Il Piccolo 24 gennaio 2016 Regione Addio al superticket Si allarga la platea La giunta sta lavorando all’innalzamento della soglia di esenzione Il nuovo limite potrebbe oltrepassare i 20mila euro di Isee di Marco Ballico. TRIESTE. Le esenzioni dal ticket sanitario nel 2015 in Friuli Venezia Giulia sfiorano quota 900mila. Ma solo una minima parte, 5.561, sono quelle legate al provvedimento regionale “antisuperticket”, ovvero i 10 euro introdotti da una manovra nazionale del 2011 su ogni ricetta di assistiti non esenti ai quali siano state prescritte prestazioni specialistiche come visite mediche, esami di laboratorio, diagnostica per immagini, terapie riabilitative. I 10 euro di cui la Regione, dal maggio 2015, si fa carico nel caso di cittadini con Isee non superiore ai 15mila euro. Ma, visto che le risorse su quel fronte sono abbondanti, la giunta ha aperto un ragionamento per disporre un incremento della soglia dell’Isee. L’obiettivo è ampliare i beneficiari. Le cifre Il quadro viene reso noto dagli uffici dell’assessorato alla Sanità. Ed è molto dettagliato. La macroarea esenzione somma 889.569 unità. Le voci sono una decina. Le principali sono le esenzioni per patologia (469.299) e quelle di cui beneficiano gli over 65 (301.449): valgono l’86% del totale. Seguono i casi di invalidità civile (67.410), gravidanza (14.441), malattia rara (13.037), invalidità di lavoro (10.401), di servizio (6.310) e di guerra (743). Infine le esenzioni per donazione di organo (56). Le quasi 900mila pratiche messe in fila l’anno scorso non corrispondono tuttavia a tre quarti della popolazione come sembrerebbe. «Una persona può avere più tipologie di esenzioni», precisa Maria Sandra Telesca. Ma si tratta comunque di numeri molto alti. E all’assessore ciò non dispiace. Significa che anche su questo capitolo il welfare regionale funziona. Il superticket L’intenzione è però ora di di incrementare la voce relativa al superticket da 10 euro, balzello nazionale che la Regione ha cancellato per i redditi bassi. Com’era sembrato sin dall’inizio (la misura è stata introdotta a partire dall’1 maggio 2015), non ci sono stati particolari assalti. La media, su un totale di 5.561 pratiche evase, è di poco meno di 700 al mese, per il 60% circa nell’area di riferimento sanitario della Venezia Giulia. Telesca, che da subito aveva rassicurato i sindacati preoccupati dalle possibile code agli sportelli Caf, non è sorpresa. Le aziende sanitarie, cui è stato fornito un apposito software, annotano a sistema il diritto all’esenzione, previa presentazione dell’Isee, all’effettuazione della prima prestazione. Una volta inserito nei sistemi informatici del Ssr, l’utente non deve più portare con sé alcun documento, sempre che non sia nel frattempo cambiata la sua situazione reddituale. «I primi otto mesi hanno confermato il ragionamento iniziale per due motivi – sottolinea l’assessore –: da un lato una buona parte di chi può vedersi cancellato il “superticket” risulta già esente, dall’altro il fatto che, per avere diritto all’esenzione, è sufficiente presentare il modello al primo accesso, e dunque non era evidentemente necessario per tutti gli interessati avere a disposizione la dichiarazione del proprio reddito aggiornata al maggio scorso. Le operazioni sono così risultate sempre regolari». La soglia più alta Il primo effetto è che sono avanzati soldi rispetto allo stanziamento 2015. La Regione aveva messo a disposizione 5 milioni, ma ne è stato utilizzato solo uno. A quello che rimane si aggiungono altri 2 milioni allocati nella Finanziaria 2016. Di qui il ragionamento in corso, reso noto dall’assessore: «Dato che il nostro obiettivo è di annullare completamento l’effetto dei 10 euro, stiamo valutando di alzare il limite Isee». Quello vigente è a quota 15mila euro, elevarlo comporterebbe un aumento della platea. Le simulazioni vanno ancora perfezionate, cifre certe ancora non ci sono, ma è possibile che si possano oltrepassare i 20mila euro di tetto. La rimodulazione In regione, sempre dallo scorso maggio, è anche in vigore la rimodulazione del “superticket” per i cittadini con Isee superiore 1 ai 15mila euro. Per le prestazioni sanitarie di valore inferiore ai 5 euro non si paga più alcuna quota aggiuntiva al servizio pubblico, mentre si continua a mettere mano al portafogli per 1,5 euro per prestazioni tra i 5 e i 10 euro, 3 euro per quelle tra i 10 e i 15 euro, 4,5 euro tra i 15 e i 20 euro, e così via fino a superare gli attuali 10 euro nel caso in cui le prestazioni costino oltre i 35 euro, con il massimo di 20 euro per quelle sopra i 70 euro. Le prestazioni A conti fatti, si paga meno in quasi sei casi su dieci rispetto alla situazione precedente. Per un emocromo completo, la rimozione di un corpo estraneo, una semplice fasciatura ma anche una riabilitazione cardiologica il superticket rimodulato è di 1,5 euro. Per la radiografia di un’arcata dentaria, la medicazione di ustioni e il pap test non si superano i 3 euro. Per l’elettrocardiogramma, l’esame dell’udito, la rinoscopia e la biopsia di una ghiandola si toccano i 4,5 euro. Si sale a 6 euro per l’otturazione di una carie, una biopsia faringea o una radiografia del ginocchio, a 7,5 euro per una visita oculistica, ginecologica o neurologica, come pure per una radiografia del torace, un elettroencefalogramma o una spirometria, a 9 euro per una trasfusione di sangue, la radiografia del cranio, della rotula o della colonna vertebrale. I 20 euro si pagano solo per interventi di cura delle cataratte e dei glaucomi, colonscopie, endoscopie all’apparato digerente, amniocentesi e naturalmente per tac e risonanze magnetiche. «No ai farmaci venduti al supermercato» Il presidente Federfarma Pascolini intima l’altolà: «Deriva pericolosissima. Salute dei cittadini a rischio» TRIESTE. «Fuori dalla farmacia i farmaci non sono più farmaci, ma beni di consumo. E a pagare le conseguenze dei medicinali con ricetta medica acquistabili nei supermercati sono i cittadini. Non più tutelati, consigliati, né seguiti nell’assunzione di farmaci per la cura di patologie importanti. Per questo non possiamo restare in silenzio di fronte a un assalto continuo contro i diritti della salute dei nostri cittadini-‐pazienti». A lanciare l’allarme per quella che viene definita senza esitazioni una «deriva pericolosissima» è il presidente di Federfarma Fvg, Francesco Pascolini, che interviene a gamba tesa sulla ventilata possibilità di trovare anche in parafarmacie e supermercati tutti i medicinali di fascia “C” con prescrizione e relativo rimborso del servizio sanitario. «Dare ai supermercati la possibilità di vendere farmaci con ricetta medica significa trasformarli in prodotto di massa, con tutti i rischi per la salvaguardia, che viene meno, di chi li assume -‐ spiega Pascolini -‐. Stiamo parlando di farmaci assai delicati, sottoposti all’obbligo di prescrizione medica proprio per il loro profilo di rischio, per la possibilità di utilizzo anomalo o di abuso, per gli effetti potenzialmente tossici (in questo novero troviamo farmaci stupefacenti, psicofarmaci, ipnotici, ormoni, anabolizzanti e dopanti, per fare alcuni esempi). Il farmacista è come una sentinella che ha una visione globale sulle terapie assunte dal paziente e sulle interazioni fra farmaci da banco e con ricetta, rimborsabili e non. Per questo la farmacia è autorizzata a gestire tutti i farmaci: la sua finalità non è consumistica ma di promozione della salute. Garantisce il monitoraggio delle terapie e assicura l’attività di farmacovigilanza nell’interesse del singolo utente e della collettività. Tutto questo nella Grande distribuzione organizzata non esiste» tuona. Uno degli argomenti utilizzati dai fautori della deregulation è quello dei forti risparmi per le famiglie. Una tesi che il presidente di Federfarma bolla come «falsa»: «Lo dicono i numeri -‐ precisa Pascolini -‐. Dal 2006, data a partire dalla quale è stata introdotta la prima deregulation relativamente alla vendita dei medicinali da banco nei supermercati, a oggi, i cittadini hanno speso di più per l’acquisto di questi farmaci. Semmai le vere opportunità di risparmio si possono trovare proprio in farmacia grazie ai medicinali equivalenti» Un altro punto a favore delle farmacie, poi, è quello dell’orario: «In farmacia l’assistenza farmaceutica è garantita in maniera continuativa nell’arco delle 24 ore, grazie al sistema dei turni di servizio obbligatorio in rete 2 non remunerato -‐ precisa Pascolini -‐. Senza contare che la qualità del nostro servizio è costantemente verificata dall'Azienda sanitaria, quella dei supermercati no». Gli Alpini rimettono a nuovo il Pronto soccorso del Burlo La ristrutturazione dei locali resa possibile dal ricavato di una staffetta a squadre Telesca ribadisce che la Regione sta lavorando al rafforzamento dell’istituto di Pierpaolo Pitich. TRIESTE. Una gara di solidarietà che si rinnova da dieci anni. Che unisce idealmente il mondo dello sport a quello della salute. E che ha come denominatore il corpo degli Alpini. È la staffetta a squadre “24 ore di Buttrio” organizzata dalla locale sezione degli Alpini e dal gruppo Podismo Buttrio che da sempre sostiene le strutture ospedaliere della regione. Il ricavato raccolto nell’ultima edizione grazie al contributo di sponsor, volontari e partecipanti alla gara, pari a 18mila euro, è stato donato all'Irccs Burlo Garofolo. Ieri la cerimonia della consegna ufficiale dei fondi con i quali è stato ristrutturato il Pronto soccorso pediatrico dell’Istituto. Nello specifico si è provveduto all’acquisto di mobili ed elettrodomestici per la cucina e di arredi per il locale in cui vengono preparati i farmaci, due lettini da visita e un monitor per la rilevazione dei parametri vitali. «Si tratta di un’iniziativa che portiamo avanti da dieci anni e grazie alla collaborazione di tutti siamo riusciti ad ottenere grandi risultati» ha affermato Ennio Dal Bo, capogruppo Alpini Buttrio. Soddisfazione è stata espressa dai vertici del Burlo che ha anche partecipato alla staffetta con una propria squadra piazzandosi all’undicesimo posto assoluto. «Abbiamo dimostrato una volta di più lo spirito di squadra che contraddistingue la nostra struttura, punto di riferimento per mamme e bambini e dunque di fatto rivolta al futuro» ha rilevato Adele Maggiore, direttore sanitario Burlo, mentre il direttore del Pronto soccorso pediatrico Dino Barbi si è soffermato «sulla condivisione dei valori della concretezza, dello spirito di servizio e della solidarietà». La staffetta vede ogni anno la partecipazione di un migliaio di corridori, mentre dal 2006 ad oggi sono stati raccolti e donati alla sanità regionale oltre 250 mila euro. Negli ultimi anni la manifestazione è stata allargata anche ad altre discipline sportive, mentre il ricavato della prossima edizione, in programma a settembre, andrà a sostenere una realtà sanitaria del pordenonese. Molte le autorità presenti alla cerimonia, tra queste il presidente del Coni regionale Giorgio Brandolin ed il sindaco di Buttrio Giorgio Sincerotto, che hanno messo in evidenza «la forza di una manifestazione molto sentita dalla comunità del territorio che coniuga i valori dello sport a quelli della salute e della prevenzione», mentre il presidente della sezione Ana di Trieste Fabio Ortolani ha ricordato come «gli Alpini siano una realtà profondamente inserita nel sociale». L’intervento conclusivo è stato affidato all’assessore regionale alla Sanità Maria Sandra Telesca che è tornata sulle recenti polemiche relative allo spostamento del laboratorio analisi del Burlo a Cattinara confermando ancora una volta che non ci sarà alcun impoverimento dell’ospedale infantile. «Questa iniziativa incarna gli aspetti sui quali stiamo lavorando a beneficio dell’intera comunità, senza rivalità e competizioni, ma solo attraverso collaborazioni e alleanze -‐ ha dichiarato Telesca -‐. Il Burlo rappresenta da sempre un punto di riferimento importante per la sanità regionale sul quale stiamo focalizzando un importante lavoro. È il momento di lasciare da parte le polemiche ed i particolarismi». Malattie metaboliche, screening sui neonati Da marzo gli esami saranno estesi ad altre patologie. L’assessore: «La diagnosi precoce è essenziale» TRIESTE. Le future neomamme e i futuri neopapà del Friuli Venezia Giulia possono contare su un servizio in più a tutela del bambino. Dal primo marzo 2016, infatti, la Regione estenderà a tutti i nati nel Friuli Venezia Giulia l’attività di screening neonatale su alcune patologie metaboliche ereditarie. E lo farà perché, come ricorda la Regione stessa, dalla fine degli anni Novanta l’introduzione di nuove metodiche analitiche ha permesso di individuare circa 3 cinquanta malattie metaboliche ereditarie. Per molte di queste patologie una diagnosi appropriata e tempestiva è in grado di contenere gli esiti infausti o invalidanti. «Oltre quindi alle malattie già oggetto di test, quali l’ipotiroidismo, la galattosemia e il deficit di biotinidasi, da quest’anno abbiamo deciso di allargare lo screening neonatale per individuare precocemente malattie del metabolismo che, pur rare, se non scoperte in tempo ingenerano problemi molto gravi» spiega l’assessore regionale alla Sanità Maria Sandra Telesca, rendendo noto anche che per gestire il programma è stato attivato un coordinamento regionale. Non solo. Telesca aggiunge, nei giorni in cui stanno infuriando polemiche e timori sul trasloco del laboratorio di analisi a Cattinara, che il coordinamento regionale è stato affidato all’Irccs Burlo Garofolo di Trieste, «in virtù della già collaudata collaborazione con il Servizio epidemiologico e dell’esperienza acquisita in passato nel coordinamento del programma di screening neonatale regionale della fibrosi cistica, condotto in collaborazione con la Regione Veneto». Ma come funzionerà la nuova attività di screening neonatale? L’assessore regionale alla Salute spiega che, tra poco più di un mese, «verranno eseguite delle analisi particolari curate in un laboratorio altamente specializzato in Veneto». Una garanzia in più per i genitori. «Sono particolarmente soddisfatta dell’attuazione pratica di un’ulteriore percorso di screening che è in linea con le finalità del programma per la prevenzione da poco approvato dalla Regione» conclude l’assessore della giunta guidata da Debora Serracchiani. Brevi Salute «Sulle droghe leggere serve un Piano Marshall» Roberto Novelli, consigliere regionale di Forza Italia, interviene sull’utilizzo delle droghe leggere. “L’uso di cannabis in età giovane è associato a esperienze deliranti e psicosi. Serve un piano Marshall sulla prevenzione: la Regione deve creare un tavolo con le forze dell’ordine, le scuole, le rappresentanze dei genitori e gli esperti delle Aziende sanitarie”. Trieste Rifiuta di fare l’alcoltest Assolta perché asmatica La vicenda di una donna di 36 anni fermata dai carabinieri in corso Italia Obbligata inutilmente a soffiare nell’etilometro ora ha vinto anche in Appello di Corrado Barbacini. È stata costretta ad arrivare fino a una sentenza della corte d’Appello per dimostrare un fatto ovvio e sicuramente di buon senso. E cioè che un’asmatica -‐ anche se messa alle strette dai carabinieri -‐ non riesce a soffiare nell’etilometro. Milena M., 36 anni, era finita a processo per essersi rifiutata di sottoporsi all’alcoltest. Ma non era vero che aveva detto «no» ai carabinieri che l’avevano fermata in corso Italia alla guida della sua Volvo. Semplicemente non ce la faceva ad espellere l’aria dai polmoni. Ma -‐ codice alla mano -‐ i militari non avevano accolto la giustificazione. «Non faccia storie, soffi e basta», avevano detto. Una tortura. Poi quando la donna esausta aveva detto basta, era scattata -‐ inevitabile -‐ la denuncia. La sentenza emessa dal collegio della prima sezione penale della corte d’Appello presieduto da Igor Maria Rifiorati ha confermato la precedente di primo grado pronunciata dal giudice Enzo Truncellito. Ma il pg Carlo Sciavicco aveva impugnato l’atto. E così la donna si è trovata nuovamente sotto accusa. E ora, appunto, è stata definitivamente assolta. È stata difesa dagli avvocati Alberto e Andrea Polacco. La vicenda surreale porta la data del 28 agosto del 2011. Attorno alle 3 del mattino Milena M., mentre alla guida della sua Volvo stava percorrendo corso Italia, era incappata in un posto di controllo dei carabinieri. Prima le avevano chiesto la patente e il libretto. Poi era scattato il controllo antialcol. Così subito i carabinieri le avevano effettuato un test con il precursore che aveva dato esito positivo: l’automobilista era stata invitata a soffiare nell’etilometro. Per sei volte -‐ questo è risultato 4 nell’istruttoria dibattimentale -‐ in effetti ci aveva provato. Ma mai con la sufficiente energia. Aveva spiegato che era asmatica. Ma evidentemente i militari non le avevano creduto. Durante il processo di primo grado era anche emerso che la donna da bambina aveva sofferto di una gravissima forma d’asma con due episodi di pneumomediastino, una sorta di collasso polmonare. E anche che la notte del controllo in corso Italia era affetta da un grave e persistente stato patologico. Per il pg Sciavicco questi elementi non sono stati sufficienti. Nel ricorso ha infatti rilevato la contraddizione tra il fatto che la donna aveva effettuato senza problemi il test con il precursore. E che poi, dopo aver saputo che l’esito era stato positivo, aveva detto che era asmatica e che quindi non poteva soffiare nell’etilometro. Ma durante il processo d’Appello è emersa un’altra circostanza ovvia, peraltro già rilevata nel dibattimento di primo grado. E cioè che la prova con il precursore richiede una quantità di aria di molto inferiore rispetto a quella necessaria per effettuare correttamente l’alcoltest. Una tesi questa che è stata ribadita dai difensori. Da qui la conferma della sentenza d’assoluzione perché il fatto non sussiste. Monfalcone Staffetta delle automediche due di giorno e una di notte Da febbraio copertura 8-‐20 a Monfalcone e Gorizia e poi postazione unica a Gradisca All’arrivo di tre medici al Pronto soccorso del San Polo un solo mezzo nel capoluogo di Laura Borsani. Cambia l’organizzazione del soccorso di emergenza sul territorio. Le prime modifiche a breve riguarderanno la gestione del servizio dell’automedica per l’ospedale unico Gorizia-‐Monfalcone. A partire dal prossimo mese di febbraio, come ha annunciato il direttore generale dell’Aas Bassa Friulana Isontina, Giovanni Pilati, scatterà una nuova “modulazione” territoriale. Verrà, infatti, mantenuta la presenza delle