01 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:02 Pagina 1 Via Narni, 29 - 00181 Roma - Mensile di informazione - Anno LVIII - N° 2 - Febbraio 2009 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB - Roma - Una copia € 0,77 02 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:04 Pagina 1 SOMMARIO NEL SEGNO DEL SANGUE EDITORIALE 33 Il bello della testimonianza di Michele Colagiovanni Mensile della Unione Sanguis Christi dei Missionari del Preziosissimo Sangue Anno LVIII - N° 2 Febbraio 2009 Direttore Responsabile Michele Colagiovanni, cpps ATTUALITÀ La Madonna del Cardellino di Gabriella Dumo e Claudio Silvestri Martiri della fede di Aldo Gnignera “Le Afriche” e le guerre dimenticate di Anna Maria Mascitelli 36 55 49 SPIRITUALITÀ Stampa e fotocomposizione Stab. Tipolit. Ugo Quintily S.p.A. Viale Enrico Ortolani, 149/151 00125 Zona Industriale di Acilia - Roma Tel. 06/52169299 (multilinea con r.a.) Conversione di Mauro Silvestri 39 Notizie sull’Arciconfraternita del PP.mo Sangue di Tullio Veglianti 42 Le sette parole di Gesù in croce (continuazione) di Beniamino Conti 57 INCONTRO DI PREGHIERA Redazione e Amministrazione 00181 Roma - Via Narni, 29 Tel. e Fax: 06/78.87.037 e-mail: [email protected] http://www.cssc.pcn.net 45 Sangue di Cristo e santità a cura di Maria Damiano CATECHESI 5° Mistero - Gesù versa sangue sulla via del Calvario di Aldo Gnignera e Giovannino Lucii Abbonamento annuo ordinario: € 7,50 sostenitore: € 12,91 estero: $ 20,00 C.C.P. n. 391003 UMORISMO 60 Il lato comico di Comik UNIONE SANGUIS CHRISTI Direttore Tullio Veglianti, cpps Autorizzazione Trib. Roma n. 229/84 in data 8-6-1984. Iscriz. Registro Naz. della Stampa (Legge 8-8-1981, n. 416, Art. 11) al n. 2704, vol. 28, foglio 25, in data 27-11-1989 Finito di stampare nel mese di Gennaio 2009 Questa rivista è iscritta all’Associazione Stampa Periodica Italiana 53 Redattori Maria Damiano Mauro Silvestri Gabriella Dumo Stefania Iovine Vincenzo Mauro Noemi Proietti Anna Calabrese Claudio Amici Angela Rencricca Anna Maria Mascitelli Aldo Gnignera Giovanni Lucii Carla Taddei Grafica: Elena Castiglione Foto: Archivio USC 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 33 Nel Segno del Sangue Editoriale 33 Il bello della testimonianza di Michele Colagiovanni C arlo Marx individuava il peccato originale nella proprietà privata dei beni. In effetti il capitale che uno possiede fa la differenza nel campo delle libertà e dell’uguaglianza, anche se vi sono poi eventi che ristabiliscono l’uguaglianza. Per esempio, la morte, “dalla quale nullo homo vivente può scampare”. La proprietà, dunque, come peccato d’origine, o peccato “capitale” della infelicità, vita natural durante. Il capitale lo producono i lavoratori e lo possiedono i padroni, detti perciò capitalisti. I capitalisti diventano possessori, oltre del capitale prodotto, anche degli operai che lo producono; in un certo senso, eserci- tano il diritto di vita o di morte su questi. Gli operai, consci di ciò, o leccano la mano al padrone benefattore; oppure lo mordono sognano di sbranarlo. Impedendo che il capitale sia un bene privato – sostiene Marx – si rendono gli uomini uguali: hanno tutto e non possiedono nulla. Proprio come i membri degli Istituti Religiosi che professano il voto di povertà, verrebbe da dire. Non mancano di nulla, hanno un tenore di vita dignitoso, senza sperequazioni e, sostanzialmente, senza differenze, quale che sia il ruolo che sono chiamati a svolgere. Naturalmente Marx non pone a modello gli istituti religiosi. Propone un modello “simile” a quello degli istituti religiosi, riguardo all’economico soltanto. Per il resto è contro! Ciò poco importa. Il problema serio è: gli istituti religiosi possono offrire una dimostrazione che Marx aveva ragione? La mia risposta è: non tutti i loro membri! Quelli che ci riescono ci riescono solo perché credono alla trascendenza, alla vita ultraterrena, al Giudizio universale e individuale. E sono proprio gli aspetti che Marx considerava oppiacei, da rimuovere. Questa, per me, è la prova che Marx aveva torto, ma non è la prova che il religioso ha ragione sol perché una parte (notevole) è veramente credente. Per entrambe le tesi la dimostrazione è 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 34 Editoriale Nel Segno del Sangue 34 nella storia. Dai frutti si riconosce l’albero. Sono duemila anni che nella Chiesa vi sono buoni frutti, ma non tutti quelli che si potrebbero e dovrebbero avere e non da parte di tutti coloro che li dovrebbero dare. Chi predica di poter fondare una società più giusta auspicando la libertà assoluta e materialistica grazie all’abolizione della proprietà privata, illude: né più, né meno di chi predica che nella società capitalistica e edonistica tutti possono diventare miliardari o come chi dice che si diventa cristiani ricevendo il battesimo e preti ricevendo il sacerdozio. Non c’è posto per una totalità di miliardari nel mondo: e tanto meno miliardari dello stesso numero di miliardi! Né si possono considerare gli esseri umani tutti uguali sol perché hanno lo stipendio uguale. Se non sono che materia pensante il problema non si risolve. Anche se tutti potessero avere uguale accesso al capitale comune, uno vi accederebbe da giovane e l’altro da vecchio; uno da sano e l’altro da malato; uno fornito di bell’aspetto e l’altro con una faccia sgradevole; uno con il quoziente di intelligenza alto e l’altro con un quoziente basso… Soltanto il sole di ferragosto, a mezzogiorno, rende uguali la fiammella di una candela e i fari abbaglianti di un’automobile. Fuor di metafora: i valori materiali necessariamente diseguali, si possono neutralizzare soltanto partendo da un valore più grande e condiviso, che non sia di natura materiale. E allora grande è la responsabilità dei religiosi nel dimostrare che la trascendenza cambia l’immanenza, in meglio. Nessuna coercizione, ma solo fede, speranza e carità, le virtù di Dio nell’uomo. Chi vuole ridurre tutto a materia, anche l’uomo, si scava la terra sotto i piedi, o rende d’argilla i piedi sui quali vorrebbe ergersi come colosso. Per il cristiano potrebbe darsi una condizione inversa. Ha piedi di bronzo, solidi e inattaccabili, che restano anche se lui crolla, perché ci ha messo su un corpo di argilla, poco credibile. Una minima scossa butta tutto giù, tranne i piedi sui quali ha costruito se stesso fallendo il progetto di sé, ma non quello dell’uomo. Di quella base solida possono far parte anche il battesimo, il sacerdozio, se incarnati! Il cristiano, la Chiesa, hanno un grande potere e ne devono essere consapevoli. Stanno appoggiati su basi sicure. Devono osare, parlare. Il potere è cosa buona; è possibilità di operare. Molti dicono: vorrei, ma non posso. Il cristiano non può. Il suo motto è:” Ogni potere mi è stato dato. Che cosa debbo qui e ora?”. Risposta: esercitare il potere su di sé, più che sugli altri. A chi ha avuto molto, molto sarà chiesto. La ricchezza vera della Chiesa sono i santi che, alla sequela del Santo, in ogni epoca lo hanno reso credibile. Ma i santi si preoccupano di testimoniare, non di dettare le leggi per gli altri. Questo significa che la Chiesa deve disinteressarsi delle leggi? Assolutamente no. Deve preoccuparsi di formare le coscienze e non contare soprattutto sulle legislazioni. Oggi non è più lei a legiferare. Quan- do toccò a lei, in passato, non si può dire che brillasse di fulgida luce. Non fu candela sul lucerniere. Penso allo Stato Pontificio! Le legislazioni sono importanti e fa bene la Chiesa a occuparsene, perché sono anche esse educative per la società. Però la legge è solo uno dei fattori educativi, per quanto importanti. Gli Stati dovrebbero accogliere con più considerazione i pronunciamenti della Chiesa, invece di gridare all’ingerenza; tutti hanno diritto di ingerirsi e la Chiesa almeno quanto le altre agenzie, se non di più per quella convinzione di dover rispondere a Dio! I pronunciamenti, però, dovrebbero godere di più trasparenza. La distinzione tra legale e lecito sarà sempre presente e operante nella culture moderne pluraliste; anzi, la forbice si divaricherà sempre di più, nonostante gli anatemi, come già avviene per il divorzio, l’aborto, il fine vita e l’istante dell’ominizzazione... In un mondo come quello che si configura occorre fare opera di evangelista, a tempo opportuno e importuno, educando le coscienze. I veri credenti non faranno uso di legislazioni che rendono legale un comportamento illecito. Puntando sulla legislazione meramente normativa, una coscienza non educata troverà sempre il modo di aggirare la legge o di permettersi ciò che è vietato su un determinato territorio, recandosi dove è permesso. Per educare le coscienze, però, è necessario che la Chiesa risulti dedita ai valori che promulga e li faccia davvero apparire fascinosi e non solo dolorosamente obbligatori. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 35 Nel Segno del Sangue Messe Perpetue 35 4000 MESSE PERPETUE I Missionari del Preziosissimo Sangue, per facilitare la comunione di preghiera tra vivi e defunti, hanno istituito da oltre un secolo l’Opera delle 4000 Messe Perpetue. Ogni anno vengono celebrate 4000 messe per tutti gli iscritti, vivi o defunti. Per associarsi, o per iscrivere i propri cari, basta versare l’offerta di una messa, una volta per sempre. Si rimane iscritti in perpetuo. PIA UNIONE DEL PREZIOSISSIMO SANGUE VIA NARNI, 29 -00181 ROMA Tel. e fax: 06/78.87.037 - c.c.p 391003 e-mail: [email protected] 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 36 Attualità Nel Segno del Sangue 36 È pinti ex novo, è arridi questi vato sino a noi. Nel giorni la 2000 è stato dato il notizia delvia al restauro presl’esposizione a Paso l’Opificio delle lazzo Medici RicPietre Dure di Firencardi, a Firenze, di ze che ce lo ha restiuna mostra di dipintuito in tutto il suo ti dal titolo “L’amosplendore. re, l’arte, la grazia”. Maria, raffiguraFra le tante opere ta con i classici abirisalta un dipinto di ti che rimandano alRaffaello Sanzio, La la sua condizione uMadonna del Carmana, il blu, e alla dellino, che torna sua sacra regalità, il all’ammirazione del rosso, per la naturapubblico dopo un lezza e la dolcezza restauro durato ben del suo sguardo è otto anni. Si tratta di stata definita la più un olio su tela di bella di tutte le Vermedia grandezza, gini dipinte. Sicura107x77, risalente al mente l’opera nel 1506, eseguito dal suo insieme cattura pittore, come era in l’attenzione, affauso all’epoca, in scinando chi la occasione del matriguarda: eseguita in monio dell’amico di Gabriella Dumo – Claudio Silvestri pieno RinascimenLorenzo Nasi che do verso i bambini che giocano to, riecheggia la scuola di Leoglielo aveva commissionato nardo da Vinci sia nei colori, davanti a lei: Gesù e Giovanni, per collocarlo come capoletto con il bruno del terreno che nella sua camera nuziale. figlio della cugina Elisabetta. degrada fino a sfumare nella Il quadro raffigura la MaNel 1547 la casa di Lorenzo limpidezza dello sfondo e le donna come “Madonna dell’UNasi crollò per uno smottamenmontagne che “azzurrano”, sia miltà”, seduta su una roccia to del terreno e il quadro rimanella struttura a “piramide”. Il con un libro in mano, che interse sepolto sotto le macerie; corpo di Maria infatti è inscritrompe la sua lettura per rivolricomposto nei 17 pezzi ritroto idealmente in uno spazio di gere teneramente il suo sguarvati, pieno di crepe e tratti ridi- La Madonna del Cardellino 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 37 Nel Segno del Sangue Attualità 37 forma triangolare come le gambe di Giovanni, mentre il braccino di Gesù che si tende verso il cardellino dà il senso della tridimensionalità: c’è un rincorrersi così del numero 3 che si ripete anche nei personaggi secondo il tipico canone rinascimentale. Al centro di questo ideale spazio piramidale c’è un cardellino; si dice si chiami così perché vive tra cardi e spine. L’uccellino è legato alla figura di Gesù Bambino: c’è una leggenda cristiana in cui si narra che un cardellino volesse estrarre le spine della corona che trafiggeva Gesù e che si fosse trafitto a sua volta sporcandosi del suo sangue, rimanendo per sempre con la macchia rossa sul capo, a ricordo perenne del suo gesto di pietà. Per questo il cardellino è diventato uno dei simboli della Passione di Gesù. Viene spontaneo trarre la conclusione a questo punto che il cardellino, nucleo di questo spazio triangolare dove il numero 3 si ripete, simboleggi la Passione delle tre persone della Trinità; siamo certi infatti che il Padre come lo Spirito Santo siano stati partecipi della sofferenza di Gesù, che ha patito da uomo quella fisica della croce. In tutta l’opera sembra aleggiare il mistero dell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di nostro Signore: infatti il piccolo Giovanni, che da grande sarà il precursore di Gesù, gioca con lui porgendogli il cardellino, mentre il volto del piccolo Gesù denota un’aria di sofferenza quasi a presagire la sua passione e morte accettata per amore nostro. Il piccolo Giovanni tiene il mano il cardellino, scopre la durezza della passione, della sofferenza di Cristo, e vorrebbe allontanarsi dal peso di questa rivelazione, ma viene fermato da Maria che lo sostiene con la sua mano sicura e delicata. Come Giovanni noi ci sentiamo piccoli di fronte a tanta sofferenza, di fronte ad un messaggio di tal genere, che sappiamo di non poter sostenere. Siamo istintivamente pronti a fuggire, ci sentiamo soli, non accorgendoci di chi ci tiene per mano sulla strada della nostra vita. La presenza di Maria è fondamentale. Nella suo ruolo di mediatrice tra l’uomo e Dio, diviene portavoce della sua parola che probabilmente sta leggendo: volge così il suo sguardo verso Giovanni avvicinandolo a Gesù che è un tutt’uno con Lei. Il Bambino ha bisogno di lei, ne ha bisogno come tutti i bambini: poggia il suo piedino su quello della mamma come per sostenersi. Da adulto si sosterrà ancora a lei, sotto la croce, sicuro di poterle affidare, come figlia, tutta l’umanità. Se da una parte il volto del piccolo Gesù è sofferente, al contrario quello di Maria è sereno, luminoso, dolcissimo e soave, poiché già è testimone 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 38 Attualità Nel Segno del Sangue 38 della dimensione che è oltre la morte, e cioè la risurrezione. Nessuno ci può dare la certezza che Raffaello pensasse a tutto questo dipingendo il suo quadro; è innegabile invece lo studio accurato, l’assoluta ricerca della perfezione delle forme come dell’armonia dei colori, che sembra facilitare lo spettatore ad elevarsi a qualcosa di grande, di soprannaturale, che lo avvicini alla fede alimentandola e arricchendola. Questa armonia assoluta porta il pensiero a Maria, alla sua totale adesione alla volontà del Padre; in perfetta sintonia con il progetto di Dio, all’annuncio dell’Angelo, ella pronuncerà un semplicissimo “fiat” che darà corso alla nuova ed eterna alleanza, quella definitiva, tra Dio e l’uomo tramite Gesù Cristo. Nelle preghiere eucaristiche anche dei primi secoli, è spesso presente il riferimento a Maria che dà a Gesù il suo corpo e il suo sangue. Un esempio per tutti l’Ave verum Corpus: “Ave, o vero corpo, / nato da Maria Vergine, / che veramente patì e fu immolato / sulla croce per l’uomo, / dal cui fianco squarciato / sgorgarono acqua e sangue: / fa’ che noi possiamo gustarti / nella prova suprema della morte. / O Gesù dolce, o Gesù pio, / o Gesù figlio di Maria./ Pietà di me. Amen”. Anche il Papa Giovanni Paolo II ha detto che Maria è presente nel Memoriale liturgico, perché fu presente nell’evento salvifico; il popolo dei fedeli recepisce benissimo questo concetto perché non scinde mai la venerazione di Maria dalla fede in Gesù Cristo. Ella è sempre accanto al Figlio, dal concepimento alla croce fino alla risurrezione, come abbiamo visto anche nel dipinto. Lo Spirito Santo ha agito in Maria facendole concepire Gesù che avrebbe versato il suo sangue per salvare l’umanità dal peccato: è come se anche lei avesse versato il suo sangue per noi per proteggerci e guidarci a Gesù, come fa con il piccolo Giovanni del dipinto, e, per opera dello Spirito Santo, metterci alla sua sequela. Ci piace immaginare che in questo dipinto di Raffaello, Maria stesse leggendo le profezie di Isaia sulla passione del Messia, ma il suo volto, lontano dal tradire angoscia, elargisce invece la rassicurante certezza di una fede vissuta e provata tanto da poter essere trasmessa con assoluta credibilità. Questa è la potenza del san- gue di Maria da cui proviene quello di Gesù, preziosissimo per la sua efficacia redentiva. Maria ha fatto tanto sua la Parola di Dio da tradurla in fede viva e vera, testimoniandola prima nella vita di suo Figlio, e poi nella nostra. Sino alla fine dei tempi la sua missione resterà sempre quella di sospingere amorevolmente l’umanità verso il mistero di Cristo e, attraverso lui, verso l’amore di Dio Padre. Gesù non sarebbe nato se non ci fosse stata Maria: nelle loro vene scorre lo stesso sangue che li lega inscindibilmente e li accomuna nella storia del riscatto dell’uomo dal peccato. Se la potenza del sangue di Gesù è nella sua efficacia redentiva, la potenza del sangue di Maria è nell’esempio continuo di fedeltà totale al progetto di Dio e fedeltà totale all’uomo, un uomo che ha bisogno di essere consolato ed amato, capito e difeso e alla fine guidato al bene come solo una mamma come lei può e sa fare. Allora noi che crediamo di essere rinati nel sangue di Gesù, non dimentichiamoci mai dello sguardo carezzevole di Maria su ognuno di noi e ricambiamo il suo amore con slancio filiale, certi di non essere mai delusi. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 39 Nel Segno del Sangue Spiritualità 39 Conversione di Mauro Silvestri L o scoop giornalistico è recente: Antonio Gramsci – sì proprio lui, il fondatore del partito comunista italiano – sarebbe morto cristianamente, dopo essersi convertito e aver ricevuto i sacramenti. La notizia sembra avere una sua attendibilità perché viene riferita da un alto prelato, addentro per la funzione che ha svolto nel suo ministero sacerdotale ed episcopale: Monsignor Luigi De Magistris è stato infatti pro-penitenziere maggiore, reggente il Dicastero vaticano che si occupa delle questioni connesse con peccati, confessioni, penitenze e indulgenze. Secondo testi- monianze attendibili, Gramsci avrebbe avuto nella stanza della clinica romana dove morì nell’aprile 1937, un’immagine di Santa Teresa di Lisieux e avrebbe chiesto e baciato un’immagine di Gesù Bambino. La notizia è rimbalzata rapidamente sui principali mezzi di comunicazione e ha provocato una serie di reazioni da parte dei “discepoli” dell’uomo politico sardo, degli storici e degli intellettuali “politicamente corretti”. Le reazioni sono state sostanzialmente simili quanto a struttura e contenuto: in buona sostanza – si obietta – dagli scritti e dai documenti disponibili non si evince nulla che confermi la conversione o possa far pensare ad essa. Qualcuno, più veemente, afferma trattarsi di un tentativo, come in altri casi, di spingere in extremis una persona alla conversione, tentativo che, si spera, non sia riuscito. Quasi a sostenere che non sia corretto approfittare di quei momenti particolari di prossimità alla morte quando la psiche può essere alterata e la paura può indurre a modifi- care le proprie convinzioni e a “cedere” alla proposta di conversione. La conclusione sarebbe che la Chiesa e i suoi uomini giochino “fuori dalle regole”, quasi con slealtà, approfittando di ogni “varco” di debolezza dell’avversario. In effetti l’invito alla conversione viene direttamente da Gesù. “Convertitevi e credete al vangelo!” (Mc 1, 15): sono le parole, asciutte e lapidarie, che segnano l’esordio della predicazione di Gesù in Galilea, subito dopo il Battesimo e l’arresto di Giovanni. La conversione è un atto che “costa” a chi si converte: la conversione implica un cambiamento totale e radicale di prospettiva, accettando di porsi in un punto di osservazione che prima si era rifiutato, spesso anche contrastandolo con forza e avversione. Occorre riconoscere che si è sbagliato rotta e che è necessario tornare indietro, tornare a Dio. Può non essere facile ammetterlo: si deve manifestare l’evidenza del percorso errato con tutte le implicazioni e spesso 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 40 Spiritualità Nel Segno del Sangue 40 i disastri che ciò ha comportato. Ma bisogna anche intravedere la possibilità di recuperare la direzione giusta. Ci sono conversioni politiche, ideologiche, filosofiche, ma la “conversione” per antonomasia è quella “religiosa”, che segna il passaggio da un credo religioso ad un altro, o anche il passaggio dall’ateismo o, più verosimilmente, dall’indifferenza e dall’agnosticismo all’accoglienza del divino e del trascendente nella propria vita, o anche il recupero di una fede stanca e intorpidita. Per il cristianesimo si tratta dell’incontro con una Persona, con quel Gesù che ripete quel semplice “Convertitevi!”, e che si rende evidente alla mente e al cuore della persona chiamata alla conversione. Ce lo ha raccontato il convertito più famoso della storia: quel Saulo che andava a Damasco per perseguitare i cristiani e che venne folgorato e interpellato da quel Cristo, che, identificatosi con i suoi discepoli, gli chiese le ragioni di quella persecuzione furiosa. Sappiamo come è andata: Saulo ha ripercorso il cammino di Cristo morto e risorto: tre giorni di cecità, come nel buio del sepolcro, e poi il Battesimo che ne ha fatto un uomo nuovo, Paolo, l’infaticabile “Apostolo delle genti”. Di certo la chiamata alla conversione, con il dono della manifestazione di Dio che ci pone davanti agli occhi tutta l’evidenza dei percorsi sbagliati, è una manifestazione gratuita della grazia: è Dio che “marca” da vicino ogni uomo perché lo vuole salvo. Per Saulo la manifestazione di Dio avvenne con la folgorazione sulla strada per Damasco (At 9, 3-6); per Agostino fu una voce infantile che lo invitava a leggere le lettere di Paolo (Conf. VIII. 12. 29); per Ratisbonne fu l’apparizione della Madonna a Roma a Sant’Andrea delle Fratte nel 1842, così come fu per Bruno Cornacchiola a Roma alle Tre Fontane nel 1947, con l’apparizione della Vergine della Rivelazione. Di esempi noti se ne potrebbero citare tantissimi, ma tanti ancora di più rimangono nel segreto del rapporto con Dio. Dicevamo che è Dio che va in cerca dell’uomo perché l’uomo da solo non ce la fa ad arrivare a lui. “Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato a quelli che non si rivolgevano a me”, afferma Isaia (65, 1). È vero: nel corso della storia tante menti eccezionali hanno tentato di elaborare metodi e prove per arrivare a Dio, ma l’esperienza comune ci mostra che simili argomentazioni sono sostanzialmente ininfluenti rispetto alla fede: per chi già crede, queste “prove” non aggiungono nulla alla sua fede, ma queste stesse “prove” non sono in grado di convincere gli increduli. La verità, come ci dice il grande Pascal, è che Dio è un Deus absconditus che si propone senza imporsi, fornendo luce 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 41 Nel Segno del Sangue Spiritualità 41 sufficiente per chi vuol credere, ma anche oscurità sufficiente per chi non vuole accettare di credere. E questo perché Dio vuole l’uomo libero, e quindi anche libero di non accettarlo. La grazia di Dio, pure causa prima della conversione, nulla può senza la libera corrispondenza dell’uomo che può resistergli. Per restare alle storie “finite bene” e in particolare ad Agostino, è lui stesso che nelle sue Confessioni ci racconta quanto fu tormentata e contrastata la sua adesione a Cristo. E le storie che non si sanno e che magari non sono “finite bene”? Il fatto è che Dio è amore e l’amore non può esistere senza libertà e il rischio della libertà è un rischio anche per Dio. Ma l’amore di cui parliamo è l’amore di Dio, che sa certamente trovare il modo di comunicarsi e di farsi accettare senza offendere la libertà della creatura. Il vescovo Gianfranco Ravasi, noto biblista e uomo di cultura profonda, riferisce in un suo articolo (cfr Osservatore Romano del 3 agosto 2008) dell’intuizione del grande teologo protestante Karl Barth che, con l’aggiunta di una sola lettera, ribalta l’orgogliosa affermazione di Cartesio: “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque esisto) in “Cogitor, ergo sum”, vale a dire: “Sono pensato – perciò sono amato – [da Dio] e quindi esisto”. Risuona nelle orecchie il salmo 139: “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo… Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre…”, e anche le parole che Dio disse a Geremia nella sua vocazione profetica: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato” (Ger 1, 5). La massima espressione dell’amore di Dio si rivela in Gesù crocifisso che ha versato il suo sangue ed è morto per ognuno di noi. Nel momento in cui questo amore totale riesce ad essere percepito dall’uomo, penso sia difficile resistere anche per il più ritroso degli increduli. Per tornare a Gramsci, fra le informazioni che sono state rivelate in questi giorni, sembra che avesse così risposto al cappellano della clinica dove era ricoverato che lo invitava alla conversione: “Non è che non voglio, non posso”, e che abbia chiesto ad una delle suore che lo assistevano di pregare per lui. Sembra quasi che l’ultima barriera che lo trattenesse non fosse tanto l’adesione della mente e del cuore, quanto un desiderio estremo di coerenza, quasi provasse la sensazione di tradire le idee per le quali aveva speso la sua vita, soffrendo tanti anni di carcere. Qui le nostre informazioni si fermano: il resto della storia appartiene ad Antonio Gramsci e a Dio, e occorrerà aspettare di “passare di là” per sapere come è andata a finire. Per il momento ci piace pensare che Gesù, che non vuole perdere nessuno di quanti gli sono stati affidati (cfr Gv 6, 39), abbia ascoltato la preghiera di quella suora e abbia mostrato a Gramsci come far confluire nel grande fiume dell’amore di Dio quel desiderio di un mondo giusto e solidale che sicuramente aveva informato la sua vita e la sua attività politica. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 42 Spiritualità Nel Segno del Sangue 42 Notizie sull’Arciconfraternita del PP.mo Sangue di Tullio Veglianti I l giorno 8 dicembre scorso, festa dell’Immacolata Concezione, nella Chiesa di San Nicola in Carcere, in Roma, è stato celebrato un evento particolare: 200 anni dalla fondazione dell’Arciconfraternita del PP.mo Sangue. Sull’altare vi era deposta la cassetta d’argento, contenente un pezzetto di panno intriso del sangue prezioso di Cristo, racchiusa in un reliquiario di ebano e di cristallo molato. Hanno partecipato quanti hanno il compito di diffondere la spiritualità del Sangue di Cristo. La storica chiesa è stata riempita da un folto gruppo di fedeli, per partecipare all’Eucaristia concelebrata da diversi sacerdoti e missionari, con la presenza di autorità religiose e del nostro padre Generale Don Francesco Bartoloni. Con l’occasione, vogliamo ricordare sinteticamente la storia dell’Arciconfraternita. Basilica S. Nicola in Carcere Altare maggiore e abside 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 43 Nel Segno del Sangue Spiritualità 43 L’inizio è legato alla presenza in S. Nicola in Carcere Tulliano di una reliquia sulla passione, contenente un pezzetto di panno intriso del sangue di Gesù. Attualmente si trova nella Chiesa di S. Giuseppe Capo le Case. Fu qui che don Francesco Albertini (1770-1819) diede la sua forte impronta alla devozione già ivi esistente. Così ebbe l’idea di riunire i fedeli in una Pia Adunanza, che iniziò solennemente l’8 dicembre 1808, con una Messa cantata, alla quale assisteva anche il novello sacerdote don Gaspare del Bufalo, anche lui iscritto. Pio VII, il 27 febbraio 1809, approvò la Costituzione della Pia Adunanza del Preziosissimo Sangue, stesa dall’Albertini. Questi compose per essa la Coroncina. Durante il carcere, sia l’Albertini che don Gaspare continuarono a interessarsene assiduamente. Dopo il carcere, l’Albertini affidò la devozione del Preziosissimo Sangue alla nuova Congregazione dei Missionari fondata da san Gaspare, per una consistente diffusione. Sia san Gaspare che i primi missionari furono tutti d’accordo e contenti. Chiesero a Pio VII di promuovere la Pia Adunanza in Arciconfraternita, il che avvenne il 22 e il 26 settembre 1815. Furono concesse diverse indulgenze. Si potevano aggregare ad essa altre Confraternite e Pie Unioni. La gioia di san Gaspare lo indusse a introdurre la pratica del mese di giugno, predicandone lui stesso il primo nel 1816. Così san Gaspare fu eletto “Primo Promotore e Missionario dell’Arciconfraternita”. Durante tutta la vita san Gaspare mantenne questo atteggiamento, tanto che fino al 1831 i Missionari erano chiamati “Sacerdoti Missionari dell’Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue”, e san Gaspare si firmava come il Direttore Generale. Anche i convittori venivano iscritti ad essa. Dall’agosto del 1831 nacque il titolo ufficiale di “Missionari del Preziosissimo Sangue”. Con l’approvazione della nostra Regola nel 1841, la distinzione fu ancora più chiara. Però per erigere Pie Unioni, i missionari dovevano sempre far ricorso alle autorità dell’Arciconfraternita. Ciò creò diversi inconvenienti, per cui l’8 luglio 1851 si riunì il Consiglio Generale della Congregazione e nel verbale si legge: “Quindi si è stabilito, che per nostra quiete e per avere esercizio più libero nella propagazione della nostra devozione del Preziosissimo Sangue si procuri presso la Santa Sede l’emancipazione dell’Arciconfraternita”. Uno dei firmatari era don Giovanni Merlini, allora 2° Moderatore Generale. La reliquia del Prez.mo Sangue 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 44 Spiritualità Nel Segno del Sangue 44 Pio IX, con un Breve del 29 luglio 1851, concedeva la facoltà di erigere un sodalizio sotto il titolo del “Preziosissimo Sangue” nella chiesa primaria della Congregazione, che fosse indipendente dall’Arciconfraternita, pur avendone lo stesso titolo e le indulgenze. Così ebbe origine la Pia Unione, con sede prima a San Salvatore in Campo, e dal 15 luglio 1858 a Santa Maria in Trivio, nuova sede della nostra Direzione Generale. Tuttavia continuò la reciproca collaborazione. Fin dall’inizio la Pia Unione non ha mai usato abiti particolari, ma era sufficiente l’iscrizione nell’apposito registro. Immediatamente si beneficiava di tutti i beni spirituali. La prima aggregazione è del 15 dicembre 1851, firmata dal Merlini. Nel 1859 fu stampato un Libretto di istruzioni per erigere e promuovere la Pia Unione: nessuna divisa, nessuna regola, solo la devozione al Sangue di Cristo, sotto la direzione del Direttore pro-tempore. Scapolari, fasce, distintivi erano facoltativi. Così anche nel primo schema di Statuto approvato dal Moderatore Generale nel 1945. Quindi nessuna forma organizzativo-giuridica. Qui si legge: “La Pia Unione è un’associazione di fedeli destinata a promuovere la gloria di Dio e la salute delle anime mediante il culto al Prez.mo Sangue. … In stretta comunione con i Missionari e le Suore Adoratrici del Prez.mo Sangue, la Pia Unione concorre efficacemente con la preghiera e con l’azione all’opera di questi Istituti”. Il 3 novembre 1883 la Direzione Generale della nostra Congregazione istituì l’Opera delle 4.000 Messe Perpetue all’interno della Pia Unione, e fu approvata e incoraggiata dal papa Leone XIII. Nel 1° centenario della Pia Unione, 1951, si fece un nuo- Particolare della reliquia vo Statuto, con i due punti fondamentali: devozione al Prez.mo Sangue e iscrizione. Fu approvato dalla Santa Sede il 15 ottobre 1951. Si contavano oltre 800 Pie Unioni. Dopo il Concilio la devozione ha ricevuto un forte rinnovamento a livello teologico, liturgico, biblico e pastorale con numerosi Convegni e una grande fioritura di libri scientifici e devozionali del “Centro Studi Sanguis Christi”. Dopo il Concilio c’è stato l’ultimo aggiornamento degli Statuti, convalidati dal Pontificium Consilium Pro Laicis nel 1983 ad experimentum per un triennio, e definitivamente approvati il 24 maggio 1988. Ivi è stato cambiato anche il nome: Unione Sanguis Christi, USC. Ultime notizie sull’Arciconfraternita iniziale: nel 1869 la direzione fu tolta ai missionari e affidata al Capitolo di S. Nicola in Carcere. Contava già 169 Confraternite affiliate in Italia e in Europa. Nel 1936 si sciolse il Capitolo di S. Nicola in Carcere e l’Arciconfraternita si trasferì a San Giuseppe Capo le Case. Nel 1946 si tentò di ridarla alla nostra Congregazione, ma senza esito. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 45 Nel Segno del Sangue Incontro di preghiera 45 INCONTRO DI PREGHIERA Febbraio 2009 Sangue di Cristo e santità a cura di Maria Damiano Canto Esposizione eucaristica CELEBRANTE: Ogni cristiano deve impegnarsi a tessere con pazienza, serenità e gioia l’opera affidatagli dal Creatore per cooperare al proprio piano di salvezza, voluto da Dio e realizzato da Gesù Cristo attraverso la sua morte e la sua risurrezione gloriosa. In questa opera, l’uomo è chiamato a santificarsi perché: “Prima che le cose fossero, prima che il mondo fosse, noi siamo stati concepiti santi e immacolati al cospetto di Dio” (Ef 1, 4). Lettura Il progetto trinitario nei nostri confronti ha una valenza eterna perché la Trinità pensa a noi dall’eternità e la motivazione è motivazione d’amore. Qui il mistero più profondo della nostra vita. La parola che sancisce l’alleanza definitiva tra Dio e l’uomo è l’”Eccomi” di Cristo nei confronti della volontà del Padre: “Ecco, io vengo, sul rotolo del libro di me è scritto che io faccia il tuo volere. Dio mio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore” (Sal 40, 8 e Eb 10, 5-9). È l’eccomi di Cristo il segno del progetto misterioso di salvezza voluto da Dio e insieme vertice dei tanti “eccomi” che hanno attraversato la storia a partire da Abramo, Samuele, la Vergine Maria, Giuseppe, i Santi di ogni tempo fino ai giorni nostri, tutti motivati dall’amore. L’eccomi, dunque, è la parola definitiva, e riuscire a ripeterla ogni giorno, ogni momento con consapevolezza nelle vicissitudini più o meno liete, più o meno dolorose della nostra esistenza, significa necessariamente garanzia di santità, e alla santità noi non possiamo sottrarci perché è un dovere e ognuno deve impegnarsi a perfezionare ogni giorno la propria vita. La santità si definisce nel rapporto con Dio, con se stessi, con gli altri, con l’ambiente e attraverso un discepolato attivo e attento ai bisogni dei fratelli comunque presenti nella realtà del nostro quotidiano. Il Concilio Vaticano II ha, al suo centro, la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium con il capitolo sulla vocazione universale alla santità: “Tutti i fede- 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 46 Incontro di preghiera Nel Segno del Sangue 46 li di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità; da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano” (n. 40). Tendere alla santità è dunque un obbligo morale perché ogni cristiano appartiene ontologicamente alla Chiesa alla quale è comunque unito, ed essa, per sua natura, è santa (cfr LG 39) perché: 1) Cristo, “il solo Santo”, ha amato la Chiesa come sua sposa e per santificarla ha dato per essa il suo sangue. L’intensità di questa unione trova il suo precedente nell’immagine biblica dello sposalizio tra Dio e il suo popolo eletto. 2) Cristo ha voluto che la Chiesa fosse a sé unita come “suo corpo” rivelando in ciò il mistero grande e profondo riferito alla sua natura e alla sua finalità, in quel dinamismo molteplice e soprannaturale che manifesta tutta la sua vitalità. 