Cap. VI
I Distretti turistici tra sviluppo locale
e cooperazione interregionale
Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali (S.E.A.)
Corso di Laurea in
Economia e Gestione dei Servizi Turistici
Prof. ssa Angela Cresta
Il modello del distretto industriale per lo sviluppo turistico
La teoria dei distretti industriali (1955)
Alfred Marshall introduce per primo il concetto di economie esterne e di
agglomerazione come fonte di competitività di un sistema locale, economie
esterne all’impresa, ma interne al sistema, generate dall’agglomerazione
territoriale di piccole imprese e dalla presenza congiunta di più soggetti
legati tra loro da relazioni di produzione e di scambio
Il Distretto Industriale Marshalliano (DIM)
….agglomerazione di numerosi piccoli e medi produttori, territorialmente concentrati,
un modo innovativo ed alternativo nell’organizzazione della produzione con funzioni
terziarie e con connotazioni monosettoriali (distretto tessile, calzaturiero, ….)
All’interno del DIM si attivano tre tipologie di relazioni:
 verticali: le imprese svolgono fasi differenti di uno stesso processo produttivo;
 laterali: le imprese svolgono la stessa fase in processi simili;
 diagonali: si erogano attività di servizio alle industrie del Distretto.
Il modello del distretto industriale per lo sviluppo turistico
Elementi distintivi di un DIM
 Numerosità di aziende specializzate di piccola o piccolissima dimensione
territorialmente concentrate
 Indotto fatto soprattutto da imprese che operano nel terziario
 Presenza di imprenditorialità diffusa, di formazione e qualità del capitale umano
 Processo endogeno di innovazione
 Atmosfera collaborativa
 Specializzazione flessibile nei modi di produrre e nei prodotti offerti
 Mercato comunitario, inteso come il reciproco integrarsi di competizione e
cooperazione
 Supporto delle istituzioni e degli enti locali
Marshall ha affermato con convinzione che le variabili non economiche
dell’ambiente distrettuale concorrono ad attivare percorsi di
sviluppo e modelli organizzativi
Il modello del distretto industriale per lo sviluppo turistico
Le evidenze empiriche della Terza Italia impongono uno studio del
fenomeno e una modellizzazione teorica 1979 - Prima rielaborazione del
Distretto Industriale Marshalliano da parte di Becattini
Il distretto industriale non è solo una forma organizzativa della produzione,
ma un ambiente sociale…
“un’unità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale
circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone
e di una popolazione di imprese industriali. Nel distretto, a differenza di quanto
accade in altri ambienti, la comunità e le imprese tendono,
per così dire, ad interpenetrarsi a vicenda”
La comunità di persone si caratterizza dalla condivisione di un sistema omogeneo di
valori che si esprime in termini di etica del lavoro e delle attività, della famiglia, del
cambiamento, … e si affianca ad un sistema di istituzioni e di regole che quei valori
diffondono nel distretto, trasmettendoli da una generazione all’altra
Il modello del distretto industriale per lo sviluppo turistico
I Vantaggi competitivi dei Distretti
1. Riduzione dei costi di produzione, per la presenza di fornitori specializzati, di
elasticità della forza lavoro, di facile ricorso al mercato
2. Riduzione dei costi di transazione, in quanto la prossimità geografica facilità
l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e agisce sulla prossimità sociale, ma
soprattutto riduce i costi di transazione in senso stretto
3. Aumento dell’efficienza dei fattori produttivi, a parità di risorse produttive, grazie
anche alla presenza di servizi alle imprese che aumentano il valore della produzione
e del mercato locale, ma soprattutto alla “atmosfera industriale”
4. Aumento dell’efficienza dinamica, intesa come capacità innovativa delle imprese
del distretto, espressione di una processo di conoscenza tacita e sedimentata nel
tempo
… ma
 il modello del distretto industriale italiano non è adattabile anche alla
