Anteprima Estratta dall' Appunto di
Museologia
Università : Università degli studi Federico II
Facoltà : LettereFilosofia
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L' Appunto
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MUSEOLOGIA
LA COLLEZIONE
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Una collezione è un insieme di oggetti naturali o artificiali che le tiene fuori dal circuito
economico/utilitaristico, soggetto a protezione speciale in un luogo chiuso, sistemato a tale scopo ed
esposto allo sguardo del pubblico. Si può adattare a un archivio o ad una biblioteca. E’ grazie all’antico
collezionismo che è nata in seguito l’idea di museo. Le collezioni, vengono chiamate nel Rinascimento
come “grandi nature morte”, “vita ferma”: i temi del tempo e della morte sono da sempre associati al
museo (idea degli oggetti conservati per sottrarli al tempo, alla “morte”), tanto che alcuni artisti si sono
addirittura fatti la tomba nel loro museo. Seconda grande ragione che anima i collezionisti è la volontà di
rianimare il passato, raccogliendone i frammenti e ricomponendolo. Altra ragione che alberga nella
volontà del collezionista, il voler “riordinare il mondo” e mostrarlo agli altri. Una collezione non esiste
infatti senza il pubblico, è il rapporto con l’esterno che fa esistere il collezionista; le collezioni private
infatti erano anche studiate per stupire le visite di amici e parenti (l’allestimento si basava infatti sul senso
spettacolare ed estetico). E del resto, questo desiderio di fare della collezione uno spettacolo, aleggia
ancora oggi nei musei.
Perché le collezioni spesso hanno un valore di scambio maggiore rispetto al valore d’uso? Potrebbe essere
per valore estetico, ma non è propriamente una buona definizione; per acquisire valore storico o
scientifico o per rispondere ad un istinto di proprietà (tendenza all’accumulo), che subentra a collezione
già costituita; o per ricerca di prestigio in quanto avere una collezione dà uno status simbol.
In realtà dobbiamo capire perché si sono formate le collezioni, tornare indietro nel tempo ed individuare
cinque archetipi di collezioni:
1. Corredo funebre  già dal neolitico si individuano corredi distinti a seconda del sesso e dallo status
dell’individuo. Molto presto, nella realizzazione di tali sepolture, vengono attuati metodi per impedire che
gli oggetti depositati vengano reimmessi in un circuito utilitaristico ed economico. E’ come se tali oggetti
fossero depositati nelle tombe per essere guardati dai defunti, che ovviamente non possono utilizzarli.
Pertanto spesso agli oggetti veri e propri vengono sostituiti modelli, simboli di tali oggetti.
2. Offerte sacre  per il fatto stesso di essere nel tempio divengono oggetti sacri e dunque inviolati.
Quando si deteriorano neppure è possibile rimuoverli, devono essere accompagnati nella loro distruzione
e seppelliti in terreno sacro. Tali oggetti sono esposti allo sguardo degli dei e dei pellegrini, i turisti
dell’antichità. Sono puniti coloro che cercano di appropriarsene.
3. Doni e bottini di guerra accumulati in residenze del potere  derivano perlopiù dalle ambasciate. Il
caso del bottino di guerra crea fenomeni di collezionismo derivato; alcuni oggetti sono dedicati al tempio,
altri se li tiene il generale, che avendoli esposti, cominciano ad essere oggetto di raccolta. Ad ogni
collezione di trionfo di un generale corrisponde l’evoluzione dei gusti del collezionismo romano.
4. Tesori principeschi  raccolte accumulate nel tempo, che, in condizioni di particolare disagio
economico del principe, possono essere cedute o prestate. Ne riconosciamo solo l’uso cerimoniale.
