4|2013 CICLOTURISMO #centrostudi 4|2013_CICLOTURISMO TAG: bicicletta | Touring Club Italiano | Parchi cicloturistici | Bici Alto Adige | Jonas | Trentino | Bicigrill | Vento Di CENTRO STUDI TCI, HUGO GÖTSCH, LUCA MAGRIN, TINO MANTARRO, MARCELLO PALLAORO e PAOLO PILERI IN VIAGGIO SULLE DUE RUOTE TINO MANTARRO, giornalista del mensile Touring Che questi siano gli anni della bicicletta lo dicono i numeri. Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale in Italia si sono vendute più biciclette che automobili. Segno di un’inversione di tendenza dovuta certo alla crisi economica, ma anche all’aumentata consapevolezza da parte dell’opinione pubblica dell’utilità e della sostenibilità delle due ruote. ma anche bello. Così i modelli a scatto fisso, le selle di design che da sole costano quanto un’onesta due ruote, i piccoli artigiani che confezionano mezzi degni di una sfilata, l’abbigliamento tecnico ma anche elegante fanno parte di una nouvelle vague che racconta di un settore produttivo sicuramente di nicchia ma in salute. “Ci sono tante tribù e lo stesso ciclista può trasversalmente fare parte ora dell’una, ora dell’altra. Ci sono i ciclisti da passeggio, quelli che usano il mezzo soltanto la domenica, gli sportivi, gli amatori, i feticisti che la tengono come se fosse un quadro e si guardano bene dall’usarla, i filosofi della decrescita, i pieghevolisti e alcuni insistenti rompiscatole che sostengono l’impossibilità di andare semplicemente da una parte all’altra pedalando: bisogna aderire a un manifesto, devi avere una determinata bici, comportarti così, vestirti così. Altrimenti non sei un vero ciclista urbano” aggiunge Fiorillo. Ecologica, pratica, economica, utile per mantenere la forma fisica la bicicletta è l’oggetto del momento. “La bici ha perso l’alone di vecchiume e povertà che aveva negli anni Novanta. Non è più considerata il mezzo sfigato degli sfigati. Tornano a prenderla i ragazzi delle città e non solo le signore di una certa età dei paesi della Pianura padana dove non è mai tramontata” racconta Alberto Fiorillo, autore di No Bici, un libretto provocatorio e intelligente sulle tribù della bicicletta. Un ritorno al passato che ha dei risvolti di moda. Per cui in questi ultimi anni la bicicletta è diventata anche un oggetto di tendenza, qualcosa da mostrare oltre che da usare, comodo Perché si sia arrivati a tutto questo è una questione più complessa di quel che i 1 4|2013 CICLOTURISMO numeri da soli riescano a mostrare. Di certo in questi anni qualcosa è cambiato, sia nel sentire comune di chi pedala e lo ha sempre fatto, sia nella visione di buona parte degli amministratori. La bicicletta è entrata a far parte del discorso pubblico. Mentre il ciclismo sportivo, travolto anno dopo anno da un turbine di scandali legati al doping e incapace di darsi una nuova faccia pulita, declina nell’interesse delle persone, cresce la passione dei pedalatori senza alcuna velleità agonistica, quelli che considerano le due ruote una valida alternativa ai mezzi di trasporto tradizionali e un ottimo diversivo per il proprio tempo libero. la filosofia di utilizzo del territorio convertendolo alle due ruote. Un investimento di cui si potrebbe giovare il settore turistico. Promuovendo e diffondendo la cultura del turismo in bici in molte zone d’Italia si potrebbe allungare la stagione ben al di là dei mesi estivi, inserendo in nuovi percorsi a misura di ciclista tanti piccoli tesori periferici rispetto alle rotte più battute. Lo certifica anche la ricerca commissionata dalla rete Eurovelo al Centro per il Trasporto e il Turismo sostenibile dell’Università di Breda, in Olanda. “I cicloturisti percorrono rotte lontane dai circuiti del turismo di massa e dunque supportano concretamente le economie locali, soprattutto nelle zone rurali, contribuendo in maniera determinante a destagionalizzare gli arrivi e sfruttando in modo bilanciato le risorse esistenti”. Un investimento di sicuro ritorno, visto la crescita di interesse – e dunque di pubblico potenziale – da parte dei tour operator italiani che si dedicano al prodotto “cicloturismo”. Parallelamente a questa crescita di interesse sono aumentate anche le iniziative pubbliche a favore della mobilità su due ruote. Anche se a macchia di leopardo, senza una regia precisa e senza una strategia complessiva, è innegabile che nel nostro Paese si siano moltiplicate le occasioni a livello locale per sviluppare un sempre maggiore utilizzo della bicicletta sia come mezzo di trasporto quotidiano alternativo a quelli a motore, sia come protagonista di una vacanza diversa, lenta, a misura di paesaggio. Certo, siamo ancora in grave ritardo rispetto ai Paesi nordici, Germania e Olanda su tutti, dove da oltre vent’anni si è investito sulla mobilità, turistica e non, a due ruote. Basta un dato per capire il ritardo strutturale: in Germania ci sono circa 75mila chilometri di ciclabili extraurbane, in Italia siamo a quota 4mila. E raramente si tratta di lunghi tratti consecutivi: con la solita eccezione dell’Alto Adige e del Trentino, si tratta perlopiù di brevi tratti non collegati tra loro. Mozziconi di qualche decina di chilometri che, se va bene, finiscono nel nulla, altrimenti su una strada statale. Anche se il punto non è tanto costruire nuove costose ciclabili, ma utilizzare la viabilità a bassa intensità esistente e renderla sicura per i ciclisti. Infrastrutture come VENTO (il progetto di una ciclabile da Torino a Venezia lungo il Po) costerebbero quanto due chilometri di autostrada, ma contribuirebbero a cambiare Del resto in Europa, dove si è investito con serietà da tempo, i volumi sono cresciuti in maniera esponenziale: è il caso della ciclabile più famosa d’Europa, la Passau-Wien, percorsa ogni anno da 200mila persone che vi trascorrono almeno due giorni e che da sola rappresenta l’80% del flusso turistico della regione. Ma anche della Parenzana, la ciclabile costruita sulla parte croata della vecchia ferrovia TriesteParenzo, in Istria. Settanta chilometri di percorso (su 123 totali) risistemati a partire dal 2002 con l’intento dichiarato di destagionalizzare il turismo nella regione (troppo legato ai due mesi estivi). E la ciclabile istriana potrebbe essere un ottimo esempio di quello cui si dovrebbe tendere per il prossimo futuro, così come disegnato da Eurovelo: una rete di percorsi transnazionali che attraversino tutto l’Europa. E le ferrovie potrebbero essere una risorsa da sfruttare per lo sviluppo di una rete di ciclabili di lunga percorrenza da utilizzare a scopi turistici. Negli Stati Uniti la prima green way ricavata da sedimi ferroviari di2 4|2013 CICLOTURISMO smessi è datata 1965 (l’Elroy-Sparta trail, in Wisconsin). In Italia si è iniziato solo negli anni 90. raggio ha una ricaduta reale sul turismo nelle zone interessate. Soprattutto se gli investimenti sono coordinati a livello superiore e non lasciati alla buona volontà delle singole amministrazioni territoriali. E, nonostante migliaia di chilometri di ferrovie