realtà dei cluster industriali internazionali
 negli ultimi anni si sta assistendo ad un periodo di crisi dei distretti italiani
Lo sviluppo del Sistema Turistico Italiano
Debolezza e frammentarietà
del sistema di offerta
scarsa competitività
Insufficiente
sfruttamento delle
risorse
Il Sistema
Turistico Italiano
Scarso orientamento
delle politiche alla
Tourist Satisfaction
Mancanza di un
“progetto comune”
Il modello distrettuale può rappresentare un modello “vincente” di sviluppo
non solo per i sistemi produttivi ma, anche, per altri sistemi economici,
sociali e politici e, quindi, per lo sviluppo turistico
Un modello di rilancio: i distretti turistici
Distretto turistico integrato
Area più o meno ampia caratterizzata da:
• un contesto ambientale omogeneo ed integrato e predisposto al turismo
• un buon numero di insediamenti ricettivi
• un efficiente sistema di comunicazione ferroviario e stradale
• la presenza di un aeroporto ad una distanza max di 50 Km
Area in cui si ha la presenza di:
• master plan
• marchio comune
• sistema di servizi al turista
• rete distributiva unica ed internazionale
• sistema di monitoraggio della qualità
• attività organizzative e di marketing
Obiettivo
Rendere turisticamente viva ed attraente una determinata
area territoriale rispetto a target diversificati di
clientela italiana ed internazionale
Un modello di rilancio: i distretti turistici
L’Aci ed il Censis Servizi nel 2001 hanno condotto a livello nazionale una
ricerca per:
 mettere in luce e riflettere sulla debolezza turistica del sistema Italia;
 individuare a scala nazionale dei possibili Distretti Turistici (DT);
 mettere in campo una strategia di promozione di un’offerta vasta,
articolata e sistematica dei distretti turistici italiani.
dove i DT sono definiti «..come possibili e auspicabili sistemi di aggregazione
di un’area più o meno ampia, reti potenziali capaci di formarsi in
una prima fase per la loro prossimità geografica ...»
La Ricerca suggerisce una nuova possibile lettura dell’offerta turistica italiana
a partire dalle vocazioni naturali (mare, arte, montagne, ecc.), superando la
tradizionale lettura per punti (i comuni turistici) o per linee (la Versilia, la
Costiera Amalfitana o quella Romagnola) o per sistemi
(la Val Gardena, la Val Pusteria, ecc.)
“lettura in chiave distrettuale”
Un modello di rilancio: i distretti turistici
Lo studio si è basato:
 Analisi ed interpretazione delle tendenze della domanda turistica;
 Costruzione di una banca dati a livello comunale con requisiti turistici;
 Ipotesi di aggregazione e sviluppo dei comuni (per specializzazione,
integrazione, segmentazione, terziarizzazione) in sistemi più complessi;
 Costruzione di una mappa potenziale dei DT e di altre unità suscettibili di
aggregazione (Magneti, Nuclei, Distretti);
 Proposte di strategie evolutive da sviluppare;
 Individuazione di strumenti di sostegno idonei a definire una strategia di
evoluzione di ciascun distretto, sulla base di un’analisi della situazione,
dei clienti potenziali, dei concorrenti, ecc.;
 Valorizzazione delle aperture e delle risorse messe in campo sui distretti,
per la prima volta, dalla nuova legge quadro sul turismo L. n. 135/2001.
Un modello di rilancio: i distretti turistici
I distretti sono stati individuati in relazione a:
 grado di terziarizzazione, che rappresenta il quadro di evoluzione dell’offerta di
servizi ed attrattive dei diversi distretti;
 qualità della ristorazione, in termini di concentrazione di punti di ristorazione di
alta qualità;
 qualità dell’ospitalità, in relazione alla concentrazione di alberghi segnalati dalle
più importanti guide turistiche;
 segmentazione della ristorazione, legata al grado di diversificazione dell’offerta
gastronomica (ristoranti, pizzerie, wine bar, ecc.);
 segmentazione dell’ospitalità, ovvero il grado di diversificazione dell’offerta
alberghiera (numero di stelle);
 antinomia
tra omogeneità e integrazione, che rappresenta il grado di
intreccio delle vocazioni dei diversi comuni che costituiscono il singolo distretto.