3) Cristo ha offerto alla Chiesa lo Spirito Santo che è il principio della santità della Chiesa; è il vincolo di carità che comunica la santità ai cristiani proprio in quanto li unisce a Cristo e in lui li rende partecipi della vita divina. La celebrazione eucaristica, i sacramenti e le varie azioni liturgiche sono i mezzi adeguati che conducono all’unione e alla comunione con Dio a cominciare dall’eccomi. L’eccomi che attraversa tutta la storia dell’umanità a partire da quello pronunciato da Cristo sulla croce: “Nelle tue mani rimetto il mio spirito”, è sostenuto da quattro atteggiamenti che il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta così ci indica: 1) Disponibilità interiore dinanzi alla persona che chiama. 2) Disponibilità sacrificale, anche nel caso in cui la persona che chiama abbia disegni di morte (pensiamo ad Abramo mandato ad immolare suo figlio. Dio in questo caso, almeno apparentemente, ha disegni di morte e Abramo risponde ugualmente: eccomi). 3) Disponibilità gioiosa: è quella di tutta la creazione, obbediente sempre alle proprie leggi. Pensiamo alle stelle di cui parla Baruc: rispondono con gioia alla chiamata del Signore. Egli le chiama ed esse rispondono: eccoci, e brillano di gioia per Colui che le ha chiamate. Prima riflessione L’eccomi di Abramo è l’eccomi proprio della fede, perché ciò che Dio gli propone è al di là di ogni umana comprensione: lascia la tua casa e va in un’altra terra. … Una terra, una regione che lui non conosce e non deve conoscere. Abramo è avanti negli anni e la sua sofferenza interiore è grande e profonda. Ma Dio non lo lascia solo perché è lui che lo chiama ed è lo Spirito che lo accompagna e lo conduce verso spazi nuovi e sconosciuti. “Guarda il cielo stellato: la tua discendenza sarà più numerosa delle stelle, sarà 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 47 Nel Segno del Sangue Incontro di preghiera 47 superiore alla sabbia del mare” (Gen 15, 5). La sua fede solida gli permette di credere che Sara, pur avanti negli anni, gli darà un figlio, e Sara davvero partorirà Isacco che comincia a crescere,… e la voce di Dio si farà nuovamente sentire: “Prendi tuo figlio, va’ sul monte, poi immolalo, sacrificalo” (Gen 22, 1), e Abramo va verso il monte, prepara la catasta di legna, vi lega suo figlio per ucciderlo: eroicità della fede! Domandiamoci: 1) Qual è la nostra fede in quanto figli di Abramo? Gesù ci direbbe: “Se foste figli di Abramo fareste le opere di Abramo” (Gv 8, 39). 2) Viviamo di fede nei confronti dei problemi che abbiamo attorno: familiari, sociali, problemi della Chiesa? Ma oltre alla fede è necessaria la nostra partecipazione e collaborazione alla soluzione dei problemi della Chiesa e del mondo. Ricordiamoci dell’eccomi di Samuele e impariamo a renderci disponibili alla volontà di Dio. Tutti, infatti, abbiamo una chiamata da parte di Dio e tutti, come Samuele, dobbiamo rispondere. Chiediamoci allora come abbiamo corrisposto, come corrispondiamo alla proposta di Dio nelle diverse situazioni della nostra vita. Quante volte abbiamo rifiutato o accettato il nostro eccomi? Il poetico eccomi delle stelle di Baruc è l’eccomi di tutta la creazione che obbedisce a Dio con gioia. Meraviglia delle meraviglie! E noi, obbediamo con gioia al Signore? Riusciamo a diffondere la gioia che da lui proviene intorno a noi, nelle nostre famiglie, nei nostri ambienti di lavoro, tra i bambini, i poveri e i disadattati, i malati, gli stranieri? Canto Seconda riflessione Il mondo è dilaniato da guerre e conflitti dettati da differenze etniche, interessi economici, fondamentalismi religiosi, fino all’egoismo diffuso e alla sopraffazione nelle sue molteplici facce all’interno della nostra quotidianità. Che dire allora dell’antica promessa: “Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo” (Lv 26, 11)? Dio propone all’uomo di oggi la medesima alleanza e chiede di rinnovarla ogni giorno attraverso le semplici ma incisive azioni quotidiane capaci di mutare in bene ogni evento sia pure doloroso, sia pure difficile. “Entriamo nella tenda”, allora, e sentiamoci fratelli; fratelli in cammino di santità. “Tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3, 28) alla scuola di Cristo, sotto l’azione dello Spirito Santo. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 48 Incontro di preghiera Nel Segno del Sangue 48 Dio vuole essere amato e grande è la sua sete d’amore. … “Aiutiamo l’umanità a spegnere questa sete d’amore di Dio” (Guglielmo Giaquinta). Canto PREGHIERA LITANICA CELEBRANTE: La santità non è riservata ad anime elette, ma è luce che deve diffondersi su tutti. Noi dobbiamo favorire, nel nostro lavoro apostolico di esempio e di testimonianza, sempre un clima sereno di sano ottimismo per la formazione interiore. Dio che è amore non ci farà mancare mai la sua assistenza e noi non facciamo mancare mai la nostra collaborazione perché “Chi ci creò senza il nostro aiuto, non ci salverà senza la nostra cooperazione”. Diciamo: Aiutaci, Signore, a vivere secondo la tua volontà! “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”: “Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione”: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”: Ci uniamo ora a tutta la Chiesa per offrire al Padre il dono preziosissimo del sangue di Cristo, nostra gloria, salvezza e risurrezione. Eterno Padre, noi ti offriamo con Maria, Madre del Redentore del genere umano, il sangue che Gesù sparse con amore nella passione e ogni giorno offre in sacrificio nella celebrazione dell’Eucaristia. In unione alla vittima immolata per la salvezza del mondo, ti offriamo le azioni della giornata in espiazione dei nostri peccati, per la conversione dei peccatori, per le anime sante del purgatorio e per i bisogni della santa Chiesa. E in modo particolare: Generale: Perché i Pastori della Chiesa siano sempre docili all’azione dello Spirito Santo nel loro insegnamento e nel loro servizio al popolo di Dio. Missionaria: Perché la Chiesa in Africa trovi vie e mezzi adeguati per promuovere in modo efficace la riconciliazione, la giustizia e la pace, secondo le indicazioni della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. CELEBRANTE: Ci accompagni sempre, Signore, la forza del tuo amore, affinché siamo riconosciuti come tuoi figli e diffondiamo la speranza che viene da te, attraverso il dono dello Spirito Santo, per Cristo nostro Signore. BENEDIZIONE EUCARISTICA CANTO FINALE 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 49 Nel Segno del Sangue Attualità 49 “Le Afriche” e le guerre dimenticate di Anna Maria Mascitelli L’ amore a Dio e al prossimo sono le basi del vivere cristiano; d’altronde la carità verso i nostri fratelli e la compassione sono predicati di tutte e tre le grandi religioni monoteiste. Le religioni dovrebbero essere acqua per spegnere le guerre, non micce per accenderle; invece, tra i seguaci delle stesse si verificano le più sanguinose trasgressioni. Accanto ai grandi conflitti asiatici in corso: Iraq, Afgha- nistan, Arabo-Palestinese, si riaccendono focolai africani di guerre dimenticate, come lo scontro etnico tra Hutu e Tutsi, come anche la guerra che si trascina da vent’anni nel sud del Congo ex belga, nella regione del Katanga, a 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 50 Attualità Nel Segno del Sangue 50 due passi da una cittadina che si chiama Shinkolobwe. Dietro questi conflitti ci sono interessi più vasti, c’è un sottosuolo, grande dieci volte l’Italia, tra i più ricchi del mondo. Sfogliando La Repubblica di domenica 16 Novembre u.s., la mia attenzione è stata catturata dall’ articolo intitolato: “Congo, l’uranio dietro la guerra. Sangue e violenze nascondono il traffico di materiale per l’atomica”. È dei nostri giorni la contrapposizione tra Iran e USA a proposito della corsa all’uranio da parte dell’Iran per assicurarsi la bomba atomica, e mi chiedo come possano essere credibili gli USA, proprio loro che hanno prelevato in cinquant’anni 1200 tonnellate di uranio dalla miniera di Shinkolobwe, lo stesso uranio che servì anche per le atomiche sganciate sul Giappone. Da quattro mesi, poi, raccontano a Shinkolobwe, sono entrati in azione i vecchi Antonov dimessi dall’aviazione russa. “Aerei ed equipaggi formati da veterani dell’Armata Rossa reduci dalle guerre in Afghanistan“, conferma il rapporto della AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica). Dunque, quello che l’AIEA ha scoperto è un traffico clandestino di uranio su cui si tace e che nessuno si adopera di controllare. Il governo centrale della Repubblica Democratica del Congo dice di non saperne niente, solo l’ex ministro per le miniere, già autore di una denuncia, rincara la dose e dichiara che il governo non è in grado da solo di fermare il traffico criminale legato all’uranio, e ha chiesto aiuto alla Comunità Internazionale, ma non c’è stata risposta. La situazione è molto pericolosa perché le pietre di uranite contengono sostanze radioattive in quanto la concentrazione di U308 (l’isotopo con cui, una volta arric- chito, si fabbrica la bomba atomica) è molto alta. Il 28 Gennaio del 2004, dopo un crollo parziale, che aveva ucciso 8 operai e ferito una ventina, la miniera di Shinkolobwe venne chiusa, ma, secondo nuove segnalazioni del 2007, a 100 Km dalla vecchia miniera ne sono sorte a decina. Le miniere sono illegali, la loro presenza è nota a tutti, ma nessuno le controlla; vi lavorano immigrati irregolari che trasportano all’esterno le pietre grezze chiuse in sacchi che vengono caricati su camion diretti in Zambia e poi via treno in Sud Africa. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 51 Nel Segno del Sangue Attualità 51 È il grande “Businnes”, quello che decide vita e morte di migliaia di operai, che impone guerre e stabilisce la pace, che ci consente di telefonare con un cellulare, di scrivere su un PC, di ascoltare musica da un impianto stereo, ecc.. Tale businnes fa gola a numerose multinazionali occidentali, e nel Katanga si continua a bucare le colline per sfornare uranio da spedire lungo nuovi percorsi. Nessuno si preoccupa della salute degli addetti ai lavori, la cui attività dura e pericolosa, che si svolge nelle viscere delle montagne a 100 metri di profondità, li tiene in vita solo pochi anni. Nessuno si preoccupa della radioattività che nel tempo contaminerà i dieci milioni di abitanti di una città che sorge a 80 Km di distanza dalle miniere. Dov’è il rispetto per la dignità della persona, della sacralità della vita umana, la giustizia nella distribuzione delle risorse del mondo? Sono, infatti, sempre le Multinazionali USA e Occidentali in genere ad accaparrarsele, mentre i popoli del Sud del mondo, pur essendo gli effettivi proprietari delle ricchezze, non hanno la tecnologia per sfruttarle e costituiscono solo la mano d’opera a basso costo nella trasfor- mazione delle stesse, rimanendo poveri, anzi divenendo sempre più poveri. Questa logica del più forte che prevarica il più debole costituisce, in scala ridotta, il principio regolatore di tutta la nostra società: bisogna essere forti, decisi, sicuri di sé, cinici e opportunisti, altrimenti si soccombe, non si riesce ad inserirsi negli ingranaggi della vita produttiva del nostro tempo. Nella guida dei popoli si avvicendano Capi di Stato di diversi orientamenti politici, con una visione diametralmente opposta dal punto di vista dell’organizzazione socio–politico-economica, ma finora nessuno è riuscito a sanare questo scambio ineguale: da una parte i Paesi cosiddetti “Poveri” del sud del mondo, che però detengono di fatto la proprietà delle materie prime; dall’altra i Paesi “Ricchi” del Nord del mondo che disponendo di tecnologie avanzate, sfruttano le ricchezze dei primi e se ne appropriano. Dov’è la giustizia? Quanto meno dovrebbero dividersi al 50 % gli utili. Dov’è dunque quel Capitalismo Umano tanto agognato da Papa Giovanni Paolo II? Di fronte all’attuale crisi finanziaria nessuno alza la voce contro il proliferare delle guerre, che richiedono molte spese in armamenti e missioni militari, spese che hanno dissanguato le casse dello Stato Italiano con un esorbitante prelievo fiscale e prodotto tagli alle spese sociali. “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia. … Beati i perseguitati per causa della giustizia. … Beati gli operatori di pace. …”, recitano le Beatitudini evangeliche (Mt 5, 6. 10. 9). Ci saranno uomini politici di buona volontà, che raccoglieranno il messaggio di Gesù, al fine di fondare una società basata sull’amore, sull’equità e la giustizia del diritto, e realizzare quella pace universale che deriverà dal rispetto reciproco dei popoli, dall’esaltazione delle peculiarità, dallo scambio uguale e solidale delle risorse, dall’aiuto vicendevole, quella pace che eliminerà qualsiasi graduatoria sociale, che eliminerà il divario tra primi e ultimi, tra ricchi e poveri, e tra grandi potenze tra di loro. Ad eccezione dell’articolo su “la Repubblica” sopra citato, i mass-media tacciono sulla guerra del Congo come su tutte le altre guerre africane dimenticate: quella del Darfur, in Sudan, ai confini con il Ciad esplosa nel 2003, quella 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 52 Attualità Nel Segno del Sangue 52 della Somalia senza stato dal 1991, ecc.. Interessi economici legati al controllo delle risorse (uranio, petrolio, coltan-rutilio da cui si estrae il tantalio, che serve per il funzionamento dei cellulari, dei videogames). Migliaia di minatori muoiono sotto terra, non ci sono sindacati né assicurazioni che li tutelino; l’aeroporto di Goma, ai confini col Rwanda, è il centro di traffici illeciti. In Angola il territorio è disseminato di milioni di mine anti-uomo; nel golfo di Aden transitano navi pirata volte ad appropriarsi del denaro da riciclare. Quali complicità internazionali ci sono a coprire tutto questo traffico illecito? Il silenzio generale dei media è stato interrotto giorni fa da una trasmissione di Rai3: “Cominciamo Bene”, che, però, va in onda nella mattinata e che ha potuto richiamare l’attenzione di una fascia limitata di telespettatori. Ad essa è intervenuto Padre Giulio Albanese, grande conoscitore dell’Africa, o meglio delle Afriche, come egli afferma, che ha parlato di tutti i soprusi e i conflitti africani dimenticati volutamente perché celano interessi economici delle potenze occidentali. Queste Afriche, dice Padre Albanese, invocano giustizia: in realtà sono ricche, semmai vengono impoverite. Solo realizzando una sorta di armonia sociale, possono essere vanificate le velleità belliche dei popoli e potremo sentirci pacificati. Paolo VI esaltava la libertà dell’individuo e dei popoli e augurava l’instaurazione della civiltà dell’amore; condannava apertamente il Fascismo con le sue sopraffazioni. Riguardo ai poveri affermava: “Sono i poveri il vero tesoro della Chiesa”, ed espresse la volontà di mettere all’asta la preziosa tiara papale e distribuire il ricavato ai poveri. Il mondo potrà diventare un grande Cenacolo nel quale sperimentare quella rassicurazione che Gesù fece agli Apostoli la sera di Pasqua: “Mentre essi erano riuniti in quel luogo, venne Gesù a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. … E ribadì: “Pace a voi!”,… alitando su di loro lo Spirito Santo, il grande Consigliere e Consolatore, loro e nostro (cfr Gv 20, 19-31). 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 53 Nel Segno del Sangue Catechesi 53 Catechesi Gruppi di preghiera – Gruppi di famiglie 5° MISTERO Gesù versa sangue sulla via del Calvario di Aldo Gnignera e Giovannino Lucii Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere. Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande folla, e molte donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui (Lc 23, 24-27). ATTUALIZZAZIONE Ora Gesù è condannato a morte, benché la sua innocenza sia stata come un continuo ritornello in tutto il processo. Il giusto trattato ingiustamente, si avvia verso il Calvario portando la sua croce. Nell’atmosfera di odio profondo, si assiste al baratto di Gesù innocente con Barabba accusato di ribellione contro Roma, richiesto da una moltitudine di popolo preparato dai sacerdoti: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”. Pilato segue il rito del lavarsi le mani, e consegna Gesù. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 54 Catechesi Nel Segno del Sangue 54 La sentenza di morte verrà eseguita con la crocifissione sul monte Calvario. Gesù, sanguinante per la flagellazione e la coronazione di spine, è caricato della pesantissima croce; esce dal pretorio e si avvia verso il Calvario; cedono le forze, cade diverse volte, si rialza e viene aiutato da Simone di Cirene. Gesù che affaticato cade sotto il peso della croce, ha un significativo insegnamento per la debolezza insita nell’uomo che vive nel mondo portando la propria croce. Il cadere nella disperazione è debolezza di fede, non c’è forza per rialzarsi senza l’aiuto di un Cireneo come Gesù, pieno di amore e di misericordia. La seconda tappa verso il Golgota è l’incontro con le donne: “Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi!, e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, cosa avverrà del legno secco”? Gesù fa riferimento al profeta Zaccaria e profetizza la fine di Gerusalemme distrutta dalle legioni romane. Romano il Melode, esprimendosi con accenti fortemente lirici, paragona Maria all’Agnella che segue l’Agnello destinato al macello: “Maria, l’Agnella, alla vista del proprio Agnello trascinato al macello, seguiva afflitta con le altre donne, e gridava: ‘Dove vai, Figlio? Per quale ragione corri con tanta premura? Si celebrano forse altre nozze a Cana, e ora tu ti affretti, per mutarvi per loro l’acqua in vino? Posso accompagnarti, Figlio? O piuttosto, meglio è aspettarti? Dimmi una parola, Verbo, non passare davanti a me in silenzio, tu che mi hai conservata pura, Figlio e Dio mio’!”