GalileiTimes News LICEO STATALE SCIENTIFICO, CLASSICO, LINGUISTICO GALILEO GALILEI LEGNANO Anno V - N° 2 Dicembre 2015 GalileiTimes 3 4 6 8 10 12 14 15 16 Anno V N° 2 Dicembre 2015 2 IN QUESTO NUMERO AUTOSTIMA DI PRIMA MATTINA UN MODO DIVERSO DI FARE SCUOLA LA LEGGE DI MURPHY PER LO STUDENTE DILIGENTE FINITO IL LICEO ...E POI? BUONE FESTE! E UN PIZZICO DI TRADIZIONE... L’INFLUENZA DEL FOLKLORE GIAPPONESE NELLA CULTURA DI MASSA IL CINEMA A SCUOLA DILEMMA DEL PRIGIONIERO/2 GTIMES: UNA COPERTINA TUTTA BIANCA COORDINAMENTO REDAZIONALE Antonella Polimeno Camastra PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Federico Chinello IN REDAZIONE Marco Bagatella, Federico Chinello, Lorenzo Fortunato, Michela Grasso, Andrea Meddi Clara Morelli, Beatrice Mugnaini, Antonella Polimeno Camastra, Emanuela Re Cecconi, Annalisa Toia N° 2 Dicembre 2015 PER COMUNICARE CON LA REDAZIONE: [email protected] GalileiTimes 3 VITA D’ISTITUTO Autostima di prima mattina Superare l’imbarazzo iniziale per ampliare i propri orizzonti O gni anno la scuola offre agli studenti l’opportunità di partecipare alle assemblee d’istituto: come relatori o semplicemente come attivi spettatori. Queste giornate sono molto importanti: nelle varie assemblee si ha infatti la possibilitá di parlare di differenti argomenti; ognuno molto importante ed attuale. Si può, perciò, scegliere a quali assistere e con il dialogo apprendere cose nuove o semplicemente scambiare le proprie opinioni. Ho assistito per tre anni con grande entusiasmo a differenti esposizioni ed ora, al quarto anno di liceo, in compagnia di due mie compagne ho deciso di cimentarmi in prima persona come relatrice di un’assemblea. Il tema che abbiamo scelto è stato quello dell’autostima, dato che nella delicata fase che è l’adolescenza, è piuttosto difficile trovare un ragazzo che sia sicuro di sé e abbia fiducia nelle proprie capacitá. Il primo giorno è stato quello più critico, dato che per tutte e tre é stata in assoluto la prima assemblea, ma superato l’iniziale imbarazzo, le prime, timide opinioni si sono fatte sentire. Il secondo ed il terzo giorno è andata decisamente meglio, grazie ad una maggiore scioltezza da parte delle relatrici, gli indispensabili interventi dei rappresentanti d’istituto e l’interesse mostrato dai ragazzi. Nonostante la posizione un po’ svantaggiata, il pubblico si é mostrato in gran parte numeroso ed anche nei mo- menti con meno affluenza si è rivelato sempre partecipe. Quest’esperienza si è dimostrata un traguardo importante: fino a qualche mese fa non avrei mai creduto che sarei riuscita a parlare davanti a un pubblico così numeroso, e mai avrei immaginato che alla fine mi sarebbe persino piaciuto. In questi giorni ho imparato molto: oltre a superare la mia timidezza, ho ampliato i miei orizzonti; dai dibattiti sono emerse cose che mai avrei pensato, molte delle quali si sono rilevate poi fonte di riflessione. Purtroppo, ho potuto anche notare alcune delle conseguenze della nostra societá: la mancanza di individualitá, di personalità, e di curiositá. Talvolta, anche se è difficile ammetterlo, ci si ritrova parte di un gregge ed il proprio pensiero diventa, così, omologato a quello degli altri. Si pensa di essere alternativi, quando invece, si è parte integrante della massa. Fortunatamente, molte persone mi hanno colpita: persone curiose, vivaci, con una spiccata sensibilità e aperte al dibattito. È proprio a loro che devo la realizzazione dell’assemblea e spero che da quest’ultima i ragazzi, come me, abbiano imparato qualcosa. Non so se rifarò in futuro un’esperienza simile, ma la consiglio vivamente a tutti, soprattutto ai più timidi ed insicuri: per esprimere il proprio pensiero, ma soprattutto per imparare a superare quegli ostacoli che spesso ci limitano. N° 2 Dicembre 2015 di BEATRICE MUGNAINI GalileiTimes 4 VITA D’ISTITUTO INCONTRI / TRE GIORNATE DEDICATE AL DIALOGO, AL CONFRONTO, ...PER CREARE COESIONE Un modo diverso di fare scuola Il 16, 17 e 18 novembre si sono svolte le assemblee all’interno del nostro Istituto di ANTONELLA POLIMENO CAMASTRA C ome ogni anno diversi studenti si sono attivati per organizzare dibattiti su argomenti di vario tipo: dall’attualità, al mondo della psicologia