O N L U S- Organizzazione non lucrativa di utilità sociale
ALTROVIAGGIARE
Club 3 S : Sociale-Sostenibile-Solidale
da Turista consumistico a Viaggiatore consapevole
DOMENICA 18 DICEMBRE 2011
FERRARA:visita alla Sinagoga e alla MOSTRA:
GLI ANNI FOLLI LA PARIGI DI MODIGLIANI,PICASSO E DALI’ 1918-1933.
(tutta la giornata in treno)
Programma di Massima:
-Ore 07.15 appuntamento del gruppo in Stazione per l’acquisto del Biglietto individuale.
-Ore 07.26 partenza per Ferrara.
-Ore 08.45 arrivo a Ferrara,trasferimento a piedi al Centro Storico e
Visita Guidata alla Sinagoga + tempo a disposizione.
-Pranzo libero.
-Ore 14.40, appuntamento del gruppo al Palazzo dei Diamanti, posto in
Corso Ercole I d’Este,21 per la Visita guidata alla Mostra:GLI ANNI FOLLI,
la Parigi di Modigliani,Picasso e Dali’: 1918-1933,
ore 15.00 inizio della visita alla mostra.
-Ore 16.30, inizio del percorso di avvicinamento alla Stazione con eventuali
possibilità di visite libere.
-Ore 18.00, appuntamento del gruppo in stazione.Ore 18.14, partenza del treno
e arrivo previsto a Ravenna alle Ore 19.26 e fine dei servizi.
La quota individuale di partecipazione, per i due ingressi e le due
visite guidate e le spese organizzative, è di € 23,00.
Partecipazione minima richiesta
confermate entro il 30 Novembre.
di
iscrizioni,n.°15
Per le prenotazioni e il versamento della quota, fare riferimento al
Sig.Mazzotti Bruno: cell. 338 1475380;
[email protected]
Oppure presso la Segreteria CTA di Via Baccarini,66-68 a
Ravenna,aperta al pubblico il Lunedì-Martedi-Mercoledi
ore 16.00-18.00 e il Venerdi e Sabato ore 10-12.00
tel. 0544 39534.
Per le informazioni in tempo reale visita il sito:
Ravenna, 09 Novembre 2011
www.ctacli.ra.it
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segue
e
Parola di Esperto
la mostra d'arte raccontata dagli esperti
L'arte a Parigi negli "anni folli"
Pubblichiamo di seguito un testo scritto da una delle curatrici della mostra, e direttrice delle Gallerie d'Arte Moderna e
Contemporanea di Ferrara, Maria Luisa Pacelli diffuso in occasione di recenti concerti organizzati da Ferrara Musica e
dedicati alla nostra prossima mostra.
Nel dopoguerra e durante tutti gli anni Venti, Parigi vive una eccezionale fioritura della vita artistica e culturale. I suoi
costumi liberali, il fermento intellettuale, i teatri, i caffè, il jazz, le gallerie, concorrono a farne un luogo mitico per gli
artisti che arrivano da ogni parte del mondo in cerca di fortuna e celebrità.
Alla prorompente vitalità della capitale francese in quelli che furono chiamati “gli anni folli” contribuiscono senza
dubbio il senso di liberazione e il desiderio di rinascita connessi alla fine del conflitto. Ma la guerra, da cui pure la
Francia è uscita vittoriosa, ha colpito duramente il paese, lasciando ferite materiali e psicologiche non meno pesanti
che in altre parti d’Europa.
L’ambivalenza degli umori del periodo, oscillanti tra la speranza in un futuro luminoso e una profonda incertezza, in
ambito artistico si riflette in una modernità inquieta, espressa con una polifonia di voci e con un caleidoscopio di stili,
contraddistinti ora dalla volontà di rompere con il passato per ripartire da zero, ora dalla necessità di un nuovo tipo di
ordine, ricostruito sulle rassicuranti fondamenta della tradizione.
L’immagine della “festa mobile”, con la quale Hemingway rappresenta la Parigi di quel periodo, riflesso tanto della gioia
per la fine della guerra quanto del desiderio di dimenticare nell’ebbrezza l’angoscia e i traumi che essa si è lasciata alle
spalle, ben si presta a fotografare l’ambiente bohémien di Montparnasse, dove la vasta compagine degli stranieri ha
stabilito il proprio quartier generale. Sotto il largo ombrello della cosiddetta “Scuola di Parigi”, questi pittori e scultori,
tra i quali figurano Modigliani, Chagall, Lipchitz, Van Dongen, Foujita, Soutine e molti altri, non condividono una
poetica, un leader o un manifesto, ma sono accomunati da uno stile che, privilegiando il genere del nudo e del ritratto,
è in linea con la tradizione figurativa e manifesta la propria unicità nella ricerca di forme espressive fortemente
personali, coerenti al sogno di libertà che li aveva spinti a trasferirsi a Parigi.
