Le ragioni di una iniziativa Le ragioni di questa iniziativa risiedono nella consapevolezza del ruolo centrale che le questioni della governance hanno ormai assunto sia rispetto allo sviluppo della forma di impresa cooperativa sia rispetto al ruolo che il funzionamento o meno della stessa governance ha giocato nella risposta o nella mancata risposta alle situazioni di crisi. Essa diventa un elemento cruciale della identità cooperativa, nel complesso equilibrio tra “ragioni economiche” e “governo democratico”. Come documentazione di base per l’iniziativa vengono anche inviate le “Linee guida sulla Governance delle imprese cooperative di Legacoop” del 2008. In particolare la questione delle forme e della qualità della partecipazione dei soci e degli stessi lavoratori sia al governo dell’impresa sia alla forma organizzativa ed all’efficienza produttiva rappresenta una cartina di tornasole per lo sviluppo di quella speciale forma di impresa che è la cooperativa. In occasione del prossimo congresso è stata effettuata una nuova ricerca su questi temi, affidata al prof. Mario Ricciardi, che rappresenta un seguito di quella realizzata dalla Fondazione Barberini, alcuni anni or sono, che si concluse a ridosso dell’inizio della crisi (il precedente Rapporto è consultabile sul sito della Fondazione Barberini a: http://www.fondazionebarberini.it/ricerca_democrazia-­‐economica_La-­‐partecipazione.html) In questo quadro la stessa qualità delle relazioni industriali assume un particolare valore sia simbolico e valoriale ma anche legato ad una efficiente risposta del sistema delle imprese cooperative alla crisi e alla sfide per lo sviluppo. La centralità di queste tematiche per la discussione congressuale è stata colta anche nei lavori preparatori per i congressi ed ha trovato nei Documenti congressuali ampia eco, sottolineando aspetti diversi ed esprimendo valutazioni realistiche e dirette. Ecco di seguito alcuni estratti dai Documenti congressuali rilevanti per i temi affrontati nella iniziativa: Documento Nazionale: Punto 1 Pagina 6: “Durante la recessione la cooperazione si è indebolita: • nello spessore imprenditoriale delle cooperative, che hanno adottato nel loro insieme politiche per conservare quote di mercato e numero di occupati (non sempre riuscendoci) a scapito di una riduzione dei margini e del patrimonio accumulato; • nei legami t ra i soci e la cooperativa, dove i rapporti fiduciari non sempre sono stati rivitalizzati da appropriate dinamiche partecipative; • nei rapporti tra cooperative, in quanto le difficoltà economiche dell’una sono state trasferite alle altre; • nella capacità progettuale e di pensarsi nel futuro, spesso frenate dalle difficoltà contingenti; • nelle strutture di rappresentanza, strette t ra a spettative eccessive e risorse limitate; • nei rapporti tra associazione ed associati.” Punto 8 pagina 13: “La crisi, in diversi casi, ha peggiorato la qualità della governance delle cooperative, inducendo una riduzione del grado di partecipazione e consapevolezza dei soci, aumentando l’autoreferenzialità dei gruppi dirigenti. In questi anni sono emerse anche tematiche più strutturali: basi sociali che assumono atteggiamenti di chiusura ai cambiamenti e gruppi dirigenti che focalizzano la propria attenzione sulla gestione dell’
esistente; una maggiore difficoltà al ricambio dei gruppi dirigenti. Spesso, in importanti crisi aziendali, è rilevabile una scarsa qualità della governance d’impresa e il venir meno dei tratti valoriali distintivi dei principi cooperativi. Nelle cooperative la proprietà è diffusa ed il controllo è assegnato a quanti (lavoratori, produttori, consumatori) sono interessati ad ottenere, attraverso l’attività d’impresa, non la massima remunerazione del capitale conferito, ma la massima utilità attraverso le occasioni di scambio con la cooperativa. Il mantenimento di questa differenza contribuisce a creare democrazia nel mercato. 1 Non solo, il valore economico della reputazione di una cooperativa è composto da una componente propria (la reputazione di quella cooperativa) e da una componente comune (la reputazione delle altre cooperative). L’attenzione alla governance d’impresa è quindi importantissima e, analoga attenzione va posta al tema della “reputazione comune della forma d’impresa cooperativa”. Agire sull’