umana, fino ad arrivare al rapporto tra storico e contemporaneo. Tre giorni di stacco dalla quotidiana routine scolastica, ma anche tre giornate ricche di spunti e opportunità per cercare dialoghi, condividere opinioni e dissentire su fatti: socializzare, creare coesione e sviluppare un pensiero critico in modo alternativo ai classici banchi di scuola. Anche io ho organizzato un’assemblea, la prima che organizzo in quattro anni di Liceo, e scrivendo queste parole, al termine di tre lunghe giornate di lavoro, mi vengono in mente tutti momenti passati insieme a voi e beh, ne è valsa la pena. Ciò che mi ha lasciato quest’esperienza sono sì i dialoghi, le riflessioni e i dibattiti passati, ma sono soprattutto le emozioni di aver visto questi stessi dibattiti avvenire tra ragazzi che magari nemmeno si conoscevano prima, che si erano incontrati qualche volta nel corridoio di scuola, che sì e no si abbozzavano un saluto, che si sono trovati a discutere e a scambiarsi opinioni, a trovarsi d’accordo o a litigare, cercare compromessi, magari non trovandoli; l’im- magine dei rappresentanti che si sono preoccupati di ogni cosa, che ci sono stati vicini; i ragazzi della sicurezza che ci hanno aiutati a sistemare al termine delle assemblee; i ragazzi e le ragazze che ci hanno ringraziati per i momenti di riflessione che abbiamo offerto, quelli che sono stati 4 ore a sentire l’assemblea e quelli che sono tornati il giorno dopo a salutarci mentre andavano in palestra o durante l’intervallo. Certo che la scuola sono le lezioni, le ore passate in classe, le verifiche e le interrogazioni, ma, in fondo, la scuola è anche questo: dialogo, collaborazione e amicizia. Non avrei potuto pensare di lasciarvi solo con la mia testimonianza, così ecco qui cosa mi hanno raccontato altri ragazzi e ragazze: Mattia Caon Rappresentante di Istituto Queste assemblee sono state il perfetto riassunto di come io e i miei colleghi abbiamo intenzione di lavorare. Personalmente sono convinto che i relatori abbiano inteso perfettamente quello che chiedevamo, portando serietá, impegno e dialogo nelle loro assemblee, riuscendo N° 2 Dicembre 2015 addirittura a far divertire gli studenti che vi partecipavano. Questo è il vero scopo delle assemblee di istituto ed è il vero motivo per cui la scuola ci lascia la bellissima opportunitá di organizzarle. Abbiamo notato che le uscite anticipate sono state notevolmente ridotte e che quindi c’è stata una buona partecipazione da parte di tutti. Spero e mi auguro che sia stata un’esperienza formativa ed edificante per tutti gli studenti cosi come lo è stata per me e i miei colleghi rappresentanti. Comunque non ci fermeremo qua: stiamo lavorando fin da ora per proporvi nuovamente assemblee interessanti e coinvolgenti. Luca Ruocco 5^F Quando sono entrato a scuola lunedì ho pensato: “le solite assemblee”; una nutrita pila di libretti sulla scrivania della segretaria (tra cui quello del sottoscritto), la prima ora impegnata in una verifica di Storia dell’Arte dalle inquietanti somiglianze con le domande che mi aspettano in terza prova e poi dritto nella calca per recuperare la giustifica che mi avrebbe permesso, dopo aver assistito a qualche as- GalileiTimes semblea, di filare a casa alle 11, probabilmente diretto sul divano. Diversamente da quanto mi aspettassi, non è andata così… Tutto è iniziato con un appello dal tasso di attenzione degno dei migliori dibattiti tra candidati alla rappresentanza d’istituto (ovvero prossimo allo zero) e così, inizialmente, sembrava andare come previsto dai miei piani. Nella prima assemblea alla quale ho partecipato, però, il lancio di biscotti-premio per ogni intervento degli interlocutori stava assumendo i preoccupanti contorni di un bombardamento a base di gocciole e misteriosi pseudoabbracci Valsoia e così, verso le 10, un po’ per cambiare e un po’ per salvaguardare la mia incolumità, ho deciso di cambiare assemblea (sempre pronto a sgattaiolare via all’intervallo). Con mia enorme sorpresa sono finto in un’assemblea che mi ha colpito: con pochi temi, non troppo approfonditamente presentati, ma dalla grande importanza e dai numerosi spunti di dibattito, molti spettatori sono stati portati ad esprimere la propria opinione