 il plus enogastronomico, ovvero
oltre quello di genere.
l’esistenza di un ulteriore fattore attrattivo
Un modello di rilancio: i distretti turistici
La mappa dei Distretti Turistici dell’Aci-Censis
 I comuni italiani con una vocazione o un’attrattiva turistica sono 3.123 su
8.100, pari al 38% del totale
 In essi risiedono oltre 28 milioni di cittadini italiani, con oltre 220 milioni di
presenze turistiche al 1998; sono presenti 20.000 ristoranti e 26.000 alberghi
 La regione con più alto tasso di comuni a vocazione turistica è la Val d’Aosta
(98,6%), seguita dal Trentino (69,0%), Calabria (62,1%), Liguria (61,3%)
I 3.123 comuni con potenzialità turistiche sono distribuiti in:
Nuclei:
comuni singoli o aggregati di 2/3 comuni con attrattive turistiche leggere
ed in stagnazione; complessivamente 167 con 224 comuni;
Magneti: comuni singoli o aggregati di 2/3 comuni con attrattive turistiche forti con
trend positivo; complessivamente 39 con 58 comuni;
Distretti: aggregati di 4 o più comuni con attrattive turistiche complementari attorno
ad almeno un comune forte; complessivamente 299 distretti di cui:
29 distretti integrati con 287 comuni;
96 distretti a vocazione marina con 777 comuni ;
37 distretti a vocazione culturale e storica con 273 comuni;
137 distretti a vocazione prevalentemente montana con 1.504 comuni.
Un modello di rilancio: i distretti turistici
Analisi e risultati a livello nazionale:
 Le regioni che presentano tutte le tipologie di aggregazione (dai nuclei
ai diversi distretti) sono la Campania, la Sardegna, il Veneto, la Toscana;
riscontra in Lombardia con 85
aggregati, seguito da Piemonte con 58, Sicilia con 36 e Veneto con 34;
 Il numero più alto di forme territoriali si
 Il più basso numero di forme territoriali si riscontra in Val d’Aosta con 2,
in Umbria ed in Molise con 8.
L’analisi è stata condotta, anche, a livello regionale, in termini di:
 Quadro sintetico delle forme territoriali di ogni regione italiana (comuni
turistici, DT, Magneti, ecc.);
 Individuazione di tutte le aggregazioni per tematismo e tipologia;
 Realizzazione di un data-base con l’indicazione dei comuni, degli indici di
terziarizzazione, la graduatoria dei ranking tematici, il rating delle dotazioni, ecc.
Dall’analisi condotta dal Comitato Mezzogiorno di Confindustria in collaborazione con Progetto Europa Regions su 500 comuni meridionali
 Sono stati identificati 39 DT, di cui 17 già configurati e 13 potenziali.
 La Sicilia è la regione con il maggior numero (10 DT)
 La Puglia presenta il maggior numero di comuni turistici (29,5%)
I distretti turistici integrati: alcuni esempi
Il distretto turistico della Bretagna:
 L’accesso è favorito da 6 aeroporti internazionali e da una fitta rete di
collegamenti ferroviari e autostradali
 L’offerta ricettiva è articolata e composita: 220mila posti letto in
campeggi; 50mila in Hotel; 1 milione in seconde case. Permanenza
media 8 giorni
 Tipologia offerta: turismo balneare; turismo fluviale; turismo culturale;
turismo enogastronomico ecc.
I distretti turistici integrati: alcuni esempi
Il distretto turistico del Lago di Garda:
 E’ diviso in tre comprensori ben distinti:
Veronese, Bresciano e Trentino
 L’accesso è favorito dalla presenza di
aeroporti e da una fitta rete di collegamenti
ferroviari e autostradali
 L’offerta ricettiva è articolata e composita:
circa 20mila posti letto in campeggi; 60mila
in Hotel. Permanenza media 5,7 giorni
 Tipologia offerta: turismo balneare;
turismo montano; Turismo termale; Turismo
enogastronomico ecc.
