Il Sacro
Monte
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Con il termine Sacro
Monte si intende un
complesso a carattere
religioso posto sul versante di un monte o di
un colle, in posizione
elevata, entro un ambiente naturale isolato
e paesaggisticamente
suggestivo, composto
da una serie di cappelle
o edicole che creano un
percorso devozionale
in salita, con un punto
di partenza e un punto
di arrivo. Nelle cappelle sono raffigurate scene della
vita di Cristo, di Maria o dei Santi, alle volte di grande complessità, mediante statue a grandezza naturale (magari con capelli e barbe naturali) situate entro
ambientazioni ricostruite in modo molto realistico,
anche con il concorso di decorazioni pittoriche o
l’inserimento di oggetti reali e suppellettili.
Si tratta di raffigurazioni suggestive, ricche di atmosfera, che mirano a creare nel devoto l’impressione
di una partecipazione diretta a quanto raffigurato.
I Sacri Monti sono diffusi in tutta Europa.
Particolarmente spettacolari sono quelli prealpini,
edificati soprattutto in epoca controriformistica
in Piemonte e Lombardia, come quelli di Varallo,
Orta, Crea, Varese, Ghiffa.
Il Concilio di Trento, infatti, affidava alle opere d’arte un fondamentale ruolo pedagogico e didattico:
esse dovevano coinvolgere i fedeli emotivamente
e spiritualmente e rendere in un cetro senso quasi
‘palpabile’ l’esperienza religiosa. Particolarmente
attivo in questo senso fu san Carlo Borromeo, ar-
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civescovo di Milano, e alcuni vescovi delle diocesi
da lui dipendenti.
In Alto Adige e a Bolzano non esistono Sacri Monti
in senso stretto, ma piuttosto Calvari e Via Crucis
che risentono comunque direttamente di questa
temperie culturale.
Il complesso dei Sacri Monti di Piemonte e Lombardia è stato riconosciuto nel 2003 dall’UNESCO
come “Patrimonio dell’Umanità”.
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34. Cappella del Sacro Monte di Crea (AL)
35. Sacro Monte di Varallo (VC), Ultima cena
36. Veduta dall’alto del Sacro Monte di Ghiffa (VB) sul Lago Maggiore
I Calvari in
Alto Adige
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Il motivo per cui in
molte zone d’Europa,
e anche in Alto Adige,
vennero edificati i cosiddetti Calvari, i cui
esempi più antichi si
hanno a partire dalla
fine del Quattrocento,
fu all’inizio quello di
offrire un’alternativa al
pellegrinaggio in Terra Santa, diffusissimo
per tutto il Medioevo
come atto di fede ed
espiazione dei peccati,
e non solo tollerato, ma anche incentivato dalle
autorità musulmane, sia per la venerazione che anche essi portano a Cristo e alla Madonna, sia per il
beneficio economico dei guardiani musulmani che
permettevano la visita in cambio del pagamento di
un pedaggio.
Dopo la conquista ottomana di Costantinopoli
nel 1453 la situazione cambia e il pellegrinaggio in
Terra Santa comincia a divenire impresa rischiosa
e difficile.
Assumendo quindi significato di ‘viaggio sostitutivo’, nella costruzione dei Calvari particolare
attenzione viene prestata al tentativo di riproporre
in modo fedele la ricostruzione dei luoghi sacri di
Gerusalemme, misurando, ad esempio, la (presunta) distanza esatta percorsa da Gesù nella Via Crucis,
calcolata in passi, ed edificando costruzioni aventi
la stessa pianta e l’architettura del Sacro Sepolcro
gerosolimitano.
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In Alto Adige, il più antico Calvario è quello di
Dobbiaco/Lerschach, edificato nel 1519 per volontà
dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo come
ringraziamento per la vittoria nella guerra che lo
opponeva a Venezia.
Si tratta di una Via Crucis formata da quattro stazioni comprese entro cappellette, con partenza dalla
chiesa parrocchiale di Dobbiaco (la prima stazione,
che si trovava dentro alla chiesa è stata distrutta).