e, quelli che non lo facevano, a seguire con attenzione e interesse. Il mio piano comunque non cambiava: alle 11 dritto dalla Signora Laura a consegnare la giustificazione. Questo però, come dicevo, non è successo: le relatrici dell’assemblea, con metodi che quasi sfociavano nell’illegalità (“ricatto”, sequestro di libretto e “minacce di vario tipo”) , mi hanno convinto a rimanere fino alla fine della giornata. E, a dir la verità, non mi è per niente dispiaciuto. Giovanni Rossoni Relatore di “SOGNI: un viaggio nell’onirico” Avevo sempre pensato che le assemblee fossero dei semplici incontri a tema tenuti da ragazzi interessati ad un determinato argomento, ma 5 VITA D’ISTITUTO quest’anno, giunto al mio quarto anno, ne ho conosciuto il lato più vero e profondo: un’assemblea di istituto è uno dei migliori modi per conoscere le persone e le loro opinioni, dialogare e discutere con loro. Il confronto tra studenti è importante, così ogni parola che i relatori mettono a disposizione degli studenti serve a questi ultimi ad ampliare i loro orizzonti, a scontrarsi con nuove idee e modi di pensare, a dar vita a dibattiti e cogliere l’importanza di conoscere il pensiero altrui. Nei tre giorni di assemblea mi sono trovato di fronte a un grandissimo numero di voi studenti, facce più o meno attente e interessate a ciò di cui volevo parlarvi, che mi hanno fatto capire che l’assemblea non è uno dei tanti modi per perdere alcuni giorni di scuola, ma è la possibilità che ci viene data per riunirci, discutere e apprendere, favorendo connessioni tra studenti di classi, età e indirizzi completamente differenti. N° 2 Dicembre 2015 GalileiTimes 6 RIFLESSIONI SFACCIATAGGINE / LA SCUOLA È UNO SPACCATO DELLA NOSTRA SOCIETÀ La legge di Murphy per lo studente diligente “L’importante non è studiare, ma essere furbi”. Così molti studenti affrontano il loro percorso formativo di BEATRICE MUGNAINI C ome afferma la legge di Murphy, quando una persona è convinta che una cosa non possa accadere essa inevitabilmente accade. La legge sostiene inoltre che questo possa portare ad una distorsione della reale probabilità, poiché si tende a pensare che essa sia assai più elevata di quella che si credeva in partenza. Ecco, può capitare che una cosa del genere accada una volta, ma mi risulta inconcepibile che mi sia capitata per ben tre volte. Possiamo definirla la sfiga dello studente, quella che ti porta ad essere interrogato nonostante non lo si ritenga possibile, o semplicemente quella che porta il docente a chiederti esattamente l’unica cosa che non sai. Se dovessi considerare anche quest’ultima cosa, le volte in cui sono stata vittima di questa legge si moltiplicherebbero a dismisura. Ma non è solo questo, alla sfortuna si aggiunge anche l’ostinazione dell’insegnante, che talvolta insiste su concetti non molto chiari, facendo arrestare per qualche attimo i battiti del tuo cuore e spingendoti a pensare che le ore passate a studiare si siano rivelate, improvvisamente, nulle. “L’importante non è studiare, ma essere furbi”. Questa definizione sentita recentemente ha fatto sì che la mia rabbia crescesse ed è proprio questa che mi ha spinto a scrivere questo pensiero. La scuola è uno spaccato della nostra società, dove sono i furbi ad avere la meglio, e dove l’intelligenza non é considerata al pari della furbizia stessa. Non sono importanti i concetti, la grandezza d’animo, bensì la convinzione che parole dette in un certo modo riescono a creare. La sfacciataggine è un altro fattore essenziale: coloro che ne dispongono in grande quantità avranno la strada spianata ovunque vadano, non importa se poi si potrebbero rivelare persone vuote e talvolta stupide. I voti sono la cosa che assume maggiore importanza a scuola, e certe volte nelle nostre vite. Noi stessi siamo dei voti, vittime di una scuola il cui intento si distanzia enormemente dall’intento che dovrebbe essere quello primario della scuola: la cultura, il sapere che arricchisce e stimola, la continua ricerca, la curiosità. Tutto ciò passa in secondo piano quando si mette di mezzo un voto. Gli insegnanti sostengono che si debba studiare solamente per il piacere di farlo: la cultura arricchisce, ci permette di trovare delle risposte agli