due automediche a Gorizia e a Monfalcone, a copertura dell’orario diurno, dalle 8 alle 20, mentre nella fascia notturna, dalle 20 alle 8, sarà in postazione un’automedica unica, con base baricentrica a Gradisca d’Isonzo. Con ciò, pertanto, prevedendo una copertura piena nella giornata, proporzionale alla maggiore incidenza di rischi di emergenza sul territorio, considerando invece statisticamente sufficiente l’auto medicalizzata unica a Gradisca nella fascia notturna. Questa modalità organizzativa è pertanto propedeutica alla gestione definitiva del sistema del soccorso di emergenza sul territorio isontino. Con l’implementazione del personale medico al Pronto soccorso dell’ospedale di San Polo, dove verranno assegnati tre professionisti, a fronte di un organico che passerà da 10 a 13 unità, sarà disattivata l’automedica diurna a Monfalcone, rimanendo a disposizione la sola medicalizzata a Gorizia. I tre medici in forza al Pronto soccorso cittadino avranno il precipuo compito di gestire il soccorso di emergenza sul territorio monfalconese, pronti a salire in ambulanza laddove necessario. Nel contempo, i tre professionisti stabili assegnati al Pronto soccorso del San Polo permetteranno anche un supporto ulteriore all’attività interna, a fronte della presenza di un medico in più nella fascia diurna. Il direttore generale dell’Aas Bassa Friulana Isontina, Giovanni Pilati, ha spiegato che è stato già istruito il bando per l’assunzione dei tre medici, che saranno assegnati al Pronto soccorso di Monfalcone dopo la prossima stagione estiva. In sostanza, pertanto, da febbraio fino al prossimo autunno sarà operativo un primo step con le due automediche giornaliere su Gorizia e Monfalcone e la medicalizzata unica notturna su Gradisca, per poi appodare al nuovo e definitivo regime. Il direttore generale dell’Aas, Pilati, ha osservato: «Fino all’assunzione dei nuovi professionisti rimane garantita la copertura del soccorso medicalizzato con le due postazioni diurne e un’unica postazione notturna. Con l’implementazione dell’organico medico al Pronto soccorso dell’ospedale di San Polo, si stabilizzerà una modalità organizzativa alternativa ed altrettanto efficace. Peraltro -‐ ha aggiunto il dirigente -‐ la presenza di tre medici in più permetterà anche di ridurre i tempi di attesa al Pronto soccorso, potendo operare con maggiore efficienza e tempestività». Il sindaco Silvia Altran, da parte sua, ha affermato: 5 «Ritengo che, alla luce delle problematiche espresse insieme ai sindaci del mandamento monfalconese in ordine all’eliminazione dell’automedica a Monfalcone, sono state in qualche modo recepite le nostre istanze. Verrà, infatti, garantita una “compensazione” in termini di copertura del servizio di soccorso, modulata sulle caratteristiche del nostro territorio, che, ricordo, è particolarmente esposto per la forte presenza di attività industriali, per un alto flusso e concentrazione di persone, tenendo conto anche dei rischi legati alla presenza del porto e dell’aeroporto. L’arrivo poi dei tre medici al Pronto soccorso del San Polo in grado di intervenire nel servizio di soccorso di emergenza sul territorio, rappresenta una risposta alternativa. Resta il fatto -‐ conclude la Altran -‐ che il nostro territorio non vada in alcun modo sguarnito, ed è ciò che io assieme agli altri sindaci avevamo sostenuto, al fine di assicurare massima assistenza e sicurezza. Questo non solo sotto il profilo delle professionalità mediche, ma anche di un congruo organico del personale infermieristico». MONFALCONE DOMANI «Essenziali due mezzi e l’infermiere in ambulanza» «Non è sufficiente la presenza di un’automedica unica notturna. È essenziale che sul territorio provinciale rimangano entrambe le automediche e che a bordo dell’ambulanza sia garantita la presenza di un infermiere professionale». A sottolinearlo è l’ex consigliere comunale e ora componente di “Monfalcone Domani”, Anna Maria Cisint. Che esordisce: « La battaglia sul mantenimento di adeguati standard di qualità ed efficenza delle emergenze, per quanto ci riguarda, continua. Abbiamo voluto impegnarci mettendo sul campo “provinciale” diverse iniziative assieme alle forze civiche di “Monfalcone Domani” e del Popolo di Gorizia, Lega, Fratelli d'Italia, Pensionati, Udc, Autonomia Responsabile e Pin, anche con il contributo dei tanti amici che hanno partecipato alla petizione con raccolta di firme per “gridare” alle forze politiche di maggioranza la nostra preoccupazione e la volontà di garantire la sicurezza sanitaria su tutto il territorio». Cisint aggiunge: «Qui non c’è chi vince e chi perde: se ci sarà un contemporaneo infarto a Medea e un incidente a Duino o a Grado o a Monfalcone, vivrà il più fortunato. il sindaco Altran sbaglia a credere che il problema dell’emergenza sia risolto. Il territorio è molto vasto e complesso e include aree non servite da “punti sanitari con medico notturno”, quindi un unico mezzo di notte non è sufficiente alla frequente contemporaneità degli accadimenti. Ora sappiamo che non dobbiamo ammalarci durante le ferie, le festività, di sabato e domenica e nemmeno di notte. Pretendiamo per i nostri cittadini ciò che in altre regioni (Abruzzo, Lombardia, Veneto, Liguria) è quasi scontato: un numero di mezzi e professionisti (esperti e pronti) adeguato al contesto. Riteniamo essenziale il mantenimento delle due automediche sul territorio provinciale e che a bordo dell’ambulanza ci sia sempre un infermiere professionale visto che anche su questo punto non ci sono garanzie. E poi -‐ conclude -‐ questo continuo “fluttuare” di notizie diverse dimostrano l’assenza di una visione strategica nella gestione della sanità e l’incapacità di tener la “barra” dritta». Messaggero Veneto 24 gennaio 2016 Aiuti a 400 poveri dalla Croce rossa La Cri di Latisana ha distribuito in un anno 14 tonnellate di viveri. Ogni mattina c’è la coda per la spesa di Paola Mauro. LATISANA. Qualcosa come 14 tonnellate di viveri, distribuiti in un anno a chi proprio non ce la fa ad arrivare a fine mese. Impossibile quantificare la mole enorme di vestiario e da poco anche giocattoli, soprattutto per le famiglie con bambini. E poi il pane, 15 chili alla settimana e l’incredibile quantitativo (ancora in distribuzione) di agrumi della Calabria donati da un’associazione di produttori. Eppure tutto questo ancora non basta. Per avere solo una piccola idea di quel sommerso di povertà che dal 2011 continua a crescere anche nella Bassa Friulana, basta passare davanti alla sede della Croce Rossa Italiana, in via 6 Giovanni da Udine e soffermarsi a guardare la lunga fila di persone in attesa, già qualche ora prima dell’apertura. Giovani mamme, separate o divorziate, anziani soli, coppie giovani non figli in tenera età. Occasioni di lavoro in zona ce ne sono davvero poche, anche la stagione che fino a qualche anno fa era “la soluzione” per molti, da un po’ non offre grandi opportunità. A volte poi, a giocare contro c’è perfino la discriminazione o qualche furbetto che offre collaborazioni “a nero” piuttosto che impegnarsi con contratti di lavoro. Ieri pomeriggio, un incontro delle volontarie, ha fornito l’occasione per un bilancio dell’attività svolta nel 2015: quasi 400 gli assistiti che si sono presentati in sede con un’attestazione dei servizi sociali comunali per lo stato di indigenza, di questi un centinaio i minori. Nel complesso 140 i nuclei familiari che hanno potuto beneficiare di quasi 60 quintali di viveri, di 36 quintali di spesa solidale e di altri 44 quintali di viveri freschi, donati da una catena di market. C’è il pane di un panificio di Latisana, le donazioni dei cosiddetti “Amici del mercoledì” e l’autotassazione promossa all’interno della Cri dalle volontarie. Si fatica a restare indifferenti davanti a tante storie di difficoltà ed emarginazione, spesso di solitudine. C’è chi non ha nemmeno i soldi per poter telefonare a casa, sentire i propri affetti. Spesso chi varca la soglia della Cri cerca di instaurare un po’ di confidenza con le operatrici: i drammi, quelli veri, di violenza e soprusi, restano chiusi nel cuore, ma quelle frasi scambiate per qualche minuto, avvicinano. Molti di loro quasi si vergognano di ricevere quegli aiuti e si offrono per qualche lavoretto, per ricambiare, per dare sfogo a quella dignità che per quanto cerchino di tenere nascosta, fa sentire bene la sua voce. Pordenone Nuovo ospedale, le imprese studiano l’area Primi sopralluoghi in vista della presentazione delle offerte per la partecipazione alla gara d’appalto Il bando per le imprese è allettante, 170 milioni di euro per quattro anni e mezzo di lavoro. La costruzione del nuovo ospedale di Pordenone e della cittadella della salute ha attirato l’attenzione degli addetti ai lavori. Sarà che un bando di questa portata non è poi così comune, sarà che il lavoro scarseggia, ma i sopralluoghi da parte degli addetti all’area destinata ad accogliere le due strutture sono ormai cominciati e proseguiranno anche nelle prossime settimane. «Ne abbiamo già effettuati due nei giorni scorsi – afferma il responsabile del procedimento di costruzione, l’ingegner Loretta De Col – e ne abbiamo in programma altri cinque a breve». Si tratta di imprenditori o rappresentanti di imprese, anche non è possibile stabilire bene la provenienza. È probabile, infatti, che ad aggiudicarsi l’opera siano o grandi imprese del settore oppure associazioni temporanee di imprese, per cui chi si presenta al sopralluogo può non essere rappresentativo di chi poi presenta un’offerta. I sopralluoghi sono solamente all’inizio visto che il bando è stato approvato soltanto due settimane fa dal direttore generale dell’Aas 5, Paolo Bordon, e pubblicato sul sito aziendale. Il bando prevede che possano avvenire entro la prima settimana di marzo, dal momento che la scadenza per la presentazione delle domande è stata fissata alle 12 del 14 marzo. Chi si aggiudicherà l’opera dovrà garantire una serie di elementi che fanno propendere per un interesse delle grandi imprese, sia per il numero dei lavoratori che dovranno essere impegnati, un centinaio secondo il piano sicurezza dell’Aas 5, sia per le caratteristiche delle lavorazioni di edilizia sanitaria che dovranno essere eseguite. Il bando nei prossimi giorni subirà modifiche che non andranno a incidere sulla sostanza dello stesso: alcuni provvedimenti approvati a livello nazionale influiranno pure sui bandi già emessi, per cui l’Aas 5, una volta avuti gli estremi, andrà a modificare parte dellee caratteristiche della gara. Il bando comprende la costruzione del nuovo ospedale, 150 milioni di euro, della cittadella della salute, 12 milioni, e della centrale tecnologica, 9 milioni. In totale poco più di 170 milioni, 132 per le opere e il resto di Iva e oneri vari. Il disciplinare del bando approvato stabilisce che l’elaborazione del progetto 7 esecutivo avvenga in 90 giorni e dopo passeranno circa due mesi per i pareri richiesti dalla legge. Dalla consegna dei lavori, l’aggiudicatario avrà mille 650 giorni per completare il nuovo ospedale, 4 anni e mezzo, mentre sono previsti due anni circa per la cittadella della salute. Donatella Schettini 8