Si giunge quindi ad una Crocifissione monumentale, originariamente posta all’aperto e solo nel
Settecento inserita anch’essa entro una cappella, e
da qui ad una chiesetta rotonda che racchiude un
Santo Sepolcro in muratura e venne verso il 1540
decorata con pitture raffiguranti gli episodi della
vita di Cristo successivi alla Crocifissione, cioè la Deposizione dalla Croce, la Discesa al limbo, l’Incontro
con la Maddalena, l’Incontro sulla via di Emmaus,
la Resurrezione e il Giudizio Universale dipinti da
Ulrich Springenklee, artista bavarese, interprete
“popolare” del primo rinascimento tedesco.
I rilievi delle stazioni sono probabile opera di
Michael Parth, un artista tirolese che espande la
sua attività fino in Friuli, capace di creare opere
di intensa espressività – al limite della caricatura
– e ricche di dettagli realistici, incontrando così il
favore dei devoti.
La Via Crucis di Dobbiaco/Lerschach è l’unico
esempio cinquecentesco, tutti gli altri complessi
sono più recenti, del XVII e XVIII secolo.
Una piccola Via Crucis seicentesca si conserva a
Prissiano; un più importante insediamento con sette
cappelle che risalgono il “Kofel” viene costruito a
partire dal 1675 a Castelrotto.
Una fedele riproposizione del Santo Sepolcro di Gerusalemme si trova a Spinga dove il sacerdote Georg
Stocker, al rientro da un pellegrinaggio in Terra
Santa, riporta forme e misure esatte della tomba
del Salvatore e le ripropone in
una costruzione del 1685, che
diviene subito meta prediletta
per grandi masse di fedeli.
Altri Calvari si trovano a Salorno e a Sluderno, ma particolare
rilievo assume quello di Caldaro, organismo ricco e articolato
voluto nel 1720-23 da Stephan
Ignaz Sepp von Seppurg e
da Joseph von Unterrichter,
culminante nella chiesa della
Santa Croce, edificio a pianta
centrale a croce con cupola e
lanterna, adorno, sull’altare
maggiore, della splendida pala
della Crocifissione con dolenti,
opera giovanile di Paul Troger,
firmata e datata 1722 (ora in
deposito).
Il Calvario di Caldaro prende a
preciso modello di riferimento
l’analogo e precedente insediamento bolzanino.
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37. M. Parth, Rilievo della Via Crucis di Dobbiaco
38. Cappella del Santo Sepolcro a Lerschach (Dobbiaco)
La chiesa
del Calvario
e la Via
Crucis di
Bolzano
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Tra il 1680 e il 1681
sul colle del Virgolo,
presso Bolzano venne
edificata una Via Crucis con sette stazioni
che partiva dalla cappella della Visitazione
– posta nella zona dell’attuale ponte Loreto
e ora distrutta – e terminava ad un Santo Sepolcro inserito all’interno
di una chiesetta.
Sei stazioni consistevano in cappelle in muratura
contenenti statue lignee policrome a grandezza
naturale raffiguranti vari episodi della Passione di
Cristo, mentre la settima era formata da tre croci,
erette all’esterno.
L’impulso alla creazione della Via Crucis di Bolzano
si deve al barone Franz von Seyboltsdorf, un padre
cappuccino originario di Monaco che nel 1677-78
era padre guardiano a Bolzano e noto predicatore.
Solo due anni più tardi iniziarono i lavori per l’edificazione della chiesa del Calvario, con il contributo di importanti personalità cittadine come Josef
Friedrich von Kuepach, che mise a disposizione il
terreno a titolo gratuito, di Bernhard Träxl di Seeburg e di Johann Franz von Khuen-Belasi.
La chiesa, opera di Andrea e Pietro Delai, eretta
“in onore della dolorosa passione e della morte di
Gesù Cristo e del santo vescovo Vigilio” è a pianta
centrale con il braccio meridionale profondo il doppio rispetto agli altri tre: in esso venne compreso il
preesistente Santo Sepolcro, ossia la riproduzione
della tomba di Cristo secondo il modello di Gerusalemme.