5. Reliquie  il concetto di reliquia esiste già nel mondo classico. E’ un oggetto di cui si è convinti che
sia stato a contatto con Dio, con un santo, un eroe; o sono spesso parti del corpo di un santo, od oggetti di
avvenimenti importanti. E’ però il cristianesimo che porta in auge tale fenomeno, perché con la diffusione
del culto dei santi, la reliquia, in quanto in contatto o parte corporea di un santo, è come se conservasse
intatta tutta la santità (es. porta con sé la capacità di far miracoli o di proteggere i fedeli). Sono sovente
oggetto di furti o razzie, pertanto sottoposti a particolari sistemi di protezione. In passato, per fondare un
luogo sacro, come un santuario, occorreva disporre di almeno una reliquia. Il suo contenitore è il
reliquiario, che ha forma tautologica  si ispira alla forma della reliquia che contiene ed è realizzato con
materiali preziosi. Anche se protette, venivano comunque spesso esposte alla divinità e ai fedeli,
soprattutto in occasioni particolari (es. sangue di San Gennaro). Erano talmente preziose che era
considerato un danno per la nazione prenderne una. A poco a poco nel tempio si sono aggiunti molti altri
oggetti esposti ai fedeli, come candelabri, altari ecc.
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Il raggruppamento degli oggetti è formato solo su somiglianze esterne o funzioni comuni? Il corredo
funerario è sacrificato da uno scambio tra regno dei vivi e dei morti. Visibile e invisibile  ciò che si
vede e ciò di cui si parla. Questi oggetti venivano raccolti perché rimandano ad altro, sono semiofori 
portatori di significato, che vengono raccolti, protetti e conservati (utile e significato  forme visibili che
lavorano per allusione). Perché possedere una raccolta di semiofori porta ad ottenere uno status simbol?
Al vertice della gerarchia sociale c’è chi rappresenta l’intera società (es. Papa, Presidente della
Repubblica), c’è un uomo semioforo, che per paradosso è escluso da attività utilitaristica in quanto la sua
attività ha valore diverso; egli vive in luoghi in cui si circonda di oggetti semiofori. Il potere di tali
semiofori è in funzione del loro significato. E’ possibile scalare la gerarchia sulla base del possedere
denaro o collezioni.
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IL COLLEZIONISMO NELL’ANTICHITA’
Il santuario ha funzione poleogenetica  attorno ad esso si costituisce la città. Diventa il primo archetipo
museale.
• Santuario di Apollo (Delfi) in età ellenistica  qui convivono deposito delle offerte votive e il
convergere di etnie diverse. Oltre al santuario, fulcro della città, ci sono tombe, arsenali, biblioteche,
giardini.
• Museion (Alessandria)  luogo sacro delle muse, vicino al palazzo reale; è costituito da una raccolta
di opere d’arte, una biblioteca (qualsiasi nave facesse scalo ad Alessandria era obbligata a cedere libri alla
biblioteca per farne delle copie), ambienti dedicati ad attività culturali, serraglio, orto botanico, sale
anatomiche per studiare medicina, anfiteatro, osservatorio, ambienti dedicati ai posti in comune per gli
studiosi di svariate discipline (es. per le scienze fisiche Euclide e Archimede, per astronomia Aristarco,
per filologia Callimaco e Apollonio).
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Nella letteratura romana, il termine museo viene associato ad una grotta in cui si collocavano statue,
mosaici e oggetti vari (es. grotta di Tiberio a Sperlonga).
Il collezionismo a Roma nasce come privato, in particolare legato agli imperatori. A Roma, le opere frutto
dei bottini di guerra, venivano esposte in fori, portici, orti, alcuni luoghi pubblici; erano beni che
contribuivano all’accrescimento culturale della popolazione. Nel caso di Augusto, la politica organizza
collezioni che, pur non essendo di proprietà pubblica, erano accessibili, visitabili.
• Villa Adriana (Tivoli)  struttura complessa perché prevede una serie di strutture che hanno usi
diversi, la villa è pensata anche per consentire ad Adriano di gestire il suo ruolo di imperatore e
amministrare la giustizia, ma è anche luogo di residenza. E’ definita dagli studiosi microcosmo, perché gli
architetti si sono resi conto che Adriano voleva creare una piccola città; grazie al complesso sistema
decorativo, la raccolta di oggetti e le scelte architettoniche è come se luogo per luogo Adriano
riproducesse e citasse i luoghi che ha visitato in quanto imperatore e quelli che desidererebbe che
diventassero motivo ispiratore per l’architettura (es. il ninfeo rinvia a Roma, così come il Teatro
marittimo). Ci sono rinvii all’arte greca, ma anche spazi memoriali (es. statue di Antinio). La villa è un
“museo dei luoghi”, citazioni di vari luoghi riprodotte in architettura.
