimento. Questo allo scopo di presentarvi il grammelot. All’origine e fino a quasi tutto il ‘400, le compagnie di teatro erano composte da attori dilettanti. Ma nella fine del XV secolo, cominciàrono a riunirsi in gruppi consociati con tanto di statuto e contratto. Ebbero subito una certa fortuna, specie quelle compagnie che godevano della protezione di nobili e banchieri. Ma ecco che, nella seconda metà del ‘500, quando esplose la controriforma, l’attacco condotto dalla Chiesa verso gli intellettuali liberi, colpì duramente anche le compagnie di attori associati, cioè i teatranti della Commedia dell’Arte. Costoro furono costretti a una vera e propria diaspora. Furono centinaia le compagnie che dovettero emigrare in tutti i paesi d’Europa: Spagna, Germania, Inghilterra. La maggior quantità di quei teatranti si stabilì nella Francia. Altri raggiunsero la Russia e perfino i Paesi Baltici. È ovvio che la maggior difficoltà éra quella di farsi intendere dagli abitanti di quei paesi che non conoscevano la nostra lingua. È vero che i comici dell’arte possedevano doti insuperabili di gestualità ed erano veri maestri della 283 pantomima ma dovettero creare qualche cosa che permettesse di comunicare più profondamente il discorso del gioco satirico e tragico. Cossì utilizzarono (o inventarono?) il grammelot. Cominciàrono col impiegare un linguaggio che potremmo chiamare proto-maccheronico, cioè composto da sproloqui, apparentemente senza senso compiuto, infarciti di termini della lingua locale pronunciati con sonorità e timbri italianeschi. Via via, si perfezionarono fino a impiegare, oltre una straordinaria gestualità, suoni onomatopeici carichi di sfondoni lessicali di varie lingue. Questo gioco imponeva agli spettatori l’impiego di una certa dose di fantasia e immaginazione che produceva l’insostituibile piacere dello scoprirsi intelligenti. In Francia le compagnie dei “Gelosi” e dei “Raccolti” furono tra le prime a sviluppare questo genere di rappresentazione. Esibivano maschere dei vari Zanni fra i quali l’Arlecchino che possiamo bén chiamare il comico, massimo campione del grammelot. Cominciàrono col impiegare un linguaggio che potremmo chiamare proto-maccheronico, cioè composto da sproloqui, apparentemente senza senso compiuto, infarciti di termini della lingua locale pronunciati con sonorità e timbri italianeschi. Via via, si perfezionarono fino a impiegare, oltre una straordinaria gestualità, suoni onomatopeici carichi di sfondoni lessicali di varie lingue. Questo gioco imponeva agli spettatori l’impiego di una certa dose di fantasia e immaginazione che produceva l’insostituibile piacere dello scoprirsi intelligenti. 284 In Francia le compagnie dei “Gelosi” e dei “Raccolti” furono tra le prime a sviluppare questo genere di rappresentazione. Esibivano maschere dei vari Zanni fra i quali l’Arlecchino che possiamo bén chiamare il comico, massimo campione del grammelot. Il grammelot è una forma onomatopeica di discorso che è nata con la Commedia dell'Arte e che realizza una tecnica di espressione che è impostata tutta sul suono, sul gesto, sull'onomatopeica cioè sull'andamento che fa assomigliare a parole il linguaggio ma in verità non si tratta di termini esatti ma soltanto fonicamente simili. (Fa un esempio di grammelot in francese, E un altro di grammelot in napoletano rappresentando Pulcinella) Cossì potrei andare avanti ad indicarvi grammelot in tutte le lingue e darvi l'impressione che davvero le parli. Ma andiamo per ordine e iniziamo dal grammelot più antico, quello dello Zanni. Lo Zanni è il prototipo di tutte le maschere della Commedia 285 Per questa nuova edizione di "MISTERO BUFFO" 2000 abbiamo creduto opportuno inserire nel prologo dello spettacolo molti degli avvenimenti che si sono avvicendati nel nostro Paese in oltre 30 anni di reppliche. 286 Presentazioni che si sono susseguite dal 1969 al 9O MISTERO BUFFO trascrizione dello spettacolo del 24 marzo 1991 - Torino La guerra del Golfo Mistero Buffo è nato la bèllezza di trent’anni fa. In tutto questo tempo si sono ripetute migliaia di rappresentazioni. Come mia abitudine nel prologo sempre accenno agli avvenimenti e ai fatti di cronaca. Quando, nel 69 scoppiò la bomba a Milano alla Banca dell’Agricoltura, in Piazza Fontana, ho improvvisato un intervento in chiave grottesca sul modo tutt'altro che scentifico su come si stavano svolgendo le inchieste di polizia. Indagini nella quali si indovinava chiaramente che all’attimo stesso in cui saltava per aria la bonca, gli inquirenti avéano già stabilito che i terroristi non potevano essere che gli anarchici. Ne arrestarono alcuni. Poi il suicidio - si fa per dire - di Giüsèppe Pinelli, i processi trasferiti come pacchi per tutto il sud. Si può dire che ogni settimana ero costretto ad aggiornare la cronaca. Da quel prologo, è poi nato "Morte accidentale di un anarchico". Cosa che m’è accaduta anche abbastanza di recente durante la guerra del Golfo, sto parlando della prima, quella del ‘91. Per darvi un’idea chiara dello stile e del genere di improvvisazione, tra tanti, abbiamo scelto proprio l’intervento di quèl conflitto con massacro finale annunciato e realizzato. Eccovelo. Cossì iniziava lo spettacolo: È più di un mese che siamo in guerra... come ai tempi degli scontri fra cristiani e mussulmani. Io speravo veramente che 287 si realizzasse in breve tempo una pace definitiva, invece in IRAQ stanno combattendo ancora, si spara, c'è gente che crepa; i Curdi stanno scendendo dal nord, stanno occupano una città dietro l'altra, ci sono gli sciiti che salgono invece dal sud, c'è Saddam Hussein, che ha buttato del napal e un po’ di gas nervino che gli éra avanzato dall’ultimo conflitto, addosso ad intiere comunità di mussulmani non allineati. D'altra parte certi prodotti bèllici cossì preziosi non si possono gettare via... bisogna pure adoperarli! C'è qualche morto in più... ma che ci vuoi fare! Sorvdo sulla tragedia di questa guerra che, secondo gli esperti avrebbe dovuto risolversi senza neanche un morto... doveva essere una guerra tranquilla - ci avéano assicurato uno scontro quasi dimostrativo e invece gli è scappata di mano... si parla già di oltre centomila caduti solo fra i militari iracheni, più altrettanti civili morti a Bagdad. E siamo solo al prologo. In compenso, fra le truppe dei “nostri”, neanche un ferito lieve. Tutti bene, grazie! La cosa veramente grottesca è il crescere ogni giorno di notizie che ci fanno scoprire quante frottole ci abbiano ammannito a proposito di questa guerra, a cominciare dalla presentazione del personaggio principale, il cattivo per antonomasia: Saddam Husseim. Sia chiaro, questo mostro scannaporci l'abbiamo inventato, costruito noi, diciamo noi occidentali; senza il nostro aiuto sarebbe rimasto un piccolo delinquente di provincia, un criminale da strapazzo. Invece, prima di tutto, grazie agli aiuti militari che gli sono stati forniti dalla coalizione dei Paesi civili, ecco che è cresciuto come il servo gigante della 288 lampada di Aladino. Voi sapete che tutti hanno concorso a vendergli armi, Pentagono in testa, russi, polacchi, perfino la Repubblica di San Marino. Fra l'altro siamo venuti a scoprire che, secondo osservatori militari europei, Saddam Husseim dispone oggi del quarto esercito, in scala di valori, del mondo... che è proprio una notizia da scompisciarsi dal ridere, soprattutto quando si viene a conoscere il particolare che i carri armati che gli sono stati venduti dai russi non erano di produzione sovietica ma erano cinesi di scarto. È risaputo che quando in Russia un carro armato viene male si dice “c'è uscito un carro armato cinese!” Ma ad ogni modo la cosa incredibile, è che lui Saddam Husseim a sua volta si è convinto di possedere davvero il quarto esercito del mondo, che lo credessero gli altri éra la classica bufala, detto da lui è da megalomane con camicia di forza obbligatoria... ed è per questo che lo hanno sollecitato a buttarsi, con slancio in questa avventura. D’altra parte, non è la prima volta che i popoli civili scatenano massacri a scopo redditiziosentolando la bandiera della liberà, recitando spudoratamente “l’arrivano i nostri!”, ma facendo molta attenzione ai dividendi e agli interessi maturati. Vi ricordate la guerra contro Komeini? (RICHIAMO FONDO PAGINA - 1-: SI ALLUDE ALLA GUERRA ESPLOSA ,ALLA FINE DELL’8O (?) TRA IRAN (KOMEINI) E IRAK (Hussein) conflitto apparentemente causato da motivi religiosi e territoriali, ma in verità la ragione è da ricercare nella lotta per l’egemonia dei pozzi 289 petroliferi.) Un milione di morti soltanto. E questa azione a cui concorsero in primo piano l'America, l'Inghilterra, noi, ecc... ha fatto si che il grande rais Hussein, poi venisse logicamente a richiedere il pagamento dell'obolo per il servizio eseguito. Ma appresso, ‘sto deficiente, si è permesso anche di occupare il Kuwait come risarcimento dei danni di guerra subiti dalla sua gente. Giustamente lo abbiamo mazzolato... pardon, l'hanno mazzolato! E dire che sono stati proprio i bianchi civili ad allenarlo e a incitarlo nell’acquisto e nella costruzione degli ordigni bèllici, a cominciare dall’uso dei gas fulminanti - “oh, chi si rivedete!” - sono arrivati, come maestri di produzione i tecnici tedeschi dell’est e dell’ovest, che si sono incontrati fuori sede per la prima volta a riprendere la loro tradizione di gasisti... pardon, gasatori. E tutto, guarda caso, pochi mesi prima dell’unificazione in una sola grande Germania. Almeno questa guerra è servita a qualche cosa! Possiamo immaginare di assistere alla lezione su come si impiegano i gas: “Stai attento, Hussein... dunque: c'è un catalizzatore, poi abbiamo un gas inerte, un'altro gas inerte, solo se uniti col catalizzatore funzionano. Vuoi provarlo?... Va bene, dimmi su chi li buttiamo. I Curdi? Sì! I Curdi vanno sempre bene, tanto li ammazzi e nessuno dice niente... al massimo l'ONU fa un rutto di indignazione, non più di cossì. Attenzione Saddam… il Curdo è là, lo vedi? Buttiamo la prima bomba... ecco il gas che esce, non fa niente perché è inerte. Ne buttiamo una seconda, non fa niente perché è inerte. STAI ATTENTO SADDAM!" "Ah chi???" "Là! Adesso ci buttiamo il catalizzatore... PUM!... Guarda, guarda 290 come fa il Curdo, lo vedi? Non è un ballo regionale, è che è un pò ubriaco. Adesso attento alla testina... la inclina... TON! E' morto! Hai visto? IMPARA!!!" E cossì ha imparato. Ma sempre a proposito di frottole straordinarie... la più criminale si è rivelata quella che ci ha ammannito addirittura Bush in persona, e io l'ho bevuta, perché non pensavo che quel Presidente fosse un politico tanto spudorato da venire a raccontarci una balla di questo genere, balla che certamente anche voi come mé, l’avrete bevuta. Si tratta, e Busch ci ha assicurato che éra assolutamente necessario entrare immediatamente in conflitto, perché se si fosse atteso un anno a bloccarlo, Saddam Hussein certamente in questo tempo sarebbe riuscito a realizzare una potentissima bomba atomica… fatta in casa. Ebbene, qualche giorno fa, il quotidiano più importante di New York, il "N.Y. Times", ha realizzato un servizioinchiestae ha interrogato Scianagh, l'ultimo padre della bomba atomica: “Senta professore - gli hanno chiesto - cosa ne dice del pericolo che Saddam Hussein possa costruirsi la bomba atomica?” Lo scienziato ha strabuzzato gli occhi, è scoppiato in una risata con singhiozzo inarrestabile. Hanno dovuto portarlo d’urgenza al pronto soccorso! E quei coglioncioni degli americani invece l'hanno bevuta! A proposito degli americani e del loro candore, ho da segnalarvi un fenomeno davvero surreale: prima di questo discorso sull’atomica mussulmana, Bush poteva raccogliere un’adesione popolare alla guerra pari al 51% scarso, ma appena ha tirato fuori, in diretta tv la favola suddetta, 291 l’adesione alla guerra è salita al 90%. Questo vi dice l'importanza delle frottole, quando sono giocate bene. Ma la più criminale di tutte, devo ammettere, si è dimostrata senz'altro la bufala del cormorano; tutti quanti ci siamo veramente rattristati e indignati di fronte a quella immagine. Ve lo ricordate? Quel povero fenicottero "strapenato", inzozzato, lì sulla spiaggia, con il petrolio sparato fuori dai pozzi ad insozzare il mare, da questi bastardi di iracheni. Lui, ficcato nel bagnoasciuga, che zampettava. Arrivava quest'onda aarburante che lo travolgeva. Il bipede: BLOOB, BLOOB, rispuntava con un occhio tappato, faceva appena in tempo a respirare che BLOOOB, un'altra onda nera e oleosa lo incatramava! A 'sto punto sono sbottato, indignato: "Ma che criminali bastardi!", e tutti quanti ci siamo sentiti rivoltare lo stomaco. Ebbene, adesso vi posso svelare che éra tutta una balla, una frottola gigantesca! L’intiera categoria degli scienziati legati all'ornitologia di tutto il mondo, si sono indignati. I francesi in particolare su "Le Monde" hanno pubblicato un articolo dove nel titolo si leggeva: "Questa fandonia del cormorano non l'accettiamo!" Perché? Perché di cormorani… di baby cormorano come quello che ci avéa tanto commosso e indignato, sulle coste del Kuwait, in gennaio, quando è stata effettuata la ripresa, non ne esisteva nemmeno uno. Quei trampolieri se ne erano andati via tutti, già in settembre… e normalmente ritoranno su quelle coste a maggio. Ma col casino ecologico che c'è stato lì, figurati se fanno ritorno: non li rivedranno mai più! E allora ‘sto pellegrino di cormorano da dove è saltato fuori? Vuoi vedere che è un cormorano in ritardo con l'orario di 292 migrazione? "Scusate, avete visto qualche volatile della mia specie? Io devo partire, temo di aver perso l’ultimo stormo migratore.” No, raccontata cossì la balla non ‘sta in piedi. La verità è che tutta la sceneggiata truculenta è stata organizzata in grande stile dai fotografi e operatori televisivi. Ma andiamo per ordine: qualche settimana prima, vi ricordate, c’è stata la insozzata di petrolio in mare: un milione e mezzo di barili buttati cossì, da affogarci miliardi di pesci. In verità, l’abbiamo saputo appresso, sempre dal New York Times, l’insozzata di petrolio s’è rivelata molto inferiore, un numero di barili che non raggiungeva i centomila ma sempre di una schifezza da criminali si tratta! A ‘sto punto i fotografi e gli operatori si sono detti: “Qui c’è da fare un bèl servizio! Magari con una bèlla famiglia di fenicotteri che zampetta incatramata sulla spiaggia fetente!”. Ma ahimè, il petrolio è stato buttato a mare solo lassù, nel nord del Kuwait, a trecentocinquanta miglia da Riad, dove appunto stavano i nostri operatori. E che fanno i nostri cacciatori di scoop guerreschi? Salgono su un gommone e a pagaiate risalgono il mare per tre giorni per poi farsi impallinare come oche di transito dagli iracheni incazzati? No, neanche ‘sta balla ‘sta in piedi. In verità la trouppe dei cameramen non si è mossa dalla spiaggia di Riad, sono andati allo zoo e lì hanno scoperto che i cormorani, che normalmente sguazzavano nel laghetto artificiale, avéano tagliato la corda già dai primi botti. L’unico fenicottero che hanno trovato éra un Mabibu, che non è della classe dei cormorani, no, è un uccello trampoliere che vive esclusivamente nell'Asia Minore e in 293 particolare negli acquitrini paludosi di acqua dolce. Come l’hanno individuato, i cameramen: "Scusi, signor volatiletrampoliere, le spiace venire in spiaggia al posto del cormorano?" "Ma no! Ma io che c'entro! Io odio il mare!" "Venga per favore..." Ma questo animale ha degli strani pennacchi qui in testa… glieli hanno tagliati all'umberta, cioè alti un dito. Quindi l'hanno portato sulla spiaggia dove avéano rovesciato un paio di barili di petrolio, hanno abbrancato il Mabibu e PLOC PLOC, l’hanno intinto a sguazzo nel bagnasciuga. “Scusi... chiuda la bocca PIU'PIU'PIU', sorrida... UNO DUE TRE ... ci basta, grazie, vada pure BLOBLOBLOBLO". E noi tutti, come tanti boccaloni, ci siamo commossi fino alle lacrime a questa malandrinata di messa in scena. Ma la "scommozione", come a dire lo sgonfiamento emotivo, l’abbiamo provata in seguito a quella dichiarazione, vi ricordate, di Scwarz Scoop, il generale abbondante, uno dei più grandi generali del mondo, nel senso di dimensione e peso, due metri e dieci di altezza senza tacchi, un quintale e dieci chili senza l'osso, ve lo ricordate? Quello che arrivava immancabilmente ad ogni conferenza stampa, simpatico… con quella faccia rubizza, che a mé tutte le volte veniva voglia di chiedergli "mi dia quattro etti di filetto, un ossobuco e un pò di carne per il gatto". Simpatico dicevo… ebbene, alla quarta conferenza stampa, è apparso stranamente abbacchiato e perplesso. Cos’era successo? Ce l’ha confidato lui di persona: le rampe dei missimi dai quali gli iracheni sparavano su Riad, dopo essere state centrate dalle bombe lanciate dai super caccia 294 americani, riapparivano, come nulla fosse, il giorno dopo. Ma da dove erano spuntate?! Lo stesso succedeva con i carri armati. Carri armati che uscivano non si sa da dove, i bombardieri li puntavano ne buttavano all’aria una decina, ma ecco che TRACCHETE!, altri dieci ne apparivano dal nulla. A un certo punto, i generali della coalizione hanno avuto il sospetto, lui l'ha detto, che si trattasse di falsi carri armati. Ed éra proprio cossì: erano tutte sagome di carri armati in vetro resina. E chi li ha fabbricati questi sè moventi corazzati? NOI! Noi Italiani! Guardate che siamo dei geni, dei cervelloni leonardeschi! L’inventore di queste macchine beffarde è un artigiano di Torino che ha forgiato qualche migliaio di sagome similcarrarmato, sagome che si spalancano a scatola e che visti dall’alto, non c’è dubbio, appaiono autentici Tang d’assalto e sfondamento. Scoperta l’esistenza di tanto genio, il Comume di Torino ha deciso di inalzare un monumento all’inventore, nella piazza principale della città. In quell'occassione c’erano tutte le televisioni del mondo a intervistarlo! L’hanno letteralmente aggredito con le telecamere e i microfoni: “Per favore, ci dica come ha potuto fabbricare carri armati cossì leggeri, agili e facili da trasportare in gran numero?” “Ecco qua, è semplice! - ha risposto lui e li ha condotti nell’officina - Ecco, vedete, questi fogli di pressato sono sagomati per stampa e quindi affiancati l’un l’altro a mo’ di libro. In ogni carico di camion ci stanno quaranta carri armati, ed è semplicissimo rimontarli, basta seguire il libretto di istruzioni allegato: A con A, B con B, questo va a incastro, quest’altro pezzo si 295 inserisce a chiave, non c’è un bullone né una vite. Tempo di montaggio 5 minuti. È cossì facile e divertente assemblarli che gli irachieni lo fanno fare ai bambini delle elementari, come premio. Un cronista di Rai 3 ha chiesto: “I piloti, sia inglesi che americani, giurano che quei carri si muovevano nel deserto. Come ottenete questo portento?” E il genio risponde: "Basta una corda molto lunga. Guardi, si lega qua, uno si mette in una buca e poi tira il carro armato che, leggerissimo, viene avanti come una slitta." "Sì, ma il calore emanato dal motore, come lo realizzate?” Voi sapete che gli attrezzi di rilevamento di cui sono dotati gli aerei americani, se non registrano l'esistenza del calore non danno l’ok perché si spari, anzi, emettono una serie di pernacchi con contrappunto di sghignazzi e l'aereo se ne va! "È semplice - risponde il maestro dei carri bidone - noi ci mettiamo una stufetta a serpentina, loro rilevano il calore e dicono: ah c'è il motore! E sparano razzi e cannonate come al carnevale di Rio!" "D’accordo, ma come ve la cavate col frastuono che produce un carro del genere?” “Sempre più facile! Ci piazziamo dentro una cassetta con tanto di registrazione di cingoli e motore Leopard BLUUBLUBLU!" “Incredibile! - esclama l’inviato del New York Times Nessuno dei nostri lettori crederà mai che i piloti della Nato si siano lasciate imbrogliare da mezzi cossì semplici, quasi infantili!” Non v’è mai capitato di dare un’occhiata dentro la cabina guida di uno di questi mostri bèllici? Nel cruscotto centrale di questi super jet, c'è una specie di schermo, appaiono tutti i 296 disegnini che si muovono come in un videogame e il pilota non ‘sta neanche a guardare attraverso il parabrezza ma segue direttamente l’azione attraverso il cruscotto. C'è una voce che gli comunica tutti gli elementi, gli dice: "Vai,vai, stai tranquillo, ecco, ecco, prendi quota, fino a trentacinque abbassa dodici, ecco rileva, rileva, rileva, la velocità è OK… va, vai che è una meraviglia, sei splendido, la tua mamma ho saputo che ‘sta tanto bene, vai vai - e appare la faccia della mamma che gli manda bacetti - Ti andrebbe una grattatina sulla nuca? Sì? Procuriamo!" PLOP: una manina spunta dal cruscotto, viene su leggiadra, gli ammolla degli schiaffeti e gli torce appena l'orecchio “Oh come mi piace!” All’istante scatta il segnale d’attenzione e incursione: TIEIHIE! Ecco, appare l'immagine assonometrica di un carro armato, anzi due, tre, quattro, e la voce si fa epica: “Ecco qui il bersaglio è un 113 di 10 tonnellate, cannone 981, c'è, c'è, c'è, eccolo l'ho inquadrato, guarda che c'è! Dai adesso SCHIACCIA il pulsante rosso! Ci sei! Sei puntato! SCHIACCIA TI DICO!” Se il pilota è preso da un crac emotivo, la manina gli afferra il polso e lo costringe a schiacciare. Parte un razzo tremendo che ha anche una video camera in testa: tutto intelligente! L’ordigno avanza inesorabile. Dall'ogiva la radio emette a livelli frastornanti un canto sul motivo delle Valchirie: “IRACHENO SCELLERATO, SEI FOTTUTO, SEI FREGATO!" Obiettivo centrato! PUMPUMPAK! Frammenti di carro vo per aria, l'aereo risale a quota 2000 con grande impennata… mentre esplode una risata registrata "AAAHAHAAAA AHA AHA IIIH!", che si trasforma nell'inno americano. 297 Il pilota e i suoi generali sono raggianti e non sanno d’essere stati fregati. Hanno sparato razzi del valore di miliardi per trappole che costano come un giocattolo per poveri trovatelli! È inutile, noi italici come bidonisti, siamo il massimo! 298 Eppure, ci sono stati dei fabbricatori di trucchi inglesi, che ci hanno superato, hanno sorpassato in ingegno anche i torinesi. Costoro hanno realizzato addirittura un carro armato di gomma. Il carro armato gommoso, alla maniera di un preservativo gigante viene pressato dentro una valigetta di queste dimensioni... poco più di una ventiquattr’ore. Viene consegnato all’iracheno addestrato all’uso, l’iracheno ammaestrato pone la valigetta a terra, estrae dal coperchio una pompa del tipo “gonfia-gommoni”, col piede preme su e giù POT POT POT: spunta il carro armato. Dal principio informe ma che va prendendo il suo assetto sorprendente in pochi minuti: coi cingoli, la torretta, i cannoni, ch'è il punto più delicato, che se non si pompa con forza sufficiente il cannone rimane moscio cossì... e al pilota di lassù potrebbe nascere qualche sospetto. Ma quando appare il super caccia bombardiere, l’iracheno pedala come un disperato sulla pompa PEMPEMPEM TUNTUNTUN ed ecco la canna ritta come un fallo orgiastico in fase d’orgasmo multiplo! L’iracheno ha giusto il tempo di gettarsi dentro la fossa di protezione che parte il razzo e colpisce il bersaglio. C’è il commento di un pilota americano che è veramente divertente, dice: "È strano come si comportino questi nuovi carri armati iracheni, perché non esplodono, non deflagrano come gli altri russi, cinesi. Non so di che marca siano, che nazione glieli abbia procurati: come li becchi saltellano qua e là nel deserto TUM PIM TUM PIM, emettono uno strano sibilo PIHIIIIIIIIII e scompaiono nel nulla. 299 Versione introduttiva di “Mistero Buffo” eseguita il 24 marzo ‘91. Qualche giorno dopo, spinto dai nuovi eventi, ho portato qualche variante al prologo. Eccovela. Come dicono i francesi, e hanno proprio ragione, questa è proprio una "drolle de guerre", una guerra da crepar dal ridere. Il coronamento di questo conflitto da clown è la scoperta delle galline da combattimento. No, non è un lazzo buttato lì tanto per stupire a scompiscio gli alleati elettrosupercomputerizzati, hanno davvero adoperato le galline in guerra. È la prima volta nella storia dell’umanità che assistiamo alla scesa in campo di pollame guerriero evento del quale noi tutyti dobbiamo essere molto orgogliosi perché esse sono razza scelta dei nostri pollai, quindi esultiamo: (intona l’inno nazionale) Oh polli d’Italia, l’Italia s’è desta!” Forse le superstiti di questo conflitto riceveranno una croce particolare di Gladio (richiamo fondo pagina2: organizzazione clandestina creata, per un probabile colpo di Stato, con l’apporto dell’ex Capo dello governo, Presidente Cossiga); quelle che rimarranno vive le vedremo sfilare a Taranto (NOTA FONDO PAGINA: BASE DELLA MARINA MILITARE ITALIANA E LUOGO DI PARTENZA PER IL MEDIORIENTE DEL NOSTRO CONTINGENTE MILITARE) con le pime al vento e una croce di ferro penzolante sul petto. Noi staremo lì a salutarle orgogliosi e ritti sull’attenti ci saranno anche i presidenti vari che le baceranno. 300 Ma cos’è ‘sta storia del pollame guerresco? È presto detto: l'avrete visto in uno speciale TV e l’avrete pure letto su “Il Corriere della Sera” e la “La Repubblica”… non vi racconto storie: nelle foto si scorgono alcuni marines con una gallina bianca in mano, razza emiliane e padovane. Ecco perché dicevo che le croci di guerra verranno tutte dall'Italia: hanno svuotato interamente le nostre aziende gallinifere, batterie intiere anche centomila per volta. Ma veniamo all’utilizzo di questi eroici pennuti. Nella ripresa televisiva alla quale accennavo, si nota questa gallina in braccio al marines americano. Il marines calza il suo elmo regolamentare bén mimetizzato con la rete, tiene sulla fronte due occhiali uno per vedere con il sole e il vento, l'altro per vedere di notte con gli infrarossi. Sul frontespizio dell’elmo spunta una vistosa lampadina che parabola automaticamente e scruta l'orizzonte. Qui sul petto è appeso un tubo che contiene una maschera antigas, maschera che fuoriesce e si spalanca andando a coprire la faccia del marines, il tutto con un solo scatto. Dai glutei del guerriero partono due briglie che trascinano una cassetta munita di ruote che agisce autonomamente spostandosi da una parte all’altra per meglio spiare al di là delle dune. A completare l’assetto, abbiamo una bombola di ossigeno qui sotto l’ascella, la riserva d'acqua appoggiata tra le cosce - serve anche da raffreddamento agli organi delicati - il metano di dietro, una riserva di petrolio all’altezza del ginocchio... e anche una sigaretta già accesa infilata nel bocchettone della maschera antigas, nel caso uno avesse l’impellenza irresistibile di 301 fumare. Ma ci siamo dimenticati delle galline? No, per carità! Essa, bipide, ‘sta appollaiata su un pistolone tremendo che il nostro marines esibisce facendolo scorrere in avanti da sotto l’ascella destra. Con quello spara dei proiettili grossi come uova, che esplodono e producono raggi. Il frastuono è tremendo, ma la nostra gallina da combattimento rimane costantemente abbrancata alla cassa del caricatore. Ora mi chiederete, perché il marines si tiene la gallina sul mitragliatore? Cossì, per scaramanzia? Niente affatto! La gallina assolve a un grosso impegno. Essa possiede un istinto straordinario, cioè ha la facoltà di captare da lontano, lontanissimo anche una bava di gas nervino... se un bastardo d’iracheno tira una bombola di gas anche a centinaia di metri di distanza, la gallina WAW WAW WAW, fa un baccano d'inferno, starnazza, spara uova a grappoli e scagazza, scusate il termine, ma è un gergo tecnologico militare. Ora la cosa fa scattare subito l'intelligenza e la percezione del marines, il quale fra un passo e l'altro... dice AH! IL GAS! PIUM, schiaccia un bottone, gli parte subito la maschera già aperta che gli si incolla sul viso. Naturalmente la gallina entro dieci secondi muore secca. Andiamo, non possiamo mica dare la maschera anche alle galline! (Fingendo di rivolgersi a qualcuno del pubblico) Sì, signora… alludevo proprio al fatto che durante l’ultimo bombardamento a Tel Aviv all’arrivo dei razzi iracheni che si temeva spargessero gas letali, si sono distribuite maschere per tutti i cittadini israeliani ma non se ne sono trovate da destinare ai palestinesi presenti in città. E anche se lei signora ha sussurrato appena, l’ho sentita lo stesso. Io ho un orecchio 302 tremendo, lei ha esclamato risentita: “Ah no! Cosa c'entrano i palestinesi con le galline!” Ha ragione, le galline sono molto più utili nel conflitto, infatti non servono soltanto a dare l’allarme per l’arrivo di gas nervino, ma soprattutto servono per disinnescare le bombe a trappola ficcate nel terreno. Voi sapete che a Sadam Hussein sono state vendute mine da quasi tutti i popoli della terra. E quante ne ha acquistate lui? Diciotto milioni di unità... c'è questo deserto del Kuwait che è tempestato di mine, è incredibile, non si può andare in giro. Se uno, mentre va sullsulla superstrada, che è l’unico percorso ripulito, gli vola via un pacchetto… guai se si permette d’andare a recuperarlo. Come mette piede sulla sabbia: PAM!, salta in aria! Per disinnescarle l'appalto è stato dato ai francesi; avrete visto qualche immagine televisiva: loro hanno una specie di cannone che spara nel deserto un aggeggio che srotola una catena lunghissima con un rostro finale… poi c'è un braccio meccanico che afferra dall'altro lato la catena e comincia a scuoterla dando ribattoni terribili, un fracasso d’inferno. Col fracasso tutte le mine di fabbricazione inglese, francese, russa polacca, svizzera ecc... PIM PAM PIM PAM saltano per aria che sembra proprio Piedigrotta, una cosa veramente festosa! Tutte, vi dico tutte le mine eslpodono... salvo le nostre, le italiane: le Vasella. Nove milioni gliene abbiamo vendute, nove milioni di mine VALSELLA: 50% di partecipazione Fiat. Perché sono tanto richieste e preferite? Perché noi abbiamo bombe INTELLIGENTI, e non trappole per topi. Le nostre Valsella quando si fa baccano sbattendo catene non fanno una piega, anzi, dalla cupola della bomba escono due manine che 303 sbattendo una conto l’altra (mima due braccettine con mani annesse che sbattendo una contro l’altra, altezza gomito, eseguo il classico gesto scurrile napoletano). Infatti le nostre mine saltano per aria soltanto a pressione del piede umano, sono proprio a misura d'uomo, non per niente noi abbiamo creato l'umanesimo. Tutti i nostri alleati devono cominciare a rispettarci come meritiamo perché, d’accordo che in questa guerra non abbiamo dato un apporto determinante, soprattutto in materiale umano, ma abbiamo concorso con materiale meccanico e gallinaceo in partecipazione straordinaria come nessun popolo al mondo. Devono piantarla di sfottere e di prendere in giro soprattutto i nostri ministri quando ci si riunisce al banco, meglio dire al tavolo, per dividere le situazioni di vantaggio di questa guerra. Devono piantarla! C'è quèl nostro ministro De Michelis (HAMO FONDO PAGINA: MINISTRO SOCIALISTA AL TEMPO DEL GOVERNO CRAXI) che tutte le volte che arriva: PAAM!, una porta in faccia, che ormani ha un faccione cossì e ha dovuto dipingersi gli occhiali sul muso per quanti gliene hanno spiaccicati. Dobbiamo ammettere che non fa un bèl vedere con quella testa, con quei capelli impataccati di catrame schifoso, CHE E' LUI ... IL CORMORANO! E' LUI! Un cormorano ripieno! Non vi dico di che cosa. (Esegue una pantomima dove imita la camminata del fenicottero ctarso di catrame) A proposito, quasi mi stavo dimenticando di raccontarvi di come i nostri polli vengano impiegati nel far brillare i micidiali ordigni Valsella seminati nel desero. I nostri polli 304 artificeri con il loro zampettare e col ticchettio del becco producono lo stesso effetto della pressione di un piede. Ma andiamo per ordine: per cominciare ‘sti tecnici spazzamine mettono in funzione elicotteri appositi che spandono becchime e lì gli iracheni che stanno nelle buche… cominciano ad andare in crisi: “Ma come! Ci buttano il becchime per polli?! Va bene sfotterci ma questo è un pò pesante... abbiamo fame, ma non esageriamo!". Poi, una volta steso il becchime ecco che arriva la gallineria, cioè centinaia e centinaia di polli ammassati dentro altri elicotteri speciali… i famosi "apache Vallespluga". Arrivano: WWAAAOOO!, si spalanca la pancia di questi elicotteri, e scaricano piovendo dal cielo galline a stormi che inondano il deserto, sono affamate, da cinque o sei giorni non toccano cibo. Proprio a livello iracheno! E cominciano TI TO’ TI TO’ TO’ PIIM PAAM PIIM PAAM PEEM PEEM!, con il loro zampettare e col ticchettio del becco producono lo stesso effetto. Vo dappertutto arrosti, galline fritte, alla diavolo fragrante! Gli iracheni possono godere finalmente del loro primo pasto caldo. Buon appetito! brano tagliato da rosa fresca che forse si può usare altrove. Ed altre ce n’erano di queste leggi bastarde. Quindi il giullare éra qualcuno che, nel Medioevo, éra parte del popolo; come dice il Muratori, il giullare nasceva dal popolo 305 e al popolo, attraverso l’ironia procurava la coscenza della propria condizione. Ed è per questo che nel Medioevo ne ammazzavano con tanta abbandanza di giullari e si emulgavano leggi persecutorie proprio per loro. Ma torniamo al “Mistero Buffo” vero e proprio. questi brani stavano in fondo non so se doppi o no. controllare PRESENTAZIONE DEL GRAMMELOT 1 9 7 6 E’ STAMPATO. La prima pagina é stata usata da Dario per la nuova stesura de “La fame dello Zanni” di maggio 1998. Mistero Buffo che recitiamo questa sera è una edizione completamente nuova per Roma. Noi abbiamo recitato a Roma cinque o sei edizioni diverse, questa, soprattutto nella prima parte è una novità: è in grammelot. grammelot è l'invenzione di suoni, di termini, di gesti messi insieme, che nel ritmo, nell'andamento, negli stop di chiusura, apertura ecc..., nella tessitura musicale indica o allude a situazioni, a fatti, a cose, a oggetti. ALIULE CHE TAMUSE CHE TA URI A LUNSINGHET TÉ LI LE BLEM BLUM TU LI LE BLEM BLAM... ecco! Questo è il classico grammelot dei bambini. Ora il grammelot è tutto inventato e di volta in volta ogni sera io mi ritrovo a reinventare suoni e moduli a soggetto per ricostruire questo fatto. Qualcuno dice che il grammelot che è nato prima della commedia dell'arte, molti secoli prima... è qualche cosa che è stato inventato dagli attori per cercare di 306 sfuggire alla censura. Gli sbirri, non so se sapete, ma quando vengono a vedere il teatro e segnano... notano certe battute, hanno una specie di codice e riferiscono. Se si parla il grammelot, cioè se si parla...(fa un esempio)... quello non riesce più a segnare, non si ritrova più, straccia e dà le dimissioni... va via dalla polizia. EFFICACISSIMO! Ma non credo che sia questa la vera ragione. Credo che la vera ragione del recitare in grammelot sia il rifiuto dell'accettazione della lingua del potere. Il potere, sapete benissimo ha sempre inventate delle lingue per imporre la propria forza, il proprio prestigio sopra le classi inferiori. Marty, che éra un poeta provenzale del 1200, diceva come consiglia ad altri poeti: " Bisogna annodare i termini, il lessico che noi prendiamo dal volgare, cioè dal popolo, annodare, riprendere termini e radici latine, greche, comporre una nuova forma, una nuova grammatica, mettere regole cossì il popolo non riconoscerà più la propria lingua, si sentirà umiliato, mortificato, ecco lo sapete benissimo... l'italiano. L'italiano è una lingua nata, costruita, fatta apposta da una classe sociale contro e sopra tutti i dialetti, le altre lingue, in modo da comporre una lingua che il popolo non è più capace di intendere e GLIELO IMPONIAMO QUASI COME COSA SACRA! Infatti da bambino io credevo che quando sbagliavo nella sintassi... commettevo un peccato! Sono andato una volta a confessarmi e ho detto un congiuntivo sbagliato PERCHE’ QUESTA CONVINZIONE TÉ LA METTONO PROPRIO NEL CRANIO! E' UN PECCATO! E' LA RELIGIONE DEL LESSICO! Pensate che piacere buttare all'aria tutta questa religione, tutti questi 307 dogmi... ogni volta...aiutando in un gioco che il potere non può rifare... Il più antico come indicazione di grammelot è quello di Molière. Molière però descrive, da la trama di questo grammelot, la favola del perché è dovuta al discorso della censura ... in uno dei momenti in cui venne censurato duramente a proposito di una sua commedia in quanto il re Sole, il suo protettore, se ne stava fuori base... ecco che i vescovi, cardinali, nobili, gli saltarono addosso e gli impedirono di recitare la parte finale di una sua commedia che avéa messo in piedi. Esiste veramente la commedia indicata dalla favola ed è una specie di incastro tra il tartufo e il don Giovanni. Senza la possibilità di dire determinate frasi, di portarle sul palcoscenico Molière éra fregato e allora ricorse ad un comico dell'arte italiano. Si chiamava Scapino, molto più anziano di Molière... Molière ne parla in due o tre occasioni con molto affetto. Dice che il suo vero padre, il suo vero maestro è stato Scapino! Lo prega di usare la tecnica che i comici dell'arte avéano portato in Francia alla loro fuga nel 15OO, esattamente al tempo della inquisizione in Italia. Ecco questo Scapino, si ricordava bene la tecnica del grammelot... allora ha cominciato a parlare... Dicevo che Scapino ha introdotto, forse per primo o forse éra il più bravo. Questo tipo di recitazione si chiama grammelot, si scrive gramelotte perché sui giornali ogni tanto scrivono delle cose che... i critici che... ignoranti... non avete idea!!! Ricordandosi del grammelot di Scapino, Molière lo chiama e gli dice " Senti, salvami, cossì freghiamo i censori! Tu fai tutti i tuoi sproloqui e le tue onomatopeiche. Lo sbirro non 308 riesce a ricopiare... e noi siamo salvi". Scapino che éra già vecchio "dimmi che cosa devo recitare? Quale personaggio? Che chiave?" "Allora, tu sei un servo. Ti chiamerai Scapino...servo... il più grande, più vecchio, più importante servo di una grande famiglia dove è morto il padre, il figlio giovane che si è dato alla pazza gioia e non ha avuto il tempo di imparare tutte le tecniche per entrare a prendere il potere, deve sostituire il padre, rimpiazzarlo, e non sa niente e allora ... il grande insegnamento: come si gioca il gioco del potere." e Scapino dice "Va beh! Volentieri! Grazie!". Allora Scapino insegna al giovane il modo di muoversi, di parlare, di gestire. Prima di tutto gli dice "basta le parrucche non si portano!" sapete che quello éra il tempo delle grandi parrucche. Re Sole avéa una parrucca enorme, non poteva neanche far cossì... immensa con riccioli, bigodini, controbigodini ecc... Ebbene dice "no, non devi portare parrucche, niente parrucca!". Poi c'éra il problema dei dantel, dei pizzi, pizzi dappertutto che uscivano dalla giacca, dal collo, che arrivavano su fin qua, poi riscendevano, poi uscivano dalla camicia... anzi éra molto distinto avere... insomma uno che viveva pieno di pizzi... non so... pensate voi,éra un supplizio!! "Niente pizzi neanche!" Poi i mantelli, si calcolava che la grandezza dei mantelli éra nel giusto rapporto della posizione e della forza economica e soprattutto nobiliare di chi li possedeva. Mantelli che per portarli bisognava avere una forza enorme, trascicare come... quasi sempre c'erano dei nani. L'origine del nano di corte è proprio per portare dal di sotto senza essere visti. La condizione del nano è tremenda perché deve sempre... ce n'è 309 uno della... qui.. che... la cariatide... COMPLIMENTI! Siete velocissimi! Proprio ieri sera facevo caso che i teatranti hanno delle specie di sonde... sapete come quando si assaggia la carne che si adopera una forchetta particolare e ci sono dei punti dove... e la nostra forchettata sono tre o quattro battute. Le proviamo per vedere a che punto è il pubblico... a che punto di cottura è insomma... di intelligenza! Allora dicevi, insomma c'erano anche allora... c'erano già i presidenti che tenevano su... che è un grosso compito... Pare che sia andato anche questa notte ad incollare i manifesti sapete. Fa un lavoro incredibile. Fa tutto! Tutto! E' una cosa...E' qui a Roma che gira per le sezioni, con la bicicletta...con la canna del... perché i manifesti con cossì e allora con la canna li tira su... poi va in giro con le trombe... poco fa è passato di qua con la tromba... ELETTORI! ELETTORI!... ma non ha niente, lo fa con la mano cossì ELETTORI! ELETTORI!...Ma che bravo che è... velocissimo scende dalla macchina, da sotto, c'ha un buco cossì, non ha la portiera perché... Poi entra c'ha il suo cossì... ELETTORI! ELETTORI!... E' formidabile! Allora dicevo che c'erano questi mantelli enormi e ogni tanto... non vi dico quando c'éra il vento perché éra una cosa incredibile tenerli cossì tutti i nanetti attaccati cossì... Allora...eravamo???... Non cossì in modo tronfio, non parrucche, non pizzi... devi... modesto, grigio negro scuro e poi pallido, mi raccomando, pallido, sempre su té stesso devi stare... non so se vi fa venire in mente qualcuno! Poi importante ... la camminata. IMPORTANTE! Stati attenti... 310 non piega le ginocchia... non so se avete visto nei films, non ci sono c'ha delle cose dritte... per potersi inchinare e c'ha questa sofferenza... non gli vedete mai i denti... gli vedete soltanto un dentino qua. E' una tecnica incredibile... delle ore davanti allo specchio ... li vedrete tutti questi personaggi... quelli coi doppi menti qua... beh, quell'altro lo conoscete... poi... Tutti i personaggi in fila... c'è anche la brava persona anche... è veramente una brava persona io dico... Zaccagnini... che è una brava persona davvero... perché ogni tanto dice basta! Lo tengon giù, lo tirano... "tu stai qua per Dio!"... "E no! Ma qui siete degli sozzoni" "Ah! Mé ne frega niente! Tu stai qua! Stai qua!...Ci abbiamo bisogno della brava persona!" E" brava persona soltanto perché non ruba!! Abbiamo una brava persona... perché che ha fatto??? Forse durante il Vietnam ha detto basta?! "Questo è uno schifo, io non accetto l'atteggiamento di Moro verso... e poi il bombardamento... no, no, non c'éra ... éra là. Il fatto del colpo di stato è forse corso a Roma? Infami! Voglio la democrazia!" NOO assolutamente, non si è mai visto! Brava persona soltanto perché quando ha visto rubare... "Cosa fate? Rubate?... Ah rubate!" Va beh! Cominciamo Scapino. Scapino che fa il maestro a questo giovane che deve entrare nel mondo della politica. Il grammelot è francese, ovvio, quindi quelli che conoscono il francese saranno handicappati perché cercheranno di seguire le parole francesi... che non esistono. Cercheranno di capire " perché ho studiato! Porco cane, non riesco a capire una parola!" Non capiranno e chiederanno che cosa ho detto a 311 quello vicino che capisce tutto! Infatti non conosce una parola di francese. Il grammelot. 312 PRESENTAZIONE DEL GRAMMELOT LA CADUTA DEL POTERE NON C' E' L A D A T A E’ STAMPATO. E arriviamo a Mistero Buffo vero e proprio. Mistero Buffo... io ho sempre la voglia di farvi un pezzo al di fuori di quello che è il programma. Pandolfi, vostro concittadino, grosso partigiano morto qualche anno fa, ha raccolto centinaia di canovacci. C'è un canovaccio che mi ha sempre molto sollecitato l'idea di riprenderlo in grammelot. Il grammelot prima di tutto è una forma di teatro onomatopeica (s'nterrompe)... c'è qualcuno che bussa... la tenda... è rimasto fuori...forse nella gabbia delle scimmie...o delle antilopi. Nel grammelot ogni tanto ci sono parole indicative, ma il capire, individuare il tema è dovuto ad intelligenza e il rapporto che c'è tra il giullare, l'attore, e il pubblico, la fantasia. Ora, fantasia ne avete! Devo dire che la velocità d'antenna che ha il pubblico romano, non sto a blandirvi per carità... è veramente eccezionale! Siete superati dai fiorentini e anche dai napoletani che addirittura ti precedono... si mettono a raccontare loro... e tu SEI FREGATO! Noi lombardi siamo un pò più gniucchi... abbiamo la testa schiacciata... sono stati i Savona che ci hanno... non so se avete mai visto il berretto che avéano nella... éra cossì (esegue)... schiacciato! Allora, questo pezzo che cos'è "la morte del potere", un grande personaggio che ha dentro l'allegoria di un potere che sta andandosene a rotoli. Molto probabilmente éra stato scritto apposta per ricordare lo sfranamento dei grandi nobili che 313 ormai erano schiacciati dalla borghesia progressista del tempo; è un pezzo legato al 500. I vescovi, cardinali ecc... sono preoccupati di tenere ancora vivo questo potere ma sentono che gli sta sfuggendo... che sta sradicando. C'è una porta, della gente entra, esce, ci sono preti, c'è gente con siringhe, acqua calda, fredda, passa gente che non ha capito bene, che entra a sproposito, lamenti, la vedova che piange... l'altra che ride, quell'altro che viene fuori urlando, le liti tra di loro, lo scannamento... CHI SI PRENDERA' IL POTERE?... come sgraffignarlo, come sostituirsi, il funerale, discussione sui soldi, gli ultimi denari, insomma... LA DEMOCRAZIA CRISTIANA! L'avete capito, no? M'è venuto in mente perché è proprio preciso identico il canovaccio nell'indicazione, uguale preciso a quello che sta succedendo oggi. E' difficile perché il termine è la velocità di queste entrate, uscite... 'sta bolgia! Ad ogni modo a soggetto si fa sempre, spero di fare... di cadere in piedi come è successo ieri. MISTER O BUFFO ROMA 11-12-89 BONIFACIO VIII-E’ STAMPATO. NO Mi ricordo una delle sue prime apparizioni che avéa stordito tutti, ché avéa voluto far la messa a tremila e tanti metri... C'éra una tormenta spaventosa, poi lo hanno pregato di andar fuori, e ha salvato due o tre cani san Bernardo che si sono perduti, con la fiaschetta qua, è andato a raspare, éra 314 l'unico che riusciva a muoversi... Ebbene con questa papalina, che per mé gliela avvitano... ha una vite qua TRAC... che se l'avvita da solo, oppure gliela dipingono fresca tutte le mattine... si mette cossì... e gliela dipingono; e quel pirulino che gli spunta qua è suo personale, anche da bambino, lui è nato cossì ...EHI PIRULINO! Ché Wojtyla infatti in polacco vuol dire pirulino. WOJTYLA! Beh, lasciamolo lì questo uomo straordinario dicevo, che niente ha a che vedere invece con Bonifacio VIII.Bonifacio VIII si prepara alla funzione, i chierici tutti in torno ripassano i pezzi per la vestizione...Lui molto duro, arrogante, severo... ed ecco che va in processione. Io canto, come naturalmente nella chiave del canto religioso di Bonifacio VIII, un canto antico gregoriano del X sec., ed è autentico. E' un canto che è metà latino e metà, cossì di colpo... di Barcellona, ecco ...Catalano,cossì di colpo non mi ricordavo più il termine "catalano", catalano che proviene da Alghero,voi sapete che ad Alghero parlano il catalano ancora oggi. Ecco questo canto è autentico, dicevo, e voglio sottolineare la straordinaria abilità con cui io riesco ad emettere suoni, ma non è casuale, non è determinata soltanto da una mia dote, no, è dovuta allo studio e esercitata da bambino... io da bambino, è una cosa che vi svelo adesso per la prima volta, non l'ho mai detto, cantavo in chiesa, ero proprio il ragazzino del coro. Poi mi hanno dispensato,non perché non avessi più la voce adatta, ma perché andavo a soggetto inventandomi delle parole che mi piacevano di più...e al prete non piaceva. Va bene, comincio senz'altro. Bonifacio VIII si prepara per la funzione religiosa: 315 Canto gregoriano interrotto da: "el capelo", "el capelun, quelo grande","BOIA DESGRASIAAA!!! l'è de fero!! deo andare in guera a gueregiare!! Dame quelo leggero che devo andare (cantato) a passeggiare" "speciu...speciu,speciu" "guanto" "GUANTO!" "l'oltro,no gò una mano sola no, vo m'là taje??? 316 guerra nel golfo FATTI: PRESENTAZIONE 1) 2) GOLFO PRESENTAZIONE ZANNI 1998 27 MAGGIO PRESENTAZIONE MISTERO BUFFO - Numero 1 GUERRA NEL GOLFO - del 27 /1/1991 Eccomi qua, sono entrato in proscenio addirittura prima che si aprisse il sipario, Potete prendere posto con comodo, senza inciampare e senza calpestare piedi altrui. Sono veramente distrutto, ho beccato questa notizia della guerra nel Golfo, come una mazzata e sono rimasto alzato fino alle quattro e mezza per seguire i servizi delle varie reti. Ancora stamattina mi sono alzato presto per ascoltare le ultime notizie; sono stravolto. La cosa che mi ha maggiormente preoccupato, é il discorso che qualche minuto fa, a reti unificate, ha tenuto l’Onorevole Cossiga, nostro Presidente della Repubblica. Discorso che voi avete potuto evitare, dal momento che eravate già qui in platea. In chiusura il Presidente augurava buon viaggio ai nostri militari che stanno partendo con le ultime navi. In particolare si rivolgeva a quelli che hanno raggiunto le postazioni di combattimento : “...fatevi onore” - diceva - “...il parlamento all’unisono si unisce a me nel saluto. Ricordate che voi rappresentate l’Italia e le Nazioni Unite, in questo conflitto 317 che si realizza con l’intento di proteggere la democrazia e la libertà di tutto il Mediterraneo.” Per non parlare dei pozzi di petrolio, aggiungo io. Già avevo accusato notevole sgomento nei giorni massimi della tensione quando lo stesso Presidente in un discorso appassionato, aveva quasi urlato “... per l’Italia si può morire”, che fa proprio il paio straordinario con “... chi muore per la patria vissuto ha assai” impeto retorico che certamente molti di voi ricorderanno pronunciato al ritmo degli sventolanti gagliardetti. Questo rigurgito patriottardo dove si esalta la morte come liberazione verso la gloria mi strizza lo stomaco. Questo clima guerresco, fa sì che uno leggermente ateo come me, si ritrovi all’istante d’accordo con quanto va dicendo in questi giorni il Pontefice: cioè sul fatto che ci troviamo di fronte a una guerra senza ritorno, che non porterà a nessuna risoluzione definitiva e giusta, che anzi le cose peggioreranno per quanto riguarda lo spazio in cui si combatte, per la situazione dei popoli che vi abitano, per la situazione già disperata di questo Terzo Mondo e che questa risoluzione del distruggere e punire per educare é una soluzione da tabula rasa che porterà maggiori lutti di quanti possiamo immaginare. Questo discorso, che é stato ripetuto due o tre volte dai telegiornali, non so se l’avete ascoltato. Ad alcuni parrà strano che possa essere raccolto da atei, da gente che non é profondamente religiosa. E invece tu vedi una folla che si dichiara profondamente cristiana, come Andreotti, per esempio, che tranquillamente tira fuori con un’ipocrisia incredibile “...il nostro esercito non si sta cimentando in una 318 guerra, ma partecipa a una operazione di polizia,...”. Differenza molto sottile. Siccome il furbacchione ricurvo sa bene che noi abbiamo una costituzione che recita “L’Italia non può intervenire in un conflitto a meno che non venga attaccata o aggredita sul proprio suolo o vengano aggrediti i propri diretti alleati”, ecco qui che ti inventa che noi non andiamo a insozzarci in una trucida guerra, ma partecipiamo a una semplice e gioconda operazione di polizia. Operazione di polizia con qualcosa come 18 tonnellate di esplosivo gettate in cinque ore, cioè la stessa carica di esplosivo deflagrante che determinò la storica catastrofe di Hiroshima. Questo ci dice subito di una situazione disperata; io ho notato una cosa, e questo mi preoccupa di più, poi smetto, cominciamo lo spettacolo, non é che questa sera vi tengo il fervorino, per carità, ma ho bisogno di comunicarvi le ragioni che mi procurano questa tremenda angoscia che ho addosso: quello che mi spaventa maggiormente é l’ignoranza, la mancanza assoluta di informazione che scopro nella gente; ho sentito alcune persone dire delle cose incredibili. Prima di tutto non sanno assolutamente nulla del Kuwait, di come é nato, da chi é governato e dei particolari interessi che gli Stati Uniti realizzano, con le 7 sorelle, tramite la cogestione dello sfruttamento del petrolio, fonte principale di ricchezza di quel paese. E quindi credere che l’intervento così massiccio dell’esercito, della marina e dell’aviazione degli Stati Uniti, sia esclusivamente dettato dalla volontà di difendere i diritti sacrosanti dei sultani e dei loro sudditi. Parliamoci chiaro, noi non ci mettiamo assolutamente dalla parte di Ussein vero e proprio tiranno anacronistico, un criminale che ci ricorda i 319 mitici assiri con la loro crudeltà e le loro stragi di memoria biblica, anzi siamo stati tra i primi a sentirci disgustati per le famose stragi di curdi a base di gas nervino. Ma chi ha creato questa specie di Frankestein? Proprio le cosiddette potenze del capitalismo democratico. Un Frankestein costruito pezzo per pezzo, fabbricato per salvaguardare gli interessi del tanto decantato “mondo civile”. Gli si sono elargite sovvenzioni per miliardi di dollari. Proprio oggi un network svelava la cifra sborsata dall’America per sostenere la guerra contro Komeini, é una cifra da fantaeconomia, senza parlare dei macchinari bellici procurati gratis a questo orrendo burattino. Noi gli abbiamo fornito gran parte della marina insieme ai francesi, i tedeschi gli hanno procurato le armi chimiche, hanno messo a loro disposizione tecnologia e tecnici che gli insegnassero il funzionamento di questi ordigni da massacro. Ma ecco che il Frankestein esaltato va a mettere i piedi nel giardino del petrolio delle 7 sorelle e di Alì Babba. E allora, no, non si stiamo più: “Frankestein, smonta, go away, torna sul tuo lettino operatorio, che ti togliamo i chip dal cranio, cuccia lì.” “Non ubbidisci?” E allora ti organizziamo la Guerra Santa per la libertà dei sultani e delle loro strepitose banche svizzere. Ma chi la ordina questa guerra? Chi dà l’imprimatur? Non gli Stai Uniti, né il Congresso degli Stati Europei. L’ordine viene dall’ONU, cioè dalla più grande associazione di popoli civili che sia mai esistita sulla terra. Alla maniera del tempo delle prime crociate, potremmo gridare finalmente anche noi “Dio lo vuole”. La frase che sentiamo ripetere in questi giorni a tormentone dagli uomini politici e anche dalla gente comune é :”...Noi, paesi liberi, 320 dobbiamo intervenire perché altrimenti l’ONU perderebbe la sua ragione di esistere. Le risoluzioni dell’ONU devono assolutamente essere rese attive”. Ebbene fino ad oggi sono 85 le risoluzioni dettate dell’ONU e nessuna di esse é mai stata tenuta in considerazione. 85: mi ricordo la risoluzione per il Bangladesh, quella per la Turchia su Cipro, l’aggressione del Tibet da parte della Cina, i problemi dei curdi, il massacro nel quale sono stati fatti fuori con un solo ordigno chimico, 5000 innocenti. Per anni e anni nessuno si é indignato. Adesso di colpo si scopre che c’é un mostro da far fuori immediatamente per la libertà. Soprattutto quella di mercato. Infatti appena scattata l’operazione anti-Frankestein, ecco che il prezzo del petrolio cala da 30 che era arrivato, a 21, a razzo, perché ormai é roba nostra, finalmente c’é ritornato in casa. Le borse: un rialzo del 4% dappertutto, oh che festa, che allegria. Ci siamo, finalmente siamo di nuovo i padroni dei nostri sacrosanti pozzi. E a ‘sto punto finisco davvero. Voglio ricordarvi che i bombardamenti in atto su Bagdad vengono chiamati in gergo NATO “operazione chirurgica”, si distruggono gli impianti militari ma niente vittime civili. Ma si sa però, “incidentalmente, qualche bomba e qualche razzo possono uscire dal contesto, siamo uomini seppur militari”. Così un commentatore della radio svizzera da Bagdad ha dichiarato che per questi insignificanti errori di lancio e tiro si deve già lamentare la morte di diecimila civili di ogni età e ceto. Tutti, ben s’intende, musulmani. Intervento di uno spettatore : “Basta, per favore, siamo venuti per vedervi recitare, non per ascoltare un comizio”. 321 Mi spiace, signore, di averla irritata, la mia intenzione era solo di offrire al pubblico alcune osservazioni in forma satirica, oltre che manifestarvi la mia indignazione per questa caterva di infami ipocrisie che ci tocca ingoiare ogni giorno a garganella. Ripeto, mi spiace che lei signore si sia risentito, ma evidentemente oso indovinare che lei si ritrovi qui, in questo teatro, per la prima volta ad assistere a un nostro spettacolo. Altrimenti lei saprebbe bene che da anni noi mettiamo in scena ogni testo facendolo precedere da una chiacchierata sulla diretta attualità. Un commento essenziale per legare la satira della rappresentazione vera e propria con il grottesco spesso tragico della cronaca dei fatti che stiamo vivendo. Voglio informarla oltretutto che il nostro non é uno spettacolo digestivo, dove il pubblico viene, s’allunga spaparanzato sulla poltrona, e ordina a noi attori comici “fammi ridere!”. Mi spiace deluderla ma le assicuro che personalmente sono un cittadino come lei, che oltre a recitare, ha il diritto di manifestare le proprie idee anche qui sul palcoscenico, che é il mio spazio naturale. E lei, a sua volta, ha il diritto di non condividerle, e magari di richiedere la restituzione del biglietto che ha pagato. Io, ad ogni modo, la ringrazio di questo suo intervento perché mi dà il pretesto di sottolineare qual é l’intento del prologo che ho appena recitato. Ripeto, realizzare un aggancio logico con il testo del Mistero Buffo vero e proprio e farvi intendere che quello che stiamo vivendo già si viveva nel Medioevo e nel Rinascimento. Quindi andiamo a incominciare. Presentazioni Mistero Buffo 322 Numero 2) INIZIO SPETTACOLO II versione 11 maggio 1998 MISTERO BUFFO DEL 24.O3.91 ROMA LA GUERRA NEL GOLFO Così, é più di un mese che siamo in guerra, come ai bei tempi, tra cristiani e musulmani. Io speravo veramente che si realizzasse una pace definitiva, invece, in IRAQ stanno combattendo ancora, si sparano, c'è gente che crepa, i curdi stanno scendendo dal nord, stanno occupando una città dietro l'altra, ci sono gli sciiti che salgono invece dal sud, c'è Saddam Hussein, che ha buttato nel Nepal un po’ di gas nervino che gli era avanzato. D'altra parte certe cose così preziose non si possono buttare via... bisogna pure adoperarle...ed è comprensibile, c'è qualche morto in più...ma ne val la pena! Poi ci sono anche gli sciamanniti, che è un gruppo religioso ed anche etnico particolare, proviene dal centro dell'IRAQ; si riuniscono in bande e girano per la città issando un palo della luce molto aguzzo, e vanno gridando "Saddam Hussein ti vogliamo in alto, sempre più in alto", e via dicendo. Ora, a parte la tragedia di questa guerra che doveva essere una guerra asettica, senza neanche un morto... pare che i morti solo tra i militari iracheni abbiano superato finora il numero di centomila e ci siano una cosa come centomila morti solo a Bagdad fra i civili. Dall'altra parte, invece, fra i militari che combattono per liberarci dal mostro infedele, di morti ce ne sono stati due o tre; uno, causa un colpo di sole, un altro colpito da un 323 commilitone mentre era intento a fare i propri bisogni: purtroppo gli spuntava la testa da una duna. Il particolare che più mi ha colpito è il crescere ogni giorno di notizie che ci fanno scoprire quante frottole ci abbiano raccontato a proposito di questo conflitto. Per inciso, va ricordato che questo personaggio di Saddam Hussein, l'abbiamo costruito noi, diciamo noi occidentali, ma anche gli orientali. Senza il nostro aiuto sarebbe rimasto un piccolo delinquente di provincia, un criminale da strapazzo. Invece, grazie prima di tutto alle armi che gli si sono state fornite, é cresciuto fino a dilagare. Voi sapete che tutti hanno concorso a vendergli armi, compresi i russi, i polacchi, perfino la Repubblica di San Marino, oltre che la Svizzera e il Liechtenstein. Fra l'altro siamo venuti a scoprire che, secondo osservatori militari europei, Saddam Hussein può disporre oggi del quarto esercito, in scala di valori, del mondo... che è proprio una notizia da scompisciarsi dal ridere, soprattutto quando si viene a sapere che, per esempio, i carri armati russi che gli sono stati venduti, non erano russi, ma erano cinesi di scarto. Per capire il loro valore, basti ricordare che quando in Russia un carro armato viene male, si dice "c'è uscito un carro armato cinese". Ma ad ogni modo la cosa incredibile, è che lui, Saddam Hussein, si é davvero convinto, deficiente, di possedere il quarto esercito del mondo, che lo credessero gli altri era una bufala, detto da lui... ed è per questo che lo hanno sollecitato a buttarsi con slancio in questa avventura. D’altra parte, vi ricordate della guerra contro Komeini? Un milione di morti 324 soltanto ci sono stati di passaggio... e questa azione a cui concorsero moltissimo l'America, l'Inghilterra, noi ecc., ha fatto sì che il grande rais Frankestein-Hussein poi venisse logicamente a richiedere il pagamento dell'obolo per il servizio eseguito. Appresso, questo deficiente, si è permesso anche di occupare il Kuwait come risarcimento dei danni di guerra subiti... giustamente lo abbiamo mazzolato... l'hanno mazzolato. E dire che sono stati proprio i bianchi civili ad allenarlo e ad incitarlo nell’acquisto e nella costruzione degli ordigni bellici. Per esempio, a partire dai gas, dove, guarda caso, sono arrivati come maestri di produzione, i tecnici tedeschi dell'est e dell'ovest, che si sono incontrati fuori sede per la prima volta a riprendere la loro tradizione di gasisti. E tutto, guarda caso, pochi mesi prima della riunificazione in una grande Germania. Almeno questa guerra è servita a qualche cosa. Possiamo immaginare di assistere alle lezioni su come si impiegano i gas: "Stai attento, Ussein, dunque: c'è un catalizzatore, poi abbiamo un gas inerte, un altro gas inerte. Solo se uniti col catalizzatore funzionano. Vuoi provarlo?... Va bene, dimmi su chi li buttiamo. I curdi? Si! I curdi vanno sempre bene, tanto li ammazzi e nessuno dice niente...al massimo l'ONU fa un rutto di indignazione, non più di così. Attenzione il curdo è là, lo vedi? Buttiamo la prima bomba... ecco il gas che esce, non fa niente perché è inerte, ne buttiamo una seconda, non fa niente perché è inerte, STAI ATTENTO!! A chi??? Là, adesso ci buttiamo il catalizzatore ...PUM!...guarda, 325 guarda come fa il curdo, lo vedi? Non è un ballo folkloristico regionale, è che è un po’ ubriaco. Adesso attento alla testina... TON! E' morto! Hai visto? IMPARA!!!” E così ha imparato. Ma a proposito di frottole straordinarie... la più criminale si é rivelata quella che ci ha ammannito addirittura Bush in persona, e io l'ho bevuta, perché non pensavo che Bush fosse un elemento così screditato da venire a raccontarci una balla di questo genere. Si tratta, e l'avrete sentita anche voi, spero, immagino che anche voi ci siate cascati, come d'altra parte ci sono cascati la bellezza del 75% degli americani, sul fatto che bisognava per forza condurre questa guerra, e subito, non si poteva aspettare un anno, perché entro un anno certamente questo Saddam Hussein sarebbe riuscito a realizzare una potentissima bomba atomica fatta in casa... e allora sarebbero stati guai terribili. Ebbene, quando qualche giorno fa, il giornale più importante di New York, il "Times", ha realizzato un servizio di inchiesta, e ha interrogato Scanagh, l'ultimo padre della bomba atomica, e gli hanno chiesto "senta, cosa ne dice di questo fatto, del pericolo che Saddam Hussein possa farsi la bomba atomica?" Lo scienziato ha strabuzzato gli occhi ed é scoppiato in una risata con un singhiozzo inarrestabile. Han dovuto portarlo d’urgenza al Pronto Soccorso. E questi coglioncioni degli americani l'hanno bevuta” (risata). A proposito degli americani e del loro candore ho da segnalarvi un fenomeno davvero surreale. Prima di questo discorso sull’atomica musulmana Bush poteva 326 raccogliere un’adesione popolare alla guerra pari al 51% scarso. Ma, appena ha tirato fuori, in diretta TV, la frottola suddetta, l’adesione alla guerra é salita al 90%. Questo vi dice l'importanza delle frottole, quando sono giocate bene. Ma la più criminale di tutte, devo ammettere, si é dimostrata senz’altro la frottola del cormorano; tutti quanti ci siamo veramente intristiti e indignati di fronte a quella foto. Ve lo ricordate? Quel povero uccello, strepennato e muto, lì sulla spiaggia, con il petrolio buttato fuori da questi bastardi di iracheni ... lui, ficcato nel bagnasciuga, arrivava quest'onda questo BLOOB BLOOB, rispuntava con un occhio tappato, faceva appena a tempo a respirare che BLOOOB, un'altra onda di un mare schifoso... che io veramente ho detto "Ma che criminali bastardi!", e tutti quanti ce la siamo presa. Ebbene, adesso vi posso svelare che era tutta una balla, una frottola gigantesca! Tutti gli scienziati legati all'ornitologia, di tutto il mondo, si sono indignati; i francesi in particolare su "Le Monde" hanno pubblicato un articolo dove nel titolo si leggeva: "E’ una fandonia che non accettiamo", perché? Perché di cormorani, di baby cormorani, sulle coste del Kuwait, in quel periodo, gennaio, quando è stata effettuata la ripresa, non ne esiste più uno ch'è uno: se ne sono andati già via tutti in settembre!!! E ritornano in maggio. E figurati col casino che c'è stato lì, se ritornano, chi li vede più!!! E allora ‘sto pellegrino di cormorano DOVE L'HANNO PRESOOO! Vuoi vedere che é un cormorano rimasto fuori di orario di partenza?? “Scusi avete visto dei cormorani... ché io devo 327 emigrare, devo andare al nord, e temo di aver perso l’ultimo stormo migratore.” No, raccontata così la balla non sta in piedi. La verità é che fotografi e operatori televisivi, quando c'è stata la sparata fuori di petrolio nel nord del Kuwait, vi ricordate? non sapevano chi e cosa fotografare. C'è stato lo scandalo, si parlava addirittura di un milione e mezzo di barili. Allora, fotografi e operatori hanno detto: “qui c’é da fare un bel servizio. Magari con dei bei fenicotteri imbrattati nel petrolio che ha impiastrato tutto il mare.” Ma il petrolio é sparato fuori dai pozzi, lassù, nel nord, a trecentocinquanta miglia da Riad, cioè dalla costa più prossima. TRECENTOCINQUANTA MIGLIA! Vi immaginate questi qua con le macchine da presa, su un gommone, che remano per trecentocinquanta miglia, per tre giorni, e quando finalmente arrivano là... chi ti trovano? Gli iracheni che saltano di gioia e gridano "finalmente possiamo abbattere un mezzo straniero" PUM PUM sul gommone, e loro "FERMIII! Noi siamo qui solo per riprendere il cormorano insozzato!!" "Ma non c'è il cormoranoooo!" "Ah, si? Peccato!". No, neanche questa balla sta in piedi. In verità, la troop dei cameramen non si é mossa da Riad, sono andati allo zoo, e lì anche i cormorani che c'erano erano scappati, e hanno trovato un Mabibu, che non è della classe dei cormorani, no, è un uccello trampoliere fra l'altro, che vive esclusivamente nell'Asia Minore, e in particolare negli acquitrini paludosi di acqua dolce. Come l’hanno individuato, i cameramen: "scusi, signor volatile-trampoliere, le spiace venire al 328 posto del cormorano in spiaggia?" "Ma no! Ma io che c'entro! Io odio il mare", "Venga per favore..." E siccome questo animale ha degli strani pennacchi qui in testa, glieli hanno tagliati all'umberta, cioè alti un dito. Avete notato che quel cormorano aveva i capelli alla squatters?! E poi l'hanno pucciato dentro "scusi...chiuda la bocca PIU'PIU'PIU', sorrida... UNO DUE TRE ... ci basta, grazie, vada pure BLOBLOBLOBLO". E noi tutti, come tanti boccaloni, ci siamo commossi fino alle lacrime a questa malandrinata messa in scena. Ma la commozione l’abbiamo provata in seguito a quella dichiarazione, vi ricordate, di Schwarz Scoop, il generale abbondante, uno dei più grandi generali del mondo, nel senso di dimensioni, due metri e dieci di altezza senza tacchi, un quintale e dieci chili senza l'osso, ve lo ricordate? Quello che veniva sempre, ad ogni conferenza stampa, simpatico con quella faccia rubizza, che a me tutte le volte mi veniva voglia di chiedergli "mi dia quattro etti di filetto, un ossobuco e un po’ di carne per il gatto", simpatico... A un certo punto ci è mancato, a me manca proprio, è un vuoto che ho familiare quasi... Ebbene, una volta, alla quarta conferenza stampa, è arrivato e, invece di essere vivace come di norma, ci si é mostrato perplesso e abbacchiato. La ragione l’abbiamo saputa poi, era causata dal fatto che le rampe dei missili di Hussein che sparavano appunto i famosi razzi, dopo ogni lancio sparivano nel nulla. Ogni tanto ne individuavano qualcuna, la distruggevano, ma ecco che dopo un attimo ne appariva un’altra e non si capiva da dove fosse 329 spuntata. Lo stesso succedeva con i carri armati. Carri armati che uscivano non si sa da dove, i bombardieri li puntavano, ne buttavano all’aria una decina, poi TRACCHETE, altri dieci che rispuntavano dal nulla. A un certo punto i generali della coalizione hanno avuto il sospetto, lui l'ha detto, che si trattasse di falsi carri armati. Ed era proprio così: erano tutte sagome di carri armati in vetro resina. E chi li ha fabbricati questi carri armati?? (risata) NOI! Noi italiani! Guardate che siamo dei geni, degli extraterrestri!! Il genio in questione é un artigiano di Torino che ha fabbricato per Hussein qualche migliaio di sagome. E quando si è saputo a Torino che il Comune aveva concesso il benestare perché si innalzasse un monumento al costruttore magico di questi mezzi cingolati in vetro resina, proprio per ricordarne la pantagruelica creatività, c'erano tutte le televisioni del mondo a intervistarlo, è incredibile! L’hanno aggredito con le telecamere e i microfoni: "Per favore ci sveli come ha potuto fabbricare carri armati così leggeri, agili e facili da trasportare in gran numero.” “Ecco qua, é semplice” ha risposto lui e li ha portati nell’officina: “Ecco, vedete questi fogli, sono sagomati per stampo su un disegno diverso per ogni facciata, e quindi affiancati l’un l’altro a mo’ di libro. In ogni carico di camion ci stanno quaranta carri armati, ed é semplicissimo rimontarli, basta seguire il libretto di istruzioni affiancato: A con A, B con B, questo va a incastro, quest’altro pezzo si inserisce a chiave, non c’é un bullone né una vite.” E’ così facile e 330 divertente assemblarli che gli iracheni lo fanno fare ai bambini, come premio. Ma ad un certo punto, dice l’artigiano monumentato, le richieste di carri usa e getta erano cresciute a tal punto che non ci permettevano di farvi fronte. Così abbiamo spedito le sagome da calco e se li sono fatti da sé, in quantità esagerata. Ma il cronista della nostra terza rete chiedeva con insistenza “Ma come fate a muoverli, sono leggeri sì, ma come vi riesce di farli camminare nel deserto?” “Basta una corda molto lunga. Guardi si lega qua, uno si mette in una buca e poi tira il carro armato che viene avanti come una slitta.” “Sì, ma il calore emanato dal motore come lo realizzate?” “Voi sapete che gli attrezzi di rilevamento di cui sono dotati gli aerei americani, se non rilevano il calore non danno l’ok perché si spari, anzi emettono una serie di pernacchie con contrappunto di sghignazzi e l'aereo se ne va”. “E’ semplice” risponde il genio dei carri-bidone, “noi ci mettiamo una stufetta a serpentina, loro rilevano il calore e dicono - ah ah c'è il motore e sparano razzi e cannonate come al carnevale di Rio. “Ma dico, e l'altro, il rumore?” “Cingoli! Una cassetta con registrazione di cingoli. Gli stessi per il doppiaggio al cinema... GRUBLUBLUGRUBLUBLU”. Ma come si può pensare che queste macchine si siano lasciate imbrogliare da mezzi così semplici... avete visto che razza di rilevatori hanno dentro: nel cruscotto centrale di questi aerei caccia bombardieri c'è una specie di schermo, si vedono tutti i disegnini che si muovono come i videogames e il pilota 331 non sta neanche a guardare attraverso il parabrezza, ma guarda direttamente il cruscotto e vede meglio tutto. C'è una voce che gli dà tutti gli elementi, gli dice: “vai, vai , stai tranquillo, ecco, ecco, prendi quota, fino a trentacinque abbassa dodici, ecco rileva, rileva, rileva, la velocità va bene così come va, ecco stai bene, la tua mamma ho saputo che stai tanto bene, vai vai” e appare la faccia della mamma che gli manda. C’é pure una manina che viene su e gli ammolla degli schiaffetti e gli torce appena l’orecchio, che gli tanto fa piacere. Poi una grattatina sulla nuca e “Sei splendido!” Quindi, come per incanto, appare sullo schermo del videogames l'immagine assonometrica addirittura di carri armati, delle costruzioni, di quello da colpire, danno il peso... ecco qui un carro armato c'è, c'è, c'è, eccolo l'ho inquadrato, guarda che c'è, dai adesso SCHIACCIA ci sei, sei puntato SCHIACCIA TI DICO! Se uno è un po’ distratto, la manina gli afferra la mano e lo costringe a schiacciare... parte un razzo tremendo che ha anche una video camera in testa, tutto intelligente, riprende quota, risale ed emette anche una canzoncina “CARO IRAK, ORA FAI SCIAC, CON ‘STO RAZZO FAI PUM TRALALA’, SEI FOTTUTO TU E ALLAH” scoppia, salta tutto per aria, l'aereo riparte, c'è una risata registrata IIIHAAAA AHA AHA e suona la valchiria. E’ inutile, noi italici come bidonisti siamo il massimo. Però ci sono stati dei fabbricatori di trucchi inglesi, che ci hanno fregato, hanno fregato i torinesi anche. Infatti hanno realizzato addirittura un carro armato di gomma. E' una specie di 332 polpettone... in una valigetta così viene costretto, ben plissettato, tutto c'è il carro armato... Il tecnico bidonista prende la sua valigetta, inserita fuori dalla valigetta c'è una pompa di quelle a pedale, si sistema a terra, si schiaccia su e giù il pedale, viene fuori POP POP POP il carro armato, cresce e si concretizza coi cingoli, la torretta, i cannoni, ch'è il punto più delicato, che se non si pompa con molta forza il cannone rimane moscio così... e il pilota se ne accorge...Quando arriva l'aereo PEMPEMPEM TUNTUNTUN dritto come un cannone, appunto, ed ecco che PRAAAPUUM! Parte il razzo, colpisce il bersaglio e a ‘sto punto c'è il commento di un pilota americano che è veramente divertente, dice: “è strano come si comportino questi nuovi carri armati iracheni, perché non esplodono, non deflagrano come gli altri russi cinesi. Non so di che marca siano, che nazione glieli abbia procurati, perché come li becchi saltellano qua e là nel deserto TUM PIM TUM PIM ed emettono uno strano sibilo PIIIIIIIII. Quindi scompaiono nel nulla.” PROPRIO UNA STRANA GUERRA! Un'altra situazione davvero grottesca è quella dei preservativi. C'era il problema di preservare le canne delle mitragliatrici, dei fucili, delle pistole... perché se l’interno delle canne si riempiva di sabbia, c'era il pericolo che l’arma scoppiasse... SPARI... E' PIENO DI SABBIA... DEFLAGRA... SI SCALDA VELOCISSIMO... e allora su ogni mezzo da tiro si infilava un preservativo... ed era strano! Ho visto due o tre fotografie che ci hanno mostrato i giornalisti francesi di queste armi a ripetizione 333 o a rinculo col preservativo dietro attaccato anche su mitragliere da venti millimetri, e alcuni preservativi infilati sui cannoni, non so di che misura, marca e provenienza. Roba gigantesca, da elefanti. Ma io mi immagino i primi iracheni che si sono beccati i colpi di proiettili da questi qua, ancora avvolti nel preservativo, che per la fretta non stavano a sfilarli TO’... UN PROIETTILE CON IL CONDOM! E’ inutile, come dicono i francesi, questa é proprio una “drôle de guerre”, una guerra da crepar dal ridere. Il coronamento di questo conflitto da clown é la scoperta delle galline da combattimento. No, non é un lazzo buttato lì tanto per stupire a scompiscio. Hanno usato davvero le galline in guerra...è la prima volta che le vedi combattenti, forse le superstiti di questa guerra riceveranno una croce particolare di Gladio ; quelle che rimangono vive le vedremo sfilare a Taranto, noi staremo a salutare tutti ritti sull’attenti e ci saranno anche i presidenti vari che le baceranno. La storia è questa, l'avrete letta sui giornali, sul Corriere della Sera, ad esempio, sulla Repubblica, non vi racconto favole: nelle foto allegate si scorgono alcuni marines con una gallina bianca in mano, fra l'altro solo galline italiane, ecco perché dicevo che le croci di guerra verranno tutte dall'Italia; hanno svuotato interamente le nostre aziende gallinifere, le batterie intiere, anche centomila per volta. Ma veniamo all’utilizzo di questi gallinacei. In una ripresa televisiva si nota questa gallina in braccio al marines americano. Il marines calza il suo elmo regolamentare ben mimetizzato con la rete, calza 334 sulla fronte due occhiali, uno per vedere con il sole e il vento, l'altro per vedere di notte con gli infrarossi. Sul frontespizio dell’elmo spunta una vistosa lampadina che parabola automaticamente scrutando l'orizzonte. Qui sul petto é appeso un tubo che contiene una maschera antigas, maschera che fuoriesce e si spalanca andando a coprire la faccia del marines, il tutto con un solo scatto. Dai glutei partono due briglie che trascinano una cassetta munita di ruote che agisce automaticamente spostandosi da una parte all’altra per meglio spiare al di là delle dune. A completare l’arredamento abbiamo una bombola di ossigeno sotto l’ascella, la riserva d’acqua appoggiata tra le cosce (serve anche da raffreddamento agli organi delicati), il metano di dietro, una riserva di petrolio incollata all’altezza del ginocchio, sull’esterno, e anche una sigaretta già accesa, infilata nel boccchettone della maschera antigas, nel caso uno avesse l’impellenza irresistibile di fumare. Ma ci siamo dimenticati della gallina? No, per carità! Essa, bipede, sta appollaiata su un pistolone tremendo, che il nostro marines esibisce facendolo scorrere in avanti da sotto l’ascella destra. Con quello spara dei proiettili grossi come uova, che esplodono e fanno raggi. Il frastuono é tremendo ma la nostra gallina da combattimento rimane costantemente abbrancata alla cassa del caricatore. Ora mi chiederete: “Perché il marines si tiene la gallina sul mitragliatore? Così, per scaramanzia?” Niente affatto. La gallina assolve a un grosso impegno. Essa possiede uno straordinario istinto, cioè ha la facoltà di captare da lontano, 335 lontanissimo anche una bava di gas nervino... se un bastardo di iracheno tira una bombola di gas, anche a 5km. di distanza, la gallina WAW WAW WAW, fa un baccano d'inferno, starnazza, spara uova a grappoli e scagazza, scusate il termine ma é gergo tecnologicomilitare. Ora, la cosa fa scattare subito l'intelligenza e la percezione del marines, il quale fra un passo e l'altro... dice AH! IL GAS! PIUM, schiaccia un bottone, gli parte subito la maschera già aperta che gli si incolla sul viso. Naturalmente la gallina entro dieci secondi muore secca. Andiamo, non possiamo mica dare la maschera alla gallina! Le galline sono come i palestinesi... niente maschere. (Rivolto a uno del pubblico) Sì signora, alludevo proprio al fatto che durante l’ultimo bombardamento a Tel Aviv, all’arrivo dei razzi iracheni non si son trovate maschere da distribuire ai palestinesi. E anche lei, signora, con tutto che ha mormorato appena, l’ho sentita lo stesso. Io ho un orecchio tremendo, lei ha esclamato risentita: “A no, cosa c’entrano i palestinesi con le galline!” Ha ragione, le galline sono molto più utili nel conflitto, infatti non servono soltanto a dare l’allarme per l’arrivo del gas nervino, ma servono soprattutto per disinnescare le bombe. Voi sapete che a Saddam Hussein sono state vendute mine da quasi tutti i popoli della terra. E quante ne ha acquistate lui? Diciotto milioni di unità. C’é questo deserto nel Kuwait che é tempestato di mine, é incredibile, non si può andare in giro. Se uno mentre va sull’autostrada, che é l’unico percorso ripulito, gli vola via un pacchetto, guai se si permette di andare a recuperarlo. 336 Come mette piede sulla sabbia PAM! salta per aria. Ora, per disinnescarle l'appalto è stato dato ai francesi; avrete visto qualche immagine televisiva: loro hanno una specie di cannone che spara nel deserto, appunto, una catena lunghissima con un rostro finale; poi c'è un braccio meccanico che prende dall'altro lato la catena e comincia a scuoterla dando ribattoni terribili, un fracasso d’inferno, col fracasso tutte le mine di fabbricazione inglese, francese, russa, polacca, svizzera ecc... PIM PAM PIM PAM saltano per aria che sembra proprio Piedigrotta PIM PIUM PIM PUM, una cosa veramente festosa. Tutte, vi dico tutte scoppiano... salvo le nostre, le italiane, le Valsella. Nove milioni gliene abbiamo vendute, nove milioni di mine VALSELLA: 50% di partecipazione Fiat. Perché? Perché noi abbiamo bombe intelligenti, e non delle trappole per topi. Le nostre Valsella quando si fa baccano sbattendo catene, non fanno una piega anzi, dalla cupola della bomba, escono due manine che sbattendo una contro l’altra eseguono il gesto sfottente alla napoletana. Infatti le nostre mine saltano per aria soltanto a pressione del piede umano, sono a misura d'uomo, non per niente noi abbiamo creato l'umanesimo. Tutti i nostri alleati devono cominciare a rispettarci come meritiamo, perché, d’accordo che in questa guerra non abbiamo offerto un apporto determinante soprattutto in materiale umano, ma abbiamo concorso con il materiale meccanico in partecipazione straordinaria come nessun popolo al mondo. Devono piantarla anche di sfottere e di prendere in giro i nostri ministri quando ci si riunisce al 337 banco, meglio dire al tavolo, per dividere le situazioni di vantaggio di questa guerra. Devono piantarla! C'è quel nostro ministro De Michelis che tutte le volte che arriva... PAAM una porta in faccia, che ormai ha un faccione così e ha dovuto dipingersi gli occhiali sulla faccia per quanti gliene hanno spiccicati. Dobbiamo ammettere che é molto brutto con quella testa, con quei capelli impataccati di catrame schifoso , CHE E' LUI ... IL CORMORANO! E' LUI! Un cormorano ripieno! Non vi dico di che cosa... Ma mi sono dimenticato di raccontarvi di come le galline vengono impiegate: prima di tutto col loro ticchettio producono lo stesso valore della pressione di un piede. Così, i tecnici spazza-mine buttano le galline sulla sabbia nel deserto e appena quelle cercano da mangiare TICTICTIC...PAM! Scoppiano loro e le bombe intelligenti, fregate! Ma per invogliarle naturalmente a becchettare bisogna spandere il becchime. Quindi c'è un elicottero apposito che versa e distribuisce il becchime. Una scia straordinaria! Questo avveniva già nei primi tempi quando dovevano formare delle strade per poter transitare coi carri armati per il deserto minato e c'erano ancora gli iracheni nelle loro buche in trincea. I tecnici spazza-mine passavano a volo radente con queste becchinate tremende, disegnavano lunghe scie WWAAAAA e lì gli iracheni che stavano nelle buche hanno cominciato ad andare in crisi: “Ma come! Ci buttano il becchime per polli?! Va bene sfotterci ma questo è un po’ pesante... abbiamo fame ma non esageriamo!”. Poi, una volta steso il becchime, ecco che 338 arriva la gallineria, cioè centinaia e centinaia di galline ammassate dentro questi elicotteri speciali che si chiamano “apache Vallespluga”. Arrivano e WWAAAOOO e buttano giù galline, si apre la pancia di questi elicotteri, piovono galline a stormi che inondano il deserto, sono affamate, da cinque o sei giorni che non toccano cibo, proprio a livello iracheno e cominciano TI TO TI TO TO PIIM PAAM PIIM PAAM PEEM PEEM, volano quarti di gallina fritta alla diavola fragrante dappertutto, ed è la prima volta che gli iracheni godono di un bel pasto caldo. Mi capita spesso che davanti a una tragedia come questa che stiamo vivendo, di istinto vado a vedere cosa hanno scritto di situazioni analoghe gli antichi. In questo caso Aristofane mi é parso il migliore: sembra faccia esattamente il commento dei fatti e degli antefatti di questa guerra. Aristofane aveva scritto la bellezza di quattro opere sulla guerra in particolare "La Pace", magnifica. L’ho riletta in questi giorni e ho scoperto i discorsi coi quali si esibivano questi uomini politici greci con l’intento di coinvolgere Atene nella guerra che era già in corso ad opera di Sparta. Sono gli stessi, identici discorsi che abbiamo sentito scodellare a ripetizione dai nostri politici in questi tempi: “la pace è un dono sacro e non bisognerebbe mai violarla, ma in questo momento noi dobbiamo rompere ogni indugio e unirci ai nostri alleati che altrimenti rischiamo la solita figura di vigliacchi, di femminucce, scopriamo mancanza di dignità e di virilità”. Sembra proprio la fotocopia di una delle tante sparate al parlamento dei nostri politici d’assalto 339 ma ne “La pace”, di Aristofane c’é una variante: all’improvviso, fra i deputati, si erge un personaggio di grande autorità: é l’arconte, il gran capo del parlamento che, dopo aver ascoltato i vari interventi, prende la parola e urla: “Sì, mi avete convinto e soprattutto commosso. Questa guerra s’ha da fare. Quindi, cari deputati e senatori, siete tutti arruolati. Preparatevi a partire per il campo di battaglia. Avvertite le vostre vedove, pardon, mogli.” I politici in massa sbiancano in viso: a uno gli prende un coccolone e muore sul colpo, un altro resta fulminato e in paralisi totale, altri, in gran numero, se la fanno addosso, i rimanenti fuggono buttandosi dalle finestre. Pensate che splendido sarebbe poter fare altrettanto coi nostri omino politici; dopo i loro discorsi guerreschi alzarsi e poterli fulminare con un “ok, vi arruoliamo”... per esempio Spadolini arruolato nei mezzi da sbarco anfibi, lui proprio un mezzo da sbarco, sdraiato, i marines sopra con la pagaia che scivolano nel golfo... oppure Giuliano Ferrara mezzo cingolato con sta' pancia BOLUBLUBLU, con le bretelle da lancio TOCCHETA per tirare bombe, oppure Forlani, già mimetizzato colore neutro, paglierino color sabbia e sempre talmente giallino che, nudo nel deserto, non lo vedi più. Poi Craxi non c'è bisogno neanche di mettergli un elmetto, basta fargli una riga qua (indica il livello delle sopracciglia), e lui è già corazzato. Quindi, mezzo terroristico di persuasione occulta, Giulio Andreotti: basta sollevarlo da una duna e “O mio Dio!” tutti gli iracheni si arrendono. Fra l'altro avete saputo che 340 Andreotti stava per partire la sera del bombardamento? Il giorno in cui hanno bombardato Bagdad, l’Onorevole Giulio alle cinque, nessuno era al corrente che gli americani si stessero accingendo a questa operazione di massacro totale, lui personalmente era stato incaricato da tutti i ministri degli esteri europei di tentare l'ultima chance, cioè di recarsi da Saddam Hussein e di convincerlo a nome dell'Europa ecc... l'ha dichiarato lui stesso. Alle sei era a Ciampino con un aereo speciale che doveva partire immantinente soltanto che il capo del controllo ha bloccato l’ordine: “fermi un attimo c'è un piccolo guasto, un’inezia , è un bullone con vite particolare che si é ammollato e non troviamo come sostituirlo all’istante, ma adesso rimediamo, tempo due o tre ore e si riparte.” Infatti all’una l’aereo é pronto per prendere il volo, si avvia verso la pista di decollo ma: “Alt! Fermi tutti! La TV sta dando la notizia proprio in questo momento del bombardamento di Bagdad. 200 caccia bombardieri al minuto, 5000 tonnellate di esplosivo in mezz’ora.” E così, causa questo bullone, Andreotti non ci si é trovato in mezzo. Pensate voi, per un bullone di 3 millimetri, che senza ‘sto pezzo di ferro a vite, lui, Andreotti, si sarebbe trovato puntuale sulla pista di Bagdad, con ‘sta tempesta di bombe addosso. Cosa ci avrebbero restituito di Andreotti? Un cofanetto di frammenti ricordo. Ora, ditemi voi, a cosa é legata la storia di un popolo, a un bullone. Bisogna ammetterlo, in questi tempi la fortuna non ci arride! 