Anche l’architettura della chiesa riprende il modello
della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Qui, un primo edificio, voluto dall’imperatore
Costantino I nel IV sec., sul luogo ritenuto essere
la collina del Golgota, venne riedificato dai crociati verso la metà del XII secolo e quindi rinnovato
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radicalmente nel 1555, mentre la chiesa attuale è
una ricostruzione dell’Ottocento.
L’aspetto, la pianta e l’alzato dell’edificio cinquecentesco erano conosciuti in Europa tramite attente
descrizioni, disegni della pianta e dell’alzato (in
particolare quello eseguito dal francescano Bernardino Amico nella seconda metà del XVI secolo)
che servirono per l’edificazione di chiese “uguali”
all’originale in tutta Europa.
L’interno della chiesa di Bolzano presenta un apparato decorativo molto ricco ed articolato, fondato
su di una complessa iterazione tra affreschi, stucchi,
sculture lignee e dipinti.
Vi si trovano ora sistemati anche i gruppi lignei intagliati da Georg Mayr il vecchio, originariamente
nelle cappelle della Via Crucis, distrutte dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale.
Gli affreschi, la cui complessa iconografia, dedicata alla Passione e alla Resurrezione del Signore,
presenta – accanto ad episodi narrativi e a figure
allegoriche e morali – anche un disinvolto apparato
decorativo con putti, angeli e ghirlande, sono frutto
della collaborazione di due artisti locali, Gabriel
Kessler (1645-1719) per le parti figurate e Johann
Baptist Hueber (+1690) per l’incorniciatura e le
decorazioni.
Gli stucchi sono del lombardo Carlo Consiglio. Andrea Pelli esegue il re David e l’imperatore Costantino, posti entro nicchie a conchiglia, e Gerolamo
Aliprandi i Quattro Evangelisti.
Le tre grandi tele del coro, anch’esse facenti parte del
programma iconografico originario, sono sempre di
Gabriel Kessler. Sui tre altari, invece, solo la pala
con il Compianto sul Cristo morto, opera di Hueber,
è contemporanea al resto della decorazione.
Il programma iconografico dell’insieme, il cui intento didattico è sottolineato anche dall’inserimento di
molti versetti sacri, si deve con ogni probabilità al
predicatore Heribert da Salorno, autore, tra l’altro,
di un libretto di preghiere espressamente dedicato
alla chiesa.
Per saperne di più:
L. Andergassen, La chiesa del Santo Sepolcro sul Virgolo a Bolzano. Progetto
architettonico e programma d’affrescatura in relazione alle Vie Crucis dell’Alto
Adige, in S. Spada Pintarelli (a cura di), Bolzano nel Seicento. Itinerario di
pittura, Milano 1994, pp. 51-64.
S. Spada, Il Calvario di Bolzano e alcuni esempi in Alto Adige, in A. Barbero,
E. De Filippis (a cura di), Linee di integrazione e sviluppo all’atlante dei
Sacri Monti Calvari e complessi devozionali europei, Villanova Monferrato
2006, pp. 147-152.
39. Crocifissione, ultima stazione della Via Crucis di
Bolzano
40. A. Pelli, Statua in stucco della Via Crucis di
Bolzano
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41. Particolare con la chiesa del Calvario di Bolzano e l’ultima stazione della Via Crucis nella carta idrografica con la confluenza dell’Isarco e dell’Adige,
post 1684, Innsbruck, Tiroler Landesarchiv
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Gesù risorto compare ai discepoli
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In questo medaglione affrescato da Gabriel Kessler nella cupola della chiesa del Calvario di Bolzano compare Cristo dopo la Resurrezione (è infatti
raffigurato con ben evidente la ferita nel costato) mentre si rivolge a Pietro,
in ginocchio davanti a lui e con in mano la chiave del Regno dei Cieli. Per
questo motivo la scena è stata finora interpretata come la raffigurazione
della Consegna delle chiavi a Pietro. Ad una più attenta osservazione, però, e leggendo i due cartigli di
accompagnamento, posti inferiormente e superiormente al medaglione, si nota che essi non contengono il versetto del Vangelo di Matteo (16, 15-21) che si riferisce esplicitamente alla consegna delle
chiavi:“Ora, anch’io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Ade
non prevarranno contro di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli, e ciò che legherai sulla terra sarà legato
nei cieli, e ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”, ma due versetti del Vangelo di Giovanni
(Gv 20 e 21), relativi a due episodi in cui Gesù, apparso ad alcuni discepoli dopo essere risorto, dà loro
la potestà di rimettere i peccati e incarica Pietro di essere il pastore delle sue pecorelle (PAX/VOBIS,
QUO=/RUM REMISE=/RITIS PEC=/CATA, RE=/MITTUNTUR/EIS e SIMON IOANNIS/PASCE/OVES MEAS). Quest’ultimo fatto è sottolineato anche dalla presenza, in primo piano e ripetuta
nello sfondo, di alcune pecore bianche.