interrogativi che ci poniamo. È sorprendente constatare che teorie formulate centinaia di anni fa possano dimostrarsi sempre attuali, ed è meravi- N° 2 Dicembre 2015 La sfacciataggine è un altro fattore essenziale: coloro che ne dispongono in grande quantità avranno la strada spianata glioso comprendere come il pensiero sia relativo, e che perció risulta importante non restare intrappolati nella propria caverna ed accettare le opinioni altrui. GalileiTimes Questo, peró, viene annullato nel momento in cui un docente, ripetutamente, ti demoralizza. All’inizio, forse, la cosa può essere vista come uno stimolo: un pungolo ad impe- gnarsi di più. Però, alla lunga, dopo che ogni sforzo risulta vano, anche la persona più determinata si stufa, ed anche una materia amata perderà il suo fascino. L’iniziale intento 7 RIFLESSIONI della conoscenza per se stessi potrebbe svanire, e perdendo la passione e la curiositá, lo studio rimarrebbe finalizzato semplicemente al raggiungimento di un voto. N° 2 Dicembre 2015 GalileiTimes 8 L’INTERVISTA Finito il liceo ...e poi? La testimonianza di Edorado Novembre e Luca Forlani di ANTONELLA POLIMENO CAMASTRA I l Liceo è come un microcosmo nel quale ci muoviamo per cinque anni, dove ci rechiamo ogni mattina e passiamo gran parte del nostro tempo, dove conosciamo nuove persone, creiamo rapporti, studiamo e, mentre studiamo, impariamo a crescere e ad affrontare la vita. Quante volte, forse troppe, abbiamo pensato “Ma non finirà mai”? Eppure un giorno ci sveglieremo, passeremo davanti al Liceo e quei lunghi cinque anni, che un tempo sembravano infiniti, saranno solo un ricordo. Per quanto spesso se ne parli, per una liceale è difficile immaginare come sarà la vita dopo il Liceo e dunque, per rispondere al grande interrogativo, ho deciso di lasciare la parola a due ragazzi che hanno da poco iniziato l’Università, ma che fino a qualche mese fa erano con noi ogni mattina nell’atrio di scuola ad aspettare il suono della campanella. Ecco la testimonianza di Edoardo Novembre e Luca Forlani, che ora rispettivamente studiano Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Milano e Matematica all’Università Statale di Milano: C’è qualcosa in particolare che ti ha lasciato il Galilei e che non dimenticherai? L: Ci sarebbero tantissime cose da dire sul Liceo, però la più importante è l’amicizia che mi ha lasciato. Sono stato in classe per cinque anni con i miei compagni e il rapporto che si è creato non è quello che si può creare un’estate al mare, ma è più profondo: ci si conosce, si impara a convivere, a volte si litiga, si creano rapporti solidi e altri che sono “fragili come il cristallo”. Anche i Professori sono stati importanti, soprat- mo insieme come prima, il Liceo ha creato e rinforzato la nostra amicizia. A scuola eravamo sempre insieme, era naturale. Uno dei primi giorni in Università mi è capitato di mangiare da solo nella pausa delle lezioni e in quel momento ho davvero sentito la mancanza della spontanea quotidianità liceale, che prima mi sembrava quasi scontata. Credo se lo chiedano in molti, qual è, secondo voi, l’anno più difficile del Liceo? “Anche i Professori sono stati importanti, soprattutto quelli che hanno saputo spronarmi” tutto quelli che hanno saputo spronarmi: certo spesso erano loro quelli più severi, ma sapevano darci una seconda possibilità per impegnarci e riuscire al meglio, avevano fiducia in noi e questo è importante. Cosa ti manca del Liceo? E: I cinque anni del Liceo sono una parte della nostra vita, si cambia, si conoscono tante persone e, alla fine, manca un po’ tutto. I miei compagni li vedo ancora spesso, uscia- N° 2 Dicembre 2015 L: Il quinto anno è il più difficile, ma anche il più bello. In realtà dipende tutto da come lo si vive, se si inizia a settembre ad essere in ansia per la maturità ci si perdono momenti fantastici, ma se lo si affronta bene è l’anno migliore. E: Forse la più grande difficoltà è stata passare dalle medie al Liceo, un grande stacco, ma poi ci si abitua a tutte le novità e ai cambiamenti. Se poteste tornare indietro rifareste il Galilei? GalileiTimes 9 L’INTERVISTA “Scegliere l’Università è difficile, ci sono tante cose da valutare a partire da quello che ti piace fare, guardando