341 BRANI IN PIU’ ed è stata la prima volta che gli iracheni hanno avuto il loro pasto caldo, un pò bruciacchiato ma... Tutte le volte che io mi ritrovo ad avere davanti una tragedia come è stata quella della guerra, di istinto vado a vedere cosa hanno scritto di situazioni analoghe gli antichi, e mi è capitato quest'anno di trovare oltre che forse il più geniale è Aristofane. Aristofane avéa scritto la bèllezza di quattro opere sulla guerra in particolare "La Pace", magnifica, e cosa ho ritrovato?... le cose di cui non m'ero accorto quando lo avevo letto prima.I discorsi che fanno questi uomini politici che cercano di coinvolgere Atene nella guerra che è già iniziata ad opera di Sparta, sono gli stessi, identici discorsi che abbiamo sentito fare dai nostri politici "la pace è una cosa sacra e non bisognerebbe mai violarla, ma in questo momento noi dobbiamo rompere ogni indugio e unirci ai nostri alleati perché altrimenti facciamo la figura dei soliti vigliacchi , femminucce, non abbiamo dignità, bisogna diventare virili ecc.". Tutti i discorsi, anche i luoghi comuni, soltanto che nella "La pace" di Aristofane c'è una personaggio che a un certo punto urla "MI AVETE COMMOSSO! SIETE ARRUOLATI TUTTI! e loro, questi politici, uno muore sul colpo, l'altro ha un coccolone e rimane con la paralisi eterna, l'altro se la fa addosso due scappano e tre svengono sul momento. Pensate come sarebbe stato bèllo poter fare lo stesso coi nostri uomini politici cioè alzarsi e poter dire "Vi 342 arruoliamo", per esempio Spadolini arruolato nei mezzi da sbarco anfibi, lui proprio un mezzo da sbarco, sdraiato, i marines sopra con la pagaia che vanno nel golfo... oppure Giuliano Ferrara mezzo cingolato con sta' pancia BOLUBLUBLU, con le bretelle da lancio TOCCHETA per lanciare bombe, oppure Forlani, già mimetizzato colore neutro paglierino color sabbia e sempre giallino tale che nudo nel deserto non lo vedi più. FORLANI??? Non c'è! Poi Craxi non c'è bisogno neanche di mettergli un elmetto basta fargli una riga qua e lui è già corazzato. Poi, mezzo terroristico di persuasione occulta, Giulio Andreotti, basta sollevarlo da una duna IIIHAAAA, tutti si arrendono. Fra l'altro avete saputo che Andreotti stava per partire la sera del bombardamento? Il giorno in cui hanno bombardato Bagdad lui alle cinque, prima non si sapeva ancora che ci sarebbe stato questo bombardamento, lui éra stato incaricato da tutti i ministri degli esteri europei e naturalmente anche dai presidenti di tentare l'ultima chance, cioè di recarsi da Saddam Husseim e di convincerlo a nome dell'Europa ecc... e l'ha dichiarato lui stesso. Alle sei éra a Ciampino con un aereo speciale che doveva partire soltanto che gli hanno detto "fermi un attimo c'è un piccolo guasto, un' inezia , è un bullone con vite particolare che si ammollato e non troviamo come sostituirlo immediatamente ma adesso lo mandiamo a prendere, tempo due o tre ore ci siamo." All'una è pronto per partire, lo vengono ad avvertire "no, onorevole, non si può partire perché Bagdad è sotto il bombardamento ventimila tonnellate di bombe che stanno buttando gli americani".Per un bullone, che se non ci fosse stato quel 343 bullone lui éra LA', a BAGDAD, con queste bombe che arrivavano, non ce lo avrebbero restituito più; pensate a che cosa è legata la storia di un popolo, a un bullone, siamo scarognati sapete...una scarogna tremenda!! Ma la cosa che mi preoccupa davvero, scusate se ve lo dico,e qui vi prego di credere che il mio è un patema terribile, è la condizione particolare in cui si trova il nostro presidente, sono preoccupato, ormai parla solo a ruota libera non lo fermi più. Dice delle cose...io volevo oggi portare il giornale dove dice delle cose sconclusionate senza capo nè coda, torna indietro, va avanti, perde i pezzi, ogni tanto fa dei tic terribili... Bisogna aiutarlo, non si può lasciarlo cossì da solo. Sono preoccupato davvero, già dà le medaglie ai fascisti, e fra poco chiede scusa all'MSI, prima ancora che il giudice abbia dato la sentenza dice che la P2 sono dei patrioti, anzi dovremmo iscriverci tutti alla P2 se no siamo fregati. Ma la cosa che mi preoccupa veramente è quello come ha cominciato con quel povero giornalista della Roiter che avéa detto che l'Italia non avéa grande importanza nel conflitto in quanto avéa partecipato solo collateralmente, e lui s'è risentito e gli ha dato del figlio di p.... poi ci ha ripensato dice "non dico neanche che è un figlio di p....perché per essere un figlio di p. bisognerebbe essere superiore, io andrei ad offendere la professione più antica del mondo, che è appunto il figlio di p.", roba dell'altro mondo... Un presidente che fa tutto un gioco sulle p. le loro origini, la loro storia, ha fatto un saggio sull'origine dei figli di ... e delle p.... nella storia dell'umanità. Ma porca di una miseria. E poi quando ha incominciato ad insultare i giudici, già i 344 giudici è un anno e mezzo che li insulta, ma questi qua attraverso la costituzione hanno stabilito che éra illegale entrare in guerra, si è imbestialito, li ha chiamati vigliacchi, infami, terroristi... gente che ha rischiato di saltare in aria trenta volte, gli hanno fatto anche degli attentati... gli ha dato dei terroristi. Poi dice "troppo comodo sbandierare la costituzione da dietro una scrivania non esposta",... perché ci sono le scrivanie "esposte" e ci sono quelle "non esposte", ci sono quelle che vanno per la strada, avete visto quante scrivanie vanno per la strada, uno pedala con la scrivania...ci sono anche quelle che vanno sulla neve... E poi dice "un conto è parlare dietro una scrivania e un conto è da su una tolda di una nave di battaglia", infatti lui, il presidente parla solo da su la tolda delle navi. Lui ha una tolda costruita al quirinale, tutta con delle molle e ci sono dietro dei corazzieri che gli danno il colpetto, lui è cossì... poi ha un ventilatore da cinema, quelli col risucchio BOOAAAAAA in modo che lui sia sempre in disequilibrio come la niche di Sabotracia e ogni tanto c'è un corazziere con un secchio d'acqua che passa e GNACCHETTA... CHE MARE OGGI!!! E lui parla solo da lì. MILANO 20.O1.91 LA GUERRA NEL GOLFO-E’ STAMPATO Io sono felicissimo che questo teatro sia cossì saturo, esaurito di persone, in quanto sentivo proprio oggi in televisione un'inchiesta sui teatri in Italia durante la quale si diceva che i teatri in questo periodo hanno avuto un crollo sul piano della presenza di pubblico perché qualcuno si sente 345 a disagio,qualcuno teme incidenti... ma il fatto che voi siate qua mi riempie di soddisfazione anche se nello stesso tempo sono angosciato come voi per la paura che questa guerra si stia allargando.Ci sono state persone che si sono risentite per il prologo che io in questo periodo faccio, legato all'attualità, anche perché l'attualità è il fondamento principale del nostro teatro; da sempre il nostro obiettivo è di inserire quello che è la cronaca nel teatro e meno male che oggi possiamo parlarne liberamente. C'è stato un tempo che il parlare a soggetto ci éra impedito, addirittura abbiamo avuto denunce... c'éra il questore o il commissario che stava in quinta per verificare che quello che dicevamo corrispondesse al testo che avéa l'imprimato di Andreotti allora, che éra ministro dello spettacolo... e che verificava se eravamo apposto, se avéamo proprio il timbro. Noi abbiamo avuto una cosa come 40 denunce per gli svicolamenti e quando uno éra risentito per quello che si diceva non stava neanche a rimbeccarti direttamente, telefonava alla questura , arrivava immediatamente il commissario di turno, o se éra in sala, saliva sul palcoscenico a verificare col copione. Ora siamo arrivati ad un clima straordinario però, a proposito della guerra e se éra proprio necessario entrarci a piedi giunti, il presidente della repubblica Cossiga è intervenuto l'altro giorno dicendo che è ora che noi si diventi adulti... in poche parole nel nostro paese si può polemizzare, dibattere però una volta che il governo ha deciso di intervenire SILENZIO, NESSUNO ROMPA PIU' LE SCATOLE, LASCIATECI LAVORARE! Credo che sia proprio il contrario di quello che è la democrazia, il parlare 346 sempre e il ribadire le proprie opinioni credo sia il minimo.D'altra parte, e anche Andreotti l'ha detto questa mattina, "E' ARRIVATO IL MOMENTO DI ... TACERE E BASTA NON ROMPETECI LE SCATOLE!".E' da un pò di tempo devo dire che succedono delle cose... per quanto riguarda il nostro presidente della repubblica, lo sottolineano tutti i giornali devo dire, anche Montanelli, che addirittura è arrivato a dire che ha bisogno di uno psichiatra... io non sono d'accordo, dico che è dovuto al nervosismo come quando ha incominciato ad insultare i giornalisti i giudici dicendo che erano dei venduti, dei bottegai, dei giornalisti ha detto delle cose ignobili, che sono degli infami... Ad ogni modo il fatto particolare è incominciato quando gli è sfuggito " PER L'ITALIA SI PUO' ANCHE MORIRE"... che a mé è venuto subito un brivido lungo la schiena, mi è venuto subito in mente quando da ragazzino mi insegnavano " CHI PER LA PATRIA MUOR VISSUTO E' ASSAI" tarappappappete... D'altra parte è la stessa frase lanciata da Frankestain, voi sapete chi è Frankestain ... Saddam Hussein è veramente il classico Frankestain, che non è nato cossì da solo ma è stato inventato da noi NOI LO ABBIAMO CREATO! Io mi ricordo gli applausi quando è partito contro Komeini... FANATICI!! Invece lui avéa i piedi in terra... quando ha detto tre giorni e Komeini è fottuto ARMI! Gli abbiamo dato le armi noi! Lo abbiamo allenato noi, gli abbiamo insegnato come si fa la guerra... NOVE anni è durato e adesso dimostra che ci sa fare. Lo diceva oggi quel generale di cui i storpio sempre il nome, diceva "ma scherziamo, non abbiamo mica a che fare con un cretino... nove anni che... l'abbiamo allenato 347 noi, AVRA' IMPARATO QUALCOSA!! Per forza non ha tirato fuori ancora le armi , perché diceva ma perché non intervenite, perché non lanciate nel deserto i vostri marines e la facciamo finita. La borsa avéa avuto una euforia incredibile, eravamo arrivati a guadagnare quattro punti, cinque punti... e adesso cosa aspettate, dice, NON SONO MICA IL GENERALE KUSTER IO, io fin quando non li ho spianati, ammorbiditi"... non si dice massacrati, si dice ammorbiditi ... guardate che il lessico di guerra è straordinario. A parte che non si dice "andare il guerra" ma "compiere un'operazione di polizia", ce l'ha insegnato Andreotti. La mia preoccupazione è questo atteggiamento che hanno quasi tutti i giornali "chi non è per la guerra è una femminuccia, un disfattista, in fondo un mammone uno che fondamentalmente è VILE! Insomma un uomo vero, coi muscoli , col coraggio è subito per la guerra... interviene per l'onore, per l'orgoglio di una nazione che non può sempre rimanere assente davanti ai fatti". Quello che è successo esattamente a Kabul quando ad un certo punto i russi sono entrati con le truppe e l'ONU avéa detto alla stessa maniera BISOGNA INTERVENIRE! NOI ITALIANI SIAMO INTERVENUTI! E subito Andreotti dice "BISOGNA PARTIRE" manco una piega!! Cossì ad esempio per il fatto della Palestina... gli interventi dell'ONU per far rispettare le leggi internazionali e la libertà e la dignità di un popolo riguardo la Palestina sono la bèllezza di diciotto! Ma neanche han fatto UH UH neanche! E quando questo frankestain ha ammazzato cinquemila persone in venticinque minuti, cioè le ha asfissiate col nirvino, donne, 348 bambini, BRACCHETA! C'è stato l'ONU che ha detto... EH NO! EH NO! E tutti noi abbiamo detto bisogna partire bisogna bloccarlo... NIENTE! Questa è una guerra per il petrolio, lo abbiamo visto nel gioco del salire delle azioni riguardo a quella situazione... stiamo combattendo per il problema del prezzo, dell'interesse, del vantaggio e via dicendo e a dimostrazione c'è un fatto di cronaca: la televisione ha fatto un inchiesta sul fatto che la gente non gira più con tanto entusiasmo per le balere, per i night, per i luoghi di divertimento e veniva mostrata una balera moderna completamente vuota e il padrone diceva " la gente non ha voglia, non viene a ballare e a divertirsi... ce n'erano quattro li ho fatti entrare gratis ma non avéano voglia" e lei cosa dice "E' UNA GUERRA SCHIFOSA". C'è un'altra cosa che mi ha angosciato a proposito del valore di certe frasi, io a malapene ne parlo perché ci sono di mezzo due piloti che fra l'altro sono di una compagnia di cui ho visto alcune esibizioni e sono tra i più preparati tecnicamente a livello mondiale, tant'è vero che hanno battuto in sfide sull'abilità di colpire un bersaglio, volo in quota ecc... anche gli americani e perfino gli isdraeliani. Il presidente della repubblica ha detto "buon viaggio, buon lavoro, fatevi onore" GGGNNNACCC, la sfiga fino in fondo. Scusate, forse qualcuno di voi dirà che sono cattivo, ma io temo che QUELLO LI", non bisogna neanche nominarlo... MENAGRAMO!!! Ha detto siamo adulti ... POMPETA! Che quello parte ... "il carrello!!! Porco cane!"... e in volo subito turbolenza atmosferica... ci sono mille e cinquecento 349 aerei fra inglesi e americani che vo tranquilli NO! c'è una nube schifosa con scritto PRESIDENT! Le "vacche" si chiamano, questi aerei che contengono benzina in quantità e che tranquillamente con una pompa che va a finire nel serbatoio dell'aereo... l'aereo va, ritorna indietro, gli danno ancora un pò di benzina... OH! la prima volta nella storia che si spacca tutto TUM BOOORLOCHE, uno solo che prende e poi non torna OHHH! Io non dico più niente, ma non lo nomino più! E imparate a farlo anche voi! 350 Stagione Teatrale 1990/91 Dario Fo in MISTERO BUFFO Questa sera il Mistero Buffo viene recitato anche a Londra in lingua arcaica del Galles, a Barcellona da da un attore dei Comediants in catalano, naturalmente, nella prigione di Norfolk, in lingua scozzese, da un condannato a 20 anni, a Bolzano da un attore svizzero di Berna, in Jugoslavia, a Zagabria in croato, negli Stati Uniti da un famoso fabulatore negro, in Argentina da Carlos Jampos, in Bolivia da un attore indio, in Israele sia da un attore palestinese che da un israelita...e potremmo continuare per qualche pagina con l'elenco, ma non vogliamo strafare...e non c'è neanche bisogno di commento. "Mistero" è il termine usato già nel II° e III° secolo dopo Cristo per indicare uno spettacolo, una rappresentazione sacra. Ancora oggi, durante la Messa, sentiamo il sacerdote che declama: "Nel primo mistero glorioso...nel secondo mistero..." e via dicendo. Mistero vuol dire, dunque: rappresentazione sacra. Mistero buffo vuol dire: spettacolo grottesco. Chi ha inventato il mistero buffo è stato il popolo. Fin dai primi secoli dopo Cristo il popolo si divertiva, e non éra solo un divertimento, a muovere, a giocare, come si diceva, spettacoli in forma ironico-grottesca, proprio perchè il teatro , specie il teatro grottesco, è sempre stato il mezzo 351 primo d'espressione popolare, di comunicazione, ma anche di provocazione e di agitazione delle idee. I giullari recitavano nei mercati, nei protiri delle chiese, nei cortili e, qualche volta, addirittura dentro le chiese. I giullari, e più tardi i comici dell'arte, sono gli inventori e i perfezionatori del grammelot, termine di origine francese, coniato dai buffoni-clown-giullari. I comici dell'arte lo usavano a piene mani, perchè costretti sia dalla situazione di viaggiatori in mezzo a lingue diverse, sia dalle leggi censorie che imponevano loro di non recitare in lingua: al massimo mimare e articolare suoni senza senso compiuto. Grammelot sta a significare, appunto, gioco onomatopeico che è in grado di trasmettere, con l'apporto di gesti, ritmi e sonorità particolari, un intero discorso compiuto. Dalla tradizione dei comici dell'arte sono giunte a noi storie di esibizioni di grandi interpreti del grammelot. I brani più famosi sono: "La fame dello Zanni, "Arlecchino che beve la pozione magica" (entrambi in grammelot bergamasco), "La lezione di Scapino" (detta anche di Moliere), evidentemente in grammelot francese. Esiste anche un "Grammelot dell'Avvocato inglese", caricatura con sproloquio di tipo anglosassonemagniloquente, eseguita dai comici del XVII° secolo. 352 MILANO 20.01.91 DISCORSO DEL GRANDE TECNOCRATE IN GRAMELO' AMERICANO- E’ STAMPATO. Io e Franca avéamo pensato di realizzare il solito schema di "mistero buffo" riguardo il gramelò: "la fame dello Zanni", poi quello francese legato a scapino e a Molière e poi quello dell'avvocato inglese che difende lo stupratore. Sono tre forme diverse ma legate allo stesso spirito, cioè d'ironia e di satira e soprattutto legate al potere, la spocchia di ogni potere quando esprime violenza. Ecco si trattava di realizzare questi due brani di cui il primo, quello francese, vede Scapino che insegna la tecnica di gestire il potere al giovane signore che è rimasto orfano ed è un banchiere. Scapino comincia con la descrizione della parrucca , delle vesti, del mantello e dell'incedere, del camminare, con un passaggio riguardo trine e i merletti che portavano i signori, cossì ampi e cossì sparsi per tutto il corpo, per cui avéano trine che uscivano ecc... per cui quando andavano a fare pipì non riuscivano poi ad usare l'estrazione... del mezzo adatto, uscivano soltanto merletti, se la facevano addosso ma con grande dignità... per cui esisteva questa stupenda camminata, nata proprio allora, dell'aristocratico. Il linguaggio éra il gramelò francese, di cui esistevano soltanto tre termini: parucche,manteau, e, dentelle, tutti gli altri erano termini inventati ed éra molto bèllo vedere che in Francia pensavano che fosse un particolare linguaggio del cinquecento che éra sfuggito alla loro memoria e alla loro conoscenza. Poi c'éra quello in inglese. Ma Franca mi ha suggerito di riprendere un tema legato a vent'anni fa, cioè 353 alla guerra del Vietnam e ci fu un importante personaggio di origine tedesca che avéa studiato i primi razzi a lunga gittata, i quali poi saranno inseriti in macchinamenti incredibili, che in un suo discorso all'università avéa dichiarato che lì stata l'avvenire anche spirituale degli uomini, che gli uomini avrebbero cambiato il modo di essere, di esistere, la loro morale si sarebbe trasformata in conseguenza dell'alta tecnologia, cioè l'uomo diventava soggetto alla propria macchina, alla propria invenzione, alla robotica ecc... Questo stava ad indicare che il Vietnam sarebbe stato schiacciato inesorabilmente da questi armamenti, che avrebbero determinato una velocizzazione dei conflitti, cioè la guerra come partiva éra già finita grazie a questa straordinaria importanza, cosa che non è stata cossì. Io ho pensato di riprendere lo stesso tema che è di un'attualità incredibile. C'è questo grande tecnico, e voi dovete sforzarvi di immaginare di essere a vostra volta della gente a conoscenza delle terminologie, immaginate di essere la platea di quella volta che ascolta questo discorso forbito ricco di questi termini particolari. Questo simpatico tecnico descrive la tecnologia della robotica, dei computer, lo svolgimento del cervello meccanico ecc... poi va a semplificare la nascita dei grandi macchinamenti di guerra, partendo addirittura dai primordi, da quando l'uomo ha cominciato a capire che doveva fare qualche cosa per volare, gli incidenti, poi arriva il motore a scoppio degli aerei, lì veramente è il colpo di fulmine, lo scatto, fino agli aerei con razzi e macchinamenti straordinari, completamente robotizzati e diretti al di fuori del pilota, il pilota è soltanto un supporto allo svolgimento di un'azione 354 con tutto quello che consegue. Io uso il gramelò, cioè fingo di parlare inglese, meglio un americano colto da tecnocrate, tecnologico e voi capirete tutto di questo discorso, a meno che non ci sia qualcuno che conosce molto bene l'inglese, l'americano e la tecnologia. Questo è pericoloso perché cercherà di intendere e di seguire parola per parola quello che vado dicendo e si perderà nel nulla, invece coloro che non conoscono assolutamente l'inglese, se seguiranno la propria fantasia, immaginazione e intuito, capiranno tutto e spiegheranno quello che io dico a quelli che conoscono l'inglese. Questa sera è il trionfo dell'ignoranza. 355 PRESENTAZIONE DEL TECNOCRATE 1976-E’ STAMPATO. Come si usa... è stato usato l'antico, si può usare il grammelot nel teatro legato alla qualità. Anzi parlare delle cose più vicine a noi anche in senso drammatico... parlare di guerre, parlare di macchine, parlare di rumori che ci sono addosso, che ormai abbiamo nella testa, nella memoria e che sono linguaggio, sono parola anche quello... sono grammelot. Io mi ricordo... sono stato una volta ad una lezione di fisica superiore e ho sentito per tutto il pezzo parlare in grammelot... Ecco il personaggio che mi porta al grammelot attuale: è un fisico matematico, uno scienziato, un grande tecnico veramente di classe internazionale di origine tedesca però vive da molti anni in America e qualcuno lo chiama Braum. E' un soprannome, non ciarli, è un altro questo grandissimo tecnico scienziato... tiene una lezione, un corso per altri scienziati e dimostra come le macchine, l'evoluzione dal primordiale che ha intuito, capito, sviluppato, sono arrivati armai al punto tale da essere il centro della terra, sono il cervello, la macchina, la vera potenza, la mano che tiene il mondo. C'éra un certo Kissinger, un imitazione di Sordi lo sapete benissimo... Questo Kissinger ha detto una frase abbastanza robuante " i nostri mezzi, la nostra tecnica... il livello che abbiamo raggiunto... voi vedrete... domineremo il mondo". La moglie dice basta... ma lui éra convinto... e l'altro, il pensionato Nixson e il prossimo pensionato Ford, anche quelli, tutti e due, erano lì vicini e Nixon ha detto "APPLAUDI!2 e Ford... (batte le mani). E non so se avete visto l'espressione vera di 356 Ford, quello che scende dagli aerei... che arriva l'aereo... subito FERMA FERMA... ché non è quella la scala e lo tengono indietro e poi quando c'è la scala...c'è la scala... si può andare TUM TUM TUM BUTUM BUTUM BUTUM AH AH AH. E qui a Roma quando arrivò, l'interprete dice il presidente... éra lì ... il presidente... e lui ha dato la mano all'interprete... "piacere!" "no! E' quello!" e si è nascosto dietro la signora Leone... mi perdo sempre... faremo un pezzo in meno questa sera...no, no, sul biglietto ci sono tutti... uno cancella ogni pezzo che faccio dice "quello l'ha fatto??" "va beh! Adesso vediamo, vediamo un pò se li fa tutti! Perché tutti li voglio stassera, sono qua... contratto"...è che io non mi ricordo più dove eravamo... Ma si! Eravamo all'arrivo di Ford, no Kissinger c'éra un'altro, un tale... un maoista di quelli tremendi, proprio fissati, un certo Tel Tunc, il quale invece diceva " è vero noi abbiamo meno tecniche, abbiamo meno mezzi, siamo indietro di anni di ricerche, abbiamo commesso diversi errori, siamo degli arretrati, siamo al periodo della pietra rispetto a voi in quanto a scienza tecnica ecc... ma noi abbiamo un grosso vantaggio che in ogni nostro lavoro mettiamo sempre L'UOMO AL PRIMO POSTO!" Ecco ... Oh Dio! Basterebbe l'esempio del Vietnam, una frase di questo genere Ocimin poteva averla detta lui tranquillamente ... e l'ha dimostrata soprattutto... e si sa tutto quello che è successo nel Vietnam con tutta la grande tecnica, le invenzioni, le infamità, l'aver bruciato terre che ancora oggi non danno raccolto e non lo daranno per anni, qualcuno dice per secoli!! Acque addirittura svuotate del loro elemento fondamentale... sono acque 357 morte!! Anche qui per secoli hanno defogliato, hanno bruciato, hanno inventato macchine incredibili... suoni che facevano impazzire il gas TUTTO HANNO ADOPERATO! Poi alla fine la valigia! Non so se avete notato, ma questo gesto la fanno già anche qua EH EH! Avete visto con Umberto che dice " Ma dove andate, ma no!Rimanete... state qua, la Iuventus vince... neanche la Iuventus non vince più, gli va tutto male... Allora il grammelot del tecnico americano che spiega come si arriverà a guadagnare tutto... e alla fine il risvolto... lo capirete benissimo! Noterete la grande differenza tra l'inglese del 500 e questo americano.Io so che voi che siete sottili avrete molto piacere. Ah come capisco! 358 PRATO 25. 5 91 SITUAZIONE DI GOVERNO-E’ STAMPATO Lo spettacolo è Mistero Buffo un genere di rappresentazione che viene dal medioevo, "mistero" significa rappresentazione, sacra in particolare e "buffo" significa grottesco, è chiaro da sé solo. Prima di entrare in merito al Mistero Buffo vero e proprio io, come facevano del resto i giullari che lo rappresentavano, prendo il pretesto per parlare della situazione che viviamo, anche per introdurlo su un livello non distaccato nel tempo ma che sia attuale, legato ai nostri tempi. Una delle osservazioni che devo fare subito è una delle più bèlle battute che ho sentito nei tempi, credo che è da eleggere la più importante in questo secolo quasi... a proposito della situazione del governo. Avete visto che questo governo è stato una delle più grosse beffe mai viste, e l'unica situazione di ricambio, invece delle riforme, hanno cambiato l'assetto strutturale, cioè i repubblicani sono stati messi da parte e da chiunque partito è diventato quadrupede come ha detto qualcuno. Ora questo governo nato con questo scarto ha determinato una frase veramente straordinaria da parte del responsabile del partito repubblicano La Malfa, il quale ha già un padre La Malfa... UGO! Questo La Malfa ha dimostrato di essere l'uomo più candido che esista in Europa perchè ad un certo punto ha dichiarato "CREDEVO CHE ANDREOTTI FOSSE UN UOMO ONESTO!" Uno che vive da quando è nato vicino a questo governo e che non si rende conto... insomma è veramente DA FUCILARE!! QUA AL MURO! "Lei ricorda suo padre che éra già con 359 Andreotti... anche il nonno éra già con Andreotti... ancora con il governo di Giolitti c'éra Andreotti che portava la cartellina... già un pò curvo, cominciava già allora , con le palette di direzione. 360 B O N I F A C I O VIII M A N C A L A D A T A- E’ STAMPATO. NO Andiamo a Bonifacio VIII. Bonifacio VIII éra un figlio di buona donna che non finiva più, ne avéa fatte di tutti i colori, avéa rubato, massacrato, bruciato, raso al suolo città, organizzato spedizioni punitive, torture, tutto avéa fatto! Avéa perfino rapito il seggio pontificio, l'avéa fregato ad un altro... sapete Celestino, anima dolce éra sceso dal convento "Vieni a fare il papa" "No, grazie" "Ma si, vieni"... e poi l'avéa terrorizzato, più o meno gli avéa fatto "Cretino quando... ehm... CLOC" più o meno, un pò in sintesi ma è cossì. Fece stragi, massacri, distrusse città tipo Tortona e soprattutto organizzò anche all'estero, éra conosciuto anche all'estero. Il movimento primo che conosciamo dei tessitori, dei muratori insieme dei contadini, quelli delle Fiandre, organizzato per combattere contro lo strapotere dei padroni del tempo. La nascita di una borghesia mercantile che avéa attraverso le proprie corporazioni strozzato ogni possibilità di azione di tutti quelli che facevano mestieri cossì detti minuti , un pò come la storia che precede quella dei ciombi, quella dei senza braghe e quella del bruco, cioè tutte le lotte italiane dei tessitori, e come vedremo poi, di fra Dolcino. Questi tessitori si organizzarono con tanta forza e soprattutto ragione, coscienza, che riuscirono a stangare il più grosso esercito che fosse stato messo in campo di quel periodo. Si trattava addirittura dell'esercito de Speron d'Oro. Gli Speron d'Oro erano tutti cavaglieri nobili, gente nata per far la guerra, professionisti della guerra, talmente ricci e importanti 361 che ognuno si éra messo speroni d'oro massiccio... qualcuno va beh, éra d'argento dorato ma non stiamo a sottolineare. Gente di guerra, nata per la guerra... presero una legnata, un esercito completamente distrutto... da chi?? Dai tessitori operai d'accordo con contadini , gente che non éra abituata a far la guerra. Ma le trappole , l'ingegno, le invenzioni, la scaltrezza, le trovate che ebbero, sono degne di un film comico. Circa diecimila morti durante questa battaglia, quasi tutti di parte padronale. Bonifacio VIII venne a sapere la notizia nella notti di natale del 1200, avéa sovvenzionato questo esercito... c'erano i borbunghi dentro, c'erano i re di Francia, e anche, naturalmente, i nobili fiamminghi, c'erano gli inglesi, i bretoni ecc.. ecc... Un esercito colossale! Soldi ce n'erano dentro! Quando lo venne a sapere ebbe un coccolone. La notte di natale arrivò velocissimo qualcuno a cavallo. Éra un nobile che si éra salvato dalla strage, arrivava dalle Fiandre, avéa sfiancato tre o quattro cavalli, non dormiva da giorni e giorni, arrivò a Roma, suonarono le trombe, entrò impolverato, inriconoscibile, grondante di sudore ed anche di sangue si buttò ai piedi di Bonifacio VIII che si éra appena alzato... avéa un camicione con un ventre pieno di cibo e di vino... éra a letto con sua moglie... éra sposato civilmente, tutti lo sanno... non si poteva sposare in chiesa. Questo cavagliere si buttò ai piedi di Bonifacio e Bonifacio appena ebbe la notizia, digrignò i denti, cercò di bestemiare TOC... rimase bloccato, gli prese un coccolone, come dite voi a Roma, e non si mosse più. Una leggera bava gli scese dalla bocca, strabuzzò gli occhi, lo presero, lo portarono via ingessato. Tutte le domeniche da quel tempo a 362 cinque anni prima del giorno della sua morte, lo portavano alla mattina della domenica e delle feste comandate al balcone perché desse la benedizione ai fedeli... gli tiravano su il braccio, c'éra un tecnico venuto dall'estero e via... vita piena di interesse per cinque anni. Però prima di arrivare a quella condizione avéa raso al suolo Cortona, cose che non studiamo a scuola. E la cosa che mi ha meravigliato quando sono andato a leggere questa storia dell'assedio di Cortona messo in piedi dal papa... progressista, non dico rivoluzionario, di questa popolazione che voleva dignità, voleva diritti, voleva gestirsi in proprio... sugli spalti chi trovo? Jacopone da Todi.................................................................................... Un'altro grosso ribèlle, addirittura rivoluzionario, anche se grottesco del nord, éra Ségarello da Parma. Ségalello o Ségarello, come volete, il suo vero nome di famiglia éra Ségalello da Parma, ma siccome all'inizio della sua carriera di predicatore avéa una verve incredibile, avéa un chiodo fisso... éra molto giovane, poi cambiò e capì come stavano veramente le cose, ma un chiodo fisso... nei suoi discorsi ogni tanto incominciava a dire "Guai a voi cristiani che pensate al sesso e alla fornicazione e nei vostri pensieri e nei vostri sogni ci sono sempre gli amplessi, uomini e donne che siete uno contro l'altro abbracciati, carne nella carne... CHE E' PECCATO! Voi nell'inferno soffrirete..." Oh la miseria! Al che il popolo l'ha chiamato SÉGARELLO da Parma. Da Ségalello... Ségarello. Lui accettò il gioco, éra diventato uno straordinario giullare, un provocatore, per far prendere coscienza alla gente andava, per esempio, in mezzo ai 363 contadini e incominciava "Ehi contadino, è bèlla la vita , il sole, miracolo, tu sei la mano di Dio, per Dio, senza di té saremmo tutti morti, affamati, a strascicare, a mangiare radici, e tu ci dai da mangiare, il sole. A proposito del sole, stai attento che sta venendo giù in verticale che ti spacca la testa, vai sotto la pianta e riposati un pò che già hai lavorato, è dall'alba che lavori, per Dio, guarda che bèllezza, hai arato, seminato, concimato, hai potato, c'è da mangiare per té, per la tua famiglia... e anche per mé, quando ti vengo a trovare, grazie.... Eh?? Non m'invita, non m'invita? Come? Devi lavorare ancora??? Perché, per chi?? Altra terra devi arare... ma... per il padrone??? Questa è bèlla! Padrone di chi... della terra... ah! c'è un padrone della terra! La terra è di un padrone, bèlla questa! Non l'avevo mai sentita. Io avevo letto la bibbia e non ho mai trovato che una volta il padreterno abbia consegnato un pezzo di terra a Tizio piuttosto che a Caio... COGLIONE, T'HAN FREGATO!! Il padrone è un furbastro di sette cotte, è arrivato prima di té lì, ha messo un paletto qua, un paletto là... da qui a là è mio, anche da qui a là è mio, anche lassù fino al fiume ed anche dopo il fiume è mio. DIO MÉ L'HA DATO E GUAI A CHI MÉ LO TOCCA! Dio si! Guarda qua il contratto, mé lo ha firmato lui... come no... sai leggere tu? NO??? Allora cosa parli! COGLIONE LA TERRA E' DI CHI LA LAVORA!!!". Pensate, nel medioevo andare in giro a dire ai contadini "la terra è di chi la lavora", è da deficienti... da pazzi andare a dirlo ancora oggi ai contadini, pensate nel medioevo. E l'hanno beccato e l'hanno bruciato vivo e con lui tutta la sua banda di predicatori detti insaccati. Si vestivano soltanto con 364 un sacco, gli tagliavano gli angoli... qui per la testa OPLA! Camiciola e via. Uno solo si salvò della banda... frà Dolcino. Frà Dolcino non éra per niente dolce e gentile, se non altro nell'aspetto, éra un gigante, una montagna, un "armadio con la testa", diceva un cronista di quel tempo, e fu la ragione, dice un'altro cronista, che si salvò frà Dolcino, perché nessun sbirro ebbe il coraggio di andare ad arrestarlo, potete vederlo da voi: "FRA' DOLCINO SEI IN ARRESTO!!" "EH???" "EHM, LA STRADA PER MODENA SCUSI???". Frà Dolcino si salvò, andò nel trentino, conobbe Margherita da Trento che divenne la sua donna, una donna straordinaria, intelligente, i cronisti di parte avversa dicono addirittura che fosse la più bèlla donna che si fosse vista in Italia in quel tempo, e con coraggio, con una testardaggine, soprattutto una perspicacia nelle situazioni. Incredibile! Insieme andarono e con altri cossì... sobillatori oggi diremo...provocatori, gente un pò sbandata... andarono fino in Croazia. In Croazia mossero la presa di coscienza di molta gente poi vennero ancora in Lombardia esattamente a Romagnano Sesia, vicino a Novara, vicino a Vercelli anche che éra la patria di frà Dolcino. In quella zona c'éra stato già qualche fermento. Quando arrivò frà Dolcino ci fu addirittura una ribèllione, potremo dire una rivoluzione senza sbagliare in eccesso. Tutti i tessitori, rieccoli i tessitori, gli operai organizzati insieme ai muratori, agli artigiani, ai contadini della zona cacciàrono via i grassi borghesi che attraverso le corporazioni cercavano di soffocare, sfruttare fino in fondo questa gente che lavorava con le braccia, fatto stà che organizzarono la prima comunità che si conosce nella 365 storia. Si chiamavano tutti fra di loro Comunitari. E' la prima volta che troviamo la credenza per intiero. La credenza è quell'armadio che abbiamo in cucina tutti quanti, in tutti i paesi d'Italia, perfino all'estero, in Francia per esempio, in Spagna si chiama credenza o con altri termini, ma hanno sempre le stesse radici. La credenza, che viene da credere, credere in... credenza nella comunità di S. Ambrogio, ecco una delle prime organizzazioni comunitarie. Questi comunitari tenevano come fisso per tutti quanti questo enorme, ideale armadio nel quale si metteva tutto il mangiare, tutto il raccolto, tutto quello che si éra prodotto e tutto veniva distribuito, attenti, questo è il particolare importante, non secondo di quello che uno avéa dato ma a secondo di quello che uno avéa bisogno. Se uno avéa dato per dieci persone e avéa bisogno per se solo, riceveva per se solo. Ancora una cos a importante è il rapporto fra l'uomo e la donna nella comunità di frà Dolcino. Le donne e gli uomini si trovavano per la prima volta alla pari. La donna ha gli stessi diritti e doveri degli uomini. Badate bene in un tempo in cui come si pensa ancora adesso, non è ancora stata cancellata questa forma... sapete bene che i dotti della chiesa, i santi padri della chiesa avéano decretato che l'anima nelle femmine entra quasi tre mesi dopo l'entrata dell'anima nel maschio. Sto dicendo quando è feto nel ventre della madre, arriva l'anima... è maschio, è maschio PLUF... arriva l'anima... dice è femmina, io non ci vado ah no... e determina che dobbiamo amare le nostre donne con dignità. Amiamole come uomini! Amiamole come esseri umani, non come femmine.Ora un simile modo di vivere avéa fatto interessare 366 moltissimi contadini, servi della gleba, operai e via dicendo, che arrivarono proprio a fronte di quella zona e i padroni incominciavano a preoccuparsi, vedevano i contadini e gli operai sgusciar loro di mano, non potevano più sfruttarli, li rincorrevano, andavano a prenderli e organizzavano delle spedizioni punitive. La più grossa fu quella organizzata dal conte del Monferrato il quale riuscì a beccare un centinaio di comunitardi vicino a Prato Sesia, li portò a Novara dove c'éra la Roccaforte appunto del conte e il reggente di questa roccaforte appunto éra l'arcivescovo di Novara, suo cugino, che diede ordine di prendere tutti questi comunitardi e far tagliare loro mani e piedi, mozzarli e poi sconciarci a quella maniera, ridotti a tronconi furono messi sul dorso di muli, cavalli e asini e mandati, legati come salami alla volta di Romagnano Sesia. Quando i fratelli di questi sconciati videro questo orrore, non bestemiarono, non insultarono, partirono in silenzio ma con una rabbia tremenda, dice una canzone di quel tempo che le montagne, i fiumi, le pietre e gli alberi si mossero insieme, con tal slancio arrivarono a Novara, entrarono al primo slancio, beccarono tutti gli sbirri, li ammazzarono e un cronista del tempo racconta che al tramonto si vide il vescovo di Novara con il suo grande mantello, la cappa, il cappello, il pastorale, il grande libro d'oro, salire pian piano verso il cielo, controluce, lentamente e qualcuno notò che c'éra una corda che lo aiutava... la repressione fu tremenda, ci fu un massacro, ma il massacro fu all'inizio proprio per gli imperiali, per gli uomini del papa ecc... perché le trappole che organizzarono un'altra volta i dolciniani furono qualche cosa di sorprendente. Per due anni 367 ne presero di santa ragione, poi incominciàrono a capire la lezione, a organizzare e a girare, fatto stà che dopo tre anni furono beccati proprio sul monte Rubèllo, monte dei ribèlli, si chiama ancora oggi cossì, e messi in piazza e squartati vivi, tanto Margherita da Trento che frà Dolcino e tutti gli altri. Ora ci riempie il cuore, ci sentiamo fremere e devo dire che da un pò di tempo siamo bravissimi ad applaudire e commuoverci davanti alle storie che appartengono al passato, "i nostri padri si sono sacrificati ma per Dio NE VALEVA LA PENA!!" Bravi! Bravi! E applaudiamo. Poi per quanto riguarda noi ci sono dei livelli per cui bisogna stare attenti. Va mediato. La posizione storica non è un'attualità concorde con quello che sono i risultati internazionali. Quello che io vi ho raccontato naturalmente sui libri di testo di scuola non c'è niente, e io ho raccontato molto veloce ma è logico, mica son fessi i professori, i ministri ecc..., andare a raccontare nei libri di testo... Frà Dolcino éra già un uomo straordinario, il primo rivoluzionario che lega le lotte di classe alla religione cristiana primitiva... la prima forma di comunismo ecc... VIVA FRA' DOLCINO, gridano subito i ragazzini eccitati ABBASSO IL PAPA! Ed è pericoloso perché è offensivo per un papa come quello che abbiamo oggi... scherziamo... no, no, non sto scherzando perché dico, oh, quello éra uno zozzone ma il nostro è delicato e soprattutto devo dire spiritoso... Eh? No??... Il fatto della bicicletta voi non l'avete seguito? Merk, il corridore fiammingo, dopo tante vittorie è arrivato... la cosa più cara che avéa...è arrivato su coi calzoncini... e davanti al papa ha detto "Padre accetti la cosa 368 più bèlla che ho" e lui non ha detto "no, grazie non pedalo"... un altro papa... "no, l'accetti" "Non pedalo!"... "GRAZIE, BÈLLA!", spiritosissimo, però per mé lui è stato ingenuo perché è un candido, perché Merk è fiammingo... vuoi vedere che c'è sotto tutta una cosa atavica di odio verso i pontefici per via che suo nonno, bisnonno éra tessitore anche lui ... e allora se io gliela... infatti guardate bene la bicicletta, adesso non è una malignità a vuoto, la bicicletta ... è forse una bicicletta di strada quella che gli ha regalato? NO! E' una bicicletta da pista... sono senza freni... la malignità... quello va a Castel Gandolfo, poi viene su... troppo! Ma capite ancora prima che ve l'ho scritto! Lasciatemi almeno la soddisfazione di dire qualchecosa!... E vede tutto il nastro della strada che va giù "oh che bèllo... io quasi quasi ci vado... ", di nascosto perché non vogliono che lui vada fuori in bicicletta... i preti... "guai se ti vedo eh?" e lui fuori OPPLA!... La mitria con la visiera... con sotto scritto FIAT... adesso sappiamo che corre per la Fiat, c'ha un bèl ingaggio anche... per tutte le lezioni... insomma... e via. Insomma fate voi a vostra fantasia, io non metto piede, però la cosa veramente ... e qui non scherziamo... l'altra commovente è stato il gesto generoso, veramente di grande calore, quando è sceso tre anni fa dentro la galleria , il tunnel che avéano fatto per l'autostrada del Sasso, sasso d'Italia , no... Gran Sasso d'Italia, che hanno bucato... voraggine dentro... che non si sa dove siano finiti... il ministro dice "adesso vengono, vengono fuori... son qua TUM TUM... dove siete? Dove siete?" Chissà dove sono andati a finire... ebbene lui è sceso... notte di Natale, a dire la messa per i suoi operai, lì in 369 questo antro... una cosa incredibile! Perché se uno non crede al diavolo ci va... col suo lanternino... oh, ma quello si è messo il caschetto da minatore bianco e giallo, due chiavi qua... perché lui al diavolo ci crede! E pensa il coraggio che ha avuto ad andare in casa del diavolo, col diavolo là in fondo con la coda, coda lunghissima... Ha avuto il coraggio di andare a dire la messa per i suoi operai... per i suoi operai... perché l'impresa che ha fatto il tunnel, la galleria, è del vaticano... non tutta!... L'85% delle azioni! L'85% delle azioni sono loro... le cosiddette buone azioni da chiesa! La voglia che ho, non ne avete idea, di vedere, essere spettatore a mia volta, perché poi quando immancabilmente, ma tutte le sere, non si sballa, quando comincio a parlare del papa, io vede... c'è sempre qualcuno che... proprio lì si vede perché mentre... non è proprio il caso! La trovo anche una questione di buon gusto... c'è vicino la moglie che sbaga AH AH... almeno tu... almeno tu. Ecco allora dicevo che non c'è niente da fare, non si può pretendere che i padroni scrivano la storia cossì come dovrebbero, con un minimo di civiltà insomma... un minimo... il 30% di verità toh! Ma neanche per idea... mica son fessi AH AH! D'altra parte non c'è niente da fare, lo diceva anche quel Tse Tung di prima, diceva... "il popolo è lui che fa la storia... da secoli, con la sua invenzione, le sofferenze, la rabbia, il problema di sopravvivere", inventa la storia... ma poi sono i padroni che ce la raccontano! E io lo immagino sempre un ... un pazzo... un giovane... lo sogno un giovane, un ragazzo che si mette di notte con un bèl secchione di vernice a suo piacimento, si metta a scrivere sulla facciata dell'università DA SEMPRE IL POPOLO FA 370 LA STORIA MA POI SONO I PADRONI CHE CE LA RACCONTANO! Grande AH AH! E arriva una mattina il ministro dell'educazione... Malfatti... nome onomatopeico, notate bene... uno non può sbagliare... ministro dell'educazione MALFATTI... AH AH... arriva... la borsa col portafoglio... e mica la lascia in macchina... con l'ambiente di ladri in cui vivono! E brutto fare il ministro della DC... non si può più dire NO! NON SONO UN LADRO! Quando gli dicono LADRO... embè AH AH AH... e facciamo i compromessi con quelli lì! Malfatti arriva, quando vede lì... TUM, e lo portano via... no anzi non va via da solo, arrivano dei giovani di comunione-liberazione ALE' OP OP OP... Dovete permettermi una malignità... UNA... non ne ho dette... no! sono tutte cose vere quelle che ho detto, sacrosante!... Questa invece è una malignità... proprio una cattiveria cossì, ma fra compagni... tanto per raccontarla... no prego... siccome prima ho salutato dei compagni del PCI, non se la prendano, è una... cossì anche per far buon sangue eh! Non té la prendi, no? E' quello che ha detto basta? E' il più spiritoso di tutti. E' proprio quello che noi chiamiamo l'aperto... va beh, dicevo... no... simpatico... poi té la racconto! Vedrai che ti faranno!... Allora, dicevo che arrivano TUM TUM i giovani comunione e liberazione e di dietro c'è uno, un altro giovane che non ha bén inteso le nuove direttive dei superiori... un giovane della FGC, anch'io!... uno solo eh? In questo gioco la preoccupazione del tenere in piedi, salvare, andare a lezione ma non troppo, sbragare ma per carità che la DC non frani dappertutto perché se no porco cane è un disastro qui come 371 mettiamo il problema della... una preoccupazione enorme soprattutto dei dirigenti. 372 presentazione non usata. BONIFACIO VIII Bonifacio éra papa al tempo di Dante, che lo conosceva bene. Lo odiava al punto che lo mise all'inferno prima ancora che fosse morto. Un altro che lo odiava, ma in maniera un po' diversa, éra il frate francescano Jacopone da Todi, pauperista evangelico, un estremista, diremmo oggi. Éra legato al movimento dei contadini poveri, soprattutto nella sua zona, al punto che, in spregio alle leggi imposte da Bonifacio VIII, che éra una bèlla razza di rapinatore, avéa gridato in un suo canto: "Ahi, Bonifax, che come putta ai traito la Ecclesia!" (Ahi Bonifacio, che hai ridotto la Chiesa come una puttana!) Bonifacio se la legò al dito e quando finalmente riuscì a mettere le mani su Jacopone, che éra tra l'altro uno straordinario uomo di teatro, lo sbatté in galera, seduto, costretto a rimanere in quella posizione, mani larghe e piedi legati, incatenato sulle proprie feci. Si racconta che dopo cinque anni, quando uscì grazie alla sopravvenuta morte del papa, questo povero frate, ancora giovanissimo, non riusciva più a camminare: éra costretto a trascinarsi in giro, piegato in due. Qunado un anno e mezzo dopo morì, cercarono di stenderlo nella cassa da morto, a ogni volta che lo stendevano...gniii! tornava nella posizione originale. Alla fine, stufi, lo seppellirono seduto. 373 Questa giullarata di Bonifacio VIII vede la chiave del grottesco impostata sull'idea della vestizione del Pontefice, che si fa aiutare dai chierici ad effettuare l'addobbo a base di mantelli, mitrie, drappi ed anelli. Alla fine ci sarà l'incontro con Gesù. Classico anacronismo medievale, teso a sottolineare l'immensa differenza tra i due. MILANO 20.01.91- usato da Dario per nuova stesura di maggio 1998. 374 BOLOGNA 12.O4.91 IL PRIMO MIRACOLO DI GESU' BAMBINO-E’ STAMPATO. Vi presenterò un brano che non recito da quattro anni, e l'ultima volta che l'ho recitato è scoppiato uno scandalo. Esattamente è successo in televisione, vi ricordate ci sono stati i vescovi che si erano risentiti e volevano cacciare il "molleggiato" dalla televisione perché avéa esagerato a chiamarmi in trasmissione. Si tratta del "primo miracolo di Gesù bambino"... vedo che quasi nessuno lo conosce. Credo che sia uno dei pezzi più effervescenti, straordinari che si siano trovati, ed è un brano che è legato ai vangeli apocrifi. I vangeli apocrifi, come sapete, non sono vangeli proibiti, come qualcuno erroneamente crede, bensì vangeli esclusi da quelli definitivi. All'inizio c'éra una cosa come duecentocinquanta vangeli, ogni zona, ogni gruppo culturale a partire dall'Asia, Medio Oriente e via dicendo si formavano, legati alle proprie religioni dei vangeli diversi, delle cose incredibili... Gesù Cristo che andava in piedi sui cammelli, che sbranava i leoni, che si metteva a nuotare sott'acqua, bruciava, ritornava serpente... delle storie incredibili legate appunto alle varie religioni. Poi si cercò di mettere un pò d'ordine, di tirar via quelle oltre le righe che non c'entravano niente e si contraddicevano... ci fu un famoso concilio, quello di Nicea, in cui arrivarono a BASTONARSI! Perché ogni gruppo non voleva mollare il proprio vangelo... i vescovi si sono dati... sapete quel torciglione, quel pastorale... PRIMA ÉRA DRITTO COSI' a furia di darselo... si è tutto... e quel cappello che hanno i 375 vescovi... prima éra completo e in ricordo delle legnate si è spaccato in due, si è aperto a metà... cossì pare, adesso non ve lo posso dire di sicuro. Fatto stà che si è riusciti a tirarne fuori una quarantina di vangeli, tant'è vero che ci sono tutte le chiese del mille, millecento con sculture e bassorilievi legati ai vangeli apocrifi; se andate a Palermo a Monreale ci sono immagini di grandissima forza d'arte legati ai vangeli apocrifi. Uno dei più bei vangeli apocrifi detto di Filippo, c'è anche uno detto di Tommaso, che riprende la stessa cosa. Io mi ricordo che quando ci fu questo scandalo furono pubblicati degli stralci dei vari vangeli su riviste, anche religiose, cossì che anch'io scoprii degli altri vangeli apocrifi che non conoscevo. Questa è la storia di Gesù bambino, che dopo la fuga... vanno verso il nord, arrivano a transitare lungo il mare, fino a Jaffa... la città dei pompelmi... io so già che voi pensate alla J di Jaffa, pensate a Jesus, al miracolo dei pompelmi, non è questo. Il primo miracolo di Gesù bambino non è stato quello di mettere la J sui pompelmi. Dunque arriva questa famiglia, in fuga per il fatto di Erode, vi ricordate che voleva tagliare un pò più di teste del necessario... arrivano in questa città, sono degli sconosciuti, sono delle specie di Albanesi di transito...non trovano da dormire, sono a disagio, lui soprattutto, San Giüsèppe, non trova da lavorare, questo ragazzino sempre in mezzo alla strada, sopratutto parlava palestinese stretto e in quella zona parlavano un'altra lingua araba... non lo capivano, lo sfottevano, non volevano giocare con lui, lo cacciavano via, gli gridavano "Palestina" con disprezzo. Questo bambino soffre umiliazioni... e per farsi coraggio e soprattutto per 376 farsi amare da questi ragazzini, guardate cosa significa il senso del gioco, decide di fare un miracolo, un piccolo miracolo che gli riusciva sempre abbastanza bene... quello di costruire con la terra creta degli uccellini e poi farli volare... il successo è incredibile! Trasforma da terracotta in veri degli uccellini stupendi, uccellini di tutte le forme... che poi i bambini si mettono anche loro a farne... fanno delle schifezze tremende e a lui tocca farli volare perché se no non lo applaudono. Ad ogni modo lui ha un successo INCREDIBILE, lo eleggono capo dei giochi ma ahimè... in quel momento entra in scena il figlio del padrone, un prepotente, e siccome non lo lasciano giocare... insomma lui spacca tutti i giochi allora ... a Gesù bambino girano i santissimi, le madonne, fa delle cose... fa una cosa ORRENDA che è ripetuta e riportata in tutti i vangeli ipocrifi e poi c'è una catarsi e capirete come stanno andando le cose. Questo momento veramente lirico degli uccelli che vo, della gioia dei bambini è, credo, uno dei pezzi più bèlli di tutti i Misteri Buffi che mi sia mai riuscito di mettere in piedi. Però attenti! Questa storia viene raccontata con un ritmo, con un andamento che molte volte stravolge. Se voi provate a leggerli, sono editi da Einaudi, poi c'è stato anche Marsiglio editori, il Mulino, sembrano la sceneggiatura di un film. C'è ad esempio la scena iniziale, la prima inquadratura di questo film: un cielo tempestato di stelle, ad un certo punto si vede una stella sgangherata con una coda infiammata che dà degli spintoni a tutti quanti, si fa strada, naturalmente è la stella cometa, e subito dietro vengono i re Magi. A parte che questa stella fa spavento... i re Magi la 377 seguono, e naturalmente ci sono tutti e tre, prima il vecchio che va su un cavallo negro, l'allegoria è importante, poi c'è il giovane che sorridente va sul cavallo bianco, altra allegoria importante, poi c'è il negro che invece è... su un cammello grigio, e questa è un'allegoria chiarissima, il negro sul grigio. Questo negro sorridente, splendente nel buio della notte... sono fari i suoi denti, i suoi occhi luminosi... canta! Cosa deve fare un negro su un cammello grigio, CANTA! Soltanto che c'è questo vecchio che non ama il canto, non ama la gioia, che grugnisce, lo insulta... Ad un certo punto vanno a Betlèmme e naturalmente c'è il momento dell'incontro con Gesù ma prima c'è il momento della descrizione nel cielo dell'angelo: c'éra un angelo barocco pieno di piume, di panneggi che scende in picchiata ad avvertire i pastori che è nato Gesù, coi pastori che si spaventano, le pecore che perdono il pelo ed ad un certo punto sono costretti ad acconsentire e ad andare a portare i doni per Gesù... questa caciara di questo presepe terribile intorno... arrivano dentro, c'è anche sant'Anna che raccoglie tutti i doni e li infastella, copre tutto che non ci stà più dentro né l'asino né nessuno per tutti i doni, poi arriva il solito angelo che avverte dell'arrivo dei soldati "bisogna subito sgombrare... la fuga in Egitto... altrimenti sono guai e Gesù bambino viene tagliato a pezzi anche lui". C'è questa fuga con l'innesto di cui vi ho detto, sapete benissimo dell'asino, la preoccupazione ecc... Il ritmo, il tempo e l'andamento lo raccoglierete... questo brano spero mi ritorni alla memoria pezzo per pezzo perchè è terribile, tre anni sono tanti e non 378 ho fatto neanche il ripasso... sono stato un pò ammalato negli ultimi giorni. 379 380 PRESENTAZIONE TORINO 22 NOVEMBRE 1981-E’ STAMPATO. ....quindi diciamo di potere, dell' Italia del '500. Erano oltretutto dei banchieri oltre naturalmente che essere duchi e via dicendo. Ora nascono le Maone, le Maone sono le carte di credito, cioè in quel tempo cominciano a essere elargite al pubblico queste carte di credito, che permettono di trovare gioco in certi affari straordinari, come quello di partecipare alle guerre di conquista . Le guerre di conquista sono sempre state le forme le prime, prima che entrasse naturalmente..... .........guerre di conquista condotte da Venezia, Venezia si ritrova in 10 anni soltanto a decuplicare il proprio territorio. Conquistano degli spazi nel Libano, poi c'é l'isola di Rodi che viene conquistata, spazi in Turchia, spazi in Jugoslavia, fatto stà che ci sono spazi enormi terreni che vengono messi a profitto, arriva un sacco, una quantità di derrate alimentari enorme che invade il mercato e gli Zanni che sono i contadini della valle del Pò si trovano a non poter offrire la propria merce. Falliscono. Distrutti devono per forza ricorrere al cambiamento totale del proprio lavoro e si offrono nelle grandi città come servi, facchini.... i mestieri più umili, più bassi e le loro donne li seguono e anche loro accettano di fare le serve e anche le prostitute. Nasce, anzi 381 esplode, un fenomeno di prostituzione in quel tempo in tutte le grandi città che preoccupa fortemente le Repubbliche, in particolare la Repubblica di Venezia. La Repubblica di Venezia, scopre che in quel periodo l'11% della popolazione é dedita alla prostituzione. Ora é una cifra spaventosa. Se calcoliamo cossì 11% non fa neanche impressione, ma bisogna saper fare i conti e leggere le percentuali. Allora prendiamo la popolazione di Venezia in quel tempo éra di 120.000 abitanti. 120.000 li tagliamo in due, prendiamo 60.000 uomini li mettiamo da una parte, 60.000 donne dall'altra (gli uomini si prostituivano anche loro, ma in un altro modo completamente diverso), poi dobbiamo di queste 60.000 donne, togliere le vecchie, proprio quelle decrepite, proprio decrepite da crollare, perché appena stavano un po' sù andavano bene anche loro. Poi ci sono le bambine proprio quelle piccole, infanti, ma quelle proprio piccole piccole, perché già cossì... andavano bene. Poi ci sono le donne...le suore...non facciamo dell'ironia e mettiamole da parte. Poi soprattutto abbiamo le ricche, le nobili che si prostituivano anche loro, ma a prezzi inacessibili. A questo punto abbiamo una certa quantità di donne, le donne rimanenti sono proprio l'11% dell'intera popolazione. Tant'é che c'éra un'espressione tipica a Venezia fra la gente, fra gli amici cordiali che diceva: "Eeeh! Puta de tà mare!" Non fatemela tradurre. E l'altro rispondeva:"Sì e la tua?". Ecco in questo periodo, in questo tempo ci sono delle situazioni veramente tragiche, nasce una forma che per fortuna non é più nella nostra civiltà che sono le crisi 382 economiche. C'éra della gente che crepava addirittura di fame, che crollava per terra, c'erano delle squadre adibite proprio a raccogliere la gente che moriva per la strada e chi ci rimetteva maggiormente erano proprio gli Zanni. Gli Zanni questi servi, che avéano mestieri avventizzi, che si trovavano facilmente buttati in mezzo alla strada. Ora il pezzo che io vado a raccontare é la chiaccherata disperata e tragica di uno Zanni affamato, uno Zanni che é arrivato ad una tale disperazione per cui pensa addirittura di mangiarsi un orecchio, di strapparsi un occhio ingoiarselo, ad un certo punto pensa di strapparsi un testicolo e altri orpelli decorativi per la riproduzione e mangiarseli per intero, di strapparsi un gluteo l'altro gluteo di formare una specie di panino e di mangiarsi con la mano in mezzo, tutto. E poi di infirlarsi nel ventre attraverso la bocca, naturalmente, una mano e strapparsi le budella e dopo averle nettate con proprietà e di mangiarsele tutte. E poi il massimo della sua follia arriva quando ha un incubo e nell'incubo si immagina di vedere un enorme pentolone proprio pieno di acqua già pronta oppure la riempie lui appresso, non ha importanza, poi prende un sacco di farina...insomma si prepare una mangiata spaventosa, un pranzo luculliano si mangia dei pezzi di pollo, si cucina del pesce, si cucina della carne, e poi dopo avere ingoiato tutto in un grande minestrone si rende conto che ha sognato. E lì c'é una trasposizione, un cambiamento di chiave che é drammatico e grottesco insieme. Ecco la cosa importante é questa, io fingo di parlare il dialetto di quel tempo, perché tanto se io parlassi quello vero, non capireste uguale preciso a quando io fingo di 383 parlarlo, poi soprattutto per i veneziani di quel tempo questo dialetto éra inesistente, éra come l'arabo, quindi gli attori che venivano sulla scena, facevano il grammelot, cioé fingevano di parlare una lingua che onomatopeicamente dava l'impressione di essere veramente compiuta, si faceva comprendere molto di più che se non avesse parlato la lingua vera e coi gesti e gl andamenti raccoglieva tutto il discorso. Ora questo é una specie di esame per un pubblico da lì si vede l'intelligenza, la velocità, la sapienza, l'intuito l'elasticità oppure il piattume, la negatività, l'assoluta mancanza di fantasia, il vuoto e il diritto di essere ucciso sul posto.....vedo della gente preoccupata... io non indicherò con le mani. 384 Fabulazzo osceno ROMA 24.O3.91 LA PARPAIA TOPOLA Il pezzo che io vado a raccontare è un pezzo osceno, ma cossì come intendevano l'osceno nel medioevo, legato alla sessualità ma altamente poetico. Il titolo è "La parpaia topola, passera". L'origine di questo fablieu, si chiamano cossì queste rappresentazioni grottesche legate alla sessualità che vengono dalla Francia del nord, che poi si sono sviluppate anche in Provenza e lì hanno avuto una grande esplosione, poi sono arrivate anche in Italia. Questo pezzo, un fablieu, che sarebbe una giullarata, tratta di un argomento scabroso: "parpaia" per i provenzali è la farfalla con un doppio senso perché è anche il sesso femminile, "parpaia", è anche onomatopeico, "topola", per chi ha difficoltà a capire, e poi proprio per i deficienti "passera", cossì capiscono. Il personaggio principale è il sesso femminile. E' la storia di un capraio che sta' sull'Alpe, intorno ai mille metri sempre con capre, con armenti, e siccome non scende mai di lì, è da quando è in vita che sta lassù è diventato un pò rozzo, primitivo, e ha difficoltà anche di esprimersi, in quanto l'allenamento che può fare con le capre e le pecore nel lessico è un pò limitato, per il fatto che le pecore sono animali di poche parole e soprattutto di suoni elementari e basta. Si ritrova anche in inverno a vivere lassù; per sua fortuna viene a trovarlo ogni tanto un vecchio molto colto e fuori di testa. E' un misantropo e legato a un risentimento verso le donne che non si può pesare. Naturalmente da ragazzo ha avuto delle insoddisfazioni, delle buggerature.... 385 odia le donne e va a scaricare il proprio odio addosso a questo Giavan Pietro che è un candido assoluto. Giavan non vuol dire Giovanni ma "coglioncione", insomma il suo nome vero è Coglioncione Pietro. Questo ragazzo si vede investito da questo vecchio misantropo ossessionato che gli dice "le donne sono straordinarie ma tu devi stare attento... hanno un richiamo, nei loro occhi c'è tutto il paradiso, il suono rotondo delle loro voci, argentine le loro risate, e le movenze sono accattivanti è pieno di fascino il loro movimento ma ...attento NON ANDARGLI VICINO PERCHE' HANNO DELLE LAMINE! LA PARPAIA TOPOLA E' UNA BESTIA INCREDIBILE CHE TI TAGLIA VIA TUTTE LE DITA E ANCHE GLI ORPELLI PER LA RIPRODUZIONE." Questo povero ragazzo è terrorizzato di vedere una donna, e quando vede arrivare una pastora scappa in mezzo al gregge e finge di essere un cane. Ora questo povero uomo, cossì solo,isolato,che ha trovato l'unica persona che lo stia a sentire in questo Giavan Pietro, sta per morire. Attenti che non è un personaggio qualsiasi, lui è un ricco, ricchissimo, è padrone di tutta la valle, padrone di case, palazzi, di fiumi e di laghi, di TUTTO e lascia tutto quello che possiede a questo Giavan Pietro, TUTTO!! Cossì che questo diventa una specie di re, principe, barone e tutte le donne che hanno ragazze da marito vengono su correndo per l'Alpe per offrire a questo ragazzo le proprie figlie. Tutte agghindate, bèlle, lui si terrorizza a vedere tutte queste donne che arrivano e scappa. In fondo alla valle c'è un prete che ha un nome che è tutto un programma: si chiama don Faina, voi capite, furbastro, agile, 386 molto simpatico e intelligente ma cinico di un cinismo ributtante, il quale però ha avuto una fortuna incredibile, ha avuto la possibilità di fare innamorare di sè la più bèlla ragazza di tutta la valle. Si chiama Alessia, bèlla, cossì splendente, con occhi meravigliosi, seducenti, poppe che ... adesso non stò a descriverla... immaginate! I ragazzi l'adorano, tutti vorrebbero sposarla ma lei ha ceduto il proprio spirito e il proprio corpo soltanto a questo prete, di nascosto fanno all'amore, di questa tresca non si è reso conto nessuno salvo LA MADRE di lei, che è una donna di un coraggio terribile che va subito spietatamente decisa verso questo prete e dice "se vuoi continuare a fare gli affari tuoi con mia figlia da questo momento devi produrre a lei la possibilità di coprire il disastro che succederebbe se lo venisse a sapere la gente. Il DISONORE!! Tu gli devi procurare un marito di paglia, non importa se basso, grosso, tonto, idiota, laido, vecchio, giovane, storpio , gobbo...basta che sia ricco e le dia la possibilità di coprire ogni infamia che tu le procuri. Soltanto allora potrai approfittare di mia figlia. Il prete furbo subito ha nella testa l'idea geniale, di accasare la sua amante con Giavan Pietro, lo chiama con un trucco giù a valle...lui attraversa tutti i paesi, arriva nel paese dove c'è la pieve, incontra questa ragazza, preparata ad doc col faro di luce che le viene dal rosone addosso, una cosa poetica, meravigliosa, il ragazzo perde la testa e decide di sposarsi. C'è il matrimonio e vedrete tutti i trucchi, le infamie organizzate da questo prete che si diverte anche ad umiliare questo candore assoluto che esiste negli occhi e nella testa di questo povero ragazzo. Alla fine c'è un 387 risvolto. Invece vi voglio ricordare per chi ama le ricerche ed è colto in queste cose che tutti gli autori italiani del medioevo hanno attinto a questa chiave, vi ricordo Boccaccio, Macchiavelli. Ebbene però qui c'è un salto verticale rispetto a questi due: mentre questi due hanno percorso la strada delle mazzolate, delle bastonate contro questo Giavan Pietro, invece nella favola originale, questa che vi vado a raccontare, c'è un salto mortale liberatorio straordinario. A un certo punto il vincitore è proprio lui col suo candore, grazie anche all'amore straordinario che riesce a far nascere in questa ragazza che all'inizio invece è dalla parte del prete. E' uno dei testi nella dimensione oscena, più poetici che io abbia mai incontrato. Io l'ho trovato nella prima edizione in francese antico medioevale del mille e duecento, poi sempre più o meno dello stesso periodo in provenzale, e vi devo dire che in provenzale e meraviglioso, con questa armonia, questi timbri tanto che ho deciso che questa sera ve lo recito in provenzale, e sono sicuro che voi, grazie a tutti gli addentellati culturali che il popolo romano e laziale ha avuto con la Provenza, grazie al fatto che ad Avignone il papa è rimasto per qualche tempo, poi tornando ha portato avignonesi qua, io so benissimo che a Roma il provenzale è di casa e voi lo parlate quando siete un pochino in intimità anche negli inni d'amore... esistono tre o quattro cantici in provenzale che fanno parte della vostra cultura come "Roma bèlla" e via dicendo...non è cossì? Forse ho sbagliato! Ad ogni modo io dei pezzi in provenzale ve li lascio. Per aiutarvi a comprendere, è uno scherzo che ho fatto, la parte centrale, la più importante, la recito in 388 lombardo arcaico antico, cossì voi capite tutto più facilmente. Non vi preoccupate, capirete tutto perché, questo linguaggio è fortemente onomatopeico e anche dove non comprenderete i termini esatti, nel senso generale capirete ogni cosa, grazie anche alla vostra particolare intelligenza... di centro meridionali. 389 ROMA, 24.03.91 PRESENTAZIONE BONIFACIO VIII 1 versione (quella originale) E arriviamo a Bonifacio VIII, è stato uno dei più grandi personaggi del medioevo uno dei più importanti papi e avéa suscitato, come tutte le più grandi personalità, apprezzamenti e rancori feroci. Dante Alighieri, suo contemporaneo, di certo non avéa molta simpatia per lui tanto che lo scaraventò all’inferno prima ancora . Un altro ricordo della violenza di questo papa è il fatto storico, anche se legato alla memoria popolare, del crimine condotto a Cesena. A Cesena c'éra un gruppo di cento frati che contestavano il papa e sopratutto coloro che lo appoggiavano. Il papa riuscì a farli catturare tutti, ne scelse sette di loro, i caporioni, li fece inchiodare per la lingua ai rispettivi portoni della città. Per la lingua , con le mani legate dietro, la tiritera del cinquecento che cantavano i bambini ricordava: " PENZOLA PENZOLA COME UN PENDOLO PAZZO IL FRATE APPESO PER LA LINGUA" ecc... Ora io, anche grazie alla vostra fantasia vi mostrerò questo papa che si veste, si addobba, si mette paramenti veramente lussuosi straordinari... va in processione. Si incontra con un'altra processione nella quale c'è Gesù Cristo che sotto la croce se ne sta andando sul monte per essere inchiodato. Naturalmente questo è un anacronismo di leggenda... io mi sono informato presso degli storici che mi hanno assicurato che Gesù Cristo non si è mai incontrato con dei papi. Questo mi ha messo il cuore in pace! In questa storia un pò folle 390 vediamo Gesù Cristo che vede arrivare il pontefice che si spoglia , si imbèlletta di porcherie per sembrare veramente uno straccione, per essere a livello della miseria in cui si trova Cristo, cerca di farsi bèllo di fronte ai fedeli infilandosi sotto la croce con Cristo. A Gesù Cristo girano le madonne e anche i santissimi e sferra una pedata al papa nel coccige, che da quel giorno si chiamerà OSSO SACRO in ricordo del piede di Cristo. Ora, io metto subito le mani avanti perché so che si tende sempre a vedere una specie di parallelo fra questo papa e il papa attuale. Devo dire che sono vent'anni, notate bene, che io realizzo questo testo, da allora sono cambiati già tre papi, uno... due... questo è il quarto, e ricordo che ogni volta qualcuno cercava di appioppare il parallelo. A parte che, papa Wojtyla è squisito sul piano della dimostrazione di senso della pietà; basti pensare come ha realizzato il suo rapporto con il killer, questo turco infame, un bastardo, che ha cercato di farlo fuori, quando lui si trovava addirittura sulla pop-mobile, gli americani chiamano pop-mobile questa macchina sulla quale ogni tanto viaggia il papa. Ecco che si stava affacciando dalla popmobile per afferrare un bambino e baciarlo dalle braccia della madre; voi sapete che questo papa ha una passione per i bambini... se non ne bacia almeno una quindicina al giorno sta male. E la velocità con cui esegue questo bacio, avete visto, sembra la catena di montaggio: solleva il bimbo, lo bacia e va via. Li butta! Che se non ci fosse sempre vicino a lui quella squadra di pallacanestro che come li lancia AHO PEM PEM OP OP sarebbe un disastro. L'altra passione terribile del pontefice è senz'altro quella di baciare la terra 391 come scende dall'aereo in un paese nuovo: scende le scalette con precipitazione perché ha l'angoscia del bacio alla terra... le volte che hanno tentato di fermarlo sono successi dei disastri, ha portato con sè preti, suore, frati e una volta anche una guardia svizzera che nel cadere ha infilzato un prete che stava dall'altra parte. Io mi sono alzato alle sei del mattino quando ero in Spagna e ho saputo che arrivava il papa per andarlo a vedere all'arrivo... non tanto per il bacio ma per il rito in generale. All'aeroporto alle sette del mattino c'erano un milione di fedeli ad aspettarlo... una cosa infinita.... avéano sfondato anche le transenne, erano entrati nell'aeroporto sulla pista, c'erano addirittura i cani poliziotto che aizzati dai poliziotti stessi... o erano i cani che aizzavano i poliziotti, non si capiva bene... non riuscivano a fermare questa orda di fedeli, che molte volte erano anche fanatici. I più erano là fin dalla mattina, guardavano il cielo... anzi c'erano le nubi, ho visto spuntare questo aereo, anzi il muso di quest'aereo incredibile, lungo con la papalina in testa bianco e giallo... c'éra un fanatico vicino a mé che ha esclamato " COM'E' BÈLLO IL PAPA! COME VOLA BENE!" "No," io ho detto "guarda che questo è l'aereo del papa, il papa è dentro." "NO E' LUI!" "Il papa mica ha i finestrini!" "SE VUOLE SE LI FA!". E' sceso giù sul nastro il papa, voglio dire l'aereo dove c'éra il papa, per poco non taglia dodici teste di gente che non si éra inginocchiata in fretta... è arrivata contro la carlinga la solita scaletta, chiamala scaletta! Duecentocinquanta gradini... una scalinata, per far scendere il papa. Infatti lui si è presentato per primo come fa sempre, avete notato, TRAC la portiera si 392 apre scende lui bèllissimo con la papalina in testa, gli occhi cerulei, tutti questi capelli in testa bianchi argentei, il naso all'insù, la bocca sorridente, un collo taurino i pettorali disegnatissimi, un addominale splendido, una fascia che stringeva, il mantello rosso che scende fino ai piedi SUPERMAN!!! Ha cominciato ad oscillare avanti e indietro UUUNO DUEEEE, già la gente gridava "IL PAPA VOLAAA" e tutti i fedeli lo vedevano librarsi per il cielo con un fumone bianco e giallo che scendeva, usciva da sotto le sottane a scrivere per il cielo DIOO E ' CON NOII! PERDIO!! TUN TUN. E invece (c'éra un vescovo cardinale che è montato sulla coda del mantello e lui, il papa, bloccato! Se ce ne fosse stato un altro di pontefice al suo posto sarebbe morto di vergogna, invece il papa senza muovere ha dilatato il collo TAC ha spaccato la funicella ed è precipitato giù con una velocità... io non ho mai visto nessuno al mondo scendere con la velocità veramente straordinaria di questo pontefice, non so come faccia, coi piedini TATATA, che gli si gonfia perfino a pallone la sottana...soltanto che ... voi non avete visto che cosa è successo? Ha avuto un incidente perché la ripresa televisiva éra in differita, che è una tecnica che si effettua tutte le volte che si vuole evitare che un eventuale incidente venga rigettato attraverso le antenne, attraverso l'etere, a tutti che lo vedono sgomenti. Quindi registrano, aspettano cinque minuti, poi danno il via... e la cosa è già purgata, nel caso di un incidente TAC tagliano, infatti chi ha visto la ripresa in differita si ricorderà che c'éra una cosa strana: il papa scende la scaletta TARATATATA, qui prende l'inciampo, fa un cossì, poi TACCHETA in 393 fondo alla scaletta cossì. Cosa è successo nel frattempo? Io, in verità ero presente e quindi ve lo posso dire: lui scende velocissimo, prende l'intoppo TA PAM sale cossì poi si ripiega, cala giù verso il prato coi due incisivi raggiunge il prato, ara il prato con un solco di due metri e mezzo, quindi comincia a baciare con tanta voluttà il terreno che la terra ha cominciato a fremere OH NOOO! Splendido! Eravamo arrivati al punto in cui il papa solleva il bambino dalle braccia della donna, la donna avéa vicino il marito, lui cerca di prendere il bambino, la donna dice "Santità, non vi offendete non ve lo dò perché voi poi lo buttate!" il papa dice "NO, io non lo butto" il marito "SI, lei lo butta!". Lui ha afferrato il bambino, la donna appesa al bambino, anche il marito appeso al bambino... un grappolo familiare... RAMBO VII. In quel momento il bastardo killer infame gli ha sparato! Apposta gli ha sparato di schiena per abbrutirlo, e la cosa incredibile è che c'è stato quello speaker della televisione del primo canale, che poi l'hanno cacciato via dappertutto, che si è messo ad urlare "IL PAPA E ' STATO COLPITO ALLO SFINTERE!!!", ma si dice il un papa ha lo sfintere?! IL PAPA HA UN CONDOTTO SACRO!!! E poi l'incredibile è che l'hanno fotografato da tutte le parti avete visto quante fotografie di lui che tira col colpo di pistola; ce nè una dove si vede che lui tranquillamente punta, un'altra dove lui bagna il grilletto della pistola, il fumo che esce lui che soffia sul fumo, si mette la fondina OK! e va via. Poi c'è quella dove ci sono i bulgari... quanti bulgari erano presenti! Sono loro che hanno organizzato il colpo e davano le indicazioni al killer idiota. E' uscito il New 394 York Times con una specie di soffietto dentro con una fotografia immensa, quando éra aperta, di tutta piazza S. Pietro, una folla incredibile, tanti cerchietti rossi, in ogni cerchietto un bulgaro: il bulgaro col dito nel naso, coi baffi, quello che lecca il gelato per non darsi importanza, quello che ha il gelato e lecca il gelato dell'altro... erano tutti segnali convenuti naturalmente, poi c'è quello spudorato che dà le indicazioni dirette ad ALI' ADGGA' "ALI'! ADGGA! QUELLO!" "AHAAAAA???" "QUELLO! QUELLO BIANCOOO!" "AHAAAAA????" "NO QUELLO E' UNA SUORA!". Tanto è vero che ancora oggi quando i bulgari arrivano alla nostra frontiera gli consegnano sempre immediatamente un cerchietto rosso. Torniamo a Bonifacio VIII che si prepara per la sua orazione, o meglio va in processione, si incontra con Gesù Cristo... ma c'è un tormentone ed è un frate, meglio dire un chierico che è sbadato fa dei casini... ehm... scusate fa degli imbrogli tremendi e soprattutto è stonato e lui lo odia. Io adesso canto, cioè nel recitare canto anche, canto in gregoriano. Questa volta non si tratta si un'imitazione oppure di un gramelò gregoriano, no, è autentico gregoriano e io posso assicurarvi giacché l'ho imparato da bambino, voi sapete le cose che i imparano da ragazzini non si dimenticano mai, e son sempre precise. Io ho avuto la fortuna, quand'ero ragazzino di essere parte di un coro famoso, quello della cattedrale del mio paese, ero prima voce, naturalmente contralto portante, la voce determinante di tutto il coro ed ero veramente l'orgoglio della chiesa e tutta la curia mi conosceva .Il cardinale quando veniva 395 voleva vedermi e sentirmi cantare anche da solo... ero un fenomeno ero la speranza anche mistica della chiesa, soltanto che crescendo, verso i quattordici anni mi sono dovuto recare a studiare a Milano e ho incontrato cattive compagnie, specie marxiste e leniniste, mi hanno traviato, e il guaio tremendo è che non mi sono ancora pentito! 396 ROMA, 24.03.91 PRESENTAZIONE BONIFACIO VIII 1 versione (quella originale) E arriviamo a Bonifacio VIII, è stato uno dei più grandi personaggi del medioevo uno dei più importanti papi e avéa suscitato, come tutte le più grandi personalità, apprezzamenti e rancori feroci. Dante Alighieri, suo contemporaneo, di certo non avéa molta simpatia per lui tanto che lo scaraventò all’inferno prima ancora . Un altro ricordo della violenza di questo papa è il fatto storico, anche se legato alla memoria popolare, del crimine condotto a Cesena. A Cesena c'éra un gruppo di cento frati che contestavano il papa e sopratutto coloro che lo appoggiavano. Il papa riuscì a farli catturare tutti, ne scelse sette di loro, i caporioni, li fece inchiodare per la lingua ai rispettivi portoni della città. Per la lingua , con le mani legate dietro, la tiritera del cinquecento che cantavano i bambini ricordava: " PENZOLA PENZOLA COME UN PENDOLO PAZZO IL FRATE APPESO PER LA LINGUA" ecc... Ora io, anche grazie alla vostra fantasia vi mostrerò questo papa che si veste, si addobba, si mette paramenti veramente lussuosi straordinari... va in processione. Si incontra con un'altra processione nella quale c'è Gesù Cristo che sotto la croce se ne sta andando sul monte per essere inchiodato. Naturalmente questo è un anacronismo di leggenda... io mi sono informato presso degli storici che mi hanno assicurato che Gesù Cristo non si è mai incontrato con dei papi. Questo mi ha messo il cuore in pace! In questa storia un pò folle 397 vediamo Gesù Cristo che vede arrivare il pontefice che si spoglia , si imbèlletta di porcherie per sembrare veramente uno straccione, per essere a livello della miseria in cui si trova Cristo, cerca di farsi bèllo di fronte ai fedeli infilandosi sotto la croce con Cristo. A Gesù Cristo girano le madonne e anche i santissimi e sferra una pedata al papa nel coccige, che da quel giorno si chiamerà OSSO SACRO in ricordo del piede di Cristo. Ora, io metto subito le mani avanti perché so che si tende sempre a vedere una specie di parallelo fra questo papa e il papa attuale. Devo dire che sono vent'anni, notate bene, che io realizzo questo testo, da allora sono cambiati già tre papi, uno... due... questo è il quarto, e ricordo che ogni volta qualcuno cercava di appioppare il parallelo. A parte che, papa Wojtyla è squisito sul piano della dimostrazione di senso della pietà; basti pensare come ha realizzato il suo rapporto con il killer, questo turco infame, un bastardo, che ha cercato di farlo fuori, quando lui si trovava addirittura sulla pop-mobile, gli americani chiamano pop-mobile questa macchina sulla quale ogni tanto viaggia il papa. Ecco che si stava affacciando dalla popmobile per afferrare un bambino e baciarlo dalle braccia della madre; voi sapete che questo papa ha una passione per i bambini... se non ne bacia almeno una quindicina al giorno sta male. E la velocità con cui esegue questo bacio, avete visto, sembra la catena di montaggio: solleva il bimbo, lo bacia e va via. Li butta! Che se non ci fosse sempre vicino a lui quella squadra di pallacanestro che come li lancia AHO PEM PEM OP OP sarebbe un disastro. L'altra passione terribile del pontefice è senz'altro quella di baciare la terra 398 come scende dall'aereo in un paese nuovo: scende le scalette con precipitazione perché ha l'angoscia del bacio alla terra... le volte che hanno tentato di fermarlo sono successi dei disastri, ha portato con sè preti, suore, frati e una volta anche una guardia svizzera che nel cadere ha infilzato un prete che stava dall'altra parte. Io mi sono alzato alle sei del mattino quando ero in Spagna e ho saputo che arrivava il papa per andarlo a vedere all'arrivo... non tanto per il bacio ma per il rito in generale. All'aeroporto alle sette del mattino c'erano un milione di fedeli ad aspettarlo... una cosa infinita.... avéano sfondato anche le transenne, erano entrati nell'aeroporto sulla pista, c'erano addirittura i cani poliziotto che aizzati dai poliziotti stessi... o erano i cani che aizzavano i poliziotti, non si capiva bene... non riuscivano a fermare questa orda di fedeli, che molte volte erano anche fanatici. I più erano là fin dalla mattina, guardavano il cielo... anzi c'erano le nubi, ho visto spuntare questo aereo, anzi il muso di quest'aereo incredibile, lungo con la papalina in testa bianco e giallo... c'éra un fanatico vicino a mé che ha esclamato " COM'E' BÈLLO IL PAPA! COME VOLA BENE!" "No," io ho detto "guarda che questo è l'aereo del papa, il papa è dentro." "NO E' LUI!" "Il papa mica ha i finestrini!" "SE VUOLE SE LI FA!". E' sceso giù sul nastro il papa, voglio dire l'aereo dove c'éra il papa, per poco non taglia dodici teste di gente che non si éra inginocchiata in fretta... è arrivata contro la carlinga la solita scaletta, chiamala scaletta! Duecentocinquanta gradini... una scalinata, per far scendere il papa. Infatti lui si è presentato per primo come fa sempre, avete notato, TRAC la portiera si 399 apre scende lui bèllissimo con la papalina in testa, gli occhi cerulei, tutti questi capelli in testa bianchi argentei, il naso all'insù, la bocca sorridente, un collo taurino i pettorali disegnatissimi, un addominale splendido, una fascia che stringeva, il mantello rosso che scende fino ai piedi SUPERMAN!!! Ha cominciato ad oscillare avanti e indietro UUUNO DUEEEE, già la gente gridava "IL PAPA VOLAAA" e tutti i fedeli lo vedevano librarsi per il cielo con un fumone bianco e giallo che scendeva, usciva da sotto le sottane a scrivere per il cielo DIOO E ' CON NOII! PERDIO!! TUN TUN. E invece (c'éra un vescovo cardinale che è montato sulla coda del mantello e lui, il papa, bloccato! Se ce ne fosse stato un altro di pontefice al suo posto sarebbe morto di vergogna, invece il papa senza muovere ha dilatato il collo TAC ha spaccato la funicella ed è precipitato giù con una velocità... io non ho mai visto nessuno al mondo scendere con la velocità veramente straordinaria di questo pontefice, non so come faccia, coi piedini TATATA, che gli si gonfia perfino a pallone la sottana...soltanto che ... voi non avete visto che cosa è successo? Ha avuto un incidente perché la ripresa televisiva éra in differita, che è una tecnica che si effettua tutte le volte che si vuole evitare che un eventuale incidente venga rigettato attraverso le antenne, attraverso l'etere, a tutti che lo vedono sgomenti. Quindi registrano, aspettano cinque minuti, poi danno il via... e la cosa è già purgata, nel caso di un incidente TAC tagliano, infatti chi ha visto la ripresa in differita si ricorderà che c'éra una cosa strana: il papa scende la scaletta TARATATATA, qui prende l'inciampo, fa un cossì, poi TACCHETA in 400 fondo alla scaletta cossì. Cosa è successo nel frattempo? Io, in verità ero presente e quindi ve lo posso dire: lui scende velocissimo, prende l'intoppo TA PAM sale cossì poi si ripiega, cala giù verso il prato coi due incisivi raggiunge il prato, ara il prato con un solco di due metri e mezzo, quindi comincia a baciare con tanta voluttà il terreno che la terra ha cominciato a fremere OH NOOO! Splendido! Eravamo arrivati al punto in cui il papa solleva il bambino dalle braccia della donna, la donna avéa vicino il marito, lui cerca di prendere il bambino, la donna dice "Santità, non vi offendete non ve lo dò perché voi poi lo buttate!" il papa dice "NO, io non lo butto" il marito "SI, lei lo butta!". Lui ha afferrato il bambino, la donna appesa al bambino, anche il marito appeso al bambino... un grappolo familiare... RAMBO VII. In quel momento il bastardo killer infame gli ha sparato! Apposta gli ha sparato di schiena per abbrutirlo, e la cosa incredibile è che c'è stato quello speaker della televisione del primo canale, che poi l'hanno cacciato via dappertutto, che si è messo ad urlare "IL PAPA E ' STATO COLPITO ALLO SFINTERE!!!", ma si dice il un papa ha lo sfintere?! IL PAPA HA UN CONDOTTO SACRO!!! E poi l'incredibile è che l'hanno fotografato da tutte le parti avete visto quante fotografie di lui che tira col colpo di pistola; ce nè una dove si vede che lui tranquillamente punta, un'altra dove lui bagna il grilletto della pistola, il fumo che esce lui che soffia sul fumo, si mette la fondina OK! e va via. Poi c'è quella dove ci sono i bulgari... quanti bulgari erano presenti! Sono loro che hanno organizzato il colpo e davano le indicazioni al killer idiota. E' uscito il New 401 York Times con una specie di soffietto dentro con una fotografia immensa, quando éra aperta, di tutta piazza S. Pietro, una folla incredibile, tanti cerchietti rossi, in ogni cerchietto un bulgaro: il bulgaro col dito nel naso, coi baffi, quello che lecca il gelato per non darsi importanza, quello che ha il gelato e lecca il gelato dell'altro... erano tutti segnali convenuti naturalmente, poi c'è quello spudorato che dà le indicazioni dirette ad ALI' ADGGA' "ALI'! ADGGA! QUELLO!" "AHAAAAA???" "QUELLO! QUELLO BIANCOOO!" "AHAAAAA????" "NO QUELLO E' UNA SUORA!". Tanto è vero che ancora oggi quando i bulgari arrivano alla nostra frontiera gli consegnano sempre immediatamente un cerchietto rosso. Torniamo a Bonifacio VIII che si prepara per la sua orazione, o meglio va in processione, si incontra con Gesù Cristo... ma c'è un tormentone,@ ed è un frate, meglio dire un chierico che è sbadato fa dei casini... ehm... scusate fa degli imbrogli tremendi e soprattutto è stonato e lui lo odia. Io adesso canto, cioè nel recitare canto anche, canto in gregoriano. Questa volta non si tratta si un'imitazione oppure di un gramelò gregoriano, no, è autentico gregoriano e io posso assicurarvi giacché l'ho imparato da bambino, voi sapete le cose che i imparano da ragazzini non si dimenticano mai, e son sempre precise. Io ho avuto la fortuna, quand'ero ragazzino di essere parte di un coro famoso, quello della cattedrale del mio paese, ero prima voce, naturalmente contralto portante, la voce determinante di tutto il coro ed ero veramente l'orgoglio della chiesa e tutta la curia mi conosceva .Il cardinale quando veniva 402 voleva vedermi e sentirmi cantare anche da solo... ero un fenomeno ero la speranza anche mistica della chiesa, soltanto che crescendo, verso i quattordici anni mi sono dovuto recare a studiare a Milano e ho incontrato cattive compagnie, specie marxiste e leniniste, mi hanno traviato, e il guaio tremendo è che non mi sono ancora pentito! 