Confronto e differenza  la villa di Paul Getty a Malibù è ripresa e ricopiata da un solo ambiente, villa
Adriana invece è frutto di un’unione di stili e luoghi che crea una sorta di stile architettonico futuro. Punto
di convergenza tra le ville è il rapporto con la copia, prima non era disdicevole possedere una copia (la
fissazione per l’originale è recente). Paradosso  mentre noi viviamo nell’epoca della riproducibilità
tecnica, che fa perdere all’oggetto originale la sua “aurea di originalità”, in passato la copia era ben
accetta. Noi più viviamo con le copie più vogliamo l’originale.
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COLLEZIONISMO COME BOTTINO DI GUERRA
Molte collezioni sono nate da appropriazione per saccheggio, soprattutto in Italia. Es. sacco dei tesori di
Montefeltro a Urbino, condotto nel 1502 da Cesare Borgia; il sacco dei lanzichenecchi dell’esercito
imperiale a Palazzo Ducale di Mantova, già mezzo svuotato da Vincenzo II Gonzaga, che vendette parte
dei tesori all’Inghilterra, a seguito della grave crisi economica. Ricordiamo anche il sacco che la regina
svedese Cristina ordinò in Polonia, sulla collezione di Rodolfo II. Tale collezione fu portata da Cristina in
Italia, a seguito del suo spostamento, per poi essere venduta, dopo la sua morte, agli inglesi.
La vendita nel 1650 della collezione di re Carlo I Stuart fu un gesto di disprezzo nei confronti della sua
decapitazione da parte dei puritani. Cromwell tenne per sé alcune opere, che gli furono però poi sottratte
da emissari dei re collezionisti europei.
Anche per Hitler, che progettò un museo dedicato a sé stesso, i nazisti saccheggiarono in Unione
Sovietica, Belgio, Europa dell’est, Italia stessa. Alcune opere vennero distrutte, perché si ritenevano
appartenente alla campagna ebraica, altre furono comprate a bassissimo costo. Vennero ammucchiate in
una caverna, che poi Hitler voleva far esplodere, con rifiuto del custode.
Il collezionismo di rapina ha avuto i suoi cultori in tutta l’età moderna e le sue radici nella necessità del
bottino di guerra, nel sacrificio del vinto e nell’umiliazione che accompagna la battaglia. Quindi, ogni
volta che si entra in un museo, bisogna pensare che molte delle opere che vediamo hanno una tortuosa e
tormentata storia alle spalle.
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COLLEZIONISMO DA SOPPRESSIONE
Nacque da prelievo forzato di opere d’arte dalle chiese e dai conventi, mediante soppressione e confische.
Questo fu un metodo molto usato dai principi tra ‘500 e ‘600, ma quando queste soppressioni diventarono
massicce, soprattutto in Italia, per ragioni economiche e politiche legate all’evoluzione dello Stato
Illuminista, gli oggetti d’arte, soprattutto i dipinti, entrarono più nel mercato che nei musei, poiché i
governi, per approvvigionarsi di denaro, contavano sulle grosse strutture di mercato. Un esempio è la
collezione del cavaliere Melzi. Quando però le idee statalizzanti dell’amministrazione napoleonica
presero piede, la campagna di soppressioni portò le opere a destinazione pubblica, per scopo educativo,
non più passanti per il mercato. Celebre esempio, il Louvre napoleonico.
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IL MEDIOEVO: LA NASCITA DEGLI STUDIOLI
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TESORI SACRI
La chiesa non è solo il luogo di conservazione di oggetti sacri legati al culto ma ci sono anche oggetti di
carattere profano, rivolti alla comunità; la chiesa medievale è una sorta di museo pubblico, un suo
antenato. Gli elementi che caratterizzano tali tesori e che fissano caratteristiche tipiche degli oggetti di
collezioni sono: il raro e il prezioso, realizzato con materiali preziosi.
Per le tipologie di oggetti, distinguiamo:
- naturalia  oggetti del mondo naturale, come “corno di unicorno”
- artificialia  oggetti prodotti dall’uomo
Talvolta sono elementi compresenti, come un oggetto naturale rilavorato dall’uomo. Questi oggetti sono
mirabilia  tutto ciò che suscita meraviglia, stupore, oggetti che rimandano ad altro. Meraviglia perché
chi ammirava questi tesori era messo in condizione di “vedere l’invisibile”.