un po’ anche alle prospettive lavorative” E: Sì, rifarei il Liceo ed in particolare il Galilei. Certo è una scuola impegnativa, ma bisogna saper imparare a trovare il punto d’incontro tra studio e divertimento, dare il giusto peso alle cose. Studiare è importante, ma non bisogna necessariamente sacrificare sport e amicizie per riuscirci. Ho imparato molte cose in questi cinque anni. L: Il Liceo è stata un’esperienza di vita, la rifarei assolutamente. Ci sono stati momenti in cui lo studio mi scoraggiava, ma pian piano ho imparato come studiare e come affrontare la scuola. L’importante non è quanto si studia, ma come si studia, è questo che fa la differenza ed è ciò che il Liceo mi ha insegnato. Non posso non chiedervelo: la matura fa paura? L: Diciamo “la matura non fa paura”, ma un po’ di paura la fa. Ciò che di cui ero particolarmente preoccupato era la prima prova, ero terrorizzato dall’andare fuori tema. A posteriori suggerisco di studiare molto per la terza prova, è quella più difficile. E: Per gli scritti non ero molto preoccupato, per gli orali invece sì, parecchio. L’importante è fare la tesina su un argomento che piace ed essere pronti a rispondere alle domande dei commissari senza lasciarsi prendere dall’emozione. “Tra Liceo e università cambia tutto, l’ambiente è molto più grande, non senti più di appartenere ad una piccola realtà” Com’è il cambio di vita nel passaggio da Liceo a Università? L&E: Tra Liceo e università cambia tutto, l’ambiente è molto più grande, non senti più di appartenere ad una piccola realtà, ma ti ritrovi in un mondo completamente nuovo. L’atteggiamento dei professori cambia, tu sei uno fra tanti e se studi, bene, se non studi nessuno si ferma per te. Fra poco avremo i primi parziali, è un po’ come essere sempre sotto maturità, bisogna abituarsi ai ritmi più veloci e restare al passo con le lezioni. È difficile all’inizio, ma ci sono passati tutti. Certo la scelta del percorso universitario è difficile per tutti, avete qualche consiglio da dare ai ragazzi? E: Scegliere l’Università è difficile, ci sono tante cose da valutare a partire da quello che ti piace fare, guardando un po’ anche alle prospettive lavorative per il futuro. È una scelta importate, per questo consiglio di pensarci bene prima di decidere. L: Scegliete per passione, poi per il lavoro si vedrà, in cinque anni cambiano tante cose. N° 2 Dicembre 2015 GalileiTimes 10 CULTURA NATALE / SIMBOLI E USANZE Buone feste! E un pizzico di tradizione… Una tradizione che ha le sue radici nel 274 d.C. di ANNALISA TOIA Q uando si parla di Natale tutti noi pensiamo alla Lapponia, alla neve e ovviamente a Babbo Natale, ma in realtà questa festa è molto antica e secondo la tradizione simboleggiava la chiusura di un ciclo stagionale e l’apertura di uno nuovo. La festa appartiene all’anno liturgico cristiano, in cui si ricorda la nascita di Gesù Cristo, che nella Cristianità occidentale cade il 25 dicembre, mentre nella Cristianità orientale viene celebrato il 6 gennaio. Il Natale non viene introdotto subito come festa Cristiana, ma bisogna aspettare l’arrivo del Quarto secolo nell’Impero Romano, e più tardi anche nelle zone dell’Oriente. La festa cristiana si intreccia con la tradizione popolare. Prima del Natale Cristiano c’era la festa del Fuoco e del Sole, perchè in questo periodo c’è il solstizio d’inverno, cioè il giorno più corto dell’anno. Nell’antica Roma si festeggiavano i Saturnali in onore di Saturno, Dio dell’agricoltura ed era un periodo di pace, si scambiavano i doni, e si facevano sontuosi banchetti. Nel 274 d.C. l’imperatore Aureliano decise che il 25 dicembre si dovesse festeggiare il Sole. E’ da queste origini che risale la tradizione del ceppo natalizio che nelle case doveva bruciare per 12 giorni consecutivi e doveva essere preferibilmente di quercia, un legno propiziatorio, e da come bruciava si presagiva come era l’anno futuro. Il ceppo natalizio nei nostri giorni si è trasformato nelle luci e nelle candele che addobbano case, alberi, e strade. Oggi tutti noi festeggiamo il Natale con simboli e usanze sia di origine pagana che cristiana: nelle case viene allestito un presepe, specialmente nel sud Italia e un’albero, di tradizione più