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GUARDIE DE L
TEMPIODICRISTO
®
Associazione Volontariato
ANNO 1 MESE DI DICEMBRE
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Calendario pastorale
di Gennaio 2015
5 dicembre: Giornata Mondiale
del Volontariato
LA GAZZETTA
DEL VOLONTARIO
CONTATTO TELEFONICO
3294578235
SEDE: PARROCCHIA
SANTA MARIA DELLE GRAZIE
VIA DELLE FERROVIE, 54 90146 PALERMO
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FACEBOOK.COM/AssociazioneVolontariatoGuardieDelTempioDiCristo
REALIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE
DI VOLONTARIATO
GUA R DIE DEL
TEMPIODICRISTO
®
Associazione Volontariato
Dove andremo senza Gesù?
I Padri della Chiesa
La Fede dipende dalla Parola di Cristo
Leggere le icone
in ascolto della Parola
che salva
GUA R DIE DEL
TEMPIODICRISTO
Sommario
Associazione Volontariato
P.3 - Ricetta del mese
P.4 - 5 Dicembre: Giornata Mondiale del Volontariato
P.5 - I Padri della Chiesa e la Sacra Tradizione
P.6 - Dove andremo senza Gesù?
P.7 - La Fede dipende dalla Parola di Cristo
P.9 - In ascolto della Parola che salva
P.11- Leggere le icone
Calendario pastorale di gennaio
1 GIOVEDI’
ORE 11,00 S. MESSA NELLA SOLENNITA’ DELLA
CIRCONCISIONE DI NS. SIGNORE GESU’ CRISTO
NELLA CARNE, E DELLA DIVINA MATERNITA’
DELLA TUTTA SANTA VERGINE MARIA
2 VENERDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
3 SABATO
ORE 16,30 INCONTRO CON I LETTORI
ORE 18,00 S.MESSA VIGILIARE
4 DOMENICA
“ SECONDA DI NATALE “
ORE 11,00 S. MESSA SOLENNE
5 LUNEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE DEI VESPRI SOLENNI NELLA
SOLENNITA DELL’EPIFANIA
6 MARTEDI’
“ SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA”
ORE 11,00 S. MESSA NELLA SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA
E BENEDIZIONE DELL’ACQUA PER LE FAMIGLIE
ORE 12,00 SORTEGGIO A CURA DELL’ASSOCIAZ. DÌ VOLONT. G.D.T.C
7 MERCOLEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
ORE 19,00 INCONTRO CON LE CATECHISTE
8 GIOVEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
9 VENERDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
ORE 21,00 CATACHESI BIBLICA
10 SABATO
RACCOLTA ALIMENTARE
ORE 18,00 S. MESSA VIGILIARE
11 DOMENICA “ SOLENNITA’ DEL BATTESIMO DI NS. SIGNORE GESU’ CRISTO”
ORE 11,00 S. MESSA E RITO DÌ INSEDIAMENTO DEL NUOVO
CONSIGLIO DIRETTIVO E ANNIVERSARIO DÌ FONDAZIONE DELL’ASSOCIAZ. DÌ VOLONT. G.D.T.C
DAL 12 AL 16 IL PARROCO SARA’ FUORI SEDE PER GLI ESERCIZI SPIRITUALI
1
12 LUNEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
13 MARTEDI’
ORE 18,00 CELEBRZIONE
14 MERCOLEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
ORE 21,00 INCONTRO DEI VOLONTARI G.D.T.C
Foto del mese
Foto del mese
15 GIOVEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
16 VENERDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
ORE 21,00 CENACOLO ITINERANTE DÌ PREGHIERA
17 SABATO
ORE 18,00 S. MESSA VIGILIARE
DAL 18 AL 25 “ PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI”
18 DOMENICA ORE 11,00 S. MESSA SOLENNE E RITO DÌ ELEVAZIONE DEI NUOVI
UFFICIALI DELL’ASSOCIAZ. DÌ VOLONT. G.D.T.C
19 LUNEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
20 MARTEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
21 MERCOLEDI’ ORE 18,00 CELEBRAZIONE
22 GIOVEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
23 VENERDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
ORE 21,00 CATECHESI BIBBLICA
24 SABATO’
RACCOLTA ALIMENTARE
ORE 16,30 DISTRIBUZIONE DEGLI ALIMENTI
ORE 18,00 S.MESSA VIGILIARE
25 DOMENICA ORE 11,00 S. MESSA SOLENNE E CELEBRAZIONE DI CONCLUSIONE
DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
26 LUNEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
27 MARTEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
28 MERCOLEDI’ ORE 18,00 CELEBRAZIONE
13
29 GIOVEDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
30 VENERDI’
ORE 18,00 CELEBRAZIONE
ORE 21,00 CENACOLO ITINERANTE DÌ PREGHIERA
31 SABATO
ORE 18,00 S. MESSA VIGILIARE
2
Ricetta del mese
Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in
Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi
censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del
parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era
posto nell’alloggio.