403 BOLOGNA 12.O4.91 IL PRIMO MIRACOLO DI GESU' STAMPATO. Corretto il 4/ 2 /99 BAMBINO-E’ Ora vi propongo un brano che qualche anno fa ha suscitato un vero e proprio scandalo al momento in cui é stato presentato per la prima volta in televisione. Il responsabile di questa esibizione, Celentano che avéa chiamato mé e Franca a recitare pezzi dei Misteri, fu letteralmente aggredito (verbalmente s’intende) da un gruppo di vescovi attraverso i loro giornali. Eppure come avéa fatto notare Umberto Eco in un suo articolo-saggio, quel testo da noi recitato fa parte di scritti accettati e condivisi dalla chiesa da secoli. Si tratta del “Miracolo di Gesù Bambino” che fa parte di un famoso vangelo apocrifo. I vangeli apocrifi, come sapete, non sono testi blasfemi o proibiti, come qualcuno erroneamente crede, bensì vangeli esclusi da quelli definitivi. Nei primi secoli del Cristianesimo esistevano un centinaio di vangeli diversi. Si può dire che ogni comunità cristiana si scegliesse e spesso riscrivesse il proprio nuovo testamento. A partire dal Medio Oriente, passando per l’Africa , risalendo per tutta l’Europa fino ai paesi baltici, s’incontravano gruppi etnici di lingua e cultura diversa che adattavano al proprio modello di vita la lezione e il verbo di Cristo: cossì troviamo Cristo nelle vesti di Dioniso e Orfeo, Cristo che cavalca cammelli e si trasforma in fuoco ,Cristo assunto in cielo alla guida di un cocchio trainato da quattro cavalli, Cristo che corre nella steppa cavalcando destrieri scatenati come un Vandalo, che combatte draghi e sculaccia 404 donne lascive brandendo serpenti. A sto punto, giustamente, si cercò di mettere un po’ di ordine - si dichiararono scorretti i vangeli adattati dai Goti e dai Montanisti ritenuti manipolati da eretici, si cassarono i passi dove Cristo e i suoi Apostoli distruggevano chiese e città come Unni impazziti. Fu indetto un primo grande concilio di vescovi a Nicea. Al culmine del dibattito sull’accettabilità teologica di alcuni dogmi esplose una vera e propria rissa: gruppi di vescovi si lanciàrono contro altri santi uomini, brandendo le canne pastorali che da allora, per i contraccolpi dei botti su teste di sapienti, si intorcigliarono alla cima cossì come appaiono ancor oggi. Ma l’ordine assoluto non fu rispettato, tant’è che molti vangeli apocrifi hanno continuato a rappresentare fonte di ispirazione per mosaici, affreschi e bassorilievi di tutto il Medioevo fino al 1200 e più. Se vi capita di passare per Palermo, scoprirete nelle varie cattedrali (ad esempio Monreale) immagini che raccontano ancora nel X e XI secolo storie fantastiche tratte dai vangeli apocrifi. Fortunatamente a noi sono giunti anche i testi di questi racconti epico-favolistici. Fra questi, la storia dell’infanzia di Gesù e del suo primo miracolo. Questo passo è splendidamente raccontato nel vangelo di Filippo e in un altro detto di Tommaso. Ricordo ancora che quando scoppiò lo scandalo a cui ho accennato furono pubblicati degli stralci dei vari vangeli su riviste, anche religiose, cossì che anch'io scoprii degli altri vangeli apocrifi che non conoscevo. Entrambi i vangeli di Filippo e Tommaso propongono la storia di Gesù bambino, che dopo la fuga da Betlèmme... 405 vanno verso il nord, arrivano a transitare lungo il mare, fino a Jaffa... la città dei pompelmi... (rivolgendosi al pubblico che immancabilmente su questo commento ride) io so già che voi pensate alla J di Jaffa, pensate a Jesus, al miracolo dei pompelmi, non è questo. Il primo miracolo di Gesù bambino non è stato quello di timbrare con una J tutti i pompelmi della costa palestinese. No, si è trattato di un miracolo molto più poetico. Dunque, dicevamo, la sacra famiglia arriva a Jaffa : Madonna, Bambino e Giüsèppe, per non parlare dell’asino, cercano di sfuggire alla strage ordinata da Erode, vi ricordate sto fanatico scalmanato che voleva tagliare più teste del necessario?!! Arrivano in questa città e si ritrovano nella stessa condizione che oggi vivono Curdi ed Albanesi...non rimediano un posto da dormire, sono a disagio, lui soprattutto, San Giüsèppe, non riesce a trovare un cane che gli offra un lavoro. Ma la difficoltà maggiore la soffre il ragazzino che si ritrova letteralmente sbattuto in mezzo alla strada, con difficoltà di comunicare con gli altri, Gesù parlava palestinese stretto, e quelli di Jaffa, aramaico imbastardito... non lo capivano, lo sfottevano, non volevano giocare con lui, lo cacciavano via e gli gridavano “Palestina” con disprezzo. Sta povera creatura soffre umiliazioni... e per farsi coraggio e soprattutto farsi accettare, amare da questi ragazzini del luogo, guardate cosa significa il senso del gioco, decide di fare un miracolo, un piccolo miracolo che gli riusciva sempre abbastanza bene... quello di costruire con la terra creta degli uccellini e poi farli volare, soffiando loro addosso... il successo é straordinario! Gesù trasforma la terracotta in passeri, fringuelli e pettirossi 406 stupendi ... coinvolge quindi tutti gli altri ragazzini che, a loro volta, impastano creta e scodellano incredibili volatili... in verità, si tratta di schifezze inenarrabili e il guaio è che a lui tocca dar fiato per farli volare, che se no, non lo applaudono. Ad ogni modo il piccolo Gesù riscuote un vero e proprio trionfo, lo eleggono capo dei giochi ma ahimè... in quel momento entra in scena il figlio del padrone, un prepotente, pretende di partecipare al gioco dei volatili ma i ragazzini del quartiere in coro lo rifiutano e lui, per ripicca, spacca tutte le statuine... a Gesù bambino, girano i santissimi, le madonne... ha una reazione proprio da Padre Eterno incavolato... fa una cosa ORRENDA, un gesto che viene raccontato da tutti i vangeli apocrifi; poi naturalmente c’è un risvolto, una catarsi mistica, ma non è il caso di anticiparvela... la verrete a scoprire con la rappresentazione. Questo spettacolo veramente lirico degli uccelli che vo, della gioia dei bambini è, credo, una delle più bèlle immagini tra tutti i Misteri Buffi che mi sia mai riuscito di mettere in piedi. Però attenti! Questa storia viene raccontata con un ritmo, con un andamento che molte volte stravolge. L’inizio della storia si spalanca con una gran cupola di cattedrale: appare un cielo ricoperto di mosaico blu e d’oro... all’istante sbuca una grande stella che avanza trascinando una lunga coda di luce... deraglia, scarta, spintona ogni astro che incontra sul suo cammino. Naturalmente è la stella cometa , e subito dietro i Re Magi che da giorni la vanno seguendo. Apre la carovana il re Magiovecchio che cavalca un cavallo negro, l’allegoria è importante, appresso lo segue il giovane re Magio, sorridente sul cavallo bianco, sempre 407 attenti all’allegoria, ultimo è il re Magionegro che cavalca un cammello grigio, e qui non lasciatevi sfuggire l’allusione morale... Il negro, anche lui sorridente, splendente nel buio della notte... sono fari i suoi denti, i suoi occhi luminosi... canta! Cosa può fare un negro su un cammello grigio nel deserto sconfinato? CANTA! Il guaio è che appresso gli sta’ il vecchio re Magioingrugnito che non sopporta il canto, tantomeno a ritmo di un cammello... quindi ha scatti da re Magionevrastenico e lo insulta. Oltre la stella in cielo appare un angelo, anzi, un ARCANGELO quasi barocco sventolante panneggi e sbattente ali piumate come dieci code di struzzo... un angelo che scende in picchiata ad avvertire con vocalità di tuono i pastori che è nato Gesù, coi pastori che si spaventano, gettandosi a terra, le pecore che perdono il pelo mentre lui grida “ Andate a Betlèmme a onorare il Redentore” ed ecco i pastori costretti ad ubbidire, si avviano portando doni per il piccolo Gesù. Nelle vicinanze della stalla si apre il presepe: una gran folla di credenti, curiosi, mercanti, venditori ambulanti che offrono di tutto, pecore e bambini smarriti. All’ingresso della stalla c’è anche Sant’Anna, nonna del neonato celeste, che raccoglie i doni e li infastella. Arrivano i Re Magi e di lì a poco anche l’angelo che ordina “Sloggiate, presto! Stanno arrivando i soldati di Erode che tagliano teste a più non posso... se acchiappano anche il Santo Bambino, bisognerà rimandare il presepe e tutto il cristianesimo all’anno venturo!” Quindi arriviamo alla fuga con l’innesto di Jaffa, che vi ho già detto. Andiamo ad incominciare... fate bene attenzione all’andamento della storia, soprattutto al ritmo e alle 408 situazioni solo accennate. Lasciatevi pure andare smodati alla risata e alla commozione... è risaputo che la gente ricca di immaginazione è quella che piange e ride senza ritegno. stanno sotto B pres. colorate ci sono dei doppioni, ne ho già eliminati molti ATTENZIONE: HO DIVISO I VARI ARGOMENTI PER COLORE MISTERO BUFFO VERDE GRAMMELLOT BLU GUERRA GOLFO PORPORA POLITICI ROSSO LAZZARO VERDE CHIARO BONIFACIO MARRONE MARIA ALLA CROCE VERDE ACQUA GESU’ BAMBINO FUXIA Roma 20 gennaio 1987 Teatro Tenda MISTERO BUFFO Lo spettacolo di questa sera é il Mistero Buffo, esattamente la seconda parte é il Mistero Buffo nato esattamente 19 anni fa ci sarà un pezzo recitato da Franca che é proprio della prima edizione e il primo pezzo che io vado recitando é 409 quello legato ai grammelot. I grammelot voi sapete sono, si può dire, l'espressione massima della Commedia dell'Arte e dei comici dell'arte in genere. I comici dell'arte si trovarono ad un certo punto nel '500 ad essere costretti a sviluppare e darsi a una ... completa, furono centinaia le piccole e medie compagnie che dall'Italia furono costrette ad andarsene altrove, e improvvisarono naturalmente un modo di recitare per gli stranieri. Inventarono soprattutto un linguaggio che éra una spece di Italiano maccheronico composto da centinaia di vocaboli e di termini che facevano alludere a frasi intiere, addirittura a concetti interi aiutandosi con la gestualità il suono onomatopeico e qualche parola ogni tanto. In Francia la compagnia del 'Raccolti' che fu una delle prime compagnie a sviluppare questo genere di rappresentazione, aveva un Arlecchino, proprio l'inventore, forse principale, del grammelot. Arlecchino in questo caso éra Tristano Martinelli, recitava in una specie di francese/bergamasco con dentro un sacco di suoni che non avevano niente né del francese né del bergamasco. Il pezzo che vado a recitare all'inizio é proprio quello legato al grammelot francese ed é detto di Moliére o di Scopino. Moliére voi sapete è sicuramente il più grande autore della Francia, uno dei più grandi del mondo, e aveva come appoggio straordinario quello del re, il re Sole. Il quale lo sosteneva sopratutto quando si trovava a Parigi, ma appena si spostava ed éra costretto molte volte ad uscire dalla Francia per questioni non soltanto di diplomazia, ma anche 410 di guerra, allora erano guai per Moliére. Moliére si trovava in un grosso handicap determinato dal fatto di non essere sostenuto direttamente, sprattutto verso la censura e la censura éra in mano al clero, allora, e soprattutto ai nobili. In questo caso, la storia che io vado raccontando, c'é Moliére che ha messo in piedi una specie di prototipo di due grossi fatti teatrali cioé sto parlando del 'Tartufo' e sto parlando del 'Don Giovanni'. Il 'Don Giovanni' e il 'Tartufo' sono stati messi insieme prima ancora di creare i due fatti, in un personaggio che é il giovane. Dicevo che Moliére ha messo in piedi questa commedia che ha come prototipi fondamentali il'Tartufo' e il 'Don Giovanni'. E' la storia di un giovane, un giovane ricco figlio di banchieri, il quale si trova con un grosso .....handicap (?) violento cioé perde il padre, il padre é un banchiere e uomo politico nello stesso tempo. Un fenomeno legato esclusivamente alla Francia del XVI secolo anzi XVII secolo che noi non conosciamo. Da noi, nella nostra politica, banchieri e naturalmente politici sono completamente distanti, non si incontrano mai, lo sapete si c'é qualcuno che ogni tanto si ritrova a dare squilibri sui ponti di Londra per avere ecceduto nel gioco della politica, o qualcuno al quale piace il 'caffé forte'. Ebbene questo povero ragazzo si trova veramente in ginocchio perché deve ...rimontare tutto il vuoto di conoscenza che ha addosso, cioé... non é stato ... non si é mai preoccupato di mettersi all'altezza del padre, di documentarsi, di imparare la tecnica di gestire politica e la cultura dell'economia. Fatto stà che gli si mette subito alle calcagne o meglio lo si mette nelle mani di un Gesuita. Pare 411 che nel XVII secolo i Gesuiti fossero maestri di economia e anche di politica nello stesso tempo, cosa anche questa legata esclusivamente a quel secolo. Oggi non ne conosciamo nessuno in particolare, ci h provato un certo "Marcinkus" Gesiuta, ma ha fatto una figura veramente schifa. Ora questo gesuita che viene messo in scena fa scattare immediatamente la censura, figurati!! Immediatamente si dice a Moliére "Niente, questa commedia non s'ha da fare, non la puoi fare." e allora Moliére che éra un furbo scaltro e soprattutto testardo, pensa di escamotare la situazione mettendo in scena invece che un gesuita un suo amico carissimo; anzi il suo maestro Scapino, che éra l'attore in particolare éra il ruolo dell'attore che recitava tutte le sere, anzi alternativamente alla compagnia di Moliére, nello stesso teatro il tetro di Bourgogne éra il teatro del re e tutte e due avevano, si può dire l'imprimatur della corte. Questo straordinario attore éra in grado di parlare il grammelot, cioé fingeva di parlare francese esprimendo soltanto dei suoni per delle ore, convincendo la gente che stesse veramente parlando francese e riuscendo anche a comunicare senza mai dire parole che fossero veramente francesi. Che cosa pensa Moliére, pensa: "Io becco questo Scapino, mé lo porto in scena, gli faccio fare il maestro del giovane signore, arriverà la Polizia, cercheà di capire quello che lui dice sulla scena, redarrà i verbali, i poliziotti non riusciranno a capire una sola parola, a un certo punto andranno in pallone. 412 PRESENTAZIONE DEL GRAMMELOT LA CADUTA DEL POTERE N O N C ' E ' L A D A T A E arriviamo a Mistero Buffo vero e proprio. Mistero Buffo... io ho sempre la voglia di farvi un pezzo al di fuori di quello che è il programma. Pandolfi, vostro concittadino, grosso partigiano morto qualche anno fa, ha raccolto centinaia di canovacci. C'è un canovaccio che mi ha sempre molto sollecitato l'idea di riprenderlo in grammelot. Il grammelot prima di tutto è una forma di teatro onomatopeica (s'nterrompe)... c'è qualcuno che bussa... la tenda... è rimasto fuori...forse nella gabbia delle scimmie...o delle antilopi. Nel grammelot ogni tanto ci sono parole indicative, ma il capire, individuare il tema è dovuto ad intelligenza e il rapporto che c'è tra il giullare, l'attore, e il pubblico, la fantasia. Ora, fantasia ne avete! Devo dire che la velocità d'antenna che ha il pubblico romano, non sto a blandirvi per carità... è veramente eccezionale! Siete superati dai fiorentini e anche dai napoletani che addirittura ti precedono... si mettono a raccontare loro... e tu SEI FREGATO! Noi lombardi siamo un pò più gniucchi... abbiamo la testa schiacciata... sono stati i Savona che ci hanno... non so se avete mai visto il berretto che avevano nella... éra così (esegue)... schiacciato! Allora, questo pezzo che cos'è "la morte del potere", un grande personaggio che ha dentro l'allegoria di un potere che sta andandosene a rotoli. Molto probabilmente éra stato scritto apposta per ricordare lo sfranamento dei grandi nobili che ormai erano schiacciati dalla borghesia progressista del tempo; è un pezzo legato al 500. I vescovi, cardinali ecc... sono preoccupati di tenere ancora vivo questo potere ma 413 sentono che gli sta sfuggendo... che sta sradicando. C'è una porta, della gente entra, esce, ci sono preti, c'è gente con siringhe, acqua calda, fredda, passa gente che non ha capito bene, che entra a sproposito, lamenti, la vedova che piange... l'altra che ride, quell'altro che viene fuori urlando, le liti tra di loro, lo scannamento... CHI SI PRENDERA' IL POTERE?... come sgraffignarlo, come sostituirsi, il funerale, discussione sui soldi, gli ultimi denari, insomma... LA DEMOCRAZIA CRISTIANA! L'avete capito, no? M'è venuto in mente perché è proprio preciso identico il canovaccio nell'indicazione, uguale preciso a quello che sta succedendo oggi. E' difficile perché il termine è la velocità di queste entrate, uscite... 'sta bolgia! Ad ogni modo a soggetto si fa sempre, spero di fare... di cadere in piedi come è successo ieri. PRESENTAZ. M. B. politici ………Ma la cosa che mi preoccupa davvero, scusate se ve lo dico, e qui vi prego di credere che il mio è un patema terribile, è la condizione particolare in cui si trova il nostro presidente, sono preoccupato, ormai parla solo a ruota libera non lo fermi più. Dice delle cose...io volevo oggi portare il giornale dove dice delle cose sconclusionate senza capo ne’ coda, torna indietro, va avanti, perde i pezzi, ogni tanto fa dei tic terribili... Bisogna aiutarlo, non si può lasciarlo così da solo. Sono preoccupato davvero, già dà le medaglie ai fascisti, e fra poco chiede scusa all'MSI, prima ancora che il giudice abbia dato la sentenza dice che la P2 sono dei patrioti, anzi dovremmo iscriverci tutti alla P2 se no siamo fregati. Ma la cosa che mi preoccupa veramente è quello 414 come ha cominciato con quel povero giornalista della Roiter che aveva detto che l'Italia non aveva grande importanza nel conflitto in quanto aveva partecipato solo collateralmente, e lui s'è risentito e gli ha dato del figlio di p.... poi ci ha ripensato dice "non dico neanche che è un figlio di p....perché per essere un figlio di p. bisognerebbe essere superiore, io andrei ad offendere la professione più antica del mondo, che è appunto il figlio di p.", roba dell'altro mondo... Un presidente che fa tutto un gioco sulle p. le loro origini, la loro storia, ha fatto un saggio sull'origine dei figli di ... e delle p.... nella storia dell'umanità. Ma porca di una miseria. E poi quando ha incominciato ad insultare i giudici, già i giudici è un anno e mezzo che li insulta, ma questi qua attraverso la costituzione hanno stabilito che éra illegale entrare in guerra, si è imbestialito, li ha chiamati vigliacchi, infami, terroristi... gente che ha rischiato di saltare in aria trenta volte, gli hanno fatto anche degli attentati... gli ha dato dei terroristi. Poi dice "troppo comodo sbandierare la costituzione da dietro una scrivania non esposta",... perché ci sono le scrivanie "esposte" e ci sono quelle "non esposte", ci sono quelle che vanno per la strada, avete visto quante scrivanie vanno per la strada, uno pedala con la scrivania...ci sono anche quelle che vanno sulla neve... E poi dice "un conto è parlare dietro una scrivania e un conto è da su una tolda di una nave di battaglia", infatti lui, il presidente parla solo da su la tolda delle navi. Lui ha una tolda costruita al Quirinale, tutta con delle molle e ci sono dietro dei corazzieri che gli danno il colpetto, lui è così... poi ha un ventilatore da cinema, quelli col risucchio BOOAAAAAA in modo che lui 415 sia sempre in disequilibrio come la Nike di Samotracia e ogni tanto c'è un corazziere con un secchio d'acqua che passa e GNACCHETTA... CHE MARE OGGI!!! E lui parla solo da lì. PRESENTAZIONE CON INIZIO GUERRA GOLFO Presentazioni Mistero Buffo NEL MISTERO BUFFO 24.O3.91 ROMA LA GUERRA NEL GOLFO Io speravo veramente che si realizzasse una pace definitiva, invece, ad esempio in IRAQ stanno combattendo ancora, si sparano, c'è gente che crepa, i Curdi stanno scendendo dal nord, stanno occupando una città dietro l'altra, ci sono gli sciiti che salgono invece dal sud, c'è Saddam Husseim, che ha gettato un pò di gas nervino, anche del napal"che gli éra rimasto... che non aveva usato nella guerra contro gli americani, anzi non ha fatto a tempo a tirare fuori neanche un colpo diciamo. D'altra parte certe cose così preziose non si possono buttare via... bisogna pure adoperarle...ed è comprensibile, c'è qualche morto in più... Poi ci sono anche gli sciammanniti,che è un gruppo religioso ed anche etnico particolare, che è del centro dell'IRAQ, strano movimento religioso,che gira con gruppi che hanno un palo della luce molto aguzzo, e vanno gridando "SADDAM HUSSEIM TI VOGLIAMO IN ALTO, SEMPRE PIU' IN ALTO", e via dicendo. Ora, a parte così la tragedia di questa guerra che doveva essere una guerra semplice senza neanche un 416 morto...pare che i morti solo tra i militari siano più di centomila e ci siano una cosa come centomila morti anche fra i civili sempre dalla parte dell'IRAQ... dall'altra parte ce ne sono stati due o tre...uno addirittura per un colpo apoplettico, l'altro perché si è sbagliato, uno si è sparato addosso all'altro. Se non ci fossero stati questi incidenti, non ci sarebbe stato neanche un morto da parte della coalizione. Ecco che dicevo, la cosa veramente grottesca è il crescere ogni giorno delle notizie che ci fanno scoprire quante frottole ci hanno raccontato a proposito di questa guerra. A proposito una delle cose importanti da ricordare è il fatto che questo personaggio di Saddam Husseim, l'abbiamo costruito noi, diciamo noi occidentali, ma anche gli orientali...senza il nostro aiuto sarebbe stato un piccolo delinquente di provincia, un criminale da strapazzo. Invece, grazie prima di tutto alle armi che gli si sono state fornite, voi sapete che tutti hanno concorso a vendere armi, addirittura i russi, i polacchi, perfino la Repubblica di San Marino, oltre che la Svizzera e il Lichtenstein. Fra l'altro la cosa divertente, una delle più belle battute, è quando qualcuno ha tirato fuori l'idea che quello che aveva Saddam Husseim éra il quarto esercito, in scala di valori, del mondo...che è proprio una cosa da scompisciarsi dal ridere, soprattutto quando abbiamo scoperto che, per esempio, i carri armati russi che erano venduti, non erano russi, ma erano cinesi di scarto. Quando in Russia un carro armato viene male si dice "c'è uscito un carro armato cinese", tanto per dirvi le cose. Ma ad ogni modo la cosa incredibile, è che lui Saddam Husseim, deficiente, è lui che si è convinto di 417 avere il quarto esercito del mondo, che lo credessero gli altri éra una bufola, detto da lui...ed è per questo che lo hanno sollecitato, per esempio, a buttarsi, veramente con molto slancio contro... vi ricordate Komeini? Un milione di morti soltanto, c'è stato di passaggio... e questa azione a cui a concorso moltissimo l'America, l'Inghilterra, noi ecc., ha fatto si che poi fosse venuto a richiedere il pagamento dell'obolo di chiusura. Poi questo deficiente, si è permesso anche di occupare il Kuwait come risarcimento dei danni di guerra a lui... giustamente lo abbiamo mazzolato... l'hanno mazzolato, perché bisogna dare le punizioni a questi deficienti. Come deficiente voglio dire è stato allenato a costruire, a realizzare, ordigni bellici: per esempio il gas, lui credeva, proprio un cretino, che i gas da buttare fossero quelli da cucina, che si butta la bombola con scritto "RESPIRATE VICINO PERCHE' ALTRIMENTI SI VOLATILIZZA". Invece i tedeschi dell'est e dell'ovest, che fra l'altro si sono ritrovati per la prima volta, dopo anni e anni proprio a Bagdad, per aiutarlo a costruire i gas, ché loro hanno una grande tradizione, e gli hanno insegnato, con molta fatica,... vi dirò che questo incontro ha fatto sì che ci pensasse: "senti, lavoriamo così bene insieme, perché non facciamo un'unificazione totale delle due germanie", e così è avvenuto... questa guerra così è servita a qualche cosa. Voglio ricordarvi che la fatica che hanno dovuto realizzare per portare a termine questa bomba, ché lui non capiva proprio niente, sempre con questo basco da deficiente in testa..."stai attento, non vedi che ti insegnamo...dunque: c'è un catalizzatore, poi c'è un gas inerte, un'altro gas inerte. 418 Solo se unite col catalizzatore funzionano. Vuoi provarlo?... Va bene dimmi su che cosa li buttiamo, su chi, i Curdi?" "Si! i Curdi vanno sempre bene, tanto li ammazzi e nessuno dice niente...al massimo l'ONU fa un rutto di indignazione, non più di così" "Attenzione il Curdo è là, lo vedi? Buttiamo la prima bomba... ecco il gas che esce, non fa niente perché è inerte, ne buttiamo una seconda, non fa niente perché è inerte, STAI ATTENTO! SADDAM!" "A chi???" "Là, adesso ci buttiamo il catalizzatore ...PUM!...guarda, guarda come fa il Curdo, lo vedi? Non è un ballo regionale, è che è un pò ubriaco. Adesso attento alla testina... TON! E' morto! Hai visto? IMPARA!!!" E così ha imparato. Ma a proposito di frottole straordinarie... quella, un pò criminale, è stata quella che ci ha ammannito addirittura Bush in persona, e io l'ho bevuta, perché non pensavo che Bush fosse una persona così screditata da arrivare a dire una balla di questo genere. Si tratta, e l'avrete sentita anche voi, spero, immagino che anche voi ci siate cascati, come d'altra parte ci sono cascati la bellezza del 75% degli americani, sul fatto che bisognava per forza condurre questa guerra, e subito, non si poteva aspettare un anno, perché entro un anno certamente questo Saddam Hussein sarebbe riuscito a farsi la bomba atomica...e allora sarebbero stati guai terribili. Ebbene, quando qualche giorno fa,il giornale più importante di New York, il "Times", ha realizzato un servizio di inchiesta, e ha interrogato Scianagh, l'ultimo padre della bomba atomica, e gli hanno chiesto "senta, cosa ne dice di questo fatto, del pericolo che c'éra,che Saddam Husseim avrebbe potuto costruirsi la bomba atomica?" "Ah si???" 419 (ride), si è messo a ridere che è stato male e poi ha fatto l'esempio "è come pretendere di pensare che fra un anno gli aborigeni dell'Australia avessero la possibilità di costruirsi il computer M 45 più sofisticato con le conchiglie, i sassolini e il fil di ferro (risata). E questi coglioni degli americani l'hanno bevuta (risata)". E' stato male e l'hanno portato all'ospedale. E dico la verità, mi vergogno, anch'io l'ho bevuta; ma ad ogni modo... a proposito degli americani ... pensate che è una cosa straordinaria, dopo questo discorso di Bush, che aveva una adesione alla guerra soltanto del 55%, non importante, l'adesione alla guerra è stata del 90%. Questo vi dice l'importanza delle frottole, quando sono giocate bene. Ma la più criminale di tutte, devo ammettere, è stata senz'altro la frottola del cormorano; tutti quanti ci siamo veramente rintristiti e appassionati a questo. Io veramente ho avuto un angoscia tremenda quando abbiamo visto questo povero cormorano, ve lo ricordate, lì sulla spiaggia, con il petrolio buttato fuori da questi bastardi di iracheni ... arrivava quest'onda questo BLOOB BLOOB, veniva fuori con un occhio tappato, faceva appena appena a respirare che BLOOOB, un'altra onda di un mare schifoso... che io veramente ho detto "Ma che criminali bastardi!", e tutti quanti ce la siamo presa. E' una balla! E' una frottola gigantesca! E tutti gli scienziati legati all'ornitologia, di tutto il mondo, si sono indignati, i francesi in particolare su "Le Monde" hanno pubblicato un articolo dicendo "è una fandonia che non accettiamo", perché? Perché il cormorano, il baby cormorano, in quel periodo, gennaio, quando è stata effettuata la ripresa, non ne esiste uno ch'è uno: se ne sono 420 andati già in settembre!!! E ritornano in maggio.E figurati col casino che c'è stato lì ... se ritornano, non ritornano più!!! E allora sto' pellegrino di cormorano DOVE L'HANNO PRESOOO! E' un cormorano ch'è rimasto fuori di orario di partenza?? "Scusi avete visto dei cormorani... ché io devo partire, e ho perduto la partenza???". NO, NO, NO, non esiste!! Allora ve la racconto, e vi dico che cosa è successo, non vi racconto delle frottole a mia volta, per carità. E' successo che quando c'è stata la sparata fuori di petrolio nel nord del Kuwait, vi ricordate, c'è stato lo scandalo, si parlava addirittura di un milione e mezzo di barili di petrolio. In verità, poi l'abbiamo saputo sempre dal "New York Times", che l'uscita è di centocinquantamila barili... è già una bella differenza... ad ogni modo è sempre una schifezza nel mare. D'accordo, ma éra là nel nord, a trecentocinquanta miglia da Riad, cioè dalla costa più prossima. TRECENTOCINQUANTA MIGLIA! Vi immaginate questi qua con le macchine da presa, su un gommone , che fanno trecentocinquanta miglia, che ci vogliono tre giorni per arrivarci, e quando sono là con gli iracheni che dicono "finalmente possiamo abbattere un mezzo straniero" PUM PUM sul gommone, e loro "FERMIII! Dobbiamo riprendere solo il cormoranoooo!!" "Ma non c'è il cormoranoooo!" "Ah, si? Peccato!". No, non sono così imbecilli, non sono partiti col gommone e neanche con un mezzo per andar lassù in mezzo agli iracheni, tutt'altro. E che cosa hanno combinato? AH! AH! Hanno buttato un bidone, è il caso di dire un barile, di petrolio lì a Riad, sulla spiaggia, come fosse a Cesenatico BLOOOOB! Tanto schifezza di mare per 421 schifezza di mare... chi se ne frega! Poi hanno cercato il cormorano. Non c'éra! Non trovavano un cormorano! Allora sono andati allo zoo, e lì anche i cormorani che c'erano erano scappati, e hanno trovato un Mabibu, che non è della classe dei cormorani, no, è un uccello trampoliere fra l'altro, che vive esclusivamente nell'Asia Minore, e in particolare negli acquitrini paludosi di acqua dolce. Quando sono andati "scusi le spiace venire al posto del cormorano?" "Ma no! Ma io che c'entro!Io odio il mare", "Venga per favore..." E siccome questo animale ha degli strani pennacchi qui in testa, glieli hanno tagliati all'umberta. Avete notato che quel cormorano aveva i capelli all'umberta! E poi l'hanno pucciato dentro "scusi...chiuda la bocca PIU'PIU'PIU', sorrida... UNO DUE TRE ... ci basta, grazie, vada pure BLOBLOBLOBLO". E noi tutti ci siamo commossi a questa malandrinata che è successa. Però una delle cose che abbiamo saputo, che veramente ci hanno sconvolto un pò tutti, è stata quella dichiarazione, vi ricordate, di Scwarz Scoop, il generale abbondante, uno dei più grandi generali del mondo, nel senso di dimensioni, due metri e dieci di altezza senza tacchi, un quintale e dieci chili senza l'osso, quello che veniva sempre, simpatico con quella faccia rubizza, che a mé tutte le volte mi veniva voglia di chiedergli "mi dia quattro etti di filetto, un ossobuco e un pò di carne per il gatto", simpatico... A un certo punto ci è mancato, a mé manca proprio, è un vuoto che ho familiare quasi... Ebbene, una volta, la quarta volta, è arrivato e, invece di essere così vivace éra un pò perplesso e abbacchiato perché, vi ricordate, aveva 422 dichiarato con molta onestà che le rampe dei missili che sparavano appunto gli scout, sparivano e andavano e non si capiva come. Loro ne buttavano giù uno e dopo un pò TRAC...ne spuntava un altro, e non trovavano luoghi da dove potessero uscire e così i carri armati. Carri armati che uscivano non si sa da dove, ne spaccavano due o tre, poi TACCHETE li ritrovavano lì arrivati dal nulla. A un certo punto hanno avuto il sospetto, lui l'ha detto, che si trattasse di falsi carri armati, si sagome di carri armati in vetro resina... E chi li ha fabbricati questi carri armati?? (risata) NOI! Guardate che siamo dei geni veramente, siamo dei geni!! E quando si è saputo a Torino che il comune ha permesso di fabbricare un monumento al costruttore primo di questi in vetro resina, proprio per ricordare la straordinaria forza... c'erano tutte le televisioni del mondo a interpellarlo, è incredibile! Erano lì con i microfoni e gli han chiesto "Scusi, come fate a costruire questo carro armato così leggero?" e ha fatto vedere, si vedeva benissimo nelle riprese, "ecco , vedete questi fogli, sono sagomati naturalmente, intanto così ci sta' dentro un carro armato, in un tir ci stanno quaranta carri armati uno vicino all'altro, ed è semplicissimo, si mettono insieme, c'è un deplian, si montano, è semplicissimo montarli, tant'è che gli iracheni si sono divertiti un mondo, anzi si sono divertiti... da morire. GUERRA NEL GOLFO ( ROMA 23.O3.91: guerra nel golfo) c'è un deplian che si allega R con R, B con B, R con B e in un attimo si costruisce il carro armato. Gli iracheni si divertivano... da morire proprio!... BRAVI! Questa è una 423 battuta di sondaggio... quel gruppo lì l'ha capita, un'altro ha domandato "che cosa ha detto?!" "Come da morire? Ah! Da morire... AH AH AH". Per esempio tre sere fa nessuno ha riso. Certe sere ti arrivano dei pubblici, non so, si mettono d'accordo! "Andiamo stassera a teatro AH AH AH AH! Lo facciamo impazzire DAI DAI DAI DAI! GUAI A CHI RIDE! GUAI A CHI CAPISCE UNA BATTUTA AH AH AHA"... e si divertono prima si scaricano, si raccontano storielle e poi vengono qui TRISTI... una signora dopo un pò di "ma quando comincia lo spettacolo"... dopo quaranta minuti che parlavo! E un'altra dice "quando arrivano gli artisti?"... sono uscito e ho pianto per un quarto d'ora!) ROMA 24.03.91 GUERRA DEL GOLFO Poi ad un certo punto ne hanno venduti duecento, si sono stancati e gli hanno mandato le forme e se li sono fatti loro ancora un seicento-settecento dei carri armati che sostituivano. Ma il cronista della seconda rete chiedeva con insistenza "Ma come fate a muoverli, sono leggeri sì, ma come fate, non hanno neanche le ruote, non hanno niente?" "Basta una corda. Guardi si lega qua, uno si mette in una buca e poi tira il carro armato che viene avanti" "Sì, ma il calore, voi sapete che gli attrezzi di rilevamento che ci sono negli aerei americani, se non rilevano il calore non sparano, anzi danno segnale negativo e l'aereo se ne va via" "Noi ci mettiamo una stufetta a serpentina, loro lo sentono e dicono ah ah c'è il calore e sono felici" "Ma dico, e l'altro, il rumore?" "Cingoli! Una cassetta con registrazione di cingoli BLUUBLUBLU". Ma come si può pensare che queste macchine si siano lasciate imbrogliare da mezzi così 424 semplici... avete visto che razza di macchinario hanno dentro: in un cruscotto di questi aerei caccia bombardieri c'è una specie di schermo, si vedono tutti i disegnini che si muovono e il pilota non stà neanche a guardare tra i vetri dal di là, ma guarda direttamente il cruscotto e vede meglio tutto. C'è una voce che gli dà tutti gli elementi, gli dice:"vai,vai , stai tranquillo, ecco, ecco, prendi quota, fino a trentacinque abbassa dodici, ecco rileva, rileva, rileva, la velocità va bene così come va, ecco stai bene, la tua mamma ho saputo che sta tanto bene, vai vai". C'è pure una manina che viene su e gli dà degli schiaffeti e gli gira un pò l'orecchio se gli fa piacere... Poi ad un certo punto si vede l'immagine assonometrica addirittura di carri armati, delle costruzioni, di quello da colpire, danno il peso... ecco qui un carro armato c'è, c'è, c'è, eccolo l'ho preso, guarda che c'è, dai adesso SCHIACCIA ci sei, sei puntato SCHIACCIA TI DICO! Se uno è un pò distratto gli prende la mano PUMPUMPUM e lo schiaccia, parte un razzo tremendo che ha anche una video camera in testa, tutto intelligente, riprende quota, risale e ha anche una canzoncina "IRACHENO BRUTTO SCEMO IO TI FREGO, IO TI FREGO" PUMPUMPAK, scoppia per aria, l'aereo riparte, c'è una risata registrata IIIHAAAA AHA AHA e suona la valchiria. Però ci sono stati gli inglesi, che sono tremendi, certe volte ci fregano, hanno fregato i torinesi anche, perché hanno realizzato addirittura un carro armato di gomma. E' una specie di polpettone... in una valigetta così c'è il carro armato... prende la sua valigetta, attaccato fuori dalla valigetta c'è una pompa di quelle a pedale e a mano...si mette 425 giù così, viene fuori il carro armato PLUMPLUMPLUM viene fuori il carro armato coi cingoli, la torretta, i cannoni, ch'è il punto più delicato, che se non si pompa con molta forza il cannone rimane moscio così... e il pilota se ne accorge...quando arriva l'aereo PEMPEMPEM TUNTUNTUN dritto come un cannone, appunto, ed ecco che PRAAAPUUM. E lì c'è il commento di un pilota inglese che è veramente divertente, dice: " è strano come si comportino questi nuovi carri armati iracheni, perché non esplodono, non deflagrano come gli altri russi cinesi. Non so di che marca siano, che nazione glieli abbia procurati, perché come li becchi saltellano qua e là nel deserto TUM PIM TUM PIM ed emettono uno strano sibilo IHIIIIIIIIII e scompaiono nel nulla. GUERRA NEL GOLFO (ROMA 12.03.91: E' strano come si comportino certi carri armati iracheni: non esplodono come gli altri, saltellano qua e là nel deserto TUM TUM TUM ed emettono uno strano sibilo... poi scompaiono nel nulla. PROPRIO UNA STRANA GUERRA! Un'altra cosa grottesca è stata quella dei preservativi. C'éra il problema di preservare le canne delle mitragliatrici, dei fucili, delle pistole... perché se si riempiva di sabbia l'interno, c'éra il pericolo che scoppiassero... SPARI... E' PIENO DI SABBIA... DEFLAGRA... SI SCALDA VELOCISSIMO... e allora su ogni mezzo da tiro di infilava un preservativo... ed éra strano! Ho visto due o tre fotografie che hanno fatto vedere i francesi di questi qui col preservativo dietro attaccato anche su mitragliere da venti millimetri... un preservativo... sui 426 cannoni non so che preservativo mettessero. Ma io mi immagino i primi iracheni che si sono presi i colpi di proiettili da questi qua che non stavano a smontarlo THO... UN PROIETTILE CON IL PRESERVATIVO! Va bene che sono preud gli americani ma questo è da igienisti esagerati!) ROMA 24.03.91 Ma la cosa folle di questa guerra, come dicono i francesi è veramente una "trolle de guerre", è veramente buffa, grottesca... in fondo è l'uso delle galline...ah! Questa è una cosa tremenda! Hanno usato le galline in guerra...è la prima volta che le vedi combattenti, forse le superstiti di questa guerra riceveranno una croce particolare di gladio; quelle che rimangono vive le vedremo sfilare a Taranto, tutti in piedi noi staremo a salutare e ci saranno anche i presidenti vari che le baceranno. La cosa è questa, l'avrete vista sui giornali, il corriere della sera ad esempio, sulla repubblica, non vi racconto storie: ci sono alcuni marines con una gallina bianca in mano, fra l'altro solo galline italiane, ecco perché dicevo che le croci di guerra vengono tutte dall'Italia, hanno svuotato interamente le nostre aziende gallinifere, le batterie intiere anche centomila per volta.Ad ogni modo per spiegarvi ciò che succede... si vede questa gallina in braccio al marines americano col suo elmo, vi ricordate con la rete ecc.., una cappa di dietro, due occhiali uno per vedere con il sole e il vento, l'altro per vedere di notte con gli infrarossi, una lampadina che si gira automaticamente e scruta l'orizzonte, poi c'è un'altra macchina, qui c'è un tubo che ha dentro la maschera antigas, qui c'è uno scroto che esce macchinamente, qui sul sedere ha dentro una cassetta che si 427 trasporta e viene avanti da sola e permette di vedere al di là delle dune, poi c'è una bombola di ossigeno qui, c'è la riserva d'acqua il metano di dietro, il petrolio... e anche una sigaretta già accesa nel caso uno voglia fumare. La gallina qua ha un pistolone tremendo di M 45 che è un fucile veramente bastardo che tira dei proiettili così, che esplodono e fanno raggi, insomma ha tutto e la gallina però non la molla...l'unica cosa umana è la gallina che ha con sè. Ecco la gallina, perché si tiene la gallina così...per scaramanzia? No! Perché la gallina ha una proprietà straordinaria, ha un istinto, cioè ha la possibilità di sentire da lontano, lontanissimo anche una bava di gas nervino... se un bastardo tirava TAC così, la gallina WAW WAW WAW, fa un baccano d'inferno, starnazza, fa uova a grappole e scagazza, scusate il termine non ce nè un altro, in tutte le direzione anche nelle orecchie che non ha. Ora la cosa fa scattare subito l'intelligenza e la percezione del marines, il quale fra un passo e l'altro... dice AH! IL GAS! PIUM, schiaccia un bottone,gli parte subito la maschera già aperta che gli si incolla sul viso. Naturalmente la gallina... muore, mica si può dare la maschera alla gallina. Le galline sono come i palestinesi...niente maschere. Guardate se dico di no s'è già staccata,... ha sentito palestinesi A NO! QUESTO NON LO DOVEVI DIRE! Come c'è stata una signora che ho sentito perché ho un orecchio tremendo...A NO! COSA C'ENTRANO I PALESTINESI CON LE GALLINE! Ora il discorso è questo che queste galline non servono soltanto per indicare la bava appunto di gas nervino, ma servono per disinnescare le bombe.Voi sapete che le mine che sono state 428 vendute a Saddam Husseim da tutti quanti i popoli della terra, ebbene sono nel numero di diciotto milioni di unità di mine,...c'è questo deserto del Kuwait che è tempestato di mine, è incredibile, non si può andare in giro. Se uno fuori dall'autostrada gli vola via un pacchetto non può andare a toccarlo perché si salta per aria. Ora per disinnescarle l'appalto è stato dato ai francesi; avrete visto qualche immagine televisiva: loro hanno una specie di cannone che spara nel deserto appunto una catena lunghissima con un rostro finale, poi c'è un braccio meccanico che prende dall'altro lato la catena e comincia a scuoterla dando ribattoni terribili, un fracasso...col fracasso tutte le mine inglesi , francesi, russe polacche, svizzere ecc... PIM PAM PIM PAM saltano per aria che sembra proprio Piedigrotta PIM PIUM PIM PUM, una cosa veramente festosa.Tutte, vi dico tutte scoppiano... salvo le nostre, le italiane, le valsella. Nove milioni gliene abbiamo vendute, nove milioni di mine VALSELLA: 50% di partecipazione Fiat. Perché? Perché noi abbiamo bombe INTELLIGENTI, e non così triviali. Loro quando si scuote, si fa casino loro GNIACCHETE, ferme rimangono, anzi c'è una manina che viene fuori e fa così... Perché? Perché le nostre bombe, le nostre mine saltano per aria soltanto a pressione del piede umano, sono a misura d'uomo, non per niente noi abbiamo creato l'umanesimo. L'uomo per noi è al primo posto e bisogna cominciare a dire che bisogna che ci rispettino perché è vero che noi in questa guerra non abbiamo dato tanto materiale umano ma abbiamo concorso con materiale meccanico e partecipazione straordinaria come nessun popolo al mondo, 429 la nostra parte tecnica è stata veramente incredibile. Devono piantarla anche di sfottere e di prendere in giro anche i nostri ministri quando ci si riunisce al banco, meglio dire al tavolo, per dividere le situazioni di vantaggio di questa guerra. Devono piantarla! C'è quel nostro ministro De Michelis che tutte le volte che arriva PAAM una porta in faccia, che ha un faccione così e ha dovuto dipingersi gli occhiali sulla faccia per quanti ne ha rotti. E' veramente brutto con quella testa , con quei capelli impataccati di catrame schifoso , CHE E' LUI ... IL CORMORANO! E' LUI! Un cormorano ripieno! Non vi dico di che cosa... Prima devo raccontarvi come le galline vengono impiegate perché col loro ticchettio hanno lo stesso valore della pressione di un piede, cioè buttano le galline e appena quelle cercano da mangiare basta...TITATATAM scoppia! Ma per invogliarle naturalmente a becchettare bisogna mettere il becchime. Quindi c'è un elicottero apposito che versa e distribuisce il becchime. Una scia straordinaria! Questo avveniva già nei primi tempi quando dovevano formare delle strade per poter entrare coi carri armati e c'erano ancora gli iracheni nelle loro buche in trincea...loro passavano con queste becchinate tremende, con queste scie WWAAAAA e lì gli iracheni che stavano nelle buche hanno cominciato ad andare in crisi " ma come! Ci buttano il becchime?! Va bene sfotterci ma questo è un pò pesante... abbiamo fame ma non esageriamo!". Poi quando c'è il becchime ecco che arriva la gallineria, cioè tutte queste galline ammassate dentro questi elicotteri speciale che si chiamano " apache vallespluga", che arrivano e WWAAAOOO e buttano giù galline si apre la pancia di 430 questi elicotteri, piovono galline a centinaia, decine di migliaia, sono affamate, da cinque o sei giorni che non mangiano, proprio a livello iracheno e cominciano TI TO’ TI TO’ TO’ PIIM PAAM PIIM PAAM PEEM PEEM ed è stata la prima volta che gli iracheni hanno avuto il loro pasto caldo, un pò bruciacchiato ma... Tutte le volte che io mi ritrovo ad avere davanti una tragedia come è stata quella della guerra, di istinto vado a vedere cosa hanno scritto di situazioni analoghe gli antichi, e mi è capitato quest'anno di trovare oltre che forse il più geniale è Aristofane. Aristofane aveva scritto la bellezza di quattro opere sulla guerra in particolare "La Pace", magnifica, e cosa ho ritrovato?... le cose di cui non m'ero accorto quando lo avevo letto prima.I discorsi che fanno questi uomini politici che cercano di coinvolgere Atene nella guerra che è già iniziata ad opera di Sparta, sono gli stessi, identici discorsi che abbiamo sentito fare dai nostri politici "la pace è una cosa sacra e non bisognerebbe mai violarla, ma in questo momento noi dobbiamo rompere ogni indugio e unirci ai nostri alleati perché altrimenti facciamo la figura dei soliti vigliacchi , femminucce, non abbiamo dignità, bisogna diventare virili ecc.". Tutti i discorsi, anche i luoghi comuni, soltanto che nella "La pace" di Aristofane c'è una personaggio che a un certo punto urla "MI AVETE COMMOSSO! SIETE ARRUOLATI TUTTI! e loro, questi politici, uno muore sul colpo, l'altro ha un coccolone e rimane con la paralisi eterna, l'altro se la fa addosso due scappano e tre svengono sul momento. Pensate come sarebbe stato bello poter fare lo stesso coi nostri uomini politici cioè alzarsi e poter dire "Vi 431 arruoliamo", per esempio Spadolini arruolato nei mezzi da sbarco anfibi, lui proprio un mezzo da sbarco, sdraiato, i marines sopra con la pagaia che vanno nel golfo... oppure Giuliano Ferrara mezzo cingolato con sta' pancia BOLUBLUBLU, con le bretelle da lancio TOCCHETA per lanciare bombe, oppure Forlani, già mimetizzato colore neutro paglierino color sabbia e sempre giallino tale che nudo nel deserto non lo vedi più. FORLANI??? Non c'è! Poi Craxi non c'è bisogno neanche di mettergli un elmetto basta fargli una riga qua e lui è già corazzato. Poi, mezzo terroristico di persuasione occulta, Giulio Andreotti, basta sollevarlo da una duna IIIHAAAA, tutti si arrendono. Fra l'altro avete saputo che Andreotti stava per partire la sera del bombardamento? Il giorno in cui hanno bombardato Bagdad lui alle cinque, prima non si sapeva ancora che ci sarebbe stato questo bombardamento, lui éra stato incaricato da tutti i ministri degli esteri europei e naturalmente anche dai presidenti di tentare l'ultima chance, cioè di recarsi da Saddam Husseim e di convincerlo a nome dell'Europa ecc... e l'ha dichiarato lui stesso. Alle sei éra a Ciampino con un aereo speciale che doveva partire soltanto che gli hanno detto "fermi un attimo c'è un piccolo guasto, un' inezia , è un bullone con vite particolare che si ammollato e non troviamo come sostituirlo immediatamente ma adesso lo mandiamo a prendere, tempo due o tre ore ci siamo." All'una è pronto per partire, lo vengono ad avvertire "no, onorevole, non si può partire perché Bagdad è sotto il bombardamento ventimila tonnellate di bombe che stanno buttando gli americani".Per un bullone, che se non ci fosse stato quel 432 bullone lui éra LA', a BAGDAD, con queste bombe che arrivavano, non ce lo avrebbero restituito più; pensate a che cosa è legata la storia di un popolo, a un bullone, siamo scarognati sapete...una scarogna tremenda!! Ma la cosa che mi preoccupa davvero, scusate se ve lo dico,e qui vi prego di credere che il mio è un patema terribile, è la condizione particolare in cui si trova il nostro presidente, sono preoccupato, ormai parla solo a ruota libera non lo fermi più. Dice delle cose...io volevo oggi portare il giornale dove dice delle cose sconclusionate senza capo nè coda, torna indietro, va avanti, perde i pezzi, ogni tanto fa dei tic terribili... Bisogna aiutarlo, non si può lasciarlo così da solo. Sono preoccupato davvero, già dà le medaglie ai fascisti, e fra poco chiede scusa all'MSI, prima ancora che il giudice abbia dato la sentenza dice che la P2 sono dei patrioti, anzi dovremmo iscriverci tutti alla P2 se no siamo fregati. Ma la cosa che mi preoccupa veramente è quello come ha cominciato con quel povero giornalista della Roiter che aveva detto che l'Italia non aveva grande importanza nel conflitto in quanto aveva partecipato solo collateralmente, e lui s'è risentito e gli ha dato del figlio di p.... poi ci ha ripensato dice "non dico neanche che è un figlio di p....perché per essere un figlio di p. bisognerebbe essere superiore, io andrei ad offendere la professione più antica del mondo, che è appunto il figlio di p.", roba dell'altro mondo... Un presidente che fa tutto un gioco sulle p. le loro origini, la loro storia, ha fatto un saggio sull'origine dei figli di ... e delle p.... nella storia dell'umanità. Ma porca di una miseria. E poi quando ha incominciato ad insultare i giudici, 433 già i giudici è un anno e mezzo che li insulta, ma questi qua attraverso la costituzione hanno stabilito che éra illegale entrare in guerra, si è imbestialito, li ha chiamati vigliacchi, infami, terroristi... gente che ha rischiato di saltare in aria trenta volte, gli hanno fatto anche degli attentati... gli ha dato dei terroristi. Poi dice "troppo comodo sbandierare la costituzione da dietro una scrivania non esposta",... perché ci sono le scrivanie "esposte" e ci sono quelle "non esposte", ci sono quelle che vanno per la strada, avete visto quante scrivanie vanno per la strada, uno pedala con la scrivania...ci sono anche quelle che vanno sulla neve... E poi dice "un conto è parlare dietro una scrivania e un conto è da su una tolda di una nave di battaglia", infatti lui, il presidente parla solo da su la tolda delle navi. Lui ha una tolda costruita al quirinale, tutta con delle molle e ci sono dietro dei corazzieri che gli danno il colpetto, lui è così... poi ha un ventilatore da cinema, quelli col risucchio BOOAAAAAA in modo che lui sia sempre in disequilibrio come la niche di Sabotracia e ogni tanto c'è un corazziere con un secchio d'acqua che passa e GNACCHETTA... CHE MARE OGGI!!! E lui parla solo da lì. MILANO 20.O1.91 LA GUERRA NEL GOLFO Io sono felicissimo che questo teatro sia così saturo, esaurito di persone, in quanto sentivo proprio oggi in televisione un'inchiesta sui teatri in Italia durante la quale si diceva che i teatri in questo periodo hanno avuto un crollo sul piano della presenza di pubblico perché qualcuno si sente a disagio,qualcuno teme incidenti... ma il fatto che voi siate qua mi riempie di soddisfazione anche se nello stesso tempo 434 sono angosciato come voi per la paura che questa guerra si stia allargando.Ci sono state persone che si sono risentite per il prologo che io in questo periodo faccio, legato all'attualità, anche perché l'attualità è il fondamento principale del nostro teatro; da sempre il nostro obiettivo è di inserire quello che è la cronaca nel teatro e meno male che oggi possiamo parlarne liberamente. C'è stato un tempo che il parlare a soggetto ci éra impedito, addirittura abbiamo avuto denunce... c'éra il questore o il commissario che stava in quinta per verificare che quello che dicevamo corrispondesse al testo che aveva l'imprimato di Andreotti allora, che éra ministro dello spettacolo... e che verificava se eravamo apposto, se avevamo proprio il timbro. Noi abbiamo avuto una cosa come 40 denunce per gli svicolamenti e quando uno éra risentito per quello che si diceva non stava neanche a rimbeccarti direttamente, telefonava alla questura , arrivava immediatamente il commissario di turno, o se éra in sala, saliva sul palcoscenico a verificare col copione. Ora siamo arrivati ad un clima straordinario però, a proposito della guerra e se éra proprio necessario entrarci a piedi giunti, il presidente della repubblica Cossiga è intervenuto l'altro giorno dicendo che è ora che noi si diventi adulti... in poche parole nel nostro paese si può polemizzare, dibattere però una volta che il governo ha deciso di intervenire SILENZIO, NESSUNO ROMPA PIU' LE SCATOLE, LASCIATECI LAVORARE! Credo che sia proprio il contrario di quello che è la democrazia, il parlare sempre e il ribadire le proprie opinioni credo sia il minimo.D'altra parte, e anche Andreotti l'ha detto questa 435 mattina, "E' ARRIVATO IL MOMENTO DI ... TACERE E BASTA NON ROMPETECI LE SCATOLE!".E' da un pò di tempo devo dire che succedono delle cose... per quanto riguarda il nostro presidente della repubblica, lo sottolineano tutti i giornali devo dire, anche Montanelli, che addirittura è arrivato a dire che ha bisogno di uno psichiatra... io non sono d'accordo, dico che è dovuto al nervosismo come quando ha incominciato ad insultare i giornalisti i giudici dicendo che erano dei venduti, dei bottegai, dei giornalisti ha detto delle cose ignobili, che sono degli infami... Ad ogni modo il fatto particolare è incominciato quando gli è sfuggito " PER L'ITALIA SI PUO' ANCHE MORIRE"... che a mé è venuto subito un brivido lungo la schiena, mi è venuto subito in mente quando da ragazzino mi insegnavano " CHI PER LA PATRIA MUOR VISSUTO E' ASSAI" tarappappappete... D'altra parte è la stessa frase lanciata da Frankestain, voi sapete chi è Frankestain ... Saddam Hussein è veramente il classico Frankestain, che non è nato così da solo ma è stato inventato da noi NOI LO ABBIAMO CREATO! Io mi ricordo gli applausi quando è partito contro Komeini... FANATICI!! Invece lui aveva i piedi in terra... quando ha detto tre giorni e Komeini è fottuto ARMI! Gli abbiamo dato le armi noi! Lo abbiamo allenato noi, gli abbiamo insegnato come si fa la guerra... NOVE anni è durato e adesso dimostra che ci sa fare. Lo diceva oggi quel generale di cui i storpio sempre il nome, diceva "ma scherziamo, non abbiamo mica a che fare con un cretino... nove anni che... l'abbiamo allenato noi, AVRA' IMPARATO QUALCOSA!! Per forza non ha tirato fuori ancora le armi , perché diceva ma perché non 436 intervenite, perché non lanciate nel deserto i vostri marines e la facciamo finita. La borsa aveva avuto una euforia incredibile, eravamo arrivati a guadagnare quattro punti, cinque punti... e adesso cosa aspettate, dice, NON SONO MICA IL GENERALE KUSTER IO, io fin quando non li ho spianati, ammorbiditi"... non si dice massacrati, si dice ammorbiditi ... guardate che il lessico di guerra è straordinario. A parte che non si dice "andare il guerra" ma "compiere un'operazione di polizia", ce l'ha insegnato Andreotti. La mia preoccupazione è questo atteggiamento che hanno quasi tutti i giornali "chi non è per la guerra è una femminuccia, un disfattista, in fondo un mammone uno che fondamentalmente è VILE! Insomma un uomo vero, coi muscoli , col coraggio è subito per la guerra... interviene per l'onore, per l'orgoglio di una nazione che non può sempre rimanere assente davanti ai fatti". Quello che è successo esattamente a Kabul quando ad un certo punto i russi sono entrati con le truppe e l'ONU aveva detto alla stessa maniera BISOGNA INTERVENIRE! NOI ITALIANI SIAMO INTERVENUTI! E subito Andreotti dice "BISOGNA PARTIRE" manco una piega!! Così ad esempio per il fatto della Palestina... gli interventi dell'ONU per far rispettare le leggi internazionali e la libertà e la dignità di un popolo riguardo la Palestina sono la bellezza di diciotto! Ma neanche han fatto UH UH neanche! E quando questo frankestain ha ammazzato cinquemila persone in venticinque minuti, cioè le ha asfissiate col nirvino, donne, bambini, BRACCHETA! C'è stato l'ONU che ha detto... EH 437 NO! EH NO! E tutti noi abbiamo detto bisogna partire bisogna bloccarlo... NIENTE! Questa è una guerra per il petrolio, lo abbiamo visto nel gioco del salire delle azioni riguardo a quella situazione... stiamo combattendo per il problema del prezzo, dell'interesse, del vantaggio e via dicendo e a dimostrazione c'è un fatto di cronaca: la televisione ha fatto un inchiesta sul fatto che la gente non gira più con tanto entusiasmo per le balere, per i night, per i luoghi di divertimento e veniva mostrata una balera moderna completamente vuota e il padrone diceva " la gente non ha voglia, non viene a ballare e a divertirsi... ce n'erano quattro li ho fatti entrare gratis ma non avevano voglia" e lei cosa dice "E' UNA GUERRA SCHIFOSA". C'è un'altra cosa che mi ha angosciato a proposito del valore di certe frasi, io a malapene ne parlo perché ci sono di mezzo due piloti che fra l'altro sono di una compagnia di cui ho visto alcune esibizioni e sono tra i più preparati tecnicamente a livello mondiale, tant'è vero che hanno battuto in sfide sull'abilità di colpire un bersaglio, volo in quota ecc... anche gli americani e perfino gli isdraeliani. Il presidente della repubblica ha detto "buon viaggio, buon lavoro, fatevi onore" GGGNNNACCC, la sfiga fino in fondo. Scusate, forse qualcuno di voi dirà che sono cattivo, ma io temo che QUELLO LI", non bisogna neanche nominarlo... MENAGRAMO!!! Ha detto siamo adulti ... POMPETA! Che quello parte ... "il carrello!!! Porco cane!"... e in volo subito turbolenza atmosferica... ci sono mille e cinquecento aerei fra inglesi e americani che volano tranquilli NO! c'è 438 una nube schifosa con scritto PRESIDENT! Le "vacche" si chiamano, questi aerei che contengono benzina in quantità e che tranquillamente con una pompa che va a finire nel serbatoio dell'aereo... l'aereo va, ritorna indietro, gli danno ancora un pò di benzina... OH! la prima volta nella storia che si spacca tutto TUM BOOORLOCHE, uno solo che prende e poi non torna OHHH! Io non dico più niente, ma non lo nomino più! E imparate a farlo anche voi! PRATO 25. 5 91 SITUAZIONE DI GOVERNO Lo spettacolo è Mistero Buffo un genere di rappresentazione che viene dal medioevo, "mistero" significa rappresentazione, sacra in particolare e "buffo" significa grottesco, è chiaro da sé solo. Prima di entrare in merito al Mistero Buffo vero e proprio io, come facevano del resto i giullari che lo rappresentavano, prendo il pretesto per parlare della situazione che viviamo, anche per introdurlo su un livello non distaccato nel tempo ma che sia attuale, legato ai nostri tempi. Una delle osservazioni che devo fare subito è una delle più belle battute che ho sentito nei tempi, credo che è da eleggere la più importante in questo secolo quasi... a proposito della situazione del governo. Avete visto che questo governo è stato una delle più grosse beffe mai viste, e l'unica situazione di ricambio, invece delle riforme, hanno cambiato l'assetto strutturale, cioè i repubblicani sono stati messi da parte e da chiunque partito è diventato quadrupede come ha detto qualcuno. Ora questo governo nato con questo scarto ha determinato una frase veramente straordinaria da parte del responsabile del partito repubblicano La Malfa, il quale ha già un padre La Malfa... UGO! Questo La Malfa ha 439 dimostrato di essere l'uomo più candido che esista in Europa perchè ad un certo punto ha dichiarato "CREDEVO CHE ANDREOTTI FOSSE UN UOMO ONESTO!" Uno che vive da quando è nato vicino a questo governo e che non si rende conto... insomma è veramente DA FUCILARE!! QUA AL MURO! "Lei ricorda suo padre che éra già con Andreotti... anche il nonno éra già con Andreotti... ancora con il governo di Giolitti c'éra Andreotti che portava la cartellina... già un pò curvo, cominciava già allora , con le palette di direzione. MILANO 20.O1.91 LA GUERRA NEL GOLFO Io sono felicissimo che questo teatro sia così saturo, esaurito di persone, in quanto sentivo proprio oggi in televisione un'inchiesta sui teatri in Italia durante la quale si diceva che i teatri in questo periodo hanno avuto un crollo sul piano della presenza di pubblico perché qualcuno si sente a disagio,qualcuno teme incidenti... ma il fatto che voi siate qua mi riempie di soddisfazione anche se nello stesso tempo sono angosciato come voi per la paura che questa guerra si stia allargando.Ci sono state persone che si sono risentite per il prologo che io in questo periodo faccio, legato all'attualità, anche perché l'attualità è il fondamento principale del nostro teatro; da sempre il nostro obiettivo è di inserire quello che è la cronaca nel teatro e meno male che oggi possiamo parlarne liberamente. C'è stato un tempo che il parlare a soggetto ci éra impedito, addirittura abbiamo avuto denunce... c'éra il questore o il commissario che stava in quinta per verificare che quello che dicevamo corrispondesse 440 al testo che aveva l'imprimato di Andreotti allora, che éra ministro dello spettacolo... e che verificava se eravamo apposto, se avevamo proprio il timbro. Noi abbiamo avuto una cosa come 40 denunce per gli svicolamenti e quando uno éra risentito per quello che si diceva non stava neanche a rimbeccarti direttamente, telefonava alla questura , arrivava immediatamente il commissario di turno, o se éra in sala, saliva sul palcoscenico a verificare col copione. Ora siamo arrivati ad un clima straordinario però, a proposito della guerra e se éra proprio necessario entrarci a piedi giunti, il presidente della repubblica Cossiga è intervenuto l'altro giorno dicendo che è ora che noi si diventi adulti... in poche parole nel nostro paese si può polemizzare, dibattere però una volta che il governo ha deciso di intervenire SILENZIO, NESSUNO ROMPA PIU' LE SCATOLE, LASCIATECI LAVORARE! Credo che sia proprio il contrario di quello che è la democrazia, il parlare sempre e il ribadire le proprie opinioni credo sia il minimo.D'altra parte, e anche Andreotti l'ha detto questa mattina, "E' ARRIVATO IL MOMENTO DI ... TACERE E BASTA NON ROMPETECI LE SCATOLE!".E' da un pò di tempo devo dire che succedono delle cose... per quanto riguarda il nostro presidente della repubblica, lo sottolineano tutti i giornali devo dire, anche Montanelli, che addirittura è arrivato a dire che ha bisogno di uno psichiatra... io non sono d'accordo, dico che è dovuto al nervosismo come quando ha incominciato ad insultare i giornalisti i giudici dicendo che erano dei venduti, dei bottegai, dei giornalisti ha detto delle cose ignobili, che sono degli infami... Ad ogni modo il fatto 441 particolare è incominciato quando gli è sfuggito " PER L'ITALIA SI PUO' ANCHE MORIRE"... che a mé è venuto subito un brivido lungo la schiena, mi è venuto subito in mente quando da ragazzino mi insegnavano " CHI PER LA PATRIA MUOR VISSUTO E' ASSAI" tarappappappete... D'altra parte è la stessa frase lanciata da Frankestain, voi sapete chi è Frankestain ... Saddam Hussein è veramente il classico Frankestain, che non è nato così da solo ma è stato inventato da noi NOI LO ABBIAMO CREATO! Io mi ricordo gli applausi quando è partito contro Komeini... FANATICI!! Invece lui aveva i piedi in terra... quando ha detto tre giorni e Komeini è fottuto ARMI! Gli abbiamo dato le armi noi! Lo abbiamo allenato noi, gli abbiamo insegnato come si fa la guerra... NOVE anni è durato e adesso dimostra che ci sa fare. Lo diceva oggi quel generale di cui i storpio sempre il nome, diceva "ma scherziamo, non abbiamo mica a che fare con un cretino... nove anni che... l'abbiamo allenato noi, AVRA' IMPARATO QUALCOSA!! Per forza non ha tirato fuori ancora le armi , perché diceva ma perché non intervenite, perché non lanciate nel deserto i vostri marines e la facciamo finita. La borsa aveva avuto una euforia incredibile, eravamo arrivati a guadagnare quattro punti, cinque punti... e adesso cosa aspettate, dice, NON SONO MICA IL GENERALE KUSTER IO, io fin quando non li ho spianati, ammorbiditi"... non si dice massacrati, si dice ammorbiditi ... guardate che il lessico di guerra è straordinario. A parte che non si dice "andare il guerra" ma "compiere un'operazione di polizia", ce l'ha insegnato Andreotti. La mia preoccupazione è questo atteggiamento 442 che hanno quasi tutti i giornali "chi non è per la guerra è una femminuccia, un disfattista, in fondo un mammone uno che fondamentalmente è VILE! Insomma un uomo vero, coi muscoli , col coraggio è subito per la guerra... interviene per l'onore, per l'orgoglio di una nazione che non può sempre rimanere assente davanti ai fatti". Quello che è successo esattamente a Kabul quando ad un certo punto i russi sono entrati con le truppe e l'ONU aveva detto alla stessa maniera BISOGNA INTERVENIRE! NOI ITALIANI SIAMO INTERVENUTI! E subito Andreotti dice "BISOGNA PARTIRE" manco una piega!! Così ad esempio per il fatto della Palestina... gli interventi dell'ONU per far rispettare le leggi internazionali e la libertà e la dignità di un popolo riguardo la Palestina sono la bellezza di diciotto! Ma neanche han fatto UH UH neanche! E quando questo frankestain ha ammazzato cinquemila persone in venticinque minuti, cioè le ha asfissiate col nirvino, donne, bambini, BRACCHETA! C'è stato l'ONU che ha detto... EH NO! EH NO! E tutti noi abbiamo detto bisogna partire bisogna bloccarlo... NIENTE! Questa è una guerra per il petrolio, lo abbiamo visto nel gioco del salire delle azioni riguardo a quella situazione... stiamo combattendo per il problema del prezzo, dell'interesse, del vantaggio e via dicendo e a dimostrazione c'è un fatto di cronaca: la televisione ha fatto un inchiesta sul fatto che la gente non gira più con tanto entusiasmo per le balere, per i night, per i luoghi di divertimento e veniva mostrata una balera moderna completamente vuota e il padrone diceva " la gente non ha voglia, non viene a ballare 443 e a divertirsi... ce n'erano quattro li ho fatti entrare gratis ma non avevano voglia" e lei cosa dice "E' UNA GUERRA SCHIFOSA". C'è un'altra cosa che mi ha angosciato a proposito del valore di certe frasi, io a malapene ne parlo perché ci sono di mezzo due piloti che fra l'altro sono di una compagnia di cui ho visto alcune esibizioni e sono tra i più preparati tecnicamente a livello mondiale, tant'è vero che hanno battuto in sfide sull'abilità di colpire un bersaglio, volo in quota ecc... anche gli americani e perfino gli isdraeliani. Il presidente della repubblica ha detto "buon viaggio, buon lavoro, fatevi onore" GGGNNNACCC, la sfiga fino in fondo. Scusate, forse qualcuno di voi dirà che sono cattivo, ma io temo che QUELLO LI", non bisogna neanche nominarlo... MENAGRAMO!!! Ha detto siamo adulti ... POMPETA! Che quello parte ... "il carrello!!! Porco cane!"... e in volo subito turbolenza atmosferica... ci sono mille e cinquecento aerei fra inglesi e americani che volano tranquilli NO! c'è una nube schifosa con scritto PRESIDENT! Le "vacche" si chiamano, questi aerei che contengono benzina in quantità e che tranquillamente con una pompa che va a finire nel serbatoio dell'aereo... l'aereo va, ritorna indietro, gli danno ancora un pò di benzina... OH! la prima volta nella storia che si spacca tutto TUM BOOORLOCHE, uno solo che prende e poi non torna OHHH! Io non dico più niente, ma non lo nomino più! E imparate a farlo anche voi! 444 Presentazioni Mistero Buffo MISTERO BUFFO 24.O3.91 ROMA LA GUERRA NEL GOLFO Io speravo veramente che si realizzasse una pace definitiva, invece, ad esempio in IRAQ stanno combattendo ancora, si sparano, c'è gente che crepa, i Curdi stanno scendendo dal nord, stanno occupando una città dietro l'altra, ci sono gli sciiti che salgono invece dal sud, c'è Saddam Husseim, che ha gettato un pò di gas nervino, anche del napal"che gli éra rimasto... che non aveva usato nella guerra contro gli americani, anzi non ha fatto a tempo a tirare fuori neanche un colpo diciamo. D'altra parte certe cose così preziose non si possono buttare via... bisogna pure adoperarle...ed è comprensibile, c'è qualche morto in più... Poi ci sono anche gli sciammanniti,che è un gruppo religioso ed anche etnico particolare, che è del centro dell'IRAQ, strano movimento religioso,che gira con gruppi che hanno un palo della luce molto aguzzo, e vanno gridando "SADDAM HUSSEIM TI VOGLIAMO IN ALTO, SEMPRE PIU' IN ALTO", e via dicendo. Ora, a parte così la tragedia di questa guerra che doveva essere una guerra semplice senza neanche un morto...pare che i morti solo tra i militari siano più di centomila e ci siano una cosa come centomila morti anche fra i civili sempre dalla parte dell'IRAQ... dall'altra parte ce ne sono stati due o tre...uno addirittura per un colpo apoplettico, l'altro perché si è sbagliato, uno si è sparato addosso all'altro. Se non ci fossero stati questi incidenti, non 445 ci sarebbe stato neanche un morto da parte della coalizione. Ecco che dicevo, la cosa veramente grottesca è il crescere ogni giorno delle notizie che ci fanno scoprire quante frottole ci hanno raccontato a proposito di questa guerra. A proposito una delle cose importanti da ricordare è il fatto che questo personaggio di Saddam Husseim, l'abbiamo costruito noi, diciamo noi occidentali, ma anche gli orientali...senza il nostro aiuto sarebbe stato un piccolo delinquente di provincia, un criminale da strapazzo. Invece, grazie prima di tutto alle armi che gli si sono state fornite, voi sapete che tutti hanno concorso a vendere armi, addirittura i russi, i polacchi, perfino la Repubblica di San Marino, oltre che la Svizzera e il Lichtenstein. Fra l'altro la cosa divertente, una delle più belle battute, è quando qualcuno ha tirato fuori l'idea che quello che aveva Saddam Husseim éra il quarto esercito, in scala di valori, del mondo...che è proprio una cosa da scompisciarsi dal ridere, soprattutto quando abbiamo scoperto che, per esempio, i carri armati russi che erano venduti, non erano russi, ma erano cinesi di scarto. Quando in Russia un carro armato viene male si dice "c'è uscito un carro armato cinese", tanto per dirvi le cose. Ma ad ogni modo la cosa incredibile, è che lui Saddam Husseim, deficiente, è lui che si è convinto di avere il quarto esercito del mondo, che lo credessero gli altri éra una bufola, detto da lui...ed è per questo che lo hanno sollecitato, per esempio, a buttarsi, veramente con molto slancio contro... vi ricordate Komeini? Un milione di morti soltanto, c'è stato di passaggio... e questa azione a cui a concorso moltissimo l'America, l'Inghilterra, noi ecc., ha 446 fatto si che poi fosse venuto a richiedere il pagamento dell'obolo di chiusura. Poi questo deficiente, si è permesso anche di occupare il Kuwait come risarcimento dei danni di guerra a lui... giustamente lo abbiamo mazzolato... l'hanno mazzolato, perché bisogna dare le punizioni a questi deficienti. Come deficiente voglio dire è stato allenato a costruire, a realizzare, ordigni bellici: per esempio il gas, lui credeva, proprio un cretino, che i gas da buttare fossero quelli da cucina, che si butta la bombola con scritto "RESPIRATE VICINO PERCHE' ALTRIMENTI SI VOLATILIZZA". Invece i tedeschi dell'est e dell'ovest, che fra l'altro si sono ritrovati per la prima volta, dopo anni e anni proprio a Bagdad, per aiutarlo a costruire i gas, ché loro hanno una grande tradizione, e gli hanno insegnato, con molta fatica,... vi dirò che questo incontro ha fatto sì che ci pensasse: "senti, lavoriamo così bene insieme, perché non facciamo un'unificazione totale delle due germanie", e così è avvenuto... questa guerra così è servita a qualche cosa. Voglio ricordarvi che la fatica che hanno dovuto realizzare per portare a termine questa bomba, ché lui non capiva proprio niente, sempre con questo basco da deficiente in testa..."stai attento, non vedi che ti insegnamo...dunque: c'è un catalizzatore, poi c'è un gas inerte, un'altro gas inerte. Solo se unite col catalizzatore funzionano. Vuoi provarlo?... Va bene dimmi su che cosa li buttiamo, su chi, i Curdi?" "Si! i Curdi vanno sempre bene, tanto li ammazzi e nessuno dice niente...al massimo l'ONU fa un rutto di indignazione, non più di così" "Attenzione il Curdo è là, lo vedi? Buttiamo la prima bomba... ecco il gas che esce, non fa niente perché è 447 inerte, ne buttiamo una seconda, non fa niente perché è inerte, STAI ATTENTO! SADDAM!" "A chi???" "Là, adesso ci buttiamo il catalizzatore ...PUM!...guarda, guarda come fa il Curdo, lo vedi? Non è un ballo regionale, è che è un pò ubriaco. Adesso attento alla testina... TON! E' morto! Hai visto? IMPARA!!!" E così ha imparato. Ma a proposito di frottole straordinarie... quella, un pò criminale, è stata quella che ci ha ammannito addirittura Bush in persona, e io l'ho bevuta, perché non pensavo che Bush fosse una persona così screditata da arrivare a dire una balla di questo genere. Si tratta, e l'avrete sentita anche voi, spero, immagino che anche voi ci siate cascati, come d'altra parte ci sono cascati la bellezza del 75% degli americani, sul fatto che bisognava per forza condurre questa guerra, e subito, non si poteva aspettare un anno, perché entro un anno certamente questo Saddam Hussein sarebbe riuscito a farsi la bomba atomica...e allora sarebbero stati guai terribili. Ebbene, quando qualche giorno fa,il giornale più importante di New York, il "Times", ha realizzato un servizio di inchiesta, e ha interrogato Scianagh, l'ultimo padre della bomba atomica, e gli hanno chiesto "senta, cosa ne dice di questo fatto, del pericolo che c'éra,che Saddam Husseim avrebbe potuto costruirsi la bomba atomica?" "Ah si???" (ride), si è messo a ridere che è stato male e poi ha fatto l'esempio "è come pretendere di pensare che fra un anno gli aborigeni dell'Australia avessero la possibilità di costruirsi il computer M 45 più sofisticato con le conchiglie, i sassolini e il fil di ferro (risata). E questi coglioni degli americani l'hanno bevuta (risata)". E' stato male e l'hanno portato 448 all'ospedale. E dico la verità, mi vergogno, anch'io l'ho bevuta; ma ad ogni modo... a proposito degli americani ... pensate che è una cosa straordinaria, dopo questo discorso di Bush, che aveva una adesione alla guerra soltanto del 55%, non importante, l'adesione alla guerra è stata del 90%. Questo vi dice l'importanza delle frottole, quando sono giocate bene. Ma la più criminale di tutte, devo ammettere, è stata senz'altro la frottola del cormorano; tutti quanti ci siamo veramente rintristiti e appassionati a questo. Io veramente ho avuto un angoscia tremenda quando abbiamo visto questo povero cormorano, ve lo ricordate, lì sulla spiaggia, con il petrolio buttato fuori da questi bastardi di iracheni ... arrivava quest'onda questo BLOOB BLOOB, veniva fuori con un occhio tappato, faceva appena appena a respirare che BLOOOB, un'altra onda di un mare schifoso... che io veramente ho detto "Ma che criminali bastardi!", e tutti quanti ce la siamo presa. E' una balla! E' una frottola gigantesca! E tutti gli scienziati legati all'ornitologia, di tutto il mondo, si sono indignati, i francesi in particolare su "Le Monde" hanno pubblicato un articolo dicendo "è una fandonia che non accettiamo", perché? Perché il cormorano, il baby cormorano, in quel periodo, gennaio, quando è stata effettuata la ripresa, non ne esiste uno ch'è uno: se ne sono andati già in settembre!!! E ritornano in maggio.E figurati col casino che c'è stato lì ... se ritornano, non ritornano più!!! E allora sto' pellegrino di cormorano DOVE L'HANNO PRESOOO! E' un cormorano ch'è rimasto fuori di orario di partenza?? "Scusi avete visto dei cormorani... ché io devo partire, e ho perduto la partenza???". NO, NO, NO, non 449 esiste!! Allora ve la racconto, e vi dico che cosa è successo, non vi racconto delle frottole a mia volta, per carità. E' successo che quando c'è stata la sparata fuori di petrolio nel nord del Kuwait, vi ricordate, c'è stato lo scandalo, si parlava addirittura di un milione e mezzo di barili di petrolio. In verità, poi l'abbiamo saputo sempre dal "New York Times", che l'uscita è di centocinquantamila barili... è già una bella differenza... ad ogni modo è sempre una schifezza nel mare. D'accordo, ma éra là nel nord, a trecentocinquanta miglia da Riad, cioè dalla costa più prossima. TRECENTOCINQUANTA MIGLIA! Vi immaginate questi qua con le macchine da presa, su un gommone , che fanno trecentocinquanta miglia, che ci vogliono tre giorni per arrivarci, e quando sono là con gli iracheni che dicono "finalmente possiamo abbattere un mezzo straniero" PUM PUM sul gommone, e loro "FERMIII! Dobbiamo riprendere solo il cormoranoooo!!" "Ma non c'è il cormoranoooo!" "Ah, si? Peccato!". No, non sono così imbecilli, non sono partiti col gommone e neanche con un mezzo per andar lassù in mezzo agli iracheni, tutt'altro. E che cosa hanno combinato? AH! AH! Hanno buttato un bidone, è il caso di dire un barile, di petrolio lì a Riad, sulla spiaggia, come fosse a Cesenatico BLOOOOB! Tanto schifezza di mare per schifezza di mare... chi se ne frega! Poi hanno cercato il cormorano. Non c'éra! Non trovavano un cormorano! Allora sono andati allo zoo, e lì anche i cormorani che c'erano erano scappati, e hanno trovato un Mabibu, che non è della classe dei cormorani, no, è un uccello trampoliere fra l'altro, che vive esclusivamente nell'Asia Minore, e in particolare negli 450 acquitrini paludosi di acqua dolce. Quando sono andati "scusi le spiace venire al posto del cormorano?" "Ma no! Ma io che c'entro!Io odio il mare", "Venga per favore..." E siccome questo animale ha degli strani pennacchi qui in testa, glieli hanno tagliati all'umberta. Avete notato che quel cormorano aveva i capelli all'umberta! E poi l'hanno pucciato dentro "scusi...chiuda la bocca PIU'PIU'PIU', sorrida... UNO DUE TRE ... ci basta, grazie, vada pure BLOBLOBLOBLO". E noi tutti ci siamo commossi a questa malandrinata che è successa. Però una delle cose che abbiamo saputo, che veramente ci hanno sconvolto un pò tutti, è stata quella dichiarazione, vi ricordate, di Scwarz Scoop, il generale abbondante, uno dei più grandi generali del mondo, nel senso di dimensioni, due metri e dieci di altezza senza tacchi, un quintale e dieci chili senza l'osso, quello che veniva sempre, simpatico con quella faccia rubizza, che a mé tutte le volte mi veniva voglia di chiedergli "mi dia quattro etti di filetto, un ossobuco e un pò di carne per il gatto", simpatico... A un certo punto ci è mancato, a mé manca proprio, è un vuoto che ho familiare quasi... Ebbene, una volta, la quarta volta, è arrivato e, invece di essere così vivace éra un pò perplesso e abbacchiato perché, vi ricordate, aveva dichiarato con molta onestà che le rampe dei missili che sparavano appunto gli scout, sparivano e andavano e non si capiva come. Loro ne buttavano giù uno e dopo un pò TRAC...ne spuntava un altro, e non trovavano luoghi da dove potessero uscire e così i carri armati. Carri armati che uscivano non si sa da dove, ne spaccavano due o tre, poi 451 TACCHETE li ritrovavano lì arrivati dal nulla. A un certo punto hanno avuto il sospetto, lui l'ha detto, che si trattasse di falsi carri armati, si sagome di carri armati in vetro resina... E chi li ha fabbricati questi carri armati?? (risata) NOI! Guardate che siamo dei geni veramente, siamo dei geni!! E quando si è saputo a Torino che il comune ha permesso di fabbricare un monumento al costruttore primo di questi in vetro resina, proprio per ricordare la straordinaria forza... c'erano tutte le televisioni del mondo a interpellarlo, è incredibile! Erano lì con i microfoni e gli han chiesto "Scusi, come fate a costruire questo carro armato così leggero?" e ha fatto vedere, si vedeva benissimo nelle riprese, "ecco , vedete questi fogli, sono sagomati naturalmente, intanto così ci sta' dentro un carro armato, in un tir ci stanno quaranta carri armati uno vicino all'altro, ed è semplicissimo, si mettono insieme, c'è un deplian, si montano, è semplicissimo montarli, tant'è che gli iracheni si sono divertiti un mondo, anzi si sono divertiti... da morire. GUERRA NEL GOLFO ( ROMA 23.O3.91: guerra nel golfo) c'è un deplian che si allega R con R, B con B, R con B e in un attimo si costruisce il carro armato. Gli iracheni si divertivano... da morire proprio!... BRAVI! Questa è una battuta di sondaggio... quel gruppo lì l'ha capita, un'altro ha domandato "che cosa ha detto?!" "Come da morire? Ah! Da morire... AH AH AH". Per esempio tre sere fa nessuno ha riso. Certe sere ti arrivano dei pubblici, non so, si mettono d'accordo! "Andiamo stassera a teatro AH AH AH AH! Lo facciamo impazzire DAI DAI DAI DAI! GUAI A CHI 452 RIDE! GUAI A CHI CAPISCE UNA BATTUTA AH AH AHA"... e si divertono prima si scaricano, si raccontano storielle e poi vengono qui TRISTI... una signora dopo un pò di "ma quando comincia lo spettacolo"... dopo quaranta minuti che parlavo! E un'altra dice "quando arrivano gli artisti?"... sono uscito e ho pianto per un quarto d'ora!) ROMA 24.03.91 GUERRA DEL GOLFO Poi ad un certo punto ne hanno venduti duecento, si sono stancati e gli hanno mandato le forme e se li sono fatti loro ancora un seicento-settecento dei carri armati che sostituivano. Ma il cronista della seconda rete chiedeva con insistenza "Ma come fate a muoverli, sono leggeri sì, ma come fate, non hanno neanche le ruote, non hanno niente?" "Basta una corda. Guardi si lega qua, uno si mette in una buca e poi tira il carro armato che viene avanti" "Sì, ma il calore, voi sapete che gli attrezzi di rilevamento che ci sono negli aerei americani, se non rilevano il calore non sparano, anzi danno segnale negativo e l'aereo se ne va via" "Noi ci mettiamo una stufetta a serpentina, loro lo sentono e dicono ah ah c'è il calore e sono felici" "Ma dico, e l'altro, il rumore?" "Cingoli! Una cassetta con registrazione di cingoli BLUUBLUBLU". Ma come si può pensare che queste macchine si siano lasciate imbrogliare da mezzi così semplici... avete visto che razza di macchinario hanno dentro: in un cruscotto di questi aerei caccia bombardieri c'è una specie di schermo, si vedono tutti i disegnini che si muovono e il pilota non stà neanche a guardare tra i vetri dal di là, ma guarda direttamente il cruscotto e vede meglio tutto. C'è una voce che gli dà tutti gli elementi, gli 453 dice:"vai,vai , stai tranquillo, ecco, ecco, prendi quota, fino a trentacinque abbassa dodici, ecco rileva, rileva, rileva, la velocità va bene così come va, ecco stai bene, la tua mamma ho saputo che sta tanto bene, vai vai". C'è pure una manina che viene su e gli dà degli schiaffeti e gli gira un pò l'orecchio se gli fa piacere... Poi ad un certo punto si vede l'immagine assonometrica addirittura di carri armati, delle costruzioni, di quello da colpire, danno il peso... ecco qui un carro armato c'è, c'è, c'è, eccolo l'ho preso, guarda che c'è, dai adesso SCHIACCIA ci sei, sei puntato SCHIACCIA TI DICO! Se uno è un pò distratto gli prende la mano PUMPUMPUM e lo schiaccia, parte un razzo tremendo che ha anche una video camera in testa, tutto intelligente, riprende quota, risale e ha anche una canzoncina "IRACHENO BRUTTO SCEMO IO TI FREGO, IO TI FREGO" PUMPUMPAK, scoppia per aria, l'aereo riparte, c'è una risata registrata IIIHAAAA AHA AHA e suona la valchiria. Però ci sono stati gli inglesi, che sono tremendi, certe volte ci fregano, hanno fregato i torinesi anche, perché hanno realizzato addirittura un carro armato di gomma. E' una specie di polpettone... in una valigetta così c'è il carro armato... prende la sua valigetta, attaccato fuori dalla valigetta c'è una pompa di quelle a pedale e a mano...si mette giù così, viene fuori il carro armato PLUMPLUMPLUM viene fuori il carro armato coi cingoli, la torretta, i cannoni, ch'è il punto più delicato, che se non si pompa con molta forza il cannone rimane moscio così... e il pilota se ne accorge...quando arriva l'aereo PEMPEMPEM TUNTUNTUN dritto come un cannone, appunto, ed ecco 454 che PRAAAPUUM. E lì c'è il commento di un pilota inglese che è veramente divertente, dice: " è strano come si comportino questi nuovi carri armati iracheni, perché non esplodono, non deflagrano come gli altri russi cinesi. Non so di che marca siano, che nazione glieli abbia procurati, perché come li becchi saltellano qua e là nel deserto TUM PIM TUM PIM ed emettono uno strano sibilo IHIIIIIIIIII e scompaiono nel nulla. GUERRA NEL GOLFO (ROMA 12.03.91: E' strano come si comportino certi carri armati iracheni: non esplodono come gli altri, saltellano qua e là nel deserto TUM TUM TUM ed emettono uno strano sibilo... poi scompaiono nel nulla. PROPRIO UNA STRANA GUERRA! Un'altra cosa grottesca è stata quella dei preservativi. C'éra il problema di preservare le canne delle mitragliatrici, dei fucili, delle pistole... perché se si riempiva di sabbia l'interno, c'éra il pericolo che scoppiassero... SPARI... E' PIENO DI SABBIA... DEFLAGRA... SI SCALDA VELOCISSIMO... e allora su ogni mezzo da tiro di infilava un preservativo... ed éra strano! Ho visto due o tre fotografie che hanno fatto vedere i francesi di questi qui col preservativo dietro attaccato anche su mitragliere da venti millimetri... un preservativo... sui cannoni non so che preservativo mettessero. Ma io mi immagino i primi iracheni che si sono presi i colpi di proiettili da questi qua che non stavano a smontarlo THO... UN PROIETTILE CON IL PRESERVATIVO! Va bene che sono preud gli americani ma questo è da igienisti esagerati!) ROMA 24.03.91 455 Ma la cosa folle di questa guerra, come dicono i francesi è veramente una "trolle de guerre", è veramente buffa, grottesca... in fondo è l'uso delle galline...ah! Questa è una cosa tremenda! Hanno usato le galline in guerra...