informazione, la formazione, la trasparenza e la consapevolezza dei legittimi proprietari dell’impresa, cioè i soci e le socie, è il primo punto su cui intervenire per costruire efficaci buone pratiche e modelli di governance di qualità. Le “ Linee guida sulla governance” approvate dall’ ultimo congresso nazionale, vanno proprio in quella direzione e da quelle è ora possibile procedere ad una sperimentazione diffusa di buone pratiche e di confronto su azioni concrete e misurabili in termini d’efficacia.” Scheda 8 “Il patto cooperativo intergenerazionale” Promuovere il ricambio intergenerazionale e di genere Tra le caratteristiche distintive della forma cooperativa rientra sicuramente il tema di come favorire e/o agevolare il ricambio generazionale, l’assunzione del principio di genere nella determinazione della governance, il rispetto del patrimonio d’esperienza e capacità accumulato dalle persone e la possibilità, per tutti i soci e le socie, di accedere ai compiti di rappresentanza sociale. Per assicurare processi efficaci di ricambio del gruppo dirigente delle cooperative, è bene che le stesse dedichino particolare attenzione: • alla formazione, anche preventiva, dei suoi potenziali futuri amministratori. Formazione finalizzata a dare la rappresentazione del quadro complessivo dell’impresa, sotto i diversi profili economici, • alla definizione di regole interne che favoriscano il ricambio generazionale attraverso l’adozione di tetti d’età e limiti ai mandati, • all’introduzione di criteri per l’elezione negli organi sociali che diano valore alla rappresentazione della base sociale anche in relazione all’appartenenza di genere, • alla possibilità di garantire oltre al ricambio, la valorizzazione ed il congruo utilizzo del patrimonio di esperienza aziendale e sociale delle persone. Rendicontazione dei mandati Gli amministratori pro tempore, espressione della fiducia dei soci, hanno come obiettivo primario quello di perseguire la mutualità come oggetto sociale e quindi la rendicontazione e la consapevolezza della base sociale sono il riferimento primo del proprio agire. Di conseguenza si propone che: • la relazione di cui all’articolo 2545 c.c., con la quale gli amministratori e i sindaci debbono indicare specificamente i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento dello scopo mutualistico, divenga oggetto di specifica trattazione da parte degli amministratori anche attraverso l’utilizzo di specifici schemi predisposti da Legacoop; • nei gruppi societari a controllo cooperativo, le informazioni indirizzate ai soci devono essere tali da metterli in condizione di conoscere e valutare anche quanto di rilevante avviene nelle società controllate, nonché il raccordo tra l’attività di queste e la finalità mutualistica propria della cooperativa capogruppo, utilizzando a tal fine la relazione sulla gestione, prevista dall’art. 2428, e la citata relazione sulla mutualità. Modalità di elezione e di selezione degli amministratori Ogni cooperativa (anche in relazione alla propria dimensione e allo scambio mutualistico in essere) può istituire, in seno al CdA, un “comitato cariche sociali” a tutela dell’applicazione di sistemi di voto garanti dell’espressione responsabile e libera di ogni socio e a cui affidare, attraverso un apposito regolamento, il compito di: • definire regolamenti elettorali per far conoscere i candidati a rivestire cariche sociali e adottare modalità atte alla informazione puntuale sul sistema di governance della cooperativa, • definire modalità di verifica sull’esecuzione dei mandati conferiti agli amministratori, • istituire forme di rilevazione degli incarichi ricoperti da parte degli amministratori, • inserire negli statuti o nei regolamenti elettorali limiti o quorum più elevati per la rielezione dopo un certo numero di mandati. Documento Regionale 2 Pagine 5-­‐6 “Non è più tempo per nessuno di indugiare in tattiche attendiste, che non affrontino i problemi cruciali della ristrutturazione delle imprese. Va anzi riconosciuto, purtroppo, che una certa passiva accettazione dei dati della crisi in attesa di una sua, mai avvenuta, attenuazione, è stato senz’altro uno degli elementi delle crisi aziendali in corso. Questa cultura “attendista” è stata anche all’origine di una passività delle stesse basi sociali, poche reattive anche a seguito di un funzionamento della governance che ha accentuato gli effetti della crisi, privilegiando esigenze di consenso generale a quelle più impellenti di salvaguardia delle imprese in una ottica strategica. Oggi tutti i nodi vengono al pettine” Pagina 6 “Tutto ciò può essere possibile solo se i soci e tutti coloro che si sentono impegnati nel grande progetto cooperativo, si pongono l’obiettivo di migliorare in continuazione le loro capacità professionali ma anche la loro formazione cooperativa. E’ più che probabile che uno degli elementi di appannamento e di crisi anche imprenditoriale derivi dalla scarsa consapevolezza di cosa realmente significhi essere socio di una cooperativa, a tutti i livelli, esercitando la propria responsabilità di controllo in quanto socio ma anche di trasparenza e di efficienza in quanto dirigente. Negli ultimi anni l’obiettivo di sviluppare una necessaria capacità imprenditoriale ha rischiato di prevalere su quello di garantire un efficace funzionamento della cooperativa e dei suoi valori: la centralità dell’impresa deve essere intesa come la centralità dell’”impresa cooperativa”. In caso contrario rischiamo di esaltare le debolezze dei due modelli di impresa, invece di avviare una nuova sintesi di sviluppo e innovazione.” Gli strumenti e le azioni di sistema Pagina 15-­‐16 3. La Governance e la partecipazione dei soci e dei dipendenti al governo della cooperativa. Un impegno di mandato 4. Particolare peso hanno le questioni della governance, perché è a questo livello che si situa la dimensione specifica della identità, del “a cosa serve la cooperazione”, in cosa si distingue dalle altre forme di impresa. La crisi ha evidenziato molti problemi dal punto di vista della trasparenza dei rapporti tra proprietà e management, quindi della qualità della democrazia interna. Gli avvenimenti recenti fanno suonare più di un campanello d’allarme. I casi di crisi più conclamata hanno avuto come concause un deficit di partecipazione e di controllo, un’evidente confusione tra indirizzo e gestione, un eccesso di protagonismo da parte di oligarchie quando non di “un uomo solo al comando”. Diversi assetti ed equilibri non sono ancora oggi troppo diversi, anche se naturalmente le condizioni oggettive (di mercato, patrimoniali, organizzative) e soggettive possono fare molta differenza. Il congresso si pone l’obiettivo di rivitalizzare e potenziare, la qualità della governance e della partecipazione dei soci e dei lavoratori, elementi identitari decisivi. Occorre procedere ad un’applicazione più generalizzata e puntuale delle Linee guida del 2008,( alcune delle quali sono state arricchite e ridefinite in maniera ancora più puntuale nel documento Fondaz. Barberini-­‐Ancpl: Partecipazione in cooperativa: istruzioni per l’uso del 10 maggio 2012 o nel “libretto rosso” di Generazioni E.R.) e soprattutto di alcuni dei suoi contenuti più sostanziali e innovativi. Dopo aver proceduto ad un loro aggiornamento e sistemazione, è necessario aprire una campagna di informazione e di adozione delle innovazioni più significative. In particolare per quanto riguarda alcuni aspetti: la distinzione tra indirizzo/gestione/controllo; la dialettica tra gli organi sociali; l’adozione di misure come l’immissione di amministratori indipendenti; l’adozione del modello dualistico; un rafforzamento della “funzione di presidio delle regole e dei valori” da parte delle strutture associative. Tali innovazioni, se adottate in modo sistematico, consentirebbero un funzionamento generalizzato della governance cooperativa in modo diffuso e fornirebbe un contributo ad affrontare le crisi eventuali in modo più reattivo e consapevole. 