INGREDIENTI
•
3 uova
•
3 bicchieri di farina
•
1 bicchiere di zucchero
•
1 bicchiere di olio di semi
•
1 bicchiere di latte (o 2 bicchieri, in base alla consistenza dell’impasto)
•
1 vaschetta di amaretti
•
500 gr. di cioccolato fondente
•
1 busta di panna per dolci già zuccherata
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
•
1 bustina di lievito
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama»
•
coriandoli zuccherati per la guarnizione
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro
gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande
timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella
città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto
in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio
e diceva:
Lc. 2:3-14
PROCEDIMENTO PER IL PAN DI SPAGNA
Separare gli albumi dai tuorli e montarli a neve. Lavorare a parte i tuorli con lo zucchero; quando l’impasto è omogeneo,
aggiungere gli albumi montati e lavorare il tutto per tre minuti. Aggiungere un bicchiere di farina alla volta e lavorare; aggiungere anche il latte e l’olio.
Sciogliere 200 gr. di cioccolato fondente a bagnomaria; una volta sciolto aggiungerlo all’impasto.
Aggiungere all’impasto gli amaretti sbriciolati, e per finire il lievito.
Imburrare la teglia. Per l’occasione è consigliabile usare una teglia a forma di albero natalizio. Infornare a 180° per 20 minuti
circa.
PER LA CREMA
Sciogliere 300 gr. di cioccolato a bagnomaria; aggiungere 200 gr. di panna già montata. Togliere dal fuoco e mescolare il tutto
fino ad ottenere una crema soffice.
Tagliare il pan di spagna quando è freddo; bagnarlo o con acqua, zucchero e liquore.
Farcirlo all’interno con un po’ di crema e richiuderlo.
Cospargere la torta della rimanente crema.
Guarnire a piacere con i coriandoli zuccherati, creando piccoli addobbi natalizi.
a cura di Angela Maniscalco
3
12
Leggere le icone.
La Nascita di Cristo
Continua la rubrica dedicata all’analisi e alla lettura delle
icone.
Nel numero precedente siamo partiti dall’icona dell’Annunciazione, la prima della storia della salvezza nel Nuovo
Testamento. Ne abbiamo individuato i tratti principali
individuando in tal modo alcune delle regole di scrittura di
un’icona.
Seguendo l’ordine delle icone presenti nella nostra parrocchia, che – come si è detto – ricalca l’ordine degli eventi della
storia della salvezza, esamineremo in questo numero l’icona
della natività di Gesù Cristo.
• Iniziamo proprio dal titolo, scritto in greco: e génesis tou
christós, “la nascita di Cristo”.
• Lo sfondo è di colore oro, segno di eternità e divinità.
• Si vede un monte dal colore azzurrato, con alcuni arbusti
stilizzati, al centro del quale si apre la grotta. Posti sul monte
troviamo Maria e Giuseppe, entrambi in ginocchio e rivolti
verso Gesù.
Maria, individuata dalle iniziali greche dell’espressione
mater theou, “madre di Dio”, è rivestita di un largo velo,
chiamato maphorion, di colore rosso porpora, che le copre il
capo, le spalle e tutto il corpo; al di sotto di esso si intravede
una veste blu scuro, all’altezza del capo, del petto, delle
maniche e delle ginocchia. Il colore porpora, che simboleggia la divinità, ricopre l’umanità di Maria, rappresentata
dalla veste azzurra: come si è detto infatti, Maria è una
creatura che, credendo a Dio e scegliendo di divenire sua
serva (Lc. 1:38), è stata ricolmata della grazia divina. Sul
capo e sulle spalle sono poste tre stelle, simbolo della sua
perpetua verginità.
• Tra Maria e Giuseppe si apre la grotta, al centro della quale
si trova Gesù. Accanto a lui, sulla sinistra, le lettere greche
che lo definiscono Iesus Christos, “Gesù Cristo”. Sulla sua
aureola circolare, simbolo di eternità, si intravedono la croce
e le lettere greche o wn “colui che c’è”, il nome con cui Dio
si dà a conoscere a Mosè e al suo popolo nel libro dell’Esodo
(Es. 3:14), rivelandosi come colui che è sempre presente e
agisce. Gesù del resto – Dio Verbo incarnato, l’Invisibile
reso visibile, il Figlio di Dio divenuto figlio dell’uomo, colui
che, pur non avendo principio prende inizio – è il culmine e
il compimento della rivelazione e della manifestazione di
Dio: egli è il Verbo di Dio (Gv. 1:14), il solo a conoscere il
Padre (Mt. 11-27) e a rivelarcelo (Gv. 1:18).
Il bambino è avvolto in fasce funerarie e si trova deposto
all’interno di una cassa funebre, posta al centro della grotta,
un buco nero che si staglia nel centro del monte. Il buio della
grotta richiama le tenebre, la morte, il peccato, gli inferi
della terra; mentre Gesù, situato proprio in questo buio, è la
luce che brilla e vince le tenebre del peccato (Gv. 1:4-5).
Gesù è infatti la luce vera venuta nel mondo, il Sole di giustizia, la luce che illumina ogni uomo (Gv. 1:9). Le fasce funerarie e la cassa funebre ci ricordano inoltre che Gesù è colui
il quale è venuto sulla terra per morire al nostro posto,
donando la sua vita per la remissione dei nostri peccati e la
salvezza dell’umanità tutta
11
(Gv. 3:14-18; Fil. 2:6-8). E, in questo senso, il buio della
grotta, insieme agli elementi funerei appena descritti,
richiama proprio il sepolcro scavato nella roccia dove
verrà deposto il corpo di Gesù dopo la crocifissione (Lc.
23:53).
• Sopra Gesù si intravede un raggio di luce che parte da
una mezza luna posta all’estremità superiore dell’icona. Il
raggio, ad un certo punto, si divide in tre e sembra richiamare la stella cometa. In ogni caso, è in primo luogo
simbolo dello Spirito Santo, che procede da Dio Padre (la
mezza luna) per mezzo del Figlio. Da questo punto di
vista abbiamo dunque una rappresentazione delle tre
persone della Trinità; ma, prima di tutto, il raggio di luce
significa che l’incarnazione di Gesù è avvenuta per opera
dello Spirito Santo (Lc. 1:35).
• In alto a destra, l’angelo del Signore che si china verso i
pastori per portare loro il lieto annunzio. La sua mano
destra è in posizione benedicente a significare che la
benedizione di Dio è scesa sulla terra: Gesù è infatti l’adempimento della promessa di benedizione fatta da Dio ad
Abramo (Gn. 22:18); e per questo San Paolo scrive “Benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il
quale nei cieli ci ha colmati di ogni sorta di benedizione
spirituale in Cristo” (Ef. 1:3).
• In alto a sinistra il coro di sette angeli che cantano il
“Gloria”.
• In basso si intravedono i Magi con i loro doni, di cui
parleremo però approfonditamente a proposito della
relativa icona, un pastore che suona e alcune pecore.
Questa icona contemplata e accostata alla meditazione
della Sacra Scrittura rende visibile il mistero dell’incarnazione dell’Eterno. L’Unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo,
venendo sulla terra ha instaurato il regno di Dio, ridonando a noi uomini la dignità di figli di Dio, di figli giusti e
santi. Gesù è colui il quale dona la vita eterna, innalzando
l’uomo dal letame del peccato (1Sam 2:8), risuscitandolo e
insediandolo nella sommità dei cieli in Cristo Gesù (Ef.
2:6).
5 Dicembre: Giornata Mondiale del Volontariato
Il Volontariato è un’attività libera e gratuita svolta per ragioni private e personali, che possono essere di solidarietà, di
giustizia sociale, di altruismo o di qualsiasi altra natura. Per questo motivo il “Volontariato” si inserisce nel “terzo settore”
insieme ad altre organizzazioni che non rispondono alle logiche del profitto o del diritto pubblico. Il Volontariato può
essere prestato individualmente in modo più o meno episodico, o all’interno di una organizzazione strutturata che può
garantire la formazione dei volontari, il loro coordinamento e la continuità dei servizi.
Per la legge italiana il Volontariato organizzato nelle associazioni ha le caratteristiche previste dalla legge 266/1991 che
sono:
•
gratuità assoluta delle prestazioni fornite dai volontari in modo personale e spontaneo;
•
divieto assoluto di retribuzione degli operatori soci delle associazioni.
La stessa legge prescrive che le associazioni debbano presentare la democraticità della struttura, l’elettività e la gratuità
delle cariche associative.
La scelta di diventare “Volontario” è fondamentalmente una decisione personale. Chi si impegna nella solidarietà internazionale lo fa per un cambiamento e per un superamento delle iniquità, orientando le sue azioni in impegni concreti e
coerenti. Il Volontario, infatti, è chiamato a contribuire alla creazione di condizioni di giustizia, combattendo tutti gli
ostacoli costituiti dalle strutture realizzate dall’egoismo umano e dai distorti meccanismi di distribuzione delle ricchezze.
Anche se non esiste un modello che definisca il volontario internazionale, è comunque possibile identificare una serie di
caratteristiche:
•
professionalità del volontario: fondamentale è l’aspetto della competenza, in base a queste componenti i volontari
vengono inseriti all’interno del progetto;
•
le capacità comunicative e relazionali, l’adattabilità e la tolleranza allo stress, le capacità decisionali, le capacità di
lavorare in gruppo e le capacità di coordinamento;
•
compiere un serio percorso formativo per poter diventare volontario internazionale.
Non ci si improvvisa operatori della solidarietà internazionale, ma una specifica formazione rende ognuno quanto più
possibile consapevole del ruolo che andrà a ricoprire o che sta ricoprendo. Le proposte formative accessibili sono diverse:
scuole di approfondimento delle tematiche legate alla cooperazione e corsi di formazioni per i volontari.
Quarant’anni fa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha voluto istituire il programma di volontariato delle Nazioni
Unite (UNV). Da allora, decine di migliaia di volontari hanno contribuito alla missione globale del volontariato, ai quali
vanno aggiunti i 2.000 italiani attualmente in servizio.
Oggi, anche in Italia le istituzioni e l’opinione
pubblica riconoscono nel volontariato un potente
strumento di mobilitazione di tutti i segmenti
della società per la costruzione di un mondo
migliore.
Il 5 dicembre è la Giornata Mondiale del Volontariato, indetta dall’ONU nel 1985 per celebrare
l’impegno dei volontari di tutto il mondo. Lo
scopo di questo importante evento è di sensibilizzare, invitare sempre più cittadini, soprattutto
giovani, ad un attività così fondamentale nella
nostra società e nella nostra vita, che gli consentirà di maturare sempre più umanamente e spiritualmente nell’impegno di svolgere azioni di
volontariato.
a cura di Mirco Vitale
4
I Padri della Chiesa e la Sacra Tradizione
Continua la rubrica dedicata ai Padri della Chiesa a cura di Giovanni Lo Cascio
I Padri anteniceni (Concilio di Nicea, 325 d.C.)
Sono le voci dei primi Padri della Chiesa, che quindi maggiormente appassionano ed incuriosiscono. Nel leggerli vibra il cuore
del credente e si commuove nel conoscere e approfondire il pensiero e la vita di questi nostri primi compagni di viaggio nell’esperienza della fede, fin da quando la Chiesa è apparsa alla ribalta della
storia. In ragione della loro epoca o della prevalenza degli
argomenti trattati essi sono così indicati: Padri apostolici, Padri
apologisti (difensori del Cristianesimo di fronte alle contestazioni
degli Ebrei e dei pagani), Padri controversisti (difensori dell’ortodossia della fede di fronte ai movimenti ereticali sempre più
aggressivi e diffusi). Cominceremo adesso col parlare dei primi.
I Padri apostolici
Sono autori, spesso anonimi, alcuni addirittura coevi agli Apostoli
e i cui scritti sono spesso presenti negli stessi codici del Nuovo
Testamento, accomunati in una medesima stima e venerazione.
Ricordiamo la Didachè o Dottrina degli Apostoli e la lettera di S.
Clemente Romano alla Chiesa di Corinto (96-98 d.C.). Sempre in
epoca apostolica e subapostolica ricordiamo tra gli altri la lettera di
Barnaba, il Pastore di Erma e sopratutto S. Ignazio il Teoforo, S.
Policarpo di Smirne e i primi Atti dei Martiri. Sebbene scarsi di
valore letterario o filosofico, i Padri Apostolici ci offrono l’eco
immediata della vita, dei sentimenti, delle aspirazioni e delle idee
delle prime comunità cristiane tra il I e il II secolo, e ci mostrano
come venne intesa ed interpretata, fin dall’inizio, la volontà del
Maestro nei confronti della sua Chiesa. Quanto noi, ora e in seguito, metteremo in evidenza, è solo un invito, un assaggio, una
sollecitazione, per tutti, ad intraprendere un’attenta e frequente
lettura dei Padri che fa bene al cuore, apre l’intelligenza al mistero
di Dio, ci incoraggia a permanere nei sentieri della fede e della
comunione ecclesiale.
Cominciamo con qualche piccolo assaggio dalla Didakè, un piccolo manuale catechistico/liturgico/sacramentale, il cui valore sta
sopratutto nell’essere la prima costituzione ecclesiastica della
storia (anno 50 ca.) e, in seguito, riportata in tutte quelle successive. Essa ci informa circa la disciplina morale e sociale, e ci dà
alcuni elementi fondamentali sulla dottrina e la disciplina dei
Sacramenti. Ecco due piccoli frammenti. Sul Battesimo: “Riguardo
al battesimo, battezzate così: avendo in precedenza esposto tutti
questi precetti, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo in acqua di sorgente. Se non hai acqua viva, battezza
in altra acqua; se non puoi nella fredda, battezza nella calda. Se poi
ti mancano entrambe, versa sul capo tre volte l'acqua in nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E prima del battesimo digiunino il battezzante, il battezzando e, se possono, alcuni altri.
Prescriverai però che il battezzando digiuni sin da uno o due giorni
prima”(7, 1-4). Per il Sacrificio puro: “Per l’Eucaristia, così rendete grazie: dapprima per il calice: Noi ti rendiamo grazie, Padre
nostro, per la santa vite di David tuo servo, che ci hai rivelato per
mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria nei secoli. Poi per il pane
spezzato: Ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria
nei secoli. Nel modo in cui questo pane spezzato era sparso qua e
là sopra i colli e raccolto divenne una sola cosa, così si raccolga la
tua Chiesa nel tuo regno dai confini della terra; perché tua è la
gloria e la potenza, per Gesù Cristo nei secoli.
5
Nessuno però mangi né beva della vostra eucaristia se non i battezzati nel nome del Signore, perché anche riguardo a ciò il Signore ha
detto: “Non date ciò che è santo ai cani” (9, 1-5). Poco prima,
memore degli insegnamenti di Paolo, aveva anche raccomandato:
“Beato colui che dà secondo il comandamento, perché è irreprensibile. Ma stia in guardia colui che riceve, perché se uno riceve per
bisogno sarà senza colpa, ma se non ha bisogno dovrà rendere
conto del motivo e dello scopo per cui ha ricevuto. Trattenuto in
carcere, dovrà rispondere delle proprie azioni e non sarà liberato di
lì fino a quando non avrà restituito fino all'ultimo centesimo. E a
questo riguardo è pure stato detto: “Si bagni di sudore l'elemosina
nelle tue mani, finché tu sappia a chi la devi fare” (1, 5-6).
Fondamentale per la storia, la teologia e la spiritualità, è la lettera
autorevole inviata, per la prima volta, da un Vescovo di Roma,
Clemente, il terzo Papa dopo S. Pietro. Egli scrive alla Chiesa di
Corinto, per ristabilirvi la pace ecclesiale, turbata dalla destituzione abusiva di Presbiteri, già da tempo e secondo le norme apostoliche, legittimamente costituiti e consacrati: “I nostri apostoli conoscevano da parte del Signore Gesù Cristo che ci sarebbe stata
contesa sulla carica episcopale. Per questo motivo, prevedendo
esattamente l'avvenire, istituirono quelli che abbiamo detto prima
e poi diedero ordine che alla loro morte succedessero nel ministero
altri uomini provati. Quelli che furono stabiliti dagli Apostoli o
dopo da altri illustri uomini con il consenso di tutta la Chiesa, che
avevano servito rettamente il gregge di Cristo, con umiltà, calma e
gentilezza, e che hanno avuto testimonianza da tutti e per molto
tempo, riteniamo che non siano allontanati dal ministero. Sarebbe
per noi colpa non lieve se esonerassimo dall'episcopato quelli che
hanno portato le offerte in maniera ineccepibile e santa”(XLIV,
1-4). E ancora: “Prendete la lettera del beato Paolo apostolo. Cosa
vi scrisse all'inizio della sua evangelizzazione? Sotto l'ispirazione
dello Spirito vi scrisse di sé, di Cefa, e di Apollo per aver voi allora
formato dei partiti. Ma quella divisione portò una colpa minore.
Parteggiavate per apostoli che avevano ricevuto testimonianza e
per un uomo (Apollo) stimato da loro. Ora, invece, considerate chi
vi ha pervertito e ha menomato la venerazione della vostra rinomata carità fraterna. E' turpe, carissimi, assai turpe e indegno della
vita in Cristo sentire che la Chiesa di Corinto, molto salda e antica,
per una o due persone si è ribellata ai presbiteri. E tale voce non
solo è giunta a noi, ma anche a chi è diverso da noi. Per la vostra
sconsideratezza si è portato biasimo al nome del Signore e si è
costituito un pericolo per voi stessi (XLVII, 1-7).
Dopo una breve sezione sull’importanza e la necessità della colletta in
favore delle comunità cristiane più povere (capp. 8-9), Paolo affronta
una dura polemica contro alcuni avversari (10:1-12:10), che definisce
senza mezzi termini “arciapostoli” (11:5), “falsi apostoli, maneggiatori fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo” (11:13), ministri del diavolo che si mascherano da ministri di giustizia, proprio
come Satana si maschera da angelo della luce (11:14-15). Sono uomini
ambiziosi, che si raccomandano da sé, si misurano da sé e si paragonano con se stessi (10:12), che vivono e agiscono secondo la carne, alla
ricerca esclusivamente del loro vanto e della loro gloria, facendo sfoggio dei loro titoli. Si tratta, in particolare, di uomini carismatici di
Corinto che disseminano dottrine contrarie alla predicazione di Paolo,
forse vicine alle posizioni dei Giudei non convertiti (11:22-23). In
confronto ad essi Paolo è accusato di essere insensato, umile, poco
autorevole (10:1), forte e duro nelle sue lettere, ma debole di presenza
e dalla parola dimessa (10:10). Ma l’apostolo capovolge nettamente
tale visione: egli, debole in apparenza, vive della forza non della sua
carne, ma di Dio. Se quei falsi apostoli si vantano della loro forza, dei
loro meriti, della loro eloquenza, Paolo si vanta anche lui di sé, ma
delle sue debolezze e infermità, pienamente consapevole che egli vive
solo della grazia del Signore (12:8-9); sicché scrive: “Mi compiaccio
quindi delle infermità, degli oltraggi, delle necessità, delle persecuzioni, delle angustie a motivo di Cristo; perché quando sono debole,
allora sono forte” (12:10). Da tali e innumerevoli debolezze appare
con evidenza indiscutibile che la forza e la verità della predicazione
del Vangelo ad opera di Paolo provengono solo da Dio.
La lettera si conclude con l’annuncio della prossima venuta dell’apostolo e con l’invito rivolto ai Corinti a esaminare la propria fede, affinché Cristo possa parlare in mezzo a loro.
IN ASCOLTO
DELLA PAROLA
CHE SALVA
A cura di Valentina Valenti
Per dare uno squarcio più preciso a questo periodo subapostolico
occorre citare almeno due figure fondamentali nella storia della
Chiesa e di cui, se Dio vorrà, parleremo in una prossima puntata e
cioè
S. Ignazio il Teoforo e S. Policarpo di Smirne.
A cura di Giovanni Lo Cascio
10
In ascolto della Parola che salva
Quindi se uno è in Cristo, è creatura nuova;
le vecchie cose sono passate, ecco, ne sono nate di nuove!
2 Cor. 5:17
La rubrica dedicata allo studio biblico continua questo mese con l’analisi della seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi,
la cui comunità cristiana – si è detto – fu fondata proprio da Paolo. La lettera, databile intorno al 57 d.C., e cioè circa due o tre
anni dopo la prima, si caratterizza per uno stile particolarmente vivo e appassionato. I destinatari sono ancora gli stessi della
prima lettera, ma diversa è la ragione che porta ad un nuovo invio: sembra infatti che siano sorte fratture fra alcuni cristiani di
Corinto e Paolo (2:5), il quale si trova impegnato a difendere la sua posizione e autorità di apostolo. Questo spiega evidentemente il dinamismo della lettera, in cui la dottrina esposta si salda con la forza espressiva in vista della salvaguardia dell’unità
della Chiesa di Corinto.
Dopo un prologo iniziale (1:1-11), Paolo ribadisce e conferma in primo luogo la sua posizione nei confronti dei Corinzi, e cioè
la correttezza e la coerenza dei suoi propositi e del suo operato. Egli ha agito infatti non secondo la sapienza della carne, ma
con la limpidezza e la semplicità di Dio (1:12), e mai con un parlare ambiguo e di menzogna che acconsente contemporaneamente al “sì” e al “no” (1:17-18). In quanto apostolo e annunciatore del Figlio di Dio, Gesù Cristo – colui grazie al quale tutte
le promesse di Dio sono diventate “sì” per gli uomini (1:20) – la lealtà dell’agire di Paolo trova conferma nel dono di Dio, che
conferisce unzione, sigillo e caparra dello Spirito nei nostri cuori (1:21-22).
Dopo questa breve autodifesa di Paolo, si giunge al cuore della lettera (2:14-7:3), dedicato al ministero apostolico. L’apostolo,
l’inviato di Dio, parla in Cristo, non falsificando o svendendo la predicazione del Vangelo, ma con limpidezza e secondo verità
(2:17); per questo, l’agire degli apostoli è paragonato all’effusione del profumo di Cristo, che è odore di morte per quanti non
credono, ma odore di vita per i fedeli che, credendo, vengono rinnovati e rigenerati in Cristo (2:14-16). A questo punto Paolo
descrive il ministero apostolico della “nuova alleanza” (3:6). L’ “antica alleanza” (3:14) era incisa in lettere su pietre, che sancivano inevitabilmente una condanna di morte a causa dell’impossibilità di osservare scrupolosamente tutti i precetti indicati. La
nuova alleanza, invece, è incisa dallo Spirito su tavole di carne, “tavole di cuori umani” (3:3). Da qui la grandezza del ministero
apostolico rispetto al ministero dell’Antico Testamento: se quella lettera uccideva (3:6), lo Spirito ora dà vita (3:6); se quello
era il ministero della morte (3:7) e della condanna (3:9), questo è invece il ministero dello Spirito (3:3; 3:8) e della giustizia
(3:9); se quello era “splendore effimero” (3:7; 3:11), questo è “duraturo” (3:11). Cristo ha infatti fatto cadere il velo che Mosè
e il popolo d’Israele ponevano sul loro volto, sicché “noi, riflettendo senza velo sul volto la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine di gloria in gloria, conforme all’azione del Signore che è Spirito” (3:18).
Gesù Cristo è infatti l’unico per mezzo del quale è possibile la riconciliazione degli uomini con Dio; è l’innocente, il Santo, il
totalmente separato, colui che, pur non conoscendo peccato, Dio “lo fece peccato per noi, affinché noi potessimo diventare
giustizia di Dio in lui” (5:21). In questo senso, il ministero degli apostoli che predicano Gesù Cristo è ministero di riconciliazione (5:18), affinché gli uomini accogliendo Gesù possano tornare a Dio. Tale ministero è fragile ma grande al tempo stesso.
Esso è come un tesoro racchiuso in vasi di creta (4:7), una potenza straordinaria che proviene da Dio, il quale sceglie come suoi
strumenti uomini fragili e deboli che, pur vivendo ancora nei limiti della loro natura e del mondo visibile, sono guidati dallo
Spirito e dai suoi doni: “con molta fortezza, nelle tribolazioni, nelle angustie, nelle ansie, nelle percosse, nelle carceri, nelle
sommosse, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, longanimità, benevolenza, spirito di santità, amore
sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia nella destra e nella sinistra; nella gloria e nel
disprezzo, nella cattiva fama e nella buona” (6:4-8). E ancora Paolo descrive gli apostoli come “ambasciatori per Cristo”
(5:20), collaboratori di Dio (6:1) e suoi ministri (6:4), ritenuti mendaci e invece veritieri; ignoti eppure conosciuti; moribondi
ma vivi; castigati ma non condannati a morte; afflitti ma sempre lieti; poveri che arricchiscono quanti accolgono il loro annunzio; nullatenenti agli occhi del mondo pur possedendo l’unico e vero bene, e quindi tutto (6:8-10). Non sono evidentemente
possibili compromessi fra credenti e non credenti, fra giustizia e iniquità, fra luce e tenebre, fra Cristo e Bèliar (cioè satana),
fra il tempio del Dio vivente e gli idoli (6:14-16). Occorre senz’altro scegliere e Paolo invita i Corinzi a farlo con coscienza.
9
Dove andremo senza Gesù?
Alcuni giorni fa, mettendo ordine, ho trovato in un cassetto una scatola contenente libretti, riviste, santini appartenenti a mia
madre che da tre anni è ritornata alla casa del Signore. Tra le prime pagine di un libretto ingiallito dal tempo e logoro dal continuo
uso che mamma faceva per le sue preghiere, c’era un articolo scritto da Papa Giovanni Paolo II (oggi Santo) circa nell’anno 1982.
L’argomento trattato è ancora attuale, così ho pensato di portarlo a conoscenza dei parrocchiani.
Egli scrive: “Forse mai, come ai nostri giorni, in ogni settore della vita, in tutte le età e a tutti i livelli, c’è tanto sbandamento, incertezza, delusione, crisi. Non c’è valore dell’ordine morale, civile e religioso, che non venga contestato; è fraintesa la natura di bene
e di male, di colpa, di coscienza, di pudore; non si ha stima e rispetto per il dono della vita, propria e altrui, si brucia incenso, senza
freno, all’istinto sensuale, alla ribellione, alla violenza, alla droga; sono considerate vangelo la stanza lasciva e una produzione
cinematografica lurida e scandalosa, l’una e l’altra diffusa e difesa in nome dell’arte; non si crede più al sacrificio per la conquista
di un bene e si pretende in ogni campo un cammino facile e comodo, pur restando sempre insoddisfatti.
Quali le cause di questo desolante spettacolo? Tolto di mezzo Dio, nella vita pratica del benessere, rifiutata la guida dell’autorità
domestica, civile, religiosa e una norma morale degna dell’uomo, come fosse un giogo insopportabile, è facile cadere nello sconforto.
Quale rimedio? Ritorno a una vita di fede religiosa, umile, sincera, profonda, cui si accompagni il rispetto e la pratica dei principi
di una sana morale, quella tradizionale naturalmente, ma non inculcata con forma esosa ed ipocrita. Il più grande rimedio poi è la
conoscenza e l’amore di Gesù: punto fermo ed eterno. Egli è Via, Verità e Vita. Seguendo la sua via, ci disseteremo di verità, nella
risurrezione di una vita rinnovata nella grazia”.
Infine scrive: “Non abbiate paura. Aprite ancora di più e completamente le porte a Cristo! Aprite alla sua potenza salvifica le porte
degli Stati, i sistemi economici e politici, i nostri campi della cultura”.
Leggiamo e meditiamo queste parole. La fede in Gesù è percezione della sua presenza, e dà un senso alla nostra vita.
A cura di Anna Lidia Gigliotti
6
La fede dipende dalla
Parola di Cristo
Continua lo studio della Lettera di San Paolo apostolo ai Romani a cura del nostro parroco Don Giuseppe Iozzia
3,5-6 “Se però la nostra ingiustizia mette in risalto la giustizia di Dio, che diremo? Forse è ingiusto Dio quando riversa
su di noi la sua ira? Parlo alla maniera umana. Impossibile! Altrimenti, come potrà Dio giudicare il mondo?”.