è la prima volta che le vedi combattenti, forse le superstiti di questa guerra riceveranno una croce particolare di gladio; quelle che rimangono vive le vedremo sfilare a Taranto, tutti in piedi noi staremo a salutare e ci saranno anche i presidenti vari che le baceranno. La cosa è questa, l'avrete vista sui giornali, il corriere della sera ad esempio, sulla repubblica, non vi racconto storie: ci sono alcuni marines con una gallina bianca in mano, fra l'altro solo galline italiane, ecco perché dicevo che le croci di guerra vengono tutte dall'Italia, hanno svuotato interamente le nostre aziende gallinifere, le batterie intiere anche centomila per volta.Ad ogni modo per spiegarvi ciò che succede... si vede questa gallina in braccio al marines americano col suo elmo, vi ricordate con la rete ecc.., una cappa di dietro, due occhiali uno per vedere con il sole e il vento, l'altro per vedere di notte con gli infrarossi, una lampadina che si gira automaticamente e scruta l'orizzonte, poi c'è un'altra macchina, qui c'è un tubo che ha dentro la maschera antigas, qui c'è uno scroto che esce macchinamente, qui sul sedere ha dentro una cassetta che si trasporta e viene avanti da sola e permette di vedere al di là delle dune, poi c'è una bombola di ossigeno qui, c'è la riserva d'acqua il metano di dietro, il petrolio... e anche una sigaretta già accesa nel caso uno voglia fumare. La gallina qua ha un pistolone tremendo di M 45 che è un fucile veramente bastardo che tira dei proiettili così, che esplodono e fanno 456 raggi, insomma ha tutto e la gallina però non la molla...l'unica cosa umana è la gallina che ha con sè. Ecco la gallina, perché si tiene la gallina così...per scaramanzia? No! Perché la gallina ha una proprietà straordinaria, ha un istinto, cioè ha la possibilità di sentire da lontano, lontanissimo anche una bava di gas nervino... se un bastardo tirava TAC così, la gallina WAW WAW WAW, fa un baccano d'inferno, starnazza, fa uova a grappole e scagazza, scusate il termine non ce nè un altro, in tutte le direzione anche nelle orecchie che non ha. Ora la cosa fa scattare subito l'intelligenza e la percezione del marines, il quale fra un passo e l'altro... dice AH! IL GAS! PIUM, schiaccia un bottone,gli parte subito la maschera già aperta che gli si incolla sul viso. Naturalmente la gallina... muore, mica si può dare la maschera alla gallina. Le galline sono come i palestinesi...niente maschere. Guardate se dico di no s'è già staccata,... ha sentito palestinesi A NO! QUESTO NON LO DOVEVI DIRE! Come c'è stata una signora che ho sentito perché ho un orecchio tremendo...A NO! COSA C'ENTRANO I PALESTINESI CON LE GALLINE! Ora il discorso è questo che queste galline non servono soltanto per indicare la bava appunto di gas nervino, ma servono per disinnescare le bombe.Voi sapete che le mine che sono state vendute a Saddam Husseim da tutti quanti i popoli della terra, ebbene sono nel numero di diciotto milioni di unità di mine,...c'è questo deserto del Kuwait che è tempestato di mine, è incredibile, non si può andare in giro. Se uno fuori dall'autostrada gli vola via un pacchetto non può andare a toccarlo perché si salta per aria. Ora per disinnescarle 457 l'appalto è stato dato ai francesi; avrete visto qualche immagine televisiva: loro hanno una specie di cannone che spara nel deserto appunto una catena lunghissima con un rostro finale, poi c'è un braccio meccanico che prende dall'altro lato la catena e comincia a scuoterla dando ribattoni terribili, un fracasso...col fracasso tutte le mine inglesi , francesi, russe polacche, svizzere ecc... PIM PAM PIM PAM saltano per aria che sembra proprio Piedigrotta PIM PIUM PIM PUM, una cosa veramente festosa.Tutte, vi dico tutte scoppiano... salvo le nostre, le italiane, le valsella. Nove milioni gliene abbiamo vendute, nove milioni di mine VALSELLA: 50% di partecipazione Fiat. Perché? Perché noi abbiamo bombe INTELLIGENTI, e non così triviali. Loro quando si scuote, si fa casino loro GNIACCHETE, ferme rimangono, anzi c'è una manina che viene fuori e fa così... Perché? Perché le nostre bombe, le nostre mine saltano per aria soltanto a pressione del piede umano, sono a misura d'uomo, non per niente noi abbiamo creato l'umanesimo. L'uomo per noi è al primo posto e bisogna cominciare a dire che bisogna che ci rispettino perché è vero che noi in questa guerra non abbiamo dato tanto materiale umano ma abbiamo concorso con materiale meccanico e partecipazione straordinaria come nessun popolo al mondo, la nostra parte tecnica è stata veramente incredibile. Devono piantarla anche di sfottere e di prendere in giro anche i nostri ministri quando ci si riunisce al banco, meglio dire al tavolo, per dividere le situazioni di vantaggio di questa guerra. Devono piantarla! C'è quel nostro ministro De Michelis che tutte le volte che arriva PAAM una porta in faccia, che ha un 458 faccione così e ha dovuto dipingersi gli occhiali sulla faccia per quanti ne ha rotti. E' veramente brutto con quella testa , con quei capelli impataccati di catrame schifoso , CHE E' LUI ... IL CORMORANO! E' LUI! Un cormorano ripieno! Non vi dico di che cosa... Prima devo raccontarvi come le galline vengono impiegate perché col loro ticchettio hanno lo stesso valore della pressione di un piede, cioè buttano le galline e appena quelle cercano da mangiare basta...TITATATAM scoppia! Ma per invogliarle naturalmente a becchettare bisogna mettere il becchime. Quindi c'è un elicottero apposito che versa e distribuisce il becchime. Una scia straordinaria! Questo avveniva già nei primi tempi quando dovevano formare delle strade per poter entrare coi carri armati e c'erano ancora gli iracheni nelle loro buche in trincea...loro passavano con queste becchinate tremende, con queste scie WWAAAAA e lì gli iracheni che stavano nelle buche hanno cominciato ad andare in crisi " ma come! Ci buttano il becchime?! Va bene sfotterci ma questo è un pò pesante... abbiamo fame ma non esageriamo!". Poi quando c'è il becchime ecco che arriva la gallineria, cioè tutte queste galline ammassate dentro questi elicotteri speciale che si chiamano " apache vallespluga", che arrivano e WWAAAOOO e buttano giù galline si apre la pancia di questi elicotteri, piovono galline a centinaia, decine di migliaia, sono affamate, da cinque o sei giorni che non mangiano, proprio a livello iracheno e cominciano TI TO’ TI TO’ TO’ PIIM PAAM PIIM PAAM PEEM PEEM ed è stata la prima volta che gli iracheni hanno avuto il loro pasto caldo, un pò bruciacchiato ma... Tutte le volte che io mi 459 ritrovo ad avere davanti una tragedia come è stata quella della guerra, di istinto vado a vedere cosa hanno scritto di situazioni analoghe gli antichi, e mi è capitato quest'anno di trovare oltre che forse il più geniale è Aristofane. Aristofane aveva scritto la bellezza di quattro opere sulla guerra in particolare "La Pace", magnifica, e cosa ho ritrovato?... le cose di cui non m'ero accorto quando lo avevo letto prima.I discorsi che fanno questi uomini politici che cercano di coinvolgere Atene nella guerra che è già iniziata ad opera di Sparta, sono gli stessi, identici discorsi che abbiamo sentito fare dai nostri politici "la pace è una cosa sacra e non bisognerebbe mai violarla, ma in questo momento noi dobbiamo rompere ogni indugio e unirci ai nostri alleati perché altrimenti facciamo la figura dei soliti vigliacchi , femminucce, non abbiamo dignità, bisogna diventare virili ecc.". Tutti i discorsi, anche i luoghi comuni, soltanto che nella "La pace" di Aristofane c'è una personaggio che a un certo punto urla "MI AVETE COMMOSSO! SIETE ARRUOLATI TUTTI! e loro, questi politici, uno muore sul colpo, l'altro ha un coccolone e rimane con la paralisi eterna, l'altro se la fa addosso due scappano e tre svengono sul momento. Pensate come sarebbe stato bello poter fare lo stesso coi nostri uomini politici cioè alzarsi e poter dire "Vi arruoliamo", per esempio Spadolini arruolato nei mezzi da sbarco anfibi, lui proprio un mezzo da sbarco, sdraiato, i marines sopra con la pagaia che vanno nel golfo... oppure Giuliano Ferrara mezzo cingolato con sta' pancia BOLUBLUBLU, con le bretelle da lancio TOCCHETA per lanciare bombe, oppure Forlani, già mimetizzato colore 460 neutro paglierino color sabbia e sempre giallino tale che nudo nel deserto non lo vedi più. FORLANI??? Non c'è! Poi Craxi non c'è bisogno neanche di mettergli un elmetto basta fargli una riga qua e lui è già corazzato. Poi, mezzo terroristico di persuasione occulta, Giulio Andreotti, basta sollevarlo da una duna IIIHAAAA, tutti si arrendono. Fra l'altro avete saputo che Andreotti stava per partire la sera del bombardamento? Il giorno in cui hanno bombardato Bagdad lui alle cinque, prima non si sapeva ancora che ci sarebbe stato questo bombardamento, lui éra stato incaricato da tutti i ministri degli esteri europei e naturalmente anche dai presidenti di tentare l'ultima chance, cioè di recarsi da Saddam Husseim e di convincerlo a nome dell'Europa ecc... e l'ha dichiarato lui stesso. Alle sei éra a Ciampino con un aereo speciale che doveva partire soltanto che gli hanno detto "fermi un attimo c'è un piccolo guasto, un' inezia , è un bullone con vite particolare che si ammollato e non troviamo come sostituirlo immediatamente ma adesso lo mandiamo a prendere, tempo due o tre ore ci siamo." All'una è pronto per partire, lo vengono ad avvertire "no, onorevole, non si può partire perché Bagdad è sotto il bombardamento ventimila tonnellate di bombe che stanno buttando gli americani".Per un bullone, che se non ci fosse stato quel bullone lui éra LA', a BAGDAD, con queste bombe che arrivavano, non ce lo avrebbero restituito più; pensate a che cosa è legata la storia di un popolo, a un bullone, siamo scarognati sapete...una scarogna tremenda!! Ma la cosa che mi preoccupa davvero, scusate se ve lo dico,e qui vi prego di credere che il mio è un patema terribile, è la condizione 461 particolare in cui si trova il nostro presidente, sono preoccupato, ormai parla solo a ruota libera non lo fermi più. Dice delle cose...io volevo oggi portare il giornale dove dice delle cose sconclusionate senza capo nè coda, torna indietro, va avanti, perde i pezzi, ogni tanto fa dei tic terribili... Bisogna aiutarlo, non si può lasciarlo così da solo. Sono preoccupato davvero, già dà le medaglie ai fascisti, e fra poco chiede scusa all'MSI, prima ancora che il giudice abbia dato la sentenza dice che la P2 sono dei patrioti, anzi dovremmo iscriverci tutti alla P2 se no siamo fregati. Ma la cosa che mi preoccupa veramente è quello come ha cominciato con quel povero giornalista della Roiter che aveva detto che l'Italia non aveva grande importanza nel conflitto in quanto aveva partecipato solo collateralmente, e lui s'è risentito e gli ha dato del figlio di p.... poi ci ha ripensato dice "non dico neanche che è un figlio di p....perché per essere un figlio di p. bisognerebbe essere superiore, io andrei ad offendere la professione più antica del mondo, che è appunto il figlio di p.", roba dell'altro mondo... Un presidente che fa tutto un gioco sulle p. le loro origini, la loro storia, ha fatto un saggio sull'origine dei figli di ... e delle p.... nella storia dell'umanità. Ma porca di una miseria. E poi quando ha incominciato ad insultare i giudici, già i giudici è un anno e mezzo che li insulta, ma questi qua attraverso la costituzione hanno stabilito che éra illegale entrare in guerra, si è imbestialito, li ha chiamati vigliacchi, infami, terroristi... gente che ha rischiato di saltare in aria trenta volte, gli hanno fatto anche degli attentati... gli ha dato dei terroristi. Poi dice "troppo comodo sbandierare la 462 costituzione da dietro una scrivania non esposta",... perché ci sono le scrivanie "esposte" e ci sono quelle "non esposte", ci sono quelle che vanno per la strada, avete visto quante scrivanie vanno per la strada, uno pedala con la scrivania...ci sono anche quelle che vanno sulla neve... E poi dice "un conto è parlare dietro una scrivania e un conto è da su una tolda di una nave di battaglia", infatti lui, il presidente parla solo da su la tolda delle navi. Lui ha una tolda costruita al quirinale, tutta con delle molle e ci sono dietro dei corazzieri che gli danno il colpetto, lui è così... poi ha un ventilatore da cinema, quelli col risucchio BOOAAAAAA in modo che lui sia sempre in disequilibrio come la niche di Sabotracia e ogni tanto c'è un corazziere con un secchio d'acqua che passa e GNACCHETTA... CHE MARE OGGI!!! E lui parla solo da lì. MILANO 20.O1.91 LA GUERRA NEL GOLFO Io sono felicissimo che questo teatro sia così saturo, esaurito di persone, in quanto sentivo proprio oggi in televisione un'inchiesta sui teatri in Italia durante la quale si diceva che i teatri in questo periodo hanno avuto un crollo sul piano della presenza di pubblico perché qualcuno si sente a disagio,qualcuno teme incidenti... ma il fatto che voi siate qua mi riempie di soddisfazione anche se nello stesso tempo sono angosciato come voi per la paura che questa guerra si stia allargando.Ci sono state persone che si sono risentite per il prologo che io in questo periodo faccio, legato all'attualità, anche perché l'attualità è il fondamento principale del nostro teatro; da sempre il nostro obiettivo è di inserire quello che è la cronaca nel teatro e meno male che oggi possiamo 463 parlarne liberamente. C'è stato un tempo che il parlare a soggetto ci éra impedito, addirittura abbiamo avuto denunce... c'éra il questore o il commissario che stava in quinta per verificare che quello che dicevamo corrispondesse al testo che aveva l'imprimato di Andreotti allora, che éra ministro dello spettacolo... e che verificava se eravamo apposto, se avevamo proprio il timbro. Noi abbiamo avuto una cosa come 40 denunce per gli svicolamenti e quando uno éra risentito per quello che si diceva non stava neanche a rimbeccarti direttamente, telefonava alla questura , arrivava immediatamente il commissario di turno, o se éra in sala, saliva sul palcoscenico a verificare col copione. Ora siamo arrivati ad un clima straordinario però, a proposito della guerra e se éra proprio necessario entrarci a piedi giunti, il presidente della repubblica Cossiga è intervenuto l'altro giorno dicendo che è ora che noi si diventi adulti... in poche parole nel nostro paese si può polemizzare, dibattere però una volta che il governo ha deciso di intervenire SILENZIO, NESSUNO ROMPA PIU' LE SCATOLE, LASCIATECI LAVORARE! Credo che sia proprio il contrario di quello che è la democrazia, il parlare sempre e il ribadire le proprie opinioni credo sia il minimo.D'altra parte, e anche Andreotti l'ha detto questa mattina, "E' ARRIVATO IL MOMENTO DI ... TACERE E BASTA NON ROMPETECI LE SCATOLE!".E' da un pò di tempo devo dire che succedono delle cose... per quanto riguarda il nostro presidente della repubblica, lo sottolineano tutti i giornali devo dire, anche Montanelli, che addirittura è arrivato a dire che ha bisogno di uno psichiatra... io non sono 464 d'accordo, dico che è dovuto al nervosismo come quando ha incominciato ad insultare i giornalisti i giudici dicendo che erano dei venduti, dei bottegai, dei giornalisti ha detto delle cose ignobili, che sono degli infami... Ad ogni modo il fatto particolare è incominciato quando gli è sfuggito " PER L'ITALIA SI PUO' ANCHE MORIRE"... che a mé è venuto subito un brivido lungo la schiena, mi è venuto subito in mente quando da ragazzino mi insegnavano " CHI PER LA PATRIA MUOR VISSUTO E' ASSAI" tarappappappete... D'altra parte è la stessa frase lanciata da Frankestain, voi sapete chi è Frankestain ... Saddam Hussein è veramente il classico Frankestain, che non è nato così da solo ma è stato inventato da noi NOI LO ABBIAMO CREATO! Io mi ricordo gli applausi quando è partito contro Komeini... FANATICI!! Invece lui aveva i piedi in terra... quando ha detto tre giorni e Komeini è fottuto ARMI! Gli abbiamo dato le armi noi! Lo abbiamo allenato noi, gli abbiamo insegnato come si fa la guerra... NOVE anni è durato e adesso dimostra che ci sa fare. Lo diceva oggi quel generale di cui i storpio sempre il nome, diceva "ma scherziamo, non abbiamo mica a che fare con un cretino... nove anni che... l'abbiamo allenato noi, AVRA' IMPARATO QUALCOSA!! Per forza non ha tirato fuori ancora le armi , perché diceva ma perché non intervenite, perché non lanciate nel deserto i vostri marines e la facciamo finita. La borsa aveva avuto una euforia incredibile, eravamo arrivati a guadagnare quattro punti, cinque punti... e adesso cosa aspettate, dice, NON SONO MICA IL GENERALE KUSTER IO, io fin quando non li ho spianati, ammorbiditi"... non si dice massacrati, si dice 465 ammorbiditi ... guardate che il lessico di guerra è straordinario. A parte che non si dice "andare il guerra" ma "compiere un'operazione di polizia", ce l'ha insegnato Andreotti. La mia preoccupazione è questo atteggiamento che hanno quasi tutti i giornali "chi non è per la guerra è una femminuccia, un disfattista, in fondo un mammone uno che fondamentalmente è VILE! Insomma un uomo vero, coi muscoli , col coraggio è subito per la guerra... interviene per l'onore, per l'orgoglio di una nazione che non può sempre rimanere assente davanti ai fatti". Quello che è successo esattamente a Kabul quando ad un certo punto i russi sono entrati con le truppe e l'ONU aveva detto alla stessa maniera BISOGNA INTERVENIRE! NOI ITALIANI SIAMO INTERVENUTI! E subito Andreotti dice "BISOGNA PARTIRE" manco una piega!! Così ad esempio per il fatto della Palestina... gli interventi dell'ONU per far rispettare le leggi internazionali e la libertà e la dignità di un popolo riguardo la Palestina sono la bellezza di diciotto! Ma neanche han fatto UH UH neanche! E quando questo frankestain ha ammazzato cinquemila persone in venticinque minuti, cioè le ha asfissiate col nirvino, donne, bambini, BRACCHETA! C'è stato l'ONU che ha detto... EH NO! EH NO! E tutti noi abbiamo detto bisogna partire bisogna bloccarlo... NIENTE! Questa è una guerra per il petrolio, lo abbiamo visto nel gioco del salire delle azioni riguardo a quella situazione... stiamo combattendo per il problema del prezzo, dell'interesse, del vantaggio e via dicendo e a dimostrazione c'è un fatto di cronaca: la televisione ha fatto un inchiesta sul 466 fatto che la gente non gira più con tanto entusiasmo per le balere, per i night, per i luoghi di divertimento e veniva mostrata una balera moderna completamente vuota e il padrone diceva " la gente non ha voglia, non viene a ballare e a divertirsi... ce n'erano quattro li ho fatti entrare gratis ma non avevano voglia" e lei cosa dice "E' UNA GUERRA SCHIFOSA". C'è un'altra cosa che mi ha angosciato a proposito del valore di certe frasi, io a malapene ne parlo perché ci sono di mezzo due piloti che fra l'altro sono di una compagnia di cui ho visto alcune esibizioni e sono tra i più preparati tecnicamente a livello mondiale, tant'è vero che hanno battuto in sfide sull'abilità di colpire un bersaglio, volo in quota ecc... anche gli americani e perfino gli isdraeliani. Il presidente della repubblica ha detto "buon viaggio, buon lavoro, fatevi onore" GGGNNNACCC, la sfiga fino in fondo. Scusate, forse qualcuno di voi dirà che sono cattivo, ma io temo che QUELLO LI", non bisogna neanche nominarlo... MENAGRAMO!!! Ha detto siamo adulti ... POMPETA! Che quello parte ... "il carrello!!! Porco cane!"... e in volo subito turbolenza atmosferica... ci sono mille e cinquecento aerei fra inglesi e americani che volano tranquilli NO! c'è una nube schifosa con scritto PRESIDENT! Le "vacche" si chiamano, questi aerei che contengono benzina in quantità e che tranquillamente con una pompa che va a finire nel serbatoio dell'aereo... l'aereo va, ritorna indietro, gli danno ancora un pò di benzina... OH! la prima volta nella storia che si spacca tutto TUM BOOORLOCHE, uno solo che prende e 467 poi non torna OHHH! Io non dico più niente, ma non lo nomino più! E imparate a farlo anche voi! 468 Presentazioni Mistero Buffo INIZIO SPETTACOLO II versione 11 maggio 1998 MISTERO BUFFO DEL 24.O3.91 ROMA LA GUERRA NEL GOLFO Così, é più di un mese che siamo in guerra, come ai bei tempi, tra cristiani e musulmani. Io speravo veramente che si realizzasse una pace definitiva, invece, in IRAQ stanno combattendo ancora, si sparano, c'è gente che crepa, i Curdi stanno scendendo dal nord, stanno occupando una città dietro l'altra, ci sono gli sciiti che salgono invece dal sud, c'è Saddam Hussein, che ha buttato nel Nepal un po’ di gas nervino che gli éra avanzato. D'altra parte certe cose così preziose non si possono buttare via... bisogna pure adoperarle...ed è comprensibile, c'è qualche morto in più...ma ne val la pena! Poi ci sono anche gli sciamanniti, che è un gruppo religioso ed anche etnico particolare, proviene dal centro dell'IRAQ; si riuniscono in bande e girano per la città issando un palo della luce molto aguzzo, e vanno gridando "Saddam Hussein ti vogliamo in alto, sempre più in alto", e via dicendo. Ora, a parte la tragedia di questa guerra che doveva essere una guerra asettica, senza neanche un morto... pare che i morti solo tra i militari iracheni abbiano superato finora il numero di centomila e ci siano una cosa come centomila morti solo a Bagdad fra i civili. Dall'altra parte, invece, fra i militari che combattono per liberarci dal mostro infedele, di morti ce ne sono stati due o tre; uno, causa un colpo di sole, un altro colpito da un 469 commilitone mentre éra intento a fare i propri bisogni: purtroppo gli spuntava la testa da una duna. Il particolare che più mi ha colpito è il crescere ogni giorno di notizie che ci fanno scoprire quante frottole ci abbiano raccontato a proposito di questo conflitto. Per inciso, va ricordato che questo personaggio di Saddam Hussein, l'abbiamo costruito noi, diciamo noi occidentali, ma anche gli orientali. Senza il nostro aiuto sarebbe rimasto un piccolo delinquente di provincia, un criminale da strapazzo. Invece, grazie prima di tutto alle armi che gli si sono state fornite, é cresciuto fino a dilagare. Voi sapete che tutti hanno concorso a vendergli armi, compresi i russi, i polacchi, perfino la Repubblica di San Marino, oltre che la Svizzera e il Liechtenstein. Fra l'altro siamo venuti a scoprire che, secondo osservatori militari europei, Saddam Hussein può disporre oggi del quarto esercito, in scala di valori, del mondo... che è proprio una notizia da scompisciarsi dal ridere, soprattutto quando si viene a sapere che, per esempio, i carri armati russi che gli sono stati venduti, non erano russi, ma erano cinesi di scarto. Per capire il loro valore, basti ricordare che quando in Russia un carro armato viene male, si dice "c'è uscito un carro armato cinese". Ma ad ogni modo la cosa incredibile, è che lui, Saddam Hussein, si é davvero convinto, deficiente, di possedere il quarto esercito del mondo, che lo credessero gli altri éra una bufala, detto da lui... ed è per questo che lo hanno sollecitato a buttarsi con slancio in questa avventura. D’altra parte, vi ricordate della guerra contro Komeini? Un milione di morti soltanto ci sono stati di passaggio... e questa azione a cui concorsero moltissimo l'America, l'Inghilterra, 470 noi ecc., ha fatto sì che il grande rais Frankestein-Hussein poi venisse logicamente a richiedere il pagamento dell'obolo per il servizio eseguito. Appresso, questo deficiente, si è permesso anche di occupare il Kuwait come risarcimento dei danni di guerra subiti... giustamente lo abbiamo mazzolato... l'hanno mazzolato. E dire che sono stati proprio i bianchi civili ad allenarlo e ad incitarlo nell’acquisto e nella costruzione degli ordigni bellici. Per esempio, a partire dai gas, dove, guarda caso, sono arrivati come maestri di produzione, i tecnici tedeschi dell'est e dell'ovest, che si sono incontrati fuori sede per la prima volta a riprendere la loro tradizione di gasisti. E tutto, guarda caso, pochi mesi prima della riunificazione in una grande Germania. Almeno questa guerra è servita a qualche cosa. Possiamo immaginare di assistere alle lezioni su come si impiegano i gas: "Stai attento, Ussein, dunque: c'è un catalizzatore, poi abbiamo un gas inerte, un altro gas inerte. Solo se uniti col catalizzatore funzionano. Vuoi provarlo?... Va bene, dimmi su chi li buttiamo. I Curdi? Si! I Curdi vanno sempre bene, tanto li ammazzi e nessuno dice niente...al massimo l'ONU fa un rutto di indignazione, non più di così. Attenzione il Curdo è là, lo vedi? Buttiamo la prima bomba... ecco il gas che esce, non fa niente perché è inerte, ne buttiamo una seconda, non fa niente perché è inerte, STAI ATTENTO! SADDAM! A chi??? Là, adesso ci buttiamo il catalizzatore ...PUM!...guarda, guarda come fa il Curdo, lo vedi? Non è un ballo folkloristico regionale, è che è un po’ ubriaco. Adesso attento alla testina... TON! E' morto! Hai visto? IMPARA!!!” E così ha imparato. 471 Ma a proposito di frottole straordinarie... la più criminale si é rivelata quella che ci ha ammannito addirittura Bush in persona, e io l'ho bevuta, perché non pensavo che Bush fosse un elemento così screditato da venire a raccontarci una balla di questo genere. Si tratta, e l'avrete sentita anche voi, spero, immagino che anche voi ci siate cascati, come d'altra parte ci sono cascati la bellezza del 75% degli americani, sul fatto che bisognava per forza condurre questa guerra, e subito, non si poteva aspettare un anno, perché entro un anno certamente questo Saddam Hussein sarebbe riuscito a realizzare una potentissima bomba atomica fatta in casa... e allora sarebbero stati guai terribili. Ebbene, quando qualche giorno fa, il giornale più importante di New York, il "Times", ha realizzato un servizio di inchiesta, e ha interrogato Scanagh, l'ultimo padre della bomba atomica, e gli hanno chiesto "senta, cosa ne dice di questo fatto, del pericolo che Saddam Hussein possa farsi la bomba atomica?" Lo scienziato ha strabuzzato gli occhi ed é scoppiato in una risata con un singhiozzo inarrestabile. Han dovuto portarlo d’urgenza al Pronto Soccorso. E questi coglioncioni degli americani l'hanno bevuta” (risata). A proposito degli americani e del loro candore ho da segnalarvi un fenomeno davvero surreale. Prima di questo discorso sull’atomica musulmana Bush poteva raccogliere un’adesione popolare alla guerra pari al 51% scarso. Ma, appena ha tirato fuori, in diretta TV, la frottola suddetta, l’adesione alla guerra é salita al 90%. Questo vi dice l'importanza delle frottole, quando sono giocate bene. Ma la più criminale di tutte, devo ammettere, si é dimostrata 472 senz’altro la frottola del cormorano; tutti quanti ci siamo veramente intristiti e indignati di fronte a quella foto. Ve lo ricordate? Quel povero uccello, strepennato e muto, lì sulla spiaggia, con il petrolio buttato fuori da questi bastardi di iracheni ... lui, ficcato nel bagnasciuga, arrivava quest'onda questo BLOOB BLOOB, rispuntava con un occhio tappato, faceva appena a tempo a respirare che BLOOOB, un'altra onda di un mare schifoso... che io veramente ho detto "Ma che criminali bastardi!", e tutti quanti ce la siamo presa. Ebbene, adesso vi posso svelare che éra tutta una balla, una frottola gigantesca! Tutti gli scienziati legati all'ornitologia, di tutto il mondo, si sono indignati; i francesi in particolare su "Le Monde" hanno pubblicato un articolo dove nel titolo si leggeva: "E’ una fandonia che non accettiamo", perché? Perché di cormorani, di baby cormorani, sulle coste del Kuwait, in quel periodo, gennaio, quando è stata effettuata la ripresa, non ne esiste più uno ch'è uno: se ne sono andati già via tutti in settembre!!! E ritornano in maggio. E figurati col casino che c'è stato lì, se ritornano, chi li vede più!!! E allora ‘sto pellegrino di cormorano DOVE L'HANNO PRESOOO! Vuoi vedere che é un cormorano rimasto fuori di orario di partenza?? “Scusi avete visto dei cormorani... ché io devo emigrare, devo andare al nord, e temo di aver perso l’ultimo stormo migratore.” No, raccontata così la balla non sta in piedi. La verità é che fotografi e operatori televisivi, quando c'è stata la sparata fuori di petrolio nel nord del Kuwait, vi ricordate? non sapevano chi e cosa fotografare. C'è stato lo scandalo, si parlava addirittura di un milione e mezzo di barili. Allora, fotografi e operatori hanno detto: “qui c’é da 473 fare un bel servizio. Magari con dei bei fenicotteri imbrattati nel petrolio che ha impiastrato tutto il mare.” Ma il petrolio é sparato fuori dai pozzi, lassù, nel nord, a trecentocinquanta miglia da Riad, cioè dalla costa più prossima. TRECENTOCINQUANTA MIGLIA! Vi immaginate questi qua con le macchine da presa, su un gommone, che remano per trecentocinquanta miglia, per tre giorni, e quando finalmente arrivano là... chi ti trovano? Gli iracheni che saltano di gioia e gridano "finalmente possiamo abbattere un mezzo straniero" PUM PUM sul gommone, e loro "FERMIII! Noi siamo qui solo per riprendere il cormorano insozzato!!" "Ma non c'è il cormoranoooo!" "Ah, si? Peccato!". No, neanche questa balla sta in piedi. In verità, la troop dei cameramen non si é mossa da Riad, sono andati allo zoo, e lì anche i cormorani che c'erano erano scappati, e hanno trovato un Mabibu, che non è della classe dei cormorani, no, è un uccello trampoliere fra l'altro, che vive esclusivamente nell'Asia Minore, e in particolare negli acquitrini paludosi di acqua dolce. Come l’hanno individuato, i cameramen: "scusi, signor volatiletrampoliere, le spiace venire al posto del cormorano in spiaggia?" "Ma no! Ma io che c'entro! Io odio il mare", "Venga per favore..." E siccome questo animale ha degli strani pennacchi qui in testa, glieli hanno tagliati all'umberta, cioè alti un dito. Avete notato che quel cormorano aveva i capelli alla squatters?! E poi l'hanno pucciato dentro "scusi...chiuda la bocca PIU'PIU'PIU', sorrida... UNO DUE TRE ... ci basta, grazie, vada pure BLOBLOBLOBLO". E noi tutti, come tanti boccaloni, ci siamo commossi fino alle 474 lacrime a questa malandrinata messa in scena. Ma la commozione l’abbiamo provata in seguito a quella dichiarazione, vi ricordate, di Schwarz Scoop, il generale abbondante, uno dei più grandi generali del mondo, nel senso di dimensioni, due metri e dieci di altezza senza tacchi, un quintale e dieci chili senza l'osso, ve lo ricordate? Quello che veniva sempre, ad ogni conferenza stampa, simpatico con quella faccia rubizza, che a mé tutte le volte mi veniva voglia di chiedergli "mi dia quattro etti di filetto, un ossobuco e un po’ di carne per il gatto", simpatico... A un certo punto ci è mancato, a mé manca proprio, è un vuoto che ho familiare quasi... Ebbene, una volta, alla quarta conferenza stampa, è arrivato e, invece di essere vivace come di norma, ci si é mostrato perplesso e abbacchiato. La ragione l’abbiamo saputa poi, éra causata dal fatto che le rampe dei missili di Hussein che sparavano appunto i famosi razzi, dopo ogni lancio sparivano nel nulla. Ogni tanto ne individuavano qualcuna, la distruggevano, ma ecco che dopo un attimo ne appariva un’altra e non si capiva da dove fosse spuntata. Lo stesso succedeva con i carri armati. Carri armati che uscivano non si sa da dove, i bombardieri li puntavano, ne buttavano all’aria una decina, poi TRACCHETE, altri dieci che rispuntavano dal nulla. A un certo punto i generali della coalizione hanno avuto il sospetto, lui l'ha detto, che si trattasse di falsi carri armati. Ed éra proprio così: erano tutte sagome di carri armati in vetro resina. E chi li ha fabbricati questi carri armati?? (risata) NOI! Noi italiani! Guardate che siamo dei geni, degli extraterrestri!! Il genio in questione é un artigiano di Torino che ha fabbricato per Hussein 475 qualche migliaio di sagome. E quando si è saputo a Torino che il Comune aveva concesso il benestare perché si innalzasse un monumento al costruttore magico di questi mezzi cingolati in vetro resina, proprio per ricordarne la pantagruelica creatività, c'erano tutte le televisioni del mondo a intervistarlo, è incredibile! L’hanno aggredito con le telecamere e i microfoni: "Per favore ci sveli come ha potuto fabbricare carri armati così leggeri, agili e facili da trasportare in gran numero.” “Ecco qua, é semplice” ha risposto lui e li ha portati nell’officina: “Ecco, vedete questi fogli, sono sagomati per stampo su un disegno diverso per ogni facciata, e quindi affiancati l’un l’altro a mo’ di libro. In ogni carico di camion ci stanno quaranta carri armati, ed é semplicissimo rimontarli, basta seguire il libretto di istruzioni affiancato: A con A, B con B, questo va a incastro, quest’altro pezzo si inserisce a chiave, non c’é un bullone né una vite.” E’ così facile e divertente assemblarli che gli iracheni lo fanno fare ai bambini, come premio. Ma ad un certo punto, dice l’artigiano monumentato, le richieste di carri usa e getta erano cresciute a tal punto che non ci permettevano di farvi fronte. Così abbiamo spedito le sagome da calco e se li sono fatti da sé, in quantità esagerata. Ma il cronista della nostra terza rete chiedeva con insistenza “Ma come fate a muoverli, sono leggeri sì, ma come vi riesce di farli camminare nel deserto?” “Basta una corda molto lunga. Guardi si lega qua, uno si mette in una buca e poi tira il carro armato che viene avanti come una slitta.” “Sì, ma il calore emanato dal motore come lo realizzate?” “Voi sapete che gli attrezzi di rilevamento di cui 476 sono dotati gli aerei americani, se non rilevano il calore non danno l’ok perché si spari, anzi emettono una serie di pernacchie con contrappunto di sghignazzi e l'aereo se ne va”. “E’ semplice” risponde il genio dei carri-bidone, “noi ci mettiamo una stufetta a serpentina, loro rilevano il calore e dicono - ah ah c'è il motore e sparano razzi e cannonate come al carnevale di Rio. “Ma dico, e l'altro, il rumore?” “Cingoli! Una cassetta con registrazione di cingoli. Gli stessi per il doppiaggio al cinema... GRUBLUBLUGRUBLUBLU”. Ma come si può pensare che queste macchine si siano lasciate imbrogliare da mezzi così semplici... avete visto che razza di rilevatori hanno dentro: nel cruscotto centrale di questi aerei caccia bombardieri c'è una specie di schermo, si vedono tutti i disegnini che si muovono come i videogames e il pilota non sta neanche a guardare attraverso il parabrezza, ma guarda direttamente il cruscotto e vede meglio tutto. C'è una voce che gli dà tutti gli elementi, gli dice: “vai,vai , stai tranquillo, ecco, ecco, prendi quota, fino a trentacinque abbassa dodici, ecco rileva, rileva, rileva, la velocità va bene così come va, ecco stai bene, la tua mamma ho saputo che stai tanto bene, vai vai” e appare la faccia della mamma che gli manda bacetti. C’é pure una manina che viene su e gli ammolla degli schiaffetti e gli torce appena l’orecchio, che gli tanto fa piacere. Poi una grattatina sulla nuca e “Sei splendido!” Quindi, come per incanto, appare sullo schermo del videogames l'immagine assonometrica addirittura di carri armati, delle costruzioni, di quello da colpire, danno il peso... ecco qui un carro armato c'è, c'è, c'è, eccolo l'ho 477 inquadrato, guarda che c'è, dai adesso SCHIACCIA ci sei, sei puntato SCHIACCIA TI DICO! Se uno è un po’ distratto, la manina gli afferra la mano e lo costringe a schiacciare... parte un razzo tremendo che ha anche una video camera in testa, tutto intelligente, riprende quota, risale ed emette anche una canzoncina “CARO IRAK, ORA FAI SCIAC, CON ‘STO RAZZO FAI PUM TRALALA’, SEI FOTTUTO TU E ALLAH” scoppia, salta tutto per aria, l'aereo riparte, c'è una risata registrata IIIHAAAA AHA AHA e suona la valchiria. E’ inutile, noi italici come bidonisti siamo il massimo. Però ci sono stati dei fabbricatori di trucchi inglesi, che ci hanno fregato, hanno fregato i torinesi anche. Infatti hanno realizzato addirittura un carro armato di gomma. E' una specie di polpettone... in una valigetta così viene costretto, bén plissettato, tutto c'è il carro armato... Il tecnico bidonista prende la sua valigetta, inserita fuori dalla valigetta c'è una pompa di quelle a pedale, si sistema a terra, si schiaccia su e giù il pedale, viene fuori POP POP POP il carro armato, cresce e si concretizza coi cingoli, la torretta, i cannoni, ch'è il punto più delicato, che se non si pompa con molta forza il cannone rimane moscio così... e il pilota se ne accorge...Quando arriva l'aereo PEMPEMPEM TUNTUNTUN dritto come un cannone, appunto, ed ecco che PRAAAPUUM! Parte il razzo, colpisce il bersaglio e a ‘sto punto c'è il commento di un pilota americano che è veramente divertente, dice: “è strano come si comportino questi nuovi carri armati iracheni, perché non esplodono, non deflagrano come gli altri russi cinesi. Non so di che marca siano, che nazione glieli abbia 478 procurati, perché come li becchi saltellano qua e là nel deserto TUM PIM TUM PIM ed emettono uno strano sibilo PIIIIIIIII. Quindi scompaiono nel nulla.” PROPRIO UNA STRANA GUERRA! Un'altra situazione davvero grottesca è quella dei preservativi. C'éra il problema di preservare le canne delle mitragliatrici, dei fucili, delle pistole... perché se l’interno delle canne si riempiva di sabbia, c'éra il pericolo che l’arma scoppiasse... SPARI... E' PIENO DI SABBIA... DEFLAGRA... SI SCALDA VELOCISSIMO... e allora su ogni mezzo da tiro si infilava un preservativo... ed éra strano! Ho visto due o tre fotografie che ci hanno mostrato i giornalisti francesi di queste armi a ripetizione o a rinculo col preservativo dietro attaccato anche su mitragliere da venti millimetri, e alcuni preservativi infilati sui cannoni, non so di che misura, marca e provenienza. Roba gigantesca, da elefanti. Ma io mi immagino i primi iracheni che si sono beccati i colpi di proiettili da questi qua, ancora avvolti nel preservativo, che per la fretta non stavano a sfilarli TO’... UN PROIETTILE CON IL CONDOM! E’ inutile, come dicono i francesi, questa é proprio una “drôle de guerre”, una guerra da crepar dal ridere. Il coronamento di questo conflitto da clown é la scoperta delle galline da combattimento. No, non é un lazzo buttato lì tanto per stupire a scompiscio. Hanno usato davvero le galline in guerra...è la prima volta che le vedi combattenti, forse le superstiti di questa guerra riceveranno una croce particolare di Gladio ; quelle che rimangono vive le vedremo sfilare a Taranto, noi staremo a salutare tutti ritti sull’attenti e ci saranno anche i presidenti vari che le 479 baceranno. La storia è questa, l'avrete letta sui giornali, sul Corriere della Sera, ad esempio, sulla Repubblica, non vi racconto favole: nelle foto allegate si scorgono alcuni marines con una gallina bianca in mano, fra l'altro solo galline italiane, ecco perché dicevo che le croci di guerra verranno tutte dall'Italia; hanno svuotato interamente le nostre aziende gallinifere, le batterie intiere, anche centomila per volta. Ma veniamo all’utilizzo di questi gallinacei. In una ripresa televisiva si nota questa gallina in braccio al marines americano. Il marines calza il suo elmo regolamentare bén mimetizzato con la rete, calza sulla fronte due occhiali, uno per vedere con il sole e il vento, l'altro per vedere di notte con gli infrarossi. Sul frontespizio dell’elmo spunta una vistosa lampadina che parabola automaticamente scrutando l'orizzonte. Qui sul petto é appeso un tubo che contiene una maschera antigas, maschera che fuoriesce e si spalanca andando a coprire la faccia del marines, il tutto con un solo scatto. Dai glutei partono due briglie che trascinano una cassetta munita di ruote che agisce automaticamente spostandosi da una parte all’altra per meglio spiare al di là delle dune. A completare l’arredamento abbiamo una bombola di ossigeno sotto l’ascella, la riserva d’acqua appoggiata tra le cosce (serve anche da raffreddamento agli organi delicati), il metano di dietro, una riserva di petrolio incollata all’altezza del ginocchio, sull’esterno, e anche una sigaretta già accesa, infilata nel boccchettone della maschera antigas, nel caso uno avesse l’impellenza irresistibile di fumare. Ma ci siamo dimenticati della gallina? No, per carità! Essa, bipede, sta appollaiata su un pistolone 480 tremendo, che il nostro marines esibisce facendolo scorrere in avanti da sotto l’ascella destra. Con quello spara dei proiettili grossi come uova, che esplodono e fanno raggi. Il frastuono é tremendo ma la nostra gallina da combattimento rimane costantemente abbrancata alla cassa del caricatore. Ora mi chiederete: “Perché il marines si tiene la gallina sul mitragliatore? Così, per scaramanzia?” Niente affatto. La gallina assolve a un grosso impegno. Essa possiede uno straordinario istinto, cioè ha la facoltà di captare da lontano, lontanissimo anche una bava di gas nervino... se un bastardo di iracheno tira una bombola di gas, anche a 5km. di distanza, la gallina WAW WAW WAW, fa un baccano d'inferno, starnazza, spara uova a grappoli e scagazza, scusate il termine ma é gergo tecnologico-militare. Ora, la cosa fa scattare subito l'intelligenza e la percezione del marines, il quale fra un passo e l'altro... dice AH! IL GAS! PIUM, schiaccia un bottone, gli parte subito la maschera già aperta che gli si incolla sul viso. Naturalmente la gallina entro dieci secondi muore secca. Andiamo, non possiamo mica dare la maschera alla gallina! Le galline sono come i palestinesi... niente maschere. (Rivolto a uno del pubblico) Sì signora, alludevo proprio al fatto che durante l’ultimo bombardamento a Tel Aviv, all’arrivo dei razzi iracheni non si son trovate maschere da distribuire ai palestinesi. E anche lei, signora, con tutto che ha mormorato appena, l’ho sentita lo stesso. Io ho un orecchio tremendo, lei ha esclamato risentita: “A no, cosa c’entrano i palestinesi con le galline!” Ha ragione, le galline sono molto più utili nel conflitto, infatti non servono soltanto a dare l’allarme per l’arrivo del 481 gas nervino, ma servono soprattutto per disinnescare le bombe. Voi sapete che a Saddam Hussein sono state vendute mine da quasi tutti i popoli della terra. E quante ne ha acquistate lui? Diciotto milioni di unità. C’é questo deserto nel Kuwait che é tempestato di mine, é incredibile, non si può andare in giro. Se uno mentre va sull’autostrada, che é l’unico percorso ripulito, gli vola via un pacchetto, guai se si permette di andare a recuperarlo. Come mette piede sulla sabbia PAM! salta per aria. Ora, per disinnescarle l'appalto è stato dato ai francesi; avrete visto qualche immagine televisiva: loro hanno una specie di cannone che spara nel deserto, appunto, una catena lunghissima con un rostro finale; poi c'è un braccio meccanico che prende dall'altro lato la catena e comincia a scuoterla dando ribattoni terribili, un fracasso d’inferno, col fracasso tutte le mine di fabbricazione inglese, francese, russa, polacca, svizzera ecc... PIM PAM PIM PAM saltano per aria che sembra proprio Piedigrotta PIM PIUM PIM PUM, una cosa veramente festosa. Tutte, vi dico tutte scoppiano... salvo le nostre, le italiane, le valsella. Nove milioni gliene abbiamo vendute, nove milioni di mine VALSELLA: 50% di partecipazione Fiat. Perché? Perché noi abbiamo bombe intelligenti, e non delle trappole per topi. Le nostre valsella quando si fa baccano sbattendo catene, non fanno una piega anzi, dalla cupola della bomba, escono due manine che sbattendo una contro l’altra eseguono il gesto sfottente alla napoletana. Infatti le nostre mine saltano per aria soltanto a pressione del piede umano, sono a misura d'uomo, non per niente noi abbiamo creato l'umanesimo. Tutti i nostri alleati devono cominciare a 482 rispettarci come meritiamo, perché, d’accordo che in questa guerra non abbiamo offerto un apporto determinante soprattutto in materiale umano, ma abbiamo concorso con il materiale meccanico in partecipazione straordinaria come nessun popolo al mondo. Devono piantarla anche di sfottere e di prendere in giro i nostri ministri quando ci si riunisce al banco, meglio dire al tavolo, per dividere le situazioni di vantaggio di questa guerra. Devono piantarla! C'è quel nostro ministro De Michelis che tutte le volte che arriva... PAAM una porta in faccia, che ormai ha un faccione così e ha dovuto dipingersi gli occhiali sulla faccia per quanti gliene hanno spiccicati. Dobbiamo ammettere che é molto brutto con quella testa, con quei capelli impataccati di catrame schifoso , CHE E' LUI ... IL CORMORANO! E' LUI! Un cormorano ripieno! Non vi dico di che cosa... Ma mi sono dimenticato di raccontarvi di come le galline vengono impiegate: prima di tutto col loro ticchettio producono lo stesso valore della pressione di un piede. Così, i tecnici spazza-mine buttano le galline sulla sabbia nel deserto e appena quelle cercano da mangiare TICTICTIC...PAM! Scoppiano loro e le bombe intelligenti, fregate! Ma per invogliarle naturalmente a becchettare bisogna spandere il becchime. Quindi c'è un elicottero apposito che versa e distribuisce il becchime. Una scia straordinaria! Questo avveniva già nei primi tempi quando dovevano formare delle strade per poter transitare coi carri armati per il deserto minato e c'erano ancora gli iracheni nelle loro buche in trincea. I tecnici spazza-mine passavano a volo radente con queste becchinate tremende, disegnavano 483 lunghe scie WWAAAAA e lì gli iracheni che stavano nelle buche hanno cominciato ad andare in crisi: “Ma come! Ci buttano il becchime per polli?! Va bene sfotterci ma questo è un po’ pesante... abbiamo fame ma non esageriamo!”. Poi, una volta steso il becchime, ecco che arriva la gallineria, cioè centinaia e centinaia di galline ammassate dentro questi elicotteri speciali che si chiamano “apache vallespluga”. Arrivano e WWAAAOOO e buttano giù galline, si apre la pancia di questi elicotteri, piovono galline a stormi che inondano il deserto, sono affamate, da cinque o sei giorni che non toccano cibo, proprio a livello iracheno e cominciano TI TO’ TI TO’ TO’ PIIM PAAM PIIM PAAM PEEM PEEM, volano quarti di gallina fritta alla diavola fragrante dappertutto, ed è la prima volta che gli iracheni godono di un bel pasto caldo. Mi capita spesso che davanti a una tragedia come questa che stiamo vivendo, di istinto vado a vedere cosa hanno scritto di situazioni analoghe gli antichi. In questo caso Aristofane mi é parso il migliore: sembra faccia esattamente il commento dei fatti e degli antefatti di questa guerra. Aristofane aveva scritto la bellezza di quattro opere sulla guerra in particolare "La Pace", magnifica. L’ho riletta in questi giorni e ho scoperto i discorsi coi quali si esibivano questi uomini politici greci con l’intento di coinvolgere Atene nella guerra che éra già in corso ad opera di Sparta. Sono gli stessi, identici discorsi che abbiamo sentito scodellare a ripetizione dai nostri politici in questi tempi: “la pace è un dono sacro e non bisognerebbe mai violarla, ma in questo momento noi dobbiamo rompere ogni indugio e unirci ai nostri alleati che altrimenti rischiamo la 484 solita figura di vigliacchi, di femminucce, scopriamo mancanza di dignità e di virilità”. Sembra proprio la fotocopia di una delle tante sparate al parlamento dei nostri politici d’assalto ma ne “La pace”, di Aristofane c’é una variante: all’improvviso, fra i deputati, si erge un personaggio di grande autorità: é l’arconte, il gran capo del parlamento che, dopo aver ascoltato i vari interventi, prende la parola e urla: “Sì, mi avete convinto e soprattutto commosso. Questa guerra s’ha da fare. Quindi, cari deputati e senatori, siete tutti arruolati. Preparatevi a partire per il campo di battaglia. Avvertite le vostre vedove, pardon, mogli.” I politici in massa sbiancano in viso: a uno gli prende un coccolone e muore sul colpo, un altro resta fulminato e in paralisi totale, altri, in gran numero, se la fanno addosso, i rimanenti fuggono buttandosi dalle finestre. Pensate che splendido sarebbe poter fare altrettanto coi nostri omino politici; dopo i loro discorsi guerreschi alzarsi e poterli fulminare con un “ok, vi arruoliamo”... per esempio Spadolini arruolato nei mezzi da sbarco anfibi, lui proprio un mezzo da sbarco, sdraiato, i marines sopra con la pagaia che scivolano nel golfo... oppure Giuliano Ferrara mezzo cingolato con sta' pancia BOLUBLUBLU, con le bretelle da lancio TOCCHETA per tirare bombe, oppure Forlani, già mimetizzato colore neutro, paglierino color sabbia e sempre talmente giallino che, nudo nel deserto, non lo vedi più. Poi Craxi non c'è bisogno neanche di mettergli un elmetto, basta fargli una riga qua (indica il livello delle sopracciglia), e lui è già corazzato. Quindi, mezzo terroristico di persuasione occulta, Giulio Andreotti: basta sollevarlo da una duna e “O 485 mio Dio!” tutti gli iracheni si arrendono. Fra l'altro avete saputo che Andreotti stava per partire la sera del bombardamento? Il giorno in cui hanno bombardato Bagdad, l’Onorevole Giulio alle cinque, nessuno éra al corrente che gli americani si stessero accingendo a questa operazione di massacro totale, lui personalmente éra stato incaricato da tutti i ministri degli esteri europei di tentare l'ultima chance, cioè di recarsi da Saddam Hussein e di convincerlo a nome dell'Europa ecc... l'ha dichiarato lui stesso. Alle sei éra a Ciampino con un aereo speciale che doveva partire immantinente soltanto che il capo del controllo ha bloccato l’ordine: “fermi un attimo c'è un piccolo guasto, un’inezia , è un bullone con vite particolare che si é ammollato e non troviamo come sostituirlo all’istante, ma adesso rimediamo, tempo due o tre ore e si riparte.” Infatti all’una l’aereo é pronto per prendere il volo, si avvia verso la pista di decollo ma: “Alt! Fermi tutti! La TV sta dando la notizia proprio in questo momento del bombardamento di Bagdad. 200 caccia bombardieri al minuto, 5000 tonnellate di esplosivo in mezz’ora.” E così, causa questo bullone, Andreotti non ci si é trovato in mezzo. Pensate voi, per un bullone di 3 millimetri, che senza ‘sto pezzo di ferro a vite, lui, Andreotti, si sarebbe trovato puntuale sulla pista di Bagdad, con ‘sta tempesta di bombe addosso. Cosa ci avrebbero restituito di Andreotti? Un cofanetto di frammenti ricordo. Ora, ditemi voi, a cosa é legata la storia di un popolo, a un bullone. Bisogna ammetterlo, in questi tempi la fortuna non ci arride! 486 È uguale- copia di quella prima Il primo miracolo di Gesù Bambino Traduzione Quando nel cielo grande e scuro, pieno di stelle, di colpo come un fulmine è arrivata la stella cometa con 'sta grande coda splendente di fuoco... Sbandando a zigzag come un serpente ammattito con il ballo di Sanvito... ed è piombata dentro a 'sti lumini di stelle come un pipistrello a scompigliare una frotta di lucciole spaventate... 'ste povere stelle si sono messe a gridare: "Ma chi è 'sto sacramento!" E questa grande stella andava come ubriaca, tornava indietro e scompariva lontano, e tracciava una gran scia che era proprio il cammino per i Re Magi. Infatti c'erano i tre Re Magi che venivano da lontano, fin dall'Oriente. Il più vecchio dei tre Magi era un re con tanto di corona d'oro in testa, i capelli bianchi e una barba grigia. La faccia ingrugnita, un naso a becco da cattivo e bestemmiava, tirava a "sacramenti" perché aveva dei bubboni sul culo che ad ogni a "sellata": toc! si spiaccicavano da farlo gridare. Ce n'era un altro, un re, giovane, montato su un cavallo bianco, in testa la corona sotto la quale gli spuntavano riccioli tutti d'oro e, più sotto, occhi celesti. E, sempre, sulla bocca aveva un sorriso. E ce n'era un terzo montato su di un cammello: ed era un Magionegro, un negro ma così negro, che, a suo confronto, il cammello grigio che montava pareva più bianco del cavallo bianco del Magio biondo. Bello di faccia e tutto ridente, sempre sul Cammello andava cantando. E cantava di continuo, di continuo questa tiritera: 487 "Oh che bello, che bello che è andare sul cammello Che bel, che bello! Un saltello, due saltelli sulla gobba del cammello Oohh che bello, che bello il cammello che va a Betlemme Sotto il lume di mille stelle. La cometa che accompagna giusto fino alla capanna e la Madonna che ninna il bambino che frigna e piange e San Giuseppe che sega, sega Gli angiolini che volano e pregano L'asinello e il bue che soffiano e il cammello che sgamba e sgroppa balzelloni, guarda come trotta. Oh che bello, che bello, che bello che è andare sul cammello. Di gran lunga è più bello che andare sul cavallo sul cavallo ti si scuotono i testicoli questo non ti capita sul cammello. Che bello, che bello, che bello!" "Basta, basta! — il vecchio bestemmiava — Ma non si può! Sono quattro giorni e quattro notti che canta che è bello su 'sto cammello!" (Il Re Magio negro riprende la tiritera) "E per forza che mi tocca cantare 488 sul cammello per farlo andare perché se io non gli canto il cammello s'addormenta, si addormenta, cade per terra si inciampa e io ruzzolo a basso col cammello che mi frana addosso così rimango tutto schiacciato. Certo che canto sul cammello! Oh che bello, oh che bello! Così arrivo alla capanna con la madonna che ninna San Giuseppe che sega, sega il bambino che ragiona e piange gli angioletti che volano e pregano. Il cammello che sgroppa e trotta oh che bello, che bello, che bello! Sopra al cammello bisogna che canti anche per dargli un po' di ritmo perché andare sul cammello non è come andare in groppa al cavallo che il cavallo va al galoppo e il cammello sgamba al trotto zampe ambate una davanti l'altra dietro, che se non si da il tempo giusto incespica una gamba nell'altra inciampa e va là ruzzolando a rotoli se ne va e si schianta e io sotto ribaltato tutto schiacciato dal cammello oh che bello, che bello, che bello! 489 Dargli il ritmo e farlo ballare che a Betlemme io voglio arrivare col cammello. Oohhee che bello! Oohhee che bello! " "Basta! - grida disperato il vecchio Re Magio - Ti mangio vivo! Ti pelo via tutto il negro e mi mangio il bianco di dentro! Te lo mangio intiero! Già, L'idea di far venire anche un Re Magio negro, perché doveva esserci tutta l'umanità! Non potavamo portarci appresso un giallo, rosso, a pallini... No, negro! E poi con questi occhi bianchi che ha, con la pupilla nera in mezzo, che quando c'è scuro gli viene rossa che pare una belva feroce. Che l'altro giorno sono andato in campagna, che avevo dei miei bisogni un po' di corpo da fare... e mi sono tirato giù le brighe, perdonatemi se ve la racconto, ero a metà, accovacciato sulle ginocchia, proprio in questa posizione, quando ti vedo davanti a me due occhi da bestia feroce! Mi sono cacato sopra alle brighe! E poi era lui che cacava davanti a me! Cacava ma non cantava! L'unica volta che non cantava. Non poteva forse gracchiare: Oh, che bello, che bello è cacare senza il Cammello?" In quel momento la stella cometa fa una svolta come un fulmine e di colpo si ferma in mezzo al cielo, bloccata. " Cosa è successo?" E il negro gli dà una risposta con una bella cantata: "Si è fermata per riprendere un po' di fiato! 490 Vuol dire che siamo arrivati! Arrivati quasi a Betlemme, che bel, che bello!" Disperato, il Re Magio vecchio sprona il suo cavallo e se ne va via come un matto e dietro subito lo segue il Re Magio negro e tutti e due vanno in fondo nello scuro, nel buio e scompaiono... Scompaiono ma si sente più di lontano: "Oh che bel, che bello!" "Basta!" "Oh che bello... " "Basta!" (Mima l'ascolto di voci sempre più flebili e lontane) "Oh che bello!" "Basta!" E poi un gran silenzio. In quel momento, di colpo, nel cielo, appare un angiolone. Con i capelli tutti scompigliati e i boccoli che col vento sbandieravano. Con un cerchione d'oro inchiodato sulla testa. Con grandi lembi del vestito di seta che per il vento svolazzavano come vele slacciate. E di traverso, qui sul petto, un gran nastro di seta con scritto sopra: "Angelo!" Apposta per quelli che sono tardi a capire. E questo angelo, con le sue grandi ali tutte colorate, andava volando come una tremenda poiana nel cielo. Veniva giù a capo morto quasi a graffiare la terra e gridava: "Uomini di buona volontàaaauuuuaaaauuuvvvvvv... venite che è nato il redentoreeeeaaauuuaavvv!" (Mima la picchiata con volo radente dell'angelo) Con tutti i pastori che si buttavano per terra spaventati! 491 "Oheee... ma sei matto! Vuoi schiacciarci? Hai spaventato tutte le pecore... che glí è andato via anche il latte! (Mima un'altra picchiata dell'angelo che per poco non lo travolge) Se almeno ti capitasse di andare a sbattere contro la montagna così che il cerchione ti si incastra fino al collo e ti sparpagliano tutte le piume da ogni parte. Gallinaccio!" E i pastori si mettono in cammino verso la capanna e portano tuta la roba da mangiare. E chi porta del formaggio, chi un capretto, dei conigli, un altro delle galline, e chi gli porta del vino, dell'olio, chi porta le mele cotte e le torte con le castagne. E poi ci sono quelli che arrivano con la polenta apposta dalla Bergamasca. Roba che dare della polenta a un bambino appena nato, ci vuole una bella testa da coglioni. Ma dicono: "Bisogna fare il presepe!" Sant'Anna, nella capanna, metteva a posto tutti i doni che arrivavano. Che tutta la stalla era piena di cose da mangiare, l'asino era tutto coperto di pacchi e fagotti tanto che gli spuntava fuori solo la testa, mezzo soffocato. La vacca era coperta che non si vedeva più. Galline, formaggi, salami, botticelle dappertutto che sembrava d'essere al mercato! Arrivano i Re Magi, si inginocchiano. C'è il vecchio che porta il suo regalo, poi il giovane e arriva dentro il negro... "Ohe che bello, che bello, che bello! Il Bambino nella cesta" "Fuori negro, via, zitto! Non spaventare il Bambino. Canta di fuori!" 492 In quel momento si sentono i soldati che arrivano. I soldati che vanno in tutte le capanne a vedere se è nato il Redentore per ammazzarlo. E allora, davanti alla capanna dove c'era la Madonna e Gesù Bambino, l'angiolone si para davanti con una tremenda sciabola. Arrivano i soldati e quello che stava in testa si blocca: "Fermi, guardate, davanti a quella capanna che sacramento di angelo c'è lì, via che ci spacca in due! Via, via, scappa!" E in quel momento nella città, patatum patatum patatum un banditore: "Ehi ascoltate mamme, ascoltate donne! Chi di voialtri ha fatto nascere in questi tre giorni un bambino può essere contenta, perché il re ha deciso di dare un premio al più bel bambino che è nato. Portatelo alla reggia. Portatelo dentro alla casa grande di Erode e al bambino più bello donerà una coroncina con su scritto: "Oh come è bello questo bambino! É un bambino quasi più bello del figlio di Dio!" E anche la donna che l'ha partorito avrà una corona con sopra stampato: "Questa è la Mamma che ha fatto nascere 'sto bambino! Bello come Dio!" Sant'Anna che ha ascoltato 'sto discorso è andata subito dalla Madonna: "C'è un premio, andiamo, porta subito il tuo bambino al concorso." - "No che non lo voglio. Io non ho bisogno di avere consolazioni oltre di quella che ho già avuto!" - "No, non ha importanza, bisogna che lo sappia tutto il mondo. Il premio donato da Erode non può prenderselo un altro bambino! Andiamo, andiamo! Ubbidisci alla tua mamma!" E fanno per uscire ma poi ci ripensa e dice: "Aspetta che andiamo a prendere dei nastri per far più 493 bello il nostro bambino e tu Giuseppe dai un occhio al bambino e stai attento che non gli capiti qualche cosa. " Vanno fuori e subito San Giuseppe pianta lì di segare e dice: "Qui ci deve essere una trappola, io sento che c'è una trappola. Gesù Bambino cosa ne dici tu?" E Gesù, Bambino che era già intelligente, dice: "Sì, sì..." e schiaccia l'occhio. Allora San Giuseppe tira fuori un bicchiere dove c'era dentro della roba nera per (dipingere) i catenacci. Con un pennello tac, tac, tac, fa dei puntini tutti in faccia al bambino che faceva tutte le smorfie per il solletico. "Fermo là!" poi riprende a segare. Arriva dentro Sant'Anna: "Ohaiooh! La rosolia!... La rosolia nera! Quel negro che è venuto dentro ha spaventato il bambino!" Poi prende uno straccio fru, fru, fri, pulisce, pulisce, diventa tutto pulito, pulito. "Qualcuno ha dipinto delle palline sul faccino del bambino! Chissà chi è stato?" San Giuseppe che segava: "Io non so, io non so." - "Attento tu con quella sega, che io ti sego via qualche cosa, oltre alle corna!" Cattiva che era Sant'Anna! Poi lei e la Madonna vanno fuori di nuovo a prendere degli unguenti per dare un bel profumo al bambino: "Stai attento che andiamo fuori, guarda che se capita qualche cosa al bambino la colpa è tua!" Allora San Giuseppe appena che le due donne sono uscite, non sa cosa fare... Scorge su un muro un bestiolino... tutto rigato giallo e negro, un' ape, un' ape grande, che sembrava più un vespone. Prende un bicchiere... toc... Col bicchiere 494 l'imprigiona contro il muro... presa! Una tavoletta. Soomm! e la chiude sopra l'orlo (l'imprigiona nel bicchiere). "Scusa ma ti devo far dare un morso proprio sulla guancia. Tum! Ploff! (Indica un immediato rigonfio sulla guancia del bambino) Dall'altra parte: toc! Ploff! Tum! (Indica un rigonfio che spunta sull'altra guancia) Tum! In fronte! (C.s.) La trinità dei bozzi!" Poi, come se niente fosse, ritorna a far finta di segare. Arriva dentro Sant'Anna: "Aaahhh Dio! Guarda 1ì. Com'è conciato... Oohhee cos'è capitato? Che mostro! Guarda lì!" "Ma non stare a piangere, è cosa che va via quasi subito, due mesi al massimo." Dice Giuseppe. "Cos'è?" (Indicando i bugnoni) "E il dente del giudizio!" - "Da tutte e due le parti?" - "Sì!" - "Anche in fronte?" - "Se non ce l'ha in testa lui il giudizio!" Piange la Madonna, piange Sant'Anna. "Che disgrazia! Proprio adesso dovevano capitargli 'sti tre denti del giudizio, che c'era un bel premio da guadagnare! Non potremo più portarlo, tanto che è mostruoso!" Di lì ad un poco, fuori per la strada, si sente piangere. Si sentono le grida disperate delle donne, delle madri, con i loro bambini insanguinati, tagliati a pezzi. "Aahhhaaa! Era una trappola! Erode, appena siamo state nella corte, ha fatto chiudere tutte le porte. E i soldati sono venuti dentro ad ammazzarci tutti i bambini... una trappola era! Tutti ammazzati!" Allora Sant'Anna ha capito, è andata per terra in ginocchio. Anche la Madonna. E tutte e due gridavano: "Grazie Dio, illuminato con grande mente di intelligenza. Tu hai voluto 495 salvare, con questa disgrazia finta di bugnoni, 'sto bambino perché non arrivasse nelle grinfie di Erode. Oho! Che mente! Che trovata che hai avuto Dio!" E San Giuseppe che segava con rabbia, che segava anche il cavalletto, bestemmiava: "Così, sempre, sempre così - diceva - quando un uomo ha una pensata di cervello, poi tutti ringraziano Dio, che non ha fatto niente!" In quel mentre viene dentro un angelo, gridando: "Fuori, fuori - dice - le masserizie!" - "Come le masserizie!" - "Trasloco! Via, scappare!" - "Dove?" - "Fuga in Egitto!" - "Di già?" - "Sì, ci sono tutti i soldati di fuori che vi cercano." - "Aspetta, andiamo a prendere un carretto - dice Sant'Anna - per caricare tutti i regali che ci hanno portato." - "Niente regali, non si porta via niente!" Dice la Madonna: "Eh no, i miei regali li voglio cara, i miei regali per il bambino, che quando diventa grande..." - "Tira fuori l'asino!" - "Ma no, no - dice San Giuseppe - non si può caricarlo 'st'asino, sono quattro giorni e quattro notti che soffia, è sfiatato come una luganega rinsecchita!" Veniva infatti avanti, 'sto asino, ubriaco che non si reggeva in piedi, gli si allargavano le gambe appena lo caricavano. Caricavano tutti i fiaschi, gli otri, caricavano i formaggi, pacchi e fagotti. E 'sto asino: vvuumm! Vvuuummm! Andava sotto, allargava le gambe, la pancia per terra. C'era la Madonna che montava sopra al mucchio, seduta col bambino in braccio. "Madonna - le diceva San Giuseppe - vieni giù, muore, non può muoversi." - "Ma non posso caro, che tutta la gente è 496 abituata, durante la fuga in Egitto, a vedermi seduta sopra l'asino fin dalla partenza." E allora San Giuseppe si mette sotto all'asino, se lo carica sulla groppa e vanno via tutti insieme. Dopo due giorni, tre giorni, tutta la sacra famiglia arriva davanti a Jaffa. Jaffa bianca con tutte le torri altissime, meravigliose. E subito l'angelo vola in cielo, fa un gran volo. E l'asino tira su la grande testa. Iiiaaaahhhhhhh! Pfrrrooofff! (Imita il ragliare dell'asino) Una scoreggia dal culo: PLUFF! L'anima dell'asino va in cielo. Allarga le gambe, pom, la pancia per terra. La Madonna sopra alla bestia spirata, guarda: "Povera bestia, segno di Dio, vuol dire che siamo arrivati." Vanno dentro alla città, trovano una stamberga, tutto un buco, che, al confronto, la capanna di Betlemme era una reggia. Giuseppe tappa i buchi. La famiglia si mette a dormire. Alla mattina subito la Madonna prende una cesta e va intorno a cercare panni da lavare, perché bisogna che aiuti anche lei la famiglia. E San Giuseppe andava intorno col martello, la sega e chiodi per trovare da fare dei lavori. Il bambino in mezzo alla strada. La sera la Madonna arriva, morta rovesciata, con tutta la schiena spaccata, rotta. Si siede sudata, stanca. E San Giuseppe viene da fuori imbestialito che non ha trovato lavoro da un soldo. Si mette lì col martello sul tavolone ptum! Ptum! Ptum! Ptum! e picchia sopra le dita, che quella è l'unica maniera di sfogarsi che hanno i falegnami. Arriva dentro Gesù Bambino con i mocci giù dal naso, fin sulla bocca, tutto strapenato, con le mani sporche, le braghe di traverso, senza neanche una scarpa ai piedi. 497 "Mamma! Ho fame!" - "Bella maniera che hai di venire a casa, invece di chiedere subito del tuo papà, della tua mamma... se sono contenti, o stanchi. Perché devi fare così, eh?" - "Eh, mamma, ma io ho fame!" E la Madonna: "Ma non hai vergogna? Proprio tu che sei venuto apposta dal cielo, che sei nato al mondo apposta per insegnare agli altri a essere buoni, avere amore e avere buone parole per tutti... E proprio ai primi due cristiani ai quali devi portare rispetto, tu arrivi a neanche salutarli!" E Gesù Bambino: "Eh, la madonna!" Impallidisce la Madonna e Giuseppe anche. Si mettono a tavola. "Bambino, vai a lavarti le mani, pulisciti i mocci dal naso, mettiti un po' i capelli in ordine. Guarda i boccoli... così. Fatti il segno della croce! No, aspetta, è un po' troppo presto!" Poi il bambino dorme. Dorme la Madonna, dorme Giuseppe. La mattina Gesù si sveglia e resta da solo. Solo, non c'è nessuno. Allora si mette su le braghe, mangia un pezzo dí pane, va in giro dove c'è la strada, e vede tutti i bambini che giocano: a cavallina, a nascondersi, al gioco dello schiaffo... "Ehi, bambini! Fate giocare anche me ai vostri giochi!" "No!" "Vado sotto io! Facciamo la cavallina. Anche il gioco dello schiaffo." - "No! Vai via, Palestina!" - "A correre? Voialtri mi correte dietro. Facciamo il ladro. Io faccio il latro?" "No!" - "Ma perché?" - "Via, Palestina! Terrone!" Il bambino piange. Piange il bambino con gli occhi grandi che colano goccioloni di lacrime. E pur di aver la possibilità di giocare, di far festa, di far gioco e fantasia con gli altri bambini, ha fatto un miracolo. Che la sua mamma gli aveva 498 sempre detto: "Non far miracoli intorno, che ti scoprono, che se capiscono che tu sei il figlio di Dio... arrivano gli sbirri dell'Erode e ci tocca scappare di nuovo!" Nella piazza c'era una fontana. E tutto intorno della terra. Della terra creta, di quella che si adopera per fare i mattoni. Gesù Bambino prende su un pugno di terra e incomincia con 'sti ditini a lavorarla: ne esce un crapino di uccello, poi tutto il corpicino con le alettine, poi le piume, fini, fini. Raccoglie un bastoncino per fargli le zampine... "Bambino, guarda che bell'uccello di terra! Di terra è!" - "Oh che bravo il Palestina, viene apposta da lontano per far vedere l'uccellino di terra... oh bravo!" - "Sì, ma io sono capace di farlo volare." - "Come?" - "Gli soffio sopra." - "Fai vedere!" "Ecco! Pfffuuuuuuuuuu!" (Soffia con forza) E l'uccellino apre tutte le piume e le ali, si distende, le sbatte, le sbatte: ciup, ciup, ciup, ciu, viricip, ciup, viriiii, cip! (Mima, con le sole mani, l'uccello che svolazza intorno fino a scomparire nel cielo) "Boia, che drago il Palestina! Che stregone! Oh, ha fatto volare un uccellino!" - "Non è vero." - "Come no? L'ho visto io!" - "Ma è un trucco vecchio come la madonna: lui ha preso un uccellino stordito che è caduto giù da un albero. L'ha preso su. Poi lo sbatacchia un po' nell'acqua. Poi l'ha sfregato un pochettino nella terra. Poi l'ha messo sulla mano, gli ha soffiato nel culo: brivido vce, vce, vce... è volato via!" - "Ma no, l'ho visto io, era proprio di terra! Fagli vedere, dai Palestina... Un altro pezzo di creta, avanti, muoversi, dai che 499 è fatto... via con le alette... dai, soffia!" - "Aspetta!" - "Chi è?" Arriva un ragazzotto, un bambino, con una gran testa, tutta riccioli neri: "Fermo, verificare!" - "Chi sei?" - "Tommaso!" - "Tommaso? Come non detto!" (Alza le mani, arreso di fronte alla consuetudine e al personaggio) Tommaso prende un chiodo... sum sum sum... buca l'uccellino di terra: "Regolamentare, vai!" - "Attenti che soffio!" (Soffia) Ppfffuuuuuuuu... cip, cip, cip, cipcipcipci! (Mima nuovamente il volo dell'uccellino) "Vola! L'uccello vola! Bravo Palestina! Caro, come ti voglio bene! Toh un bacino! Ma perché sei stato lontano così tanto tempo? Che gioco che facciamo! Adesso ognuno fa un uccello. E lui, poi, il Palestina: pffuuu! Soffia e fa volare i nostri uccelli!" "Dai Palestina! Che bel Palestina che sei!" E tutti hanno cominciato a fare degli uccelloni. Uno ha fatto una pagnotta tutta tonda con una coda dritta, con delle ali quadrate, con un gran testone che cadeva, poi ha fatto due gambine, tum... cade giù... gliene ha messe quattro, poi cinque zampe. "Ma non si può un uccello con quattro zampe..." - "Se non sta in piedi... Importante è che voli, no?" Poi un altro fa una salsiccia, una biscia, una biscia-salame, con dodici ali in fila, senza la coda, dodici zampe. "É un cagnotto..." Poi un altro ha fatto un pastone, pareva una torta, con la testa dritta in mezzo, senza collo, il becco in su... e tutte le ali, tutte spaiate, tutte intorno. E senza gambe. "Non so se vola, vedremo..." 500 Poi, un altro, aveva fatto degli uccellini, che parevano delle cacatine. Poi un altro uno stronzone. E l'ultimo, un gatto! "Non si può far volare un gatto!" - "Se vola quello stronzone là, volerà anche il mio gatto!" - "No, i gatti non si possono far volare. Un po' di regola!" - "Mamma! Il Palestina non vuol far volare il mio gatto!" (Mima la madre che si affaccia al balcone e grida:) "Fa volare subito il gatto di mio figlio, Palestina! Se no, vengo giù e ti inchiodo!" (Fa il gesto del bambino Gesù che si osserva preoccupato i palmi delle mani) "Tutti gli uccelloni, tutti in fila." "Via, che soffia!" (Mima il volare strampalato di vari uccelli) Pffuuuuu... La pagnotta: quac, quic, quoc, qua, te, pu, qua, te. Pfffeeee... la salsiccia: pici, pete, qua, te, ce, che, se, te, pe. Pffeeeee... la torta: psu, psu, psu. Ppfuuuu... lo stronzone: pce, pque, pte, pci, pce. Il gatto! Pffuuuu pne gna gnum gnam! Mangia tutti gli uccelli nel cielo! "Ohi! Che bello, che ridere a crepapancia!" - "Un'altra uccellata, avanti tutti insieme!" Tutti che fanno uccelli. Vengono anche dagli altri quartieri, tutti i bambini. Tutta la piazza piena di bambini che fanno tutti pasticci con la terra, tutte le statuette. Uccelli di tutte le forme e colori. Giocano, ridono e cantano! Ma in quel momento: TRAC! Si spalanca il portone della grande piazza. E si vede apparire un cavallo negro, tutto bardato, bello, con sopra un bambino, tutto rubizzo, con degli occhi la briccone, con i capelli ben pettinati... le piume 501 sul cappello, vestito di velluto e di seta, con un collettone di pizzo. E c'erano dei soldati appresso a lui con la corazza di ferro, anche loro con le piume sul cappello, sopra dei cavalli bianchi. Quel bambino era il figlio del padrone di tutta la città. (Mima il bambino che, dal cavallo, si rivolge ai ragazzini del quartiere) "Ehi ragazzini, a che cosa giocate?" - "Fai finta di niente. Quello è un rompicoglioni. E il figlio del padrone. Palestina non dargli retta. Non dargli retta, fa finta di niente." - "Mi dite a cosa state giocando? Posso giocare con voialtri?" "No!" - "E perché, di grazia?" - "Così! Perché tutte le volte che noialtri domandiamo di giocare con te, figlio del padrone, con i tuoi cavalli per fare un giretto, tu dici no! Perché tutte le volte che veniamo a casa tua che tu hai dei gran giochi, tu ci fai scacciare dai tuoi sbirri. Noialtri adesso abbiamo un bel gioco, il più bel gioco del mondo, ma il Palestina, che è il capo del gioco, è nostro. Tu sei ricco ma non hai il Palestina. Il Palestina è per noialtri. Vero Palestina pciu, pciu! (Mima di baciare Gesù) Non te ne andare con quello, eh! Non fare il Giuda, ah!" - "Ma si può sapere che gioco è?" - "Certo che te lo dico... Noialtri facciamo gli uccelloni. Poi il Palestina, soffia e li fa volare. Vuoi giocare anche tu?" - "Oh sì!" - "Bene, tira fuori il tuo uccellino, soffiaci sopra, e vediamo se tu sei buono di farlo volare!" (Mima un gran sghignazzo corale) Rosso, arrabbiato, era il figlio del padrone! Con gli occhi fuori dalla testa. Negro dalla rabbia, il bambino ha preso una lancia del soldato, ha dato di sperone al suo cavallo, il cavallo è arrivato in mezzo e gridando come un matto: "Se 502 non gioco io, non giocate neanche voialtri!" - zan,zan, a spaccare con gli zoccoli del cavallo tutte le statue, tutte le figurine di creta. Tutta per terra la terra spaccata, sbriciolata. I bambini che piangevano... tiravano palle di creta, i soldati arrivano a cavallo e gridano: "Via! Fuori, andate fuori, via! Che lui può fare quello che vuole, perché lui è il figlio del padrone!" Le mamme si affacciavano alle finestre: "Cattivo! Un gioco così bello che era! Non costava niente... i nostri figli erano contenti, e tu..." E i soldati: "Via madri! Via, che vi arrivano le lance!" Pfium, pfium, ptum, ptum! Tutte le finestre, le porte chiuse. La piazza vuota. Era rimasto soltanto il bambino, figlio del padrone, sul suo cavallo negro, con i soldati che ridevano. E nessuno si era accorto che era rimasto il Bambino Gesù vicino alla fontana. Con gli occhi grandi, pieni di lacrime... che guardava verso il cielo che si era riempito di nuvole. (Indica il bambino che urla rivolto al cielo) "Paaadreee, paaadreee!" Le nuvole si sono aperte: broomm, proomm, brooommm! (Mima il padreterno che si affaccia tra le nuvole) "Cosa c'è?!" "(Rifacendo il tono del bambino, che a fatica trattiene il pianto) Padre, son io, Jesus... " - "Cosa ti è capitato, bambino?" - "Ehheehh... quel bambino li è cattivo, ci ha rotto tutte le figurine di terra che noi avevamo fatto per giocare. Ci ha schiacciato tutto col suo cavalco… (Piange farfugliando) 503 guduhnchettu." - "Ma caro, per una stupidata così, devi far prendere uno spavento così grande a tuo padre? Che sono arrivato di corsa, di volata, che ero dall'altra parte dell'universo... ho bucato quasi dodici nuvole, ho tirato (messo) sotto dodici cherubini, e mi si è stortato tutto il triangolo! Che ci vuole un'eternità per rimetterlo a posto!" "Eh, ma lui è stato cattivo, lui è il figlio del padrone, ha tutto! Ha tutti i giochi, ma quando ha visto che noialtri eravamo contenti, ci ha... gauderetutetuduuhu... (singhiozza) rotto tutto... ehha... (piange) e io avevo tanto faticato..." "Parla chiaro." - "E io che avevo fatta tanta fatica a fare il miracolo di far volare gli uccellini... per avere degli amici, per giocare insieme... che dopo mi chiamano Palestina caro, toh un bacino... Adesso sono di nuovo solo, come prima. Tutti i miei amici sono scappati... ehhee... (Piange) Ho un gran dolore io, ho un gran dolore padre eeehhheee... " - "Hai ragione. Devo ben dire che lo spaccare, il distruggere sogni e giochi di fantasia dei bambini, è proprio la peggiore delle violenze... Ma quello è un bambino, caro... cosa devo fare eh? " "(Gesù, prima si lascia sfuggire un sospiro di pianto poi, con tono il più candido e normale possibile:) Ammazzalo! (Sorride guardando accattivante verso l'alto) Eh? (Mima sorrisi e ammiccamenti per ottenere il consenso del padre)" - "Ma caro, ti ho mandato apposta giù dal cielo in terra per insegnare la pace fra gli uomini, parlar loro d'amore. La prima volta che qualcuno ti fa qualche cosa, vuoi ammazzarlo? Cominci bene la professione, eh?" - "É troppo? Bene, allora storpialo... sguercialo, eh? Sguercialo e 504 storpialo... " - "No, non si possono fare queste cose, caro. Non si può cominciare con la violenza così eh?" - "Non si può? Non puoi tu, eh? Lo ammazzo lo?" - "Ebbene, fai quello che ti pare, che tanto con te non si può discutere. Ma non andare intorno a raccontare che sono stato io." Prroomm, bbrrraaamm, le nuvole scompaiono... si sbriciolano e il cielo torna limpido. E non è passato il tempo. Di nuovo c'è il bambino del padrone che ride, con i soldati che sghignazzano, e il Bambino Gesù vicino che chiama: "Figlio del padrone!" - "Eh?" - "Eeehhheeehhhh" (Ride compiaciuto col fare di chi sta preparando uno scherzo atroce) Ridi eh? Hai fatto tutto questo trambusto qua intorno, hai spiaccicato tutte le statuette, il nostro gioco. E tu sei lì, tutto contento, tranquillo, e pensi che nessuno ti faccia niente eh? Tu pensi che non ci sia nessuno che ti castighi al mondo. Neanche tuo padre, eh? E se adesso invece io ti fulmino? Ridi eh? Non ci credi, eh ?" Ffvvuuuooommmmm! Un fulmine tremendo è uscito dagli occhi di Gesù Bambino (Descrive la terribile fiammata) Una lingua di fuoco, come una biscia-serpente infiammata, attorciglia tutto 'sto bambino, lo scaraventa, lo rivolta, lo sbatte per terra, diventa terra cotta come in un forno. Poem! Fumante!! Tutte le donne dai balconi si mettono a gridare: "Cosa hai combinato di tremendo?" I soldati impalliditi dallo spavento scappano sui cavalli. La Madonna, che ha sentito gridare da lontano, Arriva di corsa: "Cosa è successo? Bambino cosa hai fatto?" "Niente... (ho) fatto un miracolo. Il mio primo miracolo. 505 Guarda (è) ancora caldo." - "Ma come... è un bambino? É un bambino che hai trasformato in terra cotta!! Ma cosa hai fatto, cosa? Ma perché?" - "Eh! Ma lui era cattivo, cara!" "Non voglio ascoltare scuse! Resuscitalo!" - "No!" (Con voce piagnucolosa) "Gesù, obbedisci! Pensa alla povera mamma di questo bambino... il crepacuore che avrà...! Resuscitalo!" - "Ma non sono capace madre, io ho imparato soltanto a fulminare... non ho ancora imparato il resurgit!" - "Non dire bugie, resuscitalo e in fretta! Non capisci che se arrivano i soldati ci tocca scappare di nuovo... io e tuo padre abbiamo appena trovato un lavoro!" - "Eh, ma però, ecco... non si può fare un miracolo e poi disfarlo subito! Bene, lo resuscito, però con una pedata..." Tum! Una pedata nel culo di terra... Prum... il bambino di carne e ossa torna in piedi (resuscita). Si tiene le chiappe nelle mani, si guarda intorno spaventato: "Cosa è capitato, cosa è successo cos'è?" E il bambino Gesù gli dice: "Sono stato io... il miracolo... fulminato... resuscitato! Poi è arrivata la mia mamma... Ringrazia la Madonna! Falle subito un fioretto! Ma tu, ti senti bruciare il culo per la pedata che ti ho dato? Attento che c'è un'allegoria, eh! Di grande insegnamento per quelli che sono spaventati, che dietro alle finestre si sono nascosti per la gran paura. (Indica in alto tutt'intorno alla piazza) Se quelli cominciano a pensare, ragionare, bada bene, che tu diventerai grande a forza delle pedate che ti prendi! Il culo ti cresce, ti cresce, ti cresce, ti cresce: Puuummm! E ti scoppia! In eterno senza culo! Amen!" 506 507 VECCHIE TRADUZIONI Il primo miracolo di Gesù Bambino Traduzione Quando nel cielo grande e scuro, pieno di stelle, di colpo come un fulmine è arrivata la stella cometa con 'sta grande coda splendente di fuoco... Sbandando a zigzag come un serpente ammattito con il ballo di San Vito... ed è piombata dentro a 'sti lumini di stelle come un pipistrello a scompigliare una frotta di lucciole spaventate... 'ste povere stelle si sono messe a gridare: "Ma chi è 'sto sacramento!" E questa grande stella andava come ubriaca, tornava indietro e scompariva lontano, e tracciava una gran scia che éra proprio il cammino per i Re Magi. Infatti c'erano i tre Re Magi che venivano da lontano, fin dall'Oriente. Il più vecchio dei tre Magi éra un re con tanto di corona d'oro in testa, i capelli bianchi e una barba grigia. La faccia ingrugnita, un naso a becco da cattivo e bestemmiava, tirava a "sacramenti" perché aveva dei bubboni sul culo che ad ogni a "sellata": toc! si spiaccicavano da farlo gridare. Ce n'éra un altro, un re, giovane, montato su un cavallo bianco, in testa la corona sotto la quale gli spuntavano riccioli tutti d'oro e, più sotto, occhi celesti. E, sempre, sulla bocca aveva un sorriso. E ce n'éra un terzo montato su di un cammello: ed éra un Magionegro, un negro ma cossì negro, che, a suo confronto, il cammello grigio che montava pareva più bianco del cavallo bianco del Magio biondo. Bello di 508 faccia e tutto ridente, sempre sul Cammello andava cantando. E cantava di continuo, di continuo questa tiritera: "Oh che bello, che bello che è andare sul cammello Che bel, che bello! Un saltello, due saltelli sulla gobba del cammello Oohh che bello, che bello il cammello che va a Betlèmme Sotto il lume di mille stelle. La cometa che accompagna giusto fino alla capanna e la Madonna che ninna il bambino che frigna e piange e San Giuseppe che sega, sega Gli angiolini che volano e pregano L'asinello e il bue che soffiano e il cammello che sgamba e sgroppa balzelloni, guarda come trotta. Oh che bello, che bello, che bello che è andare sul cammello. Di gran lunga è più bello che andare sul cavallo sul cavallo ti si scuotono i testicoli questo non ti capita sul cammello. Che bello, che bello, che bello!" "Basta, basta! — il vecchio bestemmiava — Ma non si può! Sono quattro giorni e quattro notti che canta che è bello su 'sto cammello!" (Il Re Magio negro riprende la tiritera) 509 "E per forza che mi tocca cantare sul cammello per farlo andare perché se io non gli canto il cammello s'addormenta, si addormenta, cade per terra si inciampa e io ruzzolo a basso col cammello che mi frana addosso cossì rimango tutto schiacciato. Certo che canto sul cammello! Oh che bello, oh che bello! Così arrivo alla capanna con la madonna che ninna San Giuseppe che sega, sega il bambino che ragiona e piange gli angioletti che volano e pregano. Il cammello che sgroppa e trotta oh che bello, che bello, che bello! Sopra al cammello bisogna che canti anche per dargli un po' di ritmo perché andare sul cammello non è come andare in groppa al cavallo che il cavallo va al galoppo e il cammello sgamba al trotto zampe ambate una davanti l'altra dietro, che se non si da il tempo giusto incespica una gamba nell'altra inciampa e va là ruzzolando a rotoli se ne va e si schianta e io sotto ribaltato 510 tutto schiacciato dal cammello oh che bello, che bello, che bello! Dargli il ritmo e farlo ballare che a Betlèmme io voglio arrivare col cammello. Oohhee che bello! Oohhee che bello! " "Basta! - grida disperato il vecchio Re Magio - Ti mangio vivo! Ti pelo via tutto il negro e mi mangio il bianco di dentro! Té lo mangio intero! Già, L'idea di far venire anche un Re Magio negro, perché doveva esserci tutta l'umanità! Non potavamo portarci appresso un giallo, rosso, a pallini... No, negro! E poi con questi occhi bianchi che ha, con la pupilla nera in mezzo, che quando c'è scuro gli viene rossa che pare una belva feroce. Che l'altro giorno sono andato in campagna, che avevo dei miei bisogni un po' di corpo da fare... e mi sono tirato giù le brighe, perdonatemi se ve la racconto, ero a metà, accovacciato sulle ginocchia, proprio in questa posizione, quando ti vedo davanti a mé due occhi da bestia feroce! Mi sono cacato sopra alle brighe! E poi éra lui che cacava davanti a mé! Cacava ma non cantava! L'unica volta che non cantava. Non poteva forse gracchiare: Oh, che bello, che bello è cacare senza il Cammello?" In quel momento la stella cometa fa una svolta come un fulmine e di colpo si ferma in mezzo al cielo, bloccata. " Cosa è successo?" E il negro gli dà una risposta con una bella cantata: 511 "Si è fermata per riprendere un po' di fiato! Vuol dire che siamo arrivati! Arrivati quasi a Betlèmme, che bel, che bello!" Disperato, il Re Magio vecchio sprona il suo cavallo e se ne va via come un matto e dietro subito lo segue il Re Magio negro e tutti e due vanno in fondo nello scuro, nel buio e scompaiono... Scompaiono ma si sente più di lontano: "Oh che bel, che bello!" "Basta!" "Oh che bello... " "Basta!" (Mima l'ascolto di voci sempre più flebili e lontane) "Oh che bello!" "Basta!" E poi un gran silenzio. In quel momento, di colpo, nel cielo, appare un angiolone. Con i capelli tutti scompigliati e i boccoli che col vento sbandieravano. Con un cerchione d'oro inchiodato sulla testa. Con grandi lembi del vestito di seta che per il vento svolazzavano come vele slacciate. E di traverso, qui sul petto, un gran nastro di seta con scritto sopra: "Angelo!" Apposta per quelli che sono tardi a capire. E questo angelo, con le sue grandi ali tutte colorate, andava volando come una tremenda poiana nel cielo. Veniva giù a capo morto quasi a graffiare la terra e gridava: "Uomini di buona volontàaaauuuuaaaauuuvvvvvv... venite che è nato il redentoreeeeaaauuuaavvv!" (Mima la picchiata 512 con volo radente dell'angelo) Con tutti i pastori che si buttavano per terra spaventati! "Oheee... ma sei matto! Vuoi schiacciarci? Hai spaventato tutte le pecore... che gli è andato via anche il latte! (Mima un'altra picchiata dell'angelo che per poco non lo travolge) Se almeno ti capitasse di andare a sbattere contro la montagna cossì che il cerchione ti si incastra fino al collo e ti sparpagliano tutte le piume da ogni parte. Gallinaccio!" E i pastori si mettono in cammino verso la capanna e portano tüta la roba da mangiare. E chi porta del formaggio, chi un capretto, dei conigli, un altro delle galline, e chi gli porta del vino, dell'olio, chi porta le mele cotte e le torte con le castagne. E poi ci sono quelli che arrivano con la polenta apposta dalla Bergamasca. Roba che dare della polenta a un bambino appena nato, ci vuole una bella testa da coglioni. Ma dicono: "Bisogna fare il presepe!" Sant'Anna, nella capanna, metteva a posto tutti i doni che arrivavano. Che tutta la stalla éra piena di cose da mangiare, l'asino éra tutto coperto di pacchi e fagotti tanto che gli spuntava fuori solo la testa, mezzo soffocato. La vacca éra coperta che non si vedeva più. Galline, formaggi, salami, botticelle dappertutto che sembrava d'essere al mercato! Arrivano i Re Magi, si inginocchiano. C'è il vecchio che porta il suo regalo, poi il giovane e arriva dentro il negro... "Ohe che bello, che bello, che bello! Il Bambino nella cesta" 513 "Fuori negro, via, zitto! Non spaventare il Bambino. Canta di fuori!" In quel momento si sentono i soldati che arrivano. I soldati che vanno in tutte le capanne a vedere se è nato il Redentore per ammazzarlo. E allora, davanti alla capanna dove c'éra la Madonna e Gesù Bambino, l'angiolone si para davanti con una tremenda sciabola. Arrivano i soldati e quello che stava in testa si blocca: "Fermi, guardate, davanti a quella capanna che sacramento di angelo c'è lì, via che ci spacca in due! Via, via, scappa!" E in quel momento nella città, patatum patatum patatum un banditore: "Ehi ascoltate mamme, ascoltate donne! Chi di voialtri ha fatto nascere in questi tre giorni un bambino può essere contenta, perché il re ha deciso di dare un premio al più bel bambino che è nato. Portatelo alla reggia. Portatelo dentro alla casa grande di Erode e al bambino più bello donerà una coroncina con su scritto: "Oh come è bello questo bambino! É un bambino quasi più bello del figlio di Dio!" E anche la donna che l'ha partorito avrà una corona con sopra stampato: "Questa è la Mamma che ha fatto nascere 'sto bambino! Bello come Dio!" Sant'Anna che ha ascoltato 'sto discorso è andata subito dalla Madonna: "C'è un premio, andiamo, porta subito il tuo bambino al concorso." - "No che non lo voglio. Io non ho bisogno di avere consolazioni oltre di quella che ho già avuto!" - "No, non ha importanza, bisogna che lo sappia tutto il mondo. Il premio donato da Erode non può prenderselo un altro bambino! Andiamo, andiamo! Ubbidisci alla tua mamma!" E fanno per uscire ma poi ci ripensa e 514 dice: "Aspetta che andiamo a prendere dei nastri per far più bello il nostro bambino e tu Giuseppe dai un occhio al bambino e stai attento che non gli capiti qualche cosa. " Vanno fuori e subito San Giuseppe pianta lì di segare e dice: "Qui ci deve essere una trappola, io sento che c'è una trappola. Gesù Bambino cosa ne dici tu?" E Gesù, Bambino che éra già intelligente, dice: "Sì, sì..." e schiaccia l'occhio. Allora San Giuseppe tira fuori un bicchiere dove c'éra dentro della roba nera per (dipingere) i catenacci. Con un pennello tac, tac, tac, fa dei puntini tutti in faccia al bambino che faceva tutte le smorfie per il solletico. "Fermo là!" poi riprende a segare. Arriva dentro Sant'Anna: "Ohaiooh! La rosolia!... La rosolia nera! Quel negro che è venuto dentro ha spaventato il bambino!" Poi prende uno straccio fu, fu, fra, pulisce, pulisce, diventa tutto pulito, pulito. "Qualcuno ha dipinto delle palline sul faccino del bambino! Chissà chi è stato?" San Giuseppe che segava: "Io non so, io non so." - "Attento tu con quella sega, che io ti sego via qualche cosa, oltre alle corna!" Cattiva che éra Sant'Anna! Poi lei e la Madonna vanno fuori di nuovo a prendere degli unguenti per dare un bel profumo al bambino: "Stai attento che andiamo fuori, guarda che se capita qualche cosa al bambino la colpa è tua!" Allora San Giuseppe appena che le due donne sono uscite, non sa cosa fare... Scorge su un muro un bestiolino... tutto rigato giallo e negro, un'ape, un'ape grande, che sembrava più un vespone. Prende un bicchiere... toc... Col bicchiere 515 l'imprigiona contro il muro... presa! Una tavoletta. Soomm! e la chiude sopra l'orlo (l'imprigiona nel bicchiere). "Scusa ma ti devo far dare un morso proprio sulla guancia. Tum! Ploff! (Indica un immediato rigonfio sulla guancia del bambino) Dall'altra parte: toc! Ploff! Tum! (Indica un rigonfio che spunta sull'altra guancia) Tum! In fronte! (C.s.) La trinità dei bozzi!" Poi, come se niente fosse, ritorna a far finta di segare. Arriva dentro Sant'Anna: "Aaahhh Dio! Guarda 1ì. Com'è conciato... Oohhee cos'è capitato? Che mostro! Guarda lì!" "Ma non stare a piangere, è cosa che va via quasi subito, due mesi al massimo." Dice Giuseppe. "Cos'è?" (Indicando i bugnoni) "E il dente del giudizio!" - "Da tutte e due le parti?" - "Sì!" - "Anche in fronte?" - "Se non ce l'ha in testa lui il giudizio!" Piange la Madonna, piange Sant'Anna. "Che disgrazia! Proprio adesso dovevano capitargli 'sti tre denti del giudizio, che c'éra un bel premio da guadagnare! Non potremo più portarlo, tanto che è mostruoso!" Di lì ad un poco, fuori per la strada, si sente piangere. Si sentono le grida disperate delle donne, delle madri, con i loro bambini insanguinati, tagliati a pezzi. "Aahhhaaa! Éra una trappola! Erode, appena siamo state nella corte, ha fatto chiudere tutte le porte. E i soldati sono venuti dentro ad ammazzarci tutti i bambini... una trappola éra! Tutti ammazzati!" Allora Sant'Anna ha capito, è andata per terra in ginocchio. Anche la Madonna. E tutte e due gridavano: "Grazie Dio, illuminato con grande mente di intelligenza. Tu hai voluto 516 salvare, con questa disgrazia finta di bugnoni, 'sto bambino perché non arrivasse nelle grinfie di Erode. Oho! Che mente! Che trovata che hai avuto Dio!" E San Giuseppe che segava con rabbia, che segava anche il cavalletto, bestemmiava: "Cossì, sempre, sempre cossì diceva - quando un uomo ha una pensata di cervello, poi tutti ringraziano Dio, che non ha fatto niente!" In quel mentre viene dentro un angelo, gridando: "Fuori, fuori - dice - le masserizie!" - "Come le masserizie!" - "Trasloco! Via, scappare!" - "Dove?" - "Fuga in Egitto!" - "Di già?" - "Sì, ci sono tutti i soldati di fuori che vi cercano." - "Aspetta, andiamo a prendere un carretto - dice Sant'Anna - per caricare tutti i regali che ci hanno portato." - "Niente regali, non si porta via niente!" Dice la Madonna: "Eh no, i miei regali li voglio cara, i miei regali per il bambino, che quando diventa grande..." - "Tira fuori l'asino!" - "Ma no, no - dice San Giuseppe - non si può caricarlo 'st'asino, sono quattro giorni e quattro notti che soffia, è sfiatato come una luganega rinsecchita!" Veniva infatti avanti, 'sto asino, ubriaco che non si reggeva in piedi, gli si allargavano le gambe appena lo caricavano. Caricavano tutti i fiaschi, gli otri, caricavano i formaggi, pacchi e fagotti. E 'sto asino: vvuumm! Vvuuummm! Andava sotto, allargava le gambe, la pancia per terra. C'éra la Madonna che montava sopra al mucchio, seduta col bambino in braccio. "Madonna - le diceva San Giuseppe - vieni giù, muore, non può muoversi." - "Ma non posso caro, che tutta la gente è 517 abituata, durante la fuga in Egitto, a vedermi seduta sopra l'asino fin dalla partenza." E allora San Giuseppe si mette sotto all'asino, se lo carica sulla groppa e vanno via tutti insieme. Dopo due giorni, tre giorni, tutta la sacra famiglia arriva davanti a Jaffa. Jaffa bianca con tutte le torri altissime, meravigliose. E subito l'angelo vola in cielo, fa un gran volo. E l'asino tira su la grande testa. Iiiaaaahhhhhhh! Pfrrrooofff! (Imita il ragliare dell'asino) Una scoreggia dal culo: PLUFF! L'anima dell'asino va in cielo. Allarga le gambe, pom, la pancia per terra. La Madonna sopra alla bestia spirata, guarda: "Povera bestia, segno di Dio, vuol dire che siamo arrivati." Vanno dentro alla città, trovano una stamberga, tutto un buco, che, al confronto, la capanna di Betlèmme éra una reggia. Giuseppe tappa i buchi. La famiglia si mette a dormire. Alla mattina subito la Madonna prende una cesta e va intorno a cercare panni da lavare, perché bisogna che aiuti anche lei la famiglia. E San Giuseppe andava intorno col martello, la sega e chiodi per trovare da fare dei lavori. Il bambino in mezzo alla strada. La sera la Madonna arriva, morta rovesciata, con tutta la schiena spaccata, rotta. Si siede sudata, stanca. E San Giuseppe viene da fuori imbestialito che non ha trovato lavoro da un soldo. Si mette lì col martello sul tavolone ptum! Ptum! Ptum! Ptum! e picchia sopra le dita, che quella è l'unica maniera di sfogarsi che hanno i falegnami. Arriva dentro Gesù Bambino con i mocci giù dal naso, fin sulla bocca, tutto strapenato, con le mani sporche, le braghe di traverso, senza neanche una scarpa ai piedi. 