 Vicinanza di importanti città e luoghi di
interesse culturale e di divertimento
Un’ ipotesi di distretto turistico integrato nel Sud d’Italia
Il distretto turistico di Ostuni-Valle d’Itria:
Secondo i risultati di Ricerca empirica a cura
della società di consulenza Turisma:
• Area omogenea, integrata e predisposta al
turismo ricompresa nelle province di Bari,
Brindisi e Taranto
• Presenza di un portafoglio d’offerta ricco
di risorse naturali, paesaggistiche, culturali,
architettoniche...
• Ottimo sistema di accesso
• Vicinanza di importanti città e luoghi di interesse culturale e di divertimento
•Il numero degli arrivi in strutture alberghiere ed extra-alberghiere è stimato
intorno ai 300.000 turisti l’anno + 600.000 che risiedono in seconde case o
alloggi privati
Il distretto turistico di Ostuni-Valle d’Itria
I target di clientela su cui puntare sono
essenzialmente tre:
1. Target socio-economico medio-alto
residente in Italia settentrionale: clienti
alla ricerca continua di nuove destinazioni
turistiche per una vacanza anche breve ma
densa di emozioni
2. Il segmento “Centroeuropei” ovvero i
turisti francesi, spagnoli, scandinavi, con una
preferenza per il target formato da coppie e
single
3. Il segmento della terza età sia di
provenienza italiana che estera
Quattro aree d’intervento:
I.
II.
III.
IV.
Entertaiment
Marketing
Management
Ricettività
I Sistemi Turistici Locali: il dettato legislativo
In questo scenario si è mosso il legislatore nazionale con la L. 135/2001,
che promuove i Sistemi turistici locali (STL)
“contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali apparte-
nenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali,
ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura
e dell’artigianato locale, o della presenza diffusa di imprese
turistiche singole o associate”. (art. 5)
il sistema, ovvero l’insieme di attività integrate tra di loro e al
territorio, con il coordinamento ed il coinvolgimento del
maggior numero degli attori locali
Le categorie
fondamentali
sono:
il localismo, che esprime il carattere specifico del sistema di
ospitalità, il quale risiede in uno spazio definito e da questo
assume caratteri peculiari che derivano dalla valorizzazione
della cultura e dei fattori attrattivi che lo caratterizzano;
l'offerta turistica, costituita dalla gamma di prodotti turistici, o
meglio dalle diverse parti di un unico prodotto turistico
il settore turistico va considerato in un’ottica di sviluppo locale
I Sistemi Turistici Locali: le policies per il turismo
Leggi regionali attinenti al turismo (1970-2004)
Tra il 1970 al 2004 le Regioni hanno
dato vita a circa 3.400 leggi con
oltre 76.500 articoli
 Politiche esogene rispetto al sistema
turistico: gli effetti di tali politiche si
ripercuotono indirettamente sul turismo
 Politiche
che agiscono su servizi
indivisibili : i loro effetti si ripercuotono sui
beni pubblici ed indirettamente sul turismo
 Politiche che agiscono sulla domanda
turistica: politiche dirette al turismo
 Politiche
turismo
industriali a favore del
Regione
N. Leggi
N. Articoli
ABRUZZO
227
4433
BASILICATA
109
2426
CALABRIA
94
2422
CAMPANIA
114
2561
EMILIA-ROMAGNA
134
3876
FRIULI-VENEZIA GIULIA
245
6867
LAZIO
178
4151
LIGURIA
103
2764
LOMBARDIA
141
2864
MARCHE
153
3419
MOLISE
122
2110
PIEMONTE
115
2044
PUGLIA
94
1923
SARDEGNA
208
5785
SICILIA
287
7844
TOSCANA
146
2042
TRENTINO-ALTO ADIGE
86
1147
UMBRIA
125
2078
VALLE D'AOSTA
326
5519
VENETO
148
3284
BOLZANO (Prov.)