L’apostolo continua il suo ragionamento rispondendo a due domande poste da alcuni calunniatori (6,1; 6,15). La prima
domanda è se l’ingiustizia dei Giudei è servita a evidenziare la giustizia di Dio. Se è così allora l’ira di Dio sui Giudei è
ingiusta. Questa argomentazione è assurda. Se fosse così allora Dio non potrebbe neanche giudicare il mondo, cosa
inverosimile. Pertanto, dato che Dio giudicherà il mondo, egli non è ingiusto nel far pesare la sua ira anche sui Giudei
colpevoli.
2.IL GIUDIZIO PER LA FIDUCIA NEI RITI (2,25-29)
3.IL GIUDIZIO PER L’INCREDULITA’ (3,1-8)
3,7-8 “Ma se per la mia menzogna la verità di Dio risplende per sua gloria, perché dunque sono ancora giudicato come
peccatore? Perché non dovremmo fare il male affinché venga il bene,come alcuni – la cui condanna è ben giusta – ci
calunniano, dicendo che noi lo affermiamo?”.
I Giudei non ponevano la loro fiducia e la loro sicurezza
unicamente sulla legge di Mosè, ma anche sui riti e in
modo particolare sulla circoncisione, come segno del
patto con Dio. Paolo dice ai Giudei che anche questa
fiducia nei riti in se stessi non aveva nessun valore anzi
era un motivo in più per sottostare sotto il giudizio di
Dio.
3,1-2 “Qual è dunque la superiorità del Giudeo? O quale
l’utilità della circoncisione? Grande, sotto ogni aspetto.
Anzitutto perché a loro sono state affidate le rivelazioni
di Dio”.
La seconda domanda è: se la nostra menzogna fa risplendere la verità di Dio, come Dio può giudicarci come peccatori?
L’apostolo più avanti risponderà che la domanda è blasfema nei riguardi della natura di Dio (6,1). Paolo pone i calunniatori davanti a Dio dichiarando che la condanna di Dio verso gli increduli è giusta.
2,25-27 “La circoncisione è utile, sì, se osservi la legge;
ma se trasgredisci la legge, con la tua circoncisione sei
come uno non circonciso. Se dunque chi non è circonciso
osserva le prescrizioni della legge, la sua non circoncisione non gli verrà forse contata come circoncisione?”.
Paolo dichiara che la circoncisione per i Giudei è utile se
osservano la legge se no è come se la circoncisione non
ci fosse, la circoncisione diviene nulla. Invece se un
incirconciso (un pagano) osserva la legge è come se
fosse circonciso. Il pagano che mette in pratica la legge,
anche se non conosce la legge, è al cospetto di Dio
uguale a un Giudeo circonciso.
2,28-29 “E così, chi non è circonciso fisicamente, ma
osserva la legge, giudicherà te che, nonostante la lettera
della legge e la circoncisione, sei un trasgressore della
legge. Infatti, Giudeo non è chi appare tale all’esterno, e
la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma
Giudeo è colui che lo è interiormente e la circoncisione è
quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua
gloria non viene dagli uomini ma da Dio”.
Per il vanto di quando detto nell’articolo precedente
(2,17-29), l’apostolo Paolo afferma che la superiorità del
Giudeo sul Pagano è grande “sotto ogni aspetto”,
specialmente perché ai Giudei furono “affidate le
rivelazioni di Dio” in tutto il tempo storico dell’Antico
Testamento.
Padre Giuseppe Iozzia
3,3-4 “Che dunque? Se alcuni non hanno creduto, la loro
incredulità può forse annullare la fedeltà di Dio? Impossibile! Resti invero fermo che Dio è verace e ogni uomo
mentitore, come sta scritto: Perché tu sia riconosciuto
giusto nelle tue parole e trionfi quando sei giudicato”.
Dinanzi alle “rivelazioni di Dio” e alle promesse di Dio
alcuni Giudei cedettero ma molti rimasero increduli.
Questa incredulità, dice l’apostolo Paolo, può forse
“annullare la fedeltà di Dio?” No di certo! Nonostante
l’incredulità e l’infedeltà di tanti Giudei, Dio rimane
fedele alla sua parola per questo Dio deve essere riconosciuto verace; e invece degno del giudizio di Dio ogni
uomo incredulo.
L’apostolo dichiara un principio rivoluzionario per la
mentalità giudaica per cui i Giudei erano superiori ai
pagani. Paolo afferma che un pagano non circonciso, ma
che osserva la legge, giudicherà il Giudeo che ha la
circoncisione ma non osserva la legge. Paolo continua
dicendo che un Giudeo vero davanti a Dio non è chi è
circonciso nella carne, ma chi lo è nel cuore. Tale Giudeo
riceve lode da Dio.
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giornalino del mese di dicembre 2014