518 "Mamma! Ho fame!" - "Bella maniera che hai di venire a casa, invece di chiedere subito del tuo papà, della tua mamma... se sono contenti, o stanchi. Perché devi fare cossì, eh?" - "Eh, mamma, ma io ho fame!" E la Madonna: "Ma non hai vergogna? Proprio tu che sei venuto apposta dal cielo, che sei nato al mondo apposta per insegnare agli altri a essere buoni, avere amore e avere buone parole per tutti... E proprio ai primi due cristiani ai quali devi portare rispetto, tu arrivi a neanche salutarli!" E Gesù Bambino: "Eh, la madonna!" Impallidisce la Madonna e Giuseppe anche. Si mettono a tavola. "Bambino, vai a lavarti le mani, pulisciti i mocci dal naso, mettiti un po' i capelli in ordine. Guarda i boccoli... cossì. Fatti il segno della croce! No, aspetta, è un po' troppo presto!" Poi il bambino dorme. Dorme la Madonna, dorme Giuseppe. La mattina Gesù si sveglia e resta da solo. Solo, non c'è nessuno. Allora si mette su le braghe, mangia un pezzo di pane, va in giro dove c'è la strada, e vede tutti i bambini che giocano: a cavallina, a nascondersi, al gioco dello schiaffo... "Ehi, bambini! Fate giocare anche mé ai vostri giochi!" "No!" "Vado sotto io! Facciamo la cavallina. Anche il gioco dello schiaffo." - "No! Vai via, Palestina!" - "A correre? Voialtri mi correte dietro. Facciamo il ladro. Io faccio il latro?" "No!" - "Ma perché?" - "Via, Palestina! Terrone!" Il bambino piange. Piange il bambino con gli occhi grandi che colano goccioloni di lacrime. E pur di aver la possibilità di giocare, di far festa, di far gioco e fantasia con gli altri bambini, ha fatto un miracolo. Che la sua mamma gli aveva 519 sempre detto: "Non far miracoli intorno, che ti scoprono, che se capiscono che tu sei il figlio di Dio... arrivano gli sbirri dell'Erode e ci tocca scappare di nuovo!" Nella piazza c'éra una fontana. E tutto intorno della terra. Della terra creta, di quella che si adopera per fare i mattoni. Gesù Bambino prende su un pugno di terra e incomincia con 'sti ditini a lavorarla: ne esce un crapino di uccello, poi tutto il corpicino con le alettine, poi le piume, fini, fini. Raccoglie un bastoncino per fargli le zampine... "Bambino, guarda che bell'uccello di terra! Di terra è!" - "Oh che bravo il Palestina, viene apposta da lontano per far vedere l'uccellino di terra... oh bravo!" - "Sì, ma io sono capace di farlo volare." - "Come?" - "Gli soffio sopra." - "Fai vedere!" "Ecco! Pfffuuuuuuuuuu!" (Soffia con forza) E l'uccellino apre tutte le piume e le ali, si distende, le sbatte, le sbatte: ciup, ciup, ciup, ciu, viricip, ciup, viriiii, cip! (Mima, con le sole mani, l'uccello che svolazza intorno fino a scomparire nel cielo) "Boia, che drago il Palestina! Che stregone! Oh, ha fatto volare un uccellino!" - "Non è vero." - "Come no? L'ho visto io!" - "Ma è un trucco vecchio come la madonna: lui ha preso un uccellino stordito che è caduto giù da un albero. L'ha preso su. Poi lo sbatacchia un po' nell'acqua. Poi l'ha sfregato un pochettino nella terra. Poi l'ha messo sulla mano, gli ha soffiato nel culo: brivido vce, vce, vce... è volato via!" - "Ma no, l'ho visto io, éra proprio di terra! Fagli vedere, dai Palestina... Un altro pezzo di creta, avanti, muoversi, dai che 520 è fatto... via con le alette... dai, soffia!" - "Aspetta!" - "Chi è?" Arriva un ragazzotto, un bambino, con una gran testa, tutta riccioli neri: "Fermo, verificare!" - "Chi sei?" - "Tommaso!" - "Tommaso? Come non detto!" (Alza le mani, arreso di fronte alla consuetudine e al personaggio) Tommaso prende un chiodo... sum sum sum... buca l'uccellino di terra: "Regolamentare, vai!" - "Attenti che soffio!" (Soffia) Ppfffuuuuuuuu... cip, cip, cip, cipcipcipci! (Mima nuovamente il volo dell'uccellino) "Vola! L'uccello vola! Bravo Palestina! Caro, come ti voglio bene! Toh un bacino! Ma perché sei stato lontano cossì tanto tempo? Che gioco che facciamo! Adesso ognuno fa un uccello. E lui, poi, il Palestina: pffuuu! Soffia e fa volare i nostri uccelli!" "Dai Palestina! Che bel Palestina che sei!" E tutti hanno cominciato a fare degli uccelloni. Uno ha fatto una pagnotta tutta tonda con una coda dritta, con delle ali quadrate, con un gran testone che cadeva, poi ha fatto due gambine, tum... cade giù... gliene ha messe quattro, poi cinque zampe. "Ma non si può un uccello con quattro zampe..." - "Se non sta in piedi... Importante è che voli, no?" Poi un altro fa una salsiccia, una biscia, una biscia-salame, con dodici ali in fila, senza la coda, dodici zampe. "É un cagnotto..." Poi un altro ha fatto un pastone, pareva una torta, con la testa dritta in mezzo, senza collo, il becco in su... e tutte le ali, tutte spaiate, tutte intorno. E senza gambe. "Non so se vola, vedremo..." 521 Poi, un altro, aveva fatto degli uccellini, che parevano delle cacatine. Poi un altro uno stronzone. E l'ultimo, un gatto! "Non si può far volare un gatto!" - "Se vola quello stronzone là, volerà anche il mio gatto!" - "No, i gatti non si possono far volare. Un po' di regola!" - "Mamma! Il Palestina non vuol far volare il mio gatto!" (Mima la madre che si affaccia al balcone e grida:) "Fa volare subito il gatto di mio figlio, Palestina! Se no, vengo giù e ti inchiodo!" (Fa il gesto del bambino Gesù che si osserva preoccupato i palmi delle mani) "Tutti gli uccelloni, tutti in fila." "Via, che soffia!" (Mima il volare strampalato di vari uccelli) Pffuuuuu... La pagnotta: quac, quic, quoc, qua, té, pu, qua, té. Pfffeeee... la salsiccia: pici, pete, qua, té, ce, che, se, té, pe. Pffeeeee... la torta: psu, psu, psu. Ppfuuuu... lo stronzone: pce, pque, pte, pci, pce. Il gatto! Pffuuuu pne gna gnum gnam! Mangia tutti gli uccelli nel cielo! "Ohi! Che bello, che ridere a crepapancia!" - "Un'altra uccellata, avanti tutti insieme!" Tutti che fanno uccelli. Vengono anche dagli altri quartieri, tutti i bambini. Tutta la piazza piena di bambini che fanno tutti pasticci con la terra, tutte le statuette. Uccelli di tutte le forme e colori. Giocano, ridono e cantano! Ma in quel momento: TRAC! Si spalanca il portone della grande piazza. E si vede apparire un cavallo negro, tutto bardato, bello, con sopra un bambino, tutto rubizzo, con degli occhi la briccone, con i capelli bén pettinati... le piume 522 sul cappello, vestito di velluto e di seta, con un collettone di pizzo. E c'erano dei soldati appresso a lui con la corazza di ferro, anche loro con le piume sul cappello, sopra dei cavalli bianchi. Quel bambino éra il figlio del padrone di tutta la città. (Mima il bambino che, dal cavallo, si rivolge ai ragazzini del quartiere) "Ehi ragazzini, a che cosa giocate?" - "Fai finta di niente. Quello è un rompicoglioni. E il figlio del padrone. Palestina non dargli retta. Non dargli retta, fa finta di niente." - "Mi dite a cosa state giocando? Posso giocare con voialtri?" "No!" - "E perché, di grazia?" - "Cossì! Perché tutte le volte che noialtri domandiamo di giocare con té, figlio del padrone, con i tuoi cavalli per fare un giretto, tu dici no! Perché tutte le volte che veniamo a casa tua che tu hai dei gran giochi, tu ci fai scacciare dai tuoi sbirri. Noialtri adesso abbiamo un bel gioco, il più bel gioco del mondo, ma il Palestina, che è il capo del gioco, è nostro. Tu sei ricco ma non hai il Palestina. Il Palestina è per noialtri. Vero Palestina pica, pciu! (Mima di baciare Gesù) Non té ne andare con quello, eh! Non fare il Giuda, ah!" - "Ma si può sapere che gioco è?" - "Certo che té lo dico... Noialtri facciamo gli uccelloni. Poi il Palestina, soffia e li fa volare. Vuoi giocare anche tu?" - "Oh sì!" - "Bene, tira fuori il tuo uccellino, soffiaci sopra, e vediamo se tu sei buono di farlo volare!" (Mima un gran sghignazzo corale) Rosso, arrabbiato, éra il figlio del padrone! Con gli occhi fuori dalla testa. Negro dalla rabbia, il bambino ha preso una lancia del soldato, ha dato di sperone al suo cavallo, il cavallo è arrivato in mezzo e gridando come un matto: "Se 523 non gioco io, non giocate neanche voialtri!" - zan,zan, a spaccare con gli zoccoli del cavallo tutte le statue, tutte le figurine di creta. Tutta per terra la terra spaccata, sbriciolata. I bambini che piangevano... tiravano palle di creta, i soldati arrivano a cavallo e gridano: "Via! Fuori, andate fuori, via! Che lui può fare quello che vuole, perché lui è il figlio del padrone!" Le mamme si affacciavano alle finestre: "Cattivo! Un gioco così bello che éra! Non costava niente... i nostri figli erano contenti, e tu..." E i soldati: "Via madri! Via, che vi arrivano le lance!" Pfium, pfium, ptum, ptum! Tutte le finestre, le porte chiuse. La piazza vuota. Éra rimasto soltanto il bambino, figlio del padrone, sul suo cavallo negro, con i soldati che ridevano. E nessuno si éra accorto che éra rimasto il Bambino Gesù vicino alla fontana. Con gli occhi grandi, pieni di lacrime... che guardava verso il cielo che si éra riempito di nuvole. (Indica il bambino che urla rivolto al cielo) "Paaadreee, paaadreee!" Le nuvole si sono aperte: broomm, proomm, brooommm! (Mima il padreterno che si affaccia tra le nuvole) "Cosa c'è?!" "(Rifacendo il tono del bambino, che a fatica trattiene il pianto) Padre, son io, Jesus... " - "Cosa ti è capitato, bambino?" - "Ehheehh... quel bambino li è cattivo, ci ha rotto tutte le figurine di terra che noi avevamo fatto per giocare. Ci ha schiacciato tutto col suo cavalco… (Piange farfugliando) 524 guduhnchettu." - "Ma caro, per una stupidata cossì, devi far prendere uno spavento cossì grande a tuo padre? Che sono arrivato di corsa, di volata, che ero dall'altra parte dell'universo... ho bucato quasi dodici nuvole, ho tirato (messo) sotto dodici cherubini, e mi si è stortato tutto il triangolo! Che ci vuole un'eternità per rimetterlo a posto!" "Eh, ma lui è stato cattivo, lui è il figlio del padrone, ha tutto! Ha tutti i giochi, ma quando ha visto che noialtri eravamo contenti, ci ha... gauderetutetuduuhu... (singhiozza) rotto tutto... ehha... (piange) e io avevo tanto faticato..." "Parla chiaro." - "E io che avevo fatta tanta fatica a fare il miracolo di far volare gli uccellini... per avere degli amici, per giocare insieme... che dopo mi chiamano Palestina caro, toh un bacino... Adesso sono di nuovo solo, come prima. Tutti i miei amici sono scappati... ehhee... (Piange) Ho un gran dolore io, ho un gran dolore padre eeehhheee... " - "Hai ragione. Devo bén dire che lo spaccare, il distruggere sogni e giochi di fantasia dei bambini, è proprio la peggiore delle violenze... Ma quello è un bambino, caro... cosa devo fare eh? " "(Gesù, prima si lascia sfuggire un sospiro di pianto poi, con tono il più candido e normale possibile:) Ammazzalo! (Sorride guardando accattivante verso l'alto) Eh? (Mima sorrisi e ammiccamenti per ottenere il consenso del padre)" - "Ma caro, ti ho mandato apposta giù dal cielo in terra per insegnare la pace fra gli uomini, parlar loro d'amore. La prima volta che qualcuno ti fa qualche cosa, vuoi ammazzarlo? Cominci bene la professione, eh?" - "É troppo? Bene, allora storpialo... sguercialo, eh? Sguercialo e 525 storpialo... " - "No, non si possono fare queste cose, caro. Non si può cominciare con la violenza cossì eh?" - "Non si può? Non puoi tu, eh? Lo ammazzo lo?" - "Ebbene, fai quello che ti pare, che tanto con té non si può discutere. Ma non andare intorno a raccontare che sono stato io." Prroomm, bbrrraaamm, le nuvole scompaiono... si sbriciolano e il cielo torna limpido. E non è passato il tempo. Di nuovo c'è il bambino del padrone che ride, con i soldati che sghignazzano, e il Bambino Gesù vicino che chiama: "Figlio del padrone!" - "Eh?" - "Eeehhheeehhhh" (Ride compiaciuto col fare di chi sta preparando uno scherzo atroce) Ridi eh? Hai fatto tutto questo trambusto qua intorno, hai spiaccicato tutte le statuette, il nostro gioco. E tu sei lì, tutto contento, tranquillo, e pensi che nessuno ti faccia niente eh? Tu pensi che non ci sia nessuno che ti castighi al mondo. Neanche tuo padre, eh? E se adesso invece io ti fulmino? Ridi eh? Non ci credi, eh ?" Ffvvuuuooommmmm! Un fulmine tremendo è uscito dagli occhi di Gesù Bambino (Descrive la terribile fiammata) Una lingua di fuoco, come una biscia-serpente infiammata, attorciglia tutto 'sto bambino, lo scaraventa, lo rivolta, lo sbatte per terra, diventa terra cotta come in un forno. Poem! Fumante!! Tutte le donne dai balconi si mettono a gridare: "Cosa hai combinato di tremendo?" I soldati impalliditi dallo spavento scappano sui cavalli. La Madonna, che ha sentito gridare da lontano, Arriva di corsa: "Cosa è successo? Bambino cosa hai fatto?" "Niente... (ho) fatto un miracolo. Il mio primo miracolo. 526 Guarda (è) ancora caldo." - "Ma come... è un bambino? É un bambino che hai trasformato in terra cotta!! Ma cosa hai fatto, cosa? Ma perché?" - "Eh! Ma lui éra cattivo, cara!" "Non voglio ascoltare scuse! Resuscitalo!" - "No!" (Con voce piagnucolosa) "Gesù, obbedisci! Pensa alla povera mamma di questo bambino... il crepacuore che avrà...! Resuscitalo!" - "Ma non sono capace madre, io ho imparato soltanto a fulminare... non ho ancora imparato il resurgit!" - "Non dire bugie, resuscitalo e in fretta! Non capisci che se arrivano i soldati ci tocca scappare di nuovo... io e tuo padre abbiamo appena trovato un lavoro!" - "Eh, ma però, ecco... non si può fare un miracolo e poi disfarlo subito! Bene, lo resuscito, però con una pedata..." Tum! Una pedata nel culo di terra... Prum... il bambino di carne e ossa torna in piedi (resuscita). Si tiene le chiappe nelle mani, si guarda intorno spaventato: "Cosa è capitato, cosa è successo cos'è?" E il bambino Gesù gli dice: "Sono stato io... il miracolo... fulminato... resuscitato! Poi è arrivata la mia mamma... Ringrazia la Madonna! Falle subito un fioretto! Ma tu, ti senti bruciare il culo per la pedata che ti ho dato? Attento che c'è un'allegoria, eh! Di grande insegnamento per quelli che sono spaventati, che dietro alle finestre si sono nascosti per la gran paura. (Indica in alto tutt'intorno alla piazza) Se quelli cominciano a pensare, ragionare, bada bene, che tu diventerai grande a forza delle pedate che ti prendi! Il culo ti cresce, ti cresce, ti cresce, ti cresce: Puuummm! E ti scoppia! In eterno senza culo! Amen!" 527 si può fare a meno de inserirlo NELLA prima VERSIONE EINAUDI il brano chiudeva con queste altre battute gabriele Dòna induluràda... che fin ’n’d’ól vénter t’ha scarpàda ól patimént, oh, mi ól cognósi ciàro ‘sto turmént che t’hàit catàt mirànd ól Segnor zóvin Deo inciudàt... in ‘sto mumént ’égni a cognüsel anc mi, de parimént. maria Ól cognóset de parimént... de parimént a mi? Ah l’hàit ü ti, Gabriél, in dól venter grosì, al mé fiòl? At n’è sgagniàt ti i lavri par no’ criàr di dulüri ’nd’ol parturìl? At l’hàit nutregàt ti? Dàit de tèta ól latt, ti, Gabriél? Hàit soffregà ti, quand l’è stàit malàd con la féver, i macc de la rosolia e i nòti in pie a ninàl c’ol piagnéva pèi prém dénci? No Gabriél… si no’ hàit scuntàt ‘ste bagatèle, no’ pòdet parlà d’avegh ól mé stèso dolùr in ‘sto mumént. gabriele At gh’hàit resón, Maria... perdóname ‘sta presonzión che m’l’ha gh’ha detàt ól strapacòre che gh’ho in de dentro, che m’ figüràva vès in punta o òmnia patimént. Ma mi égni recurdàt che ól sarà pròpi ‘sta tua canzon plangìda sanza vóse… ’sto lamento intonàt sanza singülti… ‘sto sacrifìzi to’ e del caro fiòl de ti, c’ol farà squarciàrse ól cièl… che pòda i òmeni reversàrse par la préma volta in paradìs! traduzione gabriele Donna addolorata... che perfino nel ventre t’ha strappato il patimento, oh, io lo conosco chiaramente questo tormento che ti ha preso guardando il Signore giovane Dio 528 inchiodato... In questo momento vengo a conoscerlo anch’io (al) pari di té. maria Lo conosci al pari mio, pari a mé? L’hai avuto tu, Gabriele, nel ventre ingrossato - che cresceva giorno dopo giorno - che si ingrossava giorno dopo giorno, il mio figlio? Ti sei morso le labbra per non gridare di dolore nel partorirlo? L’hai nutrito, tu? Dato il latte dalla mammella tu, Gabriele? Hai sofferto tu, quando è stato ammalato con la febbre, le macchie della rosolia e le notti in piedi a ninnarlo che (quando) piangeva per i primi denti? No, Gabriele… se non hai provato queste bagatelle, non puoi parlare d’avere il mio stesso dolore in questo momento. gabriele Hai ragione, Maria... perdonami questa presunzione che mé l’ha dettata lo strappacuore che ho dentro (tanto) che mi figuravo di essere in cima ad ogni patimento. Ma io vengo a ricordarti che sarà proprio questa tua canzone, pianta senza voce, questo lamento intonato senza singhiozzi, questo sacrificio tuo e del caro figlio tuo che farà squarciare il cielo, affinché possano gli uomini riversarsi per la prima volta in paradiso! DA presentazione matto sotto la croce Cambia la situazione: vediamo il matto sotto la croce; Cristo è già inchiodato sui legni, gli uomini che l’hanno issato sul traversone stanno giocandosi la tunica del Gesù. Naturalmente il matto è della partita, è seduto con loro e sta dando le carte : punta, rilancia e, come sempre, perde, ci rimette quasi le braghe. All’istante si alza, va sotto la croce ( indica e descrive) immaginate la croce piantata qui... il 529 Cristo issato lassù, rivolto da questa parte, dove stanno i giocatori. Il matto chiama Gesù, gli fa cenni e riesce a guadagnare la sua attenzione, gli parla: “ Scusa se ti vengo a rompere le scatole...hai già abbastanza rogne per conto tuo, ma dovresti farmi un favore, un piccolo miracolo: farmi vincere! Io non ci sono mai riuscito. Fammi provare ‘sta soddisfazione , almeno una volta!”. E’ ovvia l’allegoria del popolo minuto, sempre perdente. “ Aiutami... dammi la furbizia, la scaltrezza e una fortuna da far schifo! Fammi un segno se ci stai.” All’istante intuisce che Cristo gli ha fatto segno di si. Il matto fuori di se dalla gioia torna ad accovacciarsi fra i giocatori e gioca , vince, guadagna in modo spudorato ogni partita. Non s’accontenta di acchiapparsi la tunica, si porta via fino all’ultima moneta tutti i soldi dei crociatori . Gli aguzzini di Cristo sono allocchiti, il matto si leva in piedi, afferra una sacca e ne rovescia tutto il contenuto ...una pioggia di monete d’argento. “Tenete, dice, sono vostre!” “Da dove spuntano ‘sti quattrini ?” “ Sono i trenta denari di Giuda, li avéa buttati in un rovo, lì sotto, prima di impiccarsi a quell’albero. Io per raccoglierli mi sono scorticato le mani e le braccia... guardate! Ad ogni modo, sono vostri, compreso tutto il malloppo che vi ho soffiato al gioco a un patto, però: che voi mi lasciate tirar giù Gesù Cristo dalla croce.” E quelli rispondono: “Va bene, aspetta che ‘st’inchiodato tiri gli ultimi e té lo potrai portar via.” “ No, io lo voglio da vivo!” “Da vivo? E cosa té ne fai, scatoriciato com’è ormai?!” 530 “Sono affari miei” “Ma tu sei proprio sbirolo di cervello! Appena arriva il centurione e vede la croce spoglia del suo appeso, ci attacca noi tutti sui bracci... due di qua e due di la!” “Ma chi vi dice di lasciarla vuota la croce, intanto che io cavo il Cristo di lassù voi scendete dove sta Giuda impiccato all’albero, lo tirate giù e sulla corda ci inchiodate lui... tanto su ‘sti legni tutti gli uomini si assomigliano, s’assomigliano uguali, tutti poveri cristi sono!” I crociatori accettano il cambio, si dividono i denari e, mentre se ne scendono verso l’albero di Giuda, il matto si procura una scala, l’appoggia alla croce e ci monta, ha in mano una tenaglia e, salendo i primi gradini, dice: “ Sta tranquillo che in quattro e quattr’otto ti stacco di lì”. ma Gesù cristo rifiuta d’essere liberato perché dice “ ... il sacrificio dev’essere consumato. Se io non muoio sulla croce, gli uomini non saranno mai liberati dal peccato originale ”. Il matto, se pur sorpreso, non demorde e pur di convincerlo a scendere di lì polemizza e smaccatamente lo provoca. “Cosa sei venuto a fare quaggiù? Ad insegnare a noi che sempre siamo in croce a morie sulla croce? Di altre lezioni avéamo bisogno... bén altri insegnamenti!” E l’insegnamento a cui il matto allude lo sentiremo recitato fra poco. la lingua giullaresca usata dal matto è piuttosto dura, non facile ad essere compresa... una specie di Grammelot, ma ritmi, gestualità e cadenze vi aiuteranno a comprendere il senso logico di tutto il discorso. Comincio dal gioco delle carte sotto la croce 531 DOPPIO DA IL MATTO SOTTO LA CROCE PRIMO CROCIATORE Adèso ghé inciudém i pie. SECONDO CROCIATORE Són già chi mi che ól fago. Montéghem ün sü l’óltro che se respàrmea ün ciòdo! (Botti e grida) Chi a terra, i giocatori mimano la partita con dadi e tarocchi. Il matto gioca ai dadi e ai tarocchi e vince la tunica di Cristo, le paghe e tutto quello che posseggono... anelli... ori... dei "crociatori". MATTO Oh, se vorsìt tüti indré i vòst palànchi, mi a ve i lasi de voluntéra… cumprés la culàna, i uregìt, l'anèlo... e varda… agh tachi ancmò quèst. PRIMO CROCIATORE E par tüta ‘sta ròba cus té vorarèset in scàmbi? MATTO Quèl là... (indica il Cristo). SECONDO CROCIATORE Ól Cristo?! MATTO Sì, veuri che m'ól lasì stacàl via de la cròse. CAPO DEI CROCIATORI Bòn: pècia c'ól meura e a l'è tò... MATTO No, mi ól veuri adès che l'è ancmò vivo. PRIMO CROCIATORE Oh mat de tüti i mati... at vorèste che de contra a gh'àbiüm de sfurnì inciodàt tüti nünch e quatàr al so' rempiàz? 532 MATTO No, no' avérghe pagüra, che no' av capitarà nagòta a vui: abastarà che agh pìcum su un'ólter al so' pòst… vün de la sua tàja, e at vedarèt che no' s'incorgerà niùn d'ól scambi... che intanto su la cròse a se insomègen tüti. PRIMO CROCIATORE Quèst l'è anco vera... inscurtegàt in ‘sta manéra peu, che ól par un pèss in gratiróla... CAPO DEI CROCIATORI Ól sarà vera, ma mi no' ghe stago. E peu, chi ti gh'avarìat in mént de tacàghe d'ól rempiàz? MATTO Ól Giuda ! CAPO DEI CROCIATORI Ól Giuda? Quèl... MATTO Sì, quèl so' apòstul traditùr che ól s'è impicàt pendùt per disperaziün al figo de drio a la sces, sinquànta pas de chi. CAPO DEI CROCIATORI Meuves, de corsa, andém a sbiutàl che ól gh'avarà ancmò in sacòcia i trenta denari d'ól servìsi... MATTO No, no' stit a disturbàv... che intànt quèi i ha bütàd via de sübet in mèz a un rosc de spin. CAPO DEI CROCIATORI Mé fàit a savèl ti? MATTO Ól sago, imparchè i gh'ho catàt mi quei dinari, vün par vün. Vardì chì che brasi sgurbiàt che am sunt cunsciàt... CAPO DEI CROCIATORI No' m' interèsa i brazi... faghe vedè 'sti dinàri. (Matazzone mostra i denari) Ohi, ohi, e tüti d'arzénti... va' bèli... mé i pésa, e i sòna... MATTO Bòn, tegnìvei, i è i vòster anca quèli, se 'gnit d'acòrdi d'ól scambi. Par mi... mi agh sont d'acòrdi. CAPO DEI CROCIATORI Anca nujàrtri... 533 MATTO Bòn, alóra andìt de prèscia a tòrve ól Giuda impicàt pendüt, che mi agh pénsi a tirà de baso ól Crist... PRIMO CROCIATORE E se arìva ól zenturión e at cata in d'ól scrusaménto? MATTO Agh dirò che a l'è stat una penzàda de mi... che peu sont un mato… e che vui non gh'avét colpa niùna. Ma no' stit chì a pèrd ól tempo, andìt... CAPO DEI CROCIATORI Sì, sì... andèm… e a sperém che no' ghe pòrten rogna, 'sti trenta dinàri. (I soldati escono di scena). MATTO Bòn, a l'è fada. Ohi, mé par gnanca vera: sunt inscì cunténto... Gesú, tégn dur, che a l'è 'rivàd ól salvamént... töi e tenàie... ècoe. Ti no’ l'avarèset gimài dit, ah Gesú, che ól sarèse 'gnüd a salvàrte impròpri un mato... ah ah... 'pècia che imprima at ligarò con ‘sta coréza, agh fagarò in un mumènt... no' èghe pagüra che no’ té fagarò mal… at fagarò 'gnir giò dolze 'mé ‘na sposa e peu at cargarò in le spale, che a mi a sont fort 'mé un beu... e via de vulàda! At porterò giò al fiüm, che lì a gh'ho un barchèt, e cont quàter palàdi ól travèrsum ól fium... E prima che végna ciàro as truerèm bèli 'mé ól sol, a ca’ d'un mè amiso stregón c'ól té medegarà e at fagarà guarì in trì dìe. (Pausa) No' ti veuret? No' ti veuret ól stregón...? Bòn, andarèm da ól médego onguentàri, co a l'è un mè amigo fidàt anca quèlo, de mi. Ne manco quèlo? Se té veuret alóra? (Pausa) Nagót... no' at veuret miga che at stciòdi? Ho capìt... at gh'hàit la convinziùn che con 'sti beuci in di mani e in di pìe, tut instcincà 'n di ligadür 'mé t'han cunsciàt, no' ti serà pì capàz de andà intórna, ni de imbucàt de par sòl. No' ti vol star al mùndo a dipènd da i olter 'mé un 534 disgraziàd? Gh'ho indovinàt?… No' l'è nemànco par quèlo? O sacrabiòt... e par qual razón dònca! (Pausa) P'ól sacrifizi? Se té dìset cos'è? Ól salvamento? La redenziün... cos té strapàrlet cosa? O poveràz!... Asfìdo mi... at gh'hàit la féver... sent 'mé té büjet... Bòn, ma adès at tiri giò, at quarci bén con la tònega... chì, perdónam se am permèti, ma at sèt un bèl testón... a vores miga ès sarvàt? At veuret propri murìr su 'ste trave? (Pausa) Sì...? Par ól salvamént di òmeni... Oh, quèsta a l'è de no' crédarghe!... E peu a i dìsen che ól mato a son mi... ma ti am bati de mila pértighe a vantàgio, caro ól mè fiòl Gesú! E mi che a sont stàit a scanàm a ziogàr a e carte tüta la nòte par peu avérghe ‘sta gran bèla satisfazión! Ma sacragnón, ti at sèt ól fiòl de Deo, no? Mi al cognósci bén, fam la corezión se a sgaro: bén, dònca, d'ól mumènt che ti è Deo, t'ól savarèt bén ól resultàt che ól gavarà daspò 'sto to’ sacrifìzi de crepare incrusàt... Mi no' son deo e nemànco profeta: ma m'l'han cuntàd la smortìna ‘sta nòte, in fra i làgreme, 'mé ól 'gnirà a furnì. In prima at fagaràno 'gnir tüto induràt, tüto d'oro, dal có fino ai pìe… daspò 'sti ciòdi de fèro i t'ei fagaràno tüti d'arzénto, i làgrem egnaràno tochèti sluzénti de diamante… ól sangu che at góta de partüto ól stciambieràno cont una sfilza de rubini sbarluscénti, e tüto quèst a ti, che t'hàit sgulàt a parlàg d'la povertà. De giunta ‘sta tua croze dulurüsa e la picheràn in dapartüto: sóra ai scudi, su e bandére de guèra... su e spade a copàr zénte, 'mé i fudès vidèli... a copàre parfìn in d'ól nome de ti... ti, che t'hàit criàt che a sémo tüti fradèli, che a no' se deve masare. Ti gh'hàit üt un Giuda giamò… Bòn, ti n'agarà tanti 'mé furmìghe de Giuda a traìrte e a duvràrte par 535 impagnutà i cojóni! Dam a tra'... no’ val la pena... (Pausa) Eh? No' saràn tüti traiùri? Bòn, fam inquàlche nom: Franzèsco ól beàt... e peu ól Nicola... san Michel tàja mantèl... Domenich... Catarina e Clara... e peu... d'acordo… metémeg anca quèsti: ma i saran sémper quàter gatt in cunfrùnta al nùmer di malnàt... e anco quei quàter gatt i se trovaràn ‘n'altra veulta compagni che i t'han fàit a ti, dòpo che i gh'avaràn schischiàdi de vivi. (Pausa) Ripèt, scusa, che quèsta no' la gh'ho capìda... Anca se an fudèse vün zol... si anca un òmo dumà in tüta la tèra dégn d'ès salvàd imparchè ól è un giusto, ól to’ sacrifìzi n'ól sarà stàito fàit par nagòt... Oh no: no, alóra no’ gh'è pü speranza… at sèt impròpi ól cap di mat... at sèt un manicòmi intrégo! La zola veulta che ti mè gh'ha piazüdo, Jesus, l'è stàit la veulta che sèt ‘rivàt in gésa che i fasévan mercàt e t'è scomenzà a sfruntà tüti col bastùn. Ohi che bèl véd... quèl l'éra ól to’ mestè... Miga ól crepà in cróse par ól salvaménto! Oh Segnor Segnor... am végn de piàng... a no’ créderghe, a piàngi d'inrabìt... Rientrano i soldati CAPO DEI CROCIATORI Ohi Matazón, disgraziàt! No’ tl'hàit ancmò tirà a baso a quèl? S't'hàit fàit cos'è infìna adèso, a t'hàit dormìt? MATTO No che no' gh'ho dormìt... gh'ho üt dumà un ripenzamént... A no' vòjo stciodàrlo plü 'sto Cristo... a l'è mejór ch'ól resta in cróse. CAPO DEI CROCIATORI Oh bravo… e magàra adèso at vorarèste indrìo tüta la cavàgna di ori e di dinàri... ohi che 536 furbaso! Ti gh'ha mandàdi a fare i fachìni a torte 'sto Giuda impicàt sojaménte par farte 'na ridàda? No, caro Matazón! Se ti voi indrìo la tóa ròba, at la duarèt vénzer de nòvo a i taròchi! Justa... a ‘sta zola condizión. MATTO No, mi no’ gh'ho vója de ziogàr. Tegnéve 'mpùre tüto... dinàri, ori, oregìni, che mi no' ziogarò gimài plü in ‘sta vita... Ho vinzùt par la préma veulta ‘sta nòte, e mé gh'ha bastàt... (Parla tra se) Anco par un òmo zol col sébia degno ól val la pena de morir in cróze! O se l'è mato... l'è mato ól fiòl de Deo! (Al Cristo) Picà, picà tüti, l'éra ól to’ mestè, tüti quèi che fan mercàt in gésa: làder, balòs, impustùr e furbacióni: fe24 febbraio 1999 Gioco del matto sotto la croce PRIMA VERSIONE In scena il matto, alcuni soldati e quattro crociatori. Sul fondo della scena viene steso un lenzuolo. In controluce vediamo Gesú, che costretto dai soldati, si spoglia. MATTO Dòne! Ehj dòne inamorate d'ól Crist, 'gnit a lustràrve i ögi! 'Gnit a vidèl bèlo snùdo ch'ól se sbiòta, ól vostro moróso... dòi palanchi par sguardàda, egnìt dòne... Oh che l'è bèlo de catà! A disìu che a l'éra ól fiòl de Deo: mi am parès col sébia iguàl a un altro òmo, par tüto cumpàgn!... Doi palànchi, dòne, par sguardàl! Agh n'è niùna ch'as vòja tor 'sto sfizi par dòi palànchi? Bòn, l'è dì de festa incoeu... am vòi ruinàrme... Végn chi té, ch'at ól fagarò vidè a gratis... 537 Ohi che smòrbia... vègn scià! No' perd 'st'ocasión... No' ti è ti quèla, la Madaléna tanto inamorùsa de lü che, no' truànd mantìn ni salvièta par sugàrghe i pìe, ti gh'li ha sugàd con i to’' cavèi? Bòn, pég par vui: che adès, par lége, a duarèm cuarciàl covèrto in s'ul pecàt... con t'un scusarìn c'ól somegiarà a 'na balerìna! L'è a l'órdin ól cap di còmichi? Tira su ól telün che andarèm a incomenzàre ól spectàcol: scena prima: ól fiòl de Deo, gran cavajér cont la corona, ól monta a cavàlo... un bèl cavalòt de légn par andà a torneo in giòstra. E par fà che n'ól bòrla in tèra... a l'inciodarèm sóra la sèla... man e pìe ! CAPO DEI CROCIATORI Móchela de fà ól paiàso e 'ègn chì a dagh 'na man... Tàcheghe 'na corda ai pols, vün par part, c'ól se slónga de polìto... ma làseme sgumbràt e palme, ch'as pòda filzàrghe i ciòdi. Mi agh picarò in quèsta de drita, e... PRIMO CROCIATORE E mi in 'st' óltra. Butème un ciòdo, che ól martèl a gh'l'ho del mè. SECONDO CROCIATORE Ohi che ciodàsc! A scumèti che in sète martelàde ól pichi déntar tüto? PRIMO CROCIATORE E mi al farò in sése, at vòj scumèt? SECONDO CROCIATORE D'acòrdi. Forza, slarghìve vui dòi che agh mètum le ale a 'st'angiulòto, ch'al gh'àbia a volàr 'mé l'Icaro in d'ól ziél. TERZO CROCIATORE Trajèm inséma... Inséma ho dit!... A m'lo stravachì! Pian c'ól dév restà in d'ól mèz d'la sèla ól cavajér... Un pòch pusé a mi... bòn, agh son al ségn... propi in d'ól beugio. 538 SECONDO CROCIATORE Mi no' agh son miga, hàit fàit i beugi tròp destànti... rusa ti... forza! T'è magnà la furmagèla a 'sto mesdì? Sfòrza! PRIMO CROCIATORE Sì, sfòrza, va a fornì che agh sciuncarèm i ligadùri de e spale e d'li gùmbet. TERZO CROCIATORE Ti no' té casciàre, che no' è miga toe le ligadüre! Rusa! Eh eh, sforza! Lamento di Gesú sottolineato dal contrappunto lamentoso delle donne. PRIMO CROCIATORE Ohj, hàit sentìt ól stcèpp? SECONDO CROCIATORE Sì, no' l'è stàit bèl... a l'è un stciòcch col mé fa sgrignì i òsi... de contra, ól s'è giusta slongàd de misüra: adès agh sont ancmì sóra al beugio. PRIMO CROCIATORE Bòn, tegnìt in tir la corda… e ti valza ól martèl che a partìsum insèmbia. SECONDO CROCIATORE Stagh aténto a mica picàrte i didi! Sghignazzata generale. TERZO CROCIATORE Slarga 'sto sciampìn che no' té fagh galìtigo, at següri!… Oh ti varda ‘sta man, come la gh'ha impruntàt ól rigo de la vita!... A l'è un ségn tant lóngo che ól parèse che a gh'ha ól destìn de campàr ancmò sinquant'ani almànco, 'sto cavajér! Vagh a créderghe a le bàgole de 'e stròlighe, a ti! SECONDO CROCIATORE Stopa ‘sta léngua e valza ól martèl! PRIMO CROCIATORE Son prunt a mi! 539 TERZO CROCIATORE Dàighe alóra... Dààighee dol prém bòt... (Tonfo) Ohioa ahh! Ghe ha sbusà i palmi! CAPO DEI CROCIATORI (contrappunto dell'urlo di Cristo) Ohoo, ól trémba da par tüto. Stì calmi! Daaghee d'ól segùnd bòt! Ohaoioaohh! Ha slargà i osi! Ohoh agh spuda ól sangu a gnòchi. Dàighe ól terzo bòto! Ohahiohoh! 'Sto ciòd t'ha sverzenàt. Ohoh che e dòne no' ti gh'ha gìmai sforzàt. El quarto t'ól regala i soldàt! Ohahiohoh! Che ti gh'hàit dit de no' masàre! Ohahiohoh! E i nemìsi 'mé fradèli i dovarìa amare. Ól quinto t'ól manda i vescovi d'la senagòga! Ohahiohoh! Che ti gh'hàit dit che i sònt falzi e malarbèti! Ohahiohoh! Che i tòi vescovi i sarà tüti umili e povaréti. Ól sesto l'è ól regalo de i segnòri! Ohahiohoh! Che ti gh'hàit dit che i no' anderàn in ziélo! Ohahiohoh! E ti gh'hàit fàit l'exémplo del camèlo. Ól sètemo t'ól pica i'mpostóri! 540 Ohahiohoh!, che ti gh'hàit dit, che n'ól cunta nagót se i préga! Oohahiohoh!, che i è bòni a fregàr mincióni in tèra ma ól Segnór, quèl no'l se frega. PRIMO CROCIATORE Hàit venciüd mè! At duarét pagàm de bévar, recórdes. SECONDO CROCIATORE Agh bevarémo a la santità do 'sto cavajér e a la sòa sfortuna! (Al Cristo) Come av trouvìt, majstà? Av sentìt bén saldo in d'i mani, sto destrer? Bòn, alóra adèso andarémo in giòstra, sanza lanza e sanza scudo! CAPO DEI CROCIATORI Gh'hàit slazàde le corde dai pólzi? Bravi i mé baroni... strenzéghe bén saràda ‘sta corèza intórna a e spale, che nol débia borlàghe a dòso in d'ól tirarlo in pìe, 'sto campión! Daspò, 'na volta inciodàd i pìe a gh'la toiarémo... SECONDO CROCIATORE 'Gnì chi tüti... spuéve in ti mani che a gh'em de 'ndrisàr l'àrbor de la cucàgna! Viàltri 'gnì inànze co' e corde e féle pasàr de soravìa a la travèrsa de tranzét... Vegn scià anca ti, Matazón: monta in co' a la scala, pront a tegnìl. MATTO Mé dispiàse ma mi no' pòdi aidàrve: che n'ól mé gh'ha fàit nagòt a mi, quèlo... SECONDO CROCIATORE O baléngo! Ma nemànco a nojàltri ól ne gh'ha fàit nagót... A l'em giüsta incrusàt par pasatèm! (Ride sgangherato) Ah ah, e gh'han dàit de giùnta diése palànche a testa par ól destùrbo! Dài, daghe una man che après at fèm l'onür de giugarghe 'na partìda a dadi cun ti... 541 MATTO Ah bòn… se a l'è par 'na partìda no' mé tiri minga indré! Sont già su la scala, varda... a podì scomenzà! PRIMO CROCIATORE Brao! Sèm a l'orden tüti? 'Ndém alóra, ruzèm inséma, mé aricomàndi... un strèp lóngo a la volta. Av dag ól témp: Ohj izaremo Ehiee 'sto penón de nave ohoho par fagh de drapo ohoho gh'em tacàd un mato. Ohj izarémo Ehiee 'sto palón de festa cucàgna grosa Gesú Cristo in cofa. Ohi che cucàgna! Ahaa che la sbüsa ól ziélo agh piove sangue. patre nostro ól plange. Legrìve, legrìve! ch'em trovàt chélo bravo c'ól s'è fat stciàvo par vestìrghe da nòvo. Loeu… a l'è asè! Mé par che ól stévia bén franco. Bòn... (Al matto) Alóra, tra' feura i dadi che fèm ‘sta ziogada. Il matto gioca ai dadi e ai tarocchi e vince la tunica di Cristo e le paghe dei "crociatori". 542 MATTO Oh se vorsìt tüti indré i vòst palànchi, mi a ve i lasi de voluntéra… cumprés la culàna, i uregìt, l'anelo... e varda… agh tachi ancmò quèst. PRIMO CROCIATORE E par tüta ‘sta ròba cus té vorarèset in scàmbi? MATTO Quèl là... SECONDO CROCIATORE Ól Cristo? MATTO Sì, veuri che m'ól lasì stacàl via de la cròse. CAPO DEI CROCIATORI Bòn: pècia c'ól meura e a l'è tò... MATTO No, mi ól veuri adès che l'è ancmò vivo. PRIMO CROCIATORE Oh mat de tüti i mati... at vorèste che de contra a gh'àbiüm de sfurnì inciodàt tüti nünch e quatàr al so' rempiàz? MATTO No, no' avérghe pagüra, che no' av capitarà nagòta a vui: abastarà che agh pìcum su un'ólter al so' pòst… vün de la sua tàja, e at vedarèt che no' s'incorgerà niùn d'ól scambi... che intanto su la cròse a se insomègen tüti. PRIMO CROCIATORE Quèst l'è anco vera... inscurtegàt in ‘sta manéra peu, che ól par un pèss in gratireula... CAPO DEI CROCIATORI Ól sarà vera, ma mi no' ghe stago. E peu, chi ti gh'avarìat in mént de tacàghe d'ól rempiàz? MATTO Ól Giuda ! CAPO DEI CROCIATORI Ól Giuda? Quèl... MATTO Sì, quèl so' apòstul traditór che ól s'è impicàt pendùt per disperaziün al figo de drio a la sces, sinquànta pas de chi. 543 CAPO DEI CROCIATORI Meuves, de corsa, andém a sbiutàl che ól gh'avarà ancmò in sacòcia i trenta denari d'ól servìsi... MATTO No, no' stit a disturbàv... che intànt quèi i ha bütàd via de sübet in mèz a un rosc de spin. CAPO DEI CROCIATORI Mé fàit a savèl ti? MATTO Ól sago, imparchè i gh'ho catàt mi quei dinari, vün par vün. Vardì chì che brasi sgurbiàt che am sunt cunsciàt... CAPO DEI CROCIATORI No' m' interèsa i brazi... faghe vedè 'sti dinàri. (Matazzone mostra i denari) Ohi, ohi, e tüti d'arzénti... va' bèli... mé i pésa, e i sòna... MATTO Bòn, tegnìvei, i è i voster anca quèli, se 'gnit d'acordi d'ól scambi. Par mi... mi agh sont d'acordi. CAPO DEI CROCIATORI Anca nujartri... MATTO Bòn, alóra andìt de prescia a torve ól Giuda impicàt pendüt, che mi agh pénsi a tirà de baso ól Crist... PRIMO CROCIATORE E se ariva ól zenturión e at cata in d'ól scrusamento? MATTO Agh dirò che a l'è stat una penzada de mi... che peu sont un mato. E che vui non gh'avet colpa niuna. Ma no' stit chì a perd ól tempo, andìt... CAPO DEI CROCIATORI Sì, sì... andèm, e a sperém che no' ghe pòrten rògna, 'sti trenta dinari. MATTO Bòn, a l'è fada. Ohi, mé par gnanca vera: sunt inscì cunténto... Gesú, tégn dur, che a l'è 'rivad ól salvament... töi e tenaie... ècoe. Ti no l'avarèset gimài dit, ah Gesú, che ól sarèse 'gnüd a salvarte impropri un mato... ah ah... 'pècia che imprima at ligarò con ‘sta coreza, agh fagarò in un mumènt... no' eghe pagüra che no té fagarò mal, at fagarò 'gnir giò 544 dolze 'mé na sposa e peu at cargarò in le spale, che a mi a sont fort 'mé un beu... e via de vulàda! At porterò giò al fiüm, che lì a gh'ho un barchèt, e cont quàter paladi ól travèrsum ól fium... E prima che végna ciàro as truerèm bèli 'mé ól zol, a casa d'un mè amiso stregón c'ól té medegarà e at fagarà guarì in trì dìe. No' ti veuret? No' ti veuret ól stregón...? Bòn, andarèm da ól médego onguentàri, co a l'è un mè amigo fidàt anca quèlo, de mi. Ne manco quèlo? Se té veuret alóra? Nagót... no' at veuret miga che at stciodi? Ho capìt... at gh'hàit la convinziùn che con 'sti beuci in di mani e in di pìe, tüt ins'cincà 'n di ligadür 'mé t'han cunsciàt, no' ti serà pì capaz de andà intorna, ni de imbucàt de par zol. No' ti vol star al mundo a dipènd da i olter 'mé un disgraziad? Gh'ho indovinàt? No' l'è nemanco par quèlo? O sacrabiòt... e par qual razón dònca! P'ól sacrifizi? Se té dìset cos'è? Ól salvamento? La redenziòn... cos té strapàrlet cosa? O poveràz!... Asfìdo mi... at gh'hàit la fever... sent 'mé té büjet... Bòn, ma adès at tiri giò, at quarci bén con la tònega... chì, perdonam se am permèti, ma at sèt un bèl testón... a vores miga ès sarvàt? At veuret propri murir su 'ste trave? Sì...? Par ól salvament di òmeni... Oh, quèsta a l'è de no' credarghe!... E peu a i dìsen che ól mato a son mi... ma ti am bati de mila pértighe a vantagio, caro ól mè fiòl Gesú! E mi che a sont stàit a scanam a ziogàr a e carte tüta la nòte par peu averghe ‘sta gran bèla satisfazion! Ma sacragnón, ti at sèt ól fiòl de Deo, no? Mi al cognosci bén, fam la corezion se a sgaro: beén, dònca, d'ól mumènt che ti è Deo, t'ól savarèt bén ól resultàt che ól gavarà daspò 'sto to’ sacrifizi de crepare incrusàt... Mi no' son deo e nemanco proféta: ma 545 m'l'ha cuntad la smortina ‘sta nòte, in fra i làgrem, 'mé ól 'gnirà a furnì. In prima at fagarano 'gnir tüto induràt, tüto d'oro, dal có fino ai pìe, daspò 'sti ciòdi de fèro i t'ei fagarano tüti d'arzénto, i làgrem egnarano tochèti sluzénti de diamante, ól sangu che at góta de partüto ól stciambieràno cont una sfilza di rubini sbarluscénti, e tüto quèst a ti, che t'hàit sgulàt a parlag d'la povertà. De giunta ‘sta tua croze dulurusa e la picheràn in dapartüto: sóra ai scudi, su e bandére de guèra... su e spade a copar zénte, 'mé i fudès vidèli... a copare parfin in d'ól nome de ti... ti, che t'hàit criàt che a sémo tüti fradèli, che a no' se deve masare. Ti gh'hàit üt un Giuda giamò? Bòn, ti n'agarà tanti 'mé furmìghe, de Giuda, a traìrte e a duvràrte par impagnutà i cojoni! Dam a tra'... no val la pena... Eh? No' saran tüti traiuri? Bòn, fam inqualche nom: Franzèsco ól beàt... e peu ól Nicola... san Michel tàja mantèl... Domenic... Catarina e Clara... e peu... d'acordo, metémeg anca quèsti: ma i saran sémper quàter gatt in cunfrunta al numer di malnàt... e anco quei quàter gatt i se trovaràn n'altra veulta compagni che i t'han fàit a ti, dòpo che i g'avaran schischiadi de vivi. Ripèt, scusa, che quèsta no' la gh'ho capida... Anca se an fudèse vün zol... si anca un òmo dumà in tüta la tèra degn d'ès salvad imparchè ól è un giusto, ól to’ sacrifizi n'ól sarà stàit fàit par nagòt... Oh no: no, alóra no gh'è pü speranza, at sèt impròpi ól cap di mat... at sèt un manicomi intrégo! La zola veulta che ti mè gh'ha piazudo, Jesus, l'è stàit la veulta che sèt rivàt in gésa che i fasevan mercàt e t'è scomenzà a sfruntà tüti col bastùn. Ohi che bèl ved... quèl l'éra ól to’ mestè... Miga ól crepà in cróse 546 par ól salvamento! Oh Segnor Segnor... am végn de piang... a no créderghe, a piangi d'inrabìt... CAPO DEI CROCIATORI Ohi Matazón, disgraziàt! No tl'hàit ancmò tirà a baso a quèl? S't'hàit fàit cos'è infina adèso, a t'hàit dormìt? MATTO No che no' gh'ho dormìt... gh'ho üt dumà un ripenzamént... A no' vòjo stciodarlo plü 'sto Cristo... a l'è mejór ch'ól resta in cróse. CAPO DEI CROCIATORI Oh bravo, e magara adèso at vorarèste indrio tüta la cavagna di ori e di dinari... ohi che furbaso! Ti gh'ha mandadi a fare i fachini a torte 'sto Giuda impicàt sojamente par farte 'na ridada? No, caro Matazón! Se ti voi indrio la tua roba, at la duarèt venzer de nòvo a i tarochi! Justa... a ‘sta zola condizion. MATTO No, mi no gh'ho voia de ziogaàr. Tegnéve 'mpure tüto... dinari, ori, oregìni, che mi no' ziogarò gimai plü in ‘sta vita... Ho vinzùt par la prema veulta ‘sta nòte, e mé gh'ha bastàt... Anco par un òmo zol col sébia degno ól val la pena de morir in cróze! O se l'è mato... l'è mato, ól fiòl de Deo! Picà, picà tüti, l'éra ól to’ mestè, tüti quèi che fan mercàt in gésa: lader, balòs, impustùr e furbacióni: feura, picà, picà! DA TRADUZIONE MATTO SOTTO CROCE VECCHIA Il matto giocando a dadi e a tarocchi ha vinto la tunica di Cristo e la paga dei crociatori. MATTO Se volete indietro tutti i vostri soldi io ve li lascio volentieri, compresa la collana, gli orecchini, l'anello... e guarda, ci aggiungo anche questo. 547 PRIMO CROCIATORE E per tutta questa roba cosa vorresti in cambio? MATTO Quello là... (indica il Cristo) SECONDO CROCIATORE Il Cristo? MATTO Sì, voglio che mé lo lasciate staccare dalla croce. CAPO DEI CROCIATORI Bene: aspetta che muoia ed è tuo. MATTO No, lo voglio adesso che è ancora vivo. PRIMO CROCIATORE Oh matto di tutti i matti... vorresti che per giunta finissimo tutti noi quattro al suo posto? MATTO No, non aver paura che non vi capiterà niente a voi: basterà che attacchiamo un altro al suo posto, uno della sua misura, e vedrete che non si accorgerà nessuno dello scambio... tanto sulla croce ci assomigliamo tutti. PRIMO CROCIATORE Questo è anche vero... scorticato in questa maniera poi... che sembra un pesce in graticola... CAPO DEI CROCIATORI Sarà anche vero, ma io non ci sto. E poi chi avresti in mente di attaccarci al suo posto? MATTO Il Giuda! CAPO DEI CROCIATORI Il Giuda? Quello... MATTO Si, quèl suo apostolo traditore che si è impiccato per disperazione al fico dietro la siepe, cinquanta passi da qui. CAPO DEI CROCIATORI Muovetevi, di corsa, andiamo a spogliarlo che avrà ancora in saccoccia i trenta denari del servizio. MATTO No, non state a disturbarvi... che tanto quelli li ha buttati via subito in mezzo a un rovo di spini. CAPO DEI CROCIATORI Come hai fatto a saperlo tu? 548 MATTO Lo so perché li ho presi io quei denari, uno per uno: guardate qui che braccia graffiate che mi sono conciato. CAPO DEI CROCIATORI Non m'interessano le braccia facci vedere questi denari. Ohi, ohi, e tutti d'argento... guarda che bèlli... come pesano... come suonano... MATTO Bene, teneteveli, sono vostri anche quelli, se ci si mette d'accordo per lo scambio. Per mé io sono d'accordo... CAPO DEI CROCIATORI Anche noialtri. MATTO Bene, allora andate a prendervi subito il Giuda impiccato, che ci penso io a tirar giú il Cristo. PRIMO CROCIATORE E se arriva il centurione e ti trova nel bèl mezzo dello scrociamento? MATTO Gli dirai che è stata una mia pensata, che tanto sono un matto. E che voi non avete nessuna colpa. Ma non state qui a perdere tempo, andate... CAPO DEI CROCIATORI Sì, sì... andiamo, e speriamo che non ci portino sfortuna, questi trenta danari. MATTO Bene, è fatta. Non mi par neanche vero! Sono cossì contento... Gesú, tieni duro, che è arrivata la salvezza... prendo le tenaglie, eccole. Tu non lo avresti detto, eh Gesú, che sarebbe venuto a salvarti proprio un matto... Ah, ah... aspetta che prima ti legherò con questa cinghia, farò in un momento... non aver paura che non ti farò male, ti farò venir giú dolce come una sposa e poi ti caricherò sulle spalle, che io sono forte come un bue... e via di volata! Ti porterò giú al fiume: li ho una barchetta e con quattro palate attraverso il fiume. E prima che faccia chiaro ci troveremo bèlli come il sole a casa di un mio amico stregone che ti medicherà e ti farà guarire in tre giorni. Non vuoi? Non vuoi lo stregone?! 549 Bene, andremo dal medico degli unguenti, che è un mio amico fidato anche quello. Niente: non vuoi che ti schiodi? Ho capito... hai la convinzione che con questi buchi nelle mani e nei piedi, tütto schiantato nelle legature come t'hanno conciato, tu non sarai piú capace di andare in giro né di imboccarti da solo. Non vuoi stare al mondo a dipendere dagli altri come un disgraziato? Ho indovinato? Non è neanche per quello? Oh accidenti... e per quale ragione? Per il sacrificio? Cosa dici? Cosa? Il salvamento? La redenzione... Che cosa straparli? Cosa? Oh poveraccio... sfido io... hai la febbre... senti come scotti... bene, ma adesso ti tiro giú, ti copro bene con la tunica... adesso scusami, se permetti sei un bèl testone... non vuoi essere salvato? Vuoi proprio morire su questa croce? Sì? Per la salvezza degli uomini... Oh, questa è da non crederci... e poi dicono che il matto sono io, ma tu mi batti di mille pertiche di lunghezza, caro il mio figlio Gesú! Ed io che sono stato a scannarmi giocando alle carte tutta la notte per poi avere questa gran bèlla soddisfazione... ma sacramento, tu sei il figlio di Dio, no? Io lo so bene, correggimi se sbaglio: bene, dal momento che tu sei Dio, tu lo sai bene il risultato che avrà il tuo sacrificio di crepare crocifisso... Io non sono Dio e neppure profeta: ma mé l'ha raccontato la smortina questa notte, tra le lacrime, come andrà a finire. Dapprima ti faranno diventare tütto dorato, tütto d'oro, dalla testa fino ai piedi, poi questi chiodi di ferro té li faranno tutti d'argento, le lacrime diventeranno pezzetti lucenti di diamante, il sangue che ti sgocciola dappertutto lo scambieranno con una sfilza di rubini luccicanti e tütto questo a té, che ti sei sgolato a parlar 550 loro della povertà. Per giunta questa tua croce dolorosa la pianteranno dappertutto: sopra gli scudi, sulle bandiere da guerra, sulle spade, per uccidere gente come fossero vitelli, uccidere nel tuo nome, tu che hai gridato che siamo tutti fratelli, che non si deve ammazzare. Hai già avuto un Giuda? Bene, ne avrai tanti come formiche di Giuda, a tradirti, ad adoperarti per incastrare i coglioni! Dammi retta, non vale la pena... Eh? Non saranno tutti traditori? Bene, fammi qual che nome: Francesco il beato... e poi il Nicola... san Michele taglia mantello... Domenico... Caterina e Chiara... e poi... d'accordo, mettiamoci anche questi: ma saranno sempre quattro gatti in confronto al numero dei malnati... e anche quei quattro gatti li tratteranno un'altra volta nello stesso modo che hanno fatto con té, dopo che li hanno perseguitati da vivi. Ripeti, scusa, che questa non l'ho capita. Anche se ce ne fosse uno solo... sì anche un uomo soltanto in tutta la terra degno di essere salvato perché è un giusto, il tuo sacrificio non sarà fatto per niente... Oh no: allora sei proprio il capo dei matti... sei un manicomio completo! La sola volta che mi sei piaciuto, Gesú, è stata la volta che sei arrivato in chiesa mentre facevano mercato e hai cominciato a menare tutti col bastone. Ohi che bèl vedere... quello éra il tuo mestiere... mica crepare in croce per la salvezza! Oh Signore Signore... mi viene da piangere... ma non crederci, piango d'arrabbiato. CAPO DEI CROCIATORI O Matazone, disgraziato... non l'hai ancora tirato giú quello? Cosa hai fatto fin adesso, hai dormito? 551 MATTO No che non ho dormito, ho avuto solo un ripensamento... non voglio schiodarlo piú questo Cristo, è meglio che resti in croce. CAPO DEI CROCIATORI Oh bravo! E magari adesso vorresti indietro tutti gli ori e i denari... Ohi che furbastro! Ci hai mandati a fare i facchini, a prenderti questo Giuda impiccato, soltanto per farti una risata? No caro Matazone! Se tu vuoi indietro la tua roba, té ia dovrai vincere di nuovo ai tarocchi! Solo a questa condizione. MATTO No, io non ho voglia di giocare, tenetevi pure tütto... denari, ori, orecchini, perché io non giocherò mai piú in questa vita. Ho vinto per la prima volta questa notte, e mi è bastato... Anche per un uomo solo che ne sia degno vale la pena di morire in croce! Oh se è matto... è matto, il figlio di Dio! Bastonare, bastonare tutti, éra il tuo mestiere, tutti quelli che fanno mercato in chiesa, ladri, truffoni, impostori e furbacchioni. Fuori, bastonare! Bastonare! 552 Ahh... gente... venite qui, che c’è i1 giullare! Giullare che sono io, quello... che fa i salti e che tràmbula e che... oh... oh... vi ho fatto ridere! Venite che vi faccio vedere i maggiorenti nudi-denudati e scoprire come sono gròli e grossi i palloni che vanno d'intorno a far guerre e a scannare. Ma basta stapparli, tirargli-toglierli via il piréo e... pff!!, si sgonfiano, scoppiano come vesciche dei palloni! Venite qui che è ora e luogo di fare il pagliaccio per voi! Tutti intorno a mé! Venite! V'insegno una maniera modo nuovo di stare al mondo. Venite... venite... Attenti come faccio il saltino intorno… una cantatina, e faccio i falsetti a saltabecco! Guardate la mia lingua come gira! Ah... ah... è un mulinello, un coltello... che tagliai i garretti ai bugiardi impostori! Ma all’improvìso mi prende il ricordo- di ricordarmi. In verità io non ero sempre stato giullare. È questo che voglio raccontare, di come sono divenuto buffone ridanciano. Che io non sono nato d’un fiato caduto-precipitato dal cielo, e, op! Sono arrivato qui: “Buondì, buonassera!”. No! Io sono il frutto d’un miracolo! Non volete credermi? Io sono nato villano. Proprio villano, contadino. Non avevo tanto da stare allegro: non avevo terra, no! Ero arrivato (perfino) ad andare a lavorare a stracciabraccia sotto tutti, in queste valli... dappertutto. Dovete credermi… datemi confidenza retta (ascolto) abbiate fiducia in mé: non sono nato giullare. Non è nemmeno capitato che mia madre guardandomi bambino stravaccato -disteso- coricato) nella culla che ridevo a 553 ganascia: “Ma che bèlla faccina simpatica... oh che cara. Allegria mi fai! Pagliacciolino ridente! Guarda, da grande ti faccio fare il giullare!”. No! E nemmeno è capitato che mi sono sia specchiatorimirato dentro il culo di una padella lustra che mi faceva da specchio, cossì che a guardarmi: “Ohi che occhi luccicanti di allegrezza che spargono-spandono luce felice da-in ogni luogo! Vado a fare il giullare! Sono proprio simpatico, spendido-splendente!”. E nemmeno è capitato che il Dio Padre Eterno, che viene sempre a spiare fuori dalla nuvole... che non ha niente da fare… rimira il suo creato, la terra… e beato grida: “Oh! Che bèlla terra che ho fatto! Oh! Che bei alberi che ho fatto! Oh! Che bèlle montagne che ho fatto! (Cambia tono) E chi è quello? È un contadino! Con quella faccia! Simpatica! Getta la vanga, molla-lascia ‘sta terra e vai a fare il giullare e non rompere i coglioni!”. No, no, non è stato lui! È stato suo figlio Jesus. Un miracolo! Non vado ciarlando raccontando ciarle-balle, ve lo giuro! Un miracolo proprio di lui: Jesus Cristo in persona. È lui che mi ha fatto divenire giullare! Non mi credete? Lo so bene! Allora ve lo vado a mostrare! D’accordo? Dunque, una mattina che éra ancora scuro, che il cielo éra ancora negro... il sole non éra ancora cresciuto-salitomontato e io andavo curvo con la zappa, piccone a zappare, e il mio sudore éra la prima acqua che la terra beveva. Ero triste, non avevo terra mia, per mé. A sera tornavo a casa ubriaco... stanco morto, con gli occhi sbiancati dalla 554 luce e neanche la voglia di giocare con i miei bambini, fare giochi con la ragazza mia, moglie mia a fare l’amore, mi allungavo coricavo stravolto stordito sul letto... un paglione... e mi addormentavo. No che non mi addormentavo! Svenivo! E nella notte nel mio sonno non c’erano sogni. Chicchirichì! Maledetto,maledizione! Di nuovo a faticare! Ma un giorno tornando dal campo attraverso la riva del fiume in cerca di qualche granchio di fiume, ho perso il cammino e, di botto (all’improvviso- di colpo ), mi sono trovato davanti a una montagna nera che non conoscevo. Tremenda, alta. E ho domandato a un fratello contadino: “Compagno, di chi è questa montagna nera, impervia?” “Di nessuno!” “Ma può essere che non sia di nessuno, una montagna cossì grande?!” “Non vale niente! È solamente pietra nera, un mucchio di sassi vulcanici. La chiamano: la cagata del diavolo!” “Deve aver avuto un gran mal al culo nel cagare ‘sta cagata il diavolo!” E io sono andato fin su... arrampicandomi gattoni su un dosso raspando con le unghie e ho scoperto che c’era una briciola di terra, l’ho odorata: dolce, grassa. Sono andato subito dalla mia femmina, la femmina mia a casa. Giunto, l’ho chiamata in quartiere- cortile, gridando di allegrezza... ha preso su la zappa, il secchio e mi è venuta appresso con i bambini. 555 Giunti sul dosso senza nemmanco prendere fiato, ha cominciato a zappare dappertutto la terra e poi discendere alla riva del fiume a prendere secchi di terreno. Siamo andati anche al cimitere, siamo andati a rubare terra ai morti! Bèlla la terra delle tombe vecchie! Grassa! E si montava carichi di secchi e si spargeva ‘sto terreno-letamoso… giorno dopo giorno, si approntavano gradoni… una scalinata di gradoni! E portare terra dentro il grembiule!... Tutti a lavorare, anche i bambini. Contenti! E mia moglie, bèlla, bianca che è dolce… mogliettina mia, un portamento da regina! Andava con ‘ti panieri contenta, occhi lucenti, le zinne tonde, dure… che quando si muoveva correndo ballavano come campate che suonavano a festa: DIN DON DIN! Oh... se è bèlla! E cossì svelta, che con un vaso riempito d’acqua sul capo andava che pareva una madonna col cerchione (l’aureola) d’oro e nemmenco una lacrima si versava dal secchio! Dolce amore mio! E cantava! Cantava tanto bene che la sua voce diritta nel cervello arrivava! Oh dolce piacere! Giorno dopo giorno, luna dopo luna, siamo arrivati a montare (creare) tanti gradoni che pareva la Torre di Babèle! Ma non c’era l’acqua... si facevano buchi per sondare ma non sortiva uno sputo. Ci toccava discendere fino al fiume avanti e indietro, avanti e indietro, tutti, moglie e figli, con secchi e secchi, ma sempre secca diventava la terra. 556 Un giorno sono andato col piccone in spalla in cima a ‘sta montagna bestemiando: “Dio! Maledetto!” e pieno di rabbia ho picchiato una botta a zappata nella pietra: PIUM! STCIUM! È sortita una gran sbroffata (un gran getto) d’acqua che mi ha innondato. “Oh Signore, grazie! Bisogna proprio bestemiarti perché tu faccia miracoli, Dio santo!” Zampilli d’acqua che sbottavano dappertutto... e gorgogliavano giù per la scarpata da ogni terreno! Mia moglie è scoppiata in lacrime... con un pianto di gioia e i bambini impaltati (infangati) sguazzavano come pesci in fregola... “Grazie! Grazie Dio!” Un profumo dolce si spargeva-diffondeva dappertutto... e l’erba che subito sortiva spuntava (nasceva)! Ho piantato un seme di ségale, non ho fatto a tempo da voltarmi che TAC!,: un button di fogliettine spuntavano sono spuntate! Éra terra d’oro! Una sera mi sono dimenticato la zappa piantata nel terreno; il giorno appresso sono tornato: éra fiorita! La zappa fiorita! Alberi che sortivano frutti, uccelli, profumi, il grano, il frumento... Oh! Che piacere! Sono andato incontro al cielo rosato, col solo che stava calando dietro ai monti e ho detto: “Dio! Lo conosco (so) bene che sei dentro il sole in questo momento e ti ringrazio del dono grande che mi hai fatto con ‘sto miracolo. Ti sarò riconoscente e cercherò col sangue di metterlo a buon profitto. Té la farò divenire-diventare un paradiso terrestre ‘sta terra, stai sicuro. Amen!” 557 Passavano i contadini e dicevano: “Che culo che hai avuto! Da una montagna secca, hai tirato fuori il giardino di un pascià!” E invidia avéano. Sono lì nel campo, volto la testa e lì ti scorgo, sul suo cavallo il padrone di tutta la valle che mi guardava. Girava gli occhi intorno e mi guardava… e poi sbotta a dirmi: “Ohi, ‘sta meraviglia di montagna fiorita! Chi è che la tratta in piedi? Chi è che l’ha fatta?”. “Io, signore! Io, l’ho fatta, zolla su zolla l’ho portata e fatta a gradoni... Io! Anche l’acqua che non c’era... mé la sono - l’ho scoperta… fatta sputare fuori! Mia è ‘sta terra che non éra di nessuno!” “Roba di nessuno è una maniera di dire che non esista. Qui, se non lo sai, per tutta la valla, anche il fiume, terra, pietre, tutto ha un padrone… e io, sono quello! Padrone anche dell’aria che tu respiri.” “Ma ho domandato intorno... ‘sto monte lo chiamano la cagata del diavolo proprio per dire che nessuno l’ha mai voluto. Nemmanco voi padrone.” “Può darsi... un tempo… ma adesso ci ho ripensato. È mia!” S’è fatto una risata e via che è andato col cavallone! Qualche giorno aprèso, vedo in fondo il prete, che arrivava abbigliato tutto in negro, sudato col fazzoletto che si sgrusàva asciugava-tergeva faccia e collo… e fin da lontano mi gridava urlava: (in grammelot imitando il latino) “Contadino, villano caro, in pax tua vengo per dissolvere la tua imprudenza e presunzione di pensare che tu possa possedere la proprietà di un terreno. Nessuno è libero di possedere in ogni palmo di terra che ha una sola 558 proprietà che il Papa e l’Imperatore hanno affidato a ‘sto maggiorente unico e tu figliolo mio devi cedere in santa pax domine!” Come è stato vicino, gli ho dato una zappata che per poco non l’ho inchiodato, lui, insieme al suo asino che montava! Poi mollando-dando pedate coi tallon sulle palle del ciuccio, andava saltelloni bestemiando in una maniera che mi sono fatto il segno della croce!Due giorni appresso arriva su il notaio con una bèlla mula grossa, con un gran culo... lui, il notaio con un culone anche lui che quando è disceso dal cavallo non si capiva se éra fosse sceso... il culo di lui o quello della mula! Ha srotolato una pergamena lunga e scura piena di segni e segnini, sbirolìzzighi, sghiribizzi-scarabocchi svirgolamenti e croci, e ha detto sputando parole come una litania senza fiato: “Mio caro amico, lo so bene e di do fiera ragione del fatto che per il volgo éra sconosciuta alcuna possessione di ‘sto monte, ma dando un’occhiata a ‘ste carte di pergamena antica, si scopre chiaramente che ‘sto luogo terreno éra possessione del re che governava ‘sto regno, Boesio I, che avéa avuto un figlio carnale al quale avéa donato tutta la terra di qua di ‘sto fiume; la parte di là dal fiume l’avéa donata alla badessa del convento che poi éra la madre di suo figlio carnale. Ma è capitato nell’anno Domine duecento che per un gran temporale il fiume è strabordato dagli argini e si è diviso metà da un canto (lato), metà dall’altro in due corsi, lasciando in mezzo un’isola con sopra un monte negro. Il monte in questa maniera non éra di nessuno. Ma adesso che il fiume è tornato nel suo letto 559 naturale, ecco che il monte ritorna anche lui al suo padrone naturale che è il nostro principe che té la domanda chiede. Dunque daglielo indietro!” Gli ho dato una botta, una morsicata sul culo di ‘sto notaio che è partito lui e la sua mula! “Di queste braccia è la terra! No che non la do a nessuno!” Solo che un giorno è arrivato il signore padrone con i suoi soldati. Gli sbirri. Noi eravamo nei campi a lavorare, con i bambini, mia moglie e i suoi soldati mi hanno preso, allargato le braccia e mi hanno tenuto fermo. Il padrone si è calato le brache, ha preso mia moglie e la sbattuta per terra come una manza: le ha stracciato le sottane... allargato le gambe, gli è saltato sopra, l’ha montata come fosse una vacca. E tutti i soldati ridevano. I bambini mi guardavano con occhi sbarrati... sbiaditi. Guardavano la madre... guardavano mé. E io mi muovevo, mi sono liberato, ho preso una zappa, ho gridato: “Disgraziato! Prendi!”. “Fermo figlio! Fermo! - mi ha gridato mia moglie - Non dargli il pretesto di accopparti. Non aspettano altro. Tu giustamente pensi di crepare piuttosto che spiaccicare il tuo onore... ma tu non hai onore. Onore l’hanno solamente chi ruba, possiede, denaro, terre! Noialtri senza roba non abbiamo onore! Nostro onore è la terra! Salva la terra, tieni la terra e sputagli su ‘sto onore!” E io ho sbandato, ho mollato-lasciato cadere la zappa a terra. 560 I soldati sghignazzavano con fracasso: “Becco, coglione, senza dignità... Gli hanno montato la femmina e lui sta lì inciulinàt imbambolato come un lifròch!”. Il signore è montato a cavallo e dietro a lui si incamminavano i suoi sbirri. “Adesso té la puoi pure tenere la tua terra. Mé l’hai bén pagata!” e rideva. I figli non mi guardavano. Siamo tornati come manzi alla casa. La moglie andava avanti, non guardava. Io non guardavo. n Nessuno si guardava. Quando poi mia moglie è discesa in paese per fare scorta di masserizie, la gente al suo passaggio si scansava. Nessuno che le dicesse buongiorno, come se non la vedesse nessuno. Nemmeno in chiesa la rispettavano. Il prete poi, ha tenuto una omelia su Cristo che maledisse le fornicatrici. Una notte la notte appresso mia moglie gridando è partita correndo su per la montagna... saliva ridendo... sbatteva le mani, cantava a perdifiato con parole da svergognata. Matta éra. “Ferma! Fermati amore! Torna indietro col cervello... a mé non importa... sempre il mio amore sei per mé!” Non mi dava retta. È sparita. Non l’ho mai più vista. I bambini non dicevano parole, (stavano zittti- non parlavano) non giocavano, non ridevano, no’ piangevano. Giorno dopo giorno smagrivano: morti! Uno dopo l’altro, morti sono! Solo sono restato... unico cristiano su ‘sta terra bruciata... che i soldati avéano dato fuoco anche alla casa. 561 Imbesuito non sapevo cosa fare. Una sera ho preso un pezzo di corda, l’ho lanciata su una trave, l’unica restata sana tra i muri affumicati... ho fatto un groppo (nodo), mé lo sono sistemato intorno al collo e ho detto: “Dio che anche nello scuro della notte guardi gli uomini attraverso i mille luccichii delle stelle, per quale gioco maledetto, Signore, tu mi hai dato ‘sto dono caricandomi di speranza... per poi, appresso, rovesciarmi stravacarme nella merda della disperazione?! Tu dovevi dirmelo che éra per segnarmi col ferro rovente e dare testamento chiaro che chi comincia (nasce) da villano-contadino poveretto sempre uguale deve restare... la medesima condizione, non farsi speranze né sogni di presunzione! Signore ti dico che è stato gran sbeffeggiamento crudele questo di farmi provare qui, in terra il paradiso, per poi ributtarmi con uno spernacchio giù, all’inferno, senza pietà! E allora ti voglio dire che ‘sta vita di merda che mi hai dato, io té la ritorno indietro. Tieni ‘sta vita!” Faccio per lanciarmi impiccato, mi sento appoggiare una mano qui sulla spalla, mi volto e c’è un giovine con i capelli lunghi... spettinato... la faccia pallida... gli occhi grandi, dolci e tristi che mi dice: “Potrei avere un poco da bere che ho sete?” “Ma ti pare il momento di venire a domandarmi da bere a uno che sta per impiccarsi? Ma dov’è è la creanza (l’educazione)?” Gli do un’occhiata... avéa una faccia da povero cristo anche lui. Appresso a quello ci sono altri due disperati: uno con i capelli e la gran barba bianca e l’altro 562 senza barba… magri e smorti (pallidi) che parevano lavati nella calcina... con la faccia patita. “Avete altro che bisogno di bere voialtri! Da mangiare ci vuole! (Fa il gesto di togliersi il cappio dal collo) Bene, vi do un po’ da mangiare e poi mi impicco!” Vado... cerco sotto un’arcone restato in piedi: fave solamente ho trovato e due cipolle. Le ho cotte bollite. Ho riempito tre ciotole - bacinelle e gliele ho date. Mangiavano con una golosia da affamati. Da poi che hanno mangiato, quello giovane di figura svelta e con gli occhi grandi, sorridendo mi dice: “Grazie del vostro cibo! A té, viene in menti chi possa essere io?” Lo guardo bene: “Mi pare che tu... quasi... sei Jesus Cristo!” “Bene! Hai indovinato! Questo è Paolo e l’altro è Pietro.” “(China il capo in segno di saluto) Piacere! E cosa posso fare ancora per voi?” “È abbastanza (sufficiente) quello che ci hai dato col mangiare. Io ti conosco contadino, io so cosa ti è capitato, cosa hai fatto tu... la fatica per far fiorire ‘sta montagna sbroffata-soffiata fuori dalle chiappe del diavolo. I balzelùn-gradoni tirati su da sanguinarti le mani e le dita, tue e di tua moglie e dei tuoi figli... E la violenza del signore sulla tua donna come fosse una manza da incarcare... Tutto per l’orgoglio di non lasciare ‘sta terra! Buona forza, coraggio... bravo uomo hai dimostrato di essere! Ma è giusto che tu sia finito cossì... a ‘sto modo.” “(Tono risentito del contadino) Per quale ragione, Cristo?!” 563 “Perché l’hai tenuta tutta solamente per té la terra e non l’hai spartita con gli altri contadini, strepenati miseri- poveri come té!” “Ma cosa dici?! Spartire con gli altri un fazzoletto di terra che non éra nemmeno abbastanza per mé e per la mia gente?!” “Piano furbacchione, di tutta la montagna tu non adoperavi che un fazzoletto... però un fazzoletto grande! E tutta la scarpata di là e il fiancone di ponente? Non potevi dire: “Venite gente... se volete lavorarlo come ho fatto io, è vostro! Triste resta l’uomo che si tiene chiuso-serrato. Guardati intorno: è venuto qualcuno a offrirti una mano... a darti conforto? Se non spalanchi le tue braccia agli altri come puoi sperare che gli altri allarghino le loro per abbracciare té? Dimmi villano-contadino... sei andato intorno per casali... le case dei paion i fienili a raccontare agli altri disperati la tua storia? No? Bene, ora di agli altri quello che hai passato... digli del padrone... cosa ti ha fatto, digli del prete col suo latino... del notaio! E poi ascolta cosa ti raccontano loro. arriva troppo di colpo!!! Impara a ridere! A tramutare anche lo spavento in risata, impara a rovesciare le parole sacre di ogni legge. Ribaltare col culo per aria quelli che fanno imbrogli per ciularefregare voi, coglioni! Fa sberleffo dei padroni... e fa che tutti sbrofa-scoppino in gran risate… che ridendo ogni paura si discioglie.” 564 “Ma io non so, non so dire parole rovesciate... Non sono capace di far scoprire la bugiarderia dei maggiori e non so fare il controcanto da buffone... e nemanco filastrocche a torciglione beffardo che la lingua mi si inceppa dentro i denti, col cervello che tengo, ubriaco dal sole e dalla fatica!” “Hai ragione. Ci vuole il miracolo!” Mi ha preso per la crapa-testa, mi ha tirato vicino alla sua faccia e mi ha detto: “Io Jesus Cristo da ‘sto momento ti do un bacio sulla bocca lungo da toglierti i fiato e tu sentirai la tua lingua frullare a cavatappi e poi diventare come un coltello che punta e taglia... smuovendo parole e frasi, concetti chiari come il vangelo. E poi vai nella piazza! Giullare sarai! Giullare e farai agli altri sottomessi gran ridere! Ridere che buca di coltello in ‘sto visigón de potestà. Il padrone sbragherà, i preti tremeranno e soldati e notai...” E cossì mi ha preso la testa, ha portato le labbra sue dolci alle mie e mi ha baciato. Mi è arrivato un tremore-brivido caldo sulle labbra... la lingua ha cominciato a trillareballare-girare a torciglione come una biscia. Parole nuove scivolavano rotolando nel mio cervello. Ogni pensiero mi si rivoltava... ogni idea mi sortiva capovolta. “Gente! Venite qui!” Sono corso a perdifiato giù nel borgo, sono saltato sui gradoni del battistero e ho gridato: “EHH! Gente! Il giullare sono io con la lingua stappacervelli! Lingua di fuoco per bucare pensieri addormentati! Venite! Venite! Per bucare! Fatevi scoppiare dalle risate ogni regola ottusa che avete in ‘sta crapa-testa!”897 565 Per questa nuova edizione di "MISTERO BUFFO" 2000 abbiamo creduto opportuno inserire nel prologo dello spettacolo molti degli avvenimenti che si sono avvicendati nel nostro Paese in oltre 30 anni di repliche. 566 MATTO SOTTO LA CROCE A seguire abbiamo la giullarata del gioco sotto la croce condotto dal Matto che ritorna protagonista assoluto. In questa versione ci ritroviamo di nuovo con una scrittura che prevede la presenza di un solo giullare che interpreta tutti i ruoli del dramma, dal gruppo dei crociati al Matto stesso e perfino di Cristo. Per la giullarata della gran partita si ritorna all’uso del doppio o persona. Sulla croce c’è il Cristo inchiodato ma si tratta di una statua linea policroma disarticolata, identica a quelle impiegate nei misteri toscani ed umbri dal X al XIII secolo e dei quali esistono ancora splendidi esemplari. 567 CERTAMENTE DOPPI NON È QUEST NASCITA DEL GIULLARE Ahh... gente... venite qui, che c’è i1 giullare! Giullare che sono io, quello... che fa i salti e che tràmbula e che... oh... oh... vi ho fatto ridere! Venite che vi faccio vedere i maggiorenti nudi-denudati e scoprire come sono gròli e grossi i palloni che vanno d'intorno a far guerre e a scannare. Ma basta stapparli, tirargli-toglierli via il piréo e... pff!!, si sgonfiano, scoppiano come vesciche dei palloni! Venite qui che è ora e luogo di fare il pagliaccio per voi! Tutti intorno a mé! Venite! V'insegno una maniera modo nuovo di stare al mondo. Venite... venite... Attenti come faccio il saltino intorno… una cantatina, e faccio i falsetti a saltabecco! Guardate la mia lingua come gira! Ah... ah... è un mulinello, un coltello... che tagliai i garretti ai bugiardi impostori! Ma all’improvìso mi prende il ricordo- di ricordarmi. In verità io non ero sempre stato giullare. È questo che voglio raccontare, di come sono divenuto buffone ridanciano. Che io non sono nato d’un fiato caduto-precipitato dal cielo, e, op! Sono arrivato qui: “Buondì, buonassera!”. No! Io sono il frutto d’un miracolo! Non volete credermi? Io sono nato villano. Proprio villano, contadino. Non avevo tanto da stare allegro: non avevo terra, no! Ero arrivato (perfino) ad andare a lavorare a stracciabraccia sotto tutti, in queste valli... dappertutto. 568 Dovete credermi… datemi confidenza retta (ascolto) abbiate fiducia in mé: non sono nato giullare. Non è nemmeno capitato che mia madre guardandomi bambino stravaccato -disteso- coricato) nella culla che ridevo a ganascia: “Ma che bèlla faccina simpatica... oh che cara. Allegria mi fai! Pagliacciolino ridente! Guarda, da grande ti faccio fare il giullare!”. No! E nemmeno è capitato che mi sono sia specchiatorimirato dentro il culo di una padella lustra che mi faceva da specchio, cossì che a guardarmi: “Ohi che occhi luccicanti di allegrezza che spargono-spandono luce felice da-in ogni luogo! Vado a fare il giullare! Sono proprio simpatico, spendido-splendente!”. E nemmeno è capitato che il Dio Padre Eterno, che viene sempre a spiare fuori dalla nuvole... che non ha niente da fare… rimira il suo creato, la terra… e beato grida: “Oh! Che bèlla terra che ho fatto! Oh! Che bei alberi che ho fatto! Oh! Che bèlle montagne che ho fatto! (Cambia tono) E chi è quello? È un contadino! Con quella faccia! Simpatica! Getta la vanga, molla-lascia ‘sta terra e vai a fare il giullare e non rompere i coglioni!”. No, no, non è stato lui! È stato suo figlio Jesus. Un miracolo! Non vado ciarlando raccontando ciarle-balle, ve lo giuro! Un miracolo proprio di lui: Jesus Cristo in persona. È lui che mi ha fatto divenire giullare! Non mi credete? Lo so bene! Allora ve lo vado a mostrare! D’accordo? Dunque, una mattina che éra ancora scuro, che il cielo éra ancora negro... il sole non éra ancora cresciuto-salito- 569 montato e io andavo curvo con la zappa, piccone a zappare, e il mio sudore éra la prima acqua che la terra beveva. Ero triste, non avevo terra mia, per mé. A sera tornavo a casa ubriaco... stanco morto, con gli occhi sbiancati dalla luce e neanche la voglia di giocare con i miei bambini, fare giochi con la ragazza mia, moglie mia a fare l’amore, mi allungavo coricavo stravolto stordito sul letto... un paglione... e mi addormentavo. No che non mi addormentavo! Svenivo! E nella notte nel mio sonno non c’erano sogni. Chicchirichì! Maledetto,maledizione! Di nuovo a faticare! Ma un giorno tornando dal campo attraverso la riva del fiume in cerca di qualche granchio di fiume, ho perso il cammino e, di botto (all’improvviso- di colpo ), mi sono trovato davanti a una montagna nera che non conoscevo. Tremenda, alta. E ho domandato a un fratello contadino: “Compagno, di chi è questa montagna nera, impervia?” “Di nessuno!” “Ma può essere che non sia di nessuno, una montagna cossì grande?!” “Non vale niente! È solamente pietra nera, un mucchio di sassi vulcanici. La chiamano: la cagata del diavolo!” “Deve aver avuto un gran mal al culo nel cagare ‘sta cagata il diavolo!” E io sono andato fin su... arrampicandomi gattoni su un dosso raspando con le unghie e ho scoperto che c’era una briciola di terra, l’ho odorata: dolce, grassa. Sono andato subito dalla mia femmina, la femmina mia a casa. Giunto, 570 l’ho chiamata in quartiere- cortile, gridando di allegrezza... ha preso su la zappa, il secchio e mi è venuta appresso con i bambini. Giunti sul dosso senza nemmanco prendere fiato, ha cominciato a zappare dappertutto la terra e poi discendere alla riva del fiume a prendere secchi di terreno. Siamo andati anche al cimitere, siamo andati a rubare terra ai morti! Bèlla la terra delle tombe vecchie! Grassa! E si montava carichi di secchi e si spargeva ‘sto terreno-letamoso… giorno dopo giorno, si approntavano gradoni… una scalinata di gradoni! E portare terra dentro il grembiule!... Tutti a lavorare, anche i bambini. Contenti! E mia moglie, bèlla, bianca che è dolce… mogliettina mia, un portamento da regina! Andava con ‘ti panieri contenta, occhi lucenti, le zinne tonde, dure… che quando si muoveva correndo ballavano come campate che suonavano a festa: DIN DON DIN! Oh... se è bèlla! E cossì svelta, che con un vaso riempito d’acqua sul capo andava che pareva una madonna col cerchione (l’aureola) d’oro e nemmenco una lacrima si versava dal secchio! Dolce amore mio! E cantava! Cantava tanto bene che la sua voce diritta nel cervello arrivava! Oh dolce piacere! Giorno dopo giorno, luna dopo luna, siamo arrivati a montare (creare) tanti gradoni che pareva la Torre di Babèle! Ma non c’era l’acqua... si facevano buchi per sondare ma non sortiva uno sputo. Ci toccava discendere 571 fino al fiume avanti e indietro, avanti e indietro, tutti, moglie e figli, con secchi e secchi, ma sempre secca diventava la terra. Un giorno sono andato col piccone in spalla in cima a ‘sta montagna bestemiando: “Dio! Maledetto!” e pieno di rabbia ho picchiato una botta a zappata nella pietra: PIUM! STCIUM! È sortita una gran sbroffata (un gran getto) d’acqua che mi ha innondato. “Oh Signore, grazie! Bisogna proprio bestemiarti perché tu faccia miracoli, Dio santo!” Zampilli d’acqua che sbottavano dappertutto... e gorgogliavano giù per la scarpata da ogni terreno! Mia moglie è scoppiata in lacrime... con un pianto di gioia e i bambini impaltati (infangati) sguazzavano come pesci in fregola... “Grazie! Grazie Dio!” Un profumo dolce si spargeva-diffondeva dappertutto... e l’erba che subito sortiva spuntava (nasceva)! Ho piantato un seme di ségale, non ho fatto a tempo da voltarmi che TAC!,: un button di fogliettine spuntavano sono spuntate! Éra terra d’oro! Una sera mi sono dimenticato la zappa piantata nel terreno; il giorno appresso sono tornato: éra fiorita! La zappa fiorita! Alberi che sortivano frutti, uccelli, profumi, il grano, il frumento... Oh! Che piacere! Sono andato incontro al cielo rosato, col solo che stava calando dietro ai monti e ho detto: “Dio! Lo conosco (so) bene che sei dentro il sole in questo momento e ti ringrazio del dono grande che mi hai fatto con ‘sto miracolo. Ti sarò riconoscente e cercherò col sangue di 572 metterlo a buon profitto. Te la farò divenire-diventare un paradiso terrestre ‘sta terra, stai sicuro. Amen!” Passavano i contadini e dicevano: “Che culo che hai avuto! Da una montagna secca, hai tirato fuori il giardino di un pascià!” E invidia avéano. Sono lì nel campo, volto la testa e lì ti scorgo, sul suo cavallo il padrone di tutta la valle che mi guardava. Girava gli occhi intorno e mi guardava… e poi sbotta a dirmi: “Ohi, ‘sta meraviglia di montagna fiorita! Chi è che la tratta in piedi? Chi è che l’ha fatta?”. “Io, signore! Io, l’ho fatta, zolla su zolla l’ho portata e fatta a gradoni... Io! Anche l’acqua che non c’era... mé la sono - l’ho scoperta… fatta sputare fuori! Mia è ‘sta terra che non éra di nessuno!” “Roba di nessuno è una maniera di dire che non esista. Qui, se non lo sai, per tutta la valla, anche il fiume, terra, pietre, tutto ha un padrone… e io, sono quello! Padrone anche dell’aria che tu respiri.” “Ma ho domandato intorno... ‘sto monte lo chiamano la cagata del diavolo proprio per dire che nessuno l’ha mai voluto. Nemmanco voi padrone.” “Può darsi... un tempo… ma adesso ci ho ripensato. È mia!” S’è fatto una risata e via che è andato col cavallone! Qualche giorno aprèso, vedo in fondo il prete, che arrivava abbigliato tutto in negro, sudato col fazzoletto che si sgrusàva asciugava-tergeva faccia e collo… e fin da lontano mi gridava urlava: (in grammelot imitando il latino) “Contadino, villano caro, in pax tua vengo per dissolvere la tua imprudenza e presunzione di pensare che 573 tu possa possedere la proprietà di un terreno. Nessuno è libero di possedere in ogni palmo di terra che ha una sola proprietà che il Papa e l’Imperatore hanno affidato a ‘sto maggiorente unico e tu figliolo mio devi cedere in santa pax domine!” Come è stato vicino, gli ho dato una zappata che per poco non l’ho inchiodato, lui, insieme al suo asino che montava! Poi mollando-dando pedate coi tallon sulle palle del ciuccio, andava saltelloni bestemiando in una maniera che mi sono fatto il segno della croce!Due giorni appresso arriva su il notaio con una bèlla mula grossa, con un gran culo... lui, il notaio con un culone anche lui che quando è disceso dal cavallo non si capiva se éra fosse sceso... il culo di lui o quello della mula! Ha srotolato una pergamena lunga e scura piena di segni e segnini, sbirolìzzighi, sghiribizzi-scarabocchi svirgolamenti e croci, e ha detto sputando parole come una litania senza fiato: “Mio caro amico, lo so bene e di do fiera ragione del fatto che per il volgo éra sconosciuta alcuna possessione di ‘sto monte, ma dando un’occhiata a ‘ste carte di pergamena antica, si scopre chiaramente che ‘sto luogo terreno éra possessione del re che governava ‘sto regno, Boesio I, che avéa avuto un figlio carnale al quale avéa donato tutta la terra di qua di ‘sto fiume; la parte di là dal fiume l’avéa donata alla badessa del convento che poi éra la madre di suo figlio carnale. Ma è capitato nell’anno Domine duecento che per un gran temporale il fiume è strabordato dagli argini e si è diviso metà da un canto (lato), metà dall’altro in due corsi, lasciando in mezzo un’isola con sopra 574 un monte negro. Il monte in questa maniera non éra di nessuno. Ma adesso che il fiume è tornato nel suo letto naturale, ecco che il monte ritorna anche lui al suo padrone naturale che è il nostro principe che té la domanda chiede. Dunque daglielo indietro!” Gli ho dato una botta, una morsicata sul culo di ‘sto notaio che è partito lui e la sua mula! “Di queste braccia è la terra! No che non la do a nessuno!” Solo che un giorno è arrivato il signore padrone con i suoi soldati. Gli sbirri. Noi eravamo nei campi a lavorare, con i bambini, mia moglie e i suoi soldati mi hanno preso, allargato le braccia e mi hanno tenuto fermo. Il padrone si è calato le brache, ha preso mia moglie e la sbattuta per terra come una manza: le ha stracciato le sottane... allargato le gambe, gli è saltato sopra, l’ha montata come fosse una vacca. E tutti i soldati ridevano. I bambini mi guardavano con occhi sbarrati... sbiaditi. Guardavano la madre... guardavano mé. E io mi muovevo, mi sono liberato, ho preso una zappa, ho gridato: “Disgraziato! Prendi!”. “Fermo figlio! Fermo! - mi ha gridato mia moglie - Non dargli il pretesto di accopparti. Non aspettano altro. Tu giustamente pensi di crepare piuttosto che spiaccicare il tuo onore... ma tu non hai onore. Onore l’hanno solamente chi ruba, possiede, denaro, terre! Noialtri senza roba non abbiamo onore! Nostro onore è la terra! Salva la terra, tieni la terra e sputagli su ‘sto onore!” 575 E io ho sbandato, ho mollato-lasciato cadere la zappa a terra. I soldati sghignazzavano con fracasso: “Becco, coglione, senza dignità... Gli hanno montato la femmina e lui sta lì inciulinàt imbambolato come un lifròch!”. Il signore è montato a cavallo e dietro a lui si incamminavano i suoi sbirri. “Adesso té la puoi pure tenere la tua terra. Mé l’hai bén pagata!” e rideva. I figli non mi guardavano. Siamo tornati come manzi alla casa. La moglie andava avanti, non guardava. Io non guardavo. n Nessuno si guardava. Quando poi mia moglie è discesa in paese per fare scorta di masserizie, la gente al suo passaggio si scansava. Nessuno che le dicesse buongiorno, come se non la vedesse nessuno. Nemmeno in chiesa la rispettavano. Il prete poi, ha tenuto una omelia su Cristo che maledisse le fornicatrici. Una notte la notte appresso mia moglie gridando è partita correndo su per la montagna... saliva ridendo... sbatteva le mani, cantava a perdifiato con parole da svergognata. Matta éra. “Ferma! Fermati amore! Torna indietro col cervello... a mé non importa... sempre il mio amore sei per mé!” Non mi dava retta. È sparita. Non l’ho mai più vista. I bambini non dicevano parole, (stavano zittti- non parlavano) non giocavano, non ridevano, no’ piangevano. Giorno dopo giorno smagrivano: morti! Uno dopo l’altro, morti sono! 576 Solo sono restato... unico cristiano su ‘sta terra bruciata... che i soldati avéano dato fuoco anche alla casa. Imbesuito non sapevo cosa fare. Una sera ho preso un pezzo di corda, l’ho lanciata su una trave, l’unica restata sana tra i muri affumicati... ho fatto un groppo (nodo), mé lo sono sistemato intorno al collo e ho detto: “Dio che anche nello scuro della notte guardi gli uomini attraverso i mille luccichii delle stelle, per quale gioco maledetto, Signore, tu mi hai dato ‘sto dono caricandomi di speranza... per poi, appresso, rovesciarmi stravacarme nella merda della disperazione?! Tu dovevi dirmelo che éra per segnarmi col ferro rovente e dare testamento chiaro che chi comincia (nasce) da villano-contadino poveretto sempre uguale deve restare... la medesima condizione, non farsi speranze né sogni di presunzione! Signore ti dico che è stato gran sbeffeggiamento crudele questo di farmi provare qui, in terra il paradiso, per poi ributtarmi con uno spernacchio giù, all’inferno, senza pietà! E allora ti voglio dire che ‘sta vita di merda che mi hai dato, io té la ritorno indietro. Tieni ‘sta vita!” Faccio per lanciarmi impiccato, mi sento appoggiare una mano qui sulla spalla, mi volto e c’è un giovine con i capelli lunghi... spettinato... la faccia pallida... gli occhi grandi, dolci e tristi che mi dice: “Potrei avere un poco da bere che ho sete?” “Ma ti pare il momento di venire a domandarmi da bere a uno che sta per impiccarsi? Ma dov’è è la creanza (l’educazione)?” Gli do un’occhiata... avéa una faccia da povero cristo anche lui. Appresso a quello ci sono altri due 577 disperati: uno con i capelli e la gran barba bianca e l’altro senza barba… magri e smorti (pallidi) che parevano lavati nella calcina... con la faccia patita. “Avete altro che bisogno di bere voialtri! Da mangiare ci vuole! (Fa il gesto di togliersi il cappio dal collo) Bene, vi do un po’ da mangiare e poi mi impicco!” Vado... cerco sotto un’arcone restato in piedi: fave solamente ho trovato e due cipolle. Le ho cotte bollite. Ho riempito tre ciotole - bacinelle e gliele ho date. Mangiavano con una golosia da affamati. Da poi che hanno mangiato, quello giovane di figura svelta e con gli occhi grandi, sorridendo mi dice: “Grazie del vostro cibo! A té, viene in menti chi possa essere io?” Lo guardo bene: “Mi pare che tu... quasi... sei Jesus Cristo!” “Bene! Hai indovinato! Questo è Paolo e l’altro è Pietro.” “(China il capo in segno di saluto) Piacere! E cosa posso fare ancora per voi?” “È abbastanza (sufficiente) quello che ci hai dato col mangiare. Io ti conosco contadino, io so cosa ti è capitato, cosa hai fatto tu... la fatica per far fiorire ‘sta montagna sbroffata-soffiata fuori dalle chiappe del diavolo. I balzelùn-gradoni tirati su da sanguinarti le mani e le dita, tue e di tua moglie e dei tuoi figli... E la violenza del signore sulla tua donna come fosse una manza da incarcare... Tutto per l’orgoglio di non lasciare ‘sta terra! Buona forza, coraggio... bravo uomo hai dimostrato di essere! Ma è giusto che tu sia finito cossì... a ‘sto modo.” “(Tono risentito del contadino) Per quale ragione, Cristo?!” 