Accanto a loro, molti dei maestri che avevano animato la stagione delle avanguardie storiche sono ancora protagonisti
della scena artistica, primo fra tutti Picasso il cui genio si dispiega su molteplici fronti. Pur senza abbandonare, nella
discrezione del suo studio, l’ardita sperimentazione di tecniche e materiali che aveva contraddistinto il suo lavoro negli
anni precedenti, egli è tra i primi, con Derain e De Chirico, a guardare all’arte del passato per gettare le basi di un
moderno classicismo, mentre la radicalità del linguaggio cubista nei suoi dipinti, così come nei coevi capolavori di
Braque e nelle opere di Gris, evolve in un canone sofisticato ed elegante, di certo più appetibile per il rifiorito mercato
dell’arte. Anche Matisse, del resto, ha abbandonato le tensioni della sua ricerca prebellica e le odalische, i giardini e gli
interni pieni di luce che dipinge nel sud della Francia, e che regolarmente espone a Parigi, sono una vera e propria
festa per gli occhi in cui si manifesta tutta la sua inarrivabile maestria di colorista. Di un analogo, appagato
sensualismo si ammanta anche l’iridescente pittura dell’amico Bonnard.
Esperienze fondamentali per lo sviluppo e il rinnovamento artistico del periodo furono le produzioni dei Balletti Russi di
Diaghilev e dei Balletti Svedesi di Rolf de Maré, per le quali vennero chiamati a raccolta alcuni dei maggiori artisti,
coreografi, scrittori, e musicisti contemporanei. A dare inizio alla diffusa reazione antimodernista degli anni Venti fu, ad
esempio, il balletto Parade, messo in scena da Diaghilev nel maggio del 1917. Alla sua realizzazione lavorarono
Picasso, che disegnò i costumi e dipinse il celebre sipario, con elementi cubisti e naturalisti uniti a figure dell’arte
popolare, Eric Satie che compose la musica, Léonide Massine che si occupò della coreografia e Jean Cocteau del
libretto. Non è un caso che, proprio nella ricchezza e nella polifonia di queste collaborazioni, gli artisti visivi espressero
spesso le punte più avanzate della propria ricerca, liberando energie creative che indussero alcuni di loro ad addentarsi
in sperimentazioni ancora più audaci. Ne è un esempio quella di Léger con “la settima arte”, nel film Ballet Mécanique
del 1924, che con la sua illogica ripetizione di spezzoni trovati, l’ipnotica moltiplicazione di forme e scomposizione di
corpi, fu la più ardita incursione dell’artista nell’astrazione.
In pittura la ricerca in ambito astratto, poco congeniale alla tradizione francese ma assai diffusa nel resto d’Europa, è
rappresentata in primo luogo dall’arte di Mondrian. Stabilitosi a Parigi nel 1919, qui l’artista olandese trova gli stimoli,
a partire dal cubismo, per sviluppare appieno la sua estetica neoplastica, improntata a un principio di ordine
universale, a suo modo conforme allo spirito classicista del contesto parigino degli anni Venti. Contemporaneamente,
però, non mancano esperienze di segno completamente diverso e con il dadaismo e la successiva nascita del
movimento surrealista anche l’esigenza di rottura e lo spirito rivoluzionario tipico dell’avanguardia prorompono di
nuovo sulla scena parigina. Trasmigrato dall’esperienza zurighese, il gruppo dada, che a Parigi ebbe tra i suoi
protagonisti Max Ernst, Picabia, Duchamp, Arp e Man Ray, con la sua ironia corrosiva e demistificatrice, rappresentò ad
un tempo il culmine e la negazione di tutti i miti progressisti delle avanguardie. Da quelle macerie il surrealismo,
impiegando ogni mezzo dell’espressione artistica, e sotto l’egida di Marx e Freud, si impegnò nell’ambiziosa impresa di
restituire un senso nuovo al mondo, che portasse alla libertà tanto spirituale quanto materiale dell’uomo. È in questa
direzione che si dispiegano gli universi onirici delle tele di Magritte e Miró e che muovono le sperimentazioni con le
pratiche di scrittura e pittura automatiche, fondate sulla liberazione dell’inconscio, utilizzate tanto da Breton, Eluard e
altri letterati, quanto dai pittori Masson ed Ernst. Ma, presto, come era accaduto alle avanguardie degli anni Dieci, il
sogno di dare al mondo una possibilità di essere diverso e migliore da quello che era stato si sarebbe dissolto in un
nuovo e ben più fosco scenario di guerra, prefigurato, fin dalle soglie degli anni Trenta, nell’opera di molti dei principali
artisti del movimento, a partire dagli inquietanti panorami di Dalí e Tanguy fino agli incubi crudeli messi in scena nei
capolavori di Buñuel.
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