- Artificialia  oggetti antichi che vengono rielaborati e risemantizzati in cornici e montature moderne
(es. un vaso antico, inizialmente usato per contenere reliquie, viene rimontato in metallo prezioso,
raddoppiando valore e rarità dell’oggetto in quanto rimanda ad un passato che noi non vediamo più.
Stesso vale per tutte le sculture antiche riutilizzate), categoria dell’oreficeria, arredi, stoffe (tappeti,
arazzi, tessuti preziosi). C’è inoltre un gran valore attribuito alla materia pura, come oro e gemme, perché
ad essi si associa la luce, lo splendore. Oro e gemme sono considerati il gradino più alto della gerarchia
delle materie, esse proprio perché emanano luce ci rimandano al divino e sono il miglior modo per fare
un’offerta al divino, nonché via privilegiata per metterci in contatto con il divino.
- Naturalia  oggetti naturali rari, preziosi e monstrua  segno, il reperto naturale rinvia sempre ad
altro, è simbolo di altro; per esempio il corno di unicorno era in realtà dente di narvalo, un cetaceo della
famiglia delle balene, animale di due soli denti. Si faceva credere fosse di unicorno, che è simbolo della
verginità perché nei racconti in cui è menzionato l’unicorno, questo si fa catturare solo da una vergine.
Altro esempio è l’osso di balena, che rinviava all’episodio biblico di Giona nel ventre di una balena.
Ancora uovo di struzzo  uno dei dipinti più famosi del rinascimento italiano è “La Madonna di Brera”
di Piero Della Francesca, sulla cui testa pende un uovo di struzzo. Nelle chiese c’erano infatti uova di
struzzo appese perché esse è come se svolgessero la stessa funzione delle gemme, è un’allusione alla luce
divina, perché secondo una narrazione, lo struzzo, distratto, abbandona le uova e viene spinto poi a
covarle dalla luce divina. L’uovo, sulla testa della vergine, è come fosse il raggio di luce divina che la
colpisce.
Altro esempio sono le pietre ceraonie, in realtà utensili preistorici, secondo credenze pietre formatesi
dopo la caduta di un fulmine, quindi frutto di una manifestazione divina.
Si conservavano anche “ossa di giganti”  in realtà ossa di animali preistorici.
Ancora coccodrilli impagliati (ce n’è ancora uno nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Mantova) 
rappresentazione un po’ spaventosa di un mondo che non conosciamo, che rimanda dunque all’invisibile.
Il coccodrillo veniva importato dall’Oriente e si raccontavano su di esso delle leggende, come una
creatura che girava nelle paludi e poi sconfitta, pertanto simbolo di lotta tra bene e male; esso veniva
impagliato. Quando queste credenze vengono superate, gli oggetti collegati ad esse vengono dimenticati,
perdono interesse.
Tutti questi oggetti, laddove possibile, nelle chiese trovavano spazio sempre in posizione “pendente dal
cielo” (appesi), o venivano conservati in armadi dedicati in stanze che ospitavano i tesori. Dalla loro
collocazione si capiva il rapporto che stabilivano con l’ultraterreno.
Nelle chiese venivano conservate le reliquie, che sono preziose in sé perché rimandano all’ultraterreno.
Es. tovaglia dell’ultima cena, pezzo di legno della croce di Cristo. Come diceva Eco, se la reliquia è una
rimanda al santo, se sono molte il rimando all’ultraterreno si amplia  la chiesa che espone molte
reliquie è potente sia dal punto di vista materiale (dispone di soldi per acquistarne molte o venivano
donate ad essa) che immateriale (le reliquie estendono la protezione del luogo santo). La reliquia più
importante è sempre messa al centro e può essere la più importante o per valore intrinseco o perché legata
alla fondazione del luogo sacro. Poiché le reliquie si accumulano, esse vengono mostrate insieme.
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Gli oggetti di uso liturgico sono conservati in luoghi chiusi, da cui vengono tirati fuori solo in alcune
occasioni (es. festività o processioni). Un luogo chiuso è il Sancta Sanctorum, progettato nel 1278 da
papa Nicolò III, nella cappella di San Lorenzo in Palatio; che si poteva in passato guardare attraverso
una grata, oggi l’accesso è limitato. Nel Sancta Sanctorum c’è un’immagine che si pensa sia acheropita
(non dipinta dall’uomo) del Redentore, ed era parte del tesoro di esso, una sorta di reliquia.