578 “Perché l’hai tenuta tutta solamente per té la terra e non l’hai spartita con gli altri contadini, strepenati miseri- poveri come té!” “Ma cosa dici?! Spartire con gli altri un fazzoletto di terra che non éra nemmeno abbastanza per mé e per la mia gente?!” “Piano furbacchione, di tutta la montagna tu non adoperavi che un fazzoletto... però un fazzoletto grande! E tutta la scarpata di là e il fiancone di ponente? Non potevi dire: “Venite gente... se volete lavorarlo come ho fatto io, è vostro! Triste resta l’uomo che si tiene chiuso-serrato. Guardati intorno: è venuto qualcuno a offrirti una mano... a darti conforto? Se non spalanchi le tue braccia agli altri come puoi sperare che gli altri allarghino le loro per abbracciare té? Dimmi villano-contadino... sei andato intorno per casali... le case dei paion i fienili a raccontare agli altri disperati la tua storia? No? Bene, ora di agli altri quello che hai passato... digli del padrone... cosa ti ha fatto, digli del prete col suo latino... del notaio! E poi ascolta cosa ti raccontano loro. arriva troppo di colpo!!! Impara a ridere! A tramutare anche lo spavento in risata, impara a rovesciare le parole sacre di ogni legge. Ribaltare col culo per aria quelli che fanno imbrogli per ciularefregare voi, coglioni! Fa sberleffo dei padroni... e fa che tutti sbrofa-scoppino in gran risate… che ridendo ogni paura si discioglie.” 579 “Ma io non so, non so dire parole rovesciate... Non sono capace di far scoprire la bugiarderia dei maggiori e non so fare il controcanto da buffone... e nemanco filastrocche a torciglione beffardo che la lingua mi si inceppa dentro i denti, col cervello che tengo, ubriaco dal sole e dalla fatica!” “Hai ragione. Ci vuole il miracolo!” Mi ha preso per la crapa-testa, mi ha tirato vicino alla sua faccia e mi ha detto: “Io Jesus Cristo da ‘sto momento ti do un bacio sulla bocca lungo da toglierti i fiato e tu sentirai la tua lingua frullare a cavatappi e poi diventare come un coltello che punta e taglia... smuovendo parole e frasi, concetti chiari come il vangelo. E poi vai nella piazza! Giullare sarai! Giullare e farai agli altri sottomessi gran ridere! Ridere che buca di coltello in ‘sto visigón de potestà. Il padrone sbragherà, i preti tremeranno e soldati e notai...” E cossì mi ha preso la testa, ha portato le labbra sue dolci alle mie e mi ha baciato. Mi è arrivato un tremore-brivido caldo sulle labbra... la lingua ha cominciato a trillareballare-girare a torciglione come una biscia. Parole nuove scivolavano rotolando nel mio cervello. Ogni pensiero mi si rivoltava... ogni idea mi sortiva capovolta. “Gente! Venite qui!” Sono corso a perdifiato giù nel borgo, sono saltato sui gradoni del battistero e ho gridato: “EHH! Gente! Il giullare sono io con la lingua stappacervelli! Lingua di fuoco per bucare pensieri addormentati! Venite! Venite! Per bucare! Fatevi scoppiare dalle risate ogni regola ottusa che avete in ‘sta crapa-testa!”897 580 MILANO 2O.O1.91 MARIA SOTTO ALLA CROCE Entriamo nel cuore di "Mistero Buffo", addirittura il mistero classico sacro. Io ho trovato, questo ancora prima di decidermi a realizzare "Mistero Buffo", più di vent'anni fa, per caso quando è stata rimessa in ordine la grande biblioteca di Montecassino, éra stato trovato nel retro di un papiro, una specie di pelle scritta con dei righi musicali, un breve monologo della madonna. Questa madonna éra curiosamente strana rispetto a quella tradizionale, non c'éra nessuna accettazione del sacrificio che il figlio andava realizzando e soprattutto lei non poteva soffrire in quel mondo senza far niente. Qualcuno pensava che fosse un elzeviro scritto da qualche monaco in un momento di pazzia, poi, in conseguenza di una chiaccherata che ho fatto con un prete di Asti, ho avuto sottomano un testo che è del quattrocento, nel quale si ritrovava la stessa madonna e parlando con questo prete mi diceva che in quel periodo, nel milleduecento soprattutto, c'erano stati degli scontri fra religiosi piuttosto feroci ed il contenzioso éra questo: la madonna sapeva di doversi sacrificare per il peccato mortale oppure è venuta a saperlo brutalmente soltanto nel momento in cui il figlio si trovava sulla croce? Esiste qualche momento del vangelo in cui si dice che è cosciente la madre e che l'angelo Gabriele annunciando le disse "tu dovrai soffrire" NO! E risulta che l'elogio che fa l'angelo "Maria piena di grazia ecc...", in questo contrasto fra i due modi è stato una trappola, un'angheria terribile condotta sulla 581 madonna. Naturalmente, subito alcuni, erano gli stessi frati che avevano inventato il testo da riproporre, tant'è che a Cortona un altro testo del duecento nel quale più o meno si ripete la stessa cosa, addirittura la madonna se ne va sotto la croce per invogliare il figlio a scendere dalla croce, quasi a costringerlo, non avendo più argomenti, avendogli parlato del suo dolore, della sua disperazione, dell'infamia, del ricatto... il figlio non ne vuol sapere e allora strappa letteralmente gli abiti di dosso alla Maddalena, gli mostra i seni e gli dice "scendi! Li hai amati quando eri sulla terra coi piedi, cerca di non perdere questa gioia straordinaria". E' veramente una provocazione oltre le righe, al limite della bestemmia e fa parte delle laudi di Cortona. Questo brano vede la sua dimensione massima nell'arrivo delle donne; comincia con il coro delle Marie che arriva davanti a Cristo e si preoccupa dell'arrivo della Madonna, che l'ha saputo in ritardo e viene a vedere cos'è successo, e pensano di colpirla con una pietra e farla stramazzare per non permetterle di urlare il suo dolore davanti a questo massacro del proprio figlio. Figlio che non éra presentato come Dio sulla croce ma un uomo, un uomo divino, che soffre tremendamente, e quasi si lamenta col padre perché è costretto a questo sacrificio, ha una specie di ripensamento, lo troviamo anche nel vangelo. Ad un certo punto c'è un soldato che si preoccupa di far scendere la Madonna che è salita e vuole strappare i chiodi per portarsi via il figlio. La insulta, le dice di scendere, cerca di mercanteggiare la Madonna, poi c'è il finale terribile contro l'arcangelo Gabriele, nel quale dice " tu mi hai tradito, sei venuto a raccontarmi che io sarei stata 582 la regina delle donne e questa invece è stata una beffa spaventosa, io sono la regina con il figlio cavaliere con un cavallo di legno inchiodato alle staffe" e questo insulto cresce quasi contro il potere, il potere di cui l'arcangelo è il messo, è l'uomo politico nella fattispecie. Capirete questa allusione nel discorso finale che fa la Madonna e a mé sentendolo è venuto in mente proprio ieri sera quelle madri che salutavano i figli e urlavano mentre partivano per il Medio Oriente, i figli sulla nave da guerra, questo urlo, la stessa disperazione. MILANO 2O.O1.91 MARIA DAVANTI ALLA CROCE Entriamo nel cuore di "Mistero Buffo", addirittura il mistero classico sacro. Io ho trovato, questo ancora prima di decidermi a realizzare "Mistero Buffo", più di vent'anni fa, per caso quando è stata rimessa in ordine la grande biblioteca di Montecassino, éra stato trovato nel retro di un papiro, una specie di pelle scritta con dei righi musicali, un breve monologo della madonna. Questa madonna éra curiosamente strana rispetto a quella tradizionale, non c'éra nessuna accettazione del sacrificio che il figlio andava realizzando e soprattutto lei non poteva soffrire in quel mondo senza far niente. Qualcuno pensava che fosse un elzeviro scritto da qualche monaco in un momento di pazzia, poi, in conseguenza di una chiaccherata che ho fatto con un prete di Asti, ho avuto sottomano un testo che è del quattrocento, nel quale si ritrovava la stessa madonna e parlando con questo prete mi diceva che in quel periodo, nel 583 milleduecento soprattutto, c'erano stati degli scontri fra religiosi piuttosto feroci ed il contenzioso éra questo: la madonna sapeva di doversi sacrificare per il peccato mortale oppure è venuta a saperlo brutalmente soltanto nel momento in cui il figlio si trovava sulla croce? Esiste qualche momento del vangelo in cui si dice che è cosciente la madre e che l'angelo Gabriele annunciando le disse "tu dovrai soffrire" NO! E risulta che l'elogio che fa l'angelo "Maria piena di grazia ecc...", in questo contrasto fra i due modi è stato una trappola, un'angheria terribile condotta sulla madonna. Naturalmente, subito alcuni, erano gli stessi frati che avevano inventato il testo da riproporre, tant'è che a Cortona un altro testo del duecento nel quale più o meno si ripete la stessa cosa, addirittura la madonna se ne va sotto la croce per invogliare il figlio a scendere dalla croce, quasi a costringerlo, non avendo più argomenti, avendogli parlato del suo dolore, della sua disperazione, dell'infamia, del ricatto... il figlio non ne vuol sapere e allora strappa letteralmente gli abiti di dosso alla Maddalena, gli mostra i seni e gli dice "scendi! Li hai amati quando eri sulla terra coi piedi, cerca di non perdere questa gioia straordinaria". E' veramente una provocazione oltre le righe, al limite della bestemmia e fa parte delle laudi di Cortona. Questo brano vede la sua dimensione massima nell'arrivo delle donne; comincia con il coro delle Marie che arriva davanti a Cristo e si preoccupa dell'arrivo della Madonna, che l'ha saputo in ritardo e viene a vedere cos'è successo, e pensano di colpirla con una pietra e farla stramazzare per non permetterle di urlare il suo dolore davanti a questo massacro del proprio 584 figlio. Figlio che non éra presentato come Dio sulla croce ma un uomo, un uomo divino, che soffre tremendamente, e quasi si lamenta col padre perché è costretto a questo sacrificio, ha una specie di ripensamento, lo troviamo anche nel vangelo. Ad un certo punto c'è un soldato che si preoccupa di far scendere la Madonna che è salita e vuole strappare i chiodi per portarsi via il figlio. La insulta, le dice di scendere, cerca di mercanteggiare la Madonna, poi c'è il finale terribile contro l'arcangelo Gabriele, nel quale dice " tu mi hai tradito, sei venuto a raccontarmi che io sarei stata la regina delle donne e questa invece è stata una beffa spaventosa, io sono la regina con il figlio cavaliere con un cavallo di legno inchiodato alle staffe" e questo insulto cresce quasi contro il potere, il potere di cui l'arcangelo è il messo, è l'uomo politico nella fattispecie. Capirete questa allusione nel discorso finale che fa la Madonna e a mé sentendolo è venuto in mente proprio ieri sera quelle madri che salutavano i figli e urlavano mentre partivano per il Medio Oriente, i figli sulla nave da guerra, questo urlo, la stessa disperazione. PRESENTAZIONE 1 9 7 6 MARIA ALLA CROCE E passiamo al Mistero Buffo vero e proprio. Mistero è il termine che si sente ancora oggi ripetere durante la messa: nel primo mistero glorioso si contempla ecc... nel secondo... E' una cosa seria! Non ridete di queste cose... il destino! L'attore comico sempre! Allora... si sente dire... nel primo mistero glorioso si contempla ecc... e si ricontempla anche 585 nel secondo mistero glorioso ecc.. ecc... Mistero significa rappresentazione sacra. La messa è un mistero...no, no, no... è una rappresentazione... non volevo fare... non riesco a dire delle cose serie! Ho provato una volta ad Urbino quando sono stato incaricato di tenere una lezione. Sono arrivato, ho cominciato a parlare seriamente... AH AH AH CHE FACCIA! E io serio... MA NO! GUARDATE CHE SONO COSE SERIE!... AH AH AH E CI GIOCA ANCHE AH AH AH... BASTA! Ho detto basta! La messa è un mistero, cioè la messa è uno spettacolo, una rappresentazione tant'è vero che all'inizio del cristianesimo non esisteva una forma di messa come concepiamo oggi, come siamo abituati, cioè stereotipato, ormai fissato da dogmi, da regole. No, si scrivevano come si scrivono gli spettacoli. C'è il vescovo, quello di Costantinopoli, e non è quello dei giochi di parole dei ragazzini, che ha scritto sette o otto cose importantissime della messa per rappresentazioni sacre, cioè i misteri. Erano della gente che amava l'ironia ma non per essere blasfemi, per essere felici, per essere intelligenti, perché un gioco di umorismo è fatto di intelligenza. Qualcuno notava che normalmente la grande differenza che c'è tra gli uomini e gli animali è che gli animali... ridono poco. Ed è giusto! Ecco, ad esempio se vi raccontassi la chiave di una di queste messe potete ritrovarli. Il testo, edito da Bompiani e curato da Contini, è l'incontro della madonna con l'angelo Gabriele, non certo dentro le colonnine come siamo abituati. Lei ferma che aspetta... no... al pozzo. Al pozzo com'è nella tradizione popolare, tutte le donne vanno al pozzo. I ragazzi vanno a corteggiare le ragazze al pozzo... arriva il ragazzo giovane, 586 bello, coi capelli... l'arcangelo Gabriele... in borghese... voglio dire che non ha le ali! Non ha le ali perché, capite uno che va al pozzo con le ali dice che... non può... ad ogni modo arriva senza ali, per non dare nell'occhio appunto. Però c'è stato un gioco prima: il diavolo, il demonio ha cercato di buttare all'aria questo momento, cioè intralciare l'incontro. Ha messo davanti un'altro diavolo, ne ha trovato uno un pò così... un cialtrone. Lo fanno travestire da donna e questo diavolo danna con dei seni che tiene su con fatica, con la coda lunghissima avvolta intorno al ventre... ma appena si emoziona la coda si muove, lo agita tutto... va dalla madonna per raccontare che lei, una donna anziana è madre di un giovane... di un certo Gabriele che ieri all'osteria ha scommesso con altri giovani che porterà a letto la madonna... ha scommesso... e allora "guardi io vengo a dirglielo perché questo figlio sta facendo una cosa che mi... INFAME!" Quando arriva l'angelo che comincia a parlare del più e del meno... perché non è che arriva subito e TUM si mette in ginocchio... cerca di introdurre il discorso...La madonna, Maria è preavvertita, ha capito, intuito qualche cosa, fatto stà che ad un certo punto tira fuori uno zoccolo e lo lancia in piena testa al diavolo. Da questo momento l'angelo capisce che quello è il diavolo... anche perché gli si è tolta tutta la coda. Tira fuori la spada... va in giro armato, notate bene... l'angelo ZAC crudelmente taglia la coda al povero diavolo. La coda se ne va via da sola come quella di una lucertola. Il diavolo corre dietro alla sua coda piangendo disperato. Ebbene, a parte il fatto della crudeltà, della cattiveria dell'angelo, perché gli angeli, gli arcangeli, soprattutto son 587 delle carogne... Oh, basta ricordarsi la cacciata dal paradiso... dico perché col coso di fuoco... "Via via andate!"... mentre la povera Eva davanti, sospinta dall'Adamo "Té e le tue mele, poco cane!"... e ad un certo punto loro si soffermano per litigare e, lo sapete, lui con la spada di fuoco ZUM ZUM, due tagli, QUA, che prima noi avevamo tutto tondo e adesso ci abbiamo... la vergogna qui, LA VERGOGNA! Si chiamava, lo sapete, il gluteo... il gluteo, che uno aveva anche orgoglio... guardi che bel gluteo... beh, il tondo è puro, è purezza il tondo... no!... quello spacca in mezzo... Ad ogni modo, a parte il gioco, questo è per dirvi la chiave, l'umorismo, la satira, il grottesco, la felicità nella rappresentazione sacra, ed anche se éra dramma, non éra mai lagnoso, non éra mai piagnisteo, non éra mai disperazione... éra soprattutto denuncia, éra attacco, aggressione, soprattutto potere. Questo pezzo che adesso reciterà Franca è la storia della passione. Una passione del 1170 circa. E' stata trovata a Montecassino nel 1928, un prete gesuita spagnolo l'ha ritrovata. Éra in latino completamente, con qualche frase in dialetto di Benevento. Noi l'abbiamo presa, tradotta e approffittando del ritrovamento di un'altro analogo con dei grossi buchi, abbiamo ricomposto tutto. La prima cosa che noterete è che sulla scena non ci sono uomini, sono tutte donne, tutte donne che si preoccupano, urlando di fermare la madonna che sta arrivando. La madonna sta arrivando sul sentiero, ha saputo che hanno messo in croce il figlio, arriva su correndo ed ecco che subito le donne dicono di fermarla "Andate a fermarla, non si può fermare, ha una forza che" 588 "datemi un sasso che glielo tiro in testa" dice ad un certo punto " per tramortirla, non può vedere il figlio così inchiodata che sembra una radice di ulivo in primavera, inchiodata, con le ossa inchiodate, il sangue che gli cola dappertutto". Una descrizione di una violenza incredibile, ma la madonna arriva lo stesso... e c'è un gran silenzio, ed ecco che subito tutte le donne intorno gridano "sentite, il silenzio è un fracasso immenso, ti spacca le orecchie". Poi finalmente ecco che c'è la madonna che parla con un filo di voce, chiede una scala per salire in cima e staccare il figlio, lo vuole portar via, lo vuole salvare, non vuole lasciarlo morire sulla croce. Arriva un soldato e la fa scendere con violenza, la madonna comincia ad urlare contro tutti quelli che glielo hanno messo in croce "che cosa aveva fatto questo mio figlio!". Ci accorgiamo subito che quel figlio non è il figlio di Dio, ma il figlio di un uomo, che è un contadino, un operaio in croce, che lei è una donna che parla un linguaggio che non è certo di una regina. Ad un certo punto, quando parla della morte del figlio, e descrive già la morte "morte dei capelli, della bocca, degli occhi", incomincia ad urlare contro Gabriele che è venuto a fare il nunzio, a farle gonfiare il ventre e farle nascere dentro quello che avrebbe dovuto essere la sua gioia, la gloria, farla sentire la donna capo di tutte le donne, beata e felice... e questa è la grande beffa "ecco qua come sono ridotta, l'ultima delle donne, spennacchiata, offesa, umiliata, bastonata nel proprio dolore", e ancora tocca a lei, donna, urlare nel dolore... è la sua condizione. Ad un certo punto le danno una lancia perché buchi subito il petto di questo suo figlio, farlo morire 589 subito, non tenerlo, come lei vorrebbe, con uno scialle, appeso alla croce per respirare, tenerlo in vita più lungamente "no!Ammazzalo subito!". Sviene e sogna Gabriele e subito lo insulta, dice "vattene, vattene via da questa terra, non è fatta per té. Nel tuo paradiso", fra parentesi, è il suo mondo perché è il cavagliere chiaro Gabriele, il cavagliere, il principe, il nobile, "nel tuo mondo, nel tuo paradiso non ci sono lamenti né disperazioni, né fame, né carestia. Ci si sporca tutte le ali dorate, gli occhi luminosi diventano grigi, si sporcano anche loro, le orecchie, i suoni non sei abituato a tutto quello che c'è sulla terra. Il marcio, l'odore di corpi squarciati, gl'impiccati, le donne violate, le madri scurite". Madri scurite lo sentiamo dopo da Jacopone da Todi. Ebbene tutta questa violenza e la cacciata finale di questo angelo nel suo mondo... fuori da questo che è quello degli uomini che bestemiano che imprecano che sono soggiogati, sono perseguitati e che devono soffrire per un peccato... e c'è perfino l'ironia di questo peccato. Il discorso è di parte. E' la prima volta che sentiamo e vediamo ribaltata la madonna non come quella che è indicata a soffrire con contenizione, quasi con rassegnazione, l'accettazione di questo dolore che la glorifica e che tutte le donne vorrebbero evitare NO! Il rifiuto perché è il rifiuto di classe è la passione vista dall'altra classe e soprattutto dalla classe delle donne. PRESENTAZIONE 1 9 7 6 MARIA ALLA CROCE 590 E passiamo al Mistero Buffo vero e proprio. Mistero è il termine che si sente ancora oggi ripetere durante la messa: nel primo mistero glorioso si contempla ecc... nel secondo... E' una cosa seria! Non ridete di queste cose... il destino! L'attore comico sempre! Allora... si sente dire... nel primo mistero glorioso si contempla ecc... e si ricontempla anche nel secondo mistero glorioso ecc.. ecc... Mistero significa rappresentazione sacra. La messa è un mistero...no, no, no... è una rappresentazione... non volevo fare... non riesco a dire delle cose serie! Ho provato una volta ad Urbino quando sono stato incaricato di tenere una lezione. Sono arrivato, ho cominciato a parlare seriamente... AH AH AH CHE FACCIA! E io serio... MA NO! GUARDATE CHE SONO COSE SERIE!... AH AH AH E CI GIOCA ANCHE AH AH AH... BASTA! Ho detto basta! La messa è un mistero, cioè la messa è uno spettacolo, una rappresentazione tant'è vero che all'inizio del cristianesimo non esisteva una forma di messa come concepiamo oggi, come siamo abituati, cioè stereotipato, ormai fissato da dogmi, da regole. No, si scrivevano come si scrivono gli spettacoli. C'è il vescovo, quello di Costantinopoli, e non è quello dei giochi di parole dei ragazzini, che ha scritto sette o otto cose importantissime della messa per rappresentazioni sacre, cioè i misteri. Erano della gente che amava l'ironia ma non per essere blasfemi, per essere felici, per essere intelligenti, perché un gioco di umorismo è fatto di intelligenza. Qualcuno notava che normalmente la grande differenza che c'è tra gli uomini e gli animali è che gli animali... ridono poco. Ed è giusto! Ecco, ad esempio se vi raccontassi la chiave di una di queste messe 591 potete ritrovarli. Il testo, edito da Bompiani e curato da Contini, è l'incontro della madonna con l'angelo Gabriele, non certo dentro le colonnine come siamo abituati. Lei ferma che aspetta... no... al pozzo. Al pozzo com'è nella tradizione popolare, tutte le donne vanno al pozzo. I ragazzi vanno a corteggiare le ragazze al pozzo... arriva il ragazzo giovane, bello, coi capelli... l'arcangelo Gabriele... in borghese... voglio dire che non ha le ali! Non ha le ali perché, capite uno che va al pozzo con le ali dice che... non può... ad ogni modo arriva senza ali, per non dare nell'occhio appunto. Però c'è stato un gioco prima: il diavolo, il demonio ha cercato di buttare all'aria questo momento, cioè intralciare l'incontro. Ha messo davanti un'altro diavolo, ne ha trovato uno un pò così... un cialtrone. Lo fanno travestire da donna e questo diavolo danna con dei seni che tiene su con fatica, con la coda lunghissima avvolta intorno al ventre... ma appena si emoziona la coda si muove, lo agita tutto... va dalla madonna per raccontare che lei, una donna anziana è madre di un giovane... di un certo Gabriele che ieri all'osteria ha scommesso con altri giovani che porterà a letto la madonna... ha scommesso... e allora "guardi io vengo a dirglielo perché questo figlio sta facendo una cosa che mi... INFAME!" Quando arriva l'angelo che comincia a parlare del più e del meno... perché non è che arriva subito e TUM si mette in ginocchio... cerca di introdurre il discorso...La madonna, Maria è preavvertita, ha capito, intuito qualche cosa, fatto stà che ad un certo punto tira fuori uno zoccolo e lo lancia in piena testa al diavolo. Da questo momento l'angelo capisce che quello è il diavolo... anche perché gli si è tolta tutta la 592 coda. Tira fuori la spada... va in giro armato, notate bene... l'angelo ZAC crudelmente taglia la coda al povero diavolo. La coda se ne va via da sola come quella di una lucertola. Il diavolo corre dietro alla sua coda piangendo disperato. Ebbene, a parte il fatto della crudeltà, della cattiveria dell'angelo, perché gli angeli, gli arcangeli, soprattutto son delle carogne... Oh, basta ricordarsi la cacciata dal paradiso... dico perché col coso di fuoco... "Via via andate!"... mentre la povera Eva davanti, sospinta dall'Adamo "Té e le tue mele, poco cane!"... e ad un certo punto loro si soffermano per litigare e, lo sapete, lui con la spada di fuoco ZUM ZUM, due tagli, QUA, che prima noi avevamo tutto tondo e adesso ci abbiamo... la vergogna qui, LA VERGOGNA! Si chiamava, lo sapete, il gluteo... il gluteo, che uno aveva anche orgoglio... guardi che bel gluteo... beh, il tondo è puro, è purezza il tondo... no!... quello spacca in mezzo... Ad ogni modo, a parte il gioco, questo è per dirvi la chiave, l'umorismo, la satira, il grottesco, la felicità nella rappresentazione sacra, ed anche se éra dramma, non éra mai lagnoso, non éra mai piagnisteo, non éra mai disperazione... éra soprattutto denuncia, éra attacco, aggressione, soprattutto potere. Questo pezzo che adesso reciterà Franca è la storia della passione. Una passione del 1170 circa. E' stata trovata a Montecassino nel 1928, un prete gesuita spagnolo l'ha ritrovata. Éra in latino completamente, con qualche frase in dialetto di Benevento. Noi l'abbiamo presa, tradotta e approffittando del ritrovamento di un'altro analogo con dei grossi buchi, abbiamo ricomposto tutto. La prima cosa che 593 noterete è che sulla scena non ci sono uomini, sono tutte donne, tutte donne che si preoccupano, urlando di fermare la madonna che sta arrivando. La madonna sta arrivando sul sentiero, ha saputo che hanno messo in croce il figlio, arriva su correndo ed ecco che subito le donne dicono di fermarla "Andate a fermarla, non si può fermare, ha una forza che" "datemi un sasso che glielo tiro in testa" dice ad un certo punto " per tramortirla, non può vedere il figlio così inchiodata che sembra una radice di ulivo in primavera, inchiodata, con le ossa inchiodate, il sangue che gli cola dappertutto". Una descrizione di una violenza incredibile, ma la madonna arriva lo stesso... e c'è un gran silenzio, ed ecco che subito tutte le donne intorno gridano "sentite, il silenzio è un fracasso immenso, ti spacca le orecchie". Poi finalmente ecco che c'è la madonna che parla con un filo di voce, chiede una scala per salire in cima e staccare il figlio, lo vuole portar via, lo vuole salvare, non vuole lasciarlo morire sulla croce. Arriva un soldato e la fa scendere con violenza, la madonna comincia ad urlare contro tutti quelli che glielo hanno messo in croce "che cosa aveva fatto questo mio figlio!". Ci accorgiamo subito che quel figlio non è il figlio di Dio, ma il figlio di un uomo, che è un contadino, un operaio in croce, che lei è una donna che parla un linguaggio che non è certo di una regina. Ad un certo punto, quando parla della morte del figlio, e descrive già la morte "morte dei capelli, della bocca, degli occhi", incomincia ad urlare contro Gabriele che è venuto a fare il nunzio, a farle gonfiare il ventre e farle nascere dentro quello che avrebbe dovuto essere la sua gioia, la gloria, farla sentire la donna capo di 594 tutte le donne, beata e felice... e questa è la grande beffa "ecco qua come sono ridotta, l'ultima delle donne, spennacchiata, offesa, umiliata, bastonata nel proprio dolore", e ancora tocca a lei, donna, urlare nel dolore... è la sua condizione. Ad un certo punto le danno una lancia perché buchi subito il petto di questo suo figlio, farlo morire subito, non tenerlo, come lei vorrebbe, con uno scialle, appeso alla croce per respirare, tenerlo in vita più lungamente "no!Ammazzalo subito!". Sviene e sogna Gabriele e subito lo insulta, dice "vattene, vattene via da questa terra, non è fatta per té. Nel tuo paradiso", fra parentesi, è il suo mondo perché è il cavagliere chiaro Gabriele, il cavagliere, il principe, il nobile, "nel tuo mondo, nel tuo paradiso non ci sono lamenti né disperazioni, né fame, né carestia. Ci si sporca tutte le ali dorate, gli occhi luminosi diventano grigi, si sporcano anche loro, le orecchie, i suoni non sei abituato a tutto quello che c'è sulla terra. Il marcio, l'odore di corpi squarciati, gl'impiccati, le donne violate, le madri scurite". Madri scurite lo sentiamo dopo da Jacopone da Todi. Ebbene tutta questa violenza e la cacciata finale di questo angelo nel suo mondo... fuori da questo che è quello degli uomini che bestemiano che imprecano che sono soggiogati, sono perseguitati e che devono soffrire per un peccato... e c'è perfino l'ironia di questo peccato. Il discorso è di parte. E' la prima volta che sentiamo e vediamo ribaltata la madonna non come quella che è indicata a soffrire con contenizione, quasi con rassegnazione, l'accettazione di questo dolore che la glorifica e che tutte le donne vorrebbero evitare NO! Il rifiuto perché è il rifiuto di 595 classe è la passione vista dall'altra classe e soprattutto dalla classe delle donne. MILANO 2O.O1.91 MARIA DAVANTI ALLA CROCE Entriamo nel cuore di "Mistero Buffo", addirittura il mistero classico sacro. Io ho trovato, questo ancora prima di decidermi a realizzare "Mistero Buffo", più di vent'anni fa, per caso quando è stata rimessa in ordine la grande biblioteca di Montecassino, éra stato trovato nel retro di un papiro, una specie di pelle scritta con dei righi musicali, un breve monologo della madonna. Questa madonna éra curiosamente strana rispetto a quella tradizionale, non c'éra nessuna accettazione del sacrificio che il figlio andava realizzando e soprattutto lei non poteva soffrire in quel mondo senza far niente. Qualcuno pensava che fosse un elzeviro scritto da qualche monaco in un momento di pazzia, poi, in conseguenza di una chiaccherata che ho fatto con un prete di Asti, ho avuto sottomano un testo che è del quattrocento, nel quale si ritrovava la stessa madonna e parlando con questo prete mi diceva che in quel periodo, nel milleduecento soprattutto, c'erano stati degli scontri fra religiosi piuttosto feroci ed il contenzioso éra questo: la madonna sapeva di doversi sacrificare per il peccato mortale oppure è venuta a saperlo brutalmente soltanto nel momento in cui il figlio si trovava sulla croce? Esiste qualche momento del vangelo in cui si dice che è cosciente la madre e che l'angelo Gabriele annunciando le disse "tu dovrai soffrire" NO! E risulta che l'elogio che fa l'angelo "Maria 596 piena di grazia ecc...", in questo contrasto fra i due modi è stato una trappola, un'angheria terribile condotta sulla madonna. Naturalmente, subito alcuni, erano gli stessi frati che avevano inventato il testo da riproporre, tant'è che a Cortona un altro testo del duecento nel quale più o meno si ripete la stessa cosa, addirittura la madonna se ne va sotto la croce per invogliare il figlio a scendere dalla croce, quasi a costringerlo, non avendo più argomenti, avendogli parlato del suo dolore, della sua disperazione, dell'infamia, del ricatto... il figlio non ne vuol sapere e allora strappa letteralmente gli abiti di dosso alla Maddalena, gli mostra i seni e gli dice "scendi! Li hai amati quando eri sulla terra coi piedi, cerca di non perdere questa gioia straordinaria". E' veramente una provocazione oltre le righe, al limite della bestemmia e fa parte delle laudi di Cortona. Questo brano vede la sua dimensione massima nell'arrivo delle donne; comincia con il coro delle Marie che arriva davanti a Cristo e si preoccupa dell'arrivo della Madonna, che l'ha saputo in ritardo e viene a vedere cos'è successo, e pensano di colpirla con una pietra e farla stramazzare per non permetterle di urlare il suo dolore davanti a questo massacro del proprio figlio. Figlio che non éra presentato come Dio sulla croce ma un uomo, un uomo divino, che soffre tremendamente, e quasi si lamenta col padre perché è costretto a questo sacrificio, ha una specie di ripensamento, lo troviamo anche nel vangelo. Ad un certo punto c'è un soldato che si preoccupa di far scendere la Madonna che è salita e vuole strappare i chiodi per portarsi via il figlio. La insulta, le dice di scendere, cerca di mercanteggiare la Madonna, poi c'è il 597 finale terribile contro l'arcangelo Gabriele, nel quale dice " tu mi hai tradito, sei venuto a raccontarmi che io sarei stata la regina delle donne e questa invece è stata una beffa spaventosa, io sono la regina con il figlio cavaliere con un cavallo di legno inchiodato alle staffe" e questo insulto cresce quasi contro il potere, il potere di cui l'arcangelo è il messo, è l'uomo politico nella fattispecie. Capirete questa allusione nel discorso finale che fa la Madonna e a mé sentendolo è venuto in mente proprio ieri sera quelle madri che salutavano i figli e urlavano mentre partivano per il Medio Oriente, i figli sulla nave da guerra, questo urlo, la stessa disperazione. PRESENTAZIONE 1 9 7 6 MARIA ALLA CROCE E passiamo al Mistero Buffo vero e proprio. Mistero è il termine che si sente ancora oggi ripetere durante la messa: nel primo mistero glorioso si contempla ecc... nel secondo... E' una cosa seria! Non ridete di queste cose... il destino! L'attore comico sempre! Allora... si sente dire... nel primo mistero glorioso si contempla ecc... e si ricontempla anche nel secondo mistero glorioso ecc.. ecc... Mistero significa rappresentazione sacra. La messa è un mistero...no, no, no... è una rappresentazione... non volevo fare... non riesco a dire delle cose serie! Ho provato una volta ad Urbino quando sono stato incaricato di tenere una lezione. Sono arrivato, ho cominciato a parlare seriamente... AH AH AH CHE FACCIA! E io serio... MA NO! GUARDATE CHE SONO COSE SERIE!... AH AH AH E CI GIOCA ANCHE AH AH AH... BASTA! Ho detto basta! La messa è un mistero, cioè 598 la messa è uno spettacolo, una rappresentazione tant'è vero che all'inizio del cristianesimo non esisteva una forma di messa come concepiamo oggi, come siamo abituati, cioè stereotipato, ormai fissato da dogmi, da regole. No, si scrivevano come si scrivono gli spettacoli. C'è il vescovo, quello di Costantinopoli, e non è quello dei giochi di parole dei ragazzini, che ha scritto sette o otto cose importantissime della messa per rappresentazioni sacre, cioè i misteri. Erano della gente che amava l'ironia ma non per essere blasfemi, per essere felici, per essere intelligenti, perché un gioco di umorismo è fatto di intelligenza. Qualcuno notava che normalmente la grande differenza che c'è tra gli uomini e gli animali è che gli animali... ridono poco. Ed è giusto! Ecco, ad esempio se vi raccontassi la chiave di una di queste messe potete ritrovarli. Il testo, edito da Bompiani e curato da Contini, è l'incontro della madonna con l'angelo Gabriele, non certo dentro le colonnine come siamo abituati. Lei ferma che aspetta... no... al pozzo. Al pozzo com'è nella tradizione popolare, tutte le donne vanno al pozzo. I ragazzi vanno a corteggiare le ragazze al pozzo... arriva il ragazzo giovane, bello, coi capelli... l'arcangelo Gabriele... in borghese... voglio dire che non ha le ali! Non ha le ali perché, capite uno che va al pozzo con le ali dice che... non può... ad ogni modo arriva senza ali, per non dare nell'occhio appunto. Però c'è stato un gioco prima: il diavolo, il demonio ha cercato di buttare all'aria questo momento, cioè intralciare l'incontro. Ha messo davanti un'altro diavolo, ne ha trovato uno un pò così... un cialtrone. Lo fanno travestire da donna e questo diavolo danna con dei seni che tiene su con fatica, con la 599 coda lunghissima avvolta intorno al ventre... ma appena si emoziona la coda si muove, lo agita tutto... va dalla madonna per raccontare che lei, una donna anziana è madre di un giovane... di un certo Gabriele che ieri all'osteria ha scommesso con altri giovani che porterà a letto la madonna... ha scommesso... e allora "guardi io vengo a dirglielo perché questo figlio sta facendo una cosa che mi... INFAME!" Quando arriva l'angelo che comincia a parlare del più e del meno... perché non è che arriva subito e TUM si mette in ginocchio... cerca di introdurre il discorso...La madonna, Maria è preavvertita, ha capito, intuito qualche cosa, fatto stà che ad un certo punto tira fuori uno zoccolo e lo lancia in piena testa al diavolo. Da questo momento l'angelo capisce che quello è il diavolo... anche perché gli si è tolta tutta la coda. Tira fuori la spada... va in giro armato, notate bene... l'angelo ZAC crudelmente taglia la coda al povero diavolo. La coda se ne va via da sola come quella di una lucertola. Il diavolo corre dietro alla sua coda piangendo disperato. Ebbene, a parte il fatto della crudeltà, della cattiveria dell'angelo, perché gli angeli, gli arcangeli, soprattutto son delle carogne... Oh, basta ricordarsi la cacciata dal paradiso... dico perché col coso di fuoco... "Via via andate!"... mentre la povera Eva davanti, sospinta dall'Adamo "Té e le tue mele, poco cane!"... e ad un certo punto loro si soffermano per litigare e, lo sapete, lui con la spada di fuoco ZUM ZUM, due tagli, QUA, che prima noi avevamo tutto tondo e adesso ci abbiamo... la vergogna qui, LA VERGOGNA! Si chiamava, lo sapete, il gluteo... il gluteo, che uno aveva anche orgoglio... guardi che bel 600 gluteo... beh, il tondo è puro, è purezza il tondo... no!... quello spacca in mezzo... Ad ogni modo, a parte il gioco, questo è per dirvi la chiave, l'umorismo, la satira, il grottesco, la felicità nella rappresentazione sacra, ed anche se éra dramma, non éra mai lagnoso, non éra mai piagnisteo, non éra mai disperazione... éra soprattutto denuncia, éra attacco, aggressione, soprattutto potere. Questo pezzo che adesso reciterà Franca è la storia della passione. Una passione del 1170 circa. E' stata trovata a Montecassino nel 1928, un prete gesuita spagnolo l'ha ritrovata. Éra in latino completamente, con qualche frase in dialetto di Benevento. Noi l'abbiamo presa, tradotta e approffittando del ritrovamento di un'altro analogo con dei grossi buchi, abbiamo ricomposto tutto. La prima cosa che noterete è che sulla scena non ci sono uomini, sono tutte donne, tutte donne che si preoccupano, urlando di fermare la madonna che sta arrivando. La madonna sta arrivando sul sentiero, ha saputo che hanno messo in croce il figlio, arriva su correndo ed ecco che subito le donne dicono di fermarla "Andate a fermarla, non si può fermare, ha una forza che" "datemi un sasso che glielo tiro in testa" dice ad un certo punto " per tramortirla, non può vedere il figlio così inchiodata che sembra una radice di ulivo in primavera, inchiodata, con le ossa inchiodate, il sangue che gli cola dappertutto". Una descrizione di una violenza incredibile, ma la madonna arriva lo stesso... e c'è un gran silenzio, ed ecco che subito tutte le donne intorno gridano "sentite, il silenzio è un fracasso immenso, ti spacca le orecchie". Poi finalmente ecco che c'è la madonna che parla con un filo di 601 voce, chiede una scala per salire in cima e staccare il figlio, lo vuole portar via, lo vuole salvare, non vuole lasciarlo morire sulla croce. Arriva un soldato e la fa scendere con violenza, la madonna comincia ad urlare contro tutti quelli che glielo hanno messo in croce "che cosa aveva fatto questo mio figlio!". Ci accorgiamo subito che quel figlio non è il figlio di Dio, ma il figlio di un uomo, che è un contadino, un operaio in croce, che lei è una donna che parla un linguaggio che non è certo di una regina. Ad un certo punto, quando parla della morte del figlio, e descrive già la morte "morte dei capelli, della bocca, degli occhi", incomincia ad urlare contro Gabriele che è venuto a fare il nunzio, a farle gonfiare il ventre e farle nascere dentro quello che avrebbe dovuto essere la sua gioia, la gloria, farla sentire la donna capo di tutte le donne, beata e felice... e questa è la grande beffa "ecco qua come sono ridotta, l'ultima delle donne, spennacchiata, offesa, umiliata, bastonata nel proprio dolore", e ancora tocca a lei, donna, urlare nel dolore... è la sua condizione. Ad un certo punto le danno una lancia perché buchi subito il petto di questo suo figlio, farlo morire subito, non tenerlo, come lei vorrebbe, con uno scialle, appeso alla croce per respirare, tenerlo in vita più lungamente "no!Ammazzalo subito!". Sviene e sogna Gabriele e subito lo insulta, dice "vattene, vattene via da questa terra, non è fatta per té. Nel tuo paradiso", fra parentesi, è il suo mondo perché è il cavagliere chiaro Gabriele, il cavagliere, il principe, il nobile, "nel tuo mondo, nel tuo paradiso non ci sono lamenti né disperazioni, né fame, né carestia. Ci si sporca tutte le ali dorate, gli occhi 602 luminosi diventano grigi, si sporcano anche loro, le orecchie, i suoni non sei abituato a tutto quello che c'è sulla terra. Il marcio, l'odore di corpi squarciati, gl'impiccati, le donne violate, le madri scurite". Madri scurite lo sentiamo dopo da Jacopone da Todi. Ebbene tutta questa violenza e la cacciata finale di questo angelo nel suo mondo... fuori da questo che è quello degli uomini che bestemiano che imprecano che sono soggiogati, sono perseguitati e che devono soffrire per un peccato... e c'è perfino l'ironia di questo peccato. Il discorso è di parte. E' la prima volta che sentiamo e vediamo ribaltata la madonna non come quella che è indicata a soffrire con contenizione, quasi con rassegnazione, l'accettazione di questo dolore che la glorifica e che tutte le donne vorrebbero evitare NO! Il rifiuto perché è il rifiuto di classe è la passione vista dall'altra classe e soprattutto dalla classe delle donne. BOLOGNA 12.O4.91 IL PRIMO MIRACOLO DI GESU' BAMBINO Vi presenterò un brano che non recito da quattro anni, e l'ultima volta che l'ho recitato è scoppiato uno scandalo. Esattamente è successo in televisione, vi ricordate ci sono stati i vescovi che si erano risentiti e volevano cacciare il "molleggiato" dalla televisione perché aveva esagerato a chiamarmi in trasmissione. Si tratta del "primo miracolo di Gesù bambino"... vedo che quasi nessuno lo conosce. Credo che sia uno dei pezzi più effervescenti, straordinari che si siano trovati, ed è un brano che è legato ai vangeli apocrifi. I 603 vangeli apocrifi, come sapete, non sono vangeli proibiti, come qualcuno erroneamente crede, bensì vangeli esclusi da quelli definitivi. All'inizio c'éra una cosa come duecentocinquanta vangeli, ogni zona, ogni gruppo culturale a partire dall'Asia, Medio Oriente e via dicendo si formavano, legati alle proprie religioni dei vangeli diversi, delle cose incredibili... Gesù Cristo che andava in piedi sui cammelli, che sbranava i leoni, che si metteva a nuotare sott'acqua, bruciava, ritornava serpente... delle storie incredibili legate appunto alle varie religioni. Poi si cercò di mettere un pò d'ordine, di tirar via quelle oltre le righe che non c'entravano niente e si contraddicevano... ci fu un famoso concilio, quello di Nicea, in cui arrivarono a BASTONARSI! Perché ogni gruppo non voleva mollare il proprio vangelo... i vescovi si sono dati... sapete quel torciglione, quel pastorale... PRIMA ÉRA DRITTO COSI' a furia di darselo... si è tutto... e quel cappello che hanno i vescovi... prima éra completo e in ricordo delle legnate si è spaccato in due, si è aperto a metà... così pare, adesso non ve lo posso dire di sicuro. Fatto stà che si è riusciti a tirarne fuori una quarantina di vangeli, tant'è vero che ci sono tutte le chiese del mille, millecento con sculture e bassorilievi legati ai vangeli apocrifi; se andate a Palermo a Monreale ci sono immagini di grandissima forza d'arte legati ai vangeli apocrifi. Uno dei più bei vangeli apocrifi detto di Filippo, c'è anche uno detto di Tommaso, che riprende la stessa cosa. Io mi ricordo che quando ci fu questo scandalo furono pubblicati degli stralci dei vari vangeli su riviste, anche religiose, così che anch'io scoprii degli altri vangeli apocrifi 604 che non conoscevo. Questa è la storia di Gesù bambino, che dopo la fuga... vanno verso il nord, arrivano a transitare lungo il mare, fino a Jaffa... la città dei pompelmi... io so già che voi pensate alla J di Jaffa, pensate a Jesus, al miracolo dei pompelmi, non è questo. Il primo miracolo di Gesù bambino non è stato quello di mettere la J sui pompelmi. Dunque arriva questa famiglia, in fuga per il fatto di Erode, vi ricordate che voleva tagliare un pò più di teste del necessario... arrivano in questa città, sono degli sconosciuti, sono delle specie di Albanesi di transito...non trovano da dormire, sono a disagio, lui soprattutto, San Giuseppe, non trova da lavorare, questo ragazzino sempre in mezzo alla strada, sopratutto parlava palestinese stretto e in quella zona parlavano un'altra lingua araba... non lo capivano, lo sfottevano, non volevano giocare con lui, lo cacciavano via, gli gridavano "Palestina" con disprezzo. Questo bambino soffre umiliazioni... e per farsi coraggio e soprattutto per farsi amare da questi ragazzini, guardate cosa significa il senso del gioco, decide di fare un miracolo, un piccolo miracolo che gli riusciva sempre abbastanza bene... quello di costruire con la terra creta degli uccellini e poi farli volare... il successo è incredibile! Trasforma da terracotta in veri degli uccellini stupendi, uccellini di tutte le forme... che poi i bambini si mettono anche loro a farne... fanno delle schifezze tremende e a lui tocca farli volare perché se no non lo applaudono. Ad ogni modo lui ha un successo INCREDIBILE, lo eleggono capo dei giochi ma ahimè... in quel momento entra in scena il figlio del padrone, un prepotente, e siccome non lo lasciano giocare... insomma lui 605 spacca tutti i giochi allora ... a Gesù bambino girano i santissimi, le madonne, fa delle cose... fa una cosa ORRENDA che è ripetuta e riportata in tutti i vangeli ipocrifi e poi c'è una catarsi e capirete come stanno andando le cose. Questo momento veramente lirico degli uccelli che volano, della gioia dei bambini è, credo, uno dei pezzi più belli di tutti i Misteri Buffi che mi sia mai riuscito di mettere in piedi. Però attenti! Questa storia viene raccontata con un ritmo, con un andamento che molte volte stravolge. Se voi provate a leggerli, sono editi da Einaudi, poi c'è stato anche Marsiglio editori, il Mulino, sembrano la sceneggiatura di un film. C'è ad esempio la scena iniziale, la prima inquadratura di questo film: un cielo tempestato di stelle, ad un certo punto si vede una stella sgangherata con una coda infiammata che dà degli spintoni a tutti quanti, si fa strada, naturalmente è la stella cometa, e subito dietro vengono i re Magi. A parte che questa stella fa spavento... i re Magi la seguono, e naturalmente ci sono tutti e tre, prima il vecchio che va su un cavallo negro, l'allegoria è importante, poi c'è il giovane che sorridente va sul cavallo bianco, altra allegoria importante, poi c'è il negro che invece è... su un cammello grigio, e questa è un'allegoria chiarissima, il negro sul grigio. Questo negro sorridente, splendente nel buio della notte... sono fari i suoi denti, i suoi occhi luminosi... canta! Cosa deve fare un negro su un cammello grigio, CANTA! Soltanto che c'è questo vecchio che non ama il canto, non ama la gioia, che grugnisce, lo insulta... Ad un certo punto vanno a Betlemme e naturalmente c'è il momento dell'incontro con Gesù ma prima c'è il momento della 606 descrizione nel cielo dell'angelo: c'éra un angelo barocco pieno di piume, di panneggi che scende in picchiata ad avvertire i pastori che è nato Gesù, coi pastori che si spaventano, le pecore che perdono il pelo ed ad un certo punto sono costretti ad acconsentire e ad andare a portare i doni per Gesù... questa caciara di questo presepe terribile intorno... arrivano dentro, c'è anche sant'Anna che raccoglie tutti i doni e li infastella, copre tutto che non ci stà più dentro né l'asino né nessuno per tutti i doni, poi arriva il solito angelo che avverte dell'arrivo dei soldati "bisogna subito sgombrare... la fuga in Egitto... altrimenti sono guai e Gesù bambino viene tagliato a pezzi anche lui". C'è questa fuga con l'innesto di cui vi ho detto, sapete benissimo dell'asino, la preoccupazione ecc... Il ritmo, il tempo e l'andamento lo raccoglierete... questo brano spero mi ritorni alla memoria pezzo per pezzo perchè è terribile, tre anni sono tanti e non ho fatto neanche il ripasso... sono stato un pò ammalato negli ultimi giorni. PRESENTAZIONI SICURAMENTE DOPPIE TROVATE ALTROVE MILANO 20.O1.91 LA GUERRA NEL GOLFO-E’ STAMPATO Io sono felicissimo che questo teatro sia così saturo, esaurito di persone, in quanto sentivo proprio oggi in televisione un'inchiesta sui teatri in Italia durante la quale si diceva che i teatri in questo periodo hanno avuto un crollo sul piano della presenza di pubblico perché qualcuno si sente a disagio,qualcuno teme incidenti... ma il fatto che voi siate 607 qua mi riempie di soddisfazione anche se nello stesso tempo sono angosciato come voi per la paura che questa guerra si stia allargando.Ci sono state persone che si sono risentite per il prologo che io in questo periodo faccio, legato all'attualità, anche perché l'attualità è il fondamento principale del nostro teatro; da sempre il nostro obiettivo è di inserire quello che è la cronaca nel teatro e meno male che oggi possiamo parlarne liberamente. C'è stato un tempo che il parlare a soggetto ci éra impedito, addirittura abbiamo avuto denunce... c'éra il questore o il commissario che stava in quinta per verificare che quello che dicevamo corrispondesse al testo che aveva l'imprimato di Andreotti allora, che éra ministro dello spettacolo... e che verificava se eravamo apposto, se avevamo proprio il timbro. Noi abbiamo avuto una cosa come 40 denunce per gli svicolamenti e quando uno éra risentito per quello che si diceva non stava neanche a rimbeccarti direttamente, telefonava alla questura , arrivava immediatamente il commissario di turno, o se éra in sala, saliva sul palcoscenico a verificare col copione. Ora siamo arrivati ad un clima straordinario però, a proposito della guerra e se éra proprio necessario entrarci a piedi giunti, il presidente della repubblica Cossiga è intervenuto l'altro giorno dicendo che è ora che noi si diventi adulti... in poche parole nel nostro paese si può polemizzare, dibattere però una volta che il governo ha deciso di intervenire SILENZIO, NESSUNO ROMPA PIU' LE SCATOLE, LASCIATECI LAVORARE! Credo che sia proprio il contrario di quello che è la democrazia, il parlare sempre e il ribadire le proprie opinioni credo sia il 608 minimo.D'altra parte, e anche Andreotti l'ha detto questa mattina, "E' ARRIVATO IL MOMENTO DI ... TACERE E BASTA NON ROMPETECI LE SCATOLE!".E' da un pò di tempo devo dire che succedono delle cose... per quanto riguarda il nostro presidente della repubblica, lo sottolineano tutti i giornali devo dire, anche Montanelli, che addirittura è arrivato a dire che ha bisogno di uno psichiatra... io non sono d'accordo, dico che è dovuto al nervosismo come quando ha incominciato ad insultare i giornalisti i giudici dicendo che erano dei venduti, dei bottegai, dei giornalisti ha detto delle cose ignobili, che sono degli infami... Ad ogni modo il fatto particolare è incominciato quando gli è sfuggito " PER L'ITALIA SI PUO' ANCHE MORIRE"... che a mé è venuto subito un brivido lungo la schiena, mi è venuto subito in mente quando da ragazzino mi insegnavano " CHI PER LA PATRIA MUOR VISSUTO E' ASSAI" tarappappappete... D'altra parte è la stessa frase lanciata da Frankestain, voi sapete chi è Frankestain ... Saddam Hussein è veramente il classico Frankestain, che non è nato così da solo ma è stato inventato da noi NOI LO ABBIAMO CREATO! Io mi ricordo gli applausi quando è partito contro Komeini... FANATICI!! Invece lui aveva i piedi in terra... quando ha detto tre giorni e Komeini è fottuto ARMI! Gli abbiamo dato le armi noi! Lo abbiamo allenato noi, gli abbiamo insegnato come si fa la guerra... NOVE anni è durato e adesso dimostra che ci sa fare. Lo diceva oggi quel generale di cui i storpio sempre il nome, diceva "ma scherziamo, non abbiamo mica a che fare con un cretino... nove anni che... l'abbiamo allenato noi, AVRA' IMPARATO QUALCOSA!! Per forza non ha 609 tirato fuori ancora le armi , perché diceva ma perché non intervenite, perché non lanciate nel deserto i vostri marines e la facciamo finita. La borsa aveva avuto una euforia incredibile, eravamo arrivati a guadagnare quattro punti, cinque punti... e adesso cosa aspettate, dice, NON SONO MICA IL GENERALE KUSTER IO, io fin quando non li ho spianati, ammorbiditi"... non si dice massacrati, si dice ammorbiditi ... guardate che il lessico di guerra è straordinario. A parte che non si dice "andare il guerra" ma "compiere un'operazione di polizia", ce l'ha insegnato Andreotti. La mia preoccupazione è questo atteggiamento che hanno quasi tutti i giornali "chi non è per la guerra è una femminuccia, un disfattista, in fondo un mammone uno che fondamentalmente è VILE! Insomma un uomo vero, coi muscoli , col coraggio è subito per la guerra... interviene per l'onore, per l'orgoglio di una nazione che non può sempre rimanere assente davanti ai fatti". Quello che è successo esattamente a Kabul quando ad un certo punto i russi sono entrati con le truppe e l'ONU aveva detto alla stessa maniera BISOGNA INTERVENIRE! NOI ITALIANI SIAMO INTERVENUTI! E subito Andreotti dice "BISOGNA PARTIRE" manco una piega!! Così ad esempio per il fatto della Palestina... gli interventi dell'ONU per far rispettare le leggi internazionali e la libertà e la dignità di un popolo riguardo la Palestina sono la bellezza di diciotto! Ma neanche han fatto UH UH neanche! E quando questo frankestain ha ammazzato cinquemila persone in venticinque minuti, cioè le ha asfissiate col nirvino, donne, bambini, BRACCHETA! C'è stato l'ONU che ha detto... EH 610 NO! EH NO! E tutti noi abbiamo detto bisogna partire bisogna bloccarlo... NIENTE! Questa è una guerra per il petrolio, lo abbiamo visto nel gioco del salire delle azioni riguardo a quella situazione... stiamo combattendo per il problema del prezzo, dell'interesse, del vantaggio e via dicendo e a dimostrazione c'è un fatto di cronaca: la televisione ha fatto un inchiesta sul fatto che la gente non gira più con tanto entusiasmo per le balere, per i night, per i luoghi di divertimento e veniva mostrata una balera moderna completamente vuota e il padrone diceva " la gente non ha voglia, non viene a ballare e a divertirsi... ce n'erano quattro li ho fatti entrare gratis ma non avevano voglia" e lei cosa dice "E' UNA GUERRA SCHIFOSA". C'è un'altra cosa che mi ha angosciato a proposito del valore di certe frasi, io a malapene ne parlo perché ci sono di mezzo due piloti che fra l'altro sono di una compagnia di cui ho visto alcune esibizioni e sono tra i più preparati tecnicamente a livello mondiale, tant'è vero che hanno battuto in sfide sull'abilità di colpire un bersaglio, volo in quota ecc... anche gli americani e perfino gli isdraeliani. Il presidente della repubblica ha detto "buon viaggio, buon lavoro, fatevi onore" GGGNNNACCC, la sfiga fino in fondo. Scusate, forse qualcuno di voi dirà che sono cattivo, ma io temo che QUELLO LI", non bisogna neanche nominarlo... MENAGRAMO!!! Ha detto siamo adulti ... POMPETA! Che quello parte ... "il carrello!!! Porco cane!"... e in volo subito turbolenza atmosferica... ci sono mille e cinquecento aerei fra inglesi e americani che volano tranquilli NO! c'è 611 una nube schifosa con scritto PRESIDENT! Le "vacche" si chiamano, questi aerei che contengono benzina in quantità e che tranquillamente con una pompa che va a finire nel serbatoio dell'aereo... l'aereo va, ritorna indietro, gli danno ancora un pò di benzina... OH! la prima volta nella storia che si spacca tutto TUM BOOORLOCHE, uno solo che prende e poi non torna OHHH! Io non dico più niente, ma non lo nomino più! E imparate a farlo anche voi! 612 Stagione Teatrale 1990/91 Dario Fo in MISTERO BUFFO Questa sera il Mistero Buffo viene recitato anche a Londra in lingua arcaica del Galles, a Barcellona da da un attore dei Comediants in catalano, naturalmente, nella prigione di Norfolk, in lingua scozzese, da un condannato a 20 anni, a Bolzano da un attore svizzero di Berna, in Jugoslavia, a Zagabria in croato, negli Stati Uniti da un famoso fabulatore negro, in Argentina da Carlos Jampos, in Bolivia da un attore indio, in Israele sia da un attore palestinese che da un israelita...e potremmo continuare per qualche pagina con l'elenco, ma non vogliamo strafare...e non c'è neanche bisogno di commento. "Mistero" è il termine usato già nel II° e III° secolo dopo Cristo per indicare uno spettacolo, una rappresentazione sacra. Ancora oggi, durante la Messa, sentiamo il sacerdote che declama: "Nel primo mistero glorioso...nel secondo mistero..." e via dicendo. Mistero vuol dire, dunque: rappresentazione sacra. Mistero buffo vuol dire: spettacolo grottesco. Chi ha inventato il mistero buffo è stato il popolo. Fin dai primi secoli dopo Cristo il popolo si divertiva, e non éra solo un divertimento, a muovere, a giocare, come si diceva, spettacoli in forma ironico-grottesca, proprio perchè il teatro , specie il teatro grottesco, è sempre stato il mezzo 613 primo d'espressione popolare, di comunicazione, ma anche di provocazione e di agitazione delle idee. I giullari recitavano nei mercati, nei protiri delle chiese, nei cortili e, qualche volta, addirittura dentro le chiese. I giullari, e più tardi i comici dell'arte, sono gli inventori e i perfezionatori del grammelot, termine di origine francese, coniato dai buffoni-clown-giullari. I comici dell'arte lo usavano a piene mani, perchè costretti sia dalla situazione di viaggiatori in mezzo a lingue diverse, sia dalle leggi censorie che imponevano loro di non recitare in lingua: al massimo mimare e articolare suoni senza senso compiuto. Grammelot sta a significare, appunto, gioco onomatopeico che è in grado di trasmettere, con l'apporto di gesti, ritmi e sonorità particolari, un intero discorso compiuto. Dalla tradizione dei comici dell'arte sono giunte a noi storie di esibizioni di grandi interpreti del grammelot. I brani più famosi sono: "La fame dello Zanni, "Arlecchino che beve la pozione magica" (entrambi in grammelot bergamasco), "La lezione di Scapino" (detta anche di Moliere), evidentemente in grammelot francese. Esiste anche un "Grammelot dell'Avvocato inglese", caricatura con sproloquio di tipo anglosassonemagniloquente, eseguita dai comici del XVII° secolo. 614 PRATO 25. 5 91 SITUAZIONE DI GOVERNO-E’ STAMPATO Lo spettacolo è Mistero Buffo un genere di rappresentazione che viene dal medioevo, "mistero" significa rappresentazione, sacra in particolare e "buffo" significa grottesco, è chiaro da sé solo. Prima di entrare in merito al Mistero Buffo vero e proprio io, come facevano del resto i giullari che lo rappresentavano, prendo il pretesto per parlare della situazione che viviamo, anche per introdurlo su un livello non distaccato nel tempo ma che sia attuale, legato ai nostri tempi. Una delle osservazioni che devo fare subito è una delle più belle battute che ho sentito nei tempi, credo che è da eleggere la più importante in questo secolo quasi... a proposito della situazione del governo. Avete visto che questo governo è stato una delle più grosse beffe mai viste, e l'unica situazione di ricambio, invece delle riforme, hanno cambiato l'assetto strutturale, cioè i repubblicani sono stati messi da parte e da chiunque partito è diventato quadrupede come ha detto qualcuno. Ora questo governo nato con questo scarto ha determinato una frase veramente straordinaria da parte del responsabile del partito repubblicano La Malfa, il quale ha già un padre La Malfa... UGO! Questo La Malfa ha dimostrato di essere l'uomo più candido che esista in Europa perchè ad un certo punto ha dichiarato "CREDEVO CHE ANDREOTTI FOSSE UN UOMO ONESTO!" Uno che vive da quando è nato vicino a questo governo e che non si rende conto... insomma è veramente DA FUCILARE!! QUA AL MURO! "Lei ricorda suo padre che éra già con 615 Andreotti... anche il nonno éra già con Andreotti... ancora con il governo di Giolitti c'éra Andreotti che portava la cartellina... già un pò curvo, cominciava già allora , con le palette di direzione. Traduzione 616 NASCITA DEL GIULLARE corretto Ahh... gént... vegní chi, che gh'è ‘l giulàr! Giulàr ca son mi quèl... che fa i salt e ca 'l tràmbula e che... oh... oh... a ve gh’ho fàit rìder! Vegnìt che ve fago védar i magiorént desbiòti e descovrìr come a sont gròli e gròsi i balón che van d'intórna a far guère e a scanàre. Ma basta stapàrli, tràrghe via ól piréo e... pff!!, se sgiónfia, i s’ciòpa ‘mé vesìghe a balón! Vegní chi che l’è ora e lògo de fa el pajàsso per vui! Tütt intùrna a mi! Vegnìt! V'insegni ‘na manéra nòva de sta’ a mondo. Vegnì... vegnì... Aténti come fago el saltìn intorno… un cantìn, e fago i falsèt a saltabèch! Vardé la mia léngua 'mé la gira! Ah... ah... a l'è un mulinèl, un cultèll... che tàja i garèti ai bosiàrdi impostór! Ma al’improvìso mé càta de recordàm. En vertà mi no’ a l’éra sémpar stat julàr. L’è quèst ca voi ‘contàr, come sunt devegnüt bufón ridanciàn. Che mi non son nasüo d’un fiàt tombàt dal ziélo, e, op! Son ‘rivà chi lòga: “Bondí, bonasìra!”. No! Mi a son el fructo d'ón miràcol! No’ vursì crédem? Mi son nasüt vilàn. Vilàn, cuntadìn propri. A no’ gh’avéo tanto de sta alégro: no gh'avévi tèra, no! U s'éri ‘rivàdo a 'ndà a lavuràr a strasabràsci sóta a tüti, in de ‘sti vaj... da partütt. Duvìt créderme… déme confiànsa: no’ son miga nasciüt giulàre. No’ l’è nemànco capitàt che mia matre vardàndome bambìn stravacào in la cüna che ridevo a sganàsso: “Ma che bèla facìna sempàtega... oh che cara! Alegrèsa té mé fa! Spaiasolìn ridénte! Varda, de grande té fago far el julàr!”. No! E nemanco l’è capitàt che mé son ‘speciàt-rimiràt deréntro ól cül de una padèla lüstra che la mé faséva de 617 spècio, cossì che a vardàrme: “Ohi che ögi sbarluscénti de ‘legrèssa che spantéga luz felìz d’ògni lógo! Vago a far el giulàre! Son pròpri sempàtego, spendìdo!”. E nemànco l’è capitàt che ól Deo Padre Eterno, ch’ol végne sémper a spia’ föra de le nìvule... ch’el gh’ha niénte de fare… ‘mira ól so’ creato, la tèra… e beato ól vùsa: “Oh! Che bèla tèra ch’ho fao! Oh! Che bei àlbari ch’ho fàit! Oh! Che bèle montagne ch’ho fàit! (Cambia tono) E chi è quèlo? L’è un cuntadìn! Cun quèla fàcia! Sempàtiga! Zèta la vanga, mòla ‘sta tèra e va a fa’ el giulàr e no’ rompe’ i cojóni!”. No, no, no’ l’è stàit lü! L’è sta’ ól so’ fiòl Jesus. Un meràcolo! No vàgo ciarlàndo, v’el ziùro! Un miracolo impròprio de lü: Jesus Cristo en la persona. L’è lü co’ m’ha fàito devegnìr giulàr! No’ mé credét? Ól sàvie bén! Alóra el vo’ a mostràrve! D’acòrde? Dónca, ‘na matìna co a l’éra ancmò scüro, co el ziélo a l’éra ancmò negro... ól sol no’ éra ‘mò incresùo e mi andava scurvà co’ sàpa, picón a sapàre, e ól méo sudór a l’éra la prema acqua co’ la tèra la bivéa. U s’éri tristo, no’ gh’avéa tèra méa per mi. A la sira stornào a la casa imbriagà... stràco morto, co’ i ögi sbiancàt de luz e neànco la vója de ziogàr coi mé fiolìt, far ziòghi co’ la mia puta de mi, mojèr de mi a far l’amore… mé slungàvo strafugnà stordìt in sü el lèto... un paiùn... e m’endormìo. No che no’ mé indormentìvo! Desvegnìvo! E dentro la note no’ gh’éra soméi d’insognaménto. Chicchirichì! Maledìcto! De nòvo a fatigàre! 618 Ma un ziórno tornào del campo travèrso la rivéra del rio en zérca de quarche granco de fiüm, mé so’ sperdùo camìno e, de bòta, mé son truvà devànti a üna montagna negra che no’ cognosévo. Tremenda, alta. E gh’hoi domandato a ün fradèlo contadìn: “Compagnón, de chi l’è èsta montagna negra, imperviàda?” “De nisciün!” “Ma ól po' vès che la sébia de nisciün ‘na montagna ‘sì granda?!” “La val negóta! L’è sojaménte piéra negra, üna mügia de sasi de vulcàgna. La ciàmen: la cagàda del diàvulo!” “Ól deve aver avüt un gran mal al cül nel cagà ‘sta cagàda ól diàvul!” E mi sunt andài fin su... rampegàndome gatóni su un dòss raspà cuj ungi e ho descovèrto che gh’éra un fregüj de tèra, lo usmàt: dulza, grasa. Sont ‘ndài sübit da la mea fumna, la fémena de mi a casa. Ziónto, la gh’ho ciamàda in quartiér, criàndo de ‘legrèssa… l’ha catà su la sapa, la sègia e la m’è vegnüda après coi fiulìn. Zónti sül dosso sénsa nemànco catàr fiàt, l’ha comenzà’ a sapàr da partüto tèra e po’ desénder giò sü la riviéra del fiüm a catàr sidèli de terén. Sémo andàit anco al simitéro, sémo andàiti a robàr tèra ai morti! Bèlla la terra de le tombe vègie! Grassa! E se montàva càrighi de sidèli e se spantegàva ‘sto terén-ledamóso… ziórno pe’ ziórno, se improntàveno gradoni… ‘na scalenàda de gradóni! E portà tèra dentro el grembiàl!… Tüti a lavorar, con anco i fiülì. Contenti! 619 E la mujèr de mi, bèla, bianca cu l’è dólze… mujètta méa, ‘na portàda de rejna! La andava co’ ‘sti paniér contenta, ögi luzénti, le zinne tunde, dürre… co’ quando la se movéa coréndo i balàva come campane che sonàveno a festa: DIN DON DIN! Oh... se l’è bèla! E cussì svelta, che con un vaso empegnìdo d’acqua in sul capo l’andava che pareva ‘na madòna col cerción d’urà e manco una lacrima se sversàva dal sidèlo! Dólze amor de mi! E la cantava! La cantava bén che la so’ vóse drita in tèl zervél t’arivàva! Oh dólzo plasér! Ziórno per ziórno, de lune, de lune, sèm ‘rivàti a montàr tanti gradón ch’ol paréa la Tore de Babèle! Ma no’ gh’éra l’acqua… se faséva bögi de sonda ma no’ sortìva üna spüdàda. Ghe tocàva desénder fino al fiüm avànte e indrìo, avànte e indrìo, tüti, mojèr e fiulìt, con sègi e sègi, ma sémper sèca la divegnìva la tèra. Un ziórno sunt ‘ndàit cul picùn in spala insìma a ‘sta montagna biastemàndo: “Deo! Maledìcto!” e pién de ràbia ho picàt ‘na bòta a zancàda in de la piéra: PUM! STCIUM! El sortìo una gran sbrofàda d’acqua che m’ha inundà. “Oh Segnór, gràssia! Besógna proprio biastemàrte parchè té faga miràculi, Deo santo!” Fotón d’acqua che sbotàva dapartüto... e sgorgoiàva giò per la scarpàda d’ògni terén! La mujèr de mi a l’è s’ciopàda en lacrime... co’ un pianto de ziòia e i fiülìn empaltat i sguasàva ‘mé pèssi in frégula… 620 “Gràsia! Gràsia Deo!” Un parfüm dólze se spantegàva da par tüto… e l’erba che de sübito sortiva! Gh’ho piantà una semente de ségale, n’ho gh’ho fàito a tempo a vultàrme che TAC!,: un bütón de föietìne spuntava! O l’éra tèra d’oro! Una sera mé son desmentegàdo la sapa impiatàda en tèl terén; il ziórno aprèso son tornào: l’éra fiurìda! La sapa fiurida! Arbore che sortìa fruti, üsei, parfüm, el grano, el froménto… 0h! Che plasìr! Son ‘ndàit de contra al ziél rosàdo, col sol che l’éra rénta a calàre drio i monti e ho dit: “Deo! Ól cognóssi bén che té sèt dentro ól sol in ‘sto momento e té rengràsio del dono grando che ti mé ha fàito co’ ‘sto meràcolo! Te ghe sarò reconosénte e zercarò col sangu de mèterlo a bòn profìcto. Te la fagarò vegnìre un paradìs terèstre ‘sta tèra, sta següro. Amen!” I pasàva i contadìn e i diséva: “Che cü che té ghe aüt! Da ‘na muntàgna sèca, l’ha tirà föra el giardìn de ün pascià!” E invidia i gh’avéa. Sunt lì in tèl campo, svòlto la testa e lì té scòrzo, sul so’ cavàlo el padrùn de tüta la vale che ól mé vardàva. Ól ziràva i ögi intorno e ól mé vardàva… e pöe ól sbòta a dirme: “Ohi, ‘sta maravégia de montagna florìta! Chi che l’ha tràita in pìe? Chi è che l’ha fàita?”. “Mè, segnór! Mè, a l’ho fàita, zòla sü zòla a portarla a far gradón… Mè! Anco l’acqua che no’ gh’éra... mé la gh’ho descovèrta… fàita spüdàr föra! Mèa è ‘sta tèra che l’éra de nisciün!” 621 “Roba de nisciün l’è üna manéra de dire che no’ exìste miga. Chi lòga, se no’ ti sa, par tüta la vale, anco fiüme, tèra, pière, tüto ól gh’ha ün padrón… e mi son quèl! Padrón anca de l’aria che ti respiri.” “Ma gh’ho domandào intorno... ‘sto monte el ciàmeno la cagàda del diavolo improprio per dir che nisciün l’ha gimài vorsüda. Nemànco vui patrón.” “Pòle darse... ün témpo… ma adèso gh’hàit repensàt. L’è mèa!” L’ha fàit ‘na rigulàda e via che ól é andàit col cavalón! Qualche ziórno aprèso, ‘l vedo in fonda el prévete, ch’ol végn abijàt tüto in nério, sudào col fasülèt che se sgrusàva fazza e còlo… e fin de luntàn mé vosàva: (in grammelot imitando il latino) “Cuntadìn, vilàn caro, in pax tòa végno a dessólvere tòa spudénzia et presonzión de penzàr che ti pòda poxedére pruoprietà de un terén. Nullo ex libero de poxexiòn en ògne palmo de tèra abe una soja pruoprietàt che lu Papa e l’Emperadór han consedùo a ‘sto mazzorénte uneco e ti fiòl meo debbi zedér en santa pax domine!” Come l’è stàit aprèso, gh’ho dàit ‘na sapàda che per poc no’ lo gh’ho inciudà, lü, insémbia al so’ àseno che ól montava! Das po’ molàndo zachignàde coi talón su le bale del ciùcio, l’andava saltelón blasfemàndo d’una manéra che mé son fàito el segno de la cróse! Do’ ziórni che végne a près ariva sü ól notaio co’ ‘na bèla mula grosa, con un gran cül… lü, ól notàro con un cülón anca lü che quando l’è desendùo dal cavàlo no’ se capiva se l’éra desendùo… ól cül de lü o quel dela müla! 622 O l’ha srotolào ‘na pergamena longa e scura piéna de ségn e segnìn, sbirolìzzighi svirgulamént e crose, e l’ha dit spüdàndo paròli ‘mé ‘na letanìa sanza fiàt: “Mèo caro amìgo, sàvio bén e té dago fiéra rasón del facto che per ól volgo l’éra sconosciüda alcuna possessión de ‘sto monte, ma dàndoghe ün’ogiàda a ‘ste carte de pergamena antìga, se descòvre ciàro che ‘sto lògo terén o l’éra posesión dal rèi che a governava ‘sto regn, Boésio prim, che gh’avéa üt ün fiöl carnàl a lo qual ghe avéa donàt tüta la tèra de qua de ‘sto fiüm; la parte de là dal fiüm la gh’avéa donàda a la badèsa del convénto che po’ l’éra la madre del so’ fiöl carnàl. Ma gh’è capitàt in ano Domine dosénto che per un gran temporàl ól fiüm l’è stravacà de föra e ól s’è dividüt mèso de un canto, mèso in tèl altro in doe corsi, lasàndo in mèso ün’isola con sovra ün monte negro. El monte de ‘sta manéra no’ l’éra de nisciün. Ma adèso che ól fiüm l’è tornàt in del so’ lèto natüràl, eco che ól monte retórna anca lü al so’ padrón natüràl… che o l’è ól nostro prénze che té la domanda. Dónca dàghelo indré!” Gh’ho dàit ‘na bòta, ‘na cagnàda sül cü de ‘sto nodàro che l’è partìo lü e la sòa müla! “De ‘ste brase ès ‘sta tèra! No che no’ la dae a nisciùo!” Solo che ün dì l’è ‘rivàto ól signor padròn coi sòi soldat. I sbiri. Nünc èrum nei campi a trabajàr co’ i fiulìt, la mia mujéra e i soldàt de lü m‘han catà, slargà le brase e m’han tegnüo de fermo. Ól padron ól s’è calàit i braghi, u l’ha ciapà la mia mujèr de mi e l’ha sbatùda par tèra ‘mé ‘na manza: ól gh’ha 623 strasciàt i sochi… slargàe le giàmbe, ól gh’è saltàt de sura, u l’ha fàita come fudèss ‘na vaca. E tüti i suldat a rideva. I fiolìt mé vardàva coi ögi sbaràt… sbiadìt. I vardàva la madre… i vardàva mi. E mi a mé muéva, mé sunt liberàt, ho catàit 'na sapa, hu vusà: “Disgrassià! Ciàpa!". “Férmo fiöl! Fermo! - m’ha criàt la mujèr de mi - No’ darghe ul pritèsto de copàrte. No’ i spécia óltro. Ti ziùsto ti pénsi de crepàr pitòsto de spatasciàr el to’ onór... ma ti no’ ti gh’ha onór. Onor ghe l’hano sojaménte chi ròba tegne, denàr, tere! Noiàltri sansa ròba no’ gh’avémo onór! Nostro onór è la tèra! Salva la tèra, tégna la tèra e spüdaghe sü ‘sto onor!” E mi ho sbandàt, ho molàt la sapa par tèra. I soldàt sghignàva de frecàso: “Bèch, cojón, sénsa dignitàd... Gh’han muntàt la fémena e lü ól sta lì inciulinàt ‘mé un lifròch!”. Ól segnór l’è montàito a cavàl e drio a lü se encaminàva i so’ sbìri. “Adèso té la pòl pur tegnìre la tòa tère. Té mé la gh’hai bén pagàda!” e rigulàva. I fiöl no’ mé vuardàva. Sémo tornào come i manzi a la casa. La mujér l’andava avanti, no’ vardava. Mi no’ vardavi. Nisciün se vardàva. Quando po’ la mia mujer le desendüda in paés per fa’ scorta de maserizie, la gént as so’ pasàg se scansàva. Nusciün che ghe diséa bòn dì, cumpàgn che no’ la vedèse nusciün. Neméno in gésa l’ha respectàveno. Ól prevéte po’, ól gh’ha tegnüd ‘na omelia su Cristo che maledìse le fornigadóre. 624 ‘Na note aprèso la mia mojér criàndo l’è partìa curéndo in sü par la muntàgna… la montava fecéndo ridàde… sbatéva i man, cantava a perdifiàt co’ paròli de svergognàda. Mata éra. “Ferma! Férmate amor! Torna indrìo col zervèlo… a mi no’ mé empòrta… sémper ól méo amor té sét par mé!” No mé dava tra. L’è desparüda. No’ la gh’ho plü gimài vedüa. I fiöl no’ diséan parole, no’ ziogàva, no’ i ridéa, no’ piagnévano. Ziórno per ziórno smagrìveno: morti! V’ün par v’ün, morti son! Soléngo sont restàit… unégo cristiàn sü ‘sta tèra brusàda… che i sodàt gh’avéano dàito fògo anco a la casa. Imbesuìt no’ savéa còssa che fare. ‘Na sera ho catàt un tòco de corda, l’ho lanzàda su ‘na trave, l’ünega restàda sana tra i müri fumigàt… hu fàito un grópo, mel son sistemàt intorno al còlo e ho dit: “Deo che anco in de l’oscüro de la note té varde i omeni ‘traverso i mila svarlüsci de le stèle, par qual ziògo malerbèto, Segnor tü ti mé déàito ‘sto dón carigàndome de sperànsa… per póe, aprèso, stravacàrme in la merda de desperasiün?! Ti té dovéa mé dir che o l’éra per segnàrme col fèro ruventàd e darle testamén ciàro che chi coménsa da vilàn poarèto sémper uguàl dovéa restàr… la misma condisión, no’ farse sperànse né ‘sognménti de presonsión! Segnor té de digo che a l’è stàito gran sbefezzaménto cruèl èsto de farme provare chi-lo, in tèra ól paradiso, per despò rebutàrme cont ün spernac zó, a l’enfèrno, sinza pità! E alora té vòjo dir che ‘sta vita de 625 merda co a té mé dàio, mi té la retórno in drio! Tegne ‘sta vita!” Ól fago per slanzàrme empicàdo, u mé senti pugià ‘na manàda chi in sü’ la spala, mé volto e gh’è un ziòvin coi cavèli lónghi… strepenà… la fàcia smorta… i ögi grandi, dólzi e tristi che ól mé dise: “A podrìa avérghe un poco de bèvar che gh’ho sete?” “Ma té par el momènto de vegnìr a domandàr da bervàr a ün che a l’è drio a impicàrse? Ma dove a l’è la creànsa?” Ghe do ¨n’ugiàda… ul gh’avéa ‘na fàcia de pòver crist anca lü. Daprèso a quèlo ghe n’è alter doi desperà: vüno co’ i cavéli e la gran barba bianca e l’òltro sànsa barba… maghér e smòrti che i paréa lavàt in de la calcina… co’ la fàcia patìda. “A gh’èt altro besógn che de bèvar voiàltri! De magnàre ghe vòl! (Fa il gesto di togliersi il cappio dal collo) Bòn, ve do un po’ de magnàre e poe mé impìco!” Vago… zérco sòta un’arcón restàit in pie: fave sojaménte gh’ho trovàit e dòe sigóie. Le gh’ho còte bolìte. Gh’ho impiegnìt tre baslòtti e ghi ho dàit. I magnàva co’ ‘na golosìa de afamàt. Das poe che han magnào, quèlo zióvin de figüra svèlta e co’ i ögi grandi, soriéndo mé dise: “Gràsie de’ vostro magnàre! A ti, té végne in mente chi pòsa èser mi?” Al vardo bén: “Mé parèse che ti… squàsi… té sièt el Jesus Cristo!” “Bon! Ti gh’hai indovinào! Èsto l’è Paolo e l’óltro l’è Petro.” “(China il capo in segno di saluto) Piazére! E còssa che pòdo far anco’ per vui?” 626 “L’è basta de quèl che té ghe dàito col magnàre. Mi té cognósso a ti contadìn, mi sàe còssa té gh’ha capitàt, còssa té fàit té… la fadìga pe’ far fiorìr ‘sta muntàgna sbrofàda föra da le ciàpe dol diàvul. I balzelùn tirà sü de sanguinàrte le man e i didi, tòi e de la tòa mujèr e dei tòi fiòl… E la violénsia del segnór sü la tòa dòna ‘mé fudèsse ‘na manza da incarcà... Tüto par l’orgòio de no’ molàr ‘sta tèra! Bòn de fòrsa, coràjo… bravo òm ti gh’ha demostràt de vès! Ma l’è ziùsto che té séa fornìt cossì… a ‘sta manéra.” “(Tono risentito del contadino) Par che rasón, Cristo?! “Parchè té l’è tegnüda tüta sojaménte par ti la tèra e no’ l’hai spartìda co’ i altri vilàn, strepenàt ‘mé ti!” “Ma té dìset cus’è?! Spartìr co’i altri un fasolèto de tèra che nu’ l’éra nemànco a basta par mi e per la méa zént?!” “Piàn furbàsso, de tüta la muntàgna ti no’ té adovràt che ün fasolèto… parò un fasolèto grando! E tüta la scarpàda de là e ól fiancón de ponente? No’ podévi dir: “Vegnìt zénte… se vorsìt lavuràrlo come ho fàit mi, l’è vostro! Tristo resta l’òmo che se tégne seràdo. Vàrdate intórna: l’è vegnüt quaicün a oferìrte ‘na man… a darte conforto? Si no’ té sparànghi le tòe brasa ai óltri come ti pòl speràr che i ólter slarga i loro brasi par embrasàrte? Dime vilàn… ti té sèt andàito intorno per casali… le case de’ paión a ‘contare ai óltri desperàt la tòa storia? No? Bòn, mò di a i altri de quèlo che té pasà… dighe de ól padròn… còssa l’ha fàito, dighe del prévete col sò’ latìn… del nodàro! E po’ ‘scolta còssa té conta loro. arriva troppo di colpo!!! 627 Empàra a rigolàr! A trasbotà anca lo spavento in ridàda, empàra a roversàre i paroli sacràt de ogni léze. Rebaltàr col cül per aria quei che fa imbrigàde per ciolà vui, cojón! Sberlèfa i patroni… e fa che tüti sbròfa in gran ridàde… che rigolàndo ogni pagüra se desléngua.” “Ma mi no’ sàbie, no’ sàbie dir parole roversàde… No’ son capàze de fa che se descòvra la bosarderìa de i magióri e no’ sò farghe el controcanto de bufón… e nemànco filastròche a torción sbefàrdo che la léngua mé se intròpica deréntro i dénci, col servèlo che tégno, inciuchìdo dal sol e da la fatìga !” “Te gh’hait rasòn. Ghe vòl el meràcolo!” El màit catàt par la crapa, ul m’ha tiràt visìn a la sòa fàcia e ól m’ha dit: “Mi Jesus Cristo de ‘sto moménto té do un baso su la bóca lóngo de tòrte ól fiàt e ti senterét la tòa léngua frolàr a tirabusción e poe devegnìre como un coltèlo che pónta e tàja… smuovendo parole e sfrasegàr, conciaménti ciàri como un evanzélo. E poe va in la piàsa ! Ziulàre ól sarài! Ziulàre e ól faràit a i óltri sotometüi gran rigolàr! Rigolàr col sbüsà de coltèla in ‘sto visigón de potestà. Ól padrón sbragarà, i préveti tremberà e soldait e nodari…” E cossì ól m’ha catàit la testa, m’ha portàit i labri sòi dólzi ai mèi et m’ha basàdo. Mé arivàt un tremor caldo süi lavri… la léngua l’ha mé gh’ha coménzàt a trilurà a torcejón come ‘na bisa. Parole nòve slisigàveno rotolando nel mè servèlo. Ogni penzér mé se revoltolàva… ogni idea mé sortéva capovolzüda. “Zente! Vegnìt chi lòga!” 628 Son corüt a perdefiàt ziò in borgo, son saltà süi gradón del batistério e ho gridàt: “EHH! Zénte! El giulàr son mi co’ la léngua stapazervèli! Léngua de fògo par sbusàre pensér endorménti! Venìt! Venìt! Par sbusàre! Féve s’ciopàr da le ridàde ogni regola gnùca che gh’avìt in ‘sta crapa!” RICORDARSI DI CORREGGERE “LE MARIE” COME L’ho fatto a Lugano 629 Le MARIE-LOMBARDO MARIA VIENE A CONOSCERE DELLA CONDANNA IMPOSTA AL FIGLIO Il testo più antico, è senz’altro quello che ora vi proponiamo in volgare composito padano. Ritroverete espressioni provenienti dal dialetto lombardo usato da Bescapè e Bonvesin de la Riva, cossì come del giullare anonimo autore del “Lamento della sposa padrona”. Il brano può essere agito con la partecipazione di attori diversi che interpretano i vari ruoli. Nel nostro caso abbiamo preferito seguire la tradizione dei fabulatori medioevali che da soli riuscivano a interpretare tutti i ruoli. Franca si accollerà questo difficile compito recitando in una forma dialettale che raccoglie idiomi arcaici diversi, del Medioevo padano. Maria in compagnia di Zoàna: per strada incontra ‘Melia. ‘MELIA Bòn dì Maria.. bòn dì Zoàna. MARIA Bòn dì ‘Melia, sit ’dré andar a far spesa? ‘MELIA No, agh l’ho de già fàita ‘sta matìna... av gh’ho de dive ‘na roba, Zoàna. ZOANA Disìme. Cunt parmès, Maria... Si appartano e parlano concitate. 630 MARIA In dóe la va tüta ‘sta zénte? Cosa l’è ’dré a sücéd là in funda? ZOANA Ól sarà quài sponsalìzi de següro... ‘MELIA Sì, a l’è ón sponsalìzi... végni de là impròprio adés. MARIA Oh ’ndèm a védar, Zoàna, che a mé piàsen tanto i sponsalìzi, a mi. A l’è zóvina la sposa? E ól sposo chi a l’è? ZOANA No’ sagh mi... a credi col débia vès un de foera... ‘MELIA ’Dèm, Maria, no’ stit a pèrd ól tempo co’ i matrimoni... ’ndémo a ca’ che gh’avèm anc’mò de mèterghe l’acqua al fògo per la menèstra. MARIA Specìt… ’scultì… a i è ’dré a biastemà! ZOANA Oh i biastemerà par ’legrìa e contentèsa! MARIA No, che mé soméja col fàgan con ràbia: “stregonàso”, gh’han criàd... sì gh’ho intendìo bén... ’scultì co’ i va a repèt… Contra a chi e gh’l’han? ZOANA Oh, ’dès che mé ’égn in mente... no’ l’è per un sponsalìzio che i vüsa, ma contra a vün che l’han descovèrto ‘sta note che ól balàva con un cavrón… che pö a l’éra ón diàvulo. MARIA Ah, par quèl agh dìsen: stregonàso? ZOANA Sì, par quèl... ma no’ fémo tardi, Maria... ’ndèm a casa che no’ le son robe da védar quèle, che agh pöd sücédegh de catàrse ól malògio. MARIA A gh’è una cróse che la sponta de sora e teste de la zénte!… E altre dòe cróse che spunta adèso! ZOANA Sì, ‘st’altre a son de dòe ladroni... MARIA Pòvra zénte... i vano a ’ncrosàre tüti e trie... Chi sa la mama de lori! E magàra lée, pòra dòna, no’ lo sa gnanca che i è ‘dré a masàrghe ól so fiòl de lée. 631 Sopraggiunge correndo la Maddalena. MADDALENA Maria! Oh Maria... ól vostro fiòl Jesus... ZOANA (la blocca) Sì, ma sì, ól gh’sa de già le... (A parte) State cito... ’sgrasiàda. MARIA Cos’ l’è che so de già mi?... ’s l’è capitàt al mé fiòl? ZOANA Nagòta... cos’agh dovarìa èserghe capitàt, o santa dòna? A gh’è dumà che... Ah, nol tl’avea dit? Ohj, che ’smentegàda che sont... m’era ‘gnid via d’la testa de ’visàrte che lü, ól to’ fiòl, m’avéa dit che no’ ól vegnarà a casa a magnàr a mezdì, che ól gh’ha de ’ndare sü la montagna a cuntàr paràbule. MARIA (a Maddalena) A l’è quèst che sèt ‘gnüda a dirme anc’ti? MADDALENA Sì, quèst, Madona… MARIA Oh, ól sia rengraziàd ól Segnóre... ti eri rivàda tanto de corsa... cara fiòla... che mi m’évi catàt un stremìzi de quèi... mé s’évi già figüràt no’ so miga quale desgràzia... Come sémo stüpide de volte noàltre mame! Agh fémo preoccupàde par nagòta! ZOANA Sì, ma anco lée, ‘sta balénga, che la ’riva coréndo ’scalmanàda par ’gnì a darte ól nunzi de ‘ste bagatèle... MARIA Bòna, Zoàna... no’ stàrghe a criàr adèso... a l’infìne l’è ‘gniüda par farme un plazér d’una comissión... (A Maddalena) At rengràzi, fiòla... Come ad ciamàt ti, che am pare de cognósarte? MADDALENA (con umiltà e imbarazzo) Mi… sont la Madalena... 632 MARIA Madalena? La qual?… Quèla... ZOANA Sì, a l’è lée... la cortizàna! ’Ndèm via, Maria, ’ndèm a casa... co l’è mejór, che no’ ghe fémo védar con zénte compàgn... no’ l ‘sta bén! MADDALENA Ma mi no’ fago plü ól mestér. ZOANA Ól sarà parché no’ ti trovi plü smorbiósi de catàr... Va’, desvergognàda. MARIA No, no’ descasàrla pòvra fiòla... se ól mé car Jesus s’la tégne in tanta fiducia de mandàm’la a mi a fam la cumisiün, l’è sègn che adès la fa giüdizi... vera? MADDALENA Sì, a fagh giüdizi adèsso Maria. ZOANA Vagh a créderghe... La questión l’è che ól to’ fiòl de ti, a l’è tropo bono, as lasa catàre d’ la compasión e ól fréghen toeti! Ól gh’ha sempre d’intórna un mügio de poltrò’... zénte senza laóro nì arte, morti de fam… desgrasiò e putàne… compàgn a quèla! MARIA At pàrlet de catìva ti, Zoàna... lü, ól mé fiòl, ól dise sempre co l’è par lori, sovra ’gni còssa par lori, sbandai e sperdüi, che o l’è ‘gnüdo a ‘sto mundo a darghe la speranza. ZOANA D’acòrdi, ma at cumpréndi che a ‘sta manéra no’ ól fa un bel vardà... ól se fa parlar a dre’... Con tüta la zénte de bòna levàda co gh’è in cità: cavajéri e sòi dame, dotori e i siòri... che lü cont’ol so’ fare zentìle savénte e ’rudìto a s’truarìa de sübet in t’la mànega e avérghe onori… farse aidàre se ól gh’avèse besógn. No, cripante! Ól va a mèterse co’ i piogiàt vilàn! E de contra a quèi! MARIA (attenta ai rumoriche provengono dal fondo e con apprensione) Scoltì come i vosa, e i ride... ma no’ se vede e cróse! 633 ZOANA (continua il suo discorso cercando di distrarre Maria) A parte che ól podrìa farghe a mén de sparlàrghe sempre a dre’ ai prévet e a i prelàt... che quèi no’ gh’la perdonano a niùno! MARIA Èco de nòvo e tre cróse... ZOANA Quéi, un dì a gh’la faràn pagare! Agh faràn d’ol male! MARIA Fagh d’ol male al mé fiòl?! E parché, co l’è sì bòn... no’ ól fa che d’ol bén a tüti, anco a quèi che no’ ghe domanda! E tüti i ghe vòl bén! (Cambia tono: accorata) Sentìt... i son dre’ a sghignasàr de nòvo... un de quèi ól dua ès borlàd per tèra... (Torna a parlare alle donne)Tüti ghe vòl bén al mé fiòl... no’ a l’è vera? MADDALENA Sì… (timidamente) anco mi agh vòj tanto bén! ZOANA Oh, ól sconosémo tüti che ‘spiràto bén at vòj ti al so’ fiòl de la Maria! MADDALENA Mi gh’ho un amore compàgn che par ón fradèl par lü!… Adèso... ZOANA Adèso... parché prima donca...? MARIA Zoàna, daghe un tàjo infìna, de intormentàrla ‘sta fiòla! Cos’l’ha t’ha fàit... No’ ti vedi co l’è smortificàda... (Ascolta le grida che arrivano sino a lei) Com l’è che cria tanto... (Torna alle amiche) E anco ól füdèse che lée, ‘sta zóina, la aga a tegnér un amor par lü de quèi che e done de normale a gh’han par i òmeni che ghe piàse... bòn? No’ a l’è òmo sforse ól m’è fiòl, oltra che vès Deo? De òmo ól gh’ha i ògi, le man, i pie... e tüto de omo... finànco i dulóri e l’alegrèsa! 634 Donca agh tocherà a lü, al mé fiòl, a decìd... co ól savrà bén lü se fa quando ‘gnirà ól so’ mumént, se ól vorerà tórsela ‘na sposa. Par mi, quèla che lü ól scernerà, mi agh vurarò bén ‘mé füdes la mia fiòla... E agh speri tanto ca végna prest quèl dì... che ormai ól gh’ha compìt trentatrì ani... e l’è ora che ól mèta sü famégia... (Cambia tono) Oh che brüt crià che fan là in funda... e com l’è nera ‘sta cróze! (Torna alle donne) Tanto mé plazerìa avérghe per casa di bambìn so’ de lü, de far ziogàre, ninàr... che mi ne so tante canzoni de cuna... e darghe i vizi... e contàrghe fàbole, de quèle bèle fàbole che i finìse sempre bén... e in zocondìa! ZOANA Sì, ma adèso basta de starte a insognàre, Maria... andémo che da ‘sta banda, no’ magnémo plü nemànco a sira... MARIA No’ gh’ho fame a mi... no’ ghe descòvro la resón... ma m’è ‘gnit a dòso un stréncio de stòmego... Bisogna improprio che vaghi a védar cos’ l’è ca va a capitàr là in funda. ZOANA No, che no’ té vaghi!... che a sont robe quèle co e fano intrestìzia e at menaràn un s’ciopamagón par tüto ól ziórno. Ól to’ fiòl no’ ól sarà contento... Pòle ès che in stu momento ól sébia già in la casa e che a té spècia... che ól gh’ha fame. MARIA Ma se ól m’ha mandà a dire che no’ l vegnarà! ZOANA Ól pò avérghe üt ón respensamént. At sèt com’è fati i fiòli: quando té i spèci a casa no’ i torna... e i retórna quando no’ i spèci miga! E bisogna vès sempre a pronta cont ól magnàr al fògo. 635 MARIA Sì, ti gh’ha resón... andémo... At vóret ’gnì anco ti Madalena a magnàrne una scudèla? MADDALENA Bòn voluntéra… se no’ v’ dagh infesciamént... Sul fondo passa la Veronica. MARIA Cos’ l’è capitàt a quèla dòna... co la gh’ha un mantìn tüto insenguinàt? (Alzando la voce) Ohj bòna dòna... av sèt fada male? VERONICA No, miga mi... ma un de quèi cundanàt che gh’han metüo de sóto a la cróse, lo quèlo co a ghe crìeno stregonàso... e che no’ l’è stregón, ma santo!... Santo de següro, che ól se capìsse da i ögi dólzi ch’ol téne. A gh’ho sugàd la fàcia insanguagnénta... MARIA Oh dòna pitosa... VERONICA ... con ‘sto mantìn e gli’ n’è sortìt ón miracolo... ól m’ha lasàd l’emprùnta d’la sòa figüra, che ól pare un ritràt. MARIA (senza respiro, quasi presagisse la tragedia che si sta consumando) Fam’lo védar. ZOANA (angosciata, cerca di trattenerla) No’ vès curiosa, Maria, che n’ol ‘sta bén! MARIA No’ sont curiosa... a senti ch’ol devi vedèl. VERONICA D’acòrdi, at lo fago védar… ma in prima ségnat con t’ol sègn de la cróse... Èco, remìra: a l’è ól fiòl de Deo! MARIA (con un filo di voce) Ól mé fiòl... ah... a l’è mé fiòl de mi! (Cade a terra svenuta). 