Nello sfondo dell’affresco, a mò di ambientazione, compaiono la chiesa del Calvario e una bellissima
rappresentazione della città di Bolzano, vista verso nord.
La raffigurazione è molto dettagliata:
si distinguono la chiesa parrocchiale,
la chiesa e il convento dei Cappuccini
con l’orto annesso, i Domenicani e
molti edifici di abitazione.
I monti che si aprono verso la val
Sarentina, con i loro castelli di difesa,
sono rappresentati in modo particolarmente realistico. Questa sensibilità
verso il paesaggio naturale è del tutto
inusitata a date così precoci (ricordiamo che siamo nel 1683).
In genere, infatti, per tutto il Seicento e fino alla metà del Settecento le
immagini che riproducono la città
di Bolzano sono inserite in paesaggi
del tutto generici e i monti che la circondano riprodotti come una serie di
montagnole tondeggianti, senza nessuna attenzione verso la reale morfologia dei singoli rilievi. Del resto alle
Dolomiti stesse non viene riservata
alcuna attenzione e il celebre sfondo
con il Catinaccio e lo Sciliar compare
solo nell’Ottocento, contestualmente
alla nascita delle prime imprese alpinistiche.
42. Gabriel Kessler e Johann Baptist Hueber, Affreschi
nella volta della chiesa del Calvario di Bolzano
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43. Gabriel Kessler, Gesù risorto appare ai discepoli, Bolzano, chiesa del Calvario
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Il Santo Sepolcro di Cristo
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Il Santo Sepolcro in muratura, costruito – come si è visto – prima della chiesa
del Calvario che ora lo contiene, riprende fedelmente le forme del Santo
Sepolcro esistente a Gerusalemme, secondo la ricostruzione fatta da padre
Bonifacio da Ragusta, Custode di Terra Santa, nel corso del Cinquecento
e diffusa in tutta Europa tramite i disegni del frate francescano Bernardino
Amico (Trattato delle piante & imagini de sacri edifizi di Terra Santa, disegnate in Ierusalemme secondo
le regole della prospettiva & vera misura della lor grandezza da Bernardino Amico da Gallipoli, Firenze
1620).
Consiste in una piccola cappelletta in muratura con porta di ingresso a sesto acuto. Il giro absidale è
sottolineato, all’esterno, da semicolonnine con capitelli ionici che reggono archi acuti. Sopra l’ingresso
siede l’Angelo annunciante il Cristo risorto; in facciata si trova dipinto uno stemma e due iscrizioni
(ERIT SEPULCRUM MEIUS GLORIOSUM e relativa traduzione in tedesco) accompagnate dalla
data 1680.
L’interno è diviso in due parti: si accede prima alla “Camera degli angeli” decorata con quattro angeli
dipinti recanti dei cartigli, nella cui
parete di fondo si apre una grata
attraverso la quale si può vedere la
statua del Cristo morto, disteso sul
cataletto, con le mani incrociate sul
grembo. Il fondo del sepolcro vero e
proprio è decorato a riquadri, mentre
sulla destra è dipinta l’immagine del
Cristo risorto.
Trattandosi di una fedele riscostruzione del sepolcro di Gerusalemme, essa
si trova, del tutto simile, in molti altri
Santi Sepolcri di tutta Europa.
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44. Modellino del Santo Sepolcro, Casale Monferrato,
Museo civico, 1808 ca.
45. Interno della cappella del Cristo della Fonte, Bolzano,
colle del Virgolo
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Il Cristo della Fonte
Prima di giungere alla chiesa del Calvario sul Virgolo si nota sulla destra della
strada una piccola cappella appartata, purtroppo in cattivo stato di conservazione. Il fronte esterno è decorato con figure di angeli e stemmi, ormai non
più distinguibili. L’interno è allestito come un ninfeo semicircolare, con due
nicchie laterali (ora vuote); le pareti sono coperte da finte stalattiti miste a
concrezioni madreperlacee e la volta da stucchi seicenteschi con angeli, festoni di frutta e mascheroni.
Contro lo sfondo dipinto con alberi e vasi di fiori, sopra di una vasca a conchiglia, si staglia una grande
e bella statua raffigurante il Cristo della fonte.
Cristo sorregge la croce e mostra la ferita al costato da cui fuorisce la canna della fontana da cui, in origine, usciva lo zampillo d’acqua. In questo modo viene reso evidente il valore salvifico della resurrezione
di Cristo attraverso la purificazione dell’acqua.
La statua del Cristo della fonte viene attribuita a Johann Pichler o a Josef Anton Lipari, scultori entrambi
attivi a Bolzano tra il XVII e il XVIII secolo.
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Presepe quaresimale
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Della Via Crucis originaria che partiva dalla chiesa di Loreto (demolita),
posta vicino al ponte omonimo sull’Isarco, e giungeva al Santo Sepolcro,
composta da gruppi di personaggi in legno policromo a grandezza naturale,
si conservano, dopo i bombardamenti che colpirono ripetutamente Bolzano
e anche il Virgolo durante la Seconda guerra mondiale, solo alcune statue
ora sistemate all’interno della chiesa del Calvario. Sono opera di Georg Mayr il vecchio, un intagliatore
proveniente da Fiè e attivo a Bolzano nel Seicento, che crea delle figure realistiche, dai tratti fortemente
espressivi e perfino caricaturali.
A farci un’idea di come si presentasse in origine questa Via Crucis nel suo insieme, ci aiuta un cosiddetto
“presepe quaresimale”, custodito presso il Museo del Tesoro del Duomo di Bolzano.
Si tratta di Storie della Passione, rese in forma ridotta, eseguite in legno verso il 1720 ca., probabilmente
dal figlio dell’intagliatore, Georg Mayr il giovane, dichiaratamente ispirato all’opera del padre, anche se
in un’interpretazione meno esasperata delle espressioni e della gestualità dei personaggi che risente del
clima artistico ormai settecentesco.
Le figurette, alte all’incirca 20 cm, sono di fattura raffinata e scandiscono il percorso della Passione di
Cristo in dieci singole scene.
La prima rappresenta i tre apostoli addormentati nell’orto degli ulivi, reso sinteticamente come una sorta
di base rocciosa, e la seconda Cristo in preghiera accompagnato dall’angelo.
Le figure dei tre apostoli addormentati e il Cristo con l’angelo, all’interno di due grotte naturali, erano
l’incipit anche della Via Crucis seicentesca, documentata nello sfondo di un famoso olio su tela del
Museo civico di Bolzano, l’Ingresso di Maria Luisa d’Austria a Bolzano, dipinto da Josef Anton Cusetti
(II) nel 1790.
Il quadro registra, con tipico taglio di cronaca, un importante evento mondano quale l’arrivo in città di
una rappresentante di spicco della Casa d’Austria, accolta festosamente dai bolzanini di ogni classe sociale. Il pennello dell’artista indulge in una rappresentazione accurata fino alla minuzia, dove ogni singolo
vestito, ogni copricapo, ogni acconciatura viene resa nel dettaglio e persino le
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fisionomie dei molti personaggi dovevano essere al tempo ben riconoscibili. In
questo contesto non stupisce che anche
il paesaggio intorno alla città sia reso con
altrettanta accuratezza e “fotografi” le
pendici del Virgolo con le grotta ‘abitate’
facenti parte della Via Crucis.