• Abbazia di San Denise  altro esempio di tesoro sacro vi è custodito qui.
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TESORI PROFANI
Ciò che si evince nel medioevo è che Chiesa e Stato si scambiavano sempre potere; c’è una continuità
anche nella raccolta dei tesori, per esempio anche i tesori profani sono caratterizzati da raro e prezioso;
anche le tipologie concrete sono molto simili. Ci sono reliquie e altri oggetti più tipicamente profani.
• Tesoro di Federico II  tesoro erratico per eccellenza, poiché lo portava con sé in tutti i suoi
spostamenti. Vi sono molti manoscritti che testimoniano la sua volontà; c’erano anche materiali antichi
nel suo tesoro, che sono un’eccezione per l’epoca, dove i pezzi antichi erano ancora spesso considerati
scarti.
• Castello di Karlstein (Praga)  costruito da Carlo IV di Borbone a partire dal 1365. Si trovavano, al
suo interno, il tesoro della corona, un archivio, una biblioteca, nonché la convivenza di tema dinastico e
religioso: c’era anche una cappella, la Cappella della Croce, che raccoglieva le reliquie dei santi boemi,
anch’esse mostrate solo durante la “festa delle reliquie”. C’erano anche molti ritratti di uomini illustri:
padri della Chiesa, fondatori della dinastia, santi di cui si possedevano le reliquie, e un ritratto di Carlo
Magno. Spesso, queste immagini di uomini illustri, erano immagini di fantasia  passato, non sempre
visibile, di cui spesso non si hanno più testimonianze, che si cerca di rappresentare. E spesso un
riferimento era costituito dalle monete, con ritratti sopra uomini illustri. Petrarca donò a Carlo IV alcune
monete della sua raccolta. Il tesoro di Karlstein fu trasferito a Norimberga nel 1424.
• Tesoro di San Marco, di San Lorenzo (Genova), entrambi misti di sacro e profano; tesoro di
Lorenzo il Magnifico. Sono questi altri esempi.
VERSO LA NASCITA DELLO STUDIOLO
A partire dalla seconda metà del ‘300, in Europa Occidentale cambiano gli atteggiamenti rispetto a tre
cose, e il modificarsi di queste relazioni influenza nuove forme di collezionismo. I cambiamenti:
1. Rapporto con il passato e con l’antico  si mette in discussione l’immagine del passato. Con il “De
vita solitaria” di Petrarca inizia a cambiare la sensibilità verso l’antico, considerato nelle sue complesse
valenze storiche ed estetiche, creando le basi per la nascita dello studiolo. Da un lato c’è il desiderio di un
approccio più filologico, cui risulta fondamentale l’uso delle monete perché accanto alle fonti letterarie,
che facevano conoscere e apprezzare l’antichità, si sente di accostare ad esse delle testimonianze
concrete. Le monete portavano un’effigie con indicazioni di nome e datazione  secondo i filologi, il
monumento ha anche valore di documento storico, non è più testimonianza solo estetica. Gli umanisti
sono i primi collezionisti di tali oggetti, raccolti e messi nei loro studi, tanto che le loro collezioni saranno
prese a modello dai principi. Si interessano al passato anche per motivi di studio.
2. Rapporto con la natura e la società  il “De vita solitaria” fa intendere in modo diverso il rapporto con
la socialità, in quanto esso apprezza lo studio appartato, in contatto con la natura, appunto lo studiolo 
luogo chiuso e piccolo, appartato, tipico dell’umanista. A poco a poco si insinua una natura poco
conosciuta grazie ai viaggi di Marco Polo, e oggetti che vengono da lontano, che portati in Occidente, è
come se raccontassero le loro terre natie. Questi mondi nuovi non possono più essere solo immaginari
perché vi sono delle testimonianze, e vengono esposti, come simbolo di nuove civiltà. Questi oggetti sono
dei più svariati: oggetti preziosi, piante, che entrano a far parte di orti e giardini botanici; inizialmente
avranno un minor valore di scambio.
3. Rapporto con l’arte contemporanea  questa comincia ad avere dignità nuova e diversa, diventa
strumento della memoria, ovvero rende eterno ciò che non lo è  chi ora esiste può continuare ad esistere
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