133
2811
TRENTO (Prov.)
112
4080
I Sistemi Turistici Locali: il riconoscimento regionale
Con la riforma del titolo V parte II della Costituzione si è innescato un
ampio processo di decentramento politico a favore delle Regioni
la materia turistica è di competenza esclusiva delle Regioni



Ampi margini ai sistemi regionali e locali di reinterpretare il concetto
di STL e di riconoscimento a livello regionale
Autonomia nella scelta degli strumenti di politica più idonei ai singoli
contesti territoriali e alle esperienze passate
Libertà nella promozione di azioni partecipative e di concertazione
volte a “fare sistema”, “fare rete”
Elevata flessibilità ma... anche forte eterogeneità
Diverse modalità di recepimento della Legge 135/2001
in materia di Sistemi Turistici Locali
I Sistemi Turistici Locali: il riconoscimento regionale
Ad oggi, si hanno cinque modalità di recepimento:
1) Le regioni che apertamente hanno deciso di non fare riferimento alla
L. 135/01, confermando l’organizzazione esistente ritenuta, in linea
di principio, già coerente con la legge nazionale;
2) Le regioni che hanno recepito la normativa nazionale, riconoscendo i
STL con alcune modifiche ed adattamenti al sistema preesistente o
con logiche leggermente diverse;
3) Le regioni che hanno recepito i STL ed il sistema è operativo;
4) Le regioni che hanno recepito i STL ma il sistema normativo non è
ancora pianamente operativo;
5) Le regioni per le quali la normativa è ancora in fase di discussione.
Alla fase di contrasto iniziale sta ora seguendo un’intenzione diffusa nella creazione
di sistemi organizzativi che, anche se non sono chiamati STL, rispondono
alla logica d’integrazione e territorialità prevista dalla Legge
Il rischio è la formalizzazione di “Sistemi Turistici Locali opportunistici”
per avvalersi degli incentivi statali
I Sistemi Turistici Locali: il riconoscimento regionale
L’attuale situazione in termini di riconoscimento dei STL:
1) Le Regioni che apertamente hanno deciso di non fare riferimento alla
L. 135/01 sono: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna,
Friuli Venezia Giulia e Toscana, insieme alle Province a statuto speciale di
Trento e Bolzano;
2) le Regioni che pur non avendo ancora recepito la normativa nazionale, si
dichiarano e si dimostrano orientate a procedere in questa direzione, e
cioè Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Calabria e Sicilia;
3) le Regioni che hanno recepito i STL ed il sistema normativo è operativo,
cioè Veneto, Marche e Umbria;
4) le Regioni che hanno recepito i STL, ma il sistema normativo non è
ancora pianamente operativo perchè deve ancora perfezionare la
disciplina del settore con i regolamenti attinenti, e cioè Basilicata, Puglia
e Liguria;
5) la Sardegna che pur avendo definito con precisione le procedure per la
legittimazione dei STL, non ha ancora proceduto al riconoscimento
ufficiale.
I Sistemi Turistici Locali: il riconoscimento regionale
Regione
Legge Regionale sul turismo vigente
Valle d’Aosta
L.R. n. 12 del 7 giugno 1999 modificata con la L.R. n.6 del 15 marzo 2001 “Riforma dell’organizzazione turistica regionale ”
Piemonte
L.R. n. 75 del 22 ottobre 1996 “Organizzazione dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte”
Liguria
L.R. n. 3 del 9 gennaio 1995 “Riordino dell’organizzazione turistica regionale e ristrutturazione degli enti”. (È in corso di
approvazione la nuova proposta di legge attesa per agosto 2004)
Lombardia
L.R. n. 8 del 14 aprile 2004 “Norme per il turismo in Lombardia”
Veneto
L.R. n. 33 del 4 novembre 2002 “Testo Unico delle leggi regionali in materia di turismo”