La terza scena rappresenta Gesù arrestato e condotto al cospetto del sommo
sacerdote, così come narrato in Matteo
(26, 62 – 66):
Allora si alzò il sommo sacerdote e gli disse:
“Non rispondi nulla a quanto essi depongono contro di Te?” Ma Gesù taceva. E il
sommo sacerdote riprese: “ Ti scongiuro per
Iddio vivente di dirci se Tu sei il Cristo,
il Figlio d’Iddio”. Gesù gli rispose: “ Tu
l’hai detto; anzi Io vi dico: d’ora in poi
voi vedrete il Figlio dell’uomo assiso alla
destra dell’onnipotente, e venire sulle nubi
del cielo.”
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti
dicendo: “Ha bestemmiato! Che bisogno
abbiamo ancora di testimoni? Ecco, voi
avete sentito ora la sua bestemmia. Che ve ne pare?”
e quelli risposero: “ E’ reo di morte!”.
Pur in estrema sintesi (compaiono solo quattro
figure) l’episodio evangelico è reso in forma narrativa: l’arresto di Cristo è indicato dal soldato in
armatura che lo tiene saldamente per un braccio e
il sommo sacerdote è colto nell’atto di stracciarsi le
vesti, momento che – simbolicamente – rappresenta
l’ineluttabilità della successiva condanna.
Seguono quindi Cristo deriso, la Flagellazione, l’Incoronazione di spine, Cristo portacroce, la Crocifissione,
la Deposizione, l’Incontro di Cristo con le Marie che
chiude il cielo con la testimonianza dell’avvenuta
resurrezione.
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I presepi quaresimali, che ebbero assai meno fortuna di quelli natalizi, erano diffusi soprattutto
in area tedesca. Quello conservato nel Tesoro del
Duomo proviene dalla chiesa della Sacra Famiglia
a Campegno, sulle pendici del Colle, ma non se
ne conosce effettivamente l’originaria provenienza,
che non può essere quella di Campegno essendo
la costruzione della chiesa successiva alla data di
realizzazione del presepe.
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a
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b
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46. Georg Mayr il vecchio, Gruppo ligneo della Via Crucis con Cristo deriso, Bolzano, chiesa del Calvario
47. Josef Anton Cusetti (II), Ingresso di Maria Luisa d’Austria a Bolzano. Particolare con la Via Crucis e la Chiesa del Calvario, Bolzano, Museo civico
48a-b-c-d. Georg Mayr il giovane, Presepe quaresimale, Bolzano, Tesoro del Duomo
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Il santuario di
Pietralba
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Il santuario di Pietralba, uno dei più
noti dell’Alto Adige,
fu fondato nel 1553 dopo il ritrovamento di una
statuetta in alabastro raffigurante la Pietà, cioè la
Madonna con in grembo Cristo morto, da parte di
un contadino del luogo, Leonhard Weißensteiner. Il
contadino, malato, aveva invocato l’aiuto della Vergine, la quale, dopo averlo guarito, gli aveva chiesto
di erigere una chiesetta sul luogo del ritrovamento
della piccola statua.
Vicende miracolose e ritrovamenti di immagini
sacre si intensificano in questo periodo in risposta
alle posizioni luterane e, in genere, protestanti che
contestavano veementemente il culto delle immagini sacre, considerato idolatria. Avversavano anche
il giro di denaro connesso al culto e, in particolare,
la vendita delle indulgenze.
Per diffondere tra i fedeli la fama dei santuari e dei
miracoli avvenuti, vengono spesso utilizzate immagini a stampa a carattere didascalico, che, dato il
costo di realizzazione piuttosto contenuto, potevano
avere larga diffusione.
Il foglio qui pubblicato, messo gentilmente a disposizione da Arnaldo Loner, realizzato probabilmente
nel Settecento, racconta gli avvenimenti miracolosi
che portarono all’edificazione del santuario della
Madonna di Pietralba. L’illustrazione delle singole
scene, minuziosa ed efficace, è accompagnata da
un’ampia legenda che permette di conoscere i fatti
nei dettagli, rafforzando e completando così il racconto per immagini.
Dato l’interesse, anche linguistico, della narrazione,
se ne propone la trascrizione integrale.