nordica. Il natale è anticipato dalla vigilia che dovrebbe essere una giornata di digiuno e di veglia in cui ci si prepara ai festeggiamenti delle feste. I festeggiamenti continuano con l’ultimo dell’anno, e poi a Capodanno, primo giorno dell’anno che anticamente era una festa periodica di rinnovamento che veniva celebrata in tutte le civiltà N° 2 Dicembre 2015 attraverso rituali che simbolicamente chiudono un ciclo annuale e inaugurano quello successivo. E infine arriva l’Epifania, una delle principali feste cristiane la cui celebrazione cade il 6 gennaio. Nata nella regione orientale per commemorare il battesimo di Gesù, fu presto introdotta in occidente dove assunse contenuti religiosi diversi, come il ricordo dell’offerta dei doni dei Magi nella grotta di Betlemme, che poi ha determinato il nascere della figura della Befana distributrice di doni. I magi, secondo la tradizione, guidati dalla stella cometa, arrivarono dall’Oriente per rendere omaggio a Gesù appena nato a Betlemme, donandogli oro, incenso e mirra. Successivamente vengono indicati come tre re con i nomi di Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. Questa festa fa terminare questo ciclo di festeggiamenti: il giorno dopo si iniziano a spegnere le luci, a disfare gli addobbi. Oggi la tradizione vuole che nelle nostre case venga addobbato un albero, che secondo la leggenda nasce molto tempo fa in un villaggio di campagna, quando la vigilia di Natale, un ragazzino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo si quercia da bruciare nel camino, come GalileiTimes voleva la tradizione. Si attardò più del previsto e, venuto il buio, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta cominciò a cadere una fitta neve. Il ragazzo si sentì assalire dall’angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare. Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete. Il piccolo cominciò a sentirsi stanco quindi si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco. L’albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far toccare loro il suolo in modo da proteggere dalla neve e dal freddo il bambino. La mattina il bimbo si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo riparo, poté riabbracciare i suoi compaesani. Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si pre- sentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole dell’alba, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile. In ricordo di quel fatto, l’abete venne adottato a simbolo del Natale e da allora in tutte le case viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno. Da quello stesso giorno gli abeti nelle foreste hanno mantenuto, inoltre, la caratteristica di avere i rami pendenti verso terra. Per quanto riguarda invece la tradizione culinaria, il Panettone è sicuramente uno dei dolci più famosi e apprezzati, soprattutto nel nord Italia.i narrano diverse leggende del panettone tradizionale cioè quello fatto con burro, uvetta e cedro candito. Nel tempo sono state realizzate anche tante varianti con vari tipi di creme, liquori, coperture 11 CULTURA di cioccolata e decorazioni varie. Una delle leggende più accreditate sul panettone milanese narra che questo dolce natalizio nasca durante uno sfarzoso pranzo di Natale offerto dal Conte Sforza quando il suo cuoco si accorge che il forno gli aveva bruciato il dolce. L’aiutante del cuoco, Toni, vedendo il cuoco disperato e non sapendo cosa fare, gli propose di presentare il dolce da lui preparato con gli avanzi. Si trattava di una specie di pane dolce fatto con burro, frutta candita e pasta. I commensali, con grande stupore del cuoco, del suo garzone e del padrone di casa rimangono favorevolmente impressionati ed alzano un coro d’entusiasmo ricco di complimenti. Il cuoco imbarazzato, ammette che il merito era tutto del suo aiutante e del suo “Pan di Toni” come era stato battezzato il nome del dolce realizzato dal suo aiutante. Indipendentemente dalle leggende il panettone, come suggerisce il nome stesso, non è altro che un pane arricchito con altri ingredienti molto semplici ma che messi insieme hanno dato vita ad uno dei dolci più famosi al mondo. Quindi, dopo che abbiamo scoperto l’origine di alcune tradizioni natalizie... Buone