F. V. G.
L.R. n. 2 del 16 gennaio 2002 “Disciplina organica del turismo”
Emilia-Romagna L.R. n. 7 del 4 marzo 1998 “Organizzazione turistica regionale – interventi per la promozione e commercializzazione turistica”
Toscana
L.R. n. 42 del 23 marzo 2000 “Testo Unico delle Leggi Regionali in materia di turismo”
Marche
L.R. n. 53 del 6 agosto 1997 “Ordinamento dell’organizzazione turistica delle Marche” e Delibera della Giunta regionale n. 578
RO/TAR del 19 marzo 2002
Umbria
L.R. n. 29 del 19 novembre 2001 “Disciplina dell’organizzazione turistica regionale” e Regolamento n. 11 del 21 luglio 2003
“Modificazioni ed integrazioni al regolamento regionale 22 novembre 2002 n.6 - Modalità e procedure per il riconoscimento
dei sistemi turistici locali”
Lazio
L.R. n. 9 del 15 maggio 1997 “Nuove norme in materia di organizzazione turistica nel Lazio”
Molise
L.R. n.13 del 9 giugno 1978 “Promozione turistica”
Campania
L.R. n. 45 del 3 agosto 1982 “Interventi per l’incremento, la promozione ed il rilancio del movimento turistico in Campania”
Puglia
L.R. n. 23 del 23 ottobre 1996 “Riordinamento dell’amministrazione turistica regionale in attuazione dell’art. 4 delle legge 17
maggio 1983” e L.R. n. 1 dell’ 11 febbraio 2002 “Norme di prima applicazione dell’art. 5 delle L. 29 marzo 2001 n. 135,
riguardanti il riordino del sistema turistico pugliese […]”
Basilicata
L.R. n. 34 del 30 luglio 1996 “Nuovo ordinamento turistico regionale” e L.R. n. 7 del 4 febbraio 2003 “Disciplina del Bilancio
di Previsione e norme di contenimento e di razionalizzazione della spesa per l’Esercizio 2003, capo IV art. 25 (Dispostone
varie), (Sistemi Turistici Locali)”
Calabria
L.R. n. 13 del 28 marzo 1985 “Organizzazione e sviluppo del turismo in Calabria in attuazione della legge 217 del 1983”
Sardegna
L.R. n. 62 del 22 novembre 1950 “Costituzione dell’Ente Sardo Industrie Turistiche” e Deliberazione della Giunta Regionale n.
21/18 del 16 luglio 2003. “Sistemi turistici locali. Direttive”
Sicilia
L.R. n. 27 del 6 aprile 1996. “Norme per il turismo”
I Sistemi Turistici Interregionali
I Sistemi Turistici Locali possono riferirsi a diverse scalarità
geografiche, dalla dimensione infraregionale a quella
regionale ed interregionale
I progetti di STL, caratterizzati da dimensione interregionale, presentano
un valore aggiunto per lo sviluppo territoriale nella misura in cui:
 sono in grado di costruire sistema e rete sia tra territori marginali ma
anche, e soprattutto, tra contesti sviluppati;
 sono espressione di una crescente propensione da parte dei territori a
“fare sistema” secondo un approccio partenariale ed integrato;
 rafforzano la competitività a livello internazionale;
 operano come strategie importanti nei processi di ricomposizione e
sviluppo territoriale
 rispondono ad una logica comunitaria volta alla realizzazione di progetti
a cooperazione interregionale (progetti INTERREG III a valenza turistica)
Al 2004 risultano finanziati 50 progetti a coordinamento interregionale
La Toscana partecipa a 15 progetti (di 5 è capofila)
La Sicilia partecipa a 5 progetti, (di 1 è capofila)
L’Emilia-Romagna partecipa a 10 progetti (ne guida tre)
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Capitolo 6 slide - Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali