P A G I N A 7 CHIESA CHIESALOCALE IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 30 GENNAIO 2010 I QUATTROCENTO ANNI DELL’ORDINE DELLA VISITAZIONE LA VITA CONTEMPLATIVA: UN DONO PER INFIAMMARE LA NOSTRA VITA E LA NOSTRA FEDE G iovedì 21 gennaio, presso il monastero comasco di via Briantea 14, la solenne liturgia eucaristica presieduta dal vescovo Diego Coletti ha ufficialmente aperto le celebrazioni per il quattrocentesimo anniversario della nascita dell’Ordine della Visitazione, fondato da san Francesco di Sales e da santa Giovanna Francesca di Chantal. Tanti i fedeli che affollavano la chiesa del monastero. Come sempre forte la suggestione dell’incontro con la clausura, una scelta di vita che può disorientare ma sicuramente pone fondamentali domande di senso a tutti i credenti (ma non solo). Più volte c’è chi ha definito questo monastero come “baluardo di fede” nel cuore, spesso distratto e indifferente, della città. Monsignor Coletti, invece, ispirandosi alle parole delle Letture del giorno, lo ha paragonato a una barca. Il contesto è quello evangelico di Marco. Gesù si vede costretto a confrontarsi con la devozione, senza dubbio generosa, entusiasta e genuina della gente, ma sbagliata… Le folle si gettavano verso il Signore, lo cercavano per toccarlo: LIBRETTI PER LA BENEDIZIONE DELLE FAMIGLIE Avrà come fulcro la Santa Famiglia di Nazareth il libretto per la benedizione delle famiglie edizione 2010. Oltre alla riflessione del Vescovo Diego, ad accompagnare i momenti di preghiera in famiglia saranno le parole dei papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in occasione dei loro viaggi apostolici in Terra Santa. Il libretto, tutto a colori, mantiene il formato degli scorsi anni e sarà pronto dalla metà di febbraio. È già possibile effettuare le prenotazioni presso il Settimanale (da lunedì a venerdì, dalle ore 8.30 alle ore 18.30 - telefono 031263533). Quest’anno, per chi lo desidera, è possibile personalizzare l’ultima pagina di copertina del libretto con immagini o pensieri a scelta della parrocchia. Foto William «Gesù stava diventando un feticcio – ha ammonito il Vescovo –, cercato a uso e consumo dei propri comodi e del proprio benessere… Gesù, allora, si allontana su una barca e comincia e insegnare la vera devozione, la vera religione… Gesù, insomma, prende le distanze, perché va bene la “corsa” di cui ci parla San Paolo. Ma è uno slancio che deve essere sottoposto a discernimento per domandarsi: perché? A quale scopo? Verso chi oriento la mia fede?». Così è la devozione contemplativa. È quella barca che permette al Signore di allontanarsi da chi lo considerava un qualsiasi taumaturgo e dagli affanni quotidiani, per interrogarsi sul significato della religione autentica e per trovare spiegazioni al significato della nostra vita. Per aiutare a comprendere meglio il valore e la consistenza della vera devozione, monsignor Coletti si è affidato alla scrittura e alle parole puntuali di san Francesco di Sales, riprendendo alcuni brani di un’opera del santo dal titolo “Lettera a Filotea” (nome, quest’ultimo, che tradotto dal greco significa: colei che ama Dio). «C’è il rischio concreto – osservava già san Francesco di Sales – di correre dietro a una devozione assurda e superstiziosa, di chi magari si consacra al digiuno e poi biascica le preghiere… fa l’elemosina ai poveri ma non è capace di accordare un briciolo di dolcezza per perdonare i nemici». La vera devozione esige l’amore di Dio, perché è una grazia che abbellisce l’anima. «La devozione – pensiero di san Francesco di Sales – aggiunge prontezza e bellezza alla carità. La carità è il fuoco. La devozione è la fiamma». «Chiediamo per le suore e per noi – ha concluso il Vescovo – di perseverare devoti nel felice cammino della fede e chiediamo a Dio che la comunità continui a fiorire per nuove vocazioni». Attualmente il monastero ospita diciannove suore, di età compresa fra i trentacinque e i novantaquattro anni. Lo scorso giugno monsignor Coletti si era già recato qui per la visita pastorale. Una significativa coincidenza il fatto che il primo dei monasteri visitati dal Vescovo sia stato proprio quello intitolato alla Visitazione, la cui bellissima pala d’altare, con Maria ed Elisabetta, campeggia sul cartoncino che monsignor Coletti sta lasciando e lascerà come ricordo a tutte le comunità e le realtà della diocesi che ricevono la visita pastorale. Nei giorni successivi, fino a domenica 24, si sono susseguiti momenti di preghiera e riflessione in un intenso triduo di apertura per questo importante anniversario. Si ricorda che per tutto il 2010, in alcune date particolari (vedi Settimanale numero 2 del 16 gennaio 2010) ai fedeli che si recheranno devotamente in preghiera presso il monastero della Visitazione di Como sarà riconosciuta l’indulgenza plenaria. pagina a cura di ENRICA LATTANZI IN CATTEDRALE LA CHIUSURA DELL’OTTAVARIO DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI Insieme, un cammino di vera accoglienza e ascolto per completarsi Foto William P er la prima volta, nella serata di lunedì 25 gennaio, il Duomo di Como ha accolto un intenso momento di preghiera ecumenica, rispettosa delle diverse tradizioni liturgiche. Sull’altare maggiore, accanto alla cattedra di Sant’Abbondio, i ministri cattolici (a presiedere il vicario generale monsignor Giuliano Zanotta, insieme ai canonici della Cattedrale), protestanti (i pastori valdesi di Como e Milano) e cristiani di Oriente (con padre Metodio, che segue la comunità ucraina presente sul territorio). «Questa celebrazione – ha ricordato don Battista Rinaldi, responsabile diocesano per il dialogo ecumenico – conclude il cammino percorso in diversi punti della diocesi, nel comasco e in provincia di Sondrio, durante l’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. Le nostre Chiese sono impegnate verso l’unità. Un itinerario iniziato esattamente 100 anni fa, nel 1910. Dobbiamo riconoscere che inizialmente, noi cattolici, abbia- mo guardato con sospetto l’esperienza del dialogo ecumenico, ma poi ci siamo lasciati attrarre in questo viaggio senza dubbio impegnativo, ma importante. Non possiamo dimenticare quel grande segno dello Spirito che è stato il Concilio. E oggi, in questo cammino verso l’unità delle Chiese, siamo chiamati ad assecondare lo spirare dello Spirito, che ci chiama a essere testimoni del Risorto». Dopo la lettura integrale del capitolo 24 del Vangelo di Luca – che ha accompagnato l’intero percorso dell’ottavario, con la frase di riferimento “Mi sarete testimoni di tutto ciò” – la meditazione è stata affidata alla pastore valdese di Milano Eliana Briante, legata da sincera amicizia alla nostra diocesi per una serie di iniziative di carattere ecumenico promosse dall’Azione cattolica. «Fratelli e sorelle in Cristo – ha detto la pastore – il vangelo di Luca ci chiama a lodare insieme l’unico Dio, condividendo la nostra storia di fede e riconoscendo l’opera di Dio nelle nostre vite, sempre fedeli alla sua Parola. Luca ci descrive la vita degli apostoli e degli amici di Gesù nei giorni successivi alla sua Passione e Morte. Ci descrive l’episodio di Emmaus… quando riconosceranno il Signore corrono a testimoniare l’annuncio che è stato loro consegnato… Ciascuno con le proprie competenze: perché l’incontro con il Salvatore cambia la nostra vita. Siamo chiamati a rispondere a questo appello pressante – “Mi sarete testimoni di tutto ciò” – con tutte le nostre diversità di culture, accenti, storie… e siamo invitati a farlo “a partire da Gerusalemme”, ovvero a partire dal concreto della nostra vita quotidiana». Tre i gruppi di persone sulle quali la pastore Eliana si è specificamente soffermata. Innanzitutto le donne. «Mentre gli altri restano nascosti, perché dopo la morte di Gesù sono presi da sconforto e paura, le donne, in particolare le tre descritte da Luca (Maria Maddalena, Giovanna e Maria, la madre di Giacomo) non si vergognano di recarsi al sepolcro. Non si vergognano di averlo seguito e di essere state sue discepole… E quando l’angelo annuncia loro che Gesù è risorto, sono capaci di mettersi in suo ascolto. E poi, anche se hanno timore, corrono a raccontarlo. Si mettono in moto per la loro fede, sebbene sapes- sero che non sarebbero state credute. Siamo capaci anche noi di metterci in moto per la gioia della Parola di Dio? Le donne annunciano quello che hanno sentito. Si infiammano i nostri cuori e le nostre menti per dire quello che abbiamo scoperto? Pensiamo anche a un altro particolare, un aspetto importante per il nostro cammino. Anche Pietro va al sepolcro. Ma va da solo e torna indietro… La fede, invece, è un avvenimento che si vive insieme, per capire e vedere di più». Poi i discepoli di Emmaus. «Guardiamoli. Sono tristi. Riescono, però, a superare il dolore e a fare chiarezza su quanto era avvenuto in quei giorni parlando con quello sconosciuto, con quello straniero che avevano incontrato lungo il cammino. E quel colloquio li fa stare tanto bene da desiderare di invitare a cena quello straniero. Quante volte, quando si avvicina uno sconosciuto, specie se straniero, siamo capaci solo di giudicare… Mentre al contrario, se lo sappiamo accogliere, se lo ascoltiamo, siamo capaci di cogliere la sua ricchezza e di capire meglio anche noi stessi. Accogliere significa riconoscere Gesù». Infine tutti gli altri apostoli «che restano paralizzati dalla paura e dell’incredulità, tanto che nemmeno sanno riconoscere Gesù! E quando riescono a superare timori e diffidenze? Quando condividono un momento molto concreto, familiare, oserei dire casalingo: la convivialità del sedersi a tavola insieme e del riconoscerlo dallo spezzare del pane… Cosa ci insegna questo? Che Gesù non ci chiede grandi cose, ma ci domanda di cambiare il mondo a partire dalla condivisione delle piccole cose». La riflessione della Briante si è conclusa con un augurio davvero importante: «la Parola di Dio è il nostro nutrimento quotidiano. Guardiamoci vicendevolmente con rispetto, a partire proprio dalla lettura della Parola di Dio. La prospettiva dell’uno non esclude quella dell’altro, ma la completa. È un cammino da affrontare insieme, nella fede e nell’amore». Un augurio sentito, pur nella consapevolezza della feconda complessità del dialogo fra Chiese, che trova però le motivazioni fondamentali nell’esortazione di Gesù stesso: “Mi sarete testimoni di tutto ciò”.