Historia della Imagine Miracolosa della Beata Vergine Maria di Weissenstein nella Germania Superiore
(sic)
Primo caso salutevole. Secondo dismenticanza del voto.
Terzo cura dell infermo e pazzo
Cinque hore lontano da Bolzano Città mercantile
della Germania, e Diocese di Trento nella Cima
d’un altissimo monte, onde vi è il prospetto nel fiume
Adice che scorre nella sotta nostra Valle si ritrova un
certo luogo nominato secondo il linguaggio teutonico
Weissenstein, il quale sino dalli antichi piliò il nome
del sasso bianco, et di detto luogo il padrone fù un
huomo semplice, buono e iusto per nome Leonardo, il
quale d’indi hebbe anco il cognome Weissensteinico,
questo huomo cascò in una gravissima 1. infermità et
finalmente divenuto scemo di cervello et per trè anni
intieri affisso al letto;et ivi con catene legato, fù a tutti
un miserabile Spettacolo, ma però la Beatissima Vergine non lo lasciò del tutto privo di conforto: poiche
per intervalli di tempo gli comparve, consolando anci
di piu nominandoli il luogo, nel quale voleva, che
da esso gli fosse fabbricata una Chiesa, la quale nel
Tempo avvenire per il gran concorso di fideli fusse per
esser celebre, et per li miracoli illustre ma chi il crederebbe? posciache a pena era da lui partita la Vergine
Santissima, che Leonardo ritornava al pristino stato
della pazzia, una volta supero la diligenza de proprii
domestici, e non so con qual arte si sciolse dalle catene, et fugendossene con gran prestezza si porto in una
selva a pena un quarto d’hora lontana da casa sua,
arivato per quella alla somita d’un monte 2. si getto
precipitoso in un profondissimo abisso 3. ove pero intiero e salvo si ritrovo in terra e maravigliandosi del
suo caso, cessatoli il male, ritornato all’improvviso in
se stesso, si pose a sedere sopra un sasso ivi vicino 4. ma
tutto afflito imperoche mentre gli se ne stava mirando
d’ogn’intorno per dove potesse ritornare a casa ecco
che di nuovo comparendogli la gran Madre di Dio, lo
consola e gli promette, che nove giorni doppo sarebbe
per esser in quel luogo ritrovato dalli suoi, et gli disse
accio la cosa non sia senza miracolo, sappi che in deto
spatio di tempo viverai senza cibo, ne perderai le tue
forze, il che detto sparve la Vergine, lasciando l’huomo
in grande consolatione fra tanto. Leonardo vien cercato dalli suoi 5. per monti e per Valli da vicino e da
lontano, in ogni qual si voglia, luogo, ne mancando in
questo mentre gli amici di quello offerire a Dio nella
chiesa vicina il Santissimo Sacrificio della messa per lui
6. finalmente il nono giorno ritrovato nella detta valle
del tutto sano, e facendosi egli incontro con allegrezza
alli suoi con essi nel ritorno verso casa fece molti soavi
discorsi della Beatissima Vergine, racontandogli in che
modo da quella era stato aiutato, come Spesse volte gli
era Comparsa, et le cose che gli haveva predetto poi fece
egli il voto di fabricargli una Capella cosiper lunge et
aspre Vie ritornorno insieme a casa dove gionto Leonardo primieramente si occupo nella Economia, che
li suoi per tre anni intieri havevano trascurato non
senza danno de suoi poderi che infrutuosi restorno
7. la sollecitudine delle cose temporali tanto occupo
l’animo del buon Padre di famiglia, che si scordò del
voto che havea fatto di Fabricare la capella alla Vergine
Santissima. perilche ricascato nella primiera, infirmita, novmente si vide al letto assiso, et con le catene
miserabimente legato 8. perciò condoto dalli suoi al
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luogo dove havea determinato Fabricare la Capella, fu
il primo, che Dato di mano ad una Zappa, comincio
a cavare gli fondamenti 9. ma ecco, che anco quivi
comparve nuova meraviglia, poiche doppo che hebbe
dato alcuni colpi, ritrovò una Statua di Sasso della
