MARCO TARALLI NÛR ___________________________________________ 21/28 luglio 2012 ore 21,00 Martina Franca – Teatro Verdi Quello per la musica di oggi e per il repertorio più desueto del XX secolo è un impegno recentemente assunto dal Festival, e trova quest’anno ancora più compiuta conferma nella produzione di una nuova opera teatrale. Dopo tante riscoperte e prime italiane, e prime esecuzioni in tempi moderni, per la prima volta nella storia del Festival, una nuova opera vedrà la luce a Martina Franca. Nasce così Nûr (“luce” in lingua araba), opera da camera in un atto dell’aquilano Marco Taralli, già noto per una serie di brillanti e felici lavori, orchestrali e di teatro musicale, eseguiti con successo in Italia e all’estero (tra i quali: Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Carlo Felice di Genova, Festival Monteverdi di Cremona, Teatro Liceu di Barcellona), mentre il libretto – partendo da uno spunto originale di Marco Buticchi, popolare scrittore di bestsellers di grande successo internazionale - è di Vincenzo De Vivo. L’opera ha ottenuto il patrocinio del Comune de L’Aquila. Nûr si svolge in una notte, tra i letti di un improvvisato ospedale da campo allestito nel prato di Collemaggio, l’indomani del terremoto che ha distrutto la città dell’Aquila. Sotto la superficie di questa drammatica vicenda notturna, narrata con la serratezza di una cronaca e che allo spuntare dell’alba approderà a una scoperta salvifica per la coscienza della protagonista, riemerge in forma quasi trasfigurata la vicenda storica di Celestino V, il papa abruzzese del “gran rifiuto” e di Jacques De Molay, l’ultimo Gran Maestro dei Templari. 1 Il percorso iniziatico della protagonista femminile è sorretto, in primo luogo, dall'esempio illuminante di un grande Santo della cristianità, il primo pontefice della storia che ha parlato della necessità di superare le asprezze e le rigidità delle ideologie e degli schieramenti contrapposti, per di più in piena età medievale, in epoca di crociate e di scontri religiosi interni alla Chiesa e tra Cristianesimo e Islam; e, poi, dalla vicinanza e solidarietà umana e dalla "compassione" di un giovane arabo, musulmano di religione, che l'accompagna per mano in un percorso di affinità elettive solo apparentemente indecifrabile. Il tema affrontato è quindi quello dell’integrazione culturale e del superamento delle barriere religiose, del valore del dialogo e della forza salvifica del perdono; con la provocazione neanche troppo occulta di un messaggio civile oltre che spirituale: quello di chi afferma che, oggi, la salvezza per "noi" può venire soltanto dall'integrazione con "l'altro". Nelle intenzioni di Marco Taralli, “Nûr parla di angoscia e sofferenza, ma è anche un cammino alla ricerca della luce, la luce della compassione e dell'accoglimento di chi è diverso da noi o più semplicemente «lontano», «altro» da noi. Tutto il lavoro, dai colori foschi e cupi delle prime scene, passando dalla morbidezza di un ricordo lontano evocato da una semplicissima nenia araba, fino al sollievo del primo raggio dell’alba, trova base formale in una particolare sequenza di note, una sorta di scala speculare di sette note, da DO# a DO#, interamente ricavata dai rapporti matematici interni alle geometrie costruttive della Basilica di Collemaggio, cha ha dunque pieno titolo per essere considerata un personaggio dell'opera.” Tiziana Fabbricini e Paolo Coni, veterani fuoriclasse dell’interpretazione teatrale in musica, rivelatisi nella storica Traviata scaligera del 1990, tornano insieme per dar rispettivamente vita a Luce, e alle sue nevrosi emblematiche della crisi del nostro tempo, e al vecchio FrateCelestino V, che si fa portatore di un messaggio di redenzione di cui abbiamo tutti grandemente bisogno. Due giovani tenori come David Ferri Durà e David Sotgiu impersonano rispettivamente il giovane medico arabo e l’apparizione del Cavaliere Jacques, ultimo templare della storia; le belle giovani voci di Marta Calcaterra (L’infermiera, soprano) ed Emanuele Cordaro (Il Primario, basso) completano il cast. L’opera, della durata di settantacinque minuti circa, vede impegnato un ensemble cameristico di diciannove elementi e un ensemble vocale di dieci giovani cantanti dell’Accademia del Belcanto “R. Celletti”. Sul podio, al suo debutto al Festival, il trentaseienne spagnolo Jordi Bernàcer, uno dei più interessanti direttori iberici dell’ultima generazione, mentre la regia è affidata alla fine sensibilità di Roberto Recchia, ammirato in penetranti e poetici spettacoli in Italia e all’estero, che si avvale in questa occasione delle scene e dei costumi di Benito Leonori. Alberto Triola Direttore artistico 2