3 Pagina 16 3. L’organizzazione del lavoro, un tema sommerso ma cruciale La partecipazione è un valore in sé, ma in un contesto fatto di imprese, la partecipazione deve servire a creare un valore aggiunto che le renda più competitive in quanto possono giovarsi dell’apporto attivo di tutti coloro che vi lavorano. E anche perché consente di creare una dialettica che aiuta gli amministratori e il management da un lato, i lavoratori dall’altro, a sviluppare quella circolazione di informazioni, di innovazioni e di stimoli che consente di evitare gli errori e di prendere consensualmente le decisioni, facili o difficili, che servono alla buona salute dell’impresa e al benessere di chi vi lavora. Per ottenere questi risultati, la partecipazione “classica” è sicuramente utile, ma probabilmente non basta. Una cooperativa nella quale la forma e la sostanza della partecipazione dei soci-­‐lavoratori ai vari momenti assembleari siano rispettate alla perfezione, in cui le cariche siano definite in modo democratico, e le informazioni sui bilanci vengano fornite in modo trasparente e corretto, è certamente un’ottima cooperativa, ma se l’organizzazione del lavoro al suo interno resta di tipo gerarchico/ tradizionale non si può dire che essa utilizzi in maniera ottimale le risorse che la partecipazione può offrire. Il dato di partenza è che la via italiana al recupero di produttività attraverso l’aumento della flessibilità esterna, la saturazione dei tempi e delle ore lavorate ha definitivamente mostrato la corda. “ La competitività del sistema manifatturiero italiano può essere rilanciata soltanto attraverso un deciso sforzo di innovazione nel sistemi organizzativi e gestionale delle imprese”. Si tratta quindi di invertire, o per meglio dire completare lo “sguardo” con cui si decide all’interno dell’impresa, passando da una situazione nella quale lo “sguardo” è esclusivamente verticale, dall’alto verso il basso, ed è quindi competenza esclusiva del management aziendale, a una situazione nella quale lo “sguardo” di chi lavora acquisisce un peso rilevante nel processo decisionale. Uno degli impegni di mandato dovrà quindi essere quello di sviluppare e sperimentare forme di coinvolgimento dei lavoratori delle cooperative negli organi di governo, nel Consiglio di Amministrazione e nella progettazione della organizzazione del lavoro, secondo un programma da definire con le stesse imprese, coordinato dalla Lega regionale. Riposizionamento strategico Pagina 17 Un altro tema è rappresentato da una sorta di paradosso del mutualismo: nel corso della crisi la cooperazione recupera il suo ruolo difensivo e in alcuni casi aziende “normali” vengono “mutualizzate” e divengono cooperative. Viceversa, molte cooperative, nel loro processo di sviluppo e nelle scelte strategiche si pongono l’obiettivo di demutualizzare una serie di attività e aggrediscono i mercati con forme societarie, da loro possedute ma che non sono cooperative. La storia dei gruppi cooperativi è emblematica. Pur senza teorizzarlo apertamente l’espansione sul mercato avviene con strumenti non cooperativi. Diventa quindi necessario riflettere sulle forme imprenditoriali che abbiamo costruito nel corso degli anni, a partire dai Consorzi, per valutarne l’attuale efficacia di fronte a mercati profondamente cambiati. E’ indispensabile mettere in campo una cultura imprenditoriale, sociale e societaria più avanzata nella costruzione delle reti di impresa, che rappresenta da sempre una delle leve storiche dello sviluppo della cooperazione. 4 
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