non più in esercizio, i percorsi ciclabili nati su tracciati dismessi sono solo 42, per un totale di 640 chilometri (il 9% del totale). Ancora pochi, nonostante gli sforzi di associazioni come Comodo, che cercano di fare una positiva azione di lobbying affinché il riutilizzo a scopi cicloturistici delle ferrovie dismesse diventi una politica di Stato e non un’iniziativa estemporanea di amministrazioni sensibili. Replicando così anche da noi quello è avvenuto in Spagna. Nel 1993 la Fundación de los Ferrocarriles Españoles realizzò un inventario delle strutture in disuso che rivelò come nel Paese esistessero 7.600 chilometri di linee non in servizio. Il Ministero delle Opere pubbliche, in collaborazione con la Renfe e le amministrazioni locali, decise allora di convertirle in percorsi che “promuovessero una nuova cultura del tempo libero e dello sport”. In meno di vent’anni sono stati realizzati oltre 2mila chilometri di ciclabili, le Vias Verdes, cercando di integrarli con tutti gli altri itinerari non automobilistici, come i Cammini di Santiago, e le linee ferroviarie. Il modello spagnolo cerca anche di recuperare le infrastrutture di contorno, come caselli e stazioni, trasformandole in ostelli, officine e punti informazione, in modo da migliorare l’esperienza turistica del ciclista, permettendogli di conoscere il territorio che attraversa più in profondità. Dati complessivi non ce ne sono ma nei fine settimana gli alberghi lungo le ciclabili fanno registrare il tutto esaurito, mentre negli altri giorni della settimana la media di occupazione è del 60%. Dove, invece, si iniziano a intravedere alcuni risultati è nella diffusione dei sistemi di bike sharing. Lanciati per la prima volta in Italia nel 2000 (a Ravenna, su progetto dell’ingegner Fulvio Tura, che aveva elaborato un sistema a chiavetta metallica, il cui limite maggiore era l’obbligo di restituire il mezzo nel medesimo stallo dove lo si era prelevato) hanno conosciuto un’evoluzione e una diffusione veloce soprattutto in questi ultimi tre anni. Se di certo non serve a risolvere il problema del traffico nei centri urbani, aiuta a migliorare il problema del last mile, l’ultimo tratto di strada tra la fermata dei mezzi pubblici più vicini (o il parcheggio) e il luogo dove si è diretti. Un’offerta di trasporto pubblico complementare che andrebbe integrata con una maggior sensibilità delle amministrazioni comunali con la mobilità su due ruote e che potrebbe avere anche una ricaduta turistica, come per esempio accade a Parigi. Introdotto nel 2007, il sistema Vélib’ è disponibile anche ai turisti, purché abbiano a disposizione una carta di credito con microchip. Con 1,70 euro al giorno (8 euro per una settimana) possono girare in lungo e in largo la ville lumière, approfittando delle 20mila biciclette ripartite su 1.208 stazioni, di cui 238 nella prima periferia. Un vero successo, come testimoniano i 110mila utenti giornalieri del sistema. Qualcosa di simile, anche se in piccolo, è stato replicato anche a Milano, dove i dati del bike sharing cittadino sono in continua crescita. Certo i numeri non sono quelli di Parigi, ma è il segnale, incoraggiante, che qualcosa si muove. L’esperienza spagnola, ma anche quella austriaca e istriana, dimostrano che investire in mobilità ciclistica su medio e lungo E non è solo una moda effimera. 3 4|2013 CICLOTURISMO IL TOURING RISALE IN SELLA CENTRO STUDI TCI Il 2011 è stato un anno importante per il Touring Club Italiano perché ha segnato un nuovo e fattivo impegno verso un tema, la bicicletta, che ha un valore altamente simbolico nelle origini dell’associazione: con la carovana cicloturistica MilanoRoma (svoltasi dal 10 al 15 giugno 2011), rievocazione della storica manifestazione organizzata nel 1895 da Luigi Vittorio Bertarelli, uno dei fondatori del Tci e suo primo presidente, il sodalizio è di fatto nuovamente “tornato in sella”. La storia del Touring Club Italiano, infatti, è legata a filo doppio alla bicicletta – “velocipede”, era il nome al tempo – come ricorda anche la ruota che fa da sfondo al logo dell’associazione e la sua prima denominazione che, fino al 1900, era “Touring Club Ciclistico Italiano”. per ottenere città più sicure per chi pedala, come atto di solidarietà per la collega investita da un camion a Londra mentre si recava in ufficio. Proprio da questa iniziativa è nata in Italia #salvaiciclisti, un movimento popolare spontaneo che chiede alla politica interventi mirati per aumentare la sicurezza dei ciclisti sulle strade italiane. È recente, inoltre, la notizia che nel nostro Paese la vendita di biciclette (1,7 milioni nel 2011) ha superato, seppur di poco, quella delle automobili: si tratta di un sorpasso storico e che non si registrava dal Dopoguerra. Hanno avuto grande successo, infine, gli “Stati generali della bicicletta e della mobilità nuova” organizzati a Reggio Emilia il 5 e 6 ottobre scorsi, che sono stati un’occasione per dibattere su idee, progetti e buone pratiche. In questi ultimi anni il tema ha riscosso un crescente interesse nell’opinione pubblica contribuendo a modificare le abitudini e le scelte di mobilità, per esempio, nei tragitti casa-lavoro e casa-scuola: ciò sicuramente è stato influenzato anche dal progressivo affermarsi, soprattutto nelle aree metropolitane del nostro Paese – sulla scia di tendenze già in atto da tempo all’estero – di comportamenti più attenti non solo all’ambiente ma anche al benessere psicofisico. L’uso della bicicletta è diventato, quindi, un’espressione efficace, nonché di moda, di un nuovo lifestyle urbano. Non a caso proprio nelle grandi città si sta diffondendo in questi anni il servizio di bike sharing, adottato – tra le altre – a Barcellona, Bruxelles, Londra e Parigi e in Italia a Bari, Genova, Milano e Torino e in più di un centinaio di altri comuni di diversa dimensione. Questo rinato interesse, però, non si limita alla mobilità: si sta, infatti, sempre più estendendo ad altri ambiti, come quello delle vacanze, complice, probabilmente, l’attuale situazione di crisi economica e l’incremento del costo del carburante. Ciò fa il paio con l’attenzione riservata a un turismo lento, rispettoso dell’ambiente e a contatto con la natura cui gli operatori turistici – in Italia con qualche difficoltà – stanno rispondendo con offerte di viaggio specifiche. NASCONO I PARCHI CICLOTURISTICI Queste premesse spiegano, dunque, l’ambizione da parte del Touring Club Italiano di tornare a essere il principale referente nazionale in tema di cicloturismo attraverso la costituzione di prodotti innovativi, di elevata qualità e “certificati”. Il progetto che Touring sta portando avanti in questi mesi prende il nome di “Parchi cicloturistici”: una rete di percorsi di eccellenza – su infrastrutture dedicate o promiscue ma a bassa densità di traffico – ideati Del resto i segnali di interesse per le due ruote sono evidenti, anche considerando quanto sta succedendo in questi mesi: ha suscitato clamore la campagna “Cities fit for cycling” proposta dal Times 4 4|2013 CICLOTURISMO per scoprire in bicicletta l’inestimabile patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale italiano. temente non valido da un punto di vista prettamente statistico perché del tutto casuale e non rappresentativo della realtà del nostro Paese – è tuttavia interessante per comprendere alcune tendenze. Di seguito riportiamo i principali risultati. Il Parco cicloturistico è pensato per essere uno strumento di promozione del territorio, per quello che insiste ed esiste nelle sue immediate vicinanze prevedendo, come punto essenziale del progetto, un coinvolgimento proattivo delle realtà economiche già presenti localmente: l’idea è quella di realizzare una serie di percorsi concentrici e interconnessi tra loro – non dunque una “autostrada ciclabile” isolata dal contesto – che consentano di fermarsi in un territorio e di scoprirlo. Utilizzo della bicicletta. La stragrande maggioranza dei rispondenti ha dichiarato di utilizzare la bicicletta almeno una volta alla settimana (83%). Analizzando i dati per classi di età1, seppur le variazioni tra i diversi cluster non siano molto accentuate, è interessante notare come la fascia degli over 60 sia la più “dedita” al frequente utilizzo della bicicletta (84,7%), probabilmente per la maggior disponibilità di tempo libero. In prospettiva il progetto Touring prevede una serie di Parchi cicloturistici, diffusi in tutta Italia, che, con interventi infrastrutturali minimi, consentiranno di mettere a sistema i percorsi esistenti; esempio efficace per far capire che la filosofia alla base è la convinzione che non sia necessario costruire necessariamente nuove piste ciclabili per attrarre turisti ma sia sufficiente utilizzare le strade a basso tenore di traffico e tutte le possibili sedi ciclabili già esistenti. Lo scorso 30 settembre il Touring ha presentato ufficialmente il suo progetto con il varo “ideale” (perché ancora non infrastrutturato e privo, al momento, dei servizi che dovrebbe avere a regime) del Parco cicloturistico dei Navigli che interessa 46 comuni delle province di Milano, Pavia e Novara. Le vacanze su due ruote. Abbiamo chiesto ai nostri intervistati se avessero mai fatto una vacanza in bicicletta (utilizzandola come mezzo principale di trasporto): il 43% ha risposto affermativamente e il 57% negativamente. Approfondendo la relazione esistente tra uso quotidiano della bicicletta e utilizzo per finalità turistiche, abbiamo riscontrato un dato interessante: tra chi usa spesso la bicicletta, la percentuale di coloro che hanno fatto almeno una vacanza sulle due ruote si attesta al 46,5% mentre solamente un quarto degli intervistati che non si dichiara un ciclista abituale ha praticato almeno una volta il cicloturismo. Lo spaccato tra le differenti classi di età dà risultati eterogenei dimostrando una maggior propensione al viaggio in bici da parte degli over 60 (45,1%) contro il 31,8% dei più giovani (fino a trent’anni). LE TENDENZE DEL CICLOTURISMO In un contesto in pieno fermento sul tema della bicicletta, il Centro Studi del Tci ha voluto, inoltre, effettuare un approfondimento sui comportamenti degli italiani realizzando un’indagine on line per conoscere esigenze e aspettative dei cicloturisti. Il questionario, compilato da oltre 1.000 persone, è stato somministrato tramite social network (Facebook e Twitter), banner e newsletter nel periodo compreso tra fine luglio e i primi giorni di settembre 2012. Il campione così definito – eviden- Italia o estero? Innanzitutto è importante sottolineare come il 36% dei rispondenti abbia effettuato una vacanza sia in Italia sia all’estero: chi ha scelto solamente l’Italia rappresenta il 34,2% contro il 29,8% delle persone che, invece, hanno preferito l’estero. Questi dati mostrano Alcune delle risposte al questionario sono state analizzate scomponendo il campione dei rispondenti in quattro distinte classi: fino a trent’anni; 31-45; 46-60 e oltre i sessant’anni. 1 5 4|2013 CICLOTURISMO come, nonostante le carenze infrastrutturali e di offerta, il cicloturista italiano riesca comunque a viaggiare nel suo Paese. vandosi da soli, vorrebbero conoscere invece compagni con cui vivere questa esperienza. Viaggi in bici e intermediazione. I risultati mostrano che solo il 15% dei viaggi fatti sono intermediati rispetto alla stragrande maggioranza di vacanze organizzate in forma autonoma. Estremamente interessante è, invece, l’analisi effettuata distinguendo le risposte di chi ha viaggiato in Italia e di chi si è recato all’estero: se per le vacanze oltreconfine l’incidenza dell’intermediazione sale al 30%, per quelle domestiche crolla al 3%. Tra le principali motivazioni vi è la bassa presenza di operatori specializzati che offrono pacchetti per itinerari nazionali anche a causa delle difficoltà spesso riscontrate nel riservare posti letto per una sola notte: la maggior parte dei viaggi in bicicletta è, infatti, itinerante. C’è grande interesse per il cicloturismo. Abbiamo chiesto agli intervistati, anche a chi non ha mai effettuato vacanze in bici, se fossero interessati a praticare cicloturismo in Italia su un percorso certificato dal Touring Club Italiano e ben il 92% si è dichiarato favorevole, indicando anche in quale area del Paese preferirebbe farlo. Il risultato? Una mappa estremamente eterogenea che, in alcuni casi, ricalca i paesaggi più noti dell’Italia centrale e, in altri, rimanda a zone meno battute. Le difficoltà organizzative. Tra chi non ha mai fatto una vacanza in bicicletta emergono motivazioni differenti che hanno impedito la partenza: alcune sono “generiche” e valgono per qualsiasi tipologia di viaggio (es. mancanza di tempo, problemi di lavoro ecc.) mentre altre sono più legate alle specificità del cicloturismo e hanno evidenziato difficoltà organizzative e percezione di scarsa sicurezza o pericolo nel mettersi su strada sulle due ruote. Altri spunti di riflessione interessanti, soprattutto per gli addetti ai lavori, vengono da alcuni target come le famiglie, che esprimono perplessità a viaggiare con bambini piccoli per l’esigenza di effettuare percorsi semplici e con servizi di vario genere facilmente raggiungibili, e coloro che, tro- I servizi irrinunciabili per il cicloturista. È estremamente interessante notare come alcune opinioni cambino tra chi ha già effettuato almeno una vacanza in bici e chi non l’ha mai fatto. Se entrambe le categorie reputano molto importanti la cartografia e la segnaletica, minor rilevanza viene riservata a strutture ricettive con servizi dedicati, assistenza meccanica e trasporto bagagli da chi ha già fatto una vacanza in bici rispetto a chi non l’ha mai fatta. Si potrebbe dedurre, forse, che fare una vacanza in bicicletta è più facile e meno impegnativo di quanto si possa immaginare, soprattutto se si è supportati da una buona segnaletica accompagnata da un’adeguata cartografia. Durata della vacanza in bicicletta. Le risposte indicano come durata ideale della vacanza in bicicletta