636 ZOANA Co t’è fàit... benedèta dòna! VERONICA Ma mi no’ credevi ch’a füs la sua mama... de quèl! 637 MARIA ALLA CROCE Traduzione DONNA (entra correndo e si rivolge alle altre donne che stanno ai piedi della croce) Andate a fermarla... ‘sta arrivando la sua mamma di lui, la beata Maria, non fateglielo guardare crocefisso com’è che pare un capretto scorticato, che cola sangue a fontanella dappertutto come una montagna di neve in primavera… per via di ‘sti gran chiodi che gli hanno piantato nella carne dolorosa delle mani e dei piedi, frammezzo le ossa forate! CORO Non fateglielo guardare! Entra correndo un’altra donna ALTRA DONNA Sta arrivando! Non si vuole fermare... viene correndo disperata sul sentiero che in quattro non la possano tenere (trattenere)... ALTRA DONNA Se in quattro non la tenete (trattenete), provate in cinque... in sei... Lei non può arrivare sin qui, non può guardare ‘sto figlio suo attorcigliato come una radice di olivo mangiata dalle formiche! ALTRA DONNA Nascondetegli, copritegli almeno la faccia al figlio di Deo, che sua madre non possa riconoscerlo... le diremo che il crocifisso è un altro, un forestiero... che non è il figlio suo! PRIMA DONNA Io credo che puranche lo coprissimo tutto con un lenzuolo bianco, il figlio di Dio, la sua mamma lo riconoscerà lo stesso... basta che dal lenzuolo gli spunti il 638 dito d’un piede... un ricciolo dei capelli, perché glieli ha fatti lei, la sua mamma, quelli. ALTRA DONNA (entra in scena con il fiato in gola) Arriva... arriva… è qui la beata Maria... Le darebbe meno dolore ammazzarla di coltello... piuttosto che lasciarle vedere il figlio! ALTRA DONNA Datemi un sasso da tramortirla d’un botto, così che si rovesci a terra, e non le riesca di guardare! Entra Maria. Il suo sguardo corre immediatamente al figlio in croce. Schiantata dal dolore, ammutolita lo guarda in silenzio. Il gruppo delle donne si scosta al suo passaggio spostandosi poi sul lato destro del proscenio DONNA State quieti, fatevi in là... Oh povera donna che la chiamate beata... e come può essere beata con ‘sta decorazione di quattro chiodi che gli hanno conficcato nella carne dolorosa a ribattuti, che così non si farebbe a una lucertola velenosa o a un pipistrello! ALTRA DONNA State quieti... trattenete il fiato che adesso ‘sta donna la sentirete gridare a tutta voce, come se l’avesse squartata il dolore... stravolta... dolore di sette coltellate a spaccarle il cuore! ALTRA DONNA Sta lì ferma... non dice niente. Fate che pianga almeno un poco! Fatela gridare, che debba scoppiare ‘sto gran magone che le strozza la gola. PRIMA DONNA Ascoltate ‘sto silenzio che gran fracasso mena (porta)... e non vale coprirsi le orecchie. 639 (Avvicinandosi a Maria) Parla, parla... di qualcosa, Maria... Piangi, Maria... ohi ti prego... (Quasi urlano per scuoterla, farla uscire dal quel suo terribile silenzio) Parla, Maria! MARIA (con un fil di voce) Datemi una scala... voglio salire vicino al mio bene... (si avvicina straziata, lentamente alla croce e parla al figlio) Mio bene, oh bello smorto figlio mio... stai sicuro mio bene, che adesso arriva la tua mamma… Come ti hanno conciato ‘sti assassini, porci, macellai! Cosa vi aveva fatto, ‘sto mio tontolone, da averlo così in odio, da essere tanto canaglie con lui! Ma mi cadrete tra le mani: a uno a uno! Oh mé la pagherete... anche se dovessi venire a cercarvi in capo al monto, (urlando) animali, bestie, disgraziati! CRISTO Mamma… non stare a gridare… mamma. * MARIA * Perdonami, mio bene, ‘sto bordello che ho tratto in piedi... e queste parole da arrabbiata che ho detto… ma è stato ‘sto stretto dolore che mi strige il cuore di trovarti imbrattato di sangue… spezzato… qui su ‘ste travi, denudato... di botte pesto... bucato nelle mie belle mani così delicate... e i piedi... oh i piedi!... che gocciolano sangue, goccia a goccia... ohi, deve essere un gran male! CRISTO (parla a fatica) No mamma... non ti preoccupare... adesso, ti giuro... non sento più male... non sento più niente... Vai a casa, mamma, ti prego... vai a casa... MARIA Sì, si... andremo a casa insieme... vengo su, a tirarti giù-a staccarti da ‘ste travi... (mima di salire sulla scala appoggiata alla croce) a cavarti i chiodi piano piano... (si rivolge alle persone che le stanno intorno) Datemi una tenaglia... (È disperata) Che qualcuno mi aiuti! 640 Entra un soldato. SOLDATO Ehi donna, cosa fate lì sopra a ‘sta scala? Chi ve l’ha dato il permesso? MARIA È il figlio mio che avete inchiodato... voglio schiodarlo, portarlo a casa con mé... SOLDATO A casa? Ohi che premura! Non è ancora frollato abbastanza, santa donna... non è ancora bén stagionato! Bene... facciamo così, appena tira gli ultimi vi faccio un fischietto e venite a prenderlo bello e impacchettato, il vostro caro giovane... Contenta? Venite giù adesso. MARIA No che non discendo! Non lascerò passare qui la notte a mio figlio solo… a morirmi! E voi non potete farmi ‘sta prepotenza... che io sono la sua mamma di lui... sono la sua mamma, io! SOLDATO Bene! Cara la mia mamma di lui, adesso mé le avete gonfiate a sufficienza le palle! Faremo come quando si scrollano le mele… vuoi vedere? Darò una bella scrollata a questa scala… e verrete giù a tonfo come una bella pera matura! CRISTO (quasi rantolando) No, ti prego, soldato, che sei buono e caro! Fai a mé quello che vuoi: scrolla la croce fino a lacerarmi le carni delle mani e le ossa, ma a mia madre… ti prego, non far del male! SOLDATO Avete sentito, cara mia padrona, quante sono le ore? Cosa devo fare? Per mé è lo stesso lavoro: o scendete voi, e in fretta, da questa scala, oppure io scrollo la croce! 641 MARIA (Mima di scendere velocemente) No, no... per carità... aspettate che sono già giù... guardate sono qui sotto la scala… SOLDATO Oh, l’avete capita alla fine questa ballata, o donna benedetta! E non guardatemi con questi occhi che piangon fuoco, che io non ho colpa alcuna se il giovane si è presa questa posizione scomoda di stare con le braccia allargate… Oh che non ho pena di voi? Che non conosco io il luccicchio di lacrime sanguinanti che vi sudano giù dagli occhi? Questo è dolore di madre! Ma non ci posso far niente… che io sono comandato che vada fino all’ordine questa condanna… sono condannato a farvi morire il figlio, o altrimenti, lassù, attaccheranno mé, con gli stessi chiodi. MARIA (si cava orecchini e anello che porta al dito) Buon soldato cortese e caro… tenete… vi faccio un presente di questo anello d’oro e questi orecchini d’argento… tenete… in cambio di un piacere che mi potete concedere… SOLDATO Sarebbe ‘sto piacere? MARIA Di lasciarmi pulir il sangue a mio figlio con un po' d’acqua e uno straccio… e anche di inumidirgli le labbra spaccate dalla sete… SOLDATO Niente di più di queste sciocchezze? DONNA Vorrei anche che prendeste ‘sto scialle e andaste sopra alla scala a metterglielo intorno alle spalle sotto alle braccia, per aiutarlo un poco a stare appeso alla croce... SOLDATO Oh donna, gli volete male al vostro caro giovine dunque, se lo volete mantenere più a lungo in vita a fargli patire ‘sti tremendi dolori. Al posto vostro, farei che il Cristo muoia e subito! 642 MARIA (rendendosi conto di quanto il soldato le ha detto, quasi sussurrando) Morire...?! Dovrà veramente morire ‘sto caro mio dolce? Morte le mani... morta la bocca... gli occhi... morti i capelli? (Disperata, tra sè) Ohi, mi hanno tradita. (Chiama con voce via via più terribile, volgendo gli occhi al cielo) Gabriele, Gabriele... Gabriele... giovane di dolce figura, per primo tu, tu!, mi hai tradita! Con la tua voce da viola innamorante sei venuto a dirmi che sarei divenuta Regina io... e beata io, e gioconda io... a capo di tutte le donne! Guardami, guardami come sono a pezzi e sbertucciata... l’ultima donna al mondo mi sono scoperta! E tu... tu lo sapevi nel portarmi l’annunzio disciogliente, che mi ha fatto fiorire nel ventre questa mia creatura, che sarei arrivata a ‘sto bel trono regina!... Regina! Regina, con figlio cavaliere gentile... con due speroni fatti con due gran chiodi… piantati nella carne dei piedi! Perché non mé lo hai detto prima del segno? Oh io, stai sicuro... io non avrei mai voluto essere ingravidata... no!... mai a ‘sta condizione... anche se fosse venuto il Dio Padre nella sua persona, e non il piccione colombo, spirito beato, a maritarmi! CRISTO (parla con maggior difficoltà) Mamma... oh che il dolore ti ha fatto ammattire che bestemmi... (Agli astanti) Portatetela a casa fratelli... vi prego... portatela a casa prima che crolli riversa... UOMO Andiamo Maria, fate consolato (contento) il figliolo vostro… lasciatelo in pace. 643 MARIA No che non voglio! Perdonatemi... lasciatemi stare qui vicino a lui... non dirò più nemmeno una parola contro suo padre… contro nessuno. Lasciatemi... oh siate buoni! CRISTO (rantolando ogni volta che prende fiato) Devo morire... mamma... e faccio fatica... Devo lasciarmi andare mamma... consumare il fiato che mi mantiene in vita... ma con té... qui vicino... che ti strazii, non mi riesce mamma... e faccio grande fatica. MARIA (implorante, quasi sottovoce) Non cacciarmi via Gesù! Non cacciarmi via! (È al limite della disperazione) Voglio morire, Gesù... voglio morire... (Grida disperata agli astanti) Soffocatemi e seppellitemi in una tomba sola abbracciata a mio figlio! (Al Cristo) Voglio morire Gesù! Voglio morire... SOLDATO Sacra donna è troppo grande ‘sto dolore di madre... Facciamo così: noi soldati faremo finta di non guardare… prendete ‘sta lancia picchiategliela a tutta forza nel costato e a fondo nel gozzo... e di lì a un momento, vedrete, il Cristo va a morire. (La Madonna cade a terra svenuta) Cosa vi succede? È svenuta che non l’ho neanche toccata! UOMO Ha i malori, povera donna! DONNA Allungatela là… fate piano… e andate via d’attorno che abbia a prendere fiato! ALTRA DONNA Povera donna! MARIA (come in sogno) Chi sei lì, bel giovane, che mi pare di riconoscerti? ALTRA DONNA Ha le visioni! 644 GABRIELE Gabriele, l’angelo di Dio... sono io quello, Vergine... il nunzio del tuo solitario e delicato amore. MARIA (inizia con un fil di voce, prendendo via via tono e forza) Gabriele... Gabriele... torna ad allargare le ali, Gabriele... torna indietro al tuo bel cielo gioioso… tu non hai niente a che fare, qui… in questa schifosa terra... in questo tormentato mondo. Vattene Gabriele... che non ti si sporchino le ali colorate di gentili colori... non vedi fango e sangue e letame misto a puzzolente merda dappertutto? Vattene Gabriele... che non ti si spacchino le orecchie tanto delicate con ‘sto gridare disperato e pianti e implorare che cresce a ogni parte... Vattene Gabriele... che non ti si consumino gli occhi luminosi a rimirare piaghe e croste… bugnoni e mosche e vermi!, fuori dai morti squarciati! Non sei abituato, tu Gabriele... che nel Paradiso non ci sono né rumori, né pianti, né guerre, né prigioni, né uomini impiccati, né donne violentate! Non c’è né fame, né carestia, nessuno che sudi a stracciabracce, né bambini senza sorrisi, né madri scurite dal dolore... nessuno che peni per pagare il peccato! Vattene Gabriele! Vattene Gabriele! (Urlando) Vatteneee Gabrieeele! Musica Buio 645 MARIA ALLA CROCE ** Ritorna Maria DONNA (entra correndo e si rivolge alle altre donne che stanno ai piedi della croce) Andì a fermàla... l'è rént a 'gni la sòa mama de lü, la beata Maria, no' féghel vardà incrusàt 'mé l'è che ól pare un cavrètto inscortegà, che cola sàngui a fontanèla partütt cumpàgn 'na muntagna de nev' in primavéra per via di 'sti gran ciòdi che gh'han picàt in de la carne dulurùsa dei man e di pie, intramèsa ai òsi sfurà! CORO No' féghel vardà! Entra correndo un’altra donna PRIMA DONNA No' la se vòl fermà... a la végne coréndo desesperàda in sul sentié che in quatro no' la podémo tegnìr... SECONDA DONNA Se in quatro non la tegnì, prové in sìnque... in sie... èi no' la pòl vegnì, no' la pòl vardà 'sto fiolì intorsegà cumpàgn 'na radìs d'oliva magnàda dai furmìghi! ALTRA DONNA Quercéghe, covrìghe almànco la fàcia al fiöl de Deo, la sòa mama no' l' posa 'recugnósarlo... agh dirém che l'incrusàt l'è un óltar, un forèsto... che no' l'è ól so' fiöl de lé! PRIMA DONNA Mi a creo che purànco al querciàssimo tütto con un linzòl bianco, al fiöl de Deo, la sòa mama ól recognuserà istèsso... abàsta che ghe spónta de föra un dit d'un pìe… un rìzzul dei cavèj, imperchè la gh'l'ha fàit lée, la sòa mama, quèi. 646 QUARTA DONNA (entra in scena con il fiato in gola) La végn... la végn… l'è chì lòga la beata Maria... agh farìa mén dulúr masàla de cultèl… pitòst che lasàgh vèd ól fiöl! ALTRA DONNA Dème un sass de trasmurtìla d'un bòtt, che la sé ruèrsa per tèra, che no' la pòsa vardà! Entra Maria. Il suo sguardo corre immediatamente al figlio in croce. Schiantata dal dolore, ammutolita lo guarda in silenzio. Il gruppo delle donne si scosta al suo passaggio spostandosi poi sul lato destro del proscenio DONNA Ste quàcc, fèv in là... Oh pòvra dòna che la ciamìt beata... e cum la pòl ès beata con ‘sta decurasiún de quatro ciòdi che gh'han picàt in de la carna dolorosa a rabatúni, cumpàgn che a no' l s'farìa a 'na lusèrta venenúsa o un scurbàtt! ALTRA DONNA Sti' quàcc... mantegní ól fiàt che adèss ‘sta dòna la 'scoltarì criàre de toeta vüs, compàgn s'l'avès squartàda ól dulúr… sgrasiàda… dulúr de sètte cultelàde a spacàgh ól cör! ALTRA DONNA La està lí ferma… la dis nagòta. Fèit che la piàngia almànco un pòch! Fela criàre, ch'el s'àbia de s’ciopàr 'sto gran magóne che ghe suféga ól gòz. PRIMA DONNA 'Ntendíu, 'stu silénsi che gran frecàss ól mena… e nól vale cuerciàse i urègi. (Avvicinandosi a Maria) Parla, parla... digh quai còss, Maria... Plangi, Maria... ohi té pregi... (Quasi urlano per scuoterla, farla uscire dal quel suo terribile silenzio) Parla, Maria! 647 MARIA (con un fil di voce) Dèime 'na scala... a vòj montàrghe a rénta al mé nann... (si avvicina straziata, lentamente alla croce e parla al figlio) Nan, oh 'l mé bèlo smòrto fiöl de mi… stàit següro méo bén, che 'des la 'riva la tòa mama... Come i t'han combinàt 'sti assasìt, purscèl, becàri! Còssa ól 'véa fàito, 'sto mé tarlòch, de véghel inscí a scann de fav tanto canàja con lü! Ma am burlerí in ti mani: a vün a vun! Oh m'la pagarì… anch' duarìssi 'gniv a cercàv in capp al mund, (urlando) 'nimàl, besti, sgrasió! CRISTO Mama… no' stat a criàr… mama.* MARIA* Pardúname, ól mé nan, 'sto burdeléri c'ho tràit in pie… e ‘sti paròl de inrabìt che hu dit… ma l'è stàit 'stu strènc dulúr de truvàrte impatacàt de sangu…s’ciuncàt chì lòga sü 'ste trave, sbiutàt... de bott pestà... sbusà in de' i mé bej man si delicàt… e i pie... oh i pie!… che gòta sangu, gòta a gòta... ohi, che dua ès un gran mal! CRISTO (parla a fatica) No mama… no stàrte a casciàt… 'des, t'el giüri… no' senti pì mal... no' senti pü nagòta... Va' a ca', mama, té pregi... va a casa... MARIA Sì, sì… anderèm a ca' insèma… 'égni sü, a tiràt giò de 'ste trave... (mima si salire sulla scala appoggiata alla croce) cavàrte föra i ciòdi piano pian... (si rivolge alle persone che le stanno intorno) Dèm una tenàj... (È disperata) Ajdéme quaicun! Entra un soldato. SOLDATO Ehi dòna, cosa té fàit lì lòga de soravìa a ‘sta scala? Chi v'l'ha dàito ól permèso? 648 MARIA A l'è ól mé fiöl de mi ch'avìt incrusàd... al vòj s’ciodàl, purtàl a ca' cun mi... SOLDATO A ca'? Ohj che premüra! No' l'è ancmò fròll asè, santa dòna… no' l'è ancmò bén stagionàt! Bòj… 'pena che ól tira i ültem, av fò fistcèto e venì a tòl bèlo che impachetà, ól vòs car zóvin... Cuntenta? 'Gni giò 'dès. MARIA No che no' deséndo! No' lasarò pasà chi lòga la nòce al mé fiöl suléngo... a murìrme! E vui no' podì miga fam ‘sta preputénsa… che mi a sòn a sua mama de lü… a sòn la sua mama, mi! SOLDATO Bòn! Cara la mia mama de lü, adès mé t'l'hàit sgionfàde a sufficìt i bali! Agh farèm com quando se scròda i pómi… vòj védar? Agh darò ‘na bèla scrulàda a ‘sta scala… e ‘vegnirì giò da la scala, de stónfate ‘mé un bèl peròt marügo! CRISTO (quasi rantolando) No, oh té prégi, soldàt, che ti è bòn e caro! Fame a mi quèl che ti vòl: scòrla la cròse de mé scarpàrme i carni e le man e i òsi, ma a la mia mama... té prégi, no’ farghe mal! SOLDATO Hàit sentìt, la mia patróna, quant inn i uri? As gh’ho de fà? Per mi l’è ól stèss laüri: o s’iabatì vui, e de prèscia, de ‘sta scala, o mi scòrli la cruse! MARIA (Mima di scendere velocemente) No, no... per carità... pecì che son già giò... vardì son chì abàs la scala. SOLDATO Oh, l’intendìu al tèrmin ‘sta balàda, o dòna benedètta! E no’ vardì a mi cun sti ögi a brüsatàm, che mi no’ ghe n’ho colpa niùna se ól zóvin ól s’è catàt ‘sta posisión iscòmuda de stagh coi brasc slargàdi... Ohj che no’ gh’ho péna de vui? Che no’ cognósi mi, l’isbarluscià di làgreme 649 sanguagnénti ch’av süda giò di ögi? Sa l’ha èstu ón dulùr de madri! Ma agh pòdi fagh nagòt... che mi sónt comandàt che vaga fina a l’órden ‘sta cundàna… sónt condanàt a fav murì ól fiòll, o bén, de cuntra, lì lòga, mé picheràn sü mi co’ i stèss só’ ciòdi. MARIA (si cava orecchini e anello che porta al dito) Oh bòn suldàt curtés e caro… tegnì… av fò un presénti de ‘st'anèl d’ori e de 'sti uregìti d'argénto... tegnì…in cambio de un plegìr ch’am podìt cuncèd… SOLDATO Ól sarìa 'stu plagér? MARIA De lasàm netàgh via ól sangu, al mé fiòl… cont un pòch d’aqua e un stràsc… e de dàghen un pòch de ‘nbiassegàrse i lavri s’cepàd de la sét... SOLDATO Nagòt de plü de ‘sti cialàdi? MARIA Vurarìa ancmò che catì 'stu sciàle e andìt de suravìa a la scala a mètighel intùrna a i spale de sóta a i brasc, de aidàl un pòch a ‘sta' tacàt a la cruse... SOLDATO O dòna, agh vursìt mal de cuntra al vòst car zóvin dònca, s'ól vursìt guarnàl pi' a lònga in vita a fal sgranì di 'sti treméndi dulùri. Al post vui, farìa col Cristo ól mœra e sübet! MARIA (rendendosi conto di quanto il soldato le ha detto, quasi sussurrando) Murì…?! Ól duvrà giüsta 'gnì morto 'sto car mé d´ólze? Morte le man… morta la bóca... i ögi... morti i cavèj? (Disperata, tra sè) Ohj, che m'han tradìtta. (Chiama con voce via via più terribile, volgendo gli occhi al cielo) Gabrièl, Gabrièl... Gabrièl… zóvin de dulza figüra, p'ól prim ti, ti!, m'hàit tradìt de mmalorgnón! Con la tóa vóse de viola inamorósa té sèt 650 'gnù a dime che sarìa 'gnüda Rejna mi... e beata mi, e jucùnda mi... cap de tœti i doni! Vàrdum, vàrdeme 'mé sont a tochi e sberlüsciàda… l'ùltema dòna al mundo mé sónt discovèrta! E ti... ti ól savévi in del purtàrme ól nünzi deslinguént, de fam fiurì in t'el véntar ól fiolìn, col sarès 'gnüda a 'sto bèl trono rejna!… Rejna! Rejna, col fiöl cavajér zentìle… con dòj speróni fàit con dòj gran ciòdi impiantàt in de la carne dei pie! Parchè no' té l m'h'hàit dit avànte ól ségn? Oh mi, té ‘sta' següro… mi no' gh'avarìa gimài vorsüdo vès pregnìda… no!… gimài a ‘sta cundisiün... teut-anch füèss 'gniüdo el Deo Patre in t'la persona, e no' el piviùn colombo, so' spirito beàt, a maridàrme. CRISTO (parla con maggior difficoltà) Mama… oh che ól dulùr ól t'hàit trat föra mata che ti biastémi... (Agli astanti) Menìla a ca' fradèli… ve prégi… menéla a casa prima che la abia a rabatàrse là ruèrsa e strepenàda… UOMO ‘ndém Maria, fèt consulàt ól fiòl de vüj… lasél in pase. MARIA No che no' vòj! Perdonéme... laséme istà chì lòga arénta de lü… che no' dirò pü ‘nanca 'na parola incóntra de so' patre... incóntra de njùno. Laséme... oh fèite bòn! CRISTO (rantolando ogni volta che prende fiato) Hoi de murì… mama... e fagh fadìga... Hoi de lasàrme andàre mama… sconsumàre ól fiàt che mé mantégne en vida… ma con ti… chì lòga a près… ch'at stràzii, no' so’ capàze mama... e fo' plü grande fadìga. MARIA (implorante, quasi sottovoce) No' casàrme via Jesus! No' casàrme via! (È al limite della disperazione) Vòj 651 murì, Jesus… vòj murì… (Grida disperata agli astanti) Sufeghéme e sepeléme in üna tomba sola embrassàda al mé fiòl! (Al Cristo) Vòj murì Jesus! Vòj murì... SOLDATO Sacra dòna l’è tròpo grando ‘sto dolór de matre... Fémo inscì: nunch suldàt a farém mostra de miga stagh co’ i ögi… caté ‘sta lanza pichéghela a tüt picà de punta in del custàt e a fund in dól gòzz… e de lì a un mumént, vedrìt, ól Crist ól va a murìr. (La Madonna cade a terra svenuta) Os' ve pasa? O s'lè svegnüda che no' l'ho gnanch tucàda!? UOMO La gh’ha i malori! DONNA Slonghéla lilé… fàite piàn… e ‘ndé via d’intórna che la gh’abia a respirà. ALTRA DONNA Pòvra dòna! MARIA (come in sogno) Chi sèt liló, bèl zóvin, ch'am par aricugnùset? ALTRA DONNA La gh'ha i visióni! GABRIELE Gabrièl, l'àngiol de Deo… són mi quèlo, Vérzen… ól nùnzi d'ól to’' soléngo e delicàt amore. MARIA (inizia con un fil di voce, prendendo via via tono e forza) Gabrièl… Gabrièl… torna a slargàt i ali, Gabrièl… tórna indré al to’' bèl ziél zojóso... no' ti gh'ha niénte a che far chì lòga… in ‘sta sgarósa tèra… in 'stu turménto mundo. Vaj Gabrièl … che no' té sé sburdéga i ali de plüme culuràde 'e zentìl culüri... no' ti védi fango e sangu e buàgna, mèsta a la spüsénta d'partüto? Vaj… che no' té ne sbréghi i orègi tant delicàt co' 'sto criàr desasperàto e plàngi e ploràr che crésse in òmnia parte... 652 Vaj Gabrièl … che ne té se sconsüma i ögi luminósi a remeràr piàghe e croste... bugnóni e mosche e vèrmeni!, föra dai morti squarciàdi! Ti no' t'è abitüàt, Gabrièl… che in d'ól Paradìso no' gh'hai ni rumór, nì plàngi, né guère, nì presón, nì òmeni impicàdi, nì done violàde! No' ghè nì fam, nì carestia, njùno che süda a stracabràsci, nì fiolìn sénsa surìsi, nì madri smarìde e scuràde dal dulùr… njùn che péna per pagà ól pecàt! Vaj Gabrièl! Vaj Gabriel! (Urlando) Vajjjj Gabrièèèèl! Musica Buio 653 si può fare a meno de inserirlo NELLA prima VERSIONE EINAUDI il brano chiudeva con queste altre battute gabriele Dòna induluràda... che fin ’n’d’ól vénter t’ha scarpàda ól patimént, oh, mi ól cognósi ciàro ‘sto turmént che t’hàit catàt mirànd ól Segnor zóvin Deo inciudàt... in ‘sto mumént ’égni a cognüsel anc mi, de parimént. maria Ól cognóset de parimént... de parimént a mi? Ah l’hàit ü ti, Gabriél, in dól venter grosì, al mé fiòl? At n’è sgagniàt ti i lavri par no’ criàr di dulüri ’nd’ol parturìl? At l’hàit nutregàt ti? Dàit de tèta ól latt, ti, Gabriél? Hàit soffregà ti, quand l’è stàit malàd con la féver, i macc de la rosolia e i nòti in pie a ninàl c’ol piagnéva pèi prém dénci? No Gabriél… si no’ hàit scuntàt ‘ste bagatèle, no’ pòdet parlà d’avegh ól mé stèso dolùr in ‘sto mumént. gabriele At gh’hàit resón, Maria... perdóname ‘sta presonzión che m’l’ha gh’ha detàt ól strapacòre che gh’ho in de dentro, che m’ figüràva vès in punta o òmnia patimént. Ma mi égni recurdàt che ól sarà pròpi ‘sta tua canzon plangìda sanza vóse… ’sto lamento intonàt sanza singülti… ‘sto sacrifìzi to’ e del caro fiòl de ti, c’ol farà squarciàrse ól cièl… che pòda i òmeni reversàrse par la préma volta in paradìs! traduzione gabriele Donna addolorata... che perfino nel ventre t’ha strappato il patimento, oh, io lo conosco chiaramente questo tormento che ti ha preso guardando il Signore giovane Dio 654 inchiodato... In questo momento vengo a conoscerlo anch’io (al) pari di té. maria Lo conosci al pari mio, pari a mé? L’hai avuto tu, Gabriele, nel ventre ingrossato - che cresceva giorno dopo giorno - che si ingrossava giorno dopo giorno, il mio figlio? Ti sei morso le labbra per non gridare di dolore nel partorirlo? L’hai nutrito, tu? Dato il latte dalla mammella tu, Gabriele? Hai sofferto tu, quando è stato ammalato con la febbre, le macchie della rosolia e le notti in piedi a ninnarlo che (quando) piangeva per i primi denti? No, Gabriele… se non hai provato queste bagatelle, non puoi parlare d’avere il mio stesso dolore in questo momento. gabriele Hai ragione, Maria... perdonami questa presunzione che mé l’ha dettata lo strappacuore che ho dentro (tanto) che mi figuravo di essere in cima ad ogni patimento. Ma io vengo a ricordarti che sarà proprio questa tua canzone, pianta senza voce, questo lamento intonato senza singhiozzi, questo sacrificio tuo e del caro figlio tuo che farà squarciare il cielo, affinché possano gli uomini riversarsi per la prima volta in paradiso! 655 MARIA ALLA CROCE DONNA Andì a fermàla... l'è rént a 'gni la sòa mama de lü, la beata Maria, no' féghel vardà incrusàt 'mé l'è che ól pare un cavrètto inscortegà che cola sàngui a fontanèla partütt cumpàgn 'na muntagna de nev' in primavéra per via di 'sti gran ciòdi che gh'han picàt in de la carne dulurùsa dei man e di pie, intramèsa ai òsi sfurà... CORO No' féghel vardà! PRIMA DONNA No' la se vòl fermà... a la végne coréndo desesperàda in sul sentié che in quatro no' la podémo tegnìr... SECONDA DONNA Se in quatro non la tegnì, prové in sìnque... in sie... èi no' la pòl vegnì, no' la pòl vardà 'sto fiolì intorsegà cumpàgn 'na radìs d'oliva magnàda dai furmìghi. TERZA DONNA Quercéghe, covrìghe almànco la fàcia al fiöl de Deo, la sòa mama no' l' posa 'recugnósarlo... agh dirém che l'incrusàt l'è un óltar, un forèsto... che no' l'è ól so' fiöl de lé! PRIMA DONNA Mi a creo che purànco al querciàssimo tütto con un linzòl bianco, al fiöl de Deo, la sòa mama ól recognuserà istèsso... abàsta che ghe spónta de föra un dit d'un pìe… un rìzzul dei cavèj, imperchè la gh'l'ha fàit lée, la sòa mama, quèi. QUARTA DONNA (entra in scena correndo) La végn... la végn… l'è chì lòga la beata Maria... agh farìa mén dulúr masàla de cultèl… pitòst che lasàgh vèd ól fiöl! Dème un sass de trasmurtìla d'un bòtt, che la sé ruèrsa per tèra, che no' la pòsa vardà! 656 Entra Maria: il gruppo delle donne si sposta, Maria la si immagina a sinistra PRIMA DONNA Ste quàcc, fèv in là... Oh pòvra dòna che la ciamìt beata... e cum la pòl ès beata con ‘sta decurasiún de quatro ciòdi che gh'han picàt in de la carna dolorosa a rabatúni, cumpàgn che a no' l s'farìa a 'na lusèrta venenúsa o un scurbàtt! SECONDA DONNA Sti' quàcc... mantegní ól fiàt che adèss ‘sta dòna la 'scoltarì criàre de toeta vüs, compàgn s'l'avès squartàda ól dulúr… sgrasiàda… dulúr de sètte cultelàde a spacàgh ól cör. TERZA DONNA La està lí ferma… la dis nagòta. Fèit che la piàngia almànco un pòch! Fela criàre, ch'el s'àbia de s’ciopàr 'sto gran magóne che ghe suféga ól gòz. SECONDA DONNA 'Ntendíu, 'stu silénsi che gran frecàss ól mena… e nól vale cuerciàse i urègi. (Rivolgendosi al luogo deputato dove potrebbe trovarsi Maria) Parla, parla... digh quai còss, Maria... Plangi, Maria... ohi té pregi... Parla, Maria! (Quasi urlano) MARIA (con un fil di voce) Dèime 'na scala... a vòj montàrghe a rénta al mé nann... (si avvicina alla croce e parla al figlio straziata, ma cercando di sorridere) Nan, oh 'l mé bèlo smòrto fiöl de mi… stàit següro, méo bén, che 'des la 'riva la tòa mama. Come i t'han combinàt 'sti assasìt, purscèl, becàri. Còssa ól 'véa fàito, 'sto mé tarlòch, de véghel inscí a scann de fav tanto canàja con lü... Ma am burlerí in ti mani: a vün a vun! 657 Oh m'la pagarì… anch' duarìssi 'gniv a cercàv in capp al mund, (urlando) 'nimàl, besti, sgrasió! CRISTO (volta le spalle al pubblico, allarga le braccia ed interpreta Cristo. Con voce sommessa e, respirando a fatica, dice) Mama… no' stat a criàr… mama. MARIA (Ritorna Maria) Pardúname, ól mé nan, 'sto burdeléri c'ho tràit in pie… ‘ti paròl de inrabit che hu dit… ma l'è stàit 'stu strènc dulúr de truvàrte impatacàt de sangu…s’ciuncàt chì lòga sü 'ste trave, sbiutàt... de bott pestà... sbusà in de' i mé bej man si delicàt… e i pie... oh i pie!… che gòta sangu, gòta a gòta... ohi, che dua ès un gran mal! CRISTO (come sopra) No mama… no stàrte a casciàt… 'des, t'el giüri… no' senti pì mal... no' senti pü nagòta... Va' a ca' mama, té pregi... va a casa... MARIA Sì, sì… anderèm a ca' insèma… 'égni sü, a tiràt giò de 'ste trave... (mima si salire sulla scala) cavàrte föra i ciòdi piano pian... (si rivolge alle persone che stanno intorno alla croce) Dèm una tenàj... (è disperata) Ajdéme quaicun! Entra un soldato. SOLDATO Ehi dòna, cosa té fàit lì lòga de soravìa a ‘sta scala? Chi v'l'ha dàito ól permèso? MARIA A l'è ól mé fiöl de mi ch'avìt incrusàd... al vòj s’ciodàl, purtàl a ca' cun mi... SOLDATO A ca'? Ohj che premüra! No' l'è ancmò fròll asè, santa dòna… no' l'è ancmò bén stagionàt! Bòj… 'pena che ól 658 tira i ültem, av fò fistcèto e venì a tòl bèlo che impachetà, ól vòs car zóvin... Cuntenta? 'Gni giò 'dès. MARIA No che no' deséndo! No' lasarò pasà chi lòga la nòce al mé fiöl suléngo a murìrme! E vui no' podì miga fam ‘sta preputénsa… che mi a sòn a sua mama de lü… a sòn la sua mama, mi! SOLDATO Bòn! Cara la mia mama de lü… e adès mé t'l'hàit sgionfàde a sufficìt i bali! Agh farèm com quando se scròda i pómi… vòj védar? Agh darò ‘na bèla scrulàda a ‘sta scala… e ‘vegnirì giò da la scala, de stónfate ‘mé un bèl peròt marügo! CRISTO No, oh té prégi, soldàt, che ti è bòn e caro! Fame a mi quèl che ti vòl: scòrla la cròse de mé scarpàrme i carni e le man e i òsi, ma a la mia mama... té prégi, no’ farghe mal! SOLDATO Hàit sentìt, la mia patróna, quant inn i uri? As gh’ho de fà? Per mi l’è ól stèss laüri: o s’iabatì vui, e de prèscia, de ‘sta scala, o mi scòrli la cruse... MARIA (Mima di scendere velocemente) No, no... per carità... pecì che son già giò... vardì son chì abàs la scala. SOLDATO Oh, l’intendìu al tèrmin ‘sta balàda, o dòna benedètta! E no’ vardì a mi, cun sti ögi a brüsatàm, che mi no’ ghe n’ho colpa niùna se ól zóvin ól s’è catàt ‘sta posisión iscòmuda de stagh coi brasc slargàdi... ohj che no’ gh’ho péna de vui? Che no’ cognósi mi, l’isbarluscià di làgreme sanguagnénti ch’av süda giò di ögi? Sa l’ha èstu ón dulùr de madri! Ma agh pòdi fagh nagòt... che mi sónt comandàt che vaga fina a l’órden ‘sta cundàna… sónt condanàt a fav murì ól fiòll, o bén, de cuntra, lì lòga, mé picheràn sü mi co’ i stèss só’ ciòdi. 659 MARIA Oh bòn suldàt curtés e caro… tegnì… av fò un presénti de ‘st'anèl d’ori e de 'sti uregìti d'argénto... tegnì…in cambio de un plegìr ch’am podìt cuncèd… SOLDATO Ól sarìa 'stu plagér? MARIA De lasàm netàgh via ól sangu, al mé fiòl… cont un pòch d’aqua e un stràsc… de dàghen un pòch de ‘nbiassegàrse i lavri s’cepàd de la sét. SOLDATO Nagòt de plü de ‘sti cialàdi? MARIA Vurarìa ancmò che catì 'stu sciàle, andìt de suravìa a la scala a mètighel intùrna a i spale de sóta a i brasc, de aidàl un pòch… a ‘sta' tacàt a la cruse... SOLDATO O dòna, agh vursìt mal de cuntra al vòst car zóvin dònca, s'ól vursìt guarnàl pi' a lònga in vita a fal sgranì di 'sti treméndi dulùri. Al post vui, farìa col Cristo ól mœra e sübet! MARIA (quasi sussurrando) Murì…?! Ól duvrà giüsta 'gnì morto 'sto car mé d´ólze? Morte le man… morta la bóca... i ögi... morti i cavèj? (Disperata, tra sè) Ohj, che m'han tradìtta. (Chiama con voce via via più terribile) Gabrièl, Gabrièl... Gabrièl… zóvin de dulza figüra, p'ól prim ti, ti!… m'hàit tradìt de mmalorgnón! Con la tóa vóse de viola inamorósa té sèt 'gnù a dime che sarìa 'gnüda Rejna mi... e beata mi, e jucùnda mi... cap de tœti i doni! Vàrdum, vàrdeme 'mé sont a tochi e sberlüsciàda… l'ùltema dòna al mundo mé sónt discovèrta! E ti... ti ól savévi in del purtàrme ól nünzi deslinguént de fam fiurì in t'el véntar ól fiolìn, col sarès 'gnüda a 'sto bèl trono rejna!… Rejna! Rejna, col fiöl cavajér zentìle… con dòj speróni fàit con dòj gran ciòdi impiantàt in de la carne dei pie! 660 Parchè no' té l m'h'hàit dit avànte ól ségn? Oh mi, té ‘sta' següro… mi no' gh'avarìa gimài vorsüdo vès pregnìda… no!… gimài a ‘sta cundisiün... teut-anch füèss 'gniüdo el Deo Patre in t'la persona, e no' el piviùn colombo, so' spirito beàt a maridàrme. CRISTO Mama… o che ól dulùr ól t'hàit trat föra mata che ti biastémi... (agli astanti) Menìla a ca' fradèli… ve prégi… menéla a casa prima che la abia a rabatàrse là ruèrsa e strepenàda… UOMO ‘ndém Maria… fèt consulàt ól fiòl de vüj… lasél in pase. MARIA No che no' vòj! Perdonéme... laséme istà chì lòga arénta de lü… che no' dirò pü ‘nanca 'na parola incóntra de so' patre, incóntra de njùno. Laséme... oh fèite bòn! CRISTO (parlando a fatica, quasi rantolando) Hoi de murì… mama... e fagh fadìga... Hoi de lasàrme andàre, mama… sconsumàre ól fiàt che mé mantégne en vida… ma con ti… chì lòga a près… ch'at stràzii, no' so’ capàze mama... e fo' plü grande fadìga. MARIA No' casàrme via Jesus! No' casàrme via! (È al limite della disperazione) Vòj murì, Jesus… vòj murì… (Grida straziata) Sufeghéme e sepeléme in üna tomba sola embrassàda al mé fiòl! (Al Cristo) Vòj murì Jesus! Vòj murì... SOLDATO Sacra dòna l’è tròpo grando ‘sto dolór de matre... Fémo inscì: nunch suldàt a farém mostra de miga stagh co’ i ögi… caté ‘sta lanza pichéghela a tüt picà de punta in del custàt e a fund in dól gòzz… e de lì a un mumént, vedrìt, ól Crist ól va a murìr. (La Madonna cade a 661 terra svenuta) Os' ve pasa? O s'lè svegnüda che no' l'ho gnanch tucàda!? UOMO La gh’ha i malori! PRIMA DONNA Slonghéla lilé… fàite piàn… e ‘ndé via d’intórna che la gh’abia a respirà. SECONDA DONNA Pòvra dòna ALTRO UOMO Fèive in là! ALTRA DONNA F6V IN L9ó TI QU9CCó MAS0LA REPUS9. MARIA (come in sogno) Chi sèt liló, bèl zóvin, ch'am par aricugnùset? SECONDA DONNA La gh'ha i visióni. GABRIELE Gabrièl, l'àngiol de Deo… són mi quèlo, Vérzen… ól nùnzi d'ól to’' soléngo e delicàt amore. MARIA Gabrièl… Gabrièl… torna a slargàt i ali, Gabrièl… tórna indré al to’' bèl ziél zojóso che no' ti gh'ha niénte a che far chì lòga… in ‘sta sgarósa tèra… in 'stu turménto mundo. Vaj… che no' té sé sburdéga i ali de plüme culuràde 'e zentìl culüri... no' ti védi fango e sangu e buàgna, mèsta a la spüsénta d'partüto? Vaj… che no' té ne sbréghi i orègi tant delicàt co' 'sto criàr desasperàto e plàngi e ploràr che crésse in òmnia parte... Vaj… che ne té se sconsüma i ögi luminósi a remeràr piàghe e croste e bugnóni e mosche e vèrmeni!, föra dai morti squarciàdi. Ti no' t'è abitüàt, Gabrièl… che in d'ól paradìso no' gh'hai ni rumór, nì plàngi, né guère, nì presón, nì òmeni impicàdi, nì done violàde! 662 No' ghè nì fam, nì carestia, njùno che süda a stracabràsci, nì fiolìn sénsa surìsi, nì madri smarìde e scuràde dal dulùr… njùn che péna per pagà ól pecàt! (Quasi sussurrato, ma molto intenso) Vaj Gabrièl! (Aumenta appena il tono)Vaj Gabriel! (Chiude con un urlo terribile) Vajjjj Gabrièèèèl! Musica Buio 663 si può fare a meno de inserirlo NELLA prima VERSIONE EINAUDI il brano chiudeva con queste altre battute GABRIELE Dòna induluràda... che fin ’n’d’ól vénter t’ha scarpàda ól patimént, oh, mi ól cognósi ciàro ‘sto turmént che t’hàit catàt mirànd ól Segnor zóvin Deo inciudàt... in ‘sto mumént ’égni a cognüsel anc mi, de parimént. MARIA Ól cognóset de parimént... de parimént a mi? Ah l’hàit ü ti, Gabriél, in dól venter grosì, al mé fiòl? At n’è sgagniàt ti i lavri par no’ criàr di dulüri ’nd’ol parturìl? At l’hàit nutregàt ti? Dàit de tèta ól latt, ti, Gabriél? Hàit soffregà ti, quand l’è stàit malàd con la féver, i macc de la rosolia e i nòti in pie a ninàl c’ol piagnéva pèi prém dénci? No Gabriél… si no’ hàit scuntàt ‘ste bagatèle, no’ pòdet parlà d’avegh ól mé stèso dolùr in ‘sto mumént. GABRIELE At gh’hàit resón, Maria... perdóname ‘sta presonzión che m’l’ha gh’ha detàt ól strapacòre che gh’ho in de dentro, che m’ figüràva vès in punta o òmnia patimént. Ma mi égni recurdàt che ól sarà pròpi ‘sta tua canzon plangìda sanza vóse… ’sto lamento intonàt sanza singülti… ‘sto sacrifìzi to’ e del caro fiòl de ti, c’ol farà squarciàrse ól cièl… che pòda i òmeni reversàrse par la préma volta in paradìs! 664 TRADUZIONE GABRIELE Donna addolorata... che perfino nel ventre t’ha strappato il patimento, oh, io lo conosco chiaramente questo tormento che ti ha preso guardando il Signore giovane Dio inchiodato... In questo momento vengo a conoscerlo anch’io (al) pari di té. MARIA Lo conosci al pari mio, pari a mé? L’hai avuto tu, Gabriele, nel ventre ingrossato - che cresceva giorno dopo giorno - che si ingrossava giorno dopo giorno, il mio figlio? Ti sei morso le labbra per non gridare di dolore nel partorirlo? L’hai nutrito, tu? Dato il latte dalla mammella tu, Gabriele? Hai sofferto tu, quando è stato ammalato con la febbre, le macchie della rosolia e le notti in piedi a ninnarlo che (quando) piangeva per i primi denti? No, Gabriele… se non hai provato queste bagatelle, non puoi parlare d’avere il mio stesso dolore in questo momento. GABRIELE Hai ragione, Maria... perdonami questa presunzione che mé l’ha dettata lo strappacuore che ho dentro (tanto) che mi figuravo di essere in cima ad ogni patimento. Ma io vengo a ricordarti che sarà proprio questa tua canzone, pianta senza voce, questo lamento intonato senza singhiozzi, questo sacrificio tuo e del caro figlio tuo che farà squarciare il cielo, affinché possano gli uomini riversarsi per la prima volta in paradiso! 665 MARIA ALLA CROCE Traduzione DONNA (entra correndo e si rivolge alle altre donne che stanno ai piedi della croce) Andate a fermarla... ‘sta arrivando la sua mamma di lui, la beata Maria, non fateglielo guardare crocefisso com’è che pare un capretto scorticato, che cola sangue a fontanella dappertutto come una montagna di neve in primavera… per via di ‘sti gran chiodi che gli hanno piantato nella carne dolorosa delle mani e dei piedi, frammezzo le ossa forate! CORO Non fateglielo guardare! Entra correndo un’altra donna ALTRA DONNA Sta arrivando! Non si vuole fermare... viene correndo disperata sul sentiero che in quattro non la possiano tenere (trattenere)... ALTRA DONNA Se in quattro non la tenete (trattenete), provate in cinque... in sei... Lei non può arrivare sin qui, non può guardare ‘sto figlio suo attorcigliato come una radice di olivo mangiata dalle formiche! ALTRA DONNA Nascondetegli, copritegli almeno la faccia al figlio di Deo, che sua madre non possa riconoscerlo... le diremo che il crocifisso è un altro, un forestiero... che non è il figlio suo! ALTRA DONNA Io credo che puranche lo coprissimo tutto con un lenzuolo bianco, il figlio di Dio, la sua mamma lo riconoscerà lo stesso... basta che dal lenzuolo gli spunti il 666 dito d’un piede... un ricciolo dei capelli, perché glieli ha fatti lei, la sua mamma, quelli. ALTRA DONNA (entra in scena con il fiato in gola) Arriva... arriva… è qui la beata Maria... Le darebbe meno dolore ammazzarla di coltello... piuttosto che lasciarle vedere il figlio! ALTRA DONNA Datemi un sasso da tramortirla d’un botto, così che si rovesci a terra, e non le riesca di guardare! Entra Maria. Il suo sguardo corre immediatamente al figlio in croce. Schiantata dal dolore, ammutolita lo guarda in silenzio. Il gruppo delle donne si scosta al suo passaggio spostandosi poi sul lato destro del proscenio DONNA State quieti, fatevi in là... Oh povera donna che la chiamate beata... e come può essere beata con ‘sta decorazione di quattro chiodi che gli hanno conficcato nella carne dolorosa a ribattuti che cossì non si farebbe a una lucertola velenosa o a un pipistrello! ALTRA DONNA State quieti... trattenete il fiato che adesso ‘sta donna la sentirete gridare a tutta voce, come se l’avesse squartata il dolore... stravolta... dolore di sette coltellate a spaccarle il cuore! ALTRA DONNA Sta lì ferma... non dice niente. Fate che pianga almeno un poco! Fatela gridare, che debba scoppiare ‘sto gran magone che le strozza la gola. ALTRA DONNA Ascoltate ‘sto silenzio che gran fracasso mena porta ... e non vale coprirsi le orecchie. (Avvicinandosi 667 a Maria) Parla, parla... di qualcosa, Maria... Piangi, Maria... ohi ti prego... (Quasi urlano per scuoterla, farla uscire dal quel suo terribile silenzio) Parla, Maria! MARIA (con un fil di voce) Datemi una scala... voglio salire vicino al mio bene... (si avvicina straziata, lentamente alla croce e parla al figlio) Mio bene, oh bello smorto figlio mio... stai sicuro mio bene, che adesso arriva la tua mamma… Come ti hanno conciato ‘sti assassini, porci, macellai! Cosa vi aveva fatto, ‘sto mio tontolone, da averlo cossì in odio, da essere tanto canaglie con lui! Ma mi cadrete tra le mani: a uno a uno! Oh mé la pagherete... anche se dovessi venire a cercarvi in capo al monto, (urlando) animali, bestie, disgraziati! CRISTO Mamma… non stare a gridare… mamma. * MARIA * Perdonami, mio bene, ‘sto bordello che ho tratto in piede...e queste parole da arrabbiata che ho detto… ma è stato ‘sto stretto dolore che mi strige il cuore di trovarti imbrattato di sangue… spezzato… qui su ‘ste travi, denudato... di botte pesto... bucato nelle mie belle mani così delicate... e i piedi... oh i piedi!... che gocciolano sangue, goccia a goccia... Ohi, deve essere un gran male! CRISTO (parla a fatica) No mamma... adesso, ti giuro... non sento più male... non sento più niente... Vai a casa, mamma, ti prego... vai a casa... MARIA Sì, si... andremo a casa insieme... vengo su, a tirarti giù-a staccarti da ‘ste travi... (mima di salire sulla scala appoggiata alla croce) a cavarti i chiodi piano piano... (si rivolge alle persone che le stanno intorno) Datemi una tenaglia... (È disperata) Che qualcuno mi aiuti! 668 Entra un soldato. SOLDATO Ehi donna, cosa fate lì sopra a ‘sta scala? Chi ve la dato il permesso? MARIA È il figlio mio che avete inchiodato... voglio schiodarlo, portarlo a casa con mé... SOLDATO A casa? Ohi che premura! Non è ancora frollato abbastanza, santa donna... non è ancora bén stagionato! Bene... facciamo così, appena tira gli ultimi vi faccio un fischietto e venite a prenderlo bello e impacchettato, il vostro caro giovane... Contenta? Venite giù adesso. MARIA No che non discendo! Non lascerò passare qui la notte a mio figlio solo… a morirmi! E voi non potete farmi ‘sta prepotenza... che io sono la sua mamma di lui... sono la sua mamma, io! SOLDATO Bene! Cara la mia mamma du lui, adesso mé le avete gonfiate a sufficienza le palle! Faremo come quando si scrollano le mele… vuoi vedere? Darò una bella scrollata a questa scala… e verrete giù a tonfo come una bella pera matura! CRISTO (quasi rantolando) No, ti prego, soldato, che sei buono e caro! Fai a mé quello che vuoi: scrolla la croce fino a lacerarmi le carni delle mani e le ossa, ma a mia madre… ti prego, non far del male! SOLDATO Avete sentito, cara mia padrona, quante sono le ore? Cosa devo fare? Per mé è lo stesso lavoro: o scendete voi, e in fretta da questa scala, oppure io scrollo la croce! 669 MARIA (Mima di scendere velocemente) No, no... per carità... aspettate che sono già giù... guardate sono qui sotto la scala… SOLDATO Oh, l’avete capita alla fine questa ballata, o donna benedetta! E non guardatemi con questi occhi che piangon fuoco, che io non ho colpa alcuna se il giovane si è presa questa posizione scomoda di stare con le braccia allargate… Oh che non ho pena di voi? Che non conosco io il luccicchio di lacrime sanguinanti che vi sudano giù dagli occhi? Questo è dolore di madre! Ma non ci posso far niente… che io sono comandato che vada fino all’ordine questa condanna… sono conndannato a farvi morire il figlio, o altrimenti, lassù, attaccheranno mé, con gli stessi chiodi. MARIA (si cava orecchini e anello che porta al dito) Buon soldato cortese e caro… tenete… vi faccio un presente di questo anello d’oro e questi orecchini d’argento… tenete… in cambio di un piacere che mi potete concedere… SOLDATO Sarebbe ‘sto piacere? MARIA Di lasciarmi pulir il sangue a mio figlio con un po' d’acqua e uno straccio… e anche di inumidirgli le labbra spaccate dalla sete… SOLDATO Niente di più di queste sciocchezze? DONNA Vorrei anche che prendeste ‘sto scialle e andiaste sopra alla scala a metterglielo intorno alle spalle sotto alle braccia, per aiutarlo un poco a stare appeso alla croce... SOLDATO Oh donna, gli volete male al vostro caro giovine dunque, se lo volete mantenere più a lungo in vita a fargli patire ‘sti tremendi dolori. Al posto vostro, farei che il Cristo muoia e subito! 670 MARIA (rendendosi conto di quanto il soldato le ha detto, quasi sussurrando) Morire...?! Dovrà veramente morire ‘sto caro mio dolce? Morte le mani... morta la bocca... gli occhi... morti i capelli? (Disperata, tra sè) Ohi, mi hanno tradita. (Chiama con voce via via più terribile, volgendo gliocchi al cielo) Gabriele, Gabriele... Gabriele... giovane di dolce figura, per primo tu, tu!, mi hai tradita! Con la tua voce da viola innamorante sei venuto a dirmi che sarei divenuta Regina io... e beata io, e gioconda io... a capo di tutte le donne! Guardami, guardami come sono a pezzi e sbertucciata... l’ultima donna al mondo mi sono scoperta! E tu... tu lo sapevi nel portarmi l’annunzio disciogliente, che mi ha hatto fiorire nel ventre questa mia creatura, che sarei arrivata a ‘sto bel trono regina!... Regina! Regina, con figlio cavagliere gentile... con due speroni fatti con due gran chiodi… piantati nella carne dei piedi! Perché non mé lo hai detto prima del segno? Oh io, stai sicuro... io non avrei mai voluto essere ingravidata... no!... mai a ‘sta condizione... anche se fosse venuto il Dio padre nella sua persona, e non il piccionecolombo, spirito beato, a maritarmi! CRISTO (parla con maggior difficoltà) Mamma... oh che il dolore ti ha fatto ammattire che bestemmi... (Agli astanti) Portatetela a casa fratelli... vi prego... portatela a casa prima che crolli riversa... UOMO Andiamo Maria, fate consolato (contento) il figliolo vostro… lasciatelo in pace. 671 MARIA No che non voglio! Perdonatemi... lasciatemi stare qui vicino a lui... Non dirò più nemmeno una parola contro suo padre… contro nessuno. Lasciatemi... oh siate buoni! CRISTO (rantolando ogni volta che prende fiato) Devo morire... mamma... e faccio fatica... Devo lasciarmi andare mamma... consumare il fiato che mi mantiene in vita... ma con té... qui vicino... che ti strazii, non mi riesce mamma... e faccio grande fatica. MARIA (implorante, quasi sottovoce) Non cacciarmi via Gesù! Non cacciarmi via! (È al limite della disperazione) Voglio morire, Gesù... voglio morire... (Grida disperata agli astanti) Soffocatemi e seppellitemi in una tomba sola abbracciata a mio figlio! (Al Cristo) Voglio morire Gesù! Voglio morire... SOLDATO Sacra donna è troppo grande ‘sto dolore di madre... Facciamo così: noi soldati faremo finta di non guardare… prendete ‘sta lancia picchiategliela a tutta forza nel costato e a fondo nel gozzo... e di lì a un momento, vedrete, il Cristo va a morire. (La Madonna cade a terra svenuta) Cosa vi succede? È svenuta che non l’ho neanche toccata! UOMO Ha i malori, povera donna! DONNA Allungatela là… fate piano… e andate via d’attorno, che abbia a prendere fiato! ALTRA DONNA Povera donna! MARIA (come in sogno) Chi sei lì, bEl giovane, che mi pare di riconoscerti? ALTRA DONNA Ha le visioni! 672 GABRIELE Gabriele, l’angelo di Dio... sono io quello, Vergine... il nunzio del tuo solitario e delicato amore. MARIA (inizia con un fil di voce, prendendo via via tono e forza) Gabriele... Gabriele... torna ad allargare le ali, Gabriele... torna indietro al tuo bel cielo gioioso… tu non hai niente a che fare, qui… in questa schifosa terra... in questo tormentato mondo. Vattene Gabriele... che non ti si sporchino le ali colorate di gentili colori... non vedi fango e sangue e letame misto a puzzolente merda dappertutto... Vattene Gabriele... che non ti si spacchino le orecchie tanto delicate con ‘sto gridare disperato e pianti e implorare che cresce a ogni parte... Vattene Gabriele... che non ti si consumino gli occhi luminosi a rimirare piaghe e croste… bugnoni e mosche e vermi!, fuori dai morti squarciati! Non sei abituato, tu Gabriele... che nel Paradiso non ci sono né rumori, né pianti, né guerre, né prigioni, né uomini impiccati, né donne violentate! Non c’è né fame, né carestia, nessuno che sudi a stracciabraccie, né bambini senza sorrisi, né madri scurite dal dolore... nessuno che peni per pagare il peccato! Vattene Gabriele! Vattene Gabriele! (Urlando) Vatteneee Gabrieeele! Musica Buio • 673 ARTE CON POLITICI E FINISCE COL PRESENRARE SCAPINO ZANNI PRESENTAZIONE TORINO 22 NOVEMBRE 1981 ....quindi diciamo di potere, dell' Italia del '500. Erano oltretutto dei banchieri oltre naturalmente che essere duchi e via dicendo. Ora nascono le Maone, le Maone sono le carte di credito, cioè in quel tempo cominciano a essere elargite al pubblico queste carte di credito, che permettono di trovare gioco in certi affari straordinari, come quello di partecipare alle guerre di conquista . Le guerre di conquista sono sempre state le forme le prime, prima che entrasse naturalmente..... .........guerre di conquista condotte da Venezia, Venezia si ritrova in 10 anni soltanto a decuplicare il proprio territorio. Conquistano degli spazi nel Libano, poi c'é l'isola di Rodi che viene conquistata, spazi in Turchia, spazi in Jugoslavia, fatto stà che ci sono spazi enormi terreni che vengono messi a profitto, arriva un sacco, una quantità di derrate alimentari enorme che invade il mercato e gli zanni che sono i contadini della valle del Pò si trovano a non poter offrire la propria merce. Falliscono. Distrutti devono per forza ricorrere al cambiamento totale del proprio lavoro e si offrono nelle grandi città come servi, facchini.... i mestieri più umili, più bassi e le loro donne li seguono e anche loro 674 accettano di fare le serve e anche le prostitute. Nasce, anzi esplode, un fenomeno di prostituzione in quel tempo in tutte le grandi città che preoccupa fortemente le Repubbliche, in particolare la Repubblica di Venezia. La Repubblica di Venezia, scopre che in quel periodo l'11% della popolazione é dedita alla prostituzione. Ora é una cifra spaventosa. Se calcoliamo così 11% non fa neanche impressione, ma bisogna saper fare i conti e leggere le percentuali. Allora prendiamo la popolazione di Venezia in quel tempo éra di 120.000 abitanti. 120.000 li tagliamo in due, prendiamo 60.000 uomini li mettiamo da una parte, 60.000 donne dall'altra (gli uomini si prostituivano anche loro, ma in un altro modo completamente diverso), poi dobbiamo di queste 60.000 donne, togliere le vecchie, proprio quelle decrepite, proprio decrepite da crollare, perché appena stavano un po' sù andavano bene anche loro. Poi ci sono le bambine proprio quelle piccole, infanti, ma quelle proprio piccole piccole, perché già così... andavano bene. Poi ci sono le donne...le suore...non facciamo dell'ironia e mettiamole da parte. Poi soprattutto abbiamo le ricche, le nobili che si prostituivano anche loro, ma a prezzi inacessibili. A questo punto abbiamo una certa quantità di donne, le donne rimanenti sono proprio l'11% dell'intera popolazione. Tant'é che c'éra un'espressione tipica a Venezia fra la gente, fra gli amici cordiali che diceva: "Eeeh! Puta de tà mare!" Non fatemela tradurre. E l'altro rispondeva:"Sì e la tua?". Ecco in questo periodo, in questo tempo ci sono delle situazioni veramente tragiche, nasce una forma che per fortuna non é più nella nostra civiltà che sono le crisi 675 economiche. C'éra della gente che crepava addirittura di fame, che crollava per terra, c'erano delle squadre adibite proprio a raccogliere la gente che moriva per la strada e chi ci rimetteva maggiormente erano proprio gli zanni. Gli zanni questi servi, che avevano mestieri avventizzi, che si trovavano facilmente buttati in mezzo alla strada. Ora il pezzo che io vado a raccontare é la chiaccherata disperata e tragica di uno zanni affamato, uno zanni che é arrivato ad una tale disperazione per cui pensa addirittura di mangiarsi un orecchio, di strapparsi un occhio ingoiarselo, ad un certo punto pensa di strapparsi un testicolo e altri orpelli decorativi per la riproduzione e mangiarseli per intero, di strapparsi un gluteo l'altro gluteo di formare una specie di panino e di mangiarsi con la mano in mezzo, tutto. E poi di infirlarsi nel ventre attraverso la bocca, naturalmente, una mano e strapparsi le budella e dopo averle nettate con proprietà e di mangiarsele tutte. E poi il massimo della sua follia arriva quando ha un incubo e nell'incubo si immagina di vedere un enorme pentolone proprio pieno di acqua già pronta oppure la riempie lui appresso, non ha importanza, poi prende un sacco di farina...insomma si prepare una mangiata spaventosa, un pranzo luculliano si mangia dei pezzi di pollo, si cucina del pesce, si cucina della carne, e poi dopo avere ingoiato tutto in un grande minestrone si rende conto che ha sognato. E lì c'é una trasposizione, un cambiamento di chiave che é drammatico e grottesco insieme. Ecco la cosa importante é questa, io fingo di parlare il dialetto di quel tempo, perché tanto se io parlassi quello vero, non capireste uguale preciso a quando io fingo di 676 parlarlo, poi soprattutto per i veneziani di quel tempo questo dialetto éra inesistente, éra come l'arabo, quindi gli attori che venivano sulla scena, facevano il grammelot, cioé fingevano di parlare una lingua che onomatopeicamente dava l'impressione di essere veramente compiuta, si faceva comprendere molto di più che se non avesse parlato la lingua vera e coi gesti e gl andamenti raccoglieva tutto il discorso. Ora questo é una specie di esame per un pubblico da lì si vede l'intelligenza, la velocità, la sapienza, l'intuito l'elasticità oppure il piattume, la negatività, l'assoluta mancanza di fantasia, il vuoto e il diritto di essere ucciso sul posto.....vedo della gente preoccupata....io non indicherò con le mani. MILANO 20.01.91 DISCORSO DEL GRANDE TECNOCRATE IN GRAMELO' AMERICANO Io e Franca avevamo pensato di realizzare il solito schema di "mistero buffo" riguardo il gramelò: "la fame dello zanni", poi quello francese legato a scapino e a Molière e poi quello dell'avvocato inglese che difende lo stupratore. Sono tre forme diverse ma legate allo stesso spirito, cioè d'ironia e di satira e soprattutto legate al potere, la spocchia di ogni potere quando esprime violenza. Ecco si trattava di realizzare questi due brani di cui il primo, quello francese, vede Scapino che insegna la tecnica di gestire il potere al giovane signore che è rimasto orfano ed è un banchiere. Scapino comincia con la descrizione della parrucca , delle vesti, del mantello e dell'incedere, del camminare, con un 677 passaggio riguardo trine e i merletti che portavano i signori, così ampi e così sparsi per tutto il corpo, per cui avevano trine che uscivano ecc... per cui quando andavano a fare pipì non riuscivano poi ad usare l'estrazione... del mezzo adatto, uscivano soltanto merletti, se la facevano addosso ma con grande dignità... per cui esisteva questa stupenda camminata, nata proprio allora, dell'aristocratico. Il linguaggio éra il gramelò francese, di cui esistevano soltanto tre termini: parucche,manteau, e, dentelle, tutti gli altri erano termini inventati ed éra molto bello vedere che in Francia pensavano che fosse un particolare linguaggio del cinquecento che éra sfuggito alla loro memoria e alla loro conoscenza. Poi c'éra quello in inglese. Ma Franca mi ha suggerito di riprendere un tema legato a vent'anni fa, cioè alla guerra del Vietnam e ci fu un importante personaggio di origine tedesca che aveva studiato i primi razzi a lunga gittata, i quali poi saranno inseriti in macchinamenti incredibili, che in un suo discorso all'università aveva dichiarato che lì stata l'avvenire anche spirituale degli uomini, che gli uomini avrebbero cambiato il modo di essere, di esistere, la loro morale si sarebbe trasformata in conseguenza dell'alta tecnologia, cioè l'uomo diventava soggetto alla propria macchina, alla propria invenzione, alla robotica ecc... Questo stava ad indicare che il Vietnam sarebbe stato schiacciato inesorabilmente da questi armamenti, che avrebbero determinato una velocizzazione dei conflitti, cioè la guerra come partiva éra già finita grazie a questa straordinaria importanza, cosa che non è stata così. Io ho pensato di riprendere lo stesso tema che è di 678 un'attualità incredibile. C'è questo grande tecnico, e voi dovete sforzarvi di immaginare di essere a vostra volta della gente a conoscenza delle terminologie, immaginate di essere la platea di quella volta che ascolta questo discorso forbito ricco di questi termini particolari. Questo simpatico tecnico descrive la tecnologia della robotica, dei computer, lo svolgimento del cervello meccanico ecc... poi va a semplificare la nascita dei grandi macchinamenti di guerra, partendo addirittura dai primordi, da quando l'uomo ha cominciato a capire che doveva fare qualche cosa per volare, gli incidenti, poi arriva il motore a scoppio degli aerei, lì veramente è il colpo di fulmine, lo scatto, fino agli aerei con razzi e macchinamenti straordinari, completamente robotizzati e diretti al di fuori del pilota, il pilota è soltanto un supporto allo svolgimento di un'azione con tutto quello che consegue. Io uso il gramelò, cioè fingo di parlare inglese, meglio un americano colto da tecnocrate, tecnologico e voi capirete tutto di questo discorso, a meno che non ci sia qualcuno che conosce molto bene l'inglese, l'americano e la tecnologia. Questo è pericoloso perché cercherà di intendere e di seguire parola per parola quello che vado dicendo e si perderà nel nulla, invece coloro che non conoscono assolutamente l'inglese, se seguiranno la propria fantasia, immaginazione e intuito, capiranno tutto e spiegheranno quello che io dico a quelli che conoscono l'inglese. Questa sera è il trionfo dell'ignoranza. PRESENTAZIONE DEL TECNOCRATE 1976 Come si usa... è stato usato l'antico, si può usare il grammelot nel teatro legato alla qualità. Anzi parlare delle 679 cose più vicine a noi anche in senso drammatico... parlare di guerre, parlare di macchine, parlare di rumori che ci sono addosso, che ormai abbiamo nella testa, nella memoria e che sono linguaggio, sono parola anche quello... sono grammelot. Io mi ricordo... sono stato una volta ad una lezione di fisica superiore e ho sentito per tutto il pezzo parlare in grammelot... Ecco il personaggio che mi porta al grammelot attuale: è un fisico matematico, uno scienziato, un grande tecnico veramente di classe internazionale di origine tedesca però vive da molti anni in America e qualcuno lo chiama Braum. E' un soprannome, non ciarli, è un altro questo grandissimo tecnico scienziato... tiene una lezione, un corso per altri scienziati e dimostra come le macchine, l'evoluzione dal primordiale che ha intuito, capito, sviluppato, sono arrivati armai al punto tale da essere il centro della terra, sono il cervello, la macchina, la vera potenza, la mano che tiene il mondo. C'éra un certo Kissinger, un imitazione di Sordi lo sapete benissimo... Questo Kissinger ha detto una frase abbastanza robuante " i nostri mezzi, la nostra tecnica... il livello che abbiamo raggiunto... voi vedrete... domineremo il mondo". La moglie dice basta... ma lui éra convinto... e l'altro, il pensionato Nixson e il prossimo pensionato Ford, anche quelli, tutti e due, erano lì vicini e Nixon ha detto "APPLAUDI!2 e Ford... (batte le mani). E non so se avete visto l'espressione vera di Ford, quello che scende dagli aerei... che arriva l'aereo... subito FERMA FERMA... ché non è quella la scala e lo tengono indietro e poi quando c'è la scala...c'è la scala... si può andare TUM TUM TUM BUTUM BUTUM BUTUM 680 AH AH AH. E qui a Roma quando arrivò, l'interprete dice il presidente... éra lì ... il presidente... e lui ha dato la mano all'interprete... "piacere!" "no! E' quello!" e si è nascosto dietro la signora Leone... mi perdo sempre... faremo un pezzo in meno questa sera...no, no, sul biglietto ci sono tutti... uno cancella ogni pezzo che faccio dice "quello l'ha fatto??" "va beh! Adesso vediamo, vediamo un pò se li fa tutti! Perché tutti li voglio stassera, sono qua... contratto"...è che io non mi ricordo più dove eravamo... Ma si! Eravamo all'arrivo di Ford, no Kissinger c'éra un'altro, un tale... un maoista di quelli tremendi, proprio fissati, un certo Tel Tunc, il quale invece diceva " è vero noi abbiamo meno tecniche, abbiamo meno mezzi, siamo indietro di anni di ricerche, abbiamo commesso diversi errori, siamo degli arretrati, siamo al periodo della pietra rispetto a voi in quanto a scienza tecnica ecc... ma noi abbiamo un grosso vantaggio che in ogni nostro lavoro mettiamo sempre L'UOMO AL PRIMO POSTO!" Ecco ... Oh Dio! Basterebbe l'esempio del Vietnam, una frase di questo genere Ocimin poteva averla detta lui tranquillamente ... e l'ha dimostrata soprattutto... e si sa tutto quello che è successo nel Vietnam con tutta la grande tecnica, le invenzioni, le infamità, l'aver bruciato terre che ancora oggi non danno raccolto e non lo daranno per anni, qualcuno dice per secoli!! Acque addirittura svuotate del loro elemento fondamentale... sono acque morte!! Anche qui per secoli hanno defogliato, hanno bruciato, hanno inventato macchine incredibili... suoni che facevano impazzire il gas TUTTO HANNO ADOPERATO! Poi alla fine la valigia! Non so se avete notato, ma questo 681 gesto la fanno già anche qua EH EH! Avete visto con Umberto che dice " Ma dove andate, ma no!Rimanete... state qua, la Iuventus vince... neanche la Iuventus non vince più, gli va tutto male... Allora il grammelot del tecnico americano che spiega come si arriverà a guadagnare tutto... e alla fine il risvolto... lo capirete benissimo! Noterete la grande differenza tra l'inglese del 500 e questo americano.Io so che voi che siete sottili avrete molto piacere. Ah come capisco! DISCORSO DEL GRANDE TECNOCRATE IN GRAMELO' AMERICANO Io e Franca avevamo pensato di realizzare il solito schema di "mistero buffo" riguardo il gramelò: "la fame dello zanni", poi quello francese legato a scapino e a Molière e poi quello dell'avvocato inglese che difende lo stupratore. Sono tre forme diverse ma legate allo stesso spirito, cioè d'ironia e di satira e soprattutto legate al potere, la spocchia di ogni potere quando esprime violenza. Ecco si trattava di realizzare questi due brani di cui il primo, quello francese, vede Scapino che insegna la tecnica di gestire il potere al giovane signore che è rimasto orfano ed è un banchiere. Scapino comincia con la descrizione della parrucca , delle vesti, del mantello e dell'incedere, del camminare, con un passaggio riguardo trine e i merletti che portavano i signori, così ampi e così sparsi per tutto il corpo, per cui avevano trine che uscivano ecc... per cui quando andavano a fare pipì 682 non riuscivano poi ad usare l'estrazione... del mezzo adatto, uscivano soltanto merletti, se la facevano addosso ma con grande dignità... per cui esisteva questa stupenda camminata, nata proprio allora, dell'aristocratico. Il linguaggio éra il gramelò francese, di cui esistevano soltanto tre termini: parucche,manteau, e, dentelle, tutti gli altri erano termini inventati ed éra molto bello vedere che in Francia pensavano che fosse un particolare linguaggio del cinquecento che éra sfuggito alla loro memoria e alla loro conoscenza. Poi c'éra quello in inglese. Ma Franca mi ha suggerito di riprendere un tema legato a vent'anni fa, cioè alla guerra del Vietnam e ci fu un importante personaggio di origine tedesca che aveva studiato i primi razzi a lunga gittata, i quali poi saranno inseriti in macchinamenti incredibili, che in un suo discorso all'università aveva dichiarato che lì stata l'avvenire anche spirituale degli uomini, che gli uomini avrebbero cambiato il modo di essere, di esistere, la loro morale si sarebbe trasformata in conseguenza dell'alta tecnologia, cioè l'uomo diventava soggetto alla propria macchina, alla propria invenzione, alla robotica ecc... Questo stava ad indicare che il Vietnam sarebbe stato schiacciato inesorabilmente da questi armamenti, che avrebbero determinato una velocizzazione dei conflitti, cioè la guerra come partiva éra già finita grazie a questa straordinaria importanza, cosa che non è stata così. Io ho pensato di riprendere lo stesso tema che è di un'attualità incredibile. C'è questo grande tecnico, e voi dovete sforzarvi di immaginare di essere a vostra volta della gente a conoscenza delle terminologie, immaginate di essere 683 la platea di quella volta che ascolta questo discorso forbito ricco di questi termini particolari. Questo simpatico tecnico descrive la tecnologia della robotica, dei computer, lo svolgimento del cervello meccanico ecc... poi va a semplificare la nascita dei grandi macchinamenti di guerra, partendo addirittura dai primordi, da quando l'uomo ha cominciato a capire che doveva fare qualche cosa per volare, gli incidenti, poi arriva il motore a scoppio degli aerei, lì veramente è il colpo di fulmine, lo scatto, fino agli aerei con razzi e macchinamenti straordinari, completamente robotizzati e diretti al di fuori del pilota, il pilota è soltanto un supporto allo svolgimento di un'azione con tutto quello che consegue. Io uso il gramelò, cioè fingo di parlare inglese, meglio un americano colto da tecnocrate, tecnologico e voi capirete tutto di questo discorso, a meno che non ci sia qualcuno che conosce molto bene l'inglese, l'americano e la tecnologia. Questo è pericoloso perché cercherà di intendere e di seguire parola per parola quello che vado dicendo e si perderà nel nulla, invece coloro che non conoscono assolutamente l'inglese, se seguiranno la propria fantasia, immaginazione e intuito, capiranno tutto e spiegheranno quello che io dico a quelli che conoscono l'inglese. Questa sera è il trionfo dell'ignoranza. PRESENTAZIONE DEL TECNOCRATE 1976 Come si usa... è stato usato l'antico, si può usare il grammelot nel teatro legato alla qualità. Anzi parlare delle cose più vicine a noi anche in senso drammatico... parlare di guerre, parlare di macchine, parlare di rumori che ci sono 684 addosso, che ormai abbiamo nella testa, nella memoria e che sono linguaggio, sono parola anche quello... sono grammelot. Io mi ricordo... sono stato una volta ad una lezione di fisica superiore e ho sentito per tutto il pezzo parlare in grammelot... Ecco il personaggio che mi porta al grammelot attuale: è un fisico matematico, uno scienziato, un grande tecnico veramente di classe internazionale di origine tedesca però vive da molti anni in America e qualcuno lo chiama Braum. E' un soprannome, non ciarli, è un altro questo grandissimo tecnico scienziato... tiene una lezione, un corso per altri scienziati e dimostra come le macchine, l'evoluzione dal primordiale che ha intuito, capito, sviluppato, sono arrivati armai al punto tale da essere il centro della terra, sono il cervello, la macchina, la vera potenza, la mano che tiene il mondo. C'éra un certo Kissinger, un imitazione di Sordi lo sapete benissimo... Questo Kissinger ha detto una frase abbastanza robuante " i nostri mezzi, la nostra tecnica... il livello che abbiamo raggiunto... voi vedrete... domineremo il mondo". La moglie dice basta... ma lui éra convinto... e l'altro, il pensionato Nixson e il prossimo pensionato Ford, anche quelli, tutti e due, erano lì vicini e Nixon ha detto "APPLAUDI!2 e Ford... (batte le mani). E non so se avete visto l'espressione vera di Ford, quello che scende dagli aerei... che arriva l'aereo... subito FERMA FERMA... ché non è quella la scala e lo tengono indietro e poi quando c'è la scala...c'è la scala... si può andare TUM TUM TUM BUTUM BUTUM BUTUM AH AH AH. E qui a Roma quando arrivò, l'interprete dice il presidente... éra lì ... il presidente... e lui ha dato la mano 685 all'interprete... "piacere!" "no! E' quello!" e si è nascosto dietro la signora Leone... mi perdo sempre... faremo un pezzo in meno questa sera...no, no, sul biglietto ci sono tutti... uno cancella ogni pezzo che faccio dice "quello l'ha fatto??" "va beh! Adesso vediamo, vediamo un pò se li fa tutti! Perché tutti li voglio stassera, sono qua... contratto"...è che io non mi ricordo più dove eravamo... Ma si! Eravamo all'arrivo di Ford, no Kissinger c'éra un'altro, un tale... un maoista di quelli tremendi, proprio fissati, un certo Tel Tunc, il quale invece diceva " è vero noi abbiamo meno tecniche, abbiamo meno mezzi, siamo indietro di anni di ricerche, abbiamo commesso diversi errori, siamo degli arretrati, siamo al periodo della pietra rispetto a voi in quanto a scienza tecnica ecc... ma noi abbiamo un grosso vantaggio che in ogni nostro lavoro mettiamo sempre L'UOMO AL PRIMO POSTO!" Ecco ... Oh Dio! Basterebbe l'esempio del Vietnam, una frase di questo genere Ocimin poteva averla detta lui tranquillamente ... e l'ha dimostrata soprattutto... e si sa tutto quello che è successo nel Vietnam con tutta la grande tecnica, le invenzioni, le infamità, l'aver bruciato terre che ancora oggi non danno raccolto e non lo daranno per anni, qualcuno dice per secoli!! Acque addirittura svuotate del loro elemento fondamentale... sono acque morte!! Anche qui per secoli hanno defogliato, hanno bruciato, hanno inventato macchine incredibili... suoni che facevano impazzire il gas TUTTO HANNO ADOPERATO! Poi alla fine la valigia! Non so se avete notato, ma questo gesto la fanno già anche qua EH EH! Avete visto con Umberto che dice " Ma dove andate, ma no!Rimanete... state 686 qua, la Iuventus vince... neanche la Iuventus non vince più, gli va tutto male... Allora il grammelot del tecnico americano che spiega come si arriverà a guadagnare tutto... e alla fine il risvolto... lo capirete benissimo! Noterete la grande differenza tra l'inglese del 500 e questo americano.Io so che voi che siete sottili avrete molto piacere. Ah come capisco! IL MIRACOLO DI LAZZARO (1983) I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese, in particolare il pezzo che io vado a recitare, 'Il miracolo di Lazzaro', si può dire che é nato proprio dentro nelle chiese e io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa sconsacrata, a Savona e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si é detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi. Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodo bui-duri. Il pezzo che vado recitando é un pezzo di satira contro coloro che fanno mercato nella chiesa, é un pezzo del '500. Voi sapete che nel '400 e nel '500, in tutta Europa, si faceva mercato soprattutto delle indulgenze. Si pagava per far dire delle messe per i morti, le anime in purgatorio. C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese perché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana. Che sò, il paternostro valeva 250 giorni di indulgenza, l'ave Maria...... 687 Un'altra cosa che indignava il popolo éra il mercato delle reliquie, si vendevano pezzi di stoffa, pezzi di santo, unghie, pezzi di ossa addirittura mani. Dieci chiese in Italia hanno una mano dello stesso santo. Un santo stranissimo: san ragno. Ci furono degli uomini, dei santi, della chiesa che si indignarono e scrissero lettere di fuoco contro questo andamento. Il massimo é quando i re prendevano il potere, i re nuovi avevano bisogno di un santo protettore e lo comperavano. Ferdinando I d'Aragona si comprò un santo intiero, una mummia, per dimostrare che aveva un appoggio straordinario, ma credo che il massimo sia accaduto alla famiglia reale inglese. Il primo re inglese che nel 1000 prese il potere, si éra fatto cristiano da poco e doveva dimostrare di essere appoggiato da un santo importante, mandò intorno gente a comperargliene uno. Comprarono San Giorgio. San Giorgio é il protettore ancora attuale dell'Inghilterra. Gli inglesi sono orgogliosissimi del loro santo. Indovinate da chi hanno comperato la salma di San Giorgio. Indovinate! Dai genovesi! Io ho parenti genovesi, posso permettermi di fare dell'ironia. Banchieri genovesi vendettero la salma di S. Giorgio agli inglesi e S.Giorgio éra il protettore di genova. " Ah, ah ah... ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!" E gli vendettero anche il drago... e anche la bandiera di genova. Attenzione parlo della bandiera bianca con la riga rossa, non confondetevi con la bandiera britannica. La Gran 688 Bretagna ha la bandiera che é l'insieme della inglese e della scozzese. Non proprio quella che forza (?!) Ma poi 5 anni fa, vi ricordate il Vaticano fece un' inchiesta per valutare quali erano i santi veri e quali i falsi e scoprirono che S. Giorgio éra un santo inesistente - non éra mai esistito. Quindi gli inglesi sono andati a vedere chi éra, hanno fatto degli esami ed hanno scoperto che éra il cadavere di un turco e che il drago éra un coccodrillo. Io raccontavo questo fatto l'anno scorso a Londra al River Side e quando raccontavo questa cosa gli inglesi piangevano, non protestavano, ma piangevano. Dicevo, il popolo s'idignava con questo mercato e naturalmente rispondeva attraverso la sua arma maggiore che éra la risata. Da sempre il popolo ha avuto l'arma nell'ironia, la sua arma maggiore che non piace mai ai potenti. In questa storia vediamo il mercato realizzato dentro il cimitero dove avverrà il miracolo della resurrezione di Lazzaro. Cioé la satira sta proprio nel notare come qualcuno vede nel miracolo non qualche cosa di straordinario, di sacro, ma come distruzione del momento sacro. Ora bisogna sapere soprattutto come ha sempre visto il popolo la resurrezione di Lazzaro. Come l'atto d'amore più grande di un figlio verso sua madre, perché, come si racconta nel vangelo, Lazzaro éra un parente stretto della Madonna e lei teneva Lazzaro come un figlio. Quando morì Lazzaro, la madonna cadde in una disperazione incredibile e mandarono a chiamare il figlio. Però non si sapeva dove fosse a predicare. Éra uno che andava senza programma. Finalmente lo trovarono su una montagna "Cristo guarda che 689 c'é tua madre che piange". Cristo scende, arriva al paese e trova che Lazzaro é stato seppellito già da tre giorni. Ciò nonostante, pur di vedere il sorriso negli occhi di sua madre, decide di fare questo miracolo. Quindi una sacralità maggiore il popolo ha verso questo miracolo ed é per questo che si offende di vederlo ridotto a puro spettacolo. Ora questa satira viene recitata come se fosse in un cimitero. C' é la gente che entra in massa e come in uno spettacolo spingono, cercano il posto migliore, c'é chi addirittura arriva ad affittare delle sedie alle donne perché si siedano e vedano lo spettacolo comode. Chi addirittura arriva con dei cartocci con dentro delle ...acciughe fritte per venderle e mangiarle durante lo spettacolo. E c'é chi addirittura ha scommesso che Gesù Cristo riuscirà o meno fare il miracolo. Tutto questo viene recitato da mé facendo tutti i personaggi. La lingua che parlo é una lingua inventata da comici medievali che si chiamavano giullari. E' l'insieme di venti dialetti dell'Italia del nord. 20- 1- 91 Nel medioevo il senso della comunicazione e dello spettacolo éra enorme. Questo per dirvi l'importanza che aveva il brano che vado a recitarvi nel cinquecento e anche nel quattrocento. Il brano è quello della resurrezione di Lazzaro. Come mai éra così importante, ripetuto nella cronaca e certe volte anche nei testi, se pur nei frammenti, 690 questa giullarata che vado ad eseguire? Perché trattava di un argomento che stava a cuore alla popolazione quello del mercato delle cose sacre, infatti "Mistero Buffo" significa rappresentazione sacra messa in grottesco, nel senso di fare ironia e satira verso coloro che delle cose sacre si approfittano per fare mercato. Infatti, a quel tempo, uno dei giochi di mercato, contro i quali si éra scagliato ad esempio Martin Lutero, éra, da una parte il mercato delle reliquie e dall'altra quello delle indulgenze. Voi sapete che la chiesa offriva indulgenze a pagamento, attraverso messe ecc... per le anime dei beati che si trovavano in purgatorio: si diceva che quando un ricco andava morendo e l'anima usciva dal corpo del defunto otteneva una propellenza spaventosa grazie alle orazioni, ai canti, alle messe cantate, dette,recitate, a tutti i conventi che di colpo si mettevano a pregare per l'anima del beato... quest'anima usciva dal corpo quasi come un tappo di champagne... e andava a proiettarsi verso il luogo dove avrebbe dovuto scontare anni e anni già decurtata di tutti gli anni, e arrivava pulita, linda al purgatorio e non si fermava neanche. C'erano i beati che dicevano " E' ARRIVATO!" BOOOM partiva in avanti con una tale carica che sorpassava anche il paradiso...c'éra San Pietro che si sbracciava ma lei non si fermava... tanto che si dice che ancora oggi ci sono degli astronauti che vedono dal loro oblò passare le anime dei beati che se ne vanno gridando "DOV'E' IL PARADISO???" AHAAAAAAA e spariscono nel nulla. (1983: C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese poiché il valore delle preghiere cambiava di settimana in 691 settimana... che so, il paternostro valeva 250 giorni d'indulgenza, l'ave Maria...) 20.01.91 Un altro termine di mercato che indignava la popolazione nel medioevo éra quello delle reliquie, sapete che i santi venivano letteralmente spogliati dei loro abiti che venivano fatti a pezzettini, messi sotto vetro, portati in teche, venduti, comprati... insomma se una chiesa non aveva almeno quattro o cinque pezzi di santi da mostrare non éra neanche da considerare.(1983: Dieci chiese in Italia hanno una mano di uno stesso santo) C'erano addirittura città come quella di Milano che aveva cinque o sei santi protettori!! Uno dei viaggi che mi ha veramente entusiasmato è stato quello delle tre reliquie dei tre Re Magi che furono rapite da Barbarossa. Prima di far crollare la città e di sterminarla si éra appropriato di queste reliquie che stavano in San Eustorgio e pezzi dei Re Magi, mantelli dei Re Magi, scarpe dei Re Magi... un pezzo del cammello dei Re Magi, e se le sono portate a Colonia, e questo è stato un viaggio faticosissimo perché c'erano i milanesi che lo rincorrevano, lo aggredivano per poter riprendere se non altro una parte delle reliquie. Un sant'uomo straordinario... tutti aspettavano che crepasse per disfarlo completamente e poter vendere i frammenti... éra lì che si éra addormentato per un secondo BOOOM gli sono saliti addosso "NOO! STO DORMENDO" "TROPPO TARDI!" l'avevano già disfatto. A Norcia in Umbria, c'éra un santo protettore, una città senza santo protettore è una schifezza... a questi qua oltrettutto avevano saccheggiato il loro santo, gli erano rimasti quattro 692 o cinque ossicini e dei bambini ladri l'avevano venduti per tutta l'Europa, fatto stà che è nato un comitato cittadino per il recupero del santo della città e sono partiti, dopo aver raccolto qualche milione per poter ricomprare dalle varie chiese sparse in tutta l'Europa i frammenti del proprio santo. Sono tornati ognuno col proprio sacchetto con il proprio frammento, l'hanno rimesso insieme come una specie di puzzle enorme "QUESTO VA QUA! QUESTO VA QUA!"... e alla fine éra un MAMMUT. Avevano venduto un mammut. Non posso giurare che sia veritiera questa storia, magari l'hanno inventata i perugini o gli ecubini che sono tremendi, fatto sta che viene raccontata in umbria. Un'altra storia che non è assolutamente inventata è quella della nascita del regno inglese. Voi sapete che fu Guglielmo il conquistatore, William il rosso, il normanno terribile, un pò zozzone, un pò pesante, un pò triviale, éra un barbaro... cosa vuoi pretendere da un barbaro!, che costruì di fatto il regno inglese. Questo re fu sollecitato dai canonici, si éra da poco fatto cristiano, a ritrovare un santo protettore, senza santo protettore, che porta con sé anche la bandiera è impossibile creare un regno, almeno nel medioevo, siamo attorno al mille, millecento. Così, fu sollecitato a mandare dei messi intorno ad acquistare un santo degno con tanto di bandiera alloccata. Partirono dei messi, girarono tutta l'Europa ma c'erano città che avevano quattro o cinque santi ma ... NEANCHE PER IDEA! "Ma noi lo paghiamo, per carità" "No, non ci interessa, il santo non si tocca, menagramo portarsi via il santo". Fatto stà che sono arrivati in Italia e hanno trovato la città che ha accettato di vendere il 693 proprio santo protettore, indovinate qual'è... GENOVA! A Genova, come sono scesi dalla nave, erano lì così "scusate, conoscete qualche città dove potrei trovare..." " QUA! L'importante è che ce lo paghiate come si deve..."(1983: "AH AH AH ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!"). Il commento che faccio sempre è che "a Genova ti vendono anche la madre..."; questa frase per poco non mi costa il disastro al debutto in America. Io ho debuttato con Franca, avevamo due spettacoli diversi, a Boston e per un pelo non succede un disastro perché ho detto questa battuta... guarda la scalogna, non c'è un genovese in seconda fila... che si è messo ad urlare "NON E' VERO'! NOI GENOVESI NON VENDIAMO LA NOSTRA MADRE!" "Se gliela pagano bene!" "AH, BEH, ALLORA...". E' stato molto bello quando ho raccontato questa storia a Genova, c'è stato un silenzio, c'éra soltanto gente di Savona che faceva delle risate tremende. Fatto stà che gli vendettero il loro santo, e sapete qual'è il santo di Genova? San Giorgio, no! E guarda caso San Giorgio è appunto il santo oggi degli inglesi che non lo avevano e se lo sono preso... hanno fatto a metà. Però le spoglie del santo erano state vendute interamente agli inglesi, avevano venduto San Giorgio, la mummia naturalmente, con il suo elmo, la corazza, con gli spalloni, i cosciali, il gonnellino, la spada, la lancia... la bandiera e ... com'è la bandiera di Genova? E' bianca, lunga, con le due penne, con una croce rossa molto stretta e con il braccio frontale più largo... ed è uguale alla bandiera inglese, inglese, non sto dicendo della Bretagna, che è quella mista dell'Irlanda, Scozia e Inghilterra, ma quella di San Giorgio. 694 Gli hanno venduto tutta questa parure, e per completarla gli hanno venduto anche il drago... un draghetto un pò incartapecorito,tutto avvinghiato a San Giorgio, ormai son diventati amici, è affettuoso... Ebbene due secoli dopo, il papa, questo fatto dell'acquisto pagato oro, di questo santo col draghetto ecc..., ha decretato da Roma che San Giorgio éra INESISTENTE! Non éra mai esistito, se l'erano inventato i genovesi che siccome non c'erano più santi intorno ce lo inventiamo... Non vi dico gli inglesi come se la sono presa, se la sono legata al dito, tant'è vero che qualche secolo dopo hanno approfittato per staccarsi dal Papa, hanno fondato una chiesa propria, hanno detto "NO, NO, BASTA!", questo per vendetta per quello che aveva fatto il Papa secoli prima. La cosa straordinaria è che gli inglesi, qualche anno fa sono andati nella cattedrale di San Paolo, nella quale c'è la teca con il santo dentro, e hanno voluto capire da dove venisse quel cadavere che avevano comprato dai genovesi vestito... hanno fatto le fotografie con gli infrarossi, l'hanno sezionato ecc... e hanno scoperto che si trattava del cadavere... di un turco! NEANCHE QUELLO DI UN CRISTIANO CON TUTTI I MORTI CHE CI SONO IN GIRO!!! MA DAGLI QUELLO DI UN CRISTIANO! NO! La beffa proprio... che per essere carogne i genovesi in certi casi... La contro-beffa TAC un turco... e il drago non éra un drago ma un coccodrillo del nido CON LA SCOGLIOSI! Io e Franca abbiamo recitato per parecchi mesi a Londra, ebbene tutte le sere quando raccontavo questo particolare c'éra il pubblico inglese che SI-GHIOZZAVA! Poi sentirselo raccontare da un italiano "sapete 695 che..." una sofferenza, delle lacrime che scendevano e in fondo c'erano gli irlandesi che ridevano come dei pazzi AHAHAHAH. Ma perché i giullari sceglievano proprio questo miracolo e non altri per indicare il gioco del mercato, della sopraffazione, della perfidia dei mercanti nello sfruttamento dei miracoli e del mercato che se ne faceva intorno. Credo perché nella tradizione popolare legata al vangelo questo éra il miracolo più importante realizzato da Gesù Cristo perché prima di tutto è la prima resurrezione e poi è stato realizzato come gesto d'amore per la madre. La Madonna éra parente stretta di Lazzaro e Lazzaro éra amato da lei come nessun altro parente, éra quello che éra più affettuoso con lei, che l'aiutava, le teneva compagnia soprattutto quando il figlio se ne andava in giro a predicare, non éra mai in casa e lei si lamentava "ma questo figlio non lo vedo mai..." eccetera eccetera, lui l'accompagnava quando andavano a trovare il figlio, c'éra sempre Lazzaro vicino. Quando muore la Madonna ha un crollo incredibile, un dolore, sta morendo veramente anche lei, non parla più, non mangia più, non sorride e i parenti preoccupati mandano subito a chiamare Gesù Cristo, che non si sa dove sia... andava, non lasciava detto mai dove andasse, decideva all'ultimo momento se andar di qua o di là, con quei dodici che lo seguivano e lo portavano via... CATTIVE COMPAGNIE! Vanno a cercare questo benedetto figliolo "dov'è andato? Chiamatelo la mamma sta male..." non lo trovano.( 1983: Non si sapeva dove fosse a predicare.Éra uno che andava senza un programma!). Finalmente lo trovano lassù in 696 montagna, il famoso discorso della montagna, s'éra portato appresso tutta la gente in questa specie di grande anfiteatro, c'è qualche santo del gruppo che disse, pare che fosse Giuda che si occupasse dell'organizzazione, lui chiedeva i denari...che pare che abbia venduto Gesù per coprire un buco finanziario, éra una vergogna, un crollo, éra meglio ammazzarlo che mettere in giro la voce che non si pagassero i debiti. Eh, la logica... Bocca avrebbe detto che aveva fatto bene... Bocca ovvero il lapalissiano: "il petrolio l'hanno loro, noi abbiamo bisogno del petrolio, quel disgraziato va in un posto dove ci vendono il petrolio... noi andiamo a prendere il petrolio. MA LORO NON CE LO LASCIANO...E NOI, PORCO CANE...". Allora, vanno sulla montagna, è tardi , è tardi, bisogna fare qualche cosa, dar da mangiare, chi è che ha qualche cosa da mangiare, qualcuno dice "io ho portato un pezzo di pane" e il companatico? Qualcuno ha una fetta di prosciutto, salame, qualcosa, anche della frutta...? "UN PESCE, io mi son portato un pesce ce l'ho qua"... uno che arriva in montagna con un pesce... BOH! TEMPI ANTICHI! Tutti dicevano "ma chi è che...PUZZA quello lì" "SERVE PER IL MIRACOLO DOPO..." "AAAHHH". Allora tira fuori il pesce, Gesù lo mette in un cesto, scuote il cesto con dentro un pezzo di pane, lo butta per aria BOOOOM una tempesta... di panini con dentro il pesce, addirittura con lo stuzzicadente dentro, con l'oliva, tutto già preparato, anche il tovagliolino intorno... FAST FOOD...Che poi è uno di quei miracoli che i politici hanno sognato di realizzare...pensate durante un comizio..."Ebbene noi faremo...BRUUUUM" Craxi ha tentato più di una volta... ha preso il cappello, ci ha 697 messo il panino, il pesce TO’ TO’ TO’ per aria..."NON VIENE GIU' NIENTE!" C'éra Pillitteri che faceva TUTUTUTU. Ma io mi domando ma chissà perché Pillitteri fa tanto ridere?! Batte tutti i record! Appena esce Pillitteri AHAHAHAH... io però devo dire che lui è molto spiritoso, gliel'ho raccontato... un coraggio!! E ha riso come un pazzo CON LE LACRIME! Non gli ho detto che quello che portavan via éra Pillitteri! Anzi gli ho fatto credere che fosse Martelli, gli ho detto un socialista piccolo... non andateglielo a dire però voi... non fate questa carognata. Allora appena arrivano sulla montagna c'è Gesù Cristo che... e questo qui lo interrompe "GESU' GUARDA CHE LAZZARO E' MORTO!" "ODDIO", espressione tipica di Gesù... si mette a posto il suo cerchietto e scende giù a valle. Appena arriva a valle, c'è la Madonna disperata e lui è talmente rattristito e preoccupato vedendo il suo dolore che non può fare a meno e decide di ridare la vita, ed è la prima volta... poi ci ha preso mano e allora...no questa non dovevo dirla! Ora voi vedrete un visitatore, un curioso che si reca al cimitero per poter assistere alla rappresentazione del miracolo e c'è un sacco di pubblico che magari non è neanche tanto fedele ma che accorre proprio per vedere questa cosa straordinaria LA RESURREZIONE un numero che pochissimi sanno eseguire. Il guardiano del cimitero pretende di avere degli oboli, dei soldi, per permettere al pubblico di assistere allo spettacolo. Poi di colpo c'è un personaggio che è arrivato all'alba che dice quanto è preoccupato di realizzare chiaramente la tecnica del miracolo e ci sono degli altri che entrano e che spingono e si buttano l'un l'altro dentro la 698 tomba aperta, poi c'è un tale che viene ad affittare le sedie per fare sedere le donne, un'altro che vende i pesci secchi fritti, le acciughe, le saracche, le sardine e poi c'è della gente che addirittura tiene scommessa! Qui l'allegoria al mercato delle cose sacre. Ebbene io userò un dialetto padano.