Beata Vergine col figlio morto in grembo l’arte non
manco all’opera rara, perche la materia non si Conosce
da intelligenza humana; se sia d’alabastro, o pur di
marmore, et in niun modo si potè investigare da chi
sia stata in quel luogo portata, o sotterata Leonardo
miracolosamete dalla gran madre di Dio risanato con
Somma diligenza prosequendo l’opera incominciata
finalmente la ridusse al bramato fine, et con decoro
et honesta, colloco la ritrovata statuta nel Altare della
già Fabricata Capella 10. la quale pur anco hoggidi si
vide senza loesione alcuna, ne per iniuria de Tempi ne
per la frequenza delli huomini Vi e ancora la piciola
campana con la quale Leonardo piu che Sacrestano
con Signorile comando chiamava li suoi alla Chiesa
11. incitandogli anco col suo esempio all’Oratio, fin a
tanto, che abbandonando il mondo et casa sua per tutto
il tempo della Vita, che gli restava, si diede al servitio
di Dio, e della Beata Vergine sua Madre, et finalmente
fra le lacrime e sospiri di suoi fini Santissimamente
di Vivere al mondo. Si credeva che morto Leonardo
la devotione e pieta de popoli fosse per haver fine, ma
ecco che contra l’opinione di tutti crebe mirabilmente
poiche Concorrevano in gran numero de Processioni,
gli Pellegrini non solo dalle vicine Valli, ma anco da
monti assai lontani 12. li quali non potendo capire la
Tropo angusta capella di Leonardo l’anno 1561 appresso di quella fu, fabricata una Chiesa; ma ne anco
questa fu di grandezza sufficiente alla devotione de
Concorrenti, si che l’Anno 1638 anco questa fu gettata
a Terra e dalla liberalita de pii concorrenti se ne fabrico
una nuova da fondamento molto Spatiosa e quel che
rende maggior meraviglia si è, che dalla Cima de monti
circonvicini e lontani di tutto il paese si puo vedere
detta Chiesa la quale pero solamente l’Anno 1654 fu
finita et Consecrata l’Anno 1673. Tra l’altre festività
della Vergine Maria due se ne celebrano nella predetta
cioè della Natività et Assontione et la Dedicatione di
detta Chiesa la prima Domenica del mese di Iunio
nelle quali ne anco questa Chiesa cosi grande molte
volte Capisce il popolo che nello istesso giorno concorre et ivi presente si ritrova, essendovi chi affermano,
che almeno due volte si riempirebbe dal detto popolo
Stimano gli intelligenti, che la caussa della devotione,
che quivi di giorno in giorno cresce, per il gran numero di Sacerdoti hora cresciuto sii l’occulta e divina
virtu infusa alla sacra immagine, et li istessi continui
miracoli ma particolarmente quivi vengono portati gli
fanciuli morti senza battessimo et alla presenza di Idonei testimoni danno veri segni di vita, et degnamente
si battessimo Dicono persone degne di fede, esser cosa
certa, che molti pazzi e privi di senno, quivi condotti
liberati dalla pazzia siano ritornati alle proprie case
sani, et con l’uso perfetto di ragione altri liberati da
casi pericolosi et grandissime informata risanati mache
piu se l’istesse Animae de morti si viddero quivi venire
come erano solite in Vita ad honorare questo luogo alla
gran Matre di Dio Dedicato come fu fato e succeso
Jerusale al santo Sepolcro, et di queste cose rettamente
uditti gli Testimoni d’ogni Esetione maggiori in giusto
instrumento fatte per man di Notaro et in tutto anno
tante sono state confirmate dal Reverendissimo Sigr.
Sigr. Carolo Madruzzo Prencipe et vescovo di trento,
et poi dal Reverendo Patre Gulielmo Gumpenperger.
Sacerdote della compagnia di IESU con altre maggiori
circonstantie dal latino in lingua tedesca transportato,
et di piu conferma il gran concorso per tutta l’esta di
molti milla persone, miracoli fatti et gratie concese in
questa Chiesa, li quali a suo tempo Verano a stampa
notati con authentica Approbatione.
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