un periodo che va dal weekend lungo alla settimana con una percorrenza giornaliera auspicata compresa tra i 40 e i 60 km. 6 4|2013 CICLOTURISMO L’ESPERIENZA DI “BICI ALTO ADIGE” HUGO GÖTSCH, presidente di Bici Alto Adige e Rentandgo e coordinatore del Corso di laurea in Management del turismo, dello sport e degli eventi presso la Libera Università di Bolzano Il cicloturismo in Alto Adige inizia a svilupparsi negli anni 90 e va di pari passo con la costruzione di piste ciclabili sull’intero territorio provinciale. Fino agli anni 80, infatti, esistevano solo brevi tratti a Bolzano e Merano; risale al 1986 la prima proposta di collegamento delle singole ciclabili. Nel 1990 ha luogo il primo censimento della rete presente in Alto Adige e il governo provinciale commissiona uno studio di fattibilità sulle ciclabili che collegano tutto il territorio. Con la L.P. 24/1991 si stabiliscono poi le linee guida per la costruzione di piste. sta fino a Malles, da dove si estendono oltre 100 km di pista ciclabile in lieve discesa fino a Bolzano (l’antica Via Claudia Augusta). Come offerta aggiuntiva alla nuova ferrovia vengono aperti sei punti di noleggio bici lungo la tratta del treno ed è introdotta la “EventCard”, un biglietto giornaliero combinato per l’utilizzo del treno in Val Venosta e una bicicletta a noleggio. Nel primo anno le biciclette messe a disposizione sono state 1.200, gestite dall’azienda Stricker. LA BIKEMOBIL CARD Durante gli anni 90 si inizia a registrare parallelamente un aumento del cicloturismo soprattutto in Val Pusteria, sulla tratta San Candido-Lienz, dove il ritorno poteva essere effettuato in treno. Nel tempo è continuata la costruzione delle ciclabili in tutta la provincia: oggi ci sono oltre 600 km di piste nelle valli altoatesine, quasi completamente collega te tra loro e in continuo ampliamento, attrezzate con aree di sosta e zone ristoro. Lungo le ciclabili si trovano 23 punti di noleggio bicicletta della rete “Bici Alto Adige”, un gruppo di operatori costituitosi in associazione il 30 novembre del 2011. Il tutto è nato dall’evoluzione naturale di un progetto-pilota partito dalla Val Venosta da un’idea del compianto sciatore e ingegnoso imprenditore Erwin Stricker: quando, il 5 maggio 2005, venne avviata la nuova ferrovia della Val Venosta – una linea dismessa dalle Ferrovie dello Stato nel 1990 e acquisita dalla Provincia della Bolzano – è iniziata una nuova era anche per il cicloturismo. Negli anni successivi il numero di punti noleggio aderenti all’iniziativa è aumentato. Nella stagione estiva del 2009 sono state vendute 31.000 EventCard, circostanza che ha spinto il Dipartimento provinciale alla mobilità, incalzato da Erwin Stricker, a “tastare il terreno” per preparare un ampliamento del progetto fino a includere tutto il territorio. Nel 2011 viene così introdotta la “Bikemobil Card”, valida per l’utilizzo combinato di bici a noleggio e mezzi pubblici (treni, funivie, autobus) in tutto la provincia e disponibile per uno, tre o sette giorni consecutivi. Nello stesso anno i noleggiatori hanno deciso di costituire l’associazione “Bici Alto Adige” che si propone di fare dell’Alto Adige una “terra delle biciclette per tutti”. Tra gli obiettivi ci sono la garanzia di standard di qualità omogenei grazie a tariffe uguali su tutto il territorio e criteri di servizio analoghi. A fronte di circa 3,5 milioni di presenze turistiche estive in Alto Adige, si auspica che nel 2016 il 20% degli ospiti compia almeno un tour in bici abbinato all’uso di un mezzo pubblico. Per promuovere le due ruote, l’associazione propone progetti di sensibilizzazione presso le scuole e la popolazione in collaborazio- Il treno si rivela da subito un elemento di attrazione per i residenti e per gli ospiti: innovativo e a pianale ribassato per facilitare l’accesso anche alle biciclette, viene da subito apprezzato dai cicloturisti, che risalgono in treno la tratta della Val Veno7 4|2013 CICLOTURISMO ne con la Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) e iniziative per abbinare l’uso della bicicletta anche per gustare le specialità altoatesine. Nel 2012 i punti noleggio aderenti – dal Brennero a Caldaro, dalla Val Pusteria al passo Resia fino alla Val Müstair in Svizzera – sono 23, quasi sempre situati nelle stazioni ferroviarie o nei loro pressi. Tutto questo si inserisce nel quadro di un impegno portato avanti da anni dall’assessore alla mobilità Thomas Widmann per migliorare l’offerta di servizi pubblici, intensificando le corse di treni e bus, migliorando i mezzi quanto a confort e impatto ambientale, offrendo un servizio di minibus (i “citybus”) che entrano anche nei piccoli centri per garantire la mobilità anche a livello locale e di paese, concertando gli orari di autobus e treni in modo da garantire un timing ottimale dei vari mezzi e favorendo la ristrutturazione o la realizzazione ex novo di funivie per il trasporto pubblico, di grande interesse anche per coloro che si spostano senza auto nel tempo libero, con o senza bici. pacità dovuti alla grande affluenza di ciclisti con mezzo al seguito. Un ulteriore fattore di successo sta sicuramente nell’ampia gamma di utenti potenziali attratti da questo sistema: il turista di oggi vuole avere la possibilità di immergersi nella natura, spostarsi in modo ecologico, fare sport e poter scegliere tra una vasta gamma di attività del tempo libero; ecco perché sin da subito si è cercato di elaborare un’offerta adatta a ogni fascia d’età e gruppo di interesse. I punti di noleggio offrono vari modelli, dalle bici tradizionali per adulti e bambini alle mountain bike fino a comprendere le bici elettriche, con la possibilità di rifornirsi di batterie “fresche” presso ognuno dei soggetti aderenti all’associazione. Si tratta quindi di un servizio di cui può usufruire ogni tipo di visitatore, dai più giovani agli anziani, dai più sportivi a chi ama il viaggio “lento” o vuole semplicemente rilassarsi. I PROSSIMI PASSI Se negli ultimi due anni l’impegno è stato rivolto all’introduzione e all’estensione locale dell’offerta treno&bici, il prossimo passo sarà sicuramente l’integrazione del sistema nelle regioni di confine. L’ acquisto di ulteriori nuovi treni da parte della Provincia, previsto il prossimo anno, permetterà ad esempio di ampliare l’offerta fino a Innsbruck e Lienz. Le nuove biciclette a pedalata assistita aprono prospettive ancora diverse: in futuro, e senza grandi sforzi, ognuno potrà pensare di partecipare a dei tour guidati che portano dall’Alto Adige a Venezia, ad esempio, e permettono di conoscere il territorio da un punto di vista completamente nuovo e rilassante. Lo sviluppo di nuovi tipi di offerta nel cicloturismo rimane uno dei nostri obiettivi e, del resto, ci stiamo già lavorando da tempo. FATTORI DI SUCCESSO Il successo del sistema bici&treno altoatesino è dovuto anche al fatto che il principio di funzionamento è quello del bike sharing: le biciclette possono essere restituite in un punto di noleggio qualsiasi che non deve corrispondere a quello di prelevamento. C’è poi sempre personale qualificato che si occupa anche del lavaggio e della manutenzione delle bici e dà consigli e informazioni di vario tipo ai clienti. Il prezzo vantaggioso del biglietto combinato, che comprende i mezzi pubblici, è un incentivo in più ma, soprattutto, il vantaggio sta nel fatto che le bici noleggiate non devono più essere caricate sul treno per il ritorno. Non di rado, infatti, i convogli nella bella stagione raggiungono i limiti di ca- 8 4|2013 CICLOTURISMO JONAS, UNA STORIA LUNGA TRENT’ANNI LUCA MAGRIN, fondatore di Jonas Jonas nasce nel 1988: l’idea di partenza prende spunto da altre esperienze sviluppatesi in Europa alla fine degli anni 80 nell’ambito del turismo associativo, con la volontà di promuovere forme alternative di viaggio tra i giovani, favorendo scambi culturali in ambito europeo. I primi tre scambi culturali sono stati organizzati a Monaco di Baviera, Guimar/Tenerife e Debrecen in Ungheria assieme ai “Naturfreunde”, un’associazione ambientalista presente in tutti i Paesi d’Europa. Negli anni successivi, dopo aver approfondito contatti ed esperienze con associazioni cicloturistiche danesi, Jonas intraprende la strada delle vacanze in bicicletta come nuova forma di turismo a basso impatto ambientale, con l’intento di introdurre anche nel mercato italiano un turismo a mobilità dolce. Il prodotto offerto non è quello tipicamente inteso come cicloturismo, e cioè il ciclista o il gruppo di ciclisti con la bici attrezzata di borsoni che percorre centinaia di chilometri itineranti in giro per l’Europa. Piuttosto, si tratta di una nuova scommessa: far sì che il cicloturismo diventi un’esperienza per tutti, e non riservata a un’élite di ciclisti allenati, facendo scoprire al turista italiano l’idea di mobilità a basso impatto ambientale già ampiamente diffusa in altri Paesi europei. Una forma diversa di vivere e visitare città e capitali utilizzando le piste ciclabili, che da decenni esistono nei Paesi del Nord Europa, e che invece latitano ancora oggi in Italia. detto, infatti, il turismo in bicicletta era fino a qualche anno fa praticato da ciclisti abbastanza allenati, che intendevano la loro vacanza come un itinerario lungo strade a basso traffico, per tour complessivi anche di qualche centinaio di chilometri da percorrere totalmente in sella o, al massimo, per alcuni tratti, montando la bici in treno. Normalmente questo tipo di turista, sia in gruppo sia da solo, è più portato ad autogestirsi sin dall’ideazione stessa della vacanza e, salvo pochi casi, non è interessato a tour preorganizzati, proprio perché la concezione di vacanza in sé è intesa come totalmente libera. Negli ultimi anni, invece, al cicloturismo si affaccia anche il pubblico che di norma usa la bicicletta principalmente per i propri spostamenti urbani o, magari, per qualche breve gita la domenica nel corso dell’anno. IL TARGET DELLE FAMIGLIE Molte richieste vengono da famiglie con figli anche piccoli, grazie alla diffusione di carrellini e supporti per il trasporto dei bambini, mezzi che stanno prendendo piede in Italia. Questo tipo di utenza preferisce quindi avere maggiori servizi, percorsi già stabiliti e sicuri, biciclette a disposizione senza dover portare la propria, trasferimento dei bagagli in caso di vacanza itinerante, accompagnatori esperti dei luoghi visitati e, magari, anche un gruppo numeroso con cui condividere l’esperienza e stringere nuove amicizie. La richiesta è quella di vivere la propria vacanza in modo diverso dal solito villaggio turistico, uscendo dal cliché spiaggia-ombrellone, per trovare un modo più attivo e vario di spendere il proprio periodo di ferie. COME È CAMBIATO IL CICLOTURISMO Negli ultimi anni il cicloturismo è in costante crescita, e soprattutto nell’ultimissimo periodo si registra un forte interesse. Questo comporta anche una netta modifica del profilo del cicloturista, o meglio del turista che vuole utilizzare la bicicletta per la sua mobilità soprattutto in vacanza. Come Il cicloturismo può avere una stagionalità più ampia rispetto alle ferie tradizionali, sia perché molti preferiscono percorrere le strade in primavera, in tarda estate o 9 4|2013 CICLOTURISMO nel primo autunno sia per motivi legati al clima sia per il traffico meno intenso in questi periodi. È chiaro, però, che, soprattutto per il turista italiano, la concentrazione è massima nei periodi tradizionali di luglio e agosto, mentre all’estero è più facile che il periodo prescelto sia primavera o autunno. mappatura dei percorsi ciclabili e la relativa tabellazione dedicata, ma non sembra, fino a oggi, che il cicloturismo rappresenti una priorità per gli amministratori locali per i quali pare, invece, strategica la moltiplicazione delle rotatorie. I SERVIZI A DISPOSIZIONE Qualcosa si è mosso, dal punto di vista della ricettività alberghiera, con la diffusione dei bike hotel o grazie al progetto “Albergabici” promosso dalla Fiab: si tratta di strutture con spazi dedicati alla custodia della bici, piccole officine o attrezzature per la manutenzione e la riparazione, materiale informativo dedicato al cicloturismo nella zona, menù dedicati e appositamente studiati per chi viaggia in bicicletta. Il loro punto di forza è la disponibilità ad accogliere il turista per uno o, al massimo, due pernottamenti anche in alta stagione. È proprio su quest’ultimo punto che operatori come Jonas incontrano maggior resistenza da parte delle strutture, che vorrebbero invece le prenotazioni classiche di almeno una settimana. Ed è proprio per questo che l’incidenza del costo dei pernottamenti lievita nell’organizzazione di una vacanza itinerante. Al contrario, invece, è in forte aumento la domanda di vacanze brevi, e soprattutto con prenotazioni all’ultimo o ultimissimo momento: gli alberghi prenotati di anno in anno per il mese di agosto appartengono a un modello di turismo che non esiste più da tempo. GLI ITALIANI SCELGONO L’ESTERO Le mete prescelte dai turisti italiani che si rivolgono a Jonas sono principalmente all’estero: Austria, Germania, Francia, Olanda, Danimarca, Svezia, Irlanda, dove sicuramente la cultura della mobilità in bicicletta è diffusissima e abbondano strutture ricettive dedicate al cicloturismo e ovviamente le piste ciclabili. Sono centinaia i chilometri percorribili in strade riservate alle biciclette, quasi mai condivise con strade per le auto, che corrono parallele alle arterie principali o che attraversano zone non raggiungibili con l’auto. I LIMITI DELL’ITALIA Questo paradiso per le biciclette è difficile da trovare in Italia, salvo qualche eccellenza come Trentino, Alto Adige, Emilia Romagna e perle isolate in altre regioni, soprattutto del Nord, come Veneto e Lombardia. Il resto d’Italia lamenta un forte carenza di piste ciclabili, che spesso sono presenti a tratti di qualche chilometro per poi interrompersi nel nulla o inserirsi in statali ad alta densità di traffico. In Italia Jonas cerca, in assenza di una rete completa di ciclabili, di rendere organico e armonico un percorso utilizzando strade secondarie a basso traffico, ma non si tratta di strade con segnaletica dedicata alle biciclette come accade all’estero, per cui il cicloturista non esperto senza accompagnatore rischia di trovarsi fuori percorso e, comunque, senza itinerari sicuri su cui pedalare. UNO SGUARDO ALL’ESTERO Gli operatori specializzati che si dedicano al cicloturismo nel panorama italiano non sono molti, soprattutto quelli che si propongono a livello nazionale: probabilmente perché continua a essere considerato un prodotto di nicchia e non di massa e anche per la complessità organizzativa che comporta la costruzione di un pacchetto cicloturistico. Negli ultimi anni molte Regioni stanno cercando di promuovere progetti per la 10 4|2013 CICLOTURISMO L’interesse dei grandi marchi del turismo è pressoché nullo, salvo qualche sporadico tentativo, fatto in passato, che però non ha avuto grande successo. Molte piccole realtà locali provano a offrire pacchetti e convenzioni, ma si tratta soprattutto di realtà che insistono su un territorio limitato e che propongono al cicloturista pacchetti relativi solo alla propria zona. loro presenza in Italia è ancora limitata e circoscritta ad aree definite. Se dovesse davvero svilupparsi da noi una rete di servizi e infrastrutture dedicate al cicloturismo, sarà compito degli operatori italiani attualmente esistenti attrezzarsi per tempo per non perdere l’occasione di espandere la propria quota di mercato, offrendo pacchetti che sappiano valorizzare le ricchezze culturali, paesaggistiche ed enogastronomiche italiane, rigorosamente dalla sella di una bicicletta. Diversa la realtà estera: in Austria, Germania e, in generale, nei Paesi nordici esistono operatori in grado di muovere molte migliaia di cicloturisti ogni anno. La IN TRENTINO LA BICI AIUTA L’ECONOMIA MARCELLO PALLAORO, direttore Ufficio Piste ciclopedonali, Provincia Autonoma di Trento La Provincia Autonoma di Trento ha cominciato a occuparsi di percorsi ciclabili e ciclopedonali nel 1988, attivando dapprima l’Agenzia del Lavoro e, poi, il Servizio Ripristino e Valorizzazione ambientale, allo scopo di dotare il territorio di una rete ciclopedonale a carattere essenzialmente extraurbano2. Il coinvolgimento dell’Agenzia del Lavoro è stato uno degli elementi più originali e qualificanti dell’intero progetto, poiché fin dall’inizio si è deciso che tutte le opere di finitura e la manutenzione ordinaria fossero realizzate da cooperative che impiegavano lavoratori espulsi dal ciclo produttivo. Disoccupati (quasi cento persone, uomini over 50 e donne over 45) in cerca di un’occupazione, che sarebbero stati comunque a carico della comunità e che, lavorando sulle piste ciclabili, svolgevano un servizio utile all’economia e al territorio. provenienti dai Paesi del Centro e del Nord Europa, già buoni conoscitori del Trentino, hanno scoperto la rete ciclopedonale e hanno cominciato a frequentarla contribuendo ad affermare in modo forte che il Trentino è terra di cicloturismo. Questo fenomeno è stato favorito anche dalla sopravvenuta coscienza che la bicicletta è un’opportunità per sperimentare se stessi, per imparare a vivere meglio il proprio corpo, per attivare una relazione con l’ambiente e per strutturare uno stile di vita sano e attivo attraverso il piacere del movimento. La bicicletta contribuisce a cambiare la percezione della mobilità alla quale siamo abituati che ci porta a identificare la segnaletica con i luoghi. La rete è attualmente in continuo sviluppo e miglioramento e consente di percorrere il territorio trentino nel rispetto dell’ambiente. Conoscere un territorio pedalando dà molti valori aggiunti e supera i luoghi comuni della vacanza di massa, quella che troppo spesso crea una barriera fra il territorio e la sua cultura, collocando chi la sceglie in un contesto artificiale. I pedalatori non sono solo persone che usano la bici come un mezzo per praticare un’attività sportiva, ma sono GENESI DI UN FENOMENO Le piste ciclabili sono diventate un prodotto interessante quando i flussi turistici Legge Provinciale n. 49 del 25 novembre 1988, “Disciplina dei percorsi ciclabili e ciclopedonali di interesse provinciale”. 2 11 4|2013 CICLOTURISMO sempre più anche “viaggiatori in bicicletta”. Una categoria ampia, che comprende giovani e anziani in gruppo, giovani coppie, famiglie, gruppi sportivi e così via. Tutti accomunati dal semplice desiderio di esplorare e che scelgono viaggi parzialmente organizzati per poter sfruttare al massimo le risorse dei territori, sia in termini di ospitalità sia di offerta culturale ed enogastronomica. I Bicigrill possono costituire un’integrazione del reddito per le attività agricole, fatte di campi e coltivazioni, ma anche di persone e tradizioni da comunicare anche per far conoscere i prodotti e i sapori del mondo contadino che, in questo modo, possono conquistare il popolo della vacanza attiva e del tempo libero. La virtuosa evoluzione di questo processo vuole riconciliare i pedalatori con i contadini, che possono diffondere e accrescere la cultura e l’informazione sul lavoro dei campi e sulla loro necessità di utilizzare le piste ciclabili e i terreni confinanti per effettuare le lavorazioni agricole, sensibilizzando i ciclisti e trasformando in risorse le criticità che talvolta insorgono tra i due mondi. I BICIGRILL Poiché il cicloturismo è fortemente condizionato dalla qualità dei servizi offerti, si sono voluti individuare i possibili miglioramenti per presentare un’offerta competitiva e di ottimo livello, legata al territorio, all’ambiente e alla qualità generale della vita, mettendo a disposizione degli operatori economici e degli addetti ai lavori un ulteriore strumento per rafforzare il binomio salute-natura, già patrimonio del Trentino. I Bicigrill sono disciplinati da uno specifico regolamento provinciale e con il marchio registrato alla Camera di Commercio, sono situati in punti strategici dei vari percorsi ciclopedonali, hanno lo scopo di ristorare, creando tra l’altro una vetrina di prodotti tipici trentini, fornire assistenza e informare. Il primo Bicigrill del Trentino è stato realizzato nel 1991 a Nomi, lungo la ciclabile della Valle dell’Adige, materializzando un’idea dell’arch. Pier Dal Ri, che allora dirigeva il Servizio Ripristino. Il movimento dei pedalatori (contiamo oltre 2 milioni di passaggi all’anno sulle nostre piste) ha stimolato nuove iniziative imprenditoriali per costruire altri Bicigrill, realizzati in cofinanziamento con enti e privati che ne curano la gestione e, oggi, sono attivi i Bicigrill di Nomi, Levico Terme, Tezze di Grigno, Vigo Rendena, Pellizzano e Condino. Il mondo imprenditoriale ha colto l’opportunità offerta al territorio dal popolo dei pedalatori, che chiede servizi di accoglienza, e si sta attivando per avviare diverse iniziative. STATO DELL’ARTE E PROGETTI FUTURI L’amministrazione provinciale di Trento ha aggiornato il proprio strumento legislativo nel 20103 proseguendo nella promozione della mobilità e della viabilità ciclistica, con l’intento di: favorire l’intermodalità e la migliore fruizione del territorio, garantire lo sviluppo in sicurezza dell’uso della bicicletta in ambito urbano ed extraurbano, migliorare la salute e la qualità della vita dei cittadini, le condizioni dell’ambiente e la riqualificazione degli spazi urbani, contribuire al decongestionamento del traffico veicolare e alla riduzione dei consumi energetici nonché dei livelli di inquinamento atmosferico e acustico. Quanto realizzato fino a ora, investendo circa 140 milioni di euro, dei quali circa un terzo per la manutenzione ordinaria e straordinaria, ha messo a disposizione dei pedalatori un’efficiente e ben tenuta rete di circa 430 km di percorsi realizzati lungo i principali fondovalle. Sono rimasti incompiuti i tratti più costosi, che permetterebbero la totale interconnessione delle valli con l’asta dell’Adige, il collegamento da Trento verso la Valsugana per raggiungere il Veneto, da Trento attraverso la val3 12 Legge Provinciale 11 giugno 2010, n. 12. 4|2013 CICLOTURISMO le dei Laghi per raggiungere il Lago di Garda e Tione, da Mezzolombardo verso la Valle di Sole attraversando la Valle di Non, il collegamento della Valle del Primiero con il Veneto, dell’alta Val di Non con l’Alto Adige e della Val di Sole con la Lombardia, ma che richiedono importanti opere quali ponti, gallerie o il consolidamento di grandi versanti rocciosi. L’attuale congiuntura economica, però, ha costretto l’amministrazione provinciale a rivedere il programma degli investimenti per la realizzazione di percorsi ciclopedonali con valenza solo turistica, riducendo l’ammontare degli stanziamenti che sono indirizzati a infrastrutture che possano coniugare il trasporto attivo e la mobilità alternativa all’uso dell’automobile privata. contribuisce alla qualità della vita e alla riduzione delle spesa sanitaria pubblica. IL FATTURATO DEL CICLOTURISMO Il milione e quattrocentomila persone che hanno utilizzato i nostri percorsi nel 2009 (ne abbiamo contati 2,2 milioni nel 2011) sono stati studiati dall’Osservatorio del Turismo Trentino attraverso 1.400 questionari raccolti dagli intervistatori su quattro percorsi: Valle dell’Adige, Valsugana, Val di Sole e Garda (cfr. Report n. 34, agosto 2010). Sono state considerate solamente le ricadute generate dai cicloturisti e dai turisti ciclisti (attivi) escludendo quelle dei turisti per i quali la bici rappresenta un prodotto complementare. Il 98% delle ricadute economiche dirette è da imputare ai turisti ciclisti mentre i cicloturisti hanno un ruolo ancora marginale. Il turista ciclista, che ha dichiarato di spendere mediamente ogni giorno circa 70 euro e di rimanere in zona mediamente nove notti, ha speso in Valsugana circa 7 milioni di euro mentre la vacanza attiva sul Garda, che ha attirato circa 110.000 turisti ciclisti, ha prodotto una ricaduta economica di circa 77 milioni di euro. Il Trentino si sta attrezzando per mettere in rete tutte le informazioni utili alla costruzione di viaggi e vacanze in bicicletta, percorsi interattivi, noleggiatori e assistenza tecnica, alloggi, pacchetti strutturati, orari dei trasporti pubblici e per comunicare il prodotto costruito ai potenziali clienti italiani e stranieri. Molti di questi interventi non sono compatibili con le risorse economiche che l’amministrazione provinciale può investire nel settore e, pertanto, sarà necessario ricercare finanziamenti europei e alleanze transnazionali per sviluppare e promuovere la rete dei percorsi ciclopedonali. Stiamo lavorando a un progetto per individuare una rete di anelli ciclopedonali in cooperazione fra gli operatori economici o istituzionali nelle regioni Arge Alp4, finalizzata a disporre di alcuni circuiti strutturati, in grado di attrarre il turista ciclista e il cicloturista, che possa soggiornare in esercizi convenzionati, trovando sul territorio i servizi e i mezzi adeguati. Stiamo studiando anche la materializzazione di uno strumento di partecipazione pubblica per il coinvolgimento dei pedalatori più fedeli in una sorta di project financing, che concorre alla crescita e al mantenimento della rete ciclopedonale quale infrastruttura che Ne fanno parte dieci Länder, Province, Regioni e Cantoni di Austria, Germania, Italia e Svizzera. I membri sono Baviera (Germania), Salisburgo, Tirolo, Vorarlberg (Austria), Lombardia, Trentino, Alto Adige (Italia) e Cantoni di San Gallo, Ticino e dei Grigioni (Svizzera). L’obiettivo che Arge Alp vuole raggiungere con la collaborazione transfrontaliera è trattare problemi e esigenze comuni delle regioni nell’ambito ecologico, culturale, sociale ed economico, promuovere i contatti tra le nazioni e i loro cittadini e fornire un contributo all’integrazione europea. 4 13 4|2013 CICLOTURISMO VENTO, LA CICLOVIA TRA VENEZIA E TORINO PAOLO PILERI, professore di Pianificazione territoriale e ambientale, Politecnico di Milano C’è chi vede la mobilità ciclabile come una fissa di sparuti gruppi amatoriali. C’è chi la vede come un’esigenza, al più, per rispondere a qualche piccolo problema di mobilità urbana. C’è chi la vede come esclusiva forma di sport. Sono diverse le interpretazioni non corrette date all’uso della bicicletta nel nostro Paese. Il più delle volte si tratta di visioni intrappolate in circuiti ristretti, in pensieri corti. Forse, pur se inconsciamente, sostenute dalla convinzione che in un Paese dove si è investito per sessant’anni sulla mobilità motorizzata, anche come forma di riscatto sociale ed espressione della libertà individuale, non si possa abbracciare l’idea della bicicletta come opzione di mobilità al pari delle altre o, addirittura, migliore. Non si capisce perché oggi si dovrebbero immaginare le ciclovie o le piste ciclabili come infrastrutture da inserire nei piani infrastrutturali regionali o – che pretesa! – in quello nazionale. Ma come è possibile? D’altronde sentiamo ripetere che le autostrade favoriscono le economie, le piattaforme logistiche sono indispensabili nodi di una rete di scambio commerciale. Persino i porti turistici, di fatto utili a una minoranza ricca e realizzati spesso morsicando le scogliere e le spiagge, sono vitali per l’economia. La bicicletta no. La bicicletta è uno svago, un vezzo, un divertissement, non certo il mezzo cui riferirsi per disegnare le nostre città, i cui spazi pubblici sono predati dalle auto. gliorare la qualità della vita e generare uno sviluppo sano e per tutti, divenendo persino motore di economie locali, come lo è il cicloturismo, di cui VENTO è una possibile opera di supporto. L’IDEA PROGETTUALE VENTO (www.progetto.vento.polimi.it), il progetto di ciclovia da VENezia a Torino lungo il fiume Po, passando per Milano ed Expo 2015, è un’idea visionaria ma concreta per realizzare 679 km di ciclabile, la più lunga in Italia e una delle più lunghe in Europa, ideale per il cicloturismo, ma anche utile per gli