(1983: La lingua che parlo è una lingua inventata dai comici medioevali che si chiamavano giullari: è l'insieme di venti dialetti dell'Italia del nord). (PRESENTAZIONE LAZZARO 1976:Il dialetto è quello dell'Italia del nord, di tutta la fascia dell'Italia del Nord, di tutta la valle padana, bisogna dire subito che il linguaggio usato dai comici, dai giullari è meglio dire, del medioevo, éra un linguaggio composito, inventato apposta per fare teatro, pieno di suoni onomatopeici, si sceglievano appositamente termini di dialetti diversi a secondo dell'interesse che si doveva dare, la chiave, il valore di certi momenti. C'è il famoso "rispetto contrasto" fra la ragazza e la madre: la madre ha capito che la ragazza si è innamorata di un giovane già maturo però, la ragazza è giovanissima, teme che vada a far l'amore con questo ragazzo e allora la vuole spaventare "Attenta a té, quando fai l'amore alla tua età puoi morire!!!". La figlia dice: "SI, vallo a raccontare ad un altro... con lo mio drudo voia esser visina, più visin che non è la camisa, tuta desnuda voio restare, lo cor mé senteria legrare, gimai vorria esser divisa", io tutta vicina col mio ragazzo mé ne voglio stare, nuda, pelle a pelle, più vicina che non sono alla mia camicia, tutta nuda mé lo voglio abbracciare e nessuno riuscirà a slacciarmi da questo abbraccio, il cuore mi sentirò certo allegrare, mai ne voglio 699 essere divisa. Poi la madre dice "Vabbè, fatti tuoi, fai quello che credi". La ragazza va a far l'amore con il ragazzo, ad un certo punto si spaventa ricordandosi quello che le ha detto la madre, l'allontana e dice: "Non mi toccare che io giovane sono, sono giovane, sono giovane, sono giovane", però, lo dice usando la bellezza di sei o sette dialetti in fila e allora il valore poetico, drammatico della frase lo potete giudicare da voi "Non mé toccar a mi che zoina son, puta, tosa son, fiola son e garsonetta". Ecco, questo ritmo, con questa pausa rappresenta da subito l'ansia, il timore, il dramma... e questa è una possibilità che hanno solo i dialetti usati per il teatro................................................................................ Una cosa importante di questo testo è che, come in "Maria alla croce" che avete visto recitare da Franca, Franca recitava sei, sette, otto personaggi in fila, ma non indicandoli di volta in volta, éra sempre il timbro uguale preciso, che parlasse l'angelo, il soldato, la madonna... erano i tempi, i ritmi che facevano nascere le immagini e soprattutto i personaggi. Questo teatro impone di recitare non facendo il verso all'imitazione, ecco! L'imitazione veramente è la forma più bassa di teatro che si possa pensare. No! Qui è la ricostruzione, il fabbricare, riportare l'immagine di personaggi senza mai cambiar la voce ecc..., perché quando si vuole imitare fino in fondo vuol dire che non si ha fiducia nell'intelligenza, nella fantasia della gente... Questo è teatro epico. Che significa epico? E' propriamente il teatro popolare, Brecht a proposito del teatro epico che prese come modello e come indicazione diceva "l'attore che recita il teatro epico deve uscire dal personaggio, recitare in terza 700 persona, cioè essere al di sopra, al di fuori, portarlo in scena come fa un burattinaio con il suo burattino, essere presente, condizionarlo, criticarlo, metterlo in evidenza... deve essere un presentatore del suo personaggio, deve capovolgerlo, mostrarlo in tutte le sue dimensioni, con intelligenza e con ragione". Invece il teatro aristocratico, in particolare Stanislavkj, il grande maestro del teatro borghese, dice all'attore: "No! Tu devi trovare in té stesso, dentro le tue viscere, la tua trippa, tutto quello che serve a vestire il personaggio... di té devi parlare, dei tuoi problemi, delle tue angosce, di té stesso". L'attore deve parlare di sé - IO- è il fatto principale - IO- deve vestire il personaggio, e il pubblico vede nei particolari problemi individuali dell'attore che recita, i propri problemi. L'individualismo - IO, e gli altri- è la filosofia, l'ideologia borghese che viene avanti chiara, per quanto riguarda il popolo invece è - NOINOIALTRI- i problemi che ci legano, portare avanti insieme, il che non vuol dire dal momento che siamo noi tutti a creare le masse, quando qualcuno dice "massa" è qualcosa di basso, ottuso, gente grigia che non ha effervescenza, tutti uguali! No! Disuguali, con grandi fermenti, fantasie, creatività, con opposizione, con grande dialettica, ma non per fottersi uno con l'altro, non per stangarsi "Cà nisciuno è fesso". E' un problema di noi come collettività. Qualcuno diceva come comunione... non c'entra niente la liberazione, è un'altra cosa... Comunione e libertà, essere insieme per dare tutto il proprio ingegno, la propria individualità, per concorrere insieme agli altri a fare un mondo migliore insomma - il comunismo-, quella roba lì... 701 allora recitare vedete che è un fatto politico, si fa della politica a cominciare da modo in cui concepisci i personaggi. Questo in particolare è un pezzo che m'impone tutte le volte di reinventare, ed è fatica ma è anche una grande gioia, sul pubblico, perché il pubblico cambia di umori, aspetti, velocità. C'è quello che ride di sommesso, quello che va su, quello che atterra prima, quello che glielo spiega a quello, quello che fa la risata sulla risata, quello che ride in ritardo perché ci sono quelli eh? AH AH AH, quello che solfeggia, quello che ride in ritorno, in ripresa, ieri c'éra uno che mi ha fatto impazzire tutte le sere, faceva "Uh...", se la rideva in andata ed in uscita, quando prendeva respiro rideva e poi "AH AH AH", ma rideva già prima doppio, per non consumare. Allora questo mi dà il timbro, il tono, come mi devo muovere, il frenare, aggiungere delle battute, scontarle, tagliarle al volo, raddoppiarle, aumentare la voce, andare in fretta, calmarmi, prendere... E' UNA FATICA BOIA!! Però è una grossa soddisfazione perché mi permette di avere un pò una gioia del pescatore, pescare, infatti la risata si pesca, si riprende e bisogna stare attenti con il pubblico di non blandirlo sempre, non è che devi... fà la risata, vai, vai, vai... fin quando si consuma, chi se ne frega! No! C'è il coraggio di tagliarla, bisogna stringere, fargli fare, per esempio, il saltarello, la risata AH AH AH... OH, basta che è difficilissimo! Bisogna fargliele fare... è un pò come il pescatore quindi, che deve ascoltare che tipo di pesce ha sotto l' esca, quando ha abboccato capire che magari devi tirare subito, oppure aspettare che se lo ingoi tutto fino all'intestino e andargli dietro, non tirare subito, vederlo 702 saltare, attenzione ai sassi... la corrente, lasciarli andare, riprendere, al momento buono TACCHETA il colpo! E non troppo forte... se no ti arriva soltanto la bocca che si è staccata... la frittura mista di bocca di pesce non è un granché! Ad ogni modo incominciamo... L'ingresso in un cimitero... IL MIRACOLO DI LAZZARO (1983) I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese, in particolare il pezzo che io vado a recitare, 'Il miracolo di Lazzaro', si può dire che é nato proprio dentro nelle chiese e io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa sconsacrata, a Savona e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si é detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi. Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodo bui-duri. Il pezzo che vado recitando é un pezzo di satira contro coloro che fanno mercato nella chiesa, é un pezzo del '500. Voi sapete che nel '400 e nel '500, in tutta Europa, si faceva mercato soprattutto delle indulgenze. Si pagava per far dire delle messe per i morti, le anime in purgatorio. C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese perché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana. Che sò, il paternostro valeva 250 giorni di indulgenza, l'ave Maria...... 703 Un'altra cosa che indignava il popolo éra il mercato delle reliquie, si vendevano pezzi di stoffa, pezzi di santo, unghie, pezzi di ossa addirittura mani. Dieci chiese in Italia hanno una mano dello stesso santo. Un santo stranissimo: san ragno. Ci furono degli uomini, dei santi, della chiesa che si indignarono e scrissero lettere di fuoco contro questo andamento. Il massimo é quando i re prendevano il potere, i re nuovi avevano bisogno di un santo protettore e lo comperavano. Ferdinando I d'Aragona si comprò un santo intiero, una mummia, per dimostrare che aveva un appoggio straordinario, ma credo che il massimo sia accaduto alla famiglia reale inglese. Il primo re inglese che nel 1000 prese il potere, si éra fatto cristiano da poco e doveva dimostrare di essere appoggiato da un santo importante, mandò intorno gente a comperargliene uno. Comprarono San Giorgio. San Giorgio é il protettore ancora attuale dell'Inghilterra. Gli inglesi sono orgogliosissimi del loro santo. Indovinate da chi hanno comperato la salma di San Giorgio. Indovinate! Dai genovesi! Io ho parenti genovesi, posso permettermi di fare dell'ironia. Banchieri genovesi vendettero la salma di S. Giorgio agli inglesi e S.Giorgio éra il protettore di genova. " Ah, ah ah... ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!" E gli vendettero anche il drago... e anche la bandiera di genova. Attenzione parlo della bandiera bianca con la riga rossa, non confondetevi con la bandiera britannica. La Gran 704 Bretagna ha la bandiera che é l'insieme della inglese e della scozzese. Non proprio quella che forza (?!) Ma poi 5 anni fa, vi ricordate il Vaticano fece un' inchiesta per valutare quali erano i santi veri e quali i falsi e scoprirono che S. Giorgio éra un santo inesistente - non éra mai esistito. Quindi gli inglesi sono andati a vedere chi éra, hanno fatto degli esami ed hanno scoperto che éra il cadavere di un turco e che il drago éra un coccodrillo. Io raccontavo questo fatto l'anno scorso a Londra al River Side e quando raccontavo questa cosa gli inglesi piangevano, non protestavano, ma piangevano. Dicevo, il popolo s'idignava con questo mercato e naturalmente rispondeva attraverso la sua arma maggiore che éra la risata. Da sempre il popolo ha avuto l'arma nell'ironia, la sua arma maggiore che non piace mai ai potenti. In questa storia vediamo il mercato realizzato dentro il cimitero dove avverrà il miracolo della resurrezione di Lazzaro. Cioé la satira sta proprio nel notare come qualcuno vede nel miracolo non qualche cosa di straordinario, di sacro, ma come distruzione del momento sacro. Ora bisogna sapere soprattutto come ha sempre visto il popolo la resurrezione di Lazzaro. Come l'atto d'amore più grande di un figlio verso sua madre, perché, come si racconta nel vangelo, Lazzaro éra un parente stretto della Madonna e lei teneva Lazzaro come un figlio. Quando morì Lazzaro, la madonna cadde in una disperazione incredibile e mandarono a chiamare il figlio. Però non si sapeva dove fosse a predicare. Éra uno che andava senza programma. Finalmente lo trovarono su una montagna "Cristo guarda che 705 c'é tua madre che piange". Cristo scende, arriva al paese e trova che Lazzaro é stato seppellito già da tre giorni. Ciò nonostante, pur di vedere il sorriso negli occhi di sua madre, decide di fare questo miracolo. Quindi una sacralità maggiore il popolo ha verso questo miracolo ed é per questo che si offende di vederlo ridotto a puro spettacolo. Ora questa satira viene recitata come se fosse in un cimitero. C' é la gente che entra in massa e come in uno spettacolo spingono, cercano il posto migliore, c'é chi addirittura arriva ad affittare delle sedie alle donne perché si siedano e vedano lo spettacolo comode. Chi addirittura arriva con dei cartocci con dentro delle ...acciughe fritte per venderle e mangiarle durante lo spettacolo. E c'é chi addirittura ha scommesso che Gesù Cristo riuscirà o meno fare il miracolo. Tutto questo viene recitato da mé facendo tutti i personaggi. La lingua che parlo é una lingua inventata da comici medievali che si chiamavano giullari. E' l'insieme di venti dialetti dell'Italia del nord. 20.01.91 Un altro termine di mercato che indignava la popolazione nel medioevo éra quello delle reliquie, sapete che i santi venivano letteralmente spogliati dei loro abiti che venivano fatti a pezzettini, messi sotto vetro, portati in teche, venduti, comprati... insomma se una chiesa non aveva almeno quattro o cinque pezzi di santi da mostrare non éra neanche da considerare.(1983: Dieci chiese in Italia hanno una mano di uno stesso santo) C'erano addirittura città come quella di Milano che aveva cinque o sei santi protettori!! Uno dei 706 viaggi che mi ha veramente entusiasmato è stato quello delle tre reliquie dei tre Re Magi che furono rapite da Barbarossa. Prima di far crollare la città e di sterminarla si éra appropriato di queste reliquie che stavano in San Eustorgio e pezzi dei Re Magi, mantelli dei Re Magi, scarpe dei Re Magi... un pezzo del cammello dei Re Magi, e se le sono portate a Colonia, e questo è stato un viaggio faticosissimo perché c'erano i milanesi che lo rincorrevano, lo aggredivano per poter riprendere se non altro una parte delle reliquie. Un sant'uomo straordinario... tutti aspettavano che crepasse per disfarlo completamente e poter vendere i frammenti... éra lì che si éra addormentato per un secondo BOOOM gli sono saliti addosso "NOO! STO DORMENDO" "TROPPO TARDI!" l'avevano già disfatto. A Norcia in Umbria, c'éra un santo protettore, una città senza santo protettore è una schifezza... a questi qua oltrettutto avevano saccheggiato il loro santo, gli erano rimasti quattro o cinque ossicini e dei bambini ladri l'avevano venduti per tutta l'Europa, fatto stà che è nato un comitato cittadino per il recupero del santo della città e sono partiti, dopo aver raccolto qualche milione per poter ricomprare dalle varie chiese sparse in tutta l'Europa i frammenti del proprio santo. Sono tornati ognuno col proprio sacchetto con il proprio frammento, l'hanno rimesso insieme come una specie di puzzle enorme "QUESTO VA QUA! QUESTO VA QUA!"... e alla fine éra un MAMMUT. Avevano venduto un mammut. Non posso giurare che sia veritiera questa storia, magari l'hanno inventata i perugini o gli ecubini che sono tremendi, fatto sta che viene raccontata in umbria. 707 Un'altra storia che non è assolutamente inventata è quella della nascita del regno inglese. Voi sapete che fu Guglielmo il conquistatore, William il rosso, il normanno terribile, un pò zozzone, un pò pesante, un pò triviale, éra un barbaro... cosa vuoi pretendere da un barbaro!, che costruì di fatto il regno inglese. Questo re fu sollecitato dai canonici, si éra da poco fatto cristiano, a ritrovare un santo protettore, senza santo protettore, che porta con sé anche la bandiera è impossibile creare un regno, almeno nel medioevo, siamo attorno al mille, millecento. Così, fu sollecitato a mandare dei messi intorno ad acquistare un santo degno con tanto di bandiera alloccata. Partirono dei messi, girarono tutta l'Europa ma c'erano città che avevano quattro o cinque santi ma ... NEANCHE PER IDEA! "Ma noi lo paghiamo, per carità" "No, non ci interessa, il santo non si tocca, menagramo portarsi via il santo". Fatto stà che sono arrivati in Italia e hanno trovato la città che ha accettato di vendere il proprio santo protettore, indovinate qual'è... GENOVA! A Genova, come sono scesi dalla nave, erano lì così "scusate, conoscete qualche città dove potrei trovare..." " QUA! L'importante è che ce lo paghiate come si deve..."(1983: "AH AH AH ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!"). Il commento che faccio sempre è che "a Genova ti vendono anche la madre..."; questa frase per poco non mi costa il disastro al debutto in America. Io ho debuttato con Franca, avevamo due spettacoli diversi, a Boston e per un pelo non succede un disastro perché ho detto questa battuta... guarda la scalogna, non c'è un genovese in seconda fila... che si è messo ad urlare "NON E' VERO'! NOI GENOVESI 708 NON VENDIAMO LA NOSTRA MADRE!" "Se gliela pagano bene!" "AH, BEH, ALLORA...". E' stato molto bello quando ho raccontato questa storia a Genova, c'è stato un silenzio, c'éra soltanto gente di Savona che faceva delle risate tremende. Fatto stà che gli vendettero il loro santo, e sapete qual'è il santo di Genova? San Giorgio, no! E guarda caso San Giorgio è appunto il santo oggi degli inglesi che non lo avevano e se lo sono preso... hanno fatto a metà. Però le spoglie del santo erano state vendute interamente agli inglesi, avevano venduto San Giorgio, la mummia naturalmente, con il suo elmo, la corazza, con gli spalloni, i cosciali, il gonnellino, la spada, la lancia... la bandiera e ... com'è la bandiera di Genova? E' bianca, lunga, con le due penne, con una croce rossa molto stretta e con il braccio frontale più largo... ed è uguale alla bandiera inglese, inglese, non sto dicendo della Bretagna, che è quella mista dell'Irlanda, Scozia e Inghilterra, ma quella di San Giorgio. Gli hanno venduto tutta questa parure, e per completarla gli hanno venduto anche il drago... un draghetto un pò incartapecorito,tutto avvinghiato a San Giorgio, ormai son diventati amici, è affettuoso... Ebbene due secoli dopo, il papa, questo fatto dell'acquisto pagato oro, di questo santo col draghetto ecc..., ha decretato da Roma che San Giorgio éra INESISTENTE! Non éra mai esistito, se l'erano inventato i genovesi che siccome non c'erano più santi intorno ce lo inventiamo... Non vi dico gli inglesi come se la sono presa, se la sono legata al dito, tant'è vero che qualche secolo dopo hanno approfittato per staccarsi dal Papa, hanno fondato una chiesa propria, hanno detto "NO, NO, 709 BASTA!", questo per vendetta per quello che aveva fatto il Papa secoli prima. La cosa straordinaria è che gli inglesi, qualche anno fa sono andati nella cattedrale di San Paolo, nella quale c'è la teca con il santo dentro, e hanno voluto capire da dove venisse quel cadavere che avevano comprato dai genovesi vestito... hanno fatto le fotografie con gli infrarossi, l'hanno sezionato ecc... e hanno scoperto che si trattava del cadavere... di un turco! NEANCHE QUELLO DI UN CRISTIANO CON TUTTI I MORTI CHE CI SONO IN GIRO!!! MA DAGLI QUELLO DI UN CRISTIANO! NO! La beffa proprio... che per essere carogne i genovesi in certi casi... La contro-beffa TAC un turco... e il drago non éra un drago ma un coccodrillo del nido CON LA SCOGLIOSI! Io e Franca abbiamo recitato per parecchi mesi a Londra, ebbene tutte le sere quando raccontavo questo particolare c'éra il pubblico inglese che SI-GHIOZZAVA! Poi sentirselo raccontare da un italiano "sapete che..." una sofferenza, delle lacrime che scendevano e in fondo c'erano gli irlandesi che ridevano come dei pazzi AHAHAHAH. Ma perché i giullari sceglievano proprio questo miracolo e non altri per indicare il gioco del mercato, della sopraffazione, della perfidia dei mercanti nello sfruttamento dei miracoli e del mercato che se ne faceva intorno. Credo perché nella tradizione popolare legata al vangelo questo éra il miracolo più importante realizzato da Gesù Cristo perché prima di tutto è la prima resurrezione e poi è stato realizzato come gesto d'amore per la madre. La Madonna éra parente stretta di Lazzaro e Lazzaro éra amato da lei come nessun altro parente, éra quello che éra più 710 affettuoso con lei, che l'aiutava, le teneva compagnia soprattutto quando il figlio se ne andava in giro a predicare, non éra mai in casa e lei si lamentava "ma questo figlio non lo vedo mai..." eccetera eccetera, lui l'accompagnava quando andavano a trovare il figlio, c'éra sempre Lazzaro vicino. Quando muore la Madonna ha un crollo incredibile, un dolore, sta morendo veramente anche lei, non parla più, non mangia più, non sorride e i parenti preoccupati mandano subito a chiamare Gesù Cristo, che non si sa dove sia... andava, non lasciava detto mai dove andasse, decideva all'ultimo momento se andar di qua o di là, con quei dodici che lo seguivano e lo portavano via... CATTIVE COMPAGNIE! Vanno a cercare questo benedetto figliolo "dov'è andato? Chiamatelo la mamma sta male..." non lo trovano.( 1983: Non si sapeva dove fosse a predicare.Éra uno che andava senza un programma!). Finalmente lo trovano lassù in montagna, il famoso discorso della montagna, s'éra portato appresso tutta la gente in questa specie di grande anfiteatro, c'è qualche santo del gruppo che disse, pare che fosse Giuda che si occupasse dell'organizzazione, lui chiedeva i denari...che pare che abbia venduto Gesù per coprire un buco finanziario, éra una vergogna, un crollo, éra meglio ammazzarlo che mettere in giro la voce che non si pagassero i debiti. Eh, la logica... Bocca avrebbe detto che aveva fatto bene... Bocca ovvero il lapalissiano: "il petrolio l'hanno loro, noi abbiamo bisogno del petrolio, quel disgraziato va in un posto dove ci vendono il petrolio... noi andiamo a prendere il petrolio. MA LORO NON CE LO LASCIANO...E NOI, 711 PORCO CANE...". Allora, vanno sulla montagna, è tardi , è tardi, bisogna fare qualche cosa, dar da mangiare, chi è che ha qualche cosa da mangiare, qualcuno dice "io ho portato un pezzo di pane" e il companatico? Qualcuno ha una fetta di prosciutto, salame, qualcosa, anche della frutta...? "UN PESCE, io mi son portato un pesce ce l'ho qua"... uno che arriva in montagna con un pesce... BOH! TEMPI ANTICHI! Tutti dicevano "ma chi è che...PUZZA quello lì" "SERVE PER IL MIRACOLO DOPO..." "AAAHHH". Allora tira fuori il pesce, Gesù lo mette in un cesto, scuote il cesto con dentro un pezzo di pane, lo butta per aria BOOOOM una tempesta... di panini con dentro il pesce, addirittura con lo stuzzicadente dentro, con l'oliva, tutto già preparato, anche il tovagliolino intorno... FAST FOOD...Che poi è uno di quei miracoli che i politici hanno sognato di realizzare...pensate durante un comizio..."Ebbene noi faremo...BRUUUUM" Craxi ha tentato più di una volta... ha preso il cappello, ci ha messo il panino, il pesce TO’ TO’ TO’ per aria..."NON VIENE GIU' NIENTE!" C'éra Pillitteri che faceva TUTUTUTU. Ma io mi domando ma chissà perché Pillitteri fa tanto ridere?! Batte tutti i record! Appena esce Pillitteri AHAHAHAH... io però devo dire che lui è molto spiritoso, gliel'ho raccontato... un coraggio!! E ha riso come un pazzo CON LE LACRIME! Non gli ho detto che quello che portavan via éra Pillitteri! Anzi gli ho fatto credere che fosse Martelli, gli ho detto un socialista piccolo... non andateglielo a dire però voi... non fate questa carognata. Allora appena arrivano sulla montagna c'è Gesù Cristo che... e questo qui lo interrompe "GESU' GUARDA CHE LAZZARO E' 712 MORTO!" "ODDIO", espressione tipica di Gesù... si mette a posto il suo cerchietto e scende giù a valle. Appena arriva a valle, c'è la Madonna disperata e lui è talmente rattristito e preoccupato vedendo il suo dolore che non può fare a meno e decide di ridare la vita, ed è la prima volta... poi ci ha preso mano e allora...no questa non dovevo dirla! Ora voi vedrete un visitatore, un curioso che si reca al cimitero per poter assistere alla rappresentazione del miracolo e c'è un sacco di pubblico che magari non è neanche tanto fedele ma che accorre proprio per vedere questa cosa straordinaria LA RESURREZIONE un numero che pochissimi sanno eseguire. Il guardiano del cimitero pretende di avere degli oboli, dei soldi, per permettere al pubblico di assistere allo spettacolo. Poi di colpo c'è un personaggio che è arrivato all'alba che dice quanto è preoccupato di realizzare chiaramente la tecnica del miracolo e ci sono degli altri che entrano e che spingono e si buttano l'un l'altro dentro la tomba aperta, poi c'è un tale che viene ad affittare le sedie per fare sedere le donne, un'altro che vende i pesci secchi fritti, le acciughe, le saracche, le sardine e poi c'è della gente che addirittura tiene scommessa! Qui l'allegoria al mercato delle cose sacre. Ebbene io userò un dialetto padano.(1983: La lingua che parlo è una lingua inventata dai comici medioevali che si chiamavano giullari: è l'insieme di venti dialetti dell'Italia del nord). (PRESENTAZIONE LAZZARO 1976:Il dialetto è quello dell'Italia del nord, di tutta la fascia dell'Italia del Nord, di 713 tutta la valle padana, bisogna dire subito che il linguaggio usato dai comici, dai giullari è meglio dire, del medioevo, éra un linguaggio composito, inventato apposta per fare teatro, pieno di suoni onomatopeici, si sceglievano appositamente termini di dialetti diversi a secondo dell'interesse che si doveva dare, la chiave, il valore di certi momenti. C'è il famoso "rispetto contrasto" fra la ragazza e la madre: la madre ha capito che la ragazza si è innamorata di un giovane già maturo però, la ragazza è giovanissima, teme che vada a far l'amore con questo ragazzo e allora la vuole spaventare "Attenta a té, quando fai l'amore alla tua età puoi morire!!!". La figlia dice: "SI, vallo a raccontare ad un altro... con lo mio drudo voia esser visina, più visin che non è la camisa, tuta desnuda voio restare, lo cor mé senteria legrare, gimai vorria esser divisa", io tutta vicina col mio ragazzo mé ne voglio stare, nuda, pelle a pelle, più vicina che non sono alla mia camicia, tutta nuda mé lo voglio abbracciare e nessuno riuscirà a slacciarmi da questo abbraccio, il cuore mi sentirò certo allegrare, mai ne voglio essere divisa. Poi la madre dice "Vabbè, fatti tuoi, fai quello che credi". La ragazza va a far l'amore con il ragazzo, ad un certo punto si spaventa ricordandosi quello che le ha detto la madre, l'allontana e dice: "Non mi toccare che io giovane sono, sono giovane, sono giovane, sono giovane", però, lo dice usando la bellezza di sei o sette dialetti in fila e allora il valore poetico, drammatico della frase lo potete giudicare da voi "Non mé toccar a mi che zoina son, puta, tosa son, fiola son e garsonetta". Ecco, questo ritmo, con questa pausa rappresenta da subito l'ansia, il timore, il dramma... e questa 714 è una possibilità che hanno solo i dialetti usati per il teatro................................................................................ Una cosa importante di questo testo è che, come in "Maria alla croce" che avete visto recitare da Franca, Franca recitava sei, sette, otto personaggi in fila, ma non indicandoli di volta in volta, éra sempre il timbro uguale preciso, che parlasse l'angelo, il soldato, la madonna... erano i tempi, i ritmi che facevano nascere le immagini e soprattutto i personaggi. Questo teatro impone di recitare non facendo il verso all'imitazione, ecco! L'imitazione veramente è la forma più bassa di teatro che si possa pensare. No! Qui è la ricostruzione, il fabbricare, riportare l'immagine di personaggi senza mai cambiar la voce ecc..., perché quando si vuole imitare fino in fondo vuol dire che non si ha fiducia nell'intelligenza, nella fantasia della gente... Questo è teatro epico. Che significa epico? E' propriamente il teatro popolare, Brecht a proposito del teatro epico che prese come modello e come indicazione diceva "l'attore che recita il teatro epico deve uscire dal personaggio, recitare in terza persona, cioè essere al di sopra, al di fuori, portarlo in scena come fa un burattinaio con il suo burattino, essere presente, condizionarlo, criticarlo, metterlo in evidenza... deve essere un presentatore del suo personaggio, deve capovolgerlo, mostrarlo in tutte le sue dimensioni, con intelligenza e con ragione". Invece il teatro aristocratico, in particolare Stanislavkj, il grande maestro del teatro borghese, dice all'attore: "No! Tu devi trovare in té stesso, dentro le tue viscere, la tua trippa, tutto quello che serve a vestire il personaggio... di té devi parlare, dei tuoi problemi, delle tue 715 angosce, di té stesso". L'attore deve parlare di sé - IO- è il fatto principale - IO- deve vestire il personaggio, e il pubblico vede nei particolari problemi individuali dell'attore che recita, i propri problemi. L'individualismo - IO, e gli altri- è la filosofia, l'ideologia borghese che viene avanti chiara, per quanto riguarda il popolo invece è - NOINOIALTRI- i problemi che ci legano, portare avanti insieme, il che non vuol dire dal momento che siamo noi tutti a creare le masse, quando qualcuno dice "massa" è qualcosa di basso, ottuso, gente grigia che non ha effervescenza, tutti uguali! No! Disuguali, con grandi fermenti, fantasie, creatività, con opposizione, con grande dialettica, ma non per fottersi uno con l'altro, non per stangarsi "Cà nisciuno è fesso". E' un problema di noi come collettività. Qualcuno diceva come comunione... non c'entra niente la liberazione, è un'altra cosa... Comunione e libertà, essere insieme per dare tutto il proprio ingegno, la propria individualità, per concorrere insieme agli altri a fare un mondo migliore insomma - il comunismo-, quella roba lì... allora recitare vedete che è un fatto politico, si fa della politica a cominciare da modo in cui concepisci i personaggi. Questo in particolare è un pezzo che m'impone tutte le volte di reinventare, ed è fatica ma è anche una grande gioia, sul pubblico, perché il pubblico cambia di umori, aspetti, velocità. C'è quello che ride di sommesso, quello che va su, quello che atterra prima, quello che glielo spiega a quello, quello che fa la risata sulla risata, quello che ride in ritardo perché ci sono quelli eh? AH AH AH, quello che solfeggia, quello che ride in ritorno, in ripresa, ieri c'éra uno che mi ha 716 fatto impazzire tutte le sere, faceva "Uh...", se la rideva in andata ed in uscita, quando prendeva respiro rideva e poi "AH AH AH", ma rideva già prima doppio, per non consumare. Allora questo mi dà il timbro, il tono, come mi devo muovere, il frenare, aggiungere delle battute, scontarle, tagliarle al volo, raddoppiarle, aumentare la voce, andare in fretta, calmarmi, prendere... E' UNA FATICA BOIA!! Però è una grossa soddisfazione perché mi permette di avere un pò una gioia del pescatore, pescare, infatti la risata si pesca, si riprende e bisogna stare attenti con il pubblico di non blandirlo sempre, non è che devi... fà la risata, vai, vai, vai... fin quando si consuma, chi se ne frega! No! C'è il coraggio di tagliarla, bisogna stringere, fargli fare, per esempio, il saltarello, la risata AH AH AH... OH, basta che è difficilissimo! Bisogna fargliele fare... è un pò come il pescatore quindi, che deve ascoltare che tipo di pesce ha sotto l' esca, quando ha abboccato capire che magari devi tirare subito, oppure aspettare che se lo ingoi tutto fino all'intestino e andargli dietro, non tirare subito, vederlo saltare, attenzione ai sassi... la corrente, lasciarli andare, riprendere, al momento buono TACCHETA il colpo! E non troppo forte... se no ti arriva soltanto la bocca che si è staccata... la frittura mista di bocca di pesce non è un granché! Ad ogni modo incominciamo... L'ingresso in un cimitero... IL MIRACOLO DI LAZZARO (1983) I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese, in particolare il pezzo che io vado a recitare, 'Il miracolo di 717 Lazzaro', si può dire che é nato proprio dentro nelle chiese e io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa sconsacrata, a Savona e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si é detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi. Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodo bui-duri. Il pezzo che vado recitando é un pezzo di satira contro coloro che fanno mercato nella chiesa, é un pezzo del '500. Voi sapete che nel '400 e nel '500, in tutta Europa, si faceva mercato soprattutto delle indulgenze. Si pagava per far dire delle messe per i morti, le anime in purgatorio. C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese perché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana. Che sò, il paternostro valeva 250 giorni di indulgenza, l'ave Maria...... Un'altra cosa che indignava il popolo éra il mercato delle reliquie, si vendevano pezzi di stoffa, pezzi di santo, unghie, pezzi di ossa addirittura mani. Dieci chiese in Italia hanno una mano dello stesso santo. Un santo stranissimo: san ragno. Ci furono degli uomini, dei santi, della chiesa che si indignarono e scrissero lettere di fuoco contro questo andamento. Il massimo é quando i re prendevano il potere, i re nuovi avevano bisogno di un santo protettore e lo comperavano. Ferdinando I d'Aragona si comprò un santo intiero, una mummia, per dimostrare che aveva un appoggio 718 straordinario, ma credo che il massimo sia accaduto alla famiglia reale inglese. Il primo re inglese che nel 1000 prese il potere, si éra fatto cristiano da poco e doveva dimostrare di essere appoggiato da un santo importante, mandò intorno gente a comperargliene uno. Comprarono San Giorgio. San Giorgio é il protettore ancora attuale dell'Inghilterra. Gli inglesi sono orgogliosissimi del loro santo. Indovinate da chi hanno comperato la salma di San Giorgio. Indovinate! Dai genovesi! Io ho parenti genovesi, posso permettermi di fare dell'ironia. Banchieri genovesi vendettero la salma di S. Giorgio agli inglesi e S.Giorgio éra il protettore di genova. " Ah, ah ah... ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!" E gli vendettero anche il drago... e anche la bandiera di genova. Attenzione parlo della bandiera bianca con la riga rossa, non confondetevi con la bandiera britannica. La Gran Bretagna ha la bandiera che é l'insieme della inglese e della scozzese. Non proprio quella che forza (?!) Ma poi 5 anni fa, vi ricordate il Vaticano fece un' inchiesta per valutare quali erano i santi veri e quali i falsi e scoprirono che S. Giorgio éra un santo inesistente - non éra mai esistito. Quindi gli inglesi sono andati a vedere chi éra, hanno fatto degli esami ed hanno scoperto che éra il cadavere di un turco e che il drago éra un coccodrillo. Io raccontavo questo fatto l'anno scorso a Londra al River Side e quando raccontavo questa cosa gli inglesi piangevano, non protestavano, ma piangevano. Dicevo, il popolo s'idignava con questo mercato e naturalmente rispondeva attraverso la sua arma maggiore che 719 éra la risata. Da sempre il popolo ha avuto l'arma nell'ironia, la sua arma maggiore che non piace mai ai potenti. In questa storia vediamo il mercato realizzato dentro il cimitero dove avverrà il miracolo della resurrezione di Lazzaro. Cioé la satira sta proprio nel notare come qualcuno vede nel miracolo non qualche cosa di straordinario, di sacro, ma come distruzione del momento sacro. Ora bisogna sapere soprattutto come ha sempre visto il popolo la resurrezione di Lazzaro. Come l'atto d'amore più grande di un figlio verso sua madre, perché, come si racconta nel vangelo, Lazzaro éra un parente stretto della Madonna e lei teneva Lazzaro come un figlio. Quando morì Lazzaro, la madonna cadde in una disperazione incredibile e mandarono a chiamare il figlio. Però non si sapeva dove fosse a predicare. Éra uno che andava senza programma. Finalmente lo trovarono su una montagna "Cristo guarda che c'é tua madre che piange". Cristo scende, arriva al paese e trova che Lazzaro é stato seppellito già da tre giorni. Ciò nonostante, pur di vedere il sorriso negli occhi di sua madre, decide di fare questo miracolo. Quindi una sacralità maggiore il popolo ha verso questo miracolo ed é per questo che si offende di vederlo ridotto a puro spettacolo. Ora questa satira viene recitata come se fosse in un cimitero. C' é la gente che entra in massa e come in uno spettacolo spingono, cercano il posto migliore, c'é chi addirittura arriva ad affittare delle sedie alle donne perché si siedano e vedano lo spettacolo comode. Chi addirittura arriva con dei cartocci con dentro delle ...acciughe fritte per venderle e mangiarle 720 durante lo spettacolo. E c'é chi addirittura ha scommesso che Gesù Cristo riuscirà o meno fare il miracolo. Tutto questo viene recitato da mé facendo tutti i personaggi. La lingua che parlo é una lingua inventata da comici medievali che si chiamavano giullari. E' l'insieme di venti dialetti dell'Italia del nord. MISTERO BUFFO ROMA 11-12-89 BONIFACIO VIII Mi ricordo una delle sue prime apparizioni che aveva stordito tutti, ché aveva voluto far la messa a tremila e tanti metri... C'éra una tormenta spaventosa, poi lo hanno pregato di andar fuori, e ha salvato due o tre cani san Bernardo che si sono perduti, con la fiaschetta qua, è andato a raspare, éra l'unico che riusciva a muoversi... Ebbene con questa papalina, che per mé gliela avvitano... ha una vite qua TRAC... che se l'avvita da solo, oppure gliela dipingono fresca tutte le mattine... si mette così... e gliela dipingono; e quel pirulino che gli spunta qua è suo personale, anche da bambino, lui è nato così ...EHI PIRULINO! Ché Woitjla infatti in polacco vuol dire pirulino. WOITJLA! Beh, lasciamolo lì questo uomo straordinario dicevo, che niente ha a che vedere invece con Bonifacio VIII.Bonifacio VIII si prepara alla funzione, i chierici tutti in torno ripassano i pezzi per la vestizione...Lui molto duro, arrogante, severo... 721 ed ecco che va in processione. Io canto, come naturalmente nella chiave del canto religioso di Bonifacio VIII, un canto antico gregoriano del X sec., ed è autentico. E' un canto che è metà latino e metà, così di colpo... di Barcellona, ecco ...Catalano,così di colpo non mi ricordavo più il termine "catalano", catalano che proviene da Alghero,voi sapete che ad Alghero parlano il catalano ancora oggi. Ecco questo canto è autentico, dicevo, e voglio sottolineare la straordinaria abilità con cui io riesco ad emettere suoni, ma non è casuale, non è determinata soltanto da una mia dote, no, è dovuta allo studio e esercitata da bambino... io da bambino, è una cosa che vi svelo adesso per la prima volta, non l'ho mai detto, cantavo in chiesa, ero proprio il ragazzino del coro. Poi mi hanno dispensato,non perché non avessi più la voce adatta, ma perché andavo a soggetto inventandomi delle parole che mi piacevano di più...e al prete non piaceva. Va bene, comincio senz'altro. Bonifacio VIII si prepara per la funzione religiosa: Canto gregoriano interrotto da: "el capelo", "el capelun, quelo grande","BOIA DESGRASIAAA!!! l'è de fero!! deo andare in guera a gueregiare!! Dame quelo leggero che devo andare (cantato) a passeggiare" "speciu...speciu,speciu" "guanto" "GUANTO!" "l'oltro,no gò una mano sola no, vo m'là taje??? 722 B O N I F A C I O VIII questa presentazione ha cose interessanti. MANCA LA D A T A Andiamo a Bonifacio VIII. Bonifacio VIII éra un figlio di buona donna che non finiva più, ne aveva fatte di tutti i colori, aveva rubato, massacrato, bruciato, raso al suolo città, organizzato spedizioni punitive, torture, tutto aveva fatto! Aveva perfino rapito il seggio pontificio, l'aveva fregato ad un altro... sapete Celestino, anima dolce éra sceso dal convento "Vieni a fare il papa" "No, grazie" "Ma si, vieni"... e poi l'aveva terrorizzato, più o meno gli aveva fatto "Cretino quando... ehm... CLOC" più o meno, un pò in sintesi ma è così. Fece stragi, massacri, distrusse città tipo Tortona e soprattutto organizzò anche all'estero, éra conosciuto anche all'estero. Il movimento primo che conosciamo dei tessitori, dei muratori insieme dei contadini, quelli delle Fiandre, organizzato per combattere contro lo strapotere dei padroni del tempo. La nascita di una borghesia mercantile che aveva attraverso le proprie corporazioni strozzato ogni possibilità di azione di tutti quelli che facevano mestieri così detti minuti , un pò come la storia che precede quella dei ciombi, quella dei senza braghe e quella del bruco, cioè tutte le lotte italiane dei tessitori, e come vedremo poi, di fra Dolcino. Questi tessitori si organizzarono con tanta forza e soprattutto ragione, coscienza, che riuscirono a stangare il più grosso esercito che fosse stato messo in campo di quel periodo. Si trattava addirittura dell'esercito de Speron d'Oro. Gli Speron d'Oro erano tutti cavaglieri nobili, gente nata per far la guerra, professionisti della guerra, talmente ricci e importanti 723 che ognuno si éra messo speroni d'oro massiccio... qualcuno va beh, éra d'argento dorato ma non stiamo a sottolineare. Gente di guerra, nata per la guerra... presero una legnata, un esercito completamente distrutto... da chi?? Dai tessitori operai d'accordo con contadini , gente che non éra abituata a far la guerra. Ma le trappole , l'ingegno, le invenzioni, la scaltrezza, le trovate che ebbero, sono degne di un film comico. Circa diecimila morti durante questa battaglia, quasi tutti di parte padronale. Bonifacio VIII venne a sapere la notizia nella notti di natale del 1200, aveva sovvenzionato questo esercito... c'erano i borbunghi dentro, c'erano i re di Francia, e anche, naturalmente, i nobili fiamminghi, c'erano gli inglesi, i bretoni ecc.. ecc... Un esercito colossale! Soldi ce n'erano dentro! Quando lo venne a sapere ebbe un coccolone. La notte di natale arrivò velocissimo qualcuno a cavallo. Éra un nobile che si éra salvato dalla strage, arrivava dalle Fiandre, aveva sfiancato tre o quattro cavalli, non dormiva da giorni e giorni, arrivò a Roma, suonarono le trombe, entrò impolverato, inriconoscibile, grondante di sudore ed anche di sangue si buttò ai piedi di Bonifacio VIII che si éra appena alzato... aveva un camicione con un ventre pieno di cibo e di vino... éra a letto con sua moglie... éra sposato civilmente, tutti lo sanno... non si poteva sposare in chiesa. Questo cavagliere si buttò ai piedi di Bonifacio e Bonifacio appena ebbe la notizia, digrignò i denti, cercò di bestemiare TOC... rimase bloccato, gli prese un coccolone, come dite voi a Roma, e non si mosse più. Una leggera bava gli scese dalla bocca, strabuzzò gli occhi, lo presero, lo portarono via ingessato. Tutte le domeniche da quel tempo a 724 cinque anni prima del giorno della sua morte, lo portavano alla mattina della domenica e delle feste comandate al balcone perché desse la benedizione ai fedeli... gli tiravano su il braccio, c'éra un tecnico venuto dall'estero e via... vita piena di interesse per cinque anni. Però prima di arrivare a quella condizione aveva raso al suolo Cortona, cose che non studiamo a scuola. E la cosa che mi ha meravigliato quando sono andato a leggere questa storia dell'assedio di Cortona messo in piedi dal papa... progressista, non dico rivoluzionario, di questa popolazione che voleva dignità, voleva diritti, voleva gestirsi in proprio... sugli spalti chi trovo? Jacopone da Todi.................................................................................... Un'altro grosso ribelle, addirittura rivoluzionario, anche se grottesco del nord, éra Segarello da Parma. Segalello o Segarello, come volete, il suo vero nome di famiglia éra Segalello da Parma, ma siccome all'inizio della sua carriera di predicatore aveva una verve incredibile, aveva un chiodo fisso... éra molto giovane, poi cambiò e capì come stavano veramente le cose, ma un chiodo fisso... nei suoi discorsi ogni tanto incominciava a dire "Guai a voi cristiani che pensate al sesso e alla fornicazione e nei vostri pensieri e nei vostri sogni ci sono sempre gli amplessi, uomini e donne che siete uno contro l'altro abbracciati, carne nella carne... CHE E' PECCATO! Voi nell'inferno soffrirete..." Oh la miseria! Al che il popolo l'ha chiamato SEGARELLO da Parma. Da Segalello... Segarello. Lui accettò il gioco, éra diventato uno straordinario giullare, un provocatore, per far prendere coscienza alla gente andava, per esempio, in mezzo ai 725 contadini e incominciava "Ehi contadino, è bella la vita , il sole, miracolo, tu sei la mano di Dio, per Dio, senza di té saremmo tutti morti, affamati, a strascicare, a mangiare radici, e tu ci dai da mangiare, il sole. A proposito del sole, stai attento che sta venendo giù in verticale che ti spacca la testa, vai sotto la pianta e riposati un pò che già hai lavorato, è dall'alba che lavori, per Dio, guarda che bellezza, hai arato, seminato, concimato, hai potato, c'è da mangiare per té, per la tua famiglia... e anche per mé, quando ti vengo a trovare, grazie.... Eh?? Non m'invita, non m'invita? Come? Devi lavorare ancora??? Perché, per chi?? Altra terra devi arare... ma... per il padrone??? Questa è bella! Padrone di chi... della terra... ah! c'è un padrone della terra! La terra è di un padrone, bella questa! Non l'avevo mai sentita. Io avevo letto la bibbia e non ho mai trovato che una volta il padreterno abbia consegnato un pezzo di terra a Tizio piuttosto che a Caio... COGLIONE, T'HAN FREGATO!! Il padrone è un furbastro di sette cotte, è arrivato prima di té lì, ha messo un paletto qua, un paletto là... da qui a là è mio, anche da qui a là è mio, anche lassù fino al fiume ed anche dopo il fiume è mio. DIO MÉ L'HA DATO E GUAI A CHI MÉ LO TOCCA! Dio si! Guarda qua il contratto, mé lo ha firmato lui... come no... sai leggere tu? NO??? Allora cosa parli! COGLIONE LA TERRA E' DI CHI LA LAVORA!!!". Pensate, nel medioevo andare in giro a dire ai contadini "la terra è di chi la lavora", è da deficienti... da pazzi andare a dirlo ancora oggi ai contadini, pensate nel medioevo. E l'hanno beccato e l'hanno bruciato vivo e con lui tutta la sua banda di predicatori detti insaccati. Si vestivano soltanto con 726 un sacco, gli tagliavano gli angoli... qui per la testa OPLA! Camiciola e via. Uno solo si salvò della banda... frà Dolcino. Frà Dolcino non éra per niente dolce e gentile, se non altro nell'aspetto, éra un gigante, una montagna, un "armadio con la testa", diceva un cronista di quel tempo, e fu la ragione, dice un'altro cronista, che si salvò frà Dolcino, perché nessun sbirro ebbe il coraggio di andare ad arrestarlo, potete vederlo da voi: "FRA' DOLCINO SEI IN ARRESTO!!" "EH???" "EHM, LA STRADA PER MODENA SCUSI???". Frà Dolcino si salvò, andò nel trentino, conobbe Margherita da Trento che divenne la sua donna, una donna straordinaria, intelligente, i cronisti di parte avversa dicono addirittura che fosse la più bella donna che si fosse vista in Italia in quel tempo, e con coraggio, con una testardaggine, soprattutto una perspicacia nelle situazioni. Incredibile! Insieme andarono e con altri così... sobillatori oggi diremo...provocatori, gente un pò sbandata... andarono fino in Croazia. In Croazia mossero la presa di coscienza di molta gente poi vennero ancora in Lombardia esattamente a Romagnano Sesia, vicino a Novara, vicino a Vercelli anche che éra la patria di frà Dolcino. In quella zona c'éra stato già qualche fermento. Quando arrivò frà Dolcino ci fu addirittura una ribellione, potremo dire una rivoluzione senza sbagliare in eccesso. Tutti i tessitori, rieccoli i tessitori, gli operai organizzati insieme ai muratori, agli artigiani, ai contadini della zona cacciarono via i grassi borghesi che attraverso le corporazioni cercavano di soffocare, sfruttare fino in fondo questa gente che lavorava con le braccia, fatto stà che organizzarono la prima comunità che si conosce nella 727 storia. Si chiamavano tutti fra di loro Comunitari. E' la prima volta che troviamo la credenza per intiero. La credenza è quell'armadio che abbiamo in cucina tutti quanti, in tutti i paesi d'Italia, perfino all'estero, in Francia per esempio, in Spagna si chiama credenza o con altri termini, ma hanno sempre le stesse radici. La credenza, che viene da credere, credere in... credenza nella comunità di S. Ambrogio, ecco una delle prime organizzazioni comunitarie. Questi comunitari tenevano come fisso per tutti quanti questo enorme, ideale armadio nel quale si metteva tutto il mangiare, tutto il raccolto, tutto quello che si éra prodotto e tutto veniva distribuito, attenti, questo è il particolare importante, non secondo di quello che uno aveva dato ma a secondo di quello che uno aveva bisogno. Se uno aveva dato per dieci persone e aveva bisogno per se solo, riceveva per se solo. Ancora una cos a importante è il rapporto fra l'uomo e la donna nella comunità di frà Dolcino. Le donne e gli uomini si trovavano per la prima volta alla pari. La donna ha gli stessi diritti e doveri degli uomini. Badate bene in un tempo in cui come si pensa ancora adesso, non è ancora stata cancellata questa forma... sapete bene che i dotti della chiesa, i santi padri della chiesa avevano decretato che l'anima nelle femmine entra quasi tre mesi dopo l'entrata dell'anima nel maschio. Sto dicendo quando è feto nel ventre della madre, arriva l'anima... è maschio, è maschio PLUF... arriva l'anima... dice è femmina, io non ci vado ah no... e determina che dobbiamo amare le nostre donne con dignità. Amiamole come uomini! Amiamole come esseri umani, non come femmine.Ora un simile modo di vivere aveva fatto 728 interessare moltissimi contadini, servi della gleba, operai e via dicendo, che arrivarono proprio a fronte di quella zona e i padroni incominciavano a preoccuparsi, vedevano i contadini e gli operai sgusciar loro di mano, non potevano più sfruttarli, li rincorrevano, andavano a prenderli e organizzavano delle spedizioni punitive. La più grossa fu quella organizzata dal conte del Monferrato il quale riuscì a beccare un centinaio di comunitardi vicino a Prato Sesia, li portò a Novara dove c'éra la Roccaforte appunto del conte e il reggente di questa roccaforte appunto éra l'arcivescovo di Novara, suo cugino, che diede ordine di prendere tutti questi comunitardi e far tagliare loro mani e piedi, mozzarli e poi sconciarci a quella maniera, ridotti a tronconi furono messi sul dorso di muli, cavalli e asini e mandati, legati come salami alla volta di Romagnano Sesia. Quando i fratelli di questi sconciati videro questo orrore, non bestemiarono, non insultarono, partirono in silenzio ma con una rabbia tremenda, dice una canzone di quel tempo che le montagne, i fiumi, le pietre e gli alberi si mossero insieme, con tal slancio arrivarono a Novara, entrarono al primo slancio, beccarono tutti gli sbirri, li ammazzarono e un cronista del tempo racconta che al tramonto si vide il vescovo di Novara con il suo grande mantello, la cappa, il cappello, il pastorale, il grande libro d'oro, salire pian piano verso il cielo, controluce, lentamente e qualcuno notò che c'éra una corda che lo aiutava... la repressione fu tremenda, ci fu un massacro, ma il massacro fu all'inizio proprio per gli imperiali, per gli uomini del papa ecc... perché le trappole che organizzarono un'altra volta i dolciniani furono qualche 729 cosa di sorprendente. Per due anni ne presero di santa ragione, poi incominciarono a capire la lezione, a organizzare e a girare, fatto stà che dopo tre anni furono beccati proprio sul monte Rubello, monte dei ribelli, si chiama ancora oggi così, e messi in piazza e squartati vivi, tanto Margherita da Trento che frà Dolcino e tutti gli altri. Ora ci riempie il cuore, ci sentiamo fremere e devo dire che da un pò di tempo siamo bravissimi ad applaudire e commuoverci davanti alle storie che appartengono al passato, "i nostri padri si sono sacrificati ma per Dio NE VALEVA LA PENA!!" Bravi! Bravi! E applaudiamo. Poi per quanto riguarda noi ci sono dei livelli per cui bisogna stare attenti. Va mediato. La posizione storica non è un'attualità concorde con quello che sono i risultati internazionali. Quello che io vi ho raccontato naturalmente sui libri di testo di scuola non c'è niente, e io ho raccontato molto veloce ma è logico, mica son fessi i professori, i ministri ecc..., andare a raccontare nei libri di testo... Frà Dolcino éra già un uomo straordinario, il primo rivoluzionario che lega le lotte di classe alla religione cristiana primitiva... la prima forma di comunismo ecc... VIVA FRA' DOLCINO, gridano subito i ragazzini eccitati ABBASSO IL PAPA! Ed è pericoloso perché è offensivo per un papa come quello che abbiamo oggi... scherziamo... no, no, non sto scherzando perché dico, oh, quello éra uno zozzone ma il nostro è delicato e soprattutto devo dire spiritoso... Eh? No??... Il fatto della bicicletta voi non l'avete seguito? Merk, il corridore fiammingo, dopo tante vittorie è arrivato... la cosa più cara che aveva...è arrivato su coi 730 calzoncini... e davanti al papa ha detto "Padre accetti la cosa più bella che ho" e lui non ha detto "no, grazie non pedalo"... un altro papa... "no, l'accetti" "Non pedalo!"... "GRAZIE, BELLA!", spiritosissimo, però per mé lui è stato ingenuo perché è un candido, perché Merk è fiammingo... vuoi vedere che c'è sotto tutta una cosa atavica di odio verso i pontefici per via che suo nonno, bisnonno éra tessitore anche lui ... e allora se io gliela... infatti guardate bene la bicicletta, adesso non è una malignità a vuoto, la bicicletta ... è forse una bicicletta di strada quella che gli ha regalato? NO! E' una bicicletta da pista... sono senza freni... la malignità... quello va a Castel Gandolfo, poi viene su... troppo! Ma capite ancora prima che ve l'ho scritto! Lasciatemi almeno la soddisfazione di dire qualchecosa!... E vede tutto il nastro della strada che va giù "oh che bello... io quasi quasi ci vado... ", di nascosto perché non vogliono che lui vada fuori in bicicletta... i preti... "guai se ti vedo eh?" e lui fuori OPPLA!... La mitria con la visiera... con sotto scritto FIAT... adesso sappiamo che corre per la Fiat, c'ha un bel ingaggio anche... per tutte le lezioni... insomma... e via. Insomma fate voi a vostra fantasia, io non metto piede, però la cosa veramente ... e qui non scherziamo... l'altra commovente è stato il gesto generoso, veramente di grande calore, quando è sceso tre anni fa dentro la galleria , il tunnel che avevano fatto per l'autostrada del Sasso, sasso d'Italia , no... Gran Sasso d'Italia, che hanno bucato... voraggine dentro... che non si sa dove siano finiti... il ministro dice "adesso vengono, vengono fuori... son qua TUM TUM... dove siete? Dove siete?" Chissà dove sono andati a finire... ebbene lui è 731 sceso... notte di Natale, a dire la messa per i suoi operai, lì in questo antro... una cosa incredibile! Perché se uno non crede al diavolo ci va... col suo lanternino... oh, ma quello si è messo il caschetto da minatore bianco e giallo, due chiavi qua... perché lui al diavolo ci crede! E pensa il coraggio che ha avuto ad andare in casa del diavolo, col diavolo là in fondo con la coda, coda lunghissima... Ha avuto il coraggio di andare a dire la messa per i suoi operai... per i suoi operai... perché l'impresa che ha fatto il tunnel, la galleria, è del vaticano... non tutta!... L'85% delle azioni! L'85% delle azioni sono loro... le cosiddette buone azioni da chiesa! La voglia che ho, non ne avete idea, di vedere, essere spettatore a mia volta, perché poi quando immancabilmente, ma tutte le sere, non si sballa, quando comincio a parlare del papa, io vede... c'è sempre qualcuno che... proprio lì si vede perché mentre... non è proprio il caso! La trovo anche una questione di buon gusto... c'è vicino la moglie che sbaga AH AH... almeno tu... almeno tu. Ecco allora dicevo che non c'è niente da fare, non si può pretendere che i padroni scrivano la storia così come dovrebbero, con un minimo di civiltà insomma... un minimo... il 30% di verità toh! Ma neanche per idea... mica son fessi AH AH! D'altra parte non c'è niente da fare, lo diceva anche quel Tse Tung di prima, diceva... "il popolo è lui che fa la storia... da secoli, con la sua invenzione, le sofferenze, la rabbia, il problema di sopravvivere", inventa la storia... ma poi sono i padroni che ce la raccontano! E io lo immagino sempre un ... un pazzo... un giovane... lo sogno un giovane, un ragazzo che si mette di notte con un bel secchione di vernice a suo piacimento, si metta a scrivere 732 sulla facciata dell'università DA SEMPRE IL POPOLO FA LA STORIA MA POI SONO I PADRONI CHE CE LA RACCONTANO! Grande AH AH! E arriva una mattina il ministro dell'educazione... Malfatti... nome onomatopeico, notate bene... uno non può sbagliare... ministro dell'educazione MALFATTI... AH AH... arriva... la borsa col portafoglio... e mica la lascia in macchina... con l'ambiente di ladri in cui vivono! E brutto fare il ministro della DC... non si può più dire NO! NON SONO UN LADRO! Quando gli dicono LADRO... embè AH AH AH... e facciamo i compromessi con quelli lì! Malfatti arriva, quando vede lì... TUM, e lo portano via... no anzi non va via da solo, arrivano dei giovani di comunione-liberazione ALE' OP OP OP... Dovete permettermi una malignità... UNA... non ne ho dette... no! sono tutte cose vere quelle che ho detto, sacrosante!... Questa invece è una malignità... proprio una cattiveria così, ma fra compagni... tanto per raccontarla... no prego... siccome prima ho salutato dei compagni del PCI, non se la prendano, è una... così anche per far buon sangue eh! Non té la prendi, no? E' quello che ha detto basta? E' il più spiritoso di tutti. E' proprio quello che noi chiamiamo l'aperto... va beh, dicevo... no... simpatico... poi té la racconto! Vedrai che ti faranno!... Allora, dicevo che arrivano TUM TUM i giovani comunione e liberazione e di dietro c'è uno, un altro giovane che non ha bén inteso le nuove direttive dei superiori... un giovane della FGC, anch'io!... uno solo eh? In questo gioco la preoccupazione del tenere in piedi, salvare, andare a lezione ma non troppo, sbragare ma per carità che la DC non frani 733 dappertutto perché se no porco cane è un disastro qui come mettiamo il problema della... una preoccupazione enorme soprattutto dei dirigenti. 734 ROMA, 24.03.91 BONIFACIO VIII E arriviamo a Bonifacio VIII, è stato uno dei più grandi personaggi del medioevo uno dei più importanti papi e aveva suscitato, come tutte le più grandi personalità, amori e rancori, odi e risentimenti: c'éra per esempio Dante Alighieri che lo aveva sbattuto all'inferno prima ancora che fosse morto. E' comprensibile la ritorsione e anche l'affetto perché la sua rivoluzione in seno alla chiesa fu veramente importante, cioè disse ad un certo punto, più o meno: "piantiamola con questa chiesa dei morti di fame, piantiamola coi poveracci, con l'accattonaggio, col vedere la gente che va lacrimando, chiedendo un tozzo di pane, insomma , un pò di dignità andiamo! Una chiesa che ha delle possibilità enormi coi lasciti... facciamo fruttare queste donazioni straordinarie, sopratutto cerchiamo di arricchire, di avere un territorio, uno stato , un'organizzazione, un esercito e naturalmente delle galere come si deve per poter riequilibrare un potere finito" e l'idea di una guerra fra gli accattoni, la chiesa povera e la chiesa ricca, ha determinato uno scontro spaventoso... c'erano i cosiddetti spirituali, che oggi potremmo chiamare la sinistra accesa della chiesa, che si buttò con impeto contro questo papa e ci furono scontri anche sul piano fisico piuttosto duri, non bisogna mai dimenticare per esempio quello che si mise ad urlare, uno dei più grandi poeti della nostra storia, Jacopone da Todi, contro questo papa " Ahi Bonifax, che come putta hai traito l'eclesia". Bonifacio VIII riuscì a mettere le mani addosso a 735 questo frate poeta, lo incatenò sulle proprie feci, cinque anni rimase bloccato in questa posizione; quando lo liberarono éra talmente anchilosato, tutto storto che non riusciva neanche a muoversi. Lo portarono in giro su una cariola e lo seppellirono da seduto giacché non riuscirono a tirarlo lungo disteso neanche su un' asse prima di seppellirlo. Un altro ricordo della violenza di questo papa è il fatto storico, anche se legato alla memoria popolare, del crimine condotto a Cesena. A Cesena c'éra un gruppo di cento frati che contestavano il papa e sopratutto coloro che lo appoggiavano. Il papa riuscì a farli catturare tutti, ne scelse sette di loro, i caporioni, li fece inchiodare per la lingua ai rispettivi portoni della città. Per la lingua , con le mani legate dietro, la tiritera del cinquecento che cantavano i bambini ricordava: " PENZOLA PENZOLA COME UN PENDOLO PAZZO IL FRATE APPESO PER LA LINGUA" ecc... Ora io, anche grazie alla vostra fantasia vi mostrerò questo papa che si veste, si addobba, si mette paramenti veramente lussuosi straordinari... va in processione. Si incontra con un'altra processione nella quale c'è Gesù Cristo che sotto la croce se ne sta andando sul monte per essere inchiodato. Naturalmente questo è un anacronismo di leggenda... io mi sono informato presso degli storici che mi hanno assicurato che Gesù Cristo non si è mai incontrato con dei papi. Questo mi ha messo il cuore in pace! In questa storia un pò folle vediamo Gesù Cristo che vede arrivare il pontefice che si spoglia , si imbelletta di porcherie per sembrare veramente uno straccione, per essere a livello della miseria in cui si trova Cristo, cerca di farsi bello di fronte ai fedeli infilandosi 736 sotto la croce con Cristo. A Gesù Cristo girano le madonne e anche i santissimi e sferra una pedata al papa nel coccige, che da quel giorno si chiamerà OSSO SACRO in ricordo del piede di Cristo. Ora, io metto subito le mani avanti perché so che si tende sempre a vedere una specie di parallelo fra questo papa e il papa attuale. Devo dire che sono vent'anni, notate bene, che io realizzo questo testo, da allora sono cambiati già tre papi, uno... due... questo è il quarto, e ricordo che ogni volta qualcuno cercava di appioppare il parallelo. A parte che, papa Wojtila è squisito sul piano della dimostrazione di senso della pietà; basti pensare come ha realizzato il suo rapporto con il killer, questo turco infame, un bastardo, che ha cercato di farlo fuori, quando lui si trovava addirittura sulla pop-mobile, gli americani chiamano pop-mobile questa macchina sulla quale ogni tanto viaggia il papa. Ecco che si stava affacciando dalla pop-mobile per afferrare un bambino e baciarlo dalle braccia della madre; voi sapete che questo papa ha una passione per i bambini... se non ne bacia almeno una quindicina al giorno sta male. E la velocità con cui esegue questo bacio, avete visto, sembra la catena di montaggio: solleva il bimbo, lo bacia e va via. Li butta! Che se non ci fosse sempre vicino a lui quella squadra di pallacanestro che come li lancia AHO PEM PEM OP OP sarebbe un disastro. L'altra passione terribile del pontefice è senz'altro quella di baciare la terra come scende dall'aereo in un paese nuovo: scende le scalette con precipitazione perché ha l'angoscia del bacio alla terra... le volte che hanno tentato di fermarlo sono successi dei disastri, ha portato con sè preti, suore, frati e una volta anche una guardia svizzera che nel 737 cadere ha infilzato un prete che stava dall'altra parte. Io mi sono alzato alle sei del mattino quando ero in Spagna e ho saputo che arrivava il papa per andarlo a vedere all'arrivo... non tanto per il bacio ma per il rito in generale. All'aeroporto alle sette del mattino c'erano un milione di fedeli ad aspettarlo... una cosa infinita.... avevano sfondato anche le transenne, erano entrati nell'aeroporto sulla pista, c'erano addirittura i cani poliziotto che aizzati dai poliziotti stessi... o erano i cani che aizzavano i poliziotti, non si capiva bene... non riuscivano a fermare questa orda di fedeli, che molte volte erano anche fanatici. I più erano là fin dalla mattina, guardavano il cielo... anzi c'erano le nubi, ho visto spuntare questo aereo, anzi il muso di quest'aereo incredibile, lungo con la papalina in testa bianco e giallo... c'éra un fanatico vicino a mé che ha esclamato " COM'E' BELLO IL PAPA! COME VOLA BENE!" "No," io ho detto "guarda che questo è l'aereo del papa, il papa è dentro." "NO E' LUI!" "Il papa mica ha i finestrini!" "SE VUOLE SE LI FA!". E' sceso giù sul nastro il papa, voglio dire l'aereo dove c'éra il papa, per poco non taglia dodici teste di gente che non si éra inginocchiata in fretta... è arrivata contro la carlinga la solita scaletta, chiamala scaletta! Duecentocinquanta gradini... una scalinata, per far scendere il papa. Infatti lui si è presentato per primo come fa sempre, avete notato, TRAC la portiera si apre scende lui bellissimo con la papalina in testa, gli occhi cerulei, tutti questi capelli in testa bianchi argentei, il naso all'insù, la bocca sorridente, un collo taurino i pettorali disegnatissimi, un addominale splendido, una fascia che stringeva, il mantello rosso che scende fino ai piedi 738 SUPERMAN!!! Ha cominciato ad oscillare avanti e indietro UUUNO DUEEEE, già la gente gridava "IL PAPA VOLAAA" e tutti i fedeli lo vedevano librarsi per il cielo con un fumone bianco e giallo che scendeva, usciva da sotto le sottane a scrivere per il cielo DIOO E ' CON NOII! PERDIO!! TUN TUN. E invece c'éra un vescovo cardinale che è montato sulla coda del mantello e lui, il papa, bloccato! Se ce ne fosse stato un altro di pontefice al suo posto sarebbe morto di vergogna, invece il papa senza muovere ha dilatato il collo TAC ha spaccato la funicella ed è precipitato giù con una velocità... io non ho mai visto nessuno al mondo scendere con la velocità veramente straordinaria di questo pontefice, non so come faccia, coi piedini TATATA, che gli si gonfia perfino a pallone la sottana...soltanto che ... voi non avete visto che cosa è successo? Ha avuto un incidente perché la ripresa televisiva éra in differita, che è una tecnica che si effettua tutte le volte che si vuole evitare che un eventuale incidente venga rigettato attraverso le antenne, attraverso l'etere, a tutti che lo vedono sgomenti. Quindi registrano, aspettano cinque minuti, poi danno il via... e la cosa è già purgata, nel caso di un incidente TAC tagliano, infatti chi ha visto la ripresa in differita si ricorderà che c'éra una cosa strana: il papa scende la scaletta TARATATATA, qui prende l'inciampo, fa un così, poi TACCHETA in fondo alla scaletta così. Cosa è successo nel frattempo? Io, in verità ero presente e quindi ve lo posso dire: lui scende velocissimo, prende l'intoppo TA PAM sale così poi si ripiega, cala giù verso il prato coi due incisivi raggiunge il prato, ara il prato con un solco di due metri e mezzo, quindi 739 comincia a baciare con tanta voluttà il terreno che la terra ha cominciato a fremere OH NOOO! Splendido! Eravamo arrivati al punto in cui il papa solleva il bambino dalle braccia della donna, la donna aveva vicino il marito, lui cerca di prendere il bambino, la donna dice "Santità, non vi offendete non ve lo dò perché voi poi lo buttate!" il papa dice "NO, io non lo butto" il marito "SI, lei lo butta!". Lui ha afferrato il bambino, la donna appesa al bambino, anche il marito appeso al bambino... un grappolo familiare... RAMBO VII. In quel momento il bastardo killer infame gli ha sparato! Apposta gli ha sparato di schiena per abbrutirlo, e la cosa incredibile è che c'è stato quello speaker della televisione del primo canale, che poi l'hanno cacciato via dappertutto, che si è messo ad urlare "IL PAPA E ' STATO COLPITO ALLO SFINTERE!!!", ma si dice il un papa ha lo sfintere?! IL PAPA HA UN CONDOTTO SACRO!!! E poi l'incredibile è che l'hanno fotografato da tutte le parti avete visto quante fotografie di lui che tira col colpo di pistola; ce nè una dove si vede che lui tranquillamente punta, un'altra dove lui bagna il grilletto della pistola, il fumo che esce lui che soffia sul fumo, si mette la fondina OK! e va via. Poi c'è quella dove ci sono i bulgari... quanti bulgari erano presenti! Sono loro che hanno organizzato il colpo e davano le indicazioni al killer idiota. E' uscito il New York Times con una specie di soffietto dentro con una fotografia immensa, quando éra aperta, di tutta piazza S. Pietro, una folla incredibile, tanti cerchietti rossi, in ogni cerchietto un bulgaro: il bulgaro col dito nel naso, coi baffi, quello che lecca il gelato per non darsi importanza, quello 740 che ha il gelato e lecca il gelato dell'altro... erano tutti segnali convenuti naturalmente, poi c'è quello spudorato che dà le indicazioni dirette ad ALI' ADGGA' "ALI'! ADGGA! QUELLO!" "AHAAAAA???" "QUELLO! QUELLO BIANCOOO!" "AHAAAAA????" "NO QUELLO E' UNA SUORA!". Tanto è vero che ancora oggi quando i bulgari arrivano alla nostra frontiera gli consegnano sempre immediatamente un cerchietto rosso. Torniamo a Bonifacio VIII che si prepara per la sua orazione, o meglio va in processione, si incontra con Gesù Cristo... ma c'è un tormentone ed è un frate, meglio dire un chierico che è sbadato fa dei casini... ehm... scusate fa degli imbrogli tremendi e soprattutto è stonato e lui lo odia. Io adesso canto, cioè nel recitare canto anche, canto in gregoriano. Questa volta non si tratta si un'imitazione oppure di un gramelò gregoriano, no, è autentico gregoriano e io posso assicurarvi giacché l'ho imparato da bambino, voi sapete le cose che i imparano da ragazzini non si dimenticano mai, e son sempre precise. Io ho avuto la fortuna, quand'ero ragazzino di essere parte di un coro famoso, quello della cattedrale del mio paese, ero prima voce, naturalmente contralto portante, la voce determinante di tutto il coro ed ero veramente l'orgoglio della chiesa e tutta la curia mi conosceva .Il cardinale quando veniva voleva vedermi e sentirmi cantare anche da solo... ero un fenomeno ero la speranza anche mistica della chiesa, soltanto che crescendo, verso i quattordici anni mi sono dovuto recare a studiare a Milano e ho incontrato cattive 741 compagnie, specie marxiste e leniniste, mi hanno traviato, e il guaio tremendo è che non mi sono ancora pentito! MI LANO 20.01. 83 LA RESURREZIONE DI LAZZARO (Presentazione Resurrezione Lazzaro 1983: I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese in particolare il pezzo che io vado recitare, "il miracolo di Lazzaro" si può dire che è nato proprio nelle chiese e io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa consacrata, a Savona, e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si è detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi! Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodi bui e duri.) 20- 1- 91 Nel medioevo il senso della comunicazione e dello spettacolo éra enorme. Questo per dirvi l'importanza che aveva il brano che vado a recitarvi nel cinquecento e anche nel quattrocento. Il brano è quello della resurrezione di Lazzaro. Come mai éra così importante, ripetuto nella cronaca e certe volte anche nei testi, se pur nei frammenti, questa giullarata che vado ad eseguire? Perché trattava di un argomento che stava a cuore alla popolazione quello del mercato delle cose sacre, infatti "Mistero Buffo" significa rappresentazione sacra messa in grottesco, nel senso di fare ironia e satira verso coloro che delle cose sacre si approfittano per fare mercato. Infatti, a quel tempo, uno dei giochi di mercato, contro i quali si éra scagliato ad esempio 742 Martin Lutero, éra, da una parte il mercato delle reliquie e dall'altra quello delle indulgenze. Voi sapete che la chiesa offriva indulgenze a pagamento, attraverso messe ecc... per le anime dei beati che si trovavano in purgatorio: si diceva che quando un ricco andava morendo e l'anima usciva dal corpo del defunto otteneva una propellenza spaventosa grazie alle orazioni, ai canti, alle messe cantate, dette,recitate, a tutti i conventi che di colpo si mettevano a pregare per l'anima del beato... quest'anima usciva dal corpo quasi come un tappo di champagne... e andava a proiettarsi verso il luogo dove avrebbe dovuto scontare anni e anni già decurtata di tutti gli anni, e arrivava pulita, linda al purgatorio e non si fermava neanche. C'erano i beati che dicevano " E' ARRIVATO!" BOOOM partiva in avanti con una tale carica che sorpassava anche il paradiso...c'éra San Pietro che si sbracciava ma lei non si fermava... tanto che si dice che ancora oggi ci sono degli astronauti che vedono dal loro oblò passare le anime dei beati che se ne vanno gridando "DOV'E' IL PARADISO???" AHAAAAAAA e spariscono nel nulla. (1983: C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese poiché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana... che so, il paternostro valeva 250 giorni d'indulgenza, l'ave Maria...) IL MIRACOLO DI LAZZARO (1983) I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese, in particolare il pezzo che io vado a recitare, 'Il miracolo di Lazzaro', si può dire che é nato proprio dentro nelle chiese e 743 io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa sconsacrata, a Savona e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si é detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi. Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodo bui-duri. Il pezzo che vado recitando é un pezzo di satira contro coloro che fanno mercato nella chiesa, é un pezzo del '500. Voi sapete che nel '400 e nel '500, in tutta Europa, si faceva mercato soprattutto delle indulgenze. Si pagava per far dire delle messe per i morti, le anime in purgatorio. C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese perché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana. Che sò, il paternostro valeva 250 giorni di indulgenza, l'ave Maria...... Un'altra cosa che indignava il popolo éra il mercato delle reliquie, si vendevano pezzi di stoffa, pezzi di santo, unghie, pezzi di ossa addirittura mani. Dieci chiese in Italia hanno una mano dello stesso santo. Un santo stranissimo: san ragno. Ci furono degli uomini, dei santi, della chiesa che si indignarono e scrissero lettere di fuoco contro questo andamento. Il massimo é quando i re prendevano il potere, i re nuovi avevano bisogno di un santo protettore e lo comperavano. Ferdinando I d'Aragona si comprò un santo intiero, una mummia, per dimostrare che aveva un appoggio straordinario, ma credo che il massimo sia accaduto alla 744 famiglia reale inglese. Il primo re inglese che nel 1000 prese il potere, si éra fatto cristiano da poco e doveva dimostrare di essere appoggiato da un santo importante, mandò intorno gente a comperargliene uno. Comprarono San Giorgio. San Giorgio é il protettore ancora attuale dell'Inghilterra. Gli inglesi sono orgogliosissimi del loro santo. Indovinate da chi hanno comperato la salma di San Giorgio. Indovinate! Dai genovesi! Io ho parenti genovesi, posso permettermi di fare dell'ironia. Banchieri genovesi vendettero la salma di S. Giorgio agli inglesi e S.Giorgio éra il protettore di genova. " Ah, ah ah... ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!" E gli vendettero anche il drago... e anche la bandiera di genova. Attenzione parlo della bandiera bianca con la riga rossa, non confondetevi con la bandiera britannica. La Gran Bretagna ha la bandiera che é l'insieme della inglese e della scozzese. Non proprio quella che forza (?!) Ma poi 5 anni fa, vi ricordate il Vaticano fece un' inchiesta per valutare quali erano i santi veri e quali i falsi e scoprirono che S. Giorgio éra un santo inesistente - non éra mai esistito. Quindi gli inglesi sono andati a vedere chi éra, hanno fatto degli esami ed hanno scoperto che éra il cadavere di un turco e che il drago éra un coccodrillo. Io raccontavo questo fatto l'anno scorso a Londra al River Side e quando raccontavo questa cosa gli inglesi piangevano, non protestavano, ma piangevano. Dicevo, il popolo s'idignava con questo mercato e naturalmente rispondeva attraverso la sua arma maggiore che 745 éra la risata. Da sempre il popolo ha avuto l'arma nell'ironia, la sua arma maggiore che non piace mai ai potenti. In questa storia vediamo il mercato realizzato dentro il cimitero dove avverrà il miracolo della resurrezione di Lazzaro. Cioé la satira sta proprio nel notare come qualcuno vede nel miracolo non qualche cosa di straordinario, di sacro, ma come distruzione del momento sacro. Ora bisogna sapere soprattutto come ha sempre visto il popolo la resurrezione di Lazzaro. Come l'atto d'amore più grande di un figlio verso sua madre, perché, come si racconta nel vangelo, Lazzaro éra un parente stretto della Madonna e lei teneva Lazzaro come un figlio. Quando morì Lazzaro, la madonna cadde in una disperazione incredibile e mandarono a chiamare il figlio. Però non si sapeva dove fosse a predicare. Éra uno che andava senza programma. Finalmente lo trovarono su una montagna "Cristo guarda che c'é tua madre che piange". Cristo scende, arriva al paese e trova che Lazzaro é stato seppellito già da tre giorni. Ciò nonostante, pur di vedere il sorriso negli occhi di sua madre, decide di fare questo miracolo. Quindi una sacralità maggiore il popolo ha verso questo miracolo ed é per questo che si offende di vederlo ridotto a puro spettacolo. Ora questa satira viene recitata come se fosse in un cimitero. C' é la gente che entra in massa e come in uno spettacolo spingono, cercano il posto migliore, c'é chi addirittura arriva ad affittare delle sedie alle donne perché si siedano e vedano lo spettacolo comode. Chi addirittura arriva con dei cartocci con dentro delle ...acciughe fritte per venderle e mangiarle 746 durante lo spettacolo. E c'é chi addirittura ha scommesso che Gesù Cristo riuscirà o meno fare il miracolo. Tutto questo viene recitato da mé facendo tutti i personaggi. La lingua che parlo é una lingua inventata da comici medievali che si chiamavano giullari. E' l'insieme di venti dialetti dell'Italia del nord. IL MIRACOLO DI LAZZARO (1983) I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese, in particolare il pezzo che io vado a recitare, 'Il miracolo di Lazzaro', si può dire che é nato proprio dentro nelle chiese e io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa sconsacrata, a Savona e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si é detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi. Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodo bui-duri. Il pezzo che vado recitando é un pezzo di satira contro coloro che fanno mercato nella chiesa, é un pezzo del '500. Voi sapete che nel '400 e nel '500, in tutta Europa, si faceva mercato soprattutto delle indulgenze. Si pagava per far dire delle messe per i morti, le anime in purgatorio. C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese perché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana. Che sò, il paternostro valeva 250 giorni di indulgenza, l'ave Maria...... Un'altra cosa che indignava il popolo éra il mercato delle reliquie, si vendevano pezzi di stoffa, pezzi di santo, unghie, pezzi di ossa addirittura mani. Dieci chiese in Italia hanno 747 una mano dello stesso santo. Un santo stranissimo: san ragno. Ci furono degli uomini, dei santi, della chiesa che si indignarono e scrissero lettere di fuoco contro questo andamento. Il massimo é quando i re prendevano il potere, i re nuovi avevano bisogno di un santo protettore e lo comperavano. Ferdinando I d'Aragona si comprò un santo intiero, una mummia, per dimostrare che aveva un appoggio straordinario, ma credo che il massimo sia accaduto alla famiglia reale inglese. Il primo re inglese che nel 1000 prese il potere, si éra fatto cristiano da poco e doveva dimostrare di essere appoggiato da un santo importante, mandò intorno gente a comperargliene uno. Comprarono San Giorgio. San Giorgio é il protettore ancora attuale dell'Inghilterra. Gli inglesi sono orgogliosissimi del loro santo. Indovinate da chi hanno comperato la salma di San Giorgio. Indovinate! Dai genovesi! Io ho parenti genovesi, posso permettermi di fare dell'ironia. Banchieri genovesi vendettero la salma di S. Giorgio agli inglesi e S.Giorgio éra il protettore di genova. " Ah, ah ah... ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!" E gli vendettero anche il drago... e anche la bandiera di genova. Attenzione parlo della bandiera bianca con la riga rossa, non confondetevi con la bandiera britannica. La Gran Bretagna ha la bandiera che é l'insieme della inglese e della scozzese. Non proprio quella che forza (?!) Ma poi 5 anni fa, vi ricordate il Vaticano fece un' inchiesta per valutare quali erano i santi veri e quali i falsi e 748 scoprirono che S. Giorgio éra un santo inesistente - non éra mai esistito. Quindi gli inglesi sono andati a vedere chi éra, hanno fatto degli esami ed hanno scoperto che éra il cadavere di un turco e che il drago éra un coccodrillo. Io raccontavo questo fatto l'anno scorso a Londra al River Side e quando raccontavo questa cosa gli inglesi piangevano, non protestavano, ma piangevano. Dicevo, il popolo s'idignava con questo mercato e naturalmente rispondeva attraverso la sua arma maggiore che éra la risata. Da sempre il popolo ha avuto l'arma nell'ironia, la sua arma maggiore che non piace mai ai potenti. In questa storia vediamo il mercato realizzato dentro il cimitero dove avverrà il miracolo della resurrezione di Lazzaro. Cioé la satira sta proprio nel notare come qualcuno vede nel miracolo non qualche cosa di straordinario, di sacro, ma come distruzione del momento sacro. Ora bisogna sapere soprattutto come ha sempre visto il popolo la resurrezione di Lazzaro. Come l'atto d'amore più grande di un figlio verso sua madre, perché, come si racconta nel vangelo, Lazzaro éra un parente stretto della Madonna e lei teneva Lazzaro come un figlio. Quando morì Lazzaro, la madonna cadde in una disperazione incredibile e mandarono a chiamare il figlio. Però non si sapeva dove fosse a predicare. Éra uno che andava senza programma. Finalmente lo trovarono su una montagna "Cristo guarda che c'é tua madre che piange". Cristo scende, arriva al paese e trova che Lazzaro é stato seppellito già da tre giorni. Ciò nonostante, pur di vedere il sorriso negli occhi di sua madre, decide di fare questo miracolo. 749 Quindi una sacralità maggiore il popolo ha verso questo miracolo ed é per questo che si offende di vederlo ridotto a puro spettacolo. Ora questa satira viene recitata come se fosse in un cimitero. C' é la gente che entra in massa e come in uno spettacolo spingono, cercano il posto migliore, c'é chi addirittura arriva ad affittare delle sedie alle donne perché si siedano e vedano lo spettacolo comode. Chi addirittura arriva con dei cartocci con dentro delle ...acciughe fritte per venderle e mangiarle durante lo spettacolo. E c'é chi addirittura ha scommesso che Gesù Cristo riuscirà o meno fare il miracolo. Tutto questo viene recitato da mé facendo tutti i personaggi. La lingua che parlo é una lingua inventata da comici medievali che si chiamavano giullari. E' l'insieme di venti dialetti dell'Italia del nord. MI LANO 20.01. 83 LA RESURREZIONE DI LAZZARO (Presentazione Resurrezione Lazzaro 1983: I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese in particolare il pezzo che io vado recitare, "il miracolo di Lazzaro" si può dire che è nato proprio nelle chiese e io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa consacrata, a Savona, e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si è detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi! Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodi bui e duri.) 20- 1- 91 750 Nel medioevo il senso della comunicazione e dello spettacolo éra enorme. Questo per dirvi l'importanza che aveva il brano che vado a recitarvi nel cinquecento e anche nel quattrocento. Il brano è quello della resurrezione di Lazzaro. Come mai éra così importante, ripetuto nella cronaca e certe volte anche nei testi, se pur nei frammenti, questa giullarata che vado ad eseguire? Perché trattava di un argomento che stava a cuore alla popolazione quello del mercato delle cose sacre, infatti "Mistero Buffo" significa rappresentazione sacra messa in grottesco, nel senso di fare ironia e satira verso coloro che delle cose sacre si approfittano per fare mercato. Infatti, a quel tempo, uno dei giochi di mercato, contro i quali si éra scagliato ad esempio Martin Lutero, éra, da una parte il mercato delle reliquie e dall'altra quello delle indulgenze. Voi sapete che la chiesa offriva indulgenze a pagamento, attraverso messe ecc... per le anime dei beati che si trovavano in purgatorio: si diceva che quando un ricco andava morendo e l'anima usciva dal corpo del defunto otteneva una propellenza spaventosa grazie alle orazioni, ai canti, alle messe cantate, dette,recitate, a tutti i conventi che di colpo si mettevano a pregare per l'anima del beato... quest'anima usciva dal corpo quasi come un tappo di champagne... e andava a proiettarsi verso il luogo dove avrebbe dovuto scontare anni e anni già decurtata di tutti gli anni, e arrivava pulita, linda al purgatorio e non si fermava neanche. C'erano i beati che dicevano " E' ARRIVATO!" BOOOM partiva in avanti con una tale carica che sorpassava anche il paradiso...c'éra San Pietro che si sbracciava ma lei non si fermava... tanto che si 751 dice che ancora oggi ci sono degli astronauti che vedono dal loro oblò passare le anime dei beati che se ne vanno gridando "DOV'E' IL PARADISO???" AHAAAAAAA e spariscono nel nulla. (1983: C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese poiché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana... che so, il paternostro valeva 250 giorni d'indulgenza, l'ave Maria...) IL MIRACOLO DI LAZZARO (1983) I misteri buffi venivano recitati anche nelle chiese, in particolare il pezzo che io vado a recitare, 'Il miracolo di Lazzaro', si può dire che é nato proprio dentro nelle chiese e io ho avuto la possibilità di recitare questo pezzo in una chiesa sconsacrata, a Savona e vi assicuro che in quel caso il vescovo della zona si é detto anche divertito. Quindi non crediate che i preti non siano spiritosi. Sono spiritosi. Si sa benissimo che ci sono dei vescovi argentini che hanno preso posizioni straordinarie durante i periodo bui-duri. Il pezzo che vado recitando é un pezzo di satira contro coloro che fanno mercato nella chiesa, é un pezzo del '500. Voi sapete che nel '400 e nel '500, in tutta Europa, si faceva mercato soprattutto delle indulgenze. Si pagava per far dire delle messe per i morti, le anime in purgatorio. C'éra addirittura una borsa valori fuori dalle chiese perché il valore delle preghiere cambiava di settimana in settimana. Che sò, il paternostro valeva 250 giorni di indulgenza, l'ave Maria...... 752 Un'altra cosa che indignava il popolo éra il mercato delle reliquie, si vendevano pezzi di stoffa, pezzi di santo, unghie, pezzi di ossa addirittura mani. Dieci chiese in Italia hanno una mano dello stesso santo. Un santo stranissimo: san ragno. Ci furono degli uomini, dei santi, della chiesa che si indignarono e scrissero lettere di fuoco contro questo andamento. Il massimo é quando i re prendevano il potere, i re nuovi avevano bisogno di un santo protettore e lo comperavano. Ferdinando I d'Aragona si comprò un santo intiero, una mummia, per dimostrare che aveva un appoggio straordinario, ma credo che il massimo sia accaduto alla famiglia reale inglese. Il primo re inglese che nel 1000 prese il potere, si éra fatto cristiano da poco e doveva dimostrare di essere appoggiato da un santo importante, mandò intorno gente a comperargliene uno. Comprarono San Giorgio. San Giorgio é il protettore ancora attuale dell'Inghilterra. Gli inglesi sono orgogliosissimi del loro santo. Indovinate da chi hanno comperato la salma di San Giorgio. Indovinate! Dai genovesi! Io ho parenti genovesi, posso permettermi di fare dell'ironia. Banchieri genovesi vendettero la salma di S. Giorgio agli inglesi e S.Giorgio éra il protettore di genova. " Ah, ah ah... ma prendetevelo! Noi siamo protetti dalle banche!" E gli vendettero anche il drago... e anche la bandiera di genova. Attenzione parlo della bandiera bianca con la riga rossa, non confondetevi con la bandiera britannica. La Gran 753 Bretagna ha la bandiera che é l'insieme della inglese e della scozzese. Non proprio quella che forza (?!) Ma poi 5 anni fa, vi ricordate il Vaticano fece un' inchiesta per valutare quali erano i santi veri e quali i falsi e scoprirono che S. Giorgio éra un santo inesistente - non éra mai esistito. Quindi gli inglesi sono andati a vedere chi éra, hanno fatto degli esami ed hanno scoperto che éra il cadavere di un turco e che il drago éra un coccodrillo. Io raccontavo questo fatto l'anno scorso a Londra al River Side e quando raccontavo questa cosa gli inglesi piangevano, non protestavano, ma piangevano. Dicevo, il popolo s'idignava con questo mercato e naturalmente rispondeva attraverso la sua arma maggiore che éra la risata. Da sempre il popolo ha avuto l'arma nell'ironia, la sua arma maggiore che non piace mai ai potenti. In questa storia vediamo il mercato realizzato dentro il cimitero dove avverrà il miracolo della resurrezione di Lazzaro. Cioé la satira sta proprio nel notare come qualcuno vede nel miracolo non qualche cosa di straordinario, di sacro, ma come distruzione del momento sacro. Ora bisogna sapere soprattutto come ha sempre visto il popolo la resurrezione di Lazzaro. Come l'atto d'amore più grande di un figlio verso sua madre, perché, come si racconta nel vangelo, Lazzaro éra un parente stretto della Madonna e lei teneva Lazzaro come un figlio. Quando morì Lazzaro, la madonna cadde in una disperazione incredibile e mandarono a chiamare il figlio. Però non si sapeva dove fosse a predicare. Éra uno che andava senza programma. Finalmente lo trovarono su una montagna "Cristo guarda che 754 c'é tua madre che piange". Cristo scende, arriva al paese e trova che Lazzaro é stato seppellito già da tre