. E San Gaspare del Bufalo: “Dopo aver seguito da lontano Gesù dietro la traccia del suo sangue, con la mente piena della triste idea degli strazi di lui, Maria si apre la via tra la folla e va a prender posto di fronte a lui, fatta della crudele scena e spettatrice e spettacolo”. Infine la partecipazione al dolore del Signore viene fortemente indicata dal Ven. Giustino RusPISTE DI RIFLESSIONE solillo: “O mio Signore! che io sia tutto una vivenGesù che percorre la via dolorosa te e operante compassione per te! Ma sono io forse la tua croce, o Gesù? Certo lo sono stato! Non verso il Calvario, illumina il mio lo sono forse ancora? Ma non voglio esser guar- cammino verso la salvezza eterna, dato, accolto e abbracciato come la tua croce! o resto ancora tanto legato ai miei Che io non sia mai croce per nessuno, ma invece piccoli spiragli di luce che non mi porti la croce anche degli altri. Senza nulla per- portano verso la maturità interiore? dere di pace e dolcezza, per la forza del tuo amoNel viaggio della vita, mi lascio re! Voglio essere da te guardato, accolto, abbrac- aiutare da Gesù sofferente? ciato con amore ben diverso dell’amore alla croRifletto sufficientemente alle ricce! Che ogni anima ti sia di gioia e gloria per chezze del sacrificio di Cristo, che ragioni superiori a quelle del ritorno del figliuol si rinnova ogni giorno sull’altare? prodigo”. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 55 Nel Segno del Sangue Attualità 55 Martiri della fede di Aldo Gnignera N ella serata dell’undici settembre scorso, si è svolta a Roma, sul Campidoglio, una manifestazione popolare per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su fatti gravissimi avvenuti nell’India meridionale, in Iraq ed in altre zone del mondo: l’uccisione di molti cristiani, violenze e distruzione di molte chiese, conventi, ospedali e scuole cristiane. Migliaia di cristiani vengono, a tutt’oggi, perseguitati e assaliti brutalmente da bande armate di integralisti di altre religioni. Per salvare la vita, comunità intere hanno dovuto trovare rifugio nelle fitte foreste del luogo, abbandonando le proprie case e ogni bene. La presenza di cristiani in quelle zone non risale solo a quest’ultimo secolo, ma ormai da millenni, pertanto dobbiamo considerare che le persecuzioni in atto in questo periodo sono provocate soprattutto da tensioni sociali, economiche, etniche anche politiche, come reazione al nuovo modo del vivere cristiano. Bisogna considerare lo sviluppo civile, culturale e religioso suscitato nelle coscienze di queste popolazioni con l’adesione al Cristianesimo, che con la sua dottrina libera dalla schiavitù della discriminazione di casta e favorisce l’uguaglianza sociale, culturale nel rispetto della libertà religiosa. Sempre, nel corso dei secoli, l’adesione agli insegnamenti del Vangelo ha provocato nelle varie popolazioni cambiamenti sociali tali da suscitare reazioni violente da parte dei governanti al S ANT O S TEFANO 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 56 Attualità Nel Segno del Sangue 56 potere. I primi cristiani dovettero subire persecuzioni di ogni genere: carcere, esilio, perdita dei beni, confine, privazione dei diritti civili fino alla morte, seguendo l’esempio del maestro Gesù e dimostrare così la propria fede. Il primo cristiano a testimoniare la propria fede con il martirio fu S. Stefano ed ebbe il titolo di protomartire. Gli stessi imperatori romani combatterono accanitamente il Cristianesimo perché con i suoi principi di amore e di uguaglianza sgretolava le fondamenta dell’impero. Anche tutti gli Apostoli, missionari sparsi per il mondo allora conosciuto, morirono martirizzati, nel testimo- niare la loro fede e predicare la “Buona Novella”. Nel corso dei secoli la Chiesa, nonostante il suo messaggio di amore, ha dovuto subire le violenze e i soprusi dei potenti nella difesa delle popolazioni cristiane. Durante gli anni mille, persino nei luoghi santi della Palestina, terra di Gesù, ci furono terribili guerre tra cristiani e musulmani per il possesso di quei territori, dove il messaggio di pace sarebbe dovuto essere più vivo, generando migliaia di martiri. Durante il periodo napoleonico molti cristiani furono imprigionati e torturati (a proposito ricordiamo S. Gaspare e il Papa) per non aver voluto riconoscere l’autorità dell’imperatore. Nel ventesimo secolo il nazismo e il comunismo, con le loro teorie aberranti e inumane, contribuirono a creare martiri che dimostrarono il proprio amore aiutando molti fratelli perseguitati, versando il proprio sangue, sull’esempio di Gesù. Anche in questo nostro tempo abbiamo molti nostri fratelli, missionari e fedeli, sparsi per molte località lontane, sottoposti a persecuzioni e violenze, tanto che anche il Papa Benedetto XVI è dovuto intervenire in molte occasioni per chiedere ai vari governanti di fermare tali gravi violenze, ed esorta i vari Vescovi a non avere paura e a non scoraggiarsi nel difendere il proprio gregge, guardando all’esempio di S. Paolo e nell’essere instancabili nel percorrere i sentieri del mondo e portare la parola di Gesù a chi ancora non la conosce. I martiri di oggi, i nostri missionari come i primi martiri del cristianesimo, hanno compreso che la sofferenza nel versare il proprio sangue per la fede, unisce per sempre a Cristo e ai fratelli esprimendo la pienezza dell’amore, la cui fonte è prova suprema e la stessa croce di Cristo. Non possiamo e non dobbiamo rimanere insensibili di fronte a questi avvenimenti, e ognuno di noi, per essere vero cristiano, deve essere pronto a sostenere gli stessi sacrifici e le stesse pene che i nostri fratelli lontani oggi sopportano, sostenuti soltanto dall’infinito amore di Cristo. Solo seguendo il loro impegno potremo divenire tutti missionari per una “Nuova Evangelizzazione”, perché mai come in questo tempo noi tutti abbiamo bisogno di Dio, del “Preziosissimo Sangue di Gesù”. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 57 Nel Segno del Sangue Spiritualità 57 Le sette parole di Gesù in croce di Beniamino Conti (Continuazione) SETTIMA PAROLA Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23,46) Quest’ultima parola la registra S. Luca. Dice così: «Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito”. Detto questo spirò» (Lc 23,44-46). Cari fratelli, è una parola di consolazione questa. Essa anzitutto ci fa vedere l’abbandono filiale di Gesù nelle braccia del Padre; quell’abbandono che l’ha contrassegnato in tutta la sua vita. Gesù ci ha rivelato sempre il volto di Dio come il volto di un essere che si prende cura dei buoni e dei cattivi, di un essere che conta i capelli del nostro capo, di un essere che veste i gigli dei campi con i colori più splendidi dei vestiti di Salomone, di un essere che si prende cura degli uccelli dell’aria e, allora, di fronte alla rivelazione di quest’essere provvido, meraviglioso, come non abbandonarsi alla sua Provvidenza? (cfr Mt 6, 25-34). Per questo Gesù aveva raccomandato: «Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia... Non affannatevi per il domani...» (Mt 6, 34). E Gesù ha messo in pratica questo abbandono nella sua vita: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9, 58); ma nell’occasione trovava ciò che gli occorreva, perché nutriva nel cuore un vivo abbandono filiale verso il Padre, che l’ascoltava sempre nelle sue richieste (cfr Gv 11, 41-42). 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 58 Spiritualità Nel Segno del Sangue 58 Tante volte Gesù ha dato questa testimonianza di abbandono filiale verso il Padre. Quale testimonianza di abbandono più bella di quella manifestata nel momento della sua morte? Perciò, disse: “Padre, nelle tue mani raccomando, affido, il mio spirito”. Nel momento in cui Gesù vedeva venir meno la sua vita terrena, prende questo suo spirito, quello che aveva ricevuto come essere umano da Dio, per opera dello Spirito Santo nell’incarnazione dalla Vergine Maria, e lo riconsegna al Padre. Ma questo abbandono di Gesù al Padre non si limita soltanto a ricordarci il nostro abbandono al Padre nel momento della nostra morte. Ci ricorda anche il nostro abbandono a Dio in qualsiasi situazione noi ci troviamo, soprattutto quando siamo sommersi nelle tenebre del dolore. Soprattutto in questi momenti noi dobbiamo credere che Dio ci ama, che Dio è vicino a noi; lo dobbiamo credere, così come l’ha creduto Gesù sulla Croce. Quest’abbandono di Gesù al Padre sulla croce non ci deve sostenere solo nell’ora delle tenebre, ma sempre, in qualsiasi situazione della vita. Il nostro Dio è il Dio dei viventi e non il Dio dei morti: è il Dio che dà vita. E allora, con questa preghiera, Gesù in certo qual senso implorava dal Padre anche il dono della risurrezione del suo corpo, non certo con un corpo che poteva essere ancora mortale, ma con un corpo glorificato. Ha abbandonato tutto sé stesso al Padre, perché il Dio dei viventi restituisca alla vita il corpo suo e dei suoi fratelli. Cari fratelli, anche noi nella nostra vita dobbiamo avere questo abbandono filiale in Dio; dobbiamo compiere tutto, come abbiamo visto precedentemente, come se tutto dipendesse da noi, ma nello stesso tempo dobbiamo abbandonarci filialmente al Padre in ogni momento della nostra vita, nella certezza che Lui ci guiderà per mano, nella certezza che la nostra vita, affidata a Lui, non andrà smarrita, ma sarà potenziata della stessa onnipotenza di Dio, come ci