spostamenti di piccolo raggio. VENTO è un progetto concreto perché è davvero fattibile essendoci tutte le condizioni per un’impresa di questo tipo: un territorio pianeggiante, un paesaggio vario e straordinario da attraversare, cento e più città e borghi accoglienti e bellissimi, opere d’arte e monumenti in ogni dove, migliaia di aziende agricole pronte a ospitare i cicloturisti e offrire i migliori prodotti della nostra agricoltura, centinaia di osterie, trattorie e piccoli alberghi pronti a dare alloggio e vitto a molti turisti. Mancano solo i visitatori e l’occasione per portarceli. VENTO è quell’occasione. Un progetto di ciclabile in cui 102 km esistono già e non bisogna spenderci nulla; altri 284 km esistono di fatto perché coincidono con gli argini maestri del grande fiume, ma sono inopportunamente vietati all’uso da regolamenti antiquati e ciechi davanti alle prospettive di sviluppo che avanzano (per questi tratti occorrono pochi denari, un milione di euro, per eliminare sbarre, transenne in cemento, panettoni o macigni); altri 148 km andrebbero realizzati con interventi leggeri e piccole ricuciture tra ciclopiste esistenti (qui occorre investire 18 milioni di euro); infine, 145 km ri- Pessimismo o realtà? Semplicemente un pensiero che sconta il “grave ritardo per la ciclabilità”, come ricordato recentemete anche dal Quirinale (1 ottobre 2012, ADNkronos), che chiede di dotare velocemente il Paese delle infrastrutture ciclabili necessarie per instillare comportamenti responsabili e a basso impatto. La ciclabilità, infatti, è un potente mezzo che può cambiare la cultura della mobilità, mi14 4|2013 CICLOTURISMO chiedono di essere realizzati anche con interventi “pesanti” come gli attraversamenti ciclabili dei ponti o interi tratti ex novo (qui si spenderebbero 61 milioni di euro). Tutto questo porta a una spesa di realizzazione di 80 milioni circa. Poco. COSA FRENA VENTO? VENTO è una provocazione per la cultura italiana. Ancor più oggi, disabituata a vedere nella cura del paesaggio e in questa risorsa così unica in Italia una fonte intelligente di lavoro ed economia per tanti e non per pochi; poco capace di sviluppare vere occasioni di crescita economica diffusa e non centralizzata nelle mani di pochi; distratta dal turbinio di un modello di crescita globalizzato e incapace di dare valore culturale (ancor prima che economico) alle nostre peculiarità locali, ai possibili mestieri che il paesaggio e la natura susciterebbero nell’imprenditoria italiana da sempre legata al genius loci; cristallizzata in un modello di governo del territorio dove vige l’autonomia amministrativa come prassi indiscutibile, con la conseguenza di enfatizzare la frammentazione civica fino al parossismo, di moltiplicare le spese e di inibire anche le più nobili spinte alla cooperazione e alla collaborazione tra Comuni confinanti e tra amministrazioni regionali. Poco se si pensa che stiamo attraversando quattro regioni che hanno bilanci da decine di miliardi di euro all’anno. Poco perché il tempo di realizzazione stimato è di tre anni e, quindi, si tratterebbe di un investimento di 7 milioni di euro all’anno per ogni Regione (ma anche meno se intervenisse lo Stato) e sappiamo bene che si tratta di spiccioli. Poco, soprattutto, se capiamo quanto è capace di generare un’opera di questo tipo. COSA SUCCEDE IN EUROPA Qui sta il nodo cruciale della proposta VENTO. In Europa, dove infrastrutture di questo tipo si sono realizzate a partire dagli anni 70 in un crescendo che oggi compone una rete ciclabile straordinaria (nella sola Germania sono 40.000 i chilometri ciclabili tra urbani, periurbani e lunghi tratti), le ciclovie sono vere e proprie fonti di redditività locale. La ciclovia ViennaPassau, 320 km, produce un indotto di quasi 72 milioni di euro all’anno. Gli oltre 200 km delle ciclabili trentine si stima producano un indotto di più di 80 milioni/anno. La lunga ciclabile sul fiume Elba addirittura oltre 90 milioni di euro all’anno. Ricavi non per alcuni, ma per tutti coloro che hanno un’attività o che ne sviluppano una funzionale al cicloturismo. Ricavi che arrivano dall’utilizzo di un’infrastruttura green e a impatto zero. Ricavi che sarebbero sicuramente superiori in Italia rispetto ad altri Paesi grazie al nostro paesaggio, alle nostre bellezze artistiche, alla nostra enogastronomia, alla nostra accoglienza e al nostro eccellente clima che prolunga la stagionalità della bicicletta ben oltre i periodi consentiti a nord delle Alpi. LA NOVITÀ DEL PROGETTO VENTO è, invece, un progetto che vola sopra i confini di Comuni e Regioni per proporre un modello di sviluppo, ancor prima di una ciclovia, che ha bisogno di sciogliersi dai lacci e dai lacciuoli propri di quella burocrazia politica che ha raccorciato gli sguardi del progetto e limitato la scala degli interventi. VENTO è un’iniziativa che ha la pretesa di cambiare paradigma, di immaginare un nuovo e unico soggetto che concepirà, realizzerà e gestirà la ciclovia seguendo un unico progetto e riproponendo le medesime soluzioni lungo il tracciato, abbattendo così i costi. L’idea nata in Politecnico di Milano (anche questo è un elemento di novità) è, per ora, fatta da un solo tracciato, in parte sovrapposto a Bicitalia, in quanto occorre concentrarsi su una dorsale forte (peraltro anche voluta dall’Europa attraverso Eurovelo 7) per poi ampliarla e connetterla ad 15 4|2013 CICLOTURISMO altre occasioni. Questo non significa eludere le esigenze locali né non condividerle, ma solo evitare di rimanerne rigidamente imbrigliati rinunciando a orizzonti più lunghi. Si tratta di opere grandi che non possono costare tanto perché bisogna seguire modelli spartitori desueti, che ci schiacciano verso forme realizzative suddivise in mille microappalti, condotti da mille soggetti diversi. Il costo stimato per VENTO è di 80 milioni di euro se si adotta un nuovo modello di realizzazione delle opere pubbliche e se si capisce cos’è la ciclabilità per i nostri territori, al fine di far seguire una gestione e una comunicazione dell’opera capace di tenere insieme il tutto e non frantumarlo in altrettanti mille soggetti gestori, tutti orientati a perseguire una qualche loro utilità locale. VENTO è questo. Un grande progetto, fattibile, concreto, a impatto zero, low cost, per tutti, capace di catturare quote di turismo estero che oggi non sono in Italia. Ma VENTO richiede di mettere da parte la grammatica e il lessico usati fino a oggi per scegliere un nuovo linguaggio e una nuova cultura con cui affacciarci al futuro. Lo hanno capito oltre 2.300 cittadini che hanno deciso di aderire all’idea di VENTO, come lo ha capito l’Autorità di Bacino del fiume Po, alcuni Comuni e alcune associazioni tra cui il Touring Club Italiano. D’altronde una via sicura per portare l’Italia nel futuro non può che essere condivisa con il nostro paesaggio e il rispetto che gli dobbiamo come Paese e come cittadini. Quel paesaggio è il bene comune più grande che abbiamo e che ci può salvare. 16