feste a tutti! N° 2 Dicembre 2015 GalileiTimes 12 CULTURA SOCIETÀ / MODA, MODE E MODI L’influenza del folklore giapponese nella cultura di massa Miti e superstizioni tra film, libri, videogiochi e fumetti di LORENZO FORTUNATO Q uella giapponese è una cultura che vanta un vasto panorama di miti e superstizioni, fatto che porta il folklore a influenzare la cultura moderna, tra film, libri, videogiochi e fumetti. Nella mitologia nipponica gli Yokai sono spiriti benevoli o malevoli che possono avere forma di oggetti, umani o animali, dalle proprietà magiche. Uno tra i più popolari è Kitsune, una creatura dalle sembianze di volpe con poteri associati al fuoco, simbolo di buon auspicio la cui saggezza è stabilita dal numero di code che possiede. La serie manga Naruto ad esempio trae ispirazione da questo mito, in quanto il protagonista viene posseduto da Kurama, un demone dall’aspetto di volpe dalle nove code. Secondo il mito quando una Kitsune possiede 9 code, cioè il massimo che può possedere, raggiunge la forza massima, diventando di colore dorato, così avviene per Kurama. In ambito videoludico il personaggio Fox McCloud, una volpe antropomorfa della serie Starfox della Nintendo, prende ispirazione da kitsune, così come il videogioco Okami della Capcom, dove la protagonista è una volpe con poteri legati al fuoco. N° 2 Dicembre 2015 Uno dei costumi utilizzati nella serie di Super Mario, la tuta “tanooki” ottenibile tramite una foglia, prende ispirazione dalla creatura Tanuki, uno Yokai dalle sembianze miste di un cane e di un procione, che secondo il mito truffava i mercanti pagando tramite foglie nascoste sotto banconote. I Tanuki vengono raffigurati con i genitali giganti nella xilografia giapponese, c’è da domandarsi che aspetto Mario avrebbe avuto se questo dettaglio inquietante non fosse stato rimosso. Per quanto riguarda gli spiriti maligni si può parlare delle Onryo, un tipo di fan- GalileiTimes 13 CULTURA Quello giapponese è un folklore che offre una vasta gamma di creature, spiriti e superstizioni ligione nativo del Giappone secondo la quale ogni oggetto o persona è posseduto da uno spirito e quindi va rispettato e onorato, portando questa religione a enfatizzare la bellezza della natura. E’ affascinante quindi vedere la nascita di questo ampio pantheon di spiriti come la giustificazione per amare la vita e per ciò che ci circonda. tasma giapponese prevalentemente donna vestita di bianco, che in vita è stata uccisa in modo brutale e la cui anima torna in vita piena di rabbia e alla ricerca di vendetta, uccidendo chiunque incontri. Gli Onryo sono al centro dei film The Ring e The Grudge, remake americani di film horror giapponesi, dove delle anime in pena tornano in vita per uccidere coloro che incappano in loro. Molto consistente è la presenza e riferimenti a Yokai e a creature mitologiche nipponiche nei film del regista d’animazione giapponese Hayao Miyazaki. Ad esempio nel film Princess Mononoke sono presenti i Kodama, spiriti degli alberi, protettori dei boschi e simbolo di prosperità. Alcuni Yokai furono appositamente ideati dal regista per i film Il mio vicino Totoro e e altri. Quello giapponese è un folklore che offre una vasta gamma di creature, spiriti e superstizioni che nonostante l’avvento del nuovo millennio non si sono ancora estinte, portandolo a espandersi nell’ambito dei film, libri, fumetti e videogiochi, per farsi conoscere in tutto il mondo. La mitologia nipponica è viva anche grazie anche allo Shintoismo, re- N° 2 Dicembre 2015 GalileiTimes 14 SPETTACOLI Il cinema a scuola Le proiezioni del primo trimestre di ANDREA MEDDI D a diversi anni il Cineforum del Liceo G.Galilei di Legnano si impegna ad analizzare e a commentare svariati lungometraggi al fine di offrire agli spettatori più di un punto di vista. Parlare di Cinema non significa solamente parlare di tematiche ma, alle volte,pre- Allen suggeriscono all’istante analogie con la tematica scelta, “Quarto Potere” di Orson Welles rappresenta il punto di arrivo di un percorso finalizzato all’acquisizione di una visione cinematografica ben più ampia e approfondita. L’illusione non è solo quella che ci viene mostrata attraverso il Cinema,ma è il mezzo cinematografico stesso