conferma il Salmo 16, che tratteggia Dio nelle qualità del buon Pastore. O Padre, o Dio meraviglioso, quel Dio che Gesù ci ha fatto conoscere, quel Dio con cui Gesù è vissuto nella sua vita, quel Dio che Gesù in un modo particolare ci ha manifestato sulla Croce. O Padre, sii tu il nostro Padre, il nostro Dio; sii tu Colui al quale noi abbandoniamo tutta la nostra esistenza e allora il nostro cammino nella vita non sarà un camminare nella solitudine, ma sarà un cammino sorretto dalla tua destra. E allora io non avrò paura, perché tu sei con me. Anche se cammino per una 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 59 Nel Segno del Sangue Spiritualità 59 valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me, il tuo bastone e il tuo vincastro mi guideranno e mi daranno sicurezza e, quando tu vorrai, mi accoglierai nella tua casa e mi imbandirai una mensa meravigliosa e io sarò sempre con te, nella gioia eterna (cfr Salmo 23). O Padre, questo abbandono filiale che Gesù ha vissuto sempre nei tuoi riguardi, ci ha insegnato anche dalla cattedra della Croce. Noi lo vogliamo accogliere nel nostro cuore e vivere nella nostra esistenza, sostenuti sempre dallo stesso Spirito Santo, che guidò Gesù durante la sua vita terrena. Nel Processo a Gesù di Diego Fabbri, un dramma che ha riscosso tanta attenzione e tanto consenso da parte del pubblico italiano, a un certo momento viene chiesto a una bidella il parere su Gesù. E questa bidella dice: “Non toglietemi il Cristo Crocifisso, perché se mi togliete il Crocifisso, mi togliete l’unica speranza di vita che ho”. Le era stato ucciso il figlio in campo di concentramento. Il Cristo Crocifisso era la sua speranza; lei, crocifissa, era sostenuta in vita dal Crocifisso. Cari fratelli, il Cristo Crocifisso è la nostra speranza, perché quel Cristo Crocifisso è anche il Cristo Risorto, come abbiamo visto meditando la settima parola, perché il nostro Dio è il Dio della vita. Ebbene, il Cristo Crocifisso non era soltanto il sostegno di quella povera donna crocifissa, ma è anche il sostegno della speranza nella nostra glorificazione dopo il calvario della nostra vita terrena. La croce non è soltanto una legge data da Cristo ai suoi discepoli, ma è una legge iscritta nella nostra natura. Cari fratelli, ci dobbiamo confrontare con il Cristo Crocifisso o, meglio, dobbiamo vivere sempre la nostra vita ai piedi del Cristo Crocifisso. Non toglieteci il Crocifisso! Qui noi abbiamo il vertice dell’amore di Dio che si è manifestato a noi; era la meditazione che così faceva esclamare a S. Paolo: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me» (Gal 2,20); e possiamo aggiungervi: «E ha dato se stesso anche per me, per ciascuno di noi». Attorno al Cristo Crocifisso noi abbiamo la nuova umanità, la Chiesa, dove noi c’incontriamo fratelli e sorelle da tutte le parti del mondo; attorno al Cristo crocifisso noi impariamo la vera grande lezione della vita, che è l’amore; quella lezione la cui forza attingiamo ogni giorno dall’Eucaristia: “Fate questo in memoria di me”. Fare che cosa? La donazione gratuita e generosa di noi stessi a Dio e ai nostri fratelli; fino al sangue, se è necessario. In tal modo la contemplazione del Cristo Crocifisso, cari fratelli, è vita per noi. Sì, piangiamo meditando il Cristo Crocifisso, ma sono lacrime di gioia, sono lacrime di amore. Dalla meditazione del Cristo Crocifisso Risorto ne usciamo rafforzati e coraggiosi per annunciare a tutti: «No, non sentitevi soli: c’è uno, il Fratello maggiore, Figlio diletto del nostro Padre Misericordioso, che è morto e risorto per tutti i suoi fratelli e per tutte le sue sorelle». Cari fratelli e sorelle, è quest’annuncio che dobbiamo accogliere e annunciare noi, oggi. Non siamo venuti qui a piangere su un morto, ma siamo venuti ad attingere la speranza, l’amore, la vita, la gioia, per donarla a un mondo che è morto alla speranza, alla vita, alla vera gioia e all’amore. Portiamo questa forza nel mondo. Attingiamo dal Cristo Crocifisso Risorto quell’acqua salutare dello Spirito che disseta noi e suscita una sete salutare anche negli altri. (Fine) 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 60 Umorismo Nel Segno del Sangue 60 Il lato comico di Comik SCHIAFFI A proposito del diniego del “Vaticano” di firmare una dichiarazione dell’ONU in cui si vedeva (a torto o a ragione) il rischio di sdoganare la parità del matrimonio omosessuale con quello eterosessuale, che cosa avrebbero dovuto fare giornali e televisioni serie? Dimostrare che la Chiesa si sbaglia nell’interpretare a quel modo il testo che doveva approvare. Invece che cosa fanno? Ingannano i loro lettori fingendo che il diniego della firma sia un rigurgito di animosità verso gli omosessuali, meritevoli di punizione. Il Corriere della Sera titola “Il Vaticano all’ONU: non depenalizzate l’omosessualità”. Se si esprime così il giornale più “indipendente” d’Italia che cosa dirà Repubblica? Si corre subito a leggere Repubblica, certi di trovare parole ancor più pesanti. E non si resta delusi. “Il Vaticano all’ONU: l’omosessualità resti reato”. Si sa che la Repubblica è diventata giornale da combattimento, più che di informazione. E la Stampa? Ci sarà almeno là qualcuno che invochi un Fiat lux! Macché. Con i tempi che corrono le vendite di automobili sono in calo e con le vendite un po’ tutto è in calo, anche la voglia di dire qualcosa di costruttivo. Ecco il titolo: “Il Vaticano sfida l’ONU: sarebbe sbagliato depenalizzare l’omosessualità”. Se ne deduce che anche a Torino sanno confezionare il Lingotto che luccica, ma non è più oro. Invece di un’auto Familiare, un carrarmato mimetico! Questo è quanto propinano i grandi solisti dell’informazione. Adesso passiamo al coro dello pseudoproletariato: L’Unità informa i suoi: “Omosessuali perseguitati: il Vaticano approva”. Liberazione poi, in preda a un raptus omolesbico, titola: “Vaticano: lasciateli penzolare”, e per chi non dovesse intendere le metafore vi è un rimando visivo alla forca. Più o meno la stessa canea di quando il papa citò una certa frase su Maometto e sul Corano. Si scatenò il mondo. Chiese bruciate, cristiani ammazzati, minacce di attentati… E i nostri giornali a dire che si era trattato di un grave errore. Bisognava tacere! Un errore, punto e basta. Sentenze senza motivazione. Condanne a prescindere. Il contrario del celebre brano di Petrolini, dove l’ascoltatore approvava prima che l’oratore parlasse. Qui si condanna prima ancora che la Chiesa apra bocca o senza ascoltare le parole. Una volta uno propose le leggi della comunicazione: “Se ho detto male spiegamelo. Se ho detto bene, perché mi schiaffeggi?”. 03 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:05 Pagina 61 Nel Segno del Sangue Umorismo 61 CHE FINIZZA! Poiché è di moda dare addosso ai cattolici, che fa un politico accorto come Gianfranco Fini? Dà addosso alla Chiesa Cattolica, premettendo un: “Dispiace dirlo…”. Che cosa gli dispiace dire? Che la Chiesa, se si eccettuano alcuni luminosi solisti, non ha fatto nulla o molto poco contro le leggi razziali. Una volta si diceva che in un regno di ciechi, se uno aveva un occhio solo funzionante era da definire fortunato. In un mondo che non fece nulla o, peggio, continuò a fare affari con gli autori delle leggi razziali, la Chiesa andrebbe comunque lodata. Tra l’altro non ritirò dalle librerie l’Apocalisse, dove si legge che esiste, grazie a Cristo, “un solo popolo di ogni tribù, lingua, popolo e nazione”. E neppure le lettere di Paolo, che si vanta di essere ebreo e, in una di esse, afferma che “non esiste più distinzione tra giudeo e greco, libero o schiavo, perché tutti sono uno in Cristo…”. Ma tutto ciò a Fini non interessa. Adesso starà a tirare le somme: se sono più i consensi che ha guadagnato, o quelli che ha perso. È proprio il caso di dire: “Che Finizza!”. Alcuni “vuoti” bipartisan li ha guadagnati: quelli che ogni giorno attaccano la Chiesa. I NUOVI EBREI I difensori del Popolo Ebraico, divenuti tali di recente, mentre si ergono a giudici severi della segregazione razziale del passato, non si rendono conto che stanno incorrendo nell’errore contro il quale inveiscono; e stanno anche aizzando una canea che vedrebbe volentieri i cattolici in campo di concentramento, più di quanto già non siano. Oggi la Chiesa Cattolica è il nuovo popolo ebraico, e il più numeroso! Ecco un ateo imbecille (imbecille non perché ateo, ma perché proprio imbecille) plaudire esultante: “Bravo Fini! L’antisemitismo l’ha inventato la Chiesa Cattolica, non Hitler!”. Ma come? La Chiesa cattolica antisemita per qualche espressione liturgica, detta tra l’altro mentre si adora un ebreo, si venera una ebrea come la più perfetta delle creature, ci si fonda sulla fede di dodici ebrei e si considerano sacre le scritture di gran parte della letteratura ebraica? Siamo proprio gli ebrei più ferventi e se vi è stato qualche screzio con quelli antichi (non con tutti) è come nelle famiglie normali: screzi tra fratelli… 04 nel segno febbraio 2009 17-02-2009 8:06 Pagina 1