che ha una realtà a se stante e che a sua volta mente ed inganna lo spettatore. Un certo Martin Scorsese dice che la telecamera mente 24 volte al secondo. Ciò che viene proiettato è filtrato dalle lenti di un obiettivo,dal linguaggio estetico e dalle caratteristiche del regista. In questa scindere da esse per contestualizzare il periodo, lo stile, le influnze e l’uso del linguaggio cinematografico del film in questione. Il modulo portante del primo trimestre è stato quella dell’illusione: se da un lato opere come “The Prestige” di Nolan e “Magic in the Moonlight” di N° 2 Dicembre 2015 modo la prima opera di Welles,anche se tratta dell’ascesa e del declino di un magnate del giornalismo (senza alcun accenno da parte del regista ad apparenti eventi soprannaturali come gli altri due film) tratta comunque e soprattutto di illusione poichè è la macchina da presa che sceglie di ingannarci influendo sulla “realtà” che essa rappresentata. In sostanza, l’analisi ed il commento di un film al Cineforum della scuola è un momento molto formativo perchè consente allo spettatore di appropriarsi di conoscenze e capacità che ben pochi professori possono insegnarvi. Se avete la passione per il Cinema o semplicemente siete interessati ad approfondire un’arte molto peculiare,fate un salto in Aula Magna! GalileiTimes 15 SPILLI Dilemma del prigioniero / 2 Alla base della teoria dei giochi c’è l’assioma della razionalità. Ma la scelta “razionale” è sempre la migliore? E ccoci qui, confessare o non confessare? Cosa dunque decidono di fare i nostri prigionieri? Facciamo un passo indietro: il dilemma proposto è un esempio usato nella teoria dei giochi di gioco non cooperativo, cioè le decisioni dei singoli vengono prese sulla base di ragionamenti individuali in assenza di alleanze vincolanti. Non c’è spazio per la cooperazione perché gli interessi sono contrastanti anche se ciò non significa necessariamente che una delle parti deve perdere per forza. Alla base della teoria dei giochi troviamo l’“assioma di razionalità” che risolve il dilemma. Esso afferma che: nessun giocatore sceglierebbe mai una strategia se ne ha a disposizione un’altra che gli permette di ottenere risultati migliori, qualunque sia il comportamento dell’avversario. In questo caso: ALDO NON CONFESSA CONFESSA CONFESSA BALDO di CLARA MORELLI NON CONFESSA 5 5 7 0 0 7 1 1 Ciascuno dei due vuole ridurre al minimo il tempo trascorso in prigione qualunque sia la scelta dell’altro. ALDO ragiona razionalmente così: Supponiamo che Baldo confessi. Allora ho 7 anni se non confesso e 5 anni se confesso. Quindi in questo caso mi conviene confessare. Supponiamo che Baldo non confessi. Allora ho 1 anno se non confesso e 0 anni se confesso. N° 2 Dicembre 2015 Quindi in questo caso mi conviene di nuovo confessare. Anche BALDO è razionale, perciò fa lo stesso ragionamento di Aldo. In conclusione entrambi confessano, coinvolgendo il complice e si beccano 5 anni di carcere. Ecco dove ci porta l’assioma di razionalità. Siete ancora dell’idea che la scelta “razionale” sia sempre la migliore? GalileiTimes 16 CAMBIAMO PUNTO DI VISTA GTimes: una copertina tutta bianca di ANTONELLA POLIMENO CAMASTRA C ara lettrice, caro lettore, questa edizione del GTimes, come avrai notato, ha una copertina tutta bianca. In verità abbiamo pensato a mille parole, a mille immagini per esprimere il nostro cordoglio, i nostri sentimenti verso ciò che è accaduto nella vicina Parigi, sul Sinai, a Beirut e verso ciò che sta accadendo oggi in Occidente e in Medio Oriente, terra di conflitti, di spargimenti di lacrime, sangue e dolore. Non abbiamo trovato una sola immagine o una sola parola che potesse descrivere i nostri sentimenti e così abbiamo pensato di lasciare uno spazio bianco, segno di incapacità di trovare un senso, una sola motivazione che possa portare l’uomo a compiere tali gesti, che possa portare l’umanità verso un tale baratro. Il bianco però è la combinazione di tutti i colori ed è anche per questo l’abbiamo scelto, perché potesse essere un segno di speranza verso un futuro più colorato, dove tutti i colori stiano insieme per completarsi l’uno con l’altro. Buona lettura. “Il bianco però è la combinazione di tutti i colori” N° 2 Dicembre 2015